A Time To Pain

di LaRagazzaDelleMargherite
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perché ti perderò. ***
Capitolo 2: *** Quando spariscono le farfalle ***
Capitolo 3: *** L'ombra di Peter Pan ***
Capitolo 4: *** Un passo indietro. ***



Capitolo 1
*** Perché ti perderò. ***


Salve a tutti. Ieri non ho avuto tempo di scrivere questa premessa. Per prima cosa voglio dire che molti dei dialoghi che trovate all’interno della storia sono presi direttamente dalla saga di Harry Potter, non sono ancora così brava come la zia Row xD

Come seconda cosa voglio ringraziare tutti quelli che recensiscono le mie storie ogni giorno….siete la mia energia, mi spingete a continuare!

Un grazie particolare va a Pervinca Potter 97, grazie a te e alle tue “schegge” perché mi hai dato la spinta per scrivere di Sev, una cosa che non ero mai riuscita a fare, ero come bloccata, non riuscivo a mettere su carta tutto il suo dolore. Non penso di esserci riuscita appieno, ma è un piccolo passo.

Un bacio a tutti, Serena^^

 

A time to Pain

 

Primo Capitolo: Perché ti perderò.

“Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!”

Non ci vedeva più dalla rabbia. Non vedeva più nulla.

L’unica cosa che vide fu lei, che trasaliva.

E in quel momento gli si aprirono gli occhi, e volle morire.

“E’ diverso se si è figli di Babbani?”

“No. Non è diverso”.

Severus che cosa hai fatto?

Lily è là, fredda e distante adesso, gli dice che non lo aiuterà più.

“E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus”.

Come un duello. L’avversario rispose al fendente, colpendolo dritto al cuore.

Nei suoi occhi vede odio, e vede dolore. Ma non potrà mai vedere il dolore profondo nel suo cuore. Lily non potrà farlo. L’ha visto nei suoi occhi. L’ha capito dalla sua voce.

“Lily…” sussurrò Sev.

Ma non lo udì nessuno. Nessuno. Adesso era davvero solo.

Lei andò via, lui la seguì con lo sguardo.

Lo stupido ragazzo davanti a lui continuò quel gioco che tanto lo divertiva.

Quel giorno Severus Piton fu umiliato davanti a tutta la scuola, davanti alla sua unica casa, davanti ai suoi amici, che non intervennero, davanti alle persone che stimava, davanti alla persona per cui si sarebbe gettato nel fuoco….quel giorno Severus Piton perdette la sua dignità. Ma non era poi così importante per lui. Poteva rinunciare a tante cose, l’aveva sempre fatto. Aveva rinunciato ad avere una famiglia, ad avere una casa, ad avere una popolarità, ad avere bellezza, ad avere una ragazza. Cos’era in fondo perdere la propria dignità? Per qualcuno potrebbe essere tutto. Ma lui quel giorno perse qualcosa che era più prezioso della vita. E perdere la dignità non era niente a confronto.

Correva lungo il corridoio buio, attento a non farsi scoprire. Salì le scale, una, due, tre rampe e raggiunse il quadro della Signora Grassa.

“Parola d’ordine?”, domandò quella.

“Devo parlare con Lily!”, rispose, invasato.

“Niente parola d’ordine niente entrata”, disse quella impertinente.

Severus tentò un’ora buona di passare, e solo quando la Signora Grassa minacciò di chiamare Silente si calmò. Non voleva che Silente sapesse cosa aveva detto. Si vergognava, si.

Si sedette la davanti aspettando che qualcuno passasse dal ritratto.

Per ore non si vide nessuno. Ad un tratto sentì dei passi per le scale, e vide Mary Arold sgambettare veloce per non farsi scoprire fuori oltre il coprifuoco.

“Piton!”, strillò spaventata.

“Che cavolo ci fai qui, Mocciosus?”

“Non..chiamarmi con quel nome! Chiamami Lily, dille che non me ne andrò da qui finché non uscirà a perlare con me. Dormirò qui piuttosto, sono disposto a tutto! Diglielo Mary Arold”, disse.

La giovane grifoncina non era tipo da farsi intimidire da nessuno, era una di quelle toste. Ma qualcosa nello sguardo di Severus le chiuse la bocca e le serrò lo stomaco. Sussurrò un si e scappò dentro la torre.

Poco dopo ne uscì lei, gli occhi pesti di chi ha pianto ore, le mani graffiate da quanto le aveva tormentate.

“Mi dispiace”.

“Non mi interessa”.

“Mi dispiace!”

“Risparmia il fiato. Sono uscita solo perché Mary mi ha detto che minacciavi di dormire qui”.

“L’avrei fatto. Non volevo chiamarti schifosa Mezzosangue, mi è…”

“…scappato? Troppo tardi. Ti ho giustificato per anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la parola. Tu e i tuoi cari Mangiamorte…vedi, non lo neghi nemmeno! Non neghi nemmeno quello che volete diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi, vero?”

Severus voleva dire di smetterla, smettila di guardarmi così Lily, ti prego. Ma non seppe dire nulla. Era inerme.

“Non posso più fingere. Tu hai scelto la tua strada, io la mia”. Le parole gli gelarono il sangue, gli fecero esplodere la testa.

“No…senti, io non volevo…”

“…chiamarmi schifosa Mezzosangue? Ma chiami così tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere diversa?”

Perché ti amo Lily Evans, perché ti amo ti amo e tu non lo sai!

Avrebbe voluto urlarlo, ma lei si voltò e andò via.

Via. Via per sempre.

E lui, lì, da solo come solo non era mai stato stato in tutta la sua vita. Scappò Severus, corse fino alla Torre di Astronomia, la torre più alta.

Urlò, e urlò di nuovo, e pianse Severus, pianse come un uomo che ha perso tutto, pianse come se fosse morto lui, pianse e si dimenò come un bambino.

“Perché? Perché Lily perché? Oh dio, non volevo, ti prego Lily…perdonami ti prego!”. Urlava al vento. Alla luna. Alle stelle che le ricordavano il suo sorriso.

Il calore che aveva alloggiato nel suo cuore per anni ora esplose in lui. Si arrampicò sul muretto della torre, pronto a gettarsi di sotto.

“Perché?...”

Il vento gli scompigliava i capelli. Lavava le lacrime.

No. Non doveva farlo. L’amava giusto? Allora non l’avrebbe fatta soffrire. Mai più. Non la avrebbe mai più ferita. Mai.

Scese dal muro e si ricompose.

Quella notte dormì in cima alla torre. Ebbe gli incubi, ma non aveva più paura.

Qualcuno lo scosse quella mattina. Pioveva, il cielo era grigio. E Severus Piton era solo.

Quel qualcuno lo scosse e lui si svegliò. Il professor Silente era di fronte a lui.

Non ebbero bisogno di parole.

Forse lo aveva sentito quella notte.

Severus Piton si alzò e lentamente scese le scale e arrivò al dormitorio vuoto.

Entrò alla seconda ora di lezione di trasfigurazione.

Si sedette all’ultimo banco e tutti si girarono. Tranne lei.

Era completamente solo.

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Capitolo 2
*** Quando spariscono le farfalle ***


Ringraziamenti speciali a:
dirkfelpy89 grazie per i complimenti, ho cercato di esprimerlo al meglio xD
Celine_Falilith si, l’ho trovato straziante anche io,sebbene lo abbia immaginato proprio io. Volevo far capire ciò che ho pensato provasse. Grazie dei complimenti^^
Pervinca Potter 97 grazie cara, sono felcie ti sia piaciuta *-* E sarai una bimba d’età ma non nel modo di scrivere, assolutamente fantastico!

Secondo Capitolo: Quando spariscono le farfalle.

Severus Piton guardava fuori dalla finestra della biblioteca buia. Erano le nove di sera, e il parco era deserto e silenzioso. Erano passati due anni quel giorno, da quando Lily lo aveva lasciato. Due lunghissimi anni di dolore e tristezza.
Non sapeva come aveva resistito, non riusciva davvero a capirlo.
Non si poteva dire che aveva sconfitto quel dolore, ma per lo meno ci si era abituato. E non è proprio così facile abituarsi ad un dolore del genere, ma Severus ce l’aveva fatta, era sempre stata una persona forte. Fin da quando era bambino, aveva sopportato di tutto, dalle urla dei genitori alle botte del padre.

Aveva sopportato che Lily lo avesse lasciato per sempre.

Ma la sua forza consisteva anche in questo. Sopportare e vivere per lei. Non poteva in nessun modo ferirla, non poteva morire, né per lei, né per altro.
E non era questione di debolezza o di un qualche tipo di orgoglio maschile. Vivere per lei era tutto quello che gli rimaneva, e non poteva perdere quell’unico piccolo frammento di vita che gli restava. Era fuori discussione. Così, per quanto facesse male, per quanto soffrisse come se gli si fosse stata versata lava nel petto, per quanto le lacrime gli bruciavano il viso, Severus era sopravvissuto al dolore, ed aveva imparato a conviverci. Certo, molte volte Avery lo aveva beccato nel bagno del dormitorio a piangere, ma non aveva mai chiesto spiegazioni, forse si divertiva così, o, forse, non gli importava niente di lui.

Quella sera la luna era tagliata a metà, come una torta divisa in due. Somigliava al suo sorriso.
Che pensieri sdolcinati.
Da alcuni giorni meditava sul fatto di tornare a scusarsi da Lily. Sapeva che lei lo avrebbe mandato via, ma tentar non nuoce. Se si fosse opposta avrebbe sempre potuto usare la Legilimanzia al contrario e proiettare il suo dolore nella sua mente.
No, ma cosa dici? Faresti peggio.
Allora si lanciò in un fantasticare frenetico su tutti i modi e le inflessioni con cui avrebbe potuto scusarsi.
Ma coi secondi l’entusiasmo cominciò a scemare.

No, non è possibile.
Era da stupidi. Avventato. No. Non si poteva.
E poi, anche se lo avesse voluto, era già troppo tardi. 

***

Udii i primi passi venire dal lago. Il suo ottimo udito visualizzò in due secondi a chi appartenevano. Lily Evans stava camminando nel parco. Il suo andamento era ormai impresso nella mente del vecchio amico, non poteva sbagliarsi Severus.
E infatti dopo pochi istanti, eccola. Era bellissima, indossava la normale divisa, ma il suo viso era splendido, aveva le gote rosse, i capelli raccolti e ordinati, un sorriso che poteva superare la luna. Era là, bella come non mai, e Severus la guardava rapito.
Ma ad un tratto, udì una risata e un ragazzo dai capelli neri scompigliati apparve dietro di lei. James Potter le teneva la mano, e la faceva ridere. Camminavano tranquilli per il parco, parlando di cose belle che li accomunava e, forse, di qualcosa di più.
Dicono che la morte arriva indolore, che non te ne accorgi, che è un lampo, che ormai non hai più il tempo di dimenarti e dire che non vuoi.

 

[E allora perché quel dolore atroce pulsava nel suo cuore?]

 

A  Severus Piton mancarono le forze, le ginocchia non lo reggevano più, il sangue gli si congelò nelle vene. Non poteva crederci, non poteva essere vero. Non riusciva ad accettare tutto quel dolore.
Gli sfuggì un gemito straziato, loro non lo udirono.
Severus cominciò a piangere, a piangere, ma non bastavano tutte le lacrime del mondo. Nessun mondo avrebbe mai compreso il dolore che lo lacerava dentro. 
Nessuna persona l’avrebbe mai capito, perché se tutto era finito era solo per colpa sua. Sua sua e di nessun altro. E questo faceva male più di ogni altra cosa.
Riprese a spiarli, e si domandò perché lei lo stesse facendo.
Insomma, James Potter? Quell’arrogante egocentrico ed egoista con Lily, una ragazza dal cuore così puro? 

“Lily, a te piace parlare con Potter”.
“Sev, ma cosa dici? Quell’arrogante? Non potrei mai! Ti sembra? Odio la gente piena di sé, e lui sembra un gallo quando si tocca quegli stupidi capelli!”
“Lily…io sono così? Pieno di me?”
“No, Sev. Tu non sei nemmeno l’ombra di Potter. Sei molto meglio di lui. Ecco, ti giuro che non mi farò mai e poi mai piacere James Potter! Cascasse il mondo! Non farti più venire idee del genere…Potter, bah!”

 
Ed eccola lì, Lily. Mano nella mano con la persona che aveva giurato di non farsi piacere mai. Cascasse il mondo. Lei però era caduta nel tranello del ragazzo. Piton non credeva che lui l’amasse, era uno dei suoi soliti passatempi.
Una farfalla fuori ora volò davanti al naso di Severus, volò e oltrepassò gli alberi per sparire nel buoi.
Anche la sua farfalla era sparita. La sua farfalla che aveva promesso di stare sempre con lui era sparita tra la risata di quel nemico, un tempo comune.
Cascasse il mondo, Severus.
E non passò molto tempo prima che cominciasse a cascare,
il mondo, per gli uomini e per Severus.

 

[Farà male, ma cosa non fa male? E il dolore è forse un male?]

[I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa.]

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Capitolo 3
*** L'ombra di Peter Pan ***


Terzo Capitolo: L’ombra di Peter Pan

Era trascorso un anno da quella sera in cui il cuore di Severus fu spezzato per sempre.
Un anno in cui la sua anima era stata oscurata, un anno in cui lui era definitivamente passato nel buio, un anno di solitudine, un anno di dolore, di rammarico, di paure.
Un anno in cui la medaglia aveva cambiato faccia.
Lavorava come servo del Signore Oscuro, aveva anche ricevuto il Marchio. Si sentiva forte, e potente.
Ma non sapeva dove aveva lasciato la vera forza in realtà.
Accadde una notte di Settembre, pochi mesi dopo che aveva finito la scuola. Girava per Diagon Alley quando si trovò davanti alla tipografia. Diede una sbirciata senza troppo interesse all’omino che stava lavorando ancora al suo interno. Un colpo di vento spalancò la porta e alcuni bigliettini color sabbia svolazzarono per la strada, prima che l’uomo potesse recuperarli e chiudere la porta. Severus si era nascosto in un vicolo. Un bigliettino gli finì sotto la scarpa e lo raccolse con noncuranza.
Volle morire.
Anzi, nemmeno la morte sarebbe bastata a far cessare quel dolore infinitamente atroce che gli divorava il petto come fuoco.
Era un biglietto semplice.

 

James Potter  &  Lily Evans

 Sono lieti di invitarvi alle loro nozze,
che si terranno il giorno 25 Settembre 1977,
alla Chiesa di Saint Martin-in-the-Fields

Londra.

 

Non poteva essere vero. No no e poi no. Perché? Perché maledizione?
Lasciò cadere il biglietto e si diresse verso Nocturne Alley. Aveva affittato una stanza in uno squallido albergo. La cameriera che incrociò in corridoio gli chiese se desiderasse qualcosa. Lui la fissò. Aveva i capelli rossi, come i suoi, anche se gli occhi erano di un verde diverso.
La donna, credendo che lui la stesse ammirando per la bellezza, lo guardò sottecchi ammiccando.
Severus la prese per il braccio facendogli cadere tutte le cose che aveva in mano e la baciò, trascinandola nella sua stanza.
La poveretta tentò di divincolarsi all’inizio, ma lui le mise una mano sotto la gonna e lei tacque.
Ogni suo gesto era carico di violenza, una violenza mista alla rabbia che non aveva mai provato. Ogni colpo con cui entrava in lei era una ferita al suo cuore distrutto, ogni gemito un ricordo di tempi più felici.
Quella notte Severus si spogliò della sua anima. A che serviva adesso?
E mentre faceva questo ripensò a quella volta, in quel prato, quando Lily giocava ancora con lui.
Un pomeriggio che i genitori di lui non c’erano, Sev portò nella sua casa Lily. Guardarono Peter Pan.
Dopo uscirono nel prato e lei raccolse dei fiori.

“Sev, facciamo finta che questo sia il mazzo di fiori con cui mi sposerò? Dai vieni qui, mi devi accompagnare all’altare!”
Lui sorrise e la prese sottobraccio.
“Lily ma chi è che ti aspetta per sposarti?”
Lei lo guardò per un secondo. Poi sgranò gli occhi e si staccò dal suo braccio.
“Hai ragione! Tu mi devi aspettare là non qui! Lo sposo non accompagna mai la sposa all’altare! Come sono sbadata!”
Severus a quelle parole era arrossito, e qualcosa si agitò forsennatamente nel suo petto.
“Davvero tu sposeresti uno come me?”
“Certo Sev, io voglio sposare te quando saremo grandi. Come potrei vivere senza te?”

E le parole risuonavano nelle sue orecchie quella notte. Ancora e ancora.
Avrebbe voluto custodire quei momenti per sempre. Avrebbe voluto restare bambino per godere della sua innocente compagnia. Ma lui non si chiamava Peter. Lei era Lily, non Wendy. Loro erano diventati grandi, e i vecchi sogni, le vecchie promesse si erano allontanate.
Di quei bambini era rimasta solo l’ombra.
Un’ombra dietro cui Severus si nascose per sempre.
Da quel giorno lui non esistè più completamente.
E quel 25 Settembre, nascosto dietro una tenda, Severus Piton morì di sua spontanea volontà.

 

I miei cieli sono ottone la mia terra ferro la mia luna una zolla di argilla
Il mio sole peste che bruciaa mezzogiorno e vapore di morte nella notte.

[ William Blake, "Enion's Second Lament", Vala - or the four Zoas ]

 

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Capitolo 4
*** Un passo indietro. ***


Quarto Capitolo: Un passo indietro.

Severus Piton, un uomo adulto con il naso aquilino, aveva l’aria di passeggiare tranquillamente per un’affollata contrada di Hogsmeade. Da poco tempo aveva notato che era molto più sicuro confondersi con la gente piuttosto che strisciare per vicoli scuri, in cui qualcuno, stando bene in guardia, avrebbe potuto riconoscerlo. E poi, non era nemmeno da molti giorni che alcuni volti di uomini e donne, noti come Mangiamorte, erano apparsi in stampe appiccicate su molte vetrine delle strade.
Dopotutto quella domenica estiva era abbastanza tranquilla, tanto che la gente se ne andava a spasso e a far compere.
Insolito.
Però, quell’uomo, qualcosa di strano lo aveva. Era completamente avvolto nel suo mantello nero, una cosa da pazzi sotto quel sole bruciante. Ma si sa, la gente guarda ma non vede.
Infatti in pochi minuti raggiunse la sua meta, una piccola e sudicia casetta in fondo alla via. Severus entrò e chiuse la porta a chiave. Sfinito dal caldo, si tolse il mantello e lo gettò sull’appendiabiti, poi si sedette su una sedia vecchia e malmessa. Si mise le mani sulla fronte e sospirò. Quel giorno aveva visto per la prima volta dopo nove mesi, la conferma delle voci che si erano sparse nel mondo magico. Era andato a Godric’s  Hollow, finalmente era riuscito ad avvicinarsi a quel paesino senza farsi scoprire dai suoi “colleghi”. Il Signore Oscuro lo voleva lontano da lì. Sapeva bene quali erano i sentimenti che lui provava per la giovane Evans, Potter per meglio dire, e non voleva che interferisse nei suoi piani. Non dopo aver riferito la profezia a lui e non dopo aver ascoltato le sue ipotesi sul bambino dei Potter che doveva nascere a breve. Severus Piton non doveva avvicinarsi a Godric’s Hollow e in qualche modo aiutarli a fuggire. Il Signore Oscuro si fidava di Piton, ma questa sua debolezza lo aveva reso più cauto e attento. Esilio da casa Potter per Severus.
Quel giorno però Bellatrix e la sua cerchia di amichetti avevano combinato qualche disastro con dei babbani e le guardie assegnate al paese si erano distratte e allontanate per poco.
In quei secondi, Severus si era infiltrato. Era stato quasi sorpreso nello scoprire che non c’erano incantesimi contro di lui, per impedirgli di entrare. Era quasi certo che il Signore Oscuro lo stesse marcando stretto. E invece ora si era trovato davanti a quella manchevolezza. Poco male comunque, le trappole si sarebbero sempre potute rivelare in seguito.
Percorse cautamente la piazza, lasciandosi alle spalle il cimitero. Nel centro di questa si trovava una colonna dedicata ai caduti in guerra. Null’altro. Stando allerta aveva vagato per il paese cercando e cercando. Non aveva potuto scorgere la casa, né gli abitanti al suo interno, protetti da un potente Incanto Fidelius. Verso sera, ormai sconfortato, si era avviato verso il fondo del paese, per tornare a casa. Fu quando la vecchia Bathilda Bath ruppe una finestra al piano di sopra, urlando al suo gatto che Severus la vide. Probabilmente Lily doveva aver oltrepassato la sottile linea dell’incantesimo, perché gli apparve in tutto il suo splendore di donna nella via ciottolata. Era cambiata, in meglio certo. Si era alzata, aveva i capelli più lunghi che gli incorniciavano il viso con un’onda morbida, le guancie erano paffute, gli occhi brillanti. Ma ciò che lui vide, ciò che gli procurò una sensazione di vuoto fu la sua pancia, enorme. Era vero allora. Lily Potter aspettava un bambino. Dall’uomo che aveva odiato da giovane. Lei gli aveva permesso di amarla e di entrare dentro di lei, creando qualcosa di duraturo, qualcosa che era stato permesso a James Potter perché era una persona buona, e qualcosa che non era stato permesso a lui anni prima perché era una persona cattiva, malvagia. Perché l’aveva distinta dagli altri per ciò che era.
Il sole tramonta comunque.
Lei non lo aveva visto. Era uscita dal cerchio magico a causa di una caduto. Pochi secondi dopo James Potter “uscì” e in fretta la riportò dentro.
Con le nocche bianche strette al cancello di casa Bath, Severus, un uomo già morto, non poteva morire di nuovo. Rimase lì, fermo, immobile, a fissare per quelle che sembrarono ore, la linea che separava il giardino della vecchia Bathilda dalla casa rossa lì a fianco, dove un vecchio signore era intento a tagliare l’erba con una strana macchina. Fu solo dopo molto tempo che sentì qualcuno materializzarsi infondo alla strada. Allora, in fretta, percorse il vialetto fino a girare l’angolo e si smaterializzò.

 

[A volte il dolore ci coglie di sorpresa...a volte pensiamo di poter riparare al danno...
e a volte il danno è qualcosa che
non riusciamo neanche a vedere.]

 
Seduto sulla sua piccola sedia, Severus fece una cosa che non faceva da molti anni, dal giorno in cui aveva trovato l’invito al matrimonio della sua amata con un altro uomo.
Pianse.
Lacrime amare.
Pianse.
Anche se ormai non serviva più a nulla.
Ma quel giorno era cambiato qualcosa dentro di lui. Quel giorno aveva preso una decisione che avrebbe messo in pericolo la sua stessa vita. Ma era necessario. Era doloroso da una parte ma serviva. Serviva assolutamente.
Senza preoccuparsi di asciugare le lacrime si diresse nella sua camera, prese della pergamena, una piuma e tornò alla sedia e al tavolino. Scrisse una lettera, breve e coincisa, riponendoci tutte le sue più grandi speranze. Poi trasfigurò un cuscino in una specie di uomo-sacco, gli mise il mantello addosso e lo pose sulla seggiola. Accese una candela, la mise sul tavolo e accese la radio. Sapeva di essere seguito.
Piano piano, senza rumore, uscì dalla porta sul retro, applicandosi un incantesimo di Disillusione che gli diede i brividi. Si allontanò di qualche isolato e raggiunse una radura isolata, dove richiamò un gufo a cui legò la lettera.
“Devi portarla al Professor Silente”, sussurrò.
Il gufo lo guardò con una sguardo saggio e partì. Sev lo seguì con gli occhi, poi tornò a casa.

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