Una storia nella mente di sara_88 (/viewuser.php?uid=70128)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO 1
La
cosa più rischiosa che tu possa fare è fidarti di
una persona. Donarle il tuo cuore.
Purtroppo ne abbiamo solo uno, una volta ceduto non è
restituibile e, cosa ancora più grave, se viene rotto non
è riparabile.
Non funziona come in un centro commerciale, non c'è nessuna
garanzia, nessun rimborso e nessun tecnico che sia in grado di
sistemare ciò che viene distrutto.
Questa è una storia d'amore, un'amore vero dei nostri tempi
e che quindi non avrà un lieto fine. Non ci può
essere un lieto fine se la verità è stata persa.
La nostra storia comincia in una fredda settimana di Novembre, proprio
durante qui giorni dove noti il cambiamento di stagione, quando capisci
che l'autunno è ormai finito
per lasciar carta bianca all'inverno.
Io sarò pazza, ma adoro il freddo. Amo quando la temperatura
scende tanto che quando respiri si formano delle piccole nuvolette di
vapore attorno al viso.
Sorrido ogni volta che, con disapunto di mio padre, tratteggio
disegnini stupidi che grazie alla condensa rimangono impressi sul
finestrino della macchina.
Non riesco a fare a meno di quel periodo magico prima di Natale, quando
tutto sembra perfetto e sai che qualunque cosa possa succedere te la
puoi cavare.
Insomma l'Inverno è la mia stagione!
E proprio in questo periodo ho incontrato una persona speciale che, in
qualche modo, mi ha cambiato la vita.
Vivere in una città come Parigi ti da molte
possibilità, non senti il bisogno di lasciare tutto e tutti
perchè ti senti soffocata come succede spesso nei piccoli
paesi di provincia.
Qui non mancano le opportunità di vivere a pieno tutto
quello che sei. Puoi passeggiare per le strade, confonderti tra i
turisti, e "vivere" a modo tuo una città che tutti
vorrebbero conoscere
proprio come la conosci tu, sentirla come la senti tu.
Mi chiamo Simone e sono nata a Parigi 21 primavere fa.
Studio psicologia da due anni, ma vorrei tanto potermi guadagnare da
vivere scrivendo romanzi.
Vivo con mia madre a la mia sorellina più piccola, mio padre
ci ha lasciate circa cinque anni fa, divorziando da mia madre per una
donna più giovane.
Si sono sposati e tutte le estati io e mia sorella siamo costrette a
trascorrere due settimane con la coppia felice, che di felice in
realtà non ha nulla.
Passo tutte le mie domeniche seduta su una panchina dei giardini che
dividono il Trocadero dalla Tour Eiffel, mi piace sedermi e leggere
mentre il mondo mi passa davanti.
Ogni domenica un libro nuovo, oggi mi sono portata "Moby Dick" un libro
decisamente sottovalutato. Non è certo una favoletta per
bambini.
Come al solito mia mamma a quest' ora mi sta chiamando, sento il
cellulare vibrare nella tasca dei jens larghi e logori.
"Pronto"
"One, dove sei? Fra un'ora si cena" adoro mia madre, veramente, ma
vorrei tanto che vivesse la sua vita invece di continuare a metter
becco nella mia.
"Sto arrivando, tra venti minuti sono li, promesso"
"Oh, tanto lo so che non è cosi...Stai ancora perdendo tempo
a leggere su quel maledetto pezzo di legno scrostato. Dovresti
impiegare meglio il tuo tempo, studiando per esempio!"
"Mamma, non tocchiamo l'argomento ti prego. Ho detto che fra venti
minuti sono a casa, è cosi sarà"
"Ok, allora ti aspettiamo"
Non so veramente come faccia ad essere cosi irritante. Una cosa che
proprio non accetto è che si parli cosi del mio rendimento,
studio e porto a casa dei bellissimi voti
quindi non so perchè sprechi tanto il fiato quella donna.
Mi incammino verso la stazione del metrò, c'è ne
una proprio accanto all'entrata del Trocadero. Un'altra cosa
bella di vivere inuna città guarda come Parigi è
che i mezzi di trasporto
sono comodi e veloci.
In meno di quindici minuti arrivo a casa e, anche se il mio vagone
straripava di gente, non ho resistito dal finire il capitolo di Moby
Dick che stavo leggendo.
Anche se godersi un tale capolavoro, inpiedi, sotto l'arcata ascellare
di un tedesco che non vede una saponetta da settimane, non è
il massimo.
Vivere qui mi ha insegnato a superare con facilità le
persone che ho davanti, infatti so svicolare senza problemi tra la
folla e sono subito all'aria aperta.
Contro ogni previsione sono in perfetto orario, credo sia la prima
volta.
Casa mia è proprio dietro l'angolo, già intravedo
l'edificio rosa e bianco dove vivo. Quarto piano, senza ascensore
naturalmente, ma tutto sommato non cambierei casa mia
con nessun'altra abitazione al mondo.
Il mio piccolo mondo è stato arredato da mia madre quando
ancora ero in fascie. Quando osservo gli oggetti sparsi per casa tutto
mi racconta lei.
Il pavimento è rigorosamente ricoperto di un parque che
scricchiola ad ogni passo. Le pareti rosso scure e arancio
conferiscono all'ambiente un calore abbagliante.
Non essendo un'amante dell'arte, mia mamma, ha riempito le pareti di
nostre fotografie. La cosa più strana di casa mia rimane
però l'albero che ho nel bel mezzo del soggiorno.
Si, ho proprio un albero in casa. Qualche anno fa mia zia ci
regalò un piccolo albero di limoni ...non è mai
stato tolto dalla stanza. Ora sta vicino alla finestra,
da dove può prendere il sole, dentro a un enorme vaso di
ceramica blu.
E' impossibile entrare di soppiatto nel mio appartamento, non appena ci
metti piede le vecchie assi del pavimenti scricchiolano a
più non posso.
Evidentemente anche mia mamma è parecchio sorpresa che io
sia in orario, infatti la sento urlare dalla cucina un "Chi
è?" sorrido davanti alla sottile incoscienza di quella donna
sulla quarantina. Chi vuole che sia? Aspetta solo me, e io sola ho le
chiavi di casa.
"Jane Austen" urlò in risposta mentre rimetto apposto il
libro di Moby Dick nella libreria che sta proprio davanti alla porta
d'ingresso.
"Si, ti piacerebbe!" mi dice sporgendosi nel corridoio per rinforzare
la battutina con una linguaccia.
Non c'è niente da fare, mia mamma non vuole che io viva di
quello che scrivo, e fa di tutto per tenermi con i piedi per terra.
Senza badare a quello che dice mi incammino verso la cucina e,
sedendomi su una degli sgabelli, afferro un chicco d'uva dall'enorme
grappolo riposto sul centro tavola.
"One, si mangia fra dieci minuti" mi rimprovera mia mamma. Dio, sembra
non essere in grado di fare altro.
Non ho tempo di lamentarmi come al solito che mia sorella fa il suo
ingresso nella stanza. Ha solo tredici anni ma ne dimostra molti di
più.
E' completamente diversa da me, si dice che le sorelle maggiori siano i
modelli di quelle più piccole, nel nostro caso sono io che
dovrei prendere da lei.
A differenza di me, che porto sempre scarpe da ginnastica jeans larghi
e t-shirt, si veste come una vera signorina. Fin troppo per la sua
età secondo me.
Valerie porta sempre la gonna e le scarpe con un po di tacco sono
un'arma che non può mancare nel suo "arsenale".
I capelli lunghi e un po' mossi le incorniciano un visino che sembra
fatto di porcellana bianca. Insomma è una bellissima
ragazzina e fra qualche anno sarà una bellissima donna.
"Ciao Sim, come mai oggi non sei in ritardo?" mi chiede sorridendo
mentre prende posto accanto a me.
"AH AH AH" rido sarcastica "Dai per una volta posso anche arrivare in
tempo, non mi sembra una cosa così brutta,no?"
"No, no. Ma di questo passo farai piovere e io stasera ho un
appuntamento!" ecco, sapevo che ci doveva essere sotto qualcosa.
Com'è possibile che la mia sorellina di tredici anni
cambi un ragazzo a settimana e io che ne ho ventuno non riesco a
trovare uno straccio di uomo. Non che ce ne siano in circolazione che
mi interessino...
"Sentiamo, chi è la tua vittima stavolta?"
"Lo conosci bene. E' John, quello del sesto piano" conosco John in
effetti ma credevo che fosse molto più grande di mia sorella.
"Ma non è molto più grande di te?"
"Ha diciassette anni" mi risponde tranquillamente.
Io sono sconcertata, non dalla sicurezza con la quale mia sorella ha
parlato, ma dal fatto che mia mamma non ha detto nulla a riguardo.
Insomma, quattro anni di differenza nella fase dell'adolescenza sono
tanti. I ragazzi di quell'età non credo mirino a passeggiare
mano nella mano guardando la luna.
"Mamma!!!" la vedo voltarsi verso di me quasi spaventata dalla mia
reazione, possibile che non se ne renda conto? "Fai uscire Val con un
ragazzo di diciassette anni???"
"Non dovrei?" mi chiede pensierosa "Non credo ci sia niente di male"
aggiunge vedendomi corrugare la fronte scettica "Tua sorella
è molto matura per la sua età, sa quello che fa,
a differenza di una signorina che conosco io" mi sembra giusto, adesso
mi fa anche la predica perchè non esco con i ragazzi come fa
mia sorella.
"Ti prego non tocchiamo l'argomento, sai bene come la penso. Ad ogni
modo sei tu sua madre quindi sta a te decidere se riporre o no fiducia
in una bambina"
"Io non sono una bambina" urla Valerie, perforandomi quasi un timpano.
Non voglio ferirla ma lei è una bambina. E' una bellissima
bambina che ha tanta voglia di crescere.
Non le dico nulla, mi alzo e mi dirigo verso camera mia, le discussioni
prima di cena mi bloccano lo stomaco.
"Chiamatemi quando è pronto" dico mentre mi sto
già chiudendo la porta alle spalle.
Capitolo
assolutamente introduttivo. Diciamo che è una sorta di
"capitolo pilota" come quando fanno gli episodi pilota per vedere se un
programma televisivo piace.
Ecco, voglio sapere se questo capitolo vi piace :)
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO 2
Uscita mia sorella io
non posso di certo stare a casa, non che ci stia molto in
effetti. Se non esco da sola a passeggiare senza meta sono
sempre in compagnia delle due persone
più
speciali di Parigi: Emma e Caroline. Le mie anime gemelle, naturalmente
in senso lato, sono le mie migliori amiche.
Emma studia Economia,
è un tipetto tutto frizzante e allegro. E' la piccoletta del
gruppo, capelli corti e neri da maschiaccio ha due occhi azzurri che
tutte le invidiamo.
Caroline è
la brava ragazza della combricola. Studia Giurisprudenza e credo che
diventare avvocato sia la sua più grande aspirazione.
Ora che ci penso bene
è l'esatto opposto di Emma, alta con lunghi capelli rossicci
che le ricadono sulle spalle e qualche lentiggine che le decora le
guancie color dell'avorio.
Siamo un bel trio, ci
conosciamo da una vita, forse per questo ci capiamo al volo e ci
confidiamo senza problemi. Ho piena e cieca fiducia in loro.
Anche stasera, come
quasi tutte le sere, abbiamo deciso di andare nel nostro solito posto,
un piccolo locale nei pressi del Sacre Couer.
Mia mamma non approva
che io frequenti quel quartiere in effetti, soprattutto la sera,
è un posto abbastanza pericoloso ma non possiamo fare a meno
di andare
da Marie.
Marie è la
proprietaria del locale, che infatti si chiama Chez Marie, una signora
sulla cinquantina con la quale andiamo molto d'accordo.
Quando non
c'è molta gente, cosa che succede raramente, si mette a
raccontarci le "avventure" di quando aveva la nostra età.
Racconta dei suoi
uomini, delle sue pene d'amore.
Non
riuscirò mai a capire perchè una donna
intelligente e affascinante come lei non sia riuscita a trovare un uomo
col quale trascorrere la vita.
Ma non posso fare a
meno di sorridere ogni volta che ci penso perchè, piuttosto
che finire a dividere i miei giorni con la persona sbagliata,
preferisco rimanere sola ma felice
proprio come la nostra
Marie.
"Simone, quando ti
deciderai a buttare quei jeans? Sempre se li possiamo definire cosi..."
non riesco nemmeno a chiudere il portone del palazzo che la voce di
Caroline mi investe.
Come al solito ha
qualcosa da ridire sul mio abbigliamento, non la biasimo, accanto a lei
potrei benissimo essere scambiata per una stracciona.
"Oh, smettila Caro.
Sta benissimo cosi com'è!" eccola, la mia piccola
sostenitrice. In effetti non lo fa solo con me, per Emma ogni persona
è libera di fare, pensare e vestirsi come meglio
crede e se qualcuno
viene criticato non le va giù.
"Lo so che sta bene
con qualsiasi cosa però potrebbe sfruttare meglio il suo
potenziale mettendosi, per esempio, una bella mini gonna. Sotto quei
cinque kg di stoffa
blue jeans ci sono due
belle gambe" le raggiungo sorridendo mentre le prendo entrambe a
braccetto.
"Dai Caro, sono sicura
che la mia mise va più che bene per andare da Marie. E poi
stai decisamente parlando con la sorella sbagliata"le dico sorridendo
mentre cerchiamo di raggiungere la fermata
della metrò
il prima possibile, ha iniziato a piovere.
"Oh, la tua sorellina
sa come vestirsi di certo. Dovresti farti prestare qualcosa ogni tanto,
cosi...giusto per rispolverare un attimo il tuo grardaroba, ecco".
"No, grazie per
l'offerta ma credo che declinerò gentilmente" salgo sul
vagone della linea blu e le altre mi seguono, prendiamo posto a sedere
e il viaggio continua praticamente in silenzio.
Non appena risaliamo
le scale della stazione ci accorgiamo che sta veramente diluviando.
"A nessuna
è venuto per caso in mente di portarsi un ombrello, vero?"
chiede Emma che non appena incontra i nostri sguardi smarriti non ha
bisogno di una risposta.
"Dai saranno 100 metri
da qui, ci facciamo una corsetta, dove sta il problema?" dico
già pronta a intrufolarmi sotto la pioggia, ora cosi
violenta da alzare un leggero strato di vapore dall'asfalto.
"Il problema" afferma
decisa Caro prendendomi per un braccio "E' che se mi si rovinano i
mocassini me li ripaghi tu!" sorrido, infondo so che Caroline non vede
l'ora di farsi una bella corsa sotto
la pioggia. Non lo
facciamo da anni e, credetemi, può essere molto liberatorio.
Io sono la prima a
trovare il coraggio di partire. Adoro la sensazione dell'acqua che ti
inzuppa i vestiti, che ti bagno i capelli, che ti cambia in qualche
modo.
Intuisco, dai
gridolini che sento alle mie spalle, che le altre mi hanno seguita a
ruota. Che sarà mai, per un po' di pioggia!
In meno di ciunque
minuti siamo al locale, entriamo di filata. Mi volto per vedere in che
condizioni ci siamo ridotte, nell'ingresso c'è un grosso
appendiabiti con uno specchio e non appena vedo la nostra
immagine riflessa in
quel pezzo di antiquariato scoppio a ridere. Emma segue il mio esempio
e Caro, com'era prevedibile, cerca disperatamente di sistemarsi i
capelli.
"Eccoli i miei tre
pulcini bagnati!" sentiamo la calda voce di Marie provenire dal bancone
principale.
"Ciao Marie!" diciamo
assieme prendendo posto al bar, praticamente siamo le uniche clienti a
ulitizzare ancora i tre sgabelli alti e traballanti che Marie si ostina
a tenere davanti al bancone
dal dopo
guerra.
"Tempaccio eh?" chiede
ridendo mentre con uno strofinaccio asciuga a regola d'arte i calici di
cristallo riponendoli poi con cura alle sue spalle, sulle mensole di
legno rosso.
"Si!" risponde con
forza Caro "I miei capelli sono irrecuperabili!"
"Ohhh, smettiamola di
piagnucolare! E' acqua!" eccola la mia Marie, quella che zittisce
tutti! "Comunque mie perle, se vi può interessare, proprio
laggiù a quel tavolo si sono appena accomodati
dei bellissimo ragazzi
spagnoli" lo dice con parole studiate ma come al solito Marie cerca di
farci conoscere gente nuova.
La settimana scorsa
erano Inglesi, oggi spagnoli: quando finirà?
L'unica entusiasta
della notizia che si volta a controllare la "merce" è come
al solito Emma, è l'unica di noi tre che può
permettersi di pensare a una relazione.
Caroline è
fidanzata ormai da anni e io, beh io sinceramente non ci ho mai pensato
e non voglio cominciare a farlo priorio ora.
Inevitabilmente
però lo sguardo mi cade verso il tavolo dei
ragazzi che ci ha indicato la nostra vecchia amica. I soliti devo
tristemente ammettere, turisti senza cervello che vengono a Perigi
pensando ti trovare
chissà cosa. Sono alquanto malandati, un po' Simone's style
diciamo, il che mi fa piacere. Riesco a vedere il volto di tutti tranne
quello dell'unico ragazzo che mi da le spalle.
Visto cosi da dietro
si direbbe un armandio!
Passiamo la serata
bevendo assenzio e Martini bianco, credetemi un mix che ti uccide
letteralmente, ma del quale non possiamo fare a meno.
Il locale si
è quasi completamente svuotato di solito tutti se ne vanno
prima della mezzanotte, prima che la metrò chiuda. Siamo
rimaste solo noi e il gruppo di ragazzi spagnoli che non hanno fatto
altro che bere birra
tutta sera.
"Io credo che sia
arrivata l'ora di salutare ragazze, è un bel pezzo da fare a
piedi a quest'ora di notte" dice Caro alzandosi a fatica. Ci piace bere
di quando in quando ma detto tra noi non
reggiamo
più di un bicchiere.
"Si lo credo anche io,
mi raccomando ragazze state attente. E' un brutto quartiere da
frequentare di notte, sono già le due!" si raccomanda Marie.
Annuisco e io, che
sono la più "stabile" del terzetto, mi alzo e aiuto Emma
accanto a me.
Salutiamo Marie e ci
incamminiamo per le strade di una Parigi ormai coperta da un manto di
stelle, il cielo è limpido e l'asfalto ricoperto di
pozzanghere.
"Sim, ti amoooo!!!"
Emma è abbracciata a me e mi urla scemenze nell'orecchio,
decisamente l'alcol le fa un brutto effetto. Me ne dimentico sempre.
"Oh si Emma anche io,
tantissimo!" assecondarla quando spara cazzate è uno spasso.
Fa proprio dei discorsi interi senza senso.
"Possiamo aiutarvi?"
ci chiede qualcuno alle nostre spalle, mi giro giusto in tempo per
ritrovarmi prorio li tutta la compagnia di ragazzi spagnoli che Marie
ci voleva presentare: perfetto!
Non mi piacciono gli
estranei, tanto meno i turisti, qundi preferisco togliermi alla svelta
da questa situazione.
"No grazie, ce la
caviamo benissimo!" rispondo secca. Il ragazzo che ora ho di fronte
è proprio quello che nel locale vedevo solo di spalle.
Ha un bel viso, un
naso che rasenta la perfezione, due occhi piccoli e marroni ma bel
delineati. Il pizzetto solo accennato, due lunghe basette e i capelli
in piedi probabilmente fissati col gel.
Sorride alla mia
risposta, questa smorfia mi sa tanto di spaccone. Questo se la tira da
morire, ragione in più per andarmene il più
velocemente possibile.
"Sicura?" mi chiede
sorridendo "Non ti manca qualcosa?" dovrebbe mancarmi qualcosa? Ho la
borsa, Emma e Caro...o cazzo e Caroline dov è?
Mi guardo intorno
allarmata in cerca di quella scema e la vedo pochi metri più
indietro di noi mentre rimette l'anima in un'aiuola, gli amici del
ragazzo con cui sto parlando la stanno aiutando
a rimettersi in piedi.
"Ah" dico scettica
assicurandomi che Emma non stia per rigettarmi addosso la cena da un
momento all'altro.
"Dai, vi scortiamo a
casa. Non è un problema e tu evidentemente da sola non ce la
puoi fare" strafottente si ma ha anche ragione.
"Allora grazie" dico
abbastanza imbarazzata mentre lui afferra Emma per un fianco e mi aiuta
a trascinarla.
"Non reggono l'alcol
le tue amiche, eh?" mi chiede mentre la "carovana" s'è messa
in moto.
"A quanto pare no,
però stasera abbiamo esagerato di solito riusciamo per lo
meno a camminare..."
finale da vera
cattivona ahahaha proprio in mezzo a una conversazione, mi spiace dai
cercherò di scrivere il prossimo capitolo il + velocemente
possibile.
Spero vi piaccia
un bacione
Sara
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