Miracle d'Hiver

di DonnaBart
(/viewuser.php?uid=945365)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A Jouette, cittadina situata nell'estremo nord della Francia, le stagioni e le temperature sembrano essersi fermate a quelle del Natale.

Lainey vi giunge proprio in quel periodo, per visitare i suoi mercatini natalizi, che con le sue case basse illuminate da miriadi di puntini colorati, la trasformano nello gioiello che ogni anno attira orde di turisti.

Due anni dopo, Lainey non ha saputo abbandonarla e adesso co-gestisce il Miracle d'Hiver, un modesto bistrot, con il signor Mulain, proprietario del locale. Lainey ha ventitré anni, la tendenza al pragmatismo, e nessun amore in vista.

Fino a che Gaige Cosgrove, un inglese dall'aspetto riservato e seducente, fa il suo ingresso nel Miracle, incaricato di risollevare le sorti dell'unica biblioteca in città.

Il tempo vola, la conoscenza si trasforma in complicità, la complicità in... amicizia.

C'è un solo problema: i sentimenti che Lainey si scopre nutrire per lui sono decisamente più che amichevoli...
Ce ne sono due, di problemi: Gaige è parecchio fuori dalla sua portata, visto che è decisamente fidanzato. Almeno così era, prima dell'improvvisa rottura.

Allora non c'è altro tempo da perdere, Lainey sa che Gaige lascerà Jouette dopo Natale, e ne è sicura più che mai, che una fredda e monotona serata d'inverno è l'occasione giusta per raccogliere il coraggio e confessargli i suoi sentimenti.

Oh, se solo Gaige non gliel'avesse impedito, rivelandole il ritorno della sua ex...
Spezzandole il cuore.

Se l'imprevisto è dietro l'angolo, i fraintendimenti non mancano di certo, ma non è detta l'ultima parola: fra lotterie natalizie che mettono in palio appuntamenti, terzi incomodi e scomoda gelosia, Lainey proverà a conquistarsi il suo lieto, e lo farà nella notte più attesa da tutta Jouette: la vigilia di Natale.


Ciao!

Eccomi tornata con una nuova storia! L'aggiornamento di Non mi basti mai arriverà molto presto! Oltre a Magda e Nathan, volevo scribacchiare qualcosa di diverso da ciò che di solito preferisco, di breve, ispirato al periodo... ed ecco Miracle d'Hiver, Lainey, Gaige e uno scorcio di Francia che conosco, ho visto e vissuto.

No, la città di Jouette non esiste, ma la sua descrizione sì.

Pur essendo a tema natalizio, naturalmente sforeremo anche il periodo festivo nella pubblicazione dei capitoli, ma tenete sempre conto che si tratta di una storia breve, brevissima! Una sorta di concentrato, per cui i capitoli sono pochissimi. Non vi dico quanti per evitare spoiler e farvi godere la lettura.

NOVITÀ: Per chi volesse, ho aperto un profilo Instagram! Perché dovreste seguirmi? Beh, innanzitutto perché sarà lì che posterò le novità riguardo le storie! E poi, perché potrete trovare frasi in anteprima tratte dai capitoli, info riguardo la pubblicazione di Magda e anche foto! Personali e non.

Mi trovate come:

@donnabart_

Vi lascio il link diretto all'account: https://www.instagram.com/p/BOcTIh6h3Qq

Ci leggiamo presto con il primo capitolo di Miracle d'Hiver e il nuovo di Non mi basti mai!

Baci,
Donna

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Come una scia luccicante, le note di Mariah Carey sfumarono nel Miracle d'Hiver snodandosi fra le sue sedie, aleggiando sui tavoli ornati dalle stampe natalizie, costeggiando il bancone del bistrot in cui Lainey Colder, dall'alto di una scala, contemplava lo sfolgorio delle abitazioni oltre le vetrate spolverate da puntini ghiacciati.

Erano due anni che viveva a Jouette - paesino dell'Alsazia collocato talmente a nord della Francia da possedere, in inverno, tutte le caratteristiche della patria di Babbo Natale - eppure si lasciava incantare dal loro bagliore come fosse la prima volta. La struttura di quelle case era a graticcio, tipica dei paesi nord europei, e lungo le pareti esterne color champagne, strisce color cioccolato cadevano parallele e perpendicolari, fasciandole come un pacco regalo. Era il Natale, però, a impreziosirle come diamanti, ornando il loro perimetro esterno da file di lucine dorate, rosse o argentate.

Quelle case erano davvero singolari.

Le ante delle loro finestre erano in legno laccato, alcune possedevano intagli centrali a forma di cuore, tutte accomunate dai tetti spioventi che ospitavano una fitta coltre di neve; Lainey avrebbe giurato fossero uscite da un racconto dei Fratelli Grimm, ma doveva ammettere che era stato in parte il loro fascino fuori dall'ordinario, a farle decidere di restare a Jouette, un angolo di mondo in cui il termometro sapeva inverosimilmente toccare gradi artici.

In ogni caso, la vista suggestiva di quelle luci - le stesse con cui quel tardo pomeriggio stava addobbando il suo locale -, la avvolgeva in una coperta di lana contro cui nemmeno i gelidi tocchi di neve di cui la cittadina era ammantata avrebbero potuto niente.

Anche perché aveva regolato il sistema di riscaldamento a trenta gradi.

Suo padre riteneva che le luci bianche - richiamando il luccichio etereo del ghiaccio, erano perfette per conferire un'atmosfera elegante, per questo aveva sempre optato per le tonalità ambrate di quelle gialle, forse meno raffinée ma più calorose, che ora pendevano dal soffitto del Miracle d'Hiver come stelle cadenti.

Si era sbattuta per ore, quindi per diritto avrebbero dato quella parvenza comunque e nonostante tutto.

Disceso l'ultimo asse della scala, Lainey scostò una ciocca dalla fronte col dorso della mano, per evitare di rendere la sua capigliatura un caleidoscopio natalizio, posò le mani sui fianchi ed esaminò la sala in un'unica panoramica. Fu fiera di poter librare un sospiro: oltre ad averle rassodato il didietro meglio della GAG e al di là di ogni spettanza, il suo operato poteva definirsi soddisfacente.

Ghirlande di diverse dimensioni e graziose decorazioni dorate rendevano accoglienti vetrate e porte del locale, e candele rosse se ne stavano al centro di ogni tavolo, abbracciate da rametti sottili di abete e vaniglia, diffondendo un tepore che solo al Miracle era possibile trovare.
C'era poco da fare; quel bistrot e il paesino dalle pretese fiabesche erano in qualche modo riusciti a fare breccia nella sua scorza pragmatica, convincendola a stanziarvisi per un periodo che non aveva ancora esaurito il suo tempo.

Jouette attirava ogni anno gruppi di turisti con i suoi mercatini natalizi, così due anni prima aveva attirato lei e la sua famiglia, che dopo le feste aveva dovuto rassegnarsi all'idea di fare di ritorno in patria, l'Inghilterra, con un componente in meno: Lainey aveva casualmente trovato lavoro come bar lady e dimostrato alcuna intenzione di schiodare.
Non che il suo paese non offrisse simili possibilità, né che avesse urgente bisogno di tenersi quello; inizialmente si era trattato solo di dare sfogo al bisogno di visitare posti nuovi en solo, ma quando il signor Mulain - proprietario del bistrot, aveva notato la sua rapidità nel servire, l'affabilità che l'aveva legata in pochi mesi ai clienti abituali, e l'abilità di far resuscitare quel locale - divenuto ormai un punto d'incontro e riferimento per merito delle sue premure - aveva deciso di condividere la gestione con lei. E, da allora, non aveva più lasciato Jouette, se non per fugaci periodi, effimeri giorni di ferie che utilizzava per fare sbrigative visita a genitori e amiche.

Aveva accettato subitaneamente, con l'entusiasmo di chi, adoperandosi con impegno, raggiunge un traguardo senza attenderlo. Solo non aveva calcolato che i turni non le avrebbero reso facile il ritorno a casa per le feste natalizie...

Fortuna voleva che Mulain, uomo la cui canizie precoce designava a poco credibile copia di Babbo Natale, non si era del tutto sbagliato quando, la prima volta che si era fermata al bistrot per un drink con i suoi - le aveva sbandierato che il Miracle d'Hiver era magico.

"Questo locale offre calore e bevande a chiunque scelga di intrufolarvisi!" Li aveva accolti.
"Ma solo a coloro che ci metteranno cuore e gentilezza nel prendersene cura, verrà reso presto o tardi l'amore che gli è stato riservato!" Poi, puntandoli guardingo, si era avvicinato e ripiego verso il loro tavolino, e con fare cospiratorio aveva ingiunto: "Bien sûr, l'olio di gomito è sottinteso nella magia..."

Lainey aveva assentito seria e interessata, per poi scoppiare in risate quando l'uomo si era allontanato. E, incredibile ma vero, i clienti presenti gli avevano persino dato manforte.
Se l'aspetto era strano, ciò che aveva detto non lasciava dubbi: doveva essere uno svitato. Dovevano esserlo un po' tutti in quel locale, clienti compresi.

A due anni distanza da quel giorno, riconobbe fra sé e sé di essersi sbagliata a giudicarlo in quel modo: il suo bistrot magari non era magico, ma colmava sapientemente il desiderio di trascorrerlo con la sua famiglia, riempendosi di amici, caciara, calore e regali.
E, da un anno a quella parte, anche di un attraente uomo che sedeva negli angoli soffusi e meno fragorosi del locale, in compagnia di una tazza di caffè e del suo fedelissimo pc.

Lo stesso che, proprio ora, stava facendo il suo ingresso nel locale, annunciato dallo scampanellio della porta d'ingresso...

Un brivido la rimestò tutta, il suo tocco finale si espresse in strati su strati di pelle d'oca. Ragionando da ingenua, avrebbe giustificato la reazione accusando il freddo, permeato dalla porta principale appena spalancata.
Ne faceva, eccome!
Ma... troppo avveduta per farlo: quello, era stato un brivido di eccitazione. Di più. Una tempesta di eccitazione.
E portava un solo nome.

Lo aveva notato sin dalla notte del precedente Natale, che il nuovo arrivato - Gaige Cosgrove - aveva il temperamento del tipico business man inglese, l'aspetto solido nel giaccone nero e l'espressione concentrata, sempre a battere qualche tasto del suo pc.

Quando il periodo festivo dell'anno precedente fu concluso, Jouette svuotò le strade di turisti, riempendole dei consueti abitanti. A Lainey aveva fatto piacere sapere di un volto nuovo fra quelli dei concittadini di sempre, anche se Gaige nei suoi primi mesi a Jouette non era stato una presenza usuale nel suo bistrot; un anno da trascorrere in una città talmente piccola era troppo lungo per fossilizzarsi sugli stessi posti, così optava per fare tappa in ognuno dei Caffè presenti in zona.

Ad ogni modo, quando quel sistema a rotazione lo portava al Miracle d'Hiver, lo faceva sempre dopo le sette di sera e, da brava padrona di casa, Lainey si preoccupava di intavolare una conversazione, accompagnandola ad una buona tazza di caffè, affinché lui si sentisse accolto come lei due anni prima.

Contrariamente agli abitanti cicaloni, l'uomo non dava l'aria di essere un ciarlone con gli sconosciuti, ma questo non voleva dire che Lainey non fosse riuscita a scambiarci qualche chiacchiera, o che, qualche tempo dopo il suo arrivo, non si fosse lasciata intrigare dai suoi occhi grandi e celesti, che risaltavano come due specchi d'acqua cristallina sul volto dalla mascella quadrata come le sue impeccabili parvenze.

Lainey aveva ventitré anni, un bagaglio affatto carico di esperienze, brevi relazioni alle spalle che avevano scalfito l'ingenuità adolescenziale e mitigato l'istintività con un'intelligente dose di accortezza, ma non era preparata all'attrazione che avrebbe provato per Gaige Cosgrove; aveva fatto presto a scoprire che lui aveva trentadue anni, una modella inglese per fidanzata, e che il suo aspetto controllato emanava un'energia tale da far girare la testa a ragazze come lei.

Non era un dettaglio preciso né qualcosa di spiegabile, come l'aspetto inamidato che prorompeva dal giaccone in panno nero di cui stava aprendo i bottoni, dal quale trapelavano i lembi della camicia scostati pericolosamente nei pressi del collo e chiusi sui rilievi del suo corpo atletico; non si trattava nemmeno delle movenze eleganti e dirompenti, che la richiamavano qualsiasi cosa stesse facendo ogni volta che lui si inoltrava nel suo locale; piuttosto era il modo in cui stava accarezzando il suo nome, un semplice, comune saluto che lo vedeva sostare sulla 'L' per più di quanto avrebbe dovuto essere legale, scivolando come miele fuso lungo la 'y'. Quasi un anno che lo conosceva, e poteva dirlo gentile, mai maleducato, diabolicamente riservato: Gaige era temprato nel modo più affascinante che Lainey avesse potuto sopportare negli ultimi mesi a quella parte.

"Ehi, straniero."
Lo accolse, pentendosi del tono sottile e trepidante con cui si era sentita parlare.
"...Ehi, straniero!"
Rilanciò, vestendo la sua voce del suono genuinamente scherzoso rivolto ai suoi clienti. Prettamente amichevole. Il che equivaleva a ciò che erano diventati loro due in quell'anno: amici.

Se solo Lainey non avesse smesso di guardarlo come l'amico che le era diventato...

Una casuale banalità.

Era così che Lainey etichettava l'occasione in cui aveva capito di essersi infatuata di Gaige Cosgrove: era accaduto otto mesi prima, mentre Lainey chiacchierava al telefono con un papà dispiaciuto di trascorrere il secondo Natale lontano dalla figlia.

"Non dico che dell'esperienza non si rivelerà utile, per te, nel mondo del lavoro... ma dovresti concederti nuove possibilità, prima di decidere se è la gestione del Caffè la tua strada."

Nel frattempo il nuovo abitante - che da quattro mesi era giunto a Jouette per risollevare le sorti della più grande nonché unica libreria della zona, che versava in finanze ormai troppo fragili - si stava addentrando nel bistrot, chiudendo la bufera di neve che imperviava quella sera alle sue spalle.

"Lo sai, che non amo precludermi qualcosa che non abbia almeno provato a sperimentare. È scontato che lo farò."

Dall'altro capo del telefono, un padre masticò una risposta somigliante ad un borbottio.
"Per caso, vale lo stesso per i sentimenti?"

Da canto suo, Lainey arrossì.
Suo padre, apprensivo e un tantino severo, tendeva ad accennare quelli che ogni altro genitore avrebbe bollato come discorsi tabù con la propria figlia, seppur lo facesse con un riserbo che trascendeva i dettagli.

"Non chiedere ciò che non vorresti sapere." Punzecchiò per tutta risposta. "Papà, senti, adesso avrei un po' da fare."
Era indaffarata per davvero.
Col telefono fra spalla e orecchio, stava approntando una tazza per Gaige, che aveva tutta l'aria di essere un superstite dell'era glaciale. Non che intendesse evitare di parlare della sua vita privata, solo non aveva consolidato una di cui parlare, ed era sicura che i suoi flirt non fossero materia di cui il padre voleva ascoltare...

"Lainey, immischiarmi non è da me. Ma..."

"Lo so, che non lo fai, motivo per cui so che non lo farai. Non è vero, papà?"

Come preventivato, la replica diede vita ad una schermaglia telefonica che divertì Lainey e adirò il padre, conclusa con beneplacito di entrambi; mascherati dall'atteggiamento, la mancanza della sua famiglia, della sua vita inglese e delle sue amiche, erano una certezza di cui erano perfettamente consapevoli.

"Vorrei tu non dimenticassi che la persona giusta, sarà quella che, pur dovendo affrontare il gelo, si priverà della sua sciarpa e ti proteggerà col suo berretto, affinché tu non debba mai sentire freddo."

L'adagio irlandese che il padre le ripeteva di tanto in tanto, nella speranza che avesse una vita serena, circondata esclusivamente dalle persone giuste, circa cinque o sei ore prima aveva anticipato la chiusura della chiamata.

Lainey era intenta a predisporre il bistrot per la chiusura, e malgrado i movimenti che solitamente le scaldavano i muscoli, si sentiva terribilmente intirizzita. Il meteo locale non aveva esagerato: una bufera di neve fuori stagione avrebbe tormentato la zona per un po' di giorni; Jouette era una cittadina che viveva di equilibri gioiosi e paciosi che la tenevano ben lontana dalla realtà, per questo bastava un soffio di vento per allarmare i suoi abitanti, ragion per cui Lainey aveva chiaramente fatto un errore di valutazione, pentendosi di aver preso il notiziario locale con leggerezza.

"Ehi, Lainey. Niente male, il pancake. Ci vediamo."

Gaige, che quella sera di attardato al suo Caffè per lavorare al computer, si congedò con un lieve sogghigno, scorrendole accanto nella sala ormai vuota, consapevole di aver compiuto un vero e proprio reato per Lainey Colder: spacciare la sua speciale mug cake - ricetta segreta con cui almeno una volta a settimana attirava nel suo locale i più golosi cittadini - per comune pancake.
Spesso e volentieri, quella canzonatura si era trasformata in battibecchi che non prevedevano per Gaige alcun saluto, salvo fosse tutto dimenticato non appena si ripresentava al locale, il giorno dopo.

Quella sera, però, nessuna zuffa: Lainey ricambiò il saluto distrattamente, riflettendo sul fatto che ormai non c'era più nessuno nel suo Caffè, e che chiaramente stava temporeggiando, mentre osservava con qualche riserva la tempesta oltre le vetrate offuscate di bufera del suo bistrot. La sua casa non distava di molto, giusto quel tanto che le avrebbe fatto beccare un malanno e, giacché non avrebbe potuto rinunciare ai turni, già s'immaginava dar vita a un'epidemia che avrebbe contagiato i suoi clienti prima e tutta la cittadina dopo.

Avrebbe portato il suo nome, quel malanno.

L'affare non le sembrò poi tanto vantaggioso.

"Ah, Lainey."
La voce di Gaige le si posò leggera come un petalo sulle sue spalle.
"Mh?"
Capovolta l'ultima sedia sul tavolino, voltandosi, Lainey lasciò avvolgere il suo campo visivo da un fruscio di morbida, soffice lana; un po' troppo scuro il colore, per i suoi gusti, ma pur sempre calda e rassicurante in una serata come quella: Gaige le stava porgendo il suo giaccone e la sua sciarpa.

E Lainey faticò a mettere insieme i puntini.

Quando vi riuscì, faticò a deglutire. Persino risalire la sua intonsa camicia blu scuro, perfettamente stirata sul corpo forte e slanciato, parzialmente celata da un golf grigio dal sottotono celeste, si rivelò arduo come non lo era mai stato prima di quella volta.

"Ho pensato che potessero servirti."
Ancora, le vibrazioni della sua voce le sfiorarono la pelle in una carezza vellutata, per niente imbarazzata del gesto apprensivo rispetto al tenore superficiale della loro conoscenza. Dal momento che Lainey se ne stava ferma come un masso di ghiaccio, Gaige indicò oltre le sue spalle.
"Direi che stasera c'è fresco."

Ed era probabile che lui stesse farcendo la battuta con l'accenno di un sorriso, ma Lainey non se la sentiva di appurarlo, né di spostare l'attenzione dalla robusta mano che le stava tendendo ciò che lo avrebbe privato dei suoi indumenti, affinché lei... non sentisse freddo.

Le bianche sfumature della tormenta facevano da sfondo al buio del locale, e nel sottofondo basso e soffiato del suo lamento, Lainey si sentì... strana.
Come se avesse appena trovato il senso di qualcosa che aveva sempre cercato, senza che lo sapesse. Tuttavia riuscì a frusciare insù lo sguardo, e quando incontrò gli occhi di Gaige si sentì invadere da una sensazione che le agitò le gambe alla velocità della neve nel vento: avrebbe definito acceso, il modo in cui si sentiva osservata, ma doveva essere il contrasto dell'ambiente scuro contro le lastre lucide ghiacciate delle sue iridi, a potenziare le sensazioni. Sensazioni di cui Gaige non aveva la minima idea, perché dopo averle circondato i polsi per abbandonare la stoffa nelle sue mani, si era già avviato all'uscita.

"Per l'ennesima volta, è mug cake. La mia specialissima mug cake, Gaige Cosgrove!"
Gli rimandò, al posto di un più ovvio e gentile: "Grazie, ma no, grazie. Il tuo giaccone, oltre al mio, mi terrebbero bene al caldo, tu moriresti assiderato."

Gaige si fermò, mostrandole solo il tratteggio del suo profilo su cui si stagliavano gli abbagli opachi della tempesta.

"Non c'è di che, Lainey."
Aveva tuonato prima di scomparire nella tormenta, con intonazione vagamente ironica, vagamente sferzante, che la riportò al presente.

A Gaige, che dall'altra parte del bancone aveva assorbito il tono febbrile con cui l'aveva accolto, per il quale sembrava cercare silenziose spiegazioni nel mogano dei suoi occhi, nelle quali danzava il riflesso delle luci natalizie con era addobbato il Caffè.

Temette quello sguardo, sentì che le stava scavando a fondo, epidermide, derma, strato dopo strato, decifrando quanto aveva cercato di segregare da quella bufera in poi, ma poi Gaige stirò la mimica in un'espressione del tutto inconsapevole dei segreti che la stavano attanagliando, accennò al soffitto, e la tensione di Lainey svanì come un fiocco di neve tra le dita.

"Ti ha dato una mano Mulain?" Inquisì, curioso di sapere a chi appartenesse il merito di quell'atmosfera sfavillante, che solo un esperto di interior designing avrebbe saputo creare.

"Dopo le lotte per l'emancipazione? Questa sì, che potrei prenderla come un'offesa."

Gaige scosse la testa con una smorfia sorniona, e prese posto su uno degli sgabelli adiacenti bancone.
"Faresti male. Non lo era."
Chiarì in timbro conciso e impetuoso, reprimendo il principio di un sorriso che avrebbe potuto sciogliere tutta la neve di Jouette.

E, il fatto era, non solo la neve...

Lainey corse ai ripari, focalizzandosi sul suo lavoro, sulla tazza che gli stava mettendo sotto il naso, nella quale versò il suo caffè preferito: lungo, macchiato da schiuma di latte, talvolta con crema, altre con un velo obbligatorio di cacao. Sì, magari preferito non era il termine più consono, considerato che Gaige era un amante di caffè puro, rigorosamente forte, imprescindibilmente amaro.
Era stata Lainey a convertirlo; deliberatamente, non gliel'aveva mai servito come desiderato, e lui non ne aveva mai fatto questione di stato, giusto un cenno in una sera di sei mesi addietro...

...Quella sera, Gaige fece tappa routinaria al Miracle, senza il suo routinario computer.

E, se si fosse trattato di un'altra persona, Lainey non l'avrebbe reputato un evento eccezionale, ma  si trattava di Gaige Cosgrove, e quando sedeva in un bar, il pc era sempre lì, a celargli il volto.

"Devi proprio avere un buon motivo per vegetare in un bar!" Il pennino del tablet gli era stato puntato contro prima di consentirgli risposta. "E non dirmi che ti si è rotto il pc: non ci crederei."

La sentenza ironica venne dichiarata solo quando la folla della serata si fu dissipata. Poi una tazza di caffè, non propriamente amaro né altamente velenoso come lui aveva sempre chiesto e mai ottenuto, gli venne servita.

"E perché?"

Lainey emise un suono gutturale, di stampo prettamente irridente.
"Perché sono sicura che ne avresti un altro!"

No.
Gaige non rise della battutina.
Per niente.
Al contrario, puntualizzò.
"Perché dovrei avere un valido motivo per raggiungere un bar e gustarmi un drink?"

Ahhh... aveva inteso male la domanda.
Comunque, Gaige non ne aveva dato segni particolari, ma Lainey comprese che qualcosa doveva essergli andato storto, nel momento in cui la sua voce slittò dal timbro normale ad uno agguerrito, per terminare sull'impastato.

"Nessuno, realmente. Scherzavo, Gaige."
Quindi scostò una sedia e gli sgusciò vicino, riservandogli il silenzio complice di cui un uomo aveva bisogno, in certe situazioni, molto più che d'isolarsi.

"Si è rotto."
Decretò Gaige, con una confusione che raramente poteva riscontrarsi nei suoi atteggiamenti sempre saldi, incrollabili.

"Uh, il... pc?"
Domandò, stavolta seria, stavolta non poteva sbagliarsi.

Gaige non rispose. Sembrava preso dalle sue personalissime vicende, per darle corda. Non lo scollava, lo sguardo, da quella tazza di caffè, istillandole un moto di invidia nei confronti della tazza talmente interessante.

"Il cuore."

Se il locale non si fosse svuotato, Lainey non ci avrebbe scommesso, che fosse state proprio Gaige Cosgrove a pronunciare quel termine, che sulle sue labbra non sapeva di melenso, ma di pericoloso, talmente basso da risultare vibrato, come accennato fra sé e sé più che ad un interlocutore.
E...
Auch. Lainey si rese conto di star incontrando un Gaige distante dalla calibrata facciata di sempre, logorata da qualcosa. Da qualcuno.
E mai come in quell'occasione avrebbe voluto aver ragione si trattasse solo di un banale pc.

Gaige sorseggiò un sorso del caffè, il primo. Lo ripose sul tavolino, trattenendolo con uno sguardo e una mano.

"Non mi hai mai portato il caffè che ti chiedevo."
Se di protesta si trattava, avrebbe dovuto lavorare sulla convinzione.
"Anche questo è zuccherato".
Constatò, senza dare l'impressione che vi fosse realmente interessato in quel momento.

"Lo so."

Gaige archiviò l'argomento con un cenno secco, non si interrogò sul perché lo facesse. Probabilmente Lainey aveva le sue buone ragioni di serviglielo a quel modo.

"Tyra, la mia fidanzata, oggi mi ha chiesto una di quelle pause di... riflessione."
Ingiunse senza guardarla, trovando stranamente confortante il silenzio di Lainey.

I muscolosi del suo collo erano appena arcuati nella sua parte superiore, cosicché la testa gli ciondolasse in avanti, il focus nel caffè che reggeva tra le mani. Il suo stato d'animo, comunque, non gli modellava il corpo di sconfitta afflizione, ma la sua imponenza non ne restava nemmeno del tutto indenne; malgrado si mostrasse vagamente turbato più che ferito, Lainey tenne conto di quella confessione apparentemente leggera e superficiale, che nascondeva la debolezza di chi non è abituato a concedere di mostrare.

Quella sera, non era che un uomo attraente e desolato, e lei voleva consolarlo, ma non sapendo come fare azzardò a posargli una mano sulla sua. Gaige risultò così insensibile al suo tocco da accettare il gesto di vicinanza senza nemmeno accorgersene, come se quel contatto tanto ravvicinato e intimo non lo sorprendesse, perché privo di alcun peso per lui.

"Se non ne aveva valide ragioni, forse riflettere non le farà male." Si sentì proferire Lainey, consapevole di far pendere l'ago della bilancia a prescindere dalle conoscenze dei fatti che non possedeva, per farlo. "Nessuna persona assennata, diversamente, ti avrebbe allontanato."

E tutto d'un tratto, il bicchiere che calamitava la sua attenzione ne soffrì la perdita, ora ondeggiata lenta e irruente allo stesso tempo su di lei.
Probabilmente si era spinta oltre, pensò mentre ritraeva la mano, muovendosi agitata sulla sedia.
Le iridi di Gaige si erano fatte liquide, una v gli solcava la fronte, mentre prendeva coscienza delle sue parole. E dei suoi tratti, visti da vicino per la prima volta.

Accigliato, sondò la sua fronte spaziosa e l'ovale a cuore, con la lentezza che solo un irresistibile provocatore o un inguaribile bevitore sapeva concedersi; l'ispezione si focalizzò sul taglio degli occhi allungato come la forma delle sue labbra, non piene come quelle di Tyra, ma più naturali. Femminili, in un modo tutto loro. Un modo delicato e provocante.

Al contempo, Lainey realizzava che nessuna delle emozioni che viaggiavano sul volto di Gaige riusciva a sedimentarvisi, troppo sfuggenti, troppo fumose, passeggere, per conquistarlo.

Ma non le aveva lasciato andare la mano, quando aveva tentato di ritrarla.

Tenendola ancora abbandonata contro la superficie legnosa del tavolo, lui roteò la sua perché fossero palmo contro palmo, per poi serrarla impercettibilmente, perdendo in gentilezza. Impossibile non cogliere l'improvvisa e crescente irritazione espressa da quella morsa.

"Sei una bugiarda."
Aggredì Gaige con voce piatta e brusca. "Credi che frasi di circostanza possano consolare un uomo come me?"

"No."

"E allora non perdere tempo a dirmene." Ricusò insensibile.

"Non ho detto di averlo fatto: la mia non era una frase di circostanza." Affrontò seria e impettita, bilanciando il tono rude di lui con uno altrettanto rovente e spazientito. "Lo penso."

Gaige la trafisse con uno sguardo affilato; una fiamma nera si animò frastagliata nei suoi occhi. Con fare insidioso, il suo viso si chinò fino ad accostarsi con malsicura lentezza al suo; dalle sue labbra, un solo sospiro.
"E tu, saresti assennata come non lo è stata lei, Lainey?"

Sapeva che quell'atteggiamento disinibito nasceva dal suo stato alterato. Lainey lo sapeva, ma non impedì ad una scia tiepida di schiudersi nelle viscere, serrandole le gambe. Un pensiero le aizzò la velocità del respiro, e forse per indole, forse per fortuna, Lainey riuscì ad insabbiare la sua reazione.

"Mi dispiace" si sentì enunciare atona, allontanando la stretta della sua mano con una decisione che la sua voce non pareggiava. "In questo momento, potrei non esserlo affatto."
Così si era alzata, aveva raggiunto il bagno, segregato quel pensiero e rinfrescato le sensazioni sotto il getto gelido del rubinetto.

Quando era tornata in sala, pronta ad occuparsi di Gaige e dei suoi clienti con l'allegra disponibilità che le era spontanea... lui se n'era andato.

"Lainey, hai sentito quello che ho detto?"

Alla traboccante impazienza di Gaige, Lainey rizzò le spalle, pronta a rimbeccargli di no, persa a ricordare qualcosa che loro non avevano mai chiarito, per ascoltarlo. Con una pinza si occupò di sistemare in un espositore i biscotti di pan di zenzero. Non li aveva fatti personalmente, non era una pasticcera, ma il suo palato garantiva fossero ugualmente ottimi.

"Ero sovrappensiero."
Non si scusò, il velo di un sorriso teso le plasmò superficialmente i tratti del viso.

Dopo quella serata, conservata nei dettagli dalla sua mente, Gaige era tornato il solito. Probabilmente non ricordava nemmeno di quell'occasione, di quella conversazione intima rispetto alle chiacchiere solite, questo perché non riteneva fosse accaduto nulla di significativo da essere ricordato o menzionato. Lainey non lo biasimava; il loro rapporto ne aveva comunque beneficiato e, col tempo, acquisito maggiore confidenza, dando vita al loro rapporto di amicizia.

Una carezza le lambì una guancia.
La sua mano. Grande, levigata.
Gaige le stava sfiorando una guancia con il pollice, soffermandosi sulla sua fronte.
"Ti senti poco bene? Non sarà che hai preso freddo?"

Lainey si irrigidì come se ne avesse, quando il suo tocco aveva innestato temperature tutte opposte, combattendo l'istinto di socchiudere le palpebre per lasciarsi cullare dal suo tocco.

"No, no" vibrò incerta, cercando di sintonizzare la sua voce su una frequenza meno sensibile, meno reattiva di quelle appena subentrate.
"Sono abituata al clima di Jouette. A proposito, ho adocchiato un pinguino che passeggiava lungo la rue dei mercatini, l'altra sera."

Appurato che non ci fosse nulla che non andasse, la mano di Gaige aveva già lasciato il suo viso. Se non le avesse già rivolto un sorriso docile, tiepido come un plaid, magari avrebbe sentito freddo per davvero.

"Era ciò di cui volevi parlarmi? Pinguini?" La schernì.

Ciò di cui voleva parlargli...

"Ehi! Domani sera passeresti dal Miracle? Vorrei parlarti" gli aveva scritto la sera prima in un messaggio.
Il "Ci sarò" di lui non aveva tardato ad arrivare.

A quasi un anno dall'arrivo di Gaige a Jouette, si era instaurata una preziosa complicità fra loro, per questo Lainey aveva deciso che era tempo di confessargli tutto, svelando che il motivo per cui gli aveva detto che no, non sarebbe stata più assennata della sua ex, quella volta, era perché avrebbe desiderato baciarlo.
E che, sì, sarebbe stata più assennata di Tyra, perché aveva iniziato a provare qualcosa per lui dal momento in cui le aveva donato la sua sciarpa otto mesi prima, inoltrandosi nel gelo senza esitazione.

In quel lasso di tempo, Lainey era stata una talentuosa artista del tenere a bada le emozioni, e non lo aveva fatto solo per evitare imbarazzi, ma anche per preservare l'amicizia che non sapeva come avrebbe risentito di quella dichiarazione: se lui non l'avesse ricambiata, si sarebbe irrimediabilmente infranta; il punto di voler ugualmente tentare, stava nel fatto che dopo Natale, Gaige sarebbe tornato a casa, in Inghilterra.
Il suo compito era stato portato a compimento, e Gaige l'aveva fatto egregiamente: la libreria per cui era giunto a Jouette era tornata a sopravvivere grazie al suo operato.

Lainey stritolò nervosamente una cannuccia, le cui strisce rosse e bianche si rincorrevano oblique in una decorazione prettamente natalizia. Se fosse rimasta a riflettere ancora sul da farsi, il coraggio di quella sera sarebbe svanito, il Natale sarebbe passato, Gaige se ne sarebbe andato, e...

Basta.

Era stufa di aspettare.

"Gaige."

Era il momento di agire.
E non se ne sarebbe pentita affatto, comunque fosse andata.
Il coraggio non le era mai mancato, e al diavolo come l'avrebbe presa: Lainey era abbastanza donna da dirgli come stavano le cose senza giri di parole, e lo era perfino da continuare a respirare, mangiare e dormire se lui l'avesse allontanata di conseguenza.

"Visto che hai deciso di tenermi sulle spine, tocca a me rompere il ghiaccio per te, parlandoti per primo."

Lainey strabuzzò gli occhi. Si accigliò. E s'incuriosì. Le sue confessioni potevano aspettare qualche altro minuto.
Parlarle di cosa?

"Riguarda... un'uscita."

Detto ciò, il cuore le prese a sbattere contro la cassa toracica come se volesse sbalzarvi fuori da un momento all'altro.
Lainey lo capì ancor prima che lui si spiegasse. Era istinto, puro e inconfutabile. Un'uscita. Stava per invitarla ad un appuntamento con lui.
Alleluia, Gaige Cosgrove! Ci voleva così tanto!? Tra loro c'era qualcosa, qualcosa che non provava solo lei! L'emozione di stare per sentirgli pronunciare ciò che lei si era programmata di dirgli, le ammantò il petto. Avrebbe voluto scoppiare a ridere di gioia: avevano scelto lo stesso giorno, per giunta!
Non era forse il caso di iniziare a credere al destino? O, semplicemente, di credere che provavano davvero lo stesso l'uno per l'altra.

E tanto le bastava.

"Dunque..."
Esortò, trattenendo a stento il fiume in piena che la sconquassava, agognando che finalmente si aprisse con lei, sentiva che Gaige stava per farlo. La suspense non la uccise solo perché la speranza le si cristallizzò negli occhi.

"È Tyra.
In settimana mi vedrò con lei."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Un gancio dritto, secco, preciso. Lainey sussultò, come se un pugile spuntato dal nulla avesse scambiato il bar per un ring, e lei per il suo avversario.
L'aveva stesa.

Anche se, a guardarla dall'esterno, non si sarebbe detto; Lainey non concesse ad alcun muscolo di guizzare sotto lo sguardo inquisitore di Gaige, ma dentro... si sentiva disorientata, non sapeva che dire, l'aveva presa in contropiede. Aveva creduto che... no, lei ne era proprio convinta, che tra i due non ci fosse più niente.

Insomma, Gaige non aveva mai menzionato la ex fidanzata - eccezion fatta per il giorno in cui si erano lasciati - ma da allora era sicura di non averlo più visto crucciato, pensieroso. Dal tenore allegro che aveva caratterizzato la loro amicizia, Lainey aveva avuto la sensazione che Gaige fosse andato avanti; a giudicare dall'espressione sollevata con cui le aveva comunicato la notizia, però, come se avesse finalmente espirato tutta l'aria trattenuta da mesi, le fu evidente di essersi sbagliata.
Lasciarsi, doveva essere stato qualcosa che Gaige Cosgrove non aveva né avrebbe mai programmato; tornare con Tyra, ciò che aveva sempre desiderato.

A conti fatti, quella circostanza non era dipesa da lui: era stata Tyra a proporre una pausa nella loro relazione. Una pausa... perché solo di quello si era trattato, ed ora che la sua ex aveva cambiato idea, il tempo era scaduto, e la pausa era finita.
Per Gaige, probabilmente mai iniziata.

"Allora, è il tuo turno. Cosa volevi dirmi?"

Il silenzio conseguito alla buona nuova venne rotto dalla voce profonda di Gaige. Era strano, quel silenzio. Oscurava persino le luci vivide che avevano sempre tenuto caldo e luminoso quel bistrot; fu solo una sensazione, ma improvvisamente non gli parve emanassero lo stesso calore di sempre.

Lainey ripensò al motivo per cui gli aveva chiesto di passare, a ciò che avrebbe voluto dirgli, quindi intrecciò le parole l'una all'altra, in un nodo indissolubile da spingere nelle profondità remote della sua mente.
Sarebbero tornati insieme.

Lucidando l'interno di una tazza, Lainey sperò di aver spinto abbastanza quell'ammasso di parole, e tutte le emozioni che si trascinava dietro, da farlo disperdere nei meandri delle sue emozioni, fino a scomparire.

"Beh, è... positivo!"
Si costrinse a cinguettare, con un allegria che stonava col ritmo lieve del suo cuore, per regolare poi il tono a temperature asettiche, meccaniche. "Comunque, ti ho chiamato per dirti che la notte di Natale, purtroppo, sarò di turno. E quindi..."

"E quindi, avevamo programmato, Lainey."

La sua reazione fu istantanea.

"Sino a ieri, la questione dei turni era sistemata."

Assolutamente.
E continuava ad esserlo, difatti, al punto che avevano organizzato di trascorrere il Natale insieme; Gaige si trovava a Jouette da circa un anno, e poteva ritenersi perfettamente amalgamato alla comunità cittadina, ma quella non era la sua casa, non c'erano i suoi parenti né gli amici con cui spendere le feste come avrebbe fatto in Inghilterra; dal canto suo, Lainey viveva una situazione analoga ma la fortuna di gestire il Caffè, che avrebbe lasciato le sue porte aperte anche la vigilia del Natale, per i clienti e gli abitanti che avevano deciso di passare insieme alla famiglia Mulain la ricorrenza.

Erano in molti a farlo, e perfino i concittadini che trascorrevano il Natale nella propria casa, finivano presto o tardi per fare un salto al Miracle, a condividere la convivialità natalizia, il vin brûlé e i dolci sfiziosi carichi di zucchero a velo, con gli amici di sempre.

Non era un fatto casuale, aver concordato con il signor Mulain un turno che l'avrebbe tenuta a lavoro tutto il giorno, così da avere libera la serata; l'avrebbe trascorsa ugualmente al locale, ma non da dipendente, bensì da ospite. L'anno precedente - il suo primo a Jouette, si era sentita a suo agio con la famiglia di Mulain e quelle dei cittadini, riunite nella fragorosa tavolata che l'aveva ospitata come se avesse vissuto lì da sempre. Il solo pensare che quest'anno l'avrebbe speso anche con Gaige, le faceva traballare le tazzine fra le mani, perché avrebbe potuto finalmente mettere in atto quanto preparava da settimane: non avesse trovato il coraggio di palesare, in quei giorni, i sentimenti nutriti per lui, ci avrebbe pensato la vigilia del Natale stesso, avvicinandoli abbastanza perché trovasse la determinazione di farsi avanti.

Sarebbe dovuta andare così.
Ma ora, invece, non c'era più spazio per dichiarazioni, intenzioni o desideri: gioia e trepidazione, appena andate in frantumi sotto i suoi occhi, negli occhi di Gaige.

La presenza della sua ex a Jouette significava che lui l'avrebbe portata al locale con sé, annullando le speranze che Lainey aveva riposto in quella serata, dandone vita ad una opposta: quella che Gaige non si presentasse affatto. In fondo non avrebbe trascorso il Natale da solo, se avesse deciso di passarlo nel proprio appartamento piuttosto che al locale, visto che con lui ci sarebbe stata la sua donna.

Quella consapevolezza sfumò in scenari che vedevano la coppia, al tepore della loro casa, contagiati dalla magia del Natale, lasciarsi andare in tenerezze che, se l'avessero trascorso al bistrot, non avrebbero potuto di certo manifestare.

Magari non sarebbe stato così male, ritrovarseli al Miracle...

Non era per niente vero.
Seppur si fosse tenuta occupata a servire le pietanze, prima o poi sarebbe stata costretta a vedere l'uomo a cui stava per aprire il suo cuore, con un'altra persona al suo fianco. A mezzanotte, Gaige avrebbe baciato Tyra, al tavolo, davanti a tutti? O le avrebbe riservato, durante la cena, gli sguardi teneri che Lainey aveva sperimentato su di sé pochi istanti prima, quando Gaige aveva creduto fosse distratta perché influenzata?

Le immagini proiettate dalla sua mente le graffiarono la gola, scombussolandole l'umore. La realtà era che non importava dove Gaige avrebbe trascorso in Natale: il punto era che sarebbe ritornato con la sua ex fidanzata.

"Era tutto risolto, ma avevamo messo in conto che avrei dovuto aiutare, fosse stato necessario. Gestisco questo bistrot, Gaige. Non sarebbe giusto, se fossero i familiari di Mulain ad occuparsi della clientela al posto mio."

Lainey aveva scacciato sul nascere la patina bollente che voleva vestirle gli occhi, mentre Gaige l'ascoltava senza tradire alcuna emozione. Non ribatté nemmeno.
Era fatta.
Quasi. Non poteva semplicemente dargli buca, doveva costringersi a pronunciare le premure tipiche di un rapporto d'amicizia. Amici, come lo erano loro.

"Naturalmente ci saranno molte persone, e si giocherà a carte. Se vorrai comunque unirti..."
A denti stretti, la sua voce di invitante aveva ben poco, e Gaige dovette capire l'antifona, perché la sua replica si fece ermetica.
Ostica.
"Non dovessi avere di meglio da fare, vedrò se passare."

No, rimbombava forte e chiaro la sua risposta.

Gaige non ne comprendeva il motivo - e a quel punto non gli interessava nemmeno, perché era cristallino che Lainey non avesse improvvisamente più voglia di trascorrere il Natale con lui, come concordato. Non aveva mai avuto la necessità di convincere una donna, amica che fosse, e non sarebbe sceso a compromessi con la sua indole quel giorno: se le cose stavano così, no, che non si sarebbe presentato.
"Nero, Lainey."
La durezza del suo timbro le si scontrò contro la pelle, mentre lui abbandonava la tazza dopo un sorso stentato.
"Ti avevo chiesto del caffè nero."
Esternò, seccato per la prima volta dacché Lainey glielo aveva servito zuccherato, nonché dalla prima che aveva messo piede nel suo Caffè.
Non si era mai lamentato, fino ad allora.
Fino al momento in cui Gaige spiaccicò gli spiccioli sul bancone, un cenno di saluto, e marciò lontano, scomparendo in men che non si dica dalla sua vista.

~

Due giorni dopo, gli abitanti di Jouette componevano un'euforica fila che iniziava dalla porta principale del Miracle e finiva al suo bancone, dove il signor Mulain si occupava di distribuire gli ultimi biglietti della lotteria natalizia.
Erano andati letteralmente a ruba.

Creava sempre un gran daffare e tanto chiasso, quell'evento; non era tanto quel che metteva in palio - per lo più si trattava di oggetti comuni, qualche elettrodomestico di dimensioni ridotte e un buon numero di colazioni prepagate per qualche settimana; il merito apparteneva all'atmosfera bonariamente competitiva, alle blande scaramucce su chi si fosse aggiudicato premi vantaggiosi più di altri, era l'allegria condivisa a suon di bevute, a rendere la lotteria annuale un evento iper atteso dai veterani dell'imbiancata cittadina, almeno quanto lo erano i suoi mercatini natalizi per i turisti, che ora gironzolavano in massa per le sue stradine.

Quando l'ultimo dei biglietti si esaurì, Lainey si mostrava preoccupata.

Circa un mese prima, il suo co-gestore le aveva chiesto un favore, mentre lei era intenta a chiacchierare con Gaige e la signora Polette, dopo aver servito loro un pezzo di cheescake.

Più che di una richiesta, si trattava di un'autentica assurdità, come, mettere in palio un appuntamento con lei. Notato l'evidente sgomento della ragazza, Mulain l'aveva immediatamente rassicurata sul fatto che quella era solo la dicitura - alquanto farcita - riportata sul biglietto. Tecnica di marketing, l'aveva definita, spiegandole che in realtà si trattava solo di un'ora che il vincitore avrebbe trascorso con lei nello stesso bistrot, ad un tavolino selezionato da lui personalmente - il più vicino alla cassa - affinché tutto avesse luogo sotto la sua vigile e severa attenzione.

Conoscendo la natura dei concittadini, entrambi sapevano che, in linea di massima, Lainey avrebbe potuto dormire sonni tranquilli, inoltre Mulain aveva approntato un eventuale premio di riserva, qualora l'uscita fosse stata vinta da un turista, nonché perfetto sconosciuto.

"Aumentare gli introiti, sì, ma con tutte le precauzioni del caso!"
Aveva esclamato l'uomo, per ragguagliarla sul grado di sicurezza della faccenda. E, non che Lainey si ritenesse talmente importante, ma se anche le avessero procurato un body guard, avrebbe comunque rifiutato quella bizzarra richiesta d'aiuto.

"Gli affari sono affari, Lainey."
Aveva richiamato la loro attenzione Gaige, che oltre il bancone aveva involontariamente ascoltato la conversazione.
"Compro un biglietto."
Aggiunse, ancor prima che Lainey comunicasse loro la sua scelta.

Lanciandogli un'occhiata vispa, le labbra le si allargarono in un sorriso scaltro e vivace, prontamente ricambiato da quello dell'amico. E una lampadina le si accese per la testa, rischiarandole le idee: se avesse accettato, ci sarebbe stata la probabilità che Gaige vincesse l'appuntamento con lei.

Okay, era il caso di dire che sarebbe stata lei a vincere un appuntamento con lui... comunque, tutto ciò era avvenuto prima che il loro rapporto si raffreddasse come nell'ultimo giorno a quella parte: Gaige era passato dal locale la sera prima, come di consueto per lavorare al computer, e avevano scambiato poche battute, tenendosi sul civile quanto forzato.
Lainey aveva mantenuto le distanze, lui gli occhi incollati al pc; lei si era tenuta occupata tutta la sera, lui aveva alzato i tacchi all'orario abitudinario, senza perdere tempo in convenevoli perché troppo impegnato al telefono.

Inevitabilmente, si era domandata se parlasse proprio con Tyra, ed il dubbio le aveva causato una fiammata di gelosia. Si interrogò anche se fossero tornati già insieme, e quanto tempo sarebbe passato prima che la portasse lì, al locale, con lui.
Dubbi dei quali non desiderava realmente conoscere risposta.

Stava di fatto che non sarebbe accaduto quella sera, visto che Gaige era appena entrato nel Miracle, con andatura spedita verso il bancone. Verso di lei.

"Ehi. Una tazza del tuo pancake, non sarebbe una cattiva idea."
Un sorrisetto provocatorio accompagnò l'ordinazione, facendogli guadagnare un'occhiataccia per il solito appellativo rifilato alla sua mug cake.

Ricambiato il saluto con un altrettanto magro "Ehi", Lainey appurò che Gaige non mostrava la minima traccia di cruccio, men che meno interesse per la piega gelida che stava prendendo il loro rapporto; la cosa non avrebbe dovuto infastidirla - o magari dispiacerle - così tanto.

"Pare che qualcuno abbia trovato dell'oro."
Gaige indicò la folla con un'alzata del capo.

"In effetti, è così che potrebbe definirsi un'uscita con me. Grazie."
Ribattendo ironica - al limite del sarcastico, gli servì la fetta di pancake che Gaige studiò accigliato.
Non era ciò che aveva richiesto. Almeno, non realmente. E in un attimo, un sorriso furbo gli solcò il volto: stavolta, Lainey gliel'aveva fatta pagare.

"D'abord, prendiamo tutti posto. Vite, vite! È tempo di lotteria, per Jouette!"
La voce grossa Mulain squillò grave al microfono, aggrottando ulteriormente i tratti di Gaige. Lainey intuì che non aveva la minima di idea di ciò che stava per svolgersi all'interno del suo Caffè, probabilmente non ricordava del giorno in cui il suo co-gestore le aveva parlato della lotteria: il che significava che per lui, un'uscita con Lainey non aveva nulla di eccezionale, niente che meritasse di essere tenuto a mente.
E non poteva nemmeno fargliene colpa, loro erano amici, semplici amici, ed era normale che Gaige non lo ritenesse l'evento del secolo.

Nel frattempo, Alec - coetaneo di Lainey, in compagnia della sua ragazza, si approssimò al bancone per ordinare una birra, dando l'opportunità a Gaige di carpire le parole chiave della loro conversazione, svelandogli la ragione di tanto clamore presso il Miracle d'Hiver. Pagata la sua porzione di pancake, decise, così, di prendere posto ad un tavolino per assistere all'estrazione; non aveva con sé il biglietto, ma ricordava di avere il numero ventiquattro, e lo ricordava perché era la data in cui era giunto un anno prima a Jouette, proprio la vigilia di Natale.

"Mesdames et Messieurs, l'innovativa - poi mica tanto - stufa alogena, quattro potenze e dispositivo di sicurezza ad auto spegnimento, finirà tra le mani del fortunato numero... 28!"

A inaugurare la lotteria, la signora Boisseux, una donna di mezza età che qualche istante dopo il ritiro del suo premio, quando i partecipanti indirizzarono nuovamente la trepidante attenzione a Mulain ed al prossimo premio in estrazione, Lainey scorse donarlo all'ottuagenaria Endrique, che ne avrebbe beneficiato quanto, forse più, di lei.

La cosa andò avanti per un po'; il paese stava conquistando frullatori ad immersione di ultima generazione, colazioni prepagate, un set di make-up francese - (vinto dall'imbronciatissimo signor Roupert) -, fino ad arrivare ai soli tre biglietti non ancora premiati.

Compreso quello di Gaige.

Il cuore prese a palpitarle talmente agitato che le sarebbe guizzato in gola da un momento all'altro: non solo Gaige era ancora parte attiva dei giochi, ma lo era anche l'appuntamento con lei!

La possibilità che fosse proprio lui a vincere l'uscita, innescò un uragano di sentimenti contrastanti: una parte di sé avrebbe sempre desiderato che fosse Gaige ad aggiudicarselo, nessun altro. Ma adesso che Tyra era tornata, tutto era cambiato, ed una parte di lei - una massiccia parte di lei, non era più sicura di volere del tempo con lui: sarebbe stato come avere il proprio dolce preferito tra le mani, inalare il suo profumo e pregustarne il sapore, tuttavia senza poterlo nemmeno avvicinare alle proprie labbra.

"E ora, siamo giunti al momento dei momenti, crème de la crème della serata, amici miei! L'unico e solo appuntamento con la nostra splendida, quanto intelligente - è anche cintura gialla di karate, per i più giacobini fra voi - Lainey, è aggiudicato dal numero..."

La signora Lepont, unica sopravvissuta fra i due non ancora sorteggiati, sembrava piuttosto partecipativa. Lainey viveva a Jouette da abbastanza, per poter affermare di conoscere i suoi polli, pertanto c'erano due alternative: o la signora Lepont era molto contenta di condividere un appuntamento con lei, oppure lo era di scambiarlo con quella che sarebbe stata la vincita di Adrien, il ragazzo che era rimasto a gareggiare con Gaige, assicurandosi di ottenere un premio che l'avrebbe soddisfatta.

"...Le numéro 57 !"

"La vie me sourit! "
Un urlo richiamò a sé mezza Jouette.

L'esclamazione esultante venne strimpellata dalla persona che, sollevandosi di scatto dalla sedia, aveva finito per riversarla all'indietro, fiondando a braccia tese verso l'alto la mano che stringeva il numero appena chiamato, quasi fosse un trofeo a lungo aspettato.
Adrien, il ragazzo che stava dimostrando tutta la sua felicità per il premio accaparrato, era quello con cui Lainey avrebbe dovuto trascorrere un appuntamento. E, in realtà, Lainey si era accorta che Adrien cercava di dimostrarglielo da parecchi mesi a quella parte, ma suo malgrado, era sicura di non potergli dimostrare lo stesso.

Il ragazzo si avviò a passi convulsi verso di lei, sembrava sul punto di fiondarsi sul suo corpo per sollevarla dal terreno e farla giravoltare tra le sue braccia.

Lainey mosse un indietro istintivamente dinnanzi alla sua foga, fortunatamente il ragazzo mantenne un certo contegno, limitandosi ad investirla con genuina esaltazione fatta di frasi e schiamazzi gioiosi, misti alle pacche che i suoi amici gli rifilavano sulle spalle, spintonandolo sempre più verso di lei. Ma Lainey non riusciva ad ascoltarlo, a vederlo, perché la sua mente, i suoi occhi cercavano disperatamente Gaige nel caos della sala, come se il suo sguardo lucido avesse potuto...
Cosa?
Convincerlo a raggiungerla? Magari a strapparla dalle attenzioni di Adrien, e da qualsiasi altro appuntamento non fosse con lui?

La malinconia le ammorbidì i tratti del volto fino a convogliarli verso il basso; forse, certi desideri erano destinati a rimanere dei sogni. Bellissimi, irrealizzabili, sogni. Eppure, mentre il suo sguardo rinunciava alla ricerca dell'unica persona con cui Lainey aveva desiderato di stare, una scintilla sfrigolò nell'aria quando la traiettoria confluì i loro sguardi in uno solo.

Il signor Mulain gli stava di fianco, intento ad assegnargli un premio.
Gaige era fermo, stringeva il suo premio fra le mani, guadagnandosi le congratulazioni delle signore che gli passavano di fianco, senza ricambiare nessuna di loro.
Lainey si costrinse ad offrire un fugace sorriso ad Adrien, che era lì, di fronte a lei, da quelli che avrebbero potuto essere minuti come ore, senza scostarsi dal suo campo visivo di un solo millimetro, inondandola con la sua gioia, prima ritornare a Gaige.

Gaige... che le aveva già voltato le spalle, per incamminarsi verso l'uscita, senza nemmeno degnarla del cenno di un saluto a distanza.

Come poteva, l'arrivo della sua fidanzata, aver scombussolato a tal punto il loro rapporto, radendo al suolo un'amicizia che durava da mesi, persino i suoi modi di fare sempre attenti e gentili nei suoi confronti, tutto nel giro di pochi giorni?

Le giornate di Lainey si caratterizzavano del costante contatto con la gente, ma quella sera aveva bisogno di un'eccezione.
Voleva chiudere prima, aveva bisogno di rintanarsi nel suo appartamento, al caldo del suo pigiama, concedendo esclusivamente ad una cioccolata calda ed una maratona di serie tv su Netflix, di popolarle la vista e i pensieri.
E così fece; dopo aver riordinato, spense le luci, infilò le maniche del suo cappotto in panno rosso, e si avviò all'uscita del locale.
Mentre chiudeva le porte del suo Caffè, ciò che faceva capolino dalla pattumiera attirò la sua attenzione, ed i suoi passi, fino a ritrovarsi di fronte ad una centrifuga per verdure e frutta, nuova di zecca.

Il premio di Gaige.

~

Il giorno dopo Lainey stava lustrando il bancone.

Più lustrava, meno riusciva a toglierselo dalla mente, lo sguardo profondo che si erano scambiati mentre Adrien le stava di fronte. Le parole con cui le aveva comunicato il ritorno della sua ex fidanzata. Il bacio.
Il loro bacio.

Avrebbe dovuto dimenticarlo.

Non era significato niente. La loro amicizia non ne aveva subito la minima ripercussione, lo sviluppo del loro rapporto ne era stata la dimostrazione; si era trattato di nient'altro che un escamotage, pura finzione utilizzata a fin di bene, senza significati né sentimenti nascosti. Ma Lainey non sapeva rimuovere il sapore delle sue labbra, il modo in cui le sue mani erano aderite alla sua vita, lo slancio di passione in cui lei, di finto e inscenato, ci aveva relegato ben poco. Era avvenuto qualche mese indietro, molto prima che diventassero amici, eppure le sensazioni che le suscitava il solo ricordo erano vivide, come fosse appena accaduto.

...Approfittando di una festa locale, che sembrava tenere sveglia l'anima della cittadina oltre le porte del locale, Gaige si era trattenuto a lavorare presso il
Miracle fino a tardi, godendo della quiete, per concentrarsi sul business plan che gli spettava esaminare e riorganizzare, per risanare l'imminente crollo della libreria.

Lainey gli aveva portato una tazza di cappuccino fumante, poco più tardi un dolce, e un paio d'ore dopo aveva insistito perché assaggiasse la speciale birra di Jouette, prodotta esclusivamente in quel periodo, tra le più buone dello stato: beneficiando delle tecniche dei vicini tedeschi, custodiva un sapore delicato, privo delle note amare tipiche della bevanda, ma l'alcol, anche se stemperato dalle note lievi del grano, c'era eccome.

E Jerome Lacroix, imprenditore che abitava in una cittadina limitrofa, investitore della parata annuale di Jouette, si stava occupando di darne prova, flirtando con lei in un modo che i telecronisti calcistici avrebbero a dir poco definito pressing.

Jerome aveva una quindicina d'anni in più di Lainey, ma giocava le sue carte con lei ogni qualvolta metteva piede in città; per lo più, il tenore dei suo approcci si teneva sullo smargiasso, senza mai oltrepassare i limiti - anche se la definizione di limiti risultava un concetto opinabile, visto che Lainey era costretta ad evitare lo sguardo grondante di malizia che l'uomo riservava al suo corpo ogni volta che la vedeva, mettendola a disagio come pochi riuscivano.

Probabilmente dovevano essere i gradi di alcol in più del solito, quella sera, a renderlo particolarmente sgradevole; nulla che Lainey non sapesse gestire, ne era convinta, ma l'insistenza di Jerome nel volere ballare con lei, nel locale ormai desolato, data l'ora, sommata alla sua brama di stabilire un contatto intimo con la sua pelle, con i suoi capelli, ed il suo collo, stavano per mandarla su tutte le furie. Se non l'avesse piantata nel giro di pochi istanti, Lainey l'avrebbe rimesso al suo posto, e non ci sarebbe stato nulla di comprensivo nel modo in cui l'avrebbe fatto.

"Andiamo... che sarà mai, ti sto chiedendo solo un ballo."
Jerome, con più forza di quanta ne possedesse lei nel liberarsi dal suo abbraccio, aveva avviato un percorso lascivo che le scivolava lungo i fianchi, soffermandosi sul retro delle cosce, nella loro parte più alta.

"Ti ho detto di smetterla, stronzo!"

Imprecò improvvisamente acuta, in quella presa, salda non abbastanza da evitargli una ginocchiata nel punto in cui gli si erano maggiormente accumulate le fantasie.

"Si può sapere che problemi ci sono?"

Jerome l'aveva lasciata andare da pochi secondi, piegato in due su stesso, ma alla stentoreità della una voce aveva squarciato l'atmosfera silenziosa del Caffè, come un temporale alle sue spalle, cercò furbamente di rimettersi in piedi, preservando l'impressione che non stesse accadendo nulla che non andasse.

"Nessuno, Gaige."

Vibrò Lainey, in un mix di rabbia, coraggio, e spavento. "Jerome stava per andarsene. Non è vero, Jerome?"

Lui non la considerò, per scoccare un sguardo di sfida all'uomo che la stava affiancando, circondandole la vita con decisione, come se gli spettasse farlo. Lo stesso, che lo stava tramortendo con una minaccia affatto velata nelle iridi.

Gaige pressò Lainey contro il suo petto, non per confortarla, ma con l'impeto di un amante che, appena rincasato, abbraccia la sua donna in saluto. Lainey intuì le intenzioni dell'amico, captò il significato dell'occhiata di fuoco che le indirizzò, quindi stette al gioco, ricambiando la presa attorno al suo bacino, come fosse la cosa più naturale al mondo. Lo assecondò, certo... ma non si sarebbe aspettata lo scatto con cui le aveva improvvisamente reclinato il capo e catturato le labbra, facendole sue, completamente sue, come se lo fossero da sempre. Come se lo fossero davvero.

Jerome chinò appena la testa da un lato, stringendo gli occhi. Passati pochi istanti, sollevò le mani in segno di resa.

"Certamente, cara. Alla prossima . "
Ricusò, con un ghigno sbilenco, voltandosi per andarsene.
Ma non accadde.
Perché le mani di Gaige lo avevano già rivoltato sul posto, strattonandolo per il colletto della t-shirt con una forza che gli impallidì le nocche delle mani, gonfiandogli le vene delle braccia.

"Sarà meglio che ti riferisca alla volta in cui mi chiederai di portare le tue scuse alla mia fidanzata, per non rimettere più piede qui dentro. O la prossima di cui parli, non sarà così piacevole."

Un pugno sbilanciò indietro Jerome, facendogli perdere l'equilibrio. Lainey credette che Gaige si fosse reso conto di avere esagerato quando lo riportò in piedi, riafferrandolo per il colletto prima che cadesse, ma dovette ricredersi quando l'osservò trascinarlo verso l'uscita, al di fuori della quale l'uomo atterrò con una picchiata ben più dolorosa di quella che gli avrebbe procurato il cazzotto.

La sera successiva, Gaige le portò le scuse di Lacroix che, se dopo quella volta si ripresentò a Jouette, si tenne ben distante dal bistrot.
Al contrario di Gaige, che da quell'occasione prese a frequentarlo stanzialmente tutti i giorni, abbandonando definitivamente il giro a rotazione che lo portata in altri ristoranti e bar della città.

Fu così che nacque la loro amicizia, un rapporto che, di giorno in giorno, acquisì solidità e complicità: con un bacio.


Ciao!

Et voilà il capitolo, appena rifinito. Nonostante fosse pronto - come del resto tutti gli altri, la revisione mi ha impegnata, tipo, per ore.

E sono sicura che è ancora presente qualche super errore, svista o ripetizione, il che è irritante.

Intanto, vi ricordo che sul mio profilo Instagram potrete trovare foto personali e non, novità riguardo le mie storie, e anteprime! Mi trovate come: @donnabart_ Se vi va, fatemi sapere se vi è piaciuto, e non esitate a segnalarmi tutto ciò che non va.

Baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Un trillo costante era penetrato nell'aria gelida. Il suono s'infranse nei timpani con l'incisività di una picconata su una lastra di ghiaccio. Dischiuse gli occhi.

Mossa sbagliata.

Un palmo aperto si precipitò a schermarle gli occhi, un'imprecazione volò fuori dalle labbra richiudendoli: dolore accecante. Tamburellò nelle tempie, pulsò nella testa, spronò i suoi neuroni ad avviare le loro connessioni, a svegliarla. La sveglia. Carogna.

Beh, non sarebbe più stata carogna, né era stata tanto sveglia, se ora giaceva ancora ai piedi del letto frantumata come i suoi timpani...

Un abbaglio intagliò le forme di un flash: lei, se stessa, un divano, i piedi ghiacciati che sbordavano dal plaid, maratona di serie tv e...

Accostatasi silenziosamente alla finestra del suo bistrot nella notte più magica di Jouette, Lainey era fermamente convinta che tutto era partito con tenore assolutamente propositivo, di raccoglimento personale. Due sere, ad essere precisi, di raccoglimento personale...
Poi, come per magia, gli intenti rigeneranti e curativi per il suo essere, ad un certo punto si erano trasformati in blando e gustosissimo... marsala all'uovo.
Buono! Però tanto: da innocui shottini a bevute a canna; se n'era scolata un'intera bottiglia.
L'aveva fatto a rate chiamate "raccoglimento personale": metà bottiglia la sera in cui aveva chiuso prima il bistrot, e l'altra metà...

La sera prima della Vigilia di Natale, Lainey Colder si era ridicolmente sbronzata con mezza bottiglia di marsala all'uovo.


Se esisteva un paradiso delle sveglie, la sua doveva trovarsi lì, perché nella sua tonante vita aveva svolto il suo lavoro con precisione... svizzera.
Povera sveglia.
Colpa di una manata assestata dalla sua emicrania, aveva esalato il suo ultimo trillo proprio in quel mattino dalle scie d'uovo liquorose, lo stesso mattino in cui...

Grandi lavori erano in corso al Miracle d'Hiver nel giorno più atteso di tutto l'anno: a Jouette, era giunta la vigilia di Natale.

Quel pomeriggio, Marion - moglie del signor Mulain, aveva aiutato Lainey a sgombrare la sala, tappezzandone il perimetro con gli stand che avrebbero ospitato il buffet natalizio. Maestoso e colorato, l'albero era stato spostato in un angolo della stanza con il compito di donare brillante calore a sala e commensali; i tavoli apribili, che collegati l'uno all'altro avevano dato vita a quella che si sarebbe trasformata nella grande tavolata natalizia, regnavano egocentrici nello spazio centrale, vischio e comete a sfavillare dall'alto del soffitto sui tavoli prenotati dai turisti decisi a trascorrere la festa nel bistrot.

Giornata campale, nel bordo più ghiacciato della Francia.

A poche ore all'inizio della serata di vigilia, una danza di compiti assortiti e ben coordinati vedeva Lainey apparecchiare con tovaglie rosse alternate a dorate, il signor Mulain a cucinare succulenti portate, e Marion a sistemare le delizie, con minuzia, sugli stand.

Per tutta sorpresa di Mulain - che aveva escogitato l'uscita in palio con lei per scongiurare i rischi di annata in ribasso, per la notte a venire il bistrot era stato prenotato oltre ogni aspettativa, provocando imprevisti cambiamenti all'appuntamento che Lainey aveva con Adrien.

Durante il mattino - momento della giornata concordato per il loro incontro -, con tanto di strascichi del secondo post sbornia al gusto d'uovo, Lainey aveva elencato, enumerato e catalogato mentalmente i materiali di cui il Caffè era rimasto a corto, attendendo il ragazzo per metterlo al corrente sulle variazioni occorse: più che ad un appuntamento, Adrien si sarebbe dovuto limitare a partecipare ad un'uscita per...

"Shopping???"

Il suono di uno schioppo di lingua assentì tanto sbigottimento.

Gliel'aveva spiegato sfregando in circolo le tempie ed evitando accuratamente di posare le iridi marron glacé sui fiochi raggi del sole permeati dalle vetrate pena l'esplosione neurale, che in settimana il locale era stato assaltato di prenotazioni oltre ogni previsione, motivo per cui era suo dovere andare fare rifornimento, e urgentemente. L'alibi non solo rasentava l'impeccabile, ma era purissima verità.

Adrien avrebbe rifiutato.

Il ruolo di aitante aiutante, aspirante facchino sarebbe stato ripudiato e il loro tête-à-tête rimandato a data meno indaffarata, anche perché, con tutte le uova che aveva ingurgitato a suon di marsala, se si fosse sbattuta in opera di flirtaggi aleatori, si sarebbe trasformata in frittata, e la modalità di risveglio di poche ore prima adduceva ulteriori ragioni piuttosto esplicative al riguardo.

Ovviamente, Adrien aveva accettato.

"Ogni lasciata è persa, n'est-ce pas?" Dandogli le spalle per fiondare gli occhi al cielo, invocò gli dei della pazienza che dovevano essere in vacanza, quindi investì tutto in un improperio non esattamente natalizio. Ovviamente, il bellimbusto Adrien non era il tipo da rinunciare senza essersi battuto fin l'ultimo istante...

Offerto, dunque, uno sbrigativo caffè a lui e mandato giù un succo d'arancia corredato di aspirina lei, Lainey aveva archiviato i convenevoli imponendo un'andatura celere a fronte degli incarichi da sbrigare entro il minor tempo possibile. Senza indugi, dapprima si erano diretti al negozio di addobbi per feste, distante pochi isolati dal bistrot, per far scorta di set di tovaglioli in stoffa beige dai ricami scintillanti e bicchieri in vetro dalle disparate forme: tutti consegnati a Mulain, con l'aiuto del ragazzo, nel giro di mezz'ora.

Adrien non aveva osato compiangere quando si era scusata per il tempo che non gli stava né avrebbe dedicato, viceversa si era gentilmente offerto di aiutarla, ancora, raggiungendo con lei la pâtisserie dai profiterole più deliziosi del paese, ritirati in un numero che li aveva costretti a farvi di ritorno per almeno due volte. Medesima sorte era toccata all'enoteca da cui si rifornivano abitualmente, un tantino fuori mano, che li aveva visti accedere per altrettante volte, svuotando i suoi scaffali di rossi, bianchi e rosé. Passò in rassegna l'inventario tenuto a mente: per champagne e spumanti erano al coperto, e solo a quel punto Lainey poté dichiarare l'emicrania sconfitta, gli affanni dileguati e gli acquisti ultimati. Certo si erano attardati, ma non fosse stato per il supporto del conoscente, avrebbe dovuto sperperare molto più tempo per approvvigionare il locale: fu lieta di non aver rimandato l'appuntamento, anche se quello condiviso non è che rispondesse esattamente ai canoni di definizione...

Entrambi sbirciarono le lancette digitali dei rispettivi smartphone, convenendo di aver trascorso ben oltre la singola ora prevista dal premio, ad ogni modo Lainey lo ritenne una buona compagnia, non febbricitante né scalpitante come quella di Gaige, ma non per questo spiacevole. E poi, la cioccolata calda sormontata da chilometri di panna che le offrì, le suggeriva che dopotutto gli era debitrice... no? Sì. Se ne convinse ufficialmente quando il naso le era già affondato nella soffice panna, senza il minimo interesse per le apparenze.

Adrien storse le labbra in quello che poteva definirsi un sorriso compiaciuto come una smorfia incredula, ma lei era nella terra della panna, fra dolci distese del chissenefregacosapensi, per indagare su quale delle due propendesse il ragazzo.

"Allora, Lainey Colder..."
Esordì lui, con espressione concentrata. No, non su di lei, ma sull'effetto che intendeva esercitare su di lei. "Non ti avevo mai vista in queste... vesti."

All'interno dello Chalet Marcel, Caffè che replicava le sembianze di una baita di montagna, Lainey dedicò ad una scettica ispezione al suo giaccone rosso, da cui faceva capolino un denim chiaro e gli stivaletti bassi, conclusa con un sopracciglio sollevato che lo fece lievemente ondeggiare sulla sedia, scuotere la testa in un sorriso disilluso, pronto ad argomentare.

"Intendo, sai, uno di quei cecchini talmente focalizzati, che nemmeno una pallottola riuscirebbe a scostarli dall'obiettivo."

Il soffio fischiettante di Lainey riprodusse esagerata sorpresa, mentre modellava pollice e indice nella sagoma di pistola.
"Bang?"

Il ragazzo si portò una mano sul petto, una smorfia di dolore inscenata sul suo ovale. "Touché." Pronunciò semi divertito, tornando semi serio.

Lainey avrebbe mentito se avesse sostenuto il contrario; Adrien era un bel vedere: fitti ricci neri componevano disordinati un taglio corto, a cornice di un volto dai tratti quasi adolescenziali, gli occhi grandi dello stesso colore spiccavano sulla sua presenza asciutta, designata da ore di sport. Supporre che l'indole mite associata a quell'aspetto sexy creasse un mix di contrasti apprezzato da più di qualcuna, non le parve una cattiva trovata; inevitabile pensare anche che le cose sarebbero state più semplici, se Lainey fosse stata una di loro.
Forse.
Forse no. Non ne aveva sicurezze, se non quella di non sentire nulla di così intenso per quel ragazzo.

Nulla che provasse già per...

"Hai ragione."
Si sentì riferire, sovrastando una sensazione amara come un siero che le aveva fatto visita la sera prima e quella prima ancora. "Ero talmente preoccupata, che devo essermi mostrata parecchio distaccata."

Non gli avrebbe spiegato che l'atteggiamento fermo e misurato che gli aveva indirizzato, si trattava di un espediente per isolare le emozioni, metterle da parte e non lasciarsi andare in pensieri, dispiaceri e... al panico.
Il pacco.
Il pacco!
Mica una si sbronza con del marsala all'uovo, per due sere di seguito, per spirito di patata.

"Mais non, eri a lavoro, mi avevi anche chiesto di spostare... mea culpa."

Adrien riguadagnò la sua attenzione, distogliendola dalle recenti insulse bravate, tranquillizzandola con aria sbarazzina, la giacca in pelle nera da ribelle e le intenzioni cortesi.

Con quell'amalgama accattivante, magari, un'altra bravata avrebbe potuto concedersela...

Comandò la sua mente, che versò nei meandri delle emozioni, per eseguire: avrebbe potuto farselo piacere. Adrien aveva tutte le carte in regola e i requisiti del caso per un flirt blando e divertente. Ne era molto attratta fisicamente, quindi perché no? Perché uno come lui non avrebbe dovuto piacerle?

Una dozzina di minuti dopo erano fermi davanti ad una vetrina, lungo la strada di ritorno verso il Miracle, quando ne capì il motivo.

L'ossigeno smise di transitare.

Gaige non si era accorto di lei; avanzava con andatura incalzante, e se Adrien non l'avesse convinta a dirottare il percorso di ritorno per mostrarle una cioccolateria in grado di riprodurre tablet, scarpe e cosmetici dalle perfette manifatture in finissimo cioccolato, certamente anche lei non si sarebbe accorta di lui, considerato il locale in cui Gaige aveva tutta l'aria di stare per accedere - il Table Bleu, ristorante prossimo più alla stazione che al centro della cittadina in cui erano condensati mercatini natalizi, orde di turisti e, in una piccola traversa, il Miracle d'Hiver.

Udibile, il tonfo con cui le lancette del tempo si fermarono, nell'istante in cui Gaige, pronto a svoltare per l'ingresso, allacciò i suoi occhi freddi a quelli di lei, raggelandosi come una statua di ghiacciato. Proprio come lei.

Nessun movimento, non un briciolo di senso di colpa per i risvolti del loro rapporto in quelle iridi fredde e seducenti, solo il tenue volteggiare della neve, a sigillare quell'istantanea in un'immaginaria ampolla di vetro.

Lainey fece presto a realizzare anche la ragione per cui Gaige Cosgrove aveva selezionato un ristorante tanto distante dal cuore di Jouette in cui erano diramate le loro sedi lavorative, le loro amicizie e il loro rapporto: la donna dagli occhi verdi e la cascata di fluenti capelli neri.
La stessa che stava avvolgendo la propria mano attorno al polso di Gaige.
Lei, il motivo di tanta attenzione alla privacy. Chissà perché, era sicura che quel motivo prendeva il nome della sua ex fidanzata...

"A sapere che ti avrebbe fatto quest'effetto, non ti ci avrei portata!"
La scherzosa esclamazione del ragazzo la sprigionò dallo stato di ipnosi in cui era sprofondata, per poi disperdersi nell'aria come un eco lontano, solo un rumore di fondo per Lainey, che non riusciva ad abbandonare la scena paratasi di fronte con la prepotenza di un vento forza otto.

Esclusivamente per spirito di emulazione, prese ad affiancare Adrien, avanzando con lui, ignorando che l'avesse presa sotto braccio, intimandosi che non importava quanto le fitte ghiacciate e irte come stalattiti le trafiggessero il petto, chiudendole la gola, disciogliendole l'umore in una pozza grigia e frastagliata: Gaige non si era più fatto vivo da due giorni. Sparito. Finito, non li legava più nemmeno l'amicizia dei primi tempi, e si evinceva dal fatto che il suo migliore amico, l'uomo di cui si era tremendamente infatuata, non le stava rivolgendo cenno di sorriso né accennato a raggiungerla per uno stentato saluto.

Insensibile maleduc...
Stronzo.

Dallo stato ghiacciato e solido, il suo corpo stava passando allo stato liquido: più gli si avvicinava, più le gambe la sorreggevano come due giunchi di acqua e gelatina, meno era convinta di volerglisi avvicinare. Soprattutto perché, via via che incedeva il raggio visivo veniva invaso dal corpo sporto della donna, che pareva stare interrogando sul perché si fosse bloccato fuori al gelo invece che addentrarsi al caldo del locale: seguita la traiettoria dello sguardo azzurro di Gaige, trovando lei e Adrien a braccetto, dovette intuirlo da sola.

"Tuoi conoscenti?"

Apprese Lainey, dal mix di labiale e udito ormai quasi completamente a sua portata. Quando Gaige annuì in risposta, lei e Adrien erano fermo dinnanzi alla coppia. E, tutto d'un tratto, parve che le temperature di Jouette fossero ulteriormente calate, le lingue raggelate.

"Guarda chi si vede! Jouette non ti ringrazierà mai abbastanza per quel che hai fatto per la nostra biblioteca, Cosgrove."

A tutti tranne che ad Adrien, lui sembrava immerso in un clima hawaaiano, sbrigliato e assolato; per ben due volte in quella giornata, Lainey gli era immensamente grata.

Adrien le scoccò un'occhiata casuale con una leggerezza pesante, l'effetto che la stesse passando ai raggi x. Cercò di captare se in quello sguardo c'era accusa, sfida, ma vi trovò solo oggettiva constatazione: il ragazzo aveva intuito che le piaceva Gaige? Qualcosa le suggeriva di sì.

Un timbro severo annientò quello che, dall'esterno, poteva avere l'aria di essere uno sguardo intimo tra due amanti.

"Dovere."

Gaige, il primo - dopo Adrien, a mostrare segni di scongelamento da ibernazione.

Di nuovo, il gruppo stava per precipitare in gelido silenzio, quindi...

"Ehi."

Lainey picchiettò contro il ghiaccio che non sembrava avere l'intenzione rompersi, anche se tirò fuori ogni lettera - ed un fievole sorriso, come se pesassero amianto.

"Lainey."

Il tono basso con cui venne ricambiata, di mesto aveva poco.

"Piacere, Tyra."
Cantò improvvisamente la donna al fianco di Gaige.
Cantò, perché aveva la voce talmente soave da sembrare quella di un angelo! E allora perché quel suono melodioso la sprofondava nelle viscere laviche della Terra, avvolgendola dalle fiamme della gelosia e distruzione? Se si fosse ritrovata un cumulo di freccette per le mani, le avrebbe scagliate in un tiro a segno contro Gaige.

"Enchanté."
La replica francesissima di Adrien, a cui aveva poi aggiunto il suo nome, seguito a ruota da Lainey, la cui voce era roca e sottile come se ardesse troppo per forzarla su per la gola, oltre le labbra.

"Complimenti. Questa città è meravigliosa, non conosco posto più caratteristico per trascorrere il Natale."
Dall'alto dei suoi cento settantasette centimetri, Tyra espose un sorriso celestiale, non tanto per gli assegni che aveva dovuto sborsare per renderlo bianco come il Paradiso, quanto per il bagliore gioviale che emanava.

Lainey si era presa la briga di immaginarla, qualche volta: ognuna di quelle, un tizzone prendeva ad arderle al centro del petto, istigandola a raffigurarla come una modella tanto bella quanto snob, e invece la fidanzata di Gaige Cosgrove si mostrava gentile, con una voce divina, il sorriso sublime e gli atteggiamenti impeccabili.

Sicuro, che qualsiasi uomo avrebbe sofferto come Gaige nella sera in cui si erano lasciati, ma la comprensione non andava di pari passo con la gestione degli effetti provocati dal vederlo lì, a pochi particelle di ossigeno da lei, più distante e bello che mai, con la sua paradisiaca Tyra.
Di nuovo insieme.
Il loro aspetto, poi, equivaleva a dover sventolare bandiera bianca: combaciavano come fossero due tessere di un puzzle, talmente giusti l'uno vicino all'altra, che lei sembrava una cameriera presa da un take-away, che tutta impregnata dal tanfo di frittura, bussa e tende una sperlunga di patatine untuose ai due sposini, che aprono la porta della loro suite mille stelle nella loro prima notte di nozze. Cioè... stonava!

Ebbe voglia di dismettere il tiro a segno per darsi alla roulette russa.

"Si fa tardi, dovremmo proprio andare." Evaporare, più adeguato. "È stato un piacere."
Un piacere tipo mangiare elegantissime escargot offerte dai due sposini, unite in un sol boccone con le patatine fritte di prima...

Azzardata una sbirciata in direzione di Gaige, lo scoprì a fissare l'unione fra il suo corpo e quello di Adrien, che le teneva ancora il braccio intrecciato al suo. Lainey sentì montare nel petto la mancanza della carezza dei suoi occhi su di lei: le sembrava avessero gridato che ogni millesimo di tempo trascorso insieme, era stato agognato da lui ogni secondo che aveva preceduto il loro incontro.
Beh, così aveva sempre fantasticato.
In quel momento, però, non riuscì nemmeno più a solo fantasticare che la guardasse in quel modo. Come poteva, se sembrava talmente maldisposto nei suoi confronti, ermetico come allergico sua presenza?

Il quadro le fu chiaro come mai prima di quell'occasione, come un'equazione dall'aspetto talmente impossibile e tortuosa che, una volta spiegata, si rivela semplice come una somma algebrica: Gaige aveva trovato in lei un conforto amichevole sicché distante da Tyra, dacché lo aveva lasciato.

In pratica, Lainey uguale palliativo.

"Ci vediamo."
La miseria di cui la degnò.

Lainey ebbe tempo di rispecchiare il "Buon Natale" di Tyra, che la coppia aveva già dato loro le spalle, versando oltre le porte del ristorante.
Nella sua mente, le luci che illuminavano le fronde degli alberi posizionati lungo i bordi delle strade, parvero affievolirsi fino a spegnersi, così il repertorio di canzoni natalizie che canticchiava distratta si dissolse lontano, soverchiato dal ritmo di una canzone qualsiasi di Adele.
Tanto, finivano tutte male.
Come la sua relazione con Gaige.

~

I negozi avevano chiuso i battenti, ormai, da ore; Jouette aveva svuotato le sue vie, e ora se ne stava inerme sotto il lento circolare della neve.

Aveva gustato il cenone con i commensali, servito di tanto i clienti - sebbene il buffet l'avesse esonerata da ogni onere, e partecipato ai giochi, ai quali aveva perso e finto disappunto per la perdita, approfittando per raggiungere la saletta vuota e buia del suo Caffè - connessa a quella del bistrot.

Accostatasi silenziosamente alla finestra del suo bistrot nella notte più magica di Jouette, Lainey era fermamente convinta che tutto era partito con tenore assolutamente propositivo, di raccoglimento personale. Due sere, ad essere precisi, di raccoglimento personale...

Poi, come per magia, gli intenti rigeneranti e curativi per il suo essere, ad un certo punto si erano trasformati in blando e gustosissimo... marsala all'uovo.
Buono! Però tanto: da innocui shottini, a bevute a canna; se n'era scolata un'intera bottiglia e l'aveva fatto a rate chiamate "raccoglimento personale": metà bottiglia la sera in cui aveva chiuso prima il bistrot, e l'altra metà...
La sera prima della Vigilia di Natale, si era ridicolmente sbronzata con mezza bottiglia di marsala all'uovo; visto e considerato il conseguente risveglio sperimentato quel mattino, non si sarebbe sentita di consigliare simili pratiche nemmeno al più acerrimo dei nemici, ma lei aveva avuto tutte le ragioni di farlo.
Tutte racchiuse in un pacco.
Il pacco.
Il pacco!
Non biasimava nessuno; le colpe spettavano a se stessa, che aveva abbandonato in un punto indefinito del locale una busta incustodita, contenente un pacco regalo e gli estremi del destinatario, per la spedizione. Sfortunatamente, 'dono natalizio' era un eufemismo di grana lunga riduttivo per definire quella che, a tutti gli effetti, si trattava di...

Il giorno in cui si era svolta la lotteria, chiudere prima il bistrot le era sembrata una buona idea, il marsala un'ottima trovata, e scrivere mezza sbronza una lettera, descrivendo l'attimo esatto in cui aveva capito di provare per Gaige Cosgrove qualcosa di più profondo dell'amicizia, la genialata del secolo.
Pertanto, munita di foglio, penna e alcol, aveva dato vita alla dichiarazione amorosa, riportando la massima sulla persona giusta che il padre le ripeteva di tanto in tanto, con la piccola ridicolissima aggiunta della parte conclusiva della massima.

Talmente ridicola che il padre aveva smesso di pronunciargliela da almeno tredici anni.

"Se una coppia costruisse due pupazzi di neve, vestendone con berretto e sciarpa donati dal proprio compagno uno, e con quelli regalati dalla propria compagna l'altro, questa non si separerà mai."

Una leggenda sull'amore eterno?
Forse.
Una minaccia?
Probabile.
La morale? Come i due pupazzi di neve avrebbero condiviso la vita sempre assieme, fino a che il sole non li avrebbe restituiti alla terra, chi aveva il merito di averli costruiti sarebbe rimasto legato per l'eternità alla persona amata.

...Una sbronzata a stomaco vuoto tale da far sragionare la ragazza più pragmatica della Francia?

Maledettamente esatto.

Mulain l'aveva scambiato per uno dei doni natalizi che lei aveva acquistato per genitori e amiche, e che lui si era gentilmente offerto di spedire al posto suo, in quei giorni troppo indaffarati a lavoro; Lainey l'aveva scoperto la sera prima della vigilia di Natale, mentre chiudeva il bistrot, che Mulain l'aveva inviato al destinatario.

Cosa c'era di peggio che inviare una melensa dichiarazione all'uovo, all'uomo dei propri sogni, se non darsi una mazzata finale, depositando simbolicamente, alcolicamente, berretto e sciarpa preferiti sul fondo della scatola?

"Vorresti costruire con me quei pupazzi di neve?" Recitava il biglietto che accompagnava quel dono - "Vorresti essere tu, quella persona?"

Lainey strinse il cellulare tra le mani, osservando i ghirigori che componeva la neve nell'aria.
Aveva già aperto il regalo?
Era indecisa sul mandargli un messaggio di auguri. Lui non l'aveva fatto; se non era troppo impegnato ad augurarlo alla sua Tyra, doveva essere rimasto scioccato dalla scoperta dei suoi sentimenti sempre taciuti.
Malgrado desiderasse fortemente volteggiare nella neve, per scomparire da Jouette e sfuggire all'imbarazzo che avrebbe provato non appena avesse rincontrato Gaige, o meglio Gaige con Tyra, non era pentita. Magari le conseguenze non si sarebbero rivelate grandiose, ma avrebbe affrontato una brutta conseguenza, piuttosto che vivere in una piacevole bugia.
E se dopo quella rivelazione, per tutelare il rapporto con Tyra, Gaige avesse deciso di partire senza salutarla?

Troppo tardi per lambiccarsi il cervello, e comunque non ne aveva voglia alcuna.

Allontanandosi dalla vetrata, trasse un profondo respiro e si voltò per raggiungere la sala accanto.
Era la notte di Natale, quella, quindi si sarebbe spalmata un sorriso sincero e si sarebbe divertita con i commensali.
Fece per incamminarsi.

"Buon Natale, Lainey."

Non compì nessun passo però.

Una voce tiepida come il tepore emanato da un camino e robusta come il caffè più intenso che avesse mai preparato le ghermì le spalle, scivolando come seta ai lati del suo collo, lungo il suo petto, addentrandosi nelle profondità più remote delle sue emozioni.
Lainey non aveva avuto il tempo di realizzare a chi appartenesse perché ogni cellula del suo corpo lo sapeva già, e l'aveva fatta voltare in uno scatto colmo di batticuori mozza respiro, di timore che fosse un elaborato sogno ad occhi aperti, un prodotto della sua fantasia.

Una fantasia che non poteva permettersi, perché apparteneva ad un'altra donna. E perché con lei si era comportato da stronzo.

Quando l'immagine che le si prospettò dinnanzi venne elaborata dal suo cuore, a dispetto di tutto, Lainey pensò che lo era.


Olé. Nuovo capitolo di una storia natalizia, arrivato quando il periodo di Natale si è concluso da almeno una quindicina di giorni.

Ha il suo che di ribelle come cosa.

Scusatemi per l'attesa, voi non lo sapete, ma ho avuto modo di modificare lo stile del primo capitolo e del secondo - se volete, andate pure a rileggere - di conseguenza, pur avendo questo terzo capitolo già pronto da tempo, ho dovuto rielabolare anche questo, e medesima sorte toccherà al quarto.

Mettete, poi, che nell'ultima settimana la mia casa si è trasformata in ricettacolo per influenza - io sono l'unica rimasta indenne, almeno per ora... e converrete che il tempo per la scrittura si è drammaticamente ridotto.

Dunque!

Se qualcosa del capitolo non vi fosse chiara, fatevi pure avanti: comprendo che questi salti temporali possano confondere.

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo!

Miracle d'Hiver è nata - agli inizi di Dicembre, come one-shot: una di quelle storie che hanno inizio, sviluppo e fine in un unico capitolo. Poi le vicende sono moltiplicate e ampliate, l'ho frammentata... il resto è storia.

That's all, Folks.

Baci

Donna Bart

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3603963