Gli Eredi della Leggenda

di 68Keira68
(/viewuser.php?uid=32217)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1_ Prologo ***
Capitolo 2: *** 2_ Il primo pezzo del puzzle ***
Capitolo 3: *** 3_ Finalmente in viaggio ***
Capitolo 4: *** 4_ I due viaggi ***
Capitolo 5: *** 5_ Un nome, una persona, una realtà ***
Capitolo 6: *** 6_ Riconoscimenti con pericoli lontani ***
Capitolo 7: *** 7_ Torquis Marium ***
Capitolo 8: *** 8_ Nuove conoscenze e vecchie amicizie ***
Capitolo 9: *** 9_ L'amore è irrazionale ***
Capitolo 10: *** 10_Piano B ***
Capitolo 11: *** 11_Quando il passato bussa alla porta ***
Capitolo 12: *** 12_ Il rischio di sperare ***



Capitolo 1
*** 1_ Prologo ***


cappy 1

PREMESSA: Salve a ttt! Cm ho già detto è la prima volta ke scrivo una ff su Pirati dei Caraibi, e vi chiedo di nn essere troppo severi nel giudicarla, perfavore :-P! Qst è solo un'introduzione alla ff, e quindi può sembrare un po' noiosa e sarà anke un po' melodrammatica, però era essenziale ai fini della ff, se no più avanti nn si sarebbe capito niente! Andando avanti nei capitoli si entrerà più nel vivo, dove entreranno in scena quasi ttt i personaggi del film ke per ora sn assenti e ci saranno anke parecchie sorprese! Spero ke la ficcy vi piaccia e vi sarei grata se inserirete un commento dopo aver letto il cappy! Buona Lettura! 

PS Perfetto,  sn tornata al mio pc e in più ho ttt chiaro su cm fare con i codici html sopratutto grazie a Kela, Grazie! 

PPS Ho cambiato il  nome della protagonista, scusatemi per quello ke aveva prima!!! 


Copertina
           


NB La copertina è stata fatta da DjKela, quindi un enorme grazie va tutto x lei: GRAZIE!!!!!!!!!!



1_ Prologo


 L’estate finalmente era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo al mercato per fare la spesa.

Angela era una ragazza di sedici anni, quasi diciassette, aveva lunghi capelli dorati, come quelli della madre e occhi di un castano scuro, come quelli di suo padre. O per lo meno questo era quello che le avevano sempre detto, dal momento che non aveva mai avuto la fortuna di conoscere suo padre di persona. Sua madre, Annalisa Modema, era una donna vivace che lavorava nella piccola locanda del marito, suo padre addottivo, l’unica in tutta l’isola. Angela aveva sempre vissuto con lei, che l’aveva cresciuta dedicandole ogni momento della sua vita. Diceva sempre che era l’unica cosa che possedesse sul serio, l’unica cosa che le rimaneva, l’ultimo regalo che l’unico uomo che aveva amato veramente, le aveva fatto.

Secondo quello che sua madre le aveva detto, suo padre era morto, portato via dai pirati poco dopo il suo concepimento. Era un brav’uomo, e lei lo aveva amato tanto. Il dolore della separazione era sempre rimasto vivo in lei, e non aveva mai accettato veramente il fatto che se ne fosse andato. Tuttavia, dopo quasi dieci anni, era riuscita a superare abbastanza il trauma e a riposarsi, anche se non era mai riuscita a dimenticare del tutto il suo primo amore. A Angela non era mai andato a genio il suo padre adottivo, Jhonatan Blachet, un piccolo commerciante che si interessava solo ai suoi affari e il suo unico problema era quello di accumulare più soldi possibili. Non le aveva mai fatto mancare niente, questo era vero, ma il fatto che si chiamassero per nome e che non si considerassero nemmeno parte della stessa famiglia era la prova del loro odio reciproco. Però era anche vero che lei e sua madre non avevano mai avuto da lamentarsi, ma tutto sommato non riusciva a sopportarlo, specialmente per il modo in cui rinfacciava continuamente a lei e a sua madre tutti i sacrifici che lui aveva dovuto fare per mantenerle. Cosa che non era affatto vero, dato che sua madre aveva sempre lavorato anche lei insieme a lui, e che Angela per prima dava una mano tutte le volte che poteva.

Del suo vero padre non conosceva nemmeno il nome, sua madre non glielo aveva mai detto, nonostante tutte le volte che lei l’aveva pregata di dirglielo, ma dopo un po’ aveva smesso anche di chiederlo, vedendo che ogni volta che nominava o chiedeva qualcosa riguardo al suo vero padre, gli occhi di sua madre diventavano lucidi. L’unica cosa che le diceva e che non smetteva mai di ripetere era che Angela assomigliava al suo vero padre in una maniera impressionante, il modo di camminare, quello di parlare, la sua passione per l’avventura, il cacciarsi nei guai, e anche la sua innata bravura con la spada. Questa era una cosa di cui Angela andava fiera, il quant era brava con la spada, nessuno le aveva insegnato a maneggiare quell’arma, tuttavia la prima volta che ne aveva presa una in mano aveva iniziato a sferrare affondi contro avversari invisibili come se fosse la cosa più naturale del mondo e in poco tempo era diventata la ragazza che tutti i ragazzi dell’isola volevano sfidare per dimostrare di essere più abili, palloni gonfiati che Angela puntualmente disarmava in cinque secondi.

 L’infanzia di Angela quindi era stata abbastanza serena, certo le mancava la figura paterna che non aveva mai conosciuto, ma sua madre non glielo aveva mai fatto pesare troppo, offrendole tutto l’amore che poteva darle. Ultimamente però le cose non andavano più così bene.

Sua madre, Annalisa, si era ammalata gravemente di broncopolmonite. Jhonatan le aveva pagato tutte le cure che poteva, ma per ora non si erano visti miglioramenti, per i medici, sembrava non ci fosse più nulla da fare.

Però lei continuava a sperare, era sicura che la madre si sarebbe ripresa, non poteva lasciarla anche lei, no, non poteva, e questo ormai se lo ripeteva da mattina e sera da più di quattro settimane.

 

                                               *


“Buongiorno Angela, prendi un chilo di frutta come al solito?”

“Si, grazie Leonard”

Angela al mercato conosceva tutti i mercanti, e loro conoscevano tutti lei, come tutto il resto dell’isola.

D’altronde era anche difficile non notarla. Era la ragazza più particolare di tutta l’isola, di una bellezza mozza fiato ma con un caratterino invidiabile. Era forte e sicura, e spesso e volentieri sembrava un maschietto, adorava le navi, la spada, e da piccola era sempre la prima a giocare ad arrampicarsi tra gli alberi e cose del genere.

“Ti accontento subito. Ah, e tua madre come sta? So che non ci sono stati molti miglioramenti” chiese cortesemente il fruttivendolo.

 “No, è vero, non ci sono stati molti migliaramenti, ma state pur tranquillo che si riprenderà” rispose la giovane.

 “Così speriamo tutti, Angela”

 “Angie! Angela! Vieni presto! È successa una cosa orribile, devi venire! Presto!”

A urlare il suo nome era stata Maggie, la sua migliore amica. Avevano la stessa età ed erano cresciute insieme. Erano amicissime, ma non si assomigliavano per niente. Se Angela a volte poteva passare per un maschio, questo non sarebbe mai accaduto a Maggie. Era una ragazza a modo ed educata. Aveva ricevuto un’educazione ferrea dai suoi genitori, ed era l’ultima persona che cercava avventure o misteri. A Maggie piacevano le cose semplici, era una ragazza con i piedi per terra, desiderava solo costruire una famiglia da grande. Questo a totale differenza di Angela, la quale avere una famiglia era l’ultimo dei suoi pensieri, lei sognava l’avventura, le sarebbe piaciuto viaggiare con i pirati in cerca di mille tesori. Ma questi ovviamente erano pensieri proibiti per una ragazza di quella società, segreti che aveva confidato solo a lei, a Maggie, con la promessa che un giorno avrebbe lasciato Telia, e si sarebbe imbarcata su un veliero. “Maggie, ciao, ma cosa succede? Cos’è accaduto?” domandò preoccupata. Maggie aveva il fiato corto per la corsa che aveva fatto per cercarla, e dovette fermarsi un momento per riprendersi prima di poter parlare. “Angela, tua madre, è peggiorata, ha iniziato a tossire forte, non la smetteva più, e la febbre sembra essere salita, mi hanno mandato a chiamarti, presto, devi venire a casa!” speigò velocemente.

Stop. Cosa? Sua madre, peggiorata? Come poteva essere, l'aveva salutata neanche un'ora fa e stava discretamente.

Angela per un momento aveva perso coscienza di sé, non sapeva più dov’era, né cosa stava facendo, solo una cosa capiva, sua madre stava peggiorando, doveva andare da lei.

Senza pensarci buttò a terra tutto quello che aveva in mano, facendo così spargere sul marciapiede la frutta che era dentro le borse che portava, e corse a perdifiato lungo la strada che l’avrebbe portata a casa.

La casa dove abitavano era sopra la locanda e l’unico modo per accedere agli appartamenti era entrare nel locale e salire la scala che si trovava nel retrobottega. Salì i gradini tre a tre e si precipitò nella camera della madre seguita a ruota da Maggie.

 Annalisa era stesa sul letto ed era in preda a violenti attacchi di tosse. Suo marito era accanto a lei e le teneva la mano, mettendole un fazzoletto bagnato sulla fronte con quella libera.

 “Mamma!” esclamò Angela in un sussurro appena udibile. Si accostò al letto dalla parte opposta di dove si trovava il padre addottivo.

“Mamma” ripeté “cos’hai? Vado a chiamare un dottore?” chiese a voce bassa con uno sguardo pieno di angoscia nel guardare la madre ridotta in quello stato.

 “Non ce ne bisogno, l’ho già chiamato io, e la già visitata” si intromise Johnatan.

“E cos’ha detto il medico?” domandò

“Ha detto che…” ma prima che potesse finire la frase, Annalisa gli fece cenno di far parlare lei. Così tra una attaccò di tosse e l’altro riuscì a rivolgersi alla figlia.

“Angie, il dottore è già venuto. Ha detto…che sono… peggiorata.” Concluse la frase con un attacco più forte degli altri. No, non poteva essere vero, non poteva accadere, non a lei, non ora. Angela sentì le lacrime affiorarle dagli occhi e iniziare rigarle le guance.

Non era assolutamente possibile, le sembrava che tutto quello che stava accadento fosse solo un brutto incubo.

“No, piccola, non …devi piangere.”

“Mamma… per favore…”

“Ascolta, il dottore ha detto che mi resta…poco…da vivere... probabilmente..” un altro attacco di tosse le impedì di continuare la frase, così la concluse Jhonatan per lei.

“Probabilmente…non…non riuscirà…a…superare la notte” finì con amarezza e anche con un velo di rassegnata disperazione nella voce.

Nulla, il nulla era quello che allegiava nella mente di Angela. Non capiva più niente. Ma se la sua mente era vuota, di certo non lo era il suo cuore. Infatti un misto di rabbia, tristezza, desolazione, sconforto e disperazione di impadronì di lei. Rabbia, perchè non era assolutamente giusto ciò che stava accadendo, tristezza e desolazione perché senza di lei ogni cosa non aveva più senso, chi le rimaneva ora al mondo? Chi le dava un motivo per andare avanti? Sconforto e disperazione perché era cosciente che anche se la cosa era ingiusta, non poteva farci niente, se non rassegnarsi al fato.

Le sembrava tutto così irreale, sua madre non poteva lasciarla, aveva giurato che sarebbe rimasta sempre per lei, e ora un malattia se la stava portando via. Non riusciva a credere che quello che stava accadendo lo stava vivendo lei di prima persona, le sembrava di guardare la scena da fuori, da spettatrice, però le emozioni che aveva le stava provando in prima persona. E le lacrime che avevano preso lentamente a rigarle le guance ne erano una prova.

“NO!” Con un gridò si gettò tra le braccia della madre piangendo.

Annalisa rispose all’abbraccio, coccolandola e accarezzandola con dolcezza.

“Nonononononononononono, non è giusto, mamma, no, ti prego, no!” “Angela, calmati, ti prego…prima di tutto…devo dirti…una cosa importante” le disse Annalisa.

Angela si staccò un attimo dalla madre guardandola stupita, ma senza smettere di lacrimare.

Doveva dirle qualcosa di importante? Cosa c’era più importante di quello in quel momento? Sua madre la guardò in modo serio, poi, dopo un altro colpo di tosse, prese un bel respiro e disse:

“Angela, ascoltami bene. Ti ricordi…che ti dissi…che il tuo vero padre era morto,…portato via dai pirati?”

“Certo, si me lo ricordo” Papà? Cosa c’entrava ora papà!? “Ecco…io…non ti dissi tutta la verità.” Silenzio, rotto solo da qualche colpo di tosse. Cosa stava dicendo?

“Vedi…devi sapere…che tuo padre…tuo padre… è ancora…vivo”

 Cosa? Papà, vivo? L’uomo che aveva creduto morto per tutto questo tempo, vivo? Non era possibile, stava delirando probabilmente, si, delirava in preda alla febbre.

“Ma cosa stai dicendo, mamma? Non è possibile” sussurrò la ragazza decisa.

“Io ti ho mentito…ma l’ho fatto per te, credimi…non per cattiveria… Tuo padre è vivo. Non so se vorrai mai vederlo…ma dovevi sapere che almeno…che almeno era vivo”

Eppure non sembrava una persona che parlare in preda al deliro della febbre, con frasi sconnesse e ochi vacui. Era seria, le parlava seguendo un filo logico.

Ma non era possibile che ciò che le stava dicendo corrispondesse alla verità. Però...

“Mamma, come si chiama, ti supplico, dimmi il suo nome!”

 “è una storia lunga…sul bancone al piano di sotto, c’è una lettera, aprila…e …troverai tutte…le informazioni. Oh, piccola mia, perdonami, ti supplico...perdonami...Ti voglio tanto...tanto bene...e te ne vorrò ...”

 ma non riuscì a concludere la frase.

“Mamma, NO! MAMMA! No!!!!!!!”

Angela scoppiò a piangere a dirotto e si accasciò a terra, priva di forze. Anche Jhonatan pianse. Maggie corse a sostenere l’amica, ma appena le fu vicino Angela si rialzò e corse fuori dalla camera.

Non poteva stare lì, voleva scappare, correre lontano da tutto e tutti, però quando fu al piano di sotto l’occhio le cadde irrimediabilmente dove la madre le aveva detto che si trovava una lettera per lei. La prese e ricominciò a correre.

Nemmeno lei sa per quanto tempo corse, solo che quando cadde sfinita, ancora con il volto bagnato di lacrime, si ritrovò sulla spiaggia, proprio mentre c’era il tramonto e si fermò a contemplarlo. Era bello, molto bello, ma ormai ogni cosa non aveva più senso.

Sua madre era morta, e ora era sola, infinitamente sola. Non poteva crederci, era accaduto tutto troppo in fretta. Solo quella mattina l'aveva salutata prima di uscire di casa e stava bene. Oddio, stare bene non era corretto, stava male, come sempre in quegli ultimi giorni, ma era viva, l'aveva salutata sorridendo.

E ora? Se ne era andata per sempre.

Non ci poteva credere. Sentiva un vuoto incolmabile dentro. Adesso tutte le emozioni che poco prima avevano preso possesso del suo cuore erano finite, non provava più niente, era come se nulla avesse più un senso, tutto era svanito in una nuovola di fumo, tutto se ne era andato insieme a lei, insieme alla donna che per 16 anni l'aveva cresciuta e amata, l'unica persona che aveva avuto dalla nascita.

Non le importava più di niente, le sembrava di essere insensibile ad ogni cosa, probabilmente se l'avessero presa e gettata in mare non se ne sarebbe nemmeno accorta.

Poi si ricordò delle ultime parole della madre e della lettera. Suo padre. Suo padre era vivo secondo la donna.

Ma come era possibile? Lui era morto, sua madre le aveva sempre raccontato che se n'era andato, e ora, sul letto di morte, saltava su con il fatto che era ancora vivo? _ stava delirando_ pensò la giovane, e questo effettivamente avrebbe spiegato tutto, ma come esserne certi? Ora la risposta a tutte le sue domande stava tra le sue mani, nella lettera che sua madre le aveva lasciato. Da una parte voleva leggerla subito per scoprire la verità, dall'altra però aveva paura, una paura tremenda di ciò che avrebbe trovato scritto.

E se avesse scoperto che effettivamente suo padre era ancora vivo? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta lì e avrebbe continuato la sua vita come se nulla fosse o sarebbe andata a cercarlo?

In più non aveva neanche la forza di leggerla, se avesse scoperto che sua madre diceva la verità, non sapeva neanche se avrebbe retto ad un'altra notizia del genere. Però la curiosità a volte è più forte di tutto il resto.

basta con i dubbi, ora la apro e leggo, devo sapere con la mano tremante aprì la busta e inizò a leggere la lettera che in ogni caso le avrebbe cambiato la vita. Era scritta con una caligrafia minuta, la caligrafia di sua madre, precisa e piccola. Iniziò a leggere con il cuore che le batteva a mille.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2_ Il primo pezzo del puzzle ***


Nota dell'autrice: 

Salve a tutti! Eccomi, sono tornata con il secondo cappy della ff! Prima di ttt volevo dire ke ho cambiato nome alla ficcy xkè penso di averne trovato uno più azzeccato, si capirà meglio andando avanti con i cappy, cmq mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del nuovo titolo. Ora sn riuscita anke a mettere i codici, yuppi!!!!! Effettivamente era pesante da leggere in quel modo, finalmente sn riuscita ad aggiustare la cosa, grazie principalmente a DJ Kela, ke mi ha detto cm fare! Grazie!! 
Allora, in qst cappy rimane ancora ttt avvolto abbastanza nel mistero, xò si svelerà ttt più avanti, promesso! Spero di riuscire a destare la vostra curiosità!

Poi volevo ringraziare per aver commentato:
Violet: sn contenta che il primo cappy ti sia piaciuto! Ho cambiato il nome della protagonista, avevate ragione e mi scuso! Spero ke anke il secondo cappy ti piaccia.

DJ Kela: Ciao! Felicissima ke il cappy ti sia piaciuto e grazie per i complimenti! Si, hai ragione, l'ultima parte l'ho affrettata troppo, in questo cappy xò ho cercato di installare un ritmo, cm dici giustamente tu, xò nn so se ci sn riuscita molto! Accade ttt abbastanza in fretta! Johnatan effettivamente si scrive con la o dopo la J, ho sbagliato, grazie x avermelo detto! In qst cappy dovrei averlo scritto giusto ;-)! Spero ke ti piaccia il anke il 2°!

Giada: grazie x aver commentato e sn felice ke la ficcy ti piaccia! Spero ke ti piaccia anke il 2° cappy! 

Grazie anke a ttt quelli ke l'hanno solo letta!!  Ditemi cosa ne pensate di qst 2° cappy. Kisskiss a ttt 68Keira68.

2_  Il primo pezzo del puzzle

Mio piccolo Angelo,

Così la chiamava sempre la madre, e così iniziava anche quella lettera, scritta con quella calligrafia così minuta.

Quando leggerai questa lettera io non ci sarò più. La vita è breve e uno deve cercare di godersela in ogni suo attimo, e ti assicuro che io, grazie a te, non ho rimpianti. Sei una bravissima e bellissima ragazza, non mi hai mai dato neanche un dispiacere,  mi sei sempre stata accanto e  sono orgogliosa della donna che stai diventando.

 Però, forse,  a dir la verità un rimpianto ce l'ho, quello di non aver trovato il coraggio di dirti tutta la verità su tuo padre,  quando ero in vita.
Per questo ti ho scritto questa lettera, perchè devi sapere ogni cosa, ne hai il diritto.
Ti chiedo solo un ultimo favore prima di rivelarti ciò che sto per dirti, quello di non biasimarmi troppo quando avrai finito di leggere e di non odiarmi, anche se probabilmente lo meriterei, perchè quello che ho fatto lo svolto nel tuo unico interesse.
Cara Angela, tuo padre è vivo, ti ho mentito e mi dispiace. Ora penserai probabilmente che sto delirando, ma ti prego di credermi perchè questa è la verità. Dopo che sei stata concepita,  una serie  di... circostanze ha impedito che lui .... rimanesse ... con te e con me ... a casa. E da allora non ho avuto più sue notizie, ma conoscendolo ti posso assicurare che nessuno potrebbe fargli male, perciò posso affermare con sicurezza che tuo padre è vivo e vegeto. Te lo tenuto nascosto per tutti questi anni perchè dopo che io aveva passato dieci anni a sperare che tornasse, non volevo che anche tu vivessi con questa illusione, che si è rivelata futile e dolorosa. In pratica non volevo che portassi dentro al cuore una speranza che si sarebbe rivelata vana e che ti avrebbe fatto soffrire.
Ora penserai che non avevo  il diritto di tenerti nascosta una cosa del genere nemmeno se era nel tuo interesse, ma cerca di capirmi, ho cercato solo di proteggerti.
Ora non so se vorrai mai vedere tuo padre, questa è una scelta tua, posso solo dirti che semmai vorrai incontrarlo probabilmente lo troverai a Tortuga, se è rimasto l'uomo che conoscevo!
Allegata a questa lettera troverai anche un ciondolo che mi aveva regalato lui prima di andarsene. E' un oggetto molto particolare che non sono mai riuscita ad indossare, purtroppo,  ma sono sicura che tu ce la farai!
Non ti immagini quanto bene ti voglio, e non piangere per me, devi andare avanti. Vivi le tue avventure, fai avverare i tuoi sogni, questa è la cosa più importante, e non fermarti mai davanti a nulla, sii coraggiosa e vai avanti per la tua strada, qualunque cosa succeda.
Ti veglierò da quassù. Ti abbraccio forte forte.

Un bacio
Mamma

P.S.
Il nome di tuo padre è ...


Rilesse di nuovo la lettera, e poi ancora e ancora e ancora, finché non la imparò a memoria.

Le lacrime avevano nuovamente iniziato a rigarle il volto. Incredibile quante lacrime si potessero versare in un solo giorno, probabilmente aveva stabilito un record. Tuttavia non ci poteva fare niente, continuavano a scivolarle sul viso, uscendo copiose dai suoi occhi arrossati e stanchi.
Se sua madre aveva scritto quella lettera era perchè probabilmente sapeva già che doveva andarsene, e non le avevano detto nulla. Un'altra cosa da sommare all'elenco, ma oramai non aveva più importanza. Come tutto il resto.
No, qualcosa ancora c’è.
Suo padre. Suo padre era vivo, allora sua madre non delirava, diceva la verità. Non le sembrava vero. Non le sembrava possibile. Per tutti questi anni aveva creduto di essere orfana di padre e ora scopriva che anche lei ne aveva sempre avuto uno. Rilesse il Post Scrittum dove la madre aveva scritto il nome dell’uomo con la quale l'aveva concepita. Due semplici parole scritte con un inchiostro scuro, banali per chiunque le leggesse, chiunque tranne lei. Per Angela quelle parole avevano il significato di tutta una vita, la risposta alla domanda che più l'aveva assillata in tutte quegli anni, una speranza che si era accesa là dove regnava il buio più totale.

Aveva sempre paragonato la sua vita ad una specie di puzzle senza soluzione, lei era lì, incompleta, con tanti vuoti, vuoti che non sarebbe mai stati colmati, o perché non si sapeva dove e come rimettere a posto i pezzi mancanti, o perché proprio quei pezzi non c’erano. Suo padre rappresentava uno di quei vuoti incolmabili della quale si erano perse le tracce, e ora eccolo lì, il destino le dava la possibilità di trovare uno di quei pezzi, adesso doveva solo trovare il modo di recuperarlo e poi metterlo.

Ma adesso cosa avrebbe fatto? Avrebbe davvero trovato il coraggio di lasciare tutto e tutti e per cercarlo? Avrebbe sul serio lasciato la sua casa, la sua gente, le sue amiche, per inseguire un uomo della quale sapeva solo il nome? Certo, sua madre le aveva detto da dove iniziare le ricerche, a Tortuga, ma se poi lì non c'era? Avrebbe iniziato a vagare per il Mar dei Caraibi sperando in un incontro fortuito? Una cosa del genere probabilmente avrebbe richiesto anni, considerando che di suo padre non conosceva né l'aspetto, né che mestiere faceva, né i posti che frequentava, solo il nome, solo quel maledetto nome che aveva voluto sapere per così tanti anni e che ora ne era venuta a conoscenza nel peggior dei modi possibili, con la morte di sua madre.
Però, d'altro canto, non aveva neanche più niente ormai che la legava a quell’ isola. A parte Johnatan.

Partire per allontanarsi da lui potrebbe già dimostrarsi una valido motivo
Pensò la ragazza ironicamente, ma neanche più di tanto. E Maggie? L’avrebbe lasciata da sola su quest’isola, con molte probabilità di non vederla mai più?

Potrei cercare di convincerla a partire con me.
Partire? Allora vuoi proprio andartene, ha deciso?
No, non ho deciso.
E quindi cosa vuoi fare? Stare qui e lasciarti assalire dai tuoi pensieri? Rimanere su quest’isola con il tuo caro patrigno e vivere una vita di rimpianti, continuando a pensare a cosa sarebbe successo se fossi partita?
Non lo so ciò che devo fare! E ora poi sono troppo stanca per parlarne, voglio solo riposare, è chiedere troppo? Domani mattina penserò al da farsi!

Dormire, certo, è una parola. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, specialmente se i pensieri continuano ad assillarti senza darti tregua, allora l’unica cosa possibile da fare e lasciarli navigare nella tua mente.

Era calata la notte senza che Angela se ne accorgesse. Il tempo per lei sembrava essersi fermato. Continuava a guardare l’orizzonte senza però vederlo veramente. Aveva la mente preda di mille pensieri e il cuore navigava tra sentimenti contrastanti tra loro. L’Angela impulsiva, quella che si faceva guidare dal cuore, le diceva che doveva imbarcarsi al più presto e cercare suo padre, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze. Quella razionale, la parte di lei che guardava sempre i pro e i contro di ogni azione, quella che veniva fuori solo nelle decisioni più importanti, le suggeriva di rimanere lì, che era insensato e  avventato salpare per mare solo con una debole rotta, con niente di certo. E correre un rischio del genere per cosa poi? Per cercare un uomo che per tutti questi anni era rimasto assente dalla sua vita, la vita di sua figlia.

Non è stata colpa sua. È vero, l’ho pensato, ma la mamma ha spiegato bene nella lettera che è dovuto andare via poco dopo il suo concepimento, quindi probabilmente non sapeva nemmeno che mia madre era incinta di lui, quando se n’ è andato.
Ne sei sicura?
Ma certo, questo non lo metto in dubbio, che razza di persona è una che lascia la donna che ama, per di più incinta, senza un valido motivo?
Una persona che pensa solo a se stessa senza preoccuparsi di poter ferire gli altri, ovvio.
Esatto, e mio padre non è così! La mamma diceva sempre che era un brav’uomo, e ogni volta che lo nominava aveva gli occhi ancora sognanti, di certo non può essersi innamorata a tal punto di una persona egoista e senza scrupoli! Di certo avrà avuto un buon motivo, un motivo che io voglio e devo sapere.

Un bivio, ecco cosa la vita le metteva davanti, un bivio. Il destino le presentava due strade che l’avrebbero portata a vivere due vite completamente diverse tra loro, questo lo sapeva. Se fosse rimasta sull’isola, si sarebbe sposata, avrebbe avuto una famiglia e probabilmente avrebbe portata avanti la locanda del patrigno. Una vita normale, come quella di tutte le ragazze di quell’epoca, una vita che le stava stretta solo a guardarla, era vero, però un’esistenza sicura, che non prevedeva brutte sorprese, ma solo grandi rimpianti. Se invece fosse partita, si sarebbe messa sulle tracce di suo padre, salutando per sempre una vita sicura e tranquilla tra le quattro mura di casa e abbracciando un’esistenza di avventure e grandi esperienze, sia che avesse o non avesse trovato il padre. Se lo avesse trovato avrebbe iniziato a vivere con lui, qualunque fosse la sua vita, se non lo avesse trovato lo avrebbe cercato per mari in eterno,  e una volta iniziata una vita di avventure, sempre in movimento, conoscendosi, era sicura che non sarebbe mai più tornata sulla terra ferma. Cosa fare?

Continuò a pensare al suo futuro ancora a lungo, piangendo di tanto in tanto quando il pensiero della perdita appena subita riaffiorava nel suo cuore, provocando la fuori uscita di altre lacrime. Questo finché la stanchezza non prese il sopravvento e Angela non si addormentò lì, sulla spiaggia.

Quando l’alba fece capolino sul versante opposto dell’isola rispetto dove si trovava lei, Angela si destò, svegliata dalla luce che avanzava lentamente. Passati i primi secondi di disorientamento per ritrovarsi sulla spiaggia a quell’ora del mattino, la ragazza ricordò tutto, compreso quello che doveva fare, doveva vedere Maggie.

In pochi secondi fu sotto casa sua. La madre di Maggie era già alzata e preparava la colazione, e vedendo arrivare Angela, dopo averle detto alcune parole di conforto sulla morte di Annalisa, la informò che Maggie era ancora in camera sua, ma che doveva essere già sveglia.

“Grazie, signora” ringraziò Angela e salì a perdifiato le scale che portavano alla stanza di Maggie.

“Maggie!”

La ragazza piombò nella sua camera come un uragano, e trovò l’amica che ancora assonnata sedeva sul letto con l’intenzione di alzarsi e di vincere il sonno. Il vedere  Angela entrare di gran carriera in camera sua, però,  la svegliò completamente.

“Angela, che ci fai qui?” esclamò stupita, poi però, vedendo l’espressione sconvolta dell’amica, aggiunse subito “come stai? Hai bisogno di qualcosa? Siediti, su” e la fece accomodare sul letto accanto a lei. Appena si sedette Angela iniziò a parlare come un fiume in piena, senza farsi pregare. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, di condividere i suoi sentimenti e le sue idee con una persona fidata e alla quale voleva bene, e l’unica persona che rispondeva a questi requisiti, per lei era Maggie. Parlò della lettera, di cosa aveva trovato scritto, le raccontò di suo padre, dicendogli il suo nome e dove potrebbe trovarlo e la fece partecipe di tutti i pensieri che ieri sera l’avevano assalita sulla spiaggia, senza tralasciare nulla, se no sentiva che sarebbe esplosa se si fosse tenuta tutto dentro.

Maggie la ascoltava incredula. Non riusciva a collegare ciò che l’amica le raccontava con foga crescente, alla realtà che la circondava. Sembra tutto troppo irreale per essere vero. Il padre di Angela era vivo e probabilmente si trovava a Tortuga, l’isola dei pirati. E poi quel nome. Quel nome non le era nuovo, aveva come l’impressione di averlo già sentito da qualche parte, anche se non ricordava dove.

“E ora cosa intendi fare?” riuscì a dire Maggie alla fine del discorso di Angela.
“Non lo so, uffa, non lo so, per questo sono venuta da te, in cerca di un consiglio” rispose esasperata la giovane.

Maggie rifletté a lungo, dopodiché, con un dolce sorriso, prese le mani dell’amica tra le sue, e con voce calma e ferma esclamò: “Angela, ti conosco troppo bene per credere che tu voglia un consiglio da me, tu vuoi un’approvazione alla tua scelta, non un suggerimento”

Angela la fissò incredula. Un’approvazione alla sua scelta? Magari! Perché ciò avrebbe significato almeno che aveva deciso qualcosa! Ma stava lì il problema, che lei non sapeva cosa fare! Possibile che Maggie non l’avesse capito?

“Maggie, per ricevere un’approvazione sulla mia scelta, come minimo dovrei aver scelto cosa fare, ma il problema è che non so proprio cosa fare!! Per questo ho bisogno di un consiglio, comprendi?

Maggie sorrise. “Ma infatti tu hai scelto. Hai deciso di partire, ma essendo cosciente che è una decisione pericolosa, vuoi un’approvazione da qualcuno”

Angela continuava a fissarla ancora più sbalordita, sapeva qualcosa che a lei era oscuro?

Maggie proseguì. “Sono anni che mi dici che vuoi solo una scusa, un’occasione per lasciare questo posto che pare odi tanto. Mi hai sempre detto che mai e poi mai saresti finita ad ammuffire in una casa con quattro bambini e un marito che non alza un dito per aiutarti a mandare avanti la famiglia, per poi ritrovarti piena di rimpianti una volta diventata vecchia. Hai sempre affermato che saresti partita per avventura a bordo di una qualsiasi nave, proprio per scappare a questo stile di vita che tu trovi stretto, e ora che ti si presenta l’occasione buona vorresti tirarti indietro? No, certo che no, sei già pronta per partire, probabilmente il tuo cuore è già salpato per la prima nave diretta a Tortuga, l’unica cosa che ti tiene arenata qui con il corpo, è la microscopica parte razionale che fa parte del tuo essere, che si fa viva ogni tanto e che ti dice che potrebbe essere pericolo far ciò che vorresti. Perciò tu vuoi un’approvazione da me, per mettere a tacere anche quell’ultima vocina fastidiosa, non perché non vuoi partire!”

Angela rimase un attimo a riflettere in silenzio. Le affermazioni fatte da Maggie l’avevano spiazzata.

Caspita, e se quello che dice è vero? Anzi, senza il se.  Ha ragione, mi conosce più lei che io! È vero, io non voglio rimanere su quest’isola, voglio andarmene, e questa è l’occasione buona che ho aspettato e sperato per tanto tempo. Ma perché allora ho così paura di coglierla? Perché potrebbe essere pericoloso, come suggerisce la mia parte razionale.  Ma d’altronde…chi non risica non rosica. Maggie, sei fantastica.

“Maggie, sei fantastica, hai ragione, devo, no, anzi, VOGLIO partire, e subito anche! Hai assolutamente ragione!” esclamò colta dall’entusiasmo. Poi si ricordò di una cosa che aveva pensato la sera prima. “Vieni con me” disse semplicemente.

Ora era Maggie a fissarla incredula. “Cosa? No, Angie, no.”

“Perché no? Non puoi dirmi che vuoi davvero passare tutta la tua vita su quest’isola!” esclamò con forse troppa energia.

“Sai, non tutti sono come te, in cerca di avventure, qualcuno si accontenta delle cose semplici, e io faccio parte di quel qualcuno. E poi tu adesso non hai più nessuno che ti possa tenere qui, io invece ho ancora la mia famiglia, la mia casa. No Angela, non posso.”

“A me rimani ancora tu, e non voglio perderti, ti prego vieni con me”

“Angela, non insistere, no. E comunque non mi perderai mica, rimarremo amiche per sempre, e quando avrai bisogno di me, basterà che tu torni qui, e mi ritroverai! Se parti, magari dirai addio a tante cose, ma di certo non a me, se tu non vorrai”

Come al solito Maggie aveva ragione, pensò Angela. Non poteva costringerla a venir via con lei, e per quanto odiasse la sua scelta, sapeva già in partenza che non l’avrebbe mai seguita, anche se glielo aveva chiesto lo stesso.

Oh Maggie, sai benissimo che non ci sono alte probabilità di rivederci e questo probabilmente è un addio definitivo, eppure, continui a dirmi di sperare, tirandomi su di morale e aiutandomi in tutti i modi che puoi. Bene, ora sono io che dirò qualcosa a te, e non è solo una speranza, la mia è una promessa, Maggie, ci rivedremo, te lo giuro.

“Sai già come farai per lasciare l’isola?” domandò Maggie.
“Si, avevo una mezza idea. Pensavo di chiedere al capitano Teels, il capitano dell’unico mercantile che passa per la nostra isola, di darmi un passaggio fino Benprett. Salpa proprio stamattina, come sai. Da lì mi sarei messa alla ricerca di una nave diretta a Tortuga. Come ben sai qui passa solo una nave diretta alla città portuale più grande dei dintorni per alcuni scambi commerciali, quindi pretendere di andare direttamente a Tortuga è impossibile, però presumo che una volta  a Benprett troverò di certo un’imbarcazione diretta verso la mia meta.” Spiegò la ragazza.
Maggie rifletté un momento dubbiosa sul piano dell’amica, dopodiché esclamò: “Si, hai senz’altro ragione, però questo funzionerebbe fino a Benprett, perché una volta arrivata a Tortuga non ti consiglierei di rimanere in vesti femminili, ma piuttosto di travestirti da comune mozzo, darai meno nell’occhio e passeresti indisturbata” osservò.

 A questo non avevo pensato, è vero!

“Non ci avevo pensato. Maggie, sei un genio, come farei senza di te?” e scoppiarono a ridere tutte e due, dimenticando per un attimo che da lì a poco si sarebbero dovute salutare. Quando però tornarono alla realtà, smisero di ridere e si guardarono tristi.

“Allora ti saluto” sussurrò Angela. “Maggie, grazie, grazie di tutto”

Maggie sorrise e abbracciò l’amica, consapevole che probabilmente era l’ultima volta che la vedeva, ma contenta del fatto che la sua amica, la ragazza che era stata come una sorella per lei in tutti questi anni, poteva finalmente realizzare i suoi sogni, e che con un po’ di fortuna avrebbe anche ritrovato il padre che non aveva mai avuto.

“Arrivederci Angela, e buona fortuna”.

Dopo essere rimaste abbracciate un'altra manciata di secondi, Angela si staccò e con un ultimo saluto all’amica, si diresse verso casa sua, sperando di trovarci Johnatan.

Come sperato lo trovò lì. Era seduto sulla poltrona e fissava il vuoto in una posa immobile, faceva quasi paura, sembrava uno zombie.

Se è così distrutto, forse allora mia madre l’amava davvero.

Angela sia avvicinò a lui e lo svegliò dal suo stato ipnotico, scuotendolo per un braccio. Lui sembrò ridestarsi come da un sogno profondo e la guardò dritto negli occhi, tornando cosciente di sé.

“Angela, ciao, come…come stai?” domandò al quanto stupito di vederla lì, come se non fosse casa sua, e per niente preoccupato della sua assenza.

Come vuoi che stia? Fu tentata di rispondergli Angela, ma si trattenne.

“Male, e tu?”
“Male. Dove sei stata?”

Ah, allora si è accorto della mia assenza, almeno quello.

“Ho fatto un giro, dovevo schiarirmi le idee”
“Ah, ti capisco. E quella lettera, quella che parlava…cioè, l’hai letta?”

La lettera? Cosa gliene importa a lui della lettera, è una cosa che la mamma ha scritto per me!

“Si, l’ho letta”
“E cosa diceva?”.

Johnatan era tremendamente curioso, lo si vedeva lontano un miglio. Voleva sapere se ciò che aveva detto sua moglie era frutto del delirio della febbre o era la realtà, e se era vero, voleva senz’altro saperne di più.

Angela pensò all’opzione di non dirgli nulla, ma poi si disse che senz’altro la madre non sarebbe stata contenta, che avrebbe voluto che lei spiegasse a Johnatan la verità, e che alla fine era pur sempre l’uomo che l’aveva mantenuta per tutti questi anni, qualcosa gli doveva.

Così fece un bel respiro profondo e si apprestò a spiegare la soluzione. Forse era anche il metodo più semplice per poi annunciare che voleva salpare via da quell’isola. Ma prima che lei potesse aprir bocca, Johnatan parlò di nuovo.

“Insomma, tuo padre, come si chiama, dove si trova? C’era scritto nella lettera?” domandò.
“Prima non vorresti sapere se è veramente vivo o no?” esclamò irritata la ragazza.
“No, perché so già che è vivo, tua madre me lo confesso prima di sposarci” affermò lapidario.

Cosa? Johnatan sapeva che mio padre è vivo? Mia madre lo ha detto a lui prima che  a me? Come ha potuto farmi una cosa del genere?

Angela rimase incredula davanti all’affermazione del suo patrigno, non poteva credere alle sue orecchie. Lo sapeva. Lo sapeva!! Mentre a lei, che era la diretta interessata, nessuno le avevano mai detto niente!! Sentì montare la rabbia verso l’uomo che aveva davanti.

“Angela, avanti, non restare lì impalata, parla!” Johnatan la riscosse.
“Lo sapevi! Perché non me ne avete parlato prima? Perché?” esplose la ragazza, ancora sotto shock.
“Tua madre pensò che era giusto che io lo sapessi prima di sposarla, non trovava leale sposarmi senza che io sapessi la realtà sul padre della figlia che mi apprestavo ad acquisire. Invece credeva che tu non fossi ancora pronta per sapere una realtà del genere, anche se magari potevi ricevere la notizia in modo migliore, effettivamente.” ammise lui. “Però non mi ha mai voluto dire il suo nome, dicendo che lo avrei saputo quando anche tu fossi stata messa al corrente della verità” concluse.

Incredibile, mamma, perché? E ora cosa devo fare, gli dico il suo nome, non mi va, non voglio, lui non ha alcune legame con me, perché dovrei farlo partecipe della mia vita? Però, forse la mamma avrebbe voluto che glielo dicessi.

Angela era adirata contro il patrigno, e in parte anche contro la madre,  e ora non sapeva cosa fare, se far prevalere la rabbia e non raccontare nulla a Johnatan, o essere ragionevole e mettere da parte il risentimento per il momento. Incredibilmente, al contrario di quello che avrebbe fatto di solito, optò per la seconda possibilità. Così si sedette sul divanetto accanto alla poltrona e spiegò tutto a Johnatan a denti stretti, della lettera e del fatto che intendeva partire. Lui fu molto soddisfatto della spiegazione per quanto riguardava il padre della ragazza, sembrava che non aspettasse altro, e memorizzava avido ogni informazione, e anche se Angela ancora non si apprestava a rivelare il nome tanto atteso, ascoltò tutto senza fiatare. Però quando la ragazza confessò che voleva partire per cercarlo, Johnatan si contrappose furioso.

“Cosa? No! Non ci pensare nemmeno, tu da qui non ti muovi!”

Cos’è che non devo fare io? Non muovermi da qui? Ma chi ti credi di essere per ordinarmi una cosa del genere? Non sei nessuno per me! E uno dei motivi che mi spinge a partire, anche se i piccola parte, è proprio la voglia di allontanarmi da te!

Ecco la rabbia riaffiorare nel cuore di Angela. Era incredibile come quell’uomo riusciva a farla arrabbiare per ogni cosa, ma riuscì a darsi un contegno, e cercò di iniziare la discussione con la mente lucida. Lui voleva che non partisse? Avrebbe cambiato idea, non era il caso di arrabbiarsi, lei orami aveva già deciso, e di sicuro non sarebbe stata lui a farle cambiare idea, senza contare che non aveva neanche l’autorità per trattenerla, non era mica suo parente, aveva la discussione in pugno.

“Io invece me ne vado. Voglio andarmene da qui, e voglio trovare mio padre. Ormai ho deciso.” Affermò altezzosa.
“Io invece ti assicuro che da qui non te ne vai. Sii ragionevole, non puoi salpare in mare per cercare un uomo con una blanda idea di dove sia, questo lo sai anche tu, potrebbero volerci anni e anni per una ricerca de genere, e potresti anche non trovarlo mai. Allora cosa faresti? Non avresti più un posto dove stare! E nessuno che ti possa aiutare!”

Incredibile, non dirmi che ora si preoccupa per me! Pensò stupita la ragazza, ma questo non minò la sua determinazione.

“So che sarà difficile, ma almeno ci voglio provare. Ho già pensato a tutte le ipotesi possibili, a tutte le conseguenza a cui potrei andare incontro, ma rimango del parere che devo partire, non posso rimanere qui, non dopo tutto quello che è successo.” cercò di spiegargli Angela, usando un tono appena più dolce di prima.

“No, tu non sai un bel niente di come sarà una volta là fuori da sola. E poi non puoi farmi questo”

Angela rizzò le orecchie e aumentò l’attenzione. Non posso fargli cosa? Adesso gli dispiace anche che sto per lasciarlo? In tutti questi anni non ha mai mostrato tutto questo interesse nei miei confronti, non ci posso credere.

Johnatan proseguì “Ora che tua madre è morta mi rimani solo tu che possa darmi una mano alla locanda! Già dovrò accontentarmi di te, che maldestra come sei so già che combinerai un sacco di disastri, ma almeno non dovrò assumere qualcuno. Pagare uno stipendio ad una persona è molto più costoso della mancia che darei a te ogni tanto. Hai una vaga idea di quanti soldi mi faresti perdere? E poi oggi non sono neanche di buon umore, quindi non farmi arrabbiare. Sai che la maggior parte dei cittadini dell’isola hanno detto che per obbligo devo tenere chiusa la locanda per almeno una settimana per lutto? Mi faranno perdere un sacco di guadagni! Che disgrazia!”.
Detto questo si rimise le mani tra i capelli, immergendosi di nuovo nei suoi pensieri, come quando Angela lo aveva trovato.

La ragazza rimase allibita.

Cosa scusa? È per questo? Per questo ti ho trovato sul divano disperato? Per i tuoi stupiti guadagni? E si, la morte di tua moglie per te è stata proprio una disgrazia! Hai perso la tua servetta gratuita e per di più devi tenere chiusa la locanda per una settimana! Questa si che è una tragedia! Senza contare che la tua sostituta non stipendiata ti sta per mollare in asso. Mi fai letteralmente schifo, sei un persona spregevole e viscida, non ti meritavi tutto l’affetto che mia madre ti riservava!

Arrabbiata? Era riduttivo. Angela era ADIRATA!!!! Adirata contro quel viscido essere che le si parava davanti. Non riuscì più a trattenersi, ed esplose in un fiume di parole. Il pensiero che a Johnatan della morte della madre non importasse nulla era insostenibile, aveva sempre saputo che era un omuncolo avaro e senza scrupoli, che pensava solo al suo denaro, ma adesso aveva superato ogni limite.

“Cosa? È per questo motivo che ti disperi tanto? Mi fai schifo! Tua moglie è morta e tu ti preoccupi dei tuoi guadagni! Ma ti rendi conto almeno di quanto sei meschino ed egoista? In più vuoi privare me della possibilità di lasciare quest’isola e magari di ritrovare mio padre, perché se no dovresti assumere una cameriera? Io partirò, e subito anche, che tu lo voglia o no! Ho preso la mia decisione, e nessuno potrà impedirmi di partire, tento meno tu! Anzi, tu fai parte di quei motivi che mi spingono a lasciare questo posto!” gli riversò addosso.

Johnatan si alzò di scattò dalla poltrona, offeso e arrabbiato per quelle affermazioni, puntò dritto su Angela e le tirò uno schiaffo. O meglio, provò a tirarglielo, perché la ragazza fu più veloce e lo schivò senza troppe difficoltà.

Mi dispiace mio caro, ma sei troppo lento per me! Cosa assolutamente vera, dato che Angela possedeva i riflessi di un gatto, qualità che le si rivelava utile in molte occasioni, specialmente nei duelli con la spada.

“Non ti azzardare a sfiorarmi con un dito o vedi. Sei vecchio, e per di più non sai nemmeno tirar di spada, mentre io, come ben sai, sono un’ottima spadaccina, e ti assicuro che in questo momento non so cosa mi trattenga a non puntare la mia lama  contro la tua gola, quindi non istigarmi ancora di più. Chiaro?” affermò calma ma minacciosa.

Johnatan rimase un momento sbigottito. No, non era affatto saggio farla arrabbiare ancora di più, lo sapeva bene. Angela era una brava ragazza, ma non si era mai tirata indietro davanti ad una sfida, provocazione o palese insulto, dando inizio ad uno scontro con la spada o qualunque altra cosa, e solitamente aveva sempre la meglio. In breve, era meglio arrendersi e lasciarla andare, per quanto fosse contrario alla cosa. Ma si, tanto cosa gliene importava? Anzi, era una palla al piede in meno. Così si fece da parte e tornò a sedersi, ma prima di lasciarla andare definitivamente, le domandò una cosa, quella che gli premeva di più.

“Angela, aspetta, non ti voglio fermare, puoi partire, anzi, se lo vuoi sapere sono anche contento che tu te ne vada,” disse con un pizzico di veleno nella voce che Angela ingorò totalmente “però almeno rispondi a quest’ultima mia domanda, tuo padre, come si chiama? Questo me lo devi”

Prevedibile, anche se speravo che non me l’avrebbe chiesto. Cosa faccio gli rispondo? Non vorrei, però d’altronde mia mamma avrebbe voluto che lo sapesse, d’altronde,  glielo aveva promesso che l’avrebbe saputo quando anch’io ne sarei venuta a conoscenza.

Trasse un profondo respiro e si apprestò a rispondere. Lo guardò fisso negli occhi e, finalmente, con non poca fatica, glielo disse.
Lui rimase allibito, fermo immobile a fissarla, quasi non credesse alle sue orecchie. Infine, ritornò a guardare il vuoto meditabondo.

Comportamento strano, e se fosse stata un’altra occasione, una reazione del genere avrebbe dato molto da pensare ad Angela, ma ora aveva solo in testa il fatto che doveva partire, così, senza degnarlo più di uno sguardo, si diresse in camera sua, fece fagotto delle sue cose che le sarebbe servite, la spada, qualche soldo, e un paio di pantaloni e una camicia di ricambio. Esattamente come le aveva consigliato Maggie si sarebbe fatta scambiare per un ragazzo una volta a Tortuga e perchè il trucco venisse bene, mise nella sacca anche un logoro cappello con la quale avrebbe poi nascosto i lunghi capelli castani.

Speriamo solo che tutto fili liscio.

Quando ebbe finito di prepararsi, si incamminò fuori dalla casa, dando solo un’ultima e definitiva occhiata a Johnatan. Una volta fuori si diresse verso il porto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3_ Finalmente in viaggio ***


Gli eredi della leggenda 3

Nota dell'autrice:

Salve a tutti!! Ecco qui il terzo capitolo della ficcy. Vedo con piacere che siete curiosi di sapere ki è il padre di Angela, xò mi dispiace ma ho intenzione di tenere il mistero ancora per un po'. Non uccidetemi, per favore, vi prometto cmq ke l'attesa sarà breve!!
In questo cappy la storia entra leggermente più nel vivo, ma ancora di poco, il bello arriverà nel prox cappy, dove ne accadranno delle belle, ve lo poxo assicurare ;-P! Quindi vi chiedo per favore di aver ancora un po' di pazienza! Intanto volevo ringraziare le persone ke hanno commentato il 2° capitolo:

Nekomi: Nn ti preoc x nn avere commentato dall'inizio e sn contenta ke i primi due cappy ti siano piaciuti! Si, anke a me piace vedere ragazze battagliere e intrapprendenti, x qst ho voluto descriverla così decisa e indipendente. Cmq tranquilla, ho intenzione di tenere il mistero su ki è il padre di Angela almeno ancora x qst cappy, e forse ancora x il prox, quindi occorre aspettare ancora un bel po'! Spero ke commenterai anke qst cappy! Kisskiss 68Keira68

Dj Kela: sn felicissima ke ti sia piaciuto anke il 2° cappy! X l'identità del papà di Angela nn ti poxo dir nulla, ho le labbra cucite, cmq mi spiace ma si dovrà aspettare ancora un po' x sapere il suo nome, cm ho già detto prima! Ti ringrazio x i complimenti ke mi hai fatto riguardo al carattere di Angela e all'impostazione del cappy e anke x i consigli ke mi hai dato. Hai ragione effettivamente, se scrivo con le stesse parole sia i pensieri ke i dialoghi di Angie sembra una ripetizione, e ho cercato di nn farlo +, xò preferisco mettere prima i pensieri e poi i dialoghi, così prima faccio capire cosa pensa e poi cm agisce di conseguenza, cmq è solo una mia idea personale e un'abitudine (lo faccio anke nei temi a scuola se devo descrivere i pensieri di qlcn!), anke la tua funziona beniximo!!  X Maggie poxo dirti ke x ora nn assume un ruolo importante nella vicenda, quindi la sua decisione nn muterà, si vedrà poi in seguito, anke se ti poxo assicurare ke è stata una scelta difficile anke x me! Sn assolutamente d'accordo con te con il fatto ke Johnatan sia una bastardo, forse è uno dei personaggi più odiosi ke ho mai descritto!!! Ti ringrazio x avermi detto ke il nuovo titolo  intriga e anke x aver notato il particolare di "eredI",  ma qst è un altro dei misteri ke verrà risolto più avanti! Lo so, sn cattiva con ttt qst interrogativi, ma prometto ke prima o poi li svelo!!!!!! Anke se x ora vi tengo sulle spine!!! Spero ke anke qst cappy ti piaccia e nn vedo l'ora di sapere cosa ne pensi! Kisskiss e tvttb 68Keira68

Volevo ringraziare anke ttt quelli ke hanno solo letto e spero ke anke a voi piaccia qst 3° capitolo!!

Buona lettura a tttt!!!

Kisskiss 68Keira68

3_ Finalmente in viaggio

Il sole splendeva alto sopra la piccola isola di Telia. Erano circa le undici di mattina, e Angela si apprestava a raggiungere il porto. Alla fine ce l’aveva fatta. Stava davvero per lasciare l’isola, quella maledetta isola che per tanti anni aveva odiato, sognando di andarsene, un giorno o l’altro, e ora, dopo molti anni, stava per coronare il suo sogno.

È una strada senza ritorno, lo sai questo, vero?
Certo, e io voglio prenderla.
Ne sei sicura? Potrebbe essere pericoloso, di sicuro non sarà facile.
Ne ho già discusso a sufficienza sia con Maggie e, meno amichevolmente, con Johnatan, ora basta ripensamenti, sono decisa ad andarmene.
Per ritrovare tuo padre, giusto?
Certo, per ritrovare mio padre, e per andarmene finalmente da quest’isola, e quello che ho sempre desiderato, e non intendo guardarmi indietro.
Se ne sei sicura, però se non ritrovi tuo padre? Avresti abbandonato Maggie per niente.
Lo troverò, ne sono sicura, a costo di cercarlo per tutti i Caraibi, adesso che so che è vivo sono intenzionata a ritrovarlo. E poi Maggie non l’ho abbandonata, ci rivedremo, ne sono sicura.
Ok, se è proprio quello che vuoi, se ne sei sicura, allora vai.
Esatto, ed è quello che farò.

Senza accorgersene Angela era finalmente arrivata al porto.

Come aveva già detto all’amica, il mercantile che una volta al mese arrivava sull’isola per i soliti scambi commerciali, sarebbe ripartito proprio quella mattina, e ora sperava solo che il capitano l’avrebbe fatta salire a bordo. Aveva buoni rapporti con lui, il suo patrigno aveva sempre comprato da lui tutto ciò che vendeva alla locanda, e aveva sempre mandato lei a prendere le merci e a pagarle, accompagnata ovviamente da una scorta che avrebbe portato alla locanda gli scatoloni con i generi alimentari richiesti. Quindi lo conosceva bene ed era sicura che non gli avrebbe rifiutato questo piccolo favore.
Individuò subito il mercantile. D’altra parte era difficile non notarlo, era l’unica nave ormeggiata nel porto, e dato la grandezza degli scambi commerciali via mare dell’isola, era già incredibile che ce ne fosse una.
Si diresse decisa verso l’imbarcazione.

Bene Angie, ora arriva il bello, forza e coraggio!

Un bel respiro profondo e …e ora? Adesso che era arrivata lì che faceva?

Calma, ragiona, ora sei finalmente qua, stai per partire, non puoi mollare adesso.
Si ma cosa faccio?
Tu ora vai a testa alta da un marinaio e gli chiedi dove si trova il capitano, tanto ti conoscono tutti, dopodiché chiederai a Teels se ti concede un passaggio fino a Benprett, semplice, no?
No, per niente. È complicato, terribilmente complicato.
No, non c’è niente di complicato. Forza, vai dritta da uno dei marinai, non ti sei mai tirata indietro davanti alle difficoltà e alle sfide, bene questa è una difficoltà sul tuo percorso e puoi prenderla come una sfida verso te stessa, superala a testa alta!!

Bene, ora era pronta. O almeno lo sperava! Stava arrivando il momento deciso della sua partenza, e questo le procurava un’enorme stato di ansia. Tuttavia proseguì nel suo intento ostentando calma.

Si avvicinò ancora di più alla nave, cercando qualcuno della ciurma. Individuò Kyle, era un ometto sulla quarantina, grasso e basso, un tipo alla mano, e questo lo rendeva simpatico. Era chino su uno scatolone all’apparenza molto pesante che avrebbe dovuto trasportare fino a bordo. Ok, era la sua occasione.

“Ciao Kyle” esclamò andandogli incontro.
“Uh? Ah! Angie! Che piacere vederti! Come mai da queste parti? Il carico questo mese lo avete già preso, ah…” esclamò ricordandosi tutto ad un tratto di una cosa “Angie, volevo dirti che…mi dispiace per tua madre, è stata una brutta perdita per te, immagino.” Aggiunse, cercando di mostrarsi mortificato.

Angela si rattristò un attimo. Ogni volta che sentiva parlare della madre le salivano le lacrime agi occhi, ma non voleva più pensarci e nemmeno piangere, aveva sofferto abbastanza la terribile notte passata, ora basta. Così cercò di scacciar via le lacrime.

“Si, grazie, ma non ho voglia di parlarne. Cambiando argomento, sapresti dirmi dove posso trovare il capitano?” domandò con fare innocente.
Kyle la guardò leggermente stupito dalla domanda, poi con una scrollata di spalle le rispose “Il capitano è nella sua cabina, se vuoi puoi salire sulla nave a andare a parlargli, però fai presto perché tra poco salpiamo.” La intimò.

Angela non se lo fece ripetere due volte, e in quattro balzi fu sul ponte della nave.

Non era la prima volta che saliva a bordo, ma le faceva sempre un certo effetto. La nave era molto più grande di quello che pareva vista da sotto. Era di un castano scuro e aveva le vele bianche e i colori della marina inglese, come la maggior parte delle navi che navigavano in quei mari, a parte quelle pirata, si intende.
Quella era l’unica nave che Angela avesse mai visto nella realtà, non ne conosceva altre, ma era sicura che fosse molto più grande di parecchi altri mercantili.
Si guardò attorno un attimo, e una volta individuata la cabina, si diresse verso essa.

Una volta davanti alla porta, vide che era semiaperta. Bussò lievemente e senza aspettare risposta, entrò nella stanza.

Rimase al quanto stupita da ciò che vide. Il capitano stava parlando, anzi, rimproverando, un giovane ragazzo, che a testa alta ascoltava senza replicare. Però appena il capitano si accorse della presenza della giovane, smise di discutere con quello che sembrava un giovane mozzo e si rivolse a lei, senza nascondere lo stupore di vederla lì.

“Angela! Qual buon vento! A cosa devo l’onore della tua visita?” esclamò.
“Capitano” ripose lei a mo’ di saluto.
“Oh, questo è Terence, mio figlio,” si affrettò ad aggiungere indicando il giovane con la quale stava discutendo, notando che la ragazza iniziava a fissare il figlio con una certa curiosità “è la prima volta che mi accompagna per il viaggio verso Telia, quindi dubito che vi siete mai visti.” aggiunse.
“Terence, questa è Angela, una delle mie migliori clienti e una mia cara amica.” Concluse con un sorriso.

Terence salutò Angela con un cenno del capo, dopodiché imboccò la porta e se ne andò. A quanto pareva era ben contento di avere una scusa per allontanarsi da lì. Infine il capitano si rivolse nuovamente a lei

“Allora, Angie, siediti pure” e indicò la poltroncina accanto alla scrivania. Angela si accomodò.
“Prima di tutto volevo dirti quanto mi è dispiaciuta la notizia di tua madre, era una brava donna, mi è spiaciuto davvero”
“Grazie” esordì a capo chino la ragazza. Ma allora era proprio un vizio quello di ricordarglielo ogni cinque minuti? Decise di sorvolare sulla cosa e di passare subito al sodo, pensando alle parole giuste per motivare la richiesta che stava per fare. Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, il capitano le domandò:

“Allora, Angela, cosa posso fare per te? Ti occorre qualcosa? Non penso che tu ti sia disturbata a venire fin quassù solo per salutarmi” concluse con un sorriso, guardandola di sottecchi.

Prevedibile, Teels non è uno sprovveduto e mi conosce fin troppo bene, bhè, meglio così, avrò meno cose da spiegarli.

Angela rispose al sorriso, e dopo poco rispose:

“Mi conosci bene, Teels, infatti, non sono venuta fin qui solo per salutarti, ma con una richiesta ben precisa. Ascolta, ho bisogno di un favore da parte tua.” Il capitano la squadrò un attimo incuriosito.
“Ti ascolto” disse semplicemente. La ragazza proseguì con fare deciso.
“Devo assolutamente andare a Benprett il più presto possibile, fatto sta che non ho alcun mezzo per arrivarci e tu sei il capitano dell’unica nave che passa per Telia. Quindi volevo chiederti se per favore potevi arruolarmi come mozzo per questo viaggio, dopodiché andrei per la mia strada, senza arrecare alcun disturbo.”
Semplice, diretta e decisa, qualità sorprendenti per una ragazza di sedici anni, qualità che più di una volta le avevano fatto guadagnare la stima del capitano, lo stesso uomo che ora la stava scrutando con fare sospettoso, chiedendosi il perché di una richiesta del genere. Forse avrebbe dovuto immaginarlo, sapeva che Angela desiderava l’avventura e che voleva andarsene da Telia, e ora che non c’era più sua madre a trattenerla su quell’isola, la ragazza aveva fretta di partire. Non poteva certo immaginare che dietro in realtà si nascondeva qualcosa di ben più grosso.

“Perché vuoi andare a Benprett, con tutta questa fretta, poi?” domandò sospettoso.

Che faccio? Gli dico la verità? Meglio di no.  È una storia lunga, e potrebbe anche non credermi, meglio inventare qualcosa. Non mi va di dover spiegare tutto da capo,       anche se mi dispiace dovergli mentire.

“Mi conosci, volevo andarmene da quest’isola da quando aveva sette anni, l’unica cosa che mi teneva legata a questo posto era mia madre, ma ora che lei non c’è più non ho alcun motivo per rimanere” spiegò con una punta di amarezza, cercando di essere convincente. Bhè, dopotutto non aveva neanche detto una bugia, quella in parte era la verità, voleva salpare lontano da quel luogo da quando era nata, aveva solo omesso qualche piccolo particolare.

Tuttavia il capitano, non era del tutto convinto della risposta ricevuta, ma decise di non indagare oltre. Probabilmente erano solo presagi senza nulla di fondato, non aveva motivo di credere che Angela gli stesse mentendo, e comunque sia, la ragazza sapeva badare a se stessa.

“Sapevo che prima o poi te ne saresti andata da qui, era solo questione di tempo. Va bene, ti accompagnerò fino a Benprett, ma mi devi promettere che dopo saprai badare a te stessa e che non farai niente della quale potresti pentirti in futuro, chiaro?”
“Stia pur tranquillo capitano, non ho intenzione di cacciarmi nei guai”

O per lo meno, io ci provo, ma solitamente sono i guai che cercano me.

“Allora passerai con noi questo viaggio in veste di passeggera” concluse Teels.
Angela però a questa affermazione si oppose, non voleva essere di peso alla ciurma.
“No! Così sarei solo di peso, voglio rendermi utile per il viaggio” esclamò.
Il capitano sospirò. Certo che non aveva per niente il carattere conciliante di sua madre!

“Ok, allora sei arruolata come mozzo, contenta?” rispose rassegnato.
Non voleva, una nave non è posto per una normale ragazza di sedici anni, ci sono lavori pesanti da fare e lui non voleva che corresse rischi, però d’altronde quella che aveva davanti non era una ragazza normale, quindi…

È fatta allora!! Sono a bordo! Siiiiii! Non ci poso ancora credere, ma ce l’ho fatta!!!!!

“Grazie, capitano, grazie!!!” così dicendo uscì dalla cabina, lasciando il capitano interdetto.
“Speriamo solo che ho fatto la scelta giusta, quella ragazza si metterà nei guai senz’atro, posso solo sperare che la buona sorte sia con lei.” Sospirò Teels, seguendo con lo sguardo Angela.

Voleva bene a quella ragazza, le era molto affezionato, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla, però sapeva anche che non essendo sua figlia, non poteva nemmeno fare nulla per impedirle di fare qualcosa che avrebbe potuto nuocerle, se non offrirgli il suo aiuto ogni tanto. E ora, mentre la guardava uscire dalla sua cabina saltellando di gioia, sperava solo che la giovane non si mettesse nei guai. Adesso era sola, completamente sola. L’unica persona che aveva sempre avuto fin dall’infanzia, se ne era andata prematuramente, lasciandola in balia degli eventi e di se stessa. Non che Angela non sapesse badare a se, questo lo aveva dimostrato a più riprese. Specialmente negli ultimi tempi. Quando la madre si era ammalata, Angela oltre che a se stessa, aveva badato anche alla lei, però rimaneva il fatto che aveva ancora solo sedici anni. Per una qualsiasi ragazza sarebbe stato impensabile credere di poter affrontare il mondo da sole a quell’età, e la maggior parte non avrebbe nemmeno avuto la grinta necessaria per affrontare il peso di una perdita grave come quella della madre, da sole. Invece Angela ce l’aveva fatta. Era riuscita a tirarsi su da sola dalla tristezza e dal dolore, aveva reagito e si apprestava ad andare avanti con un nuovo capitolo della sua vita. Era unica.

 

*

“Lord! La prego, aspetti!”

Un uomo stava correndo per gli eleganti corridoi della grande residenza di Port Royale, chiamando a gran voce un distinto giovane signore che si stava dirigendo verso i suoi appartamenti. Quest’ultimo, sentendosi chiamare si girò di scatto evidentemente scocciato.

“Cosa c’è, signor Collins?” rispose abbastanza sgarbatamente al richiamo.

Il signor Collins rimase pietrificato. Come al solito quell’uomo gli metteva un puro terrore addosso, bastava una sua occhiata per farlo tremare. Quegli occhi gelidi avevano la capacità di trapassarti come un coltello e il portamento rigido e composto incuteva terrore, ma questo solo quando voleva e solo con i suoi sottoposti.

 Quando era a corte o in mezzo agli altri nobili sapeva essere amabile, mettendosi in buona luce da chiunque volesse, grazie al suo portamento elegante e al suo forbito modo di parlare. Era stata nominato da poco governatore di Port Royale dalla regina in persona, pur essendo molto giovane. Aveva solamente venticinque anni, ma possedeva l’intelletto e l’astuzia di una persona molto più anziana, e per questa sua dote aveva ricevuto l’onore di tale titolo. Tra il resto, la natura gli aveva fornito anche una fredda bellezza. Aveva due occhi azzurri come il cielo, ma freddi come il ghiaccio, i capelli biondi legati in un’elegante codino dietro la nuca, e un viso dai lineamenti raffinati e nobili. Tuttavia, con i suoi sottoposti e con la gente comune era la persona più terribile che si potesse immaginare. Dietro quegli occhi azzurri infatti si nascondeva un’indole ambiziosa, e non esitava a calpestare tutto e tutti pur di raggiungere il suo scopo.

Collins riuscì a riprendere la parola.

“Signore, mi dispiace disturbarla, ma siete uscito talmente di fretta dall’assemblea che quasi nessuno è riuscito a capire quale decisione avete preso, potrebbe gentilmente spiegarmi quale piano avete in mente? Essendo vostro consigliere dovreste fornirmi almeno una pallida idea dei vostri disegni.” Trovò il coraggio di esordire.

L’uomo per tutta riposta lo squadrò da capo a piedi senza lasciar trapelare alcuna emozione. Infine, dopo aver lasciato tremare Collins sotto il suo sguardo ancora per un po’, decise di rispondergli.

“Ma certo, mi sembra più che giusto, anche se mi pareva di essere stato molto chiaro all’assemblea con il mio discorso. Mi stupisce che voi e gli altri non siete stati in grado di capire fino in fondo il mio messaggio.” Aggiunse con un tono sorpreso e scocciato dall’incompetenza dei membri dell’assemblea. Collins riprese a tremare, gli faceva veramente paura. L’uomo riprese.
“Ma non importa, sarò lieto di rendervi più chiare le mie idee” piccola pausa. “Ho intenzione, signor Collins, di saldare una volta per tutte dei vecchi conti in sospeso, dato che mio padre si è dimostrato incapace di farlo. Dopodiché, eliminerò una volta per tutte la pirateria dal mar dei Caraibi”.

 

*

 

Wow! Non ci poteva credere! Finalmente era per mare, stava realizzando i suoi sogni e in più stava facendo il primo passo per ritrovare suo padre.

Angela era sul ponte della nave e si stava godendo la brezza marina della sera. Quella sera anche il vento sapeva di avventura. Era da poco calato il tramonto e dopo la sua prima giornata come mozzo a bordo della nave, ora si stava prendendo un attimo di riposo. Uscita dalla cabina del capitano era andata a cambiarsi, indossando i pantaloni e la camicia che si era portata dietro al posto della scomoda gonna che portava. Aveva pensato di cambiarsi d’abito solo una volta arrivata a Tortuga, però poi aveva pensato che dovendo lavorare a bordo di una nave forse era più comodo vestirsi come un marinaio. Una volta salita nuovamente sul ponte, il capitano informò gli altri membri dell’equipaggio che lei avrebbe viaggiato on loro fino a Benprett. A questo seguì un attimo di sconvolgimento collettivo. La conoscevano tutti, sapevano che non era frivola come la maggior parte delle altre ragazze, conoscevano la sua abilità con la spada e la sua indole avventuriera, però mai nessuno si sarebbe aspettato di una mossa così azzardata. Per di più i membri più anziani, quelli che l’avevano vista crescere, trovavano una notizia del genere quasi assurda. Però dopo poco tempo, tutti si abituarono alla notizia, e lei non fu più oggetto di attenzioni per il resto della giornata, se non per qualche occhiata lanciata di sottecchi.

Non si era fermata per tutta la giornata. Non avrebbe mai creduto quanto lavoro ci fosse da fare su di una nave, prima aveva dovuto riordinare le scatole dei generi alimentari nella stiva, aveva dovuto riparare una piccola scucitura in una vela, lavare il ponte e mille altre cose, ora era davvero stanca. In compenso l’essere indaffarata le aveva evitato di pensare a quello che stava facendo e a ciò che era accaduto. Ora però i pensieri iniziavano a di nuovo a torturarle la mente.

In meno di quarantotto ore la sua vita aveva avuto una svolta radicale. Sua madre l’aveva lasciata, aveva scoperto che suo padre era vivo ed era salpata per andare a cercarlo. E tutto questo senza neanche rendersene conto! Le sembrava tutto così irreale, le sembrava di osservare la scena dall’alto, come un’estrania. Non riusciva a percepire fino in fondo che tutto quanto stava accadendo proprio a lei. Le pareva di essere ancora là, su quell’isola che per tanti anni era stata la sua casa, a parlare con Maggie di ciò che avrebbe fatto da grande, dei suoi sogni, delle sue speranze. Ora quei sogni stavano diventando a poco a poco realtà, ma lei non riusciva a essere felice fino in fondo. Era vero che stava realizzando i suoi desideri, però le circostanze nella quale si trovava non erano certo le più rosee. Sua madre era morta, e nonostante avesse cercato di non pensarci per tutto questo tempo, la realtà era questa, e non riusciva a farsene una ragione, in più sapeva che probabilmente, per quanto continuasse a convincersi del contrario, non avrebbe rivisto Maggie per parecchio tempo, se fosse riuscita a rincontrarla.

Istintivamente prese la busta con dentro la lettera che sua madre le aveva lasciato. Voleva rileggerla, per l’ennesima volta, forse si sarebbe fatta ancora più male, ma ne aveva bisogno. Mentre rileggeva le sembrava quasi di sentire la voce di sua madre, il che le fece nuovamente venire le lacrime agli occhi.

No Angela, ti sei ripromessa che non devi più piangere, ora basta.

Si asciugò le poche lacrime che stavano iniziando a scendere dai suoi occhi con la mane che teneva la busta. Così facendo però qualcosa scivolò fuori da quest’ultima.

Angela si chinò e raccolse l’oggetto. Era la collana che sua madre menzionava nella lettera. Era un bellissimo oggetto, di raffinata fattura. Aveva la catenella d’oro e il ciondolo aveva la forma di un grappolo di foglie d’oro rosso e ogni foglia riportava sopra un piccola scritta. Angela avvicinò la collana agli occhi per cercare di leggere ciò che c’era scritto, ma la calligrafia era incomprensibile, così lasciò perdere. L’oggetto però nel suo insieme era molto grazioso e particolare, in più non le era nuovo, le sembrava di averlo già visto da qualche parte.

Sicuramente lo avrò visto in camera di mamma. La cosa strana che non mi spiego e il perché non lo ha mai indossato, forse per rispetto verso Johnatan, essendo un regalo di mio padre? Però non lo indossava neanche prima di conoscerlo. Magari l’indossarlo le faceva ricordare papà e per non soffrire non lo ha mai messo. Però non dice non ho mai voluto metterlo ma “non sono mai riuscita ad indossare…”. Uf, cosa strana. Ma non importa.

Angela stava per legarsi la collana al collo quando qualcuno le venne incontro salutandola. La ragazza si girò leggermente spaventata per la sorpresa, ma si riprese subito vedendo che la persona in questione era Terence, il figlio del capitano.

Aveva all’incirca l’età di Angela, era alto, occhi verdi e capelli castano chiaro, quasi biondo. Non era di una bellezza particolare, ma nell’insieme si poteva dire che era un ragazzo carino. Per tutta la giornata lo aveva incrociato poche volte e non si era mai fermata molto a conversare, impegnata a lavorare, però ogni volta che lo incrociava rimaneva sempre stupita dalla sua gentilezza, dal sorriso che le rivolgeva ogni volta che la vedeva e dalla sua buona educazione.

“Ciao” esclamò Angela per rispondere al saluto.
Il ragazzo, come suo solito le sorrise. “Come va? Ti trovi bene a bordo?” le chiese dolcemente. Angela sorrise tra sé e sé.
“Si, grazie.”
“Non si direbbe”
La ragazza lo guardò. Ora si metteva pure ad analizzarla?
“Perché non si direbbe?” chiese curiosa.
“Sembri triste, anzi, potrei affermare con sicurezza che lo sei. Per di più ai gli occhi leggermente arrossati e le guance bagnate, stavi piangendo?” Rispose guardandola apprensivo.

Che strano ragazzo, neanche mi conosce e già si interessa del mio stato d’animo.

“Sei un acuto osservatore.” esclamò ironica “Comunque non stava piangendo, ho gli occhi rossi a causa della stanchezza”aggiunse.
“Cos’è che ti turba?” indagò.

Ci mancava anche questa! Ora ci si mette pure lui. Perché tutti si sentono in bisogno di chiedermi se sto bene, come mi sento, ecc…? Non riescono a capirlo da soli come devo sentirmi? Devono per forza chiederlo? Inizio a trovarlo fastidioso.

“Niente di importante, a parte il fatto che mi sono appena imbarcata su di una nave salutando la mia casa per sempre e che è appena morta mia madre.” Disse forse più acida di quanto avrebbe voluto. Ma il giovane non si lasciò certo scoraggiare da quella risposta un po’ più scontrosa del dovuto.
“Scusa, domanda stupida la mia” ammise.

Angela si pentì del suo tono di voce. Forse non lo meritava, d’altronde le aveva solo domandato come stava. Cercò di riparare.
“No, scusa tu, sono stata troppo acida” esclamò in modo più dolce.
Terence, confortato dalla risposta, proseguì cercando di cambiare argomento.
“Allora, adesso cosa pensi di fare?” domandò curioso.
“Andrò a Benprett, e poi si vedrà. Tuo padre non ti ha informato dei miei progetti?”
“Si, ma volevo averne conferma da te. Sai mi è semplicemente parso strano che una ragazza andasse a Benprett senza un piano preciso, tutta sola.”

Ribadisco, è un acuto osservatore, forse anche troppo, meglio rassicurarlo che non  deve preoccuparsi per me.

“Ti sbagli, a me pare del tutto normale. Una giovane ragazza, stufa della vita monotona che conduceva,  prende al volo l’occasione che il destino le offre per cambiare la sua situazione. Sai, a volte occorre solo aspettare il…momento più opportuno, per fare la propria mossa.”
“Si, è giusto. Comunque sia qualcosa non mi torna, dovrai pur aver un motivo preciso per andare a Benprett.”

Uffa, inizia a darmi fastidio, sta indagando un po’ troppo per i miei gusti, meglio sviarlo, se gli dicessi la verità la racconterebbe a suo padre, Teels, che è l’ultima cosa che voglio.

“No, non ho nessun motivo particolare per andare a Benprett, ma solo la voglia di cambiar aria.” Rispose cercando di essere convincente e ostentando un aria indifferente, guardando l’orizzonte.
Terence non ribattè, ma non era per nulla convinto della risposte della sua interlocutrice. Calò un’imbarazzante silenzio, poi, il ragazzo, notando la collana che ancora Angela teneva in mano, si offrì di legargliela al collo. Angela, leggermente stupita, accettò, gli diede la collana e girandosi di schiena, si scostò i capelli dal collo per permettergli di allacciargliela. Fatto sta che, nonostante tutta la buona volontà del ragazzo, dopo dieci minuti la collana non era ancora al collo della giovane.

“Mi dispiace, non riesco a capire il perché ma non riesco a legartela al collo” si scusò mortificato.
Angela rise davanti alla sua espressione corrucciata mentre osservava arrabbiato il gancetto del gioiello.
“Non ti preoccupare, faccio io, da qua” così dicendo prese la collana e cercò di mettersela al collo. Per fortuna ebbe più successo di Terence, infatti dopo pochi secondi la collana era assicurata al suo collo, ma appena Angela lasciò andare il gancetto, il gioiello emise un rapido bagliore verde. Angela rimase quasi pietrificata. Lo aveva visto sul serio o era stata un’allucinazione?

Vedendo l’espressione stupita e incredula della ragazza, Terence le chiese se andava tutto bene.

Ma come? Lui non ha visto niente? Forse è meglio così. Però cos’era quella luce? Sembrava provenisse dal ciondolo. Ma perché ogni secondo che passa ho sempre più interrogativi e sempre meno risposte?

La ragazza decise di non soffermarsi più sull’argomento.

Rimasero sul ponte della nave ancora per molto tempo, senza trovare niente da dirsi. Lei pensava al fatto che le sarebbe piaciuto poter parlare con Maggie e il secondo osservava semplicemente l’orizzonte.

Possibile che non esisti un modo per tenere la corrispondenza con Maggie? Un modo sicuro per farle avere delle mie lettere? Il problema e che per Telia passa solo una nave, ovvero quella su cui sono in questo momento, e … aspetta un momento, forse ho trovato!

All’improvviso Angela ebbe un’illuminazione.

“Terence?”

Il ragazzo uscì dalla specie di trans in cui era caduto osservando il moto ipnotico del mare e rispose.

“Si?”
“Posso chiederti un favore?” chiese.
Terence la guardò stupito.
“Di cosa hai bisogno?”
“Ecco, a Telia io ho lasciato un cara amica, Maggie, e non avrò modo di contattarla fin quando starò lontano dall’isola, dato che l’unica nave che passa per lì è proprio questa, quindi ti volevo chiedere, se io le lettere per Maggie le indirizzassi a Benprett per te, tu poi potresti prenderle e portarle a Telia per darle a Maggie? Mi faresti un favore enorme.” Domandò supplichevole.
Il ragazzo la guardò un attimo soppesando la cosa. Ma si, in fondo cosa gli costava? Avrebbe solo fatto felici due persone.
“Ok, posso farlo” rispose con noncuranza.
Se per lui non era niente di importante per Angela rappresentava la salvezza. Avrebbe potuto tenere la corrispondenza con la sua migliore amica, questa era una notizia eccezionale!!!
“Oh, grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!!!” esclamò piena di gioia. “Grazie all’infinito, non sai quanti significhi per me”.
“Ok, ma ora frena l’entusiasmo.” Rispose leggermente imbarazzato da tutti quei ringraziamenti da parte della ragazza. “E poi ti consiglio di andare a letto, domani ci aspetta un’altra giornata di lavoro.” aggiunse.
“Si, hai ragione, e poi sono veramente stanca. Grazie ancora di cuore!”.

La ragazza, ancora saltando dalla felicità, decise di seguire il consiglio del giovane e si diresse verso la sua camera da letto. Essendo l’unica donna a bordo, il capitano, per evitare situazioni imbarazzanti, le aveva affidato una cabina per lei. Era molto piccolo, però comoda e poi doveva servirle solo per quel breve viaggio. Una volta raggiunta la stanzetta, si chiuse la porta alle spalle, si tolse gli stivali e si buttò sul letto. Era stanchissima, era stata una giornata molto intensa e piena di sorprese, ora se lo meritava proprio un bel riposo, difatti dopo neanche cinque minuti, la giovane era già tra le braccia di Morfeo.

Terence invece era rimasto sul ponte della nave. Quella particolare ragazza non gliela raccontava giusta, e lui lo sapeva. Ma per ora non aveva importanza. Il viaggio fino a Benprett non era lunghissimo, ma per farle confessare la verità sarebbe stato più che sufficiente.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4_ I due viaggi ***


j

Note dell'autrice:

Vedi fondo pagina, dopo aver letto il cappy.
Buona lettura!

4_  I due viaggi

Una nuova alba faceva capolino all’orizzonte. Una nuova alba, un nuovo giorno, un passo in più verso la sua meta.

Angela era già in piedi da circa mezz’ora, impegnata a lavare il ponte (una delle poche cose che poteva fare sulla nave, insieme a pulire le armi e mettere in ordine le funi) canticchiando tra sé e sé una vecchia canzone pirata che le aveva insegnato sua madre anni or sono. Poco distante da lei, Terence la stava osservando con occhio vigile, accanto all’albero maestro.

“Ecco fatto, ho finito!” esclamò la ragazza mettendo via secchio e straccio. Dopodiché decise di arrampicarsi fino alla torre di vedetta per godere della vista del sole che saliva dalla linea dell’orizzonte sul mare dei Caraibi.

Si arrampicò agilmente su una delle sartie e in poco tempo fu arrivata a destinazione senza alcuna fatica.

Era da pochissimo che stava su quella nave, ma già si muoveva egregiamente. Il capitano non aveva fatto in tempo a raccomandarle di stare attenta a bordo per non rischiare di cadere in mare, che lei era già salita sulla torre di vedetta. Al che Teels si era messo a ridere tra sé e sé, e scuotendo la testa era tornato nella sua cabina. Angela non aveva bisogno di ammonimenti, si arramipiacava sulle sartie e sull’albero maestro con un abilità sorprendenti, come se fosse la cosa più semplice del mondo.

Dalla torre di vedetta si poteva godere di una vista straordinaria. Il sole faceva capolino dal mare e lo colorava di tutte le tonalità dal rosso al giallo. Uno spettacolo mozzafiato e Angela si perse nel guardarlo. Le era sempre piaciuto osservare sia il tramonto che l’alba. Più di una volta l’avevano aiutata a ritrovare una pace interiore, e a dimenticare fatti spiacevoli. In più, quando era piccolina, sognava che un giorno sarebbe arrivata laggiù, accanto al sole, avrebbe oltrepassato la linea dell’orizzonte insieme a quel cerchio infuocato e allora era sicura che avrebbe visto cose emozionanti. E questo era un sogno che dentro di sé covava ancora molto segretamente.

Terence, invece, continuava a seguirla con sguardo ammaliato, da sotto. Non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno un minuto da quando si era alzato.
L’aveva osservata mentre puliva il ponte meticolosamente e adesso era rimasto stupito nel vederla salire così speditamente sulle sartie.

Non era la prima volta che l’aveva vista arrampicarsi lassù per osservare il mare. L’altra sera aveva fatto la stessa cosa per vedere il tramonto, e anche allora era rimasto incredulo davanti alla sorprendente agilità che aveva dimostrato la ragazza, sembrava che non avesse fatto altro per il resto della vita. Lui stesso ancora non possedeva la stessa agilità, pur navigando spesso insieme a suo padre da quando aveva cinque anni. Certo che quella non era proprio una ragazza come le altre!

All’ora di pranzo, dopo che ebbe finito di mangiare, Terence individuò subito Angela, che era seduta a cavalcioni su uno dei cannoni, ancora intenta a consumare il suo pasto. Decise di avvicinarsi a lei e con un po’ di fortuna, magari sarebbe riuscito a ricadere sul discorso che ieri sera avevano interrotto.

In pochi passi le fu accanto e con fare noncurante la salutò.

“Ciao!” Angela rispose al saluto abbastanza allegra. Le faceva piacere il fatto che fosse venuto da lei, d’altronde era l’unico della sua età sulla nave ed era anche un ragazzo molto simpatico. Lo conosceva da poco, ma aveva sempre avuto un certo sesto senso che le permetteva di capire se poteva fidarsi o meno di una persona ad una sola occhiata. Difatti, dalla prima volta che lo aveva visto, aveva subito capito che poteva essere un bravo amico e un prezioso alleato in caso di bisogno. Bastava che non si intrometteva troppo nella sua vita privata, come l’altra sera.

“Allora, come sta procedendo il tuo secondo giorno qui sulla nave?” le chiese il ragazzo.
“Bene, grazie” rispose lei “In più dalla cima dell’albero maestro si può godere di un’ottima vista.” Aggiunse
Terence sorrise “Si, è vero” convenne. “Ti ho visto arrampicarti sulle sartie poco prima” proseguì “sei agile quanto un gatto, sei sicura che è la prima volta che sali su una nave? Sembra che sia il tuo habitat naturale”
La ragazza scoppiò a ridere. “Si, sicurissima. Ma perché dici così? Anche gli altri membri dell’equipaggio fanno esattamente ciò che faccio io!”
“Si, ma loro sono marinai esperti, tu non sei in mare nemmeno da quarantotto ore e già ti arrampichi fin sopra l’albero maestro e ti muovi con una tale sicurezza e scioltezza, da far sembrare che sei nata su una nave! Mentre in realtà non ci sei mai salita prima. Mi ricordo le prime volte che ero salito a bordo, non riuscivo a stare in equilibro e aveva una nausea perenne. Mi ci è voluto un bel po’ per abituarmi! E ti assicuro che non mi arrampicavo da nessuna parte! Al contrario di te!”
Angela rise di nuovo, ma non per le affermazioni fatte, ma per l’espressione buffa che aveva assunto Terence. Era imbronciato, sembrava quasi arrabbiato perché lei aveva imparato subito come muoversi su di una imbarcazione mentre a lui ci era voluto parecchio tempo.
“Non c’è niente da ridere!” ribatté lui, fingendo di essere offeso, ma dopo poco si mise a ridere anche lui.
“E dai, non prendertela per così poco. Quanti anni avevi la prima volta che sei salito su di una nave?” gli chiese sorridendo Angela.
“Cinque” mormorò per tutta risposta lui.
“E allora! Di cosa ti lamenti! Eri notevolmente più piccolo di me ora, pensi che se fossi stata io nei tuoi panni a quell’età sarebbe stato diverso?” commentò lei.
“Si, ne sono assolutamente sicuro, dal momento che non so ancora arrampicarmi sulle sartie con la tua stessa agilità.”
“Cosa ti posso dire? Sarà una qualità innata!” rispose ironicamente lei.
“Si, certooo, come no. Magari è una “qualità innata” anche quella di fare scelte avventate e senza, un almeno apparente, ombra di senso. Come quella di decidere all’improvviso di imbarcarsi su di un mercantile per poi approdare in un porto come, uhm, non saprei, come Benprett per esempio, senza neanche sapere cosa fare una volta sbarcati?” insinuò maliziosamente. Terence aveva buttato quell’insinuazione nel loro discorso come a caso, ma di certo non sfuggì alla ragazza.

Ecco, ci risiamo. Ma che fa? Mi prende per stupida? Pensa che potrei davvero cascare in un trucchetto del genere? È da dilettanti, mi aspettava un po’ di più.  Se spera che possa tradirmi prendendomi  di sorpresa si sbaglia di grosso. Terence, non per offenderti, ma per quanti sforzi tu faccia, non ti potrò mai dire la verità. Mi sembri un bravo ragazzo, e potrai essere un caro amico, ma certe cose sono fatti miei.

Angela trasse un profondo sospiro e buttò gli occhi al cielo.
“ No, non penso che quella possa essere considerata una “qualità innata”, credo che possa catalogarsi sotto la voce “atti personali fatti con un filo logico”.” Rispose. “Wow, un filo logico? E quale sarebbe?”
“Non ti è mai passato per la testa che magari, una ragazza rimasta sola, volesse solo rifarsi una vita, in un posto nuovo?”
“No, rimarrei deluso se così fosse.” rispose tranquillamente.

Ok, ci hai provato, ma non credere di potermi vincere, tesoro. Non ti dirò niente di niente, non perché non voglia, ma perché non posso. Comunque ora basta giocare, e il momento di chiudere la partita, sono stufa di questo argomento.
Si disse tra sé e sé la ragazza.

“Spiacente di deluderti, gioia, ma la ragione che mi spinge e solamente e unicamente questa. E se non ti dispiace vorrei chiudere l’argomento qui.” Affermò in un tono che non ammetteva repliche, pur mantenendo il sorriso sulle labbra.

Ma Terence non voleva demordere.

“Non credere di potermi dare a bere la tua storiella.”

Angela roteò gli occhi. Mamma quant’è cocciuto!!

“Non vuoi proprio credermi, vero?”
“No”
“Bhè, dovrai arrenderti all’idea che invece è proprio la verità. Ma mettiamo caso che tu abbia ragione, solo per esempio, e che io ti nascondi veramente qualcosa, se tu dovessi alla fine tirarmi fuori di bocca il vero motivo che potrebbe eventualmente spingermi a fare un passo che a te sembra tanto scellerato, dovrei ucciderti subito dopo per essere sicura di mantenere il segreto, comprendi? Però dato che non c’è nessun mistero e che il motivo del mio viaggio è quello che candidamente ti ho esposto più volte, per fortuna eviteremo un uccisione futile e dolorosa per entrambi, perché credimi, mi dispiacerebbe ucciderti.” E concluse la frase con un sorrisetto malizioso, sicura di aver chiuso la questione una volta del tutto.

Era quasi sicura che il ragazzo non avesse capito un’accidenti del suo discorso ma aveva certamente fiutato la minaccia. Ecco un’altra delle sue doti, in una battaglia verbale aveva ancora più probabilità di vittoria che in un duello con la spada.

Terence deglutì vistosamente, un po’ preoccupato per le affermazioni fatte dalla ragazza, ma si riprese subito dopo. Sicuramente stava scherzando, cioè, era un ragazza dopotutto, non avrebbe mai potuto mettere in pratica una minaccia del genere, ma forse era meglio non metterla alla prova. Il discorso sostenuto da Angela però non aveva avuto del tutto l’effetto desiderato. Certo, probabilmente Terence non l’avrebbe più importunata con domande spinose, ma le aveva dato la certezza che nascondeva qualcosa.

Perfetto, vedo che l’ho zittito finalmente, spero di non ricadere più sull’argomento. Non posso di certo dirgli la verità! Comunque anche se la venisse a scoprire, di sicuro non metterei mai in pratica ciò che ho detto, quella era una semplice intimidazione molto ad effetto. Si disse tra sé e sé la giovane.

Dopo la piccola discussione rimasero in silenzio per un po’. Angela finiva di pranzare e Terence la osservava, ancora un po’ scosso dal precedente argomento. La ragazza se ne era accorta e voltò lo sguardo nella sua direzione quel tanto che bastava per far distogliere al ragazzo il suo. Non le piaceva molto essere osservata  così gratuitamente, certo se doveva mettere in mostra la sua bravura con la spada o qualsiasi altra cosa, era sempre pronta. Non che fosse in imbarazzo perché era lui l’osservatore, ma solamente perché le procurava non poco fastidio.

Dopo che ebbe finito di mangiare, ad Angela venne in mente un’idea. Era molto tempo che non armeggiava con la sua spada, e ne aveva proprio voglia, chissà se Terence…

“Terence, posso chiederti una cosa?”
“Si” rispose lui, uscendo dal suo stato di ipnosi in cui era momentaneamente calato.
“Sai tirare di spada?” domandò
“Diciamo che me la cavo” mormoro sorpreso dallo strano quesito.
“Bene! Ecco, ti andrebbe di esercitarti un po’ con me?” chiese guardandolo speranzosa.

Oltre agli altri motivi voleva vedere quello di cui Terence era capace, mettere alla prova le persone era un’altra delle sue manie.

Il ragazzo ci pensò un attimo. Era un po’ titubante all’idea di mettersi contro di lei.  Era vero che una ragazza non poteva essere più di tanto brava con la spada, ma quella non era una ragazza qualsiasi. Ci si poteva aspettare di tutto. E poi…

Angela notò il turbamento del ragazzo, e per incoraggiarlo, ricordansi che forse la preoccupazione di lui era dovuta proprio alla minaccia che aveva fatto poco prima, esclamò:
“Andiamo, guarda che non voglio mica ucciderti, voglio solo esercitarmi un po’!”
Colpito e affondato
 “Siamo sicuri? Mi fido?” rispose scherzosamente lui, ma nel profondo sollevato. Ma si, perché no? Non ne era entusiasta, ma gli avrebbe fatto bene un po’ d’esercizio.

“Ok” sospirò

“Perfetto! Allora…in guardia!” esclamò allegra la ragazza, saltando giù dal cannone sulla quale era seduta, e sfoderando la spada.
Il giovane fece lo stesso e si mise in posizione, pronto ad attaccare.

Bene bene, vediamo cosa sai fare. Pensò Angela.

La ragazza iniziò ad osservarlo. Aveva una difesa che faceva acqua da tutte le parti, senza contare che teneva la spada rigida ed era teso come un pezzo di legno. Aveva la vittoria in pugno. Avrebbe giocato un po’ e poi lo avrebbe disarmato.

Terence effettivamente era molto teso. Le aveva mentito, aveva affermato di “cavarsela abbastanza bene” ma in realtà sapeva a malapena tenere una spada in mano!
Provò a fare un affondo, ma la ragazza lo schivo senza difficoltà alcuna. Provò di nuovo e poi ancora, ma andarono tutti a vuoto.
La sua fortuna era che tutti erano troppo presi dalle loro attività per notarli e per vedere la figuraccia che stava facendo.

“Allora? Tutto qui quello che sai fare? Mi stai deludendo.” lo canzonò Angela.
“Non hai ancora vinto, perciò, taci. E poi, parli tanto ma non hai ancora fatto un affondo” rispose di rimando lui.
La ragazza sorrise maliziosamente “Giusta osservazione, ti accontento subito”  e con uno scatto felino iniziò a tirare affondi su affondi, ma senza troppo impegno. Stava solo giocando.
Il ragazzo non se ne accorse e pensò che tutta la maestria della giovane si riducesse a quello e si convinse di poter vincere, anche se ormai iniziava ad ansimare e sudare, sotto gli attacchi, se pur scarsi, di lei.

“Allora, tutto qui?” la derise boccheggiando.
“Tesoro, non ti sei accorto di una cosa?” ribatté lei dolcemente.
“Cosa?” le chiese stupito lui
“Sei tutto sudato e ansimante, io invece sono fresca come una rosa. Non credi che ci sia un motivo per questo?” gli fece notare candidamente. Infine incrociò all’improvviso la spada di lui con la sua e la fece volare via, disarmando il ragazzo, dopodiché puntò la sua lama alla gola di Terence.

Il giovane rimase di stucco, iniziando a sudare freddo. Non si sarebbe mai aspettato che la ragazza fosse così brava, lo aveva disarmato con una mossa sola e senza alcuna difficoltà. Ma allora … che stesse solo giocando prima?

Lei abbassò la spada e la ripose nel fodero.

“Devi migliorare la difesa, lasci tutte le parti del corpo scoperte, in più sei troppo teso mentre combatti, ti muovi a scatti, i movimenti devono essere fluidi e veloci.” Lo rimbeccò Angela. Lui la squadrò un attimo, ancora sbigottito, dopodiché lei gli sorrise e andò sottocoperta lasciandolo lì, da solo.

Mancavano due giorni esatti dall’arrivo a Benprett, e Angela finì inevitabilmente ad approfondire la sua amicizia con Terence.

Era un bravo ragazzo, semplice e intelligente. Era un tipo molto riflessivo, senza doti particolari se non quella di poter essere un amico. Non aveva mai amato particolarmente la vita di mare, ma aveva sempre voluto accompagnare suo padre durante alcuni viaggi di lavoro. Di solito lo seguiva solo nelle città portuali importanti, ma quella volta aveva voluto andare anche a Telia, per pura curiosità di vedere com’era la piccola isola ai confini del mar dei Caraibi della quale spesso suo padre gli parlava. Non sapeva tirar di spada, come aveva avuto modo lei stessa di vedere, ma gli sarebbe piaciuto imparare e ammirava molto quelli che, come lei, avevano appreso l’arte. Ciò nonostante era sicuro che, se anche avesse imparato, non ne avrebbe mai fatto uso se non per difendersi in casi estremi. Odiava le battaglie e le guerre in generale. Era insicuro, per niente coraggioso, ma molto curioso e simpatico. Divenne un caro amico, anche se ovviamente non aveva ancora quello stato di confidenza tale da potergli confessare tutto sullo scopo del suo viaggio. Tutto sommato era sicura di potersi fidare di lui per consegnarli le lettere indirizzate a Maggie.
Passava la maggior parte del suo tempo con lui a chiacchierare del più e del meno, senza però approfondire nulla di importante. La ciurma ormai aveva preso il vizio di scherzare su un possibile feeling tra loro due. Questi commenti avevano il potere di far diventare rosso come un peperone il povero Terence, e irritare molto Angela, che però, con qualche intimidazione ben riuscita, era stata capace di mettere a tacere le mali lingue. Terence era molto dolce e simpatico, e le piaceva la sua compagnia, questo era vero, ma non avrebbe mai potuto essere più di un amico.

Però Angela non poté fare a meno di pensare che ad una persona di sua conoscenza, Terence sarebbe piaciuto molto. I loro caratteri erano molto simili, per niente coraggiosi, dolci, gentile, disponibili, semplici. Maggie e Terence si sarebbero senz’altro piaciuto a vicenda.

Maggie… Ogni volta che pensava all’amica aveva una fitta al cuore. Lei era l’unica cosa che ancora la legava al suo passato. Quello stesso passato che era stato il suo presente fino a poco tempo prima, ma che ora le sembrava terribilmente lontano.

*

Durante la mattinata del quarto giorno,  la ragazza, mentre stava lavando il ponte, venne informata da uno dei marinai, che il capitano la desiderava nella sua cabina urgentemente. Angela rimase leggermente stupita, ma poi si diresse subito nella cabina del capitano, con già in mente la probabile discussione che Teels voleva sostenere.

Il capitano stava leggendo alcune carte, ma appena la vide entrare, le mise da parte e le sorrise.
Angela si richiuse la porta alle spalle entrando, e si sedette di fronte a lui, aspettando che iniziasse a parlare. Lui non si fece attendere.

“Allora Angela. Ti ho fatto chiamare per esporti alcune questioni molto importanti, anche se immagino che tu ti sia già fatta un’idea di quello che potrei dirti.” Disse con calma.

Si, mi sono già fatta un’idea capitano, vuoi parlare del mio sbarco a Benprett, giusto?

“Si, credo di averlo intuito” rispose semplicemente.
Teels sorrise.
“Bene, passiamo subito al sodo, dunque. Cosa intendi fare una volta arrivata a Benprett? Non ti ho chiesto niente per tutto il viaggio, ma credo che almeno una piccola spiegazione ora me la devi.” Esclamò sempre con ostentata calma.
La giovane sospirò. Sapeva che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, anche se sperava di evitarlo. Cosa doveva dirgli? Aveva tenuto il suo segreto tutto il viaggio, per non dover dar penose e lunghe spiegazioni, e avrebbe dovuto darle ora? Forse avrebbe potuto farlo partecipe della sua vita solo in parte, per esempio poteva dirgli dov’era realmente diretta tenendo nascosto il motivo. Si, quella era la decisione migliore, dopotutto, qualcosa glielo doveva.

“Va bene, hai ragione, ti dirò cosa intendo fare una volta arrivata al porto. Però devi promettermi che non farai niente per impedirmelo, ok?” rispose leggermente sconsolata la ragazza.
Teels la guardò di sottecchi. “Promesso” disse infine, senza sapere cosa aspettarsi dalla giovane.

“Bene, ho la tua parola quindi.” Rispose Angela. Poi proseguì “ Ho intenzione di cercare un’altra imbarcazione per approdare a ….” Esitò un attimo “… a Tortuga” concluse titubante, aspettando la reazione del capitano.
Teels rimase sbigottito da quella confessione.
Tortuga? L’isola dei pirati? Perché mai, Angela, una ragazza rispettabile, voleva approdare in quell’isola? No, non andava assolutamente bene. Quella era un’isola di manigoldi, e Angela era una ragazza sola e indifesa!! Oddio, indifesa forse non era il termine che più le si addiceva, ma era comunque pericoloso. Glielo avrebbe impedito!
“COSA??????!!!!!!!!!! Ma sei impazzita? Tortuga, il covo prediletto dei bucanieri!! Cosa ci vai a fare lì? Quel posto con te non c’entra, e non ci dovrà mai c’entrare niente! Sono stata chiaro?” esplose irato, alzandosi in piedi.
Angela invece rimase impassibile, seduta composta al suo posto. Si era aspettata una reazione del genere e quindi era pronta ad affrontarla.
“No, Teels, non sono impazzita. Devo andare a Tortuga per un buon motivo. Non mi aspetto né che tu approvi, né che tu mi dia una mano ad arrivarci, hai già fatto abbastanza portandomi a Benprett e ti ringrazio.” Rispose forse un po’ più fredda di quello che avrebbe voluto.
“Sappi che non approvo per niente.” Esclamò, senza neanche far caso al tono della ragazza.
“Con quella confessione non cercavo approvazione. Ho detto la mia meta finale semplicemente perché tu me l’hai chiesta e mi sembrava giusto fornirti la risposta. Ma comunque, che tu approvi o meno, andrò lo stesso su quell’isola.” Affermò decisa, ma calma.
Teels invece era fuori di sé e aveva iniziato a camminare per la stanza, imprecando contro la scelta azzardata e insensata di Angela e spiegandole tutti i perché non ci dovesse andare, anche se la ragazza era irremovibile, come potè constatare lui stesso.

Dopo un po’, Angela si stufò della reazione leggermente esagerata del capitano e con voce sicura e alta, esclamò:
“Teels, non ho alcuna intenzione di cambiare i miei progetti, anche se tu non sei d’accordo, come mi hai candidamente fatto capire, quindi ti sarei grata se ti calmassi!”
Teels rimase di stucco. Dopo tutto ciò, lo rimproverava anche! Tuttavia decise di darsi una regolata e di tornare a sedere. Non aveva tutti i torti la giovane, dopotutto, agitarsi non gli sarebbe servito a nulla.
“Angela, per l’amor del cielo, ripensaci!” la supplicò un’ultima volta.
“No, ormai ho già deciso. Teels, lo so che può sembrarti una scelta azzardata, ma ti assicuro che non è così. Ci ho riflettuto a lungo, e in più c’è un motivo molto importante che mi spinge a fare questo passo.”
“E quale, di grazia?” domandò scettico.
La giovane sospiro di nuovo. “Questo non te lo posso dire, ma ti prego, Teels, fidati di me, so quello che faccio.” Affermò decisa.

Il capitano la squadrò da capo a piedi, preoccupato, ma alla fine si arrese. Angela era decisa a fare ciò che voleva, e lui sapeva perfettamente che qualunque cosa avrebbe detto, non le avrebbe fatto cambiare idea alla giovane. Non gli rimaneva che scusarsi, se pur disapprovava in pieno quella scelta. Angela sapeva badare a se stessa, doveva affidarsi al buon senso della ragazza, anche se questa sua ultima scelta gli pareva irragionevole.

“Va bene.” Rispose infine “Spero solo che tu sappia quel che faccia”
Angela sorrise.
“Ma come pensi di arrivarci a Tortuga una volta a Benprett? Io non ti posso accompagnare, lo sai. Siamo tutti marinai rispettabili e nessuno sarebbe contento di approdare in un porto del genere, per quanto mi dispiaccia lasciarti da sola a Benprett. Ma non posso costringere gli uomini.” Aggiunse dopo un po’ Teels, con aria mortificata e preoccupata.
“Non temere, lo so perfettamente, senza contare che la Compagnia delle Indie, se ti vedesse su quell’isola, potrebbe darti dei problemi.” Rispose la giovane con giudizio.
“Esatto. Quindi cosa intendi fare?”
“Non lo so, mi imbarcherò come mozzo su di un’altra nave, credo.”
“E quale? Una della marina? Dubito. Potresti imbarcarti su un altro mercantile, però dovresti convincerli ad approdare su Tortuga, perché solitamente non è una meta delle navi commerciali, avrebbero tutte il mio stesso problema.”

Accidenti, ha ragione, non ci avevo assolutamente pensato! E ora?

“Uffa, e allora cosa dovrei fare? Qualcosa troverò!” esclamò leggermente esasperata la giovane dalle riflessioni sconfortanti del capitano.
“Io avrei un’idea” esordì Teels.
Angela lo guardò dritto negli occhi.
“Davvero?” domandò incredula.
“Non ti posso accompagnare io di persona, ma qualcosa forse posso farla per aiutarti. Vedi, conosco alcuni contrabbandieri, che dovrebbero trovarsi proprio a Benprett, in questo momento. Loro di sicuro sbarcheranno a Tortuga per i loro traffici. Potrei chiedere al capitano se può darti un passaggio.”

La giovane era incredula. Non si sarebbe mai aspettata un’agevolazione del genere, specialmente da colui che meno di tutti approvava quel viaggio!

“Teels, sarebbe fantastico!!! Grazie!” esclamò felice. Dopodiché si congedarono l’un l’altro e lei uscì dalla stanza.

*

Il resto della giornata trascorse piacevolmente, fino al momento dell’approdo.
Angela era corsa di sotto per prendere le sue poche cose, e risalì in fretta le scalette per ritornare sul ponte.
Sopra, ad attenderla, trovò Terence, abbastanza scuro in volto. Probabilmente la causa era la partenza della ragazza.

“Allora, dobbiamo salutarci” esclamò lui, triste.
“Temo proprio di si, questa era la mia meta.” Rispose lei
Silenzio.

Ti prego Terence, non guardarmi con quella faccia arrabbiata anche tu, ho già la disapprovazione del capitano, una me ne basta. Mi mancherai, sei stata un buon compagno per questo breve viaggio, e spero di rivederti presto.

“Angela, non sei obbligata ad andartene, se non vuoi” esordì il giovane.

Eccolo lì! Lo sapevo che sarebbe venuto fuori con qualcosa del genere.

“Ma io voglio, Terece, per favore, non rendere tutto ancora più difficile.”
“Potresti rimanere qui, sulla nave, …” insistette lui.
“Terence, ti ringrazio, ma non posso accettare, devo proprio andare, credimi, e non cercare di impedirmelo, anche se una parte di me vorrebbe rimanere qui. Sei un caro amico, ma devo andare lo stesso.” Angela cercava di apparire decisa, ma di rimanere gentile.
Terence sospirò “Allora verrò io con te” affermò infine.

Angela rimase stupefatta.
“COSA? Vuoi venire con me? No, è fuori discussione!” esclamò freneticamente.
“Si invece “ disse risoluto “non ti lascio da sola, verrò con te”
La ragazza non sapeva più cosa inventarsi ora.
“No, Terence, no! Uno, tuo padre non ti farebbe mai partire, due, il tuo posto è qui, non puoi venire con me, tre non voglio che vieni con me, non perché non desidero la tua compagnia, ma non so ancora bene cosa farò io, figurati se posso decidere per tutti e due”
“Appunto, ti darei una mano”
“Quanto sei testardo!!! Terence, devi rimanere qui con tuo padre. E poi, mi saresti più d’aiuto qui, che non con me, perché se tu mi accompagni, nessuno porterà le mie lettere a Maggie. Comprendi?” esclamò lei esasperata, aggrappandosi a quest’ultimo appiglio.

Non è che non voglia la tua compagnia Terence, ma preferisco che tu rimanga  qui con Teels. Già non approva la mia partenza, figuriamoci se vieni anche tu! E poi, a questo punto preferisco agire da sola, senza contare che se tu parti non avrei più nessuno che potrebbe consegnare le lettere a Maggie. In più, sarei più sicura sapendoti qui, che non con me. Non sai combattere, non ti piace l’avventura e la vita di mare, e io non so a quali pericoli potrei andare incontro, non vorrei metterti in pericolo, non me lo perdonerei mai. Senza contare che dubito che Tortuga sia un’isola adatta a te. Voglio solo il tuo bene, e salvarti dai pericoli, non posso farmi peso della tua incolumità, dato che non so ancora se riuscirò a salvare la mia.

“Ma…” provò ancora il ragazzo.
“No, Terence. Fidati, sei più al sicuro qui, che con me. Potrebbe essere pericoloso.” Affermò seria la giovane.
Terence sembrò arrendersi. Forse la ragazza aveva ragione, le sarebbe stato più utile qui.
“Ok, ma fai attenzione, e ricordati che se qualcosa dovesse andare storto, potrai sempre tornare qui, sarai la benvenuta”

Oh, Terence, sei proprio un bravo ragazzo, grazie di tutto.

“Grazie Terence, sei proprio un amico” e detto questo lo abbracciò fraternamente.
Lui rimase un po’ costernato da questo slancio d’affetto, rimanendo leggermente a disagio e diventano rosso quando la ragazza si sciolse dall’abbraccio e lo guardò negli occhi.

“Angela, se sei pronta, io andrei”

Era Teels, che stava aspettando Angela per scendere a terra e accompagnarla fino alla nave dei contrabbandieri, dove avrebbe cercato di convincere il capitano a darle un passaggio per Tortuga.

“Si, arrivo subito.” Rispose lei. “Arrivederci Terence” aggiunse poi rivolta al figlio del capitano.
“Arrivederci Angela” disse il ragazzo sorridendo ancora imbarazzato.

La ragazza salutò brevemente il resto della ciurma, consapevole del fatto che c’era la possibilità di non rivedere mai più nessuno di loro. Infine raggiunse Teels, che la stava aspettando sulla passerella che collegava la nave alla terra ferma, lanciando solo un ultimo sguardo di saluto a Terence.

*

Uffa, sono già dieci minuti che camminiamo e ancora non ha detto una parola, che sia ancora arrabbiato con me? Eppure gli ho già esposto tutti i miei buoni motivi, anche se in modo non molto chiaro.
Di sicuro non approva la tua scelta, però forse, più che arrabbiato e preoccupato, non credi?
Ma perché? Oramai dovrebbe conoscermi abbastanza per sapere che so badare a me stessa! Non deve mica preoccuparsi per me!
Si, ma concedigli il fatto che saperti su di un’isola come Tortuga, da sola magari lo preoccupa un po’! Comunque, se ti mette tanto in imbarazzo questa situazione, inizia tu a parlare!
Ottimo consiglio.

“Teels…ehm…sei sicuro che questi contrabbandieri si trovino proprio qui, ora?” domandò titubante.
“Si, i loro traffici commerciali sono simili ai miei, a parte lo sbarco a Tortuga, che dovrebbe essere proprio la loro prossima tappa, quindi in questo momento, il loro itinerario dovrebbe prevedere una sosta a Benprett, esattamente come me.” rispose piatto lui. La giovane, decisa a non far cadere l’unico argomento che aveva trovato per discutere, chiese ancora:
“E dove pensi di trovarli?”
“Nella taverna gestita dalla sorella di uno dell’equipaggio. Quando sostano qui, si fermano sempre in quel luogo. Lo so perchè spesso e volentieri invitano anche me e la mia ciurma per qualche bevuta insieme.”
“E come si chiama questa locanda?”
“Da Marianna, il nome dell’attuale proprietaria, poco originale, ma pratico” e con questo, l’argomento sembrò archiviato, se non fosse che, a dispetto delle pessimistiche previsioni di Angela, Teels proseguì, con aria grave, il discorso. “Angela, ascoltami bene, il capitano di questa nave non è un uomo molto alla mano. È severo e ligio, si aspetta disciplina da ognuno dei suoi uomini e non gli piacciono le persone che gli disubbidiscono.”
“Insomma, un tipo autoritario.” Dedusse lei.
“Esatto, quindi per favore, so perfettamente che tu con le autorità hai sempre avuto seri problemi e che non ti piace quando qualcuno ti da degli ordini in modo severo, ma ti prego, non perdere le staffe con lui, e cerca di sopportarlo rimanendo gentile, per tutta la durata del viaggio. Se ti rendi antipatica ai suoi occhi, potrebbe decidere di non accompagnarti a Tortuga, quindi, fai la brava. Intesi?” le raccomandò con fervore il buon capitano.

Angela rimase abbastanza sorpresa dalla raccomandazione. Era vero che non aveva mai sopportato le autorità, specialmente se quelle si mettevano a gridare ordini a destra e manca, abusando un tantino del loro potere o se iniziavano a dettarle ordini che lei trovava assurdi; però la preoccupazione di Teels le sembrò eccessiva. Non era sciocca e non aveva intenzione di litigare con nessuno, per il momento, specialmente se questo “nessuno” rappresentava la sua unica via verso Tortuga.
“Dovresti sapere che non farei mai qualcosa di così idiota” affermò la giovane.
“Si, lo so, ma ancora non hai conosciuto il nostro uomo. E sapendo il tuo carattere, ho paura che potresti perdere le staffe con lui”.

Parlando, erano arrivati alla taverna “Da Marianna” senza neanche accorgersene. Era una vecchia locanda, ma era tenuta bene. Gli infissi erano saldi, l’insegna ben attaccata, e una volta entrati, la ragazza poté notare quanto il luogo fosse pulito e in ordine, pur ospitando parecchia gente seduta al bancone o intenta a brindare e a giocare a carte con gli amici ai tavolini.

“Non ci credo, Benjami Teels!!!” una donna sulla quarantina, ben piazzata ma dall’aspetto gioviale, era venuta incontro al capitano Teels, appena entrato dentro il locale.
“Marianna! Che piacere!” rispose lui, abbracciando la donna.

Era una signora dai capelli ricci e neri, e un sorriso a trentadue denti che le illuminava il volto allegro. Non era molto alta, ma ben piazzata, e indossava un grembiule rosso, che si abbinava al colore delle sue gote. Sembrava molto contenta di vedere Teels, e lui di vedere lei, dato che si abbracciarono con molto calore. Evidentemente si conoscevano.

Ma, aspetta un momento, l’ha chiamata Marianna, allora è la proprietaria della locanda! Però dove sono gli altri membri della ciurma? Qui dentro non c’è nessuno che potrebbe assomigliare ad un marinaio, mi sembrano solo signori della media borghesia, da come sono vestiti.

“Allora, qual buon vento ti porta qui dentro? È un secolo che non ci vediamo!” chiese Marianna al capitano, che, per tutta risposta, scoppiò a ridere. Aveva una voce molto alta e irritante.
“Marianna cara, si, hai ragione, sempre che per te un secolo sia a mala pena un mese.” La prese in giro lui.
“Oh, è passato così poco tempo? Mi sembrava molto di più!” la donna non raccolse la derisione.
“Dammi almeno il tempo di finire il mio giro di commerci, prima di tornare qui da te!” rispose con una punta di malizia lui. La donna rise. Questo lo aveva capito bene. Poi cambiò argomento.
“Allora, chi è questa giovane che ti porti con te?” chiese.
Il capitano stava per rispondere, ma Angela lo precedette presentandosi da sé.
“Piacere, mi chiamo Angela, e sono un’amica di Teels”
“Eh come mai sei vestita in quel modo?” domandò scrutando con disapprovazione i suoi vestiti da ragazzo.
“è una lunga storia.” disse lei, che non aveva voglia di dare spiegazioni. Marianna ci rimase un po’ male dalla risposta un po’ brusca, ma si dovette accontentare.

Non ho raccontato nulla a Terence, ti aspetti che venga a dire tutto a te?

Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Teels riprese la parola.
“Scusami Marianna, lo so che sono appena arrivato, però ero passato solo per vedere Lastrugh, sai dov’è?”
“Il capitano? Ehm, si, lui è mio fratello dovrebbero trovarsi al porto, sono arrivati quattro sera fa e stamattina dovevano prendere alcune merci per preparare la partenza. In effetti sono arrivati un po’ prima del solito. Credo che stiano caricando la merce a bordo. Hanno ormeggiato la nave accanto al negozio di liquori del vecchio Betch, sai come arrivarci, vero?”
“Ma certo. Bene, allora noi andiamo, siamo un po’ di fretta, e il fatto che stiano già preparando la partenza, accorcia i tempi. Grazie Marianna.”
“Come? Te ne vai di già?” domandò sorpresa e un po’ triste.
“Mi dispiace, ma devo fare una cosa. Tornerò più tardi con il resto della ciurma. Arrivederci” la liquidò lui, avviandosi verso la porta. Anche Angela la salutò di fretta, lasciando Marianna lì impalata, un tantino delusa. Ma questo stato non durò molto. Difatti Angela poté constatare, guardando dalle finestre della taverna una volta fuori, che la signora, appena loro furono usciti, era già impegnata in una nuova conversazione, con un altro cliente.

“Non ti ha fatto una buona impressione Marianna, vero?” le chiese a tradimento Teels, poco dopo.
Angela lo guardò di sottecchi un attimo, indecisa se dirgli veramente ciò che pensava oppure no. Optò per la prima opzione, ma cercò di essere gentile, nel giudizio.
“Ecco, mi è sembrata una donna allegra. Un po’ troppo sempliciotta forse, e leggermente ignorante. Mi hanno dato fastidio il modo sprezzante con la quale ha indicato i miei vestiti, e la sua voce stridula.”
Teels scoppiò a ridere.
“Accidenti che spirito di osservazione! Comunque sta attenta. È vero che ad una prima occhiata può sembrare una “sempliciotta”, come l’hai definita tu, ma in realtà è molto furba, e sa gestire bene le situazioni finanziarie della sua locanda.” La corresse lui.

Che strano, sembra che un po’ d’ansia gli sia passata. Bhè, meno male.

“A si? Buono a sapersi, anche se non si direbbe” rispose lei sulla difensiva, felice però della ritrovata allegria di lui. “Comunque, parlando d’altro, chi è Lastrugh?” proseguì curiosa.
“è il capitano della nave di contrabbandieri che, con un po’ di fortuna, ti accompagnerà a Tortuga” affermò. “Ah, a proposito, forse è meglio che gli uomini di Lastrugh non sappiano che sei una femmina. Sai, loro non ti conoscono e potrebbero iniziare a deriderti e lanciarti sfrecciatine fastidiose, senza contare che vorrei evitare spiacevoli incidenti. Loro non sono come gli uomini della mia nave, non sono esattamente ciò che uno definirebbe “gente per bene”, anzi, tutto il contrario, perciò credo sia meglio che solo il capitano conosca la verità. Ce la faresti a passare per un ragazzo per questo breve viaggio?” aggiunse guardandomi un po’ preoccupato.
Angela gli sorrise, e senza rispondergli, raccolse i suoi capelli dentro il cappello e mise la camicia fuori dai pantaloni, in modo che fosse meno aderente al suo corpo.
Infine, facendo la voce più roca che le venisse, domandò scherzosa “Così va bene capitano?”.
Anche Teels sorrise vedendola. “Perfetto” disse.

Sarà facile, basterà avere una camminata più mascolina e passare la maggior parte del tempo in cabina.

In poco tempo arrivarono davanti alla nave. Era un veliero più piccolo del mercantile di Teels, ed era anche molto più malconcio. Sembrava averne passate di tutti i colori.
Teels si diresse deciso verso la passerella che permetteva di salire sulla nave, ma appena ci mise piede sopra, un uomo lo bloccò. Aveva un aspetto poco rassicurante. Era giovane, muscoloso, alto, con i capelli corti e un grosso tatuaggio sulla spalla che raffigurava una serpente marino. Ad Angela fece ribrezzo il solo guardarlo. Era uno di quei tipi “tutto muscoli e niente cervello”.

“Il capitano non vuole che degli sconosciuti salgano sulla sua nave” ruggì addosso a Teels, che per tutta risposta, non fece una piega.
“Oh, lo so bene, ma si da il caso che io non sia uno sconosciuto. Sono il capitano Teels, amico di vecchia data di Lastrugh. Ora mi fai passare?” rispose calmo.
Il marinaio lo squadrò un attimo, poi con un sussultò esclamò:
“Ma certo! Capitano Teels, mi scusi, ma non l’aveva riconosciuta! Lei può passare, e questo giovane che è con lei?”

Magnifico, il travestimento funziona!

“è un mio amico, deve venire con me” rispose lui,
“Ah, ok. Il capitano è dentro la sua cabina” aggiunse. Infine Teels lo superò sulla passerella e si incamminò prima verso il ponte e dopo verso la cabina del capitano, seguito a ruota da Angela.

Entrò sicuro di sé nella stanza, dove trovarono un uomo seduto su di una sedia, che evidentemente doveva essere Lastrugh, chino a tracciare alcune rotte su delle carte sopra la scrivania
Appena l’uomo si accorse della nostra presenza, saltò come sull’attenti. Cinquant’anni, era più vecchio di Teels, magro, slanciato, sguardo e volto seri, comportamento austero e, appena aprì bocca, Angela scoprì di odiarlo già.

“Teels! Cosa ci fai qui?” domandò in modo brusco.
“Anche a me fa piacere rivederti, Lastrugh” rispose divertito lui.
“è un sacco di tempo che non ci si vede. Però potevi anche evitare di entrare a tradimento nella mia cabina.”
“Scusa l’imprudenza, comunque vedo che stai bene.”
“Come sempre, anche tu vedo che sei in forma. E chi è questo sbarbatello?” chiese rivolto ad Angela, interrompendo quello scambio di “gentili” saluti.
“Oh, è un mio amico, o meglio, dovrei dire…amica.” Affermò Teels sorridendo sornione.
“Amica? Teels, sei cieco? Quello è un ragazzo” lo derise l’altro.
Angela allora si sfilò il cappello, facendo ricadere i capelli sulle spalle, e Teels si chiuse la porta della cabina alle spalle.
Lastrugh rimase un attimo spiazzato, ma senza darlo troppo a vedere, infatti si riprese subito dal piccolo shock.
“Per tutti i fulmini! Una ragazza? Teels, vuoi spiegarmi la situazione? Perché questa bella ragazza si sarebbe dovuta travestire da giovanotto? A mio parere sta molto meglio così e poi…”

Ok, ora gliene dico quattro. Prima aggredisce Teels, invece che salutarlo, ora mi dice questo, io…
Ferma, cos’hai appena promesso a Teels? Che saresti stata calma. Su, tira fuori la parte paziente di te e fai buon viso a cattivo gioco, come dicevamo prima.
Uf, hai ragione. Sarà dura, ma ce la farò.

Teels, allora, prese in mano la situazione.
“Ecco, è proprio lei il buon vento che mi porta da queste parti. Ora, se sei così gentile da farci sedere, ti spiego tutto.”
Lastrugh indicò un paio di sedie davanti alla sua scrivania, con un cenno del capo, mentre si sedeva lui stesso sulla sua.

Quest’uomo è la cortesia fatta a persona. Pensò Angela.

Una volta che si furono seduti, Teels iniziò a spiegare la situazione, dicendo che Angela aveva semplicemente bisogno di un passaggio a Tortuga e che non avrebbe dato alcun fastidio né a lui né alla sua ciurma.
“E perché mai io dovrei accettarla nella mia ciurma per questo viaggio? Lo sai che non voglio scocciatori!” sbottò irato Lastrugh. Teels rimase calmo invece, e proseguì, facendo un lieve cenno ad Angela di rimanere zitta, dato che iniziava ad agitarsi sulla sedia di fronte al comportamento della scorbutico capitano.
“Uno, perché non ti costerebbe nulla, e due, perché mi devi ancora un favore e questa potrebbe essere un’ottima occasione per saldare il tuo debito.”
“Quale favore?” chiese stupito il capitano.
“Chi ti ha avvisato in anticipo che la marina britannica era sulle tue tracce per alcuni tuoi traffici di rum, permettendoti così di nasconderti per un po’ di tempo prima che ti prendessero?” domandò serafico Teels.
Lastrugh sospirò, probabilmente riconoscendo il fatto come vero. E con fare contrariato, disse:
“Ah, quella volta che ti sei impicciato dei miei affari, vuoi dire! Guarda che me la sarei cavata benissimo anche da solo, quella volta, puoi prendere il merito solo di avermi preceduto sul tempo!” gli sputò addosso Lastrugh. Teels continuava ad essere tranquillo. L’altro capitano proseguì “Va bene, la scorterò fino a Tortuga, ma ad un patto, se ne starà nella cabina che le consegnerò, buona buona per tutto il viaggio, senza creare alcun disturbo. Non voglio disordini sulla mia nave, e con tutto quello che devo fare mi manca solo da far da baia ad un ragazzina! Chiaro?” sbraitò rivolto ad Angela.
“Chiarissimo, non si preoccupi capitano” rispose la giovane, guardandolo dritto negli occhi, con fermezza forse eccessiva. Difatti Lastrugh rimase abbastanza colpito dalla sguardo duro della ragazza. Si aspettava di averla almeno intimorita con il suo tono burbero e alto, invece non aveva fatto una piega. E questo, lo prese quasi come affronto personale.
“Ah, un ultima cosa Lastrugh” aggiunse Teels “ti sarei grato se non rivelassi che Angela è una ragazza. Preferirei che il resto della ciurma pensasse che sia un ragazzo, per evitare battute e altre cose spiacevoli. Intesi? Sai che la tua ciurma non è proprio cortese con le signore…”
“Si, forse è meglio” convenne lui, stranamente senza aggiungere nulla di scortese.
“Perfetto, grazie veramente, non sai quale favore mi fai!” lo ringraziò il capitano, con gentilezza eccessiva, a parere di Angela, dato il modo che Lastrugh.
“Si, ora fuori, se permettete devo preparare una partenza. Ah, tu…ragazzina, la tua cabina per questo viaggio sarà quella infondo a destra, appena scesa la scaletta. Capito? E cerca di rimanerci il più possibile.” disse poi rivolto ad Angela, che si limitò ad annuire con un cenno del capo, uscendo dalla stanza insieme a Teels.

Una volta fuori e lontano da orecchie indiscrete (dato che gli altri marinai era intenti a portare alcune casse a bordo e a preparare la nave per la partenza) Angela esplose in commenti a bassa voce.
“Ma l’hai sentito? Quell’uomo è il ritratto della scortesia!! Io già non lo sopporto, lo butterò a mare prima di arrivare a Tortuga! Parola mia!”
“Shh!!!! Abbassa la voce, o in mare ci finirai te! Angela, per favore, ricordati quello che mi hai rassicurato prima, ok?” la rimbeccò lui.
“Uf!” Angela convenne che aveva ragione e, dopo aver sbraitato ancora un po’ sul caratteraccio di Lastrugh, si calmò.
“Ma se mi chiama un’altra volta ragazzina, gliene dico quattro!” concluse.
Teels non potè evitare di ridere davanti alla faccia corrucciata della giovane, poi però, si ricordò che era arrivato il momento più triste per lui, quello degli addii, dove avrebbe dovuto lasciarla al suo destino, e si fece triste in volto a quel pensiero. Anche alla ragazza venne in mente la stessa cosa, e allora la rabbia venne sostituita dalla malinconia.
“Angela, ora…ci dovremmo salutare. Io devo tornare alla mia nave, e tu…devi iniziare il tuo nuovo viaggio”. disse sconsolato il buon capitano.
La ragazza sorrise.

Teels mi vuole veramente bene, nonostante non sia sua figlia, mi considera come tale. È veramente un brav’uomo, Terence è fortunato ad averlo come padre. Spero che quando ritroverò il mio, scoprirò che anche lui è bravo quanto Teels. Non poté fare a meno di pensare Angela, vedendo con quanto affetto il buon capitano si separava da lei.

“Si, i tuoi uomini ti staranno aspettando. Salutameli tutti da parte mia, soprattutto Terence.” rispose la giovane.
“Ma certo.” Disse lui.
“Arrivederci Teels, e grazie mille per tutto.” Lo ringraziò lei.
“Non dirlo nemmeno. E se in futuro avrai bisogno di un aiuto, ricordati che io ci sono, e nel dir questo, penso di parlare a nome di tutta la ciurma, in particolare di Terence! Sai, si è molto affezionato a te, in questi giorni. Ti trova straordinaria, me lo ha confessato lui stesso.”
Angela rise. “Ringrazialo da parte mia allora!”
“Arrivederci Angela. Buon viaggio e buona fortuna. E, mi raccomando, non perdere le staffe con il capitano Lastrugh, d’accordo?” le raccomandò ancora lui, sorridendo.
“Tranquillo, me la saprò cavare! Arrivederci.” La salutò un ultima volta la ragazza.
“Arrivederci” disse lui, dandole una piccola pacca sulla spalla. Infine si incamminò verso la passerella per tornare alla sua nave, augurando alla ragazza ogni bene possibile.

Addio Teels, spero che rivedrò sia te che Terence e la tua ciurma, e spero che quando quel giorno arriverà, magari potrò farvi conoscere mio padre.

La giovane allora, con il cuore un po’ triste a causa degli ultimi saluti, decise di avviarsi verso la sua cabina.

Allora, il capitano ha detto: “in fondo a destra, appena scesa la scaletta”. Perciò dovrebbe essere …questa!

La ragazza aprì la porta di una cabina piuttosto piccola. Era tutta impolverata, e ciò stava a significare che non la utilizzavano spesso. Benissimo, non avrebbe dovuto convivere con qualcuno della ciurma.
Non era stanca, ma non aveva assolutamente voglia di stare sul ponte con gli altri membri dell’equipaggio. Avrebbe dovuto recitare la parte del ragazzo, e non ne aveva alcuna voglia per il momento, nonostante fosse sicura che la recita non le sarebbe venuta per niente male.
Nel frattempo, i pensieri iniziarono ad assalirle la mente, susseguendosi uno dietro l’altro.

Wow, non ci posso credere, sono passati solo tre giorni da quando sono partita da Telia, eppure mi sembra un’eternità. Sono accadute più cose in queste 72 ore che in tutta la mia vita messe assieme! Sono partita con Teels per arrivare a Benprett, ho conosciuto Terence e trovato il modo per comunicare con Maggie, e in men che non si dica sono già sulla nave diretta a Tortuga! Incredibile.
Eppure la strada per arrivare alla mia meta finale è ancora lunga. Mi sto dirigendo a Tortuga con la speranza di trovarlo lì, anche se dubito in un colpo di fortuna del genere, comunque non si sa mai. Di sicuro troverò come minimo delle informazioni su di lui, se non la mamma non mi avrebbe detto di andare su quell’isola...
Quando ho lasciato Telia sapevo che avrei lasciato molte delle persone a me care, ma non avrei creduto che gli addii fossero così tristi. Prima Maggie, ora Teels e Terence.
Terence... incredibile come quel ragazzo mi stia così a cuore, dato che lo conosco da pochissimo tempo. Eppure sento che nata una bella amicizia tra noi, spero solo che il destino mi darà la possibilità di approfondirla. È un caro ragazzo, bravo e gentile. Deve solo imparare ad essere più sicuro di sé.
Due giorni, solo due giorni di navigazione mi separano da Tortuga. Sono vicina finalmente, anche se mi pare impossibile. La mia vita è stata capovolta totalmente. Cinque giorni fa era una ragazza di Telia, senza un padre, con particolari abilità nella spada e sogni che la maggior parte della mia gente avrebbero trovato bizzarri e strani. Ora so finalmente chi è il mio papà, e sto comunque realizzando quei sogni, che per tutti questi anni mi hanno accompagnata. Sto viaggiando per mare! In più sono convinta che troverò mio padre, e allora sarà tutto più bello.

*

Due giorni sono pochi, era vero, ma sembrano allungarsi all’infinito quando si è confinati in una cabina angusta e ci si sente urlar contro di essere d’intralcio, ogni volta che ci si esce. Senza contare che il capitano Lastrugh sembrava fatto apposta per esasperare la povera Angela. Ogni volta che saliva sul ponte, l’accusava di dare fastidio, e continuava a ripeterle che avrebbe fatto meglio a strasene nella sua cabina, perché, dato che non faceva nulla, disturbava gli uomini che lavoravano. Allora lei si era proposta di dar loro una mano, ma a sentir queste parole il capitano si era adirato tantissimo, dicendo che non voleva impiastri che ronzolavano in giro per il suo veliero a far danni, e che di sicuro, dando per scontato che era un’incapace, avrebbe combinato qualche pasticcio. La povera Angela dovette far appello a tutta la sua pazienza, per ritornare nella sua cabina senza nemmeno dirne quattro a Lastrugh. Invece, ricordando la promessa fatta a Teels, e ripetendosi che se lo avesse fatto arrabbiare avrebbe potuto decidere di non accompagnarla a Tortuga, riuscì a sorridere e dire “Ha ragione, mi scusi capitano” con la voce più gentile che poteva.

Questo gli era costato non poco. Aveva dovuto ingoiare un rospo enorme e fare tra travasi di bile, però alla fine c’era riuscita, e si era accontenta di tornare nella sua cabina imprecando a bassa voce.

Solo due giorni, e questo è già il primo. Angela, resisti. È vero, quell’uomo è insopportabile, ma ti serve per arrivare a Tortuga, dopodiché non lo vedrai mai più, quindi, calmati.
è impossibile essere calmi con quell’essere ripugnante! Non so come ho fatto a non perdere le staffe! Ora ritorno lì e gliene dico quattro, grrr!!!
Ferma, solo due giorni di viaggio, ricorda, solo due giorni...
Giusto, solo due giorni...solo due giorni...solo due giorni..

Fu una dura sfida, ma alla fine, Angela ce la fece. Riuscì a superare quei due giorni senza litigare con il capitano, per quanto lo odiasse profondamente.  
Non fece conoscenze tra ciurma, se non molto superficialmente.
Teels aveva perfettamente ragione, erano tutti molto diversi dalla sua ciurma. Erano sboccati, maleducati, ignoranti e incivili. Non riusciva a sopportare la loro compagnia per più di cinque minuti. Facevano battute volgari e insopportabili. Tanto più che alla fine non rimpianse nemmeno più di tanto il fatto che il capitano preferiva che lei rimanesse nella sua stanza per non dargli fastidio. Così, oltre che lei non dava fastidio a lui, loro non davano fastidio a lei. In più, meno loro approfondivano la sua conoscenza, meno lei avrebbe corso rischi di essere scoperta. Perfetto.

Comunque, nelle poche volte che dovette sopportarli, scoprì di essere un’ottima attrice. Nessuno della ciurma sospettava che lei fosse una ragazza. Parlava con voce roca e imitava un’andatura mascolina, al posto della sua solita, più femminile e anche leggermente ondeggiante, particolarità che spesso le era stata criticata ma che lei non riusciva a cambiare. Cercava anche di parlare come loro, anche se questo non le veniva molto facile. Era comunque cresciuta in un ambiente rispettabile, e quindi parlava in maniera forbita, un modo che questi energumeni neanche sapevano esistesse. Tuttavia se la cavò egregiamente.

Finalmente, il pomeriggio del secondo giorno, il profilo dell’isola preferita dei pirati, il covo prediletto dei bucanieri, la viva e libera Tortuga, si stagliò all’orizzonte.

Angela quel pomeriggio si appoggiò al parapetto per guardarla. Finalmente era quasi arrivata, e finalmente avrebbe lasciato quella piccola barcaccia che il capitano si ostinava a chiamare veliero. A parer di Angela invece, quella sembrava più un misero peschereccio che un “magnifico veliero”. Era piccola, angusta, decadente, vecchia e malconcia. Cos’aveva di magnifico lo sapeva solo Lastrugh! Ma oramai non aveva più importanza, era arrivata alla sua meta e tra poco avrebbe finalmente iniziato le ricerche su suo padre. Non stava più nella pelle! Solo poche ore la sapevano da quell’isola, il capitano l’aveva informata che entro il tramonto sarebbero sbarcati.






Note dell'autrice:

Ok, per favore, non mi uccidete! Giuro che volevo entrare più nel profondo già da questo cappy, solo che il viaggio si è rivelato più lungo del prevvisto, ed era necessario farla arrivare a Tortuga prima di qualsiasi altra cosa. Però vi prometto, è stavolta sul serio, che nel prox cappy ci sarà un'importante svolta, anche se non vi dico quale! Per farmi perdonare cercherò di aggiornare prestissimo!!!!

Per il momento la nostra Angela è finalmente arrivata a Tortuga, ma dovranno ancora accaderne di cose!

Ringraziamenti:

Nekomi:  sono felice che
ti sia piaciuto il 3° cappy ! Di sicuro Angie nel suo viaggio farà molte conoscenze, buone e cattive, e probabilmente anche una moooolto buona, per lei, si intende! La magia di sicuro non mancherà anche se per il momento non ho approfondito nulla di ciò che avevo accennato nel 3° cappy. Volevo farla arrivare a Tortuga prima di descrivere meglio qualsiasi altra cosa, ho fatto un accenno a due elementi importanti nell'altro cappy solo per iniziare a immetterli nella ficcy e per destare curiosità! Grazie per in complimenti e spero che anche questo cappy ti piaccia! Kisskiss 68Keira68

DJ Kela:  sono contentissima che anche il 3° capitolo ti sia piaciuto! Se sono migliorata è soprattutto grazie a i tuoi consigli! E per le ripetizioni, in effetti ne commetto ancora, cercherò di migliorare ;-)! Cmq guarda che tu scrivi benissimo,!!! Se ti sottovaluti mi arrabbio ;-P!!!!! Per quanto riguarda i pensieri di Angie, ci hai azzaccato in pieno, l'angioletto e il diavoletto sono proprio il paragone esatto!! Io li immagino proprio così! Sei super vicina all'esenza di tutta la ficcy, l'hai capita praticamente quasi del tutto, manca solo una piccola cosa! Presto comunque si scoprirà. Terence è un bravo ragazzo, ma assillante, come dici giustamente tu, però diventerà più importante in futuro, per il momento si limiterà a portare le lettere a Maggie! Effettivamente la parte del nuovo governatore l'ho fatta molto breve, ma volevo solo dare un breve accenno, giusto per immettere quello che, come si è capito, diventerà l'antogonista principale, per ora non posso portarlo avanti finché non faccio avanzare la vicenda di Angela. Infatti, in questo cappy, molte cose che ho intromesso nel 3, non le ho proseguite. Sono bloccata finché non si svelerà una delle rivelazioni più importanti, che si può facilmente capire qual è ;-)! Comunque sarà una sopresa quando si conoscerà meglio il nuovo governatore, lo posso assicurare, per ora però non posso dir altro! Comunque sono contenta che abbia intrigato così tanto, grazie! Grazie mille per tutti i complimenti! Non vedo l'ora di leggere la tua recensione sul  4° cappy!! Kisskiss e tvttttttb 68Keira68

skyearth85: hai ragione, non ci avevo mai pensato a quello che mi hai detto, provvederò a cambiare l'introduzione, grazie! Grazie anche per i complimenti che mi ha fatto e per avermi detto che secondo te potrei diventare una scrittrice o giornalista, grazie!! Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensi del resto della ficcy, così magari potresti anche darmi una mano per migliorarla e per migliorarmi! Grazie ancora, kisskiss 68Keira68

Mille grazie anche a quelli che hanno solo letto e spero che anche questo cappy sia piaciuto, e se volete, i commenti sono graditi ;-P!!  Kisskiss a tutti 68Keira68

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5_ Un nome, una persona, una realtà ***


dgiola

Note dell'autrice:

Ciao! Sono tornata, ce l'ho fatta finalemente a pubblicare e finire questo cappy! è stata un'odissea, ve lo posso assicurare, non mi sembrava mai completo o giusto, l'ho riscritto 2 volte. Senza contare che la scuola non mi ha dato tregue (non immaginate la quantità di compiti che ci hanno dato! Povera me T_T). Xò mi dispiace di non aver potuto pubblicare il cappy prima, scusatemi tutti!!!!!! Cercherò di essere più veloce per quanto mi sarà possibile! Sorry!!!!!
Però adesso vi lascio alla lettura, dato che vi ho fatto aspettare tanto!! Buona lettura!

I ringraziamente sono a fondo pagina XD

5_ Un nome, una persona, una realtà


I venti di ponente gonfiavano le vele di un imponente galeone pirata sotto lo sguardo del loro capitano, che, perso nei suoi pensieri, sembrava indifferente a tutto il trambusto che c’era sul ponte del suo veliero.

Era un uomo molto particolare, unico nel suo genere, come lo definirebbero in molti, pazzo per tanti altri, ma geniale per la maggior parte della gente, anche se, secondo lui, era impressionante quanto spesso quei due tratti coincidevano.
Era il capitano della più bella e veloce nave pirata di tutti i caraibi. Titolo che si era guadagnato con non poca fatica, dato che Dio solo sa quante ne aveva dovute passare, e quante ne aveva fatte passare, per ottenere il comando del maestoso galeone! Ma alla fine ce l’aveva fatta e incredibilmente erano ben diciassette anni di fila che ne era l’indiscusso capitano.

Ora, appoggiato al parapetto, non aveva ancora proferito parola da quando si era alzato, e si limitava a guardare il sole che tramontava, colorando il mare di bellissime tonalità pastello. Era uno spettacolo mozzafiato, e anche se oramai lui, da vero lupo di mare, era abituato a spettacoli del genere, anche molto più insoliti ed emozionanti a volte, non poteva non rimanerne colpito. Solo perché una cosa era già stata vista non voleva dire che era meno bella, in più il tramonto e l’alba suscitavano in lui delle emozioni particolari. Gli facevano riaffiorare molti ricordi di tempi andati, e gli ispiravano mille avventure che ancora potevano accadere.

Nonostante questo però, la sua condotta di quel giorno, così taciturna e pensierosa, era estremamente insolita per un uomo come lui, solitamente baldanzoso e allegro, gioviale, chiacchierone, sempre indaffarato e, se possibile, con una bottiglia di rum in mano. Ma questo inconsueto atteggiamento nascondeva una ragione ben precisa, capace di dare una spiegazione ad ogni cosa. Solo una volta all’anno si comportava in maniera così particolare, e quella volta era arrivata puntualmente.

Tra due giorni esatti sarebbe stato l’8 di luglio, una data importantissima per lui. E i giorni che precedevano quel giorno, erano gli unici che si era permesso di dedicare al rimpianto di una cosa passata, avvenuta per un madornale errore da parte sua. A dir la verità erano stati molti gli errori che avevano favorito a far maturare una situazione del genere, ma ormai quello che era stato fatto era stato fatto, e lui non poteva farci niente, ora come ora. Perciò adesso si limitava a dedicare alla questione tre o quattro giorni l’anno di rimorso, per poi archiviare l’argomento fino all’anno successivo.

Le domande che lo assillavano in quel periodo, che per il resto del tempo rimanevano buone buone assopite nei meandri più profondi della sua mente al quanto contorta, erano delle più svariate. Ma quella che prevaleva su tutte, la più terribile, era “Cosa sarebbe successo se…”. Quel “se” era frustrante, perché sapeva perfettamente che qualora non ci fosse stato, la sua esistenza sarebbe stata ben diversa, ma non sapeva esattamente in cosa e come sarebbe cambiata la sua vita, se in bene se in peggio, se quel dono improvviso sarebbe stato una maledizione o una benedizione, se lui sarebbe rimasto un capitano pirata o …. Chi lo sa cosa sarebbe potuto accadere.

Con un lento movimento della mano, prese a giocherellare distrattamente con uno degli innumerevoli ciondoli che gli pendevano dalla cintura, un’altra particolarità del suo essere, quando venne bruscamente richiamato alla realtà e sottratto dai suoi pensieri dalla voce del suo primo ufficiale. Era un uomo dall’animo gioviale, un gran marinaio che era stato il suo braccio destro in più di un’occasione, e della quale sapeva di potersi fidare ciecamente.

“Capitano, vi sentite bene? E’ tutto il giorno che vi comportate in maniera al quanto insolita.” Chiese avvicinandosi a lui, scrutandolo leggermente preoccupato.

Il capitano lo squadrò un attimo da capo a piedi. Si aspettava quella domanda, specialmente da lui, poi con un sorriso mesto, rispose alla domanda con voce forte e sicura, cercando di riprendere il suo atteggiamento usuale.

“Mi comporto esattamente come al solito Gibbs, voi piuttosto, non avete niente di meglio da fare che stare qui a farmi domande insulse?” domandò neutrale.

Mastro Gibbs sorrise tra sé e sé di fronte a quell’affermazione. Conosceva l’uomo che aveva di fronte come le sue tasche, e sapeva che c’era qualcosa che non andava, e poteva anche comprendere cos’era ciò che lo rabbuiava. D’altronde, era anche l’unica persona che ne era stata messa al corrente, nessun altro sapeva quella triste storia. Ma il suo capitano non avrebbe mai ammesso di essere turbato, nemmeno di fronte a lui.

“Mi scusi signore, ma fatto è che ci chiedevamo quale rotta dobbiamo prendere.”
Il capitano non rispose subito, il che diede il tempo al suo primo ufficiale di esclamare, un po’ titubante:
“Capitano, si sta avvicinando l’8, vuole che torniamo a ….” Ma il capitano concluse la frase per lui
“…a Tortuga, si, facciamo una breve sosta a Tortuga, giusto un paio di giorni, dopotutto abbiamo anche bisogno di provviste, mi pare che la stiva sia quasi vuota” e detto questo tornò a guardare il tramonto, anche se ormai volgeva al termine, mentre il vecchio Gibbs affermava che gli uomini sarebbero stati contenti di sostare un po’ nella cara e dolce isola dei bucanieri.

*

“Ehi tu! La nave si sta preprando all’approdo, tra meno di dieci minuti potrai sbarcare, vedi di raccattare le tue cose veloce e di toglierti dai piedi in fretta!”
Il capitano Lastrugh si era avvicinato ad Angela che si trovava accanto al parapetto, e “gentilmente” l’aveva informata che doveva prepararsi a scendere dalla nave. Angela si era quasi spaventata a sentir la voce roca del capitano così vicina al suo timpano, ma si riprese abbastanza in fretta per dire a sé stessa che non valeva la pena rispondergli a tono dato che era quasi arrivata all’isola, così con un sorriso tirato gli rispose:
“Grazie dell’informazione” dopodiché scese nella sua cabina per preparare le sue poche cose.

In compenso il capitano era stato di parola, difatti neanche dieci minuti dopo la nave era attraccata al porto di Tortuga. Fu calata la passerella, e la ragazza, con il suo piccolo fagotto sulle spalle, scese in meno di un secondo, senza guardare in faccia nessuno. Quei due giorni erano stati infinitamente lenti a passare, e sperava vivamente di non rivedere mai più quegli uomini e, in particolare, il loro capitano. Era talmente felice di lasciarsi quella maledetta barca dietro le spalle che non si accorse nemmeno che era arrivata destinazione, dopo tanto vagare. Finalmente, quando poté non pensare più a Lastrugh, riuscì a godersi il fatto di essere giunta alla sua metà.

Caspita, quasi non ci credo, sono arrivata finalmente. C’è l’ho fatta! Alla faccia di Johnatan!! SONO QUI!!! A Tortuga!!!!! E ora posso dare inizio al vero scopo del mio viaggio, cercare notizie su mio padre. Sono sicura che troverò delle informazioni su di lui, non può che essere altrimenti.

Ma dato che il giorno volgeva al termine, e tra poco meno di un’ora sarebbe stato buio, decise che forse era più prudente se avesse aspettato ancora domani, per avviare le sue indagini. Così la giovane si avviò per le strade di Tortuga iniziando a guardarsi attorno, presa dalla curiosità di vedere la famosa isola dei bucanieri e per trovare una locanda adatta per albergare durante il suo soggiorno lì. Però ad ogni passo che faceva si accorgeva che quella non era un’isola come le altre, e alla fine si dovette fermare un attimo per analizzare bene la situazione.

Non era neanche sera che le vie erano già piene di marinai e pirati ubriachi, che gironzolavano barcollanti dicendo parole senza senso, canticchiando canzoncine allegre e reggendosi in piedi l’un l’altro. Senza contare la moltitudine di donnine allegre che giravano tra loro nella speranza di farsi qualche nuovo cliente, ridendo alle loro battute indecenti e permettendogli di fare ciò che volevano. Si sentivano degli spari in lontananza, e ogni tanto scoppiava qualche rissa. Alcuni uomini cadevano per terra all’improvviso a causa di una sbronza, qualcuno perché addirittura colpito da qualche pallottola vagante. La ragazza rimase leggermente disorientata da un trambusto del genere, non essendoci abituata, anche se non era neanche lontanamente spaventata.

Ma che razza di posto è mai questo?!
Guarda che sono pirati, non sono esattamente la classe nobiliare più raffinata.
Questo lo so bene, ma ritengo sia un po’ troppo!
Il tuo “un po’ troppo” per loro è la normalità.
Qui si esagera, è un’indecenza! Uomini ubriachi che si scannano tra loro oppure impegnati con delle piacevoli compagnie. Risse a mano armate, qualcuno cade a terra ucciso o sbronzo. Non c’è un minimo di decoro.
Cosa ti aspettavi?

...
Non avrai paura, non vorrai mica tornare a casa?
Cosa? Paura? Chi, io? Ma figurati! E solo che sono impreparata. Comunque non ho paura di niente se permetti, non credere che un paio di pirati sbronzi possano farmi timore, ci mancherebbe altro! In più non ci penso nemmeno a tornare indietro, sono venuta qui con uno scopo ben preciso, e non me ne andrò finchè non avrò trovato ciò che cercavo. Dovessi difendermi a colpi di spada da tutti i bracconieri di Tortuga!

Angela, con rinnovata forza, iniziò a farsi strada tra pirati, risse, e colpi di spada, cercando di passare inosservata, e continuando a guardarsi attorno.
Dopo qualche isolato dalla costa, trovò una locanda che le sembrò adatta per passare qualche giorno. Era un edificio rosso, con molte finestre, anche se alcune erano andate distrutte (probabilmente triste conseguenza di qualche scontro), dal nome “La locanda del rum”.

Entrò dentro, e quello che vide la fece rimanere di stucco ancor più di prima. Il locale era pieno di uomini con boccali traboccanti di rum e altri liquori che ridevano sguaiatamente e facevano a botte tra di loro. Per ogni gruppetto di pirati c’era una donna che si esibiva indecentemente, senza contare che l’aria stessa era irrespirabile, impregnata di alcol, tabacco e anidride carbonica. Angela, a bocca spalancata, era rimasta a guardare la scena sempre più incredula dalla soglia del locale. Non che avesse qualcosa contro i liquori, diamine, aveva vissuto in un locanda quindi era anche abituata all’odore dell’alcol e alla vista di persone ubriache, senza contare che lei per prima non aveva mia disdegnato un boccale di rum, per quanto la cosa non si addicesse ad una signorina. Era abituata anche al vociare, alle risate e a volte anche a qualche rissa, che però prontamente Johnatan, in quanto padrone del locale, cercava di troncare subito. Invece lì la gente si ammassava l’una sull’altro senza ritegno, con gli altri attorno che ridevano e nessuno che muoveva un dito per fermargli. Senza contare che non aveva mai visto un locale così pieno di donnine allegre al lavoro, e dove regnava l’anarchia più totale.

E bhè, cara Angela, ancora più sorpresa? Ti devi ripetere il discorso di prima? Sono pirati! Hai poco da rimanere stupita da un tale comportamento. Anzi, ringrazia che non fanno di peggio...

La ragazza scosse violentemente la testa, in senso di disapprovazione, poi però si riguardò attorno, sorrise tra sé e sé e si rilassò. Dopo tutto quella che sulle prime l’aveva un po’ sconcertata, era la semplice esaltazione della libertà assoluta, ovvero quello che infondo ogni uomo agonia, ma che solo alcune persone riescono ad ottenere, i pirati. Perché andargli addosso come faceva la compagnia delle indie? Quello che volevano era libertà.

Come me...

A poco a poco la ragazza si sentì sempre di più a sua agio, finché riuscì a rilassarsi del tutto. Si avviò al bancone cercando di non dare nell’occhio e provando a stare lontana dalle risse e sparatorie. Essere tranquilli andava bene, ma senza abbandonare la prudenza!

Una volta arrivata al bancone chiese al locandiere, un omone grasso e sudicio, che sapeva di alcol come il suo locale, se c’era una camera disponibile per passarci un paio di giorni. La risposta giunse affermativa, con l’unica richiesta di un pagamento anticipato, e dato che la ragazza non aveva nulla in contrario, diede i soldi richiesti, dopodiché le furono assegnate le chiavi della stanza e le vennero dette le istruzioni per arrivarci (in fondo a destra, appena salito le scale).

Angela decise che sarebbe andata subito a letto per svegliarsi l’indomani di buon mattino. Così si buttò nel letto serena e fiduciosa, e dopo cinque minuti venne accolta tra le braccia di Morfeo.

*

La mattina seguente, la bella giovane si alzò presto come programmato. Andò in bagno per darsi una sistemata veloce, e scese di buona lena al piano di sotto, pregustando una buona colazione. La taverna sotto era quasi deserta, c’erano solo un paio di tavoli occupati da marinai abbastanza sobri, e l’atmosfera che albergava era molto più tranquilla della sera precedente.

Avvicinatasi al bancone ordinò la sua colazione, e dopo averla consumata, uscì dalla taverna.

Bene, e ora, finalmente, si può cominciare.
Perfetto, qualche idea?
Ehm, no.
Ottimo.
Evitiamo il sarcasmo per favore! Cerchiamo di ragionare, la lettera diceva chiaramente che lo avrei trovato qui a Tortuga, mal che vada avrei trovato quantomeno delle informazioni su di lui, quindi, non sapendo che aspetto abbia, l’unica cosa logica e possibile è iniziare a chiedere a chiunque passi se lo conosce, avrà pure degli amici o dei conoscenti che potranno portarmi da lui, no?
Sei fiduciosa, proviamo...

Un nome. Un nome era l’inizio e la fine che accompagnava quell’avventura. Un nome che indicava la persona più importante della sua vita. Un nome che significava tutto per lei. Un nome era l’unica cosa che possedeva per trovarlo e quel nome glielo avrebbe fatto ritrovare.

Decise che avrebbe iniziato le ricerche vicino al porto. Quindi ripercorse a ritroso la strada fatta la sera prima, e una volta arrivata a destinazione iniziò a domandare ad ogni persona che incontrava se conoscevano un uomo che rispondeva a quel determinato nome.

Andò avanti così per tutto il giorno, fermandosi solo per mangiare verso la mezza, per poi riprendere con rinnovata energia. Ad ogni risposta però era sempre più sconforta e avvilita, quasi incredula. Presto apprese che ritrovarlo non sarebbe stato così facile, ma non per assenza di informazioni, anzi, di quelle ce ne erano fin troppe, ed era proprio quello il problema. Sembrava che tutta Tortuga lo conoscesse, ma ogni persona da lei interrogata gli dava una risposta diversa su dove poteva trovarsi! Era un enigma peggiore di quello della sfinge. C’era chi le diceva che era a Singapore, chi a Port Royale, chi per mare, chi a Tortuga da qualche parte. Addirittura un paio gli avevano detto che era morto, anche se lei aveva prontamente accantonato quell’ipotesi. In compenso dalle informazioni ricevute poté capire chiaramente che suo padre era un pirata, molto famoso anche.

Un PIRATA!! Chi lo avrebbe mai pensato. Certo il fatto che per trovare delle informazioni su di lui sua madre le aveva consigliato di andare a Tortuga era un forte indizio, ma lei non lo aveva colto, o forse non aveva voluto coglierlo per paura di fare supposizioni avventate. Ora invece ne aveva la certezza, e l’idea la esaltava. Aveva come padre un pirata e la cosa non le dispiaceva per niente, anzi lo trovava ancor più affascinante di prima ed era ancora più ansiosa di incontrarlo. Chissà come sarebbe stato conoscerlo, chissà che tipo era, come era la nave sulla quale stava, se era un bravo spadaccino, se aveva una buona mira con la pistola, la gente che conosceva! Forse dopo che lo aveva ritrovato, l’avrebbe portata con lui verso le avventure che tanto sognava sin da piccolina.

Frena la fantasia:
1_ non lo hai ancora ritrovato e non hai nemmeno un indizio concreto fin ora;
2_ non sai ancora del tutto che tipo è, magari non ti vuole nemmeno con sé per mare e poi non penso dipenda da lui prendere o meno persone a bordo, dovrà chiederlo ai suoi superiori e potrebbero negargli il permesso;
3_ non sei nemmeno sicurissima che sia sul serio un pirata, magari è solo una voce, o forse lo era ma adesso non lo è più, quindi torna con i piedi per terra.
Ok, ok, calma ...! Frenerò la fantasia, per ora. Comunque a mio parere è senz’altro un pirata, ragioniamo, tutti mi hanno detto così, in più siamo a Tortuga, la patria dei bucanieri! Però per il resto forse è meglio evitare di fantasticare troppo finché non lo ritrovo. E poi hai ragione, non ho ancora un indizio concreto su dove si trovi. Però oggi è troppo tardi per proseguire le ricerche, sta di nuovo per fare buoi, meglio ritornare alla locanda e fare cena. Riprenderò domani, e speriamo che vada meglio.

*

Angela ritornò alla taverna, ma anche se la giornata era stata molto faticosa, non aveva affatto voglia di andare a letto. Così, dopo aver cenato al bancone, ordinò un boccale di rum, e prese posto ad un tavolo vuoto, in un angolo remoto del locale, per rilassarsi un attimo e riflette tranquillamente sulle informazioni ricevute in giornata, con la speranza di ricavarne qualcosa di più dello sbigottimento, purtroppo però, il progetto non ebbe successo. E dopo un paio d’ore, si incamminò verso la sua stanza, con la speranza che l’indomani sarebbe stato più proficuo.

La mattina seguente Angela si svegliò di nuovo presto, con molta voglia di riprendere subito le indagini, e per questo si precipitò di sotto trangugiando in tutta fretta la sua colazione. Ma solo dopo che ebbe finito di mangiare ricordò che giorno era quello.

8 di luglio! OGGI è L’8 DI LUGLIO!!! È il mio compleanno, compio 17 anni! Wow, non ci credo, sono una diciassettenne ora!!! Con tutte le cose che mi sono successe ultimamente quasi me ne dimenticavo! Maggie se ne sarà di sicuro ricordata prima di me, ci tiene così tanto alle festività! Mi dispiace solo non poter festeggiare tutti insieme come al solito: io, lei, la mamma...
Ehi, non scoppierai a piangere ora, vero?
No, certo che no! Dico solo che mi dispiace molto. È tutto così insolito. È la prima volta che festeggio il mio compleanno da sola, non era mai successo. Ed è... strano!
Lo è anche imbarcarsi sulla prima barca disponibile per un viaggio senza una meta precisa.
Giusta osservazione. Temo che ormai raggiunge la tranquillità anche nelle piccole cose sarà impossibile. Ma non facciamoci prendere dai rimpianti, oggi è un giorno speciale e sono sicura che mi porterà bene! HO DICIASETTE ANNI, YUPPI!!!

La ragazza uscì da “La locanda del rum” con un sorriso a trentadue denti stampato in volto, e sempre con lo stesso sorriso, riprese a ridomandare a destra e manca se qualcuno conoscesse suo padre. Purtroppo la sua felicità non durò fino a cena. Questo perché le risposte che aveva ottenuto erano ancora più sconfortanti, se possibile, della sera prima. Era incredibile, tutti, ma proprio TUTTI, lo conoscevano, o di nome o di persona, ma nessuno aveva uno straccio di notizia su dove potesse essere in questo momento! Angela riuscì a paragonarlo ad una cometa, dalle informazioni ricevute. Sembrava fosse stato dappertutto, ma che in ogni luogo avesse passato a male pena cinque minuti per ripartire subito verso una nuova meta, lasciando nonostante ciò un segno indelebile del suo passaggio.

Abbattuta era ritornata alla locanda, risedendosi, dopo aver messo qualcosa sotto i denti, al tavolo isolato della sera prima con un nuovo boccale di rum in mano.

Tra le sue conoscenze era l’unica ragazza che beveva, rum poi! Tutti l’avevano sempre rimproverata per questo, trovandolo sconveniente per una giovane, ma a lei non era mai importato ciò che pensavano gli altri su cosa doveva e non doveva fare una ragazza. Gli era sempre piaciuto il rum, sin dalla prima volta che lo aveva assaggiato, quando una volta, subito dopo il matrimonio della madre con Johnatan, andando alla locanda con la mamma, aveva visto quello strano liquore ambrato dentro un boccale abbandonato sul bancone. La taverna era piena di gente quella sera e sua madre stava conversando molto animatamente con il suo nuovo marito. Nessuno le stava prestando attenzione, così si era avvicinata e l’aveva preso tra le mani per il manico. Sapeva che cos’era, sua madre glielo aveva spiegato bene “è una bevanda per gli adulti che vende Johnatan, non adatta alle bambine”. L’annusò. L’odore era forte, ma l’attirava. La mamma però le aveva detto di non farlo. Ma era anche vero che la mamma in quel momento non la stava guardando. Senza che se ne rendesse conto, il liquore le stava già scendendo giù per la gola. Ma solo poco. Il sapore era fortissimo e non abituata e piccola com’era non ce la fece a mandarne giù più di un sorso. Ma quel sorso bastò per farle capire che “la bevanda per adulti che vende Johnatan, non adatta alle bambine” era invece adattissima a lei.

Riemergendo dai suoi ricordi, la giovane si concesse un brindisi in suo onore, per i suoi diciassette anni, dopodiché decise che poteva andare a dormire.

Così si alzò dal tavolo, ma mentre cercava di raggiungere l’imboccatura delle scale si ritrovò senza volerlo nel bel mezzo di una rissa, scoppiata tra tre uomini completamente ubriachi che si stavano prendendo a botte senza un motivo preciso.
Accortasi del pasticcio nella quale stava per cacciarsi, decise che era meglio levare le tende alla svelta, peccato che ogni via di fuga le fu tolta proprio da quei tre uomini, che credendo fosse capitata lì volontariamente per prendere parte alla zuffa in atto, iniziarono a urlarle contro. Il più grosso iniziò a sbraitarle con la voce strascicata tipica di una persona brilla:

“Ehi, tu… cosa sci fai lì in meszo, ne vuoi anche tu? Guarda che ne ho per tuti…!”
“Cosa? Io? No, grazie infinite per la proposta, ma me ne stavo giusto andan…” stava per ribattere la giovane, ma non fece in tempo a finire la frase che quello le si precipitò addosso con il pugno alzato.

Per fortuna lei riuscì a scansarlo senza difficoltà, così il colpo non andò a segno. In compenso l’uomo, a causa dello slancio che si era dato per colpirla, cadde rovinosamente sul tavolino occupato da quattro uomini, facendo rovesciare tutte le bottiglie di rum e altri liquori che vi erano sopra. Questi arrabbiati e ubriachi pure loro, decisero di prendere parte alla rissa, e in poco tempo tutti i marinai e pirati del locale finirono con il prendersi a pugni senza motivo, e Angela si ritrovò a doversi difendere. Scansava tutti i colpi che riceveva con un’agilità sorprendente, molto superiore a quella di chi la colpiva, e ne sferrava lei stessa. Però in poco tempo decise che era meglio sfoderare la spada se voleva avere qualche possibilità di uscire da quel subbuglio intera. Così iniziò a tirar affondi a destra e manca, cercando di avvicinarsi alle scale. Doveva ammettere però, che la cosa la divertiva in fondo. Schivare attacchi, farne a sua volta… era pane per i suoi denti. Stava attenta però a non ferire nessuno gravemente; incrociava solo spada con spada, e quando era costretta a dare un pugno cercava di limitarne la forza, non voleva avere nessuno sulla coscienza!

All’improvviso urtò contro qualcosa, probabilmente un tavolino, e cinque secondi dopo si sentì afferrare per le spalle. Presa alla sprovvista la ragazza reagì d’istinto e girandosi di botto sferrò un pugno diretto al viso senza calibrarne la forza e senza nemmeno rendersi conto di ciò che stava facendo. Se ne pentì subito però quando vide l’uomo che aveva colpito per terra.

I suoi occhi guizzarono dall’uomo al tavolino che lui stava occupando, lo stesso che lei aveva urtato e che ora era bagnato da una bottiglia di rum rovesciata; ricostruì mentalmente ciò che probabilmente era accaduto. Lei doveva essere andata addosso al tavolino, facendo spargere il contenuto della bottiglia e quell’uomo con tutte le probabilità si era alzato indignato verso di lei per farle notare il guaio che aveva combinato. Lei però spaventata si era girata velocemente e lo aveva colpito al viso. Presa dal senso di colpa si avvicinò a quel poveretto, che ora si era ripreso e che si stava asciugando un rivolo di sangue che gli usciva dall’angolo della bocca.

“Scusa, mi dispiace, non volevo colp…” ma Angela venne interrotta dall’uomo che esclamò:
“Accidenti ragazzo, dovresti stare più attento lo sa…” si fermò a fissarla un attimo con sguardo circospetto, dopodiché con un gesto fulmineo le tolse il cappello, facendo ricadere una cascata di capelli castani sulle spalle di lei.

No no no!!!! Accidenti, che velocità, non ho nemmeno avuto il tempo di reagire! Uffa, va bhè, ormai è fatta... non importa, non può succedere nulla di catastrofico dopotutto...

“Ragazza! Sei una ragazza!?” sbottò stupefatto. Poi però scoppiò a ridere “Meno male che poi dicono che voi siete il ritratto della delicatezza! Tesoro, chi ti ha insegnato a lanciare un destro così bene?” e così dicendo si alzò da terra andandosi a sedere attorno al tavolo che occupava prima.

Dato che si era ripreso così in fretta, Angela convenne che non doveva avergli fatto poi così male. Sollevata dal fatto che l’uomo sembrava tutto tranne che arrabbiato, si alzò anche lei, dopodiché lo squadrò bene dalla testa ai piedi. Era un tipo al quanto particolare, di sicuro era un pirata, lo si poteva intuire dal cappello a tricorno, i due cinturoni che aveva legati alla vita, la spada e le due pistole, ma era anche sicuro che di pirati così non ne aveva mai visti. Aveva una logora camicia bianca, sotto una giacca nera, pantaloni marroni e gli stivali, e fin qui era tutto normale. Quello che lasciava stupiti erano però le numerose perline e amuleti che si potevano scorgere tra i capelli castano scuro, la barba legata in due treccine con delle perline colorate, e la quantità spropositata di anelli e braccialetti che portava alle mani. A interrompere i cinque minuti di silenzio che si erano creati, fu lui.

“Allora, cosa ci fa una bella ragazza come te tutta sola qui a Tortuga?” chiese con voce affabile. La giovane alla domanda rispose senza riflettere e quindi con assoluta sincerità.
“Sto cercando un uomo”
Quest’ultimo la squadrò un secondo, poi riprendendo il sorriso domandò.
“Un pirata?”
“Probabile”
“Come probabile? Cerchi una persona e non sai nemmeno se è un pirata o meno?” esclamò incredulo. La ragazza notò che quel tizio non era nella norma nemmeno mentre parlava. Aveva infatti iniziato a fare un sacco di gesti di accompagnamento alle sue parole, come quando devi farti capire dai bambini piccoli. Sorrise tra sé e sé.
“è difficile da spiegare, comprendi?” rispose vaga, al che lui la guardò di sottecchi un secondo per poi ribattere.
”E chi è quest’uomo, di grazia?”

Ma si, magari potrebbe anche conoscerlo, anche se non ci spererei tanto. Comunque vale la pena tentare...

“Sto cercando mio padre” rispose con semplicità, guardandolo dritto negli occhi. Castani, molto profondi e incredibilmente espressivi. le sembrava di averli già visti da qualche parte…
“Tuo padre? E come si chiama?”. Domanda ovvia.
Eppure quell’uomo le era familiare. Se non le fosse sembrata assurda anche solo l’idea, avrebbe detto di conoscerlo. Comunque quell'uomo la facava sentire stranamente a suo agio anche solo parlandogli.
“Magari lo conosci” Pausa. “Si chiama… Jack Sparrow”.

L’uomo rimase pietrificato, a bocca semi aperta. Ci vollero un paio di minuti perché riprendesse la parola e rispondesse con un sorriso mesto.
“Temo che tu stia cercando la persona sbagliata, dolcezza.” Angela rise un attimo, ma si bloccò quando vide l’espressione seria dell’uomo.

“E perché dovrei sbagliarmi?” chiese.
“Perché sono io Capitan Jack Sparrow”
.


Ringraziamenti:

Dj Kela: Ciao! Intanto volevo ripetere le mie scuse x il ritardo con cui ho aggiornato! Sorry! Poi ti volevo ringraziare per i tuoi complimenti, sei troppo buona!! Sn felicissima ke lo scorso cappy ti sia piaciuto, e grazie per aver notato il cambiamento dei "toni" , come dici giustamente tu, che ci sono tra i vari capitoli. Ank'io ho comprato il dvd di pirati dei caraibi 3, e anch'io penso che sia è divertentissimo come girano la scena dei tanti Jack, scommetto che Johnny si sia divertito come un bambino >.



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6_ Riconoscimenti con pericoli lontani ***


cap6

Note dell'Autrice:

Ciao! Finalmente sono riuscita a scrivere il sesto capitolo!! è passata una vita dall'ultimo, lo so, e mi scuso. Scusate scusate scusate scusate scusate!!!!!!! ! Ma la scuola non mi ha dato tregua, in più questo cappy era importante e volevo farlo al meglio, quindi chiedo ammenda! Cercherò di fare del mio meglio per non far passare di nuovo tutto questo tempo prima di postare il settimo cappy.
Vi è piaciuta la rivelazione avvenuta nello scorso cappy? Eh si! La nostra cara Angela non è niente di meno che la figlia del Capitan Jack Sparrow! Qualcuno se lo aspettava, qualcun altro forse no, però spero che la notizia vi sia piaciuta! Questo quindi è l'ultimo cappy di transizione, dal prossimo in poi (finalmente^^) si entrarà nel vivo vivo della vicenda!! Soprattutto si vedranno bene i rapporti tra padre e figlia, dove si conosceranno meglio, quindi se non siete soddisfatti in questo cappy delle loro conversazioni o dei loro comportamenti, chiedo scusa in anticipo, ma qui si devono riprendere un attimo dallo shock di essersi ritrovati, in seguito si delineeranno meglio. Soprattutto Jack in alcuni punti magari può sembrare leggermente OOC, scusatemi, anche s eho fatto del mio meglio per far che non accada, anche se non so quanto ci soco riuscita, ditemelo voi per favore come vi sembra^^! Se vi sembra OOC sono graditissimi consigli per descriverlo più "normale"^^! Grazie!

Ringraziamenti:

DJ Kela: Ciao! Inanzitutto grazie mille per la tua recensione!!!!!! Wow, sono felicissima del fatto che aspettavi il cappy, grazie!! E ancora più felice del fatto che ti sia piaciuto!!! Adesso posso dirti che avevi ragione dall'inizio, il caro papà di Angie è proprio il nostro Capitan Jack Sparrow!!! Bravissima x averlo indovinato in ancitipo!!!! è dal primo cappy che lo ripeti e finalmente posso dirti di si!!!!^^ Non volevo descrivere un incontro smielato, non mi sembrava adatto nè per Jack nè per Angie, un riconoscimento dopo una rissa (forse è un po' esagerato, l'ho ammetto^^) mi è sembrata la cosa più adatta ai due! Cmq per qst cappy, che , ripeto, è ancora abb di transizione, non si vedono benissimo ancora i rapporti tra i due, lo sviluppo ci sarà pian pianino (faciamoli riprendere dallo shock almeno, poveretti^^), xò assicuro che ci sarà!!! Eh ...si, Jack sapeva di avere una bambina, però sarà proprio questo a causargli non pochi problemi con Angela in seguito, si vedrà poi! Effettivamente non avevo pensato che giocherellare con i capelli fosse un gesto un po' da donna, ma hai ragione, difatti ho cambiato il pezzettino, ho scritto che giocherellava con i cionodoli della cintura, come mi ha giustamente suggerito tu, grazie^^! Davvero stai pensando di scrivere una ff con il titolo "Cosa sarebbe successo se..."? Wow, sembra un titolo molto intrigante, stai sicura che hai già una lettrice^^! Cmq evidentemente abbiamo menti molto simili ihih!!! Il braccio destro di Jack per eccellenza credo che sia il bravo veccho Gibbs, Barbossa penso che sia più un rivale di Jack, cmq il Capitan Barbossa per il momento non ho ancora deciso se farlo apparire in seguito oppure non metterlo nella ficcy, anche se credo di optare per la prima non sn ancora sicura!! Angela giustamente, dopo il primo sbigottimento iniziale non poteva che trovarsi bene qui a Tortuga o non sarebbe stata una Sparrow!! D'altronde il sangue non è acqua^^!! Per i paragoni hai ragione, ci mancano le stelle e i meteoriti, e poi siamo al completo!! Se Jack lo sapesse se ne vanterebbe all'infinito credo!!^^ Angela ti ringrazia per gli auguri di compleanno e ti fa tanti auguri per il tuo^^!!! Sn felice che il ricordo sono riuscita a metterlo bene, difatti temevo di non esserci riuscita, grazie!!! Cmq è successo più o meno all'età di 10 anni (età abbastanza giovane per iniziare a bere, però di sicuro Jack avrà iniziato anche prima, quindi...^^!). Ti ringrazio tantissimo x i complimenti e per aver recensito, grazie grazie grazie!!!! E come sempre non vedo l'ora di conoscere il tuo parere su qst cappy!!! Spero che ti piaccia^^. Tvtttttttttttttttttttttb, kisskiss 68Keira68^^

LyRa91: grazie per aver rencensito, sn super felice che ti sia piaciuta la ficcy, grazie mille, spero che anche qst cappy ti piaccia!! Kisskiss 68Keira68^^

Joland: grazie mille anche a te per aver recensito!! Scusa se ho fatto finire il cappy così, xò ora potrai sapere cosa fa Jack davanti a questa novità! Spero che questo cappy soddisfi la tua curiosità^^!! Kisskiss 68Keira68

nihal93: grazie per la tua recensione e soprattutto per il tuo entusiasmo!! Sn contentissima che ti sia piaciuta e mi disp di non aver potuto aggiornare prima! Mi auguro che la continuazione ti piaccia! Grazie kisskiss68Keira68

sesshy94: grazie infinite per aver recensito!! Sn stra felice che ti sia piaciuto il cappy, grazie!!! L informazioni sn quelle del secondo film, si hai ragione, le ho messe uguali xkè sn quasi il biglietto da visita di Jack! Del tipo "vado dappertutto ma nessuno sa bene nè chi sono nè dove sono"!!!!^^ . Per aggiornare aggiorno, però lentamente, grazie per la comprensione!! è che non mi è molto facile aggiornare velocemente, sorry!! Cmq grazie sul serio!!^^ Sn curiosa di sapere cosa pensi di qst cappy!! Kisskiss 68Keira68

GoodMiss: grazie grazie grazie per aver recensito!! Scusa scusa scusa scusa scusa per il ritardo con cui ho aggiornato!!!^^ Mi disp, spero di non averti sul serio tolto il sonno giuro che non era mia intenzione ^^! Cmq sn infinitamente felice che la ficcy ti sia piaciuta così tanto, grazie!!!!!!!!!!!!!!! E mille grazie anche per i complimenti che mi hai fatto thanks thanks!!! E prometto che proverò a migliorare ancora!! Cmq non mi trucidare per favore, cercherò di aggiornare con più frequenza per quanto mi sarà possibile, promessa^^!! Però ti devo chiedere di pazientare ancora un poco, perchè in qst cappy non si vede ancora bene "Jack nei panni del genitore" come dici giustamente tu, questo aspetto si delineerà meglio in seguito, però arriverà e presto anche!^^ Ancora grazie per aver recensito e nn vedo l'ora di leggere la tua recensione su qst cappy! Kisskiss68Keira68

6_ Riconoscimenti con pericoli lontani

Ad Angela girò la testa…le mancò il fiato…

No, non era possibile…era assurdo…

Si accasciò sulla sedia, incapace di rimanere in piedi, la testa letteralmente persa nel vuoto più assoluto…

La mente era in preda alla confusione più totale, non capiva più niente.

Anche lui sembrava scioccato quanto lei. Si era accasciato sul divanetto e aveva iniziato a scuotere la testa in segno di diniego.

Si istaurò un solido silenzio, dove Angela fissava l’uomo che aveva di fronte senza vederlo realmente, e lui che invece aveva preso a squadrarla da capo a piedi con la testa piena di pensieri che si accavallavano l’un l’altro. Questo finché la ragazza sembrò riprendere coscienza di sé.

“Come hai detto, scusa?”irruppe senza tanti preamboli, con la voce ridotta ad un sussurro.

“Hai capito bene, gioia,” rispose l’altro, ostentando una tranquillità che però in realtà non aveva, “Sono il Capitan Jack Sparrow” concluse, senza smettere di fissarla.

La ragazza tacque di nuovo. Dopo un po’ fu lui a romperlo per primo.

“Bhè, non se te tesoro, ma io” pausa “… credo di aver un immediato bisogno di rum.”

Ed era assolutamente vero, in certi casi l’amaro liquore era assolutamente necessario. Lei si limitò ad annuire violentemente con la testa. Si, aveva immediatamente bisogno di bere.

Ordinarono due boccali di rum, che arrivarono presto. Lui iniziò a scolarsi avido il suo, imitato da lei, che eseguì il gesto meccanicamente. Lo fecero fuori in meno di cinque secondi. Ad Angela la scura bevanda fece miracoli. Dopo che l’ebbe bevuta infatti sembrò riprendere il dono della parola in tutto e per tutto, anche se si vedeva che era ancora frastornata dalla recente scoperta.

“Tu sei…Jack Sparrow?” richiese per l’ennesima volta, guardandolo dritto negli occhi, quegli stessi occhi che l’avevano colpita appena gli aveva visti, quegli occhi così simili ai suoi.

“Si” rispose semplicemente l’altro, fissandola a sua volta.

“Papà…” disse con un sussurro soffocato.

Solo un pensiero riuscì a formularsi ora, un’unica frase che continuava a rimbombargli nelle orecchie, sempre più forte.

L’ho trovato.

Guardò l’uomo che aveva davanti.

Era lui. Suo padre.

Finalmente l’aveva ritrovato, ed era lì, a meno di mezzo metro da lei. Trattenne di nuovo il fiato. Anche il battito del suo cuore sembrò fermarsi.

Poi, di colpo, sembrò rendersi realmente conto di ciò che stava accadendo. Una felicità selvaggia l’invase, prese possesso prepotentemente del suo corpo. Il suo cuore iniziò a battere, sempre più forte, fin quasi a scoppiare.

È lui, l’ho trovato, L’HO TROVATO! È qui, davanti a me... non ci posso credere, ce l’ho fatta. È incredibile!! È lui... dopo tutto questo tempo, dopo diciassette anni che aspetto di conoscerlo, lui è qui...

L’oppressione che poco prima le aveva fatto mancare l’aria era scomparsa, si sentiva leggera come una bolla di sapone. Tutto attorno a lei si era dissolto...gli altri pirati, l’odore del rum, il fragore di qualche spada in lontananza che si scontrava con un’altra, il vociare, il ridere…non c’era più niente, solo lui, suo padre, e quell’immensa gioia che nasceva dal più profondo del suo cuore. Presto le arrivarono agli occhi le lacrime, ma le ricacciò indietro, non voleva piangere ora, non adesso che lui era qui. In compenso quell’improvvisa felicità sfociò in un fiume di parole che la ragazza non riuscì a frenare.

“Non ci posso credere. Tu sei…mio padre! Sei MIO PADRE!! Tu non sai da quanto tempo sogno questo momento, e finalmente è arrivato! Ti ho trovato, non mi sembra vero, ma sei qui!! Mamma aveva ragione, mi aveva detto che ti avrei trovato a Tortuga e …” ma la ragazza fu interrotta da Jack che con molta schiettezza e un particolare gesto della mano, esclamò:

“Spiacente di interromperti gioia, ma se permetti, io non ci sto capendo niente. Chi sei tu? Chi dovrebbe essere tua madre? Potresti spiegarti, di grazia?” chiese l’uomo guardandola ad occhi spalancati, mentre il fioco pensiero che prima aveva fatto capolinea nella sua mente iniziava a imporsi.

Quella semplice frase tuttavia, fu come una doccia fredda per la giovane. Il suo entusiasmo si spense in una nuvola di fumo. Questo effettivamente non se l’era aspettato, anche se avrebbe dovuto calcolarlo già in partenza. Non poteva di certo pretendere che lui la riconoscesse. Lui non sapeva neanche della sua esistenza! Comunque sentirsi chiedere chi era da suo padre, si presentava un boccone amaro da mandare giù.

Ehi, Angela, svegliati! Non rimanere lì impalata a fissarlo. Cosa ti aspettavi? Non ti conosce, non puoi fargliene una colpa. Sarebbe bene invece che gli spiegassi la situazione partendo dall’inizio. Certo non sapeva nulla su di te, ma di sicuro si ricorderà di tua madre, e come prova hai anche il ciondolo che porti al collo, quindi fai un bel respiro, e inizia a chiarirgli la storia.

Giusto, ehm... hai ragione...

La ragazza si riprese, facendosi tornare a poco a poco l’allegria, anche se con molto sforzo. La reazione dell’uomo era stata giusta, dopotutto, anche se era un duro impatto. Quindi fece un profondo respiro e si apprestò a rispondere alle domande di suo padre, all’inizio con voce un po’ titubante, ma poi sempre più sicura.

“Mi chiamo Angela, … mia madre era Annalisa Modema, ti ricordi di lei? Vi siete lasciati diciassette anni fa, in seguito a brutte vicissitudini che non sono molto chiare nemmeno a me.” affermò.

“Annalisa?” ripeté lui.

L’uomo rimase spiazzato all’udir quel nome, e subito un fiume di ricordi entrò a forza nella sua mente. Ricordi che cercava di dimenticare da diciassette anni…

Una donna giovane, molto bella. Alta, fisico snello ma seno prosperoso, lunghi capelli castano chiaro e occhi azzurri. Annalisa Modema. La sua Annalisa.

Guardò la giovane che aveva davanti. Era identica alla donna dei suoi ricordi, tranne che per gli occhi, la giovane li aveva castano scuro, profondi e molto espressivi.

Come i miei. Pensò quasi rabbrividendo. Non è possibile, Non È Possibile. Eppure questa giovane è l’esatta copia di Annalisa... È assurdo.

Angela proseguì il discorso.

“Si, Annalisa. E io …bhè, io sono vostra figlia, Angela.” finì. Poi pensò che era il momento di far vedere il ciondolo come prova della validità di quello che stava dicendo. Così se lo sfilò fuori dalla camicetta e lo mise in mostra davanti a Jack.

“Questo qui è il ciondolo che hai dato a mia madre prima di andartene, rammenti? Me lo ha dato lei stessa.” Qui la voce della giovane si incrinò un poco nel rammentare di come e in quali circostanze lo aveva ricevuto. Però decise i farsi forza e di mettere da parte il brutto ricordo.

Il cuore di Jack, nel vedere il ciondolo, perse un battito. Gli stava chiedendo se lo ricordava?! E come avrebbe potuto dimenticarselo? Considerando che era stato proprio quel ciondolo a dare il via a tutto.

Un ricordo improvviso gli balenò nella mente.

//Inizio Flash Back//

Due persone, un uomo e una donna, erano vicino al molo. Si stavano abbracciando e la donna piangeva. Lui cercava di consolarla dicendo che sarebbe tornato quando le acque si sarebbero calmate, ma inutilmente. Gli struggeva il cuore vederla in quello stato, soprattutto sapendo che era lui la causa del suo dolore. Però doveva partire, non c’era altra scelta. La compagnia della Indie Orientali aveva scoperto dove si nascondeva, e ripartire a bordo della Perla Nera per seminarli era l’unico modo per evitare di essere catturato e tenere al sicuro lei e la bambina appena nata. D’altronde la Compagnia cercava lui, non la donna, lei era stata condonata grazie alla sua posizione sociale. Senza contare che per lei sarebbe stato infinitamente meglio non farsi trovare accanto ad un pirata, a quel punto neanche il suo ceto sociale avrebbe potuto far più di tanto. Annalisa sarebbe voluta andare via con lui, ma sapeva che ciò non era possibile, soprattutto con una neonata alla quale badare. Il pianto della donna però non cessava. L’uomo tuttavia doveva allontanarsi, e presto anche.

“Tesoro, devo andare” disse, scostandosi leggermente dall’abbraccio ma cingendole sempre la vita con il suo braccio. “Ma prima ti voglio dare questo.”aggiunse. Così dicendo estrasse una collana molto elegante. Aveva una catenella d’oro e il ciondolo pareva un grappolo di foglie d’oro rosso.

“Ma questa è la collana…” esclamò la donna sorpresa.

“Si, è proprio quella” concluse Jack Sparrow per lei. “Così ogni volta che la vedrai ti ricorderai di me.”

Annalisa sorrise. “Non ho bisogno di guardare una collana per ricordarmi di te. Ti amo troppo per non dedicarti anche solo cinque secondi dei miei pensieri”e così dicendo puntò i suoi occhi azzurri e brillanti in quelli castani e profondi di lui.

Jack sorrise a sua volta a quell’affermazione dolce. Però il suo cuore piangeva di amarezza.

“Ora avrai anche Angela a cui pensare, oltre che a me. Prenditi cura di lei mentere starò via. Amala per tutti e due. Quindi fatti forza.”

Annalisa sorrise di nuovo e annegò nello sguardo dolce e caldo di lui, evitando di pensare che forse, quella era l’ultima volta della quale poteva goderne.

“Ora devo proprio andare,” proseguì Jack “la lettera diceva che la compagnia sarebbe arrivata in pochi giorni, non voglio rischiare di mettere nei guai anche te facendomi trovare qui, comprendi?” le disse con tono morbido, ma risoluto.

“Hai ragione,” convenne lei in fine, anche se dentro di sé urlava dalla disperazione alla sola idea di lasciarlo. “Ma tornerai?”aggiunse titubante la donna.

Jack la fissò intensamente per alcuni instanti, poi rispose “Si, tornerò” con tono neutrale, dopodiché le regalò un lungo inteso bacio, prima di avviarsi verso un’imbarcazione del molo.

Ma la donna, mentre lo guardava allontanarsi, riprese a piangere ancora più intensamente, perché sapeva che in realtà, quello, era un bacio di addio.

//Fine Flash Back//

Jack si riscosse dai suoi pensieri, e decise che era meglio riprendere il controllo delle sue emozioni, che aveva lasciato troppo libere in quegli ultimi momenti.

Guardò la giovane e poi il ciondolo, e solo allora si accorse di un particolare estremamente importante. La ragazza stava indossando il gioiello, non lo stava tenendo in mano, lo portava al collo.

“Si, gioia, lo riconosco. È quello che avevo dato ad Annalisa prima di andarmene, è proprio quello” cercando di tenere un tono tranquillo, anche se ormai dentro di lui si andava a formare la consapevolezza di ciò che stava accadendo.

Allora è proprio lei, è incredibile, ma è così. La figlia di Annalisa e... mia! Alla fine la conosco, non ci posso credere. Ci sono solo due persone al mondo che poteva indossare quel ciondolo, ed escludendo la prima per ovvi motivi, rimane solo lei.

Mia figlia.

Angela ebbe un impeto di gioia. Lo riconosceva, e riconosceva sua madre, allora non si era dimenticato proprio di tutto!!

“Questo vuol dire che …” cominciò lei.

“Credo proprio di si, tu devi essere mia figlia.” Esclamò con un sorriso Jack, concludendo la frase per lei.

Quelle parole risultarono strane al suo udito, però era la verità, la ragazza che aveva di fronte era proprio sua figlia. Ora ne poteva essere certo, anche se gli sembrava ancora irreale. Non poteva non riconoscerla come tale comunque, la giovane portava al collo una prova incontrovertibile, anche se probabilmente nemmeno lei stessa lo sapeva. Sembrava quasi che il destino volesse offrirgli una seconda opportunità per riparare all’errore più grande della sua vita. Anche se forse non se lo meritava.

Per la giovane invece quelle parole risultarono le più belle del mondo. Le aveva agogniate da tanto, troppo tempo, e ora che finalmente le sentiva, quasi non le pareva vero.

“Quasi non ci credo, sembra tutto così strano, anche se incredibilmente fantastico! Insomma, sei tu, papà…!!” incredibile come una parola può risultare così dolce ad un persona non abituata a dirla.

“Non dirlo a me tesoro, cinque minuti fa ero qui che stavo bevendo tranquillo un boccale di rum, ed ora mi ritrovo con una figlia!”esclamò lui, con un tono gioioso.

Angela lo fissò, poi disse “Tu non sapevi nemmeno della mia esistenza, vero?”

“No” si, ma è una storia lunga.

“Lo immaginavo, mamma me lo aveva detto”

Annalisa, sei un angelo.

“Ma Annalisa come sta?” chiese interessato nel ricordarsi solo ora che non aveva ancora chiesto nulla al riguardo. Erano diciassette anni che non aveva sue notizie, e in cuor suo aveva sempre sperato che stesse bene, ovunque fosse. Magari si era anche risposata ed era riuscita a rifarsi una vita.

Ma a quelle parole la ragazza si rabbuiò. Certo lui non poteva sapere. E toccava a lei informarlo.

“Ehm, la mamma…” iniziò titubante. Una lacrima. Solo una piccola lacrima riuscì a varcare la barriera della giovane. Ma quella lacrima solitaria bastò per far capire a Jack cos’era successo senza che lei aggiungesse altro.

“Oh, mi dispiace, non lo sapevo. Ma com’è successo?” chiese turbato e sinceramente colpito.

Mannaggia, non avrei dovuto chiederglielo. Ma come è potuto accadere? Annalisa... morta? No! Non ci posso credere, ma come...?

“Broncopolmonite” rispose Angela, cercando di ricomporsi.

“Mi dispiace molto, posso immaginare che è stato un brutto colpo” affermò contrito.

Tutto quadra, Angela è venuta a cercarmi dopo la morte della madre. Probabilmente neanche lei sapeva di avere un padre prima della perdita della madre. Comunque è meglio cambiare argomento, si vede che soffre troppo a parlarne.

“Ma dove abitavate? E soprattutto, come sei riuscita a venir fin qui, a Tortuga? Non credo che tu sia arrivata qui a nuoto.” Concluse ironicamente.

“Abitavano nell’isola di Telia, ai confini dei Caraibi. Dopo il triste accaduto” respiro profondo “sono andata prima a Benprett con un mercantile e poi da lì a Tortuga con una nave dei contrabbandieri.”

“Tutto da sola? E come sei riuscita a ottenere il passaggi?”domandò stupito dalla scaltrezza della giovane.

“Conoscenze, e si, tutto da sola, a parte l’aiuto parziale di un amico.” Affermò orgogliosa alla vista dello stupore del padre.

“Caspita gioia, aveva capito che non eri proprio una ragazzina indifesa dal pugno che mi hai assestato, ma arrivare e sopravvivere qui a Tortuga da sola, non è un’impresa facile, per una giovane donna.”

Ma d’altronde... buon sangue non mente!

Angela rise. Poi lo fissò.

“E tu? Sei un pirata, giusto? Dev’essere fantastico, ho sempre invidiato tantissimo la vita di un pirata. Me l’immagino piena di mirabolanti avventure! Raccontami com’è! Su quale veliero navighi? Com’è il resto della ciurma? E il capitano chi è?” domandò eccitata, incapace di trattenersi.

Jack sorrise compiaciuto, e si apprestò a presentarsi, come solo lui sa fare.

“Ebbene piccola, si, sei ben informata, sono uno dei pirati più famosi del Mar dei Caraibi, e sono il capitano della più veloce, inafferrabile e spietata nave pirata che abbia mai solcato queste acque, la Perla Nera!” e si soffermò con particolare enfasi su queste ultime due parole. Il tutto fu accompagnato da svariati gesti delle braccia e buffe espressioni sul viso.

Angela sorrise nel vederle. Le ricordavano quelle che faceva lei quando parlava con Maggie. Poi si rese conto di un particolare che prima le era sfuggito. Suo padre aveva detto capitano?!

“CAPITANO?? Cioè, fammi capire bene, tu non solo sei un pirata, ma sei anche il capitano di una nave? E hai anche una ciurma?” chiese stupita ma elettrizzata al tempo stesso

Caspita, sono la figlia di un capitano pirata! Chi se lo aspettava!!!!!!!

“Te l’ho detto quando mi sono presentato, sono il Capitan Jack Sparrow. Comunque non sono il comandante di una nave, gioia, ma della Perla Nera, ed è ovvio che ho una ciurma, sarebbe un po’ difficile andare per mari senza averne una, comprendi?” e mise in mostra i suoi denti d’oro con un sorriso dolce, di fronte all'entusiasmo della figlia.

“Wow! Ma è fantastico! È come questa…Perla Nera? È molto grande? E quali avventure avete dovuto affrontare tu e la tua ciurma?” chiese con eccitazione crescente.

“La Perla Nera è il più grande veliero che abbia mai solcato i sette mari. D'altronde, ci vuole una nave magnifica per il capitano più grande di tutti i tempi”

Angela rise davanti alla modesta affermazione, felice come non mai.

Ma era davvero lei quella che stava parlando? Era sul serio Angela quella giovane felice e spensierata che stava allegramente dialogando con suo padre? Le sembrava inverosimile. Lei, che fino a poco prima stava risalendo sconsolata le scale verso la sua camera da letto, stava seduta a sorseggiare rum proprio con quella che poco prima era la causa dei suoi lugubri pensieri! Con suo padre! Stava dialogando con suo padre, l'uomo che era riuscita a ritrovare solo dopo diciassette lunghi anni! Era incredibile. Come le emozioni che stava provando in quel preciso istante. Si sentiva appagata, realizzata, e, semplicemente, felice. Era come se qualcuno l'avesse gettata in una bolla di sapone, una piccola nuvola fatata impressa di felicità creata appositamente per lei e Jack. Eppure, nonostante il fatto che era la prima volta che lo vedeva, le sembrava di conoscerlo da una vita. Dialogava con lui con naturalezza, senza un minimo di imbarazzo. Le veniva spontaneo, come l'affetto profondo che aveva sempre provato per lui, anche quando credeva che fosse morto, ma che ora si radicato ancora di più nel suo cuore, consolidandolo per sempre, quando per la prima volta aveva fissato i suoi occhi in quelli del padre e le avevano risposto un paio identici a i suoi.

“Non vedo l'ora di vederla questa Perla Nera e di conoscere anche il resto della ciurma!! Perché, mi porterai con te quando salperete da Tortuga, vero?” domandò guardandolo speranzosa.

Mannaggia, cosa faccio?

Cosa vuoi fare? Lasciarla qui? Non mi sembra un’idea geniale!

Si, ma non posso neanche presentarla alla ciurma, cosa dico agli uomini, “gente, questa è mia figlia Angela, che ho ritrovato dopo 17 anni”

Non suono così male...

È complicato, e poi dubito che Annalisa volesse che Angela diventasse un pirata.

Credo avrebbe preferito saperla a bordo della Perla con suo padre, piuttosto che da sola a Tortuga.

Posso sempre rispedirla a casa.

Certo, e lei ci starebbe...senza contare che tu per primo non vorresti. Scusa compare, ma fatti dire una cosa, carpe diem, il destino ti da una possibilità di redenzione, coglila, comprendi?

“Diventeresti una piratessa se sali con noi a bordo del veliero, lo sa, vero? E ciò comporterebbe una serie di rischi, la vita da pirata non è affatto facile, piccola.” Affermò Jack.

Tanto la risposta la sai...

“No, sarei meglio, una piratessa si, ma anche figlia del capitano. E qualsiasi rischio ci sia da affrontare, ti posso assicurare che saprò come superarlo.” Rispose sorridendo. “Oh, insomma, ho sempre desiderato diventare un pirata, da quando ero bambina, tu non puoi immaginare tutte le volte che osservavo il mare, con la speranza che un giorno avrei preso anch’io il mare per nave, e sarei diventata la protagonista di una delle storie di bucanieri che da piccola mi sentivo raccontare! Questa per me sarebbe la realizzazione di un sogno!” aggiunse. Probabilmente ci mise fin troppa enfasi nel raccontar ciò, perché Jack non poté far a meno di sorridere piacevolmente colpito dalla grinta della giovane nell’affermare ciò.

Buon sangue non mente...

“Bhè, allora piccola, sono fiero di annunciarti che da oggi in poi sei membro a tutti gli effetti, della ciurma della Perla Nera!” esclamò alzandosi e facendo una specie di inchino, come a congratularsi con lei per la “nomina” appena ricevuta.

D’altro canto, cosa posso fare? O per caso scelta?

No, la tua scelta l’hai fatta molti anni fa.

Angela rise. D’altronde non aspettava altro da quando aveva saputo che era figlia legittima di un pirata. Era incredibile come in meno di un’ora tutti i tuoi sogni, le tue aspirazioni più grandi potessero prendere forma e diventare realtà. Ma la sensazione che si provava era stupenda.

Il resto della serata passò piacevolmente, e in modo tranquillo. Ordinarono altri due boccali di rum, e Jack non si stupì più di tanto quando vide che la ragazza reggeva molto bene l’alcool, d’altronde tale padre tale figlia. Parlarono del più e del meno per tutto il tempo, Angela gli raccontava com’era stata la sua vita a Telia, di Annalisa, di Maggie, di Teels…mentre lui le narrava le sue mirabolanti avventure per mare.

“e come sei riuscito ad evadere da l’isola dove ti avevano abbandonato?” chiese Angela.

“Bene gioia, sono felice che tu me l’abbia chiesto, è stato particolarmente difficile, e solo un uomo della tempra di tuo padre sarebbe potuto riuscire nell’impresa, ma partiamo dall’inizio. Mi acquattai nel basso fondale per tre notti e tre giorni e attesi, tutto il fondale marino si era ormai acclimatato alla mia presenza, quando all’improvviso, agguantai una coppia di tartarughe marine e me le legai ai piedi. Così riuscii a raggiungere l’isola abitata più vicina. È stata dura, ma alla fine ce l’avevo fatta!” raccontò sperando si impressionare la ragazza.

Certo, ma per chi mi ha preso? Per una bimba di due anni? Una coppia di tartarughe marine? Nemmeno nei racconti di fantasia sarebbe possibile!

Vuole impressionarti, lascialo fare...

Manco per idea, e lasciargli credere che è riuscito a prendermi in giro? Guarda e impara!

“Certo, come no, ma chissà perché ho la strana sensazione che le tue tartarughe marine avevano due braccia e due gambe e sapevano parlare!” esclamò ironica guardandolo di sottecchi.

Jack davanti a quest’affermazione strabuzzo gli occhi e con finto tono sorpreso esclamò:

“Accidenti, piccola, ma come hai fatto ad indovinare? Difatti le tartarughe marine che abitano attorno a quell’isola sono degli animali molto particolari, proprio come gli hai descritti, ma per questo non sono meno difficili da prendere…” al che Angela rise di gusto, dicendo di rimando:

“Talmente particolari da sembrare quasi umani, vero?”.

Lui le sorrise complice, dopodiché lui continuò a narrarle, sotto insistenza di Angela, altri avvincenti episodi della sua vita da pirata, più veritieri però, e mano a mano che lui raccontava, lei ne era sempre più ammaliata.

*

Il nuovo governatore di Port Royale era nella sua stanza, con un bicchiere di vino rosso in mano, comodamente seduto su di una poltroncina, che ammirava il tramonto dalla finestra.

Era molto giovane, particolarmente per sostenere il peso di una carica così elevata come quella di governatore, ma il suo viso da venticinquenne nascondeva una mente chiara e sveglia. Aveva da sempre posseduto una grande attitudine al comando, e sapeva prendere decisioni importanti in poco tempo. Per far ciò era anche aiutato dal suo notevole sangue freddo. Pur essendo molto più giovane di tutti i comandanti e capi militari di rilievo che attualmente stavano sotto il suo comando, sapeva farsi rispettare con un solo sguardo, un’occhiata glaciale che trapassava da parte a parte chiunque guardava, facendolo sentire inerme. Incuteva paura a tutti i suoi sottufficiali e un rispettoso timore a tutto l’aristocrazia della città. Ma più che lo sguardo, a far paura era la coscienza di quello che era capace di fare quel ragazzo dal cuore di pietra. Non si fermava davanti a nulla per arrivare al suo obiettivo, e calpestava chiunque si trovasse sulla sua strada. Tutti sapevano, per esempio, che per raggiungere la carica di governatore, si era anche macchiato di omicidio. Ovviamente, a compiere il crimine non era stato lui in persona, no, non si sarebbe mai sporcato le mani, aveva semplicemente pagato un sicario per eliminare suo nonno, Crhistopher Isaacs Booldon, all’epoca governatore di Port Royale. Nella piccola colonia lo sapevano tutti, ma nessuno poteva provare nulla, e agli occhi della regina d’Inghilterra, il ragazzo, grazie alle sue proverbiali capacità militari e amministrative dimostrate già in epoca molto precoce, era sembrato la persona più adatta per ricoprire quella carica. Dal momento che nessuno osava dire niente per timore di essere il prossimo nella lista nera del giovane Cornell, il ragazzo aveva potuto agire liberamente, raggiungendo il primo traguardo verso il suo obiettivo finale. La decisione della regina però, era anche stata influenzata dalla prestigiosa famiglia dalla quale arrivava il ragazzo. Primo tra tutti c’era suo padre, che aveva reso ottimi servigi alla corona, anche lui nel ruolo di governatore, prima che morisse tragicamente nella famosa guerra contro i pirati di tutto il mondo. Tale padre tale figlio, si era detta sua altezza, pensando che se Cutler Beckett aveva dato così tanto per la sua madre patria e per la Compagnia delle Indie, lo stesso avrebbe fatto suo figlio, Cornell Cutler Beckett, senz’altro stimolato dal buon esempio del padre.

Questa città ha davvero un tramonto mozzafiato.

Pensava Cornell, mentre sorseggiava la rossa bevanda. Poi, un sorriso beffardo li si dipinse sul volto. Stava riflettendo sul piano, il suo piano perfetto.

Oh, padre, padre. Avete fatto proprio una brutta fine, ma non me ne rammarico, dai vostri errori ho imparato molto, e del vostro fiasco nascerà il mio successo, grazie al quale riuscirò finalmente a vendicarvi, come meritate.

Il ragazzo si alzò e si diresse verso la scrivania, dove c’erano alcuni appunti e cartine con sopra delle rotte.

È tutto semplicemente perfetto, ogni cosa sta andando secondo i piani, non esiste alcuna possibilità di insuccesso, tra poco anche gli ultimi due ingredienti per la buona riuscita del mio piano, saranno in mano mia.

Ritornò a sedersi sulla poltroncina di velluto bordò.

Sapete qual è stato il vostro errore, padre? Quello di puntare al cuore delle persone sbagliate.

Rifletté

Però a quell’epoca devo ammettere che non avevate la possibilità di ottenere la leva giusta per assecondare i vostri scopi, e di questo non avete colpa, mentre io, dopo anni di ricerca, sto per possedere anche quell’ultima e preziosissima leva.
Per ciò devo ringraziare la mia defunta madre, è stata lei, inconsapevolmente, a fornirmi quell’informazione preziosa grazie alla quale ho potuto realizzare il mio piano. Certo lei non può immaginare quanto mi sia stata utile, povera donna, credeva di fare del bene per me, per la ragazza e per quel pirata, non sa di certo che così facendo a firmato la loro condanna a morte.

Un sorriso diabolico gli si dipinse sul volto.

Jack Sparrow, non hai scampo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7_ Torquis Marium ***


Note dell'autrice:

Ciaoooooooooo!!!!!!!!!!!!! Sono tornata finalmente!!!!!!!!!!!!!! Probabilmente mi avrete dato per dispersa, e a maggior ragione, non aggiorno da marzo!! Scusatemi!!!!!!! Avrei voluto aggiornare prima, ma non ce l'ho fatta!!! Ora però che finlmente la scuola è finita (me felicissima, yuppiiiiiiiiiiiiii^^!!!!!!!!!!!!!!!!!) sono riuscita a postare!!!!!!  Ora passo ai ringraziamenti:

Dj Kela: Ciao Kela!!!! Finalmente sono riuscita a metter qst cappy!!!! Incredibile, ma ce l'ho fatta!!!! Prima di tutto di volevo ringraziare per i complimenti, troppo buona^^ glasieeeeeeee!!!!!!^^!!!!!!!! La scena del rum l'avevo scritta x sottolieare le domiglianze tra i due, e anke xkè volevo metterla un attimo sul comico, x contrabilanciare poi il flash back, quindi sn felicissima ke ti sia piaciuta!!!!! X il ricordo, ammetto ke era un po' confuso, xò volevo ke sembrasse un flsh back improvviso ke ha Jack, cm quando si vede nei film un pezzo del passato del personaggio, xò era al quanto criptico, è vero^^, assicuro xò ke più avanti spiegherò meglio i rapporti tra i due e cos'è successo. Sarà una delle cose più importanti xò, quindi verrà spiegato molto in là. Nn assicuro invece ke il motivo di Jack sarà perdonabile, dipende da come lo si prenderà, comuqneu spiegherò tutte le sue ragioni, prometto^^!!!! X il loro incontro sn stra contenta ke sia piaciuto!!!!!!!!Grazie!!!!! è vero ke nn bisognerebbe cambiare il punto di vista del narratore, però quando scrivo i loro pensieri prendo le loro parti xkè mi è + facile far capire cosa provano, sn contenta ke nn stoni con il resto della ficcy^^! Nap (gli si addice cm soprannome, hihhi^^) sarà forse peggio di suo padre, avverto subito, e ci sarà anke un risvolto ke lo coinvolgerà in prima persona, forse già intuibile da qst cappy, ma ke a breve spiegherò meglio! Per la collana ci sei andata vicina, nn è un oggetto qualsiasi, xò nn poxo dire di + o ti rovinerei la ficcy^^, ma si scoprirà a brevissimissimo, già in qst cappy^^! Thanks x avermi detto cm si scrive Christopher
, l'ho corretto!^^ Ancora un enorme grazie x ttt i complimenti e x la recensione, nn vedo l'ora d vedere cosa pensi di qst cappy^^!!!! Kisskiss e tvtttttttttttttb Sara^^

nihal93: Grazie mille x aver recensito, sn felice ke il cappy ti sia piaciuto, spero ke ti piaccia anke qst^^!! Kisskiss e tvttttb Sara^^

sesshy94: grazie infinite anche a te x la recensione e x il tuo entusiasmo!! Sn molto contenta ke ti sia piciuto il 6 cappy!! Posso dirti ke hai avuto una buona intuizione sui motivi ke hanno spinto Annalisa a tenere nascosta la verità ad Angela, brava^^,  cmq tra qlk cappy spiegherò ttt x bn, promesso^^! Mi auguro ke anke qst cappy ti piaccia^^ kisskiss e tvtttb Sara^^

stefy_81: sn stra contenta ke la ficcy ti sia piaciuta, e grazie mille x i complimenti ke mi hai fatto^^!! Spero ke anke qst cappy ti piaccia e ke "catturi"^^, ancora grazie, kisskiss e tvttttb Sara^^

Ringrazio di cuore anke ttt quelli ke hanno sl letto e quelli ke mi hanno anke messo nei preferiti^^!!!!!!!!!!!!! Grazieeeeeeeeeeee^^!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Adesso vi lascio alla lettura del cappy, ke finalmente sn riuscita a postare, quindi, BUONA LETTURA^^!!!!!

NB: volevo sl aggiungere ke per comodità ho colorato i pensieri di Jack in blu e quelli di Angela in rosa, se no veniva un pasticcio ed era di difficile comprensione^^, ditemi cosa ne pensate^^!!!

7_ Torquis Marium

“Che ore saranno?”

“Non ne ho idea, però credo che sia quasi l’alba”

“L’alba? Vuoi dire che siamo rimasti qui a parlare per tutta la notte?”

“Esattamente gioia”

“Il tempo è volato, non me ne sono neanche accorta! Però il sonno in effetti inizia a farsi sentire…”

 

Jack e Angela erano ancora seduti alla locanda, e avevano passato tutta la notte a discorrere tranquillamente. Sentivano tutti e due il desiderio di sapere il più possibile sull’altro, e di rendersi partecipi  reciprocamente della loro vita durante quei diciassette lunghi anni che avevano passato separati, raccontandosi tutto.

Entrambi sapevano che ciò non era possibile farlo in una sola notte, e che sarebbe stato un processo lungo, ma sei ore ininterrotte di dialogo erano senz’altro un buon inizio.

 

“Cominci solo ad avere un PO’ di sonno, eh? Io direi piuttosto che stai crollando, hai gli occhi rossi e i cinque boccali di rum che ti sei scolata di sicuro non ti hanno aiutato, piccola.” Rispose Jack con aria saccente.

“Non sto crollando, e poi erano tre, tu te ne sei bevuti cinq…waaa”  peccato che non riuscì a finire la frase che si esibì in un grande e sonoro sbadiglio.

Il pirata rise di gusto. Poi pensò che era meglio ritirarsi sul serio, Angela ormai stava dormendo in piedi, e lui, per quanto cercava di non darlo a vedere, era stanco morto quasi quanto lei.

“Vieni dai, è meglio che tu vada a dormire” e così dicendo si alzò dal divanetto.  Appena fu in piedi faticò non poco a ritrovare il senso dell’equilibrio, e solo grazie ad una grande forza di volontà impose alla stanza di smettere di girare davanti ai suoi occhi.

 

Andare a dormire? Come faccio ad andare a dormire dopo questa serat…waaa, ok ammetto che forse l’idea del letto non è poi così malvagia…

Ma solo forse, eh?

Però non ho voglia di andare di nuovo nella stanza di sopra sola soletta, non voglio lasciarlo, e se poi non riesco  ritrovarlo domattina?

È un’idea stupida, lo sai si?

Lo so, ciò non toglie che separarmi da lui non mi piace per niente, non ora che l’ho ritrovato!

 

“No, non voglio andare su in camera da sola!!” esclamò con la voce impastata di alcool e sonno, dando voce alle sue ultime preoccupazioni.

 

Brava, così penserà che sei una bimbetta di due anni. Andiamo, massimo lo rivedi domattina, cosa vuoi che faccia? Che affitti anche lui una camera qui?

Potrebbe essere un’idea. Comunque non penserà che sia una bimba, massimo pensa che sono completamente andata a causa dell’alcol, cosa in parte vera, quindi essendo ubriaca me lo posso permettere!

 

Lui la guardò sorpreso un attimo. Non essendo propriamente lucido pure lui, non gli fu facile comprende la reazione della figlia, poi però finalmente capì.

 

“Tranquilla piccola, non ho intenzione di lasciarti passare un’altra notte abbandonata a Tortuga, veramente avevo pensato ad un altro posto che credo potrebbe piacerti.” E accompagnò queste parole ad un sorriso.

Gli occhi della giovane si illuminarono. Dove voleva portarla?

“E dove?” domandò senza nascondere la sua curiosità.

Lui, per tutta risposta, allargò ancora di più il sorriso, e con un gesto teatrale della mano, esclamò:

“Alla Perla Nera, mi pare ovvio, dove se no?”

 

Ho capiti bene? Alla... Perla?? Sul serio? Wow!!! Ci vengo subito!!!!

Hai ritrovato l’entusiasmo?

Vuoi scherzare? Stiamo parlando di un VERO veliero pirata!!!

 

Il capitan Sparrow non poté trattenersi dal sorridere nel vedere l’espressione meravigliata e raggiante della giovane.

 

Sarà normale per una ragazza avere tanto entusiasmo soltanto all’idea di vedere un veliero?

Non dimenticare che è tua figlia, lo dimostrano i boccali di rum che si è appena scolata con molta facilità.

Giusto.

Compare, tanto per curiosità, sei sicuro di portarla a bordo della Perla?

Si, perché non dovrei?

Forse perché la ciurma vorrà delle spiegazioni nel vederti salire assieme ad un giovane donna.

Ne abbiamo già discusso.

Si, ma il problema rimane. Hai pensato ad una soluzione? Cosa pensi di dirgli: “Salve gente! Guardate un po’ chi ho trovato qui a Tortuga, mia figlia! Starà con noi sulla Perla, contenti?”.

No, non mi sembra una buona idea.

Appunto.

E cosa faccio? La lascio e le dico che è stato un piacere conoscerla ma che ripensandoci non posso farla salire su?

Problema tuo.

No, è anche tuo. Comunque sia, pensandoci bene, non credo che sia un gran dilemma. La nave è mia, se non erro. La ciurma si adatterà. Spiegherò loro la situazione con calma domattina.

Perché lo fai?

Non mi piace l’idea di lasciarla qui da sola.

Solo per questo?

Zitto.

 

Angela si alzò in piedi. L’idea di visitare una nave pirata le aveva dato la forza per reggersi sulle gambe, se pur traballante.

Jack nel vedere l’equilibro incerto della giovane le si affiancò, temendo che potesse crollare da un momento all’altro.

Angela sorrise nel vedere la preoccupazione del padre.

“Guarda che sei ubriaco quanto me, se non di più, il massimo che risolviamo camminando a braccetto è che cadiamo in due!” esclamò divertita.

“Reggo l’alcool meglio di te, e poi mi sono fatto strada verso la Perla in condizioni peggiori.” Ribatté l’altro.

La giovane non poté fare a meno di ridere, anche se la maggior parte delle risate era dovuta al rum ingerito, e iniziò a camminare verso l’uscita della locanda, sostenuta per metà dal padre, quando le venne in mente il suo fagotto abbandonato nella sua stanza.

“Aspetta, prima devo andare a prendere alcune cose che ho lasciato in camera” così dicendo, fece un’inversione di marcia e si diresse verso la scala che conduceva alle camere.

“Ferma lì!” esclamò Jack. Angela si bloccò di colpo stupita e si girò verso il padre.

“Perché?” chiese.

“In queste condizioni le scale le sapresti solo scendere a ruzzoloni, e non mi sembra una bella cosa.”

Angela ci rifletté su un attimo. Aveva ragione, non stava neanche in piedi.

“Cosa pensi di fare? Non posso mica lasciar le mie cose lì” si lamentò.

Jack sospirò “Ci vado io”

La ragazza sorrise “Grazie, camera in fondo a destra, subito salite le scale. È tutto in un fagotto sotto il letto”

“Ok, aspettami qui”

Angela si riaccomodò sul divanetto davanti al tavolo dalla quale si era appena alzata, e si concesse cinque minuti di tempo per riflettere con calma sulla sua più che rosea situazione e di come era cambiata in meno di sei ore.

 

Caspita, sto per salire su una nave pirata e diventare a mia volta un piratessa!! Chi l’avrebbe mai detto! Quando lo saprà Maggie rimarrà di stucco!

 

Peccato che non riuscì nemmeno a finire il pensiero che pian pianino, senza che lei lo volesse, appoggiò la testa sul tavolino di fronte a lei, e cadde addormentata, cullata da dolci sogni.

 

 

 

 

*

 

 

Quando suo padre ritornò al piano di sotto della locanda, con in mano un involucro contenenti gli effetti di Angela, individuò subito la figlia con un’occhiata.

Era crollata dal sonno adagiando la testa sul tavolino, incurante del chiasso procurato da alcuni pirati che, nonostante l’albeggiare, proseguivano con i loro festeggiamenti attorno a lei.

 

Si è addormentata! Va bene che si vedeva lontano un miglio che era stanca, ma non poteva aspettare di arrivare alla nave? Meglio provare a svegliarla.

 

Si avvicinò alla giovane e rimase un attimo ad osservarla. Stava già dormendo profondamente, sarebbe stata un’impresa destarla, ma ci provò lo stesso. Dovevano arrivare quanto meno alla Perla prima di mettersi a dormire. Provò a chiamarla, prima piano, poi sempre più forte. Tentò anche a scuoterla, ma non ci fu niente da fare. Ormai era già nel mondo dei sogni e non c’era nulla che l’avrebbe tolta dalle braccia di Morfeo.

 

Mannaggia! La piccola non si sveglia! Mi toccherà portarla in braccio…

 

Il pirata sospirò, e, rassegnato, sollevò con delicatezza la giovane dal tavolino, attento a non farle male.

Con non poca difficoltà, dovuta alla stanchezza, all’alcool e al peso della figlia, riuscì a uscire dal locale senza andare a sbattere da qualche parte o cadere rovinosamente a terra.

 

Jack si mise a camminare tranquillamente per le stradine tortuose dell’isola dei bucanieri, e dopo un breve percorso, raggiunse il porto, dove tra le imbarcazioni, svettava un imponente veliero più nero della notte. La Perla Nera.

 

Eccoci.

Perfetto, la prima parte è andata. Credo tu possa portarla a bordo tranquillamente per ora, la ciurma sarà ancora tutta a terra, il bello arriverà domattina.

 

Salì sulla passerella che collegava la nave al porto. Bastò un’occhiata per capire che aveva previsto giusto. Il ponte era deserto.

 

“’Sera capitano”

 

Fatta eccezione per Gibbs.

Jack nell’udire la voce del marinaio sobbalzò per la sorpresa, e girandosi di scatto vide chiaramente il vecchio pirata che lo fissava curioso vicino al timone.

 

“Gibbs” rispose il capitano a mo’ di saluto, cercando di ostentare sicurezza.

 

Il vecchio marinaio iniziò a fissarlo, sicuro che ci fosse qualcosa di diverso nel suo capitano, finché non riuscì a focalizzare un fagotto al quanto grosso tra le sue braccia.

 

“Cos’è che tieni in braccio?” gli chiese a bruciapelo, lasciando la sua postazione accanto al timone per andargli vicino, spinto dalla curiosità.

 

“Chi? Io? Ehm…” il capitano per tutta risposta iniziò ad indietreggiare nel tentativo di formulare una frase di senso compiuto.

 

Dopo poco, nonostante i goffi tentativi di allontanarsi di Jack, Gibbs lo raggiunse. Quando capì che quello che il pirata teneva tra le braccia era una giovane ragazza addormentata, lo fissò scombussolato.

 

“Jack! Ma è … è… una ragazza!!” esclamò, facendo scorrere lo sguardo dalla giovane al bucaniere.

“Però, che occhio!” sbuffò Jack.

Il marinaio, continuando a non capire, iniziò a bersagliare il capitano di domande.

“Ma chi è?  E perché l’hai portata a bordo? E perché….”

“è una storia lunga, ti spiegherò tutto tra dieci minuti, nella mia cabina. Prima la metto a letto” disse Jack, interrompendo il terzo grado di Gibbs.

Il vecchio pirata, sempre più confuso, scosse la testa di fronte alla risposta appena ricevuta, ma senza aggiungere una parola, si fece da parte. Meglio assecondarlo, si disse.

 

Così, il capitan Sparrow si diresse verso le cabine degli ufficiali, lasciando un disorientato Gibbs alla spalle.

 

Dove hai intenzione di portarla? Nella tua cabina?

No, e poi io dove dormo? La metto in una delle cabine degli ufficiali, tanto non le usa mai nessuno.

 

Con la solita andatura ondulante si diresse verso le suddette stanze, e in qualche attimo fu davanti ad una di essa. Con un piccolo calcio spalancò la porta semiaperta e con pochi passi si avvicinò al letto posto accanto al lato destro della camera. Adagiò Angela con cura sul materasso e le mise sopra  una coperta, badando a coprirla per bene. Infine, quando fu sicuro che sua figlia non necessitasse d’altro, si apprestò a tornare da Gibbs. Però, quando raggiunse la porta non poté trattenersi di rigirarsi verso la giovane.

Aveva i lunghi capelli castani sparsi alla rinfusa sul cuscino,e sul viso posava dipinta un’espressione di pura beatitudine.

 

Sembra un angelo. Si sorprese a pensare. Ma si riscosse subito. Fantastico, ora faccio pure il sentimentale, eh vecchio mio, mi sa che stai perdendo colpi!

 

Ma, nonostante ciò, non riuscì a trattenere un sorriso dolce e paterno rivolto verso la figlia. Dopodiché si diresse verso la sua cabina.

 

Quando entrò, trovò Gibbs che lo aspettava impaziente in piedi davanti alla scrivania.

 

“Jack! Finalmente! Ora vuoi dirmi chi è quella ragazza, di grazia?”

 

il buon vecchio marinaio lo aggredì non appena mise piede dentro la cabina, esigendo spiegazione.

Il capitano, con una lentezza quasi snervante, per niente contento all’idea di dover sottostare ad una specie di terzo grado, si sedette sull’alta sedia dallo schienale rosso,  posta dinanzi alla scrivania.

 

E qui viene il difficile, auguri!

 

“Frena, frena, una cosa alla volta se permetti, è una storiella un po’ lunga da raccontare, quindi se vogliamo metterci comodi” così dicendo, indicò la sedia di fronte alla sua, al marinaio. Gibbs si sedette, dopodiché aspettò che Jack iniziasse con le dovute spiegazioni, ma dal momento che il capitano continuava a tacere, decise di riprende con le domande.

 

“Allora Jack, vuoi parlare o no? Chi è quella giovane? Come mai l’hai portata a bordo?” ripeté sempre più impaziente.

 

Il capitano Sparrow lo fissò dritto negli occhi, infine, con un lungo respiro, si apprestò a rispondere.

 

“Quella ragazza, Gibbs, è niente di meno che Angela” esclamò rassegnato.

 

Il bucaniere però parve non capire, difatti iniziò a guardare Jack sempre più stralunato ed esasperato.

 

“Angela?” ripeté con un pizzico di frustrazione di fronte alla risposta in esauriente del capitano.

“Si, Angela” confermò Jack con fare grave., senza capire che quel nome non suscitava in Gibbs nessun sentimento particolare.

“E chi è questa Angela?! È concesso saperlo o dovrà rimanere un mistero ancora per molto, insomma Jack!!” sbottò infine esasperato.

Quest’ultimo, sbigottito dall’inaspettata reazione di Gibbs, esclamò:

“Come ‘chi è Angela?’ ???” e dato che il marinaio non rispose proseguì “Angela è…è…mia figlia, diamine!” rispose alzando un pelo la voce.

 

Gibbs per tutta risposta si limitò a fissare il suo comandante per un tempo che parve infinito, senza capire il significato della risposta. Solo dopo dieci minuti buoni il marinaio sembrò afferrare il concetto, al che iniziò a boccheggiare sgranando occhi e bocca e balzò in piedi dalla sedia. Ci vollero altri dieci minuti buoni prima che riacquistò il dono della parola e riuscì a darsi un minimo di contegno.

 

“Tua…tua…FIGLIA?!?!?!?!?!” tuonò.

 

Jack, stavolta preparato alla reazione del suo interlocutore, rispose semplicemente annuendo la testa e fissandolo di sottecchi.

 

“Per mille palle di cannone con la barba! Jack, ma com’è successo? L’hai trovata qui a Tortuga? Lei sa che tu sei suo padre? Perché non mi hai detto che la stavi cercando?”proseguì il marinaio sempre più allibito, mentre si lasciava ricadere sulla seggiola posta di fronte alla scrivania.

“Allora: si alla prima, si alla seconda, ma non la stavo cercando.” Ribatté Jack.

“Come non la stavi cercando? Non vorrai farmi credere che l’hai trovata così per caso!”

“Certo che no Gibbs! Ora se vuoi calmarti, ti spiego tutto” replicò sempre ostentando calma.

“Sono tutto orecchi”  e detto questo il vecchio pirata, cercando di tranquillizzarsi, si adagiò più comodamente sulla sedia. Intanto Jack si apprestò a raccontargli l’incontro con la figlia, di come lei stava cercando lui e di come si erano trovati grazie ad una rissa.

Alla fine del racconto, Gibbs rimase a bocca aperta.

 

“Incredibile, anzi, assurdo!” riuscì a dire “Evidentemente qualcuno lassù ti vuole davvero bene, Jack.” Scherzò infine.

“O mi odia” ribatté Jack con un sorriso amaro. “dipende da come andrà a finire” aggiunse.

“Prendila come una possibilità di redenzione” propose il marinaio.

“Temo che per quella non ci sia più speranza, comunque si vedrà, l’importante è che ora che se ne è andata via da Telia, non la scopra anche il caro cuginetto.”

“Perché dovrebbe mostrare interesse per lei? A parte il fatto che non saprà nemmeno della sua esistenza, non vedo che rischio potrebbe correre Angela se le loro strade si incrociassero” osservò pacato il pirata.

Nell’udire la totale indifferenza di Gibbs verso quella possibilità, Jack si inalberò.

“Come non vedi il pericolo?! Primo, dovrei svelare ad Angela l’identità di tutti i suoi cari parenti, cosa che preferirei evitare di gran lunga, come, da quel che ho capito, la stessa Annalisa ha fatto. Secondo, non hai visto cosa porta al collo?” esclamò con ardore.

“Ok, ok, ho capito, terremo Angela lontana da lui, ma ora calmati!” provò a rabbonirlo, “e poi cos’è che porta al collo? L’ho vista per cinque secondi di sfuggita, non le ho fatto la radiografia!” aggiunse dopo in sua difesa.

Jack si diede una calmata, dopodiché rispose alla domanda di Gibbs, anche se continuò a fissarlo storto.

“Al collo, si dal caso che ha legato il Torquis Marium!” disse saccente.

Gibbs si fece serio di colpo e allargò gli occhi strabiliato.

“Il Torquis?! E lo indossa?”chiese senza nascondere la palese curiosità.

Il capitano annuì grave.

“Si, lo indossa. Come si poteva facilmente immaginare d’altronde. Quindi comprendi che se l’informazione finisse in mani sbagliate Angela sarebbe in pericolo?”

“Si, capisco. La ragazza sa delle particolarità del ciondolo?” domandò.

Jack scosse la testa. “No, glielo dirò oggi, con calma, ma avrò bisogno del tuo aiuto, io le dirò del gioiello, ma prima tu le narrerai dell’Olandese. Non posso raccontarle tutto io, ho alcune cose da sbrigare oggi, non ho tempo, è quella è una storia lunga, ma in due dovremmo farcela, ci stai?”

“Si, si, tranquillo, me ne occuperò io” lo rassicurò.

“Perfetto, allora è deciso”

Ci fu un secondo di silenzio, poi il marinaio venne illuminato da un’idea improvvisa.

“Ma, Jack, aspetta un attimo, ora che hai ritrovato anche il Torquis, non hai intenzione di usarlo vero?” domandò fissando dritto negli occhi il suo capitano.

Sparrow abbassò lo sguardo colpevole.

“Bhé, in realtà pensavo proprio di si”ammise continuando a fissare con finto interesse il pavimento.

Gibbs sospirò. “Jack, potrebbe essere pericoloso, il Torquis è un manufatto di Calipso, e tutto ciò che ha a che fare con quella donna ti ricordo che porta solo guai. Non avrai già dimenticato l’ultima volta cosa è successo, vero?” osservò.

“No Gibbs, non l’ho dimenticato” rispose piccato l’altro. “Comunque puoi stare tranquillo, nessuno correrà rischi se lo useremo” provò a tranquillizzarlo.

L’anziano pirata però, tutt’altro che convinto, tentò di nuovo di persuaderlo.

“Non è un oggetto che va usato con leggerezza, senza contare che il rischio più grande potrebbe correrlo la stessa Angela, lo sai perfettamente!” esclamò.

Jack lo fulminò con lo sguardo. “Angela non corre rischi, basta stare attenti. Andrà tutto bene, e poi anche lei avrà i suoi vantaggi usando il ciondolo.” Ribatté con ardore.

Il marinaio si afflosciò sulla sedia. “è inutile discutere con te. Fa come credi, ma sta attento, ok?” si arrese infine.

“Non ti devi preoccupare per me Gibbs, so badare a me stesso” ribadì l’altro.

“Non è di te che mi preoccupo, Jack, ma di Angela.”

“So occuparmi anche di lei, tranquillo”

 

*

 

Cornell Beckett era seduto dinanzi alla sua scrivania, intento ad ordinare alcune carte e appunti.  Aveva dormito solo quattro ore quella notte. Era andato a letto tardissimo, e si era svegliato che appena albeggiava. Ma non sentiva la necessità di riposarsi, quello di cui aveva bisogno era di proseguire con i suoi piani. Quella era l’unica cosa che gli importava veramente, e non si sarebbe rilassato finché tutto non sarebbe andato a compimento.

D’un tratto la porta bussò.

 

“Avanti” rispose Cornell, senza nemmeno alzare la testa dai suoi fogli.

 

Un timido soldato fece il suo ingresso dalla porta dello studio del governatore tremando come una foglia. Avrà avuto a mala pena diciotto anni, era piccolo di statura, e i capelli castani e ricci conferivano al volto un’espressione ingenua.

 

“Mi … mi ha mandato il …Commodoro, sir, dice che la nave è pronta per… partire, attendono suoi ordini per mollare gli ormeggi” riferì cercando di tenere ferma la voce, senza riuscirci.

 

Il giovane governatore si limitò ad alzare il capo e fissare il milite negli occhi, con un leggere ghigno che gli increspava il volto solitamente di pietra.

 

“Perfetto” replicò “Proferite pure che possono salpare” comandò.

Il soldato sobbalzò nell’udire la voce fredda dell’altro. “Si, signore” rispose, e dopo aver chinato il capo in segno di saluto fece per andarsene, ma fu richiamato da Beckett che improvvisamente aggiunse glaciale:

 

“Ah, riferite anche al capitano che non sono ammessi margini d’errore, e che se non dovesse trovare la ragazza, di applicare il piano B senza indugi, intesi?”

 

Il soldato annuì tremando ancora di più di fronte a quella che aveva tutta l’aria di essere una minaccia, e si apprestò ad uscire velocemente dalla stanza, ansioso di allontanarsi da Cornell.

 

 

*

 

 

Gibbs e Jack erano ancora nella cabina di quest’ultimo quando il sole era ormai alto nel cielo. Avevano finito da poco di parlare della giovane, e adesso stava decidendo assieme la rotta da prendere per il viaggio che dovevano compiere. Quando ebbero finito, il capitano si alzò, dicendo che sarebbe andato al timone. Fu fermato però da Gibbs, che di colpo disse:

 

“A proposito Jack, riguardo ad Angela, non ti ho ancora chiesto una cosa, hai intenzione di dirle perché tu e sua madre vi siete lasciati? Prima o poi lo vorrà sapere” domandò.

Il capitano ponderò attentamente il quesito. Infine, dopo una relativamente lunga riflessione, rispose:

“Non lo so” affermò con tono deciso.

“Come non lo sai!?” insistette il pirata fissandolo scettico.

“Ci penserò! Comunque non gliela direi certamente adesso. Ne ha già passate tante, senza contare che per ora non capirebbe.  Al momento le dirò qualcosa che si avvicina alla verità, omettendo qualche ehm…particolare. È la cosa migliore” decretò.

“Fai tu che sai” ribatté il pirata scotendo la testa.

 

Dopodiché Jack si apprestò ad imboccare la porta, lasciando dietro di sé un Gibbs ancora stranito e incredulo.

 

*

 

Angela si rigirò nel letto dolcemente, cullata dall’ondeggiare della nave su cui stava. Un attimo, nave?! La ragazza aprì gli occhi di botto e con uno scatto si ritrovò seduta su un letto che le era estranio. Pessima mossa. A causa dello scatto improvviso la testa prese a girarle violentemente e dovette riappoggiarsi sul cuscino. Aveva un tremendo mal di testa, le sembrava che qualcuno le stesse fracassando la nuca con un martello. Quando finalmente le pareti di legno della stanza smisero di girarle attorno e il dolore divenne sopportabile, si guardò attorno. Si trovava in una cabina al quanto grande. L’interno era di legno nero, e lei stava su un piccolo letto molto morbido, con la testiera di bronzo, finemente lavorata. Accanto a quest’ultimo c’era un tavolino anch’esso di legno scuro con sopra una lampada a olio e, poco più in là, uno spazioso armadio.

 

Ma dove mi trovo?

Su una nave.

Grazie, non me ne ero proprio accorta! Quello che vorrei sapere è di chi è il suddetto veliero e come ci sono finita, l’ultima cosa che ricordo era che stavo bevendo del rum in una locanda a Tortuga con mio…

 

Ma non riuscì a finire di pensare la frase che tutti gli eventi della sera precedente le riempirono la mente più violenti di onda, provocandole un’altra fitta di dolore alla testa. Ma certo! Quella doveva essere la leggendaria Perla Nera, la nave di suo padre!

 

Devo essermi addormentata alla locanda, e lui deve avermi portata a bordo mentre dormivo,non c’è altra spiegazione. Mentre il mal di testa è l’effetto del post sbornia. Ahi, rimpiango di aver bevuto tutto quel rum, sigh! Ma ora dov’è papà?

 

Così pensando si alzò lentamente dal letto. Riuscì a  issarsi saldamente sulle proprie gambe solo con molta fatica e ignorando il dolore alla testa. Al che si diresse verso la porta. La stanza immetteva direttamente in un lungo corridoio scuro, la cui l’unica luce proveniva dall’estremità destra. Angela andò verso quello spiraglio luminoso dove scoprì una scaletta che salì in fretta. Si ritrovò sul ponte di un maestoso veliero e rimase incantata da cotanta bellezza.

 

Era tutto interamente di legno nero. Nere erano le vele, nero era il vastissimo ponte, nera la balaustra e nero l’albero maestro. Quest’ultimo in più era anche incredibilmente alto.

 

Dalla coffa ci deve essere una vista splendida, è molto più elevata che quella sulla nave di Teels. Quasi quasi… Pensò Angela.

 

Detto fatto. La ragazza di fatti non riuscì a trattenersi e si avviò spedita verso le sartie. Mentre camminava intanto continuò a guardarsi attorno. C’erano molti uomini che lavoravano, chi lavava il ponte, chi puliva le armi, chi si occupava delle vele. Erano tutti pirati ovviamente, e lei ne rimase affascinata. Nessuno se ne stava con le mani in mano, tutti erano attenti ai propri compiti, anche se si comportavano in modo allegro e baldanzoso, canticchiando qualche canzone piratesca e bevendo un sorso di rum ogni tanto. Per fortuna, grazie a tutto quel fermento, Angela passò inosservata. La giovane poté anche notare che accanto al parapetto c’erano moltissimi cannoni. Anche sul mercantile del padre di Terence ce n’erano, ma non una così grande quantità. Però non si stupì più di tanto, pensando che di certo una nave pirata doveva ricorrere alle armi molto più frequentemente che una nave merci.

 

Quando fu arrivata alle sartie iniziò ad arrampicarcisi ignorando l’ormai leggero mal di testa. Dopo poco era arrivata sulla coffa. Angela aveva visto giusto, da lì si poteva godere di un vista stupenda. Il mare scorreva rapido sotto di loro, segno che il veliero procedeva spedito verso una meta a lei sconosciuta, favorito anche dai venti di ponente che oltre a spingere la nave, le scompigliavano i capelli e le rinfrescavano il viso. L’aria fresca le fece passare anche l’ultimo residuo di dolore alla testa. Il sole, ormai alto nel cielo, creava degli incantevoli giochi di luce sulle onde del mare, che si infrangevano a contatto con i lati del vascello. Angela fece un piccolo giro su se stessa, e notò con meraviglia che attorno a loro c’era solamente una compatta distesa d’acqua che non accennava a smettere, fatta eccezione per un leggera strisciolina scura dietro di loro.

 

Tortuga. Pensò giustamente la giovane.

 

Dopodiché tornò a guardare sotto di lei. Da lassù i pirati che operavano sul pontile erano incredibilmente piccoli.

 

Sembrano delle formiche.

 

Poi il suo sguardo cadde sulla figura accanto al timone. Anche da quell’altezza si poteva chiaramente distinguere un uomo dalla postura eretta intento a tenere la rotta del suo veliero.

 

Papà!

 

Senza neanche accorgersene Angela si era precipitata a scendere dalla coffa e a dirigersi verso Jack, attenta però a non farsi vedere dagli altri pirati, compito facilitatole anche dai suoi abiti comuni. Preferiva di fatti far notare a tutti la sua presenza assieme a suo padre che da sola.

 

Salì gli scalini che separavano il ponte dalla parte rialzata ove stava il timone, a due a due e si ritrovò poco distante da suo padre.

 

È assorto nei suoi pensieri, non si è nemmeno accorto che gli sono arrivata accanto. Meglio farlo rinsavire.

 

“Buon giorno Capitan Sparrow!” eruppe a prova di timpano senza preavviso.

 

Il povero Jack sobbalzò un attimo preso alla sprovvista e si girò di scatto verso la figurina che aveva urlato. Quasi gli ebbe un infarto vedendo che la voce proveniva da sua figlia.

 

“Angela! Sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo!” la accusò bonario. “Ben svegliata comunque, tutto bene?” aggiunse poi tornando ad occuparsi della rotta.

“Si, qualche malessere postsbornia appena alzata, ma ora è passato. Ho fatto un piccolo giretto per il ponte prima, la nave è magnifica! Sapevi che dalla coffa si può godere di una vista splendida?” iniziò a dialogare la giovane.

“Cosa ti avevo detto? La mia Perla è la nave più bella dei sette mari e…un momento, sei salita fin sopra la coffa?” domandò fissandola piacevolmente sorpreso.

Angela sorrise nel vedere lo stupore del padre.

“Si” rispose semplicemente, contenta di averlo stupito.

“E come di grazia?” si informò continuando ad osservarla come se la vedesse per la prima volta.

“Semplice, mi sono arrampicata per le sartie, un giochetto da ragazzi” affermò sfoderando un sorriso angelico.

“Ah, però, complimenti. Bhé, come dico sempre, pirati si nasce, non si diventa. E tu ne sei la prova” e sorrise a sua volta, complice.

 

La ragazza cambiando poi argomento si informò riguardo alla rotta che stavano prendendo, facendo notare la velocità con la quale stavano navigando.

 

“Non ti preoccupare di questo, te lo dirò poi, ora abbiamo cose più importanti da fare” il tono evasivo della risposta del capitano non sfuggì ad Angela, che però preferì non insistere per il momento.

“E quale sarebbe la cosa importante da fare prima?” domandò invece.

Jack la fissò un attimo, poi con un gesto teatrale della mano, esclamò“Presentarti alla ciurma ovviamente, non vorrai mica rimanere a bordo come una clandestina per il resto del viaggio e oltre, no? Sei la figlia del capitano, per diamine!”

 

Al che il cuore di Angela accelerò la sua corsa.

 

Wow, mi presenterà alla ciurma! Fantastico!!

Come se non te lo aspettavi.

Si, però sentirlo dire da lui è tutt’altra cosa, fa diventare la semplice supposizione una realtà, wow wow wow!!! Chissà cosa diranno, e se non mi dovessero accettare in quanto donna? Oh no, cosa accadrebbe?

Figurati se non ti accettano, sei la figlia del capitano, non sta a loro decidere chi far stare a bordo e chi no, se non sono d’accordo si arrangeranno.

È vero, però mio padre non può rischiare di inimicarsi tutta la ciurma per me.

Tranquilla, andrà tutto bene, lascia fare a lui che sa, non farebbe mai nulla di avventato, ne sono certa.

Se lo dici tu... speriamo in bene...

 

Ok, fai un bel respiro, d’altronde l’hai voluto tu, senza contare che abbiamo già appurato di non avere altra scelta. Perciò ora raccogli un attimo le idee e decidi cosa dire ai tuoi uomini.

È una scelta avventata.

È vero, ma di solito sono quelle che ti funzionano meglio, quindi, prosegui la tua strada, fin’ora a funzionato.

Sarà...

 

“Vieni con me” le disse Jack, prendendola a braccetto, celando le sue preoccupazioni e comportandosi con scioltezza. Si diresse verso la scaletta che portava al ponte.

Una volta giunti a destinazione, con un bel sospiro, il capitan Sparrow richiamò l’interesse di tutti.

 

“Gentil uomini, potrei avere per un attimo la vostra attenzione per favore?”

 

Nessuno si mosse. Jack a metà tra il scocciato e l’imbarazzato, si rivolse alla figlia

“Pazienta un attimo, tra poco arrivano”

Lei si limitò a guardarlo di sottecchi ridendo sotto i baffi.

 

Il pirata riprovò di nuovo, ma anche stavolta non ci fu niente da fare. Al terzo tentativo andato a vuoto, Angela intervenne.

 

“Papà posso provare io?” chiese tra il divertito e il scocciato.

Jack la fissò  dall’alto in basso, come se dubitasse che lei potesse aver successo dove lui stava fallendo.

“Se proprio insisti…” ribatté irritato.

“Grazie” rispose lei soddisfatta. Dopodiché riempì d’aria i polmoni e si preparò per urlare.

 

“Gente, è finito il rum!!”

 

Questa volta i pirati si girarono tutti verso il capitano e Angela, con il volto pietrificati dal terrore di aver udito bene la disgrazia imminente.

 

La ragazza sorrise al padre, e sempre con un volto angelico gli disse “Bene, ora ti ascoltano”

Jack la fissò a suo volta sbalordito dall’arguzia della giovane, ma decise di ignorare l’accaduto e di rivolgersi alla ciurma.

 

“Gentil uomini” ripeté “ora che ho la vostra attenzione, vorrai annunciarvi la presenza di un nuovo membro dell’equipaggio”

 

I volti dei pirati si rilassarono all’istante capendo il falso allarme, ma si riempirono subito di curiosità alle parole del capitano, volgendo all’unisono i loro sguardo verso la giovane donna che stava eretta al fianco di Jack.

 

“Chi è quella ragazza?” domandò Martin, il più vicino al capitano, dando voce ai pensieri di tutta la ciurma.

“Era quello che volevo annunciare, un po’ di pazienza” rispose scocciato Jack fulminandolo. “Allora, questa giovane donna che vedete alla mia sinistra, si chiama Angela, e, per l’esattezza è” si bloccò un attimo, ma poi riprese con vigore. Oramai era inutile tirarsi indietro, e di certo non poteva farsi vedere esitante dinanzi ai suoi uomini. “mia figlia,” disse d’un soffio. “e da oggi in poi  viaggerà con noi” concluse riacquistando vigore.

Seguirono dieci minuti buoni di silenzio tombale, dopodiché l’intero equipaggio scoppiò a ridere.

 

“Andiamo Capitano, vostra figlia?”

“Certo come no, molto divertente”

 

Esplosero mille commenti tutti insieme, andando a creare un brusio enormemente fastidioso. I pirati erano fermamente convinti che il loro capitano gli stesse prendendo in giro, come potevano credere alla notizia che Jack Sparrow avesse una figlia? La semplice idea era già ridicola di per sé. Ma vedendo che il suddetto pirata e la ragazza non ci trovavano nulla da ridere e avevano assunto entrambi un identico cipiglio severo, le risa a poco a poco sciamarono e i commenti derisori si sostituirono ad esclamazioni stupite e incredule.

 

“Capitano? Ci sta prendendo in giro vero? Dai, è … è impossibile!!” esclamò ad un tratto uno dei pirati alla destra del capitano, che faceva scorrere febbrile il suo sguardo dall’esile figura femminile di Angela a quella più robusta e temprata di Jack, chiedendosi se effettivamente tra i due potesse esserci un qualche legame di parentela.

 

Ma a rispondere non fu il Capitano pirata, ben sì la sua primogenita.

 

Ora basta, è così difficile da accettare?

Ti prego, tieni a freno la lingua.

Prega piuttosto che tenga a freno la spada!

 

“Gentile signore, che lei ci creda o no, io, Angela Sparrow” si fermò un attimo per assaporare il dolce suoni del suo cognome appena scoperto “sono la figlia legittima del vostro capitano, voglio sperare che ciò non rappresenti un problema per voi. Come mio padre, ho il desiderio di diventare una piratessa e per questo non ho la ben che minima intenzione di lasciare questa nave, e quindi preferirei essere accettata benevolmente da voi tutti, comprendi?” affermò con un tono non troppo duro ma deciso, riserbando però a tutti un sorriso di chi sa quello che vuole e come desidera ottenerlo.

 

Però, che discorso diplomatico, temevo che inveissi contro tutto e tutti.

Per chi mi hai preso? Dovresti saperlo che a parole ci so fare. Ero del tutto consapevole che ingiuriando non avrei ottenuto nulla. Al contrario, con un piccolo e incisivo discorso, o fatto azzittire tutti quanti. Bel risultato, non trovi?

 

Dopo il piccolo monologo di Angela nessuno osò proferire un’altra parola. Tutti erano decisamente stupiti dalla fermezza della ragazza per parlare, facendo cadere un silenzio quasi tangibile. Fu Gibbs a salvare la situazione.

 

“Bhé, non resta che il darle il Ben Venuto a bordo, allora! Scommetto che sarà un’ottima piratessa, d’altronde è la figlia del nostro capitano, giusto?” aggiunse poi rivolto alla ciurma.

Quest’ultima sembrò svegliarsi dallo stato di trance i cui era momentaneamente caduta, mentre assorbiva la notizia appena ricevuta.

 

“Si, giusto!”

“Ben venuta a bordo miss Sparrow!”

 

esplosero in un’altra ondata di commenti, stavolta più ben accetti alle orecchie di Angela.

 

Si! Mi hanno accettata, meno male!! Per un attimo ho temuto il peggio.

Ci credo che ti hanno accettata, avranno temuto che tirassi fuori la spada con il primo che avesse detto un’altra parola contro di te, dopo la grinta che hai dimostrato.

Dettagli, l’importante è che mi hanno accettataaaa!!!!!!!

 

“Bene, le presentazioni ora sono finite, tornate a lavorare mozzi!” urlò poi Jack rivolgendosi alla ciurma.

Questa volta gli uomini obbedirono al loro capitano, e in poco tempo tutti si ridedicarono alle proprie mansioni, lasciando Jack, Angela e Gibbs da soli.

 

“Allora piccola, che impressione ti ha fatto il mio maestoso veliero?” domandò Jack rivolgendosi alla figlia, una volta che furono soli.

“è stupenda!” affermò con entusiasmo la giovane.

Il capitano scoppiò a ridere. “Ne sono felice.” Rispose lui. Poi aggiunse “Cara, mi dispiace ma devo assentarmi per qualche tempo, ho alcune faccende da sbrigare, però durante la mia breve assenza sono sicuro che il nostro signor Gibbs sarà più che felice di farti fare un giro completo del mio veliero. Dico bene, Gibbs?”

“Ma certamente, se vuole seguirmi miss Sparrow…” rispose prontamente il marinaio, porgendole il braccio.

“Ma certo” disse Angela accettando il braccio del pirata.

“Divertiti” fu l’ultima cosa che Jack le sussurrò all’orecchio prima di avviarsi verso la sua cabina, lasciandola da sola con quello strano, ma gentile marinaio.

 

La strana coppia iniziò il giro della nave. Gibbs le fece vedere tutto, dalle stive al ponte, alle stanza dei marinai, a quelle degli ufficiali, tra le quali si trovava anche quella dove lei stessa aveva dormito.

Intanto il pirata le raccontava delle innumerevoli battaglie dalla quale la Perla ne era uscita vincitrice. La giovane lo ascoltava rapita, senza dire nulla per non interromperlo, finché non le narrò di una battaglia in particolare.

 

“La Grande Guerra?!”  esclamò ad un tratto Angela.

“Esatto” annuì Gibbs.

La ragazza scosse la testa.

“Cioè fammi capire bene. Tu mi stai dicendo che questa nave e tutti voi avete partecipato alla più grande battaglia che si sia mai tenuta tra pirati e soldati?! Non ci posso credere!” il suo stupore era palese.

Il marinaio le sorrise.

“Certo, cose credevi? Che in una battaglia così importante tuo padre stesse a guardare? Ora se ti calmi ti racconto tutto, anche di come fu sconfitto David Jones.” Ribatté pavoneggiandosi.

“Aspetta un attimo, e ora cosa c’entra David Jones? Il capitano dell’Olandese Volante è solo una leggenda! Gibbs, io non ci sto capendo un’accidenti!” esclamò sempre più confusa.

“Non è esatto miss, ma se mi fai proseguire e smetti di interrompermi, ti spiegherò tutto. Mettiamoci comodi, sarà una storia lunga.”

 

Si avvicinò alla balaustra e si sedette in bilico su uno dei cannoni mentre Angela si accomodò a cavalcioni sul parapetto.

Così, prendendo un bel respiro, il bravo pirata si apprestò a raccontare la vicenda dall’iniziò, entusiasta di avere un ascoltatore interessato. Iniziò da tanti anni prima, quando il Capitan Jack Sparrow fu costretto a scendere a patti con il temibile Capitano Jones per riavere la sua adorata Perla che si era inabissata, e proseguì narrando dell’ammutinamento subito da Jack pochi anni dopo da parte del suo primo ufficiale Hector Barbossa, di come aveva conosciuto gli impavidi Will Turner ed Elizabeth Swann mentre cercava di recuperare il comando del suo veliero rincorrendolo per i sette mari, e di come, grazie a loro, era tornato capitano della Perla Nera; fino ad arrivare a diciassette anni prima, quando, a causa di una serie di vicissitudini che le illustrò con cura, arrivarono a combattere contro l’intera marina britannica e contro David Jones stesso, per la libertà.

 

La giovane era più che ammaliata dal racconto, quasi troppo mirabolante per essere vero, tanto che non si accorse che a furia di parlare era arrivato ormai il tramonto.

 

“Wow, non so cosa avrei dato per partecipare allo scontro anche io! Fantastico!” commentò con enfasi alla fine. “Quindi, mio padre, più i signori…Turner, giusto? Parteciparono alla famosissima guerra. Ripeto, incredibile, l’eco di quella battaglia è giunto terribile persino a Telia, dove di solito non si sa niente delle varie guerriglie che avvengono nel mar dei Caraibi!” aggiunse poco dopo, fissando ancora incredula il pirata che aveva di fronte.

Gibbs si limitò ad annuire.

“Mi dispiace però per il signore e la signora Turner, hanno pagato il prezzo più alto, potersi vedere solo un giorno ogni dieci anni, dev’essere orrendo” osservò triste.

“è vero, ma come disse lo stesso Will, dipende da com’è quel giorno” affermò l’altro.

“Allora mastro Gibbs, come procede il giro turistico?” si intromise qualcuno alle loro spalle.

Angela voltò di scatto la testa con un sorriso a trentadue denti che si era dipinto sul suo volto nell’udir quella voce, la voce di Jack, suo padre.

 

“Benissimo capitano” rispose l’anziano pirata.

“Mi stava giusto raccontando di come tu e Will Turner avete battuto David Jones, wow, papà, siete stati fantastici!!” esclamò la giovane entusiasta, guadandolo ammirata.

“Spero non abbia tralasciato nulla nel raccontarti le grandiose gesta del tuo papà” domandò Jack.

“è stato un narratore più che esauriente!” confermò Angela, sorridendo di fronte alla mancanza di modestia di suo padre.

“Perfetto, ora Gibbs puoi anche andare, da qui in poi mi occupo io di lei” decise Jack

“Certo Capitano” esclamò “ Miss Angela” disse poi a mo’ di saluto, facendo un cenno del capo,  rivolto alla neo piratessa, mentre si allontanava.

“Gibbs” rispose di rimando lei.

 

“Allora piccola, hai fatto felice il vecchio Gibbs oggi sai? È sempre entusiasta quando trova un pubblico che ascolta i suoi racconti” cominciò Sparrow.

“Ne sono felice, comunque a me ha fatto un enorme piacere ascoltare le sue storie sulla Perla e su di te, sono tutte entusiasmanti! Senza contare che non avrei mai pensato che leggende come David Jones e Calipso sono in realtà vere!” affermò con vigore Angela.

“Ti posso giurare la loro veridicità, ne ho passate fin troppe per colpa loro!” ghignò lui.

Jack si appoggiò al parapetto, vicino a dov’era seduta la figlia ed iniziò ad osservare  i meravigliosi colori caldi del tramonto.

Rimasero un attimo in silenzio, finché il capitano richiamò l’attenzione della ragazza, che, come lui, si era persa nell’ammirare il sole che calava oltre l’orizzonte.

“Angela?”

“Si?” rispose lei distogliendo lo sguardo dal mare per posarlo sul padre.

 

Bene, è il momento di confessarle una parte di verità, forza e coraggio.

 

“Ti sei mai chiesta cos’è il ciondolo che porti?”  le chiese con finta disinvoltura.

La giovane rimase stupita dalla strana domanda. Istintivamente si portò le mani al collo e tirò fuori il gioiello. Le foglie d’oro rosso brillarono sotto gli ultimi raggi di sole della giornata. Dopodiché soppesò il quesito del padre prima di rispondere.

“Si, ma non mi sono mai soffermata molto a pensarci. La mamma me lo ha fatto trovare in una busta assieme alla lettera con le informazioni necessarie a trovarti. Aveva scritto che glielo donasti tu tanto tempo fa” e qui la voce della giovane si incrinò un poco, ma cercò di riprendersi subito dopo. Aveva detto basta alle lacrime, e intendeva mantenere la parola data. Il padre si accorse che quell’argomento nuoceva ancora alla sua piccola, così si affrettò a portare l’attenzione di lei nuovamente sul manufatto che teneva in mano.

“Forse ti sarai accorta che non è un ciondolo come gli altri” insinuò Jack.

La ragazza lo fissò, senza però capire dove suo padre volesse andare a parare.

“In che senso? Non ti seguo” esclamò confusa.

Jack fece un profondo respiro.

“Hai mai sentito parlare del Torquis Marium?” chiese con calma.

Angela scosse la testa, e Sparrow quindi, si apprestò a spiegarle l’intera storia.

“Bene, il Torquis Marium, ovvero il Ciondolo del Mare, è un gioiello leggendario. Fu creato da Calipso stessa, e quindi è un prodotto del mare.” Fece una piccola pausa enfatica, e, contento di aver catturato la curiosità della figlia, proseguì. “Il mito narra che colui o colei che lo possiede può accedere ad una grotta magica, grazie alla quale si può esprime un numero infinito di desideri direttamente alla dea del Mare, Calipso, per l’appunto.” proseguì Jack, scrutando la reazione della figlia.

Quest’ultima sgranò gli occhi, cercando di capire.

 

Non può essere, non vorrà dirmi che...

 

“e il ciondolo che porti tu, si da il caso che è proprio il Torquis” finì, guardando Angela negli occhi, due iride scure che a sua volta lo fissavano confuse come non mai.

Lei era senza parole. La storia che suo padre le stava raccontando sembrava una fiaba per bambini e lei stentava a crederci. In quel pomeriggio aveva sentito una storia incredibile dietro l’altra.

 

Però se vogliamo essere onesti, da quando hai intrapreso questo viaggio tutto quanto ci sta apparendo impossibile. Tutto ciò che sembrava leggenda si è dimostrato realtà, tutto quello che credevamo irrealizzabile è accaduto sotto i nostri stessi occhi, basti pensare al fatto che attualmente stai parlando con un uomo che fino a poco tempo fa pensavi fosse morto! Perché questo non dovrebbe essere vero?

Non dico che non gli credo. Dico solo che non ci sto capendo più un accidenti.

 

“Ma se questo ciondolo è così favoloso, perché tu e la mamma non lo avete usato per chiedere a questa dea di lasciarvi vivere insieme, abbattendo le difficoltà che vi hanno divisi?” la ragazza stava provando a comprendere qualcosa di tutta quella strana faccenda.

 

Allora, considerando che ho circa cinquecento mila quesiti, partiamo dal più facile, perché non lo avere usato, se questo oggetto è così miracoloso!

 

Jack non si stupì più di tanto della domanda. Se ne aspettava una del genere, perciò aveva la risposta pronta, anche se avrebbe preferito evitare di dargliela, dato che era vera solo in parte.

“Ehm… io e tua madre abbiamo provato ad usarlo, ma abbiamo riscontrato parecchie difficoltà. Ci sono delle condizioni per usufruire del ciondolo. Dato che il suo potere è enorme, Calipso ha fatto in modo che adoperarlo fosse difficilissimo, se non impossibile. Comprendi?”

 

A esser sinceri? NO!

Non essere così ligia, se non sono riusciti non è mica colpa loro, ci sarà stato un buon motivo.

È stato un po’ troppo evasivo, comunque gli chiederò spiegazioni in seguito, quando vedrò che sarà più disposto a darmele. Per il momento ho notato che appena si tocca l’argomento cerca di cambiar discorso, preferisco non metterlo alle strette.

Wow, tutta questa calma mi sorprende, comunque approvo!

 

“No.” Disse sincera, lasciandosi un attimo alla delusione e nascondendo le rprpie preoccupazioni “Ma quali sarebbero queste condizioni?” domandò poi, facendosi ritornare la curiosità.

“La prima e la più importante è che ‘solo una persona con il sangue pirata ma il cuore puro può indossare il gioiello’.” Recitò, contento di lasciar da parte, lo spinoso argomento di prima.

Angela rimase di sasso di fronte alla spiegazione. Non si trovava nella descrizione. Per il sangue pirata ok, ne aveva la certezza di fronte. Ma l’altro ingrediente dove lo vedeva suo padre?

“Scusami se te lo dico papà, ma a me non sembra di avere un cuore puro, forse ti stai sbagliando” disse semplicemente.

 

Siamo ragionevoli, anche se qui sembra quasi impossibile, io, la ragazza amante dell’avventura, che non disdegna mai un duello con la spada, che non ha esitato ad andare a Tortuga vestita da uomo e che la sua più grande aspirazione è diventare un pirata, avrebbe il cuore immacolato?

Le giovani con quelle qualità sono le ragazza timide e dolci, che amano i libri, la tranquillità e aspirano solamente a farsi una famiglia. Maggie probabilmente entrerebbe nella categoria, le mancherebbe solo di avere qualche parente pirata.

 

Jack scoppiò a ridere. Evidentemente non la pensava come la figlia.

“Ohi, ohi, e sentiamo un po’, cosa avresti fatto di tanto grave per avere la coscienza macchiata? Hai mai ucciso un uomo, rubato o mentito per trarne vantaggio?” chiese retoricamente.

“No” ammise lei abbassando il capo. Ma se la mettiamo in questi termini... “Però una volta ho desiderato di togliere la vita ad una persona” proseguì subito dopo ricordando all’improvviso l’odio che aveva provato verso il suo patrigno poco prima di partire.

“Davvero?” stavolta era Jack a essere sorpreso. “E chi, se è possibile saperlo?” domandò curioso.

Angela non era entusiasta della domanda, avrebbe preferito non ricordare il marito di sua madre di fronte a suo padre, di fatti la notte scorsa, quando lui le aveva chiesto di raccontarle la sua vita a Telia,  non aveva toccato l’argomento Johnatan, dicendo solamente che sua madre lavorava in una locanda e che lei ogni tanto dava una mano, passando poi velocemente a raccontare di Maggie, dei suoi amici e delle sue passioni.

“Johnatan Blanchet, il mio patrigno” sputò riempiendo l’ultima parola con disprezzo.

“Patrigno? Quindi Annalisa si era risposata?” chiese, ignorando il tono di voce della giovane e facendo prevalere la curiosità.

“Si, ma non si sono mai amati. Si è risposata dopo dieci anni da quando vi siete lasciati più per convenienza che per altro. Johnatan è il proprietario della locanda dove lavorava la mamma, lui aveva bisogno di qualcuno che gli desse una mano a lavorare lì e badasse alla casa senza dovergli pagare lo stipendio, e lei credo che con una bimba piccola sulle spalle voleva sentirsi sicura che avrebbe potuto provvedere per entrambe sempre, senza avere problemi di soldi. Ammetto che lui non ci ha mai fatto mancare niente, ma non ho mai conosciuto una persona più egoista, approfittatrice e odiosa di Johnatan. Pensa che dopo che….la mamma…” la suo voce si incrinò di nuovo, e le lacrime avanzarono minacciose ai bordi degli occhi. Ricordare era incredibilmente doloroso, finché pensava ad altro e si teneva occupata non c’erano problemi, ricacciava quei pensieri in un angolo recondito della sua coscienza, ma se per caso si lasciava andare alle memorie, la ferita ancora bruciante si riapriva e iniziava nuovamente a sanguinare. Ma lei riuscì a ricacciare indietro tutto, e alzando lo testa proseguì il suo discorso, cercando di tenere a bada anche la voce.

“se n’è andata…” riuscì a dire infine non senza un certo sforzo. “l’unico pensiero di lui fu che doveva trovare qualcun altro che lavorasse alla locanda!” quasi urlò le ultime parole, facendo si che la rabbia prendesse il posto della tristezza.

 

Cosa?! Ma questo chi è? Come si permette? Se l’ho prendo ha vita breve! Ha avuto la possibilità di stare insieme alla mia Annalisa, e il suo unico rimpianto, dopo che la malattia l’ha portata via, è stato quello?! Se lo becco lo faccio a fettine, parola mia!

 

Jack si inalberò non poco nell’udire quelle parole, e di scattò si mise dritto di fronte ad Angela.

“Ma questo chi si crede di essere? Ma Annalisa non poteva sposare qualcun altro? Come avete fatto a sopportarlo? Perché non lo hai infilzato subito dopo che ti ha detto quelle cose?” braitò rivolgendosi infuriato verso la figlia.

 

È seriamente arrabbiato con Johnatan per come si è comportato con la mamma e me!

Potremmo chiederli di far rotta verso Telia e sistemare quel conticino in sospeso.

No, non c’è nulla di in sospeso, con quell’essere ho chiuso quando me ne sono andata, per me oramai è morto e non ci voglio aver più niente a che fare.

Se ne sei sicura, ok...

 

“Calmati papà, ormai è un argomento chiuso. Non l’ho infilzato, anche se come ti ho detto l’idea mi ha accarezzato, perché ho preferito lasciarlo là, da solo. Adesso che non ha più nessuno che lo aiuti, morirà di solitudine, cosa che credo più che giusta per uno come lui” disse ostentando un tono pacato. In qualche modo vedere come il padre si era preso a cuore la questione l’aveva aiutata a calmare i suoi sentimenti.

Anche lui decise che era meglio rilassarsi, e anche se dalla sua voce traspariva ancora una buona dose di rancore mal celato, disse sorridendo sornione.

“Visto? Anche se lo odiavi non hai ceduto all’istinto e hai preferito fargli usufruire ancora del dono della vita. Cosa che probabilmente io non avrei fatto. Ed è per questo che è così difficile inanzittutto trovare qualcuno che abbia le due caratteristiche per usare il ciondolo, perché ti posso assicurare che non c’è pirata che non abbia come minimo compiuto tutti e tre gli atti che ti enumerato prima.” Osservò.

 

La giovane rifletté un attimo su ciò che aveva appena sentito, riuscendo a dimenticare i brutti ricordi tornati a galla poco prima.

 

Incredibile, io, una delle poche persone che possono usare questo...Torquis Marium... wow, ma è fantastico!

 

“Ok, diciamo che mi hai convinto” gli concesse “E le altre condizioni?” domandò poi.

“Le altre due rendono praticamente impossibile l’impresa di esaudire i desideri del fortunato possessore del ciondolo.” Affermò tranquillamente. “Per prima cosa, la grotta può essere trovata solo grazie all’aiuto dell’attuale capitano dell’Olandese Volante, in quanto è protetta da una barriera che può essere abbattuta solo dal colpo di un cannone del veliero fantasma,”proseguì.  “Mentre la seconda fa si che il numero infinito di desideri si riduca ad uno.” Aggiunse sempre con calma.

“Come mai?” chiese stupita.

Jack sorrise amaro “Perché la dea ti da semplicemente i mezzi per far avverare il tuo desiderio, mettendo a tua disposizione la sua magia, ma l’energia alla quale attinge per alimentare il suo potere è la tua. Calipso, in quanto divina, ha energie infinite, ma i comuni mortali no. Quindi se esprimiamo un solo desiderio consumiamo tutte le nostre forze ma possiamo sopravvivere, ma se proviamo a richiederne più di uno, si può pagare con la morte.” Concluse.

“Ah, ora capisco” proferì Angela abbassando nuovamente il capo.

 

L’ultima parte preferivo non saperla, non mi piace per niente.

Manco a me, credo che non avrai mai la possibilità di esaudire un desiderio.

Si, mi sa anche a me. Ma tanto, cosa potrei chiedere? Sono con mio padre su un meraviglioso vascello e mi accingo a  cominciare la mia vita da piratessa, potrei desiderare altro?

Sono sicura che se ci pensi qualcosa ti verrebbe in mente...

 

Passò qualche minuti di silenzio, dopodiché Jack la richiamò.

“Angela?”

Lei si riscosse dai suoi pensieri e lo fissò, facendogli capire che aveva la sua attenzione.

“Ti sentiresti di intraprendere questo folle viaggio alla ricerca della grotta?” le chiese con calma.

 

Cosa?! Ma è impazzito? Uno, non sappiamo dov’è, due potrebbe essere pericoloso, tre, cosa avrà mai intenzione di domandare?!

 

“Vorresti andare alla grotta magica? Perché? Che desiderio vuoi esprimere?” domandò sbigottita.

“Una domanda alla volta per favore! Allora, si, vorrei andare alla grotta e il perché è molto semplice.” Piccola pausa. “c’è una cosa che vorrei chiedere da molto tempo, e sono sicuro che la vorresti anche tu.” rispose emblematico.

La giovane lo fissò scocciata per la sua poca chiarezza. “Ossia?”

Jack le fece un sorriso sghembo, e avvicinandosi, le sussurrò all’orecchio: “L’immortalità”

 

Come? L’immortalità...  Angela rimase spiazzata dalla risposta, e rimase un secondo a pensarci.

Non è affatto male come idea, vivere per sempre...equivarrebbe a dire andare per mani in eterno, avere tutto il tempo che si vuole per compiere tutte le più spericolate avventure...

Sarebbe fantastico. E poi cos’avrei da perdere?

Nulla, ci sarebbe solo da guadagnarci... però potrebbe essere molto pericoloso esprimere il desiderio. E se la tua energia non bastasse nemmeno per uno solo e morissi durante l’atto magico?

A questo non avevo pensato.

Sarà meglio che ci pensi, non c’è da scherzare.

 

Il capitano attese paziente di vedere che affetto sortissero le sue parole sulla giovane. Sapeva perfettamente i rischi che si potevano correre, ma era anche altrettanto sicuro del fatto che lei sarebbe sopravvissuta,che era abbastanza forte per farcela.

 

E poi non permetterei mai ad Angela di correre dei pericoli inutili.

Eppure glielo stai chiedendo.

No, io le sto domandando se si sente di intraprendere questo viaggio e poi di esprimere un desiderio per tutti e due.

Rimetti la cosa a lei per alleggerirti la coscienza?

Assolutamente no!! Ripeto, non metterei mai la vita di Angela a repentaglio! Sono  convinto che non ci sono pericoli. Un solo desiderio non mette a rischio la persona che lo esaudisce.

 

Inutile dire che quest’ultima era ammaliata da questa idea. La vita eterna non le dispiaceva affatto, anzi, sarebbe stato stupendo. Non ci aveva mai pensato, però ora che ci rifletteva, sarebbe stato semplicemente fantastico. D’altra parte però non era un’impresa facile ed era particolarmente rischiosa per lei.

 

Angela guardò il padre dritto negli occhi.

“Quanto potrebbe essere pericoloso?” s’informò titubante.

“Non sarà facile, ma sono più che sicuro che non accadrà niente. Molto probabilmente dopo che avrai espresso il desiderio ti ritroverai stanca, come dopo una lunga corsa, forse un po’ di più, ma con un po’ di riposo tornerai come nuova, e soprattutto, immortale.” Rispose persuasivo.

 

Ok, ho deciso.

Ne sei certa?

Mai stata più sicura in vita mia. E poi, mi fido di lui.

 

 

La risposta che Angela doveva dare aveva un’enorme importanza, però era sicura della sua scelta.

 

“Si, ci sto” affermò risoluta, mostrandosi sicura. Una sicurezza che nascondeva il tumulto che provava dentro. Un’eccitazione causata da un misto di paura, gioia e  adrenalina dinanzi all’idea di un’avventura che si preannunciava entusiasmante. In più sarebbe stato anche un modo per vivere per sempre accanto alla persona che attualmente era la più importante della sua vita.

 

Jack sembrò illuminarsi davanti alla risposta affermativa ed energica della giovane.

 

È fatta, stupendo!

Essere immortali, dopo tanto magari questo desiderio finalmente diventerà realtà.

E ora avrai anche qualcuno con cui dividerla questa eternità, la solitudine è brutta almeno quanto la morte, lo sai compare?

Giusto.

 

“Perfetto piccola, allora si parte alla ricerca della grotta!” esclamò cercando di calmare la gioia ceca che lo stava invadendo di fronte al primo passo verso il suo sogno.

“Yuppi! Sarà la mia prima avventura pirata! Da che parte andiamo, sai già la rotta?” rispose lei con altrettanto entusiasmo. Sentiva ancora l’eco del peso della risposta che aveva appena dato,  ma decise di non pensarci. Se suo padre le aveva detto che non sarebbero stati grossi pericoli, lei non si sarebbe preoccupata.

“Certamente gioia, per chi mi hai preso, il tuo papà non è mica un capitano da quattro soldi, certo che so dove andare!” affermò pavoneggiandosi leggermente.

“Fantastico!”

 

Frena l’entusiasmo. Dove pensate di andare tutti e due?

Alla grotta?

Ceeeeeeerto, e come credete di entrarci? Hai già dimenticato la barriera?

Ah, giusto.

Quindi?

Eh che ne so io? Ora glielo chiedo!

 

“Papà” questa volta fu lei e cercare di richiamare la sua attenzione.

Jack si costrinse a concentrarsi sulla figlia, provando ad arginare la sua felicità per qualche istante.

“Si?”

“Come hai intenzione di raggiungere la grotta? Sbaglio o bisogna abbattere una barriera per trovarla? Avremmo bisogno dell’aiuto dell’Olandese Volante, cosa tutt’altro che facile!” affermò pessimista.

Era convinta che le sue parole avrebbero sminuito l’allegria del padre, invece quest’ultimo si esibì in un sorriso a trentadue denti. Angela lo fissò un attimo confusa, aspettando impaziente una risposta.

“è più facile di quel che pensi, te lo assicuro, dimentichi che l’attuale capitano del veliero in questione è un mio vecchio amico.” Rispose saccente.

“E con questo? Rimane sempre il fatto che è in un universo parallelo irraggiungibile” osservò la ragazza.

Jack non smise di sorridere anche di fronte alle diffidenti constatazioni della figlia.

“Gibbs non ti ha raccontato di come tuo padre e gli altri sono andati e tornati dall’al di là? Farlo di nuovo sarebbe un giochetto” esclamò.

 

Giusto, non ci avevo pensato, lui ha già fatto una cosa del genere, per quanto sembri assurdo.

 

“Rimane sempre il fatto che dovremmo setacciare lo scrigno di David Jones in lungo e in largo per trovare il signor Turner.” Fece notare di nuovo.

“Ma quanti problemi! Comunque tranquilla, ora non stiamo andando nello scrigno. Dato che non ho assolutamente voglia di navigare alla cieca sperando di trovare fortuitamente l’Olandese, come pensi tu, ci stiamo dirigendo verso la persona che possiede l’unica cosa con la quale faremmo si che sia il nostro caro William a venire da noi.”

“E quale sarebbe questo oggetto miracoloso?” domandò sorpresa.

 

Quest’uomo ha una soluzione a tutto! È incredibile.

 

Jack tornò a fissare il mare, ormai una distesa compatta e scura, fatta eccezione per il dolce riflesso della luna, che pian piano saliva nel cielo, pronta per dominare la notte come il sole aveva fatto con il giorno.

“Lo scrigno con il cuore del giovane Turner” rispose enfatico.

“Wow” si lasciò sfuggire Angela “E chi c’è l’ha?” chiese.

“La sua tenera mogliettina, è ovvio. Ed è proprio a casa di Elizabeth che ci stiamo dirigendo, nella cittadina portuale Fidelitas.”

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8_ Nuove conoscenze e vecchie amicizie ***


Cappy 8 ficcy potc

Note dell'autrice:

Sono tornata^^!!! Dp un mese di assenza dal pc causa vacanze, sn ritornata, è sn riuscita a finire l'8 cappy^^!!! Avverto ke qst è un capitolo di transizione, ci saranno novità, ma la parte movimentata arriverà nel 9, ke cercherò di postare il prima possibile, prometto^^! 

Ora passo ai ringraziementi:

nihal93: grazie mille x ttt i tuoi complimenti, sei troppo buona^^! Se il caro Will accetterà o no l'offerta nn poxo dirtelo, xò tra un paio di cappy verrà svelato, prometto^^, Jack è sempre Jack, ha un bel asso nella manica ke lo aiuterà, ma x ora nn aggiungo altro^^. Spero ke anke qst cappy ti piaccia, grazie ancora x la tua recensione:-) kisskiss e tvttttb 68Keira68

DJ Kela: Ciao Kela^^!!!! Inefetti hai ragione, il caro Jack x avere quel ciondolo si era dato da fare, xò poi si è dovuto arrendere x cause di farza maggiore, anke se bisognerà aspettare un bel po' per scoprirlo, lo spiegherò + avanti, prometto^^! Siamo in due ad odiare Beckett junior, xò nn esagero quando dico ke sarà peggio del padre (e qui mi odio da sola, e tra tre o quattro cappy si capirà), xò ci tenevo a precisare ke Chris nn è un brutto ragazzo, anzi, è un bell'uomo (alto biondo occhi azzurri). L'ho descritto così xkè ho una mia immagine personale del cattivo tipo, ke deve attrarre e ammaliare x poi fare i suoi comodi (sn da manicomio me ne rendo conto, scusate, ma cosa ci potete fare?^^). Sn contenta ke la frase ti sia piaciuta^^ quella scena l'avevo pensata da un po', ho pensato ke due persone così unite dai legami di parentela ma ke nn si sn mai viste dovevano avere x forza il desiderio di conoscersi a vicenda, giusto? Sn felice anke ke l'idea dei colori sia riuscita, anke xkè se no la cosa si faceva un tantino incasinata, con i pensieri di ttt e due!! X il rapporto tra Jack e Gibbs, in effetti hai ragione, l'ho reso meno formale, xò ho pensato ke dato ke si conosco da tanto tempo, se parlano in privato e di cose improtanti + ke marinaio e capitano sn due vecchi amici, quando invece discutono dinanzi alla ciurma le cose cambiano e riniziano a darsi del voi, xò cercherò di essere + fedele al film^^! Riguardo al fatto ke Gibbs si sta già affezionando ad Angela hai ragione^^ quella di "zio Gibbs" è una buona idea, nn ci avevo pensato, se riesco lo metto, grazie mille^^! Hai ragione anke su un'altra cosa, Beck junior sta cercando lei, hai indovinato, in quanto al piano B, si scoprirà già dal prossimo cappy in cosa consiste, e nn è nulla di bello, ma di + nn poxo dire! Sn stra contenta ke la presentazione di Angie alla ciurma sia piaciuta, volevo buttarla un attimo sul ridere, ma ero titubante, grazie^^!!!! E anke x i complimenti sul ciondolo, glasieeeeee:-)!!!! Will entrerà in scena tra un po' con una sorpresa ke spero piacerà, ma x ora nn dico altro^^! Nn vedo l'ora di sapere il tuo parere su qst cappy^^, grazie tantissimo x la tua recensione e x ttt i complimenti^^ tvtttttttttttttttb kisskiss Sara :-)!!!!

sesshy94: un grandissimo grazie anke a te!! Sn contentissima ke l'idea del Torquis sia piaciuta^^ cm la presentazione di Angie alla ciurma, ti ringrazio tantissimo x i complimenti^^ Spero ke anke qst cappy ti piaccia :-) e cercherò di dare presto ttt le risposte, prometto^^! Tvtttttttttttttttb e ancora grazie 68Keira68

stefy_81: grazie x la tua recensione^^ e sn suepr felice ke la storia ti piaccia:-)!!! Spero ti piacerà anke qst cappy^^ kisskiss e ancora grazie 68Keira68

LadyMorgan: grazie mille x il commento^^, sn contenta ke il personaggio di Angie e la storia ti piacciano^^!!!! Elizabeth entrerà in scena tra poco, assicuro:-) e le risposte cercherò di scriverle il + presto possibile^^!! Ancora super grazie, spero di leggere presto un tuo commento anke su qst cappy e ke ti piaccia, kisskiss 68Keira68 ^^!

Grazie mille anek a ki ha solo letto e a ki mi ha messo tra i preferiti. GRAZIE!!!!!!!!!!

Un'ultima cosa, nel primo cappy è stata aggiunta la locandina de "Gli Eredi della Leggenda" fatta dalla bravissima DJKela ke ringrazio tantissimo x il suo ottimo lavoro (è bellissima, grazie infinite^^):-)!!!! 

Ora vi lascio alla lettura di qst 8 cappy^^

kisskiss 68Keira68

8_ Nuove conoscenze e vecchie amicizie

“Quindi ora stiamo andando dalla moglie del capitano dell’Olandese Volante?” chiese Angela eccitata alla sola idea di incontrare la sposa di una leggenda.

“Esatto piccola” rispose Jack sorridendo dinanzi alla gioia della figlia.

“Wow” esclamò lei.

 

Riportò un attimo lo sguardo sul mare, ormai scuro, per riordinare le idee. Le stelle iniziavano a risplendere e si riflettevano sulla superficie del mar caraibico, mentre la luna saliva sempre più alta nel cielo. Mentre fissava l’orizzonte con lo sguardo trasognante, le venne in mente una complicazione nel piano di suo padre, che quest’ultimo sembrava aver trascurato.

 

“Papà, scusami, ma come fai ad essere sicuro che il Capitano Turner ci aiuterà nella nostra impresa? Da quello che mi ha raccontato Gibbs, sei stato proprio tu a metterlo nei guai più di una volta, non credo che sarà molto entusiasta di aiutarti di nuovo.” Osservò.

Il pirata, per tutta risposta, sfoderò un sorriso sghembo, per nulla turbato dalla frase della giovane, e con fare cospiratorio le si avvicinò sussurrando.

“Perché stavolta il giovane Turner e la sua mogliettina, se ci” calcò bene sul pronome personale “aiuteranno, avranno solo da guadagnarci”. Tornò nella posizione di poco prima senza smettere di sorridere e godendosi l’espressione confusa della figlia.

“Non sono sicura di aver capito bene. Cosa ci ricaverebbero loro se noi due diventassimo immortali?” domandò inarcando un sopracciglio, palesemente non convinta della spiegazione fornitagli.

Jack, per tutta risposta, scoppiò a ridere. “Tempo al tempo, gioia. Verrai a conoscenza di tutto nel momento più opportuno, per ora ti dico solo questo, ho i miei buoni motivi per credere che ci daranno una mano nella nostra impresa, in più devi sapere che è molto raro trovare qualcuno che possa indossare il tuo ciondolo, ma ciò non toglie che potrebbero esserci altre persone in grado di farlo” affermò convinto di sé, facendole l’occhiolino.

 

Angela iniziava a capirci sempre meno.

 

Ci risiamo con le mezze risposte, ma possibile che non può mai darmi una spiegazione decisiva ed esauriente?

 

Il capitano alzò gli occhi al cielo e lo contemplò per qualche istante, perso nei suoi pensieri, intanto che la ragazza osservava lui. Non si era ancora del tutto abituata ad averlo vicino, e ogni volta che ne aveva l’occasione si fermava a guardarlo, in modo da memorizzarne tutti i particolari, come se avesse paura che potesse scomparire da un momento all’altro.

Aveva già constatato che era un bell’uomo, poteva facilmente immaginare come sua madre si era perdutamente innamorata di lui. Era alto e aveva un bel fisico, i muscoli del torace si potevano intravedere attraverso la camicetta bianca e consunta che portava leggermente aperta. Aveva un viso raffinato, insolito per un pirata, con una simpatica barbetta raccolta in due treccine al quanto buffe, che si allungavano verso il collo lungo. La pelle abbronzata a causa della costante esposizione al sole, lo rendeva ancora più giovane di quello che era, e gli conferiva anche un aspetto esotico, molto attraente. Ma quello che colpiva di più, oltre il sorriso perfetto e mozzafiato che non mancava mai di mostrare, erano gli occhi. Due pozzi scuri e incredibilmente espressivi dentro il quale potevi tranquillamente perderti. Erano accesi e pieni di vita, sempre vispi e vivaci, intenti a osservare attentamente e con scrupolo tutto ciò che li circonda. Due paia di occhi che, si rese conto con una punta d’orgoglio, erano identici ai suoi.

Poteva comprendere altrettanto chiaramente anche il perché Annalisa non si era dimenticata del Capitan Jack Sparrow per diciassette lunghi anni. E come si poteva scordate un uomo, o meglio, un pirata come lui?

In poco più di un giorno era tranquillamente riuscita a capire che a suo padre potevano venire affibbiati moltissimi aggettivi tranne che “normale”. A partire dal suo abbigliamento. Sotto il suo preziosissimo cappello a tricorno spuntava una bandana rossa, leggermente sbiadita dalla salsedine e dal sole. E fin qui tutto ok. Le stranezze partivano dai capelli. Non aveva mai visto una persona portare così tanti suppellettili, amuleti, gioielli, e altri oggetti di vari colori e dimensioni in testa. Senza contare che non ne aveva solamente lì, ma dappertutto, attorno al collo, appesi alla cintura, alle braccia, ai polsi e alle dita. Nessun altro pirata, né a Tortuga né a bordo della Perla, portava addosso una così varia gamma di monili. Ma l’aspetto stravagante, paragonato al comportamento, diveniva quasi normale. Mentre parlava, aveva notato Angela, accompagnava tutte le sue parole con ampli gesti, spesso molto teatrali. Amava discorrere in modo forbito e articolato, particolare per un bucaniere, che di solito dialogavano con termini più di uso comune. Ma la cosa più buffa era senz’altro l’andatura. Si era accorta più volte che Jack, più che camminare barcollava. Era come se fosse perennemente sbronzo e quindi in equilibrio precario. In più mentre passeggiava muoveva leggermente il busto a destra e a sinistra, accompagnando il movimento quasi ipnotico con le braccia.

Angela aveva trovato tutto ciò assai buffo, ma anche incredibilmente affascinante. Senza contare che più lo osservava e più notava l’incredibile somiglianza tra lei e lui. Ora capiva sua madre, quando le diceva quanto lei e Jack fossero simili. Difatti, la ragazza, come il capitano, ondeggiava quando si muoveva, e aveva notato con stupore ma anche con piacere, che molti membri della ciurma non capivano Jack quando si esponeva con una delle sue frasi articolate, mentre lei comprendeva tutto perfettamente. Ma era rimasta ancora più sorpresa quando lei stessa aveva dialogato usando quel linguaggio, e, a differenza di Terence, Maggie e sua madre che rimanevano sempre indietro di qualche frase, lui l’aveva capita senza problemi.

Un’altra cosa che li accomunava, e che non era sfuggita alla sua attenta analisi di quel giorno, era quanto suo padre amasse il mare e la vita piratesca, cosa che saltava subito all’occhio. L’aveva osservato mentre guardava la superficie dell’acqua al tramonto e il suo veliero. Li amava, molto semplicemente. Li amava tutti e due. Guardava la sua nave con affetto e avrebbe azzardato anche con adorazione, mentre osservava il mare con gioia, come se da lui dipendesse la sua stessa vita. Conosceva bene quest’ultima emozione. Per lei era esattamente la stessa cosa. Sia a Telia, quando tutto quello che stava vivendo ora poteva essere solo un sogno lontano e irrealizzabile, e passava le sue giornate a immaginare come sarebbe stato prendere il largo ed essere liberi di andare ovunque come ti pare e piace. Sia lì, a bordo della Perla, dove il desiderio di quella libertà tanto agognata era diventato realtà, ed impregnava la stessa aria che si respirava. Quel desiderio era comune a tutte le persone che erano sulla nave in quel momento, e ciò era palpabile. Ma in fondo era questo che voleva dire essere pirati, giusto? Non significava solo saccheggiare e depredare città e navi, no, la pirateria non si limitava e principalmente non era quello. Prima di tutto un pirata era un uomo libero, una persona che si rifiutava di sottostare alle leggi comuni. Che ciò fosse poi un bene o un male nessuno era in grado di stabilirlo, ed Angela non avrebbe saputo dirlo. Ma sinceramente non le importava in quel momento. Ciò che le interessava e che la rendeva felice ora, era il fatto di poter respirare a fondo l’odore della salsedine, sentire la spuma dell’onda sul viso e i venti di ponente scompigliarle i capelli. Tutte cose che avevano il profumo della libertà, la sua libertà appena acquisita. E poteva affermare che nulla aveva mai avuto un sapore e un odore più dolce. Specialmente se quel suo nuovo stato poteva goderselo assieme ad una persona che aveva aspettato di conoscere per diciassette anni. Suo padre.

 

Le riflessioni di Angela vennero bruscamente interrotte proprio da quest’ultimo, che la richiamò alla realtà esclamando.

“Si è fatto proprio tardi piccola, il tempo vola quando si chiacchiera di cose interessanti, vero?”

Angela sorrise ed annuì con la testa.

“Bene, credo quindi sia il caso che tu mandi giù un boccone e fili dritta a letto, altrimenti domattina non riesci ad alzarti, e ti assicuro che ci sono parecchie cose da fare” la ammonì ostentando un tono autoritario.

Lei alzò gli occhi al cielo e scoppiò a ridere.

 

Oddio, si sta calando troppo nel ruolo del genitore, ora mi è diventato pure apprensivo!

O su, ammettilo che ti piace che si preoccupi per te!

Va bene, lo confesso, ma solo un pochino. E poi dovrebbe anche sapere che ora ho diciassette anni, la mamma non mi diceva più a che ora dovevo coricarmi!

Fallo divertire a fare il padre, poi ricorda che è alle prime armi, pian pianino imparerà!

Ok, farò la brava bambina allora.

Ecco!

Quindi da brava bambina cercherò di strappare almeno un’altra oretta  per stare sveglia...

Sei incorreggibile.

E dai, se fossi troppo ubbidiente neanche lui ci troverebbe gusto a fare il genitore!

 

Così, con un finto tono tra il triste e il sorpreso, se ne uscì dicendo:

“Come?! Già  a letto? Ma è presto!! Posso stare ancora alzata almeno un’oretta?”

 

Mi viene da ridere, non contrattavo sull’ora per andare a letto da quando avevo dodicianni, però devo ammettere che è molto divertente, mi sembra quasi di essere tornata indietro nel tempo.

 

Evidentemente la giovane fu al quanto convincente, perché Jack affermò categorico.

“No piccola, è tardi, prima mangi, temo dovrai andare a cercare qualcosa in cucina perché la ciurma ha già cenato senza di noi, dopodiché vai a dormire!”

“Non posso proprio stare ancora un po’ sveglia?” riprovò lei.

Jack negò con la testa con fare grave.

“Uffa, va bene allora, vado a mangiare e subito dopo filo nella cabina, contento?” sospirò la ragazza fingendo di essere delusa.

“Brava, ci vediamo domattina allora.” Il pirata le si avvicinò sorridendo compiaciuto, evidentemente convinto di aver svolto egregiamente il suo compito da padre. Le diede un buffetto con la mano destra sulla guancia e, prima di allontanarsi nuovamente, le disse dolce “Sogni d’oro piccola” infine si diresse alla sua cabina.

Angela invece si apprestò ad andare nelle cucine, sorridendo tra sé e sé, felice di aver fatto contento suo padre. Su una cosa però Jack aveva ragione, domani sarebbe stata di certo una giornata interessante.

 

 

*

 

 

Tommas Trevis era divenuto il nuovo commodoro di Port Royale poco dopo la nomina a governatore di Christopher Beckett. Difatti era stato proprio quest’ultimo ad intercedere per lui affinché ottenesse la suddetta carica. Il vantaggio che ne avrebbe tratto era chiaro, un alleato potente e fedele. Difatti, l’avere soci in cariche altolocate era sempre un vantaggio in questi casi. Ad aumentare la leatà di Trevis nei confronti di Beckett era il fatto che i due erano cresciuti insieme e avevano una cosa che li accomunava e legava: l’ambizione. Erano entrambi avidi di potere, e non si facevano scrupoli di alcun genere per ottenere ciò che volevano. Ciò aveva fatto si che tra i due si formasse un forte legame, anche se non si poteva parlare di vera amicizia. Tutti e due si stimavano reciprocamente, ma di certo non vedevano nell’altro un amico, più che altro un alleato per raggiungere i loro scopi comuni. Trevis aveva più volte aiutato Beckett ad eliminare gli avversari politici e a mettere a tacere quelli che all’inizio avevano provato a mettersi contro di loro. Aveva fatto il lavoro sporco al posto suo, con la promessa di un’alta ricompensa, e quest’ultima consisteva  nella carica da Commodoro con la conseguenza di una grossa influenza a corte, probabilmente seconda solo a quella di Beckett stesso.

 

Tommas aveva la stessa età di Christopher. Era alto e aveva un fisico statuario, temprato dagli innumerevoli anni di allenamento nella marina militare, addestramento che gli aveva conferito anche una certa abilità come spadaccino. Aveva gli occhi verde cupo, colore che si addiceva alla sue espressione perennemente severa e al suo rigido portamento. Teneva i capelli mori corti, senza l’usuale parrucca che si addiceva al suo nuovo status. Si era infatti categoricamente rifiutato di portarla, scatenando lo sconcerto generale dell’alta società, fornendo come un’unica spiegazione il fatto che la trovava ridicola e che preferiva di gran lunga i suoi capelli naturali. Ovviamente Beckett l’aveva lasciato fare, e dopo che aveva ricevuto il consenso del governatore a violare le tradizioni, nessuno aveva più osato dire una parola a riguardo. Nell’insieme si poteva dire che era un ragazzo di bell’aspetto, proprio come il compare. Infine aveva anche ereditato da suo padre, Cillian Trevis, che ai suoi tempi era stato a sua volta un importante ufficiale della marina britannica,  una grande abilità strategica. A dimostrazione di ciò, era il fatto che era stata l’unica persona direttamente coinvolta nel piano di Beckett Junior. Lo aveva infatti aiutato a preparare tutto nei minimi dettagli, ed era proprio quel piano che ora si apprestava a realizzare a bordo della New Age, il maestoso vascello che gli era stato assegnato insieme al comando di un grosso manipolo di uomini.

 

 

La New Age solcava le acque dal mattino presto, ed ormai era già passato il tramonto. Per raggiungere Telia, meta del loro viaggio, sarebbero occorsi come minimo altri tre giorni di navigazione costante. La loro missione era facile, tanto da rendere superfluo il consistente numero di marinai che aveva a bordo, ma Beckett non aveva voluto correre rischi, perciò aveva insistito affinché prendesse una numerosa scorta. Temeva infatti di poter trovare brutte sorprese una volta arrivati sull’isola.

 “Come se un padre che non si fa vivo da diciassette anni apparisse magicamente di fronte alla soglia della casa della figlia proprio il giorno in cui arriviamo noi!” aveva protestato inutilmente Tommas, ma dato che a nulla era valsa la sua disapprovazione, ora si ritrovava con circa una cinquantina di uomini per andare a recuperare una piccola ed indifesa ragazza, che aveva come un’unica protezione una donna sulla quarantina e probabilmente incapace anche solo di impugnare una spada in mano, figurarsi usarla!

Comunque, se per qualche astrusa ragione il piano A non fosse andato a compimento, i due cospiratori avevano architettato anche un piano B, anche se in cuor loro entrambi speravano di non doverlo usare, ciò perché avrebbe rallentato tutti i loro progetti.

Quest’ultimo consisteva nel raccogliere informazioni sulla giovane Angela, e semplicemente usarle per trovare il modo per far si che fosse proprio lei ad andare da loro di sua spontanea volontà.

 

“Comunque, o in un modo o in un altro, voglio Angela Sparrow qui entro due settimane, non ammetto imprevisti”  erano queste le esatte parole pronunciate da Christopher poco prima della partenza della New Age. “E se qualcosa va storto, ti riterò direttamente responsabile, e tu sai ciò che questo comporterà” e Trevis lo sapeva eccome. Per questo nonostante la missione fosse al quanto semplice, se pur importantissima, aveva il terrore all’idea di sbagliare.

 

 

*

 

 

 

“Terence, ancora non mi hai spiegato perché hai insistito tanto per tornare a Telia molto prima del solito. È passata solo una settimana dal nostro ultimo sbarco là, la nostra tabella di marcia prevede di ritornarci non prima di una ventina di giorni.”

Terence e Teels stavano parlando animatamente seduti comodi alla scrivania della grande cabina di quest’ultimo. Teels stava sorseggiando un boccale di rum, mentre fissava il figlio di sottecchi, mentre Terence giocherellava con un coltellino svizzero, divertendosi a chiuderlo e riaprirlo ripetutamente, conscio di avere lo sguardo indagatore del padre addosso.

“Allora, dal momento che ho accettato di invertire la rotta, assecondando la tua richiesta, potresti almeno degnarmi di una spiegazione?” insisté il capitano, agitandosi leggermente sulla sedia di velluto rosso, senza staccare gli occhi dal figlio.

Il ragazzo sospirò. Con uno scattò deciso richiuse il coltellino e se lo infilò nella tasca interiore della sua giacchetta. Fissò a sua volta il padre e si apprestò a rispondere.

“E dai, papà, non dirmi che non lo hai ancora capito.” Si fermò un attimo, aspettando che il capitano dicesse qualcosa. Dato che non giunse risposta, Terence proseguì, abbassando lo sguardo e incrinando un poco la voce. “Papà, voglio tornare a Telia perché intendo fare luce sul motivo per cui Angela ha deciso di lasciare quell’isola. Sono certo che anche tu sei curioso, e sono altrettanto sicuro che le nostre risposte possano essere lì.” Tornò a guardare il padre con vigore.

“Si, lo avevo intuito, e ammetto che anche a me piacerebbe scoprire cosa passa per la testa di quella ragazza, però non credi che siano fatti suoi? Se non ha voluto parlarne con noi un motivo ci sarà. Non puoi immischiarti a forza nella sua vita, Angela sa badare a se stessa, e cosa fare o non fare può deciderlo solo lei, e non deve certo renderne conto a te. Non trovi?” cercò di essere ragionevole Teels.

Terence sorrise di fronte a quella risposta. Si aspettava una frase del genere, per questo si era preparato una controbattuta perfetta, anche se sapeva che a quel punto era già superfluo ribattere. Aveva già vinto. Il fatto stesso che si stessero dirigendo a Telia e che Teels, sapendo esattamente cosa voleva lui, l’aveva lasciato fare, era la prova che approvava e che la pensava come lui, nonostante gli stesse facendo una piccola morale.

“è vero, non mi deve dare conto di niente,” ammise. “però” si preparò per esporre la sua arringa “sono preoccupato per lei, potrebbe mettersi nei guai, e noi non potremmo nemmeno aiutarla se non sappiamo se e a che pericoli va in contro. Dopotutto siamo le uniche persone che sanno che ha intrapreso questo viaggio, abbiamo qualche dovere nei suoi confronti, no? In più, dato che le abbiamo dato un passaggio fino a Benprett senza chiederle nulla in cambio, mi sembra quanto meno nostro diritto sapere almeno dove sta andando, giusto?” concluse sempre sorridendo soddisfatto.

A quel punto fu Teels a sospirare.

“Ok” si arrese, lasciandosi definitivamente convincere dal figlio. Non che prima fosse completamente in disaccordo con lui. Ovviamente il capitano sapeva dove Angela era realmente diretta, ma  aveva promesso a quest’ultima di non dirlo a nessuno, senza contare che gli rimaneva l’incognita del perché volesse raggiungere a tutti i costi quell’isola. “Però promettimi che dopo che avrai saputo la verità non tornerai a cercarla,  anche se scopriamo che sta facendo una cosa stupida o avventata o che potrebbe cacciarsi nei guai, capito?” lo ammonì.

“Mi spiace, ma se scopro che sta per fare qualcosa di pericoloso proverò a fermarla, che tu voglia o no” rispose tranquillo.

“Angela ha su di te una cattiva influenza, tre giorni che passate assieme e mi diventi avventuriero e sfrontato come lei, è incredibile.” Esclamò esasperato, sapendo di non poter impedire al figlio di far ciò che desiderava. Però, d’altro canto, doveva ammettere che se avessero realmente appreso che la ragazza era in serio pericolo lui stesso non avrebbe esitato a cercare di salvarla. Le era troppo affezionato e non sarebbe di certo restato con le mani in mano.

Terence rise e fece per alzarsi, considerando quindi chiusa la conversazione, ma fu fermato da Teels, che a bruciapelo li chiese.

“Ancora una cosa, una volta a Telia, come pensi di ricavare le tue informazioni?”

Terence rispose pronto. “Andrò a cercare una certa Maggie. Angela mi ha detto che era la sua migliore amica, di sicuro saprà qualcosa più di noi. Mi sembra un ottimo punto dove cominciare, non ti pare?”

Il capitano annuì. “Si, Maggie è senz’altro la persona più indicata per chiedere di Angela, quelle due erano inseparabili, di sicuro la nostra piccola avventuriera le avrà detto tutto. Però potrebbe non volere condividere i segreti dell’amica con te. Dopotutto non ti conosce, ai suoi occhi saresti un estranio che vuole intromettersi nei fatti personali di Angela.” Osservò pacato.

“In un modo o nell’altro la convincerò che di me può fidarsi. In più non dimenticare che non conoscerà me, ma te si, potrebbe bastare questo per conquistarne la fiducia.” Controbatté.

“Bhé, allora ti auguro buona fortuna, siamo quasi arrivati, preparati a scendere”. E congedò il figlio.

 

 

*

 

Jack Sparrow, Jack Sparrow, ... Sparrow... dov’è che ho già sentito questo nome? Non mi è nuovo, l’ho già udito da qualche parte. Che l’abbia sentito in qualche storia di pirati? Perché per trovarlo a Tortuga sarà quasi di sicuro un bucaniere. Angela non sembrava molto spaventata all’idea, anzi conoscendola sarà al settimo cielo. Però spero proprio di no per lei. Nonostante sono certa che le piacerebbe, ciò non toglie che passerebbe un sacco di guai con la compagnia delle Indie Orientali. Farebbe una vita da fuggiasca, sempre braccata. E se la prendessero non farebbe di certo una bella fine con i tempi che corrono. Le leggi sulla pirateria sono sempre più severe.

 

Maggie rabbrividì al solo pensiero dell’amica catturata e rinchiusa in chissà quali prigioni. Stava passeggiando per le stradine tortuose di Telia, con un venticello leggero che le accarezzava il viso, rendendole sopportabile il caldo del sole delle quattro del pomeriggio. La madre le aveva gentilmente chiesto di andare a far la spesa per la cena, e lei ne aveva approfittato per far anche un giretto verso il piccolo porto dell’isola. Ci andava praticamente ogni giorno dopo che Angela se ne era andata, probabilmente assecondando la tenue speranza di vederla tornare a casa  a bordo di una qualsiasi nave. In cuor suo desiderava che l’amica tornasse a Telia. L’avrebbe ospitata a casa sua, avrebbero potuto vivere insieme, conscia del fatto che Angela si sarebbe categoricamente rifiutata di tornare ad abitare sotto lo stesso tetto di Johnatan. Sua madre non avrebbe avuto nulla da ridire, anzi considerando che anche a lei il locandiere non era mai andato a genio e che considerava Angela una seconda figlia, l’avrebbe accolta a braccia aperte. Purtroppo però era perfettamente consapevole che la sua amica non sarebbe più ritornata ad abitare sull’isoletta al confine del mar dei Carabi, e probabilmente non ci sarebbe neanche passata vicino finché non avesse trovato ciò che cercava, nonostante le sue speranze.

Fatto è che Maggie aveva paura. Temeva per Angela. Non l’aveva fermata quando le aveva esposto i suoi piani perché sapeva che niente e nessuno avrebbero impedito alla ragazza di fare ciò che desiderava, ma in cuor suo sapeva che era pericoloso, se non addirittura folle, iniziare una ricerca per tutto il mar caraibico con solo un nome ad aiutarla. Il pericolo di perdersi, di essere catturata dai pirati o qualsiasi altra cosa erano altissimi. E se le sue supposizioni erano esatte e questo Jack Sparrow era un pirata lui stesso, Angela sarebbe divenuta di conseguenze una piratessa, e ciò avrebbe comportato il rischio di essere arrestata e poi impiccata. Certo avrebbe sempre potuto decidere di non accettare di unirsi al padre e di tornare indietro, o questo Jack avrebbe potuto non riconoscerla come figlia e rispedirla a casa. Oppure il capitano della nave pirata del padre di Angela, potrebbe non volere la ragazza a bordo. Erano tutte possibili strade, anche se Maggie sapeva che se Angela si metteva in testa una cosa, niente poteva fermarla, pirati contrari o no. E quello che lei voleva era vivere innumerevoli avventure per mare, e quale modo migliore per farlo se non abbracciare la pirateria?

Di nuove l’immagine di un orrendo patibolo le si parò davanti.

 

Oh no!! No, no, NO!!! Ragioniamo, se Annalisa avesse seriamente pensato che andare alla ricerca del padre fosse pericoloso per Angela, non le avrebbe mia scritto la lettera con le indicazioni per trovarlo! Non l’avrebbe mai messa a repentaglio!

 

Mentre rifletteva, la ragazza giunse al porto. Si sedette su di una panchina sbuffando a causa della frustrazione che derivava dell’incertezza riguardo il destino dell’amica e dal caldo di quella giornata afosa. La leggere brezza che c’era all’inizio della sua passeggiata se ne era andata, lasciando che il sole d’agosto riscaldasse ogni cosa. Cominciò a farsi aria con una mano per cercare di trarne un po’ di sollievo, pentendosi di non aver legato i capelli castano scuro in una comoda coda, ma di averli lasciati liberi sulle spalle.

 

Saranno anche belli, ma sono molto scomodi. Pensò con disappunto, distraendosi per un attimo dalle preoccupazioni di poco prima.

 

Chiuse gli occhi e si appoggiò stancamente allo schienale, buttando all’indietro la testa. Non aveva ancora degnato di uno sguardo l’orizzonte davanti a lei. Tanto sapeva già cos’avrebbe visto. Un’immensa distesa d’acqua. Piatta e senza fine. Era lo scenario che vedeva tutti i giorni, anche se testardamente continuava a pregare di vedere prima o poi una nave ormeggiata al molo con a bordo Angela. Per questo aveva chiuso gli occhi. Continuare a vedere il porto vuoto era quasi insopportabile.

Poi però, con un sospiro, si decise ad aprirli. Era sciocco arrivare fin lì quotidianamente e poi non guardare neanche il mare dinanzi a sé.

Quando li aprì però, rimase sbalordita.

 

Fantastico, a furia di sperare e sognare ora ho le allucinazioni.

 

Richiuse gli occhi, scosse la testa avanti e indietro, e li riaprì decisa, ma ciò che aveva visto era ancora lì, in tutta la sua bellezza.

 

Una nave, grande e rossa, era attraccata al porto. La consoceva perfettamente, d’altronde, come poteva essere il contrario? Era l’unico veliero che venisse fino a Telia.

Era la nave di Teels.

Però non c’erano i soliti uomini che sbarcavano le merci da vendere, ad occupare la banchina c’erano solo gli abitanti dell’isola, tutti incuriositi e in fermento a causa della novità. Ora che ci faceva caso in effetti, il porto era molto più in fermento del consueto, considerando che solitamente era deserto a parte la sua assidua presenza e ora invece era occupato da più di metà degli abitanti di Telia. La ragazza iniziò ad aguzzare la vista, in cerca di una famigliare chioma castana in mezzo ai marinai che pian pianino iniziavano a scendere dalla passerella che collegava il veliero al porto, benché sprovvisti di un qualsiasi carico. Ciò poteva significare una sola cosa. Teels non era arrivato fin qui per vendere le sue merci. E d’altro canto come poteva? Era stato qui neanche una settimana fa, e ora ci ritornava con un largo d’anticipo. Quindi lo scopo del suo viaggio doveva per forza essere qualcos’altro.

 

Ragioniamo, cosa potrebbe aver spinto Teels a tornare? Allora, non deve commerciare, questo è sicuro, quindi... e se Angela gli avesse chiesto di tornare indietro, abbandonando la sua sete di avventura? No, non sarebbe da lei rinunciare a tutto ciò che più desidera quando è a un passo dalla meta, e poi, se anche così fosse, conoscendola sarebbe stata la prima a sbarcare, non sarebbe rimasta sulla nave ancora a lungo, una volta arrivati. Quali altri potrebbero essere i motivi? E se...se ci fossero stati dei problemi con il viaggio di Angie? Magari è stata male, oppure hanno avuto delle difficoltà?

 

Senza indugiare un secondo di più, colta dai dubbi, la giovane prese a correre verso il veliero, con il cuore che iniziava a battere furioso. Si fece largo tra la folla, se pur a fatica, prendendosi diverse maledizioni tra le persone che scostava per passare. Pareva che tutta la popolazione della piccola isola si era accalcata in quel porto! Finalmente, con il fiato corto, riuscì a raggiungere la passerella. Iniziò a salirla con passo sostenuto, cercando di non intralciare il percorso dei marinai che scendevano. Alla fine arrivò sul ponte della nave. Non passò inosservata e tutti marinai si girarono di scatto a fissarla stupiti. Seguì un attimo di silenzio, dove Maggie divenne rossa come un pomodoro, e abbassò lo sguardo a terra iniziando a fissarsi le scarpe, accorgendosi solo ora di essere stata leggermente avventata a precipitarsi a bordo del mercantile. Ciò non era da lei, di solito molto scrupolosa e attenta a verificare tutti i pro e i contro di ogni decisione.

 

Sto diventando avventata come Angela... pensò ironicamente.

 

I marinai, vedendo l’imbarazzo della giovane, non riuscirono a  trattenersi dal sghignazzare, aumentando il rossore della ragazza, già tendente al bordeaux. Per fortuna, ad interrompere quella spiacevole situazione, ci pensò Kyle, il ragazzo moro,  amico di Maggie ed Angie.

 

“Ehi Maggie, ciao! Qual buon vento di porta qui su?” la salutò cordiale.

 

Quest’ultima, sempre più simile ad un pomodoro, senza smettere di guardare il legno color ciliegio del ponte della nave, riuscì a borbottare un “ciao” impacciato, aumentando gli sghignazzi della ciurma.

La giovane decise di provare ad ignorarli e di proseguire, domandando al ragazzo dinanzi a lei dov’era il capitano.

Kyle, dal momento che Maggie aveva abbassato il tono di voce ad un sussurro, più che sentirla, aveva compreso la richiesta della ragazza leggendo il labiale, impresa resa ancor più difficile dal fatto che la giovane aveva la testa china.

 

“Ehm, il capitano? Credo sia nella sua cabina al momento, perché me lo chiedi?” ma la ragazza, ignorando l’ultima domanda, ringraziò velocemente, voltò le spalle alla ciurma e si diresse a grandi passi e a capo chino verso la direzione indicatale, felicissima di poter lasciare tutti quegli sguardi divertiti dietro di lei. Per fortuna rimasero al quanto basiti dal suo comportamento, così che nessuno si interpose tra lei e la sua meta.

 

Grazie al passo di marcia Maggie raggiunse in due secondi la cabina del capitano, bussò frettolosamente, e appena ricevuto un “avanti” parecchio sorpreso, si buttò a capofitto all’interno della stanza. Una volta al sicuro dentro le quattro mura della cabina e al riparo da occhi indiscreti, tirò un sospiro di sollievo e il colore finalmente defluì dalle sue guance. A occhi chiusi si appoggiò alla porta della stanza che si era richiusa alle sue spalle con un piccolo tonfo. Poi, molto lentamente, li riaprì e con un sorriso si apprestò a salutare il buon capitano che la fissava sbigottito, seduto dietro la scrivania.

 

“Ciao Teels…” peccato però che le parole le morirono in bocca, quando si accorse della presenza di un’altra persona nella stanza. Un ragazzo giovane, a occhio e croce della sua età, alto con i capelli castano chiaro e un paio di occhi verdi brillanti e vigili che la fissavano curioso.

 

“Maggie! Ciao! Ma cosa ci fai qui? Non per essere scortese, sei la ben venuta, specialmente in questo momento, guarda, non ci crederai ma la tua visita inaspettata e più che tempestiva!” Teels, superando lo stupore iniziale, si alzò e andò incontro a Maggie con un sorriso a trentadue denti. La abbracciò e dopo aver recuperato una sedia da accanto la parete di legno della stanza, la invitò ad accomodarsi.

La giovane si sedette ringraziando. Era tornato però l’imbarazzo a causa di quello strano ragazzo che continuava a fissarla con fare inquisitorio. Sotto il suo sguardo pressante, le gote di Maggie iniziarono a colorarsi di un vivace porpora.

 

Teels si accorse della piccola tensione creatasi tra i due, e decise di fare le presentazioni.

 

“Allora, Maggie, sono lieto di presentarti mio figlio Terence. Terence, questa è la famosa Maggie.” Esclamò allegro.

 

La voce del padre sembrò riscuotere il giovane, che accortasi di stare fissando la giovane troppo insistentemente, si affrettò ad abbassare lo sguardo, divenendo rosso a sua volta.

 

“Ehm…Ciao” azzardò lui.

“C…ci…ciao” rispose balbettando lei, dopo qualche esitazione.

 

Teels rise sotto i baffi.

 

“Allora, Maggie, come stai?” le chiese affabile il capitano. La ragazza si costrinse a guadarlo negli occhi e si apprestò a rispondere.

“Bene, grazie.”

“Ne sono felice. Scusami, ma portando il discorso a prima, come mai ti sei precipitata nella mia cabina?”

La domanda la fece cadere dalle nuvole, riportandola bruscamente alle motivazioni che l’avevano portata fin lì.

“Ah, già!” alla sua esclamazione, Terence tornò a guardarla curioso. Sotto il suo sguardo Maggie si impappinò di nuovo con le parole. “Ecco, ehm, i…io volevo chiederti come mai…siete di nuovo qui, non che mi dispiaccia” di affettò ad aggiungere “però mi chiedevo se per caso, questo ritornò improvviso avesse a che fare con Angela. Ci sono stati dei problemi con il suo viaggio?” riuscì a dire infine.

“No, nessun problema”

A parlare era stato il ragazzo, con enorme sorpresa di Maggie, che trovò finalmente la forza di guardarlo negli occhi.

“Oh, ehm, bene allora.” Si sentiva incredibilmente sciocca ad essersi catapultata là senza preavviso, e, pensandoci bene, anche senza una buona motivazione, a parte le sue supposizioni e i suoi timori.

“Però, ti posso assicurare che la tua apparizione improvvisa è più che tempestiva” ripeté Teels.

“Come mai?” gli chiese confusa.

Teels sorrise. “Terence, a te…”

Il ragazzo si alzò ed iniziò a passeggiare avanti e indietro per la piccola stanza.

“Siamo tornati indietro, perché sia io che mio padre volevamo saperne di più sul viaggio misterioso di Angela. È stata enigmatica per tutto il tragitto e non si è lasciata sfuggire una parola riguardo alla sua meta. Quindi, dato che Angela stessa mi ha parlato di te, dicendomi che sei la sua miglior amica, ci chiedevamo se tu potessi dirci di più.” terminata la piccola arringa, si fermò sul posto in piedi e iniziò a dondolarsi nervoso, in attesa di una risposta.

Maggie, colta di sorpresa, aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse, non trovando le parole per esprimersi. Era sbalordita da ciò che aveva sentito, davvero Teels si aspettava che lei gli confidasse i segreti di Angela senza il consenso di quest’ultima? E chi era quello strano ragazzo per chiederle una cosa del genere, perché si stava intromettendo?

Passarono alcuni minuti in silenzio. Alla fine, il marinaio prese in mano la situazione.


“Maggie, non fraintenderci, non vogliamo farci a tutti i costi gli affari di Angela. Sono certo che se non mi ha parlato lei stessa delle motivazioni del suo viaggio, un motivo ci sarà. Però capisci che sono preoccupato? Mi ha chiesto di portarla a Benprett senza uno straccio di spiegazione valida, e l’ho accontentata, ma ora vorrei sapere perché ho lasciato una ragazza di appena diciassette anni da sola in un porto, in balia di se stessa. Sono in pensiero per lei. Potrebbe accaderle qualsiasi cosa, e nessuno potrebbe aiutarla, o andare a cercarla, perché nessuno sa in quali guai potrebbe cacciarsi. Quindi, non ti stiamo chiedendo di tradire la fiducia della tua amica, ma di aiutarla.”

 

Il discorso del capitano filava, Maggie non poteva negarlo, ma poteva tradire Angela? Dopotutto, l’aveva pregata di mantenere il segreto. Quindi stava ad Angela decidere a chi rivelare il motivo del suo viaggio e a chi no, lei non poteva prendersi questa libertà.

 

“Angela sa badare a se stessa, Teels, dovresti saperlo.” Affermò, cercando di dare un tono deciso alla sua voce. Impresa fallita in partenza, dato che era ancora preda del rossore.

“Certo, ma rimane il fatto che è una ragazza sola, cresciuta in una piccola isola, che si ritrova all’improvviso in una mare molto più grande di quanto possa immaginare. La situazione potrebbe scapparle di mano, non trovi?”

Maggie si morse il labbro.

“Lo so. Ma lo sa anche lei. Sa quello che fa, sarà avventata, ma non sprovveduta, se avesse pensato che fosse troppo per lei, avrebbe chiesto aiuto. Se la può cavare bene anche da sola.” Continuò la giovane imperterrita.

Teels sospirò. A quel punto intervenne Terence.

“Pensaci un attimo. E se non avesse fatto bene i suoi calcoli? Anche in questo preciso momento, mentre noi stiamo parlando, Angela potrebbe essere in pericolo e…”

“Ma anche se così fosse, noi cosa possiamo fare? Non possiamo iniziare a cercarla per tutti i sette mari, si arrabbierebbe e basta. È un viaggio che voleva compiere da sola, lo voleva fare da quando ha iniziato a camminare, e tu Teels questo lo sai bene come me. Ora le si è solo presentata l’occasione giusta per realizzare i suoi sogni. L’unica cosa che possiamo fare noi, e rimanere qui e augurarle ogni bene, lasciarla andare, ed intervenire solo e soltanto se lei lo vorrà o siamo sicuri che è in pericolo. Non possiamo bloccarla o iniziare a seguirla nell’eventualità che corra rischi, non lo vorrebbe mai.” Sbottò alterata. Ma se ne pentì subito, non voleva alzare la voce. Non se lo meritavano. Dopotutto, anche se non le piaceva il terzo grado che avrebbero desiderato farle, erano solo preoccupati per la sua amica. Proseguì tornando ad un tono dolce, abbassando lo sguardo per un lieve ritorno all’imbarazzo precedente.

 

“Scusate, non volevo gridare. Solo che sono anch’io in pensiero per lei. Anche io non so esattamente dove sia al momento, né cosa potrebbe capitarle. Le ho esposto prima di voi i miei dubbi riguardo al suo viaggio, ma vedendola così entusiasta all’idea di partire, e sapendo i suoi desideri, non ho potuto fare altro che augurarle buona fortuna.” Le si incrinò un attimo la voce, ma si riprese subito. Solo Terence se ne accorse. “E per il momento non si può davvero fare altro, credetemi. Ma se appena dovessi venire a conoscenza del fatto che è nei guai o che potrebbe entrarci facendo qualcosa di sbagliato, vi assicuro  che solcherei tutto l’oceano pur di aiutarla. Ma per ora NON-POSSIAMO-FARE-NULLA.”

Terminò la frase decisa, anche se non trovò la forza di rialzare lo sguardo. Si accosciò sulla sedia e a quel punto si intromise Terence.

“Forse ha ragione lei papà. L’unica cosa che rimane e fidarsi di Angela e aspettare che sia lei a chiedere il nostro ausilio, oppure tendere le orecchie e accorrere in suo soccorso non appena sentiamo che è in pericolo.” Concluse la frase facendo l’occhiolino al padre.

Teels capì al volo le intenzioni del figlio. Ovvio che non aveva alcuna intenzione di demordere, probabilmente gli era venuta un’idea per raggiungere ciò che voleva. Lo assecondò. Così, con un lungo e pesante sospiro, acconsentì anche lui, lasciandosi andare a sua volta contro lo schienale della poltroncina rossa.

Tutti rimasero un attimo soprappensiero, finché Maggie non disse che doveva andare a casa e che ormai sua madre la stava dando per dispersa, dato che senza accorgersene erano arrivate le sei della sera.

“Certo, però tra poco farà buio, non mi piace l’idea che giri da sola a quest’ora per l’isola.”

“Teels, sii serio, qui a Telia chi potrebbe farmi del male? Il panettiere? Andiamo!” scherzò lei. Lui per tutta risposta la guardò torvo.

“Il fatto che l’isola sia piccola non vuol dire che sia sicura al cento per cento, ti dispiacerebbe farti accompagnare da qualcuno della mia ciurma? Terence, potresti accompagnarla a casa per favore?” aggiunse poi rivolgendosi al figlio. Quest’ultimo scattò dritto dalla posizione in cui era, per nulla sorpreso dalla richiesta del padre, e con un sorriso si rivolse alla ragazza.

“Ma certo, se per te non è un problema, ovviamente”

“Credo di non avere molta scelta. Comunque forse non è una cattiva idea, si sa mai. Grazie” e gli sorrise.

“Ci vediamo Teels” salutò il capitano.

“Staremo qui per un po’, torna quando vuoi finché ci siamo.”

 

 

*

 

Dopo che si furono lasciati la cabina alle spalle, Terence, che le stava a poco meno di cinquanta centimetri di distanza, la guardava di sottecchi, osservandola, decidendo il modo migliore per intraprendere una discussione. Passarono diversi minuti, e la tensione iniziò a farsi troppo tesa. Alla fine il giovane decise di rompere il silenzio ed esclamò:

 

“Sai, ti immaginavo diversa”

 

La ragazza alzò lo sguardo sorpresa. Però le parole del ragazzo sortirono il loro effetto. Maggie si rilassò e pian piano la tensione riuscì a sciogliersi. La giovane riuscì anche a ridere della strana battuta.

“Perché, come mi immaginavi?” chiese con un dolce sorriso che riuscì ad abbagliare un attimo il figlio di Teels.

“Bhé” abbassò il capo per nascondere il sangue che affluiva sulla sue guance. In effetti era un’esclamazione un po’ stupida, pensò. “Ti facevo un po’ più estroversa e avventuriera. Un po’ più…” balbettò.

“Un po’ più come Angela?” suggerì lei, senza smettere di ridere.

“Si, esattamente. Senza offesa, non è una critica” aggiunse.

“Tranquillo. Sai, non sei il primo che si stupisce di come io e lei, così diverse, siamo invece così unite.”

Anche lui rise.

 “Però vedi, io ho un temperamento calmo e sono anche abbastanza timida, quindi è logico che un carattere docile si abbini perfettamente con quello sovraeccitato di Angela, ci completiamo a vicenda; per esempio io riesco a calmare i suoi bollenti spiriti spesso e volentieri, mentre lei mi sostiene e mi aiuta quando devo fare scelte importanti.” La voce le si incrinò un poco verso la fine della frase. Era strano sentire l’amica così vicina pur sapendola lontana chilometri. Terence se ne accorse e si affrettò ad andare avanti con la conversazione.

“Si, devo ammettere che vista sotto quest’ottica a senso” e le sorrise a sua volta.

“Però non è giusto, mi trovo in un situazione di svantaggio” esclamò lei con un finto tono offeso. Iniziava a prendere confidenza con il ragazzo, e ciò le permetteva di essere più sciolta nella conversazione.

Lui la guardò stupito. “Cosa non è giusto?” chiese.

“Tu mi conoscevi già e sapevi un sacco di cose sul mio conto ancor prima di vedermi di persona, mentre io di te non so nulla. Credo che come minimo dovresti rimediare” rispose lei.

Terence rise di nuovo. La conversazione con quella ragazza iniziava a farsi davvero piacevole!

“Si, mi sembra un ragionamento logico” ammise. “Bene, cosa vuoi sapere? Sono a tua completa disposizione!”

“Allora, so che sei il figlio del capitano, però come mai né io né Angie ti abbiamo mai visto a bordo prima?” domandò.

“Semplice, ho sempre accompagnato mio padre nei suoi viaggi lavorativi solo finchè trattava nelle grandi città. Questa è la prima volta che l’ho voluto accompagnare anche qui a Telia.” Poi la guardò di sottecchi e con un sorriso divertito aggiunse “certo, non immaginavo che nelle piccole isole c’era più movimento e più persone interessanti che nelle grandi città, se no sarei venuto anche prima”

“Uhm,” annuì lei. “di certo qui i personaggi interessanti, come li chiami tu, non mancano. Angie è sicuramente unica nel suo genere” e sorrise al ricordo dell’amica. “Ok, hai risposto alla prima domanda, passiamo alla seguente.”

“Ce ne sono molte?”

“Naa, solo un milione o due, tranquillo”

“A bhé, cosa vuoi che siano, sono qui a posta” e le ammiccò.

Lei, arrossì di nuovo, anche se stavolta non sapeva esattamente bene il perché. Decise di ignorare anche la strana sensazione che sentì improvvisamente allo stomaco e al petto. “Ehm, allora, bhè, parlami un po’ di te, cosa ti piace fare, come mai vuoi poi intraprendere lo stesso lavoro di tuo papà…qualcosa di te”

“Ok, ok, ad una condizione però”

“Quale?” chiese stupita.

“Dopo che il tuo terzo grado sarà finito, toccherà a me, d’accordo?”

“Va bene, lo prometto” e sorrise di nuovo.

“Perfetto, però temo che dovremo rimandare la nostra discussione a domani, perché se le indicazioni che mi hai dato sono giuste, siamo arrivati a casa tua.”

Maggie posò il suo sguardo sulla piccola casa a due piani, di un tenue color rosa salmone, con un grande portone in ciliegio che dava su di una piccola stradina con accanto due finestrelle sbarrate da quattro bastoni di metallo ciascuna per i ladri.

“Oh, siamo già arrivati?” sospirò lei.

“Mi spiace ma temo proprio di si.”

“Uf”

 

Accidenti, la discussione iniziava a piacermi, non potevo abitare dall’altra parte dell’isola? Pensò. Che strano però, di solito non mi trovo così bene con una persona che ho conosciuto da poco.

 

Terence notò la riluttanza della giovane nell’entrare in casa sua, facile da intuire perché era la stessa che, anche se non riusciva a trovare una motivazione logica per spiegarselo, provava anche lui.

 

“Ehm, allora, dato che dobbiamo finire questa piccola chiacchierata e tu devi rispettare una promessa, ci …cioè…credi che sarebbe possibile vedersi domani? Magari verso le dieci del mattino? Che ne dici?” propose titubante.

Gli occhi azzurri della ragazza brillarono sotto il crepuscolo della sera, a quella inaspettata ma gradita proposta.

“Certo! È un’ottima idea!!! Allora vieni tu da me o vengo io da te?”

Terence rise sotto i baffi vedendo l’esultanza di Maggie. Al che la giovane abbassò immediatamente lo sguardo dall’ondata di imbarazzo improvviso che l’investì.

“Vengo io da te, se non ti dispiace vorrei approfittare del piacere di camminare sulla terra ferma finché la nave e attraccata al porto” le rispose ammiccando.

“Certo, a me va benissimo, così se vuoi ti faccio visitare l’isola, chissà se incontriamo qualche altro personaggio interessante”

Risero tutti e due, infine Maggie decise che era giunto il momento di rientrare, prima che sua madre chiamasse i soldati per denunciare la sua scomparsa.

Così i due giovani si salutarono con la promessa di rivedersi il mattino seguente.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9_ L'amore è irrazionale ***


Note dell'autrice:

Ci vediamo di sotto, dopo il cappy! 

Buona lettura

Kisskiss 68Keira68

9_ L'amore è irrazionale

Il sole risplendeva per le vie trafficate della piccola isola caraibica e Maggie ammirava dalla finestra della sua camera da letto il paesaggio di fronte a sé. Quella mattina si era svegliata presto, cercando di sbrigare tutte le consuete commissioni in fretta per poi avere il resto della giornata a disposizione. Ora erano quasi le dieci, e lei, con i gomiti appoggiati al davanzale, stava aspettando l’arrivo del figlio del capitano Teels, Terence.

Non sapeva esattamente perché, ma l’idea che l’avrebbe visto da lì a poco le procurava una strana sensazione, un misto tra l’ansia e la felicità. Il risultato è che aveva le farfalle nello stomaco da quando si era svegliata e non era ancora riuscita a darsi una spiegazione degna di questo nome.

 

È in ritardo constatò sbuffando e lisciandosi il bordo del vestito blu mare che aveva indossato.

 

Con un altro sbuffo si allontanò dalla finestra.

 

Ma quando arriva? Dovrebbe già essere qui! Uffa, ah, così non va... devo darmi una calmata.

 

Iniziò a gironzolare in tondo per la stanza disperatamente in cerca di un qualsiasi cosa per farla distrarre. Alla fine decise di scendere sotto per vedere se sua madre avesse bisogno d’aiuto nelle faccende domestiche. Stare lì a contare i secondi che passavano non le avrebbe giovato alla salute, anzi, probabilmente l’avrebbe lentamente portata alla pazzia.

 

Uf, è assurdo che mi comporti in questa maniera, perché poi? Quando arriverà arriverà! Pensò mentre sbatteva in malo modo la porta della sua cameretta, prima di imboccare le scale.

 

Manco a dirlo, quando era solo a metà della rampa, sentì la voce di sua madre che la chiamava dal piano di sotto, informandola che un ragazzo di nome Terence chiedeva di lei.

Si bloccò per un secondo e il suo cuore perse un battito.

 

Evviva! È arrivato!

 

Si affrettò a scendere gli ultimi scalini e con un sorriso a trentadue denti si preparò ad accogliere Terence.

 

“Ciao!” lo salutò con più entusiasmo di quello che voleva far trasparire.

“Ciao” rispose lui abbassando il capo, in evidente imbarazzo.

“Bene, ehm, come stai? Vuoi qualcosa? Hai fame o sete?” gli chiese gentilmente, cercando di comportarsi da padrona di casa.

“No, grazie, ho appena fatto colazione sulla nave”. Sembrava a disagio e Maggie si chiese perché.

“Sicuro che non vuoi niente?” si intromise la madre della ragazza. Nel sentire la voce della signora Cross Terence sussultò e negò velocemente con la testa. Maggie se ne accorse e finalmente capì perché Terence era così teso. Rise tra sé e sé, e cercò di toglierlo da quella situazione.

“Ok, allora usciamo? Ti faccio fare un giro turistico dell’isola, ti va?” scherzò. L’isola era talmente piccola che sarebbe bastato girare in tondo su se stessi per visitarla tutta. “A proposito, ho preparato un pranzo al sacco, a te non crea problemi vero?” aggiunse titubante. Aveva pensato fosse che un pic nic potesse essere divertente, ma non sapeva se lui avrebbe preferito pranzare in un ristorante.

“Ottimo, nessun problema, andiamo?” acconsentì invece lui, con fare sbrigativo, lanciando un’occhiata nervosa alla madre della ragazza, che si limitava a guardare entrambi i ragazzi sorridendo affettuosa.

“Allora mamma, io e Terence usciamo, torno stasera, va bene?” disse lei, felice che la sua idea era stata accolta positivamente.

“Va bene, ma mi raccomando, se fate tardi fatti accompagnare a casa da lui, ok?” la ammonì premurosa la signora Cross, guardando il ragazzo.

“Non si preoccupi signora, la riporto a casa io” rispose Terence, sempre intento a fissarsi le scarpe.

“Bene, prendo il cestino con il pranzo” fece una piccola corsa in cucina, e afferrò veloce il paniere con i panini e le borracce. Una volta tornata di là esclamò “ciao mamma!” e aprì la porta, invitando Terence a seguirla. Lui salutò la signora Cross e imboccò l’uscio di casa.

 

Quando furono fuori sulla strada, il giovane tirò un sospiro di sollievo.

Maggie a quel punto non riuscì a trattenere un risolino.

“Che c’è?” le chiese lui leggermente irritato.

“Scusami, ma sei buffo. Perché eri in agitazione prima? Mia madre non ha mai mangiato nessuno!” lo prese in giro.

Terence diventò rosso per la vergogna. “Grazie dell’informazione” le rispose sarcastico. “Non ero in agitazione era che…mi sentivo sotto esame, mi ha squadrato tutto il tempo.” Si difese.

“Scusala, fa sempre così con qualcuno che non conosce. Non dimenticare che ti ha affidato la sua bambina per tutto il giorno, doveva quanto meno assicurarsi che eri una persona apposto, no?”

“Si, immagino di si.” Acconsentì.

“Bene, allora dove vuoi andare?” Gli chiese Maggie cambiando argomento, con un dolce sorriso sulle labbra. “Come bene saprai Telia ha delle ottime viste panoramiche, degli stupendi luoghi di ristoro e bellissimi monumenti, quale vuoi visitare per primo?” scherzò, facendo una mezza piroetta su se stessa e allargando le braccia come per illustrare una piazza famosa.

Terence rise a sua volta. “Non saprei, la guida sei tu, hai carta bianca” le ammiccò.

“Va bene” Lei ci pensò un attimo, poi decise: “direi di lasciarci il molo per ultimo e di andare al centro dell’isola, dove poi possiamo prendere la direzione per la spiaggia e cercare un posto all’ombra, così se ci viene fame possiamo mangiare lì, ti va?”

Il ragazzo annuì con il capo, e i due giovani si avviarono per la piccola stradina.

 

“Allora, dove ci eravamo interrotti ieri?”

“Mi avevi chiesto perché non mi avevi mai visto prima, se non mi sbaglio”

“Giusto, e tu mi avevi risposto che era perché solitamente accompagni tuo padre solo nei viaggi verso le grandi città.” Terence annuì e la ragazza proseguì “Quindi ti piace viaggiare?”

“Non proprio, mi ci è voluto un bel po’ per abituarmi alla vita del marinaio. Non è facile come sembra, è molto dura.”

“Non ho mai pensato fosse semplice, però ne varrà la pena no? Conoscere gente, visitare posti nuovi e sconosciuti, deve essere bello” osservò, ricordando tutti i motivi per cui Angela aveva sempre giustificato la propria voglia di lasciare l’isola.

“Bhè…si, ma è molto soggettiva la cosa, dipende da cosa vuoi nella vita” rispose Terence, restando sul vago, improvvisamente a disagio. Maggie lo fissò di sottecchi a quest’ultima particolare risposta, ma qualcosa nel tono del ragazzo le suggerì di approfondire la questione in un secondo momento. Comunque  l’improvviso sbalzò di umore, da allegro a pensieroso non le piaceva, così si affrettò a cambiare argomento.

 

Passeggiarono tutta la mattina, parlando del più e del meno, approfondendo la loro conoscenza e il loro rapporto. Gli fece vedere tutti i piccoli negozietti dell’isola, l’unico monumento che governava la piazza centrale, una bella e grande fontana e infine, sulla strada per andare al molo, la casa e la locanda dove fino a poco tempo fa abitava la loro amica. tutti e due i luoghi sembravano abbandonati da molto tempo. Le vetrate della birreria erano rotte, come le finestre dell’abitazione al piano di sopra, la porta scardinata e si poteva vedere chiaramente che dentro il caos regnava sovrano. I tavoli erano rotti o rovesciati, come le sedie, e cossi di bottiglie si intravedevano ovunque.

“Quindi Angela viveva qui.” Esclamò sgomento.

“Si, ma quando sia lei che sua madre erano qua sia la casa che la locanda erano in condizioni migliori. Era un posto del tutto rispettabile e il pub era molto bello e sempre affollato. Ora è rimasto solo Johnatan e la proprietà è decaduta” Maggie non poté impedirsi una smorfia amara pensando a quel nome.

“Johnatan? Chi è Johnatan?” le chiese lui curioso.

“ è il patrigno di Angela. Una delle persone più odiose che io abbia mai conosciuto. Lui ed Angie si sopportavano a malapena, quando Annalisa è morta e lei voleva andarsene, Johnatan non era d’accordo. I due hanno litigato molto animatamente, sono addirittura arrivati alle armi, ma Angie ovviamente non si è lasciata intimidire e con un movimento solo della spada lo ha disarmato, puntandogli l’arma alla gola. Dopodichè se ne andata salutandolo in malo modo, con la promessa che non sarebbe mai e poi mia tornata da lui.”

Terence non faticò a credere al racconto di Maggie, dato che ricordava fin troppo bene la prima e unica volta che lui stesso aveva incrociato la spada con Angela, anche se per gioco, e si era ritrovato anche lui con la lama sotto il mento.

“Come mai tra quei due non correva buon sangue?” si informò.

“Il matrimonio tra lui e la madre di Angela è stato solo di convenienza. Annalisa lavorava nella locanda di Johnatan, e aveva bisogno di soldi, mentre a Johnatan occorreva qualcuno che badasse alla casa, così si sposarono circa sette anni fa. Ma lui non è mai stato un marito dolce né un bravo padre. Ha sempre rinfacciato a tutte e due che se avevano un tetto sopra la testa e un piatto caldo a tutti i pasti era merito suo. È un tipo avaro e antipatico. La povera Annalisa era una santa se riusciva a sopportarlo! Pensa che quando morì il primo pensiero di lui è stato che ora doveva trovarsi un’altra persona che l’aiutasse alla locanda, e proprio per non dover pagare uno stipendio a nessuno voleva che Angela rimanesse con lui ad aiutarlo!” l’indignazione nella voce di Maggie era palpabile.

Terence sentì un moto di rabbia  verso quello sconosciuto. Si chiese se fosse possibile provare tanto odio verso una persona che nemmeno conosceva.

“E ora che è rimasto solo cosa fa?” domandò, cercando di tenere a bada l’ira.

“Il giorno dopo che Angela se ne era andata si comportava come se niente fosse successo. Non ha tenuto il lutto per la moglie nemmeno per un giorno, scatenando l’indignazione generale. Solitamente la locanda era presa da assalto qui a Telia, essendo l’unica di tutta l’isola, ma quel di’ e i due successivi non si era presentato nessuno, - non c’è persona in tutta l’isola che non lo odia per il suo comportamento verso Annalisa ed Angela- e così si accorse che era rimasto letteralmente solo. Il quarto giorno ha iniziato a bere e si è ubriacato. Ha sfasciato mezzo locale, per tutta l’isola abbiamo sentito il rumore dei vetri che andavano in frantumi e le sedie che venivano lanciate contro le pareti. Gli uomini si sono precipitati a vedere cosa stava succedendo. Una volta che hanno compreso l’accaduto hanno cercato di fermarlo, e sono riusciti a farlo stendere sul suo letto, al piano di sopra. Credo siano più o meno cinque giorni che è perennemente ubriaco, ed è riuscito a trasformare la bella casa di Angie nel luogo desolato e abbandonato che vedi.” Spiegò con voce amara.

“Capisco” disse solamente lui, guardando torvo la casa, come se gli avesse fatto un torto personale.

Maggie cercò di alleggerire la tensione che si stava formando. A lei meno di tutti piaceva quella storia, ma aveva già sprecato abbastanza imprecazioni contro Johnatan e ora non voleva più pensarci.

“Proseguiamo? Non so te ma io comincio ad avere fame” chiosò.

Lui sembrò riscuotersi dai suoi cupi pensieri e sorrise alla ragazza. “Si, anch’io comincio a sentire il bisogno di pranzare, dove ci mettiamo?”

“Ho in mente un posto perfetto” gli fece l’occhiolino. “Seguimi!” e così dicendo lo prese per mano, evitando però di guardarlo negli occhi. A quel piccolo gesto i cuori di entrambi i ragazzi iniziò ad accelerare, senza che nessuno dei due sapesse fornire una spiegazione logica.

 

Maggie portò Terence sulla spiaggia della piccola isola, in un punto lontano dalla riva e con molte palme che creavano un piacevole riparo dal caldo soffocante.

“Eccoci qui! Ti piace?” gli chiese lei, guardando il luogo entusiasta.

“è molto bello e…appartato”

La ragazza divenne rossa a quell’affermazione. Effettivamente le palme creavano un piccola oasi che li separava dal resto della spiaggia, isolandoli del tutto.

“Non ci avevo fatto caso, ho pensato che qui c’era l’ombra e che era l’ideale per pranzare riparati dal sole” balbettò abbassando la testa.

Terence si diede mentalmente dello stupido. “No, non intendevo quello, il posto è stupendo, volevo dire che era tranquillo, non mi piaceva l’idea di dover pranzare sotto gli occhi dei passanti!” cercò di giustificarsi maldestramente. Con la sua goffa spiegazione il ragazzo riuscì a far ridere Maggie, togliendo così entrambi dall’imbarazzo.

“Vogliamo cominciare? La fame aumenta!” così dicendo Maggie poggiò il paniere per terra e ne estrasse una coperta rossa, abbastanza grande da permettere ai ragazzi di stendersi sopra comodamente. Dopodichè tirò fuori due borracce con l’acqua, del pane e della carne. (scusate per la poca fantasia ma non ho la minima idea di cosa preparavano per un pranzo al sacco nel sedicesimo secolo!XD!! Nd autrice)

 

Iniziarono a pranzare, continuando  chiacchierare animatamente.

“E così sei caduto in acqua?” gli chiese lei incredula.

“Si! È stato orribile, tutta la ciurma mi stava guardando e stava ridendo, io invece volevo affogare dalla vergogna. Ma che ne sapevo io che proprio lì c’era un cima! È colpa di chi l’ha lasciata là se sono inciampato e poi caduto!”

Maggie era piegata in due dalle risate. “Ahaha, non so cosa darei per poter vedere la scena”

“Lasciamo perdere per favore, è meglio”. Maggie pian pianino smise di ridere e incrociò lo sguardo di Terence. Aveva cambiato espressione, improvvisamente si era fatto molto teso e la fissava con insistenza. Si sentì improvvisamente in imbarazzo, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. Era come prigioniera di quegli occhi verdi.

“Aspetta, hai qualcosa vicino alla bocca” le disse.

Ad un tratto il ragazzo le si avvicinò allungando una mano verso il suo viso. Lei rimase immobile,con il cuore che iniziava ad andare in ipperventilazione. Cosa stava facendo?

Le passò un mano vicino al labbro superiore, con una lieve carezza. Si avvicinò ancora, le era sempre più accanto. Maggie rimase immobile, non riusciva a muoversi era come incantata. Sentiva solo il ritmo del suo cuore accelerare sempre di più e il tocco morbido della mano di Terence che tracciava linee immaginarie sul suo viso. Perché non si spostava? Avrebbe dovuto allontanarlo, lo sapeva bene. In fin dei conti era uno sconosciuto, incontrato solamente ieri. Come mai si stava prendendo tutta questa confidenza? E perché lei non faceva nulla per impedirlo?

I loro volti erano ormai molto vicini, troppo vicini. Il profumo di lui iniziò a inebriarla e a farle perdere ogni parvenza di lucidità. Sembrava senza più volontà, guidata completamente da lui. Senza sapere bene dove aveva trovato la forza e il coraggio di muoversi, decise di protendere una mano verso il viso di Terence anche lei, facendosi comandare dal nuovo e forte impulso di toccarlo a sua volta.

Ma poi a metà strada si bloccò e si alzò in piedi di scatto. Appoggiò la schiena ad una palma e si mise una mano sul cuore, nel vano tentativo di cercare di regolare i propri battiti cardiaci.

 

Cosa stavo per fare? Oddio, no, non è possibile…

 

Anche il ragazzo si era alzato e ora fissava Maggie con espressione afflitta. “Scusami, io…non volevo, non so cosa mi è preso” tentò di giustificarsi ma lei lo fermò.

“Non ti preoccupare, non ti devi scusare.” Tentò di sorridergli, ancora con il fiato corto.

 

Si incappa in certe situazioni solo quando il desiderio è comune.

 

“Vorrei tornare a casa. Non ti dispiace vero?”

“No, tranquilla. Vuoi che ti accompagno?” tentò speranzoso. Temeva di aver rovinato la loro amicizia appena iniziata con un gesto troppo avventato.

“Mi farebbe piacere” rispose invece lei, con sommo sollievo di Terence. Stava riacquistato il controllo delle sue facoltà mentali.

 

Si avviarono silenziosi verso la via per la casa di Maggie. Entrambi in completo imbarazzo, non avevano idea di cosa dire per sbloccare la situazione. La strada per il ritorno all’abitazione di lei parve lunghissima, ma alla fine si ritrovarono dinanzi alle famigliari mura rosa.

“Eccoci qua” esordì Maggie, pensando ad una bella maniera per salutarlo.

“Già” rispose lui, guardando a terra, ancora abbattuto.

 

Non voglio salutarlo definitivamente. Io voglio rivederlo! Urlò una vocina nella menta della ragazza.

Ma sarebbe stato opportuna rivederlo? Se la situazione si fosse ripetuta, lei avrebbe trovato la forza per opporsi nuovamente?

Guardò nuovamente il viso del ragazzo. Era veramente triste, probabilmente pensava che la giovane non avrebbe più voluto vederlo e attribuiva la colpa di ciò a sé. Non poteva dirgli addio lasciandolo in quel modo. Decise che non le importava cosa sarebbe successo se i fatti di quel pomeriggio si fossero ripetuti.

 

“Ehm, ascolta, domani pomeriggio pensi che sia possibile vederci di nuovo? Devo ancora farti vedere il molo” provò.

Terence sgranò gli occhi. La parola sopreso sarebbe stata un eufemismo. Poi si riprese e riuscì ad articolare una frase.

“Certo! A me va benissimo, per che ora vengo?” rispose entusiasta, come un bambino che riceve un regalo inaspettato.

Lei sorrise della sua foga, felice che la tensione si stava alleviando. “Verso le quattro del pomeriggio andrebbe bene? Prima ho alcune faccende da sbrigare”

“Sicuro, allora ci vediamo alle quattro”

“Perfetto”

Poi Terence le diede un leggero bacio sulla guancia, prima di sorriderle imbarazzato e avviarsi velocemente verso il porto, lasciando una Maggie leggermente spiazzata dall’ultimo gesto, ma assolutamente contenta.

 

 

*

 

 

Il giorno seguente, Maggie era seduta sulla sedia a dondolo del tinello, con un vivace vestito color pesca con le maniche corte a sbuffo. Si ritrovava nella stessa situazione della mattina precedente, in ansia mentre aspettava quello strano ragazzo che in meno di due giorni le aveva stravolto la sua piccola e tranquilla vita.

Aveva dormito poco quella notte, tormentata da mille pensieri. Cercava di dare una spiegazione logica al perché provava certe situazioni quando era in compagnia di Terence. Aveva le farfalle nello stomaco tutte le volte che gli era accanto e quando lo guardava negli occhi….quei bellissimi occhi verdi.

Senza volerlo la sua mente tornò a vagare sui fatti del pomeriggio precedente. Non era successo niente, lo sapeva bene, si erano appena sfiorati. Ma era anche successo tutto. Era il nulla che cambiava ogni cosa. Quando l’aveva sfiorata, tra le palpitazioni che erano arrivate a mille, aveva sentito la pelle andare a fuoco sotto la mano di lui. E il desiderio che non si fermasse, che si facesse più vicino, che proseguisse, si era impadronito di lei come mai prima d’ora. E non l’aveva ancora lasciata. Desiderava essere abbracciata da lui, voleva la sua compagnia, agognava di perdersi nuovamente in quegli occhi profondi e dolci. Cosa le stava accadendo? Non si era mai sentita così strana. Eppure era una sensazione stupenda. Era euforica all’idea di rivederlo, felice come non era mai stata.

Si alzò dalla sedia a dondolo e fece un piccolo giro su se stessa. I vari tentativi di darsi una calmata non erano serviti a nulla. Non riusciva a stare ferma, sembrava sui carboni ardenti.

 

Non erano passati neanche cinque minuti che qualcuno bussò alla porta. Maggie i voltò di scatto verso l’entrata di casa. Aspettava solo una persona. Non poteva che essere lui. Per un attimo temette che il cuore potesse saltarle via dal petto tanto batteva forte. Si precipitò ad aprire il portone e lui era lì, che le sorrideva gentile, leggermente rosso in volto. In imbarazzo come sempre.

 

“Ciao” la salutò, incapace di guardarla negli occhi.

“Ciao!”

Stettero un attimo sull’uscio senza dire nulla, non sapendo cosa fare, finché a salvarli dal disagio arrivò la signora Cross, che salutò cordiale Terence.

“Vi siete divertiti ieri? Maggie quando è arrivata a casa pareva al settimo cielo, era tutta agitata all’idea di uscire anche oggi. Parola mia non ho mai visto mia figlia così allegra.”

“Mamma!”. La voce della ragazza salì di alcune ottave mentre si rivolgeva a quest’ultima tutta rossa in volto.

La signora Cross rise sotto i baffi. “Bene, oggi dovete andare a vedere il molo giusto? Divertiti anche oggi allora, e comportatevi bene, mi raccomando” ammonì tutti e due, anche se sorrideva.

Maggie non le aveva raccontato i particolari del pomeriggio appena passato, ma a quel che pareva alle madri non sfugge nulla. Sembrava saperla più lunga sia di Maggie che di Terence.

 “Meglio che ci avviamo, la strada per il molo è lunga, ciao mamma”

“Arrivederci signora”

La giovane si affrettò ad uscire di casa, prima che sua madre dicesse qualcos’altro di imbarazzante. Già stava per sprofondare dal rossore, meglio evitare di peggiorare le cose. Lanciò una rapida occhiata a Terence al suo fianco e notò con sollievo che lui era nella sua stessa situazione. Le guance stavano raggiungendo una sfumatura purpurea.

 

Una volta lasciata l’abitazione, ricadde il silenzio. Maggie iniziò a mille modi diversi per poter intraprendere una qualsiasi discussione. Tornarono le farfalle nello stomaco. Quando ormai la situazione si fece insopportabile, disperata, se ne uscì con un commento sulla nave di Teels, lodandola e chiedendo come il padre del ragazzo ne era entrato in possesso. Terence accettò con gioia il tentativo di iniziare un dialogo degno di questo nome, e si lanciò nel racconto di come il suo bisnonno era riuscito a comperare l’imbarcazione. Ciò bastò a rompere il ghiaccio e chiacchierarono per tutta il tragitto.

 

Il molo era poco distante dal porto e si inoltrava per circa trecento metri nel mare. Fortunatamente il caldo, passata l’ora di punta, era diminuito e poterono percorrere il breve percorso senza i bollenti raggi del sole addosso.

Una volta arrivati in punta erano quasi le sei, e il sole stava iniziando a tramontare. Maggie si sedette sul bordo, lasciando dondolare le gambe, Terence invece rimase in piedi ad ammirare il bellissimo panorama.

“L’isola sarà anche piccola ma ha una vista mozzafiato” esordì.

“Concordo” rispose lei, sorridendo e guardandolo. Non aveva ancora dimenticato l’argomento interrotto il giorno prima e decise che era giunto il momento per riportarlo a galla.

“Terence, posso chiederti una cosa?” iniziò cauta.

“è tutta la giornata che mi ‘chiedi cose’, non credo che una in più o in meno faccia differenza”

Lei ignorò la battuta. “Mi domandavo il significato di una tua risposta ad uno dei miei primi quesiti”. La stava prendendo larga.

“Ovvero?”

“Quella frase, quando ti ho chiesto se valeva la pena vivere per mare per poter visitare posti nuovi, ehm, ‘dipende da cosa vuoi nella vita’, cosa significa?”

Lui la fissò intensamente per un secondo, poi tornò a fissare l’orizzonte.

Infine con un sospiro si apprestò a rispondere. “è semplice, per alcuni la smania di avventura è irresistibile e farebbero di tutto pur di provare l’adrenalina che scorre nelle vene quando sei di fronte ad una nuova situazione. Mentre per altri la voglia di vedere posti sconosciuti è irrefrenabile. Questi due motivi, per certa gente, giustificano il sacrificio di dover vivere per mare. Per altre persone invece questo non basta. Alcuni si accontentano di cose più semplici, una casa e una famiglia per esempio. E sono felici senza gironzolare in giro in cerca di chissà che cosa, per soddisfare una sete, a mio parere, mal sana e pericolosa.”

Maggie lo fissò rapita un attimo. Quello che aveva appena detto il ragazzo combaciava perfettamente con la sua linea di pensiero. “E tu appartieni all’ultimo gruppo di persone, giusto?” domandò, anche se sapeva già la risposta, mentre si alzava e gli si metteva davanti.

Terence riportò lo sguardo sul volto di lei e…ne rimase folgorato. Ormai il sole stava tramontando e controluce Maggie era molto più che bella.

I capelli castano scuro ricadevano morbidi sulle sue spalle, incorniciandole il volto dolce e leggermente arrossato per il caldo o forse per la situazione, chi lo sa. Gli occhi azzurri brillavano come zaffiri nella penombra che si era disegnata sul suo viso dai lineamenti dolci e perfetti, a causa della luce alle sue spalle. Il vestito rosa le calzava a pennello, evidenziando le forme morbide e generose della giovane, nonostante avesse una corporatura al quanto esile.

Intanto Maggie aveva ripreso a parlare, interpretando il silenzio di Terence come una risposta affermativa alla sua domanda.

“…anch’io la penso come te. Il sogno più grande di Angela è sempre stato quello di viaggiare in cerca di avventure, mentre il mio è da sempre quello di fare da madre in una grande famiglia. Con una bella casa a cui badare e un bravo marito da amare…” ma ormai Terence non la ascoltava più. Stava fissando le labbra della giovane, che vibravano delicatamente con un movimento quasi ipnotico. Quelle labbra morbide…quella bocca delicata a forma di cuore… D’un tratto un impulso insopprimibile si impadronì del ragazzo. Non gli era mai successo prima ma sentì il bisogno di stringere quella dolce e, all’apparenza, fragile ragazza. Quella giovane tanto gentile e spensierata, che aveva conosciuto da poco ma che in poco tempo  gli aveva fatto provare più emozioni di quante ne avesse vissuto finora. Non riuscì più a resistere e con un scatto si avvicinò a Maggie, cingendole l’esile vita con un braccio e la baciò con dolcezza e delicatezza, come se temesse che si potesse rompere sotto il suo tocco.

 

Maggie, dal canto suo, non riuscì a capire cosa stesse succedendo, era accaduto tutto troppo velocemente. Un attimo prima stava parlando e un secondo dopo si era ritrovata tra le braccia del suo interlocutore e lo stava baciando. Un momento, lo stava baciando? Si, stava ricambiando, ed era felice, come se non avesse desiderato altro da quando lo aveva conosciuto, solo poco tempo fa, il giorno prima! Eppure non era da lei fare una cosa tanto avventata. Non aveva mai baciato un ragazzo in diciassette anni di vita e ora lo stava facendo con un che conosceva da meno di quarantott’ore! Ma in quel momento non le importava. Avrebbe fatto i conti dopo con la razionalità, decise che per ora l’unica cosa giusta da fare era godersi il momento. Dopotutto non era quello che in fondo voleva? Non era quello che avrebbe desiderato fare già da ieri? Perché opporsi?

Così facendosi guidare dall’istinto, gli cinse il collo con entrambe le braccia, attirandolo di più a sé, mentre lui la teneva salda per la vita con un braccio e le accarezzava la schiena con movimenti circolari con l’altra. Il bacio era dolce e delicato, entrambi stavano assaporando il momento e non volevano accelerare il ritmo, come se volessero esplorarsi a vicenda, con calma.

Il sole era tramontato, e le stelle stavano facendo capolino all’orizzonte, uniche spettatrici indiscrete di questo scambio d’amore.

Dopo un tempo che ai due ragazzi parve infinito, si allontanarono l’un dall’altro, ma senza perdersi di vista. Si guardarono negli occhi, perdendosi l’uno nell’altro. Cercando di trasmettersi tutto quello che provavano con un solo, dolce, intenso sguardo.

Zaffiro dentro smeraldo.

Dall’espressione beata e felice che si poteva leggere sul volto di tutti e due, si poteva capire che né Maggie né Terence erano dispiaciuti per ciò che era accaduto.

Alla fine il ragazzo si sentì in dovere di dire qualcosa, come se volesse suggellare quel momento con delle parole.

“Maggie…” iniziò, ma lei non lo fece finire, poggiandogli un dito sulle labbra.

“Dimmi solo se provi quello che penso di provare io” lo interruppe.

Lui la fissò intensamente e le prese la mano tra le sue, baciandola “Se quello che provi tu è …è …più… d’una amicizia allora si, è quello che provo anch’io” balbettò.

“Amore?” suggerì la ragazza. Sembrava più lei padrona della situazione che lui.

“si… credo di si…amore” pareva stesse assaporando il dolce suono di quella semplice parola, che racchiudeva un significato così importante.

Sorrisero entrambi, complici e felici. Si abbracciarono ancora una volta, soli nella notte.

Scese il silenzio, ma non era imbarazzante, era il silenzio che cade tra due amanti, quando le parole diventano inutili perché l’altro sa già cosa vuoi dire. Un silenzio intriso si parole non dette ma sapute, di complicità e di amore.

Era un piccolo paradiso fatto solo per loro, un eden personale dove il confine tra cielo e terra si perdeva all’orizzonte, aumentando l’impressione che quell’istante potesse durare in eterno, alimentato solo dall’amore appena nato tra due persone che appena conosciutesi, hanno trovato subito nell’altra la propria anima gemella.

Una oasi protetta, piena d’amore, fatto solo per Maggie e Terence.

Ciao a ttt!!

Qst cappy nn era prevvisto, l'idea è venuta da sola, spero xò ke vi sia piaciuto! è la prima volta ke parlo di un bacio o di due persone innamorate, non so se sn stata brava a descrivere la scena, è stata una specie di prova x me, x favore, ditemi se vi è piaciuto^^!!! 

Ora passo ai ringraziamenti x ki ha commentato:-) :

sesshy94: grazie infinite x il tuo entusiasmo e x i complimenti *me commossa*!!!!! Avevi ragione, alla fine Terence e Maggie si piacciono^^! Spero ke anke qst cappy ti sia piaciuto, nn vedo l'ora di leggere il tuo commento^^!! Kisskiss e tvttttb 68Keira68

Sinfony: grazie tantissimo anke a te ke hai letto ttt la storia d'un colpo, glasieeeeeee^^!!!!!!!! Di Lizzy e famiglia parlerò presto, prometto :-), e avranno una buona parte tutta loro^^!!! Spero commenterai anke qst cappy e ke ti sia piaciuto:-) kisskiss 68Keira68


 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10_Piano B ***


Note dell'autrice:

Ciao a tutti!!!! Sono tornata!!!! Scusatemi come sempre per il ritardo! Speravo di postare prima ma non ce l'ho fatta, sorry!!!! Spero però che ora che finalmente ho messo il cappy 10 quest'ultimo non vi deluda e che vi piaccia! Vi dico già che il nostro amato Jack e la cara figlia Angie non ci saranno ancora, riappariranno nel prox cappy, questo ve lo assicuro^^. Per ora abbiamo ancora Terence e Maggie e ora vi lascio leggere quello che succederà senza farvi perdere altro tempo! Passo solo ai ringraziamenti di coloro che mi recensiscono e che io non ringrazierò mai abbastanza, grazie davvero ragazze, non sapete quanto mi fanno piacere i vostri commenti, GRAZIEEEE!!!!!!^^!!!!! 

sesshy94: grazie infinite per il tuo entusiasmo ^^ non sai quanto sono felice che il cappy ti sia piaicuto e che la coppia Maggie&Terence abbia riscosso tanto successo^^! Anhce secondo me stanno benissimo insieme, non potevo non dedicarli un cappy tutto per loro^^! Spero che ti piaccia anche questo cappy e non vedo l'ora di leggere la tua recensione! Tvttttttb kisskiss 68Keira68

DjKela: ciaooo^^!!! Dire ceh sono felice che il cappy ti sia piciuto è un eufemismo^^ sn stracontenta!!!!! Grazie mille x i complimenti, sei troppo buona (glasieeee^^!!), ero titubante sulla scena romantica, ma sn stra sollevata che il cappy sia andato bene e che sia stato così ampliamente apprezzato^^ Maggie e Terence sono felicissimi di avere dei fans della loro coppia quindi cìè un mega ringraziamento anche da parte loro :-)!! Non potevo negargli uno spazio tutto loro nella ficcy dopotutto, giusto^^? Cmq la tua previsione è azzaccata ora ke Trevis (ke è il commodoro mentre Nap è il governatore^^) è a Telia si prevedono grossi guai, cm si leggerà a breve! Aspetto un tuo parere su qst cappy e spero tanto che piaccia anche qst^^ tvttttttttb kisskiss 68Keira68^^!

raffaele: wow, sono felicissima che tu abbia letto la mia sotria ttt insieme, grazie mille^^!!!! E sn contentissima ke ti sia piaciuta^^!!! Grazie dei complimenti e spero ke anke qst cappy ti piaccia^^ kisskiss 68Keira68

Grazie infinite anke a ki legge soltanto e a tutte le perosne ke mi hanno aggiunto tra i preferiti, grazie infinite^^!!!!!!!!!!

Vi auguro una buona lettura

Kisskiss 68Keira68!

PS Fatemi sapere se qst cappy vi piace^^

10_ Piano B

“Allora domattina vieni?”

“Ma certo, sarò qui alle dieci in un punto”

“Conterò i secondi”

 

Maggie e Terence stavano risalendo le tortuose stradine di un Telia tranquilla e silenziosa. Erano da poco passate le sette e mezza di sera e il ragazzo la stava accompagnando a casa, mano nella mano. Quando giunsero a destinazione, con grande rammarico dei giovani, Maggie trasse un profondo sospiro.

 

“Siamo arrivati, temo” le sussurrò lui, accostando la sua bocca all’orecchio di lei, per poi darle un tenero bacio tra i capelli.

Lei sorrise del contatto, ma subito dopo un’espressione sconsolata le offuscò i grandi occhi zaffiro e abbassò la testa scuotendola leggermente.

Terence se ne accorse e le domandò cosa avesse.

“Niente…non ti preoccupare” fu la risposta sospirata.

Non convinto, il ragazzo prese delicatamente il mento di lei tra la sua mano in modo da poterla guardare negli occhi.

“Cos’hai?” ripeté dolce.

Lei parve esitare un momento, poi con un profondo respiro si apprestò a rispondere.

“E che domani è l’ultimo giorno che starai qui. Dopodichè partirai con tuo padre e…e… chissà quando ci rivedremo”

Terence comprese le preoccupazioni della giovane e quasi sorrise, sollevato che il problema fosse solamente quello. Le accarezzò i capelli e la abbracciò. “Non devi pensare a questo, prima di tutto io sono ancora qui, non sono ancora partito, e poi ci ho pensato anch’io e sono già arrivato ad una soluzione” mormorò paziente, quasi cullandola tra le sue braccia.

Lei si scostò da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, stupita. “Hai risolto il problema? E come?”

“Semplice, chiederò a mio padre di fermarci qui ancora una o due settimane, vedrò quanto riesco ad ottenere. Per i marinai non sarà un problema, la prenderanno come una piccola vacanza. E poi vedremo quale sarà la scelta migliore da fare, ma tu non ti devi assolutamente intristire, voglio vedere il tuo dolce sorriso dipinto sul tuo volto sempre. Ci sono un sacco di strade aperte, vedremo quale sarà la più accessibile per noi. Intanto però vediamo di goderci questo periodo assieme, le preoccupazioni le affronteremo quando ce le troveremo davanti”

“Giusto” esclamò felice affondando la testa nel petto del ragazzo, sollevata dalla prospettiva di poter trascorre con lui almeno altre due settimane. Per il resto si vedrà, come giustamente affermava Terence.

“Maggie, credo però che ora dovresti entrare. Per me potremmo rimanere qui finché vuoi, lo sai, ma tua madre e tuo padre non penso che sarebbero molto lieti di questa decisione” osservò Terence, senza però sciogliere l’abbraccio.

“Significa che devi andare?” mormorò triste.

“Dovrei tornare alla nave”

“E se io non ti lascio andare da nessuna parte?” provò lei “Potresti dare la colpa a me”

Lui rise. “Dubito che crederebbero al fatto che mi hai rapito”

“Uffa” borbottò sconsolata. Poi le venne un’idea. “E se resti a cena? Mia madre non avrebbe nulla in contrario, e poi è un’ottima cuoca, non te ne pentiresti, te lo assicuro”

Gli occhi azzurri brillarono speranzosi, accompagnati da un dolce sorriso.

“è sleale, se mi guardi così non posso dirti di no” e rise nuovamente.

“Quindi è un si! Yuppi! Vieni” e lo trascinò in casa prendendolo per mano.

 

Aprì la porta ed entrò gioiosa, seguita a ruota da Terence.

“Mamma, siamo tornati” salutò.

“Buonasera” le fece eco lui.

Nel salottino che faceva d’ingresso non c’era nessuno oltre il buio. L’unica luce proveniva dalla cucina e ciò faceva pensare che la famiglia fosse riunita lì. Difatti la signora Cross uscì dalla suddetta stanza quasi subito, disegnando un cono luminoso sul pavimento acconto alla sedia a dondolo quando spalancò la porta della camera.

“Finalmente siete tornati, iniziavo a preoccuparmi!” li sgridò, tenendo un tono bonario però. Poi il suo sguardo si posò sulle mani ancora intrecciate della figlia e del giovane, e non poté nascondere un sorriso.

“Allora? Passata una bella giornata?” chiese ostentando naturalezza.

Maggie e Terence si scambiarono un’occhiata fugace.

“Si, ci siamo divertiti, grazie” cercò di finire in fretta lei, mentre lui diventava nuovamente color porpora. “Ehm, mamma? Mi chiedevo se Terence può fermarsi qui a cenare, sai, ormai è tardi, non farebbe in tempo a risalire sulla nave per cenare insieme agli altri. A te non dispiace vero?” chiese, facendo leva su ragioni più logiche di quelle reali. Cosa inutile, dato che la signora Karen Cross pareva saperla più lunga di tutti e due i ragazzi.

“Ma certo, sia mai che deve fare la strada di ritorno affamato. Comunque c’è anche tuo padre di là, forse è meglio che lo avvisi che abbiamo un ospite a cena.”

A quelle parole Maggie sentì Terence irrigidirsi. Gli strinse di più la mano per rassicurarlo. Non c’era nulla da temere, suo padre era sempre stato comprensivo e aveva un carattere calmo e riflessivo. Senza contare che era amico di vecchia data con Teels, anche se questo il povero Terence non lo sapeva.

“Ok, allora andiamo, vieni Terence?” aggiunse poi rivolta al giovane.

“Eh…si, come no”. Era tornato nervoso. Maggie avrebbe voluto dire qualcosa per rassicurarlo, ma con sua madre che li guardava curiosa non poteva dire nulla.

 

Una volta entrati nella piccola cucina trovarono il signor Robert Cross intento nella lettura di un libro, comodamente seduto su di una sedia, posta attorno ad una tavola già apparecchiata. L’odore del sugo che stava cocendo in una delle tante pentole messe sui fornelli riempiva lo spazio mettendo l’acquolina in bocca.

Appena i due entrarono, il padre di Maggie alzò lo sguardo dalla sua lettura e si sorprese alla vista di Terence. Si riprese però subito, e alzandosi dalla sedia, con un sorriso aperto salutò affettuosamente la figlia, per poi rivolgersi interessato al ragazzo.

“Buonasera, tu devi essere Terence, giusto? Il figlio di Teels!” e gli porse la mano.

“Esatto signore, lieto di fare la vostra conoscenza” rispose impeccabile lui, restituendo la stretta di mano.

“Papà, Terence si ferma a cena, non è un problema, vero? La mamma è d’accordo” si intromise Maggie.

L’uomo rivolse la sua attenzione su di lei. “Ma certo che no Maggie, è una buona occasione per conoscere il figlio di Teels, sai Terence, tuo padre mi ha parlato tanto di te, tutte le volte che viene qui non fa che ripetere quanto sei bravo nello studio. Anche se si lamenta che non sembri molto interessato alla vita da marinaio”

A sentir le parole cordiali del signor Cross, Terence si rilassò notevolmente. Notò con piacere che era una persona molto cordiale. Lo invitò ad accomodarsi alla sua destra e iniziò a raccontargli di come aveva fatto conoscenza con suo padre, mentre Karen riempiva i piatti con una pastasciutta dall’aspetto delizioso dopo avere aggiunto le stoviglie per il ragazzo.

 

 

*

 

La mattina seguente Maggie si alzò presto e alle nove in punto era pronta per uscire. Aveva appuntamento con Terence per le dieci, ma aveva deciso di fargli una sorpresa e di farsi trovare davanti alla porta della sua cabina un’ora prima. Era sicura che il ragazzo avrebbe gradito, in più lei era terribilmente impaziente di vederlo.

Controllando con un’ultima occhiata al lungo specchio appeso nella sua cameretta che il vestito color pesca, il quale  aveva indossato, fosse apposto, si apprestò a scendere la scala per dirigersi alla porta d’ingresso.

Venne bloccata però da sua madre, proprio ad un passo dalla maniglia.

“Maggie, dove stai andando?” le chiese sorridente, anche se sapeva già la risposta.

Maggie abbassò lo sguardo e con un sorriso imbarazzato rispose “Da Terence”

La signora Cross rise. “è incredibile, non riesci a stare lontana da quel ragazzo per più di qualche ore che subito ne senti la mancanza, e meno male che lo hai conosciuto solo tre giorni fa, a vedervi ieri sera sembravate fidanzati da due anni!”

Maggie non ribatté. Uno perché era troppo impegnata a tenere sotto controllo la temperatura delle gote e due perché tutto quello che le aveva detto la madre era vero.

“Dai, vai pure, non ti trattengo oltre, ne abbiamo già parlato ieri sera. Però poi voglio che mi racconti tutto!”

Il ricordo del dialogo avvenuto tra la ragazza e la madre la sera precedente riaffiorò in un lampo nella mente di Maggie.

 

Terence era da poco tornato alla nave, dopo aver salutato la giovane Maggie con un tenerissimo bacio sulle labbra e con un “sogni d’oro” che sia la signora che il signor Cross fecero finta di non sentire, molto educatamente.

La ragazza stava risalendo gli scalini che portavano dritti alla sua stanza, più leggera e spensierata di una nuvola, quando sua madre la chiamò in cucina. Maggie sorpresa fece dietro front e riattraversando il salotto entrò nella stanza dove stavano sia sua mamma che suo papà.

“Cosa c’è mamma?” le chiese.

Karen lanciò un’occhiataccia al marito, che subito balzò dalla sedia sulla quale era comodamente seduto, per poi uscire in fretta dalla camera con un “ehm, non so voi ma io sono stanco morto, vado a letto, ci vediamo domattina. ‘Notte cara, notte Maggie” e si richiuse la porta alle spalle.

Maggie fissò stranita la reazione del padre, per poi accomodarsi attorno al tavolo sotto incitazione della madre.

“Mi vuoi dire qualcosa?” riprovò Maggie.

La donna le sorrise e rispose “Si Maggie, volevo parlare un attimo di Terence se non ti dispiace”

Maggie si sentì sprofondare nell’imbarazzo più totale. Sapeva che sua madre aveva capito come stavano le cose, e probabilmente anche suo padre, quindi se la aspettava una domanda del genere, ma sperava con tutta se stessa di poterla rimandare ancora un po’.

“Cosa vuoi sapere?” domandò guardando il bordo della seggiola sulla quale si era seduta.

“Tranquilla, non ti voglio fare il terzo grado, voglio solo capirci un po’ meglio. Allora ti piace?”. Maggie riuscì a guardare in faccia la madre e non seppe se quello che vede doveva sollevarla o spaventarla ancora di più. La signora Cross aveva un’espressione serena, e questo era un bene, ma pareva anche una adolescente alle prese con le prime confidenze dell’amica del cuore. E ciò non prometteva nulla di buono. Altro che terzo grado, trapelava curiosità da ogni singolo centimetro di pelle. La cosa sarebbe andata avanti per le lunghe. Quanto meno sua mamma aveva avuto l’accortezza di mandare via il padre, era certa che non avrebbe mai detto una parola in sua presenza, altro che imbarazzo! Sarebbe sprofondata nel pavimento.

“Si” rispose sintetica. Si stava aggrappando alla lieve speranza che vedendola poco disposta a parlare magari la madre avrebbe lasciato perdere.

Ma la sua interlocutrice non parve contenta. “Quanto?” insistette. Evidentemente non aveva intenzione di demordere.

Maggie respirò profondamente e si arrese. “Tantissimo!” confessò.

La signora Cross annuì soddisfatta. “Io lo sapevo che finiva così, dovevi vederti stamattina. Eri tesa come una corda di violino mentre lo aspettavi. Continuavi a dondolarti nervosa sulla sedia a dondolo. Poi quando hai sentito il campanello sei saltata ad aprirgli la porta più lesta di una lepre! Comunque non posso darti torto, è veramente carino, poi sembra un così bravo ragazzo.”

“Lo è, credimi. È dolcissimo ed è così tenero!” confermò lei.

“Prima eravate così carini insieme, non sai in che modo vi guardavate a vicenda, sembravate persi l’uno negli occhi dell’altra, come se uno non potesse vivere senza l’altro!”

“Mamma!” esclamò Maggie, diventando di nuovo rossa.

“Cosa c’è? È la verità! Comunque un po’ mi faceva tenerezza, era così in tensione quando ha saputo che c’era anche tuo padre. Meno male che poi si è tranquillizzato. È stato impeccabile per tutta la serata, è veramente ben educato…”

A quel punto la signora Cross aveva passato una buona mezz’ora a lodare Terence, rimproverando alla figlia solamente di non avergliene parlato il giorno prima.

 

La ragazza la guardò con una finta espressione esasperata, ma poi le fece l’occhiolino complice. “Contaci! Ora vado, ci vediamo dopo” e corse via sorridendo.

Percorse a grandi passi le viuzze della cittadina già sveglia e notò subito un fermento insolito tra gli abitanti. La piccola popolazione di Telia parava concitata, raggruppata a gruppi di quattro o cinque persone. Non avevano neppure innalzato il mercato giornaliero. Incuriosita si fermò a chiedere spiegazioni a Leonard, il fruttivendolo, che camminava velocemente nella direzione opposta alla sua, probabilmente diretto a casa.

“Scusami Leonard” lo chiamò la giovane.

L’uomo si fermò di colpo, come cadendo dalle nuvole, e ci mise qualche attimo a riconoscerla, dopodichè le sorrise.

“Ciao Maggie, bisogno di qualcosa?”

“Volevo chiederti il perché di tutta questa agitazione. Cosa sta accadendo e perché non ci sono le bancarelle?” domandò curiosa.

Leoanrd la fissò prima incredulo e poi serio. “Non mi dire che non hai ancora saputo la novità”. Alla vista della faccia sempre più stranita della giovane, l’uomo scosse la testa. “Ma dove vivete voi giovani? Ne sta parlando tutta Telia! Stamattina presto è arrivata al molo una nave della Compagnia della Indie Orientali con a bordo un grosso contingente di soldati per adempiere ad una missione al quanto importante, anche se non hanno voluto spiegarci più dettagliatamente la situazione per motivi di segretezza. Comunque sia hanno iniziato da circa un quarto d’ora a perquisire l’isola, chiedendo informazioni a destra e manca.” Le spiegò grave.

“Ma cosa stanno cercando?” la ragazza contrasse la fronte. Cosa diamine potevano volere dei soldati in una cittadina come Telia? Era già tanto se sapevano che esistevano! Iniziò a preoccuparsi.

“Faresti meglio a chiederti chi, vedi pare che tra noi ci sia una persona accusata di pirateria, anche se non sono riuscito a capire chi”

Quelle parole, che per il fruttivendolo esprimevano semplice e genuina curiosità, ebbero invece per Maggie un effetto devastante. Pirateria? Nell’isola non c’erano pirati e non ce ne erano mai stati. Allora perché cercare un bucaniere proprio qui?

La risposta arrivò tanto pronta quanto odiata. Angela. Lei era l’unico collegamento che Telia aveva con i pirati. Lei era la figlia di un bucaniere, l’unica spiegazione possibile era che la Compagnia cercasse proprio lei. Ma come poteva essere? Come facevano loro a sapere che la prole di un pirata si trovasse a Telia? Non lo aveva saputo nemmeno la diretta interessata fino a qualche giorno prima! E poi perché avrebbero dovuto dare la caccia alla figlia e non al bucaniere direttamente? Possibile che questo Sparrow sia talmente pericoloso da far pensare di dover temere anche la discendenza?

Non aveva senso. Eppure non riusciva a pensare ad altre soluzioni.

Con il volto pallido e preoccupato salutò precipitosamente Leonard e corse a rotta di collo verso il mercantile di Teels. Magari il vecchio capitano ne sapeva qualcosa di più e poteva dissipare i suoi timori. O per lo meno lo sperava molto vivamente. Mano a mano che si avvicinava a destinazione non poté non notare tutti i soldati che attraversavano l’isola avanti e indietro.

 

Quando arrivò al porto si bloccò di colpo. Ormeggiata accanto alla nave di Terence stava tranquillo un altro veliero. Un veliero che portava il logo inconfondibile della Compagnia delle Indie Orientali. Sulla banchina c’erano molti uomini della marina. Cercò di ignorarli e andò dritta sul ponte del mercantile.

Appena fu sopra il legno rosso, venne accolta da un Terence in agitazione.

“Maggie! Cosa ci fai qui?” le chiese abbracciandola.

“Inizialmente volevo farti una sorpresa, ma ora mi piacerebbe parlare con tuo padre di cosa sta accadendo” rispose sciogliendo l’abbraccio.

“Intendi l’arrivo dei soldati?” dal tono buio del giovane, Maggie intuì che era preoccupato per la faccenda quanto lei.

“Si, ne sapete qualcosa?” chiese apprensiva.

“Mio padre stamattina ha cercato di farsi ricevere dal capitano del veliero per farsi dare spiegazioni, ma è stato respinto in malo modo dalle guardie, le quali gli hanno detto molto poco cortesemente di farsi gli affari propri.”

Maggie sospirò delusa abbassando la testa. “Quindi non sapete chi stanno cercando?” domandò senza speranze.

“Ehm…in effetti si” confessò Terence.

La ragazza alzò lo sguardo di botto. “Si? E chi è?” domandò in preda all’agitazione.

Lui parve restio a darle la risposta, ma alla fine vuotò il sacco. “Margaret, promettimi che non andrai in escandescenza quando te lo dirò, giurami che non farai nulla di avventato.” Cominciò.

La giovane lo guardò spazientita. “Terence!” lo ammonì.

“Va bene. Stanno cercando…Angela. È accusata di pirateria. Abbiamo sentito chiedere ad alcune persone se la conoscevano e se sapevano dove abitava”

Esattamente quello che temeva. I suoi presagi erano fondati. Maggie si sentì mancare l’aria e per un attimo le sue gambe cedettero. Fortunatamente Terence fu celere a sorreggerla.

“Maggie, per favore Maggie, stai calma, non hanno la benché minima idea di dove possa essere Angela e non possono neanche immaginare che noi sappiamo qualcosa. La tua amica è al sicuro” cercò di confortarla lui.

Maggie scosse la testa e parlò senza pensare “No, no! C’e un’altra persona che sa troppo. Johnatan. Angela gli ha detto chi era suo padre genetico prima di andarsene. Sicuramente saprà che lo ha detto anche a me, e confesserà tutto senza pensarci un attimo. Così verranno a sapere che siamo coinvolti anche tu, io e Teels e verranno ad interrogare anche noi. Oh no!”

Era sull’orlo di un collasso emotivo.

Terence non capì una sola parola del discorso della ragazza, ma decise di prendere in mano la situazione. “Allora dobbiamo impedirgli di raggiungere Johnatan e poi noi. Dobbiamo andare a casa di Angela e evitare di farlo parlare con i soldati. Ma tu mi devi raccontare tutto quello che sai, perché Angela è accusata di pirateria, cos’ha fatto? E cosa c’entra il padre naturale?” cercava di tirare le somme di quell’assurda situazione.

Maggie ci pensò un attimo. Quel ragazzo dopotutto stava aiutando sia lei che Angela e non aveva chiesto nulla in cambio. La fiducia se l’era guadagnata a pieno diritto. Era certa che quel punto Angela non avrebbe avuto nulla da ridire.

“Hai ragione, devi sapere. Il giorno in cui Annalisa è morta, Angela è venuta a conoscenza dell’identità del padre genetico, un certo Jack Sparrow, non sappiamo chi sia, anche se Angie era convinta che si trattasse di un pirata, dal momento che sua madre le aveva consigliato di iniziare le ricerche da Tortuga. Ed è proprio per quello che è partita e vi ha chiesto di accompagnarla a Benprett, per andare nell’isola dei bucanieri a cercare questo Jack. Ora non so se l’ha trovato o se è ancora nel porto dei pirati, ma sono certa che sia già arrivata a destinazione conoscendola.” Raccontò brevemente.

Alla sua piccola spiegazione sentì le braccia di Terence, che ancora l’abbracciavano, irrigidirsi. “Angela è andata a Tortuga? Da SOLA?! Ma quella ragazza è uscita di senno! Come pensa di cavarsela in un posto del genere? Per cercare una persona che potrebbe essere ovunque poi…” la voce del ragazzo si perse.

Maggie si aspettava una reazione del genere, d’altronde anche lei era rimasta sorpresa quando l’amica le aveva esposto i suoi piani. Ma al contrario di Terence, lei aveva anche la certezza che  Angela sarebbe riuscita nell’impresa. Lei riusciva sempre in tutto quello che si prefissava, di certo questo non avrebbe fatto eccezione. Quello che non comprese fu però lo sguardo quasi spiritato che il ragazzo le rivolse dopo la sorpresa iniziale.

“Terence, tutto bene?” Maggie gli accarezzò il volto. Era divenuto pallido e stava sudando freddo. Non ricevendo risposta lo chiamò di nuovo. Questa volta Terence sembrò riprendersi dallo stato si semi shock in cui era caduto e si rivolse a lei con voce rauca.

“Hai detto J…Jack Sparrow? Il padre di Angela è il Capitan Jack Sparrow?!” quasi urlò.

“Shh! Abbassa la voce!” lo rimproverò. “Si, perché sembri sconvolto? Lo conosci?” chiese senza capire.

“Se lo conosco? Maggie, è uno dei pirati più conosciuti dei sette mari! È scampato ad un’impiccagione, è sparito sotto gli occhi di sette agenti della compagnia delle Indie ed ha affrontato l’intera marina britannica lottando prima contro e poi affianco all’Olandese Volante. Si racconta che sia addirittura sfuggito alla morte ritornando dallo scrigno di David Jones! Probabilmente è il bucaniere più ricercato di tutto il mar dei Caraibi!”

Questa volta toccò a Maggie rimanere sorpresa e scioccata. Angie aveva supposto che il genitore fosse un pirata ma di certo non avrebbe mai immaginato che fosse così conosciuto.

Ci volle una manciata di secondi per farsi che la giovane assimilasse la notizia.

“Wow, accidenti! E Angela non lo sa nemmeno! Dovremmo avvertirla in qualche modo, ma come? Però questo non spiega perché la Compagnia vuole arrestare Angela. Dovrebbero cercare questo Jack se è tanto pericoloso non lei, la mia amica non è una piratessa!” cercò di ragionare.

Terence negò la testa e sorrise mesto. “Mai sentito il detto “le colpe ricadono sui figli”? Calza a pennello dato che secondo le leggi sulla pirateria, chiunque sia accusato di pirateria, venga accompagnato, aiuti o discenda da un pirata è punibile con la morte. In qualche modo devono aver scoperto la parentela tra Angie e Sparrow e ora vogliono arrestarla”

“Ma non ha senso!” protestò Maggie.

“Per i soldati non deve aver senso, loro ubbidiscono e basta. Ma ora dobbiamo sbrigarci, dobbiamo andare a casa di Angela” le ricordò.

“Giusto, muoviamoci!”

 

I due ragazzi si avviarono a passo svelto verso la banchina, prendendosi per mano. L’istinto di Maggie era quello di correre, ma sapeva che probabilmente così facendo avrebbe solamente attirato l’attenzione. Prima era stata avventata, difatti si era guadagnata fin troppo occhiate curiose da parte dei soldati, anche se per fortuna non l’avevano fermata.

Maggie condusse il giovane fino ad una stradina secondaria, lontano da sguardi indiscreti, da lì in poi potevano procedere a rotta di collo verso l’ex-abitazione dell’amica.

 

Quando videro le vetrate rotte della vecchia locanda si fermarono. Si accorsero subito che i soldati purtroppo li avevano già preceduti dalle urla le quali provenivano all’interno.

 

“Vi ho sgia det..to.. che gnogn lo ssso! Gnogno la benché….benché minima ideaa di dove quella dissssgrasiata scia andata!”

 

“e la voce di Johnatan” sussurrò Maggie a Terence.

Il giovane annuì poi disse: “Avanti, cerchiamo di avvicinarci senza farci vedere”

 

Mano nella mano i ragazzi circumnavigarono il piccolo edificio fino ad arrivare ad una porta sul retro, l’unica ancora intera fatta eccezione per due vetri in alto, perfetta per origliare senza essere presi. Dalla finestrella più in basso si poteva scorgere l’interno. Cinque uomini della marina britannica avevano circondato il locandiere ubriaco il quale seduto su di una sedia e tremante come una foglia, guardava i soldati spaventato.

 

“Allora dicci quello che sai, a meno che tu non voglia essere arrestato per complicità” lo intimò il più robusto dei cinque.

Johnatan fece un piccolo saltò dalla seggiola ove stava e annuì a scatti con la testa.

“Scciii, vi diRRò quelo che scio. È andata via credo una scettimana fa da sciola sciu di un…una di quelle navi con le mersci, un…un mercantile! Ecco, sci, un mercantile! Non mi ha voluto dire la sciua descitinasione, quella piccola ingrata sce né andata lassssciandomi qui da sciolo!” esclamò.

I cinque marinai si guardarono l’un l’altro, poi il primo che lo aveva interrogato riprese la parola.

“Ma qualcuno deve pur sapere dove la ragazzina sia diretta! Avanti parla!” gli ordinò.

“Gnogno lo scio!” insistette Johnatan.

Il soldato a quel punto perse la pazienza e prese il locandiere per la collottola, facendolo alzare in piedi di peso. “Io fossi in te ci penserei bene! Ti ripeto la domanda, chi altri conosce qualcosa riguardo al viaggio della ragazzina?”

Johnatan ebbe un tremito. “Ok, ok!! Forse può darsci che Maggie sciappia qualcoscia di più” chiosò.

 

Quando la ragazza udì il suo nome uscire dalla bocca del padre adottivo di Angela, si sentì morire. Era successo esattamente quello che temeva. Adesso i soldati sarebbero andati a casa sua, l’avrebbero perquisita e avrebbero interrogato anche sua madre nel vedere la sua assenza. Potevano anche decidere di accusarli tutti per pirateria! Ora cosa avrebbe fatto?

Si sentì mali, iniziò a respirare sempre più velocemente e divenne pallida. Terence allora le strinse ancora di più la mano e le passò un braccio attorno alla spalla, per rassicurarla. Fece poggiare la testa della giovane sulla sua spalla e le baciò i capelli.

“Shh, rimani calma, stiamo a vedere cosa accade” le sussurrò all’orecchio attento a non farsi sentire dalle sei persone al di là della porta.

 

“Chi è questa Maggie?” non contento il marinaio aveva dato un altro scossone a Johnatan.

“è la miglior amica di Angela, sciono scerto che sciappia qualcoscia più di me!”. Il locandiere sperava di convincere i soldati a lasciarlo stare.

“Sei certo che sappia qualcosa?”

“Sci sci, ne sciiiono scicuro!”

“Sarà meglio per te. Come fa di cognome e dove possiamo trovarla?” si informò un altro militare.

“Sci chiama…. Margaret Crosscc ed …abita a qualche isciolato da qui, …sciulla via del porto!” balbettò.

I soldati stavolta parvero soddisfatti della confessione, e il più nerboruto ributtò Johnatan sulla sedia in malo modo.

“Spero per te che sia la verità, in caso contrario torneremo molto presto!” fu l’ultima intimidazione, dopodichè se ne andarono di gran carriera, lasciandosi alle spalle l’uomo intimorito e tremante dalla paura.

 

Intanto Maggie e Terence si erano alzati in piedi e cercando di fare meno rumore possibile si erano allontanati in tutta fretta dalla vecchia locanda.

Quando furono abbastanza lontani, Terence si rilassò un poco e si voltò a guardare in viso la ragazza. Solo allora notò che quest’ultima stava piangendo sommessamente. Era pallida come un cencio e aveva cominciato a dondolarsi avanti e indietro in preda ad una piccola isteria. Il giovane ebbe una stretta al cuore nel vederla così impaurita ed indifesa. L’abbracciò di slancio, come se potesse bastare a proteggerla da tutto e tutti. Iniziò ad accarezzarle la schiena con la mano destra, in senso orario, per tranquillizzarla, mentre con la sinistra la stringeva di più a sé.

“Maggie, amore, calmati, fai dei bei respiri profondi, possiamo farcela. Ora andiamo direttamente alla nave di mio padre e salpiamo subito. Non possono sapere che eri con me, quando lo sospetteranno noi saremo già lontani.” tentò di calmarla. Le dolci parole però non ebbero effetto, Maggie era caduta come in una specie di trunce causato dal panico.

Terence decise allora di scuoterla prendendola per le spalle.

“MAGGIE!” le urlò “Riprenditi, devi scappare, dobbiamo muoverci, forza!”. La scossa funzionò. Maggie parve ritornare in sé e guardò il ragazzo terrorizzata.

“Terence, mia madre, mio…mio padre!” balbettò.

Il ragazzo la fissò confuso. Cosa c’entravano loro? Erano lei che stavano cercando!

Maggie lesse la domanda negli occhi del ragazzo e si apprestò a spiegare velocemente. “Andranno a casa mia e non vedendomi interrogheranno i miei! Li accuseranno di complicità e chi sa cosa gli faranno, potrebbero sbatterli in prigione o addirittura imp…impi..” non riuscì nemmeno a terminare la frase che venne colta da un’altra ondata di lacrime. “Devo avvertirli! Non…non posso andarmene così! E poi non faranno partire la nave, sospetterebbero qualcosa già da subito! Johantan ha confessato che Angie se n’è andata a bordo di un mercantile, ci metteranno poco a capire che è lo stesso ormeggiato al molo!” la disperazione trapelava da ogni parola.

Terence  finalmente comprese e si diede mentalmente dello stupido per non averci pensato prima. Decise di prendere in mano la situazione.

“Hai ragione, allora facciamo così. Tu vai alla nave e ti nascondi nella stiva senza dare nell’occhio. Non dovrebbero fermarti, non sanno che aspetto hai. Intanto io vado a casa tua e avverto i tuoi. Stai tranquilla. Sarò a casa tua prima di loro. I soldati impiegheranno più tempo di me in quanto non conoscono la strada. Ma dobbiamo fare in fretta, devi andare da mio padre ora!”

Maggie scosse la testa. “Non ti lascio andare là da solo, vengo anche io! Devo venire, conosco una scorciatoia e poi i miei daranno più credito a me, riuscirei a convincerli prima!”

“Ma se ti vedono a casa tua, capiranno subito che sei la ragazza che cercano e ti prenderanno” cercò di farla ragionare lui.

“Terence, non posso rischiare che i miei genitori vengano presi! Non sto chiedendo il tuo permesso, io vado da loro, punto e basta” affermò prendendo un briciolo di risolutezza.

Terence si arrese. Non c’era più tempo, dovevano muoversi, non poteva rimanere lì e provare a farla agire come desiderava lui, ovvero mettendo in cima alle priorità la salvezza della ragazza. Anche perché sapeva che non ci sarebbe riuscito, era convinto che non avrebbe mai lasciato la famiglia in pericolo mettendo davanti se stessa, anche se era lei che correva il rischio maggiore. Era troppo altruista.

“Va bene, andiamo!” acconsentì rassegnato.

Iniziarono a correre di nuovo. Maggie lo guidò attraverso le vie laterali e più piccole, per passare in osservato e per raggiungere prima la destinazione. Raggiunsero la casa della ragazza dopo una manciata di minuti. Maggie provava l’istinto di buttarsi a capofitto addosso alla porta, ma Terence la trattenne per un braccio. Lei lo guardò interrogativa e lui, per tutta spiegazione, fece segno di guardarsi attorno. Solo dopo aver appurato che non ci fossero soldati nelle vicinanze la lasciò andare.

Margaret si precipitò in casa, aprendo la porta di botto.

“Mamma!” esclamò con il fiatone a causa della corsa. Notando che il salottino il quale fungeva da entrata era vuoto, si fiondò in cucina, dove trovò la madre intenta a preparare il pranzo. La signora Cross alla vista della figlia la quale le veniva incontro spaventata e sconvolta, lasciò perdere pentole e mestolo e le andò in contro.

“Maggie, cos’è successo? Stai male?” le chiese apprensiva.

La giovane ignorò l’ultima domanda e rispose. “Mamma, i soldati, stanno venendo qui! Vogliono arrestare Angela e vogliono interrogare noi sul dove si trovi! Dobbiamo andarcene subito, dov’è papà?”

La madre la guardò attonita per un attimo, infine la guardò dritta negli occhi e disse. “Margaret, cosa diamine stai dicendo? Perché la vogliono arrestare e perché dovrebbero interrogare noi? Non ha senso!”

Maggie la fissò disperata. Il tempo intanto correva veloce. Sarebbero arrivati tra poco.

“è accusata di pirateria. Ora per favore signora Cross, tra poco i soldati saranno qui, dobbiamo sbrigarci. Dovete venire con me e sua figlia sulla nave di Teels, lì sarete al sicuro mentre io vado a cercare vostro marito. Vi spiegheremo tutto in seguito, glielo assicuro.” Si intromise Terence che intanto si era riavvicinato a Maggie e l’aveva presa per la vita mentre le accarezzava un braccio per tranquillizzarla.

Il ragazzo cercava anche lui di mantenere la calma, ma in realtà era agitato quanto la giovane che stringeva a sé, e ciò traspariva dal tremolio nella sua voce.

Karen ora fissava tutti e due a metà tra lo scetticismo e l’inquietudine. Nel vedere però che sia la figlia che Terence rimanevano seri e in apprensione, l’inquietudine scacciò definitivamente lo scetticismo. Il sangue le defluì dalle guance e fissò la figlia impaurita.

“Oh mio Dio, Maggie dici sul serio? Ma perché! Non capisco! Sei certo che la nave sia un posto sicuro? E poi dove dovremmo andare…?”

“Da nessuna parte”

Una voce forte e possente risuonò nel piccolo spazio della cucina. Una voce già udita sia da Terence che da Maggie solo pochi minuti prima. La voce del soldato più massiccio. Erano arrivati, era troppo tardi.

La signora Cross balzò sul posto e fissò il marinaio sulla porta della cucina terrorizzata. Maggie prese a tremare più forte sotto l’abbraccio di un Terence altrettanto spaventato, anche se cercava di non darlo a vedere per far forza alla ragazza.

Tutti e tre guardarono verso il salotto e i giovani riconobbero gli altri quattro soldati visti precedentemente alla locanda. Tutti impettiti e con cipiglio severo, li squadravano al loro volta.

“Non vogliamo farvi del male, quindi non costringeteci ad usare le maniere forti. Se collaborerete saremo tutti più felici, ve lo posso assicurare” incominciò il milite più vicino a loro. Evidentemente doveva essere il capo del piccolo manipolo di soldati dinanzi a loro. Squadrò dall’alto in basso i due giovani e la signora Cross, e si soffermò su Maggie. “Tu devi essere Margaret, giusto?” osservò con tono beffardo.

La ragazza ebbe un tremito e Terence la strinse ancora di più tra le sue braccia, come se potesse nasconderla alla vista dei soldati.

L’uomo annuì. “Perfetto. Ascolta, nessuno di noi vuole farti del male, pretendiamo solo alcune risposte, intesi?” il soldato prese una delle sedie attorno al tavolo e si adagiò comodo continuando a tenere lo sguardo fisso su Maggie, la quale lo squadrava con gli occhi sgranatati dalla paura.

“Allora, sappiamo che conoscevi la signorina Angela, vogliamo semplicemente sapere dove è andata e perché.” Domandò senza tanti giri di parole.

La ragazza non rispose. Primo perché era come paralizzata dal panico e secondo perché non poteva. O meglio non voleva. Non avrebbe tradito Angela, la sua migliore amica, era certa che quest’ultima non l’avrebbe mai fatto se si fossero capovolte le parti.

“P…perchè volete sapere di Angela? È una brava ragazza, non ha mai dato fastidio a nessuno!”. Karen trovò finalmente il coraggio e la forza di aprire bocca.

Il soldato rivolse la sua attenzione su di lei e sorrise maligno. “La ‘brava ragazza’, come la chiamate voi, è una piratessa e noi abbiamo il compito di portarla a Port Royale per processarla”

La madre di Maggie sbiancò davanti alla risposta lapidaria. “Ma …Come … come potete fare insinuazioni del genere? Come potete provarlo?” cercò di ribattere.

Il sorriso del marinaio si allargò ancora di più. “Osa forse mettere in dubbio la nostra autorità e la nostra competenza su suddette cose? La ragazza è una fuorilegge e noi dobbiamo arrestarla, ora o fate i bravi e ci aiutate nel nostro incarico dicendoci tutto ciò che sapete, oppure verrete accusati di complicità. A voi la scelta.” Le parole calme e glaciali del soldato sortirono il loro effetto.Maggie si strinse più forte a Terence, mentre quest’ultimo cercava di calmarla cullandola tra le sue braccia.

La ragazza però si fece forza e riuscì a balbettare una risposta. “Non so ….n…niente su dove si trovi ora Angela”

“Le menzogne non aiuteranno la tua situazione, signorina, sappiamo per certo che tu conosci la meta della giovane, quindi prima ti decidi a parlare meglio sarà per tutti, credimi”

Maggie tacque. Non sapeva cosa doveva fare, oltre la paura che le annebbiava la mente, sapeva che esistevano solo tre strade possibili: la prima era tradire Angela, confessare tutto e salvare da quella situazione sua madre e Terence. Sempre confidando che gli avrebbero lasciati stare veramente. Ma poteva fare questo alla sua migliore amica, quasi una sorella? Consegnarla nelle mani del nemico? Che persona e che amica sarebbe stata? No, non poteva. Si sentì in colpa per averci anche solo pensato.

Ma dall’altra parte se non avesse parlato avrebbe messo tutti quanti nei guai, guai seri.

L’unica era la terza via: continuare a mentire e sperare di essere convincente.

“Vi ripeto che non ho la benché minima idea su dove possa trovarsi Angela. So che è partita è vero, ma non mi ha voluto dire la sua meta” affermò con voce un poco più ferma di prima.

Il soldato allargò il ghigno e si propense in avanti, verso la ragazza.

“Ne sei certa?” chiese mellifluo.

Maggie si ritrasse indietro, cercando riparo tra le braccia di Terence.

“S…si”

L’uomo scosse la testa lentamente. “Va bene, se ne sei così certa non ti dispiacerà salire sulla nave con noi e ripetere le tue affermazioni al Commodoro, dico bene?”

La signora Cross e la figlia divennero cerulee. Terence decise di prendere la parola in difesa della ragazza.

“Non vedo perché ….scomodare un’autorità come il Commodoro per una falsa pista. Margaret non sa nulla su Angela, le vostre informazioni devono …essere sbagliate” esclamò cercando di nascondere il breve tremolio nella voce.

Gli occhi del marinaio si spostarono su di lui. “Perché lo dico io ragazzo, questo ti è sufficiente? La ragazza sa più di quello che dice, lo si vede lontano un miglio, e io ho l’ordine di portare al cospetto del Commodoro Trevis la fonte più ricca di notizie che riusciamo a trovare. Quindi ora o taci e stai al tuo posto, oppure verrai con noi a Port Royale per subire un processo con l’accusa di depistare le indagini relative alla ricerca di un pirata.”

Terence in uno slancio di coraggio stava per ribattere. Non avrebbe lasciato Maggie da sola con quegli uomini, come minimo sarebbe andato con lei anche a costo di essere impiccato. Maggie se ne accorse e intuendo le mosse del giovane gli strinse forte il braccio e gli sussurrò un “No” quasi impercettibile. Terence la guardò sorpreso. Infischiandosene dei soldati si rivolse apertamente a lei. “No cosa? Io non ti lascio, vengo con te ovunque tu vada”

Maggie abbassò lo sguardo. Forse Terence non poteva capire, ma mentre lui aveva tremato alle parole del soldato, lei aveva tratto un respiro di sollievo intravedendo un improvviso barlume di speranza. Sapeva perfettamente che i marinai non l’avrebbero lasciata andare ma forse poteva evitare che prendessero anche Terence e sua madre e non avrebbe permesso al ragazzo di mettersi in pericolo per lei. Forse se li avesse seguiti senza opporre resistenza, sarebbe riuscita  a salvare le persone a lei care. “No” ripeté poco più forte.

Terence la prese per le spalle e la scosse leggermente. “Maggie, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Vuoi andare con loro senza battere ciglio? Sei impazzita?”

Il soldato nerboruto scoppiò a ridere. “Oh finalmente la ragazza sta facendo la cosa giusta e a quel che vedo ha più fegato di te, giovane. Avanti, non ho tutto il giorno per portare a termine un compito del genere!” facendo stridere la sedia contro le assi di legno del pavimento, l’uomo si alzò e si diresse verso Maggie che ancora fissava Terence quasi con le lacrime agli occhi. Ovvio che non voleva lasciarlo, ma se davvero gli voleva bene non poteva mettere a repentaglio la vita di lui per il sentimento egoista di stargli vicino. “Lasciami andare” sussurrò.

Il marinaio era arrivato accanto a loro e aveva strattonato Maggie per un braccio.

“NO!” gridarono in coro la madre della giovane e Terence.

“Lei non ha fatto niente, non potete portarla via!” urlò la signora Cross. Intanto Terence cercava di frapporsi tra l’amata e il soldato.

Quest’ultimo rise malignamente. “Ti avevo sottovalutato ragazzo, allora non è vero che non hai coraggio!”

“Lasciatela andare!” ringhiò Terence, ignorando la frase del soldato. Preso da una grinta improvvisa, più dettata dalla disperazione che da un effettivo coraggio, provò a prendere la mira per tirare un pugno in pieno volto all’uomo che ancora teneva Maggie per un braccio. Il risultato fu disastroso. Il marinaio sovrastava Terence di cinquanta centimetri buoni, era una lotta impari. Mentre Maggie urlò il nome del ragazzo, quest’ultimo venne bloccato dal soldato, che senza sforzo intercettò il pugno e strinse la mano di Terence tra la sua fino a farla scricchiolare. Il giovane si lasciò sfuggire un grido soffocato, e solo quando cadde in ginocchio dal dolore il soldato lo lasciò andare soddisfatto.

“Paul, Frank voi rimanete qui e bloccate il piccolo cavaliere finché non avrò portato la signorina sulla nave, dopodichè raggiungeteci assicurandovi che né lui né la donna non vi seguano. Voi altri seguitemi, andiamo dal Commodoro” comandò rivolgendosi autoritario e beffardo ai soldati alle sue spalle.

I due uomini che dovevano essere Paul e Frank affiancarono immediatamente Terence, braccandolo per le spalle.

“Maggie, piccola mia, no!” esclamò la madre della giovane, scoppiando in lacrime.

“Margareth!” le fece eco Terence, mentre osservava impotente l’uomo robusto portarla via. Il dolore alla mano era terribilmente forte, di sicuro gliela aveva fratturata in più punti, ma in quel momento era sovrastato dal male che la vista di Maggie che veniva trascinata via da lui gli procurava.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11_Quando il passato bussa alla porta ***


ciao Note dell'autrice:
Ciao a tutti^^!! Incredibile ma vero, dopo mesi di latitanza sono riuscita a tornare^^  ormai non ci speravo più, hihi^^ ma ce l'ho fatta! Mi dispiace tantissimo per questo ritardo enorme, scusateeeeeee!!!!! Sono stata super impegnata e nn sono più riuscita a scrivere nulla, sigh! Però mi impegno a postare con più frequenza, sul serio^^ anke perchè il prox cap sarà uno dei più importanti, ma già qui c'è una piccola sorpresa finale, anke se sn sicura che qualcuno di voi lo aveva già intuito ^^ nn vi dico altro, vi lascio al capitolo ^^ un grazie va a tutti quelli che hanno letto la mia ficcy e a quelli che l'hanno messa tra i preferiti^^ grazieeee^^!
Ringraziamenti:
Dj Kela: Ciao^^! Ce l'ho fatta a tornare, yuppie^^ e ho visto che anke tu hai aggiornato, al più presto leggerò il cappy, promesso^^ efp mi mancava troppo ^^ hih^^ Ti ringrazio per aver recensito il cap 10 e sn contenta che ti sia piaciuto, ^^ glasie^^ anke io dubito che esistano ancora ragazzi come Terence purtroppo, però la speranza è l'ultima a morire, siamo fiduciose dai^^ hihi^^ Sn felice ke la mamy e il papi di Maggie ti siano piaciuti, grazie^^ Angy purtroppo la stanno cercando con molto accanimento, il nome Sparrow è un catalizzatore di soldati già di per sé ma non sarà solo questo il motivo, tra poco si capirà meglio^^ La povera Maggie se la passerà brutta, xò è un'amica fedele e non aggiungo altro^^ La fossa per il nostro caro amico te la scavo io volentieri, odio più il suo personaggio di quello di Nap, hihi^^!! Il consiglio di alternare le vicende è ottimo e lo devo tenere presente, grazie^^ solo che i fatti del cap 10 dovevano per forza venire prima di questi del cap 11. Spero ke anke qst cappy ti piaccia, aspetto la tua recensione^^ tvtttttb kisskisses 68Keira68 ^^! PS: appena riesco correggo la "e" di Port Royal ^^ grazie per avermelo detto^^

sesshy94: Ciao!! Ma certo ke sei sempre in tempo e sono felicissima ke hai recensito e che ti sia piaciuto, grazie per i complimenti^^!! Maggie come ho detto nn passerà dei bei momenti, ma si vedrà meglio prossimamente^^ cmq credo che Terry vadi bene, o anke Ter^^ spero ke anke qst cappy ti piaccia  e aspetto una tuo parere su qst cappy^^ kisskisses ^^ 68Keira68^^!

Auguro una buona lettura a tutti!
kisskiss
68Keira68

11_ Quando il passato bussa alla porta

 

 

 

“TERRA!”

 

L’urlo dell’uomo di vedetta giunse dritto nelle orecchie di Angela. Era comodamente seduta su uno degli scalini che portavano al ponte di comando intenta a lucidare la sua preziosa spada ma appena udì quella magica parola, balzò sul posto.

 

Terra! Siamo arrivati, evviva! Non vedevo l’ora!

 

Si precipitò con gioia al parapetto. Era una bella giornata, il sole picchiettava caldo e sentiva i suoi raggi sopra la nuca superare la lieve protezione del cappello. Fortunatamente però la leggera brezza che soffiava accarezzandole le gote le dava il sollievo necessario per sopportare quel cerchio luminoso.

 

Erano passati tre giorni da quando era salita a bordo, eppure le sembrava di far parte della ciurma da una vita. Non si era mai sentita così a suo agio in nessun altro luogo, neppure a Telia tra i posti che l’avevano vista nascere. Il primo giorno era stata la distrazione di turno per la ciurma, ogni pirata sembrava ansioso di conoscerla per metterla alla prova. Ma lei si era distinta da subito, sistemandoli il pomeriggio del secondo giorno a bordo, quando un ometto di nome Pintel le si era avvicinato con un sorriso sornione…

 

“Ehi bambolina! Come andiamo? Vi trovate bene a bordo Miss Sparrow?”

Angela era appoggiata con la schiena  all’albero maestro e osservava ammaliata suo padre, che dal ponte di comando dirigeva l’intera ciurma apparentemente senza il minimo sforzo. Dettava ordini  a destra a manca e si assicurava di mantenere la rotta. Se avesse dovuto coordinare lei tutta quella gente probabilmente la Perla sarebbe colata a picco!

La voce del pirata la riportò alla realtà e rivolse uno sguardo nella sua direzione. Un bracconiere tra i quaranta e i cinquanta, quasi calvo, più largo che alto, le si parò dinanzi con un’aria furbetta. Lo aveva già incontrato un paio di volte quella mattina, ma non si era ancora avvicinato, limitandosi a guardarla con aria compiaciuta. Ad Angela stava antipatico di primo acchito. Aveva chiesto a Gibbs come si chiamasse, e se la memoria non la ingannava doveva rispondere al nome di Pintel.

Lo squadrò dall’alto in basso con fare critico alzando un sopraciglio.

“Bisogno di qualcosa?” chiese ironica, senza preoccuparsi di celare il fastidio che le procurava l’espressione dell’uomo.

“Come siamo scortesi, volevo solo conoscervi!” fece un altro passo nella sua direzione. Angela non arretrò ma affilò lo sguardo. Puzzava di rhum lontano un miglio, tanto da farle storcere il naso. La falsa galanteria con la quale si rivolgeva a lei stonava terribilmente sulla sua bocca. Si vedeva che era fasulla lontano un miglio. Anche Gibbs la nominava sempre con l’appellativo Miss, ma pronunciato da lui acquisiva tutto un altro significato, più sincero. Ad Angela il buon vecchio marinaio ricordava i mentori buoni e quasi paterni delle fiabe, quelle persone dotate di una pazienza infinita, se si tralasciava per un attimo il fatto che rimaneva un pirata.

“Il mio nome lo conoscete, mastro” gli rispose.

Pintel sogghignò. “Sai, non pensavo che il nostro capitano avesse una figlia tanto bella. È un peccato che non ti abbia portata a bordo prima, avremmo avuto un piacevole passatempo nei momenti bui” insinuò viscido, abbandonando definitivamente una parvenza di cortesia.

La ragazza non poté nascondere un ghigno divertito. Nonostante la rabbia che sentiva salire prepotente e il disgusto che si faceva strada dentro di lei, non poté non provare un po’ di pena per l’uomo che le stava di fronte. Era vecchio, grasso e probabilmente tutto fumo e niente arrosto. Senza contare che non doveva nemmeno brillare per intelligenza se davvero pensava seriamente di provarci con la giovane. L’aveva presa per una fanciullina indifesa?

Sospirò, non voleva tirare fuori la spada al secondo giorno di navigazione, però se fosse stata costretta non si sarebbe di certo fatta problemi del genere.

“Sai, io ti consiglio vivamente di andartene, hai preso un abbaglio, gira a largo.” Gli intimò quasi divertita vedendo il mutarsi dell’espressione di Pintel, da spavaldo a sorpreso.

Ma il pirata si riprese subito e riacquistato il sorrisetto di prima accostò una mano sull’albero maestro ove lei era appoggiata, stando alla sua destra e  accorciando la distanza tra i due.

 

Ok, ora sono problemi suoi.

 

“Ti ho avvertito” si limitò a sussurrare lei prima di svincolare abilmente verso sinistra ed estrarre fulminea la spada. La puntò alla gola dell’uomo e lo fulminò con lo sguardo, anche se parlò con un tono calmo.

“Giusto per mettere le cose in chiaro. Sono qui unicamente per stare accanto a mio padre e per divenire un pirata a mia volta, non sono minimamente interessata ad altro e ti assicuro che ne necessitassi tu saresti l’ultima persona dalla quale verrei. Dal momento che non intendo aver problemi di alcuna sorta ti ripeto di girarmi a largo a meno che non ti rinfreschi le idee”

Pintel la guardò confuso, ma non si soffermò molto sul volto della ragazza, troppo preoccupato a tenere lo sguardo fisso sulla lama puntata alla sua giugulare, ancora sconvolto dalla velocità con la cui aveva agito la figlia del suo capitano e con che freddezza tenesse in mano la spada. Si era sbagliato, quella giovane era tutto tranne che sprovveduta e di sicuro non era una facile preda. Era meglio fare marcia indietro.

“Va bene, va bene, bambolina, non ti scaldare, stavo solo scherzando, ora me ne vado, ok?” farfugliò, facendo un tentativo di riconciliazione per farle abbassare la lama.

Angela allargò il sorriso, ironica. “Certamente, avevo compreso lo scherzo, difatti stavo giocando anche io, altrimenti a quest’ora ti assicuro che non saresti più in grado di stare in piedi. Comprendi?”

Pintel deglutì vistosamente e si affrettò ad allontanarsi.

Angela rinfoderò la spada e, palesemente soddisfatta della sua piccola vittoria, lanciò qualche occhiata furtiva in giro per il ponte. Almeno la metà della ciurma aveva interrotto le sue attività per vedere il loro “gentile”  scambio di battute. Alcuni avevano un’espressione divertita e sghignazzavano in direzione di Pintel, altri guardavano semplicemente Angela stupefatti. La ragazza alzò lo sguardo verso il padre. Lui faceva parte della categoria che rideva sotto i baffi, orgoglioso della figlia. La ragazza gli sorrise facendogli l’occhiolino, dopodichè si diresse sotto coperta. L’ultima cosa che vide prima di scendere la scaletta fu Jack che andava verso Pintel con un’aria tutt’altro che amichevole. Di certo il pirata non avrebbe passato un piacevole momento.

 

Quella era stata la prima lezione che aveva impartito ad un membro dell’equipaggio. La seconda era arrivata a breve distanza, per la precisione la sera stessa…

 

Angela stava risalendo velocemente le scale diretta alla sua cabina. Aveva cenato assieme al resto della ciurma e soprattutto assieme a suo padre, ma ora si era fatto tardi e data la stanchezza aveva deciso di ritirarsi, mentre gli altri pirati si stavano intrattenendo con rhum e giochi vari. Ma il suo desiderio di raggiungere il letto non venne esaudito, in quanto verso la fine della piccola rampa venne richiamata da uno schiamazzo.

“Ehi, Miss Sparrow, non vorrai mica lasciarci a quest’ora? La notte è giovane e non hai neppure fatto una partita”

Se l’udito non l’ingannava, la ragazza aveva già capito da chi proveniva la voce. Con un sospiro si girò verso la fonte del rumore. Come si immaginava era stato il piccolo ma nerboruto pirata che rispondeva al nome di Martin, il quale, seduto al tavolo da gioco, stava distrattamente mescolando un mazzo di carte vecchio, consunto e sicuramente truccato.

“Ha ragione, sei qui da quasi due giorni e non hai ancora fatto nemmeno una partita, non vorrai offenderci” si intromise Raghetti, il bucaniere magro come un chiodo e con una benda alla destra di Martin.

La ragazza si guardò attorno. Tutti quanti la stavano guardando, suo padre compreso, aspettando una risposta con un sorriso sornione.

 

Pensano tutti che non sappia giocare, è chiaro. Mi ha invitata perché spera di spillarmi soldi facilmente.

Certamente gioia, allora cosa fai, accetti? Stanno aspettando una risposta.

Ahahah, certo che accetto, ho gli occhi di tutti puntati contro, curiosi, credo che se dicessi di no mi porterebbero al tavolo con la forza. Tanto quelli che rimarranno delusi saranno loro.

Vacci giù piano, se si arrabbiano potresti vedertela brutta.

Bazzecole, e poi è lui che mi ha sfidato, se dorrà del suo male non potrà che piangere se stesso.

 

“Se proprio insistete, non sia mai che vi faccia un torto” rispose, trattenendo a stento un ghigno. La frase venne seguita da una piccola ovazione da parte della ciurma e molti “vediamo cosa sa fare” si susseguirono per un bel po’ mentre i pirati si ammassavano attorno al tavolo per avere una visuale migliore della partita.

 

Certo che dicono che la curiosità è donna ma gli uomini non sono da meno.

 

Dopo che ebbe preso posto tra Martin e Robbery, un altro pirata, le carte vennero date e la partita ebbe inizio. La fortuna era dalla sua perché ebbe subito una bella mano. Era cosciente di partire svantaggiata, in quanto ogni pirata seduto a quel tavolo aveva di sicuro quattro assi nella manica, non uno, mentre il suo caro mazzo truccato era a casa sua a Telia. Ma poteva comunque contare su un bluff che non era secondo a nessuno.

Partì il primo giro e con esso la prima puntata. Angela tenne un’espressione neutra per tre giri e tre puntate, alla quarta, iniziò ad avere un’aria grave, seguita dal ghigno di chi pregusta già la vittoria da almeno due degli altri giocatori. Il collegamento era automatico; aria grave-brutte carte. Quello che non immaginavano era che dentro di sé la ragazza aveva semplicemente un sorriso a trentadue denti ben nascosto. Aveva un’ottima mano, in più aveva osservato attentamente ogni pirata nelle varie fasi di gioco. Martin socchiudeva gli occhi ogni volta che mentiva, mentre Raghetti aveva il vizio di passarsi la lingua sul labbro inferiore per ogni bluff. Infine  Robbery si grattava il mento. E per la precisione, in questo ultimo turno sia Robbery che Raghetti si erano fregati dichiarando silenziosamente ad Angela che nessuno dei due aveva in mano ciò che invece facevano credere, ovvero delle carte vincenti. L’unico che sembrava non avere mentito era Martin e quindi era l’unica persona che si frapponeva tra lei e la vittoria. Guardò le sue carte, aveva un poker di re più un otto di quadri, era stata molto fortunata, lo ammetteva, ma poteva non essere abbastanza per assicurarle la vittoria. Il pirata poteva avere un poker d’assi, naturalmente barando, ma sarebbe stata dura dimostrare che aveva imbrogliato. In più accusare un pirata di barare in mezzo ad altri pirati, sarebbe stata una scelta saggia? Ne dubitava profondamente. Però non le sembrava di aver visto qualche azione sospetta, tipo soffiarsi il naso o far cadere “accidentalmente” qualcosa per terra e chinarsi a raccoglierla. Tipici gesti di chi vuole far scivolare delle carte dalla manica alla mano. Decise di rischiare.

“Rilancio” lo pronunciò con aria insicura, per far credere che stesse solo fingendo di avere qualcosa in mano per la quale valesse la pena esporsi.

Martin non si fece spaventare. “Rilancio anch’io” e la guardò con aria di sfida.

Raghetti tentenò, come fece anche Robbery. Angela aveva visto giusto. Avevano bluffato prima, in realtà non avevano nulla in mano. La posta stava diventando alta però e nessuno dei due fu così stolto da rischiare di perdere altri soldi quando non avevano una possibilità di vincere. Entrambi abbandonarono il gioco e mostrarono le loro carte. Due quattro, due sei e un tre Raghetti, un cinque due dieci un quattro e un due Robbery. Meno di zero.

Martin rilanciò ancora. Angela trasse un lungo sospiro per sostenere la sua piccola commedia e infine rilanciò anche lei. Martin la fissò un momento come per analizzarla. Stava per rilanciare nuovamente, ma cambiò idea all’ultimo. “Bene Miss, credo sia arrivato il momento di scoprire le carte anche per noi, non credi? Non c’è altro motivo per rimandare, a meno che tu sia cosciente di non potermi battere e cerchi semplicemente un pretesto per rinviare la sconfitta” parecchi risero.

Angela affilò lo sguardo, ma quando si pronunciò la sua voce era calma, anche se fredda come il ghiaccio. “Ma quanto siamo sicuri di sé, veramente io speravo solo di rimandare la figuraccia che stai per fare di fronte a tutta la ciurma. Non è mai piacevole umiliare una persona di una certa età, soprattutto se la mortificazione arriva da una persona parecchio più giovane, comprendi?”

Si elevò un coro di “ohh” e altre esclamazioni sghignazzate. Martin la fulminò con lo sguardo e lei per tutta risposta gli sorrise angelicamente.

“Invece di parlare perché non mi fai vedere che cos’hai in mano?”

“Prima tu”

“Come vuoi” e le mostrò fiero un poker di regine più un dieci nero.

Lei finse di sospirare e scosse la testa rassegnata. Martina allargò il sorriso. Sorriso che gli morì subito dopo quando vide il volto di Angela rialzarsi e sorridere trionfalmente. “Poker di re, gioia, spiacente”.

Martin rimase di sasso. Partì un coro di schiamazzi vari, chi incredulo, chi contento che la giovane avesse battuto il pirata.

Altri tre bucanieri si alzarono quasi in sincrono. “Vediamo se riesci a battere anche me” un uomo nerboruto le si piazzò di fronte e con violenza iniziò a mescolare il povero mazzo di carte. “Se proprio ci tieni…” rispose serafica lei per nulla intimorita.

Dopo cinque mani batté anche loro. Si susseguirono altre tre partite e quando vinse anche l’ultima si era ormai guadagnata l’ammirazione di tutti.

“Avete un talento innato Miss” Gibbs le si avvicinò con un sorriso reso ancora più gaio da qualche boccale di rhum di troppo. Angela gli sorrise allegra ringraziandolo.

. Jack le si avvicinò barcollando.

 

Ha bevuto troppo anche lui, mi sa.

“Complimenti, piccola, li hai stracciati!” si complimentò.

“Grazie, però non sembri sorpreso”

Jack la guardò fiero. “Sei una Sparrow, perché mi dovrebbe sorprendere? Il poker doveva per forza essere una delle tue doti innate”

Angela rise, e poi si guardò attorno. Proprio in quel momento Gibbs urlò“CIURMA! Un bell’urrà per la Reginetta del Poker, Miss Sparrow!” i pirati non se lo fecero ripetere due volte, probabilmente lieti di avere un’altra scusa per fare ancora più baccan. Ed Angela sentì che il primo passo era stato portato a termine con successo.

Era stata accettata.

 

“Siamo arrivati” la voce calda di Jack colse la ragazza alla sorpresa, sottraendola dai suoi pensieri. Le si avvicinò e con noncuranza le passò un braccio attorno alle spalle, mentre guardava verso la piccola città portuale che si accingevano a raggiungere.

Angela nascose la gioia che anche quel piccolo contatto le procurava. Era stata privata dell’amore paterno per diciassette anni e ora che lo aveva trovato le pareva vitale come l’aria. Ogni momento che poteva lo trascorreva accanto a lui ed ogni dimostrazione d’affetto era un regalo tanto agognato quanto inatteso da parerle immaginario.

“Non vedo l’ora di conoscere la signora Turner sai? È la sposa di un personaggio leggendario, accidenti!”

Jack sorrise. “Bhè, di certo è una donna imprevedibile, qualche tempo addietro non avrei mai creduto che si sarebbe calata nel ruolo della brava mogliettina, pareva troppo inadatto con la sua indole guerriera.” Aveva lo sguardo di chi sta rivivendo momenti passati anni addietro, e probabilmente era proprio così.

 

Chissà quante ne avranno passate lui, Will ed Elizabeth. Li invidio tantissimo, devono aver avuto una vita davvero eccitante…

 

“Le persone cambiano” azzardò Angela, nella speranza di far scendere il padre dalle nuvole.

Jack si riscosse. “Certo, certo, ma sono altrettanto sicuro che alcune persone non sanno resistere ai vecchi vizi quando il passato ti bussa alla porta. Comprendi?”

“Alla perfezione.” E si fecero l’occhiolino, complici e perfettamente in sintonia.


*

“Noi siamo pirati e ci piace perché…
la vita è fatta per noi!
Yo-oh yo-oh
la spada, il corvo, il mare…
I veri amici, di noi pirati, che…”

“Ancora quella canzone Dan? Non hai niente di meglio da fare che romperci i timpani?”
Dan alzò lo sguardo su un ragazzo grosso e grasso, e con un ego ancora più grande.
“Effettivamente, Lex, potrei sfidarti a duello e stracciarti. L’ultima volta ho vinto solo cinque volte su cinque e non ti ho nemmeno rotto il naso, potevo fare di meglio” lo provocò.
Lex storse il naso al ricordo. “Fortuna, solo quello. Ma continua pure a divertirti con le canzoncine” e si allontanò di qualche passo, riavvicinandosi ad altri otto ragazzi e cinque ragazze, all’incirca tutti della stessa età.

Saggia decisione, pensò il giovane. Tornò a rivolgere lo sguardo all’orizzonte, in una posizione privilegiata sotto le fronde di un albero posto in cima ad un promontorio a strapiombo sul mare. Non stava osservando niente di preciso, cercava solo un modo per estraniarsi dagli altri. Dieci minuti di pausa prima di ricalarsi nel ruolo di capo di quello sparuto gruppo di adolescenti dai quattordici ai diciotto anni che si dilettava a improvvisarsi pirati di una nave immaginaria. Lui, Daniel, era il capitano che guidava la Spada Rossa, la ciurma del porto di Fidelitas. Lui e i suoi combattevano contro la banda della città accanto, Lo Squalo. Tra le due ciurme era guerra aperta, e in diverse occasioni non avevano mancato di ricorrere alla spada per decidere chi era superiore a chi e quale capitano avesse giurisdizione su una determinata parte di territorio. Daniel era uno spadaccino eccellente, il migliore tra i suoi uomini e anche tra quelli avversari, motivo per cui era diventato capitano della banda di Fidelitas. Combatteva sempre in prima linea e non senza un certo orgoglio, soprattutto nei corpo a corpo, aveva sempre la meglio.

“Ehi, come mai quell’aria così pensierosa? Cosa occupa la tua mente?” una mano delicata gli accarezzò il volto e Denise si sedette accanto a lui appoggiando la sua testa sul suo collo.

È arrivata, strano che non si sia fatta avanti prima, questa è peggio di una piovra.

Provò semplicemente ad ignorarla, muovendo scocciato le spalle nella speranza di scrollarsela di dosso. La ragazza però non demorse, anzi, si strinse ancora di più a lui.

“Spero di non essere io a tenerti impegnata la mente, ultimamente ho notato che ti sei un po’ allontanato da me, se non sai cosa fare per rimediare lo sai che non ti devi preoccupare, basta che torni e per me sarà tutto come prima.” Aveva un tono così mieloso che poteva procurargli il diabete solo sentendolo.

Assurdo. Erano passati mesi da quando si erano lasciati, ma lei sembrava non aver ancora realizzato che la loro storia era finita.

Daniel decise che il silenzio con le piovre non serviva. Doveva risponderle, probabilmente male perché dubitava che sarebbe riuscito a trattenersi, ma qualcosa doveva dire. Ormai questa storia era durata anche troppo. Erano stati assieme un anno e mezzo, e lui non negava di averle voluto bene a suo tempo e di essere stato bene con lei. Ma adesso era conclusa. Per colpa di lei tra l’altro. Negli ultimi tempi passati assieme si era fatta incredibilmente appiccicosa, non lo lasciava respirare. Senza contare la gelosia spropositata che nutriva nei confronti di ogni essere di sesso femmina che si avvicinava a Daniel. Il rotto della cuffia era stata la scenata che gli aveva fatto davanti a tutti semplicemente perché l’aveva visto ridere in compagnia della figlia del panettiere. Da lì il giovane aveva detto basta. E non era intenzionato a tornare sulla sua decisione, nonostante gli innumerevoli tentativi di riconciliazione di lei. Anche perché dopo la rottura si era fatta ancora più appiccicosa e insistente di prima.
“Denise, non ricominciare, ne abbiamo già parlato, la nostra storia è finita, conclusa senza possibilità di tornare indietro. E ti assicuro che hai smesso parecchio tempo fa di occupare così tanto i miei pensieri, per me ora è un capitolo chiuso.”
Denise non fece una piega e tornò subito alla carica. “Non ci credo, un anno e mezzo non può essere dimenticato così facilmente, con tutti i bei momenti che abbiamo passato assieme. Eravamo la coppia più bella della città, lo devi ammettere, eravamo fatti l’uno per l’altra. E potremmo ancora esserlo, se solo tu…”
Daniel sospirò e si volse per guardarla dritto in faccia. “Hai detto bene, eravamo. Ora non lo siamo più, siamo cresciuti, siamo cambiati, bisogna andare avanti, non credi? Tu continui a rimanere aggrappata al passato e non ti rendi conto che non si può tornare indietro. Quel che è fatto è fatto, finita lì. Non nego che siamo stati bene, ma adesso si deve voltare pagina, se continui a provarci con me perdi solo tempo.” E se la scrollò con uno strattone dalla spalla tornando a fissare il mare. Stavolta la giovane non replicò, ma rimase in silenzio accanto a lui, come pietrificata. Dopo cinque minuti Daniel azzardò un sguardo di sottecchi verso Denise. Aveva rannicchiato le gambe al petto e guardava fisso davanti a sé con un’espressione contrita. Daniel si rimproverò. Non che non pensasse davvero quello che aveva detto, ma era stato troppo duro. In fin dei conti, anche se la ragazza era davvero una rottura di scatole, era semplicemente ancora innamorata. Cercò di rimediare.
“Ascolta Denise, io tengo ancora a te, ma come amica, quel tempo è finito. Perché non provi a cercarti un altro ragazzo? Uno che ti ami davvero e non uno che ti illudi che ti ami ancora? Davvero, prima passi oltre questa storia meglio è per tutti, tu per prima ti sentirai bene.” Aveva addolcito il tono della voce, e probabilmente fu quello più che le sue parole a convincere Denise ad alzare gli occhi verso di lui.
“Lo sapevo. Vedi che non riesci nemmeno a tenermi il broncio che già ti senti in colpa? È come ho detto io, ti piaccio ancora. Se hai semplicemente bisogno di un po’ di tempo basta chiedere. Io sono qui, aspetterò. Non metterci troppo però, mi raccomando” gli fece un sorriso radioso e un occhiolino. Dopodichè si alzò e se ne andò saltellando, senza dare al ragazzo la possibilità di replicare.

Certa gente è veramente incredibile, non si arrendono neppure quando sbattano la testa contro un muro di cinta. Povero me, che ho fatto di male per meritarmi ciò?

Si passò una mano sulla testa e si tolse il cappello da pirata. Appoggiò la testa contro il tronco dell’albero e chiuse gli occhi. Iniziò a contare. Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno…

“Daniel! Hai intenzione di fare qualcosa oggi ho vuoi rimanere lì impalato tutto il giorno?” Era la voce di Peter, che scherzoso richiamava la sua attenzione.
“Lascialo perdere, oggi il nostro capitano è troppo impegnato con le sue canzoncine per dar retta a noi” Questo invece era Lex accompagnato dal suo tono scocciato e provocatorio.

Erano passati esattamente dieci minuti da quando si era seduto accanto all’albero, e dieci minuti era il tempo massimo che i ragazzi gli concedevano per rilassarsi, prima di aver nuovamente bisogno di lui. A volte gli sembravano dei bambini piccoli in cerca di una figura paterna. Loro erano ragazzi allo sbaraglio in cerca di una guida, e lui si era assunto la responsabilità di comandarli. Era il capitano, l’uomo che li aveva portati alla vittoria in più di una battaglia contro Lo Squalo e che li superava tutti come spadaccino.

Si alzò e si risistemò il cappello sulla testa. Con passo decise tornò dalla sua ciurma per poi rivolgersi a Lex.
“Tranquillo Lex, dato che evidentemente ti stai annoiando il tuo capitano lascerà le canzoncine da parte per sfidarti a duello. Dovresti essere contento, sfuggirai all’inattività e avrai un’occasione per dimostrare quando effettivamente le tue doti di combattimento non vanno sprecate in pomeriggi oziosi” lo invitò con tono canzonatorio.

Lex impallidì, ma gli altri ragazzi erano già eccitati all’idea di assistere ad un duello tanto che formarono subito un cerchio attorno ai due contendenti, come per delimitare il loro campo d’azione. Era raro che Daniel dovesse usare la spada contro uno dei suoi, nessuno era così pazzo da volere farsi umiliare pubblicamente. Ma in quel periodo Lex si stava prendendo troppe libertà. Era il più grande della compagnia, aveva compiuto diciott’anni il mese scorso ed era fermamente convinto che la nomina di capitano gli spettasse di diritto com’era stato prima che Daniel lo surclassasse. Daniel e Lex non si erano mai potuti soffrire e quando Daniel aveva compiuto quindici anni, il giovane non aveva esitato a sfidare Lex per il comando. Il duello era stato lungo e senza esclusione di colpi, ma alla fine Daniel lo aveva battuto divenendo capitano. Da allora non aveva più perso un duello, diventando un avversario imbattibile e la sua attitudine al comando gli aveva procurato il rispetto e l’approvazione della ciurma. Lex però non aveva mai mandato giù il rospo e dopo che aveva raggiunto i diciotto era diventato incredibilmente irritante. Evidentemente aveva bisogno di qualcuno che gli ricordasse perché non era più a capo della Spada Rossa, e Daniel non si sarebbe fatto pregare per indossare quel ruolo.

“Avanti, sfodera la spada” lo intimò, facendo altrettanto con la sua, una bellissima lama lucente che terminava con un’impugnatura ricordante le onde del mare grazie alle rifiniture in oro che la decoravano. La sua arma, la sua spada, la sua fedele compagnia. Gliela aveva regalata suo padre sette anni prima, e da allora non se ne era mai separato.
Quando anche Lex fu pronto per il duello, Daniel urlò “in guardia!” e la sfida ebbe inizio.

Lex aveva i riflessi lenti, una difesa inesistente e uno schema d’attacco prevedibile e quindi poco efficace. L’unico punto a suo favore era la forza. Colpiva sempre dall’alto, con lo scopo di sopraffare l’avversario grazie alla sua mole consistente. Daniel invece aveva un fisico più slanciato, ben proporzionato al suo metro e ottanta, ma non per questo era più debole. Giocava anche lui molto di forza, ma contava anche sull’agilità e una tecnica nettamente superiore a quella del ragazzo che gli stava di fronte.

Il duello era paragonabile ad una danza condotta da Daniel. Lex tentò subito un affondo che andò a vuoto. Daniel non si scompose neppure, si limitò a pararlo con la lama. Girarono attorno per qualche minuti studiandosi a vicenda, Daniel calmo e concentrato, Lex pieno di rabbia e smanioso di attaccare. Il tutto arricchito dalle urla di incoraggiamento degli altri ragazzi, che parteggiavano tutti per il loro capitano.
Lex decise di partire alla carica con un altro affondo, poi un altro e un altro ancora, nella speranza di fare arretrare il suo avversario. Dan li parò tutti o li schivò senza il minimo sforzo.
“Andiamo Lex puoi fare di meglio, ora sono io quello che si annoia.” Lo provocò con un sorriso sghembo.
Lex urlò e cercò di attaccarlo dall’alto, ma Daniel evitò la sua spada scartando di lato all’ultimo secondo. Più Lex si arrabbiava, meno i suoi colpi erano efficaci e precisi, e questo Daniel lo sapeva eccome. Per farlo adirare ancora di più tornò a cantare il motivetto di poco prima.
“Non è una gara canora, piantale di cincischiare e prova a fare un affondo invece!” gli sbraitò dietro Lex.
Daniel sorrise ancora di più. “Come vuoi” e velocissimo incominciò un attacco serrato. Il suo avversario iniziò ad arretrare, cedendo ai colpi sicuri e accurati di Daniel. “E dai, lo sai che non sto facendo nemmeno sul serio, non vorrai dirmi che veramente sei già stanco?” Fece altri due affondi che sfiorarono le gambe di Lex. Rise esclamando “Ora basta, mi sono divertito abbastanza” e con un’aggraziata manovra disarmò il rivale che cadde a terra come un sacco di patate. La Spada Rossa esplose in urla di approvazione. Daniel alzò la sua spada al cielo in segno di vittoria. Poi si rivolse verso Lex e gli pose la mano per aiutarlo ad alzarsi, come a sottolineare una grande magnanimità che in realtà non aveva.
Lex per tutta risposta si levò da terra da solo, rifiutando l’aiuto. “è stata solo fortuna, ricordatelo” sputò tra i denti, nero in volto.
“Certamente, come le altre trecentottanta mila volte, sono un ragazzo molto fortunato.” Lo canzonò. Un grido eccitato interruppe quel gentile scambio di battute.
“Ragazzi! Arriva una nave! Laggiù guardate!” Susan, una ragazzina di appena quattordici anni, indicava entusiasta l’orizzonte, catalizzando l’attenzione di tutti su di lei.
“Susy, ti rircondo che questo è un porto, ogni giorno arriva almeno una nave” commentò con calma Peter, guardandolo attonito.
Susan lo fulminò con lo sguardo. “Al posto di fare commenti stupidi guarda meglio l’orizzonte sapientone. Quel veliero è senza colori, vuol dire che è una nave pirata!” Quattordici teste scattarono in sincronia dalla giovane all’orizzonte.  “Caspita hai ragione!” esclamò sorpreso Peter.
“Oddio, non saranno venuti qui per depredarci, vero?” Denise si portò una mano alla bocca preoccupata. La paura prese il posto dell’eccitazione. Sin da quando erano bambini giocavano a fare i pirati, ma nessuno di loro provava simpatia per quella categoria. L’unico sentimento verso i bucanieri era la paura. Depredavano, saccheggiavano e uccidevano. Ciò era quello che veniva insegnato loro dai genitori e questo era quello che la Compagnia delle Indie ripeteva in continuazione.
Mormorii preoccupati si alzarono finché tutti non si rivolsero verso Daniel. “Capitano, che facciamo?” gli chiese Peter ansioso.
Ma Daniel era lontano anni luce con la mente. Il suo cuore aveva perso due battiti quando aveva scorto il veliero all’orizzonte, per poi iniziare una corsa sfrenata. Mille pensieri si erano accavallati l’un l’altro, lasciandolo stordito.
“Daniel, ehi Daniel sveglia! Non hai paura, accidenti!?” Peter lo strattonò per riportarlo con i piedi per terra.
Il giovane gli rivolse uno sguardo vacuo. Paura? E di cosa? “Perché dovrei averne?”
Peter lo squadrò incredulo. “I pirati, capitano! Stanno arrivando, dobbiamo avvertire la città!”
Daniel finalmente comprese. Loro avevano paura. Per quanto potesse sembrargli assurdo, loro li temevano. Ma d’altro canto, loro non potevano sapere quello che sapeva lui. Se non fosse preda di altri sentimenti, sarebbe scoppiato a ridere davanti a quelle facce tirate. Ma aveva altro da fare al momento.
“Andate a casa, ma non avvertite nessuno. Non vengono per depredare.” Disse velocemente. Doveva correre a casa anche lui, e in fretta. Ma quando si volse per andarsene, Peter lo trattenne per la giacca. “Cosa? Daniel, forse non ha i capito, stanno arrivando dei bracconieri per ridurre tutto a ferro e fuoco!” gli urlò.
“Sei tu che non capisci. Non sono qui per farci del male, fidatevi. Ora filate a casa, ci vediamo domani. E state tranquilli, non vi accadrà niente” Aggiunse poi rivolto agli altri. Con uno strattone si liberò della presa di Peter e iniziò a correre verso casa.

 Ad ogni passo una gioia selvaggia si impadroniva di lui, doveva assolutamente andare dalla madre a darle la notizia. Probabilmente sarebbe scoppiata dalla contentezza. Lui per primo si tratteneva a stento dall’urlare, felice come non mai. Erano passati tre anni dall’ultima volta, ma avrebbe riconosciuto quel veliero tra mille. Ormai temeva che si fosse dimenticato di loro!

In poco tempo raggiunse una casupola ai confini della periferia della cittadina. Si fiondò dentro sbattendo la porta in legno. “Madre!” gridò, ansimando per la corsa.
Sua madre, una bella donna sulla quarantina, era in cucina, intenta a preparare il pranzo, ma quando udì la voce del figlio si girò di scatto, preoccupata, agitando i capelli castano chiaro, lunghi e lisci.

“Daniel, che succede?” domandò avvicinandosi al ragazzo.

“Madre” ripeté Daniel, appoggiato alla parete, senza più fiato in corpo. Fece qualche respiro profondo per riprendersi. “Madre, sta arrivando al porto, non ci crederai ma l’ho vista con i miei occhi! È qui” tentò di spiegarsi.

Sua madre lo guardò confusa. “Dan, cosa stai dicendo? Chi è arrivato?”

Daniel le rivolse un sorriso a trentadue denti. “La Perla Nera” sussurrò e gli occhi di Elizabeth Turner brillarono di luce propria, prima di imboccare la porta e correre a perdifiato verso una parte piccola, ma incredibilmente importante, del suo passato.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12_ Il rischio di sperare ***


Note dell'autrice:
Ciao a tutti^^!! I come back with a new chapter, the number 12, per me è un piccolo record, non ho mai scritto così tanti capitoli ^^ ad essere sincera però di qst cappy la seconda parte non mi entusiasma, mi piace molto di più l'ultima, spero che a voi entusiasmi di più, sono curiosa di sapere cosa ne pensate della piccola rivelazione a fine capitolo ^^ ora passo ai ringraziamenti:

Dj Kela: Ciauu^^!!! prima di tutto due cose: 1° grazieeeeee^^ nn sai quanto mi facciano piacere le tue recensioni ^^ sei troppo buona ^^ e 2° ho iniziato a leggere Sweet Nightmare a breve lo finirò e commenterò ^^ (Tra parentesi: Sara metti giù le mani da Leo, solo Celia lo può toccare!! Cmq metterò tutto nella discussione, scusami se nn l'ho ancora fatto!!!! Mia culpa!!). Sono contenta che Daniel ti piaccia, grazie^^ e uno dei miei personaggi preferiti, in questo cappy gli do poco spazio purtroppo ma dal prox avrà grande rilievo^^ a proposito della sua personalità qui si vedrà sotto una luce diversa, dalla prospettiva di Angela, ci tenevo a chiarirlo perchè potrebbe sembrare diverso dalla prima impressione che ha dato ma in realtà è solo come lo vede lei (ke pensiero contorto, accidenti, spero di essermi spiegata tra le righe, hihih!!) Se ti cosola nemmeno io so giocare a poker, hanno provato a spiegarmi le regole ma ho capito la metà di quello che mi hanno detto, però mi piace quando nei film fanno vedere i protagonisti che ci giocano, come 007 casino royal, sembra così sicuri e convinti di quello che fanno, beati loro hihihih io mi limito a ruba mazzetto!! L'idea di eleggere Denise kraken mi piace hihi, sono sicura che anke Dan concorderebbe hihi^^! Nn vedo l'ora di sapere cosa pensi di quest'ultimo cappy e grazie ancora mille per tutti i tuoi complimenti, un grandissimo bacioooo^^!!!! Kisskisses
P.S. l'immagine che avevo messo nn era nulla di speciale, era solo un'icona per separare le due aprti del cappy, un piccolo teschietto, mi sembrava carino però purtroppo nn si vede, ma prima o poi imparerò a mettere le immagini per bene, nn mi arrendo, hihi^^!!!

Summerbest: ciao! Grazie per il tuo entusiasmo ^^ a me basta sapere che hai seguito la ficcy e che ti è piaciuta che sono già felicissima ^^ glasie^^ spero ti piaccia anke qst cappy^^ kisskisses

sesshy94: Ciao!! Sono strafelice che il cappy ti sia piaciuto^^ grazieeee!!!!!!! Si Martin si è beccato quello che si meritava, hihihiih!!! Daniel a breve in quanto spadaccino sarà ancora più sorprendente, posso assicurare hihihih, i suoi talenti (tra cui quello di scappare dagli attacci di Denise hihi^^) nn sono finiti qui^^!!! Spero ti piaccia anche il 12 cappy, fammi sapere cosa ne pensi^^ ancora grazie mille, un abbraccio grandissimo^^ kisskisses!!

Grazie infinite a tutti quelli che leggono e ai 15 angeli che mi hanno messa tra i preferiti!!! Grazieeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!
Ringrazio tantotanto anche Dj Kela, CriCri88, genny 63 e  LaBabi che hanno messo la mia ficcy tra le "seguite", grazie millemille^^!

Ora vi lascio alla lettura^^
kisskisses
68Keira68^^

12_ Il rischio di sperare

Correva a perdi fiato con i capelli castani al vento e il grembiule indossato per preparare la cena ancora legato alla vita. Il vestito, troppo lungo per i suoi gusti, le intralciava la corsa, ma in quel momento non ci fece caso. C’era solo un’unica cosa che occupava i suoi pensieri, l’unica cosa veramente importante in quel momento. La nave dalle vele nere era tornata, dopo tre anni di latitanza. Il cuore le batteva forte più per l’emozione che per lo sforzo fisico. Poi arrivò al porto, e finalmente lo avvistò.  Maestoso e imponente come l’ultima volta che l’aveva visto, il veliero scuro come la notte che aveva esplorato acque sconosciute ai più, era lì dinanzi a lei. La Perla Nera e la sua ciurma era tornata. Si fermò a fissarla ammirata come se la vedesse per la prima volta. Sorrise ripensando ai sentimenti che aveva provato quel giorno di tanti anni fa, così diversi da quelli attuali. All’epoca era una ragazzina spaventata, anche se cercava di non darlo a vedere, catturata da dei pirati che credeva avrebbe odiato per sempre. Ora invece la vista della nave le procurava una gioia in mensa, come un bel ricordo che si materializza e torna a trovarti.

Poco più avanti scorse la passerella che permetteva l’accesso al ponte. La imboccò senza esitare. Ancora più della nave c’era una persona che non rivedeva da troppo tempo. Prima di salire a bordo però si aggrappò al parapetto e, quasi accarezzandolo, lo utilizzò per compiere l’ultimo passo. Si guardò attorno lentamente, assaporando ogni dettaglio del vascello, abbracciando tutto con lo sguardo, e un sorriso si fece strada sul suo bel viso. Non era cambiato nulla dall’ultima volta che lo aveva visto. I cannoni pronti all’uso erano al loro posto, le varie corde erano appese all’albero maestro, i barili del liquore tanto amato dai pirati sparsi in giro e a portata di boccale. E poi, vicino al timone al ponte di comando, la parte più importante della nave, colui che aveva reso possibili tutte le grandi imprese compiute su quel veliero. L’uomo che secondo lei rappresentava la vera anima della Perla Nera, perché anche la nave migliore se non è comandata dalla persona giusta, non vale nulla. Dritto e perfettamente calato nel ruolo da capitano, con in testa il suo prezioso cappello, stava lui, Jack Sparrow.

 

*

 

“Uomini, giù la passerella” gridò il capitano.

Angela si voltò verso di lui. Dopo aver discusso per breve tempo con lei, Jack era tornato a dirigere il suo veliero. Ma era quel “giù la passerella” che l’aveva fatta voltare gaia. La frase indicava che il suo primo viaggio a bordo della Perla era concluso, ma probabilmente quello che sarebbe seguito era l’inizio della sua prima avventura da pirata. Già solo l’idea l’eccitava tantissimo, pensava a quella missione come una specie di iniziazione alla pirateria e aveva tutta l’intenzione di passare la prova a pieni voti. A quel pensiero sfiorò istintivamente la spada. Lei sarebbe stata la sua fedele amica in quell’impresa, l’arma con la quale si sarebbe fatta rispettare e conoscere, senza contare… Una donna sconosciuta interruppe il filo dei suoi pensieri. Scosse la testa e chiuse gli occhi per accertarsi che non era il sole a farle brutti scherzi. Ma quando riguardò verso l’imboccatura della passerella la donna c’era ancora, con i suoi capelli castani al vento e un grembiule macchiato addosso.

 

Cosa ci fa quella a bordo?

Ah non ne ho la minima idea. Però guardala, non ha l’aria spaventata o spaesata, sembra perfettamente a suo agio.

Si hai ragione, ma chi è? E come mai si è presa la libertà di salire a bordo? Forse è meglio che le vado incontro, magari ha sbagliato nave.

Certo, ci sono così tante navi con le nave nere ormeggiate a porti cittadini che è facile confondersi.

Ahaha, spiritosa. È comunque meglio che sia io ad andarle incontro e prestarle soccorso prima che anche Pintel o qualche altro omuncolo la adocchiano.

Giusto, buona idea.

 

Ma proprio mentre le si avvicinava, la donna avvicinò entrambe le mani alla bocca per amplificare la sua voce e, preso un bel respiro, urlò.

“Capitan Jack Sparrow!”

Angela rimase di sasso, più immobile dei bronzi di Riace.  Fece scorrere lo sguardo dalla donna a suo padre e viceversa, cercando di venire a capo del piccolo mistero. Jack si volse verso la fonte del richiamo, mettendoci qualche minuto per mettere a fuoco la donna. Poi un lampo di comprensione passò nei suoi occhi e assunse un espressione sorpresa, per passare ad una contenta, poi beffarda e infine comprensiva.

Infine scosse la testa e si apprestò a scendere dal ponte di comando con il sorriso di chi la sa lunga.

Solo a pochi passi dalla donna esclamò: “La regina dei pirati che giunge tutta trafelata sul mio maestoso veliero, a cosa devo l’onore?”. Il tono era ironico e scherzoso e venne accompagnato da un buffo cenno del capo che doveva probabilmente fungere da inchino. Ciò non fece che aumentare il sorriso della donna.

“Oh Jack, vedo con piacere che non sei cambiato di una virgola”

“Tesoro, cambia chi ha da migliorare, ma quando uno è già perfetto non può migliorarsi ulteriormente, comprendi?”

Lei scoppiò a ridere, per poi sporgersi e buttare le braccia al collo del pirata, cogliendolo di sorpresa. Lui per tutta risposta rimase interdetto per un attimo, infine le diede due pacche gentili sulla schiena e si allontanò. La donna non rimase sorpresa per quella reazione più fredda rispetto alla sua, limitandosi a scuotere la testa e a sospirare: “Quanto sei diffidente, ancora per quella storia? Non lo rifarei mai, lo sai”

Lui alzò un sopraciglio e le rispose un scettico: “Certamente, gioia” poi cambiò argomento. “Comunque non sei cambiata molto neppure tu, una tua incursione era prevedibile quanto il sorgere del sole ogni mattina.”

“Dato che ti fai vivo ogni cento anni devo cogliere l’occasione di vedere la Perla al volo quando capita.” Scherzò la ragazza.

 

Da lontano, una spettatrice silenziosa non si perdeva una parola, allibita dalla scena che stava osservando. Angela non si era mossa di un millimetro da quando suo padre era andato incontro alla donna. Aveva subito accantonato l’idea che la giovane fosse salita a bordo per caso. Dava l’impressione di sapere esattamente dove fosse e cosa volesse, e quando Jack l’aveva accolta a braccia aperte ogni dubbio che i due non si conoscessero era stato dissipato. L’unica incognita che rimaneva da scoprire era la sua identità.

 

“Cento anni, esagerata, ne saranno passati a mala pena due, Elizabeth”

“Tre per l’esattezza Jack.” Lo corresse. Poi risero di nuovo.

 

Elizabeth. Jack aveva detto proprio Elizabeth, nome che ebbe la capacità di impietrire Angela ancora di più. Loro erano andati lì per cercare la moglie del capitano dell’Olandese Voltante, Elizabeth Turner, e se quella donna si chiamava proprio Elizabeth allora non poteva che essere…

 

Non ci credo, lei è la moglie della leggendario traghettatore?

Caspita, non l’avrei mai detto, a vederla così non si direbbe proprio un’avventuriera.

No, è vestita in modo normale e con addosso un comune grembiule da casalinga, pensavo di trovarla con abiti maschili e armi dappertutto!

Bhè, ormai sono diciassette anni che vive pacificamente, la gente normale non dorme con un pugnale sotto il cuscino, gioia. E poi non ti hanno insegnato che non si giudica una persona con un’occhiata superficiale? Guarda la postura, l’espressione, il tono di voce. È su un vascello pirata, e mentre metà popolazione sarà morta d’infarto quando ci hanno visto arrivare, lei è salita sicura di sé e padrona della situazione, come se salisse su una nave di bracconieri tutti i giorni.

Un tempo era così.

Appunto, vuol dire che le vecchie abitudini non sono smarrite, addosso potrà anche avere il grembiule ma sono pronta a scommettere che il suo cuore è ancora qui sulla Perla con una spada in mano.

Sarà, ma prima di giudicare se la sua fama sia meritata o meno voglio conoscerla di persona.

E allora vai e presentati, cosa aspetti, un invito in pompa magna?

No, ora ci vado e solo che…

Nonostante non abbia spade affilate al fianco rimane pur sempre a Regina dei Pirati e sei in imbarazzo?

Io in imbarazzo? Quando mai! Non scherzare. Piuttosto volevo lasciare un po’ di intimità a lei e papà, sono due amici che non si vedono da anni dopotutto.

Certo, il motivo è senz’altro quello. Comunque ora avranno finito i convenevoli pure loro, quindi, a meno che non ci siano altri motivi più validi, fila!

 

Ma appena Angela mosse il primo passo verso i due, Pintel e Raghetti si accostarono ad Elizabeth richiamando l’attenzione di tutti.

“Ehi, gente, guardate chi abbiamo a bordo! Bambolina, come andiamo? E un po’ che non ci si vede eh?”

“Mrs Elizabeth, che piacere rivederti! Noto che non sei cambiata affatto, sei bella come sempre” si era avvicinato anche Gibbs, con aria molto cordiale. Pareva però turbato da qualcosa. Angela tirò ad indovinare il motivo dell’agitazione. Probabilmente il buon vecchio pirata stava pensando a quanto potesse portare male avere due donne a bordo. Ma alla fine la gioia di rivedere una vecchia conoscenza vinse sulla superstizione.

“Anche io sono contenta, però, come dicevo prima al Capitano, se faceste rotta da queste parti un po’ più spesso non mi lamenterei” gli rispose lei prima di ridere entrambi.

In seguito ogni pirata diede il benvenuto alla donna a modo suo, mano a mano che le passavano accanto, chi con un buffo inchino con la testa, chi con una semplice parola o con una pacca sulla spalla, ma in breve tornarono tutti alle rispettive mansioni, dimentichi della donna. Non che fossero infastiditi dalla sua presenza, anzi, alcuni bucanieri, come Pintel e Raghetti, erano rimasti anche qualche momento per scambiare due parole, prima di allontanarsi. Più che altro si trattava della loro straordinaria capacità di rimanere relativamente indifferenti a qualsiasi cosa non riguardasse la loro incolumità molto strettamente. Quelli che avevano più piacere di rivederla erano comunque Jack e Gibbs, gli unici due che si stavano ancora intrattenendo con lei e a quel che sembrava erano anche i due uomini che Elizabeth era più ansiosa di rivedere.

 

Angela aspettò pazientemente che la lunga processione dei saluti finisse. Si sentiva ostracizzata, voleva conoscere la donna, ma si avvicinò solo dopo che ogni pirata si era rimesso a lavoro. Non voleva avere gli occhi di tutti puntati addosso mentre si presentava, né essere interrotta.

Gibbs, Jack ed Elizabeth stavano chiacchierando allegramente. Le parve di capire che suo padre stesse chiedendo alla donna notizie di un certo Daniel, ma non le interessava più di tanto. Pensando di aver aspettato anche troppo per fare la sua entrata, non si curò più di tanto di interrompere la discussione schiarendosi sonoramente la gola. Funzionò, tutti e tre si voltarono nella sua direzione. Angela sorrise e porse la mano ad Elizabeth.

“Piacere di conoscerla, io non mi sono ancora presentata, mi chiamo Angela Sparrow e sono un nuovo membro della Perla Nera” si presentò, fiera di potersi finalmente annunciare con il cognome di suo padre, e dall’occhiolino che le inviò quest’ultimo, anche lui ne era contento. Entrambi rivolsero poi uno sguardo divertito ad Elizabeth, aspettando la sorpresa della donna nel sentire il cognome di Jack seguire il nome della ragazza che aveva dinanzi. La sua reazione sarebbe stata di sicuro interessante.

Difatti Mrs Turner rimase interdetta per una manciata di secondi, squadrò Angela dall’alto al basso sorpresa e poi guardò Jack interrogativamente prima di risponderle.

“Piacere mio, ma dammi pure del tu, non sono così vecchia. Comunque io sono Elizabeth Turner”. Il tono era incerto, quello di chi vuole dire una cosa ma non sa come esprimersi. Infine non riuscì più a trattenersi e chiese. “Scusami, puoi ripetermi come ti chiami?”

Jack ed Angela risero sotto i baffi e Gibbs tossicchiò divertito. Il capitano decise di prendere la parola e, mentre si avvicinava alla giovane cingendole le spalle con un braccio, si rivolse ad Elizabeth. “Angela Sparrow gioia, hai sentito bene” il tono era malfermo perché cercava di trattenere le risate.

Elizabeth era sempre più confusa e guardò entrambi accigliata prima di esplodere. “Quindi voi siete…parenti?” domandò cercando di comprendere la situazione.

“Si” rispose Angela senza esitare.

“Siete fratelli?” tirò ad indovinare.

“No, tesoro, e nemmeno cugini per rispondere alla tua prossimo tentativo. Non indovineresti mai.” Questa volta parlò Jack.

“Quindi mi potresti gentilmente spiegare tu, Jack?”

“Poi, davanti ad una bella tavola apparecchiata, cosa ne dici? Io a stomaco pieno chiacchiero meglio, per voi non è così?”

 

Poverina, davvero sperava che mio padre le desse una spiegazione senza farsi pregare? Non lo sa che non rinuncerebbe mai né  all’effetto sorpresa né alla saspence?

 

“Io ci sto, inizio ad avere fame!” Angela approvò subito la proposta del padre.

Elizabeth scosse la testa guardando contrariata Jack, ma poi sorrise rassegnata e propose “Se volete voi due potete venire a casa mia, stavo giusto preparando qualcosa, il resto della ciurma non si offenderà vero?”

Sparrow fece un gesto di noncuranza con la mano ed assicurò che non avrebbero preso male un giorno di licenza.

In quel momento Angela notò che un’altra persona stava salendo a bordo del veliero con tutta calma. Un giovane ragazzo si stava dirigendo verso di loro con passo sicuro e rivolgendosi a Jack, si annunciò con un allegro “Ehi Capitano”.

Jack si rivolse verso di lui, tolse il braccio dalle spalle di Angela e strinse lievemente il nuovo arrivato.

“Ohi, giovane Turner, stavo giusto chiedendo come mai non ti avevo ancora visto spuntare” si staccarono e il “giovane Turner” rispose “Mi sono dovuto riprendere dalla corsa che ho fatto per avvertire mia madre del vostro arrivo, poi lei è schizzata via appena ha sentito la notizia e io non sono riuscito a tenere il passo”

“Ahaha, immagino, l’abbiamo vista di arrivare tutta trafelata”

“Mi fa piacere che parliate di me con me presente” si intromise Elizabeth avvicinandosi a quello che evidentemente doveva essere il figlio di Mrs Turner, dedusse Angela.

“Ciao Gibbs!” il ragazzo salutò con un cenno della mano il pirata dietro la schiena di Jack. Gibbs fece qualche passo in avanti e gli diede anche lui un’amichevole pacca sulla spalla. “Ciao Daniel, ti vedo bene, sei cresciuto dall’ultima volta che vi abbiamo visto. Ti sei irrobustito”

Daniel scosse la testa imbarazzato e cercò di vertere l’argomento sulla giovane ragazza che lo stava fissando attentamente, curiosa. Angela.

“Vedo che avete un nuovo acquisto Jack, non mi presenti al nuovo membro?” funzionò, Jack si volse verso la figlia come per darle la parola e lei si presentò, senza smettere di guardarlo intensamente.

“Piacere, io sono Angela” La giovane analizzò il ragazzo che rispondeva al nome di Daniel. Doveva ammettere che era molto carino. Aveva i capelli castani e mossi che gli arrivavano alle spalle e due grandi occhi del medesimo colore, molto espressivi. Era poco più alto di suo padre e aveva un fisico atletico, longilineo ma muscoloso, eppure…qualcosa in lui le dava fastidio a pelle, a partire dal modo in cui l’aveva indicata.

 “Piacere mio, io sono Daniel Turner, ma le belle ragazze mi chiamano Dan” e le fece un sorriso sghembo accompagnato da un’occhiata di apprezzamento. La frase confermò l’antipatia di Angela. L’occhiata lo segnò a vita. Ecco cosa non andava, la sua aria troppo sicura. Ancora non lo conosceva ma i tipi come lui erano al quanto facili da inquadrare: strafottenti, pieni di sé e megalomani. Faceva parte della categoria di ragazzi che a Telia batteva ad occhi chiusi.

 

Ora gli faccio passare subito l’intenzione di fare il cascamorto.

Tiri fuori la spada?

Esagerata, non occorre essere sempre così drastici, a volte basta solo qualche buona parola.

 

Sentì suo padre schiarirsi la gola. La frase non era piaciuta neppure a lui, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Angela disse con un falso tono cortese:

“Dan allora, a me invece gli amici chiamano Angie, però tu chiamami pure Angela, comprendi?”. Voleva limitarsi alla frase ma non riuscì a trattenersi da non sfiorare l’elsa della spada.

 

Avevi detto che…

Oh piantala, mica gliel’ho puntata alla gola no? Era solo un piccolo avvertimento. Con certa gente è meglio mettere subito le cose in chiaro.

 

Daniel la guardò un attimo, poi sorrise e scosse la testa, per nulla intimidito. Infine si rivolse alla madre, che stava guardando Angela soddisfatta. La solidarietà femminile prima di tutto.

“Ci hai già pensato tu ad invitarli a pranzo?”

“Tranquillo, già fatto” gli rispose Elizabeth.

“E io ho già accettato più che volentieri” si intromise Jack.

“Andiamo allora. Angela, vieni anche tu?” Daniel si rivolse alla ragazza, sottolineando il nome intero di lei volontariamente.

“Certo, Daniel” Angela rispose a tono e si incamminò al fianco di suo padre.

Jack sospirò divertito dalla scena e scambiò una rapida occhiata con Lizzy.

 

Certo che si sono proprio presi in simpatia.

Ha iniziato lui, Angela ha solo fatto bene a difendersi, anche perché se non ci pensava lei ci avrei pensato io.

Calma, la piccola a quanto pare non ha bisogno di difensori.

Si, lo vedo, ma io mi tengo pronto. Voglio bene a Daniel, ma se fa ancora lo stupido con la mia bambina gli dovrò fare un discorsetto a quattr’occhi.

Credo che non occorrerà. Dopo che l’ha vista sfiorare l’elsa della sua spada credo che si terrà a debita distanza.

Meglio per lui.

 

*

 

“Tesoro, qualche tempo avrei scommesso spada e pistola che non avresti saputo mettere su una pentola d’acqua, ma mi devo ricredere, mi sono leccato i baffi” si complimentò Jack massaggiandosi compiaciuto lo stomaco per sottolineare l’apprezzamento.

Elizabeth gli fece l’occhiolino e rispose con un “nulla è impossibile a quanto pare”.

Anche Angela aveva mangiato con gusto, seduta tra il padre ed Elizabeth, entrambi capo tavola ai due lati del piano di legno rettangolare. Quando era entrata, spinta dalla curiosità, aveva fatto una rapida perlustrazione della casa con lo sguardo, ma quello che aveva trovato l’aveva lasciata un po’ delusa. Si era aspettata un’abitazione che rispecchiasse l’importanza dello status di Elizabeth, con mobili preziosi e oggetti che ricordavano il suo glorioso passato, invece aveva trovato pressoché un’abitazione simile alla sua a Telia. Al piano terra stavano un bagno, che aveva intravisto infondo al corridoio e un tinello molto grande che occupava il resto del piano, con un tavolo, una cucina semplice e un divanetto marroncino addossato alla parete alla destra della porta d’ingresso. A sinistra del bagno invece c’era una scala a chiocciola che immaginò portasse alle stanza da letto. Non una spada, un fiorino o una sciabola, né forzieri pieni di monete azteche o manufatti arcaici. Meno di zero!

Sconsolata, si era seduta a tavola, decisa a godersi almeno il pranzo e preoccupata di tenersi a debita distanza da Daniel. Non che avesse timore di altri commenti indesiderati, al contrario, aveva paura che stavolta non sarebbe riuscita a limitarsi allo sfiorare l’elsa. Era incredibile come si potesse odiare così tanto una persona che si conosceva da così poco. Senza contare che il giovane da parte sua non faceva un passo verso la riconciliazione. Non aveva smesso di fissarla durante tutto il tragitto e il pranzo. Però l’espressioni erano cambiate durante il percorso. Inizialmente c’era solo quella terribile e fastidiosa faccia compiaciuta di chi gradisce ciò che vede, ed Angela aveva dovuto fare appello a tutta la sua buona volontà per non ricorrere alle mani. Poi pian piano era sfumata in un’espressione pensierosa e infine incuriosita. Continuava a far guizzare lo sguardo da lei a suo padre, sempre più sorpreso. E proprio mentre la pazienza della ragazza stava per raggiungere il culmine della sopportazione, Jack aveva salvato in extremis il mento di Daniel, dandogli un calcio silenzioso ma sicuramente efficace da sotto il tavolo appena aveva notato la situazione. Era stato così discreto che Elizabeth non se ne era nemmeno accorta. Angela aveva visto solo Daniel stringere leggermente le labbra e strizzare gli occhi, ma per il resto non fece trasparire nulla. Di sicuro era meglio essere colpiti ad una gamba che in faccia, Jack era già stato generoso secondo Angela. Da quel momento Daniel non l’aveva più fissata, limitandosi a chiacchierare allegramente con Sparrow, come se nulla fosse successo. Il discorso rivelò però una cosa inaspettata e la ragazza dovette ricredersi su un paio di aspetti della personalità di Daniel che aveva inquadrato male. Gli aveva già dato l’etichetta di “ragazzo pieno di sé e borioso” e ciò comprendeva anche un’intelligenza ristretta e una dialettica scarsa. Invece fu costretta ad ammettere che giovane moro sapeva esprimersi con un ottimo lessico e l’attiva conversazione che riuscì a sostenere mostrava una certa vivacità mentale.

 

Forse avrei dovuto darlo per scontato, sarà anche megalomane ma è pur sempre figlio di Elizabeth e William, non avrebbero permesso che crescesse ignorante o stupido, no?

 

Jack allontanò di poco la sedia dal tavolo, facendola stridere lievemente contro il pavimento, per mettersi più comodo appoggiando le mani sullo stomaco, in palese approvazione del pranzo appena gustato. Il gesto fece riemergere Angela dalle sue riflessioni, facendole notare un’Elizabeth intenta a sparecchiare la tavola. Si sentì in dovere di darle una mano. Elizabeth le aveva proibito di aiutarla sia a cucinare che ad apparecchiare, ma si provava un incredibile imbarazzo ad essere servita da lei. Afferrò il piatto più vicino e si alzò raccattando anche le altre stoviglie. Subito la mano della signora Turner scattò a bloccarla.

“Non ci pensare minimente, sei un’ospite” affermò perentoria.

Angela non le diede retta e proseguì nella sua opera. “Non è giusto che sia tu a fare tutto, le mani le ho anche io” protestò.

“Si, ma per oggi rimarranno inattive”. Angela stava per ribattere ma Elizabeth la precedette con una proposta “Daniel perché non fai fare ad Angela un giro dell’isola. Dopo giorni di navigazione avrà voglia di godersi la terra ferma, anche se è un pirata” e lanciò un’occhiata perentoria al ragazzo.

Angela rimase di sasso.

 

No, per favore, tutto tranne questo, non sa che i pirati stanno stupendamente tra le onde? Chi ha bisogno della terra ferma?!

Gioia, non ti ucciderà, ne sono certa, e se fa qualcosa di sbagliato sarà peggio per lui. Sarebbe indelicato dire ad Elizabeth che non vuoi stare con suo figlio per un’ora, non credi?

Uffa, forse hai ragione, ma se fa un passo falso…

Certo, certo, in quel caso è tutto tuo.

Perfetto.

 

“Con piacere, anche se probabilmente oggi la cosa più interessante da vedere è proprio la sua nave” a differenza di Angela, Daniel pareva contento della prospettiva offertagli dalla madre, anche se ostentava una certa indifferenza.

“Inventati qualcosa, Dan, sono certa che sarai un buon intrattenitore” Elizabeth sembrava quasi ansiosa di mettere alla porta i due giovani.

“Sicuro, vieni Angela?”

La giovane strinse i denti. “Ti seguo” e si incamminò sospirando. Con un ultimo sguardo implorante a suo padre, nella speranza disillusa che la fermasse, imboccò la porta.

 

*

 

Appena i ragazzi furono usciti, Jack si rivolse ad Elizabeth guardandola paziente. La donna lo stava fissando a sua volta in attesa, appoggiando le mani allo schienale di una delle sedie e scandendo il tempo battendo le dita nervosamente.

Passò un minuto di silenzio, finché Elizabeth non né poté più e sbottò in un “Ebbene?” scocciato.

Sparrow rimase impassibile. “Ebbene cosa, gioia?”

La calma del capitano fu la goccia che fece traboccare il vaso. Elizabeth esplose. “Come cosa? Jack, sono felicissima di rivederti dopo tre anni di silenzio, però non puoi presentarti qui con una ragazzina che porta il tuo cognome e che sembra la tua copia al femminile! Ora che hai pranzato e che ti sei riposato, non credi di dovermi qualche spiegazione?”

Il capitano si alzò e si passò una mano sulla faccia sospirando. “Tesoro, tu calmati e io ti dirò tutto, non intendevo renderlo un segreto di stato”

Elizabeth si accomodò sulla sedia alla quale aveva appoggiato le mani, e, continuando a fissarlo truce, gli fece cenno di incominciare con le delucidazioni.

Jack prese a camminare avanti e indietro per la modesta cucina, come per mettere ordine tra i pensieri. “Ebbene cara, devi sapere che quella fanciulla non è né mai cugina né mia sorella. Angela Sparrow è mia figlia” si fermò per vedere la reazione della sua interlocutrice. Elizabeth lo guardò un attimo interdetta, poi incurvò un sopraciglio e scoppiò a ridere.

“Certo Jack, come no, sai, credo che questa sia la balla più assurda che ti abbia mai sentito pronunciare, batte anche quella della fuga sulle tartarughe marine!”

Jack fece una smorfia irritata e si schiarì la voce per far smettere Elizabeth di ridere. “Ma perché non mi crede mai nessuno? Gioia, ti giuro che è la verità!”

Elizabeth cercò di frenare le risa e di tornare seria. “Jack, andiamo, è impossibile che quella ragazzina sia tua figlia, tu non hai figli!”

Il pirata sospira scocciato. “Evidentemente ne ho una, se non mi sbaglio la giovane l’hai vista anche tu, no? Non era un fantasma”

Nel vedere la serietà sul volto di Jack la donna si fermo a guardarlo. Il pirata non era mai stato così serio e risoluto, il che la sconcertava. Eppure non poteva dire la verità, non era possibile.

Jack approfittò del momentaneo blocco di Elizabeth per proseguire con il suo discorso con più calma. “Fidati, è stato uno shock anche per il sottoscritto, è una novità anche per me, sai? Eppure è la realtà. Dai, hai notato anche tu quanto mi assomiglia. Fai due più due e vedrai che sono sincero.”

Elizabeth aveva visto eccome che i due erano pressoché uno la copia dell’altro. Gesticolavano entrambi in quella maniera buffa e quasi ridicola, avevano gli stessi modi di dire, per non parlare degli occhi. La donna gli avevano notati subito, anche se non ci aveva dato tanto peso. Avevano entrambi due pozzi scuri, profondi quanto espressivi. La comprensione giunse come una folgorazione.

“Jack, diamine, TU HAI UNA FIGLIA!! Come è potuto accadere?”

Il pirata, contento che il messaggio era stato recepito, a quelle parole non poté evitare di guardare ironicamente la donna e insinuare. “Tesoro, hai un figlio anche tu, a questo punto mi aspettavo che certe cose le conoscessi”

Elizabeth lo ignorò deliberatamente. Aveva cose più importanti per la testa per tener conto di stupide battute. “Jack, quando è successo, chi è la madre? Perché non è hai mai fatto parola con nessuno di noi? Dopo tutto questo tempo metterci a parte del fatto che sei padre mi sembra il minimo”

Jack si risedette, con un’espressione improvvisamente grave. “Sua madre purtroppo è mancata poco tempo fa, per questo ora me ne sto occupando io.”

Elizabeth si morse il labbro, dispiaciuta. Poi notò l’espressione di Jack. Andava oltre il semplice dispiacere per la morte di una persona conosciuta. Il capitano pareva affranto anche da altro, era evidente, anche se non comprendeva da cosa. In più non aveva risposto interamente alla sua domanda. Chi era questa donna? La conosceva? E Jack in che rapporti era con lei? Avrebbe scommesso che si trattava di una ragazza di Tortuga che lui aveva messo incinta per sbaglio, era una cosa alquanto comune tra i pirati, ma avrebbe mostrato così tanto sconforto per una donna con la quale aveva condiviso solo un interesse fisico? Dalla risposta laconica del capitano però comprese che non avrebbe dato altre delucidazioni sull’identità della fantomatica donna. Passo alle domande successive, su quella ci sarebbe tornata dopo.

“Quindi quando hai appreso la notizia sei andato a prendere la ragazza?” chiese.

Jack alzò lo sguardo su di lei scuotendo la testa. “Ti ho detto che è una novità anche per me. È stata lei a trovarmi. Ci siamo incontrati in una locanda a Tortuga, anzi, sarebbe meglio dire che ci siamo scontrati. Io ero lì per fare rifornimento e lei per cercare me. E il destino l’ha aiutata.”

Elizabeth si appoggiò allo schienale della sedia, appesantita dalle ultime notizie. “Incredibile, povera ragazza, sola a Tortuga, dev’essere davvero tenace”

A Jack brillarono gli occhi a quel complimento, e un’espressione orgogliosa si dipinse sul suo viso. “Non immagini quanto. Appena salita sulla nave è riuscita subito a farsi rispettare da tutti a colpi di spada e di parole.”

“Tale padre tale figlia”

“Puoi dirlo forte”

Elizabeth rise. Vedendo l’entusiasmo di Jack, la notizia le sembrava meno assurda. A quanto sembrava, qualcosa che possedeva il cuore del capitano più conosciuto e imprevedibile dei sette mari, esisteva.

“Quindi ora è un membro della Perla?”

“Certo, e dovresti vedere com’è contenta, sembra nata per fare il pirata, è peggio di te quando avevi più o meno la sua età sai?”

Elizabeth sorrise mesta ma non ribatté. Fece invece un’altra domanda. “Quindi, ora che siete insieme, quali sono i vostri progetti?”

Jack si toccò il mento fingendosi pensieroso, rispondendo un vago “Un po’ di quello e un po’ di questo, sai com’è.”

La signora Turner però non ci cascò. Lo conosceva troppo bene per credere che non avesse nessun piano. La mente di quell’uomo era perennemente in fermento, come un turbine.

“Jack, non prendermi in giro. Non vorrai farmi credere che la prima cosa alla quale hai pensato dopo aver appreso di essere padre sia stata: devo assolutamente informare Elizabeth Turner. Per quanto possa essere contenta che tu sia qui, non sono così sciocca da crederlo. Hai qualcosa in mente.” lo incoraggiò lei.

Jack alzò le mani insegno di resa e con un sorriso sghembo insinuò: “Come sei sospettosa, non ho niente di nuovo in testa rispetto a qualche tempo fa, è solo un’ideuccia che è tornata a farmi visita appena si è presentata l’occasione.”

“E sarebbe?” Elizabeth iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, spazientita.

“Tesoro, mi dovresti conoscere, per cosa io e il tuo caro maritino ci siamo messi nei pasticci l’ultima volta?”

La donna alzò un sopraciglio. “Tu ti sei messo nei guai, e Will ha cercato di tirartici fuori rimettendoci lui” puntualizzò acida.

Il repentino cambio di umore allarmò Jack, facendolo ricorrere ai ripari. L’ultima cosa che voleva era mal predisporla alla sua proposta.

“Dettagli” liquidò con una smorfia. “Comunque non è questo il punto. Rifletti, cosa cercavo a quei tempi con così tanta tenacia?”

Elizabeth lo guardò dritto negli occhi nella speranza di carpirgli la risposta. Contrasse le sopraciglia e rifletté. Poi la soluzione le giunse limpida e cristallina, ma con essa arrivò anche l’incredulità. Credeva che Sparrow avesse abbandonato quell’assurda intenzione dopo i risultati disastrosi dell’ultima volta.

“Jack, non vorrai dirmi che ti sei rimesso alla ricerca dell’immortalità” sussurrò spalancando gli occhi. Ma i pirati la lezione non la imparano mai?

“Ci puoi scommettere!” affermò battendo un pugno sul tavolo. “Ma stavolta andrà tutto liscio, ho un piano infallibile”

“Jack, i tuoi piani infallibili diciassette anni fa ci hanno quasi portati allo scrigno.” Gli ricordò lei, guardandolo diffidente.

“Bazzecole” Jack fece un gesto di non curanza con la mano. “Andrà tutto a gonfie vele”

Elizabeth fece un respiro secco e drizzò la schiena. “Bene, se è tutto così perfetto come mai la tua nave è ormeggiata al molo vicino casa mia? Ti occorreva la mia approvazione?”

Il sorriso di Jack, primo tronfio, si spense un poco e cominciò a tergiversare. “Non esattamente”. Si guardò attorno, sospirò e le si avvicinò con fare cospiratorio. “Vedi gioia, mentre mettevo a punto il mio piano meticolosamente, sono incappato in una piccola complicazione”

“E quale sarebbe di grazia? Hai scoperto che l’immortalità non è una boccetta da bere a portata di mano?” lo prese in giro.

Jack ignorò l’ultima domanda. “Prima di illustrartela devi permettermi di spiegarti come intendo agire, altrimenti potresti non comprendere il mio altrimenti comprensibilissimo progetto, comprendi?”

Elizabeth inarcò confusa un sopraciglio, cercando di decifrare l’ultima frase del capitano, ma alla fine si limitò ad annuire fingendo di aver carpito il messaggio.

Jack soddisfatto iniziò a metterla a parte dei suoi programmi. “Bene gioia, devi sapere che tra i mille tesori del mare, c’è ne uno particolarmente prezioso. È una collana di raffinata fattura, un monile come altri per qualche ricca dama, ma con un immenso valore per chi sa guardare oltre le apparenze. Il gioiello si chiama Torquis Marium, ovvero Ciondolo del Mare.” Pausa enfatica prima di riprendere. “Esso dà al fortunato possessore la possibilità di esprime un desiderio direttamente alla padrona del mare, Calipso” A quel nome Elizabeth affilò lo sguardo. Odiava Calipso come donna ma soprattutto come dea. Era stata lei a portarle via suo marito, lei e tutte le sue leggi nate dai suoi capricci. Sapeva ormai per esperienza che qualsiasi cosa collegata alla dea non era da prendere con leggerezza, ma il bucaniere che aveva dinanzi evidentemente non aveva ancora recepito il messaggio se ancora sperava di ottenere qualcosa di buono dall’incarnazione del mare.

Jack intanto continuò la sua spiegazione. “L’unico problema è che per esaudire il desiderio occorre andare in una grotta protetta da una barriera magica…” lasciò la frase in sospeso, guardandola di sottecchi.

La donna aspettò qualche secondo nella speranza che il capitano proseguisse nel suo discorso, ma vedendo che non accennava a pronunciare un’altra parola, lo incalzò lei. “E in tutto questo io cosa c’entro? Trovi il ciondolo, trovi la grotta, lo usi per esprimere il desiderio e tanti saluti. Facile come bere un bicchier d’acqua” il cinismo nelle parole di Elizabeth era grande quanto la Perla, ma Jack non ci diede peso.

“Si da il caso che il Torquis ce l’abbia già, ma non posso usarlo io. E poi ti sei dimenticata della barriera?”

L’affermazione sorprese Elizabeth. “Hai già la collana? E perché non puoi usarla?”

“Tecnicamente ce l’ha Angela, l’aveva già al collo quando ci siamo incontrati, è da quel momento che ho riaccarezzato l’idea dell’immortalità. E comunque non posso usarla io, non riuscirei nemmeno ad indossarla. Serve una persona con sangue pirata ma con il cuore pure per usufruire dei suoi poteri.” Spiegò paziente.

La donna sorvolò sulla curiosa coincidenza del fatto che la figlia di Jack si fosse presentata a suo padre portandogli in dono la chiave per l’immortalità. Avrebbe chiesto anche quello in un secondo momento, l’alone di mistero intorno alla giovane continuava ad infittirsi invece che schiarirsi.

“E scommetto che Angela ha entrambe le qualità” osservò invece.

“Sei perspicace” le rispose ironicamente.

Elizabeth scosse la testa, faticando ancora a capire la situazione. “Ma scusa, sei hai già il ciondolo, ovvero la parte più importante, e la persona che può usarlo vicina a te, non vorrai dirmi che il tuo intoppo sta nel trovare la grotta. La bussola magica ce l’hai ancora no?”

Jack giocherello un secondo con la fibbia della cintura prima di rispondere. “Si, certo che si, ma il problema non è dove è situata la grotta, è la barriera che c’è intorno, per abbatterla mi serve l’aiuto dei cannoni della nave del nostro caro William” rivelò guardandola di sottecchi. Finalmente erano arrivati alla parte cruciale.

La reazione della donna a quelle parole fu immediata. Elizabeth balzò in piedi strabuzzando gli occhi. Boccheggiò per un attimo, poi, a metà tra il furente e l’indignata, puntando un dito accusatore contro il pirata, sbraitò: “Ecco dove volevi arrivare! Non ti azzardare, non pensarci neppure! Ora ho capito perché sei venuto qui. Hai bisogno di me per contattare Will! Ma non ti vergogni neanche un po’? Diciassette anni fa l’hai messo in guaio così grande che sconterà la pena per l’eternità, ed ora vuoi ancora chiedergli aiuto per un tuo stupido capriccio? Per andare da Calipso poi? La strega che lo ha imprigionato legandolo a quella nave maledetta?”

Anche Jack si alzò in piedi, andando incontro alla donna a mani alzate e un sorriso di scuse. Sembrava la calma fatta a persona mentre la prendeva per gli avambracci facendola risedere, e le parlava dritto negli occhi. “Ascolta, ti ho già detto che questa volta non sarò il solo a guadagnarci, se mi lasci spiegare…” ma venne interrotto dalla voce acuta di Elizabeth.

“Non voglio nemmeno sentirti! Se vuoi che ti aiuto io, ok, va benissimo, ma non mettere di mezzo Will, gli abbiamo rovinato la vita già abbastanza non credi? E non provare a confondermi con uno dei tuoi discorsi pieni di parole prive di significato, non attacca.”

“Vuoi ascoltarmi si o no? Angela non è la sola che può esprimere un desiderio, c’è qualcun altro che potrebbe risolvere tutti i vostri problemi.” Disse d’un fiato il capitano, sovrastando la voce di Elizabeth. L’affermazione funzionò. La donna fece un sospiro cercando di calmarsi. “E chi sarebbe codesta fantomatica persona? Ma soprattutto, cosa potrebbe fare?” chiese cercando di nascondere con l’irritazione un filo di disperazione nella voce.

Jack sciolse dalla sua presa le braccia di Elizabeth, contento di aver ricatturato la sua attenzione, e si allontanò di qualche passo. Allargò le braccia e teatralmente rivelò: “Tuo figlio, tesoro, si da il caso che sia l’unica altra persona di mia conoscenza avente sangue pirata e cuore puro. Sono sicuro che non ha mai ammazzato né rubato, nevvero?”

Elizabeth rimase interdetta, ma si riprese subito. Prima Will ora Daniel. Non aveva la minima intenzione di mettere a repentaglio in alcun modo la vita delle persona a lei più care, qualsiasi cosa avesse in mente di fare Jack. Tuttavia stavolta non perse le staffe. “Ovviamente no. Ma lui rimarrà fuori da questa storia. Anche se probabilmente lui sarebbe più che felice di seguirti chi sa dove, non intendo permettere che corra rischi, intesi? Quindi, qualunque cosa tu pensi di fare, scordatela” affermò inflessibile.

Jack fece un sorriso furbo, e con aria saccente disse: “Cambierai idea appena saprai quali potrebbero essere le conseguenze della buona riuscita del mio piano”

“Ne dubito”

“Ah si? E se ti dicessi che il giovane Daniel potrebbe sciogliere il caro William dalla sua maledizione e farlo ritornare qui con noi sulla terra ferma semplicemente chiedendolo a Calipso una volta trovata la grotta?”

Elizabeth aprì bocca, pronta a negare qualsiasi proposta del capitano, ma appena il messaggio giunse al cervello, richiuse le labbra, sbatté le palpebre un palio di volte, certa di non aver comprese bene le parole di Jack.

 

Riportare…Will…qui?

 

Il solo pensarlo le faceva trattenere il respiro e provare quella gioia incredibile che si sente quando si sa che un sogno lontano si sta per avverare. In tutti quei lunghi anni costretta a dormire in un letto reso troppo grande per lei dalla solitudine, aveva fantasticato mille volte su un possibile futuro accanto al marito che, nonostante la lontananza, non aveva mai smesso di amare. Ma ogni volta, la sua bolla di sapone rosea veniva scoppiata dalla mano crudele della realtà, che rimetteva tutto sotto la fredda e distaccata prospettiva della ragione, che ignorava maligna i sentimenti delle persone. Will era il capitano dell’Olandese Volante, condannato a solcare in eterno i mari sospeso tra due mondi, separato da lei, che l’avrebbe atteso finché fosse vissuta per godere di quell’unico giorno insieme che li era stato concesso una volta ogni dieci anni. Questa consapevolezza portava con sé un vuoto che in diciassette anni aveva scavato una voragine dentro il suo petto. Un senso di desolazione, divenuta ormai sua compagna fedele tanto da sembrarle dolce e consolatrice nei momenti più bui, quando crogiolarsi nei ricordi era l’unica via per non impazzire.

Ma per quanto potesse apparirle impossibile, Jack le stava offrendo su un piatto d’argento l’opportunità di far realizzare il suo desiderio più bramato. Sembrava semplice quanto allungare una mano e afferrare un oggetto a te vicino. Era troppo bello per essere vero. E sapeva per esperienza che le cose in apparenza semplici non erano mai come sembravano. Soprattutto se a proportele era un pirata.

“Dov’è la fregatura Jack?”

Il capitano la guardò sconcertato, come se Elizabeth gli avesse appena fatto un gran torto. “Nessuno fregatura gioia. Come puoi dubitare di me? Io ottengo l’immortalità e tu tuo marito. Per una volta possiamo ricavarci qualcosa entrambi.” Ma dato che lo sguardo scettico della donna sembrava immutabile, aggiunse “Comunque se non ci tieni a riavere Will a casa ti posso capire. La vita da donna libera comincia a ripiacerti?” chiese ironicamente.

La sua interlocutrice sbuffò. La proposta era allettante, troppo. Ancora una frase da parte di Jack e avrebbe ceduto. Se voleva riavere suo marito a casa? Avrebbe dato qualsiasi cosa per questo. Ma non riusciva a fidarsi, a credere a Sparrow. Se si fosse permessa di sperare una cosa del genere per poi vedere i suoi sogni infrangersi di nuovo, non sarebbe sopravvissuta. Non avrebbe sopportato di perderlo ancora.

“Jack, non mi stai prendendo in giro, vero? Sarebbe davvero crudele anche per un pirata.”

Incredibile ma vero, per una volta in vita sua, Jack fece un’espressione seria, talmente rara per lui che quasi stonava sul suo viso. “Ti giuro che dico la verità, se tutto va come devo andare, e sarà così, William potrebbe tornare.”

Quelle parole pronunciate con cotanta serietà, finalmente ebbero effetto. Il cuore di Elizabeth pian piano si aprì di nuovo alla speranza, e le sue labbra sfociarono in un sorriso sincero. Gli occhi le brillarono, ma cercò di trattenere le lacrime di gioia. E se Jack avesse avuto ragione? Se c’era ancora una speranza per Will? Poteva rischiare di perderla per paura di soffrire ancora?

 

No. È meglio soffrire altre mille volte che negargli l’opportunità di tornare per egoismo.

 

“Affare fatto?” tentatore, Jack si infilò tra i pensieri della donna.

“Oh Jack.” Fece un respiro profondo. Altre mille volte, si ripeté. “Ci sto. Ma se mi hai mentito, stavolta non la passi liscia, intesi?”

La minaccia non preoccupò minimamente Jack. “Affare fatto” e strinsero le mani. Negli occhi della donna, Jack rivide la ragazza temeraria di un tempo, colei che aveva affrontato battaglie al limite del possibile. Rivide la grinta che si era ormai assopita nel cuore di Elizabeth, la stessa che una volta lo aveva fatto invaghire. Rivide Elizabeth Swann, regina dei pirati.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=170065