Nome in codice: G. E. L. di emylee (/viewuser.php?uid=72317)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X + EPILOGO ***
Capitolo 1 *** I ***
Nome
in codice: G. E. L.
I
Il sesto
anno ad Hogwarts non era cominciato nel migliore dei modi.
Non che
Harry stesse bene comunque: gli incubi non lo facevano riposare e per
una volta non c'entrava Voldemort – o meglio, non
direttamente.
Continuava a sognare Sirius che gli sorrideva, Sirius che si
trasformava, Sirius che muoveva con grazia un calice di vino, Sirius
che cadeva nel velo. Sirius, Sirius, Sirius. Ormai Harry non pensava
ad altro, non sognava altro.
E l'incubo
più ricorrente era quello che succedeva quando si svegliava,
quando
si rendeva conto che era solo un sogno e Sirius non era ad aspettarlo
a Grimmauld Place, quando si rendeva effettivamente conto che Sirius
davvero non c'era più.
Voldemort si
era portato via anche l'ultimo pezzo della sua famiglia. E non era
giusto, era durato tutto così poco...
In ogni
caso, ora Harry era lì, nel suo letto del dormitorio di
Grifondoro.
Dati gli incubi, non era riuscito a dormire, ovviamente, e fissava
con insistenza le spesse tende che, nella penombra della notte, non
erano del rosso scargiante che decorava l'intero dormitorio, ma solo
di un nero oscuro che gli ricordava fin troppo nitidamente un
Dissennatore.
Certo che
neanche lui si impegnava più di tanto nel rilassarsi.
Sbuffando,
si girò di lato. Le tende erano chiuse, quindi continuava a
vedere i
drappeggi oscillare dai pochi spifferi che entravano dalle finestre
socchiuse – era ancora piuttosto caldo, infondo era appena
l'inizio
di Settembre – ma almeno non li vedeva aleggiare sopra la sua
testa, che era decisamente molto più inquietante. No, non
era
iniziato affatto bene quell'anno, sentiva nelle viscere che qualcosa
sarebbe irrimediabilmente successo – e purtroppo, il suo
istinto di
rado faceva cilecca, soprattutto quando sentiva che sarebbe successo
qualcosa di spiacevole. Spiacevole per lui, almeno.
Se quel
giorno era partito male e tutto ciò che era successo si
limitava al
suo pessimo umore e alla poca sopportazione per quello che lo
circondava, non si prospettava un anno facile.
Senza
contare il ritorno di Voldemort.
E ascoltando
il lento russare di Ron, chiuse gli occhi aspettando l'alba.
Alba che non
tardò ad arrivare, per fortuna. Avendo passato la notte in
bianco,
vide chiaramente, anche se attraverso le spesse tende finalmente
diventate rosse, i tenui raggi arancioni della sua prima alba del suo
sesto anno ad Hogwarts. Fu il primo ad entrare in bagno, e con tutta
la calma del mondo si fece una doccia che anche se non lo rimise al
mondo, ci andò vicina. Uscì che era
già pronto, lindo e pinto, ma
con l'umore a terra quando si rese conto che i suoi amici erano
ancora profondamente addormentati.
Guardò
l'ora sulla sua sveglia babbana – che non aveva usato
perché, beh,
non aveva dormito – e, scoraggiato, si rese conto che erano
appena
le sei e mezzo.
Decise di
andare in Sala Grande in ogni caso, attendendo i suoi amici
lì.
Hermione era sempre la prima a svegliarsi e spesso aveva fatto la
stessa cosa, magari portandosi dietro dei compiti o qualche libro in
attesa della colazione, quindi non sarebbe stata la fine del mondo se
l'avesse fatto pure lui.
Hogwarts era
invasa dal silenzio, mentre attraversava i lunghi e vuoti corridoi.
Gli piaceva, era calmo e rilassate. Sapeva di casa. La sua unica
casa, ormai. Se solo aveva vagamente pensato di andare a vivere con
Sirius a Grimmauld Place e avere finalmente una casa l'anno prima,
adesso l'unica cosa che voleva pensare era che non voleva metterci
più piede là dentro, nonostante fosse stata
lasciata a lui nel
testamento. Che l'Ordine ci facesse quello che voleva, poco
importava.
Sirius non
c'era comunque.
Quindi la
sua unica casa era e sarebbe sempre rimasta Hogwarts, nonostante,
quell'anno, non sopportasse neanche di sentire gli schiamazzi di
quelli del primo anno.
Entrò in
Sala Grande a testa bassa, arrivando con passo svelto al tavolo dei
Grifondoro e, dopo essersi seduto più o meno nello stesso
posto di
sempre – da vuoto era difficile capire quale fosse comunque
– si
spalmò con un gemito sul tavolo, nascondendo la testa
arruffata
sotto le braccia. Si infilò persino le mani nei capelli,
tirandoli
leggermente, non sapendo neanche lui perché. Forse per
riuscire a
sentire qualcosa, chissà.
Ignorò per
pochi minuti uno strano senso di disagio, come quando cammini per
strada e senti di essere seguito da qualcuno. Ma poi alzò di
poco il
viso e guardò di fronte a sé e, sbattendo le
palpebre e credendo,
per un attimo, che forse le tirate di capelli autoinflitte non erano
bastate per poter restare lucido nonostante il sonno, si
scontrò con
gli occhi di niente di meno che Draco Malfoy, ad un tavolo di
distanza – quello di Corvonero? – che ricambiava
fisso lo
sguardo con un solo fine sopracciglio alzato.
Restarono lì
a fissarsi per un po', Harry non seppe dire quanto, forse troppo
assonnato e stanco per poter fare alcunché, persino pensare.
Poi ad
un certo punto, Malfoy si alzò e marciò verso la
porta per
potersene andare.
Non seppe
perché, ma lo fermò. «Puoi
restare, Malfoy.»
E
Malfoy, effettivamente, si fermò. Harry, stanco com'era, non
si era
aspettato niente, forse... forse giusto lui che lo ignorava
bellamente e continuava per la sua strada, ma quando lo vide fermarsi
e persino girarsi a fissarlo di nuovo, si sentì un po' a
disagio e
si pentì un po' di averlo fermato.
«Non
devi darmi mica il permesso. In effetti,» disse lui, che
nonostante
il vuoto della Sala, anche se parlava piano e continuava ad esserci
un tavolo di distanza, lo sentiva chiaro e tondo, con quella sua
odiosa voce strascicata. Con la poca pazienza che Harry aveva
quell'anno, era già tanto che non si fosse coperto le
orecchie,
«c'ero prima io, qui, Potter. Sloggia, non voglio respirare
la tua
stessa aria.»
Ma
non gli rispose. Mentre parlava, aveva di nuovo assunto la posizione
di prima, con la faccia schiacciata al legno del tavolo e le braccia
a coprirlo. Non si addormentò, non ci sarebbe riuscito con
quella
fastidiosissima voce che gli trapanava il cervello, ma era... era
tranquillo. Quasi in dormiveglia. Cosciente, ma allo stesso tempo no.
«Potter?
Mi hai sentito?»
Ma
non aveva più spirito di autoconservazione? O di
sopravvivenza? No,
forse quello non l'aveva mai avuto, però di solito aveva
sempre
cercato di non addormentarsi davanti a qualcuno di potenzialmente
pericoloso per la sua incolumità.
«Hey,
Sfregiato! Non osare ignorarmi!»
Poteva
fargli qualsiasi cosa! Qualsiasi scherzo di pessimo gusto che persino
negli anni scorsi, quando era attivo e, soprattutto, sveglio, gli
avevano fatto piuttosto male. Figurarsi ora che gli aveva dato
deliberatamente le spalle! E se si sarebbe vendicato per aver
sbattuto suo padre ad Azkaban?
Dei
passi decisi sbatterono sul pavimento sempre più vicino a
lui e
sentì due tonfi molto vicini alla sua povera testa.
Probabilmente le
sue mani. «POTTER!»
Harry
sobbalzò. Alzò il viso e vide quello vicino di
Malfoy fare una
smorfia. Probabilmente i suoi occhi da principino viziato non
riuscivano a sopportare la vista di un viso assonnato e con la bava
alla bocca come il suo. Oh, beh. Chissene frega?
«Ma
che vuoi?»
Malfoy
sgranò teatralmente gli occhi. «Che tu te ne vada,
te l'ho già
detto che non voglio stare qui con te e respirare la tua stessa aria
sporca.»
«Beh,
pensavo ti fossi abituato dopo sei anni.»
«A
certe cose non ci si abitua mai.»
«Senti,»
Harry sospirò e si portò le mani sul viso,
tentando di riprendere
il controllo dei suoi muscoli facciali – soprattutto quelli
delle
palpebre, Merlino, continuavano a chiudersi! «so che
è un oltraggio
per te stare nella stessa stanza con me, lo capisco credimi, ma
almeno per le prossime due ore io non avrò la forza di
alzarmi e
forse neanche di aprire gli occhi. Quindi, Malfoy, mi spiace darti
questo dispiacere, ma dovrai sopportare il dolore della mia
presenza.»
Detto
questo, riprese la sua posizione che forse non era comoda, ma il
collo ancora non faceva male quindi andava bene per il momento.
Malfoy
non si mosse subito. «Salazar, Potter, sei messo alquanto
male»
disse, ma il tono non era canzonatorio. Più disinteressato,
oserebbe
dire.
Sentì
un fruscìo di qualcosa e dei passi allontanarsi.
Harry
si addormentò con uno strano pizzicorio ad irritargli il
naso.
A
svegliarlo, fu Hermione. «Harry! Che ci fai, qui? Ma stai
dormendo?»
«Stavo»
sbadigliò, stiracchiandosi e sentendo le ossa della schiena
e del
collo scricchiolare sinistramente. Era indolenzito, ma non faceva
ancora male – ma avrebbe fatto male, sicuro come il ritorno
di
Voldemort. «Che ore sono?» chiese all'amica.
Hermione
si stava sedendo in quel preciso momento accanto a lui. La Sala
Grande non era più vuota come prima, c'erano appena qualche
coppia
di studenti per ogni tavolo. Con la coda dell'occhio, vide la testa
platinata di Malfoy e si chiese distrattamente se prima se ne fosse
andato per "non dover respirare la sua stessa aria", oppure
si fosse soltanto rimesso a sedere al suo posto.
Qualsiasi
cosa avesse fatto, Harry capì che non gliene fregava niente.
«Le
otto» Hermione afferrò fette biscottate e
marmellata dai vassoi
pieni di cibo appena spuntati e iniziò a mangiare,
«Ancora non
riesci a dormire, Harry?»
Harry
la imitò, ma senza altrettanta voglia. Non aveva molto
appetito, era
solo stanco. «Già. Sai che sono riuscito persino a
vedere i
Dissennatori al posto delle tende in dormitorio? Credi sia
normale?»
«Per
uno stanco, sì»
«No,
Hermione. Non è normale.»
«Harry,
da quanto tempo non dormi?»
Staccò
gli occhi dalla sua fetta biscottata non ancora addentata per poter
concentrarsi bene nel contare i giorni. «Due settimane,
più o meno.
L'ultima volta che ho dormito l'ho fatto per cinque ore, quello
sì
che era riposo. Ora, qui in Sala Grande, avrò dormito credo
un'ora.»
«Due
settimane!» Hermione scosse la testa, e i ricci crespi
sobbalzarono
intorno al suo viso crucciato, «Allora è
normalissimo che vedi cose
che non ci sono, Harry.»
Lasciò
perdere la sua colazione e si passò di nuovo le mani sul
viso. La
tentazione di prendersi a schiaffi c'era, e anche di versarsi la
brocca d'acqua dritta in testa, ma forse non era il luogo adatto.
Merlino, era così stanco e l'ora di sonno non ha fatto altro
che
distruggerlo di più.
«Hermione!
Harry!» La voce lamentosa di Ron arrivò prima di
lui e Harry ebbe
di nuovo la tentazione di portarsi le mani a coprirsi le orecchie.
Perché tutti, in quella scuola, avevano delle voci
terribilmente
fastidiose? «Ma non mi avete aspettato?»
Avrebbe
passato delle lunghe giornate.
Le
ore si dividevano in: due ore di Difesa Contro le Arti Oscure con
Piton – Harry, leggendo l'orario e il nome dell'insegnante,
fece
una smorfia – un'ora di Incantesimi con Flitwick, poi la
pausa
pranzo, infine un'ora di Trasfigurazione con la McGranitt e due di
Pozioni con Lumacorno.
Tutte
lezioni con Serpeverde, come se non fosse abbastanza. Harry
già
sentiva dietro di sé Ron lamentarsi sia per il triste
destino di
dover passare tutte le ore – tutte
– con quelle serpi, sia per la sfiga di essere stati
costretti
dalla McGranitt a frequentare Pozioni.
L'unica
cosa della quale Harry vorrebbe lamentarsi, in quel momento, erano i
lamenti di Ron.
Dormì
– per quanto potesse essere definito "dormire" lo stare
ad occhi chiusi appoggiato su una qualsiasi superficie piana
– per
tutte le lezioni. Essendo il primo giorno, nessun insegnante fece
fare niente di particolare agli studenti, se non ritirare i compiti
delle vacanze e prepararli a cosa li aspettava durante l'anno.
Nonché
il classico discorso già fatto da Silente il giorno prima
riguardo
il ritorno di Voldemort, raccomandazioni su quanto dovessero stare
attenti e tenere gli occhi aperti.
Tranne
Piton, che fece fare teoria e tolse dieci punti ogni volta che
beccò
Harry addormentato. Alla fine della giornata, Grifondoro, a causa
sua, perse settanta punti. Fu un po' guardato male dai suoi amici di
casa, sorbì i lamenti di Ron e lo sguardo preoccupato di
Hermione.
Nonché le risate dei Serpeverde – tranne Malfoy,
che non lo degnò
neanche di uno sguardo.
Passarono
più o meno così le prime giornate ad Hogwarts.
Tranne Piton, la
maggior parte degli insegnanti sembrarono chiudere entrambi gli occhi
sulla stanchezza di Harry – e normalmente gli avrebbe dato
piuttosto fastidio farsi trattare in modo privilegiato rispetto agli
altri, ma chiuse anche lui entrambi gli occhi e non ci
pensò.
Nessuno osò comunque lamentarsi con lui, non dopo quello che
era
successo al Ministero.
Tranne
Piton e i Serpeverde,
ovviamente.
Ma
Harry se ne curò poco. Era stanco, stanco sempre e di tutto.
Ogni
mattina, puntuale, entrava nella Sala Grande e cercava di recuperare
almeno un'ora di sonno, dato che nel suo letto proprio non ci
riusciva. E ogni mattina, Draco Malfoy era lì. Riposava
bene, quando
era lì con Malfoy. Era tranquillo e sapere che lo sguardo di
ghiaccio dell'altro era puntato sulla sua testa riversa sul tavolo
non lo faceva sentire in pericolo, come aveva pensato le prime volte,
a parte il sempre più frequente pizzicorio al naso. Ma era
leggero,
non ci faceva caso più di tanto.
Fino
ad una mattina, però.
Era
già passato Settembre, ma Harry non sapeva che giorno fosse.
Le sue
giornate erano tutte uguali, con notti insonni e giornate opache,
quindi non sapeva effettivamente quanto tempo fosse passato da quando
era tornato a casa. Come al solito si era alzato dal letto all'alba e
tempo un'ora camminava già verso la Sala Grande, ciondolante
e con
un cerchio alla testa terribile per la mancanza di sonno.
Prima
o poi sarebbe impazzito. C'era chi impazziva per carenza di sonno,
no? Altro che Voldemort, Mangiamorte e Dissennatori, il Ragazzo
Sopravvissuto sarebbe morto per... sonno.
Davanti
alla porta, però, si scontrò proprio con Malfoy,
che era appena
uscito dai sotterranei e stava anche lui per prendere il solito posto
che occupava da un mese a quella parte. Aveva fatto tardi, a quanto
pareva, perché di solito quando arrivava lui, Malfoy era
già
placidamente seduto al tavolo dei Serpeverde a scrivere su una
pergamena, mentre invece quella mattina correva,
anche se, come sempre, aveva un aspetto impeccabile.
E
fu proprio per quello scontro che le sue giornate si trasformarono e
non erano più opache.
Perché
fu in quel momento, nell'istante in cui i capelli perfettamente
pettinati di Malfoy solleticarono le sue narici, che iniziò
a
starnutire.
E
starnutire.
E
starnutire.
E
starnutire ancora.
Spazio
Autrice:
Ho cominciato questa
storiella un po' così, perché mi annoiavo e avevo
voglia di ridere. So che al momento non fa ridere molto, ma posso
assicurare che in futuro lo farà XD
E' da un po' che non
pubblico qualcosa scritto da me, e sono alquanto emozionata, spero vi
piaccia! Non anticipo niente, solo che non seguirà per
niente niente Il Principe Mezzosangue. Spero mi facciate sapere cosa ne
pensate, per ora ho scritto soltanto due capitoli, ma in ogni caso non
ne saranno molti.
Grazie mille in
anticipo! <3
Emily
♦
|
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Capitolo 2 *** II ***
II
«Che
vuol dire che sono allergico
a... al gel per
capelli?»
«Ad
un tipo di gel per capelli, a quanto pare» precisò
Madama Chips,
porgendogli con i suoi soliti modi frettolosi una boccetta contenente
del liquido chiaro. «Probabilmente alcuni gel per capelli
contengono
delle sostanze che hanno odori che ti fanno star male. È
normale,
signor Potter.»
«No,»
sospirò stanco, «non è normale mai
niente quel che riguarda me.»
Madama
Chips addolcì lo sguardo di solito duro a quelle parole e
tornò nel
suo ufficio, mentre Harry pensava a quanto la vita facesse schifo.
Certo, i suoi capelli dimostravano ampiamente che quella robaccia
puzzolente non l'avevano neanche mai vista da lontano – se
non dai
capelli di altre persone.
Era
tutta colpa di Malfoy, sua e dei suoi maledetti capelli impomatati.
Non
che la sua vita sarebbe cambiata di molto. Non frequentava nessuno
che usava gel per capelli, l'unico che "conosceva" era,
appunto, Malfoy, ma a parte la mattina che si trovavano nella stessa
Sala – una Sala gigantesca, tra l'altro – non aveva
particolari
contatti. Anche durante le lezioni, Malfoy gli stava per fortuna
decisamente alla larga, mettendosi dalla parte più lontana e
opposta
a dove sedeva lui. Quindi era al sicuro.
Era
al sicuro? Davvero? Malfoy ora sapeva, sapeva il suo ennesimo punto
debole! L'avrebbe usato contro di lui, quant'è vero che
Voldemort lo
voleva morto. Si sarebbe vendicato per quello successo a suo padre,
avrebbe sicuramente messo il suo maledetto gel nel suo succo di
zucca, o peggio, in una delle sue pozioni a lezione, così
sarebbe
esplosa e avrebbe avuto detriti di gel addosso e... sarebbe morto.
Sonno?
Nah, non sarebbe stata neanche la mancanza di sonno ad ucciderlo,
sarebbe stato il gel di Malfoy.
«Hai
bevuto la pozione, Harry?» Hermione entrò in
infermeria con un
cipiglio preoccupato, seguito da un Ron altrettanto incupito.
«Sì»
grugnì, «Sono allergico al gel per
capelli.»
«Al
gel per capelli?» ripeté Ron, grattandosi la nuca,
«E
come mai hai usato del gel per capelli? I tuoi, senza offesa amico,
ma sono indomabili persino con l'uso della magia, figurati.»
«Non
l'ho usato io! Ce l'aveva Malfoy, l'ho scontrato in corridoio e
quella puzza orribile mi entrata nel naso, così ho
cominciato a
starnutire fino alle lacrime.»
«E
Malfoy che ha fatto?» chiese Hermione.
Harry
scrollò le spalle. «E che ne so? Mi ha portato qui
e se n'è
andato.»
«Ti
ha portato qui e se n'è andato?!»
Il
coro che i suoi due amici fecero lo lasciarono perplesso, ma poi
rifletté per bene su cosa aveva appena detto e, accidenti.
Doppio
accidenti, Malfoy l'aveva portato in infermeria senza infierire?
Senza lasciarlo lì a morire?
Guardò
negli occhi sia Ron che Hermione, e vide proprio quello che stava
passando anche nella sua testa: negli occhi cristallini di Ron vide
che probabilmente era la fine del mondo per davvero e il Prescelto
ormai non poteva farci più niente; in quelli di Hermione,
invece,
vedeva vendetta, la vendetta di Malfoy che temeva ma che sarebbe
stata di gran lunga peggiore di quanto avesse immaginato. L'aveva
aiutato per fargli male, molto male, dopo.
La vendetta è un piatto che va servito freddo, era un detto
Babbano,
no?
Non
sapeva se era una cosa da Serpeverde, ma non era una cosa da Malfoy.
Evidentemente, era in modo particolare irritato dal fatto che suo
padre fosse rinchiuso ad Azkaban.
«Harry,»
Ron gli posò una mano sulla spalla e gli diede tre pacche in
modo
consolatorio, ma che gli fecero solo male, «sei fregato,
amico.»
E
il brutto era che sì, Ron aveva ragione. Harry era fregato.
Anzi,
no. Era proprio fottuto.
Ma
non nel modo che temeva.
A
metà ottobre ci fu la prima partita di Quiddich. Grifondoro
contro
Corvonero, e Ron era pimpante e terrorizzato nello stesso momento,
avendo paura di sfigurare nel suo nuovo ruolo di portiere.
Harry,
nonostante all'inizio si fosse tirato indietro per via della sua
stanchezza cronica, alla fine aveva accettato il ruolo di capitano
della squadra – dopo lo spiacevole incontro ravvicinato con i
capelli di Malfoy, Harry era riuscito a recuperare un po' di sonno
grazie, soprattutto, alla pozione contro l'allergia che metteva
sonnolenza, quindi aggiunta a quella che aveva già, riusciva
a farsi
qualche ora in santa pace senza incubi di nessun tipo.
Aveva
smesso persino di andare in Sala Grande. E non perché avesse
paura
di Malfoy – o meglio, dei suoi capelli, ma semplicemente
perché,
adesso, riusciva a svegliarsi ad un orario abbastanza decente da
permettergli di aspettare gli altri in Sala Comune. O alla peggio
solo Hermione.
In
ogni caso, la partita fu grandiosa.
Era
da tanto che non saliva sulla sua Firebolt e risentire il vento
fresco tra i capelli l'aveva quasi rimesso al mondo. Aggiunta la
contentezza all'adrenalina che sentiva mentre volava inseguendo il
Boccino, quella fu una delle sue partite preferite, quella dove si
divertì di più. E non perché fu
particolare o qualcosa del genere,
era solo... felice.
Felice di volare, felice di vincere e stringere ancora una volta il
Boccino d'oro tra le dita.
Sperava
di poter fare tutte le partite dell'anno così, dato che il
resto
sembrava andare tutto a rotoli.
Mentre
lui e la sua squadra si avviavano verso gli spogliatoi, un odore
fresco e pungente gli pizzicò il naso. E starnutì.
«Malfoy
è passato di qui!»
Ron
e Ginny, che erano di fronte a lui, si fermarono e lo guardarono
perplessi.
Fu
Ginny a parlargli per prima. «Cosa?»
«Malfoy,»
starnutì, «è stato qui. Il mio naso lo
sente.»
«Aah.
Per l'allergia?» chiese Ron, guardando un po' preoccupato il
naso
che si stava pericolosamente arrossando.
«Allergia?»
«Te
lo spiego dopo, Ginny.»
Harry
si passò una mano sugli occhi spostando di lato gli occhiali
per
potersi asciugare le lacrime, «Ma quanto schifo si mette in
testa
per riuscire a lasciare una scia del genere?! Che sia maledetto,
dovrò tornare da Madama Chips a farmi dare...»
«Ragazzi?»
un ragazzo basso che Harry, purtroppo, dato che si era tolto gli
occhiali, non riuscì bene a vedere di chi fosse, lo
interruppe «I
Serpeverde hanno fatto una piccola capatina del nostro
spogliatoio»
Gli sembrò che si stesse girando verso Ron,
«Soprattutto tu
dovresti venire a vedere.»
Non
li seguì, decidendo di farsi la doccia solo dopo essere
andato in
infermeria, dove Madama Chips lo accolse con un sospiro e una mezza
imprecazione verso nessuno in particolare.
Il
giorno dopo, Ron era ancora nero di rabbia per quello che era
successo il pomeriggio prima.
Gli
aveva raccontato, livido, che lo spogliatoio di Grifondoro era stato
imbrattato di scritte magiche – hanno dovuto perderci dietro
un bel
po' di tempo per toglierle – le quali prendevano palesemente
per il
didietro Ron. "Perché Weasley è il nostro re";
"Blocchi
le palle solo perché tu non ne hai"; "Weasley
raccattapalle!" e cose del genere.
Anche
Harry era piuttosto infastidito. Ma che volevano? Ron era stato
bravo, ma non avevano neanche giocato contro di loro, che problemi
avevano?
«Sono
solo invidiosi della tua bravura, Ron» gli disse dolcemente
Hermione, mentre camminavano verso le due ore di Pozioni che li
attendevano, «Sei stato bravo, e ora temono ancora di
più quando
dovranno giocare contro di te.»
A
quelle parole, l'amico si rilassò un po', ma era ancora
scuro in
volto.
Presero
posto tutti e tre davanti ad un calderone e attesero che il professor
Lumacorno arrivasse per cominciare la lezione. E proprio come era
successo nelle ore precedenti, bisbigli fatti a voce alta –
non ci
provavano neanche a non volersi far sentire, maledette serpi!
– si
inalzarono dai tavoli Serpeverde. Ron respirava a fondo, con le
orecchie rosse almeno quanto i suoi capelli, ma la mano di Hermione
dietro la sua schiena lo teneva fermo senza rischiare, al momento
almeno, di correre minaccioso contro un Serpeverde ridacchiante
qualsiasi e spaccargli il muso.
«Salve,
ragazzi!» entrò il buffo professore,
posizionandosi alla cattedra.
«Avete fatto i compiti assegnati?»
I tavoli Grifondoro si
zittirono, tranne Hermione che stava già rovistando nella
sua borsa
per prendere il plico di fogli. Harry quasi ebbe la tentazione di
spostare il calderone e stendersi sul tavolo per riposare, se questo
non fosse cocente per via del fuoco sotto. I Serpeverde, invece,
avevano anche loro già preso i loro compiti per consegnarli,
anche
se non con lo stesso entusiasmo di Hermione.
«Mhh,»
sospirò Lumacorno, ritirando i pochi fogli, «Dato
che non tutti voi
avete fatto il compito assegnato, ve ne assegno uno da fare adesso.
Sarà valutato, ragazzi, per favore mettetevi
d'impegno.» Tutti
annuirono, «Bene, chi ha fatto il compito saprà
bene come fare, in
ogni caso. Chi l'ha fatto, spieghi cosa è l'Amortentia.»
Come
volevasi dimostrare, fu Hermione l'unica Grifondoro che alzò
diligentemente la mano e a rispondere alla domanda del professore.
Harry sbuffò, già immaginando quale orribile fine
avrebbe fatto la
sua pozione. «Hey, Ron? Dividiamo il libro, io non ce
l'ho.»
Il
ragazzo annuì, «A me l'ha dato Dean, pensa. Prima
o poi dovremmo
andare a comprarcelo.»
Si
limitò a rispondergli con una scrollata di spalle.
Dopo
la spiegazione, e dopo aver ignorato i versi dei Serpeverde che
imitavano la petulanza di Hermione, tutti si misero a lavoro.
E
fu lì che accadde di nuovo. O almeno, quando capì
di essere
effettivamente fottuto, e non come temeva lui all'inizio. La sua
pozione non aveva il colore giusto, ma ci si avvicinava molto per
fortuna... quindi funzionava. Riusciva a sentire l'odore delle cose
che amava di più.
E
starnutì.
E
starnutì.
E
starnutì ancora.
«Oh,
no» gracchiò, con le lacrime agli occhi.
Starnutì
una quarta e anche una quinta volta, e non aveva intenzione di
fermarsi. Il suo naso e la sua testa gli sembrarono sul punto di
scoppiare. Nonostante fosse, beh, decisamente occupato a non morire
soffocato dalle sue stesse lacrime, sentì chiaramente lo
sguardo di
Malfoy proveniente da un angolo della stanza puntellare dritto sulla
sua nuca. Erano giorni che non lo sentiva, un po' gli mancava.
Ma
questo era veramente il momento meno opportuno per pensarci.
«Adesso
basta!» urlò Ron, rosso in viso, era arrivato al
limite, a quanto
pareva. «Mi sono stancato dei vosti giochetti! Chi di voi ha
messo
gel per capelli
nella pozione di Harry?»
Merlino.
Ron,
senza offesa amico, ma sei un idiota.
Spazio
Autrice:
Ecco il secondo
capitolo! Preparatevi che sarà una storia piena zeppa di
cliché (proprio come questo dell'Amortentia), sono arrivata
ad un bel po' di capitoli già pronti e, sì, ne ho
aggiunti un bel po' XD e tutti voluti eh!
Più la rileggo e più mi accorgo che non fa
proprio sbellicare dalle risate, ma spero di essere rimasta
sull'ironico abbastanza per strapparvi almeno un sorriso :)
Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra le
preferite e le seguite e tutti i lettori silenziosi - che se vi fate
sentire non è che mangio, ma in ogni caso mi fa piacere
anche solo che appreziate in silenzio,
Grazie a tutti! <3
Emily
♦
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Capitolo 3 *** III ***
III
Hermione
e Ron lo avevano accompagnato in infermeria assumendo due espressioni
decisamente differenti: la prima era rossa come un pomodoro maturo
–
o come i capelli di Ron – e si mordeva con ansia il labbro
inferiore; Ron, invece, era bianco come un comune Babbano che vedeva
un fantasma gironzolare per un cimitero. Lui, invece, era un misto
tra i due.
Non
voleva crederci. Cioè, non ci credeva, era ovvio, ma poteva
sbagliare..? L'Amortetia poteva far sentire qualcosa che invece
odiava con tutto il cuore? Dopotutto la pozione che aveva fatto lui
non era perfetta, anzi.
Doveva
esserci un errore. Per forza.
Dopo
che Madama Chips gli diede la sua pozione, senza evitare di alzare
gli occhi al cielo alla sua vista – e in effetti, Harry non
poteva
darle torto, in infermeria era più presente lui che lei
stessa che
ci lavorava! – Hermione prese posto accanto a lui, seduta su
un
lettino.
Ron
restò in piedi, ancora terribilmente pallido.
«Harry,»
lo chiamò la ragazza, con un tono che preannunciava guai. O
imbarazzo, in quel caso, «ti piace Malfoy?»
«No»
alzò le mani in segno di resa, per farle capire che no, non
aveva
nulla da nascondere. Merlino, no, certo che non gli piaceva Malfoy,
sapeva che dopo quello che aveva detto l'Amortentia qualche dubbio
era nato, ma non credeva che Hermione lo temesse sul serio.
«Hermione, giuro su chi vuoi che io Malfoy non lo sopporto
proprio
come non lo sopportavo al primo anno. Nulla è cambiato,
ok?»
Hermione
continuò a mordersi il labbro inferiore.
«Oh,
avanti! Stiamo parlando di Malfoy! Che vuol dire che mi piace? Non
può sbagliarsi quell'intruglio maledetto?! Non era neanche
fatto
bene!»
«Harry,
mi dispiace deluderti, ma l'Amortentia non sbaglia mai. È
capitato a
volte che... che faccia sentire odori che non abbiamo mai sentito, ad
esempio, perché la pozione sa... sa prima di te.»
«Sa
prima di me cosa?»
«Chi
ti piace.»
«No»
scosse la testa, respirando a fondo per calmarsi e non andare nel
panico. «Hermione, Malfoy. Non. Mi. Piace. E mai mi
piacerà. Prima
di tutto perché è un maschio e fino a prova
contraria non ho mai
provato niente per un maschio – a proposito, grazie a te,
Ron, ora
tutta la scuola saprà che mi piace un maschio
perché il gel per
capelli lo usano i maschi, anche se non è assolutamente vero
– e
poi... avrei accettato tutti, capito, tutti
tranne Malfoy. Non Malfoy. Proprio no.»
Hermione
sospirò, e si torturò le mani, oltre al labbro
inferiore che ormai
era gonfio quanto i suoi capelli. «Non ci sarebbe niente di
male,
naturalmente, se ti piacesse un maschio...»
«Certo
che no,» la interruppe Ron, improvvisamente rinsavito.
«Non è
questo il problema, Harry, anche se probabilmente lo sarà
per il
restante corpo studentesco femminile, ma è... è
Malfoy il
problema.»
«Ed
io, infatti, ho già detto che non mi piace. L'Amortentia ha
sbagliato.»
«Harry,
non può...»
«Ha
sbagliato» concluse, senza aggiungere altro.
Si
stese per bene sul lettino e chiuse gli occhi. Sopravvivere ad una
pozione era sempre così stancante.
Sentì
Ron dargli una leggera pacca sulla spalla, poi i passi suoi e di
Hermione allontanarsi. Harry ormai aveva deciso di passare il tempo
–
almeno fino a cena – lì in infermeria,
così da posticipare quanto
possibile i bisbigli e i sussurri dietro le spalle su quello appena
successo.
Mai
che gliene andasse bene una.
Stava
quasi per prendere finalmente sonno e recuperare quello mancato di
quella notte, quando dei nuovi passi si avvicinarono al suo letto e
una voce orribilmente strascicata lo allontanò da quella
meraviglia
che era il mondo onirico.
«Potter,
spiegami.»
«Spiegarti
cosa?»
Lo
sentiva proprio dietro alle spalle, era vicino. I suoi occhi
continuavano a perforargli la nuca, come sempre, e non era affatto
fastidioso, come sempre, appunto. Il naso, però, non
pizzicava,
forse perché aveva preso da poco la pozione contro
l'allergia.
«Spiegami
perché hai sentito il mio gel per capelli nella tua schifosa
pozione.»
«Proprio
perché era una schifosa pozione.»
Malfoy
tirò la coperta che era attorcigliata sotto di lui e, con un
gesto
secco, riuscì a far rotolare via Harry facendolo quasi
cadere per
terra.
«Ma
sei scemo?!»
«No,
sono Draco Malfoy. Piacere, Sfregiato. Ora, rispondimi
seriamente!»
Rimettendosi
seduto di nuovo, Harry alzò lo sguardo su Malfoy che gli era
davanti, in piedi, con le braccia incrociate e un piede che sbatteva
ritmicamente, e con un po' di nervosismo, a terra. Gli occhi gli
caddero per un attimo sui suoi capelli e... ed erano lisci, liberi da
qualsiasi costrinzione, gli ricadevano con dolcezza sulla fronte e
sui lati del viso.
Senza
il gel.
Malfoy
si era tolto il gel prima di andare da lui.
«L'hai
tolto?»
Malfoy
chiuse gli occhi, esasperato. «Cosa?»
«Il
gel! Stamattina lo ricordo bene, avevi i capelli pieni di quello
schifo, e ora no. L'hai tolto!»
Il
silenzio scese tra loro, come allo stesso istante il sangue
iniziò
ad imporporare il viso pallido di Malfoy. «Mi hanno
costretto! Il
fottuto Prescelto non sopporta l'odore del mio gel? Malfoy,
vai a lavarti immediatamente i capelli!»
Harry
capì subito che era stata la McGranitt ad ordinarglielo,
l'aveva
imitata – forse involontariamente – fin troppo
bene. E fu per
questo che non riuscì a trattenere una risatina,
immaginandosi per
bene la scena. «Stai
molto meglio
così!»
Tentennò
prima di rispondere. «Potter, mi sto veramente stancando.
Sono
venuto qui perché volevo che rispondessi ad una mia
semplicissima
domanda, non a farti sbellicare dalle risate.»
«Va
bene, va bene,» tirò sul col naso e Malfoy fece
una smorfia
disgustata, «l'Amortentia si è
sbagliata.»
«Le
pozioni non sbagliano, Potter.»
«Le
mie sì, a quanto pare.»
«Sono
d'accordo, ma non è questo il caso. La tua pozione faceva
schifo, ma
non più del solito. Per poco, ma avrebbe funzionato lo
stesso,
persino il colore era vagamente quello giusto!»
«Come
fai a sapere come era la mia pozione?»
«Ho
guardato personalmente nella tua pozione per vedere – per
sperare –
se fosse sbagliata. Non lo era, Potter. Non lo era.»
Mentre
parlava, Malfoy aveva iniziato anche a muovere le dita sul suo
braccio, sempre più innervosito. Ma che risposta voleva,
adesso?
L'unica cosa sensata che gli veniva in mente per giustificare
quell'odore era che la pozione era sbagliata. Ma non lo era. L'aveva
detto Hermione, la strega più brillante di Hogwarts, e
l'aveva detto
Malfoy, il mago più brillante di Hogwarts in pozioni.
Perché
la vita faceva sempre più schifo?
«Cosa
hai sentito?» chiese invece, guardando Malfoy dritto negli
occhi.
«Salazar,
Potter, mi sembra di parlare con un decerebrato. Puoi mettere dei
soggetti, o chiedo troppo alla tua testolina troppo confusa?»
«Hai
annusato la mia pozione, giusto? Cosa hai sentito?»
E
di nuovo calò il silenzio. In quel giorno di Ottobre
– non sapeva
bene quale, ma si sarebbe informato – Harry Potter era
riuscito a
zittire Draco Malfoy per ben due volte. Un record. Era un record
anche quando ci era riuscito la prima volta.
Quando
Malfoy aprì la bocca arricciata ancora in una smorfia
disgustata, lo
interruppe, «Se dici uno schifo, o niente, o non te ne frega,
vuol
dire che la mia pozione ha semplicemente sbagliato e la chiudiamo
lì.»
«Era
giusta, ho sentito la stessa cosa che c'era nella mia. Che ti basti
questo.»
«Eddai,
sai che sento quel nauseabondo odore del tuo gel nella mia pozione,
quindi ormai, nonostante sia ancora convinto che non sia vero, a
quanto pare ho una cotta per te» fece una smorfia nel dirlo,
forse
arrossì anche ma non ne era del tutto sicuro, «Il
minimo che devi
fare dopo avermi estorto quest'informazione con la tua sgradevole
presenza, è dirmi cosa hai sentito tu.»
Malfoy
rimase a bocca aperta. Zittito la terza volta, e in più
averlo
lasciato sbalordito? Era davvero la fine del mondo, quindi!
«Io
non devo proprio niente!»
Harry
alzò un sopracciglio, in una pallida imitazione di come
faceva di
solito il ragazzo di fronte a lui, «Se non me lo dici, ti
darò il
tormento come hai appena finito di fare tu. Sai che ne sono capace. E
se mi menti e vengo a saperlo – ho i miei metodi, non
sottovalutarmi – ti darò il tormento a scoppio
ritardato.»
«Sei
tu un ritardato.»
«Malfoy,
sto aspettando» e sorrise.
Hey,
era piuttosto divertente interagire con Malfoy senza dover finire per
forza a scazzottate. Era imbarazzante solo perché stavano
trattando,
dopotutto, di un argomento imbarazzante, ma non si trovava a disagio.
Così come non si era sentito tutte le mattine con il suo
sguardo
fisso in Sala Grande, anzi, lo trovava piuttosto... piacevole?
Davvero?
«Ho
sentito...» e si morse il labbro inferiore imporporandosi, ma
non
come faceva Hermione. Quando lo faceva lei, non aveva mai sentito il
tuffo al cuore come in quel preciso istante. «...l'odore dei
tavoli
della Sala Grande.»
L'odore
dei tavoli della Sala Grande.
Dopo
averglielo confessato, Draco Malfoy si era passato una mano tra i
biondissimi capelli – e ancora si chiedeva perché,
in quel
momento, aveva pensato che dovessero essere lisci come seta –
si
era voltato e, senza salutare, se n'era andato, lasciandolo
lì a
guardare la sua schiena dritta allontanarsi come uno stoccafisso.
L'odore
dei tavoli della Sala Grande.
Ma che significava?
Perché aveva sentito quell'odore? Perché era
arrossito e si mordeva
le labbra mentre glielo diceva? E perché gliene stava
fregando
qualcosa? Dio, come si sentiva stanco, aveva proprio bisogno di farsi
una dormita.
«Tutto bene,
Harry?»
Rispose ad Hermione
con un grugnito, ignorando le prelibatezze appena spuntate davanti a
lui e concentrandosi su ogni venatura del tavolo. Il tavolo della
Sala Grande. Inspirò a fondo, ma non riusciva a sentire
altro che
l'odore del porridge nel vassoio che aveva di fronte. Che odore
avevano i tavoli? Non era che Malfoy gli avesse mentito? No
perché,
se era così...
Ma non gli aveva
mentito. Lo sentiva, non si sarebbe mostrato così a disagio
e in
imbarazzo nel confessargli quell'odore, se avesse usato le sue doti
da mentitore esperto. Certo, non si sarebbe mostrato tranquillo,
giusto per fargli sembrare che stesse dicendo la verità, ma
non
sarebbe arrossito.
Malfoy era
arrossito. Non poteva crederci.
Lo fissò di
sottecchi, ma non incontrò il suo sguardo. Malfoy stava
guardando
nel suo piatto vuoto, muovendo le dita nervosamente sul legno del
tavolo e, tuffo al
cuore, si stava
mordendo il labbro inferiore.
Ma perché sentiva
un tuffo al cuore?
Ora oltre a cercare
di ucciderlo con quella diavoleria di gel per capelli, voleva provare
a farlo secco tramite un infarto? Non era troppo banale, per uno che
stava tramando una fredda, una gelida
vendetta? Troppe domande, troppe domande e Malfoy, maledetto, stava
continuando a torturarsi quel labbro...
«Hey, amico, ma sei
sicuro di star bene?»
Portò lo sguardo su
Ron e incontrò gli occhi del suo migliore amico pieni di
apprensione. Cosa rara, di solito era Hermione quella che si
preoccupava e Ron quello che si accorgeva troppo tardi che qualcosa
non andava. In quel momento, sembrava se ne fossero accorti entrambi.
Rispose anche a lui con un grugnito, mettendosi una generosa dose di
porridge nel piatto e incominciando a mangiare di gusto.
Al diavolo tutto.
Al diavolo Malfoy.
E i suoi capelli.
Spazio
Autrice:
Eccomi piuttosto
puntuale! Salvo imprevisti, avendo abbastanza capitoli già
pronti, dovrei pubblicare ogni due giorni :)
Ringrazio ancora tutte le persone che seguono, che preferiscono e che
ricordano. Ricordo anche io che se mi lasciate qualche commento,
continuo a non mordere XD
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 4 *** IV ***
IV
Le voci non si erano
sprecate, proprio come si era aspettato. Ormai conosceva Hogwarts e i
suoi abitanti come le sue tasche, e sapeva quanto veloce i
pettegolezzi volavano. Eccome se volavano. "Il Prescelto è
innamorato"; "Il Ragazzo Sopravvissuto è gay"; "Harry
Potter ha una cotta per un ragazzo". Nessuno, però, per caso
o
per fortuna, aveva collegato il gel per capelli sentito nella pozione
al gel per capelli di Malfoy – tranne di chi sapeva
dell'allergia,
quindi Hermione, Ron, Ginny, la McGranitt, Madama Chips e,
ovviamente, Malfoy.
Tutti loro, tutti!,
credevano che avesse una cotta per Malfoy. Persino la McGranitt,
anche se era rimasta piuttosto discreta a riguardo, ma gli sguardi
che gli lanciava erano piuttosto eloquenti. Persino Malfoy, anche se
in quel caso, beh, non era una sua idea. Gliel'aveva confessato.
L'odore
dei tavoli della Sala Grande.
E anche lui aveva
confessato qualcosa, ma... non sapeva bene cosa voleva dire.
Mentre Flitwick
parlava, decise che la sua testa era già pesante per il
sonno
mancato, quindi chiuse gli occhi e li nascose dietro le braccia
incrociate sul banco – poteva avere una cotta per
chicchessia, ma
il sonno, la notte, continuava ad essere irrequieto. Almeno gli
incubi non c'erano, finché non dormiva.
Socchiuse gli occhi,
e proprio davanti a lui, con cinque banchi a dividerli, c'era Malfoy.
Stava prendendo appunti, con la testa china su una pergamena e la
piuma nera che gli carezzava la guancia sinistra ad ogni lettera
scritta. Malfoy era mancino. Non ci aveva mai fatto caso.
Quando si prendevano
a cazzotti che pugno usava? Forse era ambidestro.
Senza effettivamente
pensarci – con molte probabilità Harry era
più là nel mondo dei
sogni che lì nell'aula di Incantesimi –
allungò un braccio verso
di lui e immaginò di affondare le dita in quei capelli
chiari, lisci
e, soprattutto, liberi da ogni costrinzione gelatinosa. Stava
decisamente meglio senza gel ad indurirgli i capelli, Harry per un
attimo sperò che non usasse più quello schifo e
che lasciasse per
il resto della sua vita che i ciuffi biondi gli circondassero il viso
pallido.
Anche perché, Dio,
se continuava a mettersi quello schifo sarebbe morto. E poco
importava il fatto che, probabilmente, era proprio quello che Malfoy
voleva.
All'improvviso, Ron
entrò nel suo campo visivo. Aveva dimenticato che il banco
accanto
al suo fosse quello dell'amico, e che il braccio allungato aveva
occupato gran parte del suo spazio. Se ci aveva messo così
tanto ad
accorgersene era solo perché, evidentemente, non stava
prendendo
appunti.
Ron, perplesso,
seguì la direzione del suo braccio, vedendo subito che stava
indicando l'unica testa così bionda da non passare mai
inosservata.
Il ragazzo arrossì, ma prima che potesse dire qualcosa,
Harry gli
sorrise quando riportò lo sguardo su di lui, e la mano del
braccio
allungato, da carezza che era partita, si trasformò e
divenne un
dito medio alzato contro Malfoy.
Ron scoppiò a
ridere, tappandosi la bocca con una mano per non farsi sentire
dall'insegnante.
E si rese appena
conto che, con quel gesto, aveva appena riassunto tutto ciò
che
provava per Malfoy.
Compresa la carezza
di prima.
Harry riuscì
finalmente a capire che giorno fosse solo quando arrivò
Halloween –
giusto perché vide le decorazioni arricchire la Sala Grande
e la
Sala Comune e, poteva giurare, persino i bagni avevano una piccola
zucca illuminata al posto del portasapone. Era così tutti
gli anni?
Forse sì, e solo durante quel sesto e già troppo
lungo anno quelle
piccole cose riuscivano ad urtargli il sistema nervoso già
abbastanza distrutto.
Quella notte Harry
aveva dormito, e aveva avuto incubi su incubi. Aveva sognato Sirius,
i suoi genitori, Voldemort. I Dissennatori che vorticavano sopra la
sua testa al posto delle tende in dormitorio iniziarono a succhiargli
via l'anima, e nemmeno Ramoso riuscì a mandarli via.
Si svegliò che non
era neanche l'alba che era sudato e già stanco.
Si passò una mano
sulla fronte, asciugò il viso imbrattato. Non si sentiva
molto bene,
quel giorno era iniziato male e la testa gli faceva male –
non
sapeva bene se era una fortuna o no che la cicatrice restava
lì
tranquilla e indolente, segno che Voldemort ancora sperava che Malfoy
lo uccidesse con il suo gel per capelli.
Gel per capelli che,
però, non aveva più usato, costretto o no.
Scese in Sala Grande
proprio come aveva fatto all'inizio dell'anno, strusciando i piedi
per terra e con le occhiaie che gli arrivavano alle ginocchia. La
Sala era vuota, se non per le decorazioni di Halloween che la
illuminavano, altrimenti avvolta nel buio più totale.
Le notti
incominciavano ad allungarsi e ciò non faceva altro che
deprimerlo
di più. Le notti si allungavano così come si
allungava il tempo che
avrebbe passato a scappare dalle tende della sua stanza. Merlino,
probabilmente avrebbe dovuto iniziare a cercare di dormire con la
luce accesa come i bambini di tre anni che cominciavano ad
addormentarsi senza la ninna nanna della mamma.
Ciondolò verso il
suo solito posto e si mise nella sua tipica posizione, chiudendo gli
occhi ma rabbrividendo rendendosi conto che le immagini dei suoi
incubi erano ancora lì, impresse nel buio dietro le
palpebre, pronte
a balzargli davanti appena avrebbe abbassato la guardia.
La grande porta
della Sala Grande si aprì di nuovo dopo che fu passata
mezz'ora dal
suo arrivo o poco più. Il rumore della porta sbattuta fu
seguito da
dei passi meccanici che si fermarono qualche secondo, prima di
avvicinarsi con appena meno sicurezza.
«Sei finalmente
morto, Potter?»
Fu automatico
respirare a fondo, dopo aver sentito quella voce strascicata e odiosa
echeggiare nel vuoto della Sala. L'odore dei tavoli della
Sala
Grande. Lui non sentiva niente, se non un vago odore di
legno e
lucido. E qualcos'altro di non ben identificato. Ma non era un buon
odore, perché era l'odore dell'Amortentia di Draco?
Cioè, di
Malfoy. Di Draco Malfoy. Ecco, molto meglio.
Non gli rispose,
concentrandosi sugli odori che sentiva. Il naso non pizzicava, segno
che Malfoy anche quel giorno non aveva distrutto i suoi bei capelli
con quella gelatina del diavolo. E con "bei capelli", Harry
lo intendeva in modo del tutto oggettivo.
Sentì uno sbuffo.
«Per quanto la tua morte mi faccia piacere, Potter, non
vorrei che
succeda davanti a me e che venga così identificato come tuo
presunto
assassino. Non me la sento proprio di autoinfliggermi la pena
capitale per aver ammazzato il Prescelto.»
«Credevo che fosse
il tuo intento fin dall'inizio dell'anno.»
Un altro sbuffo,
stavolta però sembrava vagamente sollevato. «In
realtà è il mio
intento fin dall'inizio del primo anno, ma sto
quasi temendo
che tu sia immortale. Se non ci sono riusciti il Signore Oscuro,
Dissennatori, Basilischi e mio padre, che speranze
ho io di
farti fuori?»
«Direi nulle.»
«Lo pensavo anche
io. Fino a quando...»
Harry alzò di
scatto la testa, guardando cupo la sua figura illuminata dalle
decorazioni arancioni. I capelli sembravano piccole fiammelle che
bruciavano lente una bambola di porcellana. Non un bello spettacolo,
soprattutto grazie alla sua mente stanca che gli faceva vedere cose
che non c'erano e, per di più, spaventose, ma in ogni caso
non
riuscì a staccargli gli occhi di dosso.
Lo vede ghignare.
«Sto scherzando, Potter. Sei particolamente disgustoso quando
l'allergia fa effetto.»
«Ti prego, mai più.
Soffocare nel mio muco non è il miglior modo per andarsene,
per
quanto mi riguarda.»
Fece una smorfia
schifata alla parola "muco" ed era piuttosto buffo che
ripugnava ogni cosa disgustosa che vedeva o che solo immaginava. Il
suo viso perfettino non aveva mai avuto neanche un brufolo? Il suo
naso non aveva mai colato? La mattina non si era mai trovato con il
cuscino pieno di bava? O con le mutande imbrattate dopo qualche sogno
particolarmente spinto?
Dio, era un maschio
pure lui, era normale.
Harry però arrossì
comunque al pensiero di Malfoy in quei frangenti.
Prima di
rabbrividire immaginandosi la scena. Ma perché era
così stanco, non
ne poteva più di vedere cose che non voleva vedere.
«Stasera vieni alla
festa?»
Ripresosi dallo
shock, Harry aggrottò le sopracciglia, perplesso.
«Quale festa?»
Fu il turno di
Malfoy di copiare la sua stessa espressione scettica. Poi
indicò
teatralmente le decorazioni di Halloween che li circondavano.
«Come
quale festa? Quella di Natale, no?» rispose, caricandosi di
tutto il
sarcasmo che riuscì ad usare. «Se non vieni mi fai
un favore, non
ne posso più di avere questi capelli in modo
così... sciatto. Mi
vanno negli occhi! Ed è tutta colpa tua!»
«C'è una festa
stasera?»
Malfoy sbatté le
palpebre. «Oh, povero, piccolo Potty. Non dormi solo a
lezione,
adesso, ma anche nella tua orribilmente grifondoresca
Sala
Comune?»
Harry cercò di
ricordare, ma nulla gli venne in mente. Che aveva fatto in quei
giorni, dopo le lezioni? Aveva giocato a Quiddich, questo lo
ricordava, e aveva giocato agli Scacchi Magici con Ron. Aveva fatto i
compiti distrattamente con Hermione... ma non ricordava neanche una
parola uscita dalle loro bocche. E neanche dalla sua. Quindi gli
avevano parlato, gli avevano detto della festa, lui aveva persino
risposto ma... ma niente. Non c'era proprio con la testa.
Crollò di nuovo con
la testa sul tavolo, sbattendoci anche la fronte con un tonfo sordo.
Gemette, infilandosi le mani nei capelli e tirandoli leggermente.
Sveglia, Harry Potter, il mondo va avanti.
La voce della sua
coscienza somigliava pericolosamente a quella di Voldemort.
«Allora, Potter? Ci
vieni o no? Vorrei essere presentabile, almeno stasera.»
«Stai molto meglio
senza quello schifo.»
Tentennò di nuovo,
proprio come la prima volta. «Allora?»
«Ci vengo, Malfoy.»
«Eddai, lo fai
apposta, Sfregiato?!»
Alzò di nuovo il
viso e sorrise al cipiglio esasperato che era il volto di Malfoy.
«Non lo faccio apposta, ci vengo perché
probabilmente ho già detto
a Ron e a Hermione che sarei venuto, e tu non hai idea di quanto
possa essere pesante Ron quando crede che una persona gli stia dando
buca.»
«E non ci tengo a
saperlo.»
«E non lo saprai,
tranquillo. Quindi, mi presenterò. Non sarà la
fine del mondo,
probabilmente sto salvando i tuoi capelli da una calvizia
certa.»
Malfoy s'impettì.
«I Malfoy non perdono mai i
capelli.»
«Ma con quello
schifo sì.»
Lo vide alzare gli
occhi al cielo, mentre i raggi del sole iniziarono a fare capolino
dalle ampie vetrate colorate della Sala Grande, facendogli vedere,
con la coda dell'occhio, quanto effettivamente la Sala fosse
decorata. Zucche, fantasmi, pipistrelli e ragnatele. C'era di tutto.
La luce illuminò
anche Malfoy, e l'immagine della bambola di porcellana che prendeva
fuoco sparì – al suo posto, solo un ragazzo dalle
fattezze fin
troppo belle.
Una mano pallida e
affusolata – che no, non faceva parte della decorazione
–
s'infilò tra i suoi ricci e spinse la testa verso il legno,
facendogli cozzare, per la seconda volta in pochi minuti, la fronte
contro il tavolo. «Dormi, Potter» disse Malfoy.
Staccò la mano
pochi secondi dopo, e camminò verso il suo tavolo.
La sensazione di
quella quasi carezza rimase tra i suoi capelli per tutta la giornata.
«Me lo avevate
detto?»
«Certo, Harry!»
rispose Ginny, «Te lo... te lo avevo detto io, chiedendoti se
avresti voluto venire con me.»
Aveva aspettato la
pausa pranzo, prima di mettere l'argomento nel mezzo, sperando di non
addormentarsi nel pieno del discorso. Fu Hermione a parlarne per
prima, chiedendo a Ron cosa avrebbe indossato – ci sarebbero
andati
insieme, quei due. Come amici, Harry.
Ora la sua coscienza
aveva la voce di Hermione.
«E io ho risposto
di sì, vero?»
«Eh, direi di sì.»
Ginny sorrise,
intenerita. Probabilmente pensava a quanto fosse patetico, anche se
era assurdo che Ginny pensasse proprio questo. Le voleva un sacco
bene, gli avrebbe fatto piacere passare una serata in sua compagnia,
poco tempo prima credeva persino di avere una cotta per lei –
ma
l'Amortentia, a quanto pareva, non era d'accordo.
«Ginny, non usi gel
per capelli tu, giusto?»
«No, Harry»
ridacchiò, «Non starnutisci in mia presenza.
Sarà la quinta volta
questa settimana me lo chiedi!»
Se non ci fosse
stato il piatto pieno di cosce di pollo pronto per essere divorato,
avrebbe di nuovo sbattuto la testa contro il tavolo. Così,
giusto
perché non c'è due senza tre. Si
limitò a poggiare il mento su una
mano e con l'altra ad afferrare una coscia, addentandola con
malavoglia.
Se lo avesse visto,
Malfoy gli avrebbe mostrato tutto il suo disgusto con una smorfia
delle sue.
Guardò al tavolo
dei Serpeverde, e lo vide mentre stava elegantemente tagliando il
pollo con forchetta e coltello. Bah. Da che mondo e mondo, il pollo,
così come la pizza e la torta, si mangiava con le mani, era
inutile
che facesse così tanto il sofisticato. Pure i suoi amichetti
serpenti avevano lasciato le posate abbandonate ai lati!
Beh, non proprio
tutti... ma va beh.
«Tu come ti vesti,
Harry?» gli chiese Hermione.
«Non ho ancora
deciso,» mugugnò a bocca piena. Lanciò
un'ultima occhiata al
tavolo Serpeverde, ed incontrò gli occhi di Draco che,
appena vide
in che condizioni era, fece proprio la smorfia che si era aspettato.
Gli sorrise e lui distolse lo sguardo, lanciando improvvisamente le
posate e pulendosi le labbra con il tovagliolo. Gran bel modo di
dirgli che gli stava facendo schifo. «forse mi
vestirò da tubetto
di gel per capelli.»
Ron scoppiò a
ridere, quasi strozzandosi con la coscia di pollo ancora in bocca.
Spazio
Autrice:
Premetto che qui Ginny
non sarà né odiosa, né stronza,
né niente - e non cercherà di rubare Harry a
Draco. Ovviamente questo Draco però non lo sa ;)
Wow, mi ha fatto piacere che finalmente mi avete fatto sapere cosa
pensate di questa storiella! Sono rimasta particolarmente contenta di
sapere che vi piace il tono usato e la scorrevolezza del testo. Spero
che continuiate a ripetermelo perché non mi farà
altro che piacere!
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 5 *** V ***
V
Dato che c'erano
state le lezioni, Harry si rese conto che Halloween, quell'anno, non
era caduto in un weekend. Quando avvistò in Sala Grande i
troppi
dolciumi e le varie bevande apparentemente analcoliche, fu felice di
sapere che, in ogni caso, il giorno dopo sarebbe stata comunque una
festività.
Non che gli
cambiasse di molto la vita. Le ore di lezione le passava comunque a
dormire.
Alla fine, era stata
Hermione a preparargli un costume, con quello che aveva. Poco, in
realtà. Alla fine aveva solo indossato una camicia bianca,
un
pantalone nero, e un cappello.
«Sarà il trucco il
tuo travestimento. Cosa preferisci? Sei cresciuto tra i Babbani,
saprai qualche film. Cosa vuoi? Joker? Arancia Meccanica? Zombie? Te
lo dico, Harry, il trucco da zombie non mi riesce molto bene.»
«Hermione, io non
ho neanche una tv a casa dei Dursley, so giusto cosa sono gli
zombie.»
La ragazza, alla
fine, ha finito con il solo piastricciargli un occhio cercando di
somigliare vagamente ad un tizio di un film che aveva visto tempo
prima. Ok, grandioso, l'aveva anche ringraziata perché il
risultato
non era neanche peggio di quello che si era aspettato, ma si era
raccomandato più e più volte di tenersi libera la
sera per
togliergli quella roba.
Così come l'aveva
messa lei, era suo compito anche toglierlo. Un po' come un dio che
dà
e toglie la vita.
Merlino, come era
stanco. Sentiva ancora gli incubi di quella notte strisciargli lungo
la schiena.
«Com'è che la
McGranitt ha accettato... tutto questo?»
«Solo per il sesto
e settimo anno. Un'idea di Silente, per non far sentire la tensione,
credo. Sai, per Tu-Sai-Chi e il resto...» chiarì
Ron, lanciandogli
uno sguardo che sembrava dirgli che quella doveva essere una cosa che
avrebbe dovuto sapere. Probabilmente Silente aveva persino fatto un
annuncio in Sala Grande durante un pranzo o una cena, mentre lui
stava dormendo sul suo piatto vuoto.
La musica era
assordante, le luci psichedeliche e le bevande già corrette.
Gli era
bastato un sorso di quello che doveva essere succo di zucca ma che in
realtà era un'altra cosa per capirlo. Già gli
girava la testa,
maledizione.
Ginny lo prese a
braccetto e lo avvicinò ad un banchetto. Lei era vestita da
sposa,
una sposa fantasma, o zombie, o boh, Harry non ne era molto sicuro,
ma stava divinamente. I capelli rossi macchiavano il vestito bianco
già sporco come fosse sangue. Gli tolse con delicatezza il
calice
con quella roba che non era assolutamente succo di zucca e lo
posò
su un tavolo lì vicino. «Questa è roba
dei gemelli. Non so come,
ma hanno fatto in modo che entrasse qui per la festa. Già
non dormi
bene di tuo, Harry, è meglio che non bevi.»
«Che Voldemort mi
fulminasse se non hai ragione» gracchiò, posando
una mano –
gelida, lui non aveva mai le mani gelide
– sulla fronte,
dandosi un po' di sollievo.
Ron e Hermione erano
poco lontano, anche loro non molto originali nei loro costumi: una
strega e un cavaliere. Wow. Morgana e Artù, Harry.
Riecco Hermione
sotto forma di coscienza.
La stessa voce,
però, forse un po' più maligna,
sussurrò all'orecchio che forse
Ron stava meglio come Merlino, che come Artù. Neanche nella
sua
mente Harry osò contraddire Hermione.
Cercò
distrattamente per la Sala dei capelli biondi di sua conoscenza, ma
non vide nessuno che anche solo si avvicinasse al colore che cercava.
Era sempre un biondo troppo scuro, o troppo brutto, o troppo ruvido.
Vide i Serpeverde, però, vestiti in modo osceno –
la Parkinson
vestita da infermiera fin troppo navigata avrebbe sostituito presto i
Dissennatori che invadevano il suo letto – ma di Malfoy
neanche
l'ombra.
Forse era troppo per
lui presentarsi ad una festa senza usare il suo amatissimo schifo di
gel, quindi aveva dato forfait. O meglio, gli aveva dato buca.
Alla Parkinson,
voleva dire.
Aveva dato buca alla
Parkinson.
«Harry,» il tono
apprensivo di Ginny riportò la sua attenzione su di lei,
«sicuro di
star bene?»
«Vuoi la verità,
Ginny?» Lei annuì. «Sto da
schifo.»
«Non dovevi bere.»
«Quello è stato il
meno, credimi» si passò una mano dietro la nuca,
«Ho passato una
delle nottate peggiori della mia vita. Sono solo... stanco.»
«Come lo sei
dall'inizio dell'anno.»
«Sì ma oggi un po'
di più» Le sorrise stirando le labbra stanche,
sperando di poterla
tranquillizzare in quel modo. Odiava che la gente si preoccupasse per
lui, non voleva essere un problema. Non più del solito,
almeno. «Sei
davvero bella, stasera.»
Lei si illuminò,
nonostante non perse, però, il leggero cipiglio preoccupato.
«Grazie, Harry. Fossi in te, adesso, andrei a darmi una
rinfrescata
lontano dalla musica,» indicò il tavolo,
«e da quello.»
Sospirò, dandole
ragione. Si sentiva proprio una mezza sega, fatta pure male, mentre
con il suo ormai solito passo ciondolante, camminava verso i bagni
del primo piano. Uscì dalla Sala Grande che si sentiva
già meglio –
quella musica alta e quelle luci malefiche, forse, non facevano molto
bene al suo sistema nervoso già particolarmente provato
– ma si
infilò lo stesso in bagno, aprendo l'acqua di un lavandino e
buttandoci la testa come un assetato davanti ad un'oasi nel deserto.
Stette subito
meglio, con il forte getto a bagnargli la testa e la nuca.
Rinsavì,
quasi. La testa, almeno, smise di pulsare come un martello
pneumatico. E divenne particolarmente leggera.
Rimase così per un
po', immobile, senza neanche respirare, e ci sarebbe rimasto ancora
di più se qualcuno non gli avesse tirato il colletto molle
della
camicia, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo,
irrimediabilmente, cadere sulle mattonelle fredde del bagno.
«Ma che... Malfoy?»
«In persona,
Potter» rispose, scrollando la mano che aveva usato per
buttarlo per
terra, in modo che piccole gocce d'acqua schizzassero ovunque. Chiuse
il lavandino. «Si può sapere perché
stavi cercando di farti fuori?
Quando mi avevi detto che morire soffocato con il... muco... non era
nei tuoi piani, non avevo capito che stavi cercato un altro modo per
soffocare. Avrei qualche idea, ti piacerebbe ascoltarle?»
Harry sbatté le
palpebre, ma quando non riuscì a vedere chiaramente, si rese
conto
di avere ancora addosso gli occhiali bagnati che gli coprivano la
visuale con le gocce d'acqua. Come ad averlo letto nella mente,
Malfoy pronunciò un incantesimo asciugante che lo fece
tornare lindo
e pinto proprio come stava prima di entrare in bagno.
Fu lì che lo vide.
E che diamine. La
prima cosa che pensò, alla sua vista, fu che l'Amortentia
non aveva
poi tutti i torti.
«Da che ti sei
vestito?» gli chiese, chiudendo la bocca che probabilmente
aveva
spalancato nel momento esatto che i suoi occhi si erano posati su di
lui. Era imbarazzante sentire la bocca secca... per Malfoy.
«Da Casanova,
Potter. Nella tua ignoranza, non mi aspettavo che l'avresti
riconosciuto.»
Gli abiti che
indossava sembravano fatti con gli stessi ricami del divano di zia
Petunia, quello nuovo sul quale Harry non aveva mai avuto il permesso
neanche di guardare da lontano. Color panna dai ghirigori dorati. I
capelli erano magicamente – supponeva almeno –
allungati e tenuti
in una stretta e bassa coda. In mano aveva ancora la bacchetta che
aveva usato per asciugare Harry, ma all'estremità che non
usava per
lanciare incantesimi ci aveva attaccato una maschera veneziana dello
stesso colore e decorazione dei vestiti.
«Da Casanova.»
«Da Casanova,
esatto.»
«Da Casanova.»
«Potter, hai per
caso battuto la testa?»
«No. Non sei
Casanova,» scosse la testa, per enfatizzare le sue parole, e
vide
appena Draco sollevare le sopracciglia, divertito. «Sei un
dio
greco.»
Draco lo fissò per
pochi istanti, poi sogghignò. «Non so se esserne
lusingato, Potter,
ma i greci non indossavano tali vestiti.» Si piegò
sui talloni, per
essere alla sua stessa altezza, e Harry non era per niente pronto a
guardarlo da così vicino.
Ma eravamo sicuri
che l'Amortentia non l'aveva per sbaglio bevuta?!
«E tu cosa saresti,
di grazia?»
«Non lo so. Un film
Babbano.»
«Un che?»
«Un qualcosa
Babbano, non preoccuparti.»
«Non sapevo che i
Babbani maschi usassero il trucco» disse, come se stesse
parlando di
una razza animale, «Sei già sulla via per andare
sull'altra
sponda?»
«Sicuro quanto il
ritorno di Voldemort.»
Vide Draco
rabbrividire a sentire quel nome, ma prima che potesse lamentarsi
perché no, non si diceva ad alta voce, si bloccò
quando metabolizzò
a pieno cosa le parole dette significassero. Harry ricambiava
semplicemente il suo sguardo sgranato, sentendosi troppo stanco e
troppo imbarazzato. Poggiò con delicatezza la testa sul muro
di
pietra dietro di sé, socchiudendo gli occhi.
«Cosa?»
Sospirò, prima di
rispondergli. «Sono stanco, Draco, voglio solo dormire. Non
voglio
pensare al fatto che in questo momento, probabilmente, sono
più
sull'altra sponda che qui, voglio solo... dormire. Riposare senza
avere gli incubi e non avere paura di poter passare un'altra notte
terribile come quella appena passata. Sono stanco e, nonostante
adesso capisco a pieno cosa l'Amortentia mi stesse dicendo qualche
settimana fa, l'unica cosa che davvero voglio adesso è
chiudere gli
occhi e svegliarmi minimo tra qualche anno.»
Si fissarono per
minuti interminabili. Harry tranquillamente poggiato al muro, con le
palpebre che lo stavano per tradire e chiudersi per non aprirsi mai
più; Draco, invece, aveva il viso totalmente libero da
qualsiasi
emozione, più pallido del solito ma bello come sempre. Lo
guardava
dritto negli occhi.
Ad un tratto, Draco
si sedette al suo fianco, molto vicino, così tanto vicino
che le
spalle non solo si toccavano, sembrava che si stessero per amalgamare
come una ciambella con la sua glassa. E lui si sentiva proprio come
la glassa, voleva scivolare lungo la sua spalla e giacere lì
finché
morte non l'avrebbe separato dalla sua ciambella.
E così fece. La
testa cadde quasi a peso morto sulla sua spalla, che si
incastrò
perfettamente nell'incavo del collo teso di Draco. Chiuse gli occhi e
la mente divenne all'improvviso sgombra da qualsiasi pensiero.
Un movimento veloce
della spalla di Draco lo disturbò, ma non poi troppo.
«Che hai
fatto?» mugugnò, con voce impastata e la gola
ancora secca.
Un click, simile ad
una serratura appena chiusa, e tutto tornò come prima.
«Niente,»
una mano leggera tra i capelli, «dormi, Potter.»
Ed Harry dormì.
Draco
Malfoy aveva
un solo punto debole.
Ormai non gli
importava più niente di nessuno: se appena l'anno prima
avrebbe dato
la vita per quella dei suoi genitori, dopo che l'avevano ripudiato
–
o meglio, che suo padre l'aveva ripudiato e sua madre aveva finto di
farlo solo per poter salvare sia lei che Draco stesso –
quando
aveva rifiutato il Marchio, aveva deciso che, alla fine, non gli
importava niente neanche di loro due. Erano salvi, dopotutto. Il
Signore Oscuro non sembrava essersela presa con sua madre per il
fallimento di Lucius, ancora rinchiuso ad Azkaban, e per il suo
abbandono.
Finché Narcissa
Malfoy lo nascondeva nella sua stessa casa, in fondo andava bene. Era
lui che ormai non sapeva più dove andare, ma poco importava
anche
questo, al momento.
Aveva paura del
Signore Oscuro, ma quello non era un vero e proprio punto debole,
dato che chiunque con un po' di sale in zucca ne
aveva paura.
Gli facevano impressione i serpenti – per quanto questo fosse
ironico – e rabbrividiva quando vedeva delle bambole di
porcellana
tra le mani delle bambine purosangue del primo anno, ma neanche
questi potevano essere definiti punti deboli. Poteva andare avanti
anche se gli avrebbe attraversato la strada un serpente. Magari
avrebbe urlato un po', ma sarebbe riuscito ad addormentarsi anche se
nel suo letto si fosse misteriosamente materializzata una bambola di
porcellana che l'avrebbe fissato con i suoi occhi vitrei.
Alla fine di tutto
questo ragionamento, Draco era arrivato all'unica conclusione di
avere un solo, piccolo punto debole.
E quel punto debole
era proprio niente di meno che Harry Potter.
L'aveva capito una
volta per tutte quando era entrato in quel bagno soltanto per
ammirarsi un'ultima volta prima di andare alla festa e l'aveva visto
con la faccia affondata in una pozza d'acqua in uno dei lavandini, la
schiena immobile segno che non stava neanche respirando. Aveva
sentito una sensazione strana alla bocca dello stomaco, come quando
da bambino volava sulla scopa e cadeva in picchiata per nascondersi
dietro agli alberi in modo da non farsi vedere da suo padre. Non era
piacevole, era paura mista a terrore e vertigine.
Si rese conto in
quel momento che – nonostante i precedenti e nonostante
neanche ci
fosse molto altro tra loro se non sporadiche conversazioni vagamente
civili – se Potter non c'era, non sarebbe riuscito ad andare
avanti.
Quella sera di
Halloween, Draco rimase a fissarlo tutto il tempo, vegliando sul suo
sonno tranquillo. Stranamente gli importò poco della nottata
insonne, o che Potter gli stesse imbrattando il costume con il trucco
sull'occhio, o che restavano in ogni caso sul pavimento del bagno del
primo piano e, nonostante avesse chiuso la porta poco prima che
l'altro si addormentasse – dopo che l'aveva chiamato per
nome –,
non era molto sicuro restare lì. Ma ci rimasero. Tutta la
notte.
Draco non si mosse
mai.
L'unica cosa che
mosse, fu la sua mano ancora affondata in quella chioma informe che
Potter aveva al posto dei capelli, dando carezze lente e delicate
come ali di farfalla. Di solito non usava tanta delicatezza, con
Potter men che mai, ma quella notte avrebbe fatto qualche strappo
alla regola.
Affondò anche il
naso nella matassa di capelli e inspirò a fondo.
Da domani,
avrebbe
sentito un altro odore nella sua Amortentia che parlava di Potter.
Spazio
Autrice:
Questo è uno
dei capitoli che più ho adorato scrivere, il "colpo di
fulmine" di Harry è stato divertentissimo da immaginare!
Tra l'altro, questo, almeno per ora, sarà l'unico punto di
vista di Draco. Mi serviva, così più o meno
abbiamo un quadro generale di lui sulla sua vita e su cosa frulla in
quella testolina. La paura delle bambole l'ho presa dalla fobia di una
mia amica, sembrava azzeccata XD
Ovviamente, Harry ha il trucco di Alex di Arancia Meccanica, anche se
il costume era alla meno peggio perché non si era preparato
per tempo.
Ringrazio tutte le persone che hanno messo tra i
preferiti/seguite/ricordate (siete in tanti, grazie!), quelle carine
che recensiscono e anche quelle che leggono in silenzio. Ricordo sempre
che una recensione non la disdegno mai XD
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 6 *** VI ***
VI
«Harry! Ma dove eri
finito?! Prima mi dici che dovevo toglierti il trucco prima di andare
a dormire, e poi invece sparisci e non ti fai vedere per tutta la
notte! Si può sapere che hai combinato?»
Harry deglutì, dopo
la sfuriata di Hermione. «Mi sono addormentato in
bagno» ammise.
La ragazza, seduta
sulla poltrona rossa della Sala Comune, lo fissò apprensiva,
mettendo da parte il libro che stava sfogliando in sua attesa.
«Stai
bene, Harry?»
«Vuoi la verità,
Hermione?» Lei annuì, e lui sentì un
vago senso di déjà-vu. «Non
sono mai stato meglio. Ho dormito almeno otto ore di fila senza
neanche avere un misero incubo. Non mi sono svegliato urlando,
né in
una pozza di sudore, né sanguinando dalla bocca
perché mi sono
morso la lingua. Ho dormito... normalmente.»
Hermione sorrise e
gli fece posto sul bracciolo della poltrona, in modo che si sedesse
accanto a lei. «Era l'ora, Harry, che ti decidessi a farti
una bella
dormita. Certo, magari sarebbe stato meglio se ti fossi trovato un
posto un po' più comodo, ma...»
«Sono stato comodo»
la interruppe, per poi arrossire al ricordo di quello che era
successo poco prima che cadesse addormentato come il peggiore degli
amanti.
Dio, si era
addormentato sulla spalla di Malfoy! Di Draco Malfoy!
E la
cosa strana era che si sentiva benissimo, vivo e vegeto, e non solo
per la nottata passata a dormire come non la passava da mesi, ma
soprattutto perché era sopravvissuto, era incolume, dopo una
notte
passata con Draco Malfoy.
Una notte passata
con Draco Malfoy.
Merlino, come
suonava male come frase.
Sentiva vagamente lo
sguardo indagatore di Hermione sul suo viso che, ne era sicuro, stava
andando a fuoco.
«Harry? Devi dirmi
qualcosa?»
«Vorrei ma... uhm,
non so come la prenderesti.»
Hermione sbuffò.
«Non devi avere paura di dirmi niente, lo sai. Sono o non
sono tua
amica? Sono qui per aiutarti, ascoltarti e consigliarti, se
vuoi.»
«Sei la mia
migliore amica, Herm.»
La ragazza si
intenerì – e capì anche che quello era
un pallido tentativo di
sviare il discorso, inutilmente perché lei, anche se con
più
dolcezza, lo ignorò e continuò con il terzo
grado. «Cosa devi
dirmi, Harry?»
«Ecco...» si
grattò la nuca, nervoso. «Ecco, mi sono
addormentato in bagno
con... ehm, uh, qualcuno, e, vedi, ero con...
uh.»
«Con Malfoy,
Harry?»
«Sì, esatto...
eh?» Harry sgranò gli occhi e
si disse che riusciva sempre a
stupirsi, ogni volta, della sagacia di Hermione. Soprattutto quando
Hermione sembrava decifrare i suoi balbettii con quello che voleva
effettivamente dire. «Ok, non ti chiederò come
diamine tu sia
riuscita a capirlo, e passerò direttamente alla parte dove
ti dico:
non so che mi è preso. Lui era in bagno, e io mi sono
addormentato
sulla sua spalla, tutto qui, nulla di eclatante.»
«Hai dormito sulla
sua spalla?»
«Sì, io...» si
fermò, rendendosi conto della gaffe. «Ho detto
più di quello che
volevo dire. Essere amici con Hagrid ha i suoi difetti.»
Hermione scoppiò a
ridere, finendo con persino asciugarsi delle finte lacrime ai lati
degli occhi, mentre Harry voleva soltanto venir inghiottito dal
pavimento e sparire dalla circolazione una volta per tutte. Il mondo
avrebbe dovuto aspettare un altro Prescelto – forse avevano
tempo,
dato che Voldemort sembrava davvero essersi preso un anno sabbatico
–
perché lui aveva appena deciso di vivere come gli struzzi.
Trovarsi
un pezzettino di terra abbastanza confortevole dove infilarci la
testa e restarci per tutto il tempo che gli restava.
«Harry,» lo chiamò
Hermione, posandogli una mano su una gamba e distraendolo nei suoi
tentativi di organizzare un viaggio per intraprendere la carriera da
eremita, «va tutto bene, Harry. So che ti piace Malfoy
dall'episodio
dell'Amortentia, questo non ha fatto altro che confermare i miei
dubbi.»
«Perché li chiami
dubbi?» sbuffò Harry, leggermente più
tranquillo, «I tuoi dubbi
vengono sempre, sempre confermati. È
frustrante, ma non saprei come andare avanti senza di te.»
«Arruffianarmi non
cambierà la situazione.»
«Lo so» sospirò,
«Ma è comunque la verità.»
«Quindi? Cosa vuoi
fare in proposito? Hai finalmente capito che hai una cotta
stratosferica per il tuo nemico numero due – il numero uno
sappiamo
benissimo chi è – il quale, dubito fortemente, ma
è un potenziale
Mangiamorte?» Prima che potesse risponderle, Hermione
continuò, «E
che probabilmente ce l'ha a morte con te perché hai sbattuto
ad
Azkaban suo padre e che, non dimentichiamolo perché
è un dettaglio
essenziale, lui è un Purosangue e tu, ahimé, un
Mezzosangue che lui
ripudia con tutto il suo intero ed egocentrico essere?»
Riaprì di
nuovo le labbra, ma lei lo interruppe di nuovo, «Anche se
devo
ammettere che se non ti ha schiantato ripetutamente dopo che gli hai
dormito sulla spalla, mi dà a pensare che, forse, ma forse,
non
ti odia poi così tanto. O gli hai fatto solo fin troppa
pena. Cosa
ha fatto quando ti sei svegliato?»
Quando alla fine
Hermione aspettò una risposta e gli diede il permesso di
parlare,
Harry non seppe che dire. Cosa aveva fatto quando si era svegliato?
Beh. Niente. Non aveva fatto niente.
«Niente,» ribadì
ad alta voce, «non c'era quando mi sono svegliato.»
E ci era rimasto
anche piuttosto male quando, solo appena mezz'ora prima, si era
svegliato infreddolito sul pavimento del bagno del primo piano senza
il calore e la morbidezza che
lo aveva accompagnato per
tutta la notte. Per un piccolo attimo temette di essersi sognato
tutto – anche perché lo aveva pure sognato,
perdinci, aveva
sognato Malfoy che gli accarezzava i capelli! – ma subito
scacciò
quel pensiero, perché ricordava tutto fin troppo
nitidamente,
nonostante durante la loro conversazione non fosse poi così
sveglio.
Le sensazioni provate, purtroppo, le sentiva ancora attaccate alla
pelle come il sudore dopo una partita di Quiddich.
Ora che era riposato
e sveglio, l'imbarazzo per tutta la situazione con l'altro ragazzo
gli piovve addosso con violenza come il getto freddo e forte
dell'acqua della doccia. Come aveva fatto, nei giorni scorsi, a non
curarsene molto? Adesso non sapeva neanche come guardarlo negli
occhi.
Soprattutto dopo
quello che gli aveva detto il giorno prima.
Quale poteva essere
un buon posto per poter vivere a tutti gli effetti come uno struzzo?
Uno zoo?
«Non vorrei fare la
saccente come al mio solito, ma credo che dovresti parlargli.»
«Certo, Hermione,
lo farò.»
Magari tra qualche
anno.
Hermione lo aveva
mandato subito a fare una doccia, dicendogli di strofinarsi per bene
il viso perché gli erano rimasti dei residui di trucco.
Poco, ma
c'era ancora. Non ricordava di esserselo tolto, ma forse era stato lo
stesso Malfoy, quando l'aveva asciugato dopo il suo poco consono
bagno, ad avergli tolto quella roba alla meno peggio.
Infondo, non avrebbe
permesso di appoggiarglisi contro con il rischio di lasciargli un
qualsiasi stupido segno, che fosse indelebile o no.
In ogni caso, si
fece una veloce doccia, notando subito un odore differente che,
però,
subito scomparve non appena il getto d'acqua l'aveva colpito. Era
l'odore di Malfoy, un misto tra vaniglia e menta, un odore fresco e
dolce. Aveva avuto l'odore di Malfoy addosso e si sentiva
terribilmente a suo agio. Ci aveva dormito. Ci aveva dormito bene.
Un po' gli
dispiacque notare che l'odore se n'era andato, una volta uscito dalla
doccia. Adesso sentiva solo quello del suo bagnoschiuma, quello di
una sottomarca Babbana con il quale a malapena ne spiccava l'odore.
Si sentì un po'
scemo, mentre si asciugava, ad annusarsi. Chissà se anche
Malfoy, la
sera prima e la notte appena trascorsa, aveva avuto il suo odore
addosso per tutto il tempo.
Affiancò Hermione,
Ron – il quale era stato l'ultimo a svegliarsi – e
Ginny per
andare in Sala Grande.
«Ginny, mi dispiace
per ieri sera. Mi sono addormentato in bagno... non volevo
abbandonarti da sola alla festa, te lo assicuro!»
«Harry, calmo»
ridacchiò Ginny, e mentre entrarono nella Sala Grande gli
avvolse il
braccio intorno alle spalle, «va tutto bene, anzi, sono
contenta che
tu sia riuscito finalmente a dormire, anche se si tratta pur sempre
del pavimento di un bagno.»
«Oh, ma non è
stato così male, vero Harry?»
Guardò male
Hermione, imporporandosi senza alcun pudore. Forse era un segno che
doveva dirlo anche a Ron e a Ginny? Dire poi, cosa? Della cotta?
Proprio come Hermione, anche loro due credevano già
dall'episodio
dell'Amortentia che avesse una cotta per Malfoy, quindi, forse,
doveva solo dar loro la conferma.
Anche se Ron non
l'avrebbe presa molto bene. Come gli aveva già detto,
appunto, il
problema non era che la sua cotta fosse un maschio, ma che fosse
proprio Malfoy.
Sentì pizzicare
piacevolmente dietro la schiena, e riconobbe subito lo sguardo di
Malfoy perforargli la nuca. Ormai riusciva a sentirli proprio
fisicamente i suoi occhi, quando si posavano su di lui.
All'improvviso, non li sentì più, e decise di
lanciargli
un'occhiata solo dopo essersi seduto al suo posto al tavolo dei
Grifondoro. Lo vide chino sul suo piatto, le posate ancora intatte.
Non riusciva a vederlo dritto in volto, ma sembrava teso. Anche da
quella distanza riusciva a vedere i pugni stretti delle mani e
immaginare le unghie conficcate nei palmi.
Ecco, lo sapeva. Si
era pentito di avergli prestato la spalla. Magari adesso si sentiva
male perché sentiva i suoi germi da Mezzosangue attaccati
sulla
pelle, o forse era rinsavito e si stava mentalmente cruciando per non
avergli lanciato qualche Maledizione Senza Perdono quando ne aveva
avuto l'occasione. Lo capiva, più o meno. Per quel poco che
lo
conosceva, era strano che non fosse già al cospetto di
Voldemort con
un Draco gongolante accanto pronto a ricevere la sua ricompensa.
«Harry, mi passi il
latte?»
Sbatté le palpebre,
tornando al suo tavolo e dando attenzione a Ginny. «Che? Il
latte?»
«Sì, Harry,
accanto a te. Me lo passi?»
Harry annuì,
ricambiando il sorriso con il quale Ginny lo ringraziò.
Un rumore di
stoviglie sbattute zittì metà degli studenti
della Sala Grande –
Corvonero, per di più, i Serpeverde semplicemente ignorarono
la
faccenda nata proprio al loro tavolo. Harry se ne accorse
perché
ormai tendeva ad avere sempre la sua attenzione in quel preciso punto
del tavolo Serpeverde e vide subito Draco in piedi, con le mani
tremanti che stringevano il legno – l'odore dei
tavoli della
Sala Grande – e guardava con occhi di fuoco i suoi
compagni. La
Parkinson e Zabini ridacchiavano sottovoce e lui tremava di rabbia.
Incomprensioni tra
serpi, eh?
Quando ormai nessuno
più badava allo scatto d'ira di Draco, questi
scavalcò la panca
senza aver toccato cibo e marciò fumante verso la porta.
Hermione gli sfiorò
un braccio, «Lo insegui? Io gli porterei una mela.»
Fissò Hermione come
un bambino fisserebbe i genitori che gli stavano dicendo che
quell'anno era sulla lista dei bambini buoni di Babbo Natale e che
poteva aprire i suoi regali. Felice come una Pasqua.
E saltellando come
il coniglio pasquale, afferrò una mela e corse dietro Draco.
Spazio
Autrice:
Salve! Eccomi con un
nuovo capitolo, decisamente di passaggio perché non succede
niente di particolare.
Ma è comunque importante perché, proprio come i
precedenti capitoli, ci sono delle piccole cose che torneranno
più avanti. Seguite che poi vedrete XD
Ringrazio chi segue/precerisce/ricorda e ovviamente sottolineo di nuovo
che se mi lasciate qualche commentino non fa male né a voi
né tantomeno a me XD
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 7 *** VII ***
VII
Non trovò Malfoy da
nessuna parte, nonostante l'avesse cercato in ogni angolo della
scuola. Probabilmente si era infilato in qualche cunicolo che non
conosceva dei sotterranei – aveva lasciato la Mappa del
Malandrino
in camera sua, abbandonata nel baule, non aveva avuto molto da usarla
nell'ultimo periodo – quindi, quella mela, finì
con l'essere
mangiata solo da lui.
Abbattuto, si avviò
con aria teatralmente mogia in Sala Comune. Essendo festa, non
c'erano lezioni, quindi non aveva modo neanche di vederlo in aula.
Quando si decise ad usare la Mappa del Malandrino, vide che si stava
nascondendo nei dormitori di Serpeverde, probabilmente la sua stanza.
Vide distrattamente che in quel momento, Parkinson e Zabini si
stavano avviando proprio dov'era Draco.
Comunque fosse
andata la loro discussione, Malfoy non si presentò neanche a
pranzo
e a cena. Non ebbe modo mai di parlargli e sebbene lo guardasse
spesso durante le lezioni, i giorni a seguire, Draco non
ricambiò il
suo sguardo neanche una volta. E dire che nei giorni scorsi era stato
lui a sentire sempre lo sguardo perenne dell'altro sulla nuca, almeno
adesso poteva capire come ci si sentisse ad essere dall'altra parte.
Non che ci avesse
provato sul serio, Harry, ad avere un confronto con lui. Hermione gli
mandava degli sguardi perplessi e probabilmente si stava chiedendo
perché non stesse approfittando di un tal momento per
parlargli.
Il motivo era tanto
semplice quanto stupido.
Si vergognava.
Terribilmente.
Un po' per quello
che era successo la sera di Halloween, ma essendo quello l'argomento
principale che avrebbero affrontato importava poco. Era sempre stato
Malfoy, d'altronde, ogni volta che qualcosa non gli tornava o non gli
andava bene, ad andare da lui, a cercarlo, e a disturbarlo con la sua
fastidiosissima voce. Che, ovviamente, non trovava neanche
più così
tanto fastidiosa. Non così tanto, ecco.
Si vergognava ad
andargli vicino perché Harry aveva capito, cos'era che non
andava.
Benché non spiccasse d'intelligenza – era seccante
ammetterlo, ma
si reputava giusto più sveglio di Ron –, l'odio lo
riconosceva da
lontano. E Malfoy aveva iniziato ad odiarlo ancora più di
quanto
facesse prima.
Oh, certo. Si era
ricordato all'improvviso che era Harry Potter? Gli avrebbe fatto un
applauso per il suo acuto senso di osservazione. Dopo una notte
passata insiem... no, dopo che lo aveva aiutato ad andare a lett...
piano, piano. La sua mente stava per implodere per i troppi pensieri
sbagliati.
Insomma, dopo la
notte di Halloween, era l'ora che si accorgesse di aver fatto
qualcosa di carino nei confronti di chi odiava. Forse
questo
gli aveva fatto guadagnare un posticino in Purgatorio e,
chissà,
magari dopo poi ambire anche al Paradiso.
Quando, però, si
mise sotto le coperte del suo letto nel dormitorio, Harry
capì una
cosa.
Affondò il viso nel
cuscino e chiuse gli occhi, per poi aprirli appena mezz'ora dopo,
già
in una pozza di sudore, per vedere per l'ennesima volta i
Dissennatori volteggiare con inquietante grazia sopra la sua testa
–
in effetti, avrebbe preferito vedere mille Pansy Parkinson armate di
termometro e siringa, piuttosto che avere ancora gli incubi.
Ma li ebbe. Per
tutta la notte.
Per tutti gli dèi,
senza un bagno non riusciva a dormire.
...
Senza
Draco Malfoy non riusciva a dormire.
Passò qualche
giorno e qualche settimana, e Harry tornò al punto di
partenza. Le
sue notti erano popolate sempre dagli incubi su Sirius, ma la paura
che provava a stare nel suo letto circondato dai Dissennatori era la
parte decisamente peggiore.
Ma ci fece così
tanto l'abitudine che, ormai, decise soltanto di stare lì e
farsi
risucchiare ogni notte un pezzo d'anima.
Fu così che lo
trovò Ron una mattina. Era rimasto sveglio ad osservare la
tenda
davanti a sé, anche dopo l'alba, lo sguardo fisso e gli
occhi secchi
– sicuramente vitrei. Si spaventò, e anche di
brutto.
«Amico,
fai davvero paura così. Almeno rispondimi, vuoi?»
Gli
chiese scusa, quando si alzò. Ci mise un po' a racimolare
abbastanza
energie per andare a farsi la doccia, ma non voleva rischiare che Ron
si sentisse in dovere di accompagnarlo perché aveva paura
che
svenisse e sbattesse la testa contro il soffione della doccia. Il
mondo non era pronto a dire addio al Prescelto. Harry rise tra
sé e
sé sotto il getto dell'acqua calda, pensando che forse
dovevano
inizare a prepararsi.
I
giorni in cui era potuto stare sveglio durante le lezioni erano ben
presto dimenticati, e aveva ripreso a dormire, o meglio,
sonnecchiare. A parte sempre Piton, gli altri insegnanti continuavano
a non dire niente della sua mancata attenzione – e, Merlino,
non
riusciva a fregarsene più di tanto.
Fu
circa a metà del mese di Novembre, che Lumacorno
ritornò sul
compito che, proprio a causa di Harry, aveva dovuto interrompere
«Ragazzi,
dato che... ehm, ora è possibile rifare l'Amortentia senza
avere
problemi di vario tipo perché lo studente incapacitato in
questo
momento è...» e fece un gesto eloquente verso
Harry che, appoggiato
sulla spalla di Ron, stava facendo senza troppa fatica finta di
dormire. Questo fece nascere dei lamenti dal lato Serpeverde della
stanza, osando ammettere che il Ragazzo Sopravvissuto stesse
ricevendo fin troppi trattamenti di favore – e non avevano
neanche
torto, ma in quel momento a chi importava? A loro, non ad Harry.
«...
quindi possiamo riprendere il compito lasciato a mezzo. Vi avevo
detto che l'avrei valutato e lo valuterò. Ora, su,
preparatelo e
dopo rispondete alle mie domande.»
Quando
ebbe finito di parlare, Harry sentì con molta chiarezza i
passi
pesanti del professore avvicinarsi a dove lui e Ron si erano seduto
–
non aveva bisogno di aprire gli occhi per accertarsene.
«Ragazzo,
non svegliare Harry. Sappiamo... cos'ha, e dà decisamente
meno
problemi da addormentato in questo momento, data l'allergia.»
Harry
evitò di fare qualsiasi smorfia infastidita, costringendosi
a far
finta di mugugnare nel sonno. Dare
meno problemi? E
quando Harry potrà avere meno problemi? Sempre tutti troppo
egoisti,
in questo mondo. Neanche Harry faceva eccezione, chiaro.
Sentì
Ron annuire veemente, prima di aprire il libro. Non era molto sicuro
se avesse intenzione di fare la pozione o no, ma l'unica fortuna che
in quel momento sembrava sorridere a Harry era che, se Ron l'avesse
preparata, non sarebbe mai stata perfetta e per sentirne l'odore
avrebbe dovuto avvicinarsi quasi infilandoci la testa.
Passò
così almeno un'ora di sicuro, seguendo i leggeri movimenti
goffi di
Ron – che usò principalmente la bacchetta anche
per rigirare la
pozione, in modo che Harry non dovesse muoversi né
avvicinarsi più
di tanto. Lo ringraziò mentalmente, decidendo di dirgli che,
durante
la prossima gita ad Hogsmeade, gli avrebbe offerto tutte le
Cioccorane che avesse voluto.
Lumacorno
cominciò a fare domande in generale alla classe.
«Nott,
cosa sente nella sua pozione?»
«Non
ne sono sicuro, professore. Credo siano frutti di bosco, e forse...
fragole?»
«Bene.
Signorina Granger?»
«Inchiostro
e pergamena e... odore di erba appena tagliata.»
«Perfetto!
Meraviglioso. E lei, Malfoy?»
Malfoy
non rispose subito. Harry già sapeva la risposta, quindi non
si curò
di svegliarsi e mostrarsi interessato. Anche perché,
perché avrebbe
dovuto? Quel borioso, viziato, platinato idiota non lo considerava da
giorni, se non settimane – ed era troppo stanco per rendersi
conto
che la cosa era stata più o meno reciproca –
quindi non avrebbe
dovuto sentire la voglia di vedere se lo avrebbe guardato negli occhi
ripetendogli...
«...l'odore
dei tavoli della Sala Grande,»
Appunto.
Già lo sapeva. Nulla di nuovo, poteva tornare in balia dei
suoi
incubi.
«...e
olio di Argan.»
L'odore
dei tavoli della Sala Grande e olio di Argan.
Olio
di Argan.
...olio
di Argan?
Spalancò
gli occhi e si scontrò con gli occhi azzurri e confusi di
Ron.
«Tutto bene, Harry?»
Si
grattò la testa, probabilmente più confuso di
lui, mentre flash di
immagini di se stesso sotto la doccia sopprimevano quello dei suoi
incubi. Non era un qualche narcisistico fetish, stava solo cercando
di ricordare qualcosa. Qualcosa che, sentiva, avrebbe dovuto cogliere
già da un bel po'.
«Benissimo.
Thomas?»
Non
ascoltò più il resto della lezione, anche
perché all'improvviso
ebbe la terribile voglia di correre verso il suo dormitorio. E lo
fece. Senza neanche chiedere il permesso, senza guardare nessuno
negli occhi, né Ron, né Hermione e né
tantomeno Malfoy. Lumacorno
sicuramente troverà qualche scusa alla quale
crederà anche lui come
"avrà annusato la pozione e si sarà sentito male
di nuovo",
cosa assolutamente non vera – perché probabilmente
avrebbe sì
sentito l'odore del maledetto gel per capelli, ma che Voldemort lo
fulmini se non era convinto di sentire anche l'odore di Malfoy che
spiccava in maniera decisamente maggiore – quella vaniglia
stucchevole e quella menta gelida che era il suo odore.
Corse
a perdifiato, improvvisamente più che sveglio, sebbene ogni
parte
del suo corpo e del suo essere bruciassero di stanchezza.
Entrò in
dormitorio e scattò verso la doccia, dove ogni studente del
sesto
anno aveva messo la propria roba – spazzolino, dentifricio,
crema
da barba e bagnoschiuma. Fu proprio quello che Harry prese, il suo
noioso bagnoschiuma che usava da quando aveva undici anni ed era
entrato in quel mondo lì ad Hogwarts, quello che costava
poco e che
comprava nel supermarket non troppo lontano da Privet Drive, quello
che gli bastava appena un pomeriggio di agosto speso là
dentro e
prendeva tutto il necessario per l'anno scolastico –
all'infuori di
libri e quant'altro di magico.
Quello
stesso bagnoschiuma da quattro soldi che aveva sempre usato, nel
quale l'odore se ne sentiva appena ma che l'etichetta ne vezzeggiava
il buon profumo.
Olio
di Argan.
Sull'etichetta
c'era proprio scritto bagnoschiuma
all'olio di Argan.
Forse
l'odore si sentiva, dopotutto.
Fu
Seamus, che era tornato in dormitorio per prendere il libro di
Trasfigurazione che aveva dimenticato, a trovarlo ancora seduto ai
piedi della doccia in bagno con il flacone del bagnoschiuma stretto
tra le dita.
Forse
lo chiamò più volte, ma non si accorse di lui
fino a che non lo
scosse con forza. «Harry? Oddio, amico, Ron e Hermione ti
stanno
cercando ovunque e tu eri qui a dormire? Devono proprio piacerti i
bagni.»
«Già,»
rispose, distrattamente «mi piacciono.»
«Stai
bene? Domanda scema lo so, non
stai bene, ma...»
«Sto
bene.»
«Devo
chiamare Hermione e Ron? Solo Ron?»
«Solo
Hermione.»
«...solo
Hermione?»
Annuì,
sempre senza staccare gli occhi dall'etichetta del bagnoschiuma.
Seamus, non senza avergli prima passato una mano sulla fronte per
misurargli alla meno peggio la febbre, si alzò e
sparì dal bagno
per qualche minuto, socchiudendo la porta.
Poi
tornò di nuovo, seguito da una Hermione vestita di un
cipiglio
preoccupatissimo. Più del solito, almeno. «Harry?
Ron è alquanto
offeso che tu non l'abbia voluto qui in bagno, ma ti
perdonerà solo
se è a rischio la tua vita. È a rischio la tua
vita?»
Fu
solo allora che staccò gli occhi dall'etichetta e li
posò in quelli
di Hermione. «Devo parlarti,» poi guardò
Seamus, «da solo.»
Seamus
capì subito l'antifona, sorrise e sussurrò alla
ragazza un
melodrammatico «Salvalo da se stesso» molto
ironico, uscendo dal
bagno.
Hermione
lo ignorò, concentrandosi pienamente su Harry.
Chissà che faccia
aveva in quel momento. Si sentiva tutto il sangue alle ginocchia,
quindi probabilmente era pallido come Ron quando trova per caso un
ragno tra le lenzuola del suo letto. Si sedette di fronte a lui, e
gli scostò le ciocche di capelli dagli occhi con tutta la
dolcezza
che aveva – ed Hermione era una delle persone più
dolci che
conosceva.
«Che
succede, Harry?»
Lui
non rispose. Anzi, non le disse proprio niente. Si limitò
semplicemente a metterle tra le mani il suo bagnoschiuma e a
indicarle l'etichetta che durante l'appena passata ora non aveva
fatto altro che fissare, con il terrore che scomparisse.
Non
si stupì quando Hermione sgranò leggermente gli
occhi, quando lo
lesse. Aveva capito subito, lei. Harry, probabilmente, se non fosse
stato suo il bagnoschiuma non avrebbe capito fino a che non gli
avessero fatto bere ogni singolo centilitro di quella roba.
«Wow.
A quanto pare sei ricambiato.»
Fu
un attimo. La stanchezza gli cadde addosso come dieci Bolidi
contemporaneamente e sentì all'improvviso la
gravità aumentare un
po' troppo per la sua debole forza fisica.
In
poche parole, svenne come una femminuccia.
Spazio
Autrice:
Eccomi qui! Con questo
capitolo (che ho adorato scrivere, credo sia uno dei miei preferiti) ho
finito quelli che ho pronti da quando ho appena iniziato a pubblicare
la storia, quindi forse (ma forse) gli aggiornamenti non saranno
più ogni due giorni, ma in ogni caso non passerà
comunque troppo tempo.
Ebbene, eccola qui, di nuovo l'Amortentia! Alcuni l'hanno richiesta e
mi era sfuggito che sarebbe tornarta, e in effetti è
arrivata XD
Ringrazio chi preferisce/ricorda/segue. Siete in molti a seguire questa
storia, e non me lo aspettavo, e nonostante ringrazio anche i lettori
silenziosi, ecco, mi farebbe piacere ricevere qualche recensione.
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 8 *** VIII ***
VIII
«Allora,
ricapitoliamo, sapete che sono particolarmente lento su queste cose:
l'Amortentia di Malfoy ha, a quanto pare, l'odore del bagnoschiuma di
Harry. E secondo te, Hermione, anche l'altro odore che Malfoy sente
–
cos'era? I tavoli della Sala Grande? Che miseriaccia di odore
è?! –
è collegato ad Harry perché all'inizio dell'anno
si incontravano
sempre in Sala Grande, quindi, correggetemi se sbaglio, e perdiana
spero di sbagliarmi, tutto ciò significa che Malfoy
ha una cotta per Harry?»
«Salazar,
Weasley, non è difficile,» disse Malfoy
– Malfoy?
– , «e hai
dimenticato la parte dove Granger ha dichiarato che anche lo
Sfregiato ha una cotta per me. Quindi non guardarmi come se fossi
l'unica checca qua dentro!»
Un
tonfo che Harry non capì bene da dove provenne,
«Questo lo sapevo
già da un bel po', brutto viziatello del cazzo, ma speravo
che se
non fosse ricambiato prima o poi si sarebbe messo l'anima in
pace!»
«Ron!»
«Ah,
che peccato, non hai idea di quanto mi dispiaccia aver rovinato i
tuoi piani di famigliola felice con Harry Potter! Volevi accasare tua
sorella? Mi sa che la Piattola ha qualcosa in
meno che potrebbe non
piacergli. Qualcosa in più non credo, non vedo particolari
forme
prorompenti nel suo fisico da sciacquetta.
«Malfoy,
per favore!»
Un
altro tonfo e il rumore di una sedia che strusciava sul pavimento,
«Ti avverto, Malfoy, un'altra parola e ti spacco la
faccia.»
Stanco
di sentire i loro battibecchi, Harry afferrò la prima cosa
che ebbe
sotto mano – il cuscino sotto la sua testa e fu una fortuna
rendersi conto di averne due, così sarebbe potuto ritornare
a
dormire – e lo lanciò alla cieca, senza neanche
riaprire gli
occhi.
Si
girò su un lato e abbracciò il cuscino rimasto,
cercando di
mettersi più comodo possibile e continuare quel meraviglioso
sonno
senza sogni. Intorno a lui calò il silenzio, ma se ne
curò poco.
Almeno,
fino a che Malfoy non parlò. «Sua grazia vuole
dormire. Donnola,
Castorino, non siete i benvenuti, sciò.»
«Perché
dovremmo andarcene noi?!»
Non
ci fu risposta, ma dai rumori e dai fruscii che distrattamente Harry
sentì, con molte probabilità Malfoy aveva
mostrato qualcosa. Il
dito medio, scommise con se stesso.
«Va
bene, sì, devi parlarci da solo per ovvie
ragioni, ma...»
«Ron,
mi scoccia ammetterlo, ma credo davvero che dovremmo
andarcene.»
«Ma
Hermione...»
«Torniamo
dopo, non lo lasceremo in sua balìa tutto il
tempo!»
Sentì
Malfoy sogghignare, «Venite a salvare il Salvatore, mi
raccomando.»
«Ti
diamo un'ora, Malfoy!» ringhiò Ron, la voce sempre
più distante,
fino a sparire dopo un tonfo sordo che, suppose, era una porta che si
chiudeva.
In
realtà, Harry non stava più dormendo e non aveva
neanche più
sonno. Non sentiva molto la stanchezza, ma sapeva di non aver dormito
quanto bastava per recuperare le ore passate sveglio a guardare le
tende del suo letto, ma capì che quelle poche ore
– o minuti, boh
– che aveva passato svenuto erano bastate per farlo pensare
lucidamente.
E
dato che stava decisamente pensando con lucidità in quel
momento, si
irrigidì pensando che adesso era da solo in una stanza con
Malfoy.
Era da solo con lui dopo quello che era successo nel bagno ad
Halloween, e dopo l'ennesimo episodio con l'Amortentia – l'odore
dei tavoli della Sala Grande e olio di Argan – era
decisamente poco a suo agio. Non sapeva cosa aspettarsi da lui: una
fattura? Una maledizione? Una dichiarazione?
Non
voleva essere banale, ma Harry sperava nell'ultima opzione.
«Potter,
fossi in te io mi darei una mossa e smetterei di far finta di essere
nel mondo dei sogni. La Donnola ha detto che tra un'ora sarà
già
qui, e vorrei evitare di parlare di certe cose con lui
presente.»
Harry
sbuffò, col cuore in gola ma, appellando tutto il suo
coraggio
Grifondoro, si alzò e puntò gli occhi ancora
appannati sul viso di
Draco. Che era più vicino di quanto si aspettasse.
Erano
in infermeria, si accorse distrattamente. Con molte
probabilità,
dopo il suo virile svenimento, Hermione e Ron l'avevano fatto
levitare fino a farlo atterrare nelle amorevoli cure di Madama Chips.
«Non
chiamarlo a quel modo, altrimenti lo giustificherei se iniziasse a
chiamarti Furetto.»
Un
fine sopracciglio volò fino all'attaccatura dei capelli.
«Non lo fa
già?»
Harry
non seppe rispondergli. Si limitò a fissarlo in faccia,
seppur con
gli occhi appannati, vedendo come i capelli privi di gel cadevano in
morbide ciocche intorno al viso e un po' sugli occhi, quegli occhi
che lo stavano guardando divertiti ma con una scintilla strana che
illuminava ancora di più il grigio delle iridi.
Brillavano
così tanto che riusciva a vederli pure senza occhiali.
«Malfoy,
spiegami.»
«Spiegarti
cosa?»
Il
déjà-vu colpì entrambi, ed entrambi
sorrisero imbarazzati. O
meglio, Harry sorrise e Draco ghignò come al suo solito
– ma con
qualcosa in più, che si illuminava un po' di più
nei suoi occhi.
«Cosa
vuoi che ti dica, Potter? Tu senti il mio gel nella tua Amortentia, e
io sento il tuo orribile bagnoschiuma nella mia. Entrambi sentiamo
qualcosa che ci fa terribilmente schifo. Di conseguenza, ad entrambi
piace qualcosa che ci fa terribilmente schifo. Semplice.»
Cadde
il silenzio, mentre Harry assorbiva appieno cosa significassero le
sue parole.
«Io
ti piaccio, Malfoy?»
Una
smorfia. «Mi piace qualcosa che mi fa terribilmente schifo,
ripeto.»
«Quindi
io?»
Due
smorfie, una seguita subito dall'altra. «Mi fai schifo, ma a
quanto
pare mi piace il tuo bagnoschiuma.»
«Merlino,
ti costa tanto rispondere di sì?!» Harry
sbuffò, passandosi una
mano tra i capelli. Sentì lo sguardo di Draco seguirgli la
mano per
tutta la durata del gesto. «Senti, io non so cosa sia
successo, devi
credermi. Prima arriva quello stupido gel per capelli che, oltre ad
attentare alla mia vita in vari modi poco ortodossi, spunta come un
ingrediente di troppo niente di meno che nella mia Amortentia. Poi tu
che mi dici che nella tua hai sentito l'odore dei tavoli della Sala
Grande e io penso, penso, penso e sebbene non sia abituato a pensare
così tanto, l'unica cosa che mi veniva in mente era che
l'unica
volta che ho sentito un odore
in Sala Grande che non
fosse quello dell'arrosto che avevo davanti a pranzo e a cena era
quando ero in Sala Grande la mattina con te. Ma continuavo a non
capire, anche perché ero sempre stanco e ciò mi
rendeva più tardo
del solito. Poi è arrivato Halloween, dopo una delle
peggiori
nottate mai vissute, e ti sei presentato con quel costume, con quei
capelli, con quegli occhi e io ci cado
come una pera cotta e
finalmente capisco perché
l'Amortentia puzzava
come i tuoi capelli. E sai la cosa che ha bruciato di più,
però,
quel è stata? Che tu dal giorno dopo non hai fatto altro che
ignorarmi come fa una cacca nei confronti della mosca che gli ronza
intorno, mentre io non facevo altro che sentire il tuo odore addosso
anche quando quell'odore non c'era più. E ora
questo.»
Gli
occhi avevano vagato ovunque tranne che sul viso di Draco, mentre
sfogava tutto quello che da mesi a quella parte teneva dentro.
Vagando, fermò lo sguardo sul suo bagnoschiuma che era
abbandonato
sul comodino al suo fianco, accanto ai suoi occhiali, che con un
gesto secco ed imbarazzato inforcò, riuscendo finalmente a
vedere
nitidamente ogni contorno di ogni figura.
Scommise
che gli occhi di Draco, se li avesse guardati, avrebbero brillato
ancora di più.
«Cioè,
quello» precisò, indicando con un gesto il
flacone, arrossendo fino
alle punte dei piedi.
Draco
non rispose subito e Harry, ad ogni minuto passato in silenzio,
iniziava ad agitarsi un po' di più. Muovendosi a disagio,
allungando
le gambe lungo il letto, con coraggio alzò gli occhi su
Draco e lo
vide sospettosamente tranquillo, sul viso un espressione che sembrava
più quella di uno che stesse riflettendo a lungo su
qualcosa,
piuttosto che quella di uno che aveva appena ricevuto una sottospecie
di dichiarazione dal suo peggior nemico.
Aveva
sperato di riceverla, invece era stato lui a fare una delle
più
brutte dichiarazioni di tutti i tempi.
Harry
Potter, il Ragazzo-Che-Faceva-Schifo-A-Dichiararsi.
«Mi
hai dato della cacca, Potter?»
«Hai
capito altro
in quel cazzo di discorso di merda che ho fatto oltre al fatto di
averti paragonato ad una cacca?!» Si prese la testa tra le
mani,
sbuffando, con una strana voglia di piangere. «Lascia
perdere, non
importa.»
Cosa
poteva pretendere, d'altronde? Era Malfoy! E Malfoy era un idiota.
Un
bell'idiota. Uno spocchioso, antipatico, fastidioso, profumato
idiota.
Per
tutti gli dèi, era davvero, davvero, davvero
fottuto. E non capiva
neanche perché! Draco Malfoy rappresentava tutto quello che
odiava,
o non sopportava, o che non voleva per niente avere a che fare,
eppure...
Eppure.
Eppure
stava per piangere – e lui piangeva solo di notte, solo
quando le
ombre lo circondavano e gli strappavano via la sanità
mentale –
perché Malfoy pensava alla sua inesistenze somiglianza ad
una cacca
piuttosto che a... che a tutto il resto.
All'improvviso
si sentì afferrare per il colletto della camicia e fu
sollevato di
poco, arrivando alla stessa altezza di Malfoy che troneggiava accanto
al suo letto. Era scuro in volto, i denti appena digrignati dietro
alle labbra socchiuse, gli occhi che brillavano lucenti puntati
dritto nei suoi. «Non importa, eh?»
«Lasciami,
maledizione!»
E
ci fu il bacio.
Non
il bacio che aveva desiderato, o immaginato. Un piccolo bacio a
stampo, della durata di tre secondi netti. I tre secondi più
lunghi
e più belli di tutta la sua vita. Le labbra vibravano e
pizzicavano
anche quando quelle di Draco – morbide, terribilmente morbide
e dal
sapore di vaniglia – si allontanarono. Si stirarono, rosee,
in una
smorfia. Poi in qualcosa che somigliava ad un sorriso, ad un sorriso
vero. Non un ghigno, non un sogghigno, non una smorfia. Proprio un
sorriso.
Rimase
a guardargli la bocca incantato ed estasiato.
«Non
importa, dici? Bene. Sappi che non mi abbasserò di nuovo a
baciare
quella tua bocca disgustosamente bagnata di saliva. Se proprio ne
vuoi un altro, fai tu.»
Lasciò
il colletto e lui ricadde tra le lenzuola del lettino come un peso
morto, senza ancora staccare gli occhi da quelle labbra, le stesse
labbra che tempo fa l'avevano quasi fatto impazzire quando lui le
mordeva mentre l'imbarazzo e il nervosismo lo coglievano.
«Ciao,
Potter.»
Alzando
delicatamente una mano, lo salutò con grazia e con
altrettanta
grazia lasciò l'infermeria.
Dèi.
Voleva
baciare ancora quelle labbra.
Harry
lasciò l'infermeria qualche ora dopo con una scorta di
Pozioni Senza
Sogno da usare con moderazione, quando ne aveva più bisogno.
Camminando verso la Sala Comune, affiancato dagli immancabili
migliori amici, cercava in tutti i modi di evitare di rispondere alle
scomode domande di Ron.
«Si
può sapere cosa ti ha detto quel Furetto maledetto? Quando
siamo
venuti a prenderti avevi una faccia! Sembrava che avessi sentito il
canto di una Sirena!»
Beh,
più o meno. «Eh.»
«Sembravi
con la testa da tutt'altra parte!» E lo era.
«Secondo me gli ha
fatto qualcosa, 'Mione, guarda, anche adesso è incantato da
non si
sa che cosa!»
Harry
sapeva bene, però, su cosa era incantato. Quel bacio aveva
rappresentato i pochi minuti che ci volevano affinché Harry
fosse
cotto a puntino! E lo era! Cotto e stracotto! Ma come ci era finito
in quella situazione? Come aveva fatto a finire con una cotta per
Draco Malfoy, proprio lui tra tutti gli studenti di Hogwarts?
Più ci
pensava, e più capiva che se si fosse innamorato di Mirtilla
Malcontenta, di certo la cosa peggiore che gli sarebbe potuta
capitare era piangersi addosso per l'eternità nel bagno del
settimo
piano. Ora, per essere positivi, la migliore
cosa che gli sarebbe
potuta capitare stando con Malfoy era testimoniare a favore di suo
padre e liberarlo dalla prigione.
E
no. Mai. Cascasse il mondo, Lucius Malfoy non si sarebbe mosso da
Azkaban.
In
fin dei conti, però, Harry non riusciva a sentire vibrazioni
negative nei confronti di Draco. A parte le loro solite
vibrazioni negative.
Non
sentiva, stando con lui, di essere in pericolo. E non voleva credere
che Draco stesse facendo tutto quello solo per proprio tornaconto e
liberare suo padre. Avanti, chi flirterebbe con il proprio nemico,
soprattutto se tale nemico gli faceva ribrezzo, solo per mettere a
piede libero un pazzo? Anche con le idee che gli avevano inculcato,
Malfoy doveva aver capito che, arrivati a quel punto, era meglio
stesse là dentro. Vero? Sperava. Sperava che non fosse anche
lui un
Mangiamorte come suo padre, almeno.
Però,
cazzo, se ripensava alle sue labbra pensava spaventosamente che
avrebbe fatto tutto quello che lui gli avrebbe chiesto, pur di
ribaciarle.
«Vedi,
Hermione? Non è qui! Non... non c'è, non con la
testa, che diamine
gli ha fatto Malfoy?! Giuro che se lo incrocio anche solo per
sbaglio...»
«Vuoi
sapere cosa ha fatto, Ron?» spazientito, Harry si
fermò e guardò
l'amico dritto negli occhi. «Mi ha baciato,
ecco cosa mi ha fatto!»
E
tutta la Sala Comune cadde in un silenzio profondo.
Spazio
Autrice:
Ok, sono miracolosamente
riuscita a finire il capitolo per tempo, però per il
prossimo, dato che non sarò a casa questo fine settimana,
probabilmente arriverà lunedì sera o
martedì.
Allora? Che ve ne pare di questo capitolo? Ho adorato scriverlo, giuro
XD
Ringrazio ancora le buone anime che hanno recensito <3 e le
carissime persone che preferiscono/ricordano/seguono. Siete sempre di
più! Ricordo che se lasciate una recensione non mi farete
altro che piacere!
Grazie <3
Emily
♦
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Capitolo 9 *** IX ***
IX
Invece
di studiare, dato che le ore libere del pomeriggio servivano a quello
dopotutto, Harry stava chiuso nel suo dormitorio, steso nel suo
letto, a rigirarsi distrattamente la sua bacchetta tra le dita,
mentre gli altri Grifondoro erano nel caos.
«Ragazzi,
tutto questo è un complotto.»
«Sì!
Un attentato contro Harry!»
«Probabilmente
stiamo esagerando, non c'è niente di male, sono pur sempre
ragazzi...»
«Hermione,
non capisci la gravità della situazione. Sai bene che Harry
è tonto
per quanto riguarda i rapporti sociali, specialmente quelli amorosi,
e Malfoy ne sta approfittando!»
«Certo,
perché te ne sai di cose a riguardo, vero?»
«Zitto
Seamus, è una cosa seria, Harry è in
pericolo.»
«Di
tutti i pericoli che inseguono Harry tutti i giorni, credo che Malfoy
sia quello più innocuo.»
«Sei
seria?! Stiamo parlando di Malfoy.»
«So
chi è Malfoy, e ti ricordo che c'ero anche io in aula quando
ha
detto cosa sentiva nella sua Amortentia. Sono sicurissima che Malfoy
non è indifferente ad Harry.»
«Mentiva,
sono sicuro che mentiva.»
«Ragazzi,»
Neville bloccò Hermione e Ron nel loro battibecco, indicando
qualcuno dietro di loro, «credo che a Harry non piaccia
granché che
noi parliamo di questa cosa in questo modo.»
«No,
assolutamente.»
Harry
si era alzato e aveva assistito con un cipiglio spazientito almeno
metà della discussione. Sapeva anche lui che probabilmente
Malfoy lo
stava prendendo in giro, o forse no, non lo sapeva neanche lui in
realtà, però gli stava dando terribilmente
fastidio sentir parlare
di lui – di loro –
in quel modo. Merlino, l'aveva solo baciato, no? Poco importava che
lui non riuscisse ormai a pensare ad altro, e che stava già
pensando
ad un modo per poterne rubare degli altri – fai
tu, gli aveva detto –
non erano comunque affari loro. Sapeva come non cadere nelle
trappole... più o meno.
L'anno
scorso, nell'Ufficio Misteri, era caduto in una trappola con tutte le
scarpe.
Ecco,
ora era depresso.
Al
diavolo tutti, «Sapete cosa? Non
sono affari vostri.»
Detto
quello, girò i tacchi e uscì dal dormitorio,
attraversando veloce,
inciampando a tratti, la Sala Comune e fermandosi subito dopo aver
chiuso dietro di sé il ritratto della Signora Grassa.
Affranto
e con il morale a terra – sembrava già fossero
passate ere da quel
bacio e dalla felicità che lo aveva travolto – si
sedette sulle
scale lì vicine, prendendosi la testa tra le mani e tirando
leggermente le ciocche corvine strette tra le dita.
«Harry.»
Alzò
il viso di poco, giusto appena per poter vedere il viso di Ginny e
farle un sorriso tirato, per poi farlo ricadere di nuovo tra le
ginocchia.
Non
disse niente, Ginny. Si limitò a sederglisi accanto e ad
abbracciarlo con un braccio sottile, senza aggiungere parole fuori
luogo. Era così diversa da suo fratello. C'era anche lei, in
Sala
Comune, quando lui stupidamente si era lasciato sfuggire quel
particolare che non voleva affatto rivelare, perché era una
cosa
privata. Una cosa che riguardava solo lui e Draco.
Se
ne stettero in silenzio per un bel po' di minuti, forse mezz'ora.
Ginny non se ne lamentò, e lui continuò a godersi
le leggere
carezze della ragazza. Ecco, non poteva innamorarsi di Ginny? Lei era
perfetta per lui. Perfetta. L'adorava. Perché non poteva
essere lei?
Semplice.
Lei non era Draco.
Sbuffò,
irritato, e stava per dire a Ginny che non importava, che stava
meglio e che non c'era bisogno che stesse lì accanto a lui
per tutto
il tempo, perché ormai la fase "depressione" si era appena
attivata e di certo non sarebbe passata in fretta.
Voleva
cercare Malfoy, voleva trovarlo e voleva ancora parlargli,
perché
avevano ancora un sacco di cose da dirsi, e magari strappargli anche
qualche bacio – meglio ancora se proprio un bacio come
Merlino
comanda – ma fu lui a trovarlo, alla fine.
«Ehw.
Disgustoso.»
«Malfoy,»
lo salutò Ginny, apparentemente tranquilla, mentre Harry si
irrigidì
tra le sue braccia – doveva preoccuparsi? Godric divino,
l'aveva
per caso sentito mentre lo chiamava nella sua mente? Era un po'
inquietante pensare a lui, volerlo vedere, e farlo puntualmente
apparire, «come mai sei arrivato adesso? Era almeno da
mezz'ora che
eri nascosto dietro quella colonna.»
«Non
volevo disturbare il vostro rendezvous,
ma devo ammettere che più passavano i secondi e
più mi stavo per
sentire male a guardarvi, quindi ho voluto esternarvi tutto il mio
disgusto.»
«Be',
allora direi che dovresti proprio prendere il mio posto» gli
rispose
Ginny, lasciando la presa su di lui per alzarsi, spolverandosi la
gonna. La sua voce sembrava spazientita – Ginny odiava
Malfoy, come
tutti gli Weasley d'altronde – ma sembrò ingoiare
il rospo.
Forse
lo faceva per lui.
Ed
infatti, «Non gongolare, Furetto, non lo faccio di certo per
te»
aggiunse sottovoce quando gli fu accanto, tanto che Harry fece fatica
a sentirla. Ma la sentì lo stesso.
Quando
Ginny non fu più in vista, Harry alzò infine lo
sguardo e si
scontrò con la smorfia schifata di Draco, nello stesso
istante in
cui la Signora Grassa stava per far uscire qualcuno dalla sua Sala
Comune.
Draco
stava per dire qualcosa, ma Harry non gliene diede modo. Non seppe
neanche lui cosa gli prese, ma balzò in piedi e gli si
buttò
letteralmente addosso, facendogli battere la schiena contro la
ringhiera delle scale dietro di lui e appiccicando le labbra alle
sue. Be', voleva baciarlo, era il suo desiderio più grande
da due
ore a quella parte – e forse inconsciamente anche di
più – ma
quando lui gli aveva detto fai
tu, sicuramente non si
riferiva ad un attacco improvviso davanti al dormitorio Grifondoro.
Ma
trovò la bocca di Draco morbida e aperta per lui, e che
Voldemort lo
uccidesse seduta stante se non ne avesse approfittato. Non lo stava
neanche scacciando via di malagrazia, anzi, per un attimo
sembrò
quasi che lo stesse stringendo di più a sé e le
sue labbra,
decisamente occupate, tendersi in un sorriso. O meglio, un ghigno.
Si
staccò da lui con uno schiocco. Vide che guardava alle sue
spalle,
«Cosa stai...»
«Shh»
lo zittì, e riprese a baciarlo di sua spontanea
volontà, affondando
le mani tra i suoi improponibili capelli e la lingua nella sua bocca.
Avrebbe
continuato a baciarlo e a farsi baciare per sempre, dimentico del
nervosismo di poco prima, dimentico di tutti i dubbi che nutriva per
Draco, dimentico di dove si trovasse e, soprattutto, di chi era
appena uscito dal suo dormitorio. Non gli importava più
niente.
Draco
smise di baciarlo infiniti attimi dopo, «Hai sonno,
Potter?»
«Non
hai neanche idea quanto.»
«Bene
allora,» Draco lasciò completamente la presa su di
lui – le sue
mani erano nei suoi capelli, nei suoi vestiti, e non sentiva alcun
disagio quindi dedusse che non erano infilate in altri posti per ora
proibiti – e sogghignò, squadrando qualcuno alle
sue spalle,
«andiamo a prendere in prestito un'aula in disuso, con i
giusti
incantesimi Gazza e quel gatto pulcioso non ci daranno problemi. Il
bagno per ora lasciamolo solo per i tuoi problemi di
incontinenza.»
«Ma
non ho problemi di incontinenza..!»
Seguì
Draco senza badare alla folla di Grifondoro che aveva avuto come
spettatrice al suo assalto.
Trovarono
una stanza abbandonata al terzo piano. Draco castò un paio
di
incantesimi per silenziare l'aula e chiudere la porta,
nonché per
tenere lontano chi non era gradito al momento – Gazza,
suppose
Harry, era forse l'ultimo dei suoi pensieri; non era propriamente lui
che lo preoccupava.
Ne
castò distrattamente altri per trasfigurare un tavolo e una
sedia in
un materasso e in un cuscino. Sembrò rendersi conto solo ora
di
quanto Draco fosse bravo in quasi tutte le materie. Più
bravo di
lui, almeno. Difesa Contro le Arti Oscure forse era l'unica
eccezione, ma era l'eccezione che confermava la regola che Malfoy era
molto più bravo di lui in tutto.
Era
deprimente.
Harry
rimase tutto il tempo a fissare i movimenti dell'altro in un angolo,
seguendo il braccio dondolare e castare incantesimi come il pendolo
di uno di quei vecchi orologi che una volta vide in un negozio di
antiquariato, quelle rare volte che i Dursley lo portavano via da
Privet Drive.
Quando
ebbe finito, Draco si limitò a fissarlo in silenzio,
indicandogli
con un cenno il materasso.
«Non
riuscirò a dormire.»
«Prova.»
«Non
è un bagno, questo.»
«Ma
ci sono lo stesso io» sorrise, «Non ti
lascerò dormire di nuovo in
un bagno, Potter, è meglio che tu inizi ad abituarti ad un
letto.
Tra l'altro, ora che mi ci fai pensare, ricordami che devo darti la
fattura della mia lavanderia: ho dovuto portarci il mio costume di
Halloween perché il tuo orribile trucco da altra sponda me
l'ha
imbrattato, e mi è costato un occhio. Non che non possa
permettermelo, ma il minimo che tu possa fare è pagare con i
tuoi
bei galeoni.»
Harry
annuì soltanto, avvicinandosi al materasso e stendendocisi
sopra.
Chiuse gli occhi.
Si
addormentò solo quando sentì Draco stendersi al
suo fianco.
Dormì
per tutta la notte.
Si
svegliò solo perché aveva una fame allucinante.
Dopo essere uscito
dall'infermeria e dopo aver discusso con i suoi compagni di casa, si
era direttamente addormentato in quel letto improvvisato con Malfoy e
saltando, così, la cena.
Anche
Malfoy non doveva aver mangiato. Si guardò intorno e lo vide
disteso
di lato su quel materasso, con un braccio sotto al cuscino e l'altro
a cingersi l'addome. Durante la notte doveva aver tirato tutte le
coperte, perché le aveva tutte aggrovigliate intorno alle
gambe e al
busto. Solo distrattamente Harry si rese conto di avere un freddo
cane.
«Maledetto,
pure da addormentato tenti di farmi fuori.»
Si
mise a sedere, passandosi una mano tra i capelli, suppose,
più
spettinati del solito. Lui e Draco dovevano parlare, ma parlare sul
serio. Niente battutine, niente giri di parole, e ora non aveva
neanche la stanchezza che lo faceva sembrare un ritardato, quindi
decise che era il momento giusto per fare Il
Discorso.
Non
sapeva bene cosa aspettarsi da Draco. Se avesse avuto cattive
intenzioni, gliel'avrebbe detto? Così a mente lucida, Harry
avrebbe
di gran lunga preferito che se Draco lo stesse prendendo in giro,
avrebbe preferito saperlo, anche se ci sarebbe rimasto male.
Non
molto, però. Era pur sempre Malfoy.
No,
ok. Gli avrebbe spezzato probabilmente il cuore. Ma tanto il suo
cuore aveva avuto già abbastanza batoste da poterne
resistere
un'altra, no? Prima Cedric, poi Sirius. Almeno Malfoy l'avrebbe
abbandonato come loro, ma non sarebbe morto.
Represse
un brivido, mentre lo scosse malamente per svegliarlo.
«Malfoy!»
Era
agitato e non sapeva bene per quale motivo. O per quale suo pensiero.
Draco
mugugnò una parolaccia, mentre si metteva a sedere accanto a
lui,
con gli occhi ancora chiusi. Una bocca tanto bella quanto sboccata
dovrebbe essere illegale. «Merlino, Potter, sei una piaga fin
dalle
prime ore del mattino.»
«Dobbiamo
parlare.»
Aprì
gli occhi e gli scoccò uno sguardo scocciato,
«Ancora?»
«Seriamente
però!» sbottò, mordendosi l'interno
delle guance, «Sono serio, mi
stai prendendo in giro? Ho avuto modo di pensare in infermeria, da
solo, prima che Ron ed Hermione venissero a prendermi e iniziassero a
tartassarmi l'esistenza, e se questo è un modo per farmi
testimoniare a favore di tuo padre hai sbagliato di brutto. Loro non
hanno ovviamente aiutato, mi hanno messo più ansia! Vuoi
consegnarmi
a Voldemort? Hai saputo che cado facilmente nelle trappole? Hai
saputo che ho un cuore tenero
e mi affeziono facilmente, non appena mi si mostra un po' di affetto?
Cosa hai...»
«Ma
hai sempre parlato così tanto?! È mattina presto,
per Salazar, dove
la trovi tutta questa voglia di parlare?!»
«Draco,
per favore, ti sto chiedendo delucidazioni...»
E
lo zittì.
Solitamente
si sarebbe infuriato. Perdinci, voleva delle risposte! Voleva essere
tranquillizzato, come quelle donne delle telenovelas che vedeva zia
Petunia quando temevano che il marito le stesse tradendo e volevano
che lui negasse. Ecco, Harry voleva proprio che Malfoy negasse ogni
cattiva intenzione che aveva verso di lui, e che evidenziasse quelle
buone. Se ce n'erano, di buone.
Ma,
ecco, lui si sarebbe arrabbiato se l'avesse zittito con una mano, con
un urlo, con una testata.
Non
con un bacio, però.
Dio,
si sentiva un debole. Un sottone.
Ecco, già immaginava
che ruolo avrebbe avuto semmai avrebbe fatto l'amor... fatto sesso
con Malf... con un uomo.
Draco
lo baciò con dolcezza. Non era né come il bacio a
stampo dato in
infermeria, né come quello irruento e bagnato dato fuori dal
dormitorio Grifondoro. Era dolce, lento, dato perché voleva
tenergli
la bocca occupata in qualcosa di più piacevole del dire
stupidaggini. La lingua di Draco gli carezzava prima le labbra, poi
il palato, per poi intrecciarla con la sua.
Le
sue labbra pizzicavano e nella sua pancia sentì come una
vertigine.
Ma era piacevole. Piacevolissimo. Sarebbe rimasto a baciarlo per
sempre – e lo avrebbe sempre pensato, ogni volta che si
sarebbero
baciati, ogni volta che lo avrebbe immaginato, ogni
volta.
Però
dovevano parlare, eddai, dovevano! Non poteva restare con quei dubbi
per sempre, aveva bisogno di risposte, e ne aveva bisogno subito!
Quindi
mise fine al bacio dopo essersi goduto un ultimo morso leggero, poi
poggiò le mani sulle spalle di Draco e lo
allontanò. Ma non troppo.
Le
parole che aveva bloccate in gola non uscirono subito perché
rimase
incantato dal rossore sulle guance di Draco e dalle sue labbra gonfie
e lucide. Lui sbuffò e decise di parlare lui, «Se
serve per tornare
a velocemente a pomiciare, no, Potter, puoi stare tranquillo. Non
voglio che mio padre esca da Azkaban, non ho ormai più nulla
a che
fare con lui. E non ti consegnerò al Signore Oscuro
perché non ho
nulla a che fare neanche con lui – e mai vorrò,
sia ben chiaro. Se
non mi credi, puoi spogliarmi e guardarmi il braccio» e
ghignò.
Si
spinse di nuovo verso Harry, ma lo fermò di nuovo.
«Allora perché?»
«Perché
cosa?»
«Perché
stai... perché hai... perché me...»
«Perché
mio padre è ad Azkaban,» rispose solo,
accarezzandogli la leggera
peluria nascente sulla sua mandibola con due dita, «e ora
sono
libero io. Adesso scelgo con la mia testa, non con la sua.»
Harry
lo guardò a bocca aperta, la testa completamente vuota.
«Anche
se devo ammettere che mi hai aiutato molto ad avvicinarmi a te. Mi
aspettavo prima qualche altra scazzottata, prima di finire insieme a
letto,» rise, e rise davvero
di cuore, indicando
dov'erano seduti in quel momento, «mi hai stupito con l'odore
della
tua Amortentia, ma... ammetto... a
malincuore, che mi ha
fatto molto piacere.»
Harry
gli saltò completamente addosso, baciandolo con la testa
ancora
leggera ma con il cuore che urlava felice.
E
non parlarono più.
Spazio
Autrice:
Perdonatemi il ritardo,
ma ho finito di correggerlo adesso e ho subito pubblicato! Se mi
è sfuggito qualche errore, fatemelo sapere!
Che ve be pare del capitolo? Vi avviso subito che è previsto
solo un altro capitolo + epilogo (l'avevo detto che non sarebbe stata
molto lunga come storia!) un po' mi spiace terminarla, mi è
piaciuto molto scriverla.
Ringrazio tutti! Chi preferisce, segue e ricorda! Aumentate sempre di
più!
Ricordo, proprio perché siete in molti, di farvi sentire
talvolta, per dirmi cosa pensate della storia! Mi farebbe piacere
sentire le vostre opinioni!
Grazie <3
Emily
♦
|
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Capitolo 10 *** X + EPILOGO ***
X
Saltarono
le lezioni del mattino, quel giorno. Rimasero tutto il tempo a
parlare, Harry aveva troppe domande e Draco, scocciato, prendendolo a
male parole, aveva tutte le risposte. Arrivarono all'ora di pranzo
che erano affamati ma soddisfatti, almeno sul piano psicologico, e
finalmente tutto aveva un senso.
La
parte più difficile fu, però, andare in Sala
Grande.
«Insieme?»
«No,»
Draco scosse la testa e incrociò le braccia al petto,
«niente mano
nella mano, Potter.»
«Ma
no, dico... insieme? Cioè, intendevo, entriamo
contemporaneamente o
prima uno e poi l'altro?»
Draco
alzò anche le sopracciglia, mostrandosi come un quadro di un
bellissimo uomo scettico, «Scusa, Potter, perché
dovremmo farlo
dato che tutti i Grifondoro, tutti,
hanno visto come mi
hai baciato davanti al tuo dormitorio?»
«Ah,
già.»
«E
poi ne staranno già parlando, no? Non ci hanno visto per
tutta la
mattina, quindi: o stanno pensando che ti ho ucciso in qualche angolo
buio di Hogwarts, oppure che ti ho scopato in qualche angolo buio di
Hogwarts.»
«E
tanto vale confermare?»
«Tanto
vale confermare che non ti ho ucciso.»
Harry
scosse il capo, senza però evitare di sorridere. Merlino, si
sentiva
così felice,
felicissimo come mai era stato. Voleva dormire tutte le notte con
Draco perché erano le notti più belle della sua
vita, senza
Dissennatori né incubi, ma solo il suo caldo respiro tra i
capelli.
Voleva sentire sempre nella sua Amortentia l'odore di Draco, ed
essere sicuro che Draco sentisse il suo. Voleva inebriarsi della
vaniglia e della menta che era la pelle di Draco, e voleva che Draco
sentisse il desiderio di lavarsi con il suo economico bagnoschiuma
Babbano.
Sorridendo
largamente, aprì il portone della Sala Grande, e tutti gli
occhi di
tutta la scuola si posarono su di loro.
Che
vedessero pure, non gli importava.
Che
guardassero pure quanto era felice.
«Volevo
parlarvi.»
Ron
ed Hermione alzarono lo sguardo in contemporanea dalle loro
pergamene. Intorno a loro, la biblioteca era in un silenzio tombale.
Alcuni Tassorosso lì vicino affondarono il naso nei loro
libri,
mentre altri Serpeverde – seppur in silenzio –
guardavano
sfacciatamente cosa stava per accadere.
Draco
non c'era. Non lo vedeva da dopo la lezione di Pozioni.
Hermione
gli sorrise calorosamente e gli fece posto. Ron, invece, mise da
parte da sua pergamena e lo guardo fisso con gli occhi cristallini.
«In
realtà dobbiamo parlarti noi.»
«Tu,
Ron,» lo corresse Hermione, «devi parlargli
tu.»
«Io,
sì» sbuffò. «Ecco, Harry...
volevo chiederti scusa. Ero
arrabbiato fino a stamattina, ma... ho visto a pranzo com'eri, ed eri
riposato e felice. Non
ti vedevamo così da mesi, nonostante le Pozioni
tranquillanti che ti
mettevamo nel succ...»
«Ron!»
Hermione lo schiaffeggiò.
«Miseriaccia.»
«Voi
cosa?!»
Non
gli risposero. Harry, mantenendo la calma, aggiustandosi con un tic
nervoso gli occhiali, portò lo sguardo su Hermione e fece:
«Hermione, parla.»
«Ti
vedevamo sempre stanco e non riuscivi a dormire, così
durante la
colazione e il pranzo ti mettevamo un po' di Pozione calmante nel
succo di zucca così potevi riposare durante le lezioni,
avevamo il
permesso dei professori e di Silente, però!»
«Tranne
Piton, ovviamente» aggiunse Ron. Poi sembrò
rendersi conto di
qualcosa, «Hey! Picchi me perché mi lascio
scappare le cose e poi
te gliele riveli così come se nulla fosse!»
«Se
tu non ti fossi lasciato scappare niente, magari!»
«Ok,
ok,» fermò il bisticcio, sorridendo,
«grazie, ragazzi. Magari
avrei preferito sapere cosa stavo bevendo, ma immagino fosse a fin di
bene.»
«Era
a fin di bene, Harry!»
«Quindi,
per il mio bene, accetterete anche la mia... il mio... la mia...
relaz... conoscenza con
Draco?»
Non
avevano ancora parlato su cosa erano, Harry aveva dato precedenza a
cose che gli premevano di più. Infondo, etichettare Draco
come suo
ragazzo, fidanzato o chissà altro, poteva aspettare, no?
Avevano
tutto il tempo.
Ron
fece una smorfia, «Draco?»
«Malfoy,
Draco Malfoy» si corresse Harry, arrossendo.
«Certo
che lo accettiamo. Lo accettiamo entrambi.
Vero, Ron?»
Ron
non rispose subito, ma dopo una gomitata di Hermione, sbuffò
e
annuì. «Ma appena ti fa qualcosa gli spacco la
faccia tante volte
quanto ho voluto farlo in questi giorni!»
I
Tassorosso risero ancora nascosti dietro i loro libri, mentre i
Serpeverde, indignati, smisero di prestare loro attenzione.
Li
abbracciò in modo goffo e stava per dire loro quanto li
adorasse e
quanto sarebbe perso senza di loro, ma ovviamente doveva immaginarsi
che non avrebbe potuto essere felice per più di qualche
giorno.
Perché
Piton li interruppe, sul viso un'espressione disgustata ma negli
occhi una scintilla di preoccupazione brillava senza pudore.
«Mi
dispiace interrompere questo teatrino insulso, ma il Signor Potter
è
atteso nell'ufficio del Preside» si girò per
andare via, ma prima
di sparire aggiunse, «Da solo.»
E
come si era aspettato... non erano buone notizie.
Non
per l'Harry felice che voleva passare ancora un po' di tempo con
Draco.
Doveva
andarsene.
Dopo
la discussione avuta con Silente, aveva deciso insieme a lui di
partire e andare alla ricerca degli Horcrux
e distruggerli, così
avrebbero indebolito Voldemort. E avrebbero finalmente vinto.
Era
per il bene superiore. Harry non poteva fare l'egoista, non in questo
contesto, e nonostante l'unica cosa che desiderava fosse restare
lì
con Draco – e dannazione, proprio in quel momento, proprio
quando
si erano chiariti, avevano sprecato così tanto tempo!
– doveva
andarsene.
Ron
ed Hermione sarebbero potuti venire con lui, aveva il permesso di
Silente di dir loro tutto.
Ma
Draco no. Draco sarebbe stato trattato come un traditore, e non
poteva permettersi di metterlo in pericolo solo perché non
voleva
allontanarsi da lui.
E
non aveva tempo neanche per salutarlo.
Scrisse
un biglietto e qualche lacrima traditrice bagnò la
pergamena, poi la
diede ad Edvige. «Portala a Draco Malfoy» le disse,
dandole un
biscotto.
Dietro
di lui, Hermione e Ron si stavano abbracciando e lo guardavano
tristi.
Si
girò verso di loro e sorrise con le guance bagnate.
«Andiamo a
vincere.»
Quando
torno, quando,
giuro che ti darò tutto ciò che vuoi.
Sì,
Draco, anche il culo.
Ti
prego, aspettami.
HP.
EPILOGO
Due
anni.
Due
fottutissimi anni.
In
quei due anni, era successo di tutto – Draco non sapeva da
dove
iniziare. Be', principalmente i suoi problemi erano iniziati proprio
quando il fottuto Salvatore del Mondo Magico – ribattezzato
così
da qualche mese a questa parte – aveva deciso di lasciarlo
senza dirgli nulla.
O
meglio, dicendo qualcosa. Tre frasi striminzite scritte in un
foglietto.
Foglietto
che tutt'ora Draco stringeva tra le dita, lo faceva ormai tutte le
sere, aspettando il suo ritorno.
Non
era perché gli avesse promesso sesso sfrenato – gli
aveva promesso qualsiasi cosa –
e quello era come un contratto firmato al quale, quando sarebbe
arrivato il momento, non avrebbe potuto sottarsi. O almeno, non solo.
Lo rincuorava un po' leggere ogni volta il quando
torno, e non il se
torno.
Si
sarebbe avadakevadrizzato piuttosto che ammettere l'ingiustizia della
cosa, e che Harry, infondo... infondo gli mancava. Ok, senza infondo,
gli mancava da morire, e bruciava così tanto aver avuto
così poco
tempo a disposizione! Quando sarebbe tornato, gli doveva molto
più
del culo.
Gli
doveva del tempo.
Il
Signore Oscuro era morto definitivamente due mesi prima, ma Draco
ancora non aveva ricevuto notizie di Harry Potter. Suo padre era
ancora in carcere e sua madre, quando le cose avevano iniziato a
mettersi male, se n'era andata in Francia. Draco era rimasto da solo
al Malfoy Manor, buio, vuoto e spettrale, mai stato così
spaventoso.
Eppure
neanche gli toccava, quel posto, come eredità. Suo padre
l'aveva
rinnegato, ma continuando a tenere il suo cognome, dopo la dipartita
del Signore Oscuro, tutti i suoi averi gli erano toccati di diritto.
Grazie anche al fatto che si era tenuto lontano dalla guerra, da
vigliacco che era, altrimenti sarebbe andato tutto in beneficenza.
Rabbrividì a quel
pensiero.
Erano
due mesi che si era stabilito lì. Prima aveva continuato la
scuola,
allontanandosi da tutto e tutti, non parlando neanche più
con Pansy
e Blaise. Si era diplomato con il massimo dei voti, rinfacciando ad
un fantasma di Harry di come lui fosse riuscito a finire la scuola e
lui non era stato capace neanche di far quello.
E
poi il non fantasma aveva vinto la guerra, chissà come.
Lui
e i suoi amichetti, però, chissà che fine avevano
fatto. Forse
stavano festeggiando in qualche tugurio degno degli Weasley –
mentre Potter si era dimenticato che Draco lo stava aspettando, e lo
aveva sempre aspettato. Salzar, non voleva essere sdolcinato
ma lo avrebbe,
probabilmente, aspettato per sempre.
Dei
tonfi leggeri echeggiarono nel salone.
«Padron
Malfoy, c'è un ospite.»
Senza
rispondere all'elfo domestico, marciò verso il portone.
Fuori
pioveva a dirotto, non dando tregua a nessuno. Tirava vento, tanto
vento. Ma avrebbe scacciato di malo modo lo stesso lo scocciatore di
turno, perché ne aveva abbastanza degli scherzetti stupidi
che
continuavano a rifilargli.
Come
volevasi dimostrare, alla porta c'era Harry.
Indossava
un lungo mantello nero, e il cappuccio dello stesso colore era alzato
per coprirlo dalle forti intemperie. Nulla che non avesse visto
già.
«Draco!»
«Potter.»
Harry
sospirò, tormentandosi le dita. Anche quella era una scena
già
ripetuta. «Mi... mi dispiace. Del ritardo, dico. Ho fatto
prima che
ho potuto, lo giuro! Dovevo solo, uhm, mettere a posto determinate
cose, ma ora... sono venuto. A cercarti, dico. Sono tornato.»
La
barba era cresciuta, probabilmente era da tanto che non se la radeva.
Anche i capelli morbidi ma orribili erano lunghi almeno fino alla
spalla. Non li tagliava da mesi, sicuramente.
Non
gli rispose, ma gli chiuse la porta in faccia.
Fece
pochi passi per tornare al salone, per affogare ancora negli stessi
pensieri che gli stavano facendo compagnia da due anni a quella
parte, quando, di nuovo, qualcuno picchiò sul legno del
portone.
Stavolta più forte, però.
«Draco!
Apri, per favore! So che sei arrabbiato, ma...»
«Arrabbiato?»
aprì il portone, gli occhi rossi di rabbia repressa. Harry
lo guardò
fisso, arretrando di un passo. «Non sono arrabbiato. Sono
stufo.
Stufo di voi che vi presentate davanti alla mia porta con le sue
sembianze e alimentate
stupidamente le mie speranze, per poi prendermi solo in giro!»
«Cosa?»
«Sono
mesi che puntualmente un Harry Potter si presenta da me, sorridendo,
dicendo che è tornato. Mi considerate così
stupido? Credete che non
riesca a riconoscere l'originale da una sua pallida imitazione con la
trasfigurazione umana? Idioti. Idioti e vigliacchi!»
urlò.
Harry
si scurì in volto, e fece un passo verso di lui.
«Draco,
sono davvero io.»
«Lo
dicono sempre tutti. Ma non ci sono mai caduto.»
«Posso
provarti che
sono io.»
Ghignò,
«Prego.»
Harry
si morse il labbro inferiore, poi sospirò.
«Durante la guerra...
avevo un nome in codice.»
«Un
nome in codice.»
«Sì.
Questo non lo sa nessuno, se non i miei più stretti amici,
che non
farebbero mai una cosa del genere come prendere le mie sembianze
–
ma che idiozia è?! Draco, giuro che dirò a Ron di
castare un po' di
Incantesimi Urticanti per loro! – per tenersi in contatto con
me,
sai. Per dirmi cosa stava succedendo in mia assenza, cosa Voldemort
stesse facendo, senza però far capire ai Mangiamorte che li
intercettavano chi fossi in realtà. Il nome in codice era...
gel
per capelli.»
«Gel
per capelli.»
«Il
tuo gel
per capelli. Me lo facevano capire, che intendessero proprio
quello»
ridacchiò.
Nessuno
di loro gli aveva mai detto una cosa del genere. Di solito, i falsi
Harry Potter gli rivelavano cose che sapeva già, che
sapevano tutti.
Erano degli imbroglioni che andavano ad imbrogliare senza una buona
scusa da usare.
Ma
il ragazzo davanti a lui era davvero
Harry Potter. Le
labbra piene erano le sue, i falsi non riuscivano mai a trasfigurarle
così bene. E anche gli occhi, nascosti dietro gli spessi
occhiali,
erano grandi e brillanti, di un verde che non aveva mai visto se non
su di lui. Sul vero Harry Potter. Sul suo
Harry.
«Potter...
Harry.»
Harry
sorrise, e le guance si tinsero di rosa, nel grigiore di quella
giornata fredda e piovosa. «Sì.»
«Era
l'ora! Ci hai messo troppo!»
Lo
baciò mordendogli le labbra per fargliela pagare, pagare per
tutto.
Per l'abbandono, per non avergli mai scritto, per non essersi
presentato subito da lui, per tutto il tempo perso, per gli scherzi
di pessimo gusto e per la solitudine che adesso stava pian piano
andando via per, sperando, non tornare mai più. Lo
baciò
mangiandogli la bocca e succhiandogli la lingua, e i gemiti di Harry
non li aveva mai sentiti ma sembravano dire "sono io e sono
tornato".
Lo
lasciò andare solo per trascinarlo dentro casa, tirandolo
verso una
delle camere degli ospiti del primo piano – non aveva voglia
di
salire le scale e perdere ancora del tempo prezioso.
«Draco?»
Il suo respiro era affannato.
«Mi
devi il culo, Potter. Te ne sei dimenticato?»
Harry
rise, «No. Ti ho promesso qualunque cosa. Ti darò
qualunque cosa.»
«Merlino,
come sei stucchevole.»
Lo
lanciò sul letto fresco e profumato, baciandogli la
mandibola e il
collo. Era leggermente sudato, e il suo odore spiccava buono e salato
sulla sua lingua. Rischiava seriamente di innamorarsi
senza neanche
vergognarsi! Suo padre, se fosse morto, si starebbe rivoltando nella
tomba.
Ma
Lucius non era morto, e a Draco non fregava più niente di
quello che
lui pensava.
«Sai
che quel tipo di gel l'ho usato solo al sesto anno? Prima ne usavo un
altro. Mi ha portato così tanta fortuna che ne ho comprate
venti
confezioni. Nel secondo cassetto ne ho un tubetto, potremmo usarlo
come lubrificante.»
«Scordatelo,
Malfoy!»
Lo
guardò ed era bello, purtroppo. Lo vedeva bello pure con la
barba
poco curata, i capelli spettinati riversi sul cuscino e gli occhiali
storti sul naso. Era bello e non era giusto che lo vedesse
così
bello anche dopo due anni. Non è giusto che gli fosse
mancato così
tanto.
Lo guardò. Poi ghignò
e si leccò le labbra. «Allora useremo altri
mezzi per aprirti,
Potter.»
Harry
rise, anche se sbiancò preoccupato.
Ma
era felice, Draco lo vedeva. Era felice così come era felice
lui.
Gli
avrebbe ridato tutto il tempo perso.
Fecero
l'amore, quella notte.
Per
tutta
la notte.
Spazio
Autrice:
E siamo arrivati alla
fine.
Questa storia - e il titolo - è praticamente nata dal
epilogo. Ho scritto prima quello che il primo capitolo XD
Questo capitolo + epilogo dovrebbe riempire tutti i buchi di trama,
più o meno. Se qualcosa non vi torna, sarei ben felice di
poter rispondere alle vostre domande!
Ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita in questo piccolo e breve
viaggetto. Ho amato scrivere questa storia, perché era
leggera, non ho dovuto penare per scriverla. E' stata divertente e
spero di aver divertito anche voi.
Ringrazio anche le tantissime persone che l'hanno seguita, e le
altrettante che hanno messo tra i preferiti e le ricordate.
Grazie mille di cuore <3
Emily
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