STILL BELIVE

di war
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GENESI ***
Capitolo 2: *** - Attraverso i secoli - ***
Capitolo 3: *** INCARICO ***
Capitolo 4: *** La Dark Religious ***
Capitolo 5: *** PRIMA MISSIONE - Parte I - ***
Capitolo 6: *** PRIMA MISSIONE - Parte II ***
Capitolo 7: *** PRIMA MISSIONE - Parte III ***
Capitolo 8: *** Goodnight... ***
Capitolo 9: *** In dreams - Parte prima ***
Capitolo 10: *** - In Dreams - Parte Seconda ***
Capitolo 11: *** In Dreams - Parte terza ***
Capitolo 12: *** Visite da Roma ***
Capitolo 13: *** Ciò che io sono e ciò che tu sei. ***
Capitolo 14: *** - Il Quattordicesimo - ***
Capitolo 15: *** - Un gesto inaspettato - ***
Capitolo 16: *** - Tutto in una notte - ***
Capitolo 17: *** - Uno a mille - ***
Capitolo 18: *** - L'Innocence di Broceliande ***
Capitolo 19: *** - Confronto - Parte I ***
Capitolo 20: *** - Doveva essere un chiarimento... - ***
Capitolo 21: *** - Confronto - ParteII ***
Capitolo 22: *** - Bacio alla figlia guerriera - ***
Capitolo 23: *** - A che servono le lacrime - ***
Capitolo 24: *** - Immutabile scelta? - ***
Capitolo 25: *** - Ingannati - ***
Capitolo 26: *** - Still go on - ***
Capitolo 27: *** Amare gli uomini ***
Capitolo 28: *** L'evoluzione di Lenalee ***
Capitolo 29: *** - Dallo a me, il tuo odio - ***
Capitolo 30: *** - My way to act - ***
Capitolo 31: *** - Trappola! - ***
Capitolo 32: *** CAPITOLO 32 ***
Capitolo 33: *** Follow your heart ***
Capitolo 34: *** Doubt ***
Capitolo 35: *** My decision ***
Capitolo 36: *** Searching ***



Capitolo 1
*** GENESI ***



Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te c'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato messo a terra,
signore di popoli?

Isaia 14,11-13




Paradiso. Palazzo di Lord Lucifero


- Lord Lucifero*... - sussurrò il piccolo angelo.
Come ogni creatura divina era asessuata, ma se si fosse dovuta fare una distinzione sarebbe stata indubbiamente femmina, tanto quanto Lucifero era indubbiamente maschio.
Il visetto era piuttosto triste, gli occhi verdi fissavano il Lord con aria supplice.
Lucifero, il portatore delle dodici ali splendenti, il Serafino che comandava gran parte dell'Esercito Celeste, sollevò lo sguardo aureo. I suoi occhi erano freddi ed impersonali. Glaciali. Nessun sentimento aveva più distorto i suoi lineamenti, nessuna smorfia aveva più contratto quel volto bellissimo. Da quella volta, Lord Lucifero era profondamente cambiato, cos'era successo durante quel colloquio con Dio e Raziel**?
Perchè il portatore di luce, nato nella luce, pareva si stesse... Spegnendo?
Certo, le sue maestose ali bianche si dispiegavano sempre in difesa del Cielo e degli uomini, ma il suo cuore?
Azael*** che lo serviva aveva solo voglia di piangere ogni volta che lo guardava.
- Sei triste per me? - chiese in un sussurro il Lord posando la mano nei capelli color mogano del cherubino. Crescendo quel piccolo angelo avrebbe illuminato molte vite. Il suo cuore era puro, le sue quattro ali forti. Si trovò vanamente a pregare che non dovesse mai scendere sulla Terra, a combattere. Ma pregare chi, ormai? Ghignò.
- Vuole farlo davvero, Lord Lucifero? - chiese con voce tremante. E lui si chiese come aveva fatto a farsi scappare quelle parole con lei, lei che era così pura e che lui non desiderava altro che tenere lontano da ciò che di sporco si aggirava nel Creato.
- Non ti sarai anche tu innamorata di me? - chiese corrugando la bellissima fronte.
Lei non ricordava di averlo mai visto così.
- Nulla sopravvive nel cuore di Lord Lucifero, perciò non... Lo si deve amare. Solo Dio è meritevole del nostro incondizionato amore. - rispose lei mentre grosse lacrime scendevano sulle gote.
- Vedo che questa lezione non hai proprio voluto impararla... - sospirò stancamente lui.
- Perchè lo fa, Lord Lucifero? - chiese di nuovo cercando di asciugarsi le gote.
- Ricorda, non siamo altro che pedine. In verità ti dico che anche questo è un disegno di Dio - ghignò il Serafino
- No! Lord Lucifero... Non è degno di Lei parlare così! Dio è infinitamente buono e giusto, a volte anche oltre la nostra comprensione... Egli ci ama! Ama anche Lei Lord Lucifero... Non può volere questo! La prego... La prego non si ribelli! - sbottò accoratamente Azael.
Lui sospirò.
- Piccola Azael, sappi che a causa dell'uomo, verrà il tempo in cui L'Onnipotente, scontento del suo operato cederà alla tentazione di distruggere ciò che ha creato, poichè esso tutto, non rispetterà il Suo volere e la Sua parola... E se ne pentirà. Incaricherà un uomo dal cuore puro e saggio di costruire un'arca. Salverà una sola coppia di ciò che ha creato e poi manderà un grande Diluvio per lavare via ogni peccato. Ma gli esseri creati a sua immagine e somiglianza sono difettosi, e non sarà in questo modo che il mondo rinascerà come nuovo.
Verrà il tempo in cui Dio sacrificherà una parte di se, facendola incarnare in un essere inferiore, di quelli imperfetti che vivono nel Mondo. Ma anche allora, quegli esseri non capiranno e uccideranno il Figlio del loro Dio, che col suo Sangue purificherà i loro atroci peccati.
In tutte queste vicende IO sarò l'Antagonista di Dio. Perchè così è deciso. Però ricorda, mio piccolo angelo, la Terra è il mio parco giochi e quello di Dio. Nessun altro deve arrogarsi il diritto di metterla in pericolo. -
- Non capisco, Lord Lucifero...Io... Sono troppo stupida... - Azael, non si preoccupò nemmeno di nascondere le nuove lacrime.
- Capirai. A suo tempo, capirai e farai la tua parte per proteggere la Terra. -
- Se me lo chiede Lei, Lord Lucifero, io glielo prometto! -
Passando davanti ad un lucente specchio, l'immagine del Serafino venne distorta e ciò che ne fu rimandato fu qualcosa di oscuro e spaventoso.
Il Bianco era sparito e restava solo il Nero.
Il cuore di Azael non poteva non tentare l'ultimo folle e temerario gesto.
Rincorse e affettò il braccio di Lord Lucifero.
- Mi porti con lei! - supplicò.
Lui la guardò un secondo.
- No. Saresti solo un intralcio, sei troppo debole. - le disse gelido.
Dell'Angelo Splendente nulla più era rimasto.
La mano e il braccio erano già diventati neri, anche le ali e parte del volto...Lucifero posò la mano sull'occhio sinistro del cherubino.
Un dolore atroce, pervase Azael che si morse le belle labbra per non gridare. Fino a che poteva... Fino dove riusciva, avrebbe protetto Lord Lucifero: non per ciò che era divenuto, ma per ciò che era stato e che sarebbe sempre stato per lei.
Il dolore scosse nuovamente l'angelo. Non sapeva se a farle più male era l'occhio o il cuore. No, era il cuore, si disse: agli angeli non era concesso mentire.
- Lord Lucifero... Ci rivedremo? - chiese, fra impotenti lacrime, il cherubino dagli occhi verdi.
- ... - rispose l' Angelo Decaduto.
Azael crollò a terra, urtando l'immacolato pavimento con un tonfo sordo, il dolore la paralizzava ma nei suoi occhi rimase impressa la figura luminosa, di un Serafino, dagli occhi dorati, dalla lunga e lucente chioma nera, dal viso di fine porcellana, bello oltre ogni immaginazione, che si faceva carico del suo Destino. In quell'occhio calò la tenebra, creando una macchia nera.
Ma prima di perdere completamene i sensi, Azael sentì quella canzone, quella musica invadere il suo animo.


I still believe in your eyes
I just don’t care what
You’ve done in your life.****


Qualche ora dopo l'aria tremò, lampi di luce avvolgevano ogni cosa.
La rivolta del Cielo era iniziata.



Paradiso. Anticamera dell Eden



Azael non seppe quanti secoli passarono. Non seppe quante preghiere l'avevano raggiunta e quanti desideri aveva sentito e tentato di realizzare. Non sapeva quanti fanciulli aveva custodito.
Rafforzandosi, aveva iniziato a salire di grado, a svolgere i compiti che un Cherubino doveva svolgere.
E poi c'era stato quell'ordine.
Andare sulla Terra. Mescolarsi agli umani e proteggerli. Rafforzare la loro fede in Dio. Non più angelo custode di un bimbo ma angelo custode di popoli.
La sua mente ricordava ancora quella preghiera, che aveva udito un giorno, elevarsi sopra le altre. Adesso avrebbe scoperto cosa voleva dire sentirsi umana. Sorrise e lanciò uno sguardo a Lord Michael. Così diverso da Lord Lucifero, e allo stesso tempo così simile... L'ordine era partito direttamente dal Serafino. Da colui che brandiva la Spada Divina e custodiva i Cieli. L'Angelo del fuoco, dai magnifici capelli rossi e dagli occhi di cielo.
- Lord Michael... Anche se incarnandomi non mi ricorderò più nulla di Voi... Continuerete ad ascolate le mie preghiere? - chiese Azael quasi timidamente.
Il sorriso del Serafino era sincero e colmo di amore.
- Noi ascoltiamo sempre le preghiere fatte da un cuore puro. Non temere, non ci dimenticheremo di te e anche se non ci potrai nè vedere nè sentire, noi saremo sempre al tuo fianco nei momenti difficili e quando le tue sole forze non basteranno, ti porteremo con le nostre ali. Adesso vai per il mondo e sii testimone degli accadimenti, sii la Forza di Dio, come il tuo stesso nome ha imposto. -
- Lord Michael... Spero un giorno ci i possa ritrovare, tutti. - disse lei con un sorriso dolcissimo.
- Lord Lucifero non tornerà indietro, dovresti smetterla di nutrire questa speranza... - sospirò lui.
- Portare speranza è la ragione dell'esistenza di noi Cherubini... E' un controsenso chiedermi di perderla, Lord Michael. - rispose Azael.
Il serafino sospirò.
- Ricorda la preghiera, che è anche il Patto. - raccomandò mesto.
Lei annuì.



Angelo di Dio,
che sei il mio custode,
illumina, custodisci,
reggi e governa me,
che ti fui affidato dalla pietà celeste.
Amen.

- Preghiera cristiana di tradizione cattolica.



NDWar: Qualche piccolo chiarimento
- In questo capitolo, la gerarchia Celeste a cui faccio riferimento è la seguente:
Prima Sfera: Serafini, Cherubini e Troni
Seconda Sfera: Dominazioni, Potestà, Virtù
Terza sfera: Principati, Arcangeli, Angeli.
- L'Eden è la Terra

* Lucifero - Portatore di Luce
** Raziel - Angelo del Mistero, autore del libro che contiene tutta la conoscenza.
*** Azael - Si crede significhi Dio è diventato forte
**** Canzone di Sage Rei: I'll fly with you.

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Capitolo 2
*** - Attraverso i secoli - ***


Seconda metà secolo XIII


Viterbo - Sede Papale.


Papa Clemente VI osservava con occhi vitrei la fiamma della candela che consumava piuttosto velocemente la lettera che aveva appena terminato di leggere.
Volute di fumo cinereo si innalzavano davanti al suo volto paffuto, disegnando nell'aere figure astratte e diffondendo il puzzo di bruciato.
Poi avrebbe dato ordine di aprire le finestre e arieggiare il locale. Oltre la finestra il paesaggio era tipicamente invernale, con neve candida e alberi dall'aspetto rinsecchto. Tuttavia il sole era luminoso e il cielo azzurro.
La classica ingannevole bella giornata dicembrina, quando il chiarore del sole ti faceva pensare fosse caldo e invece appena uscivi ti si intirizzivano le dite di mani e piedi.
Rilasciò un sospiro a mezzo tra lo stanco e il rassegnato.
Prese la lunga penna bianca dal calamaio e vergò le prime lettere della missiva.
Si fermò un attimo, esitando.
Poi la sua mano riprese a scorrere con decisione.
Sperava ci fosse più tempo.
Prese il sigillo di ceralacca e osservò di nuovo la fiamma della candela.
Anche lui si sentiva tremulo come quel piccolo fuoco.
Già la sua investitura era stata fonte di critiche e dissensi. Il suo operato era stato... necessario anche se a volte aveva coperto crimini che un vero religioso non avrebbe dovuto coprire. Quello era solo uno in più sulla lista.
- Che sarà mai l'ennesima macchia su una veste già nera? - si disse lasciando cadere la cera fusa sulla carta. Gocce rosse, simili a sangue. Impresse il sigillo fintanto che quella sostanza era ancora tiepida e quindi malleabile.
Chiamò il Camerlengo, diede disposizioni per la spedizione e lo avvisò che presto si sarebbe dovuto recare a Roma, a San Pietro, per suo ordine e con una bambina speciale al suo seguito.
- Come Voi desiderate, Vostra Grazia. - rispose servilmente l'uomo. Una volta rimasto solo, il Papa aprì la sua Bibbia e rilesse quel passo.
Lacrime scesero sul suo volto quando ebbe la consapevolezza che ormai tutto era iniziato secoli prima, e loro, tutti loro, non erano che pedine su una scacchiera ignota.


Cinque giorni dopo.


Il Camerlengo osservò la piccola. Aveva capelli che potevano passare per castano scuro se non si avvicinava troppo alla luce, perchè allora le sfumature rubino non potevano essere ignorate. Gli occhi erano grandi, cerchiati da ombre scure, dovute alla fatica del viaggio, di un verde brillante. In uno di essi vi era una macchia, nera. Bisognava fissarla a lungo per scorgervi il monogramma, ma una volta visto era impossibile non notarlo.
Il Marchio di Caino.
Passò in rassegna il corpo minuto, coperto da una tunica di almeno tre taglie più grandi della sua e la calzamaglia piena di rattoppi. Anche le scarpe erano consunte e logore, tanto che pareva stessero insieme solo grazie alle stringhe ed erano fradice.
Le ginocchia scheletriche si stringevano vicine, mentre la piccola teneva il cappellino rosso con entrambe le mani, a coprire la bocca che l'uomo sapeva essere rosea come il bocciolo delle rose.
Lo stupì constatare che nessuna lentiggine e nessuna efelide appariva su quel volto, nonostante i capelli rossi, se rossi si potevano chiamare.
Ma lo sguardo tornò ai polsi, fasciati stretti da bende bianche che erano sporche di sangue secco.
Avevano parlato di stigmate.
Il segno che appariva su coloro che erano amati da Dio.
Due segni così discordanti...
Quasi probabilmente quella bambina non sarebbe uscita viva dal Vaticano.
- Come ti chiami, piccolina? - chiese allungando una focaccina al miele alla piccola.
Un nome, diverso da quello che gli avevano dato i frati le passò per la mente, ma si costrinse ad accantonarlo. Usò l'latro. Quello con cui la chiamava sempre Don Beppe.
- Angel. Angel Cielo! - disse con una vocina soave e bellissima, mente il cappellino si abbassava e sul viso si apriva un radioso sorriso.



Fine secolo XV

Milano
Duomo - ore 10.30 a.m.

La chiesa era gremita di fedeli. Le persone vestivano i loro abiti più eleganti, indipendentemente che fossero di nobili origini, che fossero borghesi o semplici contadini. Il coro cantava inni al Signore e le note profonde dell'organo riempivano l'aria facendola vibrare. Le lunghe canne di ottone rilucevano nella penombra della navata.
Il Cardinale indossava la sua distintiva tonaca purpurea, restava umilmente in piedi dietro l'altare. Il Vescovo, con la mitra sul capo e un grosso crocefisso in oro e pietre preziose che posava sul suo petto, si ergeva all'impiedi davanti al leggio. La sua voce pacata prese a leggere il brano della Bibbia.
Seconda lettura.


Genesi 4: 9-15

9 Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!
11 Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello.
12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».
13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono!
14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere».
15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato.


Il Papa, Alessandro VI, seduto su uno scranno che avrebbe fatto invidia a qualsiasi Principe o Doge, vestito di bianco e oro, si sarebbe scomodato solo per la benedizione del tiburio, completato solo recentemente. E successivamente avrebbe impartito la benedizione ai fedeli a conclusione della funzione.
La figura vestita di nero soffocò a stento lo sbuffo.
Il Duomo di Milano era il solo edificio italiano di stile gotico di quelle dimensioni. Le guglie svettavano verso il cielo come se volessero fare da tramite tra il divino e il materiale. Le vetrate multicolori, istoriate con racconti biblici brillavano come gioielli sotto la luce di un sole splendente. Alla faccia del voto di povertà e della crisi iconoclasta.
L'altare maggiore era imponente e abbellito con fiori multicolori sostituiti ogni giorno dagli addetti.
Volse lo sguardo verso una nicchia e vi si diresse a passi decisi e silenziosi, spostandosi fra le ombre delle colonne. Individuò i soldati delle Guardia Svizzera che si erano posti dietro il coro maggiore, silenti sorveglianti e alfieri della vita del pontefice. Come se con quelle uniformi gialle, rosse e blu potessero davvero passare inosservati!
Angel si disse che tutta quella protezione e quello sfoggio di ricchezza era inutile. Ma, dal momento che era alle dipendenze della Chiesa, non poteva certo permettersi di criticare a voce alta: sarebbe stato come sputare nel piatto dove si mangia.
Un brivido freddo le corse lungo la schiena. Spostò lo sguardo sui fedeli.
Fra la nobiltà vi era un volto che la inquietò.
Pelle scura, capelli neri e occhi che per un momento parvero accendersi di un colore aureo. Neo sotto l'occhio sinistro.
Quell'aristocratico non le piaceva, avvolto nel suo mantello scuro, con i capelli mossi legati alla base della nuca con un nastro di seta rosso scuro. Corrugò la fronte mentre cercava di studiarlo un po' meglio, lui ghignò. Un ghigno sarcastico, irrispettoso, quasi perfido… Pareva le volesse dire che sapeva cos’aveva appena fatto. Era davvero così? Sarebbe stato un problema…Il brontolio di un neonato la distrasse.
L'elegante nobildonna fece saltellare il piccolo fra le braccia e intanto cercò di uscire discretamente dalla chiesa prima che il pianto della sua creatura disturbasse la funzione.
Angel tornò a cercare di nuovo quella presenza sgradita fra i volti dei fedeli ma non lo rivide, malgrado stesse scrutando con molta attenzione. Una parola le aveva accarezzato i pensieri: Noah. Si diede della paranoica. Era troppo presto perchè loro facessero la comparsa fra i comuni esseri umani. Se quello era davvero un Noah, sicuramente quella parte del suo essere stava ancora dormendo e probabilmente non si sarebbe risvegliata in quella persona.
Il lungo ago che celava nelle pieghe della veste le dava fastidio.
Pareva essere rovente.
Si infilò in una nicchia e improvvisamente si trovò esattamente di fronte alla statua della Madonna che teneva fra le braccia il Bambin Gesù. Sorrise per la tenerezza che quell'immagine le rimandava sempre. Era un pensiero consolatore. Più di quello che provava nell'osservare il volto sofferente del Cristo crocefisso, con il capo cinto da una corona di spine. In quello non vi era dolcezza, solo senso di colpa, impotenza e infine gratitudine. Volontariamente, Angel, non aveva più posato lo sguardo, se non per più di qualche secondo sugli affreschi o su qualunque altra icona contenesse demoni. Per la verità era accaduto una sola volta, in Vaticano, qualche secolo prima e una profonda e dolorosa tristezza l’ aveva invasa. C'erano volute più di due ore prima che le lacrime si arrestassero sul suo volto. Al pio padre che le chiedeva cosa avesse, non sapeva rispondere... Troppo era stato dimenticato al momento della sua incarnazione, le restavano solo le sensazioni a cui non sapeva fare fronte perché non sapeva da dove nascessero. L’unica certezza che aveva: era stata inviata sulla Terra per assolvere ad una missione e vi sarebbe rimasta fino al completamento del suo incarico anche se ci sarebbero voluti centinaia di giorni o di anni.
Tornò al presente.
La messa stava per concludersi.
Nessuno aveva notato che l'uomo nelle ultime fila, quello vestito di grigio, col capo chino, non si era alzato in piedi al momento della benedizione, restava inginocchiato in atto di preghiera. Nessuno aveva notato che non respirava più e che la vita era fuggita da lui. Nessuno avrebbe notato quel minuscolo foro, alla base del collo, da dove era stato iniettato il veleno. Quando i fedeli avessero abbandonato la Chiesa, troppo occupati ad acclamare il passaggio del papa, la Guardia Svizzera avrebbe pensato a far sparire il corpo, come erano gli accordi.
E lei, l'Angelo Assassino avevo portato a termine l’ incarico oscuro. Attese la benedizione, sapendo di non esserne degna, non più ormai. Si chiese se alla fine di tutto, persino lei sarebbe stata perdonata, perché con cosa si poteva espiare un peccato commesso in nome della Verità?


Dominus vobiscum.

Et cum spiritu tuo.

Sit nomen Domini benedictum.
Ex hoc nunc et usque in sæculum.

Adiutorium nostrum in nomine Domini.
Qui fecit cælum et terram.

Benedicat vos omnipotens Deus,
Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.


Amen.

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Capitolo 3
*** INCARICO ***



Fine secolo XIX

Roma
Stanze private di Sua Santità - ore 11.50 p.m.


Seguendo le istruzioni del Camerlengo, all'ora prestabilita, risalii le scale che conducevano fuori dagli Archivi Vaticani. Osservai la statua di Michele, Serafino del Fuoco, che brandiva la spada e la puntava dritta in un punto davanti a se. Qualcosa mi suggerì che non gli somigliava molto, tranne forse per l'atteggiamento fiero e impavido. Osservai le colonne della piazza, che disegnavano il cerchio perfetto e sospirai in direzione del Cardo che si allontanava dal Palazzo Pontificio.
Alla luna mancava solo uno spicchio per essere piena e la luce che gettava sulle pietre chiare era comunque più che sufficiente per farmi procedere senza accendere la lanterna.
Mi mossi fra le ombre, cercando di non disturbare troppo le Guardie Svizzere che stavano svolgendo il loro compito. Una di esse mi riconobbe e mi rivolse un cenno del capo. Ricambiai il saluto e proseguii oltre.
Arrivai fino alle porte degli Appartamenti Papali e chiesi di essere annunciata.
- Ti stanno aspettando... - mormorò il capo delle Guardie, fissandomi in modo ostile, come se disapprovasse non solo il mio essere donna e introdotta un un ambito che a lui non era così accesssibile, ma provasse un antipatia elettiva verso di me.
- Con permesso. - dissi facendo un mezzo inchino e lasciandomi inghiottire dalle ombre della gigantesca porta di legno scuro.
Il Camerlengo, un sacerdote intorno ai trentacinque anni mi sorrise dal fianco destro della poltrona nella quale era sprofondato il Papa. Quell'uomo poteva benissimo essere un gladiatore più che un uomo di chiesa. Era muscoloso, possente e aveva i tratti del viso spigolosi,che prendevano qualcosa di piuttosto rapace quando si osservava troppo a lungo il suo naso aquilino.
Però mi fidavo di lui. Più che di chiunque altro, forse più del Papa stesso. Perchè il Camerlengo non era solo colui che muoveva le pedine sulla scacchiera, ma era anche colui che per primo si metteva in gioco. La posizione che ricopriva era dovuta ai meriti conseguiti sia sul campo che negli uffici, quindi non potevo che ammirarlo.
Il camino era acceso, fornendo più luce delle candele e delle lampade a olio; il tappeto rosso, intarsaito con disegni persiani era perfettamente disposto sotto il basso tavolino con le gambe rivestite in oro simili a zampe di leoni. Vedevo solo un pezzo della scacchiera, dove le Torri, il cavallo, l'Alfiere e la Regina erano ancora allineati.
Alcune pedine erano state mosse.
Mi avvicinai in silenzio.
- Vostra Santità, Camerlengo... - salutai con un formale inchino.
- Bentrovata Angel Cielo. - mi salutò l'ecclesiastico con minori poteri.
Il Papa non disse nulla, si limitò a fare un cenno della mano,affinchè prendessi posto alla sinistra della sedia e lo potessi vedere in volto.
Mi chinai a baciare l'anello, sorregendo con delicatezza la sua mano rovinata dallo scorrere degli anni.
Per un momento, quando il Papa mi aveva fissato con i penetranti occhi azzurri da dietro le lenti degli occhiali da presbite, avevo creduto che mi stesse dicendo di mettermi sulle tracce della famiglia Noah ed eliminarne i componenti. Praticamente una follia suicida. Però erano secoli che mi si addestrava negli assassini, quindi era una probabilità che non mi sentivo di scartare. Le parole che segirono mi fecero intendere che evidentemente non era ancora il momento.
- Sarebbe stato meglio per te non tornare indietro. Dopo quello spiacevole incidente avresti semplicemente potuto far perdere le tue tracce, ormai sei diventata brava a diventare invisibile... - mi disse l'alto prelato con aria afflitta.
- Forse. Ma... Quale che sia l'alternativa a questa esistenza per il momento non cattura il mio interesse.- risposi.
Mi ero portata la mano all'orecchino a forma di croce che pendeva alla mia sinistra. Un dispositivo di controllo della mia Innocence. Era il frutto di anni di studio del mio padre adottivo, conosciuto in tutto il mondo con il nome di Leonardo Da Vinci... Dopo di lui nessuno era stato in grado di costruire qualcosa di analogo, nessuna mente era stata tanto geniale ed evoluta, tanto brillante. La sua morte era stata un grandisima perdita, e cosa ancora più angosciosa era che parecchi suoi scritti segreti erano andati persi, sottratti dalla massoneria o da qualche altra setta. Per fortuna nessuno si era ancora dimostrato sufficientemente intelligente da riuscire a decifrarli o applicarli. Ma quello era un caso che io non stavo più seguendo da molto, moltissimo tempo. Dopo la sua fuga in territorio francese anche i miei contatti con lui si erano interrotti. La comunicazione epistolare era troppo poco sicura. C'era stato qualcosa nei suoi ultimi dipinti che mi aveva suggerito delle intuizioni ma ciò che avevo scoperto mi ero guardata bene dal renderlo noto ed in ogni caso non potevo verificare quelle teorie senza destare sospetti. Avevo tenuto la cosa in sospeso, mi ci dedicavo solo sporadicamente e non appena qualche ecclesiastico cominciava a fare domande archiviavo il tutto adducendo la solita, impeccabile scusa della nostalgia o della curiosità.
Mentre la Chiesa lavorava per farmi diventare la perfetta macchina di morte, dal momento che avevano scoperto che da quando si era attivata la mia Innocence non ero invecchiata di un singolo giorno e pareva fossi immortale, Leonardo, lavorava per non farmi perdere la mia umanità e per scoprire il segreto della mia longevità, che lui riteneva essere legato al mio sangue. Ma i suoi studi, in quel senso dovevano procedere molto cautamente, che il rischio di essere dichiarati eretici era sempre in agguato così come la caccia alle streghe e agli stregoni.
Dopo l'allontanamento di Leonardo mi ero fatta carico di proteggere il suo studio e i suoi assistenti che stavano realizzando le Chiuse sul fiume Adda. Fu il primo incarico che fallii miseramente.
< i>Sento il loro sangue che grida vendetta dalla terra che continuo a calpestare
Se avessi sbloccato il controllo...
Forse quell'Akuma di livello tre non ne avrebbe uccisi così tanti... Forse sarei morta io.
Ma ancora non osavo giungere a tanto, non osavo sfidare un ordine impartitomi. Il clero era stato chiaro: troppo pericolosa e instabile, la mia Innocence doveva restare bloccata, mai superare il livello uno.
Io stessa avevo paura; non degli Akuma che combattevo già da molti anni, ma di me e di quel potere.
Mi ero costretta ad allontanare quei pensieri. Non si viveva di forse e di ma e il passato è passato. Una vita spenta non può essere riaccesa.
- Hai un nuovo incarico - mi annunciò il Pontefice
- Quando inizio? - chiesi
- Fra tre giorni. Prima devi accompagnarmi a Milano, ci sono affari che richiedono la mia attenzione. Nel frattempo cerca di capire quanto Federico Sforza sa e riferisci. Sarai sostituita nel tuo compito di osservatrice da Padre Lukas. Dopodichè tu partirai immediatamente per Londra. Farai rapporto una volta ogni quindici giorni direttamente al Camerlengo. Quando ti sarà impossibile contattarlo telefonicamente dovrai trovare una scusa qualsiasi e passare da Roma. Non è necessario ti ricordi che non puoi permetterti di passare altri cinquant'anni nelle segrete del Vaticano affinchè il tuo volto venga dimenticato o comunque ti si creda una persona diversa. I tempi sono quasi maturi e tu sei indispensabile in prima linea. -
Certo, come no! Facile! Cosa ci sarebbe mai voluto?
Mi tenni fra i denti il mio sarcasmo.



Milano -
Piazza Duomo ore 11.45 a.m.



- Ehilà! Meno male che è andato tutto bene! Ero così teso per la visita di Sua Santità che non sono nemmeno riuscito a fare colazione! - mi salutò con una pacca sulla spalla Federico, il figlio del Conte.
Era un rampollo della famiglia degli Sforza, ma non abitava nel castello, abbandonato da più di un secolo. Era toranto a Milano in vista del suo fidanzamento e poichè la futura contessa si era innamorata della città avevano acquistato una casa signorile nei pressi di Porta Venezia, vicino ai giardini.
Il mio compito di osservatrice si sarebbe concluso entro poche ore, e presto sarei stata sostituita da un'altro incaricato della Chiesa. Ad ogni modo, pareva che le Famiglie appartenenti al Patto - stipulato nel 1505 e in gran segreto nei Sotterranei del Vaticano - si stessero in qualche modo muovendo. O forse era solo che con l'avvicendarsi del millennio l'antica battaglia sarebbe tornata in superficie, almeno per qualche tempo.
Federico Sforza (Milano) si era da poco fidanzato con Lucrezia, esponente del ramo cadetto dei Visconti (Pavia). Anche i Gonzaga (Mantova) e i Borgia (Roma) si erano spostati di nuovo sotto le luci della ribalta, sebbene non si fossero appoggiati ad un titolo nobiliare ma avessero puntato sull'economia, finanziando banche e progetti scentifici.
I discendenti dei Dogi, che avevano governato Genova (Adorno) e Venezia (Loredan), stavano ricreando il loro impero navale, chi nell'Adriatico e chi nel Ligure.
Gli unici che non si erano ancora gettati nel nuovo panorama mondiale erano i Suardi (Bergamo.)
Proprio come un paio di secoli prima, anche Federico aveva chiesto qualche favore alla Chiesa, per spianarsi la strada. Il tutto era avventuto dietro lauta ricompensa, versata nelle casse pontificie, sotto forma di donazioni e quindi incontestabili. Tutti avevano la coscienza pulita o ripulita. Pensai a quella vecchia scritta: "quando la monetina va giù, l'anima va su" messa su un'offetoio in legno di ulivo. Cercai di staccarmi da quei pensieri: tardare ulteriormente la risposta non sarebbe stato appropriato...
Al momento la situazione era pefettamente sotto controllo. Sua Santità stava solo dando una lucidatina alle pedine prima di disporle sulla scacchiera ed iniziare la partita.
- Tanto non morirai certo di fame - ribattei osservando la pancia piuttosto rotonda che si poteva vedere sotto il panciotto verde smeraldo e i volant della camicia. Un gusto fin troppo barocco per la faccia rubiconda del ragazzo. Linee più sobrie ne avrebbero allungato la figura non esattamente filiforme e lo avrebbero reso meno pingue.
- Quanta irriverente maleducazione! - s'imbronciò lui per poi sospirare sconfitto.
- Ti hanno già assegnato la prossima missione? - mi chiese sollevando lo sguardo verso le lontane Alpi.
- Me l'hanno comunicata l'altra sera. A quanto pare la Dark Religious ha bisogno di aiuto, gli Akuma appaiono sempre più numerosi e pare che il loro livello sia in continua evoluzione. La situazione è peggiore di quanto ci aspettassimo. - ammisi.
Quelli erano segreti su cui gli Sforza avevano già messo le mani, quindi non era un problema parlarne.
- E dei Noah? Sono apparsi tutti e quindici? -
Lasciai cadere il fatto che fossero solo quattordici e porbabilmente l'ultimo di essi, noto anche come il compositore, aveva tradito la causa del Conte Del Millennio. Erano informazioni molto riservate ed io non ero certo l'ingenua che si lasciava cavare le notizie di bocca.
- Non sono informata. L'unica deduzione che posso trarre, dato l'incremento di Akuma, è che il conte del Millennio ha già iniziato a fare le sue mosse. -
- Dicono che l'esorcista di nome Allen Walker abbia in se le memorie del Quattrodicesimo? Ne sai nulla? -
- Mai sentito quel nome prima d'ora - mentii con nonchalance.
I rapporti a tale proposito erano a dir poco inquietanti. Forse quel ragazzino non aveva in se solo le memorie... Forse era il Quattordicesimo...
- Dai Angel! Siamo sulla stessa barca! Raccontami qualcosa- sbuffò lo Sforza spazientito.
- Su questo argomento credo tu sia più informato di me... Mi dispiace. - sospirai facendo spallucce.
- Figuriamoci se l'Angelo Assassino è tenuto all'oscuro di qualcosa! - borbottò lui.
- Non è gentile chiamarmi col nome del mio incarico. - prostai un po' stizzita. Non era una qualifica piacevole. - In ogni caso, mi dicono solo quello che serve alle mie missioni ed evidentemente la storia dei Noah e del Quattrodicesimo non ha pertinenza con i miei attuali compiti. -
- Però il tuo incarico esiste fin dall'anno Milleduecento... - borbottò Federico.
- E tu pensi che io conosca tutto il passato dell'Angelo Assasino? O che abbia seicento anni? - domandai gonfiando le gote.
- Uffa Angel! E' ovvio che so benissimo tu non hai seicento anni. Probabilmente è un ruolo che si tramanda di persona in persona... E per qualche ragione, tipo quella che regola l'eredità dei Bookman anche il nome non viene cambiato... Però pensavo ci fosse qualcosa, tipo un diario o un prontuario... - borbottò
- Insomma qualcosa tipo un manuale d'uso o un diario segreto dei miei predecessori? - domandai inarcando un sopracciglio.
Lui gonfiò le gote rubiconde in uno sbuffo. - Va bene, ho cpaito che non esiste niente di tutto questo! -
Era così lontano e al tempo stesso così vicino al vero...
- Stai diventando intelligente - annuiii col capo.
- Che insolente! Io sono intelligente! Smettila di girarci attorno e dimmi qual'è il tuo nuovo incarico! - cercò di cambiare argomento lui.
- Magari a pranzo... Ti anticipo che l'ordine viene direttamente da Vostra Santità.- ammisi.
- Ueilla! Che onore! Hai scomodato addirittura il Papa? E' davvero vecchio come si dice? - Lo fulminai con lo sguardo.
Rugoso era rugoso, calvo era calvo e grasso era grasso... Ma a sessant'anni si poteva davvero considerare una persona vecchia? Io che ne avevo davvero seicento o giù di lì, come mi dovevo sentire!?
- Non è giovane, ma la sua mente è lucida, acuta e brillante. Sa quello che fa e come muovere le sue pedine. - ammisi
- Ancora con questa storia? Non siamo le sue pedine... Lui ci vuole bene! - borbottò Federico scontento della mia visione della faccenda. Ero sul punto di ribattere che avrebbe dovuto passare qualche tempo a Roma, in Vaticano e vedere le cose che avevo visto io per giudicare, ma non lo feci. Federico non era un cattivo cristiano, era solo troppo ingenuo. L'ignoranza di certi fatti non era imputabile a lui ma a chi, come me, era abile nel gettar fumo negli occhi o nel lasciare dette solo mezze verità che con le giuste instradazioni potevano portare alle conclusioni auspicate dal Vaticano. Insomma potevo considerarmi un burattino che manovra altri burattini. Se la cosa non mi avesse urtato nel modo in cui lo faceva, avrei potuto trovare il tutto molto, molto divertente. Ad ogni modo Federico non solo non immaginava ma nemmeno poteva ritenere possibile le sotterranee e tentacolari manovre delll'ordine ecclesiastico. D'altronde era sempre stato così: persino nel Concilio di Nicea erano stati i religiosi, in accordo con Costantino, a scegliere cosa sarebbe dovuto essere scritto nella Bibbia. Quali erano le verità e quali erano le eresie. I testi apocrifi e tutto il resto.
La mia longevità, dovuta all'Innocence che possedevo, mi avrebbe messa in guai molto grossi se la Chiesa non fosse intervenuta, salvandomi da un processo per stregoneria ed evitandomi i tormenti di un bel rogo. Avevo un debito con i religiosi. Un debito che avevo creduto di poter estinguere ma che avevo presto scoperto, e a mie spese, che non sarebbe stato semplice cancellare.
- Allora a pranzo sui Navigli? - chiese Federico entusiasto.
- Aggiudicato! - sorrisi
- Prego Madamoiselle. - fece sfoggio di galanteria aprendomi la portiera della carrozza.


Il tragitto si svolse in silenzio, io parevo incantata dalle vie di Milano e dal suo brulicare di persone lungo i marciapiedi, in realtà stavo pensando a cose molto meno leggere.
I nuovi ordini erano quelli di raggiungere il quartier generale della Dark Religious ed entrare a far parte del gruppo di Esorcisti. Tenere in tal modo sotto controllo sia Allen Walker, che Lenalee Lee la cui Innocence aveva rivelato creare delle particolari mutazioni nella sincronizzazione con l'individuo compatibile.
Ovviamente a Federico non avrei detto tutto questo, mi sarei limitata ad informarlo che Gli Esorcisti volevano il parere di un esperto in materia religiosa per un problema che era insorto nei loro ranghi ma di quale fosse la questione nello specifico non la conoscevo nemmeno io e avrei dovuto aspettare di essere a Londra per scoprirla. Era una manipolazione della realtà accettabile.



Inghilterra -
Railway Dover - London ore 18.00


Osservai il sole che stava calando dietro l'orizzonte. Il treno sferragliava sui binari, sentivo nell'aria gli odori della campagna che venivano soppiantati da quello della città. Londra brillava di luce propria nell'imbrunire. Mi alzai in piedi, decisamente stanca di stare seduta sul legno della panchetta dello scompartimento di seconda classe e passai una mano nei capelli, cercando di ravvivare i miei capelli nero rossastri. Rifeci il fiocco di stoffa che risultò un po' gualcito dato che non avevo avuto particolare cura per esso e cercai di lisciare le pieghe della camicia bianca. Indossavo pantaloni neri aderenti e infilati negli stivali alti fino al ginocchio e pieni di fibbie. Il tutto era correlato da una cintura costituita da una fascia di raso rosso. La giacca era piuttosto semplice, nera con il collo a punta sul quale erano ricamate delle rose rosse, e bottoni argentati. Era lunga fino a metà coscia con la doppia allacciatura. Quel fiocco era un vero schifo. Lo sciolsi, lasciando che i lembi di stoffa penzolassero come una cravatta. Molto meglio!
Quando scesi in stazione notai gli sguardi di disapprovazione di molte nobildonne e sospirai ignorandole. Certo non ero vestita alla moda e da vera Lady, ma se questo mi permetteva di portare a casa la pelle non me ne poteva fregare di meno!
Presi il foglio gualcito e lessi di nuovo l'indirizzo. La grafia del Camerlengo era pessima come ogni volta, bisognava lavorare un po' di fantasia per interpretarla.
Mi strinsi nelle spalle. Era maggio e mentre a Milano si godeva di una temperatura già buona in quel posto faceva un freddo becco, per non contare la nebbia che era già scesa sulla città e dava al tutto una dimensione onirica a mezzo fra la dolcezza e l'inquietudine.
Osservai il signore che stava accendendo le lampade a petrolio dei lampioni stradali, evitai che la carrozza lanciata a discreta velocità mi schizzasse con l'acqua della pozzanghera e mi chiesi se quello che era saltato nel Tamigi fosse un gatto o un topo di fogna. Dato che il mio inglese non era eccellente e non volevo farmi ridere alle spalle come l'ultima volta che ero stata in città decisi di evitare le domande. Le avrei fatte solo se mi fossi trovata praticamente disperata. A dire il vero non era il mio inglese ad essere così pessimo, ma gli inglesi stessi ad essere talmente snob da fingere di non capire quando sentivano un accento straniero. Mi stavano giustappunto su quel posto sito fra le natiche.
Strinsi fra le dita la valigia nera di piccola taglia e cercai di orientarmi come meglio potevo. Avevo appuntamento alla taverna del Piccolo Giglio alle otto di sera. Avevo più di un'ora a disposizione, quindi non sarei arrivata tardi. Il Camerlengo mi aveva detto che sarei stata ricevuta da un'esorcista, riconoscibile per la sua uniforme con appuntata la Rose Cross argentata.


La locanda era discreta, con i vetri pultiti e interrotti da regolari listelli di legno scuro. La luce che si spandeva sui tavoli era giallastra, dovuta alle candele che poggiavano su un lampadario in ferro battuto sferico e suddiviso a spicchi come la ruota di un carro. I tavoli erano puliti e il pavimento era coperto da paglia che conservava ancora l'odore di erba e sole. Mi azzardai a chiedere un boccale di birra rossa. La donna, con il grembiule e la cuffietta bianca mi osservò con disapprovazione
- Troppo giovane per gli alcolici - mi disse decisa.
- Ho diciannove anni! - protestai. Non potevo dire di averne seicento ma di sicuro non potevo dimostrarne quindici! Sgranò gli occhi ma sostenne con veemenza
- Lo dicono tutti, ma con me non attacca! Ne hai tredici al massimo se sei un ragazzo, quindici sei sei una femminuccia. - ribattè sicura. Quindici al massimo!?! Una mocciosa! E come sarebbe a dire se sei una femminuccia?! Era in dubbio pure quello!?!? Ma perchè?! Perchè ?! Non potevo dimostrare almeno diciannove anni e avere due belle tette grosse come meloni!?! Fui tentata di mostrare un documento (falso) ma fui altrettanto certa che quella non se lo sarebbe bevuto e volevo evitare di farle chiamare la polizia.
- Sidro? - chiesi speranzosa.
- Succo d'arancia! - dichiarò il donnone.
Sospirai abbattuta.
- Una tazza di tea? - chiesi facendo gli occhi languidi, quelli da cucciolo. Ero in ritardo mostruoso pr una simile richiesta ma dato che la birra mi era stata interdetta...
- Con una bella fetta di torta di mele offerta dalla casa! Dai l'idea di non fare un pasto decente da giorni! - sorrise soddisfatta la matrona, sparendo poco dopo.
Che potevo farci se non avevo i fianchi rotondi e le forme procaci? Non ero piatta come una tavola ma il taglio della camicia lo nascondeva bene. Sospirai riconoscendo che il mio aspetto era davvero androgino, fin troppo.
Quindici anni. C'era da finire in depressione. E non avevo fatto niente per sembrare giovane! La prossima volta avrei fatto uso di rossetto, cipria e mascara! E poi avrei passato tutto il tempo a fuggire gli sguardi diretti perchè in quel modo i miei occhi avrebbero messo in allarme più di una persona. E tutti mi avrebbero fissato per capire se ero davvero una donna o un travestito. Dicevo dei miei occhi... Erano semplicemente verdi, ma in uno di essi c'era una macchia scura, un monogramma. (Il Marchio dell Bestia, come si credeva nel Medioevo! E il marchio di Caino, quando si dava la caccia alle streghe. Tsk! )
Un nuovo cliente entrò in quel momento. Riconobbi immediatamente il portamento fiero e ferino di un cacciatore, di un guerriero. Indossava una specie di uniforme nera e argento. Prima ancora di vedere la sua decorazione, appuntata sulla giacca, seppi che era l'esorcista.
Alzai il braccio, per richiamare la sua attenzione.
Venne verso di me, con la lunga coda che gli ondeggiava dietro le spalle ampie, gli occhi allungati tipici delle popolazioni orientali, le labbra strette in una linea sottile e una katana appesa al fianco.
- Einghel Chielo? - domandò storpiando il mio nome in modo buffo.
- Esattamente. Lei è? -
- Yu Kanda -
- Va bene se la chiamo Kanda? Ricordo che forse in oriente sia usanza... -
- Ai. - confermò.
- Mi chiami pure Angel. Abbiamo tempo per un tea? - chiesi addocchiando la donna che stava arrivando con l'ordinazione.
Lui parve seccato ma si sedette comunque.
- Posso portare qualcosa anche a lei? - Chiese la matrona addolcendo la voce e sbattendo le ciglia verso il mio compagno.
Ringraziai la mia faccia di tolla che mi permise di non fare una piega e addentai la torta. Gli inglesi in cucina erano una pena, ma almeno la pasticceria era accettabile, per mia fortuna!
Kanda aveva allontanato la donna con un cenno di diniego poi era rimasto in silenzio ad osservare l'ambiente.
- Ho finito - gli dissi lasciando le monete sul tavolo e alzandomi in piedi.
Lui spinse il denaro verso di me e mise mano al suo portafoglio. Galanteria maschile.
- Lasci perdere. Sua Santità mi rimborsa le spese - lo informai ghignando mefistofelicamente.
Lui corrugò la fronte poi si alzò e si diresse verso l'uscita.
Non mi rimase altro da fare che riprendere il mio bagaglio e seguirlo.


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Capitolo 4
*** La Dark Religious ***



Sede Londinese della Dark Religious.
Ore 19.30




Uno strano marchingegno mi selezionò, scrutandomi in lungo e in largo, gracchiando qualcosa che non capii per nulla. Mi fu chiaro solo il termine Akuma.
Al mio fianco, Kanda pareva tranquillo, solo un po' seccato.
La porta si aprì con un rumore un po' sinistro e mi trovai davanti a sconosciuti. Riconobbi quelli vestiti di nero come Esorcisti, gli altri dovevano essere di qualche sezione interna, dato che vestivano di bianco, con dei camici. E un po' discosto c'era Link. Finsi di non vederlo nè conoscerlo e altrettanto fece lui.
Una ragazza con i capelli neri a caschetto si fece avanti con un sorriso dolcissimo e cordiale sul bel volto.
- Benvenuta. Io sono Linalee Lee. - mi disse fissandomi con i grandi e tondi occhi viola.

- Angel Cielo - mi presentai allungando la mano verso la sua, che mi aveva garbatamente teso.
Non feci in tempo a stringerla che per un secondo che qualcuno mi afferrò il polso e mi costrinse a lasciare il contatto.
- Basta così. La mia sorellina non si tocca! E abbassa lo sguardo! - mi disse un tizio dall'aria strana.
- Komui Nii-san... - protestò debolmente la ragazza.
Cercai di non sorridere. Non sarebbe stato gentile sbattere in faccia al capo sella Sezione Scientifica che persino in Vaticano si sapeva del suo complesso per la sorella minore.
- Io sono Lavi! Successore di Bookman - si presentò un secondo esorcista, con i capelli rossi e un solo occhio verde. Lo osservai qualche istante. Nascondeva qualcosa ma decisi subito che non fosse pericoloso.
- Piacere. - dissi tendendo la mano che lui mi strinse con calore. Forse troppo per essere autentico.
- Allen Walker... - si presentò quello con i capelli e gli occhi d'argento, con il viso segnato da una maledizione. Non mi strinse la mano perchè aveva il braccio fasciato e legato al collo, segno che era appena tornato da una missione e non era ancora guarito dalle ferite.
- Piacere Angel Cielo... - dissi optando per una sostitutiva mano sulla spalla.
- E levatevi dai piedi! E' finalmente arrivato il cane del Vaticano?! - abbaiò la voce di un uomo mentre spostava un paio di persone. Nemmeno quei capelli rossi potevano in qualche modo assomigliare ai miei...
- Generale Cross... Non ci si metta anche lei... - Pigolò Lenalee
- Maestro... - sospirò Allen affranto.
Quando me lo trovai davanti dovetti ammettere che era alto, io gli arrivavo praticamente alle spalle, e decisamente affascinante come mi avevano detto.
Lo fissai dritto negli occhi e poi feci qualcosa che credo nessuno avesse mai osato con lui.
- Bau! - mi presentai.
- Questa pulce? Cos'è uno scherzo? - chiese dopo il primo attimo di sorpresa.
- Le pare cha abbia la faccia di qualcuno che scherza? - lo pungolai.
- Oddio che è quella vocetta stridula?! Facevi lo stillone fino a ieri? E quanti anni hai? Tredici? Cosa si pensa il Vaticano? Che questo è un collegio? - abbaiò di nuovo il Generale. Mentre mi aveva afferrato il mento con due dita e esaminava il mio volto, facendomelo voltare ora a destra e ora a sinistra.
- Ho diciannove anni e chiarisco subito che sono una donna! - sbottai risentita per quella completa mancanza di tatto.
- Come? - chiese Kanda voltandosi verso di me.
Non ditemi che persino lui... Eppure quel gesto di galanteria alla locanda... Avevo frainteso tutto? ME TAPINA!!!!! Perchè adesso andavano di moda le donne procaci!?
- Maestro!?!? - la voce di Allen era sconvolta e ci misi un secondo di troppo a capire che quello che sentivo sul petto non erano i lembi del mio fiocco sfatto ma le mani del Generale. La stoffa non palpa!
Boccheggiai davanti a tanta insolenza.
- Sono grosse come due albicocche ma in effetti hai le tette... - Generale o meno si ritrovò steso a terra con cinque dita fumanti sulla gota. La mia lingua si era fatta biforcuta e fulmini mi saettavano attrono al capo.
- Cafone maledetto crepa! - gli strillai. Lo avrei volentieri spedito sulla Luna!
- Maestro... - sospirò Allen rassegnato mentre il suo volto diceva chiarmente che voleva solo sprofondare dalla vergogna.
- Su su... Non c'è bisogno di animarsi tanto... Eheheh... Lenalee, mostra alla nostra nuova ospite la sua stanza... Generale, sta bene? - chiese Komui cercando di gestire la situazione al meglio.
- Quella mocciosa che puzza ancora di latte!!!! - strillò il Generale Cross scattando in piedi e lanciando altre colorite imprecazioni al mio indirizzo.
Lavorare con quello mi avrebbe fatto venire molte emicranie, ma mi sarei impegnata tanto per rendere la cortesia! Ghignai mefistofelica a quel pensiero. Lenalee, al mio fianco, rabbrvidì.



Dopo l'incontro con Hevraska, i test da incubo a cui mi sottopose Komui (dubitai seriamente della sanità mentale del supervisore) e il benestare ad esercitare la professione di Esorcista da parte del Consilio della Dark Religious mi venne finalmente concesso di andare nelle mie stanze e farmi una doccia degna di tale nome.
Mentre lasciavo che l'acqua lavasse via lo sporco e la schiuma del sapone canticchiavo l'aria di un motivetto che ogni tanto mi ronzava in testa.

Every day and every night,
I always dream that
You are by my side. *



Il mio stomaco gorgogliò ricondandomi che non avevo cenato e mi chiesi se fosse troppo tardi per ottenere qualcosa di commestibile dalla cucina. Bhe, se volevo dormire era meglio che mettessi qualcosa sotto i denti e alla svelta!
Misi la valigia sul letto e l'aprii. Ne tirai fuori un abito piuttosto elegante, da tenere nelle occasioni molto formali con l'aristocrazia, un secondo vestito molto più semplice e comodo per le funzioni religiose della domenica e delle feste e un secondo paio di pantaloni neri e camicia rossa.
Raccolsi i capelli in uno chinon affinche non mi bagnassero la schiena e osservai gli stivali...
Non avevo proprio voglia di mettermeli e meno ancora volevo infilare quelle maledette trappole con i tacchi. Era un po' incivile, ma data l'ora mi dissi che non avrei incrociato nessuno: era mezzanotte passata! perciò uscii a piedi nudi.
Il pavimento di pietra era freddo sotto le piante nude dei miei piedi ma era anche liscio e consunto dallo scapliccio secolare. Non avendo idea di dove potessero essere le cucine decisi di farmi il giro del piano, certa che avrei trovato almeno un pannello espilcativo, tipo i piani di fuga di emergenza che mettevano nei teatri.
Le potre delle camere degli Esorcisiti erano tutte chiuse, quindi non mi sentii in colpa se sbirciavo in quelle aperte o socchiuse.
Raggiunsi una stanza più ampia delle altre, che si apriva nel pianerottolo. Dalla grande vetrata si vedeva una falce di luna argentea brillare solitaria nel cielo. I vetri all'inglese gettavano ormbre crociformi sul pavimento. Fu ad un secondo esame che vidi una di quelle portefinestre aperte e acciccuato ai piedi di una colonna c'era Allen, inconfondibile per via dei suoi capelli argentati.
Pareva infinitamente triste.
- Ciao - bisbigliai quando gli fui davanti, per non spaventarlo.
Lui sollevò di scatto la testa, poi sorrise.
- Ciao... Perdona il mio maestro per... - arrossì
- Non sei responsabile delle azioni altrui, tranquillo. - gli sorrisi accucciandomi vicino a lui.
- Disturbo? -
- No... Io stavo solo... Pensando... - mormorò
- Pensando? A quest'ora? Non sarebbe meglio riposarsi? - chiesi
- E' che a volte i pensieri, le domande senza risposta... Fanno troppo rumore, qui nella mia testa... - disse lui sorridendo di nuovo.
Sospirai.
- Se sei arrabbiato, grida. Se sei triste, piangi. Se sei felice, ridi. Se hai bisogno di aiuto, chiedilo. Se ti senti solo, guardati attorno, scoprirai che non lo sei. Se hai domande, ponile. Cerca le risposte. Non temere la verità. Prima o poi qualcuno risponderà.
Rispetta le promesse che hai fatto, perdona i torti subiti, assumiti le tue responsabilità e ascolta sempre il tuo cuore. Questo fa di te un uomo che vive. - gli dissi.
Lui affondò la stesta fra le ginocchia che si era tirato al petto, le sue spalle stavano tremando. Se le lacrime stessero rigando il suo volto o meno non lo vedevo.
Accidenti al Vaticano, che mi affidava le missioni solo quando il caso era davvero disperato! Come accidenti potevo lavorare bene se mi toccava sempre farlo di fretta e furia? Era forse già troppo tardi per Allen? Le memorie del Quattordicesimo... fino a che punto si erano spinte? Quanto ci sarebbe voluto prima che Allen stesso smettesse di esistere e rimanesse solo il Noah? Certo, mi avrebbe fatto comodo saperlo, ma non potevo chiederlo così a bruciapelo! Avrei solo ottenuto di far chiudere a riccio il ragazzino.

Ripresi ad accennare l'aria di quel motivo che avevo intonato sotto la doccia e all'improvviso, come lampi su una tavola nera ricordai delle parole che uscirono dalle mie labbra.

I still believe in your eyes
I just don’t care what
You’ve done in your life.*

Smisi di botto.

- Hai una bella voce- mi disse Allen, sempre con la testa fra le ginocchia.
- Qualche volta cantavo nel coro della Chiesa, a Roma. Ma questo non è un inno religioso... E' qualcosa che appartiene... Alla mia infanzia, credo... Non ho molti ricordi di quel periodo. E poi quando ho fame tendo a ragionare peggio del solito. - ammisi.
- Forse riusciamo a convincere Jerry a prepararci qualcosa... Quello è tanto geloso della sua cicina che ci dorme dentro! - mi svelò Allen, sollevando il volto un po' arrossato.
- Evviva! Andiamo compagno di spuntino notturno! - gioii allungando unamano verso di lui, dopo essermi alzata in piedi.
- Andiamo... - approvò lui afferrando la mia mano con decisione.
- Ehi, ma sei scalza! - notò solo allora.
- Credi sia un po' selvaggio? - domandai sollevando un soppracciglio.
- No... Ecco... E'... Come dire... Affascinante. Hai dei bei piedi. - disse imbarazzato.
Inclinai il capo su una spalla. I rapporti di Link dicevano il vero: traspariva che Allen era dolce.



* Questa anacronistica canzone penso proprio che accompagnerà tutta la storia! ^____^ A proposito e' di Sage Rey e tutti i diritti sono suoi; è stata usata di recente nello spot per "Intimissimi"

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Capitolo 5
*** PRIMA MISSIONE - Parte I - ***



Bussai discretamente alla porta del Supervisore Lee e attesi di essere inviata ad entrare.
Rimasi perplessa dal vociare che proveniva all'interno, afferrando solo due parole "moyashi" che voleva dire all'incirca pidocchio e "Bakanda" che voleva dire qualcosa come stupido Kanda.
- Avanti! - gridò la voce di Komui.
Abbassai la maniglia ed entrai, guardinga.
Allen aveva l'aria di chi era mortalmente offeso e Yu pareva sul punto di voler affettare tutti con la sua katana. Notai anche Link tranquillamente sistemato in un angolo che prendeva appunti sul suo blocco. Manco fosse stato uno studente modello in prima fila davanti alla cattedra...
- Mi ha mandata a chiamare? - chiesi avvicinandomi alla scrivania. Da bravi cavalieri nè Kanda, nè Allen diedero segno di volermi cedere il loro posto. La cosa mi irritò. Va bene: non ero il prototipo ideale di bellezza femminile, va bene: non amavo i favoritismi... Ma che cavolo fare almeno la finta per gentilezza!! Strinsi le labbra in una linea sottile e dato che Kanda era proprio quello seduto più scomposto, con la caviglia appoggiata al ginocchio e l'aria truce decisi che me la sarei presa con lui. Senza una parola mi sedetti direttamente sulla sue gambe.
Komui sbarrò gli occhi.
Allen trattenne il fiato.
La Katana produsse un suono metallico quando scivolò fuori dal fodero che cadde a terra.
- Cos... - l'aura del giapponese divenne nefasta.
- Taci! Non ti sei nemmeno degnato di chiedermi se volevo sedermi, maleducato! - sibilai continuando a fissare Komui le cui labbra si piegarono ad un ghigno.
Sentii il ragazzo muoversi sotto il mio peso e poco dopo la sua katana accarezzava il mio collo.
- Sparisci se non vuoi morire! - sibilò.
- Spiacente, se mi punti una lama alla gola non mi muoverò di certo, anzi, mi ritrarrò di più verso di te... - gli annunciai spingendomi meglio contro il suo torace. Kanda tentò di ritrarsi, la sedia decise di averne abbastanza e si rovesciò facendoci cadere a terra.
Allen aveva le gote gonfie come un pesce mentre tentava di non ridere. Komui si eclissò dietro i fogli del fascicolo della missione che stava per affidarci. Link continuava a scrivere, imperturbabile.
- Teme do'hao! - sbraitò il giapponese. Avevo capito solo che mi aveva dato dell'idiota.
Allen mi aiutò ad alzarmi e mi offrì la sua sedia.
Sorrisi e gli dissi
- Dividiamocela! - e mi sedetti su un angolo. Il ragazzino sorrise e prese posto sull'altro lato.
- Allora, ti affido la tua prima missione, Angel - esordì Komui mentre Kanda stava ancora fumando di rabbia.
Allungai la mano per afferrare il fascicolo.
- Di che si tratta? - chiesi iniziando a leggere le prime righe.
- Dei finder hanno rilevato delle strane attività paranormali presso un vecchio cimitero nelle vicinanze di Dover. Potrebbe essere dovuto alla presenza di fantasmi oppure di un qualche tipo di Innocence. Investigate: se si tratta di fantasmi esorcizzateli, se si tratta di Innoccence, recuperatela. -
- Ricevuto! - disse Allen allegro.
- Fantasmi, eh? - ghignai
- Tsk! Un pidocchio e un'idiota... Non poteva capitarmi di peggio! - si lamentò il giapponese.
- Tranquillo, puoi sempre venire posseduto dal fantasma! - dissi per stuzzicarlo ancora.
Il giovane picchiò violentemente un pugno sulla scrivania
- Stai zitta! -
Mi strinsi nelle spalle. Provocarlo stava diventando fin troppo piacevole, soprattutto perchè lui si accendeva subito.
- Quando partiamo? - chiese Allen cercando di rompere la tensione e di porre fine a quella riunione prima che le cose degenerassero per davvero.
- Domanttina alle otto avete il treno per Dover - ci informò Komui. - Così presto? A me piace dormire... - pigolai.
- Tranquilla, ti sveglierò io! - mi disse Allen con un sorriso gentile - e poi potrai dormire un altro po' sul treno... -
- Ok. - approvai.
Poco dopo lasciammo la stanza ma mentre Kanda andò per conto suo, io e Allen proseguimmo affiancati, con link un passo dietro, come un fedele cagnolino o forse come un segugio.
Alla fine mi decisi a rompere il silenzio che si era creato fra noi - A proposito, le tue ferite? Sei già guarito? - chiesi notando che aveva tolto le bende.
- Avere un'Innocence di tipo parassita ha i suoi vantaggi... - mi informò lui con una strizzata d'occhio.
- Però... - mi finsi interessata. In realtà sapevo già tutto quello che c'era da sapere.
- E la tua? Di che tipo è? Parassita o equipaggiamento? O magari è di un nuovo tipo, come quella di Linalee... L'hanno chiamata Cristallo... - chiese lui curioso
- Non saperei... Il Vaticano mi ha semplicemente detto che avevo dell'Innocence. Per il momento dorme qui! - sorrisi indicando un ciondolo che avevo al collo. Detestavo mentire ma in certi casi era indispensabile farlo, e comunque non era proprio una bugia.
- Se diventa un'arma allora è sicuramente di tipo equipaggiamento! - affermò lui.
Link sbuffò.
- Sei stanco Howard? - chiesi con un sorriso
- No. - disse lui serio.
- Allora che ne diresti di una partitina a scacchi? Padre Amadeo (evitai di proposito di chiamarlo il Camerlengo) mi straccia in continuazione, vorrei esercitarmi un po' per non fare semrpe la figura del pollo! - dissi
- Ho altre attività da svolgere... Ma se vuoi, dopocena potremmo fare una partita nella sala comune dove di solito Allen gioca a poker con gli altri membri della base. Anche se in verità più che giocare bara. - dichiarò facendo avvampare il giovane albino.
- Grandioso! Allora a stasera! - accettai entrando nella mia stanza, che avevamo raggiunto e salutandoli.



Un'ora dopo ero annoiata a morte. Mi diressi verso la biblioteca. Leggere di solito era un buon passatempo, ammesso che ci fosse qualche lettura interessante da poter fare.
La stanza era buia e polverosa. Odorava di stantio e di muffa, come ogni biblioteca che si rispetti. Osservai gli alti scaffali in cui grossi tomi erano stipati uno vicino all'altro, con ordine metodico. Osservai le grandi vetrate da cui entrava la luce, ma in modo obliquo per far si che desse luminosità ma poco calore e rimani affascinata dai leggii di legno scuro, intarsiati e di fattura molto antica. Dato che la missione parlava di fantasmi decisi di documentami meglio su di essi. Non era che non sapevo nulla di tali argomenti ma un ripasso generale non mi avrebbe fatto male.
Ci misi qualche minuto a trovare il libro perchè la ricerca era facile e veloce rispetto agli Archivi Vaticani e poi a quanto pareva non c'erano aree particolari per cui bisognava chiedere autorizzazioni a destra e a manca.
Pochi minuti dopo ero immersa completamente nelle pagine del libro. Le parole mi scorrevano davanti agli occhi e nella mia mente si formavano immagini e scene.
- Angel? - mi sentii chiamare in un bisbiglio.
Sollevai il capo e mi trovai a fissare il volto sorridente di Bookman Junior.
- Ciao! - lo salutai.
- Che leggi di bello? - chiese curioso prendendomi il libro dalle mani.
- Fantasmi? Ti piacciono questo genere di racconti? - domandò perpelsso.
- Per la verità è un manuale tecnico... - lo informai indicando il sottotitolo. - Sto solo documantandomi per la prossima missione. Pare che ci sia un fantasma in un vecchio cimitero che si diverte a spaventare la gente... -
- I fantasmi non esistono! - disse lui molto serio.
- No? Eppure qualcuno ha scritto... Che sono gli Angeli se non fantasmi travestiti?* -
- Storie! Io cerdo solo a ciò che vedo e a ciò che la storia ha documentato! - disse
- Allora chiedi a Bookman Senior, ti racconterà qualche vicenda interessante. Ma digli di non raccontartela come favola della buonanotte o non dormirai per niente! - sorrisi
- Lasciamo perdere! Che ne dici di andare a cena? Sono quasi le sette e mezza. Qui ti stai consumando gli occhi! - disse lui alludendo alla scarsa illuminazione.
- Massì! Dopotutto mi sta venendo fame! - approvai riprendendo il libro e mettendolo al suo posto sullo scaffale.



Howard Link mi stracciò dopo undici mosse. Una figura pessima per me, ovviamente. Allen giocava a poker con alcuni ragazzi della sezione Scientifica di cui non avevo ancora imparato i nomi, Kanda era sparito subito dopo aver consumato il suo pasto a base di qualche intruglio giapponese non meglio definito e Lavi e Lenalee stavano giocando con Komui e Bookman a qualcosa che non avevo identificato.
- Che te ne pare? - mi chiese Link ad un tratto.
- Che sono una schiappa. - borbottai scontenta mentre sistemavo di nuovo gli scacchi in posizione di partenza.
- Intendevo... Di questo posto. - disse lui guardandosi attrono.
- Sono gentili e disponibili, ma oltre a questo non posso fare nessuna valutazione: mi mancano gli elementi. - ammisi
- Sembri esserti ben integrata. - mi disse spostando il pedone di due caselle.
- Vale? - chiesi indicando la mossa.
- Di un po', ma le conosci le regole? - chiese lui dubbioso.
- Qualcuna. Padre Amadeo non ha molta pazienza quando spiega... - riconobbi.
Link sorrise.
- Padre Amadeo non spiega le regole, le accenna. Devi scoprirle da sola man mano che giochi. -
- Qualcosa del genere... - borbottai ricordando le volte che mi aveva fatto la mossa del barbiere prima che io potessi capire cosa significava e come si finiva in trappola!
- Sii prudente domani. Walker e Kanda sono due bravi esorcisti, non è il caso che tu ti esponga troppo. - mi disse.
- E' una richiesta? - chiesi muovendo l'Alfiere.
- No, un suggerimento. - mi disse stroncandomi la Torre con il Cavallo
- Acc! - protestai correndo ai ripari con l'altra Torre.
- Scacco - dichiarò spostando la sua Regina.
- Ecco, sono una super schiappa! - borbottai alzandomi in piedi e salutando tutti con l'augurio di trascorrere una buona notte.



Con molta fatica tirai fuori il braccio dalle coperte e cercai a tentoni la sveglia che continuava a fare un fracasso infernale sul comodino. Per fortuna avevo preparato la valigia la sera prima, come pure mi ero fatta la doccia e cambiata la biancheria. Emersi dalle lenzuola con la stessa flemma che ci mette un bruco a uscire dalla mela. Mi trascinai nei bagni dove lavai i denti e la faccia. Mi chiesi chi fosse quel cadavere che mi fissava dallo specchio, poi realizzai che ero io. I capelli erano una massa informe di lingue color vinaccia che cadevano sulla fronte e sulle spalle senza alcun senso logico, altre invece sfidavano la forza di gravità slanciandosi verso il soffitto. Gli occhi erano due fessure che imploravano solo di poter chiudersi di nuovo, e il volto era bianco come il latte o forse di più. La sola macchia di colore erano le labbra rosee. Sistemai il colletto della camicia bianca e cercai di mettere a posto i capelli usando le dita e l'acqua.
Trovai Allen che aspettava fuori dalla porta della mia stanza.
- Allora eri già sveglia! - disse per poi rettificare - No, forse mica tanto... -
- Dove la trovi tutta quest'energia, ragazzino? - borbottai rischiando di inciampare nelle stinghe sfatte dei miei stivali. Gli feci cenno di entrare nella mia stanza e mi lasciai cadare a peso morto sul letto, le cui molle protestarono.
- Jerry ci aspetta per la colazione e poi andremo tutti insieme in stazione. Howard e Bakanda sono già di sotto. - mi disse allegro.
- Se salto la colazione posso dormire altri dieci minuti? - pigolai.
- Non se ne parla nemmeno! La colazione è il pasto più importante della giornata! - mi sgridò lui mentre finiva di farmi il nodo alla cravatta. Sebbene fossero previste anche uniformi per esorciste donne, io avevo scelto di tenere i pantaloni. Al diavolo se così era più difficile stabilire il mio sesso! In certi casi la praticità era essenziale!
Lavi era seduto al tavolo, che si destreggiava tra l'infastidire il samurai e il riempirsi la bocca. Ci chiamò a gran voce, facendo ampi gesti con il braccio. Possibile che nessuno avesse sonno e apprezzasse il meraviglioso silenzio?
Mangiai con la testa che ciondolava sopra la tazza di caffè, forte e scuro.
- Quanto pensi di metterci per riprenderti? - mi chiese aspro Kanda. Mi voltai verso di lui.
- Siedi difianco a me sul treno. Hai l'aria comoda. - gli dissi prima di coprirmi la bocca con la mano ed emettere un rumoroso sbadiglio.
- Do'hao! - sbuffò lui tornando a mangiare pesce crudo. Disgustoso. Allen ridacchiò
- Hai trovato chi ti tiene testa, nè Yu? - lo punzecchiò Lavi
- Taci! Che ci fai poi qui? Non potevi startene a letto? - ringhiò
- Ma dai! Ed io che mi sono alzato presto apposta per salutarvi e augurarvi in bocca al lupo! - si lagnò il rosso
- Tsk! -
- Per me è quella roba fermentata che si mangia che lo rende così acido... - sussurrò Allen
- Teme Moyashi!!!!! - sbraitò l'altro con gli occhi iniettati di sangue.
Link si spostò con il suo piatto, fingendo massima nonchalance mente i due iniziavano a tirarsi i calcioni da sotto il tavolo, facendolo vibrare quando colpivano le gambe di legno...
- Siete sempre i soliti! - sorrise indulgente Lavi per poi mettesi a fissarmi con inensità.
- Ho sonno - borbottai accucciandomi sulle mie stesse braccia.
- Andiamo! - esclamò Allen, paonazzo in volto mentre mi afferrava un braccio e mi trascinava via.
Kanda era più nero del solito, ma mi ero persa lo scambio di battute che aveva portato a quella situazione.



Ovviamente sul treno Kanda si sedette ben lontano dalla sottoscritta e da Allen. Prima di scivolare nel sonno, sul vetro del finestrino, mi parve di vedere una figura nera e oscura dietro il profilo dell'esorcista. Era il Quattrodicesimo? E Allen lo aveva visto, dal momento che i suoi occhi erano si puntati sul vetro ma di certo non stavano fissando il paesaggio. Ritenni che al momento non c'era nulla che potevo fare e che comunque l'apparizione del Noah non era pericolosa, poichè non percepivo nessun sentimento provenire da lui e permeare l'aria.
Quello che mi preoccupava era la storia del fantasma. Se si fosse trattato di una vera apparizione dubitavo che l'Innocence potesse fare qualcosa. O forse era solo una trappola degli Akuma... Ad ogni modo, sarei stata pronta per ogni evenienza. Mi acccarezzai distrattamente l'orecchino e poi mi abbandonai al sonno. Niente da fare, la mattina per me era troppo tragica!



* Verso di una poesia di Stan Rice

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Capitolo 6
*** PRIMA MISSIONE - Parte II ***



- Angel... - Allen mi fissava come se mi vedesse per la prima volta. - Che c'è? - chiesi sollevando il capo verso la struttura della chiesa che verteva in uno stato di totale abbandono.
- Non dicevi sul serio, vero? - chiese titubante mentre Kanda emetteva uno sbuffo.
- Scusa? - chiesi non capendo affatto quello che l'esorcista intendeva.
- Prima... Non dicevi sul serio, vero? - chiese lui a conferma. Di cosa non avevo ancora capito.
- Moyashi! Puoi anche tornartene alla locanda! - masticò fra i denti l'altro esorcista.
- Sta zitto! Non sto parlando con te Bakanda! E il mio none è Allen, Allen capito!? - si stizzì l'albino.
Li lasciai perdere mentre osservavo Link che si accomodava su una panca di legno dopo essersi accertato che non si sfasciasse sotto il suo peso. Prelevò dallo zaino un contenitore e poco dopo si versò una profumata tazza di caffè.
- Cos'hanno detto i finder circa le voci che circolano in città? - chiesi dal momento che mezza addormentata com'ero mi erano sfuggiti parecchi particolari. Insomma avevo capito a grandi linee qual'era il problema ma per il resto stavo ancora rincorrendo farfalle.
- Dovevi stare attenta!!! - mi ringhiarono tutti e due i ragazzi.
- Tho, non l'avrei mai detto che vi trovaste in accordo su qualcosa... - ironizzai iniziando a muovermi lungo la navata della piccola chiesa di paese.
Il pavimento era consunto dallo scalpiccio di innumerevoli piedi che erano passati da secoli su quelle pietre, consumandole e rendendole lisce e lucide. Il rosone era crollato e a terra si vedevano ancora innumerevoli schegge di vetro colorato, anche se avevano perso la loro brillantezza a causa della polvere e dello sporco. La parete che si ergeva ancora in tutta la sua altezza aveva il muro scrostato e rigato dall'acqua piovana che probabilmente filtrava attraverso il tetto, prima che questi crollasse definitivamente. Qualcosa mi suggerì che i mattoni rossi con cui era stato edificato erano stati per tempo portati via dai campagnoli, che li avevano usati per le riparazioni dei tetti del villaggio o chissà per che altro.
Capii che quel luogo non era solo stato abbandonato, ma probabilmente sconsacrato.
Il degrado che regnava sovrano mi mise un po' di tristezza. Pensare che una volta quella era la casa del Signore... Dove chiunque poteva trovare accoglienza e una parola gentile o un sorriso.
Senza una parola cercai di raddrizzare il crocefisso in legno, che pendeva sbilenco dal coro dietro quello che doveva essere l'altare. Della lastra di marmo posta in orizzontale, per farne un tavolo, non vi era più traccia.
Anche di panche ne erano sopravvissute poche, molte erano state scardinate dal suolo dove erano cementate e la loro legna usata per accendere fuochi, come testimoniava il nero sulle due colonne infondo alla navata, sotto l'abside, laddove il tetto a cupola non era caduto. Su cosa ne fosse stato del campanile e della campana potevo solo congetturare che il bronzo era stato fuso, sperai per ricavarne attrezzi da lavoro e non armi.
- Davvero decadente - ammise Link facendo udire per la prima volta la sua voce da quando avevamo lasciato il piccolo borgo rurale.
- Ad ogni modo il fantasma, se si tratta di un fantasma, non appare qui, ma nel cimitero laggiù - indicò Kanda alla sua sinistra e attraverso le brecce del muro si potevano vedere tante croci, di diversa forma e colore.
Persino nella morte gli uomini non erano tutti uguali; i più ricchi potevano permettersi croci in ferro battuto o metallo e addirittura statue in marmo, i poveri quelle di semplice legno, altri ancora avevano solo pietre a segnare il luogo della sepoltura.
- Però questo è un buon punto di osservazione. Ci tiene nascosti agli sguardi di vivi e non morti. - gli feci notare.
- Non dire questa cose con tanta leggerezza! - sibilò Allen.
Non avevo detto nulla di offensivo quindi... Lo guardai sgranando gli occhi. Insomma per uno che aveva un occhio maledetto e che poteva vedere le anime degli Akuma, come poteva essere pauroso un fantasma!? E poi, non era un esorcista?! Mi sa che c'era qualcosa di poco chiaro su quelli che erano i precisi compiti e doveri di una persona che si fregiava di tale titolo. Mi chiesi se Allen o Kanda o anche un altro qualsiasi di quegli esorcisti avessero mai compiuto un rituale per scacciare i demoni. Non intendevo combattere gli Akuma, ma eseguire la cacciata di un demone da un corpo ancora vivo. Infatti mentre gli Akuma erano spiriti che prendevano possesso di un corpo già morto o comunque di una rappresentazione parodistica di esso ad opera del Conte del Millennio, era insensato negare che esistessero anche demoni che imprigionavano l'anima di un essere vivente per poter usufruire liberamente del corpo. In quel caso, uccidere l'ospite voleva dire perdere l'anima innocente e costringere il demone a cercare un'altro ospite, senza tuttavia debellarlo...
Quindi alla fine, se la Dark Religious non era a parte di questa fondamentale differenza, qual'era l'interesse della Chiesa nei suoi confronti? Perchè aveva deliberatamente scelto di non chiarire la questione?
Spostai lo sguardo su Howard che finse di non essersene accorto. C'erano due modi per evitare domande scomode: il primo era non fissare mai, nemmeno per sbaglio il richiedente, il secondo era fissarlo insistentemente fino a farlo sentire a disagio e costringerlo quindi a lasciare perdere. Quindi c'era qualcos'altro che avrei dovuto se non sapere, di certo scoprire.
- Continuo a ribadire che non è una buona idea! - sbuffò l'albino mentre stendeva a terra la sua coperta.
- Allen-kun! - esclamai abbracciandolo.
- Ehi? Ma... Ma sei scema?! - sbottò lui avvampando.
- Non avere paura! Ti proteggo io! Se si tratta di un fantasma lo esorcizzo in due minuti, se si tratta di un Akuma lo eliminiamo rapidamente e se si tratta di Innocence... Link cosa ci si aspetta che facciamo? - chiesi volgendo lo sguardo al serio segugio.
Lui continuò nella sua politica di ignorarmi.
- Facciamo il nostro lavoro e la recuperiamo! - borbottò Kanda. Mi ero quasi scordata di lui, dal momento che era molto silenzioso.
Infatti tra Howard e Yu c'era una profonda differenza, il primo stava in silenzio ma nulla sfuggiva al suo sguardo, mentre il secondo semplicemente si isolava, disinteressandosi a ciò che aveva attorno.



La notte era scesa silenziosa e fredda.
Dal mare si era levata la consueta nebbiolina che rendeva tutto più ovattato e dai contorni meno distinti. In una simile atmosfera era piuttosto facile lasciare correre la mente e immaginare cose che non esistono. C'era poi da far conto con la suggestione che gli esseri umani esercitavano gli uni sugli altri e... Insomma c'erano tutti i presupposti per creare quella che poteva essere definita leggenda metropolitana.
Link ravvivò un po' la brace, mandando riflessi rossi nello spazio intorno al fuoco. Anche i capelli di Allen parvero arrossire, assorbendo e riflettendo il colore.
Kanda pareva dormire un sonno tranquillo e beato. Mi dissi che non doveva essere esattamente così dato che la sua mano non aveva lasciato la katana, eppure il broncio rabbioso che dominava i suoi lineamenti era stato sostituito da un'espressione serena e tranquilla. Anche abbandonato ad uno pseudo sonno quel ragazzo non poteva definirsi nè dolce e nè tenero. Però era oggettivamente bello, questo glielo riconobbi. La pelle chiara, ombreggiata da ciglia scure e capelli serici, le labbra rosee, l'ovale preciso del viso, i lineamenti fini e delicati che lo rendevano simile ad una bambola di preziosa porcellana... Se avesse sentito i miei pensieri del momento mi avrebbe davvero affettata con Mugen. Nonostante questa apparenza di leggerezza c'era qualcosa, nel tutto l'insieme, che non mi permetteva di abbassare la guardia. Kanda era un guerriero, il suo essere lo gridava. Trattarlo con leggerezza sarebbe stato come giocare con una pantera nera credendola un gatto.
Scivolai piano fuori dalle coperte. Link mi guardò ma non disse nulla. Continuò a tacere anche quando mi allontanai.
Quindi era vero: lui apparteneva all'Ordine dei Corvi e come tale non era interessato a nulla più e a nulla di diverso dall'eseguire l'ordine ricevuto. Per fortuna al momento l'ordine era quello di sorvegliare Allen Walker, quindi di ciò che facevo io non se ne sarebbe occupato e nemmeno intromesso.

A causa della rugiada e della nebbia il terreno del cimitero era umido e molliccio. Gli stivali vi affondavano leggermente lasciando delle impronte. Passai lungo uno dei viali principali, riconoscendo che il tutto era inquietante. Potevo vedere ogni tanto, emergere dalla foschia e dal buio, forme spigolose e nette. La mano di una statua, la punta di un'ala, una rosa in metallo, la punta della croce con la corona di spine... Balguginii troppo veloci e indefiniti d'oro che riportavano con ogni probabilità nomi, date, epitaffi. Stavo ancora percorrendo la parte ricca del camposanto.
Mi irrigidii di colpo.
Una presenza.
Una presenza oscura.
Mi voltai di scatto, nella direzione in cui credevo di aver sentito il senso di minaccia.
Solo nebbia, sagome indistinte di lapidi e ghiaia sul terreno...
Ghiaia? E da quando? Come avevo fatto a camminare su di essa senza far rumore? Come avevo potuto non accorgermene?
Istintivamente portai la mano all'orecchino. Leonardo...
Mi diedi della sciocca. Avevo alte armi con cui affrontare il pericolo. Avevo altre frecce al mio arco. Poi, onestamente, nemmeno sapevo di che minaccia si trattasse. Probabilmente la paura di Allen mi aveva contagiata. Sorrisi a quel pensiero.
- Come siamo coraggiosi... - una voce alle mie spalle. Era calda e vellutata ma imbevuta di ironia.
Mi voltai di scatto e mi trovai a fissare due occhi dorati.
Mi ci volle qualche secondo per mettere a fuoco la figura alta e slanciata di un uomo. Tra i venticinque e i trenta. Capelli neri e mossi, pelle scura... Stigmate. Neo sotto l'occhio; un vezzo di bellezza dei tempi andati. Fui presa da un sentimento di nostalgia e di tristezza. Quel Noah aveva qualcosa... Qualcosa che mi parlava di un passato troppo lontano, un passato che avevo dimenticato o... Ero stata costretta a dimenticare?
- Noah... - sussurrai facendo un passo indietro. Non era paura, solo che non mi piaceva averlo vicino. Era una specie di legge fisica: come gli stessi poli che si respingono.
- Una nuova giovane esorcista? Non credo di aver mai avuto l'onore... Conte Tyki Mikk. - si presentò con un elegante inchino.
- Non so se si possa definire un onore... Ad ogni modo Angel Cielo - mi presentai a mia volta facendo un inchino da manuale, come una perfetta nobildonna di altri tempi.
Lui allargò il ghigno e pescò delle carte dalla tasca interna del panciotto nero. Le fece scorrere con maestria, tanto che pareva stessero sospese in aria, solo accarezzate dalle sue dita.
- Non sei nella mia lista... Ma che stai facendo in un cimitero a quest'ora di notte? - chiese sfrontato
- Chissà... Magari quattro chiacchiere con il fantasma! - ironizzai piegando le labbra a formare un ghigno.
- I fantasmi non esistono. Anche se magari i bambini come te ancora ci credono. -
- Bambini? - domandai perplessa. Davvero, quando sarebbe finita questa serie di umiliazioni?
- Certo che l'Ordine deve essere davvero disperato se li arruola così giovani. Quanti anni hai? Tredici? -
Ecco, appunto.
- Anche il Conte è disperato forte se gli vanno bene tali imbecilli! Le hai almeno finite le elementari? - ringhiai in risposta.
Lui sgranò gli occhi, poi scoppiò a ridere, inaspettatamente.
- Sono nobile, non vado a scuola, ho avuto dei precettori. - mi informò con aria superiore.
- Insomma ti hanno spillato dei soldi e basta. - appuntai ancora risentita forte.
Lui sorrise si più e cambiò argomento
- Sei sicuro di poterti intrattenere in amene chiacchiere con me? Sono un Noah dopotutto. Sono un vostro mortale nemico. - mi sussurrò lascivo.
- Hai appena detto che non sono nella tua lista. Presumo quindi non mi ucciderai, almeno per il momento. - ribattei scrollando le spalle. °E se ci proverai prenderò volentieri a calci quel tuo bel culo!° pensai osservando di nuovo l'elegante figura dell'uomo.
- Ma potrei avere voglia di giocare un po' con te prima di lasciarti andare... - suggerì con una nota gelida e crudele nella voce.
La sua mano si infilò nella mia spalla, trapassandola.
Forse era il momento di fare sul serio, almeno un po'. Conoscevo questa capacità del Noah del Piacere, la Santa Sede mi aveva dettagliatamente ragguagliata a tale proposito. Resta il fatto che era comunque impressionante vedere la sua mano trapassarmi. Cercai di rilassare i muscoli del corpo, violentai il desiderio di attivare la mia Innocence e mi costrinsi a sorridere.
Lui parve spaesato.
- Non hai paura? Eppure ho sentito i brividi percorrere il tuo corpo fino a poco fa. - mi disse.
- Ti dirò qualcosa che non ti piacerà sentire...
Io sono uno strumento della pace di Dio.
Dov'è odio ch'io porti l'amore;
Dov'è offesa ch'io porti il perdono
Dov'è discordia ch'io porti l'unione;
Dov'è dubbio ch'io porti la fede,
Dov'è errore ch'io porti la verità;
Dov'è disperazione ch'io porti la speranza
Dov'è tristezza ch'io porti la gioia;
Dov'è tenebra ch'io porti la luce * -
Ad ogni frase che pronunciavo la mano che trapassava il mio corpo veniva investita di luce e da scura tornava ad essere chiara. Il mio potere sacerdotale di purificazione. Il Noah gridò di dolore, ritraendosi di scatto e fissandomi con odio.
Ma prima che potessimo dire qualsiasi cosa e compiere qualsiasi altro gesto una grossa spada fatta di Innocence si piantò in terra davanti a noi, separandoci.
- Non osare toccarla! - Gridò Allen sopraggiungendo di corsa, seguito da Kanda che aveva già sfoderato e attivato la sua Mugen.
Tyki Mikk era ancora piuttosto sofferente dopo il nostro incontro e si tenne il braccio stretto al petto ma non contraccambiò l'attacco, si limitò a balzare via e a sparire nella nebbia e nelle tenebre della notte.
- Che accidenti pensavi di fare?! - mi aggredì verbalmente Kanda, senza nemmeno chiedermi se stessi bene o meno.
Gli lanciai uno sguardo rovente.
- Non era qui per noi e nemmeno per l'Innocence, che ad ogni modo non c'è, come non c'è nessun fantasma o Akuma. - gli annunciai
- Che stai dicendo? - chiese Yu ancora più aspro.
- Bakanda, smettila di aggredirla! - si intromise Allen per poi rivolgersi a me in tono assai più garbato
- Stai bene? Non sei ferita, vero? - chiese fissandomi con i grandi e limpidi occhi d'argento.
- Sto bene. Mi sono accidentalmente imbattuta in quel Noah. Lui non aveva interesse per me più di quanto io non ne avessi per lui, almeno per il momento. Però credo di aver risolto il mistero di questo posto... E lo devo a quel Tyki Mikk. - dissi molto certa della mia affermazione.
- Spiegati - borbottò Kanda.
Indicai una lapide, qualche passo più avanti rispetto a dove eravamo. Sul marmo grigio della tomba era posato un mazzo di fiori freschi, ancora confezionati con carta colorata e fiocco rosa.
La nebbia si stava diradando e vennero alla luce lettere consunte e quasi illeggibili.
- Non so chi sia, ma questi fiori li ha lasciati quel Noah, hanno ancora lo stesso odore di fumo che aveva quell'uomo. Credo che qualcuno lo abbia visto mentre faceva le sue visite notturne a questa lapide e credo che lui abbia fatto qualche trucco di magia per far credere che si trattasse di un fantasma... -
- Credi che il Conte stia macchiando qualcosa in questo cimitero? - chiese Allen sospettoso.
- No. Credo... Anzi sono certa che il Conte non centri nulla. Quello che accade qui è qualcosa che riguarda solo quel Noah e la persona che giace sotto questa tomba. Possiamo fare la guardia anche la prossima notte e quella a venire e quella ancora dopo ma non credo che accadrà più nulla. Fino a che saremo qui Tyki Mikk non entrerà più nel cimitero. - ammisi.
- Mi sento un po' in colpa... - borbottò Allen.
- Sei scemo moyashi? - chiese Kanda, gentile come un mal di denti.
- Bakanda! Mi chiamo Allen! E' solo che... Ho la sensazione di aver scoperto qualcosa di quel Noah, che non avremmo mai dovuto sapere... - cercò di spiegarsi meglio lui.
- Non è colpa nostra. Avrebbe potuto agire di giorno, mischiandosi alle persone comuni, anzichè agire nell'ombra e destare sospetti e timori nella povera gente - disse Link palesando per la prima volta la sua presenza.
- Ad ogni modo... Cos'era quella luce che ho visto avvolgerti? Non sembrava l'attivazione dell'Innocence eppure ne era in qualche modo coinvolta... - mi chiese Allen.
- Diciamo che è solo un piccolo trucco di prestigio. Li so fare anch'io, sai? - risposi sorridendo e facendo tintinnare il ciondolo che avevo al collo.
- Muovetevi voi tre! Qui si gela e la camera in albergo è vuota! - ci diede la voce Kanda che si era già allontanato ed era stato inghiottito dalla nebbia.
- Senti Allen... Non è che prima di andare a letto vediamo se riusciamo a trovare qualcosa da mangiare? - chiesi cospiratrice.
Lo vidi illuminarsi e approvare
- Ma che bella idea! Ho una voglia pazzesca di Scotch eggs (sono uova sode con salsiccia, impanate e fritte, servite con una salsa al pomodoro e insalata). -
- Io preferirei un tiramisù e del buon caffè... E tu, Howard? - chiesi incamminandomi al fianco di Allen.
- Penso che siete disgustosi, tutti e due! - sbuffò.



* Stralcio della preghiera di San Francesco -

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Capitolo 7
*** PRIMA MISSIONE - Parte III ***



Ovviamente né io né Allen potemmo soddisfare le nostre voglie notturne, dovemmo quindi accontentarci di un hamburger e delle patatine fritte che annegai nella maionese, mentre le sue nuotavano amenamente nel katcup. La bettola non era il massimo dell’igiene trovandosi nella zona portuale, ma era uno dei pochi posti aperti a quell’ora assurda. Link ci fissava in silenzio, distogliendo lo sguardo che si riempiva di disgusto ogni volta che infilavamo qualcosa in bocca. Kanda si era diretto verso l’albergo in cui eravamo alloggiati , lasciandoci bellamente indietro e fregandosene di noi non appena aveva appurato che non c’era nessun pericolo e nessun Akuma. Per quello che potevo immaginare, se non fosse stato che era piena notte e quindi nessun mezzo pubblico circolava, l’esorcista sarebbe già salito sul treno e tanti saluti.
- Ad ogni modo, credo che una preghiera per tutti quei defunti
potremmo anche farla, domattina – dissi osservando affranta la mia bibita. Anche qui, non c’era stato verso di farmi servire della birra o del sidro.
- E’ un pensiero gentile – mormorò Allen fissandomi intensamente.
- E’ anche un preciso dovere di un affiliato del Vaticano. Pregare è uno dei modi migliori per rendere grazie a Dio. Non costa nulla e dona molta consolazione! – sorrisi
Link non disse nulla ma si limitò a sospirare stancamente.



Con mio grande stupore, quando mi ritenni abbastanza sveglia per connettere, e ciò avvenne dopo aver fatto colazione, dopo aver saldato il conto con l’albergo e dopo aver scongiurato una rissa tra Allen e Yu e la conseguente crisi isterica di Link e dell’albergatore, dopo aver raggiunto il cimitero… Insomma dopo un paio d’ore che ero scesa dal letto, mi resi conto che il giapponese ci aveva seguiti e che sebbene la sua espressione seccata e infastidita non fosse mutata si era avvicinato ad Allen che teneva fra le mani il mio breviario.
Mi rasserenai pensando che voleva partecipare anche lui alla preghiera, fosse anche per mera curiosità. Essendo orientale infatti non credevo che fosse Cristiano, anche se l’Innocence l’aveva scelto. Dopotutto Dio sceglie i suoi strumenti secondo le Sue leggi e non le mie o quelle di qualsiasi altro umano. Chiunque sia ritenuto adatto porta il Messaggio.
La mia voce si levò alta e chiara mentre i raggi di sole si facevano spazio tra le nuvole. Sentii il suo calore battere sulla mia testa, seppi che i miei capelli si erano accesi come fiamme, risplendendo di rosso. Osserai i fiori che aveva lasciato il Noah, ancora freschi e umidi di rugiada, ne osservai l’armonia e la delicatezza dei colori, lilium, rose rosa e velo di sposa, mischiato al verde cupo delle felci.
Dopo aver recitato il Requiem a cui i tre presenti risposero in coro
- Amen -
Mi osservai attorno.
Il cimitero era un luogo pacifico, in cui i morti riposavano in pace fino alla chiamata finale. Non vi era nulla di anormale in esso, nulla di malvagio, ma in ogni caso, poiché sono una persona scrupolosa chiusi gli occhi e iniziai a raccogliere il mio potere clericale di purificazione.
Lo concentrai fra le mie mani, dandogli una forma sferica e attesi che crescesse quanto bastava per creare una barriera. Avrei contenuto in essa anche i resti della chiesa sconsacrata, perché anche senza sapere i fatti che vi si erano svolti, il mio cuore mi confermava che il perdono di Dio era già disceso su quel luogo.
Sentii qualcuno trattenere un’esclamazione di sorpresa quando sollevai le mani sopra la mia testa. Non so se loro potessero vedere qualcosa, erano pochi quelli che vi riuscivano e non a tutti la benedizione appariva nello stesso modo.
Alcuni sostenevano che vedevano una luce accecante, altro che vedevano della piume candide come colombe volteggiare nell’aria e dissolversi a contatto con oggetti reali, altri ancora divedano che si sentivano come fili d’erba di un prato accarezzati dal vento. Io vedevo solo scintille di luce fluttuare nell’aria e venire assorbite dagli oggetti.
- Che la pace del Signore discenda su voi tutti – dissi liberando il mio dono.
- E’ davvero una sensazione magnifica… - sussurrò Allen chiudendo gli occhi e sollevando il volto verso i raggi del sole. Il suo viso parve rilassarsi e illuminarsi
- Tsk – mugugnò Kanda, ma non riuscì a mettervi il solito disprezzo.
- Quando siamo strumenti di Dio, il suo amore ci raggiunge perché lasciamo aperta la porta del nostro cuore, e attraverso di noi, in modo più umano, Egli parla agli altri uomini affinché possa essere ascoltato e compreso. Tuttavia non è sempre tanto facile credere in Lui perché a vlte, le prove a cui ci sottopone sono ardue, difficili e spesso non le comprendiamo. Ma io ho fede ed essa mi da la certezza che nulla di quello a cui mi mette di fronte sia così difficile da non poter essere affrontato e superato… Va bhè, scusate se vi ho fatto le predica come durante un sermone… Che ne dite di andare e tornare in sede? – chiesi voltando le spalle alla lapide di una donna.
Una donna che aveva avuto un legame con un Noah. E per quel Noah, quel legame non si era ancora sciolto.
Mi chiesi se combattere su due schieramenti opposti era proprio inevitabile. Mi chiesi se non vi potesse essere redenzione per tutti… Mi chiesi quanto sarebbe stato forte Allen e mi ritrovai a pregare che la sua figura lucente non venisse mai inghiottita dalle tenebre e che a noi non dovesse toccare vederlo dissolversi davanti ai nostri occhi come neve al sole.



- Come? Scritto? – domandai fissando Kokui come se mi stesse chiedendo qualcosa di troppo complicato.
- Tranquilla Angel! E’ un modulo predisposto! E’ tutto guidato, devi solo rispondere alle domande. – mi disse sorridente.
Conoscevo quei sorrisi falsi, quelli che cercavano di incastrarti per intenderci! Mi voltai di scatto verso Kanda che accarezzava la sua Mugen. Adesso capivo perché il capo Sezione non lo aveva nemmeno preso in considerazione.
- Puoi compilarlo insieme ad Allen, se vuoi. – disse ancora più sorridente.
- Così non vale! – protestò l’albino sentendosi incastrato. Se mi rifiutava l’aiuto sarebbe passato per scortese.
Allungai la mano ad afferrare il fascicolo. Lo sfogliai rapidamente. Ventidue pagine.
- E se… Per ipotesi… Io non sapessi scrivere? – domandai arrossendo. Non ero molto avvezza a mentire così spudoratamente.
- Fai bene ad arrossire, do’hao! Ti aiuterò io – sbuffò Kanda mostrando un atto di gentilezza che non mi sarei mai aspettata. Allen voltò di scatto la testa verso di lui. Un favore simile lo avrebbe fatto solo a Leenale, forse. Perché Yu non era il tipo di persona che avrebbe fatto qualcosa per qualcuno senza un buon motivo.
- Guarda che è arrossita per la spudorata menzogna che ha detto. Angel Cielo si è occupata per anni degli Archivi Vaticani e ha scritto più di un trattato divenuto materia di studio nei seminari. Nno è corretto mentire Esorcista. – disse Komui sorridendo di nuovo.
- Non ho mentito… Avevo precisato che era solo un ipotesi… - borbottai a mia discolpa.
Kanda mi uccise con lo sguardo ‘mille pugnali’ mode on.
Mi resi conto che con quelle parole avevo indirettamente dato dell’allocco a lui… Me tapina!!!!
- Sei proprio un Bakanda – non resistette alla provocazione Allen.
- Teme moyashi!!!! – scattò subito l’altro sfoderando la sua Mugen che per fortuna ebbe come vittima solo la sedia da cui Allen era prontamente schizzato via.
Pensai che in qualsiasi posto ci fossimo riuniti per compilare quel benedetto rapporto sarebbe stato un problema. E mi feci appunto mentale di non proporre assolutamente la mia stanza!!!
Poi ebbi l'intuizione: la biblioteca.
Era risaputo che quello era un posto silenzioso, tranquillo e dove la bibliotecaria faceva rispettare severamente al regola del silenzio e del non disturbare. Quei due non avrebbero potuto litigare nemmeno volendo! Fiera di me lo proposi
- Allora troviamoci alle due in biblioteca. -
- Tsk - poteva essere un assenso.
Allen ci pensò un po' poi sorrise annuì.
Timcampi parve sospirare sopra la sua testa.



Otto minuti, otto minbuti secchi dopo che ci eravamo trovati in biblioteca che avevamo preso posto ad uno dei tavoloni dedicati alla lettura, che avevamo scritto i nomi degli esorcisti che avevano preso parte alla missione ci ritrovammo letterlamente buttati fuori a calci da una donnina di corporatura esile. La bibliotecaria, che a prima vista pareva essere una dolce nonnina, con i capelli grigi raccolti in uno chinon ordinato, il sorriso indulgente, la camicia bianca perfettamente inamidata, i piccoli occhiali tondi dalla montatura in argento si era trasformata in un demone. Le mancavano solo i fumi di zolfo!
- E adesso dove andiamo? - chiesi smarrita.
- Morite deficienti! - sibilò Kanda mollandoci lì, con nuvole nere che si addensavano sul suo capo.
Rimasti soli io e Allen ci fissammo abbattuti.
- Ho un idea! Potremmo andare nell'Arca. Nella stanza del Quattordicesimo. - disse.
Mi meravigliai ne parlasse con tanta calma e disinvoltura.
- L'Arca? - domandai fingendomi ignorante.
Lui arossì.
- Te lo spiegherò dopo. Fidati è un posto tranquillo e non ci disturberà nessuno... Lavi ha solo iniziato a darci il tormentone a pranzo! Da bravo erede di Bookman vuole sempre sapere di tutto e di più di tutti! -
Sorrisi gentile
- Mi fido di te Allen... Però prima di andare nella stanza Quattordici perchè non ci facciamo dare un frullato formato maxi da Jerry? Io lo voglio al cioccolato! - dissi precedendolo verso le cucine.
- E' la stanza del Quattordicesimo, o la stanza del Pianoforte se preferisci... Io lo voglio doppio! - disse poi trotterellandomi dietro, allettato dall'idea del cibo.
Una manciata di minuti dopo salimmo sull'Arca.
Allen faceva strada con sicurezza, come se fosse a casa propria mentre io osservavo le varie porte delle case intonacate di bianco e i cartelli che indicavano i vari luochi del mondo.
Per fortuna non incrociammo nessuno e in breve tempo ci trovammo nella st6anza bianca, con il divano ianco, il piano bianco e l'enorme specchio che copriva buona parte della parete.
Mi parve di scorgere un'ombra nello specchio, che stava in piedi dietro ad Allen, come se fosse la sua ombra. Ma il volto era nero e solo un ghigno gli tagliava a metà l'ovale che aveva al posto della testa.
Era il Quattordicesimo?
Ebbi la certezza che avesse visto o comunque fosse consapevole del mio sguardo e nello stesso tempo seppi che anche lui mi stava osservando, ma non si palesò o diede alcun segno di volersi intromettere, quindi accettai la sua presenza come un dato di fatto, evitando di interferire a mia volta. Per un attimo mi sentii gelare il sangue nelle vene quando vidi delle ali attaccate alla mia schiena. Quattro ali bianche, che sparirono quando battei le palpebre. Si, quello specchio era strano forte, quindi indagai, gusto per sapere se il mio ruolo e la mia copertura erano state messe in pericolo.
- Allen... vedi nulla di... Strano in quello specchio? - domandai esitante.
Lui si irrigiì e disse
- Nulla - senza nemmeno guardare,tenendo gli occhi fissi sulle stringhe delle sue scarpe.
Gli presi la mano e lo costrinsi a rilasciare ill pugno, facendogli llievi carezze sull dorso fino a che non riuscii ad entrare in contatto con il suo palmo.
- Io invece vedo una strana ombra che aleggia per la stanza. - dissi lasciando che lui stringesse pure con forza.
- Si, a volte la vedo anch'io, ma non adesso - disse.
Sollevò lo sguardo e fissò lo specchio. Non sgranò gli occhi e rimase piuttosto impassibile. Ebbi la certezza che vedeva il Quattordicesimo, ma fui anche ragionevolmente sicura che non aveva visto le mie ali.
- Allora... Se me lo assicuri tu, ti credo! Mettiamoci al lavoro... A proposito, sai suonarlo quel piano? - chiesi
Lui divenne triste. Avevo toccato un tasto dolente e un nervo scoperto.
- Te lo chiedo perchè io me la cavo un pochino con l'organo... E sebbene sono due strumenti molto diversi funzionano nello stesso modo quindi... -
- No. Quello non è un normale piano! Non deve essere suonato! - sbottò accalorato.
- Ah... Va bene... Però è davvero un peccato. Un pianoforte a coda così bello... Si vede che è stato custodito con cura e con amore. Chi lo suonava doveva amare la musica per poterne trarre melodia. e Chiunque sappia suonare uno strumento non può avere un animo completamente malvagio. - dissi voltandomi verso Allen.
Aveva gli occhi pieni di lacrime.
Di nuovo avevo detto troppo e con troppa leggerezza, ma davvero non avevo tempo per essere più delicata. C'erano cose importanti che dovevo assicurarmi Allen capisse o per lo meno si sentisse dire.
Repressi il sospiro e puntai il dito verso il suo frullato.
- Lo so che è la cosa più deliziosa tu abbia bevuto, ma commuoverti in quel modo non ti pare eccessivo? - domandai
Lui sbattè le palpebre, ricacciando indietro le lacrime
- Scema, sono state le tue parole a... - ammise arrossendo
- Oddio, veramente speravo di fare un effetto un po' diverso al sesso maschile... Già mi scambiano per un moccioso con una frequenzsa esasperante, se adesso mi dici che li faccio piangere gli uomini, non mi resta che adare a farmi togliere il malocchio! - dissi
Glli strappai un sorriso mite
- Stupida... Ma grazie, davvero. - disse.

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Capitolo 8
*** Goodnight... ***



La luna splendeva in cielo, con le stelle a farle compagnia, anche se ogni tanto il cielo diventava solo velluto blu. Immaginai le nuvole, che avevano lo stesso colore della notte, frapporsi fra il mio sguardo e il Cielo. Le stelle non erano sparite, semplicemente erano state oscurate.
L’aria si era fatta frizzante ma non avevo voglia di rientrare, quindi mi ero rassegnata a sopportare il freddo, almeno ancora per un po’. Lanciai uno sguardo alla mia sinistra, dove secondo i miei calcoli dovevano esserci le stanze degli esorcisti, e quindi anche la mia. Riconobbi la bambolina segnatempo che Lavy aveva attaccato fuori dalla sua finestra e mi stupii di vedere che tre finestre dopo, dove c’era la camera di Kanda, provenisse una leggera luminescenza. Era sicuramente dovuta ad una candela accesa, quindi doveva avere ospiti.
Sentii le labbra piegarsi ad un ghigno. Se non fossi risultata blasfema, avrei potuto dire che era un miracolo! Feci un respiro profondo, lasciando che l’aria fredda mi scendesse nei polmoni. Mi piaceva., dava una sensazione di pulito. Era come dare una sferzata energetica a tutto il mio organismo. Una folata di vento più gelida del solito mi dissuase dal proseguire oltre la mia permanenza sulla terrazza.
Non ero ancora giunta ad una conclusione accettabile in merito al mio dubbio. Era il caso che chiedessi scusa a Kanda? Non potevo negare la mia parte di responsabilità nell’esserci fatti sbattere fuori dalla biblioteca, ma allo stesso tempo non sarebbe stato giusto nei confronti di Allen scusarsi. Sarebbe stato come dare la colpa di tutto a lui. Sospirai cercando di trovare la soluzione che mi permettesse di salvare capra e cavoli. Avevano ragione quando mi dicevano che la diplomazia è un’arte e che io dovevo studiare di più e applicarmi con maggiore passione!
Ad ogni modo, il ragazzo aveva cenato ad un’ora diversa dalla nostra e per il resto della giornata ci aveva deliberatamente evitati, di questo ne ero ragionevolmente certa. Quando Lavy aveva incastrato Allen con una partita a poker io mi ero elegantemente defilata. Conoscendo l’arte del baro dell’albino mi dissi che i casi erano due. O Bookman junior era al soldo e non sapeva come spenderli, o la sua morbosa mania per documentare i fatti lo spingeva verso il lastrico. Bancarotta.
I miei passi mi avevano condotto davanti alla stanza di Kanda.
Esitai un momento, la mano già sollevata e le nocche pronte ad incontrare il legno della porta. Non bussai mai. La porta si aprì all’improvviso, dall’interno.
Mi trovai a fissar due grandi occhi viola, dolci.
Lenalee…
Notai quasi immediatamente le tracce di pianto, sulle ciglia umide, sulla punta del naso arrossata, nello sguardo lucido e pesino nella piega triste delle belle labbra. Fu lei la prima a riprendersi dalla sorpresa.
- Angel? – alitò appena. Cercai di riprendermi alla svelta.
- Ciao Lenalee… Ero… Volevo… Immagino di essere inopportuna… - conclusi facendo un passo indietro e voltandomi nella direzione opposta per poter battere in ritirata velocemente.
Perché accidenti doveva darmi fastidio, farmi sentire un po’ triste sapere che la ragazza era stata nella camera di Kanda? Non aveva completamente senso!
- No, no! Aspetta! Io e Kanda abbiamo… finito. – disse lei accennando un sorriso cordiale.
- Non dire frasi equivoche, sciocca! – abbaiò la voce di Yu da dentro la stanza.
Non seppi perché la sua foce mi fece sobbalzare.
- Che ci fai qui? – chiese poco dopo, spuntando dietro la ragazza. Il suo corpo era snello e armonioso, le spalle larghe, i capelli sciolti ricadevano come un manto nero e lucente sulle sue spalle e oltre, lungo la schiena che non potevo vedere. Indossava una camicia bianca, semiabbottonata attraverso il cui tessuto si intuiva un tatuaggio sulla parte sinistra del petto. Probabilmente uno di quei tatuaggi cinesi, molto coprenti, con dei grandi pezzi di nero. I pantaloni della divisa gli si rimodellavano sulle gambe lunghe e longilinee, muscolose ma non fino allo stonato eccesso, e i piedi nudi parevano non risentire affatto del freddo del pavimento.
Il suo tono duro era superato solo dalla freddezza dei suoi occhi di zaffiro. Quegli occhi erano del colore sbagliato, eppure continuavano a portare a galla in me sentimenti malinconici. Come facevo a sapere che erano del colore sbagliato? Non ricordavo né di che colore erano e nemmeno a chi appartenessero quegli occhi… E allora coma potevo esserne tanto certa? Ma soprattutto come potevo nutrire quella cieca convinzione che per me erano occhi importanti? Occhi che forse avevo amato… Mi decisi ad aprire bocca, giusto per non sembrare più rimbambita di quanto non fossi già apparsa.
- Ecco... Io... - arrossi miseramente sotto il suo sguardo inflessibile
Lui sbuffò. Io chinai il capo. Non mi ero mai sentita in quel modo, come se avessi una colpa che non comprendevo. O forse si. Forse era già successo qualcosa di simile… Tanto, tantissimo tempo prima… Una reminescenza di un’altra vita.
Non ero imbarazzata davanti a Kanda, non avevo soggezione di lui. Piuttosto ne avevo di quell’altro, quello a cui il suo modo di fare mi rimandava. Un insieme di sentimenti confusi e incerti che avevano il sapore agrodolce delle cose perdute…
- Volevo scusarmi – dissi riacquistando tutta la mia sicurezza.
Raddrizzando le spalle e riprendendo in mano le redini del mio cuore che aveva deciso di fare un po’ per conto suo.
- Tsk! –
- Ma ci tengo a mettere in chiaro che mi scuso per la mia parte di responsabilità, non perché credo tu abbia ragione a Allen torto. Un soldato da solo non fa la guerra, siamo tutti responsabili in egual misura. – precisai
Lenalee sorrise con la consueta dolcezza.
- Non hai nulla di cui scusarti. Sono loro due che non sono in grado di interagire come persone mature… A conti fatti sei tu la vittima che si è trovata in mezzo ai loro litigi. – mi disse convinta.
- Non sono io, è il moyashi il deficiente – ringhiò Yu.
- Lo dice anche Komui nee-san che siete difficili da gestire , insieme! – puntualizzò lei
Kanda le diede una leggera spinta per farle fare un passo avanti e sulle parole
- Siete fastidiose – ci chiuse la porta in faccia.
Rimasi come un ebete a fissare i disegni del legno scuro e la maniglia ottonata. La mia mente era un foglio bianco. Niente.
- Sei scortese! – si lamentò Lenalee sbuffando ma non sembrava essersela presa.
- Mi sa che ho peggiorato le cose… - constatai amareggiata.
- Ma no! Ha accettato le tue scuse, anzi credo che gli abbia fatto piacere questa tua dimostrazione di interesse nei suoi confronti. – mi assicurò lei sorridendo serena.
- Non mi pare che abbia fatto i salti di gioia… Ma dato che non mi ha puntato Mugen alla gola mi ritengo soddisfatta! – cercai di vedere il lato positivo.
- Credimi è tutto a posto. Kanda è piuttosto ermetico, ma lo conosco da quando eravamo bambini e ho imparato a leggere il suo comportamento. – mi spiegò mentre ci allontanavamo lungo il corridoio per raggiungere le nostre stanze.
Stavamo scendendo le scale che portavano al piano inferiore, dove poi a destra c’erano gli alloggi delle esorciste quando Lenalee si decise a parlare di nuovo. Per poco non mi feci il resto delle scale a ruzzoloni.
- Non dirai nulla a Komui di me e Kanda, vero? – chiese
Insomma! Mi era parso di capire che lei fosse interessata a lui, poi aveva parlato come se non lo fosse, adesso invece parlava come se avessero una storia segreta… E Yu poi, non si era sbilanciato per nulla! Pareva che fosse cosa normale avere Lenalee nella sua stanza, e poi pareva che lei le desse fastidio come chiunque altro… Era davvero il caso di farsi venire mal di testa? Me lo chiesi sconsolata, ormai non avrei smesso di pensarci fino a che non avessi avuto le idee chiare.
- Immagino che se tuo fratello dovesse sospettare qualcosa ne farebbe una tragedia greca… Però Lenalee, davvero dovresti essere un po’ più prudente se non vuoi che si sappia… - le dissi fermandomi sullo scalino. Non ero certa che non sarei inciampata nei miei stessi piedi se mi fossi mossa. Non so perché ma sentivo le gambe mollicce e provavo una certa delusione.
Lei arrossì puntandomi in volto due ametiste gigantesche.
- Ma no! Tra noi c’è solo una profonda amicizia! Per mè è quasi un fratello, uno della famiglia! – cercò di giustificarsi.
- Permettimi, ma non capisco. Sono confusa… Ad ogni modo sebbene non siano affari miei… Che ci sarebbe di male se fra di voi fosse nato qualcosa? – chiesi, forse più a me stessa che non a lei. Davvero, quel senso di disagio era fastidioso! Fossi almeno riuscita a dargli un senso!
- Adesso sono io a non capire… Cosa ci dovrebbe essere fra me e Yu? – chiese lei perplessa. Beata innocenza! Tuttavia mi sentii… sollevata. Non era che io avessi qualche mira o qualche interesse particolare nei confronti di Kanda, ma c’era qualcosa in lui… Qualcosa che risvegliava sentimenti sepolti sotto le ceneri e fino a che non avessi avuto le idee più chiare avrei indagato, anche se questo voleva dire tentare di instaurare un qualsivoglia tipo di rapporto con una persona che desiderava l’esatto contrario! Se il mio possibile ronzare intorno a Kanda non avrebbe infastidito la ragazza allora tanto meglio, ero più libera di agire!
-Non saprei, non è una domanda a cui possa rispondere io, ma se lui fosse la tua persona speciale… - dissi cercando di imbeccarla. Lei arrossì e scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli.
-Vuoi dire… Come… Essere innamorata? – chiese
- Qualcosa di simile, si – ammisi arrossendo a mia volta.
Ricordatemi come mi ero infilata in questa conversazione, per favore!!!
Lei si spostò davanti alla vetrata.
La luna brillava alle sue spalle.
- Tu sei… innamorata? – chiese sfacciatamente con la sua spontaneità innocente.
- No. Ora non lo sono e forse non lo sono nemmeno mai stata. Ho… vaghi e confusi ricordi… Come se avessi amato un sogno, ma è passato tanto tempo… - confessai.
Ricordai un viso fiero e regale, dei capelli neri come petrolio e un corpo alto e atletico… Bellissimo. Lucente. Lord….
- E’ finita tanto male? – chiese lei riportandomi alla realtà e distruggendo qualsiasi ricordo la mia mente stesse ricomponendo.
- Diciamo che non è mai nemmeno iniziata – riconobbi e seppi che era vero. Qualsiasi cosa fosse stata, non era un sentimento ricambiato. Un senso unico, una strada senza uscita. Però…
- Quindi hai solo dovuto aspettare che i tuoi sentimenti… cambiassero? – chiese lei ed io capii che stava disperatamente cercando un consiglio. Non era che si volesse fare i fatti miei…
- Non lo so. Forse continuo ad amare quella persona, portandomi dietro la sensazione di sofferenza di non esserne corrisposta… O forse, non vedendola più il mio cuore, che ha imparato a stare da solo se ne è fatto una ragione e continua a guardare avanti… So solo che le emozioni, che custodisco sono così preziose che non voglio rinunciarvi, anche se a causa loro dovessi soffrire - riconobbi.
- Si. Hai ragione. Nemmeno io voglio rinunciare a quello che provo per Allen, anche se lui nemmeno se ne accorge! Quello che provo non può essere cambiato! – disse lei mostrando una grinta che non le avevo mai visto finora.
- Allen Walker? – chiesi perplessa. Non avrei mai immaginato che potesse trattarsi di lui! Quindi il legame che stavo cercando di stringere con lui, anche se era la mia missione e il mio santo dovere... Come potevo tranquillizzare la ragazza e nello stesso tempo non scoprirmi?
- Lo so… Non ho speranze… Lui è gentile con tutti… Però… Però… - lei si morse il labbro.
- A te piace, indipendentemente da questo. – finii per lei
- Già. Piace anche a te? – chiese
Era l’occasione propizia!
- Non come piace a te. Allen è una bella persona, ma questo non è un motivo sufficiente per innamorarsene. Il Vaticano mi ha esplicitamente richiesto di unirmi agli esorcisti e di aiutarvi come posso. E’ esattamente quello che farò, perciò capiterà che ci saranno momenti in cui avrò rapporti più stretti con uno di voi… - le spiegai.
Lei sorrise.
- Non sono gelosa. Il cuore di Allen è grande ed io ho la certezza che un piccolo spazio lo abbia lasciato anche per me! e poi mi piacerebbe che anche tu giorno, rientrando da una missione possa sentirti qui come a casa tua! Come se fossi anche tu mia sorella! – mi disse per rassicurarmi.
Non era esattamente quello che intendevo però al momento me lo feci andare bene. Come potevo dirle che forse il suo amato sarebbe presto diventato un Noah? Il nostro peggior nemico? Lasciai perdere, almeno per il momento. Sorrisi, dato che non potevo fare altro.
Davanti alla porta della mia stanza le dissi
- Buonanotte, Lenalee… -
- Buonanotte Angel. – mi disse lei prima di proseguire verso la sua stanza.



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Capitolo 9
*** In dreams - Parte prima ***



Osservai con aria incerta Allen e poi portai lo sguardo su Kanda. Ovviamente lui non si era degnato di rispondere al nostro saluto e nemmeno aveva fatto cenno di gradire la nostra presenza al suo tavolo. Come al solito sedeva completamente solo mangiando quella cosa dal sapore assurdo che era la soia fermentata. Stava ritto come un pale, con l’espressione indifferente di sempre, con quell’aria regale che metteva soggezione e in me accendeva anche una dolce tristezza. Non c’era nulla nei miei ricordi passati, nelle azioni compiute, che mi legasse a lui. Se ci fosse stato un qualsiasi legame da quando ero nata in questo mondo, l’avrei saputo.
Mi chiesi se stargli vicino, tentare di parlarci o instaurare con lui un rapporto meno labile mi avrebbe chiarito le idee. Era come se ci fosse qualcosa, qualcosa che dovevo ricordare, assolutamente.
- Non darti pensiero. Kanda non è tipo da soffrire la solitudine – mi disse Allen afferrando un cornetto che intinse nel cappuccio.
- Come? – chiesi strappata dalle mie osservazioni.
- Da quando lo conosco non è mai stato amico di nessuno. Sopporta meglio Lenalee perché la conosce da molto tempo, ma per il resto… Credo che ami la solitudine. – disse l’albino adocchiando la mia brioche. Gliela passai, optando per fette biscottate e marmellata.
- Forse hai ragione. Ci sono anime che si sono indurite talmente tanto da aver dimenticato l’armonia dell’universo… Però Kanda non mi pare una di esse… -
- Dahero? – chiese Allen a bocca piena.
- Se così fosse, l’innocence lo rifiuterebbe. – confessai.
- Vuoi dire che… L’innocence ha una sua volontà? – chiese Allen sgranando gli occhi.
- Se così non fosse non esisterebbe tasso di sincronizazione. Credo che abbiate tutti capito che a far muovere l’innocense sono i vostri sentimenti personali, più che la vostra attitudine al comando… - dissi per poi corrugare la fronte…
Compii lo scatto. Mi parve persino di sentirlo nella mia testa. Il ‘clack’ di una porta che si sblocca… Mi alzai di scatto. Dovevo verificare, subito!
- Angel! Ma che ti prende? Angel!?! – mi richiamò Allen ma io avevo già raggiunto il fondo del locale.
- Ci vediamo dopo! Ho una cosa urgentissima da fare!!! – strillai precipitandomi poi dal supervisore Lee.


- Ho bisogno di un permesso speciale! – esordii dopo il saluto.
Il fratello di Lenalee sollevò il capo dalla pila di scartoffie da cui era invasa la sua scrivania e mi fissò per un momento, come se mi fossero spuntate due teste.
- Delle ferie? – chiese perplesso.
- Assolutamente no! – lo tranquillizzai immediatamente.
- Ah, bhe… In tal caso… Cosa posso fare per te? – chiese disponibile.
- Devo consultare i dati di sincronizzazione… O parlare con Hevraska… - buttai fuori.
Potevano degli occhi a mandorla diventare rotondi? Pareva di si… - Sono documenti catalogati come top secret… Un’esorcista non dovrebbe nemmeno sapere della loro esistenza. – disse.
- Sono il cane del Vaticano, non crederà che ciò che la Chiesa vuole sapere possa davvero essere segreto… - lasciai la frase in sospeso e lui sospirò.
- Non posso rilasciare quest’autorizzazione. Se il Consilio dovesse venire a sparelo mi espellerebbe dall’ordine ed io non me lo posso permettere. – dichiarò deciso.
- Capisco… E’ per Lenalee? – chiesi intuendo perché Komui non avrebbe mai abbandonato la sua posizione di Supervisore.
- All’inizio si. Era per lei. Perché pensavo di poterla proteggere, da dentro… Ma adesso non è più così. E’ per tutti loro. – ammise
- Gli esorcisti? – chiesi mostrando tutta la mia perspicacia. Komui Lee mi fissò con ostilità.
Fu il mio turno di sospirare.
- Scusi, di solito agisco con più diplomazia e molto più tatto, ma ho davvero il tempo contato. Le chiedo di fidarsi di me. Sono un cane del Vaticano ma non vi sono ostile… Se la richiesta di accesso a tali dati a mio favore venisse direttamente da Roma… Lei non avrebbe alcuna autorità per questionare, vero? – chiesi pensando ad un modo molto rapido di aggirare la questione.
- Da Roma? – chese lui perplesso.
- Esattamente. Una richiesta fatta espressamente dalla Santa Sede non potrebbe essere né ignorata e nemmeno contestata o sbaglio? Voglio dire se fosse un’autorità ecclesiastica a fare pressione su di lei… Insomma la colpa non potrebbe certo ricadere su di lei… O il Consiglio ha mezzi traversi per opporsi? – chiesi a mia volta. Non volevo metterlo nei guai ma la necessità di sapere era davvero troppo pressante.
- Il Consiglio ha mezzi traversi, ma nulla che io non possa tenere a bada da solo… - ammise lui ancora mortalmente serio.
- Posso fare una telefonata? – chiesi indicando l’apparecchio nero sulla scrivania del Supervisore.
Lui annuì, curioso e forse un po’ più rilassato.
- Scusi… - dissi nascondendo l’apparecchio dietro il mio corpo.
Non volevo che sbirciasse il numero che stavo componendo. Non che fosse un segreto di stato però preferivo non esporlo così all’acqua di rose.
- Segreteria del Vaticano – risposero dall’altra parte del ricevitore.
- Padre Zeno? – chiesi quando sentii la voce lenta e chiara dell’anziano chierico.
- Sono io. Chi parla? – disse non avendomi riconosciuta.
- Angel. Angel Cielo. – lo informai.
Ci fu un momento di silenzio in cui si udirono solo le scariche elettriche del telefono.
- Immagino sia una questione urgente e riservata. – disse facendosi improvvisamente più duro.
- Esattamente. Lui è… Disturbabile? – chiesi.
Lo sentii sospirare.
- Se ce lo rendi di pessimo umore te lo metterò in conto! – disse per poi posare il ricevitore e spostarsi nella stanza. Udivo il suo passo claudicante e mi pareva di vederlo arrancare verso la grande porta di noce che portava allo studio del Camerlengo. Sorrisi pensando che se irritavo Padre Leone per i suoi collaboratori sarebbero state gatte da pelare.
- Non mi aspettavo ti facessi viva tanto presto! – la voce che mi raggiunse era possente e decisa. Mai un nome era stato più appropriato per una persona.
- Anch’io sono felice di sentirla… Ho bisogno di una piccola formalità burocratica… Niente che lei non possa risolvere in cinque minuti! – esclamai gioisa.
- Quale magagna stai macchinando? Non giocare con me e la mia autorità! – sbraitò talemtne forte che non ebbi dubbi sul fatto che anche Komui lo avesse sentito.
Glielo dissi e lo sentii sospirare.
- Pestare i calli al Consiglio non è la migliore delle idee… Tuttavia, considerata la ristrettezza di tempo che ti abbiamo messo a disposizione, vedrò cosa posso fare. Nel frattempo però non prendere iniziative personali e resta in attesa. -
- Le ho mai detto di volerle bene? – chiesi angelica.
- Angel!!! Non prendere iniziative personali! E’ un ordine, chiaro? – sbraitò il povero Camerlengo che già conosceva i tristemente noti colpi di testa della sottoscritta.
- Va bene, va bene… Aspetterò le sue direttive… Intanto la faccio salutare dal Supervisore Komui Lee! – dissi passando il telefono ad un sempre più confuso ragazzo.
- Pronto? Sono il supervisore Komui Lee del reparto scientifico di Londra…- si presentò il moro.
Lo vidi sbiancare e poi avvampare
- Vostra Santità… E’ un onore immenso per me… Certo, certo! Vi fornirò tutto il mio appoggio… Come?... No, nessun disturbo… Ha svolto con pieno successo una missione e si sta integrando bene con gli altri esorcisti! Ha stretto amicizia con mia sorella Lenalee, con Allen Walker, con Yu Kanda e con l’allievo di Bookman… Opererò quanto prima per dare alla signorina Cielo quanto richiestomi…- disse imbarazzatissimo
- Non c’è bisogno di essere tanto impacciati con Padre Leone. E’ un uomo d’azione non di intelletto – dissi abbastanza forte perché anche il Camerlengo mi sentisse.
Non capii bene ma mi venne rivolta la velata minaccia di amputazione della lingua…
Poi ci furono i convenevoli dei saluti.
- Le farò portare quei documenti stasera stessa. – disse Komui.
- Si. Potrebbe farmeli portare da Kanda? C’è una faccenda in sospeso che vorrei sistemare e poi… Potrebbe continuare a darmi del tu, mi fa sentire più accettata… E… Se vuole soddisfare qualche curiosità in merito alla mia persona può consultare il dossier nominato White Ghost ma meglio ancora sarebbe chiedere direttamente alla sottoscritta! - sorrisi
Komui sorrise a sua volta.
- Preferisco fidarmi delle impressioni suggerite dal mio cuore. Puoi aiutare gli esorcisti? – chiese serio e deciso.
- Non lo so. Sono stata inviata per questo ma non mi hanno dato abbastanza elementi per farmi un’idea chiara a tal proposito. Posso solo dare la mia parola che farò del mio meglio. – dissi sincera. Komui sorrise con dolcezza.
- Le buone intenzioni sono quelle che a volte originano miracoli. – disse
- Ma sono anche quelle che a volte generano disgrazie – gli dissi. Non me la sentivo di ignorare il rovescio della medaglia.
- Voglio essere ottimista. Non possiamo perdere la speranza, non nella situazione da incubo in cui siamo costretti a vivere. – mi disse serio.
- Il volto di Dio ha sicuramente sorriso davanti a tale dimostrazione di fede. – risposi prima di alzarmi e accomiatarmi.



Lavi si lasciò cadere a peso morto sul libro. Il cozzare della sua testa con il tavolo di legno, sebbene attutito dai fogli delle pagine produsse il leggero tonk!
- Stanco? – chiesi spostando lo sguardo dal dipinto a due pagine che riproponeva un quadro di Leonardo Da Vinci.
Dal momento che non mi era premesso prendere iniziative attive, almeno fino all’arrivo delle disposizioni della Santa Sede, avevo pensato di portare avanti qualche iniziativa passiva e indagare un po’ su quello che il genio del mio Maestro aveva cercato di dirmi ed io non avevo mai capito.
- O se pur tu vuoi dimostra con parole alli orecchi e non all’occhi delli omini, parla di cose di su stanzie di nature e non t’impicciare di cose appartenenti all’occhi col farle passare per li orecchi.*
Spostai lo sguardo sul dipinto. Raffigurava una famiglia, madre padre e due figli, uno più grande e uno più piccolo, ancora tenuto sulle ginocchia della madre… Ma non era quello. Era il braccio del padre, con il dito indice puntato al cielo. Una gestualità che ricorreva anche in altri dipinti del mio maestro. Accidenti, perché io ero un’allieva così stupida? Cosa dovevo comprendere? Cosa!?!
- Annoiato, non stanco. Tu invece mi sembri preoccupatissima… - disse Lavy a cui poche cose sfuggivano, malgrado la sua aria perennemente distratta.
- Non così tanto… E’ solo che la mia curiosità langue… E non mi riterrò soddisfatta fino a che non avrò compreso. – ammisi - Compreso cosa? – chiese lui mentre l’occhio verde brillava avido e curioso.
La mia mente elaborò rapidamente la sua teoria. Forse Lavy poteva essermi molto più di aiuto rispetto a quanto si immaginasse.
- Che Leonardo da Vinci sia stato un genio e uno dei più grandi umanisti della storia è un dato di fatto. Quasi un dogma quando si parla della sua persona… - iniziai a spiegare.
- Bhe, certo! – asserì Bookman Junior.
- Che egli non avesse molto interesse per il divino e soprattutto per l’immateriale è altrettanto ovvio.. tuttavia… Questo gesto, che inserisce più o meno velatamente in molti suoi quadri… Questo indicare in alto, verso il Cielo… Avrà un senso o sarà solo un gesto che all’epoca era diffuso e di cui se ne è perso il significato? – chiesi
Lavy restò in silenzio a lungo. Capii che stava rivangando tutte le sue conoscenze di Bookman. E capii anche che non aveva informazioni a sufficienza per dirmi qualcosa di concreto.
- Mah… Forse il Vecchio Coniglio ne sa più di me… - mormorò incerto. – Ma come ti è venuta questa curiosità? – chiese lui indagando.
Mi ero già preconfezionata la risposta quindi lo dissi con tranquillità dando esattamente l’impressione di non aver accampato nessuna scusa.
- A dire il vero l’ho notato un giorno, mentre stilavo il rapporto sui manufatti presenti nella Santa Sede per la mostra che si era fatta in onore di questo grande del Rinascimento. Il fatto è che in questo quadro, dove il bambino pare sfuggire alle ginocchia della madre mi ero immaginata il padre scattare per afferrare il piccolo e non restare piuttosto statico ad indicare il cielo… Così ho fatto qualche ricerca. Sai, noi Cani del Vaticano abbiamo parecchio tempo libero – gli spiegai
Lavy rise
– Non l’hai ancora digerito eh? Il Generale Cross ti ha davvero offesa con quell’appellativo! -
- Per la verità mi ha offeso molto di più il suo scambiarmi per un ragazzo! – gli feci notare mettendo un piccolo broncio.
Lavi rise ancora di più.
- Allora, per sdebitami della scortesia proverò a chiedere a Bookman se sa qualcosa di quel gesto. Lui si che è un’enciclopedia vivente! Ma anche io sono bravo, ne? – disse tra il serio e il faceto.
- Se non ti è di disturbo mi piacerebbe sapere l’opinione di Bookman… Adesso perché non andiamo a cena? Sono le sette passate ed io ho una fame mostruosa!!! – dissi.
Me lo ha detto Allen che mangi quasi quanto lui. Hai anche tu un’innocence di tipo parassita? Perché è piuttosto rara… - si documentò.
- Per la verità no… Credo che la mia sia più di tipo cristallo, come quella di Lenalee… Ma avrai modo di vedermela attivare! – sorrisi monella chiudendo il libro e alzandomi per riporlo nello scaffale corretto.



Quando posai la testa sul cuscino, quella sera piombai quasi subito nel mondo dei sogni. Ma non furono propriamente dei bei sogni, quelli che feci.
Il volto era in ombra, confuso. Pareva che della nebbia fosse calata davanti ai miei occhi ed io non riuscissi a mettere a fuoco. Il palazzo in cui stavo muovendomi, tra le altre cose con decisione, segno quindi che lo conoscevo bene, non era qualcosa che avevo mai visto in questo mondo. Nessuna delle opere umane, per quanto magnifiche potessero essere gli equivalevano in splendore. Tutto era luminoso e chiaro, come mai solo il viso di quell’uomo non lo era? Mi avvicinai, allungando una mano, incerta ed esitante.
Le mie dita quasi sfiorarono i capelli, neri come l’ebano, come l’inchiostro.
La sua voce mi disse qualcosa. Qualcosa che non capii. La sua voce mi parlava direttamente nella testa eppure io non ero in grado di sentirla e di comprenderla.
Si voltò lentamente.
Il viso era solo una macchia rosa.
Cercai disperatamente di mettere a fuoco un particolare. Le labbra…
Gli occhi… Un particolare qualsiasi…
Ambra.
Ma solo un secondo, fugace e troppo confuso perché io potessi davvero capire.
Erano gli occhi?
Era uno dei gioielli che indossava quell’uomo?
Era il trucco usato sulle labbra?
Avevo letto che gli antichi Egizi truccavano i loro Dei…
L’occhio sinistro mi doleva da impazzire.
Azael
Un nome. Senza sapere perché iniziai a piangere. Schiacciata dal dolore.
Spalancai gli occhi.
La parte sinistra del volto mi bruciava un po’.
Kanda mi fissava dall’alto. Mezzo sdraiato sopra il mio corpo. Occhi blu, scuri, densi, profondi.
Le sue mani mi tenevano le spalle premute contro il materasso, le sue dita nella carne mi facevano quasi male.
-… le… - mormorai
- Come? –
- Mi fai… male… - protestai con un tono migliore.
Lui mi lasciò andare. Mi misi a sedere e sentii qualcosa scivolare lungo la gota ma non aveva la consistenza delle lacrime.
Fiori rossi si dipinsero sul candore del lenzuolo.
Gocce di sangue.
Mio?
Sollevai una mano ma Kanda mi bloccò il polso.
- Non toccarti. – mi disse cercando con lo sguardo qualcosa per la stanza. Individuò il piccolo asciugamano vicino al catino e alla brocca dell’acqua. Me lo premette delicatamente sul viso.
- Ce la fai ad alzarti? Ti accompagno in infermeria. – mi disse
- Non, non mi fa male… -
- Non discutere! – sibilò.
Si chinò a raccogliere dei fascicoli… Quelli che avevo chiesto a Komui, immaginai. Spostai le coperte e mi alzai. Era strano non avere la visione bioculare… Ma non pareva che ne risentissi troppo.
- Tsk! – sbuffò lui posando la mano sopra la mia e allontanando il panno dal volto.
- Guarisci in fretta – constatò spostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.
- Come ogni esorcista, no? Ma che diavolo ho fatto? – chiesi perplessa.
- Non lo so. Quando sono entrato ho visto solo che sanguinavi, ma mi sono anche reso conto che stavi dormendo... -
- Credo sia davvero meglio che la faccia, quella visita in infermeria... magari da uno psichiatra - borbottai lugubre.
- Magari anche no - mi rispose quasi sottovoce Kanda.
* Citazione di Leonardo Da Vinci

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Capitolo 10
*** - In Dreams - Parte Seconda ***



Quando arrivai in infermeria Yu si accomodò fuori dalla stanza e sentii chiaramente i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio. Non era che mi aspettassi chissà che cosa però quel suo totale disinteresse mi amareggiò un poco. A voler essere precisi, non v’era ragione alcuna perché lui mi aspettasse, anzi, era stato oltremodo cordiale ad accompagnarmi fino lì, visti i suoi standard. La mano calda della donna sul mio volto mi fece trasalire.
- Senti male? – chiese senza tuttavia spostare la mano.
- No, no… - riconobbi.
- Non è un taglio profondo, sembrerebbe più un graffio… - disse prendendo del disinfettante e un cerotto piuttosto grande.
- Magari me lo sono fatta nel sonno, con le unghie… Dicono che le ferite al capo sanguinino molto più delle altre – borbottai.
La donna ridacchiò.
- Se te lo sei fatto con le tue unghie hai con te delle armi improprie! No, direi che è stato qualcosa di appuntito, tipo un chiodo o un fuso… - disse
- Meno male che non sono la bella addormentata! Sennò ero fatta! – dissi istintivamente anche se… Diamine se qualcuno si fosse introdotto nella mia camera me ne sarei accorta, no? Forse no… Se quel qualcuno aveva un potere particolare, come un certo Noah gentiluomo che lasciava fiori sulla tomba di una donna… Mi affrettai a escludere anche quella pista. Un Noah non aveva ragione di introdursi nella sede della Dark Relugious, graffiare me e sparire. Come minimo mi avrebbe dovuta fare secca. A meno che non volesse giocare… Ma nemmeno quella teoria reggeva. I controlli erano troppo alti e sofisticati per passarli tutti senza destare il minimo sospetto.



Come avevo supposto, Kanda se n’era andato. Mi strinsi nelle spalle e sistemai il nodo della vestaglia da camera che indossavo. Non sarebbe stato troppo decoroso per me se qualcuno avesse visto i pinocchietti con le rane che indossavo, per non parlare della maglietta col faccione gigantesco di un mostriciattolo verde tutto occhi e guanciotte gialle…. Mi spostai lungo il corridioio, sperando che nessuno mi scorgesse ed io avessi la mia preziosa vanità salva.
- Cane del Vaticano! – la voce roca mi trapassò il cranio e mi fece bloccare il passo a mezz’aria. Mi voltai lentamente maledicendo la malasorte che dava al mio nemico tutto quel vantaggio su di me.
- Gensui Marian Cross… - salutai con lo stesso entusiasmo con cui si saluta un mal di denti. Gli occhialetti da intellettuale scivolarono leggermente sulla punta del naso dritto e deciso. Gli occhi castani dai lievi riflessi paglierini mi fissarono con un’intensità che giudicai sfacciata e inappropriata. Impertinente esattamente come mi era stato descritto, il Generale si avvicinò e con una mossa fulminea mi slacciò la cintura della vestaglia.
Notai la sorpresa passare sul suo volto e poi la grassa risata riempì il corridoio.
Avvampai miseramente.
- Allora è così che stanno le cose? – chiese osservando di nuovo la mia tenuta da camera.
- In che senso? – chiesi mettendomi sulla difensiva. Quello che avevo davanti non era uno supidotto qualsiasi che potevo raggirare facilmente.
- Così sembri ancora di più una mocciosa che puzza ancora di latte – disse squadrando il mio pigiama.
- Spiacente di non indossare lingerie parigina e reggicalze con tacchi a spillo – masticai fra i denti
- Oh, con quello addosso saresti ancora più ridicola: dato che sei piatta come una tavola ti scambierebbero per un ragazzo di piacere. –
- Ancora più spiacente di non avere due tette che fanno invidia ad una mucca! – ringhiai.
- Ma che linguaggio colorito per un Cane del Vaticano… -
- Bhe… Se punzecchiarmi è il suo scopo, la conversazione può anche terminare qui. – dissi ricordandomi improvvisamente dei fascicoli che avevo in camera e che volevo consultare quanto prima.
- Cos’hai fatto alla testa? Forse la dolce Lenalee non ha approvato il tuo gironzolare intorno ad un mio certo stupido allievo? - chiese ironico.
- Parrebbe che questo mio gironzolare intorno ad Allen Walker abbia infastidito più lei che la sorella del Supervisore Lee. – risposi stringendomi nelle spalle.
Il generale sospirò ma parve rilassarsi, come se mi avesse messa alla prova ed io l’avessi superata, ma avevo abbastanza esperienza per sapere che questa poteva solo essere una tattica, per costringere me a dire una parola di troppo e a tradirmi. In effetti non era che ci fosse poi molto da essere tradito. Ero stata inviata dal Vaticano per tenere sotto controllo l’esorcista che forse aveva in se il Quattordicesimo e Cross non era così poco scaltro da non averlo già capito.
- Possiamo fare due chiacchiere? – chiese assumendo un atteggiamento completamente diverso. Pareva addirittura un’altra persona.
- Andiamo – dissi dirigendomi verso la mia camera.
Lanciai un rapido sguardo al corridoio deserto e poi aprii la porta.
- Se ci vedessero ora… - mi punzecchiò di nuovo il Generale.
- Non ci vedranno, ad ogni modo, una mossa sbagliata e il mio bel generale si ritroverà a librarsi in cielo come un passerotto, passando direttamente dalla finestra. – lo avvisai.
Lui sorrise come se avessi detto un esagerazione poi si fece serio.
- Forse ne saresti davvero capace… - riconobbe.
- Il forse è suprefluo. – confermai.



La diretta schiettezza del generale fu qualcosa che giocò a suo favore. Forse fu la sola e unica ragione per la quale gli dissi cose che non avevo propriamente l’intenzione di raccontargli, ma ormai era fatta.
- Sicchè anche tu possiedi l’Innocence. – disse passando le dita sui fascicoli che avevo richiesto.
- Si, possiamo dire che la possiedo. – riconobbi.
- Cos’è quel ma sottointeso nella tua considerazione? – chiese lui.
- Ho qualche problema con la sua attivazione e non è legato alla sincronizzazione con essa. E’ una questione… personale. – ammisi.
- Però devi essere una tipa dannatamente in gamba se sei l’Angelo Assassino della Chiesa, anche senza l’Innocence – appuntò prima di accendersi una sigaretta e spedirmi in faccia il fumo azzurrognolo.
- Generale, la sua nomea di galantuomo è arrivata fino a Roma, ma a quanto pare io devo starle un po’ tanto sulle terga… - sospirai andando ad aprire la finestra.
- Ti hanno addestrata a non arrabbiarti mai, vero? – chiese lui aspirando una generosa boccata di fumo. - No, questa è una dote naturale. Ma adesso vorrei essere io a fare qualche domanda. Allen Walker ha davvero le memorie del Quattordicesimo? – chiesi seria.
- Si, le ha. – disse lui senza esitare. Quindi sospettava che la Chiesa era già a parte di quel segreto o presunto tale.
- Tuttavia avere i ricordi di qualcuno non significa essere quel qualcuno. – dissi.
- E’ una possibilità. Come lo è il fatto che quei ricordi influiscano sulle scelte future di chi li possiede. – disse lui serio.
- Troppe possibilità confondono anche le certezze. Quale legame ha Allen con i Noah? – era evidente che non volevo sapere oltre sul Quattordicesimo.
- Diciamo che il nostro amico aveva un fratello maggiore… Un tale Mana. – mi svelò il Generale.
- Il padre adottivo di Allen. –
- Sai già parecchio – constatò.
- Ok, l’ordine della Santa Sede non è solo quello di controllare l’esorcista albino, ma è anche quello di proteggerlo e salvarlo dalle tenebre qualora fosse possibile. – confessai
- E se non fosse possibile? – chiese il Generale.
- Questo lo sa meglio di me, è davvero necessario che lo ripeta? – chiesi.
- No. Ma lui sarà un nemico… Fra i più potenti. – riconobbe Cross.
- C’è altro che vuole dirmi, Generale? – chiesi notando che aveva spento la sigaretta nella mia tazza da tea.
- Per il momento no. Tuttavia… Abbi cura di Allen. – mi disse prima di lasciare la stanza.
Per un momento mi sentii come se… Afferrai un ricordo che era riemerso.



- Angelo di Dio, che sei il mio custode…
Illumina, custodisci, reggi e governa me
Che ti fui affidato dalla Pietà Celeste…
Quando questa preghiera vi raggiungerà, quando la sentirete, dovrete cercare l’essere umano che l’ha innalzata e proteggerlo preservandolo dalle tenebre per tutta la durata della sua vita. E’ tutto chiaro? – la voce della creatura era chiara e cristallina. Allegra come il crepitare di un ceppo nel camino e altrettanto calda e avvolgente. Le sei maestose ali che si aprivano alle sue spalle non erano bianche come la neve ma rosse, come il fuoco e le fiamme.
Gli occhi azzurri fissavano… me?
- Azael, ci aspettiamo molto da te! – mi disse poggiandomi le mani sulle spalle.
- …. –
- Forza giovani Cherubini! Andare sulla terra e riempitela dell’amore di Dio – ci disse il Serafino ed io (o il mio io di allora o quello che era!) si rese conto che molti suoi compagni stavano già spiegando le ali per discendere dai Cieli.
- Azael… Lui cercherà di ostacolarti. Sei davvero pronta ad affrontarlo come un nemico? –
- … -
Maledizione! La parte più interessante del ricordo non aveva audio!
Perché non ricordavo le mie o comunque presunte tali, risposte?! Maledizione!



- Angel! –
Tornai bruscamente alla realtà. La porta della mia stanza era aperta e Kanda mi fissava in un modo che mi fece irrigidire. Pareva arrabbiato, cioè, più arrabbiato del solito…
-Yu… Che ci fai qui? Come sei entrato? – chiesi perpelssa.
-Tsk! –
- Tsk? –
- Cosa ci faceva Il Generale Cross in camera tua? – indagò
- A parte appestarmi l’aria con quella sua puzzolentissima sigaretta e prendermi per i fondelli per il mio pigiama? Direi nulla – dissi sapendo di essere una bugiarda facilmente smascherabile.
- Bene. Chiudi la porta a chiave prima di sognare ad occhi aperti. – borbottò lui prima di andarsene.
Quella sera eravamo tutti decisamente sfasati!
Chiusi con doppia mandata la porta della stanza, misi la tazzina da tea sul davanzale e chiusi anche la finestra. Dubitavo che qualcuno si arrampicasse fino al quarto piano solo per farmi una visita notturna, ma l’aria era troppo frizzantina per dormire coi vetri aperti.
Presi una grossa candela dal cassetto e l ’accesi mentre mi lasciavo cadere sul materasso con un malloppo di fascicoli in grembo.
Le indagini iniziavano da subito.
Le dita corsero istintivamente all’orecchino, che accarezzai con i polpastrelli delle dita. Sotto la superficie metallica c’era qualcosa d’altro. Qualcosa di tiepido, come il mio stesso corpo. Qualcosa che mi apparteneva.
Le parole scorrevano veloci sotto i miei occhi. Lettere nere vergate con cura e precisione. Il loro senso era lampante e veniva rapidamente mandato nella mia memoria.
Albeggiava quando chiusi anche l’ultimo fascicolo, la candela ridotta ad un misero tizzone. Finalmente mi lasciai andare all’abbraccio del sonno, ma mi parve di sentire la risata di una bambina.
- Ce ne hai messo di tempo! I tuoi amici giocano con me già da un bel po’ di tempo! Mancavi solo tu! – mi disse
Attorno a me era tutto buio, solo quella voce mi raggiungeva ma per qualche strano motivo mi infastidiva. Era stonata. Come lo stridere del gesso sulla lavagna, o come una carezza elettrostatica.
- Acqua, acqua… Se non cammini non arriverai mai da loro… - mi irrise.
- Sono stanca morta, ci mancavano solo sogni da demenza senile! – borbottai scontenta.
- Se fai così non mi diverto per niente a giocare con te! – protestò la vocetta.
- Te lo propongo io un bel gioco. Tu ti vai a nascondere e poi vengo a cercarti… Diciamo quando avrò contato fino a … Settemiladuecento? – azzardai calcolando quanti secondi ci potessero essere in due ore, il tempo che necessitavo di dormire.
- - No-oh-oh-oh! – petulante voce infantile.
Decisi di ignorarla e mi voltai per tornare indietro sui miei passi. Ma avevo mai camminato? Mi ero mai davvero mossa? Era mai giunta da una direzione qualsiasi? Che razza di sogno schifoso!
- Non ti piace questo sogno? Allora te ne mostro un altro! – disse la ragazzina.



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Capitolo 11
*** In Dreams - Parte terza ***



Iniziavo ad irritarmi.
Intrappolata in un sogno non mio, tsè! Il massimo della sfortuna! Se poi ci si aggiungeva anche una mocciosa col gusto sadico del gioco gli ingredienti, per farmi saltare definitivamente il sistema nervoso, c’erano tutti.
- Ci fosse almeno un po’ di colore in tutto questo buio… - borbottai scontenta mentre mi muovevo a tentoni lungo quella che doveva essere una parete perfettamente liscia.
Ad un tratto sentii di nuovo la risata echeggiare nelle tenebre
- Fuochino, fuochino… - mi suggerì.
Significava che stavo andando nella direzione giusta o che sarei finita in un mare di guai? Il mio sesto senso mi diceva che le cose andavano a braccetto…
Finalmente tastai con le dite quella che aveva tutta l’aria di essere una maniglia. Che diavolo ci faceva una porta davanti a me? Cosa avrebbe implicato aprirla?
Istintivamente la mano corse verso l’orecchino.
Quanto avrei voluto avere anche solo la metà della sagacia e dell’intelligenza di Leonardo! Ma non era il momento di recriminare. Abbassai piano la maniglia e la luce, seppure debole mi infastidì. Strizzai gli occhi, cercando di mettere a fuoco qualcosa, stando ben attenta a restare comunque protetta dall’anta della porta.
- Benvenuta Esorcista! – disse la voce di bambina.
Aprii di più la porta e osservai l’ambiente.
La stanza dei giochi di una bambina.
Pupazzi buffi dalle forme gommose che ricordavano orsacchiotti, conigli e bruchi. Bambole dagli eleganti abiti di trine, più simili a nobildonne in miniatura che a giocattoli veri e propri… Il pavimento era a scacchi, bianco e nero e aveva una strana conformazione, come se fosse inclinato. Dava un leggero senso di fastidio e di giramento di testa, come se l’equilibrio fosse qualcosa di precario.
Su una poltrona di velluto rosso, con lo schienale alto e composto da lavorato legno tinto nell’oro sedeva scompostamente una bambina. No, forse non era tanto giovane, era solo vestita come tale… Indossava una camicia bianca tutta pizzi e merletti, una gonnellina a pieghe di un colore blu notte e aveva delle calze a righe bianche rosse blu. Scarpe di vernice nere con la zeppa e grossi fiocchi che cingevano le caviglie.
Era indubbiamente bella, sia per i capelli neri che parevano sfuggire un po’ al tentativo di domarli, sia per gli occhi, grandi e dorati. La pelle era scura e le stigmate segnavano la sua fronte. Quindi anche fra i Noah c’erano persone giovani. O magari no, magari quello era l’aspetto che una creatura malevola aveva scelto di usare, per sua comodità… Per essere meno sospetta, per essere più libera di agire…
- Con chi ho l’onore di parlare? – chiesi avanzando fino ad entrare nel cono di luce prodotto dalle candele che stavano sospese a mezz’aria. Dopotutto era un sogno, non dovevo farmi impressionare da qualche effetto scenico. Questo tuttavia non voleva dire sottovalutare l’avversario che avevo davanti.
- Road Kamelot. Il Noah dei Sogni - ridacchiò lei dondolando i piedi.
- Angel Cielo, ma immagino tu lo sappia già – dissi cercando di capire da dove poteva provenire un attacco a sorpresa.
Qualcosa mi cadde sul volto. Era umido, tipo la pioggia ma era anche caldo… Portai la mano sulla gota e ritraendola notai che era sporca di sangue. Sollevai gli occhi al soffitto.
Imprigionata da quelli che sembravano foulard di seta c’era Lenalee. Le braccia aperte, le gambe a penzoloni, come il capo. Il sangue stava colando dalle ferite che aveva sulle gambe. La sua Innocence era stata sconfitta?
- E’ ancora viva, tranquilla. Ma non lo sarà per molto. Gli ordini del Conte sono quelli di eliminarvi… - mi informò lei.
- Interessante! – le dissi. C’era una nota stonata, qualcosa che non quadrava, me lo suggerivano l’assenza di odore del sangue e il fatto che la ragazza non mi stesse trasmettendo alcuna sensazione. A causa della mia Innocence avevo, volente o dolente un rapporto speciale con chiunque la possedesse.
- Non vai ad aiutarla? Non è da… amici… - mi disse lei ridacchiando.
- Gli altri? – chiesi spostando di nuovo lo sguardo al soffitto.
- Loro due si sono arresi – mi informò indicando Marie e Miranda; due esorcisti di cui avevo visto le schede ma che non avevo ancora avuto il piacere di conoscere di persona. Non mi parevano tanto arresi… Più che altro erano svenuti, come Lenalee… Poi capii. Se uno sviene, qualsiasi illusione mentale o qualsiasi manipolazione del sogno cessa. Svenire non è come addormentarsi. Quello che vedevo erano solo immagini create da Road.
- Perché non li finisci? – chiesi indicandoli col capo.
Lei battè le palpebre.
- Pensavo ti stessero a cuore i tuoi amici… - sussurrò – forse dovrò rivedere i miei piani… -



Non fui abbastanza rapida nello spostamento e qualcosa mi travolse.
Finii a terra, schiacciata dal peso morto di qualcuno. Avevo già stretto il pugno per colpire ma mi trattenni. Chi mi era rovinato addosso era Allen.
Notai il sangue sporcare il suo mantello bianco. Gli mancava un braccio che era stato trasmutato in spada e che giaceva poco lontano da noi… Il volto era una maschera di sofferenza e sangue, ma non era svenuto, non ancora.
- Angel… Scappa! – mi sussurrò cercando di alzarsi.
Non dissi nulla ma cercai di agevolarlo nel tentativo. Lui tossì poggiando la testa sulla mia spalla e quando gettò indietro il capo notai che il suo sangue mi aveva sporcato il pigiama.
Certo che la mia personale sfiga ci vedeva benissimo! Non solo mo trovavo nel bel mezzo di un sogno manipolato dalla Principessa dei Noah, ma ci ero apparsa con un abbigliamento che ammazzava definitivamente la mia immagine di femminilità. Non che fosse un obbligo quello di apparire almeno carina, però insomma avere addosso almeno un pantalone serio e una camicia non sarebbe stato così male!
- Già stanco piccolo baro? – chiese una voce maschile apparendo poco dopo attraverso il muro. Quello lo conoscevo eccome! Tyki Mikk!
Avanzò nella stanza trascinandosi dietro Lavi e Yu.
Il primo stringeva fra le dita il suo martello ma notai subito che era molto rovinato, quasi in procinto di finire in pezzi. Non aveva più la benda ma i capelli rossi gli cadevano comunque sull’occhio, nascondendolo. Sul viso gli erano apparsi degli strani ghirigori, come tatuaggi ma non sembrava gli stessero dolendo, forse era qualcosa che accadeva quando attivava la sua Innocence, anche se i rapporti non ne parlavano…
Yu era a torso nudo, con il grosso tatuaggio nero che gli riempiva metà del petto e parte della spalla. Si era indubbiamente ingrandito rispetto all’ultima volta che lo avevo visto, ma non ci stetti a riflettere molto. La situazione stava volgendo decisamente a mio svantaggio… Due Noah ed io sola, dato lo stato in cui erano ridotti i miei compagni.
- Oh, ma abbiamo anche il nuovo… Ehi! Ma allora la mia prima intuizione non era sbagliata! Sei davvero una ragazza! Anche se quello sguardo arrogante si addice di più ad un ragazzino! – mi disse lasciando cadere Yu e Lavi sul pavimento e allungando una mano verso di me. Non mi spostai, lasciai che le sue dita si posassero sul mio viso.
Ingoiai la risposta che mi era salita alle labbra, inutile peggiorare la mia posizione, tuttavia quel tocco, leggero come ali di una farfalla si rivelò disgustoso come lo zampettare di un millepiedi. No, non era quella la sensazione che mi ero aspettata.
- A ben guardarti sei anche molto carina… Ehi Road, perché non le dai un vestito decente? – disse Tyki con l’aria di chi si voglia divertire, soprattutto alle mie spalle.
La ragazzina rise battendo le mani. – Si, si! Mi piace questo gioco! –
Avevo la netta sensazione che invece a me non sarebbe piaciuto proprio per niente!
Qualcosa di viscido mi avvolse e poco dopo mi ritrovai in piedi davanti a Tyki Mikk, che mi fissava ironico e… C’era dell’altro nel suo sguardo ma fui certa di non voler sapere cosa fosse, era troppo legato al termine lussuria!
- Un po’ barocco e audace per le sue forme ma… E’ sexy – approvò sorridendo a Road.
- Vero? Anche io la trovo bella! – disse la mocciosa tutta contenta.
Prima che la mia mente si perdesse in voli pindarici che mi avrebbero portata a morire di vergogna sbottai
- Piantatela deficienti! – e cercai di colpire Tyki Mikk, ma il mio pugno gli passò letteralmente attraverso. Grandioso! Mi ero dimenticata di questa sua dote particolare!
- Non sei per niente carina… - mi sussurrò il Noah direttamente nell’orecchio. Mi spostai con un brusco scatto sulla sinistra.
- Ma come no? Sono stata persino tanto gentile da attaccare te e non la bambina! Sei ingiusto! – protestai usando il tono del falsetto.
Lui battè le palpebre confuso.
- Hai senso dell’umorismo – appuntò per poi ammettere – Mi piace! –
- Quindi sarai gentile anche tu e ci farai tornare a fare la nanna nei novisti comodi lettucci? – chiesi ignorando forzatamente il modo in cui ero vestita.
- Purtroppo mi chiedi troppo… - sospirò lui con aria teatralmente afflitta.
- Mugen! Prima Illusione! – l’attaccò di Yu aprì un bel buco nel pavimento
- Guarda che loro sono i nemici! Cosa ti salta in mente di metterti a fare conversazione!? – mi aggredì arrabbiato.
- Era un diversivo! Volevo vi riprendeste un po’! – gli dissi strizzandogli l’occhio. Questo lo avrebbe fatto incazzare… Difatti la sua spada puntò alla mia gola.
- Ma che carini! Guarda si vogliono ammazzare a vicenda e levare a noi la scocciatura! – trillò Road.
Non so grazie a quale miracolo riuscii ad evitare che la katana mi affettasse.
- Ma sei scemo!? – sbraitai verso Yu.
- No… E’ solo che non vede te, ma lui! – sorrise Road indicando Tyki.
Mi ero quasi dimenticata di dove fossi! Non andava per niente bene! C’era un modo per scappare al controllo della giovane Noah, ma non mi pareva il caso di metterlo in pratica… Insomma, svenire davanti al mio nemico era qualcosa che il mio orgoglio non era in grado di accettare!
- Bakanda! – ringhiò Allen bloccando il colpo che il samurai stava per infliggermi, usando il suo spadone che poteva fare anche da scudo.
Lavi si mise al mio fianco, attivando la sua Innocence.
- Dove sono Lenalee e Miranda e Marie? – chiesi rivolta a Road.
Lei sbuffò.
- E se non te lo volessi dire? –
- E se non potessi dirmelo? – ribattei ghignando.
- Sai troppe cose! – sbottò lei irritata e tentò di colpirmi con le candele che divennero pericolosi oggetti appuntiti che si muovevano secondo i desideri di quella mocciosa!
Venni colpita al braccio e per la miseria, faceva male sul serio!
Mi era passata la voglia di scherzare e soprattutto di tirare un po’ per le lunghe tutta la faccenda al fine di poter studiare un po’ più da vicino i Noah e i loro poteri.
Intanto Tyki aveva infilzato Allen come si potrebbe fare con un pezzo di carne sullo spiedino e Lavi cercava disperatamente di tenere la katana di Yu lontano dal mio collo…
La mia mano corse di nuovo all’orecchino di Leonardo. Forse toglierlo non avrebbe fatto… Io non avrei causato quella devastazione… Forse, poiché eravamo nel mondo dei sogni i danni sarebbero stati limitati… Ma di nuovo non potevo agire su un forse. Forse, quando si trattava di vite umane era troppo poco.
D’accordo, non potevo procedere all’attivazione totale dell’Innocence…però potevo usare il mio potere clericale. Sarebbe dovuto bastare; me lo sarei dovuta far bastare!
Le candele di Road mi colpirono di nuovo. Quelle maledette scarpe col tacco! Mi levavano ogni agilità. Non appena riuscii a stringermi in un angolo, in modo da avere almeno le spalle coperte mi chinai a strappare i legacci di quelle trappole per piedi e ne approfittai per lanciarle in testa a Tyki. Esultai perché la prima andò a segno mentre la seconda, dato che lui aveva adottato la contromossa di diventare fantasmagorico, colpì in piena fronte Allen.
- Ahia! -
- Scusa! – mi giustificai arrossendo.
- Adesso mi sono annoiata! E’ ora di fare sul serio! – disse Road e dal muro, dal pavimento e dal soffitto spuntarono braccia che ci afferrarono e immobilizzarono. Così era troppo facile per loro!
- Spiacente piccolo baro, questa volta la tua Innocence non potrà ricostruirti il cuore! – disse il Noah del piacere facendo apparire una gigantesca farfalla sulle cui ali c’era raffigurato un teschio. Macabro.
- Tease… - chiamò.
- Every day and every night,
I always deram that
You are by mi side…
- intonai quelle parole. Le parole che avevo racchiuso dentro di me.
Sapevo che la mia Innocence avrebbe reagito.
La luce mi avvolse, vidi Tyki lasciare cadere a terra il corpo di Allen, vidi Tease bruciarsi, come una falena che si getta nelle fiamme.
Sentii Road gridare e l’altro imprecare maledicendomi.



Aprii gli occhi e mi ritrovai nel mio letto. Tirai un sospiro di sollievo: non ero più in quell’orrendo incubo.
- Ahi, ahi, ahi… Quanto pesi Yu-chan! – la voce di Lavi mi fece balzare a sedere. Sul pavimento della mia stanza c’era il giovane Bookman, con un po’ di contusioni e il corpo di Kanda comodamente sdraiato su di lui.
- Tsk! – sbuffò il giapponese mettendosi a sedere e crucciando la fronte quando i capelli gli caddero addosso, come un manto nero e lucente. I suoi occhi saettarono alla ricerca del fermaglio e poi si fissarono su di me, sgranandosi.
Sentii il letto muoversi e un gemito provenire dalle mie spalle. Voltai un poco la testa, giusto in tempo per scorgere Allen che si stava mettendo seduto.
- Che è successo? Dove sono finiti Road e Tyki Mikk? – chiese portandosi una mano sulla testa.
- Si sono ritirati. – annunciai cupa.
- Angel! Stai bene? – chiese l’albino osservandomi per occupatissimo e facendo scorrere lo sguardo su di me.
Mi sentii esaminare da un occhio verde, due blu e due grigi. E mi sentii quasi come se fossi nuda.
Avvampai furiosamente.
Allen e Lavi avevano la bocca aperta, ci sarebbero potute entrare le mosche mentre Yu emise il suo solito, amichevole ed eloquente TSK!
- Wow! – esclamò l’erede di Bookman tornando a farmi la radiografia.
Quella… quella dannata di Road mi aveva vestita come una ballerina del Moulin Rouge! Calze a rete, gonnellina a balze di velluto nero con fiocchetti rossi, bustino in tinta, con stringhe e stecche e… nastri di raso nero nei capelli! Volevo morire!
Mentre ancora rimbambita continuavo a sperare che si aprisse una voragine e che mi inghiottisse all’istante, Kanda, che non aveva mai perso il suo sangue freddo, si era alzato, aveva preso una coperta dal mio armadio e finalmente me l’aveva gettata addosso borbottando
- Copriti, che sei indecente! –
Non erano esattamene quelle le parole che avrei voluto sentirmi dire ma lo ripagai con il silenzio, grata che mi avesse comunque dato qualcosa con cui nascondere l’abominio che indossavo… Come accidenti avessi fatto a portarmi nella realtà quello che doveva essere e restare in un sogno non avevo la minima voglia di spiegarmelo, almeno per il momento!
- Non fare quella faccia… Bakanda è stronzo anche di prima mattina, adesso lo sai anche tu! Dai, andiamo a farci preparare le uova strapazzate e il bacon secondo la ricetta segreta inglese e poi io voglio l’english breakfast con la panna! – disse Allen alzandosi in piedi e stiracchiandosi entusiasto.
- Io voglio del caffè espresso e una spremuta di arancia… Non ci starebbe male nemmeno una fetta di torta al cioccolato e un po’ di frutta…- mi lasciai coinvolgere.
- Siete disgustosi! Voi mangiate come maiali, quell’altro ingurgita soia scaduta… Lenaleee!!!! Lenaleee!!!! Solo tu mi capisci!!!! – piagnucolò Lavi eclissandosi in corridoio e andando alla ricerca della ragazza, che probabilmente dormiva sonni tranquilli nella sua stanza.
Mi sentii sollevata al pensiero che sebbene Road avesse preso di mira noi quattro, alla fine nessuno si era fatto troppo male.
- Baka Usagi! E’ miso! TSK! – sibilò Kanda seguendo Bookman Junior lungo il corridoio.
Allen mi fissò con un sorriso dolce e innocente sul volto.
- E’ bello scoprire che stanno tutti bene – mi disse.
Gli sorrisi a mia volta, provando lo stranissimo impulso di accarezzargli il viso, come per accertarmi che lui fosse davvero lui e che stesse bene sul serio e non fosse solo una maschera costruita… Lasciai perdere e fissandolo seriamente dissi
- Già. Però adesso fuori, che mi devo vestire! -

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Capitolo 12
*** Visite da Roma ***



Komui Lee mi accolse con un sorriso un po’ tirato.
Il telefono sulla sua scrivania era sollevato e la cornetta poggiava sugli incartamenti che stava vagliando. Improvvisamente realizzai... e per conferma lanciai uno sguardo al calendario che era appeso alla parete alla mia destra.
Arrossii per il fatto che sull’immagine di sfondo non ci fossero rappresentati campi fioriti e pecorelle al pascolo o cinguettanti pulcini…
Komui seguì la direzione del mio sguardo e arrossì mentre Reeves si affettò a spostarsi e ostruirmi la visuale di quell’immagine poco decorosa di una donna discinta.
- Padre Leone chiede di te – mi informò il Supervisore.
Afferrai al cornetta e presi un profondo respiro.
- Padre!!! Che gioia immensa! Ma allora a me ci pensa? Le manco? – chiesi esagerando con l’entusiasmo.
Per un momento mi rispose il silenzio poi la voce possente del Camerlengo ruggì
- Angel! Razza di idiota!!!!! Quali erano gli ordini!?! Lo sai che giorno è oggi?!? Sei in ritardo! Due settimane di ritardo!!! Lo sai leggere un calendario anima di idiota!? –
Fui certa che persino Komui avesse sentito dal momento che il mi orecchio ronzava.
- Padre non le fa bene arrabbiarsi così! Suvvia cosa vuole che sia mai un pochino di ritardo? Lo sa che vi ho sempre nel cuore ed il mio pensiero è sempre con Voi, li a Roma! Prometto che per il primo congedo vi vengo a trovare e le porterò una confezione super gigante di bicarbonato o di quella nuova medicina per il mal di stomaco… -
- Basterebbe che tu fossi più responsabile ed il mio stomaco starebbe benissimo! – si lagnò lui, tuttavia, il suo tono pacato mi convinse che c’era dell’altro. Qualcosa che avrebbe messo me a disagio e lui si stava crogiolando in questa consapevolezza.
- Anche io le voglio un gran bene, Padre Leone! – dichiarai
- Allora verrai a ricevermi come si conviene domani! Arriverò a Londra con il treno di mezzogiorno. – e prima che potessi dire qualsiasi cosa la comunicazione venne interrotta.
- Sei sicura di stare bene? – mi chiese Komui osservando il mio volto.
- No. Sono malata. Tremendamente malata! Sono in punto di morte! – gemetti.
E quando spiegai la ragione del mio malessere anche il supervisore impallidì. Credo che l’intera sede centrale dell’Ordine Oscuro si precipitata in uno stato di agitata confusione.



Allen sedeva al mio fianco e stava succhiando con la cannuccia un frullato gigante. Da quando gli avevo fatto scoprire la delizia di arancia e cioccolata era praticamente diventato dipendente da tale bevanda. Lavi giocherellava con la buccia della banana, punzecchiandola con la forchetta per vedere se avesse qualche stana e anomala reazione. Lenalee sedeva di fianco al suo bello e ogni tanto gli lanciava uno sguardo indecifrabile. Link restava rigidamente composto sulla sedia di fianco a me, tuttavia la tensione dei suoi muscoli non si era affatto placata. Evidentemente l’idea di avere qui niente poco di meno che il Camerlengo in persona doveva aver influito anche sul suo sistema nervoso.
- Tu lo conosci bene? – mi chiese Lenalee curiosa
- Bene è una parola grossa… Diciamo che ho avuto modo di collaborare con lui in un paio di occasioni… - ammisi di malavoglia.
- Ti ha fatto una brutta impressione? – chiese lei preoccupata.
Padre Leone non faceva una brutta impressione, almeno non nel senso comune dell’uso del termine. Non era un brutto uomo, al contrario per certi versi era molto affascinante. In barba a tutte le regole monastiche egli aveva i capelli biondi e mossi, che portava lunghi fin oltre le spalle. Di solito erano diligentemente raccolti in una coda bassa, ma quando li lasciava liberi parevano davvero la criniera di un leone, per non parlare dei suoi occhi. Non era tanto l’azzurro scuro delle iridi, quanto la loro espressività a renderlo simile ad un rapace. Persino il naso aquilino, che io trovavo molto interessante su un volto maschile contribuiva a renderlo ancora più severo e ferale di quanto in realtà fosse.
Padre Leone metteva soggezione. Anche per il suo aspetto fisico imponente ma soprattutto per la sua aura carismatica. Quello era un uomo d’azione. Timorato di Dio indubbiamente, ma era anche colui che non aveva dubbi o esitazioni di sorta quando c’era da sporcarsi un po’ le mani. Il Camerlengo difficilmente delegava compiti e responsabilità che sentiva come sue. Per questa ragione mi piaceva. Per la sua serietà e la sua pignoleria invece lo detestavo profondamente e spesso avevamo avuto i nostri scontri verbali di cui i cardini della biblioteca non ci ringraziavano affatto.
- Padre Leone sa essere spaventoso quando vuole, ma per la maggior parte del tempo è una persona… Asciutta. Di buon cuore e generoso ma parco di parole e lodi. Se non ti lasci spaventare da lui, cedo ti piacerebbe molto, sai Lenalee? – le dissi.
- Non è molto tranquillizzante – appuntò Allen lasciando andare la cannuccia giusto il tempo di parlare.
- E’ solo la verità, non deve esserlo per forza… - borbottai mentre Lavi continuava a massacrare la buccia della banana apparentemente disinteressato ma fui certissima che non si fosse perso una singola parola del nostro discorso.
- Allora andrai tu a riceverlo alla stazione, domani? – chiese Lenalee che pareva desiderosa di accompagnarmi. Ma non potevo permetterlo. Il tempo del tragitto dalla stazione alla sede era quello che avevo a disposizione per relazionare gli ultimi accadimenti.
- Così ha richiesto lui. Vuole solo me… E credo anche di sapere perché… - borbottai incupendomi.
- Guai? – chiese Lavi che era molto sensibile ai cambi di umore altrui.
- Predicozzo in arrivo. Scommetto che si è già fatto un tracciato e magari anche un bel discorsetto riassuntivo contenente tutti i rimproveri che mi deve muovere… Il mio modo di agire non gli è mai piaciuto. Mi ha sempre considerata una specie di impiastro irresponsabile e incosciente che porta a termine gli incarichi più per fortuna che per vero merito… - ammisi. Non era del tutto vero. Sapevo che i caso di bisogno Padre Leone aveva piena fiducia in me, come io ne avevo in lui. Su un campo di battaglia non mi sarei fatta guardare le spalle da nessun altro e la cosa era reciproca, tuttavia avevamo due caratteri troppo simili per non urtarci a vicenda quando i tempi erano tranquilli.
- Angel, non avresti voglia di allenarti un po’ con me? – chiese Allen posando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.
- Ma come anche oggi? Non abbiamo combattuto abbastanza in quell’orrendo incubo in cui ci aveva imprigionati quella Noah? – protestò Lavi.
- Proprio per quello voglio allenarmi di più. Le prendiamo tutte le volte e ci salviamo per il rotto della cuffia. Sono stufo di ridurmi come una mummia tutte le volte! – si accese l’albino.
- Si però… Avete bisogno anche di riposarvi… - si intromise Lenalee che era preoccupata sia per lo stato di salute fisico di Allen che per il suo stato emotivo. I suoi grandi occhi violetto fissavano le bende che avvolgevano il polso del ragazzo con una nota triste e dolorosa.
- Non ci stancheremo troppo! – assicurai mentre mi alzavo e seguivo Allen.
Spostai il peso da un piede all’altro. Il fianco mi faceva ancora un po’ male. A causa della ferita che Road mi aveva inflitto alla gamba, mi ero trovata rallentata nello spostamento laterale e il calcio di Allen mi aveva colpita in pieno, mandandomi a gambe levate nell’arena dove ci stavamo allenando. Dando una bella zuccata al suolo. Si era sentito persino lo stonk! Non era successo nulla di grave ma negli occhi dell’albino passò un lampo di senso di colpa che mi fece capire di dover interrompere l’allenamento. Se mi avesse colpita di nuovo, e non era da escludere considerando la sua buona tecnica combattiva, non avrebbe più smesso di farsi delle inutili paranoie.
Ferma fuori dall’infermeria, aspettavo che anche al ragazzo venissero sistemate le fasciature che si erano allentate durante la nostra attività fisica.
Fu allora che vidi arrivare Yu, dal fondo del corridoio. Non so perché mi venne da chinare il capo imbarazzata. Era assurdo! Dopotutto tra noi non era successo un bel niente! Anzi, lui mi ignorava come suo solito! Allora perchè provavo vergogna? Perché mi aveva vista vestita in quel modo ridicolo? Oh, avanti! Mi ci avevano vista pure Lavi e Allen e con loro non era affatto un problema! Poi un flash, di quel passato dimenticato…
Camminavo per un lungo patio splendente. La luce attraversava le colonne e il tetto fatto di un materiale opalino e traslucido, la mia figura si rifletteva sulle piastrelle del pavimento e la figura davanti a me si muoveva con una grazia e una leggiadria tali che non si sarebbe mai sospettata per la figura alta e possente che era. Indossava una veste bianca, con una cintura dorata a cingerli i fianchi, mente i capelli erano un manto nero e lucente. Come quelli di Yu, quando gli si erano liberati dalla costrizione del fermaglio.
- …. – avevo detto qualcosa e la figura davanti a me si arrestò di colpo.
Colta impreparata da quel gesto gli ero andata a sbattere contro ed era stata la sua mossa rapida ad evitare la mia caduta a terra.
I libri che tenevo in mano avevano prodotto un tonfo sordo sul pavimento, uno si era aperto mostrando pagine scritte in idioma che non ero più in grado di leggere, ma la mano grande a calda dell’uomo continuava a tenermi il fianco.
- Tutto bene Azael? Devi guardare avanti quando cammini. Il mondo non è sulla punta delle tue scarpe ma tutto intorno a te – mi disse.
Quella voce… Quella voce! Era la sua voce! LUI!
- … - risposi
Il mio sonoro era sempre out off limits…
Finalmente! Finalmente riuscii a mettere a fuoco la sua immagine!
Un ovale perfetto, labbra rosee e piene. Parevano fatte per attrarre i baci e poi gli occhi! Dolci e mesti. Due occhi che si aprivano su infiniti mondi e li inondavano di luce e di calore… Occhi del prezioso colore dell’oro che sfumava… Sfumavano e diventavano… Blu.
Battei le palpebre.
- Mi sa che il Moyashi te l’ha data proprio forte quella botta in testa! – Kanda.
Stavo fissando gli occhi di Kanda? Istintivamente mossi un passo indietro e cozzai contro il muro. Notai la perplessità passare nel suo sguardo.
- Angel… - mi chiamò serio.
- Ah… Si… Ciao… Cioè… Sto bene! – e questa? Non ero mai stata dislessica in vita mia!
Lui parve voler dire qualcosa ma ci rinunciò e passò oltre.
Aprì la porta dell’infermeria e disse – Krowley, ti vuole il supervisore Komui… Hanno finito di medicarti? –
- Arrivo, arrivo! – borbottò la voce di un uomo e poco dopo le due figure uscirono dall’infermeria, ignorandomi.
Osservai l’Esorcista che non avevo ancora avuto modo di conoscere. Era altro e… strano. In effetti pareva davvero essere una di quelle figure uscite dai libri dell’orrore che parlavano di vampiri. Però la sua indole mi pareva piuttosto remissiva e ingenua. Seguiva Yu come se ne avesse soggezione…
- Mi hai aspettato? – la voce di Allen mi fece spostare lo sguardo.
- Già. Ti dispice? Link ha detto che ti aspetta in camera, ha borbottato qualcosa circa la tua scarsa istruzione… - lo informai.
Lui gemette.
- Mi vuol far fare di nuovo geometria! – immaginò.
- Non ti invidio proprio, quindi ti accompagno ma poi mi defilo! – lo avvisai.



Per una volta tanto il treno fu puntuale come un orologio Svizzero. Non so se fosse dipeso dalla volontà divina o dal fatto che a bordo ci fosse il Camerlengo, ma di fatto mi ritrovai ad aguzzare la vista alla ricerca delle vistose uniformi della Guardia Svizzera.
Ci rimasi di sasso quando notai che Padre Leone era venuto da solo e nemmeno in pompa magna. Indossava l’abito sacerdotale e portava un gigantesco crocefisso, avvolto nella sua custodia, sulle spalle.
Provai l’impulso di correre ad abbracciarlo, per poi sapere perfettamente che avremmo iniziato a discutere animatamente. Anche lui mi vide e mi fece un sorriso.
- Padre Leone! – esclamai andandogli incontro e raccogliendo la borsa da viaggio che aveva posato a terra.
- Angel Cielo… Cosa sono quei nuovo graffi? – mi chiese diventando subito pratico. Sapevo che i convenevoli non potevano certo protendersi molto, ma neanche quella brutale immediatezza! Alzai gli occhi al cielo e iniziai a relazionare.
Come sempre l’uomo non fece nessuna interruzione fino a quando non ebbi terminato il racconto e poi passò a l contrattacco con le sue domande.
Camminavamo lentamente lungo la via che portava da Victoria Station fino a Bukingham Palace dove avremmo preso il battello fluviale per arrivare fino al Tower Bridge e poi ci saremmo inoltrati per le docksland e alla fine avremmo raggiunto la sede dell’Ordine.
Ci avremmo messo grosso modo un ora e mezza.
- Facciamo una deviazione – mi disse l’uomo puntando in una direzione diversa rispetto a quella che stavo per prendere.
- Dove andiamo? – chiesi seguendolo.
- Non lo immagini? Cosa c’è da quella parte? – chiese divertito.
- La White Chappel… Oh… Capisco. Quindi è questa la ragione della sua venuta a Londra? – indagai
- E’ il motivo ufficiale. Di certo sarebbe andato bene qualunque sacerdote, saresti persino potuta andare bene tu, tuttavia a causa del tuo ritardo, il Santo Padre si è preoccupato. E da quanto mi stai raccontando non lo ha fatto infondatamente. – mi disse.
- La situazione è davvero intricata. Ed io non posso muovermi come vorrei. Ci sono troppi equilibri che non devono essere minati. Per ora sto lavorando per conquistarmi la fiducia degli Esorcisti. – ammisi.
- Qualcuno ti intralcia? – chiese lui serio.
- No, nessuno al momento. E’ solo che hanno personalità differenti, devo quindi prestare attenzione a quello che faccio. – ammisi
- E i Noah? – chiese lui attento.
- Per ora l’incontro ravvicinato l’ho avuto solo con due di loro. Tyki Mikk e Road Kamelot. – Relazionai.
- Opinione? – domandò lui mentre preparava tutto il necessario per esorcizzare la piccola cappella. Dopotutto era stato proprio in quel luogo che si era conclusa l’oscura vicenda di Jack The Ripper. O almeno questo era quello che sembrava.
- L’aristocratico Tyki Mikk non sarebbe male se non avesse quel Noah piantato dentro di se. Mi è parso ancora un po’ combattuto in merito al suo essere. Forse non ha dimenticato completamente cosa significhi essere umano o comunque vivere al loro fianco. Tutt’altro discorso è la piccola vipera. – dissi.
- La Noah dei Sogni è quella più benvoluta dal Conte. Ci sarà una ragione, ti pare? – sorrise Padre Leone.
- Già. E’ pericolosa e mi è parsa parecchio interessata al nostro uomo. O forse al Quattordicesimo. C’è qualche legame particolare fra i due? Qualcosa che si è scoperto e che io ancora non so? – chiesi attenta.
- No. Proprio perché brancoliamo nel buio sei tu che deve raccogliere informazioni sul Quattordicesimo. Sei riuscita a parlargli? – chiese.
- No. Ho conversato solo con Allen Walker, tuttavia nella Stanza Segreta all’interno dell’arca, egli si è mostrato. Nello specchio. – dissi ricordando perfettamente quel momento.
- E? La tua faccia si è fatta preoccupata – notò lui.
- Anche io ero apparsa… Diversa – ammisi con un cenno della mano.
Padre Leone sospirò.
- Forse il sigillo di Leonardo sta perdendo di efficacia. Dopotutto sono passati più di tre secoli… Vuoi che lo controlli? – si offrì l’uomo.
- Non ha ancora scoperto come ricrearlo, Padre? – chiesi un po’ preoccupata. Non ero certa che fosse il sigillo ad essersi indebolito. Era più probabile che fossi io ad aver aumentato la mia forza spirituale. Come l’Innocence si evolveva anche io stavo… Crescendo. Dio voleva rendere i suoi discepoli più forti, in vista dello scontro che ci avrebbe attesi. Lo dissi a Padre Leone che sospirò e mi mise una mano sulla testa.
- Vorrei che tu fossi un po’ più stupida, per poter raggirare facilmente le tue paure, ma non lo sei. E credo che ci sia del vero in quello che dici. Ad ogni modo, vuoi che ricontrolli il sigillo? – chiese lui.
Annuii prima di sfilarmi giacca e camicia. Faceva freddo lì dentro, con solo la canottiera e la debole luce delle candele dava alla mia ombra un aspetto deforme.
Portai una mano all’orecchino e con lentezza me lo sfilai.
L’Innocence si attivò immediatamente, libera da costrizioni.
Percepii una realtà diversa. Come se i miei sensi fossero diventati molto più acuti. Odori più intensi, suoni più forti, una diversa percezione visiva, come se persino le statue avessero preso una dimensionalità diversa. Il volto della madonna pareva esprimere compassione, quello di Gesù sofferenza. Mi aspettavo di vedere le lacrime bagnare il marmo bianco da un momento all’altro. Tornai ad osservare il pavimento e la mia ombra.
Se prima era deforme ora era semplicemente mostruosa.
Sospirai sentendo comunque un piacevole senso di libertà. Avevo appena formulato quel pensiero che le sentii distendersi, come stiracchiarsi dopo un lungo letargo.
Qualche piuma cadde al suolo, volteggiando.
Poi le ali si richiusero e Padre Leone si alzò dalla panca di legno e mi fronteggiò.
- Sono davvero belle – mi disse accarezzando il piumaggio come di potrebbe fare con un passerotto o una colombella.
- Davvero? A me ricordano solo che non sono più umana… - borbottai.
- Sono le ali della speranza. Sono le ali di un’Angelo di Dio, il nostro custode. Sono le ali che ci proteggono e ci ricordano la grandezza di Nostro Signore. Non sono brutte. Sono solo… Pesanti da portare. – mi disse chinandosi su di me e baciandomi il capo.
Avevo voglia di piangere.
- Ricorda Angel… Essere umani non significa solo avere un corpo di carne e sangue, significa sentire col cuore. E tu in questo sei indubbiamente umana, credi a me. – mi disse con un sorriso prima di rimettermi l’orecchino.
Le ali sparirono ed io sentii che l’Innocence dentro di me si addormentava.
Mi rivestii prima di irrigidirmi di colpo.
Akuma!
Ed eravamo circondati!



Padre Leone prese il suo crocefisso, lo sfilò dalla custodia e lo attivò. Un arma di altissima precisione, quasi il fucile di un cecchino, solo in versione gigante. Punishment. Sbuffai realizzando che io sarei stata quella che doveva sporcarsi le mani.
- Tieni! – sogghignò Padre Leone lanciandomi una fionda.
- Grazie tante… - borbottai dirigendomi verso il vaso di fiori posto ai piedi dell’altare.
- Perdonami o Signore… - mormorai afferrando un manciata di sassi bianchi che nascondevano il terriccio e infilandomeli in tasca.
- Il furto è un crimine, sia per la legge degli uomini che per la legge di Dio. Taccerò per gli uomini poiché lo ritengo un segreto da confessionale ma cinquanta Pater, Ave e Gloria per l’assoluzione – mi disse Padre Leone con un ghigno.



Evidentemente di chiasso ne avevamo fatto parecchio perché, alla fine della battaglia, quando mandai in frantumi anche l’ultimo Akuma che tentava di fuggire con un colpo di fionda degno di un cecchino mi accorsi che Lenalee e Lavi erano accorsi in nostro aiuto.
- Tutto bene? - chi chiese l’erede di Bookman osservandoci attentamente.
- Tutto ok. – risposi infilandomi la fionda in tasca. - Dunque è così che agisce la tua Innocence? Diventa i proiettili di quella fionda? Era da un po’ che mi chiedevo quale arma antiakuma tu potessi attivare! – ciarlò curioso come sempre.
Lenalee mi fissava un po’ intimidita.
Mi voltai verso Padre Leone che stava richiudendo la sua arma.
- Ti avevo avvisata no? Ma è tutta scena! Tranquilla, le belle ragazze di solito non le morde! – scherzai prima di presentare al Camerlengo la sorella del Supervisore Komui Lee, nonché Esorcista.
- Wow che arma magnifica! – disse Lavi osservando con occhi lucenti la croce che il prelato si era di nuovo caricato in spalla.
- Angel, com’è che quando ci sei di mezzo tu si riesce ad essere perennemente in ritardo? – domandò l’uomo severo.
- Ecco, lo sapevo! Perché da la colpa a me, Padre? E’ stato lei a voler fare la deviazione!!! – protestai.
- Impara il silenzio e l’umiltà! Ho detto che è colpa tua! – ringhiò lui.
- Ma non è giusto!!! Sacerdote corrotto di inizio secolo! – lo pungolai.
La croce si abbattè sulla mia testa.
- Silenzio ho detto! Se hai la lingua tanto sciolta recita le tue preghiere! E già che ci sei raddoppia la dose, per la tua mancanza di rispetto nei miei riguardi! –
- Ma Padre!!!!! – mi lagnai facendo ridere i due ragazzi.



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Capitolo 13
*** Ciò che io sono e ciò che tu sei. ***



La visita di Padre Leone si rivelò essere più una formalità che un controllo sull'operato dell'Ordine. In effetti, quello che il Camerlengo desiderava sapere gli era già stato riferito, dalla sottoscritta. Tuttavia per non destare alcun tipo di sospetto, il Camerlengo si sarebbe intrattenuto un paio di giorni a Londra, dove doveva svolgere ben due incarichi. Il primo era quello di benedire e purificare la Withe Chappell, luogo dove si era consumata una serie di omicidi dai macabri rituali e il secondo era quello di incontrare la Regina Elisabetta in persona per rinsaldare i rapporti di amicizia con il trono e la Chiesa di Roma. Visto poi che la sede della Dark Religious era vicina, sarebbe stato cortese andare di persona a porgere i saluti e i doverosi ringraziamenti agli alleati. Padre Leone, durante il pranzo, ci aveva caldamente invitati a partecipare alla funzione religiosa delle sei, che si sarebbe tenuta nella cappella all'ultimo piano della torre e che lui stesso avrebbe officiato.
In poche parole, non presentarsi sarebbe stato atto di enorme scortesia. Non avevo per niente voglia di sentirmi un'ora e un quarto di sermone, perchè Padre Leone era si un uomo di azione ma anche un'instancabile oratore quando ci si metteva. E le sue prediche passavano alla storia.
Molti dei residenti si erano già ritirati nei vari uffici per eseguire i loro doveri lavorativi, solo noi esorcisti eravamo pressochè liberi.
Dal momento che ero annoiata mi sarebbe piaciuto andare ad infastidire un po' Kanda, ma Lavi mi aveva informato circa l'umore nero del soggetto, lamentandosi che Mugen quel pomeriggio aveva preteso il suo sangue e mi aveva mostrato un graffio che aveva sul collo.
- Lo hai fatto davvero infuriare questa volta, eh? Prima o poi ti farai ammazzare davvero! - avevo detto al rosso pensando che doveva essersi trattato di un incidente più che di una cosa davvero voluta. Kanda aveva il suo caratteraccio ma proprio perchè era un esorcista che credeva fermamente in quello che faceva non avrebbe mai fatto del male ad un compagno.
Lavi aveva sospirato e chinato le spalle.
- Forse ho esagerato davvero... Però quello stupido non vuole capire che non esternare i sentimenti non vuol dire non provarli! Vuol dire solo nascondersi e farsi male! - borbottò
- Lo sai per diretta esperienza? - chiesi più curiosa della risposta che altro.
Sapevo già tutto quello che c'era da sapere su Bookman e il suo ruolo.
- Perchè pensi questo? - non mi aspettavo che mi venisse rigirata la domanda con tanta disinvolta naturalezza, ma decisi comunque di rispondere e non mentire.
- Perchè sei l'erede di Bookman. - risposi
Lui sgranò l'occhio verde e mormorò qualcosa che non capii.
-...-
- Ho solo dedotto, che essendo l'erede di colui che riporta lo svolgersi imparziale dei fatti, anche tu debba spesso nascondere quello che davvero provi per poter essere all'altezza del tuo incarico. Ma siamo solo uomini, Lavi, non esseri superiori e perfetti, quindi, che ci piaccia o meno, la nostra realtà sarà sempre filtrata dal nostro cuore. Se così non fosse non avremmo più il diritto di chiamarci umani. Ed io questo diritto non voglio perderlo. Mai. - gli dissi con un sorriso di facciata.
I nostri occhi seri e duri parlavano da soli.
- Sei brutale, eppure tu mi piaci! - disse lui cambiando di nuovo maschera e indossando quella del burlone. Non avevo voglia di addentrarmi in quel genere di conversazione, non ancora per ciò accettai la scappatoia che Lavi aveva fornito
- Imbecille, non prendermi per i fondelli! - protestai indignata.
Lui scoppiò in una sonora risata, perfetta imitazione di quella genuina che comunque non gli avrei mai sentito emettere, e si allontanò lungo il corridoio dicendo che il Vecchio Panda gli voleva parlare.



Pensai di andare a scambiare quattro chiacchiere con Allen, che ad ogni modo era un compagno migliore di Kanda, soprattutto perchè conosceva il significato della parola interagire. Sentii una leggera irritazione serpeggiarmi su per lo stomaco. Va bene, il sapere che Kanda era di umore nero mi aveva fatta sentire sollevata, perchè così avevo la scusa per stargli lontano. Perchè sebbene avessi considerato l'idea di cercarlo sapevo che non volevo incontrarlo. Le sensazioni che risvegliava in me, l'eco di ricordi che appartenevano all'altra me stessa, quella di cui non avevo memoria erano qualcosa di non previsto che mi confondeva. Non mi piaceva essere confusa. Non quando stavo svolgendo una missione di quella delicatezza e di quell'importanza. La cosa più logica e razionale sarebbe stata quella di chiudere Yu Kanda fuori da ogni pensiero, ma mi resi conto di non esserne capace. Per la prima volta, non ero in grado di eseguire un imposizione dettata solo da me stessa. Era frustrante. Subire l'ammutinamento del proprio cuore e della propria testa era frustrante.

Se il cuore si lamenta, la mente lo rincuora.
La mente, si accontenta, il cuore tenta ancora.
La mente, raramente rammenta ciò che ignora
e mente assiduamente al cuor che si innamora.
Ma un cuore che si spezza non sente più ragione,
la mente scende al cuore per chieder spiegazione.
Ma intanto il cuore sale, dal centro del torace
e va verso la mente per darsi un po' di pace.
Nel mezzo del cammino, su un groppo che c'è in gola
la mente incontra il cuore, lo ascolta e lo consola.
*

Era ciò che mi stava accadendo? Mi ero innamorata di Kanda e avevo già realizzato che non sarei mai stata corrisposta? Così? Senza che davvero nulla fosse avvenuto e fosse cambiato? Tutto era nato, si era sviluppato ed era morto dentro la mia fantasia?
Non lo sapevo ma qualcosa mi suggeriva che non era così. C'era dell'altro ed era infinitamente più complesso.
Spostai lo sguardo fuori dalla finestra.
Nel giardino interno vidi Allen e Lenalee camminare fianco a fianco. Lei teneva una cartellina blu stretta al petto e il capo leggermente chino. Allen parlava gesticolando leggermente per spiegare meglio il concetto o il racconto che stava facendo. Le loro spalle si sfioravano più spesso di quello che credevano ed erano una vista dolcissima.
Forse non per Komui, ma lui non faceva testo.
Sospirai.
Sollevai la mano e l'appoggiai al vetro.
Allen si rendeva conto di quello che le sue azioni avrebbero portato?
Essere gentile per natura poteva essere un'arma doppio taglio. Poteva illudere la giovane esorcista circa un sentimento che in realtà era un po' diverso dall'aspettativa che aveva creato il suo modo di fare e questo avrebbe ferito il cuore di Lenalee. E anche quello di Allen, che si sarebbe sentito colpevole di non poter ricambiare qualcosa che tuttavia non poteva imporsi di provare.
Il vetro era freddo contro il palmo della mia mano, ma era anche piacevole da sentire. Era come se si stesse lentamente trasmettendo anche ai miei pensieri. Questo era un bene, sarei stata molto più razionale e obbiettiva nei pensieri seguenti.
Sospirai di nuovo.
- Il moyashi non è innamorato di lei -
La voce di Kanda mi fece sobbalzare. Il rumore dei miei pensieri aveva coperto quello dei suoi passi ed io non l'avevo visto e nemmeno sentito avvicinarsi. Da quanto era lì? E come accidenti avevo potuto abbassare in quel modo vergognoso le mie difese?!
Era forse colpa delle parole di Lenalee? Mi aveva detto che questo posto, sarebbe sempre stato, per ogni esorcista una casa a cui fare ritorno. Avevo iniziato anch'io a considerarla una casa? Dopo così poco tempo? Dannazione, non era da me! Non era da Angel Cielo, il Cane del Vaticano.
Non era necessario rispondere. Yu non lo riteneva necessario.
Nessuna tachicardia si stava manifestando. Nessun rossore improvviso e sgradito alle mie gote. Nessuna farfalla nello stomaco. Nessun brivido lungo la schiena.
Eppure sentivo perfettamente il profumo di muschio bianco della sua pelle, la sua presenza alle mie spalle e potevo intuirne il riflesso nel vetro, accanto a me.
Pensai che mi ero fatta un sacco di paranoie inutili.
Era tutto a posto, tutto come doveva essere.
Mi rilassai e commisi di nuovo un errore, imperdonabile.
Mi voltai verso di lui dicendogli quella che ritenevo la verità - Avrei preferito lo fosse -
La lingua mi si incollò al palato. L'emozione mi travolse, rubando il respiro per un attimo.
Non era l'ovale del viso. Non erano le labbra rosee e umide, appena socchiuse dallo stupore, non era il naso piccolo e dritto. Non erano gli occhi blu. Non era nemmeno la loro espressione, fiera, decisa, da uomo. Erano i capelli!
Santo cielo, erano i capelli! Potevo essermi innamorata dei capelli di Yu!? C'era da finire in psicoanalisi! Dotata di volontà propria la mia mano si sollevò. Le mie dita passarono nella seta nera della coda di Kanda. I suoi capelli nerissimi mi solleticavano il palmo della mano, scorrevano fra le mie dita, accarezzandole...
Era un gesto abitudinario, che avevo compiuto innumerevoli volte, ma che mi dava sempre una profonda gioia. Il tocco di quel manto nero e lucente, morbidissimo e tuttavia quasi impalpabile...
SCIAFF!!!!
Dolore alla mano.
Il suo dorso formicolava e si stava rapidamente arrossando. Sgranai gli occhi, più dallo stupore per la verità. Yu aveva fatto una salto indietro e mi aveva schiaffeggiato la mano. La sua espressione cupa e minacciosa aveva anche una nota di... Tristezza? O rimpianto?
La sensazione dei suoi capelli fra le dita continuava a permanere e annullava il fastidio del formicolio del dorso.
- Do'hao! - mi insultò l'esorcista e se ne andò a passo di marcia, imprecando in quell'idioma sconosciuto che era il giapponese e che a me parve solo un insieme di schiocchi e cinguettii armonici.
Inconsciamente l'altra mano era corsa all'orecchino di Leonardo.
Cosa stava succedendo? Centrava forse la mia Innocence in tutto questo? Dovevo fare chiarezza, trovare delle risposte e farlo in fretta!
Allora, il tasso di sincronizzazione con l'innocence per quello che mi riguardava era già al 100% senza che io mi applicassi o facessi alcunche. Quando avevo iniziato ad addestrarmi al suo miglior impiego lo avevo ampiamente superato. Le sole altre persone viventi che avevano raggiunto quel risultato erano Marian Cross e gli altri tre Generali della Dark Religious.
Ma io ero già andata oltre. Una sola volta, quando ancora non sapevo cos'era l'Innocence e quando nemmeno pensavo di scoprire quello che poi ho scoperto su di me.
Quattro secoli prima, da quando giurai a me stessa di non togliermi mai, mai più un banale orecchino.
Ero rimasta svenuta per sette giorni.
Quando mi ero ripresa la prima cosa che avevo veduto era stato il volto preoccupato di Leonardo. Non era più un volto giovane: la barba e i capelli erano diventati sale e pepe. Fu probabilmente l'ultima volta che lo vidi. Io non invecchiavo ed ero stata mandata a Milano per eseguire un lavoro sui Navigli e poi ero stata spostata in campagna, sull'Adda per aiutare nella direzione dei lavori per la realizzazione delle chiuse...
- Io sono uno scienziato. Non credo nel paranormale e ho la profonda convinzione cha a tutto vi sia una spiegazione logica e razionale. Magari non la conosco e non la conoscerò mai, ma tra qui e cento anni, o mille anni, sicuramente qualcuno avrà trovato le risposte. Sapremo come è fatto l'interno di un corpo e lo sapremo curare, sapremo come fanno gli uccelli a volare e anche l'uomo lo potrà fare. Riscopriremo segreti che erano andati perduti e sveleremo quelli che consideriamo misteri. Nelle infinite possibilità che l'uomo può realizzare sta il mio credo. -
- Perchè mi dite questo, Leonardo? - chiesi spaventata.
- Perchè voglio che tu mi prometta, che tu mi prometta che loro non vinceranno su di te. - mi disse.
- Loro chi? -
- I bifolchi che vogliono il sonno della ragione, per generare i mostri! - sbottò arrabbiato.
Non capivo. Non capivo quello che il Maestro cercava di dirmi e potevo solo fissarlo, incredula e spaventata.
- Ti ho donato un orecchino. Non lo togliere mai davanti a loro. Non svelare a nessuno il suo segreto. Custodiscilo insieme alla tua vita. Perchè tu e quella sostanza siete la stessa cosa. - mi disse concitatamente
- Leonardo vi prego! Non capisco quello che mi dite! - protestai travolta dai timori e dall'ansia.
Lui mi abbracciò forte e mi disse di nuovo
- Tu sei una persona meravigliosa, Angel. Tutto il resto sono menzogne. Ti faranno soffrire con la loro stupidità, ti umilieranno con la loro ignoranza, vorranno sottometterti e piegarti. Ti useranno per i loro scopi egoistici ma tu lasciali fare. Cerca le risposte come puoi e non morire fino a che non le avrai trovate. Hai tempo Angel.Hai ancora tanto tempo... -
Poi mi baciò la fronte.
Qualcuno bussò con violenza alla porta prima di scardinarla.
La Santa Inquisizione si riversò nella piccola stanzetta. Lo spintonarono, lo trattarono come un pericoloso criminale... Lo misero in ceppi e non ebbero miglior riguardo per me. Quella notte, in quel modo, ci separarono.
Non lo vidi mai più.
Solo anni dopo seppi della sua fuga oltralpe, in Francia.

Innocence, quando mi libero del sigillo di Leonardo io sono Innocence e forse, quei ricordi perduti appartengono a lei, l'altra me stessa.
- Angel - quella voce mi fece scorrere un brivido lungo la schiena. - Seguimi- ordinò.
Mi voltai e vidi Allen, che mi dava le spalle e camminava a passo tranquillo lungo il corridoio.
Lo seguii. Eppure quello che mi aveva parlato non era Allen. C'era una diversa intonazione nella voce, un qualcosa che io avevo riconosciuto e non apparteneva all'esorcista albino.
Capii dopo qualche istante che stavamo andando nella Stanza del Quattordicesimo. Per un attimo esitai e lui percepì l'incertezza nei miei passi.
- Non ti farò male - disse cantilenando un po'.
- Va bene. Andiamo dove vuoi tu. - dissi riprendendo a seguirlo, anzi allungando il passo fino ad affiancarlo.
Il volto di Allen era sempre lo stesso e questo mi tranquillizzò, anche il suo sguardo vacuo era un po' inquietante, gli occhi erano sempre grigi e la cicatrice della maledizione era la stessa di sempre. Entrai nella stanza bianca, dove c'era solo un divanetto, uno specchio, un pianoforte a coda e uno sgabello per suonare la musica. Nessuno spartito. Una volta richiusa la porta la stanza diventava quattro mura bianche, priva di uscita.
Allen pigiò alcuni tasti del piano, nello specchio si rifletteva un'ombra nera in frak.
Un ghigno piegò le labbra di Allen, non potevo vederne gli occhi, perchè stava a capo chino.
Fastidio. Come una carezza in contropelo, il mio corpo, il mio essere provava un senso di fastidio e di oppressione. Ma anche di grande, grandissima tristezza.
- Azael... - disse la voce del Quattordicesimo.
- Come? - chiesi e mi resi conto che anche io ero diversa. Quando avevo aperto le ali? Non me ne ero nemmeno resa conto!
- Tranquilla, questo è un luogo creato dall'arca e nessuno saprà mai che siamo stati qui. - mi disse ma la cosa non mi parve troppo rassicurante. Dopotutto era un Noah.
Sollevò la mano guantata e se la passò nei capelli.
Oro.
Il mio cuore perse un battito.
Cosa ci facevano i suoi occhi su quel viso!?!
- Azael... Li ami così tanto da esseri fatta fare persino... questo? - mi chiese, con voce morbida.
Di nuovo avrei solo voluto piangere.
Si voltò verso di me, fissandomi con l'oro gelido degli occhi non umani. Eppure io conoscevo quello sguardo, quegli occhi e tutto quello che si celava dietro.
- Lord Lucifero!? - esalai mentre le gambe mi cedevano di colpo ed io mi ritrovavo seduta sul pavimento con il volto inondato da lacrime che non ero in grado e nemmeno volevo fermare.



NDWar: l'avevo detto che qualcuno voleva di prepotenza la scena!!! Allora, che ne pensate?




* Gemelli Ruggeri - Smemoranda 1995

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Capitolo 14
*** - Il Quattordicesimo - ***



- Lord Lucifero non esiste più. Non sono lui, anche se ho ereditato qualcosa di suo, in quanto Quattordicesimo. Pecora maledetta e peccatrice che vuole il trono del Padre… - mi disse la figura che aveva preso posto davanti al pianoforte.
- Forse avete ragione… Ma stando con gli uomini ho scoperto una cosa… Le persone care non muoiono mai fino a che qualcuno le ricorda. Ed io vi ricordo Lord Lucifero. Voglio ricordarvi per tutta la mia esistenza. – dissi
- Smettila di piangere, non serve a nulla. - mi rimproverò il Noah.
- Lo so. Però io ancora ci credo... - mormorai.
- Per questo ti sei fatta rinchiudere in una massa di carne e sangue putrescente? Ti sei privata delle tue belle ali e hai strisciato come un verme, insieme a quei vermi. –
- Ma solo così ho potuto scoprire quanto quelli che voi chiamate vermi possono essere magnifici. –
- Magnifici? Il modo in cui parli è insulso e indegno dello splendente cherubino che sei, Azael! Gli uomini sono sollo scimmie senza pelo! – mi rimproverò il Quattordicesimo.
- Non la vedo come voi, Lord Lucifero – ammisi con un sorriso un po’ triste.
- Dov’è la forza di cui andavi tanto fiera, Azael? Guardati, guarda quanto sei decaduta! Non sei nemmeno più in grado di vederli i tuoi compagni celesti! Sei sola in questa guerra, sola e debole. Credi che gli esseri umani che tanto ti ostini a proteggere e difendere, se sapessero chi o cosa realmente sei esiterebbero a chiamarti mostro? Non ti accetteranno mai, Azael, mai. E adesso hai perduto il diritto di sedere nell’alto dei cieli. – disse di nuovo la figura elegante davanti al piano.
- Non sono mai andata fiera della mia forza, Lord Lucifero. E’ questo che non avete mai compreso. La mia forza non mi è mai appartenuta. Essa viene da Dio, e solo lui può ritenersi soddisfatto e orgoglioso del suo operato, non io. Sono lo strumento, niente di più, niente di meno. Ciò che faccio è assecondare la volontà di colui che mi ha creato, in questo sta la mia superbia, di questo vado fiera, di questo sono orgogliosa. Di agire come lui mi ha chiesto di fare. –
- Un cane al guinzaglio, privo di ogni libertà e ogni capacità di pensiero. Un oggetto intercambiabile e privo di valore… Non è qualcosa di cui essere fieri. – mi disse di nuovo il Lord.
- Perché questo accanimento? E’ come se voleste spingermi alla ribellione, a tradire il mio unico signore… - gli chiesi.
- Non essere sciocca Azael. Tu sei piena di me. – mi disse lui sedendosi al pianoforte.
- Lord Lucifero… Io vi ho amato. Vi ho amato con un intensità quasi dolorosa… A quel tempo vi avrei seguito ovunque… Sicuramente ci sarà una parte di me che vi amerà fino a che avrà un barlume di vita o di esistenza… Ma voi me lo avete detto, no? Io non ero abbastanza per voi. Io non ero degna di seguirvi. Mi avete abbandonata, lasciandomi indietro. Io non SONO per VOI. – adesso sapevo da dove veniva quella sensazione dolorosa. Quella voglia di piangere e quella profonda tristezza.
- Senza di me sei solo un guscio vuoto, lo sai. Hai perso ogni emozione, hai perso la cosa più importante che avessi mai avuto. Ma adesso sono tornato. Non devi far altro che allungare la tua mano e tutto tornerà come prima. Torneremo ai giorni felici che vivevamo nell’Eden. – mi disse tentatore lui.
- Fa ancora così male… Perché, Lord Lucifero? Ha semrpe fatto un gran male fare quello che lei mi chiedeva – confessai smettendola di preoccuparmi delle lacrime che pungevano gli occhi e desideravano riversarsi sulle gote.
- Quindi sarai contro di me? In questa nuova guerra che ho deciso di combattere, sarai ancora contro di me? – chiese lui iniziando a pigiare qualche tasto bianco sul piano.
Le note si diffusero nell’aria immota.
Tasti neri e tasti bianchi.
Perché per ogni cosa, in questo mondo, esiste un suo opposto.
La trama bianca e l’intreccio nero.
- Me lo hai detto prima, Quattordicesimo. Tu non sei lui. Hai svelato l’inganno prima ancora di tesserlo. Dici che sono un guscio vuoto, ma menti. Se lo fossi davvero, tutto questo dolore che ho nel cuore non esisterebbe. E ho imparato ad amarlo, questo dolore. Come si ama un compagno sincero e fedele. Perché è questo dolore che tiene vivo il ricordo di Lord Lucifero… Ed io, quel ricordo, non lo abbandonerò mai. Ma tu non sei lui. –
La melodia si interruppe di colpo. Il Quattordicesimo mi fissò con i suoi occhi dorati e felini. Il volto era quello di Allen. Un volto fanciullesco e gentile. Un volto dolce e amabile… Ed io compresi un’altra grande verità.
Non so come ci riuscii ma sorrisi e mi mossi, avvicinandomi al pianoforte.
-Cosa vuoi fare, Azael? – mi chiese il Noah corrugando la fronte. Le stigmate si videro attraverso i ciuffi di capelli candidi.
- Mi temi? – chiesi avvicinandomi maggiormente.
- No. Ma sei fatta di Innocence. Ci faremmo male a vicenda. – mi disse serio. Come se il suo corpo lo sapesse o lo ricordasse vidi Allen rabbrividire.
- Sei preoccupato per te stesso o per il corpo che ti ospita? – chiesi a mia volta, posando le dita sul legno nero e lucido del pianoforte.
- Non lo feriresti mai, sai che Allen è innocente. Ci si è trovato coinvolto ma non per sua volontà. Se tu lo ferissi, o peggio, lo uccidessi… Con cosa sconteresti un crimine compiuto in nome della giustizia divina che nemmeno comprendi? Saresti dannata, ti corromperesti e decadresti, proprio come i due terzi del cielo in quel lontano passato. – mi disse persuasivo.
Probabilmente questa volta non stava mentendo.
Dopotutto era questa la sua più grande forza. Mischiare verità a menzogna e rendere difficile, se non impossibile capire dove iniziasse la prima e finisse la seconda.
- Forse hai ragione… Tuttavia… Allen sa e attraverso di lui anche tu puoi sapere. Io ho compreso quando ho avuto questo corpo fatto di carne e sangue. Questo corpo più fragile, che si guasta e si ferisce… Ma che non muore. La mia Innocence non gli permette di morire e distruggersi, ma solo questo. Non ne altera le percezioni. Anche Allen è solo un essere umano, non è un Noah. Non lo è ancora diventato e ti sta raccontando tante cose, anche ora, mentre lo possiedi e ne annulli la volontà. –
Il Quattordicesimo rise, gettando indietro la testa, facendo ondeggiare i capelli di candida seta sulle spalle fasciate del nero della divisa degli Esorcisti.
- Parlare con te è stato edificante – disse di nuovo premendo altri due tasti.
- Una porta si delineò e aprì nella parete perfettamente liscia alle mie spalle.
La fissai per un lungo momento.
- Che aspetti? Vattene! – mi intimò.
Scossi la testa.
- No? – chiese lui perplesso.
- No. Non me ne andrò senza Allen. Anche se questo vuol dire portarti con me. – ammisi facendo un passo indietro, per permettere al Quattordicesimo di alzarsi in piedi.
- Sciocca. – mi disse lui aspro.
Guardai la mia mano che stava scaldandosi, come se il sangue avesse ripreso a scorrere nelle vene, non più invaso e modificato dal potere.
- Andiamo – dissi porgendogli la mano e sorridendo.
La mano di Allen lasciò la tastiera e si tese verso la mia. Si bloccò un attimo prima di afferrarla… Lo fissai negli occhi. Il grigio si mescolava ancora all’oro. Le stigmate stavano sparendo.
Poi ci fu il contatto.
Simile ad una scossa elettrica, che mi fece rizzare i peli su tutto il corpo.
- Che ci facciamo qui? – chiese Allen perplesso.
- Ti era venuta voglia di suonare il piano – dissi stringendomi nelle spalle.
- C-come? – chiese lui perplesso.
- Una bella canzone. Un po’ triste forse, ma bella. A Lenalee piacerà di sicuro. – dissi
- Cosa centra Lenalee adesso? – chiese lui arrossendo un poco
- Hai detto che l’hai scritta per lei… Cosa vuoi che ne sappia io? – protestai
- Stai scherzando!? Non ho mai fatto nulla del genere, io! – sbottò lui agitato.
- Lo so. – risposi serafica.
- Lo sai!? Ma allora… -
- Stavo solo scherzando, Allen. Ma è stato bello vederti in imbarazzo! – ammisi con un ghigno.
- Cattiva! – protestò lui.
- Muoviti Walker, che mancano cinque minuti alla funzione di Padre Leone e se arriviamo in ritardo scoprirai sulla tua pelle cosa vuol dire essere puniti in modo davvero cattivo! – gli dissi precedendolo lungo le scale che portavano fuori dall’Arca.



Incrociai Kanda appena poco prima di raggiungere la stanza dove in Camerlengo avrebbe officiato la funzione. Mi irrigidii di colpo, memore del modo brusco in cui ci eravamo lasciati. Forse avrei dovuto scusarmi. Forse avrei dovuto dargli delle spiegazione che risultassero per lo meno sensate e razionali… Ma la lingua mi si era incollata al palato ed io non ero in grado di spiaccicare parola.
Il suo sguardo divenne un blu torbido. Profondo e freddo. Un blu simile allo spazio siderale. Continuavo a fissarlo negli occhi. Non volevo assolutamente farmi distrarre dai suoi capelli. Quei capelli che erano stati i fautori di tutto! Chissà quale altra scemenza avrei potuto commettere se mi fossi fatta di nuovo ammaliare da loro! Kanda non disse nulla ma decentrasse i muscoli delle spalle, come se avesse fatto un profondo sospiro, poi vidi che si tendeva di nuovo e pochi instanti dopo il portone produsse un cigolio soffocato. Lui fece un passo di lato, dandomi le spalle e attese, tenendomi la porta aperte.
Boccheggiai per lo stupore e mossi rapidamente i pochi passi che mi separavano dall’ingresso.
- Grazie – dissi quando gli passai davanti.
Lui non rispose.
Sapevo che non avrebbe risposto. Yu non diceva mai nulla che non fosse strettamente necessario e in quel frangente le parole erano superflue. Avere la gentilezza di tenermi aperta la porta, di farmi passare era il suo modo di farmi capire che era tutto a posto. Che in un certo senso si scusava anche lui per quella reazione spropositata avuta per un mio gesto irragionevole e irrazionale.
Sentii la sua presenza alle mie spalle e mi decisi a muovermi lungo la navata centrale.
Eravamo fra i primi ad essere arrivati alla cappella.
Non vedevo né Lavi, né Lenalee e nemmeno Allen che pure doveva essere arrivato quasi insieme a me. Riconobbi Reeves e il supervisore Komui, un paio di altre facce della Sezione Scientifica e quella di un Esorcista, come noi. Forse era Marie…
Osservai l’altare, di pietra grigia, con una tovaglietta bianca ricamata. Croci auree sul bordo. Osservai il leggio di legno scuro, il libro dalla copertina rilegata in pelle rosso scuro aperto al centro dell’altare… Il candelabro in lucido argento, le tremule fiammelle delle candele bianche…
In sfondo il tabernacolo contenente il calice dorato e le particole da consacrare… La croce riccamente elaborata, simbolo del sacrificio di Cristo e dell’amore di Dio… La vetrata istoriata, rifulgente di colori brillanti che il sole accendeva nel vetro…
L’odore famigliare di incenso.
Scivolai fra la prima e la seconda panca, prendendo il mio posto. Un brivido mi percorse la schiena quando sentii il profumo di Yu al mio fianco.
Voltai di poco lo sguardo, incredula e lo vidi, o meglio lo percepii sedersi al mio fianco. Le gambe leggermente divaricate, i pantaloni infilati negli stivali alti fino al ginocchio e lucidi e la giacca da esorcista, lunga, che si apriva dietro di lui come se avesse le ali. Il distintivo argenteo brillò sotto la luce che cadeva dall’alto, dalla cupola perfettamente tonda che si apriva sopra le nostre teste, dove i quattro Evangelisti erano raffigurati con un libro in mano e le barbe lunghe, ognuno sul suo punto cardinale.
La volta era dipinta con una corolla di angioletti dall’aria dolce e tenera che si teneva per mano e galleggiava sopra le nuvole in un cielo azzurro terso, di un colore quasi innaturale, che il cielo non era mai stato tanto azzurro…
Cercai con lo sguardo la Vergine, per trovarla in un angolo, vestita di porpora e ammantata di azzurro e bianco.
Il pittore doveva aver avuto la passione per i volti tondi e paffuti, mi dissi. Però quell’immagine materna mi tranquillizzò. Lo aveva sempre fatto, non sapevo spiegarmene la ragione, ma tanto era e tanto mi bastava.
- Non possiamo competere con gli sfarzi di Roma – si decise a dire Kanda. Aveva sicuramente notato il mio sguardo curioso e attento spostarsi per ogni angolo della cappella.
- Dio… Non dimora in nessun luogo terreno, ma il suo sguardo benevolo e la presenza del suo spirito si riunisce laddove i cuori sinceri lo chiamano. – gli sussurrai.
- Non credo più in quel Dio. – sbuffò Kanda.
- Forse. Ma continui a servirlo o non potresti essere un esorcista e attivare l’ Innocence. A volte un cuore può perdersi e le tenebre possono offuscare la sua luce… Per gli esseri umani è normale. Poiché hanno il dono del libero arbitrio, essi hanno a disposizione più di una strada da percorrere e scegliere è un procedimento complesso… Ma Dio non abbandona mai chi ha l’umiltà di chiedere il suo aiuto. – gli dissi.
- Menzogne inventate da… - borbottò Kanda ed io mi votai a fissarlo negli occhi.
- Non menzogne, Yu. Solo fede. – gli dissi prima che Padre Leone suonasse la piccola campanella di porcellana e iniziasse la funzione. Durante il sermone, mi chiesi per l’ennesima volta come potesse un uomo massiccio e brusco come il Camerlengo, riuscire a trasmettere quella calda emozione di amore attraverso la voce possente e dura che lo contraddistingueva. Eppure le sue parole scivolavano addosso come il più soffice dei velluti.
Non mi stupiva che avesse convertito milioni di fedeli.
Lanciai uno sguardo da sotto i capelli a Yu.
Mi chiesi quando profondamente era stato ferito il suo cuore, per essere divenuto così chiuso.

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Capitolo 15
*** - Un gesto inaspettato - ***



L'acqua calda della doccia mi scorreva piacevolmente sulla pelle, il vetro era appannato dal calore e l'aria stessa pareva essere più pesante perchè più umida.
Il sapone all'arancia e cannella pareva profumare più intensamente del solito. Ovviamente era solo l'impressione data dal calore umido. Non avevo voglia di uscire da lì. All'inizio lo avevo odiato quel profumo. Solo gli Inglesi potevano avere il pessimo gusto di associare due cose così diverse... Eppure alla fine non era così male.
Speravo che scorrendomi sul corpo, l'acqua, pura e detergente, lavasse via tutto. Pensieri, ricordi e soprattutto emozioni. Sentii le labbra piegarsi ad un sorriso amaro. Era un'inutile illusione. I pensieri e i problemi non si potevano lavare via, come lo sporco. Essi andavano affrontati e risolti.
Afferrai il telo di spugna, di un bianco candido, immacolato, e mi ci avvolsi. Era confortevole. Aprii la porta di vetro della doccia e venni investita dall'aria fredda che spadroneggiava nel resto del piccolo bagno.
Presi un lembo di asciugamano e lo passai sul vetro, sopra il lavandino, levando lo strato di condensa che si era fatto. Lo specchio mi rimandò due occhi verdi che mi fissavano con aria preoccupata. Una ruga profonda e sottile appariva sulla fronte liscia e chiara mentre ciuffi di capelli quasi castani scendevano fin quasi a infastidire gli occhi.
Sollevai una mano e respinsi i capelli saturi d'acqua. Sentivo le piccole gocce scivolarmi sulla pelle del viso come se fossero lacrime. Ma ormai avevo pianto a sufficienza quel giorno. E non potevo nemmeno dire di averlo fatto senza ragione. Non era confortante quel pensiero. Riappropiarmi di qualche ricordo, sapevo che ce n'erano molti altri nascosti o forse seppelliti nell'Innocence che mi aveva scelta, faceva male. Non ero sicura di rivolerli indietro tutti.
- Vigliacca - dissi alla mia immagine riflessa nello specchio.
Lei continuò a sorridermi, mesta.
Non era vigliaccheria, lo sapevo. Era solo esitazione. Davanti ad un dolore che dovevo provare, perchè così mi era stato chiesto ma a cui la mia condizione umana voleva fuggire. Aver toccato con mano cosa significasse essere fatta di carne e sangue mi permetteva di comprendere la paura, lo sgomento e il desiderio si essere felice. Non credo esista nessuno che voglia soffrire, anche se non tutti sono destinati alla felicità. E dopotutto questa era la Via che io avevo scelto per me stessa, perchè anche se faceva male, anche se era solo un'ideale... Era proprio il significato di quella parola a riempire la mia vita e a renderla degna di essere vissuta. Angel Cielo. Nel mio nome la verità su di me.
Forse alla fine sarebbe stato come quel profumo di arancia e cannella. Mi ci sarei abituata e mi sarebbe quasi piaciuto percorrere quella strada. La sofferenza sarebbe diventata parte integrante del tutto ed io avrei smesso di badarvici, come se mi ci fossi potuta assuefare e in qualche modo adattare. Proprio come facevano gli umani. Forse era esattamente questo che avevo appreso da loro. C'è sempre una piccola cosa, un gesto, un affetto, un pensiero, una persona o un'emozione che rende meno buio il cammino.
E poi c'era quel particolare.
No, non Lord Lucifero o il Quattordicesimo. No.
Kanda.
Yu Kanda.
E i suoi capelli.
Provai il desiderio di tirare una violenta testata allo specchio, solo che non era il caso di mettersi da soli KO. C'era una guerra in corso. Una guerra con il Conte del Millennio, i suoi Noah e gli Akuma.
Mi rivestii, lasciando che il nero della divisa degli esorcisti mi avvolgesse.



Camminavo lungo il corridoio deserto. I miei passi echeggiavano sul pavimento di pietra mentre scendevo verso la sezione scientifica, dove Komui mi aveva appena convocata.
Allen e Lenalee, su esplicita richiesta del Camerlengo lo avevano accompagnato in stazione dove avrebbe preso il treno poco prima della mezzanotte per tornare a Roma. Lavi era andato a dormire presto perchè l'indomani sarebbe partito di buon ora con Miranda e Marie per una missione di recupero di un possibile compatibile.
Komui doveva sicuramente riferirmi qualcosa che il Camerlengo gli aveva lasciato in eredità o forse voleva solo dei chiarimenti in merito alla mia persona. Non era qualcosa a cui non fossi preparata.
Bussai discretamente alla porta chiusa della stanza dove stava rintanato il supervisore e mi dissi che pareva proprio l'antro di una strega. Tetro e buio.
Fui piuttosto stupita di trovare Krowry seduto in attesa davanti al fratello di Lenalee.
Quindi alla fine si trattava di una missione.
- Scusate il ritardo - esordii sedendomi di fianco al mio collega e rivolgendogli un sorriso gentile.
Lui arrossì e incassò il collo nelle spalle.
- Sono appena arrivato anch'io - mormorò in un soffio Krowry.
- I Finder francesi hanno rilevato degli strani fenomeni in Bretagna presso la foresta di Paimpon... Dovreste fare un sopralluogo - ci disse consegnandoci due fascicoli praticamente uguali.
- Allora quando si parte? - chiesi immaginandomi già una durissima levataccia.
Komui sorrise.
- Alle due di pomeriggio. Lo consideri un orario accettabile, Angel? -
- Fantastico! - approvai con entusiasmo!



Rientrai nella mia stanza, adocchiando il fascicolo e chiedendomi se era il caso di leggerlo subito o aspettare l'indomani.
Mentre ancora stavo decidendo, qualcuno bussò alla porta della mia stanza.
Mi alzai e aprii.
Sgranai gli occhi, dubitando della mia sanità mentale. Non era possibile!!!!
- Che...?! -
Il ragazzo mi spinse dentro la stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Lo fissai con due occhi che parevano due uova al tegamino.
- Si può sapere che diavolo hanno i miei capelli!? - ringhiò inferocito.
- No, dico, ma sei rimbambito di colpo!? - sbottai a mia volta.
- No so quale sia il tuo gioco, ma io non mi presto a queste cose! - sibilò di nuovo.
- E di grazia, come sei giunto a questa folle conclusione? Hai meditato per giorni e notti? - non resistetti a provocarlo. Yu si portò la mano al fianco e solo allora realizzai che non aveva con se Mugen; parve realizzarlo anche il diretto interessato.
- Tsk! -
- Allora? Mi spieghi il motivo di questa visita quantomeno insolita e... -
- Non girarci intorno! Non so quale che sia il motivo ma tu... Quando guardi i miei capelli ti comporti in modo insano! Sono anche disposto a ignorare le tue stramberie ma dammi una spiegazione convincente! - sibilò di nuovo il ragazzo.
Sperare che uno con lo spirito di osservazione di Kanda non se ne rendesse conto era utopia. E adesso? Che razza di spiegazione gli avrei potuto propinare quando la verità era più folle della follia? Forse se l'avessi detta... Insomma, era tanto assurdo che lui non avrebbe mai potuto crederci!!!
- Domani devo partire in missione con Krowry... Non potremmo rimandare al missione conclusa questa conversazione? - chiesi quasi speranzosa.
- Non vuoi rispondermi? - chiese lui accigliato.
Con un cenno della mano lo invitai a sedersi sul letto.
- Non è chiara nemmeno a me la ragione, tuttavia... I tuoi capelli... Mi ricordano qualcosa. Qualcosa che ho dimenticato ma so essere molto prezioso. Ecco perchè divento strana... - quello poteva risultare credibile e convincente. Forse.
- Quindi è solo per questo? Perchè osservandoli ti senti sul punto di afferrare un ricordo scomparso? - chiese lui sempre più crucciato.
- Si. - ammisi.
- Tsk - borbottò lui sollevando una mano per slacciare il nastro che teneva il manto corvino legato in una coda ordinata.
- Che fai? - chiesi stupita per l'ennesima volta mentre letteralmente mi abbeveravo a quella cascata nera.
- Puoi toccarli se pensi possa servirti. - masticò fra i denti, rigido come un palo.
- Io... Grazie. - dissi avvicinandomi a lui e sedendomi sul letto al suo fianco.
- Se lo dirai a qualcuno ti affetterò - sibilò di nuovo quando le mie mani iniziarono a raccogliere le ciocche che cadevano in modo disordinato sulle spalle ampie.



BUON ANNO A TUTTI!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 16
*** - Tutto in una notte - ***


ATTENZIONE!!!!
SPOILER - DEL CAPITOLO 190 DI D.GRAY MAN
Ho trovato i capitoli sul sito One Manga, sono tradotti in inglese ma credo di aver capito con sufficiente chiarezza quello che c'era scritto o almeno la pare che mi serviva!
Chi lo ha letto individuerà immediatamente lo spoiler, per gli altri forse passerà piuttosto inosservato dato che comunque non rivela poi molto!

- Scema! Scema! Scema!!!!! – lo strillai in mezzo alla strada deserta. Si accesero un paio di luci nel palazzo davanti al quale mi trovavo e qualcuno lanciò il contenuto del suo vaso da notte dalla finestra, ne tentativo di far rinsavire la sottoscritta. Per fortuna evitai quella che speravo fosse solo urina.
- Bastardi!!! –
- La gente vuole dormire!!!! –
- Teppistelli del cazzo adesso vi spacco il culo! –
Non rimasi in attesa di sentire gli altri aulici vituperi indirizzati alla mia persona.
Insomma scema lo ero davvero! Cosa cavolo mi era saltato in mente di gridare nel cuore della notte!? La mia frustrazione aveva raggiunto i massimi storici ecco cosa!
Cercai di darmela a gambe il più velocemente possibile, infilando vicoletti e stradine secondarie, incurante di dove stessi andando di preciso. Ritrovare la strada di ‘casa’ sarebbe stato un problema secondario.
Urtai un bidone della spazzatura e provocai il miagolio indignato di un gatto nero che saltò su un davanzale, con il pelo ritto e gonfio mentre soffiava all’indirizzo della sottoscritta. Ci sarebbe mancato solo essere assalita da un gatto e poi la mia autostima si sarebbe definitivamente polverizzata.
Allora qualcuno da lassù mi voleva male davvero!!!!
Sentii, più che vedere, qualcosa balzarmi addosso e prima di realizzare tutta la faccenda mi ero trovata col sedere a baciare le dure pietre del pavè stradale e un bruciore piuttosto doloroso alla gota destra. Mi toccai il volto e ritrassi le mano trovandola sporca di sangue. Voltando lo sguardo scorsi solo quella che mi pareva una coda sparire dietro un angolo di una casa.
Rilassai i muscoli del collo e posai la nuca a terra.
Rimasi immobile qualche attimo, quello che mi serviva per metabolizzare l’accaduto.
Non sentivo il freddo aggredire il mio corpo, non ero interessata al fatto che il suolo fosse lurido ed io vi stessi comodamente – più o meno – distesa.
Chiusi gli occhi e mi portai il braccio sul viso, affondando il naso nella piega del gomito.
Sapevo che era il caso di iniziare a razionalizzare gli avvenimenti, ma ero terrorizzata all’idea di doverlo fare. Se lo avessi fatto… Avrei dovuto percorrere una via che non dava possibilità di ritorno.
Mi serviva ancora un po’ di tempo.
Quel cavolo di tempo!
Che serviva sempre e non c’era mai! Non nel mondo umano, almeno….
Tolsi il braccio dagli occhi e alzai lo sguardo al Cielo.
Tra le forme squadrate e geometriche dei tetti delle case che circondavano il vicolo vidi il manto blu trapunto di stelle.
Il cielo, per quanto si oscurasse durante la notte era sempre al suo posto, sopra la mia testa.
Sorrisi per la stupidità di quel pensiero: dove mai poteva andarsene il cielo? Eppure mi sentii confortata da esso. Una parte di me sapeva che lassù c’era qualcuno in ascolto e pronto ad intervenire quando si aveva l’umiltà di chiedere con cuore sincero.
Le case intorno a me erano nere e silenziose. Avrebbero dovuto inquietare data la loro forma indistinta nelle tenebre. Giganti dalle fauci spalancate in cui balguginavano i riflessi bianchi delle zanne (in realtà erano solo i cornicioni delle finestre). Eppure io mi sentivo confortata e protetta dal cielo e dalle stelle che in esso brillavano. Il mio Dio non permetteva mai che l’oscurità trionfasse completamente: aveva creato la luna e le stelle per rischiarare le notti.
Mi levai a sedere. Adesso la mia mente aveva ripreso un po’ di calma. Adesso potevo affrontare quello che era successo. Tuttavia provavo di nuovo l’impulso di muovermi. Lo feci. Non aveva senso non assecondarlo. A quell’ora nessuno avrebbe badato a me, perché nessuno era ancora sveglio e se qualcuno lo fosse stato, la mia divisa da esorcista lo avrebbe invitato a continuare sulla sua strada, convincendolo che stessi facendo una ronda anti Akuma. Se si fosse trattato invece di quest’ultimo allora lo avrei eliminato perché quello era il mio compito.



La strada che stavo percorrendo sfociò in una piazza. Di grandi dimensioni. Dietro di essa si apriva un grande giardino. Probabilmente Hyde Park. Mi avvicinai alla fontana che divideva la strada dagli alberi. Un leggero vento soffiava fra le chiome frondose, producendo un suono lieve, simile ad un mormorio che copriva quello cristallino dell’acqua che gorgogliava nella fontana davanti a me.
Osservai la statua di marmo bianco raffigurante una donna alata, con elmo e giustacuore. Reggeva fra le mani una spada, stretta nel braccio sollevato in atto difensivo. Le ali, rese con maestria erano spalancate alle sue spalle e ogni piuma era resa con il massimo realismo possibile. Il suo piede calpestava il corpo di un serpente, dalle cui fauci spalancate usciva il getto d’acqua che si riversava nel basamento a forma di croce celtica (bombata con le quattro braccia della medesima lunghezza).
Mi sedetti sugli scalini che conducevano vicino alla targa commemorativa e mi lasciai scivolare a terra, appoggiano la schiena al freddo e umido marmo del basamento.
Lasciai che i ricordi venissero fuori, incurante di un ordine cronologico preciso. Li avrei sistemati in seguito.


Le mie mani erano di nuovo affondate nei capelli neri.


Il volto di Yu, serio e attento si confondeva con uno diverso.
Più bello e più distaccato, o forse solo più inespressivo.
Lord Licifero.


Le mie dita presero a muoversi da sole, intrecciando le ciocche. Yu era sorpreso e si stava agitando. Non era ancora arrabbiatura, era fastidio dovuto a incomprensione.
Lord Lucifero mi indicava in nastro rosso. Sarebbe sceso in battaglia contro un esercito di demoni. Quei demoni che un girono lui stesso avrebbe comandato, dando loro una vera organizzazione e creando un vero esercito capace di dare del filo da torcere a quello angelico… Tuttavia in quel momento, Lord Lucifero era ancora il serafino dalle dodici ali splendenti.
- Fai sempre un ottimo lavoro – mi disse quando lasciai cadere la treccia, ordinata e composta come doveva essere.
- Servirvi è il mio compito. Non posso farlo meno che al meglio, Lord. – gli risposi.
Lui mi rivolse uno sguardo indecifrabile. Almeno per me era indecifrabile… Perché a quel tempo c’erano troppe cose che non conoscevo e quindi non potevo intuire. Gli sorrisi, non sapendo che altro fare.
- Hai un bel sorriso, Azael… Però… - mi disse lui chiudendo con uno scatto metallico la spada nel fodero al suo fianco.
- Però cosa? – chiesi desiderosa di fare il possibile per soddisfare le richieste del mio signore.
- Fa male. – disse il Lord prima di uscire a passo militare dalla stanza.


Yu mi fissava in silenzio. Gli occhi blu avevano perso la loro indifferenza, pareva piuttosto curioso.
LE sue dita stavano disfacendo la treccia con cui avevo raccolto le sue ciocche nere. Non pareva arrabbiato per quel trattamento inflitto ai suoi capelli. La stava prendendo in modo migliore di quello che mi fossi aspettata. O forse era il fatto che non avesse Mugen con se che non gli permetteva di minacciarmi con la lama.
- Ricordato qualcosa di utile? – mi chiese alla fine
- Troppo poco. – ammisi con un sospiro.
Anche lui sospirò, come se non fosse riuscito a liberarsi di una grossa seccatura. Con ogni probabilità era esattamente quello che pensava di me. Ero una grossa seccatura. A volte lo pensavo anch’io, di me stessa… Sorrisi appena.
- Tsk! Sei irritante, come il moyashi e come quell’altro che sorridono sempre come idioti! – ringhiò molto seccato.
- Non ti piacciono i sorrisi, Yu? – chiesi perplessa.
- Non prenderti tutta questa confidenza con me! – sibilò.
Come? Ma se era stato proprio lui a permettermi di toccargli i capelli? Era stato lui a farmi intendere che voleva darmi una mano e sistemare quello che non sapevo nemmeno se definire problema fra di noi! Ci capivo sempre meno.


- Azael, Azael… Perché non cerchi di capire un po’ di più i sentimenti degli angeli che ti stanno attorno? – mi stava rimproverando Lord Lucifero.
- Ma lui… Lui vi ha insultato!!! – sbottai mentre le lacrime mi scendevano sulle gote e bruciavano sui graffi che avevo in volto. - Non voleva farlo davvero. Era solo ferito e soffriva. Prendersela con me era una soluzione più comoda per sfogarsi… Lo capisci? – chiese l’angelo dai capelli neri.
- E’ da codardi! – protestai imbronciata.
- Non tutti sono puri come te, Azael. Stanno percorrendo la strada della perfezione, affrontando come meglio possono gli ostacoli del cammino. Anche tu ne hai incontrati spesso e non sempre hai fatto la cosa migliore per te o per gli altri. – mi rimproverò di nuovo.
- Mi dispiace, Lord. Andrò subito a scusarmi con Ezebel… Però… Oh Lord Lucifero! Io non sopporto che si dica che voi siete ingiusto!!!!! – protestai più addolorata e risentita per quello che non per la rissa di cui ero stata l’artefice. Probabilmente se fosse accaduto di nuovo non sarei rimasta lo stesso con le mani in mano…
- Ezebel, sebbene per i motivi sbagliati ha sollevato un quesito lecito. Chi verifica la giustizia di coloro che agiscono sotto questo nome? – mi interrogò lui.
- Ma Dio ovviamente! – risposi senza dubbi e incertezze.


- Mi dispiace, dico sul serio. Non volevo metterti in questa condizione di disagio. – ammisi
- Tsk! Allora piantala di sorridere. Non c’è nulla da sorridere e di cui essere contenti. – mi aggredì di nuovo Yu.
- Questo non è vero! – protestai indignata.
Lui fece saettare un sopracciglio verso l’altro.
- Siamo ancora vivi, Yu. E possiamo proteggere e permettere ad altri di restare vivi. Ed essere vivi è sempre una bella cosa! Magari non è facile o indolore, ma nessuno ha mai promesso che lo fosse… Però… Vivere è il dono che ci è stato fatto da Dio ed io non… non lo reputerò mai una brutta cosa! – sbottai accalorata.
- Sei disgustosamente patetica. Viviamo per essere assassini, siamo sporchi e peccaminosi. La nostra vita non è un dono solo una necessità. Siamo armi anti Akuma a cui nessun diritto è concesso. Lascia le altre favole a quelli che non combattono. – mi sibilò in faccia Yu.
- Quindi siamo solo… Mostri? Non diversi dagli Akuma che combattiamo? Ci chiamano Esorcisti solo perché siamo da questa parte del campo? E’ questo che intendi? – chiese sentendo una fitta dolorosa al cuore. – - Esorcisti, Apostoli, Generali… Si. Siamo tutti mostri. – disse lui serio e convinto delle sue parole.
- Bhe, anche se così fosse… Io continuerò a sorridere e a ridere perché il suono di una risata è molto meglio di quello di un pianto! – lo aggredii.
° Kanda Yu… Ma cosa è successo nella tua vita per renderti un tale pessimista?° me lo chiesi ma non riuscii a dirlo a lui.
- Do’hao patetica! – soffiò lui afferrandomi le spalle in uno scatto d’ira.


Dolore.
Solo dolore.
Rifiuto.
Rigetto.
Paura di me.
Odio.
Rifiuto.
Dolore.
Odio.
Odio.
Ribellione.
Rifiuto.
Per decine e decine di anni…


Occhi blu infuriati, fissi dentro i miei


Accettazione.
Finalmente accettazione!
Un nuovo mondo.
Indefinito, incerto e dai contorni sfocati.
Una nuova sensibilità.
Disorientamento…
E poi…
Fusione fino a diventare una cosa sola.
Non più come prima, mai più come prima probabilmente.


Le mie mani strinsero convulsamente i polsi di Yu. Le sensazioni di prima… Appartenevano a me, all’altra me stessa, erano suoi ricordi era ciò che l’aveva investita quando...Quando aveva abbandonato il suo mondo per giungere nel mondo degli uomini… Lo sapevo, ma quello che non sapevo era che le avevo trasmesse a lui.
Yu aveva gli occhi sgranati. Realizzai che erano di un blu bellissimo, simile a quello degli zaffiri.
Tramite quel contatto…
Vidi quello che non avrei mai voluto vedere.
Non così!
Non era così che volevo sapere qualcosa sul passato di Yu.
Così era come spiare, costringerlo, appropriarmi di qualcosa che non mi spettava di diritto.
Era come rubare.


- Gli esseri umani sono nati anche loro dai buchi? - la voce era infantile ma aveva lo stesso tono di quella di Kanda. No, non aveva lo stesso tono, era quella di Yu bambino, lo sapevo.
- No, gli umani sono nati dall'utero di una madre. - qualcuno aveva risposto con pazienza.
- Madre? E che cos'è? - aveva chiesto di nuovo il bambino
- Bhe.... - la spiegazione seguente era confusa,
parole come Padre e amrsi a vicenda rano concetti che il bambino non capiva.
Ricordava solo il dolore che i tentativi di sincronizzazione con l'Innocence procuravano al suo corpo, che era tanto fragile da spezzarsi tutte le volte. Ma tutte le volte il suo cuore ricominciava a battere, anche dopo molti minuti.


Scappai via da quella stanza, piena di vergogna e rimorso, per una colpa che non era mai stata mia intenzione commettere. Per un dolore di cui anche io ero responsabile. Poco importava che anche l'angelo che diveniva Innocence soffrisse... Quello che veniva fatto ad un corpo era... Era...
° Dio, perchè? Perchè? Dov'è la giustizia in tutto questo? Perchè non la vedo? Dio... Qualcuno... Rispondetemi!!!°


Poi c'era stato quel Black out della mia coscienza fino a che mi ero ritrovata a camminare da sola, per le vie deserte della Londra che costeggiava il Tamigi.
Non avevo le risposte che avevo supplicato di avere, ma la mia mente e il mio cuore erano un po' meno sconvolti.
PErò mi sentivo sporca, colpevole, ipocrita e soprattutto infinitamente STUPIDA.


- Tho guarda chi si rivede! – una voce calda e avvolgente mi riportò alla realtà.
Grandioso, davvero grandioso!
Ma la sfiga non andava mai in vacanza?
Tiky Mikk stava davanti a me, o meglio torreggiava su di me che ero ancora seduta sugli scalini della fontana.
- I bravi ragazzi dovrebbero essere a letto a dormire… - gli dissi senza dare segno di volermi alzare o mettere sulla difensiva. Lui battè le palpebre confuso dal mio atteggiamento, poi il sorriso piegò le sue belle lebbra. Un sorriso un po’ beffardo a dire il vero
- Allora il fatto che tu sia in giro fa di te una cattiva ragazza – mi disse seducente.
- Vogliamo stordirci di chiacchiere come due vecchie signore che prendono il the o vogliamo procedere a mazzularci? – chiesi inarcando il sopracciglio con fare ironico. Maledizione a me, alla mia boccaccia e alla mio sfacciato sarcasmo quando mi sentivo minacciata.
- Sembra tu abbia fretta di farti fare a pezzi – riconobbe lui iniziando a sprofondare nello scalino.
Compenetrazione della materia, una delle qualità di Tiky. Mi chiesi se si ricordasse anche del ricordino che gli avevo lasciato quando aveva tentato di compenetrare il mio corpo… Che detto così pareva una cosa dannatamente sessuale e invece era… dannatamente spaventosa!
Il suo volto, dal sorriso ancora più ironico spuntò dalla pietra della fontana, vicinissimo alla mia spalla. Sentivo il suo alito tiepido mentre mi parlava.
- Sei intrigante… - sussurrò con voce roca.
La prima reazione che ebbi, dettata dal puro istinto fu quella di tirargli un pugno. Le nocche cozzarono dolorosamente con il marmo. Ben mi stava per aver agito senza riflettere.
In Noah rise di gusto. Stronzo.
Mi alzai a sedere di scatto compiendo l’ennesima sciocchezza mi affacciai al bordo della fontana. Il volto di Tiky galleggiava sotto la superficie dell’acqua ma i suoi capelli non erano bagnati e non seguivano il movimento delle piccole onde. Pareva solo il riflesso della luna in uno specchio. Una luna nera, certo ma al momento era irrilevante.
Una mano mi afferrò da sotto la coscia. Mi irrigidii e gli diedi l’opportunità di fare la leva.
Un secondo dopo mi ritrovai a mollo nella fontana.
Così non era leale!!!
La mano di Tiky Mikk mi afferrò la caviglia che imprigionata nello stivale non poteva certo subire gli effetti dell’Innocence, ma poteva ancorare me sott’acqua! Fortunatamente la mia mente reagì alla svelta e poco dopo mi ero liberata dello stivale.
Ebbi il tempo di riemergere e riempirmi d’aria i polmoni prima che una pietra mi cadesse addosso, spingendomi di nuovo sott’acqua.
Maledetto bastardo! E stava pure distruggendo il patrimonio cittadino! Riconobbi la testa della statua, che tenevo in grembo e mi ancorava al suolo.
Usai tutta la mia forza per farla rotolare di lato, ringraziando che in acqua i corpi fossero più leggeri o sarei finita più simile ad una polpetta che ad una ragazza.
Un’altra pietra cadde in acqua, colpendomi la spalla e subito dopo una cadde sul ginocchio e una terza mi schiacciò la mano. La testa di un cherubino, quella del serpente e lo spallone dell’armatura. Meno male che non era ancora arrivata la spada, che sebbene fosse di marmo non ero certa non facesse male, soprattutto se lanciata con un forza non umana.
Avevo un disperato bisogno di respirare!
Riemersi e le Tease mi circondarono. Ebbi solo il tempo di riempirmi i polmoni di aria e rinfilarmi sott’acqua sentendo dolore dove le zampette di quelle disgraziate mi avevano toccato il volto. Vidi anche l’acqua tingersi di rosso. Grandioso, davvero grandioso! Non che fossi miss Vanità però cavolo, già mi scambiavano per un ragazzino, passare per un moccioso butterato e deforme era un po’ troppo persino per me! Due mani mi afferrarono di nuovo. Ma questa volta quel maledetto Noah osò un po’ troppo. Perché lo sentii bene che quelle zampacce maledette non mi avevano afferrata a caso, ma avevano ben puntato i miei seni e adesso ne stavano saggiando la grandezza e la compattezza.
Senza riflettere attivai la mia Innocence.
La fontana parve irradiare luce e l’acqua si caricò di particelle luminose.
Riemersi con forza, provocando schizzi d’acqua altissimi e lasciando la fontana quasi svuotata.
L’acqua turbinava attorno a me, avvolgendo e disintegrando le Tease che volteggiavano nell’aria con piccoli lampi di luce e un leggero sfrigolio. La pietra stessa assorbì il mio potere e poco dopo Tiky Mykk rotolò gridando sugli scalini e giù da essi fino a raggiungere il pavè che non risentiva dei miei effetti.
I suoi abiti fumavano.
Mi resi conto che era l’alba e un paio di guardie, che percorrevano il perimetro del parco per la sicurezza dei cittadini ci videro e gridando corsero nella nostra direzione.
Non avevo tempo per dare tutte le spiegazioni che avrebbero preteso e meno ancora volevo che quei due in divisa entrassero in contatto con il Noah dalla personalità doppia e imprevedibile. Avrebbe anche potuto decidere di toglierli semplicemente di mezzo…
Saltai fuori dalla vasca della fontana e richiamai l’Innocence, abbassandone il tasso di sincronizzazione con il mio corpo, poi afferrai Tiky per la collottola e me lo trascinai dietro, in una fuga a rotta di collo nel parco.
Il fascio di luce della torcia dei poliziotti ci investì per un momento ma ci addentrammo nella boscaglia, svegliando e facendo starnazzare un gruppo di germani e qualche scoiattolo. Per i poliziotti divenne impossibile capire dove fossimo noi e dove invece stavano fuggendo gli animali terrorizzati.


Un dolore intenso alla mano mi convinse a mollare il Noah. La pelle era piena di bolle, come vesciche da ustione. Lui non pareva stare molto meglio.
- La prossima volta non permetterò che ci interrompano! – decretò con gli occhi dorati carichi di minaccia e odio.
- Lo stesso vale per me. – sibilai incurante del fatto che fare la sbruffona quando stavo in piedi per miracolo era oltremodo stupido.
- Ti strapperò quell’Innocence e la distruggerò. Dopodichè giocherò con il tuo corpo, possedendolo a mio piacimento e poi ti ucciderò. – mi disse lo spagnolo con un sorriso che divenne seduzione allo stato puro.
Fermi un attimo. Cos’è che aveva detto?
- Che hai detto?! – annaspai
- Che ti strapperò… -
- No, non quello… dopo! – lo interruppi bruscamente,
- Che ti ucciderò? –
- Prima, idiota! – ringhiai incerta se esplodere dalla collera e incenerirlo definitivamente o sentirmi… Santo Cielo Beato! O sentirmi lusingata!!!!
- Che giocherò con il tuo corpo? Che lo possiederò? – chiese lui perplesso.
- Tu mi trovi… Attraente? – domandai cercando di raccapezzarmici un minimo.
Tiky Mikk si portò una mano alla fronte, scostando i capelli in un gesto elegante. Le stigmate sulla sua fronte erano evidenti, come pure la sua innegabile bellezza.
Un attimo. Bello? Quel Noah era bello? Da quando in qua facevo di tali pensieri!? Io, che per quattrocento anni non avevo mai preso in considerazione la faccenda uomini? Io che ero sempre stata considerata alla stregua di un maschio mancato o peggio ancora di una tavola da stiro? Che cazzo era successo ai miei ormoni!? Che cazzo era preso all’Innocence!?!
- Non dirmi che non te ne sei mai accorta… - sbuffò lui.
- Accorta di cosa? – boccheggiai.
- Mi pareva stessimo parlando del tuo fascino o ti sei persa dei passaggi? E poi, guarda che sei stata tu a chiedere! – mi informò lui con aria… Divertita.
Cosa cavolo c’era di divertente!!?!
- Non afferro l’ilarità della faccenda… - ammisi.
- Oh avanti! Siamo nemici giurati e ci troviamo attraenti! Molto attraenti. Dovremmo ucciderci e non chiacchierare come vecchi amici e poi… Stiamo qui, infrattati fra i cespugli come una coppia di amanti… Non vedi la gioiosa ironia di tutto ciò? – elencò lui.
- Crepa bastardo! – sbottai ormai viola, tirandogli un violento pugno. Colpii solo l’aria e la sua risata mi echeggiò nelle orecchie per un tempo che ritenni comunque troppo lungo.


La gente mi fissava in modo strano. Più che strano oserei dire allarmato, ma non avevo tempo di stare a pormi troppe domande. Era già mattina ed io mi trovavo dall’altra parte di Londra rispetto a dove sarei dovuta essere.
Continuavo a correre, scalza. Uno stivale era rimasto nella fontana, l’altro ce lo avevo in mano. Non osavo immaginare il resto della mia spettacolare tenuta. Vedevo solo la camicia bianca pendere al mio fianco, strappata e fradicia. Anche i pantaloni non dovevano essere molto meglio… Rifiutavo di rivolgere il pensiero a volto e capelli, anche perché il primo mi faceva male. Non proprio male… Però bruciava parecchio.
Arrivai alla sede dell’Ordine che mancava meno di un’ora alle due. Quando la porta si aprì vidi Krowry accompagnato da Miranda Lotto e dal Supervisore Komui.
- Buondì! – salutai cercando in qualche modo di sorridere, producendo una smorfia di dolore.
- Angel!? – ansimò Komui. Se mi aveva riconosciuta non dovevo essere tanto male, no?
- Che ti è successo? – chiese gentilmente l’altro Esorcista facendomi passare una mano intorno alla vita per sostenermi.
Gli occhi della tedesca di riempirono di lacrime.
- Vuoi che attivi il mio time record? – mi chiese mostrando il grosso orologio che aveva sul braccio.
- No. E’ tutta scena… Non sono messa così male… Credo… - borbottai quando mi resi conto che il braccio di Krowry era un validissimo sostegno.
Il supervisore mi prese il mento con due dita, cercando di essere più che delicato.
- Santo cielo… - esalò.
- Ho avuto un piccolo scontro con Tiky Mykk. Dal momento che sono viva penso di poter dire che mi è andata bene… - relazionai stringatamente.
- Il Noah del piacere?! – ansimò Miranda con gli occhi fuori dalle orbite e pieni di angoscia. Ecco, qualcuno le avrebbe dovuto spiegare che non c’era bisogno di farsi venire una crisi respiratoria o un’attacco d’ansia per una cosa del genere. Nel nostro lavoro poteva accadere… Però quel qualcuno non volevo essere io. Avevo bisogno di lavarmi un attimo e magari mangiare qualcosa…
- Scriverò tutto nel mio rapporto, lo giuro. Però adesso ho bisogno di lavarmi e di mangiare… Poi partirò per la missione, e al mio rientro consegnerò il tutto sulla sua scrivania, Supervisore Lee… - iniziai a dire.
- No. Tu adesso andrai di filato in infermeria, ti farai medicare, poi se lo riterranno opportuno mangerai e sicuramente riposerai. Il rapporto lo scriverai domani e in missione Mirando Lotto prenderà il tuo posto. – mi annunciò Komui.
Scossi la testa.
- Quella missione è più adatta a me che a Miranda, senza nulla togliere all’ottimo esorcista che è signorina Lotto, ma io sono il soggetto più adatto. Sto bene, davvero. Non voglio fare un gesto stupidamente eroico… I segni che ho in faccia… Mi sono stati procurati dal contatto con le Tease di Tiky Mykk ma sono superficiali… Posso farlo, credetemi! – dissi.
Girovagare per Broceliande alla ricerca dell’Innocence avrebbe procurato, in un soggetto ipersensibile come Miranda, come minimo un attacco cardiaco!
- Allora facciamo così… Oggi Krowry e Lotto partiranno per la Francia, alla volta di Deauville e domani in mattinata li raggiungerai insieme ai Finder partirete tutti e tre per la missione. – trovò il compromesso Komui con un sospiro rassegnato.
- Si, è accettabile. – ammisi.


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Capitolo 17
*** - Uno a mille - ***



- Suvvia Lenalee, non è poi così terribile… - cercai di dire alla ragazza che da quando aveva saputo che ero in infermeria si era precipitata al mio fianco, con la preoccupazione che inondava gli occhi viola sempre troppo grandi.
Lei cercò di annuire, forzando un sorriso che non voleva saperne di nascere sulle sue belle labbra.
- Ti ha mandato Komui per convincermi a non partire per questa missione? – chiesi allungando una mano per afferrare il bicchiere d’acqua che l’infermiera aveva gentilmente lasciato sul comodino.
- No… Non me lo ha detto, però… Sei ferita! – protestò la ragazza ritrovando un po’ della sua vitalità. Forse concentrarla in questa battaglia contro la mia testardaggine le avrebbe fatto bene.
- Non sono ferita… - ribattei prontamente.
- Il tuo viso… Il tuo viso… - disse la ragazza distogliendo immediatamente lo sguardo come se osservarmi fosse un atto scortese.
- Graffi. Sono solo graffi, Lenalee. Non mi resteranno nemmeno le cicatrici! – dissi
- Come puoi chiamarli sono graffi!? Sono sul tuo viso! Sul tuo bel viso! Potevi restare sfigurata! Potevi morire! – sbottò lei con la voce che le si incrinava.
- Ma non sono morta… E anche se il mio volto ne uscisse un po’ più rovinato io sarei sempre io. – le dissi gentile.
Lei tirò su col naso.
- Perché non capite!? Né tu, ne Kanda e né quell’imbecille di Allen!!! Maledizione! Siete così concentrati nel proteggere gli altri, nel fare la cosa giusta che non vi curate per niente dei sentimenti delle persone che proteggete! Cosa pensi che resti nel mio cuore o in quelli cha hanno avuto salva la vita grazie al vostro sacrificio?! Ve lo siete mai chiesti!?! – sbottò la ragazza mentre le lacrime scendevano sul suo bel volto.
Mi sollevai senza problemi dal letto e la strinsi in un abbraccio. Le sue lacrime erano calde e umide sulla pelle del mio collo e le sue spalle, strette dalle mie braccia tremavano e mi trasmettevano quanto lei fosse minuta, sotto la divisa da esorcista. Non era che considerassi Lenalee fragile… l’avevo sempre reputata fin troppo emotiva per la sua giovane età, ma in quel momento mi chiesi se davvero quella figura esile potesse reggere il peso che Dio aveva posto sulle sue spalle.
Tutti loro mi parevano come in procinto di essere schiacciati dai loro fardelli.
Allen.
Kanda.
Lenalee.
E persino Lavi.
Potevo fare qualcosa di concreto? Qualcosa che desse loro una speranza? Qualcosa che ricordasse loro che Dio li amava anche se percorrevano una valle di lacrime? Dannazione era così difficile trovare le parole giuste… Esistevano poi parole che potevano confortare quei cuori che avevano visto il volto peggiore dell’Oscurità?
- Scema, scema… - mi rimproverava la ragazza aggrappandosi alle mie spalle.
- Mi dispiace… Non conosco le parole per fermare le tue lacrime… Posso solo accoglierle… - le dissi. Ed era vero. Non sapevo come lenire la sua sofferenza, potevo solo stare a guardare in silenzio.
Lei si staccò da me, le gote arrossate e si passò una mano sugli occhi.
-Scusa… Ero venuta qui con l’intento di tirarti su il morale e invece… Invece… - il suo imbarazzo divenne tangibile.
- La tua preoccupazione sincera mi ha confortata più di quanto immagini… Vale anche per te sai? –
- Come? –
- Quello che dicevi a me. Quando scendo in battaglia per proteggere coloro che amo, quando anche tu lo fai… Non ti curi dei loro sentimenti. Non è che non ne siamo consapevoli, solo riteniamo che la scelta più giusta da fare è quella di proteggere chi amiamo anche a costo della nostra stessa vita. Dato che siamo dotati di libero arbitrio possiamo pensarla in questo modo e possiamo desiderare di sacrificarci per la felicità altrui, come ha fatto nostro Signore. Fa parte del nostro modo un po' egoista di amare, teniamo tanto ad una pesona ma perdiamo di vista i suoi desideri in favore dei nostri. Però possiamo anche desiderare qualcosa di diverso… Non è sbagliato, solo che in quel caso non possiamo far parte di coloro che proteggono. Dobbiamo essere quelli che vengono protetti. –
Proprio perchè esseri umani non possiamo avere la perfezione e la purezza di intenti di Nostro Signore. E anche io, sebbene non fossi completamente umana, ma lo sembrassi solamente... Anche io restavo in bilico su quella line immaginria che separa la luce dalle tenebre, il bene dal male...
Non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di soltanto una parola e anch’io sarò salvata. ricordai le parole pronunciate davanti alla particola consacrata spezzata in due, durante la messa.
- Però… Il patto che ho fatto con la mia Innocence… Io combatterò gli Akuma e questa guerra ma lei… Lei deve permettermi di tornare da Komui nee-san… Deve permettermi di tornare a casa… Perché tutti loro si sono sacrificati e soffrono per me e restare viva è il solo modo che io ho per ripagarli della loro fiducia! – sostenne lei con una determinazione che non sospettavo potesse dimostrare.
Sorrisi annuendo.
Potevo capirla. Forse meglio di quanto lei stessa credesse, perché anche io… Anche io volevo tornare disperatamente da qualcuno e credevo fermamente che alla fine di questa guerra, sotto un unico cielo io avrei potuto rivederlo.
- Combattiamo per la Luce, immergendoci nelle Tenebre e seguendo il nostro insanguinato patto per il Paradiso. – le dissi.
- Tsk! – il sibilo di Kanda mi fece voltare nella sua direzione. Non mi ero accorta della sua presenza. Da quanto tempo era nella stanza? Cosa aveva potuto sentire? Cosa ne avrebbe pensato? E soprattutto a me cosa importava?
Lenalee arrossì un po’, imbarazzata poi salutò il suo amico che si limitò a fare un cenno del capo.
La coda con cui aveva di nuovo legato i capelli ondeggiò dietro le sue spalle ma per fortuna nessuna malia colpì la sottoscritta.
Mi sentii come alleggerita. Non c’era altro che tentasse di emergere dai miei ricordi, non c’era altro che mi facesse sentire strana davanti al ragazzo.
Sorrisi voltandomi verso Yu.
Il suo viso esprimeva come al solito freddezza mista ad una punta di scocciatura. Se gli costava così tanto farmi visita, perché l’aveva fatto? Dopotutto non era certo lui quello che si curava di salvaguardare il buon rapporto con i colleghi!
- Ciao Angel! Vedo che come al solito le voci di corridoio sono state eccessive e tu stai molto meglio di quello che si vociferava! Pensavo di trovarti più morta che viva! – salutò Lavi entrando in quel momento nella stanza accompagnato da Allen.
Sicuramente Kanda se ne sarebbe andato, tutta quell’affluenza nella mia stanza lo infastidiva e infatti…
- Ciao Yu-chan! Anche tu qui? – trillò Lavi che venne messo a tacere da uno sguardo omicida prima che il socievolissimo esorcista dai capelli neri se ne andasse con una nube tempestosa sopra il capo.
- Fa paura, fa davvero paura… - pigolò Bookman jr portandosi dietro ad Allen.
- Allora non lo istigare – sospirai osservando il ridicolo teatrino messo in piedi dal ragazzo dei capelli rossi. Non ero poi così certa che in uno scontro tra i due fosse solo Yu quello di cui preoccuparsi. Anche Lavi aveva la sua bella dose di oscurità, dentro il suo cuore. Allen si avvicinò, ignorando gli altri presenti.
C’era qualcosa nei suoi occhi grigi che mi dissuase dal fargli una battuta spiritosa come avevo progettato in un primo momento. Era Allen ma allo stesso tempo non lo era. Eppure i suoi occhi erano grigi e non dorati… Il suo sguardo serio e fermo per un momento mi mise a disagio, quasi che avessi fatto qualcosa per cui mi sarei dovuta sentire in colpa.
Lenalee si schiarì la voce, interrompendo quegli attimi immobili che ci avevano visti protagonisti e disse che doveva andare e che sarebbe ripassata più tardi.
Mi sentii in colpa perché sapevo che quella strana alchimia che era passata tra me e Allen era stata in qualche modo recepita dalla giovane esorcista e sicuramente le aveva dato fastidio, se non fatto addirittura male… Eppure ancora una volta non potevo far altro che passare sopra ai sentimenti di quella ragazza e andare avanti per la mia strada.
- Sembra che tu abbia preso la varicella… Sei piena di croste! – disse finalmente Allen con un piccolo sorriso a metà strada fra lo scherzoso e il preoccupato.
- Ma per favore! La varicella è una malattia infantile! – potestai gonfiando le gote e sentendo la pelle tirare in modo fastidioso.
- Per fortuna non è nulla di grave! Ero già pronto a versare fiumi di lacrime per il volto di una bella fanciulla deturpato! – si intromise Lavi con il solito brio.
- Bella fanciulla? Ti ricordo che anche tu mi hai presa per un ragazzino al nostro primo incontro! – gli feci notare fintamente seccata.
Lui arrossì ma non desistette.
- Era l’abito a trarre in inganno! – dichiarò alla fine.
Sorrisi di nuovo.
Anche se c’era quella cosa stonata di fondo, come se Lavi non volesse o non potesse essere mai completamente sincero, la sua presenza era semrpe positiva, soprattutto per l’umore.
- Come mai Link non è con te? Di solito ti segue fedele come la tua ombra! – chiesi ad Allen, notando l’assenza del giovane ispettore.
- Due puntini sta correggendo i compiti del nostro Walker e credo lo metterà alla pubblica gogna non appena finisce! Allora si che sarà chiaro il concetto di leva e fulcro! – trillò di nuovo Bookman jr che pareva godere degli scarsi risultati che l’altro esorcista aveva con la teoria di fisica.
- Pare tu ti sita divertendo… E non chiamarlo Due Puntini, potrebbe essere offensivo…- borbottò Allen imbronciato e depresso.
- In effetti… Però Due Puntini gli sta proprio bene!- ammise l’altro candidamente.
- Lavi!!!! – il ringhio di una voce piuttosto anziana fece scattare sull’attenti il rosso. Poco dopo anche Bookman senior entrò nella mia stanza.
- Faresti meglio a riposare un po’ ragazzina. Uno scontro con Tiky Mikk non è cosa da sottovalutare e sei stata davvero fortunata a cavartela con così poco. – mi disse fissandomi seriamente.
Il codino bianco, le gigantesche occhiaie scure che rendevano gli occhi ancora più infossati di quello che in realtà erano e la postura un po’ curva delle spalle facevano davvero pensare ad un panda quando si osservava l’uomo. Dannato Lavi, era colpa sua se adesso facevo queste associazioni mentali poco rispettose!
- Però le visite degli amici sono un balsamo per lo spirito! Ed io sono davvero abbattuta per averle prese come un pung-ball! Quel Noah mi ha davvero gonfiata e il mio spirito competitivo sta ancora piangendo in un angolino buio… - dissi tra il serio e il faceto.
- Questi giovani privi di rispetto! Non si prendono in giro le persone anziane! – borbottò Bookman affettando Lavi per un braccio e trascinandolo via mentre borbottava qualcosa sullo scrivere le pagine della storia.
Una volta rimasta sola con Allen lasciai andare un sospiro mentre mi sedevo di nuovo sul letto.
La sua mano passò sotto il mio mento e mi costrinse a sollevare il capo.
Rimasi paralizzata per un attimo.
Allen non era più Allen ma il Quattordicesimo.
Le sue dita corsero leggere e impalpabili lungo la linea del mio volto, in quella che poteva essere un’ispezione o una delicata carezza.
Gli occhi aurei scrutavano con attenzione le croste mentre le sopracciglia argentate si corrugavano in segno di stizza e disapprovazione. Le stigmate non erano ancora apparse sulla sua fronte ma i capelli bianchi si erano come arruffati… Era strano come con lui non vi fosse dolore. Mi ero aspettata di sentirne parecchio al nostro contatto fisico, un po’ come era accaduto con Tiky… Quel dolore ustionante… Invece nulla. Le sue dita erano quasi fresche sul mio volto.
- Riprovevole. – mormorò a fior di labbra.
A cosa si riferiva? Volevo chiederlo ma non ero certa che la risposta mi sarebbe piaciuta.
Il Quattordicesimo sorrise. Un ghigno, ma non uno di quelli da gelare il sangue. Non una smorfia maligna e sadica… Era solo un ghigno. Forse era quello il modo in cui il Noah sapeva sorridere?
- Perché? – chiesi. Non era esattamente quella la domanda che volevo porre, ma era comunque una delle tante quindi valeva la pena di farla.
- Perché Tiky Mikk ti ha lasciata viva? – chiese lui serio.
- Non sono certa che fosse in grado di uccidermi. Poteva farmi male, parecchio male ma non credo potesse uccidermi. – risposi.
- Vedo che sei consapevole delle tue potenzialità… E comunque non gli avrei permesso di spingersi troppo oltre - riconobbe lui.
Quella frase sollevò un migliaio di quesiti, ma io ero decisa a non farmi distrarre dal punto principale che non era certo il mio incidente con Tiky Mikk.
- Stai eludendo la domanda? – gli dissi diretta.
Lui ghignò di nuovo. Adesso lo sapevo; quello non era un ghigno, ma un sorriso.
- Perché la tua sincronizzazione è bassa ed io non sono ancora completamente desto. Ecco perché ci tocchiamo senza farci male a vicenda. – mi rivelò.
Le dita della sua mano erano posate sulle mie labbra, come se volesse invitarmi a stare in silenzio, ma io lo ignorai.
- Cosa ti aspetti da me? – chiesi fissandolo dritto negli occhi.
- Sei sempre stata così impulsiva e coraggiosa, Azael… Sei sempre stata… Bella. – sorrise il Quattordicesimo prima di sparire e rimasero solo gli occhi grigi di Allen a fissarmi smarriti mentre la sua mano che ancora posava sulle mie labbra si ritrasse di scatto e lui arrossì fino alla radice dei capelli.
- Io… Io… devo andare! – esclamò l’esorcista albino allontanandosi quasi di corsa dalla mia stanza.
Che giornata intensa!!!!
E non potevo certo immaginare che Kanda aveva visto da lontano la scena…



Rimasi sinceramente delusa quando l’orologio segnò le dieci e mezza di sera e del giapponese non s’era più vista nemmeno l’ombra. Perché poi mi sentissi quasi delusa dal fatto che lui non fosse tornato a trovarmi era un mistero anche per me. A conti fatti ne avevo di motivi per non volerlo vedere. A partire dai sensi di colpa per la mia scorrettezza. Non deliberata e intenzionale, certo… Però aver invaso in quel modo i suoi ricordi e il suo passato… Forse lui non vi avrebbe dato importanza, ma io… Io non riuscivo ad accantonare l’accaduto. Ed ero convinta che lui fosse arrabbiato e risentito con me. Allora perché farmi quella visita? Sebbene non avesse poi detto una sola parola e se ne fosse andato quasi subito, la sua presenza voleva dire… Cosa voleva dire? Che non era arrabbiato? Che era preoccupato per me? In quel momento lo realizzai.
Forse Kanda voleva semplicemente una spiegazione. Per la mia vergognosa fuga, per la mia meschinità… Forse si sentiva preso in giro…
Non so perché il pensiero di lui riempiva in quel modo la mia mente, di solito avrei semplicemente accantonato la questione, tanto più che avevo una missione da compiere e che rivestiva il carattere prioritario… Per non contare che l’indomani avrei dovuto raggiungere Miranda e Alister a Deauville e che una buona notte di sonno mi era indispensabile… Allora perchè non mi giravo semplicemente nel letto, voltandomi verso la parete e non chiudevo gli occhi?
Me lo chiesi anche mentre stavo avanzando a passo di carica verso quella che sapevo essere l’ala dedicata alle camere degli esorcisti.
- Non dovresti essere in giro – la voce profonda e secca alle mie spalle mi gelò sul posto.
- Ecco… - iniziai intenta a giustificarmi senza voltarmi verso il mio interlocutore. Quando avevo riconosciuto la voce di Yu mi ero sentita… Serena.
- Non è decoroso che tu faccia visita tanto spesso agli alloggi maschili – mi fece notare lui aspro.
- Il problema è che qualcuno va stanato… - ribattei.
Kanda emise uno sbuffo.
Non lo vedevo ma sapevo perfettamente ogni minimo cambiamento che il suo volto aveva subito. Da quando me lo ricordavo tanto bene? E soprattutto da quando lo consideravo davvero bellissimo?
- Il moyashi è in camera sua con Link. Dovresti saperlo bene che per lui non è facile restare solo. Anche se si tratta di vedere te. – mi informò acido. Non capii il senso di quelle parole. Perché Allen doveva desiderare di vedermi da sola? A parte il discorso Quattordicesimo ma a quello avevamo fatto molta, moltissima attenzione e il nostro dialogo segreto nell’Arca era rimasto tale…
- Cosa centra Allen adesso? E perché mai dovremmo desiderare di vederci da soli? – chiesi voltandomi verso di lui.
- Tsk, non c’è bisogno di mentire. Per quello che mi riguarda puoi cercare il moyashi quanto vuoi - sibilò
- Parlavo di te, Yu – lo informai nella speranza di fare chiarezza.
Lui non fece una piega.
Per un momento mi persi in quegli occhi blu. Come potevo desiderare di essere avvolta dal gelo siderale? Quanto freddo doveva sentire la mia anima per chiedere calore al ghiaccio allo stato liquido?
- Dovete essere più prudenti. Se vi avesse visti Lenalee sicuramente adesso starebbe piangendo nella sua stanza. – mi disse trapassandomi con lo sguardo. Aveva ignorato la mia protesta però… Era preoccupato per la ragazza? Quindi a lei voleva bene, nonostante i modi pessimi con cui fosse avvezzo a trattarla. Provai uno stano senso di disagio misto a fastidio.
- Scusa, ma davvero non ti seguo… Io e Allen… Insomma fra noi non c’è nulla! – di nuovo quel desiderio di giustificarmi, di essere creduta di… Non so cosa mi aspettassi di preciso.
Lui inarcò un sopracciglio scettico e ironico.
- Hai uno strano concetto del nulla. Ad ogni modo oggi pomeriggio vi ho visti. – mi informò lui quasi trionfante per aver smascherato quella che riteneva una mia menzogna.
Mi morsi il labbro inferiore. Merda, non andava per niente bene! Non potevo spiegargli cosa stessimo facendo io e Allen senza tradire lui e tradire il mio incarico… Però non ero una bugiarda. Giustificarmi oltre mi avrebbe solo portata dalla parte del torto e anche se Yu non era curioso di natura avrei finito con l’insospettirlo, perché lui non era stupido… E poi vista dal suo lato tutta la faccenda non mi metteva certo in una buona posizione… Merda! Io avevo cercato di socializzare con tutti per raccogliere con discrezione quante più informazioni possibili e invece stavo per far chiudere attorno a me una rete di sospetti… Stavo per ferire più di una persona per il mio comportamento precipitoso e poco accorto!
- Non si ha nulla da ribattere davanti alla verità. – le parole di Yu sapevano di sentenza definitiva e inappellabile. Eppure non volevo, non potevo permettere finisse così fra noi due.
- Quella è la tua verità, la mia è diversa. –
Lui mi fissò duramente.
- Non vedo come possa esserlo. – disse francamente.
- Se ti chiedessi di credermi, semplicemente tu… Non sapresti farlo, vero? – riconobbi la verità di quelle parole nel momento stesso in cui le pronunciai. Kanda mancava di fantasia. Non poteva credere a qualcosa che non vedeva. Non poteva credere a qualcosa che non aveva da prima provato e quando si trattava di emozioni… Lui era stato così bravo a seppellire e a negare che sue che… fargliele riscoprire era qualcosa di quasi impossibile. Una battaglia persa.

- Ricordati Azael… Se combatterai pensando di non farcela o di essere sconfitta… Se crederai che il tuo avversario è migliore di te allora non potrai mai vincere. – Le parole di Lord Lucifero echeggiarono nella mia mente.

- No, infatti – fu la monocorde risposta.
Raddrizzai le spalle.
- Non era mia intenzione cogliere quei ricordi del tuo passato, ma è successo. Non lo so perché. Non lo so se è colpa mia, della mia Innocence, del mio potere clericale o di che altro. Vorrei non aver mai visto, vorrei non aver mai saputo… Non in quel modo. Perché è stato come… Rubare e mi ha fatta sentire sporca e colpevole. Mi dispiace, mi dispiace infinitamente ma non posso cambiare il passato, né quello remoto e tanto meno quello prossimo. Posso solo scusarmi, anche se so che non serve a nulla, perché quello che è fatto è fatto… E mi dispiace esserti ronzata fastidiosamente intorno per tutto questo tempo alla ricerca disperata di un ricordo che… Si è rivelato troppo poco per poter essere utile. Mi dispiace aver cercato di superare le vostre difese, invitandovi tutti alla confidenza quando quello che avevo da offrire non era amicizia ma un personale interesse… Mi dispiace per le ferite che Lenalee ha nel cuore, mi dispiace per Lavi e la sua sofferenza, mi dispiace per Allen la cui battaglia interiore lo fa a pezzi ogni giorno e nessuno vuole accorgersene, nessuno gli tende la mano, troppo confortati dal sorriso che lui rivolge a tutti e troppo spaventati per vedere oltre quella patina sottile che lui stesso cerca così disperatamente di creare per non dare preoccupazioni…Mi dispiace… Maledizione! – sbottai ringhiando e asciugandomi la gota con un gesto stizzito.
Sentii una crosta spaccarsi e forse riprendere a sanguinare.
- Tsk! Sei proprio una femmina – sbuffò Yu posando una mano sul mio capo e arruffandomi i capelli.
Un gesto inaspettato, non certo l’ultimo però… Era così piacevole ricevere quell’attenzione… Era così confortante sentire la sua mano fra i miei capelli… Era così… Caldo.
- I miei ricordi appartengono al mio passato. Non so cosa tu abbia visto o percepito di preciso, ma io non ho perso nulla perciò non c’è ragione per cui tu debba darti pensiero… Per gli altri non posso certo esprimermi, dovresti chiedere a loro. O potresti anche lasciare le cose come stanno, non credo si siano accorti di niente. –
Volevo chiedergli tante cose ma non riuscivo a parlare: di nuovo lui mi aveva lasciata senza fiato. Per le sue parole… Per quella comprensione che non mi ero certo aspettata di trovare in una persona come lui.
- Adesso vai a dormire. Domattina abbiamo il traghetto alle nove e mezza. – mi disse allontanandosi lungo il corridoio.
Accidenti, chiarivamo una cosa e subito dopo spuntavano altri dubbi… com’è che aveva detto?
Abbiamo? Che cosa voleva dire ‘abbiamo’? Quando lo realzzai lui era già sparito nel buio che era calato nel corridoio quando la luce si era spenta.


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Capitolo 18
*** - L'Innocence di Broceliande ***


Il paesino di Deau Ville era pressoché inanimato a quell’ora della mattina.
Io e Kanda camminavamo fianco a fianco, in silenzio. L’aria era frizzante e portava con se il tipico odore salmastro che si sente in prossimità del mare. Qualche gabbiano era appollaiato sulle gronde dei tetti spioventi delle case a graticcio e la strada era ricoperta dal un pavè piccolo e regolare dal classico colore bruno rossastro. Le aiuole era curate e piene di fiori colorati che davano quel tocco tipicamente francese ad ogni cosa. Il sole era sorto ma la giornata tardava a schiarirsi, come se la bruma marina non volesse cedere il suo dominio lungo la costa che aveva faticosamente conquistato all’invertirsi della marea.
Un delizioso profumo di croissant appena sfornati fece fremere il mio naso e mise in agitazione le mie papille gustative.
- Dove vai? – borbottò Kanda quando svoltai a destra anziché proseguire dritto come dicevano le istruzioni.
- Indovina… - ribattei con un sorriso radioso.
Lui alzò gli occhi al cielo, esasperato.
Poco dopo ero tornata sulla retta via, con un sacchetto colorato contenente cinque croissant. Mi ero fatta promessa di lasciarne due, una per Miranda e una per Alister.
- Dovresti essere obesa. – constatò Kanda quando affondai i denti nel cornetto ripieno di crema al cacao.
- E tu dovresti mangiare di più. La soia abbasserà anche il colesterolo ma non nutre a sufficienza! E’ per questo che sei scorbutico, Kanda! Ti ci vogliono carboidrati! I carboidrati mettono di buon umore! – lo informai da brava nutrizionista.
- Tsk! –
Sapevo di aver vinto quella discussione o molto più realisticamente Yu non aveva voglia di polemizzare di primo mattino. In effetti anche io dovevo essere mezza morta di sonno, invece mi sentivo stranamente reattiva e vivace. Forse era uno degli effetti collaterali dell’aver attivato la mia Innocence? Non mi pareva, ma non ero pronta a scommetterci.
Quando raggiungemmo l’ostello in cui alloggiavano i nostri due compagni facemmo la brutta scoperta che la ragazza si era presa raffreddore con i controfiocchi e sarebbe stata in operativa per almeno un paio di giorni.
- Fragili donne… - sbuffò Yu osservando Alister e decidendo da solo che sarebbero stati loro a portare a termine la missione.
- Non ci provare, Kanda. Questo è il mio incarico e non transigo. – gli dissi accavallando le gambe sul divano mentre porgevo ad Alister il pacchetto con i croissant.
- Ormai mi sono scomodato, non intendo tornare alla sede senza aver finito quello che ho iniziato. – ribattè lui con un tono di voce che non ammetteva repliche.
- Allora giochiamocela! – proposi mentre Alister ci guardava come se avesse a che fare con due bambini capricciosi e volesse interrompere quell’assurda diatriba ma non osasse farlo. Forse Yu metteva soggezione a più di una persona….



Arrivammo nei pressi di Broceliande poco prima del calar del sole. Il giovane finder di nome Jean Jaques ci accolse nei dintorni del castello di Comper, dove erano nate le leggende su Mago Merlino e la Dama Del Lago.
Avevamo appuntamento dopocena con il resto dei Finder per fare il punto della situazione e avere gli ultimi aggiornamenti in merito agli strani fenomeni che avevano riguardato la zona.
Kanda come al solito si limitò a giocherellare con il cibo, piuttosto che mangiarlo e fu per questo che quando allontanò da se il piatto, con aria sdegnata non mi feci problemi a fare cambio con il mio ormai vuoto.
Certo, io la carne di maiale non l’avrei certo cotta con le mele e le uvette ma anche se piuttosto insolito il sapore di quello stufato era buono, migliore di molte altre cose che mi era capitato di mangiare perciò non mi feci eccessivi problemi.
- Continuo a chiedermi dove tu metta tutto quello che ingoi – osservò di nuovo lui quando mi infilai in bocca un pezzo di Tarte Tatin con una generosa dose di panna sulle mele cotte e pastafrolla.
- Potrei anche essere meno magra di quello che immagini! – mi difesi senza troppa convinzione.
- Non è che l’abito che ti ha donato quella Noah lasciasse poi tanto all’immaginazione! – mi fece notare lui.
Avvampai. Avevo quasi dimenticato quella brutta esperienza.
Soprattutto al vergogna che ne era seguita…
Kanda parve sorpreso dal mio imbarazzo.
- Sei arrossita – evidenziò l’ovvio, ottenendo solo di farmi arrossire ancora di più. Mi scottavano persino le orecchie.
- Sto cercando di rimuovere quel trauma, ti spiacerebbe evitare di parlarne? – chiesi retoricamente per non far proseguire oltre quella conversazione.
- Allora possiamo parlare di come hai fatto a farti conciare la faccia in quel modo? – chiese lui indicando il mio volto dove le crosticine non erano del tutto sparite.
- Incidente di percorso. – liquidai in fretta la faccenda.
- Allora sarò molto più diretto. Non sono la tua balia. Se non sai badare a te stessa ti lascerò indietro. Tutto chiaro? – mi disse assumendo un’espressione gelida. Nessun sentimento si rifletteva nei suoi occhi, nessuna emozione.
Quello era l’ Apostolo.
Lo fissai, facendomi seria a mia volta.
- Non ho raggiunto questa posizione perché sono stata raccomandata. So quello che faccio e come lo faccio. Cerca tu di non essermi d’intralcio. - chi aveva parlato era l’Angelo Assassino.
Kanda si alzò, facendo strisciare solo leggermente la sedia sul pavimento di ceramica e se ne andò, senza ulteriori parole.
Osservai per un attimo gli avanzi della mia torta. Non era che mi fosse passata la fame, però era un po’ triste finire di cenare da sola.
Spostai lo sguardo sugli altri commensali ma a parte una coppia infondo alla sala non vi erano altre persone. Mi strinsi nelle spalle. Dopotutto l’ambiente era piccolo e accogliente non v’era ragione per sentirsi… Abbandonati.
Finii la torta e mi versai un bicchiere d’acqua usando la brocca che c’era a centro tavola. La candela era consumata fino a metà e profumava leggermente. La cera era colata sul vetro del piedistallo e rischiava di sporcare i fiori di stoffa che rendevano più accogliente il tavolo.
Osservai il posto vuoto davanti a me. La sedia discosta, il tovagliolo sfatto posato a lato del piatto vuoto… Le posate disposte di traverso sul piatto, il bicchiere ancora mezzo pieno d’acqua… Sola. Abbandonata e sola. Perché non ritenuta all’altezza…
Strinsi i pugni.
Quelle erano le sensazioni dell’altra me stessa. Al momento non dovevano intererire perciò cercai di escluderle e mi alzai a mia volta dal tavolo per raggiungere la stanza dove ci sarebbe stata la riunione.



Ascoltai in silenzio i resoconti che i Finder avevano fatto. Jean Jaques aveva una bella voce baritonale e la sua narrazione risultava piacevole all’ascolto e molto dettagliata.
- Parlami del mito della città di cristallo. – dissi ad un tratto. - Come? – chiese lui perplesso.
- La città di cristallo, quella costruita da Merlino per la Dama del Lago… - dissi a mia volta accavallando le gambe.
- Non siamo cacciatori di favole. – mi fece notare poco gentilmente Kanda.
- Se non sei interessato puoi anche andartene, non mi pare tu sia tipo da farti questo genere di problemi – lo informai più seccamente di quanto avessi davvero voluto. Così faccendo sembrava me la fossi presa a male per il fatto di essere stata mollata al tavolo da sola durante la cena… Insomma, non era che non ci fossi rimasta male, ma non aveva tutto questo peso… Allora perché mi sentivo arrabbiata con lui ogni istante che passava? Anzi il mio risentimento nei suoi confronti pareva aumentare per ogni cosa che facesse.
Gli occhi azzurri di Jean Jaques si fecero perplessi, ma poi il sorriso gli piegò le labbra e iniziò a raccontare.
- Bhè, Broceliande è famosa per essere una foresta magica, fin dai tempi del mito di Re Artù… Si racconta che in essa vivano numerosissime fate, vi siano passati innumerevoli eroi e cavalieri e che molte delle sue sorgenti d’acqua siano dotate di poteri miracolosi e curativi. Non c’è nulla di dimostrabile o di documentato in tutto quello che le leggende popolari raccontano però fa parte del fascino di questa terra e del suo folklore. Puoi chiedere a cento persone diverse di raccontarti qualcosa di questa storia e otterresti cento racconti differenti. –
- Questo lo immagino, tuttavia ci sarebbe un punto comune o comunque ci sarebbero delle similitudini in questi cento racconti. Quali? – chiesi al finder
- Io me ne vado. Domattina all’alba faremo il primo giro di perlustrazione. Dato che il fenomeno più frequente è quella strana nebbia mattutita. – annunciò Kanda prima di alzarsi e andarsene.
- Buonanotte – gli augurai completamente atona.
Jean Jaques restò in silenzio qualche attimo poi sospirò.
- Ce l’hai con lui? – chiese ad un tratto.
- In questo momento parecchio. Ma non preoccuparti, i problemi personali non interferiranno con la missione. – gli dissi sorridendo.
- Ho già lavorato con quell’esorcista… Non è fra i più simpatici però è uno dei migliori… E se considero che rischia la vita ogni giorno per salvare la mia e quella di altre persone… Bhè credo che posso anche chiudere un’occhio sui suoi modi di fare, non credi? – mi disse saggiamente lui.
- C’è una parte di me che vorrebbe corrergli dietro e sparecchiargli la faccia in questo preciso istante e un’altra che invece vorrebbe solo capire cosa passa nella testa di entrambi. – ammisi con un sospiro
- Spero riusciate a chiarirvi presto… - sorrise il finder.
- Lo spero anch’io. Ma le frattempo raccontami di questa città di cristallo! – dissi



La nebbia era fitta e umida e fastidiosa. Kanda stava un solo passo davanti a me e la sua ampia schiena già perdeva di definizione. Dovevamo muoverci lentamente, stando attenti a non finire contro qualche ramo basso o impigliati in qualche rovo.
Notai la coda del ragazzo ondeggiare al ritmo del suo passo e ancora provai il bruciane desiderio di toccare i suoi capelli. Di abbracciare quella schiena ampia e di gridagli di voltarsi un momento. Ma sapevo essere una sciocchezza. Un ricordo o un desiderio dell’angelo che ero stata ma che avevo rinunciato ad essere.
A momenti non andai a sbattere contro il ragazzo che si era fermato di colpo.
- Che succede? – chiesi cercando di guardare oltre le sue spalle. Lui si girò di scorcio e mi permise di vedere… Un muro di nebbia.
- Stai guardando troppo in alto – mi suggerì.
Abbassai lo sguardo.
Acqua.
Un passo ancora e saremmo finiti nel lago.
- Possiamo costeggiarlo? – chiesi crucciando la fronte.
- Gli arbusti sono troppo fitti, non ce lo permettono. – mi disse e anch’io vidi che il groviglio del sottobosco rendeva la via impraticabile.
- Non mi pare una cosa tanto normale… Torniamo indietro? – chiesi - Vuoi fare strada tu? – chiese lui a quel punto.
La cosa mi stupì. Non solo perché me lo aveva chiesto… Che potevo considerare la cosa come massima gentilezza possibile, ma anche perchè non me lo aveva detto con arroganza o sprezzo.
Annuii compiendo un giro sul posto di centottanta gradi e rimasi pietrificata.
- Che c’è? – chiese lui
- E’ uguale… - gli dissi
- Uguale? – fece eco lui. - Il sentiero che abbiamo seguito è sparito. Anche di qui ci sono solo acqua o rovi. – lo informai facendogli spazio per permettergli di appurarlo da solo.
- Tsk! – sbuffò lui portando la mano su Mugen.
Non gli dissi nulla ma pensai che in quella circostanza la sua spada non poteva esserci d’aiuto a meno che non avesse intenzione di usarla come un macete e aprirsi un varco nel sottobosco. Cosa che mi guardi bene dal suggerire per non finire affettata come un salame.
- Lo senti? – chiesi ad un tratto cercando di ascoltare con più attenzione.
- No. Cosa? –
- Un pianto… - gli dissi
- Io non sento nulla. – rispose secco lui.
- Viene dall’acqua… - dissi meravigliata quando capii da dove veniva quel suono.
- Impossibile. –
- Ti dico che viene dall’acqua! Non mi inganno! – ribattei decisa e convinta.
- Sarà lo sciabordio… - iniziò lui e fu in quel preciso istante che ce ne rendemmo conto.
Il lago non respirava. Nessuna onda increspava la sua superficie, nessun infrangersi sulla ghiaia della riva o sulla terra brulla.
- Stai in guardia… - mi avvisò Kanda sfoderando la katana che produsse un sibili metallico.
Rabbia e ostilità.
L’aria introno a noi cambiò, facendosi più densa… E anche il pianto si fece più forte…
- Io vado! – dichiarai scattando verso la superficie piatta del lago.



L’acqua mi aveva abbracciata, ma non era fredda… Era tiepida e poi… Era un controsenso e un paradosso ma non era bagnata… Lo scenario mutò all’improvviso. Cristalli trasparenti, o bianchi. Lucidi o opachi. Creavano quello che poteva assomigliare ad un passaggio nel bosco e poi… Delle case… Un villaggio… Mi mossi in quella direzione ma mi sentii afferrare per la treccia che mi batteva sulle spalle e strattonare indietro.
Fu piuttosto doloroso per la verità.
- Che diavolo ti sei messa in testa di fare? – la voce di Kanda era un sibilo.
- Indagare mi pare ovvio! – gli risposi risentita per il trattamento riservatomi.
- Non puoi buttati nelle cose così a capofitto. Avrebbe potuto essere una trappola degli Akuma o del Conte stesso. – mi fece notare.
- No… Non lo è. C’è dell’Innocence qui, ne sono certa. E’ lei a creare tutto questo e a mantenerlo… Così. – gli dissi.
- Non puoi esserne certa. – sbuffò lui.
- Posso. Non so spiegarlo ma posso. E’ un mio dono. Puoi fidarti di me? – chiesi fra lo speranzoso e il rassegnato.
Sapevo che Kanda non poteva farlo.
- Se è davvero Innocence dovresti sapere anche dove si trova… -
- Si. Ma non sarà così facile raggiungerla. – riconobbi.
- Tsk! – sbuffò lui.
Le emozioni che sentivo, quelle che a tratti mi invadevano non erano tutte mie. Erano dell’Innocence che c’era lì sotto. Perché l’Innocence erano gli angeli che avevano rinunciato ad essere tali e che venivano mandati nel mondo degli uomini per aiutare gli uomini nella lotta contro il male e le tenebre rappresentati dal Conte, dai Noah e dagli Akuma. Ma essi erano sperduti e pieni di paura, confusi… E si sentivano rifiutati, detestati, incompresi, odiati. E soffrivano. Per tale ragione i compatibili erano rari, perché in pochi erano disposti a farsi carico di una sofferenza non propria. In pochi potevano portare questo fardello… Solo chi era disposto ad accettare il dolore poteva sperare di comprendere l’Innocence o se non comprenderla, di sincronizzarsi con essa fino al punto da poterla usare.
Attraversammo un ponte levatoio fatto di cristalli simili al quarzo. Osservavo tutte quelle forme geometriche e dannatamente appuntite chiedendomi quanto male avrebbero potuto farci. Entrammo in quello che era il donjont del castello e osservai le quattro torri e il mastio. Di solito era in esso, al secondo piano che si trovavano le cose importanti.
Lo dissi a Kanda.
- Architettura occidentale, eh? – ghignò lui.
I nostri passi echeggiavano ne silenzio. Era come muoversi in una casa trasparente ma al contempo solida.
- Sembra davvero un castello medioevale – notò Yu dopo che fummo saliti al piano di sopra.
I tavoli, le sedie, il divano… Tutto riproduceva la realtà di un castello seicentesco, di quelli sfarzosi che erano sorti numerosi lungo la Valle della Loira come giardini di Francia, tuttavia ogni cosa era particolare, come se l’architetto avesse amato i prismi e li avesse compattati in quelle forme che riproducevano la realtà ma che al tempo stesso non lo erano.
Posai la mano sul pomolo di una porta a due ante.
Sentii sotto il palmo la spigolosità delle forme dei cristalli e sentii che potevano essere piuttosto taglienti.
Yu mi mise una mano sulla spalla
- Fai attenzione – mi disse incupendosi.
- No preoccuparti… Ma stai attento anche tu. E se si mette male… Vattene. – gli dissi.
Lui ghignò.



La sala era ampia e spaziosa. Per chi lo aveva visto pareva la sala degli specchi del palazzo di Versailles, rivista in chiave trasparente con forme poliedriche ovviamente. Ad ogni modo, contro la parete di fondo stava quello che sembrava un trono con lo scranno altissimo e… Una sfera.
Opalina.
Non appena puntammo il piede in quella stanza si scatenò l’inferno. Come se non fossero bastati oggetti appuntiti scagliati da ogni dove contro di noi ci si misero pure i sentimenti fuori controllo di quell’Innocence… Andando avanti di quel passo non solo noi saremmo finiti a fettine, malgrado la spada di Kanda fosse più veloce di quei proiettili impazziti ma l’Innocence stessa avrebbe finito col collassate su se stessa e distruggersi. Poteva accadere, che si compiesse il Fall Down. Era più o meno lo stesso sistema in cui un angelo di tramutava in demone….
Paura e odio.
Solo paura e odio.
Kanda mi spinse dietro le sue spalle mentre indietreggiava verso la porta.
- Usciamo di qui! – mi disse.
La paura si amplificò.
All’odio si aggiunse senso di abbandono e disperazione.
Il pianto che arrivava alle mie orecchie divenne assordante, tanto che fui tentata di tapparmele, ma sapevo che era inutile.
L’Innocence parlava alla mia Innocence.
- Davvero non lo senti questo pianto? E’ assordante! – chiesi a Kanda.
- Te lo spiego dopo cosa si dice di chi sente delle voci nella sua testa! Adesso arretra! – mi sibilò addosso.
Senso di abbandono.
Disperazione.
E lo vidi.
Un guizzo che poteva anche semplicemente essere un riflesso della sfera opalina.
Ma io sapevo che non lo era.
- No! Devo andare! – gridai a Kanda, per sovrastare le urla che avevo nelle orecchie e ilrimore dei cristalli infranti dalla sua spada.
- Che stai…?!? - iniziò lui ma non terminò la frase.



La mia mano era corsa all’orecchino di Leonardo e adesso lo tenevo fra le dita.
°Dio perché proprio a lui devo mostrare questo aspetto? Perché proprio a lui devo far sapere di non essere umana?° mi chiesi con un punta di rimpianto e di tristezza. Perché ormai lo sapevo. A me Kanda piaceva e non era solo per i suoi capelli neri così simili a quelli di Lord Lucifero.
Notai gli occhi blu del ragazzo sgranarsi ma nulla mutò sul suo volto. Ottima capacità di mascherare lo stupore.
°Dio… Che razza di masochista sono diventata?° mi chiesi di nuovo mentre mi spostavo dal raggio di azione del ragazzo.
Priva della sua protezione venni colpita e ferita dai cristalli che vorticavano nell’aria.
Mi portai un braccio a schermarmi il più possibile il viso e avanzai verso il trono.
L’attacco divenne più intenso.
Sentivo l’odore del mio sangue.
Lo sentivo corrermi sulla pelle, caldo e appiccicaticcio…
- Ferma stupida!!! – gridò Kanda mentre tutti i cristalli puntarono su di me.
- Resta dove sei! Questo è compito mio! – ruggii
Non lo sentii ma immaginai mi avesse dato del Do’hao.
Dopo un attimo di immobilità l’attacco venne scagliato ma avevo avuto abbastanza tempo per alzare una barriera e i proiettili impazziti rimbalzavano contro quello che era uno scudo invisibile.
- Va tutto bene… Va tutto bene adesso… Siamo qui per te. Siamo arrivati finalmente… Non c’è più nulla di cui avere paura… - iniziai a dire con voce suadente.
Il pianto si fermò un attimo.
- Guardami. Ci sono passata anch’io… Lo so che fa male, ma lo abbiamo scelto noi, ricordi? – chiesi sempre con lo stesso tono dolce e gentile.
Anche l’odio e la paura di chetarono un poco.
- La verità è che li amiamo, anche nella loro imperfezione… E non abbiamo paura di essere feriti, anche se ci fanno male continuiamo ad amarli. Ricordi? –
La sfera prese a tremolare e a cambiare forma.
- Andrà bene, vedrai. Sarà difficile ma andrà bene… Dio non ci abbandona, ci tempra con il dolore affinché possiamo essere suoi strumenti migliori. Sei nato nell’amore, ricordi? –
L'immagine si definiva semrep più. sTavo dicendo le cose giuste.
- Li hai protetti per secoli. Ne hai lenito i dolori e li hai curati, benedicendo l'acqua di questa zona, infondendogli la tua forza e il tuo amore... Lo so che sei stanco, ma fai ancora un piccolo sforzo... Adesso siamo stati chiamati dal Padre per combattere e loro, che sono più fragili di noi hanno più paura di noi... Sii comprensivo... So che puoi esserlo... -
Sul trono c’era seduto un bambino, con delle piccole ali sulle spalle, la pelle e il corpo opalino.
- Lo so. Sei stato solo così a lungo… So anche questo… Mi dispiace essere così in ritardo… Ma tu hai resistito, sei stato bravo… Sei diventato forte, Elayael-
Non so come fosse possibile ma conoscevo il suo nome celeste.
I cristalli tornarono al loro posto.
Sorrisi.
- Azael. Mi chiamo Azael.-
Ero arrivata al trono.
Mi chinai e presi fra le braccia quella nuova Innocence.
- Sei a casa. – gli dissi
Kanda si avvicinò a noi, titubante e incerto. Forse anche un po’ curioso.
Si rigirò il mio orecchino fra le dita poi si decise ad allungare una mano e a spostare le ciocche rosse dei miei capelli dietro l’orecchio. Le sue dita erano calde e delciate. Non me lo sarei mai aspettato da un tipo asciutto e brusco some lui. Armeggiò un po’ e alla fine risistemò l’orecchino al suo posto.
Sentii che le mie ali si ritraevano e nel mio corpo riprendeva a scorrere il calore.
Yu distolse lo sguardo dai resti cenciosi della mia camcia. Il Vaticano non sarebbe stato entusiasto di questa nuova spesa aggiunta alle mie fatture. Lui si levò la giacca e me la drappeggò sulle spalle poi osservò quello che avevo fra le braccia e allungò una mano a toccare quella forma di vita che assomigliava a quella umana ma non lo era.
Per un momento un grande calore ci avvolse.
Serenità e pace.
Lui si scostò bruscamente e si avviò verso l’uscita per poi ringhiare
- Genio, chiedi a quel coso se sa come si esce di qui! -



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Capitolo 19
*** - Confronto - Parte I ***


Sospirai mentre mi riparavo dietro un albero.
Lo avevo detto che prendere l’Innocence non sarebbe stato facile.
Il problema era che non pensavo potesse essere tanto complesso. Evidentemente il Conte si era dato un gran daffare per non permetterci di portare a termine la missione. Mi chiesi se la battaglia stava davvero volgendo verso il suo epilogo per metterci tanto accanimento. In effetti con la predita dell’Arca ad opera del Quattordicesimo per la fazione avversa non doveva essersi trattato di qualcosa di poco conto, tuttavia le forze in campo erano ancora equilibrate, anche perché Dio stava dando più potere ai suoi eletti.
La piccola Innocence aveva preso la sua forma di riposo e adesso era poco più piccola di una pallina da ping pong che tenevo nella tasca interna della giacca.
- Tsk! – sibilò Kanda mentre affettava un Akuma di livello due.
A quanto pare si stava giocando una specie di partita a scacchi. Venivano mandati avanti i pedoni, i pezzi grossi della scacchiera restavano a guardare. In effetti combattere contro qualcuno di organizzato era più complesso che combattere contro chi ti si avventava contro punto e basta.
- Hanno una strategia precisa. Ed io sono una schiappa con gli scacchi! – mi lagnai consapevole che se avessimo dato al mio istinto ci saremmo cacciati in un mare di guai e quelli che avevamo per le mani erano già abbastanza preoccupanti.
- Non mi va di farmi stanare come un coniglio! – ringhiò il moro osservando con aria truce lo spazio intorno a noi, per capire da dove poteva provenire il prossimo attacco. La risposta venne rapida ed io mi trovai a fissare il volto deforme di quello che una volta era stato un essere umano. Con un sibilo attivai la mia arma anti Akuma.
Una piccola balestra apparve al mio polso mentre le frecce erano create dalla mia Innocence. L’akuma si trovò il cranio trafitto proprio sopra gli occhi in pochi istanti. Si dissolse senza nemmeno aver capito cosa lo avesse ucciso.
- Allora a qualcosa servi… - ironizzò il moro.
- Cafone – ribattei facendo un passo indietro.
- Non mi piace questa cosa, ma potrebbe essere la sola possibilità per uscirne vivi… - riconobbe lui dopo qualche istante di riflessione.
- Cosa intendi? – chiesi rivolgendogli una fugace occhiata in tralice, non volevo distogliere lo sguardo dai cespugli davanti a me.
- Un uomo solo non ha una visuale a trecentosessanta gradi, ma due persone, che stanno schiena contro schiena… -
- Ci guarderemo le spalle a vicenda? – chiesi incredula.
Non poteva essere uno come Yu che proponeva una cosa simile. Primo perché lui odivava dover dipendere da qualcuno e secondo perché ero più che certa che lui non si fidasse di nessuno. No, non mi avrebbe mai lasciato la sua vita fra le mani.
- Chi sei? – chiesi a quel punto caricando la freccia nella balestra.
- Non essere più scema del solito. Non è un atto di fiducia. E’ un atto strategico. Essere un esorcista significa anche questo: sfruttare le risorse dei compagni per ottenere la vittoria. – mi disse lui acido. Si, questo poteva essere un ragionamento da Yu. Quindi ero solo io a farmi i viaggi mentali circa qualcosa che… Non esisteva. Tra me e Yu non c’era alcuna alchimia particolare, ero solo io a volerla vedere. Non sapevo dire se la cosa mi faceva male o se tutto sommato me lo stessi aspettando e ci fossi in qualche modo preparata. Forse mi piaceva l’idea di lasciare la cosa in sospeso, così non avrebbe fatto male. Non può far male qualcosa di cui non sei a conoscenza…



Dopo parecchi minuti e qualche ferita in più ci rendemmo conto che la via era libera. Dovevamo muoverci in fretta, per non dare al nemico il tempo di rimettere insieme altre forze perciò ignorai il fatto che il cuore mi battesse pazzamente, come se fosse sul punto di scoppiare e che le mie forze erano qualcosa di traballante come una foglia in balia del vento mi mossi verso la direzione di Deauville. Kanda mi seguiva, con il petto ansante, la divisa strappata, la camicia bianca che si intravedeva sotto la giacca era sporca di sangue e offriva alla vista una parte di torace tatuato e altri brani di pelle simile all’avorio.
Se fossi stata meglio mi sarei offerta di sorreggerlo, anche per sentirmi malamente respingere ma avevo la sensazione che se un uccellino mi si fosse posato sulla testa sarei crollata a terra senza più essere in grado di muovermi.
Fu con gioia che vidi il gruppo di Finder che ci attendeva al limitare della zona pericolosa e accettai di buon grado il braccio di Jean Jaques che si era proteso per sorreggermi. Immagino che dovevamo essere apparsi come due fantasmi emergenti dalla nebbia e dalla selva, con gli abiti laceri e pieni di escoriazioni (il mio viso non era certo migliorato dopo quel trattamento!). Con la coda dell’occhio realizzai che anche Kanda, lo scorbutico, freddo e indisponente Kanda si era lasciato sorreggere da un finder molto più grande di lui.



Miranda bussò piano alla porta della mia camera d’albergo. Non avevo dubbi sul fatto che fosse lei perché un modo di bussare così delicato poteva appartenere solo ad una donna. La inviati ad entrare e cercai di sorriderle. I suoi grandi occhi scuri erano cerchiati da occhiaie talmente nere da farli sembrare persino pesti. Ma lo scintillio della preoccupazione per me era chiaramente leggibile anche sul suo volto magro e pallido.
- Come stai? – chiesi anticipandola.
Lei sussultò poi arrossì e chinò il capo.
- Mi dispiace… Mi dispiace di non fare mai abbastanza! – mi confessò con le lacrime che minacciavano di riversarsi sulle gote scavate.
- Non dire assurdità. Non c’è il tanto o il poco… Ognuno fa del suo meglio. – risposi facendole cenno di accomodarsi sulla sedia del piccolo scrittoio che avevo in camera mentre prendevo due tazze di tea dall’armadietto.
- Ma il mio meglio è così poco! Io sono così debole… - pigolò lei.
- Siamo tutti deboli. Per questo ci appoggiamo gli uni agli altri. Perché uniti siamo più forti e perchè così facendo possiamo proteggere chi è ancora più debole di noi… Se Dio lo vorrà un giorno diverremo più forti individualmente ma io sono certa che non sono questi i suoi piani. Egli ci ama e non vorrebbe mai che stessimo in solitudine, perché in questo modo i nostri cuori soffrirebbero. Siamo felici solo quando condividiamo le cose con amore, quindi non temere di non essere abbastanza forte… Laddove non arrivi tu arriverà un tuo compagno e dove non giungerà un tuo compagno ci sarai tu… Vuoi lo zucchero o il latte nel te? –
- Latte… E pensare che ero venuta qui per consolarti… - disse lei prendendo la tazzina con un gesto elegante.
- Grazie per il pensiero! Allora, dato che non sono sul punto di suicidarmi, mi riservo il bonus per la prossima volta, che ne dici? – le sorrisi bevendo il mio te estremamente zuccherato.
Lei sorrise e annuì con il capo.
- I Finder ci hanno riferito che hanno sentito qualcosa di strano aggirarsi per le catacombe di Parigi… Io e Alister stiamo per andare a controllare… Lo riferite voi alla sede? – mi chiese lei.
Crucciai la fronte. Non mi piaceva l’idea di lasciarli andare da soli, il mio sesto senso mi diceva che c’era qualcosa di poco chiaro , ma d’altra parte la nostra missione consisteva nel portare quanto prima l’Innocence recuperata alla Home…
- Che invidia! Tu e Alister nella città più romantica d’Europa!!! – sospirai.
Lei avvampò
- Ma no! E’ lavoro… E poi lui porta ancora il lutto per Elide… Forse sarebbe stato meglio che ci andasse Kanda con lui, se non altro nella sua testa non si scatenerebbero continui pensieri del come sarebbe stato bello se lei… - mormorò Miranda sprofondando il capo nelle spalle.
- Lavoro o meno nulla vi impedisce di costruirvi qualche bel ricordo! Non rovinatemi Parigi con la vostra depressione o vi morderò le chiappe mentre dormite! – dissi tra il serio e il faceto.
Un bussare più pesante alla porta non le permise di rispondermi e poco dopo Alister Crowry fece timidamente capolino nella mia stanza.
- Ciao! Per il the arrivi tardi, abbiamo già bevuto! – gli dissi facendo cenno di accomodarsi dove meglio preferiva visto che non c’erano più sedie a disposizione.
Lui sorrise, mostrando il piccoli canini appuntiti. Sarebbe stato quasi pauroso se il tutto non fosse stato mitigato dai suoi grandi occhi scuri, Dolci e gentili. Ingenui. Parevano quelli di un bambino.



E imparerò a guardare tutto il mondo
Con gli occhi trasparenti di un bambino
E insegnerò a chiamarti Padre Nostro
Ad ogni figlio che diventa uomo…

- E sono solo un uomo – Canto Liturgico Cattolico


Fui la prima ad abbassare lo sguardo, non so per quale ragione ma mi sentivo un po’ colpevole davanti a quegli occhi. Come se io, che mentivo e cercavo di tirare i fili del fato, laddove mi era possibile tirarli, avessi nei confronti di tanta purezza, un debito impagabile.
- Vedo che stai bene... O almeno non più male di come ti abbiamo incontrato giorni fa dopo il tuo incontro con Tiki Mykk… - disse lui osservando il mio viso.
- A onor del vero ho qualche graffio in più ma non posso certo lamentarmi! Quell’altro invece come se la passa? – chiesi riferendomi a Kanda.
- Mi ha puntato Mugen alla gola sibilando che stava bene e di non ronzargli fastidiosamente intorno… - sospirò Alister rabbrividendo a quel ricordo. Yu sapeva essere spaventoso quando ci si metteva. Solo Lavi pareva non temerlo affatto, chissà poi per quale ragione… Kanda non aveva certo mai dato segno di apprezzarlo più di altri o di avere un rapporto particolare con lui. La sola persona che trattava, non bene ma con una parvenza di civilizzazione, era Lenalee e adesso sapevo anche perché lo faceva.
Si conoscevano da bambini e avevano… Condiviso il dolore di essere esorcisti precoci. Sentii l’Innocence, che continuavo a portare addosso non fidandomi a lasciarla da nessuna parte, scaldarsi.
° Ah, Dio… Questo sei tu… Ed io che mi sono sempre professata tua sostenitrice e tua protettrice… In verità sei tu che hai sempre difeso e sostenuto me…°
- Tsk! – il sibilo secco prodotto da Kanda ci fece voltare tutti verso l’ingresso
- Accomodati pure – gli dissi mentre il sorriso mi moriva sulle labbra. La sua espressione truce non prometteva nulla di buono ed era chiarissimo che ce l’avesse con la sottoscritta.
- I Finder sono pronti per partire alla volta di Parigi – annunciò impersonale.
Alister e Miranda mi salutarono con la promessa di rivederci presto alla sede centrale dell’Ordine. - Possiamo andarcene anche noi o non sei pronta? – chiese lui lanciando uno sguardo alla stanza e notando la mia borsa da viaggio già chiusa ai piedi della scrivania.
- Possiamo andarcene. – riconobbi.
Lui voltò le spalle e si avviò ma io lo fermai.
- Dobbiamo parlare, che la cosa ti piaccia o meno. – gli annunciai osservando le sue spalle irrigidirsi di colpo e il suo passo arrestarsi.
- Allora finiamo alla svelta. – mi disse voltandosi verso di me con aria fredda e belligerante.
- Accompagnamo Miranda e Alister, congediamoci dai Finder e poi parleremo. Solo io e te. – gli dissi seria mentre lo superavo e stringevo meglio il manico della mia borsa.
Probabilmente dopo quella presunta chiacchierata io e Kanda non ci saremmo mai più guardati in faccia. Maledizione! Come mi erano potute, le cose, sfuggire così di mano?



Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi
siate dunque avveduti come sono i serpenti,
ma liberi e chiari come le colombe, dovrete sopportare prigioni e tribunali.
Se hanno odiato me odieranno anche voi ma voi non temete io non vi lascio soli.

- Canto Liturgico Cristiano -


Osservai le figure dei Finder, vestite di avorio camminare con tranquillità lungo la via. Jean Jaques rideva con un suo compagno che doveva avere grosso modo la sua età, Miranda e Alister erano in mezzo al gruppo, come due macchie nere.
Eravamo davvero come pecore mandate fra i branchi di lupi, depositari di una debole e tremante luce di speranza. Eravamo come candele nel vento, che potevano spegnersi ad ogni istante successivo a quello appena passato tuttavia… Perché lo facevamo?
Ognuno aveva la propria personale risposta.
Anche Kanda doveva averne una e mi sarebbe tanto piaciuto sapere quale fosse. Era un pensiero idiota dal momento che stavo per perderlo.
Ghignai a quel pensiero. Si perde qualcosa che si è posseduto e di certo non avevo mai potuto dire che Kanda fosse stato mio! Mi stavo davvero comportando da stupida.
Senza una parola, solo perché avevo percepito il movimento della persona al mio fianco, mi voltai e lo seguii. Il suo passo era elastico e molleggiato come quello di un grosso felino. Pericoloso, era quello che trasmetteva. Pericoloso e bello. Ma anche solo.
- Perché lo fai? – chiesi ad un tratto.
Eravamo giunti in prossimità del porto e non ci restava che fare i biglietti e salire sulla nave-traghetto che ci avrebbe riportati a Londra.
- Non è di questo che dobbiamo parlare – disse lui sulla difensiva.
- Lo so. – risposi fissando le onde del mare che si infrangevano sulla banchina di legno e scogli qualche metro sotto di noi.
La spuma era bianca, l’acqua blu e stranamente il cielo era sereno anche se spirava l’aria fredda dal mare verso l’entroterra.
- Sbrigati – mi disse mettendosi in fila alla biglietteria.
Avevamo davanti solo un paio di persone e quindi ben presto salimmo sulla nave.
Ci spingemmo a poppa, laddove a causa del vento e del rollio quasi nessuno osava avventurarsi, a parte i marinai che però erano tutti occupati con le manovre per la partenza per arrivare fin lì. Kanda mi dava le spalle. I capelli raccolti si muovevano come nastri, agitati dal vento e frustavano le spalle ampie del ragazzo.
Si voltò di scatto, fulmineo come un serpente, con la spada già foderata che puntava al mio torace. - Cosa sei? – chiese guardandomi come si guarda un nemico.
- Addirittura cosa… - sbuffai.
- Sei un Apostolo? – chiese avvicinando di più la lama al mio petto.
- No. Sono una pecorella di Nostro Signore. – risposi pur sapendo di irritarlo all’inverosimile. Sapevo che non era il caso di provocarlo tanto ma volevo vederlo scomporsi almeno un po’. Volevo vederlo arrabbiato, sentirlo gridare, vederlo agire privo di quella maschera che si era cucito addosso.
- Non tirare troppo la corda. Potrei infilzarti qui e subito. Per quello che ne so sei una bugiarda e potresti non essere diversa dagli Akuma che combattiamo. Per quello che ne so potresti anche essere un Noha. Noi siamo armi, ma tu invece, cosa sei? – chiese di nuovo.
- Non sono un Noha, ma non vedo perché dovrei dirlo a te cosa sono. Vuoi uccidermi? Provaci pure! – risposi sollevando la mano e afferrando Mugen.
Al momento non mi importava se quella lama tagliente si infilava nella mia carne in modo freddo e doloroso, le parole ma soprattutto gli sguardi che io e Kanda ci scambiavamo facevano molto più male.

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Capitolo 20
*** - Doveva essere un chiarimento... - ***



WILL YOU HOLD MY HEART
namida... uketomete
mou... kowaresou na ALL MY HEART
FOREVER LOVE, FOREVER DREAM
afureru omoi dake ga
hageshiku setsunaku jikan wo umetsukusu
OH! TELL ME WHY
ALL I SEE IS BLUE IN MY HEART

- Forever love - X japan –



Le spalle di Kanda si rilassarono per un momento. Pareva incerto sul dafarsi. Non credevo che avesse deciso di fidarsi di me o che fosse particolarmente stupito dalla mia reazione… Era più nella sua natura valutare la situazione.
- Forse non sei una Noah… Ma non sei nemmeno ciò che dici di essere. –
- E’ vero. D’altro canto, nemmeno tu sei chi dici di essere, Apostolo. –
Percepii il cambiamento delle sue pupille. Era stupito, nonostante il volto e tutta la sua postura non lo avessero dato a vedere.
- Come lo sai? – sibilò arrabbiato.
- So molto di tutti voi. So anche che Allen è il Quattordicesimo o comunque lo diventerà presto.-
- Sei una spia del Vaticano? – chiese lui facendo cenno di voler abbassare la lama.
Ritrassi la mano sporca di sangue.
Mi dava fastidio sentire il quella sostanza viscida che colava fra le dita e che si stava raffreddando. Arricciai il naso in una smorfia di disappunto.
- Tsk – sbuffò lui prendendo un fazzoletto dalla tasca e avvolgendomici la mano.
Notando la mia mancanza di reazione sbuffò di nuovo
- Spero tu non sia stata tanto scema da stringerla con forza. – mi disse.
- Non morirò per questo, tranquillo. – gli dissi ironica.
- Comunque mi devi delle spiegazioni e sono pronto a cavartele di bocca con le maniere forti. – mi informò lui.
- Sapevo non ti saresti arreso… Possiamo sederci? – chiesi indicando un punto un po’ più riparato dall’aria sferzante e dagli schizzi di acqua salata.



Kanda attese in silenzio. Pareva volesse darmi il tempo di mettere insieme con coerenza tutto il discorso. Ed io non so perché ma volli raccontargli la verità. Quanta più di essa fosse possibile. Ero certa che poi mi avrebbe presa per bugiarda e pazza, ma se non altro sul mio cuore non sarebbe gravato il peso dell’ennesima menzogna.
- Sono nata da qualche parte nel Nord dell’Italia. Fui depositata nella piccola cappella di un convento gestito da frati, circa seicento anni fa. –
Il suo sopracciglio saettò verso l’alto in maniera inequivocabile.
- In realtà questo è solo un corpo che ho preso a prestito… In verità sono un angelo appartenente alla schiera delle creature che servono quel Dio che molto più spesso di quanto dovremmo, riusciamo ad odiare. Dopo la ribellione di Lord Lucifero, molti di noi decaddero e coloro che restarono nei cieli, ridotti ad un solo terzo vennero suddivisi in diverse classi di appartenenza, e vennero loro affidati incarichi precisi. Io ero un Cherubino, e il mio none era Azael, che significa ‘Dio è diventato forte’. Ho scelto di scendere su questa Terra e proteggerla, perché questo era il desiderio del Padre Mio e sono divenuta… Innocence.-
- Come? – si lasciò sfuggire lui stupito.
- L’Innocence non sono altro che la materializzazione degli Angeli su questo mondo. Noi siamo creature astrali, e per poter interagire con gli esseri umani dobbiamo prendere consistenza. L’Innocence. E’ un processo piuttosto doloroso e destabilizzante in verità… Ecco perché spesso essa è fuori controllo, almeno lo resta fino a quando non trova un compatibile. Un compatibile non è un essere umano più speciale di altri, è semplicemente un uomo o una donna che ha aperto il suo cuore all’Innocence. Riconoscendo il desiderio di giustizia, di amore, di affetto degli uomini, l’Angelo stabilisce un contatto o se non altro, ci prova. Non è facile farsi accettare, di solito ci portiamo dietro sensazioni dolorose… -
- Cos’è quell’orecchino? – chiese Kanda ricordando perfettamente com’ero mutata quando me lo ero tolto.
- Un dispositivo che mi aiuta a sembrare più umana. Generalmente la gente prova terrore per ciò che è diverso, quindi se posso mischiarmi fra le persone senza essere notata e comunque vegliare su di loro, sono ben lieta di farlo. Lo ha creato un grande uomo. Leonardo da Vinci. – dissi stringendo le ginocchia al petto.
- Lo scienziato e l’artista italiano? –
- Esattamente. E’stato il suo ultimo dono, prima che lo catturassero per processarlo… Ma lui riparò in Francia e… Non lo so. Da quando ci separarono non ebbi più sue notizie, tranne che molti decenni dopo. –
Lessi nel suo sguardo molte domande ma non le avrebbe poste.
Non era una questione di rispetto verso la mia persona, semplicemente Yu non voleva che poi fossi io a chiedere qualcosa a lui. Interessarsi ad una persona era qualcosa che lui non sapeva fare. O non voleva fare, ma allo stato attuale delle cose non faceva differenza.
- Quando strinsi il mio personale patto con questo corpo… Ho voluto vivere qualche anno di vita umana, ma molto presto ciò che sono reagiva alla negatività e i fraticelli mi mandarono dal Papa. Entrai in Vaticano e lì sono sempre rimasta, assolvendo le missioni che mi venivano affidate. A volte alla luce del sole, a volte in modo più torbido e segreto. Non ricordo chi o quando si iniziò a chiamarmi l’Angelo Assassino. – scrollai le spalle.
Kanda sospirò pesantemente.
- Nemmeno io posso morire. Questo mio corpo… Si rigenera ogni volta. Ho perduto il conto delle volte che mi hanno ucciso e poi il mio cuore ha ripreso a battere… Sono solo uno strumento nelle mani dell’Ordine. – mi disse fissando gli alti cavalloni delle onde del mare aperto.
In effetti si stava ballando parecchio, anche se il cielo continuava ad essere azzurro.
Fortunatamente nessuno di noi due soffriva il mal di mare, ma non ero certa fosse così anche per i passeggeri sottocoperta
- Essere uno strumento nelle mani dell’Ordine è la scelta che tu hai compiuto. Ricorda, ogni essere vivente è dotato di libero arbitrio… Intraprendere un cammino piuttosto che un altro è una questione di scelte e di decisioni prese. Non importa per quale motivo, ma il dono più grande che ci ha fatto Dio è proprio quello di lasciarci la possibilità di scegliere. –
- Tsk, io non ho scelto. –
- Oh si che lo hai fatto. Avresti potuto andartene. Avresti potuto annientare la sede e lo sai anche tu che ne hai la capacità… Ma non lo hai fatto; hai scelto. – gli dissi sorridendo amaramente perchè sapevo bene che scegliere non voleva affatto dire essere più felici.
- Devo pensare un po’ – riconobbe lui raccogliendosi nella posizione del loto, quella usata dai monaci buddisti per meditare.
- Interessante. – dissi mettendomi a gattoni per fronteggiarlo.
I suoi occhi blu erano freddi e disinteressati come sempre.
Non c’era dubbio, io ero una stupida masochista con le pigne nel cervello… Però… Mi sporsi verso di lui, che non si ritrasse.
Fui certa che ne avesse il tempo, ma lui restava immobile. I nostri nasi si sfioravano…
- Rifletti anche su questo… - sussurrai prima di posare le mie labbra sulle sue.
Un bacio a stampo.
Semplice e puro…
L’Innocence che avevo in tasca divenne rovente.
Scattai in piedi e mi allontanai di corsa lungo il lato della nave. Volevo raggiungere la poppa quanto prima, anzi se fosse stato possibile avrei camminato sulle acque pur di mettere quanta più distanza possibile fra me e Kanda, che se non mi aveva affettata con Mugen era certamente perché il mio gesto lo aveva fatto precipitare in uno stato di chok simile al coma irreversibile.
Non mi pentii nemmeno per un secondo di quello che avevo fatto. Azael si era tormentata per decine di secoli perché non aveva rivelato i suoi sentimenti a Lord Lucifero… Solo il pensare a lui mi faceva salire una specie di groppo alla gola… Non avrei ripetuto quell’errore di nuovo!
Non potevo odiarlo, perché era contro i principi che fondavano il mio essere, quindi non mi restava che amarlo controvoglia.



- Angel!!!!!! – la voce allegra di Lavi mi accolse al rientro in sede. Con la sua tipica esuberanza, il rosso mi fu addosso, abbracciandomi stretta e riversandomi addosso un fiume di parole che non riuscii a contenere e a comprendere.
A volte mi sembrava un grosso cane un po’ maldestro e anche se sapevo che quella era una maschera che Bookman jr. si era costruito c’era in essa un qualcosa di rassicurante e confortante. Seppi che Allen e Lenalee erano andati in missione insieme e che Marie e Chouji invece erano partiti alla volta della sezione Asiatica per uno scambio di informazioni facendo le veci del Supervisore Komui.
- Quindi in teoria sei nullatenente… - iniziai il discorso mentre pensavo alla pila di moduli che dovevo compilare per quella missione.
- Non ci provare! Non ti aiuto a scrivere il verbale! – disse lui portandosi le braccia dietro al testa.
- No, non intendevo quello… Che ne dici se stasera ce ne andiamo a bere della birra decente in un pub e non ci ingurgitiamo quelle schifezze inglesi che spacciano per Hamburger? –
- Mi stai chiedendo di uscire? E’ un appuntamento? – chiese Lavi raggiante.
- Si, ti sto chiedendo di essere mio complice in questa evasione ma no, non ti sto dando un appuntamento. – chiarii.
Lui si fece molto serio poi mi disse
- Forse dovresti chiederlo a Kanda. –
- Forse… Ma lo sto chiedendo a te. – risposi facendo spallucce.
- Avete litigato? – chiese lui facendosi attento e curioso.
Litigato non è il temine più appropriato… Diciamo che quello che doveva essere un chiarimento ha finito per incasinare ancora di più le carte in tavola… E mi duole ammetterlo ma la colpa è principalmente mia. – riconobbi abbattuta.
- Povera piccina! Sei giù di morale allora! Non preoccuparti! Stasera ti farò dimenticare ogni cosa, lo prometto! – trillò Lavi sgambettando felice verso la sua stanza mentre faceva strampalati progetti sul dove portarmi e altre assurdità che preferii non capire.



Hevraska accolse la nuova Innocence come portebbe fare una madre con i suoi piccoli e per qualche istante mi parve di sentire la serenità discendere nel cuore di quel piccolo angelo… Adesso avrebbe finalmente riposato un po’, fino a che qualcuno non si fosse sintonizzato con lui e allora, la sua battaglia che era anche la mia sarebbe ripresa. Perché la guerra fra bene e male non era mai finita. Komui mi fissò con l’aria di un padre un po’ preoccupato.
- Dovresti riposare anche tu, hai l’aria stanca. – mi disse sfiorandomi appena gli zigomi.
Più che di riposo ho bisogno di distrazioni. Ecco perché ho chiesto a Lavi di accompagnarmi in città stasera… Posso, vero? – chiesi.
- Certo che puoi… Però fate attenzione. Anche se i Noah se ne stanno tranquilli da un po’ non vorrei vi esponiate inutilmente a dei pericoli. – mi disse gentile ma severo.
- Non credo i Noah siano attualmente interessati a noi e il mio scontro con Tiki Mykk è stato proprio un colpo di malasorte. Di certo non aveva il compito di eliminarmi sennò non avrebbe desistito così facilmente ed io non avrei avuto solo qualche graffio al volto… - riconobbi
- Questo mi preoccupa assai di più. Cosa sta escogitando il Conte? – si interrogò retoricamente Komui.
- E’ compito vostro scoprirlo. Vostro e dei Finder… A proposito i Generali dove sono? – chiesi per avere un quadro più chiaro.
- Dopo la scomparsa in circostanze misteriose di Cross sono tutti ritornati ai loro doveri… - mi disse cercando di non sbilanciarsi troppo.
- Per ora va bene… D’altra parte stiamo giocando su una scacchiera su cui la prima mossa ci è sempre negata. Per il momento, la difesa è il solo modo che abbiamo per tenere testa al Conte.- riconobbi anche io mestamente.
- Vuoi pendere un vestito di Lenalee per stasera? Sono certa che lei te lo presterebbe volentieri… - disse Komui osservando la mia divisa da esorcista.
- Supervisore Lee! Non crederà per davvero che io non abbia altri abiti nel mio armadio! – dissi semi offesa.
- Lui sorrise illuminandosi come un neon.
- Grazie comunque del pensiero… Anche volendo sono certa che non riuscirei ad entrare in nessun abito di Lenalee… Sarò anche piatta come una tavola ma le mie spalle sono il doppio di quelle di sua sorella, senza contare che sono anche più alta e non di poco! – lo informai.
Lui scoppiò a ridere ed io mi congedai con un saluto informale.

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Capitolo 21
*** - Confronto - ParteII ***



Il lucidalabbra che avevo messo aveva un retrogusto di ciliegia che non mi faceva esattamente impazzire, ma era il solo che possedessi.
Ho sempre amato le cose un po' più aspre, come le fragole o i limoni...
Sorrisi alla mia immagine nello specchio.
- L' ho sempre detto che stucco e pittura fa bella figura! - mi dissi osservando il cambiamento che era avvenuto sul mio volto ad opera di un lavoro di mezz'ora con cosmetici prettamente femminili. Era veramente tantissimo tempo che non facevo una cosa simile. E pensare che nel 1700 era praticamente d'obbligo arricciarsi in morbidi boccoli e incipriarsi i capelli o la parrucca.
I capelli raccolti mi ingentilivano i lineamenti, un po' di colore sulle gote mi dava l'aria più femminile, il rosa sugli occhi faceva risaltare il loro verde naturale e il lucidalabbra faceva la mia bocca più seducente.
Non potevo definirmi bella nel senso stretto del termine ma potevo indubbiamente vantarmi di essere affascinante quando mi calavo in quella parte. Non era che volessi propriamente sedurre Lavi o qualsiasi altra cosa del genere, era solo che volevo fare le cose comuni e normali che fanno le ragazze a vent'anni.
Avevo scartato da subito l'idea della minigonna che era molto comoda in caso di attacco nemico o per darsela a gambe ma di certo avrebbe attirato più sguardi di quelli desiderati e mi ero risolta per un vestitino avorio che pareva più una tunica se non fosse stato per il pizzo che aveva sul bordo e che arrivava poco sotto le ginocchia.
Avevo stretto sulla linea delle anche una cintura in seta lucida di un bel colore rosso e mi ero legata al collo un sottile nastro di velluto rosso anch'esso. Infilai le scarpette con un discreto tacco e afferrai la giacca della divisa da esorcista, quella che arrivava alle ginocchia, prima di uscire dalla mia stanza.
Per fortuna non incrociai nessuno in corridoio e arrivai sana e sala fino nella hall, dove fui felice di constatare che Lavi era già arrivato.
- Wow! Che carina che sei! - esclamò lui porgendomi il braccio come un cavaliere.
- Grazie per il complimento. Spero che stasera nessuno mi scambi per un ragazzino troppo giovane! - sorrisi in risposta.
- Al contrario! Dovrò faticare per tenere lontani i corteggiatori! - proseguì lui in quella pantomima di corteggiamento.
- Dato che sono in tua compagnia, dubito che oseranno avvicinarsi più di tanto... - feci notare.
- E ti dispiace? - chiese lui mentre ci incamminavamo verso le luci della città.
- Per la verità no. Ho avuto qualche problema a relazionarmi con l'altro sesso, soprattutto quando si tratta di... Metterci di mezzo qualcosa di proprio. - ammisi. Tanto mentire non aveva nessuna utilità e poi ero certissima che Lavi potesse capirmi fin troppo bene e per esperienza diretta.
- A volte siamo proprio prigionieri dei nostri ruoli... - constatò lui
- Già. Però essi sono in qualche modo... Rassicuranti. - ammisi a mia volta.
- Di un po' non è che esci con me per ingelosire Yu? -
- Che razza di domanda mi fai? - chiesi colta alla sprovvista.
- Oh, avanti, mi sono accorto di come lo guardi... Ti piace vero? - chiese lui curioso e invadente come doveva essere Lavi.
- Ti ho già detto che non ho molta dimestichezza in questo genere di cose. All'inizio... Lui era uno come tanti altri. Solo con un carattere più difficile e ombroso. -
- Poi cosa è cambiato? - domandò Lavi dopo che ci accomodammo dentro un pub.
Mi presi del tempo, spostando lo sguardo sugli altri tavoli, tutti rigorosamente in legno, sul luccichio dei boccali di birra sotto le candele e sull'odore di cibo che arrivava dalle cucine.
Gli altri avventori erano tutti ragazzotti della nostra età o poco più grandi, che chiacchieravano fra loro creando un piacevole mormorio di sottofondo.
Scorsi la lista, alla ricerca di qualcosa che mi potesse attirare e quando individuai quello che volevo la richiusi e mi decisi a riportale l'attenzione su Bookamn jr.
Notai poco dopo anche lui chiudeva la lista, segnale che aveva scelto perciò mi decisi a dire.
- I suoi capelli neri. E' stato come se schioccassero le dita all'angolo del mio occhio. Hanno attirato la mia attenzione. Mi hanno ricordato altri capelli neri. - riconobbi.
- Questo è molto... Inusuale... - disse lui.
- Dillo pure che sono strana, non mi offendo. - riconobbi.
- Per la verità non credevo mi rispondessi ma lo hai fatto... solo che non era ciò che mi ero aspettato di sentirti dire. Yu è molto popolare fra le ragazze, per via del suo aspetto fisico... -
- Oh... - riuscii solo a dire prima che la cameriera venisse a prendere le ordinazioni.
Passammo la serata a bere della buona birra, a giocare alle freccette anche se con i primi tiri ho davvero rischiato di colpire qualche povero innocente deretano di altri avventori e ci rilassammo. Ridendo e scambiandoci impressioni e pettegolezzi come due vecchi amici. Con Lavi era facile, perchè anche se portava una maschera, la sua era una maschera simpatica che invitava alla confidenza ed io non avevo nulla da perdere a stare al suo gioco. Potevo dire la verità ed in ogni caso sapevo che lui non se la sarebbe bevuta come oro colato, perchè essere dubbiosi e ricercare nei fatti con imparzialità era l'addestramento primario di un Bookman e lui non faceva eccezione.
- Ed io che pensavo di consolare un cuore infranto da quell'orso di Yu! - mi disse quando si era fatto ormai tardi e avevamo lasciato il locale per tornare alla sede dell'Ordine
- Oh Lavi! Che sciocco! Ti pare che il mio cuore sia così piccolo da infrangersi per una sola persona? - chiesi con innocenza. Dal momento che avevo bevuto un po' ed ero allegrotta non parlavo usando la usuale cautela. Una frase del genere era fin troppo equivoca e poteva intendere una verità molto diversa rispetto a quella che io vivevo. Una risatina emerse dalle tenebre del vicolo che stava pochi passi alla nostra destra.
Non so perchè ma lo riconobbi immediatamente.
Tiki Mykk.
- Abbiamo compagnia - mi avvisò Lavi mettendosi immediatamente in guardia.
- Però, decisamente un bel cambiamento... Adesso sei quasi carina... - sussurrò il Noha mentre raggiungeva la luce del lampione. Il rosso della sigaretta accesa parve sbiadire man mano che si allontanava dalle tenebre.
- Mi rifiuto di credere che sia un caso del destino se ci incontriamo così spesso. - dissi senza mezzi termini.
- In effetti... Magari sto un po' forzando la mano a questo destino... Ma Londra non è una città immensa e dato che starò qui per qualche tempo... -
- Ti piace l'idea di stuzzicarci e di studiarci. Il Conte non ti ha ancora ordinato di ucciderci, vero? - dissi stringendomi nella giacca da esorcista.
Non mi piaceva per niente il modo lascivo con cui quegli occhi dorati mi fissavano le gambe e la scollatura del vestito.
- In effetti per ora ho solo l'ordine di finire i compiti di matematica di Road... - sorrise seducente lui mente si faceva più vicino.
L'aria si fece densa e la tensione divenne palpabile, come la nebbia londinese. Una mano elegante, avvolta in un candido guanto raggiunse il collo della mia giacca e scese ad accarezzare i bottoni fino a fermarsi al nodo della cintura. Lo sciolse con una mossa tanto rapida che mi colse del tutto impreparata. Tutta la mia attenzione infatti era rivolta a quello sguardo intorbidito. Cosa voleva? Cosa diavolo stava esaminando? Perchè era chiaro che fossi sotto esame.
- Mi correggo sei molto carina... - la sua voce era vellutata e trasudava promesse che per me era meglio ignorare.
- Allontanati da lei. - ringhiò Lavi afferrando il polso del Noah che con una risata sfruttò il suo potere e sgusciò via dalla presa del rosso.
- Tu non sei carino per nulla. - lo informò quasi scocciato.
- Ho un cuore forte, sopravviverò a questo dolore. - ribattè Lavi con un ghigno.
Pochi istanti dopo il braccio del Noah trapassava lo sterno dell'esorcista.
Lavi spalancò gli occhi stupito mentre una smorfia di dolore andava dipingendosi sul suo volto. Tiki Mikk allargò al massimo le dita della mano, portandola interamente dentro il corpo di Lavi, poi fece qualcosa che non capii ma vidi il capo di Lavi saettare all'indietro, mentre spalancava la bocca in un muto urlo di dolore... Non emise alcun suono, afflosciandosi come una bambola di pezza sul braccio del Noah che con una risatina agghiacciante ritrasse il braccio e lo lasciò cadere a terra.
Gli occhi verdi fissavano il cielo, sbarrati.
- Non l'ho ucciso... Ma gli ho fatto abbastanza male. - mi disse e fu allora che notai il filo di sangue sporcare le labbra di bookman jr.
- Non avrei ingaggiato battaglia, non c'era bisogno di spingersi tanto oltre. - lo informai chinandomi sul corpo del mio compagno e tastandogli il collo alla ricerca della vena attraverso la quale potevo sentire il suo battito cardiaco.
Il Noha non aveva mentito, Lavi non era morto ma non dubitavo che necessitasse al più presto di cure.
- Sei davvero una guerriera eh? Non mi hai mai dato le spalle e persino ora non distogli la tua attenzione da me, eppure il tuo amico potrebbe morire. -
- Se morisse... Se lui morisse non sarebbe altro che una sua scelta. Sappiamo cosa rischiamo ad opporci al Conte... Ma anche così, a noi va bene lo stesso. - dissi.
- Davvero? Eppure io so, per istinto che non è vero. C'è qualcosa che hai perduto e che rivuoi indietro, ma il tuo Dio non lo permetterà mai. - sorrise di nuovo lui, mellifluo.
- Per quanto male faccia, va bene così. Il mio Dio non lo permetterebbe ora, Lord Lucifero non ha voluto secoli fa... Da qualsiasi parte la si guardi, io ho una sola strada da percorrere davanti a me e l'ho imboccata quando sono discesa sulla terra. Depositari dei sentimenti di Noè... Tsk, voi quei sentimenti non li avete compresi proprio per nulla! - lo informai
- Sentirti parlare in questo modo... Ho così tanta voglia di ucciderti! Deve essere un piacere così totalizzante... Deve essere meglio che fare l'amore... - sussurrò lui afferrandomi il collo e stringendo con forza.
Liberai parte del potere della mia Innocence.
Il guanto bianco si tinse di rosso e l'odore di bruciato permeò l'aria.
Era freddo. La sensazione che avevo sul collo era di freddo... Un gelo intenso che scatenava brividi nel mio corpo.
Tiki Mikk era già sparito, inghiottito dalle pietre del marciapiedi...
Avrei potuto raggiungerlo e ferirlo un po' di più, ma Lavi aveva la precedenza quindi lo lasciai andare.



Your cruel device
Your blood like ice
One look could kill
My pain, your thrill
...
I want to taste you but your lips are venomous poison
You're poison runnin'thru my veins
- POISON - Alice Cooper -




Quando arrivai alla sede dell'Ordine ero praticamente piegata in due dal peso del corpo privo di conoscenza che avevo sulle spalle. La guardia all'ingresso chiamò subito gli infermieri e il dottore che arrivarono in pochi istanti con una barella.
L'attenzione era catalizzata da Lavi che versava in condizioni decisamente non buone eppure anche io mi sentivo... Male.
Forse avevo davvero ecceduto con la birra... Eppure non mi pareva... Magari erano le patate fritte che avevo mangiato... Ma non mi doleva lo stomaco... Era qualcosa di diverso, come se il mio corpo si stesse ammutinando e la cosa mi irritava.
Kanda arrivò nella hall nel momento stesso in cui Lavi tossì sangue. ed io dicevo che ci eravamo imbattuti in un Noah...
Lo vidi irrigidirsi e lanciare uno sguardo apprensivo verso la barella che a gran voce il medico aveva detto di portare all'infermeria.
Lo spadaccino mi si avvicinò, il primo contatto da quando... Da quando lo avevo baciato. Il suo volto era più inespressivo del solito e i suoi occhi parevano passarmi attraverso, senza vedermi. Era sicuramente arrabbiato a livelli cosmici con la sottoscritta.
- Vai con loro... - gli dissi.
- Tsk. -
- Sei preoccupato per Lavi, no? Non è mica un disonore se glielo dimostri.-
- Tu e i tuoi sentimenti da esternare sempre! Impara a tenere chiusa quella ciabatta, Do'hao! - sbottò irritato e più secco del solito.
- Non voglio litigare con te, Yu - gli dissi dandogli le spalle e dirigendomi verso la mia stanza.
Non andava per niente bene... Mi pareva che le cose, davanti a me galleggiassero. Anche lo scalino un secondo prima mi pareva sotto il mio piede e un secondo dopo pareva allontanarsi.
No, quello non era proprio un effetto post sbronza. Quello pareva più essere effetto febbre da cavallo... Mi fermai alla terza rampa di scale, piegandomi in due sul corrimano. Strinsi forte gli occhi nella speranza che al buio le cose smettessero di vorticare e mi portai la mano alla gola. Mi pareva di non riuscire a respirare bene...
Era freddo. Solo freddo... Sposati la sciarpa che mi cingeva il collo, chiedendomi se fosse lei a infastidirmi... La sentii scivolare a terra, sfiorandomi il polpaccio.
Mi pareva di respirare un po' di più...
- Angel... - la voce di Kanda si interruppe bruscamente.
Sentii le sue mani forti e calde, così concrete e decise, così diverse da quelle di Tiki Mykk tirarmi su.
La testa mi ciondolò in avanti, rifiutandosi di stare sollevata a dovere sul mio collo.
- Sto bene... - dissi
- Si, come no, baka! - sibilò mentre spostava il collo della giacca per osservare meglio.
Non so cosa vide ma sentii che si irrigidiva e intuii che aveva stretto le labbra ad una linea sottile, probabilmente per non esplodere in una serie di insulti dalla dubbia moralità al mio indirizzo.
Pensai che dovevo raggiungere presto un letto perchè le mie ginocchia iniziavano ad essere troppo simili alla gelatina.
- Devo riposare... Una bella dormita e... -
- Almeno abbi la compiacenza di stare zitta! - ringhiò lui prima che io percepissi la sua mano passare sotto le mie ginocchia e... Galleggiavo nell'aria.
No, non proprio... Se solo la mia mante fosse stata meno annebbiata... C'era qualcosa di confortevole... Un profumo forse... O quel po' di calore in mezzo a tutto quel gelo...



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Capitolo 22
*** - Bacio alla figlia guerriera - ***



Àlzati e trebbia, figlia di Sion,
perché renderò di ferro il tuo corno
e di bronzo le tue unghie
e tu stritolerai molti popoli:
consacrerai al Signore i loro guadagni
e le loro ricchezze al padrone di tutta la terra.


- Bibbia – Michea cap. IV –




Quando mi ripresi, quel tanto che bastava per osservare l’ennesimo, sconosciuto soffitto, non provai alcun dolore. E fu un sollievo, perché mi ero aspettata di sentirmi come minimo con tutte le duecento e passa ossa belle rotte.
Spostai lo sguardo sulla figura che stava seduta sulla sedia di fianco al mio letto. Era l’anziana infermiera, dall’aspetto fin troppo arcigno per essere considerata gradevole ma che sapevo essere particolarmente sensibile e gentile.
Piegai le labbra ad un pallido sorriso.
Se nelle Sacre scritture si fosse parlato della vecchiaia di Maria, forse la donna sarebbe parsa simile a questa, non nell’aspetto ma nel cuore generoso e materno.
- Ti sei svegliata? – mi chiese in un sussurro dopo aver colto il mio tentativo di muovermi.
- Che mi è successo? – chiesi corrugando la fronte e cercando di ricordare… Ero svenuta sulle scale? Probabile… Però ricordavo altro… La sensazione di galleggiare e poi… Qualcosa di caldo e… profumato…Yu? No, decisamente impossibile. Me lo ero solo immaginato, con la mente sconvolta da chissà cosa; era la razionalizzazione migliore che potessi fare di quei miei ricordi troppo confusi.
- E’ stato un vero miracolo che Kanda ti fosse vicino. – mi disse la donna.
Spostai di scatto la testa nella sua direzione.
Grosso errore.
Un migliaio di arcieri era in agguato e non aspettava che quel momento per portare a termine l’attacco, trapassandomi il corpo in ogni centimetro in modo doloroso e brutale. Sentii le lacrime salirmi agli occhi.
No, non era un miracolo che Yu mi fosse vicino, era un miracolo che mi avesse aiutata, soprattutto dopo quello che era accaduto tra noi.
- Ti hanno avvelenata mia cara. Ed è un miracolo che tu sia ancora viva. – le sue parole ci misero un po’ a penetrare nella mia ragione.
- Prima non faceva male… - borbottai con il fiato spezzato.
- Prima stavi ferma e poi eri sotto una massiccia dose di sedativi. Per la verità è una settimana che stai in queste condizioni… E’ persino tornato Padre Leone dalla Santa sede… - mi annunciò.
Grandioso!
Questa era la terza o la quarta volta in seicento anni che rischiavo di lasciarci le penne e immagino che il Vaticano si sia preso un bello spavento e che a me sarebbe toccata una bella ramanzina.
Le mani della donna mi sollevarono con abilità e competenza, riducendo al minimo il dolore del mio povero corpo.
- Lavi come sta? – chiesi un po’ per genuina preoccupazione e un po’ per evitare di pensare al mio stesso male.
- Meglio di te, ha lasciato l’infermeria ieri. – m’informò la donna
- Allora non era messo tanto meglio se gli ci sono voluti sei giorni di letto… - ironizzai.
Si sentì lo scalpiccio di diversi passi nel corridoio e una serie di voci concitate che tentavano di stare basse ma che si sovrapponevano.
- Sono qui per te… Sono venuti tutti i giorni e tutti i giorni. Sono dei casinisti confusionari, ma a quanto pare ci tengono a te… -
- Li faccia entrare… Ho retto al veleno di Tiki Mykk, posso reggere degli adolescenti irrequieti. – gli dissi con un pallido sorriso. Improvvisamente il corridoio divenne silenziosissimo e quando l’infermiera aprì la porta capii anche perché.
Padre Leone torreggiava nella sagoma della porta.
I suoi capelli biondi erano più spettinati del solito e lui pareva essere persino più minaccioso e feroce. Le spalle ampie non avevano perso nulla della loro fierezza e gli occhi azzurri, sebbene cerchiati da ombre scure erano inquisitori come sempre.
- Angel Cielo! Hai finito di dormire? – esordì entrando nella stanza con passo di marcia.
- Padre! Ed io che pensavo fosse venuto per darmi l’estrema unzione…- lo provocai immediatamente.
Lui divenne rosso come un pomodoro prima di esplodere
- Oh, sta zitta! Ti sei fatta gonfiare come una zampogna, vergognati! E cosa ancora più seccante hai costretto me a venire fin qui, in questo luogo freddo e piovoso dalla Santa Sede, dove avevo impegni molto, molto pressanti! Perché non fai mai, proprio mai una volta quello che ti si dice di fare?! E sta tranquilla, non raccoglierò io la tua ultima confessione, perché se lo facessi sono certo che ti prenderei per il collo prima ancora che tu abbia finito di ripulirti la coscienza!–
- Padre… Non è questo il modo di parlare a chi sta tanto, tanto male… Le scritture dicono di essere disponibile con gli ammalati e gli invalidi… - pigolai sperando di impietosirlo nel suo darmi la dovuta strigliata verbale, ma capendo subito di avere premuto i tasti sbagliati…
- Le scritture dicono anche di essere misericordioso con i vinti, ma affinché vinti vi siano è necessario combattere! E tu non sei in punto di morte, non più! Non farti scudo del fatto di stare sdraiata in un letto! Hai ancora le orecchie per sentire! E una bocca con cui rispondere anche se per ora la terrai debitamente chiusa! – ringhiò lui.
Serrai le labbra e cercai di resistere alla tentazione di passarvi sopra la punta della lingua. Non ho avevo capito perché ma a Padre Leone aveva sempre dato fastidio quel gesto. Un po’ come io non apprezzavo il fatto di essere severamente ripresa quando sapevo che ciò che avevo fatto era stato, seppure sconsiderato, necessario.
- Non ti affidiamo le missioni affinché tu metta alla prova la tua capacità di morire. Te le affidiamo per salvare le anime e le persone! Il tuo compito non è quello di svagarti e fingere di essere una normale ragazza di vent’anni ma quello di essere il messaggero di Dio o il suo braccio armato a seconda della necessità! Se vuoi suicidarti e andare dritta dritta all’inferno perché non ti punti direttamente punishment alla tempia? –
Qui il mio sistema nervoso saltò del tutto.
- Essere il braccio armato significa scendere in campo a combattere. Non esiste una battaglia dove un guerriero non abbia la piena consapevolezza di poter morire da un momento all’altro. Trafiggere il nemico è come trafiggere se stessi. La sola e unica battaglia è quella contro se stessi e vincere significa respirare per qualche altro tempo. Non racconti a me le favolette su una Guerra Santa, su martiri che macchiandosi di sangue non loro assurgeranno comunque al Paradiso! Una guerra è una guerra e un’ uccisione è un’uccisone indipendentemente da quale sia la parte del campo nella quale si combatte! Abbiamo scelto di sporcarci, di essere cacciati sul confine del Regno dei Cieli, senza potervi davvero accedere perché amiamo quello che vogliamo proteggere. Stiamo solo rispettando il nostro insanguinato patto con il Paradiso. – quello sfogo verbale mi lasciò esausta.
Il cuscino era morbido e accogliente ed io non avevo più la forza nemmeno per tenere gli occhi aperti.
Sentii una mano calda accarezzarmi la gota. Era un po’ ruvida e grande. Quella di Padre Leone.
- Figlia di Sion, figlia guerriera… Il tempo è ormai giunto. – mi disse e nella sua voce sentii tutta la commozione che provava nel suo cuore.
Il suo dolore e il suo senso di impotenza, che per l'uomo d'azione che era bruciava come la ferita nel costato di Nostro Signore...
Sollevai la mano a toccare la sua.
- Dio non ci abbandonerà fintanto che continuiamo a credere in lui. Facciamo la nostra parte. La strada da percorrere è una sola e la Sua luce la illumina a giorno, non possiamo sbagliare – mormorai prima di abbandonarmi al richiamo della stanchezza.



Quando aprii di nuovo gli occhi era ormai sera. Quello che potevo scorgere del mondo fuori dalla mia finestra era qualcosa di nero e informe. Nel vetro vidi riflessa la luce di una candela e la sagoma indistinta di una figura… Il gioco di luci e ombre pareva aprire un ghigno sull’ovale del volto mentre il resto del corpo era qualcosa di confuso e indefinito. Sbattei le palpebre nella speranza di mettere più a fuoco quella visione.
Una mano, la destra, mi toccò la fronte ed io spostai il mio sguardo. Non avevo dubbi sul fatto che quel tocco appartenesse ad Allen.
I suoi occhi erano uno strano miscuglio tra il grigio e l’oro.
- Pensi davvero di essere eterna? – mi chiese con una sottile ironia nella voce.
- Non l’ho mai creduto. – risposi.
- Ma questo non ti ha mai impedito di compiere avventate sconsideratezze. – mi fece notare lui.
- C’è un tempo per ogni cosa, sotto questo cielo. Quando arriverà il mio sarò pronta. – gli risposi.
- E’ per questo che non hai mai creato un legame speciale con qualcuno? – mi chiese lui sedendosi sul letto vicino a me. Troppo vicino forse.
Il movimento del materasso schiacciato si ripercosse sul mio corpo ed io mi irrigidii.
- Non ti farò male… Solo che vorrai capire. Ami gli uomini, ha compiuto persino quel sacrificio per loro ma non ti sei mai davvero unita con nessuno di loro… Per te non vi è mai stato nessuno di speciale, speciale davvero. Eppure essendoti mischiata a loro per così tanto tempo avresti dovuto apprendere questa lezione. L’ho appresa persino io. – mi disse con un ghigno. Ormai sapevo che quel ghigno era il suo sorriso.
- Perché è così difficile da capire? L’amore di Dio non è egoista. Egli ama tutte le sue creature, dalle più miserevoli alle più gloriose. Seguire i suoi passi non significa forse fare altrettanto? Ama il prossimo tuo come te stesso. Non di più. Non di meno. Ma nello stesso modo in cui mi prenderei cura di me, provo a prendermi cura di coloro che vivono su questo mondo. Non sono un essere perfetto come il Padre, ma nulla mi vieta di fare del mio meglio.-
- Anche quando non basta ed è inutile. – mi fece notare lui.
- Si, anche allora. – risposi.
- Non sei cambiata per niente Azael. La tua forma è un po’ diversa ma continui a irradiare quella luce soffusa che è così doloroso osservare… - mi disse lui ridisegnando il profilo delle mie labbra con il pollice.
- Ora fatti delle incisioni, o figlia guerriera;
hanno posto l'assedio intorno a noi,
con la verga percuotono sulla guancia
il giudice d'Israele.
- Bibbia – Michea cap. IV –
Recitò il Quattordicesimo.
- Che significa? – chiesi corrugando la fronte.
- Che il tempo è giunto. – mi disse il Noha.
Un calore divampante e rovente mi pervase il corpo. Fui certa che se avessi avuto in termometro in bocca o sotto il braccio la colonnina di mercurio sarebbe esplosa…
Poi lo sentii… Antichi disegni si stavano ridescrivendo sul mio corpo. Era come se si stesse facendo via la polvere da una vecchia incisione.L'alfabeto di Enoch? Non ne ero certa anche se la parte dormiente della mia mente ricordava che fosse il linguaggio degli Angeli.
- Che stai…?! -
- Sono tornato a prenderti, Azael. – mi disse il Quattordicesimo, anzi no questa volta assomigliava davvero molto di più a Lord Lucifero.
- Non verrò. – gli dissi.
- Allora sarò io a restare al tuo fianco. – mi annunciò lui, stoico come lo ricordavo.
Solo allora notai che anche lui stava cambiando.
Sulla pelle candida del volto, del collo, della mano di Allen si stavano disegnando antichi simboli ma i suoi erano scuri… No, non scuri. Erano cangianti e andavano dal bianco, al rosso scuro così simile al sangue rappreso e al nero.
- Lord Lucifero… - mormorai
- Questo mondo è il mio esclusivo parco giochi. C’è già il figlio del tuo Dio che lo vorrebbe per se… Non permetterò mai che un terzo ci metta le mani. Il Conte è mio nemico quanto tuo. Lo toglierò di mezzo e ne prenderò il posto. Fino ad allora non hai nulla da temere da me. Dopodichè… Se non sarai con me, sarai contro di me. La neutralità, fra me e il tuo Dio non può esistere. – mi disse.
- Era anche il vostro Dio, Lord Lucifero… Avete ammesso e riconosciuto la vostra colpa… Chiedete il suo perdono, chiedetelo con il cuore e… - gli dissi
- Stai zitta! Riconoscere la propria colpa non è sinonimo di pentimento ed io non posso pentirmi della scelta che ho fatto! –
- Io non comprendo… Non vi comprendo! – ammisi sentendomi infinitamente triste.
Allen si chinò in avanti, su di me.
I suoi occhi, nei quali il grigio combatteva contro l’oro restarono fissi nei miei. Le sue labbra si piegarono ad un ghigno, piccolo e un po’ crudele.
Sentivo i suoi capelli sfiorare la mia fronte e le mie gote. Sentivo il suo respiro e il suo alito che sapeva di… fragola, forse…
°Mi sta per baciare?°
Me lo chiesi in un flash irrazionale. Sentii il cuore balzarmi nel petto. No! Non poteva, non poteva! Non volevo! Ma non ero in grado di respingerlo o di fermarlo. Il mio corpo non si muoveva…
Le sue labbra si posarono sulle mie.
MERDA!
Era così che avevo fatto sentire Kanda?
Sentii che le schiudeva, piano, morbidamente… La sua lingua bussò alla mia bocca chiusa, inumidì il labbro inferiore e scivolò piano verso l’interno, fino a fermarsi contro la barriera dei miei denti.
Lui si ritrasse.
Gli occhi completamente aurei, i capelli candidi più mossi e spettinati, il segno della maledizione cancellato dal suo volto. Colui che mi stava davanti era il Quattordicesimo, completamente desto.
- La prossima volta, sarai tu a baciare me – profetizzò.
Non riuscii a rispondere che lui se n’era già andato e Allen Walker mi fissava con l’aria di chi stava chiedendosi che cosa ci facesse seduto sul mio letto.
Se non fosse stato perchè sapevo che lui era innocente lo avrei preso a schiaffi! E poi un vago senso di colpa... Nei confronti di Yu...



NDWar: Io lo sapevo! Lo sapevo che il Quattrodicesimo, quando entrava in scena rimescolava di nuovo tutte le carte! Dannato!
NDXIV: E' il mio compito... Non sono forse dunque il jolly?
NDWar: No, sei il mio biglietto per neurologia -_-
NDXIV: T_T

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Capitolo 23
*** - A che servono le lacrime - ***




O Signore fa' di me uno strumento
fa' di me uno strumento della tua pace
dov'è odio che io porti l'amore
dov'è offesa che io porti il perdono
dov'è dubbio che io porti la fede
dov'è discordia che io porti l'unione
dov'è errore che io porti verità


- Canto di San Francesco –



Muoversi era stato doloroso e tutto sommato poteva anche essere stato un gesto sconsiderato, ma restare per altri cinque minuti chiusa in quella stanza mi avrebbe fatta impazzire; ne ero quasi certa. L’aria era ancora fredda e l’abbraccio delle tenebre pareva voler perdurare, rubare attimi preziosi alla luce che il sole nascente stava portando sul mondo. Sulla mia parte di mondo, a voler essere pignoli.
Chiusi gli occhi, lasciando che il vento soffiasse sul mio volto e giocasse con le ciocche dei miei capelli. Ero stata inviata alla Sede della Dark Relugious per indagare, per portare un po’ di conforto e speranza negli esorcisti che vivevano la loro vita in costante binomio con la morte e l’orrore di una guerra e invece… Mi ero trovata coinvolta in prima persona in una serie di intrighi e giochi di potere che mi facevano sentire come se stesso costantemente camminando su un campo minato. Poi ci si erano messi anche i sentimenti a complicare una missione che era già di per se un casino assoluto…



- Siamo angeli…Creature di un’altra levatura, Azael. Solo a noi è permesso fare l’amore senza provare amore. – mi aveva detto Lord Lucifero mente pettinavo i suoi magnifici capelli.
- Non comprendo… Cosa significa fare l’amore? – avevo chiesto confusa.
- Per gli umani è fondere due corpi, in modo che per un fugace attimo essi diventino uno e loro possano trovare l’oblio per quel vuoto che pervade le loro anime… - mi aveva risposto lui chiudendo gli occhi.
- E perché noi dovremmo aver bisogno di una cosa simile? Voglio dire… Noi non conosciamo il loro tormento a che pro fare qualcosa che fanno loro senza poterne comunque comprendere il senso? – avevo chiesto perplessa.
Oh, avevo visto diversi angeli andare nella stanza di Lord Lucifero e avevo sentito anche i rumori che provenivano da essa. Sospiri, gemiti, sussurri… Persino altri suoni provocati da oggetti… Tipo un martellare ritmico contro il muro o il cigolio delle molle del materasso… Avevo anche curiosato dal buco della serratura una notte, ma non avevo capito ciò che avevo visto. Non ero stata in grado di dare un significato a quelle immagini e a quei gesti che potevo solo intuire stessero avvenendo nel buio della stanza… E anche se attendevo con il cuore gonfio di preoccupazione e un altro sentimento che non sapevo nominare che tutti finisse, mi ero resa conto che quelle cose non erano dolorose ne per il Lord e nemmeno per coloro che andavano da lui, quindi non potevano essere sbagliate o peccaminose.
- Sei così pura Azael… Così pura e innocente… - aveva sospirato il Lord prima di aprire gli occhi e voltarsi verso di me.
I suoi capelli mi erano sfuggiti dalle dita e la treccia che stavo componendo si era sfatta.
- Oh… - avevo sussurrato abbassando il capo per non permettere al Lord di vedere che ero arrossita miseramente. – Mi dispiace… - mormorai allungando le mani verso quei capelli neri che trovavo magnifici.
- Azael… - aveva sussurrato Lucifero ed io avevo visto nei suoi occhi dorati un quesito inespresso. Una richiesta che non seppi decifrare, ma che mi fece male al cuore.
Le mie braccia si mossero da sole ed io mi ritrovai a premere il mio corpo contro il suo.
Ero più piccola di lui, creatura asessuata che quindi non poteva comprendere quel bisogno che il Lord stava manifestando… Perché lo scoprii solo in seguito... Più ci si mischiava con gli umani più si assorbivano i loro bisogni, anche quelli fisici e il Lord era uno che camminava spesso fra le genti, portando loro tutto l’aiuto che poteva donare.
Allora non mi aveva turbata sentire la sua mano fra i miei capelli, non mi aveva fatto alcun effetto sentire il suo respiro sul mio collo e nemmeno la morbidezza delle sue labbra che ridisegnavano il contorno del mio volto…
Dovettero passare secoli prima che io potessi solo vagamente capire come si doveva essere sentito Lucifero in quel momento e quanto gli dovesse essere costato mandarmi via. Lasciarmi andare.
A cosa era servito tutto quello?
Alla fine, non mi ero sporcata anch’io?
Non avevo strappato le mie ali?
Non mi ero rotolata nello sozzume?
Non avevo forse scelto di abbandonare la lice dei Cieli per vegliare sugli umani?
Allora perché…
Perché non ho mai potuto avere quel bacio da Lord Lucifero?
E adesso?
Adesso che forse lui è nel Quattordicesimo… Perché i miei occhi sono voltati sulla figura di Kanda?



Il vento cambiò.
Un profumo mi raggiunse.
Lui era lì.
Non sapevo da quanto, ma Yu era su quella terrazza con me.
Ebbi la certezza che lui fosse consapevole che lo avevo sentito ma che non volessi fare nulla. Non riconoscerlo, non parargli non… considerarlo.
Lui si sedette vicino a me, in silenzio.
Anche ad occhi chiusi sapevo che il suo sguardo era perso sull’orizzonte. Avrebbe fissato il soregere del sole fino a che i suoi occhi fossero stati in grado di sostenere la luce, poi avrebbe distolto lo sguardo, magari sentendosi sconfitto…
- Sai cos’è un apostolo? – chiese inaspettatamente lui.
- Nel senso canonico del termine è una delle persone che scelse di seguire Gesù nel suo pellegrinaggio per far conoscere il Regno Dei Cieli. Furono coloro che ne raccolsero l’eredità e la diffusero nel mondo come inviati del figlio di Dio. Se, invece, stai parlando degli apostoli che la Dark Religious ha creato… Anche in quel caso, so cosa significa. – ammisi.
- Io sono un apostolo. Io e…Alma. – ammise Yu con una calma che pareva inquietante.
- Non è necessario che tu mi dica qualcosa. So che lo stai facendo contro voglia. So che vorresti seppellire questa storia, anzi forse detesti anche me che mio malgrado mi sono trovata a conoscerla… Io… Ho fatto cose…. Di cui non vado per niente fiera. Ho commesso errori… Con voi tutti… Ma davvero non l’ho fatto con cattiveria… Se vi ho fatto del male… No, so di avervi fatto male ma non era mia intenzione farvene… La sola cosa che posso dire a mia discolpa è che… Lavoro con strumenti limitati e il mio meglio non basta quasi mai. –
- Io non conosco il significato della parola amore. Io sono sempre stato e mi sono sempre considerato solo un’arma anti Akuma… Però… Questo mio corpo, a volte pare non essere d’accordo con la mia mente. Ci sono anche in me, ricordi di un passato lontano… Ricordi simili a sogni o a visioni… Che riemergono e mi turbano. E’ strano perché in realtà io non provo nulla. Io non sono umano. – disse lui corrugando la fronte pensieroso.
Aprii gli occhi e mi avvicinai a lui.
Attesi qualche attimo, come quella volta, sulla nave, per dargli il tempo di allontanarsi o di respingermi ma lui rimase immobile.
I suoi occhi blu erano immersi nei miei e a me parve di essere scaraventata nel gelo siderale del Cielo.
Per un attimo percepii la sua attenzione focalizzarsi sul marchio. Quel marchio che Lord Lucifero aveva impresso nel mio occhio, sulla mia iride.
- In verità ti dico che… Basta possedere un cuore per amare. Puoi anche considerarlo solo un muscolo involontario che costituisce la tua carnalità. Puoi metterlo a tacere. Puoi ignorarlo. Lui svolge comunque la sua funzione, slegato dalla tua volontà. –
La consapevolezza di quello che significavano le mie parole cadde su Kanda in un solo istante e lui si ritrovò a prendere un respiro a bocca aperta.
- Questo corpo ricorda…Odore di sangue e morte… Di un cielo azzurro irraggiungibile… Di un campo di fiori… Fili d’erba verde e spighe dorate… Nuvole bianche e alberi… E una donna… Una donna che parlava di fiori di loto, che crescevano dalla terra verso il cielo e che facevano di questo mondo… Un posto profumato… Ricorda l’illusione di un amore che non voleva abbandonare… Che desiderava rivedere… -
Cos’era? Una confessione?
No… Era di nuovo qualcosa che gli avevo estorto contro la sua volontà.
- Scusami… - mormorai
Lui mi fissò, di nuovo presente a se stesso e si rese conto aver detto qualcosa che non avrebbe mai voluto dire e che forse non aveva davvero mai detto ad anima viva. Era qualcosa che lui stesso non era ancora in grado di accettare.
- Ti odio. Se tu non fossi schierata dalla mia parte del campo… Verrei a cercarti per ucciderti. Qualsiasi cosa tu sia, mostro – mi sibilò in volto.
La sua mano stringeva convulsamente Mugen.
La mia mano lo schiaffeggiò, colpendolo sul volto.
Prima ancora che entrambe ci rendessimo conto dell’accaduto, Mugen mi trapassava da parte a parte.
- Ti senti meglio ora? Adesso che hai qualcuno a cui dare la colpa, qualcuno con cui prendertela… Qualcuno da far sanguinare… Ti fa sentire meglio, Kanda? – chiesi osservando la lama che restava confitta nelle mie carni. Un abbraccio gelido ma non ancora doloroso.
Il gelo che soffocava il mio petto si sciolse con il calore del mio sangue, del mio corpo che dissetava la lama di Mugen.
Gli occhi di Kanda si riempirono di orrore.
Fece un passo indietro.
- Non essere vigliacco e non fuggire – gli dissi bloccandolo sul posto.
Sapevo che erano quelle le parole da usare, come sapevo che con quello schiaffo avrei messo la parola fine a tutto. Ma mettere la parola fine non significava distruggere ogni cosa, significava solo darle la possibilità di rinascere.



°Ed in me, ogni cosa, rinascerà come nuova°

Le parole di Nostro Signore, nel momento di dolore e sofferenza, mentre portava la sua croce, lungo il suo calvario… Le parole ancora così piene di speranza e di amore che egli rivolse a sua madre e che lasciò in eredità a tutti coloro che credono il lui e che a lui si abbandonano fiduciosi.



La spada scivolò fuori dal mio corpo, ma non la lasciai cadere a terra, la tenni tesa davanti a me. I miei abiti erano sporchi del mio stesso sangue. Potevo sentirlo, caldo e denso uscire dal mio corpo e scivolare sulla mia pelle, cadendo in gocce simili a petali di rose rosse ai miei piedi.
Faceva male, un male del diavolo a dire il vero però… L’angelo che era in me non permetteva al mio corpo di arrendersi e morire.
Kanda aveva colpito, ma non era stato un deliberato intento omicida, perché uno spadaccino del suo calibro… Da quella distanza, non avrebbe mai e poi mai mancato accidentalmente il cuore o qualsiasi altro punto vitale del mio corpo.
Registrai de Kanda era pietrificato sul posto e che dai suoi occhi sgorgavano cristalline lacrime che i raggi del sole facevano brillare come se fossero diamanti.
- Adesso lo sai. Le lacrime ci sono state date per rendere più sopportabile il dolore. – gli dissi crollando in ginocchio.
Usai Mugen per non finire stesa a terra, infilandola nel pavimento e appoggiandomi ad essa.
- Idiota! – la voce di Yu mi arrivò distorta all’orecchio ma poco dopo sentii le sue mani prendere le mie spalle e adagiarmi contro il suo torace.
- Non morire… - mi sussurrò.
- Non preoccuparti… L’Innocence non può uccidere l’Innocence… - gli dissi sentendo che il mio corpo si stava rigenerando completamente, chiusi gli occhi per concentrarmi meglio e velocizzare quella pratica.
La mano di Kanda continuava ad accarezzarmi i capelli, i suo corpo sosteneva il mio… Il sangue era stato versato e aveva adempiuto al suo dovere.



Quando riaprii gli occhi vidi quelli incredibilmente blu di Kanda fissarmi. Il suo volto parve distendersi un po’, come se si fosse rilassato a seguito di una grande preoccupazione e poi… Poi…
- Questo corpo continua a cercare un fantasma del passato. Forse lo cercherà per tutta la durata della sua esistenza, anche se non ha nessuna certezza di poterlo ritrovare… Ma non smetterà mai di cercare quella donna… Lo capisci? –
- Ti parrà insensato ma, si. Io capisco. – ammisi. Perché era stato così anche per me. Perché continuava ad essere così anche per me. Non importava quanto tempo sarebbe dovuto trascorrere, quanta morte, quanta distruzione avessi dovuto vedere. Quanto dolore sopportare. Quante battaglie combattere. Quanto sangue versare. Il ricordo di Lord Lucifero non avrebbe mai abbandonato il mio cuore e una parte di me l’avrebbe continuato a cercare… Per sempre.
- Spero tu capisca anche questo… Meglio di quanto sono in grado di fare io stesso… - soffiò lui sfiorandomi le labbra con le proprie per poi abbandonarsi ad un bacio che… Faceva male.



-Ma dove eravate finiti?! All’infermiera sono diventati tutti i capelli bianchi quando non ti ha trovata nella tua stanza! – ci disse Lavi che si precipitò di corsa nella nostra direzione quando ci vide dal fondo del corridoio.
- Lavi? Sembri più una mummia… - gli dissi indicando le sue fasciature.
- Io? Ma ti sei vista? Cos’è Quel sangue sui vestiti? – chiese preoccupato.
- Nulla. Sto bene! – gli dissi.
- Certo tu diresti di stare bene anche con le vene a secco! –
- Bhe, in quel caso mi sarebbe un po’ difficile… - riconobbi.
- Stai davvero bene? So quello che hai fatto per me… E lo scontro con Tiki Mykk… Perdonami per non averti protetta… - disse il rosso diventando improvvisamente serio e cupo.
- Perdonami tu. Nemmeno io sono stata in grado di impedire quello che ti è successo. – ammisi.
- Non dire sciocchezze! Come avresti potuto impedirlo? Rischiare la vita ed essere feriti sul campo di battaglia è la conseguenza che si assumono le persone quando decidono di combattere. Anche morire è una possibilità che non può essere elusa. – disse Lavi.
- Se la pensi così… allora non infliggermi un umiliazione che non mi merito. Anch’io ho scelto di combattere, proprio come te. Non pensare a me come quella che deve essere sempre e solo protetta, non è stata questa la mia scelta e il mio volere. – gli dissi.
- Stupida! Proteggiamo quello che ci è caro, quello a cui siamo affezionati! Non sminuire questi miei, questi nostri sentimenti! Perché anche Allen e Lenalee la pensano in questo modo! –
- Lo so. Ma se tu hai dato il massimo, hai fatto del tuo meglio, non ha senso colpevolizzarti per qualcosa che era inevitabile succedesse. Siamo vivi, null’altro conta. Ok? – gli dissi sorridendo. Lavi sospirò e strinse i pugni. Non gli piaceva quella situazione ma capì che al momento era la sola che potessimo avere.
- Andiamo, non è appropriato che tu gironzoli in camicia da notte per la sede. E non avevi qualcosa di più decoroso da metterti addosso? – chiese Kanda spingendo di lato Lavi e portandomi avanti con la mano, che aperta poggiava sulla mia schiena e mi guidava con sicurezza.
Sentii Lavi ridacchiare mentre Kanda lo trucidò con uno sguardo dei suoi e borbottò qualcosa circa degli idioti, Mugen e affettare…


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Capitolo 24
*** - Immutabile scelta? - ***


Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul capo il diadema di gloria dell'Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore
ad ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
Pace della giustizia e gloria della pietà.


- Bibbia – Baruc 5



Poco dopo la funzione religiosa che Padre Leone aveva tenuto nella cappella riservata agli esorcisti mi vidi avvicinare proprio da quest’ultimo.
Seppure non in forma smagliante avevo deciso di presenziare alla messa e alla fine, assorta nei miei pensieri mi trattenuta e non mi ero resa conto di essere rimasta praticamente sola.
Forse Allen e Lavi mi avevano detto qualcosa ma li avevo liquidati con un semplice cenno del capo senza prestare loro il dovuto interesse. Un po’ me ne pentivo, soprattutto nei confronti di Allen che aveva sempre una parola di incoraggiamento e un sorriso da offrire… Eppure non potevo non riconoscere che lui fosse una parte dei miei problemi.
Sentivo l’odore del Camerlengo vicino a me… Quell’odore di tabacco e pelle che lo contraddistingueva ogni volta che stava lontano dalla Santa Sede.
Lui non mi disse nulla, semplicemente attese.
Sapevo che non era nella sua natura mostrare pazienza, ma sapevo anche che Padre Leone era dotato di una spiccata sensibilità che a volte sfiorava l’empatia quando si trattava di comprendere lo stato d’animo delle persone.
- Non mi dice nulla, Padre? – chiesi ad un tratto.
- Tu non vuoi sentirti dire nulla – rispose immediatamente, con una tranquillità che non mi pareva nemmeno sua. Di solito mi prendeva di petto e cercava di obbligarmi a reagire, ma in quel frangente, egli stesso pareva dubbioso sul modo corretto di comportarsi.
- Non è proprio così… E’ solo che già so che nessuno potrà decidere al posto mio, per quante belle parole e saggi consigli mi si possano offrire.
- Allora, se già sai queste cose perché ti angusti? Come ti ho sempre detto i problemi si dividono in due categorie: quelli che hanno una soluzione e quelli che non ce l’hanno…
- Se ho la soluzione è inutile darsi pensiero, se non si può risolvere, pensarci è solo una perdita di tempo… Solo che nella mia vita è un po’ più complesso di così… - ammisi.
Padre Leone si stiracchiò, sollevando le braccia al cielo e piegando indietro il capo. I suoi capelli, che adesso portava sciolti come una criniera, arrivarono a lambirgli la cinta sacerdotale. Erano davvero lunghi e per una volta ancora mi sorpresi di come il papato gli concedesse tutte queste libertà e violazioni della regola. D’altra parte anche per me venivano spesso fatte delle eccezioni.
- Combattiamo la stessa guerra, Angel. Forse non lo facciamo con gli stessi mezzi, ma alla fine, io credo che gli strumenti di Dio siano tutti affini, tu no? –
- Si. Siamo Suoi strumenti e non possiamo che agire secondo la Sua volontà, tuttavia io ancora mi chiedo se a quel tempo non avessi potuto fare qualcosa… Qualcosa di diverso o di migliore… Forse avrei potuto fare la differenza e lui non sarebbe stato condannato… - ammisi pensando a quando, di preciso, era successo che io e Lord Lucifero divenissimo due rette divergenti anziché due parallele. La mano di Padre Leone affondò nei miei capelli, scompigliandomeli.
- Farai quello che è giusto fare, io ne sono certo. – mi disse prima di lasciarmi di nuovo sola.



Quando scesi per cenare mi accorsi che Allen e Lenalee mi avevano tenuto un posto al tavolo con loro. Per un momento fui tentata di ignorarlo e andarmi a sedere da qualche altra parte. Non perché non volessi la loro compagnia ma perché volevo dare alla ragazza la possibilità di passare del tempo da sola con il suo… Innamorato? No, non credevo… Però Allen era la persona che piaceva a Lenalee... E aveva dentro di se il Quattordicesimo che forse era la reincarnazione di Lord Lucifero… Che gran del casino!
Vidi che l’albino si stava sbracciando nella mia direzione e con un sospiro e delle scuse mentali alla ragazza andai a sedermi con loro.
- Ciao Angel! Allora? Come ti senti? – mi chiese Lenalee con un sorriso e gli occhi pieni di aspettativa.
- Diciamo che stavo più bene prima di venire avvelenata ma se sono qui a raccontarlo non ho di che lamentarmi… Allora, che è accaduto in questi giorni che sono stata praticamente segregata in camera? –
- Crowley e Miranda hanno recuperato dell’altra Innocence… Allen ha trovato un nuovo compatibile… Il Generale Tiedoll ha forse trovato delle tracce lasciate dal Generale Cross… Kanda è andato nella sezione americana per un paio di giorni e quando è tornato era di umore così pessimo che è stato intrattabile più o meno fino a quando non hai ripreso conoscenza… Ma che è successo fra voi due? – chiese la ragazza con aria perplessa.
- Cosa ti fa pensare che fra noi due sia successo qualcosa? – chiesi a mia volta, ringraziando il cielo di aver già inghiottito il boccone o mi ci sarei sicuramente strozzata!
- Non lo so… Però ho notato che lui ti cerca con lo sguardo ed è una cosa molto rara… Kanda considera gli altri come scocciature e non si è mai minimamente interessato a nessuno. Persino io devo stuzzicarlo per cavargli qualche parola di bocca perché se fosse per lui si limiterebbe a farmi un cenno di saluto. – ammise la ragazza infilandosi poi in bocca una patatina fritta piena di maionese.
- Abbiamo avuto solo uno scambio di idee particolarmente edificante per entrambe. Credo che ci siano ancora delle domande e delle risposte che lui si aspetta da me, ma credo anche che sia troppo orgoglioso per chiedere, quindi lo lascerò a macerare nel suo brodo, considerando anche il fatto che quelle risposte non credi di possederle. – ammisi osservando con indecisione le zucchine e le carote, indecisa su cosa spazzolare per primo.
Ho una strana abitudine alimentare: dividere ciò che mangio. Non so da dove nasca e perché io lo faccia, ma se mangio carote non mischio il loro sapore con quello della carne, del formaggio o di qualsiasi altra cosa. Nemmeno con il pane. Quando mi si presentano piatti misti, come le insalate di pollo o di riso generalmente prima mangio tutto il pollo, poi passo all’insalata, poi al sedano… Insomma, sono fatta così!
- Sai che Link ha scritto nel suo rapporto che sono un asino in geometria? – mi disse Allen con aria quasi arrabbiata.
- Non ci credo! Lo ha scritto davvero? – ho chiesto sorpresa.
- Già. E quando gli ho fatto notare che non era per nulla gentile e carino nei miei riguardi lui mi ha risposto che lui non è un bugiardo e che il rapporto chiede specificatamente informazioni dettagliate su di me e che questa rientra esattamente in quel campo! A volte sa essere odioso quanto Kanda! – Allen gonfiò le gote in uno sbuffo.
Improvvisamente mi resi conto che mi erano mancate. Quelle persone, le chiacchiere al tavolo con loro, i sentimenti che si potevano respirare e che nascevano dai loro cuori.
Ancora non comprendevo appieno tutta la gamma dei sentimenti umani, ce n’erano alcuni che mi lasciavano perplessa però… Erano così avvolgenti e davano così tanto calore che io… Io non potevo permettere a qualcosa di tanto bello e complesso di venire eliminato dalla faccia della terra solo per i desideri distorti del Conte del Millennio e della Famiglia Noah.
In quel momento avrei voluto parlare con Lord Lucifero e quindi mi ritrovai mio malgrado a cercarlo negli occhi grigi di Allen. Però di lui non vi era traccia e troppo tardi mi resi conto che il mio fissarlo lo aveva messo in imbarazzo e aveva lasciato Lenalee con qualche quesito che era meglio se non si fosse posta.
- Hai uno sguardo molto intenso, Angel. – mi sussurrò l’albino quando si alzò per prendere il suo vassoio e portarlo nell’apposito ripiano.
Non mi voltai verso di lui, anzi, finsi di non averlo nemmeno udito ma sapevo che il Quattordicesimo si era fatto strada nei gesti dell’esorcista.
- Ehi Lenalee, cos’hai da fare oggi di bello? – chiesi sistemando il mio vassoio.
- Sarei libera… - disse lei con un pizzico di titubanza.
- Perché non andiamo in città? Se resto ancora prigioniera di una stanza credo che potrei impazzire… - dissi.
- Non ti è bastata l’ultima volta? – chiese una voce maschile alle mie spalle.
Mi voltai giusto in tempo per vedere Lavi.
- Oh, bhe… D’altra parte non posso starmene rintanata sotto le coperte a piagnucolare per il resto della mia vita, no? Incrociare il nostro cammino con quel Noah è stata proprio una sfortuna… -
- Puoi giurarci! – riconobbe Bookman jr toccandosi ancora le bende che non si era del tutto tolto.
- Però adesso sarebbe pieno giorno e poi non credo che il Noah si particolarmente interessato allo shopping – cercai una giustificazione.
- A proposito, avete sentito che stanno organizzando una festa qui alla sede? Non ho ben capito cosa vaglia festeggiare Komui ma sta mettendo in giro la voce che sabato sera ci sarà persino della musica dal vivo! – disse Lavi che era sempre aggiornatissimo su queste cose.
- Se non ricordo male dovrebbe esserci la riunione trimestrale dei vari esponenti delle sedi… So che Bak verrà di sicuro perché mi ha già fatto mandare un mazzo di fiori con un biglietto con il quale si prenotava per un ballo. – disse Lenalee
- Dubito che Komui glielo permetta – sospirammo in coro io e Allen.
- Però questa è un’ottima occasione per andare in città. Le donne, si sa, devono farsi belle per certe occasioni e noi… Noi potremmo approfittarne per fare loro compagnia e magari berci un buon tea con dei dolcetti in quella pasticceria con la terrazza panoramica sul Tamigi davanti al Tower Bridge! – esclamò Lavi allego.
- E magari troviamo il modo di mettere il conto nella nota spese… - suggerii con un sorrisone innocente.
- Perché non lo diciamo anche a Miranda e Crowley? – propose Lenalee entusiasta.
- Io lo dico a Marie, Angel lo dici tu a Kanda? – chiese Lavi allegro.
- Secondo me glielo vuole dire Allen… - scherzai.
- Ma figurati! Quello direbbe qualche acidata spaventosa e poi con quella faccia da schiaffi e quell’aria di superiorità terminerebbe con un Teme Moyashi! – e la sua imitazione fu pressoché perfetta!
- Moyashi! – ringhiò la voce del diretto interessato mentre la lama di Mugen brillava pericolosamente vicina al collo di Allen, che sollevò le mani in un gesto di resa.
- Allen, mi chiamo Allen… Bakanda quanto ti ci vuole per apprenderlo? –



Dal momento che sicuramente due di noi, nella fattispecie io e Lavi non avremmo mai e poi mai ottenuto il permesso di andarcene in città dopo quello che ci era accaduto e dopo le ferite da cui stavamo ancora guarendo, organizzammo la cosa come un’evasione in piena regola!
Con la scusa di riposare mi ritirai in camera mia, misi i cuscini sotto le lenzuola per dargli una forma vagamente umana e mi preparai a sgattaiolare nella stanza di Lavi.
Bookman jr aveva infatti scoperto l’esistenza di un passaggio segreto che conduceva nelle dispense. Una volta giunti lì, uscire sarebbe stato un gioco da ragazzi!
Sgranai gli occhi per la sorpresa di vedere che anche Kanda faceva parte del gruppo. Non me lo sarei mai aspettato ma mi guardai bene dal dire qualsiasi parola per evitare di scatenare una diatriba e magari di farlo infuriare più del solito.
Il pomeriggio trascorse in un clima sereno e allegro ed io mi sentii rinascere. Più che le cure mediche e le medicine in generale, erano quei preziosi momenti che mi ritempravano nello spirito, agevolando anche la guarigione del corpo.
Eravamo in un negozio che vendeva accessori per i capelli e mentre Lenalee cercava un cerchietto, trascinandosi dietro Kanda che aveva un volto che definire tempestoso era riduttivo. Pensai che fosse la volta buona che il giapponese puntasse Mugen anche alla gola della più dolce fra noi ma a quanto pareva avevo sottovalutato la sua pazienza.
Miranda cercava un fermaglio particolare chiedendo consiglio a chiunque le fosse vicino, da eterna indecisa e insicura qual’era.
Io mi ritrovai da sola con Allen e solo allora mi resi conto che la presenza vigile di due occhi blu era cessata. Sorrisi e cercai di fingermi interessata a qualcosa.
Stavo guardando delle mollette di madreperla, molto belle ma molto delicate che sicuramente non mi sarebbero durate molto qualora avessi deciso di acquistarle quando mi sentii afferrare con decisione il polso.
Una presa del genere non era da Allen e infatti quando osservai i suoi occhi notai che il grigio stava duellando con l’oro. Le sue labbra erano piegate ad un piccolo sorriso ironico che non gli avevo praticamente mai visto e i suoi capelli parevano più mossi o forse solo più spettinati.
- Andiamo! – mi disse trascinandomi in un'altra stanza del negozio.
Qui vi erano oggetti più preziosi, come orecchini, collane e diademi in strass.
Mi lasciò andare all’improvviso e allungò una mano a prendere un diadema.
- Che fai? Non metterò mai quella roba! – protestai vivacemente.
- Zitta! – mi disse lui facendomi voltare verso lo specchio a figura intera che avevo di spalle e di cui non mi ero nemmeno accorta dell’esistenza.
Vidi le sue mani posare sulla mia testa quella cosa… E prima che potessi strapparmela di dosso l’immagine riflessa nello specchio mi serrò la gola e mi congelò il sangue nelle vene.
Quella era l’altra me stessa.
Azael.
Indossava una veste bianca che pareva abbracciare il suo corpo, senza tuttavia toccarlo davvero, come se persino il tessuto fosse qualcosa di impuro per quella pelle liscia e luminosa quasi fosse stata bagnata di rugiada… I capelli rossi scendevano in morbidi riccioli lungo le ravvia nude, accarezzandole come lingue di fiamma indolore. Gli occhi verdi gareggiavano in brillantezza con gli smeraldi più puri. Il capo era cinto da una coroncina aurea che diffondeva una certa luminescenza… Le quattro ali bianche si aprivano alle mie spalle e parevano abbracciare la mia figura come un manto, che nella purezza del loro bianco sembravano essere la cosa più giusta e adatta.
Alle mie spalle, seminascosto dalle mie ali piumate lo rividi.
Lui.
Lord Lucifero.
Con i capelli neri come la notte… Gli occhi dorati… Le labbra rosse che parlavano di un peccato mortale ma che promettevano piaceri indescrivibili e inducevano in tentazione… Si, lui era bello. E non solo il suo aspetto anche la sua anima di allora era stata bella. Poi la corruzione l’aveva resa inguardabile e oscena… Però nei miei ricordi Lord Lucifero era una creatura del Cielo. Ed era pura e splendente come l’astro del Mattino a cui era spesso associato.
- Ora ricordi anche il tuo vero aspetto Azael? – mi chiese con voce suadente.
- No. Ciò che mi mostri può essere tua menzogna. – dissi fissandolo negli occhi attraverso il riflesso dello specchio.
- Non sono io a mostrartelo, sei tu a mostrarlo a me. –
- Menzogne. – dissi decisa.
- Verità, Azael. Io non mi sono mai veduto in quel modo… - mi sussurrò ed io seppi che non mentiva. Quello era il Lord Lucifero che io avevo sempre veduto e amato. Era la mia illusione. Era la menzogna che avevo raccontato a me stessa ed ora non potevo far altro che fronteggiarla e soffrire per l’illusione che io avevo alimentato e creato.
Mi voltai di scatto, strappandomi il diadema dai capelli ed il mio volto sfiorò quello di Allen. - Perché? – domandai stupita.
- Cosa? – chiese lui
- Fai quella faccia… - sussurrai
- Quale? – chiese di nuovo colui che dimorava in Allen
- E’ come se tu stessi per scoppiare a piangere ma non ti ricordassi di come si fa… - dissi. - Perché tu hai scelto di nuovo Lui e non me. - mi disse.



- Ragazzi!!! – trillò Lavi e tutto sparì in un attimo. Allen era Allen e mi fissava con aria confusa… Io tenevo fra le dita il diadema e forse anche tre o quattro miei capelli, Marie osservava la scena cercando di capirci qualcosa, Crowley guardava con occhi sbarluccicosi gli strass che riflettevano la luce in piccoli arcobaleni iridati… Miranda e Lenalee andarono in estasi quando videro quei gioielli…
Deposi il diadema, consapevole che mi aveva dato altro ricordi di cui avrei fatto volentieri a meno, ma che ormai non aveva più alcun valore…
- No, io preferisco qualcosa di più sobrio – mi decisi a dire.
- Quello non si adatta a te. Questo sarebbe meglio – disse Kanda indicando un pettinino, di quelli che si usano parecchio nelle acconciature giapponesi delle donne.
- Tradizionalista! – sbuffò Lenalee dandogli una piccola spintarella.
- Tsk! – si stizzì lui allontanandosi.
Lord Lucifero lo sapeva e lo sapevo anch’io. La mie scelta era stata compiuta molto tempo prima, quando accettai di venire al mondo come Innocence reincarnata. E quella scelta, io non l’avrei tradita né rinnegata mai.


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Capitolo 25
*** - Ingannati - ***


L'empio concepisce malizia e partorisce rovina;
egli prepara l'inganno».



- Giobbe 15:35 -


Osservai Lenalee e Miranda, che erano venute alla mia ricerca, con aria perplessa a causa delle loro espressioni a metà strada fra lo stupito e la disapprovazione.
- Ciao ragazze! – le salutai accennando un sorriso mentre Kanda sbuffava sonoramente, rimarcando il suo fastidio per l’interruzione.
- Cosa fate ancora così?! – chiese la ragazza più giovane osservando con gli occhi sgranati la nostra tenuta da allenamento.
In effetti, per essere una che era appena stata avvelenata e aveva rischiato di lasciarci le penne ero fin troppo in salute, ma essere un’Esorcista aveva ben i suoi vantaggi, così come li aveva essere un Apostolo.
Non sapevo come definire il nuovo equilibrio che si era creato fra me e Yu, ma le cose non erano tanto male. Bastava non toccare certi argomenti e tutto andava via piuttosto liscio. Anche le mie turbe ormonali parevano essersi date una regolata e dato che con il ragazzo non era possibile avere edificanti conversazioni teologiche o di qualsiasi altro tipo, finivamo per fare quello che a lui riusciva meglio: combattere.
Era un ottima spalla: non era solo uno dei migliori, se non il miglior spadaccino che avessi mai incontrato, ma era anche molto abile con le arti marziali e nei combattimenti corpo a corpo. Con lui c’era sempre di che imparare e soprattutto non mi riservava alcuna gentilezza in quanto donna.
Una cosa l’avevo capita di Kanda: restava nell’ordine perché non aveva un altro posto dove andare o forse non lo interessava nessuna alternativa, ma non amava l’ordine. Forse non lo avrei amato nemmeno io se mi avessero usata come cavia da laboratorio e se mi avessero costretta a compire gli atti di cui lui era reo… Però… Era davvero così diverso quello che avevano fatto a me?
Forse non lo era in termini di sofferenza, di dolore, di incomprensione, di paura… Ma su una cosa io non potevo obbiettare: era stata una mia scelta. Mia e di nessun altro. Forse all’epoca non sapevo cosa mi aspettasse davvero ma nessuno mi aveva obbligato, a differenza di Kanda che se una scelta aveva avuto non gli era stata posta in modo a lui comprensibile.
- Sono solo le sei di pomeriggio! – appuntai lanciando uno sguardo fugace all’orologio appeso sul fondo della sala degli allenamenti.
- Sono già le sei, vorrai dire! – appuntò Lenalee
- Non farai in tempo a preparati come si deve… - diede man forte anche Miranda, malgrado non so per quale ragione io la intimidissi.
- Non è che sia come il giorno delle mie nozze che mi devo fare bella… - osservai perplessa. Da che avevo capito non era cosa poi così rara che alla Home si trovassero dei pretesti per fare un po’ di festa che serviva a tenere alto l’umore degli Esorcisti o se non altro a distrarli dagli orrori che la guerra in corso poneva costantemente sotto i loro occhi.
- Donne! – sibilò Kanda rinfoderando la spada e ponendo così fine ai nostri allenamenti.



Mi lasciai cadere a peso morto sul letto, provocando la protesta delle molle del materasso. Le altre due ragazze sospirarono come se fossi un caso perso. Non era che non apprezzassi quel genere di cose, anzi, trovavo davvero piene di dolcezza e di serenità le scene in cui Miranda pettinava gli splendidi capelli di Lenalee che sotto i colpi della spazzola parevano diventare ancora più luminosi. Rimasi incantata ad osservare poi la ragazza più giovane che sceglieva il trucco più adatto per la tedesca, rendendo il suo viso pallido e perennemente tirato qualcosa di più dolce. I miracoli dei trucchi delle signore.
Il problema era che non volevo venissero fatte a me quelle cose! Mi imbarazzavano e mi mettevano un po’ a disagio. D’altra parte i monaci non erano certo le creature più materne del mondo, malgrado i loro animi fossero votati al bene, non erano soliti incipriarsi il naso e fare pettegolezzi. Gli anni trascorsi in Vaticano, poi, non erano certo stati diversi. I contatti fisici non erano frequenti, soprattutto fra due persone di sesso differente. I baci, le stette di mano, gli abbracci erano dati solo come mere formalità e l’essere troppo espansivi non era molto gradito soprattutto nel mio ambiente. Probabilmente i diocesani erano più calorosi, ma con loro non avevo mai troppo a che fare. Gli uomini di chiesa infatti nutrivano molto più lo spirito che non il corpo di cui si prendevano la giusta cura per mantenerlo pulito e in buona salute ma di sicuro non perdevano tempo a coccolarsi a vicenda. Forse era perché le coccole, che solo una madre compie con estrema naturalezza, mi erano negate senza cattiveria, che alla fine le trovavo estremamente imbarazzanti. Non ci ero abituata.
Nemmeno quell’altra me stessa, Azael era avvezza alle coccole. Lo sapevo per certo.
Eppure dopo la rigidità iniziale avevo iniziato a trovare piacevole il tocco delle mani abili e capaci di Lenalee che passavano nelle mie ciocche rosse, e sebbene non mi interessassero molto trovavo suadente la voce bassa di Miranda che raccontava aneddoti divertenti a cui aveva partecipato da quando era stata accolta nell’Ordine. Sapevo che quelli erano assai meno dell’orrore che aveva veduto ma proprio perché rari erano ancora più preziosi e scivolavano come balsamo sulle ferite dell’anima.
- Forse questo spacco è un po’ troppo profondo – riconobbe la tedesca osservandosi nello specchio a figura intera che avevo sull’anta all’interno dell’armadio.
- Ma no! E poi più è profondo lo spacco più sei libera nei movimenti. – le dissi con cognizione di causa.
- Come? –
- Certo, con uno spacco come quello puoi darti alla fuga in qualsiasi momento senza doverti rimboccare le gonne, puoi tirare un bel calcio nelle basse sfere di un uomo troppo insistente senza rischiare che il vestito blocchi il tuo attacco e cosa ancora più pratica non sarai assordata dal frusciare di gonne e sottogonne e sa il cielo che altro inventarsi le donne dell’alta società per rendere opulenti i loro abiti! –
- Angel! Questa è una festa… Serve per rilassarci e socializzare! Siamo a casa, fra amici non c’è bisogno di essere così guardinghi! Cosa potrebbe mai accadere? –
- Non lo so, ma se qualcosa può andare storto, stai certa che lo farà… - dissi e questo mio pensiero non proprio positivo parve trovare il pieno sostegno di Miranda. A volte dimenticavo la sua ansia e il suo pessimismo che non era il caso di incrementare, perciò aggiunsi subito – Ok, stavo scherzando! –



Le nove arrivarono fin troppo presto ma a volte la percezione del tempo risulta essere un po’ sfalsata quindi non vi prestai molta attenzione. Anche il cielo fuori dalla finestra pareva essere troppo scuro, tuttavia Londra non era famosa per il suo sole splendente perciò se era nuvoloso era ovvio che anche la luce fosse meno e che il buio calasse prima.
Con un sospiro che voleva celare l’imbarazzo presi dalla tasca della giacca di esorcista, quella stessa giacca che avevo indossato per l’allenamento con Kanda, un piccolo pacchettino. Me lo aveva dato il ragazzo, quando ero andata a chiamarlo per la sessione di allenamento. Non aveva detto molto, mi aveva solo dato quella cosa e aveva sibilato
- Non osare scartarlo davanti a me! – poi si era allontanato lungo il corridoio a passo di marcia, tanto che avevo quasi dovuto correre per raggiungerlo.
Adesso potevo aprirlo. Per la verità nemmeno io sapevo cosa contenesse ma dato che me lo aveva dato Yu potevo stare tranquilla che non era nulla di compromettente (cosa che se fosse stato Lavi a farmi un regalo mi sarei guardata bene dall’aprirlo di fronte a chicchessia!).
- Cos’è? – chiese Lenalee curiosa.
- Qualcosa che sfoggerò stasera – le dissi con un sorriso. Perchè qualsiasi cosa fosse stata l’avrei senza dubbio indossata e lo avevo saputo nel preciso momento in cui Yu mi aveva messo fra le mani quel regalo. Non sapevo la ragione precisa, ma dato che in qualche modo era suo, per me era importante e prezioso.
- Ma che bello! – esclamò Lenalee piena di entusiasmo osservando il piccolo ciondolo a forma di fiore di loto che pendeva da una striscia di velluto azzurra che andava legata attorno al collo.
- Si intona perfettamente al tuo abito! – approvò anche Miranda.
Sorrisi pensando che Yu vedeva e capiva molte più cose di quello che lasciava intendere e soprattutto non era l’insensibile che voleva far credere che fosse: semplicemente non era avvezzo ad esprimere i propri sentimenti e forse non sapeva nemmeno bene come fare. O forse era solo la mia parte femminile e angelica a voler vedere il bene e il buono in ogni parte… Chissà.
- Andiamo! E’ vero che le belle donne devono farsi desiderare, ma se ritardiamo troppo Allen ci avrà saccheggiato il buffet! – dissi ammiccando verso la ragazza cinese che annuì per poi scuotere la testa e protestare
- Dai! Allen non è così maleducato da lasciarci senza cena! –
- Non ci scommetterei – diede man forte Miranda.
Uno sbuffo gonfiò le rosee gote della sorella del supervisore ma poi le nostre risate riempirono l’aria.



Voi dite: «Noi abbiamo fatto alleanza con la morte,
abbiamo fatto un patto con il soggiorno dei morti;
quando l'inondante flagello passerà, non giungerà fino a noi
perché abbiamo fatto della menzogna il nostro rifugio e ci siamo messi al sicuro dietro
l'inganno».


- Isaia 28:15 -




- Ma sono sempre state così buie queste scale? – chiese Miranda che si trovava in mezzo a noi due, con aria preoccupata.
- In effetti non mi pareva, ma forse i ragazzi ci stanno organizzando uno sorpresa… - ragionò Lenalee.
- Già, la sala della festa dovrebbe essere piuttosto vicina ma non si sente alcun rumore… Dite che ci stanno facendo uno scherzo? – chiesi crucciando la fronte mentre un brivido freddo mi scorreva lungo la schiena.
La sensazione che qualcosa non andasse si intensificò nel mio petto. Era piuttosto fastidioso, come un brusio di sottofondo, una nota stonata nell’insieme.
- Io mi sto preoccupando… - sussurrò la Lotto.
- Dimmi qualcosa di nuovo, Miranda! – le dissi con un piccolo ghigno. Non era che la volessi offendere o volessi essere scontrosa nei suoi riguardi ma la sua ansia eccessiva a volte era snervante.
- Io mi preoccupo davvero! – protestò debolmente lei.
- Non ne dubito, è solo che lo fai eccessivamente. Fai del tuo meglio, dai il tuo massimo e lascia che il resto venga come deve venire. Non puoi vivere sull’orlo dell’esaurimento per tutta la vita. Potresti crollare nel momento in cui qualcuno ha davvero bisogno di te. – le dissi.
Lei sospirò.
- Hai ragione, ma non riesco ad essere diversa da come sono… Lo so che sono orribile… - piagnucolò lei.
- Non sei orribile! Non sai quante volte ci hai salvato la vita! Senza di te avremmo fallito in molte missioni! Tu sei… Sei una di noi e sei preziosa proprio per questa ragione! – si infervorò Lenalee. Certo che lei sapeva essere più consolante di me, in effetti io non ero mai stata troppo brava a parole. Erano i fatti che parlavano in vece mia, però forse stare con loro poteva essere l’occasione per provare a sforzarmi un po’ di più con le parole.
- Ma io… -
- Tu sei stata scelta dal Signore del Cielo e della Terra come tutti noi. E il tizio dei piani alti sa quello che fa, te lo assicuro. Se non riesci ad avere fiducia in te stessa fidati di lui. Non ti metterà mai davanti ad una prova che non sei in grado di superare… Il suo amore è immenso, ti permette di usare il tuo libero arbitrio e offenderlo con scelte sbagliate ma anche quando hai commesso degli errori la sua mano si protende per offrirti il suo aiuto… E’ questo che lui ci chiede di fare. Tendere la nostra mano a chi si trova in difficoltà e continuare a farlo anche quando veniamo respinti, anche quando a causa di questo finiamo noi stessi per cadere… -
- Ma che belle parole, Angel! – la voce ci gelò nel corridoio e dalle ombre più dense dietro una colonna emerse una figura, inconfondibile per i suoi capelli argentei ma…
Quello non era Allen!
Gli occhi dorati brillarono in modo sinistro e inquietante mentre il ghigno che tagliava a metà l’armonia del volto dell’Esorcista aveva un che di ferale.
- Chi… Chi sei? Tu non sei Allen… - pigolò Lenalee spingendosi contro la parete come se le pietre potessero aprirsi e inghiottirla o fornirle una qualsiasi protezione.
-Certo che sono Allen. Ma sono anche il Compositore… o Quattordicesimo! – rispose lui avanzando verso di noi.
- Non è divertente… - la voce di Miranda era strozzata nella sua gola a causa della paura.
- Cosa vuoi da noi? – chiesi dandomi immediatamente della scema. Era come esporsi in prima persona! Mettere una X grande una casa sul bersaglio da colpire…
- Mettervi in guardia. Gli altri della mia famiglia sono qui e hanno voglia di giocare un po’ con voi, soprattutto la capricciosa principessa dei sogni… -



L’odore inconfondibile della sigaretta mi fece compiere uno scarto brusco e afferrai il braccio di Lenalee con poco garbo, ma giusto in tempo.
Dal muro presso il quale di era ridossata emerse il mezzo busto di Tyki Mikk. Avevo un conto in sospeso con lui. Il collo ancora mi doleva dove le sue dita avvelenate lo avevano stretto. Era fastidioso, come una carezza elettrostatica e sapevo che non mi sarei sentita meglio fino a che non avessi saldato quel debito, restituendo i dovuti interessi.
- Che bello sguardo hai Angel Cielo! Sei pronta a dare finalmente battaglia? – chiese ridacchiando il Noha mentre spariva nel muro per riapparire sul soffitto.
- Uffa Tyki ma tu ci hai già giocato con lei… - Protestò la voce infantile di Road. Non c’era nulla da fare, con quella mocciosa era incompatibilità di carattere a pelle.
- Perché Bookman non ti diverte più? - chiese Tyki
- Che avete fatto a Lavi? – domandò Lenalee con voce tremante.
- Per ora è ancora vivo… come anche quello spadaccino… Ma chissà per quanto lo resteranno… Tic tac- tic tac… Il tempo scorre… - ridacchiò di nuovo la Noha dei sogni.
Ebbi la sensazione che quella volta facessero molto più sul serio che altre. E per la prima volta pregai di sbagliarmi. Poi un pensiero incoerente mi attraversò la testa.° Yu, qualsiasi cosa accada resta vivo. Voglio vedere ancora una volta il tuo viso e voglio toccare di nuovo i tuoi capelli°



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Capitolo 26
*** - Still go on - ***



Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

- Spesso il male di vivere ho incontrato – Eugenio Monatale



Per un fugace attimo, mentre ero intenta a scappare dalle mire di Tyki Mikk, mi chiesi che fine avessero fatto le altre due ragazze.
Nella concitazione seguita all’inizio dello scontro con uno dei Noah più forti in circolazione non mi ero curata altri che di me stessa e ammetterlo mi provocava un leggero senso di colpa. Una creatura del Signore non doveva agire in tale modo, ma forse, tutti gli anni vissuti come essere umano mi avevano alla fine resa più simile a loro che a ciò che ero alla mia origine.
- Sei sicura di poterti concedere tutte queste distrazioni? – chiese Mikk con un ghigno malevolo sul bel volto prima che la sua Tease di posasse sul mio braccio.
Era abbastanza doloroso, come se sulle zampette di quella cosa dall’aspetto leggiadro vi fosse acido corrosivo. Feci un gesto istintivo. Tipicamente umano. Se una ragazza è infastidita da un insetto lo scaccia con la mano. E fu un grande errore perché così avevo si distrutto una delle care Tease del Noah ma mi ero anche ridotta la mano uno schifo.
- Gesto istintivo ma non troppo furbo – non mancò di notare l’irritante Piacere.
- Grazie, potevi avvisarmi prima – ribattei in un ringhio.
Sono tuo nemico. Se ti indebolisci da sola a me fa solo piacere… - ribattè ampliando quel ghigno distorto che si portava incollato alla faccia.
Vogliamo tirarla per le lunghe? – chiesi iniziando a spazientirmi.
Guarda che stai avendo la peggio, o meglio voi esorcisti state avendo la peggio… Vuoi dare uno sguardo? – chiese il Noah accendendosi una sigaretta.
L’opportunità che mi veniva offerta era ghiotta, perché potevo sapere senza troppa fatica cosa fosse capitato o cosa stesse capitando agli altri ma la controparte non era per nulla allettante. C’erano troppi “ma” in sospeso, incluso quello che ciò che mi veniva mostrato corrispondesse a verità.
Sono il Noah del piacere, non quello della Menzogna – mi fece notare lui sbuffandomi un faccia una nube azzurrata di puzzolente fumo di sigaretta.
Arricciai il naso e feci una smorfia.
So chi sei, anche il mio collo si ricorda bene di te. – non mancai di appuntare. Lui rise, una risata roca e sensuale.
A quanto pareva i suoi piani su di me stavano cambiando di nuovo.
- Nella remota possibilità che fossi interessata alla tua proposta… Cosa mi verrebbe a costare? – chiesi stando sempre sul chi vive.
- Chissà… Non ho ancora stabilito il giusto compenso. – disse lui gettando a terra la cicca della sigaretta. Ma cos’aveva fatto? Se l’era mangiata!? Due tiri, al massimo tre e l’aveva finita? Signore mio era troppo sperare che i polmoncini di quel malefico Noah cedessero sotto il peso del catrame?
-Grazie ma la proposta non mi interessa. – ammisi iniziando liberare la mia Innocence. Ormai il sigillo dell’orecchino, quello che mi aveva dato Leonardo non era più efficace. Forse il passare del tempo lo aveva indebolito. Improvvisamente mi resi conto che non era affatto così. Quel sigillo non aveva mai davvero posseduto il potere di sigillare la mia Innocence. Semplicemente ero io a crederlo. Ad esserne convinta e la forza della mia convinzione aveva influito il mio comportamento. Credendo di non poter fare una cosa mi ero persuasa di non poterla fare davvero.
Riconobbi davanti a me stessa e all’evidenza che Leonardo era davvero un genio. Non solo per le proiezioni futuristiche delle sue idee ma anche per la capacità quasi spaventosa di comprendere il funzionamento della mente.
Libere dalle costrizioni che io stessa avevo imposto le mie ali dalle candide piume si aprirono alla mie spalle.
Cosa stai…!?! – la voce del Noah del Piacere era strozzata e voltandomi verso di lui notai che si teneva il petto con una mano mentre il volto sbiancava ed il respiro si strozzava nella sua gola. L’espressione di dolore che gli distorceva i lineamenti si stava rapidamente sostituendo a quella di sorpresa che ancora dimorava nei suoi occhi dorati.
Armi pari. Armi pari mio caro Noah. – gli dissi con una voce che per un momento non riconobbi come mia ma come quella dell’altra me stessa.


Il muro davanti ai miei occhi divenne trasparente ed io riuscii a vedere cosa stava accadendo al di la di esso.
Road.
Road che giocava il suo gioco crudele con le altre due ragazze.
Miranda era vittima dell’illusione della mocciosa e piangeva, incapace di reagire davanti a quella che era una delle sue maggiori ansie: essere inutile.
Lenalee era colpita nei suoi affetti più profondi. Mi resi conto che Allen era davvero Allen, o meglio era il Quattordicesimo e che tutto sommato quella situazione lo stesse incuriosendo. Mi sentii arrabbiata e quasi tradita per la mancanza di interesse che il Noah reietto mostrava nei confronti della pena manifestata dalla ragazza.
Non potevo sentire le parole di Lenalee ma la disperazione dipinta sul suo viso era molto più eloquente di qualsiasi suono. La vidi lasciarsi cadere fra le sue stesse ginocchia, coprendosi il volto con le mani per arginare il fiume di lacrime che ormai non poteva essere contenuto oltre.
Vidi Road ridere, gettando indietro la testa. La risata le percorreva il corpo, scuotendolo come una foglia in balia del vento. Provai rabbia. Rabbia per quel divertimento meschino. Per la risata crudele che il patimento altrui portava su quella bocca di bambina. Se fino ad allora, per quanto trovassi decisamene antipatica la Noah dei Sogni, mi ero sempre trattenuta in virtù del fatto che avesse l’aspetto di una bimbetta adesso, la rabbia che ruggiva nelle mie vene mi fece di colpo comprendere che quella Noah non era diversa da tutti gli altri membri della Famiglia. Non importava che aspetto avesse. Così come non importava l’aspetto fisico degli Akuma.
Gli Akuma erano sempre Akuma, indipendentemente dalla sembianza che prendevano. Erano creati dal Conte del Millennio per divenire i suoi strumenti. In un certo senso non erano diversi dagli Esorcisti o dagli Apostoli… Ma nell’altro senso erano profondamente diversi. Difficilmente un esorcista rinunciava ad essere tale, ma la scelta era arbitraria. Mollare, arrendersi, cambiare vita era una possibilità. Anche se a conti fatti nessuno l’aveva mai scelta era pur sempre un’ alternativa che nostro Signore non ci toglieva. Il conte non lasciava scelta.
Usava il dolore di chi era sopravvissuto ad una persona cara, per costringere con l’inganno a richiamare l’anima del defunto e poi la legava all’Akuma che egli stesso aveva costruito per dare una parvenza di vita a qualcosa di inanimato che diveniva il suo strumento. Senza possibilità di scelta. Senza speranza di redenzione o liberazione.
Solo noi Esorcisti, annientando l’Akuma permettevano all’anima prigioniera di proseguire per il suo iter… Tuttavia non ci era concesso di salvare nessuno. Se l’anima era corrosa dal peccato era destinata comunque all’inferno.
Il Quattordicesimo fissava Lenalee con indifferenza e quasi con sprezzo. Come si guarda uno strano insetto di cui non si capisce la forma, lo scopo o la ragione di essere. Road saltellava intorno alla ragazza, chinandosi ora alla sua destra, ora alla sua sinistra e dicendole sicuramente qualcosa di orribile dato il modo in cui la ragazza si accartocciava su se stessa e singhiozzava.
- Angel… - il rantolo di Tyki Mikk mi riportò alla mia realtà.
Avendo infranto le barriere del mio sigillo la mia Innocence manifestava se stessa. Io ero fatta di Innocence. Non avevo problemi di sincronizzazione o altro, perché non si trattava di essere un compatibile e di adattarsi. Si trattava semplicemente di prendere coscienza della propria intima natura.
- Vattene, Tyki. Vattene se non vuoi essere annientato. – glielo dissi, in un tono che non era minaccioso. Era una constatazione. Avrei potuto dire che il sole sorgeva ad Est e la mia intonazione non sarebbe cambiata di una virgola. Non so perché lo feci; di avvertirlo intendo. Non era certo nel progetto del mio Signore salvare i Noah e il Conte del Millennio. Però glielo dissi. Probabilmente era una questione di coscienza personale. Qualcosa che già avevo ma che avevo sviluppato durante gli anni di permanenza nel mondo umano. Gli angeli delle caste più nobili mi avrebbero compatita, credendo che il difetto insito nei geni umani mi avesse alla fine contagiata.
Chissà se era vero?


Il muro davanti a me andò in frantumi.
Il Quattordicesimo si voltò di scatto, mentre Road si nascondeva dietro uno scudo che aveva innalzato con il suo potere onirico.
- Bentro… - le parole gli morirono sulle labbra socchiuse.
- Oh, il nostro angioletto si è arrabbiato? – mi derise Road.
Non la degnai di uno sguardo. Non era lei che mi interessava in quel preciso momento.
- Non sarò mai dalla tua parte, Lord Lucifero. E non c’entra il fatto che io sono un angelo e tu un angelo decaduto. Non dipende dal fatto che sia stato designato come il Vespertino… E’ solo che tu non capisci il senso delle lacrime, nemmeno delle tue. – lo accusai.
- Delle mie? – chiese lui facendo un passo indetro.
- Non te ne sei accorto? L’Allen che è rinchiuso dentro di te sta piangendo. Se ti tocchi le gote lo puoi realizzare. – gli dissi
Road scoppiò a ridere, maligna.
- E’ ovvio che possiamo piangere. Abbiamo una parte di ricordi di Noè. A conti fatti siamo umani anche noi… Lo è il nostro corpo e lo sono i nostri geni… -
- In tal caso siete ancora più penosi e patetici. Manifestate sentimenti che il corpo ricorda ma la mente no. Non comprendente cosa siete. – le dissi lanciandole uno sguardo di sbieco.
- Tu! Come osi!?! – ruggì lei con una voce che era di donna adulta e non di bambina.
- Che c’è? La verità fa forse male? – ribattei deliberatamente provocatoria.
Volevo lo scontro con lei. Per ciò che aveva fatto a Lenalee. Per ciò che aveva fatto a me. Per quello che mi aveva costretta a realizzare.
- Io lo so cosa tu ami, Angel. E adesso me la pagherai! – sibilò collerica materializzando dal nulla Kanda.
Un Kanda piuttosto pesto per la verità.
Era quello il suo piano? Credeva di piegarmi facendo del male a Kanda? Per un attimo me lo chiesi ma accantonai subito quell’idea. Road non poteva essere tanto limitata… Ma se lo era sarebbe stata meglio per me.
Delle candele appuntite circondarono il ragazzo.
- Che ne diresti se lo riducessi un puntaspilli? – domandò facendo ciondolare le gambe fasciate da calzette a righe dal bordo di una scopa volante sulla quale stava seduta.
Odiavo il suo modo di manipolare la realtà, come se fosse un prestigiatore o un illusionista. Ma quella volta non avrebbe funzionato, perché che lei lo realizzasse o meno, la persona che aveva difronte non era più Angel Cielo ma Azael.
- Kanda è un Esorcista. Sa che il suo dovere gli impone il sacrificio. Se sarà in grado di difendersi dal tuo attacco buon per lui. Io non sono Dio. Io non posso salvare nessuno. –
Qualche candela si slanciò verso Yu.
Il sangue colò rosso e vivo dalle ferite che gli si erano aperte sul corpo. Erano graffi più o meno superficiali, ma era chiaro che Road aveva un certo vantaggio su di lui. E se ciò la distraeva a me faceva solo comodo. Perché stavo raccogliendo potere e lo stavo facendo in sordina.
- Sono certa che al prossimo attacco si farà molto più male. – dichiarò.
- Non lo aiuterò, Road. – le dissi iniziando a raccogliere il mio potere.
- No! – si ribellò lei quando si rese conto che il mio attacco sarebbe stato davvero micidiale.
Le mie ali si aprirono quando riversai fuori di me la forza. Percepii solo le candele evaporare, la Noah gridare di dolore e la stanza in cui eravamo andare in frantumi come uno specchio colpito da un sasso.



Kanda mi fissò per un attimo in silenzio.
Se ci fosse accusa nei suoi occhi blu come la notte io non fui in grado di capirlo. Allen si tolse la giacca e libero del giogo del Quattordicesimo si chinò su Lenalee, coprendo le sue spalle tremanti e accogliendola fra le sue braccia quando lei vi si gettò in singhiozzi. Se ci fosse stato Komui gli sarebbe reso un colpo pensai.
- Tu… - mi richiamò Kanda.
Voltai il capo per fissarlo un attimo.
Le parole non raggiunsero mai le sue labbra, ma io le intesi benissimo.
Gli sorrisi. Sapevo che era un sorriso dolce e gentile. Un sorriso che raramente concedevo.
- Pesano? – chiese ad un tratto indicando con un cenno del mento le ali, che sebbene fosse chiuse e sfiorassero il pavimento, non erano sparite.
- Sono… Ingombranti a volte… - ammisi in un soffio.
- Tsk! – rispose lui avvicinandosi ad un’altra porta.
- Dove vai? – gli chiese Allen
- Ci aspettano per una festa… Dov’è la Lotto? – ribattè lui con il solito tono scazzato.
- Credo sia rimasta infondo alle scale. Vado io a prenderla - annunciai facendo sparire le ali e ringraziando la scollatura del vestito che aveva permesso loro di liberarsi senza farmi restare seminuda. Kanda aveva ragione. Non potevamo piangere sulle nostre ferite; potevamo solo avanzare, interpretando la nostra parte e dando il meglio di noi. non aveva usato le parole per spiegarlo, ma i gesti e il suo stesso esempio.
Questo era Kanda.

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Capitolo 27
*** Amare gli uomini ***



Questa è la mia paura, che tu creda di accettare i principi
di una dottrina empia e di avanzare sulla via del delitto.
- Il sacrifico di Ifigenia - Lucrezio



In effetti non era stata un’idea così brillante andare alla festa in quelle condizioni. Se non altro avremmo dovuto per lo meno darci una sistemata, che Lenalee in lacrime, Miranda con un occhio pesto, Lavi con un braccio ferito e la faccia di Kanda la dissero lunga su quello che era successo.
Il quartier generale era nel caos più totale.
Dopo il primo attacco della famiglia Noah che aveva tra le altre cose , sottoposto l’Ordine alla perdita di parecchi suoi validi collaboratori, le difese erano state riviste e intensificate. Quello che era accaduto era pertanto indice di quanto ancora deboli fossero i componenti dell’Ordine se paragonati a quella famiglia oscura.
Ovviamente i festeggiamenti vennero sospesi e si ci ritrovò a parlare nella stanza del Supervisiore.
Solo Lenalee e Miranda erano assenti perché spedite in infermeria a fare i dovuti controlli.
- Io mi sono francamente stancata di lasciare a loro la prima mossa. – dissi giocherellando con una ciocca di capelli.
- Non abbiamo alternative – appuntò Link freddo e impersonale.
- Però potremmo iniziare qualche ricerca… - si decise a spezzare una lancia in mio favore Bookman Jr.
- Inutile perdita di tempo. – sbuffò Kanda seccato.
Per lui era tutto inutile.
Pareva quasi, adesso più che mai, che il suo solo scopo nella vita fosse quello di combattere obbedendo a degli ordini. Potevo capire, che dopo ciò che aveva passato non si potesse sperare che lui fosse mr. Allegria ma nemmeno che fosse in quel modo!
Allen sedeva in silenzio, il capo chino e le mani strette in grembo.
Pareva sconfitto ancora prima di aver combattuto.
Decisamente eravamo messi male.
In sostanza, dopo due ore di riunione non si cavò un ragno dal buco e decidemmo di andarcene tutti a dormire e riprendere la discussione l’indomani mattina.



Hevraska si mosse, sollevandosi adagio dalla sua dimora.
- Tutto bene Angel? – chiese con quella voce impalpabile che era tipicamente sua.
- In una guerra, le cose non vanno mai bene. Vorrei che potesse finire senza troppe sofferenze. – ammisi.
- Ti sei stancata di questo mondo? – mi chiese lei, lentamente
- No. Continuo ad amare questo mondo come la prima volta che l’ho visto. Continuo ad amare gi esseri umani, nella loro imperfezione e continuo a credere che la mia scelta sia stata la migliore. Vorrei solo facesse meno male, ma questo non l’ha promesso mai nessuno. – riconobbi sedendomi con le gambe a penzoloni nel vuoto.
- Proteggerò fino alla fine le Innocence che mi sono state affidate, in attesa che incontrino il loro compatibile… - disse lei chinandosi in avanti, per tornare sul fondo di quel posto, a svolgere la sua indiscussa funzione di guardiana.
- Grazie Hevraska… Sono stata proprio indelicata a lamentarmi con te, vero? – le dissi piegando le labbra in un sorriso mesto.
Mi parve di sentirla ridacchiare mentre la luminescenza del suo corpo si affievoliva e lei spariva, nel posto scuro, sotto di me.
Decisi di restare lì ancora qualche attimo.
I miei fratelli erano così vicini, ma non potevo raggiungerli.
Mi sarebbe piaciuto davvero sentirli… Forse mi avrebbero dato più forza, o forse mi sarebbe parso per un momento di tornare lassù. Sapevo che era Azael a fare questi pensieri, perché Angel possedeva solo il sentire di una vita terrena. Terribilmente lunga, ma solo una vita terrena.
Mi chiesi se anche Allen si sentisse in questo modo, tuttavia vi era una profonda differenza tra me e lui: il Quattordicesimo non era esattamente uno stinco di Santo e quando i suoi ricordi emergevano… Per Allen doveva essere tremendo trovarsi dentro la testa e dentro il corpo una presenza estranea che era così lontana dal suo intimo sentire… Io e Azael tutto sommato ci spostavamo sulla stessa linea di azione.
Sospirai socchiudendo gli occhi e lo vidi di nuovo.
Lord Lucifero.
Sarebbe mai venuto il tempo in cui lo avrei dimenticato?
Aprii gli occhi e la mia mente rimase un passo indietro, facendomi vedere il volto di Kanda.
Perché lui?
Non avevamo nulla a che fare l’uno con l’altra… Eppure non potevo fare a meno di sentire quella calda emozione avvolgere il mio cuore se pensavo a lui. Ai suoi capelli neri, al suo sguardo duro, alle sue spalle sempre fieramente erette…



L’allarme scattò all’improvviso.
I Noah ci avevano attaccati di nuovo.
Due volte in una stessa notte era troppo persino per loro.
Il Conte doveva avere urgenza di stanare qualcosa, o qualcuno…
Perché?
Incrociai Kanda in fondo alle scale.
Aveva già Mugen sguainata e attivata.
- Tsk – sbuffò superandomi lungo il corridoio per precipitarsi all’esterno e combattere. Aumentai il passo per non essere lasciata indietro.
Non ero ansiosa di gettarmi nella battaglia ma lo avrei fatto perché quello era il mio preciso dovere. Mi chiesi se a Kanda piacesse combattere poiché pareva sempre impaziente di farlo. Concludere la missione e farsene assegnare un’altra. Come se sperasse che quella fosse l’ultima. Come se sperasse che fosse la volta buona per morire.
Morire non è un atto volontario.
A parte il suicidio, ma a taluni individui quella via di fuga è negata in partenza.
Le mie due personalità si trovano concordi sul fatto di voler vivere.
In questi secoli non avevo mai pensato nemmeno una volta, di farla finita.
Non era solo per l’ incarico a cui mi ero offerta volontaria ma ero io che voleva sopravvivere per vedere come andrà a finire e per sapere se a conti fatti, quello che il mio cure spera si avveri, succederà.
Restai basita, sul portone dell’ Ordine.
Una moltitudine di Akuma invadeva il Cielo che si stava schiarendo per l’ approssimarsi dell’alba.
Non c’erano solo gli Akuma di basso livello.
Le schiere nemiche si componevano anche di qualche livello Quattro e c’erano ben Quattro Noah a comandarli.
Avrei voluto prendermi Road per quello che sentivo di avere in sospeso con lei ma a quanto pareva Allen mi aveva preceduta.
Mi chiesi per quanto tempo ancora avrebbe combattuto al nostro fianco.
Dopotutto lui era destinato a divenire il Quattordicesimo.
Lavy e Yu erano alle prese con i gemelli.
Qualcosa mi diceva che allo spadaccino sarebbero saltati ben presto i nervi.
Ecco, mi pareva che non si fosse ancora presentato dinnanzi a me.
Tyki Mikk.
- Non credo proprio siano coincidenze o destino… - notai osservandolo in quegli occhi dorati che avrebbero dovuto spaventarmi ma invece mi riportavano solo una sensazione di tristezza.
- In effetti, ti ho reclamata per me. Road è stata più che contenta di prendersi Allen. –
- Ha un debole per lui, eh? Non sei geloso? – chiesi con un ghigno.
Quando avevo imparato a ghignare come lui?
- Geloso? Io sono il Piacere, non la gelosia. – lui parve perplesso.
Una vera tristezza che fossero umani, con tutti i sentimenti del caso e non li comprendessero affatto.
Anche Lord Lucifero non capiva il suo cuore… E nemmeno allora seppi fare qualcosa.
- Non siamo qui per intrattenerci in amene conversazioni – dissi secca prima di attaccare.
Sapevo che non sarebbe stata una battaglia facile, ma sapevo che andava combattuta. Non avrei voltato le spalle alla realtà del momento. Non di nuovo.



La balestra, fatta di Innocence apparve sul mio braccio.
Tease riempirono l’aria introno a noi.
Chiusi un momento gli occhi e quando li riaprii si scatenò l’Inferno.
Non era facile, evitare le farfalle malefiche, distruggere gli Akuma che mi si paravano innanzi e cercare di stare fuori portata di Tyki. Presto o tardi avrei commesso un errore e lui mi avrebbe ferita… Lo sapevo.
Mi chiesi perché io non cercassi di colpire lui.
Eppure un paio di occasioni le avevo avute, avrei potuto fargli male sul serio. Forse ucciderlo… Perché non lo avevo fatto?
Azael lo sapeva.
Perché i Noah erano ancora degli esseri umani e l’angelo che era in me non poteva non amarli e desiderare di proteggerli.
Per gli Akuma il discorso era differente. Loro erano già morti. La loro anima, richiamata dal Conte del Millennio dava vita a quelle mostruosità che venivano manovrate dal Conte stesso, macchiandosi di colpe che non erano loro direttamente imputabili tuttavia…
- Tsk!- riconobbi il sibilo di Kanda, mentre con la spada affettava un Akuma che era sopraggiunto ad una angolo cieco alle mie spalle.
- Grazie! – gli dissi socchiudendo gli occhi davanti all’esplosione di un livello Due ad opera delle mie frecce.
Un colpo ci travolse. Mandandoci a sbattere contro un albero.
Sentii una costola scricchiolare prima di precipitare a terra.
- Angel! Kanda!!! – strillò Allen per metterci in guardia ma reagimmo troppo tardi.
Qualcosa di simile ad un tentacolo mi aveva affettata per la gola e mi stava sollevando da terra.
- Che cazz… - sibilò lo spadaccino quando anche lui si trovò avvolto da quella cosa. Cosa ci aveva catturati?
Feci appena in tempo a chiedermelo quando vidi che il tentacolo sbatteva al suolo Yu, con una certa violenza.
Pochi istanti dopo e provai la medesima esperienza.
La grossa spada di Allen, che pareva quasi uno scudo passò davanti al mio campo visivo.
Fu un grosso errore.
Non appena il fendente si abbattè sul tentacolo da esso partì una scarica elettrica. Non mi vergognai di urlare per il male.
- Angel! Stai bene? - strillò Allen.
Cercai di sollevare il capo che mi ciondolava in avanti. Ricevere tutti quei volts aveva avuto un effetto paralizzante sul mio corpo, ma adesso si stava riprendendo.
- Sono viva! – confermai evitando di aggiungere che non sapevo per quanto lo sarei ancora stata.
Essere pessimisti in una battaglia non è mai producente.
- Bakanda? –
- Moyashi! – ringhiò il mio compagno di sventura e questo mi tranquillizzò.
Era ancora vivo e stava discretamente bene se diceva una cosa simile.
Una risata piuttosto folle ci raggiunse.
Tyki Mikk.
O quello che ne restava.
Pareva che il Noah in lui avesse preso il sopravvento e ciò che lo animava era solo un prepotente desiderio distruttivo.
Road stava seduta su quell’ombrello rosa dalla testa di zucca di Halloween e pareva divertita come non mai.
Mi chiesi cosa fosse accaduto agli altri, ma mi consolai notando l’assenza dei gemelli. Lavi e Kanda dovevano averli messi nel sacco, se quest’ultimo era poi venuto a darmi man forte.
- Vi divertite? – una voce più cupa si intromise.
Poco dopo apparve la grassa e assurda figura del Conte Del Millennio.
- Signor Conte! Benvenuto, Leero! – gracchiò l’ombrello.
A narrarlo sembrava di raccontare una fiaba degli orrori.
- Bhe, insomma – trovai la faccia tosta di ribattere.
- Oh, ma guarda cosa è finito impigliato nella nostra rete! – ironizzò il Rivale del Cielo. Non potevo certo illudermi che non capisse cosa o chi fossi… Però era lo stesso seccante essere smascherata in meno di tre secondi.
- Sei di quelli che si sono offerti volontari, eh? – domandò retoricamente il Conte avvicinandosi a me.
- Vuole provare a distruggermi? – chiesi quando me lo trovai a pochi passi dal volto.
- Non sono sicuro che non mi costi troppo. – ammise lui con un ghigno – Ma ti farò ugualmente parecchio male! –
Ecco, questa era una minaccia che avrei preferito non sentire…
Con la sua spada, così simile a quella di Allen, trafisse Kanda.
Il copro del ragazzo si piegò violentemente all’indietro, inarcandosi in una posa innaturale prima di afflosciarsi privo di vita.
Il tatuaggio che aveva sulla parte sinistra del corpo prese a dilagare e vorticare furiosamente.
Sgranai gli occhi per lo stupore mentre il sangue del ragazzo mi cadeva sul viso.
- Interessanti questi Apostoli… - sussurrò mentre sfilava la spada dal corpo del mio compagno d’arme.
- Dimmi Azael, quanto fa male vedere i propri compagni morire? – chiese il Conte
Vidi le dita della mano di Kanda fremere.
Stava già ritornando in vita.
- Oh, dimenticavo… Chissà per quanto tempo possiamo andare avanti così? – si interrogò di nuovo come se la cosa gli importasse e non avesse già deciso di giocare con le nostre vite…
- Vai a cagare! – sibilai liberando le ali che frantumarono il tentacolo e mi diedero la possibilità di colpire con violenza quell’assurda faccia che il Conte aveva deciso di sfoggiare.
Un dolore lancinante mi percorse il corpo.
Ci misi qualche istante a realizzare che non avevo distrutto i tentacolo, lo avevo solo smembrato e adesso, i suoi frammenti mi trafiggevano e mi tenevano inchiodata al muro della sede dell’Ordine.
- Mugen! Attivati! – Kanda si era ripreso in tempo per tentare un nuovo attacco ma anche a lui toccò la mia stessa sorte.
Road ridacchiò prima di usare Leero come mazza e colpire sia la Katana che cadde a terra che poi, in successione, il volto di Kanda.
- Ahiahiaahia!!!! Road-Tama!!! Fa male, Leero! – protestò l’ombrello.
Stoicamente il giapponese non emise un suono.
Fu allora che mi chiesi che ne era stato di Allen.
Un brivido gelido mi percorse quando lo realizzai.
Allen non era più Allen, e fissava la scena con aria un po’ curiosa ma per nulla interessato alle nostre sorti.



Il Conte si sollevò da terra e iniziò a fissare la figura di Allen.
Ebbi il brutto presentimento che se non facevo qualcosa e non lo facevo subito qualcosa di moto brutto sarebbe accaduto all’Esorcista albino.
Iniziai ad agirarmi ma muovendomi ottenevo solo di farmi male e sanguinare di più. Le ali, che erano da sempre state fonte di soccorso e aiuto adesso, si stavano rivelando un intralcio.
- Smettila di agitarti tanto o rovinerai quelle belle ali di cui sei tanto fiera e non volerai mai più. – mi disse Road lanciandomi uno sguardo di sufficienza.
Mi chiesi da dove venisse quel desiderio di prenderla a schiaffi fino a gonfiarla come una zampogna. Non era degno di Azael… Ma forse lo era di Angel!
- O magari ti piacerebbe strapparmele, no? Come una bambina crudele che taglia le ali alle farfalle per vedere se tornano bruchi… o se gli ricrescono… - ecco, ci mancava solo di diventare sarcastica con la principessina mentalmente deviata dei sogni…
Scoprii a mie spese che anche le candele di Road fanno schifosamente male.
Mentre combattevo per arginare il dolore e trovare coerenza di pensiero e azione le parole dei Noah mi raggiunsero.
- Sei della famiglia – stava dicendo Tyki
- Proprio così Allen!!! – trillò Road e mi immaginai che gli si fosse avviluppata adosso come edera… Di certo questo non face bene a Lenalee e mi ritrovai ad essere grata del fatto che stesse combattendo altrove.
Occhio non vede, cuore non duole… Non diceva circa così quel vecchio detto popolare?
- Se chiedi scusa, verrai perdonato… - provò di nuovo suadente Tyki.
Avevo voglia di gridare di non farlo.
Di non ascoltarli… Che erano tutte menzogne…
Ma non lo erano.
Allen era il Quattordicesimo e in quanto tale apparteneva alla famiglia dei Noah.
- Andiamo a casa… - disse il Conte tendendo la mano all’albino.
Un ghigno deformò le labbra e i tratti del viso dell’esorcista.
- Te l’ho già detto. Ti ammazzerò prenderò il tuo posto, Signor Conte! – ribattè Allen prima di calare un fendente con a spada, proprio sul Conte.
Non lo colpì, come avevo sperato per un attimo, perché la sua spada cozzò contro la sua gemella, dando vita ad una pioggia di scintille e a stridore metallico.
- Dannato traditore! – strillò Road mentre anche Tyki preparava l’attacco.
Forse il Quattordicesimo ce l’avrebbe fatta da solo, ma non lo credetti.
Fu per questo, che ignorando il dolore mi strappai dal muro, lacerando le ali e sentendo il mio sangue, caldo e denso scivolare lungo la mia schiena e sul mio corpo.
- Attento Allen!!!! – stillai prima di mettermi fra lui e una scarica di candele della piccola stronza.
L’impatto mi spinse all’indietro e avvertii vagamente la sensazione di cadere mentre il dolore prendeva possesso di tutto il mio corpo.
- Angel!!! – gridò Kanda ed io avrei sorriso per il fatto averlo riconosciuto la primo colpo, senza nemmeno vederlo…
- Stupida!!! – qualcuno mi stava sibilando all’orecchio quella parola.
Aprii gli occhi per vederne due dorati, nascosti da ciocche d’argento.
- Perché lo hai fatto!? Non sono forse un Noah? Non sono forse un nemico? – e a parlare, malgrado il ghigno che incurvava le labbra era qualcuno che assomigliava davvero ad Allen, senza tuttavia esserlo. Ma più che ad Allen, forse assomigliava a Lord Lucifero.
- Sei un uomo, tanto mi basta. –
- Ti basta per cosa, stupida!!! – chiese lui che davvero non comprendeva.
- Per amarti e per proteggerti. Non importa che tu sia Allen o il Quattordicesimo, ai miei occhi resti un essere umano e la tua vita va preservata… Sono così stanca… - borbottai.
- Moyashi!!!! Datti da fare! – strillò Yu prima di raggiungerci con un balzo e attivare la terzo livello la sua Innocence.
Il resto della battaglia me lo persi.

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Capitolo 28
*** L'evoluzione di Lenalee ***



To the right, to the left
We will fight to the death
To the Edge of the Eatrh
It’s a brave new world, it’s a brave new world

- 30 Second to Mars – This is war. -



Quando ripresi conoscenza ero appoggiata alla ruvida corteccia dell’albero.
Lo scontro si era spostato lontano da me e le grida della battaglia mi giungevano remote e distanti.
Come se non mi appartenessero.
Come se nulla mi appartenesse più.
Abbassai lo sguardo sul mio corpo.
Gli abiti erano intrisi di sangue.
Le ali, devastate, erano schiacciate a terra, anch’esse macchiate del mio stesso sangue e mezze spennate.
° Hanno fatto di me un pollo arrosto.° pensai con amara derisione.
Tornai a guardare il mio sangue.
Rosso.
Così simile a quello degli esseri umani…
Se era tutto mio dovevo avere le vene a secco.
Cinque litri o giù di li era quello che il mio corpo poteva contenere.
Potevo perderne la metà e sperare di restare viva.
Se ne perdevo di più…
Addio Angel.
Chiusi gli occhi, andando a cercare la presenza dentro di me.
L’altra me stessa.
Azael.


Fu come guardasi in uno specchio.
Stessi capelli rossi.
Stessi occhi di smeraldo.
Tuttavia quello era il viso di una sconosciuta.
Forse, morendo, la mia parte umana aveva smesso di identificarsi in un corpo e adesso non restava altro che la sua essenza.
L‘anima.
- Finalmente ci incontriamo… -
- Siamo sempre state legate… - mi rispose lei.
- Già , ma non abbiamo mai avuto modo di incontrarci… così. – ammisi.
- Mi dispiace… - Azael parve infinitamente triste.
- Perché sono morta? – chiesi crucciando la fronte.
- Perché non hai potuto vivere una vita davvero tua… - sussurrò lei.
- Oh, ti sbagli. Ho vissuto molto a lungo… Troppo per un essere umano. – riconobbi
- Non è questo che intendevo. Non parlavo in termini di tempo… - sospirò l’angelo.
- Ho vissuto molto anche a livello di sentimenti. Di amicizie. – non riuscii a non ricordare volti del passato, per concludere con quello di Padre Leone, degli altri esorcisti e infine quello di Kanda.
Pensare al ragazzo mi provocava sempre un miscuglio di gioia e tristezza. Sensazioni agrodolci e nostalgiche.
- Ma anche di morte, dolore, sofferenza… -
- Vivere è complesso. Forse morire è più facile. – riconobbi.
A parte la paura che tutto sarebbe finito in niente non era difficile. Bastava aspettare.
- Io non so più se è giusto o no combattere questa guerra. – Azael sembrò sul punto di piangere.
Forse lo ero anch’io ma non mi pareva.
Mi sentivo… calma.
Come quando si attende l’inevitabile e se ne ha la consapevolezza. Come davanti ad una decisione già presa e definitiva. Nulla potrà cambiare.
- Abbiamo percorso il nostro tempo. Attraverso la verità, attraverso le bugie, attraverso il dolore, attraverso la gioia… Abbiamo rispettato il nostro tempo. Abbiamo accettato la chiamata a combattere fino alla nostra morte perché questo è il tempo di combattere. Non so se ho mai creduto in un inizio o in una fine… Non so se ho mai creduto nella salvezza o nella perdizione… Ma ho sentito… Ho sentito il tuo essere… Non mi importa di conquistare e dominare al terra… Non mi importa della lotta fra bene e male, anche se ho dovuto schierarmi da una parte del campo, perché esserci volava dire prendere posizione… E io volevo esserci… Ma non per i motivi per cui il Conte ha dichiarato guerra. Non perché mi interessi davvero fermarlo… Semplicemente io voglio proteggere il luogo che amo, il luogo dove le persone che amo o che ho amato possano vivere o abbiano vissuto… Mi bastava questo. Per questo ho stretto con te il patto, Azael. – ebbi la certezza che fosse Angel a parlare senza ombra di dubbio.
Un angelo non poteva assolutamente concepire tale pensieri atei.
- Hai… Creduto in me? – chiese Azael.
- In noi. – le risponsi sorridendo.



Qualcosa era cambiato.
In Azael qualcosa era diverso.
Una luce nuova animava il suo sguardo.
Una comprensione che prima non aveva.
Una incrollabile certezza.
- Sei coraggiosa Angel. Lo sei sempre stata. Mi piacerebbe sperare che in nuovo mondo, quello che nascerà dalle ceneri di questa guerra sarà impavido come il tuo cuore… -
- Ho preso da te, Azael. Se non fossimo state così simili le nostre essenze non avrebbero potuto restare fuse per tutti quegli anni. – riconobbi con un sorriso.
- E’ ancora tempo di combattere, Angel. Posso continuare ad usare il tuo corpo? – chiese l’angelo mentre il fuoco verde divorava i suoi occhi.
- E’ sempre stato tuo, Azael… - ammisi
- Alla fine, lo potrai abbracciare, te lo prometto! –
Il pensiero che forse lui non lo volesse il mio abbraccio si perse nella luce che ci invase.



Il mio corpo si era rigenerato.
Le ali erano tornate integre, la divisa da esorcista no.
Osservai il mio seno che spuntava ironico sul mio petto. Se fosse stato per me non mi sarei nemmeno degnata di coprirlo, tanto era inesistente, ma ero consapevole di che cosa fosse il comune senso del pudore.
Raccolsi un pezzo della mia divisa da esorcista. La manica della giacca. Per quello che dovevo coprire era più che sufficiente. Non c’era molto di cui gioirne ma pazienza. Le grida di dolore e lo sferragliare delle armi mi condussero presto nel luogo dove si era spostata la battaglia.
Miranda era protetta da Marie mentre teneva attivo il suo Time Record e effettuava le guarigioni sui corpi di coloro che combattevano. Era un po’ crudele perché costringeva i feriti a spremersi come limoni, privandoli del dolore.
Ma la Dark Religious aveva fatto cose assai peggiori.
I finder si davano da fare come potevano, imprigionando gli Akuma affinché qualche esorcista li distruggesse più facilmente.
Lenalee danzava con la grazia di una farfalla , anche se ciò era dovuto all’attivazione della sua Innocence restava uno spettacolo affascinante. Distruggeva con infallibile precisione gli Akuma che colpiva.
Kanda era alle prese con Tiki Mykk.
Credevo che abbvesse un conto in sospeso con lui.
Forse più di uno.
Allen stava combattendo con Road.
Il Conte osservava tutto con distacco annoiato.
Non vedevo l’ombrello assurdo ma dubitavo che gli fosse capitato qualcosa…
Non vedevo nemmeno i gemelli ma credevo che anche altrove si stesse combattendo.
Mancavano i due Generali che sapevo per certo essere in sede.
Sokaro e Tiedoll.
Non era più tempo di stare a guardare…
Sfortunatamente non fui la sola a pensarla in questo modo.
Anche il Conte intervenne, portandosi alle spalle di Allen.
Seppi che non avrei mai fatto in tempo e il sangue mi si gelò nelle vene…
Non potevamo, no meglio, non volevo perdere l’esorcista maledetto.
La spada del Conte del Millennio cadde sulla schiena dell’ignaro albino.
Un rumore secco di acciaio.
Il mio cuore mancò un battito.
Lenalee aveva colpito a piedi pari la spada nemica.
Per un momento apparve sospesa nell’aria.
Il Conte ghignò malefico.
Il potere oscuro che si irradiò da lui aveva un che di spaventoso.
Vidi l’Innocence di Lenalee frantumarsi.
Lei ruzzolò nell’erba, scaraventata lontano dalla forza del nemico.
I suoi piedi scalzi e feriti furono l’ultima cosa che scorsi prima che il suo corpo venisse inghiottito dall’erba alta.
Allen si accorse dell’attacco, e grazie al sacrificio della ragazza riuscì ad evitarlo e adesso fronteggiava il suo nemico. Anche il suo volto era distorto dall’orrore e dall’angoscia per quello che era accaduto alla sua amica.
Era mai possibile che fossimo sempre noi a dover avere la peggio?
Rabbia.
Non degna di un angelo.
Molto degna di un essere umano.
Qualcuno doveva pagare.
Vendetta.
Inconcepibile per un angelo.
Molto concreta per un essere umano.
Finalmente capii cosa era cambiato in Azael.
Non era che lei non fosse più ciò che era, semplicemente stava lasciando a me, ad Angel il suo spazio di espressione.
- Allen, ce la fai da solo? – chiesi per precipitarmi dietro a Road che come una iena aveva fiutato la carcassa del suo rivale e ci si stava avventando sopra per darle il colpo di grazia.
Una parte di me, quella più umana, che adesso era sguinzagliata provò l’immenso desiderio di prendere a calci nel culo la Noah dei sogni. E seppe che quell’atto gli avrebbe procurato un gran senso di liberazione e di piacere.
Con un balzo riuscii a portare una svenuta esorcista lontano dal punto in cui era caduta e le candele malefiche si piantarono nel terreno.
Una smorfia di disappunto passò sul viso da bambolina di Road.
- Svegliati, Lenalee! – ordinai scuotendo senza troppa gentilezza la ragazza. Gli occhi viola mi fissarono storditi e sofferenti.
- Angel… -
- Quanto si malconcia? – chiesi in tono dannatamente pratico.
- La mia Innocence… Allen… - si preoccupò immediatamente non appena i ricordi presero il loro posto.
- Allen se la cava benissimo da solo, per il momento… - la informai permettendole di vedere lo scontro che aveva luogo intorno a noi ma non perdendo mai di vista le candele che ci seguivano come missili sonar e facendole schiantare contro qualsiasi cosa fosse inanimata.
- - Ma quella non si stanca mai? Tsk! – sbuffai dispiegando le ali per compiere un balzo verso l’alto.
Gravata del peso di Lenalee in aria non ero agile come sempre. Non ero abituata a trasportare qualcuno con le mie ali ma questo non significava che non potessi farlo.
- Le tue ali… Sono guarite? – chiese lei osservandosi poi i piedi davvero malconci e sanguinanti.
- L’Innocence può rigenerare se stessa infinite volte, fino a che i suoi sentimenti sono in risonanza con i nostri. – le svelai.
Vidi le sue gote bagnarsi di lacrime.
- Sono così debole… Così inutile… - mormorò lei affranta.
- Allen lo hai salvato, no? – le chiesi per darle coraggio.
- Però lui… Sta ancora combattendo con il Conte… Guarda il suo corpo pieno di ferite… - la sua voce era incrinata dal pianto.
Lanciai uno sguardo alla ricerca di Kanda.
Non era messo meglio di Allen e il suo torace nudo era in buona parte invaso dal tatuaggio però anche Tiki Mykk perdeva sangue.
Ghignai.
- Combattono perché ancora credono in quello che fanno. Combattono perché sanno che questo è il momento di farlo, la sola occasione che ancora hanno per proteggere e salvare quello che sta loro a cuore. Lo so cos’ha fatto l’Ordine Oscuro con l’Innocence… ma lei non è mai stata una nemica. – le dissi.
Le candele di Road sono schifosamente dolorose, il mio corpo se lo ricordava benissimo e la loro punzecchiatura al mio fianco rinfrescano questo ricordo.
- L’Innocence, nella forma in cui voi esorcisti la utilizzati altro non sono che le materializzazioni in questo mondo dei servitori di Dio. Sono Angeli che hanno deciso di abbandonare il Regno Dei Cieli e patire sofferenze e tormenti per proteggere il mondo. Il mondo che il Creatore ama e che loro stessi amano. Farsi accettare dagli uomini è più difficile di quello che si possa pensare… Ed essere sfruttati da essi è divenuta prassi comune… Ma non importa. Per un angelo, nessun sacrificio è troppo grande, se compiuto in nome dell’amore universale. Sei un compatibile, Lenalee. Smetti di odiare l’Innocence e prova a capirla. Ti ripagherà. – questa era la spiegazione migliore e l’incoraggiamento più sentito che potessi dare alla ragazza.
Vidi il suo volto farsi più sereno, mentre cercava un contatto più intimo e profondo con la sua Innocence.
Dovevo guadagnare tempo per lei…
La lasciai sul terrazzo dell’Ordine.
Non so quanto potesse essere protetta in quel posto ma di sicuro lo sarebbe stata più che agganciata a me.
Lavi ci raggiunse in quel momento.
Anche lui era piuttosto pesto ma decisamente ancora molto combattivo. Non era certo un comportamento da Bookman. Non era da Bookman farsi ferire in quel modo.
- Ehi, bentrovato! – gli dissi osservando intorno a noi per capire cosa sarebbe spuntato, se un semplice Akuma o un Noah.
- Ci sono una montagna di Akuma. Più ne distruggiamo più ne arrivano… -
- Forse il Conte li sta facendo convergere tutti qui, per un attacco in grande stile? – chiese Lenalee, seduta a terra. Evidentemente le gambe ancora non la reggevano.
- Forse. A me dava l’idea di volere Allen… - borbottai.
- Dobbiamo impedirglielo. – esclamò la ragazza e Lavi annuì convinto.
- Possiamo provarci… - capitolai.
- Stolti! – ci derise Road che apparve in quel momento a cavallo dell’ombrello del Conte.
Ma quella non ne voleva proprio sapere di lasciarci in pace?
- Ti siamo mancati? Vedo che continui a cercarci come se fossimo la tua mamma… - azzardai per farla arrabbiare.
Nno che ci tenessi in particolar modo a misurarmi con lei e a prenderle ma non intendevo farmi spaventare dalla crudeltà che leggevo nel suo sguardo. Se Azael allentava un po’ la morsa, presti si sarebbe resa conto che nel cuore umano la luce lascia spazio anche alle tenebre.
- Taci! Guardate cosa avete combinato! State distruggendo tutte le creature che il conte ha fatto! Gli sono costate così tanto impegno e duro lavoro! E poi quello spadaccino malefico ha fatto del male a Tiki. A uno della mia famiglia… Non vi perdonerò mai per questo! –
- Che hai fatto a Yu?! – sbottò Lavi che considerava il giapponese alla stregua di un amico del cuore.
- L’ho infilzato per bene! Come il lurido insetto che è! – ribattè lei inorgoglita. Avevo voglia di farla a pezzetti.
Mi prudevano le mani per tale desiderio ma sapevo di non doverlo fare. C’era qualcuno che meritava questo privilegio molto, ma molto più di me.
Con un grido Lavi si slanciò contro di lei ma venne presto atterrato.
Lenalee finì in una gabbia trasparente simile ad un dado.
Di certo la Noah non aveva una grande fantasia.
Il clique era sempre lo stesso.
- Manchi un po’ di originalità mia cara… - sbuffai allargando le mie ali e producendo una raffica di vento che fece cadere a terra le candele di cui amava circondarsi.
Ai miei piedi apparve un pacco.
Anche questo trucco era vecchio.
Balzai via prima dell’esplosione.
- Allora che ne dici di questo? – chiese indicando la prigione di Lenalee.
Sulle sei facce del dado apparvero dei numeri.
- Giochiamo? Il primo tiro lo faccio io! – ghignò malefica prima di agitare il dado gigante nel quale l’esorcista stava facendo la fine si una fragola nel frullatore. Vidi il sangue che sporcava le facce del muro.
Non sapevo se erano nuove ferite o se fossero le vecchie che si riaprivano ma non avevo modo di aiutarla…
Se mi fossi lanciata contro Road, con ogni probabilità sarei finita in una sua trappola… La salvezza venne dall’alto.
Kanda.
Ma lo realizzai subito.
Non era Kanda, ma Mugen a muovere il corpo di Kanda, che con ogni probabilità era svenuto.
Calò come un falco dal cielo e la sua spada, la sua affilatissima lama tagliò a metà il cubo, liberando Lenalee che cadde verso il marmo della terrazza.
Lavi si alzò, mezzo pesto e dolorante e cercò di attutire il colpo alla giovane. Yu rovinò a terra, vicino a me.
Era impressionante vedere i muscoli e i tessuti che si ricomponevano e tentavano di rigenerare un corpo che ormai cadeva in pezzi.
- Ti ha ridotto un gruviera… - mormorai per sentirmi mandare a quel paese. Sarebbe stata una cosa che mi avrebbe tranquillizzata.
- Do’hao… - soffiò fuori lo spadaccino.
Il suo sguardo si fermò sul mio petto.
- Che c’è? – chiesi arrossendo.
- Tiki le trova sexy – mi informò ammiccando verso il mio seno praticamente insesistente.
Arrossi ancora di più.
- Gli strapperò gli occhi a quel maniaco depravato, porco maiale… - sibilai cercandolo con lo sguardo. Kanda ghignò – Forse non ha torto – disse. Lo fece sicuramente per provocarmi e prendermi per i fondelli ma il mio cuore fece lo stesso le capriole. Il cuore di Angel…
L’esplosione di potere.
Esultai.
No, fu Azael ad esultare…
Allen e il Conte apparvero anche loro sulla terrazza. Il primo che rispondeva colpo su colpo al secondo.
Ma il potere non proveniva da loro.
Lenalee.
Lenalee e la sua Innocence.
Finalmente si erano perfettamente sincronizzate.
Azael conosceva quell’Innocence, erano stati compagni d’arme.
- Road! – esclamò la giovane esorcista con un’aria combattiva che non le avevo mai veduto sul volto ma che mi riempì di orgoglio.
- Lenalee? – la voce della Noah uscì un po’ incerta. Della fragile e dolce e delicata ragazza era rimasto solo l’aspetto. Nei suoi occhi ora si leggeva ben altro. Forse era la stessa espressione che si era dipinta sul suo viso mentre combatteva quell’Akuma di terzo livello, quello che inconsapevolmente aveva permesso alla ragazza di far evolvere la sua Innocence in quel viaggio per nave verso Edo, verso l’Arca.
- Ti lamenti che abbiamo distrutto i giocattoli del Conte… quando lui li ha creati usando le sofferenze umane… Ti lamenti che abbiamo fatto male alla tua famiglia, quando voi per primi ne avete fatto alla mia… Dici di non poterci perdonare… Quando siete stati voi i primi a recare torto… -
- Che intenzioni hai?! – strillò la Noah mentre il potere di Lenalee cresceva.
- Io ti perdono, Road. Per il male che ci ha fatto, per tutto quello che hai fatto io ti perdono… - per un attimo avevo forse sperato che Lenalee la prendesse a calci?
Si, lo avevo fatto.
- Sei impazzita forse? – strillò di nuovo la Noah.
- Sono i sentimenti negativi che vi fanno forti, l’ho capito poco fa… Per questo non combatterò contro di te odiandoti e provando del risentimento. Ti sconfiggerò e riempirò il tuo bel sedere di calci pensando solo ed esclusivamente a quanto io amo quello che sto proteggendo! – dichiarò Lenalee spostandosi ad una velocità pazzesca e atterrando Road con uno schiaffo che a malapena vidi.
- Come hai osato!?! Come hai osato colpirmi in volto!?! – strillò indignatissima la principessa dei sogni.
- Tu hai fatto di peggio… Chi è causa del suo mal, pianga se stesso… - la informò la cinese con aria serafica.
L’attacco di candele andò a vuoto, troppo agile era diventata l’Esorcista.
E un nuovo schiaffo al volto mandò Road a terra.
- E’ ora di svegliarsi, principessa. Tramuterò il tuo sogno in un incubo, come tu hai fatto con i miei… Perché tu possa apprendere il dolore che hai arrecato. Perché tu possa diventare una persona migliore… Perché io possa tornare di nuovo a sorridere insieme a tutti quelli che mi sono cari! –
Kanda si era ripreso e mi posò una mano sulla spalla.
- Dobbiamo aiutare… Tsk! Diamo una mano al Moyashi! – mi disse.
- Si, qui se la cava bene da sola… - riconobbi.
- Un giorno, mi spiegherai il segreto del tuo corpo e di come tu possa essere ancora viva, Angel. –
- Non è molto diverso da quello che accade a te. – risposi sapendo di non mentire.



Vista la malparata il Conte decise di sospendere l’attacco e di sparire con i vari Noah al suo seguito e gli Akuma che erano scampati alla distruzione.
Poiché avevamo già i nostri bei danni nessuno di noi si preoccupò di inseguire ed eliminare gli Akuma che si disperdevano…
Lenalee si avvicinò ad Allen e lo sostenne come meglio poteva.
Lavi cercò con lo sguardo Bookman senior nella radura sottostante.
Kanda posò la fronte sulla mia spalla.
- Dovresti lasciarmi perdere – mi disse, come se fosse un buon consiglio.
- Probabilmente dovrei, ma non sono brava a seguire i suggerimenti altrui. – ammisi con un ghigno.
- Lenalee!!!! Lenalee!!!! – le urla di Komui ci raggiunsero in fretta e non appena il Supervisore giunse sulla terrazza semidistrutta e vide Allen abbracciato alla sorella giunse alle peggiori conclusioni possibili, trapanandoci le orecchie con i suoi lamenti!

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Capitolo 29
*** - Dallo a me, il tuo odio - ***



Imploro pietà da Te,
l'unica che io ami,
dal fondo dell'anima in cui è caduto il mio cuore.

-I fiori del Male – De profundis clamavi – C. Baudlaire –



ATTENZIONE : spoler del capitolo 200 - Seed of Destruction


La rabbia mi passò addosso, come una mano fredda che gela il calore del cuore e ti priva del respiro. Sapevo bene che cedere all’ira era considerato un peccato mortale. Tanto più per una creatura come me. Eppure non potevo farne a meno.
La guardia si ritrovò sbattuta al muro, il mio braccio piegato che gli premeva la carotide.
Sapevo che non era abbastanza per soffocarlo, ma era fastidioso e rendeva difficile respirare liberamente.
- Che hai detto? – il mio sibilo dilatò ancora di più le pupille dell’uomo terrorizzato.
Non era nemmeno da me incutere timore volontariamente…
Cosa stavo diventando?
O era il papato che si circondava di rammolliti e non più di guerrieri?
Mi imposi la calma.
Lasciai libero l’uomo e lo vidi chinarsi in avanti, prendendo generose boccate d’aria fresca.
Il sole non era ancora tramontato, si era in quella particolare fase della giornata dove le tenebre sgtanno estendendo il loro dominio sulla luce.
Forse era quello che accadeva al mondo in quella fine del secolo.
Ma era già successo e poi era stata la Luce a riprendere i suoi domini.
Un po’ come quando viene l’alba.
Lo avevo già visto accadere.
E avevo già combattuto.
I cambiamenti avvenivano, più o meno lentamente ma avvenivano.
Era solo sul finire che gli eventi precipitavano.
Proprio come l’avvicendarsi nel cielo i Sole e Luna.
Dopo il tramonto, restavano poche ore di luce, come se non ci si potesse mai liberare di essa del tutto.
Sapevo che non erano pensieri degni di un angelo, tuttavia…
Non potevo tollerare quello che era stato fatto a Yu.
E non ero nemmeno disposta a passare sopra a quello che si voleva fare ad Allen, anche se dubitavo di poter fare davvero concretamente qualcosa per loro.
La Santa Sede voleva radiare il giovane albino dall’Ordine degli Esorcisti e in un modo o nell’altro ci sarebbe riuscita.
- Signorina Cielo, per favore… - borbottò con voce roca la guardia.
- Per favore, cosa? – chiesi corrugando la fronte e trafiggendolo con lo smeraldo dei miei occhi. Sapevo che il sole morente rendeva infuocati i miei capelli.
Forse più che un angelo parevo un diavolo… Ed in effetti non mi sentivo per nulla angelica.
- Vada da padre Amedeo Leone… Me lo ha chiesto lui di pregarla di farlo, prima che… Bhe, prima di decidere di compiere qualsiasi azione. –
- Tsk! – risposi e mi dissi che stavo prendendo il brutto carattere di Kanda.



Padre Leone sedeva in prossimità della scrivania di noce.
Era apparentemente intento a copiare un testo piuttosto datato, probabilmente di origine medioevale. Ma sapevo che era attento. E che mi stava aspettando.
Non mi lasciò in piedi come avrebbe fatto di solito in attesa che lui finisse il compito a cui era dedito ma posò la lunga penna bianca nel calamaio e mi venne incontro.
- Ce lo hai scritto in faccia che sei furibonda. –
- Bene, così eviteremo di girare intorno alla questione. – ribattei secca.
Lui fece un cenno con la mano, ad indicarmi una sedia di legno sulla quale prendere posto.
- Mi avete richiamata a Roma per fare di loro… Per poter fare con loro quello che vi aggradava? – non esitai a chiedere.
- Queste parole potrebbero costarti una scomunica. –
- A tanto giungerebbe l’ipocrisia della casa di nostro signore? – sibilai
- Il nemico si aggira fra le nostre fila. Anche per noi è difficile discernere chi compie il bene e chi non lo compie. – sospirò il Camerlengo.
Solo allora notai le profonde occhiaie che cerchiavano i suoi occhi azzurri, sempre così acuti e fieri. Doveva aver passato parecchie ore in stato di veglia e fui certa che non si fosse trattato di una veglia di preghiera.
- Il sonno della ragione genera mostri? – osai chiedere.
Lui annuì cupo.
- Cosa consiglia, Padre? –
- Non possiamo fare la prima mossa. Dobbiamo attendere. Attendere che il nemico agisca e cercare di limitare i danni –
- Non mi piace. – ammisi.
- Nemmeno a me. Ma esporsi ora… Sarebbe controproducente. Finiremmo per essere cacciati, per essere additati come eretici o peggio e non poter fare nemmeno più quel poco che la nostra attuale posizione ci permette. –
- Aveva ragione Lui. Questo è un mondo sporco. – l’amarezza nella mia voce la rende persino cupa.
- Con Lui intendi Lucifero? – chiese il Camerlengo.
- Si. Quando era il più grande dei Serafini e ancora serviva la causa di Dio. – confessai
- Non sembrerebbero parole dette da chi potrebbe amare gli uomini… - mi fece notare il Camerlengo.
- A noi angeli era proibito mentire. Se il mondo era sporco dicevamo che era sporco, ma questo non sminuiva l’amore che portavamo a Dio e alle sue creature. E’ facile amare ciò che incontra il nostro gusto o la nostra idea… E’ più difficile amare ciò che è lontano dal nostro intimo sentire. Ma Dio ci ha chiesto di amare, incondizionatamente. – ammisi
- E’ per questo che tu hai accettato tutto quello che ti è stato chiesto di… Fare e di diventare? –
Non sono sicura che Padre Leone voglia davvero una risposta, ma in quel momento mi sembrava che il suo cuore più del mio era in travaglio e avesse bisogno di conforto.
- L’avrebbe fatto anche lei, ne sono certa. – le mie labbra sorrisero, ma era una smorfia amara.
- Hai due notti, Angel. Non so dove Allen possa aver mandato Kanda e Allen dopo l’apertura del gate. Ma se pensi di poter fare qualcosa allora fallo. Ricorda però che io posso darti solo due notti. –
- E se fallissi? Due notti sono poche… -
- Non è una missione ufficiale. Tecnicamente non si potrebbe parlare di fallimento… Ma tu lo vivresti così, vero? –
Lui mi conosceva bene.
- C’è nulla che io debba sapere? Qualcosa che potrebbe suggerire… Un’idea… - chiesi non troppo speranzosa.
Padre Leone accarezzò un fascicolo che aveva sulla scrivania e me lo allungò.
Lo avevo già letto.
Conoscevo già la vergogna che si celava dietro il progetto degli Apostoli.
Ma forse non lo avevo fatto con la dovuta attenzione.
Lo avevo letto come un documento da cui attingere informazioni.
Non lo avevo letto mettendoci il cuore.
Non lo avevo letto con sensibilità.
Quella sensibilità che apparteneva a Angel e non ad Azael.



Matera era una città come altre.
Solo un po’ più mascherata.
Dietro l’allegria e i sorrisi si celava comunque il timore e l’apprensione.
Però era facile mescolarsi alla gente, raccogliere informazioni da brandelli di conversazione da avventori un po’ alticci nelle locande e nelle osterie.
Il popolo del Sud era più disposto alle chiacchiere e alla confidenza rispetto a quello del nord.
E sotto una luna che era solo una falce di se stessa mi avviai verso quelle antiche rovine.
L’aria era umida e faceva caldo.
La notte ti si avvolgeva intorno come un sudario e i miei passi erano pesanti e grevi.
Cos’avrei potuto dire se li avessi trovati?
Come mi sarei dovuta comportare?
Fingere di non sapere?
Scesi degli scalini malandati.
Rimasi celata dietro una colonna.
La decisione di Allen, il suo proposito di non permettere ai Noha o alla Chiesa di intromettersi fra loro due…
Era una colpa di cui mi sarei macchiata perché non avevo alternative.
Mi piacesse o meno, io ero della Chiesa.
Perché la Chiesa, checchè ne dicesse era fatta da uomini, e gli uomini sbagliano.
Nessuno di loro è prefetto, non ne esistono.
Ma hanno gli ideali e quelli si, quelli possono essere perfetti perché possono essere lasciati come dono da Dio.
E ciò che viene da Dio è sempre… Giusto.
Quindi, cosa ci facevo li?
Cosa videro gli occhi di Kanda quando Alma si spense non mi sarà mai dato di sapere.
Forse avrei potuto chiedere o portò chiederlo in futuro ma non credo che lo farò mai.
Ci sono cose, ci sono dolori che non possono essere condivisi.
Questo è uno di quelli.
Di Alma non restava molto.
La testa, il volto, le braccia e un pezzo di busto, al quale Kanda era abbracciato.
Lo aveva capito?
Lo aveva capito che era lei la donna che aveva promesso di cercare e di reincontrare?
Che era la sua anima quella intrappolata nel corpo di Alma?
Forse.
Ma non avrei chiesto.
Mai.
E di nuovo feci qualcosa per cui non sarei mai stata perdonata.
Avanzai nella sabbia di quel posto.
Fra le colonne più o meno rotte.
Non potevo rimandare.
Non potevo permettere si facesse troppo tardi.
Dopotutto ero avvezza ad essere odiata.
Le lacrime di Yu.
Poteva qualcosa di così dolorso essere al contempo tanto bello?



- Il tuo odio… Il tuo odio riversalo pure su di me. Va bene. E’ giusto così. – gli dissi accucciandomi davanti a lui e protendendo una mano per toccare Alma.
Se non avessi purificato il suo spirito, ammesso che fossi comunque in tempo per farlo, non sarebbe mai stato accolto o accolta dall’altra parte.
Non mi era dato di sapere che cosa i morti vedessero al momento del trapasso ma la sensazione di calma e di pace che mi invase mi fece capire che non era troppo tardo.

° Purificami con issopo e sarò mondato; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia; esulteranno le ossa che hai spezzato.°
Salmo 50

E fu davvero come sentire tutte le mie ossa infrangersi.
Perché l’odio che mi si riversò addosso mi distrusse.
Eppure la mia fede non venne meno.
La certezza che il mio Dio non mi stava abbandonando ma solo mettendo alla prova mi diede la forza per resistere.
E anche il corpo di Alma, da nero stava tornando un colore più roseo.

° Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo…
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato tu, o Dio,
non disprezzi.°
Salmo 50

Gli occhi blu di Yu mi stavano fissando.
E lui era a pezzi.
Non solo il suo cuore lo era, ma anche il suo corpo, quel corpo che si rigenerava ogni volta adesso era solo un involucro sottile come la carta velina e fragile come un castello di cenere.
- Angel – sussurrò con labbra screpolate.
Gli sorrisi fra piume bianche rosse di sangue.

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Capitolo 30
*** - My way to act - ***


Different ways for the spirit
Hiding the 21st. Tarot secret
Different ways for reality
Life´s just a dream
Life is just passion and warfare

- Different Ways - Easy Rider -



Lasciai ciondolare la testa contro il vetro del finestrino; davanti agli occhi mi scorrevano le immagini di un paesaggio in movimento. Non era l'impercettibile movimento dovuto alla rotazione del pianeta, ma era quello dovuto al treno che viaggiava velocemtne verso Roma e la mia destinazione finale.
Non era che fossi così impaziente di rientrare, anzi...
Sentivo dentro di me che qualcosa si era mosso e che gli eventi stavano drasticamente precipitando verso una conclusione decisamene sbagliata.
Potevo fare qualcosa?
Non lo sapevo.
Non lo sapevo davvero.
E non era solo l'umanità di Angel a non capire, anche Azael era enormemente confusa.



Chiusi gli occhi, tornando per un attimo ad analizzare quello che era accaduto fra me e Yu.
Rievocare il suo viso mi dava una certa pace.
- E' morto davvero? - mi aveva chiesto lui, sollevando il capo, dopo un tempo che non seppi quantificare.
- La sua anima non è più in questo mondo.- ammisi
- Quindi lui...Non esite più? -
- No. L'anima è immortale. Lui continua ad esistere. In un altro dove. In un altro quando.- ammisi
- Ma non tornerà mai più da me. Non sarà mai più con me.- disse lui fissandomi con gli occhi blu rassegnati.
- Questo non lo so. Non conosco i piani di Nostro Signore. A volte le anime si incontrano di nuovo... Ma in questo mondo, la sola cosa che ti rimane di lui sono i ricordi, che custodisci qui... - gli dissi indicandogli il petto.
- Tsk-
- Non è tsk. E' una consolazione che è stata concessa e che aiuta a superare il peggio. -
Mi lasciai cadere in ginocchio davanti a lui.
- Mi dispiace. Mi dispiace davvero di non essere riuscita a fare di più. Per nessuno di voi due. -
- Non parlare come il Moyashi. - gli occhi di Yu sono ancora pieni di dolore.
- Scusa -
- E non scusarti! - ringhiò lui.
Allungai le braccia e afferrandolo per le spalle me lo tirai contro.
Non sapevo se gli facevo male date le sue condizioni fisiche ma lui non protestò.
- E' ok non essere sempre... Il più forte - gli sussurrai all'orecchio
- Cosa fai, do'hao? - mi chiese lui, senza tuttavia ribellarsi alla stretta delle mie braccia introno al suo corpo.
- Non lo so. Credo solo che tu ne abbia bisogno. -
- tsk -
La mia mano si sollevò e con lentezza presi ad accarezzargli il capo.
- Non sono un bambino -
- Sei un uomo.- riconobbi - Ma questa è la sola cosa che mi viene in mente di fare, perchè non conosco le parole... Le parole giuste... - ammisi pensando che mai come allora avevo desiderato di cancelalre le ferite dal cuore di qualcuno.
- Che farai? - mi chiese lui dopo un po', sollevando il capo e allontanandosi da me.
Non lo trattenni.
- Quello che ho fatto finora. - gli sorrisi.
- Perchè? - chiese lui.
- Conosci già la risposta. Perchè è quello che voglio fare. Proteggere questo mondo e le persone che lo abitano. E dato che Angel è un essere umano e possiede il libero arbitrio, Azael può continuare ad usare questo corpo e opporsi alle mire del Conte del Millennio. -
- Alllora tu... Sei davvero una cosa sola con l'Innocence...-
- Si, perchè questo è il desiderio del mio cuore. Anche se fa male, anche se gli altri non capiscono... Anche se la maggior parte delle volte è difficile e doloroso. E' ciò che io ho liberamente scelto. E adesso anche tu... Anche tu puoi scegliere cosa fare. Sei libero. -
- Sono... confuso... -
- Lo so. Ma hai ancora tempo. Per pensarci.- sorrisi.
- Te ne andrai? - chiese lui sollevandola testa per osservare il mio viso dato che mi ero rimessa in piedi.
- Si, mi aspettano. -
- I tuoi padroni? - chiese lui ghignando.
- La Santa Sede... Commette degli errori, perchè è fatta da esseri umani, e gli esseri umani sono imperfetti. Mi chiamate Cane del Vaticano, ed in un certo senso lo sono, ma non come credi. -
- E come allora? Non sei forse loro serva? Non sei forse ai loro ordini? Vieni usata, persino neimodi più abbietti, come lo sono stato io e come lo sono tutti gli Esorcisti. -
- Non pensare che sia così stupida da non saperlo... E' solo che... Questo mondo è il solo posto dove per gli uomini è possibile distillare la felicità dal dolore... anche se pochissimi lo hanno compreso... E' per quella felicità che può essere alla portata di tutti io desidero proteggere questo posto, fino a che gli uomini non avranno imparato a vivere sotto lo stesso Cielo. E tu, Yu? Che cosa vuoi? C'è qualcuno a cui vuoi ancora bene? C'è qualcuno con cui hai creato dei legami? Qualcuno che vuoi proteggere o solo rivedere? Qualcuno che ti abbia fatto sentire... Accolto e accettato? Essere una famiglia, essere a casa, non significa vivere in simbiosi, significa solo avere un posto dove tornare. -
Le labbra di Kanda si piegarono ad un lieve sorriso.
- Trova il Moyashi. Ha bisogno di te. - mi disse prima di appoggiarsi alla colonna e chiudere gli occhi.
Tornai sui miei passi e mi accucciai di nuovo vicino a lui.
Non so se fosse crollato addormentato per sfinimento, se il riposo era necessario a rigenerare il suo corpo o se stesse solo fingendo.
Gli baciai l'angolo della bocca.
- Continua a vivere, come meglio credi... E ogni tanto dedicami anche solo un pensiero... - mormorai prima di allontanarmi da lui a passi lunghi e decisi.
Avrei voluto digli che alla fine di tutto sarebbe stato felice, che ci saremmo rivisti, che avrei voluto passare molto tempo con lui, che lo amavo... Ma tutto quello era un lusso che non potevo permettermi.



Quando arrivai alla stazione di Roma Terni era ormai sera.
Dovevo rientrare a San Pietro,fare rapporto a Padre Leone e accettare il nuovo incarico.
Qualcosa attraversò il mio corpo come una lama rovente.
Per un attimo boccheggiai, sentendomi come tagliata a metà e le ginocchia mi diventarono gelatina.
Caddi sulle pietre della banchina, sbucciandomi le ginocchia.
Poi fui di nuovo in me, forte come prima.
Che era successo?
Qualcosa ad Allen.
Qualcosa di molto brutto ad Allen.
Agii d'impulso.
Mollai la borsa e tutto il resto, mentre mi toglievo le la giacca e la camicia e lasciavo libere le ali di aprirsi alle mie spalle.
Era da tanto tempo che non facevo una cosa simile.
Ma sapevo che potevo farlo.
Pochi battiti di ali e Roma, sotto di me, era diventata una massa luminosa di vicoli e case ed esseri umani grandi quanto alambicchi.
Dio, ero così stupida!
Volevo salvarli tutti, anche se era quasi certamente sopra le mie possibilità...
Avevo fatto quello che potevo per Yu e adesso volevo fare lo stesso per Allen e forse anche per Neah...
Non sapevo dove cercare Allen, ma sapevo una cosa... Se lasciavo ad Azael il controllo completo del mio corpo lei sarebbe stata in grado di trovarlo, perchè solo lei poteva riconoscere le tenebre di Neah che erano così simili a quelle di Lord Lucifero.
E stupidamente, come Angel desiderai che anche loro due si potessero ritrovare e stare insieme, non come prima che tutto questo avesse inzio, ma alla pari.
Il mio corpo atterrò in una radura, vicino ad una vecchia e modesta casa da cui si levava un refolo di fumo grigio da un camino che si stagliava contro un cielo di velluto blu pieno di stelle.
Mi resi conto che battevo di denti per il freddo e anche se le ali si erano richiuse ed erano sparite, la giacca che mi affrettai ad indossare era ghiacciata.
Prima di collassare sul posto sarebbe stato meglio che mi sbrigassi a raggiungere quella casa e a chiedere una tazza di the bollente o qulacosa di forte che mi scaldasse le ossa ibernate.
Quando bussai fu il volto rugoso di una donna ad aprirmi.
- Che ti è successo? Sembri appena arrivata da una montagna innevata eppure qui fuori è tarda primavera... - mi disse fissandomi con sospetto.
Sfortunatamente il battito dei denti non mi permetteva di dire nemmeno una parola comprensibile.
- Che succede? - chiese la voce di Allen e poco dopo lo vidi, alle spalle della donna.
Gli occhi grigi divennero immensi poi lui gridò
- Angel! Che ti è successo!?! - e scostando la donna mi prese la mano e mi tirò dentro casa, avvicinandomi al caminetto acceso e cercando con lo sguardo qualcosa.
Pochi istanti dopo la nonnina mi mise una coperta di lana sulle spalle e mi infilò a forza un bicchiere contenete uno strano liquido ambrato fra le dita congelate della mia mano.
Allen mi fissava, con il volto colmo d'ansia.
Nno avevo bisogno di vedere, per sapere che le ferite sul suo corpo erano aumentate.
Sollevai la mano e gli accarezzai il volto, prima di spostare la mano sulla sua nuca e tirarmelo contro.
Il calore del suo corpo era confortante, e lui odorava di Allen...
Dov'era il Quattrodicesimo?
Ed improvvisamente lo sentii.
Era lì. Solo un pelo sotto la superficie della coscienza di Allen, come se anche lui si fosse avvicinato per partecipare a quell'abbraccio. Quell'abbraccio che lui e Azael non avrebbero mai potuto scambiarsi, perchè si sarebbero quasi certamente distrutti a vicenda.

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Capitolo 31
*** - Trappola! - ***



Lettera di san Giuda:
«…gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la loro dimora, il Signore li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno».


Quando mi ripresi quanto bastava per tornare a sentirmi un essere umano era già trascorso troppo tempo.
Allen era rimasto in silenzio al mio fianco, con le ginocchia tirate al petto e la schiena curva, raggomitolato come una pallina.
- Ti sei messo nei guai, eh? – esordii, perché da qualche parte bisognava pure iniziare. Anche se quello non era certo il migliore dei modi.
Tralasciai con nonchalance che anche io mi ero messa in un mare di guai. E i flussi biliosi di Padre Leone, questa volta avevano ben ragione d’essere.
Tuttavia non mi ero cacciata in questo pasticcio, scappando da Roma quando invece dovevo fare celere ritorno alla Santa Sede per ricevere un nuovo incarico, per trovare Allen e lagnarmi con lui delle conseguenze che una mia precisa e deliberata scelta avrebbe di sicuro scatenato.
Ero corsa da lui perché sapevo che, come Kanda prima, il suo cuore ferito aveva bisogno di me, o meglio del messaggio di cui mi ero fatta latrice.
Lui mi fissò per un momento, come se stesse valutando quanto mi poteva dire e quanto poteva fidarsi di me.
-Un po’. – ammise minimizzando.
- Un po’ tanto, direi… - sospirai.
- Sei qui per… Riportarmi indietro? – chiese a quel punto.
- Riportarti indietro? Intendi all’Ordine Oscuro o a Roma? – risposi fissando le danzanti fiamme del fuoco acceso nel caminetto.
La legna scoppiettò.
- Non lo so. Le cose si sono molto complicate… Roma è… Un posto migliore? – chiese lui levando su di me occhi in un certo senso speranzosi.
Quello con cui stavo parlando era Allen.
Solo Allen.
- Mi duole ammetterlo, ma Roma non è affatto un posto migliore. Vorrebbe farlo credere, ma tra un desiderio e la realtà… Bhè, le cose non vanno sempre di pari passo. – ammisi
- Cosa sai del Cuore? – mi chiese Allen, inchiodandomi con uno sguardo così serio che per un momento pensai di avere a che fare con un uomo e non con un ragazzo.
- Non molto. Ma se mi fai questa domanda è molto probabile che tu abbia incontrato un Apocryphos… - dovetti riconoscere.
Lui piegò le labbra a quello che doveva essere un piccolo e per nulla sereno sorriso.
- Secondo me tu non dici niente di quello che in realtà sai. Sei davvero, come ha detto il Maestro, un Cane del Vaticano? – volle sapere.
- Usciamo di qui, Allen. Facciamoci due passi. Non voglio che qualcuno in questa casa senta un po’ troppo e che per tale ragione finisca sulla lista nera di Roma. La nonnina è una persona semplice. – ammisi alzandomi in piedi.



Il bosco profumava di aghi di pino e di funghi.
Non faceva così freddo come le mie ossa ancora sentivano.
Allen camminava al mio fianco, chiuso in un sospettoso mutismo.
Io riflettevo su quello che potevo dire e su quello che era meglio evitare. Ma dato il punto in cui eravamo, nutrivo forti dubbi che non potessi ammettere tutto quello che sapevo e anche in tal caso, ormai la fiducia del ragazzo in me era talmente minata che forse non sarebbe servito a nulla.
Ma tentare e sperare era la mia ragione d’essere. Non potevo farci nulla.
- Gli Apocyphos sono… Qualcosa di simile a me, ma completamente diverso. Essi non sono umani. Ne assumono le sembianze, ma in realtà sono pura Innocence. Una Innocence particolare che la maggior parte delle volte agisce di propria iniziativa per proteggere il Cuore. In linea di massima non dovrebbero compiere il male. Anche quando i loro gesti sono del tutto… Insensati. –
- Sono simili a te, perché anche tu sei fatta di Innocence? – chiese lui.
- Si. Ad un livello generale, senza entrare nello specifico, potresti considerarmi un Apocryphos. In realtà buona parte del mio corpo è composto da cellule che una volta erano umane e lo sono tuttora. Forse è per questo che a me è rimasta una coscienza umana, quella di Angel. Azael invece è il nome celeste dell’angelo che è disceso sulla terra, abbandonando il Cielo per proteggere gli uomini. –
Vidi un riflesso aureo nel suo sguardo, ma a quanto pareva il Quattordicesimo preferiva restare latente.
Essere latente non voleva dire comunque non ascoltare quella conversazione.
- E’… complesso. Anche tu hai qualcun altro che vive nel tuo corpo? Come… Il Quattordicesimo fa nel mio? –
- Si e no. Si, Azael è parte di me. E’ quella parte di me che mi ha permesso di restare in vita per più di quattro secoli. Non ho tutti i ricordi di Azael, ma lei ha quelli di Angel e poiché i nostri sentimenti sono in sintonia possiamo agire in simbiosi e io posso… Diventare Innocence. E’ come se avessi raggiunto uno stadio di sincronizzazione totale con l’Innocence, tanto che alla fine fra lei e ciò di cui sono fatta io non v’è differenza. No, perché Azael non oscura mai la mia coscienza e Angel resta Angel anche quando usa la forza angelica. A proposito, sai che il Quattordicesimo si chiama Neah? –
- Si. L’ho incontrato qualche volta. Riflesso negli specchi come ombra… E una volta, ne ho persino veduto il volto. Assomiglia a Tiki Mykk, solo più giovane. – ammise Allen.
- E sai che vuole uccidere il Conte per prenderne il posto? –
- Lo immaginavo… - sospirò Allen.
Mi sentii sconfitta.
Cosa potevo mai dire a quel ragazzo che rischiava di sparire per via di un Noha che dimorava dentro di lui?
Quali le parole per dare sollievo alla sua pena?
- Io credo… No, io sono certa che se sarai in grado di aprire il tuo cuore a Neah e di comprenderlo, anche lui farà lo stesso e Allen non sparirà. –
- Ne sei certa o è solo quello che vorresti credere? – chiese lui calciando un sassolino.
- Non conosco il disegno di Dio. Da quando ho scelto di essere il suo soldato su questa terra, io ho smesso di sentirne la voce. Ma so che le mie preghiere, quando fatte con cuore sincero, vengono accolte dai miei fratelli angeli, lassù. E so che se quanto chiedo non è in disarmonia con il volere del Padre, essi faranno quanto è in loro potere per aiutarmi a realizzare quello che ho chiesto. Per il resto… E’ una questione di fede. – ammisi con un lieve sorriso.
All’inizio, quando i frati e i chierici mi dicevano che dovevo credere per fede mi arrabbiavo, perché invece volevo delle spiegazioni. Spiegazioni comprensibili per il mio essere umana. Ma la parte di Azael che era in me capiva molto bene quel concetto.
Alla fine l’ho compreso anch’io. Avere fede non significa avere la strada spianata.
Significa solo avere un motivo in più per cercare di fare del proprio meglio. Avere fede significa avere coraggio di compiere gesti che vanno contro la natura umana, significa non tremare davanti all’estremo sacrificio, ma abbracciarlo con cuore sereno.
Il Figlio di Dio ci ha mostrato la strada, tentare di ripercorrerla è una nostra libera scelta. Fallire agli uomini è concesso. Ma è anche concesso rimediare e riparare ai fallimenti. Se un angelo fallisce… Può solo cadere.
Sarei caduta io?
Sarebbe caduta Azael?
Sarebbe caduto Allen?
- Sembra… Non sembra essere una gran bella cosa. – mi disse Allen fermandosi al mio fianco.
- Non è una brutta cosa. E’ solo che non è facile da capire. –
- Da che parte starai? E soprattutto, sarà quella giusta? – chiese Allen fissandomi negli occhi.
Ci misi un attimo a rispondere, e non perché non volessi farlo, ma perché volevo dare la migliore risposta possibile, quella più fedele alla realtà.
- Come Angelo dovrei dirti che starò sempre dalla parte di Dio. Come essere umano dovrei dirti che vorrei stare dalla parte giusta. Ma per ciò che sono posso solo dirti che starò sempre dalla parte del mio cuore che proteggerà comunque gli esseri umani. –



Le braccia di Allen mi circondarono il collo e mi strinsero in un abbraccio caldo e gentile.
Poi quel calore divenne quasi fastidioso.
Intossicante.
Cercai di tirarmi indietro e mi trovai a fissare due occhi aurei.
- Allora, fra tutti quegli angeli e quei demoni, saremo io e te… che proteggeremo gli uomini.- il sorriso del Quattordicesimo era così diverso da quello di Allen, ma nello stesso tempo mi era così famigliare…
- Lord Lucifero… - le mie labbra composero da sole le parole.
- No. Non sono Lord Lucifero. Ma potresti considerarmi come suo figlio. – sussurrò.
- Se le tue parole sono state la verità, allora è molto probabile che anch’io cadrò. E finirò in catene nell’inferno, in attesa del Giudizio Finale. – e la mia voce pareva l’eco di quella di un profeta.
- Anche se così fosse, non importa. Perché alla fine di tutto forse potremmo tornare uniti sotto un cielo che non è divino e non è demoniaco, ma solo umano. – Neah mi baciò l’angolo della bocca.
Fu come essere attraversata da una scarica elettrica.
Mi ci volle un po’ per riafferrare la realtà e gli occhi di Allen che mi fissavano preoccupati.
- Devo tornare a Roma. – gli dissi.
- Lo immaginavo. – riconobbe lui.
- Posso solo dirti di non stare troppo a lungo nello stesso posto. Gli Apocryphos hanno la capacità di sentire e trovare tutte le Innocence, ma gli occorre tempo per individuarle e raggiungerle. Resta chi sei , Allen, e sono certa che ci rincontreremo per combattere lo scontro finale. –
- Si. A questo voglio credere anch’io. – mi sorrise lui facendomi sanguinare il cuore per la pena che sentivo per noi.
Per Allen, per Kanda, per Lenalee, per Lavi e per me stessa.
- Un giorno ci troveremo di nuovo e combatteremo dalla stessa parte, anche se abbiamo percorso strade diverse. Cerca solo di restare vivo e di prenderti cura di te stesso. –
- Anche tu, Angel. Non permettere che a farti cadere siano catene imposte da altri. – mi consigliò lui.
Un abbraccio, questa volta più lungo, fu tutto quello che condividemmo.



Roma era chiassosa come lo era sempre stata, solo a me pareva del tutto nuova, perché era con altri occhi che la stavo osservando. E all’improvviso mi accorsi che qualcuno, osservava me.
Cercai di non cambiare nulla nella mia postura e nel mio atteggiamento, curioso e spensierato. Non volevo destare sospetti, ma tesi fino allo spasimo tutti i sensi. Se era un nemico non lo percepivo come tale, ma se era amico non aveva senso si tenesse nascosto.
Passai lungo le bancarelle del mercato di porta Portese, assaporando gli odori del pollo arrosto e delle patatine fritte, quello dei dolciumi e quello più pungente del pesce.
Mi riempii gli occhi dei colori della frutta e della verdura, mentre i venditori strillavano gli sconti offerti su questo o quello.
Le massaie avevano le sporte piene di patate e carote, sedano e porri.
Sorrisi ai tre ragazzini che si rincorrevano lungo la via, il primo della fila che teneva alto sopra la testa del cioccolato avvolto dalla carta stagnola dorata e gli altri due che allungavano le manine per acciuffarlo.
Osservai la donna avvolta in eleganti e pregiate stoffe che rimirava ad una bancarella pettinini di tartaruga e di madreperla, affiancati a nastri di raso e seta dai molteplici colori e altri accessori per capelli dalle fattezze orientali.
Cercavo di mescolarmi il più possibile tra la folla ma sentivo sempre quello sguardo su di me, come se il nemico invisibile stesse attendendo solo l’occasione propria per tendermi l’agguato e far scattare la sua trappola.
Distratta da un movimento alla mia sinistra, urtai una ragazzina che vendeva fiori.
Le rivolsi un sorriso di scusa mentre con la mano tenevo ben salda quella di un ragazzino di nemmeno dieci anni che si era infilata nella tasca della mia giacca alla ricerca del borsello di cui mi avrebbe volentieri alleggerita.
- Puoi trovarci solo guai lì dentro – gli dissi.
Lui mi fissò ad occhi spalancati.
Aveva una spruzzata di lentiggini su un naso dritto e impertinente, due occhi nocciola fin troppo svegli e il faccino sporco di moccio e altro che preferii non identificare.
- Se non mi lasci andare grido al rapitore! – mi minacciò.
- Saresti poco credibile dato che vesto i panni di un Esorcista. – gli feci notare permettendogli di vedere la croce d’argento simbolo del mio status.
Lui aprì e richiuse la bocca, nella buffa imitazione di un pesce.
Lo lascia andare di colpo perché avevo sentito l’aura maligna della ragazzina dei fiori che pochi secondi dopo divenne un Akuma seminando il terrore nella gente che visitava il mercato.
Ci misi poco a ridurre in cenere il nemico ma capii che una minaccia assai più grande mi aveva ormai messa nella rete.
Non potendo far altro, decisi almeno di scegliermi il campo di battaglia.
Poco dopo, fondandomi a rotta di collo lungo l’argine del Tevere, mi resi conto che almeno cinque Apocryphos mi stavano inseguendo, cercando di circondarmi.
Quindi Roma mi aveva lanciato contro il suo Anatema?
Domanda piuttosto retorica dal momento che quei cinque parevano intenzionati più che mai a farmi fuori.
Per un momento tutte le paure di Azael mi si riversarono nel cuore.
Contrattaccare chi faceva la volontà di Dio equivaleva a tradire.
Tradire per un angelo significava essere espulso dal Cielo e divenire un demone.
Sollevai le braccia per parare il colpo che mi venne sferrato in pieno petto.
- Muori, muori, muori…. – sussurravano quelle creature da incubo stringendosi intorno a me.
Come Angel desiderai liberare tutto il mio potenziale e spazzarlo via.
Distruggere ciò che minacciava la mia stessa sopravvivenza.
L’orecchino di Leonardo finì in frantumi.
Fu quello a farmi tornare in me.
Il ricordo di ciò che io stessa avevo compiuto quella volta; quella volta che inconsapevolmente e incosciamente avevo dato sfogo a tutta la forza che possedevo.
Gli Apocryphos forgiarono le loro braccia a guisa di spade.
Mi vidi trafitta da quelle lame acuminate, mi vidi ridotta a puntaspilli.
La salvezza venne dall’inaspettato.
Due mani scure, collegate a due polsi abbracciati da stoffa bianca e nera in cui brillavano due gemelli di oro e ambra emersero dalla terra sotto di me, mi cinsero i fianchi e mi tirarono sotto.
Compenetrazione della materia.
Un solo essere al mondo poteva fare una cosa del genere.
Il Noha del Piacere.
Tiki Mykk.

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Capitolo 32
*** CAPITOLO 32 ***



Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore
ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati.
Perdona l’offesa al tuo prossimo
e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.
Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo,
come oserà chiedere la guarigione al Signore?
- Gesu’ Ben Sira (Siracide) -

Tyki Mikk mi lasciò andare non appena dal mio corpo e dal suo si levò una nuvoletta di fumo.
Decisamente incompatibili.
Mi voltai a fissare i suoi occhi dorati con un misto di perplessità e sfida.
- Ti avrebbero uccisa. – mi disse.
- Lo so. – ammisi chinando il capo.
Lo sentii sbuffare.
- Cosa hai combinato per essere giunta fino a questo punto? Non sei forse una di loro? - mi chiese con una nota di sarcastica curiosità nella voce.
- Una di loro? Intendi… Un Apocryphos? – non lo sono ovviamente anche se tecnicamente gli vado parecchio vicino.
- Così si fanno chiamare e a quanto pare sono i custodi del Cuore, non fare la gnorri, sono cose che già sappiamo. –
- Quindi si torna al punto di partenza. Perché mi hai salvata? Credi forse che tradirò la causa per la quale combatto? O semplicemente pensi che spiandomi ti condurrò laddove ti interessa giungere, Noha del Piacere? – ribattei raddrizzando fieramente le spalle.
- Lasciamo perdere – masticò fra i denti.
Mi guardai attorno.
Eravamo in uno scantinato, niente finestre e solo una porta di legno come apertura nella stanza.
Botti di legno dal pungente odore di vino.
Qualche formaggio chiuso in gabbie di ferro, e appese a dei ganci che pendevano dal soffitto, come se fossero bastate a tenere lontani i topi.
Molto male.
O possedevo il dono della compenetrazione della materia e no, non lo avevo, o ero decisamente prigioniera di quel luogo.
Avanzai verso la porta e provai a spingerla con ben poca convinzione.
Non si spostò di un millimetro, esattamente come mi ero aspettata.
Sentii quello là ridacchiare.
Questo non mi fece piacere, proprio no.
- Arriveranno anche qui. – dissi con calma.
- Come lo sai? –
Fu il mio turno di sbuffare.
- Vuoi che non sappia quello che sanno fare i miei fratelli? –
Tyki parve rifletterci un attimo e inconsciamente prese a grattarsi la cicatrice che aveva sul petto. L’Innocence doveva avergliela fatta. D’altra parte in lui dimorava un Noha.
- Quindi non li combatterai? – mi chiese pacato.
- Non lo so. Tanto tempo in questo corpo umano mi ha cambiata.- ammisi sedendomi su una botte.
- Istinto di conservazione della Specie? – chiese lui curvando il labbro ad un piccolo ghigno.
- Credo sia questa la definizione corretta. –
- Non c’è nulla di male nel voler sopravvivere. – mi disse lui sedendosi a sua volta su una botte vicino alla mia.
- Oh, lo diventa se lo vuoi fare a spese di qualcun altro. – riconobbi di malavoglia.
- A volte non capisco il desiderio del Conte. Egli stesso ha detto che vuole essere con il Quattordicesimo… Ma a quanto pare Neah non è dello stesso avviso e vuole solo distruggere il Conte. – non capivo perché lo stesse dicendo a me.
- Non conosco i piani del Quattordicesimo ma di una cosa sono certa, se si è spinto tanto oltre non cambierà idea. E no. –
- No? – Tyki mi fece eco con perplessità.
- Alla tua domanda la risposta è no. – sbuffai.
- Non ho chiesto niente! – protestò lui.
- Vuoi sapere se considero Allen, che è destinato a diventare tuo fratello, un alleato della Chiesa. La risposta è no. –
- Non capisco… Allora perché… Lo aiuti? –
E’ il mio turno di sorridere. Lui non capirebbe.



Lo sentii arrivare.
Era come una specie di rumore di fondo che si faceva sempre più fastidioso man mano che si avvicinava.
Una specie di sinfonia disarmonica che sentivo dentro e che mi inquietava.
- Vattene Tyki. – gli dissi scendendo dalla botte e preparandomi alla battaglia.
L’Apocriphos entrò nella piccola stanza e la inondò con il suo potere.
Quella forma che di umano aveva ben poco, e quelle escrescenze simili ad ali contorte…
Non sapevo perché ma mi faceva pena.
Il suo aspetto pareva gridare una sofferenza antica e mai sanata.
Il Noha mi fissò perplesso quasi stesse chiedendosi cosa avessi intenzione di fare.
- Angel. – mi disse in nuovo venuto.
- Sei qui per uccidermi? – chiesi tranquilla.
- Sono qui perché eseguo la mia missione. Sono stato creato per questo. – ammise lui.
- Non hai risposto. E’ la mia vita che vuoi? – domandai lasciando che anche le mie ali si aprissero alle mie spalle.
- Non ci si può più fidare di te. Sei stata contaminata a causa del troppo dimorare fra gli umani. Hai iniziato ad amare loro più della tua missione. – mi accusò.
- Amare gli uomini e proteggerli E’ la mia missione, non ne conosco altre. – ribattei fiera.
- E non ne accetteresti nemmeno altre, vero? – sorrise lui.
- Dipende. – ammisi.
- Lo vedi? Qualcuno del tuo rango non dovrebbe permettersi di rispondere con un dipende. Non sei al servizio del tuo cuore, ma del Cuore. Tuo dovere è accettare qualsiasi incarico ti venga affidato. Fosse anche quello di uccidere colui che consideri amico o che forse addirittura ami. – sospirò come se fosse amareggiato nel constatare questa cosa.
- Si, capisco. – ammisi anch’io.
- Davvero? – chiese lui.
- Davvero. Quella volta, non è stato Lord Lucifero a lasciarmi indietro. Non è stato lui ad abbandonarmi. Sono stata io. Io non ho avuto cuore di seguirlo, ed ora è proprio quello stesso cuore che mi rende indegna di essere l’angelo che ero. –
- Quindi, riconosci il tuo peccato? – una grossa spada color amaranto prese sostanza dalla sua mano.
Con quella piantata nel cuore sarei davvero morta.
Quella era l’arma di Michael e aveva il potere di uccidere persino gli angeli. Come poteva averla un Apocryphos?
Quindi si era giunti a tanto?
- Riconosco il mio peccato, ma non lo rinnego. – ammisi con grande dolore.
Non mi aspettava una battaglia facile, ma Azael non era mai stata una che si dava per vinta.



Misi in campo tutte le mie risorse.
Più di una volta Tyki Mikk era intervenuto in mio soccorso e più di una volta gli avevo detto che non era affar suo.
- Taci! Lo so benissimo che dovrei essere grato a quel coso se ti fa fuori, ma non ci riesco, per la miseria! Non voglio vederti morire davanti ai miei occhi ed è dannatamente stupido, ma non posso farci niente! E’ così e basta! – sbottò lui mentre si contorceva in perda al dolore che una ferita al petto gli causava.
- Ok. Allora… Stai a guardare, non perderò. – gli dissi.
Ma l’Apocryphos non stette ad aspettare.
Cercò di trafiggere il Noha con la Spada Amaranto.
Misi in campo davvero tutta me stessa.
Feci da scudo a Tyki.
Perché lui era un Noha, ma era anche ancora un uomo.
Sentii la spada scivolare in me, con se fossi la sua guaina.
Sentii il mio nemico gridare.
Per un momento, fissai perplessa l’elsa della spada che spuntava dal mio torace.
Poi imposi le mani sul capo dell’Apocryphos
E gli scaricai addosso tutto il mio potere.
Lo incenerii all’istante.
Di lui rimase solo un mucchietto di cenere verde ai miei piedi.
E poi fu il mio turno.
La spada di Michael si attivò ed io sentii il mio corpo collassare.
I legami chimici si distrussero, le cellule implosero ed esplosero… Io mi dissolsi nell’etere.
Non so quanto questa situazione perdurò.
Ma non era la pace.
Era più un a specie di stasi…
Quasi un’attesa…
Ritornai violentemente in quello scantinato.
Tyki Mikk aveva le mani affondate in quelle che erano le mie ceneri.
Oh, non immaginavo fosse quello il mio colore.
Rosso.
Rosso come i miei capelli.
- Bugiarda! – mormorò il Noha mentre stringeva la polvere a cui era tornato il corpo di Angel.
Gli occhi aurei erano pieni di lacrime, di cui dubitavo conoscesse il senso.
Tuttavia eccola lì, la prova.
La prova che nonostante tutto il Noha del Piacere era ancora umano.
I Demoni non piangono.
I loro occhi sono privi di condotto lacrimale, quindi non piangono: fisicamente impossibile.
E’ la punizione che Dio ha riservato loro; li ha privati del conforto delle lacrime.
E quella lacrima, limpida e pura, trasparente come il cristallo, abbandonò il volto di Tyki dopo averne accarezzato la gota e cadde scintillando sulle mie ceneri.
Fu come risvegliarsi.
Fu come procedere a ritroso nel tempo.
Cambiare di nuovo forma e sostanza.
Riallacciare i legami chimici, modificare l’energia distruttiva affinché creasse…
Poco dopo le mani del Noha non stringevano più cenere ma le mie braccia.
- Angel? – chiese lui ad occhi sgranati. Il suo tocco non era più doloroso, fastidioso, ma non doloroso.
- Azael. Sono un Cherubin e ho appena dichiarato guerra alla Chiesa. – risposi sottraendomi dalla sua presa e spalancando le mie quattro ali, come se avessi bisogno di stiracchiarle e scioglierle dall’intorpidimento.

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Capitolo 33
*** Follow your heart ***



Non farti scultura,
né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo
o quaggiù sulla terra
o nelle acque sotto la terra.
Non ti prostrare davanti a loro e non li servire,
perché io, il Signore, il tuo Dio,
sono un Dio geloso;
- Sacra Bibbia – Esodo – Dieci comandamenti-


- Lord Michael, perché non possiamo fare un ritratto a Dio? – chiese il piccolo angelo.
Azael sollevò gli occhi verso il cielo.
Sebbene loro dimorassero lassù vi era sempre un cielo più alto. Si era spesso chiesta come fosse possibile ma le veniva sempre risposto con un sorriso che un giorno avrebbe capito, quando la sua coscienza sarebbe stata sufficientemente matura.
In realtà non lo aveva mai capito e iniziava a credere che nessuno conoscesse la ragione di quel dato di fatto.
La stessa cosa per la domanda di quel giovane angelo.
Sorprendentemente invece Lord Michael rispose.
- Perché la grandezza di Dio non può essere rinchiusa. –
L’ Angelo parve ancor più perplesso, si grattò il capo e fece spallucce.
- Però gli uomini là sotto ne fanno tantissimi! Hanno riempito le loro dimore e i loro templi di disegni e statue!-
- Ma qualcuno di essi è Dio? – chiese il Lord.
- No, però… Loro li tributano come si dovrebbe tributare solo Dio… - brontolò il piccolo
- Gli uomini là sotto sono imperfetti e non comprendono, ciò che non possono vedere. Gli uomini là sotto non sanno come ascoltare il loro cuore. Provano dolore e gioia, ma non sanno da dove essa scaturisca. Sono confusi e si sentono smarriti. Hanno bisogno di quei disegni e di quelle statue. Per poter credere – si intromise Azael.
- Non dovremmo correggerli? – chiese il piccolo Angelo, guardando prima Azael e poi Lord Michael.
- Dobbiamo proteggerli e guidarli, ma non possiamo percorrere per loro la via. – sorrise Lord Michael.
- Ma se nessuno gli dice che sbagliano, non continueranno a sbagliare? – chiese di nuovo il più piccolo.
- Siamo portatori della Volontà Divina, che ci chiede di perdonare e di amare le imperfezioni perché un giorno possano divenire perfezioni…- sorrise Azael. Il piccolo parve riflettere a lungo
- Allora posso dipingere voi? – chiese con rinnovato entusiasmo.
La risata scosse le ampie spalle del Serafino e la mano grande e forte arruffò i riccioli biondi del più piccolo.
- Sono proprio curioso di vedere il tuo disegno. –
Azael e Lord Michael si allontanarono, camminando l’una dietro all’altro, fino a che il Serafino si fermò e si voltò verso il Cherubino.
- Cammina al mio fianco, Azael. – disse ad un tratto Lord Michael.
- E’ un vostro desiderio? – chiese lei avanzando di un passo.
- Li ami davvero molto, vero? –
- Chi, gli uomini? – rispose lei.
- Già. – gli occhi azzurri si fecero seri e un po’ tristi.
- Glielo hanno già detto? – chiese Azael chinando il capo.
- Ogni richiesta volontaria di quel genere viene vagliata da noi quattro Serafini. Sei davvero decisa? –
- Lo sono. – ammise lei.
- Va bene. Mi mancherai quassù, perché sei stata il mio miglior aiutante, ma se laggiù è il posto che ti spetta non posso far altro che lasciarti andare. Abbi cura di te, e non permettere a nessun rumore che faranno i tuoi tumultuosi sentimenti di coprire la voce di Dio. Continua a credere. –
- Farò del mio meglio. Grazie di tutto Lord Michael… Essere al suo servizio è stato un onore e un piacere. –
- Ma non ho mai potuto cancellare il graffio che Lucifero ha impresso nel tuo cuore. Va e sii la Forza di Dio, come dice il tuo nome. –
- Vorrei abbracciarla Lord Michael, ma credo che sarebbe sconveniente… -
Il Serafino sospirò.
- Lo è indubbiamente… - ammise ma le sue braccia e le sue grandi e maestose sei ali si chiusero sulla ragazza.



Mi svegliai di soprassalto.
Cos’era quello?
Un sogno?
Un ricordo di Azael?
Le lenzuola mi erano scivolate fino alla vita, poi mi accorsi che non erano lenzuola ma era una giacca. Una giacca dal taglio elegante e di tessuto pregiato.
Qualcuno accanto a me si mosse, e voltando la testa vidi Tiky Mikk dormire arrotolato vicino al mio fianco.
I ricordi si ricomposero.
Io era morta.
Disgregata in atomi.
Ma poi…
Poi ero tornata indietro, richiamata alla vita da una lacrima pura di un umano, un umano che stava piangendo per me.
Che poi in quell’umano dimorasse un Noah era davvero al limite dell’assurdo.
Roba da sbellicarsi delle risate, la Sorte era ben oltre l’ironia!
Poi eravamo fuggiti.
Il Noha aveva aperto un gate e ci eravamo infilati dentro in fretta e furia, prima che altri Apocryphos scendessero nello scantinato.
Alla luce di tutto quello che stava succedendo mi chiesi e se il secondo comandamento, che alcuni dicevano fosse stato cancellato dalle Sacre Scritture dalla Chiesa di Roma, non fosse stato imposto proprio per evitare gli orrori di cui l’umanità si stava macchiando per poter vincere la guerra in atto.
Sospirai e feci per alzarmi ma la mano di Tiky mi fermò, scivolando sulle gambe
- Non andartene in giro da sola, potrebbe essere pericoloso – borbottò mezzo assonnato.
Quel braccio era caldo.
Solo caldo e un po’ pesante.
Ma non faceva male.
Quindi ero davvero passata dalla parte del nemico?
Scossi di nuovo il capo.
- Volevo vedere dove eravamo… - brontolai
- In un posto sicuro, almeno per qualche tempo.- il Noah si stiracchiò come un gatto.
La sua camicia bianca si era sporcata e strappata, per la verità era più simile ad uno straccio che ad una camicia.
Se ne accorse anche il Noah che si spogliò.
- Per quanto tu possa essere avvenente non cederò alle tue grazie.- ironizzai per spezzare la tensione creata dall’imbarazzo.
Lui fece una faccia perplessa poi increspò le labbra ad un piccolo ghigno.
- Diciamo che al momento non ci stavo pensando, ma se le mie cicatrici ti incuriosiscono… - dichiarò sfiorandosi quella lunga e obliqua che gli attraversava gran parte del petto. Il gesto se fatto da chiunque altro sarebbe apparso ridicolo ma in lui era semplicemente sensuale.
- Facciamo anche no. – ribattei alzandomi a mia volta e osservando l’ambiente.
Avevamo dormito su un tatami, la camera era spoglia, eccezione fatta per un comò di medie dimensioni e un tavolino basso.
Nelle ombre si perdevano le sagome di un lavandino e un fornello elettrico.
Tiky si infilò alla svelta un maglioncino di cotone grigio chiaro e un paio di pantaloni dall’aria vissuta.
- Prova questi, dovrebbero starti – mi disse mettendomi in mano un paio di pantaloni neri e un maglione dello stesso colore.
- Appartengono a qualche tua amante? – chiesi con un piccolo ghigno
- No, sono di Lulubell. Dovrei avere anche qualcosa di Road se preferisci.
- Grazie ma il Dark Lolita non fa per me. – ribattei iniziando a spogliarmi.
- Ehi, che disinvoltura! – sogghignò lui mentre gli mostravo la mia schiena nuda.
- Non credo di essere il solo corpo di donna che tu abbia visto e per dirla tutta non credo nemmeno di essere il più bello. – sbuffai.
- Non sottovalutarti troppo. – ribattè lui accendendosi una sigaretta.
Osservandomi nello specchio capii cosa c’era di diverso in me.
I capelli.
I miei capelli erano qualcosa di assurdo, parevo passata sotto un tosaerba e per di più solo da un lato.
Pazienza, non ero mai stata troppo vanitosa, però… Con quel taglio sembravo ancora di più un maschio.



Fuori pioveva e faceva decisamente freddo.
Quindi perché mi ero avventurata all’esterno con questo tempo da lupi?
Una venuzza prese a pulsare sulla mia tempia.
Promemoria: non giocare mai più con Tiky, a niente!
Aveva barato, ero certa che aveva barato… Da quando in un mazzo di carte ci sono cinque assi!?! Ma a chi voleva darla a bere!?! Però dato che l’asso di cuori lo avevo nascosto io nella manica del maglione non potevo dirglielo!
Controllai nella tasca la lista della spesa che ero stata costretta a scrivere e sospirai.
Non immaginavo di trovarmi in quella città, e non immaginavo nemmeno che la cosa mi avrebbe resa triste. Ma forse era solo la pioggia a incupire il mio umore.
Entrai con calma nel negozio di alimentare e feci i miei acquisti, lasciando anche una piccola mancia quando avevo notato i tre bambini che si accalcavano sulla porta del retrobottega per curiosare chi fosse entrato nel negozio. Non erano tempi facili, nemmeno per chi possedeva una sua attività.
Mi incamminai per tornare a… Al luogo in cui ci eravamo rifugiati quando improvvisamente cambiai strada.
Era una sorta di richiamo.
Entrai nella maestosa cattedrale.
La sola in stile gotico presente in Italia.
L’ultima volta che vi ero entrata era stato secoli prima per adempiere una missione per conto della Santa Sede. Una missione… Tsk, un omicidio era le definizione corretta.
Mi chiesi se ci sarebbe mai stato un perdono, da qualche parte per me.
Non ero così ipocrita da credere che il perdono me lo potesse dare qualche sacerdote o il mio stesso cuore. Socchiusi gli occhi, facendoli segno della croce e lasciandomi rapire dalle vetrate istoriate e dal rosone.
Nulla di questo era stato chiesto da Dio, però gli uomini ne avevano bisogno, per non permettere alla loro fede di estinguersi. Dovevano vedere, qualcosa di magnifico, qualcosa di bello… Qualcosa che trasmettesse loro un messaggio positivo.
Osservai la statua della Madonna.
Sentii il nodo stringere in gola.
Deglutii a vuoto un paio di volte.
Volevo solo piangere.
Ma non era quello il tempo.
- Mi dispiace, mi dispiace… - borbottai mentre mi inginocchiavo sull’ultima panca infondo alla chiesa. – Non c’è niente che io abbia davvero fatto. Nulla di mio, nulla che possa dirsi essere stato fondamentale per qualcuno… Quante preghiere ho accolto? Quante vite ho davvero salvato? La sola cosa certa che so è che molte le ho spente, di vite. In nome della Chiesa, in nome di un ideale che forse non è affatto divino ma solo umano. E anche adesso, cosa spero di ottenere? Dichiarare guerra alla Chiesa… Perché allora sono qui dentro a pregare? Con che diritto lo faccio? Non ho forse abbandonato tutto questo? Se gli Apocryphos stanno con i Cardinali vuol dire che non sono sulla strada sbagliata… Eppure il mio cuore non è più in grado di seguirla questa strada. –
All’improvviso i tubi dell’organo iniziarono a vibrare.
Il mio cuore rischiò l’infarto. Eppure quella musica, profonda e risonante scosse le corde della mia anima.
La confusione di Azael o la mia stessa confusione venne spazzata via.
Sono nata per proteggere gli umani, quale che sia la minaccia.
Erano secoli che non mi sentivo così leggera.
Da quando Leonardo mi aveva chiesto di posare per un suo quadro.
Da quando mi ero vista non con i miei occhi ma con i suoi.



Una volta tornata da Tiky lui mi fissò perplesso.
Non disse nulla e mi aiutò a preparare un pasto frugale.
Però non mi staccava gli occhi di dosso, come se si aspettasse qualcosa di indefinibile che però gli faceva provare tensione.
- E’ successo qualcosa là fuori? – chiese lui.
- Perché? –
- Sei diversa… Hai qualcosa di diverso nello sguardo. – ammise lui
- Probabile. Dove si trova Allen Walker? – chiesi spezzando il pane.
- A Lisbona. Jhonny Gill e Yu Kanda sono sulle sue tracce. – mi disse.
- Bene. Quindi alla fine anche Kanda ha deciso di muoversi. – sorrisi.
Tiky sospirò – Non capirò mai quei due… -
Sorrisi di più.
- Se ascoltassi di più il tuo cuore umano li avresti già capiti. – ribattei continuando a mangiare.
- E pensare che potevamo avere i cibi migliori a casa del Conte… Ma se ti avessi portato lì tu saresti già fuggita da un pezzo… - sbuffò lui.
- Nulla è più buono di quello che ti sei guadagnato, e nulla ha un sapore migliore di quello che condividi con gli amici, fosse anche il vino diventato aceto.
- Andrai da loro, vero? – chiese lui riponendo il piatto nel lavabo e iniziando a preparare un caffè.
- Ci rivedremo, Tiky – gli dissi allungando le mani per stringerlo in una specie di abbraccio.
Poiché era più alto di me avevo dovuto cingergli la vita e avevo posato la guancia contro la sua ampia schiena, di uomo e non di ragazzo.
Mi ero poi letteralmente smaterializata.

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Capitolo 34
*** Doubt ***



La Volontà umana, quella forza invisibile,
che discende da un’Anima immortale,
può aprirsi un varco verso ogni meta,
anche attraverso muri di granito.
- James Allen

Lisbona.
Dove si trovava Allen. Dove stava arrivando anche Kanda.
Dove c’erano sicuramente gli Apocriphos e molto probabilmente anche i Noha.
Tutti sulle tracce di tutti…
O forse tutti solo appresso al mistero che era Allen.
Un Noha?
Un Esorcista?
Io volevo credere che fosse solo un uomo.
E che come tale fosse il suo pensiero e il suo cuore a determinare chi davvero fosse.
Negli occhi avevo ancora l’immagine della città, veduta dai bastioni del Castello di Sao Jorge.
Il ponte rosso, come un graffio o uno sberleffo nell’azzurro dell’oceano che si fondeva con un cielo terso e sereno, privo di ogni nuvola o imperfezione. Le case erano un tripudio di bianco e giallo pallido, con tetti spioventi anch’essi rossi dovuti al rivestimento di cotto dei mattoni, le vie strette, circondate da palazzi alti, tanto che non riuscivo a vederne il fondo e il traffico che le batteva, sembravano quindi sfregi o rughe nel volto cittadino. Ciò che aveva attirato il mio sguardo era la loro pura e semplice geometria.
Ed infine la trovai, bellissima e tragica.
La Chiesa del Carmo. Colpita nel 1755 da un terremoto è rimasta scoperta e nessuno ha mai voluto iniziare i lavori affinché il monito e il ricordo della tragedia non andasse perduto.
E tra quelle navate, investita dalla luce calda del sole e colpita da dalla volta a sesto acuto che come punta di freccia si rivolge al cielo finalmente lo sento.
La sua spada mi aveva trafitta e uccisa.
Ma io ero ancora lì.
Gli altri turisti, tutte le persone che erano nella chiesa scomparvero.
Fu come se due realtà si stessero sovrapponendo.
Il passato e il futuro, fusi nell’inesistente presente.
Gli spazi si confondono, i pieni diventano vuoti, le luci sono violentemente bianche e le ombre sono profondamente nere… eppure dal nero nasce il bianco e dal bianco emerge il nero.
Vedo volti, gioielli, mani…
Sete e trini e porpore…
Vedo quello che mi pare essere un pensiero astratto concretizzarsi o una formula chimica evaporare…
E poi, finalmente lui appare.
Lord Michael.
Non è cambiato dall’ultimo nostro incontro.
Io forse lo sono.
O lo è la percezione di me stessa.
- Azael – mi chiama
Sorrido, accennando ad un lieve inchino.
Non so dire se automatismo del ricordo passato, rispetto umano del corpo che mi ospita o solo incondizionato riflesso di me stessa.
- Siete sorpreso che sia sopravvissuta alla Vostra spada? Volete concludere il lavoro, Lord Michael? – non lo temo e lui lo sa.
- No, Azael. Hai ancora dubbi ma hai sconfitto la paura. Non sono qui per ucciderti, ma per ricordarti chi sei. – Gli occhi azzurri del Primo Serafino sono universi che creano universi pieni di amore e luce.
- Chi sono? – chiedo e ho come l’impressione di aver davvero dimenticato qualcosa… Qualcosa di me che è importante…
- La tua parte mortale, quella a cui ti sei unita quando hai scelto di scendere sulla terra lo sa. La tua parte immortale, il Cherubino che sei, lo ha preso di vista. – svela il Guerriero del Cielo.
- Le circostanze non fanno chi sei, semmai lo possono svelare. In realtà Azael e Angel sono solo due manifestazioni di uno stesso essere, eredi dell’Anima immortale. Dispiega le tue ali, Azael. Riscopri il significato della forza della genesi e insegnalo agli uomini. A quell’uomo in particolare… -
- Lord Michael… Può davvero dirmi tutto ciò? - chiedo preoccupata per lui, per quello che il suo gesto avrebbe potuto produrre di conseguenza.
Il sorriso del Primo Serafino si fa più ampio e caldo.
- Anche questo hai dimenticato? Angeli e Demoni non hanno potere sul piano fisico. Esso appartiene all’uomo. Noi, come i nostri antagonisti, possiamo solo sussurrare alle loro coscienze qual è la via o possiamo mostrarla con il nostro operato, quando come te scegliamo la dolorosa via dell’incarnazione. Ma noi non salviamo nessuno, mai. E’ l’uomo che salva se stesso, quando lascia andare. – e tutto si dissolse in luce.



Abbassai lo sguardo.
Qualcosa premeva contro la mia gamba.
Era un golem.
Un golem che non avevo mai visto prima.
Di solito quelli in dotazione alla Dark Religious erano di forma sferica e dotati di ali. La maggior parte di essi era nera, con qualcosa di bianco… Solo quello di Allen era dorato e possedeva anche un nome… Timcanpi se non ricordavo male…
Questo ricordava un gatto… Ma era troppo piccolo per essere davvero un gatto e poi pareva avere delle ali trasparenti sul dorso…
Mi abbassai per toccarlo ma il golem spalancò la bocca, rivelando dentini appuntiti per meccanici. Poi l’immagine venne proiettata ai miei piedi.
Mi morsi le labbra.
Pareva proprio che Marian Cross fosse stato ucciso da un Apocriphos… Eppure… Qualcosa mi diceva che no, non era vero.
Non poteva essere vero.
O forse ero io a non volerlo credere.
D’altra parte gli uomini, per quanta speranza e fede potessero mettere nelle loro supplici preghiere a Dio non avrebbero mai davvero attirato e avuto quello che volevano ma più semplicemente attiravano a se quello che erano.
Che dovevo fare?
Cercare quella casa?
Cercare Allen?
Ma forse, Allen sarebbe arrivato in quella casa… Con Neah.
Però c’erano tante vite coinvolte in questa assurda guerra…
Potevo davvero smettere di combattere e attendere?
Attendere cosa, poi?
Le risposte?
La fine?
Chiusi gli occhi e sollevai il volto al cielo.
Cercavo disperatamente nel calore dei raggi solari un po’ di calore anche per me.
Era da quando mi ero presa l’odio di Alma e di Yu che avevo freddo.
L’odio è un sentimento freddo.
E non è facile da debellare.
Avevo potuto salvare solo una parte di Alma.
Quella che era stata mandata a Matera.
Quella che racchiudeva l’anima della donna amata da Yu.
Ma non avevo potuto salvare tutti.
Le cellule di Alma, trapiantate nelle altre persone… Il Progetto Apostoli… tutti quelli ad esso collegati… Quanti morti non avevo saputo salvare? Quanti di loro erano morti con dolore, terrore, sofferenza e rimorso nel cuore?
Quei sentimenti avrebbero precluso per sempre la loro ascesa al Paradiso o, forse, alla fine sarebbero stati in grado di lasciare andare ogni cosa, come aveva fatto Alma?
Se gli umani non abbandonavano ogni cosa, non avrebbero mai potuto salvarsi.
Il patto che conduceva alla salvezza era… Quasi irrisoriamente semplice… Bastava lasciare andare ogni cosa e affidarsi alla luce.
Ma questo, per l’uomo, era possibile solo attraverso l’accettazione di se stesso.
Realizzare che durante la propria vita ci si era comportati in quel modo, per quelle ragioni e riconoscere gli errori, le crudeltà e le cattiverie commesse, anche quelle per le quali non si aveva una vera a propria coscienza, così come vedere ogni atto d’amore compiuto, anche quello inconsapevole e accettare tutto… Per essere un “io”, epurato da ogni distrazione, compromesso, scelta, influenza… L’io che si giudica, si valuta, si condanna, si assolve… Si riconosce e accetta…
Non ero in grado di spiegarlo meglio.
- Che è accaduto ai tuoi capelli? –
Quella domanda mi riportò bruscamente al presente.
Spalancai gli occhi.
Azzurro cielo sopra di me, circoscritto da un rosone privo di vetri colorati a raccontare una storia… e poi capelli neri e occhi blu.
Sentii le sue dita sfiorare la mia gota, e passare fra i riccioli rossi laddove erano corti come quelli di un uomo.
E per la prima volta da quel giorno sentii calore. Lieve e leggero, sulla punta delle lunghe dita di Kanda.
Sentii le lacrime riempirmi gli occhi ma le ricacciai giù a forza.
- Non sono stata capace di salvarli tutti… Mi dispiace… Mi dispiace… - le parole lasciarono le mie labbra senza che io avessi davvero l’intenzione di dare loro vita. Ammetterlo era doloroso per me, o forse solo per il mio orgoglio ereditato dal corpo umano che possedevo.
- Hai salvato Alma… E me… Non ti basta? – il suo sguardo era duro e tagliente, come sempre eppure adesso, sul fondo, vi brillava una luce nuova, chiamata consapevolezza.
Sorrisi appena.
- Ho manie di protagonismo, lo sai! –
- Do hao.- poi si lasciò cadere seduto al mio fianco. – Stai bene? – chiese diretto ma senza guardarmi.
- Sono morta. – gli dissi e lo sentii irrigidirsi al mio fianco. – Sono stata trafitta dalla Spada di Fuoco del Primo Serafino per mano di un Apocriphos. –
- Sei dunque un fantasma? – chiese lui aspro.
- No. La purezza di una lacrima umana mi ha riportata indietro. –
- Esiste uno scemo che ha pianto la tua dipartita? –
- Ehi! – protestai vivamente
- In effetti, quell’assurdo prete dalla testa di leone… Mi pareva un po’ tocco. –
- Kanda… Mi hai rivolto meno di cinquanta parole ma ho già voglia di prenderti a calci… - borbottai scontenta.
Sentii le sue braccia circondarmi e attirarmi a se. Improvvisamente.
- Avrei pianto anche io, per te. – mi sussurrò piano.
Appoggiai la testa alla sua spalla.
- Grazie… -



NDWar: Non ci credo nemmeno io che sono l'autrice ma, senza dirlo forte, ho forse superato quel maledetto blocco che ha inchiodato la storia a n anni fa...
Intanto vi lascio questo nuovo, delirante, capitolo...
A presto!

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Capitolo 35
*** My decision ***



19 Ascolta la mia voce;
io ti darò un consiglio,
e Dio sia con te:
sii tu il rappresentante del popolo davanti a Dio,
e porta a Dio le loro cause.
20 Insegna loro i decreti e le leggi,
mostra loro la via per la quale devono camminare e quello che devono fare;
- Esodo – 18.27 -


- Allora, cosa dobbiamo fare? – chiese poco dopo Kanda, sciogliendo l’abbraccio e alzandosi.
- Cosa è accaduto dopo Matera? – chiesi a mia volta, alzandomi al suo fianco. - Niente di che. – disse.
- Balle. – risposi secca.
Kanda sbuffò.
- Non ti si può davvero nascondere nulla… -
- Mi si possono nascondere tante cose, purchè non siano legate all’Innocence. – ammisi
Kanda sollevò una manica e mi mostrò la croce rosso sangue, conseguenza dell’evoluzione di Mugen.
Mi accigliai.
- Potevi essere libero. Potevi vivere una vita normale… Andare a scuola, trovare un lavoro, mettere su famiglia, fare dei figli… - dissi
- Non dire sciocchezze. Io sono già morto e sono stato riportato indietro per un progetto folle che tuttavia ha dato le armi agli umani per affrontare gli Akuma. Forse questo corpo non sarà più in grado di rigenerarsi come faceva un tempo, ma io sono stato, sono e sarò sempre un esorcista. –
- Si, conosco la sensazione… Non puoi essere niente di diverso da ciò che sei. E’ stato Tykki. – non so perché glielo dissi, ma visto che lui si era un poco aperto con me, volevo essere sincera con lui.
- Tykki Mikk? – chiese li corrugando la fronte.
- Già. Il Noha del Piacere che piange la morte di un angelo… Siamo oltre l’assurdo. – ammisi.
Kanda sospirò.
- Andiamo – disse avviandosi verso l’uscita.
Lo seguii per un attimo in silenzio, senza chiedere, senza fare altre domande. Tutti e due avevamo bisogno di metabolizzare le notizie che avevamo appena appreso.
Tutti e due ci reputavamo folli senza speranza.
Camminammo lungo la strada lastricata di Sampietrini, registrando solo vagamente il vociare che proveniva dalle botteghe e dalla folla di turisti riversata per la strada.
Fu solo quando il profumo di una frittella mi colpì le narici che mi resi conto di essere affamata.
- Non se ne parla nemmeno – disse Kanda aspro.
- Perché no? – chiesi a mia volta, sempre più tentata da quel dolce profumo.
- Perché manca poco allora di pranzo. Non ti rovinerai l’appetito con quella disgustosa robaccia! –
Ok, le frittelle non erano il cibo più sano del mondo, ma definirle addirittura robaccia… - Allora… Andiamo a mangiare il Caldo Varde! – dissi con un sorrisone sbarluccicioso.
- Basta che non sia a base di formaggio… Non sopporto quando puzzate di mucca! –
- Disse quello che vive di soia fermentata… - sospirai



Kanda osservò con aria incerta il recipiente di terracotta.
Io invece sentii il volto aprirsi ad un bel sorriso mentre annusavo l’aria. E il delicato profumo della zuppa mi invadeva le narici.
- Spero ti piacciano le cose piccanti – dissi mentre mi tagliavo un bel pezzetto di salsiccia piccante.
Delizia del palato, da annaffiare con la birra scura e alcolica che avevo davanti a me. Kanda borbottò qualcosa poi iniziò a mangiare.
- Se mangi così morirai giovane – mi disse.
- Tralasciando che sono più vecchia di quello che tu possa pensare, non è un buon piatto di cibo il reale pericolo, ma la guerra in essere. –
- Che sai di Allen? – mi chiese mentre anche lui prendeva un sorso di birra.
- Per la verità meno di quanto vorrei. Dopo che sono venuta a Matera, contravvenendo piuttosto direttamente agli ordini di Roma, padre Leone ha tentato di metterci una pezza, ma di fatto, i Cardinali hanno revocato la loro fiducia in me e degli ultimi sviluppi so poco. –
- Allora… Perché sei venuta a Matera? – chiese lui accigliandosi di nuovo.
- Perché sono un Do’hao. –
Kanda sollevò gli occhi al cielo.
- Se non vuoi dirmelo, fa lo stesso. – chiuse il discorso.
- Non è che non voglio dirtelo… Ma anche io non posso essere niente di diverso da quello che sono. E sono un angelo organico. Sono un Cherubin che ha deciso di diventare sostanza per poter portare Dio nel mondo. Per dare conforto, aiuto e per indicare la strada agli uomini. In quanto Angelo non posso obbligare gli uomini a fare determinate scelte, non posso scegliere per loro, posso solo dare consigli. Posso perorare la loro causa davanti a Dio. Posso amarli. Posso fare da tramite per mezzo delle preghiere e dell’Innocence, ma non posso violare il libero arbitrio che ogni uomo ha in se. La più grande libertà e la più grossa fregatura donata al genere umano. –
- E la tua volontà? – chiese lui.
Sorrisi amaramente.
- La mia volontà deve essere la stessa del Padre che è lassù nei cieli. Se così non fosse io cadrei. La caduta si chiama Fall Dawn. E per un angelo è irreversibile. La spada di Amaranto di Michael è la sola arma che può arrestare questo processo. Ma di solito annienta completamente l’angelo che trafigge. Io invece mi sono rigenerata. Richiamata dalle lacrime di Tykki Mikk. Non chiedermi che cosa significhi. Non lo so. Ma sono ancora qui. – ammisi
- Ma questo non… Non spiega perché sei venuta a Matera. –
Scossi la testa.
- Non ho potuto ignorarvi. –
Kanda corrugò la fronte.
- Ignorarci? –
- Il grido di dolore delle vostre anime… Era così forte che non ho proprio potuto ignorarlo. Te l’ ho detto prima… Sono un Cherubin. Un Custode che accoglie le preghiere di un animo sofferente e bisognoso. Avevate bisogno di me. Avevate bisogno di qualcuno che ricevesse il vostro odio per potervene liberare. Avrei voluto salvarvi tutti. Purificare ogni cellula di Alma sparsa fra gli esorcisti ma non ho potuto. Tutti gli esorcisti del Third Project sono morti. Nell’odio e nella paura… Li ho sentiti, ma non ho potuto fare niente… -
- Non è colpa tua… -
- Lo è invece. Io ho scelto… o forse la parte umana di questo corpo… A volte mi è difficile distinguere di chi siano le scelte… Ma io ho scelto te e Alma, non Maradao, Tsukasa e gli altri… E lì ha iniziato il mio Fall Down. –
Kanda strinse le mani a pugno. Le lunghe e belle dita che erano state fino ad allora rilassate erano adesso contratte e le nocche sbiancate…. Poi si portò una mano davanti agli occhi.
- Ho risvegliato il Quattrodiecesimo in Allen, trafiggendolo con Mugen… Ho causato anche il tuo Fall Down… A questo punto mi chiedo se sono davvero un Esorcista… o se sono un burattino dei Noha… -
Punzecchiai con la forchetta l’avanzo di una patata rimasta nel mio piatto.
- Non è colpa tua. Allen era già il veicolo del Quattordicesimo, probabilmente ancora prima della sua stessa nascita. E Marian Cross… Non so cosa si aspettasse o quale fosse la speranza del Generale. Ma ci hanno insegnato delle leggi e hanno emesso dei decreti che dovrebbero aiutarci a tracciare la via… Io stessa, a volte non distinguo più bene questa via… Non so più che cosa è giusto o sbagliato e in cosa valga la pena di credere e per che cosa lottare… In me nascono dubbi che non mi avevano mai sfiorata… Tuttavia… La sola cosa che posso fare è continuare a mettere un piede davanti all’altro. E forse, il mio cammino sarà di ispirazione a qualcun altro. Questa è la conclusione a cui sono giunta. Se un Noha ha potuto salvare un angelo dal Fall Down allora… Allora forse c’è una speranza. Questo è quanto voglio credere. Questo è la base del mio operare. La speranza, che un giorno, si possa vivere tutti in armonia sotto lo stesso cielo. –
Kanda non disse nulla.
A volte, gli effetti della parole non sono evidenti.
A volte, il seme di un’idea deve avere tempo di germogliare.
- E tu? Perchè sei tornato all’Ordine? -
- Perché nonostante tutto, come mi hai suggerito tu, lì ci sono delle persone… Delle persone che vorrei vedere, un giorno, sorridere. -
- Per un porto che vorresti chiamare casa? – chiesi con un piccolo sorriso. - Non esagerare. – ribattè lui aspro - Permetti un piccolo consiglio… Sii più onesto con i tuoi stessi sentimenti. Potresti restarne sorpreso. -
- Questo… Vale anche per te, sai? -
Annuii.
E dal canto mio mi sentii infinitamente meglio per avergli detto tutto quello che volevo dirgli.
Bhe, quasi tutto…
Poi sorrisi, mi alzai dal tavolo e afferrai il foglietto della commanda.
Mi avviai alla cassa per pagare e mentre sventolavo nell’aria il conto mi voltai e dissi.
- A proposito, Kanda Yuu, credo proprio che tu mi piaccia! –
Ecco, avevo davvero detto tutto quello che volevo dirgli!
Sentii un rumore di vetri infranti e con la cosa dell’occhio registrai il ragazzo che stava cercando di arginare la pozza d’acqua che la brocca infranta stava riversando sul pavimento, mentre cercava disperatamente di nascondere il volto arrossato… Tuttavia le orecchie che puntavano dai capelli raccolti in una coda alta erano deliziosamente rosse.



Sparendo in vicolo laterale, lasciando indietro Yuu, mi dissi che era il momento di mettermi alla ricerca di Allen.
E l’odore di frittelle che avevo sentito prima era sicuramente quello di un ambulante.
Gli ambulanti lavoravano alle fiere o alle sagre di paese o in qualsiasi posto vi fosse una festa.
Allen era cresciuto in un circo.
Con un pagliaccio.
Probabilmente per racimolare qualche soldo faceva l’artista di strada o il baro. O magari tutti e due ma a momenti alterni.
Una festa era il posto ideale, in cui nascondersi pur restando sotto gli occhi di tutti.
Mi immersi nel flusso di gente.
Andare a controllare la mia intuizione non mi costava nulla e alla peggio sarei riuscita ma mangiarmi quella frittella che ormai popolava parte dei miei pensieri.
Corrugai la fronte.
Qualcosa di famigliare e nostalgico.
Qualcosa legato alla Chiesa, ma che restava nell’ombra…
Non era un Apocriphos , ma aveva potere.
Non il potere dell’Innocence, era più simile a quello di un talismano… o di un’icona sacra…
Meglio non abbassare troppo la guardia, in nessun caso.

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Capitolo 36
*** Searching ***



“Enoc, scrittore di giustizia, va’,
annunzia agli angeli vigilanti del cielo che hanno abbandonato il cielo eccelso
e la sede santa in eterno
e si sono corrotti
con le donne
e hanno agito come i figli degli uomini”
12.3-6 – Libro di Enoc – testo Apocrifo



Sfortunatamente, quel giorno, malgrado la mia intuizione sul dove trovare Allen Walker sia stata giusta, io l’ho mancato.
Qualcuno prima di me lo ha trovato.
Probabilmente un Noha ed io ne ho perso le tracce; di entrambe.
Un po’ demoralizzata cerco una locanda dove passare la notte mentre , senza darmi affatto per vinta mi risolvo per riprendere la ricerca più tardi.
Magari in qualche bettola.
Per il momento mi concedo un bagno caldo in stanza.
Certo non sono più, ufficialmente, alle dipendenze della Santa Sede, ma in seicento anni ho avuto tutto il tempo di mettere da parte una piccola fortuna. E comunque, di solito non sono una che spende soldi inutilmente.
Chiudo gli occhi, infilando la testa sott’acqua e alla mente mi si affaccia il volto di Padre Leone.
Quando ero partita per Matera, il Camerlengo mi aveva infilato una busta nella tasca interna della giacca, e tra una cosa e l’altra non ho fatto in tempo a leggere.
Forse è il caso di farlo… diciamo subito.
Con un sospiro esco dalla vasca, mi avvolgo nella morbida spugna della salvietta e prendo la lettera.
Mi lascio cadere sul letto e inizio a leggere.
Man mano che proseguo nella lettura una ruga profonda e sottile mi si disegna in fronte.
A quanto pare sono in molti ad aver perso la bussola, in questa guerra.
Le notizie interne alla Santa Sede sono forse più inquietanti di quelle all’esterno. A quanto pare nemmeno il Camerlengo è più informato su tutto quello che il Papa ha deciso di fare. Gli Apocryphos stavano sviluppato una volontà indipendente. Ma questo ce lo eravamo aspettati, sia io che Padre Leone, in quanto per loro stessa natura essi erano nati con il solo scopo di proteggere il Cuore.
A questo punto però, se i servitori iniziavano ad agire autonomamente c’era da chiedersi se la Santa Sede interpretasse il volere di Dio o di qualcun altro e ancora c’era da tenere in conto la possibilità che fosse il Cuore ad essersi allontanato dalla strada tracciata da Dio…
Sicuramente Azael avrebbe saputo la risposta. Ma Azael era diventata un'unica entità con Angel e ormai aveva perso la facoltà di sentire cosa il Padre diceva.
L’incontro con Lord Michael poi, non aveva aiutato per nulla, se non a gettare altre ombre su tutta la faccenda.
Cosa dovrei rivelare e a chi?



Indosso un paio di aderenti pantaloni neri, una camicia bianca che impreziosisco con un una cravatta rossa, gli stivali e la mantella. Ho tirato indietro i capelli e sebbene il mio volto sia privo di barba, posso passare per un ragazzo giovane.
Avere un fascino androgino a volte è vantaggioso.
Di certo non potrei infilarmi nelle taverne malfamate per scommettere soldi nel gioco del poker se fossi una fanciulla.
Prima di lasciare la hall della locanda in cui alloggio scorgo un cilindro sulla cappelliera.
Sorrido bieca mente lo prendo a prestito senza chiedere.
La mia coscienza, o forse Azael, mi punzecchia un po’ il fianco con quel sentimento chiamato rimorso.
La metto a tacere iinformandola che lo restituirò una volta rientrata e il proprietario nemmeno se ne accorgerà. Dopotutto non è che un rispettabile gentiluomo se ne vada per bettole nell’ora più prossima a quella delle streghe!



Inutile dire che ho fatto un buco nell’acqua.
Probabilmente Allen ha deciso di restare nascosto per un po’.
Non posso dargli torto, dato che è esattamente quello che io avrei fatto al suo posto. Tuttavia il tentativo doveva essere fatto.
E poi, il mio istinto mi dice che l’Esorcista non ha ancora lasciato Lisbona. O forse è Azael che me lo suggerisce.
L’Innocence sa sempre dove c’è altra Innocence.
E quella e’ stata la prima volta che il pensiero, quello che mi ronzava in testa da un po’ di tempo, quello che non aveva una forma precisa ma che era lì, nascosto fra i gangli nervosi del mio cervello, venne a galla.
E scomparve.
Maledetti pensieri inconsapevoli.
Troppo rapido per essere colto e compreso, ma non così rapido da non aver lasciato traccia.
Torno sui miei passi, cercando freneticamente con lo sguardo che cosa avbbia potuto far scattare il meccanismo di quel pensiero inconsapevole…
Non sono stati i sampietrini sconnessi della strada che sto percorrendo.
Nemmeno la giallastra luce dei lampioni ad olio che getta coni di luce contro le tenebre della notte.
Non è stato lo stralcio di cielo stellato.
E nemmeno il paesaggio informe degli alberi del parco alla mia sinistra, o la cancellata dalle sbarre lanceolate che riflettono debolmente la luce in quanto fatte di metallo…
Osservo la facciata del palazzo alla mia destra.
Nell’insieme non mi dice nulla, non mi fa scattare nessun pensiero. Nessuna lampadina o nessuna illuminazione.
Osservo un poco più nel dettaglio.
La pietra con cui hanno edificato il palazzo è di un colore chiaro, paglierino.
Gran parte della facciata, ricoperta da Azulejos che riproducono delle statue e delle greche in stile neoclassico… Acqua e terra quelle del primo piano, il buio non mi permette di leggere i nomi di quelle dei piani superiori… anche il ballatoio del secondo piano è protetto da una ringhiera di ferro battuto dal gusto barocco che si ripete in quella della mansarda… Tuttavia è sottotetto a colpirmi come uno schiaffo.
Esattamente sotto l’apice del tetto si dipana uno pseudorosone.
Un cerchio perfetto che contiene la stella a sei punte e poi il triangolo con l’occhio. La stella di David e…
Un simbolo massonico.
….Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della realtà Una…. *
La mia mente mi ripropone uno stralcio di conversazione.
Non erano parole di Leonardo ma le avevo sentite da lui e stava citando qualche filosofo o sapiente del passato…
Leonardo era sempre stato interessato agli alchimisti, all’esoterismo e ai simboli massonici e questo gli era costato la nomea di stregone e il rischio di essere messo al rogo se non fosse fuggito Oltralpe…
E sono certa che l’orecchino che indosso sia il frutto di accurate ricerche in questo senso. Non so quanto la sua funzionalità di detenere il mio potere divino fosse dovuta alla sua composizione e al suo simbolismo latente o quanto fosse coercizione del mio pensiero e quindi vincolo da me medesima imposto.
Ma credo che alla luce della mia rigenerazione, qualsiasi potere abbia posseduto quel monile ora non lo ha più. Eppure non riesco a toglierlo. Non riesco a privarmi di quel legame con un passato ormai chiuso, che non tornerà più.
E provo un’inspiegabile sentimento di malinconia e di collera, per non avere altra scelta.
Lungo la strada che percorro non ho possibilità di tornare indietro.
Posso solo muovermi o stare ferma.
E forse, muovendomi, magari compierò un giro talmente largo o talmente lungo che mi riavvolgerò sulla spirale del tempo stesso e tornerò al punto di partenza….
Ma quale partenza?
Quella di Angel o quella di Azael?
E di nuovo afferro un pezzetto di quella consapevolezza, che ho ma che non ricordo. Chi è il Quattordicesimo e chi è il Conte?
E se Angel e Azael convivono in una sola esistenza, allora anche i Noha lo fanno?
Sono le memorie di Noè e al tempo stesso sono solo uomini?
E fino a che punto le due cose sono fuse?
Forse questo, però, riesce a spiegare perché una lacrima di Tikki Mykk mi ha potuta riportare indietro.
Non avrebbe dovuto.
MA lo ha fatto.
Quindi era pura.
Può un Noha essere puro?
No, questa è una contraddizione in termini.
- Allen… Dove sei? - sussurro appena.
Cosa voglio dirgli?
In realtà so che dovrei dirgli di fare la cosa giusta, di debellare il Quattordicesimo, di tornare in grembo all’Ordine e di continuare ad essere un Esorcista… ma mi rendo conto che no, non è questo che voglio dirgli.
Voglio dirgli di non avere paura.
Di scegliere in massima libertà cosa fare.
Vorrei dirgli, se è possibile di indagare e di scoprire il perché di tutto quello che gli è accaduto.
Di provare a conoscere il Quattordicesimo, anche se forse non potrà mai comprenderlo. Ma di non temere, che da qualche parte, dentro di lui continuerà ad essere Allen, anche se si farà carico delle memorie del Quattordicesimo e per tutto il mondo diventerà il Quattordicesimo Noha… Neah…
E che un giorno porremo fine a tutto questo.
E sopravviveremo.
Per trovarci tutti, sotto lo stesso cielo.
E non so se sia la preghiera di Angel o il desiderio di Azael.
E’ solo grazie al mio istinto che evito di essere trafitta.
Apcryphos.
Dannazione ma che cos’hanno? Un radar che gli permette di trovarmi sempre nei momenti meno opportuni!?!
Non posso iniziare una battaglia in questo posto.
Posso solo scappare, e se proprio il dannato mi vuole seguire allora fuggirò nel parco, dove forse portò rispondere ai colpi senza timore di scatenare il terrore per le strade nel cuore della notte.
E poi ho solo voglia di combattere e di distruggere.
Ed è la prima volta che mi accade.
Ho sempre combattuto col desiderio di proteggere, mai con il deliberato intento di spazzare via qualcuno.



Un lampo di luce e poi qualcosa che sembrano petali di ciliegio allungati che salgono verso il cielo.
L’Apocryphos si sta dissolvendo.
L’ho ucciso.
Quindi sono davvero passata alle schiere nemiche.
Ed improvvisamente divento consapevole della realtà che mi circonda.
Realizzo che a terra ci sono parecchi rami.
Che i nostri colpi hanno lasciato solchi nel prato…
Che io ho i piedi a bagno nella fontana… e che la statua di Poseidone dietro di me ha perso il suo tridente, mentre il rampante cavallo marino non ha più un orecchio e la coda.
Le mie gambe tremano.
Le ginocchia stanno per tradirmi, faccio appena in tempo a sedermi sul bordo per evitare di finire a mollo nell’acqua.
Sto piangendo.
Sono singhiozzi quelli che scuotono le mie spalle e non brividi di freddo.
Ma non posso fare niente in questo stato.
Solo aspettare che i cocci finiscano di cadere e poi raccoglierli.
Posso solo contemplare la distruzione portata dalla mia rabbia e continuare a chiedermi perché, perché io mi senta così in colpa e così dispiaciuta… Non è la mia prima battaglia e non è nemmeno la mia prima uccisione… Quindi non so perché questa volta debba fare così male…
E poi mi rendo conto che invece lo è.
La prima volta che ho combattuto altra Innocence con istinto belligerante.
Quindi ho davvero voltato le spalle a cosa sono… Senza possibilità di ritorno….
E Azael dentro di me si chiede se è questo ciò che ha provato Lord Lucifero quando ha sollevato la spada contro il Cielo e gli altri angeli suoi fratelli… Se questo è quello che ha provato anche Lord Michael e se questo è ciò che sentono, gli angeli ogni volta che affrontano i loro fratelli caduti.
Azael sa che era questo il dolore che Lord Lucifero voleva risparmiarle.
Ma Angel le sta suggerendo di abbracciare quel dolore. Perché sarà esso che le darà la possibilità di comprendere, perchè le lezioni di vita più grandi, dagli uomini, vengono apprese attraverso il dolore.
E dal dolore distillano consapevolezza e a volte anche felicità.



Riposo il cappello sulla cappelliera e mi tolgo la mantella.
Nulla di fatto.
Bhe, non proprio.
Ho racimolato qualche soldo, una batosta morale, e una pedicure indesiderata.
Meglio se mi concentro sulla prima cosa.
Non sono un gran baro, ma sono brava a leggere le espressioni della gente, quindi se non ho davanti a me un giocatore troppo esperto o troppo bravo posso portare a casa qualche vittoria.
- Quel copricapo non ti dona. Per niente –
La voce alle mie spalle mi fa sobbalzare.
La mia mano trema mentre ripone il cappello nel suo spazio.
Mi volto adagio ma l’odore del tabacco, di quel particolare tabacco mi ha già avvolta.
- In effetti è un po’ grande – sorrido appena.
Non ho voglia di combattere di nuovo. Ma lo farò se mi sentirò minacciata, per questa ragione raddrizzo la schiena.
L’uomo disaccavalla le lunghe gambe.
Gli stivali di pelle producono un leggero fruscio, come la stoffa dei pantaloni neri e aderenti.
Il bianco della camicia stona contro la penne scura del torace che si intravede sotto i primi tre bottoni lasciati aperti.
In realtà, per quanto indossi abiti di ottima fattura, sono un po’ gualciti e portati con noncuranza. Come se si fosse messo comodo, mentre mi ha aspettata.
Regge fra le dita un calice di vino rosso rubino e i capelli mossi gli ricadono sulla fronte, nascondendo le croci delle stigmati.
Gli occhi dorati mi fissano duri come pietre, mentre le belle labbra morbide sono piegate ad un sorriso cordiale.
- Mi fai compagnia? – chiede sollevando il calice in un invito che sa anche di brindisi.
Scuoto la testa.
- Non bevo dopo cena – rispondo mentre mi tolgo la mantella che lascio cadere distrattamente sulla panca, sotto gli appendiabiti tutti pieni di cappotti di altri avventori.
La reception è vuota e anche il ragazzo al bancone del bar ripone l’ultimo bicchiere e soffoca uno sbadiglio.
Tikki svuota in un solo sorso il bicchiere che ha in mano.
- Stai qui – mormora a denti stretti mentre a lunghe falcate restituisce il bicchiere e dice due parole al barman che si affretta ad annuire.
Non sono tenuta a farlo.
Aspettarlo, intendo… Ma qualcosa mi dice che forse dovrei.
Guardo con calma il divano di velluto blu con i profili di legno argentato, e due poltrone gemelle, il tavolino in ferro battuto e cristallo con un vaso di fiori che definirei eccentrico, le pareti bianche sobriamente rifinite e la greca a una spanna dal soffitto con dei gigli fiorentini blu…
L’occhio mi cade sull’affresco del soffitto, con il trito tema mitologico dei putti e del cielo con le nuvole e le colonne, e gli arabeschi barocchi del lampadario con ciondoli di cristallo molato.
Anche i tavoli sono apparecchiati per la colazione con tovagliette bianche blu, dagli eleganti arabeschi.
Sono stanca.
Ho freddo.
E non vedo l’ora di togliermi gli stivali fradici.
I miei occhi corrono alla scala che porta al piano di sopra e alle camere.
Sconveniente?
Quasi certo, ma non me ne può importare di meno.
Inizio a salire le scale.
Sento il rumore fradicio che producono i miei stivali.
Bello schifo, davvero.
Tikki mi raggiunge a metà della scala.
- Ti avevo chiesto di aspettarmi – sussurra afferrandomi il polso, saldamente.
- Veramente mi hai detto di stare lì… - borbotto senza troppa convinzione.
I suoi freddi occhi gialli si piantano di nuovo nei miei… e improvvisamente una luce un po’ più calda li invade.
- Donna, non la smetti mai polemizzare? – chiede brusco.
Mi stringo nelle spalle.
- Non resterò piantata come uno stoccafisso nell’ingresso o a metà di una scalinata solo perché qualcuno mi dice di stare lì. Se vuoi parlare seguimi, se vuoi uno scontro mettiti in fila, ne avrò anche per te! –
L’oro si accende di un sottile divertimento.
La sua mano lascia il mio polso.
E’ stano come il suo tocco sia caldo.
Scaccio quel pensiero e raggiungo la mia stanza.
E’ spaziosa ma non eccessivamente lussuosa.
Tolgo gli stivali mettendoli a fianco della stufa di ghisa che emana calore, per domattina saranno asciutti mi sposto verso il bagno notando a malapena le impronte bagnate che le mie calze lasciano sul pavimento di legno.
- Sei finita in una pozzanghera? – chiede Tikki, seguendomi curioso.
E’ meglio quando è anche silenzioso.
- Apocryphos insistente – ribatto mentre sfilo i pantaloni senza farmi problemi.
Afferro l’accappatoio mentre lascio cadere a terra il resto dei vestiti. Stringo la cintura di spugna e apro l’acqua della doccia.
Si, una doccia calda è quello che mi ci vuole.
Tikki è seduto sul bordo del lavandino.
Non so perché lui, che è il Noah del Piacere non accenda in me nessun tipo di desiderio.
Nella mia testa non è diverso da un pezzo di arredamento, e se mi imbarazzo è solo a posteriori, quando ricordo a me stessa che lui è fisicamente un maschio…
- Aaarggghhh! – sbotta lui arruffandosi i capelli in un gesto esasperato.
Inarco un sopracciglio, francamente perplessa.
- Sono il Noah del Piacere, il Piacere, hai presente? –
Annuisco.
- E tu… Tu te ne stai lì con quasi niente addosso, per nulla interessata a me! Non sono bello? Non mi trovi affascinante? –
- C-come? – chiedo spiazzata
- Non mi desideri? Questo corpo… - dice sfiorandosi le clavicole in modo che è sensualità pura – il suo calore… - prosegue umettandosi le labbra – il sapore dei miei baci… -
- Per il calore c’è la doccia… In quanto al sapore dei tuoi baci, vino e tabacco non sono un mix vincente, credimi. –
Quello che si dipinge sul bel viso del Noha è puro sgomento.
Poi lui scatta.
Sento un dolore alla base della nuca, dove ho picchiato la testa contro le piastrelle del muro. E poi un calore bruciante sul collo dove le labbra del Noha si sono posate e succhiano. Sento poi gli schiocchi dei baci che risalgono verso l’orecchio, il solletico che mi fanno i suoi capelli serici ma nessun batticuore furioso e niente farfalle nello stomaco.
Tikki si allontana un poco e torna a fissarmi negli occhi.
Mi lascia andare.
Il suo sguardo è strano…
- Ti aspetto di la… Dobbiamo parlare di Allen Wolker – mi dice lasciandomi sola.




• cit: Ermete Trismegisto

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