Time Busters

di Watashiwa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Salto del trampolino ***
Capitolo 2: *** L'azione ***
Capitolo 3: *** Bowling e... facce buffe ***
Capitolo 4: *** Un numero indefinito di passi... ***
Capitolo 5: *** Bust the time and come home ***



Capitolo 1
*** Salto del trampolino ***



PREMESSA DOVEROSA ED APPUNTI VARI
 Lo ammetto, sono un vecchio nostalgico se si parla della prima Play Station e quello che mi hanno lasciato i ricordi dei giochi appartenenti alla console appena citata.
Non penso che quello che sto vivendo nel presente sia inferiore, tutt'altro: sono io che sono un sentimentale, un caso perso se si tratta di ricordi da custodire gelosamente.
Il mio apprezzamento per il brand dei Looney Tunes si è formato anche grazie ai videogiochi e il gioco "Bugs Bunny & Taz: In viaggio nel tempo" ha un significato speciale per me e sempre lo avrà.
Questa raccolta nasce come un tributo al gioco e a questi due personaggi che sono tra i miei preferiti e che mi hanno fatto sognare ed apprezzare tanti aspetti della storia; sembra strano da dire però in fondo è così, specie nel mio percorso di scuola elementare.
Sono situazioni simpatiche e legate a scenette tipo dei cortometraggi (e non) della Warner basate sui power-up che la nonna suggerisce ai due avventurieri per risolvere certi ostacoli, in modo tale da andare avanti.
Penso che avranno una specie di collegamento temporale e di continuità in base alle ere che Bugs e Taz frequenteranno; non dedicherò dei capitoli alle abilità imparate a Granwich in quanto le considero tipiche dei protagonisti, penso comunque verranno accennate in certi contesti.

Spero (come sempre) di trattare al meglio i personaggi senza renderli OOC e che dire, buona lettura che conosciate o meno il gioco (se no, recuperatelo subito!).

 
 
 
 
 
Aveva accettato di fare quel viaggio solamente perché la nonna, gentile e sempre disponibile nel riempirlo di melliflue moine, era l'unica capace di convincerlo e di farlo desistere da comportarsi da brutto bambino, come un primitivo animale che faceva parte della sua specie.
Per cui non avrebbe mangiato Bugs Bunny, il suo inaspettato compagno di sventure per quell'occasione.
Taz lo conosceva e sapeva della sua prorompente furbizia, s’immaginava che avrebbe fatto tutto il possibile per porsi e comportarsi in maniera incivile e scorretta, facendogli venire sangue al cervello e perdere totalmente la pazienza.

Già nei primi meandri dell'immensa era Azteca, i problemi e gli screzi erano pressoché iniziati.
La nonna (contattata dallo specchio magico e dal suo canarino Titti) era arrivata raggiante e parsimoniosa come suo solito, con lo scopo di dare gli ultimi avvertimenti e suggerire mosse strategiche per collaborare insieme e prendere i congegni il prima possibile, in maniera tale da riparare il sontuoso macchinario a Granwich.
«Ora ascoltatemi...» si fece lei più seria e diretta «...se tutti e due unite i vostri sforzi, potete fare combinazioni speciali!» riprese come ritrovando quell'entusiasmo che aveva accantonato all'inizio del discorso.
E quando Taz osservò lo sguardo della nonna posarsi amorevolmente su Bugs, anche dall'alto della sua non intelligenza capì che quella prima combo sarebbe stata a lui sconveniente come poche.
«La prima si chiama..."Salto del trampolino"! Bugs, tu puoi saltare sulla testa di Taz per raggiungere degli altri luoghi più in alto» concluse bonaria come sempre, causando l'ilarità incontrollata del roditore.
«Questo sì che è divertente!» fu l'unico commento che esplicitò, assaporandosi tutti quei futuri momenti dove sfruttare questo nuovo power-up sfizioso e vantaggioso.
Al contrario, Taz era rimasto scocciato e si era trattenuto assai dal fare smorfie alla sua genitrice adottiva per esprimere il suo poco celato disappunto.
Bugs si accorse subito della sporgenza alla loro sinistra, con quel ingranaggio dal valore di 10 punti da recuperare per la loro missione.
Osservò il diavolo della Tasmania con fare quasi malizioso, facendogli notare che era arrivato il momento di mettere in gioco le loro nuove possibilità: d’altro canto, Taz si era reso conto delle sue intenzioni ma assumendo un’espressione falsamente guardinga, cercava di muoversi furtivamente verso l’ampio spazio per evitare quell’umiliazione così fastidiosa già da quel preciso istante.
«Ehm amico, qualcosa mi dice che dovremmo dare ascolto alla nonna».
Taz roteò gli occhi e farfugliò parole incomprensibili, rassegnandosi all’idea che avrebbe dovuto abbassarsi a fare cose così fastidiose, per riuscire a completare l’impresa.
Si posizionò nel punto esatto senza guardare il suo compagno, aspettando che si sbrigasse a saltare…

 
BOING!
 
Taz tirò fuori la lingua per il dolore improvviso che sentì perforargli la testa: quel dannato coniglio non poteva davvero trattarlo da vero e proprio trampolino, non si doveva permettere!
E saltò una, due, probabilmente più di tre volte per trovare la giusta ed equilibrata forza motrice, riuscendo - dopo una dozzina di secondi - a salire sopra e recuperare l’agognato obiettivo da collezione, per poi scendere compostamente dall’altra parte della collinetta, raccogliendo una carota e sgranocchiandola per il buon lavoro compiuto.
«Gneh… è stato facile, ami-»
Fu un attimo che passò senza fin troppi complimenti.
Bugs sudò freddo nell’istante in cui vide le fauci pericolose di Taz vicine al suo pelo intenzionate a morderlo voracemente, iniziando a correre lontano per evitare di ricevere quel dolore che il diavolo voleva donargli per ripicca, data l’innumerevole quantità di volte che Bugs aveva rimbalzato con veemenza sulla sua fragile testolina.
«Sapete…» fece il leporide con il fiato corto per l’immensa quantità di metri che quella furia gli stava facendo percorrere, tra sguardi aztechi attoniti e minacciosi «…mi toccherà evitare d’esagerare, se una volta finito tutto desidererò andare a Pismo Beach tutto d’un pezzo!»

 
[621 parole]
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** L'azione ***


 

Non appena la nonna notò dei cambiamenti repentini nel localizzatore della gemma del tempo, non esitò un minuto di più ad avvertire i suoi due avventurieri preferiti delle novità.
Forte della discreta quantità d'ingranaggi recuperati, liberare l'imponente e ornata porta dell'era vichinga fu un gioco da ragazzi.
Quanto adorava trafficare con i suoi macchinari quando avevano bisogno di numerose modifiche!
Riuscivano a metterla alla prova ma al tempo stesso a spezzare la pesante catena della noia che regnava a Granwich, era tutto così elettrizzante e magico e in un certo senso adorava il ruolo cui era relegata, si sentiva così adatta e saggia, come un'insegnante amorevole che deve istruire genuinamente i suoi alunni.
E i suoi prediletti non tardarono - come immaginava - ad arrivare in città e poi varcare la soglia dell'era vichinga e a rendersi conto del marasma che Daffy, dall'alto del suo egoismo, stava combinando nella torre più alta della zona centrale del luogo.
In realtà Bugs e Taz erano piuttosto stanchi, specie per la quantità di metri – se non chilometri – percorsi per andare ad affrontare Sam, il temibile ma iracondo sovrano azteco che li aveva messi non poco alla prova.
Al coniglio facevano male i piedi e non appena arrivò all’entrata del villaggio, non fece nient’altro che sedersi scomodamente a terra, per concedere una tregua alle sue fragili zampe doloranti.
«Uff, che sollievo, ragazzi!» sentenziò il roditore tirando un enorme sospiro di sollievo, sfregandosi poi gli avambracci con insistenza, per via della temperatura gelida, almeno nei confronti della torrida area azteca.
Era distrutto anche dalle temperature dell’antica America centrale, in quanto lui era abituato al tempo più mite e temperato, a parte nel suo luogo preferito in assoluto dove ronfare e rilassarsi in estate, la sua spiaggia preferita che era quasi diventata quasi la sua seconda casa.
«Quanto avrei voluto che questa raccolta si fosse svolta vicino a Pismo Beach! La tranquillità, il mare e un po’ di succo di carota accanto, lontano da tutto e tutti… non posso fare a meno di pensarci…» sbuffò a vanvera, perdendosi nel suo vaneggiare che risultava essere come un discorso a vuoto, dato che Taz non avrebbe comunque capito e – in quel preciso istante – era come in un’altra dimensione.
Difatti, nonostante fosse indubbiamente il più forte tra i due, il fatto di non aver mangiare da più di mezza giornata lo rendeva inquieto più del dovuto e completamente folle, in procinto d’esplodere da un momento all’altro.
Non potendo soddisfare le sue voglie istintuali col suo compagno d’avventura, si guardò intorno, sopra, sotto, praticamente dovunque: ma niente, non sembrava esserci nulla d’interessante.
Poi vide un qualcosa di luccicante alla sua destra, in un isolotto non raggiungibile a piedi per via del ponte incompleto che troneggiava sull’oceano che bagnava le coste della cittadina vichinga tutta da esplorare.
Taz era così stralunato e confuso che non fece altro che fiondarcisi a capofitto per capire cosa fosse, correndo in maniera scoordinata e selvaggia e facendo versi pazzi che riportarono Bugs alla realtà, vedendo appena in tempo come il suo “collega”  non riuscì ad arrivare al suo obiettivo entrando in contatto con la freddissima acqua nordica.
Sobbalzò urlando, cercando d’evitare di diventare quanto prima un gran ghiacciolo, causando l’ilarità di Bugs nel vederlo così patetico nell’arrancare a riva e massaggiandosi il sedere per lo smacco ricevuto, dato dalla troppa fretta.
«Gneh, amico…» fece Bugs cercando di soffocare una risata che – se troppo sguaiata – lo avrebbe condannato ad un’altra corsa perditempo «…prima di diventare carne da frigorifero per questi barbari, perché non chiamiamo la nonna tramite Titti? Guarda, sta lì».
Taz non disse niente e si limitò ad annuire, massaggiando dolorante il suo piccolo didietro ancora infreddolito dalle varie gocce con le quali era entrato in contatto: da piccolo aveva una tremenda fobia verso l’acqua che però non poteva rendere nota a tutti, se no i suoi amici-nemici ne avrebbero approfittato per fargli dispetti e scherzi di dubbio gusto.
Fortunatamente per lui la nonna non tardò ad arrivare.
Raggiante come sempre, si mise davanti ai due eroi e porse loro due piccole barrette energetiche impacchettate in un cartoncino di colori diversi, uno arancione e uno marroncino.
«Salve!» trillò lei improvvisamente guardando entrambi in volto «Immagino che sia dura per voi mangiare le poche cose che trovate in giro per i vari mondi. Ecco, prendete queste e mangiatene un po’ ogni qual volta avrete fa--»
Taz prese d’improvviso il regalo della donna e lo trangugiò in un baleno, ritrovando l’energia perduta che mostrò esibendosi in una giravolta che si protrasse per diversi, interminabili secondi.
La nonna ridacchiò, felice che il suo Tazzy fosse pronto a non mollare di fronte a prime avversità, così peculiari rispetto al luogo dove abitava solitamente.
Si rivolse poi a Bugs con fare serio e più eloquente, che aveva preso la sua ricompensa in una maniera più…pacata e signorile.
«Prima di tutto, voglio dirti che state facendo un ottimo lavoro, siete sulla pista giusta! Di questo passo, aggiusterò il regolatore molto in fretta» continuò la nonna con sincerità, muovendo armoniosamente la sua mano destra su e giù per confermare le buone nuove.
«Questo è lo spirito, nonna» disse il coniglio con fierezza, sereno della giornata che nonostante tutto volgeva lieta e per lui positiva.
Che cosa sarebbe mai potuto andare storto?
 
Non gli balenò il dubbio in mente nemmeno quando la nonna chiamò Taz a sé, affinché ascoltasse il resto delle cose che aveva da dire loro.
«Penso che dobbiate imparare una nuova combinazione per arrivare lì, non so se ve ne siete accorti» disse la nonna con fare schietto «Taz, perché non usi la tua forza erculea per lanciare Bugs dall’altra parte e recuperare il congegno? Potremmo chiamarla…»
A Taz l’idea piacque fin da subito e manifestò un’ilarità simile a quella che aveva esplicitato Bugs poco prima.
«Sì sì, Taz piace lanciare Bugs» parlottò il marsupiale battendo festoso le mani, causando l’ennesima risata di gioia della signora, che trovò subito l’idea per il nome ufficiale della combinazione.
«È deciso, allora! La combo si chiamerà “Lancia Bugs”. Sei contento, mio piccolo Tazzy
«NON MI PIACE IL SUONO DI QUESTA PAROLA!» berciò il coniglio come segno di protesta ma la nonna non la stava più ad ascoltare, oramai.
«Mi raccomando Taz, sollevalo a modo e modera la tua forza, specie ora che sei in piena forma e potresti fare danni. E non pensare di fare come vuoi perché tanto lo specchio mi dice tutto su di voi…» concluse leggermente più tetra l’anziana signora bluffando ma cercando di intimare un po’ di terrore a Taz, riuscendoci.
Bugs sarebbe voluto sprofondare in una tana più che volentieri: arrotolarsi e fare capriole a mezz'aria senza alcuna protezione sotto di lui?
Ah, quanto avrebbe voluto volentieri una controfigura!
Ma per il bene della missione e della tranquillità di quei mondi, capì subito che sarebbe stato costretto a far parte di quella mossa e adempiere al suo compito.
Taz – ancora scosso dalle parole finali della sua tutrice – lo sollevò a modo, prese una piccola rincorsa e lanciò perfettamente il compagno nell’isolotto dove poté recuperare il piccolo congegno argentato e continuare così la missione.
Si esibì in un’ulteriore capriola – stavolta precipitosa - per tornare nel bagnasciuga ma il suo errore gli fu fatale: non poggiò le sue zampe posteriori esattamente in terra ma nell’acqua, schizzando lievemente verso il fazzoletto che Taz aveva subito occupato dopo il lancio sul ponte.
Fu un attimo che Bugs non poté evitare; Taz impazzì per via della sua fobia e per fargliela pagare si avventò sul coniglio che, nonostante cercò di divincolarsi in tutti i modi possibili, si ritrovò nuovamente catapultato, stavolta però contro la sporgenza del terreno opposta all’oceano, sbattendo la testa non troppo violentemente ma abbastanza per sentire un po’ di dolore.
In un baleno, Taz s’impaurì ricordando le parole che la nonna gli aveva rivolto truce, convinto che da un momento all’altro sarebbe sbucata con la sua scopa o – peggio – col suo ombrello a pois a prenderlo a sculacciate.
Si precipitò accanto al compagno di sventure che con un’espressione corrucciata e teatralmente distrutta sembrava moribondo e sul punto di svenire. Quasi piangeva.
«Oh addio mondo crudele, che possa la nonna riparare la macchina del tempo senza il mio aiuto. Oh che tragedia, oh che doloooore!» recitò con tono solenne e drammatico e con tutto il fiato che riusciva a racimolare in quel momento, ingannando Taz come un pesce lesso.
Girò la faccia esanime, causando il panico più totale nel cuore nel diavolo della Tasmania che temeva d’averla combinata grossa e di subire presto o tardi le ire dell’anziana signora che si era occupata di lui, l’aveva coccolato, vezzeggiato e gli aveva insegnato tutti i rudimenti di una buona e sana educazione…con modesti risultati.
Rabbrividì quando sentì un “Oh giusto cielo!” provenire alle sue spalle: una voce dentro la sua testolina gli imponeva di non girarsi per non affrontare lo sguardo offeso della nonna, ma non poté non girarsi col fiato sul collo e con il groppo in gola, pronto a subire una dolorosa punizione che avrebbe meritato.
Ma con grande sua sorpresa davanti a lui c'era solo il mare e una delicata brezza marina che gli accarezzava il pelo e faceva lievitare qualche foglia vagante da alberi che non riusciva al momento a scorgere.
Si ritrovò tempestivamente a terra secondi più avanti, ululante di un dolore fastidioso e fulmineo, al quale tutti i maschi di qualunque specie – umana e animale non aveva effettiva importanza – sottostanno contro ogni volontà, specie se colpiti in quel punto preciso.
Era Bugs che, approfittando delle sue abilità da perfetto imitatore, aveva preso in giro Taz per dargli un calcio ben assestato rendendogli bellamente pan per focaccia, senza alcun rimpianto o paura.
«Senti, amico» si limitò a dire quasi scocciato Bugs Bunny, con fare deciso e non più infastidito «sarebbe meglio che in questo viaggio cercassimo di andare più d’accordo e d’abbandonare per un attimo le nostre divergenze. La verità…» sgranocchiò una carota, scandendo bene una pausa in modo da far capire totalmente il concetto al suo compare «…è che così potremmo conoscerci meglio lasciando star dispetti e scaramucce».
Taz non disse niente, rimanendo a terra col suo dolore e la brutta figura fatta fino a quel momento, a nemmeno un terzo dell’intero cammino.
Però sentì che il coniglio aveva ragione e che doveva smettere di fare il bullo per via del suo status da predatore, non era corretto, per la nonna e per se stesso.
In fondo quel roditore che faceva svolazzare le orecchie di qua e di là con fare nevrotico e quasi compulsivo non era così male.

(1764 parole)  

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Capitolo 3
*** Bowling e... facce buffe ***




Dopo aver superato – seppur momentaneamente – i fastidi generali di coppia, Bugs e Taz si diressero in maniera spedita verso il centro della cittadina vichinga nella quale erano capitati per recuperare gli ingranaggi della macchina del tempo e anche la gemma, il fulcro primario della ricerca.
La prima cosa che balzò agli occhi di Bugs, oltre a delle strane statue di argilla che troneggiavano con superiorità in angoli sparsi del centro, fu il colore minaccioso del cielo, accompagnato da un vento così pungente che parte del suo curatissimo pelo argenteo gli si arricciò, come se quell’atmosfera lo impaurisse d’improvviso.
Per il coniglio era fastidioso notare quanto la differenza di temperatura tra la regione mesoamericana e… questa, che non sapeva come definire (se non come barbara), fosse tremendamente abissale e non le donava certamente la pace che sperava d’ottenere.
Era forse indice di un luogo ostile e spietato, capace di colpire in maniera imprevedibile anche per altre questioni oltre che l’ospitalità e la temperatura che Bugs mai avrebbe veramente sopportato?
«ALT!»
Non fece nemmeno in tempo ad arrivare alla sua deduzione  affermativa e dire la sua frase saccente e denigratoria sulla Scandinavia che dovette ruzzolare malamente lontano dalla figura minuta di un abitante del posto, armato da testa fino ai piedi con una lancia appuntita e affilata, pronta ad essere caricata per dare un gioviale benvenuto a chi era stato così scortese da non presentarsi al capo della zona.
Ma Bugs e Taz non avevano tempo per i convenevoli e in fondo non sapevano di tutte quelle differenze burocratiche così sostanziali: sinceramente, il re Taddeo non sembrava molto propenso all’accoglienza di ospiti dalle intenzioni poco chiare e Bugs lo poteva immaginare (paura a parte che provava in quel momento) dall’effigie presente in una sorta di menhir color petrolio.
Il roditore sorrise beffardo e salutando maliziosamente il suo avversario, scappò verso la parte opposta della piazzetta, trattenendo a stento un urlo di frustrazione e di nervoso palpitante: avrebbe dovuto sopportare così tanti improvvisi spaventi?
Al contempo, Taz non ci stava capendo granché di tutta quella serie di azioni verificatesi nel giro di un secondo: un’idea confusa sulla sua mente un po’ bacata gli suggeriva che fosse una messinscena dal parte del compagno di viaggi che intendeva depistare l’improvviso avversario.
Dopotutto, da uno come Bugs Bunny se lo sarebbe potuto (e dovuto) aspettare, giusto?
Era un abile e freddo doppiogiochista, un attore nato per dimostrarsi tale, in certe occasioni così repentine e naturali, in quanto – in fondo – erano due animali fatti per essere cacciati.
Ma c’era stato qualcosa in quell’urlo disumano che non l’aveva convinto a pieno: e se in quel caso fosse sincero per davvero?
La testa era veramente ingarbugliata da quelle due prese di posizione… che cosa era meglio fare?
Fu un attimo, con il suo corpo che si mosse improvvisamente senza un effettivo perché.
Il vichingo guaì dal dolore, saltando scompostamente massaggiandosi ossessivamente la natica sinistra, per via di quello che quel diavolo impudente aveva osato fargli.
Evidentemente il cervello di Taz aveva scelto di credere al coniglio a quel giro, in quanto la sua voce aveva tradito un filo di insicurezza e remora incapace di essere mascherato o alterato, nel caso di una presa in giro.
E comunque – facendo un piccolo ragionamento – il guerrigliero era un tipo ostile e minacciava con lancia e scudo chiunque sconosciuto osasse varcare la piazza del centro, per cui gli sembrò d’aver fatto istintivamente la mossa giusta.
Quest’ultimo si riprese dal dolore ma cacciò istantaneamente un altro urlo di disperazione.
Per forza di cose non aveva ancora scorto la faccia del marsupiale, in quel preciso istante aperta con la lunga lingua penzolante e tutti i denti – aguzzi, storti e minacciosi – in bella mostra, come se stesse per attaccare qualcuno, al limite minacciando.
Senza esitare scappò a gambe levate più veloce che poté, non volendo assolutamente finire pasto veloce di una creatura così rozza e primitiva; probabilmente ne avrebbe pagato le conseguenze col proprio sire, ma meglio schiavo per un anno intero piuttosto che morire così miseramente!
Taz nel mentre non capiva minimamente niente, ancora frastornato da tutta quella serie di azioni verificatesi in meno di un minuto: scorse d’improvviso una piccola ombra di un piccolo volatile sopra di lui che riconobbe in Titti, sembrava veramente preoccupato, forse anche più allarmato del normale.
«Ehi Taz, cLedo che dovLemo andaLe a celcaLe Bugs! PLoviamo a seguiLe le oLme che ha lasciato1!» disse trillante ma senza nascondere la preoccupazione per il coniglio e il tipo di reazione che aveva avuto in quel frangente.
I due quindi seguirono con estrema cautela, non notando nessun cambio di rotta improvviso o qualche anomalia che potesse destare preoccupazioni; camminarono e camminarono fino a che non arrivarono vicino a una palizzata altissima fatta in legno, con dei piccoli buchi in basso capaci di ospitare le creature più piccole e indifese all’interno della barricata.
La prima cosa che venne spontanea a Taz fu quella di cercare di abbattere parte della muraglia e fare schiamazzo; d’altra parte Titti – più intelligentemente – volò oltre e scorse la figura minuta del coniglio, nascosta dietro una casetta di modeste dimensioni sentendosi al sicuro da quella pericolosa minaccia troglodita.
Il pennuto si preoccupò moderatamente quando poté vedere il volto di Bugs più da vicino: era quasi spaurito e perduto, a tratti nei suoi occhi poteva riconoscere un po’ di stanchezza cronica, come se stesse per scoppiare totalmente in un attacco di esaurimento nervoso incontrollato.
«Ehi Bugsy, tutto bene? Sono venuto a ceLcaLti e pel diLti che Taz ha battuto quel fuLbaccio di un vichingo, puoi uscile!» disse tutto d’un fiato il canarino per sembrare convincente, quando in realtà sembrava solo supplichevole e parecchio affabile nel dare la notizia.
Tuttavia, alle orecchie di Bugs quella sembrò la notizia più bella dell’intera giornata.
«SUL SERIO? WOW, GRANDIOSO!» strepitò il roditore con fare giulivo e soddisfatto, saltellando nervosamente per la lieta notizia che gli diede Titti.
Si grattò improvvisamente il capo con fare interrogativo, in quanto si era appena reso conto – dando una velocissima occhiata al luogo – di un qualcosa che non riusciva a spiegare a se stesso…
«Gneh…» esordì incuriosito, tradendo però un po’ di paura nella sua voce, rivolgendosi al piccolo Titti «…sapresti dirmi dove siamo, precisamente? E come diavolo sono arrivato fin qui senza alcuna tana da coniglio nella quale tuffarmi per nascondermi?»
A Titti venne spontaneo ridacchiare di gusto, divertito dal tono con il quale Bugs aveva rivolto la domanda.
«Ti ho visto LotolaLe di continuo e ti sei infilato dentLo quel piccolo buco alla velocità della luce!» rispose candido il pennuto, spiegando la situazione all’avventuriero e poi rivolgendo uno sguardo al diavolo della Tasmania, per parlare anche con lui.
«AlloLa, la nonna mi ha detto che potete utilizzale due poteLi nuovi: tu, bLutto diavolaccio, puoi faLe le boccacce scuotendo la lingua qua e là peL spaventale i nemici…» disse l’uccellino suscitando le furie puerili del marsupiale, che non sopportava d’essere preso in giro da una creatura così minuta e docile «…peL quanto LiguaLda te, Bugs, per LotolaLe di continuo ti basta caLicaLe la gamba alzandola di qualche centimetLo e tuffaLti in avanti» concluse con tono sapiente e quasi ammaestrato, fiero di essere riuscito a essere stato d’aiuto per una parte dell’avventura dei due improbabili compagni.
«Stupendo, grazie Titti!» quasi urlò Bugs con un tono euforico e rinvigorito, pronto a sbarazzarsi di quei barbari in pieno stile battaglia.
«Fidati, è una tecnica infallibile!» trillò in tutta risposta il volatile “Secondo la nonna, faLai ancoLa meglio di quanto fatto nel tuo viaggio pLecedente nel tempo2”.
«Certo, ovviamen-- EHI, MA…?»
Ma appena volse lo sguardo verso l’alto notò che era già volato via: probabilmente neanche lui sopportava tanto l’aria pungente che la Scandinavia riservava senza troppi complimenti.
Come faceva la nonna a sapere delle sue disavventure con quella macchina che aveva ingenuamente scambiato per un distributore di succo di carota?
Quelle moine convincenti quindi che significato e che forza avevano nella sua mente?
Ma quelle domande così fulminee e tormentose dovettero passare in secondo piano all’istante; non le avrebbe in ogni caso lasciate morire, in quanto era desideroso di capire e scoprire tante cose da parte sua, sapere la verità.
In ogni caso, ora che era conscio del miglioramento di una sua abilità, aveva un motivo in più per non impazzire e lasciarsi prendere dal panico e dal nervosismo, credere sostanzialmente più in se stesso.
Uscì dalla muraglia per ricongiungersi con Taz, deciso a risolvere tutti i misteri di quel luogo e far rotolare giù come birilli chiunque osasse ostacolarli.
Diede un’occhiata furtiva al diavolo, che osservava i dintorni vorace e in maniera pazzoide con quella lingua che guizzava velocemente da una parte all’altra, probabilmente pronto anche lui a fare la sua sporca parte.
Avrebbe dovuto dirgli qualcosa su come fare quelle smorfie, visto che Titti aveva tirato la corda fin troppo presto senza risultare specifico?
Lo osservò meglio ancora, soffermandosi ancora una volta su quello che era il suo muso.
Sorrise sarcastico senza emettere alcun gemito per non attirare la sua attenzione e dover spiegare niente.
No, non aveva bisogno di essere indottrinato da nessuno riguardo questo.
Era così genuinamente terrificante… in tutti i sensi.

 
[1525 parole]
 


note
1) I dialoghi di Titti si rifanno al doppiaggio italiano, dove tutte le doppiatrici di questo personaggio pronunciano la lettera "L" al posto della "R" (mi sembrava ovvio ma comunque ho messo la nota per sicurezza per togliere ogni dubbio).
2) Riferimento al gioco “Bugs Bunny: Lost in time”, primo capitolo indiretto della saga dei viaggi nel tempo sviluppata dalla Infogrames per PC e Ps1. In “Bugs Bunny & Taz in viaggio nel tempo” non ci sono riferimenti espliciti ma l’ho inserita per una sorta di spirito nonsense e per creare una sorta di seguito canonico in questa raccolta.

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Capitolo 4
*** Un numero indefinito di passi... ***





 
Ciò che si trovava davanti ai loro occhi era davvero un posto molto particolare, differente da qualunque cosa avessero visto in vita loro.
Questo era il primo pensiero che era ronzato nelle teste dei due avventurieri entrando in quella cittadina del mondo arabo: era così magnetica, all’apparenza così organizzata, socialmente e architettonicamente.
Quello che saltava all'occhio erano senza dubbio le varie sfumature di pervinca, che capeggiavano tra gli edifici più alti dell'intero perimetro, come se fosse un modo per indicare quell'equilibrio e quel senso di sistemazione compatta plasmatasi con il passare degli anni.
Le cupole erano tutte di una grandezza differente a seconda dello stabile di cui reggevano il peso; i muri delle pareti, anch'essi irregolari e ricchi di segni probabilmente fatti a mano, nascondevano vasi verdastri e dalle forme più disparate, così come tantissimi mercatini di spezie e cibarie, parte di una vita tutt'altro che coordinata come poteva sembrare all'entrata del confine.
Man mano che percorrevano molte vie del piccolo borgo, anche i primi ingranaggi di valore iniziarono a palesarsi sul loro cammino, percorso ancora l'uno di fianco all'altro.
Da bravissima testa calda qual era, Taz aveva accennato a dei comportamenti che esprimevano la volontà di separarsi alla ricerca dei congegni mancanti, mettendosi d'accordo nel ritrovarsi poi in un punto d'incontro.
Bugs però non era stato d'accordo, puntando su un aspetto più prudente e cauto: c’era da dire, inoltre, che era un mondo a loro estraneo nonostante fosse intriso di un'esotica magnificenza, per cui esplorare di primo acchito e in compagnia era quasi d'obbligo.
Il marsupiale fu quasi costretto a seguire le direttive del suo alleato, anche perché, nonostante fosse difficile da ammettere ad alta voce, in quel caso non era assolutamente in torto marcio.
Vide una spira bronzea accanto a una tenda di un'abitazione apparentemente inabitata e si apprestò ad accelerare il passo per afferrarla e collezionarla… 
Però, tutto d’un tratto, un omino dal viso bianco e perfido lo batté sul tempo e ridendo maliziosamente s'allontanò saltellando come un matto, sembrando una sottospecie di anfibio da pronto ricovero psichiatrico.
Fu nel giro di un attimo: Taz schiamazzò ferocemente contro l'esserino, giravoltando incontrollabilmente verso la sua direzione, rompendo vasi, piccole sculture e bancarelle fortunatamente incustodite, mentre il ladruncolo se la sghignazzava di gusto, continuando a fuggire verso l'alto, sempre di più.
Bugs Bunny, oltre che a mettersi una mano sulla testa per puro disappunto, non poté fare a meno di ridacchiare in maniera sardonica, sgranocchiando la sua consueta carota giornaliera.
«Bene, credo che dovrò fare un fischio a Titti prima di... waaah!»
Il roditore non finì la frase perché la sua attenzione – i suoi occhi, specialmente – fu catturata da una figura sconosciuta ma comunque affascinante e sinuosa, un po' seccata per il chiasso che c'era attorno al posto dove probabilmente abitava.
Indossava un vestito indaco a due pezzi molto largo, particolarmente sportivo e conseguentemente comodo, con un piccolo velo trasparente di tulle a coprire buona parte del volto che faceva scorgere, ad ogni modo, le sue espressioni facciali già peculiari ed espressive.
Il cuore di Bugs, nel mentre, batteva impazzito in modo martellante e non tardò ad avvicinarsi furtivamente alla giovane donna misteriosa con passo felpato, giusto per rompere il ghiaccio.
«Gneh... che succede, amica?» fece con tono mellifluo e fascinoso per fare subito colpo sulla sua enigmatica interlocutrice.
La giovane danzatrice si scostò una ciocca di capelli a lato, come per esprimere un senso di disagio e fastidio che si faceva largo dentro di sé.
«Succede che se il tuo amico facesse meno confusione, io potrei fare baladi in santa pace. Sai com'è, c'è gente perbene, qui...» replicò un po' piccata la ragazza, realmente infastidita dal caos che c'era intorno alla sua abitazione.
Ci fu una breve pausa di silenzio, nella quale entrambi sembrarono riflettere su quello da dire dopo quelle prime battute l’uno nei riguardi dell’altra, poi fu lei a prendere l’iniziativa.
«...Scusa, forse sono stata troppo scontrosa. Però non mi è chiaro cos-»
Bugs sfoggiò un tono ammaliatore, quasi accademico, sperando di risultare convincente a una persona che sembrava essere fortemente diffidente e sull'attenti, come forse era giusto che fosse.
«Siamo in missione segreta per conto di una potente signora che controlla il tempo e quel fantasmino ci sta ostacolando! Vedi, il mio compagno è un tantino alterato perché vuole finire questa missione il prima possibile e...»
Il roditore fu interrotto prontamente dalla ballerina, che gli agitò un dito sotto il naso come segno di tacere, visto il suo sguardo più rilassato e come se avesse capito tutto d’un tratto.
«Seguimi, e al mio segnale fai ciò che devi fare».
Nonostante il timido sorriso sul volto, la sua voce risuonava autoritaria e sicura, come se sapesse di cosa Bugs stesse parlando.
I due percorsero alcune viuzze che parevano parte di un unico, grande sentiero, guidati da un rumore quasi metallico che assomigliava a una tagliola, così come dei versi gutturali che facevano rabbrividire nella maniera in cui si propagavano, violenti, nell'aria gelida di quella giornata così straordinaria.
Il diavolo della Tasmania era ancora alle prese con il suo avversario misterioso, che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi catturare in quel modo, sia perché il suo cacciatore gli incuteva timore e anche perché aveva le sue buone ragioni per scappare, forse ancora ignote ai suoi “aguzzini”.
D’altro canto, Bugs e la baiadera avevano paura che potesse ammattirsi completamente per quanto stesse correndo e mostrando segni di pazzia acuta, esternati da ciò che farfugliava ad ogni metro che percorreva, alternando corsa e roteazione.
L’alleata poi fece qualche passo in avanti, mettendosi davanti all’eroe in modo che il ladruncolo potesse notarla nel raggio della sua visuale, sebbene stesse mantenendo la concentrazione guardando avanti per evitare di far guadagnare terreno al suo inseguitore.
«Per favore, sii rapido» disse lei semplicemente, sistemandosi la gonna e mettendosi quasi in posa, ancheggiando delicatamente.
La giovane lasciò che il suo bacino si muovesse in maniera armoniosa, accennando un motivetto che, molto probabilmente, le serviva per dare il ritmo giusto al suo movimento appariscente e caloroso al tempo stesso, quasi ipnotico.
L’accenno di quel balletto fece l’effetto sperato: istantaneamente il ladruncolo si girò di scatto per cercare da dove venisse quel canto così melodico e appena vide la giovane danzare con tanta grazia si dimenticò di tutto ciò che accadeva intorno, desideroso solo d’approcciarsi alla musa.
Anche Taz si avvicinò, ma non riuscì ad approfittare del vantaggio recuperato perché anche lui era rimasto stregato dalla performance, rimanendo a osservarla a pochi metri di distanza con uno sguardo rasserenato e quasi angelico, come se non avesse altre preoccupazioni e missioni da compiere.
L’intrattenitrice sorrideva e continuava con le sue movenze ridondanti ma al contempo mistiche, ammaliando con poco i nuovi spettatori come facevano finemente le sirene nell’antica mitologia greca con i malcapitati marinai in viaggio per lontanissime mete.
«Inchiodalo al cappello con una carota, presto!» zufolò a bassa voce l’alleata a Bugs Bunny, cercando di guadagnare tempo prezioso affinché gli eroi potessero recuperare l’ingranaggio, puntando tutto sul coniglio.
Accadde tutto in un attimo: come se fosse una questione di vita o di morte, Bugs estrasse una delle tante carote che teneva comodante nella pelliccia, mirò rapidamente verso il nemico senza neanche pensarci e…
ZAPHF! 
Il ladruncolo venne colpito senza fin troppi complimenti all’altezza della testa, lasciò scivolare l’ingranaggio di valore accanto a Taz e cadde all’indietro insieme al suo cilindro opaco, ma appena toccò il suolo…
«COSA?» sbraitò il roditore in preda all’incredulità più sincera, mentre osservava Taz sfoggiare un’espressione perlopiù strabuzzata, che però non esitò a raccogliere la refurtiva. 
«Gneh…» fece poi, recuperando quell’aria tranquilla e sicura di sé «…Tutto ciò è contro ogni aspettativa della fisica, anche dei film che ho girato in tutti questi anni. Ma comunque, credo dovremmo ringraziare soprattutto te, bel--».
Ma anche l’alleata era sparita furtivamente nel nulla senza aver emesso alcun rumore, neanche dando loro il tempo di ringraziarla di cuore per l’aiuto donato. 
Per terra era rimasto solo una cartapecora di piccole dimensioni, chiusa con un elegantissimo nastro nero che giaceva nel posto dove prima c’era la misteriosa donna, e sembrava proprio di non essere stata lasciata lì per un purissimo imprevisto o uno scherzo del destino.
Bugs non esitò un attimo e l’aprì, riconoscendo subito chi fosse il mittente di quel messaggio enigmatico, confermando che quella pergamena fosse destinata per loro, che lesse a voce alta:

“Cari Bugs e Tazzy,
Purtroppo non posso seguirvi tantissimo nell’era araba perché in questi giorni cade la visita di controllo annuale per il piumaggio e le zampette del piccolo Titti, ci tengo che stia bene e non abbia problemi!
Come sapete mi sto curando della macchina del tempo, per questo ho chiesto a questa gentile signorina –  una mia vecchia amica da anni – di insegnare una nuova mossa a Bugs e mostrarvi un po’ il centro cittadino, che secondo i miei calcoli dovrebbe mostrarvi i luoghi principali, come i giardini reali del sultano, dove andare a cercare i congegni restanti.
Vi ricordo, cari ragazzi, di fare attenzione ai personaggi delle varie ere che capitombolano nelle varie zone, colpiteli per rispedirli nel loro periodo corrispondente… e visitate ogni anfratto per sicurezza, collaborando e senza staccarvi l’uno dall’altro, mi raccomando.
Se va tutto bene nell’età araba e ricordo bene alcuni posti della Transilvania, Titti ed io torneremo per insegnare un ultimo potenziamento per Taz, che assicuro sarà molto divertente e istruttivo.
Avete fatto tanta strada e non vi sarò mai grata abbastanza per l’aiuto che mi state offrendo in questi giorni che passano.
A presto!
Con affetto,
 
La nonna


I due si sedettero sul terreno in prossimità di una zona piena di alberi da frutto, stremati e provati per motivi pressoché differenti.
Taz era ancora provato fisicamente per la lunga corsa che aveva deciso di fare per questione di dovere ma anche di pancia, mentre Bugs sentiva un altro tipo di sforzo ben più pericoloso e silenzioso al tempo stesso, vale a dire quello mentale.
In un certo senso era lui il capo della spedizione, lo sentiva dal profondo del suo cuore e voleva che tutto filasse tranquillo senza nessun intoppo, mentre dopo la lettura del messaggio si sentiva ansioso e confuso.
Non sapeva nulla della ballerina e se sarebbe stata, in futuro nei luoghi saraceni, una vera alleata o meno dato il suo mistero attorno e non aver, completamente, adempiuto al suo dovere, e poi… come aveva potuto dimenticarsi di completare quella sottomissione mentre visitavano gli altri mondi?!
Sbuffò seccato, ma rassegnato: aveva accettato per farla contenta e il suo lato caritatevole lo portava sempre a compiere ogni dovere e ogni obbligo fino alla fine.
L’avventura, in fin dai conti, era ben lontana dall’essere completata ed era realmente pregna di pericolosi sotterfugi sulla strada, così oscura così indefinita…

 
[1786 parole]


 

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Capitolo 5
*** Bust the time and come home ***


Se Bugs avesse saputo in anticipo quanto inospitale e tetra fosse la Transilvania, probabilmente avrebbe fatto il possibile per trattenersi nei calorosi lidi arabi ancora per diversi giorni.
Guardava attonito il suo compagno e non riusciva realmente a capire cosa lo rendesse tranquillo e vagamente curioso di avventurarsi in ogni angolo ignoto, con il suo sguardo elettrizzato e pronto a stupirsi ad ogni scoperta, indifferentemente amica o nemica.
Così abituato a luoghi solari, affollati e accoglienti come Pismo Beach o la sfuggente Albuquerque, il coniglio non riusciva a sopportare il freddo di quella terra e l'impressione che il sole durasse davvero poco in favore di notti lunghe, angoscianti e senza stelle, da sempre uno spiraglio nel buio più pesto e sconosciuto.
Era come se il centro di quel mondo fosse sotto incantesimo di qualche fattucchiere che voleva l'oscurità per ragioni personali, macabre, o semplicemente fare un dispetto sovrumano a chiunque vivesse nei dintorni, vista l'importanza che il sole ha per gli esseri umani e non.
Qualunque fosse la direzione in cui lui e Taz erano costretti a muoversi, l'idea prendeva una forma sempre più reale e terrificante: rapide verdognole che erano dimora di mostruosità oscene, zoo antiquati lasciati allo sbando più completo, valli colpite dalle carestie più atroci e incurabili.
Persino le imponenti e usurate strutture di mattoni in terra cruda sembravano non voler abbellire quella terra oscura, come se si innalzassero al cielo spontaneamente per prendere le distanze dalla pochezza che si era venuta a creare nel corso del tempo.
Raccoglieva qualche ingranaggio qua e là, ma quasi quasi lasciava che Taz facesse la maggior parte del lavoro: lo vedeva arrampicarsi sulle mura più ripide, roteare per svariati minuti senza sosta e spazzare gli incomodi via dalla paura, esultare dalla gioia quando riusciva a trovare i tesori dal valore più grande, che sapevano avrebbero dato alla macchina della nonna modo di funzionare più regolarmente.
Avrebbe giurato di averlo visto spiccare il volo masticando delle classiche gomme americane, ma era così distratto e al contempo volenteroso di terminare quell'interminabile viaggio che la cosa non gli sembrò per niente assurda e degna di avere una spiegazione.

Quando venne il momento di entrare nel castello che si sospettava appartenesse a qualche spirito malefico pronto a scatenare la sua ira più funesta, Bugs fece un profondo respiro e varcò la soglia fingendo nonchalance e curiosità con quel suo fare esperto e sbarazzino.
L'interno rispecchiava in parte l'austerità esterna, ma era indubbio il fatto che il proprietario volesse colmare zone vuote dell'edificio con arazzi di seta finissima, tappeti di pellicce sconosciute ai due avventurieri e teschi usati come candele ai bordi di scale ripide e piuttosto polverose.
A Bugs venne in mente un set cinematografico di classe nel quale ebbe occasione di recitare, con la sola differenza che i dettagli gotici e medievali della struttura erano cinque volte più sconvolgenti e usurati, probabilmente per qualche assedio o lotta interna.
In sostanza, aveva tutta l'aria di essere l'abitazione di qualche conte assetato di sangue e distruzione.
Mentre cercava di familiarizzare con il luogo per combattere l'ansia che dissimulava, Taz era già sparito alla velocità della luce, senza emettere alcun suono o versaccio, come suo solito.
«Gneh amico, non è il momento di giocare. Prima finiamo e meglio è...» fece il roditore grattandosi la testa, sperando dentro di sé che il suo compagno fosse quasi in vena di scherzi per distendere la tensione che si poteva respirare nell'atmosfera.
Aspettò diversi minuti in attesa di un segnale, ma del diavolo della Tasmania non vi era alcuna traccia.
Con un groppo in gola, Bugs Bunny decise che era il caso di proseguire e dimostrare il suo valore di giramondo tuttofare: dopotutto era già capitato che avesse viaggiato attraverso ere temporali, giusto?
Per la prima volta davvero dal principio dell'avventura, il coniglio si rese conto quanto Taz fosse davvero importante come compagno ed era genuinamente preoccupato per lui... non troppo perché non era nel suo stile, ma che lo fosse era palese.
Visitò le numerose stanze del castello quasi tutte uguali tra di loro, svolgendo il suo compito con ogni possibile mezzo nel silenzio più tombale e inquietante possibile, sgranocchiando l'ultima carota che gli rimaneva ed era l'unico vero rumore a riecheggiare tra le pareti.
Ad un certo punto le camere con gigantesche librerie e armature arrugginite terminarono e l'eroe si ritrovò di fronte a una scala più ripida e che sembrava porta più in alto del solito; Bugs capì che il momento di incontrare l'origine di tutti i loro impicci era sempre più vicino, in modo parecchio pericoloso e sorprendente.
Salì ogni gradino con cura e con passo felpato, parecchio attento che non avesse spiacevoli imprevisti o attacchi alle spalle, mettendo in tasca qualche congegno che trovava impigliato in ragnatele sporgenti o anche nei bordi di quella scala così stretta e apparentemente interminabile.
Improvvisamente, mentre gli mancavano da salire una quindicina di gradini, sentì al di sotto di lui dei passi rumorosi.
Erano passi di qualcosa – forse qualcuno – che saliva velocemente le scale senza accennare a fermarsi, con una foga così irruenta che squarciava il silenzio di prima e preoccupò per davvero Bugs: era arrivato il momento di sfidare il temibile proprietario di quella dimora?
Il suo cuore accelerò all'istante mentre sentiva la distanza tra lui e quella fiera si assottigliava...
Cinquanta passi, venti, dieci, cinque, uno...
Zero.
...


Lo scontro tanto temuto non avvenne.
Non appena Bugs fece contatto visivo con la cosa che lo superò e che arrivò in cima della torre respirando affannosamente, riacquisì un poco di sicurezza che aveva perduto dall'ingresso in quelle terre e la raggiunse con fare più energico a testa alta, come se nulla fosse successo e fosse la cosa più naturale del mondo.
«Ehi, sarà meglio che tu faccia un po' di aerobica in futuro!» fece il coniglio con fare un po' sfottitore e saccente al quale Taz non faceva più effetto come un tempo, mentre cercava di riprendere fiato per dire qualcosa.
C'era una porta di metallo chiusa di fronte con un suntuoso tappeto rosso e non fece caso ai segnali che il suo alleato cercava di fare per attirare la sua attenzione, ora più che mai in quel momento.
«Gneh, la porta è chiusa. Chissà se anche il conte sanguinolento nasconde le chiavi come tutti noi».
La trovò con una facilità imbarazzante sotto lo zerbino, l'afferrò e provò a girarla nella serratura...
Ma non lo fece.
L'ombra minacciosa dal quale era spaventato Taz e della quale Bugs non si era minimamente accorto fino a quel momento l'aprì al suo posto con fare garbato e sinistro, guadagnando l'attenzione dell'intrepido roditore che sbiancò ulteriormente, ancora più di quanto non l'avesse fatto all'inizio.
Certo, quel nuovo colorito non poteva competere con la persona che gli aveva aperto la porta, ma la sua pelle era diventata di una sfumatura molto simile.
Era terrificante in tutto il suo insieme, sorprendentemente spettrale e alieno nella sua essenza più astrusa e tenebrosa.
Le proporzioni del suo viso erano completamente anormali per un semplice essere umano, le sclere di un giallo paglierino che proteggevano uno sguardo poco amichevole e desideroso di supremazia, un naso e una bocca estremamente larghi, conferendogli l'aspetto di una fiera pronta a sferrare un colpo fatale sulla sua povera vittima.
Portava un cappello a cilindro che ricordava i circensi che Bugs andava a vedere in Nevada; gli abiti, larghi e funerei, coprivano totalmente il suo corpo in carne e non possedevano alcun dettaglio particolare, se non per la sfumatura d'ebano in netto contrasto con il bianco cadavere della sua carnagione.
«Ma prego, benvenuti in mio castello. Fate come se questa è casa vostra» esordì lo spirito con tono imperioso, come se quello appena detto non fosse esattamente un invito cortese.
Il leporide era paralizzato per la prima volta da quando aveva varcato la soglia dell'era azteca.
Tutte le sensazioni di sgomento, estraneità e codardia che aveva cercato di reprimere per diverse occasioni ora lo inchiodavano come un cucciolo smarrito in cerca di affetto e comprensione, che desiderava solamente stare al sicuro nella sua tana e non uscire più fino a quando non avrebbe sentito sicurezza nell'affrontare il mondo esterno.
Il conte svolazzò sopra la sua testa sogghignando malignamente, dirigendosi verso una larga piastra in marmo che stava al centro di quella stanza che non era poi così differente dalle altre trovate in precedenza, con l'eccezione di vetrate placcate con l'effige del conte, per manifestare la sua magnificenza e supremazia in tutto il territorio.
Notando che l'intruso non si muoveva di un centimetro e teneva gli occhi sbarrati, il grosso fantasma sollevò con estrema facilità il coperchio trattenendolo con molta foga, con l'intenzione di volerlo colpire e farlo fuori.
«Nessun intruso entra in mio castello senza passare guai. Adesso io te schiacc-»
Bugs Bunny sentì un improvviso colpo proveniente alla testa e cadde a terra, tramortito e non ebbe la forza di vedere cosa sarebbe accaduto subito dopo.
Prima di perdere i sensi per un po' di tempo, tutto quello che ricordò furono dei versi decisi, una delle urla più acute mai sentite in vita sua e qualche cosa frantumarsi nel giro di pochi istanti...

Al suo risveglio, Bugs vide il diavoletto della Tasmania davanti a sé, con un'espressione piuttosto compiaciuta in volto.
«Ehi amico, ma sei tu? Ma... sto sognando? Cos'è successo?»
Ma quello non era affatto un'illusione e nemmeno un sogno.
Taz era riuscito a sconfiggere lo spirito del conte sanguinario riprendendosi dal grande spavento iniziale, saltando sulla testa di Bugs e, sfruttando l'incredibile elasticità delle sue zampe, piombare sopra la piastra e colpire la testa ripetutamente, tramortendolo e facendolo scappare dalla paura da un paio di vetrate del castello.
Il marsupiale cercò anche di spiegargli – per quanto le sue capacità di linguaggio fossero limitate – che la ragione per cui era sparito all'ingresso era perché aveva messo piede su una mattonella traballante che l'aveva trascinato in un sotterraneo del castello, dove si era dovuto fronteggiare al buio con risate sataniche e sciami di pipistrelli che non esitavano nell'attaccarlo e che nemmeno la giravolta riusciva a spazzarli in modo definitivo.
Gli indicò anche che la tanta agognata gemma del tempo, il fulcro di quell'avventura così mozzafiato e piena di intrighi, si trovava all'interno della lamina.
«Basta dannati pipistrelli. La nonna sarà contenta se torniamo a casa» farfugliò Taz guardando il coniglio con complicità, consapevole che era stato un ottimo compagno.
D'altro canto, Bugs Bunny aveva rivalutato volentieri il suo alleato ed era orgoglioso di lui per essersi applicato, averlo imparato a conoscere per quel poco e aver dimostrato quanto il coraggio e il lavoro di squadra avessero fatto la differenza.
Titti e la Nonna si erano prodigati per loro, così come guide turistiche, pescatori, ballerine di baladi e geni elementali, ma nessuno era stato così fedele e paziente come lui.
«Ben detto, Tazzy!» esclamò facendo un occhiolino gioviale e rilassato, saltando insieme dentro la lastra per afferrare alla gemma e spiccare il volo verso Granwich in un batter d'occhio.
Sfrecciarono tra le nuvole bianche mentre il cielo si schiariva e vedevano la casa della nonna sempre più vicina, esultando e gridando come se fossero su un ottovolante.
Atterrarono in poco tempo tra le braccia della nonna, sicura e speranzosa del fatto che i suoi angeli le avessero fatto questo favore che veniva dal cuore.
Tutti gli eroi erano tornati festanti, sani e salvi, come il tempo lo sarebbe stato da allora e per sempre.


 
[1902 parole]
 

CONSIDERAZIONI FINALI
Onestamente stavo iniziando a pensare che non sarei mai riuscito a terminare questa raccolta a cui ero molto affezionato... e sono felice di aver avuto torto e aver ritrovato ispirazione a inizio mese per completarla, tra mille impegni e altrettanti pensieri.
Credetemi se vi dico che avevo la bozza con un paio di righe da almeno 10 mesi!
La data di pubblicazione non è stata un caso onestamente e sono davvero soddisfatto di portare online questo capitolo finale il 15 Aprile, data della mia iscrizione su EFP: per essere più precisi, era il 15 Aprile 2011, esattamente dieci anni fa.
...Quante cose che sono successe, devo dire, non saprei nemmeno da dove cominciare e non penso che sia il luogo più adatto per scendere in riflessioni approfondite e sentimentalismi.
Dico solo che sono grato per ogni autore, lettore o persona incontrata, prima conosciuta meglio, poi allontanatasi dalla mia vita (la mia gratitudine immensa a chi è rimasto), ma soprattutto per le esperienze che mi hanno portato ogni singolo lavoro che ho pubblicato (ovviamente in due lustri alcune cose sono state cancellate) e che mi hanno fatto esporre e capire cosa significasse crescere e vedere evolvere obiettivi, idee e cose un po' creative che mai avrei immaginato di sviluppare.
In un certo senso ho passato diverse fasi: ho cominciato con le diverse prose disastrose su anime e manga che seguivo di più allora, poi sono passato a scrivere dediche, poi le mie adorate poesie (forse quelle che mi hanno permesso di fare tanti esperimenti e onestamente continuo a scrivere anche oggi, solo che non pubblico e infine i tributi all'infanzia o a qualcosa che mi è arrivato al cuore con una facilità disarmante.
Lo dico e lo ripeto: per me l'infanzia è stata il periodo più bello della mia vita in maniera complessiva.
Nonostante non avessi troppo carattere, c'è da dire che mi sentivo vivo e felice con poco, non badavo a certe cose e stare nel mio mondo era una cosa quasi giustificata e un modo di crescere al tempo stesso, ma forse semplicemente è perché ho scoperto troppe cose che sono ancora con me e significano qualcosa.
Non è mia intenzione voler fare la vittima o dire che vorrei ritornare a quei momenti, onestamente ci sono cose che preferisco e non vorrei mai cambiare per regredire, sono davvero intenzionato a vivere ogni tappa del percorso di vita; forse è semplicemente una riflessione personale sulla realizzazione e sui concetti di leggerezza e felicità, tutto qui.
Mentre scrivo queste brevi righe sto ascoltando la colonna sonora di questo gioco delizioso e ammetto di avere un po' i brividi per la nostalgia e per aver concluso un capitolo significativo della mia vita su Internet, dove volevo solo scoprire me stesso ed essere in linea con l'username che sarà sempre una parte di me.
Già, questo è stato il mio ultimo lavoro come autore e sebbene non abbandonerò mai la piattaforma (qualche volta recensirò qualcosa senza dubbio), avevo la necessità di celebrare il mio decimo compleanno in grande stile e concludere con uno scoppiettante e colorato fuoco d'artificio, il mio.
Spero che questa raccolta possa avervi fatto trasparire l'amore che ho per i Looney Tunes, il mondo dei giochi in generale e per la mia ispirazione messa in banco per ricordare e sigillare una parte della mia vita.
Ma cosa più importante, spero che possa essere stata un minimo significativa e divertente come lo è stata per me dal principio fino ad oggi, dove si è arrivati alla fine di tutto.
Grazie di cuore, a tutti.

 
watashiwa

 
 
 
 
 
 
 
 

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