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Dopo un turno di dodici ore e una sveglia suonata nel cuore della
notte, Harry Potter desiderava solo una cosa: mettere sotto i denti qualcosa di
commestibile e dormire per almeno cinque ore. Se solo avesse
potuto, sarebbe andato in letargo, ma sapeva benissimo che sarebbe stato
impossibile, visto il periodo in cui si trovava. Quando aveva intrapreso la
carriera di Auror non si aspettava di vedere così
tanti casi a Dicembre, di certo si aspettava feste e brindisi, ma a Natale
erano tutti più buoni solo nei film. La realtà era completamente diversa.
Appena varcato l’uscio di casa, aveva capito che i suoi desideri si
erano trasformati in utopiche fantasie. La televisione era accesa e trasmetteva
videoclip musicali ad un livello di volume che avrebbe
sconvolto anche una persona dura d’orecchi. Non era difficile capire chi fosse
il suo ospite a sorpresa: Rose Weasley Granger si
rifugiava a casa sua quando litigava con la madre, così poi lui era costretto a
sentire le due versioni del loro battibecco, perché Hermione si sarebbe recata
da lui, una volta capito che sua figlia non si trovava nella sua stanzetta.
A soli quattordici anni, Rose era una ragazzina ribelle e sembrava non
aver preso nulla dai suoi genitori. Il suo zietto
preferito? Ovviamente George Weasley, che le
raccontava sempre tutte le marachelle che aveva fatto
con il suo amato fratello Fred, e che Rose cercava sempre di replicare. Era più
che logico vedere Hermione impazzire. In tutto ciò ci andava
sempre lui di mezzo, non George. Zio Harry era il confidente, l’unico che le
capiva, mentre in realtà lui non faceva altro che sedersi e ascoltarle, senza
emettere suoni.
Per loro era perfetto, perché tanto non avrebbero gradito un parere altrui, e
lui aveva capito come comportarsi già da anni. Mai impicciarsi nelle cose da
donne. Soprattutto se si parla non di una, bensì di
due Granger.
“Ciao zio!” Rose non si era nemmeno girata, lo aveva salutato senza
mai smettere di guardare la televisione.
“Tua madre sa che sei qua?”
“Ovviamente no, sono uscita dalla finestra e ho preso il bus per
venire qua.” Rose sapeva benissimo come fare infuriare
e gettare nel panico sua madre nello stesso tempo. Forse era meglio avvisare Hermione
prima che le venisse un gran spavento. “Abbassa il
volume! È davvero troppo alto, ma come fai a non impazzire?”
Aveva preso il telefono e composto il numero della sua amica. Dopo
qualche squillo aveva sentito la sua voce bella squillante. “Ciao, Harry.”
A quanto pare la scomparsa di Rose era stata già avvistata dalla
madre, visto il suo tono rilassato. “È qui, non ti preoccupare.”
“La vengo a prendere più tardi, va bene?”
E Harry aveva dovuto acconsentire, anche se in realtà era furioso e
davvero stanco. Si diresse verso la cucina e, dopo aver constatato
che non c’era nulla di pronto in frigo, prese del pane e della marmellata e
preparò il suo misero pranzo.
Si sedette a fianco di Rose che non esitò ad allungare la mano e a rubargli un
boccone di pane. “Sei a dieta, zietto?”
“Cosa è successo ancora?” le aveva domandato
con esasperazione.
La ragazza aveva mosso nuovamente la mano, ma
Harry aveva allontanato il suo pranzo. "Ehi, mi lasci mangiare in pace?”
“Uffa, che seccatura! Non è successo nulla di nuovo, mi ero stancata
delle urla di mamma e papà e me ne sono andata. Tutto qui.”
I suoi migliori amici avevano divorziato da più di un anno e la ferita
non sembrava guarire in fretta. Anche per lui era stato un trauma, non aveva
intuito nulla durante quegli anni e la notizia lo aveva lasciato alquanto
basito. Come era potuto succedere sotto i suoi occhi?
Era il confidente di entrambi e non aveva captato nulla, neanche un’ombra di
crisi. Un giorno di Dicembre Hermione era venuta a
fargli visita e aveva annunciato la sua imminente separazione. Così di punto in
bianco. E lui, il presunto migliore amico di entrambi, aveva dovuto accettare
la situazione senza intervenire, per timore di perdere l’uno a scapito
dell’altro. Alla fine, quella che ci aveva rimesso sia in passato che in quell’occasione era stata Hermione, che non aveva
scagliato incantesimi o piatti verso il futuro ex marito. Era rimasta seduta
sul suo divano a piangere per due lunghe ore, dopodiché aveva dichiarato con
orgoglio che doveva tornare a casa dai suoi figli.
“Perdonali, è dura anche per loro.”
Rose lo aveva guardato dritto negli occhi.
“Lo so, però questa volta è stato difficile rimanere bella tranquilla in
camera, quando avrei voluto scendere in salotto e
prendere a sberle mio padre.”
“Cosa ha fatto ancora?”
“Ha chiesto alla mamma se poteva portare una certa ‘Lav’ domenica. Sai per il nostro solito pranzetto in
famiglia...”
“Sei sicura che abbia detto proprio Lav?”
Harry aveva stretto i pugni. No, Ron aveva superato il limite questa volta.
“Sicurissima, anche perché mi ricordo il suo nome. Mamma me ne
aveva parlato quando aveva trovato una collana di dubbio gusto tra le cose di
papà. Guarda, è proprio uno stronzo.”
“Rose, non parlare così di tuo padre!” Anche se condivideva al cento
per cento l’opinione della ragazza non poteva
permettere che parlasse di Ron in quel modo. Il suo migliore amico era stato un
pessimo marito, ma stravedeva per i suoi figli e non aveva fatto mancare loro
niente.
“Lo è, zio. Sono venuta qua, perché altrimenti
sarei scesa e gli avrei scagliato qualche fattura. Non volevo finire in
punizione per un mese! Per fortuna lasci sempre la chiave per me sotto lo
zerbino.” Si era messa sulle ginocchia e gli aveva
dato un bacio sulla guancia. Sapeva benissimo come corromperlo e lui non poteva
resistere a quelle coccole da nipote, anche se poi non avevano alcun legame di
sangue. Si era abituato a essere appellato in quel modo da Rose e Hugo, e gli
piaceva essere lo zio di qualcuno.
“Ad ogni modo ho deciso cosa fare.”
“Sarebbe?” Aveva chiesto, sorpreso dal tono di voce che aveva usato.
Non era solo determinazione, c’era anche qualcos’altro. Stava combinando
un’altra marachella come al suo solito.
“Mamma non è più uscita con nessun uomo, da quando si è separata.”
Non poté che capire le ragioni di Hermione, con due figli a carico non
era poi così facile trovare uno scapolo che si facesse amare, anche da quelle
due pesti.
“Non è così facile, Rose.”
“E perché? Mia mamma è bella, è solo
trascurata.”
Ora sul volto di Harry c’era un sorriso sghembo. “Non
l’ho mai messo in dubbio. Dico soltanto che, alla nostra età, i migliori
sono stati già presi.”
“Tu stai aspettando me?” aveva chiesto maliziosamente la ragazza.
Harry era scoppiato a ridere. Ricordava benissimo le parole di Rose,
di appena sette anni, che gli chiedeva di aspettarlo,
perché avrebbe sposato lei e nessun’altra. Ed effettivamente aveva portato a
casa molte donne, ma con nessuna era riuscito a stringere un legame serio.
“Non credo che tuo padre approverebbe. Dovevi vedere gli sguardi
infuocati che mi lanciava quando stavo con Ginny…”
Sembrava essere passata un’eternità da quei giorni e da quei baci
scambiati prima che il loro mondo cambiasse definitivamente. Avevano cercato di
ricominciare, ma lui era cambiato troppo, la Guerra lo aveva segnato e niente
era più stato come prima. Neanche quell’amore appena sbocciato. “Quindi cosa hai combinato?” le aveva chiesto.
“Ho iscritto mamma ad un sito di incontri di
maghi.”
Lo aveva detto con una scioltezza disarmante, inconsapevole di quello
che aveva fatto. O della furia che avrebbe scatenato.
Le urla si erano spostate a casa Potter, a quanto pare. Per
fortuna Harry aveva scelto una casetta autonoma e quindi non doveva rendere
conto a nessun vicino, ma la situazione stava davvero degenerando e lui voleva
veramente dormire un po’. Non era del suo stesso parere Hermione
che aveva ricevuto dieci chiamate dai suoi spasimanti nell’ultimo quarto d’ora
e, quando uno di questi le aveva spiegato del suo annuncio aveva capito chi si
celava dietro, Smaterializzandosi direttamente nel suo soggiorno.
“Dai, mamma. Uscire non ti farà mica male!” era stata la
debole protesta di Rose.
“Come ti sei permessa? Non ho bisogno di mia figlia per
cercare un uomo e, soprattutto, chi ti ha detto che ne ho bisogno? Gli uomini
sono inutili!”
‘Grazie, Hermione’, era stato il suo pensiero. Non
sapeva che la sua amica lo considerasse tale, visto l’uso che stava facendo di
casa sua.
“Sei troppo acida in quest’ultimo periodo, ma’.”
Quando aveva sentito questo commento Harry aveva allontanato
tutti gli oggetti piccoli che potevano essere facilmente usati come arma.
“Io non sono acida, sono solo una mamma impegnata che non ha
voglia di uscire col primo che passa! Te ne rendi conto che mi ha chiamato
anche un collega? Come farò a guardarlo in faccia domani, sapendo che… insomma,
vuole uscire con me?”
Harry si era limitato a scuotere la testa. Hermione
e le sue strambe idee, come se fosse successo qualcosa di grave. Più di una
volta aveva sentito alcuni apprezzamenti nei confronti della sua amica, non
c’era niente di nuovo. Forse gli specchi erano inutili e non gli uomini, perché
era diventata sempre più bella. Come se fosse sbocciata con l’età adulta, o
forse erano stati i suoi figli a renderla ancora più straordinaria.
“Sei esagerata! Non sei mica l’unica single quarant-”
“Ho trentanove anni!”
“Anno più, anno meno…” aveva commentato con nonchalance la
figlia.
Harry, a questo punto, si era diretto verso la sua stanza. Un Muffiatoe finalmente avrebbe potuto dormire.
Come meritava.
“Dove stai andando, tu?”
l’aveva apostrofato Hermione, bloccandogli la fuga.
“Sono stanco, ragazze.”
“Tu sei stanco? Non hai mai avuto un travaglio, pensa due,
quindi non parlarmi di stanchezza, Harry.”
Ora che colpa ne aveva lui se era nato uomo e non donna? Bene.
Se proprio non poteva stendersi nel suo amato lettone, lo avrebbe fatto sul suo
divano.
“Non t’azzardare! Tu devi aiutarmi a togliere l’annuncio
online, visto che mia figlia si ostina a non volerlo fare. O almeno a eliminare
il numero di telefono.”
Da quando era diventato bravo in quel genere di cose? Usava il
computer lo stretto necessario, ma non per altro. Di sicuro avrebbe solo
combinato qualche guaio.
“Rose, dai… fai contenta tua madre.”
“No.” Braccia conserte, sguardo fiero di chi non cede mai.
“Hai sentito tua figlia?”
“Inutile, appunto!”
E no, non era mica colpa sua se quella ragazza era
l’ostinazione fatta persona. Non avrebbe cambiato idea neanche con le minacce.
“Senti, non puoi evitare di rispondere alle chiamate, scusa?”
Hermione gli aveva rivolto uno dei
suoi sguardi e lui si era sentito come un bambino sgridato dalla madre. La
tentazione di mettersi in un angolo in castigo era tanta, e provò ammirazione
per Rose che riusciva a tenerle testa. Si appuntò di non mettersele mai contro,
non avrebbe mai vinto lo scontro con le due Granger.
Con calma si era diretto verso lo studio e aveva preso il portatile, sperando
di aiutare la sua amica con le poche conoscenze che aveva in materia. Aveva
ascoltato Rose dargli direttive per raggiungere il sito e poi, in compagnia di Hermione, aveva passato una decina di minuti a sfogliare le
foto. Il suo profilo era stato studiato bene in ogni dettaglio e c’erano
tantissime immagini che ritraevano la sua amica, dai tempi di Hogwarts fino ad arrivare a una che aveva scattato lui qualche
settimana prima.
“Non è stato facile toglierti dalle foto. C’è voluta una vita!
Eri praticamente in tutte.”
Effettivamente a Harry erano sembrate strane, come se mancasse
qualcosa o qualcuno, in questo caso lui. Erano tutte davvero belle e capì perché
Rose avesse scelto proprio quelle.
“Sono tutte bellissime.” aveva commentato.
“Come no! Harry, ti decidi a cancellare questo profilo o no?” Hermione scalpitava e non aveva nessuna intenzione di
perdere altro tempo.
“Perché non hai scelto foto in cui c’era solo lei, scusa?”
Harry non riusciva a capire le ragioni del lungo lavoro di sua nipote.
“Perché è più bella quando ci sei tu. E poi, ho usato il tuo
pc e le tue foto.”
Ecco perché gli erano sembrate familiari!
“Ora è definitivamente colpa tua, Harry. Una password, no?” La solita Hermione con i soliti commenti drastici.
“Lo sai, mamma, che l’unica donna nelle foto dello zio sei tu?
Non ce n’era neanche una delle sue ex.”
Le loro facce si erano colorate di un bel rosso acceso, e Rose
aveva appena iniziato a divertirsi. “Non dire stupidaggini, è solo lo zio
Harry.” aveva protestato Hermione debolmente.
Il dito di Harry aveva esitato una manciata di secondi, poi aveva cliccato sul
mouse.
“Profilo eliminato con successo. Contenta?”
“No, che non sono contenta. Se tu avessi messo una password,
mia figlia non avrebbe combinato tutto questo casino!”
Stanco e infuriato si era alzato dal divano. “Ora ve ne
tornate a casa. Vorrei dormire almeno un’oretta prima di cena.” Non gli
importava essere gentile, era nervoso e non era solo per la mancanza di sonno.
Quel commento di Hermione gli bruciava ancora.
Le aveva accompagnate alla porta e salutate con un cenno della
mano, ma se prima aveva desiderato che se ne andassero, dopo si era sentito
davvero solo. Come lo era sempre stato, solo che se n’era accorto troppo tardi.
Aveva preso il computer e pensato a lungo a quale password
scegliere, prima che il suo subconscio agisse per lui e digitasse quelle otto
lettere.
L’indomani si era recato come al solito in ufficio, ma c’era
qualcosa di diverso: le donne non facevano altro che guardarlo e rivolgergli
sorrisi, mentre i colleghi non avevano smesso di parlottare tra loro neanche un
secondo dopo il suo ingresso. Che diamine stava succedendo? Non dovette
aspettare molto per capire il motivo di tutta quella stranezza.
Lucy, Jasmine, Beatrice, Clara. Erano state loro le prime a presentarsi in
ufficio e ad affermare con assoluta certezza che lui era più bello di persona
che in foto, dichiarandosi disponibili ad eventuali appuntamenti. Praticamente
avevano già stilato la sua agenda ed era libero solo il mercoledì.
A questo punto, Harry aveva cercato il telefono e letto con orrore i
trentacinque messaggi ricevuti, e per la prima volta in vita sua era arrivato
alla soluzione dell’enigma in una manciata di secondi. Rose. E ancora Rose.
Era uscito infuriato e aveva preso l’ascensore che l’avrebbe portato al
Dipartimento di Hermione. Altro che dolce e tenero
zietto, avrebbe visto di che pasta era fatto Harry Potter!
Dopo aver dribblato varie donne che l’avevano fermato e alle quali lui aveva
rivolto solo un sorriso stretto, si era precipitato nell’ufficio della sua
amica.
“Che cavolo… Harry, mi hai fatto prendere un colpo!”
L’inchiostro si era rovesciato dal calamaio e Hermione
dovette usare la bacchetta per sistemare il disastro combinato sulla pergamena.
“Non me ne frega un fico secco! Hai visto cosa ha combinato di
nuovo tua figlia?”
“Non saprei…” aveva detto con voce tremante, e lui conosceva
davvero troppo bene la sua amica per non carpire certi messaggi. Altro che Grifondoro, quel giorno Harry Potter sembrava proprio un Corvonero, nonostante il Cappello Parlante non avesse mai
preso in considerazione quella Casa per lui.
“Sei stata tu!” Dito puntato, sguardo allucinato. La sua
giornata era iniziata davvero male.
“… a fare cosa, di preciso?”
“Oh, non fare la santarellina con me! Ti sei vendicata perché
ieri non volevo aiutarti, ma mi sembra che, alla fine, lo abbia fatto, no? Lo
sai che vuol dire per me?”
“Oh, ma Harry, quanto grave potrà mai essere? Basta non
rispondere al cellulare, no?” Gli aveva girato la stessa frittata solo per
fargli capire quanto fosse ragionevole e giusta la sua arrabbiatura del giorno
prima.
“Per fortuna, lo tengo sempre silenzioso.Trentacinque, anzi quaranta messaggi.”
“Addirittura quaranta? Io solo una decina…”
“Se vuoi, rimetto online il tuo profilo, Hermione.”
Non poteva offrirgli quella vendetta su un vassoio d’argento, era persino
troppo facile.
“Non oseresti…”
“Davvero? Ci vediamo a pranzo, allora.”
“È un appuntamento?”
Era stato un commento ironico, adatto alla situazione, ma lo
sguardo che le aveva rivolto era così carico di tristezza che Hermione si era subito pentita della sua lingua lunga.
“Sono solo lo zio Harry, no? Niente di più.”
NdA: Cucciolo Harry! Hermione,
io me lo porto a casa
Ovviamente aveva rimesso online il profilo di Hermione. Non ci era riuscito dal pc del suo ufficio ed era
dovuto andare a casa e usare il suo computer dove era memorizzata la password
che aveva usato Rose. Nonostante la sua poco conoscenza c’era riuscito ed era
stato davvero fiero di sé. Poi, aveva spento il cellulare e l’aveva lasciato a
casa. Purtroppo non poteva assentarsi dal lavoro, ma aveva deciso che avrebbe
approfittato della situazione. Era stanco di essere trattato come uno stupido o
come un semplice zietto.
Forse, inconsapevolmente, aveva attirato le simpatie degli altri colleghi. Se
persino Harry Potter non riusciva a trovare l’anima gemella, allora loro,
quelli normali, potevano definirsi
fortunati ad avere una donna che li aspettasse a casa. Non dovevano per niente
lamentarsi delle loro compagne.
E alla fine aveva accettato anche qualche appuntamento. Aveva trentanove anni
ed era ancora single e lui desiderava, quasi disperatamente, una propria
famiglia.
Si stava giusto preparando per il primo appuntamento della settimana quando
aveva sentito il campanello di casa. Erano solo le sette e mezza di sera e
sarebbe dovuto passare a casa di Clara per le otto. Che fosse un’altra
ammiratrice?
Aperto l’uscio, si ritrovò davanti una HermioneGranger davvero, davvero arrabbiata. Persino gli
scatti d’ira di Voldemort sembravano innocui al suo
confronto. Non era ancora arrivata al punto da lanciare AvadaKedavra come lui, ma in quella forma
così genuina e quasi tranquilla, faceva ancora più paura. Uno tsunami pronto a
inghiottire tutto.
“Buonasera!”
L’aveva spintonato, entrando con forza in casa. “Non credevo
fossi così altamente deficiente.”
“Solo con te, ‘Mione.”
Non riusciva ad essere serio, o forse stava parlando
sinceramente per la prima volta?
“Scommetto che te la stai godendo. Tutte che svengono per te…”
Capendo che la discussione sarebbe andata per le lunghe, si
era diretto verso il bagno per controllare i capelli e, in caso, pettinarli.
“Non tutte. Manca ancora qualche infermiera del San Mungo.”
“Ti stai preparando il ricovero per il post scontro con me?”
“Non basta un mio sorriso per scioglierti come neve al sole?
Jasmine mi ha detto che le faccio sempre questo effetto.”
Hermione non aveva nascosto la
smorfia di disgusto. “Ma fammi il piacere!”
“… mentre a Lucy piace questo mio carattere irascibile.”
“Solo perché non sa che ti arrabbi anche quando non
trasmettono la tua serie tv preferita.”
“Sono bello e dannato per Beatrice.” Harry si stava proprio
divertendo e non poteva negarlo.
“Dannatamente stupido, piuttosto. La vuoi smettere di dire
così tante idiozie e ti decidi a comportarti come una persona adulta. Hai
trentanove anni, diamine!”
“Quasi. E tu quaranta tra qualche mese…”
“Trentanove!”
“Quaranta. E secondo me, potresti puntare sui ragazzi giovani.
Tante donne della tua età hanno un toy boy.” Forse
era stata una frecciatina un po’ maligna, e Harry si pentì subito di averla
detta.
Hermione si era girata velocemente
e gli aveva strappato la spazzola dalle mani. “Non t’azzardare, Harry! Tu non
sai che vuol dire per me vivere questa situazione, quanto mi odi per il fatto
che mia figlia sia arrivata al punto di iscrivermi ad un sito incontri perché
sa benissimo che non troverei in altro modo…”
“Oh, ma non dire cazzate!” Era stato più forte di lui, non
voleva essere così rude, ma erano state le prime parole che gli erano venute in
mente per bloccare quel torrente di idiozie pronunciate dalla sua migliore
amica. “Non sei la prima donna a divorziare e quando riuscirai a vederti per lo
splendore di donna che sei, sarà troppo tardi. Rose l’ha fatto solo per
vendicarsi di Ron.”
Hermione era rimasta in silenzio
per qualche secondo, prima di metabolizzare che le era stato appena fatto un
complimento.
“Quindi sai di Lavanda?” aveva chiesto, anche se conosceva la
risposta.
“Sì, me l’ha detto giusto ieri. Non ne sapevo nulla, davvero. Ron non mi ha mai accennato né di lei né che stesse
frequentando un’altra.”Se c’era una
cosa che aveva sempre odiato, anche all’epoca dei litigi a scuola, era proprio
il suo ruolo di confidente di entrambi, come anche l’impossibilità di
schierarsi. Per fortuna, in questo caso era stato esonerato, altrimenti non
avrebbe esitato un attimo a sganciare un pugno al suo migliore amico. Come
poteva perdere una donna come Hermione, non lottare
per conquistarla? Per lui era qualcosa di veramente difficile da capire.
“Ti credo. È che tutto mi sembra così surreale, sta succedendo
troppo in fretta. Io…”
Il telefono aveva iniziato a squillare, era in ritardo al suo
appuntamento, ma non gli importava un granché. Le sue mani si erano mosse da
sole, stringendo Hermione in un forte abbraccio.
Poteva sentire i suoi brividi e lui, Harry, sapeva di cosa lei aveva bisogno.
Tornare indietro nel tempo avrebbe sistemato le cose, sicuramente, e tante
volte Harry era stato tentato dall’idea di riavvolgere tutto e cambiare gli
eventi che per lui erano sbagliati.
Eppure c’era un piccola parte di lui che invece avrebbe fermato tutto. Restare
per sempre così, in quella posizione, e con i capelli di Hermione
che solleticavano il suo naso. Presto avrebbe starnutito, ma a lui importava
solo scacciare via quei pensieri tristi, farla arrabbiare per qualche suo gesto
o semplicemente ridere. Perché non c’era niente di più bello che il suono della
sua risata.
“Farai tardi al tuo appuntamento.” Aveva iniziato ad
allontanarsi, per lasciarlo libero di andare, prima di essere ripresa e stretta
ancora più energicamente.
“Non m’importa di Clara.”
“Quindi chi ti piace?” Il tono era divertito, voleva solo
stuzzicarlo un po’, ma a Harry era passata la voglia di scherzare. Già da molti
anni. Non ragionò prima di agire, tanto non era abituato a farlo. Mai, in
nessuna occasione; quindi una vocina nella sua testa gli aveva suggerito che
era troppo tardi per iniziare ora.
Le sue labbra erano calate impetuose sulle sue, e mai si sentì
realizzato come in quel momento. Sentì qualcosa di caldo al petto, come se
finalmente avesse preso la decisione giusta. Tutto in lui urlava a gran voce di
baciarla e lui aveva desiderato quel momento da tanto tempo. Di certo non si
aspettava che Hermione si staccasse da lui con impeto
e lo schiaffeggiasse con forza.
“Harry!”
Aveva portato la mano nel punto in cui lei si era abbattuta
con tutte le sue forze, e cavolo, bruciava da morire! Solo allora capì di aver
fatto la più grande stupidaggine della sua vita.
“Scusa…” aveva cercato di giustificarsi.
“Scusa un corno! Non mi puoi baciare perché ti faccio pena.
Noi non siamo così, Harry.”
“Hai frainteso, non-.”
“Non osare.” Gli aveva rivolto un’ultima occhiata, piena di
tristezza e si era diretto verso la porta, e a lui non restò altro che
osservarla uscire.
Era decisamente un coglione.
Aveva appena rovinato la sua amicizia con Hermione
e tutto questo per un bacio che era durato una manciata di secondi.
Se avesse potuto rimediare, lui l’avrebbe ribaciata ancora e
ancora.
Il suo errore più grande era stato quello di liberarla
dall’abbraccio e lasciarla andare così.
Baciala, Harry.
Baciala ancora e non lasciarla andare via.
Sarebbe stato questo il suo mantra d’ora in poi.
NdA: Vieni
qua Harry che ti baciamo noi! Vero, ragazze? A lunedì col penultimo capitolo.
Erano passati tre lunghi giorni da quel bacio e Harry aveva
quasi dimenticato il sapore di Hermione, anche se
forse sarebbe stato impossibile.
L’aveva cercata più volte in ufficio, ma lei era stata davvero brava a evitarlo
e a sviare l’argomento, fingendo di avere sempre un appuntamento di lavoro. E
lui sperava vivamente che non si trattasse di altro, perché non avrebbe
resistito all’idea di lei stretta tra le braccia di un Brian. O di un Phil. Di
un uomo qualsiasi che non fosse lui, in pratica. Per la prima volta era
arrivato alla soluzione dei suoi problemi senza intoppi e soprattutto da solo.
Ora toccava al membro più intelligente del gruppo, che invece riteneva che
l’attrazione che provava Harry per lei fosse pura pietà nei suoi confronti,
quando in realtà lui aveva dovuto trattenersi, fingere che tutto andasse bene.
Sempre. In ogni occasione. Persino all’altare quando lei si era girata verso di
lui e gli aveva sorriso tra le lacrime.
Era arrivato a casa di Hermione e,
dalla musica ad alto volume che poteva sentire anche da fuori, poteva
scommettere sull’identità dell’occupante. Rose lo aveva accolto a braccia
aperte, schioccandogli un bacio sulla guancia. “Sei venuto a chiedere la mia
mano alla mamma?”
“Più o meno.” Era stata la sua pronta risposta. “C’è la
mamma?”
“Non è ancora tornata. Non dovreste lavorare nello stesso
posto? Bastava passare in ufficio, zio!” Era anche fin troppo sveglia per
essere ancora uno scricciolo di donna.
“Mi andava di passare di qua e di salutare la mia bellissima
nipote.”
“Ruffiano e bugiardo.”
Si erano sistemati sul divano e si era subito allungato per
rubarle il telecomando e abbassare il volume di quella diavoleria. “Ultimi
giorni di vacanza, eh?”
Rose aveva fatto una faccia felice, e non dispiaciuta come si
sarebbe aspettato.
“Tu non me la conti giusta.”
“Sapessi!” Rose era più elusiva che mai, soprattutto visto il
suo carattere.
“Cosa mi stai nascondendo?” Harry Potter e la sua curiosità,
primo libro di una serie infinita.
“Sei diventato un gran pettegolo, o sbaglio?”
“Tua madre non ti ha parlato dei miei grandi pregi?” aveva
chiesto, dandole una leggera gomitata come segno di complicità.
“A dire il vero, spesso la sento rivolgerti degli epiteti non
troppo carini, soprattutto nell’ultimo periodo. Che state combinando?” Rose lo
stava scrutando a fondo, ma Harry era deciso a mantenere la sua faccia tosta e
indagare sulle vere emozioni di Hermione, sfruttando
la lingua lunga di Rose.
“Solo perché mi adora.” Harry sperava anche in altro, però, ma
preferì tenerselo per sé.
“Ha uno strano modo per dimostrarlo, allora. Da chi avrò preso
i miei bellissimi geni?” Si era accarezzata il mento, pensierosa.
“Secondo te, è veramente arrabbiata?”
“Chi… la mamma?” Al cenno affermativo di suo zio aveva
continuato. “Più che altro mi è sembrata assente in questi giorni, ha la testa
altrove e quando le chiedo cos’ha mi risponde a monosillabi. Capisco che sono
un’adolescente, ma vi assicuro che affronto i problemi sentimentali meglio di
voi due. Diamine, sembrate due ragazzini alla prese con la prima cotta!”
“In che senso?” Si sentì davvero un bambino: era seduto sul
divano con sua nipote e stava cercando di capire qualcosa sul suo rapporto con
la donna che amava, anziché chiedere alla diretta interessata. Ma soprattutto
non gli era sfuggito che Rose avesse già intuito qualcosa.
“Sai perché non vedo l’ora di tornare a Hogwarts?
Perché prima di prendere il treno e tornare qui per la vacanze natalizie, mi
sono dichiarata a Matt Jordan, Tassorosso. E solo
quando lo vedrò, capirò se ho qualche chance oppure no. A volte, bisogna solo
affrontare le proprie paure, così: caricando come un ariete e sfondare tutto.
Sono sicura di piacergli, queste cose si capiscono…”
Come aveva fatto Ron a procreare una
ragazza così sveglia? “Da come lo dici sembra così facile.”
“Be’, lo è. Non bisogna essere una cima per capirlo. Quante
volte ho beccato Matt che mi guardava di nascosto, e quando vinco qualche
partita di Quiddich mi stringe sempre forte. Sai… un
abbraccio stritaossa
come quelli di nonna Molly!”
“Ho capito.” Lo disse con così poca convinzione che Rose sentì
la necessità di tirarlo su di morale.
“Sii un ariete, zio! E non rispondermi che il tuo segno
zodiacale è leone, perché altrimenti ti picchio. E fidati se ti dico che sono
una ragazza manesca. Chiedi a mio fratello.”
Doveva essere terribile averla come sorella maggiore. Non solo
era più sveglia di molti suoi coetanei, ma era anche un maschiaccio. Sperò che
anche i suoi geni facessero un miracolo come quello che aveva a fianco, se mai
fosse riuscito ad essere padre. All’improvviso l’idea di avere un figlio con Hermione sembrò esaltarlo. Doveva seguire il consiglio di
sua nipote e affrontarla, e soprattutto baciarla. Non bisognava dimenticare
l’ultimo punto.
Quando avevano sentito la porta aprirsi, si erano subito
seduti in maniera composta e, al suo ingresso in salotto, le avevano rivolto un
sorriso innocente, che l’avrebbe sicuramente messa in allarme.
“Ciao, ma’!”
“Ciao, ‘Mione.”
Hermione li aveva guardati a lungo
con un sopracciglio inarcato, come per fare capire loro che non credeva a quelle
facce da angioletto. “Ti avevo detto niente tv fino a domani. Fila subito in
camera.” Poi aveva rivolto un sorriso ad Harry. “Posso offriti un caffè?”
“Da quando siete così formali? Se lo zio vuole un caffè può
farselo anche da solo! E io sto ascoltando,
non guardando la tv.”
“Rose, fila in camera e basta. Sono troppo nervosa per un
dibattito linguistico,” aveva detto Hermione,
passandosi una mano sul viso stanco.
“Caffè. Sì, va bene.” E lui l’aveva seguita in silenzio, come
un uomo in processione dietro a un santo. Forse doveva proprio accendere una
candela per la sua buona riuscita.
“Quindi, Harry.”
“Sempre pronto, mia signora.” le aveva detto scherzando.
“Non fare il ruffiano con me. Sono davvero distrutta oggi,”
aveva poggiato le mani sul bancone e lui provò l’irresistibile voglia di
stringerle, di farle capire che insieme avrebbero potuto condividere tutto,
anche quei momenti in cui si è troppo stanchi e si desidera solo un abbraccio.
“E non ho più voglia di scherzare. Non dopo…”
Non dopo quel bacio. Non dopo che lei lo aveva respinto. Non.
Quella negazione bruciava, faceva più male di una MaledizioneCruciatus scagliata
con desiderio di infliggere dolore. Improvvisamente si sentì un idiota, tutto
quel teatrino con Rose gli sembrò una prova di ciò. Lui non la
meritava, come Ron. Ma almeno lui ci aveva provato,
perché lei gli aveva dato una possibilità.
A lui non restava nulla, ormai.
“Non so quando è iniziato,” cominciò a dire, prima che il
coraggio venisse meno. “O forse ti ho sempre amato.” Al suo sguardo allarmato,
aveva continuato con più convinzione nella voce. Rose gli aveva consigliato di
parlare, di essere sincero e lui non lo era mai stato, neanche con se stesso.
“Osservare te e Ron felici… ero contento, certo.
Voglio bene a Ron, non è solo il mio migliore amico,
è più quel fratello che non ho mai avuto, ma che ho avuto la fortuna di
conoscere e scegliere. Vi ho visti amarvi e ho accettato in silenzio. Poi vi
siete lasciati e ho continuato a non dire nulla, perché non sarebbe stato
giusto e perché tu lo amavi, anzi forse lo
ami ancora…”
“Harry…” Un sussurro, una preghiera di fermarsi. Prima della
rovina.
“Non ce la faccio più, Hermione. Non
permetterò ad altri di averti.”
“Non sono un oggetto da contendere, io!” Era arrabbiata, ora.
“Non intendevo quello, lo sai benissimo.” Si era preparato
quel discorso un centinaio di volte, eppure non aveva pronunciato una sola
parola di quello che aveva preparato. Non ricordava più nulla, perché lei gli
faceva sempre questo effetto. Era meglio di un Oblìvion,
la guardava e dimenticava tutto. Le sue paure, persino i suoi desideri più remoti.
“Dico soltanto che sono arrivato al capolinea. Stop. Alzo bandiera
bianca. Non mi ami? Posso accettarlo. Lo posso fare, certo ci vorrà del tempo.
Però non t’azzardare a pensare che io ti abbia baciato perché mi facevi pena.
Non sei un gattino abbandonato da portare a casa, anche se vorrei farlo.
Fregarmene di tutto e di tutti e rapirti, e fare l’amore con te tutta la notte.
Dio, lo farei, sì!”
No, no. L’aveva spaventata, lo poteva leggere dai suoi occhi.
Aveva mosso qualche passo verso di lei, ma vederla
indietreggiare, quello fu peggio di un pugno. Dritto al petto.
Mascherò la sua delusione con il miglior sorriso che aveva in
repertorio. “Non ho più voglia di un caffè, scusa. Forse è meglio che io vada.”
“Davvero mi ami?”
Harry avrebbe voluto sentire altro, magari una confessione del
tipo che lei lo aveva sempre amato. Purtroppo non poteva suggerire le battute
perché desiderava sentirsele dire.
“Con tutto me stesso. Sì.” Le accarezzò il viso, prima di
baciarla lievemente sulle labbra. Era un bacio di addio? Harry sperò di no. Si
staccò quasi subito, non voleva vederla fuggire o ricevere un altro schiaffo.
Sfortunatamente c’erano le lacrime a fronteggiarlo, niente canarini o Fatture
Pungenti.
Tornò in salotto e urlò in direzione della scale un saluto per Rose. Prese la
giacca e uscì, contando i secondi che passavano, pregando che Hermione uscisse da quella
dannata cucina e che corresse da lui, come un vecchio film in bianco e nero.
Peccato che il regista della sua vita fosse un tipo da thriller o film horror,
non da commedie rosa con baci spettacolari e mozzafiato.
Con un’ultima occhiata verso la casa, si Smaterializzò.
NdA:
Facciamo una statua a Rose? Sii un ariete, Harry!!!
Povero cucciolo… e ora?
Ci vediamo lunedì col capitolo finale. E sì, ormai siamo
giunti alla fine, però ci sarà una piccola sorpresina per voi. Non vi anticipo
nulla, altrimenti che gusto c’è?
I giorni passarono molto lentamente, o forse sembrò così a Harry. Solo
e a leccare le sue ferite, quelle ore sembravano interminabili. Tante volte si
era bloccato col telefono in mano, perché avrebbe voluto chiamarla, ripeterle
ancora che l’amava. All’infinito, come un disco rotto.
Uno con quei tormentoni estivi, però.
Una volta tornato a casa, si era pentito di tutto quello che non le aveva
detto. Forse avrebbe potuto mandarle una lettera con le note aggiuntive, a mo’
di Errata Corrige. Qualcuno le
suggeriva che no, era assolutamente da evitare. E una volta tanto, Harry Potter
ascoltò le voci, e aspettò.
L’attesa non era proprio tra le sue corde, quindi
cercò in tutti i modi di pensare ad altro, concentrandosi sul lavoro e
offrendosi volontario per qualsiasi missione. E anche per altro.
Ci aveva pensato a lungo quando il suo Capo Dipartimento aveva chiesto un
volontario per interagire col MACUSA in America. Lui non era sicuramente la
persona più adatta: non era un politico e non era mai stato bravo con le
parole, ma sicuramente la sua fama lo avrebbe aiutato. E poi, era un’ottima
scusa per scappare da Londra per qualche settimana. Lì, chiuso in quelle
quattro mura, che fossero casa o il suo ufficio, gli sembrava di impazzire e
non ce la faceva più; era più che sicuro che avrebbe
combinato qualche danno a lungo andare, quindi era meglio fare le
valigie e allontanarsi per un po’.
A dire il vero, doveva ancora preparare il necessario per la partenza
dell’indomani, ma una piccola parte di Harry, quella ottimista ovviamente,
sperava che Hermione si presentasse a casa sua per fermarlo. Tsè,
diceva la sua parte pessimista.
Intanto lui rimandava e presto si sarebbe ridotto all’ultimo secondo.
Si decise solo alle dieci di sera, quando ormai era
evidente a entrambe le parti che nessuno si sarebbe opposto alla sua partenza.
Preparò quello che gli sarebbe bastato per un mese di permanenza, anche se
dipendeva tutto da lui. Poteva anche iniziare una nuova vita lì.
Era più facile scappare che affrontare il rifiuto di Hermione. Era peggio di una femminuccia, altroché!
La sveglia suonò anche fin troppo presto e lui non era pronto per
nulla. Durante la notte aveva pensato e ripensato al suo gesto. Stava davvero
agendo nel giusto? E se stesse commettendo un’altra delle sue solite cazzate? E
se lei non lo avesse più perdonato? Si addormentò alle quattro del mattino,
quando aveva capito che tutte quelle paturnie erano inutili e che doveva
smetterla di fare certi pensieri, era meglio mettere il suo cervello in modalitàoffline e
approfittare di quell’opportunità per visitare un posto in cui non era mai
stato.
Lui si era candidato per altri motivi, e solo al suo arrivo in aeroporto capì
che ci sarebbe stato altro. Qualcosa che gli era sempre stato negato: non aveva
mai viaggiato con i Dursley e lui non aveva visto
altro che qualche città nel Regno Unito, ma nulla al
di là del suo nido. Era pronto a prendere il volo, in tutti i sensi. E questo
lo rendeva euforico.
Aveva ancora un sorriso ebete quando si sentì chiamare. Da lei. E sentì la parte ottimista fare
la linguaccia alla sua controparte. Se lo aspettava? No, per nulla. Forse il
giorno precedente ci aveva sperato, ma alla fine, dopo non aver chiuso occhio,
aveva capito che lei non si sarebbe mai presentata, e aveva ragione, perché
dopotutto aveva mandato a puttane un’amicizia di più di vent’anni per un attimo
di gloria. Il tempo di un bacio, condito con uno schiaffo.
Lei era bella come sempre, trafelata e con le guance rosse.
Sicuramente aveva corso per essere lì.
“Ciao.” Fu il suo semplice saluto.
“Ciao, Harry.”
Non potevano essere più freddi di così. Due ghiaccioli che si incontravano. Ciao, io sono alla menta. Ciao, io alla
fragola. Erano veramente patetici.
“Riuscirai mai a perdonarmi?” le aveva chiesto.
“Per cosa?”
La lista era lunga, ma Harry preferì andare dritto al sodo. “Per aver
rovinato tutto.”
E lei gli sorrise, prima di avvicinarsi. “Non
essere drastico. Sono qui, no?”
“Sì, e sembriamo due estranei!”
“Sono imbarazzata, tutto qui.”
Lei era in
imbarazzo? E lui cosa doveva dire, allora?
“Almeno non sei arrabbiata.”
“Oh lo sono, il mio profilo è ancora online grazie a te.”
Si diede una manata in fronte, perché gli era proprio passato di
mente.
“Più forte, Harry.”
“Scusa, appena arrivo a New York provvedo
subito a cancellarlo.”
“E cerca di imparare dai tuoi sbagli, mi raccomando.”
Gli aveva ricordato con un occhiolino.
“Ossia?”
“Le password, Harry! Pensa se tenessi delle informazioni importanti
sul PC e qualche Mago Oscuro ne approfittasse…”
Harry trovò impossibile e ridicola l’idea. “E cerca
le informazioni sul mio computer? Non troverebbe molto,
solo tante partite a solitario. Comunque l’ho già fatto,
tua figlia non può più combinare danni.”
“Davvero?” Per un attimo sembrò pensare a qualcosa di lontano, come a
un ricordo. “Edvige? O… qualcosa che ricorda i tuoi
genitori?”
“Hermione.”
“Quale delle due, non ho capito.”
“No, la password sei tu. Cioè il tuo
nome.” Si era incartato come al suo solito.
Lei l’aveva guardato a lungo e Harry non riuscì a decifrare quello
sguardo. Era arrabbiata o triste? Dio, quanto erano complicate le donne. Doveva
ripescare quel manuale che gli aveva regalato Ron, forse l’avrebbe aiutato.
“Comunque ho parlato di sbagli. Al plurale.”
“Ne ho fatti un centinaio nell’ultimo
periodo. Ho l’imbarazzo della scelta. Non dovevo amarti? Non credo ci sarei riuscito.” Scacciò con la mano quell’idea davvero
impossibile.
“Veramente?”
“Amarti è troppo facile quando tu sei così.” Fece un gesto
buffo con la mano e Hermione era scoppiata a ridere.
“Così come?”
“Così. Bella da morire, con
quelle labbra da baciare, le guance arrossate, imbarazzate come dici tu, e quei
capelli arruffati…”
“Ehi, non toccare quel tasto dolente, non posso mica andare sempre dal
parrucchiere,” si era difesa.
“No, no, a me piacciono. Ti rendono più selvaggia!”
“Non sono una lepre da catturare.”
“O un cinghiale.”
Hermione ora lo guardava con astio. “Da cucinare con le patate.”
“Quelle stanno bene ovunque. Stiamo decidendo il menù del mio ritorno?” chiese, curioso.
“Tornerai?” Aveva chiesto, piena di speranza.
“Solo se tu lo vuoi.” Harry non aveva mai avuto così paura di sentire
una risposta.
“Lo voglio.”
Nella sua testa cominciò a sentire la marcia nuziale. Hermione non
doveva pronunciare certe parole, non pensando ai doppi sensi. Insomma, sapeva
che Harry non avrebbe chiuso occhio per giorni, riflettendoci su e facendosi
mille paranoie.
“Comunque, di quale sbaglio parlavi?”
Un altro passo avanti, ormai erano l’uno di
fronte l’altro.
“Non si bacia così una donna.”
Ora si erano aggiunte anche le campane a
festa, mentre il suo corpo fu percorso da un lungo brivido di piacere, al
ricordo di quel breve contatto.
“Ah sì, e come si fa?”
Gli aveva afferrato i polsi e portati dietro la sua schiena. Era
bloccato in quella bellissima posizione con lei a un millimetro di distanza. “E
poi?”
“Devi far capire all’altra persona quanto la ami, devi baciarla veramente.”
“Ma se lei non vuole, perché non prova gli
stessi sentimenti?”
Harry non era confuso, era di più. Che cosa stava facendo Hermione?
“Forse la persona era solo spaventata da quello che
sarebbe potuto succedere, per la possibilità di perdere il proprio migliore
amico, se avesse rovinato tutto. Se puta caso, lei avesse avuto una
relazione con un altro migliore amico e questa fosse finita male, molto male.”
“E quindi dopo averci pensato su, cosa avrebbe deciso?”
“Dopo essere stata anche rimproverata dalla sua stessa figlia, aveva
deciso.”
“Cosa?” Quella suspence l’avrebbe ucciso, ne
era sicuro.
“Che sarebbe andata all’aeroporto.”
Harry non riuscì a dissimulare la sua delusione, ma il corpo di
Hermione era ancora schiacciato contro il suo in quella dolce tortura e lui non
aveva dimenticato cosa fare.
“Solo?”
“Be’, era convinta che lui avrebbe capito e
che non avrebbero perso tempo a chiacchierare visto che è in partenza, e che il
gate è in chiusura e non possono mandare all’aria una
cooperazione magica.”
“Dici? Non lo sai che è un po’ lento?”
La risata di Hermione si spense sulle labbra di Harry, e fu
un’esplosione di colori, di fuochi d’artificio e tanti altri effetti speciali
che videro solo loro.
Le braccia di Harry erano ancora bloccate, ma lui non aveva la minima intenzione
di staccarsi da lei, dopo che l’aveva desiderato tanto e per così tanti anni.
Si allontanarono di qualche passo solo quando sentirono l’avviso dei megafoni,
riguardante il suo volo. Era ora, doveva andare.
Lei sembrò capirlo e lo lasciò libero. Anche se il suo cuore era sempre stato
suo prigioniero.
“Ricordati la cena che mi hai promesso.”
“E tu il dopocena.” Aveva il viso in fiamme, forse per l’audacia di
quelle parole che volevano dire tanto altro.
Baciala. Baciala.
Baciala.
E con un ultimo slancio l’aveva raggiunta, prima che lei lo spingesse
via. Tra le lacrime sì, ma con un mezzo sorriso.
Oh, l’avrebbe ribaciata di sicuro. Non si sarebbe mai stancato di
farlo.
NdA:
Finita! Non siete soddisfatti? Ne volete ancora? E no, miei cari, Baciala finisce qua. La versione quella dolce,
romantica, con un Harry da sbaciucchiare e abbracciare
la sera (meglio della coperta con le mani).
La versione non romantica vi aspetta lunedì con uno spin-off, capitolo extra,
che però verrà pubblicato a parte. Rating rosso, ahimé! Quando Jaybree ha le
voglie, che dobbiamo fare? Bisogna accontentarla quella ragazza, altrimenti ci
incasina Chrys di Mai
Nata. E noi la vogliamo con Damian.
Ragazzi maggiorenni, ci vediamo lunedì! Per tutti gli altri, un enorme GRAZIE.
Per avermi seguita, per aver messo questa storia tra
le seguite/ricordate/preferite e per aver semplicemente creduto in me e nelle
mie idee folli. Speriamo di scrivere altro, tutto dipende dalla mia
spacciatrice di prompt o da voi… sono sempre aperta a
nuovi progetti.
A presto!