Sam e il destino della galassia

di Friedrich_L_Friede
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La densitometria della zolla ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La calda luce del sole di una domenica  mattina di primavera filtra dalle tende rosa e si posa sul mio cuscino. Adoro la domenica, è l’unico giorno in cui posso passare un po' di tempo con papà.

Rigirarmi pigramente nel letto, fare la doccia con calma, lasciare che l'acqua bollente mi lessi la pelle, vestirmi con l'abbigliamento sportivo più liso e sfondato che ho, sono tutti piaceri impareggiabili.

Lascio cadere a terra il pigiama e mi studio allo specchio: i capelli biondi, quasi bianchi, tipici  di noi Stardust mi scendono disordinati lungo spalle magre e dritte, il seno è ancora un po’ acerbo, ma sta acquistando pienezza.

Quello che proprio non va sono le gambe e le braccia: scheletriche e mollicce. Non posso lamentarmi, data la mia nota allergia a qualsiasi forma di attività sportiva, ma dovrò decidermi a fare qualcosa per dare un po’ di tono. 

Dopo la doccia mi drappeggiò un telo di spugna intorno al corpo, un asciugamani come turbante, mi asciugo e infilo un pantalone della tuta e una t-shirt per andare in cucina.

È decisamente domenica. Papà legge il giornale seduto di traverso rispetto al caffè fumante sulla tavola, mamma guarda il cellulare mangiando i ‘pancakes’ con lo sciroppo d'acero, i miei preferiti.

"Giorno a tutti…"

"Ciao tesoro!"

"Ciao Sam, dormito bene?"

"Una favola. Che si fa oggi?"

"Boh, pensavamo di andare alla casa sul lago."

"Non vorrete farci le pulizie, vero? È stata chiusa tutto l’inverno."

"No, quelle le faremo più avanti. Pensavamo a un picnic. Se vuoi puoi chiamare qualche amica, ma prima…"

Papà si alza, prende una padella e un mestolo e inizia a sbatterli: "Clang, clang, clang!"

Mamma mi si avvicina, mi prende per le spalle e inizia a scrollarmi urlando:  "Sam! Sam! Svegliati Sam!"

"Clang, clang!”

"Sam!"

"Clang, clang!”

"Svegliati Sam!"

 

***

 

"Sam, svegliati, per l'amore di Dio, devi svegliarti! Sam, forza! Tra due minuti il sergente sarà qui."

Apro gli occhi e vedo il viso di Penny, la mia vicina di branda e nuova amica. Qualche cretino sta sbattendo una tazza di latta sulle sbarre del letto.

“Ti devi alzare, tra due minuti il sergente Dubois sarà qui. Se ti trova ancora a letto sarai consegnata."

Salto giù dalla branda, sistemo le lenzuola meglio che posso, infilo la mimetica e mi metto in posizione di riposo a fianco del baule ai piedi del letto. Giro gli occhi a guardare le dieci ragazze che si trovavano di fronte a me, rigide in piedi con le gambe divaricate e le braccia dietro la schiena. Le luci al neon conferiscono alla camerata dalle nude pareti un freddo colore azzurrino. Sembrano tutte pallide, ancora più pallide di quanto provocato dalla mancanza di sonno e dalla stanchezza fisica.

Si apre la porta e Brooke, la caposquadra, grida: "Attenti!"

Scattiamo tutte all’entrata del sergente istruttore Dubois, che irrompe a lunghi e rigidi passi già gridando: "Buongiorno principesse, oggi è una splendida giornata di pioggia, tempo perfetto per una corsetta nei campi. Alle zero-otto-zero-zero, vi voglio pronte e schierate nel piazzale. Abbigliamento richiesto: mimetica e zaino da venti chili. Barate con la zavorra e mi farete cento flessioni a chilo mancante."

È incredibile come quella donna castana, bella, con i capelli raccolti a treccia e gli occhi azzurri riesca a essere così severa e terrorizzante. 

Procedendo lungo il passaggio fra i letti il sergente si ferma di colpo davanti a me e fissa a terra il suo sguardo di ghiaccio.

‘O mio Dio, cosa avrò sbagliato?’ mi chiedo in preda all’ansia, il cuore che mi martella rapido nelle orecchie.

"Stardust!" grida il sergente a cinque centimetri dal mio naso.

"Signore?"

"Zuccherino, gli stivali che ti forniamo ti sono scomodi?"

"No, signore!"

"E allora per quale maledetto motivo pensi di poterti presentare all’appello in ciabatte da doccia? Stavi forse facendo la pedicure? Deve ancora asciugarsi lo smalto, dolcezza?"

"No, ho solo scordato di mettere gli scarponi, signore."

"Perfetto Stardust, i miei complimenti. Te ne freghi tu della divisa, eh?"

"No, signore!"

Sono fregata! Ventiquattro ore in quel buco puzzolente di piscio della cella di isolamento non me le toglie nessuno.

"Sei cosciente che ora io ti devo consegnare?"

"Sì, signore!"

"E invece non ti andrà così liscia, riccioli d’oro. Oggi rimarrai tutto il giorno in ciabatte. Ti è chiaro?"

"Sì, signore!"

Finalmente il sergente prosegue nella sua marcia: "Forza signorine, avete trenta minuti da adesso, colazione e vestizione!” e se ne va facendo sbattere la porta dietro alle spalle.

Tiro un enorme sospiro di sollievo e dico rivolta a Penny: “Gli scarponi, come diavolo ho fatto a essere così stupida?”

"Poteva andarti peggio" interviene Chris posandomi il braccio muscoloso e tatuato sulle spalle "Meglio correre in ciabatte che farti un giorno nel buco, senza cibo né acqua."

Come tutti gli altri sedicenni del pianeta Terra, siamo stati prelevati da casa per essere addestrati ed entrare nell’Esercito dell’Alleanza.

Siamo qui a West Point da una settimana. Siamo la squadra 305 di quaranta elementi, venti ragazzi e venti ragazze in due camerate. Penny e Chris sono le mie uniche amiche. Penelope Salinas, di Houston, una dolce mora piccolina e tutta curve che non nasconde e non frena la sua passione per i ragazzi e Christina Feuerstein, di Amburgo, ragazzaccia tatuata e palestrata, ma con un cuore d’oro.

Le altre della squadra mi snobbano, soprattutto Brooke Wright, la caposquadra semidea fiancheggiata dalle sue stupide sacerdotesse, perché mi ritengono la più debole, lenta e demotivata. Temo che non abbiano tutti i torti. Neanche io credo veramente di potercela fare.

 

***

 

Anno 2836. Novant’anni fa i Kmeddar di Alfa Canis attaccarono la colonia su Marte. Due anni dopo attaccarono Tau Ceti B, pianeta natale dei Cetiani, con cui siamo in buoni rapporti da quattrocento anni.

Il sole dei Kmeddar sta morendo e loro vogliono altri pianeti abitabili su cui stabilirsi dopo aver sterminato le forme di vita originarie.

La terra e Tau Ceti si sono unite contro il nemico comune nell’Alleanza, con flotte di navi ed eserciti comuni.

La guerra non sta andando bene. Milioni di Terrestri e di Cetiani sono morti in battaglia. I Kmeddar non fanno prigionieri: compaiono all’improvviso in rotta di avvicinamento alle installazioni alleate, le distruggono, uccidono tutti e spariscono nello spazio.

In realtà anche l’Alleanza ha vinto delle battaglie.

La flotta Kmeddar diretta verso la terra fu intercettata alla cintura degli asteroidi e distrutta nel 2792, nella famosa battaglia di Cerere. La vittoria costò moltissime perdite.

Anche l’attacco ad Alfa Canis ebbe successo. Tutte le loro stazioni orbitanti intorno ai pianeti giganti furono distrutte, ma nessuno tornò vivo.

L’esercito ha bisogno di uomini e donne, ma quelli in età da combattimento sono ormai pochi. Per questo motivo l'Alleanza ha decisero di mandare in guerra i ‘Ragazzi del venti’, come già tutti ci chiamano.

Strappati alle famiglie, portati via dalle nostre vite per difendere la terra, per morire per lei. Siamo stati portati nei centri di addestramento dove in tre mesi dovremo trasformarci in astronauti, poi andremo per altri cinque alle accademie spaziali su Marte, dove faranno di noi dei soldati. Poi, per quelli di noi che ce la faranno, sarà la guerra.

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Capitolo 2
*** La densitometria della zolla ***


Siamo schierati sul piazzale. La pioggia cade incessante, così fitta che a malapena riesco a vedere i ragazzi due file davanti e me, così continua che ci ha già inzuppato la mimetica da testa a piedi. Penny è alla mia destra, Chris mi è davanti, rigida sull'attenti. Del sergente Williams che passa fra le file sento solo la voce che si sta avvicinando.

"Tesorini di papà, ieri avete fatto schifo. Mia nonna col treppiede avrebbe superato la metà di voi. A scuola facevate ginnastica o vi nascondevate in un angolo a fumarvi le canne? Io e il sergente Dubois abbiamo ancora due mesi per fare di voi molluschi degli uomini e delle donne e, che Dio mi fulmini qui dove sono, ci riusciremo."

La sua voce è sempre più vicina.

"Oggi vedremo se le vostre fiacche zampette possono essere utili all'Alleanza. Correrete fino alla cima del colle, girerete intorno alla ban... Dubois, che mi venga una paralisi, che razza di scemenza è questa?"

Il suo sguardo è puntato sui miei calzini bianchi che spuntano dalle ciabatte. Ecco servita un'altra figura di cacca. Dubois accorre.

"L’allieva Stardust non ha indossato gli scarponi all'appello del mattino. Per mio ordine oggi correrà in ciabatte."

"Ah, ecco, mi pareva. Allora farà il paio con Jackson, che dice che la cintura gli stringe la pancia, e quindi correrà tenendosi i pantaloni. Che squallido materiale umano siete, principesse. Mio Dio, non sono mai caduto così in basso. Dicevo, zampetterete intorno alla bandiera e riporterete le vostre chiappe mollicce fino a qui. Non provate neppure a barare. Avete tutti addosso un rilevatore GPS che ci dirà subito se non avete oltrepassato la bandiera. Gli ultimi cinque, dato che non avranno faticato più di tanto, salteranno il pranzo e andranno in caserma a tirare a lucido ogni centimetro del pavimento e dei cessi."

Interviene Dubois: "Alle uno-quattro-zero-zero sarete tutti in aula per le lezioni. Io valuterò la qualità della pulizia. Se trovo una singola macchia, stasera allenamento extra per tutti. Ora rompete le righe, tutti al traguardo. Partenza al mio colpo di pistola."

Non ce lo facciamo dire due volte e corriamo tutti alla porta da rugby che funge da partenza e arrivo.

Quaranta ragazzi, la squadra 305 del duemilaottocentoventi, stanno ammassati, bagnati e infreddoliti, pronti a partire.

Bang!

Iniziamo a correre aprendoci a ventaglio sul campo da rugby. La visibilità è davvero scarsa, solleviamo schizzi d’acqua a ogni passo, come se non bastasse quella che ci sferza dal cielo. Chris e Penny sono con me, nonostante le mie ciabatte in plastica stiamo già distanziando alcuni ragazzi fisicamente meno dotati. I supercampioni si sono già involati, ma per me non si tratta di vincere, solo di sopravvivere.

Sono zuppa da capo a piedi, ma non credo che per gli altri sia diverso. Almeno dalle mie ciabatte l’acqua entra ed esce, mentre gli stivali degli altri si stanno riempiendo.

Finché procediamo sul prato cerco di tenere un’andatura regolare per non far scivolare i piedi, anche se ogni tanto il tallone mi scivola di lato.

Alla fine del campo Chris spicca un balzo per superare il muretto di recinzione. Io passo la gamba dall’altra parte con prudenza e poi ricomincio a correre. Penny è con me, ma Chris è sparita nella pioggia.

Non riesco a capire a che punto siamo, ma sento delle voci da dietro, non dovremmo essere ultime.

Ad un certo punto in mezzo alla pioggia alla mia destra emerge una figura. È Jackson che corre tenendo con la mano la cintura dei pantaloni.

"Forza Jackson, ce la possiamo fare." gli urlo. Lui per tutta risposta mi rifila una gomitata che mi manda lunga distesa sull’erba bagnata. Maledetto. Mi rimetto in piedi e cerco una delle ciabatte che mi si è sfilata nella caduta. Mi tolgo anche l'altra, tanto non servono a molto. Non vedo più Penny. Mi metto a correre a più non posso, non mi importa di gestire il fiato, devo beccare quel porco di Jackson.

Lo trovo che sta cercando di passare attraverso i fori di una staccionata, invece di scavalcarla. Ok, sto per farmi un amico, ma ha iniziato lui. Gli pianto un piede sulla schiena e lo uso come trampolino per saltare oltre. Quel che è fatto è reso.

Nell’atterrare rotolo di nuovo a terra. Non è erba questa volta, sono zolle dissodate rese viscide dalla pioggia. Mi rialzo. Correre ora costa il doppio della fatica, con i piedi che sprofondano. In questo fango appiccicoso perdo un calzettone, ma procedo, il cuore che pompa in petto e il fiatone che si mescola all'umidità dell'aria. La pioggia che mi cola negli occhi mi offusca la vista, ma intravvedo il sedere rotondo di Penny che saltella sprofondando passo dopo passo.

"Eccomi Penny, ti ho raggiunta, dammi la mano."

Aiutandoci riusciamo a uscire dal campo dissodato. Ora la salita. In una mano ho le inutili ciabatte, con l'altra tengo saldamente il braccio di Penny. I suoi scarponi fanno presa sul terreno irregolare, ora tocca a lei aiutarmi. Mentre arranchiamo con passo regolare, superiamo alcuni ragazzi piegati in due dal fiatone o accasciati al suolo. Non arriveremo ultime!

Mio padre dice sempre: "In salita il segreto è il ritmo."

Non penso si riferisse a una marcia a piedi nudi sotto la pioggia battente, ma fa lo stesso. Cerco di evitare rocce e radici, ma non ci si vede un tubo. Qualche sasso mi ferisce i piedi. Brucia, ma devo resistere! Passo dopo passo, con regolarità, senza pensare, arriviamo in cima, sempre tenendoci per mano.

Alla bandiera troviamo un gruppetto di ragazzi che cerca di riprendere il fiato. C'è anche Chris.

"Non vi ho più viste, scusatemi."

"Non fa nulla" le rispondo "ce la siamo cavata, ma ora non fermarti, vieni con noi."

Ripartiamo tenendoci strette, Penny da un lato e Chris dall'altro mi abbracciano la vita, mentre io mi aggrappo alle loro spalle.

"Fa male?" chiede Chris indicando il mio piede nudo. Deve aver notato che ci carico poco.

"Un po'. Ce la faccio."

"Ti teniamo, così non scivoli. Forza, andiamo!"

Scendiamo la collina. Le mie amiche mi tengono. Io faccio tutto quello che posso.

Di nuovo i campi inzuppati dalla pioggia.

"Ho un'idea" dico "proviamo a quattro zampe."

Funziona! Caricando su quattro arti sprofondiamo meno. Procediamo come delle strane scimmie saltellanti e così facendo superiamo alcuni ragazzi che cercano di estirpare i piedi sprofondati nella mota. Qualcuno ci imita e ci segue.

Avanti, sempre avanti! La staccionata. Ci siamo quasi. Questa volta la supero in modo meno atletico. Quasi non riesco più a sollevare le gambe, appoggio la pancia al tronco e mi tuffo dall’altra parte. I muscoli sono andati, c'è solo la forza di volontà. Mi rialzo e ricomincio a correre, la mie amiche sono con me, corrono con me, mi impediscono di scivolare. Il muretto ci coglie di sorpresa, io ci sbatto uno stinco e rotolo nell'erba. Fa male, un dolore acuto in mezzo a tutto il dolore che proviene da ogni piccola parte del mio corpo e mi toglie il fiato. Manca solo da attraversare il campo ma non riesco a rialzarmi. Penny e Chris mi aiutano e mi incitano, ma è inutile. Anche gli ultimi, quelli che avevamo lasciato indietro, ci stanno superando.

"Andate" grido "vi raggiungo subito. Sto bene, tranquille, andate."

Loro ci pensano, sembrano poco convinte, non vogliono abbandonarmi. Poi, a un mio gesto imperioso, ripartono verso il traguardo.

Il dolore inizia a farsi sopportabile. Mi rialzo, corro, o meglio butto le gambe una davanti all’altra. Non riesco più a sollevare i piedi, il dolore agli stinchi è troppo forte. Un piede davanti all’altro, un piede davanti all’altro.

La porta, ancora due passi, uno. Mi getto a terra nell’acqua che ricopre qualsiasi cosa.

Penny si stende di fianco a me. Chris ci guarda in piedi sopra di noi, e scoppiamo a ridere, con la pioggia che mi entra in bocca rido a crepapelle.

"Prestazione pietosa, ma ce l’avete fatta, signorine. Francamente non lo davo per scontato" è il rude commento del sergente Dubois "Avete vinto una bella ripulita delle camerate."

Sarò pure ultima, dovrò sgobbare ancora e saltare il pranzo, ma è la prima prova che supero da quando sono qui. Sono piccole soddisfazioni.

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