Il serraglio

di Friedrich_L_Friede
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Demetrio ***
Capitolo 2: *** Rudy ***
Capitolo 3: *** Demetrio ***
Capitolo 4: *** Rudy ***
Capitolo 5: *** Demetrio ***
Capitolo 6: *** Eva ***
Capitolo 7: *** Demetrio ***



Capitolo 1
*** Demetrio ***


Silenzio.

Perchè mi sono svegliato nel cuore della notte?

Troppo silenzio.

Apro gli occhi e fisso l’ora proiettata sul soffitto buio della stanza.

Cazzo! Le sette e cinquanta... E la sveglia? Come ci arrivo al lavoro in tempo?

Scatto in piedi, corro in cucina e la luce che la inonda mi ferisce gli occhi, ma sono in ritardo, non posso darmi il tempo di adattarmi. Metto la moca sul fuoco, poi difilato in bagno, tre azioni necessarie eseguite in contemporanea, caffè pronto, non è uscito tutto, non importa, mi basta così, caldo e amaro. Arraffo e infilo i vestiti di ieri sera buttati sulla sedia in cucina, scarpe, fuori, mi chiudo la porta alle spalle e... no!

Un attimo.

Torno indietro e prendo cellulare e chiavi, questa volta chiudo davvero la porta e scendo le scale trotterellando sulla punta degli scalini.

Odio quando sono costretto a fare tutto di corsa. Uno dei pochi vantaggi del vivere da solo è che puoi seguire in libertà i tuoi riti quotidiani, le piccole manie viziose di un single che non ha nessuno che lo coccoli tranne lui stesso.

Apro il portone, esco sul marciapiede e giro automaticamente a destra come tutte le mattine, verso la fermata del bus. Una folata di vento mi fa incassare la testa fra le spalle, mentre un brivido mi percorre la schiena. Mi tiro il cappuccio della felpa sulla testa e me la stringo addosso con le braccia conserte sulla pancia.

Il vento alza le foglie secche sul marciapiede. Regna una pace quasi innaturale. Alzo lo sguardo sulla strada giù verso il fiume e non vedo anima viva. Questo è un quartiere residenziale, non c'è mai molta vita, ma… nessuno?

Vuoi vedere che ho fatto di nuovo la scemenza di svegliarmi presto di domenica? No, ieri non era sabato. Ho lavorato fino a tardi, sono tornato a casa e mi sono schiantato sul letto, quindi non era sabato. Festa della Repubblica o della Liberazione o di che so io? No, quelle sono in primavera e ora siamo a settembre. Il giorno... l'ultima volta che ho fatto caso alla data nell'angolo del monitor era il diciotto, quindi oggi dovrebbe essere il diciannove o il venti.

Tiro fuori dalla tasca il cellulare. Spento. Ieri lo avevo messo a caricare, o almeno mi pare.

Alzo gli occhi, alcune finestre delle case sulla strada sono chiuse, altre aperte, tende tirate, altre no. Niente di strano, la mia solita via periferica e tranquilla. Alla fermata ci sono solo io. In strada ci sono le solite poche macchine parcheggiate. Ovunque io guardi non vedo un singolo movimento, non riesco a sentire alcun rumore eccetto lo strisciare incostante delle foglie secche sull'asfalto. Strano e un po' agghiacciante.

L'autobus non arriva, inizio a pensare che non arriverà. Posso concedermi una variazione sulle mie sacrosante abitudini. Mi avvio a piedi in discesa, verso il fiume e verso il centro. Vorrei sapere con sicurezza che giorno è e che ore sono, per spiegarmi questa calma innaturale.

Due isolati più in giù c'è un'edicola.

All'incrocio do un'occhiata alle laterali. Nessuno. Questa quiete è davvero eccessiva. Anche fossero le quattro di mattina di domenica, e non lo sono, è decisamente tutto troppo tranquillo.

Proseguo nell'aria tagliente. Per essere settembre fa un po' troppo freddo, nettamente più di ieri. Ricordo di essere tornato a casa in maglietta e ora tremo nonostante la felpa. Gli alberi mi sembrano un po' spogli, ci sono tutte queste foglie a terra. Ieri invece mi pareva... mah, chi li guarda gli alberi ai lati di una strada, in realtà? 

Arrivo all'edicola, uno di quei chioschi in lamiera con la tenda davanti. Già da lontano si capiva che era chiusa. Guardo le locandine dei giornali locali: 'Aule troppo piene, genitori in rivolta' e 'Scippa l'anziana, ma finisce la benzina dello scooter'. Le solite notizie inutili. 'Diciotto settembre 2015', lo avevo detto io. Quindi oggi è il diciannove.

Bene, è ufficiale, oggi è festa per via di qualche santo che io non so e mi sono alzato presto come un imbecille, quando potevo rigirarmi sotto le coperte fino a tardi e fare le mie cose con calma.

Già che sono fuori mi berrei un altro caffè al bar qui dietro l'angolo.

Chiuso anche questo, ma che diavolo! I bar chiudono solo a Ferragosto e a Santo Stefano, e oggi non è nessuno dei due. Mi fermo all'angolo e mi guardo intorno. È tutto molto sospetto: ho sott'occhio quattro strade e in nessuna si vede una persona, un'auto, un cane. Le saracinesche sono tutte chiuse.

Devo andare in centro. Se c'è qualcuno in giro, sarà lì. Forse c'è una manifestazione e io non lo ho saputo. Come potrei? Sono anni che non guardo notiziari e non leggo giornali, tanto dicono sempre le stesse stronzate.

Cento metri più in giù vedo il negozietto dei dischi. Ci sono passato davanti tante volte. 'La bottega delle note' recita l'insegna di legno dipinto. La vetrina impolverata è piena di manifesti di concerti di band tributo e di residui di nastro adesivo.

Ecco cosa ha catturato il mio sguardo: la porta sembra aperta. I raggi del pallido sole del mattino si riflettono su frammenti di vetro sparsi ovunque. Mi avvicino alla cornice vuota della porta cercando di non fare troppo rumore. Tentativo inutile: il vetro scricchiola fortissimo sotto i miei passi. Dentro, in penombra, scorgo un uomo di spalle. Altezza medio-bassa, magro, jeans e felpa nera con il cappuccio tirato sulla testa. Il tizio sta scartabellando i vinili, ondeggia un po' il capo.

"Ehi, amico!"

Niente. Scavalco la cornice della porta e faccio ancora due passi verso di lui. I frammenti di vetro continuano a fare un rumore infernale, ma lui niente, ondeggia a ritmo.

Alzo un po' la voce: "Signore... scusi..."

Sarà sordo? Allungo la mano e gli tocco la spalla.

Il tizio scatta come una furia verso destra e finisce con le spalle contro uno scaffale da cui cadono centinaia di CD dalle copertine sgargianti.

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Capitolo 2
*** Rudy ***


'Yeah, my mama she told me don't worry about your size (Shoo wop wop, sha-ooh wop wop)'

Wow! Una copia di 'Ziggy Stardust and the spiders from Mars'. Il grande David. Questa ha ancora il cellophane, deve valere un mucchio di soldi. Questo negozio è il paese delle meraviglie. Non ci ero mai entrato. E sì che ne ho ripassati di negozi con i ragazzi. E questo? 'Thriller' originale, la copertina è un po' rovinata in un angolo. 'Electric Ladyland' del grande James Marshall Hendrix. Devo tornare con un carretto e fare pulizia per bene.

Ma che diavolo? Chi mi tocca? Oddio! Cos'è?

Mi butto di lato d'istinto e vado a sbattere contro qualcosa. Un sacco di robe cadono facendo un rumore pazzesco. Mi giro con le spalle contro lo scaffale. Il cuore mi batte a mille e sono senza fiato. Davanti a me un adulto, con un'espressione idiota sulla faccia stropicciata come se avesse dormito male, la barba di qualche giorno.

"Cazzo, zio! Vuoi farmi morire d'infarto? Miseria, che paura! Che ti credi? Di poter andare in giro a far morire di spavento la gente?"

Il tizio muove le labbra ma non sento nulla. Mi strappo gli auricolari.

"Che dicevi?"

"No, scusami ragazzino! E' che ti ho visto dalla strada, sei la prima persona che incontro stamattina, e..."

"Ma vattene, zio. Vatti a fare un giro, va!"

In qualche modo ricomincio a respirare, mi fischiano le orecchie. Lo squadro da capo a piedi: scarpe da tennis, jeans stinti e felpa grigia, maglietta bianca, sul davanti una battuta in inglese che probabilmente capisce solo lui. Una specie di nerd, ma invecchiato.

"Hai sfondato tu la porta? Che fai, rubi?"

Ma che razza di domande, adesso lo sistemo, il vecchio. Infilo le mani nelle tasche della felpa e mi do un tono.

"Senti, zio, no. Ho suonato il mio flauto magico e la porta è venuta giù di schianto e poi i dischi mi chiamavano... Rudy... Ruuudy... E io non ho potuto resistere. Ma certo che sto rubando! Non ti sei accorto che non c'è un cazzo di nessuno in giro?"

"Ah, quindi ti chiami Rudy. Ascolta Rudy, tu sai perché tutti i negozi sono chiusi? Perché non c'è nessuno."

"Tu li leggi i giornali? La TV? No? Sai quella scatola con le immagini che si muovono..."

Quell'espressione stupida e le sue sciocche domande stimolano potentemente il mio sarcasmo.

"No, Rudy, non so nulla" la sua voce si imposta su un registro cortese e paziente "Ho lavorato parecchio negli ultimi giorni e non ho sentito nessun notiziario. Mi fai la gentilezza di dirmi qualcosa?"

"Ma cosa vuoi che ti dica? Da ieri vado in giro per la città e non ho visto un accidenti di nessuno. Mi sono procurato da mangiare, ho preso un po' di cose che mi piacevano qua e là e nessuno mi ha rotto le palle."

"Si, ma la gente, dove è finita?"

"E io che ne so? Io sono uno che prende quel che viene, non mi faccio troppe domande. Mi sono svegliato, gli altri ragazzi e gli operatori erano spariti, ho preso le mie cose e sono andato."

"Operatori? Dove stavi? In un istituto?"

"Si, è una storia lunga e le solite cose. Ma tu fatti pure i cazzi tuoi, okay?"

"Sì, ma da ieri mattina non hai visto nessuno?"

"Sei duro d'orecchi? Ho detto nessuno: no uomini, no polizia, no passanti. Zero. Tu, piuttosto, da dove salti fuori?"

"Io? Io sono tornato dal lavoro ieri sera tardi, ho dormito come un sasso e stamattina mi sono svegliato pensando di dover andare a lavorare, ma qui intorno è tutto molto strano. Ho l'impressione che nessuno mi aspetti in ufficio."

Il vecchio incomincia ad annoiarmi e io da ieri sto benissimo. Non mi mancano di certo i miei compagni, o gli adulti, le regole, le rotture.

"Ci puoi scommettere, nessuno ti aspetta. Tu com'è che ti chiami, zio?"

"Demetrio."

"Beh, Demetrio, facciamo che io continuo a scegliere i miei vinili e tu ti vai a fare un giro?"

"Ma la gente? Gli altri? Se ci siamo solo noi…"

"Non mi interessa, fila, zio."

Il vecchio mi fissa per qualche secondo con la sua espressione idiota, poi finalmente infila la porta e si toglie di torno. Mi rimetto le cuffie.

"I'm all 'bout that bass, 'bout that bass Yeah it's pretty clear, I ain't no size two But I can shake it, shake it like I'm supposed to do…"

Ora va meglio. Per un attimo ho temuto che incominciasse a tempestarmi di domande, e i tuoi genitori e non hai parenti e tutta quella solita solfa. Anche perché io non ho risposte a quelle domande. Conosco solo case-famiglia, case-alloggio. Nessuna casa e basta. Questo situazione, per quanto fuori di testa sia, mi va di lusso. Ne avevo le scatole piene dei 'progetti educativi individualizzati', che alla fine vuole dire che ti devi fare tutto da solo. E cucina e rimetti a posto la stanza e corso di questo e laboratorio di quello. Neanche un attimo per fare quello che ti piace, è vita? So già che se mi metto in combutta col vecchio, quello vorrà comandarmi a bacchetta. Col cavolo.

Alla fine mi sta bene che tutte quelle persone pallose siano state portate via dagli alieni. Il fatto che non abbiano preso me, non mi meraviglia neanche un po'. Nessuno mi ha mai preso. Nessuno vuole Rudy e, al diavolo, io non voglio nessuno.

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Capitolo 3
*** Demetrio ***


Esco dal negozio e mi guardo intorno. Il vento si è calmato, ora l'aria è secca e immobile e il silenzio è assoluto. Anche tendendo l'orecchio sento solo i rumori che provengono dalla mia testa, un debole fischio, il pulsare del mio cuore. C'è un vago odore di polvere nell'aria. Anche più in giù i negozi sono tutti chiusi, le serrande abbassate. Mi incammino verso il ponte, verso il centro della città.

Avessi il cellulare carico potrei sentire Bug, oppure il Grigio o... be', la lista è finita. Sono praticamente le uniche persone che frequento. Uscire a sparare cavolate con un paio di birre in corpo è il nostro sfogo dopo quattordici ore filate al computer. Ogni tanto il Grigio propone di andare in locali dove 'si fanno conoscenze' ma io non sono proprio il tipo. Non è simpatico sentirsi chiedere dalla ragazza di turno se il gatto ti ha mangiato la lingua. Ma non riesco a ricordare, non mi pare proprio di essere uscito con i ragazzi, ieri sera. Magari Bug sarà in ufficio. Lui praticamente ci vive. Saprà qualcosa, lui sa sempre tutto prima degli altri, o almeno se la tira di sapere. In qualche modo devo scoprire cosa è successo. Questa cosa della città deserta è troppo strana.

Arrivo al ponte. Nel fiume c'è una chiatta piegata su un lato e mezza sommersa. E' verde con colori mimetici. Un mezzo militare?

Dall'altra parte del ponte inizia il centro cittadino. Ancora negozi chiusi, locali chiusi. Neanche un cane in giro. Entro in piazza Repubblica, anche il palazzo del comune è chiuso. Le pesanti porte di legno con i bassorilievi sono sbarrate. Dalle finestre non si vede un singolo movimento. La piazza sembra il set abbandonato di un film western.

Giro nella strada a sinistra, poi ancora a sinistra. L'ufficio è chiuso come tutto il resto, le tende della vetrina sono tirate, ma ho le chiavi.

Apro la porta ed entro nella reception. La luce che filtra attraverso le tende conferisce a tutti gli oggetti un aspetto verdognolo, un po' squallido e polveroso, ma tutto sembra normale, come tutti i giorni. Al banco è tutto in ordine.

Passo dietro, nel nostro 'spazio creativo'. Le postazioni sono come le ho lasciate ieri sera. Sulle lavagne ci sono gli schizzi del Grigio per la grafica del portale che ci hanno commissionato. La postazione di Bug è la solita esplosione di Post-It farciti di geroglifici: le suoi 'shortcut' e i suoi 'workaround'. Lui è il cervellone del gruppo.

Vado alla mia scrivania. Seduto sulla mia sedia allungo le mani verso il mouse e la tastiera. Chiudo gli occhi e il contatto mi regala una momentanea sensazione di normalità. Ripasso mentalmente la struttura del portale e sento l'ansia che piano piano mi abbandona. Il mio mondo, in cui posso controllare le cose, in cui non mi devo preoccupare di dire o fare la cosa giusta.

Apro gli occhi e allungo il dito verso il pulsante di accensione del computer... niente. Il castello virtuale in cui mi sono rifugiato viene giù come fosse fatto di ghiaccio maledettamente fragile e sottile. Nulla, non c'è elettricità. Anche la lampada è morta. Non c'è proprio nulla di normale o di confortante in tutto questo.

Sono solo, devo pensare a sopravvivere. I servizi essenziali! Corro in bagno e apro il rubinetto dell'acqua. Fantastico, scorre normalmente. Nella cucinetta sul retro, apro il gas. Bene, il gas c'è? Un attimo... la pressione sta scendendo e il flusso si affievolisce e poi smette. Il telefono, perché ho pensato solo ora al telefono? E' essenziale. Ma muto.

Il sole è alto e inizio ad avere fame. Nella cucinetta raccatto dei grissini e li sgranocchio guardando fuori dalla finestra.

Questa è la situazione, dunque: siamo rimasti in pochi in città. Oltre al ragazzino ci sarà pure qualcun altro in giro. Tutti gli altri se ne sono andati e io non so il perché. Ma ci sarà una spiegazione logica. Non è una bomba atomica e non è un gas velenoso, altrimenti sarei schiattato. Quindi non siamo in guerra. Di solito evacuano le città quando devono disinnescare grosse bombe inesplose, ma è solo per precauzione, non c'è un vero pericolo. Avranno fatto evacuare tutti e qualcuno è sfuggito. Qualcuno come me, che vive solo e ha il sonno pesante. Non c'è problema, devo solo procurarmi un po' di cibo e raggiungere gli altri, ovunque siano finiti. Ma non posso rimanere qui a perdere tempo. Devo darmi da fare.

Esco di nuovo in strada, lascio la porta socchiusa, credo che chiudere a chiave non sia essenziale in questa situazione. Ritorno verso casa in cerca del ragazzino.

Attraversato il ponte vedo in lontananza Rudy che sta scendendo verso di me. Gli faccio un cenno e lui risponde. Proseguiamo e ci incontriamo.

"Allora, hai completato la tua collezione di dischi?"

"Mi sono stufato, e poi il piatto non funzionava. Non c'è corrente, sai?"

"Me ne sono accorto. Mi hai detto che sei in giro da ieri. Cosa hai mangiato? Dove hai dormito?"

"Ricominci con gli interrogatori, zio? Ho preso un po' di cose in giro, poi ho dormito in una casa."

"Sei entrato sempre nello stesso modo?"

Sorride beffardo.

"Giá, il sasso magico... Sai una cosa strana? Nelle case e nei negozi che ho girato non c'era nulla di fresco. I formaggi pieni di muffa, la frutta e la verdura, secca o marcita. Mi sono arrangiato con scatolette e prodotti confezionati."

"Cosa? Portami subito in uno dei negozi che hai scassinato."

Indica con il pollice la strada alla sue spalle. Trenta metri dopo c'è una panetteria con la serranda chiusa. Rudy si infila nel vicolo a lato, salta su un un cassonetto della spazzatura, con un piccolo salto si siede sul davanzale di una finestrella e in due secondi scompare all'interno.

Lo seguo con minore agilità e atterro nell'oscuro retrobottega in mezzo ai soliti frammenti di vetro. Vado nella parte adibita a negozio, passo davanti a Rudy e allungo la mano nel banco frigo. Afferro una bottiglia di latte, mi porto verso la vetrina, la data di scadenza... 22 settembre 2015.

Apro la bottiglia, annuso... Rancido!

Mi guardo intorno. Nei contenitori dietro al banco non c'è pane, sugli scaffali a lato del negozio ci sono vari prodotti confezionati. Alcuni buchi nelle file di merendine rivelano il passaggio di Rudy.

Gli mostro la bottiglia.

"Rudy, io non so che giorno è oggi, tu lo sai? Io mi sono addormentato il diciotto settembre, se oggi è il diciannove questo latte dovrebbe scadere fra tre giorni, invece è già andato a male. Deve essergli successo qualcosa."

"Boh, sarà che il frigo è spento. Per me potrebbe essere il venti... credo. Ma perché ti frega?"

"Perché voglio capire cosa è successo. E se fosse un microrganismo, tipo un'arma biologica a cui io e te siamo immuni?"

"Io non ho visto cadaveri in giro. La gente non è morta, se ne è solo andata."

"Senti, noi dobbiamo andarcene da qui, dobbiamo trovare una macchina, trovare qualcuno. Dobbiamo capire che giorno è oggi, che fine hanno fatto tutti. Non possiamo stare qui senza far niente, dobbiamo sapere, dobbiamo dare un senso a questa situazione demenziale."

"Okay, calmati un po', zio, è tutto a posto. Intanto non c'è nessun noi. E poi la cosa mi pare semplice: la gente se ne è andata e ti ha dimenticato qui. Fine della storia."

"Benedetto ragazzo, a te può star bene di essere stato abbandonato da tutti e di fare lo sciacallo in giro per la città, ma a me no!"

Vedo il suo viso farsi scuro, forse ho fatto una gaffe. No, ho decisamente fatto una gaffe. Sarà un orfano o sarà stato abbandonato dai genitori e io... che delicatezza! Il solito genio delle relazioni umane.

"Cioè... scusami ragazzino. Senti, non possiamo rimanere qui. Potrebbe essere pericoloso, per quello che ne sappiamo. Dobbiamo trovare gli altri e unirci a loro. Forza, muoviamoci!"

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Capitolo 4
*** Rudy ***


Ritorniamo in strada. Mi sa che mi libererò di questo vecchio rompiscatole. Un po' di sano sarcasmo aiuta sempre a fare amicizia.

"Caro il mio Demetrio, ora che abbiamo scoperto che il latte va conservato in frigo ognuno per la sua strada, va bene? Ci si vede in giro."

Faccio per andarmene verso il centro, ma lui si sposta per bloccarmi.

"Credi che da solo avresti più possibilità di sopravvivere?" mormora.

"Sopravvivere? Per ora non ho avuto problemi. Ho lo zaino pieno di cose che non avrei mai potuto permettermi, la pancia piena. Va tutto molto, molto bene."

"E dimmi, quanto può durare? Come ricaricherai il tuo iPod senza corrente? Credi di poter andare avanti a merendine per sempre?"

"Ci penserò quando sarà l'ora."

È sempre più scocciante questo tizio. Lo urto con la spalla per proseguire, ma lui resiste.

"Niente luce la notte, niente riscaldamento, niente cibo caldo. Sei pronto a vivere da selvaggio?"

"Ho fatto il boy scout, più o meno, so appiccare… accendere un fuoco."

Ma quando la smette? Certo che senza corrente è un casino, in effetti. Il giradischi non funzionava e anche il mio iPod ha la batteria al quaranta per cento.

"Bene" ora sembra più remissivo e continua  a parlare spostandosi per lasciarmi passare "Allora facciamo che vai per la tua strada. Io penso che dovremmo muoverci e cercare gli altri, scoprire che diavolo è successo, ma vedo che a te non interessa. Fai come vuoi."

Lo guardo in tralice, è ovvio che sta bluffando. Psicologia inversa, crede di fregarmi? Certo che ha pensato a un sacco di cose, io invece… potrebbe anche avere ragione. Magari giro ancora un po', poi se ho bisogno di lui lo vado a cercare. Però se riesce ad andarsene e mi lascia da solo… cioè, proprio solo del tutto. Faccio qualche passo lungo il marciapiede, poi mi fermo e mi giro verso di lui. È rimasto immobile in piedi.

"Ma tu ce l'hai una macchina?" gli chiedo.

Si gira verso di me con un sorriso e dice: "No, io sono più un tipo da bicicletta, da mezzi pubblici. Ho la patente però."

Sì, la patente da cretino. 'Sono un tipo da mezzi pubblici.' Certo che questo tipo è proprio uno sfigato! Adesso mi guarda fisso, tutto concentrato, che cosa vorrà ancora?

"La rubiamo! È pieno di macchine abbandonate. Rudy, tu sai come si fa? Io ho visto i film americani, ma non ho idea di come la si faccia partire. Immagino che useremo il tuo sasso magico per aprire il finestrino, no?"

"Sì, e poi?"

Lo lascio parlare, è divertente.

"Poi dovremmo arrivare ai fili sotto il volante, fare contatto."

"E come? Nelle macchine moderne è tutto elettronico, e poi sotto al volante è tutto chiuso."

"Boh, ci sarà qualche vite da svitare."

"E il cacciavite?"

"Magari lo troviamo in qualche casa."

"Mai sentito parlare di antifurto immobilizzatore?"

Mi fissa stupito. Okay, è ora di una piccola lezione.

"Senti, zio, apprezzo la sforzo, ma fai una cosa per renderti utile: stai qui e non fare niente di stupido."

Appoggio il mio zaino davanti a lui e vado verso una casa qualunque. Passo nel giardino posteriore, sassata sul vetro della finestra e scivolo dentro. Giro un po' per la casa guardandomi intorno, magari c'è qualcosa di utile.

È tutto perfettamente in ordine, come se avessero fatto le pulizie prima di andarsene. Arredamento ordinario, un po' pacchiano. Carta da parati. Divani a fiori con le frange. Un caminetto, fotografie di lui e lei, foto di mocciosi, ritratti della famiglia insieme in posa. Altre foto di un ragazzo in divisa, di una ragazza con la corona di alloro. La ragazza con un tipo muscoloso. Mocciosi e ancora mocciosi. Che palle! Queste famigliole del Mulino Bianco mi danno il vomito. Anche nelle camere è tutto in ordine, vestiti stirati negli armadi. Come apro la porta del frigo una zaffata di marcio mi inonda le narici. Che schifo! Richiudo in fretta la porta e mi allontano per togliermi di dosso quel fetore. È una cucina, ci sarà qualcosa di utile. Frugo nel cassetto dei coltelli. Uno non troppo grande, ma affilato. Questo va bene. Avvolgo la lama in un tovagliolo e me l'infilo in tasca. Servirà.

Lo zio fuori starà friggendo. Lo vedo fuori dalla finestra della cucina. Sta lì impalato e si guarda intorno. Non è malaccio, per essere un vecchio. Cerca di essere gentile. Certo che pensare che io sia un farabutto che ruba le auto... ha quasi indovinato. Dai, la sceneggiata è durata anche troppo.

Vado nell'entrata, mobiletto, chiavi! Troppo facile.

Dal logo sulla chiave è una Volkswagen, mi pareva di aver visto una Golf bianca parcheggiata qui fuori.

Giro la serratura del portoncino, preparo la mia migliore faccia da schiaffi ed esco in veranda. Fisso Demetrio facendo tintinnare le chiavi con la mano alzata. Lui mette la sua espressione migliore, quella da ebete.

Risultato ottenuto, applausi, sipario.

Gli lancio le chiavi, lui le prende al volo e preme il pulsante. La Golf bianca risponde con uno scatto metallico e due colpi di frecce.

Montiamo a bordo, io butto lo zaino sui sedili posteriori, lui infila la chiave e la macchina si avvia al primo colpo.

Non partiamo subito.

Entrambi fissiamo con occhi sgranati lo schermo del navigatore.

"Benvenuti in Volkswagen, 15:32, 27 settembre 2015"

Una settimana! È passata una settimana!

"No... no... non ci credo, non è possibile!" balbetta guardandomi con occhi sgranati.

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Capitolo 5
*** Demetrio ***


Finalmente anche il ragazzino si stupisce per qualcosa.

Io sono completamente spiazzato. Ho dormito per otto giorni! Otto giorni!

Mi guardo nello specchietto. La mia barba è decisamente più lunga e incolta del solito.

Ma... una settimana? Non si può dormire per più di una settimana ininterrottamente, si dovrà pure andare al bagno, si dovrà mangiare e bere! E' pazzesco!

Le mani aggrappate al volante, lo sguardo fisso al cruscotto, sento che se mi concentro su qualcosa la testa mi gira meno. Non riesco assolutamente a crederci. Non riesco a dare un senso a tutto questo, ma devo almeno cercare di calmarmi. Respiri profondi. Respirare lentamente e a fondo. Lentamente... e a fondo.

Va un po' meglio, anche Rudy ha ripreso la sua solita aria sufficiente e guarda apatico dal finestrino.

"Andiamo?"

"Mm-mm" annuisce il ragazzino.

Metto la marcia e faccio inversione. L'abitudine mi porta a guardare se arriva qualcuno e a mettere la freccia. Ma per chi? Non c'è nessuno.

Guido verso la periferia, sempre dritto, file di case, qualche incrocio. All'inizio rallento a ogni semaforo, poi sempre meno, incrocio dopo incrocio, tanto i semafori sono spenti.

Incontrare un'altra macchina con qualcuno a bordo sarebbe la notizia migliore della giornata. Farci un incidente sarebbe invece un'atroce assurdità. Ricomincio a rallentare e a guardare le strade a destra e a sinistra. Certe abitudini sono dure a morire.

Le case finiscono e inizia la campagna, deserta come la nostra cittadina. Campi, campi, ancora campi. In uno vediamo una mucca che bruca l'erba. Al nostro passaggio alza la testa a fissarci con l'espressione mite e disinteressata tipica di un bovino. Rudy invece pare apprezzare: si volta con il viso appiccicato al finestrino e la segue fino a che non scompare in lontananza, proprio come un bambino, poi si appoggia di nuovo allo schienale e rimette la sua espressione da uomo vissuto.

Io memorizzo il luogo, non si sa mai. Se siamo rimasti soli al mondo, una mucca può tornare utile.

Proseguiamo, curva dopo curva, due chilometri, cinque.

"Tu che fai, Rudy? Vai a scuola?"

"Scuola dell'obbligo, zio, non si può fare a meno."

"Già… E vai bene a scuola?"

"Me la cavo."

Il silenzio scende di nuovo tra noi. Il ragazzino incrocia le braccia sul petto. Non ha intenzione di fare conversazione, ma io ho bisogno di parlare, di scacciare questo senso di solitudine.

"E ti piace la musica."

"A chi non piace la musica?"

"Hai un gruppo preferito?"

"Sì, più di uno."

"Qualche esempio?"

"Twenty one pilots, dice qualcosa?"

"Mi sembra. Qualche canzone?"

"Ok, non li conosci. My chemical romance, Bastille?"

"I Bastille li ho già sentiti."

"Bravo."

Non si riesce proprio a parlare con questo ragazzino: lascia cadere tutti i discorsi, ma io non ho alcuna intenzione di demordere.

"Ho visto che cercavi fra i vinili. Ti piace anche la roba vecchia?"

"Sì, ascolto anche musica dei tuoi tempi, tipo Elvis, i Beatles, i Doors,…"

"Ehi, piano ragazzino! Quando Jim Morrison è morto io non ero ancora nato.”

“Ah, davvero? Ti facevo più vecchio.”

“Sei gentile."

"No, non lo sono."

Ancora una volta gira il volto verso il finestrino cercando di ignorarmi.

"E tu suoni?"

"Mm-mm, chitarra."

"Sei un accidenti di chiacchierone, eh?"

“Che vuoi dire?”

“Che devo tirarti fuori le parole con le tenaglie.”

"Ma, non è che mi freghi molto parlare di me, non è che abbia chissà che cosa da dire. Tu vuoi proprio continuare a parlare?"

"Be’, sì, giusto per passare il tempo. Sai, per quello che ne so qui in giro ci siamo solo io e te. Se ci conosciamo un po' non è una tragedia."

"Fare conoscenza, fico! Allora, tu che musica ascolti, zio?"

"Io sento la radio tutto il giorno al lavoro, ascolto quello che passano. Però non mi ricordo mai i titoli e i cantanti."

"Argomento scartato. Che fai per vivere?"

"Sviluppo siti internet."

"Ah, potrei averne visto qualcuno?"

"Non so, hai mai visitato il sito del centro estetico Bahamas, o il portale della Associazione filatelica italiana?"

"No, decisamente no. Vivi con qualcuno, hai una donna?"

"No, vivo da solo."

"Fuori un altro argomento. Ascolta, io e te non viviamo proprio nello stesso mondo, capisci? Facciamo basta, che ne dici?"

Una donna, dice... Una volta c'era stata Patrizia.

Patrizia coda di cavallo, lentiggini e sguardo affamato, che voleva un sito internet per la sua linea di cosmetici fatti in casa. Patrizia che dopo una settimana si era trasferita da me, che girava nuda per casa spostando le mie cose per metterci le sue. Patrizia che tre mesi dopo ha lasciato solo un biglietto in cucina: 'Sei un ragazzo meraviglioso, ma la vita mi porta altrove. Non cercarmi. xxx P.'

E come trovarla? Non avevo neanche il suo numero. Il sito delle creme è ancora online, ovviamente Patrizia coda di cavallo non lo ha mai pagato. Io ogni tanto vado a vedere se ci è entrata, per capire da quale parte del mondo si colleghi. Lei non ci è entrata mai più.

Guido automaticamente mentre il mio pensiero ritorna al sapore della sua pelle e al vuoto che mi ha lasciato dentro, quando dietro l'ennesima curva vedo l'incredibile: un essere umano che saltella e si sbraccia.

"Hei, zio, guarda, c'è una persona!"

Rudy abbandona la sua aria di sufficienza e indica la strada tutto eccitato. 

Mi avvicino, sembra una donna, sempre più vicino, rallento fino a fermarmi a dieci metri da lei.

Lei corre verso di noi.

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Capitolo 6
*** Eva ***


Comincio a essere terribilmente stanca. Sono più di due ore che cammino, un piede davanti all'altro cercando di non pensare. Se penso finisce che mi metto seduta qui, a bordo strada, e mi lascio morire. Invece no, devo tenere duro, devo proseguire. Devo trovare un altro posto per la prossima notte.

Stanotte mi sono addormentata solo per la stanchezza. Anche se non ho visto o sentito nulla, avevo tanta paura. Dormire sola in una casa estranea e vuota con tutto questo silenzio, senza luce, è stato orribile.

Il mio piano è buono. Per lo meno non mi viene in mente nessuna soluzione migliore. Porto con me provviste per due giorni e cammino in linea retta. Prima o poi incontrerò qualcuno, o qualcosa. Arriveranno i soccorsi o l'esercito, la protezione civile. Non possono essere semplicemente spariti tutti.

Qui più avanti ci deve essere un paese, quello dove andavamo a mangiare la grigliata, in quel posto... Luca lo chiamava "da Gigi il maiale" in onore del servizio pessimo, ma non ricordo il nome vero.

Quanto mi manca Luca! Se fosse qui con me sarebbe tutto diverso. Dove diavolo sarà andato? Perché mi ha abbandonata qui da sola?

Io non sono mai stata brava a stare sola. Sono sempre passata da un ragazzo all'altro, da uno stronzo all'altro a essere onesta, fino a che non ho conosciuto lui. Un giovane dottore carino e intelligente e un'infermiera: un classico di banalità in cui non avrei mai voluto cadere. Lui però mi faceva ridere, mi faceva sentire protetta. È adesso è sparito, come tutti gli altri, senza lasciarmi neppure un biglietto o un messaggio. Ha preso le chiavi di casa, la macchina, la sua borsa da dottore. Non le ho trovate in casa. Non posso credere che mi abbia abbandonata apposta, non è da lui. Forse quel che è successo non gli ha lasciato scelta, oppure ha dovuto scegliere fra lui e me. Forse è stato costretto, oppure lo hanno semplicemente chiamato dall'ospedale. 

Acqua! Mi fermo un attimo per tirare fuori la bottiglia dallo zaino e bevo due sorsate.

Va bene, proseguiamo. Avanti, Eva, non darti per vinta, cammina!

Sto iniziando a parlare con me stessa, starò andando fuori di testa? È questo silenzio innaturale. Non c'è nessuno, nessuno da nessuna parte e il cervello continua a lavorare e lavorare. Ci sono quelli esperimenti sulla deprivazione sensoriale: senza i normali stimoli uno può diventare pazzo nel giro di poche ore. Ma io non sto diventando pazza. Mi sono prefissa uno scopo e lo sto seguendo. Proseguire in linea retta. Mi oriento col sole, seguo le strade. Prima o poi incontrerò qualcuno, ne sono certa.

Un rumore. Cos'è questo rumore? Me lo sto sognando? Sembra... no, non può essere!

Sembra una macchina. Mi giro verso la strada da cui sono venuta. Il rumore è sempre più forte.

Da dietro la curva sbuca un'auto bianca, viene verso di me.

Oh, Dio, ti ringrazio!

Inizio a saltare e a gridare.

"Qui, sono qui! Ehi, sono qui!"

La macchina rallenta e si ferma a pochi metri da me, corro verso di loro, sono in due a bordo.

Vado verso il lato del passeggero, il ragazzo a bordo abbassa il finestrino.

"Ciao, io mi chiamo Eva. Tu chi sei?"

Devo sembrare un po' isterica, mi scappano delle risatine, ma sono troppo felice di aver trovato qualcuno.

"Rudy."

Il ragazzino distoglie lo sguardo, rimane seduto al suo posto con aria annoiata. Dall'altro lato esce un uomo di una quarantina d'anni. Corre intorno all'auto.

"Ciao, io sono Demetrio. Che bello incontrare qualcuno!"

Praticamente gli salto addosso, lo abbraccio saltellando, non riesco a fermarmi. Lui rimane un po' perplesso con le braccia lungo il corpo.

Mi stacco da lui, intanto anche il ragazzino è sceso dalla macchina.

"Da dove venite? Dove state andando? Cosa è successo? Avete visto altre persone? Dove sono finiti gli altri?"

"Piano, piano. Veniamo dalla città, stiamo cercando anche noi di capirci qualcosa. Ci siamo svegliati stamattina, veramente Rudy si è svegliato ieri, e tutto era così, abbandonato, solo noi in giro. Non ho idea di cosa sia successo, so solo che abbiamo dormito per giorni. Tu da dove arrivi?"

"Anche io mi sono svegliata ieri, ho girato un po' nel mio quartiere in cerca di altre persone. Ho suonato i campanelli dei vicini, poi sono andata a cercare gli amici. Non ho trovato nessuno. Alla fine sono tornata a casa, stanchissima, ho pianto. Dopo mi sono fatta coraggio, ho messo un po' di cose nello zaino e mi sono incamminata. Stanotte ho dormito in una villetta vicino alla strada, la porta sul retro era aperta. Speravo che voi sapeste qualcosa. Io non ci capisco nulla, è tutto così pazzesco. Sembra di essere in uno di quei telefilm, hai presente Survivors?"

"Già. Non ci avevo pensato."

"Cos'è Survivors?"

"Eh Rudy, tu sei troppo giovane, era un telefilm degli anni settanta in cui un virus letale aveva ucciso il novantanove per cento della popolazione mondiale."

"Ah, un po' come noi. Allora è un virus?"

"Questo non lo sappiamo. Di sicuro non abbiamo trovato cadaveri in giro, giusto?"

"Un vero peccato, ci mancano giusto i cadaveri. Giusto per sapere, Survivors come andava a finire?"

"Mah, non mi ricordo, non molto bene, credo. Ricordo che le persone si riunivano in piccoli gruppi ed erano diffidenti verso gli altri, lottavano per il cibo e le risorse. Speriamo di non ridurci così..."

"Voi due dove stavate andando?" interviene Eva.

"Stavamo andando da qualche parte in cerca di qualcuno. Magari qualcuno che possa dirci qualcosa. Con la macchina si fa prima. Ti unisci a noi?"

"Certo, volentieri!"

"Sali dietro."

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Capitolo 7
*** Demetrio ***


Saliamo in macchina, Rudy sempre di fianco a me, Eva dietro.

Dopo qualche centinaio di metri prendo coraggio e la guardo attraverso lo specchietto. Lei mi risponde con un sorriso.

È bella. Avrà trent'anni, più o meno. Biondo cenere con dei grandi occhi chiari. Simpatica e decisamente meno timida di me. Quel suo slancio di prima mi ha imbarazzato. È la donna che mi si è avvicinata di più da almeno due anni. Sì, l'ultima è stata Patrizia e non sono ancora sicuro di essermi ripreso del tutto.

Rudy ha ripreso la sua posa da uomo vissuto, Eva guarda a destra e a sinistra con aria leggermente ansiosa. Ogni tanto fruga nello zaino, ogni tanto si ferma a guardarmi nello specchietto. Io fisso la strada ma sento il suo sguardo cercare il mio.

Dopo pochi chilometri di nulla arriviamo a Borgo e fermo la macchina in piazza. Scendiamo, ci guardiamo intorno ma nulla si muove.

"Che facciamo, ragazzi? Proviamo a fare un giro, a cercare qualcuno?"

"Mmm" il solito linguaggio di Rudy...

"Secondo me è inutile. Io vi ho sentiti arrivare da lontano in tutto questo silenzio. Se ci fosse qualcuno ci sarebbe già venuto incontro."

"Va bene Eva, proseguiamo."

Riparto, rimaniamo in silenzio per alcuni chilometri, ognuno perso nei suoi pensieri. Io sono piuttosto convinto che ci sia stato un ordine di evacuazione per qualche pericolo, una bomba, un possibile alluvione. È impossibile raggiungere tutti. Noi siamo semplicemente sfuggiti. Magari abbiamo preso un virus che ci ha fatto dormire in preda alla febbre per tutti questi giorni. La cosa rimane strana. Perché solo noi? È poi non c’è alcun collegamento fra Eva, Rudy e me. Fino a poco tempo fa non sapevo neppure che esistessero. Cosa ci accomuna?

Guido distratto, quasi assorto, ma un dettaglio fuori posto cattura la mia attenzione: in fondo al rettilineo c'è qualcosa di strano, come una linea grigia.

Proseguo a velocità moderata, la linea diventa più alta. È... Cristo Santo, non ci posso credere.

Un muro!

Arrivo fino a pochi metri, mi fermo e scendo, appoggiato allo sportello. Scendono anche gli altri due. Stiamo tutti con lo sguardo alzato a fissare la sommità di un muro in cemento alto almeno tre metri con del filo spinato a spirale sulla cima e un aspetto maledettamente solido. Guardo a destra e a sinistra: il muro continua fino a sparire alla vista in entrambe le direzioni.

"E adesso?" chiede Eva.

Mi giro verso di lei allargando le braccia come a dire: 'e io che ne so?'

“Ci hanno chiuso fuori” dice Rudy con aria triste.

“Per ora sappiamo solo che qui c’è un muro. Forse finisce da qualche parte. E poi siamo chiusi fuori o siamo chiusi dentro?”

“Dalla curvatura non si capisce” interviene Eva “sembra dritto in tutte e due le direzioni.”

“Potrebbe dividere in due qualcosa. Forse siamo solo ‘da questa parte’”

“Dentro, fuori, di qua, di lá. Cosa cambia?” dice Rudy sconsolato “C’è un cazzo di muro e non possiamo superarlo. Gli altri sono di là e noi non possiamo raggiungerli. Ci hanno tagliato fuori e questo è tutto.”

“Vediamo, forse possiamo fare qualcosa.”

Mi avvicino al muro per guardarlo meglio. E' in blocchi di cemento appoggiati l’uno all’altro. Niente malta nelle fughe, ma gli interstizi sono troppo sottili per infilarci le dita o qualcos'altro. Non passa neppure la luce. Sembra prefabbricato, fatto in fretta e senza troppa cura, ma il materiale è solido, non ha l’aspetto di qualcosa che si possa sfondare facilmente. Di scalarlo non se ne parla, non ci sono appigli.

Mi guardo intorno. Ci fosse un albero da scalare... no: tutti gli alberi fino ad almeno cinquanta metri dal muro sono stati abbattuti. Si vedono i ciocchi che spuntano appena dal terreno, segati alla base di fresco. I tronchi sono stati portati via in direzione del muro, a giudicare dai solchi recenti nel terreno.

"Potremmo lanciarci la Golf a tutta velocità!" Sbotta Rudy a un tratto.

"Non so se la macchina possa abbattere il muro, ma di sicuro ci troveremmo senza auto, e il paese dove ne ho viste altre è ad almeno cinque chilometri da qui."

"Allora andiamo a prenderne un'altra! Tu, Eva, sai guidare?"

"Si, ho la patente, però... sentite, un muro avrà anche un varco, un cancello, perché non proviamo a costeggiarlo in una delle due direzioni per cercare un passaggio?"

"Buona idea!"

"Per me è meglio sfondarlo, ma fate voi."

Risaliamo in macchina.

“Destra o sinistra?” chiedo ai miei compagni.

“Chi se ne frega? Vai” dice Rudy.

“Vai a destra, così puoi vedere meglio il muro dal finestrino”

“Buona idea, Eva” le sorrido nello specchietto.

Anche lei si porta sul sedile di sinistra, dietro a me, e ripartiamo. Chissà che la destra ci porti bene. Procedo con cautela fuori dalla strada asfaltata sul terreno compatto. Dopo trecento metri capisco a cosa servono i fuoristrada: c'è un piccolo fossato che ci separa da un campo pieno di stoppie. Non è questo grande ostacolo, ma la Golf non riuscirebbe mai a superarlo.

Mi fermo e appoggio la fronte sulla corona del volante. Credo di aver raggiunto il limite della mia tolleranza. Ostacoli, niente altro che ostacoli ho incontrato da stamattina. Fortuna che ho incontrato questi due disperati come me, altrimenti…

Non riesco proprio a immaginare cosa io possa aver mai fatto per meritare questo inferno. Io sono un uomo tranquillo, lavoro, rispetto le leggi, pago le tasse. Forse non sono l’individuo più altruista del mondo, ma non credo che mi si possa definire una persona cattiva. Rudy forse, ma in realtà è solo un adolescente sfortunato e arrabbiato con la sua misera vita. Eva mi pare una brava ragazza. Perché noi?

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