Ballo in maschera

di _Fedra_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito ***
Capitolo 2: *** L'abito ***
Capitolo 3: *** La sfida ***
Capitolo 4: *** Il duello ***
Capitolo 5: *** L'inizio ***



Capitolo 1
*** L'invito ***


CAPITOLO 1.

L’INVITO

*






 
 

La prima volta che Oscar sentì parlare dei conti de Beaumont era una mattina di settembre. Si stava allenando insieme ad André in un prato, lontano dallo sguardo paterno, quando vide una carrozza attraversare di buon trotto la strada polverosa che costeggiava il canale. Solo qualche ora dopo scoprì che si trattava dei loro nuovi vicini di casa.

Il conte de Beaumont aveva vissuto a Parigi fino a pochi giorni prima, quando il re Luigi XV lo aveva chiamato a corte per nominarlo suo consigliere. La cosa non era affatto piaciuta al generale de Jarjayes, il padre di Oscar: tutto puzzava di forzature, intrighi a corte e giochi di potere. Cose che a Versailles si respiravano tutti i giorni.
Il generale de Jarjayes era un uomo all’antica. Nel corso della sua vita aveva servito il suo sovrano affrontando l’orrore dei campi di battaglia di tutta Europa e di certo mal tollerava le frivolezze della corte, del tutto avulsa da ciò che succedeva al di fuori dei suoi eleganti giardini. Uomini arricchitisi con poco, favori comprati, denaro che scorreva ovunque: che fine avevano fatto i nobili principi che avevano forgiato l’antica aristocrazia francese, di certo ben più bellicosa ma sicuramente molto più forte e leale nei confronti di un buon sovrano al momento del bisogno?

Non c’era stato bisogno di recarsi a Versailles per incontrare i de Beaumont. Erano venuti loro di persona a presentarsi ai de Jarjayes. Il conte de Beaumont era un uomo di mezza età, ma ciononostante conservava tutto il fascino che doveva aver avuto in gioventù. I capelli argentei, che un tempo dovevano essere castano chiaro, erano legati in una lunga e fluente coda di cavallo. Aveva lineamenti delicati e gentili e due brillanti occhi verdi che gli conferivano un’espressione intelligente e vivace.
“Mi scuso, se non mi sono fatto annunciare”, disse nel momento in cui arrivò nella villa dei Jarjayes, interrompendo la lezione di scherma pomeridiana.
Fu allora che Oscar e Lia si conobbero. Avevano la stessa età e non potevano essere più diverse. Lia sembrava la versione femminile di suo padre, fatta eccezione della statura, decisamente slanciata per una ragazza. Indossava un vestito rosso e teneva i capelli raccolti in un nastro dello stesso colore. Non appena vide Oscar, le rivolse un ampio sorriso, ma la ragazzina finse di ignorarlo. Chi diavolo era, quella sfacciata?

“Sono venuto qui per invitarvi al ballo in maschera che si terrà sabato prossimo nella nostra casa”, proseguì il conte. “Ho pensato che sia il modo migliore per rendere omaggio alla corte e allo stesso tempo di permettere ai miei figli di conoscere gente nuova”.

“Avete un altro figlio, Monsieur de Beaumont?”, intervenne in quel momento il generale de Jarjayes, che non aveva considerato Lia di un solo sguardo.

“Oh, sì! D’Eon, mio figlio minore. Mi rincresce che non sia potuto venire, ma purtroppo non ci è stato possibile disdire la lezione di latino con il suo precettore. Sapete, è un ragazzo molto intelligente e volenteroso. Avrete modo di conoscerlo alla festa”, rispose de Beaumont in tono cortese.

Quella risposta bastò a far corrugare la fronte al generale, e non solo. La stessa Oscar, infatti, trovò quelle parole estremamente bizzarre: perché mai un giovane di buona famiglia doveva sprecare del tempo prezioso sui libri, quando invece c’erano incombenze più urgenti da sbrigare, come per esempio quella di imparare a combattere? Suo padre, nonostante l’avesse fatta formare dai migliori precettori messi a disposizione dalla corte, era decisamente intransigente sulle priorità di un buon soldato.

“D’accordo, vedremo di esserci”, rispose il generale asciutto.

“Vi ringrazio!”, esclamò de Beaumont. “Il ricevimento inizierà alle otto precise e proseguirà per tutta la notte. A proposito, mi raccomando la maschera: il tema della serata sarà indossare gli abiti del sesso opposto”.

Prego?!?”.

A quelle parole, il generale de Jarjayes strabuzzò gli occhi come se avesse ingoiato un intero bicchiere di acqua salata. Che diavolo di pagliacciata era mai, quella?

Per contro, il conte de Beaumont sembrava non essersi scomposto un granché per la sua reazione.

“So che la mia proposta potrà sembrare un tantino bizzarra”, rispose. “Eppure, posso assicurarvi che è una moda che sta prendendo piede in molte città europee, Parigi compresa”.

“Sì, ne sono al corrente”, si affrettò ad aggiungere il generale, determinato a dimostrare di essere molto meno ottuso e poco informato sulle ultime assurde tendenze degli aristocratici di quanto già non lo fosse.

“Mio padre e io riteniamo che sia un modo per dimostrare anche ai gentiluomini come ci si sente nell’indossare gli abiti di una donna. Per una sera, una soltanto, saremo tutti uguali: le donne libere dalle costrizioni degli abiti e dei doveri e gli uomini consapevoli di quanto coraggio e quanta determinazione ci voglia per portare avanti le loro vite in modo dignitoso”, intervenne in quel momento una voce brillante, carica di brio.

Era stata Lia a parlare. Sia il generale che Oscar le scoccarono un’occhiata di profonda sorpresa. Come poteva una bambina di soli dieci anni infilarsi in un discorso tra adulti in quel modo, quasi con prepotenza? Di fronte a lei, la piccola Jarjayes non poté fare a meno che provare una punta di antipatia nei suoi confronti: quella bimbetta doveva essere decisamente arrogante e anche un po’ stupida, per fare tutti quei discorsi assurdi.

Il generale de Jarjayes, per contro, stava facendo ben più inquietanti congetture. Libertà della donna? Parità tra generi? Dove aveva sentito tutti quei pericolosi discorsi, se non dalle parti del duca d’Orléans, quella sanguisuga che finanziava ribelli e sediziosi provenienti da tutta Europa per tirare giù dal trono il suo odiato cugino, il re Luigi XV, senza che nessuno riuscisse mai a incastrarlo a dovere? Il solo pensiero gli fece montare una rabbia incontenibile. Che il re fosse al corrente delle folli idee del suo nuovo consigliere? O forse, più semplicemente, erano state tutte le sciocchezze infilategli nella testa da parte di Madame de Pompadour, la sua insidiosa amante, a convincerlo a portarsi in casa gente simile?

“Va bene”, rispose, a sorpresa. “A presto, Monsieur de Beaumont”.

Gli ospiti si erano così congedati e l’allenamento di Oscar era ripreso. Il generale rimase taciturno e meditabondo per tutto il pomeriggio. Si rivolse a Oscar solo per farle qualche correzione, prima di ritirarsi nel suo studio per non uscirvi più se non all’ora di cena. Rimasta libera, Oscar poté finalmente concedersi un po’ di tempo libere insieme ad André. Nemmeno lei, però, sembrava dell’umore giusto.

“Cosa c’è, Oscar?”, chiese l’amico, lanciandole una mela dalla sommità dell’albero su cui si era arrampicato.

La ragazzina afferrò il frutto e prese a sbocconcellarlo distrattamente, seduta sull’erba.

“Stavo pensando alla festa”, rispose in tono meditabondo. “Secondo te, come devo andarci vestita?”.

André si lasciò cadere giù dall’albero, sedendosi accanto a lei.

“Mmm, è abbastanza curiosa, come domanda”, disse.

In effetti, non era facile decidere in che modo vestirsi, dal momento che Oscar indossava panni maschili sin dalla nascita. Quella del generale de Jarjayes era stata una decisione difficile quanto sofferta, ma non aveva avuto altra scelta: Oscar era stata solo l’ultima di una serie di parti, tutti femminili, e di certo le speranze di avere un erede maschio erano ormai scemate. Non c’era altra scelta, quindi, che inventarsi quell’erede, nelle cui vene scorreva in ogni caso il sangue della famiglia.

“Io non ci andrò a quella festa”, tagliò corto la ragazzina dopo averci pensato a lungo. “Perché mai dovrei farlo?”.

Quella sera, Oscar e suo padre cenarono insieme. Sua madre era stata intrattenuta per delle faccende a corte (era la dama di compagnia della regina in persona) e per questo la casa sembrava ancora più grande e silenziosa del solito. Il generale de Jarjayes appariva più taciturno che mai.

“Ho deciso”, disse improvvisamente. “Di certo per me non è stata una scelta facile, ma per il bene della nostra famiglia non abbiamo altra scelta: dovrai andare a quel ballo da sola”.

“Che cosa? E voi non verrete, padre?”, esclamò Oscar, delusa.

“Mi spiace, ma non posso espormi a una simile onta. Ma, allo stesso tempo, se rifiutassimo l’invito sarebbe un palese segno di ostilità nei confronti di un uomo molto prossimo al re. Per questo ci andrai tu”.

“Ma padre…”, Oscar non riusciva a trovare le parole giuste. “Come dovrò vestirmi? Da uomo o da donna?”.

“Che sciocchezze vai dicendo, Oscar? Ci andrai vestito da donna, in quanto tu sei nato maschio e maschio resterai. Ci vuole ben altro per infangare il nome dei Jarjayes, mi sono spiegato?”.

Sì, suo padre era decisamente infuriato. Oscar avrebbe tanto voluto protestare, alzarsi in piedi e sbattere i pugni fino a quando il generale de Jarjayes non avesse capito che a lei quella stupida festa non importava un accidente, così come non le importava di quegli assurdi abiti femminili che impacciavano i movimenti e rendevano chiunque delle fragili creature. Voleva dirgli quanto odiasse le calze, i pizzi, le sete pregiate; quanto preferisse la polvere e gli stivali infangati, ma sapeva che quando c’era di mezzo l’onore della famiglia non poteva fare altro che obbedire.

Per questo, chinò il capo con fare rassegnato, preparandosi al peggio.

“Va bene, padre”, rispose in tono sottomesso. “Può venire anche André?”, aggiunse subito.

“Certo, che verrà. Non ho alcuna intenzione di mandarti in giro da solo!”, fu la risposta secca.

A quella parole, Oscar trattenne a stento una risatina. Perlomeno, vedere André in abiti femminili avrebbe dato una piega alla serata decisamente più interessante.

“A proposito, Oscar”, aggiunse suo padre subito dopo. “Stai lontano da quella ragazzina. È pericolosa”.

Lia. Anche lui aveva capito che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella bambina dai modi impertinenti.

“D’accordo, padre”, rispose Oscar decisa. “Non c’è problema”.




Ci siete ancora o vi siete già stufati?
In caso contrario, benvenuti e bentrovati a tutti coloro che già seguivano le mie follie efpiane già in precedenza!
Come avrete già intuito, anche questa volta abbiamo a che fare con un bel crossover, questa volta tra Lady Oscar e Le Chevalier d'Eon... ma non è finita qui! Infatti, oltre questa mini long, ho intenzione di scrivere una storia ben più lunga che insieme alle due opere sopracitate vorrebbe coinvolgere nientemeno che il mondo alternativo di Assassin's Creed Unity!
Okay, forse mi sto allargando troppo...
Se però questo incipit vi ha attirati, non posso che consigliarvi anche un'altra mia piccola, minuscola OS sempre dedicata a questo crossover in cantiere: potete leggerla qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3559441&i=1
Se avete domande o curiosità a riguardo sono a vostra completa disposizione :)
Grazie a tutti coloro che vorranno intraprendere questo nuovo viaggio insieme a me. Spero di aggiornare al più presto!

Un abbraccio <3 

Vostra,

Fedra






 
 
 

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Capitolo 2
*** L'abito ***


CAPITOLO 2.

L’ABITO


*



 
 
 
 
Oscar era a dir poco allibita. Si trovava in piedi davanti allo specchio della sua camera, fissando dritta negli occhi quella che appariva un’emerita sconosciuta. Eppure riusciva ad avvertire la spazzola della nonna di André che le passava sui riccioli biondi, fissandoli mano a mano in una delicata acconciatura in cui i capelli dorati si alternavano ai boccioli di alcune rose bianche. Il tutto in tinta con il vestito.

In tutta la sua vita, Oscar non ne aveva mai indossato uno e mai avrebbe creduto che un simile affare potesse risultare ancora più scomodo e ingombrante di quanto la sua immaginazione avesse mai osato credere. Di colpo le sembrava di essere completamente bloccata all’interno di una rigida impalcatura fatta di stecche di legno, sopra le quali si impilavano strati e strati di tessuto voluminoso che scendeva fino a terra in uno strascico. Il busto esile era serrato da un bustino di stecche di balena che le stringeva la cassa toracica fino a renderle doloroso ogni respiro, al punto che la ragazzina aveva preso a chiedersi se mai sarebbe diventata di colpo cianotica e svenuta sul pavimento da un momento all’altro. Almeno, in quell’evenienza, si sarebbe risparmiata una bella seccatura.

Nonostante quei cupi pensieri che non facevano altro che frullarle per la testa, la nonna di André sembrava di tutt’altro avviso. In tutti quegli anni, l’anziana governante non aveva mai avuto occasione di prendersi cura della piccola Oscar come una fanciulla di buona famiglia. Il generale de Jarjayes, infatti, era stato molto chiaro a riguardo: Oscar era un maschio e come tale andava trattato. Chiunque si fosse trovato in disaccordo sarebbe stato allontanato dalla casa immediatamente. E così, nessuno si era permesso di contraddire la volontà del proprio padrone. Ed era proprio per questo che quel pomeriggio una strana atmosfera di eccitazione aveva preso ad aleggiare in tutta la casa, come se tutti fossero stati in qualche modo contagiati da quell’improvviso cambiamento di rotta.

“Oh, mia cara, guardatevi: siete un vero incanto!”, esclamò l’anziana governante appena ebbe finito.

“Dite davvero?”, domandò Oscar, perplessa.

“Ma certo! Una deliziosa fanciulla pronta a fare il suo primo ingresso nella società”.

Fu come se quelle parole avessero sortito l’effetto di una cucchiaiata di aceto dritta in gola, amara e bruciante. Oscar si girò di scatto, il piccolo cuore che martellava come una furia contro le costole.

“Io non sono una ragazza!”, esclamò arrossendo. “Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, unico erede di mio padre, e come tale ricoprirò il mio ruolo di valoroso soldato! Quello di stasera è solo un ballo in maschera, niente di più. Domattina avrò di nuovo la mia divisa, i miei stivali e la mia spada. Niente di tutto questo resterà, se non un ricordo”.

L’anziana donna sospirò, lisciando le pieghe del vestito sulle spalle di Oscar. Negli occhi si rifletteva un’espressione indecifrabile, un misto di tristezza e un insieme di pensieri inespressi che la ragazzina non riusciva a sondare, ma che in qualche modo le facevano paura.

“Avete ragione, mia signora. Starò al mio posto, d’ora in poi”, disse a un certo punto. “Vi lascio sola qualche istante, ma ricordatevi che la carrozza arriverà fra poco: mi raccomando di non fare aspettare troppo il cocchiere o vostro padre avrà presto qualcosa di cui lamentarsi”.

“D’accordo, Nanny”.

La governante accennò un sorriso, poi uscì silenziosamente dalla stanza. Oscar rimase immobile per qualche attimo, continuando a fissare con aria instupidita la sua immagine riflessa nello specchio. Le calze le tiravano fino a farle venire voglia di grattarsi fino a strapparsele via, il corsetto era una morsa soffocante. Non era nemmeno iniziata quella dannata festa e già aveva voglia di liberarsi di quella prigione di tessuto per poter tornare a essere la persona di sempre. E la cosa che la innervosiva di più era il fatto di dover rinunciare per un giorno ai suoi allenamenti, cosa che per Oscar era inconcepibile. Ma perché mai suo padre era caduto nelle lusinghe di quella smorfiosa?

Poi ripensò a quanto gli aveva detto, all’onore di famiglia, al fatto che un loro diniego non avrebbe portato altro che guai. No, Oscar non poteva tirarsi indietro. Ne andava della posizione di tutti loro a corte, che improvvisamente stava diventando sempre più liberale e aperta alle stravaganze più assurde. Se solo avesse avuto qualche anno di più, Oscar sarebbe rimasta colpita a sua volta dai discorsi sull’uguaglianza tra tutti gli uomini, ma per il momento le sembravano nient’altro che un mucchio di sciocchezze.

In quel momento, uno scricchiolio attirò la sua attenzione. Da buon soldato, Oscar si voltò di scatto, ma le fragili scarpette che le calzavano i piedi non erano proprio il massimo per permettere quell’azione, scivolando sul pavimento di marmo e pestando l’orlo del vestito. La ragazzina gridò, evitando di scivolare a terra solo grazie allo spigolo del suo scrittoio, a cui si aggrappò come un’ancora di salvezza fino a quando non riuscì a riacquistare la posizione eretta. Solo a quel punto si rese conto di chi fosse appena entrato nella stanza, facendola diventare di tutti i colori.

“André!”, gridò inferocita. “Non dovresti essere qui dentro, accidenti!”.

“Scusami, Oscar… la carrozza è già arrivata e la nonna chiedeva di farti scendere. Non ho trovato altri servitori così, ecco… ho pensato di venirti a cercare direttamente io”.

Il ragazzino sembrava profondamente imbarazzato mentre avanzava di un passo all’interno della camera da letto. Solo a quel punto Oscar si rese conto di come era conciato. Trattenere una risata fu praticamente impossibile. Il suo amico d’infanzia era uno spettacolo a dir poco osceno. I suoi lunghi capelli neri erano stati acconciati al pari di quelli biondi della ragazzina in un intrico di trecce e boccoli che avrebbero fatto vergognare chiunque. Un lungo vestito verde lo costringeva a muoversi in maniera goffa e impacciata, mettendo in risalto le spalle che già a quell’età iniziavano ad apparire prominenti.

“Sono tanto… brutto?”, domandò André, sprofondando nella vergogna.

“Brutto no, ma…”, Oscar rise se possibile ancora più forte, ormai incapace di contenersi. “Sicuramente sei buffo! Anzi, buffissimo!”.

Il ragazzino abbassò lo sguardo. Era chiaro che desiderava solo scomparire.

“Sicuramente meno peggio di te”, su lasciò sfuggire. “Tu sì che stai bene”.

A quelle parole, Oscar si raggelò di colpo.

“Cosa vorresti dire, con questo?”, esclamò.

“Che di certo gli abiti femminili calzano meglio a te che a me”.

“Non dire sciocchezze!”.

Oscar mosse un passo in avanti, calcando il terreno con malagrazia come se indossasse ancora i suoi stivali da equitazione.

“Finiamo questa pagliacciata e non parliamone più”.

I due ragazzi scesero al piano di sotto – Oscar non senza qualche difficoltà – dove li attendevano sia Nanny che Madame de Jarjaeys, che salutò la figlia con una strana espressione sul viso. Non vi era invece traccia del generale. La cosa destò in Oscar un certo spaesamento. Come mai suo padre non era venuto a salutarla?

La carrozza li stava attendendo all’esterno. Oscar e André salirono a bordo, poi il veicolo partì di gran carriera verso la loro destinazione.

“Va tutto bene, Oscar?”, domandò André a un certo punto, notando il silenzio di tomba in cui era precipitata l’amica.

“Hai notato che a casa avevano tutti un’aria strana? Erano come… silenziosi. Ecco, non so come altro definirli”, rispose lei senza staccare gli occhi dalla campagna che scorreva fuori dal finestrino.

“Non lo so. A essere sincero, non l’ho notato. Forse è perché non siamo nei nostri abiti di sempre”.

“Già, forse”.

Oscar continuò a fissare il paesaggio, assorta nei suoi pensieri.

“Voglio solo che finisca il prima possibile”, sussurrò a fior di labbra.




Ed eccomi di nuovo qua, con il secondo capitolo :)
Lo so, la situazione si sta facendo abbastanza stramba, ma chi a quel tempo non lo era? Perlomeno, Oscar e André non se la stanno passando molto bene al momento, costretti in abiti che non sono i loro... o almeno questo è ciò che crede la nostra protagonista. Che cosa succederà una volta arrivata alla festa?

Colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che in quest'ultima settimana hanno letto e recensito questa piccola nuova storia: spero che continui a piacervi e ad appassionarvi anche in futuro :)

Ci leggiamo presto!

Vi mando un forte abbraccio, ovunque voi siate <3

F.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** La sfida ***


CAPITOLO 3.

LA SFIDA


*


 
 
 
 
La tenuta dei Beaumont era illuminata a giorno dalle luci delle fiaccole che guidavano le carrozze lungo i giardini, fino all’imponente scalone di marmo che conduceva all’interno della villa. Oscar premette il naso contro il vetro del finestrino della carrozza, scrutando meravigliata la scia di vetture di ogni genere che conducevano all’ingresso i nobili invitati. Sembrava che nessuno avesse rifiutato di partecipare a una festa tanto bizzarra. Chissà, vista l’affluenza di persone avrebbe potuto esserci nascosto il re in persona o la sua amante, la marchesa de Pompadour, anche se negli ultimi tempi sembrava fosse spesso malata e aveva limitato le sue uscite pubbliche al minimo. O almeno era questo che si sentiva in giro.

La carrozza prese a costeggiare le aiuole illuminate a giorno, le fiammelle delle torce che si riflettevano sui tremolanti specchi d’acqua delle fontane. Sia Oscar che Andrè trattennero il respiro, increduli. Ora che riuscivano a vedere da vicino gli invitati, si rendevano conto di quanto fosse assurda tutta quella faccenda. Gentiluomini imponenti e in alcuni casi anche baffuti avanzavano stretti in corsetti di stecche di balena e ampie gonne che accarezzavano il suolo, i piedi massicci stretti in graziose scarpette infiocchettate. Avanzavano a fatica, quasi barcollando sopra quei tacchi appuntiti, senza mollare loro malgrado il braccio delle mogli, improvvisamente il loro unico sostegno. Queste ultime erano vestite in abiti maschili, mostrando impudentemente le gambe, fasciate dalle culottes e da morbide calze di seta.

Oscar rimase totalmente di sasso. Di colpo, aveva come una sensazione strana, una specie di groppo alla bocca dello stomaco. Era come camminare a testa in giù, guardando il mondo al contrario. Solo che quel contrario, per quanto irreale, le sembrava tutto dannatamente normale. In fondo, quella strana mascherata non era la normalità, per lei? Non indossava abiti maschili tutto il giorno, comportandosi come tale, nonostante fosse la prima a diventare sempre più consapevole che le cose stavano in tutt’altro modo?

“Cosa c’è, Oscar?”, domandò Andrè, notando che di colpo l’amica si era incupita in quel modo.

“Niente, André. Niente”.

E allora perché di colpo quell’orribile sensazione, come se la ragazzina improvvisamente fosse fragile, diversa… nuda? Ecco, era questa la parola che subito Oscar pensò nel momento in cui provò a trovare una definizione per quel disagio così insopportabile. In fondo, non era l’unica a essere vestita da ciò che era, nonostante le mille contraddizioni?

“Oscar?”.

La ragazzina si voltò verso di lui. Delle vampe di calore le attraversavano la fronte.

“Che cosa sono, Andrè? Come te… o come loro?”.

Le parole le sfuggirono dalle labbra prima ancora che avesse potuto fermarle, dando vita a quel pensiero proibito che da una vita intera faceva a pugni all’interno della sua testa. Andrè la fissò incredulo, come se la stesse guardando per la prima volta in vita sua. Dopo istanti di stordimento, stava per aprire la bocca e pronunciare una risposta, quando improvvisamente la carrozza si fermò. Un attimo dopo, la porta si aprì, rivelando il volto imbellettato di un lacchè. Era chiaro che, da quel momento in poi, Oscar avrebbe fatto meglio a tenere per sé qualsiasi pensiero inopportuno.

Sia lei che André ebbero più di qualche problema a scendere dalla carrozza, nonostante il servitore in livrea fosse accorso proprio per aiutarli. Non appena toccò terra, il ragazzino perse l’equilibrio e rischiò di finire rovinosamente a terra, se non fosse stato per il braccio di Oscar, che in quel momento scattò in avanti per trattenerlo. Non appena avvertì quella presa decisa sul suo gomito, il ragazzino divenne di un evidente color porpora, nonostante lo spesso strato di cipria che gli ricopriva le guance paffute. Di solito era lui, quello che aiutava sempre la sua amica e padrona. E invece ora…

“Stai attento”, lo redarguì Oscar senza battere ciglio, prendendo ad avanzare lungo la scalinata a piccoli passi, dosando le sue forze in modo tale da non cedere ancora una volta all’instabilità di quelle odiose scarpette.

André si riebbe quasi subito, sbattendo più volte le palpebre; poi seguì la ragazzina verso l’ingresso. Non si era mai vergognato in quel modo in vita sua e non era solo in lungo vestito infiocchettato a creargli problemi.

“Comportati come se niente fosse”, era stato il consiglio che gli aveva dato sua nonna prima di uscire.

Come se fosse facile! Il ragazzino si lanciò una rapida occhiata intorno. In fondo, non sembrava l’unico cavaliere ad avere problemi, lì in mezzo. Più di un uomo, infatti, sembrava avere un’aria profondamente imbarazzata per quel trattamento, per non dire seccata al massimo. Qualcosa gli diceva che se ne sarebbe parlato a lungo, di quella serata.

Una volta arrivati di fronte al salone dei ricevimenti, un altro lacchè li fermò, chiedendo le loro identità.

“Mi chiamo Oscar François de Jarjayes, unico figlio del generale de Jarjayes, e questo è il mio servitore Andrè Grandier. Siamo qui per fare le veci di mio padre, che purtroppo questa sera non si è potuto presentare…”.

“Mi dispiace, madamigella, ma non possiamo farvi passare”, fu la risposta perentoria del servitore.

“Come sarebbe a dire? Siamo in possesso di un regolare invito e ci siamo mascherati!”, protestò Oscar, visibilmente nervosa.

“Forse il vostro accompagnatore, ma voi, purtroppo, non siete vestita in maniera consona”.

Quelle parole colpirono la ragazzina con la forza di uno schiaffo. Come osava, quell’insolente? Gliel’avrebbe fatta pagare, per quell’affronto!

“Sono un soldato, quello è il mio vestito di sempre!”, esclamò, inferocita.

“Vi ripeto, non posso farvi entrare. Soldato o no, siete palesemente una donna. Non potete entrare”.

“Che cosa sta succedendo qui, Charlie?”, domandò una voce a pochi metri da loro.

Oscar voltò la testa di scatto, soffocando a malapena un sospiro di sollievo.

“Madamigella Lia!”, esclamò rivolta alla ragazzina vestita con un elegante abito di broccato viola.

Un momento, ma era proprio Lia? E allora perché era anche lei vestita da donna?

“Chiedo scusa, signori, ma temo che mi abbiate scambiato per mia sorella”, rispose il ragazzino in abiti femminili, evidentemente imbarazzato. “Sono suo fratello minore, d’Eon de Beaumont”.

Sia Oscar che André si scambiarono un’occhiata perplessa. Perché quella sera il mondo sembrava andare sottosopra?

“Vi somigliate come due gocce d’acqua”, si lasciò sfuggire la ragazzina, ormai resasi conto che lì dentro sarebbero stati in pochi a preoccuparsi dei convenevoli.

“Sì, in effetti ce lo dicono in molti”, rispose d’Eon, arrossendo. “Volete che vi chiami mia sorella? Se può aiutarvi…”.

“Oh, ve ne saremmo immensamente grati!”.

“Restate qui, allora. Non deve essere lontana”.

Detto questo, il piccolo de Beaumont partì trotterellando verso l’interno della stanza, facendosi largo a fatica tra gli invitati ammassati sui ricchi pavimenti di marmo. Per interminabili secondi, Oscar e André rimasero in disparte, osservando imbarazzati la fila di invitati che passava loro davanti, uno più stravagante dell’altro. C’era davvero tutta la corte, quella sera. A un certo punto, furono convinti di intravedere persino un cardinale tra la folla.

D’Eon tornò poco dopo, scortato da sua sorella, poco più alta di lui. Nel vederla, Oscar trattenne il fiato. Non aveva mai visto nessuno affascinante quanto lei. E le fu impossibile trattenere un simile pensiero, per quanto assurdo. Forse perché, in quel momento, Lia indossava abiti maschili. E questo la rendeva più simile a lei di qualunque altra persona all’interno di quella stanza. Un panciotto rosso porpora le rivestiva il torso, lasciando sfuggire le maniche immacolate di una camicia di seta. Le lunghe gambe erano fasciate da un paio di pantaloni da equitazione e degli alti stivali di cuoio. Nonostante la giovane età, portava al fianco una spada a due mani con la massima disinvoltura. Il che stupì Oscar più di ogni altra cosa: era chiaro che si trattava di un’arma vissuta, fatta sua misura. Il che significava che Lia de Beaumont sapeva combattere quanto lei.

“C’è qualche problema?”, domandò quest’ultima, venendo subito al dunque.

Oscar rimase per un attimo di sasso. La sua testa era un autentico mulinello di pensieri, ma le sue labbra sembravano come serrate.

“Il vostro servitore non ci fa entrare per via dell’abito di madamigella Oscar”, rispose André, per lei.

A quelle parole, Lia divenne subito seria.

“In effetti, siete venite vestita da voi stessa”, osservò.

“Ma voi mi avete vista! Questi non sono i miei abiti abituali”, protestò Oscar.

“Avete ragione. Ma ciò non toglie che voi siete una donna quanto me. E il regolamento della festa, stabilito da mio padre, è chiaro: le donne devono travestirsi da uomini e viceversa, altrimenti non si entra”.

“Ma non è giusto!”.

“Mi dispiace, davvero. Però ammiro molto la vostra determinazione nel difendere i vostri diritti”, aggiunse Lia, visibilmente pensierosa. “Ho trovato! Se volete entrare con queste vesti dovete conquistarvene il diritto. Con un duello. Siete disposta a correre questo rischio?”.

A quelle parole, Oscar si sentì ribollire il sangue nelle vene.

“Io affrontare una donna? Non sia mai!”, protestò.

“Anche voi lo siete. Proprio come me. Vedete forse qualche differenza?”.

Ancora uno schiaffo provocato dalla semplice forza delle parole. Ora più che mai, Oscar si sentiva in trappola. Odiava quella ragazzina insolente più di ogni altra creatura al mondo, per tutta l’umiliazione che le stava infliggendo attimo dopo attimo. Gliel’avrebbe fatta pagare, a ogni costo. Le avrebbe dimostrato come si combatteva, che cosa significava essere veramente un soldato addestrato.

“Va bene”, rispose seccamente, ignorando l’aria preoccupata di André. “Sono pronta!”.




Eccoci qua, fuori tre! :)
Ci siete ancora tutti o state già contattando la neuro? Lo so, quest'ultimo è stato un capitolo un po' contorto, ma in compenso nel prossimo vi aspetta un bel po' di azione. Un duello tra Lia e Oscar: chi vincerà, secondo voi? Io ho già le mie supposizioni, ma sono curiosa di ascoltare anche le vostre!
Nel frattempo, colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che stanno leggendo e recensendo questa mia piccola follia: davvero, non so come ringraziarvi per tutto l'affetto, il sostegno e i consigli che mi state dando nelle ultime settimane! <3
Per questo, mi sto concentrando ancora di più sulla long in arrivo dopo questa fanfiction, ma sappiate che ci vorrà ancora un po': la trama sarà articolata in stile The Phoenix e sarà spezzata in almeno due volumi. Per ora non posso dirvi di più, ma vi terrò informati su futuri sviluppi ;)
Se siete curiosi, vi rimando comunque alla mia pagina Facebook, dove pubblico in anteprima i miei deliri letterari: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/

Grazie ancora a tutti voi per il vostro calore e affetto! Vi voglio bene <3

Vostra,

Fedra

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Il duello ***


CAPITOLO 4.

IL DUELLO


*

 
 
 
 
La notizia della sfida venne subito comunicata a Messer d’Eon, il quale convocò immediatamente Monsieur Teillagory, il maestro di scherma di Lia, affinché desse le disposizioni per l’incontro. Nessuna delle due giovani sfidanti, infatti, avrebbe dovuto rimanere ferita: su questo c’era poco da discutere.

Teillagory era un uomo ormai anziano dalla fronte rugosa e i lunghi capelli argentei che gli arrivavano fino alle spalle. Sin dal suo ingresso nella ricca sala, Oscar intuì di avere di fronte una persona speciale. Il suo sguardo profondo incuteva una sorta di timore reverenziale, come se fosse il riflesso delle mille battaglie che l’uomo doveva aver affrontato in gioventù e dei mille segreti dell’arte della scherma che egli aveva appreso e affinato nel corso di tutta la sua vita. Persino Lia sembrava aver perso momentaneamente la sua lingua fin troppo lunga, attendendo pazientemente le disposizioni del maestro.

“Seguitemi, vi prego”, ordinò questi, rivolgendosi anche a d’Eon e André, rimasti accanto alle due sfidanti.

Uscirono all’esterno, raggiungendo un giardino nascosto sul retro della casa. Lì, in mezzo alle fontane e alle aiuole, Teillagory schierò le due giovani, porgendo alla piccola Oscar una spada che fosse alla portata del suo braccio.

“Vostro padre ha chiesto esplicitamente di non dare spettacolo con queste esibizioni”, disse con voce severa, rivolto a Lia. “Per questo, la sfida avverrà qui, alla presenza di vostro fratello e del giovane paggio della vostra ospite. L’incontro finirà quando una di voi due resterà disarmata. Tutto chiaro?”.

“Sì,  signore”, risposero le due ragazzine, quasi all’unisono.

“Perfetto, allora. Salutatevi”.

Entrambe entrassero le spade. Subito, Oscar provò una sorta di ebbrezza, che aumentò a dismisura nel momento in cui andò a cozzare con il senso di straniamento causato dal fatto di non indossare la sua tenuta da combattimento.

I suoi occhi caddero sull’arma che brandiva Lia. Era poco più grande di una spada normale e aveva un’impugnatura finemente cesellata che terminava in due ali, quasi come se si trattasse di una versione modificata di uno spadone a due mani. Era come se la piccola de Beaumont se la fosse fatta forgiare su misura.

Le due sfidanti si avvicinarono l’una all’altra, scambiandosi il saluto. Poi si voltarono, preparandosi allo scontro. Ma non fu Lia a colpire per prima. La ragazzina rimase in guardia, aspettando che Oscar facesse la prima mossa con un sorriso sereno, per poi accoglierla nel suo abbraccio di ferro.

Le lame si incontrarono con un forte stridore, per poi separarsi e tornare all’attacco subito dopo. Lia colpiva con incredibile grazia e precisione, sicura di sé, mentre Oscar appariva sempre più nervosa man mano che le sue stoccate venivano respinte. Era come se ogni fendente che non andava a segno smantellasse, attimo dopo attimo, anni e anni di duro addestramento. Il tutto per mano di quella novellina. Il vestito, ormai lordo di terra, la rallentava in maniera insopportabile, alternandole il respiro e l’equilibrio.

“Ora basta!”, esclamò Oscar a un certo punto, calciando via le graziose scarpette che portava ai piedi, incontrando subito il morbido prato.

In tutta risposta, Lia le rivolse un candido sorriso, per poi ritornare alla carica.

“Cosa c’è,  non vi aspettavate che sapessi combattere così bene?”, domandò.

“Maledetta!”, gridò Oscar, scagliandosi su di lei con rabbia.

Anche quell’ennesimo affondo venne parato  con grazia.

“Vi state agitando per un nonnulla”, proseguì Lia senza perdere la concentrazione. “Scommetto che questo non è il vostro abituale modo di combattere. Perché? Avete forse paura di farmi male? State tranquilla, perché io non ne avrò!”.

Che razza di impertinente!, pensò Oscar con rabbia, mordendosi la lingua fino a farla sanguinare. L’umiliazione ora bruciava più che mai.

La ragazzina non aveva ancora finito di formulare questo pensiero, che Lia scattò in avanti. Maledicendosi per essersi distratta per rincorrere le sue impulsive frustrazioni, Oscar tentò di parare l’affondo con tutte le sue forze, ma gli ampi strati di gonne le bloccarono i movimenti, facendole perdere l’equilibrio e cadere all’indietro.

Si ritrovò lunga distesa sull’erba, stringendo spasmodicamente l’impugnatura della spada come il più prezioso dei tesori. Lia torreggiava su di lei, l’arma improvvisamente abbassata.

“Per me basta così”, disse, porgendole la mano. “Ho avuto ciò che volevo”.

Oscar non riusciva ancora a crederci. Era stata sconfitta, come una novellina qualunque. E, per di più,  da un’altra ragazzina come lei, che sapeva misteriosamente maneggiare la spada meglio di un soldato. Di colpo, tutto sembrava bruciare. La rabbia. La vergogna. Lo sguardo di André  su di lei. Le lacrime che lottavano per uscire. Ma lei non glielo avrebbe permesso. Non questo.

Si tirò in piedi, rifiutando la mano che Lia le stava porgendo. Abbandonò la spada sull’erba e raccolse le scarpette abbandonate sul prato, facendo per andare via.
“Che state facendo?”, domandò la giovane de Beaumont, cambiando repentinamente l’espressione del volto.

“Cosa volete che faccia? Mi avete umiliata e sconfitta. Avete avuto il vostro divertimento. Ora, se permettete, vorrei tornare a casa”, fu la secca risposta di Oscar.
“Ma non potete andarvene così!”.

“Ho perso il duello e con esso anche il diritto di prendere parte alla festa. Che cosa volete ancora da me?”.

“Non era sconfiggervi la vittoria che volevo”, intervenne Lia. “Voi vi siete conquistata il diritto a entrare. Avete dimostrato a me e al mio maestro di non saper combattere senza la vostra divisa. Almeno per ora. Per questo, fino a quando non sarete pronta ad affrontarmi di nuovo, consideratevi la mia ospite più attesa”.

Oscar si voltò, incredula. Il suo sguardo si spostò prima su Lia, poi su Teillagory, infine su André.

“È uno scherzo?”, chiese in tono ostile.

“Se mai avessi voluto umiliarvi sul serio, allora vi avrei sfidata davanti a tutti gli invitati e non in un luogo nascosto agli occhi indiscreti, in modo tale da risparmiarvi dai pettegolezzi una volta finito. So quanto voi che tipo di persone frequentano la corte”.

Quelle parole la lasciarono di sasso. In tutti quegli anni non aveva mai udito un nobile parlare in quel modo.

“Chi siete voi, in realtà?”, domandò.

Lia sorrise.

“Una figlia del nostro tempo come voi, Madamigella Oscar”, fu la risposta cortese.

Le tese nuovamente la mano, sorridendo solidale.

“Amiche?”.

Oscar la fissò lungamente, quasi come si trattasse di un serpente velenoso. Poi, con estrema lentezza, tese la sua in avanti, stringendola appena.

“Vi tengo d’occhio”, fu la timida, glaciale risposta.
 
*
 
Il generale de Jarjayes consultava febbrilmente le sue carte asserragliato nel suo studio, la fronte corrugata e il pugno sinistro stretto convulsamente. Di fronte a lui, due uomini dalle parrucche incipriate. Il loro aspetto apparentemente innocuo celava le loro reali identità di fedeli informatori all’interno delle mura dorate della reggia di Versailles.

“Ebbene, sono vere le voci?”, domandò improvvisamente, levandosi in piedi.

“Sì,  signore”, rispose il primo dei due uomini, “Messer d’Eon è in realtà un Assassino e ha trovato il modo di insediarsi a corte”.

“Tuttavia, le sue intenzioni non sembrano quelle di uccidere il re o il delfino”, proseguì l’altro.

“Ciò non toglie che un uomo come quello sia riuscito a introdursi a corte senza il minimo sforzo”, intervenne bruscamente il generale. “La domanda è come...”.

Le sue dita si strinsero convulsamente alla croce d’argento che portava al collo.

“Pare che l’influenza di una donna come Madame de Pompadour sia arrivata al punto da manipolare il re nella scelta dei suoi consiglieri”, osservò una delle due spie.
“Quella gran puttana ha infine affondato l’ultimo colpo prima di spirare per tubercolosi”, ringhio il generale con rabbia. “Che cosa facciamo?”.

“Per ora direi di non eliminarlo, ma di tenerlo d’occhio costantemente. Non sappiamo di preciso quale sia il suo scopo, né di quali macchinazioni politiche sta effettivamente tenendo i fili”, osservò il suo interlocutore.

“Ovvio che sono chiare! Guardate voi stessi la corte: tutti questi strani costumi che si stanno diffondendo tra i nobili, questi assurdi discorsi di libertà e uguaglianza tra tutti gli uomini, persino sciocchezze come permettere alle donne di avere uguali diritti rispetto ai loro mariti…e il re non fa nulla per impedirne la diffusione, anzi, sembra addirittura chiudere gli occhi di fronte a questi fuochi rivoluzionari che, ne sono certo, un giorno finiranno per annientare la monarchia!”.

“Chiedo venia, signore, ma temo siate un po’ troppo precipitoso nelle conclusioni. È vero, in tutta Europa si respira un’aria di cambiamento la cui origine non ci è ancora del tutto chiara”.

“È ovvio che si tratta degli Assassini. Libertà. Libero arbitrio. Questo veleno dell’anima può essere solo opera loro”, intervenne il generale con rabbia.

“Ma non ne abbiamo le prove”, ribatté la spia. “Simili ideologie sembrano non essere più una prerogativa dei soli Assassini. Anche il duca d’Orleans sembra perseguire gli stessi obiettivi, anche se nel suo caso sembra voglia proporsi come un’alternativa al re, a cui sappiamo vuole strappare il regno a ogni costo. E poi c’è la Fratellanza Rivoluzionaria, che anch’essa trama di rovesciare il regno. Fino a quando non avremo la certezza dei piani di de Beaumont, credo che ci sia più utile da vivo, che da morto”.

“Senza contare che l’ordine dei Templari non è più unito come un tempo”, proseguì il secondo uomo. “I crescenti fanatismi di alcuni tra i nostri adepti sta diventando sempre più preoccupante. Pare che vogliano assassinare il re e il delfino per vendicare il nostro antico Gran Maestro, mandato a rogo  come eretico. Si dice che mentre le fiamme lo lambivano, egli avesse profetizzato la fine della monarchia in Francia”.

“E ora questi fanatici vogliono prendere alla lettera queste parole, ignari che la loro attuazione non farà altro che portare la Francia nel caos e nel terrore”, proseguì il generale. “Capisco. Quindi, mio malgrado, sono costretto a lasciare in vita il conte de Beaumont. Non avrei mai creduto di vedere un Assassino come unica garanzia di sicurezza per il re e l’ordine che egli garantisce”.

“È probabile che anche de Beaumont sia giunto alle stesse conclusioni. Ecco spiegato il motivo del suo interesse nei nostri confronti”.

“Forse spera in un nostro appoggio. Ma non possiamo permetterci di diventare suoi alleati”, tagliò  corto de Jarjayes. “No, per questo ho già un piano”.

I suoi occhi si posarono sul ritratto di famiglia appeso alla parete.

Oscar, non hai idea di quale grande destino è stato pensato per te. Presto potresti reggere tra le mani il futuro della Francia intera, pensò, lo sguardo cupo che tremolava alla luce della candela.




Buongiorno a tutti! :) Come state?
Eccomi qua con il quarto e penultimo capitolo di questa mini-long. Delusi? Non preoccupatevi: questa sarà solo la fine dell'inizio, perché la long vera e propria è attualmente in fase di lavorazione e presto potrebbe apparire su Efp! Avrei voluto passare direttamente alla storia principale, ma avevo da tempo l'antefatto in mente e stava diventando un po' troppo lungo come prologo... Spero che questa decisione vi sia stata comunque gradita non solo per vedere insieme un pezzo dell'infanzia di Oscar, ma anche per iniziare a conoscere da vicino i protagonisti di questa nuova avventura, prima di ritrovarli anni dopo, con Maria Antonietta in arrivo e tutte le mille e più vicissitudini che immagino già conosciate. In caso contrario, voglio rassicurarvi: cercherò di fare in modo che anche fatti e personaggi ancora "sconosciuti" vi siano chiari anche se provenienti da altre opere.
A proposito, avete visto la parte dedicata ad Assassin's Creed? Per chi conoscesse il videogioco (che tra l'altro sto giocando proprio in questi giorni al fine di rendere la trama più realistica possibile) mi sto ispirando al capitolo dedicato alla Rivoluzione francese. Per chi non lo conoscesse, la trama narra degli scontri secolari tra due influenti società segrete, gli Assassini e i Templari, che si contendono il mondo. Da una parte ci sono gli Assassini, difensori della libertà di pensiero, dall'altra i Templari, che vogliono controllare il libero arbitrio delle menti. Entrambi ambiscono alla pace, ma con fini diversi, e per questo si affrontano all'ultimo sangue, nella speranza di schiacciarsi l'un l'altro in modo definitivo... Questa è la trama a grandi linee, poi i dettagli li scoprirete in seguito XD

Prima di salutarci (almeno per questa settimana) volevo ricordarvi due piccole cose che avevo tralasciato nello scorso aggiornamento.
Primo, eventuali tracce di yuri in questa storia. Mi spiace, no, almeno non in senso non strettamente platonico in alcuni passaggi: come nell'originale, Oscar si innamorerà prima di Fersen per poi scoprire i sentimenti verso André, mentre Lia avrà anche lei un amante che si rivelerà poi decisivo nella long (e anche nell'anime). 
Per quanto riguarda la marchesa de Pompadour, sarebbe morta di tubercolosi proprio pochissimo tempo dopo la fine della nostra storia. 

Detto questo, non mi resta che augurarvi un buon finesettimana! :)
Grazie come sempre a tutti coloro che stanno leggendo e recensendo questa piccola fanfiction: mi fa sempre piacere sentire la vostra vicinanza, anche se spesso silenziosa, ma presente come non mai!
Se avete voglia di fare quattro chiacchiere potete comunque trovarmi sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/

Un abbraccio e a presto! <3

Vostra,

Fedra

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** L'inizio ***


CAPITOLO 5.

L’INIZIO


*

 
 
 
 
Una volta tornati all’interno della villa, per Oscar e André era iniziata la vera festa. Lia li aveva fatti accomodare all’interno della sala, presentando gli ospiti a suo padre. Il conte de Beaumont li attendeva in piedi accanto ad alcuni nobili, anch’essi in abiti femminili. Oscar dovette constatare con un certo sgomento che quel lungo abito non stava affatto male al padrone di casa, forse anche a causa dei tratti delicati del volto, così lontani dalla mascella squadrata e il cipiglio severo di suo padre.

Ciononostante, parlando con quell’uomo così strano, sia lei che André non provarono affatto una sensazione di disagio. Al contrario, il conte sembrava essere una persona molto alla mano, colta e incredibilmente empatica. Tutte cose che la piccola Oscar, abituata sin da piccola alla rigida disciplina del padre, trovava incredibilmente nuove e sconvolgenti.

“Sono molto ammirato da voi, Madamigella Oscar”, disse Messer de Beaumont con un sorriso gentile, così simile a quello dei suoi figli. “Sono sicuro che siete destinata a qualcosa di grande, credetemi”.

Una volta congedatisi, i ragazzi poterono finalmente gettarsi nelle danze. La prima a dare il suo invito fu proprio Lia, la quale propose a Oscar un primo giro. La ragazzina sprofondò nuovamente nel disagio: la sua educazione nella danza, infatti, prevedeva solo le mosse maschili e il fatto di essere portata da qualcun altro la gettava nel panico. Per fortuna, Lia sembrò leggerle nel pensiero, perché subito le chiese se voleva portare lei. Immensamente grata alla sua nuova amica, Oscar accettò. Finalmente, iniziava il divertimento anche per lei!

Lia la condusse al centro della pista e insieme presero a volteggiare a ritmo di musica. Con enorme sollievo, Oscar constatò che nessuno sembrava riconoscerla in abiti femminili – davvero era così diversa? – e ciò non fece che aumentare la propria sicurezza.

Alla fine del ballo, Lia la prese per mano e tornò da d’Eon e André, che avevano assistito in disparte.

“Che fate, non ballate?”, domandò loro.

“Beh, noi…”, si schermi d’Eon, ma sua sorella non gli diede modo di finire, acciuffando entrambi per le mani e trascinandoli al centro della sala insieme a Oscar.

“Coraggio!”, esclamò divertita.

I due si scambiarono un’occhiata di profondo imbarazzo; poi, sapendo che non avrebbero potuto sottrarsi in alcun modo all’entusiasmo delle due ragazze, si lasciarono andare. In quel momento era iniziato un ballo molto allegro in cui gli invitati, divisi a coppie, dovevano scambiarsi il compagno a ogni passaggio. Al primo battito di mani, Oscar si ritrovò di fronte ad André. La cosa le lasciò sfuggire una risata divertita.

“Che ti prende?”, esclamò il ragazzino, arrossendo violentemente.

“Niente!”, rispose lei con un sorriso angelico.

In realtà, non riusciva a guardarlo in faccia senza rotolarsi dal ridere, così imparruccato e incipriato com’era e con quei ridicoli fiocchi rosa che gli decoravano gli orli delle maniche e della scollatura.

Solo a quel punto, Oscar si rese conto che in quel passaggio toccava ad André portare. Stavolta fu lei ad arrossire.

“Oh, fantastico!”, commentò lui ad alta voce.

Di solito, gli unici confronti che aveva con Oscar erano i loro duelli durante gli addestramenti, o al limite qualche scazzottata fuori programma quando il generale de Jarjayes non guardava, ma mai avevano avuto modo di ballare in un’occasione come quella.

Oscar arrossì, prendendo le mani di André e lasciandosi portare da lui, volteggiando su se stessa. Subito, si rese conto di essere diventata rigida. L’amico rise, strizzandole un occhio. Era evidente che anche lui stesse celando una profonda sensazione di disagio.

Ci fu un nuovo battito di mani e le coppie si scambiarono ancora una volta. Oscar si trovò a ballare con un ragazzino biondo dai tratti affilati, mentre André finì con Lia. Una strana sensazione la colse in quel momento, trovando spontaneo voltarsi verso l’amico per cercare il suo sguardo. Con un tuffo al cuore, si rese conto che anche lui stava pensando alla stessa cosa. Si sorrisero complici, prima di darsi le spalle in una nuova giravolta.

La festa durò fino a notte fonda. Oscar, André e i fratelli de Beaumont restarono insieme per tutto il tempo, ballando e ridendo come mai prima di allora. Il momento di andare a casa sembrò giungere inevitabilmente troppo presto.

Lia si congedò dai suoi ospiti con un sorriso; poi, a sorpresa, si slanciò in avanti, abbracciando forte Oscar. Colta di sorpresa, la ragazzina la fissò con tanto d’occhi.
“Grazie per essere venuta”, disse la giovane de Beaumont con un sorriso. “Sono certa che noi due resteremo amiche per il resto della nostra vita”.

A quelle parole, Oscar non poté fare a meno di sorridere. Amica. Ora che ci pensava, prima di allora non aveva mai avuto nessuno da chiamare con quel nome.

“Ci vediamo presto”, disse, prima di voltarsi timidamente e salire sulla carrozza che l’avrebbe ricondotta a casa insieme ad André.

Una volta a bordo, Oscar si rese finalmente conto di quanto fosse stanca. Per tutta la serata, si era dimenticata dei vestiti che tiravano e delle scomode scarpette ai piedi. L’abito bianco ora appariva sporco di terra sull’orlo della gonna e il ricco strascico appariva deturpato da uno strappo nel tessuto. La ragazzina sospirò: Nanny non sarebbe stata affatto contenta.

Si accoccolò meglio sul sedile, lasciandosi cullare dai movimenti della carrozza. André era crollato addormentato dopo pochi minuti, stravolto anche lui. La ragazzina chiuse gli occhi, abbandonandosi ai ricordi della serata appena trascorsa. L’indomani sarebbe stata nuovamente la Oscar di sempre, il soldato, l’unico erede della famiglia de Jarjayes; eppure, in qualche modo qualcosa, quella notte, era cambiato per sempre.

Oscar non lo sapeva, così giovane e ingenua com’era, ma qualcuno, là fuori, aveva già deciso il suo destino fin dalla sua nascita. Qualcuno con cui avrebbe incrociato la sua spada molti anni dopo. Ma per adesso, questi pensieri non la sfioravano nemmeno.

La sua mente ora era già sprofondata nel mondo dei sogni, dove nessuno, nemmeno suo padre, avrebbe potuto imporle chi doveva essere. L’indomani era già molto, molto vicino.

La carrozza sparì oltre la collina, diretta verso la casa dei Jarjayes. Lontano, all’orizzonte, il cielo notturno veniva rischiarato dal sottile lume dell’aurora.
 








*
FINE DELL’INIZIO

*




 
Ma buongiorno! :)
Ebbene sì, siamo arrivati alla fine di questa breve storia, ma non disperate: sin dal titolo credo che abbiate capito che questo non è altro che l'antefatto di una storia ben più lunga, alla quale sto lavorando alacremente e ho già pronti i  primi capitoli. Vi chiedo solo il tempo di avviare il racconto vero e proprio, assicurarmi che personaggi e fatti funzionano e poi, finalmente, riuscirò a farvi leggere qualcosa.
Nel frattempo, mi stava ronzando in mente l'idea di fare una cernita delle mie storie e magari farle sbarcare su Wattpad. Alcune di esse le sto traducendo in lingua inglese; altri sono stralci di opere originali che poi saranno messe a disposizione su Amazon. Voi che ne pensate? E, in quel caso, mi conviene nominare l'account con Fedra o con il mio vero nome? Sì, lo so, questo è un dubbio che spesso mi assale!
Nel mentre, posso già annunciare che la long che seguirà cambierà completamente atmosfere. Ricordate "L'ultima notte", storia che molti di voi hanno letto e apprezzato tre anni fa? Ecco, immaginatevi un sequel alternativo, che dalla storia sfocia direttamente nel fantasy più paradossale di questo mondo: persino Parigi non sarà come la ricorderete e non sarà una semplice disfunzione dell'Animus! Siete pronti a fare questo Volo dell'Aquila. La nostra Rosalie, di nuovo protagonista e spadaccina, ha già detto di sì! XD
Grazie come sempre a tutti coloro che hanno letto e recensito fin qui, che mi hanno fornito dritte e consigli, che si rivelano ogni giorno innamorati di questa piccola compagnia di personaggi. Speriamo davvero di rileggerci presto! Io qui vi mando intanto il mio più forte abbraccio e un augurio di un buon inizio di primavera * anche qui a Nord sta iniziando a farsi sentire sul serio, evvivaaaaa ^_^ *
Noi ci troviamo sempre qui, sulla mia moooolto amatoriale pagina Facebook: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/?fref=ts

A presto! Vi voglio bene <3

Vostra,

Fedra

 
 
 

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