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di Piccola1204
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** RiToRnO a ScUoLa ***
Capitolo 2: *** I PhArReL ***
Capitolo 3: *** PrOpOsTe ***
Capitolo 4: *** La FeStA ***
Capitolo 5: *** L'UoMo mIsTeRiOsO ***
Capitolo 6: *** ClEaR lAkE ***



Capitolo 1
*** RiToRnO a ScUoLa ***


Dopo tre mesi di vacanza sarebbe iniziato un nuovo anno alla Stanwood High School a Stanwood nello stato di Washington, è un piccolo paesino non molto lontano da Seattle.
Vivo in quella città da quando avevo due anni, fin da piccola la adoravo, il clima non era dei migliori anzi frequentemente pioveva, ma amavo andare in estate sul lago di Washington a fare il bagno e passare l’inverno sulle montagne a sciare. Adesso ho diciassette anni e la mia opinione non è cambiata di una virgola.
Quella mattina mi alzai un’ora prima del previsto perché sarebbe passato a prendermi la mi amica più cara Emily con la sua nuova macchina per andare a scuola. Si era comprata una Jeep le piacevano molto le macchine piuttosto grosse.
Prima di uscire mi guardai un ultima volta allo specchio che si trovava in camera mia, i capelli? Andavano bene, la piastra quella mattina mi aveva voluto bene, trucco? Perfetto anche se la mia pelle molto chiara non sarei mai riuscita a nasconderla nemmeno con un fondotinta più scuro. Mi ero vestita con una maglia bianca che mi fasciava il corpo e un paio di jeans, niente di particolare ma sapevo che i ragazzi avrebbero fatto la fila solo per vedermi, non sapevo cosa trovavano di bello in me… ero una ragazza normalissima.
Sono Noemi McAdams non molto alta, con lunghi capelli castani e gli occhi azzurri. Sono una ragazza, molto semplice.
Stavo per uscire di casa quando mi arrivò un messaggio sul cellulare.
“Non vedo l’ora di vederti!”
Lo cancellai immediatamente. Era Samuel un ragazzo che andava alla mia stessa scuola, era dall’inizio dell’estate che mi perseguitava perché voleva uscire con me. Tutte le ragazze lo consideravano affascinante, simpatico, io lo odiavo, non esisteva persona più odiosa di lui.
Presi le chiavi di casa e dolcemnte chiusi la porta, non volevo svegliare mia madre.
Emily mi aveva detto di essere pronta per le otto e mezzo …erano le otto e trentacinque e di lei nemmeno l’ombra; come al solito avrebbe fatto ritardo per scegliere i vestiti, ne aveva un armadio intero e tutte le volte ripeteva che non aveva nulla da mettersi. Mi misi a sedere sul gradino davanti alla porta e la aspettai. Arrivò cinque minuti dopo…avevo deciso di fare la finta arrabbiata ma, non appena la vidi le corsi incontro e le saltai con le braccia al collo.
“Buon giorno anche a te!” disse ricambiando l’abbraccio.
“Mi sei mancata tanto come è andata la vacanza in California?”
“Molto bene, però non ho trovato nessuno di interessante!” disse avvilita.
Risi era sempre la solita.
Passai dall’altra parte, aprì lo sportello e salì in macchina.
"Per farmi perdonare per il ritardo ti dirò che sei la prima a salire sulla mia macchina."
"La prima?"
"Si, dopo mio padre che voleva provare la macchina a tutti i costi."
"Grazie bionda".
Mi sorrise, e io ricambiai.
"Allacciati la cintura… si parte!" Mi allacciai la cintura, anche se non sapevo a cosa mi sarebbe servita visto che in città c’era il limite di 50. Emily fece una delle sue solite pazzie… schiacciò l’acceleratore e cominciò a scalare tutte le marce fino ad arrivare in quarta. Non mi spaventai: a me piace viaggiare velocemente.
"Sapevo che non avresti avuto paura… ormai ti conosco troppo bene".
Stavamo raggiungendo gli ottanta all’ora.
Abbassai il finestrino; Avevo tutto il vento nei capelli, stavo benissimo. Cominciai a pensare all’estate trascorsa sotto il sole cuocente del lago, mi mancavano quei momenti quando tutto sembrava perfetto.
Non feci in tempo a rilassarmi che mi arrivò un altro messaggio.
“Chi è?" chiese poco dopo Emily.
“È mio padre".
“Salutami il signor McAdams."
“Ha detto che risaluta la signorina Parker e ci augura buona giornata, era sicuro che saremmo andate a scuola insieme".
“Dov’è adesso?”
“Credo sia a New York ad una conferenza.”
“ Il mio è a Roma per concludere un affare con alcuni italiani e a me tocca stare con quella arpia della mia matrigna.”
I genitori di Emily si erano separati quando lei aveva dieci anni e la nuova moglie di suo padre non le andava per niente a genio.
“Ci pensi che siamo già all’ultimo anno?” chiese.
“È passato in fretta… come pensi che sarà quest’anno?”
“Uno schifo… a parte Simon che continua a provarci con me!”
“Perché continui a respingere Simon?”
“Per lo stesso motivo per cui tu respingi Samuel.”
“Io odio Samuel, te invece vuoi bene a Simon!”
“Si, ma non ha quella cosa..”
“Cosa?”
“Non ha quella marcia in più che piace a me.”
Risi.
“Hai intenzione di finire con me il corso di biologia vero?” chiesi.
“Si, anche se stare nella stessa classe con Rachel non sarà la fine del mondo. Te invece hai deciso qualche nuovo corso?”
“No, sono rimasta su quelli classici!”
In pochi minuti arrivammo, non era cambiato niente dall’anno prima, la scuola era sempre affollatissima ovvio visto che era l’unica in tutta la città contava più o meno trecentosessantadue studenti, all’entrata c’erano persone di tutti i tipi: alcune si rincorrevano, altre parlavano fra di loro, altre già litigavano, ed altre, bè, altre si baciavano, avrei voluto anche io trovare un ragazzo che mi piacesse veramente, un ragazzo che mi avrebbe apprezzata per il mio carattere e non solo per il mio aspetto fisico, ma non c’ero ancora riuscita.
L’entrata della scuola era stipata di persone come il parcheggio, c’erano tantissime persone che venivano a scuola in macchina o in motorino. Bisognava fare la fila solo per entrare.
“Ciao ragazze, vedo che siete in coda» disse una voce femminile.
“Ciao….Rachel…” disse Emily con un po’ si disprezzo.
“Io e Simon ci stiamo per rimettere insieme sei contenta?” disse sperando in una sua reazione negativa.
“Certo! Hilary dove l’hai lasciata?”
“Eccola era andata a parcheggiare la macchina.”
“Ciao Hilary.” Dissi.
Mi guardò e poi cominciò a parlare con Rachel.
“Andiamo non mi piace stare con queste persone.”
Si girarono e andarono via.
Io ed Emily ci guardammo e scoppiammo a ridere.
“Non le è ancora passata?”
“Credo che finché continuerò a piacere a Samuel mi odierà!”
Rise.
"Guarda là c’è un posto." dissi indicandone uno vuoto.
Direzionò la macchina in modo da parcheggiarla, quando una moto sfrecciò davanti a noi tagliandoci la strada e prendendoci gran parte del posto.
La moto era una Kawasaki Ninja nera. Il ragazzo spense il motore, scese dalla moto. Aveva il casco dello stesso colore, indossava una tuta da motociclista molto attillata, era di colore blu scuro con delle strisce fini rosse e blu ai lati delle braccia.
Il ragazzo si levò il casco e scosse i capelli. Era un ragazzo bellissimo aveva dei lineamenti nel volto particolari, era molto alto, con un fisico da atleta, la pelle chiara, ed i capelli corti di colore biondo dorato. Si levò la tuta, prese uno zaino e si diresse verso la scuola.
"Ma chi è quel ragazzo?" chiese Emily.
"Non lo so." risposi sorpresa.
“Dici che è troppo giovane per essere un professore?”
“Si…”
Non fece in tempo a ripartire che una macchina gli passò davanti: era una Lamborghini grigia. Alla guida c’era un ragazzo moro, sugli occhi portava degli occhiali da sole. Scese dalla macchina era vestito con un maglione di colore nero e dei jeans. Dopo essersi guardato un po’ intorno si tolse gli occhiali svelando degli occhi meravigliosi di colore verde acceso. Non era bello come il ragazzo di prima anzi aveva lo sguardo un po’ cupo e la pelle molto più scura della sua, ma di certo era molto affascinante.
"E quest’altro?"chiesi ancora più sorpresa.
"Credo che quest’anno si farà molto interessante!"disse Emily eccitata.
Non li avevo mai visti, forse erano nuovi. Andammo a cercare un altro parcheggio; lo trovammo infondo vicino al parcheggio riservato ai professori.
Appena entrammo a scuola vidi tutti gli alunni dell’ultimo anno davanti alla bacheca e la preside che parlava con Samuel. Non appena ebbero finito si girò e vedendomi con il sorriso sulle labbra venne vero si me.
«Ciao a tutti» disse Samuel poi mi guardò.
Non lo guardai nemmeno: lo detestavo, si credeva di essere un divo invece non valeva nulla.
«Ciao Sam» rispose Emily.
Scosse la testa, era affranto.
“La sapete l’ultima?” disse rivolto agli altri.
“No, ma perché c’e tutta questa gente davanti alla bacheca?”
“È proprio questo il motivo, la preside ha voluto dividere le coppie che si erano create nei corsi per la cattiva condotta.”
“Le avete fatte troppo grosse l’anno scorso!” affermò Emily.
“Già!”
Mi avvicinai alla bacheca e lessi in che corsi mi avevano messa. Le ore erano sei in totale compreso il pranzo. Di quelli che conosco durante la prima ora di Inglese nell’aula 21/A c’è solo Emily. Emily Parker era completamente diversa da me, non solo fisicamente. Lei era più estroversa con gli altri. Fisicamente era bassa, e molto magra, aveva i capelli mossi e biondissimi, gli occhi grandi di colore blu.
Alla seconda ora di lezione quella di francese nell’aula 3/A sono con Rachel e Simon. Rachel Mass era l’amica inseparabile Hilary, erano sempre insieme e sapevano essere davvero cattive. Rachel aveva i capelli rossi, lunghi, lisci e gli occhi marroni. Dall’anno prima era diventata la coordinatrice di tutte e feste che venivano organizzate, solo che quasi nessuno della scuola ci andava mai perché erano davvero noiose. Simon Williams era alto con i capelli biondi scuro e gli occhi marroni, dall’anno prima era fidanzato con Rachel ma tutti sapevano che aveva un debole per Emily.
Alla terza ora ho storia nell’aula 12/B con Samuel e Hilary – Samuel Tylor era alto, magro con corti capelli castani e grandi occhi verdi. Era molto bravo nello sport non per questo era il capitano della squadra di calcio, l’anno precedente aveva avuto una storia con Hilary ma durò poco. Hilary era bassa, magra con i capelli lunghi, biondi, riccioluti e gli occhi marroni.
Pranzo per poi avere alla quarta ora ho ginnastica in palestra con Rachel e Hilary, alla quinta ora Trigonometria nell’aula 19/A, e per finire alla sesta Biologia nella 27/A.
"Lo sapete che ci sono due nuovi arrivati?" disse Samuel
Mi misi subito in ascolto forse erano i due ragazzi che avevamo visto prima.
"Si, mi sembrava di non averli mai visti!"
"Si chiamano Mark Davis e Matthew Carrol".
Ricominciai a leggere i nomi nelle liste dei corsi.
“Sono in due corsi con me!” pensai curiosa e allo stesso tempo esaltata dalla scoperta.
"Sono in un corso con noi" dissi ad Emily.
"Davvero? Quale?"
“Inglese alla prima ora!”
“Che aspettiamo ad andare in classe?”
“Dobbiamo prima chiedere la combinazione degli armadietti!”
“Giusto!”
"Ciao Sam noi andiamo a prendere le combinazioni ci vediamo a pranzo!" disse Emily afferrandomi per un braccio.
Ci recammo in segreteria dove ci consegnarono un foglietto con scritto le combinazioni.
La campanella suonò. Posammo i libri e andammo in classe.
Entrammo. Subito notai i due nuovi arrivati. Erano entrambi seduti in due banchi separati uno in cima alla classe uno in fondo, sembrava che volessero stare da soli.
"Che ne dici di fare amicizia?" chiese Emily
Non mi lasciò nemmeno il tempo di risponderle che si diresse accanto al ragazzo biondo. Fui costretta a sedermi accanto al ragazzo moro con gli occhi verdi che era seduto in prima fila.
Iniziai a guardarlo di sfuggita, era carino, anche se non aveva la faccia di un tipo ammodo, se lo avessi incontrato per strada di sera avrei di sicuro pensato male. Entrò il professor Carthy, l’insegnante di inglese.
"Bene ragazzi oggi inizieremo subito a facendo un lavoro a coppie, ma prima volevo presentare i due nuovi ragazzi venuti qui dal Canada… salutiamo Mark Davis e Metthew Carrol". Il ragazzo moro si alzò in piedi e si presentò.
"Io sono Metthew Carrol e grazie dell’accoglienza!"
"Quindi tu devi essere Mark? Giusto?"chiese il professore.
Mark si passò una mano tra i capelli color oro e riluttante si alzò in piedi:
"Sì, io sono Mark Davis e grazie per la vostra… ospitalità!"
Notai che alle mani portava dei guanti neri… forse aveva freddo perché non se li levava? Si rimise a sedere. Dopo la spiegazione del professore cominciammo a lavorare.
Mi alzai per andare a sedermi accanto ad Emily, quando il professore mi disse:
"Signorina McAdams potrebbe mettersi in coppia con Metthew vorrei che fosse lei ad illustrare quello che facciamo durante la lezione, se non è un problema".
"No, no certo" Mi rimisi a sedere, non mi dispiaceva lavorare in coppia con lui.
"Piacere sono Noemi McAdams e tu devi essere…"
Non feci in tempo a finire la frase che Matthew mi interruppe.
"Mi sembra di averle già fatte le presentazioni non voglio essere più disturbato".
Mi feci piccola, nessuno mi aveva mai risposto così male senza motivo. Mi allontanai da lui e decisi di non parlargli per il resto della lezione. Come era scorbutico se avesse continuato così non avrebbe sicuramente fatto amicizia.
Mi girai per vedere se fra lei ed il ragazzo biondo stava andando meglio che tra me e Matthew quando, vidi lo sguardo di Mark fisso su di me. Istintivamente mi voltai. Non sapevo se avevo visto bene, mi girai un'altra volta ed era ancora lì che mi fissava: era davvero bello.
Anche Emily stava lavorando da sola. Questi nuovi ragazzi non erano molto socievoli. Tornai ad osservarlo e non appena alzò lo sguardo feci finta di nulla e mi girai.
Arrossì completamente.
Sentì Matthew fare un risolino. Lo guardai.
“Cos’hai da ridere?”
Subito tornò serio.
“Credi di poter piacere a Mark?”
Mi arrabbiai, prima mi rispondeva male e poi voleva fare gli affari miei? Non lo considerai.
“Mi dispiace per te ma, Mark non è la persona adatto, e te non sei adatta a lui”
“Cosa vorresti dire?”
“Noemi sarai la ragazza più bella della scuola ma io lo so che è tutta una finta so cosa sei veramente!”
Dopo quelle parole non mi disse più nulla.
Mi lasciò allibita, continuavo a pensare alle sue parole. Sentì toccarmi la spalla e sobbalzai.
“Noemi cos’hai, non hai sentito la campanella?” disse Emily.
“No, ero sovrappensiero!”
“Per Mark? Vi ho visti lo sai!”
Non volevo continuare quel discorso.
“Io devo andare al terzo piano ci vediamo a pranzo ok?”
“Va bene a dopo!” mi salutò e uscì.
Riposi le mie cose nell’armadietto e presi quelle della prossima ora e andai verso la mia aula. Arrivai in tempo in classe il professore non era ancora arrivato. Mi sedei in un banco libero e subito dopo il professore arrivò e cominciò a parlare dell’esame di maturità e che quest’ anno dovevamo impegnarci se no non avremmo passato gli esami. Durante la lezione notai Simon e Rachel seduti accanto di banco, lei era contenta, ma lui non sembrava ricambiare.
Finì anche quell’ora la prossima era quella di storia. Cominciai a camminare verso la classe che si trovava al pianterreno. Scesi le scale quando davanti a me si materializzò Mark. Ora ricordavo anche lui aveva la lezione di storia con me. Tutti i posti erano già stati presi a parte due in fondo alla classe. Mi diressi verso gli unici posti liberi quando mi sentì chiamare:
"Emy!!! Vieni qui c’è un posto libero". disse Samuel agitando la mano per attirare la mia attenzione.
Detesto quando mi chiama Emy. Non avevo voglia di passare la lezione da sola quindi decisi di sedermi accanto a lui anche se sapevo che me ne sarei pentita. Andai verso di lui, era contento che mi volessi sedere lì quando, mi sentì afferrare per un braccio. Mi girai a guardare chi fosse, molto probabilmente era Hilary e voleva che io stessi lontana da Samuel ma, mi sbagliavo…era Mark.
“Scusa ragazzo ma oggi Noemi si siederà accanto a me e credo anche per il resto della settimana quindi riprova fra un po’ ”.
Sempre tenendomi il braccio mi portò ai due posti liberi. Mi fece sedere accanto a lui. Non appena ci sedemmo Mark lasciò la stretta. Che prepotente chi gli dava il diritto di comportarsi così.
“Come fai a sapere il mio nome?”
“E dai Noemi sei una delle ragazze più belle della scuola secondo te i ragazzi non me ne hanno parlato?”
“E se io non volessi rimanere accanto a te?”
“Io credo proprio di si, da qual poco che ho visto Samuel non mi sembra un tipo molto affidabile e credo che tu preferiresti fare cinque ore in più di scuola che sopportare un’ ora con lui!” fece un sorriso malizioso.
Aveva proprio colto nel segno. Entrò il professore e la lezione ebbe inizio. Guardai Samuel era furibondo ci stava fulminando anzi stava fulminando Mark.
“Credi che Tylor si sia arrabbiato perché ti ho portato via da lui?”
Continuai a guardarlo, mi guardò male e poi abbassò lo sguardo.
“Credo che non mi rivolgerà la parola per un bel po’!”
“Bè almeno mi devi un favore”.
“Che tipo di favore?”
“Potresti riscattarti stando accanto a me anche la prossima volta!”
“Perché dovrei accettare sei un estraneo!” dissi sorridendo.
“Un estraneo che ti ha salvato ad una tortura e quindi merita una ricompensa.”
Ci pensai.
“Va bene ma solo perché mi hai “salvata”.”
Con il sorriso malizioso di prima stampato sul volto guardò la scheda che ci aveva consegnato il professore e cominciò a rispondere alle domande del test d’ingresso.
Fui contentissima di uscire dalla classe non vedevo l’ora di mangiare. Corsi a mensa e mi sedetti ad un tavolo libero. Emily arrivò pochi minuti dopo.
“Allora come sono andate le prime ore?”
“Un po’ pesanti non c’ero più abituata!”
“Nemmeno io, senti i ragazzi mi hanno chiesto se si potevano unire a noi per il pranzo non ti dispiace se gli ho detto di si vero?”
“No, tranquilla un po’ di compagnia non fa male! Ci saranno anche Hilary e Rachel?”
“Si! Si sono praticamente autoinvitate!”
Risi.
“Non importa!”
Dopo essersi serviti il pranzo arrivarono anche loro. “Emy ti sei ricordata di prendere la lista dei libri del professor Miller?” disse Samuel .
“No!! Oddio me lo sono scordata!”
“Ci credo avevi ben altro a cui pensare…” disse lui abbattuto.
Lo guardai sconcerata, come era geloso. Dovevo prenderla se no come avrei fatto per il resto dell’ anno?
Nell’aula non ne era rimasta nemmeno una, decisi di andare dal professore a sentire se ne aveva un’altra per me. Uscì ero così distratta che non vidi nemmeno dove camminavo, mi scontrai con una ragazzo, doveva avere un fisico da paura perché mi sembrava di essere andata a sbattere contro il marmo. Caddi a terra e al ragazzo tutti i fogli che aveva in mano.
"Stai più attenta ragazzina!"
Ero mortificata, iniziai a raccogliere i fogli.
"Scusa è che ero di fretta e non ti ho visto".
Li raccolsi e quando glieli porsi notai che portava dei guanti.
"Questa è la lista – fui interrotta.”
“Si del professore Miller.”
Alzai lo sguardo e vide che era Mark.
“Si, ma Noemi ovunque mi giro ti vedo devo pensare che tu ti sia presa una cotta per me? Perché se è così non posso ricambiarti!”
Cambiai tono di voce.
“Non ci pensare nemmeno!” ne raccolsi uno e lo spostai per passare.
“Ah comunque grazie per avermi fatto cadere i fogli!”
"Ti ho già chiesto scusa cosa vuoi di più?"
"Che caratterino spero che le ragazze qui non siano tutte come te!"
"Che fai lo spiritoso?".
Che presuntuoso.
“Prima non abbiamo fatto le presentazioni ammodo: piacere Mark Davis”. Disse lui allungando la mano.
“Almeno le buone maniere le conosci: piacere Noemi McAdams - dissi stringendogliela - io devo andare quindi ci vediamo.”
Raggiunsi gli altri;tutti avevano quasi finito di mangiare. Sul tavolo non si trovavano più vassoi così andai dalla cuoca a chiedergliene uno pulito, oltre a quello mi dette anche altri dieci vassoi da portare nella sala.
Li poggiai sul tavolo e subito Mark ne prese uno e andò a servirsi, ne presi uno anche io. Non c’era nulla che mi piaceva in particolare modo, così presi un piatto di insalata con patatine e un po’ di frutta. Andai verso il mio tavolo quando, un ragazzo che stava correndo verso di me mi urtò e mi fece cadere il vassoio. Mi girai per dirgliene quattro quando colpì un ragazzo che si trovava dietro di me facendogli cadere anche a lui il vassoio.
"Sarai soddisfatta ora?"disse Mark guardandomi male. "Non l’ ho fatto apposta!".
"Ah, no? Prima i fogli ora pure il pranzo sei proprio distratta!"
"Non è colpa mia se non sei attento!" mi stava facendo arrabbiare.
"Non è colpa mia se sei così maldestra!"
Raccolse il suo vassoio e andò a cambiarlo.
Andai subito a sedermi al tavolo con gli altri.
"Che fai non mangi?" mi chiese Emily.
"No, mi ha fatto passare la fame!"
"Dai!" "Che bello il primo giorno di scuola!"
Guardai Samuel e sul suo volto scorsi un sorriso, era contento che io avessi litigato con Mark. Simon cominciò a parlare delle sue vacanze, era stato a in Florida per quasi tutta l’estate.
“Ah, Noemi – chiese Hilary - dove hai passato le vacanze spero tu non sia rimasta a casa!”
“È stata sul mare della California con me, l’ho ospitata a casa mia per una settimana!”
Hilary rimase stupita.
“Cosa fai?” dissi a Emily sottovoce.
“Ti aiuto!”
“Grazie ma, non importa di quello che pensa quella vipera!”
Suonò anche la campanella di fine pranzo. Dal mio armadietto presi i vestiti per fare ginnastica e andai in palestra…avrei dovuto sopportare un’ora di lezione con Rachel e Hilary.
Il professore Morris ci fece fare mezz’ora di riscaldamento dopo di che ci divise in due squadre e ci fece giocare a pallavolo. In squadra con me era capitata Hilary. Mi posizionai centrale e lei battitrice, dovevo ammetterlo ma le sue battute erano micidiali.
La partita ebbe inizio., la palla era nostra, Hilary fece un servizio quasi perfetto, le avversarie ricevettero la palla, l’alzatrice la alzò e la banda schiacciò, peccato però che le mie compagne delle prime due file murarono e la palla finì a terra.
1 a 0 per noi. Hilary ribatte, andò a finire sulla linea laterale.
2 a 0 per noi.
Ripartimmo, però questa volta la loro azione fu molto buona e noi non riuscimmo a fare punto.
Palla alle avversarie. Riuscì a ricevere la palla e ad indirizzarla verso l’alzatrice, ma la nostra banda non riuscì a farci assegnare il punto.
“È colpa tua se il punto non è stato nostro…”
“Perché?”
“Dovevi prenderla meglio!”
Probabilmente aveva ragione, alla prossima mi sarei impegnata di più.
Nuova recezione, questa volta la palla andò di là dalla rete, però ci fecero il muro e non riuscimmo a prenderla.
“Noemi ti vuoi svegliare?? Mi urlò Hilary.
“Ma chi ti credi di essere, al posto di impartire ordini e basta muoviti un po’ anche te!”
Non disse più nulla. Quella volta mi volevo impegnare al massimo per farle vedere che era lei che si sbagliava.
Stavo per prenderla quando mi sentì spingere. Caddi a terra. “Ma cosa fai?”
“Mi avevi detto di muovermi no?”
“Si, ma non addosso a me!”
“Hai paura di sfarti i capelli sennò?”
Non la considerai più non volevo darle troppa soddisfazione. La recezione su di nuovo mia, l’alzatrice l’alzò a me e da centrale schiacciai e feci punto.
“Va bene adesso?”
Si girò. Che soddisfazione.
Il professore suonò il fischietto e ci disse di andarci a cambiare perché fra poco sarebbe finita l’ora.
Andai negli spogliatoi, feci una doccia veloce e mi diressi verso la nuova classe al secondo piano, quella di trigonometria.
La prima lezione non fu noiosa come tutte le altre, la professoressa Bell era nuova e quindi ci fece fare solo un piccolo ripasso.
Menomale la prossima ora l’avrei passata con Emily. Mi raccontò che Matthew le aveva rivolto la parola e che non sembrava affatto un cattivo ragazzo, anche se da come si era comportato con me non lo classificherei come angelo. Finalmente quella maledetta mattina era finita, incrociai Mark all’uscita da scuola, nemmeno mi guardò, tirò a diritto.
Emily mi riaccompagnò a casa ero troppo stanca avevo solo voglia di farmi un bel bagno caldo e di rilassarmi. Mia madre era in casa.
“Ciao Noemi, com’è andata la giornata?”
“Dimmelo tu? Ho litigato con Samuel, con un nuovo compagno appena arrivato e con Hilary!”
“Non molto bene… vuoi un thè? Sono quasi le cinque.”
“No, grazie vado a farmi un bagno!”
Posai lo zaino in camera mia e presi i vestiti di ricambio, mi chiusi in bagno, accesi lo stereo e preparai la vasca. L’acqua era la punto giusto, mi immersi e dopo dieci minuti di relax mi addormentai.
Sognai Mark e tutto quello che era successo oggi. Mark mi stava facendo la parte perché gli avevo rovesciato il pranzo e io non riuscivo a parlare, ci provavo ma niente. Per fortuna fui svegliata dalla voce di mia madre che bussava alla porta.
“Noemi, cos’hai è un’ora che sei li dentro.”
Ero un po’ rintontita.
“Nulla, tranquilla mi ero addormentata!”
“Va bene sbrigati che è pronta la cena.”
Uscì, mi asciugai e andai a cena; non mangiai quasi nulla, non avevo appetito.
Per finire la serata andai in camera mia e guardai un film alla televisione. Mi infilai sotto le coperte non appena finito, ma non riuscivo a prendere sonno continuavo a pensare alla vicenda di oggi. Dovevo dimenticarla!!

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Capitolo 2
*** I PhArReL ***


La mattina seguente ero stanchissima, non avevo chiuso occhio e quel poco che avevo dormito avevo dormito male.
Preparai la colazione, mangiai con tutta calma e subito dopo mi vestì per andare a scuola. Quel giorno ci sarei andata con il mio motorino.
Andai in garage lo presi e lo portai fuori alla luce del sole, era un Libery grigio non molto vecchio ma funzionante aveva solo uno specchietto rotto per colpa dell’incidente avvenuto l’anno prima a mio padre mentre tornava dal lavoro.
Mio padre Ryan McAdams era un uomo bellissimo e credo che mia madre si ritenga fortunata a stare con lui… aveva un viso a dir poco perfetto, però non aveva avuto molte ragazze anzi forse la mamma è stata l’unica donna della sua vita. Era slanciato con un fisico muscoloso ma lui dice di non aver mai fatto palestra ma, io non ci credo molto, ha i capelli castani e gli occhi azzurri… ecco da chi ho preso i miei.
Oltre a questo era un uomo in carriera e per questo viaggiava molto, ad esempio ora era a New York e ci sarebbe rimasto per circa un mese.
Mia madre Helen McAdams era casalinga e infatti passavamo molto tempo insieme. Anche lei era molto bella, ovviamente per tutti i figli i propri genitori sono i migliori però modestie a parte era davvero bella. Era castana, con gli occhi marroni, molto dolce e riservata come me e credo che questa caratteristica abbia colpito maggiormente mio padre che invece quando era giovane era molto “galletto” ecco come potevo definirlo. Quando la mamma mi raccontava di lui ridevo sempre e lui si irritava molto. La mia famiglia era normale come tante altre.
Mi infilai il casco misi in moto e partì in direzione della scuola.
Durante il tratto di strada continuai a pensare a quello sguardo. Odiavo Mark: quella sera non mi aveva fatta dormire!
Era una mattina grigia, sembrava che la città e i suoi abitanti stessero ancora dormendo. Mi sentivo sola e osservata da occhi indiscreti. Mi sembrava che da dietro le finestre mi stessero osservando, decisi di non percorrere la solita strada.
Imboccai una via molto stretta che mi avrebbe ugualmente portata a scuola solamente sul retro. Ero arrivata prima del previsto, non c’erano molti ragazzi all’entrata.
Parcheggiai, e dopo aver sistemato il casco dentro il bauletto mi guardai un po’ intorno. Vidi due ragazzi di seconda superiore avvicinarsi. Erano quelli che mi perseguitavano da un anno ed erano conosciuti come Cip e Ciop perchè erano inseparabili.
Non volevo di prima mattina sentirmi fare complimenti e proposte di uscita… dovevo nascondermi. Vidi cinquanta metri più in la della scuola un bosco, doveva essere il bosco che più di un anno fa era andato a fuoco per colpa di un fulmine nel giorno di un terribile temporale. Mi sarei nascosta li fino al suono della campanella. Quando i due distolsero lo sguardo iniziai a correre il più velocemente possibile.
Nonostante avessi raggiunto il bosco non mi fermai. Si vedeva che non era curato infatti mentre correvo rischiai di cadere inciampando in una radice. Dopo un paio di metri mi fermai di colpo, qualcosa aveva attirato la mia attenzione.
Ero meravigliata: cosa ci faceva una casa in mezzo al bosco o meglio cosa ci faceva una casa in mezzo a quel bosco? Se un anno prima era andato a fuoco e ne era bruciato gran parte come faceva quella casa ad essere ancora in piedi?
Mi avvicinai anche se molto insicura. Era una casa molto vecchia, però aveva un fascino molto particolare, probabilmente era stata costruita nella seconda metà dell’ settecento. Aveva un cancello come entrata all’immenso giardino ed era circondata da un recinto in metallo molto alto, forse per non far entrare i ladri. Volevo capire di più… decisi di entrare.
Mi avvicinai al cancello, lo spinsi e con mia enorme sorpresa vidi che era aperto. Iniziai a percorrere un sentiero che mi avrebbe portata all’entrata della casa.
Mentre percorrevo il giardino vidi molte piante che ormai in città non si vedevano più. Erano perlopiù erbe benefiche, la mia A a biologia era servita a qualcosa. I proprietari della casa dovevano essere dei medici…Si era alzata una nebbiolina da mettere i brividi a chiunque ma non a me, ero troppo presa dalla casa per avere paura.
Arrivai alla fine del sentiero e davanti a me vidi la casa. Era fatta in marmo grigio, diventato così perché molto vecchio e consumato. Le finestre erano molto piccole, non poteva entrare molta luce… ormai erano tutte sporche si vedeva che non era abitata più da nessuno da tempo. Diedi un occhiata all’interno per vedere se avevo ragione. Mi avvicinai ad una finestra e guardai dentro.
Vidi un enorme sala con tanti divani e poltrone. Non capivo… perché sprecare una stanza così grande solo per essere occupata da poltrone? Mi smentì subito quando vidi nel centro della stanza un pianoforte in legno. Continuai a guardarmi intorno: tutta la casa era ricoperta di polvere, non ci abitava più nessuno, come avevo dedotto prima, ma perché tutte le cose erano ancora sistemate al loro posto? Con una casa così bella e così grande rivendendola avrebbero potuto fare tantissimi soldi… o forse in quella casa era successo qualcosa di brutto?
Avevo tantissime domande che volevano delle risposte e le avrebbero trovate… volevo entrare nella casa! Vidi vicino alla porta un campanello con sopra scritto in oro: “Famiglia Pharrel”. Avvicinai la mano al pomello della porta per vedere se ero fortunata come prima e trovarla aperta. Lo afferrai ma non appena cercai di vedere se la porta era aperta sentì come un ringhio provenire dalla foresta. Anche se non avevo paura quasi di nulla quella volta mi spaventai… non me lo aspettavo.
Sentì il cellulare squillare… Emily mi stava chiamando… ma che ore erano?
Le otto e cinque ero in un ritardo pazzesco la scuola era già iniziata da dieci minuti. Iniziai a correre e in pochi secondi attraversai tutto il giardino, non appena uscì dal cancello notai davanti a me due lapidi.
Mi stropicciai gli occhi per vedere se avevo avuto un allucinazione dopo tutte quelle nuove scoperte… ma non era così: le due lapidi erano ancora li.
Con molto cautela, levai le radici che si erano formate sopra i nomi dei morti. Sopra alla prima lapide c’era scritto Emma Pharrel 1811 – 1845, sulla seconda lapide invece c’era scritto Eric Pharrel 1810-1845.
Ma chi erano questi Pharrel e perché erano morti così giovani? Una grave malattia? Ma perché lasciare la casa incustodita?
Erano le otto e un quarto… indagherò più tardi!
Corsi verso la scuola…non appena entrai in classe il professore mi riprese.
«Le sembra l’ora di arrivare signorina McAdams?»
«Scusi non si ripeterà mai più»
Mi sedetti accanto a Emily e presi dalla cartella i libri.
«Perché sei arrivata così in ritardo?» mi chiese.
«Ho scoperto una cosa molto interessante a pranzo te ne parlo».
«Va bene, ma lo sai cosa c’è di strano… anche Mark è arrivato in ritardo… non è che…»
“Emily cosa pensi… non so come mai lui sia arrivato in ritardo ma io ero sola…”
“Scusa, scusa stavo scherzando…”
“Lo so…” sorrisi
Mi voltai verso Mark… che mi avesse seguita nel bosco??
Possibile visto che avevo provato quella sensazione di essere spiata chi non me lo poteva dire che non era lui…
Le tre ore passarono molto in fretta, non avevo fatto altro che pensare alla casa. Raggiunsi a mensa Michael e Emily. Ci servimmo tutti e ci sedemmo al nostro solito tavolo. Gli altri ci raggiunsero poco dopo. Mi ero dimenticata di prendere da bere… era soprappensiero iniziai a camminare velocemente: voleva sbrigarmi per parlare ai miei amici… mentre tornavo a posto quasi correndo non notai Mark che mi stava venendo addosso.
Eravamo di nuovo vicini a scontrarci quando all’ultimo secondo mi scansai schivandolo, in quel momento non me ne ero nemmeno accorta. Mark si fermò, mi guardò meravigliato e poi continuò per la sua strada. Quando mi sedetti al tavolo vidi Emily con la bocca spalancata.
«Cosa c’è?»
«Ti sei accorta di cosa hai fatto?» disse Emily.
«No, cosa?»
«Hai schivato Mark Davis senza nemmeno guardare dove camminavi!Pensavo accdesse un'altra volta un putiferio!»
«Davvero?Non me ne sono accorta».
«Ma gli altri si!»
Mi guardai intorno: tutta la mensa mi stava guardando. «Odio quando mi guardano tutti!»
«Come se non succedesse mai».disse Emily affranta.
«Ad ogni modo volevo parlarvi di quello che ho visto stamani.».
«Dai raccontaci» disse Michael.
Guardai che nessuno ci ascoltasse e cominciai a raccontare.
«Stamattina sono arrivata a scuola prima del previsto e ho visto cip e ciop che mi si avvicinavano, allora ho deciso di nascondermi nel bosco vicino alla scuola per scappare da loro due.”
«Aspetta, quale bosco? quello che l’anno scorso è andato a fuoco?»
«Sì quello. Ho iniziato a correre e sono entrata nel bosco. Dopo qualche metro mi sono fermata davanti ad una casa. Era una casa enorme circondata da un cancello. L’ho trovato aperto e sono entrata. Ho percorso il giardino e sono arrivata davanti alla casa, allora mi sono incuriosita e così ho guardato se la casa fosse abitata, non lo era o almeno non lo era più. Avevo deciso di entrare ma non appena ho toccato il pomello della porta mi sono fermata. Ho letto il cognome sul campanello e mene sono andata.»
«Sembrerebbe una storia dell’orrore… sai potresti fare l’oratrice mi hai fatto venire i brividi!» disse Michael prendendo il suo bicchiere per bere.
«E quale era il cognome?»
«Pharrel!»
A Michael andò di traverso l'acqua che stava bevendo.
«Pharrel? Hai detto Pharrel?»
«Sì perché sai qualcosa?»
«Si, perché te no?Dovresti saperlo anche tu chi sono!»
«Michael, non lo so nemmeno io!» Disse Emily
«Avanti dimmi tutto quello che sai!»
«Emma ed Eric Pharrel erano molto ricchi e non credevo che possedessero la casa che hai trovato… erano entrambi persone deliziose, molto disponibili e di lavoro facevano i ricercatori. Però non facevano ricerche su tesori ma sulle malattie degli animali.
A quel tempo si era diffusa una malattia che stava facendo impazzire gli animali fino a farli morire. Volevano a tutti i costi che le specie non si estinguessero così cominciarono a curarli.Trovarono una medicina capace di curarli che a quanto so non venne mai trovata! Dicono che sia nascosta in qualche muro della casa... Comunque un giorno come tanti altri i due hanno iniziato a comportarsi in modo strano non curavano più gli animali ma li ammazzavano, nel bosco infatti si trovavano molti animali dissanguati… una cosa macabra… in un primo momento pensarono che volessero fare solo degli esperimenti per capire la malattia poi hanno iniziato a morire delle persone.
Ne morirono tre. Non credettero mai che fossero stati loro ad ucciderle, ma gli animali ed invece si sbagliavano ala grande!.
Le persone del paese cominciarono a preoccuparsi di queste morti sempre più frequenti.
Passarono due anni dall’accaduto e le uccisioni ricominciarono. Morì una persona però questa volta tutti volevano accertarsi che andasse tutto bene con i Pharrel perché se poi gli animali avessero ucciso le persone nella città invece che solo quelle che entravano nel bosco come avrebbero fatto per salvarsi? Così andarono alla casa.
Videro Emma che gli correva incontro dicendo di andarsene perché Eric stava facendo un esperimento molto importante, e che le uccisioni sarebbero finite visto che avevano trovato la cura. In braccio aveva un bimbo di pochi mesi. Si vede che in quel tempo avevano dato alla luce un bimbo ma non seppero mai il suo nome.
Una sera del 1845 Emma ed Eric insieme al bambino si presentarono ad una festa del paese.Dopo molti anni che non si facevano più vedere in paesetornarono..si vedeva però che tutti e due erano molto strani.
Erano le undici e mezzo di notte precise quando Emma si scagliò su un uomo di trentacinque anni e gli succhiò tutto il sangue. Era diventata una vampira. Eric prese suo figlio e cominciò a correre verso la casa: l’unico posto dove sarebbe stata al sicuro.
Tutti gli abitanti della città iniziarono ad inseguirli, gli avevano ingannati!
Ormai li stavano per prendere, quando Eric si mise tra lei e i cittadini…si trasformò in un lupo enorme e si scagliò sulla folla.
Lui era diventato un licantropo ovvero un lupo mannaro. Dopo che la moglie e il figlio raggiunsero la casa li raggiunse anche lui. Chiusero tutte le porte accuratamente e si nascosero in casa.
I cittadini riuscirono a sfondare il cancello e la porta e non appena entrarono nella casa trovarono i corpi di Emma ed Eric in una pozza di sangue… qualcuno li aveva preceduti e uccisi prima di loro. Del bambino non si ebbe più nessun segno… per dare una spiegazione logica a tutto ciò hanno dato la colpa al figlio dei Pharrel visto che era l'abominio di due creature mostruose.
Questa storia è diventata ormai una leggenda da raccontare ai bambini per spaventarli un po’ e non farli avvicinare al bosco, ma ormai è una storia vecchia!».
«Che storia fantastica potrebbero farci un film!» disse Emily ridendo.
«E come mai la casa e ancora tutta arredata?»
«Dicono che chiunque si avvicini alla casa verrà ucciso dai loro spiriti, quindi nessuno ha mai avuto il coraggio di avvicinarsi alla casa, c’è stato solo un uomo che avuto questo coraggio: un prete che ha dato una degna sepoltura ai due copri in due lapidi vicino alla casa… credo che tu le abbia viste –Annuì – pochi mesi dopo il prete morì, venne ucciso nello stesso modo dei Pharrel in casa sua senza testimoni.
Da quel giorno nessuno, dico nessuno, si è più avvicinato al bosco… nemmeno quando ha preso fuco l’anno scorso!!”
La mensa si era svuotata, erano rimasti solo loro tre e non avevano ancora mangiato nulla.
«E tu come fai a sapere questa storia?»
«Me la ha detta il mio bisnonno e poi tutti in città la conoscono!”
La campanella di fine pranzo suonò, la fame mi era completamente passata, ci alzammo tornando ognuno nella propria classe. Durante le ultime tre ore di lezione che stranamente anche quelle volarono il professore di educazione fisica ci disse che a Gennaio ci sarebbe stata una gita sulla neve, ma non mi interessava, forse non ci sarei nemmeno andata, in quel momento ero troppo presa dai Pharrel.
Quel pomeriggio sarei tornata in quella casa e avrei scoperto molte più cose. Mi preparai per uscire e andare a casa ma, Emily mi bloccò.
«Cosa c’è Emily devo andare» dissi scortese.
«Lo sapevo ormai ti conosco troppo bene, vuoi tornare a casa dei Pharrel e scoprire di più su di loro?»
Rimasi in silenzio.
«Me lo immaginavo… che ne dici se vieni a pranzo a casa mia, tanto i miei genitori non ci sono perché sono in viaggio, e dopo esserci rilassate un po’ andiamo a casa dei Pharrel insieme?»
«Non so, devo avvertire mia madre, e poi, non credo che tu abbia tutto questo coraggio!»
«Infatti non l’avrei ma avendoti accanto so che non mi succederà nulla! Giusto?»
«Ma non so potrei anche trasformarmi in vampira come Emma e succhiarti tutto il sangue!»
«Sì certo e io sono un licantropo come Eric! Dai andiamo si sta facendo tardi!”
Uscimmo da scuola, quando sentì una strana sensazione, la stessa che avevo provato quella mattina come se qualcuno mi stesse osservando… già che stupida ero la più carina della scuola, era normale che mi sentissi osservata, ma era diverso.
Nel cortile vidi un gruppo di ragazzi che guardavano qualcosa molto intessati.
«Cosa sta succedendo?»
«Non lo so, andiamo a vedere!»
Ci avvicinammo alla folla, non riuscivo a vedere nulla visto che la gente non mi lasciava nemmeno uno sbocco.
Ad un tratto tutti si misero ad urlare, voleva capire cosa stesse accadendo, afferrai Emily per il braccio e, facendomi spazio tra la gente, raggiunsi facilmente la prima fila.
Rimasi pietrificata: vidi che era in corso una rissa. Ne avevo sempre sentito parlare ma, non ne avevo vista mai una.
Questa però non era una vera e propria rissa… di solito nelle risse si picchiano due o più persone invece in questa due ragazzi di circa diciassette anni picchiavano un ragazzo di soli quindici. Era uno di quei ragazzi chiamati “secchioni”… portava degli occhiali spessi e la macchinetta per i denti, aveva in mano dei libri… questo era un pestaggio!
I due iniziarono a picchiarlo tirandogli calci e pugni. A lui caddero tutti i libri. Il ragazzo non poteva fare nulla: era in trappola, l’unica cosa che poteva fare era cedere… capì che non poteva nulla contro di loro, iniziò ad uscirgli sangue dalla bocca e dal naso. Uno dei due ragazzi lo afferrò per la camicia e lo alzò.
«Ci devi ridare immediatamente i soldi che ti abbiamo prestato!»e… con freddezza e crudeltà lo scaraventò per terra.
La sua testa batte contro un sasso e anche da li iniziò ad uscirli del sangue. I due però rimasero impassibili e continuarono a picchiarlo, Emily si girò dall’altra parte era troppo per lei.
Io stavo per scoppiare! Come potevano tutti rimanere impassibili davanti a tanta spietatezza? Anzi si divertivano anche che branco di deficienti! Guardai quella macchia di sangue che stava uscendo dalla sua testa, era rossa e molto densa…continuai a guardarla intensamente.
Sentì un gemito del ragazzo che imprecava un aiuto. Strinsi talmente tanto i denti che iniziarono a farmi male le gengive e a girarmi la testa. Dettero un calcio al ragazzo e lo fecero svenire… a quel punto non ci vidi più dalla rabbia, il ragazzo sarebbe potuto morire, posai a terra la cartella e mi avvicinai ai due.
«No!! Noemi cosa fai? Vuoi anche tu essere ridotta così?»disse Emily cercando di fermarmi.
Misi una mano sulla spalla a uno dei due facendolo girare, mi guardò.
«Cosa ci fa la nostra bella Noemi McAdams qui? Vuole partecipare anche lei?Con i soldi che mi deve il ragazzo potrei portari a cena ci stai??»
«No!» Gli detti uno schiaffo così forte che riuscì a farlo indietreggiare. Tutti mi guardarono stupiti.
L’altro ragazzo corse verso di me, io mi scansai e lo feci finire addosso al suo amico.
Non ero più me stessa… quando mi arrabbio riesco fare tutto. Facendomi aiutare da Emily prendemmo in braccio il ragazzo svenuto e lo portammo in infermeria. I due ragazzi ci seguirono.
«Dove lo stai portando? Quel ragazzo ci deve dei soldi!»
Li guardai male… anzi li fulminai di netto! Non osarono dirmi altro.
I due arrabbiati se ne andarono. Lo accompagnammo in infermeria c’era un odore di sangue che mi faceva venire il mal di stomaco.
Dissi alla professoressa che doveva curarlo perché era caduto dalle scale…per questa volta li risparmia... stranamente credette alle mie parole.
Mi sentivo strana, quell’odore così forte mi aveva dato noia, non c’ero abituata. Mi appoggiai ad un muro per paura di perdere l’equilibro,quando un ombra nera mi avvolse e caddi a terra priva di sensi.
Non so dopo quanto mi svegliai sapevo solo di trovarmi in infermeria con accanto la professoressa che doveva avermi assistita. Poco dopo entrò anche Emily, era preoccupata e si vedeva, mi saltò con le braccia al collo, la professoressa mi spiegò che avevo avuto un calo di pressione e che mi dovevo un pò riguardare.
Dopo essersi accertata che tutto andasse bene mi permise di andare. Durante il tragitto fino a casa di Emily non aprimmo bocca, io perché non volevo parlare di cosa era successo prima anche perché nemmeno io sapevo darmi una spiegazione… Ruppe il ghiaccio Emily non appena arrivammo a casa.
«A che ore andremo a casa Pharrel?»
«Non lo so, per me va bene e a qualsiasi ora!»
«Ti va bene verso le sei».
«Siamo in pieno autunno a quell’ora sarà già buio».
«Va bè e poi un po’ di paura non guasta qualche volta!».
Facemmo la lezione e Emily mi raccontò che gli piaceva Matthew anche se lo conosceva da due giorni.
“E… te… Emy…-rise- come va con Mark?”
La guardi un pò stupita.
“Di solito quando non rispondi vuol dire che va tutto bene! Allora piace anche a te Mark? Hai trovato qualcuno che non ti è indifferente!”
“No! Ti sbagli io detesto Mark!” “Mmm… Noe…non mi incanti… io ti leggo nella mente so benissimo che ti piace!”
“No! Non è vero!”
“ Sarà ma se ti arrabbi così tanto vuol dire che un pochino ti interessa!”
Risi… Emily era brava nel far confessare le persone. “E va bene lo ammetto… devo dire che il primo giorno di scuola non mi era del tutto indifferente… ma adesso mi ha fatto proprio arrabbiare!”
“Tanto presto o tardi fra di voi succederà qualche cosa! È solo questione di tempo…”
“Io non ci conterei!Può avere tutte le ragazze che vuole non penso propio che voglia me...”
“Ah no… ma lo hai visto come ti guarda tutte le volte?”
“No, perché mi guarda?”
“Di continuo… o almeno quando ci sono io si… ”
Mi aveva sorpresa…questa non me la aspettavo…
“Non sai cosa dire eh? secondo me a lui piaci e anche tanto”
“Non dire cavolate se no si sarebbe già fatto avanti è un ragazzo troppo sicuro di se…”
“Ma è questo il mondo di oggi e i ragazzi si fanno avanti con le ragazza prima trattandole male e poi confessandogli i loro sentimenti!”
“E che vantaggio hanno? Solo di essere odiati!”
“Lo so… sono davvero ingenui!”
Ci fu un momento di silenzio.
“E poi… cosa predichi te… mi hai detto che Matthew e te avete una storia!”
“Non è una storia… è solo che lui è davvero dolcissimo…e andiamo molto d’accordo…”
“Si… a lui piaci, a te piace… perché non ve lo dite?”
”Primo perchè lo conosco da troppo poco tempo e secondo perché non voglio ferire Simon!”
”Ah… è vero… è tutta l’estate che ti viene dietro poverino… allora prova a parlarci!”
“È quello che voglio fare…”
“Brava!Le cose si risolvono sempr parlandone”
Arrivarono le sei, l’ora esatta per andare ad esplorare la casa dei Pharrel. Prendemmo la macchina di Emily, la parcheggiarono vicino alla scuola e a piedi ci incamminammo verso la casa.
Il bosco la sera non aveva lo stesso effetto della mattina, sembrava molto più insicuro e pericoloso, ogni tipo di ramo sembrava qualcosa di surreale. Vedevo che Emily aveva paura così afferrai la sua mano nel tentativo di farla sentire meglio.
In pochi minuti raggiungemmo la casa, era molto terrificante. Emily era meravigliata non si sarebbe mai immaginata una casa così bella e lussuosa ma allo stesso tempo spaventosa.
«Allora andiamo?» chiesi
«Certo!»
Si avvicinò al cancello non vedeva l’ora di entrare e vederla. Tentò di aprire il cancello in ferro ma, era chiuso.
«Noe… il cancello è chiuso!»
«Come è chiuso?»
Mi avvicinai e tentai di aprirlo ma, anche io non ce la facevo era davvero chiuso! Ma chi era stato? Se tutti avevano paura di quella casa? Forse c’era qualcuno che non credeva a quella stupida leggenda e si era inoltrato nella bosco per trovare degli indizi sulla morte dei Pharrel forse un investigatore venuto qui dall’Inghilterra apposta! Che fantasia che avevo!
Interruppe i miei pensieri la stessa sensazione che aveva provato a scuola, mi sentivo osservata e questa volta non mi trovavo in mezzo ad una scuola affollata ma in un bosco dove tutta la città aveva paura di mettere piede.
Mi girai di scatto verso la folta vegetazione dietro le mie spalle, ma non vidi nulla solo foglie secche.
Mi girai un' ultima volta a guardare la casa e improvvisamente vidi un volto che ci guardava dalla finestra di una stanza dell’ultimo piano della casa, abbassai lo sguardo e poi riguardai la finestra…vidi la tenda muoversi.
Mi insospettì subito non ero tipo da credere nei fantasmi… nella casa c’era qualcuno! Ma chi? Forse qualcuno che sapeva che saremmo andate lì quella sera. Istintivamente iniziai a scavalcare la cancellata.
«Dove stai andando? È una violazione della proprietà privata!»
«Dai non ci abita più nessuno da secoli oramai!»
«Bè allora perché c’è il cancello chiuso? Ci sarà un motivo, forse qualcuno ha deciso di comprare la casa e noi stiamo entrando in casa sua come ladri».
«Non fare la sciocca non crederai mica alla storia che ci ha raccontato Michael vero?»
«N.. o ..-disse Emily tentando di mascherare la paura- è meglio se torniamo domani con gli attrezzi per forzare il cancello ed entrare in casa?»
«Va bene ma per me la storia ti ha messo paura».
«No, non è vero!» mentì spudoratamente.
Mi girai e quella sensazione ritornò…
“Emily prima non hai visto nessuno alla finestra?”
“No… Mi vuoi mettere paura? Dai che poi non ci dormo davvero stanotte!”
“Non è per metterti paura ma a me era sembrato di vedere una persona che ci guardava…”
“Visto vuol dire che la casa è abitata!Che figuraccia che avremmo fatto!”
Non mi convinceva… non era possibile… Guardai la finestra non c’era nessuno… probabile che me lo ero immaginato io.
Tornammo alla macchina, e Emily mi riportò a casa… quella sera feci una ricerca su internet per vedere se esisteva la leggenda sui Pharrel… ma come aveva detto Michael era usata come leggenda per intrattenere...demoralizzata per non aver trovato niente mi misi a dormire.

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Capitolo 3
*** PrOpOsTe ***


Era notte fonda, quando mi svegliai di colpo, avevo fatto un sogno stranissimo, ero tutta sudata e avevo il fiatone, la finestra era aperta e da li entrava un leggera brezza che mi faceva stare bene.
Guardai che ore fossero: le tre meno cinque del mattino. Mi sdraiai di colpo, quando mi accorsi che non avrei mai ripreso sonno se prima non andavo a bere un bicchiere d’acqua. Scesi le scale e andai in cucina.
La mia casa era abbastanza grande, era un villino in mattoni rossi a due piani : al piano superiore c’erano le camere da letto e un bagno. Al piano inferiore c’era il salotto, la cucina la sala da pranzo e infine lo studio di papà che però non usava mai perché era sempre in viaggio. Stavo bevendo, quando sentì dei rumori, provenivano dal piano superiore.
Spostai lentamente il bicchiere dalla bocca e lo appoggiai sul tavolo, sentì ancora quei rumori. Afferrai il corrimano e iniziai a salire gli scalini un passo alla volta senza fare rumore. Arrivai in cima alle scale. Tentai di capire da dove provenissero, restai ferma in ascolto.
Passò un minuto interminabile, quando risentì il rumore… proveniva da camera mia. Era un rumore strano, afferrai la maniglia e con uno scatto aprì la porta. Accesi la luce, ma rimasi sbalordita all’interno della camera non c’era nessuno. Camera mia era molto piccola nessuno poteva nascondersi. Sentì di nuovo il rumore, proveniva dalla finestra.
Lentamente mi avvicinai, quando calpestai qualcosa con il piede, guardai a terra… era un sassolino. Qualcuno stava tentando di attirare la mia attenzione tirandomi dei sassolini alla finestra e io che mi ero preoccupata per nulla.
Di sicuro dietro a tutto questo c’era Emily ci scommetto che voleva andare ora a visitare casa Pharrel. Mi affacciai nell’intento di dirgliene quattro ma, rimasi colpita, fuori dalla finestra non c’era nessuno.
Mi detti un pizzicotto, forse stavo ancora sognando ma, non era così, ero sveglia. Riguardai fuori dalla finestra. Questa cosa non mi quadrava scesi di corsa le scale e uscì a vedere se c’era qualcuno, ma come sospettavo non c’era nessuno. Qualcuno mi aveva fatto uno scherzo e io c’ero cascata come una stupida.
Prima di rientrare guardai di nuovo ne non ci fosse nessuno…era tutto come sempre il vialetto che portava all’entrata della casa, il garage, gli alberi… gli alberi? C’era qualcosa dietro un albero, era qualcosa di argentato…era… il mio motorino. Come c’era finito li? Io lo aveva lasciato a scuola. Lo guardai era intatto, anche la catena non era stata forzata ma allora come avevano fatto a trasportarlo fin li? Era un motorino mica un giocattolo.
Vidi che sul sedile c’era una busta bianca con sopra la scritta “Per Noemi”. Molto incuriosita presi la busta, e lessi il biglietto che mi avevano lasciato.
«La prossima volta non te lo dimenticare!»
Che bella calligrafia era molto delicata ma, chi lo aveva scritto? Un ammiratore molto forte mi aveva riportato il motorino a casa, ma chi poteva essere così tanto forte da trasportare un motorino.
Era notte fonda, Rientrai in casa, non era sicuro stare fuori. Andai verso la porta d’ingresso, mi girai verso il motorino, era ancora li, ma qualcosa era cambiato, qualcuno mi stava osservando n’ero sicura. Feci finta di niente e rientrai in casa.
Salì le scale molto lentamente non volevo svegliare mia madre. Mi infilai sotto le coperte ma, riuscì ad addormentarmi solo dopo un’ora, non riuscivo a levarmi dalla testa quella sensazione di essere osservata ormai era parecchio che la provavo, poi volevo sapere come aveva fatto il mio motorino ad arrivare fino a li.
Immersa nei miei pensieri mi addormentai in un sonno profondo senza sogni.

Il mattino seguente mi svegliai alle prime luci dell’alba, mi ero scordata di chiudere la finestra e le tende. Mi alzai e andai in bagno, feci una doccia e dopo scesi in cucina a preparare la colazione.
Sul tavolo vidi il bicchiere della sera prima, subito mi venne in mente quello che era successo, aprì la porta e guardai verso l’albero, era ancora li. Sentì una mano gelida afferrarmi il fianco, Subito mi girai, era mia madre.
«Cosa ci fai sveglia a quest’ora?»
«Mamma mi hai spaventata!»
«Scusa non era nelle mie intenzioni, ma cosa stai guardando?»
«Niente, volevo solo prendere una boccata d’aria»
«Ma, cosa ci fa il motorino fuori?Avrebbero potuto rubarlo perché non lo hai messo in garage?»
«Perché ero troppo stanca quando sono tornata da casa di Emily.”
“Va bene ma non te ne scordare più!»
«Va bene mamma!» le detti un bacio sulla guancia e andai a finire di preparare la colazione.
Mancava ancora un po’ al suono della campanella ma decisi ugualmente di andare a scuola. Nascosi il biglietto del mio “ammiratore” , lo sistemai in un posto dove la mamma non potesse trovarlo, se no quando fosse tornato papà chissà che interrogatorio mi avrebbero fatto.
Arrivai in pochi minuti, all’entrata della scuola c’era Emily ad aspettarmi. Non mi dette nemmeno il tempo di parcheggiare il motorino che mi corse incontro.
«Finalmente sei arrivata!»
«Perché cosa è successo?»
«La vice-preside vuole parlarti!» mi afferrò un braccio e mi trascinò davanti all’ufficio della preside.
La vice-preside era una signora abbastanza anziana con i capelli bianchi raccolti in uno chignon, un po’ grassa, ma molto rispettata da tutti, era molto genuina e simpatica.
«Ti ha detto cosa voleva da me?»
«No, ma mi ha detto che era una cosa molto importante».
Mi voltai verso la porta bussai e non appena la voce della vice-preside mi disse “avanti” entrai.
La presidenza era una stanza molto ampia e luminosa. Nel centro della stanza era posta una scrivania con davanti due sedie. Ad ogni angolo della stanza c’era una pianta e su ogni lato del muro c’era un quadro di qualche pittore non conosciuto. La vice-preside era seduta su una sedia posta dietro alla scrivania.
«Buon giorno signora Evans».
«Sono contenta che sia arrivata così preso!»
«Si, la signorina Parker mi ha detto che mi doveva parlare di una questione urgente».
«Quella ragazza sa sempre essere esagerata!».
«Vuole dire che non è una cosa di cui mi devo preoccupare?»
«Dipende da che punto di vista lo guardi, ma non voglio tenerti sulle spine e quindi ti spiegherò perché ti ho fatta venire qui - si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra- tu sai che la nostra cara preside dopo quest’anno andrà in pensione e io vorrei che tu organizzassi una festa in suo onore».
«Mi sta nominando organizzatrice di una festa?»
«No, di tutte le feste, visto che nell’ultimo anno la signorina Mass non è stata esauriente in questo settore vorrei che se ne occupasse lei, ha tutto il mio appoggio».
Mi sedetti su una sedia.
«Mi prende alla sprovvista!»
«Non si sente all’altezza di questo incarico?»
«No, tutt’altro sono molto entusiasta dell’incarico che mi ha assegnato».
«Bene allora può subito iniziare…- mi porse un foglio- queste sono le date in cui sono state stabilite i giorni delle varie feste, poi c’è la catalogazione di tutti gli oggetti che potrai usare, e se ha qualche dubbio potrà rivolgersi a Rachel».
«Ma, non crede che si arrabbierà per questo?»
«Può darsi, ma, a me sembra lei la persona più adatta per questo lavoro!»
Presi il foglio e lo lessi, le feste che dovevo organizzare erano tre: La festa d’inverno programmata per il 21 dicembre, quella di primavera programmata per il 21 di Marzo e quella di fine anno programmata per l’ultimo giorno di scuola e dedicata alla preside.
La porta si aprì all’improvviso, Rachel Mass piombò nella stanza.
«Buon giorno signore Evans!»
«Buon giorno. Deve essere una cosa importante se è entrata nella stanza senza bussare, mentre parlavo con un'altra tua compagna».
Rachel era come sempre vestita con abiti firmati e anche in quella occasione non aveva cambiato. Era la solita se non era perfetta non poteva uscire di casa.
«Mi scusi, ma, mi è venuta in mente una nuova idea per la festa d’inverno!»
«Davvero, allora da oggi ne può parlare con la signorina McAdams!»
«E… perché?»
«Perché da oggi sarà lei la nuova coordinatrice di tutte le feste».
«Come? Non era soddisfatta del mio lavoro?»
«Non completamente!»
Rachel iniziò a surriscaldarsi.
«Bene allora che se n’occupi lei delle feste,da me non avrà nessun aiuto!» mi guardò male, subito dopo uscì dalla presidenza sbattendo la porta.
«Le passerà!» disse la signora Evans amichevolmente.
«Speriamo».
«Ora vada in classe se no farà tardi alla lezione!»
«Va bene, e ancora grazie della fiducia».
«Di nulla!»
Uscì dalla presidenza. Fuori ad aspettarmi c’era Emily che molto incuriosita guardò il foglio che avevo in mano.
«Ti ha nominata organizzatrice di una festa?»
«No, di tutte le feste!»
«Ho capito perché Rachel è uscita dalla stanza così arrabbiata».
Le scappò una risata, mentre continuavamo a parlare arrivammo in classe.
Le prime due ore passarono molto lentamente, una noia mortale. Arrivò l’ultima ora prima del pranzo, quella più noiosa quella di storia. Meno male che avevo trovato un posto lontana da Samuel e da Mark non potevo vedere nessuno dei due! Dopo un po’ passò anche quell’ora… mancavano solo quindici minuti.
Mi stavo annoiando a morte… mancava poco. Abbassai lo sguardo sul libro e vidi che sul suo banco c’era un biglietto.
«Di chi sarà?»pensai.
Lo aprì e lessi cosa c’era scritto sopra.
“È quasi ora di pranzo anche oggi hai intenzione di fare qualche danno? Perché se è così vado a mangiare fuori!»
Capì che si trattava di Mark. Presi la penna e scrissi:
«Se necessario si!»
Lo chiusi e non appena il professore guardò il libro glielo tirai preciso sul banco.
«Facciamo un ripasso della Seconda Guerra Mondiale… in che anno è iniziata? E quale fu la causa?» chiese il professore.
Alzai la mano.
«Si, signorina?»
«La guerra è iniziata nel...»
Non feci in tempo a finire la frase che Mark rispose al mio posto.
«Nel 1940 subito dopo che la Gemania invase la Polonia, la Francia e la Gran Bretagna dichiararono guerra alla Gemania».
Lo guardai male. Che sbruffone perché doveva sempre farmi arrabbiare.
«Bravo Mark! Un +! E… com’erano schierati gli stati?»
«Gli stati erano schierati…»
Risposi io.
«In due schieramenti: Il primo era Italia, Germania e Giappone. Il secondo era Gran Bretagna, Unione Sovietica, Stati Uniti e Cina».
Mark mi guardò male.
«Brava Noemi! Un +! E… quando è crollato il regime Fascista?»
«Nel…»
Rispose Mark.
«1943 il 28 luglio!»
«Bene Mark! E… in che anno furono istituite le leggi razziali e contro di chi?»
«Furono istituite…»
Fu interrotto da me.
«Nel 1938 ed erano contro gli ebrei!»
“Bene Noemi! E per finire perché perseguitavano gli ebrei?»
Rispondemmo insieme:
«Perché…»
Suonò la campanella, tutti si alzarono e andarono a pranzo.
Lo guardai un ultima volta, non mi avrebbe di sicuro peggiorato la media, no, non glielo avrei mai permesso.
Presi i libri e andai a pranzo, non avevo molta fame quel giorno. Poco dopo entrò nella mensa Mark che prese un vassoio e lo riempi d’ogni prelibatezza che la mensa offriva.
Prendemmo il cibo e arrivammo alle bevande, era rimasto solo un succo all’arancia e una bottiglietta d’acqua.
«Il succo di arancia!! Meno male è il mio preferito»
Con la mano lo afferrai, ma subito dopo qualcun altro mise la mano sopra alla mia impedendomi di prenderlo. Era una mano con un guanto… era sempre tra i piedi.
«Ancora tu Mark!” dissi scocciata.
«È il mio preferito!»
«Anche il mio!»
«Prendilo te!» disse Mark spostandosi
«No, non voglio fare la maleducata… prendilo te!»
«No, dai!»
«In realtà non mi andava nemmeno, io prendo l’acqua».
Presi l’acqua, tutto pur di finire li il discorso con lui.
Feci il giro della sala per vedere se c’era qualche cos’altro di buono. Mark fece lo stesso solo dall’altro lato.
«Mark, ti vuoi muovere ho fame!» disse Matthew
«Si, arrivo».
«Noemi ti vuoi muovere!» mi urlò Michael.
«Si, un attimo!»
"Ah...prendimi anche da bere a me!"urlò Matthew
"Va bene cosa?"
Entrambi continuammo a parlare con gli amici camminando. Quando ci girammo era troppo tardi, ci scontrammo, ma, Mark prontamente afferrò il suo vassoio ed il mio cadde a terra.
«La prossima volta guarda dove cammini ragazzina!»
«Ragazzina? Ma chi ti credi di essere? Solo perché sei bello agli occhi di tutte le ragazze e vai bene a scuola ti permetti di chiamarmi ragazzina?»
«Si!»
«Io, non ti sopporto più!»
«Perché credi che a me faccia piacere vederti tutti i giorni in classe?»
«Se mi rivolgerai un altra volta la parola non risponderò delle mie azioni!»
«Oh, ma che paura… Ragazzina!»
Digrignai i denti e ricominciarono a farmi male le gengive, come ieri fuori dalla scuola, non riuscivo a trattenermi, gli detti una spinta facendolo cadere a terra insieme al cibo.
Mi misi a sedere al mio tavolo insieme agli altri. Mark si pulì dal cibo che gli era caduto addosso e venne verso di me… era arrabbiatissimo.
Io mi alzai e uscì dalla mensa non volevo litigare davanti a tutti. Mi segui, cominciai a camminare più velocemente ma, non gli sfuggì… mi afferrò la mano e mi appoggiò al muro, mi stava fulminando.
Un po’ di paura ce l’avevo non volevo essere picchiata, ma rimasi impassibile e continuai a guardarlo quella volta non mi feci incantare dai suoi occhi. Eravamo tutti e due in silenzio, ma era come se ci fossimo detti mille parole.
Lentamente si avvicinò, mi mise i capelli dietro l’orecchio e mi sussurrò qualcosa ma, non capì.
“Come scusa?”
Il mio tono di voce era cambiato senza volerlo. “Rimani ferma qui!E non dire nulla!”
Anche il suo era calmo, tranquillo come sempre.
“Perché?”
In una frazione di secondo si spostò da davanti a me e afferrò un braccio che stava per colpirmi…
“Vedo che hai dei buoni riflessi Davis!”
“Tylor cosa vuoi?”
“Voglio sperare che non le hai fatto del male!”
“No non ti preoccupare… ho fatto una cosa che te non potrai mai fare!”
“E cosa?”
“Applicati… l’ho baciata!”
Samuel lo guardò malissimo.
Come? Baciata? Ma era impazzito? Volevo ribattere ma Mark alzò una mano verso di me… capì che dovevo stare al gioco anche se non sapevo il motivo.
“Come hai osato!”
“Che ci vuoi fare… è la vita!”
“Davis questa non te la perdono!!”
“E cosa vuoi fare? Picchiarmi?”
Lo guardò con sguardo di sfida.
“Accetto! Ti vuoi fare proprio male!”
“Io non ci conterei!”
“Guarda è il tuo giorno fortunato oggi non ho proprio nulla da fare.”
Incrociò le braccia e aspettò che Samuel facesse la prima mossa. Non volevo che si picchiassero poi per una cosa non vera!
Samuel afferrò Mark per la maglia e tentò di tirarlo verso di lui ma, non c’era niente da fare non si muoveva di un centimetro.
“Vuoi continuare ancora per molto?”
“ Non provocarmi!”
Passò qualche minuto ma la scena era sempre la solita.
“Basta mi sono annoiato!”
Mark stava per dare un pugno nello stomaco a Samuel quando Matthew lo fermò. Menomale in tempo avevo paura gli facesse male.
“Cosa fai Mark? Ti è dato di volta il cervello? Glia avresti potuto fare davvero male!”
“Carrol cosa vuoi so benissimo badare a me stesso!”
“Si certo!”
“E dai Matthew stavamo solo scherzando!” disse Mark dandogli una pacca sulla spalla.
“Forze te Davis ma io no! Ti odio non dovevi toccare Noemi!”
Intervenni io. Non credevo fosse così geloso.
“Fra me e Mark non è successo nulla!”
Lo sguardo di Samuel tornò normale.
“Davvero? Allora perché lui ha detto così?”
“Non lo so…”
“Io torno a mensa… questa storia non mi piace per niente…
"Noemi vieni con me?”
Anche se non volevo tornare a pranzo insieme a Mark accettai.
“Ah un ultima cosa – disse - lo hai trovato ma muoviti ad allenarlo perché così non vale nulla!” disse a Matthew.
Lui annuì.
Come mai tutte queste confidenze tra loro due erano diventati amici?
Insieme tornammo a mensa ma, prima di entrare feci andare avanti lui, non volevo che ci vedessero insieme.
Non appena entrammo tutti ci guardarono. Silenziosamente mi sedetti al tavolo con gli altri… Michael e Emily non mi chiesero niente sapevano che se non volevo dare spiegazioni io non parlavo.
Tutto tornò come prima, Emily mi dette un po’ del suo pranzo.
«Perché Matthew e Mark mangiano allo stesso tavolo?» chiese Emily
«L’ ho notato anche io!» disse Michael
«Non possono essere diventati amici?» dissi
«Si, ma allora perché stanno litigando?» ribatte Michael
Mi girai a guardarli, stavano davvero litigando… Matthew si era alzato in piedi e diceva qualcosa riguardo alla forza, Mark però non sembrava dispiaciuto anzi non lo ascoltava…
«Perché Mark porta sempre quei guanti?» chiese Michael
«Mi hanno detto alcune ragazze che glielo hanno chiesto che Mark porta sempre quei guanti, perché sulle mani ha una bruciatura orrenda e non vuole farla vedere». disse Emily
Interruppe i nostri discorsi il suono della campanella che ci diceva di recarci in classe.
Durante le ultime tre ore di scuola non feci altro che pensare alle feste che dovevo organizzare. La festa d’inverno era programmata per il 21 di dicembre mancavano più di due mesi a quella data, e, se avessi unito la festa di Halloween con quella d’inverno e l’avrei organizzata per il 31 ottobre? Nessuno si sarebbe opposto o almeno così spero l'importante era fare una festa no?
Ci pensai su e poi decisi che avrei fatto così, ora dovevo solo pensare a come e dove organizzarla. Non appena le lezioni finirono mi precipitai da Rachel nella classe accanto, per informarla della mia idea.
«Rachel senti, mi è venuta in mente una nuova idea per la festa d’inverno!»
Si girò a guardarmi, era arrabbiata.
«Potemmo unire la festa d’inverno con quella di Halloween e fare un'unica festa in maschera».
«Noi non abbiamo mai fatto una festa di Halloween in maschera per giunta…».
«Proprio per questo non sarebbe una bella idea?»
«A me delle tue idee non mi importa, fai come ti pare io non ho niente a che fare con te!» così dicendo prese la borsa e uscì dalla classe.
Delusa dal comportamento di Rachel uscì anche io, mentre camminavo sentì qualcuno che correva dietro di me e che urlava il mio nome, era Samuel l’unico che poteva urlare in quel modo.
«Ciao Emy!»
Mi voleva di sicuro dire qualcosa di quello che era successo prima…in una scala da uno a dieci di odio lui si meritava un undici, questo era uno dei motivi per il quale, quando vedevo Samuel mi innervosivo.
"Ciao Samuel» “Quello che ha detto Mark allora non era vero?”
“No… quante volte te lo devo dire?”
“Menomale… gli avrei fatto davvero tanto male se solo ti avesse toccata”
Toccata mi aveva… ma forse era meglio non dire nulla.
L’odio stava salendo a dodici non mi piacevano le persone violente.
«Prima ti ho sentita parlare con Rachel… e credo che quella idea che hai avuto fosse davvero bella!»
«Lo pensi davvero?» chiesi sorpresa
«Si, secondo me è un ottima idea tutti gli anni
organizzavano feste noiosissime, invece credo che questa verrà molto bella e divertente!»
«Grazie!» stranamente l’ odio per Samuel scese a nove. «Senti vorrei chiederti una cosa, anche se so già quale sarà la tua risposta».
«Prova non è detto che sarà la risposta che ti immagini!»
«Tanto oramai ci sono abituato ai tuoi rifiuti, comunque ci proverò. Senti ti va di venire al ballo che organizzerai con me?»
Fui colta di sorpresa non avrei mai pensato che me lo avrebbe chiesto. Ma al ballo dovevo pur andarci con qualcuno e… visto che di Mark non se ne parlava…
«Quello che organizzerò io?»
«Si».
Ci pensai su qualche secondo per farlo rimanere sulle spine.
«Ecco lo sapevo tanto che la risposta sarebbe stata questa»
Si girò e iniziò a camminare era triste. lo fermai.
«Non hai capito niente perché io vorrei venire al ballo con te!»
A Samuel apparve un sorriso sulle labbra, un sorriso davvero bello che esprimeva tanta felicità.
«Davvero? Non mi stai prendendo in giro?»
«No!»
«Va bene allora ti passo a prendere a casa tua e poi andiamo alla festa ti va bene?»
«Si, però sei un po’ troppo precipitoso manca ancora un po’ di tempo poi io devo essere già li quando inizia e la devo pure organizzare la sala con i festoni, il cibo».
Samuel mi mise una mano sulle labbra:
«Ti passo a prendere di pomeriggio e ti aiuterò ad allestire la sala, ti va bene?»
«Benissimo poi ti farò sapere tutto».
«Va bene!»
Ci salutammo e subito dopo corsi verso il motorino per arrivare il prima possibile a casa e organizzare la festa. Infilai il casco e accesi il motorino, stavo per partire quando Emily mi fermò.
«A che ore ci troviamo stasera per andare a casa Pharrel?»
«Mi dispiace Emily ma non posso devo organizzare la festa di Halloween dove saremo tutti in maschera!»
«Di Halloween?In maschera?»
«Si ho deciso di fare una nuova festa! Poi te ne parlerò ciao!»
Non detti nemmeno il tempo ad Emily di rispondermi che partì..
Arrivata corsi in camera mia, mi misi comoda e cominciai ad organizzare la festa. Cercai su internet tutti gli alberghi della città, ce ne erano pochi erano solo due. Stampai su un foglio i loro nomi con il numero di telefono accanto. Chiamai il primo della lista.
«Buon giorno è Washington Lake?»
«Si, desidera?»
«Vorrei sapere se il 31 Ottobre avreste una stanza libera per organizzare una festa scolastica?»
«No, noi non siamo attrezzati per feste scolastiche arrivederci!» mi riattaccò il telefono in faccia. Che caratterino…
Cancellai dalla lista il primo nome dell’albergo e chiamai il secondo.
«Speriamo questo vada bene!» pensai speranzosa.
«Buon giorno è questo l’albergo Orange Star?»
«Si, desidera?»
«Vorrei sapere se avete una stanza per il 31 Ottobre per organizzare una festa scolastica?»
«Certo! Se le serve una stanza molto ampia ha chiamato il posto giusto!»
«Davvero? Lei mi ha salvata!»
«Allora le devo prenotare la stanza per il 31 Ottobre e, a che ore?»
«Va bene alle nove?»
«Certamente!»
«Se vuole compreso nel prezzo c’è il buffet glielo metto?»
«Si molte grazie!»
«Allora se mi da il suo indirizzo le mando il conto a casa!»
«Lo mandi alla scuola Newport Hills High School».
«Ah, va bene arrivederci».
«Arrivederci».
Chiusa la conversazione con l’impiegato dell’albergo cominciai a preparare i volantini da appendere nella scuola per informare tutti della festa.
Passarono tre settimane…tutto ormai era pronto…era il trenta di Ottobre e l’indomani ci sarebbe stata la prima festa organizzata da me.
Era passata una altra giornata e ormai mancavano poche ore all’inizio della festa.
Samuel passò a prendermi come aveva detto. Mi aiutò a preparare la stanza i festoni, la musica e il cibo.
Mancava ancora un ora all’inizio della festa e Samuel decise di andarsi a preparare e tornare dopo alla festa.
Mancava ormai mezz’ora e la festa sarebbe incominciata. Vidi Emily che veniva verso di me con un vestito in mano. Lei era vestita con un abito rosa molto sfarzoso con uno scollo a V dietro la schiena era davvero molto elegante.
Mi guardò e scuotendo la testa mi disse:
«Sapevo che non ti saresti messa nulla per la festa, menomale che ti ho portato una cosa io».
Mi mostrò il vestito era meraviglioso.
«Allora lo vuoi indossare? Se no che figura ci farai quando diranno che sei stata te ad organizzare tutto questo!»
Insieme ridemmo. Mi cambiai. Erano le nove in punto e la festa poteva avere inizio.

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Capitolo 4
*** La FeStA ***


"Odio le feste soprattutto quelle dove non ci si diverte!”dissi mentre fissavo...
«Hey ma quella è Emily e sta ballando con Matthew Carrol! Che fortuna!»
Avevo organizzato una festa meravigliosa tutti si stavano divertendo tranne io. Avevo deciso di fare la festa in maschera e quindi non riuscivo a riconoscere nessuno.
Samuel non era ancora ritornato, forse non mi aveva notata, ma come poteva non avermi vista, indossavo un lungo vestito azzurro molto ampio, i capelli raccolti in uno chignon dal quale usciva una ciocca di capelli che scendeva sul collo. Sul viso portavo una maschera dello stesso colore del vestito.
Erano le dieci passate e la festa era cominciata da un ora. Seduta su una poltrona guardavo le altre persone ballare mi stavo annoiando a morte. Se entro dieci minuti Samuel non si fosse presentato me ne sarei andata, al diavolo le congratulazioni per la festa.
I dieci minuti passarono molto lentamente. Guardai l’orologio le dieci e dieci precise e di Samuel nemmeno l’ombra.
Mi alzai, ero arrabbiatissima, decisi definitivamente di andarmene.
Stavo per uscire quando mi ricordai di Emily dovevo avvertirla non potevo andarmene senza dirle nulla. Andai da lei mi dispiaceva interromperla ma dovevo.
Le misi una mano sulla spalla e la feci girare.
«Scusa Emily se ti interrompo ma Samuel non è tornato, evidentemente aveva ben altro da fare questa sera io vado a casa!»
«Come non è tornato, vuoi che ti accompagni io?»
«No, andrò a piedi non è molto distante da qui».
«Sicura?»
«Si, te continua a divertirti. Ciao!»
«Ciao!»
Mi diressi verso l’uscita, quella era la peggior serata della mia vita, non avrei mai più rivolto la parola a Samuel come aveva potuto lasciarmi da sola dopo che mi aveva invitata alla mia prima festa dell’anno? No, non glielo avrei mai perdonato.
Immersa nei miei pensieri aprì la porta ma, non appena tentai di uscire un ragazzo mi dette una spallata spingendomi di nuovo dentro alla festa.
Inciampai nel vestito, stavo per cadere, quando un ragazzo si girò di scatto, mi prese con una mano dietro alla schiena e non mi fece finire a terra. Lo guardai era proprio un bel ragazzo, alto, biondo, ma non riuscivo a distinguere il colore degli occhi mi sembravano verdi.
Sul viso portava una maschera che nascondeva la sua identità.
«Stai più attenta». disse il ragazzo sorridendomi.
«Scusa è che mi hanno fatta cadere!»
Mi fece rialzare, notai che i suoi occhi non erano verdi, erano di un colore bellissimo, un azzurro intenso che si abbinava al colore blu del suo vestito.
Sembrava un principe, come maglia portava: una lunga tunica blu, sotto dei pantaloni di cotone sempre del colore blu, e infine alle mani aveva dei guanti bianchi.
Ci fissammo per alcuni secondi, ma ruppe la magia l’arrivo di Isabel Chippendale una ragazzina che mi aveva aiutata ad organizzare la festa visto che Rachel aveva rifiutato.
«Dobbiamo iniziare la scelta del re e della reginetta di stasera quindi tutti si devono mettere a coppie e ballare e… vedo che voi due… – ci guardò e subito dopo ci attaccò dietro la schiena due numeri uguali, eravamo la coppia numero dodici, ci spine in mezzo ad altre persone che già stavano ballando – dai cominciate a ballare è probabile che verrete eletti re e reginette della festa».
Erano le dieci e mezzo in punto e ci trovavamo al centro della pista da ballo.
Il ragazzo misterioso mi guardò negli occhi, pochi secondi dopo si inchinò e molto dolcemente mi chiese:
«Mi vuoi concedere questo ballo?»
Sorrisi ero un po’ imbarazzata, mi prese la mano, la avvicinò a se e l’appoggiò su petto, quell’altra me la mise intorno alla schiena e io sulla spalla.
Avevano messo una musica lenta per creare un po’ più di atmosfera.
Cominciammo a ballare, era davvero bravo, mi fece fare un giro.
«Lo sai hai degli occhi davvero meravigliosi, potrei restare a guardarli per ore e perdermici per sempre!»
Lo guardai intensamente e arrossì per la prima volta nella mia vita, nessuno mi aveva mai fatto un complimento simile.
«Perché prima te ne stavi andando le ragazze non dovrebbero uscire la sera da sole!»
«Un ragazzo mi aveva invitata a questo ballo è andato a casa sua per cambiarsi i vestiti e non è tornato».
«Perché non è tornato? Certo che i ragazzi di oggi sono tutti senza cervello!».
«Che cosa vorresti dire con questo?»
«Che non sa quello che si è perso!»
Mi fece fare un altro giro ma, per sbaglio gli pestai il piede.
«Scusa non volevo!»
«Non importa non mi hai fatto niente».
«Non mi era mai capitato di essere maldestra, ma è da un periodo di tempo che lo sono».
«Sarà solo un caso, o forse c’è un ragazzo che ti piace e tutte le volte che lo vedi non capisci più nulla e sei maldestra».
Feci un sorriso.
«No, per ora nessun ragazzo è riuscito a conquistare il mio cuore.”
«Bene allora ho campo libero».
«Può darsi».
Forse quel ragazzo non mi era del tutto indifferente, altro che Mark, Emily aveva proprio sbagliato.
Insieme ci mettemmo a ridere.
«E come si chiama questo ragazzo che mi ha reso così felice?»
«Samuel Tylor!»
«Samuel Tylor?»
«Si, lo conosci?»
«Si, è diventato capitano della squadra di calcio della scuola».
«Giochi a calcio?»
«No, ma mi piacerebbe molto, ma, la cosa che mi piace di più è praticare le arti marziali!»
«Pratichi arti marziali? È sempre stato il mio sogno imparare a difendermi!»
«Se vuoi ti insegno, non per fare il modesto ma sono molto bravo».
«Grazie, mi piacerebbe molto».
«Prego per me è un piacere!»
Il ragazzo misterioso mi prese con le mani intorno alla vita, mi alzò pochi centimetri da terra e mi fece fare un giro, doveva essere molto forte se era riuscito ad alzarmi così senza alcun minimo sforzo.
Mi mise di nuovo a terra e mi fece fare un casque.
Ci guardammo negli occhi, i miei si confondevano nei suoi, era davvero bello, il cuore cominciò a battermi forte, non era regolare, solo Mark mi aveva fatto questo effetto ed ora ecco un altro ragazzo che riuciva a conquistarmi...Ma cosa mi stava prendendo?
Si avvicinò, voleva baciarmi, cosa dovevo fare? Non lo conoscevo nemmeno per me era un estraneo. Il cuore accelerò i battiti, in quel momento mi venne in mente Mark, mi ricordai del primo giorno di scuola, ma perché pensai a lui io lo detestavo.
Le nostre labbra erano vicine e a sfiorarsi, ma io girai il volto dall’altra parte.
Lui mi rialzò, scosse le spalle, si allontanò di pochi passi e inchinandosi mi richiese di ballare.
Accettai.
«Come sarebbe il tuo tipo di ragazzo ideale?» mi chiese il ragazzo misterioso.
Rimasi meravigliata, quel ragazzo era sfacciato, ma ero rimasta davvero colpita da quel comportamento così dolce ma sicuro di se.
«Non saprei, di sicuro dolce, coraggioso e protettivo!»
Dopo un minuto di silenzio gli chiesi:
“E… la tua…”
Aspettai qualche secondo e vidi che lui non rispondeva.
Forse non mi aveva sentita o forse non voleva semplicemente dirmelo.. che stupida avrei sperato che dicesse qualcosa del tipo: molto simile a te o te… ma evidentemente per lui ero solo una storiella passeggera, quindi perché sprecarsi, perché rovinare la serata basta mi dovevo solo divertire.
Ballammo e parlammo per tutto il tempo. Non avevo mai passato dei momenti così felici, quel ragazzo riusciva a farmi sorridere senza farmi ogni secondo un complimento.
In gara erano rimaste solo due coppie, la numero dodici formata da me e il ragazzo misterioso, e la numero undici formata da Emily e Matthew.
«Sono ormai le undici passate e è ora di eleggere il re e la reginetta della festa!» disse Isabel
Rullo di tamburi.
«I vincitori sono?»
«A proposito non mi hai ancora detto il tuo nome!» chiesi.
«Giusto!»
Mi lasciò le mani, si schiarì la voce. «Piacere io sono M…»
«La coppia numero DODICI!»
Non riuscì a sentire il resto del nome. Una luce fortissima ci travolse, in pochi secondi ci trovammo circondati da tantissime persone. Tutti i ragazzi ci spinsero sul palco, dove volevano proclamarci re e reginetta.
«Congratulazioni avete vinto!» urlò Isabel
Si avvicinò al ragazzo, gli mise la corona. Si avvicinò a me ma, lui la fermò, prese la corona, si avvicinò a me mi spostò i capelli dagli occhi e delicatamente mi sistemò la corona.
«Ecco ora sei ancora più bella!»
Prese la mia mano la sua stretta era così sicura, sapevo che se mi fosse successo qualcosa di brutto lui sarebbe stato li accanto a me.
«Bacio, bacio» iniziarono ad urlare tutti quelli presenti nella sala.
Mi girò verso di lui, mi guardò negli occhi e molto lentamente si avvicinò.
“Hai davvero un buonissimo profumo…” disse sussurrando.
Si avvicinò alla guancia e senza toccarmi la pelle mi dette un bacio.
«Ora dovete svelare le vostre identità perché qui nessuno ha capito chi siete giusto?»
«Si, si, via la maschera!» urlarono in coro.
«Vogliamo svelare le nostre identità?»chiese il ragazzo.
«Va bene almeno sapremo chi siamo!»
Insieme ci levammo la maschera. Tutta la sala rimase colpita nel vedere chi fossimo.
Molto lentamente ci girammo a guardarci. Quando ci ritrovammo l’uno di fronte all’altro rimasi meravigliata.
Non ci potevo credere!
«Tu sei il ragazzo misterioso?»
“Si!”
«Mark sei davvero tu?»
«Si, chi vuoi che sia!»
Sconvolta da quella scoperta scesi dal palco e andai via.
Nella sala si sentì un enorme confusione di parole.
“La nostra bellissima Noemi si vuole far desiderare!”
Mi diressi verso la porta ma, non appena prima di uscire mi girai a guardare un ultima volta Mark che nonostante lo odiassi quella sera mi aveva fatta divertire.
La sera ormai era calata e non si riusciva a vedere nulla, apparte le luci che emanavano i lampioni, faceva freddo, tentai di riscaldarmi mettendo le braccia sulle spalle ma niente.
«Noemi!»
Mi sentì chiamare, mi girai, ma non vidi nessuno così continuai a camminare quando mi sentì afferrare per un braccio, quella stretta, me la ricordava bene, mi sembrò che il tempo si fosse fermato.
Mi girai sperando di trovare dietro di me una persona sola, l’unica che avrei voluto vedere in quel momento. Infatti Mark era proprio li che mi guardava.
«Cosa ci fai qui?»
«Volevo dirti che a scuola abbiamo cominciato con il piede sbagliato e questa sera è servita a chiarirci… poi ti volevo dire che stasera mi sono molto divertito con te, spero che lo sia anche per te!»
«Si, anche io mi sono divertita!»
Da li si sentiva la musica della festa, era una musica molto dolce.
“Sappi che io fin dall’inizio sapevo che te eri la ragazza misteriosa…. Ti riconoscerei tra mille Noemi…sei importante per me…”
Stranamente arrossì.
Lentamente si avvicinò al mio orecchio, e mi sussurrò:
«Ora che conosci la mia identità se ti chiedessi di ballare te accetteresti?»
Mi tese una mano e io senza pensarci due volte delicatamente gliela afferrai.
Lui mi avvicinò a se e cominciammo a ballare.
«Prima avevi detto di voler imparare le arti marziali».
«È vero, mi piacerebbe molto conoscerle, allora me le darai davvero delle lezioni?»
«Si certo».
«Prima ti avevo chiesto quale fosse il tuo tipo di ragazza ideale e te non mi hai risposto, ora me lo sapresti dire?»
Perché gli avevo rivolto di nuovo quella domanda le parole mi erano uscite di bocca, non è da me essere così curiosa e sfacciata.
Si avvicinò a pochi centimetri dal mio visto sentivo il suo respiro sulle mie labbra era una bellissima sensazione.
«Molto simile a te!»
Abbassai lo sguardo, e pensare che pochi minuti fa credevo di odiarlo. Allora non mi considerava una semplice storiella… ero davvero felice.
Mi brontolò lo stomaco, quasi non lo sentì nemmeno io.
«Vedo che hai fame!» disse Mark sorridendo.
«Sì un po’!»
«Conosco un ristorante ottimo non molto distante da qui che è aperto tutta la sera… ti va di andarci?»
«Si, ma non ho i soldi».
«Non ti preoccupare per stasera sei mia ospite».
Mi prese per una mano e cominciammo a camminare, non mi sentivo a mio agio con la mia mano nella sua ma, mi piaceva. In meno di cinque minuti arrivammo. Lasciai la sua stretta.
Il ristorante era molto carino assomigliava di più a una tavola calda.
Aveva le pareti colorate di rosa pesca, le tende erano rosse a quadretti che si abbinavano alle tovaglie che erano di un rosso acceso. Sulla destra del ristorante c’era il bancone per le ordinazioni, era tutto molto accogliente.
Ci sedemmo ad un tavolo, non c’era molta gente, però notai una coppia di ragazzi seduti ad un tavolo non distante dal nostro.
Si girò anche Mark a guardarli, quando si alzò e si avvicinò al ragazzo. Era Matthew.
«Cosa ci fai qui?» chiese
«Potrei farti la stessa domanda».
«Noemi, cosa ci fai qui?» chiese la ragazza che era al tavolo con Matthew.
«Emily ciao, Mark mi ha portata qui a mangiare un boccone e te? Vedo che ti trovi davvero bene con Matthew!»
«Si, te lo avevo detto, pensa che anche lui conosce la storia dei Pharrel lo sai?».
«Davvero?»
«Si e ha detto che dopo mi porterà alla casa e me la farà visitare!”
“Dici sul serio?»
«Si!»
Mi alzai di scatto dal tavolo e mi avvicinai a Matthew. Sapevo di non essergli simpatica ma volevo essere sicura di una cosa.
«Scusate se vi interrompo per la seconda volta, hai detto a Emily che dopo la avresti portata a casa Pharrel?».
«Si, le è molto piaciuta la storia su quella casa e così ho deciso di fargliela visitare» disse lui con tono scocciato.
Vidi Mark che guardava Matthew.
«La conosco anche io la leggenda» disse Mark.
«E non mi dici nulla?» chiesi ingenuamente.
«Te non me lo hai chiesto!».
«Possiamo venire con voi due vorrei anche io visitare la casa!».
«No, non credo che sia una buona idea».
«E dai Matthew per una volta potresti essere più gentile con Noemi- disse Emily- vi porteremo con noi, ma prima mangiamo qualcosa».
Ognuno ritornò al proprio tavolo. Poco dopo arrivò una cameriera che prese le ordinazioni.
«Perché ti interessa così tanto la leggenda sui Pharrel?».
«Pochi giorni fa mentre ero nel bosco dove c’è la casa, l’ ho vista e mi sono interessata alle sue origine. Michael mi ha raccontato la leggenda ma io volevo vederla all’interno per vedere come era e per capirne di più della sua storia».
«Cosa ci sarà mai da capire, in quella casa sono morte due persone e basta le leggende non hanno mai interessato nessuno a indagare sul loro passato!» mi rispose molto freddamente.
Perché era cambiato così all’improvviso, forse le storie di paura o leggende non gli piacevano. Per il resto della cena non parlammo. Ero dispiaciuta non volevo farlo arrabbiare.
Insieme ad Emily ed a Metthew iniziammo a camminare verso casa Pharrel. Non ne potevo più di quel silenzio. Mi stava facendo impazzire.
Aspettai che Emily e Matthew fossero pochi passi più avanti di noi e mi fermai. Mark notò subito che mi ero fermata e così si fermò anche lui.
«Perché ti sei fermata?».
Abbassai lo sguardo. Avevo un groppo in gola, non mi riusciva parlare. Mark si avvicinò.
«Mi dispiace tantissimo, non volevo farti arrabbiare!» dissi a bassa voce.
Mark mi prese la mano e la strinse nella sua.
«Non sono arrabbiato. Come potrei arrabbiarmi con una persona dolce come te!»
Subito alzai lo sguardo, come era dolce.
Tenendo sempre la mano nella mia raggiungemmo gli altri.
«Posso farti una domanda?».
«Certo dimmi!».
«Perché porti sempre i guanti?». Mark si guardò le mani.
«Sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto».
«Se non vuoi rispondere non importa!».
«No, porto sempre i guanti perché da piccolo mia madre aveva messo a cuocere un toast io avevo troppa fame e non avevo voglia di aspettare così presi una sedia mi arrampicai sul mobile e presi il toast. Mentre lo prendevo mi bruciai con il metallo che lo avvolgeva e così mi sono rovinato le mani».
«Mi dispiace!».
«Non fa niente oramai ci ho fatto l’abitudine!».
Doveva essere proprio una brutta bruciatura se non voleva farla vedere a nessuno. Non molto più tardi arrivammo dietro la scuola.
Attraversammo il bosco, sembrava che Matthew sapesse bene dove si trovasse la casa.
Arrivammo, non vedevo l’ora di entrare, strinsi ancora di più la mano a Mark.
«Hai paura?»
«No, non vedo l’ora di entrare e vedere l’interno della casa» Mark fece un sorriso malizioso.
Matthew aprì il cancello, senza problemi, la catena che c'era il giorno prima era aperta,forse io ed Emily non avevamo guardato bene e era aperta...non capivo più niente, ma in quel momento ero troppo eccitata all’idea di entrare che non ci feci molto caso.
Attraversammo il giardino e ci trovammo davanti alla porta della casa.
Mark mi lasciò la mano e andò davanti alla porta di ingresso. Con un enorme spintone la aprì muovendo molta polvere all’interno.
La casa era grandissima, davanti a me c’era un enorme camino con ai lati due ampi scaloni che conducevano al piano superiore. A destra accanto all’entrata c’erano due archi, uno portava alla sala da pranzo, il secondo portava ad una stanza grandissima forse li ci tenevano delle feste.
Cominciai a girare per la casa, era bellissima su tutte le pareti erano appesi dei dipinti. Ero affascinata da tanto splendore entrai nella stanza enorme a sinistra dell’ ingresso, quando sentì una melodia molto dolce suonata da un pianoforte.
Mi lasciai trasportare e cominciai a ballare. Però mi mancava una cosa, l’accompagnatore, seguì il suono ed arrivai al punto da dove proveniva la musica.
Mark era ad un pianoforte e stava suonando. Era bravissimo. Mi avvicinai lentamente e mi sedetti su una poltrona. Mi guardai un po’ intorno quando vidi che la stanza in cui ci trovavamo era quella che aveva visto pochi giorni prima. Mark finì la sua melodia.
«Sei molto bravo a suonare il pianoforte!»
«Grazie, era una mia composizione».
«Davvero?Allora posso farti sentire una canzone io?».
«Sai suonare?».
«Si, non bene come te ma lo so suonare!».
Mi avvicinai al pianoforte, mi sedetti vicino a Mark e iniziai a suonare. Mi guardò e sorrise, poche note dopo anche lui cominciò a suonare. Stavano facendo la stessa melodia a quattro mani. Tentai di fare qualche nota in più per renderla più bella e sorprendere Mark, ma lui ne fece altre ancora più belle. Mi stavo divertendo tanto.
Fummo interrotti dall’arrivo di Matthew e Emily. Mark si alzò e andò da Matthew.
«Perché non ci suoni uno dei tuoi brani più belli?».
«Non so se mi riescono più è da tanto che non li suono».
«Prova!»
Mi alzai volevo lasciare Emily e Matthew soli, così continuai a visitare la casa. Entrai nella stanza accanto alla sala del pianoforte, era la sala da pranzo.
In mezzo alla stanza c’era un tavolo molto lungo forse fatto per ospitare tante persone e ai lati della stanza c’erano degli scaffali colmi di piatti e bicchieri decorati a mano.
Iniziai a guardarmi intorno. Attirò la mia attenzione un quadro, era una donna, molto bella, aveva dei lineamenti molto delicati.
Sotto al quadro c’era una targhetta in argento con scritto “Emma Pharrel”, sentì una presenza nella stanza, qualcuno era entrato.
Mi girai e appoggiato al muro c’era Mark che mi guardava con il suo solito sguardo, lo stesso che la colpì il primo giorno di scuola.
Abbassai la testa e poi continuai a guardarlo fisso negli occhi, non mi era accorta che mi stavo avvicinando sempre di più a lui. Mark invece se ne era accorto e mi venne incontro. Ci fermammo l’uno poco distante dall’altro.
«Ti va se ti faccio da guida per la casa?»
Annuì, gli occhi di Mark mi avevano incantata. Mi prese per mano, e mi fece salire le scale. "Questo piano era occupato dalle camere. Sulla sinistra c’è la camera dei Pharrel e due camere per gli ospiti. A destra dopo aver percorso un lungo corridoio c’è la camera del figlio dei Pharrel più uno studio"
"Dove andiamo?"
Mi porto all’interno di una stanza.
«Questa era la camera di Emma ed Eric Pharrel».
«è bellissima!».
Era una camera da letto molto grande e lussuosa aveva un letto a baldacchino con delle tende che cadevano vicino al letto di colore bianco panna. Le lenzuola erano di seta rosse.
Davanti al letto infondo alla stanza c’era una porta finestra che dava su un terrazzo. Ai lati della stanza c’erano degli scaffali pieni di libri e accanto ad essi delle poltrone. Ero incantata, mi avvicinai alla libreria e lessi alcuni titoli dei libri:
«Animali e malattie».
«Noi e gli animali: come comunicare con loro».
«Sono titoli davvero insoliti ma, interessanti».
«Si, i signori Pharrel volevano scoprire come salvare gli animali.”
“Che persone sensibili».
«Non direi!»
«Perché?».
Non rispose alla mia domanda.
«Vieni ti faccio vedere un’altra stanza».
Capì che Mark non voleva rispondermi. Mi sa che faceva parte del giro per la casa, di sicuro me ne avrebbe parlato più tardi.
«Quale?».chiesi insoddisfatta.
«La stanza del piccolo Nicolas il bambino dei Pharrel».
Camminammo in direzione dell’altra stanza, sembrava molto più lontana da quella dei Pharrel, solitamente le camere dei bambini sono più vicine a quelle dei genitori per sentire se aveva bisogno di qualcosa durante la notte.
Stavamo attraversando un lungo corridoio. Il pavimento era fatto in marmo grigio e le pareti erano ornate con quadri di tutti i membri della casa.
Mi fermai a guardare un quadro, era Emma Pharrel, sembrava il quadro cha avevo visto prima ma lei era diversa, aveva sempre gli stessi capelli e gli stessi occhi ma, il colore della pelle era diverso, la sua espressione era completamente diversa.
La pelle era molto chiara quasi sembrava bianca, e sotto gli occhi aveva delle occhiaie molto evidenti, sembrava che non dormisse da giorni prima di ritrarla in quel quadro.
Il sorriso era cambiato, era più cattivo non più il sorriso dolce e caloroso che aveva visto nel quadro.
Il quadro accanto a quello era strappato, forse perché troppo vecchio, invece sembrava proprio stappato.
Alzai un pezzetto dell’immagine, era un uomo, assomigliava vagamente a Mark, solo che era diverso da lui, era castano con gli occhi marroni, aveva solo l’espressione uguale, no, non poteva essere, guardai il nome scritto sotto il quadro «Eric Pharrel», Mark non poteva essere loro figlio, se si chiamava Nicolas.
«Noemi cosa aspetti a venire?»
Distolsi lo sguardo dal quadro.
«Arrivo».
Lo guadai un ultima volta Eric assomigliavano troppo a Mark. Cominciai a camminare verso il punto dove avevo sentito Mark che mi chiamava. Lo vidi… era in piedi davanti ad una porta, aveva uno sorriso che mozzava il fiato.
«Dovrei farti qualche domanda».
Mi fissò, arrossi, abbassai lo sguardo nel tentativo di sottrarmi ai suoi bellissimi occhi azzurri.
«Cosa mi vuoi chiedere?»
Vidi Mark che si avvicinava ad uno scaffale e afferrò un oggetto. Sembrava avesse preso una statuetta a forma di angelo.
«Sei tu…».
Non feci in tempo a finire la frase che Mark mi lanciò l’oggetto. Rimase immobile, non credevo che l’oggetto mi colpisse, non credevo che Mark volesse farmi del male, ma non appena vidi con quanta velocità e potenza veniva verso di me mi spostai facendolo finire a terra.
«Cosa fai? Hai deciso di uccidermi?»
«Volevo vedere se avevi dei buoni riflessi, e sembrerebbe di si».
«Cosa ti interessa saperlo?».
«Se dovrò darti lezioni di arti marziali vorrei vedere se sarai all’altezza».
«Ne dubiti?».
«Lo vedremo!».
Capì che si trattava di una sfida, ma come potevo attaccarlo o muoversi liberamente, avevo un vestito enorme, non ci sarei mai riuscita.
Mark vedendomi in difficoltà cominciò a correre verso di me. Non riuscì a seguire i suoi movimenti era velocissimo. Non ce la feci nemmeno a spostarmi che lui mi afferrò un braccio e me lo immobilizzò dietro la schiena.
«Cosa mi stavi chiedendo prima?».
Tentai di liberarmi dalla sua presa, ma non ce la facevo era troppo forte.
«Sei tu il figlio dei Pharrel?»
Mark allentò la presa, sembrava che la mia domanda l’avesse confuso ma, subito dopo si mise a ridere.
Lo guardai male, cosa aveva da ridere?
«Tu hai pensato che io potessi essere il figlio dei Pharrel!?»
«Si perché, assomigli tantissimo ad Eric».
«Allora io dovrei avere più di cento anni, chiamarmi Nicolas ed essere mezzo vampiro e mezzo licantropo?» continuò a ridere.
Diventai tutta rossa, ero imbarazzatissima, non riuscivo più a guardarlo. Gli detti le spalle da quanta vergogna provavo in quel momento.
Mark vedendomi smise di ridere, si avvicinò, mi prese la mano, mi girò e molto dolcemente mi abbracciò.
Mi sentì pietrificata da quell’abbraccio, il cuore non riusciva a smetterle di battermi forte. Mi vennero le lacrime agli occhi, ero emozionantissima, voleva rimanere così per sempre tra le sue braccia, voleva che quel momento non finisse mai.
«Capita di sbagliare» disse dolcemente.
Mi allontanai, quella espressione mi aveva irritata…
«A tutti capita, ma non a me, prima d’ora io non ero mai arrossita non avevo mai sbagliato, ma, quando ci sei tu vicino a me e mi guardi, io non sono più me stessa, sei la prima persona che mi abbia mai fatto provare un emozione forte».
Restammo pochi secondi in silenzio quando, Mark tentò di avvicinarsi.
«Noemi…».
Lo allontanai ancora.
«No Mark fermo, dimentica tutto quello che ti ho detto».
«Ma…»
«No, non siamo venuti qui per parlare di noi, ma per i Pharrel».
«Va bene.»
«Comincia a raccontarmi cosa sai!».
Entrammo in camera di Nicolas, lui si mise a sedere su una poltrona vicino ad una finestra, così che potesse entrare un pochino di luce lunare visto che la corrente in quella casa non c’era.
Guardai la stanza, quella era una camera da bambini normalissima con un letto ed una scatola piena di giochi.
Mark mi fece cenno di sedermi su una poltrona vicino la sua.
«Sarà una storia molto lunga è meglio che ti siedi, non vorrai rimanere in piedi».
Mi sedetti e cominciai a guardare Mark in attesa che cominciasse a parlare.
«Tutti quelli che conosco la leggenda sui Pharrel affermano che sia stato Nicolas ad uccidere i genitori perché era l’unico che si trovava insieme a loro, i Pharrel non avevano amici e quindi era l’unico che poteva ucciderli all’interno della casa.
Emma ed Eric Pharrel non erano delle persone deliziose anzi erano spietati. Ti racconterò la loro storia da prima che venissero ad abitare in questa casa.
Emma era una vampira ed era la prediletta del capo perché spietata e bravissima nel compiere le missioni che le venivano assegnate, nessuno osava mettersi contro di lei.
Eric invece era un licantropo e figlio del capo quindi il favorito.
I vampiri e i licantropi sono in lotta da molto tempo per determinare chi delle due casate sia la più forte.
Quando si creava un conflitto tra un vampiro ed un licantropo veniva risolto con una lotta fra i due. Chi vinceva aveva vinto la causa e chi perdeva doveva essere eliminato. Ben presto però i vampiri e i licantropi furono costretti ad allearsi per sconfiggere un male maggiore, ancora più forte di loro: gli entis. Gli entis sono nati prima dei vampiri e licantropi infatti sono molto più forti e bravi nel manipolare la mente. Sono molto difficili da individuare perché quando si trasformano non subiscono mutazioni a livello fisico ma solo nel volto: il colore degli occhi diventa giallo, cambia la forma della pupilla, la lingua muta e diventa biforcuta e infine gli unici due denti che hanno sono affilatissimi e impregnati di veleno non per questo il loro nome deriva da serpentis in latino... e sia per convenzione che per non farsi riconoscere si fanno chiamare entis.
Gli entis avevano cominciato ad avere sempre più seguaci e a diventare sempre più forti e, questa cosa non andava bene perchè il loro obbiettivo era diventare imbattibili.
Così le due casate decisero di mandare il più forte dei vampiri e il più forte dei licantropi alla ricerca del capo degli entis. Mandarono così Emma ed Eric alla loro ricerca. Quella sera il capo avrebbe cercato dei seguaci alla festa in città che si teneva ogni anno il 15 di novembre per festeggiare il patrono di Standwood. Si mescolarono con la folla e lo cercarono, ma non lo trovarono, forse gli avevano fatto credere che il capo si trovasse li ma invece non lo trovarono. Emma era molto affranta per il suo fallimento, lei che era la migliore come poteva aver fallito, mentre camminava in mezzo alla gente urtò un uomo facendolo cadere a terra. Era Eric. Un licantropo aveva avuto ordine dal padre di Eric di seguirlo per essere sicuro che non si trovasse in pericolo.
Il licantropo che aveva assistito alla scena vedendo Eric a terra credette che Emma volesse sfidarlo perché aveva intralciato le sue ricerche. Corse subito dal suo capo e lo informò dell’accaduto ma non sapeva realmente come erano andati i fatti. Subito Emma lo aiutò a rialzarsi fosse stata in altre circostanze non lo avrebbe mai fatto. Eric rimase colpito dall’enorme bellezza di Emma ed ebbe subito l'imprinting con lei, cominciarono a parlare.
Lui la invitò nel bosco dove ci troviamo noi e le fece vedere questa casa. Le disse che il suo desiderio più grande era andare a vivere lì. La sera tardi tornarono a “casa” e lì li informarono che presto si sarebbe svolta una lotta tra il discendente dei licantropi e la migliore vampira. Nessuno dei due aveva capito il motivo. Nel frattempo Emma ed Eric continuarono a frequentarsi. Arrivo il giorno del combattimento, tutti e due erano sicurissimi di vincere ma non appena si trovarono l’uno di fronte all’altro rimasero meravigliati.
Cominciarono a combattere ma non usarono tutta la loro potenza anzi avevano paura di fare male all’altro, ma non potevano deludere le persone che credevano in loro. Emma ricevette un pugno che la stese per terra, Eric poteva benissimo eliminarla e aggiudicarsi la vittoria, ma non lo fece. «Io mi arrendo!» disse Eric convinto delle sue azioni. “Perché figlio mio?” chiese suo padre con che capo. «Mi sono innamorato di lei!». «Emma che cosa aspetti è il tuo momento! Avanti uccidilo!» urlò il capo dei vampiri. «Mi arrendo anche io!». «No, Emma non puoi farmi questo, non mi dire che provi qualche cosa per lui?» «Si!». Il capo dei vampiri se ne andò indignato. Da quel giorno gli fu impedito di vedersi finchè un giorno non scapparono e andarono a rifugiarsi in questa casa. Qui scoprirono che potevano vivere nutrendosi degli animali, Emma in un primo momento non fu molto soddisfatta della proposta perché lei si nutriva di sangue umano no di animali, ma capì che se voleva rimanere con Eric doveva adattarsi.
Cominciarono la loro vita dentro questa casa con il cognome di Pharrel.
Ben presto si sposarono e ebbero un figlio Nicolas che in lui racchiudeva sangue vampiro e licantropo, di giorno era un licantropo e di notte un vampiro… però diversamente dai vampiri lui poteva morire di vecchiaia anche se cresceva molto lentamente per lui un anno di vita erano otto nostri.
Gli entis però non si davano pace e continuavano ad avere sempre più seguaci. Il pericolo si faceva sempre più vicino e più forte, allora i vampiri e i licantropi decisero di allearsi per sconfiggerli. L’unico modo per sconfiggere il capo e così anche i suoi seguaci era unire in un unico corpo il discendente dei vampiri che in questo caso era Emma perché il capo non aveva avuto ancora un figlio da poter mandare in guerra, e dei licantropi Eric . Arrivò il giorno della morte di Emma ed Eric Pharrel, quella sera furono uccisi dal capo degli entis prima che potessero essere informati del piano dei due capi delle casate. I Pharrel dopo anni di ricerche erano riusciti a trovare una medicina che potesse uccidere gli entis. Temendo che potessero usarla un giorno contro di loro per sconfiggerli decisero di farli fuori. Quando i due capi andarono a casa Pharrel in cerca di Emma ed Eric li trovarono morti, loro non sapevano del bambino. Gli entis lo avevano rapito per poterci fare degli esperimenti e per poter ricreare altri esseri come lui... perchè era più forte di qualsiasi altra creatura. I capi decisero ugualmente di unire in un unico corpo un vampiro e un licantropo. Misero su un esercito e andarono a combattere contro gli entis.
Fu una guerra lunga ed estenuante, nella quale non riuscirono ad eliminare il capo dei vampiri perché era molto più forte di loro ma riuscirono ad indebolire il loro esercito. Mentre perquisivano il loro quartiere generale trovarono il piccolo Nicolas in un primo momento cedettero che fosse un entis invece scoprirono che era il figlio di Eric ed Emma perché aveva sia il sangue vampiro che licantropo.
Decisero di bruciare tutti quello che era nel loro quartiere generale così che se un giorno fossero tornati avrebbero dovuto ricominciare tutto da capo.

Ero sbalordita…non avrei mai immaginato che questa casa potesse avere queste origini.
Un brivido mi percorse la schiena ero senza parole. Passò un minuto di silenzio sia Mark che io non aprimmo bocca.
«Ti ha messo paura questa storia?»
«No, mi è piaciuta, non sapevo che esistessero queste altre forme di vita!»
«Non credi ai vampiri Noemi?»
«No, o almeno fino ad ora».
«Bè questa storia ne è la conferma!»
“È solo una leggenda!Nient’altro!»
Mark rimase in silenzio.
«Te ci credi?»
«Io credo che niente deve essere dato per scontato!»
«Posso farti una domanda?»
«Certo!»
«Come fai a conoscere questa storia?»
Mi sorrise con il solito sorriso malizioso che mi levava il fiato.
"é una leggenda la conoscono tutti!"
"Si, ma stranamente io non la conosco!"
"Basta documentarsi... alla libreria è pieno di libri che parlano dei Pharrel!"
«Mark, Noemi correte Matthew ha la febbre!»disse Emily entrando nella camera urlando.
«La febbre?» chiesi
Mi alzai e mi diressi verso la stanza dove si trovava Matthew, era ancora seduto al pianoforte.
«Matthew hai la febbre?» chiesi preoccupata.
Lui non rispose nemmeno. Perché Matthew mi rispondeva sempre male, forse gli stavo antipatica ma non riuscivo a capire il motivo. Poco dopo arrivò anche Mark.
«Ho provato a dire che non avevo niente e che era la mia normale temperatura corporea ma non mi ha dato ascolto».Disse Matthew rivolto a Mark
Sembrava preoccupato, aveva per caso paura di Mark?
«Io pensavo che tu avessi la febbre, scusa se mi sono preoccupata!» disse Emily abbattuta.
Uscì dalla stanza, Matthew non si meritava tutte le attenzioni che gli dava Emily… lei era dolcissima e lui un ragazzaccio se mai la farà soffrire non la passerà liscia.
Tornai nell’ingresso e notai uno splendido orologio a pendolo posto vicino al camino. L’orologio segnava le quattro e mezzo di notte, evidentemente si era fermato, guardai il mio e vidi che era mezzanotte passata… era tardissimo dovevo tornare a casa.
All’improvviso sentì una sensazione vicino all’orecchio e una voce mi sussurrò:
«Devi tornare a casa?»
«Si». Rispose lei capendo chi fosse.
«Vuoi che ti accompagni?»
«No, non importa, tornerò a casa con Emily».
«Va bene, ma un' ultima cosa».
Mi afferrò la mano e mi girò verso di lui.
«Questa sera è stata davvero magica, e poi volevo dirti di non fissarti molto su questa casa e sulla sua storia, come hai detto te, è solo una leggenda!»
Sorrise.
Anche io sorrisi, gli lasciai la mano e andai a chiamare Emily.
«Emy è tardi, mi sa che dobbiamo andare a casa!».
«Va bene…». Era seduta accanto a Matthew erano così carini insieme.
«Buona notte Emily». Disse Matthew guardandola.
«Buona notte Matt"
Insieme ci incamminammo alla porta di ingresso per uscire e tornare ognuna alla propria casa.

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Capitolo 5
*** L'UoMo mIsTeRiOsO ***


Il giorno seguente alla festa di Ognissanti la scuola riaprì, non avevo quasi chiuso occhio la sera prima, per la prima volta nella mia vita amavo andare a scuola.
Erano le sette passate, mi alzai e feci una doccia veloce, mi vestì e subito uscì di casa senza fare colazione. Andai in garage presi il motorino e partì in direzione della scuola.
Arrivai parcheggiai il motorino e corsi all’entrata. Non vedevo l’ora di vedere Mark. Prima di entrare mi guardai un attimo nel riflesso del vetro di una finestra della scuola per sistemarmi e entrai. Come al solito tutti i ragazzi si girarono a guardarmi e cominciarono a salutarmi. Io ricambiai quella mattina ero davvero felice.
Arrivai davanti al mio armadietto, presi i libri che mi servivano quella mattina. Chiusi lo sportello quando trovai accanto a me Samuel.
Mi guardava fisso negli occhi, voleva dirmi qualcosa.
“Ti prego Noemi perdonami… è che c’è stato un imprevisto non volevo lasciarti sola alla festa”
“Non importa Samuel, anche se ci sono rimasta male perché mi hai mollata li da sola, va bene lo stesso mi sono divertita comunque.”
“Davvero? E con chi?”
Lo guardai, e lui distolse lo sguardo.
“Davis…” strinse i pugni.
Mi girai, quella volta lo avevo proprio fatto arrabbiare.
“Noemi”
Non mi girai non era il caso di continuare la conversazione, quando mi sentì afferrare il braccio, a quel punto mi fermai.
Samuel mi girò verso di lui e mi appoggiò agli armadietti. Si avvicinò a me, non so cosa voleva fare ma nn ero molto sicura di lui.
“Samuel… sei impazzito? Cosa vuoi fare?”
“Non ne posso più di vederti con Mark… io sono innamorato di te e forse non lo hai capito ma, ti giuro che farò di tutto per averti.”
“Mi fai paura, lasciami!”
Si avvicinò ancora di più, i suoi occhi però non erano più pieni di rabbia, erano confusi. Si allontanò, le lacrime gli salirono agli occhi.
“Scusa Noemi, non volevo… è che quando ti vedo con Mark io non ci vedo più dalla rabbia e mi comporto in una maniera diversa da come sono, poi qualche giorno fa ho scoperto una cosa che tutt’ora non riesco ancora ad accettare… ti prego perdonami” disse tra i singhiozzi.
“Samuel - dissi a bassa voce – cos’hai scoperto?”
“Non posso dirtelo, ma presto lo saprai anche te, è il tuo destino…”
Il mio destino? Cosa stava dicendo non capivo.
“Il mio destino?”
Prima che Samuel potesse rispondermi sentì dei passi avvicinarsi a noi, era Matthew.
“Basta Samuel hai già parlato abbastanza, vieni con me!”
Senza nemmeno guardarlo gli obbedì. Mi misi davanti a Matthew volevo delle spiegazioni.
“Matthew rispondimi cosa intendeva dire prima Samuel? – non mi rispose e continuò a camminare – Rispondimi!!” Urlai.
“Non sono affari tuoi!” disse fulminandomi, e si dileguò in un corridoio della scuola insieme a Samuel.
Corsi in classe la lezione doveva cominciare fra pochi minuti. Mi sedetti al mio solito posto, non riuscivo a capire le parole di Samuel. Entrò il professore e cominciò la lezione. Matthew non era ancora tornato.
Passarono la prima e la seconda ora della giornata così arrivò la terza ora: quella di storia.
Scesi le scale ed entrai in classe, subito notai che Samuel non c’era, mi sedetti al mio posto accanto a Mark. Non vedevo l’ora che arrivasse così avrei potuto dimenticare la brutta storia di Samuel. Passarono i minuti ma Mark non arrivava.
Forse si era fermato a fare due parole con qualcuno. Durante la prima ora di inglese ero così presa da quello che era appena successo che mi ero scordata completamente di lui. Entrò il professore e la lezione cominciò e di lui ancora niente.
Dove poteva essere andato? Avrei tanto voluto parlargli. Arrivò l’ora di pranzo, ero triste non avevo ancora visto Mark e mi dispiaceva. A mensa vidi seduti al solito tavolo i miei amici più Samuel, Matthew, Simon e Rachel.
Hilary si era seduta al tavolo vicino al nostro con Mark? Quello era Mark? Perché era li? E perché prima non era a lezione? Con indifferenza mi sedetti al tavolo con tutti gli altri. Emily e Samuel mi guardarono.
“Cosa avete da guardare?”
Emily guardò Mark e poi continuò a mangiare il suo pranzo.
“Hai visto il tuo caro Davis? Ci sta provando con Hilary prima hanno saltato le lezioni per andare a fare un giro… insieme…”.
I miei occhi si spalancarono, il mio cuore si riempì di tristezza, volevo urlare, non era possibile. Mi girai a guardarli Mark le stava gingillando i capelli e lei gli stringeva una mano.
“Non mi interessa… sono affari loro!”
Così mi alzai e andai a servirmi il pranzo. Nessuno osò più chiedermi di Mark per il resto del pranzo.
All’ora successiva avevo biologia, avrei tanto voluto andarmene a casa e dichiararmi in malattia per un giorno, almeno non avrei più visto Mark, ma così avrei dato troppo nell’occhio e la mia montatura sarebbe saltata.
Decisi di farmi coraggio e di aspettare la fine della giornata. Andai in classe e mi sedetti ad un banco vuoto in fondo alla classe, volevo rimanere sola con i miei pensieri.
“Ciao Noemi!” disse una voce familiare.
Mi girai a guardare chi fosse.
“Ciao Simon”
“Come stai?”
“Bene, mai stata meglio” mentì spudoratamente.
“Non direi”
“Invece si” dissi con tono più convincente.
“Va bene, ma guarda che non hai nessun motivo di nascondere le tue emozioni con me”.
“Non le sto nascondendo e comunque te hai Rachel sei fidanzato con una ragazza che ti vuole bene cosa vuoi di più dalla vita?”
“Non è vero, ho lasciato Rachel!”
“Perché?”
“Perché sono innamorato di Emily e tutti ormai lo sanno e devo dire che alla festa di Halloween ero riuscito ad avere un ballo con lei… ma poi è arrivato Carrol e me l’ha portata via di sotto dal naso!”
“Mi dispiace…”
“Non sai come ci sono rimasto male”
In quel momento mi ritornò in mente il giorno in cui Mark mi aveva “rubata” da Samuel durante la lezione di storia, mi immedesimai in lui e mi resi conto di quanto male gli avessi procurato, mi sentivo un verme. Ancora una volta il cuore mi si riempì di tristezza ancora più amara.
“Lei ha Carrol ed è innamorata di lui, io non posso farci niente, darei tutto pur di averla”.
Rimasi colpita dalle sue parole forse anche Samuel provava le stesse emozioni per me e io le avevo sempre calpestate per un ragazzo che poi si è rivelato come tutti gli altri.
“Grazie Simon!” dissi senza pensare.
“Di cosa?”
“Mi hai dato un buon consiglio e secondo me dovresti continuare a provarci con Emily, sei un bravo ragazzo alla fine capirà che sei quello giusto per lei!”
“Lo pensi davvero?” disse lui con un bagliore di speranza negli occhi.
“Sono la sua migliore amica… fidati!”
“Grazie Noemi!”
Così dicendo tornò al suo posto e cominciò la lezione. Finì anche quella giornata, non vedevo l’ora di arrivare a casa.
Mi incamminai verso il parcheggio della scuola, presi il motorino, stavo per partire quando mi passarono accanto Rachel e Hilary. Non le guardai nemmeno ma loro vedendomi cominciarono a ridacchiare e a guardarmi. Mi passarono accanto e dissero:
“Ma allora è vero che Mark ti ha invitata ad uscire domani?”
“Si è vero, e ha pure detto che mi farà una bellissima sorpresa!”
Insieme risero, io partì e con il cuore che mi stava per scoppiare andai a casa. Feci una doccia veloce e mi sdraiai sul letto. Stavo per addormentarmi quando, sentì il telefono squillare.
Risposi e con mia enorme sorpresa dall’altra parte del telefono rispose una voce che avrei riconosciuto fra mille.
“Ciao Noemi”
Subito le lacrime mi salirono le lacrime agli occhi.
“Come hai avuto il mio numero?” dissi mascherando le mie emozioni.
“Ho chiesto un po’ in giro!”
Pausa.
“Scusa se sei venuta a scoprire di me e Hilary in questo modo, ma in qualche modo dovevi saperlo”
Continuavo a ripetermi che dovevo stare calma.
“Quindi non ha significato nulla per te quello che è successo ad Halloween?”
Non rispose.
“Quindi è finita… anche se non è mai cominciata!”
“Perdonami Noemi non è colpa tua, te sei fantastica! Però non voglio farti soffrire!”
“Se è quello che vuoi… fai come ti pare…”
“So che Samuel ha una cotta per te… per me dovresti dargli una chance, è un bravo ragazzo dopo tutto”
“Ma veramente…”
“Non lasciarlo da parte per me… perché non ti conviene… ti farei solo soffrire.”
“Va bene”non sapevo che dire volevo solo urlare.
Nella sua voce sentì un pizzico di sollievo.
“Ah, un ultima cosa… invidio un po’ Samuel… dopotutto sei una ragazza speciale… addio!”
TU-TU-TU
“Addio” riattaccai.
Tornai in camera mia e decisi di svagarmi un po’ così non avrei pensato a Mark. Accesi lo stereo a tutto volume e cominciai a ballare… pessima idea perché mi stufai subito. Spensi lo stereo e mi misi a sedere sul letto. Ripensai alla telefonata di prima. Decisi di prendere in considerazione quello che mi aveva detto così decisi di chiamare Samuel, così lo chiamai.
“Pronto?”
“Ciao Samuel, sono Noemi!”
“Ciao, che sorpresa sentirti, non mi avrai chiamato per quella discussione che è successa oggi a scuola? Vero?”
“No, non ti preoccupare…”
Restammo tutti e due in silenzio… non sapevamo cosa dire, non so nemmeno perché lo avevo chiamato.
“Ma allora tu e Mark?”
“Io e Mark eravamo e siamo solo amici, ma per ora ci siamo presi una pausa anche da questa amicizia…”
“Bene, cioè mi dispiace però… questo fatto va a mio vantaggio..”
Mi misi a ridere, era un bravo ragazzo, forse avrei accettato il consiglio di Mark e gli avrei dato una possibilità.
“Mi voglio far perdonare per non essere venuto alla festa con te!”
“Ah, davvero? E come?”
“Ti va di uscire venerdì? Se vuoi andiamo al cinema o da qualche altra parte…
Non mi interessava dove mi avrebbe portata.
“Va bene… ci vediamo domani a storia!”
“ah… va bene… e ancora grazie…”
“Di nulla è un piacere!”
Riagganciai.
Non avrei mai pensato che Samuel potesse tirarmi su di morale. Cominciai a fare la lezione e così passai il resto del pomeriggio. Ormai era calata la sera e ora che ci pensavo, mia madre non era ancora tornata, strano di solito rincasava sempre presto.
Evidentemente si era fermata a fare compere con qualche amica e si era scordata di chiamarmi per dirmi che tornava tardi. Era sempre la solita… Preparai comunque la cena per tutte e due.
Poi mi misi a guardare un film in dvd e mi addormentai sul divano. Venni svegliata da un bacio leggero sulla fronte.
“Svegliati piccola!”
Solo una persona mi chiamava con quel nome, ed era: mio padre.
Subito spalancai gli occhi e mi alzai. Davanti a me c’erano i miei genitori che mi guardavano.
“Finalmente sei tornato!! Mi sei mancato tantissimo!”dissi buttandogli le braccia al collo.
Lui si mise a ridere.
“Anche te mi sei mancata tanto piccola mia!”
“Perché non me lo avete detto che saresti tornato!”
“Ti volevamo fare una sorpresa”
“Siete i migliori!”
Era un mese che non vedevo mio padre e lui era un po’ tipo il mio migliore amico, fin da piccola mi aveva sempre coccolata e trattata come una principessa e anche se non lo davo a vedere mi piaceva stare con lui perché mi sembrava di tornare bambina.
“Ti ho portato una sorpresa!”
“No, non dovevi sei andato via per lavoro mica per divertimento…però sono troppo curiosa… sai che adoro le sorprese.”
“È proprio per questo che te l’ho comprata” estrasse da un sacchetto un pacchetto non molto grande, lo presi e mi sedetti sul divano.
Aprì il pacchetto e ne estrassi un maglione di lana bianco, era bellissimo, mio padre aveva sempre avuto un buon gusto nel vestire.
“Grazie mille!” gli diedi un bacio sulla guancia.
“Ti piace?”
“Tantissimo!”
“Sapevo che ti sarebbe servito per la gita in montagna che fate tutti gli anni per la scuola.”
“Sei un genio”
La gita in montagna quasi me l’ero scordata, sarebbe stata organizzata fra poco, di solito veniva fatta verso gli ultimi di dicembre dopo le feste di natale. L’anno scorso mi ricordo che io ed Emily ci divertimmo molto, quasi mi veniva da ridere al solo pensiero, quell’anno però non sapevo però se ci sarei andata non volevo passare una settimana insieme a Mark. Ma basta pensare a lui.
“Io vado a dormire sono molto stanca.”
“Va bene”disse mia madre.
“Vuoi che ti rimbocchi le coperte?” disse mio padre ironicamente.
Sorrisi e salì le scale fino a camera mia. Mi cambiai e mi misi a dormire.
Il giorno seguente mi svegliai la mattina presto, i miei stavano ancora dormendo. Scesi le scale senza fare rumore, preparai la colazione e subito andai a vestirmi.
In pochi minuti fui pronta, non avevo voglia di aspettare senza fare nulla così decisi di andare a scuola a piedi. Quella mattina era proprio bella una delle poche che si vedevano in tutto l’anno.
Nel cielo non c’era traccia di una nuvola e anche se era mattina presto il sole già splendeva nel cielo. Le giornate belle mi infondono un senso di serenità e tutto mi appare migliore, la giornata era davvero cominciata bene.
Arrivai a scuola precisa con il suono della campanella. La giornata passò velocemente incontravo Mark a lezione e a pranzo ma non ci salutavamo nemmeno. Invece passai il pranzo con Samuel.
Per il resto della settimana aspettai con ansia il venerdì il giorno in cui sarei dovuta uscire con Samuel. E così il fatidico giorno arrivò; decisi di farmi carina, mi misi un paio di jeans molto stetti e una maglietta bianca con sopra una felpa dello stesso colore, sciolsi i capelli e mi truccai. Per far si che Samuel si presentasse all’appuntamento senza avere imprevisti mi disse che sarebbe venuto a prendermi a casa.
Alle quattro in punto come previsto era davanti alla porta di casa mia con la sua macchina vestito in maniera a dir poco impeccabile, era davvero carino vestito così non sembrava il solito tipo che vedevo tutti i giorni a scuola.
“Ciao Samuel” dissi con un sorriso radiante.
“Ciao Emy!”
Avrei voluto dirgli che mi dava noia essere chiamata in quel modo, ma dopo tutto non era così male e poi non volevo rovinargli tutto.
“Allora dove hai deciso di portarmi? Sono molto curiosa!”
“Ora lo scoprirai, prima Sali in macchina”
Obbedì.
Per circa un quarto d’ora girammo in macchina, nessuno dei due diceva una parola. Arrivammo a destinazione eravamo all’entrata del parco di Washington. C’ero già stata molte volte a quel parco era il più bello della città. Al suo interno aveva delle gabbie con dentro animali ma soprattutto volatili.
“Siamo arrivati!”
“Questa sarebbe la tua sorpresa?” non era delle migliori però era originale.
“E te pensi che io per te abbia pensato solo di farti venire a visitare un parco che orami conoscono tutti? Te sei speciale e quindi devi avere una sorpresa speciale”.
Che dolce, avevo fatto proprio bene ad ascoltare Mark. Allungò la sua mano per prendere la mia, ma io mi scansai…
“Hey Tylor non vorrai bruciare le tappe vero?” dissi ridendo.
Lui sorrise…
“Va bene vuol dire che aspetterò!”
Cominciammo a camminare nel parco… non era cambiato per nulla.
“Allora ti va di procedere con il nostro appuntamento?”
“Certo”
“Seguimi!”
Cominciò a camminare verso un punto preciso. Io lo seguivo ero davvero curiosa, dopo poco arrivammo ad una casa diroccata.
“È pericoloso entrare li dentro, potresti farti male!”
“Fidati entra”
Lo guardai qualche secondo e sentivo che nella sua voce c’era un qualcosa che mi ispirava fiducia. Decisi di seguirlo. Entrammo nella casa.
Era tutta malconcia al suo interno non c’era più nulla nemmeno i vetri delle finestre era vuota. Attraversammo quella che una volta dovrebbe essere stata la cucina e entrammo nel salotto. Samuel si avvicinò ad una porta che si trovava alla fine della stanza, la aprì ma mi fece cenno di fermarmi. Si avvicinò.
“Chiudi gli occhi!”
Gli chiusi e subito sentì le sue mani sui miei occhi.
“Così cono sicuro che non sbirci”
Le sue mani erano così calde, quel calore mi faceva stare bene.
Mi portò fuori dalla casa il sole splendeva nel cielo, lo sentivo da come picchiava sul mio viso.
“Sei pronta?”
Annuì.
“Bene”
Levò le mani dai miei occhi. Davanti a me apparve una scena spettacolare, un immenso prato ricoperto di fiori con un piccolo laghetto immerso nel vede degli alberi.
“È bellissimo!”
“Ti piace?”
Non risposi da quanto bello era quello spettacolo.
“Come fai a conoscere questo posto?”
“L’ho scoperto un po’ di tempo fa e tutte le volte che ho bisogno di pensare e rilassarmi vengo qui”
“E chi conosce questo posto?”
“Direi nessuno visto che tutti hanno paura di entrare nella casa”.
Sorrisi e mi misi a sedere sul prato. Accanto a me c’era un bellissimo fiore giallo, era davvero bello non se ne vedevano molti in città. Samuel si avvicinò al fiore lo prese e delicatamente me lo mise tra i capelli.
Sorrisi.
“Allora tu e Mark avete definitivamente chiuso vero?”
“Te l’ho già detto non c’è mai stato niente fra di noi”.
“Ma non direi visto come ti ha rubata a me durante la lezione di biologia il primo giorno di scuola!”
Ricordavo quel momento era stato uno dei più belli trascorsi con lui ma non volevo ricordarlo, basta dovevo cancellare quel nome dalla mia mente.
“Poi mi hai detto che vi siete divertiti tanto alla festa non sembrerebbe che fra di voi non ci sia stato niente, sembrava proprio cotto di te…”
“Ah, davvero? Allora vuol dire che hai sbagliato persone perché da quello che mi ha detto a lui piace Hilary”.
“E per questo motivo avete litigato?”
“Si, più o meno, non è un vero e proprio litigio però ci siamo detti addio”.
Vidi comparire sul volto di Samuel un sorriso.
“E poi è colpa tua che non ti sei presentato alla festa se no io avrei passato la sera a ballare con te invece che con Mark”.
“Ti ho già chiesto scusa cosa devo fare per farmi perdonare?”
“Spiegandomi ad esempio perché non sei venuto”.
Samuel sospirò e si avvicinò, era a pochi centimetri dal mio viso.
“Ho avuto un imprevisto!”
“Che tipo di imprevisto?”
“Se ti dico che mi si erano forate le gomme della macchina te ci crederesti?”
Si stava sempre di più avvicinando.
“No!”
“Allora dovrai rimanere nel dubbio!”
“Vuol dire che non mi volevi vedere”
“Non è vero… io ti vorrei vedere tutti i giorni…”
“Rimarrò nel dubbio…”
Dopotutto un po’ di mistero non guastava, mi piaceva Samuel, quel suo lato misterioso mi affascinava.
“Vorrei baciarti, ma non so quale sarebbe la tua reazione…”
Io girai il volto dall’altra parte, non volevo più essere presa in giro.
Lui capì e mi cinse le spalle avvicinandomi a lui. Ci sdraiammo e continuammo a parlare per un ora del più e del meno.
“Come mai questa tu improvvisa amicizia con Matthew?”
“Un paio di giorni fa ci siamo conosciuti e abbiamo scoperto che abbiamo molte cose in comune… - quando disse quelle parole sorrise – poi lui e Mark spesso hanno dei diverbi e ha detto che io sono un buon amico… certo però che sei proprio curiosa!”
“Che tipo di discussioni hanno?”
“Non avevi detto che Davis non ti interessava?”
“Si però volevo saperlo, spesso li ho visti litigare.”
“Cose da nulla infatti se vedi sono sempre insieme!”
“È vero!”
Orami era tardi il sole stava già calando e da li la vista era splendida.
“Si sta facendo tardi… vuoi che ti riaccompagni a casa?”
“Si, grazie!”
Sempre continuando a parlare raggiungemmo la macchina e successivamente a casa mia.
Scesi e estrassi dalla tasca le chiavi di casa. Mi girai per salutare Samuel quel pomeriggio mi aveva fatta davvero divertire.
Non mi ero accorta che era dietro di me e quindi sobbalzai andando a finire contro la porta d’ingresso. Mi si avvicinò lentamente, oramai eravamo vicinissimi, appoggiò una mano al muro dietro le mie spalle.
“Ho deciso di farmi perdonare e che tu lo voglia o no ci riuscirò!”sapevo cosa stava per succedere e la cosa non mi dispiaceva però avevo paura.
“Prova non è detto che io rifiuti”.
Sorrise…piegò la testa da un lato più si avvicinava più riuscivo a sentire il suo respiro… chiusi gli occhi era quello che volevo.
Improvvisamente mi tornò in mente il volto di Mark quando provò a baciarmi alla festa… provavo ancora qualcosa per lui… le nostre labbra stavano per toccarsi quando mi spostai di qualche centimetro, dandomi un bacio al lato della bocca…
“Non credere che mi arrenda così facilmente, continuerò a provare!”
“Se continui così probabile riuscirai nella tua impresa!”
“Non c’è bisogno di aspettare… che ne dici se domani usciamo?”
Pensai…
“No non posso è appena tornato mio padre e vorrei passare un po’ di tempo con lui… poi puoi sempre provarci domani ci vediamo tutti i giorni a storia…”
“Si ma credo che il professore non mi lasci provare durante la sua ora!”
Già e io nn voglio che tu ci provi davanti a Mark, pensai.
“Ci riuscirò!” e così dicendo risalì in macchina e partì.
Io lo salutai con la mano mentre se ne andava, entrai in casa e con mia enorme sorpresa trovai mio padre che mi aspettava davanti alla porta. Speriamo che non abbia sentito la mia conversazione con Samuel.
“Quel ragazzo che ti stava così appiccicato è Samuel Tylor?”
“Si, papà ma come fai a saperlo?”
“Sono uscito un attimo in giardino dalla porta sul retro e vi ho visti così sono tornato in casa non volevo disturbare!”
Qui si mette male di solito i padri sono sempre iperprotettivi con le figlie… spero mi faccia ancora uscire con i ragazzi.
“E questa cosa ti va bene?”
”Piccola mia hai diciassette anni e ora che tu ti cerchi un ragazzo però preferirei che non veniste a baciarvi davanti alla porta di casa mia… se no non so come comportarmi!”
Ero diventata tutta rossa… baciarci?
“Non ci stavamo baciando…”
“No, infatti… io nn l’ho mai detto!” disse ridacchiano come se la cosa fosse ovvia.
“Io e Samuel per ora siamo solo amici… nel mio cuore c’è un altro ragazzo che devo dimenticare il più in fretta possibile prima che me ne innamori veramente…”
“Bhè allora la maniera migliore non è quella di conoscere nuove persone? Quel Samuel mi sembra proprio una brava persona…”
Uffa ora ci si metteva anche lui… perché tutti gli uomini la pensavano alla stessa maniera?
“Grazie Papi del consiglio, lo terrò a mente…”
“Prego…la cena è pronta fra venti minuti…”
“Va bene faccio una doccia e arrivo.”
Passai la sera insieme a i miei genitori era da tanto che non passavamo una serata tutti insieme, papà ci raccontava di New York e noi lo ascoltavamo molto interessati. Poi raccontò alla mamma di Samuel e così cominciarono a farmi delle domande e rispondevo soltanto a poche.
La sera mi addormentai quasi subito… il mio odio per Samuel orami era diventato 0.
La mattina mi svegliai di buon umore, preparai la colazione a tutti, mi vestì e uscì di casa per andare a scuola… ovviamente con il mio motorino.
Arrivai in perfetto orario, quando vidi che al posto dove parcheggiavo sempre il motorino c’era Emily ad aspettarmi era in piedi con la testa china sull’asfalto sembrava molto triste. Presi la cartella e mi avvicinai di più a lei.
“Emily… cos’hai?”
“Noemi…” disse con voce flebile, vidi cadere dai suoi bellissimi occhi una lacrima; corsi verso di lei.
La abbracciai con tutta la forza che avevo, volevo farle capire che io c’ero ed ero con lei e che non l’avrei mai abbandonata… e mi sa che lo aveva capito…non volevo che piangesse era la mia migliore amica e non doveva soffrire.
“Noe… Matt…” era davvero disperata non l’avevo mai vista così non riusciva a parlare ma, tra i singhiozzi capì solo una parola: Matt.
La rabbia mi invase, come aveva osato farle del male.
Allontanai Emily e la guardai.
“Asciugati le lacrime, adesso vai a dirgliene quattro… non vorrai farti trattare come un oggetto!!”
“No!!! Non voglio parlare con lui!”
“Allora ci vado io!”
“No… Noe…”
Non la ascoltai la trascinai all’interno della scuola, non appena entrai vidi Michael, gli dissi di stare un pochino con lei perché io dovevo fare i conti con una persona.
Cominciai a cercarlo, non ci volle molto per trovarlo, era con Samuel… come al solito.
Lo girai verso di me.
“Come hai potuto fare una cosa così meschina!”
“Di cosa stai parlando?”
”Hai anche il coraggio di chiedermelo?”
“ Proprio non mi viene in mente!”
“ Forse questo nome ti rinfrescherà la memoria: Emily!!”
Abbassò lo sguardo.
“Ti senti un verme eh? Non so quello che è successo ma so solo che lei sta soffrendo… non osare mai più fare una cosa simile perché giuro che non te la perdono, lei è come una sorella per me…”
“Se non sai quello che è successo allora vedi di farti gli affari tuoi!”
La mia rabbia salì. Lo fulminai.
“ Io ti avverto… non farla mai più soffrire!”
“Visto che sei così protettiva nei suoi confronti perché lei non lo è stata quando….”
“Quando cosa?”
“Bè orami lo sanno tutti che Mark ti ha scaricata… perché lei non ha fatto la stessa cosa?”
Io non risposi… non doveva toccare quel tasto nessuno ne aveva il diritto.
“Vedo che ho colto nel segno… e almeno lei non è andata subito dopo a cercare un altro per farsi consolare…”
Era vero… in quel momento mi sentì io un verme… guardai Samuel, sperava che tutto questo non fosse vero…
“Non è vero… io tengo molto a Samuel…”
“Certo Noemi, te non lo sai ma… io ti conosco benissimo… so tutto di te… e non fraintendermi non mi interessi minimamente!”
Che persona orribile che ero… al posto della rabbia ora c’era di nuovo la tristezza.
In quel momento arrivò Mark.
“Cos’è successo qui?”
“Niente, la tua donna mi voleva fare il terzo grado per poi capire che lei si è comportata peggio di me!”
Mark si girò a guardarmi, lo guardai e una lacrima mi scese, ma feci di tutto per mascherarla per non farmi vedere.
“Non mi interessa di quello che mi dici… te non devi più farla soffrire!”
“Prima pensa a non soffrire te!”
La campanella suonò e tutti i ragazzi si diressero ognuno nella propria classe.
Stavo per scoppiare a piangere, Samuel mi guardò qualche secondo e poi si avvicinò.
“Dimmi che quello che ha detto Carrol non è vero, ti prego!”
“Mi dispiace!”
“Non hai nient’altro da dirmi?”
“È la verità…”
Affranto Samuel se ne andò lasciandomi sola nel corridoio, in meno di una settimana avevo perso delle persone a me importanti.
Non volevo andare in classe e vedere Mark, mi avrebbe fatto troppo male così decisi di andare almeno per la prima ora in infermeria e dire che mi sentivo male.
Andai in infermeria e dissi all’infermiera che stavo poco bene, così mi fece sdraiare sul lettino e mi disse di riposarmi un po’.
Tentai di riposare e di non pensare a nulla ma, era impossibile. Rimasi sdraiata in quella posizione per un ora circa, finché non decisi di andare via perché non fare niente non mi aiutava affatto.
Non ce la facevo le parole di Matthew mi avevano ferita, non ce la facevo ad andare in classe ero troppo abbattuta, basta volevo andare a casa, ai miei avrei detto che mi sentivo poco bene. Uscì e tornai a casa. Mia madre come al solito era a casa che faceva le faccende domestiche, vedendomi rientrare si preoccupò.
“Cos’hai? Hai fatto un incidente in motorino? Lo sai che non mi piace che vai in giro con quel coso…”
Era davvero preoccupata continuava a tastarmi su tutto il corpo per vedere se avevo qualcosa di rotto.
“No mamma, non ti preoccupare non ho fatto incidenti, è solo che mi sento poco bene, vado di sopra a riposarmi!”
“Va bene! Sicura che non ti serva niente?”
“Tranquilla ho solo bisogno di dormire”
Mi infilai subito sotto le coperte senza togliermi i vestiti, dopo pochi minuti mi addormentai.
Non so quanto tempo dormì, un minuto, un' ora o forse di più, so solo che quando mi svegliai la mia camera era completamente avvolta dalle tenebre, doveva essere notte fonda.
In casa regnava la pace, non c’era alcun minimo rumore. Guardai l’orologio appeso alla parete segnava l'una e cinque, però c’era una cosa che non andava, il vetro che lo conteneva era rotto, come se fosse caduto…
Mi alzai, non avevo mangiato niente dalla mattina precedente, anche se non avevo molta fame. Aprì la porta di camera mia, quando la luce del sole mi invase.
I miei occhi non erano abituati alla luce quindi ci volle un po’ prima di vedere di nuovo bene.
Guardai l’orologio appeso vicino alle scale, segnava le due e quaranta. Evidentemente mia madre era venuta a controllare come stavo e vedendo che dormivo ha chiuso le finestre e nel chiudere la porta avrà fatto cadere l’orologio… si deve essere andata così.
Preparai qualcosa di surgelato e non appena fu pronto mangiai davanti alla televisione.
Notai che sul tavolino davanti a me c’era un biglietto, lo presi e lessi:
“Ciao piccola, come stai? Io e la mamma siamo andati a fare compere a Seattle, se ti serve qualcosa chiama resteremo fuori anche per cena quindi non invitare nessuno… sto scherzando… A proposito di qualcuno, chiama Samuel… è passato tre volte per sapere come stavi… un bacio papà.
Samuel? Allora non era arrabbiato, meno male, mi sarebbe dispiaciuto tantissimo se non mi avesse più parlato poi dopo la nostra uscita dell’altro giorno mi aveva fatto capire che era una persona davvero straordinaria.
Lavai i piatti con cui avevo mangiato presi il telefono e lo chiamai.
Attesi qualche secondo… poi sentì la sua voce provenire dall’altra parte dell’apparecchio.
“Pronto?”
“Ciao...”
“Noemi!”
“Mi hanno detto che sei passato a trovarmi ma dormivo, mi dispiace!”
“Non fa niente volevo sapere come stavi…”
“Molto meglio adesso, avevo solo bisogno di dormire”
Nessuno dei due disse niente, ci fu un silenzio imbarazzante.
“Ti va bene se più tardi passo per la quarta volta?”
“Va bene! se non ti sei stancato...”
“Spero solo che tuo padre non si arrabbi.”
“No, non ti preoccupare lui e mia madre sono a Seattle.”
“Ah…allora a dopo.”
“A dopo, ciao.”
Riattaccai.
Fra poco sarebbe arrivato, dovevo sistemarmi un pochino. Non feci in tempo a fare il primo scalino che suonò il campanello.
Chi poteva essere ora?
“Samuel!!! Che ci fai qui adesso… non dovevi arrivare fra poco?”
“Non ce la facevo ad aspettare…”
Sorrisi, poi con le mani tentai di aggiustarmi un po’ i capelli.
“Scusa ma, non mi hai dato il tempo di preparami!”
“Non importa sei bellissima anche così!”
Silenzio.
“Spero tu non mi voglia far rimanere qui fuori!”
Spalancai la porta e lo feci entrare.
“Accomodati pure…”
Entrò e con disinvoltura si mise a sedere sul divano e cominciò a guardare la televisione.
“Ma prego fa come se fossi a casa tua!” dissi ridendo.
“Grazie, l’ho già fatto…”
Rimasi in piedi davanti a lui.
“Che fai li in piedi, siediti qui accanto a me…”
“Perché dovrei!” volevo fare un po’ la preziosa.
“Va bene - face un sorriso obliquo – allora mi puoi passare il telecomando?”
Guardai dov’era e glielo detti, senza che me ne rendessi conto Samuel afferrò il mio braccio tirandomi verso di lui e facendomi sdraiare sul divano.
“Non crederai di sfuggirmi un'altra volta…” si avvicinò a me.
Di colpo arrossì, avere Samuel così vicino mi faceva uno strano effetto, che non mi fosse del tutto indifferente lo avevo già capito ma, mi sa tanto che c’era qualcosa in più.
“Ti ho portato gli appunti di storia, che bravo ragazzo che sono, Davis una cosa simile non l’avrebbe mai fatta!”
Perché doveva pronunciare proprio quel nome, subito il mio umore cambio, lo spostai leggermente.
“Samuel, smettila di parlarne, perché ti vuoi paragonare a lui, ormai abbiamo chiuso.”
Ogni volta che ripetevo queele parole, a Samuel tornava il sorriso.
“Lo so ma volevo sentirmelo dire un'altra volta… ora ne ho la certezza…”
“Non ti preoccupare non ho nessuna intenzione di farci pace, e poi adesso c’è un'altra persona…”
“Ah, davvero e chi sarebbe?”
Questa volta fui io ad avvicinarmi a lui.
“Il mio vicino di casa…”
“Ah si? Il signor Dannis? Quel buon vecchietto? Anche lui si è preso una cotta per te?”
“Si… e poi chi altro si è preso una cotta per me?”
“Ma… un certo Samuel Tylor… lo conosci?”
“Si, e credo che fra poco lo bacerò…”
“Non aspetta altro!”
Mi avvicinai ancora di più a lui, quando sentì le labbra di Samuel sulle mie. Ci baciammo, e quella volta non mi scansai e non pensai nemmeno per un secondo a Mark, ormai faceva parte del mio passato.
“Alla fine ci sono riuscito… mi hai reso davvero felice, non sai da quanto ho aspettato questo momento, non riesco ancora a crederci.”
“Non dire così mi fai sentire come una persona irraggiungibile….”
“Fino a qualche giorno fa per me lo eri.”
“Non dire sciocchezze…”
“È vero… te mi piaci tantissimo e questa cotta va avanti dall’anno scorso…”
“Ma non stavi con Hilary?”
“E secondo te perché è finita… non dire che non te ne sei mai accorta che mi piacevi lo sanno tutti.”
“Si lo sapevo ma no fino al punto di lasciare un'altra persona per me…”
“Ora capisci quanto io tengo a te?”
“Grazie Samuel!” questa volta non aspettai che fosse lui a baciarmi… mi aveva davvero resa felice, mi voleva davvero tanto bene e io l’ho sempre trattato male, che stupida.
In quel momento squillò il telefono non volevo rispondere però se fossero stati i miei genitori si sarebbero preoccupati per nulla.
“Pronto?”
“Ciao Noe!”
“Ciao Emy.”
“Come mai te ne sei andata?”
“Stavo poco bene.”
“È per quel discorso che ti ha fatto Matthew?”
“No, non mi importa di quello li…”
Bugia ma se volevo dimenticare Mark per incominciare non dovevo prendermela sulle cose che mi dicevano su di lui.
“Senti… per caso Samuel è passato?”
“Ehm… si… ma come fai a saperlo?”
“Mi ha chiesto il tuo numero di casa e l’indirizzo…ho fatto male a darglielo?”
“No… anzi!”
“È li con te vero?”
“Si!”
“Wow!!! Cosa è successo? Dai lo voglio sapere!”
“Emy non è il momento!”
“Uffa… va bene però poi mi devi raccontate tutto!”
”Va bene!”
“Ciao, ti voglio bene”
“Anche io”
Riattaccai, che curiosa che era sempre.
“Era Emily?”
“Si.”
Mi passò una mano tra i capelli.
“Quando hanno intenzione di tornare i tuoi?”
“Dopo cena perché?”
“Bhè allora, di sopra c’è una anzi due camere libere…”
Mi alzai dal divano… che idee gli venivano in mente? Ora che era riuscito a piacermi rovinava tutto così… che pervertito! Lo sapevo i maschi sono tutti uguali pensano solo a quello… probabilmente Mark e Samuel facevano finta di essere rivali per poi farmela pagare…ma io non ci casco… non sono così stupida.
“Ma sei impazzito?”
“No..”
“Allora sei proprio così di natura…” mi allontanai da lui.
“No forse hai frainteso.”
”No, ho capito benissimo…voi siete tutti uguali… e non credere che non abbia capito… lo so che tutto questo lo hai organizzato insieme a Mark!”
“Davis? Cosa? Io lo odio…”
“Non è vero…”
Mi allontanai ancora, lui prese la mia mano, ma mi spostai.
“Non mi toccare…”
A quel punto si alzò e mi abbracciò stretto come non aveva mai fatto.
“Samuel, lasciami…”
Non riuscivo a liberarmi era fortissimo.
“Scusa non volevo offenderti, te l’ho detto in questi giorni non sono me stesso, quando mi sono reso conto di quello che dicevo ormai avevo parlato.”
“Mi hai delusa, molto.”
Mi strinse ancora di più a se, le mie parole lo avevano ferito, mi dette un bacio sulla fronte.
“Ti prego perdonami, non commetterò mai più un errore ma ti prego, non lasciarmi!”
Sembrava davvero pentito… forse avrei fatto meglio in quel momento a non perdonarlo ma decisi di dargli un'altra possibilità… ridete pure se volete, ma a me sembrava la cosa più giusta.
Ricambiai l’abbraccio.
“Non ti lascerò!”
“Come? Allora hai deciso di diventare la mia ragazza?”
Annuì.
“Grazie di tutto!”
E… mi baciò…

Passammo il resto del pomeriggio insieme.Da perfetto bravo fidanzato era andato da tutti i professori e aveva preso la lezione per me.
Ormai erano le nove di sera passate e tutti e due cominciavamo ad avere fame, e con la mia dote innata per la cucina preparai la cena.
Non feci niente di speciale, la pasta come primo e un po’ di carne come secondo ma, Samuel non appena vide cosa avevo fatto rimase entusiasta.
“Sei proprio una ragazza speciale…”
“E dai!”
“No, davvero… Sei bellissima brava in cucina… sei la tipica brava mogliettina.”
Risi anche se non mi vedevo bene nei panni di moglie, io che ero una ragazza indipendente dover cucinare tutti i giorni per un uomo… che sofferenza… e se quell’ uomo fosse stato Samuel? Ma cosa andavo a pensare… avevo solo diciassette anni.
Gli servì la pasta e lui afferrandomi tentò di baciarmi ma, io mi spostai.
“Non starai esagerando?”
“Forse un po’… ma non riesco a resistere!”
“Riceverai l’ultimo prima di andare via… se no ci fai l’abitudine…”
“ Va bene…”
Mi servì anche a me la cena… quando sentì una macchina fermarsi nel vialetto di casa mia. Quel rumore lo conoscevo bene… era la macchina di mio padre.
Fin da quando io ero piccola aveva quella macchina e conoscevo bene il rumore che faceva, mi mettevo alla finestra ad ore guardando ogni macchina sperando che fosse mio padre che tornava dal lavoro. Come mai erano già di ritorno? Che disastro, avrebbero di sicuro visto Samuel e avrebbero cominciato a farmi l’interrogatorio e devo ammetterlo non avevo per niente voglia.
“Samuel corri vieni con me!” evidentemente non si era accorto dell’arrivo dei miei.
“Perché?”
“Sono tornati i miei genitori!”
“E allora?”
”Come e allora? Non voglio che ti vedano qui… noi due da soli in casa chissà cosa avrebbero pensato!”
“Ti vergogni di me Noemi?” la sua voce era confusa e il suo sguardo perso, mi faceva pena poverino…
“Assolutamente no! Però voglio parlargliene io… non voglio che lo vengano a scoprire così…”
“Promesso?” disse con tono sicuro.
“Promesso…” dissi io dolcemente.
Si alzò dalla sedia e con movimenti incerti prese il cappotto e si guardò intorno per vedere se aveva lasciato qualcosa.
“Scusa, ma da che parte esco?”
Ci pensai qualche secondo… mi venne in mente l’idea di farlo passare dalla finestra di camera mia, tanto era posta sopra un pezzetto di tetto e al lato c’era una scala, ma avevo paura che si facesse male o che i miei se ne fossero accorti… da dove poteva passare?
“Non hai un entrata alternativa oltre alla porta d’ingresso?”
Che sbadata! La porta sul retro!!
“Si la porta sul retro… aspetta che i miei entrino in casa e te vai via…va bene?”
“Va bene!”
Lo portai verso la porta sul retro, quando sentì suonare il campanello. Il sangue mi gelò nelle vene, il panico prese il sopravvento e si che io ero una persona molto calma.
“Sai cosa fare!”
Uscì ma si voltò un' ultima volta a guardarmi.
“Noemi… ti amo…” precipitoso davvero il ragazzo.
Il campanello suonò un'altra volta. Senza rispondergli chiusi la porta in faccia. Corsi verso la porta quando mi accorsi che la tavola era apparecchiata per due… anche se non avessero visto Samuel si sarebbero di sicuro insospettiti e avrebbero indagato. Quante fatiche per mantenere la mia privacy.
“Arrivo subito!” urlai per farmi sentire.
Presi un piatto, un bicchiere, le posate e misi anche un po’ di pasta nel terzo piatto per far sembrare che avessi aspettato loro per mangiare.
Il campanello suonò la terza volta.
“Un momento!”
Aprì la porta.
“Oh, meno male hai aperto piccola, mi stavo cominciando a preoccupare!”
“Ero un attimo in bagno…- dissi il più convincente possibile era la scusa migliore che mi venne in mente, non ero molto brava a mentire infatti mio padre se ne accorgeva sempre, quando c’era lui in casa io non avevo segreti – Come mai siete tornati così presto?”
“Non avevamo voglia di rimanere a cena fuori, ma credo che dovremmo aspettare un po’ prima di mangiare… te piccola streghetta hai già mangiato?”
“Non ancora, caro vecchietto, e faresti bene a ringraziarmi perché è già pronto da mangiare anche per voi?” Ti prego fa che non sospettino di nulla.
“Davvero? E come mai?”
“Chiamalo intuito femminile cosa che te non hai ‘pa!”
Rise e anche io… per ora tutto liscio.
Andò in cucina e vide tutto pronto, era estasiato.
“Wow sei davvero una figlia eccezionale! Mi vengono le lacrime agli occhi!”
“Ma smettila!” si avvicinò e mi mollò un bacio sulla guancia. Salì le scale e andò in camera sua a cambiarsi. La mamma invece si sedette sul divano, era stanca, tutto il giorno a fare compere doveva stancare molto - pensai ironicamente.
“Dopo io e papà dobbiamo parlarti di una cosa?”
“Mi devo preoccupare? Avete deciso di separarvi? Se è così io vengo con te se no lui non mi lascerebbe nemmeno un secondo di privacy!”
Rise, quando mi diceva che dovevano parlarvi tiravo sempre fuori l’argomento divorzio… per rallegrare l’atmosfera.
“Ti ho sentita sai! E se dovesse mai succedere te verresti con me!!”
Tutti ridemmo amavo la mia famiglia, era l’unico posto dove mi sentivo sicura e potevo essere me stessa.
“Non ti devi preoccupare per ora io e tuo padre andiamo ancora d’amore e d’accordo… ma la sua segretaria deve smettere di mangiarselo con gli occhi se no giuro che vado li e le faccio una scenata…”
Papà che ovviamente anche se era in camera sentiva tutto rispose:
“Le dirò di smettere quando Daniel la smetterà di invitarti a cena…”
“Ryan lo sai che sei davvero ripetitivo è solo un collega!”
“Si Helen anche Elizabeth è solo una segretaria!”
Scese e le dette un bacio sulle labbra. Andò a sedersi a tavola e cominciò a mangiare.
“Voi non venite?”
“Si” rispondemmo in coro.
Mi sedetti al tavolo con lui, quando la mamma prese in mano dei libri che erano sul divano, sulla prima pagina c'era scritto: Samuel Tylor.
Oddio si era dimenticato i libri.
“Amore non è che ci nascondi qualcosa?” disse rivolta a me.
“No… devo per sbaglio averli presi durante la lezione di storia per sbaglio!”
“Ma te oggi non eri a casa?”
“Infatti è da ieri che li ho!” Mi avevano scoperta non avevo più scuse dovevo vuotare il sacco.
“E Samuel non credi che li rivoglia indietro?”
Rimasi in silenzio.
“Per me Noemi ha una cotta per Samuel Tylor e non ce lo vuole dire… ecco perché prima l’ho visto andare via di corsa!” disse mio padre.
Arrossì anche se il mio piano era perfetto avevano già scoperto tutto.
“Era solo venuto a portarmi la lezione!”
”Io non ho nulla in contrario con Samuel anzi è proprio un bravo ragazzo però l’altro giorno vi ho visti mentre vi sbaciucchiavate…”
“Ti ho già detto che non è vero!” dissi arrossendo ancora di più.
“Va bene non ti arrabbiare!”
La mamma si sedette al tavolo con noi.
“Tesoro puoi dircelo” disse dolcemente e riuscendo a convincermi.
“ Va bene, ma se ve lo dico promettete di non impicciarvi troppo perché non lo sopporto!”
“Va bene!” disse la mamma.
“Soprattutto tu papà che so come sei!”
“Va bene!” disse anche lui.
“Io e Samuel stiamo insieme ma, non sono molto convinta ho solo deciso di dargli una possibilità.”
“E come mai non sei sicura?” chiese il vecchio.
“Ryan!”
“Perché a me piace un altro ragazzo… e prima gli piacevo anche io… ma evidentemente non abbastanza perché ha voluto chiudere i rapporti con me!”
“E perché non me ne hai mai parlato?”
“Perché non mi sembrava importante!”
“E chi è questo ragazzo che è riuscito a conquistarti? Non ti avevo mai sentito parlare di ragazzi, pensavo tu volessi rimanere zitella a vita!”
“Papà!! Comunque si chiama Mark… Davis!”
Mio padre era smarrito… sembrava che conoscesse Mark, la sua espressione era cambiata non era più scherzosa come sempre era cupa.
“Cos’hai caro?”
“Conosci Mark ‘pa?”
“No… è solo che mi è venuta in mente una cosa che dovevo fare… scusa continua pure.”
Per dieci minuti nessuno disse nulla, quel silenzio era così imbarazzante, e pieno di tensione almeno da parte mia, stavo per esplodere ogni tanto mi giravo a guardare mio padre ma lui teneva gli occhi fissi sul piatto.
“Ryan sarà il caso di dire quella cosa a Noemi?”
“È vero stavo per dimenticarne…”
Alzai lo sguardo e li guardai entrambi, mi stavano facendo davvero preoccupare non è che qualcuno aveva una grave malattia? Che fesserie erano tutti e due una roccia.
“Io devo partire di nuovo per New York, hanno bisogno di me per finire un lavoro e chiudere l’affare con un cliente… e devo stare via due o tre settimane… e Helen ha deciso di venire con me…”
Tutto qui? Mi avevano fata preoccupare per nulla. Anzi meglio almeno avrei avuto la casa tutta per me. Era il mio sogno da sempre solo che la mamma non aveva mai accettato di lasciarmi da sola a casa.
“Va bene… non ci sono problemi.”
“Non ti dispiace rimanere da sola a casa per tre settimane? Se vuoi invita Emily per un po’ di tempo da noi!”
“ Va bene, se mi date il permesso così organizzeremo una mega festa a casa McAdams e ci ubriacheremo…”
“Sapevo che avresti pensato una cosa simile infatti ho fatto installare un allarme che alle nove di sera scatta!”
“Davvero?!?!”
Era impazzito forse non si fidava più di me?
“Sto scherzando lo sai che non lo farei mai… mi fido ciecamente di te!”
Menomale pensavo di avere perso la sua fiducia e questa cosa non mi sarebbe andata giù per molto tempo.
“Quando avete intenzione di partire?”
“Domani pomeriggio, prenderemo l’aereo a Seattle delle venti e un quarto. Ci accompagni?”
“E poi come torno indietro?”
“Ti fai accompagnare da Samuel così me lo presenti, lo voglio conoscere prima di partire.”
”Ti avevo detto di non impicciarti!”
“Va bene, va bene….”
“Ti lasceremo dei soldi ma non li spendere tutti in Night Club e birre… usali per fare anche un pò di spesa ok?”
“Ok ma, non ci contare troppo!”
“Ah ti lascio anche dei soldi per comprarti le cose per andare a sciare… va bene?”
“Ma come fai a sapere sempre tutto?”
“Mi chiamo Ryan McAdams!”
“Andrò uno di questi giorni con Emily forse, anche lei è sempre impegnatissima!”
Continuammo tutta la sera a scherzare verso le dieci e mezzo di sera salì in camera mia presi il pigiama e andai in bagno a fare un bagno caldo per rilassarmi e pensare a queste tre settimane, che bello sarebbero state anche se non sarei rimasta fuori fino a tardi come di sicuro tutte le altre ragazze avrebbero fatto, non volevo deluderli.
L’acqua stranamente mise poco a diventare calda, così mi immersi e finalmente mi rilassai. Evidentemente ero molto stanca perché mi addormentai. Sognai di essere in una foresta Mark era li fermo davanti a me con il suo solito viso perfetto spigoloso da fare invidia a chiunque, mi parlava ma non riuscivo a capire cosa mi dicesse, tentavo di avvicinarmi ma, niente da fare i miei piedi erano incollati a terra. Ad un tratto prese un coltello e me lo puntò contro. Ero agitatissima mi voleva uccidere.
Guardandomi con sguardo ostile scomparve nel nulla, tutto diventò nero. Guardai dietro davanti ai lati ma, non riuscivo a vederlo quando, sentì una fitta al braccio qualcosa mi aveva colpita. Mi guardai il braccio stava uscendo del sangue.
Urlai.
Mi svegliai di soprassalto, ero ancora nella vasca da bagno, le mani erano diventate tutte grinzose per via del troppo tempo che avevo trascorso nell’acqua. Mi accorsi che avevo il fiatone come dopo una lunga corsa, solo che sudavo freddo. Che stupida spaventarmi per un sogno. Bussarono alla porta del bagno.
Subito tirai la tendina che era intorno alla vasca, mi abbassai nell’acqua sistemando la schiuma in modo che non si intravedesse nulla.
“Avanti!”
Il solito impiccione entrò nel bagno.
“Va tutto bene?”
“Si papà!”
“ Perché prima hai urlato?”
”Mi ero addormentata e ho fatto un brutto sogno.”
“Va bene, povera la mia bambina ha ancora gli incubi…”
Mettendo la faccia fuori dalla tendina gli feci la linguaccia. Sembravo una bambina piccola davvero. Mio padre uscì e io mi rilassai un'altra volta. Pensai al sogno come mai avevo sognato proprio Mark che mi voleva uccidere? Casomai avrei dovuto sognare Matthew che mi odiava dal primo giorno di scuola e non sapevo nemmeno il motivo.
Cominciai a levarmi la schiuma di dosso, mi era venuto a noia stare nella vasca. A porta lentamente si aprì, sentì un cigolio molto forte. Avvertì una presenza nella stanza, era quella che avvertivo sempre ormai. Una sagoma nera entrò nel bagno e si nascose, e la porta si chiuse. Era sicuramente mio padre che aveva deciso di divertirsi.
“Papà smettila non vuol dire che se ho fatto un incubo mi devo spaventare per tutto!”
Nessuna risposta. Che stava facendo? Mi alzai in piedi dalla vasca. Afferrai un asciugamano e lo avvolsi intorno al corpo. Di colpo afferrai la tenda e la spostai. Nel bagno non c’era nessuno. Uscì dalla vasca e presi l’accappatoio, il cambio di temperatura mi aveva messo freddo. Dovevo andare a dormire adesso avevo anche la allucinazioni.
Levai il vapore dallo specchio, quando vidi un uomo vestito con una lunga tunica nera che gli copriva anche il viso dietro di me.
Mi girai di colpo non c’era nessuno. Cosa avevo? Mi lavai il viso con l’acqua fredda. Mi riguardai allo specchio, sentivo ancora la stessa sensazione però dietro di me non c’era davvero nessuno. Mi voltai per uscire dal bagno e andare in camera mia quando, qualcuno mi afferrò per il collo. Era l’uomo che avevo visto prima riflesso nello specchio, mi stava quasi strangolando. Mi divincolai non riuscivo a capire chi fosse.
“Chi sei?”
Non ebbi risposta.
“Rispondimi!” dissi urlando.
Rimaneva in silenzio. Stavo cominciando ad arrabbiarmi.
“Sono quello che ti permetterà di avere una nuova vita!”
La sua voce era metallica come se usasse una strano apparecchiatura per mascherarla.
“Una nuova vita?”
Tirò fuori da una manica un coltello affilatissimo. Sapevo che se non raccontavi i sogni si avveravano ma non ci avevo mai creduto.
Bussarono alla porta. Era di nuovo mio padre quella volta però aveva fatto bene a venire.
“Noemi! Ma cosa hai stasera?” Tentò di aprire la porta ma era chiusa a chiave.
Io ero immobilizzata dalla paura, tentai di parlare ma le parole mi morirono in gola. Anche le gambe erano paralizzate.
Si avvicinò a me e lentamente mi fece un taglio sulla guancia, non riuscivo a reagire, il dolore divenne più forte anche se era solo un taglio la ferita era profonda.
“Non dire nulla a Ryan se no ammazzerò anche lui… - mi passò una mano sulla guancia levandomi il sangue che era finito anche sul collo - a te penserò un altro giorno ormai è il tuo destino!”
Anche lui parlava del mio destino, Samuel aveva fatto lo stesso discorso ma cosa volevano da me. Quale era il mio destino? E come facevano loro a saperlo?
Ruppe una boccetta di profumo di mia madre e annusandolo mise un po’ del mio sangue su un pezzettino di vetro. “Digli che ti sei tagliata con il vetro! Crederà di sicuro alla sua tenere creatura…”
Aprì la finestra del bagno e uscì buttandosi di sotto. Io continuavo a rimanere ferma, ma mi sbloccò la voce di mio padre. Era molto preoccupato perché non gli rispondevo.
“Piccola apri la porta!”
La aprì e vedendo il mio taglio sulla guancia cominciò a fare l’interrogatorio.
“Come te lo sei procurato?”
Gli indicai il profumo della mamma. Ma come credeva qual tizio non ci credette molto.
“E come fa un profumo a causare un taglio del genere?”
Ero ancora scioccata non riuscivo a parlare. Mio padre prese il mio viso tra le mani e cominciò a guardare la ferita. Io mi voltai, afferrai il necessario per disinfettarmi e corsi in camera mia. Non disse più nulla, ormai mi conosceva fin troppo bene.
Mi medicai e gettando tutto a terra mi misi il pigiama e mi infilai sotto le coperte. Avevo paura che da un momento all’altro tornasse quell’uomo e avesse fatto del male non a me, ma ai miei genitori.
In quel momento sentì il bisogno di essere protetta, e pensai a Mark che con i suoi abbracci mi aveva sempre fatta sentire così. Stavo cambiando sul serio e non sapevo se in peggio o in meglio, non ero più la solita ragazza senza nessuna paura e indipendente.
Passarono le ore e io continuavo a non prendere sonno… dovevo distrarmi, ma era notte fonda non potevo fare nulla… decisi di pensare a come organizzare la prossima festa, quella di primavera. Di sicuro ci sarebbero stati tantissimi fiori di tutti i colori, e tutti dovevano venire vestiti con colori vivaci, ma questa volta niente maschera non volevo brutte sorprese. Sommersa nei miei pensieri mi addormentai.

Il giorno seguente fu una giornata indimenticabile che cambiò la mia vita per sempre da tutti i punti di vista. Mi svegliai tardi avevo dormito troppo, mi svegliò mia madre, in pochi minuti mi vestì feci la cartella ed uscì di casa.
Fuori ad aspettarmi c’era una moto, una che avrei riconosciuto tra mille. La guardai incuriosita il suo proprietario non doveva essere nella vicinanze. Era la moto di Mark, ma non poteva essere la sua chiunque poteva avere quella moto. Mi accostai e continuai a guardarla era davvero bella forse la più bella che avessi mai visto chissà quanta potenza aveva.
“Vedo che la mia moto ti piace!” mi si gelò il sangue, mi ero fatta beccare a guardare la sua moto, la sua voce in quel momento non mi sembrava più così bella anche se melodiosa.
“Ah è la tua… pensavo fosse di un altro… Io vado!” senza degnarlo di uno sguardo cominciai a camminare anzi diciamo a correre. Mise in moto e mi raggiunse.
“Non ti sei chiesta come mai sono qui?”
“Boh… Hilary abiterà nelle vicinanze!” dissi tentando di essere indifferente.
“No lei non abita qui, non so proprio dove stia…”
Continuai a camminare e accelerai il passo.
“Volevo vederti!” affermò.
Quelle parole mi colpirono al cuore ma, sapevo che era tutta una bugia ogni sua parola era una bugia ormai non gli credevo più non mi facevo ingannare per la seconda volta.
“Certo… cos’hai cambiato idea? Mi dispiace per te avevi a pensarci prima, ormai sono fidanzata!”
“Allora hai seguito il mio consiglio… sono contento per te!”
“Sei solo un incoerente! Non ti sai decidere su nulla… e pensare che io credevo di essermi… lasciamo stare!”
“Cosa volevi dire? Innamorata di me?”
Di colpo mi fermai, mi stava facendo arrabbiare prima voleva chiudere i rapporti e poi pretendeva di parlarmi eh no… questo non glielo permettevo.
“Senti Mark, come pretendi prima di voler chiudere i rapporti con me e poi continuare a parlarmi… si credevo di essermi innamorata di te ma mi sbagliavo sei solo un egocentrico ragazzino… adesso ciao sono già abbastanza in ritardo! Ci vediamo a scuola!”
Mi voltai e continuai per la mia strada, aveva capito che non volevo più parlare con lui perché non insiste. Strano che non mi avesse chiesto nulla della ferita...anche questo era segno che mi stava prendendo in giro e questa volta avrebbe trovato pane per i suoi denti. Arrivai a scuola e mi fiondai in classe, appena in tempo. Mi sedetti al mio solito posto con Emily, ovviamente cominciò a preoccuparsi non appena vide la ferita sulla guancia ma dopo che le raccontai la bugia della boccetta di profumo si tranquillizzò.
Passò la prima e la seconda ora, mi interrogarono a francese, ma ovviamente ero preparata e presi un 9 e mezzo.
Storia! La prossima ora era quella, e non avevo molta voglia di andarci. Entrai e vidi che accanto a Samuel c’era un posto libero… mi sembrò strano che non avesse messo un cartello con scritto: questo è il banco della mia ragazza!
Hilary che fine aveva fatto? Di solito era lei che si sedeva li… logicamente mi guardai alla mia destra e vidi che era seduta agli ultimi banchi con Mark. Non mi degnò nemmeno di uno sguardo, ma lei si… e sembrava soddisfatta. Mi sedetti accanto a Samuel.
“Ciao” mi disse.
“Ciao” risposi io con un sorriso radiante.
Lui si avvicinò e mi dette un bacio sulla guancia. Pensavo che me lo avrebbe dato sulle labbra ma ormai mi conosceva fin troppo bene.
“Grazie” dissi sommessamente.
"Che hai fatto alla guancia?!" "Nulla un piccolo incidente ieri sera!" "Cosa fai adesso devo stare cin te giorno e notte per far si che non ti accada nulla?!"
Mi voltai verso Mark e come me lo aspettavo era li che mi guardava, e fulminava Samuel, lui non se ne era accorto se no avrebbe di sicuro fatto qualcosa. Ma, visto che stava con Hilary anche solo per vendicarsi perché non la baciava, nemmeno volessero tenerlo nascosto, ormai lo sapeva tutta la scuola.
Però vedere Mark bruciare dalla rabbia mi dava una sensazione si sollievo, stavo decisamente meglio.
Arrivò il professore Miller ed esordendo con un tono molto fiero di se ci informò che per il prossimo mese non ci avrebbe dato lezione. Tutti esultarono ma, io no sapevo che sotto a tutto questo c’era un tranello.
“E come mai professore?” chiese Mark che aveva avuto il mio stesso sospetto.
“Bravo vedo che almeno qualcuno in questa classe ragiona…”
Sospesero tutti di gioire, e il professore con un ghigno sul viso cominciò a scrivere alla lavagna dei luoghi non molto distanti da Standwood. Non appena finì chiese ad un mio compagno di scrivere su dei pezzi di carta i nomi degli alunni.
Ormai tutto taceva nessuno osava proferire parola, erano concentrati a capire cosa stesse progettando il professore. Il mio compagno gli portò tutti i nomi, cominciò a mescolarli e dopo una lunga attesa ci spiegò cosa aveva in mente.
“Per il prossimo mese non avrete lezione perché dovrete svolgere un lavoro a coppie!”
“A coppie? Bello!” disse una ragazza alla mia sinistra.
“Sai bello finire in coppia con Mark Davis?” rispose la sua compagna.
Risi, poverine, mi facevano pena volevano finire in coppia con lui? Così le avrebbe usate per svolgere la sua ricerca.
“Se vorreste lasciarmi il tempo si spiegare cosa dovrete fare… - il silenzio ripiombò sulla classe – ho scritto qui sulla lavagna dei luoghi dove potreste trovare dei monumenti storici, musei e molto altro... Ad esempio, avete presente che nel parco di Washington ci sono dei reperti storici, statue....bene, dovete scoprire come mai le hanno fatto ecc… avete capito?”
Cominciarono a parlottare fra di loro e credo che nessuno fosse entusiasta di questo lavoro, apparte le ragazze che sarebbero volute finite in coppia con Mark.
Samuel si girò verso di me.
“Spero con tutto il cuore di finire in coppia con te, non sai quanto mi renderebbe felice, ma se tu dovessi finire in coppia con Davis o con altri, promettimi che tra noi non cambierà nulla!”
Non era nemmeno un giorno che stavamo insieme e già cominciava a credere che volessi tradirlo? “Cosa ti da l’idea che potrei cambiare idea, è evidente che non ti fidi di me!”
“Io mi fido di te è che non mi fido di lui… non voglio perderti!”
Gli afferrai una mano e guardandolo negli occhi esclamai: “Non ti preoccupare non mi perderai!”
Lo avevo rassicurato infatti i suoi occhi tornarono sereni.
“Davis ci sta fissando… è geloso per caso?” disse Samuel sogghignando.
Me lo immaginavo e quindi non mi girai, ma cosa gli importava era lui che aveva voluto chiudere con me.
“Bene, adesso comincerò io stesso a scegliere le coppie grazie a questi nomi che il vostro compagno gentilmente ha scritto.”
Tutti fremevano, e devo dire anche io, chissà cosa mi avrebbe riservato il destino.
“Hilary Smith… con… - prese un altro nome – Thomas Hill…”
Non era molto contenta di come era capitata avrebbe di sicuro preferito di meglio.
“Mmm…questa coppia non è molto azzeccata, due fannulloni insieme… continuiamo… Elizabeth Clarke… con… Peter Johnson… questa invece è molto meglio”
“La terza coppia sarà – prese un altro nome - Noemi McAdams tutti i ragazzi alzarono la testa e incrociarono le dita, una parte di me voleva che finissi in coppia con Samuel così non avrebbe avuto nulla per cui preoccuparsi, ma un'altra parte anche se piccola voleva che il professore pronunciasse quel nome, l’unico che avrei voluto sentire… - con… Mark Davis!” sentendo il mio nome associato a quello di Mark sussultai.
Samuel non reagì bene, ma sapeva che era solo una ricerca se no avrebbe di sicuro chiesto al professore di cambiare le coppie.
“No, perché sempre lei deve avere questa fortuna…” dissero le ragazza
“Silenzio! La quarta coppia è… Samuel Tylor… con… Crystal Owen…”
Continuò così finche non finirono i nomi, le coppie erano abbastanza indovinate a me e a Mark il professore assegnò una piccola città: Clear Lake non molto distante da qui. Con un’ora di pullman ci si poteva arrivare. La città non era molto conosciuta le persone sapevano solamnete che li in inverno c'erano delle piste da sci.
“Passerete il resto dell’ora a organizzarvi con i vostri rispettivi compagni!”
Guardai Mark e lui rivolgendosi a Hilary la fece alzare, mi fece cenno di avvicinarsi e di sedermi accanto a lui.
Mi alzai ma Samuel mi fermò.
“Noemi ricordati quello che ti ho detto!”
Non gli risposi gli avevo già detto di non preoccuparsi prima. Svogliatamente mi sedetti accanto a lui e iniziai a guardare il banco, quasi sembrava che avevo paura di guardarlo negli occhi e in effetti era vero!
“Hai intenzione di continuare ancora questo silenzio stampa?”
Continuai a rimanere in silenzio la sua presenza mi irritava.
“E dai Noe ho capito che sei ancora arrabbiata per quello che è successo ma non potevo mica continuarti a prendere in giro!” strinse i pugni.
“Allora potevi benissimo non ronzarmi intorno dall’inizio al posto di illudermi, ma basta mi sono rotta di parlare di questa storia, e poi sei te che hai detto che non volevi più parlarmi e ora ti presenti a casa mia e vuoi fare pace così di punto in bianco?”
Silenzio. Non sapeva cosa dire per la prima volta l’ultima parola non era la sua.
“Cominciamo a lavorare… abbiamo solo un mese a disposizione!”
“Bene visto che è così poco io direi di vederci tutti i week – end!”
“Ma questo week-end devo vedermi con Samuel!”
“Rinuncerai, la scuola viene avanti a tutto…”
“Anche se rinunciassi al mio tempo libero di sicuro non vorrei passarlo in tuo compagnia!!”
“Non l’ho deciso io, se vuoi vai da Miller e digli di cambiarti di coppia, lavorerò bene anche da solo”
Ci pensai su l’idea non mi dispiaceva affatto, di sicuro mi sarei risparmiata un sacco di noie ma, così avrei creato solo un sacco di confusione, meglio di no, non era una buona idea.
“No, si cererebbero troppi problemi!”
“Bene, allora ci vediamo venerdì mattina ti passo a prendere a casa alle undici e mezzo del mattino… fatti trovare pronta non mi piace attendere!”
“Se non sbaglio c’è un pullman che passa per andare li, prenderò quello non mi fido a venire in moto con te…”
“Fai come vuoi, ti aspetterò alla fermata del pullman.”
“Va bene, venerdì e dopodomani intanto cercherò delle informazioni a riguardo della città su internet, sarà una città interessante come la nostra?”
“Che vuoi dire?”
“Qui c’è la leggenda dei Pharrel e molti monumenti di uomini coraggiosi che hanno lottato per difendere l’America un po’ da scoprire c’è… chissà li!”
“Vorresti dire che forse anche loro potrebbero avere una storia come la nostra?”
“Boh… chi può saperlo!”
Ci guardammo negli occhi e io sorrisi… lui invece fece un risolino come suo solito.
La campanella suonò e io con il cuore più leggero mi alzai per andare a pranzo.
Mangiai insieme alla migliore amica e mi disse che anche a lei il professore di biologia aveva dato da fare una ricerca a coppie.
L’ ora di matematica fu più pesante del previsto, l’ultima era quella di educazione fisica.
In palestra c’erano come sempre Hilary e Rachel che non facevano altro che prendere in giro gli altri. Il professore ci divise in due squadre e ci fece giocare a pallavolo. Era lo sport dove riuscivo meglio infatti la mia squadra vinse 3 a 1.
All’uscita di scuola mi venne a prendere Samuel con la sua macchina. Menomale non avevo punta voglia di tornare a casa a piedi.
Salì in macchina ma stranamente rimaneva in silenzio, strando da parte sua. Uscì dal parcheggio e si fermò a lato della strada.
“Perché ti sei fermato?”
“Dobbiamo parlare!”
Mi girai verso di lui e mi misi in ascolto.
“Noemi io ti amo non so se lo hai capito ma, questa storia della lezione a coppie non mi piace per niente!”
“Ci risiamo Samuel!”
“Si e non fare la scocciata perché mi arrabbio sul serio… Se non sbaglio Davis ti è già piaciuto una volta e lo vedo come ti guarda non credere che sia cieco!”
“Non mi piace più Mark lo vuoi capire? La sua occasione l’ha avuta!”
“Quando vi vedete?”
“Non lo so…”
“Dimmelo!”
“Per tutto il week – end… - gli presi una mano ma lui si scansò – dobbiamo andare a Clear Lake se no non ci avrei nemmeno mai pensato di passare il fine settimana con lui!”
“Noi dovevamo uscire? Preferisci lui a me?”
Si stava davvero arrabbiando non lo avevo mai visto così.
“Assolutamente no ma è per la scuola!”
“Potevi chiedere a Miller di cambiare le coppie se tenessi davvero a me!”
“Ma come facevo avrei complicato tutto!”
“Non è vero!”
“Samuel vuol dire che non ti fidi di me… se ci siamo messi insieme ci sarà un motivo no?”
I suoi occhi erano di un verde splendente quasi come uno smeraldo.
“Te l’ho già detto io non mi fido di lui!”
“So badare a me stessa!”
“Emy se solo prova a toccarti giuro che lo uccido! Non sto scherzando!”
“Smettila di chiamarmi Emy non lo sopporto! E poi non fare il grosso perché te stai solo sprecando fiato perché a me Mark non piace più e io non piaccio più a lui!”
Rimase in silenzio.
“Lo vuoi capire che mi piaci te Samuel!!”
Continuava a rimanere in silenzio. Mise in moto e partì verso casa mia.
Io mi sdraiai sul sedile e cominciai a pensare perché doveva essere così geloso non aveva senso.
“Ti sei convinto adesso?”
Niente.
Arrivammo io scesi e presi le chiavi per aprire la porta.
Sentì chiudere la portiera della macchina e sentì un calore immenso addosso.
Ci stavamo abbracciando la sua temperatura era altissima. Nessuno dei due disse una parola ma con quel gesto mi aveva fatto capire che aveva capito le mie parole e che ora era tranquillo.
Entrai in casa e trovai mio padre sulla porta.
“Che abbraccio appassionato!”
“Ryan! - urlai – non devi spiarmi!!”
“E chi ti spia non vedevo arrivati e volevo darti il bacio di addio prima di partire!”
“Partite di già?”
Mi indicò le valige erano cinque ma piene. "Ci hanno anticipato il volo...ah questi aereoporti!"
Risi.
“Allora vedo che va bene tra di voi!”
“Veramente avevamo litigato!”
“Davvero e perché?”
“Fatti nostri!”
Salì le scale e andai da mia madre.
“C’entra un altro ragazzo?”
Risi e entrai in camera sua.
“Ciao mamma!”
“Ciao amore!”
“Allora sei proprio decisa a non venire?”
“Certo!”
Mi abbracciò e io le detti un bacio sulla guancia. Mi sarebbero mancati.
“Cara dobbiamo andare l’aereo parte fra due ore!”
“Va bene!”
Li accompagnai sulla porta.
“Noemi devi venire anche te!” disse mio padre.
“E perché?”
“Vuoi lasciare la macchina del tuo vecchio nel centro di Seattle per circa un mese?”
“No, va bene!”
Durante il viaggio gli parlai della lezione a coppie e che per il fine settimana sarei andata a Clear Lake per fare la ricerca. Non gli dissi che ci sarei andata con Mark se no chissà che storie.
“Sicurissima di non voler partire?” mi chiese il vecchio.
“Si!”
“Menomale perché se no saresti dovuta venire a corsetta!”
Feci una smorfia.
“Ogni occasione è buona per fare battute!”
“Certo – rise – ma lo sai che io scherzo e anche con Samuel fai attenzione eh!”
“Papà!!”
“Ti voglio bene!”
“Anche io!”
Presero l’aereo e io mi sarei ritrovata con la casa libera per tre settimane… che emozione!
Anche se mi trovavo nel centro non mi venne voglia di fare alcun tipo di spesa se non c’era la mia stilista personale Emily lo shopping era una vera noia.
Guardai qualche vetrina ma come sempre gli occhi di tutti i ragazzi erano puntati su di me, quindi, non restai per molto.
Mi fermai davanti alla vetrina di un negozio di sport per ora quella era la maggiore preoccupazione. Dovevo comprare tutto il necessario per la gita sulla neve, ma non avevo soli ne voglia. Ci sarei tornata di sicuro un altro giorno con lei.
La macchina fortunatamente era ancora al suo posto, questa città era piena di gente poco raccomandabile.
Era da tanto che non guidavo una macchina e quella di mio padre era enorme… speriamo di non fare incidenti se no i soldi che mi ha lasciato serviranno per farla aggiustare.
Misi in moto, già un passo avanti, misi la prima e partì, via non era andata così male. Non presi l’autostrada per tornare a casa, troppo pericolosa passai per le varie città.
Arrivai sana e salva a casa, parcheggiai la macchina nel garage ed entrai in casa.
La pace regnava sovrana ed era una sensazione bellissima!! Cominciai le mie vacanze facendo la lezione per il giorno dopo… finì verso le sei di sera ci avevano davvero dato un mucchio di lezione. Feci un po’ di zapping sui canali ma mi annoiavo ero rilassata al 100% ma da sola non era proprio il massimo.
Chiamai Emy lei si che sapeva tirarmi su di morale.
“Pronto?” aveva una voce un po’ nasale.
“Ciao Emy non stai bene?”
“No per niente, oggi a scuola mi sono sentita male e Matthew mi ha riaccompagnata a casa e tutt’ora fa le mie veci visto che i miei sono in vacanza!”
“Anche i miei non ci sono ma per motivi di lavoro…”
“Davvero?? Se stessi meglio verrei li da te!”
“Non importa vengo io, poi non mi piace che tu resti sola con Carrol.”
“Va bene ti aspetto!”
“Arrivo!”
Povera Emily non le ci voleva proprio questa, però doveva essere contenta Matthew era li con lei.
Presi la giacca e le chiavi del motorino. Uscì di corsa e partì subito verso casa sua.
La strada era bagnata per colpa della pioggia e l’aria era gelida, non mi riusciva guidare molto bene. Accelerai fra poco sarei arrivata. L’aria era troppo fredda mi cominciarono a scendere le lacrime dagli occhi, non mi riusciva tenerli aperti.
Li chiusi qualche secondo e quando li riaprì vidi davanti a me una figura di un uomo. Lo avrei investito di sicuro. Tentai di frenare ma la strada era scivolosa, non ce la facevo, l’uomo non si muoveva non aveva intenzione di scansarsi.
Per non prenderlo curvai con il motorino ma persi l’equilibrio e cascai a terra, grazie al casco non svenni ma avevo preso una bella botta.
Il motorino continuò a ruotare su se stesso per qualche secondo poi cadde, finì proprio addosso a me, la marmitta era finita sulla gamba, mi stava bruciando da morire. Provai a spostarlo ma non ce la facevo era troppo pesante. La marmitta mi stava ustionando. Tentai di nuovo a spostarlo: niente.
Vidi un uomo avvicinarsi doveva essere quello che aveva provocato l’incidente.
“Scusi! Mi potrebbe dare una mano?”
Si avvicinò io stavo per perdere i sensi. L’uomo mi prese il viso con una mano stringendolo più forte che poteva.
“Ciao Noemi ti sono mancato?”
Quella voce metallica, quel mantello che gli copriva il viso, era lui si non c’erano dubbi era l’intruso dell’altro giorno.
Il sangue mi si gelò e… come al solito non riuscivo più muovermi.
Afferrò il motorino e come se pesasse un grammo lo scaraventò il più lontano possibile. Provai una sensazione di sollievo finalmente il bruciore stava diminuendo… Mi guardai la gamba era interamente rossa era di sicuro un ustione di primo grado.
“Che c’è piccina non riesci ad alzarti??”
Non mi piaceva ammettere che non riuscivo a fare delle cose ma, quella volta aveva ragione. Mi sforzai e piano, piano riuscì a stare in piedi.
“Deve farti proprio male la gamba!”
Lo guadai un attimo e poi abbassai lo sguardo. Non ce la facevo a rimanere in piedi dovevo appoggiarmi.
“Vedo che non riesci a stare in piedi – alzò una mano verso di me – allora che ne dici di sederti?” Muovendola con uno scatto brusco una forza enorme si scagliò contro di me facendomi cadere a terra.
“Cosa vuoi?”
Fece un salto e mi raggiunse.
“Voglio il tuo sangue! Io ti devo uccidere!”
Spalancai gli occhi… cosa avevo fatto per meritami questo?
“Cosa sei un mago?”
“Come prego?”
“Mi hai fatta cadere solo muovendo la mano….” tentai di prendere tempo per trovare un modo per scapare.
“Ah dici quel trucchetto! – sorrise - no si chiama controllo dell’aura di forza, concentri tutta la tua forza in un punto specifico del corpo e poi la utilizzi a tuo piacimento… puoi scagliare onde d’urto molto forti come quella di prima. Certo dopo il corpo è molto più indebolito infatti noi le dobbiamo usare poco!”
“Chi noi?”
“Lo scoprirai molto presto, come ti ho detto questo è il tuo destino!”
Destino, destino, destino lo voglio sapere mi sono rotta di sentirne parlare senza nessuna risposta.
“No io lo voglio sapere adesso!” dissi urlando
“Sai urlando questa frase hai usato una parte della tua energia… noi siamo creature speciali, possiamo fare molte cose con il controllo dell’aura di forza!”
“Non mi interessa!”
“Chi siete e cosa volete da me? cosa vi ho fatto?”
“Vedo che Ryan non ti ha ancora detto nulla, meglio così lo scoprirai a tempo debito.”
Ero arrabbiatissima, mi alzai in piedi un'altra volta e afferrai l’uomo per la tunica.
“Non toccare la mia famiglia!”
Gli mollai un pugno nello stomaco, era uno dei più forti che avevo mai dato. Lui però non si scompose anzi sorrise. Si voltò verso di me e riuscì a vedergli solo la bocca dalla quale spuntava un ghigno poco raccomandabile.
Mi dette un pugno nello stomaco e io che non ero molto brava a incassare i colpi mi piegai, stavo per mettermi in ginocchio dal dolore ma lui mi afferrò per i capelli e mi dette un altro pugno in faccia.
“Non dovevi provocarmi Noemi, mi hai fatto arrabbiare!”
“Vattene prima che mi arrabbi io sul serio!”
“Oooh che paura! Fai anche la sbruffona?”
Mi pestò la gamba dove mi aveva bruciato la marmitta.
Voleva davvero farmi fuori!
“C’è solo un modo perché smetta tutto questo dolore… unisciti a noi e diventerai imbattibile!”
Non ci pensai due volte.
“No mai! Se voi reclutate le persone così allora da me non otterrete niente!!”
“Sei solo una schiocca e una stupida ragazzina!”
Mi alzò tenendomi per il collo, lo stringeva, io non riuscivo quasi più a respirare, pensavo davvero che quella sarebbe stata la mia ultima giornata.
“Almeno dimmi chi siete…”
Mi ributtò a terra.
“Questo te lo devo, dopotutto anche io se dovessi morire vorrei sapere tutto.”
Tossii, finalmente sentivo di nuovo l’aria nei polmoni.
“Noi siamo creature molto speciali, avrai sicuro sentito parlare di vampiri… ecco noi siamo loro… ci nutriamo del sangue di voi umani e prima di morire vi diamo una chance, diventare come noi o morire… e te hai deciso la morte!” “Siete delle creature schifose e non credere che mi beva la storia dei vampiri… non ho due anni, sei solo un malato che vuole fare del male alle persone!”
“Chiedilo al tuo amato Ryan se i vampiri esistono o no… ma credo che non potrai perché morirai!”
Cominciò a picchiarmi mi dava pugni, calci, ormai non sentivo nemmeno più il dolore mi ero rassegnata. Non riuscivo a pensare a nulla ero come vuota.
Ma perché ce l’avevano con me? Perché volevano proprio reclutare me? Io che ero una comune mortale cosa potevo avere di così speciale in più degli altri?
Il dolore era insopportabile lo sentivo ovunque e l’uomo non si arrendeva continuava a picchiarmi…
“Come mai non imprechi perdono? Sai potrei cambiare idea…”
Sorrisi…
“Mai… non farò mai nulla di quello che mi dirai tu!!! Non urlerò mai!!”
Mi fulminò…. Quella volta era davvero l’ultima per me… Mi afferrò per un braccio e mi scaraventò nel giardino di una casa…stavo per morire, mi sarebbe piaciuto però rivedere Emily, chissà quanto sarebbe stata male adesso… L’uomo era a poca distanza da me… mi guardava ma non mi picchiava più… mi stava fissando da quel poco che riuscivo a vedere attraverso la tunica.
Aveva forse cambiato idea? Si avvicinò con il viso al mio… “Vorrei baciarti prima della tua fine!”
Ero confusa come voleva baciarmi? Prima mi picchia a sangue e poi… lui aveva dei seri problemi altro che vampiro!!! Lui era proprio malato di mente!”
“Non osare…” dissi flebilmente.
Mi mollò un altro calcio nello stomaco… stavo per perdere i sensi. Una folata di vento molto forte levò il cappuccio all’uomo…. Che strano mi sembrava di averlo già visto, ma stavo per svenire e quindi non riuscì a vedere il viso… il colore dei capelli era biondo d’orato… e quei lineamenti…
“Mark??” chiesi…
Non ebbi nessuna risposta… e prima che potessi esserne certa svenni.

“Noemi, svegliati!” disse una voce calda.
Sbattei gli occhi per qualche secondo, non riuscivo a orientarmi… dove mi trovavo? Mi guardai un po’ intorno, ero in camera mia! Ma come c’ero arrivata? Il mio corpo non me lo sentivo più o almeno mi faceva male tutto!! Non mi ricordo più niente! La testa mi faceva un male tremendo!
“Noemi calmati! Hai avuto un incidente in motorino!”
“Come un incidente?? E tu chi sei?”
“Sono Mark non mi riconosci?”
Lo guardai qualche secondo…. E cominciai a tremare…
“Tu non sei Mark, tu sei quello che mi ha fatto fare l’incidente!”
“Cosa stai dicendo? Io ti ho salvata dall’incidente!”
“Non è vero Un uomo mi ha fatto cadere e mi ha cominciata a picchiare… non ricordo altro ma eri tu!! L’ho visto, aveva i tuoi stessi lineamenti e il tuo stesso colore di capelli!”
“Forse mi devi aver visto quando ti ho soccorsa ecco perché ti ricordi di me…”
Rimasi in silenzio… poteva essere un ipotesi.
“E come faccio a fidarmi?”
“Noemi lo sai che io non ti farei mai del male!” mi afferrò una mano ma io mi ritrassi… non mi fidavo per niente.
“E come hai fatto a trovarmi? Sai non è da tutti fare una passeggiata e incontrare proprio me…”
“Stavo andando a casa di Emily a prendere Matthew, ho visto il tuo motorino per terra e ho pensato che avessi avuto un incidente, infatti era così, ti ho presa e portata a casa…”
Era molto convincete la sua spiegazione…lui non era solito dirmi le bugie, quindi decisi di credergli.
Tentai di mettermi a sedere, ma faceva troppo male.
“Non sforzarti, ho provato a curati le ferite come potevo!”
Mi guardai, ero ricoperta di garze e cerotti, aveva fatto un ottimo lavoro.
“Però mi chiedo come hai fatto a provocarti tutte quelle ferite… poi eri molto distante dal tuo motorino, se fosse stato uno scontro con un'altra macchina avrei capito, ma c’eri solo te….”
“Te l’ho già detto: un uomo mi ha fatta cadere dal motorino e ha cominciato a picchiarmi!”
“Sapresti riconoscerlo?”
“No, portava una tunica nera che gli copriva anche il volto!”
“Capisco… mi dispiace Noemi, speriamo che non torni mai più a darti fastidio!”
“Lo spero anche io… perché la prossima volta troverà pane per i suoi denti!”
“Cosa intendi dire?”
“Che ho intenzioni di prendere lezioni di arti marziali!”
Soffocò una risata.
“Cosa hai da ridere? Che non mi credi?”
“Si, si, ti credo… ma mi chiedo da chi le prenderai!”
“Qualcuno troverò, ma diventerò bravissima…”
“Se ti ricordi ti ho detto che io sono bravo nelle arti marziali!”
Lo guardai inclinando la testa.
“Vuoi darmi lezioni?”
“Se questo servirà a toglierti dai guai perché no…”
“Ma non farmi ridere… E chi mi dice che sei bravo?”
“Mettimi alla prova… ovviamente quando starai meglio.”
“Va bene affare fatto…”
“Ok”
“Senti ma te hai intenzione di rimanere qui? Guarda che so badare a me stessa!”
“Io non me ne andrò finche non sarò sicuro che stai bene!” “Non mi serve il tuo aiuto…”
“Io dico di si, hai molte ferite, per me non riesci nemmeno ad alzarti…”
“Non farmi nemmeno provare perché lo se voglio ci riesco…” “Non lo metto in dubbio ma è meglio se per oggi il tuo orgoglio lo lasci stare… non vorrai rimanere ancora di più in mia compagnia…”
Non risposi… il rancore verso di lui mi stava passando… forse perché mi aveva soccorsa.
Interruppe la nostra conversazione il telefono, stava squillando.
“Emily l’hai avvertita?”
“Si era preoccupata ma visto che c’ero io con te si è calmata…”
“I miei?”
“Non gli ho detto nulla….”
“Bravo, meglio, non farli preoccupare…”
Ma allora chi poteva essere?? Mi alzai per andare a prendere il telefono, ma Mark mi spinse di nuovo giù.
“Ma che fai? Devo rispondere!”
“Te ora ripostati penso io a rispondere…”
Mi sdraiai, dovevo fare sempre quello che voleva lui. Andò verso il salotto, la sua camminata era divina: non faceva rumore ed era in perfetto equilibrio, era a dir poco bellissimo…
Ma cosa stavo dicendo? Io stavo con Samuel, non dovevo nemmeno pensarle certe cose…
“Tylor!! Ciao!”
Oddio era Samuel, non mi avrebbe mai più perdonata, lo sapevo che dovevo rispondere io…
“No,no, è di la sta poco bene… - si girò verso di me – no, è meglio che non passi, vederci insieme le potrebbe dare noia… sai non corre buon sangue tra di noi……. si, le dico che hai chiamato……. E non la tocco, e non urlare…… ciao Tylor!!”
Chiuse la conversazione…
“Che ragazzo geloso hai!”
“Cosa vi siete detti?”
“Nulla che non ci siamo già detti”
Ecco lo sapevo non mi parlerà più per il resto della mia vita… perché mi dovevo sempre ficcare in questi casini... Si avvicinò e cominciò a toccarmi i capelli delicatamente… mi scansavo ma non più di tanto quando voleva sapeva come fare a rilassarmi…
Si mise a sedere accanto a me sul letto, io mi girai verso di lui… non doveva farmi ancora questo effetto, io lo detestavo, ma allora perché non riuscivo a fermarmi... si abbassò un po’ di più e continuò accarezzandomi, era dolcissimo…
Il cuore cominciò a battermi forte, ero proprio una ragazza senza cuore…
“Ora riposati…”
“Ma come faccio a riposarmi con te qui accanto?!?”
Lui mi guardò, ma non con sguardo stupito, come se gli avessi detto una cosa che gli avevo già detto altre volte, il suo sguardo era più dolce del solito…
Si avvicinò ancora di più, sarebbe stata l’occasione perfetta per dargli un bacio, ma non volevo, non potevo fare questo a Samuel, così mi corressi.
“Mi dai noia essere guardata mentre dormo… se vai di la sarebbe meglio…”
“Capisco….”
Lo so che aveva capito il senso delle mie parole ma non fece nulla…
“Noemi, non so cosa sia cambiato in me ma… non ti lascerò a Samuel… - fece una pausa e mi guardò negli occhi – mi piaci tantissimo….”
Il cuore continuò a battere… non riuscivo a credere alle parole di Mark… ero felice ma allo stesso tempo confusa… quindi non risposi.
“Ne riparliamo quando ti svegli… io sono di la finche te vorrai io ci sarò sempre…”
Mi vennero le lacrime agli occhi… mi sembrava un sogno… Chiuse la porta e senza fare il minimo rumore come al solito scese le scale e andò in salotto.
Io tentai di chiudere un po’ gli occhi per tentare di addormentarmi ma, le parole di Mark non avevano intenzione di lasciarmi dormire…stare con lui mi faceva davvero male, era come un virus che non appena lo prendi ti invade tutto il corpo, lui era così… non avevo davvero mai provato quelle emozioni…
“Io non ti lacerò a Samuel… mi piaci tantissimo…”
Mi continuai a rigirare nel letto… dopo circa un ora riuscì ad addormentarmi, la mia vita si stava davvero complicando.

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Capitolo 6
*** ClEaR lAkE ***


La mattina mi svegliai con una leggera carezza sulla guancia…
“Svegliati Noemi sono le dieci del mattino passate, hai dormito tantissimo!”
Mark non mi aveva davvero lasciata da sola… Aprì gli occhi ero ancora assonnata… la luce che entrava nella stanza era fortissima… era una bella giornata...strano...
“E te cosa ci fai ancora qui non dovevi essere a scuola??”
“Te l’ho detto non ti lascio da sola finche non starai meglio!”
“Sto molto meglio oggi guarda!!”
Mi alzai in piedi di scatto, non mi ricordai delle ferite.
Mi ero alzata troppo in fretta e la testa cominciò a girami la bruciatura alla gamba mi dette una fitta e così cascai a terra. Non guardai Mark, di sicuro stava sorridendo…
“Te lo avevo detto ma te non mi dare mai retta eh!!”
Non si era messo a ridere… pensavo che scoppiasse invece. Mi prese per i fianchi mi alzò e mi prese in braccio… io arrossì subito… la sua forza mi impressionava sempre.
“Mark mettimi giù non sono così debole da non riuscire a camminare…”
“Lo so ma, ho paura che camminando ti faccia male… per me non ci sarebbero problemi così poteri passare più tempo con te… ma mi sa che ne te ne Samuel sareste d’accordo!”
Non dissi nulla… che vergogna… chissà se stava faticando come un dannato non pesavo poco… dalla faccia però non sembrava faticare affatto.
Scese le scale con la solita velocità ed equilibrio, non si scompose nemmeno di poco… sembrava che portasse una scatola di un grammo.
“Allora dove vuoi sederti al tavolo o sul divano?”
Il tavolo era molto più vicino non volevo rimanere in braccio a Mark.
“Il tavolo.”
“Risposta sbagliata… li non potresti appoggiare la gamba e nemmeno stare comoda… quindi il divano…”
“Mark, no voglio sedermi al tavolo…”
“Non discutere ormai ho deciso!”
“Non mi va bene!”
Mi portò in salotto e mi mise a sedere sul divano, mi sistemò i cuscini dietro la schiena e mi fece appoggiare la gamba sul tavolino davanti. Accese la televisione e mi tirò il telecomando.
“Di mattina non ci sono molti buoni programmi, però sempre meglio di niente!”
Sorrisi.
“E te cosa fai?”
“Ti preparo la colazione ovvio… sono bravo ai fornelli!”
“Davvero?? Ma non ti disturbare dammi un pochino di latte va bene.”
“No devi essere in forze quindi devi mangiare… lascia fare a me!”
“Va bene… mi fido…”
Cominciai fare un po’ di zapping e trovai un programma decente, era una soap, stavano discutendo sull’affidamento dei bambini… le solite cose.
Ogni tanto mi giravo a guardare Mark, era splendido… i suoi movimenti erano a dir poco perfetti lui era perfetto… guardavo più lui della televisione ma non mi interessava lui era il mio programma preferito. Si girò anche lui e sorrise con quel sorriso meraviglioso che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi tutte le ragazze, di scatto mi voltai e arrossì. Che figuracce beccata in pieno.
“Di cosa ti vergogni, non mi dai noia se mi guardi… fra poco ho finito!”
Io afferrai un cuscino e lo strinsi forte. Che vergogna. Non lo guardai più anche se la tentazione era grande.
Sentì che prese un piatto evidentemente aveva finito. In pochi secondi si presentò davanti a me con un vassoio addobbato con un piatto di frittelle e un bicchiere di spremuta d’arancia dall’aspetto sembrava tutto buono. Ora che ci pensavo non avevo mai mangiato nulla preparato da Mark chissà se era buono.
“Spero ti piacciano le frittelle è la prima cosa che mi è venuta in mente veloce da preparare!”
“Si, mi piacciono…”
“Bene…. Allora mangia…”
Presi, ne mangiai un boccone… non era delizioso… era divino…
“È buonissimo…”
“Allora il mio piatto ha superato la prova?”
“A pieni voti…”
“Mi fa piacere!”
Mangiai tutto e bevvi il succo, non avevo mangiato mai nulla di così buono. Andò in cucina e cominciò a lavare i piatti.
“Mark mi spieghi una cosa?”
“Cosa?”
“È una domanda stupida ma la voglio fare comunque!”
Si mise in ascolto.
“Te… sai fare tutto, sei bravo nello sport, nello studio, hai successo con le ragazze… sai suonare il piano e anche cucinare… come fai ad essere così? Anche le persone migliori hanno qualche difetto… qualche cosa che non sanno fare… ma te sembri… non lo so nemmeno io… un dio…”
Dio? Mi sa che avevo esagerato…
“Un Dio? – fece una risatina – non mi definirei un dio… se mi conoscessi a fondo scopriresti che non è così… sono peggio di un dio…”
A fondo… mmm… non lo conoscevo ancora bene, ma mi sarebbe piaciuto.
“Allora dimmi qualche tuo difetto…se no non ti credo”
Ci fu un momento di silenzio, nemmeno lui sapeva qualche suo difetto…
“ Ce ne sarebbe uno, ma meglio non dirlo..”
“No, lo sai che sono troppo curiosa non puoi dirmi così!”
Un altro momento di silenzio… si era fatto serio…
“Il mio difetto è che…. - mi guardò - non riesco a resisterti, come ti ho detto ieri sera non ti lascerò così facilmente a Samuel…”
Pausa…
“Allora quello che hai detto ieri sera non l’ho sognato?”
“No Noemi, è tutto vero… e farò di tutto per rimediare al mio stupidissimo errore di allontanarmi da te, te sei la cosa più importante - si mise a sedere accanto a me sul divano – io, io, non lo so nemmeno… so solo che vorrei che tu pensassi solo a me…”
“Ti prego non dire così, non voglio crederti mi hai già fatto soffrire una volta, come posso fidarmi?”
“Te lo dimostrerò, te sei la mia carica senza di te io non sono niente!”
“Ma come puoi dire queste cose? Se fino ieri non mi volevi nemmeno parlare…”
“Lo so, ma ho cambiato idea…”
“Idea? No io ormai sto con Samuel e gli voglio davvero tanto bene…”
“Ma non lo ami…”
“Questi non sono affari tuoi…”
“Noemi io l’ho visto come mi guardi… e non sono i soliti sguardi che rivolgi a Samuel…”
Rimasi in silenzio, allora se ne era accorto… ma non potevo dargliela vinta, non sono una bambola, che quando ne ha voglia ci si gioca, no io non mi fidavo più di lui…
“Mark… io non mi fido più… se mi vuoi davvero tutto questo bene allora dimostramelo, ma io non lascerò Samuel”
Rimase in silenzio.
“Va bene hai fatto la tua scelta… ma almeno dammi l’opportunità di provare…”
“Te l’ho appena concessa…”
Mi guardò e mi riprese in braccio.
“Vieni torna un po’ a dormire è meglio se ti riposi, oggi dovremmo passare tutto il pomeriggio a cercare delle informazioni su Clear Lake… e se vedo che stai meglio torno a casa, così Samuel potrà passare… ma domani ti voglio trovare a Clear Lake, dobbiamo passarci il fine settimana, ricordatelo… quindi convinci il tuo ragazzo…”
Mi riportò in camera mia e mi sdraiò sul letto… ero stanca mi sarei di sicuro addormentata subito… mi rimboccai le coperte fin sotto il mento, credevo Mark tornasse al piano di sotto per lasciarmi dormire, invece si coricò accanto a me e mi strinse a lui, non so nemmeno spiegare le sensazioni che provavo in quel momento ma erano bellissime… decisi di lasciarmi andare appoggiai la testa sul suo petto e lui mi abbracciò.
Ero davvero felice…il suo corpo però era un po’ troppo caldo…
“Hai caldo??” chiesi già un po’ assopita.
“No, tranquilla adesso dormi!”
Mugolai qualche parola e poi mi addormentai.

Mi svegliai qualche ora dopo, Mark era ancora li accanto a me come aveva detto non mi avrebbe lasciata da sola finche non mi fossi ripresa…mi stava gingillando i capelli, adoravo quando me li toccavano… mi stiracchiai e devo dire che mi sentivo molto, molto meglio.
“Ben svegliata! Hai dormito per ben due ore e mezzo… ti sei ripresa?”
“Si, grazie rimane solo il dolore delle ferite quello ci vorrà un po’ per farlo smettere!”
La faccia di Mark si scuri e si voltò dall’altra parte…
“Che ore sono?”
“Le quattro del pomeriggio” rispose un po’ freddamente.
“Chissà quanto ti sarai annoiato a vedermi dormire…”
“No, tutt’altro mi sono divertito… assomigliavi a un angelo! – Arrossì – e… poi mentre dormivi, hai cominciato a parlare – sorrise - hai detto qualcosa anche su di me…”
Rise.
“Davvero??”
Che figure… cosa avevo detto?? Speriamo niente di compromettente…
“Si…”
Mi nascosi sotto le lenzuola non volevo guardarlo. Rise ancora di più.
“Non vuoi sapere cosa hai detto??”
“No” dissi convita senza uscire da sotto le lenzuola… ma perché non tenevo mai la mia boccaccia chiusa… anche mentre dormivo dovevo parlare.
“Sicura??”
“N…no…”
Alzò le lenzuola e si mise sotto con me… mi guardò negli occhi e si avvicinò… era a poche centimetri da me.
Avevamo le labbra vicinissime se solo uno dei due si fosse avvicinato di più ci saremmo baciati. Potevo sentire il suo respiro, il suo profumo divino… e avevo una voglia matta di baciarlo…
“Parlavi dell’uomo che ti aveva aggredita ieri sera… poi mi hai chiamata e mi hai detto: menomale ci sei te che mi proteggi…”
“E basta?” arrossì ancora di più.
Rise…
“È meglio non dirlo!”
In quel momento non mi interessava cosa avevo detto a Mark, averlo li vicino mi bastava.
“N…on lo vuoi… sapere!”
Faceva fatica a parlare ma, vedevo che non andava bene qualcosa…
“Cos’hai??”
“Devo riuscire a resistere ed è molto difficile… sto per cedere!”
“A cosa devi resistere?”
“Alla voglia tremenda che ho di baciarti…- si avvicinò di pochissimo – ma non posso…”
“Perché?” mi tappai la bocca.
Rise.
“Perché non posso… e poi c’è ancora Tylor nel tuo cuore…”
Era vero… io stavo ancora con Samuel… oltre a essere bello e intelligente Mark era anche un signore…
Si alzò dal letto…
“Il pullman per Clear Lake passa domani mattina alle nove precise alla fermata qui a pochi passi da casa tua… siamo anche fortunati. Ho già prenotato anche tutto, non dormiremo al Grand Hotel ma staremo comodi.
Resterò un altro po’ con te per accertarmi che stai bene poi puoi benissimo chiamare Samuel.
Mi incupì e lui lo notò.
“Cosa c’è??” si avvicinò e mi accarezzò la guancia… quei guanti però erano un po’ ruvidi.
“Non voglio che Samuel venga qui… mi riempirebbe di domande e non mi lascerebbe andare a Clear Lake…”
“Quindi vuoi che rimanga io??”
“No… voglio restare un po’ da sola… per organizzarmi…”
Rimase un po’ sorpreso ma subito dopo tornò con il suo sguardo dolce.
“Va bene… come desideri… domani mattina ti voglio trovare sul pullman… sennò torno indietro e ti porto a corsa!”
Feci un risolino…
“Non sto scherzando lo faccio sul serio…”
Era serio, la cosa cominciava a preoccuparmi.
“D’accordo ci sarò non voglio essere portata in braccio da te…”
Fece un sorriso e si alzò dal mio letto…
“Ti lascio un ora per farti la doccia se vuoi e sistemarti… io ti aspetto al piano di sotto…”
“Farò anche la valigia almeno non mi tocca prepararla dopo!”
“Brava!” mi fece l’occhiolino e si chiuse la porta alle spalle.
Erano le due del pomeriggio… mi alzai dal letto e andai in bagno… dopo quello che mi era successo era faceva uno strano effetto entrarci.
Guardai dietro la tendina della doccia… non c’era nessuno. Tirai un sospiro di sollievo… sembravo scema adesso avevo anche paura…quest’anno mi aveva cambiata completamente.
Feci una doccia veloce… non mi sentivo molto a mio agio sapendo Mark al piano di sotto…potrebbe entrare da un momento all’altro…dopo tutto è un maschio anche lui e se mi voleva così tanto come diceva era meglio sbrigarsi.
Mi asciugai e uscì per andare a prendere dei vestiti puliti… volevo mettermi qualcosa di colorato. Presi una maglietta gialla e i soliti jeans… dovevo essere dimagrita perché quella maglia mi stava meglio del solito… con i capelli ancora bagnati cominciai a fare le valigie per domani… misi solo le cose essenziali.
Ci misi meno del previsto e in meno dell’ ora che mi aveva concesso Mark scesi al piano di sotto.
“Vedo che stai molto meglio!”
Era seduto sul divano composto come sempre…non mi aveva nemmeno guardata come faceva a sapere se stavo bene o no??
“Come?”
“Hai sceso le scale senza fatica… credo che tu stia molto meglio a meno che l’entusiasmo di vedermi era così grande che hai volato le scale!”
Sorrise.
Arrossì e rimasi in silenzio. Quando si girò a guardarmi rimase un po’ stupito almeno la sua espressione sembrava quella… con i capelli bagnati ero ancora più provocante chissà cosa avrà pensato.
Gli risposi che non era vero che non avevo assolutamente nessuna intenzione di rivederlo, e mi misi a sedere al tavolo.
Lui cominciò a ridere.
“Stavo scherzando!! – continuò a ridere – certo che sei permalosa!”
Venne da me e cominciò ad abbracciarmi anche se era in piedi.
Io mi alzai non volevo i suoi abbracci… lui però prontamente mi afferrò e mi tirò verso di lui… stringendomi in una morsa dove non riuscivo a liberarmi.
“Vai via!!” dissi seria.
“Vuoi che vada via??” disse scostandosi un po’.
“Si!”
Mi guardò in modo strano credo ci fosse rimasto davvero male non se lo aspettava….
“Va bene se è questo che vuoi…”
Afferrò il giacchetto e si diresse verso la porta… non appena l’aprì io gli corsi in contro e lo abbracciai… rispetto a me era molto più alto il mio viso arrivava all’inizio della schiena.
“Sapevo che non mi avresti lasciato andare via così!”
Non dissi nulla… continuai solo ad abbracciarlo…
“Via basta smancerie in pubblico… per oggi ne abbiamo fatte anche troppe!” sorrise e mi afferrò la mano… è meglio se cominciamo a parlare di domani…
“Ma non avevi detto che avevi già organizzato tutto??”
“Si, ma credo che tu voglia sapere dove saremo a Clear Lake o ti fidi così ciecamente di me?”
Sorrisi…
“Mi fido di te… tanto non credo che farai mai qualcosa che possa nuocermi…”
Questa volta feci io il sorriso malizioso… aveva capito la mia battuta e cominciò a ridere.
“È proprio questo che mi piace di te… sei sfacciata ma con classe…” continuò a ridere.
Ormai era pieno pomeriggio e mi sentivo molto meglio… ero prontissima per partire per Clear Lake.
“Nonostante tu ti fida così tanto di me perché sei persa ti devo dire l’itinerario del nostro week – end. Il professore ci ha incaricato di fare una ricerca sulle origini della città e sui monumenti giusto?? – Annuì - bene allora anche se è una città molto piccola tra le montagne ci sono molte leggende… tra monumenti e parchi ci sarà molto da scrivere per questa ricerca.”
La cosa mi interessava non vedevo l’ora di partire e vedere la città.
“Sarà sicuramente noioso!” disse Mark scocciato.
A lui non piacevano le leggende, mi ritornò in mente quando mi rispose male perché gli facevo troppe domande sui Pharrel… mi sa che quel fine settimana non sarebbe stato bello come mi ero già preimpostata.
“Secondo me sarà molto divertente!”
Sorrise.
“Se allora piace a te… piacerà anche a me!”
Lo guardai fissa negli occhi e mi incantai. Quegli occhi… quegli stramaledettissimi occhi… che quando mi guardavano mi imprigionavano… diventavo loro.
“Ti amo…” dissi sottovoce.
Sgranai gli occhi non feci in tempo a rendermi conto di quello che avessi appena detto che mi alzai di scatto.
Guardai Mark qualche secondo… ero completamente disorientata. Lui tentò di afferrarmi per calmarmi ma mi divincolai. Corsi su per le scale e mi chiusi in camera mia. Chiusi la porta e mi sdraiai dietro essa. Misi la testa fra le ginocchia… non riuscivo a pensare a nulla. Poco dopo sentì bussare alla porta. Subito ricollegai tutto.
“Noemi…”
“Vattene!”
“Va bene… hai bisogno di pensare un po’ da sola… vado via…”
Sentì che faceva marcia indietro…
“Aspetta… - si fermò di colpo anche se ormai era già sulle scale - hai sentito quello che ho detto?”
Un attimo di silenzio…Speravo con tutto il cuore in una risposta negativa…
“Si…”
Non dissi più nulla…
“Ti aspetto domani mattina a Clear Lake…sennò lo sai che ti passo a prendere io!”
Sentì la moto partire e girare l’angolo finchè non sentì più il rumore. Non appena fui convinta di essere da sola riaprì la porta. Mi affacciai sulle scale e chiamai il nome di Mark.
Nessuna risposta.
Mi sedetti in cima agli scalini. Cosa avevo fatto?? Perché ho detto una cosa del genere? Io odiavo Mark, mi aveva trattata sempre male… ma anche dolcemente… avevo una confusione in testa. Quegli occhi, quegli assurdi occhi azzurri riuscivano sempre a farmi fare cose che non volevo… va bene ho deciso… non dovevo più guardarlo.
La casa senza Mark era molto più tetra… avevo un po’ paura a rimanere da sola… cominciai a passarmi le mani sulle braccia ed a guardarmi intorno… Se fosse tornato quell’uomo? Basta chiamo Emily!!
Mi avvicinai al telefono e cominciò a squillare… un po’ titubante andai a rispondere. Sembrava di essere in uno di quei film dell’orrore!
“Pronto?”
“Noemi…” mi rassicurai subito al suono di quella voce così calda… ma non era mio padre…
“M…Mark?” avevo intenzione di buttare giù…
“Volevo solo sapere se era tutto apposto… poi ti lascio stare…”
“S…i…”
Silenzio.
“Scusa Mark… ma non me la sento di parlare scusa… ci vediamo domani mattina…” buttai già subito dopo.
Basta pensare a lui… preparai una bella cena e mi misi a guardare il televisore, guardai un paio di cose interessanti ma la stanchezza ebbe il sopravvento e crollai.
Non so dopo quanto tempo mi svegliai so solo che ero ancora sul divano e una strana sensazione mi avvolgeva, forse il freddo, ma non era quello perché avevo una piccola coperta di lana addosso. Mi guardai un po’ intorno… dovevo essere sonnambula perché non mi ricordavo di averla presa. Vidi sul tavolino un bigliettino… era una calligrafia delicata:
“Tranquilla sono stato io a entrare in casa ero passato per vedere se stavi bene, e avevi lasciato la porta aperta, ho sistemato un po’ e dopo averti guardato dormire ti ho lasciata da sola…a proposito sei stupenda mentre dormi…soprattutto quando pronunci il mio nome… Mark.”
Andai in iperventilazione… io non avevo detto il suo nome… voleva solo mettermi in imbarazzo.
Mi alzai a fatica, ero stanca… mi strascicai fino al mio letto al piano superiore, mi infilai sotto le coperte calde e mi riaddormentai.

La mattina fui svegliata da un rumore strano..era la vibrazione del mio cellulare che tremava sul comodino accanto al mio letto… Lo guardai erano le 8 e la sveglia stava suonando, evidentemente Mark aveva anche messo la sveglia per essere sicuro che mi svegliassi… la spensi e mi preparai per uscire di casa… Doccia, vestiti, colazione e un quarto alle nove ero già fuori casa. Con il borsone mi diressi verso la fermata…
Il pullman arrivò con dieci minuti di ritardo… la cosa mi fece molto arrabbiare… odiavo aspettare!
Salì c’erano poche persone una signora anziana e due ragazzi. Mi sedetti infondo nel sedile più nascosto non avevo voglia di nulla solo di arrivare a destinazione i viaggi troppo lunghi non mi piacevano.
Misi l’ipod a tutto volume nelle orecchie e guardai fuori dal finestrino… Mark sarebbe venuto in moto…che cattivo certo… poteva anche portare me… un giro in moto non mi sarebbe dispiaciuto.
Dieci minuti dopo cominciai a guardarmi un po’ intorno… vidi uno dei due ragazzi che mi fissava…girai lo sguardo e continuai ad ascoltare la musica. Rialzai lo sguardo era ancora li… mi guardò altri pochi secondi e si avvicinò.
“È libero questo posto??” mi chiese con voce accattivante.
Accennai un si senza troppo disinteresse. Era sicuramente un ragazzo di quarta superiore, abbastanza alto con i capelli neri e gli occhi verdi.
Si sedette a dieci centimetri da me…certo non si faceva scrupoli.
“Dove stai andando?”
Che curioso… però…in qualche modo dovevo passare il tempo due parole non avrebbero fatto male a nessuno.
“A Clear Lake… tu?”
“Sterling...vedo che il professor Miller ti ha assegnato il mio stesso esercizio!Lo ha dato a tutte le sue classi.”
“Come fai a saperlo??”
Lo guardai meglio era Jack Hughes lo avevo conosciuto l’anno prima sempre per una lezione del professore Miller.
“Si…”
“Le nostre città sono molto vicine sai?”
“No non lo sapevo e sinceramente non mi interessa… tanto mi fermo solo per il fine settimana.”
“Sai Noemi… sei proprio una bella ragazza… è dall’anno scorso che ti ho notata sei bellissima – si stava sempre di più avvicinando verso di me – che ne dici di vederci visto che siamo così vicino potrei venire a trovarti – ora era a due centimetri da me – e magari…”
“No grazie - lo allontanai da me – non sei il mio tipo”
Si riavvicinò.
“Chi è il tuo tipo quel fesso di Samuel? Solo perché è il capitano della squadra di calcio? Voi ragazze siete tutte uguali anche te!”
“Ti sbagli… Se sto con Samuel è perché gli voglio bene… e poi non devo darti nessuna spiegazione!! Non ti conosco nemmeno!!”
“A questo c’è un rimedio!”
Mi afferrò il mento.
“Fermati!”
“Vuoi fare la difficile vero? È la tua specialità no?”
Mi bloccò le braccia, tentai di allontanarmi ma mi strinse ancora di più.
Chiusi gli occhi e non appena gli riaprì sentì un colpo secco sulla spalla di Jack. Si era piegato.
“Non ti azzardare nemmeno!”
Sembrava che Jack avesse sulla spalla trenta chili in più.
“Mark!!” esclamai con un sorriso a trentadue denti.
Era bellissimo aveva sulla testa un cappellino bianco che gli lasciava uscire un po’ di capelli biondi, un giacchetto bianco e dei jeans scuri.
Jack mi lasciò le braccia e Mark spostò la mano.
“Cosa vuoi Davis? Cosa ti intrometti?”
“Te prova a toccarla solo un’altra volta ed io ti faccio tornare a Standwood più in fretta di quello che pensi…”
Era furioso… ed era ancora più affascinante, i suoi occhi sempre azzurri erano di colore blu scuro…
“Sennò?”
“Ti vuoi alzare o devo fartelo capire con le cattive!”
“Va bene, va bene non ti scaldare… per Noemi questo ed altro… ma attento Davis lei ama solo Samuel… non c’è posto per noi… vuole solo il meglio!” mi fulminò…
“Si per te è così… ma io sono il migliore… quindi vedi di andartene alla svelta!”
Irritato si alzò è andò a sedersi accanto al suo compagno massaggiandosi la spalla.
Subito Mark si materializzò accanto a me… cominciò a tastarmi i polsi e le braccia…
“Come stai??”
I guanti ruvidi facevano contrasto con la mia pelle e mi facevano il solletico.
“Si…tranquillo sto bene…”
“Sicura?”
“Si, non mi ha fatto nulla e… guarda che sapevo difendermi da sola…” lo guardai con sguardo divertito. Lui ricambiò e sorrise.
“Piccola è meglio se inizi a portarti nella borsa uno spray al peperoncino non vorrai farmi stare in pensiero tutte le volte che esci di casa??”
“Perché ti preoccupi per me?” Chiesi sperando in una risposta positiva.
Mi afferrò per le guancie dolcemente e mi avvicinò al suo viso…stavo andando a fuoco anche se le sue mani erano ancora più calde.
“Io mi preoccupo sempre per te… non vuoi proprio capirlo che mi sto innamorando!!”
Arretrai…e mi rattristì…
“Cosa hai?”
“Come puoi dirmi una cosa del genere?”
“Sono i miei sentimenti… e anche i tuoi se ricordo bene…”
“Ti sbagli!! Lo sapevo che me lo avresti rinfacciato…quello che ho detto ieri te lo devi dimenticare!”
Mi guardò un po’ confuso…
“Noemi cosa vuoi dire?”
Pausa…
“Samuel??”chiese.
Mi morsi il labbro…io sto con Samuel non posso permettermi di essere così volubile… lui mi vuole davvero bene… Non avevo nessuna certezza solo tante parole…
“Piccola… - mi chiamò Mark dolcemente – te cosa vuoi veramente?
“Non lo so…”
“Non voglio farti arrabbiare… per favore però rispondi alla domanda!”
“Davvero… non ne ho idea… forse questo fine settimana riuscirà a chiarirmi un po’ le idee…”
“Va bene… facciamo finta che questo discorso non sia mai avvenuto… ok?”
“Ok… non voglio rovinare il fine settimana a nessuno!” Mi sorrise… e io abbassai gli occhi così da non incantarmi al bagliore del suo sorriso.
Tirò fuori dalla tasca un i-pod…
“Vuoi?”
Annuì… non avevo le idee chiare… quando stavo con Mark ero felicissima e provavo sensazioni nuove… che neanche Samuel era riuscito a farmi provare…Però Samuel invece mi voleva davvero bene… stare con lui… mi rendeva felice… però… ma io volevo davvero stare con lui? O continuavo a tirare avanti la nostra storia perché mi dispiaceva?
Il suono della dolce voce di Mark mi fece riprendere…aveva davvero una voce fantastica… ecco un’altra sua qualità… ottimo cantante!
Cominciò a cantare guardandomi intensamente… io indietreggiai ma lui continuava ad avvicinarsi… Lui doveva fare il mago perché riusciva sempre a distogliermi da tutti i miei pensieri e a farmi concentrare su di lui…

Dopo un’altra mezz’ora di viaggio cominciai a vedere alcune case sparse lungo la strada… il paesaggio stava cambiando le pianure stavano diminuendo sempre più… le strade si fecero più larghe per lasciare spazio alle macchina per passare… ci stavamo avvicinando alla città mi voltai verso Mark.
“Siamo quasi arrivati…”
Continuai ad ascoltare la musica che Mark aveva scelto e non appena finì si alzò è si avvicinò al conducente.
Si girò verso di me e mi fece cenno di alzarmi… non me lo feci ripetere due volte… in meno di due secondi ero già pronta.
Mi fermai davanti all’uscita del pullman e anche Mark si fermò accanto a me cingendomi i fianchi. La sua stretta era fortissima…
Il pullman fece una frenata brusca… ma non dovetti nemmeno aggrapparmi ad un sostegno perché non mi fece muovere di un centimetro. La porta si aprì e noi scendemmo, la fermata era posta davanti all’entrata di Clear Lake.. Eravamo davanti ad uno spettacolo stupendo…davanti a me un cartello con sopra scritto Clear Lake indicava verso il basso…un sentiero in pietra conduceva verso valle… feci qualche passo verso il sentiero e alzai lo sguardo… davanti a me la città, molto piccola e concentrata tutta in un unico borgo, dietro sullo sfondo le montagne che abbracciavano un lago…sembrava una cartolina.
Con gli occhi che mi brillavano afferrai il braccio di Mark e lo tirai verso il sentiero.
“Dai andiamo mi piace troppo questo posto! Andremo anche a fare il bagno vero?”
“Siamo in inverno Noemi non vorrai congelarti vero? O vuoi che ti riscaldi io?”
“Sfacciato! Sempre a smontare i miei sogni!”
Facendo finta di essere arrabbiata cominciai a camminare verso la città con Mark dietro che mi continuava a ripetere di stare attenta a non cadere.
Dopo qualche minuto arrivammo in città… Anche se era una città molto piccola le persone non mancavano e dall’aspetto mi sembravano tutte molto solari. Le case più vecchie erano fatte in pietra e quelle più nuove in mattoni.
“Dove passeremo la notte?”
“Vieni andiamo a chiedere indicazioni per essere più sicuri di non perderci!” rise.
“Dai non prendermi in giro!”
“Seguimi ti porto subito…non voglio che continui a portarti dietro quel borsone ingombrante!”
Gli sorrisi…
Ci incamminammo…tempo cinque minuti arrivammo ad una locanda: Fantastic Lake si chiamava…
“È questa?”
Mi sorrise ed entrammo.
La locanda rispetto al fuori era un po’ più buia. Davanti a noi c’era un bancone con dietro molti tipi di alcolici a partire da quelli con meno gradi a finire a quelli con più gradi. Erano le dieci e mezzo del mattino ed un uomo era già seduto al bancone a tracannare qualcosa di un marrone chiaro. Il barman stava asciugando i bicchieri e non faceva molto caso all’uomo seduto davanti a lui forse era un cliente abituale.
L’uomo seduto al bancone ci squadrò da cima a fondo, Mark mi prese per un braccio e mi trascinò nella sala accanto. Quella era molto più luminosa… di un colore giallo spento ma che rendeva il posto vivo. Le tende e le rifiniture erano di colore bianco il che rendeva tutto veramente accogliente.
Una signora alta, magra e molto sorridente si avvicinò a noi.
“Vi serve aiuto?”
“Si – parlò Mark – avrei prenotato una stanza per due a nome Davis.”
“Ah certo… aspetti controllo sul registro.”
La signora si avvicinò ad un bancone con sopra un registro giallo, lo aprì, non c’erano molte prenotazioni l’ultima risaliva a due settimane fa.
“Mark Davis?”
“Si…”
“Stanza numero due!” disse porgendogli le chiavi.
“È la più lussuosa?” chiese maliziosamente.
“Certo è la migliore che abbiamo come aveva chiesto!”
“Primo piano?”
“Si…” disse la signora sorridendogli. Stava squadrando Mark e la cosa non mi piaceva molto.
Mi avvolse le spalle e ci dirigemmo verso le scale per andare al primo piano. Mi girai a guardare la signora e stava ancora guardando Mark. La guardai male… anche se non mi vide continuai a fulminarla.
Il primo piano era uguale al pian terreno sempre di colore giallo e bianco. La nostra camera era infondo al corridoio prima della nostra c’erano altre cinque stanze. La nostra porta era un po’ più grande delle altre. Presi le chiavi a Mark e aprì.
Non era molto grande ma evidentemente rispetto alle altre si ed anche molto, era tutta di colore bianco, subito sulla sinistra c’era un letto matrimoniale con le lenzuola in rosa,due comodini ai lati e accanto un armadio in legno. Davanti a noi una porta finestra con fuori un balcone in marmo. Sulla destra della stanza una poltrona in rosa ed una porta che portava al bagno.
“È molto bella!” dissi contenta.
“Ti piace? Scusa se non è molto più grande ma non ho trovato di meglio!”
Gli afferrai una mano.
“Grazie…”
Mi fece un sorriso obliquo.
“Io vado a fare una doccia vieni con me?”
“No, non ci tengo” dissi ridendo.
“Non sai cosa ti perdi!”
“Presuntuoso!” dissi facendogli una pernacchia.
Agguantò un asciugamano nell’armadio e andò in bagno, chiuse la porta ed io mi sdraiai sul letto era comodissimo. Mi sorse un dubbio… c’era solo un letto… io e Mark avremmo dormito assieme??
Sentì lo scrosciare della doccia.
“Noemi! Guarda qualche ristorantino sul lago per andare a pranzo visto che è una bella giornata e mi sta venendo un certo languorino!”
Sbuffai nemmeno un secondo per rilassarmi…
“Aspetta sistemo le mie cose e lo cerco subito!”
“Va bene, faccio la doccia!”
Cominciai a sistemare la mia roba nell’armadio…non era molta dopo tutto erano solo due giorni però non sapevo il clima come sarebbe stato quindi mi sono portata due capi per ogni tipo di maglia.
Presi la parte dell’armadio con gli scaffali..quella con le cruccette le volevo lasciare a Mark nel caso si fosse portato qualche vestito che non doveva prendere pieghe. Misi poco tempo a sistemarle..erano due maglie a maniche corte, due a maniche lunghe e due felpe… più i vari accessori.
Mark finì di farsi la doccia…Corsi a cercare un elenco telefonico nel caso di trovare qualcosa in meno di cinque minuti, ma non ne ebbi nemmeno il tempo. Mark uscì dal bagno con solo l’asciugamano legato in vita e con un altro si stava asciugando i capelli bagnati.
“Scusa non sono riuscita a trovare nulla…”
“Non fa niente cerco io… vai anche te a fare una doccia… almeno starai meglio!”
“Va bene accetto il tuo consiglio.”
Presi anche io degli asciugamani ed una maglia che stava nell’armadio a maniche lunghe, i trucchi e andai in bagno. Sentì Mark afferrare il telefono e chiamare alla reception. Rispose la signora di prima. Ascoltai.
“Ah dice che sulla riva ci sia un posticino ottimo………… no guardi non posso sono già innamorato…………si lei……… ah grazie del consiglio……a dopo passo a lasciarle le chiavi!”
Chiuse la conversazione e bussò alla porta. Sobbalzai. Corsi ad accendere l’acqua della doccia e feci finta di nulla!
“Si… dimmi?”
“Non stavi origliando vero?”
“N…o…” cavolo!
“Non fare finta di nulla… e poi non essere gelosa quella donna non mi interessa affatto… infatti l’ho detto anche a lei non so se hai ascoltato ammodo!”
Lo odiavo quando faceva così!
“Non me ne frega nulla delle tue storie d’amore… per me puoi portare lei a pranzo… io troverò un altro posto!”
“Noemi dai avevamo promesso che dovevo lasciarti riflettere quindi non voglio dire niente visto che Samuel non c’è!”
“Va bene…”
Mi svestì e mi infilai sotto la doccia. Il bagno era fatto con mattonelle bianche però aveva la parte superiore di colore azzurro. Molto grande anche esso con una doccia una vasca e tutto il necessario.
Finì in breve tempo… presi gli asciugamani uno me lo avvolsi intorno al corpo ed un altro sulla testa. Mi asciugai corpo e capelli.
“Prima di vestirti fammi vedere come ti sta la gamba e i lividi!”
“Esco in mutante?”
“Non ti mangio tranquilla.”
Misi la maglia, mi truccai e uscì.
“Vieni qui!”
Mi sedei accanto a Mark in modo da stendere la gamba. Lui la prese tra le sue mani e cominciò a scrutare la ferita.
“Vedo che guarisci in fretta…si sta già formando la crosta…”
“Si…infatti non mi fa nemmeno più tanto male!”
“Fra poco non la sentirai nemmeno più… è stata solo una brutta bruciatura! Ed i lividi?”
Mi guardai le gambe e tastai le braccia.
“Si vedono ancora ma non fanno male!”
“Per fortuna…”
Si alzò dal letto.
“Vestiti che ti porto in un posticino molto carino…”
Presi i jeans e le scarpe…
“Va bene ma mi devo vestire elegante?”
“Non ne hai bisogno.”
Prese le chiavi e mi condusse fuori dalla camera.
“Aspetta devo prendere i soldi!”
“Non ti preoccupare offro io…”
“No, dai Mark non scherzare voglio pagare il mio!”
“Non sto scherzando, offro io!”
Chiuse la porta e si infilò le chiavi in tasca. Sbuffai. Adesso non potevo più entrare in camera.
Scendemmo e Mark lasciò le chiavi alla signora che ci augurò una buona giornata…
Andammo sulla riva del lago e ci fermammo in un piccolo ristorante costruito su una terrazza in legno tinto di bianco.
Potevamo stare all’interno in una saletta privata oppure fuori sulla terrazza. Ovviamente Mark fece decidere a me e io scelsi di stare fuori! Non amavo molto i posti chiusi. Poi era anche una bella giornata perché sprecarla?
Mi fece sedere ad un tavolo per due. C’era un leggero venticello che faceva venire i brividi ed il paesaggio illuminato dal sole mozzava il fiato in gola.
“A lei signorina!” disse un cameriere porgendomi il menù.
“Grazie…” sorrisi…lo afferrai goffamente e feci cadere un bicchiere sul tavolo, per fortuna non si ruppe.
“Scusi!”dissi rimettendolo in piedi.
Il cameriere mi fece un cenno e mi disse che era tutto apposto e porse l’altro menù a Mark.
“Ti piace così tanto il lago?”
“Si…molto…”
“Va bene… allora dopo per passare il pomeriggio ti porterò a fare un giro in barca…”
“Davvero?? – mi brillavano gli occhi – Non importa.”
“Invece si… mi piace vederti felice!”
Arrossì come al solito sviai il discorso sperando che non mi avesse notata. Cominciai a guardare il menù. Non sapevo assolutamente cosa prendere… alzai lo sguardo verso Mark e vidi che mi guardava.
“Ti piace il pesce?”
“Si…”
“Allora va bene…”
“Perché hai già deciso?”
“Si… e anche per te!”
Prese il mio menù.
“Cosa hai preso?”
“La specialità della casa.”
“E in cosa consiste?”
“Fidati e vedrai…”
Sorrisi…
Chiamò il cameriere gli restituì il menù e ordinò da mangiare.
“Comunque non possiamo andare a fare la gita sul lago dobbiamo fare il lavoro… abbiamo solo due giorni di tempo!” dissi un po’ demoralizzata.
“Piccola… ascoltami ti vuoi fidare di me? Ho già organizzato tutto non ti preoccupare… prendila più come una vacanza questa “gita”
“E cosa dirai al professor Miller? Io mi sono rilassata due giorni e che te hai fatto tutto il lavoro?!” “Non lo direi mai!”
“Voglio anche io fare la mia parte… sennò potevo stare benissimo a casa!”
“Non lo avresti mai fatto!”
“Ah si… e come fai a saperlo?”
“Perché non puoi resistere senza vedermi!”
Rimasi allibita… non sapevo cosa rispondere… se avessi controbattuto se la sarebbe presa se avessi detto che era vero gliel’avrei data vinta… decisi di fare la cosa migliore… rimanere in silenzio.
“Ecco a voi!” disse il cameriere porgendoci un piatto di maccheroni al salmone.
Per fortuna era arrivato prima che questa cosa fosse diventata troppo imbarazzante.
“Questi sono maccheroni al salmone ed è il piatto della casa perché qui a Clear Lake è la nostra risorsa primaria…”
Ringraziammo e prima ci cominciare a mangiare guardai un’ultima volta Mark e vidi sul suo viso quel sorriso obliquo che lo faceva sentire vittorioso.
Basta non dovevo più dargliela vinta… non lo sapevo nemmeno io cosa provavo… e non potevo farmi ingannare. Di secondo ci portarono salmone alla griglia… molto buono…Oltre quello non mangiai altro ero piena e nemmeno Mark prese altro.
Pagò il conto e uscimmo dal ristorante.
“Andiamo al lago?”
“Va bene… basta che rispetti la nostra promessa!”
“Ci proverò ma, non ti assicuro nulla…”
“Provaci! Ti prego…”
Mi accarezzò la guancia. Che sensazione stupenda. Ci incamminammo verso il molo… gli alberi cominciavano a diminuire mano a mano che ci avvicinavamo al lago e riprendevano vicino all’argine. La terra si faceva più sabbiosa…sentì sotto i miei piedi delle assi… guardai in basso e vidi emergere dal terreno delle tavole di legno che andavano verso il basso fino ad arrivare ad un piccolo molo.
Attraversammo la passerella e lo raggiungemmo… da li potevamo scegliere se andare a sinistra sulla spiaggia contornata da pietre oppure a destra dove potevamo noleggiare una basrca e fare un giro turistico del lago.
...CoNtInUa...

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