Who is in control?

di Pouring_Rain11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Unexpected Arrival ***
Capitolo 2: *** II - Wind Of Change ***
Capitolo 3: *** III - Something Different ***



Capitolo 1
*** I - Unexpected Arrival ***


Capitolo I – Unexpected Arrival

​I've tried to leave it all behind me
But I woke up and there they were beside me
And I don't believe it but I guess it's true
Some feelings, they can travel too
Oh there it is again, sitting on my chest
Makes it hard to catch my breath
I scramble for the light to change

- Wish That You Were Here (Florence+The Machine)

 
 

Da quando aveva lasciato la sua vecchia Casa, Alma Peregrine si era sentita come se un piccolo pezzo di sè fosse rimasto laggiù ad attendere un suo possibile ritorno. Non aveva voluto spingersi troppo in là – in fondo la Scozia non era così lontana dal Galles – per creare un luogo sicuro, protetto e nascosto per i suoi Bambini, come sempre aveva fatto fino ad ora.

Dal momento in cui Barron era stato ucciso il clima era tornato relativamente calmo, ma ci si sarebbe potuti aspettare di tutto. I vacui non erano stati completamente sconfitti, ma con Jake dalla loro parte si sarebbero sicuramente accorti prima della presenza di uno di loro. Così aveva creato un nuovo anello, cercato una grossa casa abbandonata e aveva provato a restituire ai suoi piccoli Speciali la vita spensierata di un tempo. Con non poca fatica, si intende.

In quel preciso istante, nulla avrebbe potuto disturbarla. Se ne stava seduta tranquillamente su una poltrona, osservando alcuni dei suoi Bambini giocare fuori dalla finestra. Le risate e gli schiamazzi non avrebbero potuto confortarla di più. La donna estrasse dalla tasca dell’abito blu notte un orologio da taschino dorato, controllando minuziosamente l’ora. In una manciata di secondi, un forte boato simile ad un tuono e l’improvviso scrosciare della pioggia si fecero sentire, mentre Miss Peregrine premeva un tasto accanto al quadrante. “Giusto in tempo.” Sorrise vittoriosa.


“Anche oggi problemi con lo scoiattolo?” Jake si avvicinò cautamente ad Emma, la quale teneva fra le mani un piccolo roditore dalla coda lunga e setosa. “A quanto pare anche qui ho compiti da svolgere tutti i giorni…” Sorrise la ragazza, iniziando a svolgere la corda. “Tienila stretta, mi raccomando.” Disse al castano con un sorriso, proprio come la prima volta. Dopodichè, porse uno dei lembi a Jake, che iniziò ad avvolgerlo strettamente attorno alla sua vita. “Non mollerò la presa, te lo prometto.” Dopo aver stretto l’ultimo nodo, Jacob fece un piccolo inchino, mentre la risata cristallina di Emma si propagava per il giardino. La giovane si chinò verso le pesanti scarpe di piombo intarsiate che indossava e con un gesto veloce slacciò le cinghie che le imprigionavano i piedi.

Jake si soffermò a guardare quello spettacolo come la prima volta. Emma si librò in aria lentamente, leggera come non mai, sempre con lo scoiattolino fra le mani. La ragazza saliva e saliva, avvicinandosi sempre più alla punta dell’albero sotto cui si trovava il giovane Portman. Arrivata a “destinazione” si sporse leggermente verso le fronde, posando delicatamente il roditore sulla sommità dell’albero. “Fatto!” La bionda sollevò il pollice e sorrise, mentre Jake iniziava a riavvolgere la corda, facendola tornare a terra.
Dopo aver indossato nuovamente le scarpe ed essersi riavvolta la corda attorno al braccio, Emma si avvicinò a Jacob e depose un piccolo bacio sulle sue labbra. Il ragazzo sorrise e la strinse ancora di più a sé. In pochi secondi si ritrovarono sotto la pioggia. Ridacchiarono entrambi.

Erano felici. Senza più nessuno a dar loro la caccia, vivendo ogni istante il loro solito giorno perfetto, lontani dal mondo esterno e da qualsiasi minaccia che poteva presentarsi. Felici, al sicuro, insieme.

 
Enoch rimase immobile diversi istanti ad osservare la scena che si stava svolgendo fuori dalla finestra, lo sguardo gelido, senza dire una parola. Era più forte di lui: nonostante Jake gli avesse salvato un paio di volte la vita e il loro rapporto fosse migliorato rispetto all’inizio, non riusciva a non essere geloso di lui. Nel momento in cui era arrivato, il giovane Portman si era subito ambientato ed era riuscito a farsi benvolere da tutti in pochissimo tempo. Strano ma vero.

A lui c’era voluto molto di più, invece. Forse era per il suo brutto carattere, forse per la sua inquietante specialità… Fatto sta che il suo atteggiamento verso Jacob era cambiato solo in parte. Ed ora, vederlo lì, felice, insieme ad Emma, non fece altro che aumentare la sua rabbia. Dopo essersi allontanato dalla finestra, il ragazzo sbatté con violenza i due barattoli che teneva fra le mani sul tavolo, proprio mentre un tuono faceva tremare le pareti della casa.

Chiuso in quella stanzetta della mansarda che chiamava laboratorio, Enoch sentiva ancora più distintamente lo scrosciare delle gocce di pioggia contro il tetto ed i vetri. Sbuffando, si accasciò sulla sua poltrona, proprio mentre una longilinea ragazza dai capelli rosso fuoco faceva il suo ingresso nella stanza. “Enoch… tutto bene?” Olive si avvicinò cautamente al tavolo cosparso di oggetti da lavoro, afferrando con le dita esili e coperte da un guanto ignifugo un piccolo braccio di bambola. “Come vuoi che vada?” Fu la risposta secca del giovane.
Non che la compagnia di Olive gli desse fastidio, anzi… Era una delle poche persone che si interessavano di lui, di ciò che pensava, di come si sentiva. Poteva addirittura definire la rossa come la sua unica amica. Gli altri non erano male, certo… Però nessuno di loro si avvicinava a lui, forse per paura di essere bistrattato proprio come alcune delle sue bambole.  

Victor sì, invece, che lo capiva fino in fondo. Il suo cadavere era rimasto laggiù, in Galles, quindi sarebbe risultato difficile riportarlo in vita per parlare un po’ con lui. Ricordava la sua morte come se fosse stata pochi istanti prima. Aveva perso un amico, uno dei pochi, rimanendo solo ed inasprendo ancora di più il suo atteggiamento verso gli altri.
“Miss Peregrine ha detto che fra poco preparerà la cena. Conviene farti trovare di sotto… Sai che odia i ritardi!” Olive abbozzò un sorriso ed il giovane O’Connor tentò di fare lo stesso, convincendosi di aver fallito prima di cominciare. Si alzò in piedi e seguì la rossa fuori dalla camera, rivolgendosi ancora un istante verso la finestra e la pioggia all’esterno, tanto nulla sarebbe cambiato.
 

Qualcuno bussò timidamente alla porta della casa. Un rumore quasi impercettibile contro la pioggia che, quel giorno, aveva deciso di diventare più violenta del solito. La prima ad accorgersene fu Emma, che scattò in piedi come una molla, proprio mentre Miss Peregrine avvisava i ragazzi che la cena era in tavola.

“Hanno bussato alla porta.” Mormorò la bionda, avviandosi lungo il corridoio seguita da Jake, Olive ed Enoch. “Chissà chi sarà a quest’ora…” Olive si scostò dal viso qualche ciocca rossa, gli occhi azzurri pieni di curiosità. I quattro ragazzi si ritrovarono all’ingresso, davanti all’imponente scala che ricordava la loro vecchia casa a Cairnholm. “Bene, chi va ad aprire?” La bionda fece un passo indietro, mentre il bussare riprendeva poco più insistente. Si guardarono tutti quanti per un attimo, dopodiché fu Enoch a prendere l’iniziativa. “Femminucce.” Borbottò, soffermandosi per una frazione di secondo in più su Jake. Poi fece scattare la serratura ed aprì.

Una ragazza che avrebbe potuto avere benissimo la loro età, se non più giovane, era in piedi di fronte a loro. I lunghi capelli corvini gocciolavano, così come il vestito scuro che indossava. Aveva un’espressione incredibilmente spaventata in volto, come se avesse appena visto un mostro e fosse troppo spaventata per parlarne. La giovane tese a fatica una mano esile e pallida verso di loro, come se stesse facendo uno sforzo terribile. “Per favore… Aiutatemi…” Sussurrò con un filo di voce. Cercò di fare un passo in avanti, ma le forze la abbandonarono e si accasciò a terra.

E poi fu buio.




Angolo Autrice :)

Ciao a tutti! Sono Pouring_Rain11 e sono nuova del fandom :3
Per chi mi conosce già... So benissimo che avevo detto "Aggiorno Sacrifice prima di qualsiasi altra cosa" ma... Bè... L'ispirazione vola e non si può far nulla per fermarla :3
Ed eccomi qua, allora, con questa nuova ff senza tante pretese... Che, vi dirò la verità, mi rilassa un sacco scrivere. Forse perchè ho intenzione di creare qualcosa di più "tranquillo" e meno "turbolento" delle altre storie che scrivo (e poi non pubblico, giustamente -.-'')
Metto in chiaro fin da subito una cosa: amo alla follia, cioè adoro, cioè venero la OlivexEnoch... Quindi. Ho deciso di creare la ship EnochxNuovoPersonaggio just because Enoch mi piace da morire e mi piacerebbe che si sentisse compreso da qualcuno di diverso dai "soliti" Speciali con cui si trova a vivere OwO Tutto qui
(Il mio povero Cinnamon-roll incompreso, piango TwT)
Metto in chiaro fin da subito another thing... Non ho letto il libro, almeno per ora, quindi sono totalmente estranea ai fatti raccontati da Riggs. (Tranne ad alcune piccole cose, come lo scambio dei poteri di Emma ed Olive, di cui ancora non mi capacito...) Mi baserò, quindi, solo e solamente sulla trasposizione cinematografica, null'altro.
Bè, credo, per adesso, di avervi detto tutto ;) Per qualsiasi domanda, curiosità, concetto non capito ecc... sono qui a vostra disposizione :D Chiedete e vi sarà dato!
(Oddio se rileggo la frase prima sembro una prof, lol)
Vabbè, grazie per essere passati a leggere :3 Un abbraccio forte forte ed alla prossima!
-Rain<3




 

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Capitolo 2
*** II - Wind Of Change ***


Capitolo II - Wind Of Change

Can you hear the Silence?
Can you see the Dark?
Can you fix the Broken?
Can you feel, can you feel my Heart?

- Can you feel my Heart? (Bring me the Horizon)


La prima cosa che vide non appena aprì gli occhi, fu il soffitto di travi di legno che la sovrastava. Sbattè un paio di volte le palpebre per abituarle alla luce e tentò di mettersi a sedere, riuscendoci dopo pochi tentativi. Si guardò intorno e realizzò di trovarsi in una stanza, da sola, in un posto che non aveva mai visto e che non conosceva. Sollevò le mani e prese ad osservarle senza dire una parola, spaventata a morte. Poi la porta si aprì ed una donna bizzarra fece il suo ingresso, un sorriso ambiguo sul volto pallido ed una pipa fra le dita sottili.

Era alta ed esile, con i capelli corti, neri ed ondulati, talmente lucidi da sembrare quasi blu. Gli occhi parevano quelli di un falco, affilati e chiari, incredibilmente profondi e seri. Indossava un vestito blu scuro molto particolare, dalle maniche che ricordavano le ali di un volatile. La donna si avvicinò piano al letto in cui era sdraiata, dopodiché si sedette su una poltrona lì vicina e sorrise. “Miss Peregrine, molto piacere.”    

La ragazzina esitò un istante prima di allungare una mano e stringere con poca convinzione quella della direttrice. Non disse una parola, si limitò a fissare la donna con gli occhi spalancati, come se avesse visto una persona per la prima volta. “E tu come ti chiami? Come hai fatto ad arrivare qui?” Miss Peregrine continuò, senza smettere di sorridere alla corvina, che, dal canto suo, continuava imperterrita a guardarla con i suoi grandi occhi grigi e spaventati. “Non puoi parlare?” Vedendo così tanta indecisione, la ymbryne provò un altro tipo di approccio. Come aveva previsto, la ragazzina scosse la testa, appiattendosi ancora di più contro il muro dietro al letto non appena le venne consegnato un blocco con una penna per scrivere.

 
«Mi chiamo Bathsheba Blackshades, non ho la minima idea di come sia arrivata in questo posto, né dell’epoca in cui mi trovo. So solo che molto probabilmente è un anello temporale.»
 
Bathsheba scrisse un paio di righe in pochi secondi, con mano tremante, passando poi il blocco alla direttrice e continuando a guardarla. Miss Peregrine chinò leggermente il capo con un sorriso e rispose “3 settembre 1940.” Non a caso aveva scelto di nuovo quel giorno, il loro giorno, l’unica cosa che ancora la teneva legata al vecchio anello di Cairnholm. “È normale che tu sia un po’ frastornata… Stavi per caso scappando da qualcosa? O da qualcuno?” La donna continuò la sua indagine, decisa a volerne sapere di più. Bathsheba riprese il blocco e scrisse:
 
«Sì, molto probabilmente si trattava di un vacuo, uno degli ultimi rimasti penso. Ma non vi dovete preoccupare, qui siete al sicuro. Ho nascosto le mie tracce attraverso un’ombra e l’ho anche utilizzata per capire se mi stava inseguendo oppure no. È stato orribile… Combattere dei nemici che posso percepire ma non vedere mi ha sempre spaventata a morte.»   
 
La direttrice della casa conosceva perfettamente quella sensazione. “Tu sai maneggiare le ombre? Ma… Per farlo devi comunicare con loro…” La ragazzina riprese per un istante il blocco e scrisse altre tre parole.
«Non sono muta.»
 
“Bè, allora a quanto pare hai solamente bisogno di un po’ di tempo… Comunque vieni, ti porto a conoscere gli altri.” E detto questo, fece cenno alla nuova arrivata di seguirla. La corvina strinse al petto il blocco e decise di andare dietro alla donna, tanto non avrebbe perso nulla.

Aveva già perso tutto.
 

“Ragazzi! Lei è Bathsheba, è arrivata ieri sera… C’è stato un po’ di trambusto ma ora sta bene. È un pochino timida e non se la sente di parlare per ora, abbiate pazienza, è molto scossa.” La giovane si ritrovò in una sala al piano di sotto che aveva tutta l’aria di essere un salotto. Non ricordava di aver mai passato del tempo in una casa per ragazzi speciali, figuriamoci in un anello temporale… Comunque scelse di lasciarsi guidare da Miss Peregrine che, pian piano, le avrebbe presentato tutti i ragazzi.

Le ombre che aveva visto la notte prima nei suoi sogni avevano parlato chiaro: silenzio, o ti troveranno. Aveva paura, paura di perdere il controllo in mezzo ad altre persone, paura di fare del male alla gente, paura che quel vacuo riuscisse a ritrovare la traccia e comparisse all’improvviso per portare via qualsiasi speranza. Paura.
“Abbiamo veramente tantissimi tipi di Speciali qui! Per esempio, lui è Millard.” E così dicendo, la donna indicò dei vestiti fluttuanti che Bathsheba non faticò a catalogare come appartenenti ad un ragazzino invisibile. “È un piacere conoscerti!” Rispose il maglioncino bordeaux, allungando poi una manica per stringere la mano della ragazzina, che abbozzò un timido ed impaurito sorriso. “Poi ci sono Claire ed i Gemelli.” Continuò la ymbryne, verso due bambini coperti interamente da inquietanti tute bianche da pierrot ed un’altra con dei bellissimi boccoli d’oro ed un dolce sorriso. “Horace.” Un ragazzo biondo vestito di tutto punto con indosso un monocolo fece un piccolo inchino. “Lei è Bronwyn.” Una riccioluta bambina dal viso paffutello con indosso una tunica bianca sollevò una manina e la agitò allegramente di fronte alla nuova arrivata. “Hugh.” Bathsheba si ritrovò a fissare uno strambo ragazzino con una rete da apicoltore attorno al viso. “Ha un piccolo problema con le api che vivono dentro di lui.” Spiegò Miss Peregrine, strizzando l’occhio. “Fiona.” La corvina notò che la ragazza con due trecce bionde si era fatta avanti e le stava porgendo un fiore. Accettò il regalo con un piccolo sorriso e scrisse grazie sul taccuino, cercando intanto di rammentare l’ultima volta che qualcuno si fosse comportato gentilmente con lei. Ma il giro delle presentazioni non era ancora finito, quindi si apprestò a seguire la Direttrice.

“Olive.” Una giovane dai capelli rosso fuoco sorrise allegramente alla nuova arrivata, passandosi le mani guantate di nero sul vestito come per sistemarlo meglio. “Emma.” Miss Peregrine si posizionò dinnanzi ad una ragazza bionda e pallida che sembrava quasi scomparire nell’aria. Bathsheba si accorse subito che stava indossando delle scarpe metalliche davvero molto pesanti e non ci mise poi molto ad intuire la sua specialità. “Lui è Jake, è arrivato qui poco prima di te.” Il giovane Portman annuì sorridendo, mentre gli occhi azzurri fissavano attentamente la corvina. “Sono 45 secondi di ritardo, Enoch.” La Direttrice guardò severamente il ragazzo che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza. “Allora la bella addormentata si è svegliata…” Commentò lui di rimando, incrociando le braccia al petto e squadrando la diretta interessata da capo a piedi. “Lasciala stare, ha soltanto bisogno di ambientarsi… Vero?” si intromise Emma, fulminando il castano con lo sguardo. “Bè, lascio Bathsheba nelle vostre mani… Se hai bisogno di me potrai trovarmi al piano di sopra.” Alma Peregrine si congedò così, appoggiando una mano sulla schiena della ragazzina come per rassicurarla.

Andrà tutto bene.
 

Enoch si ritrovò a fissare la nuova arrivata, sentendo che aveva decisamente attirato la sua attenzione. Non ricordava di aver mai visto una persona così esile e pallida da sembrare morta in vita sua, se non all’obitorio o in posti simili. Fatto stava che Bathsheba era incredibilmente magra e dava anche l’impressione di essere così fragile da potersi spezzare da un momento all’altro. La osservò mentre cercava di comunicare con gli altri scrivendo sul taccuino. I movimenti veloci delle mani affusolate, i polsi sottili così come la vita. Sembrava quasi una delle sue bambole pronta a prendere vita da un momento all’altro. Gli venne quasi da sorridere all’idea, ma pensò che non fosse il caso e preferì restare lì a guardarla, senza fiatare, sperando che nessuno si accorgesse della cosa.
 

“Quindi quale sarebbe la tua specialità?” attorno alla corvina si era formato un piccolo capannello di persone che le facevano delle domande, curiose ed entusiaste di sapere il motivo del suo arrivo. Lei si limitava a sorridere timidamente, spalancare gli occhi e scrivere qualcosa sulla pagina del taccuino, cercando di ridurre i tempi per non far accavallare le domande. Le avevano chiesto da dove venisse, lei aveva risposto che era nata con molte probabilità a Londra e che aveva passato la vita sballottata di qua e di là per colpa della sua famiglia. Poi un giorno aveva cominciato ad interagire con le ombre e le cose erano cambiate: avevano iniziato ad allontanarla, ad escluderla, per poi mandarla in un collegio privato e non pensarci più. Le ombre erano diventate le sue uniche amiche, capaci di capirla, di ascoltarla. Lei si fidava di loro.

E di nessun altro.

Dopo aver risposto a tutte le domande, Bathsheba seguì i Bambini in giardino, guardandosi intorno con aria incuriosita ed allo stesso tempo intimorita. La distesa d’erba verde smeraldo pareva immensa, mentre il sole illuminava i fiori di mille diverse sfumature che rendevano ancora più magico quel giardino. Fiona aveva abilmente ricreato alcune delle statue di foglie che c’erano a Cairnholm, tra cui un centauro ed altre creature fantastiche. La corvina non aveva mai visto qualcosa del genere. Non si accorse quasi di essere rimasta sola in coda al gruppo, mentre i Bambini più piccoli andavano a giocare. Erano rimasti soltanto lei, Jacob ed Emma. “Che dici di venire a vedere lo spettacolo dello scoiattolo? Credo ti possa piacere.” La bionda sorrise dolcemente alla nuova arrivata, mentre le faceva cenno di seguirla. Bathsheba annuì e provo a sorridere di rimando, seguendo i due ragazzi che potevano pressappoco avere la sua stessa età. Per la prima volta si sentì coinvolta, accettata, non più completamente sola.
 

Enoch rimase a fissare la finestra proprio come il giorno prima, come se l’anello temporale avesse iniziato a ripetere anche le sue azioni quotidiane. Solo che quel pomeriggio era qualcosa di nuovo ad attirare la sua attenzione. Quella ragazzina muta, o perlomeno sembrava, gli era parsa tremendamente difficile, come un qualcosa da scoprire poco alla volta. Ed anche lì, nel suo laboratorio, in mezzo a resti di bambole rotte e la presenza di Olive che ogni tanto veniva a controllare se stesse bene o avesse bisogno d’aiuto, non riusciva a togliersi dalla testa quell’espressione spaventata, quegli occhi grandi e pieni di paura che l’avevano fissato la sera precedente. E, quasi senza accorgersene, sgombrò il tavolo da lavoro e prese tra le mani alcuni arti di bambola intatti, cercando di non pensarci più. E ricominciò a lavorare, sperando che tenersi impegnato lo aiutasse a scacciare quella strana sensazione. La stessa che aveva fatto ripartire i battiti del suo cuore dopo tanto tempo.




Angolo Autrice :)

Buonasera/Buongiorno/Buonanotte a tutti!
Non riesco proprio a non aggiornare prima delle 23, vogliate scusarmi, ma è nel mio DNA a quanto pare ^^"
Vabbè, a parte tutto, mi scuso tantissimo per il ritardo. L'aggiornamento era fissato per la scorsa settimana, ma per una serie di inconvenienti (aka SCUOLA TwT) non ce l'ho fatta :/
Comunque... Che ne dite? Le cose stanno iniziando a cambiare piano piano, l'arrivo di Bathsheba è solo una piccola parte. (A proposito, che ne pensate di lei? Vi piace?) Cercherò di non rendere le attese troppo pesanti e di spiegare piano piano le idee che ho per questa storia, che, come vi ho già detto, è abbastanza differente da quelle che ho scritto finora.
Sto continuando a leggere il libro e devo dire che è molto diverso dal film, quasi totalmente. Lo sto apprezzando tantissimo, sia per lo stile che per i personaggi, davvero sorprendenti e "vivi", sembra quasi si muovano sulla carta! *^*
Vi ringrazio un botto per le visite (sia qui che su wattpad) e per i commenti e recensioni, siete fantastici! <3
Un abbraccio ed alla prossima! (Spero non così tardi XD)

-Rain<3

 

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Capitolo 3
*** III - Something Different ***


Capitolo III – Something Different
 
           'Cause my Echo, Echo
Is the only voice comin' back
My Shadow, Shadow
Is the only friend that I have

-Echo (Jason Walker)

 

La pioggia serale scivolava piano sui vetri della villa, mentre un gruppo di ragazzi Speciali si apprestava a prepararsi per la cena. Le risatine dei Bambini, i loro lieti discorsi e i loro passi per le scale non avrebbero potuto rallegrare di più Miss Peregrine, che li attendeva sorridendo nella sala da pranzo.
Bathsheba li aspettava dietro alla direttrice, con la solita espressione impaurita sul volto. Aveva passato la giornata girellando per la casa e cercando di scacciare i pensieri legati al vacuo che l’aveva inseguita poco tempo prima. Aveva cercato di non evocare il suo potere, ma era stato tremendamente difficile: vedeva ombre ovunque. Negli animi dei bambini, le ombre degli oggetti, le ombre che ogni giorno si affacciavano nella sua mente e le mostravano ciò di cui era capace. Aveva paura. Era spaventata da se stessa.

Quando il nugolo di ragazzi entrò nella sala, la corvina decise di prendere posto dove capitava. Si guardò attorno cercando di capire bene dove andare, ma una voce la riscosse dai suoi pensieri. “Puoi sederti qui, Batsy.” Olive, la ragazza dai capelli rosso fuoco, picchiettò allegramente la mano guantata di nero sulla sedia accanto a lei. La nuova arrivata non esitò ulteriormente e prese posto dove le era stato indicato, appoggiando sul tavolo il suo fedele taccuino. Afferrò la penna timidamente e scribacchiò poche parole, poi passò il blocco ad Olive:

 
«Perché Batsy?»
 
La rossa sorrise. “Bathsheba è un po’ troppo serio. Batsy è un po’ più sbarazzino, suona bene!” L’altra abbassò lo sguardo, mentre la curva timida di un sorriso le si delineava sul volto. Negli occhi grigi, però, ancora tutta quella paura. Non si accorse quasi che Hugh aveva preso posto accanto a lei con l’inseparabile reticella da apicoltore calata sul capo. Si rese conto di trovarsi in un luogo strano, così diverso da tutti quelli in cui era stata fino ad allora. E le piaceva. Le piaceva molto.

 
Dopo aver mangiato (Batsy non riusciva a ricordare un pasto altrettanto abbondante quanto quello di quel giorno) i Bambini si diressero verso il salotto, in cui Horace si apprestava a proiettare il film di quella sera. “Come devi sapere” Iniziò Miss Peregrine “Horace può vedere il futuro attraverso i sogni. Questi sogni sono spesso premonitori.” La ragazzina annuì, mentre accanto a lei si agitavano Bronwyn e Claire. Il ragazzo biondo si posizionò su una sedia e sollevò la lente del suo monocolo, mentre un fascio di luce si stagliava contro il tessuto bianco sospeso sopra il caminetto. La corvina afferrò con cautela la tazza di cioccolata fumante che le porgeva Olive, cercando per l’ennesima volta di abbozzare anche solo un piccolo sorriso. Ma il guizzo di un tentacolo d’Ombra verso di lei le fece soltanto chiudere gli occhi, facendole sperare che tutto finisse in fretta.

Passati pochi secondi, la ragazzina si ritrovò immersa in strane storie sui vestiti con Horace protagonista (Horace che provava un completo, oppure un nuovo cappello), immagini scure e sfocate e la sua apparizione davanti alla Casa la sera precedente. Poi delle Ombre. Delle Ombre diverse da tutte quelle che conosceva, delle Ombre che non poteva manipolare.

I Vacui.

Horace stava mostrando il futuro.

Il clima allegro e divertito di pochi istanti prima lasciò spazio ad un mormorio sommesso ed impaurito, le facce dei bambini persero a poco a poco i loro sorrisi, la stanza calò nella più cupa oscurità.

Batsy chiuse piano gli occhi, doveva scacciare quelle immagini dalla mente, si disse. Udì distintamente la voce di Miss Peregrine che tentava di tranquillizzare tutti, proprio mentre lei tentava di richiamare a sé l’Ombra e tutto il resto. La stanza iniziò a rischiararsi un poco, mentre piccoli arabeschi oscuri avevano iniziato a serpeggiare verso la ragazza che li aveva evocati. Quando la situazione si risolse, Batsy scrisse qualcosa sul blocco e lo passò alla direttrice, lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

 
«Io non volevo… È stata la paura… Scusate.»
 
La donna sorrise comprensiva. “È stata una giornata pesante per te… Ti va di venire con noi a vedere l’anello azzerarsi? Poi sarai libera di riposare.” A Bathsheba non restò altro che annuire. Si accodò al gruppo di ragazzi a testa bassa, mentre alcuni di loro cercavano di tranquillizzarla o di farla sorridere. Ma, il pensiero di poter far male a persone che aveva appena conosciuto, non fece che spaventare ancora di più la ragazzina, che si chiuse nelle spalle e non alzò più lo sguardo fino a quando non furono usciti tutti.
 

Batsy aveva iniziato a girare per la casa quasi senza saperlo, dato che di dormire non ne aveva affatto voglia. Il corridoio si stagliava buio di fronte a lei, completamente sola ed in silenzio, spaesata e senza idea di dove andare. Notò in lontananza, quasi senza volerlo, una sottile lama di luce che tagliava il pavimento in legno, proveniente da una delle camere dei Ragazzi. Qualcuno era ancora sveglio. Attraversò a passi leggeri il corridoio, si guardò intorno con cautela e poi varcò la soglia senza neanche chiedere il permesso.

La prima cosa che la colpì, fu l’enorme quantità di barattoli ordinati sulle mensole di legno. Era tutto così buio, nonostante una debole luce fosse accesa. L’atmosfera, che ad alcuni poteva sembrare addirittura “pesante”, poteva considerarsi quasi piacevole (dal suo punto di vista, ovviamente). Iniziò ad osservare con attenzione gli scaffali, alzandosi anche in punta di piedi per capire cosa contenessero i barattoli, senza accorgersi di non essere affatto sola.
 

Enoch riconobbe quel rumore di passi quasi subito e non fece in tempo a chiedersi cosa ci facesse Bathsheba sola per la casa, che la ragazzina entrò ed iniziò a scrutare tutta la sua “riserva” di organi. Era tremendamente silenziosa (vagamente inquietante, se proprio doveva aggiungere particolari) e al tempo stesso così fragile ed indifesa. Sollevò piano lo sguardo dal suo tavolo da lavoro, pensando che la corvina avrebbe dovuto chiedere prima di entrare… Dopotutto quella era la sua camera. E invece non disse nulla. Ma, involontariamente (o forse no), fece cadere uno dei suoi attrezzi a terra. La ragazzina si voltò di scatto, puntando i grandi occhi grigi nei suoi color nocciola, trattenendo leggermente il respiro. Lì per lì, Enoch pensava sarebbe corsa via senza lasciar traccia, invece si voltò di nuovo verso le mensole e sussurrò “Tu… Tu doni la vita.”

Il ragazzo sollevò un sopracciglio. Parla. Pensò, mentre osservava Batsy muoversi con aria quasi incerta, senza fare rumore e continuando ad osservare i barattoli senza nemmeno spaventarsi un po’. “Allora parli.” Borbottò Enoch, tornando ad osservare la bambola a cui stava lavorando, sollevando di tanto in tanto lo sguardo per vedere se Batsy ricambiava. Non ci volle molto per la risposta della ragazza, che giunse nuovamente quasi sussurrata, come per paura che quella voce delicata potesse distruggere qualcosa. “Non ho mai detto di essere muta.” Il ragazzo incrociò le braccia al petto, con aria quasi divertita. “Del resto i muti non parlano… E ti ricordo che fino a un’ora fa giravi per la casa con un taccuino.” Lei non rispose, continuò, anzi, a dargli le spalle, guardandosi ogni tanto intorno, quasi come se avesse paura. “Passi tutto il tuo tempo libero qui?” Che gliene importa? Pensò Enoch. Del resto non gli aveva risposto. “Mi ricordi moltissimo Victor… Anche lui faceva tante domande… E sviava spesso i discorsi.” Batsy si voltò, gli occhi grigi spalancati e curiosi. “Chi è Victor?” chiese candidamente, come una bambina che scopre qualcosa per la prima volta. “Non sono affari tuoi.” Sputò lui, con aria risentita.

La ragazzina non rispose. Si limitò a fissarlo, con un sorriso appena abbozzato sul volto. Enoch sollevò un sopracciglio. Di certo non era quella la reazione che si aspettava. La vide anche scrollare impercettibilmente le spalle, mentre un esserino scuro delle dimensioni di un pezzo degli scacchi le scivolava lungo il braccio. “Cos’è quello?” Il ragazzo non riuscì a trattenere la curiosità. “Lei è Leila. Vive con me da sempre direi… È un tipetto difficile, bisogna saperla prendere.” Quella era la frase più lunga ed articolata che avesse detto in due giorni. Batsy si avvicinò al bordo del tavolo da lavoro di Enoch e lasciò cadere senza tanti complimenti l’ombra, che, dopo essersi alzata in piedi aveva iniziato a minacciarla con le minuscole manine e la voce che sembrava il pigolio di un pulcino. Era una minuscola figuretta completamente nera, che somigliava davvero tanto a Bathsheba, solo che aveva il viso inondato da lentiggini. Non era più alta di una decina di centimetri e pareva fatta di fumo, talmente i suoi movimenti erano veloci ed impercettibili. La corvina sorrise, mentre cercava di calmare Leila, che continuava a correre per la scrivania sbattendo contro la bambola che Enoch stava costruendo. Poi, all’improvviso, crollò sul legno, iniziando a russare sommessamente.

“È strano… Di solito non fa così con gli estranei. È molto più schiva…” Il ragazzo la guardò incerto mentre con le sue mani esili prendeva delicatamente l’ombra e la faceva sparire. Aveva appena intavolato un discorso con la ragazza ‘muta’ o era un’illusione? Si alzò in piedi quasi senza accorgersene e ripose alcuni barattoli sulle mensole senza degnarla di uno sguardo. “Bè, buonanotte Enoch.” Sussurrò Batsy, con la voce sempre un po’ tremolante. Sentendola pronunciare il suo nome, il ragazzo si riscosse e riuscì a rispondere. “Buonanotte.” Poi la sentì uscire dalla stanza e non si voltò, impegnato a cercare di capire il groviglio di emozioni contrastanti che si portava dentro.

Quella ragazzina è strana forte




L'angolo autrice non c'è per problemi "tecnici" ^^" Scusate <3

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