Under The Shield

di paoletta76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. I'm Fine (You Sure?) ***
Capitolo 2: *** 02. Under Fire ***
Capitolo 3: *** 03. WHY..? ***
Capitolo 4: *** 04 Out Of The Dark ***
Capitolo 5: *** 05 Shades Of Green ***
Capitolo 6: *** 06 The Long Goodbye ***
Capitolo 7: *** 07. Time Heals All The Wounds..? ***
Capitolo 8: *** 08. Who's That Girl ***
Capitolo 9: *** 09. Back On My Feet Again ***
Capitolo 10: *** 10. On The Other Side Of The Glass ***
Capitolo 11: *** 11. Stranger In This World ***
Capitolo 12: *** 12. My Little Diva Days ***
Capitolo 13: *** 13. Bittersweet Surprises ***
Capitolo 14: *** 14. Never Be The Same Again ***
Capitolo 15: *** 15 The Night Before, The Day After ***
Capitolo 16: *** 16. Losing Control ***
Capitolo 17: *** 17. Peace After The Storm ***
Capitolo 18: *** 18. Can I Still Trust Him? ***
Capitolo 19: *** 19. Uncovering Dreams ***
Capitolo 20: *** 20. My Turn To Lie ***
Capitolo 21: *** 21. Cutting The Heads ***
Capitolo 22: *** 22. What Have I Done ***
Capitolo 23: *** 23. Awake And Breathing ***
Capitolo 24: *** 24. Just Her Name ***
Capitolo 25: *** 25 The Only Real Thing ***
Capitolo 26: *** 26. Alone ***
Capitolo 27: *** 27 Blackout ***
Capitolo 28: *** 28. Bad Surprises ***
Capitolo 29: *** Blackmail ***
Capitolo 30: *** Escape ***
Capitolo 31: *** The Perfect Soldier (part 1) ***
Capitolo 32: *** The Perfect Soldier (part2) ***
Capitolo 33: *** Maveth ***
Capitolo 34: *** Fog, Light And Fire ***
Capitolo 35: *** 35. Until The End ***
Capitolo 36: *** Light. Again ***
Capitolo 37: *** Moving On ***



Capitolo 1
*** 01. I'm Fine (You Sure?) ***


Sto bene. Va tutto bene.
 
Continuava a ripeterselo, e più il mantra andava avanti, meno ne era convinto.
 
Non stava bene. Nemmeno un po'.
 
Hai bisogno di qualche giorno di riposo.
Coulson era stato categorico. Nessuna proposta; quello era un ordine, non si discuteva.
 
Avrebbe desiderato fare un giro a Tahiti.
 
La verità era che dopo Praga non riusciva più a dormire. Gli bastava chiudere gli occhi, e lei era lì. Non l'immagine strafottente uscita dal cappuccio dopo il modo non convenzionale in cui l'avevano invitata a bordo, non quella allegra dei rari momenti di pausa. E neppure quella triste con cui gli aveva raccontato di non aver mai avuto una famiglia che l'amasse.
 
Il sorriso di Skye non si apriva. E quelle labbra appena socchiuse colavano sangue.
 
Rosso, come il velo che le aveva dipinto le guance la prima volta in cui aveva osato sfiorarla in un modo diverso dal solito, anche solo per errore.
 
Rosso, come l'insensato desiderio di lei che gli aveva stretto il cuore.
 
Inutile, ormai.
 
Ti sei distratto, agente Ward..

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Capitolo 2
*** 02. Under Fire ***


L'aveva trovata nel magazzino, proprio come da ipotesi di Fitz-Simmons. Quasi banale, come luogo di detenzione per i nemici.
 
Banda di terroristi poco fantasiosi.. aveva pensato, stirando le labbra in un ironico sorriso.
 
Aveva smesso di sorriderne solo dopo aver constatato le condizioni della collega.
 
Una corda le teneva i polsi costretti ed imprigionati ad una pesante grata, e il suo corpo sembrava infinitamente più piccolo, rannicchiato in un angolo fra il muro ed il pavimento.
I capelli scompigliati, tracce di lividi e ferite evidenti sotto gli strappi dei vestiti.
 
Un brivido gli aveva percorso la spina dorsale.
 
Perché vuoi andare proprio tu? E' un gruppo terrorista, fra i peggiori.. e non sei ancora abbastanza esperta, per stare sul campo..
L'obiezione di Simmons era caduta nel vuoto.
 
Appunto. Terroristi. Come quelli con cui mi sono addestrata.. come i miei.. amici.- non aveva battuto ciglio, armandosi ed evitando di guardare l'amica - e poi.. sono l'unica in questa squadra che non ha niente, da perdere..
 
Questo l'aveva detto sollevando lo sguardo sul suo.
 
Non era riuscito a sostenerlo, e l'aveva spostato su May. L'aveva vista vibrare, prima di voltare le spalle e lasciare la stanza.
 
Aveva teso la mano, armando nell'altra il coltello.
Skye aveva sollevato gli occhi, l'aveva riconosciuto. E aveva dato uno strappo a richiudersi a riccio verso la parete.
- Non è il momento per fare la bambina, recluta. Andiamo.
 
Altro strappo; la ragazza non voleva saperne, di lasciare quel posto con lui.
- Smettila! - aveva alzato sensibilmente la voce, chinandosi su di lei ed afferrandole un braccio - Quando saremo al sicuro alla base, sarai libera di prendermi a pugni quanto ti pare. Ma adesso piantala, e lasciami tagliare questa roba.
 
Lei s'era arresa, lasciandosi liberare e tirare su da terra quasi di peso.
- Andiamo.- aveva ripetuto lui, senza ottenere risposta. E s'era incamminato verso l'uscita trascinandola dietro di sé.
 
Una volta nel piazzale, fu una grandine di proiettili.
Prevedibile.. pensò, armando la pistola e procedendo a scatti.
- Stai alle mie spalle finché non te lo dico io, ok?
 
La ragazza l'aveva appena guardato, indifferente, vuota.
Scuotendo la testa, era tornato a rispondere al fuoco. Preciso, veloce, destra, sinistra, avanti e dietro.
 
All'improvviso, un sibilo. Acuto, alle spalle, dall'alto.
Neppure il tempo di pensarci, ad un cecchino. Aveva sentito quel peso tirare verso il basso, allacciato alla sua mano.
S'era voltato, e l'aveva vista accasciarsi a terra, come in una scena al rallentatore.
 
Skye!!
 
Poi tutto aveva preso a muoversi di nuovo con velocità estrema. Altri spari, altri sibili da tutte le direzioni. Era riuscito a trascinarla oltre un'auto, ed una volta con le spalle al sicuro aveva quasi urlato nella trasmittente.
 
Agente a terra!!
 
Non ci aveva messo più che una manciata di secondi, ad arrivare, la cavalleria. E l'aveva trovato stremato, sconvolto, con quel corpo fra le braccia. Le mani intrise di sangue, la voce ridotta ad un sussurro.
 
Ti prego, no.. non mollare..
 
Non puoi punirmi così..
 
- Ward.
La voce del capo non ebbe alcun effetto.
- Lasciala a noi.- aveva teso la mano, e il giovane s'era ritratto, stringendo di più quel minuscolo corpo senza vita.
- Non c'è più niente da fare, Ward.- adesso era comparsa anche la voce di May, gelida ed impassibile - lasciala andare.
 
Un altro scatto indietro.
 
Coulson le aveva appoggiato un cenno quasi impercettibile, prima di provare con un secondo tentativo. L'aveva distratto con le parole, mentre la collega gli iniettava del sedativo a tradimento.
 
Aveva riaperto gli occhi, trovando davanti a sé lo spazio familiare della propria cuccetta.
Era a bordo. A bordo dell'aereo dello Shield, al sicuro. E quella che risuonava allegra oltre la porta socchiusa era la voce di Skye.
 
Sognato. Ho sognato.- strizzò appena gli occhi, sollevandosi a sedere - complici quei due whisky di troppo e il senso di colpa.
Meglio. Adesso vado di là, l'autorizzo a mollarmi un ceffone. Non me ne frega niente, le devo parlare.
Caricò un respiro, si alzò. Ed una volta stabile sui piedi raccolse l'anta della porta e la fece scorrere, leggero.
 
Quello che i suoi occhi trovarono fu l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere.
 
Lo schermo.
Lo schermo piatto della sala relax trasmetteva immagini girate in un momento di privata allegria, fra una missione ed un'altra. Skye rideva. Chiacchierava e rideva, come era solita fare quando era felice, insieme alla sua piccola stramba famiglia di spie. Un milione di attimi fa.
Rideva, chiamava uno o l'altro dei colleghi, protestava con i capelli tutti spettinati e senza smettere di ridere. Adesso era direttamente addosso a lui, e lo prendeva in giro.
 
James Bond che soffre il solleticoooo!
 
Davanti allo schermo, rannicchiata sul divano, Jemma singhiozzava.
 
Si accorse della sua presenza, e provò ad arginare le lacrime strofinandosi il viso con la manica del maglione, prima di riuscire a sollevare lo sguardo su di lui.
 
- Simmons..
Lui raccolse di nuovo il respiro, senza osare muoversi.
- E' tutta colpa tua..- replicò lei, in un soffio, tornando a guardare lo schermo.
 
Un brivido, lungo la spina dorsale.
Non aveva sognato.

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Capitolo 3
*** 03. WHY..? ***


Non ho nessun motivo per giustificarmi. Non devo giustificarmi. Non con te. Sei soltanto una traditrice.
 
Allora siamo pari..
L'ultima volta in cui Skye gli aveva rivolto la parola, insieme ad occhi carichi di lacrime e rancore, rispondendo in un soffio a quella durissima accusa.
Parole che non le avrebbe dovuto dire. Che non avrebbe potuto rimangiarsi.
Mai più.
 
Non l'aveva difesa, non l'aveva protetta. Neppure dal nemico peggiore, sé stesso.
 
Perché l'urgenza di parlarle, quando quella mattina l'aveva visto uscire dalla stanza di May ancora praticamente nudo? Perché quella linea di difesa? Perché, se di lei non gliene importava nulla?
 
La odiavi. La odiavi da morire. Non la volevi neppure nel team..
 
Se soltanto Coulson ti avesse ascoltato..
 
Era stato il primo, ad opporsi all'ingresso in squadra di quella ragazzina.
Impreparata, antipatica, testarda, ribelle. Neppure una qualità a suo favore, per ottenere punti nell'ambiente.
 
E' così stronz..
 
E' una risorsa, Ward. E a noi serve quello che sa.
 
Non s'era ribellato oltre, quando il capo gli aveva proposto un ruolo di complice in quella messinscena del siero della verità. Del resto, obbedire agli ordini restava il suo primo dovere.
Ottimo lavoro..
 
Già.
E allora perché, accidenti.. perché il primo sguardo gli era caduto dentro la scollatura della stronzetta hacker? Perché aveva dovuto spostarlo, per reggere il gioco? Perché quel brivido, al contatto di quel dito puntato contro il petto?
 
Perché nonostante tutto non lo sei, di pietra, agente Ward..
 
L'hai voluto tu.. l'hai chiesto tu di farle da supervisore..
 
Perché?
 
Ricordava il sorriso appena accennato di May, ricordava le proprie parole. E poi il sacco da boxe.
 
Un passo dietro l'altro, ora che nel garage regnava il silenzio. Il sacco era ancora lì, sembrava aspettare chi non sarebbe tornato. Mai più.
Tese le mani, andò ad appoggiarvi i palmi e il peso come quella volta in cui aveva iniziato a parare i suoi colpi.
 
Sperare qualcosa e poi perderlo è peggio che non aver sperato mai niente..
 
Gli sembrava di vederla, così vicina e così lontana. La sua voce non mascherava amarezza, parlando di una casa mai avuta, di genitori adottivi che l'avevano rifiutata prima di darle l'opportunità di farsi amare.
 
Neppure tu.. neppure tu gliel'hai data, quell'opportunità.. eppure sarebbe bastato così poco.. oltrepassare il sacco, raccoglierla fra le braccia e nasconderla contro il petto. E' troppo tardi, agente Ward..
- Troppo tardi..- mormorò, in un soffio, continuando a fissare il sacco.
 
Uno scatto, all'improvviso. Un pugno, due. Una grandine di pugni, la voce che sfuggiva in un grido di rabbia e dolore a riempire quel silenzio.
 
Avrebbe pianto, ad esserne ancora capace.

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Capitolo 4
*** 04 Out Of The Dark ***


Buio.
 
L'ultima cosa che riusciva a ricordare era il buio. Umido, incerto, silenzioso. Unica compagnia, quella goccia d'acqua sul pavimento.
 
Plic. Plic. Plic.
 
L'avevano catturata. Non ricordava come, quando, dove. Ricordava l'ufficio dell'obiettivo, un certo mr. Stratman.
Avrebbe dovuto soltanto introdursi, collegare la chiavetta USB e scaricare quei dati. Facile come bere un bicchier d'acqua.
Invece qualcosa era andato storto.
 
Ti sei distratta, Skye..
 
Distratta. Già. Negarlo sarebbe stato inutile, superfluo. Stupido.
La verità è che da quarantott'ore aveva davanti sempre e solo quell'immagine.
 
Praga. Il corridoio dell'hotel. La porta oltre le spalle, sollevare lo sguardo ed incontrare la figura del suo agente supervisore.
Sorrideva. Non ricordava d'averlo visto sorridere, non in quel modo.
 
Ah! E mi butteresti fuori così, su due pied..!?
Mani sollevate, scuoteva appena la testa voltandosi verso la porta, prima che quella gli venisse chiusa in faccia. Lasciandolo di nuovo ridere.
Vestito solo di un asciugamano.
 
La porta s'era di nuovo aperta, per un istante. E ne erano volati fuori i suoi vestiti.
Dai.. ok seguire il piano, lasciare l'albergo separati.. ma non posso vestirmi in corrido-
 
Aveva avuto il potere di congelarla. Lì, dita sulla maniglia e cuore oltre la gola.
 
Che diavolo ti succede, Skye? Forza, tira fuori una battuta cretina! Una qualsiasi.. bypassalo e prendilo in giro con nonchalance, mister so-tutto-io.
Skye.. ehi, Skye.. perché non riesci più a muoverti?
 
Dolore. Ecco quello che stava provando. Un dolore intenso ed orribile, privo di qualunque spiegazione.
 
Era già successo. La Spagna. Un albergo, una missione portata a termine non senza fatica.
E' stata solo una reazione chimica.
 
Il bastone del Berserker. E' stato quello..
 
La voce di Simmons che provava a giustificare quel comportamento aggressivo, il cuore ad un passo dalla gola. Quegli occhi neri e cattivi nei suoi.
Poi, il bar dell'hotel, tendere la mano sulla sua e sentirsi chiedere scusa.
Lo sapevo, quello non potevi essere tu.. aveva pensato, offrendogli ascolto e sostegno.
 
Lui aveva rifiutato.
 
Era diventato più freddo, da quando..
 
Miles.
Li aveva traditi, per lui. Con lui. Aveva letto qualcosa, negli occhi del suo agente supervisore, nel tono che aveva usato per chiederle le mani e chiuderle in un paio di manette.
Le aveva dato di nuovo fiducia, e lei era stata capace di riconquistarla. Ma non aveva più lasciato cadere quel muro di vetro. Le parlava, mantenendo distacco. L'addestrava, evitando ogni contatto fisico oltre lo stretto necessario.
 
Non aveva più cercato di ritagliarsi spazi privati accanto a lei.
 
Aveva rifiutato il suo aiuto.
 
Scambiava con May sempre più cenni d'intesa. Sorrisi.
 
Ed ora stava lì, a due passi da lei. Praticamente nudo. Fuori dalla stanza di Melinda.
 
E lei aveva inspiegabilmente il cuore in fiamme.
 
Il cellulare che le scivolava dalle mani piombando sulla moquette del corridoio.
Lo sguardo scuro dell'agente Ward che si sollevava sul suo.
 
Dolore.
 
Buio.
 
Ward adesso le era dietro, all'ingresso dell'hotel, e cercava di trattenerla con stupide ed inutili giustificazioni.
Perché?
 
E perché saperlo nello stesso letto di May faceva così male?
 
Sono quella che non ha niente da perdere.
 
Era scivolata fuori dal bus, senza voler vedere le mani intrecciate e strette di Jemma, né le labbra che si mordeva Leo.
Vedi di tornare intera..
 
Plic. Plic. Plic.
Adesso la porta cigolava e si apriva, quella voce scura annunciava in un soffio: è tutto ok, ti porto via da qui.  Ma ad accompagnarla non c'era il sorriso paterno di Coulson.
 
Aveva dato uno strattone.
No. Con te no. Ti odio.
Lui era riuscito comunque a convincerla, aveva tagliato la corda che le costringeva i polsi, l'aveva sollevata come una piuma e trascinata fuori.
 
Fuoco.
 
Dritto a colpirle il centro della schiena. Fiamme, addosso. E poi il freddo.
 
Una voce che mormorava qualcosa, contro la sua fronte.
 
E poi soltanto il buio.

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Capitolo 5
*** 05 Shades Of Green ***


Ciao, Sara..
 
L'uomo avanzò verso il letto, protetto solo parzialmente dalla penombra.
Meglio, ora? le disse, accomodandole il cuscino.
 
Dolore. Lancinante, continuo, contro la schiena e da lì in tutto il corpo.
Dalle labbra le sfuggì un lamento.
 
- E' normale.- disse quello, senza perdere il proprio tono tranquillo - ti hanno ucciso.
 
No.. io..
 
- Stà tranquilla. Andrà tutto bene.- l'uomo scivolò oltre il letto, verso quella che appariva come una flebo - ti do un po' di morfina. Pensa solo a riposare.
 
Giovane. Appariva giovane, lineamenti affilati e nobili. Alto, capelli scuri portati lunghi all'altezza del collo.
Era sicura di averlo già visto.
 
Ma dove?
 
E perché.. perché l'aveva chiamata con quel nome?
 
Say something, I'm giving up on you
I'll be the one, if you want me to
Anywhere I would've followed you
Say something, I'm giving up on you.
 
Gli occhi si chiudevano, mentre nella testa continuavano a volteggiare le note di quella canzone.
 
L'ultima immagine prima del buio. Il bar di quell'albergo, il viavai delle persone, indifferenti alle lacrime che premevano per sfuggire al suo controllo.
 
Il sorriso di Leo, il suo buongiorno che sfumava all'apparire di Ward oltre le sue spalle, al suo raggiungerle il braccio e strattonarla, con un modo prepotente, quasi disperato.
Quella grandine di parole. Non è come credi.. non sono affari tuoi..
Ma perché accidenti mi sto giustificando con te? Io non devo giustificarmi, con te..
 
E quella canzone. Lontana, sempre più lontana.
 
Zia.. è una sirena?
Una piccola voce, leggera, a due passi dal letto.
 
La bambina..
 
- La bambina..? - replicò la voce di quell'uomo, e l'oscurità svelò di nuovo la sua figura - oh, sì, scusa.. non doveva neppure essere qui. Non ti disturberà più.
- No.. non mi.. cosa.. chi..?
- Sei a casa, Sara. Al sicuro.
 
Perché continui a chiamarmi così..?
 
- E' il tuo nome.- quell'uomo lesse confusione, nei suoi occhi, e si piegò sulle ginocchia, fino ad arrivare alla sua altezza, scoprendo del tutto il viso - non preoccuparti.. pensa solo a guarire.
 
Un brivido, prima che gli occhi si chiudessero di nuovo.

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Capitolo 6
*** 06 The Long Goodbye ***


Say something, I'm giving up on you.
I'm sorry that I couldn't get to you.
Anywhere I would've followed you.
Say something, I'm giving up on you.
 
Leo aveva acceso la radio, lasciandola in sottofondo. Uno di quei mille tentativi di alleggerire l'aria che Jemma non notava neppure.
 
- Ehi..- le si fece vicino, trovandola a trafficare in modo compulsivo con il materiale del kit da pronto intervento - tutto ok?
- Scusa..? - replicò Jemma, voltando il viso sul suo con un'espressione indefinita.
- Stai bene?
- Non sto bene per niente, Fitz. Ma questo dovresti saperlo meglio di me.
 
Un tremito nelle mani, in sincrono con quello della voce.
- E' successo un mese fa, lo so. E' passato un mese. E io non riesco neppure a tenere in mano questi maledett..!
Una mossa di troppo, e il kit volò sul pavimento, mandando in mille pezzi tutto quello che conteneva.
- Ho fatto un disastro.. scusa..- mano alla fronte, chinarsi in contemporanea con lui, con l'idea di rimediare ripulendo tutto.
- Ci penso io. Tu.. tu sali, riposati un po'.
- Hanno ucciso.. lei era diventata mia sorella, capisci? Era diventata mia sorella.. e ora non c'è più..
- Lo so, Jemma..- un sospiro, sedendosi accanto a lei per terra ed incrociando le gambe, sorprendendosi a chiamarla per nome - lo so.. e sai cosa mi fa più rabbia? Che è passato un mese, e qui dentro sembra non sia successo nulla. Gli altri..- sollevò le spalle, afflitto - non ne hanno sofferto, neanche un po'. E continuano ad andare avanti come niente fosse.
- Siamo agenti dello SHIELD, Fitz..- replicò lei, con una vena nella voce.
- Lo so. Ma siamo anche esseri umani. Guardati. E' passato un mese, non riesci a tenere in mano nulla senza romperlo. E piangi. Ti sento, la notte, sai? Manca anche a me. Tanto. Invece agli altri..
Abbassò il viso, inspirando ed espirando.
- Ward.- disse - è stata colpa sua.
- Non lo pensavo, Leo..- gliel'ho detto, ma non lo pensavo veramente. Lui era il piano d'estrazione, lo è sempre stato. La sua funzione è proteggerci e toglierci dai guai. Ricordati cos'ha fatto, con me. Non avrei dovuto dirgli quelle cose. E adesso non mi parla neanche più.
- E' stata colpa sua, Jemma.
- Smettila..!
- Dico sul serio. L'ho sentito, quella mattina.- la vide aggrottare le sopracciglia, e sfogò il peso che si portava dentro da un mese intero - dovevamo uscire per il briefing. Skye è arrivata al bar dell'albergo col viso in fiamme. Piangeva. Ho fatto per andare a parlarle, quand'è arrivato lui. L'ha raggiunta, l'ha afferrata per un polso e costretta a fermarsi. Non l'avevo visto così da quando ha toccato il bastone asgardiano. Ma questa volta.. questa volta non sembrava rabbia, sembrava.. disperazione. Non è come credi, le ha detto, arrivandole fronte a fronte. Ho passato la notte con May, è vero. Non è la prima volta. Non stiamo insieme, se è quello che pensi. E comunque, non devo giustificarmi, non con te. L'ha chiamata traditrice, lei gli ha semplicemente risposto allora siamo pari, e lui s'è come congelato, lasciandola andare. Come.. sembrava come..
- Ward va a letto con May? - Jemma sgranò gli occhi, riducendo la voce ad un soffio.
- Dura da tempo, secondo quello che ho sentito. E Skye..
- Sono quella che non ha niente da perdere..- Jemma si morse appena le labbra, ricordando quelle parole.
-..Si è innamorata di lui.
 
Un sospiro. Pesante, in sincrono. Sguardi a terra e dita che andavano ad intrecciarsi.
 
- E' stata davvero colpa sua. E ci dev'essere dell'altro, perché l'altra sera ha massacrato il sacco da boxe a furia di pugni. May l'ha dovuto sostituire.
 
Bastardi.. tutti e due.
Una nota stonata, nella voce di Jemma.
 
Leo allungò le braccia. Così, d'istinto, senza perdersi a pensare. Allungò le braccia ed andò a circondarle le spalle, attirandola a sé.
 
Un istante, lunghissimo, di silenzio.
 
Un'ombra, ad osservarli da lontano. Le labbra piegate, ed in gola il sapore del sangue.
 
Say something, I'm giving up on you.
I'm sorry that I couldn't get to you.
Anywhere I would've followed you.
Say something, I'm giving up on you.
 
Raccogliere il respiro, scivolare silenzioso lungo la scala a chiocciola che dal garage portava al piano superiore.
 
Coulson sollevò d'istinto il viso, al solo percepire quella presenza sulla porta. Senza neppure che il giovane s'introducesse.
 
Me ne vado.
 
Nessuna obiezione, mentre l'agente Ward muoveva i propri passi lontano da lì.

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Capitolo 7
*** 07. Time Heals All The Wounds..? ***


Un anno. Un lunghissimo anno.
 
Tagliare i ponti, senza altre spiegazioni.
Sarai felice, ora.. di nuovo solo. Tu, non più di un collega di copertura e l'obiettivo.
Missioni ideali, per uno come te, agente Ward. Nessun impiccio, nessuna distrazione.
 
Aprì gli occhi e ritrovò il grigio del soffitto. L'anonima stanza da letto dell'anonimo appartamento di New York in cui l'agenzia l'aveva assegnato per l'ennesima missione di livello sette.
 
Aprì gli occhi e ritrovò l'opaca figura di Grant Miller, il broker finanziario di cui vestiva i panni da un paio di mesi.
Come fosse stato tutto davvero soltanto un sogno.
 
Si piegò sul fianco, tese la mano a raggiungere l'orologio che teneva sul comodino.
Accanto ai falsi documenti per la falsa identità di quella falsa vita.
 
Le undici ed una manciata di minuti.
 
Un sospiro, tornando sdraiato con il viso al soffitto.
 
Forse avrebbe dovuto chiamare. Chiamare qualcuno, magari May. Togliersi quei pensieri con una sana notte di sesso. Forse gli avrebbe medicato quelle invisibili ferite.
 
Le sentiva. Non poteva vederle, ma continuava a sentirle.
Non si sarebbero rimarginate. Mai.
 
Mi hai fatto del male, Skye. Non hai tradito il gruppo con uno dei nemici. Hai tradito me.
 
Ecco. Ecco tutto quello che avrebbe voluto dirle, se fosse stata ancora da qualche parte lì, in giro. Anche se non al suo fianco. Anche se con l'odio come unico sentimento disponibile nei suoi confronti.
Gli sarebbe bastato un pugno dritto in faccia, come risposta. Anche quello, pur di sentire ancora quella voce, quel respiro.
 
Invece c'era solo la sua, di traccia tiepida sulle lenzuola.
 
Hai tradito me..
 
E io ho tradito te..
 
E adesso..
 
Sollevarsi a sedere, il viso fra le mani.
 
Acqua. Gelida. Ecco di cosa aveva bisogno. Anestetizzare.
 
Ed è passato un anno..
 
Accendere la radio, distratto, mentre scivolava nella doccia, ed il fruscio dell'acqua copriva tutti i rumori.
Di nuovo quella dannata canzone.
 
Fortuna che c'era Jeremy. La sua ombra, il collega di livello sei che gli avevano assegnato come compagno per quella missione. Jeremy che rideva, che sapeva fare dell'ironia anche nei momenti più bui. Jeremy che lo sapeva, cosa volesse dire, perdere un collega.
 
Jeremy che non conosceva tutta la storia.
 
Un sorriso, appena accennato, uscendo dalla doccia e trovando il suo messaggio sul cellulare.
 
Non sei ancora stanco della tua pausa? Ci facciamo un caffè?
 
Pausa. E quando mai stacchiamo, Jer. Ma forse è meglio così. Meglio, per non pensare.
 
Si rivestì con calma, prima di raccogliere il cellulare e decidersi a rispondere.
 
Ok, affare fatto. Dove e quando?
 
Il tono leggero di quei rari attimi in cui anche sul bus ci si rilassava un po', prima del prossimo briefing. Leggero, a mascherare quel peso che non ne voleva sapere di liberargli il cuore.
 

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Capitolo 8
*** 08. Who's That Girl ***


Meravigliosa sirena ad ore sei.
 
Stirò le labbra in un sorriso, in risposta a quell'affermazione al pepe.
- Jeremy, sei terribile.. basta un minuto, uno, libero da qualsiasi impegno, e quei tre neuroni che ti galleggiano in testa ti portano sempre lì..
- E' per questo, che sei sempre così orribilmente solo, Grant. Tu pensi al lavoro anche quando sei off the clock. E poi, quella è davvero da guardare. Ti sono infinitamente grato.
 
Aggrottò le sopracciglia.
- Sì, grato fino all'eternità, per aver scelto quel lato del tavolo.
 
Il sorriso si aprì più libero, lasciandolo scuotere appena la testa.
- Non commentare.- il collega gli puntò il dito contro, divertito - sono riuscito a farti ridere. Non ridi da una vita, praticamente dall'asilo. E poi quella è davvero così.. ehi! No, non ti voltare, o mi farai saltare la copertura..
 
Aveva spostato il viso, leggermente, non abbastanza da poterla vedere, la cosiddetta meravigliosa sirena. Un sospiro. Scuotere di nuovo la testa e tornare al proprio caffè.
 
- Oh, cielo.. viene verso di noi. Non ti voltare, non ti voltare.
 
E chi se ne frega, Jeremy.. rispose, con un'occhiata obliqua.
 
Quella mano stretta sul braccio e quella voce contro la guancia ebbero il potere di gelargli il sangue nelle vene.
 
Chi non muore, si rivede..
 
Quella voce.
 
Il cuore in gola.
 
- Mamma mia, che saluto caloroso..! - la ragazza s'era scostata, inclinando appena il viso e rivolgendosi all'altro ragazzo con un pizzico d'ironia nel sorriso - sembra che tu abbia visto un fantasma, invece che la tua ex.. io sono Sara.
Un piccolo scatto, la mano tesa verso Jeremy e la sua espressione completamente ipnotizzata.
- Piacere..- replicò quello, in un soffio, recitando a malapena il proprio nome, mentre il collega continuava a fissare la ragazza col viso a tre quarti e un'aria quasi terrorizzata.
 
Come avesse visto un fantasma.
 
- Lavori con questo simpatico ghiacciolo? Come procede, con gli affari bancari..?
- Beh.. ora siamo al blocco assicurazioni..- Jeremy gli sganciò un'occhiata, attaccando la solita bugia di copertura - tu?
 
Lo squillo del cellulare.
- Scusa..- la ragazza volteggiò leggera sui tacchi, prima di raccoglierlo dalla borsetta, sollevare gli occhi al cielo e rispondere con falso entusiasmo - Susie! No, sono a due passi, letteralmente due passi da te.. ma dai.. non salterà certo la scaletta se sfilano prima gli slip di quell’antipatica di Karen! Anzi: dalle la prima uscita, la seconda, quella che le pare.. ma sì, sto arrivando.. Susie, sai che più mi tieni al telefono, e più tardi arrivo? Sì, ciao..
- Tu.. sei..? sempre a bocca socchiusa, il ragazzo indicò un punto alle proprie spalle.
- Victoria's Secret. Ma non sfilo sempre solo in mutande..- lei sorrise, con un filo di malizia - beh, è stato un piacere..
- Piacere mio..
- Devo salutarvi, la mia agente-truccatrice-costumista potrebbe uccidermi. E passate a trovarmi..- si piegò appena verso la guancia dell'agente Ward, abbassando la voce - non prometto niente, ma potrei trovarvi un posto dicendo che siete miei parenti..
 
Si sollevò di nuovo, e agitando appena la mano si allontanò volteggiando leggera sui tacchi.
 
- Tu devi essere pazzo. Ma che dico, completamente andato..- Jeremy si voltò verso il collega, dopo averla seguita per un attimo con lo sguardo - stavi con una modella di Victoria's Secret.. e l'hai lasciata?
- E'.. lei non.. lei è..- mormorò l'altro, occhi persi oltre la strada e il respiro corto.
-..Ti ha lasciato lei.- Jeremy sollevò le spalle. Ovvio.
- Scusami..- Grant estrasse un paio di banconote dalla tasca e le lasciò sul tavolo, alzandosi.
- Vai, vai. Buona fortuna.
 
Non colse quel pizzico di malizia. A dire il vero, non gli interessava.
 
Un anno. L'anno più lungo della sua vita.
 
Me ne vado.
Coulson l'aveva lasciato scivolare via senza neppure provare a fermarlo.
Poteva giocare a fare il duro quanto voleva. Poteva continuare ad andare a letto con chi voleva. Il suo cuore se l'era preso Skye. E non gliel'avrebbe più restituito.
 
La ragazza era già oltre il primo incrocio; allungò il passo, accorciando la distanza, ma il coraggio di raggiungerla sembrava latitante.
 
Era morta.
 
Era morta fra le sue braccia.
 
Poi, il buio.
 
Leggera come una libellula su quegli improbabili tacchi a spillo, la ragazza aveva raggiunto una porta a vetri. La mano sulla maniglia, e s'era bloccata.
Come avesse capito che qualcuno la seguiva.
 
Che vuoi..?
S'era voltata di tre quarti, e né il tono né lo sguardo erano quelli, leggeri e civettuoli, di una manciata di minuti prima.
 
Non aveva trovato parole per risponderle, ed era rimasto lì, a distanza, come congelato.
 
L'arrivo di una donna aveva rotto quel silenzio quasi irreale.
Miss Sara Coulson! Che piacere!
Sarcastica.
La ragazza aveva guardato in su, caricando un sospiro.
- Era l'ora! - la donna l'aveva praticamente arpionata e trascinata oltre la porta a vetri - muoviti, manca solo il tuo outfit!
- Arrivo..- aveva risposto lei, indifferente.
Una lunghissima ultima occhiata.
 
Poi era scivolata dentro, lasciando la porta a dividerli.

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Capitolo 9
*** 09. Back On My Feet Again ***


- Ehi..
Al comparire di quella figura oltre il portellone, Jemma aveva abbandonato il proprio work in progress in un angolo.
 
Alto, nero. Gli occhi protetti dai Rayban. La borsa accanto ai piedi che poteva significare una cosa sola.
Sei tornato..
 
Aveva annuito, appena, lasciando che la ragazza avanzasse verso di lui, passi timidi e mani nervosamente intrecciate fra loro.
Bene.. ne sono felice..
 
Io non lo so, se esserne felice, Simmons. Il fatto è che non ho un altro posto in cui stare.
 
- Mi.. mi dispiace per quello che t’ho detto.. Ward.- lei osò tendere una mano e sfiorargli il braccio – in fondo, non è stata tutta colpa tua. Non sei stato tu, a..
- Non importa.- aveva replicato, senza tono.
- Importa, invece.- aveva proseguito Jemma, sorprendendosi a prendere una confidenza mai avuta – ho.. ho reagito così solo perché.. lei.. lei ormai era come una sorella, capisci? Dopo tutto questo tempo.. anche tu.. anche per te.. qualcosa..
 
Per me era tutto.. lui piegò il viso di lato, mordendosi appena le labbra. era tutto e sono stato capace di giocarmela in un attimo.
 
- Lo so.- Jemma gli strinse leggermente il braccio, poi si sforzò di caricare un sorriso – beh.. vai su, la tua cuccetta è ancora lì come l’hai lasciata.
Accennò una risposta, stirando appena le labbra, prima di raccogliere la borsa ed imboccare la scala.
 
Signore..
 
Coulson sollevò lo sguardo dai documenti che stava esaminando, e glieli appoggiò addosso con l’aria di chi conosce già tutte le risposte.
 
Un leggerissimo sorriso.
- Bentornato.
- Grazie.
- Come stai?
 
Quella domanda lo sorprese. Nessuno se n’era mai preoccupato, lì dentro come in nessuna delle sezioni dello SHIELD che aveva frequentato, a nessun livello.
Anche ammettendone la possibilità, come stai poteva riferirsi ad una ferita, da fuoco o da taglio, o all’esito di una caduta mal riuscita in azione. Non era mai riferito alle ferite del cuore.
 
Mai.
Un agente di livello sette non poteva averne, di ferite, nel cuore.
 
Il tono di Coulson era diverso. Come se potesse leggere oltre. Come se di quelle ferite gl’importasse davvero.
 
- Bene, signore.
Bugiardo.
 
- Ok. Puoi andare a sistemarti. Avremo il nuovo briefing in serata.
 
Annuì, appena, prima di oltrepassare di nuovo la porta.
Un attimo di esitazione. Glielo dico?
 
L'attenzione del superiore era di nuovo su quelle carte.
 
- Signore..
- Sì?
- So che sembra impossibile.. lo è, impossibile. Mi scusi..
Un cenno della mano, come a scacciare un pensiero molesto. I passi rivolti di nuovo fuori dalla stanza.
- Ward.
Quella voce a bloccarlo. Prendere il respiro.
- Ho bisogno di una valutazione psicologica.
 
Non hai bisogno di nulla recitava il leggero movimento del viso del capo.
- Sei stato finora in missione in solitaria, come desideravi. Cosa ti preoccupa?
- Skye.
- Ne abbiamo già parlato..- Coulson sollevò le mani, con tono di sconfitta e rimprovero.
- E' a New York.
 
Sei impazzito? recitava ora lo sguardo dell'uomo che aveva di fronte.
- O lei, o un Life Model Decoy realizzato alla perfezione. Probabilmente sotto copertura nell'ambiente della moda. Lo Shield ha indagini aperte in quell'ambiente?
 
Coulson scosse di nuovo la testa.
- Non che io sappia.
 
Bugiardo.
 
- Che diavolo sta succedendo..?
- Questo dovresti dirmelo tu.
- Mi avete sedato. L'ho vista morire.. o cos'ho visto?
Coulson sollevava appena le spalle, con l'aria di chi sa e non può o non vuole dire.
- Che diavolo sta succedendo?! - il giovane si ritrovò ad alzare inconsapevolmente la voce, ed in risposta ottenne solo il suo spostarsi dalla scrivania con un'occhiata gelida.
- Sono informazioni classificate.
- Io..!
- Livello nove, agente Ward. Puoi andare.- Coulson gli indicò la porta.
- Voglio solo..
- Puoi andare.
 
Un sospiro di sconfitta. Voltare le spalle, uscire da quella stanza. Una scintilla, in fondo al cuore. Livello nove.. questo cosa voleva dire? Era.. era viva? Era davvero lei?

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Capitolo 10
*** 10. On The Other Side Of The Glass ***


Il grande atrio dell'Hub non aveva più alcun fascino, nessun'aura magica. Jemma si guardava intorno e tutto quello che sentiva era vuoto.
Vuoto nei grandi spazi percorsi da impersonali agenti vestiti di nero, vuoto nelle grandi vetrate che riflettevano la sua immagine all'infinito.
 
Bianco. Nero. Poi la sua attenzione fu catturata da quell'unico punto di colore.
 
Erano due. Due donne, stessa altezza e stessa andatura decisa sui tacchi.
Nella prima, chioma rossa, imbrigliata da un altissimo ciuffo, riconobbe l'agente Romanoff. La seconda, capelli castani lasciati liberi su una schiena appena fasciata dal tubino bianco, le rivolgeva quasi sempre le spalle, in quel fluido muoversi lungo il corridoio.
 
Strizzò appena gli occhi, arrivando ad appoggiare i palmi sul vetro che le separava. E il suo gridolino appena sussurrato riempì l'aria attorno a lei.
 
Oh mio Dio.. Oh mio Dio..!
 
Io te lo dico da una vita; non sei per niente professionale..
Sei solo invidiosa.
 
Le due ragazze ridevano, attraversando quel corridoio, facendosi beffe degli sguardi scuri e seriosi di tutti quei pinguini nerovestiti che le circondavano.
Una livello dieci e la sua allieva potevano tranquillamente permetterselo, qualche piccolo lusso, no?
 
Poi, quella voce.
Natasha si bloccò aggrottando le sopracciglia, mentre la collega faceva perno sui piedi e si voltava scoprendo totalmente il viso.
 
No, Sara. Le regole le conosci.
La voce era scura, oltre le sue spalle, e strideva da morire con l'immagine dolcissima e commossa di Jemma, con i suoi palmi stesi contro la vetrata.
- E' mia sorella, coach. Soltanto un minuto.
 
Nat annuì, leggera.
Soltanto un minuto.
 
La porta che scorreva davanti a lei, ad abbattere ogni barriera.
L'abbraccio travolgente di una sorella. Esattamente com'era successo quando Jemma aveva rischiato di morire. Visto dall'altro lato.
Sei tu, sei.. viva..
 
Annuì, leggera, ricambiando l'abbraccio con esitazione e poi con più decisione.
- Stai.. stai bene? - Jemma si scostò appena, mostrandole occhi lucidi.
- Sì.. tu?
- Meglio.. ora meglio, sì. Cosa.. cosa ti è..? cioè, a noi hanno detto che..
- Qualcuno ha degli ottimi ex-nemici.- la ragazza spostò lo sguardo oltre la spalla dell'amica, incontrando il cristallo di quello di Coulson. Lo vide annuire, impercettibile, e si permise una manciata di parole in più - qualcuno a cui importa, della mia vita.
 
Jemma piegò il viso in una smorfia di dolore. Sapeva. Sapeva tante cose, sapeva che quelle parole al veleno non erano indirizzate a lei. Né a Leo, che adesso s'era aggiunto all'abbraccio con l'espresione di un gattino in cerca di coccole.
 
Voltò appena lo sguardo di lato. May era immobile, congelata, e per la prima volta, da quando la conosceva, sembrava sentirsi orribilmente fuori luogo.
 
L'agente Ward non c'era più.

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Capitolo 11
*** 11. Stranger In This World ***


 
- E' una storia curiosa. Ve la racconterò, prima o poi.
 
Così aveva promesso, lasciando le loro mani e scivolando via al fianco di quella che aveva indicato come il proprio coach.
- Sempre che si possa, parlare di una cosa senza omettere informazioni di livello nove..
 
Coulson aveva arricciato le labbra in una minuscola smorfia di disapprovazione.
- E sempre che il qualcuno di cui vedi sopra sia d'accordo..
 
- L'importante è che racconti la verità, lady Sara. Senza aggiungerci quello che ti ha consigliato il nostro comune amico.
 
Aveva riso, leggera, salutando con un cenno della mano e scomparendo alla loro vista, oltre il grande salone dell'Hub.
 
Un sospiro, in volo verso New York. Verso quella che da un anno era abituata a chiamare casa.
Accidenti..
 
Partire con il presupposto di non averla, una casa, una famiglia. Cercare e ricercare, fino al limite della legalità ed oltre. E poi trovare le risposte, tutte le risposte, in una sola manciata di parole..
 
- Buongiorno, Sara.. un po' meglio, oggi?
Il giovane s'era avvicinato al letto, trovandola affondata con le spalle nei cuscini ed assorta nel fissare lo scorrere delle gocce di pioggia lungo il vetro.
 
- Già.- lui s'era voltato per un istante a seguire il suo sguardo - non è propriamente una buona giornata. Dicono che il temporale durerà ancora qualche giorno.
 
Un lampo. Il crepitare di un tuono.
 
- Sei lui, vero?
La voce che le usciva scura, quasi non sua.
- Scusa?
- Hai capito.
- Beh.. non dovrei farmi pubblicità, a dire il vero.. ma ormai sono famoso anche senza, e..
- Quello che ha ucciso Phil Coulson.
 
Loki s'era bloccato sui propri passi, rimanendo a fissarla per un lunghissimo istante, senza dire una parola.
 
Quella ragazza.
La prima persona, esclusa sua figlia, che fosse riuscita a fermargli il fiato in gola.
 
- Come lo sai?
- La bambina.
- La..?
- Mi ha raccontato un sogno. Mi ha detto tante cose.
- Avrei dovuto tenerla lontana, da te.
- Chi è? Tua figlia, vero?
 
Loki emise un sospiro, raccogliendo una sedia ed avvicinandola al letto.
- Sì.
- Ha dei poteri, vero?
- Perché me lo chiedi?
- Riusciamo a sentirci parlare anche se lo facciamo solo col pensiero. E' divertente, sai. Chiacchieriamo e spettegoliamo, senza che nessuno ci senta.
Adesso le labbra della ragazza s'erano stirate, appena, in un sorriso.
- Sono felice che abbia trovato un'amica, ma.. ehi, cosa? Parlate fra di voi senza..?
 
La ragazza annuì, rivolgendogli per la prima volta lo sguardo.
- L'aveva detto, tuo padre, che sei un.. come lo chiamano..? 0-8-4. Oggetto di origine sconosciuta. E' così, che ti hanno classificato, i suoi simpatici Men In Black.
-..Scusa? - adesso lei aggrottava le sopracciglia, apparendo sinceramente stupita.
- Sei.. strana. Cioè, non comune, non del tutto umana.
- No, il resto.
- Il.. resto?
- Mio.. padre?
- E' stato lui, a chiedere il mio aiuto. Ha detto.. ha detto che non poteva lasciarti nelle loro mani, che ti avrebbero fatto quello che hanno fatto a lui, che non poteva permetterlo. E ti ha portato qui. Ma non puoi ricordartelo, eri in condizioni pessime, in arresto cardiaco..
 
Adesso la ragazza non lo stava neppure più ascoltando. S'era voltata, rimanendo a labbra socchiuse, con l'aria di chi ha perso totalmente il respiro.
- Stai bene?
- Mio.. mio padre.. mio padre è..?
- Forse non avrei dovuto dirtelo, mi dispiace. Beh, a dire il vero credevo lo sapessi..
- No, io.. io.. chi sono?
- Non credo sia una buona idea.- lui scivolò via dalla sedia, sollevando le mani - dovresti parlare con lui.
- Chi sono?! - lei si ritrovò ad alzare sensibilmente la voce, tornando a guardarlo - perché mi chiami Sara?!?
- Perché.. perché è il tuo nome.
- No! Skye! Skye è il mio nome!!
 
- Devi parlarle. Una volta per tutte, seriamente.
 
Appoggiato contro il muro del corridoio a braccia incrociate, Phil Coulson s'era lasciato andare a rivolgergli uno sguardo di rimprovero.
- Non erano questi, i patti. Non era questo, l'aiuto che ti ho chiesto. Ma giusto.. truccato da medico ci fai un gran figurone, però sei sempre quello stronzo di Loki.
- Ehi.- l'aveva minacciato a mano tesa - piano, con le accuse. Mi hai chiesto una mano, te l'ho data. Ho saldato il mio debito. Che ne sapevo, che sei più bugiardo di me?
 
Phil emise un sospiro, pesantissimo, andando a fissarsi la punta delle scarpe in cerca di un suggerimento che non si fece vedere.
- Sì. E' mia figlia.- ammise.
- E..?
- E cosa? Preferivi che la spedissi alla base? Sai cos'hanno fatto, con me?
- Ti hanno ripreso per i capelli.
- Dopo il tuo simpatico intervento, sì.
- Ricordi qualcosa?
- Che vuoi che ricordi, è tutto un casino.. e non so nemmeno perché ne sto parlando proprio con te.
- Che cosa ricordi? Tahiti?
- E' un..- Phil sollevò lo sguardo in quello del nemico, bloccandosi di colpo - tu cosa ne sai?
- So che ti hanno estratto da un sacco per cadaveri, su ordine di Fury. Non chiedermi perché, questo non c'è nei documenti in cui ho sbirciato. So che hanno lavorato sul tuo cuore, forse non è più neanche il tuo.- smorfia di schifo dell'uomo in nero - voglio dire, hai subito un trapianto. Un riavvio, roba del genere. E poi ti hanno resettato.
- Fantastico..- quello si lasciò sfuggire un filo di sarcasmo - sono morto, ho ripreso a respirare e l'uomo che m'ha ammazzato ne sa più di me..
- Basta fare due più due, agente Coulson.- il giovane sollevò le spalle, meritando uno sguardo profondamente storto - ma.. in tutto questo, lei che c'entra?
-..Lei?
- Lei. La ragazza. Sara. E' davvero il suo nome? Perché..
- Sì. E' il suo nome.- l'uomo in nero lo interruppe, ed il suo tono ora appariva rassegnato - ma è una lunga storia.
- Io ho tempo.- Loki scivolò seduto a terra, spalle alla parete.
Phil emise un altro sospiro, e gli arrivò accanto.
 
- Venticinque anni fa ero una recluta. Appena uscito dall'Accademia, non eccellente nei punteggi ma carico di voglia di dimostrare che valevo qualcosa. Mi assegnarono ad una squadra che aveva in custodia una donna. Sulle prime mi sembrò un incarico stupido, quella donna sembrava tutto fuorché un oggetto da custodire. Il perché l'ho capito dopo.
Si chiamava Maliah, anche se sui documenti c'era scritto Sara. Una esule asgardiana, discendente della stirpe dei Vanir. Non mi chiedere altro, su queste cose non sono mai stato ferrato, né mi sono permesso di fare domande. I documenti erano in gran parte criptati, con contenuti di livello nove. Io ed il mio livello uno non avevamo accesso a..
 
Loki adesso lo fissava a braccia conserte, ed una smorfia gli dipingeva il viso.
 
- La mitologia norrena la so. Vai avanti.
 
- Beh.. ok. Maliah era l'unica sopravvissuta di una strage, l'unica testimone. Non so come e non so perché, era qui. L'avevano trovata in un bosco, al confine col Canada. Nuda, ferita, stremata. L'avevano soccorsa, ma qualcosa non andava. Ovunque si spostasse, la morte sembrava seguirla. Qualcuno uccideva chiunque cercasse di aiutarla. Così chiamarono lo SHIELD. All'inizio mi chiesi cosa potesse avere, di tanto prezioso. Perché volessero ucciderla, dato che non sembrava neppure fosse stata presente, a quella strage. Lo capii dopo un po'. Maliah leggeva i sogni, leggeva i pensieri. Ricordo che entrai nella stanza in cui era a riposare, una sera. E lei mi disse: non li ho visti, ma li ho sentiti. Le loro voci, nella mia testa. E non bevo caffè. Mi spaventai; l'avevo pensato soltanto, di portargliene uno.
Passò un mese, ne passarono due. L'ombra nera che la seguiva uccise tre dei miei compagni di squadra. Aumentammo il grado di sicurezza, spostandola di continuo, sempre protetta da noi e sotto falsa identità. Passò un anno. Io ero così giovane, e lei così bella..
 
Adesso il suo sguardo vagava, lontano e liquido, mentre stringeva le dita fra loro.
Un attimo, scuotersi come da un sogno.
 
- Sai che c'è? Loro non sono riusciti a cancellarla. Mi sembra di vederla. Chiudo gli occhi, e la vedo. La vedo sorridere, la vedo tendere la mano e darmi una carezza, la sento dire non hai segreti, per me. La sento tremare. Sento la sua voce che mi dice aspetto un bambino.
 
Ti proteggeremo, Maliah. A costo della vita. E' il nostro dovere.
 
Era solo il mio dovere..?
 
- E poi..? - sembrava chiedere il silenzio del principe nero.
 
- Questa storia non ha un lieto fine.. Lucas. La trovarono, la uccisero, insieme alla collega che l'aveva in custodia in quel momento. L'agente Avery però non era una stupida, e riuscì ad allontanare la bambina in tempo, lasciandola presso un orfanotrofio. Le avevo appena dato il nome umano di sua madre.
 
-..Sara.
 
Phil annuì, leggero.
-..Sara. Il suo essere mezzosangue, nata in segreto, allontanata in tempo e tenuta sempre sotto la nostra custodia l'ha fatta sopravvivere, finora. Diceva Maliah che mischiare il sangue con esseri di altri mondi era la via d'uscita. Non ho mai capito a cosa si riferisse.
 
- Se il sangue asgardiano si incrocia con quello di altri mondi, può fortificarsi o indebolirsi. E perde il suo odore. - a quelle sopracciglia aggrottate, Loki decide di dare delle spiegazioni - il nostro sangue, quello di qualunque vivente, ha un suo odore. Il tuo, per esempio, è midgardiano e sembra ferroso. Ci sono esseri, nell'universo, capaci di sentire quell'odore. Di individuare chi lo porta, di riconoscerlo fra mille. Ci solo luoghi in cui questi.. esseri vengono reclutati come assassini. Il sangue della bambina non ha l'odore di quello della madre. Quindi richiede sforzo maggiore, per essere individuata. Il che rende pressappoco inutile il vostro lavoro.
- Ma..!?
- I tuoi colleghi hanno smesso di morire, una volta eliminato il bersaglio. Anche tu sei ancora qui. Ops. Vero. Quella è stata colpa mia.
 
Gli trasmise un sorriso, lasciandogli scuotere appena la testa.
- Beh..- Loki si sollevò di nuovo sulle gambe - a questo punto, direi che il prossimo passo è parlare con lei.
- Non credo sia..
- Sa già chi è suo padre, non pensi sia utile che conosca tutta la storia?
 
Phil si sollevò, scuotendo la polvere dalla giacca. Un sospiro, prima di allontanarsi verso quella porta.
- Posso detestarti cordialmente?
 
Loki sorrise, leggero, lasciando che l'uomo scivolasse oltre quella porta.
 
Mani intrecciate nervosamente fra loro ed espressione colpevole dipinta sul viso, l'agente Coulson s'era fatto avanti superando la linea della penombra, bloccandosi sui propri passi non appena la ragazza aveva sollevato lo sguardo sul suo.
 
- Ciao, Skye..
-..Sara.- aveva replicato lei, con un filo di voce, tornando ad osservare le gocce di pioggia che scorrevano sul vetro.
- Sara. Come preferisci.
- Dice la verità..?
- Sì. Dice la verità.
- Sei..- adesso la voce le s'incrinava. L'uomo si avvicinò, piegandosi sulle ginocchia e raccogliendole una mano fra le proprie.
- Sono tuo padre.
- E mia..?
- Tua madre non c'è più, Sara. Te l'avevo detto, che quello che avresti scoperto non ti sarebbe piaciuto..
 
La vide abbassare il viso, e lacrime piovere sulle lenzuola. Un sospiro, sollevandosi ed andando ad appoggiarsi al letto, raccogliendo le sue spalle e stringendola a sé.
 
Un lunghissimo istante, respiri nei respiri. Poi la sua voce scura iniziò a raccontare.
- Tua madre veniva da Asgard, ed era una donna speciale.
- Leggeva i pensieri..?
- Come.. come fai, a saperlo? - lui si scostò appena, aggrottando le sopracciglia.
- Posso.. posso farlo anch'io.. è successo per caso, la bambina..
- Hai già conosciuto la figlia del mio miglior nemico? - lui le strappò un sorriso.
Skye annuì, raccogliendo lentamente il fiato.
- E' una bambina speciale.
 
- Perdonami.- lui la sorprese, tornando a guardarla negli occhi.
- Per non avermi detto la verità?
- Era per proteggerti. E' stato tutto per proteggerti, fin dall'inizio. Quando tua madre è stata uccisa.. allontanarti, e poi farti spostare ogni due, tre mesi.. è stata l'unica soluzione.
- E farmi portare qui..?
- Ricordi quando mi avete recuperato, in quel laboratorio nel deserto? Ricordi le mie parole, quando sei arrivata e mi hai preso le mani e mi hai chiamato?
 
Lasciatemi morire..
 
Annuì, leggera.
- Ecco.- proseguì lui - grazie a quella macchina ho iniziato a ricordare. Ricordi veri, non quello che loro avevano costruito per mascherare il.. trattamento. All'inizio erano solo flash, flash isolati. Poi sono diventati sempre più frequenti, come.. come se la mia testa stesse ricostruendo un puzzle, pezzo per pezzo. Non l'illusione, l'isola, il cielo blu, il mare, i massaggi.. ma quello che ho visto davvero: la zip del sacco che si chiude, lo sguardo del direttore Fury, la stanza operatoria.. il dolore.. mi hanno prima tenuto in coma farmacologico, poi svegliato e mantenuto cosciente, mentre.. mentre giocavano con la mia testa. Il mio corpo ha lottato. Mi ha fatto male. Hanno cancellato molte cose.. ma non tua madre. Non te. Non ci sono riusciti.
- E poi..?
- E poi ti ho cercato. Usandoli come ponte per le informazioni. Avrò diritto ad una piccola vendetta, no? E quand'è successo..- prese il respiro, cercando di mantenersi freddo, distaccato come sull'asfalto di quel piazzale - ho recitato. Una delle tante cose che c'insegnano all'accademia. E poi ti ho fatto portare qui. Loki non è l'unico, a dovermi un favore..
- E.. adesso..?
- Adesso sta a te, decidere. Sei libera. Appena sarai in grado di reggerti sulle gambe, e starai bene.. potrai andartene, dove vorrai.
 
La ragazza sollevò su di lui occhi scuri e decisi:
- Io voglio restare qui.
- E poi..?
- Ricordo di aver detto ad una persona..- morse appena il labbro inferiore, evitando anche il nome di quell'uomo - quando ancora credevo che non avrei mai avuto una famiglia.. ricordo di avergli detto che non m'importava, che questa era la mia strada. Lo voglio ancora. Voglio stare dalla vostra parte, diventare un agente. Lo voglio. Di brutto.
 
- Avrai bisogno di un coach, allora..
Una voce, leggera, oltre le spalle dell'uomo che le tratteneva ancora le mani.
La figura di Natasha a rivelarsi passo dopo passo dalla penombra.
- Beh. La migliore, direi.- le labbra di Phil si stirarono in un sorriso, mentre si voltava appena e si lasciava poggiare una mano sulla spalla.
 
Lasciami la signorina per un anno, Coulson, e le farò raggiungere un grado tanto alto che non sarai abilitato neanche a leggerle le fiabe.

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Capitolo 12
*** 12. My Little Diva Days ***


Natasha Romanoff era una spia, all'occorrenza una killer fra le più spietate. Una di quelle da cui guardarsi le spalle. Un solo punto bianco, sul suo libro nero. Manteneva sempre la parola data.
 
Un sospiro, sollevando gli occhi ed incontrando, nello specchio, l'ultima immagine che avrebbe pensato di avere, di sé, poco più di un anno prima.
Capelli castani imbrigliati in una coda altissima, non più in quella treccia un po' bambina ormai gettata in disuso. Maglia nera, attillatissima, a mostrare al meglio le sue forme. Niente più felpette informi e sbiadite. Le spalle seminude. L'aura di una donna priva di paure, non più quella della ragazzina sperduta che non conosce nulla di sé.
 
Ora sapeva, conosceva tutto. Passato, presente. Le sarebbe rimasto da scrivere il futuro. Non sapeva ancora come. Le uniche certezze erano in quello stemma con l'aquila e negli occhi sinceri e limpidi di suo padre.
 
L'aveva incontrato di nuovo. Una volta, due. Phil Coulson rispettava tempi, spazi e procedure della collega, e non aveva mai interferito più di tanto nelle sue decisioni.
 
Aveva raggiunto il livello nove. Ottimo risultato, per la piccolina di papà.
Le labbra a stirarsi in un minuscolo sorriso, prima d'essere ricoperte col rossetto. Rosso acceso, come quello della sua coach.
 
- Ti sei truccata?! - Natasha l'accolse a mani sui fianchi e sopracciglia aggrottate, al centro della palestra della Tower.
Aveva risposto sollevando le spalle.
- Stiamo per iniziare la seduta di training, signorina, non una sfilata di moda!
- E non hai detto che il training serve per quello?
- Ehi, pretty princess..- Nat l'aveva puntata con l'indice, indecisa se riderne o irritarsi - la tua missione è appena iniziata, e già te la tiri come le top?
 
Avevano riso, fasciandosi le mani.
Se c'era una cosa che Nat sapeva fare alla perfezione, era mantenersi femminile nonostante il ruolo e l'esperienza. Sexy anche quando tirava di boxe, o maneggiava le pistole.
Forse l'aveva nel sangue, forse non ci sarebbe mai riuscita, a diventare come lei.
 
- Tu non devi diventare come me. Devi diventare come te.- l'indice andava a puntarsi al centro del suo petto, e lo sguardo della coach si faceva serio - è questo, il segreto.
Poi sorrideva di nuovo, sferrando un destro al sacco, che dondolava come a chiedere pietà.
- Dai, ora sta a te.
 
Un pugno, due. Su la guardia, destro, sinistro, destro.
Nat la fermava con un cenno delle dita, le aggiustava la posizione, poi tornava a reggere il contraccolpo con un leggero annuire.
 
Come aveva già fatto un'altra persona, un milione di attimi fa.
 
Deglutire, bloccata per un lunghissimo istante sui propri piedi.
Quella voce che le sospirava non mollare, debole e disperata contro il viso.
 
Ti odio.
Piegare appena il viso verso terra, caricare il primo destro.
 
Ti odio.. ti odio ti odio ti odio...
Un pugno, dietro l'altro, in rapida sequenza.
 
Oltre il sacco, il riflesso di quegli occhi scuri non se ne voleva andare.
 
- Brava, così - la voce di Natasha sembrava provenire da un'altra dimensione - sfogati. Questa è rabbia, trasformala in energia. Falla uscire, così.
 
Il grande atrio dell'Hub. La voce di Jemma, le sue mani sul vetro che le separava. Il suo abbraccio, il sorriso di suo padre rimasto in disparte.
E quegli occhi.
 
Un colpo di lama dritto al cuore.
 
Ti odio..?
 
Era scivolato via. Scivolato, fuggito, non appena aveva incrociato il suo sguardo.
Paura. Grant Ward aveva paura di lei.
 
Ma allora perché in quella strada di New York l'aveva seguita? Per chiederle perdono? E di cosa, chiederle perdono? Per non averla protetta? O per averla ferita?
 
E perché.. perché quando l'hai visto seduto a quel tavolo ti sei avvicinata? Potevi tranquillamente ignorarlo, passare oltre.. per lui eri morta, per tutti eri morta.. perché sei andata a sfiorargli la spalla, a cercare quel contatto? Perché?
 
Cos'è questo dolore che ti taglia a metà, tutte le volte che pensi a lui?
 
- Tutto ok?
La voce di Nat si faceva di nuovo vicina e reale, ora che s'era fermata, ansimante, i palmi e la fronte appoggiati al sacco.
- Sì.. ma credo di aver bisogno di una pausa..
- Ok. Allora.. shopping!
 
La coach s'era allontanata con fare leggero, lasciandola scuotere appena la testa e sorridere.
 
La prima volta. La ricordava alla perfezione, la prima volta in cui erano uscite a fare shopping. Dopo quasi tre mesi passati praticamente immobile fra le lenzuola, fra dosi di morfina e dolori lancinanti da sopportare, finalmente era uscita da quella stanza. Sulle proprie gambe.
Ricordava lo sguardo dolce e felice di Katie, il suo battere le manine. Ricordava d'averla presa fra le braccia e coccolata un po', prima di lasciarla cercare una bambola anche per lei.
 
Quante volte, avevano giocato con le bambole, in quei lunghissimi mesi..
Katie scivolava via dalla propria stanza, felice di aver trovato una nuova zia con cui giocare.
 
- Sei sola?
- Sì.. vieni.
Faceva capolino, chiedendo silenziosi permessi, cercando di contenere fra le braccia quante più bambole e pupazzi poteva. E si arrampicava sul letto, andando ad accomodarsi accanto a lei. Avevano trascorso così interi pomeriggi, giocando a prendere il thè o a far sfilare le bambole, chiacchierando anche solo con il pensiero, tutte le volte che volevano confidarsi un segreto.
 
Katie l'aveva vista alzarsi in piedi, aveva raccolto le manine contro il viso. E lei l'aveva portata nel salone, per giocare insieme fino all'ora di pranzo.
Poi Nat aveva sollevato l'indice, e deciso che era arrivata l'ora di festeggiare.
 
- Festeggiare che?
- Ma la tua guarigione, principessa. Da domani starai nelle mie grinfie ventiquattr'ore su ventiquattro, non avremo più molto tempo.
- Tempo per.. cosa?
- Divertirci, baby. Non volevi diventare un agente dello SHIELD?
 
Passeggiando al suo fianco su e giù lungo la Fifth Avenue, s'era sentita come Pretty Woman. A disagio, orribilmente. Poi aveva spostato lo sguardo verso Sif, che camminava sull'altro lato con il naso per aria e l'espressione facciale di una che s'è appena persa.
 
- Ecco, qui. Ecco, quello. Eh? Che ne dite?
Nat avanzava e curiosava, completamente sicura di sé. Sif aveva arricciato le labbra e lei le aveva risposto sollevando le spalle.
- Ma non vi piace proprio niente? - la rossa s'era voltata, con una minuscola smorfia di delusione.
- Oh, beh.. non c'è tanta di questa roba, in giro per Asgard..- aveva risposto la moglie del principe nero.
- Tu va bé, che sei d'un altro pianeta, ma tu..- aveva indicato lei - eh, Sara?
- Io.. io non ho mai..
- C'è sempre una prima volta, baby. Vieni.
 
Una vetrina via l'altra, fra sospiri e minuscole smorfie. Poi l'avevano trovata.
Una graziosissima boutique indie, luminosa e completamente defilata dalle strade dello shopping di lusso. Un tripudio di abitini colorati. Pesca, menta, albicocca. Molto più nel suo mood, rispetto a tutte quelle Armani-Gucci-Prada da perfettine ingessate.
 
Lo sguardo di Sif adesso era quello di Alice nel Paese delle Meraviglie.
 
- Questo. Questo è perfetto - aveva sentenziato Nat, dopo una rapida occhiata verso entrambe le compagne d'avventura. Aveva allungato le braccia, afferrandole e trascinandole con sé, forte del proprio innato gusto estetico e della carta di credito abilmente sgraffignata a Stark.
Un abito via l'altro, entrare nel camerino, indossare e fare la sfilata. Le smorfiette delle due amiche, un sospiro. Avanti il prossimo outfit.
 
I know you read the paper
The one that they call a queen
Every radio round the world know me
'Cause that's where I be
 
I'm a, a diva, hey
I'm a, I'm a, a diva
 
Dopo la boutique, era stata la volta del negozio di scarpe, da cui erano uscite con improbabili tacchi incartati in altrettanto improbabili scatolette rosa. Poi era stata la volta degli accessori, delle borse e dei cosmetici.
 
Un negozio via l'altro, avevano fatto il tramonto. Le luci della notte avevano riempito New York come un miliardo di stelle. Natasha era sempre più padrona della situazione, gambe accavallate con fare da primadonna sotto il tavolo di quel bar. Sif ora si guardava intorno con fare divertito e curioso, e pure lei aveva cominciato ad apprezzare il gioco.
 
E quella cioccolata con la panna valeva un altro giro.
 
La carta di credito era magicamente tornata al proprio posto senza che nessuno lo venisse a sapere, e le tre ragazze s'erano date la buonanotte promettendosi che l'avrebbero rifatto, prima o poi.
 
Ricordava di essersi seduta sul letto, esausta e circondata da pacchi e pacchettini, e di essere crollata spalle al cuscino. Stanca, e felice.
Era appena finita una delle giornate migliori della sua vita.
 
Chissà che starà facendo, adesso, Jemma.. sarebbe carino portare anche lei, la prossima volta.. farle fare la sfilata.. sarebbe divertente.. chissà.. le piacerebbe pure.
 
Un sospiro. S'era voltata schiena al cielo, aveva allungato le dita verso il cellulare.
E.. e se la chiamassi?
 
Sei una stupida, Skye. Le faresti venire un accidente, altro che renderla felice. Tu.. sei morta.
 
E poi te l'ha chiesto espressamente, di tacere. Comincia a guarire, ti ha detto. A loro ci penserò io.
 
E adesso, ad un anno di distanza e di nuovo a passeggio sulla Fifth accanto a Natasha, per la prima volta non riusciva a guardare con attenzione le vetrine, né a staccare la mente da quelle parole.
Ci penserò io le aveva detto, suo padre.
 
La realtà era che non l'aveva mai detto a nessuno, che era ancora viva.

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Capitolo 13
*** 13. Bittersweet Surprises ***


- Ward.
La voce del capo l'aveva sorpreso accanto al bancone bar, con un doppio whisky serrato fra le dita.
E non era neppure il primo.
 
- Da me, subito.
 
Aveva abbandonato il bicchiere, seguendolo con la stessa aria smarrita del giorno in cui aveva dovuto confermargli la storia che aveva con May.
 
Storia? Quale storia?
 
E' stato davvero solo sesso, Ward. Tanto vale che la usi, quella parola. Non c'era il tuo cuore, nel letto con lei. Non c'è mai stato, il tuo cuore, con lei..
 
- Dobbiamo parlare.- Coulson lo vide tendere le dita sull'alta della porta, spingendola oltre le proprie spalle, e sollevò l'indice - no, non chiudere. Ci saranno anche gli altri; devo parlare con tutti voi. E' ora di scoprire un po' di carte.
 
La squadra arrivò alla spicciolata. May per prima, passo spavaldo e nessuna paura. Uno scambio di sguardi che Grant, appoggiato alla parete accanto alla porta, non riuscì a sostenere se non per pochi secondi.
 
Dovrò parlare anche con te, prima o poi.
Un sospiro, mentre Fitz e Simmons facevano il loro timido ingresso e venivano invitati a sedersi.
- Allora..- Coulson oltrepassò la scrivania e si accomodò sulla poltroncina, aprendo avanti a sé una cartella siglata dal quartier generale - vi ho convocato in merito alla nostra prossima missione.
- Di nuovo combattimenti sul campo? - Melinda incrociò le braccia, con una smorfia d'insofferenza.
- No, nulla di eccessivamente pericoloso, nulla che ci esponga così tanto. Monitoraggio. Dovremo organizzare un po' di cose, riguarda direttamente il nostro nemico.
Ruotò la cartella e la fece scivolare lungo la scrivania, lasciando che anche gli agenti operativi si avvicinassero a consultarla.
- E queste informazioni su Centipede da dove arrivano? - la donna aggrottò le sopracciglia.
- Asgard.- Coulson stirò le labbra in uno dei suoi mezzi sorrisi - non posso divulgare particolari, non li conosco neppure io. Livello nove. Per questo, saremo coadiuvati da un superiore. Che opererà con noi sul campo, coordinando le operazioni da qui.
 
- Perché?
Jemma era rimasta come assorta, persa nei propri pensieri, lungo tutto il breve discorso del capo. Ed ora aveva stupito tutti, scattando lontano dalla poltroncina su cui l'avevano fatta accomodare.
- Perché cosa, Simmons? Hai obiezioni?
- Sì, una.- la ragazza spostò lo sguardo attorno, per tornare poi a quello del superiore, che sembrava non tradire alcuna emozione.
- Dimmi. Perché cosa?
- Perché non ce l'ha detto?
- Non ti seguo, Simmons.
- Perché non ci ha detto di Skye? Era.. è una nostra amica. Beh..- Jemma voltò di nuovo lo sguardo, senza paura di mortificare qualcuno - almeno di qualcuno di noi.
- Sono informazioni classificate, Simmons. Livello nove.- quello fece per dar loro congedo, ma la ragazza sembrava non voler mollare.
- E adesso ci ha riuniti qui per..?
-..Per dirvi che avremo un coordinatore di livello nove. Una persona che conoscete bene. Ho dovuto faticare, a convincerla, e quello che voglio da voi è questo: integrazione. Senza commenti, senza obiezioni. Senza fare altri errori.- uno sguardo diretto su May, che serrava le labbra in maniera quasi innaturale, poi su Ward, che sembrava aver perso il respiro - ci siamo intesi.
- Sissignore.
La voce scura del giovane fu la prima, a rispondere. E primo il suo corpo, a scivolare fuori da quella stanza.
 
Aveva bisogno di un altro whisky.
 
Il sole tramontava, oltre la sagoma dell'hangar. Il bus sembrava un grosso uccello a riposo al sicuro nel nido.
Il SUV nero si fermò a poca distanza, quanto bastava per lasciarle prendere fiato prima di poggiare i tacchi a terra.
- Sicura di volerlo fare? - la donna alla guida voltò appena lo sguardo, mantenendo le mani salde sul volante.
- No, Nat. Non voglio farlo. Ma gli ordini sono ordini, dovresti saperlo meglio di me.
 
Natasha sospirò, quasi in sincrono con la propria allieva.
- So che ti sai difendere, te l'ho insegnato io.- disse, mettendo su una smorfietta - ma se ti torcono un capello chiamami, che gli faccio il culo.
- Grazie, sorella.- Sara rispose allungando un pugno e lasciando che la coach toccasse. Aprì la portiera, scivolò fuori dal SUV con cautela.
Come fosse stata su un campo minato.
 
Passò dietro, raccolse la borsa, la mise in spalla e si avviò, voltandosi e salutando dita alla fronte, fermandosi un attimo ad osservare l'auto che se ne andava.
Bene. Bentornata a casa.. Skye.
 
Ma è questa, casa tua? No, non lo è più..
 
Sicura?
Il sorriso si aprì, leggero, intercettando la sagoma che l'attendeva in cima alla rampa, a due passi dalla porta a vetri del lab. Jeans e golfino, i capelli lisciati e composti come fosse stata pronta per un incontro importante.
- Hai un appuntamento? - le andò incontro, aspettandosi esattamente la sua prossima mossa.
- Aspettavo giusto te per un consiglio.- Jemma aprì le braccia, radiosa, muovendosi a raggiungerla e stringerla a sé.
- Davvero hai un appuntamento? - Sara si scostò appena, aggrottando le sopracciglia - e Fitz lo sa? O mi sono persa qualche puntata?
 
Jemma rideva, spostandosi appena e raccogliendole la mano, trascinandola un po' per accompagnarla al piano superiore.
- Ho tante cose, da raccontarti..
- A chi lo dici.. a proposito, ti ho mai parlato dello shopping selvaggio a New York? Dovremmo..
 
Ad interrompere quella frase, lasciandole sciogliere il sorriso, un'immagine scura materializzata come dal nulla poco oltre la scala a chiocciola.
 
- Bentornata..
Quella voce, ridotta ad un sussurro, ottenne in risposta un cenno distratto.
 
Come non fosse mai successo nulla.
 
Come non sentisse il fuoco che lo stava divorando.
 
- Andiamo in sala riunioni, Ward? - Jemma parlò per entrambi, precedendoli oltre la porta a vetri - gli altri sono già pronti per il briefing.
 
Deglutì, annuendo appena ed accodandosi al superiore.
 
Alta. Più alta di come la ricordava. Ciuffo saldamente imbrigliato sulla nuca, schiena dritta. Aria più spavalda, in quel completo nero. Più sicura di sé. Una specie di brutta copia della Romanoff, al posto del sorriso bambino di Skye.
 
Neppure uno sguardo, dall'alto di quel gelo. Neppure una parola.
 
E invece io ne avrei tante, da dire..
 
Salutò Coulson con un cenno della mano, scambiando un accenno di sorriso. A Leo dedicò un sorriso più aperto, chiedendo di accendere lo schermo olografico ed inserire i dati della missione.
 
Melinda rimase in disparte, e per lei non ci fu nessun saluto, ma solo gli ordini di un agente di livello nove.
Un superiore.
 
Jemma le era arrivata accanto, spostandosi poi sull'altro lato per aiutare nel briefing e nella proiezione dei dati. E gli aveva lasciato un posto libero accanto a Sara.
 
Non aveva osato occuparlo, anche se qualcosa dentro il petto lo spingeva verso di lei come una calamita, lasciando abbassare drasticamente il livello della sua attenzione.
 
Che accidenti ti succede, Ward?

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Capitolo 14
*** 14. Never Be The Same Again ***


-..Quindi, dovremo semplicemente appropriarci di quei documenti, e sarà fatta.
La ragazza spostò lo sguardo dallo schermo e lo rivolse ai presenti, avendo cura di appoggiarlo solo su chi voleva.
 
Se qualcuno vuol capire..
 
- Domattina all'alba saremo pronti per muoverci. Jemma, ho bisogno che tu prepari il set da difesa.
- Come sempre?
- Come sempre. Se l'hai potenziato, sei autorizzata a portare tutti i gas e le droghe che ti pare. Avremo da neutralizzare almeno una ventina di uomini armati. Leo.. a te l'ingrato compito di sbloccare tutte le serrature.
Il ragazzo annuì, appena, andando a raccogliere portatile e trasmettitori.
- Io aprirò le danze, scendendo dal tetto.- una mano ad ingrandire l'immagine dell'edificio virtuale che fluttuava di fronte a loro, all'apparenza un innocuo centro commerciale di stampo neoclassico - voi due..- puntò appena Ward, sottindendendo che avrebbe lavorato con May - a voi l'ingresso da terra, sfrutterete le back doors da carico.
Il giovane annuì, osando avvicinarsi appena. Nessuna reazione.
 
-..E mio padre ci controllerà dalla sala operativa.
 
Ecco. L'aveva detto. Naturale, tranquilla, come avesse avuto a che fare con il team con cui s'era abituata a lavorare in quell'ultimo anno.
 
Ma lì davanti non aveva Steve, non aveva Clint né Tony né Natasha. E quella che la fissava ad occhi sgranati non era Sif.
- Scusate..- una smorfia, mordersi appena le labbra - ho dimenticato che non siete il mio team..
- Sara..- lo sguardo di Phil parlava chiaro, almeno quanto la mano che Jemma s'era portata sul petto.
- Già.- lei lo guardò appena. Un sospiro, un pizzico d'ironia - il vostro team leader ne ha dimenticate diverse, di cose, da dirvi..
- Sara.- adesso il tono di rimprovero era forte e deciso.
- Non è coperto da livelli Shield.- replicò lei - e direi che ne abbiamo fin troppi, di segreti.
- Non è più questo, il tuo team.
- Già. Ma loro sono la mia famiglia.- lei puntò Leo, puntò Jemma.- o no?
- Scusate.. si può sapere che succede? - Leo sollevò l'indice, timido, osando appoggiarsi al tavolo olografico.
- Ecco..- ad un cenno affermativo del padre, la ragazza intrecciò le dita e prese di nuovo la parola - mi chiamo Sara. Sara Coulson, sono un agente di livello nove. E sì. Sono sua figlia.
 
Sguardi sgranati. Qualcuno sembrava aver perso il respiro.
 
- Sua..? - Jemma aggrottò le sopracciglia, indicando il capo, che rispose con un leggerissimo cenno della testa.
- Già. E' una storia un po' lunga, in parte coperta da segreto, quindi taglierò corto. Sono un agente ed uno 0-8-4. Ho origini asgardiane, almeno per metà. Mia madre.. mia madre era una esule, perseguitata in patria e protetta dallo SHIELD. No, non l'ho conosciuta. Ero appena nata, quando è stata uccisa. E io sono stata data in affido più volte, cambiando continuamente residenza per rimanere nascosta e sotto protezione. Credevo che nessuno mi volesse, di non avere una famiglia. E invece ce l'ho. Ne ho addirittura tre. Una..- indicò suo padre - una alla Stark Tower.. e voi. Che fate tre.- vide sorridere i due ragazzi, rispose allo stesso modo, facendosi poi più cupa - e no, la mia morte a Praga non è stata un'operazione di copertura. La cicatrice c'è davvero.- si spostò e scoprì la schiena, quanto bastava per mostrare lo sfregio che la tagliava, poco sotto la spalla destra - quando.. quand'è successo, mio padre avrebbe dovuto portarmi alla base.
- Gli ordini erano quelli.- lui abbassò per un istante lo sguardo.
- E invece ha.. osato trasgredire. E mi ha affidato al suo migliore ex-nemico.
 
Lo vide sorridere, appena, mordicchiandosi le labbra. Come quando aveva assistito alla sua prima medicazione.
 
Il dottor Lawson entrava nella stanza, un filo d'ironia nel saluto ma una luce completamente sincera in quegli occhi chiarissimi.
Ricordava di averlo trovato, per un istante, tremendamente affascinante.
- Non è a questo punto, che si dice fuori i secondi? - aveva detto, puntando la porta col pollice.
Phil aveva sorriso, leggero. E aveva scosso appena la testa, allontanandosi dal letto e mettendosi in disparte senza lasciare la stanza.
Il medico le aveva scostato con cura il camice. Ed era rimasto lì, per un lunghissimo istante, a fissare quella ferita. Come pietrificato.
Sulla schiena. Esattamente simmetrica a quella che la sua mano aveva aperto sulla schiena dell'uomo rimasto accanto alla finestra.
- Qualcosa non va? - gli aveva detto, in un soffio.
- Penso.. penso che dovrebbe medicarti Banner.
- Perché?
- Sara, ti prego..
- Non l'hai fatta tu. Non questa.
L'aveva visto scuotere appena il viso, estrarre il cellulare. Aveva teso una mano e l'aveva fermato.
- Non darti colpe che non hai, Loki.
- Ma..
- E voglio che sia tu, il mio medico. Ok?
Il giovane aveva annuito, leggero. Uno sguardo alle spalle, un cenno d'approvazione da parte dell'antico nemico.
E le sue mani, fresche e delicate, erano andate ad appoggiarsi sulla sua pelle.
 
- Il dottor Lawson mi ha curato, insieme con il dottor Banner mi ha rimesso in piedi. Ho vissuto quasi un anno alla Stark Tower, e ho chiesto di rimanere. Natasha Romanoff è stata ed è attualmente il mio coach, grazie al suo addestramento ho ottenuto diverse missioni importanti e sono salita in fretta al livello nove. Devo molto, a loro. Quasi tutto.
- E.. e ora..?
-..Ora?
- Dopo questa missione.- Jemma le si appoggiò accanto - Che farai?
- Tornerò al mio team.
 
Una manciata di parole, l'effetto di una pugnalata.
- Mi dispiace, ragazzi.- piegò il viso, risollevandolo con un sospiro - piacerebbe anche a me. Ma non sarà più come prima. Anche se questo non cambia una cosa. Siete la mia famiglia. tutti e tre.
 
Tutti e tre.
 
Ward spostò lo sguardo. Lontano, oltre la vetrata. Il cuore a pulsare alle tempie, le dita che tremavano nel chiudersi a pugno.
 
La mia famiglia.
 
E tu sei fuori, Grant.
 
Il cuore che cadeva di schianto, andando in mille piccolissimi pezzi.
 
- Scusate..
Scivolò fuori, senza attendere ordini né dare spiegazioni. Oltrepassò la vetrata, arrivò alla scala metallica, e lì si fermò, impugnando la ringhiera e cercando di ritrovare il respiro.
 
Reale. Era tutto reale, orribilmente reale. Non era riuscito a liberarsene neppure scappando, neppure tornando per un po' alle missioni in solitaria.
Era reale lei, il sangue che gli aveva macchiato le mani e l'uniforme tattica. Reale il calore di quelle manine nelle sue tutte le volte che gliel'aveva fasciate davanti al sacco da boxe.
 
Era reale il gelo con cui gli stava accanto. Ed il dolore che gli stava divorando il cuore.
 
Non sarà più come prima.
 
Ed è stata tutta colpa tua, Ward..
 
- Che stai facendo?
La voce di Melinda, alle spalle, malcelava preoccupazione.
 
La risposta che gli sfuggì dalle labbra riuscì a spiazzare sé stesso per primo.
- Non sono affari tuoi.
- Ward.- la donna cercò di trattenerlo, contenendo la sua fuga.
- Lasciami in pace.
- Si può sapere che diavolo ti prende? - gli bloccò un polso, lo vide divincolarsi.
- Cosa non hai capito, di lasciami-in-pace?!
- Perché? - quella strinse i pugni, visibilmente irritata - è da quando è successo, che ti comporti così. Non sei più tu. Devi restare lucido, altrimenti..
- Non sono come te. Non sono te. Aver condiviso un letto non mi rende come te.
 
Rabbia. C'era una rabbia immensa, in quella voce. I pugni di Melinda si strinsero di più, contro i suoi fianchi.
- Che c'entra, questo, adesso..?
- Io amo lei, Melinda. Lei. Lei è morta. E con lei sono morto anch'io.
Uno scatto, i passi veloci giù, lungo la scala.
 
Aria.
Aveva bisogno d'ossigeno, di respirare.
L'aveva fatto. Aveva usato quelle parole, gliele aveva vomitate addosso, e adesso aveva solo bisogno d'aria. E di stordirsi.
 
Fermati. Fermati un attimo, Grant. Ragiona.
Sì, lo so. Sei sempre stato il migliore, in azione. Perdere tempo a pensare non è mai stato il tuo forte. Ma ora ne hai bisogno. Davvero.
Fermati, e pensa. Tu ami lei. Lei, che si chiami Sara o Skye non importa.
E lo sapevi già, spalla a spalla sul divano. Lo sapevi, quando avevi il suo corpo fra le braccia e il suo sangue fra le mani. Hanno dovuto sedarti, per costringerti a lasciarla andare.
Fermati, ragiona. Raffreddati. Quante volte hai sfiorato la pelle di May, immaginando che fosse la sua? Quante volte l'hai desiderata?
E adesso..? Non sarà più come prima, Grant. Vi siete feriti a vicenda, lei ti odia. E tu non ci sei mai riuscito. Neppure quando l'avete trovata a letto con quel Miles, e avresti voluto essere tu l'uomo che la teneva fra le braccia, invece di quello che la trascinava via in manette.
Datti una possibilità. Almeno una, una sola. Non si può vincere, se non si combatte. Dirglielo non ti costerà più di quanto non ti costi vederla e non poterla sfiorare. E un suo no non ti farà stare peggio di come stai adesso.
 
Passi, alle sue spalle. Un sospiro, incrociando le braccia e preparandosi ad alzare la voce.
- Ti ho detto di lasciarmi in pace, May. Speravo di non dovermi ripetere..- sibilò, mentre i passi si bloccavano.
Silenzio. Voltò il viso per metà, quanto bastava per inquadrare quella figura alta e scura.
 
La donna lo guardò appena, prima di scivolargli oltre, senza degnarlo di una parola.
- Ehi..- provò a trattenerla, inutilmente.
- Cosa vuoi..? - lei si fermò al confine della rampa d'accesso, voltandosi a fissarlo con disprezzo.
- Parlarti. Solo parlare.
- Non abbiamo niente, di cui parlare.- lo lasciò avvicinarsi, ma respinse quella mano.
- Skye..
- Sara. Il mio nome è Sara.
- E io non faccio parte della tua famiglia.. è così?
- Non ne hai mai fatto parte.
- Non è vero, e lo sai. Sono il tuo agente supervisore..
- Il mio supervisore si chiama Romanoff.
- Skye..- lui fece un secondo tentativo, e la reazione della ragazza fu rabbiosa ed improvvisa. Uno scatto ad afferrare quella mano, uno a spingerlo spalle al muro.
- Non.Osare.Toccarmi.
- Skye.. ti prego..
- Hai fatto la tua scelta, Ward.
- Lasciami.. lasciami almeno parlare.
- Hai fatto la tua scelta.
- Perdonami, io.. io..
 
Io.Ti.Amo.
 
Tre stupide, minuscole parole. Che morirono sulle sue labbra, al comparire di quella figura oltre le spalle della ragazza.
- Sara.
 
Dita a stringerle il braccio, uno scatto ancor più improvviso e rabbioso di quello con cui aveva reso inoffensivo l'uomo.
E la schiena di May andò a sbattere contro il pavimento metallico del bus.
- Stà lontana da me.- sibilò la ragazza, lasciandola sollevare le mani.
- Non puoi..
- Non posso cosa?! - quella le puntò un tacco poco sotto la gola, per poi toglierlo di scatto - dirvi che vi odio?!
- E' stato solo.. è stato solo per proteggerti..
- Portartelo a letto..?
- No.. la Tower.. tu, tu eri.. io intendevo..- May si sollevò a sedere, passando con lo sguardo da uno all'altra, e comprendendo dalla risposta degli occhi di entrambi di aver perso la partita.
- Ti sei presa tutto.- replicò quella, ansimando appena -..compreso il mio cuore. Mi hai fatto diventare come te. Adesso sarai felice.
 
Ward la fissava. Labbra socchiuse e sguardo sgranato.
Non ci poteva credere. Aveva.. aveva sentito le parole giuste?
 
La ragazza scivolava via, col sottofondo del trillare del suo cellulare.
 
- Coulson. Sì, ho finito. Attendo ordini.
Oltre il profilo del bus, sembrava aver recuperato tutta la sua freddezza, e la voce nel rispondere non tremava neanche più.
 
Melinda tese la mano, aspettandosi che il collega la raccogliesse per sollevarla da terra.
L'agente Ward le scivolò accanto come fosse stata trasparente.

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Capitolo 15
*** 15 The Night Before, The Day After ***


Era scesa la notte, oltre il profilo del bus. Il silenzio avvolgeva le stanze, solo una minuscola luce animava una delle cuccette.
 
Non riusciva a dormire. Ora, come da quando era successo.
 
Non sei più tu..
Melinda aveva ragione. E sinceramente non serviva un livello sette, per capirlo.
Un sospiro, prima di voltarsi col viso al soffitto ed intrecciare le mani sotto la nuca.
 
Fruscio di passi.
Tese l'orecchio, cercando di capire se fossero reali o li avesse solo immaginati. Un attimo di silenzio, interminabile, prima di sentirli di nuovo.
Sì, quelli erano decisamente passi. Di qualcuno molto agile e leggero. Si sollevò a sedere, e le dita andarono in automatico alla pistola che teneva accanto al cuscino.
 
Stupido. Sei a casa base, il portello è chiuso e siamo completamente in sicurezza. Sarà Fitz in preda ad una delle sue crisi di fame notturne. Quasi quasi gli faccio compagnia.
 
Scivolò verso la porta della cuccetta, avendo cura di farla scorrere nel modo più silenzioso possibile. La luce dell'angolo cucina era acceso, si sentivano voci leggere e furtive. Femminili.
 
Il cuore andò a pulsargli alle tempie, riconoscendo quella di Skye.
 
Un morso alle labbra, mentre i passi si bloccavano e saliva il desiderio di voltare le spalle e scappare.
Non fare il cretino, Ward. Adesso mi sembri davvero uno stupido moccioso. Non è tuo fratello, anche se l'ha imparato, a picchiare come si deve, pure lei. Non ti ammazzerà di botte, né minaccerà di buttarti in un pozzo. Non puoi avere paura, non di lei. E questa potrebbe essere la tua occasione. Beh. Preparati a parare un destro, che non si sa mai.
Le labbra si stirarono in un sorriso, mentre i piedi trovavano l'impulso per avanzare fino al confine d'ombra che lo separava dal cucinino e da quelle voci.
 
- Allora.. dovrebbe essere quasi pronto, che te ne pare?
- Io dico che ci siamo..- Jemma si piegava verso il forno a microonde, arricciando le labbra - prova stecchino?
- Prova stecchino.- Skye apriva lo sportello, avendo cura di non incasinare niente, e verificava la cottura - yes, è decisamente pronto.
- Lui lo sa?
- Ssh! E' una sorpresa. Non se lo ricorda neppure..
- Sono già passati due anni, da quando sei entrata in squadra.. sembra ieri..
- Già. Se devo dirti la verità, ci sono rimasta un po' male, che se lo sia dimenticato.. va bè. Vediamo se con questo sotto il naso la memoria gli torna.
 
Ridevano.
Fece appena capolino, quanto bastava per non farsi notare. E sorrise di nuovo.
Non ti odia. Non ti odia sul serio. Ha preparato un dolce.. ed è vero, te lo sei proprio dimenticato.. era oggi, il giorno in cui te la sei ritrovata tuo malgrado fra i piedi.. come minimo, ti brontolerà di nuovo per quella finta del siero della verità. Oh, cacchio. Se ne sarà accorta, che la prima cosa che hai fissato, quel giorno, era il suo seno? Belle figure, Ward. Decisamente da agente di livello sette. Beh, però la cosa potrebbe tornare a tuo favore. Scherzaci sopra. Magari ride, magari le è già passata.
 
Caricò il respiro, avanzò  fino a scoprirsi e le sorprese alle spalle mentre versavano la glassa al cioccolato.
- Ehi, voi due.. che state facendo?
 
Aveva usato il tono più cordiale che gli fosse mai sfuggito. Jemma si voltò, arricciando le labbra con quell'aria finto innocente da Ops! Mi hai preso con le mani nel sacco!
Sara si limitò a spostare lo sguardo, senza fare una piega, prima di tornare al dolce.
 
Come fosse stato trasparente.
 
- Segreto femminile? - lui tentò un sorriso, provando ad ottenere una risposta.
-..Nulla che ti riguardi.- replicò quella voce, velata di rancore, da oltre le spalle di Jemma.
Lui la ignorò:
-..Simmons?
- Stiamo.. ehm..- la ragazza spostò per un attimo lo sguardo sull'amica, come a chiedere il permesso, per poi tornare a lui - stiamo preparando un dolcetto per..
L'occhiata torva di Skye le bloccò le parole in gola.
- Che si festeggia?
- Il secondo Skyeversario.- quella s'illuminò, col sottofondo di un pesantissimo sospiro dalla diretta interessata.
- E pensavate me lo fossi dimenticato? - lui incrociò le braccia, mantenendo sotto quel sorriso un leggero tono di sfida.
- No, eh.. beh, ecco..
- Sono successe un po' di cose, è vero, però..
- Non è per te.- a viso scuro, Sara gli scivolò oltre, tenendo il piatto col dolce su un braccio e premurandosi di non sfiorarlo neanche per sbaglio.
 
Un attimo, ed era scomparsa oltre la linea d'ombra del corridoio, lasciandolo di fronte ad un'imbarazzatissima Jemma.
- Scusa..- lei cercò di seguire l'amica, ma quella mano scattata a bloccarle il braccio sembrava non aver nessuna intenzione di liberarla.
- Simmons.
- Lo so, scusa. Non è per te. E'.. Leo s'è dimenticato il secondo skyeversario, e pensare che il primo è stato un'idea sua.. buffo, no?
Ward sembrava tutto meno che divertito. Sguardo scuro, labbra serrate. Come se stesse facendo uno sforzo immenso per non scoppiare.
- Mi dispiace..- sospirò, tendendo l'altra mano a poggiarsi sulla sua - ha solo.. ha solo bisogno di tempo. Non è più la persona che conoscevamo. Non del tutto, almeno. Ma questo dovresti saperlo meglio di me.
- Non..
- Ricordi quando ti ho chiesto scusa, per averti detto che era colpa tua? Beh.. mi dispiace, ma lo è. Facciamo.. al sessanta percento. Non so cosa sia successo, esattamente, fra voi due.. ma l'hai ferita. Lei ti voleva bene, ecco.. in modo un po' speciale. E il tuo andare a letto con Melinda.. non è.. non è stata una bella sorpresa.
- Non è cambiata solo lei, Simmons. Sono cambiate tante cose.
- Lo so. Ma non puoi pretendere che provi ancora qualcosa per te, ecco. Qualcosa che non sia odio. E per favore.. non pensare di presentarti coi fiori a chiederle perdono, che ti farebbe troppo OOC.
- E che diavolo dovrei fare?!
- Esercitare un po' della tua pazienza da cecchino. Saper aspettare. E lasciarmi il braccio, che non lo sento più.
- Scusa.- lui aprì la mano, liberandola e lasciandola massaggiarsi.
- Senti.. fai così. Ora dobbiamo liberare la testa, domattina all'alba saremo operativi. Poi vedrai. Non credo non si farà più viva; un legame qui ce l'ha.
- Ma se lei..- lui tese appena la mano, ad indicarsi.
Di coccio.. fece lei, battendo un pugno sull'altra mano.
- Mi togli una curiosità, Ward..? Perché credi di essere sempre tu, il soggetto di qualunque discussione?
 
Un sospiro, sollevando le mani e voltandole le spalle.
- Divertitevi..
- Vedrò di convincerla a lasciarti un po' di dolce.
 
Il sole sorgeva, oltre il profilo del bus. E per l'ennesima volta si ritrovava a non aver dormito. O almeno a non averlo fatto come voleva.
 
Non avrei dovuto mangiarne tre fette..
Un sospiro, sollevandosi a sedere e non trovando la bambolina hawaiana a lato del letto.
Chissà che fine ha fatto. Beh, felice anniversario, Skye..
 
L'acqua della doccia era più fredda di come la ricordasse, il caffè più amaro. Pazienza, l'atroce mix l'avrebbe svegliata per bene.
Leo si stiracchiava, rivolgendole uno dei suoi sorrisi bambini prima di nascondersi dietro lo schermo del PC. Jemma la salutava col solito piccolo abbraccio del buongiorno.
 
E vedi di tornare intera, stavolta..
La voce a scimmiottarsi, cercando di strapparle un sorriso.
- Comandi, coach.- le aveva risposto mano alla fronte, prima d'iniziare ad armarsi seguendo tutte le istruzioni.
 
Tuta nera, capelli imbrigliati in uno chignon. Nello specchio, lo sguardo di un agente di livello nove.
- Se non ti stessi guardando con attenzione, direi che sei la Romanoff abilmente camuffata.. - gli occhi di suo padre, riflessi oltre le spalle.
-..Facciamo la sua gemellina.- replicò lei, leggera.
- Non ti dico nulla, sennò sbuffi che siamo una banda di noiosoni.
- Starò attenta.- un bacio, veloce, sulla guancia - e tu guidami a dovere.
Le dita a sfiorare l'auricolare, un cenno d'intesa. Ed era scivolata verso l'obiettivo.
 
Come bere un bicchier d'acqua. I colleghi a distrarre e tramortire le guardie, le serrature che si sbloccavano come per magia, un colpetto di pistola della buonanotte all'unico custode di quell'anonima cassaforte da grande magazzino.
Il chip, grande poco più di una mini sim da cellulare. Sostituirlo con il fake che portava nascosto contro il seno, e con le dovute cautele scivolare via. In tempo per raggiungere i camerini con un paio di vestiti, cambiarsi ed uscire come una cliente qualunque, presentando alla cassa gli scontrini di un maglioncino e un paio di jeans.
 
Come dopo una sessione di shopping con la carta di credito di Stark.
 
Fu solo all'aria aperta, sotto il cielo della Fifth, che inforcò i Rayban e riprese le sembianze di un agente, muovendosi veloce e senza più distrazioni. Prossimo obiettivo, la Stark Tower.
 
- Dove sta andando? - Leo si affacciò oltre il monitor della sala riunioni, continuando a seguirne gli spostamenti tramite le telecamere urbane.
- La prima fase è completata; scioglie le righe. Ognuno al proprio posto, separati.- Coulson lo vide aggrottare le sopracciglia, come in cerca di una spiegazione razionale, e proseguì - deve raggiungere il suo team, a cui passerà le informazioni per l'analisi.
- Con cosa abbiamo a che fare?
La risposta fu un sopracciglio alzato.
- Lo so, livello nove. Ma.. giusto a grandi linee.
- Centipede importa ed esporta in qualche modo i materiali per espandere il progetto Deathlok. E adesso che Quinn è in custodia al quartier generale, l'organizzazione si sta muovendo secondo percorsi.. alternativi.
 
Leo notò una smorfia, fra le sue labbra, e provò ad affondare la lama.
- C'entra la missione di Sara nel mondo delle sfilate?
- Sì.- un sospiro, pesante - lo potranno confermare solo i documenti che abbiamo preso.. ma pare che i materiali viaggino all'interno dei filati.
- Dei..?
-..Ridotti a sottilissime strisce e cuciti all'interno di capi d'alta moda.- la voce di Jemma comparve alle loro spalle, priva d'ogni traccia d'allegria, e la sua mano si spostò sul bancone, ad estrarre un paio d'immagini dal dossier, mixate a pagine censurate e codici criptati - visti dall'esterno, sono solo innocui costosissimi vestiti firmati.
- Inclusi gli slip di Victoria's Secret? - Leo sgranò gli occhi, causando a Coulson un paio di colpi di tosse.
- No..- quello riprese la parola, dopo avergli sganciato un'occhiataccia - quello era un modo per entrare nel giro. Le sfilate che c'interessano iniziano domani.
 
- Tutto ok?
La voce cupa di Melinda li raggiunse alle spalle.
- Sì.- replicò l'uomo, voltandosi verso di lei - chip in consenga, Sara è appena entrata alla Tower.
- Possiamo fidarci a lasciarlo visionare a Loki?
- Sì. E comunque non sarà lui, ad esaminarlo.
 
Una rapida occhiata indietro allo schermo, ora riempito dall'unica inquadratura di collegamento con JARVIS, che mostrava lo sguardo di ghiaccio di Barton.

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Capitolo 16
*** 16. Losing Control ***


I'm not sorry


La musica a tutto volume, le luci colorate, i flash. Oltre la linea del palco, in penombra, l'attenzione quasi silenziosa di pubblico, tecnici, fotografi.
 
E' questo, ciò che vuoi? Cos'è rimasto, di quello che eri, Skye?
 
Il passo deciso, a tratti strafottente. Lo sguardo da top model, dritto avanti a labbra piegate.
Natasha era davvero un'ottima coach.
 
Walking through the club I felt your shadow on the wall
Think I'm catching up, think we got a date with destiny
I bet your shadow'd rather follow me..



May. Poteva sentire ancora quella mano stretta attorno al braccio, il suo sguardo addosso. Un fastidio che la pizzicava dietro il collo, difficile da mandar via. Come le macchie di sangue.
Lo sguardo dell'agente Ward. Non l'aveva mai visto, privo del respiro in quel modo.
 
A dire il vero, non l'aveva mai neanche messo al muro con una mossa di judo, da che si ricordasse..
 
Skye..
La sua voce era calda e flebile. Da far male al cuore.
 
Non mi ferirai. Mai più.
 
Ecco cosa voleva dire, Natasha, affermando che l'amore è per i bambini..

Dancing through the night, you feel me breathin' down your neck
Taught me how to fight, guess I learned a trick or two or three
I keep them hidden up my sleeve, I hate to break it to you



La musica andava avanti, rimbalzando lungo i muri come una palla. E con quella, il suo passo spavaldo rientrava fra le quinte per uscirne poco dopo con un nuovo capo.
Mentre fra le quinte la microtelecamera di Clint aveva già iniziato il proprio lavoro.

I'm not sorry, sorry
For the person I've become
Not sorry, sorry
I don't live under your thumb
It's time to stand aside
You can't take the best of me
Hate to break it, hate to break you, hate to break it to you

I'm not sorry



Quegli occhi scuri, in fondo alla sala. La scrutavano, la osservavano, e ora sembrava non avessero più nessuna paura. Il fuoco, che saliva dalla punta dei piedi fino ad illuminarle di rosso le guance.
 
Un giro, un altro. Recitarsi per l'ennesima volta la stessa bugia.
Inutile, che continui a provarci. Non ti amo più..
 
- Sara.. c'è la polizia. Ti stanno cercando.- la voce di Susie appariva preoccupata.
- Scusa?
- Sì.. all'ingresso dello staff. Un uomo. Ha mostrato un distintivo, ti cercava.- la donna indicava un punto alle proprie spalle - che.. che diavolo vuole, la polizia, da te?
Sollevò le spalle, con una leggera smorfia.
- Non avrò pagato qualche multa.
- Sempre la solita diva..- la voce di Susie la seguì nel suo allontanarsi lungo il backstage, lasciandola sorridere.
 
Non era della polizia, il distintivo che quell'uomo aveva mostrato per entrare nell'area riservata. Non c'era nessuna multa da pagare.
Le dita avevano leggermente tremato, stringendosi a pugno, mentre il respiro arrivava a fatica a riempirle i polmoni, e non aveva parole pronte da dire.
 
Che diavolo ti sta succedendo, Skye?
 
L'uomo appoggiato al muro l'aveva vista, ed ora si sforzava di stirare le labbra in un sorriso, sollevandosi e sciogliendo l'intreccio delle braccia sulla camicia nera.
- Che vuoi?
Gelida, vuota. Una stilettata che questa volta non andò a segno.
Non dopo quello che ha sentito pronunciare dalle tue labbra, quarantott'ore fa. Non importa, che sia l'uomo di un'altra, Skye. E non importa che tu sia cambiata, né quanto tu stia cercando di fare la superiore. Ti ha ferito. E tu non riesci a smettere di provare quest'orribile fuoco, tutte le volte che lo sfiori anche solo col pensiero.
 
Perché?
 
- Voglio solo parlarti.- lui sollevò le mani, come in segno di resa, provando ad avvicinarsi e vedendola scattare appena indietro, ripristinando le distanze.
- Senza copertura?
- Scusa?
- Non ti sei portato la tua amica?
 
Grant fece appena cenno di no con la testa.
- Siamo soli. Io e te.
- Non qui. Alla fine della sfilata, fuori. - gli indicò l'ingresso dello staff, mentre già una voce la chiamava verso il palco.
- Ok..
Lui aveva annuito, sollevando appena la mano come a salutarla, senza muovere obiezioni.
 
Voltati. Guardami.
 
Era rimasto ad osservarla come avesse avuto davanti una dea. Come la prima volta, separati da pochi metri di marciapiede. E come la prima volta, lei gli aveva voltato le spalle senza neppure uno sguardo ad incoraggiarlo.
 
Se quello che hai detto a Melinda è vero.. guardami.
 
I flash continuavano ad illuminare la sfilata, e per un istante ebbe l'impressione d'incrociare lo sguardo della moglie del principe nero, di sentire la sua voce che gli sibilava all'orecchio.
- Esci di qui. Non farci saltare la copertura.
 
Non ebbe altra scelta che scivolare fuori.
 
La notte di New York appariva umida e poco vitale, nonostante la primavera. Come se tutta la vita fosse stata risucchiata e compressa all'interno di quello stage. Come se il mondo fosse in attesa, insieme a lui.
 
Un sospiro, e si abbandonò con le spalle al muro, accanto al portellone metallico da cui era uscito.
 
Un'ora, due. Alla terza, aveva già smesso da un pezzo di consultare l'orologio  che portava al polso. Oltre quella via defilata e laterale, si iniziava a sentire il vociare della gente.
La sfilata sembrava ormai alla fine, ed i flash s'impossessavano dell'ingresso principale, di stilisti, ospiti e modelle, accompagnando commenti ed impressioni.
 
Lo sguardo di Sif di nuovo accanto, stavolta concreto e più cupo di prima.
Stringeva fra le dita qualcosa, sicuramente un risultato per la missione. Un passo avanti verso la sconfitta del nemico.
Con lui, neppure una parola. Un agente dello Shield dotato di distintivo non avrebbe neppure dovuto trovarsi lì.
 
Scusa, principessa di Asgard.. non sei l'unica, ad avere il diritto di seguire la voce del cuore..
 
La donna era già lontana, confusa fra la gente. Si spostò appena, cercando d'indagare nei suoi movimenti, e tutto quello che riuscì a vedere fu un'auto nera e la portiera del lato passeggero che si apriva per lasciarla salire.
Un rumore, ad attirare la sua attenzione. Lo scatto metallico della porta che si apriva, sputando fuori gente a piccoli gruppi. Uomini vestiti in modo piuttosto pacchiano, qualche modella su tacchi vertiginosi anche se sopra indossava banalissimi jeans.
La moda. Una cosa che rinunciava a capire. Non riusciva neanche ad immaginarla, Skye, a proprio agio in quel mondo. Neppure se solo per copertura. Eppure, la donna che la Stark Tower gli aveva restituito sembrava tutto meno che quella che gli saltava sulle spalle divertendosi un mondo a fargli il solletico e prenderlo in giro..
 
Se solo potessi tornare indietro a quei momenti, agente Ward..
 
Altra gente che usciva, qualche tecnico con degli attrezzi del mestiere fra le mani o sulle spalle. Qualcuno scambiava una parola, altri si auguravano semplicemente la buona notte, allontanandosi da quell'angolo sempre più buio e sempre più umido.
 
Nessuna traccia di lei.
 
- Ehi.. Ehi! - si staccò dal muro, notando un uomo che stava chiudendo la porta con un lucchetto, ed avvicinandosi - mi scusi, ma.. la ragazza..?
- Chi? - quello si voltò, aggrottando le sopracciglia.
- La modella, Sara.. Sara Coulson.. mi ha detto di aspettarla qui, alla fine dello show.
- Sicuramente è andata via.- replicò quello, sollevando le spalle, indifferente - dentro non c'è più nessuno.
- Non è possibile, lei..
- Sarà passata dall'ingresso principale. Scusi..
Un cenno della mano, prima di voltarsi ed andarsene, senza perdere tempo in altre spiegazioni.
 
Non gli rimase che tornare con le spalle al muro, piegando il viso a terra e prendendo lentamente il respiro.
Fregato. T'ha fregato, Ward. Non avrai mai più la tua occasione. Mai più.
 
Buio. E silenzio. I suoni di New York velati e lontani, in sottofondo.
 
Lo stava osservando da una lunga manciata di minuti, ben nascosta dalla penombra, oltre la scala antincendio.
La super-spia-che-non-ha-paura-di niente se ne stava lì, spalle al muro ed aria da cane abbandonato. Nessuna reazione, a parte il respiro rarefatto e il viso chino a terra.
Come un qualunque debolissimo essere umano.
Non aveva neppure intuito la sua presenza, a meno di dieci metri da lui.
 
Nessuna traccia, del suo vecchio istruttore.
 
Le labbra le si stirarono in un perfido sorriso.
Bene. Ben ti sta, bastardo. L'avrai capito, adesso, che non si scherza, con me. Torna fra le gambe di quella lì.
 
Mosse un passo, decisa ad abbandonarlo in quel vicolo, continuando a pensare che se lo meritasse, di restare solo come un cane a toccare il proprio fondo.
 
Poi qualcosa, a bloccare i suoi passi. Un rumore quasi impercettibile, un minuscolo -click!-.
Si voltò appena, trovando quella figura nera ancora abbandonata contro il muro, immobile. Fece più attenzione, rimanendo in attesa e cercando di capire.
 
Perché non ti muovi? Dovresti essertene già andato..
 
Il cuore dritto in gola, quando lo vide estrarre una pistola e puntarsela alla tempia.
 
Una corsa. Un tuffo su di lui, senza preoccuparsi dei tacchi che facevano male.
 
In quella strada umida e buia di New York echeggiò un grido, mescolato al suono secco di uno sparo.

angolo dell'autore: un grazie gigante a chi ha apprezzato la storia, l'ha letta, seguita fin qui, inserita nelle preferite-seguite e recensita con parole sempre bellissime! Grazie grazie e grazie ancora, sono commossa! :)
p.s: avrete notato che da un po' a questa parte inserisco pezzetti di canzoni.. sto scrivendo con una colonna sonora in testa, ormai è diventato il mio vizio ^-^. quella di oggi l'ho presa da Smash stagione2 e si chiama I'm not Sorry, e mi ha ispirato la scena della sfilata di Skye..
beh, che dirvi di più.. alla prossima!
Besos ;)

 

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Capitolo 17
*** 17. Peace After The Storm ***


Tranquilla. Andrà tutto bene.
La voce sussurrava contro il suo orecchio, mentre quella mano le carezzava lentamente la nuca.
 
Una donna. Anche se quella non era la voce del suo coach.
 
Aprì gli occhi, lentamente, riprendendendo consapevolezza di sé e del perimetro.
Una stanza, chiara ed asettica. La testa abbandonata sul tavolo, fra le braccia piegate. E lì, poco oltre, le dita di quelle mani che contrastavano per il loro pallore con le maniche nere.
 
Maniche nere. Braccia nere, spalle nere.
Lo sguardo severo e preoccupato di Melinda May.
 
Fece uno scatto indietro, rischiando di cadere schiena a terra.
- Ehi.- quella tese le mani, come a difendersi - calma.
- Dove..? Che diavolo..? - si sollevò, allontanandosi dalla sedia e ripristinando le distanze.
- Alla Tower.- replicò quella, con un'impercettibile incrinazione nella voce.
- Che vuoi da me?
- Non ricordi nulla? Ci hai chiamato tu.
 
Fece cenno di no, aggrottando le sopracciglia, mentre la sua testa riassemblava pian piano tutti i pezzi.
La strada. Le luci arancio, i rumori del traffico in sottofondo. La pistola fra le dita di Grant.
 
Una corsa, un tuffo sul suo corpo tanto più alto e robusto. Il suo minuscolo peso a spingerlo a terra, troppo tardi per evitare che premesse il grilletto.
Un brivido.
 
Ora la sentiva, chiara e limpida. La propria voce, quasi a gridare nel telefono, mentre l'altra mano era impegnata ad arginare quell'emorragia.
 
Sono io, Tasha! Sono fuori dallo stage! Venitemi a prendere, lui è.. il sangue, lui.. lui è.. ti prego, è urgente!
 
Abbassò il viso, stringendo le mani fra loro quasi a far male.
Lo ricordava, adesso. Pezzo per pezzo, forte e chiaro. Il corpo dell'istruttore sotto il suo, e quel rivolo di sangue oltre i suoi capelli.
 
Non aveva mai provato quella sensazione. Paura, terrore puro.
Non aveva mai perso nessuno di così importante.
 
Puoi giocare alla dura quanto ti pare, Sara. Lì dentro c'è ancora Skye. Lì, a sinistra nel tuo petto, in quel posto che hai riservato ad una persona sola.
 
E adesso non potrai neppure dirgli mi dispiace..
 
Mi dispiace, Grant. Abbiamo un problema, io e te. Ti amo. Credevo non te ne fossi neppure accorto, dato il sorriso con cui t'ho sorpreso davanti a quella stanza. Credevo che non l'avessi riservato a me, lo stesso posto che avevo riservato per te. Ho desiderato punirti, lo ammetto. Farti del male. Farti sentire lo stesso dolore. E tu..
 
L'auto nera che arrivava, oltre il profilo buio del vicolo. La sagoma nera di Clint, quella ancor più nera di suo padre. Il loro scambio di cenni d'intesa.
Portiamolo via di qui.
 
L'avevano fatta sedere, sul sedile posteriore di una seconda auto. Nat le aveva allungato un bicchiere.
Tieni. Bevi. Ti tirerà un po' su.
 
Un sorso, due. Quella roba bruciava da morire, nella gola.
Che diavolo..?
 
Vodka. Tranquilla, io ne ho bevuto a litri e non sono mai morta.
Le labbra di Natasha si stiravano in un sorriso, leggerissimo.
Andiamo. Hai bisogno di riposare.
 
Non ricordava neppure come ci fosse arrivata, alla Tower.
 
Le labbra si contraevano, tornando a guardare la donna che aveva di fronte.
- E' colpa mia. E' stata tutta colpa mia.
- Non serve a niente, darsi colpe.. Sara. E' successo. E basta.- replicò quella, senza tono.
- Avrei dovuto lasciarlo andare.
 
Un sospiro, lento e profondo. E adesso era Melinda, ad abbassare lo sguardo.
Livello nove o no, resti una bambina, Skye. Possibile che tu non l'abbia ancora capito?
 
Aggrottò le sopracciglia. La voce di Melinda aveva parlato, leggera come un soffio di vento. Ma le sue labbra non si erano mosse.
 
- Già.- incrociò le braccia, voltandosi di spalle - una stupida bambina aliena. Non avrei dovuto neppure metterci piede, su quell'aereo con voi.
- Scusa?
- Posso leggerti nel pensiero, May. Tranquilla, non so ancora come controllarlo, non è.. sempre attivo.- tornò a guardare la donna, che adesso aveva appoggiato i gomiti sul tavolo e la scrutava sorpresa - magari lo fosse stato, fin dall'inizio.. vi avrei evitato tutto questo..
- Non credo di capirti.
- Mi sarei tolta di mezzo subito, sarei scappata, mi sarei nascosta meglio. Non avrei neppure iniziato a..
- Avresti capito prima che veniva a letto con me pensando a te.- quella intrecciò le mani, continuando a fissarla da sotto in su. Un sospiro, lento e profondo, mentre la ragazza si sedeva di nuovo - una volta.. una volta ha detto il tuo nome. Proprio.. proprio mentre.. ecco, sai.- le mani si aprivano e sollevavano appena, la voce si velava d'imbarazzo.
- Non lo voglio sapere e non m'interessa.
- Ha detto il tuo nome.- Melinda la ignorò, continuando a parlare e sputando fuori il peso che si trascinava dentro da mesi - mi ha chiamata Skye. E io ho fatto finta di niente. Era solo sesso, fine. Non era l'unico, a pensare ad un'altra persona mentre stavamo insieme.
 
Aggrottò le sopracciglia, sorpresa dal rumore della porta che si apriva e dal viso di suo padre che faceva capolino.
- Scusate..
Parli del diavolo.. recitò, muta ed ironica, la voce di Melinda, mentre si mordicchiava leggera le labbra accennando un saluto.
 
Non riuscì a nascondere un sorriso.
- Che c'è? - Coulson si avvicinò preoccupato - tutto bene?
- Tutto bene.- sollevò le mani, ritrovando una delle sue antiche smorfiette al pepe.
- Chiarite?
- Sì.
- Sì.- Melinda le fece eco, chiedendosi se quel sorriso avesse un motivo. Non mi avrà mica sentito?
- Allora non ti dispiacerà se te la rubo un attimo.- lui si diresse di nuovo alla porta, indicando l'esterno.
- No.- quella lanciò un'occhiata alla ragazza, che di rimando le fece l'occhiolino, mimando con la punta delle dita sulle labbra la chiusura di una zip.
 
Il corridoio era buio e silenzioso. Suo padre la precedeva a passi sicuri, senza dire una parola. Questo non mi piace, Skye. Non mi piace per niente.
- E' stata tutta colpa mia.- bloccò i passi, costringendolo a voltarsi - accetto qualsiasi punizione.
- Non è la punizione, Sara. Quella l'avrai, sicura come è vero che siamo a casa di Stark. Spero tu ti renda conto della gravità..
- Sì.- abbassò il viso, mordendosi le labbra - ho lasciato.. ma che dico, l'ho ucciso io. Ho ucciso l'uomo che amo..
- Sara.
- Non fare quella faccia.- lei sollevò di nuovo lo sguardo, scoprendo occhi lucidi - non me ne frega niente, del protocollo, delle regole che ho infranto. L'ho ucciso. E non potrò neppure..
 
La interruppe sollevando l'indice, senza perdere quello sguardo di rimprovero. Poi la sorprese, spostandosi verso sinistra e raggiungendo una porta. Dita sulla maniglia, spinse appena e le fece cenno di entrare.
- Questa volta non te la giocare.
- Scusa..?
- Ha chiesto di te. Beh, chiesto non proprio. Lucas è sceso a controllare la dose di morfina, l'ha trovato sveglio. Solo il tuo nome. Non gli ha detto altro, solo il tuo nome.
- Pà..
- Non te la giocare.
 
Annuì, leggera, lasciandolo scomparire oltre la linea di penombra della porta. Poi si voltò, esitanto a lungo prima di avanzare di una manciata di passi.
 
Sembrava ancora più alto, avvolto dal candore delle lenzuola. Le spalle nude, il tubicino di una flebo. Il -bip!- sommesso della macchina che scandiva il ritmo dei suoi battiti.
- Ehi..
Quella voce, un soffio, a bloccarle i passi.
- Ehi..
- Ci sono riuscito..
 
Aggrottò le sopracciglia, piegandosi sulle ginocchia ed appoggiando le dita sul bordo del letto. Quegli occhi apparivano luminosi, rilassati nel loro scrutarla.
- Ti ho fatto venire da me..
 
Non riuscì a reggere quello sguardo, e si ritrovò a deglutire amaro.
- Perdonami.. è stata.. è stata tutta colpa mia.- sospirò, continuando a fissare un punto lungo il muro - non avrei.. non dovevo comportarmi così, sono stata una stronza..
- Skye..
- A dire il vero..- lei trovò il coraggio di tornare a guardarlo, piegando appena la testa da un lato - a dire il vero non avrei dovuto mettere neppure piede sul bus. Fin dall'inizio. Mai. Avevi ragione; sono una stupida inutile crea-casini. Sono arrivata e ti ho buttato all'aria la vita. E quando ne ho avuto l'occasione, non ne ho approfittato. Avrei dovuto sparire.. meglio così. Per tutti e due.
 
Lui continuava a fissarla, con quel velo di dolcezza negli occhi. E scuoteva appena la testa.
No, Skye. Non hai capito niente.. non sarebbe stato meglio. Per nessuno dei due.
 
- Certo, che sarebbe stato meglio! - lei si scostò appena, rispondendo a voce alta al pensiero che aveva intercettato - avevi una vita perfetta, quello che desideravi. Armi, compagni, missioni.. tutto. Sei uno specialista, sei.. una specie di supereroe. E ti ho mandato tutto a put-
Le parole cessarono di colpo, bloccate da una coppia di dita tese a chiuderle le labbra.
 
Ward sorrideva, leggero.
- Lo sai? - gli disse, non appena gliele lasciò di nuovo libere di schiudersi.
Lo vide annuire, appena.
- Sai che posso sentire i pensieri?
 
Lui annuì di nuovo.
..E tu dovresti sapere che ti amo, Skye.

n.d.a: ragazze, io l'ho pubblicato, ma continua a non convincermi troppo.. abbiate pietà di me! :P

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Capitolo 18
*** 18. Can I Still Trust Him? ***


Se davvero sei diventata forte come dici, dimostralo. Combatti, riprenditi quello che è tuo.
 
Quella voce era leggera, oscura, contro la sua nuca. Apriva gli occhi e si ritrovava circondata dal buio.
Sola. Era sola, nessuno del suo team a coprirle le spalle. Levava il passo, cercava di aguzzare la vista per individuare almeno un punto di riferimento. Poi lo trovava.
Una luce, finissima, come una fessura in fondo a quello che poteva sembrare un lungo corridoio. La raggiungeva, e le si delineava davanti la sagoma di una porta.
La mano a spingere l'anta, il corpo che scivolava oltre. Lì dentro, malamente illuminata da una luce azzurrastra, una stanza. Non troppo grande, gli angoli in penombra e un letto quasi al centro, affiancato da macchine per il monitoraggio di un paziente che invece non c'era. Le macchine erano accese, se ne sentiva il -bip!- insistente. Invece il letto era vuoto.
 
Avanzava un passo, due. Il corpo non c'era, sostituito da una traccia scomposta fra le lenzuola stropicciate.
Lei lo sapeva. Sapeva chi doveva essere in quel letto, sapeva anche che era sua la mano che ce l'aveva sbattuto.
 
Questa volta nessun rimorso, Sara. Non hai ucciso l'uomo che ami. Hai eliminato un traditore.
 
Adesso era la sua, la voce che le riempiva la testa. Che sibilava, orribile e cattiva.
Chiudeva gli occhi, li riapriva e quella traccia fra le lenzuola si riempiva di sangue.
 
L'avrebbe chiesto a Katie, il significato di quel sogno che ormai la perseguitava da giorni. Gliel'avrebbe chiesto, se solo non avesse avuto a che fare con una bambina di quattro anni.
E poi lo conosceva già, il significato.
 
Una forza al di là della sua comprensione sta venendo da lei.. lei e.. Skye..
Si svegliava, si alzava a sedere sul letto, raccogliendo le ginocchia contro di sé. Le parole di quello che avevano creduto il Chiaroveggente avevano un senso. Tutte.
 
Ha qualcosa che noi vogliamo.. e lei morirà.. nel darcela.
La voce veniva interrotta da un colpo di pistola, e l'immagine di quell'arma fra le mani di Grant chiudeva il cerchio.
 
Non potevi fare altro, Skye. O lui, o te.
 
Voltò il viso, cercando di aguzzare la vista in cerca dell'orologio. Lo raccolse fra le dita e rimase per un lunghissimo istante a fissarlo.
Le quattro ed un quarto del mattino.
 
Scivolò fuori dal letto, raggiunse l'armadio, cambiò il pigiama con jeans ed un maglioncino. Infilò scarpe, giubbotto ed oltrepassò la porta.
Uno sguardo di sfuggita all'obiettivo della telecamera dell'ascensore, il labiale ad avvertire tramite Jarvis il padrone di casa.
Scendo a fare un giro. Mi serve un po' d'ossigeno.
 
E poi, l'aria frizzante della notte di New York.
 
La Fifth appariva bellissima anche con le sole luci notturne delle vetrine.
Avrebbe preferito il potere di tornare indietro nel tempo e poterlo riscrivere da capo. O quello di leggere il futuro, o i sogni come faceva Katie. Forse l'avrebbe potuto evitare. Il risveglio dell'Hydra, il crollo dello Shield. Tutte quelle vittime.
 
E anche quel colpo di coltello, al centro del petto del traditore.
 
Sollevò il viso, incontrando un inedito e lontano cielo stellato, che faceva capolino timidamente oltre le luci della città. Continuò a camminare, ed i passi la portarono ai cancelli di Central Park.
Avanzò ancora, cercando di non pensare, per evitare che qualunque ricordo felice venisse sporcato dall'immagine di quel sangue e dei suoi perché.
 
L'angelo delle acque sembrava aspettarla, con quell'espressione dolce e la mano che sembrava tendersi verso di lei.
 
Ti ricordi di me, vero?
Sollevò il viso, mordendo appena le labbra e poi accomodandosi sul bordo della fontana con un sospiro.
 
Era stata un'altra notte, neppure troppo lontana. Eppure a lei sembrava fosse passata una vita intera.
Un altro sospiro, mentre le dita scivolavano nella tasca dei jeans ed estraevano l'iPod. Le cuffice nelle orecchie, il pollice sul tasto play. E l'aria si riempì della magia di quella canzone.
 
You and I were meant to be
Ain't no doubt about it
No way to hide that sort of thing
Not waiting for something better
Ain't nothing better worth imagining
 
I, I keep on running
I'm building bridges that I know you never wanted
Look for my heart
You stole it away
Now on every single road that I can take
 
Listen, I want you to burn my bridges down
I said, I want you to burn my bridges down
Set me on Fire
You set me
Set me on Fire
 
Ti ricordi di quella sera.. a.. a Praga?
La voce scura di Grant l'aveva sorpresa, in quell'angolo di quella stanza invasa dalla luce del sole. Aveva sollevato il viso e trovato le sue dita che giocherellavano con le lenzuola.
- Pe.. perché?
Lui aveva aggrottato le sopracciglia, accomodandosi meglio con le spalle contro il cuscino.
- Cioè.. perché mi fai questa domanda? - lei s'era irrigidita, lanciandosi uno sguardo intorno.
- Lo so, è un episodio che stai cercando di dimenticare.. ma.. non intendo la mattina dopo. Intendo quella sera. Quando sei venuta al bar a ripetermi come avevi già fatto a Dublino che, se volevo parlarti dei miei problemi, tu c'eri. Non te l'ho detto per educazione, ma in quell'istante ho pensato che eri davvero un'insistente rompiscatole.
 
Le labbra s'erano stirate in un sorriso, ed aveva lasciato che quelle dita grandi e caldissime lasciassero le lenzuola per raggiungere e contenere le sue.
- Un'insistente rompiscatole.. già.
- Beh.. quando starò di nuovo in piedi, vorrei recuperare quella chiacchierata. E magari offrirti anche un drink. Io e te. Senza le tue socie fra i piedi, possibilmente.
 
Una minuscola risata, ricambiata dal sorriso leggero del giovane. Non le erano sfuggite, le incursioni di Sif e Nat ad origliare oltre la porta, nelle notti passate accanto a quel letto..
- Senza le mie socie. Ok.
Aveva annuito, lentamente, promettendo mano sul cuore.
 
Grant era tornato in piedi in due settimane. E quella sera l'aveva percorsa un brivido, vedendolo fare capolino da oltre l'ingresso del salone.
- Hai.. hai voglia di uscire?
 
Era saltata su come un gatto, perdendo l'assetto da riposo sul divano e costringendo Nat, comodamente appoggiata con la testa sulla sua pancia, a scivolare sul tappeto con un'occhiataccia.
- SguardoDellaVedova.- aveva ironizzzato Clint, allegramente svaccato sull'altro divano - letale. Potremmo brevettarlo.- aveva recepito il secondo sguardaccio, e con un sorrisetto s'era rivolto direttamente all'allieva di livello nove - serve copertura?
Grant l'aveva fissato a labbra socchiuse per un lunghissimo istante, lasciandola sorridere e staccarsi dal divano.
- Vedi con che specialista mi tocca lavorare.. non starlo neanche a sentire, và.
Clint aveva risposto a quel suo tirare su il naso tipo divetta con una sonora linguaccia.
 
Per un istante, le era sembrato che l'altro masticasse amaro.
L'aveva ignorato, arrivandogli accanto e raccogliendogli la mano con una smorfietta al pepe.
 
- E così adesso hai cambiato specialista. Potrei essere geloso, sai.
- Beh.. e avresti ragione. Lui è molto più figo di te.- gli aveva risposto mettendo su la sua aria da top model, lasciandolo scuotere appena la testa e scivolarle addosso.
S'erano incamminati lungo la Fifth, mano nella mano, come non fosse mai successo nulla e nessuno dei due avesse mai avuto a che fare con armi, misteri, mostri o con lo Shield.
 
Bethesda Terrace era meravigliosa, sotto la luce del tramonto. Ed ora, percorrendone il perimetro con lo sguardo, riusciva a rileggere quei momenti istante per istante. Le ultime persone in giro, il rimbalzo di un pallone lungo la scalinata. Le risate dei bambini, la signora con quel buffo cagnolino bianco che s'era fermata proprio là, a ridosso della fontana.
 
Le loro mani ancora intrecciate, sedersi sul bordo ed esprimere un desiderio.
Tuo padre lo sa?
 
-..Che esco con te? No.- gli aveva rubato un pensiero, lasciandogli aggrottare le sopracciglia - non credo ne sarebbe troppo entusiasta. Probabilmente ti farà fuori, quando lo saprà.
 
Lui aveva abbassato lo sguardo.
- Scusa..- lei s'era fatta seria, spostandosi lungo il bordo della fontana fino ad arrivargli addosso - non volevo.
- No, non..- lui aveva appena teso la mano, come a scacciare brutti pensieri.
 
Non quelli che aveva creduto lei.
 
Era dannatamente bravo, l'agente Ward. Bravo a recitare il ruolo di un uomo mai esistito, e pure ad esprimere solo i pensieri che voleva lasciarle ascoltare. Fino all'estremo.
 
Si nascondono in piena vista. Si guadagnano la nostra fiducia, la nostra comprensione. Fanno sì che ci piacciano. E quando esitiamo.. loro colpiscono.
 
Aveva calcolato tutto, fino all'ultimo dettaglio. Lasciare che fosse Coulson a volerlo in squadra, proporsi come istruttore. Fare sesso con May per farla ingelosire. Lasciare che la catturassero e le trafiggessero la schiena con quel calibro 50. Puntarsi la canna alla tempia fingendo un dolore che non aveva mai provato.
 
Eppure il sangue era così vero, sull'asfalto, Skye..
 
L'aveva giocata, tradita, presa in giro. Come aveva fatto con tutti quelli che in quei due anni e mezzo avevano fatto l'orribile sbaglio di fidarsi di lui.
 
Non aveva calcolato una sola, piccolissima cosa.
 
Sara non era l'unica asgardiana, in quella torre, capace di leggere nel pensiero. E l'Hydra non aveva il potere di controllare i sogni dei suoi traditori.
 

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Capitolo 19
*** 19. Uncovering Dreams ***


Perché esci con l'uomo cattivo?
La voce di Katie, sottile e minuscola, l'aveva lasciata aggrottare le sopracciglia.
 
Aveva mosso un passo verso di lei, vedendola ritrarsi a riccio contro il bancone del bar.
Uno scambio di sguardi con Sif, che sollevò le spalle scuotendo appena la testa e replicò con un silenzioso:
Non ho idea di cosa stia dicendo, sorella. Ma forse suo padre potrà darti delle spiegazioni. Se non preferisci chiederle direttamente a lei.
 
- Non è cattivo, cucciola..- Sara piegò le ginocchia e scese fino alla sua altezza, tendendole la mano, dopo un'occhiata verso l'uomo che, oltre le sue spalle, sembrava non capire.
O peggio. Sembrava che lo sguardo di smeraldo della bambina gli incutesse un inspiegabile timore.
- Lui è.. lui è un amico. Un amico della mia vecchia squadra. Te l'ho raccontata, l'avventura dell'aereo che si chiama bus, ricordi?
 
Katie adesso annuiva, senza perdere quell'espressione di rancore misto a sfiducia che troppe volte Sif aveva letto negli occhi del marito.
Se si comporta così, nei confronti del tuo amico, allora lui ha davvero qualcosa che non va.
 
Sei sicura?
 
Katie legge i pensieri, Sara. Come te. Ma lei riesce a scavare più a fondo. Legge anche quelli che le persone non riescono a mascherare. Legge nei sogni. Non ha segreti neppure suo padre.
 
Vede il futuro?
 
Non che io sappia. Ma se il tuo amico ha fatto qualcosa di male, lei lo sa.
 
Sara spostò lo sguardo dalla madre alla figlia, mordicchiandosi appena le labbra. E tese di nuovo la mano, tentando un sorriso.
- Sei un po' gelosa, eh? Ma lui non mi porta via per sempre, io poi ritorno qui. Andiamo solo a fare una passeggiata. E poi ricordati.. che la mia migliore amica rimani sempre tu.
Tese il mignolo, ma Katie non lo intrecciò col suo come aveva imparato a fare durante la lunga convalescenza dell'amica. Levò il passo e andò a tuffarsi fra le sue braccia, nascondendo il proprio broncio contro il suo seno.
- E' cattivo..
La sua voce, un soffio.
 
Lo hai visto?
Sara rispose allontanandosi quanto bastava per guardarla negli occhi, mentre l'abbracciava e la tirava su da terra.
- Andiamo in cameretta, giochiamo un po', ok? Se vuoi, ti racconto ancora la fiaba della principessa magica.
 
Lo hai visto davvero, Katie?
La bambina rispose annuendo, leggera. Aveva capito. Parlare di altro, distrarre il cattivo. Non lasciargli intercettare i loro pensieri. Come avevano fatto tante volte, con la mamma e con gli zii, per gioco.
Ora non lo sembrava, un gioco. Per niente.
 
- La porto in cameretta.- si rivolse a lui, lasciandolo annuire con poca convinzione - ci vediamo fra venti minuti nell'atrio.
- Ok..
Lo aveva visto sbuffare leggermente, incrociare le braccia e voltarsi verso la vetrata del salone. Sembrava sulle spine, come se quella passeggiata con annesso drink non avesse potuto aspettare solo un'altra mezz'ora.
Una reazione che stonava da morire col suo essere freddo, determinato e paziente.
Che stonava con il Grant Ward che era abituata a conoscere.
 
Possiamo parlare normalmente, ora, cucciola?
Chiese, silenziosa, appoggiando Katie a terra, vicino al box dei giocattoli, e sedendosi accanto a lei con le gambe incrociate.
 
Il cattivo ci sente.- fu la risposta.
- Hai voglia di giocare a fare il thè? - allungò la mano e raccolse una tazzina, poi un'altra e la teiera.
- Sì.
Katie si alzò, raccolse i piattini ed il resto dei giochi che le servivano, e tornò a sedersi davanti a lei. Poi prese a chiacchierare, fingendo di preparare il thè delle cinque come una piccola lady, mentre la sua testolina snocciolava il racconto di tutto quello che aveva visto la notte prima nel sogno dell'uomo cattivo.
 
La missione tacchi a spillo, così l'aveva definita Barton con un sorriso sornione, meritando una gomitata sulle costole da Nat, neanche troppo leggera. Le cimici e le microcamere abilmente assemblate dalle sue delicate manine -così l'aveva rimbeccato lei, ottenendo in cambio una linguaccia malamente mascherata da una smorfia di dolore- avevano indicato un viso ed una voce per il mediatore che trasportava in incognito materiali collegabili al progetto Centipede.
- Beh, il nostro amico miliardario sembra essere soltanto un pesce piccolo..- Tony aveva puntato l'indice contro l'immagine in bianco e nero di Quinn, che sembrava quasi in difetto, di fronte all'uomo robusto e baffuto che in quel camerino gli parlava sovrastandolo e quasi minacciandolo con le mani tese.
- Elliott Ness.- Natasha aveva fermato l'immagine sul fotogramma che ne scopriva meglio i tratti - Quinn ci mette i soldi, lui i mezzi.
- Gli abiti, e con loro le fibre in carbonio e titanio per l'armatura del suo angelo custode. - aveva replicato Loki, con un sospiro, rivolgendo lo sguardo a Coulson che, dal lato opposto del tavolo olografico del laboratorio di Tony, annuiva senza quasi perdere di vista le immagini dello schermo.
Adesso al signor Ness s'era affiancata un'immagine ben nota.
Mike Peterson, il primo dotato incrociato da Skye. Quando tutto quello che la circondava adesso era solo un'inimmaginabile utopia. Mike che aveva perso una gamba, rimpiazzata da quella specie di armatura per la cui progettazione era stato utilizzato il curioso mezzo di trasporto dei vestiti firmati in cui nascondere le fibre. Mike che aveva finito per trasformarsi in uno spietato automa al servizio del Chiaroveggente. Mike che non aveva esitato a rivolgere un'arma contro lei e Nat, non più di una settimana prima, costringendole a battere in ritirata e ripiegare sulle cimici e le sfilate per poter indagare.
Mike, ed i suoi occhi completamente indifferenti e vuoti.
 
La rossa le aveva rivolto uno sguardo, seguita a ruota da Tony e da Phil. L'avevano vista deglutire. Nat aveva preso il respiro, premendo di nuovo il pulsante sul telecomando del visore 3D e deviando l'attenzione.
- E il signor Ness ci porta dritto dritto..- aveva lasciato che le immagini scorressero a velocità raddoppiata, prima di fermarle di nuovo sul prossimo faccino interessante -..a questa dolce signorina.
- Raina.- replicarono i due, il medico e l'agente in nero, quasi all'unisono.
- E tu come cazz..? - Coulson s'era voltato verso l'altro, e questo aveva semplicemente sollevato le spalle.
- No, principe dei miei stivali.- quello aveva sollevato la mano, innervosito - questo non c'è, nei rapporti che ha lo Shield su di me.
- Lo so.
- E allora perché lo sai? Perché sai il suo nome? E che diavolo sai, ancora, su di me?
- So solo quello che ha visto mia figlia.- Loki aveva incrociato il suo sguardo, e non c'era traccia d'ironia, nello smeraldo dei suoi occhi.
- Vuoi.. vuoi degnarti di spiegare? Tua.. figlia?
- Mia figlia può leggere i sogni. Lo ha fatto tante volte, con me. Inutile che io stia a spiegare il come ed il perché, adesso.. ma può farlo. Da quando hai portato Sara.. da quando hai portato Sara e hai cominciato a passare le notti accanto a lei, qui alla Tower.. beh, Katie ha incominciato a leggere anche i tuoi. Ha visto quella specie di casa, la macchina in cui quella donna ti ha infilato per farti ricordare. E sì, ha visto anche Tahiti. Non le è sembrato propriamente un.. posto magico. Ha visto dei sieri, roba molto simile alle medicine asgardiane che ho chiesto a mia madre per curare Sara. Probabilmente la roba che hanno usato per riportarti indietro. Roba che proviene da uno degli altri otto mondi, non midgardiana. E poi.. e poi ha visto lei. La donna col vestito a fiori. Ha visto lei e ha sentito la sua voce convincerti al trattamento dicendo che anche lei aveva usato la stessa cosa per.. per ricordare. Forse anche lei viene da un altro posto. Forse è tornata indietro come te. Di sicuro, il Chiaroveggente la sta usando per arrivare a tua figlia.
- Cosa?! - adesso era quella di Sara, la voce che si alzava.
- Metà del tuo sangue appartiene ad Asgard, lady Sara. Lady Sara di Nornheim, per la precisione. E, secondo quanto dice mia madre, cugina di quarto grado della mia signora. Hai nel sangue il potere di ascoltare il pensiero come faceva tua madre, e la madre di tua madre prima di lei. Mescolarlo con quello di un midgardiano l'ha fortificato, e ha aumentato la tua capacità di rigenerazione. Ma questo l'abbiamo rilevato solo con le analisi che io e il dottor Banner..
- Ce la faresti, a venire al punto prima che faccia notte?
- Sei sempre più simpatico, Coulson. Credo abbiano lasciato cadere dell'aceto nel tuo medicinale..- il giovane aveva arricciato le labbra, rivolgendo una smorfia all'uomo in nero, prima di aprire un ologramma dal tavolo con la punta delle dita - ecco. Il suo sangue è affine al principio di rigenerazione usato per.. resuscitarti. Probabilmente, si tratta di un siero realizzato col sangue di sua madre. O di sua nonna. Mia madre ne aveva solo sentito parlare, prima d'ora. Comprendi meglio di me, come possa una scoperta del genere far comodo ai nostri nemici..
- Con te in testa?
- Ho detto nostri, non tuoi. Se devo essere in testa a qualcosa, preferisco esserlo nell'impedire che esseri tanto infimi possano utilizzare un potere del genere.
- Tua figlia ha capito anche come hanno intenzione di usarlo?
- Daranno nuove teste al mostro rosso - ha detto - il mostro che se una muore, ne nascono altre tre.
 
Un brivido aveva percorso la metà dei presenti, a partire da Steve.
- Lo sapete cosa significa, questo, vero? - Loki spostò lo sguardo su di loro, uno ad uno.
- Credevo che L'Hydra fosse stata definitivamente annientata..
Adesso era la timida voce di Fitz, a farsi avanti fra le spalle dei Vendicatori. Qualcuno lo fissò a sopracciglia aggrottate, Steve si limitò a sospirare, appoggiandosi con i gomiti sul tavolo e facendo scomparire l'ologramma di Loki.
- Tu se sai qualcosa, eh? - replicò quello, con le dita appoggiate al mento.
- Tua figlia legge anche i miei di sogni, non serve neppure che mi metta a parlare.
 

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Capitolo 20
*** 20. My Turn To Lie ***


La stava aspettando. Alto, nero, in controluce a due passi dalla vetrata dell'atrio. Si voltò al suono leggero dei suoi tacchi, stirando le labbra in un sorriso.
 
In un qualsiasi altro momento, le sarebbe sembrato bellissimo. E sincero.
 
Ehi..
Aveva mosso un passo, due, nella sua direzione. E Sara aveva seguito l'istinto, o meglio la voce di Nat che le ripeteva nella testa quelle parole come un mantra.
Lui lo fa, alla perfezione. Recita anche tu.
 
- Scusa il contrattempo, è..- rispose al sorriso, puntando il pollice in direzione dell'ascensore da cui era appena uscita.
- Non fa niente.
- Non so cosa le sia preso. Non l'ha mai fatto, così.
- Probabilmente è solo gelosa, Skye. Ha quasi quattro anni, e sei la sua migliore amica.
- Già. Di sicuro è così.
- Andiamo? - lui tese la mano, e si rabbuiò appena, vedendola esitare nel raggiungerla.
- Dove?
- Non ti ho promesso un drink?
- Vero.- lei aprì maggiormente il sorriso, sollevando le spalle e riprendendo a recitare - volevo solo sapere che piani hai. Dove si bevono i drink migliori di Manhattan? Visto che mi hai fatto aspettare tanto.. esigo il meglio.
 
Ward piegò per un attimo il viso verso terra, risollevandolo poi su di lei, divertito.
- Io ti ho fatto aspettare?
- Due anni sono decisamente di più, di quaranta minuti..
- Touché.- lui tese di nuovo la mano - ma non credere di cavartela con così poco. Ti dovrai fidare.
 
E come no.- replicò la sua smorfietta, mentre intrecciava le dita a quelle del compagno e si lasciava trascinare oltre le vetrate.
 
Katie aveva parlato, silenziosa, raccontandole di quella lunga visione notturna in cui aveva visto un Helicarrier schiantarsi contro il quartier generale dello Shield, del viso ricoperto di ferite dello zio Steve, dello sguardo cupo della zia Nat e dell'uomo con il viso mascherato che aveva gli occhi pieni di smarrimento e dolore.
Come quelli di papà, quando la notte lo trovo seduto sulla poltrona che non dorme e guarda la luna.
 
Non era riuscita a resistere, e mentre la bambina continuava a parlarle col pensiero, aveva inviato un sms a Loki.
Nella stanza di Katie. Subito.
Non aveva atteso a lungo, prima di sentire il suono dei suoi passi e la chiave nella serratura.
 
- Abbiamo compagnia? - gli aveva detto, senza neppure provarci, a nascondere la preoccupazione che le solcava la fronte sotto forma di ruga.
- Il tuo ragazzo è sceso nell'atrio, ha detto che ti aspetta lì.- aveva replicato lui, con il tono di una cosa ovvia. E senza aggiungere altro, aveva estratto un minuscolo marchingegno dalla tasca e l'aveva acceso, posizionandolo a terra a poca distanza da loro.
L'oggetto s'era illuminato di un sottilissimo fascio rosso, che aveva percorso lentamente il perimetro prima di spegnersi con un -bip!-.
- Niente microspie.- Loki s'era accomodato accanto alla figlia, incrociando le gambe e riponendo quell'oggetto in tasca - non ha pensato di monitorare anche qui.
- Perché? L'ha fatto in altre stanze?
- Ho trovato una cimice in laboratorio, una nella stanza che sta occupando. Una nel salone e una sofisticata microcamera dietro il banco del bar. Tony stava per dare di matto, l'ho trattenuto per un pelo.
- Hai idea di cosa stia succedendo?
- Lo Shield sta andando a puttane, Sara. Ci siamo rimasti più o meno solo noi.
- Che..?!
- C'è molto di più, oltre la faccenda dei vestiti firmati. Hai mai visto questo? - il giovane raccolse il proprio StarkPhone, lo voltò e le mostrò un'immagine.
 
La piovra rossa con il teschio. Hydra.
 
Fece lentamente cenno di sì con la testa.
- Ne ha parlato Steve, ma dovrebbe essere stata sconfitta decenni fa.
- Sono riusciti a.. risorgere. Il Chiaroveggente ne è a capo.
- Ma..?
- Quello era soltanto un'esca, Sara. Una distrazione. L'ipotesi di tuo padre ha avuto ragione dai fatti; il chiaroveggente non prevede nulla, sa tutto soltanto perché è interno allo Shield. E non è solo.
- Mi stai dicendo che Katie..?
- Ha letto molti sogni, in questi ultimi mesi. Direi che.. le avete dato un bel po' da fare. Quasi ogni notte, da quando ti hanno portato avvolta in quel lenzuolo, si alza e viene a farmi compagnia.
-..Scusa?
- I miei trascorsi li conosci.- lui la lasciò annuire - ritornano. Sotto forma di incubi, di solito. Allora mi alzo, e passo il resto della notte sulla poltrona a sdraio che abbiamo in camera, per non svegliarle. Katie ha cominciato a farmi compagnia, sempre più spesso, quasi ogni notte. Le prime volte mi faceva domande a cui sapevo più o meno dare delle risposte. Poi ha cominciato a vedere.. quelle cose. Il mostro a cui tagli la testa e ne ricrescono tre, immagini della guerra, un miliardario tremendamente somigliante a Tony, l'aquila sullo scudo, Steve con l'uniforme sporca di sangue, il tizio con la maschera.. all'inizio erano tutte immagini confuse, per me non avevano alcun senso. E visto che non ho più uno straccio di potere.. ho indagato come farebbe un midgardiano qualunque. Chiedendo in giro. Il meno collaborativo è stato Fury. E sinceramente mi dispiace un po', che sia crepato. Avevo parecchie altre domande, da fargli..
 
Il principe nero appariva assorto, adesso. Fissava un punto sul pavimento e sembrava cercare di collegare i fili dando a tutto un senso logico.
- Da dove comincia tutto questo? - la voce della ragazza sembrò riportarlo a terra dopo un lunghissimo volo.
- Dal giorno in cui hanno iniettato il siero del SuperSoldato nel corpo di Steve. Ma questa storia già la sai. Quello che tuo padre non ti ha ancora raccontato è che il tizio che sospettavate stesse dietro a tutto era solo un fantoccio, e che in queste ultime settimane, mentre eri impegnata qui a tenere la mano al tuo fidanzato..- la vide arricciare le labbra in una smorfia di disappunto, e proseguì aggiungendo un pizzico d'ironia -..il vero chiaroveggente è uscito allo scoperto. E con lui i suoi alleati. Già.- la lasciò aggrottare le sopracciglia - anche lui. Lo Shield è compromesso, Sara. L'Hydra lo sta invadendo come un tumore. Infiltrati, traditori. E' una guerra, e non credo che..
- Anche.. lui?
- Ti ha mentito. Speravo di non dovertelo dire, di sbagliarmi. Era falsa anche la sua ferita.
- Ma.. ma..? - adesso il respiro veniva a mancarle, e si guardava intorno in cerca di qualcosa che smentisse il dio degli inganni.
- Fa strano, detto da me, vero? - lui intuì quel pensiero, e si morse appena le labbra, prima di continuare - la bugia svelata dal principe dei bugiardi. La sua ferita era solo di striscio.
-..Perché l'ho deviato. L'ho colpito e deviato.
Loki rispose facendo cenno di no.
- L'hai colpito, ma l'arma era già in posizione opportuna. Si sarebbe comunque ferito di striscio anche senza il tuo intervento. Così da farti reagire esattamente come hai fatto.- continuò a parlare, mentre lei ripeteva quell'insistente no -..da farti spaventare, da indebolirti al punto giusto. Poi che t'ha detto? Che ti ama, no? Magari solo col pensiero, perché sa che puoi leggerlo. Per darti un'altra prova della sua sincerità.
- No, lui..
- Ti ha già distrutto una volta, Sara. Non lasciarglielo fare di nuovo.- il giovane tese le mani, andando a stringere le sue braccia - è uno di loro.. Skye.
 
Quegli occhi di smeraldo fissi nei suoi le misero addosso un brivido, e d'istinto si portò le mani alle braccia, come a volersi proteggere.
- Sei solo un..- mormorò.
- Sono un tuo amico, lady Sara. Anche se è difficile da credere. Tieni.- lui le raccolse la mano, e vi posò lo StarkPhone - qui ci sono tutte le informazioni che sono riuscito a raccogliere in queste tre settimane. Se non mi credi, almeno guarda, ed ascolta.
Un istante ancora, e poi quelle mani le si staccarono di dosso, andando a raccogliere la bambina.
- Andiamo, principessa.. è l'ora del bagno, che sennò poi chi la sente, mamma..
 
Katie si lasciò sollevare, spostando lo sguardo su di lei e poi rifugiandosi contro il petto del padre.
E' cattivo..
 
E' cattivo.. è cattivo..
La sua testa continuava a ripeterlo, ossessiva, mentre snocciolava dati. Nomi, codici, ipotesi, luoghi. Il frigo che veniva espugnato e depredato di tutte le armi che lo Shield diceva di aver tolto di mezzo. I detenuti che scappavano uccidendo tutte le guardie. Il ghigno beffardo dell'agente John Garrett.
 
L'aveva conosciuto per caso, presentato da suo padre quando ancora non lo sapeva, chi fosse suo padre. E neppure di chiamarsi Sara. L'aveva trovato, a pelle, un insopportabile e sostenuto coglione, lui e le sue storie sulle missioni all'ultimo sangue che aveva sostenuto e -come no- concluso da vincitore.
Aveva intercettato sguardi molto scuri da parte di Melinda, ma non vi aveva fatto caso più di tanto.
Del resto, come prestare fiducia o solo condividere il punto di vista della donna che si scopava l'unico uomo che le fosse mai interessato?
 
Aveva intercettato quegli sguardi e ci aveva letto solo una sottile antipatia. Beh, questo possiamo condividerlo, May.
E aveva taciuto. Nessuna battuta, nessuna domanda. L'agente Garrett era amico di Coulson, condividevano qualche ricordo di avventure sul campo. Ed era stato il supervisore di Ward. Una specie di padre-amico-maestro, una persona altamente importante, data la luce che si accendeva nei suoi occhi anche solo nel parlare di lui.
 
Poi erano successe troppe cose, e non ci aveva più pensato.
 
Lo StarkPhone continuava a snocciolare schede e dati, ed era la volta delle analisi che Jemma le aveva voluto fare una volta tornata al Bus per quell'unica missione di nuovo con il team.
Non aveva voluto sentire ragioni. Adesso tu mi dai un po' del tuo sangue, e fai la brava.
 
Ricordava di aver sbuffato, e concesso quel dono prezioso alla sorellina. Che tanto, dopo mesi di flebo, prelievi e medicamenti che l'avevano rivoltata come un calzino, questa poteva definirsi tranquillamente una passeggiata di salute.
 
L'aveva imparato lì, quanto Jemma potesse essere ossessivamente meticolosa, nel proprio lavoro.
Eccoti qua, gene asgardiano dei miei stivali. Chissà se sei tu, la causa della mia sindrome premestruale..
 
Continuò a scorrere col dito sullo schermo, ed ecco le formule umanamente incomprensibili di Banner. Il suo sangue era stranamente e meravigliosamente affine al principio base del siero che aveva riportato in vita suo padre.
Suo padre. L'uomo a capo dello stesso progetto che gli aveva demolito e ricostruito la memoria imbottendola di bugie.
 
Era meglio me ne fossi rimasta nascosta nel furgone.. e se avessi buttato via tutto.. ma perché diavolo non ho accettato quel lavoro all'Hard Rock Café..?
 
Un sospiro, procedendo nella visione di dati e filmati. Fino a quando la telecamera non aveva inquadrato il vicolo dietro lo stage. Pungendole la base della spina dorsale.
Grant. Le sue spalle appoggiate al muro, l'aria da cane bastonato. Il cellulare fra le dita, il lampeggiare del display come quando c'è un messaggio in arrivo. Il suo sguardo distratto, prima di rimetterlo nella tasca dei pantaloni.
 
Non stava guardando l'ora.
 
Un istante, la pistola puntata alla tempia. Con un'angolatura che non era riuscita a percepire come sospetta.
Era falsa.. la sua ferita era solo di striscio, Sara.
 
La voce di Loki adesso le appariva gelida, cattiva. Eppure, il dio degli inganni era stato l'unico a non averle mentito.
 
La mano tremò appena, nello spegnere quello schermo. Si sollevò sulle gambe, andò ad appoggiarlo dentro un cassetto e poi, meccanica, si diresse verso l'atrio.
Adesso era suo, il turno, per mentire.

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Capitolo 21
*** 21. Cutting The Heads ***


Una lunga passeggiata mano nella mano lungo la Fifth, fra la gente che scivolava loro incontro credendo di avere davanti due fidanzatini felici. Qualche parola scambiata senza pensarci su, chiacchiere superficiali di cui si sarebbe dimenticata dopo una manciata di secondi.
Le dita intrecciate a quelle dita sembravano bruciare.
 
Come solo il ghiaccio riesce a bruciare..
 
- Va tutto ok?
All'improvviso, lo sentì puntarsi oltre il suo fianco e trattenerla.
- Sì..
- Non mentire.
Bella, questa.
- No, tutto ok.
- Sei distratta, è.. c'è qualcosa che non va? Mi sembra di metterti a disagio..
- Ecco, è.. è che non ci sono abituata. -beh, in questo almeno sei sincera, Sara- non ho.. non ho mai avuto un vero.. ragazzo, e..- le dita a far segno di aperte e chiuse virgolette per aria, ottima scusa per svincolarle da quel bruciore - mi sento come la prima volta in cui sono passata di qui.
- A disagio?
- Orribilmente.- riprese a camminargli accanto, spostando lo sguardo verso le vetrine e fingendosi divertita - ero con Nat.- lo vide mordersi appena il labbro inferiore, e lo ignorò - s'era messa in testa che era l'ora di shopping, e ci ha trascinate per vetrine.
- Trascinate?
- Io e Sif. Sembravamo entrambe di un altro pianeta. Nat invece ci sembrava cresciuta. Cosa che non è assolutamente vera. Forse recitava, chissà.
- Beh, perché..?
-..Avrebbe dovuto? Boh, non lo so. Per compiacerci, forse. Per farci sentire a nostro agio in una città enorme e frenetica. Per fare la sorella maggiore. Chissà. Dovrò chiederglielo, cosa si prova, prima o poi.
- Cosa..?
- Cosa si prova a fingere di essere chi non sei.
Gli sollevò lo sguardo addosso, occhi dritti negli occhi. Lo vide deglutire.
- Idea.- davanti ai cancelli di Central Park, fu lei a fermare i passi - il locale che rimane alle spalle della Terrace. Ottimi cocktails e gelati da favola. Te la caverai con pochi dollari.
 
Le labbra del giovane si stirarono in un sorriso, tese la mano, ma lei non la raccolse, avanzando con aria da bambina, e poi voltandosi con il sorriso più grande e falso che riusciva a fare:
- Allora? A chi arriva primo?
 
L'angelo della fontana la osservava dall'alto, silenzioso e serio, e per un istante le sembrò di rivedervi l'immagine di Katie, il suo minuscolo broncio.
E' cattivo..
 
Lo so, piccola. Ma non farà del male né a te, né a me. Non glielo permetterò.
 
Strinse la mano contro il bordo di pietra della fontana. Lo vide avvicinarsi, lui e quell'espressione gentile totalmente di facciata. Ed abbassò lo sguardo sul bicchiere che teneva nell'altra mano.
Quel succo di mirtillo sarebbe stato perfetto, seduta sul bordo di quella fontana nello stesso istante con un altro uomo. Sarebbe andato bene anche il Grant Ward che aveva conosciuto salendo sul Bus.
 
- Tutto ok? - le si sedette accanto, e lei lo lasciò fare, senza però reprimere un brivido che la costrinse a ripristinare le distanze.
- Skye..- lui piegò appena il viso, con un pizzico di rimprovero nella voce.
- Lo so, lo so..- lei sollevò la mano libera, riprendendo la propria recita - livello nove, e sembro ancora una stupida mocciosa.
- Non ho detto questo.
- Ma l'hai pensato. E non dire di no. Dovrei essere più padrona dei miei sentimenti, più.. fredda. Ma qualche volta.. qualche volta non ci riesco proprio. Tu come fai?
- Come faccio cosa..? - lui spostò lo sguardo intorno. Nervoso. Adesso iniziava ad apparire seriamente nervoso.
- Ad essere sempre così sicuro di te.
- Guarda che commetto degli errori anch'io, Skye.
- Accettando di entrare nel team, per esempio?
- Quello non è stato un errore.
- Ah. Tutto calcolato.- lei sollevò lo sguardo contro il suo, costringendolo a spostarlo.
- Skye..
- Sara. Mi chiamo Sara. E tu come ti chiami?
 
Grant tornò a guardarla, ed ora la sua espressione era quasi spaventata.
- Che.. che stai..?
- Sì. Come ti chiami? Perché dubito che Grant Ward sia il nome che ti hanno dato alla nascita. Piuttosto.. un'identità di copertura. Quella per la missione in cui fai finta di essere un agente dello Shield, ti fai amico un team che contiene un elemento strategico e ci pugnali tutti alle spalle.
- Skye, ti prego..
- Cosa farai, con il mio sangue asgardiano? Mi ucciderai per prenderlo tutto, o te ne basterà solo un po'? Che ordini ti ha dato, il tuo amato padre-padrone?
 
Adesso quegli occhi scuri lanciavano fiamme, mentre il tono della voce si manteneva basso, sempre più minaccioso, e gli mandava il cuore diretto in gola.
- Non sono un traditore, Skye..
- E cosa sei? Chi sei?
- Non conosci tutta la storia.. se solo tu sapessi..
- Ne so abbastanza da ritenerti un nemico. E no, non avrai quello che vuoi senza uccidermi.
Si sollevò dal bordo della fontana, stracciando il bicchiere di plastica e accennando ad allontanarsi.
 
Quella mano, stretta attorno al polso, a bloccarla.
Le labbra si stirarono in un sorriso. Me l'aspettavo.
- Skye..- lui adesso era in piedi davanti a lei, alto e nero. Il nemico.
- Me ne vado. E non basterà questo..- lei sollevò appena quel braccio ancora allacciato alla sua mano -..per fermarmi.
- Smettila.
- Heil Hydra..- si sporse in avanti, raggiungendogli la spalla e sibilandogli leggera contro l'orecchio.
- Mi dispiace..- mormorò lui, impercettibile, avvicinandosi quanto bastava per avere il corpo a contatto con quello della ragazza, lasciandole percepire forte e chiaro il battito del suo cuore, insieme al pungere di una lama contro il fianco sinistro.
- Non quanto dispiace a me..- replicò lei, in un sospiro. Nei suoi occhi, lo stesso sguardo della Vedova Nera.
 
Ward non se ne accorse nemmeno. Un colpo dal basso verso l'alto, il coltello che sfilava via dalla sua mano per arrivare al volo fra le dita di Sara. Distrazione. Voltargli le spalle. Il tempo di un batter di ciglia, e le sue dita avevano voltato la lama, prendendo vantaggio. E affondandola appena sotto lo sterno del nemico.
Poi lo estrasse, forzando le lamelle. A dare il maggiore dei dolori possibili.
L'uomo alle sue spalle boccheggiava, entrambe le mani pressate sulla ferita che buttava sangue.
Sangue vero.
 
Sara sollevò lo sguardo verso il ronzio della telecamera che, dall'alto di un lampione, sorvegliava la fontana.
E adesso vieni a prendermi.
 
Solo un altro istante, prima che la lama ne trafiggesse l'obiettivo, lasciando Garrett di fronte ad uno schermo nero.

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Capitolo 22
*** 22. What Have I Done ***


Come si aspettava, in una manciata di secondi fu circondata da uomini in nero.
 
Ah! E così la piccola principessa sa anche fare la cattiva!
La voce di Garrett non nascondeva tutto il suo sarcasmo, arrivandole alle spalle e costringendola a voltarsi con una leggerissima smorfia.
- Ci sono molte cose, che devi ancora imparare, su di me.
- Piccola lady asgardiana dal sangue miracoloso.. saresti perfetta, a guidare i miei soldati, sai? - quello le si avvicinò arrivando a fronteggiarla.
- Scordatelo.- lei lo allontanò, tendendo le mani.
- Fa la difficile..! - quello arretrò di una manciata di passi, estraendo un coltello dalla tasca dei pantaloni - beh, mettiamola così. Un po' di sangue, e poi sarai libera di tornare in cielo.
 
Braccia che la stringevano, a tradimento, alle spalle. Il calore del sangue fresco contro la schiena.
- Lasciami.- diede uno scossone, senza successo.
- Skye..- la voce soffocata di Ward le risuonò contro la nuca.
- Ho detto lasciami, bastardo! - al suo secondo tentativo di ribellione, quello rispose usando tutta l'energia che gli era rimasta per forzarla a terra e legarle le mani dietro la schiena, prima di tirarla su con uno strattone ed esporle il collo.
- Stà ferma, e ti farà meno male.- Garrett attese di averla in ginocchio e ben posizionata, e con un ghigno tornò ad avvicinarsi, giocherellando con la lama che teneva fra le dita.
 
La pistola, Skye.
 
Una voce, dritta in testa. Scura, decisa.
 
Prendi la mia pistola.
 
Mosse appena la spalla, e sentì il polso che scivolava via dal laccio con una discreta facilità.
Garrett era dannatamente vicino.
 
La pistola, Skye!
 
Voltò lo sguardo, incontrando quello scuro del traditore, il suo respiro rotto. Il sangue che scivolava via dalle sue labbra appena socchiuse.
Le dita della sinistra a far sua la pistola. Le dita della destra sul grilletto. Uno, due colpi al petto. Uno alla fronte, e Garrett cadde sul selciato con un tonfo sordo.
 
Sara mantenne la mira, approfittando dell'attimo di confusione fra gli uomini in nero. Poi puntò la canna verso Ward, ma quello era scivolato giù, accasciandosi a terra.
La pozza di sangue si stava decisamente allargando, accanto al suo corpo.
 
Tese di nuovo l'arma verso gli uomini dell'Hydra, sibilando:
- Adesso ci sono io, al comando.
 
- La parola d'ordine.- fece Fitz, agitando la mano di fronte a sé - la parola d'ordine!
Qualcuno spalancò con un colpo secco il portellone, e gli uomini che occupavano il furgone pressando lui e Jemma sul pannello di trasmissione scesero lasciandogli spazio e respiro.
- Oh.. non ce la facevo più..- si voltò verso Jemma, che non sembrava reagire, mani sulla tastiera e occhi incollati allo schermo.
- Non si muove..- mormorò lei, di rimando, in un soffio - non si muove più.. lei l'ha..
- Abbiamo sconfitto l'Hydra, Jemma.- replicò lui, con tono orgoglioso, osservando il movimento convulso dei buoni contro i cattivi nello schermo - Skye ha tagliato la sua testa.
- No.. lei..
- Garrett è andato. Abbiamo vinto noi.
- Ha ucciso Ward..
Adesso la voce di Jemma suonava come un cristallo mandato in frantumi. Leo osservò meglio il secondo monitor, e le parole gli morirono in gola.
 
Questo è mio.
 
Non sembrava più nemmeno la sua, la voce che aveva pronunciato quelle parole.
Aveva accolto quella decina di alleati con un grido, li aveva lasciati sparare e rispondere al fuoco nemico.
- Non fate prigionieri!!
E adesso che il rumore era finito, i passi di Natasha sembravano rimbombare a tempo col cuore nel suo petto.
 
L'aveva fatto. L'aveva fatto davvero.
 
Natasha le arrivò accanto, le sfilò lentamente la pistola dalle dita, prima di chinarsi sul corpo del traditore che ancora respirava in agonia. Poi il -clic- della sicura, e puntò la canna alla sua fronte.
- Questo è mio.- mormorò la donna dietro di lei.
- Sara..
- Non ti sto dando un ordine, Nat. Lo sai benissimo, che non posso. Guardami. Su, guardami - la lasciò voltarsi, e rimanere ad osservarla da sotto in su - alla Stark Tower.
- E' un traditore. Niente prigionieri.
- Che ha fatto Clint quando a terra c'eri tu..?
Natasha tornò a guardare quel respiro che si faceva sempre più rarefatto, mordendosi appena le labbra.
- Alla Tower.- si sollevò, di scatto - qui! Aiutatemi!
- Grazie.- la mano della collega, a trattenerle il braccio, mentre gli uomini caricavano il corpo del nemico sul quinjet arrivato al suo segnale.
- Ricorda. Ogni cosa succederà, d'ora in poi, sarà sotto la tua responsabilità.
 
Sara annuì, leggera, senza perdere il contatto dei suoi occhi di ghiaccio. Un altro cenno, ed erano entrambe lontane da lì.

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Capitolo 23
*** 23. Awake And Breathing ***


I broke my rules
But you played me fool
Thought I was so cool
Silly me so stupid
How could you be so cruel?
Turned me into be a liar
Things I said I’d never do
 
But now my love it’s turned to hate
And I won’t spend another day with you inside my head
I know that we all make mistakes
‘Cause you’re the biggest prize I paid,
And now, I’m paying off that debt..
 
Go on, send you back in
So long you must like it
We’re so out of reasons,
Thank you for leaving!
My heart’s been released
You have been evicted,
Your arms have been cleaned
So thank you, and thanks for leaving
 
Sembrava che Tony glielo stesse facendo apposta, a lasciar diffondere nel sistema audio della Tower quella canzone. Un sospiro, pesante, percorrendo quel corridoio a passi veloci.
L'aveva fatto. E adesso avrebbe dovuto rendere conto delle proprie azioni all'unica persona rimasta al comando fra le briciole dello Shield.
 
Suo padre.
 
Sembrava aspettarla, braccia incrociate e labbra piegate all'ingiù, nella sala che di solito i Vendicatori usavano per le indagini e l'elaborazione delle loro strategie.
Non una parola, non un accenno a sorriso o saluto. Fra loro, il tavolo olografico di Tony Stark.
 
- Io..- avanzò, provando a spezzare le distanze.
- Non parlare. Non ti giustificare.
- Ma..
Phil sollevò l'indice, mantenendo quell'aria severa. Forse, la stessa che aveva prima di essere scosso dalla morte e cambiare diventando l'uomo che aveva imparato a conoscere sul Bus.
- Non esistono giustificazioni, per te, agente Coulson.
 
E non l'aveva chiamata né Sara, né Skye.
 
- Chiedo scusa. Forse non sarò mai in grado di essere un agente dello Shield.- abbassò il viso, umiliata - non riuscirò mai a reprimere quello che sento. Che sia rabbia o..
- Nessuno ti chiede di essere una macchina.. Sara.- replicò quello, addolcendo appena la voce, ed appoggiando entrambe le mani sul tavolo - ma l'ufficiale in comando non può permettersi di trattenere un nemico presso l'unica struttura sicura che abbiamo.
- Che..?
- Sei l'ufficiale di grado più alto che ci è rimasto, Sara. E non dovevi portarlo qui.
La ragazza puntò l'indice, aggrottando le sopracciglia.
- No. Non sono l'ufficiale di grado più alto, e questo lo sai meglio di me.
- Romanoff ha eseguito le tue richieste, e trasportato il traditore alla sala operatoria che si trova al piano sotto il nostro. Non può stare qui.
- E' un prigioniero. Non un ospite. Lucas ha già predisposto un sistema di controllo che gli impedisca di..
- Buono, quello. Un bugiardo per tenere sotto controllo il suo gemello.
- Non te lo ricordi proprio più, chi diavolo eri prima che il bugiardo ti trafiggesse con una lancia?
- Non ero perfetto, ma neppure come quei due.
- Uno ti ha fatto un favore e mi ha salvato il culo.
- L'altro ha lasciato che ti uccidessero e poi ci ha riprovato.
- Papà..- lei scosse appena la testa, spostando lo sguardo altrove.
- Già. Siamo ridicoli.- lui appoggiò i gomiti sul tavolo, sporgendosi appena in avanti, sopra grafici colorati che mappavano i resti dello Shield sparsi per il pianeta - è andato tutto in polvere. Tutto. Quello in cui credevamo, di cui ci siamo fidati. La nostra vita. Siamo anche morti..- gli scappò un sorriso, ironico -..e adesso che non c'è davvero più nulla stiamo qui a perdere tempo con una stupida lite di famiglia.
- Ho fatto prigioniero un traditore.- lei si appoggiò allo stesso modo, arrivandogli viso a viso -..il traditore che mi ha permesso di uccidere il Chiaroveggente.
Coulson si allontanò appena, aggrottando le sopracciglia.
- Già. Mi ha legato tenendo larghi i lacci. Mi ha detto di usare la sua pistola. Con il pensiero. Per non farsi sentire da lui. Non gli ha neppure detto chi sono.
- Garrett lo sapeva, chi sei.
E sentiamo.- fece lei, con un cenno delle mani.
- Asgardiana mezzosangue. Mia figlia. Con un dono tale da garantire la guarigione e la sopravvivenza dei suoi soldati in caso di ferimenti o il loro.. ritorno in caso di morte. Era tutto nei rapporti, lui aveva tranquillamente accesso a tutto.
- Garrett sapeva chi ero, non chi sono. Poteva diglierlo soltanto lui. E se dovesse risvegliarsi, non gli darò pace finche non mi dirà la verità. Siamo in mezzo a segreti e bugie da sempre, chi mi dice che lo sia davvero, un traditore? Che sappiamo, su di lui?
- Su Garrett? Agente sopra le righe, ma mai sospettato di..
- Ward. Chi diavolo è Grant Ward? Esisteva, prima dello Shield? E chi era? Che rapporto c'è stato, davvero, fra quei due? Lo venerava, come se gli dovesse di più, di una decina d'anni di addestramento. Nat è un'ottima coach e quasi una sorella, ma non la guarderei mai come Ward guardava quel bastardo. A parte il fatto che lei mi ucciderebbe.
- Che vuoi che faccia?
- Sguinzagliare chi ancora ti rimane. Pochi e buoni, mi raccomando. Voglio tutta la vita di Ward, qui e il prima possibile.
- Beh. Penso che a Fitz basterà mezz'ora.
 
La sala operatoria era vuota, adesso. E tutto il quarantatreesimo piano immerso in un silenzio che sapeva d'irreale. Qualcuno si stava occupando di monitorare lo stato dei pochi agenti Shield di cui risultava attivo un segnale GPS, censirli e provare a riallacciare le comunicazioni. Loki stirava le labbra in un sorriso che a Steve appariva vagamente sarcastico, mentre lasciava che gli medicasse le ferite dell'ultima battaglia e si sorbiva la manfrina del certo, che sei davvero malconcio! per l'ennesima volta. Fitz smanettava con uno dei computer di Stark e sembrava addirittura emozionato, di fronte a tanta roba. Jemma scuoteva la testa e lo aiutava nelle ricerche. In fondo al corridoio, immerso dall'ombra, il corpo del traditore riposava opportunamente monitorato da uno dei bracciali elettronici di Stark. Sia mai che si svegli e faccia degli scherzi. Heil Hydra!
 
- Cretino..- Banner cercava di togliersi la smorfia del padrone di casa dal confine con la punta del proprio naso, concordando comunque sul controllo anche se non con la procedura.
- Come sarebbe a dire che se esce dal perimetro lo spegni?
- Se esce dal perimetro lo spengo.- Tony replicò con un'alzata di spalle - non è mica un'ospite.
- Sì, ok, ma non puoi fermargli il cuore se prova ad uscire dalla sua stanza!
- MaPiantala. Non lo ammazzo mica! E comunque, è un prigioniero, non un ospite.
Uno sguardo verso il profilo di Loki, arrivato in quell'istante con il kit per le medicazioni.
- Strano. A me ha detto il contrario.- fece quello, arricciando le labbra e riponendo tutto nell'armadietto più vicino - e il braccialetto non me l'ha fatto nemmeno vedere.
- Mi eri molto più simpatico.
- Ero ridotto peggio, Stark.
- Beh, quanto a sensi di colpa, non me la sento di darti ragione.
 
Nat li fissava, dalla propria postazione nell'angolo del divano, fingendosi immersa nella lettura dei dati ricavati da Fitz e lanciando ogni tanto un'occhiata verso la terrazza.
 
Tutto ok?
La sua voce raggiunse calda e leggera il profilo di Sara, a ridosso della ringhiera.
- Per niente.- fu la risposta, opaca.
- E' di tua responsabilità, ricordatelo.
- Già.- quella annuì, voltandosi e sedendosi sul bordo della terrazza, piegando le ginocchia e circondandole con le braccia - mi dispiace.
- Scusa? - Nat aggrottò le sopracciglia, affiancandola e sedendosi allo stesso modo.
- Mi dispiace, di averti messo di mezzo. Considerato che attualmente sei tu, il capo dello Shield.
Fa niente.- replicò Nat, con un cenno della mano.
- Secondo te che rapporto c'è, fra quei due?
-..Chi?
- Garrett. E Ward. Non credo siano stati solo coach e allievo. Lui.. ha voluto che a sparare fossi io. Ferita a parte, non credo sarebbe mai riuscito a farlo da solo. Sembrava.. come condizionato, succube. Dimmi che non succederà lo stesso fra me e te.
- Impossibile, baby.- la Vedova Nera sorrise, leggera, raccogliendo la manciata di fogli che aveva appoggiato accanto a sé e porgendogliela - io non sono la tua mammina.
- Garrett è..?
- No. Ma qualcosa che ci va molto vicino.
 
Adesso non era più nemmeno il pozzo. Non c'erano le grida del suo fratello più piccolo. Era la sua, la voce che chiedeva aiuto. La terra, scura, fra le dita. Il sangue sulle ginocchia, i lividi sulla pelle. Un dolore insopportabile.
 
Corri. Corri più veloce che puoi, Grant..
 
Tutto bene, ragazzo?
 
L'uomo lo sovrastava, schermandogli la luce del sole. Aveva sollevato entrambe le braccia, per difendersi.
Per favore, basta picchiarmi.. basta.. non ce la faccio più..
 
Tuo padre non c'è, ragazzo. Non c'è più. Era con tuo fratello, oltre la finestra di casa. Con tuo fratello e la cocaina. Li hai uccisi, ricordi? La macchina. Hai preso il pick-up e l'hai lanciato contro la parete. Eccolo lì, nell'angolo, il corpo di tuo fratello.
 
Mio.. mio padre..
 
A lui ho pensato io, ragazzo. Ho fatto quello che non sei riuscito a fare tu. Non l'ha neanche visto arrivare, il proiettile. Non ti faranno del male. Mai più. Ora mi prenderò cura io, di te. Non sarai solo. Ti insegnerò a difenderti, ti renderò forte. Devi solo dirmi di sì.
 
Sì, signore..
 
Un pugno, un altro. Una grandine di calci, a mandarlo al tappeto sputando sangue. Non si sarebbe arreso, mai.
Forte. Devi diventare forte, Grant. Non permettere a nessuno di varcare quella barriera..
 
Fa male.. fa un male terribile.. non voglio.. non lei.. non uccidere proprio lei.. posso farcela. Posso infiltrarmi in quella squadra, posso avere il suo sangue senza farle del male. Perché devo farle del male..? Io.. io la amo..
 
Io ti amo.. Skye..
 
Il silenzio fu rotto da un rumore, improvviso. Il rumore che fa un corpo rimasto a lungo in apnea. Un respiro, lungo e strozzato. Annaspare. Il dolore che lo invadeva, orribile e fortissimo.
 
Il bracciale che Stark aveva dato a Jemma iniziò a lampeggiare.
 

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Capitolo 24
*** 24. Just Her Name ***


Skye..
Quella voce, impercettibile e strozzata, riusciva a ripetere solo una parola.
 
Skye..
 
- Ehi..- la figura sottile e leggera di Jemma fece capolino nel suo spazio visivo, costringendolo ad un mugolio - mi dispiace, lei.. non sono Skye.
Un altro lamento, più lungo e forte. Dolore.
Il dolore si stava impossessando di lui, inchiodandogli il corpo a quel letto e togliendogli il respiro.
- Ok..- la ragazza si affrettò a raggiungere un cassetto, estrasse una siringa ed andò a trafficare con delle bottigliette - ecco qui. Quello che ti serve.
 
Un altro lamento, disperato, mentre tutti i muscoli s'irrigidivano.
Sono un traditore. Un traditore. E lei ha..- gli occhi seguivano i movimenti di Jemma, che leggera e tranquilla aveva infilato l'ago nella bottiglietta aspirandone il contenuto, prima di avvicinarsi con la siringa armata - no, Simmons.. ti prego.. ti prego, no..
- Non ti farò del male.- adesso la ragazza era praticamente su di lui, e rivolgeva l'ago verso il suo braccio, totalmente indifeso.
Uno strattone, improvviso, e la siringa quasi sfuggì alle sue dita.
- No! No.. stai buono.. non ho intenzione di farti del male. Cioè sì, te lo meriteresti. Tanto, tanto male. Ma credo tu lo stia già provando, quindi..- un'occhiata alla siringa, contemporanea a quella disperata del giovane - oh, questo. E' morfina. Parola di scout.- mano sul cuore, per un istante Jemma si sentì infinitamente ridicola. Uh, al diavolo. Lo Shield non esiste più. Il tuo addestramento non ha più senso. Nulla, ha più senso. Chissenefrega, se sembri ridicola, Jemma..- MOR.FI.NA. Fidati di me.- quel braccio si distese di nuovo, anche se quello sguardo continuava ad essere terrorizzato, rivolto ai suoi movimenti - ecco. Meglio, adesso?
Il liquido trasparente era scivolato giù, verso i tubicini che gli legavano il braccio. Aveva leggermente bruciato, sotto la pelle. Poi, soltanto torpore.
- Ti puoi fidare, di me. Non sono una vigliacca traditrice, io.- quella voltò le spalle, mettendo in evidenza le ultime parole - e sì, ti odio. Ti stiamo odiando tutti, qui dentro. A parte Fitz. Chissà perché.- tornò fronte a lui, roteando gli occhi e riprendendo a trafficare con le boccette dei medicinali - io ti odio. E anche lei ti odia. Ha fatto bene, a darti quella coltellata. Te la meriti. Perché te la meriti, vero? - una smorfia le arricciò le labbra, interrompendo il suo movimento - lo sei, cattivo, no?
 
Nessuna risposta, e si appoggiò alla sedia di plastica, con un sospiro.
- Dimmi che non è vero, che non lo sei davvero, un traditore.. che è stato tutto un orribile sbaglio.. Fitz dice che devono averti impiantato uno di quei chip.. uno di quelli per controllarti, per farti fare quello che vogliono oppure ti uccidono.. come hanno fatto con Mike.. dimmi che riusciremo a tirarvi fuori.. tutti e due..
 
La voce della ragazza gli arrivava ovattata, la sua immagine era ormai completamente fuori fuoco. Il respiro tornava a farsi regolare, i muscoli rilassati. Nessun dolore.
Skye..
 
Il sole iniziava a far capolino, rompendo il grigio cupo della notte. Il parco era ancora immerso nel silenzio, rotto soltanto da qualche timido cinguettio. L'angelo della fontana sembrava sorriderle, gentile.
E' ora di tornare a casa, Skye.
Un sospiro, prima di decidersi a lasciare il bordo della fontana. L'immagine di un uomo che le arrivava incontro, tuta da ginnastica e passo da corsa leggera. Per un istante, un solo istante, sperò che fosse lui.
Lui, in una giornata normale di una vita banalissima e normale. Lui che l'avrebbe rimproverata per aver fatto le ore piccole dandosi per dispersa, prima di sorridere e rallentare il passo, affiancandosi fino al ritorno sulla via di casa.
 
Se solo potessimo averla, una vita normale.. invece io sono un'aliena e tu un bastardo traditore..
 
Cut me down
But it's you who'll have further to fall
Ghost town and haunted love
Raise your voice, sticks and stones may break my bones
I'm talking loud not saying much
 
I'm bulletproof, nothing to lose
Fire away, fire away
Ricochet, you take your aim
Fire away, fire away
You shoot me down but I won't fall
I am titanium..
 
La musica in lontananza, forse da un'auto, forse dalla vetrina di qualche bar. L'alba sempre più chiara, i colori di New York sempre più nitidi.
Un passo dietro l'altro, a ritroso lungo la Fifth. Che farai, adesso, Skye?
 
La porta a vetri della hall scorreva di fronte al suo profilo, ed ecco un trillo nella tasca dei jeans. Raccolse lo Starkphone, lesse quel messaggio a sopracciglia aggrottate.
Dove sei? S'è svegliato, non dice nulla oltre al tuo nome. Ho bisogno di una mano.
 
Le dita sulla tastiera dell'ascensore, a chiamare il trentasettesimo piano prima di rispondere sto arrivando.
 
- Agente Sara, il resto del team la sta aspettando nel salone.
La voce metallica di Jarvis l'accolse nel corridoio.
- Buon giorno anche a te, Jarvis.. sai di quale casino sono colpevole, oggi?
- Nessuno che io sappia. Il prigioniero è sveglio e cosciente. Almeno in parte. La dottoressa Simmons l'ha cercata più volte.
- Beh, adesso sono qui. Da chi, per primo?
- Sala briefing. Ordine del giorno, interrogatorio del prigioniero. Sono presenti tutti, o quasi.
Un sospiro, prima di avviarsi verso l'ultima porta sulla destra.
 
Sullo schermo olografico campeggiava, gigantesca e minacciosa, la piovra simbolo dell'Hydra.
Il mostro rosso che le aveva divorato il cuore.
Strinse appena le labbra, salutando con un cenno ed affiancandosi a Steve:
- Che abbiamo?
- Il tuo uomo s'è svegliato.- replicò suo padre, con voce leggermente acida, indicando la telecamera che ne riprendeva la stanza - Simmons lo tiene sotto morfina, come ordinato dal medico.- altra spruzzata di acido. Ma che hai, esagerato col limone nel thè, stamattina?
- Ci tengo a ricordarti che l'hai voluto tu, sul bus.- replicò, incrociando le braccia e mettendo su un'espressione da far invidia a May. Proprio a quella, oltre le spalle di suo padre, scappò un'impercettibile risatina - comunque.. chi s'incarica dell'interrogatorio?
- Beh..- Jemma si fece avanti, torcendo un po' le dita fra loro - a dire il vero.. non parla con nessuno, né con le buone, né con le cattive.- spostò lo sguardo verso Fitz, che lo abbassò grattandosi la testa - ci ha provato lui, facendo l'amico. Ci ha provato tuo padre con le minacce pesanti. Continua a ripetere il tuo nome.
- Tutto qui?
- Tutto qui. Devi parlarci tu..
Sara fece appena cenno di no con la testa.
- L'hai portato tu, qui.- intervenne Thor - so che avete dei trascorsi, forse lui.. forse lui vuole parlare con te, piuttosto che..- un altro cenno di no, ed il suo tono si fece quasi implorante - l'alternativa è l'idea di Stark, ma..
- Sì, dai! - dall'altra parte del tavolo, quello strinse le mani con aria entusiasta - un po' di botte dall'Hulk, e diventerà morbido e molto, molto ragionevole.
Banner scosse la testa, mettendo su una smorfia di disappunto. Loki emise un sospiro, guardando in su.
- Dai! Con te ha funzionato! - Tony sollevò appena le mani, preso dall'enfasi - sei diventato un così bravo ragazzo!
- Ssì. Va bé.- bofonchiò quello, incrociando le braccia, spostando lo sguardo verso Sara.
- Sentite, ragazzi: basta. Fatene quel che volete, l'importante è che vi diate una mossa..- intervenne Steve, con tono quasi cattivo -..e quel tizio sia fuori di qui il prima possibile. In galera, vivo o morto, non importa. Deve andarsene, da qui.
Lo fissarono tutti con fare incredulo. Impossibile, che proprio lui, l'eroe americano, parlasse in quel modo e con quel tono.
- Oh, niente, ragazzi.- Tony fece un cenno come a dire tranquilli! - è solo un po' incazzato perché lui non ce l'ha potuto portare, qui, il suo amichetto cattivo.
- Stark.- ringhiò di rimando Cap.
- Va bé..- Nat piegò appena le labbra - se è questo, che ti serve, posso andare a prenderlo io, il tuo amichetto cattivo. Va bene anche con la gola tagliata?
- Non parlarne in quel modo.- Steve le puntò l'indice contro, minaccioso - non osare neppure.
- Oh, poverino..- lei replicò appoggiando le dita sotto il mento, acida - lo stimo tantissimo anch'io, lo stronzo capellone che ha cercato di ammazzarmi due volte.. è quasi più puccioso di Loki.
- Bella, questa. Dammi un cinque, lady.- Tony tese la mano nella sua direzione, ma fu allegramente ignorato.
- Non ti permett..!
- Piantatela, Basta! Time out! - Loki fu costretto ad alzare la voce, facendo cenno come a chiamare una pausa di gioco - non è il momento di fare i bambini.- un altro sguardo in su, al vociare che invece di diminuire aumentava - piantatela, stupidi umani! Che vi serve, per mettervi d'accordo? Devo farlo fuori di nuovo?
Uno sguardaccio da Coulson, di fronte alla mano che lo puntava.
- Ok, ok..- Sara emise un sospiro, pesantissimo - ci vado io.. basta che la piantiate, di gridarvi addosso.. mi state facendo scoppiare la testa..
Non attese risposte, e si avviò verso la penombra del corridoio.

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Capitolo 25
*** 25 The Only Real Thing ***


Silenzio. Rotto soltanto dal -bip!- continuo e monotono della macchina accanto a quel letto.
 
Il battito del cuore del suo nemico.
 
Sara raccolse il respiro, esitando a lungo coi palmi stesi sul vetro che la separava da quella stanza.
Poi uno scatto, senza pensarci più. Ed era dentro.
 
La luce azzurrognola lo illuminava a malapena. Il suo profilo scuro, leggermente inasprito da quel filo di barba. Le spalle nude, abbandonate fra i cuscini. Le braccia legate da un fitto reticolo di tubi e tubicini.
Flebo, soluzione salina, antidolorifico.. avanzò una manciata di passi, osservando e quasi contandoli, con addosso uno spiacevole senso di deja-vu.
 
Non una parola, solo il rumore degli stivaletti sul pavimento. Il viso del nemico che si voltava verso di lei, il suo sguardo scuro ad indagarle negli occhi.
Ti aspettavo.. Skye.
 
- Avresti fatto meglio a parlare con l'altro Coulson.- replicò a quel pensiero, leggera ed aspra - quello che forse ti odia di meno.
Io non lo sapevo..- fu la risposta di quelle labbra appena socchiuse.
 
Aggrottò le sopracciglia. Quella risposta non aveva alcun senso, si disse, piegando appena il viso.
Grant prese un respiro, lento e profondo. Chiuse gli occhi per un lunghissimo istante e poi tornò a parlarle, di nuovo soltanto col pensiero.
 
Non sono uno di loro, Skye..
 
- E allora chi diavolo sei? - lei strinse i pugni, avanzando fino al bordo del letto - perché hai lasciato che mi sparassero, per poi fingere rimorso e.. e provarci di nuovo con le tue mani?
- Non sono..- replicò quella voce, ridotta ad un filo.
- CHI sei? Che vuoi da me? Il mio sangue, no? O cosa..?
 
Irritata. Adesso era irritata da morire. E ferita.
- Bugie. Sei riuscito a sommergermi di bugie. A Sommergerci tutti, di bugie. A fare del male a tutti quelli che si fidavano di te. Ti consideravamo un amico. Fitz un fratello.. e io.. e io ti amavo.. e invece adesso.. adesso vorrei solo-
La mia morte..? - replicò quella voce, scura, di nuovo ridotta ad un pensiero e rotta in mille pezzi.
 
- Voglio sapere PERCHE'.- ringhiò lei, tendendo le dita a stringere la sponda del letto fino a farsi sbiancare le nocche.
Il tuo sangue serviva a Garrett per.. per la rigenerazione dei soldati perfetti.. per.. per l'esercito che l'Hydra prepara da quando ha iniziato ad infiltrarsi nello Shield.. eri solo un mito, all'inizio.. la figlia dell'asgardiana che legge i pensieri.. sono stati loro ad uccidere tua madre, loro a perseguitarla.. nessuno sapeva che..
 
-..Che mio padre era Phil?
 
Lui.. il siero che hanno usato.. lui era considerato uno dei Vendicatori.. quando mi hanno mandato..
 
- Tu lo sapevi, chi m'ha sparato. L'hai sempre saputo.
Adesso la voce le tremava, mentre cresceva il rancore.
 
Garrett.. la mia missione era quella di portargli un campione del tuo sangue.. non di ucciderti.. e allora lui..
-..Ha chiamato qualcun altro, a premere il grilletto. E visto che anche quello ha fallito, ti ha ordinato di portarmi da lui, che ci avrebbe pensato di persona.
Un impercettibile annuire, mentre la presa delle sue dita sul metallo si faceva più debole.
Non volevo.. io non volevo, Skye.. ho cercato di prendere tempo in tutti i modi.. mi.. mi dispiace..
 
- Ma alla fine l'hai fatto. Hai fatto tutto quello che voleva lui. E poi gli hai voltato le spalle, ma sei stato troppo vigliacco per ucciderlo da solo.- lo vide chiudere gli occhi, e per un attimo fremette. Aveva colpito nel segno. -..sbaglio?
Non.. non potevo ucciderlo, Skye.. lui.. lui mi ha liberato dalla mia famiglia, da quella vita.. ero solo un ragazzino e..
 
- Come un padre, più di un padre.- lei si morse le labbra, sporgendosi appena oltre le sbarre che orlavano il letto -..ma l'hai comunque tradito, alla fine. Non gliel'hai detto. Eppure eri l'unico, a sapere della Stark Tower, a sapere che ora sono un agente, a conoscere il mio livello. E a lui non hai detto tutto. Perché? Mi avevi lì, fra le mani. Se eri davvero così in debito, così.. fedele, potevi uccidere me, invece che lui. Non l'hai fatto. PERCHE'?
 
Io.. io ti amo, Skye..
 
- Bugiardo. Sei un bugiardo.- lei lasciò andare la sbarra di scatto, sollevando le dita tese ed indietreggiando di una manciata di passi.
Ho mentito.. ho mentito su tante cose.. troppe.. ma questa è stata l'unica cosa vera..
-..In tutta la mia vita..- quella voce si fece reale, chiudendosi in un sospiro. Lento, profondo, come avesse cercato ossigeno con quelle parole.
 
Sara abbassò lo sguardo. Un solo istante, poi tese le dita a raccogliere qualcosa, oltre le proprie spalle. E quando quel qualcosa andò a chiudergli il polso, Il respiro di Grant si fece tranquillo e regolare.
 
Un bracciale elettronico. Come quello che le avevano messo, tanto tempo fa. Quello destinato ai traditori.
 
Nessuno l'avrebbe ucciso. Neppure lei.
 

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Capitolo 26
*** 26. Alone ***


Devi solo capire chi sei. Chi sei senza Garrett, chi sei.. senza di loro. Senza di lei. Non importa quanto ti terranno qui dentro, che ti faranno, o dove ti porteranno. Forse ti tortureranno, distruggeranno il tuo corpo a calci e pugni. O forse ti libereranno.. prima o poi. Ti lasceranno sulla strada, ti diranno che puoi andartene dove ti pare. Comunque.. non sarà mai più come prima.
 
Seduto sul bordo di quel letto, le mani appoggiate accanto ai propri fianchi, continuava a percorrere il perimetro con lo sguardo e tutto gli sembrava così tremendamente familiare.
Solo. Ancora una volta. Come in quella che aveva considerato per anni una famiglia, oltre le tracce delle botte di suo fratello e di suo padre. Come nel bosco, abbandonato dall'uomo che l'aveva usato fino a farlo a pezzi con la scusa di renderlo migliore.
 
Migliore. L'unica cosa che era certo di non essere.
 
Il braccialetto continuava a lampeggiare di quella leggera luce verde.
- Se esci dal perimetro assegnato, la luce diventerà rossa - gli aveva detto Stark, incrociando le braccia con un ghigno di fine ironia - ed il bracciale emanerà una scarica elettrica capace di mandarti in collasso. Prova a fare il furbo, e il cuore non ti servirà più per un bel po'.
 
Già. Come se mi servisse ancora..
 
Un sospiro, lento e profondo. Oltre il vetro, movimenti indifferenti a quel suo sentirsi tanto male.
Solo. Ecco, cos'era.
 
Se lavori per l'Hydra all'interno dello Shield non ti puoi affezionare, non puoi stringere legami. Combatti questa tua debolezza.
La voce scura di Garrett continuava a torturarlo. E se chiudeva gli occhi, non rimaneva altro che l'immagine di Skye fra le sue braccia e tutto quel sangue fra le dita.
 
Non aveva mai avuto tanta paura. Non s'era mai sentito tanto piccolo, tanto fragile come in quell'istante, spalle a quell'auto in quel parcheggio.
Non era mai stato male come al risveglio nella propria cuccetta sul bus, scorrendo le dita sulla porta e sperando di trovarla ancora una volta lì, a ridere. Ed incontrando invece solo un'immagine su uno schermo e Jemma che piangeva.
 
Solo. E il cuore che saliva in gola e ricadeva giù, come a precipitare nel vuoto.
 
Lo sapeva. L'aveva sempre saputo, il nome dell'uomo che aveva premuto il grilletto. Non gliel'aveva detto, come non aveva detto a Garrett chi era stato a salvarla, o cos'era diventata.
Perché? Per proteggerla? Lei non ha bisogno di essere protetta da te, Grant.. non ha bisogno di te.. sei tu, che hai bisogno di lei come dell'aria per respirare..
 
Spostò lo sguardo sul lato opposto a quello da cui provenivano i rumori.
 
- Che sta pensando? Riesci a sentirlo? - polsi puntati sulla console di controllo, Tony si voltò verso la ragazza che lo affiancava e credette di vederla impallidire.
- Sta..- lei boccheggiò per un istante - sta ricordando il suo passato.. era.. era un ragazzino, Garrett gli ha fatto credere di salvarlo e ha chiesto in cambio.. gli ha chiesto me. La sua missione era infiltrarsi nella nostra squadra, conquistarsi la nostra fiducia e portarmi da lui. Viva o morta, a Garrett importava solo del sangue asgardiano.- spostò lo sguardo su di lui per un istante, per poi tornare verso lo schermo su cui era proiettata l'immagine di quella stanza - ma..
- Ma Ward ha preso tempo. E il suo papino ha perso la pazienza. Piano B.
- Non è stato Garrett, a sparare.- gli occhi della ragazza adesso si spostavano verso l'altro schermo, quello che inquadrava la stanza con il secondo prigioniero - è stato lui..
- Lui..? Quasi stento a crederci.- Tony stirò le labbra in un sorrisetto carico d'ironia.
- Stark..- lo sguardo della ragazza si piegava e si velava di rimprovero, nascondendo un minuscolo grazie per averla sollevata da pensieri troppo pesanti.
- Che brutto vizio avete, fra tutti..- lui continuò a giocare con la console accendendo e spegnendo video camere, e spostando la visuale su entrambi i prigionieri - frequentate sempre i ragazzi cattivi. Si può sapere cosa ci trovate, di tanto affascinante? - un sospiro della ragazza, il suo sguardo che roteava verso l'alto, e si ritrovò quasi ad intenerirsi - già. I bravi ragazzi non provano sensi di colpa, non serve una cura. Per i cattivi invece sì. Resta qui, continua ad ascoltare. Io vado a cambiare la flebo all'altro, che questo giro l'ho perso a carte col mio, di amichetto cattivo..
 
Le labbra di Sara si stirarono in un sorriso. Li conosceva da poco più di un anno, e non aveva mai visto Tony vincere una mano di Burraco, se uno degli avversari era Loki.
Lo vide comparire nello schermo a sinistra, ed incuriosita si spostò dalla console per raggiungere la parete d'acciaio che la divideva dal nemico.
In quel momento, Grant Ward ed i suoi sensi di colpa restavano in fondo ai suoi pensieri.

..ed eccomi di nuovo qui, dopo letteralmente mesi di assenza (sorrysorrysorry...), con un capitolino di passaggio un po' sad-introspective, mentre la mia zucca sta incasinando qualcosa di un po' più "action" per le prossime puntate di UtS.. a presto! ;)

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Capitolo 27
*** 27 Blackout ***


Ci dirai tutto quello che sai, che tu lo voglia o no.
La voce di Phil Coulson era stata dura, schietta. Per un istante, non era riuscito a sostenerne lo sguardo.
E quelle parole avevano tutto un altro suono.
 
Ci hai usato e tradito. Hai lasciato che uccidessero mia figlia. Ci hai provato con le tue stesse mani. Non meriti neanche di morire.
 
- Potete farmi quello che volete - replicò, la voce arrochita dal silenzio forzato e ridotta ad un soffio - l'ho già detto ad altri.. l'ho già detto anche a te.. parlerò soltanto con lei. Nessun altro.
- Credi che ti lascerò sfiorare mia figlia un'altra volta? Te lo scordi.- quello gli arrivò faccia a faccia, duro e per niente intimorito dal suo sovrastarlo in altezza.
-..Dimenticatevi le informazioni.
- Bene.- una smorfia dipinse le labbra del Direttore, mentre voltava le spalle e si dirigeva alla porta.
- Bene..- replicò il prigioniero, prima che l'anta scivolasse a dividerli, lasciandolo sospeso al centro della stanza, con addosso abbastanza dolore e pesantezza da farlo vacillare e cercare sostegno prima di raggiungere il letto ed appoggiarsi al suo bordo con un sospiro.
 
Bene un corno, Ward.. te l'hanno fatto anche vedere a tutto schermo, quello che stanno facendo all'altro prigioniero.. e lui contiene molte, molte più informazioni sull'Hydra di quante tu possa solo immaginare..
 
Eppure non sembrava un trattamento doloroso, almeno dal punto di vista fisico. Fosse stato altrimenti, il Soldato d'Inverno non vi si sarebbe mai sottoposto volontariamente. Non nello stato di coscienza in cui si trovava adesso.
 
Sapeva di essere stato alloggiato -imprigionato?- in una stanza al confine con quella dell'esperimento perfetto dell'Hydra. L'aveva anche visto, oltre la parete che lo separava dallo stretto corridoio di accesso al settore terapia intensiva.
Terapia intensiva? Era così che la chiamavano, la stasi in cui li stavano tenendo mentre le ferite rimarginavano? Non capiva. Il bracciale continuava ad emanare quella luce verde, per illuminarsi di giallo al suo avvicinare i passi alla porta.
Perché? Era quella, il suo confine? E perché un essere infinitamente più pericoloso poteva varcarla quando voleva, senza nessuna conseguenza?
 
E' tutto un bluff..? Sì, è tutto un bluff. Coulson è capace solo ad indossarla, la maschera del cattivo. Non lo sa essere per davvero. Già. Adesso varco la porta, e non mi succede nulla. Pagliacci..
 
Un sospiro, mentre le labbra s'increspavano in un sorriso, e le mani tentavano la spinta a riportarlo sui propri piedi.
 
La scossa lo sorprese mentre la l'anta scorreva davanti al suo viso, piegandogli le ginocchia e costringendolo ad accasciarsi sul pavimento col respiro che mancava.
 
E non dire che non te l'avevo detto..
La voce ironica di Stark l'aveva accompagnato nel riaprire gli occhi, di nuovo sdraiato faccia al soffitto, con la stretta di un laccio metallico anche all'altro polso.
- Mi dispiace, le manette non sono state una mia idea.- Tony si muoveva lungo la stanza, fra accessori e macchinari. Aveva attivato uno schermo olografico e sollevava appena la spalle con nonchalanche, procedendo a quella che sembrava una ricerca.
 
Fra quelle linee azzurrognole intravide la propria foto. Quella falsa ed ufficiale con cui compariva nel database dello Shield.
- Che..? - diede uno strattone appena più forte, il laccio metallico costrinse il suo braccio a tornare steso sul letto, oltre la sponda a cui l'avevano incatenato.
- Informazioni.- replicò quello, con sufficienza, senza spostare lo sguardo dallo schermo - per sapere chi eri, chi ti hanno fatto diventare e chi volevano che fossi. E cercare altri te.
- Io.. non..
- Non giocavi con loro, lo so. Non direttamente. Tu rispondevi agli ordini di uno solo, e io voglio sapere come e perché. Sai, sono un tipo piuttosto curioso.. eri un volontario? Ci credevi davvero, a tutte le stronzate di cui ti riempiva Garrett? Ci credi ancora? O nella tua testolina per caso hanno installato uno di quei cosi che o ubbidisci o crepi?
- No.. io..- adesso la luce appariva intensa, puntata direttamente a ferirgli gli occhi. Oltre la barriera delle palpebre, quella voce non sembrava proprio volerlo lasciare in pace.
- Ti hanno condizionato, in che modo non lo so ma voglio scoprirlo. E poi devo vincere una scommessa, che mi da un fastidio tremendo, che Loki abbia sempre ragione..- una smorfia, un mugugno sommesso, come se sapesse che l'altro rideva compiaciuto, dall'altro lato del sistema di video sorveglianza - lui dice che sei stronzo e basta, come il suo vecchio io dei bei tempi andati. Coulson e Tripp sembrano d'accordo. Strano, almeno per il primo, visto che Loki è quello che.. bah, lasciamo perdere. Lo dice anche quello nuovo, che sei stronzo e basta. Forse perché lo è un po' anche lui, magari siete anime affini. Io personalmente non lo sopporto, mi fa venire un prurito che..
 
Ward provò a riaprire lentamente gli occhi, mentre quella voce continuava a snocciolare sommessamente cose che per lui non avevano alcun senso, e quelle dita scorrevano lungo linee scritte ed immagini sullo schermo. Poi lo vide bloccarsi, all'improvviso, raccogliere un minuscolo marchingegno nero e premervi sopra col pollice attivando un finissimo raggio molto simile ad un laser. Si forzò a spostare la testa, vededolo avvicinarsi in maniera minacciosa alla propria pelle.
- Stà fermo.- quello si morse appena le labbra, cercando di affinare la mira - non fa male. Oh, beh, brucia. Ma solo un pochino.
 
Arrenditi, Ward. Non avrai mai quello che vuoi, non la vedrai mai più. D'ora in poi solo torture.. ecco quello che meriti. Una cavia per il laboratorio del nemico, ecco cosa sei.
 
..Nemico?
 
- E questo..? Che accidenti..? - adesso la luce sembrava percorrere il profilo di un oggetto e proiettarne la sagoma sulla parete. Tony Stark passava il pollice sull'oggetto che teneva in mano, e sollevava lo sguardo verso quell'ologramma, costringendolo a voltare lentamente il viso.
Il profilo appariva quello del suo collo. E quello era un microchip

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Capitolo 28
*** 28. Bad Surprises ***


Indovinate cosa ho trovato!
 
I passi di Tony si bloccarono sulla porta della sala riunioni, e le labbra si piegarono in una smorfia di disappunto, notando come nessuno avesse neppure accennato a degnarlo d'attenzione.
 
Il senatore dello stato di New York Christian Ward ha aperto la campagna elettorale con un discorso che ha infiammato l'opinione pubblica e lasciato tremare i piani alti della sicurezza nazionale..
 
La figura dello speaker di Channel 7 occupava a tutto campo lo schermo piatto che decorava la parete di fondo della sala. E tutti gli occhi dei presenti erano incollati addosso a lui.
 
..Dopo il fallimento del Piano per la Sicurezza Nazionale e lo sgretolamento interno dello Shield..
 
- Adesso lo chiamano così..? - sbuffò Tony, sarcastico, incrociando le braccia ma senza interrompere quel flusso immane di bugie né spezzare il silenzio di piombo che regnava fra i coinquilini - bel nome, davvero. Anche se io personalmente preferivo Insight..
Qualcuno gli intimò di tacere con un sommesso SHH! -quasi certamente Steve-, e lui replicò inclinando appena la testa:
-..E non mi risulta che si trattasse di sicurezza.
Steve si voltò, guardandolo male e lasciandolo sollevare le spalle. In fondo, questa volta non se la sentiva, di dargli torto.
 
L'Hydra deve avere agenti anche nelle redazioni dei notiziari e nell'alta politica, per riuscire a manipolare così bene le notizie e l'opinione pubblica.. chissà, forse uno di loro era proprio l'uomo che era comparso accanto al giornalista in quel primo piano..
 
..Dopo il disastro del quartier generale e la violenta scissione interna che ha portato alla luce i veri obiettivi di quella che ormai è pubblicamente riconosciuta come un'organizzazione terroristica..
 
Tony scosse la testa, di rimando all'occhiata ed al sospiro pesante che gli aveva rivolto Phil, per poi seguire le espressioni tristi, indurite, innervosite degli altri.
Male. Quelle parole stavano facendo male come la lama di un coltello piantata in mezzo alle scapole.
Bugie, bugie e solo bugie.
 
E chissà tu cosa ci guadagni, mr. Senatore-che-cerca-consensi-per-rinnovare-il-mandato..
 
Lo schermo veniva occupato dall'immagine del politico, e adesso era la sua, di voce, a rompere, scura e decisa, quel silenzio.
..E' mia intenzione, e ferma volontà, il combattere quest'organizzazione di criminali mascherati da eroi, spazzarla via fino all'ultimo elemento. Fino a quando il nostro Paese sarà davvero sicuro ed ogni cittadino potrà essere libero di vivere senza trovarsi costretto a guardarsi le spalle.
 
- Bugiardo.- le prime labbra a lasciar sfuggire la rabbia compressa nello stomaco dei presenti fu quella di Steve, con una vibrazione completamente stonata con la sua immagine da perfetto eroe americano.
- Stronzo.- precisò Loki, trovandosi in un attimo gli occhi di tutti addosso e tendendo le dita verso lo schermo -..dilla com'è: abbiamo davanti un perfetto e completo stronzo. Come suo fratello. E non venite a dirmi che non lo sapevate, che non ci credo.
- Detto da te, sembra quasi..- intervenne Tony, ironico -..una citazione da film.
- Piantala, Stark. L'avete pensato tutti.- il principe nero incrociò le braccia, lasciando pensare a Coulson che forse Fury l'avrebbe azzeccata meglio mettendoci lui, a capo dello Shield.
- E quindi.. adesso..? - Natasha lasciò udire la propria voce, facendosi avanti di una manciata di passi.
- E adesso dobbiamo contrattaccare - replicò il nuovo direttore, bypassando la discussione ed anche il pensiero che gli era saltato in testa - sfruttiamo le risorse di cui disponiamo. Natasha, tu ti occuperai dell'eventuale fase operativa, ti coordinerai con May. Fitz, a te e al dottor Banner le risorse in armi ed elettronica. Simmons, tu e..- notò il sorriso opportunista e la testa piegata di lato di Darcy, e cacciò un sospiro -..e la signorina Lewis vi occuperete dei prigionieri e della macchina dei ricordi.
- La signora Barnes sicuramente darà del suo meglio.- replicò Tony, al pepe, lasciando tossire Steve e dipingere di rosso il viso della diretta interessata.
Phil sollevò le mani a dire: mi arrendo, e sciolse le righe con l'ennesimo sospiro:
-..Io parlerò con il nostro amico senatore. Vediamo se e quanto sarà disponibile..- uno scambio di sguardi, molto eloquente, col dottor Lawson -..magari portandomi dietro uno stimatissimo vip. Andiamo.
 
- Io dico che è uno di loro.- Loki lo seguì lungo il corridoio, dando le spalle al salone ed al resto della squadra.
- Lo dici da solo o l'ha visto tua figlia?
- Mia figlia non legge nella testa di tutta la popolazione mondiale, Coulson.. e non credo sarebbe una buona idea, portarla con noi. Però hai una figlia anche tu. E lei è maggiorenne.
- Non voglio coinvolgerla in questa storia. Non più di quanto non sia già coinvolta.
- Più di così c'è solo che resti incinta del tipo che ha accoltellato, Phil.
- E' sarcasmo, quello che percepisco? - il direttore attese che l'altro entrasse in ascensore e premette il tasto Ground Floor.
- Che ti ha detto?
- Lei? Ha fatto rapporto; che dovrebbe dirmi in più?
- Lui. Che ti ha detto lui?
- Lui non parla, Loki. Non con me.
- E a lei che ha detto?
- Soltanto che non è un traditore.
- La ricerca ha dato qualche frutto? - il giovane lo vide aggrottare le sopracciglia, mentre le porte si aprivano davanti a loro e i passi li portavano oltre l'atrio, verso il gelo delle strade di New York -..la ricerca sul passato di Ward.
- Lo so, a quale ricerca ti riferisci.- un'auto scura li aspettava poco distante la vetrata; Phil si avvicinò per primo e fece cenno al giovane di salire, accomodandosi al suo fianco sul sedile posteriore - Fitz ci sta lavorando.
 
Non l'aveva visto perdere il respiro, quando gli aveva nominato il fratello maggiore come il senatore che stava promuovendo la propria campagna elettorale sulla pelle dello Shield.
 
- Sai qualcosa che non so? - le dita di Sara avevano tremato, strette sullo StarkPad.
 
Immobile fra le lenzuola, le spalle ai cuscini ed entrambi i polsi legati alle sbarre del letto, Grant si era limitato a sospirare.
- Sì, lo sapevo. Che non è morto, che non lo è neppure mio padre. Non ho scelto di ucciderlo per caso. Come vedi, anch'io sono vittima delle bugie.
- Hai imparato dal migliore..- replicò la ragazza, acida, spostando appena il viso verso i messaggini di aggiornamento che le arrivavano da Leo.
- Che ti sta suggerendo Fitz? - l'uomo adesso la guardava quasi con compassione, e la sua voce era un velo.
- Niente. Fitz non mi suggerisce niente. Non ho bisogno di qualcuno che mi telecomandi, io.
- La piccola allieva della vedova nera..
- Và al diavolo, Ward.- gli voltò le spalle, decisa ad andarsene, ma quella voce leggera e scura la bloccò con la mano tesa sull'anta della porta.
- Hai fatto un errore.
- Già. Non ho premuto abbastanza quel maledetto coltello.- ringhiò, sfiorando appena il sensore e lasciando scorrere la porta, ma senza muovere un altro passo.
-..Ad innamorarti di me. Sono un essere sbagliato, Skye. Il mio destino è quello di soffrire. Di soffrire anche quando non sono io, a sbagliare, né a dover chiedere perdono.
- Sei solo un patetico bugiardo, ecco cosa sei.- lei voltò il viso di tre quarti, riducendo la voce ad un mormorio soffocato - e sei tu, quello che sbaglia. Io TI ODIO, Ward. Ti VOLEVO uccidere. Non sei morto solo per un caso. E sei qui solo per essere infilato in quella macchina e dirci tutto quello che sai. Dopo, non mi servirai più.
- Non sono uno di loro, Skye..
- A questo punto a me non importa, sentirti dire chi sei o chi non sei. Le informazioni su di te le ho tutte qui. Quelle vere, non le bugie con cui mi hai riempito la testa per mesi.
- Skye..- adesso quella voce scura si velava di paura, s'incrinava.
- No. Basta.- lei scosse la testa, lasciando che per la seconda volta la porta scorresse, e mosse un passo, due, fuori, mentre quella voce ripeteva il suo nome, facendosi implorante.
Sollevò il viso. Di fronte a lei, il perimetro del corridoio illuminato dai faretti che ne spezzavano l'oscurità. L'immagine di un uomo che le veniva incontro, sorretto da una figura molto più minuta ed accompagnato dalla risata squillante di Darcy.
 
Darcy. James.
Il Soldato D'Inverno sollevò su di lei quegli occhi di ghiaccio, stirando appena le labbra, mentre la ragazza la salutava con allegria ed aggrottava le sopracciglia alla sua risposta vagamente accennata.
- Sara.. tutto bene?
- Sì.- replicò, evasiva.
- Non mi sembri tanto convinta.- Darcy scivolò lontano dall'abbraccio del giovane, tornando indietro di una manciata di passi, e a quel suo indagare Sara non riuscì a trattenere ulteriormente la rabbia che si nascondeva nel tremore delle sue dita.
- Guardati le spalle, Darcy.
-..Scusa?
- Fossi in te, non mi ostinerei a fidarmi dell'uomo che ha cercato di ucciderti. Chiunque finga di essere adesso.
- Perché.. perché dici così? Lui..- Darcy adesso appariva ferita, ed indignata. L'uomo non aveva mosso un muscolo, rimanendo a fissarla con quegli occhi trasparenti e silenziosi - lui ci sta aiutando a smantellare l'Hydra! E a costo di soffrire, non immagini nemmeno cosa gli abbiano fatto, e-
- Il dito sul grilletto era il suo.
- GRAZIE. Sei un'amica fantastica.
-..Anche quando a cadere ero io.
Darcy non aveva trovato parole per replicare. Aveva voltato lo sguardo verso il compagno e l'aveva visto piegare il viso a terra, prima di voltare le spalle e riprendere i propri passi incerti lungo il corridoio, fino a scomparire oltre la porta della propria stanza-cella.
- NON E' STATO LUI, e tu lo sai.- Darcy puntò l'indice verso il viso dell'amica, ferita ed arrabbiata - gli hanno fatto del male. Se solo vedessi i suoi ricordi.. hanno giocato col suo corpo e con la sua testa come si fa con una bambola di pezza. L'hanno.. distrutto, programmato, ferito, gli hanno sperimentato addosso qualunque tortura. Non me lo spiego ancora, come abbia fatto a fermarsi davanti a me. Non lo sa nemmeno lui. Non riesco neppure a trovargli ricordi buoni per compensare quelli cattivi. Non ne ha abbastanza. Vai a vedere le immagini che ha raccolto la macchina, se non mi credi. Sarebbe meglio. Così potresti capire anche quello che succede oltre quella porta lì.
La sua mano puntava la stanza di Ward, la voce che si lasciò alle spalle era incrinata di lacrime, adesso.
 
Sullo StarkPad era comparso il profilo 3D del chip che avevano innestato nel collo di Ward.
 
Hanno giocato anche con te..? Allora mi stai.. mi stai dicendo la verità?

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Capitolo 29
*** Blackmail ***


Dottor Lawson! Quale piacere..!
 
Le labbra di Loki si stirarono nel più forzato dei sorrisi possibili, accettando la stretta di mano del senatore Ward. Coulson spostò per un istante lo sguardo sulla sua figura, aggrottando le sopracciglia, senza capire il perché di quell'irrigidirsi improvviso.
- Che c'è? - gli chiese, sottovoce, non appena quello diede loro le spalle precedendoli lungo il corridoio che conduceva al suo studio personale.
- Niente.
Bugiardo. recitava il farsi obliquo degli occhi dell'uomo in nero.
- Deja vu.- replicò, con un sospiro.
- Hai fatto fuori qualche politico, prima d'ora?
- Risparmia la tua fine ironia per la prossima puntata, Coulson. Stai decisamente passando troppo tempo con Stark.
Phil replicò con una smorfietta, lasciandosi precedere oltre quella porta.
 
Prego, accomodatevi..
 
Il senatore indicava le poltrone accostate di fronte all’imponente scrivania di legno pregiato, prima di muoversi attorno ed avvicinarsi ad un altrettanto deluxe banco da bar.
- Posso offrirvi qualcosa?
- No, grazie..- Coulson declinò l’invito per entrambi, muovendo appena la mano e poi concentrandosi sulle carte che aveva portato con sé – senatore..
- Sì; se non vi spiace, passerei anch’io, al nocciolo della questione.- replicò quello, facendosi serio e prendendo posto oltre la scrivania – la mia posizione in merito alle azioni dello Shield credo vi sia chiara. Tuttavia, ho deciso di ascoltare le vostre ragioni. E possibilmente trovare un accordo.
 
Loki si trovò a deglutire, senza staccare lo sguardo da quell’uomo, che in quell’istante gli ricordava terribilmente il gelo della voce di Thanos.
- Ci dica.- Coulson mosse appena le dita, invitando il senatore a parlare, e questo non se lo fece ripetere due volte.
- Ho saputo, tramite fonti certe, di una vostra recente azione di forza, volta alla cattura di un esponente della fantomatica organizzazione neonazista che viene conosciuta come Hydra. Un prigioniero che, date le innumerevoli accuse di omicidio a suo carico, ritengo notevolmente pericoloso, per cui le strutture in vostro possesso non sembrano attualmente adeguate. Ecco; la mia proposta consiste in uno scambio: consegnate il vostro prigioniero, in modo che sia giudicato da un tribunale federale e recluso in un carcere di massima sicurezza. Ed io presenterò in conferenza stampa una relazione che scagiona lo Shield da ogni accusa di terrorismo, ritirando automaticamente l’ordine di cattura per chiunque sia indicato come facente parte.
 
Coulson aggrottò le sopracciglia, spostandosi con le spalle contro lo schienale della poltroncina e raccogliendo le dita contro il naso.
 
Il nome che il senatore pronunciò subito dopo era tutto tranne quello che s’aspettava.
 
- Inoltre, aiutereste me a mettere a tacere una serie di fastidiose voci circa il mio coinvolgimento con questa.. Hydra, dato che si tratta di mio fratello Grant. Il fratello minore di un politico in piena campagna elettorale è implicato nientemeno che con un’organizzazione terroristica. Immaginate quale ripercussione..
- Ci penseremo.- il direttore era scattato in piedi, tendendo la mano, come preso da un’inspiegabile fretta.
 
- Hai intenzione di concedere a quel.. tizio uno scambio? – adesso era Loki, a non capire, seguendo l’altro a ritroso verso l’ingresso del grande palazzo – lo sai che ne farà, di suo fratello, vero?
- Che ne vuoi sapere, tu..- sbottò Coulson, andando nervosamente alla ricerca del cellulare.
- Già. Io non sono mai stato uno stronzo desideroso di vendetta contro un fratello..
- E quindi?
- Non ci sarà nessun processo: lo consegnerai al senatore e lui lo farà ammazzare. Non c’entra l’Hydra e non c’entriamo noi; la denuncia pubblica e la relazione sono solo un pretesto; un pretesto per ricattarti. Ora, so che detesti a morte Ward, per tutto quello che rappresenta, perché è un pezzo di merda ed un traditore, ma-
- Ecco. Ci siamo capiti.
- Phil-
- No.- quello spostò bruscamente la mano che il principe nero aveva appoggiato contro il suo braccio – ora sei tu, a non capire. Non sono io, non è una cosa solo personale. O lui, o noi. Distruggerà lo Shield, ci perseguiterà fino a lasciarsi dietro solo briciole. O lui, o noi, Loki. Questo tuo innaturale spirito buonista può darsi pace.
 
Un sospiro, lasciando che lo precedesse sul sedile posteriore del SUV che li attendeva.
 
Nella sala riunioni calò il gelo, quando la voce del direttore annunciò l’esito del colloquio; scambi di sguardi, braccia incrociate. Nessuno però sembrava avere un parere contrario.
O lui, o noi.. la nostra sopravvivenza per la vita di un traditore.
 
L’unica che appariva masticare amaro era Sara. Nera, nella sua uniforme tattica, s’era rifugiata in un angolo senza emettere un fiato, combattuta fra l’essere la prima ad approvare e l’unica a gridare che non era giusto.
 
Non è comunque giusto; Stark l’ha mostrato a tutti, il chip che gli hanno estratto dal collo. Era condizionato in qualche modo, anche lui, come James. E anche se..
 
No, Sara. Se lo merita. Ha tradito tutti, ha tradito TE. Non importa come, non importa perché. Non la merita, una seconda occasione.
 
Ma tu.. chi diavolo sei, per giudicare?
 
I Vendicatori votavano, per alzata di mano. Nessuno si opponeva. Abbassò il viso, mordendosi a sangue il labbro inferiore, per non mettersi a urlare, quando la voce del direttore pronunciò il suo nome.
Gli lasciò vedere occhi carichi di rabbia e lacrime, prima di voltare le spalle e scivolare fuori da lì.

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Capitolo 30
*** Escape ***


Non stava neanche in piedi.
 
Coulson aveva fatto irruzione nella stanza, munito di quattro uomini armati, di vestiti e manette. E non aveva perso tempo in spiegazioni né in più spicci mi dispiace.
 
La realtà era che non gli dispiaceva, non in quel momento. Forse se ne sarebbe pentito, e lo sapeva. Forse, più tardi, quando l’FBI avrebbe trovato da qualche parte un corpo senza vita e l’avrebbe chiamato per confermare l’identificazione. Forse soltanto quando l’avrebbe fatto salire sul blindato, oltre l’atrio, insieme alla scorta armata. Forse mai.
 
Ora non aveva altro spazio che per l’odio, in testa e nel cuore.
 
- Vuole me, vero? – gli aveva chiesto, rimanendo seduto sul bordo del letto, le dita intrecciate fra loro e lo sguardo fisso su quei vestiti – vuole me in cambio dello Shield.
- Direi che è un prezzo equo. – aveva replicato il direttore, guardandolo con disprezzo.
- Già..
- Vestiti; abbiamo fretta.
 
La terrazza della lounge appariva abbandonata, malinconica anche sotto il tepore del sole di quel mattino. Sara continuava a fissare l’orizzonte che si perdeva fra i grattacieli, desiderando poter scambiare il suo dono con quello di azzerare il tempo.
Tornare indietro. Le sarebbe bastato fino ai suoi primi giorni sul Bus, di fronte a quell’istruttore che sembrava fatto di roccia e d’acciaio. E che era veramente tanto, ma tanto antipatico..
 
Le sfuggì una lacrima, abbassando il viso sulle mani che stringevano la ringhiera fin quasi a far sbiancare le nocche.
No, che non è giusto.. Skye. Non c’è niente, di giusto. Non stanno incarcerando un traditore.. lo uccideranno, non c’è un come e non c’è un perché. O forse sì. E’ un traditore, punto. E lo odi. Lo odi con tutta te stessa, anche se non hai votato a favore.
 
O no?
 
- Io non lo farei, se fossi in te.- una voce le arrivò alle spalle, scura, leggera. Si voltò di tre quarti e scoprì l’immagine di James. Capelli scompigliati nella brezza, un accenno di barba a sporcargli il viso. Un passo dietro l’altro, tranquillo, e le era arrivato accanto con le mani sul metallo.
- Sai leggermi nel pensiero..? – mormorò, con la voce incrinata, tornando allo skyline.
- Quello lo puoi fare solo tu. E la bambina. Ma non serve leggere nel pensiero, quando basta guardarti negli occhi per capire che ci stai male.
- Non credo t’interessi.- lei provò a sfuggire, ma quella voce la bloccò solo una manciata di passi lontano:
- So cosa significa, Sara. Uccidere, tradire. Che tu lo faccia come un automa telecomandato o di tua spontanea volontà. Non sei più lo stesso, dopo. E forse è questo, che mi ha fermato.- adesso il giovane appoggiava la mano sul petto, chiusa a pugno, all’altezza del cuore – e so anche che non basterà mai, ripetere mi dispiace, anche se lo fai per un milione di volte. E non basta neppure-
 
Lo vide scavalcare la ringhiera, poggiare i piedi oltre, sul sottile bordo di cemento che lo separava dal vuoto, e d’istinto tese le mani a bloccarlo:
- Sei impazzito?! Torna indietro!
James voltò appena il viso, un sorriso gli stirò le labbra.
- Ecco. E’ il tuo istinto. Non lascerai che succeda; come stai facendo con me. E ti ho fatto del male anch’io.
- James, per favore..
- Vai con lui.
- James..
- Vai con lui; io ti coprirò le spalle. Te lo devo, Sara.
- Sì, ma ora..- gli fece cenno di rientrare, e lui sorrise più aperto, eseguendo e tornando con i piedi accanto ai suoi.
- Ecco. Ora vai.
 
Gli uomini armati a scorta del prigioniero adesso erano otto; come se un uomo ancora debole e dolorante avesse potuto scappare dopo averli abbattuti con uno spintone.
Ridicoli, pensò Sara, avanzando verso il furgone su cui lo stavano caricando, privi di ogni cautela o tatto.
- Ehi! – con uno sguardo da demone molto simile a quello della propria coach, li raggiunse bypassando anche suo padre ed ogni possibile obiezione – vengo anch’io.
- Signore..- uno degli uomini si rivolse al direttore, che rigido e scuro stava replicando con un leggero cenno della testa a dire no.
- Sono l’unico agente di massimo livello che avete ancora a disposizione, escludendo la Romanoff che al momento è impegnata sul campo – replicò lei, glaciale, raggiungendo l’anta del furgone e salendo l’unico gradino che la separava dall’interno del furgone – non vorrete rischiare che il prigioniero vi sfugga; ricordatevi che avete a che fare con un uomo dell’Hydra.
 
Un sospiro, pesante, ed il direttore si vide costretto ad approvare. Otto uomini, o dieci, o cento. Non aveva importanza, quando si trattava di un nemico tanto pericoloso e scaltro. Era comunque necessario che ci fosse qualcuno di pari livello, a fargli la guardia.
Sara rispose al cenno ed i portelloni si chiusero, isolandola dal resto del mondo.
 
Un tratto di strada, quasi infinito, sempre in silenzio, escluso lo scambio di ordini e direttive fra gli uomini della scorta. Fu solo una volta di nuovo coi piedi a terra, oltre il confine di doppio filo spinato del carcere di massima sicurezza, che il prigioniero osò parlare.
- Non dovevi farlo, Skye.
- Sei l’ultimo, in grado di darmi ordini, Ward.- replicò, seguendolo verso l’ingresso.
- Non ti avrei mai voluto coinvolgere in questa-
- In cosa, nella tua follia? Troppo tardi.
- Lo sai, dove stiamo andando.. vero?
- Carcere di massima sicurezza dello stato di New York.- replicò, lasciando la propria arma alla guardia che sedeva oltre il vetro della portineria – il posto in cui resterai fino al processo. E anche dopo.
 
- Alla mia esecuzione, Skye.- Disse quella voce, scura e leggera, dritta nella sua mente – vattene.
- Scordatelo.- rispose, allo stesso modo, proseguendo lungo il corridoio che li separava dall’area delle celle.
- Se rimani, faranno del male anche a te.
 
Lo lasciò voltarsi, arrivarle fronte contro fronte, a guardarla negli occhi. Uno sguardo lungo, intenso, che non aveva bisogno di parole.
 
Esattamente come quello che lui trovò in risposta.
 
Una frazione di secondo. Il cancello che si chiudeva, con il suo scatto secco e metallico. Al posto del rumore del secondo cancello in apertura, il suono stordente di uno sparo. Poi un altro, ed un altro, in rapida sequenza.
Si ritrovò a terra, sotto il peso del prigioniero e con la pungente sensazione di dolore che proveniva da una gamba.
- Via! Via! Via! – urlò, mentre gli spari si facevano sempre più fitti e il sibilo dei proiettili riempiva tutte le direzioni. Una mano ad artigliare i vestiti dell’uomo, trascinandolo via di peso dietro di sé, fino a quello che le apparve il primo luogo sicuro a vista.
 
Il magazzino all’angolo dell’atrio.
 
- Ti avevo avvertito..- mormorò Ward, spalle al muro e respiro accelerato – ma tu-
- Non sei la persona da ascoltare. Non per me, non più.
- Liberami.- lui tese i polsi in avanti, facendo cenno di togliergli le manette.
- Non ci penso nemmeno.
- Ammazzeranno entrambi, Skye! E’ questo, che vuoi? Toglimele!
- No.
- So quello che faccio. Per favore. Almeno per una volta, una sola. Fidati di me.- lui tese di nuovo i polsi, insistendo, e finalmente la vide cedere ed aprire le manette.
- E adesso?
- E adesso cerchiamo una via di fuga. Che non sia attraverso l’atrio, lì siamo circondati. E tu sei ferita.- un cenno del viso, ad indicarle la macchia di sangue che s’allargava sul tessuto dell’uniforme tattica – dobbiamo..- lo sguardo intorno, poi Ward sembrò illuminarsi, puntando in alto lungo la parete.
 
Il condotto d’aerazione.
 
- Ti sollevo; prova ad aprirlo.
Un cenno d’intesa, quello dei giorni in cui non c’erano state ombre né dolore. Sara strappò un angolo della giubba e lo usò per stringere la ferita in una fasciatura di fortuna. Lui attese, e mentre si faceva sempre più forte il rumore di colpi abbattuti sulla porta oltre le sue spalle, tese le braccia e lasciò che gli si appoggiasse addosso per darsi slancio.
 
Un brivido, lungo la schiena, osservandola mentre spaccava i sostegni della grata metallica e si intrufolava nel condotto.
Chissà se l’aveva provato anche lei.
 
- Andiamo! – lei lo vide bloccato, quasi esitante, e tese la mano.
- Vai.
- Tu vieni con me.
- No, Skye. Vai. Segnala la tua posizione alla squadra d’estrazione, e vai.
- Non mi muovo, senza di te.
- Vattene.- lui voltò lo sguardo verso la porta, che sotto i colpi delle guardie iniziava a cedere, poi tornò a lei – vattene! Non voglio che uccidano anche te..
 
Un colpo più forte, la porta che cedeva. Il prigioniero si voltava verso gli uomini armati, sollevando le braccia e coprendole la fuga.
 
Tutto quello che riuscì a sentire, nascosta oltre il profilo del condotto, fu una raffica di fuoco. Voltò le spalle, e si lasciò scivolare lungo il tubo, senza impedire a tutti i suoi muscoli di dolere e tremare in maniera incontrollata.
 
Muoviti.. muoviti..
La sua voce era rimasta sola, in testa, mentre il cuore sembrava scoppiare. Si trascinò come poteva avanti, ed avanti ancora, senza alcun punto di riferimento, finché non le comparve di fronte uno spiraglio di luce.
Sempre più nitido, sempre più grande. Una grata di aerazione. Il sole.
 
Era fuori.
 
Le mani sulla grata, pugni e spinte senza riuscire a muoverla, mentre si faceva strada dentro di lei la disperazione. Poi, una figura nera. Sopra di lei, armata. Puntava un fucile e sembrava decisa a mirare.
Chiuse gli occhi e scivolò indietro, raggomitolandosi su sé stessa a pugni chiusi.
 
E’ finita. E’ finita anche per te, Skye..
 
Uno sparo. Uno solo, secco e preciso. La cerniera saltava, l’uomo nero scardinava la grata e piombava coi piedi nel condotto, prima di piegare le ginocchia ed arrivare alla sua altezza.
Capelli lunghi, scompigliati dai suoi movimenti, a piovere sul ghiaccio degli occhi che la fissavano intensi.
 
James.
 
Il cuore rallentò i battiti, i muscoli si rilassarono appena e tornò a sentire, forte e chiaro, il dolore.
 
Una promessa è una promessa, Sara. Andiamo.
 
La voce era leggera e scura, nella sua testa. Il Soldato d’Inverno tendeva una mano, sollevandola e raccogliendosela addosso come fosse stata una piuma.
- Lui..- mormorò, appena, lasciandosi depositare sul quinjet, prima che l’uomo desse l’ordine di decollo con un cenno delle dita. James si sedette al suo fianco, incrociando le gambe e sfilandosi la mascherina:
- Mi dispiace.
- Dovrei.. dovrei esserne soddisfatta; comunque sia andata, abbiamo eliminato un nemico.. ma.. ma io..- lei lasciò che le perfezionasse la medicazione, lasciandosi andare ad un sospiro che si faceva lamento.
 
E non era solo la gamba, a farle male. Un male da morire.
 
L’uomo piegò il viso, lasciandosi andare a tendere la mano in una carezza. Poi se la raccolse di nuovo addosso, rispondendo al suo sospiro.
 
Ecco. Ora le lacrime non le lasciavano vedere più nulla.
 
Non si era mai sentita così piccola, così fragile. Così sconfitta.
Il senatore Ward mostrava rincrescimento e dolore, annunciando in conferenza stampa che il fratello terrorista era stato ucciso in un disperato tentativo d’evasione dal carcere di massima sicurezza. Se avesse potuto leggere nei suoi pensieri da oltre lo schermo gigante della lounge, avrebbe sentito forte e chiara la voce della gloria e del trionfo.
 
Ucciso. Ucciso. Ucciso.
 
La verità era quella risposta che non aveva mai voluto ascoltare.
 
Io ti amo, Skye.

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Capitolo 31
*** The Perfect Soldier (part 1) ***


Io ti amo, Skye..
 
Non voleva lasciarla in pace. Erano passati sei mesi, da quel giorno, ed ancora quell’istante non voleva andare in fade, davanti ai suoi occhi.
Seduta contro la ringhiera della terrazza della lounge, osservava da lontano il viavai dei colleghi, indaffarati con la prossima uscita, respirando l’aria tesa del prima della partenza.
 
Nessuna missione umanitaria, stavolta. Obiettivo, L’Hydra ed il suo folle piano millenario di manipolazione mentale destinato alla dominazione del genere umano.
 
Operazione Perfect Soldier.
 
Ci lavoravano su da sei mesi, ormai. Tutti, nessuno escluso, fin da quando le ipotesi di Fitz si erano fatte concrete. Non si trattava solo di una sequenza di simboli che legavano gli elementi appartenenti ad una setta di folli lungo il procedere dei secoli. C’era qualcosa, sotto. Qualcosa di ancora più terribile dell’assassinio mirato di un personaggio di spicco, o di un attentato.
Loki aveva raccolto tutte le informazioni, affiancando Fitz giorno dopo giorno e notte dopo notte, riuscendo a fargli sconfiggere la soggezione che provava nei suoi confronti fin da quando lo riteneva solo un medico benefattore. Ed insieme erano arrivati a quella conclusione.
 
Qualcuno aveva deciso di copiare la sua idea.
 
Ed avrebbe aperto un portale, sfruttando allineamenti planetari che non aveva perso tempo a spiegare. Un portale come quello attraverso cui aveva fatto entrare Thanos e la sua armata di Chitauri.
 
Questa volta, a lui sarebbe toccato il compito di impedirlo.
 
- Ne sei sicuro? – l’aveva interrogato Coulson, sollevando su di lui uno sguardo totalmente scettico, dalla propria postazione oltre il tavolo olografico.
- L’hanno già fatto, non più di sei mesi fa. Quello era solo un esperimento, noi abbiamo percepito soltanto una piccola scossa sismica. In realtà stanno usando una serie di.. elementi, per costruire un disegno ben preciso.
 
Tutto, nell’analisi preparata, sembrava dargli ragione: c’era direttamente l’Hydra, alle spalle del gruppo pseudogovernativo che dava la caccia agli inumani. Avevano presumibilmente in mano porzioni di un monolite di origini antichissime e non terrestri; un oggetto che, secondo sua madre, avrebbe aperto le porte di Helheim.
 
Il mondo senza luce.
 
- Negli scritti in possesso di mio padre, è citato un essere oscuro precedente le guerre che portarono i miei avi, naturali ed adottivi, a scontrarsi sulla terra. Un essere potente, in grado di portare con sé la morte, di migrare nascosto fra i corpi senza vita. Fino ad assoggettare i nove mondi interi, cita la scrittura. Per questo, fu imprigionato nell’ultimo di essi, Helheim.
-..Il mondo dei morti.- replicò Fitz, con un tono affascinato che un po’ pizzicava col suo solito scetticismo scientifico.
- Già. Mio padre racconta che, secondo quanto tramandatogli da suo padre, quest’essere porta il nome di Maveth, e non ha identità corporea come noi la intendiamo, ma è fatto di pura oscurità. Plasma le menti, e migra di corpo in corpo, dando apparente vita a ciò che è appena morto. Non sembrano esistere armi in grado di fermarlo, escluso una forte forma di energia che proviene dal mondo opposto di Helheim, Ásaheimr. Che poi è casa mia. C’è uno scrigno, nel sacrario dei re, ad Asgard. E’ custodito in segreto, mai nessuno ha osato toccarlo, neanche mio padre, né il padre di mio padre. Contiene una forma di luce più potente delle gemme dell’infinito. Lo so, sembra tutta una fantastica fiaba. Se non fosse che Maveth, prima di venire imprigionato, riuscì a radunare un piccolo esercito di fedeli, sparsi fra i nove mondi; fedeli devoti e diretti ad un’unica causa, la dominazione dell’universo conosciuto, attraverso la violenza e la manipolazione delle menti. Qualcuno ha già fallito, come i giganti di ghiaccio o gli elfi oscuri. Sono rimasti i più subdoli, quelli che raccolgono schiavi e li rendono i loro burattini. Quelli che stanno cercando di richiamare Maveth, una volta completata l’opera di creazione dell’esercito perfetto. Se non ci sono già riusciti col primo esperimento di sei mesi fa.
 
La voce del principe nero adesso taceva, per lasciare spazio alle sue mani, che leggere facevano sfilare sullo schermo olografico le immagini di tutto ciò che lui e Fitz erano stati in grado di raccogliere in merito.
 
Si partiva dalla scossa di terremoto, avvertita non troppo distante dalla città e di potenza minima, tale da non aver destato preoccupazioni nelle autorità né nella popolazione. Epicentro, un’area boschiva a circa cento chilometri dalla città; una zona non nota per eventi di quel genere, ma sembrava che quanto rilevato dai sismografi fosse stato registrato e poi insabbiato.
- All’interno dell’area in questione c’è questa.- Loki tornava a parlare, puntando l’immagine di una villa in mattoni che appariva decrepita ed abbandonata da decenni – c’è un settanta percento di possibilità che l’esperimento sia avvenuto al suo interno.
- Provvederemo ad un sopralluogo. May, Romanoff.- il direttore le aveva indicate, ricevendo il loro annuire in risposta.
 
Quella villa avrebbe messo i brividi addosso a qualunque comune mortale. Nat aveva esitato a lungo, col naso perso lungo la sua facciata in mattoni rossi, a fissare le larghe aperture da crollo causate dall’abbandono e dal tempo.
- Non crederai ai fantasmi.- le aveva detto May, facendosi avanti per prima.
- No. E’ solo che mi ricorda il posto in cui sono cresciuta.
 
Un passo dietro l’altro, con cautela. Ed erano arrivate ad una piccola sala circolare, forse l’unica stanza visitabile, sgombra dalle macerie ed in discrete condizioni. Al centro, una specie di cerchio di pietre racchiudeva un mucchietto di una sostanza molto simile ad una sabbia nera.
Uno scambio di sguardi a sopracciglia aggrottate.
 
- Ne abbiamo preso un campione; non so perché, ma ha una strana assonanza con quanto ci ha riportato la ragazzina dell’Essen Café.- disse Nat, scura e decisa, depositando quel barattolino sul tavolo olografico.
- Potrebbe essere un collegamento con le indagini che seguiamo da tempo sulla causa delle mutazioni.- aggiunse May, lasciando annuire il direttore – e anche la caccia che danno a Stella assume un senso più specifico: se il suo sangue è davvero in grado di far.. tornare indietro dalla morte, e se ce ne sono altri, là fuori, come lei..
- E’ praticamente il passo definitivo per l’esercito perfetto.
- Vado a vedere come se la cava.- Nat fe ce l’atto di allontanarsi, e Coulson la richiamò per un istante:
- Restale alle spalle senza farti notare.
- Intervengo solo in caso di codice rosso. Ricevuto.
- May.- l’uomo si rivolse all’altra, che intrecciò le mani sul tavolo mettendosi in ascolto – abbiamo altri dati; ho un lavoro per te.
 
Hell’s Kitchen.
A molti non avrebbe detto nulla, quel nome. Nulla, più che riportare alla memoria la distruzione causata dalle follie del vecchio Loki, o ricordare il nome di quel quartiere come legato all’attuale non meno folle speculazione edilizia dell’uomo che ora compariva a schermo interno nella sala della lounge.
May seguì i passi di Coulson fino al confine col divano su cui erano seduti alcuni dei colleghi, e rispose a sopracciglia aggrottate al suo voltarsi indietro.
- Cosa c’è?
- E’ lì.- rispose l’uomo, indicando lo schermo.
- Non riesco ad afferrare.
- E’ lì, May. Nascosto in bella vista davanti ai nostri occhi, davanti agli occhi di tutti. Il piano di quel tizio, Wilson Fisk. Forse lui nemmeno se ne rende conto, di quello che sta per scatenare. Demolirà ventiquattro blocchi, con la scusa di costruire un futuro migliore.
- E cos’hanno a che fare, la truffa di quel tizio e le sue tangenti per affossare il nostro progetto, con i piani dell’Hydra?
- Il nono blocco.- adesso, al posto della conferenza stampa dell’obeso imprenditore-aspirante politicante, come lo definiva con disprezzo Tony, era comparsa una mappa che indicava la porzione di città che sarebbe stata rasa al suolo da quel progetto.- per la precisione qui..- Coulson avanzava di una manciata di pasi, quanto bastava per arrivare a sfiorare quell’immagine col dito – qui Fitz ha rilevato un campo di forza con carica fortemente negativa. Non chiedetemi di più; metter piede in laboratorio, con lui, Simmons, Banner e Loki è come varcare la soglia di una realtà parallela.
- Io ho capito tutto alla perfezione.- Tony mise su un sorrisetto ironico, meritando in risposta un’occhiata assassina – c’è una concentrazione di carica quantist-
- Insomma.- May gli rubò la parola al volo, evitando ulteriore disonore al proprio capo – il posto perfetto per aprire uno di quei cosi. E’ per questo che hai messo la novellina alle calcagna del braccio destro di Fisk?
Coulson la ringraziò mentalmente per l’intervento di salvataggio, e rispose facendo cenno di sì con la testa:
- Lei su quel.. Wesley, il bersaglio forse più facile. Fitz sta indagando sui conti di tutte le società che fanno capo a Fisk ed a tutti i suoi soci, e devo dire che sta scoperchiando un caso che farebbe gola all’FBI.
A quello pensiamo dopo.- recitò il cenno della mano di May.
 
- Pepper e Sif stanno smuovendo il mercato immobiliare, verificando ed incrociando tutti i dati di tutti i possibili costruttori, appaltatori, compratori che si sono fatti avanti per quella zona o ci stanno facendo un pensiero. Loki sta continuando la ricerca e l’esame del possibile antidoto ai casini che potrebbero uscirne fuori. Banner sta esaminando il sangue della novellina, e sembra che abbia numerose affinità con quello di Sara.
- E con il siero usato per il programma Tahiti.
- Già.- l’uomo si morse appena le labbra. Sembrava passata una vita, sembrava ieri. Chissà, forse c’era l’ombra dell’Hydra pure su ciò che l’aveva visto attore protagonista. Forse anche lui era destinato a far parte di un esercito perfetto.
 
Quel pensiero per un istante ebbe il potere di toglierli un battito.
 
- Io che devo fare?- La voce di May, di nuovo, decisa e chiara. A salvarlo.
Credo di dovergliela, una cena, prima o poi. Sperando che basti.
 
- Ti coordinerai con Steve e Clint per tutti gli eventuali casi di recupero ed estrazione che potrebbero essere necessari, su qualunque fronte. Dovrete essere pronti all’azione in ogni momento.- disse, incontrando il cenno d’approvazione dei due, e nascondendo come poteva pensieri forse un po’ inappropriati per l’occasione.
 
- E io?
Una voce scura lo raggiunse dal confine con il corridoio. Si voltò, incontrando l’immagine del Soldato D’Inverno ancora equipaggiato con uniforme tattica ed armi in fondina.
- A questo giro starai in panchina, James.- quello lo lasciò sospirare e staccare le spalle dalla porta con un moto di fastidio – ho bisogno di te qui, al quartier generale. Vieni con me.
 
La mano tesa verso le spalle, ad accompagnarlo un paio di piani sotto.
 
La sala operativa.
Il giovane ne varcò la soglia con espressione insospettita e curiosa.
 
- Hai mai usato queste attrezzature?
No, replicò con un cenno del viso, mentre il direttore di avvicinava ad una delle postazioni computer e la predisponeva all’utilizzo.
- Ti aiuterà Sara. Il tuo compito, da ora, sarà studiare. Analizzerai ogni mossa, ogni comportamento, ogni particolare che ci possa far capire chi è questo soldato perfetto, come agisce, come pensa. E, se possibile, chi lo pilota e come. Se la cosa ti crea problemi-
- Non mi crea nessun problema.- James si lasciò cadere sulla sedia di fronte allo schermo, evitando di guardare il superiore e mal celando un nervoso deglutire – devo solo capire come funziona.
- Sul serio.- Coulson gli appoggiò una mano sulla spalla, stringendo appena – ritieniti libero di interrompere quando vuoi. Sei qui perché sei l’unico capace di farlo, ma non per questo-
- Non mi crea nessun problema.- il giovane lo interruppe di nuovo, stavolta sollevando quello sguardo di ghiaccio sul suo e provocandogli un brivido.
- Ok.
 
Un respiro, profondo, aspettando che al direttore si sostituisse la collega.
- Te la senti? – Sara gli si accomodò accanto, lasciandolo annuire – quando sei stanco, ci fermiamo.
- Non sono di cristallo, Sara.- replicò lui, con un velo di rabbia nella voce.
- Ritenta.
- Dimentico che leggi nel pensiero.- lui la lasciò iniziare a digitare sulla tastiera ed aprire pagine su pagine di files, immagini e filmati.
- Non lo sto facendo, non ora. Ma non eviti di deglutire, e ci vedo benissimo. Vado avanti?
 
Un’occhiata, veloce, per poi tornare allo schermo.
- Forse le tue sono le più profonde; ma non detieni l’esclusiva, sulle cicatrici, sai?
 
Le sue dita si muovevano agili sui tasti, lo sguardo era concentrato su ciò che lo schermo mostrava, fossero fotogrammi da isolare o scatti in cui evidenziare particolari.
La osservò a lungo, poi tese la mano a fermarla:
- Ehi. Ferma, qui.
- Vuoi-?
- Non voglio sospendere. Guarda qui.
 
Un particolare, poi un altro, ed un altro ancora. Alcuni molto evidenti, altri piccolissimi e quasi impercettibili.
 
Una manciata di ore, e poco oltre il tramonto erano in grado di tracciare un profilo di massima di quell’uomo che in ogni immagine appariva vestito di nero e con il viso sempre nascosto da una mascherina.
- Indossa il visore ad infrarossi.
- Come fai a-?
- E’ identico a quello che portavo quando ho lottato sul ponte con Steve. Me l’ha rotto Nat con un proiettile. Indossa la stessa cosa; la riconoscerei fra un milione. Vieni.
 
S’era lasciato seguire fino all’armeria, fino al box che conteneva le attrezzature che gli avevano sequestrato alla cattura.
- Hai l’accesso a questa roba? – lei lo lasciò strisciare il badge, sgranando gli occhi per la sorpresa.
- Sì, da quando gioco coi buoni e non indosso più le manette.- lui sollevò il polso, mostrando l’assenza del bracciale di controllo – eccola.
 
James aveva ragione; la mascherina era identica, come identiche erano le fondine che quell’uomo portava sul sopra-coscia.
- Iniziamo analizzandone i materiali; Fitz ci metterà dieci minuti, a scoprire quando e dove le hanno prodotte.
 
Incrociando i dati, riuscirono a risalire a due aziende che apparivano legate alla mafia giapponese e, da quelle, direttamente ad un nome che compariva frequente nella lista dei contatti di Fisk.
 
Nobu.
- Ti dice qualcosa? – Sara evidenziò quel dato sullo schermo olografico. Suo padre rispose facendo cenno di no con la testa.
- Nulla. Continuate ad indagare sul soldato; io nel frattempo passerò questi dati a Fitz, che..
-..Li incrocerà con tutti i movimenti di merci entranti ed uscenti dal porto di New York, trovando un recente arrivo per cui è stato richiesto il completo isolamento dei moli.- comparve il diretto interessato, dal nulla come fino a quel momento solo il principe nero era solito fare.
- Tu passi troppo tempo con Loki.- Coulson lo puntò con l’indice, lasciandolo sorridere e depositare il pad con i risultati dell’indagine appena conclusa.
- Ecco.- appena caricato il materiale, Leo sollevò il naso verso lo schermo ed iniziò ad illustrare il tutto con il tocco delle dita – quel nome risultava in diverse liste; ci ha insospettito la richiesta inoltrata alla polizia di tenersi lontana tipo barriera.
- E chi-?
- Wilson Fisk.
- Cosa c’era, di tanto importan-?
- Questo.- Leo interruppe per la seconda volta la voce del proprio capo, meritando uno sguardo obliquo e continuando a sorridere – sì. Ok. Mi ha trasmesso un paio dei suoi viziacci. Loki, intendo. Ma non stavamo parlando di questo; allora.. vedete?
Il suo indice ora puntava il fermo immagine di una videocamera di sorveglianza del porto, in cui si vedeva chiaramente una figura seminascosta entro la linea d’ombra di un container aperto, quasi indifferente al movimento di uomini che aveva intorno.
- Un ragazzino?
- Un’arma. Secondo gli studi di Loki, si tratta di un individuo dotato di particolari capacità, scelto per diventare l’involucro.
- Una vittima sacrificale.
- Esatto. Peccato che il nostro amico avvocato-vigilante cieco gli abbia messo i bastoni fra le ruote, mandando a monte l’operazione con l’aiuto di un non ben specificato tizio.
- Quel vecchio lì.- Coulson puntava un angolo inquadrato poco e male dalla telecamera, dove però si riusciva a vedere, nell’immagine di nuovo in movimento, l’uomo con i capelli bianchi che scoccava una freccia a colpire il ragazzino. Il piccolo corpo si accasciava a terra, fra i movimenti da panico dei malviventi, e il direttore fu costretto per un istante distogliere lo sguardo.
- Ma questo è successo poco più di sei mesi fa.- Leo si affrettò a venirgli in soccorso, spostando quell’immagine per inserirne un’altra dal pad, in cui compariva la sagoma del soldato – possiamo quindi ipotizzare che i nostri amici abbiano trovato una nuova.. cavia.
- E che stavolta abbia funzionato.- Sara si tese a puntare l’uomo interamente vestito di nero, ingrandendo il logo che compariva al centro della sua schiena, lo stesso riportato sul portello del container in cui avevano visto il ragazzino – hail Hydra..
 

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Capitolo 32
*** The Perfect Soldier (part2) ***


L’abbiamo individuato.
 
Leo sembrava trattenere il respiro, di fronte al puntino lampeggiante che indicava sullo schermo olografico la posizione dell’obiettivo. Un leggero scatto, a voltarsi come per chiedere conferma, e trovò espressioni che non si allontanavano troppo dalla sua.
 
E ora?
 
- E ora andiamo a prenderlo.- la voce di Coulson sembrava quasi tuonare, nel silenzio della stanza – May, tu e Sara provvederete a neutralizzarlo. Romanoff, tu di appoggio. Barton.. prepara l’attrezzatura, tu sarai la copertura da distanza, casomai avesse rinforzi nei dintorni.- lasciò che i tre annuissero ed andassero ad equipaggiarsi, per passare agli altri – Fitz, tu li coordinerai aggiornandoli con ogni variazione di posizione che riuscirai a rilevare. Simmons.. dagli una mano.
- Noi che facciamo? – Steve si appoggiò al tavolo olografico, spostando lo sguardo dallo schermo al direttore.
- Pronti ad intervenire in caso le cose si mettano male. Segui le ragazze sul quinjet.
- Vado anch’io, se non ti dispiace.- Tony lo salutò con una minuscola smorfia.
- A dire il vero.. ok, va bè.
-..Sempre in panchina? – James si fece avanti, incrociando le braccia, senza perdere il broncio che aveva mantenuto lungo tutto quel quarto d’ora di briefing.
- Lower East Side.- Coulson sollevò su di lui uno sguardo carico di apprensione paterna – te la senti, di fare un tuffo nel passato?
- Perché no?
- Allora seguimi.
 
Le coordinate di Leo indirizzavano ad una manciata di chilometri da strade che James conosceva più che bene, dopo averle battute per intere stagioni, senza pausa, con in braccio il pacco dei quotidiani.
Il giovane scese dall’auto e rimase per un lunghissimo istante fermo, immobile a percorrere il perimetro intorno con lo sguardo, come cercando di ritrovarne rumori, odori e quant’altro potesse servire alla propria memoria.
- Andiamo?
La voce del direttore lo riportò coi piedi a terra come dopo un volo di tre piani.
Di fronte a lui, il profilo color mattone dell’Angel Orensanz Foundation Center.
 
Rosso.
 
Sangue.
 
Prendere il respiro, prima di tendere le dita a raccogliere i capelli indietro in un codino, e poi lasciarlo andare sulle spalle, vestite della divisa da artista alternativo.
- Cosa dovrei essere? – chiese, controllando con scetticismo la camicia che gli avevano trovato nel fondo di chissà quale armadio della Tower.
- James Ludlow, pittore. Sei qui per l’esposizione di beneficenza, una delle tue opere andrà all’asta e forse avrai l’onore di stringere la mano al presidente degli Stati Uniti.
- Ah.- una rapida occhiata intorno, mentre l’area si riempiva di SUV neri e di uomini dotati di armi nascoste ed auricolari.
- Sì, lo so. Ma Loki questa volta ha detto passo. E non posso portarmi dietro sempre e solo il medico eroe dei bambini. Te la senti?
- Certo. Solo una cosa; anzi.. due.
- Dimmi.- di fronte a quell’indice teso, Coulson sfilò gli occhiali da sole.
- Voglio un’arma. Piccola, leggera, qualunque.
- L’avrai, appena passata la sorveglianza. La seconda?
- Potete piantarla una volta per tutte di trattarmi come un cucciolo ferito? Mi sto seriamente scocciando.
Quel broncio sulle labbra del giovane fece sorridere il direttore, prima di inforcare di nuovo gli occhiali:
- Ricevuto, sergente. Benvenuto nel team.
 
La sala appariva immensa e maestosa, nelle sue linee gotiche perfettamente conservate. Alcuni dei più affermati galleristi di New York ne illustravano la storia, prima di introdurre il selezionatissimo pubblico alla mostra vera e propria. Di fronte ad una tela, Sara piegava la testa da un lato, come un bambino che cerca di capire da che verso si guarda.
- E’ giusta così.- la voce di Bucky, dritta alle spalle, la lasciò quasi ridere.
- Sicuro? – si voltò, scoprendo un per niente convinto collega, vestito di jeans sdruciti e camicia a rigoni che stonavano da morire con l’espressione seriosa del Soldato d’Inverno.
- Boh.- lui le si posizionò accanto, incrociando le braccia.
- E pensare che l’autore sei tu.- lei indicò il nome scritto sulla tela in fondo a destra. Il giovane si piegò ad indagare, assottigliando appena gli occhi.
- E io che credevo l’avessero fatto fare alla figlia di Loki.
Sara rise di nuovo, arginandosi a stento con le dita contro le labbra.
- Smettetela, bambini..- ecco May, con un velo di rimprovero nelle labbra laccate di rosso.
- Lasciatelo dire.. wow..- Sara rivolse una smorfietta d’approvazione alla sua mise da elegante uptown lady, lasciandola scuotere la testa ed allontanarsi verso la folla che ora si andava ad accalcare all’ingresso, attorno al presidente ed alla sua scorta.
- Occhi aperti.
La ragazza le fece segno di ok, voltando le spalle alla tela ed affiancando Bucky nel percorrere l’intero perimetro con lo sguardo.
 
- Là.
All’improvviso, la voce scura del giovane ruppe il brusio, vicinissima al suo orecchio. Sollevò lo sguardo e lo vide.
Alto, nero. Il viso coperto dalla mascherina col visore ad infrarossi. Si confondeva con l’ombra delle volte e percorreva il ballatoio di metallo con passi silenziosi e mosse studiate, senza smettere di tenere d’occhio la folla attorno al presidente.
Uno scambio di cenni d’intesa, ed i due agenti si separarono, cercando una via che permettesse loro di raggiungerlo ed accerchiarlo, prima che si posizionasse, appoggiasse il fucile che aveva fra le dita e puntasse.
 
Veloci, leggeri, stealth.
 
Si arrampicò lungo una minuscola scaletta di sicurezza, mentre dal lato opposto Bucky era già coi piedi sul ballatoio, lasciandola domandarsi come diavolo facesse ad essere freddo e perfetto da sembrare un automa.
Nonostante tutte le cicatrici che portava sul corpo, nella mente e nell’anima.
 
L’obiettivo si fermava, sceglieva con cura la posizione e mirava. Un attimo, la frazione di un secondo, e James gli era addosso, alle spalle, sfoderando un coltello e puntandoglielo alla gola.
Il fucile che cadeva nella sala, le grida di panico. Gente che indicava i due uomini impegnati in combattimento, fuggi fuggi, la scorta che faceva ripiegare velocemente il presidente, portandolo fuori dal raggio di pericolo.
L’uomo nero che riusciva a ribellarsi, forte di un’energia inaspettata anche per il Soldato d’Inverno, e lo costringeva all’inseguimento attraverso una vetrata mandata in pezzi dalla spinta delle sue spalle.
 
Un’altra manciata di secondi, e la ragazza si trovò a dover aiutare il collega messo a terra e disarmato con un calcio dal nemico.
- Fermo! – gridò, usando tutta la voce che possedeva. Quell’essere sembrò non prestarle nessuna attenzione.
Sara premette il dito sul grilletto, il proiettile si andò a conficcare nella spalla del nemico. Questo fece solo un minuscolo scatto indietro.
 
Come se l’avesse semplicemente punto un insetto.
 
Sparò un altro colpo, e poi un altro ancora. Unico effetto, il vederlo voltarsi appena, piegando il viso da un lato. Prese la rincorsa, forte del suo aver distolto l’attenzione dal collega a terra, e provò a fargli perdere l’equilibrio minando in scivolata le sue caviglie, mentre Bucky si spostava a lato, rotolando lungo il pavimento di cemento di quel tetto e cercando di arginare come poteva le ferite che i pugni di quella specie di mostro gli avevano causato sui fianchi e sulle braccia.
 
Il tipo sgusciò via, muovendosi come avrebbe fatto un ragno. Un salto in rovesciata, ed era mezzo metro lontano, senza quasi darle il tempo di capire come diavolo avesse fatto. Protetto da un camino, sfoderò una pistola ed aprì il fuoco.
- Maledett-! – Sara riuscì a trovare rifugio dietro un altro muro, e da quel punto vide chiaramente il collega farle cenno di aspettare, e coprirlo. Ricaricò la propria arma, e ne seguì il movimento facendo ripetutamente fuoco sul nemico.
 
I proiettili lo colpivano. E non gli facevano nessun effetto.
 
Il cuore in gola, vedendo Bucky di nuovo in netta difficoltà e disarmato del coltello, che ora passava fra le mani del nemico come fosse stato una piuma.
Quel movimento, lanci e scatti e prese al volo, sorprese il giovane, bloccandolo per un istante. Quello che bastava per venire sfregiato a metà torace e piegarsi a terra per il dolore.
L’uomo in nero adesso era sopra di lui, gli raccoglieva i capelli e tirava, scoprendo il collo, pronto al colpo di grazia. Sara sparò un altro proiettile, due, riuscendo a rallentarlo per una manciata di secondi. Poi l’arma le si inceppò fra le dita e lei, presa dalla disperazione, raccolse tutte le forze che aveva e gliela tirò, centrandolo su uno zigomo e costringendolo a spostare il viso di scatto, mentre la mascherina cadeva a terra.
 
James non la poteva aiutare. Ed ora l’attenzione del nemico era tutta su di lei.
 
Per un attimo, un attimo solo, fu presa da una terribile voglia di darsela a gambe. Quel mostro raccolse la pistola, la esaminò appena e si voltò a puntarla contro di lei, con le labbra piegate in un sorriso appena accennato che sapeva di demoniaco.
 
Il cuore le volò dritto in gola.
 
Adesso, anche volendo, i suoi piedi non riuscivano più a muoversi dal punto in cui li teneva.
Un brivido, a percorrerle la spina dorsale.
 
Quell’essere le arrivò di fronte, ignorando le grida dell’uomo a terra alle proprie spalle, sembrò sgranchirsi il collo prima di sollevare la mano e puntarle l’arma direttamente alla fronte. Sara raccolse il respiro e sollevò gli occhi contro i suoi.
 
James gridò di nuovo, più debole e strozzato, raggiungendo a fatica il coltello e sollevandolo in modo da poterlo lanciare.
 
Quello che vide ebbe il potere di congelarlo.
L’essere nero si fermava. Invece di premere il grilletto, le sue dita lasciavano cadere l’arma a terra.
Un lunghissimo istante, immobile, poi con uno scatto raggiungeva il cornicione e saltava oltre, mentre Sara non provava nemmeno a fermarlo, né a sporgersi per vedere dove fosse andato.
 
- Che.. che diavolo-? – provò a sollevarsi, ma una fitta di dolore più intensa contro il petto lo costrinse di nuovo faccia a terra.
- Stai giù. Chiamo il team d’estrazione.- la collega lo raggiunse, piegandosi in ginocchio al suo fianco e tendendo una mano verso le sue spalle.
- Che.. che è successo? Lui.. lui è.. lui si è fermato; voleva.. voleva ucciderti e si è..
- Non l’ha fatto.
- Perché-?
- Perché non può.
 
Agente Coulson, a rapporto.
 
La voce di Jarvis la sorprese, elegante e leggera come al solito, non appena mise piede nell’ascensore della Stark Tower. Raccolse il respiro, senza neppure rispondere, premendo il tasto del quarantesimo.
 
Ciò che rimaneva dello Shield la stava aspettando nella sala riunioni. C’erano tutti, lo sapeva. Tutti in attesa di quel perché, di una risposta che solo lei per il momento aveva.
Il soldato perfetto, il prototipo dell’Hydra, le aveva puntato una pistola alla fronte e non aveva premuto il grilletto. E le parole che aveva detto a James volevano dire tutto ed il loro contrario.
 
Agente Coulson..
 
Ora la voce ad accoglierla era quella più umana di suo padre, che mal celava un fastidio già visto tutte le volte in cui s’era cacciata in un casino.
- Lo so. Risposte.- abbandonò lo starkphone sul tavolo olografico, lasciando che questo iniziasse in automatico l’upload dei dati registrati dalla body cam che portava dentro il ciondolo da cui non si separava mai – eccole qui. Non mi ha sparato. Eppure poteva farlo, aveva il dito sul grilletto e la canna alla mia fronte. Ma non ci riesce. Non può.
- Perché? E’ programmato per proteggere le aliene dal sangue curativo che servono ai suoi padroni? Perché gli servite vive?
- Fuochino, direttore.- le dita della ragazza andarono ad allargare l’inquadratura, e ciò che l’intero gruppo vide ebbe il potere di gelare loro il sangue nelle vene.
 
Il viso era grigiastro, il pallore di un morto. Sul collo, appariva una specie di vena pulsante, leggermente più scura. Gli occhi erano totalmente assenti, spenti e vuoti.
 
Ma quelli erano i tratti dell’agente Ward.

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Capitolo 33
*** Maveth ***


Grigio.
 
Nebbia.
 
Apriva gli occhi, e l’immagine di quella donna tornava a ferirli. Una fitta, che lo costringeva a chiuderli di nuovo, mentre il dolore si faceva più intenso, invadendogli la testa ed il cuore.
 
Perché?
 
Potevi ucciderla. Dovevi ucciderla. Era facile. L’hai lasciata andare.
Perché?
 
Un respiro, lento, profondo. Il soffitto grigio della specie di cella in cui rientrava dopo ogni missione non sembrava volergli fornire risposte.
 
Rumore di passi, oltre la porta. Sempre più vicini. Voci sempre più distinte.
La chiave nella toppa, la porta che si apriva rivelando tre, quattro presenze. Uomini vestiti di grigio come l’involucro che gli avevano dato.
- E così.. non l’hai uccisa.- la voce dell’ultimo vibrava di sarcasmo – bravo.
 
Non rispose, se non con uno sguardo appena accennato e vuoto.
 
- Forse non è un male, sai – l’uomo si faceva avanti, scivolando fra quelle che apparivano come semplici guardie armate – lei ci può servire. E ci serve viva. Hai sentito il suo odore, l’odore del suo sangue. Sarà la nostra risorsa per diventare immortali. Io, e te. Sulla testa del mondo. La prossima volta la catturerai, senza esitazioni.- tese una mano, raccolse una siringa piena di liquido scuro, e con un cenno impose alle guardie di immobilizzarlo e tendere le sue braccia, prima di farsi vicino da lasciargli percepire i propri battiti – è stato solo un piccolo inconveniente dovuto al tuo.. involucro. Non è perfetto come il primo, ma sai.. c’è stato un contrattempo ed abbiamo dovuto.. improvvisare.
 
Il terremoto. Non era stata più che una minima scossa, capace solo di scuotere quella vecchia casa e farne cadere qualche mattone. Nulla più del danno già causato dal tempo e dall’abbandono.
Gli occhi che si aprivano e riuscivano a percepire solo sagome indistinte, in un mare di nebbia. Il fuoco che gli invadeva il petto, inchiodandogli tutti i muscoli al suolo.
 
L’esperimento è riuscito, signore. L’involucro non rigetta la presenza dell’essere.
 
Benissimo. Bene arrivato, mio signore..
 
Voci, in quell’oscurità. La sensazione di una presenza a stringerli la gola, a bruciargli dentro. Poi una di quelle voci s’era affacciata entro il suo perimetro visivo, con le labbra dipinte da un ghigno che sapeva di malefico.
E poi, il vuoto.
 
Quella sostanza scura gli dava la forza di combattere a mani nude spezzando ossa, la concentrazione necessaria a puntare un’arma e non far mai fallire un colpo. Alla fine di tutto, i ricordi sparivano in quella nebbia e non c’erano domande né risposte, nel soffitto grigio di quella specie di cella.
Poi, lo sguardo di quella donna. Dritto nel suo, con qualcos’altro al posto della paura. Qualcosa a cui non era in grado di dare spiegazioni.
 
Perché?
When you see her, say a prayer and kiss your heart goodbye
She's trouble, in a word get closer to the fire
Run faster, her laughter burns you up inside
You're spinning round and round
You can't get up, you try but you can't
Quien es esa nina.. who's that girl..



Madonna cantava in sottofondo, nella sala operativa della Tower immersa nella penombra. Oltre le finestre, New York appariva frustata da un temporale senza precedenti e Thor giurava di non saperne niente.
 
Suo fratello si muoveva agile fra i computer, gli schermi olografici e la postazione di Fitz, e fischiettava quel motivo con nonchalance. Sara lo fissava con lo sguardo obliquo di chi sospetta di essere discretamente presa in giro.
- Sto solo cercando di alleggerire la tensione – il giovane sollevò le mani, sentendo quel qualcosa sulle spalle e piegandosi sul tavolo olografico – non guardarmi in quel modo, piccola Coulson. Mi metti freddo.
- Non eri un gigante di ghiaccio? – lei scivolò via dallo sgabello su cui si era appostata, raggiungendolo ed appoggiando i gomiti accanto al suo perimetro.
Una vita fa.- replicò quello, con un cenno della mano, senza distrarsi più di tanto dal proprio lavoro.
- A che punto sei? – gli chiese, sollevando lo sguardo su quello che appariva come un primo risultato.
- Abbiamo la localizzazione del posto in cui i nostri nemici tengono il loro soldato perfetto, con un margine di errore del nove per mille. Fitz è un tipo davvero sorprendente.
- Ti farebbe comodo per dominare l’universo.
- Anche per evitare che lo facciano altri, può bastare. Guarda.- lui mosse le dita, mostrandole la simulazione dell’interno di una qualche fabbrica abbandonata.
- Cosa sto vedendo?
- Il magazzino 6A del nono blocco di Hell’s Kitchen. E’ stato sgombrato due giorni fa, ma il palazzo non è ancora stato demolito.
- L’accordo di quel Fisk con la mafia giapponese risulta saltato.
- Direi più.. andato in fumo.- Loki sorrise, giocando con ironia sulla notizia del ritrovamento del cadavere di Nobu bruciato non meno di tre isolati più ad est – perdona la battuta.
La ragazza scosse appena la testa, tornando a fissare le immagini che le dita del principe nero avevano accostato:
- Accordo saltato, quindi il palazzo non verrà demolito ed il terreno non sarà assegnato come pattuito per la nuova costruzione.
- E qui ti sbagli. Leo ha scavato un po’ e ha trovato questo.- lui le aprì una pagina in cui compariva un documento recante i termini di un contratto di compravendita, datati quella mattina.
- E con chi si è accordato Fisk?
- Con lui.- ora le dita di Loki trascinavano a tutto schermo la foto di un uomo – ti dice qualcosa?
- No. Ma non ha l’espressione di uno che gioca coi buoni.
- Infatti. Ti presento mr. Gideon Malick, segretario generale della difesa nonché esponente di spicco dell’Hydra.
- Di male in peggio.- Sara incrociò le braccia, scurendosi in viso. Uno scambio di sguardi – ma non è finita qui, vero?
- Devo smetterla, di giocare con le femmine che hanno dei poteri – Loki sollevò le mani, con un sospiro e l’aria di uno che non ha assolutamente voglia di scherzare – è iniziato tutto da qui.- le dita scivolarono sullo schermo, e l’immagine che apparve era quella, orribile, di tre corpi sfigurati dal fuoco e posizionati a terra come in uno schema rituale – sono sei giorni, che Katie non vuole mettere il naso fuori di casa. Abbiamo pensato ad un capriccio, ad una crisi di mammite, all’influenza. Niente. Poi due notti fa si è svegliata, e non succedeva da settimane. Si è svegliata e mi ha raggiunto alla poltrona, come ogni volta che è preda degli incubi. Mi si è rannicchiata addosso che tremava, ma non sembrava avere febbre. E me l’ha detto.
- Co.. cosa?
- Il perché. Non vuole uscire perché ha paura.
 
La gente brucia, papà..
 
- Credevo avesse visto qualcosa dell’incidente di Nobu, e invece mi ha descritto.. questo. Me l’ha descritto con una dovizia di particolari che neppure la scientifica, come se..
- Come se fosse stata lì.
-..O come se potesse vedere attraverso gli occhi dell’assassino, sentire i suoi brividi e leggere il suo pensiero. Ha visto una sala grigia, tre ragazzi portati dentro da tre guardie armate, legati e bendati. Ha visto il simbolo del mostro rosso, e poi la nebbia che li avvolgeva.
 
La nebbia usciva dalle sue mani..
 
- Un inumano?
- Temo molto peggio, Sara. Credo che i nostri calcoli iniziali ci abbiano portato fuori strada, che il portale sia stato aperto con quel terremoto alla vecchia casa abbandonata, e che lui sia già fra noi.
- E.. il suo esercito? Non stava scritto che avrebbe richiamato un esercito per dominare i nove mondi?
- Non ha bisogno di evocare un esercito.. perché lo ha già.- le dita di Loki continuavano a sfogliare, ed ecco nuove immagini. Altri resti bruciati e, accostate, foto di presone scomparse – ventisei, in meno di sei mesi. Alcune non sono mai state ritrovate, di altre è rimasto un mucchietto di cenere. Nella maggioranza dei casi, si sono perse tutte le possibili tracce di DNA che potessero far combaciare i resti alle persone scomparse. Che però hanno tutte una cosa in comune.
- Inumani.
Loki emise un sospiro, facendo segno di sì con la testa:
- Tutte persone già contattate ed identificate, un paio erano nel centro di analisi-detenzione del governo. E Stella ha detto di essere sfuggita per un pelo ad una squadra di uomini armati.
- E la.. la nebbia?
- La nebbia è l’essenza di quella cosa, Sara. Maveth, la morte come punizione. Nei secoli ha assunto altri nomi, molti nomi, ma resta sempre e comunque fatto di nebbia.
- E nebbia torna ad essere, ogni volta che ha bisogno di migrare fra i corpi per vivere?
- O di nutrirsi. Secondo gli studi di Fitz, quelli sui simboli, è possibile che abbia potuto sopravvivere ad Helheim grazie a vittime sacrificali inviate dai suoi adepti attraverso il portale, in attesa di perfezionarlo e rendere possibile il viaggio. Ogni mondo ha almeno un passaggio di comunicazione con gli altri: Bifrost, o l’energia del cubo, oppure porte nascoste che io una volta conoscevo molto bene. Alcuni vengono aperti da allineamenti planetari, altri da particolari condizioni fisiche delle diverse atmosfere. Il passaggio di Helheim avveniva attraverso un monolite, capace di attivarsi con l’allineamento delle sue lune e vibrazioni atmosferiche molto peculiari. Gli antichi smembrarono il monolite, per renderlo inefficace. E resero praticamente impossibile ricreare il varco.
- A quanto pare, invece, l’Hydra è riuscita a farlo.
- E il terremoto è stato il risultato della vibrazione che hanno prodotto. Ma c’è una cosa peggiore, Sara. Non solo lui è qui e si sta potenziando con l’energia vitale degli inumani.. mia figlia non ha avuto soltanto quel flash, con quei ragazzi bruciati dalla nebbia che sprigiona dalle dita. E.. se quello che temo è vero, non vede attraverso i suoi occhi, ma attraverso quelli dell’involucro in cui ora si è stabilito.
- In.. involucro?
- Migra fra i corpi appena morti, ricordi? Quelli a cui non è ancora raffreddato del tutto il sangue. E i nostri amici dell’Hydra gliene hanno forniti di continuo: vittime sacrificali, involucri da cui succhiare l’ultima linfa, fino ad esaurirla e passare al successivo.
- Mi stai dicendo che-?
- Mia figlia riesce a vedere così solo chi è strettamente connesso a lei, e per osmosi anche tutti quelli che hanno un forte legame con loro. Le ho chiesto cosa percepisse, di quest’essere che crea la nebbia che brucia. Mi ha risposto lui è cattivo.., e aveva un’espressione impaurita che le ho visto una volta sola. Ti ricorda nulla?
 
Sara abbassò il viso e si ritrovò a deglutire, mentre un brivido le percorreva la spina dorsale.

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Capitolo 34
*** Fog, Light And Fire ***


Il temporale proseguiva senza sosta, e il colore del cielo non presagiva nulla, di buono ma neanche di naturale.
E ora Thor lo osservava seriamente preoccupato.
- Sento qualcosa di oscuro. Vicino, molto vicino. Sembra che-
 
Il terremoto fu improvviso e forte. Scosse il profilo della Tower e lo skyline circostante, lasciando cadere oggetti e crepitare l’aria come un lungo e malvagio tuono. Subito dopo, un istante di silenzio che apparve infinito, prima che l’urlare delle sirene dei soccorsi lo spezzasse riempiendo la città.
 
Lo sguardo di smeraldo del principe nero si spostò lentamente lungo quelli degli amici.
- Contattateli. Contattateli e fate in modo che ci raggiungano al più presto.
- Chi? Contattare chi? – dall’angolo di divano su cui s’era dovuto appoggiare dopo che quella scossa gli aveva fatto perdere l’equilibrio, Couson gli rispose a sopracciglia aggrottate – si può sapere di cosa stai parlando?
- Io e Fitz abbiamo approfondito alcune ricerche, nelle ultime settimane.
- Lasciami indovinare: tua figlia.
- Già. E questo non è un altro portale che si apre. E’ lui. E’ fra noi, fin dall’altro terremoto. E non radunerà un esercito, non nel modo convenzionale che credevamo.
- Inumani.
- Esatto.
- Ha qualcosa a che fare con le vittime di quella specie di.. rituale satanico a cui si riferivano le immagini che abbiamo hackerato alla polizia?
- Con loro, e con le vittime di omicidi simili avvenuti negli ultimi mesi. Comune denominatore, sono persone già indicizzate. Dobbiamo portare qui tutti quelli di cui siamo a conoscenza, inclusa Stella. Tony.
- Sì.- quello scattò in piedi, con un’espressione più scura di quella del giovane.
- Jarvis controlla l’intero involucro della torre, vero?
- Esatto.
- Ok. Attiva la barriera di protezione. Ragazzi..
- Mettiamo al sicuro più persone possibili.- Steve fece un cenno, May e Clint risposero annuendo, prima di muovere i propri passi verso il corridoio.
- Ehi! Ehi! Vi degnereste di spiegarmi? – Coulson adesso appariva seriamente contrariato – sono ancora il direttore, sì o no?
Loki sollevò le mani, in un sospiro:
- Li ucciderà. Ucciderà tutti, ne acquisirà le capacità, ne farà la propria fonte di energia. Il proprio esercito personale. E questo..- tese gli indici e li fece roteare intorno, ad indicare l’effetto del terremoto sul salone della lounge, i bicchieri rotti a terra e un paio di faretti che ancora emettevano qualche scintilla – è solo l’inizio.
- Cosa dobbiamo fare?
- Li percepisce. Sente l’odore del sangue, può sentire le sue vittime a distanza. Per questo dobbiamo mettere al sicuro più inumani possibili, e dobbiamo essere in grado di difenderli.
- Dal loro soldato perfetto?
- Non ci sei, Coulson. Quell’essere è il soldato perfetto. Gli attentati di questi mesi erano solo una manovra per dare inizio alla sua missione. Non è uno schiavo dell’Hydra.
- E’ la testa.- vibrò la voce di Nat, al suo fianco.
- E noi dobbiamo tagliarla. Ma non ce la faremo, non con armi umane. Per questo le sue potenziali vittime, radunate qui, ci serviranno anche come esca. E’ cinico, lo so; ma qui potremo prendere tempo, attirandolo entro un perimetro definito e che conosciamo. E quando sarà alla mia portata.. lo colpirò con l’onda d’energia della sfera.
- Tuo padre ha-?
- Mio padre è ancora molto scettico, soprattutto sul fatto che la maneggi io.
- Non avete fatto pace? Non si fida ancora di te, nonostante-?
- Sono umano, ora, Coulson. Il sigillo non è reversibile, se autoinflitto. E la sfera brucia, molto più del Tesseract.
- Dovrai stare attento. Ok..
 
Il direttore organizzava e gestiva le squadre di recupero, Tony provvedeva a controllare ed attivare la barriera che avrebbe protetto i nuovi ospiti. Loki era già sul terrazzo, dopo un minimo cenno alla moglie, ad indicarle di tenere al sicuro la bambina.
Poi, un raggio di luce, intensa e vibrante, ed era scomparso.
 
Molto meglio di un jet privato, per fare un salto a casa..
 
Sara si guardò intorno, provando a scuotere dal proprio corpo quel brivido.
 
Il soldato perfetto non era un prototipo, ma solo un contenitore per l’essere oscuro da cui la stessa Hydra aveva avuto origine. Il buio. Il male.
Ed il collegarlo al viso che si era trovata davanti in combattimento aveva il potere di privarla di un battito.
 
Andiamo a prenderlo.- aveva annunciato suo padre, non più di dieci minuti prima. Il suo tono era grave, lo sguardo non aveva bisogno di commenti nel posarsi su di lei. Non serviva scavargli nel pensiero per leggerci un mi dispiace.
Ecco, era arrivato. Il momento per pentirsi, s’era detta. Il momento in cui anche lui avrebbe provato un’orribile stretta al cuore. Chiunque ci fosse, dentro quell’involucro, probabilmente non era così che avrebbe voluto che finisse. Neppure lui. Neppure se Grant Ward era stato un infame traditore.
 
Raccolse il respiro, lentamente, prendendo coscienza di quello che sarebbe stato il suo ruolo all’interno di quella partita: la mezza asgardiana dal sangue miracoloso. L’oggetto del desiderio, per l’Hydra ed il suo soldato perfetto.
 
L’esca.
 
Tutto previsto, fin nel minimo dettaglio. Raccogliere chiunque apparisse sull’indice governativo, portarlo entro il perimetro della Tower convincendolo che fosse per lui il posto più sicuro. E nel frattempo simulare una fuga di notizie, monitorando l’attesa reazione di contrattacco del nemico.
Fitz sorrideva, digitando convulsamente sulla tastiera del portatile, mentre a pochi metri i Suv neri dello Shield lasciavano scendere una ventina di persone che si scambiavano sguardi confusi, varcando i pannelli vetrati dell’ingresso. Era la prima volta, che lo vedeva con quell’espressione da piccolo demone, e la cosa le mise addosso un secondo inspiegabile brivido.
- Come procede? – gli s’avvicinò, cercando di mantenersi fredda, informale.
- Bene, direi. Se posso azzardare un’espressione tipica di Tony.. ci sono cascati in pieno.- lui si appoggiò allo schienale della poltroncina, scostandosi quanto bastava dal PC da lasciarle leggere gli aggiornamenti sullo schermo – hanno due auto già oltre l’angolo, più una mezza dozzina di uomini appostati nei dintorni dell’ingresso. Aspettano che venga segnalata una falla nella sorveglianza, c’è uno dei loro all’opera in questo momento, per la precisione.. questo qui.- l’indice a puntare un tizio che, armato di occhiali scuri e cappellino, fingeva di sorseggiare un doppio mocha seduto al bar oltre la strada, digitando nel frattempo qualcosa sullo schermo di una specie di smartphone. Ed un secondo sorriso che lo faceva tanto figlio adottivo del dio degli inganni. Sara sospirò, pesante, scuotendo la testa.
- Che c’è?
- Passi decisamente troppo tempo con Loki.
A quelle parole, Leo abbassò per un attimo lo sguardo, ed il suo sorriso si fece più aperto e spontaneo.
- Già. Allora, torniamo a noi. Tu ora dovrai-
- Pronta? Fitz, come procede il monitoraggio? – la voce del direttore li interruppe come un sasso fa dell’equilibrio dell’acqua. Pasi veloci, aria ancora più scura e preoccupata.
- Dobbiamo parlare.. di un’altra cosa.- la ragazza tese una mano, a sfiorarlo appena sulla camicia.
- No.
- Papà.
- E’ la mia risposta. No. Non sarai l’esca per quell’essere. Lo attireremo qui secondo i piani, stanno già arrivando almeno cento-
- Non sacrificheremo tutte quelle persone. E non scuotere la testa; lo so, che sei d’accordo con me. Se non dovesse funzionare, se l’arma di Loki non fosse efficace, avremmo decine di inutili vittime e quell’essere sempre più forte. E’ questa, l’occasione. E io sono perfetta; sono l’esca che hanno sempre voluto.
- Sara..
- Lasciamelo fare. Almeno provare. Tu non c’eri, sul tetto dell’Orensanz. Si è fermato. Dentro quella cosa c’è ancora lui.
- Che stai cercando di fare, Sara? Ti ha tradito, in tutti i modi che conosceva. Non merita di-
- E’ morto, papà. S’è fatto ammazzare per proteggere me. So quello che può succedere, conosco le probabilità di fallimento della missione. E ho sentito anche parole di Loki che nessuno ha potuto sentire. Se anche riuscissimo ad eliminare quell’essere, il suo involucro è comunque morto. Per me. E almeno questo glielo devo.
 
Un sospiro, lento e pesante, accompagnò l’abbassarsi del viso del direttore Coulson, mentre le concedeva di fare quella pazzia con un solo e brevissimo cenno di sì.
Lei rispose a quel cenno, appoggiandogli la mano sulla spalla e stringendo appena, prima di raccogliere i passi ed uscire da lì.
 
Non farti ammazzare, là fuori.
 
L’ingresso appariva ancora più grande e freddo, svuotato di presenze umane ed arredi. E il buio cupo del cielo non aiutava a sentirsi confortati o sicuri. Poco distante da lei, Darcy si sollevava leggermente sulle punte, le sue labbra andavano a toccare quelle di James. Lui appariva sorpreso da quello slancio, e si ritrovava a raccoglierne il peso indietreggiando di un passo. Poi allungava le braccia e le circondava la schiena, restando appoggiato col viso contro quello della ragazza.
Come avesse cercato di prolungare il più possibile quell’istante di dolcezza.
 
Un ricordo buono per uno cattivo, Sara.
Si ritrovò a distogliere lo sguardo, un po’ per l’imbarazzo di assistere suo malgrado ad un attimo così intimo, un po’ per il dolore inconscio che quel gesto le stava provocando all’altezza del cuore.
Un sospiro, spostando lo sguardo verso la coppia di Suv neri che li aspettavano a bordo marciapiede.
Avrebbe dato l’impossibile, per un abbraccio come quello. Ma l’uomo da cui l’avrebbe voluto non esisteva più. In nessun senso.
 
When I fall in love
It would be forever
Or I’d never fall in love..
 
Basta, Sara. Non hai tempo. Non c’è tempo, per pensare a queste cose. Neppure se tutto, intorno a te, si ostina a ricordarti quello che hai perso. Le mani di James sul viso di Darcy, lo sguardo carico d’apprensione con cui Sif continua a scrutare il cielo. Non hai più tempo. C’è un nemico da sconfiggere, Sara. E non importa quale immagine sia quella che gli fa da involucro, non importa quanto farà male. Lui è morto, Sara. Chiunque fosse e qualunque sbaglio abbia fatto prima di arrivare a sacrificare la sua vita per te.
Un altro sospiro, ancora più pesante, come se le stesse mancando l’aria. E non bastava neppure la mano appoggiata sulla spalla da Tony, per alleggerirlo un po’.
Gli rispose con un vago cenno di assenso con il viso, prima di scivolare sul sedile posteriore accanto al Soldato d’Inverno.

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Capitolo 35
*** 35. Until The End ***


Il rumore secco di un tuono, sopra le loro teste. James tendeva il collo e spostava lo sguardo attorno, come un felino in attesa di preda.
 
Non l’aveva mai visto, durante un combattimento. Più gelido e duro di quando l’aveva visto inseguire quell’essere verso il tetto dell’Orensanz.
- Tutto bene? – osò raggiungergli la spalla con le dita e sentì ì suoi muscoli tendersi di scatto.
- Tu che ne dici? – fu la sua risposta, brusca e velata.
- Non credevo potessi provare paura.
- Non ne provavo. Prima.
- Ti sei offerto volontario, per la cura. E la macchina dei ricord-
 
La interruppe, con un semplice sguardo e portandosi l’indice teso sulle labbra. Poi indossò la mascherina col visore ad infrarossi e si mise in posizione, fucile imbracciato e testa bassa.
Ora non sembrava neppure respirare.
 
- Torneremo a casa. Ci torneremo tutti.- ripeté lei, muovendosi ad affiancarlo, e sentendo la propria voce cadere nel vuoto. A meno di cinquanta metri in linea d’aria, due pesanti Hummer neri sbarcavano una decina di uomini in tenuta d’assalto.
- Ecco la scorta.- sibilò James, dentro la mascherina, senza perdere la propria posizione.
- Che facciamo?
- Aspettiamo. L’obiettivo è lui.
Un altro cenno, rapido, ad indicare la figura scesa per ultima e rimasta ad una manciata di passi dal veicolo.
 
Asgard appariva sfolgorante, in quella mattina che nulla aveva in comune con l’atmosfera che aveva appena lasciato alle spalle.
- Principe..- la voce del guardiano lo sfiorò appena.
- Heimdall..- rispose, piegando le labbra e muovendo oltre i propri passi.
- Ho avuto alcune nuove, sul tuo conto.- quella voce scura lo obbligò a fermarsi, e a voltarsi interrogativo.
- Spero buone.
- A palazzo circola voce che tu stia cercando di fare l’ennesima delle tue pazzie.
- E tu che vedi tutto, Heimdall, ne hai compreso anche il motivo?
Ecco. Ora la voce si velava dell’antica rabbia, mentre incrociava le braccia sulla propria camicia midgardiana.
La risposta fu un lento e deciso cenno di sì.
- Quindi sei disposto ad aiutarmi?
- Solo perché lo è anche tua madre. Il Padre degli Dei ha vietato espressamente che la sfera venga toccata. Da chiunque, noi compresi. Non finché non ne sarà svelato il pote-
- Heimdall. Smettila. Ho il sigillo, non sono diventato un imbecille. Brucia. La sfera brucia tutto quello che incontra, una volta attivata. Il suo raggio incenerisce ogni essere dotato di geni appartenenti al nostro mondo, sia esso animale o vegetale. Non ha potere, contro gli umani. Per loro, l’effetto è come quello di un’implosione luminosa.
- Ucciderai chiunque sia sopravvissuto alla terrigenesi, o abbia in sé sangue asgardiano.
- Non quelli che avrò messo opportunamente al riparo. E il mio obiettivo è fondamentalmente uno, radicato in un corpo umano senza vita.
- Ucciderai anche te stesso.
- E credi che m’importi, guardiano? – Loki ora sollevava le spalle, rilasciando il fiato e perdendo anche l’ultima traccia del mezzo sorriso ironico con cui aveva fatto il proprio ingresso nel Bifrost.
Heimdall scosse la testa, lentamente. Poi sollevò la spada e la conficcò nella chiave del portale, levando il passo accanto al principe nero, diretto con lui al palazzo e a guai sicuri.
 
Quando il portale si riaprì, scoprendolo affannato e dolente, l’aria di pace della città d’oro s’era fatta frastuono, di tuoni e d’armi, fuoco e risposta al fuoco, e nel fumo faticò a distinguere gli amici dai nemici.
 
- Quanto accidenti ci hai messo?! – la voce nervosa di Phil Coulson lo accolse dietro i rimasugli di una vetrata della lounge, fra uno scatto per sparare ed il suo piegarsi a terra per ricaricare il fucile.
- E’ un piacere anche per me, direttore.- replicò, con una minuscola smorfia, prima di essere sfiorato da un proiettile e trovarsi costretto a piegarsi quasi viso a terra.
- Dietro al bancone! Presto! – quello gli raccolse un braccio e lo tirò di peso al riparo, tornando a caricare l’arma spalle al muro.
- Come.. cosa diavolo è-?
- Hanno attaccato. Saranno almeno cinquanta soldati dell’Hydra, hanno dalla loro parte anche alcuni inumani e il Quinjet che è scomparso tre giorni fa al Playground. E androidi. LMD dappertutto, sono immuni ai proiettili e sembrano inarrestabili. Sono perfetti, non riusciamo a distinguerli dagli altri; Fitz sta cercando di connettere dei sensori di calore ai mirini delle nostre armi, per avere il tempo di organizzarci ed utilizzare quelle più efficaci. Anche l’avamposto è in difficoltà, e-
Lo interruppe un boato, molto più forte dei tuoni che avevano crepitato fino a quel momento. Lo sguardo al soffitto, in tempo per ripararsi dalla caduta di un milione di schegge di cemento e vetro.
Quanto entrambi riuscirono a riemergere dal mucchio malamente riparato dal bancone bar, riuscirono a vederlo. Il soldato perfetto era riuscito ad aprire una breccia, e si dirigeva a passi decisi verso il fondo della lounge, verso i corridoi.
- FERMO! – Coulson gli scaricò addosso tutti i colpi che aveva ancora con sé, riuscendo a malapena a scalfirgli quella specie di uniforme nera che portava addosso. Quello piegò appena il viso con un’espressione che sapeva di demoniaco, prima di tornare sui propri passi.
- Dove avete radunato le persone che dobbiamo tenere al riparo? – fece Loki, ritrovandosi ad ansimare.
- Nel.. nel circuito dell’infermeria; Banner e Fitz hanno potenziato-
Un altro boato, la detonazione di qualche esplosivo, scosse la struttura da dentro, lasciandoli col cuore in gola.
- Oddio, sono.. sono tutti lì; Simmons, Darcy, i feriti..
- Sbrighiamoci.
 
Correva, attento a non lasciar scivolare la sfera oltre la barriera protettiva in cui gliel’aveva consegnata sua madre, strati di pesanti panni e metalli che già iniziavano a far sentire il bruciore sulle sue mani. Aveva iniziato a percepire calore una volta uscito dal portale della sala dei tesori, aveva provato a raccoglierla contro il petto e quel bruciore gli aveva tolto quasi il fiato. Ma non aveva smesso di correre.
Non gl’importava nulla dell’ira del Padre, e meno ancora di morire per l’effetto di quell’energia. Sapeva come fare, poteva salvarli. Doveva salvarli.
 
Coulson arrancava, alle sue spalle, con l’ormai inutile peso del fucile sulle spalle. Il crollo di quella porzione di Stark Tower aveva lasciato segni indelebili, ferite e tracce di sangue sul suo viso e sui suoi vestiti. Zoppicava, premeva la mano sul fianco in maniera insistente ed ogni tanto si lasciava andare ad una smorfia di dolore.
Ma non sarebbe stato il primo dei due a mollare.
 
Sorrise, appena, tendendo la mano davanti all’ingresso dell’ala infermeria:
- Aspettami qui.
- No, Loki. Te lo scordi.
- Stammi a sentire, per una volta. Non stai in piedi, hai bisogno di fermarti qui.
- No, non capisci. C’è anche mia figlia, lì. Ha ripiegato, ha deciso di fare da esca. Il suo sangue. Quella cosa lo percepisce, come e più del sangue degli altri; lei ha quel potere.. e ha radunato Stella ed un’altra con la stessa capacità, un’agente dello Shield più pazza di loro due messe insieme. Si faranno ammazzare, Loki.
- No, se arrivo prima io. E tu ora mi sei d’intralcio, Coulson. Mettiti al riparo, questa cosa fa del male..- il giovane ora apriva le mani, mostrandogli segni di ustioni sanguinanti e scure – e non so ancora quanto.
- Tu-
- Mettiti-al-riparo. Sei già morto una volta, per colpa mia.
Phil si ritrovò ad annuire, con un pesante sospiro, prima di scivolare a terra e vederlo scomparire nel buio.
 
- James! Maledizio-
- Muoviti, Sara!
Quella grandine di proiettili non dava loro neppure un secondo per controllare lo stato del perimetro. Spalle alla fiancata già sforacchiata del SUV, il Soldato d’Inverno caricò per l’ennesima volta la coppia di pistole che gli era rimasta come ultima offensiva, prima di spostarsi oltre il profilo di lamiera ed esplodere una manciata di colpi. L’aria era sferzata dal volo di un Quinjet, puntato contro le vetrate della lounge.
Un istante, ed una grandine di fuoco ne abbatteva una porzione sufficiente a garantire lo sbarco di una manciata di uomini neri e armati. In testa a tutti, quell’essere.
- E’ lui.
- Cosa? – James tornò spalle alla lamiera, quasi addosso a lei – seguendone lo sguardo.
- E’ lui. Sono riusciti a creare una breccia. Non ci metteranno molto, ad arrivare all’infermeria. Riesci a coprirmi?
Lui rispose facendo cenno di sì col viso, ed allo scattare della ragazza si sollevò di nuovo oltre l’auto, accompagnando con un urlo una nuova grandine di proiettili.
 
L’ultimo boato aveva fatto saltare la luce dell’infermeria, lasciando dietro di sé un brusio di sorpresa e paura.
- Ci penso io.- Jemma aveva teso una mano verso una delle compagne, sollevandosi e cercando a tastoni la cellula di attivazione del sistema d’emergenza.
Un sospiro di sollievo, quando le lampade blu le permisero di rivedere le facce delle persone che aveva intorno.
Tutti salvi, per il momento.
- Va tutto bene? – osò chiedere. Le rispose un mucchio indistinto di sì, di va bene e di mugolii di paura. Qualcuno si abbracciava, nella penombra degli angoli, fra lettighe ed armadietti – non vi preoccupate; questa è l’area più blindata della Tower, è stata progettata per non far entrare germi e non far uscire prigionieri guasti.
Le sembrò di percepire il mezzo sorriso di Darcy, raccolta poco distante dalla porta, e venne ad accoccolarsi accanto a lei:
- Tu stai bene?
- Dici per questo casino, o per la schiena? – replicò quella, con un filo d’ironia.
- Un po’ tutti e due.
- Quando e se ne saremo fuori, Stark dovrà comprarmi il vestito più costoso che-
 
Un altro boato, più sordo e più vicino. Poi rumore di passi, grosso modo cinque, sei persone. Non apparivano amichevoli, dato che facevano saltare le serrature a colpi di pistola.
Poi, una voce. Cupa, velata.
 
Una voce che Jemma conosceva molto bene.
 
- Qui. Sono qui. Riesco a sentirli.
La voce era proprio alle loro spalle, oltre il velo della vetrata olografica della stanza 6. Aveva appena fatto in tempo a spegnere le luci blu, che un pugno mandò in frantumi il vetro ed una mano la tirò a forza fuori, lasciandola sobbalzare con un grido.
 
- LASCIALA!
Dal fondo del corridoio, una figura femminile in uniforme tattica.
Nel suo divincolarsi, Jemma riconobbe Stella: fra le mani uno dei pugnali laser che Leo le aveva appena perfezionato, e negli occhi lo sguardo di un demone. L’essere nero non sembrò farle neppure caso; sollevò una mano, e solo con un cenno delle dita la costrinse a portarsi le mani al collo, come cercando di difendersi dal soffocamento.
Una manciata di secondi soltanto, prima che una lama arrivasse a conficcarglisi fra le scapole, facendolo scattare e lasciandogli perdere la presa su tutte e due. Una mano ad estrarre la lama, e la sua attenzione ora virava sulla seconda intrusa.
Muovendosi a gattoni, Jemma approfittò della distrazione per raggiungere la collega, rimasta a terra con le dita ancora sul collo e la tosse che la piegava a terra:
- Tutto bene?
- No..
- Ce ne sono altri?
- Ne abbiamo neutralizzati tre, Sara è rimasta nel corridoio alle prese con altri due; voi-
- Siamo soli, e al buio, ma per ora tutti interi.
- Vieni, dobbiamo impedirgli di entrare.
 
L’agente O’Neill combatteva, come una tigre a difesa dei propri cuccioli. Non sentiva il dolore, né il rumore sordo della spalla che si dislocava lasciandole sfuggire un grido. L’essere nero aveva i tratti di Grant Ward e la forza più che triplicata. Ma non l’avrebbe mai piegata se non uccidendola.
 
Vicino.. sono vicino.
Loki percorse buona parte del corridoio praticamente a tastoni, mentre lontano echeggiavano ancora tuoni mescolati a grida e rumori di spari. Ora le grida però si facevano più vicine, e la voce era quella di una donna.
Il cuore dritto alle tempie, pensando a Sif e alla bambina.
La sfera continuava a bruciare, fra le sue dita, e non c’era più difesa di stoffa o metallo a proteggergli le mani.
Non m’importa, non m’importa..- continuava a ripetersi, un passo dietro l’altro, fino a quando oltre quell’angolo non incontrò la canna di una pistola.
- Fermo.- un’altra voce, femminile e decisa. La canna della pistola contro la tempia - alza le mani.
- Lo farei volentieri, ma temo che lascerei sfuggire qualcosa di estremamente pericoloso.
 
Inumano. Soldato. Androide.- ora la sua mente calcolava gli effetti dell’esplosione della sfera in tutti e tre i casi possibili. E magari anche il modo di usarlo come scudo.
- Lucas? – il tono di quella voce cambiava completamente, la pistola si spostava e tornava in sicura. L’aveva chiamato con il nome midgardiano. Non era uno dei cattivi.
- Ehi.- oltrepassò lentamente l’angolo, incontrando la figura nera di Sara. Viso pesto, labbra sanguinanti. Negli occhi, la sconfitta a prescindere – stai da schifo..
- Anche tu te la stai cavando alla grande, vedo.
- Già.- un rapido esame delle mani, cercando di non perdere la sfera. I palmi stavano già perdendo il secondo strato di pelle.
- Devi liberartene al più presto.
- Oh.. per questo esiste la chirurgia plastica; al massimo l’unguento di mia madre insieme al fantastico cazziatone che mi attende ad Asgard da Odino.
- Non era-?
- D’accordo che la usassi? Certo che no, per chi mi hai preso?
Sara scuoteva la testa, ora, prima di ricaricare l’arma ed agganciarla al fianco. La voce di Claire la rimise sull’attenti e la convinse a fare uno scatto.
- Aspetta.- Loki le trattenne il braccio – dobbiamo mettere al riparo le persone rifugiate in infermeria; l’effetto di questa cosa è disastroso, su chiunque non sia umano.
- Ma abbiamo bisogno di distrarlo, e io-
- Dobbiamo trovare il modo, Stella. Con chi sei entrata? Chi c’è con loro?
- Ho lasciato l’avamposto quando li ho visti entrare usando il Quinjet; con me sono salite Stella e Claire, e nell’infermeria.. nell’infermeria ci sono Darcy e Jemma.
- Hai un modo per metterti in contatto con loro?
Lei rispose con un cenno di sì, e cominciò a provare. Radio fuori uso, cellulare completamente in crash. Le mani ora cominciavano a tremare.
- Senti; questo ci costringe a fare alla vecchia maniera: tu vai avanti, prova a fare da esca, a distrarlo. Cerca di trovarti il più possibile vicino a loro e fai scappare tutti nella cella di contenimento della stanza 6; Banner l’ha perfezionata per resistere a sé stesso ed a quel tizio con la testa in fiamme, è l’unica struttura di cui ci possiamo fidare per sperare di proteggere gli inumani. Al mio segnale, vedi di esserci anche tu. Devo colpire lui.
- Lucas.- ora la voce della ragazza si velava di rimprovero.
- Lo so. Non importa.
- Certo, che importa! Hai una famiglia.
- E’ per questo che dobbiamo farlo in tre.- una voce leggermente opaca li sorprese entrambi, e la figura zoppicante di Phil Coulson li oltrepassò per fermarsi e voltarsi all’angolo successivo – allora? Andiamo?
 
Dieci secondi. Solo dieci secondi, e li visse come al rallentatore.
La voce ad attirare l’attenzione di quell’essere, il suo inquadrarla e bloccarsi, esattamente come aveva fatto sul tetto dell’Orensanz. La mano che mollava la presa sul braccio frantumato dell’agente O’Neill e la sbatteva a terra, lontano. I suoi passi, lenti e misurati fino ad averlo così vicino da percepirne quasi i battiti del cuore.
 
Che ironia. I battiti. Grant Ward è morto..
 
La coda dell’occhio a seguire il movimento disordinato di quella ventina di corpi in fuga verso la camera di contenimento, la collega che sollevava il viso sfigurato. La voce di suo padre che gridava.
 
ORA!!
 
Le sembrò di percepire il movimento della gola di Loki che deglutiva.
Poi, tutto scomparve in un’infinita fiamma blu.

ed eccomi qui, dopo un po' di tempo, con letteralmente un capitolo-grandinata. Non me ne vogliate, è che la notte porta consiglio, la musica anche, ed in questo periodo di ghiaccio la testolina frulla :) Ci stiamo avvicinando alla fine di UtS: ancora un capitolo, massimo due e saluteremo i nostri personaggi per un po'.
p.s: non so se l'avete già trovato, ma all'interno c'è un minuscolo easter egg per un'altra idea di questa saga. Se lo trovate, aspetto commenti ed eventualmente pomodori (maturi, mi raccomando). Alla prossima, e un infinito GRAZIE a chiunque stia continuando a leggere-recensire-trattenere fra le preferenze o le seguite questa storia. Besos e per oggi goodnight ;)

 

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Capitolo 36
*** Light. Again ***


Avengers Facility, alloggi. Tre mesi dopo
 
Passi decisi, non troppo veloci né lenti. In avvicinamento.
Stella impose alla compagna di stanza il silenzio ad indice teso contro le labbra. Claire si limitò a piegarle in un sorriso, senza muoversi dal letto in cui qualcun altro l’aveva portata, solo un paio d’ore prima.
 
Uno straccio. Si sentiva uno straccio, ogni volta. E sapeva per certo che l’effetto della trasfusione fosse lo stesso anche per la pazzoide che dormiva accanto a lei dopo l’ennesima missione finite a botte, spari ed effetti speciali stile-Shield.
Stella ci sembrava ormai completamente abituata. Al sangue che curava le persone a spese della propria energia, al rigenerarsi delle ferite, all’esito di quella che tecnicamente definivano terrigenesi e che a lei aveva invece solo rovinato la vita.
- Shh.. è qui.
- Non serve che ti agiti tanto.. se è Stark, ci porta la merenda; se è Sara, il disordine globale..
- Se è il nuovo direttore con gli Accordi di Sokovia da firmare?
- Oh, quello lo uccido io..
 
Stella non comprese la battuta, Claire voltò il viso verso la finestra e quel poco che riusciva a vedere di alberi e cielo. Non ricordava nulla, dell’ultima missione affrontata, fra la voce di Coulson che gridava e il proprio risvegliarsi in quel letto. Nulla di vissuto direttamente, almeno. Il resto, erano solo immagini di telegiornale e fotografie tese da Tony con le mani che tremavano appena. Li portava addosso anche lui, chiari e distinti, i segni della battaglia e della distruzione subita. Come ne riportava altri, ora che le mani erano leggermente più ferme nel reggere un vassoio e contemporaneamente tentare di aprire la porta con un piede:
- C’è qualcuno disposto a darmi una mano?
 
Stella lo raggiunse, sorridendo e chiedendogli come fosse andata. Lui le tese il vassoio, lasciandola illuminare alla vista di quei due cupcake, e rispose:
- Di merda.-, sollevando appena le spalle.
Sokovia letteralmente in frantumi, bombe in Nigeria e a Vienna, vittime dappertutto. Un sospiro, e Tony si sedette sul bordo del letto di Claire:
- Siamo.. siamo un disastro. Dovevamo operare come una fondazione benefica, salvare vite.. e invece tutto quello che riusciamo a fare è spazzarle via. La squadra è divisa, ci siamo massacrati gli uni con gli altri; e Steve continua a non capire che solo firmando possiamo legittimarci di nuovo. E fermandoci quando bisogna farlo.
- E riportando in vita i nemici.- Stella gli si appoggiò accanto, rinunciando per il momento al cupcake e facendosi grigia.
- Come sta?
- Chi?
- Wesley. Lui è ancora a New York.
- Non vi sentite? Doveva occuparsi-
- Della ricostruzione di mezza Tower, sì. Ma i contatti li tiene con mia moglie. Faccende immobiliari, sai. Conti, roba così. Io non me ne interesso più, e sinceramente al tuo compagno non sono mai stato troppo simpatico.
- Pepper come sta?
- Lei bene. Ha trovato un appartamento molto carino, sulla Fifth. Può controllare i lavori e portare avanti tutto il resto, asilo dei bambini incluso. Fortuna che ha Sif.
- Di Loki nessuna notizia?
- Beh.. suo padre non l’ha presa troppo bene, ma alla fine ha riconosciuto le motivazioni e s’è limitato a rinchiuderlo per cinquemila anni. No, scherzo: è già di nuovo al lavoro anche lui. Quello da medico, spero. Non aveva le mani ridotte benissimo, l’ultima volta che l’ho visto..
 
Ricordava di aver oltrepassato il salone d’ingresso, immerso in un silenzio a dir poco spettrale. E di aver lasciato cadere le componenti dell’armatura, più per non sentirne il rumore quasi assordante in quel nulla che per i danni che avevano subito.
Ricordava di aver salito quei piani infiniti di scale, circondato solo da piccole scintille ogni tanto. E di averli trovati tutti lì, umani e inumani, raccolti e stretti in un tremante abbraccio collettivo, nella camera di contenimento della stanza 6. Aveva teso una mano, tastando la struttura e trovandola solo un po’ abbrustolita. Aveva bussato ad uno dei vetri e ricevuto la risposta di Darcy. Le aveva fatto segno di OK, prima di quello di stai calma. E poi aveva aperto la porta raccomandando di restare tutti dov’erano.
 
Fra i cocci di vetro e i fili a penzoloni, aveva riconosciuto il nero della tuta di Sara. Le si era chinato accanto, il primo istinto era stato cercare i battiti lungo il collo. Presenti. Deboli, ma presenti. Un sospiro di sollievo, provando a spostarla a faccia in su e percependo un lamento.
- Ehi.. sono io.
- E’.. è finita? – aveva mormorato lei, voltandosi a fatica su un fianco, e percorrendo il perimetro in cerca di segni di vita.
- Sì.
- Lì c’è- cerca mio padre..
 
Aveva mosso i passi verso un angolo, trovando Coulson e poi i ciuffi disordinati dell’agente O’Neill. Lamenti, leggermente più deboli. Segno che anche loro, seppur ridotti in cocci, respiravano ancora.
Di Loki nessuna traccia distinta; l’unico corpo presente era poco più che un fagotto distante una decina di metri, lungo il corridoio. Nero, come bruciato, le spalle al soffitto. Aveva cercato in quella confusione di bruciature e brandelli di stoffa un sintomo di vita. Niente.
Aveva visto Sara scuotersi, sollevarsi quanto il dolore le consentiva, arrancare fino a lui e a quel corpo. Le aveva fatto cenno di no con la testa, l’aveva vista mordersi le labbra e cadere in ginocchio, piegando il viso a terra.
Quando l’aveva risollevato, gli occhi traboccavano lacrime.
 
E quel fagotto a terra aveva i tratti dell’agente Ward.
 
- Io sinceramente non ho ancora capito..- la voce di Stella lo riportò al presente come dopo un volo di sei piani – perché l’avete portato qui, insieme a noi? Perché il trattamento? Era il- il contenitore di una specie di mostro che abbiamo annientato ad un prezzo non indifferente, e.. e comunque era già morto.
- Come il tuo James.- fu la risposta, a labbra arricciate, di Tony – non mi è sembrato giusto, che tu sia l’unico mostriciattolo felice, qui dentro.
La ragazza sospirò, sollevandosi ed andando a raccogliere un cupcake:
- E adesso?
- Ha un bracciale, non uscirà dalla zona di contenimento finché non saremo certi che la cura abbia fatto effetto.
 
Avengers Facility, area contenimento
 
Aveva riaperto gli occhi e tutto intorno era grigio. Un grigio buono, chiaro. E si era ritrovato a raccogliere il respiro tutto insieme, quasi annaspando, come fosse stato sott’acqua per minuti. O ore, legato da pesanti catene. Il perimetro era grigio, ma non provava più quella sensazione di vuoto ad aprirsi sotto i piedi.
Eppure, se l’aspettava. Il vuoto, il cuore in gola.
Niente. Silenzio. No, forse non era completo silenzio; era lontanissimo, ma appariva come un cinguettio. E lo stormire di fronde. Chiudeva gli occhi, provava a concentrarsi ed ecco che compariva anche un passo. Cento, mille passi. Leggeri, come se il proprietario di quei passi non volesse farsi sentire.
E poi una porta che scorreva con un minuscolo –flush!-.
Il viso di Jemma. Sì, ecco. Conosceva quella ragazza, il suo nome era Jemma. Ne era sicuro.
Il cuore in gola ed un fortissimo senso di deja-vu.
La voce di Skye. Le dita sulla porta della cuccetta, il salottino del bus. La sua immagine felice sullo schermo e lo sguardo di Jemma. Piangeva.
E’ stata tutta colpa tua..
 
Di nuovo il bisogno improvviso di far entrare aria nei polmoni.
 
Allo scatto inaspettato di quel corpo, Jemma aveva fatto uno scatto indietro degno dei migliori giorni passati, rischiando di rovesciare in terra vassoi, bottiglie e quant’altro rimasto sul carrello delle emergenze.
- Oh, cielo..- destra sul cuore, aveva dovuto aspettare una buona manciata di secondi per prendere coscienza di quello che stava succedendo.
La cura aveva funzionato, anche questa volta.
E tre.
 
Prima di avvicinarsi a quel letto munito di sponde ed alle braccia legate del paziente, aveva cercato di ritrovare la propria freddezza da ormai veterana, ed estratto il mini StarkRecorder dalla tasca, attivandone lo schermo olografico e schiarendosi la voce:
- Quattro ottobre, ore sedici e trenta. Il soggetto tre è sveglio, in attesa di verificarne lo stato di coscienza. Somministrare 10 cc morfina e sospendere il trattamento plasmatico via endovena.
Aveva osservato le macchine muoversi, avanzare e poi ritrarsi, ed atteso l’esito dell’operazione per farsi leggermente più vicina.
 
Quegli occhi scuri la fissavano dal basso con un’ombra di terrore, mentre i tessuti muscolari ricostruiti del soggetto tre si irrigidivano.
- Bentornato, Agente Ward.
 

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Capitolo 37
*** Moving On ***


Riusciva a muovere le dita, a chiudere le mani. E continuava ad osservarle, spalle affondate nei cuscini di quella stanza in cui tutto pian piano stava assumendo un nome.
Tornato dalla morte. L’avevano definito così. Non capiva. Nella sua testa c’era solo un groviglio gigantesco di immagini, odori, rumori, voci a cui non riusciva a dare spiegazione. Ricordava solo quel viso, e quel nome. Skye.
E poi la scena che si ripeteva ogni volta che riusciva a prendere sonno tra una fitta di dolore e l’altra. Il luogo che la sua testa conosceva come il bus, la ragazza il cui nome, ne era sicuro, era Jemma. Le sue lacrime, ed il cuore che faceva male.
E’ stata tutta colpa tua..
 
Di nuovo passi, in avvicinamento, leggeri. Una coppia di voci, oltre la parete, prima che la posta scorresse.
- E’ sveglio?
- Sì. Da qualche giorno. No, non ricorda, non credo. Non parla. Non accenna a riconoscere.. sai, tipo, aggrottare le sopracciglia, come pensasse dove l’ho già vista.. cose così. Niente. Sembra.. cercare di capire. Come se venisse da un altro luogo.
- Già. Dal nulla.
 
Voltò il viso verso la porta, restando in attesa. Poi, quel viso. Non ricordava più che frammenti, ma quel viso l’avrebbe riconosciuto fra un milione.
- Skye..- mormorò, quasi impercettibile.
- Sara.- replicò lei, mentre l’altra donna si muoveva oltre il letto e raccoglieva un piccolo oggetto dotato di schermo olografico – il mio nome è Sara.
Appariva decisa, autoritaria, ma la sua voce vibrava e le mani si torcevano nervose contro l’uniforme nera.
- Non ricordi davvero nulla? – gli disse, dopo essere arrivata ad un paio di passi dal letto, quanto bastava per mantenersi a distanza. Le rispose di no con un cenno del viso:
- Mi- mi dispiace..
- Sai dove ti trovi?
Di nuovo cenno di no, leggero, mentre quegli occhi scuri non smettevano di guardarla.
- Sei sotto custodia dello Shield. Resterai in questa struttura di contenimento finché avrai bisogno di cure mediche, e poi-
- Io.. sono morto..?
- Tecnicamente, sì.
- E.. come..?
- Il nostro sangue.- lei indicò sé stessa e poi la donna che l’accompagnava, ora pronta con quell’oggetto fra le dita, accanto al letto – lo avete cercato per mesi, tu e i tuoi complici dell’Hydra. Rigenera i tessuti, ottimo antidoto per le ferite in battaglia dei vostri soldati perfetti. Quattro dosi, due litri. Finalmente ce l’hai fatta, ad ottenerlo, anche se l’hai dovuto pagare caro.
- Non- non ti capisco..
- Ti hanno ucciso. Proprio loro, i tuoi alleati. O meglio, i tuoi padroni, dato che hanno usato il tuo corpo per scopi superiori. Ma ora sei al sicuro; abbiamo distrutto il mostro che contenevi. E il sangue ha fatto il resto. Riportare in vita i nemici..
Ora lei citava le parole di Stark, velandole d’ironia. Un sospiro, un’alzata di spalle, e tornava ad incrociare lo sguardo assorto e triste del nemico.
- Ma preferivi non averlo fatto..- le rispose, appoggiando la nuca al cuscino – vero..?
- Già. Io ti odio, Grant Ward. Per tutto il male che mi hai fatto, per tutto quello che volevi farmi, fin dall’inizio. Ti odio..- lo vide chiudere gli occhi, mentre il monitor segnalava un picco nei battiti. E le si aprì un’incrinatura in quella voce leggera – non sai quanto l’ho desiderato, che accadesse, quanto ho desiderato ucciderti io, con le mie mani. E invece, quando è successo.. non ce l’ho fatta. Il vuoto. E’ tutto quello che sono riuscita a provare. Non hai mai smesso di farmi del male, Ward. Sei riuscito a ferirmi, a spezzarmi, a farmi vacillare. E poi ti sei lasciato uccidere, per me. Ti odio; io-
- Ti amo..- rispose lui, in un soffio. La vide sollevare lo sguardo sull’altra donna, vide quella tenderle l’oggetto che teneva in mano con un cenno d’intesa, e poi uscire dalla stanza.
Fu solo quando la porta scivolò a chiudersi, che la ragazza si sedette sul bordo del letto, circondandogli il busto con le braccia ed appoggiandogli il viso contro la spalla:
- Non farlo mai più..
 
Tutto ok?
La voce di Fitz la raggiunse appena fuori da quella porta, sorpresa di trovarla senza x-scanner e senza i risultati che aspettava.
- Sì.- Claire si voltò verso di lui, sorridendo e muovendo una manciata di passi ad andargli incontro – ma credo che per i tuoi dati dovrai aspettare ancora un po’.
Una mano sulla spalla, uno scambio di sorrisi con fare complice. E si allontanarono fianco a fianco seguendo la linea d’ombra del corridoio.


angolo dell'autrice: e finalmente siamo a scrivere la parola "The End" anche per Under The Sield.. sudatissimi ultimi capitoli, ma ce l'ho fatta! un grazie da 5 Tera a chi ha avuto pazienza nel leggere, commentare, conservare nelle preferite e/o nelle seguite questa storia dal parto tanto lungo, ed in particolare a MissGenius mia partner in crime con le sue bellissime recensioni ed il suo sostegno! un big big kiss ;*

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