[SoF] Saga dei Sette Peccati Capitali

di Master Chopper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target Number 1: Prepararsi a morire! ***
Capitolo 2: *** Target Number 2: Lasciarsi tutto alle spalle. ***
Capitolo 3: *** Target Number 3: Ti stai forse dimenticando qualcosa? ***
Capitolo 4: *** Target Number 4: Ira e Paura ***
Capitolo 5: *** Target Number 5: Nicotina ed Adrenalina ***
Capitolo 6: *** Target Number 6: Inferno. ***
Capitolo 7: *** Target Number 7: Negli occhi tuoi. ***
Capitolo 8: *** Target Number 8: Non posso annegare i miei demoni. ***
Capitolo 9: *** Target Number 9: Vita ed Esistenza. ***
Capitolo 10: *** Target Number 10: Quando il passato viene a farti visita. ***
Capitolo 11: *** Target Number 11: Il mio Lato Oscuro. ***
Capitolo 12: *** Target Number 12: Grazie al tuo Lato Oscuro. ***
Capitolo 13: *** Target Number 13: Il sorriso della morte sotto la pelle. ***
Capitolo 14: *** Target Number 14: Una Famiglia? ***



Capitolo 1
*** Target Number 1: Prepararsi a morire! ***




Il cielo si era riempito di nuvole, che inevitabilmente avevano portato la pioggia.

 

 

La volta, poco prima tersa e maestosa, adesso riusciva soltanto a trasmettere tristezza ed una sensazione di vuoto incolmabile.

 I Bravi avevano lasciato la Magione, feriti e sconfitti in quella battaglia interiore.

 

Ma non c’erano vinti. Non c’erano i giusti.

 


“ Tengoku, io ti proibisco di sfidarli.”

Aveva mormorato Tsunayoshi, a testa bassa e in mezzo al silenzio assoluto della sala.

 

“ Non può più, Tsuna. Come combattente anche tu avresti dovuto capir-”

STA ZITTO, REBORN !

 

Ma il sicario era rimasto impassibile, dritto e come al solito mai con un rimorso nel cuore.

“ … sta zitto, dannazione …”

 

“ Papà …”

 

Inaspettatamente Ten si era sbloccato dallo stato di apatia in cui era caduto. Ora stringeva debolmente la manica della camicia del padre, con uno sguardo malinconico e quasi di rassegnazione.

“ Io ho paura. Capisco cosa provi, ma non voglio più provare un tale malessere. ”

 

Pioggia che batteva sulle finestre.

 

“ Vattene. Tu e chiunque abbia intenzione di seguirti.”

Rispose freddo il Boss, dandogli le spalle e separandosi da lui con un movimento brusco.

“ Tsuna!” esclamò Kyoko, avanzando verso di lui con gli occhi sbarrati dal terrore.

 

“ Basta Kyoko … basta. ”

 

L’uomo le rivolse una sola, veloce occhiata e poi si ritirò, seguito dai suoi Guardiani.

 

 

... 

Quella notte il ragazzo non riuscì a chiudere occhio.

La sua camera, così spoglia e così fredda, non era altro che un luogo dove versare le sue lacrime e sfogare le sue preoccupazioni.

 

Perché si sentiva così ?

Aveva agito per quello che riteneva giusto, ossia fermare Xian.

 

 Era davvero quello ciò che desiderava ?

 

Il lume di una candela lo destò.

Non gridò, aveva imparato a riconoscere quella presenza.

 

Reborn si sedette sul letto, dando le spalle al ragazzo.

 

“ Sei libero di andare. Perché resti ancora qui? Non volevi forse fermare Xian ?”

Tengoku strinse i lembi della coperta, sollevandosela fin sopra la testa.
“ Papà non me lo lascerà mai fare. Che vinca o perda, dovrò per forza diventare Boss.”

Il sicario ridacchiò, voltandosi per cercare di scorgere il vis del ragazzo tra le coperte.
“ Pensi davvero che tuo padre sia così tanto rammollito. Bhe, allora ti svelo un segreto: che vinca o perda, lui ti rinnegherà come prossimo successore al titolo di Boss.”


Si udì un tonfo, talmente forte che qualcuno dal piano inferiore, probabilmente Hayato Gokudera, lanciò un’imprecazione altrettanto poderosa. Si udì anche Ryohei Sasagawa rispondergli a tono.

Ten si rialzò dal pavimento, con i capelli schiacciati sulla fronte e un livido rosso sul naso.

“ D-davvero ?!”  

Reborn si alzò, continuando a guardarlo con un sorriso enigmatico in volto.

“ E’ stato lui stesso ad offrirti su di un piatto d’argenzo l’opportunità di andartene. Non gli interessa molto l’esito delle battaglie. Solo che … ogni tanto ha bisogno di frignare e fare scena, quel Dame-Tsuna da strapazzo.”

“ E quando potremo sfidare i Bravi ?!"
Chiese entusiasta il ragazzo, ignorando le urla di Gokudera e perdendosi in quegli occhi nero carbone del Tutor.


|||


Tengoku si svegliò nel buio.

A pochi centimetri dalla sua faccia una barriera contorta si agitava e qualcosa gli stava impedendo di muovere braccia e gambe.

Subito andò nel panico e si accorse che l’aria iniziava a mancargli.

 
Era forse questa la morte?


No, presto capì che era solo un mal di testa e rimosse l’ostacolo di legno davanti al suo naso.
 
“ Che ci faccio dentro una bara ?!!”
Un brivido gli attraversò la schiena e, riconobbe la brezza inconfondibile di un leggero venticello.
 
La cassa da morto in cui aveva ‘dormito’ era posta davanti ad una costruzione di mattoni, molto antica a giudicare dalla polvere e dal puzzo di vecchio che proveniva dall’ingresso spalancato.

Tutto intorno, era un’enorme prato sconfinato, dove piccole colline si inseguivano fino all’orizzonte.
Nonostante tutto, in lontananza si poteva sentire il fragore delle onde.
 

“ Ahi ahi !”
Quasi non si prese un altro spavento, quando udì il rumore di un’altra cassa che si apriva.

Con sua grande sorpresa, uscì Azura, con una faccia stanchissima e un diavolo per capello.
“ Azura-chan !!” gridò lui, quasi commosso di non essere solo in quel posto sperduto e lontanissimo da un qualsiasi punto riconoscibile sulla faccia della terra.

“ Ten ?” la ragazza parve un attimo stupita, ma poi, dopo essersi scrutata intorno, riportò lo sguardo sul ragazzo.
 
“ Tu .. sai dove siamo ?”
 


“ Mi sembra Italia del Sud.”
 
La voce di Akane, misteriosamente apparsa dalle spalle della costruzione, li confuse ulteriormente.
 
“ Italia del Sud, Italia del Nord … non capisco come fai a distinguerle.”
 
E dulcis in fundo, apparve anche Drake, con due occhiaie da far paura.
 

“ Scommetto che è tutto un piano di Reborn …”
Mormorò la rossa, sedendosi sul coperchio della cassa panca.
 
Chaos !!
“ Quando parli del diavolo …” grugnì Ten.
 

Il Tutor era appena sbucato fuori dalla costruzione, vestito con gli abiti di sempre e il sorriso diabolico di ogni santo giorno.
 
“ Avete indovinato, tanto di cappello. E’ stata una mia idea portarvi qui, precisamente in Puglia, in una delle vecchie basi dei Vongola.”
Akane riconobbe la costruzione misteriosa come un Trullo pugliese, riconoscibile dal particolare tetto a cono rovesciato.
 
“ Pensavo che la base dei Varia fosse in Italia del Nord.”

Si intromise Drake, cercando una risposta negli occhi di quel sicario che, da quando era in loro compagnia aveva causato più danni che altro.

“ E voi pensate che riuscirete a batterli senza nemmeno uno straccio di allenamento? ”
Ghignò l’uomo, calandosi teatralmente la fedora sugli occhi e girandosi verso l’ingresso della casa.
 
Gli occhi di Akane presero a brillare in un baleno.
“ Davvero ci allenerà Reborn ??! ”

“ Solo dopo che vi sarete cambiati …” ed entrò senza dire altro.
 

Dopo pochi secondi i ragazzi realizzarono di essere ancora in pigiama e quindi non persero tempo a correre all’interno.
 

Stranamente le loro piccole camere erano già fornite di tutto quello che era contenuto nella valigia prima che raggiungessero la Magione. Per fortuna nulla era stato perso.
 

Dopo essersi cambiati e lavati, tutti insieme furono presenti alla piccola stanza d’ingresso, dove Reborn era intento a sorseggiare un doppio caffè, seduto su di un divanetto.
 
“ Allora …” dopo aver ultimato, li guardò negli occhi uno ad uno.
“ A quanto pare Xanxus, il Boss dei Varia ha aderito all’iniziativa, garantendo la partecipazione di Xian e dei suoi Guardiani, in quanto futuri membri della Squadra Assassina dei Vongola.”

Con fare formale, estrasse dalla sua giacca un foglio di carta ingiallito, sul quale accanto a più firme, brillava una Fiamma del Coraggio di Morire color arancione scuro.

Sulla facciata opposta, erano presenti delle fotografie in bianco e nero, più simili a identikit da carcerati che a fototessere.

“ Xian, in quanto Boss dei Bravi. Superbi Kravis, come Guardiano della Pioggia. Luc1f3r0, come Guardiano della Tempesta. Nostrado Geronimo, come Guardiano del Fulmine. Duncan, come Guardiano del Sole. Tortora Daezel, come Guardiano della Nebbia …”

“ E questo chi sarebbe? Non l’ho mai visto. ”
Azura indicò una foto in basso, raffigurante un ragazzo presumibilmente maggiorenne, che indossava il giubbotto nero dei Bravi e portava dei lunghi ed ispidi capelli. Mostrava la lingua e i denti appuntiti all’inquadratura.

“ Bellum Korvo, in veste di Guardiano della Nuvola. Nessuna l’ho ha mai visto all’infuori dei Varia. A quanto pare era un soldato semplice della Squadra Assassina, che Xian ha reclutato.”

 
Dopo una lunga pausa, sollevò lo sguardo e lo puntò su Tengoku, che fino ad allora era rimasto in silenzio.
“ Che cosa c’è, Ten-baka ?”
 
Il ragazzo rispose con un profondo sospiro.
“ Non lo so … è molto strana questa cosa. Più che una Famiglia o una Squadra Assassina, mi sembra il comportamento di una mini-gang  di ragazzi. Xian non mi ricorda un Boss come era invece Claus … più che altro assomiglia a Kevin e alla sua K-gang. ”

- Se n’è accorto.- pensò il Tutor, con una punta di fierezza.

“ L’ho notato anche io. ” ammise Akane.
“ Penso sia più che un semplice tentativo di emulare il padre, dato l’astio che prova per lui.”
 
“ Ma allora perché Xanxus ha aderito alle battaglie. Se Xian vincesse salirebbe al potere, no?” Anche Drake, che finalmente iniziava ad orientarsi meglio e meno alla cieca negli affari dei Vongola, riuscì a dire la sua.
 
“ E a quel punto Dame-Tsuna toglierebbe l’eredità a Ten, anche se non posso assicurare che la passerebbe a Xian. Lui non ha fatto nessuna promessa, a differenza del figlio.” Terminò Reborn, guardando con fare assorto la schiuma rimasta nella tazzina del caffè.
 

“ E se a quel punto Xian minacciasse Ten? E se fosse tutto un complotto?! ” esclamò Azura, preoccupandosi al sol ipotizzare una minaccia del genere.

Il ragazzo in questione strinse i pugni, mentre ogni suo pensiero era indirizzato alla reazione di Xian della sera precedente. Era strana, ma non era dettata da semplice invidia o superbia.
Era qualcosa di più forte, come se avesse combinato queste emozioni e dentro di lei non ci fosse altro che … Ira!
 

“ Xian è senza controllo, nemmeno Xanxus sa niente dei suoi progetti. Forse i suoi piani sono qualcosa di talmente oscura, che ha nascosto qualsiasi indizio fin ad ora. Non è stupida, ma forse quando ci incontreremo potrebbe commettere un errore fatale.”
 
 
Di nuovo tutto cadde nel silenzio. I ragazzi si sedettero, chiaramente tesi, sulle sedie intorno ad un tavolino di legno.
 
“ Un’ultima cosa, Reborn …”
 
Il sicario sollevò il mento, per poter scorgere da sotto il suo cappello.
 
“ Se questo allenamento avrà la scopo di renderci dei Boss o Guardiani … allora faresti prima a dirmelo subito, perché non ti farò perdere altro tempo e me ne andrò seduta stante.”
 
Gli occhi del bruno erano seri e nervosi allo stesso tempo, come se volesse cogliere all’ultimo secondo la benché minima reazione del tutor per andarsene.

Ma, fortunatamente, la risposta fu uno dei soliti ghigni malefici che tanto lo avevano infastidito nel corso dei mesi:
“ Servirà per non farvi crepare nei primi cinque secondi come delle mammolette, fidati. E ora sbrighiamoci, abbiamo solo trentacinque giorni !”
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
 
Welcome back!
Era da tempo che non lo dicevo sotto questi capitoli e .. .devo dire che la sensazione è impagabile.

Eccoci ritornati su Stories of a Family, stavolta con una nuova Saga: la Saga dei Sette Peccati Capitali.
 
Avviso già che i primi capitoli tratteranno, settimana per settimana l’allenamento dei ragazzi.

‘Ma Master, sono meno di sette!’ (MC: Pensi non sappia contare?)
‘Ma Master, manca questo personaggio qui!’ (MC: Se è un mio OC, allora è una mia scelta, se è un OC di un altro, allora la colpa è dell’autore)
‘Ma Master, questo personaggio canonico non farebbe mai così!’ (MC: Leggete in alto a sinistra. C’è scritto What if e OOC, se non vi piacciono questo genere di storie, ma volete leggerle lo stesso, allora non lamentatevi )
 
Ecco le risposte definitive alle grande domande della vita che si pongono in tanti.

Scusate la lunga assenza dal sito e (soprattutto) da questa serie, ma spero di essermi parato il- ehm, fatto perdonare con questi capitoli.
Alla prossima X3!
 
P.S: Disegno di Azura (stupendo) a cura di sissi1234/nekomata04

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Capitolo 2
*** Target Number 2: Lasciarsi tutto alle spalle. ***



Primo Giorno. Meno Trentaquattro giorni agli scontri.

 

Un debole canticchiare risuonava tra gli stretti ‘corridoi’ del trullo, raggiungendo anche l’esterno.

 

Persino gli animali più mattinieri, come i tordi e i passerotti, stavano ancora riposando.

Il motivo: erano le quattro del mattino e il Sole non’era ancora sorto.

 

Bzz- SVEGLIA, IMBRANATI E PAPPEMOLLI !”

Un volume decisamente troppo alto di un megafono, fece catapultare tutti e quattro i ragazzi fuori dal letto. Il suono aveva anche fatto smuovere un po’ di polvere dai mattoni e tremare leggermente (ma comunque in modo allarmante) la struttura.

“ Oops, scusate, non volevo che il suono fosse così forte.” Sorrise con fare innocente Reborn, non accettando repliche da quei liceali che adesso si stavano rialzando da terra.

 

Chi lo malediceva tra i denti come Ten, chi si preoccupava di aver sbattuto il muso contro il pavimento come Drake e chi non aveva più la forza di emettere alcun suono come Azura.

 

Akane invece, era già tornata dal bagno, dopo essersi lavata e cambiata. Nessuno ci fece caso.

 

Quando ultimarono tutti la colazione, i lamenti si fecero ancor più numerosi quando videro la situazione all’esterno: buio completo.

 

“ Chaos del buongiorno !!”

 

Un istante dopo che Ten pronunciò la ‘o’ di ‘Sono stanco’, un oggetto non identificato lo colpì così forte dietro la nuca, da farlo piombare di faccia nel prato come un peso morto.

Tutti si girarono, allarmati.

 

“ Sono qui …”

Adesso alle loro spalle, Reborn brandiva due … mestoli in legno.

 

“ Ahiahiahiahiahi!! Fanno malissimo!” Il ragazzo colpito si mise in ginocchio, continuando a premersi la testa e dimenarsi cercando di sopportare il dolore.

 

Il sicario fece roteare tra le dita le due armi e sogghignò perfido.

“ Ad ogni lamentela vi sveglierete mezz’ora prima e si aggiungerà mezz’ora di allenamento. Questa è la regola per questa settimana. ”

Drake rabbrividì, mentre cercava di rimettere in piedi l’amico.

 

“ Primo allenamento: sopportazione del dolore, sviluppo dei riflessi e … sopravvivenza.”

 

 

Nel frattempo, alla Magione Vongola …

 

 

“  Muuu !!”

 

“ Cos’è, mamma, una mucca?”

 

Domandò il piccolo Polluce alla mamma, Hana Kurogawa, una donna dai corti e mossi capelli corvini dal fisico magro.

“ No, magari …” mormorò lei, ritornando a rifare il letto della loro camera.

 

Effettivamente, quel muggito, poteva sembrare appartenente ad una mucca, un toro, insomma … ad un bovino.

Bhe … non era un Bovino normale.

 

“ Muuhh!”

“ Che ti prende, idiota a macchie ?” Doku Rokudo apparve dal nulla, poggiando una mano sul capo chinato di Vito.

Quando questi sollevò la testa, mostrò due occhi grandi e lucidi come quelli di una foca.

“ M-m-muuuh! Ten se n’è andato via. Muuuh !!”

 

“ Ma che razza di modo hai di piangere ?” il bambino si scostò schifato, notando una fotografia che il ragazzo teneva fra le mani.

 

Nonostante fosse quasi totalmente fradicia per via delle lacrime, si poteva riconoscere un Reborn in primo piano, che forse teneva la telecamera, e dietro di lui il corpo dormiente di Ten dentro una bara scoperchiata.

 

Davvero macabro … e divertente.

“ Pff!” Doku trattenne a stento una risata, lasciando poi cadere la foto per terra.

“ Sawada lo sa? ”

 

Vito tirò su rumorosamente col naso e poi scosse la testa.

“ Ma guarda un po’. Potrei dirglielo quando sarà sulla strada per riprendersi da ieri sera.

Sì, magari in un giorno per lui speciale: tipo al suo compleanno, oppure quando guarderà una vecchia foto dall’album di famiglia …” e il moro si perse in altri piani malvagi per un bel po’, fino a quando non venne interrotto da una voce.

 

“ Tsunayoshi lo sa, puoi metterti l’anima in pace. ”

 

Corex, il Grande Lupo Immortale, era scortato dalle sue guardie del corpo, Shark e Ryoko.

“ Umh … capisco. Allora, di cosa sta palando con l’ospite? ”

 

L’albino inarcò un sopracciglio, con fare sorpreso.

“ Perché non lo chiedi a tuo padre o a tua madre? Non siamo mica imparentati, mostriciattolo.”

 

Una vena iniziò a pulsare sul viso apparentemente  calmo del bambino.

“ C-come ?”

 

“ Muuu …” muggì Vito, rivolgendo un’occhiata al cielo.

 

- Chissà se anche lui sta guardando questo Sole? –

 

Ma, nel farlo, incontrò degli occhi arancioni e una sottilissima pupilla nera.

Spaventato, cadde di schiena a terra e per un attimo, vide la figura scomparire nell’ombra delle tegole del tetto.

 

“ Muuuh! Doku, Licanone!! Aiuto, c’è un uomo lucertola !! ”

 

Fortunatamente interruppe la reazione del figlio di Mukuro, che quando lo vide sopraggiungere, ripose con fare automatico la lama celata nella manica.

“ E’ Licaone. Non Licanone! ” grugnì Corex.

“ Uomo Lucertola ?” si finse interessato il bambino.

“ Sì! Era in giacca e cravatta, con una fedora nera e stava attaccato al muro come una lucertola !!”

 

“ Giacca, cravatta e fedora? Sarà tornato Reborn?” borbottò il Boss, anche se un po’ sospettoso della veridicità delle parole di un Bovino strambo come quello.

“ Nuuuh, aveva i capelli verdi e gli occhi arancioni, ti giuro !”  

 

 

La porta dell’ufficio si chiuse, lasciando i sette uomini soli nella stanza.

 

Al lato della scrivania, in due file da tre, i sei Guardiani dei Vongola.

Seduto alla scrivania di mogano, Tsunayoshi Sawada stava semplicemente guardando negli occhi un ragazzo di fronte a sé.

 

Questo aveva dei corti e mossi capelli rosso chiaro, tendenti all’arancione. Aveva un fisico molto magro, tanto che sembrava quasi affondare nella felpa bianca che indossava. Portava degli occhiali da vista dalla montatura gialla, un po’ cadenti, che risaltavano sulla sua pelle chiara.

 

Dopo un lungo paio di minuti, sollevò gli occhi color cioccolato, facendo brillare le lenti alla luce che proveniva dalla finestra alle spalle del Boss.

 

“ Lo sai che di te mi fido molto, Akisame …” disse Tsuna, quasi con un tono preoccupato.

“ … ma tuo padre conosce già i rischi di quel progetto. E sono sicuro che ne avete parlato a lungo prima di raggiungermi. Di solito sono uno che non rischia, lo sai … probabilmente sapevi già che non avrei accettato. Ma ammiro il tuo tentativo e tutti gli studi che avrai condotto per raggiungere questa decisione. ”

 

Sospirò, ritornando serio un secondo dopo.

“ Ma capirai che, in quanto Boss, voi tutti siete una mia Famiglia. E non mi sentirei assolutamente di armare la mia Famiglia in un tempo tanto prospero e pacifico come questo. ”

 

Il ragazzo annuì silenziosamente.

“ Ehi? ”

Il Decimo lo guardò sorridendo teneramente, come un padre al proprio figlio e posandogli una mano sulla testa.

“ Sono sicuro che in futuro diventerai un grande scienziato, Akisame Irie.”

 

 

19:35

“ Bene, pappemolli … per oggi è meglio che andate a dormire. Domani sveglia alle quattro in punto! ”

 

Reborn si lasciò alle spalle quattro ragazzi e ragazze distesi sull’erba.

Pieni di lividi e ferite, ansimanti e con ormai il fiato corto per tutti i tentativi, mancati o meno, di schivare il Tutor.

 

“ U-undicesimo …” Akane afferrò Ten per un braccio, facendogli da appoggio per aiutarlo ad alzarsi.

 

“ Grazie …” rispose lui, in un sussurro.

 

 

Terzo Giorno. Meno Trentadue giorni agli scontri.

Namimori, Villa in periferia …

 

“ Non se ne parla nemmeno! Questa signorina non può di certo andarsene in giro per il mondo a fare quel che le pare e piace! ”

 

L’alta donna bionda, vestita con un lungo abito di pizzo azzurro, era quasi svenuta per l’orrore nel vedere chi fosse l’ospite appena arrivato.

“ Signora Angelina, sua nipote è semplicemente stata invitata in Italia dai suoi amici. Non ci vedo proprio nulla di male.”

 

Simon, seduto pigramente sulla poltrona e con gli stivali poggiati sul tavolino di vetro, fissava con aria di sfida gli occhi della nobildonna di origine inglese.

 

“ Sto parlando di Tengoku, Akira-chan …”

Repentinamente, lanciò un’occhiata ad una figura nell’ombra, rimasta in disparte e in silenzio con la testa china da quando si era presentato.

Alle sue parole, però, il suo corpo ebbe un fremito.

 

“ Lei è un villano, un mascalzone. Con quale bassa categoria di amici si frequenta mia nipote, vorrei proprio saperlo?! ”

Angelina si girò inviperita verso la ragazza seduta alle sue spalle, fulminandola con uno sguardo.

 

“ Akira è stata in grado di capeggiare un movimento studentesco da sola, partendo dal suo primo anno, quando ancora nessuno la supportava.  Ed infine,  tre giorni fa si è battuta per proteggere la scuola dai terroristi che hanno assaltato la scuola … ma credo che questo a lei non importi.”

 

La donna era pietrificata, ma allo stesso tempo tremava dalla rabbia. Se avesse potuto, avrebbe probabilmente aggredito quel ragazzo, ma la scorta che Simon si era portato dietro superava nettamente il numero di domestici di sicurezza a sua disposizione.

 

“ Potrebbe andare via e lasciarmi solo con la ragazza, per piacere ?” Mormorò il rosso, scuro in volto e improvvisamente ritornato serio.

“ Cosa ?!”

 

Bulldozer fece scrocchiare rumorosamente le nocche delle sue mani, spaventando la donna, che rapidamente cambiò idea e si affrettò a lasciare la stanza.

 

Dopo qualche secondo di silenzio, Angelo apparse al fianco del suo Boss.

“ Ho esaminato tutto il piano: non ci sono telecamere attualmente funzionanti. ”

“ E ne dubitavi ?”

 

Dalla finestra spalancata fecero capolino i capelli argentei di Aris, che scavalcò con un salto e atterrò davanti al suddetto blu.

“  Sarai anche abile con quelle pistole e i tuoi puntatori, ma la mia mira è semplice talento.”

 

Angelo sostenne lo sguardo per un po’, per poi darsi un tacito accordo con l’albino.

Entrambi uscirono nel giardino della villa, precipitandosi dalla finestra ad alta velocità.

 

“ Ok …” sussurrò Yuro, visibilmente preoccupato.

 

“ Lasciali stare. Posso capire Aris, che ha quindici anni, ma Angelo a volte è proprio un bambino.”

Zaffiria si accomodò su un divanetto, accavallando le gambe e gettando la testa all’indietro, affondandola sullo schienale.

 

“ Bene. Il nostro lavoro qui è finito …”

 

E, al comando di Simon, anche tutti gli latri rispettivi membri, meno i due, si alzarono in piedi.

 

“ Le ho spiegato la situazione, per filo e per segno. E’ strabiliante che una ragazza della sua età abbia una tale maturità e determinazione. Ora capisco perché Reborn l’ha indicata come uno dei membri più portati …”

“ Ma … è solo una ragazza delle superiori. Non credo sia pronta per affrontare una sfida del genere.”

Sospirò Raylai, mentre si sollevava la sciarpa color crema fino al naso.

“ Guarda che ha la tua stessa età, Ray.” Rise Yuro, scompigliandole i capelli neri.

 

Di tutta riposta la ragazza si fece rossa in viso ed iniziò a borbottare qualcosa fra sé e sé, ottenendo soltanto l’effetto di aumentare il divertimento dell’altro.

 

“ Sta tranquilla Ray …”

Simon le fece l’occhiolino, strappandole un piccolo sorriso.

“ I loro Tutor sono già in marcia per l’Italia … anche se non so dirti se questo è un bene o un male.”

 

L’istante successivo la porta secondaria si spalancò.

Akira Shirogawara ora aveva abbandonato la lunga gonna e la camicia bianca, indossando un semplice pantalone jeans, una maglietta a maniche lunghe grigia con sopra una felpa viola lasciata aperta sul davanti.

Si avvicinò a Simon, lanciandogli un ultimo sguardo di determinazione, a cui lui reagì con un sorriso.

“ Come ha reagito tua zia ?”

 

Akira alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

 

“ S-simon?! Non pensavo avessi già finito.”

“ Però, sei stato veloce !”

 

Aris e Angelo scavalcarono nuovamente la finestra, entrando nella stanza sotto gli sguardi indecifrabili di tutti.

Effettivamente erano conciati piuttosto male ed era impossibile dire che non avevano combattuto: i vestiti erano sporchi di terra e graffiati ed i volti presentavano qualche lieve livido.

 Ma insomma, cosa avevano fatto in quel così poco tempo?

“ Certo, certo …” rispose sarcastico il rosso, cercando di non fare nessuna domanda per evitargli l’imbarazzo.

 

 

Giorno Quinto. Meno Trenta giorni agli scontri.

 

“ Ehi! Non posso credere che dovete ancora preparare le valigie ?!”

Sbraitò la prima ombra misteriosa, seduta sulla poltrona di davanti alla finestra.

 

Svogliatamente fece roteare una pistola tra le dita, per poi puntarla in più direzioni, calcolando ogni volta profondità e ipotetica traiettoria del colpo.

 

“ Non siamo tutti dei perditempo come te e il bamboccio … ” Grugnì una seconda figura alle sue spalle. In una mano sorreggeva un block notes pieno di fogli scribacchiati, mentre l’altra portava una sigaretta quasi del tutto consumata alla bocca.

 

“ S-sarei io il bamboccio? No, dimmelo: sarei io il bamboccio ?!!”

Una terza persona si allontanò piangendo e urlando cose incomprensibili.

 

Dall’altra parte della stanza buia, un busto per allenamenti ricoperto da braccia di legno sporgenti, veniva colpito senza sosta e fatto roteare all’impazzata da rapidissimi attacchi.

 

Qualche secondo dopo, l’uomo davanti all’attrezzo si fermò, iniziando a respirare profondamente.

 

“ L’Italia è lontana … ma non credo che partire con una settimana d’anticipo sia utile. ”

 

“ Ehi! Se quel maledetto ‘basette a ricciolo’ non mi avesse rotto le palle, pensi che l’avrei detto così presto?”

L’uomo seduto sulla poltrona iniziò a sfogare il nervosismo usando come bersaglio i gabbiani che volavano a dieci metri dalla sua postazione.

“ Pff, da quando dai retta a Reborn ?” ridacchiò la seconda ombra, spegnendo la sigaretta sotto la suola della propria scarpa.

 

“ Te lo dico io! Il nostro super soldato si sta RAM-MOL-LEN-DO!” Il ragazzo che poco prima era scappato urlando fece capolino dalla porta, sporgendo oltre solo la testa.

 

Ma, sorprendentemente l’uomo non si adirò. Anzi, rispose con una sonora risata che sorprese un po’ tutti i presenti.

“ Forse hai ragione … ora più che mai, la voglia di prendere di nuovo un allievo sotto la mia ala mi fa impazzire dalla gioia! Ehi !!”

 

 

Sesto Giorno. Meno Ventinove giorni agli scontri.  

 

“ Reborn …”

“ Dimmi, Ten-baka.”

 

“ Verrà … qualcun altro ?”

 

“ Come mai me lo chiedi ?”

 

Sotto la luce rossa del tramonto, il Tutor teneva sollevato per il bavero Tengoku, ricoperto di ematomi e con un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca.

“ Ho la sensazione … che non saremo … i soli.”

E lentamente, l’allievo perse i sensi, cadendo nel buio più silenzioso e profondo.

 

Settimo Giorno. Meno Ventotto giorni agli scontri.

 

Ore 8:00

Villa Vongola

 

“ Cosa ?!”

Ruggì Hayato Gokudera alla cornetta del telefono.

 

Era nel suo personale ufficio e, sommerso dalle scartoffie burocratiche e le foto del passato, c’era quel vecchio telefono nero, che misteriosamente riceveva chiamate soltanto da una linea specifica.

“ Non può essere! Avevo detto di riportali in Giappone … Che cazzo vuol dire che li avete persi di vista per un secondo ?!”

 

Dopo un vociferare confuso, una nuova voce rispose alla chiamata.

“ Pronto, Hayato. ”

“ Simon* ? Almeno tu mi vuoi spiegare perché quei due sono riusciti a sfuggire alla scorta !”

 

“ Ascoltami bene … mi vergogno a dirlo, ma credo che tra tutto questo ci sia lo zampino di mio figlio. ”

 

Ore 19:30

 

Drake barcollò all’indietro per qualche passo, per poi cadere a terra con un tonfo.

 

Anche se al tappeto, il suo corpo era ancora in preda di leggeri spasmi causati dallo stun-gun con cui era stato colpito.

 

Reborn sorrise, soffiando sull’arma elettrificata come se fosse una pistola, per poi rinfoderarla.

Evitò un affondo di pugnali di Akane e con uno sgambetto all’altezza dello stinco, la fece capitolare sull’erba con una capriola aerea.

  

Azura imprecò tra i denti: anche i più resistenti del gruppo alla fine avevano ceduto. Sotto un certo punto di vista, però, era molto frustante che lei e Ten fossero sempre i primi a cedere.

 

Il suddetto ragazzo emise un flebile gemito di dolore, che attirò l’attenzione del Tutor.

 

“ Che succede Ten-baka? Non mi dirai che avete già esaurito le energie, mancano ancora un quarto d’ora alla fine dell’allenamento … Mi aspettavo un miglioramento, dopo tutto questi giorni. ”

Ghignò l’uomo, inginocchiandosi davanti al corpo disteso di Tengoku.

 

“ Non è ancora finita !!”

“ Non è ancora finita !!”

 

Due oggetti di piccole dimensioni sfiorarono appena le tempie di Reborn, che ruotò attorno al proprio asse mentre compiva un balzo all’indietro per evitarli.

 

Quando atterrò, assottiglio lo sguardo, facendo brillare i piccoli occhi neri.

“ Quelle voci … Anzi, QUELLA voce.”

 

“ Esatto !”

Azura Schlmit  era in piedi alla sua sinistra, ma avrebbe giurato di aver sentito la sua voce provenire allo stesso momento anche dalle sue spalle.

Un secondo dopo capì:

 

“ Maledetti mocciosi, pensavo di avervi confiscato tutti i cellulari.”

“ Tsk! Non ci sono mai riusciti nemmeno i professori alla Namimori.” Ghignò la rossa, facendo la linguaccia al Tutor che rispose con uno sguardo d’approvazione.

 

Effettivamente, a pochi metri dalla sua schiena, dai ciuffi verdi d’erba brillava il cellulare verde smeraldo, aperto sull’impostazione: Registratore Vocale.

 

“ Ci abbiamo messo due giorni a pianificare tutto questo, cavolo !”

La voce di Akane lo fece tornare in guardia e prontamente riuscì ad evitare dei fendenti semplicemente spostandosi all’indietro  e scambiandosi di posto con la mora.

 

“ Due notti che non dormiamo per preparare l’attacco.”

 

Si aggiunse anche la voce e il respiro di Drake. Il ragazzo afferrò una delle tante armi messe ‘gentilmente’ a disposizione dal Tutor: un bastone.

Ringraziò mentalmente tutto il club femminile di bōjutsu** con cui aveva passato del tempo a scuola e provò a sferrare un fendente dall’alto.

 

L’uomo si bloccò sul posto, girandosi nella sua direzione con un sorriso determinato che, inizialmente lo fece vacillare.

Reborn approfittò della distrazione per ruotare il braccio destro di centottanta gradi e colpire con il dorso del pugno il volto di Akane, che non potendo prevederlo, venne inevitabilmente presa in pieno.

Nello stesso istante deviò l’arma con la mano opposta e cozzò la propria testa contro quella già ferita del biondo, che perse lucidità negli occhi.

 

“ Ah !!”

Ma l’urlo della mora lo fece riprendere dalla trance, in modo che riuscì ad evitare di cadere per terra, sconfitto.

Ruggendo e stringendo i pugni, sfruttò la sua posizione per avanzare verso il lato della pancia dell’avversario e centrarlo con una spallata alla cariotide.

 

Il killer riuscì ad indietreggiare in tempo per subire una percentuale così bassa dell’effettivo colpo, da non riportare nessun tipo di danno.

 

Un’ombra oscurò il sole, facendo perdere all’erba il colore arancione.

 

Fu difficile vedere la figura sollevata da terra in una piroetta aerea, slanciarsi verso un nemico comune: il Tutor Hitman.

 

Doppio Calcio Martello !

 

Akane colpì con entrambe le gambe la testa di Reborn in un attacco discendente, sfruttando tutto il peso della discesa e concentrandolo nel corpo ancora scoperto del bersaglio.

 

Si udì un sonoro tonfo e la radura cadde nel silenzio.

 

Quando la ragazza cadde distesa a terra, il sicario abbassò le braccia incrociate da sopra il proprio capo, mostrando un ghigno perfido e vittorioso.

 

“ Siete stati bravi … non mi avete lasciato nemmeno un attimo di tregua per scoprire il vostro piano. Siete stati molto bravi in questa settimana a provare a scoprire quale fosse il mio ritmo. ”

 

Si tastò gli avambracci, facendo scricchiolare le ossa.

“ Quasi vicini, ma avete ancora molto strada da fare. Ho usato soltanto lo 0.002% della mia reale forza fisica.”

 

In quel preciso istante, un’esplosione di calore lo fece sobbalzare, mentre il silenzio veniva spezzato da un grido:

REBORN !

 

Il corpo di Tengoku scoppiò come un palloncino e la forma di rinascita spuntò fuori dal cadavere.

 

La fiamma ardeva come mai aveva fatto prima, nascondendo completamente il ciuffo bianco.

 

SUPERERO’ L’ALLENAMENTO A COSTO DELLA VITA!

 

“ Cazzo, me l’hanno fatta …” mormorò il Tutor, sorridendo.

 

Aveva appena controllato e … il proiettile del Coraggio di Morire che nascondeva nella fascia della sua fedora era scomparso. I sassi lanciati da Azura.

 

Provò a sollevare le braccia per mettersi in una guardia difensiva, ma … con il limite che si era prefissato, i danni subiti erano troppi per i muscoli. I colpi di Drake e Akane.

 

Una raffica di attacchi portati  con il dorso della mano a punti come le costole e i pettorali, però gli fece  sgranare gli occhi ancora di più.

 

Quelli erano dei colpi usati da lui stesso in quella settimana!

Ma li aveva utilizzati giusto un paio di volte, anche in momenti della giornata totalmente casuali.

 

Come aveva fatto il ragazzo a memorizzarli e a saperli emulare alla perfezione?

 

Un doppio colpo al mento con la parte superiore del polso lo fece inclinare all’indietro, spezzando tutto l’equilibrio rimasto.

 

Improvvisamente la fiamma del Coraggio di Morire … si spense.

Soutenshu ***!”

 

Le braccia compirono un movimento circolare sul suo lato destro e, quando mosse un passo in avanti con il piede sinistro, penetrò con i palmi aperti nell’addome dell’uomo.

 

“ Ok, lo ammetto … questo l’ho visto in un’anime.”

 

19:45

 

Era scaduto il tempo di allenamento dell’ultimo giorno della prima settimana. Erano riusciti a pianificare una contro-strategia e persino il Tutor aveva ammesso l’ammissione alla prossima fase dell’allenamento.

 

Unico effetto collaterale?

 

Adesso avevano i muscoli a pezzi e, tranne Azura, non riuscivano a rimettersi in piedi per l’estremo sforzo compiuto in quella tattica suicida.

 

“ Mi raccomando, non andate a dormire tardi stasera: domani si farà sul serio. Uhuhuhu …” ridacchiò Reborn mentre rientrava nella ‘base’.

Il pensiero era collettivo: ‘Come diavolo faceva a non essersi fatto nulla ?!’

 

 

“ Oh, ma non immaginavo tutti questi progressi, fratellino !”

“ Pestarvi a sangue adesso sarebbe la cosa meno appagante di tutte: mi fate una pena incredibile. ”

“ … ”

 

Tre figure coprirono la vista di Tengoku, frapponendosi fra il suo copro disteso e il cielo.

 

Quando mise a fuoco i corpi, gli venne un colpo nel trovarsi davanti le tre persone che meno si sarebbe aspettato di incontrare in quel momento.

“ Ho la sensazione … che non saremo … i soli.”

O meglio … non avrebbe mai dato retta a quella sensazione!

 

Simon Kozato, futuro Undicesimo Boss della Famiglia Simon.

Kevin Celeste, Presidente del Comitato Disciplinare Scolastico della sua scuola.

Akira Shirogawara, Presidentessa del Comitato Studentesco, sempre della Namimori School.

 

 Sembrava che il futuro stesse prendendo una piega insolita, condizionato da un insolito imbranato di nome Tengoku Sawada.

 

ANGOLO AUTORE:

 

* Gokudera chiama Enma con il nome della Famiglia di cui è Boss. Non si sta riferendo al figlio.

** Arte di combattimento con i bastoni (bō)

*** Anche chiamato Doppio Palmo, lo Soutenshu era una tecnica del Kenpo Cinese, appartennete agli Otto Colpi Letali (Hakkyokuken)[CITAZIONE AD ANIME MISTERIOSO CHE NESSUNO CONOSCERA’ DI SICURO]

 

Welcome back! Eccomi con il capitolo della prima settimana d’allenamento della Squadra Tengoku.

Ne mancano ancora quattro, ventotto giorni!

 

Vi ho visto molto fiduciosi nelle recensioni, sulla spietatezza di Reborn negli allenamenti. Bhe, se pensate che quello di questa settimana fosse un allenamento, allora vi sbagliate alla grande!

E’ solo il riscaldamento, la preparazione, l’apertura ad una grande e folle sessione di allenamenti no-stop!

 

La vera domanda sarebbe … moriranno per mano dei Bravi, oppure anche prima?

 

Inoltre, si sono aggiunti altri tre posti per Simon, Kevin e Akira (mi perdoni Maki_Chrome, ma dovevo far passare un po’ di tempo dalla sua ultima comparsa).

 

Chi saranno mai le misteriose figure che confabulavano, in accordo con Reborn? Di cosa parlavano Tsunayoshi e Akisame Irie?

 

Ma soprattutto … quanto è soddisfatto Master Chopper nell’incasinarvi la mente con tutti queste domande?

Chi lo sa *fa spallucce*

Alla prossima !!

 

P.S: Niente disegno per questo capitolo. Inoltre, mi confonde non poco che non ci siano più i vecchi recensori quali uomi-hime, Maki Chrome e Lunaix.

Che succede? Sapete bene che per correttezza, gli autori di OC dovrebbero recensire i capitoli, non dico periodicamente, ma almeno per farmi capire se sto caratterizzando bene i loro personaggi. 

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Capitolo 3
*** Target Number 3: Ti stai forse dimenticando qualcosa? ***


Presagio: Settimo giorno.

Edificio Abbandonato nell’Italia del Nord. Ore 22:30

 

Il vento spirava impetuoso tra le fredda mura di cemento che contornavano quell’area Off-Limits.

Non per le sue condizioni, dato che l’edificio di tre piani era stato abbandonato dai lavoratori stessi per insufficienza di finanziamenti, ma più per le terribili ed oscure presenze che si aggiravano al suo interno.

 

“ Satahsathasathaa!! ”

 

Il ragazzo dai lunghi capelli biondi e spettinati colpiva ripetutamente i tre sacchi di sabbia appesi al soffitto che lo circondavano, alternando ginocchiate, pugni, calci e testate molto rapidamente e senza seguire un ordine preciso.

 

Dopo l’ennesimo ruggito, perforò il cuoio con una gomitata e, preso dall’euforia, fece a pezzi anche gli altri due rimanenti.

 

“ Duncun, sei un selvaggio privo di disciplina !”

 

Dalla porta di quella improvvisata stanza degli allenamenti, l’enorme Geronimo, vestito con il cappotto di pelle nero in stile Bravi, lo guardava con aria di disgusto.

“ Ti servirebbe apprendere un’arte marziale che insegni l’armonia e la fluidità, proprio come la mia.”

 

Di tutta risposta, Duncun sibilò nervoso, per poi ghignargli in faccia, a pochi centimetri di distanza.

“ Per un genio del mio calibro non servono acrobazie da coglioni per stendere qualcuno a mani nude !”

 

Prima che tra i due si scatenasse un’abituale e per niente insolita rissa, una figura apparve dalla penombra del corridoio, separandoli con uno spintone.

“ E finitela, razza di bestie !”

 

Kravis Superbi si dileguò imprecando tra i denti cose del tutto incomprensibili, e i due tornarono alle proprie mansioni.

 

In una stanza del piano di sopra, intanto, Xian era seduta su di una poltrona sbrindellata in più punti, davanti ad una stufo elettrica, l’unico rimedio contro il freddo da quelle parti.

 

L’elettricità riuscivano a pagarsela tramite estorsioni fatte in giro per la città, ma a volte l’acqua corrente non arrivava alle tubature non del tutto installate dell’edificio.

 

La mora sedeva con aria pensierosa, osservando la polvere venir sollevata nel cortile dal forte vento.

 

“ Signorina, le ho portato la sua tisana …”

Alberto apparve al suo fianco, con in mano un vassoio e una teiera fumante.

A quella frase la ragazza parve destarsi leggermente dal suo stato assorto.

“ Avevo chiesto un caffè.” Mugugnò imbronciata, facendo sorridere il domestico.

 

“ Questo è vero, ma lei non ha voglia di stare alzata tutta la notte … non è vero?”

 

“ Tsk … e va bene, fanculo la tisana! Se resto qui ancora un minuto mi deprimo a farmi venire in mente la faccia di quel Tengoku.” Sbottò, alzandosi e scolandosi dalla teiera l’intera tisana bollente.

 

Dopo una lunga sorsata, non ricevendo gli effetti dell’alta temperatura del liquido, continuò a girovagare avanti e indietro per la stanza.

“ Nessun effetto, vero ?” ironizzò Alberto, ricevendo uno sguardo non proprio adatto a una che aveva afferrato la battuta.

“ Quel moccioso è troppo noioso per meritarsi la mia attenzione. Se la vedrà con me al tempo debito …” e così, tirò un pugno alla parete della stanza, per poi sparire nel nulla.


“ Quindi è  così …?”

 

Una voce graffiante attirò l’attenzione dell’uomo, che si volto in direzione della finestra.

Seduto sul margine, con una gamba penzolante nel vuoto, c’era un ragazzo dai lunghi capelli neri e la carnagione bianca.

“ E’ la parola della signorina e lei, signor Korvo, non è in grado di contestare..” Rispose con tono fermo Alberto, sfidando il ghigno del moro.

 

Ottavo Giorno. Meno Ventisette giorni agli scontri.

 

“ Ahh!! No,no, aiutooo!  Reborn, basta non ce la faccio più! Aiuto, aiuto !! Piuttosto ammazzamiii !”

“ Oh, andiamo, Tan-baka … Non mi dirai che pensavi di battere i Bravi senza nemmeno un po’ di allenamento.”

Sorrise il tutor, menando un altro fendente con il coltello.

“ Q-questo è un incubo! Aiutoo !!”

 

Effettivamente il ragazzo doveva ancora abituarsi al nuovo programma della seconda settimana.

Come primo allenamento, Reborn gli aveva rifilato un qualcosa che spacciava per ‘controllo dell’equilibrio e potenziamento dei muscoli della zona lombare’.

Consisteva praticamente in un povero malcapitato (Tengoku) che doveva rimanere in equilibrio a pancia sotto con il piede destro e il sinistro poggianti su due paletti di legno alti un metro.

A rendere tutto più impegnativo era un braccio legato dietro alla schiena, mentre l’altro si doveva sollevare a ritmo da un terzo palo per schivare dei fendenti di coltello mirati alla mano.

Una versione mortale del salto con la corda, fatta con una mano sola.

 

Non c’era da stupirsi quindi, delle urla del razzo dopo un quarto d’ora di questo ‘allenamento’.

 

“Dovresti ringraziare che stavolta non partecipo anche io …”

Gli occhi dell’uomo si fecero improvvisamente dei brillanti fari rosso sangue.

“ Oppure preferisci che torniamo al metodo della scorsa settimana?! Posso aumentare il livello del 45%, sai?”

 

Ten si fece improvvisamente muto e, con le labbra sigillate e le lacrime agli occhi, soppresse il dolore e le urla.

 

In tutta la vastità della pianura, i ragazzi si stavano allenando in punti sparsi, seguendo le schede degli esercizi scelti dal loro tirannico istruttore.

 

“ Drake, devi scendere più in basso con quelle ginocchia, non sei un ballerino latino americano!”

Il biondo smise di lamentarsi e accelerò il ritmo dei piegamenti sulle ginocchia, mentre tra le mani sorreggeva due brocche d’acqua dal peso di cinque chili ciascuna.

 

I Mini-Reborn di pattuglia, tutti identici a quello che avevano avuto fino alla settimana scorsa, possedevano la stessa coscienza dell’originale. Erano i suoi occhi e le sue orecchie, seppur molto piccoli.

 

“ Azura, devi memorizzare meglio le tecniche di yarijutsu*. Diventa tutt’uno con la tua arma: lei è un’estensione di te e tu sei un’estensione di lei.”

Alle spalle dell’edificio, Azura aveva iniziato ad allenarsi con l’arma che padroneggiava da più tempo: la sua picca/tridente.

Il suo allenamento consisteva nel spostarsi a rapidi passi in un campo pieno di paletti di legno poco più alti di dieci centimetri. Mentre si muoveva senza seguire un percorso preciso, doveva testare affondi e mezzi-affondi su dei piattelli di ceramica lanciati dal suo Robot Tutor.

 

“ Uff! E che-”

Sfortunatamente, per lei era ancora troppo difficile concentrarsi sui dischi, mentre le era proibito di restare ferma nella stessa posizione. Per questo, finiva inevitabilmente per inciampare o mancare i bersagli.

 

“ Dai, non te la prendere. E’ solo una questione di equilibrio !”

 

La ragazza si sentì inaspettatamente tirare verso l’alto, per poi riessere messa in piedi.

“ Grazie Simon.” Mormorò, osservando il Boss dei Simon in camicia e pantaloni larghi sorriderle divertito.

Di prima vista sembrava che stesse ridendo della sua caduta.

“ Prego !” Il rosso le fece la linguaccia e riprese a gironzolare canticchiando una canzoncina.

“ Tu non ti alleni ?” Domandò la ragazza da lontano, sinceramente sorpresa che Reborn non avesse già schiavizzato/sottoposto ad allenamenti anche lui.

 

“ Pff! Io sono nato Boss, non ho proprio nulla da imparare.” Ridacchiò sottovoce il ragazzo.   

 

 

“ Come vorresti essere d’aiuto a Tengoku se ti alleni qui ?”

 

Al limitare della pianura, a circa due o tre chilometri dal trullo, iniziava una piccola foresta rigogliosa.

Un Mini-Reborn era seduto su di un masso, all’ombra di una quercia, e osservava a braccia conserte una dei tre nuovi aggiunti allenarsi.

Akira Shirogawara era lì da molto tempo: dopo essersi alzata alle quattro, quando gli altri erano ancora beati dormienti, si era subito avviata verso quel luogo così lontano ma tranquillo.

 

Questo suo personale allenamento, consisteva nel concatenare serie su serie di affondi mirati perlopiù ad un gruppo di alberi a lei vicini.

Forse come livello di impegno non raggiungeva le pratiche di Azura, Ten e Drake, ma la bravura nello spostamento del peso, misto all’incredibile velocità e flessibilità del polso lo faceva sembrare un vero e proprio duello.

 

“ E così non ti fidi del giudizio che potrebbero darti? La presenza di Kevin ti infastidisce, la storia della mafia ti spaventa e … il giudizio degli amici di un ragazzino scemo, e del ragazzino stesso ti preoccupano. Non è così ?”

La ragazza sussultò, perdendo il ritmo e finendo inevitabilmente per sbagliare tutti i colpi ancora in volo nel momento in cui il Tutor finì di parlare.

 

Si fermò a fissare a lungo il bimbo sorridente che sembrava scrutarle nell’animo.

 

Era difficile per … gli altri comprenderla. Nessuno l’aveva mai capita prima d’ora, tranne Sakura e Tengoku.

Tutti fingevano di provare compassione o rispetto nei suoi confronti, ma in realtà erano così distanti e apatici da non intervenire mai nel momento del bisogno.

 

Anche a Namimori … l’incidente del block notes era solo uno dei tantissimi esempi di come veniva disprezzata, addirittura ODIATA, magari dalle stesse persone con cui condivideva le riunioni del Consiglio.

 

Perché nessuno era subito venuto ad aiutarla? I primi erano stati … tre ragazzi, troppo coraggiosi e stupidi. Uno di loro aveva quasi rischiato la propria salute per ridarle il block notes.

Che poi, quale significato aveva per loro?! Era solo un quaderno, un insieme di fogli che facilmente si poteva ricomprare!

Perché …

Perché si era sentita così bene nel vedere  quei ragazzi lottare per lei? Studenti completamente anonimi, alcuni anche vittime di bullismo.

Si era sentita bene.

 

“ Ti dirò la verità …” riprese Reborn, calandosi la fedora sopra gli occhi.

“ Tra tutti gli schermidori che ho affrontato, credo di aver imparato a riconoscere qual è il talento e qual è il frutto dell’impegno. Tu saresti pressoché inutile ai ragazzi con le attuali abilità, perché non hai talento.”

 

Quell’affermazione colpì al cuore della mora come un fulmine a ciel sereno, spiazzandola.

“ Perciò voglio che lasci perdere questa roba da autodidatta giapponese! Seguirai i miei addestramenti …”

Il piccolo sollevò lo sguardo, facendo brillare i profondi occhi color onice.

“ … e giuro sulla taglia che pende sulla mia bella testa, che quando avrò finito con te i tuoi affondi saranno colpi di fucile e le tue stoccate delle raffiche di mitragliatrice! Il duro lavoro annichilisce il talento: è la regola fondamentale per ogni mio allievo.”

 

 

Nono Giorno. Meno Ventisei giorni agli scontri.

Magione Vongola. Ore 10:30

 

“ E son quiiiii … tutta solaaaah!! ”

 

“ Mio Dio!! Sto cercando di lavorare, mocciosa !”

Hayato Gokudera, dall’alto della finestra del suo ufficio, innescò il solito battibeccho con Ryohei, del piano di sotto.

Chissà perché, ma quando uno dei due iniziava ad urlare, l’altro rispondeva alla stessa maniera, scatenando un dialogo che superava i diecimila decibel a frase.

 

Però effettivamente la situazione era preoccupante: una ragazzina era rannicchiata nel cortile della Villa, cantando ad alta voce e con gli occhi lucidi una nenia inventata e … stonata.

Quella ragazzina era Angelyca Celeste, l’unica dei fratelli Celeste ad essere stata riportata indietro dai Simon.

Quando Tsuna l’ha vista alle sue porte con la coda tra le gambe e la testa china, non se l’è sentita di rimandarla in Giappone da sola, così da adesso alloggia alla Magione.

 

“ Sola soletta … sola solina …” non intimorita dalle minacce di Hayato, riprese a bofonchiare tra i singhiozzi.

 

“ E-ehy. Ti sei persa ?”

Una voce maschile, per niente rauca, la colse alla sprovvista.

Velocemente si asciugò gli occhi dalle lacrime e nascose ancor di più la testa tra le ginocchia.

“ Vai via. Non mi sono persa …”

Sarebbe stato umiliante dirgli che era stata riportata indietro dai rapitori di suo fratello!

 

“ Ho capito. Però, vedi … cercare di stare meglio. Non è bello sentire dei pianti, causa solo sconforto e tristezza. E Tsunayoshi-dono non vuole che nella sua Famiglia ci sia tristezza.”

 

Mormorò il ragazzo, ed Angelyca lo sentì avvicinarsi.

“ Ho detto vattene! Non puoi immaginare cosa sono i problemi …”

E, per scacciarlo, si voltò con lo sguardo più serio che potesse fare.

Ma rimase presto sbalordita, perdendo quella finta fermezza.

 

Davanti a lei c’era un ragazzo dai capelli color rosso chiaro, corti e mossi. La pelle era chiara e lo sguardo impassibile.

La metà inferiore del suo corpo era stata avvolta in una coperta blu, dato che sedeva su di una sedia a rotelle.

 

Di altezza sembrava essere al pari di lei, tanto che anche da seduto le arrivava più o meno al mento.

“ Già …” disse soltanto, in un sospiro.

Chiuse gli occhi e fece marcia indietro, dandole le spalle con disinvoltura.

“ Fai come meglio credi.”

“ Aspetta !”

 

La bionda gli si parò davanti, con un leggero rossore sulle guance e gli occhi lucidi.

“ S-scusa se ti ho risposto male … ti darò retta, ok? ”

 

Akisame stava per interromperla, non voleva di certo che ricominciasse a piangere.

“ Ascolta, fa nien-”

“ No, no. Scusa lo stesso! Ho sbagliato io, ma adesso facciamo finta che non sia successo nulla ?”

 

Decisamente non poté fare a meno di sorridere. Aveva un carattere davvero vivace, ed era pure molto sveglia.

“ Ok, d’accordo. Io mi chiamo Akisame Irie.”

“ Io sono Angelyca Celeste.”

 

Ore 20:50

“ Ascoltatemi bene …”

 

Il sessantesimo secondo delle 20:49, Reborn aprì bocca, facendo piombare nel silenzio quei quattro ragazzi davanti a lui.

Era finito il loro allenamento, il primo di una lunga settimana e … il Tutor non stava ancora annunciando la fine.

“ Domani mattina ci dirigeremo verso la città più vicina per comprare da mangiare, alle cinque vi voglio svegli e alle sei e mezza con me davanti alla porta del primo negozio. Intesi ?”

 

 

Ore 21:30

 

“ Non riesco ancora a capire …”

 

Era strano per Tengoku non addormentarsi subito raggiunto il letto della camera che condivideva con Drake.

Era buio e l’unico suono a spezzare il silenzio era il frinire delle cicale, tranne quando il Tutor le spaventava a colpi di fucile.

 

“ Sicuramente non perderà tempo per allenarci anche lì.” Mormorò il biondo dal letto affianco, ridacchiando per un po’ insieme all’amico.

 

“ Mah, per me è ancora troppo oscura la faccenda.” Tengoku provò più volte a rigirarsi nel letto in cerca di una posizione comoda con cui appisolarsi.

“ Ahh! Mannaggia a lui, ora l’ansia non mi farà dormire.” Sbottò, ovviamente ad un tono di voce appena udibile.

L’altro ragazzo, di risposta si voltò verso di lui, sedendosi sul letto.

“ Ok, allora parliamo un po’. Che mi dici di … Kevin? Dove dovrebbe dormire ?”

 

Effettivamente il Presidente del Comitato Disciplinare si era visto raramente in quella giornata, dato che girovagava per la pianura come Simon. Non aveva ancora rivolto la parola a nessuno.

“ Non ne ho proprio idea.”

 

“ Uhm … e poi … ti piace mia sorella, vero ?”

 

Il bruno deglutì a vuoto. In quel momento sentì il terreno mancargli da sotto i piedi e il sudore colargli dalla fronte.

Doveva rispondere in maniera seria, anche se avrebbe sinceramente preferito non rispondere!

“ E-eh ?” provò a prendere tempo, facendo finta di non aver sentito.

Fallì.

“ Sì, insomma. Ci tieni molto a lei. Non guardi le altre ragazze come guardi lei …” Drake sapeva, in cuor suo, di aver colpito nel segno. I suoi occhi non lasciavano trafelare nessuna emozione o fremito.

“ B-bhee … sì. Nel senso che ci tengo molto a lei, perché lei … lei per me è …”

Il ragazzo abbassò il capo, mentre giocherellava nervosamente con i suoi pollici.

“ Importante! Insomma, mi ha aiutato tantissime volte nella mia vita, dai miei primi giorni alla Namimori. Senza di lei ero solo, ma quando ho visto che una nuova studentessa trasferita dalla Germania, portava nel suo cuore una solitudine più grande della mia … h-ho capito che stando con lei avrei imparato a sorridere nonostante tutti i problemi.”

Il nodo alla gola si sciolse e il tempo riprese a scorrere. Pareva tutto così facile ora.

Il biondo rimase in silenzio, a guardare con sguardo vacuo il pavimento sotto di lui.

 

“ A me piace Akane.” Sussurrò.

“ Come ?” Ten fece un sorriso tirato, sperando di fingersi abbastanza sorpreso per non offenderlo. Si vedeva da un paio di mesi che Drake Schlmit stava sempre nei paraggi di Akane Mizuno per una ragione.

 

“ Lo so che teoricamente nella mia scuola sono visto come un idol, ma non mi sento di sopprimere i miei sentimenti per evitare di tradire alcune ragazze ossessionate da me. Non è facile, Ten … io cerco di avvicinarmi a lei, provando a non farle capire che provo qualcosa. Ci gioco un po’, ma alla fine della serata è dura non averle detto la verità. E se penso che adesso è così impegnata con queste faccende della famiglia, che nemmeno vuole più vedermi … mi considera un debole, capisci ?”

 

“ Oh, oh! Allora dopodomani sarò più che felice di raddoppiare l’allenamento per voi due! ”

“ Ahhh !!” urlarono all’unisono i ragazzi, osservati da un occhio nero che brillava nell’oscurità, appena visibile dalla porta socchiusa.

“ Reborn, da quanto tempo sei lì ?!” esclamò Ten, così rosso in viso che risplendeva nel buio.

 

L’ombra scomparve e i cardini si chiusero di scatto.

 

Un secondo dopo, i due, ancora in canottiera e mutande, stavano rincorrendo il Tutor nella pianura.

 

Fortunatamente, oltre a quel disturbante individuo, solo la luna e le stelle rimasero complici di quanto successo quella sera.

 

Decimo Giorno. Meno Venticinque giorni agli scontri.

Ore 03:50

 

Il soffitto. La prima immagine al suo risveglio.

 

Stranamente, quella volta era illuminato da una calda luce arancione.

Sbadigliando, Azura sollevò le coperte dal suo corpo, mettendosi seduta sul letto.

 

Davanti a lei, girata di schiena, Akane aveva acceso la lampada sul comodino.

Era intenta a legarsi i capelli in una coda laterale, mentre si era già vestita e preparata.

“ Buon … giorno. Sei sicura che non ti faccia male dormire così poco ?”

La mora si girò di scatto, sorpresa dal trovare l’amica sveglia.

“ Oh … buongiorno. Bhe, solitamente sono la prima ad addormentarmi ed in totale dormo sei ore e mezza.”

Finì di acconciarsi e passò un cornetto avvolto in tovagliolo alla rossa, che sorrise di rimando.

 

La porta del bagno si aprì, lasciando entrare nella stanza anche Akira. La ragazza, salutò con la mano le sue compagne di stanza e, rapidamente, si dileguò.

“ A quanto pare sono l’unica qui a svegliarmi a quest’ora …” mormorò Azura, mentre Akane le accarezzava i capelli ridendo.

 

Ore 08:30. Città non molto distante dall’accampamento.

 

“ Bene … abbiamo preso tutto quello che  ci serviva. Ora … avete quattro ore libere, poi vi voglio di ritorno alla base. ”

 

Quelle erano state le ultime parole di Reborn, pronunciate davanti ad una tazza di caffè, seduto ad un bar.

 

Come spendere quelle quattro ore di tempo?

 

La risposta era … riposando!

 

Drake e Tengoku avevano occupato due panchine di un piccolo parco e, in pochi minuti stavano già recuperando le ore di sonno perse a rincorrere il Tutor.

 

Intanto, le ragazze si erano fermate ad una libreria in riva al mare, all’interno di un vecchio faro.

Era rilassante sfogliare quelle delicate pagine, mentre era possibile ascoltare la melodiosa mareggiata e il lontano stridio dei gabbiani.

 

Akira sollevò la testa dal vecchio diario di bordo di un marinaio settecentesco, ammirando così il sole che illuminava il mare.

Era un fantastico spettacolo, talmente naturale e genuino che a Namimori non avrebbe mai potuto gustarselo.

In quel momento pensò a quel viaggio fino in Italia come un viaggio culturale. Buffo, vero?

 

Aveva sentito di battaglie ed odio, quindi mai avrebbe potuto immaginarsi un paesaggio talmente affascinante.

 

Su di un tavolo al suo fianco, Akane dormiva beata, come dimostrava il tenero sorriso in volto.

Alla fine anche lei riusciva a distaccarsi da quel mondo.

 

 

I cittadini che tranquilli passeggiavano per la strada principale, si ritrovavano tutti nella stessa situazione da un paio di minuti: erano costretti a cambiare percorso, oppure semplicemente a scostarsi, dividendosi in due corsie distinte.

Perché il centro della via era occupato da tre figure, che incutevano paura e sprizzavano pericolosità da tutti i pori.

 

Anche se in quel momento stavano scherzando e parlando del più e del meno.

“ E così faresti il terzo anno? Sembreresti un universitario a tutti gli effetti, Kevin. ”

“ Lascia perdere, rosso. Ho già avuto problemi un sacco di volte con gente che non credeva alla mia età.” Rispose pacatamente Kevin, con una punta d’ironia che subito venne colta da Simon.

“ Ma guardatevi … grandi e grossi, eppure avete così tanta strada da fare per sperare di fronteggiare i Bravi.” Mormorò Reborn, concludendo con un ghigno che infastidì entrambi i ragazzi.

“ Tsk !” Sbottò il Presidente del Comitato Disciplinare, preferendo non rispondere. Se quell’uomo fosse stato un comune essere umano lo avrebbe probabilmente pestato a sangue, ma dagli allenamenti … aveva potuto dedurre che non era un avversario alla sua portata.

Il killer, divertito dalla sua reazione, lo guardò sorridendo con aria di sfida.

“ Non fare così, Kevin. Ti ho osservato da quando eravamo a Namimori. Purtroppo per te, se non desidererai diventare più forte, non diventerai mai un buon rivale per il mio Ten-baka !”

 

Un occhio verde smeraldo si spalancò di colpo, brillando sinistramente in maniera assai spaventosa.

 

“ Aiiih !!”

Un tonfo e, davanti a Tengoku qualcuno cadde a terra.

“ Oddio, stai bene ?” il bruno si alzò, visibilmente preoccupato, per soccorrerlo.

Purtroppo, in quei giorni aveva sviluppato un riflesso condizionale, che lo faceva saltare in allerta ogni volta che qualcuno gli si avvicinava senza che lui lo vedesse. Tutta colpa di Reborn e della sua abitudine dello svegliarlo di colpo alle quattro di mattina.

 

“ Non lo toccare, maledetto !”

“ Esatto, sta fermo !”

 

Due voci, rispettivamente maschile e femminile, lo fecero bloccare. Contemporaneamente, Drake si svegliò, frastornato da tutte quelle urla.

“ Ma che diamine ?” sbadigliò rumorosamente.

 

Davanti alla panchina, alla velocità di un jet supersonico, arrivarono due ragazzi.

Una era una ragazza piuttosto alta, dalla pelle color caramello e dei brillanti occhi gialli. I suoi capelli erano bianchi come la neve e acconciati in tante ciocche corte, simili a piume. Vestiva un piumino bianco, con una rispettiva gonna lunga fino alle ginocchia, dello stesso colore.

Dai suoi lineamenti e dal suo fisico formoso ma proporzionato, avrebbe potuto avere circa sedici, diciassette anni.

 

Al suo fianco, un ragazzo dai capelli castani corti ma irti come spine, dal fisico massiccio e le spalle muscolose. Vestiva un giubbotto mimetico senza maniche, che mettevano in risalto i possenti muscoli delle braccia e un pantalone nero lungo.

Si avvicinarono alla figura caduta, impedendo la visuale a Tengoku, che indietreggiò confuso.

“ Il Boss è in grado di alzarsi da solo! Vero Boss-kun ?” la ragazza albina pronunciò le ultime parole con un fare smielato.

“ Ohi! Il nostro Boss è molto forte, non sottovalutatelo. Oohi! ” sbraitò il castano, per poi guardare con occhi fiammeggianti i due, come a voler dire ‘Capito, no?’ .

 

“ U-umh …” si udì un brontolio molto debole.

“ Sta … piangendo ?”

 

“ Oh, Boss-kun, non faccia così! ” la ragazza sembrava a tutti gli effetti una madre alle prese con un bimbo piccolo.

“ Mi sono fatto male … caspio !” frignò una voce maschile, appartenente all’individuo che era inciampato poco prima.

Tra i due misteriosi quanto strani personaggi, si alzò una terza comparsa.

Era un ragazzo alto forse qualche centimetro in più di Ten, dai capelli di un fucsia brillante, lisci e lunghi fino al bacino. Sarebbe sembrato una femmina, se non fosse stato per i lineamenti da ragazzo e petto piatto messo in mostra da una maglietta bianca con una larga scollatura che andava da una spalla all’altra.

I suoi pantaloni erano grigi e pieni di tasche, con una catenina d’acciaio per entrambi i lati.

 

Dopo poco, sollevò la testa, sorridendo smagliante.

“ Ahah! Non mi sono fatto niente.”

I due compagni iniziarono a congratularsi con lui lodando non si sa che cosa e chiedendo il bis.

 

“ Hello, Ten-kun! Era da tempo che volevo conoscerti, il mio nome è Takeda Longchamp. Ma mi avrai già sentito, vero ?”

Il fucsia afferrò la mano del bruno, iniziando a scuoterla energicamente, mentre lo fissava continuando a sorridere.

“ Veramente … no.”

“ Eh ?”

A quel punto lasciò la presa, visibilmente basito.

Un secondo dopo, si accucciò a terra, nascondendo il volto con le braccia.

 

“ Mike, Cicogna! Non mi conosce !”

“ Ma no! Oohi, ti ha solo fatto uno scherzetto, Boss !!”

Quel tizio stava seriamente iniziando a rompere i timpani, con tutte quelle urla senza senso.

“ D-davvero ?” Takeda osservò l’albina, la stessa che aveva chiamato Cicogna, che rispose con convinzione:

 

“ Sì, è così Boss-kun. E’ ovvio che il figlio del Boss dei Vongola conosce il Nono Boss dei Tomaso !” sottolineò le ultime parole con dei colpetti di gomito al più vicino Drake, che si scostò innervosito.

“ Tomaso …” ripeté Tengoku, ricordandosi presto in quale situazione aveva sentito quel nome.

“ Oh, cielo !” Sospirò, portandosi la mano alla faccia.

 

“ Oh, ma certo che è vero! Pensavi di fregarmi, Ten-kun? Ahaha !” rise di gusto Takeda, mentre ancora si stava asciugando le lacrime.

“ Comunque … ho visto che Samuel-kun, dopo il suo ritorno dalla festa di Vongola, era leggermente cambiato.”

Il fucsia si avvicinò istantaneamente all’altro ragazzo, mentre il suo volto si oscurava e gli occhi si facevano sinistri.

“ Non sarà che gli hai fatto qualcosa ?!”

Il bruno rispose con calma, fronteggiandolo con sguardo pacato.

“ Non ho fatto niente che un vero amico non farebbe.”

“ Ihh! Che paura !” Esclamò Takeda, indietreggiando allibito.

 

“ Ma che razza di individuo è questo? Sarebbe un Boss …” anche Drake pareva molto confuso da tutto quello che stava accadendo.

 

Dopo l’ennesimo supporto emotivo da parte dei suoi sottoposti, il Tomaso si riprese.

“ Comunque …” incominciò, mentre con nonchalance si pettinava i capelli.

“ Come avrai capito non sono venuto fin qui solo per parlarti … bensì per sfidarti !”

 “ Ma veramente ?”

 

Il fucsia ghignò e, con fare teatrale, spalancò le braccia.

“ Lascia che ti presenti la mia Famiglia !!”

 

“ Ohhi !!” l’energumeno dai capelli castani poggiò le mani sulle ginocchia piegate, pestando ritmicamente il terreno con forza.

“ Mike, prodigio del Sumo, nonché mio Guardiano del Fulmine !!”

 

“ Poi …” ci fu una pausa di un minuto, dopodiché anche l’albina si presentò, sfoderando due ventagli piumati.

“ Scusami Boss-kun, ma stavo controllando le notifiche su Facebook.”

“ Cicogna, tesserino studentesco numero 568 alla Farore High School. Guardiana della Pioggia !!”

 

“ Solo loro due ?” la domanda del tedesco rovinò il pathos di Takeda, che si afflosciò di colpo.

“ No … scusate, ma con gli altri avevo appuntamento tra dieci minuti.” Mormorò sconsolato.

 

Passato il tempo necessario …

 

“ Mi ha chiamato a rapporto, Generale ?”

Accompagnato da una colonna sonora di un famoso film d’azione, un ragazzo fece la sua comparsa nel palco.

Era alto ad occhio e croce quanto Drake, vestiva un body aderente ai muscoli del torace completamente nero e dei pantaloni imbottiti viola scuro. Sulla testa indossava un casco dalla visiera calata color blu notte.

 

“ Con un totale di centotrentasette multe per schiamazzi notturni … Centauro, il Guardiano della Nuvola !”

 

“ Ci sono anche io, Boss !”

Un forte rumore di clacson coprì la flebile voce, e presto rimbombò nell’aria lo stridere delle gomme sull’asfalto.

 

Qualche istante dopo, una figura zoppicante emerse dal fogliame:

Era, forse, un ragazzo, coperto da capo a piedi da delle bende rosse, che lasciavano scoperti soltanto gli occhi neri. Le gambe erano coperte da dei pantaloni marroni larghi.

“ Mi scusi, Boss … ma per venire qui di corsa sono stato investito un paio di volte …” gemette il ragazzo, vomitando sangue dai fori dei bendaggi.

 

“ Ma sta bene ?!” urlò Tengoku, preoccupato dal manipolo di matti che si stavano radunando.

“ A quanto pare no.” Sussurrò Takeda, indeciso sul da farsi.

“ Comunque, anche il misteriosissimo Gash, l’infido Guardiano della Nebbia è a rapporto! Nona Famiglia Tomaso al competo !!”

“ Prima queste bende erano bianche …” il tizio di nome Gash svenne.

 

“ E ora indovinello.” Centauro sollevò il dito verso il cielo.

“ Qual è l’elemento fuori posto ?!” esclamarono in coro.

 

“ Credo … lui.” Drake stava per indicare il Nono Tomaso, ma venne bloccato da Ten.

“ Papà ha sempre avuto Sei Guardiani, che rappresentano i fenomeni atmosferici sotto che entrano in Armonia con il Cielo. Sono Tempesta, Pioggia, Sole, Fulmine, Nuvola e Nebbia. Voi siete solo in cinque.”

 

Nuovamente l’euforia fucsia scemò e si ritrovò a guardare il vuoto con aria persa.

“ Si è offeso ?”

 

“ A-ah … bravi, avete scoperto il trucco! Ma la verità è che … è che …”

Rapidamente passò lo sguardo sui suoi Guardiani, cercando un suggerimento per trovare una scusante.

“ S-sì … ma il punto è che: Cicogna e Centauro sono anche i rispettivi Guardiani di Sole e Tempesta !”

 

A comando, Mike fece partire dallo stereo di Centauro una musica da colpo di scena presa da un film giallo.

“ Che bello, una promozione.” arrossì l’albina.

 

“ Cosa vorresti fare adesso? Ti pentirai di avermi sfidato! Uomini, all’attacco.”

E, in un baleno, i cinque scattarono verso la panchina.

“ Scusa … chi ha sfidato chi ?” Borbottò il biondo, per poi rinunciare definitivamente a farsi domane.

 

Tutto d’un tratto, però, il mondo iniziò a rallentare per Tengoku.

- Riesco a vedere i loro movimenti … non sono abituati a combattere.-

 

Così vide il colpo di palmo del sumotori del Fulmine e, con grande facilità, lo evitò semplicemente spostandosi lateralmente per poi iniziare ad avanzare.

Piegò il collo e si chinò fino a terra, passando così sotto al calcio di Cicogna, ma poi dovette rialzarsi e rotolare attraverso la ginocchiata volante di Centauro.

 

Evitò il  corpo di Gash che gli stava cadendo, svenuto, addosso e si posizionò davanti a Takeda.

 

Con rapidità, gli puntò l’indice in mezzo agli occhi, però ad una distanza di qualche millimetro dalla sua fronte.

L’istante successivo, tutti i Guardiani poggiarono il piede per terra, eccetto la Nebbia, e si voltarono, accorgendosi dell’attuale posizione del loro bersaglio.

- Grazie Reborn.-

 “ Quante volte sei stato costretto a combattere in vita tua? Di sicuro molte meno di me ...”

 

“ Eh ?!” spalancò la mascella il Boss, iniziando a sudare copiosamente dalla paura.

Furtivamente provò a scorgere qualche traccia dei suoi Guardiani, ma vide subito Gash al tappeto e Centauro penzolante e privo di sensi dal ramo di un albero.

“ Non può essere! Ohiii !”

Drake anticipò le mosse di Mike e sferrò un montante mirato al suo mento, così potente che lo fece ruzzolare all’indietro.

“ Wow! Quindi sono questi i frutti dell’allenamento ?” si domandò, massaggiando con noncuranza le proprie nocche.

 

Ore 11:50

 

Era già passato un po’ di tempo da quando Drake e Ten si erano salutati con Takeda e la sua combriccola.

Il ‘Boss’ si era scusato, dicendo che aveva voluto attaccarlo soltanto per dimostragli che era il più forte.

“ E dopo, cosa avresti fatto ?” gli aveva chiesto il bruno.

Quella domanda aveva spiazzato il ragazzo, che per un po’ non seppe rispondere, mentre i suoi amici ancora ribollivano nella vergogna.

Fortunatamente la questione si era risolta con un gelato per tutti, offerto dal Tomaso, che servì soltanto ad affermare un’ipotesi formulata tempo fa … Takeda si sentiva davvero solo. Se solo avesse capito che quelli che lo circondano non sono dei mafiosi, ma dei suoi amici …

 

In cuor suo, Ten non provava rancore per Takeda, e sperò vivamente che dopo quell’incontro potesse mettersi a posto con le idee.

 

Undicesimo Giorno. Meno Ventiquattro giorni agli scontri.

 

Erano le dieci di sera quando la porta d’ingresso del trullo si spalancò, lasciando che le ombre si mischiassero alle tenebre del mondo esterno.

 

Due alti ragazzi entrarono, camminando lentamente e con sguardo serio.

“ Era ora.” Ridacchiò Reborn, seduto sulla sedia del tavolo, girata in modo che fosse esattamente di fronte all’entrata.

“ Sei forse diventato una mammina apprensiva, Reborn? Non siamo di certo andati in discoteca, tranquillo.”

Rispose Simon, sollevato dal comportamento bizzarro del Tutor.

 

“ Lo so bene, ma visto che voi due vi siete portati dietro tutta la futura famiglia Simon per distruggere quella organizzazione di basso grado … mi aspettavo almeno un’ora di anticipo.”

Venne tranquillamente ignorato dal rosso e da Kevin, che dopo aver chiuso la porta, si sedettero su due divanetti ai lati opposti della stanza.

“ Com’è andato il ragazzone ?”

 

“ Per essere uno abituato a risse da strada, ha fatto un buon lavoro contro il reparto disarmato degli avversari.” Ghignò il futuro Boss, ricevendo dal Presidente del Comitato Disciplinare, un semplice sospiro annoiato.

“ E’ stata Zaffiria a curargli la ferita da proiettile nella spalla sinistra ?” domandò a quel punto il killer, facendo sussultare il ragazzo.

“ Già …” annuì rassegnato l’altro rosso. Ormai conosceva quell’uomo da anni, perché si ostinava ancora a volerlo fregare?

 

“ Io me ne torno in albergo.” Kevin si alzò così bruscamente che la fitta alla scapola gli offuscò la vista e i sensi per qualche secondo.

Dopo aver barcollato per un po’, si diresse verso la porta.

 

“ Aspetta ...” sentì la voce del sicario alle sue spalle.

“ So che non sei il tipo che vuole sentire dei complimenti, quindi non te li farò mai in tutta la mia vita. Ma se con questo atteggiamento da pusillanime vuoi essere soltanto massacrato … stai andando sulla giusta strada. Ti basti sapere che attualmente sei all’ultimo posto in quanto a forza e velocità tra tutti questi mocciosi. Abbassa la cresta e datti da fare, altrimenti ti ammazzo a suon di calci in culo …”

 

Lentamente Reborn sollevò la mano dalla spalla destra, per poi chiudere la porta.

 

Il rosso rimase fermo a guardare l’erba bagnata di rugiada per ancora qualche minuto, dopo di che si portò una mano alla testa, arruffandosi i capelli.

“ Mi serve una nuova preda da inseguire …”

Iniziò ad incamminarsi, accorgendosi che adesso non sentiva più dolore.

 

Tredicesimo Giorno. Meno Ventidue giorni agli scontri.

Ore 23:00

 

Sull’immensa pianura soffiava un debole vento, necessario per far ondeggiare ritmicamente quel mare di steli, che sembrava voler riflettere il cielo notturno.

Alcuni fiori, illuminati soltanto dalla luna, parevano infatti imitare le stelle con il loro pallore.

 

“ Keh! Troppo facile ...”

Dall’alto di una collina, era possibile aver una visione quasi completa di tutta la piana, dalla costa fino alla foresta.

E quel piccolo trullo era parecchio lampante, dato il nero del tetto e il campo di terra battuta che lo circondava.

 

“ Se li faccio fuori tutti entro mezz’ora, posso prendere l’aero ed arrivare alla base prima che la bambina viziata si risvegli.”

I capelli color onice ondeggiavano sopra l’impermeabile di pelle nera, lungo fino alle ginocchia e con il collo alto.

Il ragazzo che stava muovendo i primi passi verso la costruzione portava al fianco un piccolo fodero viola per un’arma leggermente ricurva.

 

“ Ti stavo aspettando, Capitano Bellum.”

Il moro si voltò ghignando, scoprendo così i denti acuminati.

“ Ovviamente con ‘fare fuori tutti’, intendevo anche te … Akane Mizumo !”

 

 

Ad oltre duemila piedi da terra, un elicottero sorvolava la città costiera, mimetizzandosi con il buio cielo e giovando della copertura delle nuvole per nascondere le sue luci.

 

“ Se volevi osservare lo scontro, avresti potuto farlo da vicino …”

 

Borbottò un uomo, seduto con il volto fra le mani ed una fedora calata sugli occhi.

“ Ehi! Brutta lucertola, è normale che uno te non riesca ad apprezzare le meraviglie del volo, quindi stai zitto !”

Gracchiò una’altra voce maschile, stavolta seduta a braccia conserte sul sedile del guidatore.

“ Intanto hai il pilota automatico.”

“ Ehi! Ho detto sta zitto !!”

“ Sei ripetitivo ...”

 

“ Non ti permetterò di torcere anche un solo capello all’Undicesimo … né a te, né a Xian !” ruggì Akane, frapponendosi con un salto tra la costruzione ed il ragazzo.

“ Non hai capito niente, piccola …” Il moro spalancò le braccia, piegando la testa di lato.

“ Io non dipendo da quella stramaledetta ragazzina! Sono un assassino, un libero professionista. Non di certo uno a cui piace giocare a fare il mafioso.”

 

La ragazza a quella risposta irrigidì la sua guardia.

Conosceva l’avversario, era davvero un membro della Squadra Assassina dei Vongola, un individuo di tutto rispetto che aveva notato più volte quando era piccola. Voci di corridoio dicevano che Tsunayoshi in persona gli avesse richiesto di far parte dei Varia come Guardiano della Nuvola, ma che in seguito Xanxus avesse rinunciato. 

 

“ Non pensare neanche lontanamente di volermi mettere in difficoltà! ” rise lui, con dei versi così sgraziati da assomigliare vagamente ad un gracchiare animalesco.

“ Sono stato io, Korvo Bellum, ad istruirti nell’arte della Scuola del coltello e della pistola! Sono un maestro di kodachi** e … se ti dico che non scherzo, puoi giocarci le penne che farò sul serio fino alla tua morte.”

Con calma teatrale sfoderò il suo kodachi, impugnandolo a due mani davanti a sé.

“ Goodnight, my baby !”

 

Scattò in avanti, azzerando in un secondo la distanza che lo separava da Akane.

La colpì con un fendente che sembrava voler tagliare la gelida aria della notte, sollevando un turbine di steli d’erba e terra.

Grazie al cielo la ragazza aveva evitato il primo colpo saltando lateralmente, ma prima ancora che potesse mettere piede a terra, un altro taglio scintillante la costrinse ad allungarsi all’indietro fino all’estremo.

 

Quasi non inciampò, una volta raggiunto il suolo. Il salto che le era stato costretto a compiere sarebbe potuta essere un’impresa impossibile per chi non era stato sottoposto a pericolosi allenamenti sin dall’infanzia.

 

Korvo, ghignando divertito, si tamburellò con l’indice sulla guancia destra.

La mora lo imitò, portandosi il dito sul volto e … scoprendo un piccolo taglio poco sotto la sua cicatrice ad ‘x’.

Era comunque riuscito a colpirla.

 

“ Non importa quanto siano corti i kodachi: un’arma resta sempre un’estensione del proprio corpo.”

Il ragazzo iniziò a correre in circolo, lasciandosi alle spalle i proiettili che gli stavano venendo sparati contro.

 

Quando Akane apprese il ritmo dell’avversario, trasformò i suoi spari, coordinandoli con la scia lasciata dal suo bersaglio.

 

Colpito!

Pensò, un attimo prima di notare lo scintillio della spada corta sotto la luna, che sovrastava quello del piccolo proiettile tranciato in due parti uguali.

“ Anche i tuoi colpi sono scoperti come te, mia cara.” Continuò a schernirla,  calciando via il bossolo con nonchalance.

 

“ Mi stai facendo perdere troppo tempo … devo chiudere lo scontro in fretta, prima che spuntino le prime luci dell’alba.”

E, una brillante fiamma color ametista divampò dall’impugnatura del kodachi, immolandone la lama.

 

La ragazza sussultò sbigottita.

“ Le fiamme? Q-quando hai …!”

“ Queste, dici? E’ stata solo una partita fortunata, da cui dipenderanno tutte le vostre vite !” sghignazzò enigmatico il moro, mentre con il fuoco tracciava delle linee nell’aria.

“ Che vuol dire?! Non esistono più armi fuse con le Fiamme del Coraggio di Morire !”

 

“ Presto tutti quelli che la pensano come te si ricrederanno, bambina mia.”

La luce illuminò sinistramente il volto appuntito del sicario, contorto in un sorriso sadico.

Ombra del Corvo !

 

Scagliò tre rapidi fendenti, la cui scia divenne presto delle macchie fiammeggianti che si diressero ad alta velocità contro la ragazza.

 

Presto la collina esplose in un lampo viola.

 

“ Come intendi fermarmi? Da quanto so, tu e quei rammolliti allievi del famigerato Reborn non uccidete i vostri avversari.”

 

Il suo sorriso soddisfatto vacillò, quando vide un’ombra farsi strada tra il fumo e la polvere.

“ Non ti ucciderò, questo è vero. Ma quanto avrò finito con te e ti avrò portato dal mio nuovo Tutor … allora desidererai veramente la morte !”

 

L’erba era stata bruciata nel raggio di qualche metro, ma il terreno non esalava nessuna puzza, per via della fiamma non naturale.

“ Sì? Allora, lascia che ti mostri una cosa …”

Dopo che l’ultima parola fu scandita, la terra iniziò a tremare e l’aria venne piegata sotto ad un verso stridente.

Quel suono era molto forte, tanto da riuscire a preoccupare dolore alla ragazza, nonostante lei si stesse tappando le orecchie.

 

Qualche secondo dopo, le nuvole nere si aprirono in due, lasciando che un’immensa ombra oscurasse la luna.

Un enorme volatile fatto interamente da fumo nero ed in continua propagazione, con due bagliori rosso sangue che sarebbero potuti essere degli occhi.

 

Korvo non perse più tempo, raggiungendo Akane con lo scatto di una sola gamba.

Due fendenti sollevarono un’esplosione di scintille una volta incontrate le lame delle pistole di lei.

Ma quest’ultime, insignificanti al confronto delle Fiamme della Nuvola, si piegarono come se fossero state di plastica.

 

Un istante dopo, la mora si ritrovava a terra, con un pezzo di acciaio fuso a pochi centimetri dal suo volto, mentre era bagnata dal suo stesso sangue.

Lo squarcio aperto sul braccio destro le strappava ringhi di dolore, nonostante lei provasse a resistere.

Si sentì afferrare dai capelli, e venne messa in ginocchio.

 

Vedeva davanti a lei l’ombra di Korvo, che la teneva in pugno con una mano, mentre con l’altra brandiva il kodachi ancora sporco di sangue.

“ Quello che hai visto è il mio livello di potenza. C’è chi lo chiama Ki, oppure Chakra … ma il mio è Intento Omicida!

Anche dalla terra, il fumo nero tornò a conglomerarsi, prendendo la forma del muso di un corvo, che avvicinava il suo becco alla gola scoperta della mora.

“Vedo cosa provi: tutto diventa di pietra e non riesci a respirare, perché trattieni il respiro fino alla morte. E non puoi far altro che strisciare, e tremare come un verme davanti ad un corvo ...”

 

Un lungo silenzio piombò sulla pianura, espandendosi a macchia d’olio sulle rigogliose zolle, fino alla fredda foresta.

Uno zampillo di sangue macchiò gli steli e le foglie che facevano da tappeto alla terra, colorandole di un rosso scuro.

Il corpo di Akane si accasciò a terra, sempre nel più totale silenzio.

 

Anche le cicale avevano smesso di frinire e le onde si erano placate sul bagnasciuga.

 

Un secondo dopo, un corpo si schiantò contro il terreno, ruzzolando all’indietro e sollevando una nuvola di polvere.

Lentamente, Korvo si raddrizzò dal giaciglio su cui era piombato, ringhiando fra i denti come un cane rabbioso.
“ Puha! Che diavolo …”

I pantaloni aderenti alle gambe erano stati squarciati lateralmente all’altezza dello stinco, su entrambi gli arti.

Rapidamente si fecero di una tonalità di nero più intensa, mentre la carne visibile prese a colorarsi di rosso.

 

“ Un assassino non prepara mai un solo piano d’attacco, ma necessita sempre di una seconda arma.”

La canna ancora fumante di una Walter PPQ venne scagliata verso il cielo, mentre la figura snella seppur zoppicante di Akane avanzava nel vento.

“ Inoltre … non guardare negli occhi l’avversario, comporta anche il non poter prevedere le sue mosse. Questi sono tutti tuoi insegnamenti, Capitano Bellum.”

 

Korvo si squadrò le gambe, domandandosi ancora una volta come avesse fatto a prenderlo, seppur di striscio, da quell’angolazione.

“ Ma guarda un po’ … tra tutti i bersagli che potevano capitarmi in mezzo ad una missione, proprio tu, una mia allieva, dovevo incontrare ?”

C’era una nota … quasi malinconia in quelle parole. Forse un rimorso, forse un dubbio.

“ Non posso abbandonare la sfida, Akane. Anche se sarò costretto ad ucciderti !!”

 

Un sottile taglio si aprì sul petto, proprio sotto il collo.

“ Anche se con i proiettili narcotizzanti ho centrato la vena? Perché, Capitano Korvo !!?”

Urlò a quel punto Akane, scontrando la sua unica lama contro quella dell’assassino, che l’aveva già raggiunta con un salto.

Ma questi non rispose, limitandosi semplicemente ad ondeggiare, sferrando colpi in otto direzioni.

Presto, nonostante le loro abilità nell’uso delle armi corte fossero più o meno equivalenti, le Fiamme della Nuvola presero ad intaccare la lama del coltello/pistola. Presto si sarebbe rotta.

 

“ Perché non posso lasciarvi uccidere da lei, cazzo !!” gridò il ragazzo, tossendo anche una quantità ingente di sangue mentre caricava un taglio verticale fin dietro alla sua testa.

“ … lei ?”

 

Una goccia d’acqua scintillò alla luce della luna, cadendo fino a bagnare il petto del moro.

Che fosse pioggia? No … non era semplice acqua.

 

I due ferri si scontrarono, sollevando nuovamente una cascata di scintille dorate nel buio della notte.

“ Devo uccidervi, Akane. Solo io devo uccidervi tutti …” disse con un sorriso tremante Korvo, mentre le lacrime gli bagnavano le guancia e le labbra.

 

Una sottile linea incandescente prese a formarsi sul manico del coltello di lei, mentre le fiamme si facevano così alte da ustionarle le mani.

“ Perché … perché, Capitano Korvo ?”

 

La lama ormai non più seghettata schizzò ad alta velocità fuori dall’impugnatura, andandosi a conficcare nel torace dell’assassino.

Una macchia di sangue si allargò da poco sotto il polmone sinistro, facendo fuoriuscire il liquido anche da sotto la maglietta.

 

“ Un tranquillante su di un coltello balistico … sei proprio una mia allieva. Non pensavo … non pensavo che saresti diventata così forte.” Mormorò dopo qualche istante di silenzio, accorgendosi che stava iniziando a perdere sensibilità anche alle gambe ferite poco prima.

 

“ C-capitano !” singhiozzò Akane, spalancando le braccia per correre incontro a quel ragazzo che l’aveva vista crescere e che l’aveva allenata sin da piccola.

Ma lui si ritrasse … in silenzio indietreggiò, facendosi scuro in volto mentre si estraeva il pugnale dalla carne.

“ Devo andarmene al più presto possibile. Xian non deve sapere che sono stato qui … ci rivedremo presto, Akane. Ma mai più come nemici.” E sorrise.

Stavolta non più con tristezza, ma con sincera soddisfazione per la sua ex-discepola. Sapeva, in cuor suo, che sarebbe diventata una grande donna in futuro, se avesse continuato a lottare per la giusta causa.

Non come il codardo che era stato lui.

 

“ Ci rivedremo … dove ?”

 

Come un fulmine a ciel sereno, il cuore di entrambi perse un battito.

“ Dove vorresti fuggire, dopo questo fallimento ?”

Korvo sentiva dietro di sé dei passi, pesanti passi che lasciavano una forte impronta nella terra bruciata.

Le lacrime presero a scendere più copiose, mentre con rabbia si mordeva il labbro inferiore fino a farselo sanguinare.

“ Allora, feccia?! Rispondimi !”

 

Uno stivale borchiato gli si abbatté sulla schiena, sollevandolo da terra per una frazione di secondo.

Un tempo in cui, un lampo arancione illuminò la buia sera d’estate.

 

Quando la ragazza riaprì gli occhi ancora umidi e annebbiati dal dolore, si ritrovò immersa in una pozza di sangue, mentre intorno a lei c’era una pungente puzza di carne bruciata.

 

Pochi secondi dopo, rabbrividì nel vedere a qualche centimetro più in la, solo due gambe umane.

Tranciate via da un corpo ormai scomparso, di cui l’unico ricordo rimaneva una macchia di erba carbonizzata a forma di busto umano.

 

“ Capi … tano. Capitano … CAPITANO !!”

 

E sopra il cadavere, solo lo sguardo iracondo e disgustato di Xian.

Quattordicesimo Giorno. Meno Ventuno giorni agli scontri.

 




ANGOLO AUTORE:

* Yarijutsu, o anche Sōjutsu , è l’arte marziale giapponese di combattimento con le lance.

** Kodachi: Spada (corta) giapponese.

 

Welcome back!

Questo capitolo, che per l’intervento di Takeda sarebbe potuto sembrare tranquillo, o quantomeno più rilassante e distaccato dal pericolo … si conclude con la semplice verità.

Certo, magari passare del tempo con gli amici potrebbe essere comunque una distrazione per Ten, ma … mai scordarsi del pericolo a cui si è consapevoli di andare in contro. Grave errore.

Il titolo è infatti basato su questo concetto.

 

Alla prossima!

P.S: Ci terrei a non ricevere recensioni microscopiche, dato che per questo capitolo ho veramente dato tutto me stesso, nonostante gli impegni fossero già soverchianti.

P.P.S: La frase di Korvo mentre teneva per i capelli Akane, è una citazione alla canzone ‘Bird and the Worm’, dei The Used.

Qui il link:  https://youtu.be/Zv9zDC5HaKs

 

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Capitolo 4
*** Target Number 4: Ira e Paura ***


                                                        Locandina a cura di nekomata04/sissi1234


Quattordicesimo Giorno. Meno Ventuno giorni agli scontri.

Ore 14:00

 

Le nuvole coprivano il cielo non più terso come una coltre grigia, agitandosi e mescolandosi in più spirali e rigonfiamenti.

Aveva piovuto quella notte e la terra emanava ancora quell’odore pungente di terreno e foglie bagnate.

 

Per un poeta, un pittore o un qualsiasi altro artista sarebbe potuto essere il luogo perfetto per un’ispirazione puramente naturale.

Ma in quella pianura si stava combattendo un conflitto interiore che con l’arte non riguardava proprio nulla.

O meglio, se la morte e la guerra fossero state una forma artistica, i volti dei quattro ragazzi sarebbero potuti essere il ritratto perfetto del dolore.

 

Nella camera dove le tre ragazze avevano condiviso una settimana insieme, ora solo un letto era occupato.

Occupato da un candido corpo dormiente.

 

In piedi davanti al letto, Azura si teneva le mani davanti agli occhi, mentre continuava a urlare tra i singhiozzi molto forte. A stringerla in un abbraccio, c’era Akira, con il volto buio e le palpebre chiuse, in attesa.

Fuori, nel corridoio che separava le due stanze, maschili e femminili, anche Drake dava il meglio per sfogare la sua rabbia contro i muri dell’edificio.

Erano passate quattro ore …

Si fissò le nocche, rimanendo impassibile nel trovarle sporche di sangue per tutti i pugni che aveva sferrato.

Le guance erano ancora scavate dai solchi delle lacrime.

 

Dalla porta che dava sul terrazzo dietro il tetto a cono, Tengoku si fece avanti,  con una camminata spettrale.

Quando all’una di quella mattina avevano portato il corpo di Akane in casa, dopo delle cure d’emergenza, Reborn gli aveva rivolto un’occhiata fredda e con tono lapidario gli aveva detto:

‘Non ti azzardare a piangere adesso, davanti a tutti loro.’

 

Aveva passato la mattinata in bagno, a piangere e a vomitare per l’agitazione.

Ora era pallido e molto più dimagrito e debole di prima.

 

Con sguardo spento, assente, guardò il cielo, sperando di poter scorgere il Sole.

Anche solo per un istante … anche un minuscolo raggio …

Niente.

 

“ Capisci perché ti ho detto quello ?” Ora c’era anche Reborn sul terrazzo.

“ Perché … per loro io sono il Boss, vero ?” la voce del ragazzo era irriconoscibile. Molto più tremolante e flebile, pareva quella di un bambino impaurito.

 Ma lui non era affatto spaventano, no … lui era sconvolto.

Sconvolto dentro, nel cuore e nell’animo.

 

“ Tu per Akane sei il Boss! Se a ridursi così fosse stato Drake, o Azura o anche Akira, Akane avrebbe voluto questo da te !” gli urlò in faccia il Tutor, costringendolo a voltarsi.

“ Aprì gli occhi, dannazione! Sei stato tu quello che ha sfidato Xian, e sapevi benissimo quanto quella ragazza avrebbe fatto per impedirti di ostacolarla.”

 

Lentamente l’aria si fece più pesante e divenne sempre più difficile respirare. Le mattonelle scricchiolarono e l’erba iniziò ad ondeggiare, come se il vento avesse ricominciato a soffiare.

“ Non voglio diventare Boss! Per Akane non sono mai stato un Boss … IO ERO UN AMICO PER LEI! NON DIRE COSA LEI AVREBBE VOLUTO DA ME !!”

 

Ten sollevò il capo, rivelando un’intensa fiamme color arancione scuro tra la sua chioma. La sclera degli occhi era diventata nero pece e un’intensa aura distruttiva veniva emanata da ogni poro della sua pelle.

“ Sapevo fin dall’inizio che eri nato con la Fiamma dell’Ira, Ten-baka. Per questo non capisco ancora come tu possa essere così debole.” Concluse secco l’Hitman, facendo ringhiare di rabbia ferale il ragazzo bruno.

 

Un pugno incandescente si sollevò a pochi centimetri dal suo naso, con la pelle un tempo chiara dell’altro, ora ricoperta da uno strato fiammeggiante con sfumature nere.

 

Reborn aveva parato il colpo semplicemente con l’indice sinistro, che aveva investito di un lampo bianco tutte le fiamme.

“ Hai detto che non volevi essere Boss, giusto? E allora come intendi abbandonare i tuoi amici … li vuoi far morire nelle battaglie, oppure li mandi direttamente tutti in pasto a Xian ?”

 

Si udì il suono netto di uno strappo e una frazione di secondo dopo il volto di Tengoku venne centrato in pieno da un calcio.

Il suo corpo sorvolò diversi metri della piana, per poi atterrare violentemente, sollevando un cumulo di terra umida.

 

“ Pensavo di aver puntato sul protetto giusto. Ma invece mi sbagliavo … odio profondamente chi ha un così alto potenziale, ma non lo sfrutta e si chiude a riccio davanti ai problemi.”

Una pistola era puntata a poca distanza dal suo viso, mentre il dito della mano destra del Tutor accarezzava già il grilletto.

Perché l’altro indice, gli era stato strappato via brutalmente prima di sferrare il calcio.

 

“ Perché non scappi adesso, Ten-baka? Perché non te ne torni a Namimori e vivi la vita di un normale studente fino alla laurea? Te lo dico io perché non lo fai …”

In un susseguirsi di bagliori luminosi, la mano sinistra venne inondata di luce gialla.

 Quando la luminosità tornò normale, il dito era stato rigenerato con successo.

 

“ Perché ora io, Veronica e i tuoi amici siamo qui! A lottare e a soffrire per delle scelte prese da te, per costruire un futuro migliore. Prenditi un po’ delle tue responsabilità e rialzati !”

E infine, in un sussurro appena udibile.

“ Non sei ancora arrivato a quel punto.”

 

-  “ Non tutto nella vita avrà pietà di te. Se non diventerai forte, non sarai degno di avere il diritto di chiedere pietà . Quindi se non ti piace questo stato di cose alza il culo e cresci, così potrai dirmelo in faccia e avere il coraggio di opporti !” -

 

Quindicesimo giorno. Meno Venti giorni agli scontri.

“ Lo ripeterò per l’ultima volta: Tengoku è andato a dormire in albergo.” Mormorò duramente il Tutor, con il volto tetro oscurato dalla fedora.

 

Azura provò ad insister e sul perché di quella scelta, ma inaspettatamente il braccio di Drake le cinse le spalle. Quando sollevò la testa vide il volto scosso del fratello, ma che difficoltà cercava di sopprimere le domande.

Le stava dicendo che lei avrebbe dovuto fare lo stesso.

 

“ Ora lasciate che vi illustri il programma, per favore.”

Reborn estrasse da sotto la giacca un taccuino nero, iniziando a sfogliarlo con aria seccata.

“ Dunque … “ Si portò le mani alle tempie e chiuse gli occhi con fare riflessivo.

“ Oggi iniziamo con la terza settimana del programma degli allenamenti.  Drake, ti voglio pronto entro un’ora e fuori nella pianura. Azura … tu verrai con me in città e stasera metteremo in atto il tuo allenamento personale. Akira, tu ti saresti dovuta allenare con Akane e …”

Ci furono lunghi secondi di silenzio, mentre l’uomo rimaneva con la bocca semi aperta e nella stessa posizione.

“ … Scusate.” Sussurrò riaprendo gli occhi e alzandosi.

 

Tetro come uno spettro, si chiuse la porta alla e spalle, lasciando quei ragazzi fermi nella stanza.

 

 

Ore 10:00

“ Vi prego … ditemi che è uno scherzo.”

 

“ Signor. Schlmit? Prego, firmi qui.”

 

Il gigantesco uomo muscoloso che gli stava porgendo un documento da firmare, teneva per mano un ragazzo dai capelli neri mossi.

“ Ohh! Che bel posto, qui.”

Vito, con il naso all’insù, giocava ad indovinare la forma delle nuvole nel cielo, mentre Drake iniziava a pensare che fosse davvero tutto reale.

“ Maledetto Reborn! Non pensavo avrei dovuto fare da baby-sitter per allenarmi. Ecco, a lei.”

Con riluttanza, restituì il foglio e l’uomo, decisamente della Famiglia Bovino, lasciò Vito.

 

 “ Ora le riferisco quanto indicato dal Signor. Reborn …”

“ Cos’è, la lista delle cose che può e non può mangiare ?” mormorò acido il biondo, notando il sorriso contento del ragazzo mentre giocava con la sua console portatile.

 

Però, rimase visibilmente sorpreso quando gli venne mostrata una pistola a canna lunga rosa confetto.

Sull’impugnatura erano stampate a lettere cubitali C.E.D.E.F.- A.I.

 

“ E qui i proiettili.”

E con l’altra mano, l’uomo dei Bovino porse una busta in lattice contenente una cinquantina di palline della dimensione di una mandorla.

“ Perché dovrei … sparargli ?”

“ Ogni proiettile basta per trenta minuti. Il Signor. Reborn ha detto di fare una pausa di mezz’ora ogni tre ore.”

“ Un proiettile per trenta minuti di cosa, dannazione ?!” gridò il ragazzo, facendo sobbalzare dallo spavento Vito. Era davvero odioso venir tagliato sempre fuori da quel Reborn che si divertiva a fare il misterioso.

Poi, era sempre lui quello più sottovalutato del gruppo e il Tutor gli prestava sempre poche attenzioni.

Come se sarebbe riuscito a battere dei mafiosi con una settimana di piegamenti e sollevamento pesi!

Fratello maggiore un cavolo! Presto persino la piccola Azura sarebbe diventata più forte di lui, mandando a quel paese quel poco di autostima che lo stava aiutando a non deprimersi per lo stato di Akane.

 

E dopo cosa sarebbe successo?

Lo avrebero riportato a Nanimori, nella casa dei suoi genitori? Oppure di ritorno in Germania, dove avrebbe potuto diventare l’avvocato che il padre tanto desiderava come figlio?

 

Sarebbe divenuto qualcosa per un altro, o qualcuno per se stesso?

“ … Scheisse !”

 

 

 

Ore 22:00

Città vicina all’accampamento

 

Azura iniziava a sentire il freddo dell’agitazione.

Erano diversi minuti che, dopo aver lasciato l’albergo, lei e un Mini-Reborn si addentravano tra tutti quei serpeggianti vicoli bui e sempre più disabitati della città.

Le case presto avevano lasciato posto a vecchie strutture, stazioni abbandonate e scheletri di palazzi mai finiti di costruire.

 

Il Tutor l’aveva avvisata solo di una cosa:

“ Se non sfrutterai al meglio il 100% per cento del tuo talento e del tuo duro lavoro … morirai, e nessuno potrà salvarti.”

 

“ Allora sei venuto davvero. Pensavo che la tua fosse tutta una balla !”

La voce del Mini-Reborn del presente si sovrappose a quella del ricordo.

 

Al centro di una piazza, con un dislivello di sei gradini, c’era una fontana sormontata da una statua di un leone ruggente.

Seduto a gambe conserte sul dorso della fiera di pietra, Tengoku rivolse al Tutor un’occhiata furente.

Dopo aver sostenuto quello sguardo per due secondi, il ragazzo scoppiò a ridere nervosamente, arruffandosi i capelli.

“ D-diciamo che non voglio morire affrontando Xian. Ecco tutto …”

 

La rossa avrebbe voluto volentieri salutare l’amico, abbracciarlo per rincuorarlo per quello che era successo la scorsa notte … e magari chiedergli se stava bene e se si sentiva all’altezza dell’incarico preso.

“ Così ti voglio: capacità di mentire a livello Ameba.” Sogghignò Reborn, sistemandosi il cappello.

 

Intanto il bruno azzerò la distanza tra di loro, concentrando i suoi occhi su Azura.

“ Ciao …” deglutì a vuoto, abbassando lo sguardo una volta pronunciate quelle parole.

“ Ciao, Ten.” Rispose lei, abbracciandolo improvvisamente, cosa che colse alla sprovvista lui.

La ragazza poggiò il suo mento sulla spalla di Tengoku, socchiudendo le palpebre e sussurrando:

“ Sappi che ti sono vicina, sempre. Anche se in questo momento ti senti solo e incompreso, obbliga te stesso a convincerti che ci siano noi… ci sono io con te.”

 

Si separarono, continuando a fissare l’uno gli occhi dell’altro.

“ Grazie …” un respiro tanto leggero smosse un macigno molto pesante, da un cuore di adolescente colmo di dolore e paura.

 

 

 

 

Devon indossò al volo un giubbotto nero e spalancò con un gesto indifferente la porta dell’ hotel.

Subito venne investito da una pungente aria umida, differente da quella fredda delle città del Sud Italia.

 

Mosse i suoi primi passi verso le vie più strette, allontanandosi sempre di più dal centro della città.

 

Qualche minuto dopo, alle tre in punto, aveva raggiunto la piazza più importante della città vecchia.

 

La Basilica di San Nicola si stagliava gigantesca sul cielo coperto di Bari, lasciando che la luce lattiginosa della luna paresse ancora più distante e surreale.

 

Seduto sui grandi scalini di granito, una figura con un lungo cappotto blu.

Il portale alle sue spalle cigolava lentamente, oscillando di pochi millimetri dato il suo peso.

 

“ E’ davvero una serata romantica …”

Sussurrò Devon, calpestando involontariamente un braccio per terra.

 

L’intero crocevia davanti alla basilica era infatti ricoperto di corpi privi di sensi e di vita, a giudicare dalle lunghe strisce di sangue e grumi sui mattoni delle mura.

 

“ Spero tu ti rifersica all’atmosfera notturna, e non invece a questo patetico incarico di trattare con la gang dei Marausse …”

L’individuo misterioso soffiò una nuvoletta d’aria calda, ch epresto si disperse su tra le vetrate della chiesa.

“ Sei in contatto con qualcuno ?”

 

“ Ehm? No, no … a parte Taylor, che pensa sia una vacanza di studio, non conosco nessuno.

D’altronde siamo colleghi, giusto ?”

Il moro sorrise , sollevando il pugno destro e rivolgendo il dorso al compagno.

Con la mano opposta fece segno di prendere qualcosa con l’indice e il pollice, sfilando una pellicola sottilissima dello stesso colore della sua pelle.

Così rivelò un tatuaggio nero raffigurante un quadrato, con dentro una spirale e una ‘E’ in caratteri gotici.

 

Uno scintillio rosso vivo brillò negli occhi dell’altro, che annuendo con un gesto impercettibile si alzò in piedi.

“ Adoro quando le cose vanno a buon fine … Presto non esisterà nessuna barriera nel mondo, nessuna guerra o conflitto di interessi. ”

La coppola di cuoio da lui indossata cadde a terra, rivelando una corta capigliatura ispida del colore della notte più buia.

“ L’Utopia Mai Narrata … e l’angelo figlio dei demoni romperanno l’ago della bilancia.”

 

Con un suono sordo, un’esplosione di fumo rosa e viola si sollevò dalle scale, avvolgendo l’area.

 

“ Uhuhuhu …”

L’agghiacciante risata di un bambino, presto si mischiò a quella del membro degli Anonimato.

 

Il volto di Doku era contorto in un ghigno colmo di adrenalina.

“ E’ proprio una serata romantica, Devon. Uhuhu …”

 

 

Angolo Autore:

Facciamo che ci lasciamo alle spalle questa lunga assenza? Vi assicuro che il prossimo capitolo non tarderà così tanto ad arrivare.

Ma magari ci sarà già qualcuno che ha perso interesse nella storia, chissà …

P.S: Ringrazio di cuore nekomata04 per la sua bellissima Akane in locandina :)

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Capitolo 5
*** Target Number 5: Nicotina ed Adrenalina ***


                                                                              
Target Number 5: Nicotina e Adrenalina

 

“ Io non credo che tu sia realmente un debole, Drake.”

 

Al centro della sconfinata pianura, l’erba fresca della notte si sollevava, rapita da qualche soffio di vento.

Il ragazzo tedesco sedeva a gambe incrociate e le braccia conserte al petto, coperto di lividi e tagli su tutto il corpo. Sul volto del color del latte, un taglio poco profondo aveva colorato di rosso la guancia destra.

 

“ E allora mi spieghi perché sono io quello che fa meno progressi di tutti qui? Non servo a niente, persino mia sorella dimostra più volontà di me … e stiamo andando tutti al macello, contro una banda di tizzi che non conoscono la pietà !”

“ Vorresti diventare forte per proteggere tua sorella, oppure per dimostrare ad Akane che vali qualcosa ?”

 

A quella domanda Drake quasi non cadde nello sconforto più totale.

Era vero! Lui aveva sempre provato a dimostrare ad Akane di non essere un debole ragazzo, ma adesso, con la comparsa di tutti quei mostri … aveva paura.

“ Io ho paura … ho una fottutissima paura! Ho paura di morire e di perdere Akane, Azura e Tengoku!! Non voglio farmi del male perché odio combattere … io so solo scappare.”

Si prese il volto tra le mani, scoppiando in un pianto liberatorio, mentre tra i singhiozzi imprecava il dannato destino che lo aveva voluto lì.

 

Poco dopo, si sentì una mano appoggiare sulla testa, arruffandogli i capelli biondi.

“ Ricorda, Drake: non sarai mai solo. Tengoku ha passato una vita intera, emarginato e vittima di bullismo, fin quando non ha conosciuto tua sorella. Dopo tanto tempo, da essere solo loro due, siete arrivati tu e Akane. Non si è mai soli, Drake … anche io sono qui per te, adesso.”

“ C-cosa hai intenzione di fare… ?”

 

“ Ho passato tre anni in Germania per trovare il metodo adatto per allenarti a diventare il Guardiano del Fulmine di Tengoku. Quando questa settimana sarà terminata, avrai le basi per diventare lo Scudo Impenetrabile per i tuoi cari !”

 

“ Come è possibile? Tre anni in German-”

“ Non chiedermi ‘come’, Drake. Non esiste al mondo cosa che un uomo non possa fare. C’è solo cosa vuole e non vuole fare. Fidati di me … ti insegnerò il cammino del cuore tenace.

 

 

Erano passati trenta minuti e il cielo iniziava a riempirsi di nuvole gonfie e scure.

Tengoku e Azura, seduti vicini sui gradini della piazza, osservavano Reborn in piedi sul tetto di un palazzo.

Il sicario della mafia aveva uno sguardo calmo, ma scrutava scrupolosamente in ogni angolo dalla sua prospettiva.

“ Hey Reborn …”

Il robot non fece una piega al richiamo del ragazzo.

“ Ho sentito che in questa città il tasso di morti si è alzato ultimamamente … forse non dovremmo stare qui fuori di notte, potremmo imbatterci in qualche-”

 

Di scatto, la testa di Reborn si voltò nella sua direzione, con gli occhi neri spalancati.

 

Si udì un fortissimo stridere di metallo contro metallo, e poi un suono agghiacciante, come di ossa che si rompevano.

L’istante successivo, quando i due ragazzi aprirono gli occhi, trovarono il Tutor al loro fianco.

Era rivolto verso il centro di quell’arena, nel punto esatto dove si trovava la statua.

 

I due si voltarono, trovando solo macerie di rocce e frammenti di mattoni.

E … una figura umana.

Chiaramente un uomo, alto forse sui due metri, magro e dai lunghi arti. Indossava una maglia gialla sporca di sangue e dei pantaloni grigi.

Quando si rialzò a fatica dalla pietra, rivelò un volto affilato, con i capelli corti e color grano, e una ferita sulla fronte da cui zampillava ancora il liquido rosso.

Grugnì furioso, ricadendo di nuovo disteso.

 

“ Vi presento il serial killer Jacob il Machete, la principale causa dei morti in questa città. Non è un normale malvivente, va considerato come un assassino di Classe B molto forte, rispetto agli standard.”

Lo presentò Reborn, calandosi la fedora sugli occhi come era suo solito fare.

“ Che vuol dire questo ?!” domandò Azura, poco rassicurata dalla presenza del nuovo arrivato. Stringeva forte la mano di Tengoku, continuando a tremare ad ogni urlo  che lanciava il killer moribondo.

“ Non l’ho ucciso, mi sono trattenuto …” rispose enigmatico il Tutor, estraendo una pistola dalla sua giacca.

“ Vi presento il vostro allenamento per questo mese: se riuscirete a mettere KO Jacob, sarete liberi di andarvene.”

E detto questo, punto l’arma alla tempia del bruno, che istintivamente sobbalzò e sollevò le mani in alto.

 

“ Cosa … dici, bambino ?” sibilò tra forti scariche di tosse Jacob, ormai quasi in ginocchio.

“ Ti do questa opportunità: se entro una settimana non ti avranno steso, potrai ammazzarli come meglio vuoi e andartene di qui.”

Disse gelido Reborn, terrorizzando i suoi allievi a morte.

“ Ma se per caso provi a scappare, oppure ad ucciderli prima del tempo … allora te la vedrai con me!”

 

Tengoku e Azura si sentivano come gladiatori nell’arena, sacrificati al primo leone dell’Impero.

In quel caso, il sadico imperatore era il loro Tutor, ed il leone un serial killer psicopatico.

 

Mentre loro … dei ragazzi di quindici anni costretti a combattere per sopravvivere.

Certo, ragionarci su non aiutava molto …

 

“ Sarà …uhg! …facile.” Jacob aveva il braccio destro rotto, o comunque fuori uso, mentre chiaramente l’urto gli aveva procurato un’emorraggia interna. Per essere ottimisti, forse sarebbe morto durante la notte.

 

Dopo aver tossito un’altra quantità di sangue, il killer si accovacciò al suolo, poggiando il braccio funzionante sul gionocchio rialzato.

Chiuse gli occhi e rimase immobile.

“ Ma cosa ?” sussurrò la rossa, ancora troppo agitata per muoversi.

 

Come di risposta ad un segnale, dall’alto Reborn lanciò un oggetto verso l’uomo.

Quando ci fu un tonfo sordo, tutti poterono riconoscere una sega  dalla lama arrugginita e sporca di sangue secco, e dal manico ricoperto di bendaggi usati.

Quasi a Tengoku non venne da vomitare.

 

Jacob aprì rapidamente un occhio, e quando riconobbe la sua arma, poté richiuderlo e ritornare alla calma.

“ Azura … temo di aver capito cosa sta facendo.” La ragazza sentì il bruno tremare, e stringerle più forte la mano gelida.

“ Si sta … curando, in qualche modo. Se lo lasciamo fare, entro domani mattina sarà di nuovo in forze, e non avremo scampo.”

 

Lei deglutì a vuoto, e annuì nervosamente. Non sarebbe ma iriuscita ad uccidere un uomo, seppur un assassino. Ma forse, potevano davvero metterlo fuori combattimento in breve tempo, se era così debilitato.

 

Con una calma spettrale, mossero i primi passi, sciogliendo la stretta delle loro mani.

Ten trattenne il respiro per tutta la durata dell’attesa, mentre lentamente stringeva i pugni.

Azura estrasse un cilindro di ferro non più lungo di una mano dalla sua borsa. Con uno scatto, questo si allungo in entrambe le direzioni, diventando immediatamente la sua fidata lancia.

 

Sollevò l’arma oltre la sua testa. Sarebbe scattata in avanti per un metro e lo avrebbe colpito alla faccia con l’asta.

Mancava poco … alla libertà.

“ Attenta !!”

 

Brandelli della felpa di Tengoku vennero sollevati in aria, prima che con un tonfo i due ragazzi cadessero a terra.

La rossa ansimò, con il cuore in ola dallo spavento, sorpresa dal trovarsi il ragazzo sopra di lei, con uno sguardo altrettanto atterrito in volto.

“ I suoi occhi … non sono normali …” boccheggiò in cerca d’aria, voltandosi appena verso Jacob.

Il killer brandiva ancora con la mano sana la sua sega da battaglia, con al posto delle pupille, due tizzoni ardenti.

 

“ Ehy Ten-baka !”

La voce nasale del mini-Reborn spezzò il silenzio tombale.

“ Ti andrebbe di morire e lasciare da sola Azura ad affrontare Jacob ?”

 

Cosa?! Come poteva anche solo pensare una cosa simile! Tengoku avrebbe continuato a combattere, ed insieme sarebbero sopravvissuti a tutto.

Era stata quella la promessa fatta ad i suoi amici.

“ E-ehm … no, aspetta !” ma un istante dopo, capì le reali intenzioni del Tutor.

“ Non combatti davvero da un mucchio di tempo, vediamo quanta volontà ti è rimasta.”

 

Uno sparo nel buio.

Un suono sordo che riecheggiò tra le labirintiche vie della città, salendo fino al buio cielo.

“ L’ha ucciso ?” mormorò Jacob, stupito da quella reazione improvvisa.

Il proiettile aveva centrato in pieno la tempia di quel moccioso, ma nessuna goccia di sangue zampillava dal foro.

 

Ci volle qualche secondo …

Poi il corpo esile del ragazzo si rimise in piedi, tremando leggermente.

La trasformazione era stata diversa: non era “Rinato” allo stesso modo di sempre.

Eppure una fiamma, seppur debole e per niente minacciosa, guizzava vivace sulla sua fonte.

 

“Ce la faccio. Riesco a … controllarlo !” mormorò , sotto evidente sforzo mentale. Strinse forte i pugni, quasi fino a far sbiancare le nocche, tutto sotto lo sguardo esterrefatto di tutti.

“ Ten, cos’è successo ?” gli chiese a quel punto la rossa, non sapendo se tremare spaventata o sorridere.

 

Il bruno aprì bocca all’istante, ma non furono aprole ad uscire dalla sua gola. Un fiotto di sangue macchiò il suo maglione, mentre lentamente si accasciava al suolo, come se non fosse più padrone dei suoi movimenti.

“ Lento.” bofonchiò Jacob … ora a pochi centimetri di distanza da Azura, sovrastandola in tutta la sua altezza.

-Come può essere già in piena forma ?!- la ragazza entrò nel panico, vedendo chiaramente la Morte armata di falce riflessa negli occhi del suo futuro assassino.

A malapena fu in grado di brandire l’arma davanti a sé, vedendo soltanto l’uomo sparirle dalla visuale.

 

Toc. Un respiro.

 

Il suono del metallo che sfrigola rimbombò in tutta la piazza, mentre per un breve istante delle scintille illuminavano quattro pupille: due azzurre e due color giallo ocra.

 

La lancia aveva a malapena retto l’impatto della sega, tanto forte che la sua proprietaria era quasi stata sbalzata via.

 

Però i tanti allenamenti sul combattimento le avevano appena salvato la vita: se non fosse riuscita a sentire il passo alle sue spalle e il fiato sfiorarle i capelli, probabilmente la sua testa non si troverebbe più sul collo.

Reborn questo lo sapeva. Sapeva che erano preparati ad una sfida del genere.

 

Jacob ringhiò a denti stretti, per poi lanciarsi in una folle esibizione di attacchi portati con il solo braccio sinistro. Erano senza alcun ritmo, disperati e con il solo scopo di uccidere  selvaggiamente.

 

La pioggia che lava via il sangue dalla battaglia. Tranquilla e inafferrabile, come una roccia al centro di un ruscello impetuoso.

Il risultato finale degli allenamenti sul controllo della propria arma come un’estensione di se stessa.

Ecco cosa poteva fare Azura.

 

Ogni fendente era prevedibile come se fosse rallentato da una forte corrente. Le scie di ogni attacco erano quasi solide, impossibile da non vedere ai suoi occhi.

Così facendo, senza mai nemmeno indietreggiare, deviò ogni singolo colpo con l’asta, lasciando scivolare dolcemente sulla lancia il metallo.

 

“ Ascolta Azura, devo dirti una cosa importantissima.” Le aveva detto una volta Reborn, all’incirca due settimane prima.

“ L’arma a cui ti sei tanto affezionata, in realtà è l’elemento fondamentale per una brava combattente.”

Sorridendo enigmatico, aveva subito chiarito i suoi dubbi:

“ Non ha una forma precisa. Può essere usato come due tipi di lancia in attacchi da affondo, ma è leggero e flessibile come un bō tradizionale. Devi imparare ad essere altrettanto elastica e imparare ad adattare i suoi pregi nella situazione adeguata.”

 

“ Ed è questa la tecnica che hai sviluppato.” Mormorò lo stesso Tutor, nel presente.

“ La tecnica ibrida di Bōjutsu e Yarijutsu, il Seikuken*!”

 

“ Come può una maledetta ragazzina fare tutto questo ?!” urlò furibondo Jacob, al limite della sua pazienza.

Ogni singola fibra del suo corpo bruciava di furore, e ben presto trasformò il dolore rimasto in altra adrenalina.

Caricò un fendente dal basso, allungando al massimo il suo arto e spingendo tutto il peso in avanti.

 

Una situazione del genere avrebbe terrorizzato molti combattenti non preparati a certe situazioni così estreme.

- Calma Azura, è tutta questione di tempismo …-

 

Di nuovo echeggiò un suono di rottura, sordo e inquietante.

Ma stavolta non era stato il metallo ad infrangersi … anche un occhio poco attento, infatti, avrebbe notato il braccio sinistro del killer, piegato quasi ad angolo retto verso il proprio stomaco.

Dopo il tempo necessario affinché il dolore arrivasse al cervello, e poi il biondo levò al cielo notturno un terrificante urlo di dolore.

Barcollò , oscillando il busto e la testa avanti e indietro.

 

La ragazza guardava atterrita e allo stesso tempo sorpresa il suo operato. Era stato il frutto di sola tecnica e nemmeno una minima applicazione di forza.

Come le era stato insegnato, nella pausa tra un attacco e la conclusione di un altro,  si possono individuare i punti vulnerabili nella guardia dell’avversario, grazie ad un isolamento del subconsio. Il controllo del centro di gravità permette di sprigionare una forza tre volte superiore a quella normale, rompendo anche una ottima difesa.

 

“ Forza, questa è l’apertura che aspettavamo !” Tengoku, soprendentemente in piedi, superò la compagna con un salto, frapponendosi tra di lei e il nemico.

 

“ Che fortuna, è riuscito a potenziare i muscoli prima che venissero colpiti i punti vitali.” Ridacchiò Reborn, pulendo nel mentre la canna della sua pistola. Era davvero divertito da quell’esplosione di abilità derivata solo dal duro lavoro, e non dal talento.

 

“ Ghwraaa !” ruggì all’improvviso l’assassino, mentre alcuni muscoli del suo corpo iniziavano a gonfiarsi come palloncini. Le vene, ora visibili, si illuminarono di giallo splendente, brillando come neon.

Con il braccio destro guarito qualche minuto prima, menò un fendente laterale verso la testa del ragazzo, che rimase immobile fino all’ultimo istante.

 

Reborn non era stupido: non si sarebbe lanciato ad interrompere lo scontro prima che il suo allievo venisse ucciso, nonostante avrebbe impiegato solo due frazioni di secondo per saltare e una sola per sparare.

Aveva visto gli occhi del suo protetto. Sapeva quel che stava per fare.

“ Istinto d’Emulazione. No-Talent, No-Rhytm!”

Ten mosse la gamba rimasta dietro verso il lato della sua schiena, facendole compiere un mezzo arco.

Con il braccio destro si avvinghiò al manico dell’arma nemica, bloccando la mano di Jacob con l’incavo del suo gomito.

La rotazione che seguì fece il resto: con una torsione del busto, il collo scoperto del killer fu sibito a portata del suo gomito sinistro.

Sok Klab**!”

Il gomito affondò nei muscoli del collo, rilasciando un’onda d’urto che scosse l’intera schiena del biondo.

 

Il Tutor Hitman sgranò gli occhi, questa volta realmente sorpreso.

- Quel Sok Klab … è stato usato circa tre settimane fa dal Polluce ventenne contro gli uomini di Enzo, l’Argento di Anonimato. Com’è possibile che lo sappia eseguire così bene? Non l’ho mai visto praticare così al campo.-

Il suo sguardo si fece più serio, quando analizzò meglio la postura del suo allievo.

- A quanto pare Akane aveva ragione: l’Istinto d’Emulazione è una tecnica omicida pericolosissima. Ha assimilato facilmente una mossa assassina del Muay Thai derivata dal Muay Borang, colpendo senza esitazione il bulbo encefalico. Se avesse avuto una muscolatura più forte l’avrebbe ucciso in un attacco solo.-

 

“ Però sei troppo debole …”

Un sussurro diabolico, tagliente come una sferzata di vento gelido.

I due ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di analizzare la situazione … di vedere il ghigno sulla bocca dell’uomo, che vennero sbalzati via con violenza.

Attutirono la caduta, evitando di sfracellarsi la testa sull’asfalto.

 

Quando riuscirono a mettere a fuoco la situazione, vennero feriti da una potente scarica di Intento Omicida.

Respirare si fece più faticoso e l’aria intorno a loro si condensò per schiacciarli a terra.

 

Jacob, nuovamente in piedi e in perfetta salute, li sovrastava facendo oscillare lentamente la sua sega da battaglia.

 

Era troppo forte. La sua rigenerazione era oltre qualsiasi loro capacità.

Troppo tardi si rsero conto di essere sopravvissuti solo per fortuna, mentre quello che avevano sfidato era un reale professionista dell’omicidio.

Stavano per morire …

 

 

“ Fatti forza, Ten !”

“ Eh ?”

Una luce pallida e lattiginosa iniziò a vorticare lentamente intorno ad una fiamma quasi morta.

“ So bene che per te è difficile. Questo è un destino che non dovrebbe spettare a nessuno, ma tu ti sei fatto forte e continui a lottare per cambiare il futuro. Non devi mollare adesso, Ten !”

In un angolo remoto di quel che pareva un universo buio e tenebroso, quella fioca luce illuminò il volto di una ragazza.

Aveva i capelli castani, lunghi e morbidi, il viso dolce ma allo stesso tempo triste.

Era Veronica! Stringeva in mano una vecchia fotografia, che rappresentava lei e Tengoku da bambini, e correva in avanti senza mai fermarsi.

“ Ten-kun …”

Un altro puntino luminoso si unì all’orbita. Apparve la figura di Giorgia De Luca, rannicchiata in un angolo della sua casa a  Namimori.

“ Non so più dove tu sia, ma torna sano e salvo.”

 

“ Ahh, quanto vorrei rivedere quel ragazzo così forte e carino … come si chiamava? Ah, sì, Tengoku Sawada!” Ora era visibile anche l’immagine nitida di Sakura Pink, mentre giocherellava con una matita tra le dita nella sua camera. Aveva uno sguardo sognante, perso nel vuoto, ma al contempo un’espressione felice.

“ Non perdere di vista mia sorella nemmeno per un istante: è un’imbranata e potrebbe farsi male senza volerlo !” Drake …

“ Tsk! Dannato Ten-baka … chi ti ha permesso di diventare così forte ?” Kevin …

“ Avanti, fratellino! Questo è il momento di tirare fuori gli artigli. Hai pur sempre una fanciulla da proteggere, eheh.” Simon …

“ Sawada-kun … non sarò un peso, lo giuro.” Akira …

“ Combatti, Tengokuccio!! Baka, Tenpura, Kamikazeee***!” Anche Vito …

 

Infine, la fiamma al centro si spense di colpo, ma le altre luci erano diventate così numerose da rischiarare l’intero spazio buio.

Ora, tra quella moltitudine di facce e ricordi, due persone gli tendevano la mano.

“ Non è il momento di dormire, Tengoku … non finché sarai sotto il mio potere.” Rise Reborn, ma quelal volta non gli diede fastidio il suo tono derisorio.

“ Io credo in te, Ten. Diventerai una persona meravigliosa, lo so.” Sorrise Akane, arrossendo mentre afferrava la sua mano.

Una forte corrente iniziò a spingerlo su … su, e sempre più su!

 

“ Andiamo Teeeen !!” urlò Azura, sollevandosi da terra.

Jacob, osservando i due ragazzi, scosse la testa.

“ Non potete fare proprio niente. Ho vinto io, e questa sarà la prima di una lunga serie di…”

Non potè continuare. Presto la sua bocca si riempì di sangue, così tanto da arrivare a vomitarne un’ingente quantità in pochi secondi.

“ Cos…” Ogni volta che provava a tirarsi su, una scarica di colpi lo ributtava giù violentemente.

 

Venne sballottato a destra e a sinistra per qualche altro istante, per poi scattare all’indietro una volta riottenuto il controllo sul proprio corpo.

“ Basta !” ringhiò, quasi soffocando per la mancanza di ossigeno.

Mentre sollevava lo sguardo da terra, apparve una punto grigio davanti ai suoi occhi.

Gli bastò pochissimo per capire la realtà: era la punta della lancia di Azura, a qualche millimetro dalla sua fronte.

 

Fece per saltare in aria, ma improvvisamente l’arma ruotò, e l’asta andò a colpirlo in mezzo alle gambe, scagliandolo ancora più in alto.

“ Non è ancora finita !” la ragazza ignorò i muscoli che le dolevano per lo sforzo, e mulinò ancora una volta la sua lancia, stavolta in orizzontale.

Spazzò con un colpo solo il corpo indifeso di Jacob, centrando in pieno il suo fianco destro e ributtandolo verso il basso.

 

Il killer rotolò sul fanco come una bambola di pezza. I suoi vestiti, zuppi di sangue lo rendevano più pesante e lento, mentre un forte dolore alla testa causato da chissà cosa lo stava privando delle sue energie.

“ No … non posso morire così !” lottò con tutte le sue forze, sollevandosi e brandendo l’arma a due mani.

Ma, non aveva ancora realizzato che in tutto quel lasso di tempo, un certo ragazzo dai capelli bruni era sparito dalla sua visuale.

 

“ Reborn Spinning Drop-Kick !”

 

Dall’alto della piazza, proprio Reborn in persona si stava sbellicando dalle risate, rischiando di far cadere la fedora dalla propria testa.

 

Questo perché Tengoku, si era lanciato in un drop-kick rotante … identico a quello con cui l’aveva colpito innumerevoli volte da Mini-Reborn.

“ Imitazione eccellente !” pensò mentre rideva.

 

L’uomo moribondo però, evitò con una torsione eccezionale del busto il doppio calcio, caricando nel mentre la sua sega.

 

“ No !” urlò Azura, spezzando il silenzio.

Il corpo in volo del ragazzo era a portata dell’arma, e non si sarebbe nemmeno potuto girare per schivare il colpo.

Era quella la fine? La VERA fine, dopo tutti gli sforzi fatti per arrivare fino a quel punto?

 

“ MUORI !!” ruggì l’assassino, mentre i denti del ferro tranciavano … l’aria.

 

“ Cosa ?!” esclamò la rossa, spalancando la mascella quasi fino a terra.

 

Tengoku Sawada, consociuto come Ten-baka, il ragazzo più debole di tutta Namimori stava … VOLANDO?

Shadow Counter !” Dopo aver sorvolato quasi del tutto il corpo dell’avversario, il ragazzo afferrò Jacob dalla testa e lo finì con una ginocchiata possente in mezzo alle scapole.

 

Poi, atterrò in totale silenzio ed indietreggiò di qualche passo, venendo subito affiancato da una preoccupatissima Azura.

 

L’uomo, rimasto in piedi, gli dava le spalle e teneva il capo abbassato.

“ Uh uh uh …” lo sentirono ridere lugubremente.

“ Bravo, ragazzo. Ben fatto …” bofonchiò, mostrando un sorriso quasi … soddisfatto.

 

Il secondo successivo sucesse l’imprevedibile: il suo corpo parve quasi essere posseduto, ogni singolo muscolo venne colpito da onde d’urto ignote e uno zampillo di sangue sgorgò dalle sue narici come una piccola fontana.

Infine, crollo lungo disteso a terra, con la pancia rivolta verso il cielo nuvoloso e senza stelle.

 

“ Bravo Jacob, sei l’unico uomo di cui mi possa fidare !” sorrise l’uomo panciuto in giacca e cravatta, dando una pacca sulla spalla ad un ragazzo di poco più di vent’anni.

“ D-di niente Boss … sa bene che non c’è cosa che non farei per lei.” Sorrise di rimando il biondo.

 

A distanza di qualche anno, la porta di quell’ufficio venen nuovamente aperta.

La luce fece breccia nell’oscurità della stanza, mentre una figura entrava correndo.

“ Boss !” gridò, straziato dal pianto, mentre stringeva a sé il corpo sdraiato e ricoperto di sangue di quell’uomo a lui tanto caro.

“ Jacob … figlio mio.” Mormorò moribondo il mafioso, tra i suoi baffi ormai sporchi di rosso.

“ Chi è stato Boss? Chi è stato il bastardo !!?” urlò Jacob, mentre i suoi occhi diventavano color porpora per le troppe lacrime.

“ E’ in questa città Jacob … è in questa città …” la  risposta fu quasi un sussurro, mentre quell’uomo si apprestava a lasciare il mondo dei vivi.

“ E’ … è …” Ma spirò, troppo presto per pronunciare quel nome maledetto.

 

Nessuno avrebbe mai detto che, a distanza di molti mesi, un ragazzino di quindici anni avrebbe messo fine alla furia omicida di Jacob il Machete.

Alba del sedicesimo giorno. Meno diciannove giorni agli sontri.

 

Angolo Autore:

*Seikuken= Campo d’aria (all’incirca);

**Sok Klab= Gomitata rovesciata in Tailandese;

***= Vito non sa il significato delle parole giapponesi che dice;

E invece che a  Natale, vi arriva a Capodanno (Muhahahaha)! Scusate se sarà pieno di errori, ho cercato correggerlo al meglio.

Alla prossima!

P.S: La locandina è (come al solito) a cura di sissi1234/nekomata04. Grazie mille a lei e a tutti voi altri. Grazie per questo anno, dove avete supportato la nascita e lo sviluppo di Stories of a Family.

BUON ANNO! 

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Capitolo 6
*** Target Number 6: Inferno. ***


a cura di sissi1234/nekomata04

Target Number 6: Inferno



Diciassettesimo giorno. Meno diciotto agli scontri.

Norimberga, circa le undici di mattina.

 

Il quartiere tedesco a quell’orario era solitamente popolato da qualche curioso cliente delle dozzine di negozi di quella zona, ma era stata una mattina parecchio movimentata.

 

Fuori, nella via principale, erano parcheggiate rasenti alle abitazioni una truppa di auto della polizia cittadina, formando uno sbarramento all’unico sbocco di una stretta discesa.

 

Proseguendo per quelle scale, ci si trovava in un cortile desolato, con una moltitudine di pozzanghere tra il fango delle aiuole.

 

Lì c’era la vera fonte di tutta quella novità in città.

“ Allora, Keiman, cosa ne pensi del ragazzo ?”

 

Due uomini erano seduti davanti alla porta di un piccolo bar, sorseggiando un po’ di caffè accompagnato da un bicchierino di liquore.

A parlare era stato un ragazzo di circa venticinque anni, dai lunghi capelli neri ispidi che gli ricadevano in parte sulla faccia.

Un solo occhio era richiuso, mentre sotto l’altro, verde brillante, un tatuaggio nero a forma di due corna era evidenziato dalla carnagione chiara.

 

“ Gli hai insegnato tu quei lanci di base ?”

Domandò l’altro, con la voce simile ad un sordo gorgoglio. Lui portava i suoi cortissimi capelli verde foresta tagliati a spazzola, aveva gli occhi piccoli e neri e la mascella era dura e scolpita come quella di una statua.

Era all’apparenza un uomo molto robusto, con una rada barba su tutto il mento e un canino lungo e affilato che sporgeva dal labbro inferiore.

“ Pensi che impari abbastanza bene ?”

“ Continua così per questa settimana e poi valuterò se prenderlo come mio allievo.”

“ Ne sono certo, Keiman. Sarai senza dubbio un maestro più esperto di me.”

Sorrise il moro, lanciando uno sguardo distratto al movimento davanti a loro.

 

 

Tre ragazzi grandi, vestiti con un maglione nero a collo alto che gli copriva la metà inferiore del volto e un cappello di lana scuro, avevano circondato un certo biondo tedesco di nostra conoscenza.

“ Maestro V, perché devo fare queste cose così pericolose ?!” urlò esasperato Drake, venendo però ignorato da entrambi i due adulti.

Lo sguardo dei ragazzi intorno a lui era terrorizzato ma allo stesso tempo furente. Uno di loro faceva oscillare ritmicamente una lunga catena d’acciaio.

“ Ti ammazzo, coglione !” urlò all’improvviso uno, dai capelli bruni e ricci.

Saltò in avanti caricando il pugno dietro la sua testa, mentre anche i suoi due compagni lo guardavano sorpresi.

“ No, non farmi male!”

 

Con la paura negli occhi, Drake riuscì ad evitare che il pugno lo centrasse in pieno, facendolo sfiorare soltanto il suo petto.

 

Ci volle un istante: serrò il braccio destro intorno quello del ragazzo, e dovo afferrato anche il gomito con il sinistro, lo proiettò alle sue spalle con una rotazione improvvisa.

 

Il bruno atterrò di schiena, ma ancora troppo sorpreso per rendersi conto di cosa fosse successo.

Il ragazzo tedesco intanto era visibilmente affaticato, ma non più spaventato come prima. Evidentemente non trovava nulla di strano in ciò che aveva fatto.

 

“ Grrr !” ruggì colmo di rabbia un secondo teppista, trasformando la tenzione in adrenalina.

Assunse la Tan Gard del Muay Thai e lo caricò con dei rapidissimi Ti Sok*, mettendolo alle strette in una manciata di secondi.

 

Il terzo individuo, quello armato con la catena, era stato molto più attento a non farsi prendere dalla foga.

Osservando da spettatore quella scena, aveva notato che stranamente il biondo nonostante fosse svantaggiato dalal sua altezza, schivava piuttosto bene e repentinamente le gomitate avversarie.

Non possedeva una tecnica, però … era ancora troppo impreciso e compiva molti movimenti inutili che rischiavano di sbilanciarlo.

Effettivamente si stava soltanto lanciando da una parte all’altra, fuggendo dagli attacchi come un codardo.

“ Maledetto coniglio !” Urlò il thai fighter, eseguendo rapidamente una ginocchiata volante per cercare di fratturare almeno il mento di quella sua vittima.

Ma il giovane Schlmit, con i nervi a fior d i pelle, si piegò fino a terra, accucciandosi quasi come se si stesse sedendo.

 

Il lottatore ghignò soddisfatto: lo aveva in pugno.

Calò il piede ancora sollevato, come se volesse schiacciare il suo nemico.

Con gli occhi diede un segnale al suo compagno sconfitto poco prima, che nel mentre si era messo in ginocchio e si stava preparando ad intervenire per supportarlo.

 

Così facendo, affondò il colpo nel … nulla.

Avvertì prima una lieve fitta al tallone d’achille, ma che subito si trasformò in un insopportabile dolore a tutta la caviglia.

Si ritrovò proiettato verso il suo compare, ed entrambi rotolarono semicoscienti sull’erba.

 

“ La mobilità del piede non è tanto ampia, alla fine la gamba è sempre costretta a seguire ogni suo movimento.”

Drake si ritrovò a parlare con una voce che non gli apparteneva più, così come il suo attuale sguardo.

 

Era in ginocchio, mentre dava le spalle a dove si trovava prima il combattente. Un solo ginocchio era poggiante a terra.

I suoi occhi blu scuro erano limpidi ma allo stesso tempo increspati come le acque di un lago.

“ Il Giappone è l’unico paese al mondo con un’etichetta sul come sedersi, il seiza. Ho impiegato così tanto tempo ad impararlo da quando ci siamo trasferiti a Namimori, che credo non me lo scorderò mai più in tutta la mia vita.”

 

“ Uh umh …”

Il terzo individuo con il maglione e il cappello di lana scoppiò a ridere con voce cristallina, come se fosse davvero divertito da quella scena.

“ Sei davvero bravo, giovane tedesco …” sorrise, parlando con un accento molto strano, ma comunque appartenente all’Europa.

“ L’hai proiettato dal collo del piede mentre eri ancora in ginocchio … très bien! Vedi, noi tre siamo … o meglio, eravamo dei campioni di pesi leggeri nella boxe a Bordeux. E’ la prima volta che vedo qualcuno atterrare i miei fratellini, da quando facciamo gli scassinatori.”

Applaudì soddisfatto, continuando a ridacchiare.

 

Sotto lo sguardo impassibile di Keiman e del Mestro V, si sfilò il cappello e si abbassò il collo del maglione. Pareva un giovane ragazzo, con un pizzetto nero e dei capelli lisci di media lunghezza.

“ Sfortunatamente per te, non credo riuscirai a proiettarmi dalla mia catena. Uh uh uh !” Detto questo, prese a far roteare l’arma improvvisata, creando però con maestria un campo senza aperture intorno a sé.

 

“ Non hai paura di essere arrestato? È pieno di auto della polizia qua fuori.” Ribadì calmo il biondo, provando a far ragionare l’uomo.

“ Non, non, non. Ho una serie innumerevole di cause vinte e così tanti soldi da potermi pagare il miglior avvocato della Germania. Ma ora avanti, en garde, fammi divertire !” rispose sadico lui, facendo una smorfia di sfida verso i due uomini seduti al bar.

 

“ Ho capito, sei il genere di persona con cui non si può ragionare, anche se devo dire che parli davvero tanto.” Mormorò a testa china il ragazzo, rimettendosi in piedi.

“ Che sbruffone! Pensi di poter bloccare una catena? E’ pur vero che non sono di questo paese, ma mi sembra che il tuo sia normale jujitsu. Ti credi un super uomo, garçon ?”

 

L’aria venne sferzata come se stesse venendo tagliata da un coltello, mentre tutto intorno vibrava.

Uno spruzzo di sangue macchiò l’erba e si mescolò all’acqua di una pozzanghera.

 

“ E questo è solo l’in-”

“ Stai zitto, francese dei miei stivali !”

 

Il volto dello scassinatore divenne improvvisamente pallido, mentre si accorgeva che la sua arma era stata afferrata dalla mano del biondo, ora però macchiata di sangue rosso.

“ Non è possibile … la tua mano dovrebbe essersi …”

Rapidamente capì il suo errore: le dita di Drake stavano stringendo esattamente l’ultimissimo anello della sua catena di acciaio, così il danno non si era scaricato del tutto come previsto.

Si era allontanato giusto in tempo per subire il minor colpo possibile e rimanere incolume, proteggendo così le articolazioni e il fragile collo.

 

Approfittando dello sconvolgimento e della postura sbilanciata dell’altro, il giovane Schlmit strattonò la frusta, tirando in avanti l’avversario.

Prima che questi potesse posare la gamba a terra, iniziò a mulinare il braccio destro all’indietro, come se stesse riavvolgendo la lenza di una canna da pesca.

 

Ancora pochi metri e … il suo sguardo riassunse le stesse tonalità di prima.

Con il braccio sinistro sollevato fermò la testa dell’altro, e rapidamente fece cedere la sua gamba d’appoggio semplicemente smuovendola con una spazzata mossa dal ginocchio dello stesso lato.

“ Einsturz das Kreuz** !”

 

Il malvivente sentì un assordante suono nelle sue orecchie e quando lo riconobbe, giurò di essersi rotto il collo e di essere morto sul colpo.

Ma quando riaprì gli occhi, non vide il paradiso o il cielo, ma la semplice terra bagnata.

Avvertiva la pressione schiacciargli tutto il corpo, dal torace in giù si sentiva paralizzato e la testa gli doleva.

Come poteva essersi ridotto così in due o tre frazioni disecondo in cui aveva sbattuto le palpebre?

 

La sua gamba era stata afferrata e ancorata saldamente al petto del ragazzo, che nonostante l’uso di un solo braccio, aveva evitato che morisse con l’osso del collo frantumato, afferrandogli la manica del braccio che ora puntava verso il suolo.

 

Venne adagiatoa terra, con il petto che si gonfiava e sgonfiava, attendendo che una truppa di agenti lo trascinasse in auto insieme ai suoi fratelli.

 

“ Non è un arte marziale o uno sport, è un metodo di autodifesa nato e sviluppato qui dalle forze di polizia tedesche … il Nindokai***. Se ti chiedi perché non ti abbia lasciato crepare … bhe, è perché io non ti odio e non voglio la morte di nessuno.”

 

Residenza Vongola, Italia.

La camera degli ospiti rimaneva quasi sempre deserta per molto tempo dopo i festeggiamenti dell’Alleanza.

Per questo, una certa ragazzina aveva trovato in quello spazioso posto, un rifugio per le sue giornate.

 

A differenza del fratello maggiore, Angelyca Celeste era un’appassionata lettrice, quindi si era trovata particolarmente bene con il suo nuovo amico.

 

In quel momento era stesa sul largo divano, con il libro appoggiato sulle ginocchia e la testa sullo schienale imbottito.

A pochi centimetri dietro il suo collo, anche il volto di Akisame era immerso nella lettura, seduto però sulla sua sedia a rotelle.

 

La finestra semi chiusa, un leggero vento e il cinguettare degli uccelli di mattina presto.

Era bello condividere quella stanza, come se fosse la loro e di nessun altro. Il loro posto speciale.

 

La porta venne aperta d’improvviso, tanto che la ragazzina sobbalzò sovrappensiero.

“ Allora era qui che ti vai sempre a cacciare, Akisame-kun !”

 

Doku Dokuro Rokudo, vestito con un a felpa pantaloni blu notte, entrò nella stanza sorridendo tranquillamente.

Il suo occhio color ametista questa volta non brillava sinistramente come al solito, ma invece scintillava sopito ai raggi del sole. La benda medica nera gli copriva quello destro, freddo come il ghiaccio.

“ Tu padre ti stava cercando, Akisame-kun … Oh, e tu saresti?” Il bambino moro dalla capigliatura raccolta ‘ad ananas’ raggiunse Angelyca, sporgendosi in avanti e sorridendole cordiale.

“ A-angelyca Celeste.” Non sapeva perché, ma una strana paura l’aveva attanagliata quando Doku era entrato nella stanza. La ignorò, pensando che fosse stata solo la sorpresa di qualcuno che rovinava quel bel momento di pace.

“ Doku Dokuro Rokudo, piacere … Angel-chan.”

“ Grazie, Doku …” borbottò Akisame, visibilmente non felice di essere stato chiamato o cercato dal genitore.

“ Aspetta, ti aiuto io …” il moro anticipò le parole di Angelyca, avvicinandosi alle maniglie posteriori della sedia.

 

Ma il rosso si voltò, facendo capire con un’espressione tranquilla che non ne aveva bisogno.

“ Torno subito, Angelyca. “ concluse, ignorando il bambino e trovando consolazione nel reale sorriso della bionda, anche se messa un po’ a disagio.

Ma prima che potesse muoversi, una breve vibrazione lo bloccò. Proveniva dal tavolo dall’altro lato delal stanza, dov’era appoggiato il suo cellulare.

Quel telefono, ogni volta che riceveva un messaggio, prima vibrava, poi si illuminava una piccola lucina blu sopra la fotocamera ed infine si accendeva lo schermo, rivelando le ultime notifiche ricevute.

 

Quello che accadde dopo, Angelyca non riuscì a seguirlo con gli occhi, quindi per lei parve solamente che Akisame si fosse affrettato ed avesse superato Doku nel prendere il cellulare.

Ma un occhio più allenato a certi scontri di livello superiore, avrebbe visto le mani dei due giovani cambiare posizione massimo due volte in una frazione di secondo, attorcigliandosi come serpenti.

 

Vinse Akisame, cercando di non fare notare troppo l’effetto del suo sforzo. Lesse velocemente il display, per poi custodire il telefono nellla tasca della sua felpa.

Doku forzò un sorriso, nascondendo la mano destra dietro la schiena, con un piccolo al centro del dorso.

“ Ma come siamo riservati, oggi.”

Sogghignò a voce bassa, mentre si scostava per far uscire il rosso dalla stanza.

 

Passato qualche secondo di silenzio, il moro decise di interessarsi alla nuova scoperta.

“ Allora, Angel-chan … ci siamo mai visti prima ?” era davvero bravo a comportarsi per quello che, in fin dei conti era, ossia un bambino curioso.

Forse per questo, la ragazzina non trovò nulla di strano in lui, anche se quel senso di angoscia continuava a bloccarla sul divano, rigida come una bambola di porcellana.

“ No … non credo, Doku.”

“ Uh, dici sul serio? E’ strano, eppure tuo padre e il mio sono grandi amici. Sei davvero sicura di non aver sentito prima il nome dei Mukuro?”

- Quel bastardo di Tsunayoshi si porta involontariamente a casa sua i figli dei suoi più grandi nemici.- pensò, nella sua mente oscura.

- Anche se forse lo capisco, anche io se lasciassi fare tutto ai miei Guardiani dalla mattina alla sera, non ricorderei i nomi dei moscerini che schiacciano. Ma pensa un po’! Ha lasciato addirittura che alloggiasse da noi la figlia di uno dei Boss americani che più gli davano problemi, Charles Gaetano Celeste.

 Ebbene è stato mio padre in persona a fare a pezzi quel cane, ma non pensavo che il Boss dei Vongola fosse così stupido.-

 

“ Mio padre è morto cinque anni fa, non so nulla della sua vita.” Rispose Angelyca, con tono tremante. La risposta era stata fredda, ma si sentiva che prima o poi sarebbe scoppiata a piangere se avvessero continuato su quel discorso.

- Sei anni fa, stupida mocciosa.-

“ Oh, scusa, non volevo costringerti a dirlo. Mi dispiace tanto, anche io non ne sapevo nulla.” Mormorò viscido Doku, fingendosi perfettamente dispiaciuto e a disagio.

 

“ Ohi, marmocchio-velenoso (Doku-Veleno), la vuoi smettere di importunare ogni persona che ti capita a tiro? ”

Con un tono sarcastico e seccato, un giovane uomo si sporse dalla porta.

Vestiva in tuta da ginnastica e scarpe da corsa, aveva i capelli argentei e tirati all’indietro.

Il bambino si sentì punto nel vivo dalla terribile battuta di Polluce ventenne.

 

“ Mi spieghi perché diavolo hai usato il Bazooka dei Dieci Anni? Lo vuoi capire o no che è una reliquia importantissima e non un giocattolo, stupido mocciosetto ?”

Doku arrabbiato poteva fare davvero paura, ma non se al posto dei suoi occhi perfidi sfoderava uno sguardo pungente.

Per questo Polluce adulto non lo prese sul serio, e gli diede semplicemente uno scappellotto dietro la nuca, abbastanza forte da buttarlo a terra come un sacco di sabbia.

“ Non dirlo a me, io non centro niente.”


“ Dov’è San-Pin? L’hai lasciata di nuovo da sola per la villa ?”

Mormorò il bambino, rialzandosi senza troppo complimenti come se non avesse sentito per niente il colpo.

Di risposta l’albino si voltò, mostrando che portava uno di quei zaini  dove dentro si mettono i bimbi piccoli.

Infatti, ben assicurata, la piccola bambina ciense dalle treccine nere stava dormendo beata con il pollice in bocca.

Poi, annoiato, lasciò la stanza.

 

Senza più dire una parola ad Angelyca, il figlio della Nebbia dei Vongola si attaccò alla gamba dell’uomo, seguendolo.

“ Mi dici cosa accade nel futuro ?”

“ No, vai via.”

“ Eddaaaai! Allora insegnami qualche mossa assassina del Muay Borang, per piacere.”

“ No.”

 

 

 

 

“ Sai che sei irresistibile quando ti immergi nello studio ?”

La ragazza dai capelli bruni sorrise, spostando lo sguardo verso la porta dell’ufficio.

“ Non è vero, scemo. Lo dici solo per distrarmi !” ridacchiò, non riuscendo ad ottenere un tono serio con quel ragazzo.

 

Era passato un po’ di tempo da quando Taylor aveva iniziato a lavorare come assistente infermiera del Dottor Shamal. Ma dopo la vacanza in Puglia, Devon si era addolcito con lei, cercandola sempre e desiderando di passare ogni giorno più tempo insieme.

Era pazzo di lei, e questo dettaglio non era certamente sfuggito anche alla madre Bianchi, che comunque non aveva fatto una piega. In cuor suo, il ragazzo pensava di aver illuso la donna, facendole credere di non essere seriamente interessato all’italiana.

“ E invece no, ti dico. O forse… mi sbaglio io ?”

Sussurrò dolcemente il moro, avvicinandosi alla sedia e accostando il suo viso a quello di lei.

“ Sei sempre irresistibile.” Mormorò, mordicchiandosi il labbro inferiore e guardandola con occhi maliziosi.

 

Nonostante la sua attrazione per la ragazza, adorava giocare così, ad essere desiderato e cercato anche lui da lei qualche volta. Voleva sentire che il suo sentimento era ricambiato, quando Taylor cedeva ai suoi giochetti.

“ E tu sei un mezzo pazzo…” sorrise la bruna, voltandosi per predergli il viso tra le mani.
“ Tutti i migliori sono pazzi.” Ridacchiò lui, facendola alzare dalla sedia.

 

Le prese i fianchi e la fece sedere sul tavolo, così da trovarsi definitivamente con il viso di fronte all’altro.

Quello che scaturì l’istante successivo fu un bacio che quasi non mandò a terra la ragazza, tanta era stata la foga di lui.

Le loro lingue si intrecciavano come una danza priva di ritmo, facendoli impazzire, fremere, amarsi e desiderare l’uno il corpo dell’altro.

 

Così Taylor si abbandonò a quel momento, nascondendo con un movimento impercettibile della mano un foglio sotto la sua valigia posata sul tavolo.

 

 

 

 

“ Finalmente sono riuscito a trovarti !”

“ Che ci vuoi fare, Dame-Tsuna? Ho un sacco di impegni e  sempre il registro di chiamate pieno di telefonate minatorie.”

“ Non ti conviene scherzare, Reborn. Questa volta, non voglio chiacchierare con te.”

 

Tsunayoshi Sawada, Decimo Boss di una delle più importanti e potenti famiglie mafiose dell’intero mondo, sedeva alla sua scrivania, adirato ma allo stesso tempo freddo.

 

La luce penetrava dalle tapparelle, illuminando a tratti il suo tavolo da lavoro, parte dei suoi capelli castani e il telefono nero scintillante da ufficio.

 

Nella stessa stanza, erano presenti alcuni dei suoi altri Guardiani.

Ryohei, seduto dall’altra parte, stringeva la mano a Kyoko, sua sorella.

Yamamoto e Gokudera sostavano in piedi, nervosi e scuri in volto ai lati del Boss e la Guardiana della Nebbia Chrome era appoggiata al petto di suo marito, entrambi sul divano.

 

“ Voglio sapere dove hai portato Tengoku e gli altri ragazzi. Sai bene che questo è un maledettissimo rapimento, e tu non hai nessun diritto di fare questo a mio figlio.”

“ Non mi sembra che tuo padre abbia mai detto niente al riguardo … eppure tu, così come gli altri marmocchi che saranno sciuramente al tuo fianco in questo momento, avete passato le loro stesse esperienze.”

 

Mukuro Rokudo scoppiò immediatamente a ridere, venendo subito fulminato con lo sguardo dal Guardiano della Tempesta.

 

“ A mio padre e a Don Timoteo andava bene così, ma ti ricordo che tu NON sei più il Tutor in carica di Ten. Ora dovrebbe essere affidato a Veronica e tu stai infrangendo i nostri patti.”

“ … Hai ancora quella lettera ?”

“ Di quale lettera stai parlando ?” mormorò Tsuna, anche se ben cosciente della risposta.

“ -Mi fido della tua competenza e giurerei su qualsiasi tesoro che sei rimasto e rimarrai l’amico fedele che ha portato la mia infanzia verso la luce di un mondo migliore.-

La lettera con cui mi hai spedito di nuovo a Namimori, Tsuna. Lo sai bene, e non accetto che tu infanghi in questo modo il mio talento di Tutor…”

 

“ Non fare l’orgoglioso con me, Reborn !” Questa volta l’uomo alzò il tono della voce, facendo sussultare la moglie a testa bassa.

“ Voglio che mio figlio torni qui subito. Non accetto che venga trascinato in questo modo nel mondo della mafia. I suoi amici sono solo ragazzini, dannazione !”

“ Smettila di essere così patetico. Quello che sta realmente trattando questi ragazzini come dei burattini sei tu, e Tengoku è il primo a risentirne. Prima li fai venire tutti in Italia, poi d’improvviso li cacci tutti… e ORA li rivuoi indietro?! Cosa intendi fare dopo che lo avrai diseredato, per caso rimandarlo a Namimori come se niente fosse ?”

 

“ Per l’ultima volta… riportali tutti qui.” Fece una lunga pausa, per poi alzarsi in piedi, con la cornetta ancora a portata dell’orecchio, ed urlare abbastanza forte da stupire tutti i presenti.

“ PENSI DI STAR FACENDO DEL BENE, VUOI FORSE FARLI DIVENTARE UNA SQUADRA DI ASSASSINI ?!”

Nei suoi occhi brillavano le fiamme del Cielo, cercando di armonizzare quell’animo iracondo.

 

“ Mi piace quando reagisci in maniera interessante, peccato che spari solo un mare di cazzate. Ti dico solo che per la prima volta in vita loro questi ragazzi stanno combattendo contro i loro limiti per imparare a difendersi da soli ed aiutarsi a vicenda. Cosa trovi di sbagliato in tutto questo?

 Penso che Tengoku stia passando i momenti più vivi della sua esistenza, perché da quando tu hai deciso di sparire come un fantasma dalla sua vita, il ragazzo ha iniziato a soffrire d’asma e a deprimersi come l’ultimo sfigato sul fondo della catena alimentare !”

 

Silenzio. Di nuovo il silenzio spettrale e oscuro, come in un segreto mai svelato.

Il Decimo si sedette, rilassando i muscoli e tenendo le palpebre abbassate.

Kyoko non osava parlare …

 

“ Ora stai bene attento a quello che ti dirò, Reborn. Manderò una scorta a  cercarvi, Don Al Bovino non è sciocco ed ha già capito da che parte stare.

Se provi a ribellarti, a toccare anche con un solo dito i miei uomini ed a impedire lo svolgimento del recupero… verrai dichiarato nemico dei Vongola.”

Così disse, e poi riattaccò la cornetta.

Respirò profondamente un paio di volte, per poi alzarsi nuovamente.

 

Si avvicinò a sua moglie. La guardò.

Si chiese come poteva essere un marito e un padre tanto pessimo.

 

“ Tsuna, Don Al è pronto per comunicarci la posizione di Vito-kun.” Disse risoluto Yamamoto, visibilmente innervosito per la conversazione carica di tensione.

Nonostante tutto, era compito del Guardiano della Pioggia mantenere la tranquillità nel cuore della Famiglia, e così provò a fare.

“ Bene, voglio un collegamento tra dieci minuti sulla Linea protetta 16.” Rispose il Boss, indicando il computer portatile della C.E.D.E.F su di un ripiano della libreria.

 

“ Decimo, chi dovrò assoldare per la missione di recupero ?” anche Gokudera, il Guardiano della Tempesta pareva scosso.

 

Un lampo di energia rossa balenò nella pupilla del suo amico da sempre, nonché colui che ricopriva il ruolo di suo superiore in Famiglia.

“ I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse.” Ordinò glaciale, spiazzandolo per la totale assenza di emozione in quel tono di voce.

 

L’argentato fece per chiedere spiegazioni, ma conosceva la serietà di Tsuna, e a nulla sarebbe servito farsi domande.

I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse erano una squadra di mercenari, descritti il più delle volte dai loro datori di lavoro come Belve, Mostri o Demoni.

Si diceva che rappresentassero perfettamente l’omonimo Cavaliere biblico rappresentato, e mai avevano fallito in nessuna delle loro missioni.

Il solo pronunciare quel nome, bastava per far tremare chiunque nel mondo della malavita.

Eppure … senza sapere perché, aveva il remoto presentimento che …

 

“ Bha, roba da matti! Felici voi, che date ancora retta ad un imbecille del genere …” esclamò d’un tratto Mukuro, sollevandosi dal divano e ridendo allegramente in faccia al Cielo.

“ Pezzo di merda !!” sbraitò a quel punto Gokudera, ricoprendo gli avambracci di rosse fiamme scarlatte della Tempesta, facendo vibrare l’aria della stanza intera.

Si preparò a sferrare un colpo che, probabilmente avrebbe portato via un piano dell’edificio, ma fortunatamente il braccio saldo e la presa ferrea di Ryohei lo fermarono in tempo.

 

Il Guardiano del Sole rimase serio, senza nemmeno incrociare lo sguardo con quello dell’amico, ma rimanendo invece intento a fissare il teatrale Rokudo.

Il blu a quel punto si rivolse a Sawada, spalancando un ghigno. In quei momenti era lampante capire da chi avesse preso Doku.

“ Non ho mai sentito di un uomo che prima manda gli agnelli al macello di sua volontà, e poi prega anche il macellaio affinché non li uccida.”

Rise, voltandosi e andandosene, ignorando la rabbia degli occhi rossi della Tempesta.

Colmi di rabbia, ma anche di umana paura … a quanto pare anche Mukuro aveva il suo stesso presentimento.

 

 

Haru Miura camminava per i corridoi della gigantesca e labirintica Magione, orientandosi però perfettamente come se fosse sempre stata la sua casa.

Possedeva molti uffici nel secondo piano, ed essendo la tesoriera della Famiglia, nonché amministratrice del commercio, aveva sempre molto lavoro da fare.

 

La donna dai capelli castano scuro rallentò, improvvisamente stupita da un rapido suono di passi.

Quando si voltò, vede un volto a lei conosciuto correre verso la sua direzione.

“ Haru-chan !”

“ Hime-chan … che succede ?”

 

La Guardiana della Neve dei Vongola non aveva agli stessi compiti e principi degli altri Guardiani, quindi era più importante per lei svolgere il lavoro all’infuori della Villa e del suo territorio.

Eppure Himeko Ogawa, abbastanza forte nonostante le sue apparenze, sembrava davvero nervosa, od ancor più, spaventata.

“ Dino-san … Enma-san …” ansimò, affaticata dalla corsa.

“ Cosa ?” sussurrò Haru, allarmata dal volto paonazzo dell’amica.

 

“ Sia i Cavallone che i Simon sono spariti e hanno isolato tutti i collegamenti. Non riusciamo più a rintracciarli !”

“ Calma, può sempre darsi che siano partiti in missione, no ?”

“ No, Haru. I tre Boss sono stati i primi della Famiglia ad andarsene, tre giorni fa. Nessun Boss dovrebbe lasciare la Famiglia per così tanto tempo.”

“ Hai detto tre Boss … dopo Simon-san e Dino-san, chi altro c’è ?”

 

La Guardiana albina respirò un amaro boccone d’aria, chinando la testa.

Poco dopo, quando l’amica stava per provare a parlarle, si lanciò tra le sue braccia, infilando il viso nell’incavo del collo di lei.

“ Corex! Corex è stato … Corex è …”

 

Ore 18:00

 

“ Allenamenti, allenamenti… saranno davvero così efficaci gli allenamenti di quell’uomo?”

Una corsa per la città, almeno cento squat per ora… quelli erano stati gli allenamenti ordinati da Reborn per Kevin.

 

Il ragazzo aveva avuto poco da pensare in quei giorni, con lo stato comatoso in cui era finita la ragazza del terzo anno, tutti sembravano spariti per allenarsi fuori dalla pianura.

Dopo circa una settimana, lui e l’altro rosso, Simon, avevano dormito nel trullo per la prima volta e uno dei mini-Reborn ogni tanto gli ordinava cosa fare.

“ Naaah, credo di essere divenato abbastanza forte per vendicarmi diquel Ten-baka.” Gongolò sottovoce, leccandosi le labbra come ad assaporare già il sapore del sangue e della sconfitta del ragazzino impertinente.

La sua preda, l’unica cosa che in quel momento lo spingeva a rimanere lì e ad affrontare tutti quei pericoli, era soltanto il desiderio di battere Sawada.

Ogni individuo che riusciva a mettere a segno un colpo contro di lui, veniva memorizzato come un bersaglio su cui vendicarsi, e mai nessuno era riuscito a scappare.

 

Solo che, forse i metodi di allenamento del Tutor, potevano sembrare strani anche ad un tipo non schizzioso come lui.

Infatti, dal giorno prima, uno dei piccoli robot gli aveva consegnato delle … enormi sfere rosa, con un buco largo quanto il suo polso.

Una volta indossati, non era più riuscito a sfilarli, probabilmente sigillati da un ualche comando artificiale.

 

“ Allenandoti con questi, riuscirai a trovare le risposte che ti servono.” Questo erano state le parole del mini-Reborn.

 

Certo, sebbene fosse difficile muovere troppo le braccia con quei ‘guantoni’ che quas i gli toccavano le caviglie, pesavano veramente poco ed erano fatti di un materiale morbidissimo come la plastica.

 

Era una sensazione spiacevole, in fin dei conti… i pugni erano da sempre stati le sue più grandi armi, con cui pestava a sangue i deboli senza pietà, ed adesso…

Si sentiva come un’aragosta catturata a cui erano state legate le chele, unico mezzo per difendersi.

Stranamente debole…

 

“ Ehi! Ma dei guanti più eterosessuali non li potevi mettere ?”

“ Probabilmente sua madre l’avrà fatto con un pallone di spugna !”

Proprio quando era assorto nei suoi pensieri, si rese conto di essere finito in una parte che non conosceva della città. E anche quelle facce appena apparse non gli dicevano niente.

Erano una banda di ragazzi e ragazzini, probabilmente dai quindici o sedici anni in su. Lo guardavano appollaiati alle ringhiere del cortile di un condominio, posto su di un piano rialzato rispetto alla strada.

 

“ Eh ?” Kevin non capiva l’italiano, ma riuscì normalmente a percepire la cattiveria nei loro occhi, e dai ghigni discherno con cui lo fissavano, non era difficile intuire cosa gli stessero dicendo.

“ Vieni a vedere, Teo. È troppo divertente !” gridò ad un certo punto uno di loro, indicando il rosso mentre sghignazzava.

 

A quel punto apparse un nuovo ragazzo, a quanto pare il capobanda. Era magro e dal fisico asciutto, non il più alto dei suo compari ma comunque nella media per i diciassette anni che dimostrava. Aveva i capelli neri con delle sfumature bluastre, ritti e tenuti alzati con una fascia rossa.

“ Allora, che sei venuto a fare qui, principessina ?”

Disse una volta squadrato Kevin, suscitando le risate tra i suoi amici.

“ Eh ?” ripeté il giapponese.

 

-Se questi vermi cercano rogne con me, allora vuol dire che hanno già smeso di vivere !- Un sorriso carico di eccitazione si fece largo sul volto del rosso. Era da tempo che non massacrava qualche ragazzino che lo sfidava, un piacere diverso da quel brivido che gli aveva fatto provare Simon portandolo in missione con lui.

Era troppo appagante pestare a sangue i vermi impertinenti, doveva  scaricarsi dopo tutti quei giorni senza far nulla.

 

Teo saltò giù, atterrando in piedi di fronte a lui. Incuriosito da quell’espressione tanto sicura, mantenne il suo sguardo di sfida, pronto a vedere cosa sapeva fare l’altro.

 

“ Ti pesto a sangue !”

Fu questione di un attimo.

Il pugno di Kevin centrò in pieno il moro, sollevando una nuvola di polvere dalla strada.

 

Il silenziò piombò nel quartiere.

 

“ Eheh… ehehehehe !”

Una risata si levò dai corpi immobili dei due ragazzi.

 

Teo stava sghignazzando, piegato in due e mantenendosi la pancia per le troppe risa.

“ Mi ero preso una paura inutile, ahahaha! Per… ehehe. Per un attimo pensavo che mi avresti fatto fuori, ahahaha !”

 

Era stato centrato in pieno, questo era vero, ma il guanto rotondo di plastica aveva attutito tutto il colpo, facendo sembrare quel pugno tanto potente, una cuscinata sull’addome.

 

Anche gli altri teppisti, una volta accertatisi della realtà, lo imitarono saltando anche loro nella stradina.

Il rosso si trovò ben presto circondato, ma non gli importava. Aveva gli occhi che sprizzavano scintille, iniettati di sangue, rappresentavano perfettamente il suo stato.

 

Caricò nuovamente un altro pugno, ma stavolta affondò nell’aria, non centrando nulla.

Si accorse presto che ora Teo lo guardava dritto in faccia, mentre con la gamba rialzata aveva  scostato la palla rosa.

Facendo perno su di un piede, il moro ruotò su se stesso, andando presto a colpire in pieno volto Kevin con un calcio di pianta.

 

Subito un forte odore di ferro e ruggine arrivò alle narici del’ex capo della K-gang.

Era stato colpito?

 

Non aveva previsto quel colpo per la rabbia che gli ottundeva la mente. Ma era… stato colpito.

Una gamba e poi l’altra. Doveva rialzarsi.

 

Ma proprio mentre provava a far forza sulle ginocchia, venne colpito duramente al polpaccio e alla schiena contemporaneamente, venendo costretto a cadere in avanti.

“ Tsk! E questo voleva anche sfidarci?”

Sentì dire alle sue spalle.

Qualcuno provò ad afferrarlo dal braccio per alzarlo di peso, ma lui si scostò, facendo finire il suo aggressore contro il muro.

Non poteva star succedendo di nuovo!

Quella debolezza, quel senso di impotenza…

Ruggì il nome di Angelyca, caricando i ragazzi con una raffica di pugni.

Fu tutto inutile. Venne fatto di nuovo sbilanciare con un calcio all’altezza delle caviglie, per poi essere percosso mentre provava a reggersi in piedi.

 

Tra il sangue e il sudore che gli velavano gli occhi intravide il volto altezzoso di Teo, appoggiato alla parete mentre lo guardava difendersi.

Scattò in avanti. Doveva farla finita.

 

Non era un debole, lui era il più forte.                

Più forte di quel bastardo, più forte di Tengoku, più forte di Simon… più forte di suo padre!

 

Crack

Il suono del suo collo all’impatto con un calcio dal basso verso l’alto, che lo aveva intercettato in volo.

 

Cadde, consapevole di essere stato abbattuto.

Per la prima volta in vita sua, la rabbia e lavoglia di vincere non lo avevano aiutato.

Aveva funzionato contro ‘Green Lord’ Patrick, contro Snake. Ma ora aveva perso.

Era morto.

 

Diciottesimo giorno. Meno diciassette giorni agli scontri.

Ore 23:10


Simon vagava assorto nei suoi pensieri tra le macerie  delle vetture distrutte. Una puzza di gas e olio si mescolava a quella salmastra del mare a pochi metri dal magazzino.

Era notte fonda, e aveva appena finito di ripulire un commercio di traffico di merce illegale con i suoi …

Amici? Quello sì, con alcuni di loro vivevano una vita da amici. Spesso andavano nella villa dei nonni di Aris, nella campagna Americana, oppure qualche volta al cimitero in Thailandia dove erano stati seppelliti i genitori di Raylai.

Ma, con Zaffiria e Angelo sembrava di essere sempre il Boss che gli aveva insegnato ad essere suo padre Enma.

 

Essere Kozato Simon, il futuro undicesimo Boss della Famiglia Simon. Era strano, ma iniziava comprendere Tengoku.

Diventare un Boss, comandare una Famiglia … erano tutte azioni molto difficili, e mai avrebbe potuto avere più quei momenti tanto belli con i suoi… amici.

Neanche Veronica. Lei sarebbe diventata Boss dei Cavallone, essendo la primogenita, ed era proibito sposarsi tra Boss. Quella era la regola.

 

Rapidamente scrisse un veloce messaggio ad Angelo, avvisandolo di aver finito il controllo.

Dopo poco tempo però, iniziò a preoccuparsi.

 

Il ragazzo non gli aveva ancora risposto. Era impossibile!

Angelo non impiegava mai più di quattro secondi a rispondere ad un suo messaggio.

 

Riuscì solo a vedere un riflesso di luce sullo schermo del display, quando una frazione di secondo dopo il telefono venne scagliato via dalle sue mani.

“ Ma cos-?” Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, che due ombre sbucarono dall’oscurita, venendo alla luce giallastra di un lampione.

“ No… non ci credo. Come avete fatto a trovarci ?”

 

“ Sei sempre stato un moccioso impacciato, Simon. E’ facile seguire le tracce che ti lasci dietro.”

“ Sei l’ultimo che dovrebbe dire questo. Comunque Simon, sono qui per dirti che il tempo di giocare è finito.”

 

Due uomini alti e snelli, uno di loro sfiorava i due metri di altezza. Quello a destra era biondo, con i capelli lisci e lunghi legati in una coda di cavallo alta, aveva gli occhi color nocciola e la carnagiona abbronzata.

Quello a destra era quasi pallido, i suoi capelli erano rossi cremisi e mossi, lunghi fino alle spalle. Gli occhi erano rosso terra, con una runa speciale identica a quella nell’occhio destro di Simon.

 

“ Papà, Dino-san… perché siete qui ?” la voce del ragazzo era seriamente preoccupata, non rispecchiava realmente il suo carattere forte e deciso.

Dino fece schioccare la sua frusta di cuoio per terra, riavvolgendola al ritorno.

“ Una spia ci ha informato della vostra posizione, sappiamo anche della base nella pianura a pochi chilometri da qui.” Disse, mentre in lontananza si iniziava a sentire un rumore di passi.

 

Lentamente apparvero alle spalle di Enma i due agenti dei Simon, Angelo Adith e Zaffiria Sibilla.

Il volto di Simon si fece scuro di colpo.

“ Voi… siete stati voi ?” Domandò serio, mentre i due evitarono prontamente il suo sguardo chinando il capo.

“ Simon, perché hai deciso di fare tutto questo? Intendo, seguire il figlio di Tsuna e aiutarlo a nascondersi.”

Anche suo padre era parecchio serio, ma in quella domanda si sentiva una nota di dolcezza, come se non fosse realmente arrabbiato con lui per tutto quello che era successo.

 

“ Io… io odio essere costretto a diventare Boss. Voglio lavorare per la Famiglia, certo, ma continuare sempre a combattere nel giusto, non dietro una scrivania piena di scartoffie. Non voglio nemmeno costringere i mie i amici a diventare degli uomini da ufficio, come Adelheid o Koyo. So di essere destinato a diventare Boss, come lo sei stato tu alla mia età, ma desidero essere per sempre un uomo libero e combattere con Ten, che segue i miei stessi sacrosanti ideali !”

Un urlo dal cuore, imprigionato per tanto tempo e ora finalmente dentro la mente di Enma, tradotto in una chiara e limpida parola: ‘Libertà’.

 

Il Decimo Simon però non era mai stato un noioso uomo vincolato dalle leggi, proprio come Tsunayoshi Sawada, ma questo i loro figli non potevano saperlo. Era meglio così, il passato era passato e ora bisognava guardare il futuro.

Un futuro che apparteneva a quei giovani burrascosi  pieni di vita e voglia di vivere.


“ Mi va bene.”

“ Come ?” persino Angelo e Zaffiria sembravano più sorpresi di Simon.

 

“ Mi va bene.” Ripetè il Decimo sorridendo sereno.

“ E’ giusto che tu scelga cosa diventare nella tua vita. Se fossi rimasto con le stesse idee degli scorsi anni, ti avrei cacciato di casa a calci in culo.”

Scoppiò a ridere, andando a scompigliare i capelli del meravigliato figlio.

Anche Dino si fece contagiare dalla risata, rivolgendosi anche ai due agenti dei Simon.

“ Davvero credevate che vi saremmo venuti a prendere per riportarvi dai Vongola? Certo che vi siete davvero spaventati! Sappiate che in questo momento anche il fratellino ignora la nostra posizione.”

Con ‘fratellino’ il Boss dei Cavallone si riferiva certamente a Tsuna, che in quel preciso momento probabilmente lo stava maledicendo.

 

Il ragazzo rimase immobile, senza realmente comprendere tutto questo.

Fece per aprire bocca, ma una voce alle sue spalle lo fece tendere come una corda di violino.

“ Ti stai chiedendo dove siano i tuoi amici? Eccoli, si erano un attimo persi.”

 

Una bellissima ragazza della sua età, dai capelli castani mossi che le ricadevano dolcemente su di un vestito di pizzo. Due occhi azzurri, luminosi come fari nell’oscurità.

“ Ciao Simon.” Sussurrò Veronica, scostandosi una ciocca dal volto.

I due giovani si sorrisero, rimanendo con quell’espressione per un po’ di tempo.

 

“ Boss !” una voce troppo familiare però li interruppe.

Yuro Raiko si fiondò rapidamente su di lui, abbracciandolo quasi fino afargli perdere i sensi.

“ Che paura, che paura, che paura !”squittì il Guardiano della foresta, indicando un punto imprecisato dietro di sé.

 

In fatti, a pochi metri da Veronica si stava muovendo qualcosa, acquattata nell’oscurità.

Una luce si accese, illuminando un volto pallido e contorto in una smorfia raccapricciante.

“ Buh !”

 

Il ragazzo moro svenne, accasciandosi a terra sotto gli sguardi confusi dei due Boss adulti.

“ Tsk! Neanche la soddisfazione di sentirlo urlare.”

Aris Chosen spense la sua torcia, andando a raccogliere il corpo di Yuro.

“ Simoon… brrr, fa freddissimo con questa tuta.” Anche Raylai Spadafora, seguita dal gigantesco Bulldozer, si fece vedere, tremando come una foglia.

 

Effettivamente la divisa speciale femminile disegnata da Simon per i suoi Guardiani era parecchio leggera e traspirante, più adatta alle alte temperature del giorno che a quelle basse della notte.

Solo Bulldozer non la indossava mai, preferiva sempre il suo giubbotto nero a collo alto e rigido al mantello della divisa maschile. Nessuno aveva mai avuto da obbiettare.

 

“ Si può sapere cosa sta succedendo ?”riuscì finalmente a dire il rosso, andando istintivamente a mettere mano al fodero della sua nodachi, come era solito fare quando si innervosiva.

“ Diciamo che un caro amico, nonché il mio ex-tutor, ci ha chiesto di venire qui per preparare dei giovinastri di mia conoscenza.” Ridacchiò Dino, mentre Enma annuiva facendo segno ai ragazzi di guardare alle loro spalle.

 

“ Io sono ancora il tuo Tutor, Boss dei miei stivali, non dimenticarlo mai.”

Una voce forte, ma allo stesso tempo ironica, instillò automaticamente un briciolo di timore in tutti i presenti.

 

La figura di Reborn adulto fece capolino dall’ombra, fischiettando allegramente con la fedora calata sugli occhi e le sue tipiche basette a ricciolo sporgenti.

“ Diciamo che quei rompiballe degli amici di Ten-baka mi stavano dando troppe seccature, quindi ho chiamato dei rinforzi per fargli il culo a strisce… ehm, volevo dire, per allenarli come si deve !”

 

Una volta uscite alle luce, nuove figure vennero identificate. Quattro uomini e una donna in testa, a seguire altri individui ancora nascosti nell’ombra.

 

“ Ehi! Spero proprio che il mio allievo non mi dia troppi problemi e che sia bello carico!” ruggì un uomo muscoloso dai capelli biondi.

Colonnello, Arcobaleno della Pioggia.

“ Uh uh. Anch’io sono davvero curioso, ma essendo abituato alle scelte di Reborn, mi aspetto una rogna bella grande.” rise un uomo dai capelli neri e lunghi, raccolti in una treccia cadente sulla schiena.

Fon, Arcobaleno della Tempesta.

“ Uff… perché diavolo sto facendo tutto questo ?” piagnucolò un ragazzo dai capelli corti e viola, con il volto ricoperto di piercing e anelli.

Skull, Arcobaleno della Nuvola.

“ Perché i datori di lavoro normali non ti vogliono nemmeno come assistente del sicario.” Ribatté pungente una sottospecie di ricercatore in camice bianco, con dei folti capelli verdi e degli occhiali rotondi sul naso.

Verde, Arcobaleno del Fulmine.

“ Però quando l’hanno assunto come esca in una missione di spionaggio è stato davvero bravo a beccarsi tutti i proiettili…” mormorò sottovoce una donna dall’aspetto spettrale, con il volto quasi del tutto ricoperto dal cappuccio di un impermeabile nero e viola.

Viper, Arcobaleno della Nebbia.

 

“ Stupendo! Aspettavo da così tanto tempo una scusa per un po’ di sana azione.” La voce di un ragazzo dietro gli Arcobaleno si fece sentire forte, allarmando improvvisamente Veronica.

“ Bah… se faccio questo per aiutare Tsuna mi va bene. Spero che il mio discepolo sia abbastanza forte da non morire dopo un giorno.” Un individuo talmente tanto alto e muscoloso parlò con voce dura, spaventando persino Bulldozer.

 

“ Quando avrà finito la Squadra Pets, quei pappemolli capiranno di essere finiti in pasto ai più forti uomini della terra… e si dia il caso che saranno proprio i loro maestri. Pensi che sopravviveranno ?”

Domandò Reborn, l’Arcobaleno del Sole, ad un uomo sul tetto del magazzino soprastante.

“ Eh eh !” rise rumorosamente lui, facendo sorprendere chiunque non l’avesse notato prima.

 

Una schiacciante aura di tipo Cielo fece crepare  sempre di più il copertone di rame e alluminio della costruzione, rischiando di disintegrarlo.

“ Anche se si trattano di affari di famiglia, immagino che non portò andarci piano, vero amico mio ?”

 

“ Assolutamente !” Rispose il Tutor Hitman più meschino della storia.

“ Non avrete nemmeno un attimo di tregua. E’ l’ora dei veri addestramenti, ragazzi miei. E’ l’ora… dei maestri !”

 

Alba del diciannovesimo giorno.

 

 

Diciannovesimo giorno. Sedici giorni agli scontri.

Ore 20:00

 

Il Freerunning, inteso come corsa senza limiti su di un paesaggio urbano o silvestre, poteva diventare una passione davvero sorprendente per molti ragazzi con tanta voglia di scoprire o superare i propri limiti.

Vertigini, nervosismo, paura di sbagliare i salti e cadere male sull’asfalto.


Aggiungiamo a tutto questo un robot bambino che ti insegue sui tetti dei palazzi, cercando di colpirti con una pistola silenziata nel buio della notte.

 

“ Ah !” urlò di riflesso Tengoku, una volta avvicinatosi al tetto dell’edificio.

Rapidamente si voltò in volo, atterrando in rotolata e limitando i danni.

 

Ricominciò a respirare, prendendo profonde boccate d’aria, con la testa rivolta verso il cielo stellato.

“ A-Azura… ?” chiamò, con un filo di voce.

“ Shh !” ricevette di risposta da una posizione che inizialmente non comprese.

Quando, con molta fatica, si rialzò puntando le braccia per terra, vide la ragazza appollaiata come un gatto pronto a saltare sul tetto della palazzina successiva.

Come aveva fatto ad arrivare già lì?

 

Mentre ancora si domandava sul perché di tutto ciò che stava facendo, venne colpito duramente da qualcosa sulla spalla, ricadendo immediatamente al tappeto per il dolore.

Sentì solo la voce meschina e nasale di un bambino che diceva: “ Troppo lento, Ten-baka.”

 

Intanto, Azura aveva intravisto subito il Turo nell’ombra, e si era data subito alla fuga.

“ Scusa, Ten !” sibilò tra i denti, pompando ancora più forte nelle gambe prima di compiere un altro salto.

 

Mentre ancora sorvolava una stretta strada, vide che nella direzione in cui stava per atterare c’era un rialzo in prossimità delle tegole del tetto.

“ Non distrarti, rimani sempre concentrata.” Udì il sibilo della voce di Reborn nella mente… perché infatti il robot si trovava probabilmente a pochi centimetri dalla sua schiena!

 

Ruggì e provò una pazzia: il salto non era stato troppo alto, quindi atterrò sulle gambe ammortizzando l’urto piegandosi sulle ginocchia, per poi saltare e roteare praticamente in orizzontale, superando il gradino di dislivello.

 

Reborn agguantò l’aria, sogghignando in automatico per quell’eccezionale riflesso.

“ Azura Schlmit… le tue capacità di alta mobilità ed elasticità sembrano abbastanza ben sviluppate nonostante l’età.” Pensò, mentre continuava ad inseguirla tra pianerottoli, vecchi acquedotti e grondaie.

“ Eccelli sicuramente nell’arrampicata, mentre il salto è da perfezionare, così come l’atterragio. Per adesso ci sono ancora troppi movimenti inutili, ma riuscirò a correggerteli prima o poi.”

 

Qualche giorno prima, una volta illustrato il programma di addestramento basato sul parkour e sul freerunning urbano, i suoi allievi avevano avuto inizialmente da protestare, o comuque sierano dimostrati incapaci di comprendere i nuovi potenziali che voleva tirar fuori.

“ A cosa servirà tutto questo se mi batterò contro Xian ?” Aveva chiesto allora Ten, incredulo e abbastanza volenteroso di cambare specialità.

A quel punto lui, con una spazzata lo aveva buttato per terra, facendolo cadere di schiena.

Dopo aver ripetuto per un altro paio di volte il processo, ogni volta che il ragazzo si alzava, si era finalmente spiegato:

“ Ripensando al salto da muro che hai fatto per afferrare la testa di Jacob, mi è venuta in mente una bella idea per preparare i vostri riflessi e per sviluppare l’istinto di sopravvivenza.”

 

 

Un istante dopo afferrò la rossa per il cappuccio della felpa, facendola fermare poco prima dell’ennesimo salto.

“ Presa. Per oggi può bastare così…” i suoi occhi neri scintillarono, mentre con la mano libera impugnava la pistola.

“… per te! Invece da te, Ten-baka, voglio altre trenta Ushiro Ukemi.”

 

In lontananza si sentì il lamnto esausto di un ragazzo.

 

 

20:40

“ Ventinove… ”

Il bruno si dondolò sul bordo del tetto dell’edificio, rivolgendo le spalle verso l’esterno.

Dopo un piccolo slancio, si lasciò cadere a braccia spalancate.

 

Ogni volta che lo faceva ad Azura venivano i brividi. Come si poteva anche solo pensare di rendere un allenamento per le cadute così estremo.

Eppure a Ten andava bene, e segretamente lo preferiva a molti alti allenamenti.

“ Lo so che gli piace, per questo doso esercizi come questo ad allenamenti un po’ più seri. Non voglio che si rammollisca sulle cose che sa fare con maestria, ma nemmeno che faccia con riluttanza le altre esercitazioni.” Così le dice va Reborn ogni volta.

Con un tonfo sordo, Ten atterrò di schiena, con le gambe a candela e il corpo ad angolo retto.

Subitò calò le mani verso il basso, fermando la rotazione spontanea del busto con i palmi della mano.

Anche per questa volta era sopravvissuto illeso.

 

“ Fuuu! Ho finito, Reborn…” sorrise, completamente esausto.

“ Tieni, così sudato ti ammalerai al freddo.” Ridacchiò Azura, porgendogli un asciugamano.

“ Ehm… purtroppo con questa cosa addosso è abbastanza facile sentire freddo.”

 

La ‘cosa’ a cui si riferiva il ragazzo, era una specie di tuta nera che aderiva abbastanza bene alla pelle. Pareva esser fatta dello stesso materiale del guanto speciale che gli era stato donato in due situazioni pericolose, tra cui la volta in cui aveva sconfitto Karl e ripreso il block notes di Akira.

“ Hai bisogno di quella tuta. A differenza di Azura, le tue capacità di spostamento silenzioso fanno pena, quindi ti ho voluto avvantaggiare con il camuffamento nella notte.”

Sospirò il Tutor Hitman facendo spallucce, per poi prendere in mano la sua valigetta porta-armi e incamminarsi verso la strada principale.

“ E adesso dove andiamo ?” La ragazza aveva subito inteso il metodo di insegnamento di Reborn, inizialmente criptico e misterioso, ma ora già più trasparente: se lui si spostava, loro dovevano seguirlo senza obbiettare.

“ Ci riposiamo un po’. Ho voglia di bere qualcosa ...”

 

-Sta mentendo.- rabbrividì Sawada al sentire il tono del bimbo farsi serio. Era lampante che stava per cacciarli nei guai.

- E poi, come fa a bere se è un robot controllato da una Fiamma ?-

 

Quando entrarono nel pub, furono felicemente sorpresi: se lo aspettavano meno accoglionte, magari tutto buio e con una solo luce neon lampeggiante. Una specie di saloon moderno pieno di mafiosi e ricercati.

Era comunque decisamente rozzo e poco curato, ma era sempre meglio delle aspettative.

 

Il sicario prese subito posto su di uno sgabello di fronte al bancone, mentre i due ragazzi rimasero in piedi, non trovando più una sedia libera su cui sedersi.

Voltato l’angolo, però, si accorsero di un dettaglio che non li avrebbe fatti più sedere per il resto della serata.

 

Una folla di uomini e donne, circondavano silenziosi due figure in prossimità di un tavolo.

Un italiano dal corpo muscoloso tonico, stava bersagliando di pugni un altro individuo, lanciando urlando nella foga.

Ogni tanto qualche schizzo di sangue gli bagnava la faccia e la maglia, ma il particolare più inquietante era un altro: colui che stava picchiando, era scoppiato a ridere, come assuefatto dal dolore.

Pareva davvero alto, forse quanto Jacob, indossava una maglia a manice lunghe logora e grigia e dei normali pantaloni neri. I capelli erano color grigio sporco, ma dai lineamenti si poteva intuire la sua età, ossia quella di un uomo non soprai trenta anni.

 

Rideva e rideva, continuando a perdere sangue dalla bocca, che si mischiava ad un rivolo di bava.

Subito a Ten si chiuse lo stomaco. C’era qualcosa di sbagliato e sporco in tutto quello.

Qualcosa di malato.

 

Al tavolo affianco, invece sedeva un ragazzo magro e dal fisico asciutto, il cui volto però era completamente oscurato dal cappuccio nero della felpa che indossava.

Era intento a mangiare, e si poteva notare subito la grande quantità di piatti accalcati uno sull’altro in alte file, che ad ogni cambio di porzione scivolavano per terra infrangendosi nel silenzio.

 

“ Bastardo! Perché non muori ??!”

Urlò l’uomo muscoloso, mentre con gli occhi iniettati di sangue e arrossati per lo sforzo continuava a colpire, affondando le nocche nella carne.

Ringhiò disperato, quasi allo stremo, mentre caricava un pugno più potente dietro la testa e lo scagliava in avanti.

 

Il secondo successivo, però, il cuore gli scoppiò nel petto, e da un foro sulla schiena e sul torso zampillò un fiotto di sangue.

I presenti, terrorizzati dalla violenza dell’azione, indietreggiarono e fuggirono gridando e disperdendosi in poco tempo per le strade.

“ Merda.” Soffiò Reborn tra i denti.

 

Dopo un cenno del capo da parte dell’argentato, il ragazzo con il cappuccio trascinò via il cadavere.

Nel mentre Tengoku e Azura rimasero fermi, impietriti.

La prima morte a cui avevano assisito, qualcosa da far gelare il sangue.

Scampare alla morte e assistere impotenti difronte ad un uomo che viene ucciso sono due concetti differenti.
In modo indolore, era stato piantato il seme della paura nel loro cervello.

 

“ E voi chi sareste? Perché non siete scappati ?” Mugugnò l’assassino anche se con uno scarso interesse, mentre riponeva la pistola che aveva brandido nei pantaloni, lasciandone penzolare l’impugnatura nel vuoto.

“ Sparite, forza! Ho bisogno di essere lasciato in pace per un po’, adesso.” Sorrise, prendendo un tovagliolo dal tavolo e andando a tamponare lentamente il sangue sul suo labbro.

Poi, gettò la testa all’indietro e si premette il pezzo di velluto macchiato di rosso sul naso, ispirando profondamente e tirando un lungo gemito.

 

La rossa strinse piano il braccio del ragazzo bruno, senza smettere di tremare.

“ Andiamo via… per favore.” Strattonò con più forza il tessuto della tuta nera, riuscendo infine atrascinarsi dietro l’amico.

Ma proprio quando avrebbero potuto sparire e non essere più messi in pericolo…

“ Aspetta un po’… ma tu sei quel bastardo di Tengoku Sawada.”

 

Il ragazzo con il cappuccio si avvicinò, dopo essere ricomparso improvvisamente.

Sfilando la mano ancora imbrattata di sangue dalla tasca, si scoprì il volto, rivelando essere un individuo che Tengoku aveva già avuto occasione di vedere, alla Villa.

I capelli biondi ricaddero sul suo viso scarno e pallido, con gli occhi però folli e gialli come quelli dei rettili più pericolosi.

“ Cristo… sai che mi piacerebbe da matti farti a pezzi proprio in questo momento ?” sorrise malignò, con uno sguardo davvero diabolico, come se fosse impazzito di punto in bianco.

“ Probabilmente ti tirerei un bel morso alla gola, ma non in un punto vitale dove moriresti subito. Forse un po’ più giù.” Con l’indice percose quasi tutto il collo esile del bruno, senza però toccarlo fisicamente.

 

“ Ma non posso. In questi casi esiste il patto di non aggressione… quindi ti ammazzerò con calma appena Xian ti batterà e diventerai il suo schiavo. Sempre se dopo il suo trattamento di te rimangano ancora le ossa… Uahaha !”

 

All’improvviso su di una finestra nel locale si formò una ragnatela di crepe, che esplose alla minima pressione del vento dall’esterno.

 

“ Però a me risulta che le ustioni sulla pelle di una ex-gareggiante, Akane Mizuno, conducano proprio alle Fiamme dell’Ira della vostra Boss in carica.”

Quando parlava così Reborn non era per niente tranquillo, seppur potesse sembrarlo.

Riusciva, nonostante la forma fittizzia, ad emanare una potente aura, che variava colore dal nero petrolio al giallo ocra.

Non era strano chiedersi come potesse una creatura tanto potente dedicare la sua vita ad insegnare a dei ragazzini.

 

“ Oi, oi… Tutor Hitman Reborn. Diciamo solo che siccome la vostra Akane ha ucciso il nostro Guardiano della Nuvola, Xian ha deciso di prendersi la sua vittorie ed arrivare in parità.” Sogghignò Duncun, con il volto scuro.

 

“ Sta zitto !”

Cosa?

Due tizi estremamente pericolosi ed era tutto quello che sapeva dire? Suo fratello si sarebeb vergognato di lei: tremava e non riusciva a staccarsi da Tengoku, come una bambina attaccata alla gonna della madre.

E poi… dovevano disonorare Akane in quel modo?

“ Akane non lo farebbe mai! Non ha ucciso lei il vostro guardiano, è stata Xian che ha quasi ucciso Akane. Se non fossimo intervenuti ora sarebbe morta !!” Era un ingiustizia, ma allo stesso tempo un suicidio.

Azura lo sapeva, si era messa in guai seri, ma ancora non riusciva a pentirsi per quelle parole.

 

“ Bastardi che non siete altro.” Grugnì sotto voce il biondo.

“ Smettila di fare così. Hai paura e non puoi negarlo.”

 

Reborn sorrise: a parlare non era stato di certo lui.

“ Hai lo stesso sguardo che ho io quando incontro persone che sicuramente non potrei battere. Tu hai paura di Reborn, per questo non ci attacchi.” Continuò imperterrito… Tengoku.

Certamente aveva paura anche lui, ma immedesimarsi nelle persone più spaccone che avesse mai incontrato lo aiutava a mantenere quel tono sicuro.

Simon, Kevin, i bulli della sua scuola… e persino il suo stesso Tutor.

 

“ Cazzate !” urlò più forte Duncun. Però poi sbiancò sul colpo: stava tremando e la mano stretta a pugno grondava sudore.

L’intento omicido che lo schiacciava era il più forte mai visto fin’ora per lui.

Abbassò ancora la testa e rimase a ringhiare imprecazioni fra i denti, fin quando non venne distratto da una voce.

“ Oi, Ten-kun. Ti andrebbe…”

L’uomo dai capelli del color della cenere si era ripreso, durante tutto il dialogo era rimasto immobile nella stessa posizione, con il fazzoletto macchiato sulle narici e lo sguardo quasi assente.

In quel momento stava sorridendo tranquillo, come se volesse parlare ad un bambino.

Faceva venire i brividi.

“ …di darmi un pugno ?”

 

Reborn si mise in ascolto, piegando il capo e guardando il fondo del suo bicchiere.

“ Così andremmo a rompere il patto di non affrontarci.” Mormorò il ragazzo, davvero spaventato da quelle parole.

“ E tu saresti autorizzato a contrattaccare! Pensi davvero che siamo così stupidi ?” Anceh Azura preferiva evitare lo scontro. Anche se… aveva il presentimento che quel tizio lo avrebbero rivisto come un avversario il giorno degli scontri.

Contro chi si sarebbe battuto? Che ruolo ricopriva?

 

“ Oh, andiamo.” Il cinerino sbadigliò rumorosamente, guardandoli nel mentre con fare giocoso.

“ Ti assicuro che è davvero eccitante essere colpito da una persona forte… non negarmi questo piacere, se sei davvero il duro che cerchi di essere.”

Il bruno indietreggiò inorridito, sentendo quegli occhi viola scuro squadrarlo da capo a piedi.

“ Basta, questo è troppo, ora andiamo via sul serio !” la rossa cercò l’approvazione del Tutor, che rispose alzandosi in piedi e recuperando la giacca. Era abbastanza anche  per lui… forse.

 

“ Se rimarrai e accetterai di colpirmi, ti svelerò un segreto, Ten-kun.”

Il bisbiglio della serpe tentatrice attraversò come un brivido tutta la schiena del ragazzino, paralizzandolo quando ormai era già voltato e deciso ad andarsene.

“ Ten… no.” Supplicò la ragazza, quasi con le lacrime agli occhi. Lei vedeva… vedeva la minaccia anche nella faccia troppo tranquilla di Duncun e nel fremito che aveva appena percorso il corpo del Tutor Hitman.

 

“ Io sono un assassino della tua vecchia Famiglia… della squadra assassina Varia.” Incominciò l‘uomo, sgranchiendosi il collo.

“ Ogni tanto lavoro anche per i Bravi, se Xian mi paga bene. Sono conosciuto come il sicario Asmodeurus, ma in realtà il mio vero nome è Arboc… Arboc Bellum, il fratello dell’uomo che è stato ucciso dalla vostra amica Akane.”

I due ragazzini sussultarono all’unisono. Dove stava andando a parare con quella storia?

“ Cerchi vendetta ?” domandò semplicemente Reborn, lisciandosi il fedora tra le dita.

 

“ No, non mi interessa più di tanto, ormai. Voglio solo dirvi che Korvo è stato ucciso perché ha mostrato compassione per la vostra amica, distraendosi dal suo compito di assassino. Quando Xian è arrivata sul campo, lo ha trovato morto e si è vendicata. Questa vicenda mi ha fatto capire una cosa importante… ossia di vivere sempre dalla parte del più forte !”

“ Cosa vuoi dire ?” l’Arcobaleno del Sole si stava iniziando ad arrabbiare.

 

“ In settimana lascerò i Vongola… ormai conosco abbastanza informazioni per potermi permettere il posto che mi spetta non più tra i deboli, ma tra i vincitori.”

Lo sguardo di Arboc era davvero folle mentre parlava. A volte faceva schioccare la lingua tra le pause, trapassando con gli occhi tutti i presenti nella sala.

“ Quindi non potremmo attaccarti comunque. Per chi lavori realmente, per Xanxus o per il Boss di una Famiglia Avversaria ?”

 

“ No. Qualcuno di più in alto.” La risposta lasciò spiazzati tutti. Arboc scoppiò improvvisamente a ridere, accasciandosi sulla sedia, mentre Duncun lo guardava esterrefatto.

“ Cosa?! Mi stai prendendo per il culo ?” chiese il biondo, afferrandolo per il colletto della camicia.

“ Non è pofh-!”

Voleva continuare a parlare, ma presto si ritrovò la bocca bloccata da quella che sembrava… la canna di una pistola.

“ Ascolta figlio di puttana, azzardati anche solo a dire qualcosa a Xian e io giuro che non ti ammazzerò sul colpo. No… ti torturerò per anni e anni e poi ti ributterò nella discarica in cui sei nato !”

A quel punto Duncun capì.

I sicari facevano paura, non voleva diventare un mafioso, avrebbe fatto qualsiasi altro mestiere ma non quello.

Non quello...

 

Senza accorgersene iniziò a piangere incontrollato, andando a bagnare tutta l’arma con le sue lacrime.

Quando la pistola gli liberò la mascella, si accasciò in ginocchio e continuò a singhiozzare in silenzio.

 

“ Abroc…”

L’assassino si voltò, notando il volto di Tengoku a pochi centimetri dal suo, con un espressione davvero difficile da decifrare.

Però sorrise, stava davvero aspettando quel pugno in faccia.

- Avanti così, Ten-kun! Fammi vedere di cosa sei capace… così dopo il tuo squallido colpo potrò vendicarmi senza essere fermato dal tuo Tutor, e ti massacrerò fino a quando lui stesso non implorerà di lasciarti andare.-

E il ragazzo si accovacciò su se stesso… per poi inginocchiarsi.

I palmi poggiati, così come la fronte, sul pavimento e le palpebre chiuse.

“ Mi dispiace davvero per tuo fratello. Probabilmente Akane-chan centra davvero con il suo omicidio, ma non credo che le cose siano andate come dici tu. Scusa, a nome di tutti.”

 

Alba del Ventesimo giorno. Meno quindici giorni agli scontri.

 

Quindicesimo giorno. Ore 03:00

 

Una leggera nebbia si era diradata dal porto, raggiungendo le strade della città.

Data la tarda ora, nessuno aveva osato sfidare il gelo e la misteriosa coltre opaca per andare ala ricerca di qualche pub in cui fermarsi.

“ Aspetti, per favore. E’ da parecchi giorno che la cerchiamo Reborn-sama.”

Quasi nessuno.

 

Un uomo alto e avvolto in un giubbotto molto pesante nero fece cadere un oggetto di forma cubica per terra, quasi come se si trattasse di spazzatura.

“ Ah, allora questa Copertura di Nebbia che mi ha dato Verde è davvero una fregatura. Buono a sapersi.”

“ No, Reborn-sama. La Fiamma della Nebbia era forte, ma la mia Fiamma della Pioggia, combinata a quella di Alfin sono bastate per superare l’illusione.”

 

A parlare era stato un uomo molto giovane, forse della stessa età di Tsuna. Aveva i capelli castano chiaro, con un ciuffo più lungo che gli copriva una parte maggiore del lato destro della faccia. I suoi occhi erano blu scuro, la sua pelle era chiara e indossava una formale divisa da agente color nero.

Sorridendo indicò un punto sopra le loro teste, rivelando la fonte di uno strano alone turchese nel cielo della notte.

A mezz’aria, poco sopra i tetti dei palazzi, un delfino avvolto da fiamme azzurre della Pioggia, nuotava letteralmente compiendo piroette e altre acrobazie.

 

Il Tutor Hitman sogghignò.

“ Sei cresciuto, Basil. A differenza di quel testone di Dame-Tsuna, tu invecchi bene.” Si mise le mani in tasca e inclinò il capo da un lato.

“ Allora, come mai quando mi aspetto una scorta mi ritrovo un agente della C.E.D.E.F ?”

Basil abbassò lo sguardo a terra per qualche secondo, per poi provare a guardare il Tutor con un’aria un po’ più risoluta.

“ Questa volta non sono qui per aiutare Tsuna-dono… mi dispiace dirlo, sono chiaramente una vergogna per la Famiglia.”

Ma Reborn si apprestò a interromperlo ancor prima di lasciarlo finire, con un enigmatico sorriso.

“ Non direi proprio che sei una vergogna, non immagini quanti si stiano distaccando dagli ordini di Tsuna per seguire il progetto di Tengoku. Vai subito al punto e dimmi cosa devi dirmi.”

 

Il ragazzo fece una faccia sorpresa, per poi ammutolire per un’altra breve quantità di tempo.

“ Ho quattro notizie cattive e due buone direttamente dai conti della C.E.D.E.F… quale vuole sentire pr-”

“ Giuro che ti spacco la faccia se non ti sbrighi a parlare, Basil…”

 

“ Primo: Tsuna-dono ha mandato i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse a riprendere i ragazzi.  Afferma che siano preparati a tutto, anche combattere contro di lei per evitare che possa ostacolare il recupero.”

“ Bha, io non farò proprio niente, può stare tranquillo.” Ridacchiò il sicario, facendo seriamente stupire l’altro.

Cosa aveva appena detto?

 

Basil deglutì a vuoto, cercando di continuare.

“ P-poi... alcune Famiglie non legate ai Vongola hanno recentemente assoldato un sicario, quasi tutte nello stesso periodo di tempo  per farsi la guerra l’un l’altra. Dopo che l’organizzazione ha ritirato i reperti di spionaggio, risulta che il killer abbia sterminato tutti isuoi datori di lavoro… insieme alle annesse Famiglie e alleate.

Un segretario sopravvissuto ha dichiarato che quell’uomo si autoproclamasse di continuo ‘Il miglior assassino del mondo’. E che fosse particolarmente interessato nell’avere la testa del famigerato Tutor Hitman Reborn.”

 

Passati qualche secondi l’Arcobaleno del Sole fece spallucce, annuendo soltanto: “Ok, questa era la notizia buona o la cattiva ?”

“ La seconda cattiva… Reborn-sama.”

“ Qual è il nome di costui ?”

“ Non abbiamo il suo vero nome, si fa chiamare sempre con un soprannome, un titolo: Providence.

“ Vai avanti, devo tornare all’albergo per assicurarmi che i mocciosi siano a nanna.”

 

La totale indifferenza di colui che si credeva il miglior assassino della storia, alla notizia di un altro autoproclamato formidabile sicario, che in fin dei conti gli dava anche la caccia… faceva davvero spaventare, se non inquietare l’agente della C.E.D.E.F.

 

“ La Famiglia Plaza è stata sterminata.” Annunciò comunque lapidario, l’uomo. Forse per la prima volta dopo tutte quelle notizie, Reborn si sorprese.

“ Dopo che uno dei Bravi aveva attaccato il futuro Sesto Boss, Miguel Nostrado, durante la festa delle Alleate,  Maria Nostrado ha deciso di vendicarsi con tutti i suoi uomini attualmente in Italia. Nonostante Tsuna-dono e Kyoko-dono abbiano provato a fermarla, lei ha comunque insistito.

C’è stata una lunga guerra in Nord Italia, ma inspiegabilmente i Bravi hanno mostrato delle misteriose alleanze che gli hanno concesso una rapida vittoria. Ora Tsuna-dono non si è ancora deciso a tentare un salvataggio, mentre spera a breve in una richiesta di ricatto da parte di chi si nasconde dietro Xian.”

“ Lo sapevo che quella ragazzina non stava facendo tutto da sola, c’è una mente manipolatrice e folle dietro tutto questo.” Mormorò Reborn a bassa voce, ripensando alle parole di Arboc, ma allo stesso tempo a… Xanxus!

 

“ Fin’ora le buone notizie sono che il nostro vice-direttore si sta impegnando per conti privati nel recupero di informazioni. E’ un vero esperto dello spionaggio, non c’è da preoccuparsi.”

“ L’altra buona notizia ?”

“ Il settore A.I della C.E.D.E.F, ossia quello che le ha inviato i mezzi di addestramento necessari, ha scoperto un traffico molto fruttuoso di Oricalcum(nota a fine capitolo) e lo abbiamo comprato a buon prezzo dalla Famiglia Diga. Era da tempo che non ne ottenevamo una quantità così alta.”

Il castano smorzò subito il suo sorriso, avvicinandosi di un passo all’altro con sguardo preoccupato.

 

“ Reborn-sama… temiamo che ci sia una spia nei Vongola.”

 

 

 

Ore 03:30

All’interno del vecchio pub si scatenavano urla e grida di rabbia e frustrazione, così alte e spaventose da far rabbrividire chiunque.


Arboc sedeva sempre sulla sua sedia, ruggendo e contorcendosi come se fosse stato posseduto.

A volte si portava le mani al volto, finendo per artigliarsi le guance.

Duncun si era rinchiuso in bagno, mentre continuava a piangere tappandosi le orecchie.

 

“ Perché? Perché non mi hai voluto colpire, Ten-kun bastardo?!! Perché tutti mi negano di provare il dolore che desidero!!”

Tlack

“ Ti lascerei volentieri dissolvere nella tua pena, ma purtroppo ho altro da fare in serata.”

 

Il freddo del metallo sulla sua tempia. Il dolore e la quantità di Intento Omicida che aveva rilasciato non gli avevano permesso di accorgersi di quelle due persone.

Una era una donna, seduta al bancone da sola. Aveva i capelli blu, legati in una treccia lunga sulla schiena.

L’altro era un ragazzo, colui che gli puntava la pistola sulla testa, dai capelli corvini e lisci.

“ Ora voglio che tu smetta di urlare e mi ascolti. Parlerai solo quando te lo dirò io, intesi ?” sussurrò Platino degli Anonimato, mentre Sherry Gold ridacchiava in sottofondo.

Quasi come ad aver ricevuto un comando, la donna estrasse dalla sua borsa di pelle un vecchio giradischi in ottone, posizionando la pesante cassa di legno sul bancone.

Poi agguantò un disco da dentro il suo cappotto invernale e lo posizionò sotto l’ago.

 

Dal tubo cominciò a fuoriuscire una densa coltre di fiamme opache color indaco, che rapidamente andò a disperdersi in direzione delle pareti del locale.

“ Non possiamo permetterci di venir ascoltati da orecchie indiscrete, no ?” sogghignò l’azzura, puntando il gomito sull’asse di legno e poggiando il mento sul palmo della mano.

 

‘ Fly me to the moon,

 Let me play among the stars,

 Let me see what spring is like

 On Jupiter and Mars …’

 

Sulle note di ‘Fly me to the moon’ di Frank Sinatra, ogni rumore dall’esterno come il frinire dei grilli o anche la stessa luce dei lampioni nelle strade, sembravano venir inghiottiti dalle Fiamme della Nebbia.

“ Allora, Amsodeurus…” incominciò Platino, sotto ancora lo sguardo scioccato e paralizzato di Arboc.

“ Ho rintracciato un sospetto numero di tentate intercettazioni nella nostra rete privata. Dopo qualche ricerca… sono risalito a voi dei Bravi. Come avete potuto anche solo potuto pensare di scherzare con una Famiglia come gli Anonimato ?”

All’improvviso il cinerino sgranò gli occhi, mentre rapide gocce di sudore iniziavano a colargli dalla faccia.

“ No! Non è come pensi, a dirci di fare così è sta-”

“ Non starò qui ad ascoltare le tue sporche menzogne.” Ruggì il corvino, con i suoi occhi color carbone che scintillavano furiosi.

“ Allora siete stati veramente voi…” Mormorò, mentre con un movimento dell’indice toglieva la sicura della pistola.

 

“ Non so chi vi manda o per chi lavorate, ma se proveranno a vendicarti, scopriremo chi sono in un istante. Ed il nostro Boss non perdona i bastardi come voi.”

Era il momento. Il momento nella vita di un assasino, per quanto potesse essere esperto, in cui l’esperienza era sempre minore rispetto a quella di un altro.

 

La dea della morte aveva aperto la porta. Si faceva largo tra le sedie e i tavoli trascinando il suo lungo mantello, e raschiando il soffitto con la sua falce e le sue nere ali.

Stava aprendo la bocca per dirgli ‘ E’ tutto finito. Hai lavorato al mio servizio per molti anni, ma ora devi venire con me. Per sempre.’

 

- Volevo soltanto provare… il piacere del pugno più inebriante.- gli occhi del sicario si fecero lattiginosi.

Quello fu il suo ultimo pensiero, prima del suono… il suono di una chiamata sul cellulare di Platino.

 

Ventesimo giorno. Meno quattordici giorni agli scontri.

Ore 10:00

“ Noi siamo…”

 

La luce del sole illuminava la pianura verde smeraldo, facendo danzare dolcemente l’erba al ritmo di uan brezza proveniente dal mare.

Il bosco dormiva silenzioso, con le sue alte fronde a  permettere un sonno più duraturo agli animali.

“ Noi siamo…”

 

Una costruzione di petra spuntava in mezzo a quell’oceano d’erba come un fungo, impossibile da non notare.

E due ragazzi, sotto il cielo limpido e con il sole in faccia, gridavano:

“ Siamo LIBERI !!”

Azura e Ten si lanciarono a capofitto nella discesa della collina che li separava dalla pianura, ridendo ad alta voce.

Erano distrutti, avevano percorso la strada della città a piedi, ma la felicità di aver concluso quella infernale sessione di allenamenti ripagava tutto.

Si guardarono negli occhi, sorridendo.

Jacob, il freerunning sui tetti dei palazzi, persino Duncun e Arboc… erano vivi, oltre che salvi. Entrambi vivi, l’uno grazie all’altra.

 

Non era cambiato molto nel loro rapporto, in fin dei conti.

 

“ Ciao, b-benvenuta nella classe.” Un ragazzino aveva parlato così ad una ragazza dai capelli rossi, da poco arrivata a Namimori.

Gli avevo detto che se avrebbero di nuovo provato a toccarti, gli avrei spaccato la faccia e tutte  le ossa del corpo !” E l’albero che tremolava al pugno di una studentessa, furiosa per il trattamento che credeva dei bulli avessero riservato al suo migliore e unico amico.

 

L’un per l’altro. Insieme.

 

All’improvviso, un ronzio crescente sospese la loro felicità, facendoli voltare increduli.

Le foglie degli alberi dell’intera foresta si piegarono sotto il vento provocato da… un elicottero verde scuro in avvicinamento.

 

Fu talmente tanto veloce da non lasciare ai due la possibilità di reagire in qualche modo: si fermò a pochi metri dal trullo al centro della pianura, stabilizzandosi a circa cinquecento metri da terra.

 

Un secondo dopo, una figura venne letteralmente scagliata fuori dal veicolo, con una velocità tale da spaventare i ragazzi.

La persona lanciata roteò pericolosamente per qualche metro in volo, mentre precipitava in caduta libera.

 

Dopo aver compiuto un vorticoso giro, però, un paracadute si spalancò dalle sue spalle, iniziando a farlo rallentare.

“ Ma quello è…”

 

Azura sembrava terrorizzata, ora la persona sfiorava i cento metri da terra, ma l’ombra dell’elicottero permetteva una visuale chiara e senza l’abbagliante luce solare in faccia.

Ora anche una voce poteva sentirsi nell’area vasta e desertica. Un urlo…

“ Quello è mio fratello !”

“ Drake !!”

 

 

Un raggio di luce gli trafisse il volto. Finalmente poteva vedere.

Sentiva delle lontanissime voci chiamarlo e un forte vento sfiorargli i capelli.

 

Una volti aperti gli occhi, sentiva ancora la sensazione di un qualcosa legato sulla fronte, come se fino a prima fosse stato bendato a lungo.

Solo allora si rese conta di star sorvolando un mare di verde.

“ AAAAHH !!” strillò Drake a quel punto, vedendosi la vita passargli davanti in un istante.

Stava cadendo, stava atterrando, ma…

Le sue mani erano legate dietro la sua schiena e non riusciva a muoverle.

Fare paracadutismo era sempre stato un suo sogno, ma sarebbe riuscito a sopravvivere senza morire non attutendo la caduta.

La paura prese possesso del suo corpo, dimenticandosi di avere il paracadute e credendo di star andando incontro alla morte sicura.

 

Cominciò involontariamente a dimenarsi, ed il telo che gli permetteva di planare nell’aria perse stabilità.

“ Nooh !” imprecò tra identi, sentendosi ormai non più padrone dei suoi moviementi. Stava venendo sballottato da una parte e dall’altra senza controllo.

Continuava sentire… le voci di Ten e di Azura chiamarlo! Erano loro. Lo avrebbero visto spiattellarsi al suolo? Non era una visione che avrebbe voluto dare ai suoi amici, tantomeno alla sua sorellina.

“ Controlla la paura, Drake! Non puoi vincerla ma puoi controllarla, maledizione.”

Ruggì sottovoce a se stesso, al suo cuore e alla sua mente.

Doveva farcela.

 

Con un movimento abbastanza sciolto, inarcò la schiena e incrociò le gambe con le corde che legavano il suo zaino al paracadute.

Poi, tirò in avanti gli arti e rovesciò il telo, quando ormai la distanza da terra si era ridotta a pochissimi metri.

 

Azura si coprì gli occhi con lemani, strillando a squarciagola.

 

“ No… no, no, no. Non posso…”

Due metri dal terreno, impatto immediato. Il corpo di Drake si rovesciò a terra…

“ …in nessun fottuto modo morire così !!”

Eseguì una Mae Ukemi(caduta in avanti) alla perfezione, utilizzando il telo del paracadute, che era riuscito ad avvolgersi attorno al busto roteando, per attutire ancor di più i danni.

Così, atterrò illeso, rialzandosi in ginocchio.

 

Sua sorella corse ad abbracciarlo in lacrime, mentre Ten rimaneva ancora inebetito ed immobile.

Lui non era da meno, si fece stritolare dalle braccia di Azura mentre con uno sguardo spento…

 

“ Drake, riprenditi !”

Un paio di schiaffi in faccia più tardi si risvegliò in mezzo all’erba, con i due ragazzi che gli sorridevano preoccupati.

Già, aveva perso conoscenza un attimo dopo aver fatto un’azione da super figo, questo fu il suo primo tristissimo pensiero.

 

Dopo questo siparietto, decisero di incamminarsi verso la costruzione, parlando in maniera casuale del più e del meno.

 “ Allooora, Azu… come sono andate le cose con Ten ?” il ragazzo sottolineò con un occhiolino il nome finale, mentre comunque la sorella lo guardava confusa. Drake era a conoscenza della dichiarazione dei sentimenti di Tengoku fatta la settimana scorsa, ma lei no.

“ Abbiamo sconfitto un serial killer con un machete… fatto freerunning sui tetti dei palazzi di notte inseguiti da Reborn armato…” Di fatti la ragazzina aveva frainteso completamente e stava iniziando a raccontare, davanti agli occhi spalancati del fratello, tutte le infernali prove settimanali.

Il bruno, dal canto suo, tremava ogni volta che quei ricordi gli tornavano in mente, terrorizzando ancora di più il fratello maggiore della tedesca.

“ Ma immagino che tu avrai fatto cose ben più pericolose, quindi non ti arrabbiare, per favore ?” terminò la ragazza con un tranquillissimo sorriso.

“ Ehm…sì, certo. Ormai non ho più nemmeno la forza di prendermela con una rompiballe come te.” Sospirò il biondo affranto, sperando in cuor suo, che tutte quelle cose fossero state previste e controllate dal Tutor.

 

Una volta arrivati alla porta, i loro sorrisi, seppur tirati, si trasformarono in facce ancor più stupite e nervose.

Non li aspettava Reborn, ma invece una lettera scritta di mano sua, probabilmente.

Incollata all’anta di legno, riportava così:

‘ Siamo arrivati tutti insieme sani e salvi alla fine di questa settimana. Presuppongo che Drake sia ancora vivo (cancellare questa parte se il ragazzo è morto durante il lancio dall’elicottero), quindi, miei cari ragazzi BENVENUTI ALL’INFERNO! Spero abbiate ancora tanta voglia di addestrarvi, vi ricordo che nel caso contrario siete sempre liberi di andare a morire contro i Bravi di Xian.

Ieri sera è arrivato un aggiornamento sui vostri futuri avversari, vi allego la foto del sostituto del Guardiano della Nuvola.

 

La pagina finiva in questo modo, dietro altre erano attaccate, una delle rimanenti due era una foto stampata.

“ Benvenuti all’inferno? Come potrebbe rimanere la voglia di continuare ad allenarsi dopo una frase del genere ?” Piagnucolò Ten, sospirando profondamente.

“ Più che altro… l’opzione ‘cancellare questa frase se il ragazzo è morto…’ mi sembra una cosa moralmente sbagliata e diabolica.” Anche Drake confermò la malvagità del loro mefistofelico Tutor Hitman.

 

Azura invece rimase in silenzio. Dopo aver sollevato il primo foglio, continuava a fissare la foto in bianco e nero con un’aria turbata.

Anche al compagno salì un nodo in gola una volta riconosciuto il volto: il maggiore dei fratelli Bellum aveva preso il posto del defunto Korvo… avrebbero rivisto Arboc agli scontri.

 

Ma il biondo non comprese tutta quell’inquietitudine nell’aria, quindi passò ad esaminare il terzo ed ultimo messaggio.

‘ Ora posso serenamente mostrarvi la VOSTRA posizione nella  classifica degli scontri:

CANDIDATI BOSS, Sfida del Cielo: Tengoku Marco Sawada contro Xian.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida della Tempesta: ancora ignoto contro Luc1f3r0.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida della Pioggia: Azura Schlmit contro Superbi Kravis.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida del Fulmine: Drake Schlmit contro Geronimo.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida della Nuvola: Akira Shirogawara contro Arboc Bellum.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida del Sole: Kiiro contro Duncun.

CANDIDATI GUARDIANI, Sfida della Nebbia: Momoka Reader contro Daezel Tortora.

 

Dietro questa porta potrete incontrare i vostri due rimanenti Guardiani del Sole edella Nebbia. Su, andate a conoscere Momo-chan e Kiiro-kun, fate amicizia e preparatevi alla ultima prova della settimana di stasera.

 

Le domande e i dubbi erano tanti nella mente dei tre. Qualche sguardo fugace non bastava per sincronizzare i pensieri e la confusione non agevolava per niente.

- Perché al posto di Akane risultava un ignoto? Cosa voleva dire?

- I nuovi Guardiani erano forse de i mafiosi presi da chissà dove, oppure si trattava dell’ennesima prova?

- Quanto sarebbe mancato alla tranquillità?

- Quanto era bastardo Reborn a scrivere in minuscolo gli avvertimenti, sperando che loro non li notassero?

 

“ Basta. Non voglio più avere paura e vivere terrorizzato da ciò che non conosco.” Dissse soltanto Drake, in un sussurro stretto fra i denti.

“ Neppure io, nonostante tutto questo sia molto spaventoso… non voglio perdere i ricordi di questi momenti.” Azura guardò Ten, che sbalordito ascoltava quelle parole tanto forti, dette da due liceali con cui aveva passato molto tempo insieme, correndo sul confine tra la vita e la morte.

Erano ragazzi. Tutti loro.

Andava bene così, voleva dire che avrebbero ricordato quel momento in cui afferravano la scelta mortale a due mani, come una sciocca ragazzata. Per il resto della loro vita…

 

 

La porta si aprì e un raggio di luce trafisse l’oscurità nella stanza quasi completamente al buio.

Sul tavolo completamente sparecchiato, era poggiato un piccolo cilindro di vetro, riempito da una specie di gomma gialla fino al suo tappo di ferro. Qualcosa era scritto sull’etichetta.

Inoltre, qualcuno aveva poggiato il tavolo sul legno, addormentandocisi su nonostante l’evidente scomodità.

 

Era una ragazza seduta su di una sedia. Pareva abbastanza minuta, forse della stessa altezza di Azura, o comunque di Tengoku. I suoi capelli castano scuro le ricadevano lunghi sulla schiena, sopra la quale indossava una giacca bianca. La pelle chiara delle mano poggiata sulla gamba era messa ancora più in risalto dai pantaloncini neri, in netto contrasto con quel candore naturale.

Portava anche delle lunge calze dello stesso colore dei pantaloni, che le coprivano completamente le gambe, e delle scarpette senza tacco.

Un nastro verde le pendeva dal collo della camicia, scivolandole sul braccio che usava come cuscino per la testa.

 

“ C-come ?” sussultò Tengoku.

 

Qualcuno dorme e qualcuno si risveglia…

Arriva l’Inferno fisico e psicologico!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tan Gard Muay e Ti Sok*= La prima è la guardia frontale del Muay Thai, con i pugni sollevati e le spalle a coprire il collo. I Ti Sok sono le gomitate dirette, volte a colpire naso, occhi e altre parti del volto.

Einsturz das Kreuz**= Ahiahiahi, mi perdonino i tedeschi e chiunque parli questa meravigliosa lingua. Ho studiato tedesco davvero per pochi anni, ma dal mio vecchio Collins ho ricavato i vocaboli e affidandomi alla memoria ho tradotto e composto ‘Crollo della Croce’. Vi prego, correggetemi se ho sbagliato, non mi fate rimanere con questa figura di M* xD (Nel caso, una lettera di scuse alla vecchia prof. è d’obbligo).

Nindokai***= (NIN-Cuore tenace/resistente DO-Cammino  KAI-Scuola) Si potrebbe tradurre in: Scuola che insegna il cammino del cuore tenace. Sistema di autodifesa nato in Germania all’inizio degli anni Novanta, insegna come mettere fine ad una lotta oppure ad evitare di crearla, in maniera da ridurre al minimo i danni nel minor tempo possibile.

Oricalcum= (nota per Simon: Sì, sono andato a ritrovarmi QUELLA scheda OC solo per questo. Sono risalito al 16 Febbraio 2015 xD). Ha un peso notevole, ma è molto costosa e fonderla, data la sua alta resistenza alle alte temperature, equivale a spendere la stessa somma che occorre per costruire un carro armato. Compensa con un’alta durabilità, ma non si possono applicare Fiamme del Coraggio di Morire, perché viene rivestita di frammenti di cristalli di diamanti.

Asmodeurus è una piccola modifica del nome di Asmodeus, il demone della Lussuria. Gli altri Demoni dei Peccati Capitali sono Marmon, Belphegor, Leviathan, Lucifero, Beelzebub il signore delle mosche e Satana.

Alcuni di questi scommetto che vi hanno già fatto capire la reale ispirazione di Akira Amano per i Varia.

Mio dio, se penso che c’è ancora gente che non sa che i Varia sono la personificazione dei Seven Deadly Sins…

 

Angolo Autore:

Le note erano tante per questo capitolo, no?

Welcome back, ben tornati dopo davver o un bel po’ di tempo su questa fanfiction. Anzi, in fin dei conti è passato meno di un mese, quindi ancora riesco a rientare nei mie  canoni di aggioranemento puntuale e felice. Yay!

Bene, non voglio dilungarmi oltre (ho voglia più che altro di correggere e andarmene a dormire), ma…

A tutti quelli che hanno intenzione di recensire con uno straccio di recensioni, con tutte le buone intenzioni che avete, lasciate che vi dica una cosa: mi sono fatto un mazzo così per scrivere questo capitolo, fin’ora il più lungo che vi abbia mai portato :)

Vi assicuro che per quanto la mia fanfiction faccia schifo e sia una nullità rispetto a molte altre, magari con la stessa idea di base, ci dedico molto tempo e molta fatica.

Solo questo…

Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Target Number 7: Negli occhi tuoi. ***


 

Target Number 7: Negli occhi tuoi. Occhi.

-Non capisco proprio come possa essere arrivato così avanti. 
Io non mi sento più me stesso… sono cambiato dentro.

-Non essere stupido: resti comunque il migliore. Senza di te, qualunque siano stati i tuoi cambiamenti, non sarei qui adesso.



Giorno ???

Scandinavia. Steppa innevata.

 

La leggenda della Yuki Onna, ossia uno yokai del folklore giapponese, non è conosciuta in tutte le culture.

 

Per questo, i cittadini scandinavi erano soliti chiamare le presenze misteriose delle pianure Elfi. Älva se riguardava un’esemplare femminile e Alf al maschile.

E così, nell’arco di tempo di una settimana, i pastori e i contadini che avvistavano uno spettro danzante nella nebbia della steppa, avevano creato l’ultimo fenomeno Älva.

Alcuni, addirittura affermavano che l’elfo misterioso che spariva ed appariva dalla nebbia, girasse quasi sempre in compagnia di un cavaliere fantasma.

 

‘Se apro gli occhi il mondo è bianco.

Se li chiudo ora è nero.

 

Il rosso e il grigio non esistono.

 

Se respiro sento il cuore che batte. Se trattengo il fiato c’è la tormenta.

La neve è sempre qui.’

 

 

“ E così saresti tu la Älva che incute tanta paura ?”

Al centro di una radura ricoperta da un manto di neve, tre figure venivano coperte dal vento dell’inverno.

 

Un anziano uomo basso e dalla barba grigia stava indietreggiando terrorizzato. Vestiva abbastanza pesante, ma il freddo lo stava in realtà facendo congelare.

Più avanti, un altro uomo, ma più alto e di corporatura più robusta. Aveva dei lunghi capelli biondi, gli occhi azzurri, e vestiva un completo grigio con un fodero d’argento attaccato alla cinta di cuoio.

“ Non pensare che io mi beva davvero una favoletta del genere.” Rise sprezzante, indicando la terza e ultima figura misteriosa.

Un mantello bianco con una pelliccia sul cappuccio svolazzava violentemente, rivelando l’esile corpo di una ragazza.

La carnagione era candida, gli occhi verde foresta e i lisci capelli color dell’ebano che scivolavano lungo il petto.

 

Non mostrava nessuna espressione… si limitava ad osservare.

- Non capisco cosa dice. Ma probabilmente non sono in pericolo.- Pensava intanto, mentre il biondo iniziava ad infuriarsi per quel silenzio.

Effettivamente l’uomo parlava svedese, una lingua sconosciuta alla ragazza.

 

“ Ci manca solo se, per colpa di una mocciosa, devo perdere tempo e far morire il vecchio.”

Con uno scatto, lui la raggiunse, annullando in breve tempo la distanza che li separava.

Portò la mano al fodero, e mentre sguainava una spada, contemporaneamente la fece saettare in avanti.

- Quest’uomo è un killer. Un mostro reale.-

 

 

Per qualche secondo ci furono solo scintille e ferro nella visuale dei due.

“ Cosa ?”

Un’altra pioggia di fendenti vibrarono nell’aria, sollevando un sottile strato di neve dall’erba.

“ Mi stai facendo davvero incazzare !!”

 

Eppure… l’uomo stava iniziando ad avvertire una strana sensazione di paura dentro di sé.

Tutti i colpi portati con la sua spada lunga, stavano venendo parati e deflessi dalla ragazza.

Lei era assolutamente padrona dei suoi movimenti, non esitava e riusciva a difendersi senza sforzo mentre pareva star danzando nella tempesta.

 

Ma con cosa? Con cosa si stava…

 

In tutto quel tempo non l’aveva visto. Era armata… più precisamente di un brocchiere d’argento dalla lama corta, accuratamente definito.

E se un’arma del genere lo avesse anche attaccato?

 

 

L’istante successivo delle potenti esplosioni d’aria centrarono in più punti la schiena del biondo, facendolo tremare in preda a spasmi.

Infine, cadde a terra, privo di sensi… o forse senza vita.

 

“ Ti avevo detto di osservare da lontano, non di entrare nel suo raggio d’azione.” Bofonchiò una voce maschile appena rauca, probabilmente appartenente ad un uomo sulla cinquantina.

 

Un’ombra si materializzò alle spalle della ragazza, prendendo le sembianze di un cavaliere.

Un’armatura nera come la pece, leggera e decorata con spuntoni e rose bianche dipinte sul ferro.

Su di un pesante spallaccio sul lato destro del corpo pendeva un mantello grigio, tenuto fermo da una catena che dal collo circondava il lato sinistro del busto.

L’elmo era calato sugli occhi, lasciando intravedere un mento privo di barba e dei ciuffi di capelli color cenere.

 

Un forte ronzio si udì anche attraverso la ruggente tormenta, ed un elicottero bianco superò le fronde degli alberi.

Si fermò sorvolando la pianura a bassa quota e qualcuno sfilò una scala di corda e legno.

 

Il cavaliere nero aveva preso intanto il vecchio sulla schiena, ma il peso non gli stava comunque impedendo di scalare  con entrambe le mani.

 “ Forza, andiamo.” Urlò alla ragazza, facendole un gesto con la mano.

 

Akira Shirogawara rimase immobile per qualche altro istante, fino a quando non vide le luci di fari tra i tronchi della foresta.

 

 

 

 

 

 

Ventesimo giorno. Meno quattordici giorni agli scontri.

 

 

 

La polvere dal soffitto danzava nell’aria mentre scendeva compiendo spirali, così da rendersi brillante una volta in contatto con la luce da fuori.

Per il resto le finestre nel trullo erano tutte chiuse, ed infatti un certo caldo si avvertiva nella stanza.

 

Tengoku rimase per così tanto tempo ad osservare la ragazza addormentata, che finì per scottarsi la mano sulla maniglia rovente dove l’aveva posata.

“ Lei è una degli individui scelti da Reborn per le sfide contro i Bravi.” Sussurrò Azura.

Sicuramente aveva intuito il pensiero degli altri due: anche se pareva strano, doveva comunque essere una persona da non sottovalutare soltanto basandosi sull’aspetto.

“ Dove sarà l’altro ?” Drake non fece caso a Ten, che nel mentre era rimasto immobile, ed andò ad esaminare lo strano container sul tavolo.

Allungò la mano e lo avvicinò a sé.

 

- Una mano? C’è sicuramente qualcuno qui. Ho paura a muovermi, potrebbe essere qualcuno d…

Cosa? È un… è un… RAGAZZO ??-

“ Yaah !” il biondo ritrasse subito il braccio quando vide… l’occhio spalancato della ragazza castana a pochi centimetri dal suo fianco.

Una frazione di secondo dopo anche lei scattò in piedi per indietreggiare, quasi inciampando nella sedia e andando a finire di spalle al muro.

 

Un raggio di sole le illuminava soltanto le gambe coperte dalle calze lunghe e dai pantaloncini neri.

Eppure, i suoi occhi guizzavano fugaci nell’ombra… e Tengoku la guardava.

 

Drake, molto imbarazzato dalla sua reazione scortese, non sapeva che dire.

Per un’insolita fortuna, una voce nasale da bambino spezzò quel lunghissimo minuto di silenzio che si era creato.

“ Siete tesi, ragazzi. Meglio se vi rilassate tutti: da oggi sarete compagni.”

Mini-Reborn entrò nella stanza, fischiettando con la sua grossa testa da neonato.

“ Che vi piaccia, o meno.” Sorrise nascosto dall’ampia tesa del suo fedora.

 

“ Dov’è il tuo vero corpo ?”

“ Come prego ?”

 

La tentazione di fare quella domanda era davvero forte in Ten, nonostante in tutti quei giorni avrebbe voluto che il Tutor sparisse.

Ora che c’era stato un ‘contatto’ tra il suo mondo e quello della mafia dei Bravi… aveva paura che tutto sarebbe cambiato. Per questo anche solo non vedere l’Arcobaleno del Sole nella sua forma originaria, causava nel suo cuore una opprimente sensazione di paranoia.

 

Tuttavia…

“ Tengoku Marco Sawada !”

Nelle menti dei quattro ragazzi si fece tutto improvvisamente buio, e di colpo la temperatura scemò di almeno dieci gradi.

Un’escursione termica tale da causargli uno shock disorientante: pareva di star vivendo l’inferno.

Questo perché il Tutor Hitman… era arrabbiato.

Fino ad allora non aveva MAI chiamato il figlio di Tsunayoshi anche con il secondo nome, ed in più il suo volto dimostrava una furia spaventosa: nonostante fosse solo un robot, era contratto in un’espressione terrificante, con gli occhi ridotti a due minuscoli spilli.

“ Non azzardarti mai più a sottovalutarmi in questo modo! Sono totalmente capace di gestire ogni problema senza il tuo aiuto. Quelli che per te sono crisi, per me sono banali come una battaglia di gavettoni. NON provare a preoccuparti per me…”

 

E dopo quel discorso, tornò il caldo, il sole e la luce.

“ E poi, non essere maleducato e saluta Momoka Reader.” Ora era tornato semplicemente normale, ma comunque incitava con aria intimidatoria il ragazzo.

 

Il bruno dondolò impercettibilmente il corpo, come se stesse per perdere l’equilibrio.

“ P-piacere, Momoka-san.”

 

- Co…!- Impallidì Drake.

- Co…!- Azura spalancò gli occhi.

- COOOSA ?!- pensarono sorprendentemente all’unisono.

Il loro sguardo era puntato al ragazzo a meno di un metro di distanza da loro, che in quel momento stava arrossendo e chinando la testa per evitare lo sguardo di Momoka.

 

“ Il piacere è anche mio, Tengoku-san.” Disse con tono raggiante Drake.

“ Cosa ?!” il bruno si voltò all’improvviso, trovando a guardare in faccia i due fratelli, anch’essi con delle facce confuse.

“ Il mio nome è Kiiro, sono l’unica macchina assassina di ultima generazione costruita dalla C.E.D.E.F… al tuo servizio !”

 

Questa volta, una voce identica a quella di Azura, li sorprese da un’altra parte della stanza.

Nuovamente tutti si voltarono, ma senza vedere niente o nessuno.

 

“ Uh. Vedete…” ridacchiò Reborn.

“ Kiiro è davvero il perfetto assassino mai creato dall’uomo, una ricostruzione artificiale che va anni avanti all’attuale progresso della robotica.”

 

“ Derefufufufu !” una risata inquietante, imitando la voce di Tengoku, si propagò nella sala.

“ Invisibile…” sussurrò allibita Momoka, mentre debolmente si appoggiava al muro.

 

“ Assolutamente no. Kiiro è stato costruito principalmente da gomma e fibre, misto ad elettroni che formano un’orbita attorno al suo cervello. È però in grado di sprigionare una forte energia che penetra il materiale di cui è costruito senza trovare resistenza, permettendogli di muoversi ad altissima velocità senza nessun rallentamento o rumore.”

Reborn sembrava volersi trattenere dall’essere divertito da tutta quella manifestazione di velocità, ma proprio non riusciva a fingere.

 

“ Parlo anche perfettamente circa dieci lingue, quindi non dovrei avere problemi a relazionarmi con tutti i membri segnalati del gruppo corrente.”

Tutti avevano compreso che Kiiro sapesse anche imitare le voci altrui alla perfezione.

 

- E’ davvero questo un membro del nostro gruppo ?-

Tengoku era esterrefatto.

 

Però, un dubbio iniziava a diradarsi dentro di lui, dato il tempo che inesorabilmente passavano in quella condizione.

“ O-ok, Kiiro. Perché adesso non ti fermi, così possiamo salutarti ?”

 

“ Negativo, Tengoku-san. Derefufufu !”

“ Cosa ?”

“ È una sfida, giusto ?” domandò Drake, comunque ben conscio della risposta.

 

“ Affermativo.” Rise il Tutor.

“ Kiiro non si fermerà fino a quando non riuscirete a vederlo e ad… afferrarlo.”

Ecco qual’era la prova a cui aveva accennato nella lettera!

 

I ragazzi, Momoka inclusa, iniziarono a sentire una certa ansia nel loro corpo.

“ E se venissimo spappolati non appena lo toccassimo ?” chiese preoccupato Drake.

Paragonava Kiiro ad un automobile che viaggia ad alta velocità, e lui stesso ad una persona ferma che entrava in rotta di collisione con la vettura.

Un incidente mortale, senza dubbio.

 

“ Ce l’ho !” Azura improvvisamente si batté il pugno sul palmo, spalancando gli occhi.

“ E’ fisica, il professor Suneo ha anticipato il programma del secondo anno già verso fino Gennaio. Parlava di legge della termodinamica, ossia quando… un corpo…”

Dopo esser partita con il piede giusto e la sicurezza necessaria per sorprendere i suoi due compagni, adesso Azura stava davvero cadendo nel vuoto.

- Merda! Non abbiamo avuto nessun momento libero per continuare a studiare dopo che la scuola ha chiuso un mese prima per via dell’attentato.-

 

Troppo poco tempo per lo studio, ma sicuramente qualcuno in grado di ricordarsi quella formula…

 

“ Per il primo principio della termodinamica e Legge della Conservazione di lavoisier: l’energia non si crea e non si distrugge, ma semplicemente si trasforma. Questo vuol dire che l’energia meccanica necessariamente si trasforma in energia termica in un moto perpetuo.”

“ Come ?!”

“ Cosa ??”

 

A parlare, per la prima volta in tutta quell’ora, era stata proprio Momoka, la confermata nuova Guardiana della Nebbia per le sfide.

Dopo tutto quel silenzio, aveva tirato fuori una voce ferma, anche se leggermente tremante per lo stress, ma abbastanza forte da incantare gli altri tre.

“ Quindi…” la castana si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prendendo con la mano libera un cellulare dalla sua tasca.

Il dispositivo era rettangolare e poco meno grande della sua mano, sembrava molto sottile e lo schermo si spaziava per tutta la sua area.

 

Così, lo puntò davanti a sé, per poi riavvicinarlo all’occhio come per vederci attraverso.

“ L’oscillazione delle molecole causa calore, ossia energia termica. La possibilità che la sua velocità superi quella del suono di almeno… dieci volte è del quaranta percento, in una media di velocità mach 9,9 circa.  Tra  i millecento e i milleduecento chilometri orari.

È inesatto dire che si può muovere senza far rumore per la sua strutturazione, di fatti rilascia…”

“ Fotoni !” la precedette Drake, con un leggero sorriso sul volto.

 

Di tutta risposta, la ragazza arrossì girando la testa e balbettando qualcosa.

“ No, ti prego, continua !” supplicò a quel punto Azura, mentre il fratello iniziava a sentirsi in colpa per quella povera ragazza.

“ Come hai fatto a vedere i fotoni ?” Tengoku attirò l’attenzione del tedesco con una debole gomitata, continuando però a parlare a bassa voce.

“ Non posso vederli, ma posso vagamente percepirli. L’allenamento che ho sostenuto in Germania mi ha aiutato a percepire gli elettroni intorno a me, quindi posso benissimo distinguerli dai fotoni, che sono più leggeri e veloci.”

Il bruno sospirò, incrociando le braccia al petto.

Azura aveva attivato il suo Seikuken per controllare un’area entro la massima portata delle sue braccia, mentre lui… riusciva al massimo a sentire una brezza accarezzargli i capelli.

 

“ Dicevo… fotoni.” Momoka aveva finalmente ripreso a parlare.

“ E’ altamente probabile che riesca a rilasciare fotoni grazie ad un processo chimico causato dalla riflessione delle onde elettromagnetiche nel suo corpo. Questa potrebbe essere la causa degli elettroni al suo interno.”

 

Kiiro rimaneva zitto, ma l’atmosfera nell’aria stava sensibilmente cambiando.

“ Adoro l’aria di strategia fresca al mattino.” Sussurrò Reborn, mentre pensava che era il momento di farsi un caffè.

 

“Sta creando luce artificiale per nascondersi. E la luce si può intrappolare !” esclamò a quel punto Momoka, mentre frenetica eseguiva calcoli sul suo cellulare.

D’un tratto, una lenta fiamma color indaco avvolse la mano con il dispositivo ancora acceso, che prese a brillare.

Una luce fredda e misteriosa si accese negli occhi socchiusi della ragazza, venendo proiettata sul display.

 

Il fuoco indaco si propagò dalla fotocamera, andando a colpire il pavimento.

Sotto gli occhi increduli di tutti, un enorme cristallo opaco crebbe si materializzò dal nulla.

Il Tutor Hitman sorrise, guardando tutto dai suoi occhi soddisfatti.

 

Selezione colori. Trasparenza cento percento.” Mormorò la Nebbia, e il cristallo divenne per magia… da opaco a completamente trasparente. Quasi invisibile, se non per un leggero effetto sfocato che si otteneva guardandoci attraverso.

Ma presto, si colorò nuovamente di un potente fascio di luce che illuminò a giorno la stanza.

Cancella !” ordinò a quel punto la ragazza.

Tutto scomparve.

Il cristallo e la luce, così come la fiamma.

 

Fu in quella frazione di secondo, dove Azura aveva disattivato il Seikuken e Draken si era lasciato distrarre dal flash, che Tengoku si accorse di aver tenuto gli occhi aperti per tutto quel tempo.

Non gli facevano per niente male, ma tutto divenne chiaro e limpido attorno a lui.

Fu allora che lo vide…

 

Un forte rumore di pneumatici che sgommano sull’asfalto, e poi d’accapo il silenzio.

“ Eccellente esecuzione, Tengoku-san.”

Il ragazzo era inspiegabilmente ancora in aria, nonostante fosse stato quasi sbalzato via da una pressione potentissima.

Questo perché, appurò una volta ripresa conoscenza qualche secondo dopo, qualcuno lo stava sorreggendo tra le braccia.

 

“ Congratulazione, amici miei! Siete riusciti a scoprire una delle mie debolezze: nell’istante in cui perdo lo scudo di fotoni, mi serve un tempo di 0,64 secondi per ricaricarne un altro.”

“ Tu sei… Kiiro ?”

 

Kiiro era senza dubbio uno strano essere: pareva abbastanza alto, ma era stato creato probabilmente per assomigliare ad un normale adolescente verso i diciotto anni. Spalle abbastanza larghe, fisico asciutto e senza nemmeno un muscolo in evidenza, altezza simile a quella di Drake.

L’unica effettiva stranezza era una maschera circolare abbastanza grande da coprirgli tutta la faccia, questo perché pareva incollata proprio alla pelle. Sopra era disegnata una bocca sorridente e due occhi neri rotondi.

Questo particolare lo rendeva alquanto ambiguo, sembrava appunto che fosse sempre ridente e allegro.

Dei corti capelli color del grano gli ricadevano sulla fronte bianca della maschera.

 

Per quanto riguarda il vestiario, assomigliava stranamente ad un hip-hopper, con felpa larga con il logo di un cilindro sopra, pantaloni a sigaretta e scarpe da ginnastica.

Tutto… di colore giallo.

 

“ Derefufufu !” rise Kiiro, divertito dalla reazione sorpresa dei ragazzi alla sua comparsa.

 

 

 

 

Circa un minuto dopo, nella stessa stanza era stata apparecchiata la tavola da un allegro mini-Reborn.

Mentre i ragazzi finivano di sistemare le posate, Kiiro li osservava al fianco del sicario, rimanendo immobile.

 

“ Allora Momoka-chan, perché non spieghi ai tuoi nuovi compagni un po’ di cose su di te ?” La ragazza sobbalzò alla voce di Reborn.

Vedendola in difficoltà, seppur il suo comportamento di adesso non rispettasse quello che aveva fatto poco prima, Azura decise di metterla volontariamente a suo agio.

Le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, improvvisando un sorriso più sicuro.

“ Tranquilla, forse in effetti dovremmo presentarci prima noi. Il mio nome è Azura… loro due sono Drake e Tengoku. Scusaci per averti disturbata prima quando…”

Ma la rossa non sapeva che la ragazza, una volta che le erano stati presentati i due ragazzi,  aveva smesso di ascoltare. Pareva davvero a disagio.

“ Oh…” Quando Azura se ne accorse ritrasse la mano, sentendosi delusa dal suo stesso comportamento.

 

Reborn continuava a sorridere, ed il tempo passava.

“ Momoka-chan, siediti accanto a Tengoku, per favore.”

La castana ebbe di nuovo un fremito. Anche il ragazzo sembrò venir scosso.

Perché se il Tutor sapeva di quanto potesse essere difficile per Momoka avvicinarsi a dei ragazzi, la costringeva addirittura a sedersi vicino ad uno di questi?!

 

Per Ten il tempo per pensare era poco. Poteva reagire in diversi modi: ad esempio avrebbe potuto volontariamente allontanarsi e cambiare sedia per fare sentire la ragazza più a suo agio, ma forse sarebbe sembrato un comportamento di disprezzo. Se avesse iniziato a parlare lui, quando sarebbe stato ascoltato, ma soprattutto quanto avrebbe infastidito la ragazza?

Poteva rifiutare? Sarebbe stato apprezzato, o si sarebbe trasformata in una maggiore fonte di imbarazzo?

 

Il miglior modo di agire era…

“ Certo.” Una risposta chiara e precisa, maggiormente positiva di un ‘Va bene’ o di un ‘Ok’.

Rapidamente allontanò dal tavolo la sedia dove si sarebbe seduta la ragazza, per permetterle di sistemarsi, dopodiché la aspetto con un piccolo sorriso.

Non serviva dimostrarsi inutilmente raggianti, altrimenti l’avrebbe messa a disagio.

Si sedette allo sesso momento di lei e aspettò che anche i due fratelli tedeschi si mettessero a tavola per sussurrare “ Buon appetito”.

 

Ora iniziava la parte più difficile: parlare ed iniziare un dialogo. L’espressione di lei era rimasta immutata, quindi non aveva ancora la certezza se il suo piano avesse avuto successo o meno.

 

Quando conclusero il primo piatto, nessuno aveva ancora detto niente.

Per la prima volta Tengoku entrò nel panico, rimanendo con uno sguardo vuoto a fissare il tavolo.

 

Cosa gli stava succedendo? Perché non… riusciva a…

E così arrivo alla soluzione dei SUOI problemi.

Non è un assassinio.

“ Quindi, Momoka… grazie ancora per prima. Sei stata m-molto brava. Eccezionale, dico sul serio.”

La soluzione si trovava in lui: non era mai stato bravo a parlare con le ragazze, come da sua indole da ragazzo timido e chiuso. Tutto questo tempo passato con Azura gli  aveva permesso di eliminare tutti i suoi freni, ma con altri individui del sesso opposto non si vedeva da mesi.

La stessa Akira era un tipo sfuggente ed imprevedibile, ma bastava qualche cenno della testa per capire le sue intenzioni, quando voleva lei.

 

 

Il pranzo proseguì nel silenzio, ma un peso gli si tolse di dosso.

 

Ventesimo giorno. Tredici giorni agli scontri.

Ore 22:00. Parigi, Francia.

 

All’ultimo piano di un altissimo edificio a forma cilindrica, una luce lampeggiava ad intermittenza, come nelle torce delle navi nel buio notturno.

Niente fumo o fiamme, nessuno si sarebbe potuto allarmare.

Perché nessuno sapeva, solo una persona all’interno dello stesso palazzo.

 

La sala era stata quasi completamente distrutta, pareti, mobili e il pavimento riportavano segni di lotta.

Un uomo era rimasto incastrato sotto un pesante armadio di mogano, con una striscia di sangue lunga che serpeggiava sulla moquette.

Era biondo, pareva sulla cinquantina e il suo viso dimostrava durezza nonostante il dolore che evidentemente pativa.

Serrò i pugni e li puntò a terra per cercare di risollevarsi, ma subito una fitta alle costole lo fece collassare di nuovo sul pavimento.

Ringhiò, ma non urlò.

 

Dopo pochi secondi, si udirono dei rimbombanti suoni di passi nel corridoio buio davanti a lui.

Allo stesso tempo, tutte le braccia del lampadario si staccarono, trascinandosi anche la pesante catena con un assordante frastuono.

Ora era tutto piombato nel buio più totale.

 

Ma bastarono pochi attimi affinché il biondo riuscisse a vedere una figura umana a pochi metri da lui, in prossimità della porta.

Solo la luna colorava d’argento la stanza, proiettando ombre terrificanti usi muri dall’intonaco distrutto.

 

Quell’essere era un umano. Andava oltre ogni concetto logico immaginare il contrario, eppure la sua figura pareva talmente inquietante da non poter nemmeno essere identificata con precisione.

Di lui si poteva solo scorgere un lungo cappotto oscillare, degli ispidi capelli rossi, resi però quasi grigi dalla luce lunare, e un teschio pallido al posto del viso…

Era davvero un teschio? C’erano forse degli occhi carichi di malvagità sotto una qualsiasi maschera, oppure non esisteva che un cranio?

La bocca si spalancò, liberando un alito freddo nell’oscurità.

“ Gamma, avete fatto davvero tanto lavoro per liberarvi dalla Famiglia dei maledetti. Ora però la corsa è finita…”

La voce sembrava alterata, e a tratti robotica e interrotta da ronzii.

Gamma cercò nuovamente di sollevarsi, contraendo i muscoli quasi fino a rendere tutta la sua testa ricoperta di vene pulsanti. Il dolore era lancinante, e niente gli avrebbe permesso di ritornare in forze.

 “ Dov’è la Principessa degli Arcobaleno ?”

 

A quella domanda il mafioso non poteva stare zitto.

La sua Boss, nonché l’unica figlia della più pura donna che avesse mai incontrato…

“ Cosa vorresti fare ?” La voce gli fuoriuscì debole.

La tattica di sembrare sottomesso e in difficoltà avrebbe potuto funzionare, mentre si preparava ad un contro attacco a sorpresa frugando nella tasca della sua camicia con movimenti quasi impercettibili.

Il teschio parlò di nuovo:

“ Se proprio vuoi saperlo, siamo intenzionati non solo a farla sparire per sempre, ma anche a condurre degli esperimenti sulle sue capacità sciamaniche di predire il futuro. Probabilmente tra un anno diventerà alla stregua di un giocattolo, ma anche con la volontà piegata, potrà ancora essere sfruttata.”

 

La vista di Gamma si annebbiò all’improvviso, mentre sfumature rosse apparivano attorno alla sua sclera.

“ COSA VORRESTI FARE, RIPETILO UN PO’ ?!!”

Cedette alla rabbia e puntò con entrambe le mani il misterioso individuo.

Elettro Biglia: Shot Plasma !” Nel palmo della mano sinistra, appoggiata all’indice teso della mano destra, c’era una grande palla da biliardo verde. Con una potenza paragonabile ad un fucile di precisione, la colpì distendendo il medio, rivestendola in un istante con una carica di Fiamme del Fulmine.

 

 L’aria vibrò, percorrendo il vetro delle finestre e i muri. Qualche scintilla color smeraldo continuò ad illuminare la stanza anche nei secondi successivi.

“ Un tentativo disperato, non ti vergogni Gamma ?” Una voce di scherno fuoriuscì dalla nebbia nera che avvolgeva quello spettro.

 

Un varco si era aperto nel corridoio, pareva quasi essere stato colpito da una palla di cannone.

Ma il proiettile non aveva centrato la figura, e per questo il mafioso stava ribollendo di rabbia e paura.

“ Mi fai pena. Se fossi in te piangerei tutte le notti per la mia stessa debolezza.” Continuò ad infierire l’essere misterioso, stavolta riprendendo ad avvicinarsi.

Con la punta della scarpa sollevò il mento dell’uomo, che in quel momento aveva il volto rosso dalla disperazione e imperlato di sudore.

“ Ti assicuro che me la cavo molto bene nelle tecniche di tortura…” Sussurrò a quel punto.

“ Dov’è… Yuni ?”

 

“ Va bene…” Un sospiro debolissimo, emanato dal biondo che stava steso nel suo stesso sangue.

Gamma alzò lo sguardo, riconoscendo nei denti del teschio un sorriso compiaciuto e mostruosamente tranquillo.

 

Avrebbe…

“ Devi…” Incominciò.

“ Fotterti, bastardo.”

... protetto per sempre Yuni.

In quel momento un ghigno compiaciuto si era dipinto sul suo volto, benché anch’esso danneggiato.

Non si sarebbe mai lasciato vincere da quel bastardo.

 

Il killer era una statua di bronzo. Immobile e completamente incapace di mostrare un’espressione.

 

 

Dopo un minuto, questi fece per parlare, ma il fiato gli si spense in gola.

“ Midori tanabiku, Namimori no…  Dainaku shounaku, Namimori ii  ♪”

Cinguettando in giapponese, un canarino giallo entrò dalla finestra spalancata, andandosi a posare a qualche metro dai due uomini.

Era piccolissimo, con gli occhi neri e lucidi. Si voltò a destra e a sinistra, per poi riprendere:

“ Siamo qui! Siamo qui! ”

 

Dopo poco tempo Gamma si rese conto di cosa sarebbe accaduto

Un miscuglio di sensazioni prese possesso della sua mente, e il suo voltò cambiò più volte espressione.

Aveva… un presentimento molto forte.

 

E dall’oscurità più assoluto del corridoio, due fari si accesero con rabbia.

Queste luci che emanavano pericolo, si scoprirono essere gli occhi di un uomo sui trentacinque anni, dai capelli neri come piume di corvo e dalla carnagione bianca come il latte.

“ Fai solo un passo e ti azzanno alla gola.”

Kyoya Hibari, il Decimo Guardiano della Nuvola, nonché una vecchissima conoscenza di Tsuna Sawada.

 

Letale oltre ogni limite, era senza dubbio uno degli uomini più forti riconosciuti all’interno del mondo della mafia.

Non aveva mai mostrato la sua lealtà a nessuno, non si legava mai e soprattutto non seguiva gli ordini.

Sin da piccolo si sospettava avesse un disturbo nella socializzazione, forse una immaturità psico-affettiva che gli impedisse di creare legami e di relazionarsi pacificamente con qualcuno.

In seguito, Reborn e Dino avevano scoperto non una natura da sociopatico, ma soltanto da ragazzo un po’ difficile e amante del combattimento.

Se il Tutor Hitman volesse fare una scheda di confronto, la sua controparte tra i compagni di Ten sarebbe Kevin Celeste.

 

“ Hai forse intenzione di uccidermi per impedirmi di far fuori Gamma, signor Hibari ?” Domandò l’essere, finalmente aprendo bocca.

“ Non scherzare con me. Non hai idea di cosa sono capace…” E nel dirlo, Kyoya appiccò con naturalezza fuoco ai suoi avambracci, rivestendoli di Fiamme della Nuvola.

Una volta che le fiamme permisero di vederci attraverso, si poterono notare due tonfa completamente neri come la pece, che brillavano ripetutamente inondati di viola.

 

“ Ma io ho già iniziato a giocare con te…” Quasi contemporaneamente a queste parole, in un angolo della stanza ci fu un’esplosione di sangue, che macchiò in un lampo il parquet e una parete.

“ Incredibile quanto sangue possa avere una bestiola del genere.”

E con la risata del killer che gli rimbombava nel cervello, Hibari constatò che sul pavimento adesso si stavano posando delicatamente un centinaio di minuscole piume gialle macchiate di rosso.

Anche Gamma ricevette un forte shock, ma la rabbia che montò nel petto della Nuvola fu la peggiore.

 

“ Se non riesci a proteggere un pulcino a due metri da me, pensi davvero che potrai fermarmi mentre rompo tutte le ossa ad un uomo immobilizzato a pochi centimetri dalle mie mani ?”

Un’enorme ombra nera come l’abisso inghiottì la stanza, trascinandoli nell’oscurità. La temperatura calò precipitosamente e ogni cosa pareva doversi rompere e ridursi in cenere.

- Impossibile!- pensò Gamma, osservando le sue stesse mani tremanti. –E’ l’Intento Omicida di quest’uomo-

 

Cambio Forma !

Con un’esplosione di fiamme viola, Hibari schizzò in avanti con tutta la sua forza.

 

Con tutta la sua spietata violenza, prima ancora che l’uomo potesse muoversi, affondò la sporgenza dell’arma nel suo torace. Un istante prima che il suono di rottura della cassa toracica si potesse udire, fece roteare il tonfa libero, colpendogli così con l’estremità più lunga il collo e parte della mandibola.

 

In seguito, si scatenò in una furiosa raffica di sferzate, non fermandosi nemmeno dopo aver ridotto quel corpo massacrato in una pira di fuoco viola. Passavano i minuti ma non si fermava.

Possedeva quegli occhi da belva inarrestabile ed implacabile. La sete di sangue era troppa, ma ancora di più era l’odore inebriante della morte.

 

Ma all’improvviso, uno di quei tizzoni d’ira si spense.

Un’esplosione si sprigionò dal cadavere del killer mentre ancora lui era ubriaco del massacro.

Non poté evitarla, si rese conto di essere ancora vivo solo quando gli era già stato portato via un occhio.

 

“ Hibari !!” urlò Gamma, vedendo la Nuvola barcollare sul posto, con un rivolo viscido che gli scendeva lungo il volto e numerosi segni di bruciatura su tutto il corpo.

Il biondo fece per gridare di nuovo, ma stavolta fu il suono di più spari consecutivi a mozzargli il fiato.

 

Solo adesso, il Guardiano dei Vongola cadde in ginocchio.

Un lago di sangue iniziò ad allargarsi sotto di lui, sgorgando da due fori sui suoi pantaloni, apparentemente simmetrici.

 

Come se stesse rivivendo un incubo, Gamma sentì il suono di passi nel corridoio, e non poté non voltarsi colmo di terrore, sapendo che ad accoglierlo non sarebbe stato un alleato.

“ Peccato, davvero. Odio i cattivi finali.”

E a quel punto capì. L’agitazione non glielo aveva fatto notare, ma l’Intento Omicida non era scomparso con la morte dell’uomo dalla faccia da teschio. Questo voleva solo dire che il vero possessore di quella forza inquietante era l’uomo appena arrivato.

 

Anch’esso aveva dei lunghi capelli rossi, indossava lo stesso giubbotto nero e portava i medesimi abiti del cadavere arso vivo poco prima.

L’unico particolare a distinguerlo dal precedente sosia, o sostituto, era il volto scoperto.

Lineamenti duri, ma non un viso troppo squadrato o affilato. Come se indossasse sempre una maschera, l’espressione non lasciava trasparire nulla.

 

Il rosso fissò Hibari dall’alto in basso con i suoi abissali occhi neri, nello stesso modo con cui si fissa un insetto schiacciato per terra.

“ Come agisci, il tuo modo di pensare e la velocità con cui reagisci e rispondi. Mi ci è voluto poco per studiare il modus operandi del ‘grande killer Hibari Kyoya’. Sei come un cane senza padrone, più pericoloso di un lupo perché senza la paura di un avversario più grande di te.”

 

Il Guardiano della Nuvola respirava lentamente dalla bocca, scandendo quei secondi di puro agghiacciante terrore.

“ Una bomba in un falso bersaglio e due proiettili una volta assordato dall’esplosione. Di piani come questo ne aveva a bizzeffe, almeno altri sette su misura per te.”

Il sicario si avvicinò a passo deciso al corvino, accovacciandosi a pochi centimetri dal suo volto.

Spalancò gli occhi di colpo e in quella frazione di secondo, a Gamma parve di percepire qualcosa di colossale avvolgere la sua figura come un velo nero.

 

“ E ora prova a pensare a quanti altri piani ho pensato per far fuori i tuoi amici Guardiani. E il tuo Boss, ovviamente…”

“ Umph !” Di tutta risposta, la Nuvola dei Vongola gli sputò un grumo di sangue sulla faccia, ghignando sfrontatamente con tutta tranquillità.

“ Potrai anche riuscire ad uccidere me… ma in questo mondo esiste un bambino che non appartiene al normale mondo degli assassini.”

 

Anche la risposta che arrivò, seppur presagio di un nefasto futuro, non lo impressionò minimamente.

“ Non sono più un sicario qualsiasi. Ora lavoro solo per l’ambizione del mio datore di lavoro. E’ di lui che dovresti aver paura, così come il tuo stupido Boss.”

Il rosso si alzò, e con sguardo impassibile, calciò la faccia dell’uomo come se fosse una bambola di pezza, scagliandolo tra i mobili rovesciati.

“ Neppure io appartengo al mondo degli assassini. Sin da quando sono nato, non ho mai fatto parte della gente normale. Io stesso posseggo il dono degli dei della morte e della vittoria, e sono l’assassino migliore del mondo.”

 

Poi, in preda al suo monologo, incominciò a guardarsi le mani ricoperte dai guanti neri, sussurrando le parole.

“ L’Istinto d’Emulazione, posseduto da un assassino su un milione fin dalla nascita, che non si eredita e non si guadagna. Uno come me non può far altro che seguire il sogno del mondo perfetto, con il risveglio del figlio delle stirpi maledette.”

 

 

 

Ventunesimo giorno. Meno dodici giorni agli scontri.

Ore 13:00, Italia.

 

Xian sedeva sulla sua poltrona di pelle tigrata, sbuffando ripetutamente per il caldo che stava patendo.

Grondava sudore, sia per l’afa estiva arrivata prematuramente quell’anno, sia per gli intensi allenamenti che seguiva sin dall’alba. Distrattamente, si grattò una grossa cicatrice sul braccio destro, che gli prendeva fin tutto il fianco fino al bacino.

Pensò che aveva bisogno di ricaricare i suoi fucili e di accendersi una sigaretta.

Ma aveva mai fumato prima d’ora? No, non ci aveva mai nemmeno pensato.

 

Trattenne a stento un’imprecazione, pensando di star diventando inutilmente paranoica, perché spesso si pensa al fumo quando si è nervosi.

Lei no! Lei non era di certo una debole femmina, seppur non rifiutasse di mettere in mostra le sue grazie e di portare lunghi i capelli color dell’ebano.

 

Così si sentiva bella. Bella e amata…

 

Il ticchettio tipico dei passi sul pavimento liscio di marmo nero la fece voltare. Istintivamente allungò una mano verso la fondina piena di un revolver che portava al fianco: quelli non erano i passi di Alberto, ed era sempre il maggiordomo a portare gli ospiti lì giù.

Kravis, Geronimo e Daezel erano dalle loro famiglie, mentre Duncun aveva deciso di andare nel Sud per cercare notizie riguardo Tengoku.

 

“ Chi sei ?!” Stava per gridare, ma prima di aspettarselo, una figura apparve dalla rampa di scale.

La fredda luce bianca di una lampada da muro illuminò una ragazzina, probabilmente di qualche anno in meno di lei.

Era minuta e non troppo alta, con la carnagione candida che faceva intuire una rara esposizione alla luce del sole. I capelli erano quasi come i suoi, lisci e neri, ma quelli di lei avevano dei sottili riflessi rosso o violaceo.

Il viso era immacolato come quello di una bambola di porcellana, con dei grandi occhi marroni e due piccole labbra rosate.

 

Si staccò dal corrimano che aveva percorso con una leggera grazia, cominciando a camminare nella direzione di Xian come se galleggiasse nell’etere.

“ Mio padre sarebbe venuto volentieri, ma attualmente è occupato con quel Lupo e ha dovuto rimandare la visita a dopo i giorni delle battaglie.”

Il Fantasma. Il capo dei Bravi non avrebbe saputo darle un nome migliore.

Quella ragazzina parlava come se appartenesse ad un’altra realtà, comunicando da anni luce di distanza.

“ Ho capito.” La corvina annuì, sentendosi quasi in soggezione. Questa sensazione le fece montare una rabbia indescrivibile.

“ Non fraintendere, anche a me piace venire qui. Il pensiero che dei ragazzi siano così forti da rappresentare l’unico mezzo per portare a compimento il sogno di mio padre, mi fa sentire bene.”

Il Fantasma continuò a muoversi in maniera casuale per la stanza, per poi posarsi accanto a lei sul largo divano.

 

“ Tuo padre è il mio unico e solo padre. Non potrei fare altro per renderlo fiero di me.”

Disse allora Xian, con un insolito scintillio negli occhi.

Nella sua pupilla avvolta dalle fiamme di un crudele desiderio, bruciavano i ricordi del suo passato. Quelle memorie nessuno le avrebbe più viste, mai più.

“ Grazie mille.” Il fantasma chinò il capo in segno di ringraziamento.

“ Spero che tu possa meritarti un posto degno della tua forza dopo la Rinascita.”

 

Quella parola ogni volta scuoteva qualcosa dentro il capo dei Bravi, ma stavolta la ragazza seppe nascondere ogni segno di stupore, come le era stato insegnato.

“ Tu… come ti senti al pensiero del compito che dovrai svolgere ?” Quella domanda nascondeva un forte disagio, di fatti la risposta avrebbe potuto inquietarla così come sconvolgerla.

Non era normale, ma lei sapeva bene che ormai ogni sforzo sarebbe stato sovrumano pur di raggiungere la felicità.

 

La ragazzina chinò la testa, guardando in basso. Lentamente passò una mano sul suo ventre, accarezzando i merletti del vestito di pizzo nero che indossava. Nel farlo, mostrò un tatuaggio insolito che rovinava la pelle nivea sul dorso. Una E in capitale maiuscolo, inscritta al centro di una spirale dentro un rombo.

“ Credo che sarà bello mettere al mondo l’Angelo. Mio padre sarà felice e la missione della Nuova Famiglia sarà compiuta.” E un timido sorriso si dipinse su quel volto non reale.

 

Ore 14:00

???- Arena dei pistoleri.

Aprire gli occhi fu difficile, ma rialzarsi e mettersi in piedi fu ancora peggio.

Un forte mal di testa lo stordiva e tanti cerchi di vari colori si animavano davanti a lui.

“ Dove? Cosa?” domandò Tengoku, non proprio in maniera brillante.

 

D’un tratto, un fischio lo fece sobbalzare e urlare come uno scemo per lo spavento.

Inizialmente non lo comprese, ma poi, guardandosi intorno il suo cervello iniziò a lavorare una spiegazione possibile.

 

Istintivamente si schiaffò una mano in faccia: il cattivo gusto di Reborn faceva paura, a volte.

Sebbene facesse fatica a crederlo, si trovava nel bel mezzo di una larga via, al centro di quella che sembrava una città del Wild West mille ottocentesca. Ed il fischio che aveva udito inizialmente era proprio la colonna sonora di un famosissimo film western*.

Per fortuna, la brutta battuta non gli restò a lungo sulla coscienza, perché a breve il maglione di lana sopra la t-shirt con cui si era svegliato, iniziava a diventare fin troppo pesante per il caldo soffocante.

Non pensò minimamente che quell’atmosfera fosse stata resa bene, per non dare una soddisfazione all’ideatore malsano di quel piano.

 

E infine, per sua fortuna o sfortuna, una sagoma sfocata dall’afa si mostrò all’orizzonte.

Fedora calato sugli occhi, giacca, pantalone e cravatta nera sulla camicia bianca.

Era lui!

 

“ Ehilà, brutto figlio di un cane !”

-Cosa?!- Il ragazzo venne sorpreso dalla durezza delle parole che gli erano uscite di bocca. Non era mai stato uno incline ad usare termini volgari, anche se solitamente sentiva espressioni un po’ spinte negli anime che seguiva.

Nuovamente, il tempo per pensare non fu molto. L’aria venne sferzata da due invisibili correnti al seguito di un esplosivo colpo di sparo.

Prima che Ten potesse pensare di muoversi, sentì una strana leggerezza alla testa.

Quando andò a tastarsi la chioma castana, scoprì con terrore due fori tra i suoi capelli.

 

Urlò in preda al panico, aspettandosi di svenire.

 

Intanto, il misterioso individuo lo aveva raggiunto, percorrendo chissà quanti metri in pochissimo tempo.

“ E’ da tanto che non ci si vede, piccoletto.”

Un ghigno divertito si aprì sotto la tesa del cappello, che intanto continuava a coprirgli una parte del volto.

 

“ Chi… ?” Al ragazzo quella voce non diceva nulla. Eppure se fosse stato qualcuno da temere se lo sarebbe ricordato,  ma gli sembrava di non conoscere per niente quel comportamento e modo di fare.

L’unico era… Reborn.

“ Quasi mi dispiace averti rovinato quel cespuglio, di inverno mi ci sono fatto certe dormite sopra. Eh eh eh!”

Dormite? Era vestito alla stessa maniera del Tutor Hitman e parlava pressappoco come lui. Chi altri sarebbe potuto essere?

“ Ma come, non mi riconosci ?” sospirò leggermente deluso l’uomo, sollevandosi il cappello con l’indice, come spesso faceva anche Reborn.

Mostrò finalmente la sua faccia: un volto appuntito con due grossi occhi arancione chiaro e dalla pupilla sottile e aguzza e dei corti capelli verde smeraldo.

 

Ten stava per implodere dalla sensazione di smarrimento, ma quando vide il verde mostrare una lunga lingua rosa pastello, quasi non cadde a terra.

“ LEON ?!”

Il fidato camaleonte dispettoso del Tutor scoppiò a sghignazzare, mantenendosi la fedora sulla testa.

“ Ti starai chiedendo come ho fatto, eh? Bhe, per ottenere un alloggio fisso nel cappello di Reborn farei questo e altro !”

 

Effettivamente il bruno era ancora in stato di shock, ma un forte dubbio, come al solito in quelle situazioni non poteva non fargli pressione.

“ Perché diavolo Reborn mi ha portato qui? Si è forse bevuto quella brodaglia che si ritrova al posto del cervello ?”

In seguito a queste parole, si tappò la bocca energicamente, spaventatissimo dal non poter più controllare il suo corpo.

 

“ Questo è il penultimo allenamento prima delle battaglie, Ten. Non sarà per niente facile, ma penso proprio di essere all’altezza di Reborn, come Tutor.” Sorrise amaramente Leon, posandogli una mano sulla testa con fare paterno.

Ten si sentì inconsciamente meglio.

“ Abbiamo deciso che il modo migliore per controllare la tua forza esplosiva, sia allenare i tuoi riflessi facendoti adattare ad un’arma.”

Nel dirlo, il camaleonte gli passò una pistola, che inizialmente il ragazzo rischiò di far cadere per lo spavento: l’arma era pesante e l’acciaio freddo gli faceva provare una strana sensazione.

“ Smith & Wesson 357 Magnum**! Buona, ha uno stile non troppo moderno e per gli amanti come me dei duelli veloci.”

 

Effettivamente non sembrava a tutti gli effetti una pistola come quelle che portavano i poliziotti, ma ben più un revolver da, appunto, film western.

“ C’è scritto qualcosa…” sfuggì alle labbra di Tengoku. I suoi occhi erano stati catturati da una firma incisa sull’impugnatura laccata di rosso cremisi.

“ E’ stata la prima pistola con cui Reborn ha iniziato ad uccidere. Prendila come un suo regalo.”

Senza effettivamente rispondere alla domanda, Leon si allontanò dandoli le spalle.

 

“ Ora…” anticipando una qualsiasi domanda riprese il discorso principale.

“  Sta a te capire come utilizzarla al meglio. Questa arena è stata programmata da un team di scienziati e poi modificata da Reborn per creare degli allenamenti per tutti voi. Ci sono delle regole ben precise, se vuoi sopravvivere fino al quinto giorno.”

 

Detto questo, impugnò uno strano revolver verde pantano e alzò la canna al cielo, sparando qualche colpo senza il minimo preavviso.

“ Ten! Potrai usare come sola arma la pistola. La temperatura si alzerà ogni giorno di due gradi, così da arrivare al quinto giorno intorno ai trentadue. Le condizioni…”

E qui trattenne una risatina.

“… dovrai per forza parlare come un cowboy del mille ottocento, oppure per citazione dei film western.”

 

- Reborn, se ti trovo io ti ammazzo.- Pensò Tengoku, iniziando a massaggiarsi le tempie. Non sarebbe mai finita quell’assurdità.

“ E per concludere l’allenamento invece, mi dovrai colpire.”

“ Cosa?! Intendi sparare… per tutte le mucche !?” Quell’ultima esclamazione fu costretto a dirla tra le lacrime. Stava diventando più una scena demenziale e rapidamente l’assurdo aveva preso posto all’inverosimile.

 

“ Pensi sia facile? Meglio così…” Soffiando via un po’ di sabbia dal fedora, Leon si allontanò con noncuranza.

“ Di notte si sospenderanno i combattimenti. Dureranno fino al tramonto del sole.”

 

E mentre si allontanava, sulla sua scia precipitarono due, apparentemente grosse aquile o condor, a terra. Morti stecchiti.

Il bruno rimase a fissarli per qualche minuto, paralizzato.

- Sono forse… i proiettili che ha sparato prima?-

 

Ore 21:00. Italia.

La piana infinita come al solito di notte pareva un oceano, con l’erba che al vento danzava quasi simulando delle onde.

Le stelle splendevano senza nemmeno una nuvola a nasconderle.

 

“ Una notte del genere pare quasi un vestito di seta dai temi poetici.”

Un uomo, seduto a gambe conserte  sul tetto del trullo, aveva il naso puntato verso la volta celeste.

 

Vestiva un lungo abito rosso dalle larghe maniche, ma allacciato in vita sopra dei pantaloni neri.

Il volto era giovane, i capelli corvini quasi si confondevano nel buio.

 

“ …”

Un lungo respiro gelido, trattenuto da dei forti polmoni gli giunse in risposta.

Ai piedi della costruzione, c’era un ragazzo.

 

Kevin rimaneva in piedi, con la testa alta e gli occhi neri socchiusi in uno sguardo affilato.

 

“ Oh, hai ragione ragazzo, mi ero dimenticato dei nostri giovani ospiti.” Rise Fon, l’ex Arcobaleno della Tempesta. Il ragazzo non reagì.

“ Come avete detto di chiamarvi ?” continuò allora, rivolto verso delle figure in lontananza. Il suo tono era pacato e sereno, talmente tanto da sembrare quasi sfrontato.

A quel punto Kevin sogghignò, cogliendo una presunzione che forse non c’era.

 

“ Il mio nome è Bellum, l’Araldo della Strage. Siamo i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse mandati a riprendere il rampollo di Decimo Vongola.”

Una voce cavernosa e demoniaca, come se si fosse appena aperto un portale sugli inferi.

Una delle due figure apparse era un enorme energumeno ricoperto da un’armatura rossa scarlatta, ricoperta di spuntoni e con due corna capeggianti sull’elmo.

Dalla sua schiena svolazzava un mantello nero, rivelando un enorme fodero di spada. Sui gambali portava altre due guaine e nella mano destra stringeva un ennesimo fodero, appartenete però ad una katana dall’impugnatura viola scuro.

 

Un corpo meno alto, al suo fianco, era semplicemente coperto da un logoro mantello con cappuccio.

 

“ Quattro Cavalieri? O son io un ignorante per quanta riguarda la tua religione, oppure lo sei tu in matematica: siete solo due… cavalieri.” Nuovamente con un tono tranquillo al limite del provocatorio, Fon fece notare l’ovvio, al che Kevin ricominciò a sghignazzare.

 

La figura incappucciata iniziò a ringhiare rabbiosamente, ma il braccio del cavaliere gli impedì di avanzare.

“ Sappiamo che Reborn non è qui. Non necessitiamo di essere a completo per ritirare i ragazzi. Dicci dove si trovano e forse la tua vita sarà salva.”

 

Con un movimento fluido, ma allo stesso tempo forte, il colosso sguainò la katana enorme, afferrandola a due mani e brandendola davanti a sé.

 

“ Certamente. Permettimi di guidarti.” Fon, dopo una lunga pausa, scandì lentamente quelle parole, mentre si ergeva in cima al tetto.

 

Davanti alla pallida luna, la sua lunga coda svolazzava come il mantello di Bellum.

Ma gli occhi dell’ex-Arcobaleno non erano normali. Appartenevano ad uno degli uomini che in un’epoca passata erano stati i più letali assassini del’intero pianeta.

Occhi di un’enorme bestia silente e millenaria, capace comunque di uccidere nonostante l’apparente tranquillità.

 

Il Cavaliere rosso comprese quello sguardo pericoloso, ed abbassò di qualche centimetro la lama.

Il riflesso della luna sull’acciaio gli fece perdere per una frazione di secondo l’attenzione su Fon, che l’istante successivo era appunto sparito.

Senza perdere più altro tempo, si lanciò in avanti come una bestia feroce, quasi muovendosi a quattro zampe verso una direzione lontana.

 

In pochi secondi, era già all’orizzonte.

 

“ Eh eh! Allora, rosso… sai fare altro, a parte ridere come un idiota ?” Sussurrò con tono tagliente la figura ammantata, rivelando una voce da ragazzo.

“ Senti chi parla.” Rispose Kevin, sinceramente acido.

 

L’unica risposta che ricevette fu il fruscio del mantello logoro che si posava sull’erba, per poi essere trascinato vai dal vento.

“ Hi hi hi !” il ragazzo sembrava avere all’incirca diciotto anni, pareva alto come Kevin e aveva la carnagione color caramello. I suoi lunghi capelli arancione chiaro, cadevano davanti coprendo l’intero lato destro della fascia, rimanendo comunque in parte raccolti in una coda alta.

Il suo volto presentava qualche cicatrice, ma la sua espressione sembrava davvero sicura di sé.

 

Rapidamente afferrò tra le dita un paio di piccoli coltelli da lancio che portava ad un fodero, per poi portarseli davanti al viso. Sogghignò e fece guizzare i suoi occhi rossi come braci.

“ Vediamo che sai fare, allora…”

 

 

 

“ Ci hai messo tanto ad arrivare! Mentre ti aspettavo, ho finito di leggermi questo libro.” Fon sorrise al Cavaliere, che lo guardava immobile e irremovibile.

“ Tieni tanto a quel ragazzo, se hai preferito allontanarti per combattermi. Non ti sei preoccupato nemmeno che io potessi ucciderlo ?”

“ Assolutamente no. Non ci saresti mai riuscito.”

 

Bellum sollevò con una mano sola la sua Murakumo sopra la testa, portando l’arco della lama rivolto verso l’alto.

Con lo stessa rapidità con cui l’aveva sguainata, fece tracciare alla sua katana un cerchio completo, fendendo l’aria come un tornado.

“ Bene. Mi impegnerò sul serio.” Mormorò tra sé e sé l’ex- Arcobaleno… ora materializzatosi alle spalle del Cavaliere.

 

L’uomo, si voltò di scatto e senza perdere la calma, calò un fendente con la stessa lama.

“ Ahah! Scherzo, non ho molta voglia di impegnarmi, questa sera.” Rise beato il corvino.

 

Non gli bastava tenere gli occhi aperti per rendersi conto di cosa avesse fatto:

Semplicemente bloccandolo tra l’indice e il medio, aveva interrotto il colpo della possente spada come se fosse stata una matita.

 

“ COSA ?!” Bellum andò su tutte le furie, perdendo definitivamente il senno.

Con la mano libera, iniziò a sfoderare tutte le armi presenti sulla sua armatura, riducendo a breve l’intera area intorno a sé, un cratere fumante.

 

Respirò lentamente per mettere in guardia tutti i suoi sensi: Fon era di nuovo sparito dalla sua visuale!

“ Non hai intenzione di darmi tregua, vero ?”

Prima che potesse anche solo pensare a qualcosa, un’onda d’urto più potente di un tornado lo scagliò in avanti, facendogli sfondare una buona parte di terreno come un aratro.

 

Dopo diversi secondi Bellum si rialzò dalla terra, scrollando da sopra l’elmo il suo stesso mantello.

Era ancora illeso, grazie alla sua indistruttibile armatura di oricalcum.

 

“ Hai già finito ?”

Avrebbe potuto urlare all’assassino della Tempesta di tacere, ma presto capì che la domanda non era riferita a lui.

 

A pochi metri dal suo corpo, si ergeva Kevin, con un’espressione seria e forse  anche stizzita.

“ Non ho voluto usare tutta la mia forza.” Rispose il ragazzo, puntando il suo sguardo glaciale sul Cavaliere in armatura.

 

“ Tu…” Bofonchiò Bellum, uno dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, rialzandosi con un’atmosfera drammatica nell’aria.

“ Avrai anche potuto battere il mio unico discepolo, ma non pensare… NON PENSATE DI POTERMI BATTERE !!” ruggì furente, esplodendo in una colonna di fiamme nere e rosso scuro.

 

Fon, di fronte a quella dimostrazione di fiamma deviata, si massaggiò il mento, assorto in pensieri che in pochi saprebbero interpretare.

 

Intanto, il mostruoso assassino si era pericolosamente avvicinato al ragazzo, adesso sovrastandolo di un metro d’altezza.

“ AVANTI, BASTARDINO DEI MIEI STIVALI! PROVA A DARE UN PUGNO ALL’UOMO DALLA CORAZZA INDISTRUTTIBILE !!” Sebbene l’elmo gli coprisse la bocca, la voce gli uscì tremendamente forte e quasi assordante come lo sparo di un cannone.

 

 

Le foglie, rapite dal vento, si posarono placide sulla radura, nonostante l’irreale mostruosità delle figure che la popolavano in quel momento.

Questo perché le foglie non appartengono al mondo comune e non sono soggette alle leggi della forza e della violenza.

 

Ma sia Kevin che Fon, invece, quel mondo lo conoscevano bene, per questo quando il maestro mostrò un’espressione più sollevata, il ragazzo mosse il suo primo passo in avanti.

Arrivò ad un palmo dall’enorme pettorale del Cavaliere, sfidandolo con uno sguardo che di malvagio o crudele non aveva niente. Erano occhi calmi, di chi non ha più paura.

 

“ Io sono più forte di te.” Sussurrò Kevin Celeste, ma non a Bellum… si era rivolto mentalmente al se stesso di uno settimana prima.

 

Così, ripetendo un’azione che mille volte aveva compiuto per ferire deboli, innocenti e vittime, per la prima volta  si mise a disposizione del bene degli altri.

Un pugno. Un semplice pugno.

 

E quando il Cavaliere della Guerra avvertì vagamente la paura era troppo tardi.

 

 

Il retro dell’armatura esplose in una vampata di calore, lasciando che il corpo la sfondasse, spinto all’indietro da una forza mastodontica ed inarrestabile.

Un’esplosione di fiamme disintegrò circa un decimo della pianura, sbalzando in aria soltanto polvere, perché anche i detriti venivano sbriciolati all’istante.

 

Quando il rosso sbatté le palpebre, si ritrovò in aria, sorvolando l’enorme cratere che lui stesso aveva creato con un solo pugno.

 

Vide Fon sorridere, e dopo tanto tempo fece lo stesso anche lui.

Un eroe, seppur dai dubbi principi morali, era nato.

 

 

 a cura di nekomata04/sissi1234.

 

 

* Il tema, famosissimo, di ‘The Good, the Bad and the Ugly’ composto da Ennio Morricone.

** Modesta citazione ad un’arma “protagonista” di una scena madre che ho amato in Battle Royale.

 

ANGOLO AUTORE:

Già.

Che piacere avervi qui, che piacere [cit.]!
Come state, tutto bene? Ci siamo ancora tutti?

Insomma, devo dire che è passato un bel po’ di tempo dal mio ultimo aggiornamento. Immagino non vi sia pesato molto, vero?

* deglutisce a vuoto, sentendo l’aura omicida di tutti i lettori*

Insomma… volete sentire una barzelletta? Questo capitolo sarebbe dovuto uscire per San Valentino.

AHAHAHAahaha… ah ah… ah. Bhe… a Marzo ho avuto una brutta influenza poco prima del mio compleanno, ma di tempo per scrivere ne ho avuto a sufficienza, scusatemi se vi ho fatto preoccupare inutilmente.

 

Ma parliamo un po’ del capitolo! Finalmente, dopo SECOLI di stasi dove personaggi canonici e non DIALOGAVANO soltanto sul futuro… BAM! Qualcosa si rompe… o forse si mette in moto? Edit: sì, Hibari è morto.

 

Si entra nella fase finale degli allenamenti, ma l’intervento di due oscuri personaggi ci fa presagire che il peggio non sarà di certo Xian e la sua combriccola. Spero che tutti voi continuiate a ricordarvi del dialogo tra Devon e Doku qualche capitolo fa. All’epoca era insensato, ma adesso FORSE (spero di no, altrimenti potreste fraintendere troppo senza altri indizi) si potrà diradare di poco la nebbia del mistero.

 

Ah e comunque sì, ho scoperto durante il mio periodo di permanenza a letto, una certa passione per alcuni cult western, soprattutto di Sergio Leone. Per altri appassionati, il prossimo capitolo potrà essere davvero divertente.

 

Ma tranquilli, ho ancora un paio di cose da dirvi.

La prima riguarda gli OC. Come è ovvio immaginare, gli OC appartengono ai recensori che li mandano all’autore della fan fiction. Sì, ma in questo caso per SoF non sarà così. Penso da tanto a questo particolare, ed infatti ho prevenuto il caso di uomi_hime, che ha smesso di recensire.

In parole semplici, prendendo l’appunto esempio di uomo_hime: a differenza di quanto successo con Geo_96_Bee, non ho intenzione di rinunciare a Drake e Azura. Quindi solo per questa eccezione straordinaria, nonostante uomi_hime non recensisca da tanto, non eliminerò i suoi due OC.

Non voglio che fraintendiate, io e lei non ci conosciamo nemmeno, tengo soltanto ad Azura e Drake, personaggi ai quali mi sono ormai affezionato.

 

Poi… un esperimento just for fun (non è d’obbligo, tranquilli). Mi piacerebbe sapere qual è il personaggio che più vi piace e quello che invece detestate/vorreste vedere morto. Ovviamente, il personaggio più odiato non guadagnerà un biglietto assicurato per la morte, eh xD.

Io resto imparziale e adoro tutti i personaggi, soprattutto i vostri OC :3!

 

Ok? Scusate ancora per avervi fatto preoccupare per il regolare aggiornamento MENSILE della fan fiction. Non sia mai che perda la  voglia di continuare a scrivere! Nonostante abbia altri hobby, passioni e passatempi, non rinuncerei a questa fan fiction per nulla al mondo.

Chiaramente, tutto questo solo grazie a voi!

 

Alla prossima!

 

P.S: Naaah! Sono sicuro che qualcuno di voi (i maschi sicuramente), leggendo la scena di Kevin e Fon, avrà iniziato inconsciamente a cantare la opening di One Punch Man…

HEROOOO!!

Sì, l’ennesima ispirazione (che stranamente avevo intenzione di dare a Kevin, anche se con qualche differenza, sin da prima di leggere il manga o vedere l’anime) xD. Non reputo OPM un capolavoro epico etc. , ma non nego che mi sia piaciuto e mi ha divertito tantissimo.

Grazie a nekomata04/sissi1234 (è un problema se ti chiamo anche con il tuo vecchio nickname?) per la folle richiesta nella locandina segreta di questo capitolo!

P.P.S: Niente battute sulla citazione virale di Marco Nero (riguardante il titolo) nelle recensioni. Non fa ridere.
Se lo fate mi inc*zzo tantissimo. Uomo avvisato…

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Capitolo 8
*** Target Number 8: Non posso annegare i miei demoni. ***


Target Number 8: Non posso annegare i miei demoni.

a cura di nekomata04/sissi1234

 

 


I’m scared to get close and I hate being alone.

I long for that feeling to not feel at all.

The higher I get, the lower I’ll sink.

I can’t drow my demons, they know how to swim.

[Bring me the Horizon- Can You Feel My Heart]

 

 

 

Ventesimo giorno. Meno undici giorni agli scontri.

Italia. Ore 12:00

 

“Tsè! Ma cosa vi aspettavate, ragazzi? Sapete bene che sono un maestro nei picchiaduro.” In una sala giochi nella periferia della città, un ragazzo dai lunghi capelli fucsia  si era appena sdraiato sul tettuccio di una macchina.

Attorno a lui c’erano dei ragazzi e una ragazza, appoggiati al muro dell’edificio.

“ Non dirgli che ad aver vinto è stato il personaggio avversario, ok?” Sussurrò la ragazza vestita di bianco al teppista castano dagli avambracci muscolosi al suo fianco.

 

“ Che dici, Cicogna ?” mormorò il ragazzino, insospettito.

“ Niente, niente Boss-kun! Lei è il più forte di tutti nei videogiochi. Ohohoho!” Disse la ragazza, iniziando a ridere e a sventagliarsi con un ventaglio di piume.

 

“ Yare yare daze… mi sto annoiando, adesso.”

Takeda Longchamp, attuale Nono Boss della Famiglia Tomaso, era lì dalle sei di mattina e dopo aver fatto sgombrare la sala giochi, aveva deciso di rilassarsi per tutto il giorno.

“ Essere un Boss non è facile… devo fare sempre molti sforzi e sacrifici. Gash, vammi a prendere una soda al melone !”

 

Il Guardiano della Nebbia si allontanò, ma a giudicare dal forte rumore di stridere di gomme sull’asfalto circa qualche secondo dopo, una macchina doveva averlo investito.

 

“ Vediamo cosa potrei fare…” il Nono Boss appoggiò il mento sui palmi delle mani, curvato in avanti e seduto a gambe incrociate.

“ Una partita a scacchi con Mike ?”

“ Oohiohi! Sono molto bravo a giocare a scacchi !” esclamò il sumotori Guardiano del Fulmine.

 

“ Farmi tagliare i capelli da Cicogna ?”

“ Da grande voglio diventare un’estetista !” annuì a vuoto la Guardiana della Pioggia e del Sole.

 

“ Portare al pronto soccorso Gash ?”

“ …aiutatemi…”

 

“ Fare un giro in moto con…” Takeda sollevò la testa, guardandosi attorno e scrutando ogni metro del parcheggio.

“ Dov’è Centauro ?”

 

 

 

Svizzera. Ore 12:30

Di prima mattina in quel periodo estivo era raro avere nebbia in città, ma le forti piogge nelle colline vicine riempivano comunque l’aria di una frizzante freschezza.

 

Un uomo molto giovane, nascosto dalla nebbia e nell’ombra di un vicolo spoglio, sostava al di sotto di una lampada ad olio ovviamente spenta.

Basil, agente della C.E.D.E.F, aveva appena terminato il suo rapporto per Reborn.

Nonostante il suo lavoro presso i Vongola lo obbligasse solitamente a sostare per lunghi periodi presso la Magione, in quanto agente di una Difesa a livello mondiale, le sue tappe erano anche posti fuori dall’Italia.

 

La C.E.D.E.F  era, sin dal principio, nata per essere una Famiglia Ombra dei Vongola. I suoi membri non erano solo mafiosi, ma anche avvocati, politici, capi religiosi e molto spesso ufficiali con potere a livello militare in piccoli stati.

Ma più che membri veri e propri, questi erano solo i contribuenti e gli alleati, che ancor prima di ottenere un confronto con Tsunayoshi stesso, venivano filtrati e controllati a lungo da C.E.D.E.F.

Un’associazione che aveva dovuto dividersi all’inizio degli anni di Decimo al potere, grazie alle importanti conoscenze di un gruppo di scienziati che, l’allora ventenne Tsuna, aveva in amicizia.

La C.E.D.E.F scientifica, i cosiddetti Ricercatori Bianchi. Il primo a dirigere questa divisione fu Shoichi Irie, collaborando con il capo della Divisione degli Agenti, Iemitsu Sawada, per l’acquisizione di denaro.

 

L’anno precedente Shoichi aveva deciso di ritirarsi, così si occupava solamente di educare il figlio Akisame per prepararlo ad ereditare la divisione. Non per niente, adesso i Ricercatori Bianchi avevano cambiato il nome in C.E.D.E.F  A.I(Akisame Irie).  Quel ragazzo era particolarmente portato per la scienza e l’economia di commercio, infatti da mesi si occupava lui solo dell’acquisizione di materiali e progetti da paesi esteri per i Vongola. Aveva solo quindici anni, era invalido dalla nascita, ma il padre aveva comunque riposto in lui la fiducia nel futuro dell’organizzazione.

 

“ Domani sarà meglio tornare…” mormorò tra sé e sé Basil.

Aveva appena saputo della morte della Nuvola, Hibari Kyoya, in Francia. Tsuna sarebbe stato senza dubbio molto triste e preoccupato per tutti gli agenti fuori sede.

 

- In questo momento in giro c’è qualcuno con lo scopo di danneggiare i Vongola. Perché? Se il primo bersaglio è stato un Guardiano, senza dubbio l’obbiettivo principale sarà il Boss.- pensò, sinceramente preoccupato. Nessuno che si fosse spinto a tanto era mai riuscito a portare via la vita di un Guardiano. Questo era spaventoso.

 

-Se le mie intuizioni sono corrette, si tratta di uno degli uomini alleati con la squadra dei Bravi, che da una settimana impedisce ogni tipo di colloquio con Xian. Dei Plaza non si sa più niente, ormai… -

E con l’amaro in bocca di un nefasto presagio, si decise ad uscire da quel vicolo.

 

Improvvisamente, un cane randagio si frappose fra lui e l’uscita. Era grande, ma anche abbastanza scarno e apparentemente debole. Aveva la testa basse, le orecchie penzolanti e trascinava le zampe.

All’uomo fece subito tenerezza: quell’immagine rispecchiava il suo stato d’animo affranto e abbattuto.

 

Si avvicinò all’animale, accovacciandosi ed accarezzandogli la testa e la schiena.

- Andrà tutto bene.- Accennò un sorriso.

- Devo solo fidarmi di Tsuna-dono !-

 

“ Sono molti gli assassini utilizzatori di veleno, al mondo ...”

Basil riuscì solo a sentire quelle parole da una voce oscura e lugubre, prima di cadere di fianco. Immobile, con le palpebre ancora alzate, ma due occhi vacui.

“ D’altronde, durante la Seconda Guerra Mondiale quasi tutto il mondo ha conosciuto la pericolosità della chimica se applicata per uccidere e far soffrire.”

Il cane randagio scosse il capo, mostrando al posto del normale muso, una maschera di ferro con una specie di aculeo lungo che si dimenava come se avesse vita propria.

“ Io detengo anche il posto di miglior utilizzatore di veleno, superando Virus, dei Cavalieri dell’Apocalisse, Bianchi e Devon. Ma è soltanto uno dei miei numerosi podi raggiunti.”

 

Dallo sbocco secondario di quella stretta via, apparve un uomo, che come mantello indossava la coltre di nebbia della città. Solo i suoi lunghi capelli rossi come il sangue si potevano notare, in netto contrasto con l’impermeabile nero.

“ Da bambino sono stato rapito da dei narcotrafficanti nel mio paese natale ed ho vissuto come prigioniero per due mesi in una distilleria. Venivo costretto a lavorare la droga, ma in una settimana sola imparai come alterare le sue capacità e a renderla un veleno che nessuno poteva riconoscere, se non dopo averla ingerita.”

 

Il Teschio, o Providence, si avvicinò al corpo immobile di Basil, schiacciando con il piede il cellulare che l’uomo teneva ancora in mano. Nel farlo gli frantumò anche le ossa del polso, ma il dolore non poté arrivare al cervello dell’agente di C.E.D.E.F.

 

“ Nessuno può contrastare il dono divino, l’Istinto d’Emulazione !”

- Tsuna-dono… scappa per favore.-

 

 

Italia. Ore 13:00

 

Nella via di un’affollata città, camminava un particolare individuo alto più o meno sul metro e settanta.

Indossava una larga felpa azzurra, due pantaloni in jeans e due cuffie rosa pastello sui suoi capelli neri mossi.

 

“ Dove vai Vito ?” gli ritornavano ancora in testa le parole di Tengoku. Prima che Reborn conducesse i ragazzi nelle stanze speciali per gli allenamenti, il giorno dopo l’apparizione di Momoka e Kiiro, il futuro Undicesimo lo aveva rivisto dopo molto tempo.

 

Era stato bello rincontralo, ed era stato felice di constatare che il sorriso non smetteva di accompagnarlo.

 

Ma anche altre parole gli balenarono in mente, pensando a quella stessa mattina:

“ Dove vai Centauro ?” Fortunatamente anche Takeda pareva raggiante come al solito. Grazie all’incontro con Ten, la sua idea di Famiglia era stata ridimensionata.

Non poteva biasimarlo però: il padre, Kaito, era morto tre anni prima in una sparatoria, e per un bambino di allora tredici anni era stato senza dubbio un inferno trovarsi a capo di una Famiglia mafiosa.

 

Perché esistevano ancora leggi di successione così stupide, pensò.  Era triste constatare come anche Tsunayoshi, con tutti i suoi innovativi progressi, non avesse neanche toccato le antiche leggi dai tempi di Giotto.

 

Con fare annoiato andò a controllare la bacheca di messaggi sul suo cellulare. Trovò un messaggio criptato di Basil, di circa un’ora prima.

Tradotto diceva: ‘Come procede, vice-comandante?’

 

 

Disinteressato, ripose il cellulare in tasca. D’altronde, Basil non sarebbe di certo morto se lui non gli avesse risposto subito.

 

Camminò a lungo, muovendo di rado la testa e soffermandosi tal volta davanti a vetrine , cercando scritte da leggere o immagini da ammirare.

Prendeva tempo.

- L’uomo che mi segue non deve essere un grande esperto nei pedinamenti. Adesso devo solo farlo innervosire, dandogli un segnale per fargli capire che l’ho notato.-

Il suo pensiero fu freddo e veloce, e in un attimo cambiò direzione verso una via secondaria.

Incontrò sempre meno gente man mano che si allontanava dalla strada principale. Continuò senza fermarsi, ma accelerando sempre di più il passo.

 

Infine, dopo dieci minuti, si fermò.

 

“ Dove avevi intenzione di andare, bastardo ?!”

Sentì un ringhio di ferocia provenire alle sue spalle, e un istante dopo si voltò.

 

Individuò subito un ragazzo, sicuramente maggiorenne.

Non sembrava per niente italiano, indossava una camicia bianca a righe azzurre sbottonata per mostrare il torso nudo e due pantaloni grigi molto larghi. I capelli erano biondi, pettinati a pompadour.

Il volto aveva lineamenti duri, con un mento affilato e due occhi sottili, dallo sguardo affilato e pericoloso.

 

Nonostante non fosse certamente un adulto, la sua stazza era notevole, infatti pareva molto fiero della sua muscolatura.

 

Lo guardò negli occhi a lungo, prendendo respiro con uno sguardo truce.

Ma lui rimase immobile, troppo impegnato nel valutare la situazione:

- Spazio ridotto, cerca di raggiungermi da più di mezz’ora… mi pare più che ovvio che sia in cerca di uno scontro.-

 

“ Ti posso aiutare in qualcosa ?” Si mostrò cordiale ed educato, ma non per finzione. Lui voleva davvero evitare di ricorrere alla violenza e di incentivare l’altro al dialogo.

Se agiva in totale sicurezza della sua sincerità, non avrebbe commesso nessun errore.

 

“ Vai al diavolo! Sono da giorni sulle tue tracce.” Il ragazzo continuò a respirare profondamente, evidentemente sfinito, ma mantenendo la sua fiamma di pericolosità accesa.

 

“ Non…” provò a dire l’altro, ma subito nuovi pensieri lo interruppero. Senza farci caso, quel tizio con la pompadour aveva sempre parlato in giapponese.

Quindi mise da parte l’italiano, lingua che comunque padroneggiava, ed iniziò a parlare perfettamente in giapponese.

“ Non penso di capire. Cerchi qualcosa in particolare da me? ”

 

Il ragazzo sembrò titubare.

“ La smetti di prendermi in giro? Sono alla ricerca di quei bastardi che si fanno chiamare Estraneo. Tu sei uno di loro, ti ho sempre visto vicino a tutti i luoghi delle mie ricerche.”

 

La tensione si dissolse.

Era tutto un errore, pensò. Si trattava soltanto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, ed era stato frainteso.

Il suo voltò si irrigidì.

 

Avrebbe voluto dirgli che anche lui cercava gli Estraneo, che i suoi occhi brillavano della stessa rabbia quando parlava di quei maledetti…

Ma non lo fece.

 

Sangue.

Improvvisamente vide solo rosso.

La rossa linfa vitale che colava dalle mani d’acciaio di quel tipo, macchiando la strada con viscide gocce.

 

Ha ucciso!

Quelli che ho incontrato poco fa. Deve averlo fatto per toglierli di mezzo.

C’erano delle famiglie. Uomini, donne… e bambini.

 

Quel momento in cui la mente si agita in una nebbia oscura e gli occhi divampano in fiamme rosse.

 

“Yuki !”

Una ragazza, ormai donna, gli correva incontro. Sorrideva, era felice.

 

Il terreno iniziò a tremare, come in preda ad una scossa sismica. La visuale improvvisamente si ridusse, di conseguenza al calo della luminosità.

Si era fatta all’improvviso notte fonda, e fumi rossi come il sangue salivano in cielo come spettri.

 

“ L’Intento Omicida di questo tizio è pazzesco !” pensò a voce alta il ragazzo, in preda al nervosismo.

Una normale persona sarebbe svenuta dallo spavento, ma i suoi nervi di acciaio gli permisero di agire, senza comunque pensare.

 

“ Tempesta e Sole! Lampo Ammazza Dei !!”

Come due stelle, i suoi pugni si accesero nell’oscurità, mentre lui partiva alla carica con una velocità spaventosa.

La mano destra, avvolta in una fiamma rossa cremisi tipica della Tempesta, mentre la sinistra brillava energicamente come tutte le fiamme del Sole.

Ma un istante prima di scegliere con quale pugno colpire, si accorse che il bersaglio era sparito.

 

Non vide fino all’ultimo l’ombra che lo sovrastava al suo fianco, ma avvertì soltanto un respiro stabilizzato e due occhi che non trasmettevano nulla guardarlo.

Quella presenza lo divorò, come una bestia enorme con un animale più piccolo.

 

Lui lo guardò a lungo, mentre a sua espressione si trasformava lentamente. Lo fissò immobile, con i suoi occhi non più feroci, ma limpidi come uno specchio d’acqua.

 

A quel punto colpì.

Un colpo di palmo con una piccola rotazione, beccandolo sopra il bacino e appena sotto il polmone destro.

 

Con uno schiocco improvviso, il corpo inerme del ragazzo venne scagliato contro la parete, mandando in pezzi l’intero muro di pietra come se fosse stato fatto di carta.

 

 

 

“ Yukiteru…” Sussurrò una voce dopo diverso tempo.

Lui si voltò, per nulla sorpreso nel vedere un piccolo Mini-Reborn sbucare dall’angolo.

 

Conosceva quel robot.

 

“ Pensavo non volessi più chiamarmi così, di questi tempi.” Rispose, con un tono che evidentemente voleva far intendere una leggera ironia.

“ Potrei continuare a chiamarti Vito, Centauro, o con qualsiasi altro nome… ma in questi momenti tu sei te stesso. L’allievo del Pugno che non Uccide. ”

La risposta del Tutor fu controllata, mai come prima così indecifrabile. Nei suoi occhi neri e lucidi non era riflesso nessun pensiero.

 

“ Esatto, sono quel che sono.” Mormorò Yukiteru, con un triste sorriso in volto.

“ Ma per il momento non voglio che Ten-kun sappia chi sia io veramente. Vale lo stesso anche per Takeda: loro sono pur sempre miei amici, anche se pensano che io abbia la loro età.”

 

“ E della C.E.D.E.F, ti interessa qualcosa, invece ?” stavolta Reborn era più duro del solito nel suo modo di parlare.

“ Giusto per tua informazione, Basil e al momento altri cento agenti fuori sede sono stati assassinati.”

 

Yukiteru rimase immobile, spalancando soltanto gli occhi con un sussulto.

Aveva un grosso dolore al petto.

 

Perché quando provo a migliorare qualcosa, le persone a me vicine muoiono?

Avrebbe pianto, ma sapeva di non poterlo fare. Reborn lo avrebbe solo preso per un ipocrita.

 

“ Ma se può consolarti, sono riuscito a risalire al modo per sciogliere il sigillo del tuo odio.” Dichiarò glaciale il Tutor Hitman, estraendo dalla sua giacca un fascicolo di fogli.

Lo lanciò ai piedi dell’uomo, che rabbrividì.

“ Non… è possibile liberare il mio odio. Sono anni che ho imparato il modo per congelarlo.” Yukiteru sapeva, dalla gravità della voce di Reborn, che quello che stava dicendo sarebbe stato smentito.

Aveva paura, ma allo stesso tempo… qualcosa dentro di lui voleva liberarsi in un’esplosione di odio.

La parte più antica e sigillata della sua mente.

 

“ Non è così, lo sappiamo bene. E’ la stessa persona che manovra da dietro le quinte questa pagliacciata iniziata diverse settimane fa. Un filo logico e cronologico di eventi che lo collegano rispettivamente a…”

 

 

“ Non sono proprio io la persona adatta per dire questo, ma … hai la stoffa del Boss, Tengoku Marco Sawada.”

“ Queste, dici? E’ stata solo una partita fortunata, da cui dipenderanno tutte le vostre vite !”

“ Quindi non potremmo attaccarti comunque. Per chi lavori realmente, per Xanxus o per il Boss di una Famiglia Avversaria ?”

 

“Alcune Famiglie non legate ai Vongola hanno recentemente assoldato un sicario”

“ La Famiglia Plaza è stata sterminata.”“ Reborn-sama… temiamo che ci sia una spia nei Vongola.”

 

 

“ …Xanxus, il comandante della squadra assassina dei Vongola, i Varia.  Il teatrino nella serata della festa con Xian ha funzionato nell’ illudere tutti di un dramma familiare, senza però farci intuire la collaborazione di padre e figlia.”

Ogni parola di Reborn era come un mattone che piombava a terra. Cadevano uno sopra l’altro, creando sempre più velocemente lo scheletro di un edificio.

 

“ Ma Xian odia per davvero Xanxus, e mai sarebbe riuscita da sola ad ottenere l’approvazione dei Varia. Per questo dietro c’è stato per forza qualcuno in grado di unirli e progettare il piano definitivo.”

Qualcuno che aveva avuto a che fare con gli assassini dei Varia.

 

“ Da quando Xian ha iniziato a causare enormi problemi, danneggiando i Vongola tramite i Plaza, Tsuna ha perso fiducia in Xanxus. Per questo si è ritrovato a trattare con assassini di alto grado… ma se davvero questo Providence ha intenzione di fermare ogni pericolosa mossa dei Vongola, perché non li ha subito distrutti ?”

Qualcuno che aveva potuto conoscere da vicino i Vongola stessi, ma che ai loro occhi appariva come un mistero.

 

“ Non solo sono tutti coalizzati, ma è evidente che il loro obbiettivo sia anche entrare in contatto con Tengoku. Per questo hanno voluto utilizzare la storia del recupero commissionato da Tsuna, in modo da accorciare i tempi e non aspettare che fosse Xian a catturarlo.”

Un mistero addirittura per la C.E.D.E.F, ma che non era passato inosservato agli occhi del futuro direttore del dipartimento A.I.

 

“ Le spie sono esistite, ma è interessante come anche il diretto interessato si sia voluto esporre al rischio di trattare di persona con Tsuna.”

 

Yukiteru sollevò di colpo la testa, girandosi verso Reborn con degli occhi spalancati, dove turbinavano un vortice caotico di emozioni.

Qualcuno che per tutto quel tempo aveva agito dall’ombra, in totale Anonimato.

 

“ Stiamo parlando proprio di quello che ora si fa conoscere come Sebastian, Secondo Boss della Famiglia Anonimato.”

Un quasi totale Estraneo, se così si può dire.

 

 

Nord Italia. Territori di Xian.

 

Dalle tenebre in cui era immerso il lungo corridoio, apparve un uomo vestito con un completo viola chiaro e un mantellino nero a due ali. Aveva dei lunghi capelli rosso scuro, che gli ricadevano ai lati del volto chiaro, ma dai lineamenti ormai diventati un tutt’uno con il suo sorriso malevolo.

“ Padrone.”

 

Sebastian vide Platino inchinarsi per salutarlo, e con fare annoiato gli sorrise porgendogli la mano agguantata per farsela baciare.

Quando il suo secondo si rialzò, gli parve più rilassato dei giorni precedenti.

 

“ Come sono andate le questioni durante la mia assenza?” domandò allora, curioso di sapere tutto sul suo stesso piano.

“ Sua  figlia è da Lady Xian in questo momento. Inoltre, è appena terminata l’esecuzione di un Boss delle Alleate in diretta con la C.E.D.E.F.” Infatti il ragazzo dai capelli corvini indossava una maschera dorata con una cresta di piume arcobaleno.

“ Perfetto.” Sogghignò Sebastian, eccitandosi al solo immaginare il volto dei Vongola nel guardare un Alleato venir giustiziato.

“ Ricorda Platino, la nostra è la Seconda Guerra Fredda: presto o tardi Tsunayoshi tremerà ad ogni mossa di Xian… e sarà costretto ad ubbidirci.”

 

Alla luce lontana di una lampada in fondo al corridoio, l’ombra del Secondo Boss degli Anonimato si confuse con la sua stessa figura, apparendo per pochi secondi come un inquietante abominio che rideva.

“ E quindi, Platino…” Ma bastava poco affinché l’uomo tornasse a parlare con voce calma e rassicurante, sorridendo innocentemente come un bambino.

“ Chi sono stati i morti durante la mia assenza ?”

 

“ A partire da Kyoya Hibari dei Vongola, il Boss Donatello Fossile, Basil della C.E.D.E.F, Adriana Burrasca dei Vongola, Oregano della C.E.D.E.F, Fuuta de la Stella dei Vongola…”

Platino elencò per cinque minuti un’interminabile lista di persone assassinate che avessero a che fare con i Vongola. Ad ogni nome il sorriso del Boss diventava sempre più compiaciuto, mentre inevitabilmente il suo futuro ideale nasceva da una pozzanghera di sangue in continua crescita.

 

“… e poco fa è stato ucciso anche Corex Licaone, Boss dei Licaone.” Il secondo degli Anonimato stava per concludere con ‘Questo è tutto’, quando un oscuro presagio si fece largo nella sua mente.

Anche lo sguardo terrificante di Sebastian, con i suoi occhi improvvisamente diventati rosso sangue, lo fece definitivamente andare nel panico.

“ Sei… sicuro di quello che dici, Platino ?” domandò lentamente il Boss, non più sotto forma di umano.

In quel momento la sua natura oscillava tra il piano materiale e quello degli incubi, come ogni volta che si alterava. Voleva significare che Platino sarebbe stato punito con la morte.

 

“ C-orex Licaone…” ripeté con uno sguardo vacuo l’uomo, pietrificato anche nell’animo.

“ Hai visto davvero Corex Licaone venir ucciso, Platino ?” Sulle labbra di Sebastian, sicuramente convinto del danno che si sarebbe scatenato a breve, pendeva la sua vita.

Eppure Platino avrebbe preferito morire soddisfacendo il suo Boss, e non in quel modo triste.

 

Così come fece Arboc, si preparò a morire, pieno di rimorsi.

 

Per questo quando sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla, sobbalzò dalla sorpresa.

Di fianco a lui, il suo Boss guardava nella direzione opposta, con un caloroso sorriso che mai avrebbe sperato così tanto di vedere.

“ Ti sei sbagliato. Ma non importa, tra poco sarà esattamente così.”

Il corpo di Platino divampò, simbolicamente, di luce calda.

Sono così felice, avrebbe voluto dirgli, ma immediatamente comprese l’affermazione dell’altro.

 

Il freddo che avvertiva alla sue spalle…

 

“ Meglio se corri. Cerca di salvarti almeno tu, dubito che lui abbia lasciato qualcun altro in vita.”

Furono le ultime parole che sentì, prima di obbedire e sparire nell’oscurità. Nascondendo un sorriso di tristezza.

 

Intanto, nel corridoio rimbombavano diversi rumori.

Il soffio di un gelido vento, simile all’ululato di un lupo.

La violenta tempesta di neve, perfettamente identica ad un ruggito spaventoso.

 

E stavolta, apparve lui.

“ Questa è la resa dei  conti.” Annunciò Corex Licaone, mentre sul suo petto nudo si richiudevano e rigeneravano numerosi fori di proiettili e ferite terrificanti di arma da taglio.

Soltanto un marchio nero, incastonato nella sua pelle all’altezza del cuore, rimase perfettamente illeso.

Raffigurava una testa di lupo rivolta verso l’alto, con una mezza luna in secondo piano.

 

“ Non penso proprio che questa frase ad effetto ti porterà fortuna, come invece successe con mio fratello.” Sebastian spalancò il suo ghigno, mostrando i suoi denti affilati e spalancando al limite del possibile i suoi oscuri occhi rossi.

 

Il Lupo e il Diavolo si danno battaglia.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Eccoci ritrovati, dopo nemmeno troppo tempo dallo scorso capitolo.

Vi chiedete come possa essere così carico dopo un capitolo piuttosto… cupo? Bhe, desideravo da tanto portare la storia a questo punto. Finalmente ci siamo!

 

Spero di aver reso abbastanza shockante la rivelazione di Vito/Centauro/Yukiteru. Ebbene sì, effettivamente era un personaggio che troppo spesso spariva nei momenti cruciali per apparire di tanto in tanto. Se non avesse fatto nulla sin dall’inizio però non avrebbe reso alla stessa maniera, no?

Mi dispiace per i fan di Vito (io stesso lo sono, per primo), ma Vito è stato solo un personaggio, che comunque rispecchia un lato della psicologia di Yukiteru. Quale sia, lo scoprirete più avanti.

Il testo riportato ad inizio capitolo è una parte del brano Can you Feel My Heart. Consigliato vivamente, è stata la mia principale ispirazione durante la scrittura del dramma interiore di Yukiteru.

 

Ah, prima che me ne dimentichi: prima di aggiornare con il prossimo capitolo, ho intenzione di correggere tutti i precedenti E ANCHE (molto importante) apportare qualche leggera modifica ai capitoli della Saga della Nascita. Nell’angolo autore del prossimo capitolo ve li elencherò, promesso.

Quindi, appena vedete il Target 9 aggiornato, vi pregherei, prima di leggerlo, di darvi una bella occhiata ai primi capitoli.  Capisco sia tanta roba da rileggere, ma vorrei conoscere i vostri pareri.

 

Alla prossima! 

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Capitolo 9
*** Target Number 9: Vita ed Esistenza. ***


Target Number 9: Vita ed Esistenza.


 
Restyle di Tengoku Marco Sawada, a cura di nekomata04

 

 
 

“ Questa è la resa dei  conti.” Annunciò Corex Licaone, mentre sul suo petto nudo si richiudevano e rigeneravano numerosi fori di proiettili e ferite terrificanti di arma da taglio.

Soltanto un marchio nero, incastonato nella sua pelle all’altezza del cuore, rimase perfettamente illeso.

Raffigurava una testa di lupo rivolta verso l’alto, con una mezza luna in secondo piano.

 

“ Non penso proprio che questa frase ad effetto ti porterà fortuna, come invece successe con mio fratello.” Sebastian spalancò il suo ghigno, mostrando i suoi denti affilati e spalancando al limite del possibile i suoi oscuri occhi rossi.

 

 

 

Non era passato più di un minuto dall’incontro tra Corex e Sebastian, ma già l’atmosfera iniziava a piegarsi, incrinandosi tra saette di energia pura.

“ Quindi è la vendetta che hai cercato per tutto questo tempo ?” domandò il Boss dei Licaone, con voce grave e incrollabile. Sapeva per certo, nel suo cuore, che quelle atrocità si sarebbero concluse per mano sua in quello stesso giorno.

 

Di risposta, l’Anonimato sorrise con aria sorpresa, rilassando la sua energia. Come se volesse prendersi beffa dell’avversario, permettendosi di abbassare la guardia.

“ Assolutamente no !” sibilò con tono tagliente e con un sorriso perfido.

“ Non ho mai pensato, neanche solo per un istante, a mio fratello per la realizzazione del mio piano. Anzi, al suo tempo sperai vivamente che lui potesse fallire nella sua missione.”

 

Aggiunse, puntando il dito avvolto dal guanto bianco verso il ragazzo dai capelli bianchi.

“ Ma non ti sono debitore solo perché l’hai ucciso: con più tempo, mi sarei sporcato le mani io stesso.”

“ Sei un mostro !” ruggì con amarezza Corex, mentre l’odio dei suoi occhi si manifestava sotto forma di piccole vene pulsanti attorno alle palpebre.

 

Come un’esplosione, la Fiamma della neve che lui manovrava si manifestò attorno a lui, scatenando terribili correnti di vento gelido.

“ Probabilmente merito davvero questo titolo… rispetto a te, debole ed insignificante omuncolo, sono un mostro.”

 

Fu questione di un istante. Un battito di palpebre. Meno di un secondo.

“ Nero Bocciolo !”

Sebastian azzerò la notevole distanza tra lui e il Boss, e con un semplice movimento, gli assestò un pugno all’altezza del tronco.

 

Lo spostamento d’aria disperse come semplice fumo la tormenta di neve della Fiamma.

Corex si rese conto di essere stato colpito soltanto quando i polmoni si inzupparono di sangue. La sua cassa toracica era stata pressata così brutalmente che il liquido rosso gli inondò presto la gola, e venne costretto a vomitarne un’ingente quantità.

 

In ginocchio. Era stato ridotto in ginocchio, con il torace ridotto ad una lattina spiaccicata.

Ma non era morto, continuava a vivere.

Per un istante Corex desiderò di essere stato un normale umano, così da non poter vivere in quel momento un terrore simile.

 

“ Sei solo un piccolo cucciolo con un potere più grande di te. Non ti serve a niente !” disse secco Sebastian, mentre la sottile membrana di fiamme nere e viola che aveva ricoperto la sua mano svaniva.

Rimase immobile, sovrastando il Lupo Immortale come un colosso, mentre quest’ultimo si rigenerava l’orribile frattura.

 

Corex venne inghiottito dalla paura. Dopo aver sfidato con lo sguardo Sebastian in totale sicurezza, si era reso conto che non c’era nemmeno una parità di forze tra loro due.

Non era stato il colpo a dimostrarglielo, ma gli occhi.

 

Gli occhi di quell’uomo ora erano rilassati, ma non in modo sarcastico per sbeffeggiarlo. Erano seriamente tranquilli, come se avesse appena bevuto un bicchier d’acqua.

Per questo il Boss dei Licaone comprese il reale impegno di Sebastian in quello scontro: nessuno.

“ … quindi lascia che prenda questo tuo dono.”

La mano dell’uomo si chiuse nello stesso punto dove Corex aveva la testa. Fortunatamente per l’albino, i suoi sensi allenati sviluppati dall’adrenalina, gli avevano permesso di percepire l’avvicinarsi di qualcosa.

 

Sollevò lo sguardo, mentre la sua mente si puliva da ogni pensiero, lasciando che quelle ultime parole ascoltate ritornassero chiare e nitide.

“ Tu vuoi… la mia immortalità ?” domandò, mentre una vaga sensazione di collera si faceva largo dentro di lui, risvegliandolo da un sonno di terrore.

 

“ Saprei benissimo come usarla.” Rispose con semplicità Anonimato, muovendo un passo in avanti con un sorriso pacato in volto.

 

‘ Corex… vivi per me. Vivi per Himeko e per i Vongola…’

‘Papà…’

 

“ …Papà !” ripeté Corex, sovrastando la voce nei suoi pensieri, provenienti dal passato.

“ Tu vorresti il sacrificio di mio padre ?!!” ringhiò infine, liberando nuovamente la sua Fiamma con un’esplosione.

Questa volta però, l’energia rilasciata fu il triplo della precedente, talmente tanto impressionante che il corridoio intero venne trasformato in un cratere ghiacciato.

Sebastian sussultò, vedendo il soffitto sopra le loro teste venir disintegrato in pochi secondi, lasciandoli sotto il cielo notturno.

 

Una colonna di luce e neve perforò il manto della notte come una freccia,  mentre alla sua base Corex urlava di rabbia con la sclera e le pupille diventate fari luminosi.

 

“ Non posso vanificare questo sacrificio! Sulla morte di mio padre sorgerà un’epoca di pace… E NON SARAI CERTO TU A FERMARLA !!”

Con la voce che tonava nella notte di tempesta, Corex distese le braccia davanti a sé, per la prima volta sostenendo lo sguardo di Sebastian con una nuova forza.

La forza degli ideali di suo padre, dei suoi sogni e di coloro che aspettavano il suo ritorno.

 

Ruotò i polsi verso l’esterno, e due fasci di Fiamme bianche vennero sparati dai suoi pugni.

Questi due lampi, manifestandosi come versioni argentee di fiamme del Fulmine, si trasformarono in un istante in grossi quadrupedi dalla forma instabile che crepitava in saette.

 

Spalancando le loro fauci, azzannarono l’Anonimato prima ancora che lui potesse muoversi, rilasciando nell’atmosfera particelle fluttuanti simili a fiocchi di neve elettrificati.

 

A quel punto Corex, rilasciando tutte le sue forze con un urlo disumano, spalancò le braccia, ruotando nuovamente i polsi verso l’interno.

“ Fiamma della Bufera: Divoramento del Sole !”

 

Una raffica di gelo iniziò a turbinare attorno al bersaglio ad una velocità tale da formare una cupola impermeabile di vento. Ma all’improvviso, i fiocchi di neve sospesi fino ad un secondo prima, si uniformarono in un solo punto, accompagnati da un boato che scosse la terra.

 

Dal vento e dall’oscurità, emerse un’enorme testa di lupo dagli occhi formati da saette azzurre, che dopo essersi innalzata terrificante, chiuse le sue fauci sulla cupola.

Una seconda esplosione si levò nel cielo non appena l’aria dentro la  testa venne schiacciata, facendo crepare il terreno circostante per diverse decine di metri.

 

Corex rimase immobile, con la testa alta e uno sguardo furente ma fiero, mentre i palazzi abbandonati di quella città fantasma crollavano nelle vicinanze.

Guardò a lungo la polvere sollevarsi nell’aria, per poi posarsi sulle macerie una volta placato il vento.

 

Sospirò: sentiva un’angosciante dolore al petto. Non era di certo la giusta sensazione di un vincitore alla sua vittoria. Lo raggiunse l’idea di star perdendo tutto quello che aveva.

Se stesso, Himeko e la sua Famiglia. Ovvero tutto quello per cui lottava, da quando Reborn gli aveva fatto notare che lottare per i Vongola sarebbe stato solo pericoloso.

 

Non era arrivato fin lì per vendicare le Alleate, né per punire Xanxus.

In quel momento si sentì il peggior egoista bastardo del mondo, perché lo aveva spinto il suo cuore e non la sua testa a compiere quelle azioni.

Un ragazzo chiamato Majiin aveva ucciso suo padre, sfoggiando il nome della stessa Famiglia a cui apparteneva Sebastian.

Ma Majiin era morto sei anni prima, quindi suo padre era stato vendicato.

Gli Estraneo fin ad allora non avevano ucciso nessun altro che lui avesse a cuore.

 

Sebastian era stato ucciso… ma Corex non si sentiva più sicuro di cosa fosse. Un guscio vuoto.

 Himeko l’aveva aiutato a dimenticare la morte di suo padre e a non preoccupandosi più delle sue colpe i Licaone.

Ma allora… cosa ci faceva lì?

“ Io sono già morto, vero Hime ?” quel debole sussurro si perse nella notte, mentre lacrime scintillanti scivolavano sulla pelle chiara di un uomo, che più uomo non si sentiva.

 

“ Come puoi vedere, il tuo modo di usare l’immortalità ti ha corrotto.”

Una mano avvolta da un guanto bianco si posò sulla sua spalla. Il tocco però non lo fece sussultare, perché sentiva la sua stessa pelle fredda come roccia.

“ Io conosco il sigillo che ha messo tuo padre sul dono… fin quando i tuoi ideali non crolleranno, l’immortalità resterà legata alla tua anima.”

 

Una creatura minuscola ronzò via dai capelli bianchi del ragazzo, leggermente macchiati di sangue.

Pareva essere una minuscola mosca, ma con la parte inferiore del corpo più appuntita e le ali più lunghe del normale. Il fattore più inquietante era il suo colore: viola scuro con vene pulsanti nere e due lucidi occhi rossi come il sangue.

 

“ Ma tu non credi più in quelle stupide parole, vero ?”

L’espressione immutabile di Corex era ben diversa da quella di Sebastian, adesso in piedi sopra il suo corpo con un ghigno serpentino che gli tagliava il volto da orecchio ad orecchio.

 

Il suo vestito era stato portato via in parte dall’esplosione e dei lievi tagli comparivano sul suo torso, spaventosamente ricoperto di muscoli che nessuno avrebbe mai immaginato di vedere, nascosti all’apparenza del suo fisico esile.

Con movenze delicate, come se stesse dipingendo nell’aria, scostò il suo dito indice destro dalla tempia di Corex, e quell’insetto oscuro scomparve senza far rumore.

Infine, con la mano destra prese il volto del ragazzo, costringendolo a voltarsi per guardarlo dritto in quegli occhi spenti da ogni voglia di opporsi.

 

“ Non è mia la colpa, se per tutto questo tempo non hai scovato il lupo camuffato da pecora.” Sogghignò Sebastian, lasciandosi sfuggire una risata malvagia e colma dall’eccitazione per il dolore che aveva causato in quel ragazzo un tempo felice.

 

Poi… diventò qualcosa di incredibile.

Sollevando la testa, spalancò la sua bocca oltre ogni limite umano ed animale, trasformandola in un enorme buco munito di denti.

Infine, calando le sue fauci come una tenaglia azzannò Corex sul petto, conficcando i suoi denti all’interno della carne.

 

Come una sanguisuga antropomorfa, cominciò a succhiare da quel mostruoso apparato una luce bianca proveniente dal corpo del Boss dei Licaone, ora illuminatosi completamente.

Emanando rumori mostruosi, prosciugò il corpo fino a quando della luce non rimase che scintille, che vennero comunque estinte dentro la sua bocca.

 

“ Hime…” dalle labbra secche di Corex scivolò questo nome, sussurrato talmente tanto piano che nemmeno a distanza ravvicinata Sebastian se ne accorse.

E dopo quello sforzò, Corex Licaone, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, crollò a terra.

 

Il Secondo Boss degli Anonimato non fece neppure caso a quella scena, tanto pietosa gli apparve.

Si limitò a portarsi una mano al di sotto della mandibola e cercare con potenti strattoni di far ritornare la bocca alla sua forma originaria.

Ma all’improvviso, dopo una spinta particolarmente forte, la sua mascella si staccò dal cranio.

Anche lui cadde a terra, inerme e rigido.

Morto.

 

Rimase disteso a faccia in giù fino a quando la stessa luce bianca non lo avvolse, e a quel punto si rimise in piedi senza sforzi.

“ Uhuhu! Che momento divertente… uhuhu…” Sebastian rimase immobile a ridacchiare sotto voce, mentre dentro di lui un demone ruggiva di contentezza, consapevole di aver ottenuto un potere oltre l’immaginario umano.

 

 

 

Ventiseiesimo giorno. Meno sette giorni agli scontri.

Ultima settimana.

 

Nella Stanza dei Pistoleri, l’ambiente virtuale creato per l’allenamento di Ten, la temperatura aveva raggiunto il suo picco più alto.

In un mezzogiorno di fuoco, il sole brillava incandescente sopra la terra arida e le catapecchie disabitate.

I passi di un uomo trascinavano polvere, che si perdeva nel vento caldo di quel Far West illusorio.

 

Leon camminava lentamente al centro di quella strada che tagliava la cittadina, con la fedora calata sulla fronte. Nonostante il capello sugli occhi, il suo sguardo e tutti i suoi sensi erano seriamente dedicato nella ricerca dell’obbiettivo: Tengoku.

“ Hai imparato a cancellare le impronte, finalmente.” Sussurrò tra sé e sé, accennando un sorriso compiaciuto dopo aver a lungo osservato per terra.

In seguito cercò di cogliere un riflesso nei dintorni, per trovare almeno la Smith & Wesson 357 Magnum.

 

Dopo diversi secondi, con grande sorpresa, constatò che il ragazzo si era volatilizzato: da almeno un quarto d’ora l’aveva perso di vista, e ancora non riusciva a stanarlo.

 

Le uniche cose che riflettevano la luce del sole erano dei chiodi sull’insegna di un saloon, qualche pallottola sparata nei giorni precedenti da Ten e l’acqua di un abbeveratoio per cavalli.

Leon escluse la possibilità che il bruno si fosse nascosto nelle abitazioni, perché erano stati i primi luoghi da lui esplorati pochi minuti prima. E in uno spazio chiuso, il respiro sarebbe stato più facile da individuare.

 

-Che sia… scappato ?- il pensiero lo fece sussultare dalle sue speculazioni.

Volse subito lo sguardo verso la pianura illusoria che si stagliava oltre la recinzione della cittadina.

- D’altronde non so se è impossibile scappare, oppure no. - rifletté, concentrando infine tutta la sua vista sul paesaggio lontano.

Le sue capacità animalesche erano molto più sviluppate di un normale umano, rendendolo alla pari di un super-uomo come gli Arcobaleno. Riuscì a contare tutti i serpenti nascosti sotto le rocce, scovò un formicaio tra le piante aride, vide persino un cavallo selvatico brucare a parecchie miglia di distanza… ma di Tengoku…

 

Tutte le sue attenzioni e tutti i suoi sensi si erano involontariamente concentrati su di un punto solo, persino i suoi pensieri, il che non gli permise di accorgersi di aver lasciato un’enorme apertura.

Così, nella cittadina deserta, sulle note di quella canzone ripetuta all’infinito in quei giorni, dall’abbeveratoio fuoriuscì una figura umana.

 

Con l’ausilio della mano sinistra riuscì a saltare fuori da quel giaciglio, mentre contemporaneamente con la mano destra afferrava qualcosa da una frattura nella cassa di legno sottostante.

Ne estrasse una pistola, e quando la puntò avanti a sé, aveva appena appoggiato i piedi per terra.

 

Leon reagì più in ritardo di quanto avrebbe voluto, cercando con difficoltà di mantenere la calma quando si accorse che un proiettile gli aveva appena sfiorato il fianco, bucandogli la giacca nera.

Era riuscito a schivare lo sparo, seppur di pochissimo, ma ammise a se stesso che una frazione di secondo era diventato un margine di errore troppo grande.

 

Riuscì solo ad intravedere gli occhi verdi e luminosi di Tengoku, tra i capelli bruni bagnati ed incollati sulla sua fronte, prima di sfuggire con uno scatto felino dalla stessa traiettoria.

“ Stavi per farmela, moccioso! Me la pagherai quando saremo usciti di qui.”

Un istante dopo, Leon estrasse la sua pistola e sparò verso il ragazzo mentre era ancora in volo.

 

Ma, sorprendentemente, Ten rimase immobile.

“ Quando si spara si spara, non si parla Leon.”

Il camaleonte per poco non perse l’equilibrio quando vide la sua pallottola sfiorare appena il volto di Tengoku, senza però che questi si fosse mosso.

 

Allibito, osservò di nuovo quel volto, accorgendosi solo in quel momento di un espressione fredda ed estremamente seria.

“ Che ingrato… con tutte le volte che ti ho risparmiato la vita !”

 

-Non ha mai avuto dei nervi così saldi !- il colpo di Leon era ovviamente intento solo a spaventarlo e non a centrarlo, ma comunque non si sarebbe mai aspettato che il ragazzino potesse intuire le sue intenzioni.

-Ha deciso di dare il tutto e per tutto in questo ultimo giorno… non mi aspettavo di meglio !- da Tutor in carica, Leon non poteva sentirsi meglio in quel momento, di fronte alla tenacia di quel ragazzo e del suo sguardo di fuoco.

Sorrise, stringendo ancor di più la presa intorno all’impugnatura.

 

“ Tutte le pistole hanno una voce… e io questa la conosco.” Ma all’ennesima citazione, quel sorriso si smorzò: nuovamente un proiettile, troppo veloce si stava dirigendo verso la direzione dove era destinato ad atterrare.

Non potendo decelerare in quella situazione, usò uno sforzo maggiore per superare la velocità del proiettile e sfuggire.

Atterrò infine dietro il saloon, fuori dalla traiettoria.

 

Espirando dopo aver trattenuto a lungo il fiato, si appoggiò alla parete. Si lasciò scappare una risata liberatoria, divertito dalla strana piega che aveva preso quell’allenamento.

“ Ma allora…” esclamò, mentre apriva il tamburo della pistola per contare quanti colpi gli fossero rimasti dopo quattro giorni.

-Tutti !-

“… allora hai dormito, Ten? Pensavo di conoscerti: quando sei molto sotto stress non prendi sonno.” Il tono di voce di Leon era scherzoso, come se volesse iniziare una chiacchierata amichevole con il ragazzo. Infondo loro due si conoscevano da tanto, e sebbene non avessero parlato mai, avevano condiviso molti momenti felici.

 

“ Dormo tranquillo, perché so che il mio peggior nemico veglia su di me.”

Improvvisamente, non appena il camaleonte rimise la cartuccia al suo posto, udì la voce del ragazzo spaventosamente vicina.

Voltò appena la testa, accorgendosi che Ten lo aveva raggiunto e puntava la pistola a pochi centimetri dal suo volto.

 

Il ragazzo dai capelli bruni e dal ciuffo bianco sorrise soddisfatto dell’espressione sorpresa di Leon, e senza battere ciglio cominciò a sparare.

Il Tutor, seppur in stato di shock, riuscì a reagire seguendo il suo istinto animale: ricordandosi di una finestra posteriore del saloon posta a poca distanza da lui, saltò verso l’alto evitando la raffica di proiettili.

Raggiunta l’apertura, si capovolse all’indietro e sfondò il vetro con il suo corpo, mettendosi subito al riparo.

 

Atterrò in piedi, mentre la sua fedora cadde qualche secondo dopo sulla sua testa.

- I precedenti quattro giorni non ha fatto nessun progresso di questo genere, si è limitato a sparare, senza nemmeno venirmi a cercare quando sfuggivo, oppure a correre via nascondendosi. Nell’ultimo periodo i suoi riflessi sono rallentati di molto per via della disidratazione, il che gli ha procurato molte ferite.-

La domanda fondamentale era come avesse fatto Tengoku a migliorare così significativamente tutte le caratteristiche fondamentali per l’allenamento.

 

- L’acqua !- esclamò mentalmente Leon, ricordandosi dell’abbeveratoio.

- Solitamente usava gli abbeveratoi per cavalli forniti di vera acqua potabile durante la notte, perché per il resto della giornata non aveva mai il tempo. Ma di giorno i liquidi persi superavano abbondantemente quelli acquisiti bevendo: deve aver passato parecchio tempo in apnea nell’abbeveratoio, forse da stamattina.-

Infine, non era difficile escludere come l’Istinto d’Emulazione e il Super Intuito Vongola avessero fatto il loro dovere per memorizzare i suoi tempi di reazione e i momenti in cui sfruttare le aperture.

 

- Non mi sta lasciando alcuna tregua: è diventata una caccia !- il Tutor umanizzato sorrise, sebbene iniziasse ad essere stremato, vedendo un’ombra furtiva irrompere dall’entrata principale del saloon.

 

Purtroppo, però…

“ Ma adesso basta, Ten …”

Alle parole di Leon, il ragazzo si arrestò improvvisamente.

La luce del sole illuminava la metà superiore del suo corpo, rivelando il suo volto bagnato.

Gli occhi erano vivi ed energici, seppur fosse visibilmente stanco anche lui e la sua espressione fosse concentrata.

Boccheggiò a lungo, sforzandosi di domandare qualsiasi cosa gli servisse per decifrare la frase del Tutor.

 

Ora appariva… triste, quasi sconvolto. Aveva iniziato a prendere molto sul serio quella prova, o forse era stato così sin dall’inizio.

 

“ Il motivo è uno solo: i tuoi proiettili sono finiti. Le regole comprendevano anche che chi avesse finito per primo i proiettili non avrebbe avuto ricariche, e quindi avrebbe perso.”

Disse calmo Leon, mantenendo uno sguardo duro, seppur quella durezza fosse forzata.

“ Me ne sono accorto poco fa: prima di entrare dalla finestra, ho sentito chiaramente che dopo aver premuto il grilletto la tua pistola non ha sparato.”

Sospirando con riluttanza, si andò a calare la fedora sugli occhi, gesto ripreso da Reborn nei momenti in cui voleva mostrare amarezza nei confronti di un comportamento. In questo caso, il suo.

“ Ma seriamente non penso che questo allenamento servirà a molto, quindi parlerò personalmente con Reborn per idearne un altro !” sorrise infine, spiazzando il ragazzo con delle parole tanto superficiali quanto forti.

 

Ten rimase sorpreso, mentre il Tutor lo guardava e rideva come si fa di una persona che casca in uno scherzo. Ma infine, Tengoku comprese che era sciocco arrabbiarsi per una causa del genere e si lasciò andare in una risata nervosa, ma liberatoria per tutta la tensione accumulata.

“ …pensavo intendessi fermarci per un qualsiasi altro motivo, eh eheh. Non basta una corda per fare l’impiccato …” Concluse infine, mormorando dopo aver finito di ridere.

“ Come ?” domandò Leon, che non aveva prestato attenzione a quelle parole.

 

Il ragazzo non disse altro, ma si limitò a passarsi la Smith & Wesson 357 Magnum nella mano sinistra e a puntarla alle sue spalle dopo aver sollevato il gomito.

“ Sei… il numero perfetto, Leon !”

Esclamò Tengoku, con un nuovo sorriso determinato, mentre i suoi occhi avevano ripreso a brillare.

 

Leon conosceva quella battuta nel film wester che tanto piaceva a Reborn. La stessa pellicola il Tutorn l’aveva fatta guardare a Ten, Azura, Drake, Akane e Veronica quando ancora erano a Namimori.

Lui, in questo caso il personaggio B, avrebbe dovuto domandare: ‘Ma non era tre il numero perfetto ?’

E così fece, perché curioso di comprendere quello strano comportamento.

 

Ma prima ancora che l’altro rispondesse, cercò di analizzare e forse prevedere la situazione.

Se Ten aveva sorvolato la conclusione della prova per la fine dei proiettili, voleva dire che non era ancora a secco. Sarebbe stato inutile bleffare.

Ma allora come aveva fatto a caricare la pistola ?!

Di tutti e sette i proiettili della Smith & Wesson 357, dovevano essergliene rimasti zero.

Uno sparato nel primo giorno, uno sparato nel terzo giorno e per fini gli ultimi tre sparati nel quinto, ossia in quella stessa giornata.

 

“ Sì, ma la mia pistola ha sei colpi.” Concluse la battuta Ten, e Leon sussultò perché non era ancora arrivato a scoprire il segreto delle munizioni riapparse.

Mentre cercava con lo sguardo il punto dove la pistola avrebbe sparato, gli venne in mente un altro dubbio:

-Perché a questo punto ha solo sei proiettili, e non tutti e sette ?-

 

Sei!

Quel numero, dopo esser stato pronunciato ad alta voce, sembrò volergli dire qualcosa di molto importante.

“ Mi piacciono quelli grandi e grossi come te, perché quando cadono fanno tanto rumore. E quando ti butterò giù io… ne farai di rumore.”

 

Il grilletto venne premuto, e finalmente il Tutor comprese quale fosse il bersaglio: uno dei tanti barili di polvere da sparo posto negli edifici abbandonati.

 

Una piccola seppur potente esplosione fece vibrare l’aria e tremare le pareti del locale.

Ten, venne sbalzato in avanti, ma a causa della distanza considerevole e dall’acqua che lo ricopriva, i danni furono benché minimi.

 

Mentre iniziava a sorvolare il pavimento, fece scorrere il braccio sinistro in avanti e contemporaneamente lasciò la pistola, riprendendola al volo con la sua mano destra, quella regina.

Puntandola in avanti, i suoi occhi fissarono a fondo quelli grandi e arancioni di Leon, in quel  momento spalancati, mentre i primi proiettili iniziavano a venir sparati.

 

“ Accidenti, questa settimana mi sono rimasti solo sei Proiettili …”

- Sono Proiettili del Coraggio di Morire !-

 

Il fedora venne perforato per primo, a pochi millimetri dalla sua testa.

Uno.

Due proiettili polverizzarono due ciuffi verdi dei capelli.

Tre.

Uno colpì la canna della sua pistola.

Quattro.

E due colpirono il pavimento di legno.

Sei.

 

Ai piedi del corpo paralizzato del camaleonte, Tengoku si schiantò violentemente a terra dopo aver rotolato per qualche metro.

“ Cos …?!”

 

Ore 17:40.

Il sole ormai appariva come un’enorme palla arancione in un cielo non più chiaro e luminoso, ma prossimo al buio della notte.

Tra pochi minuti il tempo a disposizione sarebbe scaduto e lo spazio virtuale stava iniziando a scomporsi.

Presto i due sarebbero tornati nella realtà.

 

Leon si voltò verso il ragazzo, ora in ginocchio e con la testa bassa. I capelli gli coprivano la fronte e le braccia erano accasciate al suolo.

Il camaleonte, non bravo come Reborn nel nascondere le sue emozioni, cercò di reprimere una smorfia di serio dolore e compassione per Tengoku.

Ma compatirlo non lo avrebbe aiutato, e tutto quello che poteva fare era lasciarlo con i suoi rimorsi.

 

Non riusciva a dire niente, ma si rassicurò pensando alla miriade di idee che sfornava regolarmente il Tutor Hitman e suo collega.

Così, offrendo al ragazzo un sorriso molto forzato, raccolse la Smith & Wesson 357 dalla canna gliela porse.

Tengoku sollevò lo sguardo, trovando negli occhi buffamente giganteschi e luminosi di Leon, il rispetto di un avversario dopo un duello leale.

 

Ma per il bruno stava andando tutto per il meglio.

“ Grazie !” esclamò a quel punto, sorridendo con una vivacità che mise in allerta il verde.

Ma quest’ultimo reagì troppo tardi, per la seconda ed ultima volta.

 

Il tempo…

Il dito della mano del ragazzo che aveva già premuto sul grilletto.

Il tempo non…

Il proiettile che gli trapassava il petto.

Il tempo non era ancora scaduto, e Ten era riuscito a sparargli.

 

Un segnale acustico molto forte e limpido risuonò nello spazio circostante, mentre l’ambientazione western si dissolveva in sempre più piccoli pixels.

“ Evviva !!” Tengoku iniziò a saltare, alzando le braccia al cielo e gridando per la gioia, nonostante la stanchezza e il sudore si facessero sentire sul suo corpo.

 

Mentre urlava a squarciagola, il corpo umano di Leon iniziò ad illuminarsi di Fiamme del Sole, per poi sgretolarsi lentamente.

 

Stava cercando nel mentre di pensare alla sua sconfitta, e di come fosse stato preso alla sprovvista.

D’altronde aveva fatto attenzione, come sempre, all’Intento Omicida che con gli anni in compagnia di Reborn aveva imparato a ricono-

-Che sciocco !- fu il suo ultimo pensiero, prima di ritornare ad essere Leon il camaleonte verde.

- Il principale vantaggio di Ten sugli assassini, è proprio di non possedere Intento Omicida …-

 

 

 

???- Biblioteca 20:00

 

“ Non riesco ancora a capire dove ci troviamo. ” Mormorò Yukiteru, un istante dopo aver percorso il lungo corridoio che separava lui e Reborn da una porta di ferro.

- Abbiamo semplicemente preso un ascensore in un ufficio nella città dove ci trovavamo …-

Diventava sempre più difficile comprendere il Tutor Hitman e tutte le situazioni irreali che rendeva possibili.

 

“ E’ un quartier generale di noi ex-Arcobaleno. E’ stato costruito circa vent’anni fa per allenare Dame-Tsuna e renderlo il Boss dei Vongola.” La risposta di Reborn sbalordì l’uomo dai capelli neri, mentre intanto la porta d’acciaio veniva aperta.

Si presentò una grande stanza circolare, con le pareti nascoste da altissime librerie che sfioravano i tre metri e mezzo. Tutte colme fino a riempire il più minuscolo spazio, da tomi di ogni dimensioni e rilegature.

Dei fari posti sull’alto soffitto garantivano una buona illuminazione complessiva.

 

“ Immagino che questa stanza fosse adibita allo studio.” Ipotizzò Yukiteru, accarezzando distrattamente uno scaffale polveroso, quasi provando ad immaginare un giovane Tsunayoshi intento a studiare tra quei libri.

La sua ammirazione verso Tsuna risaliva a diversi anni prima, quando ancora entrambi erano poco più che ragazzi.

 

“ Esatto. E’ stato Ten-baka a chiedermi dell’esistenza di una biblioteca in questo posto, così sono venuto un attimo a controllarla. Ha detto chiaramente che voleva fare delle ricerche…” senza farsi notare, Reborn estrasse un fazzoleto ed andò a tamponarsi una lacrimuccia di gioia.

Era al settimo cielo per aver, secondo la sua opinione, ispirato la mente del ragazzo ad una conoscenza sempre più grande. Si sentiva estremamente orgoglioso… di se stesso.

 

“ Intanto tu !” nuovamente il tono di voce del killer distolse la mente di Yukiteru dai ricordi e dai pensieri.

“ Per favore, prendi i libri che mi ha richiesto e poggiali su quella scrivania.” L’uomo dai capelli neri si voltò, andando ad osservare una lista di titoli, scritti con l’elegante calligrafia del Tutor Hitman.

 

Subito rimase incuriosito dai primi nomi che lesse:

- ‘Tecniche difensive degli animali’, ‘Suggestione della mente umana’, ‘Istinti e reazioni, il funzionamento dell’Amigdala’… Non saranno un po’ troppo pesanti per un ragazzino ?– Quasi immediatamente, Yukiteru si sentì in colpa per quel pensiero così diffidente e offensivo, sotto certi versi: per quanto fosse difficile ammetterlo, nessuno più era rimasto un ragazzino normale.

Corresse subito la sua impressione dopo quel ragionamento, trovando così molto interessante e  curiosa quella scelta, senza però più nessun dubbio in merito ai gusti di Tengoku.

 

“ Inoltre, Yuki …” Yukiteru appena accorto della serietà improvvisa di Reborn, assottigliò lo sguardo.

“ Fossi in te presterei più attenzione: Dame-Tsuna sta giocando sporco.”

 

Base degli Arcobaleno, un paio di ore prima.

 

“ Sei davvero sicura che non ti facciano male le gambe ?”

“ Andiamo, Azura… te l’ho già ripetuto.”

 

Due voci femminili risuonavano nella stanza fredda e dalle pareti metalliche. Nonostante lo spazio chiuso, una luce di discreta intensità rischiarava le due figure.

“ Per fortuna che Reborn ci ha spiegato come funzionava il passaggio segreto nella sua camera. Ah, ecco le armi che mi aveva promesso.”

Una ragazza alta, dai lunghi capelli corvini sistemati al meglio dopo un evidente lungo periodo di trascuratezza. Il fisico sinuoso, unito al suo viso dai lineamenti delicati e la pelle quasi perlacea, sembrava donarle un’età ancora più matura.

 

Distrattamente si scostò una ciocca dalla guancia, mostrando così una piccola cicatrice a forma di ‘x’, tra il labbro inferiore e il collo. Gli occhi color zaffiro erano fermi, forti e determinati.

Akane Mizuno terminò di ispezionare il contenuto di una scatola posta su di una mensola di ferro. Aveva posizionato nello spazio restante un mucchio di caricatori per pistole e mitragliatrici, con le rispettive armi.

Facevano anche sfoggio degli esemplari di pistole-coltello, nel cui utilizzo lei si era dimostrata un’esperta in diverse situazioni.

- Sono dei nuovi modelli …- osservò, ripensando con un brivido inaspettato a come i suoi precedenti armamenti fossero stati distrutti.

 

Per un secondo le parve di sentire la voce del suo vecchio mentore.

“ Korvo …”

 

Ma non ci fu tempo per la tristezza. All’improvviso, come se fosse stata illuminata da un raggio di sole nell’oscurità, l’abbraccio di una persona alle sue spalle la risvegliò dal tremore.

“ Akane…” Azura Schlmit, sprofondando la sua testa nei suoi capelli rossi bagnati delle sue stesse lacrime, si appoggiò ad Akane.

 Iniziò a singhiozzare molto forte, stringendo sempre di più, come se la paura di perdere l’amica vivesse ancora dentro di lei.

“ Akane… sono felice che tu sia… viva !” pronunciò infine la rossa scoppiando in un pianto liberatorio, mentre intanto l’amica si scioglieva dall’abbraccio, solo per girarsi e abbracciarla a sua volte.

 

Sebbene fosse stata lungo un’assassina addestrata a non avere sentimenti ed emozioni tranne il rispetto per i Vongola, rimaneva pur sempre una ragazza non ancora maggiorenne.

Era forte nella sua debolezza.

Pianse a sua volta, ringraziando tutto per aver avuto la capacità di riabbracciare ancora una volta i suoi amici.

 

 

“ E così tu saresti la nuova arrivata? Mi stanno sulle scatole i raccomandati.” Sbottò all’improvviso una voce maschile, facendo voltare la ragazzina che appena scesa dalla lunga limousine presso il palazzo-fortezza dei Varia.

“ Cosa vorresti dire ?!” si indignò lei, stringendo forte i pugni e puntando il suo sguardo di forte determinazione, su quello glaciale e metallico di un ragazzo dai lunghi capelli neri.

Quello che il giovane assassino vide nei due occhi blu, lo sorprese. Si rese conto che mai, nella sua carriera e vita da killer, era esistita la scintilla di forza di volontà che gli permettesse di rimanere attaccato alla realtà.

La realtà dei momenti comuni, del piacere di condividere.

 

“ Se una come te deve diventare un’assassina…” continuò, stavolta accennando un sorriso imbarazzato che abilmente seppe nascondere.

“… allora solo uno come me potrà sopportarti.”

A quell’affermazione, la ragazzina si indispettì ancora di più, tanto che le venne naturale l’idea di andarsene.

Però, dopo un’attenta riflessione… si rese conto di non avere casa a cui fare ritorno, tantomeno una reale famiglia. Aveva bisogno in quel momento di persone reali , perché neanche le parole sul Boss dei Vongola da ammirare e rispettare le davano conforto.

“ Io sono Akane.” Mormorò infine, mostrando una smorfia di riluttanza verso l’antipatia di quell’individuo.

“ Bene. Io sono Korvo.”

 

“ Pa pa pa pa pa pa …”

Da diversi minuti ormai, quello strano ragazzo dai capelli viola ricoperto di piercing, stava canticchiando a voce alta la canzone che ascoltava dalle sue cuffie. Nel mentre sfogliava una rivista, ma comunque nella stanza simile ad una specie di sala d’attesa, soltanto la sua voce rimbombava tra i muri.

Seduta al suo fianco, una ragazza dai lunghi capelli neri e lisci guardava per terra.

 

Il suo volto era di una tristezza indecifrabile, come se fosse stata una statua di pietra o un vecchio dipinto.

Immobile, con uno sguardo vuoto e le mani serrate sulle ginocchia.

Era vestita con una camicia bianca di almeno una taglia in più di quella che portava, ricoperta da un cardigan nero lungo. Indossava anche dei jeans, sulla quale ogni tanto sfregava le dita bianchissime, e delle scarpe da ginnastica.

 

Lei ERA Akira Shiogawara.

Una descrizione di quello che era stata non sarebbe servita a nulla.

Era rimasto solo un nome e un cognome.

 

Per il resto, lei non era sicura di star capendo qualcosa di ciò che accadeva e che era accaduto.

Non si sentiva certa di niente…

Non sentiva niente.

 

“ Eh? Hai detto qualcosa !?” esclamò a voce alta il ragazzo vestito con l’aderente tuta nera, voltandosi verso di lei e facendola sussultare dallo spavento.

L’Arcobaleno Viola Skull, togliendosi le cuffie dalle orecchie e guardando la ragazza, mise molto a disagio quest’ultima, facendole abbassare ancora di più la testa con un rossore ben evidente sul suo viso pallido.

“ Ah… Reborn mi aveva detto che eri una ragazza seria, ma non pensavo parlassi così poco.”

A quel punto, finalmente un vago pensiero iniziò a vagare nella mente di Akira: quel tipo era forse idiota, oppure aveva semplicemente poco tatto?

Fortunatamente, senza neanche accorgersene, quel pensiero le aveva permesso di distrarsi dal vuoto mentale di pochi attimi prima. Ringraziò mentalmente quello strambo motociclista.

 

“ Vabbè, alla fine non ci sono problemi.” Concluse Skull, sorridendo sinceramente come se non ci fosse nulla da preoccuparsi.

- Perché lui non può capire.- Era il pensiero fisso della corvina, mentre con un sentimento simile all’odio si rendeva conto di essere in una situazione per nulla nuova.

 

Le persone in grado di comprenderla esistevano, ma in quel momento le erano lontane.

- Sakura …-

Con un impegnativo sforzo nel trattenersi dall’esprimere troppo le sue sensazioni, ripensò all’amica lasciata a Namimori.

Chissà se stava bene? Perché erano state separate?

- Perdonami Sakura… io pensavo di star facendo la cosa giusta !-

 

Quando aveva riconosciuto il ragazzo dai capelli rossi che era intervenuto durante il pericoloso attacco di criminali evasi alla Namimori High School, qualcosa nel suo cuore le aveva suggerito una via di fuga…

Era rimasta grata a Tengoku Sawada, così come ai suoi tre amici che avevano lottato per un oggetto tanto inutile… un taccuino dove lei era solita scrivere quello che avrebbe voluto dire.

Perché una voce, la Presidentessa del Consiglio Studentesco, idolo di molte classi della Namimori… non la possedeva più.

 

Rumore di gomme che stridono sull’asfalto.

Fuoco.

Metallo tagliente e freddo che lascia tagli roventi.

Luce di fari e di sirene dell’ambulanza.

 

Ecco cosa le ricordava la parola voce.

Ma i pensieri più tremendi nei suoi incubi, erano quelli di due tombe al cimitero, diventate tre dopo che un letto da ospedale era stato svuotato.

 

“ Come puoi essere così inutile ?!”

Il bruciore delle ferite.

“ Sei un’ingrata, ecco cosa sei !”

Lo schiocco di una mano sulla pelle, rigata da lacrime.

“ Come puoi sprecare tempo a pensare, mentre io invece mi faccio in quattro per educarti e crescerti ?!”

 

Perdonami.

Erano momenti in cui, con una voce avrebbe voluto dire perdonami.

“ Sei uno spreco di ossigeno! Se sei ancora viva non devi permetterti di lamentarti !”

Non lo faccio più, zia.

Mi mancano mamma e papà.

 

Ma come imparò presto dopo quel giorno, le persone che la circondavano non erano disposte ad aiutarla.

Imparò a rialzarsi con le proprie mani, a sopprimere il dolore delle sue cicatrici e a non disobbedire.

 

Era forte, ma si sentiva debole nel suo resistere.

Ogni volta che indossava abiti che sua zia voleva che indossasse…

Ogni volta che sua zia le proibiva di uscire con le uniche amiche che la invitassero fuori…

Ogni volta che agli elogi che riceveva a scuola, si sostituivano insulti e critiche infondate quando ritornava a casa…

Tutte quelle volte lei si guardava allo specchio. E pensava di essere all’inferno.

 

Passarono due anni. Le uniche amiche che aveva avuto durante il periodo delle medie erano sparite, e la porta della Namimori High School si apriva per mostrale un futuro.

Non si sentiva pronta ad andare avanti, ma aveva paura a mostrarsi debole davanti ai suoi nuovi compagni: la scuola doveva rimanere il suo angolo di paradiso quando sfuggiva dall’inferno.

 

Rimase comunque sorpresa quando, un giorno, il preside della scuola volle che lei salisse in cimo al palco dell’auditorium della scuola, davanti a tutti gli studenti.

Quell’uomo aveva un grande cuore: raccontò con il permesso di una piccola ed imbarazzata Akira la storia di lei davanti a tutti. Una ragazza anglo-nipponica rimasta orfana e muta dopo un incidente stradale: una storia triste ma purtroppo non dissimile da quella di un altro studente.

Era infatti noto a tutti l’origine di Kevin Celeste, lo studente bocciato che in quel momento svolgeva il ruolo di Presidente del Comitato Disciplinare.

 

Nessuno fu quindi sorpreso quando il preside, lodando la forza d’animo quanto l’intelligenza e la diligenza di Akira, assegnò alla ragazza il titolo di Presidentessa del Consiglio Studentesco.

 

 

 

Passò un anno. Forse la sua storia, o magari il carisma dimostrato, la permise di essere nuovamente eletta per lo stesso incarico dagli studenti.

Esistevano comunque individui pronti a deriderla e a farsi beffe di lei, ma ormai gli rispondeva a tono, zittendoli con una forza d’anima da farli impallidire.

In quel periodo Akira veniva ammirata e adorata, e grazie anche al supporto di Sakura Pinku, la prima che si era messa a disposizione per integrarla nella scuola, la sua autostima si risollevò dall’oblio.

 

Esisteva ancora l’inferno tra le mura di casa sua, ma era convinta di poter finalmente ritornare a vivere.

Tutto questo fino a quando…

 

“ Akira-senpai !!”

Un urlo disperato che squarciò il silenzio tombale.

Era passato più di un mese da quel giorno, ma la ragazza lo ricordava ancora in immagini chiare e nitide.

 

Era successo durante l’intrusione alla Namimori School dei cento evasi dalla Russia: lei era riuscita a richiamare numerosi studenti e studentesse, per poi nascondersi nella palestra.

In quell’ora avrebbe dovuto supervisionare il corso di scherma, in quanto Capitana, per cui le prime a mettersi al sicuro furono proprio le sue kohai.

Mentre stava richiudendo la porta, dopo aver fatto entrare l’ultimo gruppo trovato, quell’urlo lanciato da una ragazza la fece rizzare sull’attenti.

 

Immediatamente si voltò verso l’ingresso, pietrificandosi nel trovare un uomo molto alto sogghignare gelido mentre li osservava.

Si era sempre creduta forte, e doveva sembrare tale davanti agli studenti… ma in quel momento la volontà gli stava scivolando via, come se fosse stata ghermita dalla paura.

 

Fortunatamente riuscì a recuperare una fermezza mentale in tempo, sfuggendo con un salto per evitare che le mani di quel criminale la afferrassero alla gola.

In quel momento, si rese conto di ciò che avrebbe potuto fare. Scappare non era contemplato, e fu la prima opzione a venir rimossa, ma anche far evacuare gli studenti dalla palestra sarebbe stato pericoloso.

 

Quindi, con un forte tremore che si era impadronito di lei, comprese che avrebbe dovuto difendersi.

Istintivamente, mentre era in cerca di studenti da far nascondere, aveva recuperato un fioretto vero dall’archivio della presidenza.

Era un’arma vera e propria, probabilmente un trofeo per un precedente torneo vinto dalla scuola, e per questo conservata e accessibile solo al preside.

 

In quel momento Akira scoprì una nuova sensazione: la paura di uccidere.

A lungo aveva provato la paura di morire, risalente al suo lungo ricovero in ospedale dopo l’incidente che le aveva  tolto la voce. Le cicatrici che nascondeva con bende sin dalla sua infanzia, erano complici di quel terrore.

Ma mai prima di quel momento aveva pensato alle conseguenze di uccidere qualcuno, o al senso morale nel farlo.

 

Sarebbe stata ricordata come un’eroina, oppure come un’assassina? Togliere la vita a qualcuno era la peggiore cosa che potesse venirle in mente.

Ma…

 

Nel momento del bisogno, seppe come agire, isolando ogni pensiero e ogni rumore.

Come se si fosse trasformata, non appena vide l’uomo avvicinare la mano al manico di un coltello nascosto malamente nella sua giacca, estrasse il fioretto.

 

Un secondo dopo, il criminale si era ritrovato con un’espressione sbigottita, senza capire ancora perché nel suo polso ci fosse un buco.

La ferita non era né profonda né lunga, ma comunque il dolore misto ad un vero terrore, gli raggiunse il cervello, paralizzandolo.

Akira ricordava ancora quell’espressione, quando lei fieramente quel giorno si frapponeva tra la porta e gli studenti. Non si sentiva forte, non si sentiva un’eroina, ma soprattutto non era un’assassina.

 

Qualche secondo dopo, era stato un ragazzo alto, dai capelli rossi e dagli occhi rossi e verdi ad atterrare quell’uomo. Lo fece sorridendo, e annunciò che tutto si era risolto al meglio.

 

- Quella volta io ho capito dove si trovava il mio posto nel mondo… una vita che avrei passato a combattere per non farmi strappare via la libertà.-

Ma ora, nel presente, qualcosa stava straziando il cuore della ragazza, perché era stata abbandonata sia dai suoi amici che dai suoi nemici.

Era sola nel silenzio.

 

“ So che Reborn ti ha mandato per una settimana in Scandinavia, per allenarti con quel killer suo amico… come si chiamava, Aaren Britt ?” Skull riprese a parlare, stavolta attirando ancora di più l’attenzione di Akira.

Ma la corvina, nonostante si fosse voltata in direzione dell’ex Arcobaleno, non sapeva proprio come rispondergli.

 

“ Grandissimo Skull !”

All’improvviso, un terzo individuo irruppe nella stanza.

Era un uomo molto più alto di Skull, dalla pelle quasi rossa con dei capelli a spazzola neri. Vestiva un completo grigio ripieno di borchie e placche di metallo, con due catenine che dalle orecchie si collegavano ai piercing ai lati della sua bocca.

Aveva dei piccoli occhi verdi, con un viso duro che inquietò subito la ragazza.

 

“ Cosa c’è Oodako ?” domandò stizzito il ragazzo dai capelli viola, rivolgendosi al suo Pet umanizzato.

“ Pare che la signorina Shirogawara sia impossibilitata a parlare a causa di un’operazione di molti anni fa.”

Oodako era davvero spaventoso e il suo look poteva chiaramente mettere in soggezione, ma il suo comportamento leale verso il suo padroncino tradiva questa sua apparenza.

 

“ Porca… !” imprecò Skull, arrossendo di colpo per l’imbarazzo, mentre a denti stretti ringraziava il polipo umanizzato e lo invitava ad andarsene.

“ Ehm…” cercò di riprendersi, ma nel farlo notò un curioso sorriso sul volto di Akira.

La ragazza non lo avrebbe mai ammesso, ma quella scenetta era stata davvero divertente per lei.

 

“ C-comunque, se vuoi so leggere il labiale! So fare un sacco di cose, infatti sono super intelligente.”

L’Arcobaleno si era finalmente guadagnato un po’ di simpatia da parte della studentessa.

Così Akira, molto lentamente perché ancora non si fidava della bravura enunciata dalla stesso ragazzo, sillabò: ‘ È morto dopo cinque giorni.’

 

Fortunatamente il killer comprese.

“ Cavolo, quindi Aaren è morto prima che potesse completare il tuo addestramento?! Mi… dispiace, insomma …”

 Skull sapeva bene che Aaren Britt era stato uno dei più grandi assassini all’infuori degli Arcobaleno, e sicuramente se Reborn gli aveva affidato il compito di addestrare una sua allieva, voleva dire che avrebbe potuto tirare fuori il meglio anche da una ragazzina di sedici anni.

Il killer scandinavo per anche famoso per il suo caratteraccio, e per non essere mai un tipo di molte parole.

Quindi, il principale interrogativo di Skull era su che cosa mai potesse averle insegnato in soli cinque giorni.

 

Poi, di colpo, un tepore gli riscaldò il viso.

L’ex Arcobaleno sussultò da seduto, chiedendosi cosa da dove potesse venire quel calore.

Viola, il colore della Fiamma della Nuvola.

 

Una scritta stava venendo tracciata nell’aria, composta da purissime Fiamme del Coraggio di Morire della Nuvola.

E straordinariamente, era Akira in persona a scrivere, usando come penna la punta del suo fioretto sfoderato.

 

- Magari quello che posso esprimere è poco, ma ci tengo a dimostrare la mia forza a Reborn. Solo così potrò rivedere dei volti familiari, e spero che la felicità mi restituisca la sicurezza di cui ho tanto bisogno.

Aaren è stato un buon maestro, e per questo ti chiedo gentilmente di riporre fiducia in me e di ciò che lui ha lasciato. -

 

Il volto della ragazza era rilassato, non le importava nemmeno delle lacrime che le sfuggivano dagli occhi. Era naturale nel suo sorriso gentile, e armoniosa nella calligrafia.

Skull comprese il perché della purezza di quelle fiamme: dopotutto erano anche chiamate Fiamme del Coraggio di Morire.

“ M-merda… Non sto piangendo, ho solo gli occhi umidi per il raffreddore !”

 

 

 

 

“ Quindi sei stata veramente tu …” Una nuvoletta di fumo salì fino al soffitto, per poi venir catturata dalle fessure di un climatizzatore.

“ Esattamente come ti avevo detto, Verde.” L’ex Arcobaleno della Nebbia, Viper, si voltò in corrispondenza dell’ex Arcobaleno del Fulmine.

“ I miei poteri non possono sbagliare.” Annuì serie e tagliente, con un tono di voce degno del suo nome.

 

“ Intanto, non era tua intenzione il risultato.” La interruppe l’uomo, con uno strano ghigno provocatorio in volto, che non si curò di far svanire neppure dopo una tremenda occhiataccia della donna ammantata.

 “ Nemmeno in quel caso è stato uno sbaglio !”

“ Certo, certo.”

 

L’uomo dai capelli verdi irti si appoggiò ad una parete, finendo di fumare la sua sigaretta nella penombra. Il bagliore del fuoco si rifletteva appena sui suoi occhiali tondi.

“ Quindi tu volevi davvero donare gran parte dei tuoi poteri a questa ragazzina? Mi stai proprio dicendo questo, Viper.”

La donna non si fece provocare oltre dal tono cantilenante del ricercatore, e con uno scatto gli si parò davanti. In quello stesso momento due lampi sinistri si poterono intravedere da sotto il cappuccio viola del mantello, mentre l’atmosfera iniziava a vibrare .

“ Uomo povero di intelletto, non sfidare ancora il mio potere !”

 

“ Già, alla fine sono solo un avido bastardo materialista.” A Verde quella minaccia non toccò minimamente, ma parve invece soffermarsi a riflettere. I suoi occhi erano puntati sullo schermo del potente computer di sua invenzione, ancora acceso e funzionante.

“ Ma è proprio perché io giudico dai risultati… che  riesco a crederti. ”

Stavolta il suo sguardo si posò sul capo chino di una ragazza, seduta a poca distanza da loro due.

- Poco fa questa ragazzina è riuscita ad accedere ad un sito segreto dei Vongola, cancellando completamente il login con poche crack come se si fosse trattato di un banalissimo forum. A questo punto non posso stupirmi proprio di niente …-

 

Intanto, Momoka, mentre cercava in tutti i modi di combattere il malessere di trovarsi in quella situazione tanto tesa, rimaneva ancora stupida dalle risposte che aveva ricevuto.

Risposte a quesiti che la tormentavano da almeno un mese prima.

 

Ormai quasi rimpiangeva quei giorni, seppur all’epoca li detestasse. Sono questi gli assurdi paradossi della vita, pensava.

In quel periodo viveva a Namimori con la madre, ma a causa dell’avvicinamento del periodo estivo, si sarebbe trasferita per pochi mesi a casa del padre, in America.

Erano momenti dove non sapeva se essere felice o triste: innanzitutto aveva paura di parlare dell’altro genitore in presenza di uno, nonostante suo padre e sua madre le ripetessero in continuazione che erano adulti e non c’era nessuna forma di rancore. Eppure le piaceva passare del tempo nella villa del padre, ma non per godersi il lusso, più che altro per rivedere dopo tempo il suo fratellastro Alex.

Momoka sapeva bene il perché del divorzio dei suoi, e anche che Alexander fosse in realtà figlio di una segretaria del padre, in quanto amministratore di una fabbrica di computer americana.

 

A lei però… bastava sapere che i suoi genitori le volessero bene, e anche solo il pensiero di poter passare del tempo con entrambi.

Non in maniera equa, certamente: a causa della cosiddetta “scappatella” del padre, sua madre aveva chiesto il divorzio e si era presa una discreta parte di denaro, senza la quale sarebbe stato difficoltoso iniziare una nuova vita con sua figlia a Namimori.

Ma prima che i suoi raggiungessero un accordo sulla spartizione dei periodi in cui tenerla, Momoka era vissuta a lungo senza vedere un padre, praticamente nei periodi cruciali della sua infanzia.

A causa di questo, un sociologo infantile, aveva annunciato ai suoi sette anni, che la bambina soffrisse di un’afefobia selettiva, riguardante il sesso maschile.

Disagio e repulsione del contatto fisico, ma solo se ricevuto o dato a uomini e ragazzi.

 

- Perfetto. - si era detta la allora piccola Momo. – Che senso ha allora vivere un giorno di più ?-

Ma non aveva mai tentato il suicido, perché fortunatamente consolata ed incoraggiata dalla madre per tutti quegli anni.

 

La sua vita si era finalmente stabilizzata: nella sua scuola, questo suo disagio non era stato neppure notato dai suoi compagni di superiore. Era stata fortunata nel trovare diverse amiche con la sua stessa passione nei computer, nei gatti e nel nuoto.

Fortunatamente per lei, era normale che le ragazze facessero gruppo e passassero pochissimo tempo in compagnia dei ragazzi durante le ore scolastiche.

 

Ma un giorno, qualcosa cambiò.

 

Sua madre, poco più di un mese prima, tornò a casa presentendole un amico. Sembrava giovane, forse un universitario.

Era un tipo che da subito si dimostrò gentile ed educato, nonché assolutamente rispettoso di sua madre, ma comunque Momoka trovò subito in lui qualcosa di misterioso e strano.

Non ne era incuriosita affatto, anzi, cercò sin da subito di evitare qualsiasi contatto con lui, iniziando anche ad uscire di casa inventandosi scuse ogni qualvolta il ragazzo veniva invitato in casa loro.

Lei non sapeva niente di lui, soltanto il suo nome: Takayama.

 

Forse non vedeva di buon occhio il fatto che sua madre avesse trovato un compagno che interrompesse la loro quotidianità, o forse era condizionata dal classico cliché dei ragazzi buoni ed educati che si fingono tali solo per ingannare le donne innamorate.

Dentro di sé Momoka sapeva che quelle fossero idee stupide, ma nonostante provasse a fidarsi di quel misterioso giovane, sentiva che in lui c’era qualcosa che non avrebbe voluto nella sua vita.

 

Una famiglia, arrivò a pensare un giorno. Egoisticamente, pensò che il suo essersi abituata alla condizione del divorzio, potesse aver generato una repulsione per il modello di famiglia che spesso trovava in casa delle sue amiche.

Si pentì molto di quel pensiero, perché significava andare contro alle scelte di sua madre, una donna adulta che con tutti gli sforzi e i sacrifici che compiva, si meritava solo il meglio del mondo.

 

Per questo decise di accettare la situazione, e di sforzarsi di non scappare ogni volta che Takayama veniva invitato da loro. Lui la salutava cordialmente, ma dopo qualche giorno notò il suo terribile disagio ed evitò di forzarla al dialogo.

Curiosamente, persino il piccolo gatto bianco di casa, Purin, sembrava evitarlo quando lo incrociava in giro per le stanze.

 

Ma una notte, improvvisamente, successe l’impensabile: Takayama venne ospitato per la notte.

Momoka sapeva per certo che tra lui e sua madre c’era qualcosa, ma nonostante tutto l’ospite avrebbe dormito in un’altra stanza.

Si sentì stranamente presa in giro da sua madre, come se si aspettasse che non avrebbe così capito i sentimenti che la legavano a quel ragazzo.

 

Successe quello che doveva succedere, semplicemente lasciò andare tutto come doveva andare.

Ma durante la notte, iniziò ad avvertire una strana, soffocante paura, che si riconduceva ai precedenti dubbi su quell’individuo misterioso.

‘E se quell’uomo di notte avesse voluto… violentarle ?!’

 

Mentre quel terrore continuava ad attanagliarle il corpo, la lancetta delle ore passò finalmente sulle 03.

Ed in quell’esatto momento, mentre gli unici suoni udibili di erano Purin accovacciata sul lenzuolo che faceva le fusa nel sonno, la porta della camera di Momoka si aprì.

 

Lei si sentì improvvisamente mancare, ed il sangue pompato a ritmo accelerato dal cuore, andò a conglomerarsi nel cervello per quegli interminabili secondi di nulla.

Poi dei passi molto lenti.

 

Le venne quasi istintivo urlare, ma la gola si era fatta secca, al sol pensiero che quell’uomo avesse già ucciso sua madre.

“ Strano. Sei sveglia.” La voce dal tono basso di Takayama interruppe il silenzio, mentre il volto del giovane veniva illuminato dallo schermo in accensione del computer di Momoka.

Aveva appena puntualizzato l’ovvio con pacatezza e in quel momento era completamente dall’altra parte della stanza rispetto al letto, ma nonostante questo la ragazza non riusciva a calmarsi.

 

“ A quanto pare anche tu sei speciale, come me. Sono pochi i figli di persone normali con queste capacità, ma visto che sei ancora sveglia nonostante la mia Coperta di Nebbia …”

In quel momento Momoka trovò terribilmente strano che la sua gattina non si fosse svegliata per via della luce o della voce.

Ma poco dopo che iniziasse a tremare, spaventata e confusa per quello che le stava venendo detto, nuovamente il ragazzo le parlò.

“ Tranquilla, ti posso assicurare che non ho cattive intenzioni, e soprattutto non intendo mettere nei guai voi due.”

Con un’espressione seria, ma non per questa dura e fredda, il giovane si voltò verso una piccola fotografia appesa al muro. Ritraeva un uomo e una donna giovani, mentre tenevano per mano una bambina dai corti capelli castani a caschetto che rideva.

“ Io non l’ho mai avuta una famiglia.” Sembrò voler dire, ma le parole si ridussero automaticamente ad un sussurro spirato con voce rotta.

 

“ Cosa stai facendo ?” Invece a Momoka le parole in quel momento le erano appena tornate, e non arresa alla paura si mise a sedere sul letto, cercando di tenere d’occhio ogni singolo muscolo in movimento dell’altro.

Ad inquietarla, era stato anche un altro fattore: da quando aveva iniziato a parlare, Takayama stava digitando incessantemente sul suo computer, aprendo e chiudendo pagine dove scriveva o copiava codici.

“ Sei un hacker… ” Subito la ragazza si sentì stupida e completamente fuori luogo per quella domanda, come quelle persone che affermano ‘ti sei tagliato i capelli’, credendosi gentili mentre in realtà ripetono ad alta voce l’ovvio.

 

“ Sì, ma quando avrò finito nessuno potrà rintracciare questo computer. So bene che sei stata sospettosa fino all’ultimo, e ancora adesso mi stupisco nel pensare che esista qualcuno come te che non abbassi la guardia dopo tanti giorni in mia presenza.”

“ Quindi mi stai dicendo… che la tua intenzione era far abbassare a tutti la guardia per il tuo scopo ?”

Con quel tutti, Momoka si riferiva solamente a sua madre. Non sopportava l’idea che quella donna, per lei la più gentile e dolce del mondo, fosse stata truffata.

Era come se la paura di pochi attimi prima fosse svanita, lasciando posto ad una grande forza d’animo rimasta sopita per tempo.

 

“ Affatto. Io sono grato a tua madre, ma nonostante la mia fosse solo una copertura, il nostro è stato un semplice rapporto fra insegnante e studente universitario. Non sono mai stato convinto al cento per cento di questa scelta, per questo ho esitato per molti giorni prima di venire qui.” La faccia di Takayama era immobile ed inespressiva, concentrata completamente sul suo lavoro mentre scaricava e componeva chiavi d’accesso per protezioni.

 

“ Ma ora vorrei che tu dormissi, per piacere.”

Quelle furono le ultime parole che Momoka sentì dire da quell’uomo. Dopo qualche secondo venne avvolta nel buio, ed il giorno dopo si svegliò solo in compagnia di Purin nel suo letto.

 

Passò non molto tempo, e la notizia che la scuola superiore Namimori High School aveva subito un tremendo assalto da parte di criminali sbarcati da oltreoceano, si era sparsa rapidamente in tutta la città e province.

Fortunatamente la ragazza andava ad una scuola privata poco fuori città, e nessuno che conoscesse era stato coinvolto nella tragedia.

Sapeva soltanto che c’erano stati diversi molti, soprattutto tra gli insegnanti e il preside della scuola, e che tra i criminali era stato fatto il nome di Tengoku Marco Sawada.

 

Quasi nessuno in città sapeva dell’esistenza di questo ragazzo, ma dopo diverse ricerche da parte della polizia ricondussero il nome ad una studentessa italiana maggiorenne, Veronica Cavallone.

Due ragazzi della stessa scuola invece erano scomparsi, ma alcuni avevano affermato di averli visti tra i criminali nel momento dell’assalto.

 

Oltre loro due, tutti coloro che erano stati associati al nome di Tengoku Sawada, erano stati dati per dispersi, e ricercati dalla polizia.

La prigione russa dalla quale erano evasi in massa i criminali era stata ritrovata colma di cadaveri appartenenti a poliziotti e guardie, segno di un evasione di massa, per il momento non riconducibile a nessuno.

L’unico sopravvissuto era Mark Ariyame, l’addetto alle telecamere giapponese che continuava soltanto a ripetere disperatamente il nome del figlio scomparso, in apparente stato vegetativo.

 

In breve tempo, quella vicenda e soprattutto il mistero di Tengoku Marco Sawada, divennero un motivo di paura per i cittadini Namimori, e un caso di interesse in tutto il Giappone.

 

Ma, il primo giorno del periodo estivo, Momoka trovò una strana sorpresa, ritornando a casa…

Appena mise piede nella sua camera, si rese conto che qualcosa non andava: lei era sempre stata una ragazza molto attenta alle cose di sua proprietà. Più di quanto non lo fosse con gli affetti personali di altri.

Ed il computer era acceso quel giorno, l’unica luce fredda nella camera buia.

 

Insospettita, fece caso che Takayama non si era più presentato a casa loro da quella notte, e finalmente accettò di non aver sognato tutto l’accaduto.

Si sedette sulla sua sedia, notando che era rimasta fredda come dalla sera precedente. Nessuno si era seduto, nonostante il computer fosse acceso.

Infine, prestò attenzione a ciò che presentava lo schermo.

 

Inizialmente le parve una banalissima home page di un blog, come quelle che offrivano i social network dei primissimi anni duemila. Era abbellita con un gusto femminile, nonostante qualche sfondo di pioggia o nuvole grigie. Grazie ad un Widget radio, era possibile sentire una melodia rock come sottofondo.

- Sarà il blog di una dark ?- pensò senza alcuna ironia, chiedendosi però come mai il suo computer fosse acceso su quella pagina.

 

Successivamente, osservò con una punta di stupore come la Dashboard fosse piena di messaggi di altri utenti, tutti abbastanza simili tra loro ‘ m o f ??’ ‘d dv dgt ?’ oppure ‘X Ke Nn Cariki + Ft ???’.

Lo stupore, era ovviamente dettato dall’incredulità che persone parlanti nel cosiddetto ‘SMSiano’, esistessero ancora e non si fossero tutti estinti in sofferenze atroci.

 

Senza ancora ispezionare per bene la pagina, erano possibili vedere discussioni, probabilmente dove partecipava anche il gestore del blog, dove si parlava di film o personaggi famosi.

‘ hai guardt quel lultimo film con il protagonista keè un lupo mannaro ke di giorno è normale ma di notte gli cresce la coda e brilla *^*!??’

La risposta: ‘ Ti stai riferendo a Blacklight, giusto? Non l’ho gradito molto ^^’. ’

 

Fortunatamente, Momoka si interruppe immediatamente prima di andare a vedere il link della proprietaria del blog.

Si accorse subito che il puntatore del mouse si era trasformato nella tipica manina non appena lo aveva mosso.

- C’è una finestra invisibile che conduce ad un pop-up.- Fu la prima idea.

Era una tattica che spesso aveva visto, soprattutto in siti che offrivano uno streaming gratuito, ma che necessitavano di un host molto costoso.

Non appena avesse cliccato su un punto qualsiasi della pagina, sarebbe stata aperta una pubblicità di qualsiasi tipo.

L’unico problema in pop-up invisibili del genere, era che Momoka sapeva fossero utilizzati molto spesso per nascondere download di malware o spyware.

Era un sistema molto losco, ma la scarsa fiducia che ormai la ragazza riponeva in tutto quello che le accadeva da quando era arrivato Takayama, le permise di agire di conseguenza.

 

Utilizzò il tasto destro del mouse per attivare un tipo di antivirus installato nel sistema. Era molto funzionale, infatti lo aveva scoperto anni prima nei computer di suo padre quando assisteva ai processi di debug del sistema.

Infine usò l’impostazione di Ispeziona Elemento attraverso una combinazione di tasti. Provò numerose volte ad eliminare la finestra invisibile, ma probabilmente conteneva un link che non veniva riconosciuto dall’antivirus.

- E’ un sistema parecchio complicato. Chi mai metterebbe una Booby Trap(*) del genere ad un semplice blog ?- Mentre pensava ciò, Momoka si asciugò un rivolo di sudore dalla fronte e decise di legarsi i capelli in una piccola coda.

Era preparata a sistemi del genere, e nonostante l’ardua trappola, sarebbe riuscita a renderla inefficace grazie alle sue conoscenze.

 

 

Fortunatamente era stata in grado di rendere visibile il contorno della finestra invisibile, così poté ridimensionarla e renderla più piccola. Purtroppo il codice del link rimase della stessa dimensione, ma utilizzando un programma di Crack che era solita adoperare tramite un’altra combinazione di tasti, riuscì a modificare la stringa del codice e renderla innocua.

 

Automaticamente e senza accorgersene, le venne da sorridere in quella situazione, pensando a quanto fosse strano che tutte le tecniche insegnate da suo padre che usava solo per scaricare musica, anime o per innocenti scherzi, le stessero servendo per un fine che nemmeno lei conosceva.

 

Dopo aver patchato definitivamente quella trappola informatica, tirò un sospiro di sollievo, distendendosi sullo schienale dopo almeno una mezz’ora di tensione.

Chiuse tutti i programmi utilizzati e assottigliò il suo sguardo color nocciola, preparandosi a scoprire il segreto di quella sciocca home page protetta in maniera tanto ermetica.

 

Ma quello che vide, non appena mosse di poco il mouse, le fece a stento cadere dalla sedia per lo spavento.

Immediatamente lo schermo si era ridotto ad un ammasso di pixel informi, che mutavano di colore ad alta velocità, mentre dalle cuffie si sentivano solo suoni distorti e una versione corrotta della musica di poco prima.

“ Ma che cosa… diavolo sta succedendo ?!” sussurrò a voce rotta Momoka, spaventata da quello che aveva di fronte e incapace di capire dove avesse sbagliato.

“ Maledetto White Noise(**) !!” si lasciò sfuggire, stavolta ad un tono di voce più alta. Provò a staccare il jack delle cuffie, ma il rumore persisteva, fuoriuscendo dalle casse, spente o scollegate che fossero.

 

Dopo innumerevoli ed inutili tentativi di spegnere il modem, riavviare il sistema o scollegare l’alimentatore del computer, si lasciò cadere sulla sedia.

In volto era una maschera di sudore, con gli occhi spalancati e le mani tremanti.

 

Il suo computer stava venendo distrutto da un virus, per via forse di un suo errore, che aveva manomesso o hackerato un sistema di sicurezza.

Una sua compagna di classe, conosciuta per essere molto maliziosa, le aveva detto che una volta si era beccata un virus molto pesante mentre visitava un sito pornografico ad insaputa dei suoi genitori.

Ma lei… con quale coraggio Momoka avrebbe rivelato tutto quello ai suoi?

Avrebbero sicuramente pensato che anche lei si fosse spinta in siti che non doveva visitare.

 

“ Ma in che cazzo di angolo del deep web(***) l’hanno trovata questa pagina ?” sussurrò dopo molti minuti di silenzio, con voce tremante e rotta da piccoli singhiozzi.

- Forse Takayama mi ha hackerato il computer ?- arrivò a pensare.

 

Ma mentre stava per lasciarsi andare alla disperazione, le venne una sciocca ed insensata idea:

- Se riesco a salvare i documenti rimasti sul mio telefono, come se fosse un hard disk esterno…-

Il piano le sembrò subito inutile, perché era possibile che non si fosse salvato proprio nessun documento, magari perché il virus aveva già intaccato la memoria del computer.

 

Decise di provarci lo stesso, sebbene la sua espressione fosse molto preoccupata.

Tramite un’applicazione scaricata da suo padre circa un anno prima, riuscì a collegarsi a tutti gli hard disk del computer.

Ma improvvisamente, partì un download, sebbene lei non avesse premuto ancora nulla.

 

Non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsi o stupirsi, perché contemporaneamente lo schermo del computer tornò normale, e apparve una piccola icona sul suo telefono: ‘Scaricato: Viper Mobile’.

 

La home page era tornata normale, ed ogni applicazione era rimasta così come cinque minuti prima.

 

“ Come …”

Momoka si voltò di scatto, con i nervi già a fior di pelle per i numerosi spaventi in quella mattinata.

 

“ Takayama… ?”

Il ragazzo dai capelli viola scuro e gli occhiali, la guardava sbigottito, apparso improvvisamente in camera sua.

“ Come facevi a sapere ?”

Domandò, mentre lentamente il suo corpo si trasformava in una sottile nebbia color indaco.

 

Quando la foschia si diradò, davanti allo sguardo ancor più incredulo della ragazza, al suo posto c’era una donna alta e avvolta da un lungo mantello indaco con un largo cappuccio.

Si poteva riconoscere il suo sesso, per via del volto delicato e il profilo sottile che sporgeva da sotto il cappuccio, e dai lunghi capelli viola.

Due triangoli allungati viola dipinti sulle guance erano gli ultimi dettagli visibili, dato che occhi e fronte erano nascosti dal buio.

 

L’ex Arcobaleno della Nebbia Viper, ripreso il suo vero aspetto, cercò di porre fine alla sua stessa espressione stupida, ricomponendosi dopo poco.

“ A quanto pare devi essere tu quella giusta che erediterà il mio potere.”

 

 

“ Bene. Ascoltami bene adesso, ragazzo…”

“…”

“ Rispondimi quando ti chiamo !!”

“ Scusami…”

“ Buono a nulla. Dicevo, se è vero che la vostra prossima tappa sarà Namimori, allora farò preparare da domani dei miei uomini che possano informare la polizia, l’esercito ed ogni forma di militare disposto a farsi pagare pur di riportare voi due a casa! E’ chiaro ?”

“ Sì… padre.”

“ E non ti azzardare a mancare. Già solo il fatto che voi due andiate in giro per l’Italia a combattere una battaglia con cui non centrare nulla, mi fa imbestialire. Cercherò, quando tornerete a casa, di farvi dimenticare da ogni persona vi abbia conosciuto: non sopporterei se mio figlio in futuro rovinasse il lavoro della sua famiglia per delle voci portate da fuori. Vale lo stesso per quell’altra deficiente !”

“ Va bene.”

“ Non voglio sentire più niente! Voi tornerete in Germania costi quel che costi, e da allora dovrete dimenticarvi gli idioti che vi hanno seguito in questa gita da quattro soldi da mafiosi. Da ora in poi da te voglio sentire solo scuse, Drake.”

“ Scusaci, padre…”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Booby Trap*= Così come i malware e gli spyware, è un tipo di virus informatico.

White Noise**= Un termine utilizzato per indicare una sequenza di suoni distorti, spesso ad alto volume. Sintomo anche della corruzione di una traccia audio.

 

Deep Web***=  Insieme di documenti che non sono possibili da visitare tramite normali motori di ricerca. Momoka la usa come battuta, perché molto spesso il Dep Web contiene pagine di contenuti banditi perché dannosi, come siti di malware e commercio e pornografia illegale.

 

ANGOLO AUTORE:

 

Welcome back!

Yep, episodio… come dire…

Ah, non trovo le parole per descriverlo! E’ sicuramente diverso dai precedenti, e per questo sono molto demoralizzato dall’idea che vi abbia potuto annoiare.

In fin dei conti, non c’è stato molto progresso nella trama, eppure avete aspettato tanto per potervelo godere. Spero solo che almeno questa ‘cacchiata’ sia decente (odio essere insicuro sul mio stesso lavoro, di solito vi assicuro che ho molta più autostima).

Abbiamo visto, dopo molto e molto tempo, un’introspezione su personaggi mai sfiorati prima.

E’ un peccato se molti di voi si sono dimenticati di Akira Shirogawara, perché vuol dire anche che le ho prestato poca attenzione. Mi scuso anche con Maki Chrome, la sua creatrice (che ricordo, non recensisce da un po’, esattamente come Lunaix).

 

Adesso però, gli allenamenti stanno volgendo al termine e manca esattamente una settimana agli scontri contro i Bravi.  Spero di rendere i prossimi capitoli sempre più decenti, perché sarà difficile scrivere i giorni delle battaglie per come me le sono immaginate.

Ci vediamo il mese prossimo, boyz and girlz ( Boys and Girls era anche una Opening di Katekyo Hitman Reborn, lol)!!

Alla prossima!

 

P.S: Secondo anno su EFP ^^!! Aspettatevi un secondo aggiornamento, in serata. Per chi è interessato, può tranquillamente tenere d’occhio il mio account, oppure inserirmi tra gli autori preferiti per poter visualizzare ogni mio aggiornamento (non include offerte del tipo: ‘una giornata con Master’, oppure ‘mi saluti nell’angolo autore??’ )

P.P.S: Ringrazio nekomata04 per avermi fatto, recentemente, un catalogo intero di nuovi disegni dei personaggi di questa fan fiction. In quel momento mi son commosso tantissimo, chiedete per crederci :’)


P.P.P.S: “Ma Master, guarda che non hai finito di revisionare tutti i capitoli della prima saga. ”

M*rda, mi hanno scoperto!!

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Capitolo 10
*** Target Number 10: Quando il passato viene a farti visita. ***


Target Number 10: Quando il passato viene a farti visita.


a cura di nekomata04! Grazie mille miliardih!


Ventisettesimo giorno. Meno sei giorni agli scontri.

Ore 08:30

 

“ Siete pronti ragazzi ?!”

Un’insieme di sbadigli si sollevò all’unisono.

“ Non ho sentito bene !”

“ Reborn, ma sono le otto del mattino …” Mugugnò Tengoku, stropicciandosi gli occhi stanchi dalla notte passata a studiare.

“ Ho detto: NON HO SENTITO BENE !” Un istante dopo, però, il ragazzo si ritrovò una pistola puntata alla tempia, con lo sguardo assetato di sangue di Reborn su di lui.

 

“ AAAH !!” Il bruno sobbalzò, risvegliandosi da quel terrificante incubo.

Rimase in silenzio per qualche secondo, ascoltando il debole rumore del veneto e il cinguettare degli uccellini.

 

“ Era solo… un sogno ?” Sussurrò tra sé e sé, prima di voltarsi e trovare il volto di Momoka, completamente rossa come un pomodoro.

“ Sì, solo un sogno.” La risposta arrivò piena di sarcasmo da Azura, seduta alla sinistra della ragazza castana, che in quel momento guardava Tengoku ridacchiando.

 

“ Ma cos-cosa ?!” Girandosi verso destra, il ragazzo trovò solo un finestrino, dal quale era possibile intravedere una costa di sabbia bianchissima al riparo di un promontorio.

“ Siamo in Giappone !” esclamò a quel punto, rendendosi conto di trovarsi in una grande macchina.

 

Seduto al posto del guidatore, trovò sfortunatamente il Tutor Hitman, intendo a canticchiare allegramente, e al sedile del passeggero…

“ Vito-kun !”

 

I capelli neri si mossero, quando il volto giovane di Yukiteru si sentì chiamato dal bruno.

L’uomo trattenne il fiato per qualche secondo, indeciso sul da farsi, ma ricordandosi dell’amicizia creatasi silenziosamente tra loro due, ritornò nella parte di Vito Ello.

“ Moooh, Tengokuccio !” salutò sorridendo, per poi fingere un conato di  vomito causato dal mal d’auto.

“ Io ora me ne vado a… nanna, se non ti dispiace.” Un attimo dopo, finse uno svenimento.

- Che razza di codardo sono …-

 

“ Comunque Ten, dove sei stato ieri sera ?” Azura, toccando la spalla del ragazzo, richiamò la sua attenzione a sé. Sembrava molto rilassata e riposata, a differenza di lui, più simile ad uno zombie sotto effetto di stupefacenti.

“ In biblioteca. Avevo voglia di leggere.” Dopo uno sbadiglio, il bruno cercò di sorridere per sembrare meno assonnato e rimbambito del solito.

 

Lo sguardo sospettoso della rossa però lo fece rimanere sulle spine, fino a quando lei non ricambiò il sorriso.

“ Noi ragazze abbiamo fatto un pigiama party. Ti sei divertita Momo ?” Domandò alla ragazza al suo fianco.

Momoka, sorpresa dalla domanda, come suo solito in presenza di maschi abbassò la testa, facendo però intravedere un piccolo sorriso dolce tra il rossore della sua faccia.

“ E’ stato molto bello quando abbiamo provato a… a fare il gelato.” Sussurrò, stringendosi nelle spalle.

 

“ Che bello, sono riuscita a farti sorridere !” esclamò a quel punto la rossa, stringendo in un improvviso abbraccio la ragazza, che venne spinta verso Tengoku, che a sua volta divenne rosso come un peperone.

La macchina sbandò leggermente verso il dirupo, facendo impallidire per un istante tutti i passeggeri.

 

- Stavo per vomitare veramente !- sussultò Yukiteru, mentre il cuore sembrava volergli esplodere nel petto per lo spavento, nonostante cercasse ancora di fingersi svenuto.

 

“ Ehm ehm! Buongiorno, Boss …”

Il tempo parve fermarsi, in quel quadro perfetto di spensieratezza e allegria. Pareva una normale gita tra amici.

E quando ci sono gli amici, vecchi o nuovi che siano, è sempre bello rincontrarli.

 

“ A… aka… ” Tengoku, girato verso la terza fila di sedili alle loro spalle, parve paralizzarsi con un’espressione di stupore in volto.

Lentamente gli zigomi della faccia si sollevarono, formando un sorriso, mentre delle grosse lacrime andarono ad accumularsi sotto i suoi occhi verdi.

 

“ Akane !” Il ragazzo venne stretto all’improvviso nell’abbraccio della corvina, che lo tenendo stretto al petto con un sorriso commosso e gli occhi lucidi.

“ Scusami Boss, se vi ho fatto preoccupare …” mormorò dolcemente, staccandolo dall’abbraccio e facendolo ritornare seduto al suo posto.

 

“ Ma… ma le tue ferite come stanno adesso ?” domandò preoccupato il ragazzo, asciugandosi le lacrime  con la manica della camicia bianca che indossava.

“ Guarite… la ricostruzione cellulare delle Fiamme del Sole ha cancellato le ustioni, mentre la Fiamma della Pioggia e quella del Fulmine di Colonnello e Verde mi hanno riparato le ossa nel minor tempo possibile.”

Disse Akane, sfiorandosi distrattamente una nuova cicatrice sotto la X che portava da tempo sulla guancia.

Quelle ferite aveva chiesto di non cancellarle. Erano gli unici ricordi di Korvo rimasti in lei.

 

“ Oh… Akira-san !” esclamò nuovamente il ragazzo, accorgendosi di una vecchia conoscenza seduta alla sinistra di Akane, vicina al finestrino.

La mora sorrise gentilmente, salutando con la mano.

Tengoku notò che era di poco più alta di Akane.

 

“ Presidentessa, io… volevo chiederle scusa per la situazione in cui l’ho coinvolta !” inaspettatamente, il ragazzo accennò un inchino, ritornando rosso in viso dall’imbarazzo.

Ma un contatto, il calore di una mano sulla spalla, lo fece raddrizzare incuriosito.

Ad accoglierlo trovò un sorriso ancor più gentile da parte di Akira Shirogawara, avvicinatasi a lui.

 

La ragazza sollevò il suo piccolo note-book nero, dalla copertina leggermente rovinata, e mostrò al ragazzo una pagina bianca, riempita da una sola frase.

“ Ti perdonerò solo se diventerai anche tu mio amico ^^ !”

 

Involontariamente una piccola risata sfuggì dalla bocca del bruno, che mormorò con gli occhi più contenti di prima:

“ Sì !”

 

La commozione era dovuta dal fatto che, se fino a pochi giorni prima aveva creduto di star vivendo l’inferno, solo in quell’istante si stava rendendo conto di quanti amici il suo viaggio gli aveva procurato.

Un tempo la sua massima ispirazione era quella di diventare un hikikkomori, per allontanarsi dalle angherie dei suoi compagni di scuola e dai voti che prendeva.

 

Mai, nella sua vita da Ten-baka, avrebbe giurato di trovare, un giorno, tanti amici pronti a sorridergli e a donargli forza.

 

“ Ci sono anche io, Tengoku-san !” Dal lato destro di Akane, fece capolino la maschera bianca e sorridente di Kiiro, che fece prendere un grosso spavento a Tengoku.

La macchina assassina dai capelli dorati aveva un braccio intorno al collo di Drake, che a braccia conserte guardava distrattamente fuori dal finestrino, come se quell’atmosfera tanto gioiosa non lo toccasse minimamente.

 

- Cielo, Pioggia, Tempesta, Fulmine, Sole, Nuvola, Nebbia: sono radunati tutte e sette le colonne portanti di questa generazione.- Nonostante continuasse a fingersi svenuto, Yukiteru spalancò un occhio per una frazione di secondo, per poi puntarlo, prima di chiuderlo, sul viso spensierato di Ten.

 

Ma all’improvviso la macchina sbandò di nuovo, strappando un urlo a tutti i  presenti, eccetto a Kiiro e Akira.

“ Oh, ciaoss ragazzi !” Il guidatore Reborn, noncurante del pericolo che rappresentava alla guida, si tolse degli auricolari dalle orecchie e si voltò per sorridere a tutti i suoi passeggeri.

“ Ma guarda la strada !!” esclamò terrorizzata Azura, artigliando un sedile mentre Reborn all’ultimo secondo rimetteva le mani sul volante.

 

“ Aahh, ragazzi miei …”  riprese il Tutor, sorridendo particolarmente allegro, mentre intanto alle sue spalle ragazzi e ragazze si erano ridotti a delle poltiglie per la paura.

“ Questa gita sarà indimenticabile! Godetevela, perché tra sei giorni vi voglio carichi più che mai.” Il suo sorriso si distese per un attimo.

 

“ E ora… mettiamo un po’ di musica da gita !” esclamò d’un tratto, afferrando un CD dalla sua tasca ed andandolo ad inserire nello stereo.

“ Odio la musica country …” sospirò Drake, ad un tono di voce talmente basso che non tutti lo sentirono.

 

Ma la musica che fuoriuscì dalle casse, non era quella che nessuno di loro si sarebbe mai aspettato.

Un attacco di batteria e di chitarra elettrica simultaneo tolse il fiato a tutti i passeggeri, che venne seguito da un growl ad un volume altissimo.

 

In poco tempo la macchina sembrava star esplodendo, con Yukiteru che stava realmente vomitando in un sacchetto di plastica, e i presenti che si tappavano le orecchie infastiditi.

Soltanto uno di loro continuò a rimanere calmo, appoggiato al finestrino con aria assorta nei propri pensieri.

 

“ T-ten ?!!” strillò Azura per farsi sentire nonostante la musica Brutal Death Metal.

“ Make them suffer, dei Cannibal Corpse… è un classico un po’ vecchio, in effetti.” Rispose tranquillamente il ragazzo.

 

Kiiro scoppiò in una risata divertita, mentre gli altri continuarono a guardare il bruno, come se ancora non credessero a quanto stesse accadendo.

“ Con questa canzone fai soffrire i tuoi vicini !” ruggì il ragazzo tedesco seduto sulla terza fila di sedili, aumentando soltanto le risate di Kiiro.

 

“ Pensavo potesse piacere a tutti …” sogghignò Reborn, ponendo fine a quel tormento per i restanti sei ragazzi.

 

Il tempo passò molto più lentamente di quanto i ragazzi si aspettassero. Nonostante il sonno, per via dell’adrenalina Tengoku non si addormentò, e tutti insieme poterono parlare ed ammirare i paesaggi in totale tranquillità.

A tutti gli effetti era diventata una gita, lontana dalle paure e dalle preoccupazioni.

 

 

Infine, si fece mezzogiorno, ed il mare sparì oltre l’orizzonte.

“ Scendete.”

 

Una sola parola, mormorata con tono secco, ma non apparentemente serio, da Reborn.

I ragazzi nel sentirla tentennarono, accorgendosi anche che il guidatore aveva fermato la vettura sul ciglio della strada.

 

Sebbene ci fosse molta incertezza, tutti i passeggeri, eccetto Yukiteru e il Tutor, abbandonarono la macchina.

“ Che cosa succede ?” chiese Akane, appoggiandosi al finestrino dall’esterno.

 

Il sicario si limitò a sorridere, cercando poi di nascondere il suo ghigno con il suo cappello. Sembrava come se si stesse trattenendo dal ridere in faccia a tutti loro.

“ Da ora mi dovrete fare un favore… soprattutto tu, Kiiro.”

 

La macchina assassina raddrizzò la schiena, voltando la sua maschera verso Reborn, in attesa di ordini.

“ Da adesso porterai tu i ragazzi a destinazione, mentre io e Yukiteru nascondiamo la macchina. Distruggerla attirerebbe troppo l’attenzione …”

Questa volta il Tutor parve asserirsi, mentre al suo fianco il moro lo ascoltava silenziosamente.

 

“ Roger.” Rispose Kiiro, inclinando il capo lateralmente.

“ Reborn …” Finalmente fu Tengoku a farsi avanti, sporgendosi con la testa dentro la macchina per avvicinarsi al suo Tutor Hitman.

“ Si può sapere che cos’è la ‘destinazione’ ?” Domandò incerto, già consapevole di doversi preparare soltanto a dei guai.

Il sol pensiero di dover sospendere quella tranquillità lo demoralizzava a morte.

 

Come risposta, ricevette una risata soffocata da parte dell’uomo, che un istante dopo fece retromarcia per ritornare sulla strada percorsa.

“ Davvero non hai capito dove ci troviamo, Ten-baka ?”

 

Quella frase si perse nel vento.

 

 

 

I sette ragazzi continuavano a camminare da ormai cinque minuti, lontani dalla strada, percorrendo una zona di sterpaglia ed erba secca.

Molti di loro si erano risvegliati già in macchina, quindi incominciare una lunga marcia non li entusiasmava molto.

Primi tra tutti, Tengoku, Drake e Momoka, rimasero indietro trascinandosi per la stanchezza.

 

 

Intanto, lentamente delle ombre immobili iniziavano ad apparire, prima nascoste dalle nuvole.

I ragazzi a lungo osservarono quelle sagome, rendendosi conto, non appena subentrarono di nuovo i raggi del sole, della realtà.

 

“ Quella città è… Namimori !” disse Tengoku con un sussurro appena udibile, mentre immediatamente si sentiva schiacciato dall’immagine della città dove mancava da un mese, ma di cui si era già scordato.

E insieme a quell’immagine, apparvero i ricordi…

 

“ Potrebbero essere cambiate un paio di cose da quando avete lasciato questa città.” La voce calma di Kiiro interruppe lo stupore degli altri sei ragazzi. Tutti loro avevano vissuto parte della loro vita lì, ma era difficile immaginare di doverci tornare dopo tutto quello che stavano passando.

 

La mano della macchina umanoide indicò un punto lontano sulla strada, mentre con la restante faceva segno agli altri di acquattarsi per terra.

 

Una volti nascosti tra la sterpaglia, i ragazzi si accorsero di un qualcosa che poco prima non avevano notato…

Il casello d’ingresso della città era stato  ampliato notevolmente, ed era presente una sicurezza inimmaginabile, con furgoni, uomini armati e unità cinofile che pattugliavano nei dintorni.

 

“ Cosa è successo ….?” Domandò incredula Azura, con la voce rotta dallo stupore.

Le sembrava di essere arrivata in un’altra città, mentre osservava una fila di macchine al casello passare sotto una scrupolosa sorveglianza e accorgimenti di sicurezza.

 

Un momento dopo il Guardiano del Sole le fece abbassare la testa nuovamente tra le sterpaglie, e prima che lei potesse chiedere spiegazioni, il forte rumore delle pale di un elicottero in azione sorvolò le loro teste.

Quando il veicolo della sicurezza li superò, dirigendosi verso la città, la rossa rimase ancora più a bocca aperta, realizzando il pericolo che aveva evitato per poco.

 

“ Gli esseri umani, più ricoprono un ruolo importante nella società in cui vivono, più agiscono in maniera protettiva verso tutto quello che controllano. Basta pensare ad una famiglia, dove i genitori silenziosamente guidano i figli durante le fasi di crescita …”

Le parole di Kiiro erano enigmatiche, e come al solito dimostrava una certa curiosità nel parlare di umani e dei loro comportamenti, come se desiderasse comprenderli, oppure li comprendesse già fin troppo bene.

 

“ Quello che è successo il 28 Marzo alla scuola superiore di Namimori …” si ricordò amaramente Akane, sentendo al suo fianco Akira abbassare la testa, mentre probabilmente le tornava in mente lo stesso dolore.

“ No …” disse Ten rabbrividendo, con uno sguardo vuoto e perso nel nulla.

 

“ Durante un periodo di sospensione dagli studi, a causa di una rissa generale tra i membri del Comitato Disciplinare e quelli del Consiglio Studentesco, è stata celebre l’evasione in massa di cento carcerati da una prigione russa. Un mese dopo, a Marzo e poco prima della fine dell’anno scolastico, gli stessi prigionieri hanno raggiunto il Giappone tramite una nave della marina giapponese.”

Il racconto di Kiiro era più dettagliato di quanto non sembrasse, e lentamente i ricordi iniziarono a collegarsi alle immagini che si palesavano davanti agli occhi dei ragazzi.

 

“ In seguito alla morte del preside della scuola e di circa un decimo del personale scolastico, i terroristi sono stati arrestati, secondo testimoni oculari, da dei ragazzi armati, scambiati per mercenari o soldati di un qualche paese straniero.”

Fortunatamente la Famiglia di Simon aveva attratto molto l’attenzione in quel giorno, non lasciando che nessuno potesse vedere Ten e i suoi amici combattere contro Bulldozer, o tantomeno Kevin contro Snake.

 

Ma il resto della storia tutti loro la conoscevano: un ragazzo di nome Luchas Ariyame era riconducibile alla lista dei sospettati che avrebbero potuto far evadere i criminali, ed attualmente era scomparso.

 

Ma anche determinati altri studenti erano spariti dalla circolazione molto velocemente, tra cui, più importante di tutti, il bersaglio sensibile di quell’attacco: Tengoku Marco Sawada.

 

“ Quando ormai il Governo Giapponese si è accorto che tutti i nomi associabili a Tengoku-sama erano spariti dalla città, come se non fossero mai esistiti, ha preso misure drastiche.”

Gli occhi dei sei complici del brutale assalto alla scuola superiore parevano essersi tinti di oscurità, come se accusassero nel loro corpo il dolore e la sofferenza degli innocenti.

 

“ Siete attualmente tutti voi, tranne Momoka-sama, ricercati dalle forze dell’ordine. Vi vogliono vivi per testimoniare la verità davanti alla stampa… anche per farvi diventare il capro espiatorio davanti alla società, così da non risentire più di fronte al mondo di quell’attentato. Ma ora …”

 

La macchina killer puntò con i suoi occhi dipinti sulla maschera il manipolo di uomini al casello.

“ Tengoku-sama, Azura-sama, Akane-sama… vorrei che osservaste per bene quegli uomini.”

 

Di fronte alla richiesta strana del loro compagno, i tre nominati acconsentirono senza opporsi. In fin dei conti, sembrava essere davvero un ottima guida in quella situazione a loro estranea.

 

I tre osservarono quel punto a lungo, ma solo dopo molto tempo Ten comprese dov’era l’anomalia, e soprattutto perché Kiiro aveva chiamato loro.

“ Alcuni di loro…” Incominciò il ragazzo, tremando mentre con i suoi occhi allenati passava da un particolare all’altro di quegli energumeni grandi come armadi.

“ Dieci… o forse quindici.” Aggiunse Azura, finalmente arrivata anche lei alla risoluzione del mistero.

 

“ Non sono normali poliziotti. Sono uomini addestrati ad uccidere.” Il bruno deglutì per la tensione, mentre notò che al suo fianco Akane si portava le braccia conserte al petto.

 

“ Non pensavo che anche voi due poteste notare il divario di potenza tra un uomo comune e tra un professionista.” La corvina parve meravigliata, ma rimase nel limite della sua compostezza.

Lei non sapeva, per via del suo lungo periodo di guarigione, che durante la seconda settimana, i due ragazzi avevano affrontato in un duello per la sopravvivenza Jacob il Machete, un pericoloso assassino poco meno potente di Korvo.

 

Loro tre quindi, erano i più abituati al saper riconoscere la pericolosità di un individuo, ma anche Akira per il suo allenamento in Scandinavia, e Drake per il suo in Germania, avevano avuto modo di scontrarsi contro avversari letali.

 

“ Esattamente.” Confermò Kiiro, voltandosi nella loro direzione.

“ Proprio per questo dovete fare molta attenzione a non scendere in uno scontro con loro. Sebbene tutti insieme riuscireste ad abbatterne anche tre in dieci minuti, la loro superiorità numerica mi darebbe non pochi problemi nel caso dovessi correre a salvarvi.”

 

 

Città di Namimori, sul tetto di un centro commerciale.

 

“ Gli ospiti sono arrivati come previsto, Herr Schlmit. ”

 

Dall’alto di un tetto distante qualche miglia dall’entrata in città, una persona con un binocolo era riuscita a scovare i sette ragazzi che almeno trenta uomini alla sicurezza in quel momento non riuscivano a vedere.

 

Era una ragazza, ma per la statura nella media da studentessa giapponese e per la voce acuta, sarebbe passata più per una ragazzina.

Aveva la carnagione chiara, con un velo di mascara viola chiaro sugli occhi e un rossetto color prugna.

Era minuta di corporatura, i suoi capelli erano neri e boccolosi, con dei ciuffi tinti di arancione che le sfioravano il fondoschiena.

Vestiva un top nero elegante che le lasciava scoperto il collo e parte del seno, mentre le spalle erano coperte da una giacca di pelle sbottonata e lasciata svolazzare al vento.

Indossava anche delle scarpette nere lucide con i tacchi, e il suo aspetto sarebbe anche stato grazioso, se non fosse stato per gli occhi rossi come il sangue e il fucile di precisione che portava sulla schiena, assicurato con una fascia di cuoio al petto.

 

Con la mano libera si portò una mano all’auricolare microscopico indossato sul suo orecchio, come a voler ristabilire il contatto di una conversazione.

 

 

“ Ghehehehe !” un altro individuo, seduto con le gambe penzoloni nel vuoto, scoppiò a ridere fragorosamente. Mentre rideva si sbracciava come un forsennato, senza però la paura di cadere nel vuoto.

“ Ce li stanno servendo proprio su di un piatto d’argenzo !” Annuì infine l’uomo, gracchiando allegro come un bambino.

 

Era chiaramente adulto, ma non sopra la cinquantina sicuramente. Sarebbe stato completamente calvo, se non fosse stato per un ciuffo arruffato di capelli viola scuro, che svolazzavano nel vento esattamente al centro della sua testa.

Vestiva una polo color porpora di qualche taglia più larga rispetto a quella che portava, e dei pantaloni neri incredibilmente stretti e avvolti da cinghie di cuoio.

 

Tra le mani sospese nel vuoto, stringeva due pinze tronchesi di ferro macchiato, aprendole e chiudendole di tanto in tanto.

I suoi occhi dal colore giallo vivido erano in netto contrasto con la sua pelle pallida, e le pupille guizzavano da una parte all’altra come se fosse affetto da strabismo.

 

 

“ Non servirà risparmiare anche i suoi accompagnatori, giusto, Arbeitgeber* (datore di lavoro, in tedesco) ?”

Alle spalle dei primi due, seduto a testa bassa su di una panchina, c’era un ragazzo sui vent’anni.

 

Effettivamente il più giovane dei tre, aveva la carnagione abbronzata e solcata da diverse cicatrici bianche sul collo, lasciato scoperto dalla larga maglietta grigia a maniche corte che indossava.

Portava dei pantaloni mimetici, con un giubbotto allacciato con le maniche a mo di cintura.

 

Era scalzo, e non portava nessun elemento distintivo nel suo vestiario, se non per una maschera di tessuto nero che gli oscurava la bocca e il mento.

I suoi capelli erano color biondo platino, lunghi ma tenuti dritti in un’acconciatura molto appariscente che sfidava la forza di gravità.

 

Quando sollevò lo sguardo, i suoi piccoli occhi neri come la pece scintillarono di violenza e spietatezza.

 

 

“ Quando mi dirai il motivo di riportare quei poveri ragazzi in un paese dove sono ricercati ?!”

Yukiteru camminava con le mani in tasca lungo la strada. Ormai lasciata la macchina, stava ritornando, insieme a Reborn, verso Namimori.

 

“ Ho pensato che un po’ di aria di casa avrebbe soltanto giovato al loro umore !” sghignazzò il Tutor Hitman, per nulla credibile alle orecchie del moro, che infatti un istante dopo lo afferrò per il bavero, spazientito.

“ Pensavo fossimo alleati …!” grugnì l’uomo, sfinito e snevato dalle continue prese in giro da parte dell’assassino.

 

“ Su, su !” si limitò a dire Reborn, senza nemmeno pensare di smettere di trattare l’altro in quella maniera.

“ Piuttosto, vuoi sentire un particolare interessante ?”

 

A quella domanda, palesemente retorica, il moro lasciò la presa.

“ Se mi vuoi far sapere che la città è riempita di mercenari, allora non è nulla di nuovo: da quella distanza me ne ero già accorto.” Mormorò, riprendendo il cammino con espressione annoiata in volto.

 

“ E se ti dicessi invece che in realtà il totale di evasi che ha assalito Namimori all’epoca era di novantasette ?”

Le parole del Tuto Hitman però, lo congelarono sul posto.

“ Ma …” Yukiteru parve tentennare, cercando di ricollegare le tessere del puzzle mentale che gli stava offrendo il sicario.

“ In totale, gli evasi di classe A erano cento.”

Un istante dopo, quell’affermazione perse ogni significato.

“ In realtà gli evasi che hanno attaccato la scuola erano di classe A… ma tre evasi di classe S non si sono presentati in quel giorno.”

 

Reborn era stato presente durante l’attentato, ed era anche riuscito ad eliminare fisicamente tutti gli avversari che gli si parassero davanti. Probabilmente aveva memorizzato tutte le facce dei criminali affrontati ed arrestati, ed era venuto a conoscenza di un dettaglio sfuggito ai Governi di tutto il mondo.

 

“ I Classe S sono sempre pochi nelle prigioni più all’avanguardia del mondo, perché persino i carcerieri non vogliono avere a che fare con loro. Sono per lo più assassini brutali, comandanti di organizzazioni terroristiche, oppure uomini colpevoli di aver rovesciato sistemi economici o reperito informazioni top-secret.”

Lentamente Reborn stava assumendo un tono serio, abbandonando la comicità di poco prima.

“ I tre Classe S evasi sono: Locusta, detto Snap, Eva Jane, detta La Cimice e infine… uno tra i più giovani Classe S del mondo, Clay Il Necroforo.”

 

“ Mi stai… PRENENDO IN GIRO ?!” esclamò Yukiteru, sussultando dai brividi di paura che lentamente si stavano impossessando di lui.

“ Come possiamo stare con le mani in mano mentre loro sono da soli contro dei mercenari e dei professionisti dell’assassino? Tu sai bene come sono i professionisti, potrebbero metterci meno di un istante per rintracciarli e raggiungerli !”

Nuovamente il ragazzo aveva afferrato Reborn, stavolta per un braccio, intendo a trascinarlo a forza verso Namimori.

 

“ Non vedo quale sia il problema.” Gli rispose con semplicità l’uomo, lasciandolo spiazzato ed inebetito.

“ E poi… non sono da soli.”

 

Nello stesso istante, Yukiteru si accorse di una persona che lo aveva appena superato, diretto verso la città.

L’uomo si voltò sconvolto, senza comprendere come avesse fatto a non accorgersi di una presenza estranea.

 

La figura che si allontanava correndo a perdifiato, venne colpito da un raggio di luce, svelando il rosso dei suoi capelli.

“ Chissà se troverò gente da uccid- ehm!... Pestare a sangue ?”

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

 

Welcome back! Come va, boyz and girlz? Stanno andando bene le vacanze?

Io sì, devo dire che quest’anno l’estate è particolarmente innovativa nella mia vita. E, sperando sia così anche per voi, mi raccomando: non pensate neanche se stia trascorrendo in fretta o no.

GODETEVELA! Soprattutto per chi studia, ma anche per chi lavora e prenderà (o magari sta già prendendo) le ferie ^^!

 

Ok, passando al capitolo… so bene che è corto e molto di transizione, ma sarebbe stato troppo lungo e inadatto per me iniziarlo e concluderlo con l’eventuale rivelazione dei piani del padre di Drake.

Quindi per il prossimo capitolo, che non tarderà ad arrivare, vedremo come i nostri sette (o otto? O sempre sette? *lo fucilano*) amicissimi amici affronteranno gli ultimi evasi.

 

Spero di aver fatto chiarezza con le date delle vicende. In Giappone l’anno scolastico termina a Marzo, ma quando scrivevo i primi capitoli avevo in mente il sistema italiano. Se adesso andate a ricontrollare le date dei capitoli della prima Saga, vi sarà tutto più chiaro.

 

Bon, detto tutto. Arrivedoorci, Vongolini Tengokuini miei.

Alla prossima !

 

P.S: Per chi se lo steste chiedendo, il necroforo sarebbe il becchino.

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Capitolo 11
*** Target Number 11: Il mio Lato Oscuro. ***


Target Number 11: Il mio Lato Oscuro.


                                           
stupendo disegno a cura di nekomata04!
 



Namimori. Ore 14:20

 

Senza dubbio quei sei ragazzi, tra cui una macchina assassina, non erano più identificabili come normali adolescenti.

Sebbene il carattere di alcuni di loro non volesse ammetterlo, il contatto con il mondo della mafia, delle Fiamme e degli assassini, li aveva trasformati.

 

Altrimenti non sarebbe stato possibile vedere Azura e Tengoku correre tra i tetti dei palazzi in perfetto silenzio, sorvolando le truppe di perlustrazione con grandi balzi.

Akane e Akira invece riuscivano a muoversi tra i vicoli di una città che conoscevano bene, mimetizzandosi nell’ombra perfettamente grazie alla loro esperienza con killer professionisti.

 

E infine, una squadra che sarebbe sembrata più in difficoltà, ossia quella di Momoka, Drake e Kiiro, riusciva a camminare all’ombra dei palazzi grazie all’effetto Trasparenza Cento per Cento della castana.

 

A tutti gli effetti il cellulare di Momoka era rivestito di Fiamme della Nebbia, e fungeva da catalizzatore per le abilità di Viper.

Era difficile però, chiamare quegli effetti ‘Illusioni’, perché parevano agire sulle proprietà di un bersaglio come il colore, la materia e la quantità di informazioni che possedeva.

Questo, lo rendeva a tutti gli effetti un mezzo capace di rivelare attraverso le illusioni, la realtà.

 

In pochi minuti, i sette ragazzi riuscirono a trovare riparo nel giardino di un edificio in costruzione, dove però i lavori erano sospesi.

Si ripararono tra i rami di un albero basso, ma molto robusto, appollaiandosi come sette corvi.

 

“ Allora… secondo voi perché Reborn ci ha voluto lasciare qui ?” Azura fu la prima a trovare il coraggio per chiederlo.

Al momento nessuno riusciva a darsi una risposta, ma non perché in realtà non la cercassero…

Avevano ancora nel cuore il ricordo di Marzo, e nella mente le conseguenze dell’attentato alla scuola.

 

In quel momento Ten stava provando il dolore più forte di tutti.

Si sentiva male al sol pensiero di aver dimenticato tutto quello che era successo, soltanto per poi andare in Italia e farsi baciare la mano dai Guardiani del padre, come se fosse un Boss.

- Con quale coraggio io …-  pensava, straziandosi, mentre il suo volto nascondeva la sofferenza.

 

O almeno così credeva, perché agli occhi di un esperto, era palese il malessere.

Per questo Akane in quell’istante rabbrividì, percependo una forte aura di negatività e paura attorno a quel fragile ragazzo, come se stesse venendo divorato vivo dai suoi rimorsi.

 

Ma tutto sembrò cessare in un attimo, quando la Guardiana della Tempesta lo abbracciò all’improvviso.

Mentre tutti gli altri osservavano quella scena confusi, nella mente di Ten sembrò farsi luce di colpo, polverizzando ogni pensiero.

 

“ Non è colpa tua, Boss… è il bastardo che ha combinato tutto questo che dovrebbe soffrire, non tu.”

Quelle parole furono come delle impronte nella neve, che il ragazzo seguì lentamente per uscire dalla bufera.

I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi, mentre di riflesso iniziò a stringere la corvina a sé.

 

Pensava ai suoi amici. Pensava a Reborn. Pensava a tutte le conoscenze che aveva fatto durante la loro avventura.

 

Pensò anche alla sua famiglia, senza però riuscire a comprendere a chi volesse riferirsi.

A sua madre, certamente, sebbene l’avesse vista per poche ore dopo cinque anni…

Aveva sentito dire che la famiglia risiede nel posto che puoi chiamare casa.

 

 

Casa…

 

“ Veronica !” esclamò all’improvviso, come rinvenendo dallo stato di torpore in cui era caduto.

Azura, Akane e Drake, che conoscevano la ragazza a cui si stava riferendo, sussultarono.

 

“ Devo andare immediatamente a casa.” Disse il bruno, in preda al nervosismo.

Mentre rapidamente scendeva dall’albero, la sua amica rossa lo raggiunse, bloccandolo per un braccio.

 

“ Aspetta! Cosa ti dice che possa essere ancora a Namimori? O magari, se non la trovassi a casa potrebbe essere o in Italia o da qualche altra parte in Giappone.”

La rossa vedeva il timore negli occhi dell’amico, ma anche dentro di lei covava la paura che Ten potesse finire nei guai.

 

“ No… se non sarà a casa, vorrà dire che mi fiderò di Reborn, e solo allora potrò pensare che Veronica sia al sicuro in Italia. Ma non posso vivere nel dubbio …”

 

E mentre il ragazzo riprendeva la sua corsa, scavalcando un muro con un salto, un ennesimo richiamo di Akane venne interrotto dalla voce di Drake.

“ Lascialo andare, non c’è speranza che possano prenderlo.”

 

Sentir parlare il biondo dopo il suo lungo silenzio fu una sorpresa per tutti, sopratutto per la Tempesta, che rimase sbigottita di fronte a quella compostezza.

- E’ davvero il Drake che ricordavo? Fino a poco fa non me ne sono potuta rendere conto, ma ora che l’ho sentito parlare… posso dire che c’è qualcosa in lui, nel bene o nel male, che lo ha cambiato.-

 

 

 

 

Qualche minuto dopo i sei ragazzi restanti decisero di formare due gruppi, uno diretto verso casa di Tengoku, ed un altro, più numeroso, in cerca di un punto sicuro più vicino all’abitazione dell’amico.

 

Kiiro si offrì per andare a controllare se Ten avesse bisogno di aiuto, ed inaspettatamente pretese proprio il ragazzo tedesco come compagno.

Così il gruppo numeroso, rimase composto solo dalle ragazze.

 

Una volta che Akira, Akane, Azura e Momoka si furono allontanate, il biondo si fermò alle spalle della macchina.

“ Si può sapere perché mi stai addosso sin da stamattina? Mi sembra di averti fatto capire abbastanza quanto mi stia dando fastidio.”

 

A quel tono irritato, Kiiro rispose emettendo una bassa risata, per poi voltarsi lentamente.

“ Drake, vorrei che tu capissi una cosa …” disse, dopo aver finito di ridere.

“ Io non sono stato certo programmato per supportare Ten-sama o voi altri come se fosse la mia unica ragione di vita.”

Improvvisamente la macchina assassina si era fatta seria, per quanto l’espressione sulla sua maschera camuffasse ogni sua espressività.

 

“ Preferirei che tu mi reputassi ancora come un umano, e questo vuol dire che io ho un mio specifico compito, con cui posso anche aiutare Reborn e i suoi discepoli.”

 

La maschera bianca si avvicinò al volto del biondo, che istintivamente si ritrasse, messo a disagio.

“ Ti sto controllando proprio perché emani un’aura diversa da quella che possedevi il primo giorno in cui ci siamo visti. Sai… non vorrei che tu intralciassi la missione di Ten-sama, e quindi anche la mia.”

 

A quell’affermazione, Drake spalancò gli occhi, avvertendo dei brividi in tutto il corpo.

Avrebbe voluto disperarsi, dire che era tutta una menzogna.

Ma non poteva farlo.

 

Così agì, troppo velocemente per far mettere Kiiro in stato di allerta.

Con la gamba sinistra si avvinghiò alla gamba destra della macchina, sollevandola verso la sua schiena mentre ormai aveva ridotto la distanza al minimo.

Contemporaneamente gettò il peso del suo corpo in avanti, schiacciando con un pugno la testa del Guardiano del Sole contro il cemento.

 

Un istante dopo riuscì a compiere una capriola in avanti, rimettendosi in piedi.

“ E’ proprio per non intralciarvi… che devo sparire.” Mormorò mentre se ne andava, lasciando il corpo inerme della macchina per terra.

 

 

Un forte dolore gli strinse il petto, e sospirò amaramente, sentendosi avvolto dall’oscurità della sua debolezza.

 

 

 

Tengoku non camminava da solo.

O meglio, chiunque avrebbe detto il contrario, ma nessuno sapeva la verità:  il ragazzo stava camminando circondato da volti sconosciuti e voci mai sentite.

Erano persone, o forse fantasmi.

Forse cittadini morti durante l’attentato, magari gente che aveva cambiato città per paura, oppure persone che temevano costantemente per la propria vita.

 

Non le conosceva, ma loro sapevano il suo nome.

 

Con sguardo spento, si calò il cappuccio della felpa arancione sopra gli occhi, osservando un manifesta riportante il suo nome.

 

TENGOKU MARCO SAWADA, QUINDICI ANNI. SCOMPARSO DA NAMIMORI.

Ma erano le decine di parole scritte dagli abitanti della città in cui aveva vissuto a catturare la sua attenzione.

- Il colpevole !-  - C’era lui dietro tutto !-  - Non tornare mai più !-

 

Non erano solo scritte. Erano altre voci e altri visi che popolavano la sua tribuna.

Lo maledicevano, tremavano di paura al sol vederlo, lo cacciavano, lo minacciavano …

 

E la voce gli mancava. Non riusciva più a parlare.

 

 

Improvvisamente, dal vicolo al suo fianco, vide guizzare un’ombra più grande di lui.

Intravide per un pelo il luccicare di una lama, e con entrambe le mani spostò verso il basso quelle che invece impugnavano un coltello verso il suo torace.

 

Le braccia estranee spinsero in un affondo, ma il ragazzo saltando all’indietro, riuscì ad allontanarsi.

 

“ No …”

Una voce rauca, venne accompagnata da un rumore di passi, prima che altre due figure sbucassero dall’ombra.

“ Questa cosa è fottutamente sbagliata.”

 

Il sole illuminò la sagoma di tre ragazzi dal fisico imponente, e alti sui due metri senza dubbio.

 

Il primo, quello che ancora impugnava il coltello, vestiva un lungo giubbotto di pelle nera che strisciava per terra.

I lineamenti  duri vennero illuminati dal sole, così come dei capelli rossicci raccolti in una crocchia riccioluta, e le lenti di piccoli occhiali da sole appoggiati sul suo naso aquilino.

 

I suoi seguaci, grugnirono rabbiosi, anche loro con volti coperti da occhiali da sole più grandi.

“ Con quale coraggio torni a Namimori, eh ?!” ruggì invece il rosso, prima di sputare verso Tengoku con il volto contorto in una maschera d’ira.

 

Il castano, seppur rimanendo in silenzio ed impassibile, riconobbe quel ragazzo.

Era Karl, il vice di Kevin ai tempi della scuola. Il gigante che aveva sempre fatto da esecutore per chi non rispettava i verdetti del Comitato Disciplinare, perché mai il Presidente si sarebbe potuto sporcare le mani.

Il sorriso con cui aveva schernito Akira Shirogawara mesi prima era ormai sparito, lasciando posto ad una fila di denti da squalo contorti in un ringhio.

 

“ Non è possibile… ho sempre pensato che un microbo come te non avrebbe mai combinato nulla! Eppure …”

Con la mano che fremeva per la rabbia, Karl si tolse gli occhiali tondi.

“ Quella volta non so come, ma mi hai buttato giù dal tetto, facendo fare la pelle ai miei compagni da quei bastardi ipocriti del Consiglio Studentesco. E per di più …”

 

Fremendo come un folle, arrivò a stringere la morsa della sua grossa mano sulle lenti, infrangendole.

Continuò a mantenere il pugno serrato, noncurante dei rivoli di sangue che gli colavano dalla mano per via delle schegge infrante.

 

“ Hai avuto addirittura avuto la faccia tosta di scappare dopo che la nostra città è stata messa a soqquadro da dei fottuti bastardi ?!!”

“ Sai cosa vuol dire per uno studente che ha sempre avuto tutto quello che voleva, arrivare a rubare perché le tasse imposte sono diventate troppo alte ?!”

“ I soldati hanno occupato la città, e siamo noi cittadini a doverli pagare attraverso lo stato. Se tu non fossi mai esistito, tutto questo non sarebbe mai successo !”

 

Ormai tutti e tre i ragazzi ex-alunni si stavano aizzando contro Ten, sbraitando e dando sfogo a tutta la rabbia e la frustrazione comune di quella città terrorizzata.

 

“ No. Sono io quello che dice che non funziona così …”

Come un fulmine a ciel sereno, la voce seppur bassa del ragazzo interruppe spiazzando i suoi aggressori.

“ Voi siete le uniche persone che non mi farebbero pena in una situazione come questa. Se proprio siete così disperati, perché allora non avete prestato servizio, iniziato a lavorare legalmente, oppure attivarvi per protestare contro il Governo stesso ?”

 

 

Nascondendo il suo volto nell’ombra del cappuccio, il tono cupo, ma freddo di Tengoku aveva paralizzato l’aria, prima carica di tensione.

Lentamente, il ragazzo si voltò, per continuare come se nulla fosse successo, il proprio itinerario.

 

“ Il peso delle mie azioni è onnipresente, non c’è bisogno che gente come voi me lo ricordi. E’ questa la strada che ho scelto di seguire.”

 

Quell’ultima affermazione però, fece esplodere dalla rabbia Karl, che schiumando come un cane, caricò il braccio armato verso l’alto.

“ E se ti ammazzassi adesso, che strada prenderesti, eh ?!”

 

“ Non posso morire adesso: devo sistemare troppe cose finché sono vivo.”

 

La lama venne avvolta dal tessuto morbido della manica che aveva coperto la mano di Tengoku, e in un istante venne fatta roteare.

Così, quando Karl pensava di aver appena trafitto il suo bersaglio, si ritrovò sbilanciato con la sua stessa lama puntata alla gola.

 

Mentre i suoi compagni sussultavano sbigottiti, sollevando lo sguardo con timore, si ritrovò davanti una visione inaspettata.

 

Nell’ombra del cappuccio della felpa, brillavano di una luce fredda due occhi verdi, fermi ma che emanavano un’inaspettata aura di pericolosità.

 

E fu proprio questa sensazione ad impedire a Karl di allontanarsi con un salto, oppure di cercare di recuperare l’arma.

Ogni volta che si convinceva di poterlo fare, quegli occhi verdi gli imponevano con forza di rimanere immobili. Ma forse non era un’imposizione: era soltanto il suo istinto, che di fronte a quella visione gli bloccava il corpo.

 

Sei libero di muoverti. Ma sappi che la tua reazione verrà presa come un tentativo di resistenza, e per punizione ti ucciderò.

Era questo che pensava un debole animale ferito, di fronte ad un predatore più forte che lo sovrastava?

 

Non potevano esistere esseri umani così.

Tengoku, a differenza di un leone, di un serpente o di un falco, non era la rappresentazione della brutale forza di uccidere.

Eppure, in quel momento era immerso nel buio, ma quel bagliore sinistro era un presagio di morte.

Come un pericolo silenzioso che si nascondeva negli abissi più bui.

 

 

Ma mentre Karl pensava questo, rimaneva immobile, paralizzato dalla paura, guardando nel vuoto.

Davanti a lui ormai non c’era più nessuno.

 

Il ragazzo dai capelli castani si stava allontanando silenziosamente, dopo aver lasciato il coltello per terra.

In quel momento, i due ragazzi alle spalle di Karl pensarono che la cosa migliore da fare sarebbe stata annientare quel ragazzino.

Quando si incontra una persona capace di terrorizzarti nel profondo, un uomo non puoi ignorarla. A quel punto ha due scelte: obbedirgli, oppure provare ad eliminarlo per sconfiggere la paura* (Griffis- Berserk).

 

Così si lanciarono su di lui, senza nemmeno accorgersi di star urlando per la troppa adrenalina rilasciata.

 

Shadow Counter!

I loro colpi affondarono nel vuoto, perché nello stesso secondo il bruno stava sorvolando le loro teste con un salto all’indietro.

 

Quando Tengoku si ritrovò con la testa rivolta verso il basso, afferrò con entrambe le mani il colletto dei vestiti dei due. Tirandoli verso l’alto, rifilò contemporaneamente un calcio in pieno volto dei ragazzi, schiacciando le loro teste verso il basso.

 

Infine atterrò, espirando profondamente.

Lo Shadow Counter, l’abilità del suo talento, L’Istinto d’Emulazione, si era evoluto grazie al duro lavoro e agli allenamenti che lo avevano spinto ai confini dell’umana sopportazione.

 

Adesso gli era possibile contrattaccare attacchi che poteva vedere, senza necessariamente aspettare di doverli subire. Se ne era reso conto di poterlo fare durante il combattimento contro Jacob, e questa opportunità era stata ben vista da Reborn.

 

Non era un talento da persona qualsiasi. Era il talento più pericoloso che un killer potesse desiderare.

 

 

“ Indovina cosa vedono i miei occhi! Uno dei bersagli finalmente si è separato dal gruppo.”

 

Appoggiata alla finestra di un’abitazione, ma riparata dalle tende ombrose, l’ex detenuta Eva Jane osservava la strada sottostante con un sorriso soddisfatto e perverso.

Nella stanza in cui si trovava, così come in numerose altre case che aveva ispezionato, erano stati portati i residenti. Imbavagliati, alcuni svenuti, altri in lacrime per la paura, la guardavano con occhi rossi di odio, anche se nessuno tra di loro era morto.

 

Così la donna, perché nonostante la figura minuta portava quasi ventisei anni sulle spalle, imbracciò il suo fucile poggiato sopra il letto, accanto ad un uomo svenuto e legato, e allargò il suo sorriso.

 

Aveva appena visto Tengoku sfondare la finestra con un sasso ed entrare nella casa, dopo aver bussato inutilmente.

Per qualche istante Eva Jane aveva esitato, pensando di terminare la vita di quel ragazzino con un colpo di fucile dalla sua postazione, ma…

 

Il suo sadico vizio era troppo forte, e per un incarico ben pagato come quello, meritava di divertirsi.

 

Quando era poco più che un’adolescente, era stata vittima di molestie sessuali da parte di due fratelli gemelli. Una notte, in cui dopo aver pedinato a lungo i ragazzi, era sicura che i loro genitori si sarebbero assentati per un mese, decise di intrufolarsi a casa loro.

Nel sonno li rese suoi prigionieri, e per sedici giorni di fila rimase in quella abitazione con loro.

La rabbia e il dolore l’avevano resa folle, e provò un piacere immenso nel tenerli segregati nel terrore, sperimentando torture atroci sui loro corpi.

Non li uccise lei, ma quando il rapimento finì, aveva preso completamente il controllo delle menti delle sue vittime. Costrinse i fratelli a suicidarsi, non rendendosi quindi nemmeno una sospettata per la polizia.

 

Aveva per la prima volta torturato e causato la morte di qualcuno, e fu quell’esperienza che segnò il suo debutto nel mondo della criminalità organizzata come sicario.

Ma allo stesso modo, era nata la sua ossessione per uccidere i propri bersagli dopo averli imprigionati nelle loro abitazioni. Il soprannome di Cimice, era stato appunto scelto dall’Intelligence britannica durante i suoi primi lavori.

 

 

Nel presente, però, erano riusciti ad arrestarla dopo circa trecentoottantasei omicidi accertati. Ma pochi mesi prima, le porte della sua cella erano state aperte, e la visione di un uomo che si stagliava dinnanzi a tutti i detenuti indicando la via d’uscita, le rimaneva impressa nel cuore.

 

Così, la donna dai capelli neri e ciocche tinte di arancione, imbracciò un fucile M37, e uscì dall’abitazione facendo ballonzolare la gonna del suo vestito nero.

“ Staniamo questo insetto, eheh !” esclamò, sorridendo mentre si leccava le labbra con aria lussuriosa.

 

 

 

 

Intanto Tengoku, dall’isolato opposto e più precisamente nella cucina di casa sua, si guardava intorno in cerca di segni o indizi.

Gli sarebbe bastata qualsiasi cosa, pur di sapere che Veronica aveva lasciato l’abitazione in totale sicurezza.

 

I mobili erano rimasti al loro posto, stessa cosa valeva per piatti, posate e soprammobili.

Il ragazzo si morse il pollice nervosamente, pensando in preda all’ansia, che con la capacità di ispezione di Kiiro o Momoka, sarebbe riuscito a trovare eventuali impronte digitali.

 Ma sfortunatamente, a sua insistenza, era venuto lì da solo, quindi era destinato ad aspettare che il team delle ragazze lo raggiungesse.

 

Ma intanto che pensava… si era appena reso conto che in quella casa, era sempre vissuto.

Un appartamento comprato dai genitori di suo padre almeno quarant’anni prima della sua nascita.

 

Guardò delle foto.

C’era lui alla premiazione delle scuole medie, alla conclusione del corso di giornalismo, e persino lui da molto piccolo durante la recita delle elementari.

Sorvolò con lo sguardo una foto di lui e Azura, risalente all’inizio di Ottobre, per poi posare lo sguardo su di una molto più importante.

 

Vide l’espressione sorridente e solare di una Veronica quando aveva forse la sua età, che abbracciava un lui bambino. Alle loro spalle si vedeva il mare, incorniciato da due promontori.

 

Due lacrime solitarie gli solcarono il volto, leggendo la felicità dei suoi genitori, anche loro in quella foto, accovacciati al suo fianco che gli prendevano le paffute manine.

Automaticamente Tengoku avvicinò la mano al volto del padre nella fotografia, per poi arretrare, vedendo quel sorriso così gioioso.

 

Si sovrappose un volto buio, carico di rammarico e malcelata sofferenza, che gli ordinava:

“ Vattene. Tu e chiunque abbia intenzione di seguirti.”

 

“ Come posso anche solo vederti sorridere, adesso ?” bisbigliò nel vuoto della sua mente il bruno, aggrappandosi a quel ricordo che non possedeva.

 

Anche sua madre rideva in quella foto, la stessa che era stato costretto a veder allontanarsi, e di cui ricordava sempre meno.

“ Mamma… chi sono io? Ti prego, dimmelo! Sono davvero vostro figlio… oppure non lo merito ?”

 

Tengoku si era appena reso conto, di non avere più ricordi di una vita passata con i suoi genitori.

Anche se effettivamente loro avevano vissuto con lui, e che Veronica era diventata la sua tutrice legale molto dopo… lui non possedeva quei momenti.

La sua vita era iniziata con Veronica, la prima persona a cui aveva voluto bene. La prima amica a cui aveva confidato i suoi segreti, le sue paure, i suoi sogni.

 

Aveva riso, pianto e gioito con lei, nonostante l’età diversa o la non effettiva parentela, avevano vissuto insieme come qualsiasi bambino desidererebbe farlo con la propria amica del cuore.

 

“ Ma tu non sei qui, Veronica… dimmi che stai bene.”

Le lacrime erano cessate, e ora Ten stava cercando  di focalizzare i suoi pensieri su tutto ciò che aveva avuto.

Non due genitori, ma semplicemente Veronica.

 

 

Il suono del campanello lo riportò nel mondo materiale, accrescendo in un istante tutta la sua ansia.

Era impossibile che potessero essere le ragazze, non avrebbero mai fatto qualcosa come suonare al campanello in una situazione del genere.

 

- È altrettanto impossibile che la casa sia stata già ispezionata dai militari, dato che almeno un indizio del loro passaggio lo avrebbero dovuto lasciare.-  Pensò il ragazzo, mentre nascosto nell’ombra del buio corridoio si avvicinava alla porta.

 

Le piccole finestre di vetro sul muro d’ingresso come al solito facevano trasparire poco dall’esterno, ma sarebbero bastate per intuire la misteriosa figura.

 

Così il bruno, nel completo silenzio, si sporse per osservare attraverso le piccole piastrelle di vetro.

 

Quello fu l’attimo più lungo della sua vita.

Il suo occhio, e un altro, grigio metallico.

 

La pupille dell’occhio osservatore si dilatò di colpo, e Tengoku arretrò per la sorpresa.

 

Un istante dopo, il calcio del fucile aprì una piccola breccia nella porta. Dal buco, non troppo grande, fece capolino il sorriso malato, di finta ingenuità, di Eva Jane.

 

La donna iniziò a ridacchiare istericamente, mentre con ossessione cercava la maniglia dall’interno, osservando il ragazzo scappare a gambe levate.

 

“ Il gioco è appena iniziato, corri a nasconderti !” la voce incalzante di Eva Jane accompagnò il suono dei passi di Tengoku fino a quando non scomparvero nel silenzio.

La porta si aprì, e due tacchi a spillo neri camminarono sul parquet.

“ Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori !”

 

 

Lentamente, quel nascondino mortale incominciò.

La killer era evidentemente troppo eccitata da quel momento, ma a dispetto del suo sorriso emozionato, iniziò a camminare lentamente.

Scandiva ogni suo spostamento con una canzoncina che cantava tra i denti, mentre faceva roteare ogni tanto il proprio fucile sottobraccio.

 

Salite le scale, la sua incognita rimasta era il piano di sopra.

“ Ma… tutto qui ?”

 

La cosiddetta incognita, si rivelò essere una delusione per  la Cimice, che parve perdere ogni brivido di emozione alla vista di un breve corridoio con due sole stanze.

L’Assassina fece spallucce, e con un calcio spalancò la prima porta che trovò.

 

Per sua fortuna, la camera in cui era appena entrata, sembrava essere proprio quella di un ragazzo.

“ Non dirmi che il nostro gioco sta già volgendo al termine ?” Mormorò ipnotica, come una sirena ammaliatrice.

 

A dirla tutta, in quel momento Eva Jane era un vero e proprio ragno.

Stava tessendo la sua tela, in modo che la piccola mosca a cui anelava, non sarebbe mai più sfuggita viva dalle sue grinfie.

 

“ Forse sotto il letto ?” domandò diabolicamente ad alta voce, puntando il suo fucile verso il materasso spoglio da ogni coperta o cuscino.

 

- Se non fosse qui sotto, il momento in cui io premerò il grilletto, potrebbe essere l’unica apertura per lui.-

Mentre pensava questo, un suo occhio grigio rapidamente ispezionava la stanza.

Sebbene il suo avversario fosse un ragazzino, per essere riuscito ad eludere la ferrea sorveglianza del manipolo di militari e mercenari, meritava molte più attenzioni del dovuto.

 

Dopo aver memorizzato la piantina della casa, con la sua esperienza in appartamenti, realizzò una possibile variante alla sua tattica.

- Potresti per caso essere… dentro l’armadio ?!-

 

Pensando al grande armadio alle sue spalle, il suo Intento Omicida si liberò senza che lei si voltasse.

Emanava una folle voglia di divertirsi privando la vita a qualcun altro, godendo del terrore che gli aveva sicuramente causato.

 

 

E improvvisamente, quell’Intento Omicida venne sommerso da qualcosa di infinitamente più grande.

Le ante dell’armadio si aprirono lentamente, ma in quell’istante surreale sembrarono i cancelli per l’inferno.

 

Eva Jane non era come Karl, e nemmeno come qualsiasi altro normale killer.

Come aveva detto Akane in passato, soltanto degli occhi esperti, allenati dall’esperienza, erano in grado di vedere il livello di forza dell’avversario.

Per gli assassini, gli occhi, erano la capacità di percepire l’Intento Omicida di un altro essere.

 

Gli stessi animali, soprattutto i predatori naturali, sono soliti emanare un Intento Omicida, guidati dal loro spirito di sopravvivenza.

Ma l’Intento di un killer, normalmente non era paragonabile a quello di una bestia, in quanto più soggetto ad emozioni come rabbia, desiderio di violenza o crudeltà.

 

Ma la pressione che Eva Jane sentiva gravare sulla sua testa in quei secondi che stavano trascorrendo, non era umana.

A differenza di ciò che aveva provato Karl, con i suoi sensi, la donna avvertì chiaramente che la Cosa alle sue spalle non poteva nemmeno essere ingaggiata in uno scontro.

Perché era permeata di una primordiale imposizione di SUPREMAZIA!

 

 

 

“ Non ha più senso così tanto dolore.”

Una voce malinconica, simile ad un vecchio carillon, rimbombò nell’oscurità.

L’ombra alle spalle di Eva Jane le puntava alla testa il dito indice e il medio uniti, mimando una pistola con la mano.

“ Non ha più senso così tanta paura.”

 

Amigdala Shock!

Tengoku fece schioccare le dita della mano sinistra.

 

 

 

Namimori. Nello stesso istante, alle ore 17:00.

 

“ Non sembra ci siano più soldati nei paraggi.”

Akane aveva appena fatto capolino da dietro un’auto abbandonata, per poi spostarsi velocemente in un vicolo.

Dopo qualche secondo, guardò la postazione appena lasciata, dove le altre tre ragazze erano rimaste in attesa.

 

Con un segnale muto, Momoka puntò il display del suo cellulare verso le sue spalle, contro la macchina.

Opache Fiamme della Nebbia ricoprirono il telefono, ma anche dopo aver attivato l’abilità di Microfono Direzionale Esper, non trovarono nulla di sospetto.

 

Microfono Direzionale Esper era un’applicazione trasmessa grazie al potere di Viper, l’Arcobaleno della Nebbia. Come un microfono direzionale, serviva per amplificare i suoni dove il display veniva puntato, ma era anche capace di rivelare all’utilizzatore una fonte di Fiamme del Coraggio di Morire.

(* Gli Esper sono individui, generalmente appartenenti agli RPG fantasy, che utilizzano poteri occulti come telecinesi o telepatia.)

 

A quel punto la Tempesta diede il segnale di via libera definitiva.

Azura e Momoka, forse le più visibilmente in tensione, sembrarono rilassarsi. Al contrario Akira, parve ancora mantenere la guardia.

Probabilmente era solo la tensione e lo stress, ma quella strana paranoia la perseguitava ormai da parecchio tempo.

 

Provava una sensazione sgradevole ogni volta che cercava di liberare la mente, come se tra i suoi pensieri ci fosse solo quel disagio sconosciuto.

 

“ A terra !!”

L’urlo a pieni polmoni di Akane Mizuo, non riuscì a raggiungere in tempo la mora, che si voltò un secondo troppo tardi… mentre già Azura si era lanciata su di lei per salvarla.

 

Mentre la spinta la faceva cadere, Akira vide il volto carico di forza disperata della rossa, non curante  dell’urlo di allarme.

Un oggetto di forma cubica stava precipitando a pochi metri da lei, più lontana dalle altre ragazze.

 

Improvvisamente, un fischio molto acuto, ed una potente esplosione di luce accecante.

 

“ Questa è la caccia, piccoline. AHAHAH- !”

Una risata terribilmente inquietante e folle, seguita da un tonfo vicino.

Il secondo successivo, la luce svanì, e tutto riprese un colore.

 

Un uomo abbastanza alto era accovacciato davanti alle quattro ragazze, probabilmente dopo aver compiuto un salto.

Vestiva una mimetica a riquadri bianchi e rossicci, però lasciata aperta sul suo petto nudo. Anche i pantaloni e gli stivali facevano parte di quella mimetica, ma a differenza di un soldato qualsiasi, non portava foderi o guaine.

Nelle sue mani stringeva due pinze tronchesi nere macchiate di sangue rappreso e scuro.

Un singolo ciuffo arruffato viola svolazzava sulla sua testa, sopra un volto stranamente simile a quello di un cihuahua, con grossi occhi a palla e un mento stretto.

 

Ma la sua espressione in quel momento, era sorpresa, come se avesse messo su il broncio.

“ E-ehi, ma… la mia flash bang ?”

 

Alla domanda bizzarra dell’uomo, effettivamente le ragazze si resero conto che la granata stordente che aveva rilasciato quel fascio di luce, si era azionata soltanto per un istante.

Senza nemmeno riscontrare difficoltà nella vista, Akira si rialzò sfoderando il suo fioretto nuovo in acciaio.

 

“ Box Storage …”

Disse la ragazza tedesca in un sussurro, parlando come da un posto lontano nella sua mente.

A quelle parole, Akane e Akira si voltarono sbigottite, non verso lei, ma verso Momoka.

 

La ragazza, stringeva infatti a due mani il suo cellulare, con un espressione provata dalla stanchezza, ma con gli occhi che brillavano di determinazione.

Sembravano voler dire: ‘Non mi arrendo !’

 

Box Storage, o abbreviato BStr. , era un’altra applicazione paranormale del Cellulare Posseduto di Momoka.

Esattamente come l’Archivio dati di un normale telefono, grazie ai poteri di Viper che lo possedevano, il cellulare era in grado di archiviare ogni oggetto scannerizzasse.

La dimensione degli oggetti che si potevano immagazzinare, dipendeva dalla memoria dei precedenti ‘Documenti’ archiviati. In pratica,  con molti documenti archiviati da Momoka con BStr. , si potevano catturare oggetti sempre più piccoli.

E’ importante dire, che dopo mezz’ora, gli oggetti archiviati vengono completamente cancellati dal Cellulare Posseduto.

 

 

 

- La Box Storage… Momoka ce l’aveva fatta già vedere, ma non pensavo potesse utilizzarla in tempi così brevi con capacità di calcolo tanto veloci.- tra sé e sé, Akira, ricordava quando la scorsa notte la castana si era finalmente aperta con loro, spiegando anche i funzionamenti del suo Cellulare Posseduto.

- Questa capacità non è stata merito del potere dell’Arcobaleno Viper… ma solo e unicamente di questa ragazza !-

 

“ Box Storage, ah? Figo !”

Facendo svanire tutta la sua precedente sorpresa, il viola si raddrizzò con un sorriso divertito in volto.

“ A quanto pare la ragazza con la spada non è l’unica a possedere delle specialità.”

 

“ Che cosa stai dicendo ?!” domandò nervosa Akane, osservando uno sguardo sbigottito da parte della persona in causa, proprio Akira Shirogawara.

“ E’ stata l’unica che avrebbe potuto stanarmi, pensate! Vi stavo seguendo da un quarto d’ora, ma lei si voltava ogni volta io cercassi di uscire allo scoperto.”

 

Come un fulmine a ciel sereno, il perché di quella paranoia venne svelato alla mora.

Akira strinse il fioretto, sentendosi inquietata, ma allo stesso tempo fortunata ad aver quello strano sesto senso.

 

Il silenzio durò per qualche altro istante, ma un secondo prima che Akane potesse dare l’ordine di attaccare, o prima che Azura potesse sfoderare il suo Steel Soul, Locusta aprì la bocca nuovamente.

“ Per quanto ricordo sono sempre stato un assassino… nacqui in un villaggio della Cecoslovacchia, ma un attacco terroristico fece crollare l’ospedale in cui mi ero rifugiato con la mia famiglia in tempi di guerra.

Avevo sei anni, e rimasi giorni e notti da solo nel silenzio, prima che la fame mi spingesse a muovermi nonostante avessi perso l’udito e parte della vista.”

 

Allargò ancor di più il suo sorriso, facendo schioccare le pinze tra le mani come le fauci di due coccodrilli.

“ I miei genitori erano morti, ma qualcuno era sopravvissuto sotto le macerie. Ormai stavano morendo, e io avrei fatto la loro stessa fine se non avessi …”

Nuovamente le tenaglie schioccarono con un suono sempre più inquietante e fastidioso, da far gelare il sangue.

 

“ Mi sono cibato dei corpi.”

A quella raccapricciante rivelazione, l’aria si gelò, mentre alle quattro ragazze  si accapponava la pelle nel silenzio.

 

 

“ Ma non potevo farlo mentre erano vivi: erano pur sempre miei concittadini, e sentire ancora le loro urla mi avrebbe fatto impazzire. Ad ognuno di loro ho spezzato il collo, così da togliergli la vita in maniera indolore.”

Le tenaglie continuarono a masticare l’aria con i loro stridii metallici, ripetendosi di continuo mentre il racconto si faceva orribile e macabro.

“ Ma ogni volta che sentivo le loro ossa spezzarsi …”

SNAP!

“ Cervicali che si rompono …”

SNAP!

“ La catena vertebrale che si piega …”

SNAP! SNAP!

 

“Capivo di essere già impazzito !” Locusta, al limite della sua pazzia maniacale, mostrò stavolta un sorriso tirato da un orecchio all’altro, con i suoi occhi quasi strabici e a palla che sembravano volergli schizzare fuori dalle orbite.

 

 

“ Questo tizio è un assassino pericoloso …” Mentre l’uomo iniziava ad avanzare, Akane si frappose all’improvviso fra lui e le sue amiche.

 

Il suo sguardo era confuso dalla rabbia e dalla tensione, ma sfoderando il suo coltello, riuscì a riacquistare la calma e la concentrazione necessarie.

L’aria iniziò a deformarsi, andando a conglomerare una strana pressione attorno alla lama. L’atmosfera parve iniziare ad illuminarsi di rosso, ed un vento torrido iniziò a spirare dal corpo della ragazza.

 

 

Ma improvvisamente anche la luce si deformò, prendendo una forma tonda e placida, come di bolle semitrasparenti che infondevano un’irreale staticità.

 

Akane vide soltanto dei lunghi capelli rossi e boccolosi ondeggiare davanti a lei, insieme ad un bastone di acciaio, che dopo aver vibrato un colpo verso il vuoto, si era allungato in un’asta di circa un metro e cinquanta di altezza.

L’assassina osservò sbigottita Azura camminare con quella tranquillità che emanava, ma nonostante ci fosse stato l’impulso, non cercò di fermarla.

- Dopotutto, non sono nemmeno a conoscenza della forza di Azura.-

 

 

“ Non pensate che vi risparmierò solo perché siete donne! Voi non dovete sopravvivere !!”

Sconvolgendo Momoka, Akane e Akira, Locusta si lanciò senza esitazione in un salto, brandendo le sue pinze.

Come un insetto volante, si avvitò a mezz’aria, puntando le sue armi davanti a sé, andando in contro all’espressione indecifrabile della ragazza rossa con un sorriso folle.

 

 

Tuttavia, il tempo sembrò rallentare prima dell’impatto. Nessuno riuscì anche solo a pensare di urlare, provare paura, preoccupazione, ansia…

 

Azura era l’unica a muoversi, mentre le bolle intorno a lei danzavano più velocemente.

Impugnò con le mani le due estremità del bastone, portando la gamba sinistra più indietro dell’altra, e assumendo una guardia simile, mantenendo la Steel Soul perfettamente perpendicolare con il terreno.

 

Come un filo argentato, che collegava il suo cuore al mondo.

 

Vāmana! Tre Passi!

Con un’esplosione di luce azzurra ed energia, la punta piatta del bastone si allungò verso Locusta, centrandolo in piena fronte.

 

A quel punto Azura fece un passo in avanti, affondando con il braccio sinistro la sua arma, e spingendo con un’onda d’urto il corpo del malcapitato verso l’altro lato della strada, come se fosse stato il proiettile di una fionda.

 

L’energia sollevò una nuvola di polvere e vento alle sue spalle, travolgendo le sue amiche, che sorprese si appoggiarono alla vettura.

 

 

Quando queste riaprirono gli occhi, ad ognuna di loro rimase impressa la sagoma di Azura, con i suoi capelli che svolazzavano nel cielo illuminato dal sole, con la Steel Soul che brillava, avvolta da quella misteriosa Energia Azzurra.

 

 

Namimori. 16: 40

 

“ Tu… tu non eri con loro prima? Sei un altro …”

“ Non so proprio di quali ‘loro’ stai parlando. Sii più specifico.”

 

Due ragazzi, immobili al centro della strada, l’uno di fronte a l’altro e distanziati da appena dieci metri.

“ Non importa! Per me potresti anche essere un normale cittadino, ma per avermi sfidato in questo modo puoi soltanto morire.”

 

Clay il Necroforo, il più pericoloso tra i prigionieri di Classe S evasi, si stava sfilando la giacca con uno sguardo pericolosamente folle.

Tutto il suo universo di omicidi, dolore e crudeltà si agitava in quegli occhi neri come la pece.

La fascia sulla sua bocca svolazzava.

 

“ Morire? Spero tu sia debole allora, perché se mi facessi prendere la mano, succederebbero cose spiacevoli per tutti.”

Dal lato opposto della strada, era Kevin a stagliarsi, pronto ad ingaggiare quella battaglia.

 

Era cambiato rispetto alle settimane precedenti. Sembrava anche più affaticato, con delle occhiaie più marcate, e i capelli rossi incolti che gli ricadevano sul viso.

Vestiva una maglietta rossa smanicata con un corto gilet di jeans sopra, indossando anche dei pantaloni lunghi bianchi e delle scarpe da ginnastica nere.

Si stava sfilando un berretto blu e rosso dalla testa, facendo ricadere altri lunghi capelli sulla sua schiena, esponendo anche alla luce i suoi occhi scuri.

 

La frase che aveva detto poco prima, non era stata accompagnata da un ghigno, da un’occhiata o un tono sarcastico. Pareva infatti un avvertimento che il ragazzo aveva fatto a se stesso, volendosi ricordare per l’appunto di non ‘fare sul serio’.

 

“ Mi fai ridere! Per caso vorresti uccidermi, eh ?!”

Invece Clay aveva preso quella risposta come un’ulteriore provocazione, e per questo sul suo viso mortuario spuntarono numerose vene pulsanti.

 

In quel momento si chinò, poggiando le mani per terra, e con una potenza sovrumana, perforò il cemento con le sue dita come se fosse stato un budino.

E mentre anche sulle sue braccia e sul suo petto ricoperto di muscoli apparivano vene pulsanti, staccò due pezzi di strada grossi come degli pneumatici.

 

“ Adesso ti costruisco la tomba, stai a guardare !” sussurrando quelle parole come una sentenza di morte, lanciò verso il rosso i due blocchi senza apparente sforzo.

 

“Non voglio ucciderti… e non mi piace questa tomba.”

Ma gli occhi di Clay si spalancarono come non mai, vedendo Kevin colpire con due pugni abbastanza lenti i suoi proiettili, disintegrandoli senza nemmeno un minimo di preoccupazione in volto.

Anzi, l’espressione dell’ex teppista era disinteressata, probabilmente perché stava pensando ad altro in quel momento.

 

 

“ Cosa ?!!” Il Necroforo indietreggiò di un passo sbigottito.

- Questo tizio non è normale come gli altri. Ma se non lo avessi percepito da prima, e non avessi lasciato l’obbiettivo a distanza da lui, probabilmente non avrei avuto nessuno possibilità di batterlo. Invece, così …-

Gli occhi del pericoloso mercenario tornarono impassibili, dissolvendo i dubbi e la sorpresa, perché quelli gli sarebbero stati fatali a lungo andare nello scontro.

 

“ E così non sei tanto debole… buono a sapersi, perché sai, io odio chi muore senza combattere.”

Asserì infine, lanciando al rosso un’ennesima occhiata assassina, mentre mostrava la sua mano micidiale, capace di afferrare il cemento come se fosse creta.

 

“ Menomale che ha funzionato. Cazzo, ero nervosissimo! Nonostante quel monaco killer si perda in chiacchere, almeno mi ha saputo spiegare bene come concentrare percentuali della mia forza in parti specifiche del corpo. Anche se ogni volta negli allenamenti finivo per esplodere come una bomba ad orologeria, ne è valsa la pena …”

“ La vuoi smettere di parlare da solo ?!” urlò infine Clay, esasperato dal venir ignorato da Kevin, che nel mentre si perdeva in riflessioni con se stesso ad alta voce.

- Che coglione… mi sta persino spiegando come funziona la sua tecnica senza rendersene conto.- L’assassino non aveva mai visto in vita sua un avversario tanto… strano.

 

 

Ma un pericolo restava tale, e lui come un perfetto leader quale era stato in passato, seppe prendere istantaneamente una nuova decisione.

 

“ Ho capito che sei forte, insomma. Ma… a velocità come sei messo ?!”

E rifornendosi di nuovo dal cemento, iniziò a scagliare una pioggia di blocchi ultraveloci, come se stesse cercando di seppellire vivo Kevin.

Ma il rosso, di fronte alla visione di un muro semovente di massi che gli si parava davanti… scaricò una raffica di pugni, che polverizzavano ogni cosa toccassero.

“ Quarantacinque per cento nel pugno destro… sessantatre per cento nel pugno sinistro… venti per cento nel destro… trentanove…”

 

“ SMETTILA DI PENSARE AGLI AFFARI TUOI !!” Al limite della sopportazione, Clay artigliò una macchina parcheggiata al suo fianco, e urlando a pieni polmoni, lanciò anche quella verso il suo irritante avversario.

 

In quel momento Kevin era ancora occupato con i proiettili di cemento, e quando la vettura andò ad avvicinargli i suddetti massi precedentemente lanciati, non usò in tempo la forza necessaria per distruggere i blocchi e macchina dietro di essi.

 

Il risultato fu che l’automobile lo travolse in pieno, prima ancora che lui potesse rendersene conto, trascinandolo di decine di metri indietro.

 

Dopo aver strisciato sulla strada la macchina si fermò, ma Kevin era accasciato a terra, cercando di aggrapparsi a qualcosa per restare in piedi.

 

 

16: 55

 

“ E se adesso… la facessi esplodere ?” ridacchiò inquietantemente Clay, sradicando un palo della luce, facendo intendere che lo avrebbe conficcato con un lancio nel motore della vettura.

 

- Ragazzi come lui, che non conoscono cos’è una battaglia o una guerra, non possono sperare di vincere contro di me. Le tattiche di guerriglia e la sopravvivenza, sono state le mie prime materie di studio, in quanto nato come soldato. Fino a otto anni ho comandato una squadra di bambini soldato che, come me, erano scappati da un campo di sperimenti genetici terribili  in Oriente. Insieme, abbiamo conquistato numerose città senza l’aiuto degli adulti, fino a quando non ci hanno sterminati tutti.

Ma io, dovevo venir catturato vivo come insegnamento per tutti i ribelli, ed è per questo che sono rimasto in quella prigione per undici anni.-

 

“ Mi dispiace per te, ma…”

Ghignò l’assassino, stringendo il suo pugno d’acciaio sul palo.

 

“ No- ”

“ Sta zitto !”

 

La macchina venne sbalzata nuovamente dalla strada con uno scoppio potentissimo, che la fece sorvolare qualche palazzo prima di esplodere in lontananza.

“ Io ti avevo avvertito …”

 

16:58

 

Clay non poté far altro che cercare in tutti i modi di scacciare via dei brividi di terrore, davanti alla visione di Kevin che si rialzava da terra. Sulla fronte era aperto un taglio da cui sgorgava sangue sopra l’occhio sinistro, ma il suo sguardo si era fatto più spaventoso.

E, dettaglio più significativo, stava sorridendo.

 

Kevin sorrideva raramente in maniera tanto energica. Di solito ghignava, o non rideva affatto per la sua ostilità verso il prossimo.

Ma quando sorrideva, voleva dire soltanto che era determinato a dimostrare tutta la sua forza.

 

Anche se…

Aveva, innegabilmente, accettato un viaggio per raggiungere persone di cui non gli era mai importato molto. Era stato disposto persino a lasciare sua sorella Angelyca, a cui teneva più della sua stessa vita, in mano ad individui sconosciuti per raccomandazione di Reborn.

Ed infine, era stato schernito, umiliato, ma allo stesso tempo aveva imparato…

Imparato che forse, un motivo alla sua rabbia verso i più deboli non c’era, perché lui stesso era stato in molte situazioni il debole.

 

Con quel sorriso, Kevin stava semplicemente cercando di non pensare all’imbarazzo che avrebbe avuto, quando si sarebbe rincontrato con tutti gli altri come se nulla fosse successo.

 

 

“ PUGNO AL NOVANTANOVE PER CENTO !!”

Con un urlo spiazzante che risuonò in tutta Namimori, il ragazzo dai capelli rossi spiccò il volo con un salto.

Raggiunse, sotto gli occhi spalancati dallo stupore di Clay, l’altezza di un palazzo, mentre ancora urlava e caricava il pugno destro sopra la sua testa, verso il cielo.

 

Quando il braccio si sovrappose al sole, un lampo di luce rossa come il sangue saturò l’aria, insieme a numerose raffiche di vento nero e bianco che sembravano essere sprigionate da quello stesso arto fiammeggiante.

 

-16:59:59:03-

- Io… ce la posso fare! Devo farcela! DEVO ASSOLUTAMENTE CONCLUDERE LA MIA MISSIONE !!-

La mente dell’assassino era una confusione di pensieri, mentre nei suoi occhi agitati si riflettevano le immagini dell’apocalisse che stava prendendo vita davanti a lui.

Il sudore che aveva iniziato a colargli copioso dalla faccia, brillò riflettendo la luce accecante del corpo di Kevin che gli stava precipitando addosso.

Sembrava un meteorite.

 

-16:59:59:29-

- Io devo… farcela !-

Sempre più vicino alla collisione.

 

-16:59:50-

-…devo… io-

 

-16:59:59:78-

-…io…-

 

-17:00:00:00-

- HO PAURA !-

 

Il pugno si arrestò ad un centimetro di distanza dalla faccia di Clay, nel preciso istante in cui Kevin rimise piede per terra.

L’onda d’urto, però, scatenò tutta la potenza repressa: una colonna di vento travolse l’intera strada dietro la schiena dell’assassino, brillando con fiamme rosse che istantaneamente fusero macchine e pali della luce.

La pressione fu talmente forte che i tombini esplosero, e i muri dei palazzi persero tutta la vernice, completamente cancellata.

 

-17:00:01-

“ L’importante è che tu ricordi questo: la Fiamma della Tempesta che ti ho donato, è stata forgiata in innumerevoli anni di assassinio per opera mia. Per questo, in parte è oscura e malvagia, e non dovrai mai sfruttarla tutta per potenziarti. Se prendesse il controllo di te, sarebbe la fine …”

Lo sguardo di Fon con lui, non era mai stato così serio, se non nel momento in cui lo salutava per sempre prima della partenza.

 

 

- Quindi io sto… impazzendo ?-

Domandò una piccola voce inespressiva nelle mente di Kevin, mentre il ragazzo era rimasto immobile a fissare le sue mani.

La sua visione si stava perdendo in un abisso nero.

 

 

-Sono i ricordi a farmi impazzire ?-

 

Veloci come lampi, immagini, voci, volti e paesaggi, comparivano e scomparivano nella mente del ragazzo, come le luci dentro le cabine di un treno in corsa.

 

 

“ Non puoi andartene! Come faranno i bambini a crescere senza un padre ?!”

“ Io non sono il padre che un bambino vorrebbe avere …”

“ Sei… un mostro …”

“ Lo sono… ma ti amo, e amo anche Angelyca e Kevin.”

 

“ Non posso credere che dei bambini così piccoli… io… farò di tutto per accudirli.”

“ Grazie, Padrino! La ringrazio …”

 

“ Zio Gaetano !!”

“ Angelyca, Kevin! Sono tornato, avete visto ?”

“ Non andare più via, zio …”

 

 

“ E… casa ?”

“ Mi dispiace, padroncina… ma a casa non potrete tornare per un po’. Boss me lo ha ordinato, prima…”

“ Prima di cosa ?!”

“ Niente… le giuro, niente.”

“ Non… piangere anche tu. Perché piangete tutti ?”

 

 

“ La padroncina!! Non è possibile, dobbiamo partire per il  Giappone prima che sia troppo tardi !!”

 

“ Non ci posso credere… ma sono davvero quei due i figli di Charles Gaetano Celeste ?”

“ Come? Sono due Celeste !?”

“ Ho sentito di sì… poveracci, così giovani, eppure senza più nemmeno una famiglia.”

“ Celeste è stato giustiziato anni fa per aver venduto una partita di droga in cambio di una fabbrica di armi, che Decimo aveva segnato come proibita, giusto ?”

 

 

“ Stai… andando Kevin? Stai andando dai tuoi nuovi amici ?”

 

“ Tu non sei fatto per uccidere, ragazzo dai capelli rossi. Sei una tempesta violenta, testarda e pericolosa, ma anche se la morte vive dentro il tuo passato, non sei nato per uccidere.”

 

 

- Alla fine è successo. Ho perso il controllo. Scusatemi tutti.-

 

Mentre pensava tutto ciò, un tornado di piccole dimensioni aveva avvolto Kevin, mentre il suo corpo rimaneva immobile, brillando di una propria luce rossa intensissima.

Scariche di energia scarlatta, a volte si andavano ad infrangere per terra come fulmini, aprendo crateri nella strada.

 

 

Davanti a quella visione, apparve Kiiro, sopraggiungendo accompagnato da un lampo di luce gialla.

“ Tutto questo fa paura …” disse la macchina, osservando la grandezza di quella colonna di vento.

 

Ma in un secondo, tutto quello svanì.

Il vento cessò, ma Kiiro riuscì a vedere soltanto gli occhi completamente bianchi di Kevin emergere dall’oscurità.

Prima ancora che lui potesse muoversi o formulare un’idea, aveva compreso che il ragazzo dai capelli rossi che aveva avuto modo di conoscere, stava per distruggerlo.

 

Probabilmente non da una furia ceca, ma sopraffatto e controllato da un’energia che lui non conosceva.

Il Sole si rese conto di tutto questo mentre il pugno del rosso lo raggiungeva.

 

L’istante successivo, un nuovo cratere si era aperto nella strada, demolendo due palazzi, mentre il braccio di Kevin era inondato di una sostanza gialla fosforescente.

 

 

 

Intanto, tra quel susseguirsi di avvenimenti misteriosi e inspiegabili, l’intera città di Namimori era inconsapevole di essere osservata…

 

Un occhio celeste, delle dimensioni di un qualsiasi altro occhio umano, guardava verso la città al di sotto di lui, mentre era attaccato ad una nuvola passeggera.

 

Qualche chilometro più in basso, e ad una decina di distanza dalla città, intanto un individuo era impegnato in una chiamata telefonica.

 

“ Cosa intendi con… annientati, Platino ?”

Domandò una voce dall’altro capo della linea, e a quel punto l’affascinante uomo dai capelli argentati aggrottò le sopracciglia in un’espressione nervosa.

“ Intendo che sono stati sconfitti ancor prima di iniziare un vero e proprio scontro. Ognuno di loro, da un singolo avversario …”

 

“ Il fallimento, purtroppo, è colpa mia. Avrei dovuto incaricarti molto prima di osservarli, così avrei compreso la loro forza tempo fa …”

La voce di Sebastian non pareva per niente finta, ed era percepibile un vago senso di dispiacere nelle sue parole, così Platino scattò subito sull’attenti.

 

“ Mio Signore… una sola parola, e li annienterò.”

L’argentato rilasciò automaticamente una coltre di Intento Omicida, mentre con una mano andava a ghermire l’elsa della sciabola d’argento che portava al fianco.

 

L’altra mano invece, gli copriva l’occhio destro, ma comunque non mascherava il suo volto contratto dalla rabbia.

 

Platino è un utilizzatore di Fiamme della Nuvola. La sua abilità Nuvola Satellite, gli permette di posizionare l’occhio coperto su di una nuvola vista con l’altro scoperto.

La potenza visiva è ben superiore a quella di un falco, ed è capace anche di vedere nel buio.

 

“ No, sarebbe inutile. Ho il presentimento che tutti insieme ti annienterebbero.”

 

Le parole fredde del Boss degli Anonimato, spiazzarono il giovane, facendogli perdere la presa sulla sua arma.

Ma prima ancora che lui potesse chiedere spiegazioni con un’espressione confusa e stupita in volto, la voce del suo Boss si fece nuovamente sentire.

 

“ Non vorrei che tu venissi catturato da quel Reborn, capisci… non dormirei per il dolore, pensando a tutti i modi con cui potrebbero cercare di cavarti informazioni su di me.”

Nuovamente, un tono pietoso ed umile, manipolò ogni pensiero di Platino, che arrossendo lievemente, ammutolì.

 

“ Poi, non è detto che la missione sia fallita solo perché i nostri ‘prelevatori’ sono stati battuti …”

Comprendendo al volo le parole del Boss, il giovane annuì e disattivò l’effetto di Nuvola Satellite semplicemente scoprendosi l’occhio destro.

 

“ Sarà il piccolo Schlmit a decidere. Uhuhuhuhuhu !”

 

 

Namimori. 17:10  

 

Quello che nessuno ancora sapeva, era che tre persone con precisi pensieri contrastanti nella mente, si stavano per incontrare.

Solo una parola legava i loro obbiettivi.

‘Addio’

L’Addio che una persona avrebbe dovuto dare ai suoi amici.

 

 

Uno dei tre era Tengoku Marco Sawada, il peccato più grande che potesse abbattersi su Namimori.

 

La seconda persona era Azura Schlmit, che allontanandosi dalle sue amiche senza dire una parola, aveva scoperto fin troppo, così anche come Tengoku.

 

Ed infine, proprio la persona che avrebbe dato quell’Addio.

Drake Schlmit era seduto ad aspettare nervoso il ritorno di Clay, che forse non avrebbe più rivisto, fermo al parco di Namimori.

 

 

Tra le dita si agitava una collanina di perle, con un pendente d’oro al cui interno era visibile una piccola fotografia.

Drake mormorava soltanto quella parola da diverso tempo:

 

“ Papà …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

Welcome back! Come va? Beeeella la fine della vacanze, vero?

Roba, insomma… molto bella, no?

No.

Ma vi auguro di abituarvi anche a questo nuovo inizio di fine estate (??), perché io forse sono il peggiore in queste cose ^^’!

Ma valà, smettiamola di parlare di cose tristi!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ho cambiato molte cose, rispetto al metodo che avevo precedentemente di scrivere i capitoli di SoF, e spero si sia notato (soltanto se vi piace, però !).

 

Siccome so che a non tutti i miei lettori piacciono i combattimenti nella mia fanfiction (anche se… insomma, KHR è un Battle Shonen. Ma capisco che molti ormai pensano che, giustamente, sia solo materiale per ship omosessuali *badum tsss*), ho cercato di dare molto più spazio alle informazioni e alla psicologia.

 

A proposito di questo fattore… ragazzi, forse siamo in vista del primo vero cambio RADICALE nella psicologia di Tengoku. Sarà così?

Ho intenzione, adesso più che mai, di dare molto spazio ai personaggi. Tutti.

Non voglio che i miei lettori critichino i personaggi della mia storia perché sono comparsi poco o perché sono abbastanza banali e caratterizzati poco bene, perché la colpa in quel caso è SOLO ed esclusivamente mia.

Ed io ai miei personaggi ci tengo, quindi assisteremo a molta introspezione, forse anche di più personaggi contemporaneamente.

 

Insomma… se vi annoia anche questo, allora cercate una fanfiction in grado di soddisfare le vostre preferenze al meglio xD.

 

Cosa è successo a Tengoku?

Cosa ha capito Azura?

Qual era il significato dei ricordi di Kevin?

Che fine ha fatto Kiiro?

Dove sono andati Yukiteru e Reborn?

Cosa si nasconde dietro il silenzio di Drake?

 

Per tutte (non proprio) le risposte… ci vediamo tra un mese con il prossimo capitolo!

Alla prossima, occhietti sulle nuvole miei!

 

P.S: In questo periodo, tra Metal Gear Soild 3 ed il nuovo anime di Berserk, mi è difficile scrivere. Contate anche che io ho la scuola, per passione monto video, sviluppo piccoli videogiochi e seguo anche la Scuola di Doppiaggio della mia città. Quindi… diciamo che il tempo che dedico alle mie passioni/hobby, spesso è messo a dura prova.

Comprendetemi. Non sono di certo un Togashi che parte in vacanza per due anni senza dare sue notizie, ed ogni due mesi si da in malattia.

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Capitolo 12
*** Target Number 12: Grazie al tuo Lato Oscuro. ***


a cura di nekomata04 (ma quanto è bello l'avatar nuovo di Master fatto da lei?!)


Target Number 12: Grazie al tuo Lato Oscuro.

 

 

Il mio nome è Drake.

Nasco in Germania, in un ospedale non molto lontano dalla capitale, il 13 Settembre di diciassette anni fa.

 

Un anno dopo, arrivò anche la mia unica sorellina Azura, il 27 Ottobre.

Sin da quando eravamo piccoli, ho sentito molte volte ripetere quanto io e lei non ci assomigliassimo.

 

In effetti lei ha i capelli rossi, è più bassa di statura, ed è nata con problemi di costituzione che l’hanno trattenuta in incubatrice per più del dovuto.

 

Ma non vedo perché queste differenze possano impedirmi di volerle bene. Non so se lei tiene veramente a me come io tengo a lei, molto spesso mi fa intendere che io sia un ostacolo nella sua vita.

Forse lo sono davvero, un ostacolo per i suoi sogni e le sue ambizioni. Ho sempre voluto che per lei il mondo fosse un posto pieno di opportunità e speranza. Non mi importa del mio futuro.

 

Abbiamo vissuto in Germania per quasi sette anni, prima di trasferirci in Giappone, nella casa di persone che non conosco. So solo della loro presunta amicizia nei confronti della mia famiglia.

 

Nostro padre ha lavorato per tutta la sua vita, sin da quando era giovane, come bibliotecario. Nonostante fosse nato orfano, è riuscito a mettere da parte i soldi necessari per entrare all’Università.

Ed è lì che ha incontrato nostra madre.

Lei era una donna nata ricca, so solo questo. Figlia di banchieri, che fidandosi dell’educazione e del valore del ragazzo che sua figlia aveva sposato, passarono a lui una delle attuali più potenti banche nordeuropee.

 

In Germania abbiamo vissuto in una situazione economica molto sicura. I soldi, purtroppo, non hanno potuto comunque aiutarci a curare nostra madre dalla grave malattia celebrale di cui era afflitta.

 

Tre anni più tardi della sua morte per eutanasia, voluta da nostro padre, abbiamo scoperto che la causa della sua malattia era stata la dipendenza da droghe che aveva assunto per diverso tempo.

Non reggeva lo stress per il lavoro, ci dichiarò il medico, e nostro padre affermò di non averne mai saputo nulla.

 

Lei lavorava da sempre al suo fianco, spesso sostituendolo durante i suoi numerosi viaggi all’estero, e contemporaneamente badando a noi. Non abbiamo mai avuto domestici o balie, ha sempre voluto preoccuparsi personalmente e dell’ambiente in cui vivevamo e della nostra educazione.

 

 

Dopo la sua scomparsa, nostro padre abbandonò ogni rapporto con i genitori di nostra madre, diventando sempre più cupo e silenzioso. Arrivammo al punto che in casa ci faceva preparare da soli da mangiare, perché iniziava ad andare a dormire con una donna conosciuta in quel periodo.

Una donna che non era nostra madre, in una casa che non era la nostra.

 

Crebbi Azura completamente da solo, sebbene non ne avessi mai saputo niente di come fare, e senza che nessun parente si preoccupasse della nostra situazione.

Ad undici anni iniziai a fumare, nel tentativo di farmi notare da mio padre, ma smisi subito. In quel periodo giocavo a basket in una squadra cittadina, e capii in fretta che i soldi guadagnati non avrei dovuto buttarli per qualcosa di inutile, come il fumo.

 

Un giorno, quando ormai tutto sembrava andare per il meglio, e persino Azura iniziava a sorridere con degli amici che si era fatta nella sua scuola elementare, iniziò il lento degrado della mia vita.

 

Ragazzi e ragazze che riconobbi essere nostri cugini, diedero fuoco al nostro garage mentre stavamo per rientrare in casa. Ci insultarono, qualcuno mi picchiò, ma, forse per pietà, nessuno toccò Azura.

Le loro parole erano di gelosia, perché mi reputavano indegno di ricevere tutti i soldi dello stipendio di mio padre, affermando che sarei dovuto morire per lasciare il posto ad uno di loro.

 

Così capii. Mi rivelarono che io non ero veramente figlio di mio padre.

Semplicemente, quando nacqui,  mio padre voleva far ottenere a mia madre il congedo per maternità, forse perché avvertiva in lei già forti sintomi di stress.

Soltanto che, a causa del poco tempo che mio padre riusciva a trascorrere con lei in quel periodo, le consigliò di ricorrere all’inseminazione artificiale.

 

Sono un figlio della fecondazione assistita. Un cosiddetto ‘nato in provetta’.

 

Azura no. Lei ha i capelli rossi e gli occhi blu di mio padre. Io invece ho i capelli biondi e lisci di mia madre… e sicuramente molte altri geni di un qualcuno che non conosco.

 

Peter Heysel Schlmit, un nome così importante non avrebbe potuto mai far trapelare queste informazioni, soprattutto se riguardavano il suo unico figlio maschio.

All’epoca non lo capii, ma io sin dal giorno della mia nascita sotto il cognome degli Schlmit, sarei dovuto essere una pedina pronta a prendere il posto di successivo proprietario di quella banca.

 

Mio padre non volle sentire nessuna mia protesta, così ci mandò in Giappone.

 

Non ho mai smesso di preoccuparmi per Azura, perché nonostante non condividiamo gli stessi geni di qualsiasi altri fratelli normali, io le voglio bene.

È la mia sorellina, ed ha la priorità persino davanti a Xian, ai Vongola, e a qualsiasi altro contorto piano.

 

Questa era la mia storia.

 

Ed in questo momento, quando avverto in cuor mio che qualcuno sta venendo a reclamare delle mie spiegazioni in merito a quello che sta succedendo… mi rendo conto di esser diventato un uomo senza più alcun legame, proprio come mio padre.

 

 

 

 

Namimori. 17:15

 

Tengoku spiccò l’ennesimo balzo, spostandosi sul tetto di un altro palazzo. Non appena poggiò un solo piede sul suolo, continuò a slanciarsi in avanti, riprendendo la corsa.

Stava ripetendo quei movimenti da cinque minuti, non appena era riuscito a raggiungere la cima di un’abitazione.

Saltare tra alberi, semafori, tetti e muri era ormai diventato l’ordinario per lui.

 

Ma in quel momento non si stava allenando. Stava mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato, per la prima volta seguendo un suo obbiettivo.

 

Si sentiva egoista, in un remoto angolo di sé. Ma in realtà la fiducia nelle ragazze rimaneva, per cui sperava che anche loro si stessero dirigendo verso la sua direzione.

 

 

La periferia di Namimori, dove era cresciuto, era stata completamente evacuata anche da ogni forma di sorveglianza militare.

Non c’erano più rumori, auto, o edifici abitati in circolazione.

 

Fu proprio per questo fattore che il ragazzo avvertì a distanza, anche solo dopo poco tempo che aveva iniziato a spostarsi, una potente pressione atmosferica circondare una zona del ghetto, almeno ad un chilometro dalla sua destra. 

 

“ Drake !” senza nemmeno rendersene conto, sibilò quel nome tra le labbra, prima di virare a mezz’aria verso la fonte dello spostamento d’aria.

 

 

 

Anche il quartetto delle ragazze avvertì quella forte pressione,  scatenata immediatamente dopo un terribile suono di esplosioni.

 

Qualche minuto prima, dopo aver sconfitto Locusta, erano circa tre isolati più indietro.

Azura aveva concluso il suo attacco, riponendo il suo Steel Soul dopo che questo si era ritratto.

 

La rossa si era voltata verso le amiche, con un’espressione indecifrabile di durezza.

Poco dopo però, le sue labbra avevano tremato, come se stesse vacillando.

“ Dobbiamo raggiungere Tengoku …” Aveva sussurrato, un attimo prima di cadere in ginocchio, stremata.

 

Ora era sulle spalle di Akane, che senza il minimo sforzo correva mantenendo la sua normale velocità.

Dietro di lei, Akira e Momoka riuscivano a tenerle il passo, dimostrando una buona resistenza, forse anche spronata dall’adrenalina.

“ Cosa sta succedendo in questo posto ?!” Mentre il vento le scompigliava i capelli neri, e quelli rossi di Azura sulle sue spalle, Akane lanciò un’occhiata di frustrazione e ira al cielo.

Si era resa conto che quella loro missione era stata compromessa volontariamente da qualcuno.

 

Mentre sentiva quella frase, Akira, in coda al gruppo, vacillò. Vedendola, Momoka corse ad afferrarle un braccio, per impedirle di cadere.

Le due ragazze si guardarono negli occhi, e la bruna sembrò ricevere dalla presidente del consiglio studentesco uno sguardo di preoccupazione.

 

In un lasso di tempo che la ragazza non aveva saputo determinare, le si era palesata nuovamente una visione… o meglio, da quello che aveva capito, una percezione.

Aveva intravisto la sagoma di un uomo all’interno della tromba d’aria che spuntava dai tetti dei palazzi alla loro destra. Era evidente che quel fenomeno fosse stato generato da qualcuno, e il sol pensiero la inquietava.

 

In quel momento, il bagliore rosso si manifestò davanti ai loro occhi, sbarrando la strada.

I capelli di Kevin danzavano insieme all’aria bollente che vorticava attorno a lui.

 

In quel momento, nessun ostacolo sarebbe sembrato altrettanto insormontabile.

 

 

 

 

 

 

Diversi minuti dopo…

 

 

Il vento si era placato e nuovamente nella periferia di Namimori regnava il silenzio.

Le nuvole era state spazzate via dalla corrente , eliminando ogni ombra a protezione del caldo.

 

Il sole splendeva. Gli uccelli cantavano. Le foglie verdi cadevano dagli alberi.

Il giorno perfetto per commettere un’atrocità.

 

 

Tengoku emerse dalle fronde degli alberi, giungendo nella piazza circolare al centro del parco.

Individuò subito Drake. Era seduto su di una panchina, posto frontalmente alla direzione da cui era arrivato.

 

Il biondo sollevò la testa. Il suo sguardo cambiò diverse volte, mentre il bruno si avvicinava.

Lentamente, dalla sorpresa, sfumò alla malinconia, diventando infine vuoto e privo di emozioni.

 

“ Drake …” sussurrò Tengoku, con voce tremante. Il ragazzo volse i suoi occhi all’altro, mostrando un misto di tristezza e dolore.

 

Non era tanto complesso per Tengoku capire. Drake era lì, mentre tutti gli altri sembravano cercarlo.

Qualcosa stava accadendo, e il ragazzo capì dall’espressione del tedesco, che nemmeno lui sarebbe riuscito a fare qualcosa per il suo amico.

 

“ Ti prego, dimmi cosa sta succedendo.” Abbozzando un sorriso, Ten riprese a camminare verso l’altro.

Le sue mani tremavano come la sua voce. Doveva sapere cosa stava accadendo, altrimenti il dolore di vedere Drake in quelle condizioni lo avrebbe sopraffatto.

 

Ma, come forse si aspettava, il ragazzo si alzò dalla panchina, rimanendo in un silenzio ostile al tentativo di dialogo.

 

“ Vattene, adesso.”

Infine, fu proprio lui a parlare.

 

Tengoku si fermò.

“ Non posso spiegarti quello che sta succedendo, ma una volta per tutte voglio dirti quello che penso …”

Lo sguardo freddo del tedesco sembrò emanare nuovamente quella scintilla di paura e disperazione.

“ Io e Azura non siamo tenuti ad aiutarti in questioni che riguardano la tua famiglia, la mafia, o altri pericoli.”

Il tempo sembrò bloccarsi.

“ Io me ne vado.”

 

Quelle parole galleggiarono nell’aria per poi abbattersi con violenza sulle spalle del ragazzino, che venne assalito nello stesso istante da una scarica di brividi violentissima.

 

Energia negativa.

Fatalismo.

Rottura di un legame.

Apatia.

 

Come pioggia questi presentimenti, sensazioni, dubbi, paure e timori, sembravano cadere senza sosta.

 

Ma Drake parlava sul serio.

Non poteva continuare quel viaggio, inseguendo amori, amicizie e libertà.

Non era la sua strada, soprattutto perché facendolo avrebbe privato tutte le persone a lui care di questi beni.

 

“ Ti avverto: se non tornerai, anche a costo di doverti ferire, distruggerò tutto ciò a cui sei attaccato, lì dove ti trovi.”

Le parole pronunciate dal padre, le prime dopo anni in cui non lo sentiva.

Era vomitevole la sensazione di venir usati come pezzi di ricambio, sostituti o semplici pedine. Ma avrebbe preferito tutto quello, piuttosto che vivere con i sensi di colpa di aver ucciso i suoi amici.

 

Tu permetteresti tutto questo?

Una voce nella sua testa lo chiedeva di continuo. La domanda, seppur avesse molta spietatezza implicita, appariva sempre come una voce angelica, che cercava di rischiarare i suoi pensieri.

Era forse la voce di sua madre? Di Azura? Di Reborn?

 

Oppure, era soltanto un altro se stesso, che criticava la sua codardia, di cui si era macchiato innumerevoli volte.

Lui era un codardo, che temeva la morte, e che pensava che per nulla la mondo meritasse il sacrificio di una vita, o di un sogno.

Le persone muoiono, il tempo passa, e il mondo continua ad andare avanti nonostante questi cambiamenti.

 

Cosa ha veramente senso per te?

 

Un amicizia inaspettata, nata in una città qualsiasi nel mondo, temprata con un viaggio in un altro continente, e sopravvissuta a nemici spietati?

Sì. Quello aveva senso.

 

Per questo Drake avrebbe dovuto mentire ancora.

- Continua a mentire, Drake !- si diceva per farsi forza, per non trasformare quei pensieri in lacrime.

- Continua a farlo come hai sempre fatto con te stesso. Se puoi convincerti che tutto questo sia il modo migliore per andare avanti, puoi farlo anche con loro.-

Strinse i pugni, evitando di abbassare la testa, nonostante la voglia di sprofondare fosse troppa.

 

- Ma allora perché mi stai guardando così ?!-

 

Gli occhi di Tengoku erano sbarrati, puntati verso i suoi, ma emanavano un alone di pericolosità mai vista prima in quel ragazzo.

Il bruno mosse il suo prossimo passo.

 

Nuovamente, nella sua mente si era sovrapposta la voce di suo padre e il volto con cui lo aveva… cacciato.

VATTENE

 

“ Drake, tu non hai nessun diritto di dirmi questo !” esclamò Tengoku, facendo sussultare dalla sorpresa il tedesco.

“ Ah sì ?” rispose l’altro, notando che il suo corpo aveva incominciato a tremare per il nervosismo.

Vedere quel ragazzo alzare il tono di voce e lanciare quell’occhiata lo aveva scosso.

 

Ma, quando l’altro si fu avvicinato a sufficienza, poté notare un qualcosa di strano, esattamente contenuto in una fondina allacciata al fianco sinistro.

- Un coltello !-

 

Esclamò mentalmente, mentre il suo nervosismo gli esplodeva come una bomba in testa.

 

Agì di riflesso.

Tracciò una mezzaluna nell’aria con il suo braccio destro mentre scattava in avanti, andando a colpire con l’arto l’incavo del collo di Tengoku.

Questo si sbilanciò, scivolando verso destra.

 

Ma i suoi occhi non persero quella determinazione, e poggiando le mani per terra evitò di sbattere la testa, riuscendo anche a darsi uno slancio con le braccia per saltare.

Mentre era in volò, scalciò come se le sue gambe fossero diventate fruste.

 

Drake riuscì a parare almeno cinque calci indirizzati alla sua faccia, mentre successivamente osservava il ragazzo atterrare in piedi, poco distante.

 

È questa la strada che hai scelto? 

 

Ruggì tutta la sua disperazione, quasi fino a perdere la voce in una sola emissione di fiato.

Infine, senza dare una risposta a quella domanda, raggiunse con un salto il ragazzo, che non ebbe il tempo di schivare la sua carica.

 

Il biondo gli serrò il pungo sul collo della felpa, ma solo allora Tengoku riuscì a reagire: chiuse le braccia ad X su quello di lui, per poi dare un altro colpo di reni sufficiente ad alzarsi, e a sferrare un calcio verso la faccia di Drake.

 

Per la seconda volta, però, il Nindokai riuscì a prevedere lo Shadow Counter assassino.

Drake anticipò il calcio, afferrando anche la caviglia mentre manteneva la stretta attorno alla felpa di Tengoku. Infine, girandosi di centoottanta gradi, mosse entrambe le braccia dall’alto verso il basso.

 

Il ragazzino non venne scagliato questa volta, ma direttamente fatto cozzare contro la terra a meno di un metro da Drake.

 

Uno spruzzo di sangue macchiò il terreno quando la sua fronte rimbalzò sulle dure mattonelle del parco.

 

Forse Drake aveva appena dato una risposta alla domanda di prima.

Ma non lo sapeva. Non sapeva nemmeno cosa stesse facendo.

Gli stava piacendo? Provava piacere nel ferire uno dei suoi unici amici, il primo dopo tanti anni con cui si era confidato?

 

È tutto OK.

 

- Non è per niente OK !- Drake non sapeva più perché il suo corpo avesse iniziato  a muoversi di sua spontanea volontà.

Era come guardare un film, adesso. Poteva solo osservare le immagini muoversi davanti alla sua faccia, ma non sentiva più la sua stessa presenza.

 

Tengoku si stava rialzando dolorante quando lui gli si parò di fronte per la seconda volta, assestandogli un pugno in pieno volto.

Il ragazzo venne scosso come se fosse stato colpito da una bastonata, e l’impatto gli fece rotare il corpo in un giro quasi completo.

 

Questa rotazione, si interruppe però quando il bruno riuscì ad calciare con tutta la sua forza il viso di Drake.

Il naso del biondo si piegò sotto il calcio con il quale Tengoku aveva restituito il danno del suo pugno.

 

Rimasero entrambi immobili, prima che il dolore arrivasse al loro cervello, e il sangue gli bagnasse la bocca e le guance.

 

Non vedi che è tutto OK?

- Perché dici così ?-

Il dolore di Drake non era più solo fisico.

Stava morendo dentro, straziato da quella voce, dalla sua voce che diceva cose… che non avrebbe saputo definire come vere o false.

 

Tu hai chiamato questa sofferenza. Tu hai voluto tutto questo. I tuoi desideri sono stati avverati.

 

- NON SONO I MIEI DESIDERI !-

 

Entrambi i ragazzi scattarono l’uno verso l’altro, sferrando un pugno.

Avevano agito in totale sintonia, ma il colpo di Drake riuscì per primo a rompere la guardia dell’avversario.

 

Shadow Counter

 

Lo sentì arrivare.

Nuovamente la rotazione per incassare il danno stava portando ad un altro colpo.

Drake parò senza neanche voltarsi il manrovescio di Tengoku, come se l’avesse aspettato da sempre.

 

Non prestò attenzione alle emozioni che potevano essere lette nei suoi occhi, perché semplicemente tirò a sé il braccio, sbilanciando con una spazzata il ragazzo.

Vide che Ten stava provando a saltare come prima, così mosse l’altra mano, cercando di agguantargli il collo.

 

La mano del bruno però gli afferrò il polso… un secondo troppo presto per accorgersi che il tedesco aveva appena finto.

Drake riuscì così ad afferrargli anche il secondo braccio, sollevandolo leggermente da terra con uno strattone.

Infine, con un calcio in pieno stomaco lo scaraventò via a piena potenza.

 

Il corpo del ragazzino urtò contro una panchina, che nonostante l’urto gli impedì di cadere rovinosamente per terra.

 

Il dolore. Distruggere i tuoi legami. Veder bruciare ogni cosa che ti lega a questo mondo.

 È definitivamente quello che più agogni di veder realizzato.

 

Drake non rispose neanche. Non rispondeva più a quella voce, perché non la sentiva in una testa che gli appartenesse.

Semplicemente quella voce c’era. Esisteva. Diceva cose vere o cose false.

Ma esisteva anche Tengoku. Accasciato su di una panchina, con un rivolo di sangue che gli cola dalla bocca e dalla fronte.

Respira piano, ma ogni boccata d’aria è una lotta continua per rimanere cosciente.

 

Anche Tengoku l’ha attaccato. Quindi è un suo nemico?

Solo i nemici ti attaccato e ti sfidano.

 

 

Dall’altra parte, Tengoku Marco Sawada non respirava affatto affannosamente. E non lottava decisamente per sopravvivere e non soccombere.

Ogni colpo che prendeva, ogni volta che riusciva a scorgere un velo di tristezza negli occhi di Drake, la sua mente si faceva sempre più nitida.

Era come se le lacrime che piangeva interiormente stessero lavando via lo sporco che gli offuscava la vista.

La vista del suo cuore.

 

Il coltello era scivolato per terra, e adesso era davanti ai suoi piedi.

Come se le luci dei riflettori si fossero posati su quell’arma, l’attenzione venne rivolta verso quel punto.

Era come se anche i suoni e lo scorrere del tempo si fossero fermati ad assistere.

 

Una mano gelida, ma allo stesso tempo confortevole e soffice si posò sulla spalla del ragazzo.

“No.”

 

Un passo. Due passi. Tre passi. Quattro passi.

 

Il coltello era stato lasciato indietro, e così anche la figura fatta di ombra e luce, che ora osservava soltanto le spalle di Tengoku.

 

Il ragazzo dai capelli castani con una ciocca bianca, adesso voleva solo guardare Drake.

Un timido sorriso si dipinse sul suo volto, vacillando come se lo stesse conoscendo per la prima volta.

 

L’uno di fronte all’altro. Pochi mesi assieme, ma un silenzioso legame creato in delle stupide confessioni, aiuti reciproci e sorrisi di incoraggiamento.

Non si poteva costruire un’amicizia così. Ma forse perché loro non erano nemmeno normali amici.

 

La figura di tenebre e calore scomparve, emettendo un sibilo che non voleva assolutamente significare niente.

“… mio… mio.”

 

In quel momento, un’intensa vampata di calore sembrò silenziare la voce dentro Drake, ridonando per un istante soltanto la luce nei suoi occhi.

Il suo corpo si era riempito di una sensazione che lo bruciava dall’interno, in maniera quasi dolorosa dopo il freddo gelido che albergava dentro di lui.

 

Quando questa parvenza di calore scomparve, era rimasto soltanto il ricordo.

E Drake tenne stretto quel ricordo, prima che potesse piombare nell’oscurità come tutto il resto.

 

 

Un urlo si levò nel cielo.

In realtà erano state due voci ad emettere quel grido.

 

Tengoku lottava per poter provare nuovamente qualcosa.

Drake lottava per aspettare di nuovo quella sensazione.

 

Immediatamente lo scontrò riprese.

 

Il biondo si lanciò in una carica verso il ragazzo, che la schivò con un semplice salto per poi cercare di colpirlo al volo con una gomitata.

Ma il tedesco si era già lanciato verso il basso, evitando il gomito, per scivolare di pancia sul pavimento.

 

Con una rotazione si rialzò e, contemporaneamente, lanciò il coltello che aveva recuperato con quel tuffo.

Tengoku lo schivò mentre saltava in avanti, senza distogliere lo sguardo. La lama gli strappò il cappuccio della felpa che svolazzava nell’impeto della battaglia.

 

Quando atterrò, scatenò una raffica di calci e ginocchiate, sfruttando la differenza di altezza per cercare di colpire nel plettro solare dell’altro.

 

Ma Drake con una mano bloccò il ginocchio rivolto verso la sua zona sottostante all’addome, sferrando una gomitata verso il basso.

Simultaneamente sollevò il braccio destro, vibrando un manrovescio abbastanza debole a causa della vicinanza, ma che riuscì ad aprire un taglio nella guancia del bruno.

 

 

Così, Tengoku poté realizzare il piano che aveva ideato sin dalla sua prima mossa dopo la ripresa dello scontro.

 

Sollevando il braccio sinistro si aggrappò alla mano alzata di Drake, tenendola alzata in aria, mentre con il piede destro andava a scalciare sul ginocchio leggermente piegato dell’altro.

 

Sfruttando questo salto, fece forza sul suo appiglio, e con un’agilità inumana si girò in volo, riuscendo così a sedersi sulla spalla destra di Drake.

Il biondo non riuscì a seguire con gli occhi e con la mente i movimenti di Tengoku, che pareva star trascendendo ogni limite umano di elasticità muscolare e velocità.

 

Così il bruno avvolse la sua gamba sinistra attorno al collo dell’avversario, e tutte e due le sue braccia attorno a quello destro di lui.

Nel mentre la gamba destra passava sulla schiena di Drake, bloccando la sua spalla sinistra come un rampino.

 

Un simbolo dell’infinito aveva intrappolato la testa e il braccio destro di Drake come una gogna medievale, e lentamente questa morsa iniziò a flettere i due punti.

Il ragazzo urlò, ma tutto il suo fiato fuoriuscì soffocato e debole.

 

Un rumore di schiocco indicò che la sua spalla stava spostandosi un po’ troppo dal suo torace, ed i muscoli del collo si stavano stirando.

 

Il Boa constrictor è un serpente della famiglia dei Boidi che utilizza la forza schiacciante delle sue spire per soffocare il nemico.

La presa applicata da Tengoku è stata studiata personalmente da lui durante un lungo studio sui metodi di caccia e difesa animali.

Senza nemmeno immaginarlo, il risultato era pressoché identico alla Presa del Plettro Bianco: Haisangen, praticata da I-Pin, una dei più temuti killer della mafia al servizio dei Vongola.

Ma, come già detto lui non ne è conoscenza, per questo il nome dato alla tecnica è…

 

“ Boa Counter !”

 

- S-sto… soffocand… o!- La laringe di Drake stava venendo schiacciata in una morsa a tenaglia, tra la gamba e l’intero corpo del ragazzo.

Non potendo arrivare aria al cervello sarebbe collassato in poco tempo, se non avesse trovato un modo per liberarsi.

 

Così fece appello a tutte le sue forze, per poi spiccare un salto in avanti.

Fu un pensiero irrazionale, completamente campato per aria.

 

Ma in quell’istante di sospensione tra il vuoto, la terra e il cielo, Drake aprì gli occhi.

Gli sembrò di ritornare su quel paracadute.

 

Il paracadute con il quale era ritornato in Italia dopo gli allenamenti di Kaiman e Yukiteru in Germania.

 

“ Controlla la paura, Drake! Non puoi vincerla ma puoi controllarla, maledizione.”

Non era stata quella voce a parlare. Era lui!

 

Un secondo prima di schiantarsi per terra, Tengoku abbandono la presa e saltò via.

Drake, invece, come se nulla fosse successo eseguì una Mae Ukemi e atterrò indenne.

 

Il ragazzo dai capelli bruni si sollevò da terra, con uno sguardo impassibile.

Negli occhi del suo amico era ritornata quell’oscurità colma di paura e dubbi.

 

Si poteva chiaramente notare dal suo viso in tensione, come se stesse tremando mentre cercava di rimanere immobile.

Tutti quei ricordi, quelle emozioni, stavano di nuovo sprofondando nel buio.

 

Lasciati andare alla tua vera ragione.

- Uccidimi… Tengoku !- Una lacrima solitaria sfiorò il cuore di Drake, non potendo però raggiungere la superficie.

 

-Io non sono un assassino Drake. E soprattutto, se c’è un problema lo affronteremo insieme.

-Cosa?

 

Improvvisamente, mentre il ragazzino si avvicinava all’amico, le loro menti e i loro pensieri stavano entrando in contatto.

Anche attraverso gli occhi d due ragazzi che avevano affrontato la paura di un mondo più grande di loro.

 

-Ma se io sparissi tutti voi sareste al sicuro.

-No. Di te abbiamo bisogno fino alla fine, perché nessuno è come te, Drake.

 

-Io non sarei nemmeno dovuto nascere per gli scopi di mio padre.

-È insieme che riusciremo a risolvere i nostri problemi. Se uno di noi scapperà, scapperemo insieme. Se uno di noi combatterà, combatteremo insieme. Drake… se non posso fidarmi di te, allora non saprei proprio di chi farlo.

 

Negli occhi di Tengoku in quel momento erano riflesse le immagini che Drake visualizzava nei suoi pensieri: suo padre, la tomba di sua madre, Azura, la loro casa in Germania, il sangue, il denaro… la morte.

Come se si stessero riflettendo su di uno specchio d’acqua, che in realtà nasconde un fondale molto profondo ed oscuro.

 

 

“ Cos’è quindi… quella cosa di cui mi parlavi ?”

Yukiteru e Reborn ormai comunicavano attraverso una linea telefonica protetta.

 

Il Tutor si trovava a Namimori, nella zona periferica presidiata dai soldati che, in pochi minuti aveva abbattuto senza sforzo.

Osservava dall’alto di un palazzo la zona del parco dove i due ragazzi combattevano da almeno mezz’ora.

Dopo molto tempo un sorriso beffardo era tornato sul suo volto, mentre dall’altro capo Yukiteru diventava sempre più nervoso per i silenzi o le risatine del killer.

“ È una delle tante tecniche che Ten-baka ha inventato da solo, senza l’aiuto di nessuno, ma soltanto grazie alla conoscenza dei suoi stessi limiti.”

“ Cosa sarebbe ?” ripeté il vice-direttore della C.E.D.E.F, stavolta mordendosi il labbro inferiore per il nervosismo accumulato.

 

“ Una mossa talmente geniale che sono sicuro che migliaia di assassini pagherebbero il loro peso in oro per farsela insegnare. È … ”

 

 

“Amigdala Shock !”

 

In quel momento Drake non capì cosa successe. Non se ne rese nemmeno conto, perché davanti a lui quello che aveva fatto Tengoku esisteva e non esisteva allo stesso tempo.

 

Dopo il semplice schiocco di dita del ragazzo, le immagini proiettate negli occhi di entrambi sparirono in un lampo di luce.

La mente di Drake era stata completamente ripulita da ogni forma di dubbio e timore, esattamente come era successo a Tengoku poco prima.

 

 

L’Amigdala (dal greco Amygdala) è una parte del cervello che gestisce le emozioni, la memoria emozionale e, in particolar modo la paura. Il rilascio di adrenalina determinato dall’iperattività dell’amigdala può causare timidezza e un costante senso di paura, definito generalmente come paranoia.

Inoltre è la causa determinante degli istinti, in quanto reagisce prima che le informazioni arrivino alla corteccia cerebrale.

Tengoku è entrato in possesso delle capacità necessarie per poterne influenzare l’attività attraverso l’ipnosi.

 

Utilizzando un particolare modo di approcciarsi alla persona che ha di fronte, come fanno molti animali, a loro insaputa riesce a stabilizzare le loro emozioni, facendo concentrare tutti i pensieri sui suoi occhi.

A quel punto, un rumore non troppo forte come uno schiocco di dita riesce a far breccia nell’amigdala, impedendole di realizzare il cambiamento di situazione, e di conseguenza di causare un’emozione adatta.

Questo “blocco” dura pressoché una frazione di secondo, ma consente alla corteccia celebrale di poter interpretare le emozioni senza  i sintomi negativi sopra citati.

 

In questo modo, Drake è stato liberato dai rimorsi e dalla straziante tristezza… ma anche da un intruso inaspettato.

 

Infatti, quando il giovane tedesco si accasciò sulle proprie ginocchia, dalla sua testa fuoriuscì un minuscolo essere.

Era simile ad una zanzara, ma formata di energia viola e nera, palesemente malvagia.

 

Una volta fuoriuscita, però, si dissolse nell’etere con un sibilo di agonia.

 

 

 

Rimase soltanto il silenzio, mentre l’ombra delle nuvole si allontanava da quello spiazzo di cemento nel parco, ora macchiato di sangue.

Il freddo lasciò il posto a dei timidi raggi di sole, che fecero breccia tra le fronde degli alberi, disegnando un rosone sul pavimento con i motivi dei rami. Non un suono osava rompere quella calma irreale.

 

 

Ah, invece tu sei Tengoku! Ho sentito parlare di te.

 

Non mi importa per quale causa combatte la tua Famiglia. Se stavi per mettere in pericolo mio sorella, allora ti sbagliavi di grosso.

 

A quanto pare hai vinto, giusto moccioso? Sei abbastanza forte da proteggere mia sorella, è vero. Ma io mi oppongo se pretendi che suo fratello non possa scortarla insieme a voi. Nessun problema, vero? Hihihi!

 

Uhm… e poi… ti piace mia sorella, vero ?

 

“ Dannazione !!” tra una risata e un singhiozzo di pianto, Drake colpì con il suo pugno insanguinato il terreno.

Non si rendeva conto del perché di quel sorriso che si era dipinto sul suo volto, ora bagnato da lacrime copiose, ma non gli importava.

 

Una mano gli venne offerta, sopra la sua testa.

I due ragazzi si guardarono negli occhi, e senza dire nulla continuarono a sorridere.

Tengoku sia lasciò afferrare la mano, e il tedesco si alzò.

 

Ma alla fine, per pura casualità, entrambi s ritrovarono a sussurrare una parola nello stesso momento.

 

Danke …

 

 

 

“ Uff… per fortuna hanno risolto.” Yukiteru riattaccò la linea, sospirando profondamente mentre si infilava il telefono in tasca.

Era all’aeroporto del centro di Namimori, più precisamente nella sua macchina parcheggiata nei confini del cancello d’ingresso.

 

“ Yare yare daze! Ci hanno fatto prendere una bella paura, comunque. Maledetto fratellino …”

Al suo fianco, un ragazzo dai capelli rossi mossi e lunghi fino alla base del collo ridacchiò, per nulla indispettito nonostante le sue parole.

Indossava una piccola maschera rossa scarlatta a forma di ala che gli copriva il lato destro della faccia facendo soltanto intravedere dal foro, un occhio verde smeraldo.

L’altro, quello visibile, invece era rosso cremisi, con una runa visibile sopra la pupilla.

 

Vestiva due pantaloni larghi neri, sotto una pancera, e con delle strisce sulle estremità, poco sopra i genta tradizionali giapponesi che portava. Il dorso nudo era ricoperto da un mantello rosso dal collo a V, dove era ricamata un nome proprio.

 

Simon sogghignò, facendo schioccare le nocche di una mano, mentre con l’altra si appoggiava la sua nodachi sulla spalla. Buttò la testa all’indietro, rivolto alle due persone sedute alle sue spalle.

Erano Yuro Raiko, l’Undicesimo Guardiano della Foresta dei Simon, e Aris Chosen, l’Undicesimo Guardiano del Ghiacciaio dei Simon.

 

I due parevano abbastanza tranquilli, ma mantenevano un sorrisino che chiaramente voleva dire “ Te l’avevamo detto !”   

 

Yukiteru guardò con la coda nell’occhio i tre ragazzi appena arrivati dall’Italia in fretta e furia, e non poté fare a meno di sorridere, notando la forza del loro legame con Tengoku e i suoi amici.

 

Ma proprio quando il vice direttore della C.E.D.E.F stava per riaccendere l’auto, un sussulto proveniente da Simon lo spaventò.

 

“ Merda …” Il neo-Undicesimo Boss dei Simon aveva improvvisamente mutato espressione, mentre i suoi occhi erano puntati verso il cellulare che teneva nella mano libera.

Immediatamente i suoi Guardiani si sporsero preoccupati, così come Yukiteru, che voleva in tutti i casi sperare che non un altro problema sarebbe sorto dopo quello di Drake appena risolto.

 

Ma, sfortunatamente, presto appurò che i guai per loro avevano un pessimo, ma terribilmente preciso, tempismo.

 

Lentamente, come se fosse spaventato anche solo dalle sue parole, Simon sussurrò:

 

“ Zaffira ed Angelo hanno appena incontrato il Teschio in Italia …”

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

WELCOME BACK!! (E lo scrivo in caps-lock perché avevo una voglia matta di urlarlo!)

FINALMENTE siamo tornati con Story of a Family, praticamente oltre la metà della Seconda Saga. Sì, ve l’ho spoilerato, tièh xD!

Con il prossimo capitolo concluderemo anche questa piccola mini-saga del Ritorno a Namimori, ma in questo capitolo sono successe molte cose di cui spero vivamente di parlare con voi nelle recensioni.

Inoltre, nel prossimo aggiornamento scopriremo anche cosa è successo durante lo scontro tra Drake e Ten, alle ragazze, a Kiiro e a Kevin in Berserker Mod.

Mi raccomando, fatevi sentire!

(Perché ogni volta che un ex-recensore abituario non recensisce più, un piccolo cucciolo di Master nel mondo viene costretto a studiare l’inglese da un giapponese con accento russo!)

 

Dico soltanto che con l’Amigdala Shock ho creato l’anticristo della psicanalisi, roba che praticamente Freud fatti da parte che è arrivato Tengoku madafaka!

Smettiamola con gli scleri, anche se sono giustificabili dato che non vedevo l’ora di aggiornare, e… vi lascio con dei piccoli omake (novità originalixxima!11!!) di fine capitolo.

Alla prossima, amigdalini!

P.S: Quanti vorrebbero il prossimo aggiornamento di Dicembre a Capodanno, esattamente come l’anno scorso?

 

 

Omake Numero Uno: Problemi di lingua.

 

E così Tengoku e Drake, finalmente riappacificati, si strinsero la mano.

 

“ Danke.” Sussurrò il biondo sorridendo.

“ Che cosa hai detto, scusa ?” domandò Tengoku, assumendo un’espressione sorpresa e confusa.

“ Ehm… vuol dire Grazie.”

“ In che lingua ?”

“ Tedesco. Ten, tu almeno sai che io sono tedesco ?” Drake parve insospettirsi, incrociando le braccia al petto e mollando la mano dell’altro.

“ Ma sì… bho, credo di sì. Ma scusa, perché non l’hai detto in giapponese ?” Anche Tengoku parve farsi qualche domanda, ma dopo quella frase un barlume di indecisione apparve negli occhi dell’altro.

 

“ Come giapponese? Ma noi… non stiamo appena parlando in italiano ?”

“ Drake… tu non sai l’italiano.” Esclamò Tengoku, spalancando gli occhi per la sorpresa.

 

“ NOOOOO! MALEDETTO AUTORE BASTARDO !!!” Il ragazzo biondo di accasciò al suolo, urlando tutta la sua frustrazione verso un autore che scriveva cose senza senso.

 

 

Omake Numero Due: I cellulari… i più grandi nemici dell’umanità.

 

“ E va bene, per fortuna è andato tutto per il meglio.” Finalmente Yukiteru, dopo essere stato in tensione per tutta la durata della telefonata, poté rasserenarsi.

“ Già. Senti, ma tu… ”domandò all’improvviso Reborn, con tono serio.

“ Dimmi…”

“ Siamo in chiamata da tipo un quarto d’ora, no ?”

“Uhm, sì. Quindi ?”

“ Hai cambiato scheda telefonica per non pagare di più all’estero?”

 

E fu in quel momento che Yukiteru realizzò di non essere più in Italia.

 

La telefonata si chiuse d’improvviso.

“ No, no, no, NO !” urlava disperato, mentre cercava di ricomporre il numero di Reborn.

 

Ma un terribile messaggio gli confermò il peggio.

“ Il suo credito residuo è insufficiente per effettuare la chiamata.”

 

“ AVEVO APPENA RICARICATO DIECI EURO!!! NOOOOOO !”

 

Fin.

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Target Number 13: Il sorriso della morte sotto la pelle. ***


A cura di nekomata04


 

Target Number 13: Il sorriso della morte sotto la pelle.



Una stanza buia e silenziosa, dove l’aria era pesante, rappresentava l’unica immagine della speranza rimasta.

 

Perché proprio era in quella sala, caratterizzata da un lungo tavolo al di sotto di tre lampadari, che numerosi uomini e donne da ogni parte del mondo combattevano la paura.

Il timore dell’ignoto, l’angoscia di ciò che sarebbe potuto accadere, e il presagio di una sventura imminente.

 

Quelle persone erano Boss, tutte riunite sotto lo stemma intagliato sul lungo tavolo: il simbolo della Famiglia Vongola.

Un nome tanto importante da suscitare rispetto, ammirazione o timore in chiunque lo sentisse, ma che adesso, rappresentava solo un qualcosa in lento decadimento.

 

Tsunayoshi Sawada, trentacinquenne, sedeva dando le spalle al dipinto ad olio di Giotto, Primo Vongola e fondatore della stessa Famiglia.

Alla sua sinistra, una donna dai capelli castani, alla sua destra, un uomo dai capelli grigi e in giacca rossa.

 

Il Decimo Vongola fissava ormai da interminabili minuti la schiera di capofamiglia, politici, uomini di chiesa e letterati seduti a quel tavolo.

Forse non capiva più per cosa ne avesse bisogno.

 

“ Io …”

Nel silenzio più profondo, una voce femminile echeggiò, facendo sollevare d’improvviso numerosi sguardi.

 

Persino Tsunayoshi sembrava meravigliato, soprattutto perché la donna ad aver parlato era seduta al suo fianco, ossia sua moglie Kyoko Sasagawa.

La riunione andava avanti da ore, e lei, come spesso faceva, non si era espressa su nessuna questione.

Nessuno faceva mai domande alla moglie del Boss, forse per via della classica tradizione che vigeva per gli uomini più bigotti.

Chiaramente, nonostante la rispettassero solo in quanto moglie del Boss dei Vongola, la sottovalutavano a prescindere da quanto sapessero sul suo conto. Ma Kyoko Sasagawa era una donna decisamente intelligente, che aveva dedicato la sua vita agli studi prima di sposarsi felicemente ed accettare questo ruolo.

 

“ Io penso che questa violenza che stiamo subendo tutti noi, viene resa molto meno brutale per via di come la stiamo osservando.”

Nessuno comprese inizialmente le sue parole, forse per ché storditi dal silenzio, o anzi da quella sua voce delicata, che però parlava in maniera sicura.

 

“ Non è più solo una questione di territori, e noi oltre che ad essere parte di una Famiglia… siamo una famiglia, inteso come un’insieme di persone legate da sentimenti, oltre che dal sangue.”

La sua voce tremò leggermente.

“ A morire sono delle persone. Esseri umani. Cuori che un tempo battevano, braccia che abbracciavano i loro cari, volti che sorridevano quando provavano gioia…

Ci sono madri che non possono più riabbracciare i loro figli, quanto bambini che non potranno più vedere i loro genitori. Noi non siamo macchine da guerra, siamo passioni, amore, onestà …”

 

“ Mio figlio adesso è lontano dalle nostre protezioni… è lontano anche dai suoi genitori, è vero, ma sono sicura che non è affatto abbandonato da persone che gli vogliono bene.”

La sua mano candida andò a sfiorare quella del marito, che in quel momento aveva lo sguardo perso nel vuoto, immobile mentre ascoltava il suo discorso.

 

“ Come molti sanno, lui si è reso responsabile di impedire a Xian l’ottenimento del titolo di futuro Boss dei Vongola. E come invece tutti conosciamo, la squadra dei Varia ha disertato pochi giorni fa, dichiarandosi sostenitrice degli ideali della ragazza.
Ebbene, a me non interessa sapere quanti di voi pensano che mio figlio e dei ragazzi non siano adatti a combattere contro questa minaccia, oppure di chi preferirebbe arrendersi… io voglio solo dirvi che questo odio e quest’ira provocano in me tanta tristezza.”

 

Numerose gole deglutirono a vuoto, sentendosi colpite dalle parole umane di Kyoko.

“ Non è di certo un capriccio quello di Xian, ma anzi… questa sua innaturale rabbia è senza dubbio manipolata da qualcuno, che la usa come un semplice giocattolo per far rivoltare la nostra Famiglia.

Conosco Xian da quando era una bambina, e posso dire di averla cresciuta con lo stesso amore che dedicavo a mio figlio. Non vedo negli occhi di quella ragazza, la stessa timidezza e gentilezza che brillavano in quelli della bambina che tanto amava il mondo.”

 

Tsuna ebbe un impercettibile sussulto.

Strinse forte il pugno, alla vista di un ricordo che aveva rimosso.

Una bambina dai lunghi capelli neri, che giocava insieme a Tengoku, a Veronica e a Simon, nell’ampio giardino della sua Magione.

 

Quelle immagini gli procurarono una dolorosa fitta al cuore.

 

“ Ma come donna, e come madre… mi rivolgo a tutti i genitori che stanno vedendo i loro figli strappati da questa sottospecie di guerra. Ipnotizzati da queste ideologie, che promettono un futuro alle nuove Generazioni… un futuro basato sulla distruzione delle loro famiglie, e su tutto quello che noi gli abbiamo dato. Oppure anche per chi, come mio figlio, è sulla strada per affrontare questo pericolo, inseguendo una speranza che non sanno per certo di poter ottenere …”

 

Ryohei, il decimo Guardiano del Sole, strinse forte la mano a suo figlio Polluce, in lacrime al suo fianco.

Anche Lambo, Guardiano del Fulmine, fece lo stesso con sua la sua piccola figlia San-Pin. Le loro rispettive mogli, Hana Kurokawa e I-Pin, annuirono silenziosamente con uno sguardo determinato.

Essendo amiche di Kyoko, comprendevano da sempre al volo tutto quello che lei diceva, ma anche come madri, la situazione descritta non poteva non smuoverle dei pensieri.

 

“ Dino, Enma… è per questo che vi chiedo di dirmi dove si trovano Simon e Veronica.”

Improvvisamente, come se fosse risorto dalla sua tomba, Tsunayoshi parlò con voce grave… ma incredibilmente flessibile.

“ E soprattutto dove si trovano Tengoku e i suoi amici.”

Stava davvero chiedendo un favore ai suoi più cari amici, che lo avevano accompagnato e reso quello che era adesso. Non era un Boss.

Era un padre.

 

Dino Cavallone, sospirò profondamente, con un’espressione seria in volto, mentre Enma Kozato si limitò a corrugare la fronte a braccia conserte.

Infine, entrambi senza nemmeno essersi accordati reciprocamente, diedero segno di essersi arresi alla richiesta di Tsuna.

Il Decimo sorrise debolmente, con una lacrima in bilico sulla palpebra, che avrebbe dovuto trattenere, almeno in quell’ambito.

 

Ma una persona in particolare non prestò attenzione alle parole dette in seguito.

Quell’uomo era Mukuro Rokudo, seduto tra sua moglie Chrome, Decima Guardiana della Nebbia, e il posto vuoto lasciato dopo la morte di Hibari Kyoya.

 

Il killer dai capelli blu era assorto nei suoi pensieri, dopo un attimo di sconvolgimento per via della parole pronunciate da Kyoko.

Non avrebbe mai scommesso che le parole di una donna qualsiasi potessero fargli quell’effetto.

 

Ma in fin dei conti, il suo ragionamento girava attorno ad una sola certezza.

Lui era sempre  stato un personaggio negativo rispetto a Tsunayoshi. Eppure, dopo dieci anni ancora si ritrovava nei suoi paraggi, perlopiù senza ostacolarlo.

Aveva iniziato a sentirsi inutile, perché a modo suo sapeva quanto sarebbe stato stupido e per nulla appagante rovinare Tsunayoshi una volta ottenuto il titolo di Boss.

Sarebbe diventato solo molto più casuale e scontato, di quanto già non lo fosse in adolescenza.

 

Così si era limitato a continuare la sua parte di antagonista, almeno per quanto riguardava la tranquillità della vita nella Magione, e si era sposato con Chrome.

 

E adesso il problema era diventato quello, non il suo matrimonio, bensì il frutto dell’unione: suo figlio Doku.

 

Un figlio che, ad appena undici anni era scappato di casa. Contemporaneamente alla scomparsa di Devon, in vacanza sugli Appennini, e alla disfatta della Famiglia Plaza da parte dei Bravi.

 

L’uomo si lasciò scappare un ghigno nervoso, carico di stupore. Abbassò la testa quasi fin sotto il tavolo, per poi prendersi il volto tra le mani.

 

Chrome Dokuro si voltò verso il marito, ma prima che potesse domandargli qualcosa, lo sentì bisbigliare.

“ Vuoi forse diventare un antagonista migliore di tuo padre? Kfufufufu …”

 

 

 

 

Italia, Napoli.

 

In uno dei più rinomati ristoranti del Vomero, turisti ed italiani, stavano consumando un raffinato pasto, accompagnati dalla musica di un pianista che suonava al centro sala.

 

Sotto le note di una musica da camera, una donna stava consumando, seduta da sola, un piatto di salmone e funghi porcini.

Non poteva avere più di quarant’anni, aveva dei lunghi capelli biondi, che risaltavano sulla sua pelle abbronzata. Indossava un decolté color platino, con delle maniche lunghe fino al gomito, mentre le spalle erano lasciate scoperte.

 

Improvvisamente un suono metallico si udì vicino a lei, ma la donna non si mosse minimamente.

Un uomo, con aria decisamente imbarazzata per l’accaduto, si avvicinò scusandosi.

Sorridendo nervosamente, si abbassò per raccogliere la forchetta caduta dal tavolo avanti, dove era seduto lui. Così facendo arrivò molto vicino alle gambe della donna.

 

“ Ehi …” con uno scatto fulmineo i loro sguardi si incrociarono.

 

“ Razza di pervertito maleducato! Come osi ?!” ma i due non fecero in tempo a proferir parola, perché un grosso cameriere dalle spalle larghe afferrò per il bavero della camicia l’uomo chinato.

Senza più dedicargli nemmeno un’occhiata, rivolse un sorriso dispiaciuto alla cliente.

 

“ Mi perdoni per la rozzezza, signora. Questo bifolco voleva forse spiarla …”

Ma quando i suoi occhi incrociarono il volto di lei, poté notare un’espressione di tensione e rabbia.

 

Non riuscì a reagire, né a parlare per una terza volta.

 

Lentamente si lasciò cadere sulle ginocchia, per poi distendersi a terra nel totale silenzio.

La musica cessò.

Tra mormorii confusi, sempre più clienti iniziarono ad accasciarsi sul pavimento marmoreo, a volte trascinando con loro anche posate, piatti e tovaglie.

 

Dopo una manciata di secondi, erano rimasti svegli solo la donna bionda e l’uomo, che si rialzò.

“ Sei un maledetto.” Ringhiò la donna, portandosi una mano sulla testa.

Così facendo, si tolse quella parrucca bionda che indossava, rivelando una lunga chioma color viola, di capelli lisci.

 

“ Mi conoscevi già, a quanto pare. Giusto, Bianchi ?”

Anche l’uomo si portò una mano al viso, questa volta però andandosi a rimuovere parte della faccia, che risultò quindi essere una maschera di gomma.

Ora, la parte superiore della sua testa, dal naso in su, era quella di un uomo dai capelli rosso porpora molto corti, con un naso aquilino e diverse macchie nere sulla pelle.

 

“ Come non conoscere Virus, uno degli assassini chiamati Quattro Cavalieri dell’Apocalisse. Un ex-farmacista greco con la passione per i veleni utilizzati nella Germania nazista.”

Bianchi era in tutto e per tutto adirata, la presenza e la fama di quell’uomo sembrava metterla davvero in allerta.

 

“ Ma a quanto pare sei resistente al mio gas.” Sogghignando con il sorriso della maschera, Virus, il Cavaliere della Pestilenza rimase immobile.

Da quella situazione Bianchi capì che, come le dicevano le voci, lui non fosse per niente portato nel combattimento corpo a corpo. Era il più efficace negli assassini misteriosi, tra tutti i Cavalieri.

 

“ Un’esperta di veleni come me non può farsi battere dal primo che capita.”

 

“ Non mi vanterei così tanto di fronte ad un professionista di veleni e trappole come me.”

L’uomo sorrise nuovamente, facendo brillare gli occhi scuri.

“ La mia invenzione è assolutamente imbattibile. Le narici della mia maschera di gomma trasformano l’anidride carbonica  che espiro in un gas di mia invenzione, dagli effetti narcotizzanti.”

 

Mentre il killer parlava, notò un movimento sospetto della donna, ma non reagì con spavento.

Anzi, ne sembrò divertito.

“ Puoi provare ad usare anche la tua inutile Poison Coocking, se vuoi! Tra una manciata di secondi, il gas che state inspirando adesso, invertirà il processo metano-monoossigenasi del ferro contenuto nel sangue. In poche parole, vi ritroverete tu, e tutti quanti in questa sala, con un sangue contaminato da cui non potrete liberarvene !”

Infine, Virus si scatenò in una folle risata, inarcando la sua schiena all’indietro.

“ E sai qual è il bello? Che hai perso un sacco di tempo per sentirmi parlare, e quindi ti ritrovi con i secondi contati! Bwahahahahaha !!”

 

“ Che scadenza …”

“ Cos- ?!”

 

Troppo tardi Virus si accorse che il volto di Bianchi trasmetteva in realtà un sorriso beffardo, e non una smorfia di rabbia e preoccupazione.

“ Ti dichiari davvero un esperto? E cosa mi dici della tartare de boeuf che hai mangiato poco fa ?”

“ Eh? Come facevi a-”

 

Il tempo parve fermarsi.

La stanza si era improvvisamente trasformata nell’occhio di un ciclone.

La calma, ma allo stesso tempo il freddo e la forza del vento.

 

Fu troppo tardi quando Virus comprese di essere l’unico a provare quelle sensazioni.

 

Provò ad emanare un altro respiro, l’ultimo della sua vita, ma la sua lingua e la sua faringe si riempirono di sangue. Così cadde a terra, morendo.

 

Avendo smesso di respirare, il gas prodotto dalla maschera smise di circolare, e rapidamente salì verso il cielo, passando dalle numerose finestre aperte nel ristorante.

 

“ Sarai anche bravo a preparare veleni …” mormorò Bianchi, andando a tastare i polsi di alcuni clienti, accertandosi che fossero ancora vivi.

“ Ma forse nei travestimenti avresti dovuto impegnarti di più: ormai sapevo da giorni che mi stavi seguendo. E’ stato facile per me entrare in cucina e manomettere con del veleno la tua portata.”

 

L’assassina infine si diresse verso la porta, ma non prima di strapparsi con determinazione la spallina del suo decolté, rivelando sulla spalla sinistra un tatuaggio raffigurante uno scorpione con un cuore al posto del pungiglione.

“ Non ti sei neanche accorto, che forse ero io quella a voler perdere tempo per far circolare il veleno !”

 

E silenziosamente uscì, consapevole che ben presto tutti i clienti, tranne uno, si sarebbero risvegliati.

 

Il sole e il vociare nelle strade la colpirono, trasmettendole subito il calore, dopo quella battaglia tanto pericolosa.

La donna abbassò la testa, con aria colpevole, per poi accarezzarsi un braccio.

 

- Sono ormai cinque giorni che ti cerco per tutto il Sud Italia, dove ti avevano avvistato… ma tu, dove sei ?-

 

Emettendo un sospiro tremolante, si asciugò un occhio da una lacrima che stava per uscire.

E così, riprese la sua strada, continuando a camminare. Niente l’avrebbe fermata.

 

 

La nostra visuale si sposta a circa 350 metri di distanza, nella stanza di un’azienda.

 

Il balcone era non troppo grande, infatti apparteneva ad un piccolo ufficio.

 

Sdraiato a pancia in giù per terra, c’era un ragazzo con in mano un fucile da precisione anti-materiale.

La canna dell’arma sporgeva da sotto la ringhiera più bassa del balcone, poco sotto un tappeto appoggiato su quella più alta. In questo modo l’arma risultava invisibile da chiunque guardasse quel palazzo dalla strada.

 

Il ragazzo però, non sembrava molto sicuro, nonostante la perfezione che aveva quel suo posizionamento. Era da tempo che ormai non riusciva più neanche a guardare nel mirino.

 

Una goccia di sudore scivolò dal suo ciuffo nero, posandosi per qualche istante sulla punta tinta di viola, per poi cadere un ticchettio sul suolo.

 

Nel mirino ora c’era una donna. Sua madre.

 

Devon stava per vomitare, provava una sensazione così forte e dolorosa che probabilmente mai aveva sofferto prima.

Nemmeno quando aveva concepito di non avere più un padre, e di essere rimasto con una madre abbandonata dal compagno…

La stessa madre che adesso puntava con l’arma.

La stessa madre che lo aveva amato e cresciuto.

 

E lui, soltanto dopo aver sentito un ordine, si era ritrovato lì.

Pensava di essere pronto a tutto. Pensava di poter diventare davvero un assassino senza dubbi e timori.

 

Ma che senso aveva adesso la sua vita, se la poteva distruggere semplicemente premendo un grilletto?

Un ordine da Sebastian valeva quanto la vita di sua madre? La Nascita dell’angelo figlio del demoni… l’Utopia Mai Narrata…

 

Ripensò a Taylor… e si sentì debole.

Quella ragazza lo stava convincendo di essere la persona più gentile del mondo, di essere tenero, di avere un cuore d’oro.

Quindi si sentiva debole, mentre fingeva di non essere tutte quelle cose.

 

“ Sta per sparire, Scolopendra.”

La voce di un bambino lo fece riprendere dai suoi pensieri, e la vista gli tornò.

 

Doku Rokudo Dokuro, in piedi al suo fianco, stava osservando la strada con uno sguardo freddo. Ma un sorriso tagliente era comunque presente sulla sua faccia pallida.

“ Stai forse pensando di non potercela fare ?”

 

Ogni sua parola, come al solito, era una coltellata nel cuore di Devon. Il moro ebbe un sussulto, pensando di star davvero per rigettare.

 

“ Eppure è solo questo il compito che ti hanno affidato… è addirittura più semplice di quello che dovrò svolgere io questa sera.”

Bianchi si allontanava dalla portata del fucile.

 

“ D’altronde Virus serviva proprio a questo, se non fosse riuscito ad ucciderla. Il Direttore ha chiesto il tuo supporto in questa missione prima che Bianchi ritorni alla Magione.”

Mancava poco e la donna sarebbe scomparsa all’orizzonte.

 

“ Forse sta raccogliendo informazioni, lontana dai territori di Xian in Nord Italia. Se li riportasse al Decimo Vongola, potrebbe rivelarsi un intralcio.”

Devon strinse la presa attorno al fucile, distendendo la sua gamba destra.

Numerose scolopendre viola e nere si attorcigliarono attorno alla sua mano, stabilizzando la mira dell’arma.

 

Il moro deglutì a vuoto.

 

Il secondo successivo, Bianchi vacillò. Un rapido spasmo le colpì le gambe, mentre un fiotto di sangue inondò la strada che doveva ancora percorrere.

I capelli violacei divennero in parte rossi, così come la sua pelle.

Con brutalità cadde di faccia nella pozza del suo stesso liquido, sprofondando per sempre nel silenzio.

 

Ma l’eco del suo ultimo pensiero, come per magia, si librò nell’aria.

- Dove sei finito Devon ?-

 

 

Devon si morse così forte il labbro, che i denti fecero esplodere diversi capillari, producendo uno spruzzo di sangue nella sua bocca.

Con gli occhi rossi e i nervi tesi, osservava impotente quella scena.

 

Al suo fianco, Doku imbracciava un identico fucile da cecchino silenziato.

Senza dire nulla, il ragazzino sospirò, per poi scomparire nelle tenebre.

 

Devon era stato lasciato solo, ma pensava nemmeno di dover provare vergogna per non essere riuscito a sparare a sua madre.

Provava solo un immenso dolore e una grande solitudine.

 

 

 

Sempre nella stessa giornata, a distanza di sei giorni dagli scontri.

Namimori, in un lasso di tempo indeterminato a partire dalle 17:10.

 

 

Akane, Akira, Momoka ed Azura si erano imbattute in ciò che Kevin era diventato.

La presenza di tutta quell’energia rossa e altamente devastante, però, non suggerì alle ragazze un pericolo reale.

 

Piuttosto, riconoscere l’ex presidente del Comitato Disciplinare della Namimori, avvolto da quelle Fiamme della Tempesta simili ad un tornado, suggerì loro che il ragazzo fosse quello veramente in pericolo.

Era come in autodistruzione.

 

Quello fu il loro primo pensiero, anche se l’unica a non aver analizzato la situazione sotto quel punto di vista, era Momoka.

Lei, forse perché non conosceva affatto Kevin, o perché la situazione fosse spaventosamente tesa, ebbe solo paura del ragazzo. Lo riconobbe come un nemico, un pericolo.

 

“ Ascoltatemi bene, forse so come possiamo cavarcela.”

Il sussurro di Akane, nonostante il vento generato dal turbine di pressione, riuscì a squarciare le menti delle altre come un fulmine a ciel sereno.

La mora che adesso portava Azura sulle spalle, si voltò lentamente, mostrando però un volto teso e per niente calmo come invece cercava di avere.

“ Quello che dobbiamo fare adesso è cercare di evitare uno scontro diretto. Finché lui rimane fermo, noi abbiamo tutto il tempo per trovare una via di fuga, anche se dobbiamo sbrigarci …”

 

Akane, dall’alto della sua esperienza, aveva ben capito che uno scontro sarebbe stato inutile di fronte ad una potenza di Fiamma così alta, nonostante loro fossero in quattro.

Ed in fin dei conti, non le importava nulla di Kevin, per questo poteva tranquillamente continuare a restare in quella forma, fino all’arrivo di Reborn o qualcuno in grado di fermarlo.

 

Ma non ci fu tempo per cercare una via di fuga, come invece lei aveva pensato.

 

Prima ancora che potessero provare a scappare, il ragazzo aveva compiuto un balzo verso il loro gruppo, avvicinandosi di numerosi metri in un solo secondo.

A quella distanza, la mora poté scorgere persino la sua immagine riflessa negli occhi del rosso.

 

Non poteva muoversi. Sapeva che non avrebbe potuto muoversi prima che lui l’avesse attaccata.

 

Ma quando riaprì gli occhi, un lampo di luce gialla e bianca coprì interamente la sua visuale, oscurando persino la luce delle fiamme rosse.

Quella massa di luce, presto prese una forma più umana, modulandosi e plasmandosi di fronte al suo sguardo, e a quello ancora più sorpreso delle altre ragazze.

 

Dei capelli biondi spuntarono per ultimi da quella creatura, avvolta in abiti dal colore giallo. Tutte loro ormai sapevano che se avessero potuto vederla di fronte, sarebbe stato reso visibile anche il bianco di una maschera sorridente.

“ Ho fatto più in fretta che potevo, spero di non avervi fatto rischiare troppo la vita.” Esordì Kiiro, allargando le sue braccia in protezione di Akane e Azura alle sue spalle.

 

“ Kiiro-kun !” esclamò la rossa, vedendo il corpo della macchina killer fumare come un macchinario in surriscaldamento.

 

“ Non preoccupatevi per me, signorine …” nella voce del biondo c’era come un’interferenza, un suono graffiato che a volte sembrava distorcere la fine delle sue parole.

“ In questo momento Kevin sta subendo l’effetto collaterale del trapianto delle potenti fiamme del signor Fon. Reborn mi ha avvisato che solo una di voi in questo momento potrebbe …”

 

Kiiro si interruppe a metà, sotto lo sguardo allibito delle ragazze.

“ Perfetto. C’era da aspettarselo, d’altronde sono entrambe Fiamme molto potenti.”

Il sorriso sulla maschera sembrò rispecchiare alla perfezione il suo stato d’animo dopo ciò che aveva visto.

 

Incuriosite, Akane, Azura ed Akira si voltarono seguendo lo sguardo della macchina, venendo così sorprese da un intenso bagliore color indaco.

“ La modalità difensiva del Cellulare Posseduto di Momoka: Il Contatto della Vipera Fantasma.”

 

Gli occhi della ragazzina castana erano completamente fosforescenti, brillavano come fari di una macchina, mentre il suo corpo pareva essere avvolto da una nebbia luccicante composta da Fiamme del Coraggio di Morire. Era senza dubbio merito della protezione dell’Arcobaleno della Nebbia.

 

“ E adesso ?” domandò impaziente Akane, un secondo prima di accorgersi che il vento e la pressione stavano sensibilmente diminuendo di intensità.

“ E adesso si aspetta… e  si spera.” Dopo quella fredda risposta, Kiiro sembrò improvvisamente risentire dei danni subiti, e si artigliò il torace cadendo in ginocchio.

 

Davanti a loro, anche le Fiamme della Tempesta che formavano il tornado si stavano placando.

 

 

Nessuno avrebbe potuto saperlo, ma in quel momento, all’interno di un angolo remoto della coscienza di Kevin Celeste, lo stesso ragazzo era stato confinato.

 

Come un prigioniero inconsapevole, tutta la sua volontà e la sua forza era trattenuta in una camera nel suo subconscio, rappresentata come uno spazio sospeso tra immagini in continuo movimento.

 

Lì, il rosso, coperto solo da Fiamme della Tempesta fatte a brandelli sul suo corpo, manteneva lo sguardo dritto davanti a sé. I lunghi capelli, cresciuti durante i suoi allenamenti, gli ricadevano sulla faccia donandogli un aspetto selvaggio, come del resto faceva la peluria incolta sul suo mento.

 

Davanti a lui, manifestata come una ragazza avvolta da un telo svolazzante fatto di colori in mutazione perpetua, c’era colei che inconsciamente lo aveva portato lì.

Momoka Reader.

 

“ Quando la finirai di combinare guai a Namimori, potremo finalmente andare alla ricerca di Tengoku,”

Con una freddezza per niente comune, la ragazza colpì il rosso con le sue parole dirette.

 

Kevin inarcò il sopracciglio per lo stupore.

“ Pensavo fossi troppo stupida per parlare, ma a quanto pare ci riesci benissimo.”

Un po’ troppo tardi si ricordò delle parole di Fon riguardo l’essere gentili con il prossimo, per almeno cercare di sembrare carini e disposti a fare amicizia.

 

Però non gli importava. In fondo quella era la sua testa, se ne rendeva benissimo conto, e lì poteva comportarsi come voleva.

 

“ Non sono stupida. Stupido è chi si fa sconfiggere dalle proprie debolezze, mentre continua comunque a fare il gradasso con gli altri.”

La ragazza sostenne un lungo sguardo accigliato da parte del rosso.

“ Sconfitto? IO ?!” Kevin sembrò star per scoppiare a ridere.

“ E tu come fai a sapere queste cose ?” Puntò il dito verso Momoka, senza però avvicinarsi o aggiungere altro.

 

“ Mi hai fatto entrare tu nella tua mente, ed adesso ho la completa possibilità di leggere come una mail i tuoi ricordi.” Con un piccolo sorriso in volto, lei mostrò il proprio cellulare, dove era aperta una finestra di testo piena di elenchi e date.

“ Inconsciamente la tua mente mi ha dato il permesso di portarti qui, io non ho fatto nulla.”

 

“ Cosa ?!” tuonò Kevin, e per un istante Momoka si zittì, spaventata dall’improvviso cambio di tono del ragazzo.

Kevin fino ad allora sembrava essere sulla difensiva, ma comunque non ostile, mentre in quel momento era quasi furioso.

 

Ed infatti, mantenendo quella voce spaventosa, gridò nuovamente:

“ Tu stai guardando trai miei ricordi ?! Vuol dire… vuol dire… !”

“ Sì… non ti mentirò. Ho visto quello che ti è successo.”

 

L’espressione di Kevin diventò interrogativa una volta sentita la nota di tristezza nelle ultime parole della ragazza.

“ Ma c’è un perché a quello che sto facendo, Kevin. Io sono in contatto quasi permanente con Viper, e lei mi tiene aggiornata su delle investigazioni che sta svolgendo assieme a tutti gli altri Arcobaleno. Ed il motivo per il quale stavo investigando nei tuoi ricordi …”

 

Con la mano quasi tremante dalla tensione, Momoka mostrò al ragazzo una foto sul suo cellulare, alla vista della quale il ragazzo ebbe un sussulto.

Quel ricordo pensava di averlo perso per sempre: rappresentava un uomo muscoloso, dal volto molto simile al suo e con un’ispida chioma di capelli rosso scuro, che lo teneva in braccio quando era ancora un bambino.

Il suo primo padre, prima che Don Celeste adottasse lui ed Angelyca in America.

 

“ Noi crediamo che tuo padre possa essere Providence, l’assassino che sta compiendo una strage nella Famiglia Vongola, Kevin !”

 

Come un lamento che straziò il cuore della ragazza, risuonò nello spazio il pianto di una bambina, rimasta senza il padre. Erano i rimasugli della memoria di Kevin, che adesso stavano riemergendo.

 

“ Tu prima hai parlato di non farsi sconfiggere dalle proprie debolezze …”

Forse per la prima volta nella sua vita, l’ex Presidente del Comitato Disciplinare della Namimori, rivolse uno sguardo angosciante, di richiesta d’aiuto.

“ Ma come posso adesso io anche solo pensare di presentarmi di fronte a quel nanerottolo di merda, quando saprà questo di me ?!”

 

Kevin Celeste aveva vissuto una metà della sua infanzia sotto protezione della mafia, fino a quando le necessità della vita lo avevano portato a combattere contro i pericoli di ogni giorno, a costo di guadagnarsi con le unghie e con i denti la propria soddisfazione.

Aveva sempre pensato a sua sorella, ma ogni tanto rivolgeva i suoi pensieri alla madre, lontana chissà dove in America, e a suo padre, di cui non sapeva nulla.

 

Però, ora per lui la priorità era di essere accettato, cosa che credeva impossibile, e che non aveva mai desiderato. Per la prima si sentiva anche lui, nella sua freddezza… di essere in diritto di voler proteggere qualcun altro oltre a sua sorella.

 

“ Tu… non devi preoccuparti di questo.”

La distanza tra lui e la ragazza si accorciò come per magia, e lentamente la luce di lei illuminava il suo volto, riflettendosi nei suoi occhi lucidi.

“ Insomma, se hanno sopportato me, una stupida che non riesce a parlare con i ragazzi, allora non ci saranno problemi con te. Non credi ?”

Un sincero sorriso.

 

Un bellissimo sorriso, era tutto ciò di cui Kevin aveva bisogno, e fu ciò che trovò sul viso commosso di Momoka.

 

“ Perché cazzo stai piangendo, scema ?” domandò con una risatina il rosso, lasciandosi scappare un singhiozzo mentre sollevava lo sguardo.

“ Ho solo una Fiamma della Tempesta nell’occhio, sai com’è !” rispose scherzosamente lei, ridendo di gusto mentre si ripuliva da una lacrima.

 

Entrambi si fecero contagiare da quella risata, e lentamente si dissolsero nella mente di Kevin.

 

 

Intanto, all’esterno Kiiro, affiancato dalle ragazze, stava  aspettando nervosamente il ritorno dei due.

“ L’effetto dovrebbe scadere tra pochi secondi, ha solo due minuti di tempo prima che la troppa potenza faccia scaricare la batteria.”

 

Ed esattamente dopo aver pronunciato quelle parole, la luce indaco proveniente da Momoka svanì.

Il vento si era placato del tutto, e nemmeno un rumore infrangeva il silenzio della periferia di Namimori.

 

La prima cosa che fece la castana appena ripresa, fu tendere in avanti la mano.

Poi, sotto lo sguardo interrogativo di tutti, da questa iniziò a materializzarsi una strana luce solida.

 

Contemporaneamente a quell’evento, il Kevin che fino a poco prima era avvolto dalle Fiamme iniziò a sgretolarsi per poi svanire come polvere.

Infine, dalla mano di Azura si era materializzata una copia identica del ragazzo, con addosso i suoi vestiti di sempre, che stringeva la mano della ragazza.

 

“ Posso farti una domanda ?” domandò il rosso, appena ritornato dalla sua coscienza.

“ Perché dentro la mia testa ero quasi del tutto nud-”

“ AAAAAARGH, PRESTO, ANDIAMO A RECUPERARE TENGOKU !!” strillò la castana, improvvisamente più rossa dei capelli di Kevin, mentre correva via.

 

Senza comunque aver capito nulla, Kiiro scoppiò a ridere.

 

 

 

Ormai nel mondo è ufficialmente certificata la morte di Tengoku Marco Sawada, ragazzo italo-giapponese, nonché unico soggetto riconosciuto come complice dell’attentato alla Scuola superiore Namimori del 28 Marzo.

A circa un mese dopo la sua scomparsa dal Giappone, il ragazzo è stato ritrovato in un giardino nella periferia della città dove viveva, con un foro di proiettile in fronte.

La scientifica nega assolutamente il suicidio, e tutte le prove riconducono ad un omicidio voluto.

 

Il suo cadavere è seppellito nel cimitero della città, ed è un dato di fatto che il ragazzo sia morto. Dopo diverso tempo, gli altri ragazzi ricercati si pensarono avessero subito una stessa fine, e per questo l’indagine venne chiusa dopo poco più di tre mesi.

 

 

Un altro dato di fatto è, che se si fosse guardato lungo le vie di periferia di Namimori alle ore 18 dello stesso giorno in cui era stato ritrovato il cadavere del ragazzo, si sarebbe visto proprio Tengoku Marco Sawada correre ad alta velocità.

 

REBOOORN! MI RICONGIUNGERÒ AGLI ALTRI A COSTO DELLA VITA !!

 

Con grande enfasi, il piccolo bruno stava dando fiato ai suoi polmoni, seppur fosse in mutande e con una fiamma arancione che ardeva sui suoi capelli, trasportando nella corsa anche il corpo di Drake Schlmit.

“ Porca… Ten! Ti ho detto che non era necessario portarmi così !” il biondo, venendo trasportato sulla spalla dell’amico come un sacco di patate, stava a malincuore accusando delle forti fitte allo stomaco ad ogni curva intrapresa.

 

“ Ma così faremo prima !” Gli rispose il ragazzo, attualmente in modalità Rinascita, e quindi totalmente impossibilitato a non cercare di esaudire il suo ultimo desiderio prima di morire.

“ Eh… ma penso di soffrire il mal di persona che corre !” imprecò tra i denti il tedesco, continuando a lamentarsi di quell’agonia.

 

Intanto, seguendoli dall’alto dei tetti, il Tutor Hitman Reborn rideva di gusto osservando quella scena.

 

 

 

 

 

Alle 18:40, con il favore dell’oscurità che lentamente avvolgeva il cielo all’imbrunire, una macchina lasciò Namimori senza passare dal casello di controllo.

 

Sui sedili davanti sedevano Reborn e Kevin, mentre dietro Tengoku, Drake e Kiiro, per continuare con Akane, Azura ed Akira agli ultimi sedili.

 

Tutti erano consapevoli che il silenzio di Tengoku e Drake nascondesse in realtà qualcosa, ma nessuno osò insistere. Gli sbagli del ragazzo avevano avuto un rimedio, e per questo non meritavano altre discussioni.

 

Il biondo fu segretamente grato all’amico per questo silenzio.

 

Del resto, ormai in quella compagnia si erano creati molteplici legami, come tanti fili di diversi colori che alla fine formavano un gomitolo intrecciato, ma perfettamente sferico.

Erano diversi, ognuno di loro aveva commesso i propri sbagli, ed ognuno di loro nascondeva degli scheletri nell’armadio dal loro passato, ma erano lo stesso tutti uguali. Erano una Squadra.

 

“ Anche se nessuno di voi me lo ha chiesto …” iniziò Reborn, mentre le luci dei lampioni appena accesi sulle strade illuminavano ad intervalli il suo volto.

“ Vi rivelerò il reale motivo per il quale abbiamo… anzi, ho deciso di condurvi fino a Namimori.”

 

Se qualcuno dei ragazzi avesse mantenuto il sorriso fino a quel momento, il tono grave nella voce del Tutor fece presagire il peggio. Le poche occasioni nelle quali il sicario più temuto del mondo aveva parlato così, erano state solo presagi di sventura.

 

“ Indagini private di una squadra speciale dei Vongola, che si è prestata al nostro aiuto, ha recapitato informazioni talmente tanto segrete che Dame-Tsuna non ne è ancora a conoscenza.”

Con Dame-Tsuna, ormai tutti loro sapevano a chi si stesse riferendo Reborn: a men che meno di Tsunayoshi Sawada, corrente Decimo Boss della Famiglia Vongola in persona, una delle organizzazioni a stampo mafioso più conosciute nel mondo.

 

“ Sono informazioni talmente sensibili, che i nostri unici informatori non sono stati più rintracciati dopo avercele inviate.” E con quella frase, il Tutor si calò un po’ di più la fedora sugli occhi, come se segretamente stesse mandando una preghiera, o un ringraziamento alle persone morte per aiutarli.

 

“ Corex Licaone, Ottavo Boss della Famiglia Licaone, è stato ucciso e abbandonato nei pressi di una vecchia base dove erano nascosti i possibili complici di Xian. In seguito, Devon Gokudera, nipote del Guardiano della Tempesta, e Doku Dokuro Rokudo, figlio del Guardiano della Nebbia, sono stati scoperti avere contatti con i Bravi di Xian.

Ormai i sospetti riguardo la mente criminale che sta agendo dietro Xanxus e la sete di potere di sua figlia, conducono ad un solo uomo: il Secondo Boss della Famiglia Anonimato, Sebastian.”

 

Tengoku per un attimo ebbe uno strano impulso. Gli tornò alla mente lo sguardo di Xian, il sorriso di Xanxus, la voce di suo padre mentre lo cacciava via. Tutto insieme, come le tessere di un puzzle sparpagliate sul pavimento.

 

Solo per una frazione di secondo venne assalito da un misterioso desiderio di uccidere, legato al nome appena pronunciato di Sebastian, ma svanì così in fretta che nessuno se ne accorse.

 

Reborn continuò a parlare, ignaro di cosa fosse successo.

“ Ed inoltre, Kevin… oltre al figlio di Irie Shoichi, presidente della C.E.D.E.F, è scomparsa dalla Magione Vongola anche tua sorella.”

 

Il rosso, seduto accanto al killer, sollevò il pugno per abbatterlo istintivamente su qualsiasi cosa gli capitasse sotto il naso, ma stranamente si trattenne.

E così, con la mano sospesa a mezz’aria, abbassò la testa, contratta in una smorfia di sofferenza.

 

“ Bastardi! Angelyca …” il suo dolore, proprio perché così improvviso, non poté non contagiare anche tutti gli altri membri della compagnia.

Forse era stato proprio vedere il ragazzo così distrutto, come nessuno tranne Momoka lo aveva visto prima, fu la fonte della vera sofferenza.

 

“ Inoltre …” riprese Reborn, sebbene dentro di lui ci fosse qualcosa che gli ordinava di fermarsi immediatamente. Si sentiva infinitamente colpevole di causare tutto quel dolore a degli adolescenti innocenti.

“ Ci siamo allontanati dall’Italia perché in questi giorni i collaboratori di Xian, e gli uomini di Sebastian, stanno setacciando la penisola alla ricerca di Tengoku. Solo qualche ora fa ci hanno mandato un messaggio, dove ci impongono di anticipare la battaglia per il titolo di Boss a domani sera !”

 

“ A domani ?!” esclamò sconvolta Akane, ricevendo come risposta solo il silenzio.

“ No, questa volta non puoi dirmi che non è sospetto !” urlò Azura dall’ultima fila di sedili, sporgendosi avanti il più possibile per cercare di richiamare l’attenzione del Tutor.

“ È assolutamente ovvio che lo hanno fatto per catturare Ten, non gli importa più nulla del titolo di Boss !!”

Una voce straziata dalla rabbia. La ragazza rossa poteva comprendere e sopportare tutto, ma non vedere il suo amico venir esposto ad un rischio così grande.

 

E mentre il bruno in questione sembrava star tremando dal nervosismo a pochi centimetri da lei, si rendeva conto che forse… stava diventando tutto troppo incontrollabile per loro.

 

Loro, semplici ragazzi. Si stavano addentrando fin troppo in un mondo adulto, fatto di crudeltà, stratagemmi subdoli e uccisioni.

 

Ma per loro fortuna non erano soli, anche se si sentivano tali. Davanti a loro, per guidarli in ogni momento, c’era qualcuno pronto a sfidare in prima linea quell’intero mondo.

“ Ed è proprio per questo che abbiamo intenzione di prendere in ostaggio Xian, domani.”

 

 

Diverse ore più tardi, ad un aeroporto in Giappone molto lontano da Namimori, sulla pista di atterraggio.

La notte era il velo oscuro che copriva il cielo, mostrando qualche stella splendere nel buio.

 

“ Tu avresti una famiglia ?!”

La domanda di Tengoku, ormai ripreso dallo shock, era rivolta ad un Vito Bovino alias Yukiteru, ormai non più sotto copertura.

 

“ Sì. Per favore, vi chiedo di scusarmi ancora, ma gli agenti sotto copertura come me non possono rivelare la loro identità e la loro reale età così superficialmente !” Ed inchinandosi numerose volte come uno zerbino, l’uomo continuò per diversi secondi a porgere scuse al gruppo di ragazzi e ragazze che, come lui stavano sostando lungo la silenziosa ed immensa pista di atterraggio.

 

Poi, estrasse dal suo portafogli una piccola fotografia, ormai un po’ rovinata per tutte le volte che l’aveva aperta e ripiegata.

Era molto graziosa, raffigurava due giovani italiani, un maschio e una femmina, abbracciati vicino ad un muretto che dava sul mare.

 

Una scritta riportava “Sorrento, Italia” e la data era di almeno cinque anni prima.

 

Il ragazzo era identico a Yukiteru, solo con i capelli più corti, la pelle più abbronzata e un’espressione di imbarazzo in volto. Mentre la ragazza aveva anch’ella i capelli corvini, lisci come una cascata di cielo notturno che ricadeva su di un vestito bianco ed immacolato.

Portava un cappello per ripararsi dal sole, che mentre abbracciava il ragazzo si era tutto ripiegato sulla testa di lui, mentre lei mostrava un sorriso gioioso in una candida risata.

 

“ Lei è mia moglie Lara, in viaggio di nozze sulla Costiera Amalfitana. Vi vorrei mostrare una foto anche di nostra figlia, ma purtroppo adesso non la porto con me.”

Il sorriso sul volto dell’uomo, mentre guardava la foto di sua moglie, era la manifestazione del benessere e della felicità. Sembrava quasi di veder proiettato in quel sorriso, una vita bellissima a cui tutti aspireremmo.

 

Era l’espressione dell’uomo più felice del mondo, senza dubbio, e lo compresero perfino quegli adolescenti con diversi problemi di relazioni.

 

“ Sapete, la dinastia di mia moglie è strettamente legata a Primo Vongola, quindi col passare degli anni la loro genealogia è stata da tutti considerata come un ramo della stirpe dei Sawada. È praticamente una pro-pro cugina di Tsunayoshi.”

Tengoku si dimostrò molto interessato a quel discorso. Del resto, con il passare del tempo aveva iniziato a sentirsi molto più vicino a suo padre, nonostante la distanza che li teneva costantemente separati.

 

“ Suo padre è stato per molti anni un uomo di tutto rispetto nella Famiglia, tanto che in molti lo trattavano alla pari del suo amico Timoteo, ossia il Nono Boss dei Vongola. Ho dovuto passare …” e qui Yukiteru si lasciò sfuggire un brivido, mostrando un espressione terrorizzata mentre ripensava al passato.

“ … circa due anni di inferno per cercare di frequentare Lara, per poi guadagnarmi la sua benedizione per il matrimonio non ne parliamo. Brrr !”

 

“ Yukiteru, posso chiederti quanti anni hai ?” domandò Azura, che lentamente stava cercando di abituarsi a chiamare il moro con il suo vero nome. Anche se un po’ gli dispiacque di dover abbandonare Vito Ello.

“ Trentacinque anni. Con Lara mi sono sposato all’età di venti anni, e in quello stesso periodo abbiamo dato la luce a nostra figlia.”

Fu un po’ difficile credere che quell’uomo avesse la stessa età di Decimo Vongola, nonostante per tutto quel tempo si fosse dimostrato un adolescente, ma il sorriso disinvolto sulle sue labbra aiutarono i ragazzi a crederci.

 

 

Esattamente come ha detto Yukiteru, la famiglia a cui appartiene Lara è da considerarsi sotto ogni aspetto un ramo dei Vongola. Addirittura, ai tempi della scelta del futuro Boss, i figli maschi di quel determinato ramo sono da prendere in considerazione come candidati.

Sfortunatamente Dado Emanuele Vongola, padre di Lara, ai tempi della scelta del Decimo Boss dei Vongola aveva tre figlie tutte femmine, altrimenti Xanxus e Tsuna avrebbero avuto un terzo contendente al titolo di Boss con cui avere a che fare.

 

Le sorelle di Lara, la figlia intermedia, sono due. La prima, Elisabetta, si sposò con un ricco uomo prima di venir uccisa in una strage assieme al marito, mentre alcuni dicono che la figlia minore sia appena un’adolescente, ma che viva in segreto lontana dalla Famiglia.

Nei primi anni in cui Tsunayoshi rivestì la carica, si parlò molto della scoperta di un figlio maschio di Dado, forse della stessa età della figlia minore. Il caso rimase un mistero, e l’uomo mantenne il silenzio fino alla sua morte.

 

 

“ Ora possiamo andare. Siete pronti ?” La voce di Reborn sopraggiunse nel silenzio, accompagnata dal rumore del motore della sua macchina appena parcheggiata vicino ad un jet.

 

I ragazzi si erano accorti della scomparsa di Reborn da almeno un’ora, ed in effetti erano molto incuriositi sul dove fosse andato in quel lasso di tempo.

Maggiore sorpresa la ricevettero quando una seconda persona scese dalla vettura.

 

Era un uomo alto e muscoloso, con dei lineamenti che lo facevano assomigliare ad un attore americano molto conosciuto. La sua testa era pelata, la carnagione abbronzata e vestiva con una giacca mimetica arrotolata sulle maniche per mettere in mostra i grossi bicipiti, e dei pantaloni rimboccati nei pesanti stivali militari.

 

“ Dannazione, ehi! Non possiamo metterci troppo tempo, abbiamo i minuti contati fino a domani pomeriggio, ehi !”

Sembrava molto nervoso, come se avesse un atteggiamento per nulla consono al suo aspetto.

 

“ Lui è Falco, l’animale del’Arcobaleno Colonnello trasformato in umano. Mentre noi eravamo a Namimori lui ha compiuto un’ispezione assieme a Leon del territorio circostante. In poche parole sono quelli che vi hanno parato il culo  dai militari …” e mentre diceva questo con aria fortemente ironica, Reborn andò ad accarezzare con dolcezza il piccolo camaleonte verde sul suo cappello.

L’animale emise qualcosa simile a delle fusa di un gatto, per poi agitare la sua lunga lingua nell’aria.

 

“ E noi invece? Abbiamo fatto solo il lavoro sporco, Reborn ?”

Una voce seccata proveniente dal jet attirò la loro attenzione, un secondo prima che lo sportello del veicolo si aprisse.

Si sporse un giovane ragazzo sulla ventina, con dei capelli lunghi color del gano raccolti in diversi ciuffi che gli ricadevano sulle spalle. Indossava una giacca di pelle aperta su i una camicia nera, dove erano raffigurate diverse stelle fucsia e  rosse, in pieno stile anni ’80.

 

Sulla fronte erano mantenuti in equilibrio degli occhiali da sole a specchio con la montatura argentata e parecchio spessa, riportante lo stemma di un cavallo rampante.

 

“ Ah, sì. Me ne stavo dimenticando.” Gli rispose in fretta Reborn, causando solo una maggiore arrabbiatura nel biondo, che iniziò ad inveirgli contro agitando i pugni all’aria.

“ Lui è Donald Cavallone, il figlio minore di Dino, e il nostro pilota privato incaricato di scortarci con tutta sicurezza fino in Italia.”

 

“ Sarebbe il fratello di Veronica ?!” domandò stupito Tengoku. In effetti, nonostante il buio stava notando diverse somiglianze tra la tanto mancata tutrice ed il ragazzo pilota.

Di tutta risposta Donald si voltò verso di lui, sorridendogli e mostrandogli il pollice in alto.

 

“ All right, Ten! Mia sorella mi ha minacciato di morte nel caso dovessi trovarti male in uno dei miei voli, quindi vi scorterò con la massima attenzione.” Nonostante ciò che aveva detto, il Cavallone si dimostrò lo stesso molto sicuro delle sue doti da pilota.

 

I ragazzi si accorsero che il jet   riportava sulla sua fiancata la scritta “ Night Mare”, ossia Giumenta della Notte.

 

Un secondo dopo però Donald Cavallone venne spintonato con forza da due enormi uomini che stavano cercando di uscire dalla piccola porta dell’aereo, finendolo quasi per spingerlo giù dalla scala.

 

Il primo uomo era imponente e muscoloso, ma dal volto spaventoso, e dei lineamenti che lo rendevano per certi versi simile ad un lupo. Attorno agli occhi erano presenti delle ombre scure, mentre sulla guancia destra erano tatuati tre squarci neri.

I capelli erano neri, irti all’indietro come delle spine selvagge, e la pelle olivastra.

 

“ Lui è Lancia, un agente della squadra C.E.D.E.F in nostro aiuto.”

 

Lancia squadrò con attenzione i ragazzi a terra, per poi soffermarsi su Tengoku. I suoi occhi brillavano feroci, segno di una forza incontrollabile sopita dentro di lui.

Per un attimo il bruno venne attraversato da un brivido, che però cessò subito una volta accortosi del sorriso divertito sul volto dell’italiano.

“ È in tutto e per tutto simile a come me lo avevi descritto, Reborn.”

 

Con solo quelle parole, a Tengoku venne il dubbio di cosa avesse detto il Tutor in merito a lui, e un po’ si preoccupò.

 

Il secondo uomo invece era, se possibile ancora più massiccio di Lancia, nonostante dal volto dimostrasse un’età avanzata. I capelli brizzolati e i folti baffi bianchi pettinati assieme alla barba, lo facevano assomigliare molto a Babbo Natale, in una sua versione muscolosa e mafiosa.

 

Stranamente  anche lui si rivolse a Tengoku, e con la sua grande mano lo salutò sorridendo e ridendo come un bambino.

“ Ciao Ten! Sono nonno Iemitsu, che bello rivederti così cresciuto dopo tanto tempo !”

 

La mascella del ragazzo quasi toccò terra per lo stupore.

“ NONNO ?!!”

 

 

 

 

 

In una delle tante postazioni in Nord Italia occupate dai Bravi.

Ore 20:00, mentre Tengoku e gli altri stanno sorvolando l’Asia.

 

 

All’interno di una stanza, illuminata a malapena dal fuoco che ardeva vivo dentro un camino, era visibile la figura di una ragazza seduta comodamente su di un divano di pregiata raffinatura.

Un vestito nero lungo copriva la sua pelle bianca come la neve, quasi mescolandosi con i suoi capelli lisci color dell’ebano, che contemporaneamente incorniciavano il suo viso carico di mistero.

 

Cosa provasse, cosa riflettessero i suoi occhi, era tutto un’incognita.

 

Una scintilla di fiamma illuminò per un istante anche la presenza di un uomo, rivolto verso le tende rosse sulla finestra.

Fuori imperversava una tempesta, ma lui si limitava ad accarezzare con il dorso della sua mano coperta da un guanto il vetro.

 

“ Quando ero piccolo, ho trascorso la mia vita pensando che non sarei mai riuscito a vivere un giorno di più.”

Sussurrando come se stesse cercando di non ferire la ragazza con la sua voce, Sebastian Anonimato aveva assunto un tono di infinita dolcezza.

“ Non conoscevo ancora il suicidio, ma penso di averlo scoperto circa quando ero ancora in fasce. Era divertente sperare di non potersi più svegliare il giorno successivo, all’alba.”

Si voltò lentamente, facendo volteggiare nell’aria la stoffa del suo abito nero.

“ Anche se non sapevo cosa fosse il sole.”

 

Dalle sue spalle, come un mantello, si manifestò una cappa di rovi composti da energia oscura violacea, che si avvinghiarono sulle sue spalle. Da quegli arbusti fuoriuscirono miriadi di minuscole vespe pulsanti di sangue, che volando in uno sciame si sollevarono fino al soffitto.

Infine, sempre sulla sua spalla, si posò la testa di un lupo sempre composta da quell’energia di Fiamme, che come un vero animale ferito sembrò ululare di dolore.

 

“ Mio padre era uno scienziato fallito e cacciato dalla Famiglia Estraneo, prima che questa venisse cancellata dai Vongola. Creò me e i miei tre fratelli dal DNA di assassini mostruosi e criminali assetati di sangue appartenuti agli Estraneo. A detta sua erano perfetti… i miei fratelli.”

 

Avanzò fino al divano, per poi posare una mano vicino al viso della ragazza, che continuava a guardarlo impassibile.

“ Quando crescemmo dopo la sua morte, ognuno di noi sviluppò un proprio desiderio, e decidemmo di inseguirlo come la nostra ragione di vita.”

 

 

Quando Tsunayoshi Sawada salì al potere come Boss, Bianchi, sorella di Gokudera Hayato, sentì il bisogno di trovare l’uomo della sua vita.

Cercò a lungo l’amore, fino a quando non si sposò con un galante gentiluomo non di nobili natali, ma che vantava diverse ville in riva al mare, segno del suo romanticismo sconfinato.

Quell’uomo fu il padre di Devon, scomparso prima che il figlio compisse il suo primo anno.

 

“ Il maggiore dei miei fratelli, Fantaso, aveva l’ossessione per le donne. In realtà preferiva trovare una donna capace di innamorarsi di lui, per poi ucciderla in maniera brutale, preferibilmente dopo averla messo incinta. Purtroppo per lui, poco prima di eliminare la sua ultima preda, venne ucciso da dei parenti delle sue precedenti vittime.”

 

Nelle profondità di un laboratorio della C.E.D.E.F era custodito un segreto oscuro, dove si raccontava che in una sola notte degli scienziati di Shoichi Irie avessero terminato la vita di un ragazzo mortale, per poi trasformarlo in qualcosa di molto più potente.

 

“ Il secondo in età, Morfeo, provò ad attentare alla vita della figlia più piccola di quel maledetto bastardo di Dado Emanuele Vongola, ma venne ucciso dal fratello della ragazza. All’epoca lui era solo un serial killer, ma ebbe la sfortuna di imbattersi nel bersaglio sbagliato al momento sbagliato.

Però si dice che riuscì a sfigurare orribilmente il figlio di Dado, ma che ora i Vongola lo abbiano in qualche modo riportato in vita e ricostruito da zero.”

 

 

In pochi sapevano i motivi legati alla morte improvvisa ed inaspettata di Tancredi Licaone, Settimo Boss dei Licaone morto nonostante la sua salute ottimale. Inoltre i medici della sua Famiglia, avevano affermato sin dalla nascita del figlio Corex, che il ragazzo non avrebbe vissuto più di quindici anni, a causa di una malattia mortale.

Ma a seguito di una strage nella Famiglia Licaone, portata a termine da un solo uomo, ed in seguito insabbiata, il Boss si ritrovò costretto a sacrificare circa trent’anni della sua vita per donare l’incredibile potere rigenerativo a Corex.

 

“ Mio fratello Magin, il quarto e più piccolo di noi, provò invece a sterminare la Famiglia Licaone, in seguito ad una scommessa fatta con gli altri miei fratelli. Riuscì a fare fuori quasi tutti gli uomini di Tancredi, compresi i Guardiani, ma morì per mano di Corex ed Himeko Ogawa, l’attuale Guardiana Vongola della Neve, quando ancora erano degli adolescenti.”

 

Dopo aver raccontato la macabra storia di tre mostri, di cui ora il mondo era stato ripulito, Sebastian spalancò un sorriso affilato. I suoi occhi erano sgranati mentre fissava la ragazza dai capelli neri.

“ Il mio sogno invece, era stato quello di sopravvivere. Volevo avere una vita serena e  tranquilla, libera dai perversi vizi dei miei fratelli. Questo perché forse da piccolo mio padre mi aveva diagnosticato come il più debole tra loro, ma in fondo volevo essere felice.

Volevo provare la felicità di un reale genitore, di un amante, di un uomo.”

 

 

Qualcosa di piccolo, e liquido, sembrò far capolino dalla palpebra di Sebastian. Era una lacrima.

Una lacrima di sangue rosso e scuro.

 

La goccia cadde, sola, macchiando la pelle nivea della ragazza all’altezza del collo.

 

“ Ma mi è stato tutto strappato via dai Vongola. Da Dado Emanuele Vongola… ed è per questo che io DISTRUGGERÒ I VONGOLA !!” All’improvviso il suo tono di voce crebbe, fino a trasformarsi in un urlo disumano. Quella voce non sembrava neanche più sua.

 

Sebastian Anonimato, o come si faceva chiamare adesso, non era mai nato umano, ma ormai aveva deciso di non essere più riconducibile ad un uomo.

Aveva scelto di diventare il più grande nemico dell’umanità stessa.

 

Lentamente, come se nulla fosse successo, si rimise in piedi, dando le spalle al divano. Rimase in silenzio a lungo, come se nella sua testa stesse già intrattenendo una discussione.

 

“ Domani Tengoku sarà l’ultimo tassello per il mio piano. Tu e lui… il sangue dei Vongola e degli Estraneo si mescoleranno, e quando sarete cresciuti darete vita all’essere definitivo.”

L’uomo voltò la testa, completamente messa in ombra, e quindi simile ad una maschera nera come la pece.

“ Perché sarà l’ultimo Vongola sulla faccia della terra !”

 

In quella stanza ormai le ombre sulle pareti sembravano essere il teatro dove Sebastian dirigeva la sua orchestra, e la sua tragedia.

“ Grazie al figlio di Shoichi Irie, sono in possesso dell’ultimo Bazooka dei Dieci anni esistente. Quando avrò catturato Tengoku e lui si sarà arreso all’idea di doversi unire con te, si creerà il futuro dove l’ultimo Vongola potrà nascere. A quel punto viaggerò avanti nel tempo, per poi riportarlo al presente, dove resterà all’infinito senza limiti di tempo.”

 

Un tuono colpì la finestra, mandandola in frantumi in un esplosione di vento e vetro per tutta la stanza.

Né il fragore, né le schegge che volarono impazzite nella stanza, sembrarono distrarre Sebastian e la ragazza in nero.

 

L’uomo spalancò le braccia, mentre il suo abito svolazzava nella tempesta, piombando immediatamente nel buio quando il fuoco del camino si spense.

“ E a quel punto potrò dire che tutti i Vongola saranno morti, dal primo all’ultimo.”

 

 

 

 

Italia.

Ore 21:00.

 

“ Aspetta papà, tu ricalca bene i bordi con il pennarello. Quello lì.”

“ Quale, questo ?”

“ Sì! Vedi, ci sono quelle stelline che devono essere ricalcate bene.”

 

Una ragazzina distesa a pancia in giù per terra stava ritagliando delle stelle e dei cuoricini di carta colorata, mentre accovacciato al suo fianco un uomo si occupava di ricalcare i bordi che sarebbero poi stati ritagliati.

 

Lei aveva i capelli biondi come il miele, gli ricadevano su di una camicia rosa che rimanendo per terra forse si sarebbe riempita di polvere.

Il padre invece aveva una camicia rossa, in combinazione con i suoi lunghi capelli cremisi, e dei pantaloni neri. Sembrava starsi divertendo un mondo a ritagliare quelle piccole decorazioni.

 

La figlia era stata felicissima di rivederlo, e gli aveva chiesto di aiutarla a dare un po’ di colore a quel triste appartamento dove lui viveva da solo, con qualche decorazione di stelle e cuoricini colorati.

 

“ Angelyca, ma tu …” Il genitore si voltò verso la figlia, interrompendo per un attimo il suo lavoro.

Anche quando la ragazzina si voltò, però lui rimase in silenzio.

 

“ Dimmi, cosa c’è ?” insistette lei, sospendendo la sua attività.

Il silenzio rimase nell’aria ancora per un paio di secondi.

“ No, nulla. Mi sono accorto che in frigo mancano le uova per fare la torta. Mi daresti mezz’ora per andare a comprarle ?”

“ Certo papà! Però mi raccomando, prendine tante perché voglio fare una torta mega-galattica !” la bionda scoppiò a ridere, mimando con le mani le imponenti dimensioni con cui voleva realizzare il dolce.

 

Il rosso le fece segno di OK, e si incamminò verso la porta, prendendo prima un lungo impermeabile nero dall’appendiabiti.

“ Non aprire a nessuno, va bene? Io ti lascio le chiavi, se vuoi chiudere sei libera di farlo.”

 

L’uomo si chiuse la porta alle spalle, per poi riscaldarsi le mani sfregandole tra di loro. Infine, tirando un profondo respiro, estrasse da una tasca una maschera aderente alla pelle raffigurante un teschio, e la indossò.

 

 

 

Nella stessa città, in una grande piazza di fronte ad un albergo.

 

La macchina accostò di fronte alla marea di passanti che circolavano in piazza, illuminati dalle luci dei lampioni e dei palazzi, chiacchierando, discutendo e cercando negozi in cui entrare.

 

Nella confusione, nessuno riuscì a sentire i discorsi all’interno della vettura.

“ Allora è quello lì ?” domandò l’autista, un uomo adulto dai capelli argentei pettinati in due ciuffi che gli ricadevano ai lati del volto.

 

“ Sì, il messaggio di Adriana è stato chiaro e preciso.” Gli rispose un uomo dai capelli corvini corti e arruffati, riferendosi a quanto scritto dalla sua fidanzata.

“ Faremmo meglio a sbrigarci, come da programma.” Il più giovane tra loro, con dei capelli neri lisci e lunghi che gli ricadevano sulle spalle, si grattò nervosamente il mento.

“ Controlliamo se l’albergo è sicuro, e poi da domani potremo spostare Tsuna qui.” Un uomo albino dai corti capelli a spazzola e con una cicatrice sulla tempia destra, fu il primo ad uscire dalla vettura.

 

“ Fermo Ryohei, che cazzo fai ?!” gli urlò dietro Lambo, preoccupato per la troppa avventatezza dell’amico.

Il suo timore era legittimo, e tutti loro lo sapevano.

 

Così il Guardiano del Fulmine seguì quello del Sole facendosi largo tra la folla, sebbene il caos non fosse di aiuto per lo spostamento.

Intanto, nella macchina Yamamoto si accingeva a seguirli.

“ Cosa fai, non esci ?” domandò il Guardiano della Pioggia a Gokudera.

 

“ Tu non puoi capire, idiota del baseball. Quello che ci sta succedendo non è un gioco… qui sono a rischio le vite di esseri umani, di noi tutti !” il Guardiano della Tempesta si voltò verso l’amico, mostrandogli uno sguardo colmo di sofferenza e paura.

Paura per la vita dei suoi amici, e di Tsuna in particolare.


“ Vedrai che ce la caveremo, come abbiamo sempre fatto.” Tutto ciò che riuscì a fare Yamamoto, quello in cui era sempre stato bravo, fu sorridere.

Con quel sorriso colmo di speranza mandava a farsi fottere la paura ed ogni loro nemico, perché lui credeva fermamente che sarebbero riusciti a superare ogni avversità.

 

A Gokudera quel sorriso fu d’aiuto, e guardò con il cuore più rilassato osservò il collega Guardiano, nonché amico da sempre, uscire dalla macchina.

 

 

Nel momento esatto in cui Yamamoto sporse la testa dall’auto, qualcosa si strinse attorno alla sua gola, strappandogli via il collo dalla testa. La colonna vertebrale del moro sferzò l’aria, mentre uno zampillo di sangue si sollevava dal suo corpo.

 

Nel mentre questo succedeva e le prime urla di terrore si levavano dalla folla, un bambino inciampò nella gamba di Ryohei, quando ormai Lampo lo aveva raggiunto.

Prima ancora che l’albino potesse pronunciare una parola, lo sconosciuto mentre ancora stava cadendo verso il basso, estrasse dal suo giubbotto una mitragliatrice leggera, falciando con una raffica di colpi i due uomini.

 

Il Guardiano del Sole venne riempito di buchi sanguinolenti dal petto fino alla gola, mentre il Guardiano del Fulmine venne freddato da soli due proiettili in testa.

 

Entrambi caddero a terra, e mentre i passanti si disperdevano gridando terrorizzati, il bambino si sollevò dalla testa una sciarpa che prima gli copriva il volto.

Così Doku Dokuro Rokudo poté scoppiare in una perversa risata di soddisfazione infinita.

 

Tutto questo accadde sotto lo sguardo impotente di Hayato, che esplose in un urlo di sofferenza.

Ma un istante prima che potesse muoversi, qualcosa perforò il tetto della sua macchina, aprendogli un taglio nella spalla.

 

L’argenteo riuscì, prima che un altro colpo centrasse il sedile del guidatore, a sfondare la portiera sulla sua sinistra e a cadere disteso sulla strada.

Dal basso, ebbe la visione completa di un uomo avvolto da un impermeabile nero che si sollevava dal tetto della macchina.

 

Quando questo si voltò, mostrò in volto la maschera di uno scheletro, ed allora Gokudera comprese che quell’assassino era Providence.

Il suo nome lo precedeva, così come il terrore che causava il sol pensiero di avere a che fare con lui.

 

“ Tu non sei morto ?” Il sicario però, si mostrò molto sorpreso e non mosse un altro attacco verso di lui, sebbene fosse inerme e fin troppo vicino per avere il tempo di combattere.

“ Io ho solo l’incarico di uccidere chiunque esca dall’auto per cadere in trappola, ma tu… sei rimasto dentro, ed in più non sei morto con un solo colpo.”

 

“ Già… ma tu mi ucciderai lo stesso, vero ?” rise Hayato, sputando via un grumo di sangue che gli era rimasto in gola. La tensione lo aveva portato alla pazzia, e le lacrime per la morte dei suoi migliori amici ormai colavano senza fine dai suoi occhi.

“ Vero ?” ripeté, questa volta però come se la sua mente fosse persa altrove.

 

Providence non gli rispose mai. Semplicemente si dileguò, così come Doku, lasciandolo sanguinante sulla strada.

 

L’assassino non gli diede più l’occasione di potersi ricongiungere con i suoi amici, e per questo Gokudera pregò a lungo di morire, invano.

 

 

 

 

“ Papà? Hai fatto presto.” Angelyca Celeste corse ad abbracciare il padre, appena rientrato dalla porta di casa.

L’uomo sorrise, mostrando nella mano una busta di plastica.

“ Non vedo l’ora di vedere la tua torta mega-galattica !”

 

 

 

 

 

Ci sono persone che muoiono con il sorriso e persone che sorridono dopo aver ucciso. Nessuno di loro sa con certezza cosa incontrerà alla fine della vita, ma trovano lo stesso la forza di sorridere.

 

 

Angolo Autore:

Questo angolo autore potrebbe non essere divertente, ma forse per qualcuno si rivelerà utile. Chi lo sa ^^

È passato un anno preciso dal quinto capitolo di questa Saga. Vuol dire che ho scritto 8 capitoli in un anno, e devo dire che di questo mi vergogno tantissimo.

Otto capitoli sono NIENTE, rispetto a quello che uno scrittore competente potrebbe fare con ben 365 giorni a disposizione.  Ma se mi seguite immagino saprete che io non sono uno scrittore competente.

 

Però… bho, ho notato che molti di voi hanno semplicemente perso interesse in questa storia. E la cosa mi va bene, insomma, non posso sempre intrattenere tutti.

Però ragazzi siete in CENTINAIA a visualizzare miei capitoli , mi sembra un po’ strano che alla fine siano solo in 3 a recensire. Però vabbè, magari nel 2017 cambierà tutto e io mi sto solo lamentando a vanvera.

 

 

Tante buone feste, vi auguri un bel riposo prima di iniziare l’anno nuovo! L’importante è ripartire con il botto, ed io spero di farli riuscendo a finire questa storia per il 2017 ^^

Alla prossima!

 

 

 

Omake Numero Tre: Stupid Jojoke.

 

“ Kiiro, sei arrivato !” esclamarono le ragazze vedendo un ragazzo biondo sopraggiungere, tranne Akira per ovvie ragioni.

 

“ Vi aspettavate l’aiuto di Kiiro, ma… KONO DIO DA !!” Ed in realtà il misterioso biondo si rivelò essere Dio Brando, sconvolgendo le quattro povere ragazze,  e anche Kevin in trance.

 

“ ZA WARUDO !” Dalle spalle di Kiiro/Dio apparve il suo Stand, The World, che bloccò il tempo prima che qualcuno potesse muoversi.

 

Nella paralisi temporale però, Dio cadde dal cielo, trascinando con sé fino a terra un enorme asfaltatrice.

“ RODA RORA DA! Buon anno a tutti… WRYYYYYYY !!”

 

L’impatto del mezzo di trasporto schiacciò tutti, e Master, contento di aver fatto la sua strage di personaggi quotidiana, si prese una vacanza.

Fin.

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Capitolo 14
*** Target Number 14: Una Famiglia? ***


Target Number 14: Una Famiglia?

                                                                                                                                                                                                                              

    




















  






 a cura di nekomata04!











Italia, Toscana. 26 Aprile, il giorno dopo la partenza di Tengoku e degli altri verso l’Italia.

  

Era mattina, ma la luce del sole filtrava appena attraverso una cappa di nuvole grigie. I raggi che riuscivano a colpire la strada, dipingevano come dei fori di proiettili sull’asfalto di quella strada di campagna.

 

Un edificio diroccato, riconducibile ad una chiesa di epoca medievale, proiettava la sua ombra nel cortile di pietra, come soffocato dagli arbusti e dall’edera. Tra gli spiragli nel tetto si poteva notare una vecchia campana, così come un alone di polvere che vorticava nell’oscurità.

 

Seduti su di una panca in ferro e legno, c’erano due giovani.

Uno era un ragazzo, dai capelli color azzurro acconciati in un lungo ciuffo che gli ricadeva al lato della guancia destra, come una mezzaluna verso l’estero. Indossava degli occhiali dalle lenti nere e dalla montatura blu elettrica. Con una mano si grattava il pizzetto sul mento, mentre con l’altra stringeva una Beretta 92.

 

Al suo fianco, una ragazza, apparentemente più grande di lui, stringeva tra le mani numerose fotografie, spesso cercando di metterle in un ordine preciso. I suoi capelli erano biondi, corti e a caschetto, mentre la pelle chiara e rosea faceva contrasto con i suoi profondi occhi blu.

Dall’espressione però, sembrava visibilmente più preoccupata e nervosa dell’altro, sebbene entrambi stessero cercando di nascondere un’ansia maggiore.

 

“ E’ impossibile che esista un assassino così perfetto. È assolutamente impossibile, ogni umano commette degli errori !” esclamò Zaffiria Sibillia, Guardiana della Fiamma Sconosciuta di Simon.

“ Ma sembra difficile paragonarlo ad un essere umano, vero ?” la precedette Angelo, Guardiano della Palude, e affiliato di Simon come lei.

 

“ Eppure… avevamo le tracce.” Sussurrò la donna, non trovando neppure più la forza di continuare a disperarsi.


Entrambi, nonostante fossero i più esperti assassini al servizio di Simon, con un passato al seguito di Enma, suo padre e Decimo Boss, non riuscivano più a continuare le ricerche.

Erano riusciti, un giorno prima, a scattare una fotografia da enorme distanza all’uomo che cercavano: Providence, l’assassino che ormai aveva eliminato quattro dei Guardiani Vongola.

Ma, in seguito… sparito nel nulla. Tracce interrotte nel nulla, per l’appunto.

 

“ Forse siamo stati troppo sciocchi ad avvisare Simon prima di aver ottenuto la prova che fosse lui.” Rispose Angelo dopo un lungo silenzio. Non era il tipo da lasciare in sospeso il suo lavoro, e non voleva provare l’umiliazione di dire al suo Boss che l’assassino gli era sfuggito. Ma, riconosceva che ciò andasse fatto.

“ Era lui !” gli rispose Zaffiria, alzando il tono della conversazione con uno scatto che non riuscì a controllare.

“ Abbiamo ricevuto le foto, ed in più sapevamo che fosse qui vicino.”

“ Sei stata anche tu un’assassina, vero Zaffiria ?” la domanda dell’azzurro però, interruppe la donna, lasciandola con  un nodo alla gola per la sorpresa.

Quel groviglio riuscì ad inghiottirlo dopo troppo tempo, tanto che Angelo aveva già ripreso a parlare:

“ Ma forse sei stata troppo onesta con te stessa e con il mondo. Uno come Providence non perderebbe meno di due ore nell’andare da un chirurgo plastico, costringerlo a farsi cambiare i connotati, per poi ucciderlo ed apparire come una persona completamene nuova.”

 

Nuovamente la conversazione si concluse, lasciando i due con un senso di amarezza comune, misto ad umiliazione.

“ È stato lui ad eliminare la mia precedente Famiglia.” La voce della bionda, nonostante avesse sempre dimostrato di essere forte e determinata, sfrontata e spesso incurante della paura, stavolta le uscì… debole. Si sentiva debole.

“ Eravate di queste parti ?” domandò il Guardiano della Palude, con un tono più umano di quello che mostrava solitamente. Anche lui, di fronte a quell’atmosfera, si iniziava a sentire cambiato.

“ Sì, vivevamo in questa chiesa abbandonata.”

 

Zaffiria Sibilla era nata come la figlia di una traditrice, il parto di una donna legata all’antico clan delle Vedove Nere. Questo era un’organizzazione composta da sole assassine donne, che dai tempi della dominazione spagnola in Italia, addestrava mercenarie e vigilanti per proteggere i cittadini della Toscana.

Le loro tradizioni erano millenarie, ma quando Sibilla, madre di Zaffiria, infranse la più importante, venne dichiarata a morte. Infatti, le Vedove Nere non potevano sposarsi, tantomeno legarsi con altri uomini.

E quando Zaffiria nacque in quel dì di Venezia, venne immediatamente strappata dai cadaveri dei genitori, e portata in Toscana per venir addestrata. Era diventata il rimpiazzo perfetto per una traditrice, prendendo come secondo nome quello della madre, ma questo lei non le venne mai a sapere, e mai lo saprà fin quando sarà in vita.

 

In seguito, dopo quindici anni divenne la nuovo capoclan, ma il suo comando durò solo altri due anni, prima di veder trucidate tutte e dieci le sue affiliate. Avrebbe dovuto odiarle, ma essendo nata all’oscuro di ciò che loro avevano fatto con sua madre, poté solo provare tristezza e dolore nella loro morte.

 

Così, a diciassette anni, provò ad offrire i propri servigi alla Famiglia Simon. Era diventata come un contenitore vuoto, capace di fare qualsiasi cosa per soldi e priva della sua dignità e orgoglio, ma Enma Kozato seppe trovare nei suoi occhi spenti l’antico ricordo di una felicità persa.

E da allora è rimasta ad accudire Simon Kozato, aiutandolo a trovare i successivi Guardiani.

 

“ Mi dispiace di aver usato quelle parole con te, penso che non avrei dovuto rivolgermi così ad una come te.” Mormorò Angelo, riprendendo un tono di voce in cui era impossibile comprendere le sue emozioni, come se in determinati momenti la sua mente iniziasse ad isolarsi da tutto ciò che lo circondava.

“ Cosa intendi dire ?” domandò Zaffiria, senza però fraintendere il compagno.

“ Tu sei ormai una delle persone in cui Simon confida di più. E penso che se ferissi i tuoi sentimenti, allora perderesti stima di te… e non vorrei che per questo ti mandassero via dalla Famiglia.”

 

La donna sorrise, intenerita da quello strano tentativo di essere gentile da parte del ragazzo.

In fin dei conti, se Angelo diceva che lei era una delle persone di cui Simon più si fidava, era proprio perché loro due erano stati i suoi primi Guardiani. Si conoscevano da quattro anni, ed un po’ come dei fratelli maggiori erano sempre incaricati di badare al loro signorino, il figlio del Boss.

Ma ora che Simon stesso aveva preso la sua decisione di allontanarsi dalla Famiglia per seguire e supportare Tengoku, avevano avuto molto più tempo per stare vicini, spesso come compagni di missione.

Non era dunque la prima volta che l’azzurro si dimostrava premuroso nei suoi confronti.

 

“ Grazie, Angelo.” Sussurrò la ragazza, abbracciando il braccio del ragazzo, per poi posarsi sulla sua spalla.

Angelo, colto alla sprovvista da quel gesto, stava già pensando di svincolarsi, ma quando si voltò e vide l’espressione rilassata della donna, che con gli occhi chiusi sembrava star sognando, non riuscì ad opporre resistenza.

Sospirò, e seppur imbarazzato, rilassò le spalle, dedicandosi una pausa.

“ Di nulla.”

 

 

 

“ Si sono fermati. Non sono più sulle tracce di Providence.”

Platino, braccio destro di Sebastian nella Famiglia Anonimato, sollevò la mano dall’occhio destro, sciogliendo il suo Nuvola Satellite.

 

L’ambiente in cui si trovava, una stanza chiusa a chiave in una vecchia casa di città, non rendeva grazie al suo operato in quanto principale informatore del Boss. Ma nemmeno le catene che gli cingevano la vita, le caviglie e la mano sinistra dietro la schiena, riducendolo in ginocchio sul pavimento sporco.

 

I suoi abiti, di pelle nera e attillati, erano in parte stracciati e macchiati di sangue secco, che gli bagnava le scarpe, rivelando strisce su tutto il pavimento e persino sulle pareti.

Il suo volto, deturpato da un taglio sul labbro e da un livido violaceo sulla guancia, mostrava anche l’assenza di un dente, strappato o forse spezzato.

Ma i suoi continuavano a lanciare scariche di odio, non si piegava il suo spirito, qualsiasi cosa lo tenesse in vita, ossia la fedeltà al suo Boss. Davanti a lui c’erano i bersagli di quell’ira, di quel rancore simile a veleno.

 

Un ragazzino di dodici anni, dai capelli color nero pece ed un occhio coperto da una benda medica, sorrideva mentre con la lama di un coltello si puliva il sangue dalle unghie.

Un ragazzo più grande, biondo e dai capelli lunghi e mossi, era appoggiato alla porta chiusa. La sua pelle era scura, indossava una giacca a vento gialla e bianca, lasciata aperta sopra una maglietta nera e dei pantaloni militari. Al suo fianco, un terzo ragazzo sedeva a gambe incrociate per terra, con il cappuccio del suo giubbotto blu calato sui suoi corti capelli corvini.

 

Tutti e tre, sui loro capi d’abbigliamento, avevano impresso un simbolo in colori diversi: una E in carattere gotico, inscritta al centro di una spirale all’interno di un rombo.

Il simbolo della Famiglia Estraneo.

 

“ Staranno facendo finta di non conoscere la sua postazione.” Disse Doku Rokudo Dokuro, facendo ruotare il coltello tra le dita con un’espressione di nervosismo.

“ Si può sapere perché dite questo? È impossibile che Providence sia alleato con i Vongola !” Ruggì Platino, cercando inutilmente di divincolarsi dalle catene. Anche quando provò a rialzarsi fu tutto inutile: la sua gamba era stata spezzata.

 

“ E allora perché i Simon hanno delle sue foto da ieri, quando lui non è mai passato in Toscana ?” parlò il ragazzo biondo, rivelando un particolare accento messicano, ed una voce calda e confortante nonostante la freddezza dei suoi occhi di ghiaccio.

“ State insinuando che …” Platino, non riuscì nemmeno a concludere la farse, tanto era la rabbia che lo consumava.

“ Quel bastardo, ora che ha recuperato la figlia dai Vongola e sa di tenerla al sicuro, sta decidendo di vendere informazioni su noi Estraneo.” Gridò Doku in uno scatto d’ira, per poi sputare sul volto del braccio destro di Sebastian.

 

“ Le vostre sono solo cazzate !!” esclamò il corvino incatenato, incuriosendo con al sua reazione i tre presenti.

“ E poi… voi siete solo la feccia, il fraintendimento del piano del Padrone! Siete stati voi a decidere di chiamarvi Estraneo, quando nessuno vi ha mai detto di voler proseguire i piani di quella Famiglia morta da anni !”

 

Quell’ultima frase, in particolare, fu il colpo di grazia per l’attenzione del figlio di Mukuro Rokudo.

Il ragazzino, che aveva deciso di accettare i piani di Sebastian poco meno di un mese prima, ma che subito si era rivelato un fedele assassino, aveva sempre saputo di un unico e solo fine alle loro azioni.

“ Vuoi forse dire …”

Gli occhi dei restanti due ragazzi si sollevarono nel silenzio, quando un respiro sconosciuto apparve nella buia stanza.

“ … che la distruzione dei Vongola tramite il figlio di un Vongola e di un erede degli Estraneo, non è il vero scopo ?”

 

A Platino, da anni il braccio destro della Famiglia Anonimato, venne quasi strappata a forza una lacrima dagli occhi. Un dolore atroce sembrava privarlo della voce, ma dentro di sé avvertiva il bisogno di urlare.

 

Platino era nato senza un cognome, in quanto figlio di una prostituta e di un criminale, condannato all’ergastolo poco prima della sua nascita. Aveva vissuto sin da piccolo in casa, spaventato dai raggi del sole fuori dall’uscio della porta, con il timore del male e della violenza che sapeva riconoscere dall’età di tre anni.

Spesso rimaneva da solo, per via del lavoro della madre, che si appartava anche per giorni a casa di altri uomini, aveva imparato a non piangere per esprimere la sua paura, in quanto consapevole che nessuno lo avrebbe aiutato. Così, quello che faceva era rimanere accovacciato davanti alla porta di casa, rannicchiato come un feto, tremando per il gelo e per la fame nella speranza che la madre tornasse.

 

A diciotto anni sua madre morì per una malattia venera, che solo dopo la morte si accorse di averla lui stesso contratta per contagio. Così, per settimane iniziò a vagare per la città, aspettando la morte sotto la luce del sole che mai aveva potuto vedere così bene.

 

Invece sarebbe morto di malattia in carcere, in seguito ad uno scatto d’ira che lo aveva portato ad uccidere un passante per strada, ma la sua pena venne ridotta, e nel suo secondo processo gli fu negata la detenzione. Fu allora che incontrò l’uomo del suo destino, che aveva visto in lui una forza d’animo tale, da salvargli ciò che restava della sua vita.

Platino venne guarito, e solo allora decise di prestare la sua esistenza a Sebastian, nella Famiglia Anonimato. L’uomo che gli aveva insegnato a leggere, scrivere, che gli aveva dato le basi per parlare in pubblico, che gli aveva dimostrato che uccidere non era difficile, soprattutto con un legame con la morte come il suo.

 

E proprio per quei valori, adesso si sentiva in dovere di difendere l’uomo che segretamente amava con tutto il suo cuore, smentendo quegli stupidi fraintendimenti.

Solo lui sapeva la verità.

 

“ Il Padrone è in cerca di Tengoku per-”

L’urlo gli morì in gola, quando nell’aria attorno al suo corpo si materializzarono cinque minuscoli missili, simili a giocattoli, completamente avvolti da Fiamme della Tempesta.

 

E mentre i tre restanti ragazzi si voltavano verso il nuovo arrivato, misteriosamente apparso in quella stanza, i razzi si abbatterono su Platino, lacerando le sue carni con esplosioni letali.

Solo brandelli di vestiti si salvarono dal fuoco, lasciando dell’uomo solo una crepa sporca di cenere sul  pavimento.

 

“ Io so quanto voi sui reali piani del Boss.”

Una grottesca voce metallica riempì l’aria, quando un raggio di sole filtrato da un buco nella parete illuminò una figura mostruosa.

Un corpo rivestito di ferro e drappi neri, così come il cappuccio scuro che avvolgeva la maschera bianca, appartenente a quell’essere immenso di almeno due metri e mezzo.

 

LUC1F3R0, l’essere misterioso visto per la prima volta nella Magione Vongola, e attuale membro dei Bravi, aveva parlato con una voce umana da dietro la sua maschera.

 

“ Però mio padre mi ha assegnato l’ordine di eliminare chiunque fosse a conoscenza dei reali piani del Boss.” Alla sua vista in penombra, Doku aveva iniziato a tremare senza controllo, e la sua rabbia aumentò ancor di più quando si accorse di essere il solo lì a farlo.

 

Il ragazzino non voleva mostrarsi il più debole, solo perché più piccolo. D’altronde lui, in dieci anni avrebbe ottenuto un potere al pari di quello di suo padre, quindi tutto ciò che desiderava era di venir temuto e rispettato. Ma forse, non era ancora giunto a dei livelli di esperienza tali per paragonarsi a quelle persone.


“ Mi stai dicendo che a te non sarebbe interessato sapere il reale motivo dietro quello che facciamo ?”

Domandò incalzante il giovane messicano biondo, mostrando un ghigno mentre si ripuliva la giacca dalle cenere.

 

“ Io eseguo solo gli ordini. È quello che devo fare per poter diventare Boss dei Varia, un giorno.” Rispose la creatura chiamata LUC1F3R0, e rimanendo in silenzio sembrò voler aggiungere: “ed è anche quello che dovreste fare voi.”

 

 

 

 

Italia, Emilia-Romagna.

Erano le 13, e come si usa fare tipicamente in Italia, il pranzo era cominciato.

In una piccola cucina dall’aspetto moderno, ben illuminata e colorata, tre persone stavano mangiando del riso venere con mais e tonno. Era un pranzo semplice ma gustoso, in occasione dell’ospite che la famiglia formata dal padre e dalla figlia avevano.

 

L’ospite in questione, intrattenuto così tanto dal conversare con la ragazzina da non aver ancora finito di mangiare, era un ragazzino dai capelli color rame.

Akisame Irie, figlio del Presidente della C.E.D.E.F Shoichi Irie, aveva iniziato a comprendere meglio i sentimenti che provava per Angelyca, sorella di Kevin.

Il loro rapporto era iniziato per sostenere la solitudine di entrambi, una lasciata dal fratello per tenerla al sicuro dai pericoli, e l’altro un ragazzo disabile vissuto sotto l’ombra del padre, incapace di far emergere il suo genio creativo e sottovalutato dal mondo.

 

Erano ragazzi legati dall’amicizia pura, priva di imbarazzo, gelosie, invidie. Ma Akisame sentiva di provare qualcosa di più, ogni giorno iniziava a sentir sempre più la necessità di veder Angelyca felice, come se non provasse altro nella sua esistenza.

 

Ed era proprio per questo motivo che aveva commesso il peggio.

 

La terza persona seduta a quella tavola, che ascoltava i discorsi entusiasti della figlia, spesso ridendo o intervenendo serenamente, magari offrendo un bis al ragazzino, era l’assassino più ricercato dai Vongola.

 

Il suo vero nome non era né Teschio, né Providence, bensì Giustizia, datogli dal prete protestante newyorkese che lo adottò a sedici anni.

Nato cinquant’anni prima da un soldato italiano in missione, dopo un rapporto con una donna cambogiana.

Avendo stretto subito contatto con la violenza e le brutalità permesse agli esseri umani, il suo dono, l’Istinto d’Emulazione, lo portò nei suoi primi dodici anni di vita a farsi conoscere in un’organizzazione rivoltosa contro la dittatura.

In seguito, fu costretto a nascondersi, viaggiando per tutto il mondo mentre affinava le sue tecniche di assassinio sotto pagamento, ponendo fine a commerci illegali di schiavi o stupefacenti, liberando paesi da conquistatori stranieri come mercenario e liberando numerosi politici in ostaggio in tempi di guerra.

 

È l’uomo complice delle sorti di almeno quaranta nazioni in tutto il mondo, ma nessuno conosce il suo nome. Infine, a sedici anni decise di iniziare a studiare, resosi conto di voler inserirsi nella comunità come un normale cittadino.

Dopo essersi sposato con una sua compagna di università, e dopo esser diventato padre di Kevin e Angelyca, gli orrori commessi nella sua adolescenza lo tradirono, realizzando così che la sua vita non poteva essere felice e priva di peccati. Consapevole di essere un mostro e di non poter meritare una famiglia, salutò sua moglie ed i suoi bambini, per poi assumere l’identità di Providence e lavorare come assassino.

 

Fino a che, dopo undici anni da allora, venne a sapere che i suoi figli erano finiti lontani dalla protezione che lui credeva, e rivedendoli nelle mani della Famiglia Vongola, lo assalì un forte rancore.

Però, allo stesso tempo, aveva saputo che suo figlio aveva preso la decisione di seguire Tengoku per sconfiggere gli Anonimato, dai quali era stato assoldato.

 

Così la sua vita si era divisa, e mentre cercava di godersi il tempo che mai aveva speso assieme a sua figlia, ancora non sapeva cosa avrebbe fatto una volta che Kevin gli si sarebbe presentato come avversario.

 

Lo avrebbe ucciso, rispettando la libertà e le scelte del figlio, oppure lo avrebbe risparmiato come l’uomo che aveva sempre desiderato essere?

 

E mentre tra quei sorrisi si nascondevano dubbi e paure, la porta della cucina si aprì.

Solo un braccio sporse oltre l’uscio, rivelando una mano agguantata che fece segno di avvicinarsi.


Sebbene quella presenza non avesse parlato, Akisame Irie comprese che si stesse rivolgendo a lui.

“ Scusatemi.” Disse sorridendo ai due, per poi allontanarsi sulla sua sedia a rotelle, andando in direzione della porta, ormai spalancata.

 

Quando la ebbe superata, si ritrovò nel corridoio dell’appartamento che dava sulla porta d’ingresso, e i suoni dalla cucina cessarono con il richiudersi dell’uscio.

 

“ Spero tu ti stia trovando bene, Akisame.” La voce di Sebastian, in piedi davanti a lui, gli fece riaprire gli occhi dopo aver sospirato a lungo.

 

In realtà, il giovane non poteva mentire: era stata una sua scelta seguire Angelyca, il giorno in cui Giustizia l’aveva recuperata dalla Magione.

Ricordava perfettamente la scena: il volto di Sebastian, impassibile e sereno come in quell’istante.

“ Se desideri, come lei, vivere una vita lontana da questi mostri capaci solo di tradire il prossimo, allora vieni con me.”

 

Quella sera Sebastian era riuscito assieme a Giustizia ad entrare nella Magione, ma sebbene entrambi vantassero di un’incredibile potenza, sommata all’immortalità del Boss degli Anonimato, non avevano scelto di attaccare i Vongola. Se lo avessero fatto, probabilmente sarebbero riusciti a sconfiggere quasi tutti i sei guardiani rimasti due giorni prima, se non direttamente a compiere una strage di tutti i presenti.

 

Ma non lo avevano fatto. E quella notte, Akisame aveva deciso di tradire i Vongola, per poter trovare quella felicità assieme ad Angelyca che tanto sognava.

“ Non riuscirò mai a capire perché tu abbia scelto me.” Rispose freddamente il rosso, e l’uomo scoppiò a ridere.

“ Sul serio? Potrei dirti due semplici motivi, invece.” Sebastian fissò con i suoi occhi neri, quelli verdi del ragazzino, trovando il suo riflesso inquietante e distorto, simbolo della sua anima votata all’oscurità.

“ Il primo, è che il tuo sogno di essere qualcuno che non saresti diventato ti stava schiacciando,  avendo avuto la sfortuna di nascere tra i Vongola.” L’ultima parola venne detta con disprezzo, come se avesse cercato di trattenersi dall’aggiungere insulti o maledizioni per quella Famiglia.

 

“ Il secondo motivo, è che tu sei un ragazzo forte, con un orgoglio duro a morire. Vali molto di più di tuo padre, Akisame.”

“ Forte? Orgoglio ?” ripeté il ragazzino, per poi scuotere la testa in segno di diniego.

“ Dopo aver tradito le persone che mi hanno cresciuto, di orgoglio non dovrei avere proprio nulla.”

 

Ma la risposta che ricevette, riuscì a spezzare quel suo volto inespressivo.

“ Sei forte abbastanza da nascondere di aver trovato una cura alla tua malattia, e di sfruttare il tuo servilismo per continuare a passare informazioni a tuo padre su di noi.”

 

Mentre il sorriso affilato di Sebastian si avvicinava al volto sudato di Akisame, questi aveva sbarrato gli occhi per lo stupore. Il respiro gli si era fatto pesante, ed i polmoni si gonfiavano in ricerca di aria.

 

Ma, dopo qualche secondo, il ragazzo emise un verso simile ad una risata, e si sollevò dalla sedia a rotelle.

Le sue gambe non erano paralizzate, e lo mantenevano in piedi come quelle di una normalissima persona.

 

“ E così te ne sei accorto, eh? Vorresti uccidermi, adesso ?” Mostrò il suo volto all’avversario, aspettandosi la morte, ma accettandola con il sorriso sulle sue labbra.

La sua esistenza sarebbe anche potuta finire lì, perché ormai aveva visto ciò che desiderava.

Aveva visto Angelyca felice.

 

“ No, affatto. Anzi, se non fosse troppo tardi per farlo, ti direi di continuare così …” ma la morte non arrivò.

Al suo posto, sotto lo stupore del ragazzino, la mano di Sebastian gli si appoggiò sulla spalla con fare paterno.

“ Io voglio che i Vongola muoiano, dal primo all’ultimo, quindi se mi vengono in contro, non posso che gioirne.”

 

 

 

 

 

Roma, ore 15:00.

 

Sulla capitale italiana il sole splendeva, simbolo della speranza che sette giovani, in un albergo, riponevano nel loro futuro.

Tengoku, Azura, Akane, Drake, Akira, Momoka e Kiiro erano atterrati all’aeroporto di Fiumicino circa un’ora prima, e mantenevano nelle loro menti le parole di Reborn.

 

“ Come vi ha detto Yukiteru, abbiamo ricevuto notizie riguardo questa sera: i Bravi si mobiliteranno da una loro base a Torino, verso il luogo dell’incontro, ovvero Venezia.

Ci impiegheranno meno di quattro ore, e saranno divisi in una coppie in una singola macchina. In testa ci saranno Xian e LUC1F3R0, con Alberto al volante. Seguiranno Geronimo e Kravis, con in coda Duncan e Deazel. Il nostro piano è rapire Xian, e sfrutteremo questa loro divisione a nostro vantaggio.”

 

La strategia da seguire era quella di bloccare i Bravi prima del loro ingresso a Venezia, dove sarebbero avvantaggiati in quanto a uomini. Esattamente come loro avrebbero raggiunto la città in macchina, anche Tengoku e i sei ragazzi li avrebbero interrotti suddivisi in squadre.

Kevin era stato preso sotto la custodia di Iemitsu Sawada e Lancia, per prepararlo sul controllo delle Fiamme di Fon prima dello scontro, e sarebbe già stato a Venezia, assieme a Reborn, per intervenire dal lato opposto.

In parole povere, sarebbe stato un attacco a tenaglia, necessario solo se la squadra più vicina a Venezia si sarebbe trovata in difficoltà.

 

Così i sette si erano separati dal Tutor, che insieme a Yukiteru, li aveva salutati con un sorriso.

Non servivano parole, loro riponevano fiducia sulla vittoria.

 

 

Tengoku chiuse la propria valigetta, assegnata a ciascuno di loro sette, sul letto della camera d’albergo.

Al suo interno era custodita una pistola semi-automatica caricata a Pallottole del Coraggio di Morire, un auricolare collegato ad una rete privata condivisa da solo loro e Reborn, insieme ad un fascicolo di scatti fotografici sulla strada che avrebbero percorso.

 

Aveva appena concluso di studiare il piano attraverso la guida di Reborn tramite la ricetrasmittente, e personalmente aveva lavorato sui tempismi da adottare per gli interventi della squadra.

Era stato deciso così, e con molto  autocontrollo e supporto dai suoi amici, aveva accettato questa scelta. Gli era difficile prendere decisioni così importanti per gli altri, e il pericolo di morte certamente non lo aiutava a rilassarsi.

Ma era il Capo, in quella missione avrebbe decretato le sorti di ognuno di loro, ed il fallimento non era consentito.

 

Mentre iniziava a pensare che sarebbe dovuto essere in macchina per le 16 in punto, un qualcosa di strano accadde alla sua porta. Infatti, per un secondo o poco più questa sembrò scomparire, lasciando visibile cosa ci fosse nel corridoio di fronte alla camera.

Il ragazzo intravide la figura di Momoka, alta pressappoco quanto lui, magra e con dei capelli castani scuri lunghi fino alle spalle.

 

A quel punto sorrise, seppur sorpreso, ed andò ad aprirle la porta.

Si erano dati quel comando segreto per identificarsi da un possibile altro disturbatore, e con disturbatore ovviamente si poteva intendere chiunque volesse attentare alla loro vita.

 

Quando la ragazza vide comparire davanti a sé un Tengoku vestito con una tuta molto aderente alla pelle, di materia nera come la pece, rimase altrettanto sorpresa.

“ Oh …” sussultò, ed il bruno cercò di nascondere l’imbarazzo con una risata, molto poco realistica.

Fortunatamente, la Nebbia sembrò non voler infierire sul suo aspetto bizzarro, ed aggiunse con un timido sorriso: “ Sono venuta per sapere quali dovessero essere gli ordini.”

 

“ Ma quali ordini ?” chiese scherzosamente Tengoku, arrossendo. Non era per niente abituato a quella presa di autorità, gli faceva pensare di essere qualcuno che non voleva essere.

“ Bhe, quelli che hai scelto tu !” gli rispose la ragazza, cercando di incoraggiarlo, perché empaticamente percepiva l’imbarazzo. Lui la fece entrare, chiudendo la porta.

 

“ Certo che deve essere proprio folle pensare di seguire delle mie scelte. D’altronde, non sono Reborn.” La voce del bruno sembrò rivelare ancor di più le sue insicurezze, mentre prendeva dalla sua scrivania gli appunti e l’elenco degli obbiettivi da attuare in quella notte.

 

“ Dubiti di me ?” domandò allora Momoka, per poi sorridere vedendo il ragazzo cercare di giustificare il fraintendimento.

“ So che può sembrare strano, ma ho il presentimento che andrà tutto bene.” Con la sua ultima frase però, sembrò sciogliere le tensioni nei muscoli e nello sguardo di lui.

 

“ Ok, allora.” Sussurrò Ten, cercando di nascondere un sorriso commosso tra le sue labbra.

 

La spiegazione delle azioni durò poco. Anche se gli appunti apparivano un po’ troppo confusionari, il sommario della strategia era stato scritto in modo impeccabile, cristallino.

 

Momoka intervenne complimentandosi con lui, affermando in merito di cavarsela anche lei abbastanza bene con la scrittura, in quanto amministratrice di un paio di blog e autrice di storie condivise online.

Ten, invece, dall’alto delle sue numerose ore passate sugli MMORPG, pensò di essere proprio l’ultima persona con cui parlare di informatica o gestione di siti internet, ma riuscì a trovare anche nella ragazza un lato da giocatrice su personal computer. Fu una discussione che inevitabilmente scese nel rilassamento, alleviando la preoccupazione innegabile della missione, facendo per la prima volta conoscere i due come dei semplici ragazzi, degli adolescenti con un mondo da raccontare.

 

Quando però il discorso arrivò al punto dove Momoka rivelava come avesse ottenuto il Cellulare Posseduto, il bruno si sentì particolarmente in colpa per il violento cambio nel destino della ragazza, questo perché lei non sapeva quanto invece lei ne fosse grata.

E fu in quel momento, in cerca delle parole da dire per scusarsi, che gli venne in mente un’idea migliore.

 

“ Ho visto che prima, in aeroporto, tu e Kevin avete preso un po’ di confidenza.” Disse serenamente, generando a sua insaputa un forte imbarazzo nella ragazza al suo fianco.

A differenza di lei, purtroppo Ten non era così sveglio da riconoscere quando gli altri erano imbarazzati.

Ma prima ancora che la castana potesse giustificarsi per qualcosa di assolutamente non grave, lui era già partito con un discorso davvero bizzarro:

“ E questo è un bene, d’altronde forse sei l’unica persona al mondo, ma che dico, l’unica fra tutte le dimensioni esistenti, in grado di sopportarlo. Però devi fare attenzione, perché Kevin, avendo sopita dentro di lui la prepotenza di un vero duro, potrebbe cercare di sottometterti.”

 

E senza che la ragazza avesse capito cosa lui volesse intendere con ‘sottometterti’, ma non prima invece che lei ne avesse inteso il significato più ambiguo diventando rossa come un peperone, Ten aveva iniziato a voltare le pagine nel fascicolo.

Infine, appena raggiunta la pagina riguardante Kevin, iniziò a disegnare qualcosa con un pennarello sulla foto del rosso.

A lavoro finito, porse il fascicolo alla ragazza, mostrando così una foto di Kevin con una coroncina in testa,  parte dei capelli ritti verso l’alto e dei denti sporgenti. Era un qualcosa di incredibilmente no-sense, ma per qualche contorto motivo… strappò una risata da Momoka, presa alla sprovvista da quel ritocco.

Ma quello che più continuava a farla ridere, era l’espressione di Tengoku, che nel mentre aveva ripreso a parlare con una serietà spaventosa, come se stesse spiegando un’importante lezione di vita.

“ E quindi, quando lui vorrà prenderti in giro, tu mostragli questa foto e vedrai che sarà troppo sconvolto per controbattere.”

 

“ Ma dove l’hai sentita questa storia ?” domandò la castana, riprendendo fiato dopo le risate, con un sorriso tranquillo che mai pensava di poter avere in un momento simile.

“ Sai, me lo ha insegnato Veronica, per difendermi da tutti i bambini prepotenti quando andavo alle elementari. Mi prendevano in giro perché ero di origine italiana, quindi …” dopo l’ultima parola il ragazzo si lasciò contagiare dalla risata.

“ Quindi è come una tecnica segreta ?” lo incalzò Momoka, facendolo ridere ancor di più.

“ Sì, certo! Prendila così, mia discepola… ahahaha!”

 

Erano le 15:30 quando si accorsero dell’orario, e la Nebbia, preoccupata, decise di non far perdere troppo tempo al loro Capo. E, poco prima di aprire la porta…

“ Grazie Tengoku.”

Un gesto inaspettato, un abbraccio. Il ragazzo si sentì il corpo venir scosso da una scarica elettrica, ma non era dolore ciò che provava, bensì una felicità troppo improvvisa.

Si sentì stordito, ma non poté fare a meno di rispondere, ricambiando l’abbraccio:

“ Grazie a te, Momoka.”

 

 

 

 

 

Ritornando indietro di trenta minuti, sempre nello stesso albergo, due persone appartenenti alla squadra avevano deciso di compiere un giro di perlustrazione, giusto per occupare il tempo aspettando che il nervosismo diventasse parte di loro.

 

Drake la pensava così, sentiva che più si sarebbero avvicinati alle 16, e più la ansia sarebbe cresciuta. Si consolava pensando che una volta in macchina, non avrebbe più avuto tempo per preoccuparsi.

Continuava a camminare, sentendosi prudere in quella divisa nera a macchie nere che aveva dovuto indossare sotto consiglio di Yukiteru, e ascoltava distrattamente un brano dei The Prodigy.

 

Questa sua disattenzione totale da qualunque cosa facesse, però, non lo rese incapace di vedere qualcuno sbucare dall’angolo nel quale stava per svoltare. Quel qualcuno era la seconda persona in giro di perlustrazione: Akane Mizuno.

 

Nella mente del biondo, a partire dal secondo in cui la riconobbe, per seguire in tutti gli stanti nei quali continuavano a camminare l’uno verso la direzione da dove proveniva l’altro, si scatenarono una marea di insulti riferiti a se stesso.

Il motivo era palese:

- Da quando si è risvegliata non ho avuto neanche il tempo di salutarla, e la prima cosa che ho fatto è stata di mettere in pericolo lei e Ten. TEN!! Questa adesso potrebbe anche uccidermi, maledetto il mondo !-

 

E con gli occhi sbarrati, un’espressione stupidissima di finta indifferenza e un’andatura rigida da soldatino di latta, il giovane sentiva di camminare incontro alla sua morte.

- La morte vestita in un’aderente tuta rossa da indossare sotto il giubbotto anti-proiettili… una sexy tuta rossa aderen…MA CHE CAZZO STO PENSANDO ?!-

I passi sembravano star durando ore, ma in realtà il tempo scorreva inevitabilmente, ed in quella traiettoria non potevano che avvicinarsi sempre di più.

 

-Porca miseria, se proprio deve ammazzarmi spero non mi guardi in faccia, non riuscirei a guardarla, e uno che distoglie lo sguardo mentre sta per essere ucciso deve sembrare proprio cretino !-

 

I pensieri sarebbero continuati all’infinito, magari fino anche a distruggere psicologicamente il ragazzo, se uno schiaffo a velocità imprevedibile non lo avesse colpito sulla guancia.

Il colpo spedì Drake letteralmente gambe all’aria, capovolgendo la sua testa fino a ritrovarsi con il collo e la faccia schiacciate sul pavimento.

 

Era stata Akane, intuì il tedesco, e non si sorprese nel vedere la corvina davanti a lui.

L’assassina era lì, con i suoi lunghi capelli neri e gli occhi rossi, insieme alla sua caratteristica cicatrice ad X sotto il labbro inferiore, accompagnata da un nuovo segno indelebile: la cicatrice lasciatagli da Korvo, il suo mentore, negli ultimi istanti di vita prima di venir ucciso da Xian.

 

Appariva incredibilmente potente. Sì, potente era l’aggettivo esatto: nonostante il lungo e pericoloso ricovero che aveva dovuto subire, era scappata dalla morte, ritornando a combattere pochi giorni dopo, salva solo grazie al proprio coraggio, e al legame con Ten che persino la morte non aveva vinto.

Una ferocia perfetta, come se il cacciatore per eccellenza avesse incontrato il destino, dimostrandogli di non esser soggetto a nessuna legge della probabilità e a nessuna fatalità. Una descrizione superba, per Akane Mizuno, assassina della Famiglia Vongola.

 

“ Sì, ecco, lo so che ho combinato solo guai…” ma mentre Drake provava a cercare di giustificarsi, o a spiegare meglio alla ragazza cosa fosse successo a Namimori, ricevette solo un calcio nello stinco mentre provava ad alzarsi.

“ Diavolo !!” esclamò, ed allora lei gli rivolse la parola.

 

“ Non mi interessa del tuo passato, né di quello che pensavi sarebbe stato giusto fare per il nostro bene! Voglio solo che tu mi dica le parole che aspetto da tempo, Drake …”

La voce di Akane, tagliente e spietata, aveva squarciato come appunto una lama affilata, la mente del ragazzo. E non era stata quella spietatezza, bensì la prima frase.

 

- Come non le interessa ?- Akane aveva detto chiaramente che non le interessava del suo passato, né delle sue decisioni prese durante quel periodo di buio. Riconosceva che fossero state stupide, certo, ma il punto era proprio che…

Le aveva ignorate. Cancellate, non avevano peso per lei.

 

“ S-sì, lo farò.” E mentre le parole sembravano morirgli in quella gola secca, il tedesco sentì profondamente di dover ringraziare Tengoku. Chi altro avrebbe potuto spiegare quanto successo ad Akane senza farla arrabbiare, e cosa più importante, era grazie a lui se dunque poteva finalmente dire ciò che desiderava da… praticamente poche settimane dopo aver iniziato a frequentare Akane.

 

Così Drake si rimise in piedi, e cercando man mano di sollevare il suo mento, per guardare con i suoi occhi azzurri quelli scarlatti di lei, incominciò.

 

“ Ho l’impressione che da quando sei entrata nella mia vita, entrando dalla porta di un mondo pericoloso che mi spaventava, io abbia iniziato a stimarti. Mi hai sempre impressionato come persona, perché quello che riesci, che sei riuscita a fare tu, è stato far sorridere tutti noi quando eravamo insieme, e piangere mentre eri lontana.

Non ho mai sofferto per la lontananza di qualcuno, anzi… pensavo che dopo mia madre, tranne che per Azura, non avrei mai sofferto in assoluto per qualcun altro. E penso di aver versato lacrime, di aver pregato per il ritorno della persona giusta. Sei tu quella che ho atteso!

Sei tu quella che ho rischiato di perdere, sei tu quella a cui stavo per voltare le spalle, e questo non riesco a perdonarlo. E, so che ti sarai fatta l’impressione perfetta di un idiota, nei miei confronti. Io lo accetto, certo… ma dentro di me per la prima volta, PER LA PRIMA VOLTA, vorrei essere così egoista da desiderare che noi potessimo passare più tempo insieme, per convincerti del contrario.

Magari anche… ad innamorarti di me.”

 

“ Sai che sei proprio carina in smoking ?”

“ Fottiti. Ho visto come guardavi Veronica. Perché non la inviti ad uscire? Uno come te farebbe subito colpo…”

“ Sono interessato a qualcun altro al momento.”

 

“ I-In realtà io… volevo solo che tu mi dicessi che sei felice di vedermi viva, come ha fatto tua sorella.”

 

Il silenziò calò in quel corridoio.

Il volto di Drake era paralizzato con gli occhi sbarrati e le labbra serrate, mentre sorprendentemente Akane si stava cercando di nascondere il volto tra i capelli, tenendo la testa abbassata.

Le gote di entrambi divennero rosse, e presto anche tutta la faccia avvampò.

 

“ Però, se questo è il tuo modo di dirlo, è sempre meglio di niente.” Disse la corvina mentre si schiariva la voce nervosamente, e cercava di riacquistare una certa compostezza, proprio come il tedesco.

“ Quindi io… andrei.” Disse infine, riprendendo il suo cammino, con gli occhi oscurati dalle ombre dipinte sul suo volto.

 

“ No !” La voce del ragazzo, riuscì però a farla desistere, rallentando il suo passo fino a fermarla, mentre ormai dava solo le spalle agli occhi lucidi di Drake.

“ Quindi è un sì? Prometti che lo faremo, insomma, che inizieremo a frequentarci, ricominciando da zero ?”

 

Quella domanda, rimasta sospesa a mezz’aria come un palloncino che sfidava l’immensità del cielo.

“ Drake, io ho paura, perché non sono la persona che credi.” La risposta della ragazza sembrò ostacolare il volo di quel palloncino, come un vento che lo spingeva troppo lontano dal cielo.

“ Perché ?”

“ Perché anche io, come voi, vivrei l’inferno se qualcuno dei miei amici rimanesse ferito, o peggio, durante la nostra ultima missione. Per questo… se mi legassi a te e diventassimo più di amici, non pensi che il dolore sarebbe ancora più atroce ?!”

 

Una volta che i due si erano guardati entrambi negli occhi, avevano compreso tutte le debolezze dell’altro. Ora però condividevano solo il calore della fiamma chiamata speranza, minacciata da quel freddo dubbio, che come un artiglio sembrava voler distruggerla fino alle ceneri.

Avevano conosciuto quel freddo, e tenevano troppo alla fiamma, l’unica cosa che ancora li legava e li faceva sorridere, persino in quel momento.

 

E fu proprio un sorriso che la ragazza mostrò, voltandosi, tra delle lacrime che aveva sempre nascosto a tutti. A quella visione anche il biondo non resse, ed il pianto fu un’altra cosa che li legava.

“ Però, quanto saremo felici al termine di tutto questo… ammetto che mi farei corteggiare in maniera così pietosa tutte le volte che vorrai.”

“ Non vedo l’ora !” strillò Drake ad Akane, mentre lei correva via per non rimanere ancora in quel luogo, testimone di quanto era successo.

 

Il palloncino non si era affatto fermato, e continuava il suo viaggio spensierato tra la tempesta e i fulmini.

 

 

 

 

 

Poco dopo aver salutato Momoka, Tengoku aveva ripreso a studiare la cartina stradale del Veneto, rivedendo i punti decisi per bloccare le vetture del nemico.

Non ci volle molto, prima che potesse riconoscere un suono di passi nel corridoio. Stranamente, quella volta sentì di poter aprire la porta senza aspettare alcun segnale, e così fece.

 

Per questo Akira Shirogawara fu abbastanza sorpresa di veder la porta aprirsi davanti a sé, e ovviamente anche per la visione della strana tuta di Tengoku, quasi facendo ripetere la reazione del bruno.

 

Con un gesto della testa, accompagnato da un sorriso, la ragazza dai lunghi capelli neri, ben più alta di lui, venne fatta accomodare nella stanza.

Portava il suo fioretto in un fodero nero in carbonio, assicurato per diminuire al massimo del possibile l’attrito quando si sfoderava la lama, aumentando così la velocità dei colpi con estrazione, un vanto per lei.

L’arma venne riposta sul letto, dove si sedette per poi iniziare a fissare il ragazzo.

 

Naturalmente il bruno non sapeva cosa dire in quell’occasione, sebbene si stesse dimenticando che l’amica fosse venuta lì per discutere sul piano. Così cerco di ricambiare il sorriso di lei, perdendo forse un minuto di tempo nel totale imbarazzo di non saper cosa fare.

Quando sollevò lo sguardo, trovò un’espressione confusa, innocente, sul volto di Akira, e lì si sentì ancor di più a disagio.

- Non so cosa fare! Cosa fa di norma un Capo in queste situazioni?! Forse dovremmo parlare del… oh cielo, Ten, ammazzati dopo questa.-

 

E mentre il ragazzo rifletteva con se stesso, quasi non si accorse del fatto che la Nuvola aveva estratto un oggetto particolare, di forma rettangolare, e di color nero.

Era un block-notes. Il block-notes di Akira.

 

La ragazza scrisse qualcosa su quelle pagine, utilizzando con bravura straordinaria delle Fiamme della Nuvola emesse dal suo dito, che aderirono al foglio senza bruciarlo come fosse inchiostro, sotto lo sguardo stupito dell’altro.

Quando ebbe finito, glielo mostrò, svelando una scritta viola capace di crepitare come fuoco:

“ Sei per caso muto, tu ?”

 

“ Ehm… no !” esclamò Tengoku non appena comprese lo scherzo, cercando di sorridere nella maniera più reale che potesse.

 

A quel punto la corvina voltò pagina. Ora la scritta era: “ E allora inizia, dai.”

Incoraggiato da quell’ordine, il bruno si sedette immediatamente sul letto, prendendo un’altra copia del fascicolo.

“ Ok, allora, iniziamo.” Incominciò, prendendo un grosso respiro.

 

“ Se hai qualche domanda da farmi, ovviamente dimme- …” Si era già fermato. Come se il mondo per lui si fosse paralizzato in quell’istante, mentre fissava il vuoto davanti a sé con sguardo perso, ed il labbro inferiore morso.

 

“ Te lo giuro, io… non ci riesco.”

Diverse sensazioni si crearono nella mente della ragazza, che a quella frase rimase basita quasi quanto il ragazzo stesso.

 

“ Cosa vuol dire ?” scrisse velocemente in aria con le sue Fiamme, ed a quel punto Tengoku si alzò dal letto prendendosi la testa fra le mani.

 

“ Oh, andiamo! Ma, insomma… cioè, hai idea di cosa, di chi tu sia? È già tanto se a volte riesco a rivolgerti la parola.” Disse lui, iniziando ad alzare il tono, mentre nella sua voce vibrava il nervosismo.

 

“ Sinceramente proprio non capiscano come facciano gli altri… magari, a modo loro, sono strani.” Aggiunse infine, con una mezza risata mentre appoggiava la sua fronte al muro, dando le spalle alla ragazza.

Non la stava più guardando. Le sue mani tremavano.

 

“ Come faccio a parlarti se tu sei una mia senpai, ed in più la presidentessa del Consiglio Studentesco? Mi sento troppo in colpa per tutte le volte che sono entrato in ritardo, o che non ho studiato, proprio perché so che tu sei una delle studentesse più brave della scuola !”

Con quell’ultima frase però Ten si voltò, mostrando il suo volto rosso ed un sorriso stupito, ma divertito dal suo stesso modo buffo di comportarsi.

 

E fu solo girandosi, che poté vederle, dopo qualche secondo.

Le lacrime di Akira.

 

“ Oi, che succede ?” allarmato, il bruno si precipitò verso la ragazza, prendendole la mano. Inaspettatamente, Akira continuò a piangere, andando con la mano libera a cingere il ragazzo, stringendolo a sé e rimanendo immobile a singhiozzare sulla sua spalla.

 

I due rimasero così per un lasso di tempo indefinibile, dove il ragazzo riuscì a sussurrarle nelle orecchie parole come: “ Va tutto bene.”, “Non è successo niente.” o “Dai, non piangere, per favore.”.

Quando la corvina riuscì ad esaurire le lacrime per quel pianto, lentamente e sotto l’attenta visione di Tengoku, scrisse nuovamente in aria.

 

“ Aveva pensato che non volessi parlarmi, che non mi volessi, per via del mio problema fisico.”

 

Gli occhi verdi di lui, dopo aver letto quella scritta, sembrarono fremere, per poi iniziare a diventare lucidi come degli specchi d’acqua.

“ Non potevi pensare cosa più stupida. Nessuno di noi la penserà mai così.”

E, mentre adesso fu lui a piangere, commosso, la strinse in un secondo abbraccio, per poi scoppiare a ridere insieme.

Erano uniti.

 

 

 

 

 

Drake pensava di essere finalmente, grazie all’aiuto di Akane, sulla buona strada per sentirsi in pace con il mondo. Improvvisamente la paura del futuro, così incerto, lo aveva aiutato a ricordare di avere ancora un importante conto da saldare.

 

Si era ritrovato dunque davanti a quella porta, che dopo esser stata aperta, aveva lasciato che una punta acuminata in acciaio venisse puntata alla sua gola.

 

“ Penso che potrei lasciarti così, se non continuare a spingere Steel Soul.” Disse Azura, armata con la sua lancia allungabile in acciaio, mentre appoggiata a fianco della porta manteneva il controllo sulla carotide del fratello.

“ Almeno mi parli. Non ti ricordavo così poco dura, di solito se quando mi tieni il muso non mi rivolgi nemmeno la parola.” Sorrise il biondo, non considerando il pericolo della punta sul suo collo.

 

Dopo quelle parole, la ragazza alta all’incirca quanto Tengoku, dai lunghi capelli boccolosi e gli occhi azzurri, fece roteare Steel Soul tra le mani fino a ritrasformarlo in un cilindro di metallo non più lungo di una bottiglietta d’acqua.

“ Qui non si tratta di un gioco… ma tu stranamente sei sempre quello più apprensivo, quindi è strano che te lo sia dimenticato.”

Scura in volto, la ragazza fece per chiudere la porta, ma la mano di lui glielo impedì.

 

Quando lei si voltò, trovo uno sguardo confuso in Drake, carico di ansia, come se stesse rivelando una paura nascosta fino a qualche secondo prima.

 

- Quindi lei non lo sa !- Era questa la risposta che si era dato il biondo.

E mentre sua sorella iniziava ad urlargli contro degli insulti di ogni genere, una strana sensazione di caldo gli riempì le viscere. Era la felicità!

La cosa più bella del mondo, per lui era quella rivelazione: sua sorella non sapeva di cosa avesse fatto il loro padre, per cercare di recuperarlo dal Giappone.

 

E mentre stava per liquidarsi con una frase qualsiasi, qualcosa però lo fece desistere, come cancellando quell’euforia. Quella era la ragione, la paura, il ricordo.

 

Il ricordo di quanto avesse sofferto, la paura di aver dovuto giocare con le sue mani una partita sulle vite dei suoi unici amici, ed infine la ragione, che lo aveva portato a cambiare.

“ Senti …”

Disse allora, sollevando i suoi occhi, rispecchiandosi in quelli della sorella, come due mari che si incontravano.

“ Posso dimostrarti di essere cambiato ?”

 

Fu solo quella la proposta, una semplice frase, che però lasciò nella mente di Azura una strana sensazione.

“ Cambiato ?” ripeté la ragazza, più a se stessa che per l’altro.

 

“ Sì… tipo che non verrò più a romperti le scatole ?”

“ Lo dici perché ti ho puntato Steel Soul alla gola, o perché pensi davvero che io sia forte ?”

“ Entrambe le risposte.” Drake rise, e sottovoce la rossa lo mandò a quel paese. Ma era stato un sussurrato tono dolce, come se la voce le fosse tremata.

“ Questo non vuol dire mica che se mi vedrai morire, mi lascerai andare all’inferno ?” Domandò ulteriormente la ragazza, ed il fratello rispose con un semplice occhiolino, per poi voltarsi ed andarsene.

 

Quando Azura Schlmit rimase sola, guardando il legno della propria porta, le venne istintivamente da sorridere. Era una reazione imprevista, non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo, siccome il motivo le arrivò un po’ più tardi.

 

Ricordava quando, a Namimori, nella giornata precedente, ad un certo punto aveva sentito dentro di sé una potente sensazione di disagio, come una tristezza che la stava per divorare. Ma, non l’aveva mai collegata a sé, bensì aveva sentito in un qualche angolo remoto del proprio cuore, che quelli fossero i pensieri di Drake.

E, per la prima volta in tutta la sua vita, si era preoccupata lei per suo fratello, e non il contrario. E non centrava affatto la poca fiducia, perché lei reputava suo fratello molto forte, forse ben più forte di lei, ma ugualmente quel presentimento l’aveva fatta spaventare.

Aveva avuto paura, e un terrore del genere on avrebbe più voluto riprovarlo.

 

In quel momento quindi, aveva compreso Drake, ciò che lui provava da quando avevano lasciato la Germania. Suo fratello provava così spesso quella stessa sensazione, indipendentemente da quanta fosse la sua fiducia in lei?

 

“ Maledizione… pensavo di non poterti più stimare, ma sei peggio del diavolo.” Sussurrò nel silenzio della sua camera, ridendo mentre una singola lacrima le solcava la guancia.

 

 

 

 

 

 

 

Seduto in un angolo dell’intero piano occupato solo dalle camere dei sette ragazzi, c’era Kiiro, mentre abbracciandosi le ginocchia guardava il soffitto.

Quello sarebbe stato un incredibile momento per poter intravedere qualsiasi cosa ci fosse sotto la sua maschera bianca, pensò la gialla macchina umanoide, dispensatrice di morte e consigli perfetti.

 

Il pensiero capitò giusto nel momento nel quale Momoka Reader entrò nel suo campo visivo, facendogli dunque abbassare previdentemente il mento.

 

“ Scusami, non volevo disturbarti.” Disse semplicemente la castana, senza però un reale tono di scuse o preoccupazione.

“ Però stai pensando che per essere ciò che sono, sono un po’ troppo sospettoso e riservato.” Le si rivolse la macchina, guardandola senza mostrare un’espressione, senza una tonalità, senza un’emozione.

 

“ Non per quello che sei, ma per essere un nostro amico.” Gli rispose allora Momoka, abbozzando un timido sorriso, per poi aggiungere:

“ Perché noi tutti ti consideriamo tale, quindi puoi stare tranquillo.”

 

“ Di questo sono contento, ma sinceramente penso sia ovvio identificare come amico un oggetto capace di sterminare i tuoi nemici e risolvere tutti i tuoi problemi.”

“ Ma allora se lo pensi, perché non fai altro che aiutarci e salvarci la vita, rischiando la tua? Noi ti chiamiamo amico, solo perché siamo sicuri di poter fare lo stesso per te, nel momento del bisogno.” La voce di Momoka divenne più determinata, facendo apparentemente desistere il biondo dal rispondere.

 

Ed infatti, solo dopo qualche secondo riaprì bocca:

“ Scusami, sono un po’ confuso e non volevo dire quello. Non sono abituato ad avere amici, ecco.”

 

“ Perché non lo vuoi ammettere, Kiiro ?”

 

E qualcosa che si pensava non esistesse, si manifestò nella macchina, scendendo in profondità tra centinaia di miliardi di reazioni chimiche nel suo corpo, per poi emergere come un geyser: un’emozione.

Più precisamente, la vera confusione.

 

Davanti agli occhi del biondo, Momoka Reader sembrò cambiare aspetto.

 

Il corridoio bianco ed illuminato si trasformò in un vicolo buio, per infine diventare un freddo involucro che annichiliva ogni luce, portandolo nell’oscurità.

 

“ Io non ho paura di dirlo …”

La voce tremò di nuovo.

“ Io non ho paura di dirlo !”


E mentre Momoka non batteva un ciglio, Kiiro si alzò in piedi, abbandonando quel suo tono robotico, ed assumendo per la prima volta una voce umana, carica di emozioni, di cuore ed anima.

“ IO ERO UN ESSERE UMANO !!”

 

Con la sua stessa mano si artigliò la maschera, come cercando di strapparla, mentre le venature sul suo collo si gonfiavano, così come il petto mentre la voce esplodeva.

“ Io ero un umano! Un UMANO!! ERO UN ESSERE UMANO !!”

 

I suoi pugni ora tremavano, per quanto erano stretti, ed abbattuti sulle pareti del corridoio.   E così rimasero, persino quando la castana gli posò le braccia sulle spalle, avvicinandosi a lui.

“ Qual era il tuo nome ?” domandò la ragazza, posando il suo mento vicino al volto del biondo.

 

La creatura chiamata Kiiro ebbe un fremito.

“ Io ora sono solo Kiiro, la macchina assassina incaricata di proteggervi.”

 

“ Ma non le senti le tue stesse emozioni? Noi ti abbiamo conosciuto come un amico, non importa chi fossi quando ancora non indossavi quella maschera.” La voce di Momoka portò una brezza di malinconia e tristezza nella mente di lui, facendo rivivere qualcosa di ancor più sepolto delle emozioni: i ricordi.

 

Proprio come prima aveva per un istante sovrapposto un ricordo alle immagini della realtà, adesso sembrava che stesse rivivendo il suo passato, come un flash back impossibile da fermare.

“ Taylor …” mormorarono le sue labbra, apparentemente senza un significato.

“ Chi era ?” domandò la Nebbia, continuando ad accarezzargli la schiena.

 

“ Taylor… mia sorella. Il mio vero nome è Pinocchio, e sono l’unico figlio maschio di Dado Emanuele Vongola.”

 

 

 

 

Italia, Emilia-Romagna. Ore 15:45.

 

A differenza di qualche ora prima, Sebastian non stava più avendo la situazione sotto controllo, con un sorriso sprezzante sulle labbra. Piuttosto, ora la sua espressione era quanto di più umano avesse mai avuto dopo gli ultimi avvenimenti.

Si muoveva iracondo tra gli schermi  in una delle basi dei Varia, senza preoccupazione di scaraventare a terra chiunque lo intralciasse, cercando disperatamente qualcosa e urlando a squarciagola.

“ Dove cazzo è?! Datemi un collegamento, voglio un collegamento !”

 

Intanto, la sua mente afflitta dalla preoccupazione, cercava di prevedere cosa sarebbe successo prima di riacquisire il collegamento con delle telecamere, in un luogo ignoto.

- Innanzitutto, se qualcuno sta attaccando la mia base principale, come ha fatto a scoprire la sua postazione? È assolutamente impossibile, io sono praticamente rimasto solo in Italia nei recenti anni !-

 

“ Ecco, Direttore! Forse abbiamo trovato una telecamera funzionante.” Strillò un suo adepto, con la paura di poter venire ucciso dal proprio Boss se non si fosse dato una mossa.

 

- Ma poi, chi diavolo è stato ?!- fu l’ultimo pensiero di Sebastian, prima che da un enorme schermo sul muro, si aprisse il collegamento dopo numerosi suoni di interferenza acustica.

 

Le immagini era quelle di un pavimento rivestito in ferro, ma ricoperto da una spessa e contorta patina di ghiaccio, dalla quale si ergevano colonne e spuntoni che trafiggevano alle pareti uomini in divisa, colorandosi di rosso.

 

- No… non può aver architettato tutto questo.-

“ Datemi anche il collegamento audio !” ordinò l’uomo, con la voce che per la tensione gli vibrava nella gola.

 

“ Era già aperto. E sai cosa ti dico? È stato un piacere sentirti così debole, impaurito come un pulcino lontano dalla chioccia.”

Una voce di donna, fredda come il gelo che stava ricoprendo quel luogo, raggiunse Sebastian, facendogli emettere un ringhio animalesco.

 

“ Magari sei davvero abbastanza forte da poter uccidere tutti i restanti Guardiani dei Vongola. Ma sei come una pedina della dama radicata nella sua posizione di partenza: se rimani immobile hai la certezza di poter mangiare chiunque ti passi davanti, ma allo stesso tempo non puoi inseguire chi si prende la dama.”

Quelle parole spietate, erano lo sfogo di una vendetta e di un rancore forse pari a quello provato dallo stesso Sebastian, ma l’uomo non poté assolutamente compatire quella donna.

 

“ Himeko Ogawa… bestia di una spia, LA FECCIA DI QUELLA FECCIA DEI VONGOLA !!”

E mentre urlava quelle maledizioni, la telecamera venne afferrata da una mano, che la portò a sé.

 

Il volto di una ragazza, ormai in età adulta, dai lunghi capelli bianchi come la neve e gli occhi di un blu profondo come l’abisso, oscurò per un secondo un panorama di morte e sangue alle spalle di lei.

Il sorriso, che un tempo splendeva sul volto di quella ragazza, ora sembrava esserle stato strappato, e non rimaneva che una smorfia di disprezzo, insieme a degli occhi incapaci di perdonare.

 

“ Riesci a sentire il tormento dentro di te, ora? Sono la manifestazione del mio odio e del mio rancore.”

Ruggì l’albina, mentre come risposta ricevette solo un grido di rabbia, seguito da urla di terrore da parte dei seguaci dei Varia all’interno della stanza.

 

Dopo qualche istante, Sebastian, ricoperto del sangue degli uomini che aveva appena squartato, e con il respiro che iniziava a mancargli dalla gola, riprese a parlare.

“ Come… hai fatto ?” La domanda fu breve, e per un secondo sembrò una richiesta di pietà.

 

“ La tua debolezza, in questa tua ultima giocata di un mese, è stata il limite di tempo deciso da Tengoku e Xian durante la Festa della Famiglia, il 29 Marzo. Hai dovuto prepararti degli obbiettivi, e deciso a concludere tutto prima possibile, hai anche provato ad accelerare i tempi: ingaggiare Providence, i Cavalieri dell’Apocalisse, uccidere i Guardiani… uccidere Corex …” pronunciando le ultime parole fu la voce di Himeko, Guardiana della Neve dei Vongola a vacillare.

 

“ Ma, allo stesso tempo, hai deciso di scartare delle carte quando ne andavi a pescare delle altre… e ormai avevi dimenticato qualcosa di importante, che inaspettatamente si è ritrovato nel mio mazzo.”

 

Himeko aveva perso Corex, il suo più importante compagno fin dall’adolescenza, quando entrambi erano dei semplici adolescenti felici, non curanti delle questioni della Mafia o delle Famiglie.

Si erano conosciuti, si erano amati, collaborando anche da Famiglie diverse, ma non riuscirono mai ad organizzare un matrimonio, a causa della morte prematura di Tancredi Licaone. E adesso, la ragazza sapeva che non avrebbe mai più potuto coronare il suo sogno, di unirsi per sempre a Corex e di poter nuovamente vivere felici e senza preoccupazioni come quando erano giovani.

 

Quella era la sua vendetta.

 

“ Il tuo errore è stato di risparmiare Yuni, la Principessa degli Arcobaleno, l’unica capace di prevedere il futuro grazie alle sue abilità sciamaniche.”

 

- COSA ?!- in quel momento, Sebastian iniziò a distruggersi dall’interno, a causa di quell’enorme errore commesso, che sembrava aver appena ribaltato le carte in tavola.

“ Non è possibile, per poter prevedere il futuro, o leggere le informazioni di una persona, non può semplicemente… semplicemente…” Prendendosi il volto fra le mani, però l’uomo non riusciva proprio a darsi una spiegazione.

 

“ Che succede, vorresti uccidermi adesso? Penso proprio che non potrai, ora che sono così lontana da te, ma così vicina a questo posto che sembri voler proteggere tanto.”

La Guardiana della Neve forgiò, grazie alle gelide e pure fiamme bianche, degli artigli di ghiaccio nella sua mano sinistra.

“ Perché questo, secondo la predizione di Yuni, sembra essere il luogo dove è custodito il tuo segreto.”

 

Sebastian non aveva perso assolutamente nulla. L’allontanamento di una Guardiana dai Vongola in realtà sarebbe stato solo un’ulteriore velocizzazione dei piani.

Esattamente come aveva fatto notare, però, era un uomo dalla mente estremamente contorta, e tutto il suo rancore, l’odio che l’aveva portato a trascendere i limiti della natura… era stato causato da qualcosa.

E quel qualcosa doveva saperlo solo ed esclusivamente lui.

 

Platino, seppur fosse al corrente di un falso piano, sapeva benissimo che il pensiero degli assassini riuniti sotto il nome di Anonimato, Estraneo, o Bravi, era solo una balla. Non sarebbe esistito nessun figlio dei demoni, nessun ultimo erede della Stirpe Maledetta dei Vongola.

Ma il vero piano, l’unica e sola ragione di vita per Sebastian, non poteva venir saputo… toccato, sfiorato neanche col pensiero da nessuno!

 

E fu dunque così che l’uomo interruppe la comunicazione con la Guardiana.

Silenziosamente, si aggiustò il colletto della camicia viola a strisce rosse che indossava, per poi pulirsi una macchia di sangue sul naso. Il suo volto era indecifrabile, come se una massa di oscurità lo stesse ricoprendo, mascherando qualsiasi pensiero la sua mente ormai contorta stesse producendo.

 

 

 

 

Roma. 15:50

 

Era lì.

La macchina era parcheggiata esattamente sotto l’hotel, insospettabile nel via vai sulle strade della capitale italiana. Gli unici occhi che la osservavano provenivano da una finestra, poco più in alto.

 

Una mano poggiata sul vetro, ma incapace di coprire quella vettura, di nasconderla dallo sguardo.

 

“ Dai… ti stiamo aspettando.”

Una voce, con un tono dolce e per niente di rimprovero, non voleva in realtà suscitare il ragazzo a venire.

Perché Azura sapeva quanto fosse per Tengoku, esattamente come lo era per lei.

 

La stanza del bruno era stata ripulita, i restanti cinque li aspettavano davanti all’ingresso, ma loro due non riuscivano a scendere: Azura senza Tengoku, e Tengoku senza la propria forza.

 

“ Salire su quella macchina vorrà dire andare avanti, vero ?” chiese il ragazzo, forse più a se stesso che all’amica. Tuttavia la risposta arrivò lo stesso.

“ Che senso avrebbe adesso fingere di poter rimanere fermi per sempre? Possiamo solo andare avanti.”

La mano della rossa sfiorò la schiena di lui, stringendogli la giacca che ricopriva la tuta da combattimento.

 

“ Però …” Sussurrò lui, con il minimo movimento delle labbra.

“ No. Se è questo ciò che ti chiedi, io penso che questo non sia una strada a senso unico. Voglio  credere che da ora in poi troveremo solo tante diramazioni e scelte da intraprendere.

 

“ Già, abbiamo fatto davvero molta strada.”

I pensieri dei due giovani erano rivolti a quelle giornate a Namimori, dove erano solo loro due, Drake ed Akane… e ovviamente Reborn. Il sole, la luna, la scuola, le vacanze, niente sembrava porre fine alle loro avventure.

E da quel piccolo paradiso, erano emersi in superficie, assieme a tutte le piccole verità di quel mondo. Così avevano scoperto di non poter sentirsi soli, mai e poi mai, davanti alle difficoltà.

 

“ Non capisco proprio come possa essere arrivato così avanti. Io non mi sento più me stesso… sono cambiato dentro.”

Ma con quella frase, il ragazzo dai capelli bruni con il piccolo ciuffo bianco, aveva appena rivelato ciò che temeva di dire in assoluto. Si sentiva fragile ora.

 

“ Hai paura di star diventando come tuo padre, vero ?” Azura gli si avvicinò, fino a quando l’uno al fianco dell’altro, guardando entrambi fuori dalla finestra.

Tengoku non rispose immediatamente, gli ci volle un po’ di tempo per decifrare i propri sentimenti.

“ Penso solo che vorrei rimanere felice per sempre, senza dovermi legare alla Famiglia Vongola. Io… voglio solo essere per sempre con voi tutti, con Reborn, con Veronica e… e…”

 

Con i suoi genitori. Non riuscì a dirlo, gli era troppo difficile, ma Azura lo comprese ugualmente.

 

Il silenzio calò nuovamente in quella stanza.

 

“ Resti comunque il migliore.“

 

E in quattro occhi, due verdi e due azzurri, che si illuminavano come piccole stelle notturne in un istante di silenzio, rimase custodito un piccolo segreto.

Un bacio che la rossa aveva appena rubato al suo amico, nel momento più impensabile di sempre, all’apparenza. Perché infatti in quell’istante convergevano tutti i loro ricordi, le loro paure, tutte le volte in cui ognuno di loro aveva pregato per il bene dell’altro.

 

Per questo adesso, anche se Tengoku stava venendo trascinando per un braccio fino all’ingresso, le paure nella sua mente non prendevano più il controllo.

 

Perché ora sapeva di essere il migliore.

 

 

 

( Consigliato l’ascolto della opening Stand Proud, durante la lettura della seguente parte: https://www.youtube.com/watch?v=EDf61rwxi1I )

 

 

 

Il 26 Aprile, alle ore 16:00, tre macchine partirono da Roma, capitale dell’Italia, dirette verso Venezia.

Le vetture stavano accompagnando sette giovani verso il termine di una missione di vitale importanza.

Una missione iniziata il 29 Marzo, con la dichiarazione di guerra di Xian, figlia di Xanxus, contraria al passaggio del titolo di Boss su Tengoku Marco Sawada.

Da allora, Ten, Azura, Drake, Akane, Akira, Momoka, Kevin, Kiiro, hanno pianto, riso, condiviso vittorie, successi e fallimenti. Rimanendo insieme fino alla fine, dal momento nel quale sono fuoriusciti da delle bare in Sud Italia, ed iniziando un periodo di mortali allenamenti sotto la supervisione di Reborn.

 

In un viaggio dove hanno scoperto le crudeltà del mondo, e quali peccati l’essere umano fosse disposto a compiere per esaudire i propri desideri, sono sopravvissuti privi da queste tentazioni, ma forgiati nello spirito.

 

Ma ora che è stato smascherato Sebastian dietro la mossa di Xanxus e Xian, cosa riserverà il destino per questi giovani?

Quale sarà la decisione di Giustizia quando ritroverà il figlio Kevin?

Cosa nasconde Taylor, attuale fidanzata di Devon, ora che si è rivelata essere una delle figlie di Dado Emanuele Vongola, all’interno della nuova terribile organizzazione che comprende Anonimato, Varia e Bravi?

Qual è il segreto di Sebastian, e cosa cerca da Tengoku? Ma soprattutto, qual è il motivo della sua vendetta? Himeko Hogawa riuscirà a scoprirlo, per vendicare il suo amato Corex?

 

 

Ormai le ore scorrono troppo velocemente per poter essere afferrate e trattenute.

Non c’è tempo da perdere!

 

 

 

 

Nel frattempo, all’aeroporto Marco Polo, a poca distanza da Venezia,  due uomini stavano per uscire dalla porta principale.

“ Che stai facendo? Guarda che ci restano poche ore prima di entrare in azione.” Disse Reborn, calandosi il fedora sulla fronte per farsi ombra.

 

Al suo fianco, Yukiteru, scompigliandosi i corti capelli neri mentre si grattava la nuca, sorrise imbarazzato.

 

“ S-sì, inizia ad andare, se vuoi.”  Infine, cercando di nascondere un po’ di rossore sulle guance, cercò di mormorare a voce più bassa possibile:

“ Sai, a quest’ora chiamo sempre mia moglie quando sono lontano da casa.”

 

E ascoltando quella frase, il sicario in giacca e cravatta inarcò il sopracciglio, per poi allontanarsi sbuffando:

“ Che moccioso.”

 

Ma il trentenne, anche dopo quel commento, fu più veloce della luce nel prendere il suo cellulare. Mentre guardava il cielo sgombro da nuvole con un sorriso raggiante, pensò per l’ultima volta ai ragazzi con ottimismo.

- Forza… ce la faremo !-

 

La chiamata però squillò a vuoto, e continuò a farlo fino a quando la segreteria telefonica non rispose al posto del numero selezionato.

“ Ciaaaao, amore!! Mi manchi troppo, come stai? Io be-… uhm. Qui dici? Sì, fa caldo… da te no?”

 

 

[Story of a Family] continua… con la SAGA DELLA VERA FAMIGLIA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

 

Welcome back! Anche il viaggio di questa Saga giunge al termine, dopo un’imbarazzante durata di sedici mesi per quattordici capitoli.

Non sono proprio riuscito a mantenere la promessa di un capitolo al mese, sembrerebbe, nevvero xD?

 

Mi auguro di poter scrivere, con la terza ed ultima saga legata a Tengoku, sempre più capitoli in meno tempo. Insomma, già molti recensori hanno abbandonato la storia, non vorrei che tutti se ne andassero per i miei ritardi!

 

Ci sentiamo alla prossima, ricordatevi di aspettare l’arrivo della nuova Saga per aggiungerla alle storie preferite/seguite, in modo da non perdervi i futuri aggiornamenti.

 

Alla prossima, vi aspetto numerosi per le recensioni ^^!

 

 

 

 

EH! VOOOOOLEVIH che fosse tutto finito! Guarda, guarda che faccia… AMYGDALA SHOCK!!

 

E nulla, volevo solo informare chi non ne fosse già al corrente, ma, ecco… ho da qualche mese incominciato una nuova fan fiction, sul fandom delle Bizzarre Avventure di Jojo. Ve la consiglio tantissimo, non solo perché è scritta da me (e ora già immagino gente che proprio per questo motivo non la leggerà mai), ma anche perché se voi non sapete proprio nulla su Jojo, la mia è una storia completamente originale, o comunque dove tutto è spiegato anche per i novizi.

Fine pubblicità, ta ta ta ta.

 

 

 

 

Omake Numero 4: L’ombra.

 

“ Oh cazzo, no. Hanno ucciso Platino …” mormorò Sebastian, mentre sfogliava il giornale seduto comodamente sul suo bel divano (?).

“ Vabbè, ma come mai uno come lui era la tua ombra ?” domandò Giustizia, entrando dalla porta d’ingresso di quello strano salotto in stile serie tv anni ’90.

 

“ Ehehe, è una lunga storia …” e l’uomo iniziò a raccontare.

 

(Universo alternativo dove Platino e Sebastian si sono conosciuti all’asilo)

 

“ Vuoi eshere la mia ombra ?” chiese un bambino a quello che stava giocando con la sabbia accanto a lui.

“ Shi !” rispose quello.

 

“ Ma non è per niente una lunga storia !” provò ad obbiettare il rosso, ma Sebastian stava continuando il racconto delle innumerevoli esperienze con Platino da quel momento in avanti:

 

(Alla recita scolastica)

 

“ Non ti preoccupare Wendy !” esordì un piccolo Sebatian vestito come Peter Pan.

“ Ci penserà la mia ombra a proteggerti.” Disse, indicando la testa di Platino che sporgeva da dentro un cassetto, guardando fisso davanti a sé.

 

(All’appuntamento, in un universo alternativo dove Sebastian era un playboy al liceo)

 

“ Certo, è un bel posto, e tu sei molto simpatico… ma mi da un po’ fastidio se quel tizio continua a fissarci.” Si lamentò la ragazza che Sebastian aveva portato in un locale, riferendosi chiaramente a Platino, immobile a fissarli dal tavolo di fronte.

“ Ma chi, lui? Non ti preoccupare, è la mia ombra. E poi, anche lui è qui per un appuntamento: quella è la sua ragazza, Platinia.” Fortunatamente, Sebastian le fece notare che affianco a Platino sedeva una sua copia con una parrucca bionda in testa, ugualmente immobile a fissarli, ma maggiormente inquietante.

Fin.

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