Magic Edoras

di Eden891
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                            Prologo.

 

 

Vi ricordate di Edoras? La fantastica dimensione parallela in cui esiste un altro voi stesso?

Si era convinti che tale dimensione sarebbe per sempre rimasta tale, viva e fiorente ma i suoi abitanti non potevano sapere quanto tale convinzione fosse sbagliata.

“Edith dobbiamo fare presto! Il re sta venendo per ucciderli!”esclamo Tiana una donna alta bellissima a capo degli unici maghi che esistevano in quella dimensione.

Edoras era un luogo privo di magia, essa era cosa rara e preziosa e solo a pochi eletti era concesso di averla.

Questi esseri fantastici, questi maghi cooperavano con il popolo per creare Lacrime ed altri oggetti che potessero far utilizzare la magia a chi non la possedeva.

Tutto stava andando a meraviglia, ma il sovrano di quelle terre iniziò a temere il potere dei maghi.

Nella sua mente oscura e deformata dalla paura quegli esseri straordinari che volevano solamente vivere in pace, stavano cospirando per spodestarlo da un trono che, in verità, non gli apparteneva.

Così utilizzando proprio gli oggetti magici creati da loro, costruì una macchina in grado di assorbire i poteri dei maghi, per distruggere la loro minaccia una volta per tutte.

Una volta compreso ciò che il loro sovrano era intenzionato a fare, i pochi maghi rimasti in vita si riunirono per trarre in salvo i loro più preziosi tesori.

Uno di questi piangeva senza sosta in braccio ad Edith che stava ultimando l'apertura di un portale dimensionale che li avrebbe fatti fuggire da quel luogo oscuro e corrotto.

“Non piangere piccola mia, dove andrai sarai al sicuro fino a che non sarai pronta a tornare per liberare queste terre!” sussurrò Edith mettendo al collo della bambina che teneva in braccio, un ciondolo a forma di stella con inciso i nome della piccola.

L'addio ai loro piccoli fu straziante poiché sapevano che non sarebbero vissuti abbastanza per vederli di nuovo e lacrime amare solcarono gli occhi di tutti di loro mentre lasciavano cadere i bambini nel portale affidando il loro destino ad un mondo che non conoscevano.

Asciugandosi le lacrime, i maghi chiusero il portale giusto qualche secondo prima che un manipolo di guardie irrompesse nel rifugio.

I maghi combatterono con tutte le loro forze, ma quei soldati sembravano non avere mai fine e fu solo quando questi ultimi li arrestarono che il re fece la sua comparsa avvicinandosi ad Edith con un sorriso trionfante dipinto sul volto, il sorriso di chi sa di aver vinto.

“Mi duole vederti in manette mia dolcissima Edith” disse mellifluo il re sfiorando una ciocca dei capelli corvini di lei e portandosela al naso per annusarne il profumo.

Edith grugnì disgustata prima di rispondere.

“Allora liberatemi”

“Non ci penso minimamente!Tu sarai mia che ti piaccia o no e i tuoi amici moriranno tra atroci sofferenze!”rispose il re scatenando l'ira di tutti i maghi presenti che però, per quanto ci provassero non riuscirono a liberarsi.

“Hahaha, siete un vero spasso ragazzi! Portateli via e scortate Edith nella torre ovest dove imparerà a compiacermi!”affermò il re.

“Piuttosto la morte!”rispose Edith, adirata.

“Tranquilla, amore, se non mi ubbidisci sarai presto accontentata!” ringhiò il re che poi prese il volto di lei tra le mani per poterla guardare in quegli occhi dorati che da subito l'avevano colpito.

“Dove sono, Edith? Dove li avete nascosti? “ chiese il re ottenendo solo uno sguardo spavaldo dalla sua interlocutrice cosa che lo fece infuriare come non mai.

Preso dalla rabbia diede ad Edith uno schiaffo talmente forte da farla vacillare tra le braccia del soldato che la teneva ferma, ma il suo sorriso non scomparve.

“Puoi picchiarmi dalla mattina alla sera, ma non li troverai mai!”

“Avete creato un portale, non è così?” intuì il re e dal sorriso di lei capì che ci aveva visto giusto.

Torturarla per sapere dove fossero era inutile, nessuno sapeva dove conducevano i portali dimensionali.

“Portatela via, prima che la uccida!” disse il re frustato che appena fu solo prese a pugni il muro che aveva dietro di se.

“Per il momento siete salvi mocciosi,ma se tornerete io vi ucciderò!”ringhiò risoluto, prima di tornare al suo castello.

 

 

Vent'anni dopo, continente di Fiore, città di Crocus...

 

Era in ritardo.

Il primo giorno di lezione, quella dannatissima sveglia aveva deciso di non suonare.

Carhan Loster, anni venti e studentessa universitaria al secondo anno di Medicina e Chirurgia, stava correndo a rotta di collo verso l'università, mentre legava i suoi capelli neri come la notte in un' alta coda di cavallo, il ciondolo a forma di stella che non si toglieva mai, dondolava a destra e a sinistra a ritmo dei suoi passi

Se avesse fatto tardi, il professore non l'avrebbe nemmeno fatta entrare in aula e poi chi la sentiva sua zia?

Era sempre stata un'inguaribile ritardataria ma non era più al liceo, all'università con obbligo di frequenza, il ritardo era un lusso che non poteva più permettersi.

Mentre correva, però, qualcosa, una sorta di brutto presentimento le fece sollevare lo sguardo dorato verso il cielo.

Fu un attimo, la durata di un battito di ciglia ma per un'istante le parve di scorgere una deformazione, una sorta di spaccatura nel cielo.

Scosse la testa, si stropicciò gli occhi e osservò di nuovo.

Niente, calma piatta, la solita infinita e noiosa distesa di azzurro.

Dandosi mentalmente della cretina, ricominciò a correre più veloce di prima, sperando di arrivare in tempo, anche se quella strana sensazione di disagio non se n'era andata.

 

***

 

Note dell'autore: Ciao a tutti! Dunque, per chi di voi era già a conoscenza di questa storia, no non state avendo un dejavù XD La verità è che poco tempo fa mi sono trovata a rileggere la precedente versione di Magic Edoras e mi è venuta l'orticaria.

Per quanto la trama iniziale ancora mi piaccia, non mi piaceva come l'avevo svolta, ne come l'avevo presentata, perciò eccomi qui a scriverla nuovamente .

Sono aperte le iscrizioni per gli OC si necessita di tre ragazze e quattro ragazzi, ma se gli OC che mi arrivano dovessero mostrarsi interessanti potrei anche aumentare il numero =) Se siete interessati a partecipare, lasciate una vostra recensione in cui specificate il sesso dell'OC e il potere che desiderate che abbia (tutti tranne il potere dell'aria XD) ed io in risposta vi manderò la scheda OC da compilare.

Cosa molto importante! Se mandate il vostro OC, qualora venisse accettato dovrete essere partecipi di questa storia, ovvero dovrete farmi presente, con recensioni o messaggi privati, se la storia vi sta piacendo e soprattutto se il vostro OC sta venendo descritto al meglio, in modo che possa fare un buon lavoro. Scusate ma su questo punto non transigo, dovete essere assolutamente sinceri in merito.

Detto questo, aspetto i vostri OC =)

Un abbraccio

Eden 891

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


                                         Capitolo 1

 

Sorridere e servire, servire e sorridere, questo era il compito che Shoichi Inuzuki, anni ventidue, doveva svolgere tutti i giorni, nella caffetteria dove era dipendente e non poteva capitargli mansione più inadeguata alla sua persona di quella.
“Sho, m’imbocchi?” disse la cliente bionda del tavolo due, una delle tante, bionda, ricca, avvenente e viziata figlia di papà,rappresentante l’ottanta per cento delle clienti abituali di quel posto.
Shoichi trattenne una smorfia di evidente disgusto che stava certamente per affiorare sul suo viso, come ogni volta che le sue clienti domandavano servizi che, a differenza dei suoi colleghi dediti alla professione, non era incline a concedere.
Nonostante ciò tirò gli angoli delle labbra in un sorriso falso come un  occhio di vetro ma che, come sempre, colpiva e lasciava il segno su quelle ragazze che tornavano ogni mattina solo per lui.
Per questo era stato assunto.
Quella era una caffetteria in stile inglese, studiata per ricevere prevalentemente clientela femminile, infatti i camerieri erano tutti ragazzi ed il locale era una rappresentazione perfetta delle sale da tè in cui le nobildonne si perdevano in frivole chiacchiere pomeridiane, con il suo mobilio in stile antico e caldi colori tenui a decorarlo.
“Certamente, Milady”disse il ragazzo prendendo delicatamente la forchetta da dolce, sulla quale era appoggiato un pezzetto di una torta alla crema dall’aria squisita, e portandola alla bocca della cliente che arrossì fino alla punta dei capelli dopo che ebbe mangiato il buonissimo dolce.
Mentre il locale intero elargiva commenti di varia natura su Shoichi, quest’ultimo guardò l’orologio appeso al muro, aprendosi in un sorriso sincero e autentico, constatando due cose.
La prima era che il suo turno lavorativo stava giungendo al termine, in quanto quel giorno lavorava solamente tre ore al mattino, la seconda era che lei era terribilmente in ritardo e si era persa lo spettacolo appena avvenuto per il quale lo prendeva in giro ogni giorno, tutti i giorni, perché quella stessa cliente gli chiedeva ogni volta la medesima prestazione e Carhan piombava nel locale ogni mattina solo per gustarsi la scena e ridere a crepapelle per l’evidente prova d’attore che Shoichi era costretto a compiere.
Alle nove precise, si dileguò negli spogliatoi, ma prima di andarsene prese un cornetto al cioccolato bianco dal bancone.
Sicuramente, visto il ritardo, quella ragazza senz’altro non aveva fatto colazione.
                                                                      *
Carhan correva più velocemente che poteva, cercando il più possibile di evitare di utilizzare il suo potere per non arrivare a lezione più stanca del previsto.
Avendo il controllo dell’aria, Carhan era in grado di levitare e di aumentare la sua velocità ma ciò richiedeva una concentrazione che non sarebbe mai riuscita ad ottenere in quel momento.
Non solo era in ritardo per le lezioni e per il discorso del preside, ma anche per il suo favoloso spettacolo mattutino, che mai si perdeva.
Accelerò ulteriormente ma quando vide la sagoma di Shoichi in lontananza, appoggiato alla sua moto che la stava aspettando, capì di essere arrivata troppo tardi.
Accidenti a lei e alla sua sveglia che aveva deciso di non suonare.
Si fermò a due passi da lui, il respiro affannato, con un a voglia incontrollabile di far sparire quel ghigno soddisfatto dal viso pressoché perfetto del suo migliore amico.
“Sei arrivata tardi! Quanto mi dispiace” asserì Shoichi sarcastico.
“E’ colpa della sveglia! Non ho nemmeno fatto colazione per arrivare in tempo…non potresti prolungare il tuo turno?” chiese Carhan .
C’erano poche cose a Crocus capaci di destare nella corvina un interesse sincero e Shoichi continuava a chiedersi cosa mai avesse fatto di male nella vita per far si che una di queste poche cose fosse proprio il modo in cui lui era obbligato a comportarsi con le clienti del Cafè.
“Scordatelo! E Comunque dobbiamo sbrigarci se vuoi arrivare in tempo alle lezioni, inoltre io ho da fare, perciò datti una mossa!” disse lui lanciandole il casco e un sacchetto contenente un cornetto appena sfornato.
“prima che tu me lo chieda, si, è al cioccolato bianco, proprio come piace a te! Lo mangerai al Campus visto che adesso non c’è tempo!”aggiunse Shoichi facendo sorridere Carhan.
Loro due si conoscevano da quando avevano imparato a camminare essendo vicini di casa ed avendo solo due anni di differenza, e alla corvina venne da ridere pensando che, per i primi anni della loro vita si erano palesemente ignorati a vicenda.
Si conoscevano, prendevano lo stesso autobus per andare a scuola, seguivano gli stessi corsi per perfezionare la magia, ma non si erano mai piaciuti, anzi, quando si parlavano ogni scusa era buona per manifestare in modo sarcastico e sottile il loro disprezzo reciproco.
Poi un giorno, tutto cambiò.
Carhan frequentava la seconda media e le fattezze tipiche dell’infanzia l’avevano abbandonata per far spazio a lineamenti fini e delicati che l’avevano resa una ragazza bella ed intrigante agli occhi di molti, al punto che era stata presa di mira da un gruppo di ragazzi più grandi.
Erano ossessionati da lei a tal punto che, un pomeriggio le tagliarono la fuga bloccandola in un vicolo e per quanto Carhan potesse essere forte e lottare era pur sempre una ragazza contro svariati ragazzi che erano quasi il doppio di lei.
Se non fosse arrivato Shoichi,probabilmente sarebbe finita molto male e da quel giorno il disprezzo si era trasformato in stima reciproca.
Carhan aveva scoperto che Shoichi era una brava persona a dispetto delle apparenze e Shoichi aveva capito che Carhan non era la mocciosa viziata ed infantile che credeva.
“se non ti muovi, ti lascio qui”disse poi il ragazzo svegliando Carhan dai suoi pensieri.
“Arrivo!” rispose lei infilando il casco e salendo dietro di lui sulla moto tra i vari commenti maligni delle ragazze che passavano da li, che avrebbero desiderato essere al posto di Carhan, commenti a cui Shoichi non prestava più orecchio da anni.
Dopo che l’aveva aiutata con quei teppisti, aveva scoperto di avere molte cose in comune con Carhan, incluso il fatto che entrambi erano stati adottati.
Tra loro c’era solamente una profonda amicizia, niente a che vedere quindi con il romantico sentimento che tutti in città erano convinti fosse sbocciato tra loro, ma Shoichi aveva chiesto a Carhan di non smentire la cosa.
Il fatto che tutte le rompiscatole della città, comprese le sue altezzosissime clienti, lo credessero fidanzato, impediva loro di stargli alle costole anche dopo il lavoro, quando voleva solo essere lasciato in pace per poter andare a svolgere l’altro lavoro, un impiego di cui nemmeno Carhan, che sapeva tutto di lui, era a conoscenza.
Un impiego dove il suo potenziale magico era decisamente sfruttato appieno.
Distrattamente, il ragazzo si chiese cosa avrebbe pensato Carhan se fosse venuta a sapere cosa effettivamente lui faceva per vivere e come effettivamente utilizzasse il suo potere.
La sua amica era molto intelligente e più di una volta Shoichi ebbe il timore che potesse scoprire qualcosa di troppo, ma per sua fortuna la perspicacia di Carhan andava a farsi friggere se si trattava dei suoi amici.
Shoichi, nel suo profondo, si sentiva in colpa per quella fiducia assoluta che stava tradendo con quel suo segreto.
Mise il casco, coprendo i suoi particolarissimi capelli biondi dalle punte verdi ed abbassò la visiera a protezione dei suoi occhi verde smeraldo.
Arrivarono al campus molto in fretta, ma non abbastanza da evitare a Carhan uno sguardo assassino proveniente dalla sua migliore amica.
 “Di un po’, ti sembra questa l’ora di arrivare Cary?” disse Faye Corona, anni venti, spostando all’indietro i suoi capelli azzurro cielo e puntando i suoi occhi blu profondo in quelli dorati dell’amica, prima di lanciarle una bolla d’acqua che l’avrebbe inzuppata dalla testa ai piedi, se Carhan non fosse stata tanto veloce da crearsi attorno una barriera di vento.
“Su Faye non ti arrabbiare..sono arrivata no? Piuttosto sbrighiamoci, dobbiamo passare in segreteria!”disse Carhan voltandosi poi verso Shoichi per ringraziarlo del passaggio e soltanto allora Faye si accorse di lui, arrossendo come mai prima in vita sua per la figura poco signorile appena fatta.
“Di niente Cary, tanto devo sistemare una faccenda nella facoltà d’ingegneria.. E’ stato un piacere rivederti Faye” disse il ragazzo vagamente divertito, prima di avviarsi alla facoltà d’ Ingegneria.
                                                                      *
“Scusa Faye, pensavo l’avessi visto” disse Carhan trattenendo una risata sapendo che l’amica, per carattere, non si sarebbe mai volontariamente esposta così tanto di fronte ad un ragazzo che conosceva così poco.
Carhan aveva presentato Faye a Shoichi solo qualche settimana prima, quando l’amica era andata a casa sua ad informarla che le lezioni sarebbero iniziate un giorno prima del previsto e, naturalmente, come ogni esemplare di sesso femminile esistente, anche Faye si era fatta intimidire dalla bella presenza del suo amico d’infanzia.
“No che non l’avevo visto!”  rispose l’azzurra imbarazzata oltre ogni dire.
Perché proprio davanti a Shoichi doveva tirare fuori quella parte di sé che riservava solamente agli amici più cari che ben la conoscevano e che quindi mai l’avrebbero giudicata?
“Non è che Sho in realtà ti piace?”chiese Carhan maliziosa divertendosi un sacco a vedere la sua amica mentre annaspava alla ricerca di una risposta coerente.
“Niente affatto! E ora sbrighiamoci, è tardi e se mio padre non ci vedrà nell’auditorium tra un quarto d’ora saranno guai!”affermò Faye infine cambiando abilmente discorso e facendo ridere la sua amica.
Carhan sapeva che era impossibile che Faye nutrisse sentimenti profondi nei confronti di Shoichi, dopotutto si erano parlati solo un paio di volte, ma era consapevole che il suo amico l’aveva parecchio colpita, fisicamente parlando e stuzzicarla per far uscire il suo vero io era sempre un piacere.
Faye era una ragazza molto dolce ed educata che aborriva ogni tipo di violenza, infatti durante gli allenamenti fatti insieme per migliorare le tecniche magiche, Faye stava sempre nelle retrovie facendo da supporto, senza mai attaccare direttamente se non quando vi era costretta.
Dietro a questa facciata però si nascondeva una Faye principesca che pretendeva tutto e subito,frutto della vita agiata e ricca di privilegi che aveva sempre avuto e come principessa in tutto e per tutto credeva e sognava un bel principe azzurro fatto apposta per lei.
A causa della sua timidezza iniziale e della costante indecisione per ogni minima questione, l’azzurra non aveva molti amici, ma Carhan la adorava e sperava che anche altri vedessero la bellezza autentica che si celava dietro il corpo perfetto di Faye.
Le ragazze arrivarono in segreteria e la segretaria, non appena vide Faye le fece accomodare all’interno dell’ufficio facendo saltare loro la fila senza che gli studenti se ne accorgessero.
L’azzurra studentessa di storia e lingue antiche era infatti la figlia del rettore dell’università e sebbene solitamente non approfittasse di tale condizione, quel giorno era in tremendo ritardo perciò prese Carhan per mano ed entrò nell’ufficio.
“Dovremmo fare la fila come tutti, Faye” osservò Carhan, visibilmente a disagio all’interno di quell’angusto ufficio, mentre gli altri studenti aspettavano pazientemente il loro turno.
“Lo so, ma dato che la colpa del ritardo è interamente tua, metti da parte il tuo smisurato senso della giustizia e approfitta dei miei privilegi per oggi”rispose Faye, rivolgendosi poi con un sorriso alla segretaria che si apprestò a consegnare loro il libretto e il tesserino universitario.
Stavano per chiederle anche la mappa con l’orario dei corsi e le aule, ma la loro richiesta venne interrotta dal trambusto senza precedenti che udirono fuori dall’abitacolo.
Era causato senza dubbio da una lite , in cui la voce profonda e cavernosa di un ragazzo si elevava al di sopra delle altre senza sforzo.
“Che accidenti sta succedendo?” si chiese la smunta ed insignificante segretaria aggiustandosi gli occhiali sul naso e lisciando la sua anonima gomma marrone mentre si alzava, per andare allo sportello dalla sua collega in evidente difficoltà.
Faye e Carhan corsero fuori, passando accanto ad alcune scartoffie impolverate ed impilate l’una sull’altra che minacciavano di crollare solo guardandole, e si trovarono davanti svariati studenti dell’università che inveivano furiosamente contro un ragazzo che le due non avevano mai visto.
“Rispetta la fila come tutti!” dicevano mentre il ragazzo li guardava dall’alto in basso, un ghigno sprezzante e sardonico dipinto su un viso dai tratti forti e marcati che Carhan e Faye non poterono evitare di osservare.
Era alto, decisamente più alto dei loro compagni,i muscoli erano ben evidenti al di sotto dei vestiti.
I capelli erano corti, rosso sangue, dal taglio ribelle ed alcuni ciuffi scendevano sulla fronte dinnanzi a due occhi dorati freddi ed inespressivi che osservavano gli studenti come se fossero insetti fastidiosi messi li ad intralciare il suo cammino.
“Non ho tempo per stare ad aspettare che voi nullità finiate di sistemare le vostre pratiche..ho del lavoro da sbrigare io! Quindi le cose sono due. O mi fate passare senza discutere oppure vi ritroverete a rantolare per terra in preda al dolore” disse Caius Mordred, anni ventidue, mentre procedeva senza più intoppi verso la segreteria.
Aveva frequentato quell’università due anni fa, nella facoltà di meccanica solo ed esclusivamente per onorare la memoria del suo defunto nonno, ma non aveva funzionato e si era ritirato dopo il primo semestre.
Credeva di aver chiuso per sempre con quel posto pieno di figli di papà, ma qualche giorno prima il rettore in persona l’aveva contattato dicendogli che doveva restituire libretto e tesserino altrimenti sarebbe incorso in una salatissima multa che non aveva la minima intenzione di pagare.
Quel posto gli aveva causato solo grosse seccature.
Stava per raggiungere lo sportello ma all’improvviso la strada gli fu sbarrata.
Abbassò lo sguardo per vedere chi, tra i mammalucchi di poco prima, avesse un così forte desiderio di morte e rimase non poco sorpreso nel constatare che si trattava di una ragazza.
Era bella,concesse, portava i capelli corvini raccolti in una coda di cavallo e gli occhi dorati, così simili ai suoi, scintillavano di rabbia.
“Spostati mocciosa!” disse lui sprezzante.
“Torna in fila, bifolco!” si sentì dire da lei e quella risposta impertinente fece si che il suo ghigno si allargasse ancora di più.
Si vedeva da subito che quella mocciosa aveva un bel caratterino e Caius pensò che, se avesse avuto del tempo, non sarebbe stato male divertirsi a domare quella piccola bisbetica.
Certe bimbette viziate dovevano imparare che il mondo non era gentile e cortese solo perché erano donne.

Ma chi si credeva di essere quell’energumeno per trattare così le persone? Certi individui, per Carhan, rappresentavano quella parte di società che lei avrebbe volentieri fatto internare e costretto ai lavori forzati sino a quando non avessero imparato l’educazione.
Per tale ragione era piombata di fronte a lui come una furia ignorando Faye che la supplicava di non immischiarsi.
Nonostante le innumerevoli volte in cui il suo carattere avventato l’aveva condotta nei guai più neri, Carhan non poteva evitare di dire la sua ai prepotenti come quello che aveva di fronte.
Caius era indispettito ma anche vagamente divertito da quella mocciosa, il cui coraggio nonostante tutto era evidente, ma davvero non poteva sopportare che una ragazzina lo contestasse in quel modo passandola liscia, quindi le si avvicinò in due falcate afferrandole la coda di cavallo e facendola aderire brutalmente al muro.
“Carhan!!!” urlò un’altra ragazza che certamente era amica della mocciosa che aveva tra le mani e che stava correndo verso di loro.
“Va tutto bene Faye!” disse la corvina, fermando la corsa dell’altra che però aveva tra le mani una bolla d’acqua, pronta a scagliarla in qualsiasi momento.
Carhan, o così l’avevano chiamata, continuava nonostante tutto a fissarlo con astio e sfida.
“Prima di riconsegnare il tutto in segreteria, il libretto va fatto firmare dal rettore. Quindi tutto il casino che hai fatto è stato perfettamente inutile! Dovrai aspettare che il rettore finisca il suo discorso nell’auditorium” disse la ragazza, osservando compiaciuta l’irritazione farsi strada sul volto di quel ragazzo.
Quello era un inconveniente che Caius non si era aspettato e che rischiava di mandar a monte il suo lavoro di quel giorno.
Frustrato osservò ancora la ragazza che aveva di fronte, decidendo che quella mocciosa meritava una lezione per la sua sfacciataggine.
“Hai avuto un bel coraggio, mocciosetta, ma fossi in te non lascerei scoperto il collo così alla leggera” disse lui.
Carhan lo guardò confusa senza comprendere cosa volesse dire, fino a quando non lo vide abbassare la testa e sentì le labbra e la lingua di lui sul collo in corrispondenza della giugulare.
Quando lo sentì succhiare avidamente, una scarica di brividi le percorse la schiena per tutta la sua lunghezza.
Rimase così sconcertata dalla cosa che inizialmente non reagì ma fu questione di un attimo.
“Lo sai mocciosa? Hai davvero un buon sapore” disse lui e fu allora che Carhan si rese conto di ciò che lui aveva appena fatto sentendo montare in lei una rabbia senza precedenti.
Richiamò a sé il vento e lo scagliò contro di lui che sarebbe finito contro il muro se i suoi riflessi non l’avessero portato ad utilizzare il pavimento per frenare il volo.
Osservò quella ragazza ghignando maligno, vedendola rossa fino alla punta dei piedi per la rabbia e l’imbarazzo mentre la sua amica e tutti gli altri si portavano accanto a lei a fronteggiare lui.
Poco male, pensò Caius, li avrebbe buttati giù tutti come birilli.
Era da tempo che non menava le mani come si deve e non vedeva l’ora di farlo.
Ma proprio in quel momento, una figura femminile vestita da inserviente passò in mezzo a loro interrompendoli e piazzandosi proprio di fronte a Caius.
“Il rettore non ha ancora iniziato il suo discorso, perciò, visto che hai tanta fretta perché non vai a vedere se riesci a beccarlo prima che inizi?!” disse la ragazza scuotendo i suoi capelli rossi abbelliti da ciocche nere.
La divisa da inserviente era diversa dalle altre, era aderente e scollata fatta apposta per mettere in mostra le curve della ragazza dagli occhi azzurro cielo e dalle sopracciglia tatuate
Caius avrebbe volentieri cambiato i connotati a chiunque li dentro, compresa quella donna delle pulizie dalla divisa anomala e troppo scollata, ma andava davvero di corsa così con un’espressione di evidente disgusto se ne andò riservando a Carhan la sua ultima occhiata sprezzante.
“Che individuo problematico” asserì Destiny Sammaeth, anni ventidue, voltandosi verso Faye e Carhan mentre gli altri si disperdevano.
“Lo conosci Destiny?” chiese Faye.
“Solo di fama. Si chiama Caius Mordred e frequentava la facoltà di meccanica due anni fa, si è ritirato praticamente subito” disse lei per poi poggiare lo sguardo su Carhan mentre si umettava le labbra in un gesto che ripeteva molto spesso nel corso della giornata.
“Fossi in te nasconderei quel succhiotto prima di entrare nell’auditorium Carhan” disse infine Destiny prima di tornare alle sue faccende ancheggiando.
Destiny era una bellissima ragazza dagli occhi angelici in perfetto contrasto con i piercing al labbro inferiore e con il colore dei suoi capelli non proprio tipici di un angelo.
Carhan e Faye si erano chieste spesso come mai una ragazza così giovane e bella facesse l’inserviente nell’università anziché studiarci ma non erano abbastanza in confidenza per chiederle qualcosa di così personale.
Carhan si portò una mano in corrispondenza del collo e si rese conto solo in quel momento che stava tremando leggermente.
Faye tirò fuori dalla borsa un foulard azzurro, che portava con se in caso di emergenza e lo mise al collo dell’amica stando bene attenta a coprire interamente il segno violaceo causato da quel ragazzo.
“Ti senti bene Cary?”chiese poi.
“Si sto bene, sono solo molto arrabbiata! Mi ha colto di sorpresa e ho lasciato che mi umiliasse in quel modo!” rispose la corvina furiosa più che mai.
Non aveva mai odiato nessuno, ma Caius Mordred rappresentava decisamente un’eccezione a questa regola.
Carhan si ripromise che se mai avesse incrociato nuovamente il suo cammino, gli avrebbe fatto pagare tale insolenza con gli interessi.
“Ha colto di sorpresa tutti noi,per questo abbiamo tardato a reagire. Avrei dovuto colpirlo prima, scusami”disse Faye dispiaciuta ma Carhan la prese a braccetti sorridendo.
“Sono io che ti ho fermata, inoltre so quanto detesti la violenza. L’avresti colpito se io non ti avessi impedito di farlo,quindi è stata colpa mia che ho pensato di poter controllare la situazione. Comunque la prossima volta me la pagherà!” rispose Carhan.
“Ce la pagherà! non mi piace colpire le persone ma dopotutto c’è chi se lo merita” concluse Faye sorridendo all’amica.
Mentre si avviavano verso l’auditorium udirono sopra di loro un rumore sordo, come un tuono.
Sollevarono il capo in direzione del cielo ma era limpido e sereno.
Credendo di esserselo immaginate, entrano nell’aula magna per sentire il discorso di apertura da parte del rettore Corona
                                                                                  ***


Note dell’autore: Ciao a tutti lettori e lettrici, come promesso ecco il primo capitolo di questa storia, dove vengono presentati i primi OC. Questo capitolo, come si è capito è un capitolo di presentazione perciò non succede gran ché , nel prossimo, dove verranno introdotti gli ultimi OC sicuramente accadrà qualcosa di più…avvincente =) Detto questo spero che gli OC qui riportati siano stati descritti con giustizia, in caso contrario avvisatemi pure ! attendo i vostri commenti!
Un abbraccio
Eden891


 


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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


                                                                         CAPITOLO 2


La musica nelle sue orecchie era assordante e caotica ma gli piaceva tenerla così, ad alto volume per non sentire le chiacchiere inutili della gente che lo circondava. Eric Nylud alzò ulteriormente il volume del suo mp3 mentre le sue dita agili e veloci digitavano, sulla tastiera del computer tutte le informazioni che il suo contatto richiedeva per il lavoro da eseguire. 
La luce dei molteplici schermi lì presenti, risultava quasi abbagliante in quella taverna buia dove Eric si era rintanato ormai da parecchio tempo. 
Era un luogo buio, pieno delle uniche cose che Eric riusciva a tollerare ovvero i manga e i computer, che gli hanno fatto compagnia durante l’infanzia e l’adolescenza asociale che aveva scelto di vivere dopo aver capito che la maggior parte delle persone non era minimamente degna della sua attenzione. Uniche decorazioni presenti in quella taverna erano i numerosi premi da lui vinti per aver inventato numerosi videogiochi tra cui quello fantascientifico più famoso di sempre. Erano al contempo motivo d’orgoglio e una gran scocciatura poiché i mass media non facevano altro che cercare di scoprire la vera identità di colui che aveva battuto di gran lunga tutti gli altri programmatori. 
Eric sbuffò annoiato quando la vibrazione del suo cellulare interruppe i suoi pensieri. Osservò per qualche minuto lo schermo, indeciso se rispondere o meno, ma sapendo perfettamente chi fosse la persona ad attenderlo dall’altra parte sapeva anche che non avrebbe riattaccato.
«Ebbene?»
«Ebbene un corno, Eric! Sto girando in tondo da un’ora!» disse una voce che lui ben conosceva dall’altra parte del ricevitore. Era il suo contatto, il ragazzo con il quale lavorava come mercenario a pagamento.
Non era proprio un lavoro nobile, ma era estremamente redditizio e per uno come lui al quale non importava sostanzialmente di niente e di nessuno era un impiego come un altro.
Alla fine, dei due, non era lui quello in prima linea, colui che simbolicamente premeva il grilletto.
No, il lavoro sul campo richiedeva decisamente troppa fatica e sudore e lui non aveva la minima intenzione di provare certe sgradevoli ed appiccicaticce sensazioni.
«Ti sto mandando le nuove coordinate. Non ci posso fare niente se il bersaglio continua a muoversi…E’ all’università» rispose Eric, il tono basso, calmo e tranquillo e nell’altro orecchio ancora la cuffietta con la musica.
«Scherzi?? Ci sono appena stato. Se tornassi…lei mi vedrebbe.»
«Cerca di non farti vedere allora. Non so che dirti. Lui è lì.» 
Dall’altra parte della cornetta, Eric udì un profondo sospiro, seguito da un basso ringhio frustato e, come spesso capitava, il ragazzo non riuscì a comprendere i sentimenti del suo contatto.
Era una delle poche persone con cui, tutto sommato, andava d’accordo ma faticava davvero a comprendere il suo rapporto con quella ragazza. D’altro canto non erano affari suoi e per tale ragione il suo interesse tornava ad indirizzarsi immediatamente alla missione in sé.
Stava per dargli ulteriori indicazioni quando improvvisamente tutti i suoi computer andarono in tilt.
Gli schermi iniziarono a lampeggiare in maniera sinistra e ad emettere strani ed inquietanti crepitii, fino a che non si spensero del tutto.
«Cazzo…» mormorò lui sentendo una risata sommessa dall’altra parte del cellulare.
«Pare che per completare il lavoro sarà necessario farti uscire dal tuo tugurio. Passo a prenderti. Fatti trovare fuori tra dieci minuti.» disse, ed Eric riattaccò senza nemmeno rispondere. 
Restò per qualche istante al buio, in un silenzio rotto solamente dalla musica che ancora pompava nelle cuffiette, prima di alzarsi, sbadigliare pigramente ed avviarsi verso l’uscita.


                                                                    ***
Era una giornata calda, quella, quasi afosa.  Il sole rifletteva prepotente, picchiava sull’asfalto irradiando il suo calore facendo si che molte persone cercassero riparo in qualche locale climatizzato o all’ombra di qualche albero centenario. Nonostante il caldo afoso di quella giornata, però, Ashin Sakain, commerciante ventiduenne delle desertiche terre del sud, camminava a passo spedito come se tutto quel caldo non lo sentisse neppure. Dopotutto, dalle terre desertiche dalle quali proveniva , il caldo era molto più torrido, talmente intenso che la pelle bruciava se non veniva adeguatamente protetta con la crema solare e con dei vestiti adeguati, perciò per lui quella era semplicemente una giornata più fresca di quelle a cui normalmente era abituato. Si terse il sudore presente sulla fronte con il torso della mano destra , mentre la sinistra cercava di sistemare al meglio la bandana rossa e blu che aveva sul capo e dalla quale mi si separava. Gli occhi neri saettavano rapidi in ogni direzione cercando la persona con la quale doveva incontrarsi per chiudere quell’affare, talmente delicato che suo padre aveva mandato lui personalmente a trattare con il cliente che, purtroppo, rientrava tra le sue conoscenze. Si guardò intorno mentre trasportava il pacco che era stato richiesto, un fucile di precisione che  Era un’edizione limitata, molto costosa , ma il suo cliente poteva permettersela e sapeva alla perfezione come usarla. Camminò velocemente cercando di non attirare troppo l’attenzione su di sé, maledicendo quel ragazzo e il suo ottimismo. Cosa gli era saltato in mente di organizzare il loro incontro in un’università? Un posto più gremito di persone non poteva esserci, specialmente in quel periodo dell’anno. Lo stava ancora maledicendo quando lo scorse appoggiato alla colonna, leggermente in disparte rispetto alla fiumana di persone che stava entrando per assistere alla cerimonia di apertura.
Teneva le braccia conserte, la pelle chiarissima a differenza della sua che era bronzea a causa del sole del deserto.  Si voltò a guardarlo con i suoi occhi castani ed appena lo vide s’illuminò in un sorriso e si scostò dalla colonna facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli biondi, sistemandosi la canottiera nera aderente sui suoi muscoli scolpiti.
Ashin sospirò rassegnato raggiungendolo ed insieme entrarono nel campus raggiungendo indisturbati il retro di quello che doveva essere l’auditorium. 
«E’ incredibile, siamo entrati indisturbati» commentò Ashin guardando poi il suo cliente non ché suo amico di traverso.
«Suvvia Ashin non guardarmi in quel modo. Con il casino che c’è oggi è normale che nessuno si sia accorto della nostra presenza» disse l’altro, guardando il pacco portato da Ashin ed illuminandosi letteralmente.
«E’ lui, vero? Dimmi che è lui…»
Ashin sbuffò consegnandoglielo.
« Si. E ti prego Aikuro smettila di chiamarlo “lui”. È un fucile non un tenero cucciolo di Labrador» commentò Ashin mentre Aikuro Miyazaki, anni 21, professione mercenario, scartava il pacco impaziente come un bambino la mattina di Natale.
«Questo non è un semplice fucile amico mio. E’ un M200 Cheyenne Tactical Intervention. Un gioiello. Un prezioso manufatto dotato di un mirino ottico diurno e notturno con regolazione del reticolo illuminato ad undici livelli, caricatore da cinque a sette copi e oltre duemila metri di precisione di tiro!» rispose Aikuro con gli occhi illuminati mentre Ashin lo guardava come se stesse parlando arabo.
« Benissimo ma…cosa hai intenzione di farne?» chiese e vide Aikuro tornare improvvisamente serio, mentre un ghigno sadico si dipingeva sul suo volto. Eccolo il famigerato The king. 
« C’è una grossa taglia su una persona che è presente qui oggi e so che uno dei miei concorrenti più agguerriti l’ha puntata, ma lui ha un punto debole grosso come una casa che ho intenzione di sfruttare al massimo»
«E come pensi di fare?» 
Aikuro sorrise ancora di più.
« Noi mercenari abbiamo delle regole Ashin. Una di queste è non affezionarsi a nessuno e se succede tenerlo ben nascosto. Il mio avversario non ha rispettato né l’una né l’altra e con il suo punto debole presente, rubargli l’obbiettivo sarà facile come bere un bicchier d’acqua»disse Aikuro appostandosi poi con Ashin ad una delle finestre in attesa dell’obbiettivo da colpire.
«Sarà un lavoro veloce amico, poi ti lacerò tornare alle tue dune.»

                                                                        ***

Erano in ritardo. Spaventosamente in ritardo. Il rettore Corona era appena salito sul palco, di fronte al leggio e presto avrebbe fatto l’appello per presentare le matricole e sarebbero stati alcuni studenti del secondo anno ad affiancarli per il primo mese universitario. Se quelle due non fossero arrivate per tempo, il rettore avrebbe preteso le loro teste. 
Neren Erikus, ventun anni al terzo anno della facoltà di Lettere, guardava di continuo la porta dell’Auditorium sperando di veder entrare Faye e Carhan che essendo due ragazze con una media a dir poco stellare, erano state selezionate tra gli studenti del secondo anno che avrebbero avuto l’onere di accompagnare le matricole per il primo mese ed ovviamente erano in ritardo.
«Dove accidenti si saranno cacciate quelle due?» disse ad alta voce, irritata come non mai, mentre sistemava la treccia con la quale aveva legato i suoi capelli asimmetrici e verde bosco, lunghi sino a metà schiena sul lato sinistro e corti sul lato destro.
Era una bella ragazza, alta robusta e proporzionata, dalla pelle olivastra e splendidi occhi rosa scuro che si guardavano intorno curiosi. Avrebbe fatto una lavata di capo a Carhan e Faye che se la sarebbero ricordata per tutta la vita, poiché lei per carattere era convinta che le regole fossero state fatte per essere rispettate e per tale ragione se qualcuno le infrangeva seppur per sbaglio era inevitabile che scatenasse le sue ire.
Si rendeva perfettamente conto che questa parte del suo carattere poteva risultare tremendamente insopportabile, ma era fatta così ed era davvero contenta che Carhan e Faye le fossero amiche pur sapendo di questa sua pecca caratteriale.
Quando le vide arrivare, trafelate e con il fiatone prese il libro che aveva in mano tirandolo in testa ad entrambe.
«Neren accidenti vuoi ucciderci?» disse Faye mentre Carhan si massaggiava la testa dolorante.
«Magari! Forse la morte metterebbe un po' di senno in quelle vostre zucche vuote! Siete in ritardo! Faye, tuo padre sta per iniziare e sai perfettamente che voi sue dovete salire sul palco. Inoltre…» disse ma Carhan la interruppe guardandosi intorno allarmata.
«Cosa accidenti succede?» chiese la ragazza notando che intorno a loro, il tempo pareva essersi fermato. Utti i presenti erano fermi immobili, come statue, persino il rettore si era immobilizzato restando a bocca aperta con una mano sospesa per richiamare il silenzio che era calato fin tropo bene. 
Faye corse da suo padre allarmata. 
«Papà! Papà rispondimi» disse chinandosi sul suo petto e sospirando di sollievo quando avvertì distintamente il battito del suo cuore.
«Qualunque cosa sia accaduta sono tutti ancora vivi sembra» constatò Neren che nel frattempo aveva controllato le persone accanto a lei così come Carhan, ma prima che potessero dire qualcos’ altro la terra fu scossa da un terremoto mentre un tuono irruppe nel cielo. Le tre uscirono di corsa spaventate ed in quel momento nel cielo si formò uno squarcio ed un fascio di luce le avvolse sollevandole da terra.
«Carhan che accidenti stai facendo?!» domandò Faye.
«Piantala di giocare, facci scendere!» disse Neren, entrambe loro convinte che la corvina con il suo potere dell’aria potesse essere in qualche modo responsabile dell’accaduto.
«Vi giuro che io non c’entro nulla!» disse la ragazza.
Stavano per essere risucchiate in quel varco e Carhan alla disperata ricerca di una soluzione si guardò intorno notando che erano stati aperti altri quattro varchi e i rispettivi fasci di luce stavano risucchiando altre persone che a quanto pare non erano state immobilizzate. Non riconobbe i due nei varchi più lontani ma in uno dei due più vicini vide Shoichi con un altro ragazzo che non aveva mai visto.
«Sho!!!» urlò ma lui non sembrò sentirla.
Cosa stava capitando? Sarebbero morti tutti? Queste ed altre domande si affollarono nella mente della corvina che prese le mani di Faye e Neren protese verso di lei. 
«Qualunque cosa accada, non lasciate la presa!» disse Neren un istante prima che il varco le risucchiasse e si richiudesse.

Successivamente il tempo riprese a scorrere e le persone a parlare come se nulla fosse accaduto…Come se quei ragazzi spariti in quei fasci di luce, non fossero mai esistiti.



                                         ***








Note dell’autore: Ciao a tutti. Lo so, il ritardo è assurdo ed imperdonabile perciò sono aperta ad accettare insulti e frasi sgarbate di ogni genere e sorta ><. Non mi giustificherò in alcun modo, solamente tra una cosa e l’altra non sono stata in grado di conciliare bene i tempi e quindi il capitolo è venuto pronto davvero tardi.
Presentazioni degli OC conclusa, ci vediamo alla prossima con l’avventura su Edoras.
Un ringraziamento a tutti voi che seguite la storia e uno particolare a Lord_Ainz_Ooal_Gown per le sue delucidazioni sulle armi da fuoco.

Alla prossima, Un abbraccio.

Eden891

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