A Time To Pain di LaRagazzaDelleMargherite (/viewuser.php?uid=71117)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perché ti perderò. ***
Capitolo 2: *** Quando spariscono le farfalle ***
Capitolo 3: *** L'ombra di Peter Pan ***
Capitolo 4: *** Un passo indietro. ***
Capitolo 1 *** Perché ti perderò. ***
Salve a tutti.
Ieri non ho avuto tempo di scrivere
questa premessa. Per prima cosa voglio dire che molti dei dialoghi che
trovate
all’interno della storia sono presi direttamente dalla saga
di Harry Potter,
non sono ancora così brava come la zia Row xD
Come seconda
cosa voglio ringraziare tutti quelli
che recensiscono le mie storie ogni giorno….siete la mia
energia, mi spingete a
continuare!
Un grazie
particolare va a Pervinca Potter 97,
grazie a te e alle tue “schegge” perché
mi hai dato la spinta per scrivere di
Sev, una cosa che non ero mai riuscita a fare, ero come bloccata, non
riuscivo
a mettere su carta tutto il suo dolore. Non penso di esserci riuscita
appieno,
ma è un piccolo passo.
Un bacio a
tutti, Serena^^
A
time to Pain
Primo
Capitolo: Perché ti perderò.
“Non
mi serve l’aiuto di una piccola schifosa
Mezzosangue!”
Non ci vedeva
più dalla rabbia. Non vedeva più
nulla.
L’unica
cosa che vide fu lei, che trasaliva.
E in quel
momento gli si aprirono gli occhi, e
volle morire.
“E’
diverso se si è figli di Babbani?”
“No.
Non
è diverso”.
Severus che
cosa hai fatto?
Lily
è là, fredda e distante adesso, gli dice che
non lo aiuterà più.
“E se
fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus”.
Come un duello.
L’avversario rispose al fendente,
colpendolo dritto al cuore.
Nei suoi occhi
vede odio, e vede dolore. Ma non
potrà mai vedere il dolore profondo nel suo cuore. Lily non
potrà farlo. L’ha
visto nei suoi occhi. L’ha capito dalla sua voce.
“Lily…”
sussurrò Sev.
Ma non lo
udì nessuno. Nessuno. Adesso era davvero
solo.
Lei
andò via, lui la seguì con lo sguardo.
Lo stupido
ragazzo davanti a lui continuò quel
gioco che tanto lo divertiva.
Quel giorno
Severus Piton fu umiliato davanti a
tutta la scuola, davanti alla sua unica casa, davanti ai suoi amici,
che non
intervennero, davanti alle persone che stimava, davanti alla persona
per cui si
sarebbe gettato nel fuoco….quel giorno Severus Piton
perdette la sua dignità.
Ma non era poi così importante per lui. Poteva rinunciare a
tante cose, l’aveva
sempre fatto. Aveva rinunciato ad avere una famiglia, ad avere una
casa, ad
avere una popolarità, ad avere bellezza, ad avere una
ragazza. Cos’era in fondo
perdere la propria dignità? Per qualcuno potrebbe essere
tutto. Ma lui quel giorno
perse qualcosa che era più prezioso della vita. E perdere la
dignità non era niente a
confronto.
Correva lungo
il corridoio buio, attento a non
farsi scoprire. Salì le scale, una, due, tre rampe e
raggiunse il quadro della
Signora Grassa.
“Parola
d’ordine?”, domandò quella.
“Devo
parlare con Lily!”, rispose, invasato.
“Niente
parola d’ordine niente entrata”, disse
quella impertinente.
Severus
tentò un’ora buona di passare, e solo
quando la Signora Grassa minacciò di chiamare Silente si
calmò. Non voleva che
Silente sapesse cosa aveva detto. Si vergognava, si.
Si sedette la
davanti aspettando che qualcuno
passasse dal ritratto.
Per ore non si
vide nessuno. Ad un tratto sentì
dei passi per le scale, e vide Mary Arold sgambettare veloce per non
farsi scoprire
fuori oltre il coprifuoco.
“Piton!”,
strillò spaventata.
“Che
cavolo ci fai qui, Mocciosus?”
“Non..chiamarmi
con quel nome! Chiamami Lily,
dille che non me ne andrò da qui finché non
uscirà a perlare con me. Dormirò
qui piuttosto, sono disposto a tutto! Diglielo Mary Arold”,
disse.
La giovane
grifoncina non era tipo da farsi
intimidire da nessuno, era una di quelle toste. Ma qualcosa nello
sguardo di
Severus le chiuse la bocca e le serrò lo stomaco.
Sussurrò un si e scappò
dentro la torre.
Poco dopo ne
uscì lei, gli occhi pesti di chi ha
pianto ore, le mani graffiate da quanto le aveva tormentate.
“Mi
dispiace”.
“Non
mi interessa”.
“Mi
dispiace!”
“Risparmia
il fiato. Sono uscita solo perché Mary
mi ha detto che minacciavi di dormire qui”.
“L’avrei
fatto. Non volevo chiamarti schifosa
Mezzosangue, mi è…”
“…scappato?
Troppo tardi. Ti ho giustificato per
anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la
parola. Tu
e i tuoi cari Mangiamorte…vedi, non lo neghi nemmeno! Non
neghi nemmeno quello
che volete diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi,
vero?”
Severus voleva
dire di smetterla, smettila di guardarmi
così Lily, ti prego.
Ma non seppe dire nulla. Era inerme.
“Non
posso più fingere. Tu hai scelto la tua
strada, io la mia”. Le parole gli gelarono il sangue, gli
fecero esplodere la
testa.
“No…senti,
io non volevo…”
“…chiamarmi
schifosa Mezzosangue? Ma chiami così
tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere
diversa?”
Perché
ti amo Lily Evans, perché ti amo ti amo e tu non lo sai!
Avrebbe voluto
urlarlo, ma lei si voltò e andò
via.
Via. Via per
sempre.
E lui,
lì, da solo come solo non era mai stato
stato in tutta la sua vita. Scappò Severus, corse fino alla
Torre di
Astronomia, la torre più alta.
Urlò,
e urlò di nuovo, e pianse Severus, pianse
come un uomo che ha perso tutto, pianse come se fosse morto lui, pianse
e si
dimenò come un bambino.
“Perché?
Perché Lily perché? Oh dio, non volevo,
ti prego Lily…perdonami ti prego!”. Urlava al
vento. Alla luna. Alle stelle che
le ricordavano il suo sorriso.
Il calore che
aveva alloggiato nel suo cuore per
anni ora esplose in lui. Si arrampicò sul muretto della
torre, pronto a
gettarsi di sotto.
“Perché?...”
Il vento gli
scompigliava i capelli. Lavava le
lacrime.
No. Non doveva
farlo. L’amava giusto? Allora non
l’avrebbe fatta soffrire. Mai più. Non la avrebbe
mai più ferita. Mai.
Scese dal muro
e si ricompose.
Quella notte
dormì in cima alla torre. Ebbe gli
incubi, ma non aveva più paura.
Qualcuno lo
scosse quella mattina. Pioveva, il
cielo era grigio. E Severus Piton era solo.
Quel qualcuno
lo scosse e lui si svegliò. Il
professor Silente era di fronte a lui.
Non ebbero
bisogno di parole.
Forse lo aveva
sentito quella notte.
Severus Piton
si alzò e lentamente scese le scale
e arrivò al dormitorio vuoto.
Entrò
alla seconda ora di lezione di
trasfigurazione.
Si sedette
all’ultimo banco e tutti si girarono.
Tranne lei.
Era
completamente solo.
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Capitolo 2 *** Quando spariscono le farfalle ***
Ringraziamenti
speciali a:
dirkfelpy89
grazie per i complimenti, ho
cercato di esprimerlo al meglio xD
Celine_Falilith
si, l’ho trovato
straziante anche
io,sebbene lo abbia immaginato proprio io. Volevo far capire
ciò che ho pensato
provasse. Grazie dei complimenti^^
Pervinca Potter 97
grazie cara, sono
felcie ti sia piaciuta *-* E sarai una bimba d’età
ma non nel modo di scrivere,
assolutamente fantastico!
Secondo
Capitolo: Quando spariscono le farfalle.
Severus Piton
guardava fuori dalla finestra della
biblioteca buia. Erano le nove di sera, e il parco era deserto e
silenzioso.
Erano passati due anni quel giorno, da quando Lily lo aveva lasciato.
Due
lunghissimi anni di dolore e tristezza.
Non sapeva come aveva resistito, non riusciva
davvero a capirlo.
Non si poteva dire che aveva sconfitto quel
dolore, ma per lo meno ci si era abituato. E non è proprio
così facile
abituarsi ad un dolore del genere, ma Severus ce l’aveva
fatta, era sempre
stata una persona forte. Fin da quando era bambino, aveva sopportato di
tutto,
dalle urla dei genitori alle botte del padre.
Aveva
sopportato che Lily lo avesse lasciato per sempre.
Ma la sua forza
consisteva anche in questo.
Sopportare e vivere per lei. Non poteva in nessun modo ferirla, non
poteva
morire, né per lei, né per altro.
E non era questione di debolezza o di un qualche
tipo di orgoglio maschile. Vivere per lei era tutto quello che gli
rimaneva, e
non poteva perdere quell’unico piccolo frammento di vita che
gli restava. Era fuori
discussione. Così, per quanto facesse male, per quanto
soffrisse come se gli si
fosse stata versata lava nel petto, per quanto le lacrime gli
bruciavano il
viso, Severus era sopravvissuto al dolore, ed aveva imparato a
conviverci. Certo,
molte volte Avery lo aveva beccato nel bagno del dormitorio a piangere,
ma non
aveva mai chiesto spiegazioni, forse si divertiva così, o,
forse, non gli
importava niente di lui.
Quella sera la
luna era tagliata a metà, come una
torta divisa in due. Somigliava al suo sorriso.
Che pensieri
sdolcinati.
Da
alcuni giorni meditava sul fatto di tornare a
scusarsi da Lily. Sapeva che lei lo avrebbe mandato via, ma tentar non
nuoce. Se
si fosse opposta avrebbe sempre potuto usare la Legilimanzia al
contrario e proiettare
il suo dolore nella sua mente.
No, ma
cosa dici? Faresti peggio.
Allora
si lanciò in un fantasticare frenetico su
tutti i modi e le inflessioni con cui avrebbe potuto scusarsi.
Ma coi secondi l’entusiasmo cominciò a scemare.
No, non
è possibile.
Era da
stupidi. Avventato. No. Non si poteva.
E poi, anche se lo avesse voluto, era già troppo
tardi.
***
Udii i primi
passi venire dal lago. Il suo ottimo
udito visualizzò in due secondi a chi appartenevano. Lily
Evans stava
camminando nel parco. Il suo andamento era ormai impresso nella mente
del
vecchio amico, non poteva sbagliarsi Severus.
E infatti dopo pochi istanti, eccola. Era bellissima,
indossava la normale divisa,
ma il suo viso era splendido, aveva le gote rosse, i capelli raccolti e
ordinati,
un sorriso che poteva superare la luna. Era là, bella come
non mai, e Severus
la guardava rapito.
Ma ad un tratto, udì una risata e un ragazzo dai
capelli neri scompigliati apparve dietro di lei. James Potter le teneva
la
mano, e la faceva ridere. Camminavano tranquilli per il parco, parlando
di cose
belle che li accomunava e, forse, di qualcosa di più.
Dicono che la morte arriva indolore, che non te ne
accorgi, che è un lampo, che ormai non hai più il
tempo di dimenarti e dire che
non vuoi.
[E allora
perché quel dolore atroce pulsava nel suo cuore?]
A Severus
Piton mancarono le forze, le ginocchia non lo reggevano più,
il sangue gli si
congelò nelle vene. Non poteva crederci, non poteva essere
vero. Non riusciva
ad accettare tutto quel dolore.
Gli sfuggì un gemito straziato, loro non lo
udirono.
Severus cominciò a piangere, a piangere, ma non
bastavano tutte le lacrime del mondo. Nessun mondo avrebbe mai compreso
il
dolore che lo lacerava dentro.
Nessuna persona l’avrebbe mai capito, perché se
tutto era finito era solo per colpa sua. Sua sua e di nessun altro. E
questo
faceva male più di ogni altra cosa.
Riprese a spiarli, e si domandò perché lei lo
stesse facendo.
Insomma, James Potter? Quell’arrogante egocentrico
ed egoista con Lily, una ragazza dal cuore così puro?
“Lily,
a
te piace parlare con Potter”.
“Sev, ma
cosa dici? Quell’arrogante? Non potrei mai! Ti sembra? Odio
la gente piena di
sé, e lui sembra un gallo quando si tocca quegli stupidi
capelli!”
“Lily…io
sono così? Pieno di me?”
“No,
Sev. Tu non sei nemmeno l’ombra di Potter. Sei molto meglio
di lui. Ecco, ti
giuro che non mi farò mai e poi mai piacere James Potter!
Cascasse il mondo! Non
farti più venire idee del genere…Potter,
bah!”
Ed
eccola lì, Lily. Mano nella mano con la persona
che aveva giurato di non farsi piacere mai. Cascasse il mondo. Lei
però era
caduta nel tranello del ragazzo. Piton non credeva che lui
l’amasse, era uno
dei suoi soliti passatempi.
Una farfalla fuori ora volò davanti al naso di
Severus, volò e oltrepassò gli alberi per sparire
nel buoi.
Anche la sua farfalla era sparita. La sua farfalla
che aveva promesso di stare sempre con lui era sparita tra la risata di
quel
nemico, un tempo comune.
Cascasse il mondo, Severus.
E non passò molto tempo prima che
cominciasse a cascare, il mondo, per gli
uomini e per Severus.
[Farà male,
ma cosa non fa male? E il dolore è forse un male?]
[I
più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi
siamo la causa.]
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Capitolo 3 *** L'ombra di Peter Pan ***
Terzo
Capitolo: L’ombra di Peter Pan
Era trascorso
un anno da quella sera in cui il
cuore di Severus fu spezzato per sempre.
Un anno in cui la sua anima era stata oscurata, un
anno in cui lui era definitivamente passato nel buio, un anno di
solitudine, un
anno di dolore, di rammarico, di paure.
Un anno in cui la medaglia aveva cambiato faccia.
Lavorava come servo del Signore Oscuro, aveva
anche ricevuto il Marchio. Si sentiva forte, e potente.
Ma non sapeva dove aveva lasciato la vera forza in
realtà.
Accadde una notte di Settembre, pochi mesi dopo
che aveva finito la scuola. Girava per Diagon Alley quando si
trovò davanti
alla tipografia. Diede una sbirciata senza troppo interesse
all’omino che stava
lavorando ancora al suo interno. Un colpo di vento spalancò
la porta e alcuni
bigliettini color sabbia svolazzarono per la strada, prima che
l’uomo potesse
recuperarli e chiudere la porta. Severus si era nascosto in un vicolo.
Un
bigliettino gli finì sotto la scarpa e lo raccolse con
noncuranza.
Volle morire.
Anzi, nemmeno la morte sarebbe bastata a far
cessare quel dolore infinitamente atroce che gli divorava il petto come
fuoco.
Era un biglietto semplice.
James Potter
& Lily
Evans
Sono
lieti di invitarvi alle loro nozze,
che si terranno il giorno 25 Settembre 1977,
alla Chiesa di Saint Martin-in-the-Fields
Londra.
Non poteva
essere vero. No no e poi no. Perché?
Perché maledizione?
Lasciò cadere il biglietto e si diresse verso
Nocturne Alley. Aveva affittato una stanza in uno squallido albergo. La
cameriera che incrociò in corridoio gli chiese se
desiderasse qualcosa. Lui la
fissò. Aveva i capelli rossi, come i suoi, anche se gli
occhi erano di un verde
diverso.
La donna, credendo che lui la stesse ammirando per
la bellezza, lo guardò sottecchi ammiccando.
Severus la prese per il braccio facendogli cadere
tutte le cose che aveva in mano e la baciò, trascinandola
nella sua stanza.
La poveretta tentò di divincolarsi all’inizio, ma
lui le mise una mano sotto la gonna e lei tacque.
Ogni suo gesto era carico di violenza, una
violenza mista alla rabbia che non aveva mai provato. Ogni colpo con
cui
entrava in lei era una ferita al suo cuore distrutto, ogni gemito un
ricordo di
tempi più felici.
Quella notte Severus si spogliò della sua anima. A
che serviva adesso?
E mentre faceva questo ripensò a quella volta, in
quel prato, quando Lily giocava ancora con lui.
Un pomeriggio che i genitori di lui non c’erano,
Sev portò nella sua casa Lily. Guardarono Peter Pan.
Dopo uscirono nel prato e lei raccolse dei fiori.
“Sev,
facciamo finta che questo sia il mazzo di fiori con cui mi
sposerò? Dai vieni
qui, mi devi accompagnare all’altare!”
Lui
sorrise e la prese sottobraccio.
“Lily
ma
chi è che ti aspetta per sposarti?”
Lei lo
guardò per un secondo. Poi sgranò gli occhi
e si staccò dal suo braccio.
“Hai
ragione! Tu mi devi aspettare là non qui! Lo sposo non
accompagna mai la sposa
all’altare! Come sono sbadata!”
Severus
a quelle parole era arrossito, e qualcosa
si agitò forsennatamente nel suo petto.
“Davvero
tu sposeresti uno come me?”
“Certo
Sev, io voglio sposare te quando saremo grandi. Come potrei vivere
senza te?”
E le
parole risuonavano nelle sue orecchie quella
notte. Ancora e ancora.
Avrebbe voluto custodire quei momenti per sempre.
Avrebbe voluto restare bambino per godere della sua innocente
compagnia. Ma lui
non si chiamava Peter. Lei era Lily, non Wendy. Loro erano diventati
grandi, e
i vecchi sogni, le vecchie promesse si erano allontanate.
Di quei bambini era rimasta solo l’ombra.
Un’ombra dietro cui Severus si nascose per sempre.
Da quel giorno lui non esistè più completamente.
E quel 25 Settembre, nascosto dietro una tenda,
Severus Piton morì di sua spontanea volontà.
I
miei cieli sono ottone la
mia terra ferro la mia luna una zolla di argilla
Il mio sole peste che bruciaa mezzogiorno e vapore di morte nella notte.
[ William Blake, "Enion's
Second Lament", Vala - or the four Zoas ]
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Capitolo 4 *** Un passo indietro. ***
Quarto
Capitolo: Un passo indietro.
Severus
Piton, un uomo adulto con il naso aquilino,
aveva l’aria di passeggiare tranquillamente per
un’affollata contrada di
Hogsmeade. Da poco tempo aveva notato che era molto più
sicuro confondersi con
la gente piuttosto che strisciare per vicoli scuri, in cui qualcuno,
stando
bene in guardia, avrebbe potuto riconoscerlo. E poi, non era nemmeno da
molti giorni che alcuni volti di uomini e donne, noti come Mangiamorte,
erano
apparsi in stampe appiccicate su molte vetrine delle strade.
Dopotutto quella domenica estiva era abbastanza
tranquilla, tanto che la gente se ne andava a spasso e a far compere.
Insolito.
Però, quell’uomo, qualcosa di strano lo aveva. Era
completamente avvolto nel suo mantello nero, una cosa da pazzi sotto
quel sole bruciante.
Ma si sa, la gente guarda ma non vede.
Infatti in pochi minuti raggiunse la sua meta, una
piccola e sudicia casetta in fondo alla via. Severus entrò e
chiuse la porta a
chiave. Sfinito dal caldo, si tolse il mantello e lo gettò
sull’appendiabiti,
poi si sedette su una sedia vecchia e malmessa. Si mise le mani sulla
fronte e
sospirò. Quel giorno aveva visto per la prima volta dopo
nove mesi, la conferma
delle voci che si erano sparse nel mondo magico. Era andato a
Godric’s Hollow,
finalmente era riuscito ad
avvicinarsi a quel paesino senza farsi scoprire dai suoi
“colleghi”. Il Signore
Oscuro lo voleva lontano da lì. Sapeva bene quali erano i
sentimenti che lui
provava per la giovane Evans, Potter
per meglio dire, e non voleva che interferisse nei suoi piani. Non dopo
aver
riferito la profezia a lui e non dopo aver ascoltato le sue ipotesi sul
bambino
dei Potter che doveva nascere a breve. Severus Piton non doveva
avvicinarsi a
Godric’s Hollow e in qualche modo aiutarli a fuggire. Il
Signore Oscuro si
fidava di Piton, ma questa sua debolezza lo aveva reso più
cauto e attento.
Esilio da casa Potter per Severus.
Quel giorno però Bellatrix e la sua cerchia di amichetti
avevano combinato qualche disastro con dei babbani e le guardie
assegnate al
paese si erano distratte e allontanate per poco.
In quei secondi, Severus si era infiltrato. Era stato
quasi sorpreso nello scoprire che non c’erano incantesimi
contro di lui, per
impedirgli di entrare. Era quasi certo che il Signore Oscuro lo stesse
marcando
stretto. E invece ora si era trovato davanti a quella manchevolezza.
Poco male
comunque, le trappole si sarebbero sempre potute rivelare in seguito.
Percorse cautamente la piazza, lasciandosi alle spalle il
cimitero. Nel centro di questa si trovava una colonna dedicata ai
caduti in
guerra. Null’altro. Stando allerta aveva vagato per il paese
cercando e
cercando. Non aveva potuto scorgere la casa, né gli abitanti
al suo interno,
protetti da un potente Incanto Fidelius. Verso sera, ormai sconfortato,
si era
avviato verso il fondo del paese, per tornare a casa. Fu quando la
vecchia
Bathilda Bath ruppe una finestra al piano di sopra, urlando al suo
gatto che
Severus la vide. Probabilmente Lily doveva aver oltrepassato la sottile
linea
dell’incantesimo, perché gli apparve in tutto il
suo splendore di donna nella
via ciottolata. Era cambiata, in meglio certo. Si era alzata, aveva i
capelli
più lunghi che gli incorniciavano il viso con
un’onda morbida, le guancie erano
paffute, gli occhi brillanti. Ma ciò che lui vide,
ciò che gli procurò una
sensazione di vuoto fu la sua pancia, enorme. Era vero allora. Lily
Potter
aspettava un bambino. Dall’uomo che aveva odiato da giovane.
Lei gli aveva
permesso di amarla e di entrare dentro di lei, creando qualcosa di
duraturo, qualcosa
che era stato permesso a James Potter perché era una persona
buona, e qualcosa
che non era stato permesso a lui anni prima perché era una
persona cattiva,
malvagia. Perché l’aveva distinta dagli altri per
ciò che era.
Il sole tramonta
comunque.
Lei non lo aveva visto. Era uscita dal cerchio magico a
causa di una caduto. Pochi secondi dopo James Potter
“uscì” e in fretta la
riportò dentro.
Con le nocche bianche strette al cancello di casa Bath,
Severus, un uomo già morto, non poteva morire di nuovo.
Rimase lì, fermo,
immobile, a fissare per quelle che sembrarono ore, la linea che
separava il
giardino della vecchia Bathilda dalla casa rossa lì a
fianco, dove un vecchio
signore era intento a tagliare l’erba con una strana
macchina. Fu solo dopo
molto tempo che sentì qualcuno materializzarsi infondo alla
strada. Allora, in
fretta, percorse il vialetto fino a girare l’angolo e si
smaterializzò.
[A volte il dolore ci coglie di
sorpresa...a volte pensiamo di poter riparare al danno...
e
a volte il danno è qualcosa che non
riusciamo neanche a vedere.]
Seduto sulla sua piccola sedia, Severus fece una cosa che
non faceva da molti anni, dal giorno in cui aveva trovato
l’invito al
matrimonio della sua amata con un altro uomo.
Pianse.
Lacrime amare.
Pianse.
Anche se ormai non serviva più a nulla.
Ma quel giorno era cambiato qualcosa dentro di lui. Quel
giorno aveva preso una decisione che avrebbe messo in pericolo la sua
stessa
vita. Ma era necessario. Era doloroso da una parte ma serviva. Serviva
assolutamente.
Senza preoccuparsi di asciugare le lacrime si diresse
nella sua camera, prese della pergamena, una piuma e tornò
alla sedia e al
tavolino. Scrisse una lettera, breve e coincisa, riponendoci tutte le
sue più
grandi speranze. Poi trasfigurò un cuscino in una specie di
uomo-sacco, gli
mise il mantello addosso e lo pose sulla seggiola. Accese una candela,
la mise
sul tavolo e accese la radio. Sapeva di essere seguito.
Piano piano, senza rumore, uscì dalla porta sul retro,
applicandosi un incantesimo di Disillusione che gli diede i brividi. Si
allontanò di qualche isolato e raggiunse una radura isolata,
dove richiamò un
gufo a cui legò la lettera.
“Devi portarla al Professor Silente”,
sussurrò.
Il gufo lo guardò con una sguardo saggio e partì.
Sev lo
seguì con gli occhi, poi tornò a casa.
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