Shut up and act!

di Brit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 


KATHERINE MCGRATH POV
 
I vestiti scuri, le parole monotone del sacerdote, il pungente odore dell’incenso e un peso terribile sul petto che stava aspettando solo il momento giusto per schiacciarmi definitivamente. Presi fiato, mentre fui incapace di trattenere una lacrima. L’organo iniziò a suonare una melodia irlandese come ultima volontà di mio fratello Sean. Diedi un ultimo sguardo alla bara di mio fratello e sua moglie e mi resi conto di essere rimasta sola. Mi strofinai le mani, aspettando che la tortura finisse. Non vedevo l’ora di arrivare a casa e versare il mio dolore in lacrime e singhiozzi senza dovermi trattenere. Guardai verso la mia sinistra la piccola Maddie e Nathan, che rispettivamente a 5 e 14 anni avevano perso i loro genitori. Osservai lo sguardo assente di Nathan e le piccole manine di Maddie stringersi sulla manica della giacca del fratello.
Mi si spezzò il cuore.
Come potrò sostituirmi ai loro genitori? Come farò nonostante tutti gli impegni a prendermi cura di loro, a non fargli mancare nulla? Riuscirò a farli sentire a casa? Sarò all’altezza?
Volevo che tutto ciò finisse il più presto possibile ma sapevo già che questo era solo l’inizio di un percorso in salita.
 
 
Tutto ciò che successe nelle settimane successive al funerale, fu veloce e confusionario. Ottenni la custodia dei bambini, come tutore. Furono traferiti nel mio enorme e vuoto appartamento a Vancouver, situato nel City Centre. Loro ripresero gli studi e, nonostante il solito peso sul petto per la mia perdita e le mie nuove responsabilità, un apparente stato di quotidianità si instaurò tra di noi. Fui presa di nuovo nel ruolo di Morgana, per una miniserie incentrata sul punto di vista di questo personaggio. Ben presto mi resi conto che tra lo studio del copione, le riprese e altri impegni lavorativi non ero affatto capace di prendermi cura dei bambini da sola. Nathan stava passando il classico periodo adolescenziale di rifiuto, accentuato ancora di più dalla perdita dei suoi genitori e Maddie che, essendo più piccola, aveva affrontato con ingenuità il lutto, si stava rivelando essere una forza della natura, un vulcano di emozioni e guai uno dietro l’altro.
Per fortuna, un miracolo accadde.
Mrs. Sayward, una gentile donna sulla sessantina e amica di mia cognata, si offrì di aiutarmi diventando una tata a tempo pieno per Nathan e Maddie, aiutandoli con i compiti, preparando i pasti e mantenendo la casa in ordine.
Finalmente tornai a respirare. Riuscii a concentrarmi meglio sul mio lavoro e finalmente non capitò più di addormentarmi sul set per la stanchezza.
Riuscivo a godere di momenti per me stessa, nonostante qualche piccolo guaio dei bambini che subivano le mie ramanzine da neomamma per fare in modo che non accadessero più.
La tata sembrava piacere ad entrambi, anche se Maddie se ne approfittava un po’ troppo con i compiti e Nathan con le scappatelle pomeridiane per giocare con gli amici.
Spesso quest’ultimo veniva beccato, e capitava di scontrarci e litigare. Inutile dire che gli scontri finivano con Maddie che piangeva per le urla, Nathan che gridava “TU NON SEI MIA MADRE” e la porta della sua camera sbattuta con rabbia.
Nonostante ciò, il giorno seguente riuscivamo a riconciliarci (come io e mio fratello facevamo da piccoli) e tutto procedeva in serenità.
Peccato che durò poco più di un mese.
Mrs. Sayward se la squagliò definitivamente dopo l’ennesima fuga clandestina di Nathan e l’allagamento del bagno con schiuma e acqua per colpa di Maddie che voleva farsi un bagnetto e si era ricordata solo due ore dopo di aver lasciato il rubinetto aperto.
Quando tornai a casa, la trovai bagnata, con la schiuma ovunque sui vestiti, incazzata nera. “ME NE VADO!” aveva urlato.
L’avevo pregata di rimanere, non potevo farcela da sola. Ma come risposta ottenni solo la porta dell’ingresso sbattuta contro la mia faccia mentre cercavo di raggiungerla e fermarla.
 
Avevo di nuovo sparso la voce per la ricerca di una nuova tata, cosa che si era dimostrata difficile dal momento in cui Mrs. Sayward aveva spettegolato con tutta Vancouver su quanto fosse difficile stare con i miei bambini. Ogni volta che mi sembrava di aver trovato qualcuno di perfetto e dicevo loro i nomi dei bambini, impallidivano e trovando qualche scusa se ne andavano.
‘Sono bambini, cavolo, non mostri. ’ Pensavo sempre. Combinano guai, sono furbi ed ammetto che è difficile tenerli e fargli fare esattamente ciò che vuoi, ma avevo visto decisamente di peggio.
 
Due settimane dopo le dimissioni di Mrs. Sayward, ero una specie di zombie. Ogni notte piangevo per il mio dolore, la perdita per quello che per me era non solo mio fratello, ma anche il mio migliore amico, il mio complice, la mia spalla. E pregavo verso di lui, gli chiedevo di aiutarmi, di mandarmi un altro miracolo perché volevo dare tutto a quei bambini e non riuscivo. Volevo essere il loro punto di riferimento e finivo col sembrare una matrigna cattiva capace solo di metterli in castigo.
Serviva un vero miracolo.
 
Tornai a casa dal lavoro per le ventuno, avrei dovuto essere a casa prima per preparare la cena ma non c’era stato modo di lasciare il set per quell’ora. Aprii la porta di casa, scalciai via le scarpe e proprio quando stavo per annunciare il mio rientro, sentii delle risate provenire dal salotto. Nathan stava ridendo? Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che non ricordavo più nemmeno come fosse la sua risata. Mi avvicinai di soppiatto sentendo anche la piccola Maddie gridare felice. Raggiunsi il salotto e trovai i bambini e un’altra ragazza concentrati a giocare a Just Dance. Chi diamine era quella?
 
Avvicinandomi urtai contro lo spigolo di un mobile ed imprecando mi feci notare. Tre paia di occhi si posarono su di me. I sorrisi dei bambini si spensero. Quello della ragazza, posizionata al centro tra i due, era ancora acceso e brillante.
Mi salutò raggiante e mi venne incontro tendendomi la mano. “Sono Melissa, e credo di poter essere la nuova tata.”
 
                    
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Ho sempre amato sognare in grande, per questo a vent’anni mi traferii da Littleton, Colorado a Vancouver, Canada per seguire uno dei migliori corsi per diventare attrice. Dei parenti, che abitavano nella zone di Chinatown, mi accolsero e trattarono come se fossi una loro figlia. Con il passare degli anni mi lasciarono un appartamento, convinti che ormai ero una donna ed avevo bisogno della mia privacy. Iniziai a racimolare soldi con piccoli lavori; feci la barista, la cameriera in ristoranti, la babysitter. Tutto ciò mi permise negli anni di frequentare il primo corso alla scuola di recitazione “NADA” ed iniziare il secondo anno, cosa che mi costò molto denaro.
Non sono mai stata una persona fortunata, ma nemmeno il contrario. Molte erano state le cose che mi avevano fatto soffrire, molte le difficoltà durante gli anni del liceo (e non solo). D’altra parte, essendo molto ambiziosa, sono sempre riuscita a tirarmi su da sola, senza nessuno in particolare pronto a tendermi la mano. Ce l’avevo sempre fatta, ecco. Gli anni che passavano mi avevano resa sempre più sicura di ciò che avrei voluto fare nella mia vita, di ciò che era semplicemente fatto per me, di quella passione a cui mai avrei potuto rinunciare e che sarebbe dovuta diventare presto un lavoro, oltre che il mio “passatempo” più importante: la recitazione.
Nonostante le difficoltà dei miei genitori nel farmi intraprendere questa strada, decisi, insieme a loro, di seguirla; non avrei potuto fare altrimenti. Penso che avrei fatto di tutto pur di raggiungere i miei obiettivi. Infatti, la perdita del mio ultimo lavoro part-time non fece altro che aumentare ancor di più in me la necessità di trovare qualcos’altro capace di mantenermi almeno, in modo da pagare tutto ciò di cui avevo bisogno per vivere e recitare (che in un certo modo, era ciò che mi faceva vivere).
Non ero ancora riuscita a capire che tipo di lavoro –stabile- avrei potuto fare per racimolare abbastanza denaro. Mi ero stufata piuttosto presto di essere una barista, allo stesso modo del quale mi stancai di essere una cameriera. Erano lavori che non facevano per me. Avevo provato di tutto, e una delle cose che mi riusciva meglio era avere a che fare con i bambini, per il mio carattere molto simile al loro. Purtroppo la mia unica esperienza in questo campo era finita male, in quanto l’intera famiglia presso cui lavoravo si era trasferita ed ero, praticamente, rimasta a secco.
Avevo deciso di cercare altro, di provare a fare di tutto, in caso estremo ritornare anche in un bar. Stampato il mio curriculum, decisi di provare a consegnarlo in giro per la città e nel centro commerciale di Centre City. Chissà, magari qualcuno mi avrebbe finalmente notata. Una strana positività mi invadeva quel giorno, non saprei dire il perché, eppure già sentivo che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto. Fu una giornata davvero stancante: dalle quindici del pomeriggio alle diciannove avevo consegnato talmente tanti volantini in giro per il City Centre, da esserne distrutta.
Entrai in quello che doveva essere il mio ultimo negozio del centro commerciale. Anche lì lasciai il volantino e, con un sorriso ed un “Grazie di cuore!” mi accinsi a raggiungere l’uscita. Non appena sbucai fuori mi sentii piombare addosso qualcuno. Cercai di trattenermi ma un “Oh!” un po’ infastidito mi uscì di bocca.
“Cavolo, scusa!” Un ragazzino, occhi azzurri e capelli scurissimi, prontamente si allontanò da me.
Nel vedere tanta dolcezza e senso di colpa, non potei fare a meno che sorridere. Era accompagnato da una bambina molto più piccola di lui, con due occhi rossissimi, come se avesse appena pianto.
“Tutto bene?” mi rivolsi alla piccola “Dove sono i vostri genitori?”.
Li vidi per un secondo impallidire finché la più piccola scoppiò di nuovo a piangere. “Non troviamo più il modo per tornare a casa!”
Il fratello abbassò lo sguardo, imbarazzato. “Volevamo solo vedere il nuovo negozio di animali..”
Sospirai, pensando a cosa ci potessero fare due ragazzini da soli in un centro commerciale.
“Mi state forse dicendo che siete scappati?!” sgranai gli occhi.
“No, non scappati! Siamo usciti per fare un giro, ma stavamo giusto tornando a casa! Solo che... al ritorno ho usato il navigatore ed ora, ho il cellulare scarico.”
Un senso di panico poi lo invase: “Se la zia Katie torna dal lavoro prima di noi e non ci trova a casa mi uccide! Ti prego, puoi aiutarci?” si rattristì il ragazzino.
“Cavolo, mi avete fregata di brutto!” sospirai e decisi di aiutarli.
Il tragitto verso casa fu piuttosto lungo e la cosa mi sorprese parecchio. ‘Da quanto tempo erano in giro i due per allontanarsi così tanto? Se la zia di cui parlano non ne era al corrente, stavano correndo davvero un grande rischio. ’
Arrivammo a casa ed intuendo che erano affamati decisi di osare preparando la cena. Mentre mangiammo mi raccontarono cose che non mi aspettai di sentire da ragazzini di quell’età. Scoprii che avevano perso i genitori da poco e che la zia era tutto ciò gli era rimasto. Katie era la sorella del padre e purtroppo per il lavoro non poteva esserci costantemente per i suoi nipoti, ma faceva sempre grossi sacrifici per assicurare ai piccoli il meglio che potessero avere. Iniziai ad ammirai quella donna, chissà quanta fatica tutto ciò comportava.
Ero davvero contenta di averli rintanati nella loro dimora, al sicuro e di aver preparato del cibo caldo. Convinsi Nathan a pulire i piatti e Maddie a sistemare il salotto che era pieno ovunque di suoi giocattoli.
Mentre facevamo ciò, il ragazzino mi spiegò che prima avevano una tata e di come con un disastro dietro l’altro l’avevano fatta scappare a gambe levate. Poi mi raccontò di come aveva progettato la fuga. Fu davvero incredibile! Andò a scovare delle chiavi di casa nascoste in un cassettone. Quelle pesti cominciavano davvero a piacermi.
Quando cercai di mostrarmi un po’ più seria, facendogli capire che era meglio andare, non volevano lasciarmi più. Volevano farmi provare il loro gioco preferito: Just Dance.
“Una partita e poi vado, okay?”
“Okay!” gridarono all’unisono.
Ci sfidammo in moltissime canzoni, tanto da perdere la cognizione del tempo. Sicuramente passò più di un’ora. Tra una pausa e l’altra conobbi meglio i bambini, che mi dissero la loro età, i loro gusti, i loro hobby.
Al termine di una partita, si voltarono verso di me quasi contemporaneamente scambiandosi un’occhiata di intesa. “Senti ma, che ne dici di diventare la nostra nuova tata?” disse Nathan con una certa serietà.
“SII! Sarebbe super fantastico!” urlò Maddie piena di entusiasmo. Rimasi un attimo in silenzio a pensare. Avevano seriamente bisogno di qualcun altro, non potevano gravare letteralmente sulla povera zia. Ero abbastanza sicura di poterlo fare. Dissi loro che ci avrei pensato e che nel frattempo era meglio continuare a giocare.
All’ennesima canzone di Just Dance tutti e tre sentimmo qualcuno entrare nella stanza, urtare qualcosa, imprecando ad alta voce. Mi feci forza e mantenendo lo stesso sorriso mi girai.
La vidi. Sicuramente era la zia Katie.
Mi avvicinai e le tesi la mano. “Sono Melissa Benoist, e credo di poter essere la nuova tata.”

 

NOTE:
Ecco qui, una nuova fanfiction in collaborazione con Mar e CossNiehaus! Fateci sapere se vi piace, lasciateci un commento, un insulto, mandateci un segnale di fumo. :D Pubblicheremo il prossimo capitolo (già pronto) al raggiungimento di 4 recensioni!
Grazie per essere arrivati fino qui in fondo :'D

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




KATHERINE MCGRATH POV

 
Forse per il dolore lancinante al mio piede, forse per ogni singolo sentimento schiacciato a regola d’arte in fondo al mio stomaco, esplosi. Guardai la sua mano, non molto convinta. Che diamine stava succedendo in casa mia? Quella ragazza, da dove diamine era uscita? La nuova tata? E chi l’aveva scelta? Io no di certo. Incenerii con lo sguardo Nathan e Maddie. Quest’ultima si nascose colpevole dietro i pantaloni del fratello. Non solo avevano portato in casa una sconosciuta, ma l’avevano anche illusa, facendole credere di poter avere un lavoro. Tutta la situazione mi sembrava assurda: dei bambini che scelgono la loro tata. Con quale criterio, con quale giudizio? Sono solo bambini!
Tutto ciò non mi metteva in una situazione decisamente spiacevole. La ragazza di fronte a me abbassò finalmente la mano, capendo che non mi andava molto a genio.
Presi un profondo respiro e con sguardo severo la guardai, senza dire una parola. L’oceano colore dei suoi occhi penetrò nei miei, e per un attimo mi sentii vulnerabile.
Ma non demorsi dalla mia posizione di supremazia.
Volevo spiegazioni e mantenni lo sguardo solenne nonostante la stanchezza. Si sistemò gli spessi occhiali neri che indossava, le tremava la mano. Ora era decisamente agitata.
“Ecco...” - la giovane biondina si schiarì la voce - “...sempre che per lei non sia un problema
Signorina McGrath”.
“Deve esserci stato un errore.” Pronunciai piatta. Volsi il mio sguardo verso Nathan; se c’era qualcuno che doveva darmi spiegazioni era decisamente quel ragazzino.
Glielo leggevo in faccia; una cosa che avevo imparato in quei mesi con lui era che quando combinava qualche guaio poi, puntualmente, si presentava con le mani in tasca ciondolando con i piedi e sfoggiando gli occhi più dolci ed innocenti del mondo.
“Nathan, devi dirmi qualcosa?”, chiesi con un tono che non ammetteva giri di parole. “Zia Katie. Ecco, io...” esitò nel rispondere, sapeva di averla combinata grossa.
Lo incoraggiai con lo sguardo e confessò “Oggi io e Maddie siamo andati al centro commerciale”. Avvampai dalla rabbia, ma lo lasciai continuare.
“Volevamo andare a visitare quel nuovo negozio di animali che ha aperto, Maddie ci teneva così tanto, e -” la piccola controbatté “Bugiardo! Sei te che hai insistito”, Nathan arrossì e concluse “ -e poi ci siamo accorti di esserci persi. Meno male che Melissa ci ha trovati e riportati a casa.”
Ero talmente spaventata. Sarebbero potuti capitare nelle mani di qualche mal intenzionato.
“Le abbiamo chiesto di diventare la nostra tata!” Si intromise Maddie.
“Signorina… Benoist? È pregata di andarsene. È stato tutto un grosso malinteso, mi dispiace.”
“Zia Katie, no!” si lamentò Maddie.
“La ringrazio per quello che ha fatto.” La guardai fugace. Osservai la misteriosa ragazza annuire e rivolgere un saluto dolce ai bambini ringraziandoli della serata.
Ma chi diamine era?
Quando sentii la porta chiudersi, mi lasciai andare sul divano con un tonfo. Sospirai, cercando di capire come avessero potuto portare con così tanta facilità una sconosciuta in casa.
“Non capisci niente.” Mi disse Nathan, portando con sé la piccola. “Da quando loro non ci sono più non hai fatto altro che chiuderti. Non capisci niente.”
Se ne andò verso la zona notte, lasciandomi sul divano con le lacrime agli occhi e un profondo senso di vuoto. Mi guardai attorno: solo in quel momento notai come la cucina e il salotto erano in un ordine che in casa McGrath non si vedeva da un po’.
 
 
“Vuoi dirmi che sei arrivata a casa e c’era questa ragazza che giocava con loro? A Just Dance?” Colin[1] scoppiò a ridere.
Impugnai la spada, facendola roteare tra la mano.
“Non c’è nulla da ridere. Hanno portato un’estranea in casa. Come se nulla fosse.” Sbottai.
“Andiamo Katie, Maddie è una bambina ma Nathan è un ragazzo, può capire se una persona è malintenzionata o no. E poi non hai neppure sentito le loro ragioni.” Continuò comprensivo il mio collega.
Appoggiai la spada e mi sistemai meglio lo stretto vestito di Morgana: “Sì, ma era come se l’avessero già testata ed assunta, senza dirmi di nulla. E sono usciti di casa, pure, senza avvisarmi!”
“Sai cosa credo?” mi guardò negli occhi. “Credo che tu non stia permettendo a nessuno di avvicinarti. Lo fai di tua volontà, come protezione, per non subire altre perdite. E pretendi di farlo anche con Nathan e Maddie. Ti stai comportando un po’ da riccio.” Mi appoggiò una mano sulla spalla. “E credo che per questo tu abbia rifiutato quella ragazza, perché non vuoi lasciarla entrare nella tua famiglia, perché hai paura che quando tu e i ragazzi vi ci affezionerete, lei se ne andrà.”
Avevo le lacrime agli occhi, colpita nel profondo.
Non ebbi tempo di rispondere perché il produttore ci chiamò. Dovevamo girare delle scene sul set.
 
Quando tornai a casa, Nathan non mi degnò di uno sguardo. Mi recai in camera di Maddie che stava giocando con una delle sue macchinine preferite. Mi sedetti per terra, accanto a lei e presi un’altra macchinina. “A me piace Melissa.”
Sollevai un sopracciglio. “Come?”
“Melissa. È gentile e ha un cane.” Lo sottolineò come se l’avere un cane fosse la cosa più importante del mondo.
“Ti piace perché ha un cane?”
 Annuì con la testa. “Ci ha preparato la pasta, e abbiamo sistemato il salotto dai giochi e poi ha voluto ballare con noi.” Continuò mentre faceva ruotare nell’aria la sua macchinina.
Rimasi in silenzio a pensare. Pensai a cosa mi avevano detto Nathan e Colin.
“Nathan ha pure lavato i piatti!” sghignazzò a voce bassa, coprendosi la bocca con la manina.
Spalancai gli occhi. Non ci potevo credere.
La piccola mi sfilò con una velocità incredibile il cellulare dalla tasca: “Guarda, questo è il suo cane.”
Osservai un piccolo batuffolo orrendo di cane. A Maddie piacevano questi tipi di cani?
‘Millie’.
Spalancai gli occhi. Mi resi conto che Maddie aveva trovato il suo profilo Instagram! Cavoli, dev’essergli piaciuto molto quel cane per ricordarsi il nome utente della ragazza.
Mi ripresi il cellulare, squagliandomela via.
Quella sera nel letto non feci altro che guardare le foto di Melissa, in cui ogni tre per due compariva Millie, il cane. Non feci altro che pensare a quanto quella ragazza rese felici i miei due bambini.
Sentivo dentro di me un grande vuoto.
Da quando mio fratello Sean era morto avevo fatto di tutto per rendere migliore la vita di Nat e Mad, ma non ci ero riuscita. Ogni volta che trovavo un modo per distrarli, puntualmente mi si rivoltavano contro, oppure semplicemente parevano indifferenti.
Lo ammetto, ero gelosa di Melissa.
Come poteva una perfetta sconosciuta essere in grado di riempire i cuori di due bambini neo-orfani in così poco tempo?
Decisi di mettermi a dormire: il giorno dopo avrei dovuto girare una scena portante della serie tv.
Morgana Pendragon avrebbe utilizzato per la prima volta la magia bianca per salvare la vita di suo fratello Artù. I produttori mi avevano messo molta pressione sulla buona riuscita della puntata, e dovevo eccellere.
Misi da parte il caos ronzante nella mia testa e chiusi gli occhi.
Melissa, perché non faccio altro che pensarti?
 
[1] Colin Morgan: attore protagonista nella serie tv Merlin che interpreta il mago Merlino.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
“Perché hai detto di aver baciato la terra su cui ero passata?
Bisogna uccidermi invece.
Sono così estenuata! Poter riposare…riposare!” Cercai di rendere la mia voce ancora più grave.
 
“Io sono un gabbiano…
Che c’entra. Sono un’attrice. Ma certo…
C’è anche lui… Ma certo… Non fa’ niente…” Mi strinsi nelle spalle mentre mi feci avvolgere dalle sensazioni del brano.
“Si… Lui non credeva nel teatro, rideva sempre delle mie fantasie e, a poco a poco anch’io smisi di credervi e mi perdetti d’animo…
E poi, le sollecitudini dell’amore, la gelosia, la continua paura per il piccolo… Divenni meschina, mediocre, recitavo sconnessamente… Non sapevo cosa fare delle mani, non sapevo stare sul palcoscenico, non dominavo la voce. Non puoi capire la condizione di chi sente di recitare in maniera orribile.”
 
Feci una pausa e, di colpo, alcuni ricordi della sera precedente mi balenarono nella mente. Mi sentii nuovamente delusa, derisa in un certo senso e terribilmente mortificata per ciò che era successo con quella donna.
 
“Io sono un gabbiano.
Che c’entra.
Ricordi? Uccidesti un gabbiano. Giunse un uomo per caso, lo vide e per passare il tempo, lo rovinò… Un soggetto per un breve racconto.
Che c’entra….
Di che stavo parlando? Ah della scena.
Adesso sono diversa… Oramai sono una vera attrice, recito con piacere, con entusiasmo, mi inebrio sul palcoscenico e mi sento bellissima. Ora poi, da quando sono qui, cammino a lungo, cammino e penso, penso e sento crescere di giorno in giorno le mie forze spirituali…”
Adesso io so, io capisco Kostja, che nel nostro lavoro – poco importa se recitiamo o scriviamo – l’essenziale non è la gloria, non è il lustro, non è ciò che sognavo, ma la capacità di soffrire.
Sappi portar la tua croce e abbi fede.
Io ho fede, e questo mi allevia il dolore, e, quando penso alla mia vocazione, non ho paura della vita.[1]
 
Scandii le ultime parole con calma e decisione. Avevo lavorato tanto su questo monologo; volevo più di ogni cosa rendere fieri i miei insegnanti.
Probabilmente ci riuscii, poiché un’onda di applausi partì nella grande aula, insegnanti e compagni di corso rimasero a bocca aperta. 
La prima a non credere a tale reazione fui io.
Finalmente sorrisi.
Mi dissero di fare una pausa, poiché a breve avrei dovuto ripetere altre parti. Mi diressi verso il mio zaino e sorseggiai velocemente dell’acqua, mentre sfilavo dalla tasca del giubbotto il cellulare per controllare che ore fossero. Notai una chiamata persa da un numero sconosciuto. Lì per lì non ci feci troppo caso.
‘Se è importante, richiameranno. ’ Mi dissi, eppure la curiosità man mano si faceva grande in me.
 
‘E se fosse qualcuno a cui ho lasciato il mio curriculum? Se stessi perdendo l’opportunità di trovare finalmente un lavoro? Devo chiamare quel numero, devo assolutamente chiamare. ’
Questi furono i pensieri che mi attanagliarono la mente per tutta la durata delle mie prove. Non vedevo l’ora che finissero, a quel punto. Nonostante tutto, cercai di concentrarmi e dare il meglio di me in quella che era la mia più grande passione.
Quando recitavo, un po’ come avevo già espresso nel brano, veniva fuori tutta me stessa. Non avevo più nessun velo. La recitazione aveva il potere di guarirmi da qualsiasi ferita, seppur per poco; aveva il potere di immergermi in un altro mondo, nel mio mondo.
Un’ora dopo, a lezione finita, mi piombai verso l’uscita e composi il numero in men che non si dica. L’agitazione, la speranza e la curiosità mi stavano divorando. Cercai di pensare positivo.
Dopo qualche secondo, dall’altra parte, una voce profonda e seria mi rispose.
“Signorina Benoist?”
Feci fatica a capire chi fosse, nonostante la voce mi suonava così familiare, tanto da indispormi e mettermi a disagio.
“S-si. Sono io. Chi parla, scusi?”
“Sono Katie McGrath. Quella Katie… Nathan e Maddie. Ricorda?” continuò, fredda.
‘Cavolo! ’ pensai di getto ‘Vorrà ancora farmi un’ulteriore ramanzina per ieri sera? Giusto per sentirmi ancor di più mortificata…’
Sentii un groppo alla gola ma cercai di nasconderlo e risultare normale. Strinsi i denti. 
“Oh, salve! Certo che ricordo, come si fa a dimenticare quelle due dolci pesti!” mi scappò una risatina nervosa.
Me ne pentii il secondo dopo.
Probabilmente era stato meglio non essersela fatta scappare.
 
Ciò che seguì mi lasciò senza parole. Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
“Va benissimo!” quasi urlai dall’emozione e dalla gioia. “Non vedo l’ora!”
 
 
Qualche ora dopo, a casa, cercai quella donna su internet, trascinata dal mio istinto. Il suo cognome lo ricordavo appena (per fortuna mi aiutò Google). Non so cosa mi spinse a farlo, ma l’avevo già vista da qualche parte e dovevo capire chi fosse.
Rabbrividii quando lessi il suo nome e conobbi -letteralmente- il suo volto sulla locandina, pochi secondi dopo.
Katie McGrath era l’attrice protagonista di un bellissimo film che avevo visto anni prima: Leading Lady.
Mi sentii avvampare. Ora tutto era più chiaro.
 
[1] Monologo del teatro contemporaneo, tratto da ‘Il gabbiano’ (1896) - Anton Checov.




NOTE:
Prima di tutto, vorremmo ringraziare le persone che hanno aggiunto la storia nelle seguite/preferite, tutte le persone che hanno recensito e anche quelle silenziose. Per noi, è davvero importante il vostro feedback *^*
Fateci sapere cosa ne pensate di questo capitolo! 
Ps: cinque recensioni e avrete il prossimo! 
BOOYAH! :D
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



 


KATHERINE MCGRATH POV
 
Incrociai le braccia al petto, guardandomi attorno, seduta al tavolino più appartato che ero riuscita a trovare. C’era gente che entrava e gente che usciva dal bar. Gente felice, gente nervosa. Gente che nonostante fosse pomeriggio puntava all’alcool e gente che si dedicava ad un the caldo.
Diedi una rapida occhiata al cellulare: mancavano dieci minuti all’ora dell’appuntamento. Perché dovevo sempre essere in anticipo? Perché ero ansiosa, mi risposi. E non bastava solo l’ansia ma dentro di me si mischiavano moltissimi altri sentimenti come una centrifuga di verdure.
Curiosità, ansia, senso di colpa, paura di essere delusa.
Melissa a primo impatto sembrava una brava ragazza, un po’ troppo sorridente ed ottimista, ma brava. L’avevo intuito da come si era rivolta a Nat e Maddie. Eppure avevo paura che potesse essere una delusione. Se Melissa non era come mi aspettavo? O, ancor peggio, come si aspettavano i bambini? Accavallai le gambe, passandomi una mano tra i capelli.
Sbloccai il cellulare, mancavano cinque minuti. Dio, mi ero sentita così in colpa di averla cacciata, che il giorno dopo, con la coda tra le gambe, mi ero fatta in quattro per trovare il suo numero di cellulare sui social network. L’avevo chiamata solo per scusarmi del mio comportamento burbero ma, quando lei mi aveva richiamata ed avevo sentivo la sua voce così dolce, le avevo dato una chance. Le avevo chiesto un incontro.
Non era ancora tardi per andarsene, ma sapevo di non potere. Dovevo farlo per i bambini.
Guardai istintivamente verso la porta che si aprì, e vidi una Melissa impacciata farsi largo tra gli altri clienti del locale. Puntai lo sguardo al cellulare: era in preciso orario. Un punto per Melissa.
Mi salutò sorridente, ed avvicinandosi mi porse la mano. Mi alzai ricambiando il saluto e gliela strinsi. Melissa dalla foga inciampò nella gamba del tavolo, sbilanciandosi in avanti come quei bambini che non sanno tenersi ancora in equilibrio. Mi tirai indietro giusto in tempo per evitare che le nostre teste sbattessero. Meno un punto per Melissa.
Si allontanò, ricomponendosi.
“Scusami tanto.” Diventò rossa come un peperone.
La guardai sistemarsi i capelli, sedersi, ed aggiustarsi gli occhiali. Doveva essere una specie di tic, quello.
Io, ancora in piedi, la guardai perplessa. Ero davvero sconvolta dalla goffaggine di quella ragazza.
A primo impatto l’avrei già licenziata ancora prima di assumerla.
Mi sedetti ed iniziammo con domande generali. Continuava a frullarmi nella testa la fatidica domanda che però non potevo porle: cosa ci vedevano loro in lei?
Un senso di gelosia mi invase, ma cercai di scacciarlo. La ascoltai parlare, percependo come fosse colta ed intelligente. Dovevo spulciare di più nella sua vita privata, avrei posto anche domande scomode se fosse stato necessario.
“Dov-” iniziai.
“Salve! Cosa posso portarvi?” Si avvicinò una delle bariste. ‘Sempre nei momenti meno opportuni’, pensai. Melissa rispose con cortesia ed entusiasmo, per nulla infastidita dall’interruzione: “Okay, mmmh, per me una cioccolata fondente con panna, cacao e Smarties!”
“E per lei?” appuntò sul suo taccuino.
“Un caffè ristretto.”
Non vedevo l’ora che l’incontro finisse il prima possibile. Quando se ne fu andata, ripresi il mio interrogatorio: “Dove sei nata?”
“Littleton, Colorado. Ho il cognome di mia madre e mi sono diplomata alla Arapahoe High School.” Mi sorrise dolcemente.
“Quali esperienze lavorative hai svolto?”
“Ho lavorato in locali, ristoranti, negozi. Il lavoro che però mi ha sempre gratificato di più è stato lavorare come babysitter. Ho lavorato per una famiglia di origini messicane, avevano tre bambini adorabili.”
Sorrisi. “E come sei finita a Vancouver?” chiesi interessata.
“Mi sono trasferita in Canada da parenti per lavorare e mettere da parte dei soldi per pagarmi i corsi di recitazione e laurearmi alla ‘NADA’. Ho terminato il primo anno, ed ora sono a metà del secondo. Mi sto impegnando davvero molto, amo recitare. Voglio far provare emozioni alle persone, attraverso i miei gesti, le mie parole. Sto cercando di diventare sempre più brava… certo, non brava quanto te…”
Alzai un sopracciglio, sorpresa e divertita. Stava fangirlizzando con me?
Notando la mia espressione, piantò gli occhi sul tavolo, diventando un peperone.
“ECCO QUA!” La cameriera arrivò, facendola sobbalzare. Ci consegnò il nostro ordine e finalmente se ne andò.
“Quindi, quali hobby hai, Melissa? Scandii bene il suo nome, prima di prendere bere tutto d’un fiato le mie cinque gocce di caffè.
“Uhm..” si gustò la montagna di panna. “Mi piace molto la fotografia, assistere alle rappresentazioni teatrali, guardare puntate di serie tv fino ad impararne le battute, per poi ripeterle.”
Dio, proprio nerd. “Ti sono sempre piaciuti i bambini?”
“Sinceramente, no. Ma ho scoperto di andarci molto d’accordo dal mio ultimo lavoro. E poi, Nathan e Maddie sembrano davvero fantastici: sono furbi, vispi ma hanno pur sempre quell’innocenza da bambini e-”
Qualcosa mi colpì al cuore, come un’illuminazione. La risposta che cercavo. A Melissa importava, importava davvero. Lo poteva capire da come i suoi occhi si erano illuminati parlando dei miei nipoti, da come fosse talmente presa nel raccontare da non essersi resa conto di avere della cioccolata sul naso. Se per quella dimenticanza le avessi tolto un altro punto, beh, ora gliene avrei aggiunti 100 per come percepivo la sua purezza d’animo.
Mentre stava ancora parlando, appoggiai le mani sul tavolo e mi alzai. “Bene!”
Interruppe il suo flusso di parole per guardarmi con un’espressione adorabilmente confusa. “Cosa?”
Le porsi la mano, che prontamente ricambiò.
“Domani, ore quindici. Non fare tardi, Melissa.” Le sorrisi, mentre finalmente capiva a cosa alludevo. Mi allontanai divertita dalla sua espressione così buffa.
Non volevo ammetterlo ma sotto sotto mi ero quasi anche divertita. Il nostro incontro per me era stato un gioco di punti, come nelle Case di Hogwarts. Di sicuro Melissa sarebbe stata un’insopportabile Grifondoro.
Sospirai, sconfitta ma felice. Come avrei fatto ad andare d’accordo con tutto quell’ottimismo? Sperai davvero, che in qualche modo, mi avrebbe contagiata.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Mi specchiai, osservando il mio abbigliamento. Camicia a quadri e jeans: troppo gay e da boscaiola? Fui tentata di ricambiarmi, ma non avevo più tempo. Corsi fuori di casa, prendendo le chiavi, entrando in auto e impostando la destinazione su Google Maps per selezionare la strada più veloce ed evitare ingorghi. Non volevo assolutamente arrivare in ritardo, non potevo permettermelo.
Non dopo che Katherine, la zia (quasi) di ghiaccio, mi aveva dato quest’opportunità. Non ero sicura di esserle piaciuta, ma qualcosa doveva averla convinta e ne ero terribilmente sollevata. Mi aveva praticamente sottoposta ad un quarto grado a cui avevo cercato il più possibile di apparire tranquilla. Quella donna mi metteva davvero un misto di disagio ed imbarazzo, non perché fosse affascinante, composta e sensuale da paura, o un’attrice che stimo e ammiro molto, ma perché era parecchio imprevedibile. Quando si era alzata dal tavolo avevo davvero avuto paura.
Dio, già pensavo che stesse per liquidarmi con qualche scusa, ed invece…
E poi, lei faceva parte di quella categoria di persone con cui mi sono sempre sentita indifesa e vulnerabile. Persone che mi facevano sentire piccola e costantemente imbarazzata per colpa del loro charme.
Come quando aveva scandito il mio nome: “Quali hobby hai, Melissa?” un brivido aveva percorso la mia schiena. “Non far tardi, Melissa”, un altro brivido.
Inchiodai di colpo, rendendomi conto solo all’ultimo del semaforo rosso. Le macchine dietro di me suonarono ma cercai di non perdere la calma, nonostante tutta l’agitazione. Misi la prima e ripartii veloce, arrivando dopo poco a casa McGrath. Parcheggiai, scesi e ancora prima che potessi suonare, la porta si era già aperta ed ero stata assalita dalla piccola Maddie.
“MELISSAAAAA!” strillò e la presi in braccio. “MELISSA! Sono stra felice che sei arrivata!” continuò urlandomi nelle orecchie. Entrai salutando tutti e scompigliando i capelli di Nathan che mi guardava come se fossi una divinità. Evidentemente essere promossi da Katie non era un’impresa semplice.
Appoggiai Maddie a terra e mi tolsi la giacca.
“Signorina McGrath!” la salutai vedendola sbucare dalla cucina.
“Katie, per favore. Va bene se mi chiami Katie.” Mi sorrise e notai come fosse diversa da ieri, molto più rilassata.
“Okay” sorrisi di rimando. “Beh, se io ti chiamo Katie...”
“Melissa sia.” Affermò decisa, mentre si metteva il cappotto.
Le sorrisi calorosa, cercando di scacciare quei pensieri che poco prima ero affiorati nella mia mente, ma non potevo farci nulla. Il mio nome suonava così bene pronunciato da lei.
“Bene, io vado. Tornerò tardi, di sicuro dopo cena. Oggi dobbiamo fare delle riprese verso il tramonto. Per qualsiasi cosa c’è Melissa, dovete assolutamente obbedirle. Mi raccomando.”
Li guardò entrambi con un finto sguardo severo, per poi sciogliersi con un sorriso. Ci salutò, ed uscì.
 
 
“No, non ne ho voglia!” Nathan continuò la sua partita alla Play Station.
“Ho visto il tuo diario, Nat. Hai cinque esercizi di algebra da fare per domani. So che è noiosa, ma devi.” Cercai di convincerlo, mentre continuava a combattere contro un orso con la bandana rossa. [1]
“Nat, dovresti ascoltare Melissa.” Disse Maddie, dalla cucina, mentre continuava a colorare con i pastelli a cera.
‘Che bambina responsabile! ’ pensai.
Nathan alzò gli occhi al cielo, ignorando anche lei.
“E se ti sfidassi?” proposi. Lui mise in pausa guardandomi sorpreso.
“Dammi un joystick. Se ti batto, fai i compiti immediatamente e sotto la mia sorveglianza, so che a volte fai il furbo. Se perdo, fai quello che vuoi.”
Gli porsi una mano, e me la strinse accettando la sfida. Mi sedetti accanto a lui ed accesi il mio joystick. Lui scelse Jin Kazama.
“Scegli un personaggio.” Mi incitò.
Feci scorrere l’elenco trovando quello che di sicuro faceva più al caso mio. Un grosso uomo con la faccia da giaguaro: King II.
Mi spiegò brevemente i tasti per combattere, non sapendo che avevo già giocato molti anni prima, che ero una appassionata di quel gioco da ragazzina e che conoscevo molto bene i personaggi.
Mi piaceva vedere come sulla sua faccia ci fosse già un ghigno di vittoria. Scossi la testa pensando a come i ragazzi non sono proprio cambiati: continuano a sottovalutarci.
Lo scontro ebbe inizio. Incassai i primi pugni, mentre cercavo di riprendere confidenza con i tasti. Sferrai un calcio, ed un altro e poi un pugno con il mio uomo-giaguaro. Mi difesi, ed evitai un paio di suoi colpi.
Altri calci e pugni colpirono il suo personaggio. Gli lanciai una rapida occhiata: si stava innervosendo.
Schiacciai tre tasti insieme, sperando che la combinazione dei tasti per la mossa speciale fosse sempre la stessa. La vita di Jim Kazama si azzerò e lanciai un grido di vittoria.
Mi guardò sconvolto: “Come diamine hai fatto?”
Lo guardai con la faccia più ingenua che potevo. “Non ne ho idea, ho schiacciato tasti a caso!”
Sorrisi orgogliosa vedendo come, con le spalle ricurve, si alzò e andò ad afferrare i suoi libri di matematica. Mi misi accanto a lui al tavolo, verificando gli esercizi e pensando che tutto quel tempo speso ai videogames, come una piccola nerd, fosse stato d’aiuto.
Preparai le lasagne per cena, lasciandone una porzione anche per Katie. Mangiammo tutti e tre insieme, ridendo, scherzando e prendendo in giro Nathan per come si era fatto battere da una ‘principiante’.
I ragazzi poi, dopo avermi aiutata a sparecchiare e pulire la cucina, si andarono a mettere il pigiama. Nathan restò in camera sua, mentre Maddie si piazzò sul tappeto del salotto per disegnare.
Per le dieci misi a letto la piccola, rimboccandole le coperte e tornai in salotto, in attesa di Katie.
Poco dopo sentii la porta dell’ingresso aprirsi e vidi comparire una Katie decisamente stanca che scalciò via le scarpe rilasciando un profondo sospiro. Quando mi vide appoggiata al divano, si spaventò. Evidentemente dalla stanchezza si era addirittura scordata della mia presenza.
Mi sorrise, recandosi in cucina. La seguii con lo sguardo e presi la mia giacca.
“Ti ho lasciato nel forno una porzione di lasagne e ho apparecchiato la tavola dove solitamente ti siedi.” Mi avviai verso la porta, non ricevendo nessuna risposta.
“Melissa!”
Mi fermò e la vidi sbucare dalla cucina. “Grazie.” Mi sussurrò riconoscente e credo quasi commossa.
“Figurati! A domani!” le sorrisi e la salutai con la mano.
 
[1] Il gioco in questione è TEKKEN. Un gioco incentrato sulla lotta tra i personaggi per vincere il torneo di arti marziali. I personaggi citati sono Kuma (l’orso), Jim Kazama e King.



NOTE:
Grazie, grazie, grazie di seguire ancora questa storia! Siamo davvero felici! Fateci sapere cosa ne pensate, mi raccomando! PS. Chi non ha ancora visto la puntata, beh vedetela perchè meravigliosa e super mega gay! (MERITO DI KATIE)
A prestooooooooooooo
BOOOOYAH!
P.S: 4 recensioni e avrete il capitoloo! :D

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***





KATHERINE MCGRATH
 
Era passata una settimana da quando avevo assunto Melissa e, se dovevo essere sincera, ero felice della scelta che avevo fatto. Melissa stava con loro dal pomeriggio alla sera e se ne prendeva cura in modo impeccabile. Riusciva a convincerli a studiare, ma era anche la prima che voleva divertirsi con loro nei momenti di pausa. Ogni sera ascoltavo i resoconti di Maddie e più raramente quelli di Nathan. Erano davvero contenti.
Ad ogni modo, pure io mi sentivo meglio, soprattutto da un punto di vista psicologico: sapevo che loro non erano soli, che potevano contare su una persona responsabile, che Nathan non sarebbe più scappato e che Maddie non avrebbe combinato guai.
Quel senso di vuoto per la mia perdita c’era ancora, non avevo ancora avuto modo di sfogarla, ma sentivo che pian piano le cose stavano migliorando. Forse Melissa era il miracolo che avevo chiesto a mio fratello, pregando.
La parte migliore della mia giornata era diventata senza dubbio il rientro a casa. Vedere i ragazzi così tranquilli mi dava un senso di serenità ed era merito di Melissa. Non so se era il suo sorriso o il suo imbarazzarsi o il suo modo gentile di porsi, ma aveva completamente rivoluzionato casa McGrath.
Prima mi sembrava sempre una casa così buia e triste...
Mi bastavano cinque minuti con lei e, anche la più nervosa delle giornate, migliorava. Non ero ancora riuscita a passare del tempo con lei, se non quei cinque minuti in cui mi diceva cosa mi aveva preparato per cena e cosa aveva fatto con i ragazzi.
Non ero ancora riuscita a farmi coraggio ed invitarla a rimanere un po’ di più per parlare dei ragazzi o, semplicemente, per avere una conversazione con lei.
Così, quando quella sera tornai prima del previsto, mi decisi a parlarle. Era sul divano ad osservare divertita Nathan e Maddie sfidarsi a Just Dance. Appena mi vide, mi salutò e si alzò, pronta ad andarsene.
“Vai di già?” urlò Maddie, rubandomi le parole di bocca. Lei annui sorridente.
“Che ne dici di fermarti per un'altra partita, magari tutti e quattro insieme?” le chiesi.
Melissa si illuminò, accettando subito e Maddie fece un urlo di gioia.
Mi iniziai a togliere le scarpe, mentre Nathan cercava una canzone.
“Tutto bene al lavoro?” mi chiese, sorreggendomi mentre mi toglievo l’ultima scarpa. Avevo sempre avuto poco equilibrio.
“Sì, grazie. Siamo quasi a metà serie. Adoro interpretare Morgana, è davvero una badass!”
Rise mentre ci mettevamo in posizione e la canzone di Ricky Martin ‘Livin La Vida Loca’[1] partiva.
Fu uno scontro all’ultimo sangue soprattutto tra me e Melissa, che muoveva il bacino molto meglio di Ricky Martin in persona e che continuava ad accumulare ‘Perfect’ ad ogni mossa.
Maddie e Nathan dopo metà canzone si fermarono, curiosi di capire chi avrebbe vinto.
Le lanciai un’occhiata e nello stesso momento lei mi guardò, sorridente e rossa in faccia per la fatica.
Era bellissima, Melissa Ben-di dio-oist era davvero meravigliosa.
Partirono gli applausi dei ragazzi mentre la canzone finiva e lo schermo mostrò la classifica. Mi lanciai sul divano, esausta. Avevo vinto ma di pochissimo!
“Un'altra sfida!” disse Nathan mentre tutti guardavamo Melissa che aveva un broncio adorabile.
“Sì, ho bisogno della rivincita!” mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi.
“Okay, ma sappi che perderai di nuovo!” ammiccai.
“Non ci giurerei molto!” mi sfidò, puntandomi un dito contro.
Nathan scelse la canzone e gli lanciai un’occhiata quando iniziai a sentire le prime note: (I’ve Had) The Time Of My Life[2], una canzone da ballare in coppia. Andai in panico, conoscevo a memoria tutte le canzoni ma odiavo quelle di coppia. E poi, chi avrebbe fatto l’uomo? Mi voltai verso Melissa che con passo felpato si stava già avvicinando a me. Lei era l’uomo.
Puntai di nuovo lo sguardo sullo schermo.
Passò una mano sul mio volto, girandomi il viso verso di lei. Misi una mano sulla sua spalla, e lei dietro la mia schiena, facendomi scendere dolcemente per un casquè. Mi risollevò, e si posizionò dietro di me. Riuscivo a sentire il suo respiro sul mio collo mentre seguivamo i primi passi.
Mi prese per mano, facendomi fare un mezzo giro e si spostò alla mia sinistra. Ballammo da sole, imitando ogni singolo movimento sullo schermo: eravamo pari.
Ci mettemmo l’una di fronte all’altra ballando alternando un avanti e indietro. Le feci l’occhiolino, sperando di riuscire a distrarla e tornammo a girarci verso il video.
Ci avvicinammo prendendoci per mano, per poi lasciarci e riprenderci di nuovo. Era da tanto che non avevo un avversario così temibile, con Melissa era sempre un testa a testa.
Girammo in tondo, fissandoci e tornammo nella nostra posizione. Le porsi la mano, che gentilmente mi prese e mi baciò. Seguimmo altri assurdi passi e le mandai un bacio con la mano. Melissa arrossì, imbarazzata. Mi fece fare una giravolta e ci scambiammo di posto. E poi un’altra giravolta, appoggiando la schiena al suo petto. Voltai il viso verso di lei notando per la prima volta come fosse più alta di me di circa cinque centimetri. Abbassai lo sguardo sulle sue labbra e con un’altra giravolta mi staccai da lei.
Si inginocchiò di fronte a me incatenando i suoi occhi con i miei. Le girai intorno, sfiorandole la schiena con la mia mano. Si alzò, e mi girai verso di lei, mi tenne per la parte bassa della schiena per un casquè. Mi rialzò e ci prendemmo per mano, avvicinando i nostri visi. I nostri nasi si sfiorarono e poi ci allontanammo velocemente mentre la canzone finiva.
Nathan e Maddie applaudirono, mentre lui mi guardava con un’espressione strana.
Io e Melissa ci battemmo il cinque, contente.
“Ho vinto!” saltellò Melissa. Mi voltai verso la tv. Ballare con lei era stato così intenso e magico che mi ero dimenticata pure della classifica. Mi finsi arrabbiata e mi si avvicinò spingendomi con la spalla.
Si vestì, per andarsene. Era tardi per i ragazzi, dovevano andare a dormire.
Salutò tutti, felice come sempre, e uscì di casa. Nat e Maddie salirono nelle loro camere ed io rimasi col batticuore a fissare la porta pensando a come Melissa rendesse tutto incredibilmente magico.
 
[1] Livin’ La Vida Loca
[2] (I’ve had) The Time Of My Life
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Katie continuò a guardarmi con quello sguardo penetrante. Sedute, sul divano di casa sua mi ero completamente persa ad osservarla. “Melissa.” mi accarezzò con la sua voce così profonda e con quell’accento irlandese così sensuale. Mi sistemai gli occhiali, sentendo le gote andare a fuoco. Come un’idiota mi ero persa parte del suo discorso, forse si aspettava rispondessi qualcosa?
Si avvicinò a me, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Deglutii.
“Si?” domandai incerta mentre il mio sguardo scese sulle sue labbra così invitanti. La sua mano si spostò sulla mia guancia, leggera e delicata. Rialzai lo sguardo per ammirare i suoi occhi azzurri.
Mi sentivo morire: il mio cuore stava esplodendo, il mio stomaco era pieno di farfalle e poi c’era quel calore così insopportabile più in basso.
Stavo bruciando.
Vidi il viso di Katie avvicinarsi e non potei fare altro che reagire, era l’unica cosa che volevo. Un bacio delicato, uno schiocco di labbra, le sue mani tra i miei capelli e poi ovunque, lasciando una scia bollente sulla mia pelle. Le sue labbra che si facevano sempre più sicure contro le mie. La sua bocca si spostò sul mio collo, prepotente, e lasciai sfuggire un gemito.
Le mie mani percorsero la sua schiena, andando a sollevare la maglietta per avere più contatto. “Katie, Dio, sei così…”
 
Mi svegliai all’improvviso, così spaventata che caddi dal letto. “Gesù!” mi rialzai di fretta, spegnendo la sveglia e massaggiandomi il ginocchio. Misi gli occhiali e mi sedetti sul letto passandomi una mano sulla faccia. Avevo un caldo incredibile, ero così sudata e bagnata. Non potevo ancora credere a cosa aveva elaborato il mio subconscio. Ero sconvolta!
Era tutta colpa della sera precedente, pensai. Ballare con lei e vedere come mi guardava, mi aveva completamente dato alla testa.
Scossi la testa, cercando invano di scacciare via quei pensieri. Avevo bisogno di una doccia fredda per calmare i bollenti spiriti. Guardai Millie, seduta ai piedi del letto.
“Millie, sono davvero fottuta.” Le rivelai, mentre lei mi osservava con il muso inclinato.
 
 
“Faremo questa recita per raccogliere fondi da donare ai senzatetto della città. La prima si terrà tra un paio di mesi al Stanley Industrial Alliance Stage per tre sere di seguito. Riempiremo all’incirca 600 posti a serata.” Ci spiegò Mr. Lee. “La commedia è non che il 12º musical che più a lungo è stato rappresentato a Broadway e il 28º più a lungo rappresentato nella storia del teatro. WICKED!!
Tra poco facciamo il casting, scegliamo i ruoli ed iniziamo a vedere come interpretare i vari personaggi, approfondendo la storia.”
Ero emozionatissima. Questa era la parte migliore del corso. Non che non amassi le riprese sul set ma lo spettacolo ti permetteva di avere un contatto con il pubblico e un feedback immediato sulle tue capacità di recitazione e pure canto.
“Benoist!” mi chiamò Mr. Lee.
“S-si?” feci un passo avanti. “Tu farai Glinda, una delle protagoniste!” Mi sbatté il copione quasi in faccia.
“Stasera leggete i vostri dannati script. Domani vi voglio pronti per iniziare!”
Tutti annuimmo in silenzio, come dritti soldati.
Guardai l’orologio. Avevo tempo per pranzare e correre dai ragazzi. Sorrisi, incamminandomi fuori dall’aula, pensando che la sera avrei visto Katie anche solo per poco.
 
Stare con i ragazzi ormai era diventata una routine piacevole, mi piaceva aiutarli a fare i compiti, giocare con loro e farli sentire amati. Loro, d’altra parte, avevano iniziato ad aprirsi sempre più con me, raccontandomi vari aneddoti della loro vita. Grazie a loro avevo iniziato a conoscere indirettamente Katie, le sue abitudini, il suo carattere ed il suo percorso di vita.
Vedevo che lei apprezzava il mio rapporto con loro e dentro di me speravo ogni giorno di potermi avvicinare anche a lei, sempre più. Sapevo in cosa mi stavo cacciando, sapevo che ‘quella sotto specie di cotta per la mia datrice di lavoro’ mi avrebbe solo spezzato il cuore, quel giorno in cui lei non avrebbe più avuto bisogno di me. Ma ero fatta così: l’amore o ‘quella sotto specie di cotta per la mia datrice di lavoro super stupenda’, non riuscivo a rifiutarlo.
I ragazzi erano già a letto da un pezzo e Katie era in ritardo rispetto al solito. Continuai a percorrere il salotto avanti e indietro rileggendo le mie battute ed imparando i testi delle canzoni, non che ce ne fosse troppo bisogno, avevo visto Wicked almeno cinque volte nella mia vita.
Mi sedetti sul divano canticchiando a bassa voce una delle canzoni.
“Melissa, scusa per il ritardo!” entrò Katie, tutta affannata.
“Oh, non preoccuparti!” le sorrisi sbirciando da sopra il divano.
“Mi hanno tartassata!” sbuffò “Mi hanno fatto provare una scena un sacco di volte solo perché non sapevano con quale angolatura fosse meglio far uscire la magia dalle mie mani!” sbottò sedendosi di peso sul divano.
Annui comprensiva, tornando a riguardare il mio copione. Katie si sporse verso di me per sbirciare. Il suo profumo dolce mi invase le narici e cercai di soffocare le farfalle nello stomaco.
“Oh, cos’è?” chiese curiosa ma pur sempre composta. Fossi stata in lei, le avrei strappato di mano il copione.
“Ogni anno facciamo una rappresentazione teatrale per raccogliere qualche fondo ed intanto impariamo come funziona il teatro, presentando qualche opera. Quest’anno tocca a Wicked.” Le spiegai emozionata.
“Wicked! Lo adoro!” esclamò.
“Pure io, prima stavo provando una canzone.” Risposi timida.
“Posso?”
“Certo.” Le sorrisi passandole i miei pezzi di carta.
“La vuoi provare con me?” mi guardò negli occhi, appoggiando la mano sul mio polso.
Oh, Gesù. Andai in panico, per i suoi occhi, per la sua espressione meravigliosa, la sua mano, il suo calore, la sua proposta, tutto. Panico. Katie mi metteva panico.
Credo che dalla mia bocca fosse uscito una sottospecie di sì perché la vidi alzarsi felice, pormi la mano, che subito afferrai, e ci trovammo l’una di fronte all’altra. Prese il cellulare e mise la base da Youtube.
Mi fece l’occhiolino, tenendo il copione. Le prime note partirono. [1]
Iniziai io, interpretando Glinda: “Carissimi, adoratissimi mammina e papino.
Katie rispose: “Caro papà.
C’è stata un po’ di confusione con il nostro alloggio qui a Shiz” cantammo insieme. Ero così emozionata, la voce di Katie era così calda.
Ma certo, mi prenderò cura di Nessa” si allontanò, gesticolando goffamente.
Ma certo, ci passerò sopra” finsi di sistemarmi i vestiti.
Perché so che è così come vorresti che reagissi. Sì! C’è stata un po’ di confusione perché, vedi, la compagna di stanza è…” ci riavvicinammo, prese dalla parte.
Squadrai Katie da capo a fondo: “insolita e oltremodo bizzarra e del tutto impossibile da descrivere.
Katie, roteò gli occhi, guardandomi schifata: “Bionda!
Sghignazzai, mentre la base continuava. “Cos’è questa sensazione così improvvisa e nuova?”
L’ho sentita dal momento in cui ho posato gli occhi su di te.” Aggrottò le sopracciglia e poi cantammo insieme: “Il polso mi batte forte, mi gira la testa, sto avvampando, cos’è questa sensazione? È ardente come una fiamma, ha un nome? Sì…..
“RIBREZZO!” urlammo, scoppiando a ridere e l’abbracciai, divertita.
Era stato bellissimo cantare con lei, così magico! Quando mi resi conto del mio gesto, mi staccai velocemente riprendendomi. Ero di sicuro diventata rossa come un peperone ma, cos’era quella espressione imbarazzata sul suo viso?
Mi schiarii la gola, confusa. “D-devo andare ora, ma ti ringrazio davvero tanto per l’aiuto.” Le accarezzai il braccio per vedere se riuscivo ad innescare un’altra sua reazione. Vidi dei brividi, scorrere lungo le sue braccia nude, che andò subito a coprire incrociando le braccia.
OH.
Forse, e sottolineai il forse, tra le due non ero l’unica a provare qualcosa.
 
 
 
[1] La canzone è What Is This Feeling? dal musical Wicked, cantata da Glinda e Elphaba. Wicked racconta la storia di Elphaba, la futura Malvagia Strega dell'Ovest, ed il suo rapporto con Galinda, più tardi Glinda, la Strega Buona del Nord. La loro amicizia deve fare i conti con le loro diverse personalità e i diversi punti di vista, la stessa rivalità in amore, le reazioni al governo corrotto del Mago di Oz, e per ultimo la fine pubblica di Elphaba. (Santa Wikipedia)




NOTE:
WHEN I WAS A CHILD, MY PLANET KRYPTON WAS D- AH NO. 
Allora, qui voglio assolutamente sapere cosa ne pensate tra balletti e recite varie. Come avete potuto notare tra Tekken, Play Station, Just Dance, Wicked sono molto nerd, ma so che lo siete pure voi :'D
Conoscete Wicked, il musical?
Aspetto le vostre recensioni! 5 e scopriremo cosa succederà nel prossimo episodio!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***





KATHERINE MCGRATH POV

 
Batticuore, calore alle gote, fastidiosi movimenti nello stomaco, più comunemente chiamate farfalle: a quanto pare avevo tutti i sintomi di quello che chiamano ‘innamoramento’, ovvero, concepimento della passione amorosa.
Me lo ero appena diagnosticata con un po’ di dramma dato che non succedeva da un’eternità.
Pensai alla sera precedente quando avevo cantato con Melissa, a quell’incredibile magia e chimica, nonostante non ci conoscessimo da tantissimo.
Quei suoi occhi meravigliosi, il suo sorriso sicuro, i suoi gesti delicati.
Sospirai, fissando il vuoto come un’ebete. Sì, era proprio innamoramento.
 
Mi riscossi dai miei pensieri, che in quest’ultimo periodo gravitavano sempre intorno a Melissa.
Dio, ero stata così presa dal momento, da quella canzone così gay, che mi ero dimenticata di dirle la cosa più importante: oggi pomeriggio non avrei avuto bisogno di lei.
Un po’ mi dispiaceva non vederla, ma dovevo assolutamente fare quella cosa con i ragazzi. Non che fossi felice di farlo, anzi. Speravo che questo momento non sarebbe mai arrivato. Avevo anche pensato di fingere non fosse quel giorno, ma non era giusto nei confronti di Nathan e Maddie.
Avevano il diritto di essere accompagnati, di andarci ed avere il mio supporto. Il supporto del loro ultimo vero famigliare, di una persona che ci teneva davvero a loro.
 
Così mi alzai pigramente dal letto, presi il cellulare e scrissi un breve sms alla nostra tata.
‘Ciao, meravig-’ No, che cavolo pensava il mio cervello?
‘Ciao Melissa, oggi non ho bisogno di te. ’ No, troppo freddo e distaccato. Digitai ancora: ‘Ciao Mel, oggi i ragazzi sono con me, ci vediamo domani. ’
Perfetto, dissi a me stessa aggiungendo uno smile a fine frase.
Mi sistemai, afferrando qualcosa di nero dal mio armadio e raggiunsi in cucina Nathan e Maddie, fingendo fosse un giorno come tutto gli altri. Ma non lo era.
Comunicai che saremmo usciti nel primo pomeriggio, dopo pranzo, e così iniziò il mio personale conto alla rovescia verso il dolore.
 
Parcheggiai l’auto, in modo orrendo. Avevo sempre odiato i parcheggi.
Varcammo la soglia del cancello del cimitero, tutti e tre in un silenzio tombale. Che ironia, pensai.
Passeggiammo sull’erba fresca, passando tra lastre fredde di pietra e marmo. Osservai il cielo, nuvoloso e grigio, pronto ad esplodere in tempesta.
Presi per mano Maddie, e guardai Nathan poco dietro di me. Comprendevo il loro dolore, lo sentivo pure io, forte e chiaro, dritto nel petto come una freccia conficcata.
Arrivammo a destinazione. Una smorfia di dolore comparve sul volto di Nathan. Maddie si aggrappò a lui continuando comunque a tenere la mia mano. Appoggiammo un mazzo di fiori sulle tombe.
“Buon compleanno, papà.” Disse Maddie accarezzando la foto di Sean e lanciando un bacino a sua madre. Mi venne un groppo alla gola, sentii gli occhi inumidirsi. Nathan si avvicinò, accarezzò entrambi e si rimise accanto a me, appoggiando la sua testa alla mia spalla. Gli accarezzai i capelli e rimanemmo un attimo in silenzio, ognuno perso nelle proprie preghiere. Poi, prendendo per mano Maddie, Nat si allontanò verso l’uscita. Li osservai andare via, abbracciati.
Ero sola, ora.
Mi avvicinai cauta, con la paura di poter crollare da un momento all’altro. Anche io, come Nathan, accarezzai le loro foto; mi appoggiai, quasi sorreggendomi, alla lastra di Sean.
“Buon compleanno, Sean.” Scoppiai a piangere. Avevo resistito fin troppo.
Nella mia mente si scatenarono vari immagini a ripetizione: un camion che dalla corsia opposta sbandava ed andava a schiantarsi contro la loro auto, per poi deviare e finire fuori carreggiata. Giù, lungo un dirupo. Morti sul colpo.
Me lo aveva raccontato un agente di polizia che aveva raccolto le testimonianze.
Nella mia testa risuonavano aggressivi i suoni dei clacson, dell’impatto, di un auto che si accartoccia e che ruota come una pallina di carta. Il suono fastidioso del campanello della mia porta, le parole vuote dell’agente di polizia, condoglianze ovattate al funerale.
Mi accasciai, piangendo incontrollata mentre sentivo un peso schiacciarmi il petto ed il respiro si faceva corto.
Un paio di braccia forti mi risollevarono, e io le lasciai fare. Non ebbi bisogno di guardare chi fosse perché riconobbi subito il suo profumo.
“Vieni qui.” mi sussurrò dolcemente Melissa. La abbracciai, nascondendo il viso nel suo petto. Melissa.
Come era possibile che arrivava sempre nei momenti peggiori della mia vita? Arrivava sempre a risollevarmi, a prendersi una parte del mio dolore per non lasciarlo tutto sulle mie spalle e sul mio cuore.
Melissa era un angelo.
Pian piano mi calmai, mentre la sua mano mi accarezzava i capelli e la schiena. Era tutto così terapeutico. Mi staccai da lei asciugandomi gli occhi e il naso con un fazzoletto. Mi prese per mano e mi guidò fuori dal cimitero. Le lasciai le chiavi dell’auto e mi sistemai sul sedile del passeggero. Mi accarezzò la coscia, mentre metteva in moto e le sorrisi stanca. Ero felice fosse con me.
‘Sean, se all’inizio volevo farcela da sola, ma continuavo a fallire, ora ho capito che va bene contare su qualcuno, contare su Melissa. Lei è il mio miracolo. ’ Guardai il cimitero farsi sempre più lontano, fino a sparire, mentre il calore della mano di Melissa sulla mia mi donava serenità.
 
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Era stato terribile, terribilmente terribile vederla in quello stato. Era completamente distrutta e sapevo che non era la sola. Sapevo che anche i ragazzi stavano soffrendo parecchio ma entrambi cercavano di essere forti, soprattutto Nathan che cercava di essere il pilastro della famiglia; cercava di sorreggere il peso, quando Katie non riusciva a sopportare tutto.
Quando arrivammo a casa, provai sollievo. Era un ambiente famigliare per loro, potevano decisamente rilassarsi e lasciarsi un po’ andare. Pure io, ormai, consideravo quel grande appartamento più casa che il mio buco sulla Davie Street.
Ci sedemmo tutti e quattro sul divano, in silenzio. In ordine eravamo Nathan, Katie, io e Maddie.
Ci abbracciammo, come una piccola famiglia i cui membri si sostengono a vicenda per rimanere più forti. ‘Più forti insieme’, diceva sempre mia mamma.
Nathan stava appoggiato a Katie e le teneva teneramente la mano; io con una mano accarezzavo i capelli neri e setosi di Katie mentre con l’altra la schiena della piccola Maddie, seduta un po’ storta sulle mie gambe.
Appoggiai la testa contro quella di Katie. Nathan mi guardava, implorandomi con lo sguardo di far star meglio sua zia, di fare qualche magia.
Ripensai al messaggio di Katie della mattina: mi era sembrato strano soprattutto perché i ragazzi non mi avevano detto nulla a riguardo, ma avevo deciso di non pensarci troppo. Così ero andata a farmi una passeggiata dopo pranzo per mantenermi in forma. In quel momento, avevo ricevuto il messaggio di Nathan, in cui mi implorava di recarmi al cimitero perché sapeva Katie avrebbe avuto bisogno di qualcuno, bisogno di me.
In quell’istante mi sarebbe davvero stato utile saper volare o correre più velocemente, ma feci del mio meglio. Quando arrivai, trovai i ragazzini all’uscita. Li abbracciai subito, mostrandogli tutta la mia comprensione e il mio supporto. Mi avevano raccontato del compleanno del padre, ed ero corsa tutta sudata da Katie. Vederla così piegata dal dolore mi aveva spezzato il cuore.
 
Continuammo a restare un po’ così, in silenzio ed uniti come pinguini. Nathan poi, capendo fosse ora di andare, prese la sorella e andò in camera. Mi appoggiai allo schienale del divano mentre Katie si lasciava andare con la testa contro il mio petto, ad ascoltare i battiti veloci del mio cuore. Continuai ad accarezzarla, cercando di trasmetterle più amore possibile. Katie era meravigliosa, non si meritava tutto questo dolore. Si meritava solo amore e supporto.
Quando si fu completamente calmata, continuando a rimanere in quella posizione, mi raccontò tutto. Mi spiegò con voce pacata, quasi un sussurro, dell’incidente, dei primi mesi infernali, del suo dolore. Parte della storia la conoscevo: me l’avevano raccontata i ragazzi il primo giorno in cui ci conoscemmo. Avevo continuato ad accarezzarla, facendomi venire i dolori alle mani, ma poco importava. Tra spezzoni di vita di Katie, pause e carezze, mi resi conto fosse quasi ora di cena perché l’appartamento era rimasto in penombra.
Ci sollevammo ed accendemmo le luci. Katie socchiuse gli occhi per il fastidio: erano tutti rossi per il pianto. Mi si strinse il cuore.
Preparammo insieme la cena ed apparecchiammo come due novelle sposine. Appena mi resi conto del mio pensiero cercai di censurarlo e arrossii.
“Che c’è?” mi chiese Katie mentre posava i piatti sul tavolo.
“N-nulla, ho un po’ caldo.” Le sorrisi da idiota. Mi sorrise di rimando e tornò ad occuparsi delle sue cose. Cenammo insieme, parlando e guardando stupidi show su DMAX. Io e Nathan sistemammo la cucina mentre Katie aiutava Maddie a farsi il bagno.
“Grazie per essere venuta.”
Mi girai verso Nathan ma non feci a tempo a rispondere. “So che Katie ti piace.” Arrossii e lo lasciai parlare. “Ma non ti piace e basta, ci tieni davvero. Come tieni molto a noi. Sono felice di aver chiamato te, che tu ci fossi per noi. Quindi grazie.”
Era in questi momenti che capivo la profondità e la maturità di questo ragazzino, che cresceva di giorno in giorno e diventava uomo. Lo abbracciai forte. “E io sono felice di avere voi.”
“Comunque sappi che anche a lei piaci.” Mi fece l’occhiolino e rividi un sacco l’espressione di Katie.
Arrossii. “C-cosa?”
Lui ignorò la mia domanda: “Avete la mia benedizione!” rise, dandomi una pacca sulla spalla.
“Guardiamo un film?” Katie sbucò. “Ho finito con Maddie.”
“Sì, ora profumo!!” saltellò la piccola.
 
Preparammo i popcorn e ci sedemmo di nuovo sul divano, nelle postazioni di prima. Avviamo il primo film che trovammo: Suicide Squad. Lasciammo i popcorn prima a Nathan e poi spostammo la ciotola tra me e Katie.
“A me piace Harley Quinn!” urlò Maddie.
“Anche a me!” concordai, battendole il cinque.
Misi la mano nella ciotola e andai a toccare quella di Katie, che anche lei aveva ficcato per dei popcorn. Sentii come una scossa, una scintilla, e mi voltai verso di lei imbarazzata mentre lei fece lo stesso. Ritirammo velocemente le mani piene di sale. Me le pulii in un tovagliolo. Non era la prima volta che le nostre mani si erano toccate; quel pomeriggio addirittura gliela avevo stretta ma avevo provato una sorta di sensazione inspiegabile. Era tutta colpa di Nathan che aveva confermato i miei dubbi.
Proprio quando stavo per riprendermi altri popcorn, Katie spostò la ciotola verso Maddie che prontamente ricevette. “Ma-” replicai.
Senza guardarmi mi prese la mano rimasta ancora a mezz’aria, me la strinse appoggiandola sul divano. Le nostre dita si intrecciarono teneramente e rimasero così per tutta sera, mentre ognuna cercava di nascondere il rossore sulle guance e ascoltava il proprio battito veloce del cuore.



NOTE:
Okaaaaaaaaaaaaaaay, all'inizio parte un po' depresso ma poi diventa tutto mooooolto dolce. Melissa come al solito c'è sempre, è un grandissimo supporto per Katie. *coff* come tra Kara e Lena *coff*
Sto facendo il conto alla rovescia per il prossimo episodio in cui ci saranno le Sanvers! A voi piacciono? Le shippate o preferite le Supercorp?
Cinque recensioni e vi metto il prossimo! (Mi sto sbrigando a scrivere perchè tra un po' non ho più capitoli pronti) :'D

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***






KATHERINE MCGRATH POV
 
Più i giorni passavano, più faticavo a tenere per me i sentimenti che provavo per Melissa. Dopo la mia mossa azzardata di stringerle la mano non c’erano stati molti altri contatti fisici, ma quei pochi che c’erano mi provocavano sensazioni amplificate.
Avevo sentito cosa aveva detto Nathan a Melissa in cucina ed il mio cuore, in quel momento, se avesse potuto, sarebbe esploso dalla felicità. La nostra relazione però, nelle due settimane successive, era rimasta in standby per colpa mia. Eravamo costantemente in bilico tra il baciarci ed il comportarci da amiche.
Melissa ora aveva la certezza che ci piacevamo a vicenda ma capiva che avevo bisogno di tempo ed era troppo rispettosa nei miei confronti per baciarmi.
Avevo davvero paura di rovinare tutto. Dopo la morte di Sean ero diventata così.
Avevo paura di mandare a quel paese il nostro rapporto o che lei se ne sarebbe andata per colpa mia.
Era una piccola tortura per entrambe passare del tempo insieme, ma restare a distanza di sicurezza. Quando tornavo la sera, ormai era abitudine raccontarci le nostre giornate piazzandoci sul divano ai lati opposti.
Mi confidavo con Melissa, le raccontavo della prima gelosia nei suoi confronti quando avevo visto come i ragazzini si comportavano con lei; le raccontavo le mie paure, le noie sul set, le cose divertenti che mi succedevano. Non parlavamo mai dei nostri sentimenti anche se continuavano a manifestarsi, a spingerci l’una verso l’altra come due magneti. A fine serata non capivamo come potesse essere possibile, ma ci trovavamo appiccicate; i nostri corpi vicini, ma le mani ben lontane da tutto, giusto per non cadere in tentazione.
Non che non mi dispiacesse accarezzarla, ma era davvero incredibile vedere come Melissa a volte cercava di trattenersi.
Si lasciava prendere dal discorso, si avvicinava verso di me, o appoggiava la mano sulle mie gambe. Quando se ne rendeva conto, come scottata, si ritirava il più possibile verso il divano, rigida, e si mordeva il labbro. In quei momenti pensavo di perdere pure io il controllo, era così sensuale.
 
I produttori avevano constatato che eravamo a buon punto con le riprese e che non era giusto continuare a spremerci come arance.
Avevamo seriamente bisogno di una pausa.
Decisi perciò di occupare il mio giorno libero portando Nathan e Maddie al Queen Elizabeth Park. Parcheggiammo l’auto ed iniziammo a percorrerlo godendoci la bella giornata. Erano rari i momenti in cui potevamo stare insieme. Passeggiammo lungo dei laghetti e ci fermammo ogni tanto per fare qualche ‘selfie’ o goderci il panorama. Passammo davanti a una bellissima fontana danzante, che faceva giochi d’acqua e emetteva luci nonostante fosse giorno. Continuammo a camminare e correre felici, cercando il posto adatto per consumare il nostro pranzo al sacco.
Ci fermammo sotto un albero e mangiammo dei panini che Melissa ci aveva preparato la sera prima.
“…e quindi Mike mi piace un sacco.” dichiarò Maddie, finendo il suo panino per ultima.
“E perché proprio lui? Non è molto carino.” chiese curioso il fratello.
“Ha un cane?” chiesi io, ricordando come si era innamorata di Melissa anche grazie al cane Millie.
Maddie scosse la testa. “Ha tante macchinine e a volte me ne regala un paio.”
“Aah!” facemmo in coro io e Nathan, guardandoci di sottecchi.
“Quindi te ne approfitti di lui.” la punzecchiò Nathan.
“No.” Rispose secca. Cercai di non scoppiare a ridere; erano un duo fantastico.
“Alex è molto più carino, non ti regala nulla ma è comunque gentile. Perché lui non ti piace?” le chiesi, stando al gioco di Nat.
“Non gli piacciono i cani e le macchinine.” dichiarò serissima.
Annuii comprensiva.
Nathan si avvicinò sussurrando a lei: “Anche a zia Katie piace qualcuno, sai chi?”
“EHI!” scattai, diventando rossa.
Maddie mi guardò, studiandomi. “Sì, le piace Melissa.” Sorrise.
Arrossii ancora di più mentre Nathan scoppiava a ridere.
“A chi non piace Melissa?” aggiunse Maddie, “ha pure un cane!”
 
Ci alzammo e continuammo la nostra passeggiata. Passammo davanti ai campi da tennis, perché Nathan voleva vedere se c’era qualche torneo in corso. Rimase un po’ deluso quando vide che non c’era nessuno se non una coppia di ragazze contro altre due persone.
Stavamo per fare retromarcia quando riconobbi, tra le due tenniste, una persona nota. Che cosa ci faceva lì, Melissa?
Ci fermammo un secondo ad osservarle. Melissa e la sua compagna di squadra fecero punto. Quest’ultima si avvicinò a lei, la abbracciò e le diede un bacio sulla guancia.
“Ma che…” mi scappò dalla bocca.
Sentii Nathan sghignazzare al mio fianco. “Maddie, andiamo a salutare Melissa?” le chiese.
“SI!” saltellò felice.
“NO!” controbattei veloce.
“Dai, mica sarei gelosa?” mi sfidò mio nipote, con un ghigno.
Aggrottai le sopracciglia, assottigliando gli occhi. “Io non sono ge-”
“MELISSAAAAAAA!” Maddie partì alla riscossa, urlando come una pescivendola. “CIAAAAO MELISSAAA!”
Le corse incontro veloce. Vidi Melissa illuminarsi, lasciare la racchetta e correre veloce verso la bambina per prenderla in braccio e farla girare.
Grugnii, mentre Nathan si avvicinava a lei.
Lo seguii e Melissa mi salutò felice e ricambiai accennando un sorriso. Capì subito che c’era qualcosa che non andava, ormai mi conosceva bene.
“Vi presento Becca![1]” annunciò felice.
La squadrai: non molto alta, capelli lunghi e biondi e occhi verdi. Le porsi la mano, educata. “E loro sono Katie, Nathan e Maddie.”
“Oh, piacere. Quindi sei la loro tata! Sono davvero sfortunati allora!” la prese in giro, dandole una gomitata.
Strinsi i denti, ribollendo. No, dovevo darmi una calmata. Erano solo amiche, insomma, perché dovevo comportarmi così?
Nathan continuava a mantenere sul volto un sorriso irritante, mentre raccontava a Melissa cosa avevamo fatto nella mattinata. Lo stava facendo apposta.
Lei lo ascoltava e faceva scorrere lo sguarda tra me e lui. Era decisamente confusa.
Decisi di tagliare la corda, salutandole e forzando un sorriso. Li trascinai via mentre Nathan rideva senza controllo e Maddie si lamentava di voler stare con la sua tata.
 
[1] Becca Tobin, attrice in Glee che interpreta Kitty Wilde nella quarta stagione.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Arrivai in casa McGrath in anticipo di venti minuti. Avevo davvero bisogno di parlare con Katie e capire a cosa era dovuto quel suo comportamento così rigido. Speravo non fosse qualcosa di grave o qualcosa riguardo ai ragazzi. Quando girai le chiavi ed entrai, però, trovai l’appartamento vuoto.
Rimasi davvero delusa, così provai a chiamarla al cellulare, ma non rispose.
Dopo venti minuti arrivarono Nathan e Maddie, sorpresi di vedermi già lì.
Sapevo che, aspettando così intensamente la sera per stare con Katie, avrei avuto l’impressione che il tempo non passasse mai, così decisi di impiegarlo facendo più cose possibili. Mi armai di aspirapolvere e la passai per tutta la casa. Pulii i mobili dalla polvere, sistemai la cucina, feci la lavatrice e avvampai quando mi capitò tra le mani un reggiseno nero di pizzo di Katie. Lo buttai subito in lavatrice, cercando di non pensare a strane cose. Strofinai tutti i vetri delle finestre, mentre Nathan mi guardava e mi diceva che se avessi sfregato ancora di più, avrei fatto scomparire il vetro.
Aiutai Maddie a colorare i suoi disegni sui cani e Nathan con geometria che odiava con tutto il suo cuore, ed io pure.
Provai un paio di battute e giocai a Tekken con Nathan fino all’ora di cena; ordinammo giapponese e sistemammo la cucina. Mi misi di nuovo a giocare alla Play Station, stavolta contro Maddie. Inutile dire che, anche se ci provava, non riusciva proprio a vincere. Per le undici, mi lasciarono sola ed aspettai.
Ero preoccupata, non aveva mai fatto così tardi.
Proprio quando stavo componendo il suo numero per chiamarla, sentii la porta aprirsi.  
Scalciò via le scarpe, come faceva sempre. Si tolse il giubbino, mi lasciò con un flebile saluto, dirigendosi verso la zona notte.
Perché mi stava ignorando così?
La seguii mentre raggiungeva la sua camera.
“Katie, va tutto bene?” le chiesi, prendendole il braccio e fermandola. Lei annuì e riprese a camminare.
Ma cosa diavolo le prendeva? Perché si stava comportando in quel modo con me?
“Puoi darmi una spiegazione?” chiesi sottovoce per non svegliare gli altri. Lei entrò in camera ed io rimasi in piedi, appoggiata allo stipite. Sempre dandomi le spalle si tolse la maglia, rimanendo in reggiseno.
“Ommioddio” sussurrai, ammirando la pelle nuda della sua schiena e una chiara visuale del suo sedere.
Quando si portò le mani dietro, al gancio, feci un passo indietro, chiudendo la porta, sbattendomela quasi in faccia e rimanendo nel corridoio. Avvampai, pensando a Katie mezza nuda, dall’altra parte della porta. Scossi la testa e mi appoggiai con la schiena alla porta.
“Katie? Dammi qualche indizio almeno.” le dissi esasperata.
La porta si aprì e quasi caddi all’indietro. Perché dovevo essere sempre così goffa?
Osservai il suo tenero pigiama azzurro con gli arcobaleni.
“Becca.” Mi rispose piatta, senza guardarmi. Come se nulla fosse, riprese a camminare, verso il bagno. Rimasi un attimo interdetta: Becca? Entrai in bagno e la osservai mettere il dentifricio sullo spazzolino. Cosa poteva aver visto di Becca per averla resa così?
“Oh!” esclamai, colpita come da un fulmine. “Oh dio.” Mi portai una mano alla bocca.
“Katie McGrath è gelosa!” scoppiai a ridere mentre lei mi fulminava con lo sguardo ma non mi importava, perché avevo fatto centro.
“Oh, Gesù non posso crederci!” mi asciugai le lacrime agli occhi. “Come puoi essere gelosa di lei? Siamo solo amiche!” le sorrisi, mentre lei si sciacquava la bocca. Era molto bella pure in quei momenti.
“Davvero, sei incredibile. Io e lei siamo amiche delle superiori, abbiamo fatto coming out insieme e ci siamo sempre supportate e, okay, c’è stato qualche bacio quando eravamo ragazzine e se devo ammetterlo baciava davvero bene, ma…”
Katie si voltò verso di me, sollevando il sopracciglio. Quella era una mossa decisamente sexy.
“Nel senso,” scoppiai di nuovo a ridere “sei gelosa!” esclamai, non riuscendo ancora a crederci.
Katie mi sorpassò, grugnendo e ritornando in camera sua.
“Non è affatto divertente, Melissa.” rispose scontrosa.
Entrai anche io in camera sua e chiusi la porta, innervosita dal suo comportamento idiota.
La presi per il polso e la voltai verso di me. “Come diamine puoi pensare che mi piaccia lei o anche solo un’altra?! Io non capisco, ho sempre cercato di dimostrarti che per me ci sei solo tu, ti ho aspettata, lo facendo ancora perché penso che tu valga la pena!” sbottai cercando sempre di tenere volume basso. “Dio, Katie, sei proprio idiota! Non hai ancora capito che mi piaci davvero? Anzi, che dico, io sono innam-”
Non riuscii a finire la frase perché la labbra di Katie si scontrarono con le mie, in un bacio prepotente che mi fece perdere l’equilibrio, facendomi scontrare contro la porta. Infilai le mani nei suoi capelli, mentre rispondevo al bacio. Mi sentivo andare a fuoco.
Le nostre lingue si sfiorarono, mentre i nostri corpi si schiacciavano contro la porta, desiderosi sempre più di contatto. Gemetti quando le mie mani vennero fissate sopra la mia testa, intrecciate alle sue, e la sua gamba si infilo tra le mie, spingendo. Stavo per esplodere.
“È decisamente molto meglio del sogno.” Mi lasciai sfuggire, a corto di fiato, continuando a baciarla.
Katie si staccò, rossa in viso, il colore degli occhi di una tonalità di verde scuro e le pupille dilatate. “Cosa?”
“Ehm, una volta ho fatto un sogno.” Mi guardò, sfoggiando l’espressione più sexy che avessi mai visto. Abbassai lo sguardo, imbarazzata. Mi accarezzò i capelli e sollevai il viso. Ebbi un tuffo al cuore; era meravigliosa. La baciai di nuovo, dolcemente, accarezzandole la guancia.
“Se avessi saputo che bastava farti ingelosire un po’ per farti svegliare, lo avrei fatto molto tempo fa.” Le diedi un buffetto giocoso sulla guancia.
Sbuffò, sollevando gli occhi al cielo. Mi prese per mano e mi portò verso il letto.
“Rimani stanotte?”




NOTE: 
Ecco qui il nuovo capitolo! Allora, cosa ne pensate di Katie gelosaaa e di Melissa passione pulizie? Il bacio ve lo aspettavate?
Sono davvero felice delle vostre recensioni e tutte le cose carine che mi dite *^* quindi grazie di cuuuuooore!
OH, ho voluto citare Becca Tobin perchè in Glee shippavo da morire Marley e Kitty. Mi ricordavano un po' le mie amate Faberry!! :')
Fatemi sapere sempre cosa ne pensate! A prestoooooo :3
Booyah!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***






KATHERINE MCGRATH POV

 
Sapevo che quella folle idea mi si sarebbe ritorta contro, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era quella felicità che stavo provando e che mi stava facendo esplodere il petto.
Mi sedetti sul letto, osservandola. Nella testa di Melissa, ancora in piedi di fronte a me, si stava scatenando una battaglia. Lo potevo capire dalla sua fronte corrugata e da quella piccola, adorabile ruga tra le sopracciglia. Voleva restare ma qualcosa la frenava.
La abbracciai, appoggiai la testa sulla sua pancia e mi accarezzò i capelli.
"Io non p-"
Alzai lo sguardo verso di lei, come un piccolo cucciolo.
"Okay, resto." Sbuffò divertita.
Mi alzai di scatto esultando, aprendo il mio armadio e lanciandole un pigiama beige con un grosso unicorno sul petto. Lo guardò perplessa.
"Non fare domande." La minacciai con finto sguardo serio. Le diedi anche uno spazzolino da denti e le lasciai il bagno per cambiarsi.
Sistemai le coperte ed i cuscini, mentre sentivo il mio cuore tamburellare forte.
 
Quando tornò in camera, per poco non morii dal ridere: quel pigiama era davvero orrendo persino su di lei.
Mi spinse giocosamente. "Scommetto che mi hai dato questo orrendo pigiama per non saltarmi addosso stanotte."
Ridacchiai sistemandomi meglio sul letto. "E se anche fosse? Pensavo che anche tu volessi andarci piano." Sollevai un sopracciglio.
Melissa arrossì balbettando qualcosa e mettendosi nella sua metà letto.
"A meno che tu non abbia fatto altri sogni in cui ci portiamo avanti, in quel caso allora dobbiamo stare al passo." Le ammiccai, gattonando verso di lei.
Mi venne incontro e ci baciammo. Le sue labbra erano così morbide, calde, non mi sarei mai staccata da lei.
Mi spostai verso il suo collo, baciandolo mentre lei inclinava la testa per lasciarmi più spazio. Partii dal basso, per salire verso l’orecchio. "Ti dispiace se dormo senza pigiama?" le sussurrai.
"C-cosa?!" Sgranò gli occhi, tirandosi indietro e diventando un peperone.
Scoppiai a ridere, come poteva credere sempre a tutto?
Si ficcò sotto le coperte, ancora sconvolta, e facendo la finta offesa per essermi presa gioco di lei.
Mi incantai mentre mi dava le spalle.
Melissa mi aveva totalmente sconvolto l’esistenza. Era come se prima vedessi tutto in bianco e nero, intrappolata in un circolo vizioso fatto di ricordi dolorosi, impegni lavorativi e colpevolezza nel non dare a Nathan e Maddie ciò che meritavano.
Ora, invece, mi sembrava che il mondo fosse pieno di arcobaleni, di speranza, di amore.
Melissa, con il suo sorriso contagioso, la sua goffaggine e il suo incredibile talento nella vita, era davvero l’ultima persona di cui avrei pensato di innamorarmi.
Quella barriera che avevo eretto era stata distrutta, smantellata un pezzo alla volta. Una piccola breccia, una piccola luce accecante mi aveva salvato. Una persona totalmente inaspettata, una persona che non avevo scelto e che (probabilmente) non avrei mai scelto.
D'altronde è così: le cose migliori capitano quando meno ce lo aspettiamo.
 
Mi misi sotto le coperte, dietro di lei, e l’abbracciai, inspirando forte il suo profumo dolce. Si girò verso di me, con uno sguardo dolce.
“Sei bellissima.” Mi sussurrò. Il mio cuore perse un battito, mi sentii sciogliere.
Come poteva essere così meravigliosa? Le sorrisi, mentre le nostre mani si trovavano e si incrociavano. Le diedi un bacio sulla fronte.
“Non posso neanche crederci.” Ammisi.
“Cosa?” si sollevò, sostenendo la testa con la mano.
“Che tu sia qui. Insomma, chi avrebbe mai detto che saremmo arrivate a questo punto? Io e quella goffa ragazza che al suo colloquio se ne stava tranquilla con la cioccolata sul naso.”
Scoppiò a ridere, imbarazzata. “Non me ne ero proprio accorta. L’ho notato solo dopo.
Attraverso la vetrina ti ho guardata andare via e poi ho visto il mio riflesso. Mi sentivo imbarazzata da morire…”
“Un po’ come adesso!” la scherzai, pizzicandole la guancia mentre metteva il broncio. La accarezzai, fissandoci sorridenti e felici, con il cuore pieno d’amore.
“Forza, è meglio dormire.” Mi disse, allungando il braccio per appoggiare gli occhiali e spegnere la luce.
Tornai nella mia parte di letto e mi sistemai meglio le coperte, dando le spalle a Melissa. La sentii rigirarsi più volte come una tarantola. Non riusciva a trovare la posizione e stare ferma? Era già abbastanza strano condividere il letto con qualcuno, ci mancava solo lei e i suoi movimenti.
 
Melissa sbuffò. "Katie?" Mi chiamò con una voce tenera da bambina.
Grugnii come risposta, sentivo di star per addormentarmi.  "Posso abbracciarti?"
Le risposi di sì e la sentii avvicinarsi, mettendo le mani a tentoni per capire bene dove fossi.
Scattai in avanti sentendo le sue mani palparmi il fondoschiena. "Melissa! Quello è il mio culo!"
"OH! Mi dispiace!" Di sicuro era diventata tutta rossa, ma il buio la salvava. "Ecco perché era cosi morbido!" Ridacchiò poi.
Alzai gli occhi al cielo, fingendomi infastidita. Si attaccò alla mia schiena continuando a ridere e abbracciandomi. Le presi la mano, godendo del suo calore e del suo profumo.
Ma come diamine potevo dormire con il suo respiro sul mio collo? Rabbrividii ma cercai di calmarmi. Proprio quando mi sembrava di essermi abituata alla sensazione e stavo per assopirmi, sentii qualcosa sul mio collo. Poco dopo capii che erano dei baci.
Melissa mi stava baciando il collo.
Il mio corpo andò a fuoco in un secondo. Cercai di far finta di dormire, forse avrebbe smesso di torturarmi. Il mio respiro si stava appesantendo sempre più.
"So che stai fingendo di dormire." Sussurrò, dandomi un piccolo morso. Mi lasciai sfuggire un ansito.
"Melissa..." La avvertii, senza capire neppure io cosa desiderassi. Strinsi forte le gambe, mentre lei continuava a succhiare forte in un punto. Le sue mani si aggrapparono ai miei fianchi ed iniziai a muovermi contro di lei.
"Melissa...fermati." Ansimai.
Mi girai di scatto, scoprendomi e accendendo la mia lampada. Non le lasciai il tempo di obiettare che ero già su di lei, a cavalcioni. La baciai con bisogno, sentendo la sua lingua sfiorare la mia.
Le mie mani si infilarono sotto la maglia del pigiama di Melissa. Andai a sfiorare la sua pancia piatta, e salii mentre continuavamo a baciarci. Ci staccammo per riprendere fiato, le nostre fronti attaccate. Passai la lingua sul suo labbro, mentre le sue mani andavano ad afferrare le mie natiche. La mia mano si spostò sul suo seno e un gemito strozzato uscì dalla sua bocca.
Melissa capovolse la situazione e in un attimo mi ritrovai sotto di lei. La sua mano mi accarezzò l’interno coscia e le mie gambe si aprirono automaticamente, mentre continuavamo a baciarci.
Quando la sua mano arrivò all'inguine, si staccò allontanandosi. Mi misi seduta.
"Qualcosa non va?" Le chiesi a corto di fiato. Melissa si andò a toccare le guance e sventolò una mano per farsi aria.
"Non posso stare qui. É tutto meraviglioso ma...ma...tu sei troppo...e io.. dormo sul divano!" Si alzò prendendo i suoi occhiali. La guardai, leggermente sconvolta.
Aveva intenzione di lasciarmi lì così?!
Proprio quando stava per chiudere la porta, la riaprii e venne verso di me.
"Buonanotte, Katie." Mi baciò dolcemente e andò in salotto.
Mi buttai sul materasso passandomi le mani sul viso. "Cazzo."
 
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Dormire sul divano era stata la cosa più scomoda e triste della mia vita. Non ero riuscita a chiudere occhio, per colpa della durezza del mio nuovo letto e per i pensieri che mi ronzavano in testa. Eravamo praticamente sotto lo stesso tetto e avevo una voglia terribile di ritornare da lei, ma non potevo.
Katie era irresistibile. Il suo profumo, la sua pelle morbida, le sue labbra invitanti, le sue espressioni.
Sapevo di non essere più un’adolescente in preda agli ormoni, ma con Katie era diverso. Era una tentazione e non solo da un punto di vista fisico, ma anche intellettuale.
In questo momento mi sentivo come se fossi stata alla guida di una Maserati e avessi potuto guidarla solo in un piccolo vicolo.
 
Sbuffai alzandomi per colpa della luce. Preparai dei pancake e l’immancabile caffè ristretto per Katie. Andai in camera e la svegliai: sembrava un piccolo angioletto.
“Sveglia! Ho preparato la colazione. Ti aspetto in cucina.” le baciai il naso e tornai ai fornelli.
 
Poco dopo arrivò, con i capelli scompigliati ed il pigiama tutto storto. Che meraviglia.
“Ma che buon profumo!” mi si avvicinò, abbracciandomi. “Dovrei assumerti come domestica.”
Mi sporsi per baciarla: “Sono già la tata dei bambini.”
Lei si allontanò alzando un sopracciglio. “Davvero?”
Annuii, riavvicinandola e stringendola più a me. “Sì, di tre bambini.”
Si avvicinò al mio viso, un soffio a separarci. “Questo vuol dire che se faccio la cattiva bambina tu mi pun-”
“OH CAVOLO!”
Ci girammo velocemente per vedere Nathan, rosso come un peperone e con le mani a coprirsi gli occhi.
“Non siete nude, vero?”
“NATHAN!” lo riprese sua zia, diventando rossa.
Era incredibile come Katie difficilmente arrossiva ma bastava essere in presenza dei suoi nipoti per imbarazzarsi per qualunque cosa.
“Che succede?” arrivò Maddie stropicciandosi gli occhi. “Melissaaaa! Cosa ci fai qui?” Mi si schiantò addosso e l’abbracciai forte.
“Melissa e zia Katie hanno dormito nello stesso let-” iniziò Nathan, cercando di mettere ancora più in imbarazzo la zia.
Katie gli mise una mano sulla bocca, per poi infilargli un pancake. Si sedette, gustando il suo caffè con lo sguardo basso, a disagio.
Lasciai Maddie e mi sedetti accanto a Katie, bevendo del the caldo. Mi guardai attorno, sentendomi a casa. Era come essere una piccola famiglia. Mi si sciolse il cuore e per un attimo pensai a quanto sarebbe stato bello avere un figlio con Katie.
“Tutto bene?” mi si avvicinò. Annuii e mi alzai, annunciando che dovevo assolutamente correre al corso.
Salutai tutti, accarezzando i capelli dei bambini e dando un bacio a Katie sul capo.
 
Presi l’auto, cercando di sbrigarmi: ero davvero in ritardo. Parcheggiai ed entrai nella struttura salendo gli scalini a due a due. Per poco non inciampai nei miei piedi nell’ultima scalinata. Percorsi il lungo corridoio alla ricerca dell’aula giusta.
Spalancai la porta. “Eccomi!”
Tutti gli occhi si posarono su di me. Avevo decisamente sbagliato classe. Volevo sotterrarmi dal disagio.
“Scusate, io…”
“DOVE DIAMINE È BENOIST?!” sentii urlare dall’aula accanto. Sobbalzai chiudendo gentilmente la porta e chiedendo di nuovo scusa per l’interruzione.
Mi fiondai nella stanza giusta, annunciando la mia presenza. “Eccomi, Mr. Lee! Ero in bagno e.. e, stavo guardando un video di... gattini e....”
Tutti mi guardarono perplessi. Ridacchiai imbarazzata mentre Mr. Lee alzava gli occhi al cielo. “Benoist, per favore.” Si avvicinò minaccioso. Deglutii, sentendomi piccola piccola.
“Ti ho scelta per la tua bravura, non perché mi piaci. Quindi cerca di essere puntuale altrimenti ti sostituisco, anche a costo di prendere un’altra che fa schifo per il ruolo di Glinda.”
Abbassai lo sguardo mentre sentivo il nervoso salirmi nel corpo.  Era un uomo così irritante!
Cercai di calmarmi mentre mi diceva di posizionarmi al centro della stanza con la mia collega.
“La canzone For Good[1], si trova alla fine del secondo atto del musical. In questo duetto, Elphaba dice addio a Glinda; parlano della loro amicizia e di come si sia evoluta nel tempo. È una delle canzoni più emotive e sentimentali. Cercate di non rovinarla per favore!” Sbuffò, sistemandoci nelle nostre posizioni.
Le note partirono, dolci. La mia collega mi prese per mano, già nella parte di Elphaba, guardandomi negli occhi.
Bastò un attimo e mi trovai con la mente sul palco. I riflettori erano puntati di me, che indossavo un bellissimo e pomposo vestito bianco e azzurro; quella luce così fastidiosa ma calda che non permetteva di vedere le facce degli spettatori. E poi Katie, dietro le quinte, a spiare e ad incoraggiarmi per il grande finale.
 
Ho dei limiti. Basta guardarmi, sono limitata. E guardati, tu puoi fare tutto ciò che io non ho potuto, Glinda. Quindi ora tocca a te, per entrambe, tocca a te.”
Ricambiai forte la stretta. “Ho sentito dire che la gente entra nelle nostre vite per una ragione, portandoci qualcosa che dobbiamo imparare, e siamo legati a coloro che più ci aiutano a crescere, se glielo permettiamo.” Pensai fortemente a Katie, al nostro rapporto. A come mi aveva cacciata di casa la prima volta che ci siamo incontrate, al suo sguardo duro ma magnetico. “E se li aiutiamo a nostra volta. Beh non so se ciò sia vero, ma so che sono quella che sono oggi, grazie a te. Come una cometa fuori orbita che passa come un sole, come un ruscello che scontra una roccia nel bel mezzo del bosco. Chi può dire se sono cambiata in meglio? Ma l’averti conosciuta mi ha cambiata per sempre.” Chiusi gli occhi, emozionata dalle parole.
La collega mi annuì, soddisfatta “Può darsi che non ci rincontreremo di nuovo in questa vita, per cui lasciami dire, prima di separarci, che gran parte di me è formata da ciò che ho imparato da te. Sarai sempre con me, come un’impronta nel mio cuore. E ora, comunque finiscano le nostre storie, so che hai riscritto la mia, essendomi amica. Come una nave con le vele gonfiate da un lontano vento dal mare, come un seme piantato da un uccello in una foresta lontana. Chi può dire se sono cambiata in meglio? Ma l’averti conosciuta…”
Mi tornarono alla mente la sua telefonata, l’emozione di avere un colloquio con lei. Il nostro incontro imbarazzante al bar, in cui mi aveva tempestata di domande personali.
Ma l’averti conosciuta…” ripetei con gli occhi lucidi, pensando al suo sorriso.
Mi ha cambiata… Per sempre.” Ripetemmo insieme.
Mi riscossi sentendo gli applausi dei colleghi e di Mr. Lee. Mi asciugai le lacrime mentre la mia collega mi abbracciava felice.
Mr. Lee si avvicinò a noi: “Non avete fatto così schifo come pensavo, ma più tardi voglio sentire anche il pezzo con le note alte.” Ci puntò un dito contro e ci sorrise.
Io e Elphaba ci battemmo il cinque soddisfatte. Guardai fuori dalla finestra, sospirando.
Katie McGrath mi aveva cambiata, per sempre.
 
 
[1] For Good - Stephen Schwartz, il compositore, ha detto in un'intervista che, prima di scrivere questa canzone, ha chiesto alla figlia che cosa avrebbe detto alla sua miglior amica se non avesse potuto più rivederla, e la bambina gli ha risposto: “For Good”.
“For Good” ha questo doppio significato in inglese: la traduzione letteraria è “per il bene”, mentre è presente anche come espressione idiomatica che significa “Per sempre”.


NOTE:
For Good è più una canzone che parla di amicizia (io infatti l’avevo dedicata alla mia migliore amica), ma ho voluto che Melissa pensasse a Katie perché sono comunque parole bellissime che fanno pensare ad una persona a cui si tiene molto. E poi, bitch please, se vedete il musical vi mettete pure voi a shippare le protagoniste.
Allora, come avete reagito tra scene fluff e hot? Siete ancora tutte vive? So che pensavate che fosse già ora di una certa cosa, ma vi ho fregate! :’D
Ieri ho rivisto per la terza volta la puntata Supercorp (io non mi accontento di vederla solo una volta) e volevo sapere cosa ne pensavate voi della scena con gli scacchi. Lena diventerà Evil o no?

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***






KATHERINE MCGRATH POV
 
“Chiamate il medico, ora!” sentii in lontananza la voce di Colin. “Dove diamine è quando serve?! Ho detto ora!” stava decisamente sclerando.
Sentii una mano calda sulla mia.
Mi resi conto di non sentire più il resto del corpo. Vedevo tutto sfocato.
Mi toccai la fronte, sentendo del liquido sulle dita.
“No, non toccare, Kat.” mi disse Colin, prima di non sentire più nulla e perdere i sensi.
 
 
Qualche ora prima
 
Andai al lavoro, come al solito. Stamattina ero più stanca di sempre: la sera prima ero rimasta in piedi fino a tardi per ripetere con Melissa le mie battute. Avevamo inventato una specie di gioco: se le avessi recitate tutte senza il minimo errore, avrei ricevuto un bacio. Melissa evidentemente non aveva ancora ben notato il fatto che avessi una memoria ferrea. Avevo praticamente sempre vinto, trasformando così lo studio in una pomiciata da adolescenti sul divano. Ridacchiai da sola, pensandoci.
Arrivai sul set, salutando tutti con un caldo sorriso. Quante persone collaboravano per la buon riuscita di un progetto del genere, pensai. Produttori, sceneggiatori, registi, costumisti… tutte persone di gran talento.
“Colin!” lo chiamai, vedendolo sbranarsi una ciambella.
Ci avvicinammo e gli diedi una pacca sulla spalla.
“Sei di buonumore in questi giorni!” mi sorrise, offrendomi un morso della sua ciambella. Rifiutai e gli passai un tovagliolo per pulirsi la bocca.
“Sì, infatti devo dirti una cosa.” lo afferrai per le spalle. Si fece subito serio.
“Oh, sei incinta?!” mi abbracciò forte.
Mi staccai subito. “No, stupido idiota! Tu sei incinto! Guarda che pancia che ti sta venendo con tutte quelle ciambelle!” lo presi in giro, ridendo.
Si passò una mano sulla pancia. “È perché voglio interpretare Babbo Natale in un prossimo film!”
Lo guardai male. “Senti, ricordi Melissa?”
“Quella che hai beccato a giocare a Just Dance con i tuoi nipoti?” mi chiese distratto da un’altra ciambella. “Quella che odiavi ma che poi hai assunto come tata?”
Annuii, illuminandomi.
Gli presi il viso con entrambe le mani mentre deglutiva un boccone.
“Me ne sono innamorata.” gli confessai.
Lanciò un grido di gioia che mi spaventò da morire. Mi portai una mano al petto mentre lui abbandonava la sua amata ciambella per abbracciarmi forte forte.
“Allora un cuore ce l’hai! Questa Melissa dev’essere la persona più gentile e paziente del mondo per gestire una come te!”
Gli mollai un pugno sulla spalla, nonostante fossi felice della sua reazione.
“Quando la posso incontrare?” mi chiese speranzoso.
“Assolutamente…mai!”
“Katie e Colin sul set per la scena 47!” ci chiamò qualcuno e ci dirigemmo all’esterno, su un enorme campo d’erba per provare la nostra scena.
 
 
“No, non farlo! Merlino!” urlai verso Colin, che prontamente si girò a guardarmi.
Corsi verso di lui e gli afferrai la manica. “Se vai con lui, non tornerai più al regno sano e salvo.”
Colin si divincolò. “Non importa, devo comunque farlo. La nostra magia non è sufficiente.”
“Possiamo trovare un altro modo, Merlino.” Cercai di convincerlo. Mi ignorò, avanzando verso la figura incappucciata. Salì sul suo cavallo ed entrambi partirono, veloci.
Mossi le mani e formulai un incantesimo per far comparire un cavallo. I miei produttori avrebbero, in seguito, fatto comparire dalle mie mani della luce bianca grazie agli effetti speciali.
“STOP!” ci urlarono, mentre facevano avvicinare a me quello che sarebbe dovuto essere il mio cavallo.
“Okay, Katie, perfetto. Ora devi correre verso il tuo cavallo, saltarci sopra e correre nella direzione di Colin.”
Annuii convinta.
“So che con i cavalli non hai nessun problema, hai preso qualche lezione anni fa, giusto?” mi chiesero.
“Sì esatto. Non preoccupatevi.” sorrisi.
Guardai il cavallo a pochi metri da me. Sembrava nervoso e turbato, forse non era una buona idea.
“CIAK!” urlarono ed io corsi verso l’animale. Incastrai il primo piede nell’apposita staffa e salii con agilità sulla sella. Lo spronai a partire, dandogli un piccolo colpo con i piedi. Partì di corsa, ma dopo pochi istanti si fermò e, imbizzarrendosi, si alzò sulle zampe posteriori.
Tutto accadde troppo velocemente per capire bene cosa stesse succedendo; non riuscii a trattenerlo e mi ritrovai per terra prima che me ne accorgessi. Cercai di sollevarmi ma non ci riuscii, sentii solo un forte dolore alla tempia.
Cosa era successo?
Mi sentii mancare il respiro. Credo si siano tutti accalcati su di me per controllare il mio stato di salute.
Sentii una voce familiare: “Toglietevi tutti!”
Colin, era Colin. Volevo chiamarlo ma non ci riuscivo.
Dopo pochi secondo non ero più circondata da tutta quella gente e ciò mi faceva sentire un po’ meglio.
“Katie, mi senti?” mi chiese. Volevo rispondergli ma dalla mia bocca non usciva nulla. Andai in panico.
“Chiamate il medico, ora!” sentii la voce di Colin sempre più in lontananza. “Dove diamine è quando serve?! Ho detto ora!” stava decisamente sclerando. Sentii una mano calda sulla mia. Mi resi conto di non sentire più il resto del corpo. Vedevo tutto sfocato.
Mi toccai la fronte, sentendo del liquido sulle dita.
“No, non toccare, Kat.” Mi disse Colin, prima di non sentire più nulla e perdere i sensi.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Entrai in casa McGrath pronta per un altro pomeriggio insieme ai fantastici Nat e Maddie. Appoggiai la borsa e mi tolsi il cappotto. Andai verso il salotto, spaventandomi quando vidi, da dietro, Katie che se ne stava seduta sul divano.
“Kat? Che ci fai qui?” le chiesi mentre facevo lentamente il giro del divano per vederla in viso.
“Ehi.” Mi salutò sorridente.
“Ma cosa...?” Il mio sguardo si spostò subito sull’enorme cerotto sulla tempia. “Cosa diamine è successo? Dove sono i ragazzini?” le chiesi andando in paranoia, e mi sedetti accanto a lei.
“I ragazzi sono nelle loro camere, non volevano disturbarmi. E questo,” mi spiegò indicandosi il cerotto “è solo un incidente sul set. Non preoccuparti.” mi sorrise, prendendomi la mano.
Non preoccuparmi? Dovevo non preoccuparmi? Più pensavo a ‘non preoccuparmi’ più andavo in paranoia.
“Stavamo provando quella scena dell’altra sera, quella che abbiamo provato sul divano.” mi sorrise maliziosa e le diedi una gomitata, sorridendo imbarazzata.
“E il cavallo mi ha disarcionata, e cadendo ho picchiato la testa su un sasso. Tutto qui.” Allargò le braccia come se nulla fosse.
“Perché se è ‘tutto qui’ sei a casa e non sul set?” le domandai.
“Morgana col cerotto non è molto sexy. E poi mi hanno detto di riposare, potrei avere un trauma cranico.” rise, per nulla spaventata.
La diedi uno schiaffo sul braccio mentre continuava a ridere. La guardai seria mentre le accarezzai i capelli e mi ritrovai del fili d’erba in mano.
“Ma…?” Feci scorrere lo sguardo sul suo corpo, notando che aveva ancora i vestiti dal set sporchi di terra ed erba.
Lei mi lesse nel pensiero: “oh sì, dovrei lavarmi e cambiarmi ma non posso... Potrei avere un trauma cranico e morire sotto la doccia.” sdrammatizzò ridendo, mentre io ribollivo di rabbia. Come poteva ridere di una cosa del genere?!
Un secondo dopo sbottai “Beh, mi hai assunta per un motivo, no?”
Mi guardò perplessa, senza capire.
“Alza quel tuo bel sedere, Katie. Ora non farai più il bagno da sola.” le sorrisi maliziosa.
 
La spinsi in bagno e preparai la vasca con acqua calda e bagnoschiuma. Nel frattempo le recuperai dei panni puliti, mentre lei mi aspettò pazientemente, seduta sul bordo della vasca.
Tornai in bagno con tutto e chiusi il rubinetto dell’acqua.
Katie mi prese per i fianchi e mi baciò, iniziando a sollevarmi la maglietta per togliermela.
Mi staccai e le spostai le mani. “Signorina McGrath, quando ho detto che non avresti fatto il bagno da sola, intendevo che ti saresti lavata e io ti avrei fatto compagnia, ma qui fuori.” indicai il pavimento.
Provò a riavvicinarsi, con sguardo felino. “Ma se…”
“No, entra immediatamente. Neanche Maddie fa così tante storie per un bagno.” le ordinai severa.
Mi guardò negli occhi e iniziò a sbottonarsi i pantaloni. Con un movimento di fianchi li fece scendere e io li seguii con lo sguardo ammirando la pelle chiara delle sue gambe toniche.
Li prese e li lanciò sul gabinetto. Fece scorrere la zip della giacca che tolse lentamente.
Voleva decisamente farmela pagare.
Deglutii a vuoto quando notai che indossava uno dei corpetti sexy di Morgana. Se lo slacciò, sempre continuando a guardarmi. Mi appoggiai con la schiena alla porta, avevo bisogno di un supporto. Quando ricordai che di sicuro sotto non aveva nulla, mi girai arrossendo completamente.
La sentii ridacchiare ed io mi schiarii la voce. “Togliti il resto e entra.” le intimai, cercando di calmarmi.
Sentii l’acqua muoversi e, pensando fosse già seduta dentro, mi voltai.
“Oh cazzo!” mi rivoltai completamente verso la porta. Era entrata sì, ma era ancora in piedi.
Lei scoppiò a ridere, come al solito quando mi trovavo in imbarazzo. Avevo praticamente visto tutto il didietro. Mi andai a toccare le guance, erano bollenti.
E a quanto pare, aveva un tatuaggio super sexy sul fondoschiena.
“Puoi voltarti ora, donna pudica.” mi prese in giro.
Mi voltai piano e mi sedetti sul pavimento accanto a lei. Misi una mano nell’acqua, era ancora bella calda. Mi sporsi e presi la spugna bagnandola e riempiendola di bagnoschiuma.
Gliela passai sulla schiena lentamente, arrivando fino in fondo.
Dei brividi mi percorsero tutto il corpo.
“Quindi hai un tatuaggio.” le dissi.
Katie si voltò verso di me, avvicinandosi al mio viso.
“Lo vuoi vedere?” fece per alzarsi ma appoggiai le mani sulle sue spalle per tenerla giù.
“No, sì.. no, non ora.” mi imbarazzai. Le passai la spugna sulle braccia e poi sulle gambe, evitando accuratamente la zona del busto.
Le lanciai la spugna, schizzandole involontariamente l’acqua in faccia. Sperai davvero non ricambiasse, decidendo di bagnarmi. Per fortuna, non lo fece.
Mi prese il viso con le mani bagnate e mi tirò verso sé, baciandomi. Ricambiai subito, sporgendomi verso di lei e facendo scorrere dolcemente le mie mani lungo le sue braccia. Accolsi la sua lingua con piacere, mentre continuavo a far vagare le mie mani sul suo corpo.
Ormai avevo le braccia completamente bagnate.
Mi staccai, prendendo la spugna e mettendogliela in mano. “Credo che ora tu possa lavarti il resto da sola.”
Le diedi un altro bacio e mi alzai, andando a prendere l’accappatoio vicino al gabinetto e tornai. Rimasi in piedi davanti alla vasca, con gli occhi chiusi e le braccia alzate con l’accappatoio. Lasciai che Katie si risciacquasse e che lo prendesse. Riaprii gli occhi e le diedi un piccolo bacio sulla guancia, lasciandola vestire.
Pochi minuti dopo andai a preparare la cena ed aspettai il suo ritorno. Passammo la serata insieme ai ragazzi, cenando, giocando con la Play Station e mangiando popcorn e caramelle a forma di orsacchiotti. Quando Nathan e Maddie andarono a dormire, sganciai la bomba che mi portavo dentro da più giorni.
“Non posso venire.” le dissi.
“Cosa?” si girò verso di me, mettendo in pausa la sfida.
Le passai la mano sul cerotto e si avvicinò a me.
“Nel weekend torno dai miei e non posso venire. Lo faccio ogni anno.” le dissi agitata.
Mi guadò comprensiva. “Certo, Mel. Non c’è nessun problema. Perché sei così agitata?”
Abbassai lo sguardo e le presi le mani.
“Katie, ormai andiamo avanti da un po’ così e mi piacerebbe renderlo un po’ più ufficiale...”
Alzò il sopracciglio compiaciuta, capendo dove volevo andare a parare.
“Mi farebbe molto piacere che veniste anche voi. Vorrei tanto che i miei ti conoscessero.
Per questo ti chiedo, Katie McGrath, vuoi conoscere il resto della famiglia Benoist?”
 
 
 
NOTE:
 
Ho deciso per questo capitolo di cambiare metodo, per tenervi un po’ sulle spine e farvi un po’ cagare in mano :’D Katie ha lanciato la bomba su Colin, che è stato super felice. Melissa invece, non è stata molto felice dell’incidente della sua amata.
Spero vi sia piaciuto! Mi sono un po’ sentita come in CSI, prima si vede il morto e poi cosa è successo. :’)
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando! A prestissimo!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***






MELISSA BENOIST POV

 
I fogli che avevo tra le mani tremavano.
Inspirai forte; sentivo sullo stomaco tutta l’ansia accumulata. Avevo riletto quelle righe almeno cinquanta volte, cercando di dare l’intonazione giusta, l’espressione giusta, cercando di trasmettere i sentimenti giusti.
Ma ora ero soltanto ansiosa e non mi sentivo per niente all’altezza. Cercavo di farmi forza, d'altronde quella era una parte del mio lavoro. Di sicuro era la parte peggiore.
Ero preparata abbastanza? Pensavo di sì.
Forse ero così terrorizzata perché non sapevo bene come funzionasse il tutto o forse perché stavo per fare un provino per un telefilm a cui tenevo particolarmente.
Inspirai ed espirai di nuovo. Un’altra volta, alla ricerca di aria non contaminata dall’ansia.
Tra poco sarebbe stato il mio turno. La porta della stanza dei provini era spalancata, perciò guardai la ragazza che mi precedeva, era molto brava. I giudici, però, non sembravano molto soddisfatti. Tutto ciò mi mise ancora più angoscia. Rilessi per l’ultima volta le mie battute e pensai a Katie. Forse così mi sarei tranquillizzata. Invece, mi agitai ancora di più.
Non glielo avevo neppure detto.
Perché non glielo avevo almeno accennato? Avrei tanto avuto bisogno di un suo messaggio di incoraggiamento.
Poi ricordai: Katie era già abbastanza agitata, anche se cercava di nasconderlo. Nel primo pomeriggio saremmo partiti tutti e quattro, con l’aereo, verso l’aeroporto di Denver, dove sarebbe arrivato mio padre a prenderci in auto e saremmo arrivate a casa in una ventina di minuti.
Katie era terrorizzata all’idea di conoscere i miei genitori. Avevo cercato di prepararla psicologicamente, raccontandole il più possibile su di loro.
Ma potevo capirla: si trattava, nonostante tutto, dei suoi pseudo suoceri.
Mi passai le mani tra i capelli. Sperai che mia madre non le avrebbe messo (esageratamente) i bastoni tra le ruote.
“Benoist Melissa...?” chiamò qualcuno all’interno della stanza.
La ragazza di prima mi sorpassò, abbastanza provata.
Entrai e studiai l’ambiente attorno velocemente. Mi trovai al centro di una stanza non molto grande, con pareti chiare e un tavolo di fronte a me. Dietro, due uomini e una donna, mi squadrarono.
Mi avvicinai e strinsi la mano a tutti e tre, sorridendo e cercando di essere il più naturale possibile. Avevo anche cercato di stringere abbastanza nella stretta, per dare l’impressione di una tosta e con carattere.
“Bene Melissa, puoi per favore ripeterci il pezzo dell’incontro?” mi chiese l’uomo pelato, facendo avvicinare un attore già scelto.
Lui si avvicinò a me. Lo guardai e ripetei le mie battute. “Sei qui! Le altre ragazze mi avevano detto che ero pazza a pensare che saresti venuto.” gli dissi sorpresa.
“Pensi che abbiano ragione?” mi chiese, cercando di capirmi.
Sospirai, guardandolo avvicinarsi. “Penso che tu sia un ragazzo ferito.”
Il collega alzò il sopracciglio. “E penso che i capelli, la chitarra, la giacca di pelle siano solo per proteggerti, per far credere alla gente ciò che in realtà non sei.”
“Tu pensi troppo.” scosse la testa, infastidito.
“Nelle altre scuole, ho provato così tanto ad essere come volevano gli altri. Ma qui, per la prima volta, mi sento come se potessi solo… essere.” gli confessai, alzando lo sguardo verso il soffitto.
“Okay, Melissa!” mi fermò la donna. La guardai un po’ stranita. C’era ancora molto da dire. Perché mi aveva già fermata?
“Abbiamo i tuoi recapiti, grazie della performance. Ti faremo sapere al più presto.” mi sorrise falsamente.
Annuii, un po’ sconvolta. Non avevano altro da dirmi. Avevo aspettato due ore, per cosa? Per non sentirmi neanche un po’ giudicata?
Salutai di nuovo tutti porgendo la mano ed uscii.
Mi sentivo malissimo. Ero terribilmente delusa, non da me stessa, so che avevo dato il massimo. Ero delusa da quelle persone così tremendamente insensibili.
 
Passai da casa a recuperare la valigia già pronta e, cercando di dimenticare tutto, mi diressi verso casa McGrath.
Non potevo rimanerci così male ancor prima di sapere i risultati. Dovevo calmarmi. Di sicuro si comportavano così con tutti.
Entrai in casa, Maddie e Nathan erano già pronti con i trolley che avevano condiviso; d'altronde si trattava solo di un paio di giorni. Li salutai, loro erano decisamente felici della loro piccola gita!
Chiesi di Katie. Era in camera a terminare gli ultimi preparativi. Aspettai con loro.
Maddie continuava a canticchiare le canzoncine dei suoi cartoni animati preferiti, mentre Nathan faceva scorrere le dita sul cellulare, mantenendo un sorrisino dolce.
“È la persona che ti piace?” gli chiesi, dandogli una gomitata.
Diventò tutto rosso. “NO!”
Mi sporsi mentre cercai di leggere il nome del contatto. Si portò il cellulare al petto e lo spense.
Sbuffai, divertita.
Proprio mentre stavo decidendo di andare da lei, Katie arrivò. Mi sorrise subito e mi sentii molto più sollevata. Le andai in contro dandole un piccolo bacio sulle labbra, mentre Nathan si copriva gli occhi schifato e Maddie rideva.
La presi per mano ed entrammo tutti in macchina. I ragazzi dietro ed io sul sedile del passeggero. La musica ad alto volume, i finestrini abbassati e gli occhiali da sole: sembrava un sogno.
Mi voltai verso Katie che non sembrava più così agitata. Le presi la mano e gliela baciai.
Arrivammo dopo poco, lasciammo la macchina e ci incamminammo dentro l’aeroporto. Attraversammo il metal detector e raggiungemmo il nostro gate, fermandoci un paio di volte per dei fan che volevano delle foto con Katie. Ero così orgogliosa di lei, di essere la ragazza di una donna così talentuosa e bella e intelligente. Mi prese la mano aspettando di imbarcarci.
“Come ti senti?” le chiesi avvicinandomi un po’ a lei, ma non troppo. Non volevo creare già scandali.
“Per ora bene, ma ti avverto che gli aerei su di me hanno un effetto soporifero, quindi non preoccuparti se mi addormenterò quasi subito.” mi sorrise.
Ridacchiai e finalmente ci imbarcammo.
Sull’aereo mi posizionai nella fila di sinistra, sul seggiolino al centro tra i ragazzi mentre Katie si mise nella fila di destra, vicino al corridoio.
Le hostess illustrarono le solite procedure di emergenza e partimmo. Mi sporsi per guardare Katie ma scoppiai a ridere vedendo come si fosse già addormentata. Furono le tre ore di viaggio più veloci della mia vita. Colorai con Maddie, giocai con Nathan e con il suo cellulare, lessi qualche rivista, sonnecchiai. Svegliai Katie, che aveva l’espressione più persa che avessi mai visto. Recuperammo le valigie e scendemmo. Presi per mano Katie e Maddie, raggiungendo gli arrivi. La mano di Katie stava sudando.
E poi lo vidi. Vidi mio padre. Gli corsi incontro, lasciando le loro mani e gettandomi su di lui.
“Jim!” lo abbracciai forte forte.
“La mia piccola Mel!” mi fece girare, per poi lasciarmi e avvicinarsi calorosamente a Katie.
Katie gli porse la mano, che però mio padre non ricambiò. La prese per il polso per tirarla a sé ad abbracciarla. Scoppiai a ridere mentre vedevo Katie ricambiare l’abbraccio imbarazzata.
“Tu sei Katie! Quando Melissa mi ha detto che portava la sua ragazza e i suoi nipoti, non puoi immaginare come fossi felice! E poi, scopro che questa donna misteriosa è bellissima! Noi Benoist abbiamo proprio buon gusto!” rise.
“Papà!” lo ammonii imbarazzata. Si girò a sorridermi e salutò i ragazzini spettinando i capelli a Nathan ed accarezzando la testa di Maddie. “Che bambini meravigliosi!”
Aveva praticamente gli occhi a cuoricino per la famiglia McGrath. Sperai davvero sarebbe andata bene anche con mia madre Julie. Ci dirigemmo verso la macchina e Nathan si avvicinò a me: “Mel, io adoro tuo padre! Sembra troppo forte!”
Scoppiai a ridere e gli ammiccai: “Oh, lo è!”
Entrammo in macchina, lasciando i McGrath sui sedili posteriori. I venti minuti di viaggio passarono velocemente mentre mio padre discretamente faceva domande sui bambini e sull’incidente. Mi ero già preoccupata di accennare qualcosa al telefono, giusto per evitare situazioni spiacevoli.
“Non preoccuparti, Katie. Stai facendo decisamente un buon lavoro con i ragazzi.” La guardò dallo specchietto. Lei abbassò il viso, colpita. “Signor Benoist, mi creda, è anche merito di Melissa.”
Mi voltai a guardarla dolcemente.
“Siamo arrivati!” annunciò mio padre, felice.
Scendemmo dall’auto e presi per mano Katie, che sembrava molto più rilassata anche se sapeva che era Julie il vero osso duro della famiglia. Ci incamminammo verso il vialetto, mentre mio padre portava le valigie con Nathan.
Misi una mano in tasca, incrociando le dita e sperando che la fortuna da irlandese di Katie non ci avrebbe abbandonate.
 
KATHERINE MCGRATH POV
 
Osservai la casa di Melissa, era decisamente come mi aspettavo: una casa graziosa, con un piccolo giardino, non troppo lontano dal centro. Attraversammo il vialetto e la porta della casa si aprì. Quella era di sicuro Julie Benoist. Una donna alta poco meno di sua figlia, capelli castani chiari e occhi azzurri. Era una versione vecchia e seria di Melissa.
Sussultai quando il suo sguardo si appoggiò su di me. Capii subito che non avrei avuto vita facile.
“Melissa! Com’è andato il viaggio?” la abbracciò e Melissa le rispose. Ero chiusa in una bolla di preoccupazioni. Mi riscossi quando sentii il mio nome.
“Lei è Katie!” mi incoraggiò mettendomi una mano sulla spalla presentando prima me e poi i miei ragazzi. Mi tolsi gli occhiali e le porsi la mano sorridendo cordialmente. Ricambiò la stretta.
“Julie, piacere.” Mi sorrise appena. “Prego entrate, vi ho preparato le camere.”
Ringraziai e come una piccola crew salimmo al piano di sopra con le nostre valigie. I ragazzini sarebbero stati nella camera accanto alla nostra, dove un tempo stavano le sorelle di Melissa.
“Nathan, mi raccomando.” Lo guardai negli occhi. “Non fare casini e tieni d’occhio Maddie.”
Annuì obbediente. Mentre stavo per andare in camera di Melissa, Nathan mi prese per il braccio. “Zia, non sono sicuro che le piacciamo.” mi guardò spaventato. “Sembra abbastanza severa.”
Lo rassicurai: “Non preoccuparti, siamo McGrath. Piacciamo sempre a tutti.” gli sorrisi compiaciuta e lui tornò nella sua camera.
Entrai, ammirando la camera di Melissa. Era di colore azzurro, con un letto matrimoniale vicino alla finestra e sulla parete tantissime foto scattate con la Polaroid. Dall’altra parte della stanza una scrivania chiara, con un grosso schermo e una vecchia Play Station. Più in alto stava una lunga mensola piena di libri e videogiochi ed accanto si ergeva un grosso armadio.
Melissa mi abbracciò da dietro.
“È proprio come me la aspettavo.” le dissi, girandomi. “È TREMENDAMENTE NERD!” scoppiai a ridere e lei con me.
“Le mie sorelle mi hanno sempre odiata per aver avuto la camera da sola ma con tutta la roba nerd che avevo, non potevo di certo condividere la stanza con qualcuna!”
Le diedi ragione, e mi stesi sul letto. Melissa sistemò le valigie e mi sollevò dal letto, dandomi un dolce bacio sulle labbra.
Mi prese per mano e andammo ad aiutare i ragazzini con le loro valigie, per poi scendere tutti insieme per la cena.
 
 
“Ci siamo conosciute così, tutto merito di Nathan e Maddie.” Terminò Melissa, dopo aver spiegato per filo e per segno la nostra storia.
“Che meraviglia il destino!” disse Jim, bevendo il suo vino rosso e guardandoci sorridente. In lui rivedevo tantissimo le espressioni di Melissa.
“Tesoro, che dici?! Quale destino?” disse seria Julie. Da sotto il tavolo presi per mano Melissa, seduta alla mia sinistra. Quella donna mi irritava, ma era la madre della mia ragazza e dovevo rimanere serena.
“Katie cercava una tata e Melissa cercava un lavoro! E’ stato destino!” ribatté tranquillo, confermando la sua teoria.
Julie sbuffò mettendo in bocca un altro pezzo di carne. “Katie, sei irlandese, giusto?”
Annuii, spiegando la mia provenienza.
“Si sente a volte, dal tuo accento.” criticò.
Storsi il naso, lasciando comunque correre. Melissa mi guardò dispiaciuta.
“Che rapporti hai con la tua famiglia?” chiese, ficcando di nuovo il naso.
“Nessuno, non c’è più nessuno, se non lontani parenti. La mia famiglia sono Nathan, Maddie e Melissa.” le risposi, marcando il nome di sua figlia.
“Ti prendi cura tu di loro, a causa dell’incidente di tuo fratello.” disse seria e alquanto provocatoria.
“Mamma!” la riprese velocemente Melissa. Si stava arrabbiando, Dio, non avevo mai visto Melissa arrabbiata.
Le presi la mano, ora sul tavolo, in bella vista anche per sua madre. “È tutto okay, Mel.”
“Alla tua età lavoravo e mi prendevo cura da sola di tre figlie.”
Mi stava criticando di nuovo? Stava criticando il fatto che io avessi una tata, che non riuscissi a prendermi cura di loro da sola. Stetti un attimo in silenzio ed inspirai.
“È a causa del mio lavoro. Mi tiene impegnata dalla mattina alla sera tardi. Loro non sono ancora autosufficienti per stare completamente da soli.” spiegai con calma.
Julie annuii mentre Jim la fissava come per dirle di smetterla. Sul volto di Melissa c’era la stessa identica espressione.
“Oh, proprio settimana scorsa hanno rimesso in onda Jurassic World e ti ho vista! Ero con degli amici e ho urlato: quella è la ragazza di mia figlia!” scoppiò a ridere Jim.
Ridemmo tutti, mentre la tensione si allentava.
 
 
 
“Come diavolo si è permessa?” Melissa sbottò, una volta giunte in camera. Si spogliò per mettersi il pigiama. Era talmente nervosa che non si era accorta di farlo davanti a me. Ammirai le sue lunghe gambe ed i suoi addominali, mentre iniziavo a sentire un fastidioso calore nella parte bassa della pancia.
Le presi la mano, cercando di tranquillizzarla. “Mel, è tutto okay. Ci sono abituata, non preoccuparti.”
“Non è tutto okay! È stata molto maleducata! Dio, sei una persona così matura, al tuo posto l’avrei praticamente uccisa!” si mise la maglia e mi abbracciò.
“Conosco un modo molto appagante per rilassarci da tutte queste tensioni.” le misi le mani sui fianchi spingendola sul letto.
“Un massaggio?” mi sussurrò baciandomi il collo.
“Se così si può chiamare…” mi misi sopra di lei, e ci baciammo. Andai a sfilarmi la maglia, decisamente molto impaziente e le sue mani furono subito sulla mia schiena nuda, a cercare il gancio del reggiseno.
Infilai una mano sotto la sua maglia, mordendole il collo. I suoi gemiti mi stavano facendo impazzire.
La mia mano scese, e si fermò sull’elastico del pantalone.
Quando stavo per infilare la mano dentro, Melissa scoppiò a ridere.
Mi fermai, mettendomi seduta su di lei, sulle sue gambe. La guardai perplessa, mentre continuava a ridere imperterrita.
“Mel, stai bene?”
Si tirò su, dandomi un leggero bacio sulle labbra.
“Sì, scusa. Sai, credo sia meglio non scioccare Nathan e Maddie prima del tempo.” mi disse, ridacchiando.
“Che intendi?” le chiesi, continuando a non capire.
“Al mio diciassettesimo compleanno ho portato a casa la mia ragazza. Siamo state insieme la notte, qui, nel letto.” confessò, alludendo a certe cose.
“Oh Dio, spero non fosse quella tappa biondina con cui giocavi a tennis!”
“No, non era Becca, gelosona.” mi baciò di nuovo mentre alzavo gli occhi al cielo.
“Il mattino dopo una delle mie sorelle venne da me, sconvolta, dicendo di far piano la prossima volta perché aveva sentito praticamente tutto.” scoppiò di nuovo a ridere.
“Hai appena raccontato della tua prima volta alla tua attuale ragazza! Non so se apprezzare la sincerità o mollarti qui con tua madre!” la scherzai.
Rise di nuovo, scuotendo la testa. “Tutto questo era per dirti che le pareti sono molto sottili e non credo che con una come te riuscirei a trattenermi molto.” ammise, diventando rossa e nascondendo il viso nel mio collo. “Quindi, non voglio scioccare i ragazzini prima del tempo.”
Risi e l’abbracciai forte. Ovunque ci trovassimo, Melissa era sempre la solita, dolce Melissa.
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Il mattino dopo ci alzammo non troppo tardi. Avevo in mente di far fare ai McGrath un giro della city. Avevo dormito decisamente da dio, tra le braccia di Katie.
La svegliai baciandola e poco dopo le portai la colazione a letto. Si alzò, bevendo il suo caffè ristretto e ci sistemammo.
Presi la macchina di mio padre e li portai a visitare il Littleton Museum, che fece sbadigliare Nathan per tutto il tempo, e poi gli Hudson Gardens, giardini botanici con migliaia di specie di piante. Passammo pure davanti al mio collage, e raccontai qualche bravata da adolescente.
Quando tornammo per pranzo, ci sedemmo a tavola, ma qualcosa non quadrava.
Perché c’era un posto in più?
“Papà, credo che mamma abbia sbagliato a preparare.” gli dissi, mentre stava seduto a leggere ‘The New York Times’. Alzò lo sguardo velocemente. “È stata un’idea di tua madre.”
“Cosa?” gli chiesi agitata.
“Invitarlo.”
“Chi?” Non capii.
“Melissa! Da quanto tempo!!” mi voltai per vedere Blake, un vecchio amico di infanzia con cui avevo condiviso gli anni delle scuole elementari e medie.
Forzai un sorriso, salutandolo. Mi voltai verso Katie, che aveva già capito il gioco di mia madre.
Stava cercando di rimanere calma ma era nervosa, lo vedevo.
Presentai Blake a Katie, mettendo subito in chiaro, con un orgoglio non indifferente, che lei fosse la mia ragazza. Katie lo apprezzò decisamente.
Mia madre fece il suo ingresso e ci sedemmo tutti a tavola.
“Allora Blake, com’è stato rivedere Melissa?” chiese mia madre, guardando con la coda dell’occhio Katie. Che diamine stava combinando? Osservai Katie che non aveva fatto il minimo cenno, se ne stava tranquilla a mangiare il suo piatto.
“Meraviglioso! Melissa è bella come sempre!” disse cercando i miei occhi, ma io non lo guardai.
“Melissa, ti ricordi quando tu e Blake eravate piccoli e giocando a palla avevate rotto quel vaso?” Rise, continuando a raccontare. Accennai un sorriso, tornando a mangiare la mia carne. Guardai ancora Katie che si fingeva interessata agli scambi di battute tra mia madre e Blake. Era decisamente una brava attrice.
“Hai combinato un sacco di disastri da bambina, amore.” Avvampai, mentre Katie, dopo aver pronunciato queste parole, mi prese la mano ed incrociò le sue dita con le mie.
Amore? Mi aveva chiamata così? Sapevo che lo aveva fatto come torto a mia madre, ma mi aveva decisamente destabilizzato.
Sussurrai un sì, mentre sprofondavo nel mio imbarazzo.
Il mio cuore batteva a mille solo con un ‘amore’…
Appoggiai la testa alla sua spalla e lei mi baciò sui capelli. Vidi sul volto di Nathan un sorriso soddisfatto e guardai mia madre. Era abbastanza sorpresa.
Per fortuna il pranzo finì presto, non vedevo l’ora di darmela a gambe. Blake se ne andò, a causa di un impegno, e il mio cuore si fece più leggero.
Salimmo in camera a richiudere le nostre valigie e quelle dei ragazzi.
Scendemmo per caricarle in macchina. Mio padre era già pronto in auto. Vidi Katie, sulla soglia di casa, salutare con un sorriso e una stretta di mano mia madre.
Mi venne incontro, verso la macchina ed io andai a salutare Julie. Katie mi fermò a metà strada: “Tua madre mi ha fatto un sorriso strano. Credo sia felice che me ne vado.”
Raggiunse l’auto, infilandosi dentro con i ragazzini.
Raggiunsi mia madre, che mi abbracciò. Stavo per rimproverarla, quando mi anticipò.
“Melissa, tesoro di mamma. Mi dispiace per come mi sono comportata, ma…ho dovuto testarla.”
“Cosa?!” la guardai, confusa.
“Era tutto un test, tesoro. Tienitela stretta perché è una persona davvero in gamba, matura e una donna bellissima!” mi face l’occhiolino.
Ero sconvolta. Mi abbracciò di nuovo e mi prese per le spalle, spingendomi verso il vialetto.
“A presto!!” urlò, mentre eravamo già in macchina.
Mi voltai verso Katie, che aveva un’espressione accigliata.
“Non sai cosa mi ha detto.” la guardai sconvolta.
Le raccontai tutto, mentre mio padre rideva a crepapelle e Katie rimaneva sempre più scioccata, ma felice.
 
 
 
Per le cinque di sera eravamo a casa McGrath. Decisi di rimanere con loro, per poi tornare nel mio appartamento a dormire.
Aprimmo la porta e notai una busta sul pavimento. La presi.
Era per me.
La aprii e lessi.
I miei occhi si puntarono direttamente sulla scritta in grassetto, più evidente di tutte le altre.
 
Ci dispiace informarla che…”
 
I miei occhi si riempirono di lacrime. Non riuscivo a crederci.
 
 
 
NOTE:
 
Halo! Questo capitolo è più lungo del solito ed è iniziato con il POV di Melissa, volevo assolutamente anteporre il suo punto di vista e raccontarvi la sua ansia da provino. Il padre di Melissa è assolutamente un tenerone, invece la madre è come tutte le suocere. Ha dovuto addirittura testare Katie, quella poverinaaaaaaaaaaaaa!
Ditemi un po’ cosa ne pensate della famiglia Benoist. Anche voi si sareste comportate come Katie o avreste dato di matto?
PS. Non so se riuscirò a pubblicare domani, perdonatemi! E scusate il ritardo per questo capitolo! :(
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***







KATHERINE MCGRATH POV
 
Non capivo cosa fosse successo. Eravamo tornate a casa, felici, mano nella mano. Avevamo aperto la porta e lei si era chinata a prendere una busta sul pavimento, che era stata fatta passare da sotto la porta.
L’aveva aperta e poi era scoppiata a piangere.
Ero subito corsa verso di lei e l’avevo presa tra le mie braccia. Nathan e Maddie erano sconvolti tanto quanto me. Anche se non capivamo il motivo di questo cambiamento d’umore così repentino, i bambini si avvicinarono e la abbracciarono. Maddie si fece prendere in braccio da Nathan, che le lasciò un bacino ed entrambi andarono nelle loro stanze. Ero sorpresa dalla loro dolcezza. Volevano davvero bene a Melissa.
La presi il polso e la condussi sul divano. Presi gentilmente la lettera tra le sue mani, che aveva completamente accartocciato.
La lessi silenziosamente. Melissa aveva fatto un provino proprio ieri mattina e… non era stata presa. Mi si spezzò il cuore.
“Mel..” la abbracciai di nuovo, mentre continuava a singhiozzare. Potevo capirlo. Era stato il suo primo provino, e la risposta negativa l’aveva spezzata. Era capitato pure a me ed avevo reagito nello stesso identico modo.
Lessi i nomi dei produttori. Li conoscevo, quei tre erano degli stronzi.
Di sicuro chissà quanto impegno ci aveva messo a studiare e ripetere tutte quelle battute; per poi cosa? Sentirsi solo dire un ‘le faremo sapere’.
Loro facevano così, non facevo un minimo sforzo per apprezzare il lavoro altrui.
Le accarezzai i capelli e le asciugai le lacrime.
“Mel, non preoccuparti. Non è questo stupido pezzo di carta che ti dice quanto vali. Okay?” le presi il viso tra le mani. Aveva gli occhi rossissimi e una faccia da piccolo cucciolo.
Le baciai la guancia, continuando a coccolarla. Mi appoggiai al divano e lei mise le gambe sulle mie cosce, appoggiando la testa al mio petto. Sembrava così piccola in questi momenti.
 
Incredibile come certe volte i ruoli si capovolgevano. Non molto tempo fa ero stata io a piangere su questo stesso divano, con Melissa a tranquillizzarmi.
Avevo realizzato che pure Melissa non era invincibile. Con tutta l’ansia accumulata per il provino, i comportamenti strani di sua madre, il viaggio e altri tanti sentimenti negativi, ora era esplosa.
“Mel? Melissa?” la chiamai, non sentendola più piangere.
Si sollevò a guardarmi: "Ho pensato portasse un po' più di fortuna lasciare il tuo indirizzo e non il mio." mi guardò triste. "E poi, se fosse successa una cosa del genere non sarei voluta essere da sola... ma con la mia famiglia."
Mi sciolsi alle sue parole e l'abbracciai forte. "Noi siamo sempre qui per te, Mel.", le baciai la guancia.
Le sorrisi dolcemente mentre lei andava a ad accarezzare il mio enorme cerotto sulla tempia.
“Ti piacerò comunque, anche con la cicatrice?” le chiesi, cercando di distrarla.
Annuì piano. “Mi piaceresti anche con un sacco di immondizia addosso. E poi.. le cicatrici sono sexy.”
Ridacchiai, per la sua espressione. Tolsi le sue gambe delle mie e mi alzai. Le porsi la mano e venne con me in cucina. Apparecchiai e ordinai del cibo cinese che in pochissimo tempo arrivò. Cenammo insieme e convinsi Melissa a restare anche per la notte. Le lasciai il bagno per farsi una doccia e le ridiedi il pigiama con l’unicorno che ormai era diventato suo.
Nel frattempo l’aspettai sul divano con i ragazzini che mi avevano subito chiesto come stesse. Spiegai la situazione e annuirono comprensivi. Melissa arrivò e le facemmo spazio in mezzo a noi, per poterla coccolare.
Verso le dieci andammo tutti a letto, stanchi della giornata.
Abbracciai Melissa tutta notte, non lasciandola neanche un istante. Avrei tanto voluto prendermi io tutto il suo dolore.
 
Il mattino dopo, mi convinsi che dovevo assolutamente fare qualcosa per lei, per farla sorridere.
Questi tipi di rifiuti se non li si scacciano subito, rimangono dentro per sempre. Lo sapevo meglio di lei.
Quando Melissa andò al corso mi piazzai al tavolo della cucina, a fissare la sua tazza.
Pensavo e pensavo, ma non avevo idee. Melissa era speciale e di conseguenza avrei dovuto preparare qualcosa di speciale. Ma cosa?
Cambiai stanza, mettendomi sul divano. Mi guardai attorno in cerca di ispirazione: mi soffermai sulla Play Station. Sorrisi ripensando a tutti i nostri balli e le nostre partite.
Mi alzai, passando un dito sui giochi appoggiati alla mensola sopra la televisione.
 
Ad un tratto un’idea mi colpì, come un fulmine a ciel sereno.
 
La tazza e la playstation.
 
Scoppiai a ridere da sola, felice della mia folle idea.
Sfregai le mani malvagiamente. Non mi restava che fare qualche telefonata ed organizzare il tutto.
 
Sarebbe stato il nostro primo appuntamento.
 
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Katie mi aveva dato il giorno libero. Me lo aveva comunicato telefonandomi, dicendomi che un giorno di pausa mi avrebbe fatto bene. Non ne ero molto convinta, soprattutto dal suo tono della voce: era strano, come se fremesse per qualcosa; decisi, comunque, di non pensarci troppo.
Mi invitò a casa per dopo cena, per stare tutti insieme e fare qualcosa di divertente. Ovviamente accettai.
Occupai tutta la mattinata al corso, a provare e riprovare le battute con i miei colleghi mentre nel pomeriggio mi rinchiusi nel mio buco di appartamento per ripetere le canzoni. Mi sentivo terribilmente a terra e svuotata, ma la parte combattiva di me continuava a spingermi a dare il massimo ed a convincermi del fatto che quei tre avessero perso una grande possibilità, scartandomi.
‘Un giorno sarai famosa, e piangeranno quando si ricorderanno che ti eri presentata e loro non ti avevano preso.’ continuavo a ripetermi, finendo a piangere tutte le volte. Il primo rifiuto era davvero difficile. Era un po’ come il primo cuore spezzato per un amore non ricambiato.
Mangiai davvero poco a cena e mi cambiai indossando una delle mie centinaia di camicie e un paio di jeans. Mi diressi a casa McGrath, parcheggiai la macchina ed entrai.
Rimasi un po’ perplessa notando il salotto mezzo buio.
“Buona sera Signorina Benoist!” mi si avvicinò Nathan in smoking.
Spalancai gli occhi mentre lui mi sorrideva a trentadue denti. Mi porse una rosa e lo ringraziai stranita.
“Che diamine sta succedendo in questa casa?” gli chiesi.
Ignorò la mia domanda, mentre dalla cucina arrivava Maddie, con un bellissimo vestitino floreale.
“Zia Katie ha detto di mettere questa! Non devi assolutamente toglierla!” mi porse una bandana. “Assolutamente.” ripeté Nathan, prendendola e legandomela sugli occhi.
“Ora che succede?” chiesi, ma non sentii nulla, nessun suono. Chiamai Maddie e Nathan, dove erano finiti?
Sentii finalmente dei passi, avvicinarsi verso di me. Era Katie, di sicuro. Riuscivo a sentire il suo profumo. Mi prese le mani e mi diede un piccolo bacio sulle labbra.
“Signorina Benoist.” Mi baciò di nuovo mentre sussurrava il mio cognome. Fui percorsa da mille brividi. Il non vedere rendeva tutto molto più intenso.
“Pronta?” mi chiese, tirandomi verso di lei. Mi prese a braccetto per non farmi sbandare.
“Per cosa?” chiesi curiosa.
“Vedrai.”
 
Salimmo in macchina e Katie partì. Solo Dio sapeva dove mi stesse portando. Accese la radio e si mise a canticchiare qualsiasi canzone passasse. Aveva una voce così bella che sarei stata ore ad ascoltarla.
Finalmente la macchina si fermò. Ascoltare Katie cantare non mi aveva fatto concentrare sulla durata del viaggio. Non avevo nessuna pista sul posto in cui mi stesse portando. La macchina si spense e, dopo poco, la portiera si aprì. Katie mi aiutò a scendere; camminammo per un paio di metri ed entrammo in un luogo chiuso. Mi fece fare qualche altro passo e si posizionò dietro di me, abbracciandomi da dietro.
“Benvenuta al nostro primo appuntamento, Melissa Benoist.” Mi sussurrò all’orecchio, togliendomi la fascia dagli occhi.
 
Sbattei un paio di volte gli occhi mentre si abituavano alla luce.
Non potevo crederci!
Mi guardai attorno: Katie mi aveva portata nel locale dove ci eravamo incontrate la prima volta, per il mio colloquio. Ma questa volta era diverso, tutti i tavolini erano stati tolti, ad eccezione del nostro che era nella stessa posizione dell'ultima volta.
Il locale era stato addobbato da candele e palloncini a forma di cuore, che creavano un'atmosfera davvero romantica.
Mi voltai verso di lei, incredula e commossa, e l'abbracciai forte.
"L’ho affittato per stasera. È tutto per noi, Mel." mi sorrise raggiante.
"Grazie, grazie, grazie." la strinsi forte cercando di trasmetterle tutta la mia gioia.
"Non ringraziarmi, non hai ancora visto nulla." mi prese per mano e ammiccò. Solo in quel momento notai quanto fosse bella: indossava un completo con giacca, sotto la quale non c'era la camicia. Avvampai al pensiero che sotto poteva non aver nulla.
Aveva lasciato i capelli lisci, slegati, che le ricadevano dolcemente sulle spalle.
Mi portò verso il tavolo, spostandomi la sedia. Ridacchiai per il suo comportamento da cavaliere.
Si sedette di fronte a me e le nostre mani subito si incontrarono. Ci sorridemmo felici, mentre una cameriera, l'unica persona oltre a noi nel locale, ci portava una grossa tazza per due di cioccolata fondente con panna, cacao e Smarties.
“L’hai presa così quando ci siamo incontrate. Me lo ricordo ancora, ero scandalizzata.” mi confessò, imbarazzata.
Scossi la testa sorridendo, le porsi un cucchiaino ed iniziammo a mangiarla guardandoci e sorridendoci come ebeti.
Al termine, Katie prese il tovagliolo per passarmelo sul naso. Evidentemente mi ero sporcata anche questa volta.
Si alzò ed il mio cuore prese a battere forte. Mica mi stava chiedendo di sposarla?! Non ero ancora pronta ad un passo del genere!
Mi porse la mano: “Posso avere l’onore di questo ballo, Signorina Benoist?”
Le presi la mano, mentre partiva una canzone romantica. Ridacchiai mentre mi tirava verso di lei. Era tutto perfetto: le sue mani sui miei fianchi, le braccia attorno al suo collo, le fronti unite, i battiti dei cuori sincronizzati, i respiri corti ed emozionati.
Danzammo lentamente, al centro del locale, ondeggiando ed ascoltando i nostri sentimenti e le nostre emozioni.
Poi, improvvisamente, partì una canzone che riconobbi dalle prime note: (I’ve Had) The Time Of My Life. La guardai con le lacrime agli occhi, mentre lei mi sorrideva compiaciuta. Non mi ero mai stata sentita così felice e completa in vita mia.
Misi una mano sulla sua nuca e la avvicinai a me. Le nostre labbra si incontrarono in un bacio dolce e pieno d’amore.
Mi staccai e le accarezzai i capelli. Si era anche tolta il cerotto, lasciando spazio ad una piccola linea chiara.
Mise le mani dietro la mia schiena e mi fece fare un casqué.
Mi risollevò, e si posizionò dietro di me. Senza rendercene veramente conto, stavamo ripetendo i passi del videogioco ma con i ruoli inversi.
Mi prese per mano, avvicinandomi a lei e mi baciò. Ci ristaccammo e mi fece fare una giravolta. Appoggiai la schiena al suo petto, e dondolammo con le nostre braccia incatenate.
Si inginocchiò di fronte a me. Risi, ricordando come ero stata io ad inginocchiarmi la prima volta.
Dovevo girarle intorno ma rimasi ipnotizzata dai suoi occhi, così verdi, scuri e pieni di passione. Si alzò, e mi afferrò la parte bassa della schiena per un altro casquè. Mi rialzò e la baciai con passione, appoggiando le mani sui suoi fianchi. Volevo sentirla il più possibile addosso a me. Le nostre lingue si incontrarono, mentre i nostri baci si facevano sempre più caldi e le nostre mani si aggrappavano al corpo dell’altra.
Mi staccai da lei, a corto di respiro. Appoggiai la fronte alla sua e, con il poco fiato rimasto, a fior di labbra le sussurrai di portarmi via.
“Cosa?” mi richiese, non avendo capito.
La guardai negli occhi. “Portami a casa.”
 
 
Abbandonammo il locale il più velocemente possibile. Entrammo in macchina, lei seduta al posto del guidatore, come nel viaggio di andata. Si mise la cintura, girò le chiavi mentre, impaziente, le mordevo il collo e passavo una mano lungo la sua coscia.
Le si spense la macchina. “Melissa…” mi chiamò mentre finalmente riusciva a farla partire. “Non riesco a concentrarmi così.”
“Guida.” le ordinai, non ammettendo repliche.
Non so come, ma riuscì a partire mentre continuavo ad accarezzarla ed a dedicarmi al suo collo.
Poteva sembrare esagerato, ma non riuscivo più ad aspettare. Sentire i suoi gemiti mentre continuava ad impegnarsi a guidare era troppo.
“Fermati.” le ordinai qualche minuto dopo.
“Melissa, non credo sia una buona ide-ah!” le morsi più forte il collo, convincendola.
Lasciai in pace Katie, che cercava un luogo appartato ed adatto. Ci fermammo con la macchina su una piccola collinetta, vicino ad una chiesetta non più usata.
Aprimmo la portiera e ci spostammo con fretta nei sedili posteriori. Avevamo appena chiuso le portiere che eravamo già praticamente l’una addosso all’altra.
Andai subito a slacciare il bottone di quella giacca così sexy. La sentii sussultare quando le mie mani si appoggiarono sui suoi seni nudi. Iniziai a massaggiare mentre le sue mani mi strapparono di dosso la camicetta. Vidi un bottone saltare via, ma non me ne importava nulla.
Me la sfilai, insieme al reggiseno, mentre lei si andava a togliere definitivamente la giacca. Si mise a cavalcioni su di me e mi baciò e succhiò il collo, lasciandomi dei segni violacei.
Chiusi gli occhi accarezzando la sua schiena mentre sentivo la sua mano sbottonare i miei jeans.
Si spostò per permettermi di abbassarli e si riposizionò seduta su di me.
Continuò a torturarmi il collo, mentre la sua mano sfiorava, da sopra gli slip, il centro del mio piacere.
Le presi la mano e la ficcai direttamente dentro. Non volevo aspettare. Le sue dita iniziarono a muoversi su di me, prima lentamente e poi sempre più veloce.
Sospirai di piacere, Katie era incredibile. Mi baciò; sentii la sua lingua nella mia bocca e la accolsi.
Mi aggrappai forte alla sua schiena, puntando le unghie nella sua pelle, quando due dita scivolarono dentro. Ansimai forte, mentre lei continuava a spingere sempre più forte.
Mossi il bacino verso le sue dita, cercando sempre più contatto e piacere e ci prendemmo per mano, incrociando le nostre dita.
Raggiunsi l’apice in poco tempo, sussurrando il suo nome e stringendola forte a me.
Avevo sentito tutta la sua passione.
Mi abbandonai sui sedili, abbracciando Katie ancora su di me.
Le presi il viso e la baciai ripetutamente, colmata d’amore. Le sorrisi, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Ci guardammo intensamente, senza dire nulla. Lasciammo parlare i nostri occhi, le nostre labbra e le nostre mani.
 
“Forse sarebbe meglio tornare a casa.” le dissi sottovoce poco dopo, baciandole l’angolo della bocca.
“Forse?” Katie alzò un sopracciglio.
Annuii convinta, cercando la sua giacca per coprirla. Stava iniziando a fare freddo.
“Per il secondo round.” la baciai, mordendole il labbro.
“Per il secondo round.” ripeté, guardandomi maliziosa.
Ci rivestimmo e tornammo a casa, gustandoci comodamente la seconda parte della nostra serata.
 
 
 
NOTE:
La vostra notte di fuoco è arrivata!! È stato davvero difficile scriverla, credetemi!
Ditemi un po’, cosa ne pensate? Katie è stata abbastanza romantica? Melissa l’ha ringraziata per bene?
Colgo l’occasione per ringraziarvi ancora tutti per seguire, recensire, adorare questa fanfiction!
A presto! Un abbraccio a tutti! *^*
PS: per l’abbigliamento di Katie mi sono ispirata alla grandiosa Paola Turci!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***







KATHERINE MCGRATH POV

 
Mi lasciai accarezzare dalle mani leggere di Melissa, che tracciarono i contorni del mio viso, la cicatrice sulla tempia, quella sotto il sopracciglio sinistro, la curva del naso e le labbra, per poi ricominciare da capo.
Sospirai, beata, ad occhi chiusi, mentre cercavo di coprirmi il corpo nudo con le coperte. Aprii gli occhi, incontrando il mare dentro quelli di Melissa. Avrei voluto svegliarmi così ogni mattina, con lei accanto a me, a coccolarmi.
Senza neanche rendercene conto avevamo appena trascorso anche il nostro sesto appuntamento.
Era ormai diventato un gioco per noi, anche perché ci consideravamo ‘insieme’ già da molto prima del primo.
Ci divertivamo a sorprendere l’altra, a fingere di incontrarci per appuntamenti al buio, flirtare e conoscerci, come se fosse la prima volta.
Ogni “Casa tua o casa mia?” ci faceva scoppiare a ridere, attirando sempre l’attenzione delle altre persone. Eravamo state in un ristorante di lusso, in una discoteca squallida, in una biblioteca, in campeggio a guardare le stelle, ed era sempre finito nello stesso modo: noi due ad amarci da qualche parte.
Era più forte di noi, eravamo due calamite attirate dai nostri forti sentimenti.
“Che numero era questo?” mugugnò, sprofondando la faccia nel cuscino.
“Intendi di orgasmi o appuntamenti? Perché ho perso il conto per entrambi, tesoro.” le risposi, facendo scorrere le dita lungo la sua schiena e provocandole dei brividi.
Ridacchiò, e puntai le mani sui suoi fianchi per farle il solletico.
Scoppiò a ridere, mentre cercava di divincolarsi e coprirsi con le coperte.
“Cosa copri?! Ho già visto tutto!” risi, evitando un peluche che aveva cercato di tirarmi in faccia.
Si girò e mi prese per i polsi, bloccandomi. La baciai divertita e continuammo la nostra battaglia.
 
 
Mancavano tre settimane al grande evento, al musical di Melissa.
Tutti in casa stavamo tenendo il conto, addirittura Maddie, pur non sapendo ancora contare bene. Ogni mattina Melissa rimaneva al corso a provare e riprovare, mentre nel pomeriggio stava sempre con i ragazzini, aiutandoli nei loro compiti e, poi, ripetendo le battute e cantando.
Spesso addirittura Nathan la aiutava, soprattutto negli attacchi delle canzoni.
In generale, la mia vita procedeva normale: andavo al lavoro, provavo le ultime scene, parlavo con Colin di Melissa, che cercava di convincermi a fargliela incontrare.
Dopo qualche giorno cedetti. Il mio migliore amico e la mia ragazza si incontrarono e fu un disastro, per me ovviamente. Mi presero di mira per tutto il tempo, facendomi imbarazzare. Loro si trovavano molto in sintonia;  non sarebbe potuto essere altrimenti.
I genitori di Melissa, addirittura, erano venuti a trovarci, cogliendo l'occasione di visitare Vancouver. La signora Julie, che con me era stata terribile, adesso sembrava un'altra persona: era simpatica e gentile, anche se molto più contenuta di Jim. Nell'occasione avevo anche conosciuto una delle sorelle di Melissa. Quando da sole avevo osato dire che era carina, avevo reso Melissa gelosissima. Le spiegai a parole che il mio cuore ormai era solo suo, ma lei non capì, così passai ai fatti.
Aveva capito decisamente meglio, così.
 
 
Mancavano due settimane al grande evento; la tensione iniziava a farsi sentire.
Melissa fece le prime prove allo Stanley Industrial Alliance Stage. Quando tornò a casa, era terrorizzata: seicento persone l'avrebbero guardata. Cercai di rassicurarla, dicendole che tra quelle seicento ci saremmo stati anche noi a farle il tifo.
Melissa iniziava a diventare agitata ogni giorno di più. Ad ogni domanda che le ponevamo rispondeva cantando un pezzo delle sue canzoni o con una battuta: stava decisamente impazzendo.
Potevo capirla, l'esperienza dal vivo è molto più impegnativa del set. Se sul set sbagli, scoppi a ridere, scivoli… si ferma tutto e si ripete da capo. Sul palco, dal vivo, no. Se sbagli, hai sbagliato. Se scivoli, sarai ricordata per quell’enorme figuraccia.
Cercavamo di aiutarla sempre, il più possibile.
Arrivarono anche gli abiti di scena: Melissa, con il ruolo di Glinda, doveva indossare un abito bianco lungo e pomposo, pieno di brillantini azzurri. Secondo Maddie, sembrava una fata turchina.
 
 
Mancava una settimana al grande evento.
Avevo finito di registrare la miniserie su Morgana ed ero stata richiesta in un film come personaggio secondario. Avevo qualche settimana libera prima di iniziare a girare le scene appena fuori Vancouver, così mi dedicai completamente a Melissa.
Ogni giorno ripetevamo almeno una volta tutto il copione. Ormai lo avevo imparato pure io a memoria. Certi giorni uscivamo ed andavamo al parco con i ragazzi; in casa, cucinavamo tutti insieme.  La sera mi occupavo di farle un massaggio e prepararle la tisana per farla rilassare.
I genitori di Melissa tornarono, per vedere lo stato in shock in cui si stava addentrando la loro figlia. La suocera era decisamente sempre più gentile; ci eravamo pure scambiate il numero di telefono sotto lo sguardo perplesso di Melissa.
Li portai a vedere una partita di lacrosse, cercando di far capire a Julie come funzionasse, ma continuava ad esultare nei momenti sbagliati.
La sera prima del grande evento, Melissa mi stupì e decise di affrontare la cosa nel modo giusto: come una sfida. Fu incredibilmente tranquilla, determinata, e la cosa rassicurò anche me.
 
 
Era la sera del grande evento.
Non vedevo Melissa dalla mattina. Si era svegliata presto ed era subito andata a teatro. Mi aveva preparato la colazione e lasciato un piccolo post-it sul frigorifero: ‘Ci vediamo stasera! :)
Con -non poca- ansia per il suo piccolo debutto, avevo cercato di trascorrere la mattinata nel modo più sereno e produttivo possibile. Nel pomeriggio, poi, mi ero recata poco fuori Vancouver per conoscere i produttori del film a cui avrei preso parte. Era andata benissimo, ovviamente. Mi conoscevano indirettamente e avevano voluto assolutamente lavorare con me.
Ero tornata a casa in tempo per prepararmi e sistemare i ragazzini con vestiti più eleganti.
Arrivammo giusto in tempo a teatro e ci sedemmo nei posti che Melissa aveva prenotato per noi con premura.
Un signore, credo fosse Mr. Lee, si presentò sul palco e, con un piccolo discorso, annunciò l’inizio dello spettacolo.
Fremevo dalla voglia di vederla lì sopra.
Tutte le luci si spensero.
 
 
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Le prime note di ‘No One Mourns the Wicked’ partirono, mentre fremevo per il mio ingresso. La situazione diveniva sempre più tesa, e, allo stesso tempo, l’eccitazione prendeva il sopravvento su di me.
Pochi secondi dopo, i ballerini già saltavano e cantavano sul palco, interpretando i cittadini, felici per la morte della Malvagia Strega dell’Ovest.
Mi batteva forte il cuore, mi sudavano le mani e mi sentivo elettrizzata da morire. Credevo di star per svenire da un momento all’altro.
Per fortuna non ero Elphaba, altrimenti quel trucco verde lo avrei fatto colare tutto. Il mio, di trucco, era molto più leggero, a parte l’acconciatura elaborata, fatta di boccoli, che aveva fatto sudare i costumisti.
Mancavano pochi secondi e sarei dovuta entrare da dietro le tende, posizionandomi al centro del palco. Mi sentivo morire. Per ogni secondo che passava, l’ansia era direttamente proporzionale alla convinzione di dover dare il meglio di me.
Respirai profondamente più volte, chiusi gli occhi ed entrai.
Sentii degli applausi lontani, ma non ci feci molto caso. Mi concentrai sul personaggio, mi immersi nella personalità di Glinda. Pronunciai le mie battute e cantai, raccontando la storia di Elphaba e la verità sulla loro amicizia.
 
Mentre avanzavo sul palco e, nei panni della Strega buona del Nord, tornavo con la mente ai tempi della scuola (quando avevo incontrato Elphaba per la prima volta), i ballerini attorno a me svanirono, facendo spazio ad altri e trasformando completamente l’ambientazione:
il primo giorno all’Università di Shiz.
Tornai dietro le quinte, rilasciando un grosso sospiro. Osservai la collega cantare a squarciagola ‘The Wizard and I’, mentre immaginava un futuro e una storia d’amore con il mago di Oz.
Era stata davvero brava. A fine canzone partirono applausi e fischi, stavamo decisamente andando bene!
 
La tensione si faceva sempre più leggera, man mano che il tempo passava. Era una cosa che avevo imparato a scoprire; sapevo già bene che, una volta entrati sul palco, presa confidenza con il pubblico, tutta quell’ansia si trasformava in trepidazione e passione.
Entrai di nuovo, per una delle scene più divertenti: Glinda ed Elphaba, a causa di un malinteso, si trovarono costrette a dividere la stanza. Cantai ‘What is this Feeling?’ con la mia collega, rincorrendoci, schifate l’una dall’altra. Dentro di me sorrisi, ricordando il momento in cui l’avevo cantata con Katie. La cercai tra gli spettatori, nella direzione dei posti che avevo occupato per loro, ma non vidi nulla a causa della luce dei riflettori.
La storia procedette, mentre io e la collega ci davamo un forte abbraccio dietro le quinte, incoraggiandoci a vicenda. Mi sentivo così orgogliosa di interpretare un ruolo così importante, in una storia che mi aveva sempre affascinato ed entusiasmato.
‘Dancing Through Life’ partì, mente ballavo ed ondeggiavo tra le braccia del principe Fiyero, che mi aveva invitata ad un appuntamento. I ballerini attorno a noi, creavano un’atmosfera magica.
Mi sentivo sempre più felice. Recitare era la mia vita.
La storia procedette, Elphaba e Glinda diventarono presto amiche e quest’ultima promise di aiutare Elphaba a diventare popolare. Entrammo sempre più nell’azione, proseguendo fino all’incontro delle due protagoniste con il Mago, scoprendo, infine, che in realtà voleva solo sfruttare i poteri di Elphaba per i suoi scopi malvagi.
Elphaba si ribellò e scappò, grazie all’aiuto del principe Fiyero, decisa a contrastare il Mago in qualsiasi modo. D'ora in poi, verrà ingiustamente accusata di essere pericolosa e crudele, il nemico pubblico numero uno. Glinda, invece, deciderà di restare e di lavorare per il Mago.
Il primo atto si concluse con la meravigliosa canzone ‘Defying gravity’, cantata da me ed Elphaba. Era la mia seconda canzone preferita di tutto il musical. Mi ero impegnata tantissimo affinché riuscisse alla perfezione. Sentii di aver trasmesso al pubblico le mie emozioni, poiché tutti applaudirono per minuti interi.
 
Presi un respiro e bevetti un sorso d’acqua. Il primo atto era andato, mancava solo il secondo, concentrato per lo più sulla mia collega.
Mr. Lee si avvicinò: “Brave ragazze. Sta andando meglio di quanto previsto. Benoist cerca di stare qualche passo più avanti, il palco non crolla mica! Per il resto bene!” mi guardò, sorridendomi appena. Se lo diceva lui, allora stava andando davvero da Dio.
 
Il secondo atto iniziò, descrivendo Elphaba ormai fuggitiva e conosciuta come la ‘Malvagia Strega dell’Ovest’. Mentre il mio personaggio era totalmente immerso nel ruolo di beniamina del popolo, Elphaba incontrava la sorella, diventata la Malvagia Strega dell’Est. Mi gustai lo svolgersi della storia, soddisfatta, sapendo che il mio personaggio sarebbe entrato in scena solo per pochi istanti, verso il termine della vicenda.
Cantammo insieme ‘For Good’, ripercorrendo tutte le emozioni che, ogni volta, quella canzone mi faceva provare. Guardai ancora verso la direzione di Katie e, senza riuscire a vederla, provai ad immaginare il suo sguardo fiero ed orgoglioso, per me. O almeno, lo speravo.
La canzone terminò ed Elphaba decise di affrontare i cacciatori di streghe, venendo uccisa da Dorothy con dell’acqua.
La folla festeggiò a gran voce la morte della Strega cattiva, mentre io piangevo per la mia perdita.
La rappresentazione terminò con la scena al castello, in cui Fiyero, divenuto uno Spaventapasseri, aprì una botola nascosta da dove uscì Elphaba, illesa. Il loro piano aveva funzionato ed ora erano liberi di ricominciare a vivere lontano da Oz, anche se non poterono mai dire la verità a Glinda.
Le luci si spensero, mentre partivano gli applausi di tutto il pubblico. Seicento persone ci stavano applaudendo. Un sogno. Andammo tutti sul palco a ricevere i complimenti, commossi.
Uscii di scena poco dopo, asciugandomi qualche lacrima di felicità.
 
 
 
KATHERINE MCGRATH POV
 
Ci alzammo applaudendo forte, Melissa era stata bravissima! Durante lo spettacolo avevo provato un sacco di emozioni. La bravura della mia ragazza mi aveva lasciata senza parole. Era ancora meglio di quanto pensassi. Aveva superato tutti i suoi limiti, aveva dato il meglio di sé, ed io lo sapevo bene, avendola seguita passo dopo passo nel suo percorso in salita. Non potevo che essere fiera di ciò che era riuscita a trasmettere a tutti noi. Ebbi gli occhi lucidi per tutto il tempo.
Col cuore colmo di gioia, mandai Nathan a prendere i fiori per Melissa, che avevo lasciato in macchina. Il ragazzino tornò dopo poco e, tutti e tre insieme, ci dirigemmo verso il dietro le quinte. Maddie, per tutta la durata dello spettacolo, aveva continuato a ripetere quanto fosse brava Melissa e, soprattutto, bella.
Mentre salivo degli scalini, la vidi. Mi stava venendo incontro con il suo solito sorriso raggiante e soddisfatto, gli occhi lucidi per l’emozione e la sorpresa di vedermi lì con dei fiori tutti per lei.
La mia attenzione fu, per un attimo, attirata da un uomo in giacca e cravatta, non molto distante da me, che continuava a fissare la mia ragazza. Mi sembrò di averlo già visto da qualche parte. Forse in qualche audizione?
Ovviamente non ci pensai più di tanto e mi fiondai su Melissa. La strinsi con tutta me stessa, cercando di trasmetterle le sensazioni che aveva provocato in me. Le lasciai un dolce bacio e la presi per mano, continuando a complimentarmi con lei. I ragazzi le saltarono addosso dalla gioia, quasi urlando.
Infine, decidemmo di tornare a casa per continuare i festeggiamenti. 
 




NOTE:
Ecco il capitolo! Finalmente abbiamo visto anche lo spettacolo di Melissa. Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione o un messaggio di fumo :'D
Volevo avvisarvi che il prossimo capitolo è l'ultimo, così non avete attacchi di cuore.
A presto, booyah!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***




Cinque anni dopo
 
 
MELISSA BENOIST POV
 
Feci il mio ingresso con Katie, mano nella mano, mentre Ellen DeGeneres ci chiamava, all’interno dello studio. Il pubblico scoppiò in forti applausi e fischi, mentre ci avvicinavamo alla conduttrice. La baciammo entrambe sulla guancia e ci accomodammo sul divanetto di pelle bianca. Mi sistemai il vestito color crema, mentre accavallavo le gambe. Ero estasiata.
“Benvenute! Sono davvero emozionata di incontrarvi perché vi conosco molto bene e, per me, è davvero importante invitare nel mio programma e presentare al mio pubblico coppie meravigliose come voi.” spiegò Ellen, gesticolando e appoggiandosi allo schienale della sua poltrona.
La ringraziammo imbarazzate. Non era la prima volta che venivamo invitate in uno show, ma per noi, Ellen era un mito.
“Quindi, mi hanno praticamente invaso di tweet con domande da farvi. Ho già fatto eliminare quelle inutili, tipo chi va tra le due a fare la spesa.” ammiccò.
Scoppiammo a ridere. “Beh, se vi interessa, ci andiamo insieme.” ammise Katie, sorridendomi dolcemente.
“Oh, Dio, mi fate venire il diabete.” arricciò il naso la conduttrice, scherzandoci. “Qualcuno dice che state insieme da quando vi siete conosciute sul set di Heroes & Villains.”
“In realtà, eravamo una coppia già da molto prima. Ero la tata dei suoi nipoti!” esclamai, ricordando con emozione tutti quei momenti.
Ellen alzò le sopracciglia: “Davvero?”
“Sì, e se devo essere sincera Katie non era molto carina con me.”
Katie ridacchiò, tirandomi una gomitata. “E dai, Mel, non raccontare tutto.”
“Mi ha letteralmente buttata fuori di casa la prima volta che ci siamo incontrate!” continuai a rivolgermi ad Ellen, ignorando la mia ragazza.
Ellen scoppiò a ridere, incredula.
“E sono già passati cinque anni.” disse Katie, passandosi una mano tra i capelli. Quanto era bella. Dopo cinque anni, non finivo ancora di stupirmi del suo ineffabile fascino.
“Cinque anni.” ripeté Ellen. “Ed ora siete qui! Ho saputo che settimana prossima sarete in Colorado per il grande ‘sì’!”
Annuimmo entrambe, arrossendo. Presto ci saremmo sposate, nella stessa chiesa in cui si era sposata mia madre. Mi rendeva incredibilmente fiera sapere che stavo diventando una McGrath e che lei sarebbe diventata una Benoist.
“Come siete finite da tata e datrice di lavoro a colleghe sul set?” ci chiese curiosa.
“Melissa stava frequentando dei corsi di recitazione a quel tempo; era al secondo anno su tre. Nello spettacolo di quell’anno, che rappresentarono allo Stanley Theatre, era la protagonista. Un produttore che conoscevo l’ha notata e ha deciso di proporci un contratto per la serie tv Heroes & Villains.” spiegò Katie, con calma.
Presi il discorso: “Ma non potevamo accettare. Katie aveva un altro film da portare a termine in quel momento ed io avevo l’ultimo anno di corso da concludere.”
“Quindi come avete fatto?” chiese Ellen, con un enorme sorriso sulle labbra.
“Ci ha spiegato che il progetto sarebbe iniziato l’anno successivo, così accettammo.” aggiunse Katie.
Ellen annuì. “Adesso interpretate, da ben tre stagioni, una supereroina e una super cattiva. Cosa potete dirci di più?”
“Le protagoniste sono entrambe CEO di due aziende rivali e, in segreto, sono rivali pure sul campo di battaglia. Si odiano davvero tanto e continuano a mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda, anche se, quando un terzo incomodo si intromette per eliminare una delle due, l’altra fa il possibile per aiutarla. Hanno una relazione complicata.” spiegò Katie, col sorriso sulle labbra.
“…che voi non avete! Siete davvero in sintonia! Ma chi, per prima, si è inginocchiata a chiedere la mano dell’altra?”
“Assolutamente Katie. Non perché io non ci avessi mai pensato ma perché lei ha i suoi tempi e non mi è mai piaciuto affrettarla.” spiegai, ricordando quanto ci aveva messo prima di baciarmi. Si era dovuta addirittura ingelosire per arrivare a compiere quel gesto.
Katie annuì, concordando con me.
“Anche i vostri personaggi flirtano, soprattutto tu, Katie.” ci sorrise Ellen.
“Sì, io interpreto la cattiva ed il mio compito è anche quello di infastidire il più possibile la supereroina. E cosa c’è di meglio che flirtare? I fan le adorano insieme, hanno pure dato un nome alla ship, ci sono fan art, fanfiction... Sono davvero orgogliosa del mio lavoro!”
“Spero davvero che i produttori decideranno di metterle insieme!” mi intromisi, speranzosa.
Ellen annuì, annunciando il termine della puntata. “E me lo auguro anch’io! Tutti vorrebbero continuare a sognare con due fanciulle belle come voi! Beh, non ci resta che continuare a guardare! Heroes & Villains, trasmesso lunedì sera su The CW! Grazie ragazze!”
Le telecamere si spensero e ringraziammo Ellen, abbracciandola, per l’invito.
Uscimmo degli studios velocemente; Nathan ci stava aspettando in macchina.
 
 
 
KATHERINE MCGRATH POV
 
“Ehi ragazzone!” lo salutai, scompigliandogli i capelli mentre partiva sfrecciante. Nathan era diventato ormai un ragazzo sicuro di sé e bellissimo, proprio come suo padre. Osservai il suo profilo notando quanto si assomigliassero. Ero davvero fiera di lui.
“Stasera a cena c’è Chris.” ci comunicò, rosso in viso.
“Va bene, tesoro. Come va tra di voi?” gli chiesi curiosa.
Nathan, sempre più imbarazzato, fece una brusca sterzata. “Forse è meglio chiederlo quando siamo arrivate a casa sane e salve, amore.” Melissa si voltò verso di me, scossa.
 
 
Preparammo -o meglio dire, Melissa preparò- le lasagne, apparecchiando la tavola per un posto in più. In seguito, ci sedemmo tutti, felici.
Mi guardai attorno, osservando la mia piccola famiglia.
Maddie, che stava letteralmente sbranando le lasagne, quest’anno avrebbe compiuto dodici anni. Era sempre la forza della natura della famiglia, fissata con i cani e le macchine, tanto che ogni anno, per Natale, se ne faceva regalare una da Melissa.
Nathan, ormai quasi vent’enne, stava scherzando imbarazzato con Chris, il suo ragazzo. Da qualche anno giocava ad hockey sul ghiaccio, con passione, ed aveva decisamente messo la testa apposto. Niente più fughe, niente più capricci o dispetti. Aveva imparato a convivere col dolore della sua perdita, tramutandolo in ricordi felici sui suoi genitori. Era amato, rispettato ed era sempre disponibile ad aiutare gli altri, qualità che di sicuro aveva imparato da Melissa.
Sean McGrath sarebbe stato davvero fiero di lui.
Mi voltai verso la mia anima gemella, alla mia sinistra e le strinsi la mano, sopra il tavolo. La osservai, mentre si riempiva la bocca di lasagne.
Melissa Benoist era stata in grado di rendermi felice come mai nessuno ci era riuscito. Mi aveva letteralmente salvata e rimessa in piedi, mi aveva resa pronta ad affrontare il resto della mia vita a testa alta. Non più da sola, ma con lei.
Era il sole delle nostre vite, ci aveva portato luce e speranza.
Ed ora stavamo per sposarci. Mi sentivo la donna più fortunata del mondo.
Melissa si voltò, sentendosi osservata. Deglutì il boccone e mi sorrise. Presi un tovagliolo e le pulii la punta del naso dove le era rimasto un po’ di sugo.
La guardai sorridendo, e mi avvicinai al suo orecchio.
“Ti amo, Signora Benoist-McGrath.” le accarezzai il viso mentre diventava rossa. Quando avrebbe smesso di imbarazzarsi? Forse mai.
Mi strinse forte la mano, avvicinandosi al mio viso e baciandomi teneramente.
“Ti amo anche io, Signora McGrath-Benoist.”
“Prendetevi tutti una stanza!” urlò Maddie, stufa di essere circondata da coppiette felici.
Scoppiammo a ridere, e mi sentii finalmente a casa ed al sicuro.
 
 
Questa storia non termina con un ‘vissero per sempre felici e contente’.
La nostra storia è senza fine, perché il vero amore, non ha fine.
 
 
 
 
 
 
NOTE:
 
Eccoci arrivati alla fine, confesso che mi sono davvero commossa a scrivere il finale e in qualche modo a dire addio a questi personaggi fantastici.
Volevo davvero ringraziarvi tantissimo per tutto il vostro supporto, le vostre recensioni e l'amore che avete dato a questi personaggi.
Davvero, grazie mille!
Ci vedremo presto con la prossima storia! :)

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