An Unexpected Host; Bucky Barnes

di MackenziePhoenix94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: An unexpected host ***
Capitolo 2: *** Come se fosse tutto normale ***
Capitolo 3: *** Shopping with the Winter Soldier ***
Capitolo 4: *** I'll call you James ***
Capitolo 5: *** Tell me the truth, Steve ***
Capitolo 6: *** At the Hospital ***
Capitolo 7: *** Red book with a black star ***
Capitolo 8: *** I think that I killed Bucky ***
Capitolo 9: *** A strange night with Steven Rogers ***
Capitolo 10: *** An appointment for Bucky ***
Capitolo 11: *** Hydra's refuse ***
Capitolo 12: *** Restaurant, Disco and Gun ***
Capitolo 13: *** Baby, Baby, Baby... ***
Capitolo 14: *** Like a brain washing ***
Capitolo 15: *** Every Breath You Take ***
Capitolo 16: *** Choose your team, Charlie ***
Capitolo 17: *** Happy New Year, James ***
Capitolo 18: *** Another strange night (Parte Uno) ***
Capitolo 19: *** Another strange night (Parte Due) ***
Capitolo 20: *** Fuck, Fuck, Fuck, Fuck... ***
Capitolo 21: *** I'm not the only Winter Soldier ***
Capitolo 22: *** Germany ***
Capitolo 23: *** Kisses ***
Capitolo 24: *** She's my girlfriend ***
Capitolo 25: *** Lipsia-Halle ***
Capitolo 26: *** Siberia ***
Capitolo 27: *** A Broken Empire ***
Capitolo 28: *** Epilogo: Congratulations, Charlie ***



Capitolo 1
*** Prologo: An unexpected host ***


 Charlotte era impegnata a preparare la colazione in cucina quando il campanello prese a squillare, con una certa insistenza, sollevò lo sguardo al soffitto, piuttosto seccata: non potevano scegliere un momento peggiore per farle visita, dato che si era svegliata da pochi minuti e indossava, come pigiama, un vecchio paio di pantaloni da ginnastica ed una maglietta logora.

“Arrivo, arrivo” gridò la ragazza, abbandonando la pastella per i pancake e dirigendosi verso la porta d’ingresso del proprio appartamento; aprì la porta e si ritrovò davanti un giovane uomo biondo, che indossava un semplice paio di jeans, una maglia scura, ed una felpa dello stesso colore.

“Steve?” domandò Charlotte inclinando leggermente la testa di lato “che cosa ci fai, qui? È molto presto”

“Ti devo parlare” rispose lui, entrando nell’appartamento e chiudendo la porta dietro di sé, tutto ciò non aiutò minimamente la giovane, anzi, contribuì ad aumentare la sua confusione.

“Si può sapere che cosa sta accadendo? Piombi dentro al mio appartamento alle sette di mattina, quasi fossi un ricercato”

“Non posso contraddirti”

“Che cosa?”

“Hai guardato il telegiornale in questi giorni?” le chiese Steve, scostando la tenda di una finestra e guardando un momento fuori, poi tornò a fissare l’amica.

“No, perché? Che cosa è accaduto?” domandò Charlotte, in quei giorni non aveva fatto altro che piangere, in preda allo sconforto ed alla depressione che stava attraversando in quel lungo periodo, ma di certo non lo avrebbe raccontato al primo Vendicatore.

“Devi farmi un favore, in nome della nostra amicizia”

“Quale favore?”

“Devi ospitare e nascondere una persona, per me”

“Cosa? Perché?”

“È meglio se sai il meno possibile. Per favore, Charlie, sei l’unica persona di cui possa fidarmi ciecamente. La mia unica amica”.

La ragazza sospirò, arrendendosi davanti alle suppliche di Steve.

“Va bene, lo farò, ma solo in nome della nostra amicizia. Posso stare tranquilla?”

“Non ti chiederei mai di ospitare una persona pericolosa”

“Va bene” rispose lei, annuendo, confusa ma curiosa allo stesso tempo da quella bizzarra situazione; il giovane uomo si avvicinò alla porta dell’appartamento, l’aprì e parlò a qualcuno invisibile agli occhi di Charlotte.

Dopo qualche attimo, Steve rientrò nel salotto dell’appartamento in compagnia di un altro giovane uomo; quest’ultimo indossava a sua volta un paio di jeans scuri, una felpa rossa, ed un giubbotto nero.

Indossava un berretto a visiera che provvide a togliersi subito, rivelando i capelli castani che gli sfioravano la base del collo.

Charlotte lo guardò in silenzio, per qualche minuto, perché lo aveva riconosciuto subito; era difficile dimenticare qualcuno che aveva tentato di ucciderla insieme a Natasha ed a Steve, si voltò a guardare quest’ultimo.

“Nessuno di pericoloso, eh?” mormorò prima di crollare a terra, priva di conoscenza.

Tutto quello era troppo per lei.

 
 
 
Charlotte socchiuse appena le palpebre, il suo risveglio venne accolto dalla vista del soffitto, a cui era attaccato un neon acceso, del salotto e sotto il proprio corpo sentì la morbidezza dei cuscini del divano, che aveva acquistato da pochi mesi; si sentiva confusa perché era sicura di essersi addormentata nel proprio letto, la notte precedente: aveva spento la tv, aveva riposto la vaschetta del gelato nel freezer e si era coricata nel proprio letto.

Forse, pensò, era stato tutto un sogno, come lo era stato anche la visita di Steve che le chiedeva un favore; quando, ormai, si era convinta che quella fosse la verità, sentì un mormorio di voci che si zittirono subito e poi apparve proprio il viso di Steve nel campo visivo di Charlie.

“Steve? Sei tu?”

“Charlie, stai bene? Ti fa male la testa?” domandò lui, preoccupato, era riuscito ad afferrarla appena in tempo, quando era svenuta, prima che potesse sbattere la testa contro il pavimento.

“No, sto bene, ho fatto un sogno strano…” rispose la ragazza, si sedette nel divano e vide l’altro ragazzo, che aveva preso posto in una delle sedie della cucina; capì che non era stato tutto un sogno e trascinò Steve nella propria camera da letto, incurante della confusione che regnava, perché doveva parlargli con urgenza.

“Sei sicura di sentirti bene?”

“Dovrei essere io a fare questa domanda, Steve. Ti prego, dimmi che si tratta di uno scherzo di pessimo gusto. Dimmi che non è chi penso io”

“Ti posso assicurare che Bucky…”

“Cosa? Lui, cosa? Oh, no, Steve, non mi puoi chiedere questo. Non dopo quello che è accaduto! Ti devo ricordare che mi ha rapita?”

“Lo controllavano, gli avevano fatto il lavaggio del cervello, non ricorda nulla”

“Io ricordo ancora perfettamente i proiettili che mi hanno perforato la gamba destra” rispose Charlotte a denti stretti; in quell’occasione aveva fatto da scudo vivente a Natasha, così era stata colpita lei e nonostante fosse guarita, la sua gamba non era più stata la stessa; a volte, le provocava dei dolori allucinanti che la costringevano a letto, anche per giorni interi.

“Lo so, ma…”

“No, tu non sai nulla, altrimenti non mi avresti chiesto di dargli rifugio” disse Charlie, scosse la testa con forza, allontana dosi dal suo migliore amico; quest’ultimo si passò una mano nei capelli, emise un lungo sospiro e si avvicinò alla giovane.

Le appoggiò una mano nella spalla sinistra e provò un ultimo tentativo, per farle cambiare idea.

“Lo so che ti sto chiedendo molto, lo so quello che è accaduto, ma te lo sto chiedendo perché ho davvero bisogno del tuo aiuto. Charlie, ti prego, ti supplico, non ti chiederò mai più nulla e ti posso assicurare che non ti accadrà nulla di brutto, lo giuro” sussurrò il giovane uomo; Charlotte si voltò a guardarlo, vide i suoi occhi azzurri lucidi di lacrime e uscì dalla camera.

Andò in cucina e si fermò davanti a Bucky, che sollevò lo sguardo dal pavimento quando si accorse della sua presenza.

“Puoi restare qui, ma alla prima stronzata che fai, ti butto fuori a calci in culo”.

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Capitolo 2
*** Come se fosse tutto normale ***


Charlotte aprì gli occhi quando la sveglia, posata sopra al comodino, prese a suonare in modo fastidioso; allungò la mano destra, la cercò a tentativi e la spense.

Si concesse ancora qualche minuto nel dolce tepore del proprio letto prima di alzarsi con uno sbadiglio, si diresse verso il bagno, si spogliò del vecchio pigiama e s’infilò dentro la doccia, assaporando il tocco dell’acqua calda contro la propria pelle; uscì dopo quasi una decina di minuti, i lunghi capelli che gocciolavano acqua nelle piastrelle del pavimento, si coprì con un asciugamano azzurro e tornò nella camera da letto.

Aprì le ante dell’armadio che occupava un’intera parete e prese un paio di jeans scuri ed una maglietta a maniche lunghe, si vestì con cura ed andò in cucina, con l’asciugamano ancora avvolto attorno ai capelli bagnati.

Accese le luci del salotto e della cucina, gli occhi chiari della ragazza si posarono, in automatico, sulla figura sdraiata nel divano: Bucky era ancora profondamente addormentato, i lunghi capelli erano sparsi nel cuscino, il braccio destro era posizionato sotto ad esso, mentre quello sinistro penzolava al di là del bordo del divano, con le dita che sfioravano il tappeto variopinto; il petto si alzava ed abbassava regolarmente, le labbra sottili erano socchiuse e la coperta era scivolata nel pavimento.

Nel complesso, sarebbe apparsa come una scena tenera e buffa allo stesso tempo, se quel giovane uomo non fosse stato un’arma vivente.

La tentazione di vendicarsi era terribilmente forte, era quello che si meritava e Charlie lo sapeva perfettamente: la sua gamba non era stata più la stessa, dopo che i proiettili avevano trapassato la carne e le ossa, Fury era stato costretto a sollevarla da diversi incarichi dato che non poteva più fare troppi sforzi.

La ragazza si diresse verso la cucina,con un sospiro, se avesse ucciso Bucky non sarebbe stata diversa da lui e da quelli che lo avevano manovrato; prese una padella e preparò dei pancakes ricoperti con sciroppo d’acero, adorava cucinare, specialmente i dolci e quando aveva tempo provava sempre delle nuove ricette.

Aprì il frigo e prese il cartone che conteneva il succo d’arancia, ne versò una buona dose dentro un bicchiere, accese la TV e consumò la colazione ascoltando le ultime notizie al telegiornale; una volta svuotati sia il piatto che il bicchiere appoggiò entrambi dentro nel lavandino, alle stoviglie sporche ci avrebbe pensato quella sera stessa, perché ora doveva asciugarsi i capelli e recarsi nella libreria in cui lavorava, o sarebbe arrivata in ritardo.

Dopo aver asciugato i capelli prese una borsa a tracolla e tornò nel salotto, il giovane uomo era ancora addormentato e Charlotte non sapeva che cosa fosse meglio fare: doveva svegliarlo o lasciarlo dormire? Si avvicinò a lui e lo osservò per qualche minuto, non voleva lasciarlo da solo nel proprio appartamento, ma non poteva nemmeno portarselo a lavoro.

Tornò in cucina, mise gli ultimi pancakes rimasti in un piatto pulito, riempì un bicchiere di succo d’arancia e scrisse un biglietto, nel quale diceva che era andata a lavoro e che non sarebbe tornata a casa prima della sera, ed uscì dall’appartamento.

Dieci minuti più tardi varcò la soglia della libreria, dentro c’era già Elisa, impegnata a sistemare le ultime cose prima di aprire il negozio.

“Buongiorno, Charlie, tutto bene?”

“Certo, Elise, tu?”

“Abbastanza bene, come va la gamba?”

“Oggi fa un po’ i capricci” rispose la ragazza appoggiando la borsa al di là del bancone con la cassa e si tolse la giacca, all’amica aveva raccontato che era rimasta coinvolta in una sparatoria, non poteva certamente dirle di essere un’agente segreto che era costretta ad ospitare un assassino; andò nel ripostiglio del negozio per indossare la maglietta che riportava lo stemma della libreria e poi arrivò il momento di aprirla ai clienti.

La giornata trascorse tranquillamente, ci furono molti clienti di cui occuparsi perché era vicino il periodo natalizio ed era arrivato il momento di pensare ai regali per parenti ed amici; Charlie adorava il suo lavoro perché i libri erano stati il suo primo amore e poi, aveva bisogno di distrarsi e di non pensare alla propria vita ed alla perdita che aveva subito.

Erano già trascorsi due anni, due lunghissimi anni, ma il dolore non si era mai attutito; si diceva che il tempo fosse la miglior medicina, forse lei era l’eccezione che confermava la regola.

Quando arrivò il momento della chiusura, aiutò Elisa a sistemare tutto ed a fare le pulizie, una volta terminato tutto si salutarono fuori dalla libreria, dandosi appuntamento per il giorno successivo; mentre percorreva la strada di ritorno, la ragazza passò davanti ad una pizzeria, decise di entrarvi e di ordinare due pizze con mozzarella e patatine.

Prese posto in una delle sedie posizionate all’interno della pizzeria d’asporto, in attesa che il cibo fosse pronto, non aveva voglia di tornare a casa, ma non poteva fare altrimenti e sia lei che il suo ospite dovevano cenare.

Una volta che le pizze furono pronte le pagò, uscì dal locale e percorse gli ultimi metri che la separavano dal suo appartamento a passo veloce; salì le sei rampe di scale, inserì la chiave dentro la serratura della porta e l’aprì piano, come se temesse quello che avrebbe potuto vedere.

Non c’era nulla fuori luogo e Bucky era seduto nel divano, intento a capire come funzionava il telecomando della TV, in cucina il piatto e il bicchiere erano entrambi vuoti.

La giovane prese un profondo respiro e si sforzò di essere il più gentile possibile.

“Ciao, ho preso le pizze come cena”.
 

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Capitolo 3
*** Shopping with the Winter Soldier ***


Tutto procedette senza particolari problemi per altri due giorni, Charlotte e Bucky non si rivolgevano mai la parola, nemmeno quando si trovavano a cenare nella stessa stanza e ciò era dovuto al fatto che, per motivi diversi, nessuno dei due desiderava iniziare un discorso con l’altro.

Al sabato, però, la ragazza non doveva recarsi a lavorare in libreria ed era solita ad occuparsi dei vestiti da lavare; era sicura che anche il suo ospite necessitasse di biancheria pulita, di conseguenza prese in mano lo zaino blu che aveva portato con sé, lo aprì e rimase sorpresa nel vedere che non conteneva magliette e jeans ma, bensì, delle agende e tanti, troppi, ritagli di giornale.

Si diresse nel salotto e gli rivolse la prima domanda dal giorno in cui quella convivenza forzata era iniziata.

“Non hai altri vestiti, oltre a quelli che indossi in questo momento?”

“No” rispose Bucky, Charlotte rimase sorprese nel sentire una voce da ragazzo e non da uomo.

“Solo quelli? Lo sai che potresti rimanere qui anche per più di un mese?”

“Lo so”

“Perché non hai portato con te altro?”

“Perché non era una delle mie priorità”.

Charlie decise di reprimere l’impulso di assestare uno schiaffo al giovane uomo.

“Andiamo a prenderti qualche vestito, allora, hai qualcosa per nascondere quella?”

“Ho un paio di guanti”

“Benissimo, allora andiamo” rispose la ragazza, prendendo la propria giacca nera, non era entusiasta all’idea di uscire di casa con il suo nuovo coinquilino, ma non poteva lasciarlo con una sola maglietta ed un solo paio di jeans e doveva considerare un’altra cosa: a lei per prima non sarebbe piaciuto ritrovarsi segregata in un appartamento, senza la possibilità di uscire a fare quattro passi.

 
 
Uscirono entrambi dall’appartamento di Charlotte, dato che era ancora presto e tutti i negozio erano chiusi, si diressero in un bar per fare colazione.

“Che cosa prendi?”

“Non lo so”

“Vai a prendere posto, io arrivo subito” gli disse la ragazza, andò in direzione del bancone e ordinò due brioches alla cioccolata e due cappuccini guarniti con caramello; dopo aver pagato il tutto raggiunse Bucky, che aveva preso posto davanti ad un tavolino situato vicino ad una vetrata; indossava ancora il cappello a visiera e guardava la strada, assorto in chissà quali pensieri.

Charlie iniziò a sfogliare una rivista che era posata sopra al tavolino per ingannare l’attesa, dopo pochi minuti arrivò una cameriera con il loro ordine, posò le brioches ed i cappuccini e si allontanò, lanciando un’occhiata d’apprezzamento al giovane uomo.

“Quale devo prendere?”

“Oh, è lo stesso, sono tutte e due uguali. Ho preso brioches al cioccolato e cappuccini al caramello, se c’è qualcosa che non ti piace devi solo dirmelo, così cambio”

“Va benissimo” rispose Bucky, prese in mano una delle due pastine, dandole un morso, Charlotte prese in mano il proprio cellulare e mandò un messaggio a Steve, informandolo della mattinata di shopping che l’attendeva; dopo pochi istanti arrivò la risposta, che lesse subito:

“Buon divertimento, Charlotte, vedrai che andrà tutto bene”.

La ragazza sollevò gli occhi al soffitto del bar, era sempre più convinta che Steve gliel’avrebbe pagata molto cara quando quella faccenda sarebbe stata solo un brutto ricordo.

“Hai della cioccolata sulle labbra, tieni”

“Grazie”

“Dobbiamo fare attenzione quando saremo dentro ai negozi, se provi qualcosa dentro ad un camerino devi fare attenzione al braccio. Non lo deve vedere nessuno o potremo avere diversi problemi”

“Mi sono nascosto diverso tempo e nessuno mi ha mai scoperto, so come fare”

“Ti prenderò qualche maglietta, qualche paio di pantaloni, calzini e qualche paio di boxer. Hai delle preferenze?”

“Temo che la moda sia cambiata dai miei tempi”

“Non preoccuparti, so io dove andare” rispose Charlie, dato che in diverse occasioni aveva accompagnato Steve a prendere dei vestiti; quando terminarono la colazione uscirono dal bar ed entrarono in un negozio che distava una cinquantina di metri.

“Ci sono davvero molti vestiti in questo negozio”

“Si, vieni con me, andiamo nel reparto uomo” disse la ragazza dirigendosi verso la parte opposta rispetto a quella da cui erano entrati; iniziò subito a cercare tra le magliette a maniche lunghe e prese in mano una di colore nero “andiamo nei camerini, ti proverai questa per capire quale taglia porti”.

Si fermarono davanti a delle piccole cabine munite di tende azzurre, che nascondevano l’interno, Bucky entrò in una con la maglietta in mano e Charlotte si sedette in un sgabello, mentre attendeva di vederlo uscire.

Una delle commesse si avvicinò a lei, chiedendole se avesse bisogno di aiuto, ma Charlie rispose che non aveva bisogno di assistenza, che poteva farcela benissimo da sola, la donna si allontanò visibilmente delusa.

“Come sto?” domandò il soldato, uscendo dal camerino, la giovane sollevò il viso e vide che la taglia era quella giusta, perché gli stava in modo pressoché perfetto.

“Stai bene, vado a prenderne delle altre” rispose prima di alzarsi, una fitta dolorosa alla gamba la colse all’improvviso, ma ci era così abituata che riuscì a gestire la sofferenza senza che si dipingesse nel suo volto; prese cinque magliette e altrettanti jeans, augurandosi di aver indovinato anche la taglia di quelli.

Quando tornò da Bucky lo vide in compagnia della commessa di poco prima, che tentava di convincerlo a provare una camicia dall’aspetto molto costoso.

“Signorina, stavo cercando di convincere il vostro ragazzo a provare questa bella camicia”

“Ho detto che non abbiamo bisogno di aiuto e lui non è il mio ragazzo. Vada ad aiutare qualcun altro”

“Mi scusi” rispose la donna, allontanandosi, Charlie scosse la testa e si voltò a guardare il giovane uomo.

“Ti ha visto il braccio?”

“No, ti ricordo che ho la maglietta e il guanto”

“Bene. Prova questi abiti e andiamocene il prima possibile”.

Quando uscirono dal negozio di abiti, entrarono in un altro situato poco lontano, specializzato in intimo maschile e femminile; Charlotte prese nuovamente posto in uno sgabello, in attesa che il suo coinquilino provasse i boxer che lei gli aveva trovato.

“Devo uscire?”

“No, dimmi solo se ti vanno bene”

“Si”

“Perfetto. Vestiti, allora, così possiamo tornare a casa” rispose la giovane, contenta che quella lunga mattina fosse giunta così presto al termine; tornarono nell’appartamento e posarono i diversi pacchi sopra al divano, nel salotto “che cosa vorresti da mangiare? Ho voglia di cucinare qualcosa”

“Non lo so”

“Tu non sai mai nulla, eh? Preparo del pollo fritto, ti piace? Però mi devi aiutare”

“Che cosa devo fare?”

“Prendimi quello che mi serve”

“Che cosa ti devo prendere?”

“Le uova, la farina e la salsa barbecue” rispose Charlotte, mentre prendeva una confezione di petti di pollo, prese anche una padella che riempì d’olio da friggere “prendi le tovagliette che trovi in quel cassetto e prepara la tavola per il pranzo. Io mi occupo di friggere il pollo”

“Se vuoi lo faccio io”

“Lo hai mai fatto?”

“No, ma non deve essere così difficile”

“D’accordo” mormorò la ragazza cedendogli il posto davanti ai fornelli, curiosa di vedere quale sarebbe stato il risultato finale; un pranzo non avrebbe cambiato quello che pensava riguardo a lui, ma almeno avrebbe saputo quali compiti affidargli nei giorni successivi.
 

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Capitolo 4
*** I'll call you James ***


Charlotte prese due tovagliette azzurre, le posizionò sopra al tavolo, una di fronte all’altra, facendo lo stesso anche con i piatti, i bicchieri e le posate; poi aprì il frigorifero e prese varie bottiglie tra cui una di acqua, una di latte, una di succo d’arancia e una di coca cola.

Appoggiò anche quelle sopra la superficie, liscia, di legno e guardò il suo ospite, per vedere a che punto fosse con il pollo: lo vide con in mano una delle bistecche, indeciso su quello che doveva fare.

“Ti spiego come si deve fare? Guarda, è molto semplice: prendi il pollo, lo immergi nell’uovo, lo passi nella farina da tutti e due i lati e poi lo metti nell’olio della padella. Lo prendi con la pinza solo quando è bello dorato e croccante, credi di aver capito tutto?”

“Si, ho capito tutto”

“Benissimo, prepara tutta la scatola. Quello che non mangiamo a pranzo lo mangiamo a cena”

“Va bene, Charlotte” rispose Bucky.

Era la prima volta che la chiamava per nome e la ragazza non riuscì a reprimere un brivido lungo la schiena, decise di ignorare quella strana reazione accendendo la TV; stavano trasmettendo un telegiornale e decise di cambiare rapidamente canale, scegliendo uno dove stavano trasmettendo un programma culinario, perché aveva il timore di sentire qualche notizia collegata al suo ospite.

Meno cose sapeva e meglio era.

“Il pollo che hai preparato è molto buono” disse Charlie assaggiando il primo boccone, dopo un ringraziamento succinto mangiarono in silenzio, senza sentire la necessità di trovare qualche altro argomento di cui parlare; in verità, lei iniziava ad essere curiosa nei confronti di Bucky, c’erano domande che voleva fargli, ma non sapeva in che modo porle e se era davvero il caso di porle.

Il weekend trascorse tranquillo, senza che accadesse nulla di particolare nella convivenza, il lunedì  mattina Charlie era in procinto di uscire per recarsi in libreria, quando le arrivò una chiamata da Elisa.

“Pronto? Elisa? Che succede?”

“Charlie, non serve che vieni in libreria”

“Per quale motivo?”

“Il capo ha detto che possiamo stare a casa, oggi, ma dobbiamo lavorare tutta la Vigilia  di Natale”

“Cosa?!” esclamò la ragazza, rischiando di cadere a terra perché non riusciva ad allacciarsi le scarpe da ginnastica “ma aveva detto che non dovevamo lavorare la Vigilia, perché dobbiamo farlo? Nessuno verrà quel giorno!”

“Lo so, lo so anche io, ma lui ha detto che c’è sempre gente che può arrivare per acquistare un libro. Ha detto anche che dobbiamo sistemare il magazzino, inserendo al computer tutti i libri arrivati”

“Ma è un lavoro abominevolmente lungo!”

“Lo so, sono anche io senza parole. Adesso devo andare a fare la spesa per Natale, ci sentiamo questa sera”

“Si, ci sentiamo questa sera” mormorò Charlotte ponendo fine alla conversazione; strinse le mani a pugno, terribilmente arrabbiata per la notizia che l’amica le aveva dato: era assurdo! Come poteva pretendere, il loro capo, che lavorassero tutta la giornata del ventiquattro dicembre? Già s’immaginava mentre guardava, dai vetri della libreria, la gente che andava a festeggiare nei locali mentre lei era imprigionata dentro quattro mura.

Spostò lo sguardo dal telefono al divano, dove il suo ospite stava ancora dormendo, prima di ritirarsi nella propria camera per tornare a dormire.

La giovane non perse nemmeno tempo a spogliarsi, si buttò nel letto e si addormentò in poco tempo; si risvegliò qualche ora più tardi, a causa dell’odore di bruciato che proveniva dalla cucina.

Si recò subito nel salotto e vide il giovane uomo con in mano una padella, dalla quale usciva del fumo nero.

“Buongiorno”

“Che cosa stai facendo?”

“Sto provando a cucinare la colazione, senza successo”

“Lo vedo, lascia perdere la colazione, non ha importanza. Perché stavi preparando la colazione?”

“Perché mi sembrava corretto ringraziarti per la tua gentilezza. Per l’ospitalità”

“Stai parlando seriamente?” domandò Charlotte, si voltò a guardare Bucky e non vide nulla, nel suo sguardo, che potesse indicare una menzogna e sentì quasi un moto di commozione nei suoi confronti.

“Si, Charlotte”

“Puoi chiamarmi Charlie, se vuoi, preparo io dei pancakes” disse la giovane, con un sorriso sulle labbra, quella sorpresa inaspettata le aveva fatto tornare, incredibilmente, il buonumore “ascolta, oggi non devo andare a lavoro perché c’è stato un disguido. Stavo pensando… c’è una stanza che non uso mai, potremmo comprare una brandina e trasformarla in una camera da letto per te, che ne dici? Non credo che il divano sia comodo da usare come letto”

“Va bene”

“C’è un negozio, non molto lontano, ma dobbiamo prendere la macchina per arrivarci. Adesso facciamo colazione, poi partiamo subito”.

I due giovani salirono nella macchina di Charlie e si ritrovarono ben presto imbottigliati nel traffico della Grande Mela, per ingannare il tempo la ragazza accese la radio, ma dato che non riusciva a trovare una canzone decente, decise di fare qualche domanda a Bucky, ma venne preceduta proprio da lui.

“Howard Stark aveva promesso che le macchine avrebbero volato, in futuro, sono trascorsi settant’anni e non vedo molte differenze”

“Howard Stark? Il padre di Tony? Tu… Tu conoscevi suo padre?”

“Si, lo conoscevo”

“E com’era?”

“Particolare”

“Ah, si vede che non conosci Tony! Posso farti una domanda? Quanti anni hai?”

“Intendi quanti anni avrei, in realtà, o quanti ne dimostro? Tecnicamente, avrei quasi cento anni se consideriamo il fatto che sono nato nel diciassette, durante la Prima Guerra Mondiale”

“Hai quasi cent’anni? È tantissimo! Anche Steve ha la tua stessa età?”

“No, lui è più piccolo di due anni”

“Oh, certo, è proprio un ragazzino in confronto a te. Dunque, se lui dimostra ventotto anni, tu ne dovresti avere trenta, giusto?”

“Si, tu quanti ne hai?”

“Ventiquattro”

“E da quanto tempo fai parte dello…”

“S.H.I.E.L.D? da quando avevo sedici anni. È una storia abbastanza complicata, ma sono contenta di essere stata trovata da Nick Fury. Non voglio nemmeno immaginare dove sarei ora se non fossi diventata un’agente, chissà chi mi avrebbe trovata”

“Sono sicuro che saresti stata in grado di sopravvivere ugualmente”rispose Bucky osservando un maxi schermo che proiettava la pubblicità di una nuova macchina.

“Bucky è il tuo vero nome?”

“È un diminutivo. Il mio vero nome è James”

“È un nome molto bello, perché non ti fai chiamare così?”

“Non lo so, mi hanno sempre chiamato in questo nome”

“Io ti chiamerò James, se per te non è un problema. Guarda, siamo arrivati” disse Charlotte parcheggiando la macchina davanti al negozio in cui dovevano recarsi.

Si recarono subito nel reparto dove vendevano brandine di diverse misure, il cellulare della ragazza prese a squillare e vedendo lampeggiare nello schermo la scritta ‘numero privato’ si allontanò un momento per rispondere.

“Pronto?”

“Charlie? Sei tu?”

“Steve? Steve perché mi stai chiamando con un numero privato?” domandò Charlotte spalancando gli occhi, per la sorpresa, già sapendo che ciò significava nulla di buono.

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Capitolo 5
*** Tell me the truth, Steve ***


“È una lunga storia. Dove ti trovi in questo momento? Sei nel tuo appartamento?”

“No, sono uscita. Sono in un negozio di mobilio perché devo prendere una brandina”

“Bucky è con te?”

“Si, è per lui la brandina” rispose Charlotte, si voltò un momento per cercare con lo sguardo il giovane uomo, lo vide vicino ad un distributore di cibo, intendo a guardare le merendine e le lattine di bibite.

“Non l’hai mai comprata per me, ho sempre dovuto dormire nel divano quando ero tuo ospite” rispose Steve con una punta di sarcasmo nella voce.

“Steve, ascolta, mi hai chiamata solo per questo motivo?”

“No, ti ho chiamata per dirti che devi fare attenzione. In ogni telegiornale stanno facendo circolare una foto di Bucky, la polizia lo sta cercando”

“Lo stanno cercando? Si può sapere che cosa ha fatto?”

“Meno sai e meglio è, credimi”

“Ascoltami, Steve, lo so che sono stata io stessa a dire che non voglio sapere nulla, ma dopo quello che hai detto la faccenda cambia. Credevo che avessi semplicemente trovato il tuo amico, non che lo avessi sottratto dalla polizia! Che cosa ha fatto, ancora?”.

Charlie sentì un profondo sospiro dall’altra parte del cellulare, attese qualche secondo in silenzio e poi ricevette la risposta che cercava.

“Ricordi il trattato di Sokovia?”

“Si” confermò la ragazza, il trattato di Sokovia era una serie di disposizioni che il Governo aveva stipulato per gli Avengers, dopo gli eventi catastrofici che erano accaduti a New York, Washington ed, appunto, a Sokovia.

In tutte e tre le occasioni i Vendicatori, tra cui la stessa Charlie, avevano salvato migliaia e migliaia di vite umane, ma avevano provocato anche molte vittime; la cosa non era passata affatto inosservata ed il Consiglio Mondiale della sicurezza non voleva altri problemi: firmando gli accordi, gli eroi s’impegnavano ad intervenire solo quando era lo stesso governo degli Stati Uniti a deciderlo.

Fino a quel momento avevano firmando solo Tony, Visione e Rodds.

Wanda era titubante, Steve diffidente e Clint si era ritirato, preferendo concentrarsi nel suo compito di marito e padre; Natasha era ancora incerta, anche se più incline a firmare i contratti, mentre Charlotte era stata fuori da tutta quella faccenda.

Gli altri l’avevano cercata, ma lei non aveva risposto alle chiamate e non aveva partecipato alla riunione perché desiderava solo un po’ di pace e tranquillità.

“Natasha si era recata a Vienna, per firmare gli accordi in presenza del Re del Wakanda. Durante la cerimonia è esplosa una bomba, sono rimaste uccise diverse persone tra cui il Re; dopo un paio di ore circolava già la foto dell’uomo che aveva posizionato l’ordino dentro il camioncino che è esploso”

“E quell’uomo è Bucky, vero? Come hai potuto? Se scoprono che è nel mio appartamento…”

“Lo stanno cercando a Budapest”

“Credi che non lo scoveranno mai? Steve, non posso continuare a nasconderlo”

“Charlie, ti assicuro che non è lui. Bucky mi ha detto che non era a Vienna, lo hanno incastrato, in qualche modo lo hanno incastrato”

“Oh, certo, ti fidi davvero delle sue parole? Ti ricordo che gli hanno fatto il lavaggio del cervello. Chi ti dice che non glielo hanno fatto ancora una volta e non ricorda di essere stato a Vienna a posizionare una bomba dentro ad un maledetto camioncino, maledizione!” urlò la ragazza, si rese conto che stava attirando l’attenzione degli altri clienti del negozio, così cercò di calmarsi e di abbassare la voce “te la farò pagare per questo, Steve!”

“Lo so, ma ti giuro che in questo momento sei la mia unica speranza. Che cosa hai deciso di fare riguardo al trattato?”

“Scusami, ma ho altro a cui pensare che quel cazzo di trattato” sibilò Charlotte, chiuse la chiamata senza attendere una risposta dal suo migliore amico; si avvicinò al soldato e lo affrontò con uno sguardo in grado d’incendiare qualunque cosa “ho appena parlato con Steve e mi ha detto quello che hai fatto e che sei ricercato”

“Io non sono mai stato a Vienna, non ho fatto quello che…”.

Bucky non riuscì a terminare la frase perché Charlie lo colpì con uno schiaffo in pieno volto, tutta quella situazione l’aveva stressata ulteriormente ed era arrivata al punto di rottura; alcune persone si fermarono a guardare quello che stava accadendo ma proseguirono subito, liquidando la faccenda come un bisticcio tra fidanzati.

“Non voglio sentire un’altra parola uscire dalla tua bocca, stai zitto, hai capito? Stai zitto!”

“Va bene”

“Zitto! Ti ho detto di stare zitto!” gridò Charlotte; la giornata era ormai rovinata, così tornarono nell’appartamento senza aver acquistato la brandina che stavano cercando.

Durante il viaggio di ritorno non si parlarono e quando varcarono la soglia d’ingresso la giovane si ritirò nella sua camera da letto; s’infilò sotto le coperte che non aveva fame né tantomeno voglia di preparare il pranzo.

Rimase tutto il giorno infilata sotto le spesse coperte del letto, uscendo solo quando sentiva la necessità di andare in bagno; dal salotto e dalla cucina non sentì alcun rumore e non si preoccupò di controllare che cosa stesse facendo il suo ospite perché non le importava minimamente.

Charlie si svegliò nel cuore della notte, all’improvviso, dopo aver fatto un incubo del quale non preservava alcun ricordo;un dolore lancinante proveniva dalla gamba e le continue fitte la lasciavano quasi senza fiato.

Lanciò un urlo colmo di sofferenza, la porta della camera si aprì quasi subito, riversando al suo interno la luce che proveniva dal salotto, ed entrò Bucky.

“Che succede? È entrato qualcuno?”

“No… No… La gamba… La gamba mi fa male”

“Riesci ad alzarti?”

“No, non riesco… Non riesco quasi a parlare”

“Ti porto subito in ospedale, andiamo” rispose il soldato, la prese in braccio nel modo più delicato possibile, prese le chiavi della macchina, che si trovavano sopra ad un tavolino del salotto, ed uscì dall’appartamento.

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Capitolo 6
*** At the Hospital ***


Elisa era impegnata a decorare l’albero di Natale situato nel salotto nel suo appartamento quando il cellulare, che aveva in tasca, iniziò a squillare con una certa insistenza; posò la striscia di stoffa argentata che aveva in mano, prese l’apparecchio dalla tasca dei pantaloni e lesse nel display il nome della sua migliore amica.

“Pronto, Charlie? Qualcosa non va?”

“Non sono Charlie, ma sto chiamando da parte sua”.

La giovane rimase alquanto perplessa quando sentì una voce maschile che non conosceva e che non apparteneva a nessuno degli amici di Charlotte.

“Chi sei?”

“Sono il nuovo coinquilino di Charlotte. Mi chiamo Bucky. Ho dovuto portarla in ospedale per un problema alla gamba, i medici l’hanno appena portata nel reparto di terapia intensiva, ho pensato di avvisarti”

“Certo, arrivo subito, in quale ospedale siete?”

“In quello di New York”.

Elisa ripeté una seconda volta che sarebbe arrivata in una decina di minuti; una volta terminata la telefonata lasciò perdere l’albero di Natale e le decorazioni, uscì dalla casa e salì in macchina con l’obbiettivo di arrivare il prima possibile in ospedale.

Mentre sfrecciava ad una velocità più alta di quella consentita si ritrovò a pensare che la sua migliore amica non le aveva fatto il minimo cenno riguardo al suo nuovo coinquilino; sicuramente l’avrebbe tempestata di domande una volta ripresa dal ricovero in ospedale.

Quando arrivò davanti all’imponente struttura vi entrò velocemente e chiese alla receptionist dove si trovasse il reparto di terapia intensiva.

“La mia migliore amica è stata portata qui poco fa. Si chiama Charlotte Bennetts”

“Devi prendere quel corridoio, salire le rampe di scale fino al terzo piano. Troverai la sala d’attesa”

“Grazie” rispose la ragazza, riprese a correre con i capelli neri che le ondeggiavano sulle spalle; seguì le indicazioni della segretaria e quando raggiunse la sala d’attesa del reparto di terapia intensiva vide un giovane uomo seduto in una delle tante sedie.

Indossava un paio di jeans scuri, una felpa rossa ed i capelli castani gli sfioravano le spalle.

“Sei Elisa?” le chiese lui, sollevando lo sguardo.

“Tu sei Bucky?”

“Si”

“I dottori hanno detto qualcosa? Come è accaduto?”

“Era a letto e si è sentita male, ho preso la sua macchina e l’ho portata subito qui. Io non posso entrare perché non sono un suo parente. Hanno detto che quando starà meglio ci verrà comunicato, nel frattempo dobbiamo attendere qui”

“Vedrai che andrà tutto bene” rispose Elisa, gli appoggiò una mano nella spalla destra, poi si alzò per fare un momento una telefonata e pensò che Charlotte aveva trovato un coinquilino veramente figo.
 
 
 
Charlotte aprì gli occhi con il suono, ben scandito, di un macchinario che contava i battiti cardiaci; riconobbe subito quella che era una stanza ospedaliera e si domandò per quale motivo si trovasse lì dentro, dato che non conservava alcun ricordo.

“Buongiorno” disse un’infermiera, entrando in quel momento nella stanza “come stai? Ti sei appena svegliata?”

“Che cosa è successo? Perché mi trovo qui?”

“Ti hanno portata per un problema alla gamba. Adesso non senti nulla perché ti è stato somministrato un antidolorifico, ma non farà effetto ancora per molto. Qualcuno ti ha mandato questo mazzo di fiori”

“Fiori?” mormorò la ragazza, prese in mano il mazzo tenuto insieme da un nastro colorato: c’era un bigliettino su cui c’erano scritte poche righe ed era firmato ‘S.’.

Capì subito che era da parte di Steve.

“Qui fuori ci sono i tuoi amici. Sono rimasti fuori per tutta la notte. Può entrare sono uno di loro due, chi vuoi vedere?”

“Chi sono?”

“Una ragazza con i capelli neri ed un ragazzo con i capelli lunghi, castani”

“La ragazza” rispose Charlie, prontamente, l’infermiera uscì un momento dalla stanza e subito apparve Elisa, che corse vicino al letto in cui era sdraiata la sua migliore amica.

“Come stai, Charlie? Tutto bene? Non hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare!”

“Mi dispiace davvero tanto. L’infermiera mi ha detto che sei qui da questa notte”

“Si, ho ricevuto una telefonata da Bucky e sono venuta il prima possibile. A proposito, perché non mi hai detto di avere un coinquilino?”

“Ah, è un amico di Steve. Mi ha chiesto se lo posso ospitare per qualche tempo”

“È veramente carino, lo sai? Dovresti provarci, sei single da troppo tempo”

“No, grazie”

“Stai aspettando ancora Steve? Charlie, sinceramente, se non è accaduto nulla dopo tutto questo tempo non credo che ci sia ancora speranza… E poi, potrebbe accadergli qualcosa in qualunque momento”

“L’infermiera mi ha detto che anche James è qui da ieri notte”

“James?”

“ È il vero nome di Bucky”

“Ah, si, si è qui anche lui. È in sala d’attesa, credo che sia dormendo”

“So che l’infermiera ha detto che posso ricevere solo una visita, ma puoi farlo entrare? Voglio parlare un momento anche con lui”

“Certo, Charlotte, te lo chiamo subito”.

Elisa uscì dalla stanza, controllò che non ci fosse nessuno nel corridoio e scrollò gentilmente il giovane uomo, che si era addormentato con la guancia destra appoggiata al palmo della mano.

“Che c’è? Che succede?”

“Charlotte ti vuole parlare. Va subito, prima che qualcuno ti possa vedere” rispose la giovane; Bucky si alzò dalla sedia ed entrò nella camera.

Osservò, in silenzio, il volto pallido e tirato della ragazza.

“Come stai?”

“Potrei stare meglio, tu?”

“Bene”

“James, ascolta, grazie per avermi portata in ospedale e mi dispiace tanto per lo schiaffo che ti ho dato. Ero fuori di me”

“Non importa”

“Torna pure nell’appartamento, i medici hanno detto che potrò uscire dall’ospedale tra tre giorni. Chiedi un passaggio ad Elisa e dormi pure nel mio letto, almeno sarai più comodo. Non ti preoccupare, ci vediamo tra qualche giorno” rispose la giovane; Bucky uscì dalla camera e lasciò il cellulare di Charlotte sopra al comodino, in caso qualcuno la chiamasse.

Caso volle che, poco dopo, il cellulare prese a squillare.



Elisa accompagnò il giovane uomo nell’appartamento di Charlotte, lui la ringraziò ed entrò grazie alle chiavi che la ragazza gli aveva prestato; tutto, lì dentro, era rimasto come l’avevano lasciato prima di uscire.

Non aveva molta fame, dunque decise di non mangiare e di guardare un po’ la televisione; aveva da poco scelto il canale quando il telefono dell’appartamento prese a squillare; Bucky guardò l’apparecchio per qualche secondo, indeciso se rispondere o meno.

“Pronto?”

“Bucky, sei tu?”

“Si, Steve, sono io”

“Sei nell’appartamento di Charlotte?”

“Si, Steve, sono qui, come avrei fatto a risponderti se fossi in un altro posto?”

“Si, hai ragione. Come stai? Stai… Stai bene?”

“Si”

“Ho appena parlato con Charlie. Mi ha detto che avete avuto una piccola discussione, ieri, mi ha detto, anche, che ti ha dato uno schiaffo”

“Si, ma non è accaduto altro”

“Mi dispiace ma, ecco, lei è ancora arrabbiata per quello che è accaduto. Purtroppo la gamba le fa ancora molto male, come hai visto tu stesso”

“La capisco, dopotutto le ho trivellato una gamba con una decina di proiettili. Anche io sarei ancora arrabbiato se fossi al suo posto”

“Si, ma non devi avercela con te stesso. Non eri in te quando lo hai fatto”.

Bucky stirò le labbra in un sorriso privo di allegria; era quasi commovente il modo in cui Steve prendeva le sue difese in ogni, singola, occasione.

“Lo so”

“Cerca di essere gentile con lei, ci tengo molto a Charlie”

“Siete fidanzati?”

“No, ecco, c’è stato un bacio tempo fa… Ecco, è complicato”

“Ho capito”

“Non posso stare ancora al telefono, potrebbero rintracciarmi”

“Si”

“Bucky?”

“Si?”

“Sono contento di averti trovato”

“Anche io sono contento” rispose Bucky ponendo fine alla conversazione; andò in cucina, aprì il frigorifero e prese una lattina di birra.

Tornò nel divano e mandò giù un lungo sorso del liquido dorato e freddo.

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Capitolo 7
*** Red book with a black star ***


“Hai voglia di renderti utile?”.

Bucky sollevò lo sguardo dal piatto che conteneva la colazione e fissò gli occhi in quelli azzurri di Charlotte, che aveva appena parlato.

“In che modo ti posso essere utile?”

“Io ed Elisa dobbiamo tenere aperto in negozio, oggi, anche se è la Vigilia di Natale. C’è un lavoro urgente da fare e noi abbiamo già altro di cui occuparci, abbiamo davvero bisogno di una terza persona”

“Che cosa dovrei fare?”

“Non è nulla di complicato, se decidi di accettare te lo farò vedere in negozio”

“Va bene” rispose Bucky; terminarono entrambi la colazione ed uscirono di casa a piedi, perché la libreria distava poco dall’appartamento.

Quando arrivarono al negozio trovarono Elisa già intenta a sistemare dei libri che erano arrivati da poco.

“Elisa, da quanto tempo sei qui?”

“Sono arrivata da circa una mezz’ora. Ho pensato di aprire la libreria in anticipo, in modo da chiudere prima, ma ci sono così tante cose da fare che temo…” la ragazza dai capelli neri non terminò la frase e scosse la testa con un sospiro, si rese conto della presenza di Bucky e lo guardò incuriosita “sei qui per comprare un libro?”

“No, è qui per aiutarci”

“E come? Non può farlo, se il nostro capo lo venisse a sapere…”

“Non accadrà, sono sicura che sarà troppo impegnato per venire al negozio il giorno prima di Natale e poi non ho intenzione di fargli servire i clienti. Si occuperà di catalogare i libri al computer”

“Ammetto che sarebbe un aiuto indispensabile”

“Se dovesse accadere qualcosa mi prendo io la piena responsabilità, tranquilla”

“Va bene allora, può darci una mano, puoi posare la giacca laggiù” disse Elisa indicando a Bucky un appendiabiti “perché non ti togli i guanti?”

“Oh, è vero, non ho ancora avuto modo di dirtelo, Elisa, purtroppo quando Bucky era piccolo ha avuto un brutto incidente con il fuoco, vero?” rispose subito Charlie, fiutando il pericolo.

“Proprio così” s’affrettò confermare il giovane uomo.

“Oh, mi dispiace davvero tanto”

“Gli faccio vedere come catalogare i libri”.

Charlotte condusse il soldato in una scrivania posizionata dall’altra parte della libreria, vicino alla porta che conduceva al magazzino, ed accese uno dei due computer che vi erano posizionati sopra.

“Avrei dovuto immaginarlo”

“Che cosa? La faccenda dei guanti? Lascia perdere, sarebbe accaduto prima o poi. Elisa è un’osservatrice molto attenta, mi domando come non ti abbia ancora riconosciuto. Sai, lei adora Steve ed è andata diverse volte nel museo che c’è a Washington. Dovrebbe esserci una sezione dedicata a te, lo sai?”

“Si, lo so, ci sono stato per riuscire a ricordare”

“Mi auguro che lo capisca il più tardi possibile o dovrei spiegarle molte cose. Sai, lei sa che lavoro per lo S.H.I.E.L.D  ma crede che il mio ruolo sia molto marginale”

“Stai dicendo che anche tu hai dei poteri? E quali sarebbero?”

“È meglio se non lo scoprirai mai. Finalmente il computer si è acceso! Guarda, è molto semplice quello che devi fare. Vedi questa tabella? In questa sezione devi scrivere il nome dell’autore, in questa devi inserire il titolo del libro ed in questa il codice che c’è scritto qua dietro. Cerca di farne più che puoi, ci sono circa quindici scatoloni come questo”

“Va bene”

“Credi di aver capito tutto?”

“Si, ho capito tutto”

“Perfetto, io vado al bancone, se hai bisogno di qualcosa devi solo dirmelo” disse la ragazza; iniziò ad occuparsi di varie faccende per ingannare il tempo che passava lentamente, esattamente come aveva previsto erano ben poche le persone che entravano nella libreria per acquistare un libro perché la maggior parte lo aveva fatto con largo anticipo.

“Io vado nella pasticceria qui vicina a prendere qualcosa, che cosa vuoi?”

“Una cioccolata ed una brioche”

“Va bene. Bucky, tu vuoi qualcosa?”

“No, grazie”

“Va bene, io vado, torno tra pochi minuti”.

Elisa mantenne la promessa e tornò dentro alla biblioteca dopo una decina di minuti: reggeva in mano un sacchetto marrone ed aveva le guance completamente rosse.

“Stai bene?” le chiese l’altra ragazza, notando il colorito insolito perfino per una giornata di dicembre.

“C’è una persona fuori dal negozio che ha chiesto di te”

“Sul serio? Una persona?”

“Si, vai subito”.

Charlotte indossò la giacca di pelle nera, uscì dalla libreria e riconobbe subito il suo migliore amico in un ragazzo biondo, alto e dal fisico prestante.

Molto prestante.

“Steve? Che cosa ci fai qui? Avevi detto…”

“Lo so quello che avevo detto, ma non potevo non vederti dopo quello che è accaduto” rispose il giovane uomo abbracciandola, rimasero per qualche minuto stretti l’uno all’altra prima di staccarsi “come stai, adesso?”

“Sto bene, il dolore alla gamba è sopportabile”

“E Bucky?”

“È qui con me, si sta occupando di catalogare dei libri al computer, non posso tenerlo sempre recluso, così l ho portato con me al lavoro”

“Davvero?” mormorò Steve, spiò un momento dalla vetrina del negozio e vide il suo migliore amico seduto davanti al una scrivania, intendo a premere i tasti di una tastiera “mi sembra che il tuo giudizio su di lui sia cambiato”

“Dobbiamo trascorrere ancora molto tempo insieme, dobbiamo andare d’accordo”

“È accaduto qualcosa di particolare?”

“No, nulla”

“Devi tenere una cosa per me”

“Di che cosa si tratta?”.

Il giovane uomo prese dall’interno della giacca che indossava un oggetto e lo porse a Charlie, lei lo prese in mano e l’osservò con un’espressione corrucciata: era un libro con la copertina interamente rossa e con al centro una stella nera.

Non c’era nessun titolo e nessun’altra scritta, Charlie lo sfogliò velocemente e vide pagine su pagine scritte a matita in una lingua straniera, probabilmente russo.

“Hai capito che cos’è?”

“No, Steve, che diavolo è questa cosa?”.
 

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Capitolo 8
*** I think that I killed Bucky ***


Charlotte guardò con attenzione la copertina della strano libro che Steve le aveva dato il giorno precedente, Bucky era davanti a lei, le dava le spalle perché si stava occupando di preparare la colazione.

Il suo migliore amico non le aveva detto nulla a riguardo, forse perché nemmeno lui sapeva che cosa fosse quel libro, così la ragazza lo aveva portato nel suo appartamento, senza mostrarlo né a Elisa né a Bucky.

Lanciò uno sguardo al giovane uomo, dato che era ancora impegnato con la padella e le uova iniziò a sfogliare le prime pagine del libro e scoprì, con sorpresa, che si trattava di una agenda su cui erano state scritte pagine e pagine di appunti in una lingua straniera.

Charlie osservò le parole con attenzione, capì che erano scritte in russo e ringraziò mentalmente Natasha per averle insegnato la sua lingua madre; girò velocemente altre pagine, fino a quando i suoi occhi si posarono in una dove c’erano scritte solamente dieci parole.

Aggrottò le sopracciglia perché non avevano alcun senso logico se collegate tra loro, erano solo una serie di parole scritte a caso, come se fossero appunti di chissà che cosa.

Pokhot…” mormorò Charlie, il giovane uomo s’irrigidì all’improvviso, ma lei non se ne accorse perché era troppo concentrata a leggere la pagina “Brama. Ruggine. Diciassette. Alba. Uomo. Nove. Benevolo. Bentornato. Uno. Vagone merci”.

La giovane sollevò lo sguardo dall’agenda per chiedere un parere a Bucky, ma lanciò un urlo quando quest’ultimo colpì una parete con il pugno sinistro, provocando una profonda crepa.

“Non…Dovevi…Farlo…”

“Ma che cazzo ti prende? Hai rotto il muro della mia cucina! Che cazzo hai?” strillò la giovane, già fuori di sé dalla rabbia, non capiva il perché di quella violenta reazione; Bucky si voltò a guardarla e Charlie capì subito che non aveva più lui davanti a sé, ma bensì il Soldato D’Inverno “stai calmo. Non so cosa sia accaduto ma non ti conviene attaccarmi”

Non ricevette la minima risposta, in una frazione di secondo lui le si scagliò contro, ma Charlotte era tutt’altro che una sprovveduta: dalle sue mani uscì quelli che sembravano due raggi di luce azzurra che avvolsero il braccio meccanico di Bucky.

La luce azzurra si trasformò in ghiaccio solido, ma quello non bloccò il soldato che riuscì a liberarsi con un semplice pugno; la ragazza corse in salotto e prese la pistola che teneva, sempre, dentro il cassetto di un mobile e la puntò contro il petto del giovane uomo: se avesse fatto un solo passo in avanti avrebbe premuto il grilletto, ponendo fine a quella faccenda una volta per tutte.

“Non hai il coraggio di premere quel grilletto” ringhiò lui a denti stretti.

“Tu credi?” rispose lei; premette il grilletto una, due, tre volte e colpì Bucky in pieno petto; quest’ultimo si ritrovò a boccheggiare prima di cadere a terra e non muoversi più.

Charlotte lasciò cadere la pistola a terra e corse al telefono, sollevando la cornetta e componendo il numero di Steve, con la speranza che rispondesse.

“Pronto? Charlotte?”

“Steve, Steve ho fatto una cazzata. Credo di aver appena ucciso Bucky”.

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Capitolo 9
*** A strange night with Steven Rogers ***


Si trovava davanti ad un vialetto asfaltato, davanti ai suoi occhi c’era una tipica casa americana: a due piani, colorata con vernice bianca, con il giardino ben curato e la buca delle lettere in attesa dell’arrivo del postino.

All’esterno della casa era radunata diversa gente e molta altra continuava ad arrivare, tutti mormoravano appena ed indossavano lunghi abiti o completi maschili neri, parlavano a bassa voce, quasi avessero paura che dalle loro labbra potesse uscire qualcosa di più forte di un sussurro.

Il giovane uomo venne invaso dall’impulso di entrare in quella abitazione, mosse un passo dopo l’altro e ben presto si ritrovò a varcare la soglia d’ingresso, dall’altra parte c’erano altre persone, raccolte a mangiare delle cibarie ed a parlare, come quelle all’esterno, in mormorii appena percepibili; ben presto entrò in quello che era il salotto dell’abitazione e vide, nella parte opposta, un ragazzo intento a scacciare un folto gruppo di persone, tra cui un ragazzino biondo molto magro, perché voleva rimanere da solo.

Tutti se ne andarono velocemente  ed il giovane uomo vide tre bare posizionate davanti al ragazzo che gli dava le spalle; si avvicinò lentamente, posizionandosi vicino a lui e vide che tutte e tre le bare erano già state sigillate con cura.

Il giovane aveva il volto chino in avanti, quando si rese conto di non essere solo sollevò il viso e guardò la persona che era a suo fianco.

Aveva un volto pallido e magro e gli occhi erano cerchiati di rosso a causa di tutte le lacrime che aveva versato per la perdita della sua famiglia; l’altro rimase senza fiato nel vedere che quel ragazzo aveva il suo stesso volto.

Quel ragazzo era lui, solo più giovane.




Bucky socchiuse le palpebre, i suoi occhi chiari vennero subito aggrediti da una luce talmente accecante che si ritrovò costretto a chiuderle nuovamente; i suoi sensi erano ancora confusi ma riuscì ugualmente a percepire due voci, una maschile ed una femminile, discutere a poca distanza da lui.

“Non avresti dovuto reagire in quel modo, avresti dovuto stordirlo, non sparargli contro!”

“Che cosa avrei dovuto fare, Steve? Lasciare che mi uccidesse? Io mi sono solo difesa”

“Ma come è accaduto?”

“Non lo so, eravamo in cucina e lui stava preparando la colazione. È stata tutta una questione di pochi secondi… Io non voglio più averlo nel mio appartamento, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, no, assolutamente no”

“Aspetta, non arriviamo a conclusioni affrettate senza aver capito che cosa è accaduto con esattezza. Dobbiamo attendere che si svegli, con la speranza che si svegli”

“E come possiamo essere sicuri che non ci attaccherà ancora?”

“Potete fare silenzio, per favore? Mi fa male la testa” mormorò Bucky; Steve e Charlotte si voltarono subito in direzione del letto ed il primo si materializzò affianco al suo migliore amico.

“Come stai?”

“Credo di aver sognato il giorno della veglia dei miei genitori e di mia sorella. C’era questa casa bianca, il giardino e la cassetta delle lettere. C’erano tutte queste persone vestite in nero ed io sono entrato in questo salotto e c’era un ragazzo davanti a tre bare. Ha cacciato tutte le persone attorno a lui  perché voleva rimanere solo con il suo dolore. Quando mi sono avvicinato a lui ho visto che ero io, Steve”

“Si, si, Buck, è proprio così”

“Steve” Charlotte afferrò il giovane uomo per il braccio destro “non  possiamo fidarci di lui”

“Charlotte, ti prego, lasciagli la possibilità di spiegare. Bucky, che cosa è accaduto? Perché hai attaccato Charlie?”

“Perché ha detto quelle parole. Ha pronunciato le parole che l’Hydra ha messo nella mia testa. Non so come le conosca”

“Come conosci quelle parole?”

“Io non conosco nessuna parola che l’Hydra ha messo nella sua testa, come può essere possibile? A meno che…”

“A meno che?”

“Questa mattina ho sfogliato il libro che mi hai dato, quello rosso con la stella nera, mi sono soffermata su una pagina dove c’erano scritte dieci parole in russo, devono essere state quelle”

“Si, sono quelle, come hai fatto ad avere quel libro?” domandò Bucky con una smorfia di dolore stampata sulle labbra.

“Dove lo hai trovato quel libro, Steve?”

“Non ha importanza come l’ho trovato, adesso sappiamo che abbiamo tra le nostre mani qualcosa che altri non devono trovare. Non ti preoccupare, Bucky, non è accaduto nulla. Ti fa male il petto? Charlotte ti ha sparato, ma poi è riuscita a guarirti. Vedi, lei possiede dei poteri un po’ particolari”

“Dove mi trovo?”

“Sei nella mia camera da letto, non potevamo portarti in ospedale. Sei stato fortunato, qualche minuto in più e non saresti sopravvissuto” rispose la ragazza serrando le labbra “è meglio se riposi, ora, sei ancora molto debole. Vieni, Steve, andiamo in salotto”.

I due giovani uscirono dalla camera, Charlie prese dal frigorifero una bottiglia di vino ancora chiusa, la stappò per poi versare il liquido corposo in due calici di vetro; ne porse uno al suo migliore amico e mandò giù un lungo sorso dall’altro.

“Grazie per averlo salvato”

“Dunque… Sono quelle parole che lo fanno tornare ad essere il Soldato D’Inverno, giusto? Non oso immaginare quello che devono avergli fatto. Non hai nulla di cui ringraziarmi, la colpa è stata mia, non avrei dovuto leggere quel libro. Non avrei dovuto pronunciare quelle parole”

“Non potevi saperlo, Charlie, la colpa non è tua” mormorò Steve, si avvicinò alla ragazza e le appoggiò una mano nella spalla destra; lei si voltò, gli passò le braccia attorno alle spalle, avvinghiandosi al suo petto.

Non riusciva più a sopportare quella situazione, aveva bisogna di qualcuno a cui aggrapparsi a cui chiedere aiuto disperatamente, si sentiva imprigionata in un labirinto senza uscita, il giovane uomo rispose subito all’abbraccio, affondando il viso nei capelli castani di Charlotte.

La giovane inspirò a fondo il profumo dolce della pelle di Rogers, sollevò appena il viso e incontrò le sue labbra, che coprì con le proprie, in un bacio lungo ed appassionato.

Nessuno dei due sentì la porta della camera aprirsi e chiudersi velocemente.

Charlotte sciolse la presa dalle spalle di Steve, gli appoggiò le mani nel petto, spingendolo dolcemente verso il divano, lui si sedette, con le gambe leggermente aperte, mentre gli si posizionò in grembo con le ginocchia puntate nei cuscini del divano.

Continuò a baciargli le labbra leccandole, mordendole ed assaporando il loro sapore indescrivibile, simile a quello delle pesche; gli tolse la maglietta, un indumento che iniziava ad essere di troppo, mettendo in mostra i bicipiti perfetti, scolpiti quasi nel marmo più pregiato.

Steve iniziò a sbottonare la camicetta che Charlie indossava, la lanciò nel pavimento e slacciò il reggiseno di pizzo nero, facendogli fare la stessa fine dell’altro indumento.

La porta della camera si aprì ancora e questa volta rimase socchiusa.

Il giovane invitò la sua migliore amica a sdraiarsi nel divano, in modo da poter baciare meglio ogni centimetro del suo bellissimo corpo, le sollevò appena il bacino, così da poter sfilare i pantaloni che indossava e Charlie lo imitò, lasciandolo solo in boxer; rimasero per qualche istante a guardarsi negli occhi, con il fiato ansimante, prima di riprendere ad esplorare l’uno il corpo dell’altra.

Era da più di tre anni che la giovane non aveva un rapporto intimo con un uomo, ciò non era dipeso dal fatto che le fossero mancate delle occasioni, ma perché si era imposta che il suo corpo non sarebbe mai più stato di un altro uomo, solo di quello che aveva amato e che era stato ucciso, solo di un dio e nessuno poteva essere allo stesso livello di un dio.

Eppure la sua prima cotta non era mai passata del tutto, non aveva mai dimenticato Steve, era sempre rimasto in un piccolo angolo della sua mente, come una cosa che, prima o poi,era destinata a tornare a galla ed esplodere in tutta la sua potenza.

Gettò la testa all’indietro quando il giovane uomo le entrò dentro, lui le passò una mano tra i capelli, in modo che non si facesse male e dopo qualche secondo di assoluta immobilità iniziò a muoversi con spinte lente, controllate.

“Non ti trattenere, per favore” gemette Charlotte, mordendosi le labbra, Steve non se lo fece ripetere una seconda volta ed aumentò la velocità delle spinte; entrambi non riuscirono più a trattenere i gemiti di piacere, incuranti del rumore che provocavano.

“Charlie… Charlie, io…”

“Non dire nulla, ti prego…”lo bloccò la ragazza, coprendogli la bocca con la mano destra; sentì Rogers gridare il suo nome quando raggiunse l’orgasmo, prima di accasciarsi sopra di lei.

Charlotte rimase in silenzio per diversi minuti, lasciando che il respiro le tornasse regolare, si rese conto che Steve si era addormentato quindi si alzò, si rivestì in fretta e lo coprì con una coperta a quadri, che teneva sempre sopra al divano.

Attraversò in fretta il salotto ed entrò nella sua camera per prendersi un pigiama ed un cuscino, dato che avrebbe dormito nel divano a sua volta, si avvicinò un momento al letto e vide che Bucky stava dormendo profondamente; il suo volto era ancora pallido a causa delle profonde ferite che aveva subito, gli scostò un ciuffo di capelli che gli copriva la faccia e rimase per qualche istante ad ammirare i suoi lineamenti.

Venne colta da un impulso improvviso e gli posò un bacio nella guancia sinistra, appena ruvida di barba, uscì dalla camera in punta di piedi per non fare rumore.
Quando la porta si chiuse con delicatezza, Bucky aprì gli occhi, per poi richiuderli quasi subito.

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Capitolo 10
*** An appointment for Bucky ***


Steve si svegliò per primo, si passò una mano negli occhi ancora colmi di sonno e sbadigliò sonoramente; abbassò lo sguardo e vide Charlotte, ancora profondamente addormentata a suo fianco: teneva il braccio sinistro sotto il cuscino che aveva preso dall’armadio della sua camera da letto, mentre la mano destra era posizionata vicino al viso.

Era una scena così tenera che il giovane uomo le posò un bacio delicato sulla fronte prima di alzarsi, vestirsi e dirigersi in cucina per preparare qualcosa da mangiare; aveva appena acceso il fornello per scaldare del caffè quando un movimento alle sue spalle lo fece voltare, per vedere chi fosse entrato nella stanza.

“Bucky” disse con un sorriso, salutando il suo migliore amico “non ti avevo sentito arrivare, come stai?”

“Abbastanza bene” rispose Bucky prima di rivolgere uno sguardo al salotto, più precisamente al divano su cui stava ancora dormendo Charlie “come ha fatto a guarirmi?”

“Grazie ad un potere che le è stato insegnato. Ascolta, Buck, io e Charlie abbiamo parlato ieri notte e non ti devi preoccupare per quello che è accaduto, è stato solo un incidente. Abbiamo nascosto quel libro in un posto sicuro che solo noi due conosciamo”

“Va bene, avete parlato a lungo?”

“Non è stato facile, ma sono riuscito a convincerla”

“Oh, ma scommetto che tu sei stato molto persuasivo, vero?” commentò Bucky con un sorriso tirato, Steve si voltò a guardare l’amico e vedendo la sua espressione capì subito che lui sapeva quello che era accaduto la notte precedente.

“Hai sentito tutto?”

“Non sono uno stupido, Steve, era impossibile non sentire quello che stava accadendo in quel divano. Volevo uscire dalla camera per prendere qualcosa da mangiare, ma la fame mi è passata subito”

“Mi dispiace, in quel momento non ho…”

“Non hai pensato. Non ha alcuna importanza, magari, la prossima volta cercate di fare meno rumore. Non mi avevi detto che non c’era nulla tra voi due?”

“È una storia complicata e…” il giovane uomo non continuò la frase a causa del cellulare che prese a squillare dentro ad una tasca dei pantaloni che indossava “pronto? Sharon? Cosa? Si, va bene, arrivo subito”

“Che cosa è successo?”

“Nulla, devo andare adesso. Quando Charlie si sveglierà spiegale che me ne sono andato a causa di una emergenza, lei capirà. Tornerò quando posso, amico” disse Steve, diede al suo migliore amico una pacca sulla schiena e se ne andò dall’appartamento, scendendo le rampe di scale quasi correndo; Bucky non si alzò dalla sedia, preferendo rimanere seduto ad osservare un punto indefinito della stanza.



Charlotte aprì gli occhi un’ora più tardi e si recò subito in cucina, si sorprese di trovare il giovane uomo e non il suo migliore amico.

“Buongiorno” disse prendendo posto a sua volta ed accendendo la TV “come stai? Va meglio?”

“Si, sto bene”

“Ieri notte sono entrata un momento in camera e mi sono preoccupata perché ti ho visto pallido”

‘Eri così preoccupata per me che ti sei scopata Steve’ pensò Bucky con una smorfia “no, sto bene, davvero. Credimi, ho passato ben di peggio. Dei proiettili nel petto non sono nulla in confronto ad un elettroshock e poi, così, siamo pari, non credi? Io ti ho sparato ad una gamba e tu mi hai sparato al petto”

“Avrei dovuto spararti a mia volta nella gamba destra, per essere veramente pari” rispose la ragazza prendendo una tazza dalla credenza vicino al frigo “ho parlato con Steve, ieri notte, sai?”

“Ah, davvero?” domandò il soldato ‘una conversazione molto intensa’.

“Puoi continuare a rimanere nel mio appartamento. Ti ha detto dove è andato?”

“Ha ricevuto una chiamata urgente, questo è quello che mi ha detto”

“Ah, va bene. Io devo andare a lavoro tra mezz’ora. Tu cerca di riposarti”

“Vengo con te”

“Cosa? No, sei ancora troppo debole”

“Come ti ho già detto, questo non è nulla rispetto a quello che ho passato. Devo ancora aiutarti con i libri, andiamo o arriverai in ritardo”

“Va bene, se dici di farcela…” mormorò la giovane preferendo non contraddirlo nuovamente, uscirono dall’appartamento ed andarono in libreria; per tutta la giornata Charlie lavorò in maniera distratta perché la sua mente continuava a tornare alla notte precedente, a quello che lei e Steve avevano fatto.

Elisa si accorse che c’era qualcosa tenuto nascosto dall’amica, ed alla prima occasione la prese in disparte per riempirla di domande.

“Oggi sei continuamente distratta, è accaduto qualcosa che dovrei sapere?” chiese Elisa, lo sguardo ricadde per qualche momento, in automatico, su Bucky.

“Oh, no, no. Ieri Steve mi ha fatto una sorpresa, è venuto a trovarmi ed abbiamo trascorso la notte insieme”

“Davvero?”

“Si”.

L’altra ragazza si portò una mano alla bocca, in modo da soffocare il gridolino che stava per uscire.

“Oh, cielo, davvero? Davvero? E come è stato? Voglio sapere tutto! Ti rendi conto con chi sei andata a letto?”

“Questa sera ti racconterò tutto. Ti chiamo dopo cena, d’accordo?”

“Va bene, devo dire che hai trascorso una bellissima giornata di Natale”

“Natale…” mormorò la ragazza, non si era nemmeno resa conto che il giorno precedente era stato Natale, a causa dei diversi fatti che si erano susseguiti uno dopo l’altro, non aveva decorato la casa e non aveva nemmeno tirato fuori l’albero dallo scatolone in cui lo teneva riposto per tutto il resto dell’anno.

La sua festività preferita le era scivolata dalle mani senza che se ne accorgesse minimamente e questo la riempiva di una tristezza infinita; soprattutto perché quando era piccola e la sua vita non era stata ancora sconvolta, la sua famiglia ci teneva molto al periodo natalizio.

“Si, Natale, Charlie”

“A volte il tempo trascorre troppo velocemente. Forza, dobbiamo continuare a lavorare”

“Almeno, poi, fino al nuovo anno siamo in ferie” rispose Elisa, con una risata, portò uno scatolone vicino alla scrivania in cui si trovava Bucky e ne approfittò per chiedergli come andava con il compito che doveva svolgere.

“Tutto bene”

“Se hai qualche domanda o dubbio non preoccuparti a espormelo”

“Elisa?”

“Si?”

“Mi domandavo se avessi impegni per questa sera”.

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Capitolo 11
*** Hydra's refuse ***


Finalmente siamo a casa!” esclamò Charlotte varcando la soglia del suo appartamento, in mano aveva due buste cariche di cibarie e Bucky ne aveva altrettante, dopo lavoro si erano recati al supermercato perché il povero frigorifero era quasi vuoto “è stata una giornata faticosa, vero? Però da domani non devo più andare in libreria per due settimane. Sono in ferie. Come vanno le ferite al petto? Non dovrebbe più farti male, ormai”

“Non sento più nulla, sono guarite del tutto”

“Mi dispiace ancora per quello che è accaduto e per come ho reagito di conseguenza, volevo cacciarti dal mio appartamento senza sapere che ero stata io stessa a creare il problema. Ti posso assicurare che non avrei mai letto quelle parole se avessi saputo che solo loro a trasformarti in… Ormai tutto è passato, giusto? Non c’è bisogno di parlarne ancora” rispose Charlotte, iniziando a svuotare le buste marroni, non poteva sapere che il peggio doveva ancora accadere, che quello che stava passando non era nulla in confronto alla tempesta che era in procinto di scatenarsi.

“Non parliamone e basta”

“Che cosa vuoi mangiare questa sera? Pensavo di fare un risotto ai funghi e zafferano, lo hai mai mangiato? È un piatto italiano molto buono, uno dei miei preferiti”

“Questa sera non mangio”

“Oh, non hai fame?”

“Non si tratta di questo. Non mangio nel tuo appartamento perché devo uscire”.

Charlie rimase con il braccio sospeso a mezz’aria, in mano teneva un cartone del latte appena comprato, per la colazione.

“Devi uscire? E dove devi andare? Non conosci la città”

“Ho un appuntamento con una ragazza”

“Hai un appuntamento? Con una ragazza? Questo è impossibile, tu non conosci nessuna ragazza di New York”

“Si che la conosco, sono stato io ad invitarla ad uscire. Tra un’ora mi passa lei a prendere ed andiamo a mangiare qualcosa insieme”

“Ti ripeto che è impossibile…” iniziò la ragazza, poi venne colta da un’improvvisa illuminazione ed il suo volto divenne dello stesso colore dei petali di un papavero, tanto avvampò di rabbia “ti prego, dimmi che non si tratta di Elisa”

“Perché non dovrebbe essere lei?”

“Ma si può sapere che cosa ti dice quel cervello malato che hai? Si deve essere proprio fottuto dopo tutte le scariche che ha assorbito! Non puoi uscire con lei e non puoi andare a mangiare in un ristorante, ti ricordo che sei un ricercato a livello internazionale e che la polizia ti cerca!”

“Bambina, ti ricordo che io sono un soldato e che sono in grado di rendermi invisibile quando lo desidero”

“Bambina? Bambina? Come ti permetti di chiamarmi in questo modo?”

“In confronto a me sei una bambina, Charlie”

“Non m’importa se sono molto più piccola di te, non puoi uscire con lei, ci tengo molto ad Elisa”

“Lei è molto contenta di uscire con me, quando gliel’ho detto ha subito sorriso”

“Va bene, d’accordo. Vuoi uscire con lei, perfetto, ma non hai pensato a quello che potrebbe accadere se l’appuntamento dovesse avere qualche risvolto? Un dopocena? Ti ricordo che hai un braccio di metallo, un cazzo di braccio di metallo!”

“Come ti ho già detto, sono capace di cavarmela da solo, Charlotte, non sono uno stupido anche se tu sei fermamente convinta del contrario. Scusami, ma ho bisogno di una doccia” disse il giovane uomo aprendo la porta del bagno e chiudendola alle proprie spalle; la giovane rimase senza parole, con in mano ancora il latte, ma anziché riporlo nel frigorifero lo scagliò contro una parete, per sfogare la rabbia quasi cieca che provava.

La confezione si spaccò ed il contenuto bianco si riversò contro una parete azzurra, creando un curioso contrasto; lei si sedette davanti al tavolo da pranzo ed incrociò le braccia sotto il seno.

Non era possibile, pensò Charlotte, Bucky non poteva essere così stupido da voler mettere a repentaglio la sua copertura in quel modo, uscendo con una ragazza, con Elisa, lei ci aveva provato ma se fosse accaduto qualcosa, non si sarebbe risparmiata a dire a Steve come le cose si erano svolte.

La sua vita era già abbastanza incasinata, non ci teneva a trascorrere qualche decina di anni in prigione, aveva ben altro da fare.

Prese una spugna da dentro al lavandino ed iniziò a pulire la parete sporca, poi sistemò il resto della spesa dentro al frigo ed alla dispensa; dal bagno si sentiva il rumore dell’acqua che scorreva e la giovane iniziava ad irritarsi, perché era lei quella che pagava le bollette.

Charlie bussò tre volte alla porta, non ottenendo riposta l’aprì, per vedere che cosa stava facendo il suo ospite.

“Per l’amor del cielo! Indossa un asciugamano, stanno lì apposta!” strillò, sbattendo la porta con forza, ritornando in cucina e ben decisa a cancellare dalla mente il corpo maschile, pieno di muscoli, che aveva appena visto; dopotutto non era abituata ad avere uomini nel suo umile e piccolo appartamento.

Si stava occupando nel riso che sembrava intenzionato ad attaccarsi alla padella per il risotto quando la porta del bagno venne socchiusa ed apparve Bucky, vestito.

“Come sto?”.

Lei si girò a guardarlo e si ritrovò a trattenere il fiato, quasi senza capacitarsene.

Il giovane uomo indossava un paio di jeans neri, una maglietta a maniche lunghe, nera, che stava incollata al suo corpo come una seconda pelle ed un paio di guanti perché uno solo sarebbe apparso sospetto; i capelli erano tenuti sciolti e ricadevano quasi a sfiorare le spalle, erano ancora un po’ umidi ma era comunque perfetto, perfetto come, si ritrovò a pensare Charlie, i modelli che si vedevano nelle pubblicità di profumi.

“Stai bene” disse deglutendo “ma non puoi uscire, non sono intenzionata a lasciarti andare”

“Ed io non sono intenzionato ad ascoltare le tue parole. Io voglio uscire e lo farò, ho notato che tu conduci una vita sentimentale abbastanza movimentata, perché non la posso avere anche io?”

“Ma che stai dicendo? A che cazzo ti riferisci?”

“Quando tu eri in ospedale ho ricevuto una telefonata da Steve e mi ha detto che tra voi due c’era solo un’amicizia, anche se in passato vi siete baciati, ma ieri notte mi è sembrato di vedere il contrario”

“Tu ci hai visti mentre stavamo facendo sesso? Ma come ti sei permesso?”

“Avevo fame, volevo mangiare qualcosa ma non potevo di certo andare in cucina mentre voi vi davate da fare nel divano, non credi? E poi, quando sei entrata in camera, hai anche avuto il coraggio di darmi un bacio nella guancia!”.

Charlotte avvampò nuovamente, come le fiamme del camino, prima di colpire il giovane uomo con uno schiaffo, violento, in pieno volto.

“Mi hai presa per una sgualdrina? Tu non sei nessuno per dirmi queste cose ed io faccio quello che mi sento di fare. In quel momento mi sentivo di darti un bacio in una guancia, non significava nulla quel gesto, nulla! Che cosa vorresti insinuare? Che ti ho dato quel bacio perché volevo fare sesso anche con te? Oh, non so come fossero le ragazze dei tuoi tempi ma io non sono così. Non sono assolutamente così. Questo è il mio appartamento e faccio sesso con chi voglio io” rispose la giovane, come risposta ricevette a sua volta uno schiaffo che la lasciò senza fiato, non tanto per la forza ma per l’atto in sé.

“Tu non mi tratti come se fossi una marionetta”

“Esci subito da questo appartamento! Adesso! Sei solo un bastardo! Se sei qui lo devi solo a Steve, perché è troppo cieco per vedere che razza di schifoso, stronzo e bastardo essere che sei! Avrei dovuto spararti contro tutti i proiettili che c’erano nella pistola! Mi sai sentito? Sei solo un rifiuto dell’Hydra! Un rifiuto dell’Hydra!” urlò Charlotte dalla rampa di scale che c’era fuori dal suo appartamento, sentì i passi farsi sempre più lontani e poi la porta dell’edificio sbattere con violenza, facendo tremare i vetri.

La ragazza ritornò dentro la sua abitazione lanciando un urlo di rabbia, il risotto, ormai, si era trasformato in una poltiglia nera e carbonizzata, immangiabile.


 


Charlotte prese in mano la padella che conteneva quello che rimaneva del risotto ai funghi e zafferano, svuotò il contenuto nel cestino dell’umido e la lasciò cadere nel lavandino.

Il cellulare prese a squillare dalla tasca della felpa che indossava, lo prese e quando vide il nome del suo migliore amico nel display pensò che si trattasse proprio di una coincidenza curiosa.

“Steve, stavo proprio pensando a te! Sai che cosa è accaduto? Il tuo Bucky è appena uscito con una mia amica per un appuntamento, l’uomo più ricercato in questo momento si trova in chissà quale ristorante di New York a cena con una ragazza. Ho provato a fermarlo ma non mi ha ascoltata”

“Sul serio?”

“Non sai quanto vorrei che fosse uno scherzo”

“Va bene, Charlie, non ti preoccupare. Vedrai che non accadrà nulla, dopotutto Bucky non può rimanere sempre segregato nel tuo appartamento, non è un detenuto”

“Però lo dovrebbe essere, si può sapere perché lo difendi in ogni occasione?”

“Va bene, va bene! La prossima volta che lo vedo gli parlerò, d’accordo?”

“D’accordo…Ascolta, Steve, io sono da sola nel mio appartamento, se non sei troppo distante ti piacerebbe venire da me? Magari possiamo mangiare qualcosa insieme e passare una bella serata, che ne dici?”

“Non posso, Charlie, vorrei ma non posso proprio. Riguardo a quello che è accaduto l’altra notte…Ecco, io vorrei che non cambiasse quello che c’è tra noi due”.

La ragazza si fermò di colpo, in mezzo al salotto, gli occhi spalancati e fissi nella parete davanti a sé.

“Aspetta, mi stai dicendo che mi stai scaricando? È questo che mi stai dicendo? Non ti è piaciuto quello che abbiamo fatto? Perché a me è sembrato il contrario”

“No, no, mi è piaciuto, davvero, è stato bello ma non credo di essere pronto ad avere una relazione. La colpa non è tua, è mia e di tutto quello che sta accadendo”

“Allora potevi pensarci due volte prima di baciarmi e fare sesso con me! Si tratta di Sharon? È così? Mi stai dicendo tutto questo perché in realtà sei innamorato di lei, solamente perché è la nipote di Peggy? Steve, mi sarei aspettata una cosa del genere da chiunque, ma non da te” disse Charlotte, profondamente delusa, chiudendo la telefonata, era così furiosa che scagliò l’apparecchio contro una parete, senza preoccuparsi del fatto che cadde a terra a pezzi; quello che aveva sentito era troppo da sopportare, la famosa goccia in grado di far traboccare il vaso.

La sua vita si era trasformata in un inferno doloroso e ricolmo di sofferenza, aveva dato a Steve la possibilità di risollevarla, in cambio aveva ottenuto una falsa speranza prima di precipitare ancora più in profondità; non era l’unica ad aver perso qualcosa, Wanda era rimasta senza il fratello, tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, eppure lei non si trovava in una condizione così terribilmente disperata.

Charlie andò in camera sua, si avvicinò alla finestra ed osservò, in silenzio, le luci della città che si estendevano sotto di lei, come una distesa di lucciole che non si spegnevano mai.

Una vista magnifica, in grado di togliere il fiato a chiunque l’avesse guardato.


 
 
Bucky attendeva Elisa appena fuori dall’edificio, teneva le mani in tasca e guardava il marciapiede con uno sguardo perso nel vuoto.

Le parole della ragazza continuavano a martellargli in testa, come una cantilena ipnotica, non provava rabbia nei confronti di Charlotte ma verso sé stesso, lei non aveva fatto altro che dire la verità: era solo un prodotto, un rifiuto, dell’Hydra che avrebbe potuto tradirli da un momento all’altro a causa delle parole che gli avevano inculcato, a forza, in testa.

Bucky sapeva che non sarebbe mai più stato lo stesso, il ragazzo che era un tempo non era sopravissuto alla caduta dal treno; quello che si era risvegliato era totalmente un’altra persona, ma non ci teneva a tornare una macchina assassina.

La verità era che doveva scoprire la sua nuova identità un passo alla volta e quell’appuntamento avrebbe potuto essere il primo in direzione di una nuova vita, magari non quella che aveva sempre sognato, ma comunque accettabile.

“Ehi, bel fusto, vuoi un passaggio?” la voce di una ragazza gli arrivò dalla strada e vide Elisa affacciata al finestrino di una macchina nera, fargli cenno di salire.

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Capitolo 12
*** Restaurant, Disco and Gun ***


Elisa portò Bucky in un ristorante giapponese in cui era solita andare con Charlotte, quando il giovane uomo prese in mano il menù, che gli era stato portato da un cameriere, spalancò gli occhi perché non aveva mai sentito piatti più strani di quelli ed alla fine lasciò che fosse la ragazza ad ordinare il cibo per entrambi.

Quando i piatti arrivarono al tavolo (ravioli e pollo alle mandorle) il giovane uomo si ritrovò ad ingaggiare una vera e propria lotta contro le bacchette di legno, durante uno dei tentativi un pezzo di pollo cadde addirittura nel pavimento, fu proprio quell’episodio a sancire la fine di ogni prova e decretare l’ordine di forchetta e coltello, posate molto più comode per consumare la cena.

Assaggiò sia i ravioli che il pollo, dicendo ad Elise che era tutto buono, ma alla prima occasione in cui si recò in bagno vomitò tutto dentro la tazza di ceramica, mai nella sua vita aveva mai mangiato qualcosa di così pessimo; ma a chi era vento in mente di cucinare del pollo con delle maledette mandorle e prugne? Doveva essere sicuramente un pazzo, non c’era altra spiegazione!

Una volta terminata la cena era ancora presto per tornare a casa ed Elisa diede al soldato due opzioni tra cui poter scegliere: il cinema o la discoteca.

“Che cos’è la discoteca?” chiese Bucky, dato che non aveva mai sentito quel termine in tutta la sua vita, per quel che lo riguardava poteva anche trattarsi di un animale o di un’arma di distruzione.

“Davvero? Nel posto in cui abiti tu non ci sono discoteche? È un posto dove si beve e si balla, molto divertente” rispose la ragazza, ne conosceva una che distava pochi minuti dal ristorante giapponese ed il giovane uomo decise di accontentarla, perché non aveva la minima idea di quello che lo avrebbe atteso.

Ai suoi tempi, nel corso della seconda guerra mondiale, c’erano delle piste da ballo con orchestre che suonavano dal vivo e non avrebbe mai immaginato che tali luoghi si sarebbero trasformati in posti quasi infernali, dove la musica era pompata ad un volume allucinante dentro a delle casse nere e decine e decine di ragazzi ballavano l’uno attaccato all’altro.

“C’è troppa confusione in questo posto”

“Dai, vieni, balliamo!” gridò la ragazza dai capelli neri, afferrandolo per mano e trascinandolo al centro della pista, così il giovane uomo si ritrovò costretto a muoversi seguendo il ritmo della musica per non essere spinto a terra e calpestato da quella folla inferocita “sei molto bravo, lo sai?”

“Questa è la prima volta che ballo così, io ricordavo che si facesse in modo molto più lento!”

“Sei troppo forte!” gridò ancora una volta Elisa, ballarono ancora per la durata di due o tre canzoni, Bucky non aveva mai sudato così tanto, nemmeno quando si allenava per mantenere il proprio fisico scolpito e così quando la sua accompagnatrice gli chiese se volesse qualcosa da bere, lui rispose subito in modo affermativo; la giovane si allontanò in direzione del bancone del bar, tornando poco dopo con due bicchieri riempiti con un liquido scuro, caramellato.

“Che cosa sono?”

“Rum e cola”

“Cola?”

“Coca cola! Non l’hai mai bevuta? Avanti, prova questo drink, è molto buono!”.

Il soldato prese in mano il bicchiere e lo svuotò quasi tutto d’un sorso, rimanendo colpito dal gusto dolce della bevanda e da quello forte del rum; la tasca dei jeans iniziò a vibrare e tirò fuori il cellulare che Charlotte gli aveva gentilmente comprato ed insegnato ad usare.

“Pronto?” urlò a pieni polmoni.


 
Steve Rogers allontanò dall’orecchio il proprio cellulare a causa della voce che aveva appena urlato e del rumore, assordante, provocato dalla musica.

“Buck, si può sapere dove sei? Che cos’è tutta questa confusione?”

“Sono con un’amica di Charlotte in un posto chiamato discoteca. È davvero forte e c’è la musica altissima. Ho appena bevuto una cosa che si chiama cola e rum”

“Sei in una discoteca? Che cosa ci fai lì?”

“Cosa? La canna da pesca? Steve, che diavolo c’entra una canna da pesca con quello che ti ho appena detto? Perché ti dovrei comprare una canna da pesca?”

“No, ti ho chiesto che cosa ci stai facendo in un posto simile!”

“Il porto? Va bene, Steve, non posso parlare! Devo andare! Questa canzone è bellissima!” urlò nuovamente il giovane uomo prima di chiudere la telefonata, Steve appoggiò il cellulare sopra il tavolo davanti a sé e guardò Sam.

“Se si ubriaca e poi non ricorda più nulla io non ne voglio sapere” commentò l’altro e Rogers scoppiò a ridere.


 
Bucky prese in mano il terzo bicchiere di rum e cola che Elisa si era gentilmente offerta di pagargli e lo mandò giù in due veloci sorsi, come se fosse della semplice acqua.

“Piano! O ti ubriacherai! Questa roba è forte”

“Per così poco non mi accadrà nulla” rispose lui con un sorriso, stava dicendo la verità perché dopo una decina di minuti la ragazza era quasi completamente ubriaca mentre il soldato era ancora lucido; capì che era il momento di andarsene perché Elisa faticava anche a stare in piedi “devi dirmi dove abiti o non posso accompagnarti a casa”

“In questo momento non ricordo nulla, sai?”

“Oh, cielo, ti prego! Cerca di ricordare!”

“Non me lo ricordo!” ripeté la ragazza scoppiando a ridere in modo quasi isterico, Bucky la prese in braccio e la posò nei sedili posteriori della macchina, si sedette in quello del guidatore e mise in moto la vettura, augurandosi di ricordare dove fosse l’appartamento di Charlotte e come si facesse a guidare.

Ci riuscì dopo quasi due ore di tentativi e di marciapiedi non visti, senza provocare incidenti od investire qualcuno anche se, ormai, aveva quasi perso ogni speranza di farcela.

“Tu aspettami qui dentro, io vado a chiedere aiuto a Charlie, va bene?” disse il giovane uomo, ricevette come risposta un cenno appena percepibile della testa perché Elisa si era già addormentata; entrò nell’edificio ed iniziò a salire le numerose rampe di scale, con la speranza che la giovane non fosse ancora così arrabbiata con lui, fino ad arrivare all’appartamento ed aprire la porta d’ingresso.

Lì dentro era tutto avvolto dalla oscurità più fitta, era evidente che Charlie non fosse nel salotto o nella cucina, così andò subito a bussare alla porta della camera della ragazza.

Non ricevette risposta, così entrò e la vide seduta nel bordo nel letto, con qualcosa tra le mani, grazie alla luce che filtrava dalla finestra capì subito che si trattava di una pistola.

“James, che cosa ci fai, qui?”

“Ma che cazzo vuoi fare con quella in mano?”.

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Capitolo 13
*** Baby, Baby, Baby... ***


Charlotte abbassò gli occhi azzurri sulla pistola che teneva in mano, come se si fosse accorta solo in quel momento dell’arma, ma quando i suoi occhi tornarono a guardare Bucky erano lucidi di lacrime, di disperazione.

“Ho parlato con Steve e lui mi ha detto di essere pentito di quello che abbiamo fatto. Dell’amore che abbiamo fatto insieme, perché era amore e non sesso. Forse, però, sono stata l’unica a pensarla in questo modo. Lui è innamorato di Sharon, la nipote di Peggy, ed io sono stata solo uno sfogo”

“Tu non sei stata solo uno sfogo”

“Si, invece, lo sono stata e sempre lo sarò. È da quasi tre anni che la mia vita va completamente a rotoli, ho provato a reagire, ho provato ad andare avanti ma non è cambiato nulla. Da quando la persona di cui mi ero innamorata mi è stata strappata via, tutto è diventato solo un profondo abisso ed io continuo a cadere ed a cadere. Ho tentato di trovare un’uscita ma non c’è, non esiste” mormorò Charlie disperata, cedendo al primo singhiozzo disperato; il giovane uomo, in risposta, si sedette nel bordo del letto e le sollevò con delicatezza il mento, costringendola a guardarlo negli occhi.

“Non devi pensarla in questo modo, mai. Tu sei ancora giovane, sei una bambina di ventiquattro anni, hai ancora una vita davanti a te. Lo vedo che hai conosciuto molta sofferenza, solo uno stupido non lo capirebbe ma c’è sempre un modo per andare avanti, forse adesso non lo vedi perché è ancora troppo presto ma prima o poi apparirà, vedrai. A te hanno strappato la persona che amavi, a me hanno strappato la vita che amavo. Per salvare Steve sono caduto da un treno ed ho perso il braccio sinistro, non sarei sopravvissuto se quelli dell’Hydra non mi avessero trovato. Dovrei ringraziarli? Dovrei maledirli? Forse è più probabile e giustificabile la seconda dato che sono caduto anche io in un incubo senza fine; ma poi Steve mi ha ritrovato e tutto è cambiato, forse. È ancora presto per dirlo. Io so solo che il ragazzo di una volta non esiste più e che devo imparare a vivere con quello che sono ora. Tu sei una ragazza forte, sei la ragazza più forte che io abbia mai conosciuto, diversa da tutte quelle che mi sono portato a letto anni ed anni fa. Io ti ammiro, Charlotte, sei tanto forte e bella allo stesso tempo”

“Come puoi dire questo dopo tutte le cose brutte che ti ho urlato? Non volevo dire che sei un rifiuto dell’Hydra, mi dispiace tanto. Mi dispiace per tutto ma sono così confusa”

“Non ha importanza, non è accaduto nulla, vieni qui, piccola” sussurrò con dolcezza Bucky e la strinse al proprio petto, lasciandole piangere tutte le lacrime che aveva sempre continuato a trattenere per tutto quel tempo, affondò il viso nella sua chioma castana, profumata di vaniglia e pesca a causa dello shampoo che amava usare “Oh, piccola, piccola mia”.

La ragazza continuò a singhiozzare in modo disperato, aggrappandosi a lui come se fosse la sua unica ancora di salvezza, alla fine crollò addormentata, senza nemmeno accorgersene e Bucky la sdraiò nel letto, sistemandole con cura le coperte e nascondendo la pistola il più lontano possibile, dove lei non l’avrebbe trovata tanto facilmente.

Gli tornò in mente che Elisa era ancora sdraiata nei sedili posteriori della sua stessa macchina: non poteva svegliare Charlotte ma non poteva nemmeno lasciarla lì tutta la notte! Decise, dunque, per una terza opzione.

Scese dall’appartamento, salì in macchina e portò la ragazza in un motel vicino; prese in affitto una stanza per quella notte (grazie a dei soldi che aveva preso in prestito dalla sua coinquilina) e la lasciò sopra al letto matrimoniale.

Bucky avrebbe potuto benissimo svegliarla e concedersi con lei una storia leggera, senza alcun impegno, ma non ci teneva ad illudere quella ragazza riguardo a qualcosa che non esisteva, non se lo meritava.

Uscì dal motel e tornò a casa , a piedi, godendosi quella passeggiata improvvisata nel cuore della notte, con il freddo che gli penetrava nelle ossa ed il fiato che gli si condensava subito fuori dalle labbra; salì le rampe di scale ed entrò nell’appartamento dopo una decina di minuti.

Andò subito in camera e trovò Charlotte addormentata e nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata, si augurava che il giorno seguente non ricordasse nulla del suo gesto sconsiderato; il giovane uomo sospirò profondamente, quella era stata proprio una giornata dura e strana, lunga e corta allo stesso tempo ed ora si sentiva terribilmente stanco, tanto che le palpebre quasi si chiudevano da sole.

Si tolse la giacca e la maglietta nera, le scarpe ed i calzini, si sdraiò affianco alla giovane e le passò il braccio sinistro attorno ai fianchi, addormentandosi quasi subito e con una pace che non provava da tempo immemore.



Il giorno seguente, più o meno nello stesso momento in cui Elisa si svegliava in una stanza di motel, Charlie aprì gli occhi su quella che era la sua camera da letto; si stiracchiò e si voltò dall’altra parte, capì subito che qualcuno aveva dormito affianco a lei perché sentì nel cuscino un profumo dolce e forte allo stesso tempo che non le apparteneva.

Trovò finalmente la forza di alzarsi e di andare nel salotto; trovò Bucky in cucina, intento a preparare la colazione e questa volta senza bruciare qualcosa, rimase ad osservarlo in silenzio, fino a quando l’istinto da soldato del giovane uomo gli suggerì di non essere più solo.

“Buongiorno, ti sei appena svegliata?”

“Si, tu? Sei sveglio da molto?”

“Da poco. Ho appena iniziato a cucinare la colazione”

“Oh, bene, attento a non bruciare nuovamente i pancakes” disse Charlotte con un sorriso, poi tornò subito seria “ascolta… Per quanto riguarda ieri notte…”

“Ieri notte? Non è accaduto nulla ieri notte. Sono entrato nel tuo appartamento e tu stavi dormendo, allora sono stato costretto a portare Elisa in un motel e pagare una stanza per una notte” rispose il giovane uomo con un sorriso e lei gli fu grata di quel tentativo di cancellare una cazzata che avrebbe potuto trasformarsi in una maledetta tragedia.

“Con che soldi hai pagato la stanza?”

“Con quelli che ho preso in prestito dal tuo portafoglio. Appena posso te li restituisco”

“Oh, non ha alcuna importanza, James. E comunque è nostro”

“Nostro?”

“Nostro appartamento” rispose Charlotte con un sorriso “senti…”

“Cosa?” domandò Bucky fermandosi un secondo, voltandosi a guardarla e la ragazza si perse un momento in quella perfezione sottoforma di uomo; stava per chiedergli se la notte precedente l’avesse chiamata con un diminutivo come ‘piccola’ o se era solo stato frutto della sua debole mente, ma decise di lasciar stare.

“Nulla, volevo solo dirti che adesso mi faccio una doccia, tu continua a preparare la colazione e poi andiamo a comprare quello che ci serve per festeggiare la notte di San Silvestro” disse, allora, prima di uscire dalla cucina.

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Capitolo 14
*** Like a brain washing ***


New York era stretta nella morsa dell’inverno ma né Charlotte né Bucky sembravano sentirlo, dato che entrambi avevano dei vestiti molto leggeri: la prima indossava un paio di pantaloni azzurri, una maglietta bianca ed un giubbotto senza maniche mentre il secondo portava un paio di jeans neri, una maglietta ed una giacca in pelle del medesimo colore.

Charlie non soffriva il freddo perché apparteneva alla razza dei Giganti di Ghiaccio mentre Bucky aveva vissuto moltissimi anni in Siberia e lì il clima era molto più rigido.

Entrarono entrambi in un supermercato e la ragazza si raccolse i capelli castani in un’alta coda di cavallo.

“Dobbiamo prendere che ci serve per la cena del trentuno”

“Hai già pensato a cosa preparare?”

“Si, pensavo di fare dei maccheroni al formaggio, polpettone con patate e purè di zucca. Magari anche una torta alle mele con gelato. Se c’è qualcosa che non ti piace basta solo che me lo dici”

“Va tutto bene, non devi cambiare nulla”

“Perfetto, perché indossi gli occhiali da sole? Hai paura che qualcuno ti possa riconoscere dentro a questo supermercato?” domandò la ragazza prendendo in mano un barattolo che conteneva sugo al pomodoro.

“Si, preferisco non togliermeli” mentì il giovane uomo, deglutendo a fatica, non aveva timore che qualcuno potesse riconoscere in lui il Soldato d’Inverno, voleva tenere gli occhiali da sole perché così gli era concesso di guardare Charlotte senza essere visto, evitando così di dover rispondere a domande imbarazzanti.

Dalla notte precedente non faceva altro che pensare a lei, a quanto volesse baciarla, toccarla, arrivando perfino a possederla; era riuscita a risvegliare qualcosa che sembrava essersi assopito per sempre, che mai più si sarebbe potuto risvegliare.

Charlotte gli si era conficcata in profondità, al centro dei suoi pensieri, con i suoi occhi azzurri e la sua forza da leopardo; lei lo aveva incatenato ad una parete e gli aveva bruciato completamente il cervello, prendendone il controllo, ma era un controllo dolce e piacevole come una colata di caramello.

Una cosa per cui si avrebbe ucciso, pur di assaggiarla anche un solo istante.

Quella ragazza gli era entrata nel cervello già la prima volta in cui l’aveva vista, due anni prima, altrimenti perché le avrebbe scaricato i proiettili di una pistola in una gamba anziché nella schiena, dato che l’occasione non gli era mancata?

Anche in quel momento, con in mano un semplice barattolo di sugo, appariva ai suoi occhi come la creatura più bella e seducente del mondo.

“Prendiamo questo? James? James, mi stai ascoltando?” domandò Charlotte voltandosi a guardarlo, allungò la mano destra e gli tolse gli occhiali da sole “ti senti male?”

“No, scusami, mi sono solo distratto. Vado un momento in bagno, arrivo subito” rispose lui in fretta, doveva allontanarsi il prima possibile o sarebbe impazzito definitivamente; una volta nei bagni si lavò il viso con dell’acqua fredda e guardò il proprio riflesso allo specchio.

Quello che vedeva era il volto, sconvolto, di un giovane uomo che a volte faticava a riconoscere come proprio, soprattutto perché un tempo portava i capelli corti e le guance sbarbate.

Prese in mano il cellulare per chiamare il suo migliore amico ma si bloccò poco prima di premere il tasto per chiamare, non poteva di certo disturbare Steve per una simile cavolata e dire che aveva perso la testa per la stessa ragazza con cui lui era andato a letto; si fermò prima di compiere una delle più grandi cazzate della propria vita.



 
Charlie era rimasta alquanto perplessa dal comportamento di Bucky e dal modo brusco in cui le aveva risposto, avrebbe voluto seguirlo in bagno ma ci ripensò subito, capendo che non era il caso, era molto meglio aspettarlo nella corsia delle bibite gassate; incrociò le braccia sotto il seno e fissò una delle piastrelle a scacchi del pavimento.

Si sentiva una completa schifezza per come aveva trattato il giovane uomo, per il veleno che gli aveva sputato addosso, soprattutto dopo quello che lui le aveva detto la notte precedente, per come l’aveva fatta desistere da quello che era in procinto di fare.

Si, se Bucky non fosse arrivato in tempo avrebbe rivolto la canna della pistola contro il proprio mento, avrebbe sparato e non avrebbe avuto alcuna via d’uscita; nel caso fosse sopravvissuta, invece, avrebbe scatenato l’ira del suo capo, oltre a quella di tutti gli altri Avengers e sarebbe stato mille volte peggio.

Il giudizio nei confronti del giovane uomo si era capovolto completamente e da un pazzo assassino, ora lo considerava una vittima di un’organizzazione crudele, in grado di non avere pietà per nessuno.

Charlotte chiuse gli occhi e sorrise, senza rendersene conto, quando gli tornò in mente quando era entrata nel bagno del suo appartamento ed aveva trovato Bucky privo di qualsiasi vestito, anche se era uscita subito e velocemente aveva fatto in tempo a godersi quella vista ed il braccio meccanico non aveva affatto guastato il panorama.

La ragazza si riscosse velocemente da quei pensieri assurdi, semplicemente assurdi ed inconcepibili; non poteva iniziare ad avere dei pensieri decisamente peccaminosi su colui che le aveva rovinato la gamba destra ed era, per giunta, il miglior amico di Steve, non era decisamente il caso.

“Come stai?” gli chiese quando lo vide tornare.

“Sto bene, è stato solo un mancamento”

“Vuoi mangiare qualcosa?” domandò, allora, Charlotte con l’ansia che già aveva preso a salirle dalla gola.

“Si, forse ho proprio bisogno di mangiare qualcosa”

“Devo prendere le ultime cose e poi andiamo a prendere un panino e delle patatine. Ho pensato che potremo prendere degli abiti eleganti per la sera di San Silvestro, per la nostra cena, che cosa ne dici?”

“Dico che è un’ottima idea” mormorò Bucky impallidendo, non stava per avere un mancamento, semplicemente già sapeva che sarebbe stato ancora più difficile resistere a qualsiasi genere d’impulso se avesse visto la ragazza con addosso un abito da sera.

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Capitolo 15
*** Every Breath You Take ***


“Dobbiamo uscire anche questa mattina. Ho bisogno di comprare un libro di cucina ed i nostri abiti da sera per domani. È possibile che io non abbia nemmeno una ricetta per cucinare un polpettone e del purè? E come se non fosse già abbastanza non posso scaricarle da internet! No, perché il computer doveva abbandonarmi proprio oggi” sbottò Charlotte piuttosto seccata, perché quel giorno le disgrazie sembravano intenzionate a volerla rincorrere senza darle la possibilità di scappare: aveva ancora molto da comprare per la notte di San Silvestro, doveva cucinare tutti i piatti ed Elisa continuava a tormentarla con il suo appuntamento finito male; per qualche strana ragione si era convinta che lei e Bucky avevano fatto sesso e lui l’aveva abbandonata nel motel molto poco elegantemente.

“Andiamo, allora, prima partiamo e prima torniamo a casa se hai molto di cui occuparti”

“Si, con la speranza che Elisa non provi a chiamarmi ancora una volta. Tu sei sicuro che tra voi due non c’è stato nulla quella notte?” domandò la ragazza mentre uscivano dal suo appartamento e scendevano le scale.

“Assolutamente nulla. Abbiamo ballato in discoteca, lei si è ubriacata e non ho avuto altra scelta che portarla in un motel”

“Va bene, ti credo, non c’è alcun motivo per cui dovresti mentirmi. James, non ti ho ancora ringraziato abbastanza per quella notte, se tu non fossi entrato in camera mia in quel momento…”

“Non hai nulla di cui scusarti, ho fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto se fosse stato al mio posto”

“Le parole che hai detto dopo…”

“Senti, possiamo cambiare argomento? Questa faccenda è finita, si è conclusa e non ha senso continuare a tirarla fuori. Sono io che sono stato uno stupido ad uscire con la tua amica, c’è mancato poco che mi scoprisse”

“Davvero?”

“Si, ma io sono riuscito a farle cambiare argomento e non è più accaduto nulla. Forza, andiamo” rispose Bucky entrando nella libreria in cui erano diretti; Charlotte si strinse nelle spalle, ferita per il modo brusco con cui il giovane uomo aveva cambiato argomento.

La libreria non era la stessa in cui lei lavorava, questa era molto più ampia e fornita ed andarono subito nella sezione dedicata ai libri di cucina; Charlie trovò quasi subito uno che faceva al caso suo ma prima di andare in direzione delle casse si recò nella sezione della musica.

“Voglio ascoltare un momento un CD”

“A che cosa servono quelle cuffie?”

“Ad ascoltare le canzoni, così puoi sentire se questo CD ti piace oppure no. Guarda, appoggi le cuffie nelle orecchie e selezioni il numero che corrisponde alla canzone che preferisci ascoltare. Questa è una delle mie proferite, si chiama ‘Every Breath You Take’ dei POLICE”.

Nelle cuffie partì quasi subito una musica lenta, piacevole, accompagnata da una voce maschile e profonda che recitava il testo della canzone, che parlava d’amore.


 
Every breath you take

And every move you make

Every bound you break,every step you take

I’ll be watching you

 
Every single day

And every word you say

Every game you play, every night you stay

I’ll be watching you

 
Oh, can’t you see?

You belong to me?

How my poor heart aches

With every step you take

Every move tou make

Every vow you break

Every smile you fake, every claim you stake

I’ll be watching you

 
Since you’ve gone I’ve been lost without a trace

I dream at night, I can only see your face

I look around, but it’s you I can’t replace

I feel so cold, and I long for your embrace

I keep crying baby, baby please



 
Ogni respiro che fai

Ogni movimento che fai

Ogni legame che spezzi, ogni passo che fai

Io starò a guardarti

 
Ogni singolo giorno

E ogni parola che dici

Ogni partita che giochi, ogni notte in cui resti

Io starò a guardarti

 
Oh, non riesci a capire

Che appartieni a me?

Quanto il mio povero cuore soffre

Con ogni passo che fai

Ogni movimento che fai

Ogni promessa che non mantieni

Ogni sorriso che fingi, ogni diritto che accampi

Io starò a guardarti

 
Da quando te ne sei andata mi son perso senza lasciare traccia

Sogno la notte, riesco solo a vedere il tuo volto

Mi guardo intorno, ma sei tu che non posso sostituire

Mi sento così freddo e ho bisogno del tuo abbraccio

Continuo a piangere piccola, piccola, ti prego!*




“Può bastare così” disse Bucky in un soffio, togliendosi le cuffie con un gesto secco, come se fossero diventate di fuoco all’improvviso, la giovane lo guardò incredula, dato che continuava a non capirci nulla del suo comportamento.

“Stai ancora male? Hai un altro mancamento come qualche giorno fa?”

“Io… Ecco…”

“Devi dirmi se stai male, va bene?”

“Sto bene, Charlie, davvero. Non è accaduto nulla. Andiamo a pagare il libro ed a prendere il vestito per me e per te?”

“Certo, andiamo” mormorò in risposta la giovane, cercando di ignorare quello che era appena accaduto; si recarono in un negozio di vestiti piuttosto costosi, ideali per una serata simile; entrambi andarono nella propria sezione, acquistando l’abito all’oscuro dell’altro perché solo la sera del giorno seguente si sarebbero visti a vicenda.
Quando tornarono nell’appartamento, varcando la soglia d’ingresso, Bucky afferrò subito Charlotte, stringendole il braccio destro con la mano sinistra.

“Che ti prende?”

“C’è qualcuno qui dentro”

“Come?”

“Non siamo soli” ripeté il soldato, diventando rigido all’improvviso, sicuro che fosse qualcuno che lo cercava; anche Charlie percepì una terza presenza,  dietro la porta del bagno, disse al giovane uomo di rimanere fermo dov’era, perché era in grado di difendersi anche da sola in caso di un attacco improvviso.

Appoggiò nel pavimento le due buste con dentro gli abiti e si avvicinò, con passo felpato, alla porta del bagno; l’aprì di scatto e rimase letteralmente a bocca aperta davanti all’uomo che stava scrutando dentro ad un armadietto.

“Si può sapere che cazzo ci fai qui dentro, Tony?”

“Buongiorno, Charlie, come stai?”

“Io sto bene, ma cosa ci fai dentro il bagno del mio appartamento? E come ci sei arrivato?”

“Ti devo parlare ed ero stanco di aspettarti davanti alla porta d’ingresso. Posso accomodarmi nella tua cucina? Per quanto sia bello questo bagno non mi sento a mio agio a discutere qui dentro. Soprattutto riguardo ad una possibile guerra civile che sta per scatenarsi”.




*Police. Every Breath You Take. Se non conoscete questa canzone vi consiglio vivamente di ascoltarla.

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Capitolo 16
*** Choose your team, Charlie ***


“Aspetta un  momento, non puoi andare in cucina senza il mio permesso” disse Charlotte, tentando di bloccare Tony, ma quest’ultimo la sorpassò senza badare alle sue parole e si diresse a passo spedito nell’altra stanza; il sangue si gelò subito nelle vene della ragazza, già si aspettava l’imprecazione di Tony alla vista di Bucky, dato che si trovava proprio lì ma ciò non accadde.

“Allora, Charlie? Devo servirmi da solo?”

“Arrivo subito” rispose lei, raggiungendolo in cucina, si guardò attorno cercando l’altro giovane uomo con lo sguardo ma sembrava essere sparito; aprì il frigorifero e stappò una bottiglia di vino rosso prima di riempire due alti calici di vetro “purtroppo non ho nessuno dei tuoi amati superalcolici, Stark, dovrai accontentarti di questo”

“Andrà bene lo stesso. Allora, Charlie, che cosa stai combinando? È da tempo che nessuno ti vede più allo S.H.I.E.L.D. . Abbiamo provato a chiamarti più e più volte e non hai mai risposto, Nick è incazzato come una bestia con te, ha detto che se non torni sei licenziata”

“Non può licenziarmi. Lui non può licenziare nessuno di noi Avengers perché c’è bisogno di noi”

“Io l’ho visto piuttosto deciso in quello che diceva”

“Ho bisogno di restare ancora un po’ di tempo da sola, digli che tornerò presto, te lo prometto. Devo sistemare delle cose personali e poi tutto tornerà come prima. Che cosa sarebbe questa guerra civile che hai nominato poco prima?”

“Non guardi i telegiornali?” domandò Tony alzandosi dalla sedia, sorseggiando il vino rosso, si avvicinò alle due buste appoggiate nel pavimento.

“No”

“Cercherò di essere il più sintetico possibile. Il governo è stanco delle cazzate che noi Avengers combiniamo ogni volta che c’è un’invasione aliena o un cattivo da pestare a sangue. Vuole tenerci sottocontrollo e darci la possibilità d’intervenire solo quando non c’è più altra soluzione. Io sono d’accordo, ma il tuo amico Rogers la pensa in modo diverso, non vuole che una qualunque forma di controllo agisca su noi Avengers, come se ciò non fosse già abbastanza complicato c’è stato un attentato a Vienna. Il Re del Wakanda è rimasto ucciso e le autorità hanno divulgato l’immagine del colpevole, ripreso dalle telecamere. Ti dice nulla il nome James Barnes?”

“ Il Soldato D’Inverno?”

“Rogers l’ha aiutato a scappare una volta, Rodhey l’ha catturato ma il tuo amico l’ha fatto scappare una seconda volta e non riusciamo a trovare né Barnes, né Sam, né Steve”

“E io che cosa c’entro con tutto questo?” domandò la ragazza prese in mano la bottiglia di vino per riporla dentro al frigorifero, una scusa affinché il miliardario non vedesse il suo viso pallido e sudato.

“Non lo so, Charlie, dovresti essere tu a dirmelo. Il Capitano è il tuo migliore amico o sbaglio?”

“Si”

“Lo hai sentito di recente?”

“Mi stai chiedendo se io ho a che fare con questa faccenda? Due anni fa ho aiutato Steve, Nat, Sam e Fury con quello che è accaduto a Washington. Quel figlio di puttana di Barnes mi ha crivellato la gamba di colpi e tu credi che il mio migliore amico mi abbia chiesto di aiutarlo a nasconderlo o qualcosa di simile?”

“Te lo sto solo chiedendo. Voglio essere sicuro e poi Steve è abbastanza prevedibile come persona”

“Te lo ripeto, Tony, io non so nulla di questa faccenda. Assolutamente nulla” ripeté la giovane a denti stretti; l’uomo si tolse i costosi occhiali da sole che ancora indossava, i suoi occhi scuri si fissarono in quelli azzurri di lei per lunghi secondi.

Rimasero entrambi in silenzio per lunghi momenti, fino a quando Stark non emise un lungo sospiro.

“Va bene, Charlie, era una domanda che dovevo farti. Adesso devo andare, ti vedi con qualcuno?”

“Come?”

“Dentro quella busta c’è un abito maschile”

“Si, mi vedo con un ragazzo”

“Peccato, volevo chiederti se avessi impegni per domani sera”

“Pepper non la prenderebbe molto bene”

“Io e lei ci siamo presi una pausa di riflessione. Se sai qualcosa faresti meglio a dirmelo, pensaci bene perché Rogers è ufficialmente un ricercato insieme a Barnes e Wilson; ben presto dovrai decidere da che parte stare” rispose Stark con un cenno di saluto della mano destra; uscì dalla porta d’ingresso dell’appartamento e Charlotte rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, sconvolta per le rivelazioni che aveva sentito.

La porta del ripostiglio si aprì e sbucò la testa di Bucky.

“Hai sentito tutto?”

“Si”

“Maledizione. È tutto più grave di quello che pensavo”

“Charlotte, è meglio se me ne vado, se scoprono che mi stai nascondendo andrai in prigione anche tu e io non voglio che questo accada. Non voglio che accada nulla a te”

“Steve sostiene che non sei stato tu a posizionare quella bomba ed io mi fido ciecamente di lui. Tony potrà anche avere qualche sospetto ma non ha alcuna certezza. Tu rimarrai qui dentro fino a quando tutto non si sistemerà. Ti prometto che avrai la possibilità di rifarti una nuova vita” rispose la giovane sorridendo, lo abbracciò per dargli conforto e riceverlo a sua volta; per un momento si perse nel profumo della sua pelle e dei suoi capelli lunghi.

Restarono immobili in quel abbraccio perché nessuno di loro due voleva essere il primo a distaccarsi; fu Charlie la prima a muoversi ed allontanarsi di un passo.

“Va bene, ma se dovesse succedere qualcosa non me lo perdonerò mai”

“Non succederà nulla, ti va di mangiare qualcosa e di andare al cinema?”.

Erano più di settant’anni che Bucky non andava al cinema a vedere un film, di conseguenza la ragazza si convinse che fosse la cosa più giusta da fare, così dopo pranzo si recarono in un cinema a guardare una commedia romantica, uno dei generi preferiti di Charlotte.

Comprarono entrambi una bibita ed un sacchetto di pop corn e occuparono due sedili vicini.

A metà pellicola, complice anche la commedia romantica, Charlie iniziò a sentire il bisogno e la voglia di appoggiare la testa contro la spalla destra del giovane uomo, per sentire ancora il profumo della sua pelle; voleva farlo ma allo stesso tempo non aveva mai avuto così paura di compiere un gesto così piccolo.

Sentì Bucky sbadigliare a suo fianco e dopo qualche secondo percepì il suo braccio destro attorno alle proprie spalle e si ritrovò a sorridere, capendo che aveva usato proprio il vecchio trucco dello sbadiglio; appoggiò il capo contro la sua spalla destra, cosciente del fatto che non avrebbe ricevuto un rifiuto.

Ad un certo punto sollevò il viso ed appoggiò una mano nella guancia sinistra del giovane uomo, invitandolo a girarsi per far congiungere le loro labbra ma lui, improvvisante, irrigidì tutti i muscoli del viso e del collo, senza muoversi di un solo millimetro e senza staccare gli occhi dallo schermo.

Quel gesto raffreddò così tanto la ragazza che si staccò bruscamente appoggiandosi al bracciolo opposto della poltroncina nera.
 

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Capitolo 17
*** Happy New Year, James ***


La mattina dell’ultimo giorno dell’anno Charlotte si svegliò molto presto ed andò subito in cucina, a tirare fuori dal frigo e dalla dispensa tutto quello che le serviva; l’attendeva una dura giornata perché erano molte le cose che doveva preparare per il menù e come se ciò non fosse già abbastanza, non aveva quasi chiuso occhio durante la notte appena trascorsa.

Aveva provato a non pensare a quello che era accaduto al cinema ma per quanto si fosse sforzata, la sua mente era sempre tornata lì; non riusciva ancora a capacitarsi di quello che Bucky aveva fatto, soprattutto perché era stato lui a fare il primo passo, era stato lui quello a passarle il braccio destro attorno alle spalle, dunque che cosa aveva sbagliato? Aveva interpretato male il suo gesto? No, impossibile, i ragazzi lo facevano solo quando speravano di ottenere un bacio dalla ragazza che avevano invitato ad andare con loro al cinema.

Bucky, però, non era uguale a tutti gli altri, era quasi impossibile capire che cosa passasse dietro ai suoi occhi azzurri; era naturale che avesse eretto uno scudo impenetrabile a tutto ed a tutti dopo quello che aveva subito.

Charlie sospirò, pensando che fosse solo stupido prendersela per una cosa così piccola, se non era accaduto nulla in quella sala immersa nel buio, allora era destino che non accadesse più; la possibilità era stata data ed era stata sprecata, non c’era altro d’aggiungere; la ragazza andò nella stanza che alla fine aveva trasformato in una camera improvvisata per il suo ospite, anche grazie alla famosa brandina, per svegliarlo con dolcezza.

“Che cosa c’è?” domandò lui con voce impastata dal sonno, apparendo quasi tenero agli occhi di lei.

“James, devo preparare la cena per questa sera, dato che farò confusione ho deciso di svegliarti prima, così facciamo colazione insieme, ma se dici di voler dormire ancora ti lascerò farlo”

“No, va bene” rispose il giovane uomo con uno sbadiglio sonoro; si sedettero entrambi davanti al tavolo di legno e consumarono una leggera colazione in silenzio.

“Voglio fidarmi di te, James, dato che questa mattina dovrò solo cucinare e cucinare ti do il mio permesso per uscire. Basta solo che fai attenzione”

“Credo di aver proprio bisogno di fare quattro passi” mormorò a sua volta Bucky; dopo aver terminato il suo cappuccino indossò una giacca marrone sopra alla maglietta rossa a maniche lunghe, prese lo zaino che portava sempre con sé ed uscì dall’appartamento.

Una volta fuori dall’edificio si sistemò con cura un berretto a visiera e s’incamminò verso una delle vie principali del centro di New York; durante i due anni in cui si era nascosto aveva appreso tutti i cambiamenti che le città e la tecnologia avevano subito e ne era rimasto semplicemente sconvolto, ma lui era un soldato addestrato duramente ed era riuscito a sopravvivere, camuffandosi ed inserendosi nella società.

Steve lo aveva cercato duramente, lo sapeva, qualche volta lo aveva visto, insieme a Sam, entrare in quella che per un po’ di tempo era stata la sua tana ma non si era fatto scoprire fino a quel giorno a Bucarest; la voglia di tornare dal suo migliore amico era tanta ma si era sempre trattenuto per paura, rimorso e perché prima aveva bisogno ricordare e per farlo aveva bisogno di rimanere da solo, completamente, profondamente da solo.

Così si era svolta la sua vita fino a quando non era stato incolpato di una cosa che non aveva fatto e si era sentito braccato e spinto in un angolo.

Buffo come lo volessero punire per l’unico crimine che non aveva commesso.

Aveva detto a Steve di lasciarlo perdere, che per lui era troppo tardi da molto tempo, ma il suo migliore amico non aveva voluto ascoltarlo, testardo com’era aveva voluto fare di testa sua senza dare ascolto a quello che era più sensato fare.

Il giovane uomo si fermò, per pura coincidenza, davanti a quella che era la vetrina di un negozio di gioielli e pensò che dopo tutto quello che Charlotte aveva fatto per lui, un piccolo regalo era il minimo che potesse fare come ringraziamento; esitò ancora qualche momento a guardare le collane e gli orecchini e poi tirò verso il basso la maniglia della porta, per entrare.



 
Charlotte non avrebbe mai immaginato che una semplice cena potesse richiedere così tante energie e fatica, ma alla fine ce l’aveva fatta e ne era rimasta immensamente soddisfatta, peccato che subito dopo avesse guardato l’orologio e si era resa conto che era già tardi; così era corsa subito in camera per una doccia.

Si lavò con cura, asciugandosi i capelli ed arricciandoli alle estremità, si truccò in modo leggero con un po’ di fondotinta e della matita nera per gli occhi ed indossò l’abito che aveva comprato il giorno precedente; il negozio in cui era stata con Bucky vendeva tanti bei capi d’ abbigliamento ma quando i suoi occhi si erano posati su quello era stato amore a prima vista.

Era di stoffa blu scuro, con una profonda scollatura nel petto, che lasciava intravedere l’attaccatura del seno, ed uno spacco altrettanto vertiginoso ma che non cadeva nel volgare; era semplicemente mozzafiato, paragonabile solo a quelli delle attrici hollywoodiane quando sfilavano sul red carpet.

Ci abbinò un paio di scarpe dello stesso colore con il tacco alto di dodici centimetri, la ragazza era alta di suo ma rispetto ai suoi compagni d’avventura appariva una bambina.

Charlie non si guardò nemmeno allo specchio e socchiuse la porta, Bucky era in piedi, al centro del salotto, che la stava aspettando: indossava un abito nero con scarpe lucide, dello stesso colore, sotto alla giacca portava una camicia di seta blu, aveva pettinato i capelli all’indietro, raccogliendoli in un nodo con un elastico, era semplicemente uno spettacolo per tutti e cinque i sensi; la ragazza si voltò un momento in direzione del cellulare che aveva preso a squillare, nella schermata c’era un numero che lei non aveva mai visto prima, ma già sapeva che si trattava di Steve e non era intenzionata a rispondere, così lo spense, per non avere altre distrazioni durante la serata.

Uscì dalla camera a passo felpato, lasciando che fosse lui ad accorgersi della sua presenza.


 
 
Il giovane uomo si voltò quasi subito e rimase letteralmente senza fiato, con la bocca socchiusa, incapace di pronunciare una sola parola davanti a ciò che i suoi occhi vedevano; Charlotte gli si presentava con un abito che le calzava come una seconda pelle, in tutta la sua femminilità ed unicità.

Bella da togliere ogni capacità di ragionare.

“Sei bellissima, Charlotte” sussurrò lentamente, facendola arrossire sotto il suo sguardo carico di desiderio maschile.

“Grazie, anche tu sei molto affascinante, è meglio se mangiamo o la cena si raffredderà”

“Che cosa hai preparato?”

“Non te lo ricordi?”

“Si che me lo ricordo, mi stavo solo prendendo gioco di te” disse Bucky, prendendo posto a tavola “l’ultima notte di San Silvestro che ho festeggiato è stata quella del quarantatre, io e Steve siamo andati ad un Lunapark con due ragazze e c’era anche una mostra futuristica con Howard Stark. Mio Dio, sembrano trascorsi secoli”

“Ti sei divertito quella notte?”

“Si, soprattutto perché il giorno seguente sono partito per il fronte e tutto è cambiato, per sempre. È stata la mia ultima notte spensierata”

“Quando ero piccola festeggiavo sempre questo giorno con tutta la mia famiglia, fino a quando ho compiuto sedici anni, anche per me poi è tutto cambiato. Ho scoperto di essere diversa dagli altri ed ho dovuto costruirmi una nuova vita, ricominciare tutto da zero. A volte mi sento un mostro”

“Tu non sei un mostro, io lo sono”

“Non hai fatto tutto quello per volere tuo, va bene? Basta parlare di cose tristi, com’è il polpettone?”

“Buonissimo”.



 
 
La cena venne consumata in un’atmosfera molto più leggera rispetto a quella con cui era iniziata; Charlotte aveva acceso la radio che aveva in salotto e quando giunsero al momento del dolce iniziò la stessa canzone che aveva fatto ascoltare al giovane uomo in libreria.

D’istinto Bucky si alzò e porse la mano destra alla giovane.

“Che cosa significa questo?”

“Vuoi ballare?”

“Sono un frana”

“Credi che io sia migliore?” disse a sua volta il giovane uomo, Charlie si lasciò convincere , lo seguì nel salotto ed iniziarono a ballare un lento, facendo ben attenzione a non calpestare l’uno i piedi dell’altra.

“Sai la cosa buffa? Non ho mai ballato con un ragazzo, non ho fatto in tempo ad andare al ballo della scuola e comunque non avrei avuto un solo cavaliere ad accompagnarmi”

“Per quale motivo?”

“Per farla breve ero un brutto anatroccolo. Non che adesso sia cambiata di molto”

“Non dire così. Sei la ragazza più bella che io abbia mai visto in tutta la mia vita”

“Scommetto che lo hai detto a tutte le ragazze con cui sei stato e che ti sei portato a letto”

“È vero, non è la prima volta che lo dico ma adesso è diverso”.

La giovane sollevò il volto, per guardare Bucky negli occhi, quando da fuori arrivò un forte boato.

“Sono i fuochi d’artificio, vieni, presto!” esclamò Charlotte, prese per mano il soldato e lo portò nella terrazza dell’appartamento, anche altri inquilini dell’edificio li imitarono; entrambi rimasero incantati a fissare i colori che illuminavano il cielo di New York, mentre la gente festeggiava per strada “buon anno, James”

“Buon anno anche a te, Charlie. Resta qui, arrivo subito”.

Bucky entrò un momento in casa, per poi uscire con un pacchettino rosso in mano, la giovane lo guardò subito con curiosità.

“Che cos’è?”

“Un regalo. Per te. È il minimo”

“Non è necessario”

“Aprilo, per favore” insistette lui; lei lo aprì e vi trovò una collana, appoggiata ad un cuscinetto, con un ciondolino fatto a forma di stella rossa “lo so, non è il massimo, ma è una cosa che ti farà pensare subito a me”

“È bellissima, mi aiuti ad indossarla?” domandò Charlotte, quasi emozionata, il giovane uomo le agganciò la collana con delicatezza, sfiorandole la pelle nuda del collo.

“C’è anche questo” aggiunse il soldato, dandole in mano il libro rosso con dentro gli appunti dell’Hydra.

“Che cosa significa?” chiese Charlie, guardandolo perplessa.

“ È una metafora. Significa che mi rimetto completamente nelle tue mani. Appartengo a te e solo a te, Charlotte. Non è così difficile da capire”

“Sono confusa. Perché ieri hai rifiutato il mio bacio ed oggi mi dici queste parole?”

“Non lo so, me lo sentivo di fare”

“Oh, mi sembra che tu abbia le idee un po’ confuse, James, non hai risposto alla mia domanda!”

“Posso essere confuso anche io, non credi?”

“Credo che tu lo sia stato già per troppo tempo”

“Ti ho vista in intimità con Steve, che cosa dovrei pensare?”

“Ho capito, credi che sia una puttana, vero? Ascolta, finiamola qui, per favore! Hai già fatto abbastanza, basta!”

“Io mi sono appena dichiarato e tu mi scarichi in questo modo? Maledizione, Charlotte, hai capito quello che provo per te o te lo devo scrivere in un muro?”

“Quello che provi è tutto fuorché amore, i tuoi sono solo bassi istinti sessuali, puoi andare a scopare in un night club, non certo qui dentro”

“Perché quando ti arrabbi mi devi sempre trattare come un pupazzo da strapazzare? Lo sono stato per troppo tempo, io sono una persona!”

“Io ti odio! Non avresti mai dovuto arrivare qui! Maledetti tu e Steve!”

“Pensi questo? Pensi davvero questo di me? Oh, sei proprio una terribile ipocrita, Charlie! Ti scopi il mio migliore amico e poi ci provi con me!”

“Tu per primo ci hai provato con me! Stronzo!” urlò la ragazza sbattendo la porta della camera, chiudendosi lì dentro; mollò un calcio all’armadio per sfogare la rabbia e sentì Bucky entrare nel bagno ed aprire il rubinetto della doccia, in un probabile e vano tentativo di calmarsi e dimenticare quello che era appena accaduto.

Charlie capì che stava commettendo il peggior errore di tutta la sua vita e che se non avesse posto rimedio subito non ci sarebbe stata una seconda possibilità.

Corse in salotto e spalancò la porta del bagno, Bucky non era ancora entrato nella doccia, le dava le spalle e si era solo tolto la giacca nera.

“Che cosa c’è?” le chiese con uno sguardo assente, Charlie non rispose, si avvicinò a lui e lo spinse dentro alla doccia, sotto al getto d’acqua che continuava ad andare.

“Non parlare. Non dire una sola parola” gli sussurrò la ragazza prima di coprirgli le labbra con le proprie.

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Capitolo 18
*** Another strange night (Parte Uno) ***


Bucky s’irrigidì nello stesso momento in cui le labbra di Charlotte si posarono sulle sue, sfociando in un bacio urgente ed appassionato, avrebbe potuto rifiutarla per il suo comportamento scostante che aveva avuto solo pochi minuti prima e per il fatto che lei ed il suo migliore amico vivevano una relazione indefinita ma non lo fece, pensando per una volta solo a sé stesso.

Si appoggiò con la schiena ad una delle quattro pareti della doccia e passò entrambe le braccia attorno alla vita stretta della ragazza, attirandola al proprio petto; rimasero per lunghi minuti in quella posizione, l’uno troppo impegnato ad esplorare l’altro, il rubinetto era ancora aperto e continuava a riversare sulle teste e sui corpi dei due giovani la sua acqua fredda, ma loro erano troppo impegnati per pensare a quello.

Dopo un po’ il giovane uomo afferrò Charlie per le cosce e la invitò a passargli le gambe attorno ai fianchi, per quanto potesse essere eccitante avere un rapporto intimo in un luogo simile era altrettanto scomodo, così la sollevò senza il minimo sforzo e la portò nella sua camera da letto, lasciandola cadere nel materasso del letto.

Bucky si sbottonò la camicia blu e la lasciò cadere nel pavimento, restando a petto nudo e con il braccio robotico ben in vista, tanto che era possibile vedere il punto in cui si congiungeva con la pelle cicatrizzata; l’elastico era andato perso nel bagno ed ora i capelli, bagnati, gli ricadevano lungo le guance.

Charlotte sarebbe rimasta ad osservarlo per sempre, ma aveva troppa urgenza di sentirlo sopra di sé e lo invitò a sdraiarsi a sua volta nel letto; il giovane uomo l’accontentò più che volentieri e riprese a baciarla, ad esplorarle la bocca con la propria lingua, la sua mano destra l’insinuò dentro alla stoffa dell’abito scollato e spinse verso il basso le spalline, facendo poi scivolare tutto il resto nel pavimento della camera.

La ragazza rimase con addosso  solo gli slip di tessuto nero; i capelli castani, completamente bagnati, le stavano incollati al petto, nascondendo il seno agli occhi del soldato ma lui vi porse subito rimedio, scostando delle lunghe ciocche.

Vagò con lo sguardo sul corpo di Charlotte, con il respiro roco, le prese le mani e la invitò a sbottonargli i pantaloni, per togliere quell’indumento che era diventato solo che ingombrante; lei obbedì con le mani che le tremavano visibilmente, Bucky la tranquillizzò accarezzandole la testa e sorridendole.

Rimasero entrambi in biancheria intima, l’uno di fronte all’altra, poi la giovane prese coraggio per prima e si spinse a baciargli il collo, per poi passare alla spalla sinistra ed al braccio di vibranio, leccandogli le dita della mano.

“Senti qualcosa?”

“Sento come se fosse un  braccio vero”

“Tra poco sentirai ancora di più” mormorò Charlie, nella penombra vide l’espressione interdetta di Bucky ma non gli diede spiegazioni ulteriori perché di lì a pochissimo avrebbe capito tutto; lo invitò a sedersi nel bordo del letto, lui obbedì docile e lei si posizionò in ginocchio nel pavimento.

Prese a baciargli il petto, lentamente, scendendo sempre più verso il basso.

“No, Charlotte, aspetta. Non farlo”

“Bucky, per favore, non interrompermi” rispose la ragazza ed il soldato le lasciò andare il braccio destro, permettendole di continuare.

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Capitolo 19
*** Another strange night (Parte Due) ***


Charlotte strinse nelle mani un lembo di stoffa nera dei boxer che Bucky indossava e gli tolse anche quell’ultimo indumento, con un gesto rapido, prima che l’imbarazzo potesse bloccarle ogni singolo muscolo; ormai non era più una ragazzina, non provava vergogna nel stare nuda davanti ad un uomo ma Bucky era diverso da tutti gli altri.

Guardò per qualche istante il volto di lui, nascosto per metà dai capelli castani, poi chinò la testa ed iniziò ad occuparsi della sua erezione.

Cazzo…” sibillò a denti stretti il soldato, gettando di scatto la testa all’indietro e stringendo il lenzuolo con entrambe le mani; non aveva un rapporto sessuale da più di mezzo secolo ed ora Charlotte lo stava facendo godere più di tutte le sue vecchie conquiste messe insieme, le afferrò una ciocca di capelli con la mano sinistra, facendole capire il ritmo da seguire, lasciandosi scappare una serie di profondi gemiti di piacere.

Dopo diversi minuti le sollevò il viso con la mano destra, facendole capire che doveva smettere o gli avrebbe fatto raggiungere l’orgasmo troppo presto, l’afferrò per i fianchi, sdraiandola nuovamente nel letto, ben deciso a ricambiare quella gentile premura.

Baciò il collo di Charlie, iniziando a scendere ancora più lentamente di quanto avesse fatto lei,quando arrivò all’inguine le sfilò gli slip con i denti, rendendo il tutto ancora più terribilmente eccitante; la guardò negli occhi e nello stesso tempo la penetrò con l’indice del braccio robotico, iniziando a muoverlo avanti ed indietro.

Il corpo della giovane venne scosso da un violento brivido prima di abbandonarsi totalmente a quella sensazione di piacevole languore, reso ancora più tale dalla consistenza fredda del vibranio.

“Non ti fermare…” sussurrò Charlotte, lasciandosi scappare uno singhiozzo.

“Mi dispiace, piccola, ma sono davvero cattivo” rispose lui, sottraendola dal suo tocco “ma, forse, so come farmi perdonare”.

Charlie restò senza fiato quando sentì la lingua di Bucky iniziare a stimolarla tra le gambe, si aggrappò con le mani alla tastiera del letto e strinse così forte che questa si crepò, dato che era dotata della forza di un Gigante di Ghiaccio; anche quella tortura terminò dopo troppo poco tempo ed arrivò il momento in cui il soldato entrò dentro di lei e si fusero in un unico corpo, un’unica anima ed un unico essere.

Il giovane uomo rimase qualche momento fermo, in modo d’abituare Charlie e sé stesso a quella unione, poi iniziò a muoversi con spinte lente, per timore di farle del male.

“Non ti trattenere, ti prego” lo supplicò la ragazza, mordendosi le labbra per non gridare o avrebbe attirato l’attenzione dei vicini, Bucky l’accontentò con piacere ed aumentò l’intensità delle spinte.

Charlotte si aggrappò alle spalle del giovane uomo, graffiandogli la schiena e ripetendogli che non doveva fermarsi, per nessuna ragione al mondo, nessuna.
“Charlotte. Ti amo, piccola” gridò Bucky quando raggiunse l’orgasmo e si lasciò cadere contro il materasso.

“Ti amo anche io” disse a sua volta lei, cercando di riprendere fiato, dal salotto proveniva ancora il rumore della radio accesa e proprio in quel momento stavano trasmettendo la sua canzone preferita.


 
A mano a mano ti accorgi che il vento

Ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso

La bella stagione che sta per finire

Ti soffia sul cuore e ti ruba l’amore
 


A mano a mano si scioglie nel pianto

Quel dolce ricordo sbiadito dal tempo

Di quando vivevi con me in una stanza

Non c’erano soldi ma tanta speranza


 
E a mano a mano mi perdi e ti perdo

E quello che è stato mi sembra più

Assurdo

Di quando la notte eri sempre più vera

E non come adesso nei sabato sera

Ma dammi la mano e torna vicino

Può nascere un fiore nel nostro giardino

Che neanche l’inverno potrà mai gelare

Può crescere un fiore da questo mio

Amore per te


 
E a mano a mano vedrai con il tempo

Lì sopra il suo viso lo stesso sorriso

Che il vento crudele ti aveva rubato

Che torna fedele

L’amore è tornato


 
Ma dammi la mano e torna vicino

Può nascere un fiore nel nostro giardino

Che neanche l’inverno potrà mai gelare

Può crescere un fiore da questo mio

Amore per te*


 
Charlotte aprì gli occhi che il sole era già alto in cielo, sbadigliò rumorosamente e si voltò a guardare il posto affianco al suo e vide che Bucky vi era sdraiato: la mano destra era appoggiata al ventre mentre il braccio sinistro si trovava sotto il cuscino; il viso era per metà nascosto da alcuni ciuffi di capelli, ma si vedevano benissimo le labbra socchiuse.

Charlie appoggiò il proprio viso al palmo della mano destra e lo ammirò in silenzio, le tornò in mente che lo aveva trovato in una posizione simile proprio il primo giorno della sua permanenza nell’appartamento e si ritrovò a pensare che era passato troppo e poco tempo d’allora.

Gli scostò i capelli che gli coprivano gli occhi e lo svegliò con un bacio sulle labbra.

“Bungiorno, Charlie” mormorò il giovane uomo con voce impastata.

“Buongiorno” disse a sua volta la ragazza con un sorriso, forse finalmente ogni cosa aveva deciso d’incastrarsi nel posto giusto “ti va di fare una doccia insieme e poi andiamo in cucina per la colazione?”.
 




*A Mano A Mano. Rino Gaetano.

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Capitolo 20
*** Fuck, Fuck, Fuck, Fuck... ***


Charlotte prese in mano dei vestiti appoggiati ad una sedia e li mise dentro ad una cesta di plastica azzurra, uscì dalla porta d’ingresso del proprio appartamento e scese al pianoterra, dove c’era la lavanderia a disposizione di tutti gl’inquilini; entrò nella piccola stanza e si diresse verso quella che era l’unica lavatrice libera.

Aprì il cestello trasparente ed iniziò a riempirlo con alcune magliette a maniche lunghe e dei pantaloni da uomo.

Erano già trascorse quattro settimane dalla notte di San Silvestro e lei e Bucky avevano intrapreso una relazione a tutti gli effetti, sapevano entrambi quanto ciò fosse sbagliato, ma allo stesso tempo non potevano continuare a stare distanti l’uno dall’altra, ci avevano provato, fallendo miseramente.

Cercavano di godersi ogni momento che veniva loro concesso perché non sapevano quando tutto sarebbe finito, infranto dalla cruda realtà; Charlotte non era più una ragazzina innocente e sprovveduta da quando aveva sedici anni, era a conoscenza del fatto che Bucky non sarebbe rimasto per sempre a vivere da lei, prima o poi la polizia lo avrebbe trovato o Steve lo avrebbe portato altrove, ma preferiva non pensarci.

“Perché stai tremando?”.

La ragazza si voltò in direzione della porta e vide il giovane uomo appoggiato ad una parete, le mani incrociate nel petto, indossava un paio di jeans neri ed una maglietta rossa a maniche lunghe, una di quelle che lei preferiva.

“Il rosso è un colore che ti dona molto”

“Grazie, ma non hai risposto alla mia domanda”

“Non voglio che tutto questo finisca. Non voglio che la polizia ti trovi”

“Sai, è buffo sentirti dire queste cose. All’inizio non mi volevi nemmeno dentro al tuo appartamento, te lo ricordi?”

“Si, me lo ricordo ma è passato molto tempo da quel giorno e sono cambiate tante cose” rispose la ragazza con un sospiro, sollevò lo sguardo e vide Bucky posizionare una sedia sotto il pomello della porta “che cosa stai facendo?”

“Voglio godermi ogni attimo in tua compagnia”

“Stai scherzando? Non possiamo farlo qui dentro, potrebbe arrivare qualcuno in qualsiasi momento!” protestò Charlie, ma nei suoi occhi c’era già uno sguardo carico di desiderio, una muta richiesta di non fermarsi per nessuna ragione al mondo; il soldato l’afferrò per i fianchi, posizionandola sopra ad una delle lavatrici.

Entrambi non avevano desiderio di perdere tempo con i preliminari, il giovane uomo le abbassò gli shorts azzurri, lei si occupò dei suoi pantaloni neri e lui l’entrò dentro, ansimando.

Charlotte si aggrappò alle sue spalle, lasciandogli dei profondi segni rossi, continuava a sentire una tremenda sensazione che non era in grado di scacciare in alcun modo, come se qualcosa fosse in procinto di riversarsi sopra di loro e non riuscì a scacciarla nemmeno quando raggiunse l’orgasmo.

“Ti ho visto distratta” le fece notare qualche ora più tardi il giovane uomo, mentre erano nel centro di New York per bere qualcosa in un bar.

“Come?”

“Mentre eravamo in lavanderia. Ti ho vista assente. Ho sbagliato qualcosa?”

“No, tu non hai sbagliato nulla, sono solo pensierosa. Tutto qua”

“Va bene” rispose Bucky, prendendo in mano la sua bibita gassata, si guardò un momento attorno ed i suoi occhi vennero attirati da una strana scena dall’altra parte della strada: c’erano due uomini, due poliziotti, che guardavano dalla sua parte e dopo qualche istante il primo prese in mano la radiolina che portava alla cintura, muovendo le labbra.

“Che ti prende?”

“Dobbiamo andarcene subito” disse il soldato, in tono secco, contagiato dalla stessa sgradevole sensazione che aveva colpito Charlotte poche ore prima; la trascinò il più velocemente possibile dentro al suo appartamento, chiudendo la porta a chiave.

“Si può sapere che hai?”

“Dobbiamo andarcene subito da qui”

“Cosa? Per quale motivo?”

“Dall’altra parte della strada c’erano due poliziotti. Mi hanno riconosciuto. Dobbiamo scappare subito, vai a prendere dei vestiti e le chiavi della macchina”.

Charlie voleva dire al giovane uomo che la sua era stata solo un’impressione, che con tutte le persone che c’erano non potevano aver visto proprio lui, ma sentiva che non era così; corse subito in camera, prese dall’armadio uno zaino e c’infilò dentro i primi vestiti che trovò nei cassetti.

Tornò nella cucina per dire a Bucky che era pronta, quando aprì la bocca per parlare accadde tutto in una frazione di secondo.

Ci fu un’esplosione fortissima e la ragazza si ritrovò scaraventata contro una delle pareti del salotto,socchiuse le palpebre e vide il corpo del soldato, poco più in là, immobile nel pavimento; stava per alzarsi quando uno dei soldati delle forze speciali la colpì in pieno volto con un calcio, facendole perdere i sensi.



 
Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo” imprecò Steve, salendo le scale il più velocemente possibile, Sam era subito dietro di lui ed entrambi i giovani uomini si auguravano di non essere arrivati troppo tardi; le loro preghiere vennero ascoltate perché i soldati erano giunti da pochi secondi nell’appartamento.

Erano uomini scelti e specializzati ma non potevano nulla contro un super soldato, mosso da una furia quasi cieca; Steve li stordì quasi tutti senza l’aiuto di Sam, che stava salendo gli ultimi scalini, precipitandosi poi a soccorrere Charlotte.

“Come sta? È viva?”

“Si, è solo svenuta” rispose Rogers, poi si precipitò a controllare le condizioni del suo migliore amico “Bucky? Bucky, mi senti? Riesci a sentire la mia voce?”

“Ti risponde?”

“No, maledizione!” ringhiò Steve, aveva già perso Bucky una volta, non voleva perderlo una seconda “non c’è battito, Sam, non respira. Aiutami, maledizione”

“Cerca di stare calmo”

“Non posso stare calmo!”.

Sam si allontanò da Charlotte e raggiunse l’altro giovane uomo; il Capitano congiunse le mani nel petto di Bucky, iniziando a praticargli il massaggio cardiaco e continuò per lunghi minuti, talmente lunghi che sembravano ore, pregando mentalmente che non fosse troppo tardi.

“Steve…”

“Stai zitto, Sam, non è troppo tardi. Avanti, Bucky, apri gli occhi!”.

In risposta il soldato prese a tossire e respirare rumorosamente; il Capitano gli passò un braccio attorno alle spalle e lo aiutò a sedersi, affinché riuscisse a respirare meglio.

“Steve, Steve sei tu?”

“Si, sono io, Buck”

“I poliziotti ci hanno scoperto. Hanno fatto esplodere una granata”

“Tranquillo, Bucky, adesso ci siamo io e Sam”.

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Capitolo 21
*** I'm not the only Winter Soldier ***


Charlotte socchiuse le palpebre e la prima cosa che i suoi occhi videro fu il viso di un giovane uomo, su cui spiccavano due occhi azzurri ed un’espressione ansiosa.

“Steve?” domandò lei e quando ricevette un cenno affermativo del capo lo abbracciò subito, con trasporto, dimenticandosi di quanto fosse arrabbiata con lui “oh, Steve, quanto sono contenta di vederti! Dove mi trovo?”

“Lontano dal tuo appartamento” rispose il giovane uomo sciogliendo l’abbraccio, Charlie si guardò attorno e vide che si trovavano nella periferia di New York, molto lontani dal centro città, a poca distanza da lei c’erano Sam Wilson e Bucky; si accorse dei tagli che aveva nel viso quest’ultimo ed il suo primo pensiero fu quello di raggiungerlo, lui, però, le fece capire che era meglio evitare ciò.

“Che cosa è accaduto? Ricordo solo un’esplosione e poi più nulla”

“Io e Sam siamo arrivati poco prima che i soldati vi portassero via. Bucky ci ha spiegato che due poliziotti lo hanno riconosciuto mentre eravate in centro, ti avevo detto di fare attenzione, Charlie”
  
“Ma io ho sempre fatto attenzione, non capisco come…” la ragazza si bloccò all’improvviso, colta da una possibile illuminazione; voleva credere che non fosse così ma non c’era altra spiegazione.

“Cosa?”

“Stark” sibilò lei a denti stretti, come se stesse sputando del veleno.

“Che cosa c’entra Tony?”

“Qualche settimana fa l’ho trovato nel mio appartamento. Non so come abbia fatto ad entrare ma voleva parlarmi con urgenza”

“E che cosa ti ha chiesto? Di che cosa ti ha parlato?”

“Mi ha chiesto se sapessi qualcosa di voi tre. Di ricordarmi che siete tutti dei ricercati e di pensare bene da che parte voglio stare quando si scatenerà una guerra civile. È vero quello che mi ha detto? Volete spiegarmi una volta per tutte che cosa sta accadendo?”.

Rogers si passò una mano nei capelli corti e si voltò a guardare Sam, appoggiato ad una vecchia macchina che avevano rubato in precedenza.

“Spiegale tutto, Steve, è il minimo che si merita dopo quello che ha fatto per te”

“Va bene, d’accordo. Un uomo ha incastrato Bucky perché vuole farla pagare a noi Avengers. Si tratta di un Sokovaro, la sua famiglia è rimasta uccisa per colpa nostra, mentre combattevamo contro Ultron. Dobbiamo andare in Siberia il prima possibile perché quell’uomo si sta recando in un vecchio laboratorio dell’Hydra”

“Perché sta andando lì? Che cosa c’è in quel posto?”

“Altri sei Soldati d’Inverno” rispose Bucky, seduto nel terreno e con la schiena appoggiata ad una fiancata della vettura “io sono stato solo un prototipo. Loro sono molto più forti di me e più instabili. Parlano trenta lingue e sono in grado di conquistare una nazione in una notte, senza che nessuno se ne accorga. Se quell’uomo arriva prima di noi e risveglia tutti loro non abbiamo alcuna possibilità di vincere. Nessuna”

“Ci sono altri sei super soldati” mormorò a sua volta Charlie, rimasta a bocca aperta da quella notizia inaspettata “e non lo avete detto a Tony? Se sapesse tutto questo lui…”

“Tony crede a quello a cui vuole credere e noi non abbiamo altro tempo da perdere. Dobbiamo andarcene il prima possibile, abbiamo un aereo da prendere”

“Un aereo?”

“Dobbiamo andare in Germania, dal nostro aggancio”

“Ma io non posso andarmene così”

“Charlie, non puoi tornare nel tuo appartamento, ti prenderanno e ti faranno parlare in qualunque modo possibile. Non credevo di coinvolgerti così tanto in tutta questa faccenda”

“Non ha importanza, Steve”.

I quattro giovani salirono in macchina, già discutendo riguardo a quale aeroporto fosse più sicuro recarsi, escludendo già in partenza quello di New York; la ragazza salì nei sedili posteriori, vicino a Bucky, voltò il viso in direzione del soldato e lui ricambiò lo sguardo.

Le sorrise e senza essere visto le prese la mano destra, stringendola con delicatezza, Charlotte si sentì rassicurata da quel contatto umano ma la consapevolezza di essere coinvolta in qualcosa di molto più grande di lei le aggredì ugualmente lo stomaco. 

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Capitolo 22
*** Germany ***


Charlotte guardò la camera davanti a sé; il viaggio da New York fino alla Germania era stato lungo e stancante ed una volta arrivati avevano cercato un motel perché era quasi notte; ne avevano scelto uno economico per non dare nell’occhio, ma la ragazza iniziava a pensare che, forse, ne avevano scelto uno fin troppo economico.

Le pareti erano spoglie, una gamba del letto era piegata e la tapparella, posta davanti all’unica finestra, penzolava lentamente da una parte; c’era una porta che conduceva al bagno e lei non era mai stata poco ansiosa di aprirne una.

Charlie sospirò, dopotutto si trattava solo di una notte e non avrebbe fatto alcuna differenza, si sdraiò sopra al materasso con le molle cigolanti e chiuse gli occhi azzurri, riposò solo per qualche minuto perché qualcuno bussò alla sua porta.

“Steve, che cosa vuoi?” chiese vedendo l’amico.

“Posso entrare? Ti vorrei parlare solo un momento”

“Va bene” rispose Charlie, si scostò dalla soglia della porta e lo lasciò entrare.

“La tua camera è messa meglio della nostra, sai?”

“Che cosa mi devi dire, Steve? Sono molto stanca e non ho voglia di sentire battute”

“Non abbiamo più avuto occasione di vederci dalla volta in cui hai sparato a Bucky, accidentalmente, siamo stati entrambi molto occupati e sono accadute molte cose. Volevo solo dirti che mi dispiace per quello che ti ho detto a telefono. Tu non sei stata solo un passatempo per me, non sarei mai capace di pensare una cosa simile, è solo che…”

“Steve, non ti preoccupare, non hai nulla da recriminarti. Sul serio”

“Sei sicura?”

“Si, so che tu non saresti  mai capace di fare lo stronzo”

“Charlie! Linguaggio!”.

La ragazza scoppiò a ridere davanti all’espressione esterrefatta dell’amico, non si sarebbe mai abituato a determinate cose; si abbracciarono con trasporto, lieti che la loro amicizia non fosse stata rovinata da quello che era accaduto, poi il giovane uomo uscì dalla camera da letto, in modo che lei potesse riposare.



 
“Smettila di guardarmi in quel modo” disse Bucky, anche se teneva gli occhi chiusi poteva sentire molto bene lo sguardo di Sam che continuava a scrutarlo, in modo ben poco amichevole.

“Voglio che tu sappia che io non ripongo la minima fiducia nei tuoi confronti. Io non mi fido di te, quindi fa attenzione”

“Mi stai minacciando?”

“Ti sto solo avvertendo, soldato”

“Non è molto intelligente da parte tua minacciarmi. Ti ricordo, appunto, che io sono un soldato. Tu sei solo un tizio con un paio di ali meccaniche, rubate”

“Amico, anche io faccio parte dell’esercito e quelle ali meccaniche le ho usate molte volte in diverse missioni che mi sono state affidate. Tu sei qui solo perché è Steve a fidarsi di te. Non capisco proprio per quale motivo, ma sarebbe pronto a rischiare la vita per te”

“Io ho sacrificato me stesso ed il mio braccio sinistro per lui. Oh, si, ed anche il mio cervello, la mia capacità di ragionare e la mia vita. Non molto, vero?” ribatté Bucky in tono piccato; l’altro stava per rispondere quando nella camera entrò Steve, che percepì subito l’atmosfera tesa che alleggiava.

“Tutto bene? Di che cosa stavate parlando?”

“Io e Sam stavamo facendo amicizia. Tutto qua, mi stava parlando di quello che avete fatto durante questi mesi. Hai parlato con Charlotte?”

“Si, abbiamo sistemato quello che è accaduto. Ci siamo chiariti”

“In che modo?” insistette il soldato.

“E a te che importa?” intervenne Sam.

“Ehi, smettetela, d’accordo? Questo non è proprio il caso di litigare. Abbiamo parlato un po’ e lei mi ha detto che non è arrabbiata”

“Amico, secondo me hai fatto una enorme cavolata a lasciarla andare in quel modo. Insomma, Charlie è una ragazza molto bella e ti ha dimostrato in modo esplicito che vorrebbe stare con te. So che Sharon ti piace davvero tanto ma stai rischiando una relazione sicura per una che non sai mai se ci sarà”

“Tu dici, Sam?”

“Eccome!”

“Steve ha detto che vuole essere solo amico di Charlotte perché non vuole rovinare il loro rapporto, smettila d’insistere” insistette una seconda volta il terzo giovane uomo, che prima si era zittito.

“Che t’importa di questo, soldato?”

“Steve è adulto e sa decidere da solo se vuole stare insieme ad una ragazza oppure no. Non ha bisogno del supporto morale, tantomeno del tuo”

“Ascolta, amico…”

“Basta!” esclamò Rogers in tono seccato “non sono qui per fare da babysitter a due bambini di trent’anni. Lasciamo stare questa faccenda e cerchiamo di riposare, va bene?”.

Bucky e Sam non replicarono, ma si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille parole; il soldato provò a dormire quando la luce venne spenta ma non ottenne altro che un continuo girarsi e girarsi, nel vano tentativo di trovare la posizione perfetta.

Quando capì che non ci sarebbe mai riuscito uscì dalla stanza senza svegliare gli altri due, incamminandosi lungo il corridoio situato subito fuori.



 
Charlotte stava tentando per la seconda volta di addormentarsi e per la seconda volta stava miseramente fallendo; si alzò dal letto e si diresse verso la porta della camera, quando l’aprì rimase sorpresa di vedere Bucky dall’altra parte.

“Che cosa ci fai, qui?”

“Stavo per bussare. Non riesco a dormire, tu?”

“Nemmeno io”

“Posso entrare?”

“Vieni, accomodati. Steve e Sam sanno che sei uscito dalla vostra stanza?”

“No, ho fatto attenzione che nessuno mi vedesse. Steve ha detto che prima ha parlato con te e che avete risolto tutto, Sam gli ha risposto che avrebbe dovuto provarci nuovamente con te perché la ragazza che gli piace è solo un’incognita. Io ho cercato di sviare l’argomento”

“Sei stato bravo”rispose Charlie con un sorriso.

“Se lui ti chiedesse di tornare insieme che cosa gli risponderesti? La vita con lui sarebbe molto più semplice e voi due sareste proprio una bella coppia”

“Sei un cretino a parlare in questo modo, lo sai che io voglio stare solo con te”

“Lo so, piccola, volevo solo sentirmelo dire. È da tempo che non mi sento dire queste parole” rispose il giovane uomo, sorrise e l’abbracciò a sé.

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Capitolo 23
*** Kisses ***


Il giorno seguente partirono molto presto, tutti e quattro dentro ad una vecchia macchina presa gentilmente in ‘prestito’ ; Steve guidò per circa una mezz’ora prima di fermarsi sotto ad un ponte, in una zona per nulla frequentata da persone.

C’era solo un’altra macchina parcheggiata e fuori da essa c’era una giovane donna dai capelli biondi, raccolti in un’alta coda di cavallo, Charlie riconobbe subito Sharon Carter, la nipote di Peggy, chiedendosi come avesse fatto a con capire prima che il contatto era lei.

“Restate qui. Faccio presto” disse il Capitano “e non fate cavolate”.


 
 “Puoi spostare il sedile in avanti?” Chiese Bucky dopo un po’ di tempo, la macchina era piccola e scomoda ed il sedile in cui era seduto Sam era tirato indietro quasi al massimo, lasciandogli davvero pochissimo spazio per le lunghe gambe.

“No” rispose l’altro, senza nemmeno voltarsi, ed il soldato ricambiò con un calcio ben assestato al sedile; la ragazza non intervenne, non aveva nemmeno sentito la discussione perché era troppo impegnata ad osservare ogni mossa di Sharon e Steve.

Uscì dall’abitacolo della vettura nello stesso momento in cui vide i loro visi avvicinarsi e le loro labbra unirsi.

“Charlie, dove vai?” le chiese, inutilmente, Bucky.

“Dove sta andando? Ehi, esci anche tu?” domandò Sam quando si accorse di essere rimasto da solo lì dentro.



 
Charlotte si allontanò di qualche metro dalla macchina e dai due giovani che si stavano baciando, non sapeva per quale motivo avesse avuto quella reazione, ma non era stata in grado di controllarla.

“Charlie?”.

Lei si voltò subito a guardare Bucky, che l aveva appena raggiunta.

“James, perché sei qui?”

“Ti ho vista sconvolta, ho pensato di seguirti. Ci sei rimasta male perché hai visto Steve e Sharon baciarsi, vero?”

“No, non si tratta di quello. È stata solo una coincidenza…Cioè… Si, insomma, ho visto loro due baciarsi ed ho pensato al fatto che possono vivere una storia senza problemi. Almeno senza grossi problemi”

“Vorrei darti anche io la stessa sicurezza”

“Quando questa guerra civile sarà finita mi toglierò dagli Avengers ed andremo a vivere lontano, dove nessuno ci conosce. Ci creeremo delle nuove identità e delle nuove vite”

“Non puoi abbandonare tutto per me”

“Non m’importa della mia carriera o del ruolo che ricopro negli Avengers. Io voglio stare con te, non voglio altro” mormorò Charlotte; aveva già visto come si era conclusa la storia tra Natasha e Bruce, non voleva che la sua ne fosse la fotocopia.

Il giovane uomo la guardò per qualche istante poi, colpito da quello che Charlie aveva letto, le passò le braccia attorno ai fianchi e la baciò sulle labbra; lei ricambiò passandogli le braccia attorno alle spalle.

Passarono diversi minuti prima che i due si separassero, per poi guardare in direzione della macchina e vedere delle espressioni sconcertate nei volti di Steve, Sharon e Sam; l’ultimo, addirittura, aveva aperto la portiera della macchina e si era sporto fuori, in modo da vedere meglio la scena.

Un  quarto d’ora più tardi erano nuovamente tutti e quattro in macchina, nel più totale silenzio, diretti verso il loro secondo appuntamento; avevano ancora un’ora e mezza di viaggio e Charlotte non era intenzionata di percepire ancora quell’aria così tesa, lanciò un momento uno sguardo allo specchietto retrovisore e vide il volto del suo migliore amico, rabbuiato, concentrato sulla strada davanti a sé.

“Se devi dire qualcosa, Steve, è meglio che tu lo dica ora”.

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Capitolo 24
*** She's my girlfriend ***


 Steve si passò la lingua sulle labbra secche, stringeva il volante in modo così convulso che le nocche avevano iniziato a cambiare colore, diventando bianche e Charlotte lo notò subito, sentendosi irritata per quella reazione così esagerata.

“Non lo so, Charlotte, forse è uno di voi due che ha qualcosa da dirmi? Ho appena visto il mio migliore amico baciare la mia migliore amica, che cosa dovrei pensare? Da quanto tempo va avanti questa storia?”

“Non sono faccende che ti riguardano. Non siamo due bambini, siamo due persone adulte e per quanto mi faccia piacere il tuo interessamento, sei pregato di farti gli affari tuoi!”

“Perdonami, Charlotte, ma quando ho deciso di portare Bucky da te non pensavo che avrebbe ricevuto un’accoglienza così calorosa. Ricordo molto bene che non eri affatto contenta di averlo come ospite per un po’ di tempo”

“Smettila, basta”

“Sto solo dicendo che mi hai fatto sentire uno straccio per quello che ti ho detto al telefono, ma ti sei consolata in fretta”

“Ehi, Steve, piantala prima di farmi arrabbiare” intervenne il soldato passando il braccio sinistro attorno alle spalle della ragazza “d’accordo?”

“Oh, certo, la smetto subito. Chiaro. Dico solo che questo non è proprio il momento migliore per iniziare una relazione simile” borbottò Rogers scuotendo la testa;  Sam, che era rimasto in silenzio per tutto quel tempo, si voltò verso la giovane coppia e guardò Charlie in faccia.

“Dunque avete fatto sesso?”

“Sam! Basta!” esclamò Steve, perché quello era davvero troppo per lui, ma prima riuscì a vedere come erano avvampate le guance di Charlie e come Bucky avesse trovato qualcosa d’improvvisamente interessante dall’altra parte del finestrino.

Il resto dell’ora e mezza di viaggio passò nuovamente nel silenzio, il Capitano fermò la vettura in uno spazio pianeggiante, tutti e quattro scesero e rimasero fermi a contemplare il paesaggio.

“Che cosa ci facciamo qui?”

“Dobbiamo aspettare delle persone. Ti posso parlare un momento?”

“Certo” rispose Charlotte, che già se lo immaginava, seguendo l’amico poco lontano dagli altri due.



 
Sam si voltò a guardare il soldato, che ricambiò lo sguardo con un’espressione interrogativa.

“Che c’è?”

“Geloso?”

“Fottiti”.



 
La ragazza incrociò le braccia sotto il seno e si morse il labbro inferiore, un gesto che faceva sempre quando era nervosa.

“Allora? Che cosa mi devi dire?”

“Spiegami meglio questa faccenda”

“Non c’è nulla da spiegare o giustificare. Bucky mi ha mostrato il suo vero volto ed ho cambiato opinione. Io piaccio a lui e lui piace a me. Stiamo insieme”

“Avete avuto dei rapporti?”

“Oh, Steve, ma che t’importa? Che cosa c’è di male? Sei geloso?”

“No, non sono geloso. Voglio bene sia a te che a Bucky e voglio solo che siate entrambi felici. Ha sofferto così tanto, voglio solo che adesso le cose vadano bene per lui. Per favore, non spezzargli il cuore”

“Lo sai che non lo farei mai”.

Il giovane uomo prese in mano il ciondolo della collana che la giovane indossava, lo guardò per qualche momento e poi sorrise, con dolcezza.

“Te lo ha regalato Buck?”

“Si”

“È bellissimo, dico davvero” rispose lui sorridendo ancora; Charlie si voltò vedendo un furgone bianco che aveva appena parcheggiato vicino alla loro macchina vecchia, davanti c’erano due persone che lei riconobbe come un uomo sulla trentina ed una ragazza della sua stessa età.

“Wanda!” esclamò, correndo ad abbracciare l’amica; le due ragazze avevano legato molto nell’ultimo anno, perché accumunate dalle stesse sofferenze e Charlotte non la vedeva da tempo “dove sei stata finora?”

“Stark mi teneva rinchiusa in una struttura, impedendomi di uscire. Clint mi ha liberata” rispose la ragazza dai lunghi capelli castani; l’altra si voltò a guardare colui che molti anni prima era stato uno dei suoi due addestratori.

“È un piacere rivederti, Clint, ma non ti eri ritirato?”

“Infatti sto deludendo i miei figli, ma dovevo farlo per un vecchio amico” rispose il giovane uomo, avvicinandosi alla porta scorrevole del furgone bianco “vi ho portato quello di cui avete bisogno”.

La porta si aprì velocemente ed agli occhi delle sei persone apparve la figura di un giovane uomo addormentato, che si svegliò nello stesso istante in cui la luce lo aggredì.

Lo sconosciuto uscì dal mezzo di trasporto borbottando qualche parola senza senso.

“Ehi, io ti conosco! Tu sei Capitan America, sono un tuo grande fan” disse dopo aver visto Steve.

“Chi è lui?” domandò la giovane, sollevando un sopracciglio, lui la raggiunse subito, colpito dalla bellezza di Charlotte.

“Io sono Scott Lang, ma credo che tu mi conosca meglio come Ant Man. Chi sei, bellezza?”

“Lei è la mia ragazza” rispose Bucky, appoggiato alla macchina “possiamo andare, ora? Stiamo perdendo tempo prezioso”.
 

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Capitolo 25
*** Lipsia-Halle ***


Charlotte formò all’estremità delle proprie mani del ghiaccio liquido e lo scagliò contro l’uomo che aveva aggredito Bucky, scagliandolo lontano.

Quando lei e gli altri erano arrivati all’aeroporto di Lipsia-Halle avevano trovato Tony e la sua squadra ad attenderli, ad impedire loro di rubare un elicottero per raggiungere la Siberia; non c’era stata alcuna possibilità di stabilire una comunicazione civile e tutto era degenerato, in una frazione di secondi, in un combattimento tra le due frazioni avversarie.

“Stai bene?” domandò la giovane a Bucky, aiutandolo ad alzarsi.

“Sto bene, dobbiamo raggiungere Steve, forza!” urlò in risposta il soldato, afferrò Charlie per il braccio destro, strascinandola lontano dagli altri, in direzione del loro migliore amico ma la loro corsa venne interrotta dall’arrivo di Tony.

“Non così in fretta, piccioncini” disse l’uomo, la voce ovattata a causa del pesante elmo che indossava, posizionò in avanti i guanti dell’armatura, dai quali fuoriusciva una luce azzurra “sono desolato di dover interrompere la vostra fuga d’amore ma non posso permettervi di arrivare all’elicottero”

“Stark, togliti. Dobbiamo passare”

“Sei così arrabbiata con me, Charlie, che mi chiami con il mio cognome? E dove è finita la nostra amicizia? A quanto pare non hai prestato ascolto alle parole che ti ho detto quel giorno, data la tua storia d’amore con il bel soldatino di piombo. A quanto pare hai un debole per i tipi tormentati, Charlie”

“Spostati, Stark” sibilò a denti stretti lei, si preparò a colpirlo ma l’uomo le lanciò contro uno dei getti di luce, che la scagliò contro uno dei container presenti nell’aeroporto; il soldato assestò un pugno al casco di Tony, già sapeva che non avrebbe dato alcun risultato, serviva solo come diversivo per andare a prendere Charlotte.

“Stai bene, piccola?”

“Si, anche se credo di avere una costola incrinata” sussurrò la ragazza con una smorfia di dolore stampata sulle labbra; Steve raggiunse i due proprio in quel momento, urlando che non rimaneva loro altra possibilità se non quella di correre verso un elicottero mentre gli altri distraevano il team del miliardario.

Steve per primo non voleva abbandonare i suoi, ma non c’era altra soluzione.

I tre iniziarono a correre in direzione del mezzo più vicino, correvano più velocemente possibile, ma quando arrivarono in prossimità del garage un raggio di luce gialla coprì la struttura sovrastante, che prese a crollare proprio davanti all’ingresso; era stato Visione a provocare quel danno, dietro ordine di Tony.

“Possiamo ancora farcela!” urlò Rogers.

“C’è quella cosa da incubo che ci sta seguendo” urlò a sua volta Bucky, Charlotte si voltò un solo istante e vide lo stesso sconosciuto che prima aveva allontanato dal giovane uomo: indossava un’armatura nera ed una maschera dalle fattezze che ricordavano quelle del muso di una grossa pantera; riuscirono a superare le macerie appena in tempo ma dall’altra parte trovarono Natasha, che puntava contro di loro il suo congegno in grado di sparare scariche elettrice.

“Nat, lasciaci passare”

“Lo sai che non posso farlo, Steve”

“Per favore, Nat, sei la nostra ultima speranza” rincarò la dose la giovane, rivolgendo uno sguardo supplicante all’amica, la rossa rimase indecisa per qualche istante, poi lanciò una delle scariche elettriche contro Black Panther, arrivato proprio in quel momento.

“Andate! Ora! Non lo potrò bloccare per sempre”.

Charlie lanciò uno sguardo di ringraziamento all’amica e salì dentro all’elicottero insieme a Bucky ed a Steve, quest’ultimo lo fece decollare prima che potesse essere troppo tardi; Black Panther provò, con un salto, ad aggrapparsi al veicolo ma scivolò a terra, senza avere la possibilità di riprovarci.

“Cosa diavolo è quell’essere?” disse la ragazza, prendendo posto in uno dei sedili, il dolore al torace era quasi insopportabile, ma sapeva che con la propria magia sarebbe riuscita a curare la costola fratturata.

“Quell’essere, come tu lo hai appena chiamato, è il nuovo re del Wakanda, il suo nome è T’Challa. Odia Bucky perché lo crede ancora responsabile dell’attentato a Vienna” rispose il Capitano dal posto di comando, mentre l’altro la raggiunse, zoppicando leggermente.

“Ti fa molto male?”

“No, non è niente. Ti hanno ferito alla gamba, James?”

“Tranquilla, piccola, è solo un graffio. Cerca di riposare, adesso, la Siberia è ancora lontana”

“Va bene” mormorò lei, Bucky chinò il viso per coprirle le labbra con le proprie, in un lungo bacio.

“Scusatemi se v’interrompo, ma voglio ricordarvi che ci sono anche io” intervenne Steve, per nulla abituato a quelle manifestazioni pubbliche di affetto.

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Capitolo 26
*** Siberia ***


C’erano molte ore di viaggio a separare la Germania dalla Siberia, Steve preferì non dare mai il cambio al suo migliore amico per pilotare l’elicottero; non era per una questione di fiducia, semplicemente voleva lasciarlo riposare.

Inserì il pilota automatico per concedersi a sua volta qualche minuto di riposo, gli occhi avevano iniziato a bruciargli e la testa gli doleva per tutto quello che era accaduto e che doveva ancora accadere; dietro lui Charlotte era profondamente addormentata e lo stesso valeva per Bucky, seduto a suo fianco.

Teneva la mano sinistra appoggiata al viso e le labbra erano socchiuse; il giovane uomo rimase a lungo a guardalo, in silenzio.

“Smettila di guardarmi in quel modo, mi fai venire strani pensieri” borbottò il soldato aprendo gli occhi.

“Scusami, non credevo che ti avrei svegliato”

“Ero già sveglio da un po’. Perché mi stavi guardando?”

“Stavo cercando lo stesso ragazzo di Brooklyn con cui sono cresciuto”

“Quel ragazzo non c’è più. È caduto dal treno e non è sopravvissuto”

“Ed io ti dico che quel ragazzo c’è ancora”replicò Rogers, abbracciando il suo migliore amico “mi sei mancato terribilmente”

“Anche tu, cretino”

“Ricordi ancora come mi chiamavi?”

“Certo che me lo ricordo”

“E ricordi quella volta che siamo tornati a casa facendo l’autostop perché avevamo speso tutti i soldi?”

“Io li avevo spesi tentando di prendere quell’orsacchiotto di peluche per quella ragazza dai capelli rossi, come si chiamava?”

“Dolores. Tu la chiamavi Dott”

“Già, è vero. Non raccontare questa storia a Charlie, però” disse il giovane uomo, voltandosi a guardare Charlotte “ho visto quello che è in grado di fare e non ci tengo a provarlo sulla mia pelle”

“Tu l’ami?” gli chiese Steve, di getto, spostando lo sguardo dal pavimento al viso di Bucky.

“Si, sono innamorato, Steve”

“Sono proprio contento” mormorò il Capitano, abbracciandolo una seconda volta, in modo da nascondere gli occhi che erano diventati lucidi.



Trascorsero altre quattro ore prima che davanti ai loro occhi apparvero le lande insidiose ed innevate della Siberia; erano finalmente arrivati e Steve prese nuovamente possesso dei comandi dell’aereo mentre Bucky andò a svegliare Charlie, avvertendola del loro arrivo.

“Hai ancora male alle costole?”

“No, è passato tutto”

“Dobbiamo scendere adesso, siamo arrivati” disse il giovane uomo, si avvicinò ad una parete dove erano posate diverse armi e prese quello che era un fucile d’assalto, dotato di mirino, caricandolo; tutti e tre scesero dal mezzo di trasporto ed entrarono in quella che era una struttura abbandonata da molto tempo.

Non sapevano chi potesse esserci lì dentro, se erano arrivati in anticipo o troppo tardi, per cui avanzarono con circospezione; ad un tratto sentirono un rumore metallico alle solo spalle e si voltarono verso una porta, Bucky puntò subito ad altezza uomo il fucile.

La porta si aprì e dall’altra parte apparve la figura inconfondibile di Tony Stark nella sua armatura.

“Capitano, ti vedo un po’ troppo sulla difensiva”

“È stata una lunga giornata, che cosa sei venuto a fare?”

“Riposo, soldato” disse l’uomo a Bucky “sono qui perché ho capito di aver sbagliato”

“Tu non ammetti mai di aver sbagliato” mormorò Charlotte, socchiudendo gli occhi, diffidente.

“C’è sempre la prima volta per tutti, piccola. Insomma, vuoi mettere giù quell’arma, soldatino di piombo? Non hai ancora capito che non ho intenzione di attaccarvi?”

“Metti giù quell’arma, Bucky” sospirò Steve, intenzionato a credere al miliardario, nonostante i suoi due migliori amici fossero di parere opposto; i quattro si avviarono in quella che era la sala principale del laboratorio e quello che videro li lasciò senza fiato.

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Capitolo 27
*** A Broken Empire ***


Davanti ai quattro c’erano sei teche di vetro, ciascuna collegata a dei fili e contenenti cinque uomini ed una donna, seduti e profondamente addormentati o almeno così sembrava dato che nessuno di loro si era mosso di un solo millimetro.

“Io stavo lì dentro” disse Bucky, indicando con un cenno della testa una settima teca, posizionata poco più in là delle altre “loro sono gli altri soldati”

“Stanno ancora dormendo”

“No, non stanno dormendo, li ho uccisi io”.

Una voce maschile e sconosciuta replicò alle parole di Charlotte, lei si voltò a guardare una porta situata dall’altra parte del laboratorio: dietro l’oblò di vetro c’era il volto di un giovane uomo dai capelli castani; non aveva nulla di particolare o di terrificante ma lei capì subito che si trattava del Sokovaro di cui Steve le aveva parlato.

Il migliore amico della ragazza lanciò subito il suo scudo in vibranio, per rompere il vetro, ma non vi provocò nemmeno un graffio.

“Chi sei, tu?”

“Ha forse importanza? Sono riuscito a portarvi dove io volevo. Davvero credevate che io volessi liberare questi mostri e scatenare la loro potenza? Io odio l’Hydra e voglio che paghi per tutto quello che ha fatto”

“Amico, allora credo che tu abbia un po’ le idee confuse riguardo alla parte da cui vuoi stare” rispose Tony puntando contro la porta blindata i guanti dell’armatura, da cui fuoriuscivano i raggi di luce azzurra.

“Tony Stark, ho qualcosa da farti vedere, sono sicuro che lo troverai molto interessante”

“Non ho tempo da perdere in sciocchezze, ragazzo”

“Ripeto: sono sicuro che lo troverai molto interessante. Tutti voi lo troverete tale” ripeté l’uomo da dietro la porta; uno degli schermi che c’erano nella stanza s’accese all’improvviso, mostrando quello che sembrava il video, molto vecchio, di una telecamera di sorveglianza.

“Conosco quella strada…”

“Tony, non guardare quel video” disse Rogers, capendo che cosa fosse, afferrò l’amico per un braccio ma l’altro si liberò con un gesto seccato.

“Non capisco, che cos’è quel video?” domandò Charlie, guardò Bucky ma lui aveva rivolto lo sguardo in direzione del pavimento; tornò a fissare lo schermo, giusto in tempo per vedere una macchina che si schiantava contro un palo della luce.

Dal cofano della macchina iniziò ad uscire del fumo ed un uomo cadde a terra dal sedile del guidatore.

“Tony, per favore, non guardare”.

Dopo qualche secondo arrivò una moto, guidata da un giovane uomo, la vettura si fermò dall’altra parte della strada ed il guidatore scese, avvicinandosi a quello che aveva fatto l’incidente, le immagini erano un po’ sgranate ma Charlotte riuscì a riconoscere Howard Stark nell’uomo a terra e Bucky in quello che era sceso dalla moto; un brivido di consapevolezza le attraversò subito la schiena, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dallo schermo.

Si portò una mano alla bocca quando vide il giovane uomo afferrare il padre di Tony e fracassargli la testa nel terreno, posizionarlo nuovamente nel sedile del guidatore e strangolare la moglie, che aveva assistito impotente a tutta la scena; poi si allontanò nuovamente, risalendo nella moto d’epoca.

Charlie si voltò una seconda volta in direzione di Bucky.

“Tu li hai uccisi?”

“Ero sotto il controllo dell’Hydra”

“Risparmia le tue stronzate” rispose il miliardario, voltandosi subito per attaccarlo, per vendicare i genitori che aveva creduto fossero rimasti vittime di un incidente, non che fossero stati uccisi in modo così barbaro, ma la ragazza si posizionò subito davanti al soldato, facendogli scudo con il suo corpo, imitata dal Capitano.

“Stark, la tua mente è annebbiata dall’odio e dalla vendetta. Bucky non ha ucciso i tuoi genitori perché voleva farlo, è stata l’Hydra a costringerlo. Dimentichi che gli hanno fatto il lavaggio del cervello?”

“Levati, dolcezza, o potrei non farmi problemi a colpire anche te. Vedo che non esiti a difendere il tuo bel soldatino, lui sa dell’esistenza di Piccolo Cervo?”.

La giovane sgranò gli occhi, incredula che Tony avesse menzionato davvero Loki.

“Chi è Piccolo Cervo?”

“Oh, allora la nostra Charlie non ti ha detto nulla? A quanto pare a lei piacciono i tipi particolari, più fuori di testa sono e meglio è”

“Smettila, Tony”

“A Charlotte non importa nulla di te, le importa solo del suo dio asgardiano che ha distrutto mezza New York. Tu sei solo un giocattolo, uno sfizio. Prova a chiederglielo tu stesso, se non ci credi”

“Basta!” urlò Charlie, scagliandogli addosso del ghiaccio che avvolse parte dell’armatura, il miliardario era in procinto di sferrare il suo attacco quando Steve gli si parò davanti.

“Perché non te la prendi con quelli della tua taglia?”.



 
“Stai bene?” domandò Charlotte a Bucky, preoccupata per quello che aveva rivisto nel vecchio filmato, lui si voltò a guardarla con uno sguardo duro negli occhi.

“È vero quello che ha detto Stark? O è stata solo una bugia per distrarmi? Tu ami un altro uomo?”

“Io…”

“Rispondi!”

“James, ascolta…” iniziò Charlie, decisa a dirgli che avrebbe spiegato quella faccenda una volta usciti da lì ma il soldato le sferrò un pugno all’altezza dello stomaco, facendola piegare in avanti a causa del dolore lancinante “che cazzo stai facendo?”

“Sono stato per troppo tempo un burattino, credevo tu fossi diversa, invece non hai fatto altro che prendermi in giro! Mi hai solo preso in giro!”

“Io non ti ho preso in giro! Mai! James, non puoi credere alle parole di Tony! È vero, sono la verità, ma…”

“Stai zitta, puttana!”

“Non ti voglio attaccare!” gridò la giovane, ma fu costretta a sprigionare del ghiaccio dalle proprie mani per evitare di ricevere un secondo colpo; lo stomaco le faceva male, sentiva la nausea salirle alla bocca, ma non era il momento opportuno per vomitare la cena della sera precedente.

Imprigionò il braccio sinistro del soldato in una morsa di ghiaccio, lui si liberò subito e l’afferrò per un braccio, scagliandola contro una delle teche; Charlie cadde a terra, il male allo stomaco era sempre più forte ed insopportabile, provò a rialzarsi ma Bucky le serrò la mano di vibranio attorno alla gola, sbattendola addosso ad una parete.
“Ti ucciderò con le mie stesse mani” sibilò il giovane uomo, nei suoi occhi c’era uno sguardo talmente folle che sembrava essere tornato il Soldato d’Inverno.

“James…Lasciami…Ti prego” rispose con un filo di voce la ragazza, tentò di liberarsi cercando di graffiare il volto a Bucky ma non ci riuscì, iniziava ad avere bisogno di aria ed il suo corpo diventava sempre più debole; il suo volto prese a cambiare colore, Tony e Steve stavano lottando dall’altra parte del laboratorio e nessuno di loro si era accorto di quello che stava accadendo.

Charlie capì che la sua fine era arrivata, che non sarebbe riuscita a cavarsela questa volta, così si lasciò andare e davanti ai suoi occhi apparvero delle chiazze prima rosse, poi nere ed infine l’oblio più profondo.

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Capitolo 28
*** Epilogo: Congratulations, Charlie ***


Charlotte socchiuse le palpebre e le sue orecchie vennero subito aggredite dal rumore, costante, di un macchinario che contava i battiti cardiaci; la testa le faceva male, la gola le bruciava e si guardò attorno con uno sguardo confuso: non si trovava più nel laboratorio in Siberia, bensì in quello che sembrava un attico arredato con lusso e stile.

“Buongiorno” le disse una voce maschile e lei posò lo sguardo su di una figura, seduta davanti ad un tavolo, che le dava le spalle.

“Tony?” gracchiò appoggiandosi una mano al collo “che cosa è successo? Dove sono?”

“Hai preso una botta in testa così forte che non riconosci più il mio attico? Comunque hai dormito per tre giorni interi, iniziavo a preoccuparmi”

“Tre giorni? Dove sono…”

“Il tuo amico Rogers ha rotto il generatore della mia armatura e poi è scappato insieme al tuo soldato che, per inciso, ha tentato di strangolarti se non te lo ricordassi”
“La colpa è stata solo tua, sei stato tu a dirgli quella cosa. Dove sono andati?”

“Non lo so, non ho potuto seguirli. L’uomo che ha creato tutto quel casino è stato arrestato grazie a T’Challa e tutti quelli della frazione di Rogers sono stati portati in un’apposita prigione. Mancano all’appello solo Rogers e Barnes, anche se lui è stato così gentile da lasciarmi un ricordo” rispose il miliardario, riferendosi al braccio in vibranio che era appoggiato sopra ad un tavolo lì vicino, lo aveva conservato perché affascinato da quella protesi indistruttibile.

“Verrò arrestata anche io?”

“No, non tu. Non ho detto nulla del tuo coinvolgimento, Charlie. Ah, congratulazioni, comunque”

“Congratulazioni?” chiese la ragazza, corrucciando le sopracciglia “per che cosa?”.

Stark si voltò a guardare la sua ospite e si tolse gli occhiali da lavoro con un gesto elegante.

“Sei incinta, Charlotte, a quanto pare avrai un Soldato d’Inverno in miniatura”.








Ringrazio tutti coloro che hanno letto la mia storia. Come avrete capito dal finale ci sarà un seguito. In verità sarà una trilogia. Sto già lavorando da un pò al seguito e spero d'iniziare a pubblicarlo il prima possibile. S'intitolerà "An Unexpected Host: Stars, Steel And Cross Bones".
Ringrazio ancora tutti quanti e ne approfitto per fare gli auguri di buona pasqua (dato che è domani)
.

 

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