Unbreakable Connection

di Lady I H V E Byron
(/viewuser.php?uid=843657)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Come nasce un legame ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Piano di Assalto ***
Capitolo 4: *** Dubbi e responsabilità ***
Capitolo 5: *** Furto nel castello ***
Capitolo 6: *** Rimproveri ***
Capitolo 7: *** Un Accordo ***
Capitolo 8: *** Scontro sul ponte ***
Capitolo 9: *** Verità ***
Capitolo 10: *** "Cosa mi nascondi...?" ***
Capitolo 11: *** Scontri ed incontri ***
Capitolo 12: *** Il piano di Xehanort ***



Capitolo 1
*** Prologo - Come nasce un legame ***


Supportatemi su Patreon! https://www.patreon.com/LadyIHVEByron
-----------------------------------------

Prologo - Come Nasce un Legame



Spesso il legame fra cuori è frainteso, oppure sottovalutato.
In realtà, nessuno conosce il suo vero potere, se non che può essere la più potente delle armi.
Un legame forte fra tanti cuori è come una catena: quanto più forti sono gli anelli, meno possibilità ci sono di spezzare la catena.
Ciò che rende tale questa catena, nei cuori umani, è l’amore, il sentimento più potente che esista nei mondi.
L’amore ha molti volti, ma quasi nessuno li conosce: esiste l’amore romantico, quello tra i membri di una famiglia; anche la fedeltà ad una persona, non necessariamente coinvolta sentimentalmente, può essere considerata amore, poiché anch’essa può creare un legame indissolubile. Oppure, come diceva un antico poeta, “Amicizia è Amore senza le sue ali”.
E’ proprio su questi ultimi due volti dell’amore che tratteremo questa storia: due ragazzi uniti da una vecchia promessa, ma, poi, coinvolti in una vicenda che cambierà per sempre le loro vite.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Incontro ***



Incontro



A dividere i regni di Twilight Town e Radiant Garden c’era un sentiero lungo quasi un giorno, che passava per il bosco.
Una carrozza passava da quelle parti, disturbando il silenzio che regnava nel bosco.
Era circondata da molti cavalli, con sopra dei cavalieri armati di una spada a forma di chiave.
Uno di essi era seduto accanto al cocchiere, con la sua spada tra le gambe.
 A capo del convoglio vi stava un cavaliere dall’armatura dorata, che cavalcava un cavallo bianco.
Uno dei cavalieri retrostanti, dall’armatura rossa, spronò il suo cavallo, raggiungendo il primo cavaliere.
-Maestro…- disse, con la voce ovattata dall’elmo –Non credo sia stata una buona idea passare per questo sentiero… Forse ci conveniva fare la strada più lunga per tornare a Radiant Garden, quella che usavamo di solito.-
L’altro cavaliere, da dietro la visiera, assunse uno sguardo curioso.
-Perché dici questo, Terra?- domandò –Qualcosa ti preoccupa, forse?-
-No, è che… ho sentito dire che da queste parti ci sono i banditi. Per carità, non sono preoccupato per me, anzi. Sono piuttosto preoccupato per l’integrità dell’ambasciatrice e delle principesse.-
-Oh, insomma! Sei o non sei un cavaliere?- ribatté, seccato il cavaliere dorato –E poi non devi preoccuparti per l’ambasciatrice e le principesse. Hanno la loro guardia personale sulla carrozza.-
La visiera dell’elmo era oscura, ma era intuibile che il giovane cavaliere non fosse convinto delle parole del suo superiore.
All’interno della carrozza, una donna anziana stava ricamando un prato fiorito a piccolo punto; di tanto in tanto osservava le due ragazze di fronte a lei, sorridendo. Una di loro stava disegnando su un blocchetto, mentre l’altra osservava, annoiata, l’esterno della carrozza, sventolandosi con un ventaglio. Le due ragazze erano uguali, con l’eccezione dei capelli: una era rossa, l’altra era bionda, ma avevano lo stesso colore degli occhi, blu mare con riflessi viola.
Un improvviso scossone fece ringhiare la ragazza bionda.
-Oh, accidenti!- lamentò, battendo un pugno sul sedile –Il disegno è rovinato! Odio i viaggi in carrozza!-
-Rilassati cara.- cercò di calmarla la donna, continuando a ricamare –Puoi correggere l’errore o ne rifai un altro.-
-Oppure potresti direttamente smettere di disegnare, Naminé.- aggiunse la ragazza dai capelli rossi, distogliendo per un attimo lo sguardo dal paesaggio fuori la carrozza –Cos’è, una sorta di suicidio? Siamo appena tornate da una delle tue mostre e già ti rimetti all’opera?-
-Scusa, Kairi.- rispose Naminé, strappando il foglio con il disegno malriuscito –E’ che ogni volta che mi metto a disegnare riesco ad essere me stessa. E’ impossibile dirmi di smettere.-
Kairi, a quel punto, si mise a sbuffare, ma non per le parole della gemella.
-Comunque, non posso darti torto.- disse, riprendendo a sventolarsi col ventaglio –Anch’io odio i viaggi in carrozza. All’arrivo mi sento sempre con la schiena a pezzi. -
Anche la donna sospirò, rassegnata, ma sorridendo.
-E’ uno dei tanti prezzi da pagare per quelli che hanno il sangue reale, tesoro mio.- spiegò –Comunque, non potevamo mancare alla mostra dei nuovi quadri di tua sorella a Twilight Town. E anche quest’anno sono stati stimati più di un milione di munny a quadro.-
-Già…- mormorò la ragazza rossa, abbassando lo sguardo –Da quando mamma e papà sono morti, il regno sta praticamente cadendo. E’ vero, se non fosse per Naminé e i suoi quadri, saremo sulla strada a mendicare o saremo sposate con un principe idiota di un regno più ricco del nostro.-
-Purtroppo non possiamo far cessare le guerre in corso, Kairi…- sospirò nuovamente la donna.
-Però, ancora non capisco perché non sei tu a sedere sul trono, nonna.- rispose nuovamente Kairi, storcendo la bocca –Non fraintendermi, non ho niente contro zio Ansem, è un uomo buono e saggio, oltre ad essere un ottimo re, ma il regno non spetterebbe a te o a noi?-
-No, tesoro. Io ho abdicato per far regnare i vostri genitori. Ma sapete che con la morte di entrambi sovrani, il parente più vicino prende il loro posto e voi non avete ancora compiuto la maggiore età. Io sono troppo vecchia per governare un regno come Radiant Garden.-
-Però hai deciso di diventare ambasciatrice.- notò Naminé, chiudendo il suo blocchetto per i disegni.
-Eh, sì. Ho una valida scusa per viaggiare per i regni, almeno…-
Le due principesse ridacchiarono, divertite.
Kairi scrutò dentro la sua scarsella, tirando fuori una collana con una pietra azzurra a forma di cuore.
-Almeno abbiamo ancora qualcosa che ci ricorda la mamma.- disse, sorridendo.
Nel frattempo, all’esterno della carrozza, il viaggio sembrava procedere senza interruzioni.
Ancora nessuna imboscata da parte dei banditi.
Tuttavia, qualcosa impedì loro il passo: un albero caduto.
-Dannazione, questa non ci voleva…- mormorò il cavaliere in armatura dorata –Avevo dato la mia parola di arrivare in tempo per la festa di stasera…-
Dopodiché, si voltò, rivolgendosi al resto dei cavalieri.
-Presto, aiutatemi a spostare questo tronco!- esclamò, scendendo da cavallo.
I cavalieri fecero altrettanto.
–Tu resta a guardia della carrozza.- aggiunse, parlando al cavaliere seduto accanto al cocchiere, che rispose con un cenno.
L’ambasciatrice Dawn restò un po’ allarmata sull’improvvisa interruzione del passo, come le due principesse.
-Perché ci siamo fermati?- domandò al cocchiere e al cavaliere –E’ successo qualcosa?-
-Un tronco sta ostacolando il nostro cammino, signora.- rispose il cavaliere –Ma non temete, ripartiremo a breve.-
Erano una decina a spostare il tronco. Non era un’impresa ardua. Tuttavia, il cavaliere dall’armatura rossa notò un particolare sfuggito agli altri cavalieri.
-Guardate.- intimò, indicando un punto molto vicino all’albero –Non è caduto per forze maggiori. Qualcuno lo ha abbattuto.-
Era una trappola. Un diversivo.
Il vero pericolo era immobile sopra un ramo di un albero sovrastante la carrozza.
Approfittando della distrazione dei cavalieri, una figura dal volto coperto da un mantello con il cappuccio saltò dal ramo, atterrando rumorosamente sul tetto della carrozza.
Il cavaliere lì presente si allarmò, osservando verso l’alto.
-Ma cosa…?!-
Non ebbe il tempo di sguainare il Keyblade, che il bandito gli diede un calcio sulla visiera, facendolo cadere sul sentiero.
Il rumore fece allarmare il resto dei cavalieri, che si voltarono, sguainando i propri Keyblade.
Nel frattempo, lo sportello della carrozza si aprì, facendo spaventare le tre donne. Non riuscirono a vedere il bandito in faccia.
-Questa la prendo io!- disse, prendendo la collana con una mossa rapida.
Kairi, dal terrore, non oppose resistenza.
Ebbe solo il coraggio di urlare.
-AIUTO! UN BANDITO!-
Ma era troppo tardi: il bandito rubò uno dei cavalli e tentò la fuga.
-Dannazione! Ci siamo cascati in pieno!- esclamò, ringhiando, il cavaliere dall’armatura dorata.
Nessuno sapeva cosa fare. Eccetto uno, dall’armatura con riflessi verdi. Corse, salendo sul primo cavallo che trovò.
-Ci penso io a lui, Maestro!- esclamò, inseguendo il bandito.
Il cavaliere caduto dalla carrozza era ancora sdraiato sul sentiero.
-Aqua!- notò il cavaliere dall’armatura rossa, soccorrendolo.
Il resto dei cavalieri lo seguirono.
-Presto, togliete l’elmo!- suggerì il cavaliere dall’armatura dorata.
L’elmo blu fu tolto con estrema cura: una giovane dai capelli blu e occhi del medesimo colore, se non leggermente più chiari, fece dei respiri profondi.
-Aqua, stai bene?-
-Sì… sto bene, Terra.- assicurò la ragazza, alzandosi da terra e avvicinandosi alla carrozza –Ma quel bandito mi ha presa di sorpresa! Principesse! Ambasciatrice! State bene, vero? Non vi siete fatte male, vero?-
Le tre donne erano ancora sotto shock.
-No, stiamo bene.- assicurò la donna anziana –Ma quel ladro si è preso la collana appartenuta alla regina Claire!-
-A quest’ora sarà già lontano…-
-No, Aqua, la speranza è l’ultima a morire. Ven è partito al suo inseguimento.- informò Terra.
Infatti, il cavaliere dall’armatura dai riflessi verdi era molto vicino al bandito.
Spronò il suo cavallo fino all’estremo, pur di fiancheggiarlo.
Dalla sella non poteva far cadere il bandito dalla sella.
Tuttavia, portava un mantello, lungo fino ai piedi.
Ne prese un lembo, stringendolo bene, e poi tirò con violenza.
Come previsto, il bandito cadde di schiena sul sentiero.
Tuttavia, la sua caduta provocò anche quella del suo inseguitore, che rotolò insieme a lui.
Entrambi i cavalli continuarono a galoppare da soli, per pochi metri.
Senza pensarci due volte, il cavaliere sguainò il suo Keyblade e lo puntò verso il suo avversario.
-Restituisci ciò che hai rubato alla principessa!-
-Non so di cosa ti stia parlando…- fu la risposta del bandito, facendo spallucce.
-Non lo sai, eh? Allora ti rinfrescherò la memoria!-
Attaccò, sperando che il suo avversario si scansasse. Invece, parò il colpo.
E non con un pugnale o una balestra, armi comuni dei banditi.
L’arma del bandito fece stupire il cavaliere.
Era un Keyblade.
-Cosa?!- esclamò –Anche tu hai un Keyblade?!-
Il ragazzo sospirò, come se avesse udito tale frase più volte.
-Ma perché fate tutti la stessa domanda? E’ così irritante!-
Incrociarono più volte i loro Keyblade, in uno scontro che sembrava non avere una fine.
Il cavaliere era di poco più abile del bandito: non era comune vedere un ladro armato di un Keyblade e combattere con esso allo stesso livello di un cavaliere reale.
Un colpo di montante da parte del bandito colpì l’elmo del cavaliere, rimuovendolo.
Era un giovane di circa venticinque anni, dai capelli biondi acconciati verso l’alto, leggermente lunghi sulla nuca, e grandi occhi blu, che fissavano il ragazzo con rabbia.
-Strano. Vi facevo più vecchi, voi guardie reali.- notò, sfacciatamente, il bandito.
-Ho abbastanza esperienza per te, ragazzo.- fu la risposta del cavaliere, puntando una mano verso l’avversario –Ti do una dimostrazione di quello che mi hanno insegnato.-
Una raffica di vento colpì improvvisamente il bandito, che fece un volo di mezzo metro, prima di cadere di nuovo. Il Keyblade gli cadde dalla mano.
Il cappuccio cadde all’indietro.
Il cavaliere poté finalmente vedere in faccia chi stava affrontando, appena si avvicinò, abbassandosi.
Era molto giovane, doveva avere sui quindici o sedici anni. Capelli bruni a punta, tendenti al biondo, e occhi blu, come i suoi. I loro volti erano molto simili.
L’elsa del Keyblade premeva sulla sua gola.
-Questo è un colpo basso!- protestò il bandito.
-Quando si combatte contro quelli come te non ci sono regole!- rispose, serio, il cavaliere, fissando il suo avversario negli occhi –Ora restituisci ciò che hai rubato e ti risparmierò la vita!-
Il bandito sorrise in modo strano, mentre, con la mano, cercava qualcosa nel terreno.
-Sai… non credo che lo farò…- mormorò.
Finalmente trovò qualcosa con cui liberarsi: una pietra, grande più o meno come la sua mano.
Vi colpì il cavaliere, con una botta secca sulla tempia sinistra, che lo fece cadere.
Improvvisamente, vide tutto sfocato e la testa cominciò a girargli, oltre a fargli male.
Cercò di rialzarsi, tremando, con movimenti particolari, come se fosse sopra una superficie che ondeggiava.
Scorse, a malapena, il bandito mentre si rimetteva il cappuccio sulla testa e udì le sue parole.
-Dopotutto, come hai detto giustamente te… quando si combatte contro quelli come me non ci sono regole.-
Dopodiché, sparì nel bosco, quasi confondendosi tra i cespugli.
Il cavaliere stava riprendendo poco a poco la vista e l’equilibrio, ma era troppo tardi.
Il bandito era scappato. Con la refurtiva.
Il colpo gli aveva provocato una ferita sulla tempia sinistra. Una ferita che sarebbe divenuta presto cicatrice.
Fissò il bosco con ira e delusione verso se stesso.
Batté un piede per terra.
-E’ INUTILE CHE SCAPPI!- urlò –NON MI SFUGGIRAI PER SEMPRE! IO TI TROVERO’!-



---------------------------------
Note dell'autrice:
lo ammetto, mi sono ispirata ad una puntata di Once Upon A Time...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Piano di Assalto ***


Piano di Assalto



Nel punto più nascosto del bosco, nella zona centrale, c’era un accampamento. Non era molto grande, ma nemmeno molto piccolo. Era abitato da soli animali, vestiti come umani, in grado di parlare e camminare a due zampe.
C’era solo un umano tra di loro, un ragazzo di sedici anni dai capelli argentei e occhi azzurro chiaro.
Era seduto attorno ad un fuoco, insieme ad un topo, un papero e un cane.
Una quinta figura si avvicinò a loro, un altro umano, dal volto coperto con un cappuccio.
Il ragazzo dai capelli argentei se ne accorse.
-Ah, Sora!- salutò, facendo voltare i presenti –Sei tornato!-
Il ragazzo scoprì il volto, facendo brillare i capelli castani alla luce del tramonto.
Appariva deluso.
-Com’è andata oggi? Hai rubato qualcosa?-
-La carrozza reale passava da queste parti, Riku.- spiegò Sora, prima di mettersi a sedere accanto all’amico
-Ma non sono riuscito a rubare il denaro trasportato. In compenso, ho rubato questa.-
Mostrò la collana rubata alla principessa Kairi.
-Sembra valere molto, voi che dite, Topolino?-
Topolino studiò attentamente la collana, in particolare la pietra a forma di cuore, e la prese, per osservarla da vicino.
-Sì, sembra avere un grande valore.- notò, interessato –Se riusciamo a venderla ad un prezzo ragionevole, staremo a posto per un altro mese.-
-Topolino, mica starete pensando di venderlo di nuovo a…-
-Sì, Riku… Purtroppo dobbiamo venderlo di nuovo a lui. Abbiamo stipulato un accordo, ricordi?-
Il papero sospirò, ma sembrava più un lamento che un semplice sospiro.
-Oh, andiamo! Ma che stiamo facendo?!- fece notare –Una volta eravamo tutti parte di un grande Impero, amato e rispettato da tutti i regni, e adesso siamo ridotti a rubare oggetti di valore per vivere e scappare continuamente dai nostri nemici, una volta nostri alleati!-
-Lo so, Paperino, è difficile da credere.- cercò di consolarlo il topo –Ma non c’è altro modo per sopravvivere. Vedrai che un giorno ricostruiremo l’Impero Disney!-
-Sì, ma con quali soldi?-
Paperino non aveva tutti i torti. Ma quella frase fece riflettere il cane.
-Ora che ci penso…   Mentre ero al mercato (senza farmi scoprire, eh!), ho udito delle persone parlare di una festa in un castello.-
-E quindi?- domandò Paperino.
-Durante le feste, sapete che la sorveglianza è ridotta o facilmente accessibile. Io direi di approfittarne per prendere tutto l’oro che ci serve.-
I presenti si guardarono l’un l’altro, con aria scettica.
Molto spesso, le strategie di Pippo portavano ad un risultato del tutto differente a quello desiderato.
-E… dove si trova questo fantomatico castello?- domandò nuovamente Paperino.
-Ovvio. A Radiant Garden.-
Topolino sgranò gli occhi.
-RADIANT GARDEN?! No, Pippo, scordatelo!-  protestò -Siamo già ricercati e c’è una grossa taglia sulle nostre teste! Non ho intenzione di lasciarci la pelle!-
-Maestà, riflettete!- intimò Pippo –Prendere dei soldi veri sarà senz’altro più facile che vendere quella collana a quel farabutto ad un prezzo alto, avaro com’è!-
-No, Pippo! Il nostro rapporto con Radiant Garden è già compromesso. Non peggioriamo ulteriormente la situazione!-
-Ma…!-
-BASTA COSI’!- tagliò corto Topolino, alzandosi in piedi –Meglio se vado a vendere questa collana il prima possibile, prima che scenda la notte. E’ già il tramonto…-
-Aspettate, Topolino. Vengo con voi.- si offrì Riku, seguendo il topo gigante.
Sora, Paperino e uno scoraggiato Pippo rimasero soli intorno al fuoco.
Il ragazzo rifletté sul piano del cane. Dopodiché, si alzò, cinse i colli dei due amici con le braccia e disse, sorridendo mostrando tutti i denti: -Chi ha voglia di svaligiare un castello?-
Nel frattempo, la carrozza reale stava proseguendo il proprio viaggio verso Radiant Garden.
Non fu complicato, per i cavalieri, spostare il tronco d’albero.
Aqua, ancora seduta accanto al cocchiere, si stava mordendo il labbro inferiore dalla rabbia per non essere stata in grado di proteggere l’ambasciatrice e le due principesse dall’imboscata.
Poi, per caso, posò lo sguardo al cavaliere che stava proseguendo a cavallo accanto a lei. Persino la visiera era rivolta verso il basso. Sembrava più dispiaciuto di lei.
-Ven? Ventus?- disse, attirando la sua attenzione –Qualcosa non va?-
Il giovane biondo tornò a guardare in basso.
-Me lo sono lasciato scappare…- mormorò –Mi sono lasciato prendere di sorpresa da un ragazzino… e l’ho fatto scappare…-
-Sì, avevi una brutta ferita…- si ricordò Aqua –Ma non colpevolizzarti per una cosa cui non sei responsabile, Ven. Ha preso di sorpresa anche noi.-
-Ma io lo avevo davanti!- ribatté Ventus, osservando nuovamente l’amica -Dovevo catturarlo quando ne avevo l’occasione! Mi sa che dovrò dire addio al mio sogno di avere una promozione…-
-Ven, ascolta! La missione era scortare l’ambasciatrice e le principesse sane e salve fino a Radiant Garden! A parte lo spavento, non hanno subito danni fisici. Quindi, gran parte della missione è compiuta. Nessuno ci ha detto di proteggere la collana appartenuta alla regina. E’ stato solo un incidente…-
Ma il giovane non era d’accordo: continuava a guardare in basso.
Aqua sospirò.
-Ven, non temere. Ritroveremo quel ladro e riporteremo la collana alla principessa Kairi…-
-Oh, sì…- mormorò Ventus, alzando lo sguardo, aggrottando le sopracciglia –Stai pur certa che lo troverò. Io trovo SEMPRE le mie prede!-
I portoni di Radiant Garden erano proprio di fronte a loro. Era una città inespugnabile, circondata da vaste mura, fredde al tatto e alla vista, probabilmente per scoraggiare e intimidire i nemici.
Ma all’interno di quelle mura, la Luce sembrava regnare sovrana.
Era un regno splendente, degno del nome che portava. Non sembrava nemmeno sfiorata dall’Oscurità.
Il castello sorgeva radioso in mezzo alla capitale.
Ansem, il re in carica, detto “Il Saggio”, attendeva l’arrivo dell’ambasciatrice e delle nipoti dinnanzi al portone, assieme alle sue guardie del corpo, ai suoi funzionari e al comitato di benvenuto.
Aveva sui sessant’anni, capelli biondi lunghi fino alla nuca, ampia fronte piena di rughe e occhi rossi.
Appena vide chi era a capo del convoglio, alzò le braccia, come se volesse dare un abbraccio.
-Bentornati!- salutò, mentre il cavaliere dall’armatura dorata si toglieva l’elmo: era un uomo di mezza età, capelli ancora neri, nonostante l’età, due cicatrici sul volto e fisico asciutto.
-Capitano Eraqus, quale onore rivedervi!-
Eraqus strinse la mano del re, con un leggero inchino.
-Il sentimento è reciproco, Vostra Maestà.- rispose, ridendo leggermente.
-Come è andato il viaggio? Tutto bene?-
-C’è stata solo una piccola imboscata, ma l’ambasciatrice e le principesse stanno bene e non si sono fatte male, a parte lo spavento.-
Non era necessario rivelare la notizia del furto della collana della regina.
Tuttavia, Re Ansem mise ugualmente le mani sulle spalle dell’uomo, sorridendo.
-Non potevo aspettarmi di meglio dai cavalieri della Departure Accademy!- esclamò –Prego, entrate. I servi vi indicheranno le vostre stanze. Prima del ricevimento, immagino vogliate riposarvi un po’.-
Aqua, nel frattempo, stava aiutando Dawn e le due principesse a scendere dalla carrozza.
Il resto dei cavalieri entrò nel castello, per dirigersi alle proprie stanze.
Re Ansem accolse anche le tre donne, baciando la mano alla donna anziana.
-Lady Dawn…- salutò.
-Vostra Maestà…-
-E salute anche a voi, Kairi e Naminé…-
-Salute a voi, zio Ansem…- risposero, all’unisono, le due gemelle.
Era sera, quando il ricevimento iniziò. Il banchetto era già stato allestito, l’orchestra stava suonando e delle coppie stavano danzando il valzer.
I presenti, escludendo le guardie, erano vestiti in abiti eleganti. Kairi, Naminé e Dawn si erano private dei loro abiti da viaggio, indossando dei vestiti da sera.
Aqua osservava da lontano le due principesse, con aria scoraggiata. Non aveva fatto altro che maledirsi per non essere stata in grado di proteggerle dal bandito.
L’unica cosa utile che aveva fatto è stato guarire la ferita di Ventus con una magia curativa.
Era l’unica maga all’interno della Departure Accademy.
“Se non riesco a sopravvivere ad una semplice imboscata, come posso pensare di diventare un degno cavaliere?” pensò, serrando le labbra.
Qualcuno si avvicinò a lei, interrompendo i suoi pensieri.
-Buonasera, lady Aqua.-
Era Braig, una delle guardie del corpo di Re Ansem. Un uomo molto magro, capelli lunghi neri con strisce larghe grigie legati in un codino basso, volto affossato, cicatrice sulla guancia sinistra e benda sull’occhio destro, entrambi frutti di un incontro contro Terra dieci anni prima. L’occhio rimasto brillava di una luce dorata.
Aqua non gradiva la sua presenza. Lo disgustava. Gli dava sempre l’impressione che fosse interessato a lei in un modo decisamente non galante.
-Salve, Braig. Quand’è che te ne vai?- rispose, voltandosi da un’altra parte.
-Oh, sempre cortese…- notò l’uomo, con tono da falso offeso, prima di sorridere nuovamente in modo ambiguo –A proposito… un uccellino mi ha detto che oggi sei stata stesa con un colpo da un ladruncolo di provincia.-
L’espressione dell’uomo mentre pronunciava quella frase fece innervosire la giovane.
-E tu vorresti diventare un cavaliere?- canzonò Braig, ridacchiando –Ecco perché le donne non dovrebbero seguire le orme degli uomini. Vi credevo più dotati, voi della Departure Accademy…-
Stava cercando nuovamente di litigare e questo Aqua lo sapeva.
Terra avrebbe ceduto facilmente alla tentazione, ma lei era giudiziosa, quindi sapeva che la cosa migliore da fare era non cadere nel tranello, ma contrattaccare con la medesima arma.
-Non preoccuparti, Monocolo, sono abbastanza dotata per te. Nelle tue condizioni, poi…- fu la risposta, con un sorriso furbo.
Braig cambiò espressione, da attaccabrighe a offeso.
-Cosa stai insinuando, signorina?- domandò, puntando un dito verso di lei –Che per il fatto di non avere un occhio sono un cecchino da quattro soldi?-
-Io non ho detto nulla, Monocolo. Stai dicendo tutto tu…-
Braig serrò le labbra: non sopportava l’insolenza delle persone.
-Aqua, un giorno ti farò pentire di tutto questo.- minacciò, a bassa voce –Ora ti sei salvata perché c’è tutta questa gente, ma vedrai cosa ti farò, quando saremo soli io e te.-
La giovane non era per nulla spaventata.
-Credimi, Monocolo. Nessuna donna sana di mente e di stomaco vorrebbe rimanere sola con te, nemmeno per tutto l’oro del mondo.-
Braig non sapeva cosa rispondere a quella frase. Si limitò ad osservare la giovane con aria minatoria.
-Non finisce qui, ragazzina…- sibilò, prima di allontanarsi da lei.
Aqua sorrise, soddisfatta. Le bastò per dimenticare l’incidente di quel pomeriggio.
-Ehi, Aqua. Vedo che finalmente sorridi!-
Era Kairi. Aveva due bicchieri in mano.
-Kairi.- salutò la giovane, con un lieve cenno della testa –Scusa, non ti ho sentita arrivare.-
-Poco male. Ero venuta a portarti da bere, sperando di sollevarti il morale e per farti dimenticare quanto è successo oggi…-
-Oh, non importava, cara. Non dovevi disturbarti.-
-Nessun disturbo. Il succo di mirtilli e more è il tuo preferito, no?-
Sorridendo, Aqua prese il bicchiere e bevve un sorso di succo.
-Umore sollevato.-
Kairi si mise a ridere, prima di bere anche lei.
-Quella da incolpare veramente sono io.- rivelò, sospirando –Primo: dovevo rimettere subito a posto la collana di mia madre. Secondo: avrei dovuto sfogare su quel ladruncolo tutto ciò che mi hai insegnato.-
-E’ normale che fossi spaventata e pietrificata.- cercò di rassicurarla la giovane –Essere colti di sorpresa non è facile nemmeno per un grande condottiero. E poi lascia perdere tutta questa questione di “voglio imparare a difendermi da sola”. E’ per questo che ci siamo noi guardie del corpo, no? Per proteggere quelli come te.-
-Ma io non voglio essere una normale principessina in rosa, brave solo a mantenere la postura, nelle buone maniere, nel ricamo o nella pittura.-
-Congratulazioni. Hai appena offeso tua sorella Naminé.- rise Aqua, sarcastica.
-Eh?! Cosa…? No, che c’entra mia sorella? Voglio solo essere diversa dalle altre damigelle. Con questo vestito mi sembra quasi di impazzire!-
-Sì, hai avuto sempre un gusto particolare per le cose da maschi, fin da piccola. Ma quest’abito ti sta molto bene.-
-Mi sento praticamente bloccata. E questa gonna? Mi sembra un tendone! Sei molto più bella tu con la tua armatura. Anzi, ora che ci penso… non ti ho mai vista in abito da sera. Dovresti indossarne uno, per provare.-
-In abito da sera? Io? Oh, no. Non posso. In armatura, almeno, sono pronta per affrontare possibili nemici che hanno il coraggio di insediarsi qui dentro o per allontanare chiunque osi importunarti. Lo sai che ho promesso di proteggerti a costo della vita, vero?-
-Beh… mi sembra giusto.- concluse Kairi, dopo un lieve sospiro -Allora, alla miglior babysitter che abbia mai avuto.-
-Forse volevi dire “guardia del corpo”…-
Entrambe le ragazze batterono i propri bicchieri, come per fare un brindisi.
In quel momento, Re Ansem si stava intrattenendo con gli ospiti, parlando e ridendo con loro, in particolare con il medico di corte e con una delle sue guardie personali.
Anche Eraqus si unì a lui. Esattamente come i suoi cavalieri, anche lui era rimasto in armatura, seppur senza elmo.
-Ah, capitano Eraqus!- salutò il re –La serata è di vostro gradimento?-
-Ah, Vostra Maestà, la serata è assolutamente sublime!- complimentò Eraqus, prima di bere la sua coppa di vino rosso –Le pietanze sono davvero ottime, la musica è stupenda e il salone è stato decorato in modo squisito! Non potrebbe andar meglio.-
-Approvo in pieno con voi: Lea è il miglior cuoco di tutti i regni, ma devo ammettere che stasera ha superato se stesso. Lo stesso si può dire di Myde: non si direbbe, ma è un buon musico, oltre ad essere un eccellente direttore d’orchestra. Ah, dovevate sentire i litigi del fioraio Laumair e della decoratrice Arlene su come disporre certi fiori, ihih… Però, credo che, sotto sotto, se la intendano.-
-Sempre aggiornato sugli ultimi pettegolezzi, vostra Maestà?-
Un terzo uomo si unì al re e al capitano dei cavalieri reali: un uomo che aveva superato i settant’anni, dagli occhi dorati, senza capelli, ma con un pizzetto che copriva tutto il mento avanzò camminando con la schiena curva. Era accompagnato da un giovane coetaneo di Ventus, anche lui con gli occhi dorati come l’uomo, ma i capelli erano blu notte. Entrambi erano abbigliati da festa, come il resto degli invitati.
-Ah, Xehanort. Il mio fidato primo consigliere.- salutò Ansem –Mi stavo chiedendo se avreste preso parte ai festeggiamenti.-
-Chiedo venia per il ritardo, Maestà, ma sapete quanto siano complicate le scale per un uomo della mia età.- si scusò Xehanort, con un leggero inchino. Aveva un modo molto raffinato nel parlare.
-Ah, non dovete scusarvi. La vostra salute prima di tutto. Messer Vanitas.-
Anche il giovane si inchinò, come saluto.
-Se vuoi, Vanitas, te ne puoi andare.- propose l’uomo anziano –Fino a stasera non hai fatto altro che dire che non vedevi l’ora di rivedere la tua futura sposa. Per ora sono a posto così.-
-Sicuro?- volle assicurarsi Vanitas, un po’ allarmato –Ricordate, se avete bisogno, chiamatemi, ok?-
-Senz’altro. Ora vai pure da Kairi.-
Ansem osservò il giovane lord allontanarsi, con la bocca storta.
-Sapete, Xehanort…- mormorò, dubbioso –Non credo che a mia nipote piaccia il vostro assistente… Non vorrei essere stato troppo avventato nel prendere in considerazione la proposta di matrimonio.-
-Oh, state tranquillo, Maestà.- assicurò l’uomo anziano –Date loro solo un po’ di tempo. Vedrete che tutto si sistemerà…-
Un’altra figura si avvicinò al gruppo, stavolta diretto verso il medico di corte, un uomo dai lunghi capelli biondi raccolti in un codino, dal volto magro e brillanti occhi verde smeraldo nascosti dietro ad un paio di occhiali a montatura tonda.
-Dottor Even…-
Sentendosi nominare, oltre ad essere picchiettato su una spalla, l’uomo si voltò: era Ienzo, l’archivista di corte, un ragazzo di diciotto anni dalla capigliatura strana che copriva l’occhio destro. Teneva in mano un foglio.
-Ienzo, cosa c’è? Ti ho detto mille volte di non interrompermi quando sto parlando.-
-Ah, Ienzo. Non vuoi unirti alla festa?-
-Mi spiace, Maestà, ma ho molto da fare. Dottor Even, stavo esaminando i libri in biblioteca, in particolare quelli sulla medicina, e mi sono accorto che manca un libro.-
-Un libro?- si stupì Even, prendendo il foglio del ragazzo. Era il registro dei libri sulla medicina. Solo uno non era stato segnato.
-Chiedo venia, signori.- si scusò, rivolgendosi ai presenti intorno a lui –Ma il lavoro chiama.-
-Fate pure con comodo, dottor Even.-
-Ora che ci penso, mi domando dove si siano cacciati Dilan e Braig…- si ricordò Aeleus, una delle guardie personali di Re Ansem, il più alto e il più forte di tutti.
Eraqus indicò un banco vicino alle scale principali.
-Credo che siano laggiù con il tesoriere Rudol, di nuovo.-
Braig, infatti, insieme ad un uomo con le basette e i rasta, Dilan, stava giocando alle tre carte con un uomo biondo dai capelli biondo chiaro e il mento grande.
L’omone si voltò in quella direzione e sospirò, scuotendo la testa.
-Ma perché quando quei tre sono insieme è la stessa storia…?-
Il tesoriere Rudol era un uomo serio, che faceva il suo mestiere con grande cura, ma aveva un unico vizio: il gioco d’azzardo.
Un vizio che aveva in comune con le due guardie.
-Ok, signori, volete tentare di nuovo la sorte? State bene attenti.-
Muoveva le carte rapidamente, mentre i due uomini muovevano le loro teste, cercando di inseguire la carta che dovevano scovare.
-Beh, messeri, temo che dovrò lasciarvi da soli.- annunciò Re Ansem, alzando le spalle –Ma dal suo arrivo non ho avuto modo di parlare con Dawn. Voglio farlo ora che non ha nessuno intorno.-
Eraqus e Xehanort rimasero da soli.
-Fa piacere rivederti, Eraqus, vecchio mio.- cominciò il secondo, stringendo la mano al capitano -E’ da un po’ che non ti vedevo.-
-Eh, lo sai com’è, Xehanort.- rispose Eraqus, ricambiando il saluto –Quando il lavoro chiama non c’è niente da fare.-
-Eh, sei sempre dinamico come quando eri ragazzo…- ammise Xehanort, con una punta di invidia sulla lingua –Io purtroppo non ho più l’età per indossare nuovamente l’armatura e combattere come fai ancora tu. Le mie povere ossa non me lo permettono…-
-Ma tu hai fatto più carriera di me.- fece notare l’uomo moro, ridendo –Primo consigliere del re, quale privilegio e quale responsabilità!-
-Responsabilità… Diciamo che faccio sempre quello che ritengo giusto per questo regno.-
-Fai solo del tuo meglio, esattamente quello che faccio io per i miei ragazzi.-
-Già… a proposito, come sta Ventus? E dov’è?-
-Lo sai che a lui non piacciono le feste. Ha preferito fare la guardia alle mura. Si sta dando da fare. E’ un giovanotto in gamba.-
All’esterno, intanto, le guardie stavano facendo la ronda alle mura, per assicurarsi che nessun ladro entrasse all’interno del regno.
Tre figure protette dall’oscurità della notte, intanto, si stavano avvicinando alle mura.
-Ok, ragazzi. Facciamo come abbiamo pianificato e andrà tutto bene.- spiegò la figura più alta, prendendo una balestra –Pippo, tu sarai la sentinella. Ti lanceremo i sacchi di munny proprio dalla torre. Paperino, tu farai addormentare le guardie con la tua magia, chiaro?-
-Ci ricordiamo tutto, Sora!- assicurò Paperino, sguainando il suo scettro.
-E voi tre paperotti siete pronti per compiere questa impresa?-
Qui, Quo e Qua mostrarono le loro armi.
-Siamo sempre pronti!- risposero, all’unisono, determinati.
Sora puntò la balestra in alto, lanciando un rampino verso un punto delle mura facilmente arrampicabile.
I tre paperotti seguirono il suo esempio, con le proprie balestre.
Il loro piano era appena iniziato.
---------------------------------------------------------------------- -----------------------------------
Note dell'autrice: ok lo ammetto. Questa parte è più lunga del capitolo precedente per presentare qualche altro personaggio. Ne ho approfittato, inoltre, per mostrarvi le mie teorie sui veri nomi del resto dell'Organizzazione XIII, da Axel/Lea in poi. Mi sono resa conto che i loro nomi sono reali: per esempio, Braig è come Brad, Dilan...beh... come Bob Dylan, no? Even perché non c'erano altri nomi con cui anagrammare Vexen, Aeleus non lo so nemmeno io, Ienzo è come per noi "Enzo" (Ovvio, no?), Isa può essere un diminutivo di "Isaac" e Lea può stare per "Lee", nome usato nei paesi anglo-sassoni. Demyx potrebbe essere Myde (un po' come Mike), Luxord Rudol (come Rudolph, no?). Per Marluxia ci ho riflettuto molto, ma i nomi che hanno ipotizzato gli altri non mi piacevano (Lumaria, Ilamaru, Lumiaar), alla fine ho pensato "Laumair", tipo "Lamarre", per mantenere un po' il francesismo e Larxene Arlene (tipo "Marlene!" *lancia la mela*). Nei loro mestieri... beh, Axel ha il potere del fuoco, quindi chi meglio di lui sa regolare la cottura di certi cibi? Per Demyx c'è bisogno di chiedere? ^^ Per quanto riguarda il mestiere di tesoriere di Luxord... tempo addietro, nel "The XIII Order Forum", avevo scritto una fanfiction in cui io facevo un intervista ad ogni singolo membro dell'Organizzazione e stavo pensando ad un ruolo "utile" per Luxord (perché, detto tra noi, mi sembra più inutile di Demyx, nel gioco): poi mi sono ricordata che nel manga di 358/2 Days lui ha calcolato una percentuale sul successo di una missione con Roxas e quindi ho pensato: "Lui è un giocatore di azzardo, quindi è legato ai soldi, e se fa i calcoli così... perché non renderlo il contabile dell'Organizzazione?". Quindi ecco nato il tesoriere di corte, ma con il vizio del gioco d'azzardo! XP Marluxia... anche per lui non c'è bisogno di chiedere... Larxene pensavo di renderla una delle guardie del castello, ma in tal modo non si sarebbe spiegata la mezza scena di misoginia di Braig, e nemmeno come dama di corte poteva andar bene, per il suo carattere un po'... un po'... avete capito, no? Quindi riflettevo sui suoi poteri e mi sono ricordata, nell'intervista che ho fatto sull'Organizzazione, che l'avevo messa come elettricista, o, perlomento, qualcuno che lavora con le luci, oltre ad essere l'estetista dell'Organizzazione. Unendo, queste due "qualità", ho creato la decoratrice del castello, un po' come Angelique di "La Bella e La Bestia: Un Magico Natale".

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dubbi e responsabilità ***





 
Dubbi e responsabilità




La luce rivela le azioni compiute dalle persone. L’oscurità occulta anche il minimo movimento.
Sora aveva scelto un buon momento per infiltrarsi nel castello, senza essere visto dalle guardie.
Cercava di essere il più silenzioso possibile, mentre si arrampicava sulla corda. Paperino era dietro di lui, deglutendo dal terrore di guardare in basso.
Qui, Quo e Qua procedevano sicuri sulle proprie corde. Essendo piccoli, vedevano tutto come un gioco.
Arrivati sulle mura, si imbatterono subito nella prima guardia.
-Ehi, cosa fate qui?! Andatevene…!-
Non finì la frase che Paperino gli puntò lo scettro esclamando: -Morfeo!-
Una nube bianca circondò la testa della guardia, che cadde a terra, come se il sonno lo avesse preso all’improvviso.
-Questo ci prenderà il tempo necessario per completare il piano.- assicurò il mago, rivolto a Sora, che intimò agli amici di seguirlo verso la torre in cui erano custoditi i soldi del regno.
Nel salone dei ricevimenti, intanto, Re Ansem stava parlando e ridendo con l’ambasciatrice Dawn, con le loro coppe di vino in mano.
-No! Ma non mi dite! Che figura!-
-E in mezzo al popolo, per giunta! Per cui non vi dico l’imbarazzo!-
-Oh, poveretto!-
-Attenta, milady. Vi cadrà il cappello, se continuate a ridere così.-
Dopodiché, osservò i presenti con aria triste, quasi preoccupata, e sospirò.
-Spesso mi domando se li sto veramente proteggendo…- mormorò, quasi senza farsi sentire –Non sembrerebbe, ma il regno è quasi sull’orlo della povertà… e io non so davvero cosa fare per impedirlo…-
La donna provò tenerezza per l’uomo e lo toccò per un braccio.
-Ansem…- disse, con voce gentile –Voi siete un uomo buono, la gente vi adora e la vostra saggezza è nota a tutto il regno. E soprattutto, state mantenendo la tradizione di Radiant Garden.-
-Per onorare la memoria del mio povero fratello…- rispose Ansem, dopo aver bevuto un altro sorso di vino
-Mai avrei pensato che l’impero Disney fosse capace di tanto…-
-La morte di mia figlia e di vostro fratello ha sconvolto tutti, Ansem. Nessuno avrebbe creduto l’imperatore Topolino capace di ordinare l’assassinio di uno dei suoi alleati. Sembrava che tra questo regno e l’Impero vi fossero buoni rapporti.-
-E la guerra contro di loro sta costando quasi la vita e le casse degli abitanti di Radiant Garden. Mi domando quanto andrà avanti questa storia… E soprattutto, mi domando perché sia stato scelto proprio io come nuovo re di Radiant Garden, invece che voi. Voi ne siete stata la regina, dopotutto, no?-
Dawn sospirò, scuotendo la testa.
-Una regina che ha abdicato non può tornare a regnare. La legge lo vieta. Però, se lo vuole, può diventare membro del consiglio o diventare ambasciatore. Il parente più vicino deve salire sul trono, alla morte di entrambi i sovrani.- spiegò, continuando a toccare il braccio dell’uomo, come per rassicurarlo –Voi siete stato scelto non solo perché siete il fratello del defunto re. Voi possedete tutte le qualità necessarie per governare Radiant Garden, saggezza e compassione.-
-Ma essere re è anche una grande responsabilità.- aggiunse Ansem –Vi siete mai chiesta perché io, essendo il figlio maggiore, non sia stato promesso sposo a vostra figlia?-
-Molte volte, ma ritenevo educato non chiederlo.-
-Vedete, mio padre era… un tipo molto ambizioso. Essere un semplice conte non gli bastava, ma da solo non poteva salire al trono. Quindi voleva servirsi sia di me che di mio fratello, per raggiungere il suo obiettivo. Io non volevo aiutarlo nel suo piano di ascesa al potere. Appena seppe che volevo andare a studiare in un altro regno, praticamente non mi volle più considerare membro della famiglia. “Almeno ho ancora tuo fratello.” mi disse. Io mi sentivo, e mi sento tutt’ora più a mio agio a studiare, acquisire conoscenza e insegnare tutto ciò che so, piuttosto che guidare un popolo. Dante era senz’altro più adatto ad essere re.-
-Mi piaceva molto, il mio genero: giusto, equilibrato e giudizioso, come lo siete voi. Il marito ideale per mia figlia Claire. Non dovrei dirlo, ma ho approvato la sua decisione quando ha ordinato l’assassinio di vostro padre.-
-Ed ha reso Radiant Garden il regno di luce noto in tutti i regni.- concluse Ansem, annuendo –Spero di essere alla sua altezza, nel mantenere integra quella luce.-
-Ne sono più che certa, Ansem. Specialmente ora che avete deciso di istituire i ragazzi bisognosi.-
-Tutti hanno il diritto e il dovere di essere istruiti, di conoscere il mondo, ambasciatrice. E io lo faccio volentieri. Trasmettere tutto il mio sapere è una delle mie gioie più grandi.-
-Ed è per questo che siete da ammirare. A proposito… ho sentito che avete ospitato presso la vostra ala tre ragazzi di Twilight Town…-
-Ah, sì, Hayner, Pence e Olette, i miei allievi prediletti. Ragazzi molto acuti, ma altrettanto poveri… Speravano di trovare una nuova vita qui, a Radiant Garden.-
-E voi gliel’avete fornita. Da come stanno saccheggiando il tavolo delle vivande direi che si stanno trovando bene…- commentò, divertita, Dawn, notando tre ragazzi, due ragazzi e una ragazza, anche loro vestiti da festa, che stavano litigando per prendere l’ultima polpetta.
Il re scosse la testa, anche lui divertito. In realtà, provava pena per loro.
-E dire che Twilight Town non sembra soffrire di problemi economici…-
-La guerra colpisce ovunque, ambasciatrice… ma le ferite che provoca non sono tutte uguali…-
Intanto, Kairi e Aqua erano ancora insieme, ad osservare e commentare il vestiario di ogni presente.
-Come fanno a resistere un’intera serata con cappelli del genere? E poi guarda quella con quella pettinatura! Non deve muovere la testa nemmeno di un centimetro che tutte le ore passate a sistemarsi i capelli vanno a rotoli! E la collana di quella? Sembra davvero pesante! Come fa quella dama a non avere il mal di collo? E quelli non soffocano con quei fazzoletti che si ritrovano sul collo?- diceva Kairi ad ogni dama o nobiluomo che passava di fronte a loro.
Ma Aqua la ascoltava a malapena: un gruppo di dame e nobiluomini si erano spostati, mostrando ciò che tenevano celato ai suoi occhi.
Terra.
Esattamente come lei, era stato assegnato a sorvegliare il salone. Anche lui non sopportava le feste. Non indossava il suo elmo. Osservava il salone con aria seria e concentrata, scrutando il tutto con attenzione con i suoi occhi blu, ma anche lui si stava annoiando.
Insieme a Ventus, Terra era l’unico a supportare la giovane nel proseguire la sua carriera di cavaliere, nonostante gli scherni dei colleghi.
Ed era stato l’unico a preoccuparsi per lei quando il bandito l’aveva colpita.
Non gli aveva detto “grazie”, non come voleva lei.
Glielo doveva.
-Aqua? Mi stai…?- domandò la principessa, ma, una volta notato ove volgeva lo sguardo della sua guardia del corpo, sorrise –Ehi, se vuoi andare da lui, vai pure. Io starò bene.-
Aqua cadde dalle nuvole, scuotendo la testa.
-Cosa…? No! Devo restare qui a sorvegliare te e Naminé, soprattutto te. E se appena mi allontano, Vanitas viene ad importunarti?-
Kairi osservò un punto del salone e storse la bocca: Vanitas era insieme a delle giovani dame, sorridendo ad ognuna di esse.
-Quello?- mormorò, disgustata, la principessa –Non corro alcun pericolo: fa il galletto con tutte le dame. E se si avvicina a me ho già la scusa pronta per fuggire. Poi, voglio dire… non sei lontana da me. Se ti preoccupa la mia incolumità, poi sempre darmi un’occhiata mentre “parli” con Terra…-
-Poi non riesco a capirti, Kairi… Vanitas è un bel ragazzo, ricco, intelligente, dall’aria tenebrosa che lo rende affascinante agli occhi di tutte le dame ed ha tante doti, oltre ad essere un bravo spadaccino.-
-Aqua, lo dici perché è il gemello del tuo migliore amico?- ribatté Kairi, con aria contrariata –Vanitas sarà pure un bel ragazzo, ma è presuntuoso, vanitoso e pensa solo all’apparenza. Oh, Aqua, credimi, non fa per me. Per fortuna, zio Ansem ha sempre preso le mie difese e ha detto al primo consigliere che ho bisogno di tempo per pensarci; pensa se mi avessero entrambi forzata a sposarlo. A quest’ora sarei già sua moglie, tutta intenta a prenderlo sotto braccio, come vuole l’etichetta, mentre lui si pavoneggia davanti a tutti come se fosse la reginetta della festa!-
-Non sarebbe un bel vedere, lo ammetto… nei tuoi confronti, dico…-
-Ma poi perché dovrei sposarlo? Se voglio sposarmi, non dovrei farlo per amore?-
-Ci sono altri motivi per sposare una persona, cara, non necessariamente per amore. Radiant Garden è sull’orlo della povertà e i soldi guadagnati con le mostre di Naminé non bastano. Il consigliere Xehanort ha vari possedimenti e vaste ricchezze. Il matrimonio con Vanitas dovrebbe ristabilire l’equilibrio economico del regno.-
-Lo so… è solo che… Vanitas non mi dà la sicurezza che cerco. Se un ragazzo deve piacermi, devo sentirmi al sicuro e a mio agio con lui.-
-E Vanitas non ti fa sentire a tuo agio, vero?-
Un cenno con la testa fu la risposta affermativa.
Aqua sospirò, mordendosi il labbro inferiore, ma non per Kairi.
-Sei sicura che… ehm… non ci sono problemi se… Hai capito, no…?- balbettò, incrociando le dita delle mani.
-Vai tranquilla. So badare a me stessa.-
-D’accordo. Ma ricorda, se ci fossero problemi, non farti scrupoli a chiamarmi, ok?-
La giovane si allontanò dalla sua protetta per avvicinarsi a Terra.
Ogni volta che lo guardava si sentiva le farfalle nello stomaco e le mancavano le parole. Avvertiva continuamente la sensazione di apparire come un’idiota agli occhi del giovane.
Fece un respiro profondo e gli rivolse la parola.
-Ciao…- mormorò, appena fu vicina a lui.
Terra si voltò di scatto verso di lei.
-Oh, ciao, Aqua.- salutò, sorridendo lievemente –Come ti senti, adesso?-
Non le aveva nemmeno chiesto perché non fosse rimasta al suo posto.
-Ora mi sento molto meglio, grazie.-
Entrambi i cavalieri sviarono leggermente dal loro dovere di sorvegliare il salone, parlando tra di loro.
Kairi non smetteva un attimo di osservarli, sorridendo. Ma non era sicura se stava sorridendo augurando la felicità per la sua guardia del corpo o per nascondere l’invidia nei suoi confronti.
Terra era un giovane in gamba, tenace, gentile, premuroso e protettivo con le persone a lui care.
Tutte qualità che mancavano a Vanitas.
-Ossequi, principessa Kairi. Stasera siete più radiosa del solito.-
La ragazza si voltò di scatto, sobbalzando dalla sorpresa.
Vanitas era proprio a due centimetri da lei, con un gomito appoggiato al muro e lo sguardo ammaliante che avrebbe fatto innamorare una dama all’istante.
-Salve, ser Vanitas…- fu la risposta, con un filo di voce, come per dire “Spero che se ne vada subito…”.
Aveva persino appoggiato la schiena al muro e incrociato le braccia, per completare il suo senso di disagio.
-Le mie scuse se mi sono attardato a porgervi i miei saluti. E’ che vi avevo visto parlare con lady Aqua e non volevo interrompere il vostro discorso.- spiegò il giovane, baciando la mano alla principessa –Non immaginate neppure quanto mi siete mancata, principessa Kairi. Come è andato il viaggio? Mi è stato riferito che i quadri di vostra sorella sono stati stimati un milione di guil a quadro.-
Kairi ritirò la mano, pulendola sul vestito senza farsi vedere da Vanitas, poi fece un sorriso quasi forzato, come per accontentare le aspettative del suo futuro sposo.
-Sì, la mostra ha avuto nuovamente successo.- rispose, con tono quasi freddo.
Vanitas si voltò verso un gruppo di dame.
-Infatti non ho potuto fare a meno di notare che gli occhi di tutte le dame sono rivolti verso vostra sorella, stasera. La sua abilità nelle arti creative è quasi leggendaria in tutto il regno. Ha iniziato da piccola, vero?-
-A cinque anni. Nostra madre l’ha sempre esortata a coltivare la sua passione, ed è per questo che è divenuta pittrice.-
-E di voi, invece? Nel regno non si parla molto di voi, con l’eccezione di una diceria alquanto curiosa. Nella corte si dice, infatti, che vi alleniate con la vostra guardia del corpo nella scherma.-
-E allora?-
-La scherma non si confà ad una principessa, principessa Kairi. Dovreste sfoggiare la grazia e l’eleganza, non abbassarvi a praticare un’attività da persone violente.-
-Non vale anche per voi, ser Vanitas?-
La frase della principessa fece stupire il giovane, che si mise a ridere.
La sua maestria nell’arte della scherma, persino più del gemello Ventus, non passava inosservata nel regno.
-Ah, ah, ah! Mi avete messo con le spalle al muro, principessa! Per questo mi piacete!- esclamò, prima di inchinarsi e porgere una mano alla ragazza –Quale vostro futuro sposo, mia cara, posso avere l’onore di concedervi un ballo?-
Kairi storse la bocca e fece un passo indietro.
Apprezzava la gentilezza e la raffinatezza con cui il giovane si rivolgeva a lei, ma non trovava la forza in lei di innamorarsi di lui.
-Mi piacerebbe molto, ser Vanitas, davvero.- mentì, sperando che Vanitas cadesse nel tranello –Ma mi fanno male i piedi. Queste scarpe mi stanno uccidendo! Vado nella mia stanza a cercare delle scarpe più comode, poi ne riparliamo, ok?-
-Ma certo, principessa. Volete che ve le prenda io?-
-No, vi ringrazio. Faccio da sola.-
La scusa aveva funzionato.
Kairi era riuscita a sfuggire da Vanitas.
Salì le scale, in direzione della sua camera, con un sospiro di sollievo.
La scusa delle scarpe era valida anche allontanarsi dall’ambiente per lei noioso della festa.
Nel frattempo, sulle mura del castello, Ventus aveva ormai raggiunto il lato ovest, confinante con il castello. Per quella sera si era offerto di ricoprire il ruolo di capo delle truppe esterne di sorveglianza; come tale doveva assicurarsi che le guardie mantenessero la propria posizione.
Tutto era tranquillo. Tutto sembrava nella norma.
Qualcosa, però, lo insospettì: le guardie che sorvegliavano il lato ovest del castello giacevano per terra, immobili.
Allarmato, decise di soccorrerli. Si assicurò, all’inizio, che fossero ancora vivi.
Le pulsazioni c’erano. Il respiro anche.
Stavano solo dormendo.
-SVEGLIA!- tuonò il giovane cavaliere, dopo aver tirato un sospiro di sollievo.
I soldati si svegliarono di soprassalto.
-DOVRESTE SAPERE MOLTO BENE CHE E’ SEVERAMENTE PROIBITO DORMIRE DURANTE I TURNI DI GUARDIA!-
-Perdonate, ser Ventus…- si scusò uno dei soldati, appena alzato –Ma è successo tutto all’improvviso, appena abbiamo visto quel ragazzo…-
Ventus assunse un’aria seria, dietro l’elmo dalla visiera oscurata.
-Un ragazzo?-
-No, non è stato il ragazzo.- aggiunse un altro soldato –Il papero che era con lui ha pronunciato una formula magica; così noi abbiamo perso i sensi.-
Ventus cominciò a respirare a scatti: se fosse successo qualcosa al castello, la colpa sarebbe ricaduta su di lui.
C’erano dei ladri nel castello.
Fece del suo meglio per mantenere la calma. Intanto, qualcosa colpì i suoi occhi: impronte.
Impronte di stivale e di piedi palmati, stampati con il fango.
Erano dirette verso la Torre del Tesoro.
-Allora è lì che siete, ladruncoli maledetti…- mormorò il giovane cavaliere, prima di ordinare ai presenti
–Soldati! Avvertite il resto della truppa di sorveglianza e lanciate un allarme generale! Voi due, venite con me! Abbiamo dei ladri da catturare!-

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Furto nel castello ***


Note dell'autrice: vi avverto che questa parte doveva essere più lunga. Se fosse stato su carta lo avrei fatto, ma nelle letture virtuali non mi sembrava conveniente, quindi le ho volute dividere, altrimenti mi veniva lungo dieci pagine. Vi avverto che il prossimo capitolo sarà un po' noioso, ma nulla cala di importanza... spero...

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------



Non fu difficile per Paperino addormentare tutti i soldati di guardia alla Stanza del Tesoro.
Grazie al Keyblade, Sora, Qui, Quo e Qua ebbero il libero accesso alla stanza in cui erano custodite le ricchezze del regno.
Per fortuna, la torre era in un punto abbastanza esterno, proprio confinante con le mura, sotto le quali Pippo raccoglieva i sacchi di munny lanciati dai compagni.
Paperino si guardava intorno, storcendo il becco: non era la prima volta in cui provava rimorso in eventi simili.
Sapeva che parlarne con Sora era inutile, per questo decise di rimanere in silenzio.
Il ragazzo, al contrario dell’amico, era entusiasta.
Era una di quelle rare volte in cui un colpo stava procedendo senza interruzioni.
Mentre lanciava il quinto sacco di guil, rivolse involontariamente lo sguardo verso una finestra.
Rifletté, poi sorrise in modo furbo.
-Voi continuate pure.- ordinò ai paperotti, mentre si copriva la testa con il cappuccio e la bocca con un fazzoletto –Io vedrò se c’è qualcos’altro cui valga la pena rubare…-
Il papero mago assunse un’aria severa.
-Sora, no!- esclamò –Abbiamo già rubato abbastanza, di conseguenza siamo a posto! Non peggioriamo ulteriormente la nostra situazione!-
-Oh, andiamo! Solo qualche gioiello per l’imperatrice Minni e per la tua cara lady Paperina! Lo sai meglio di me che l’unica cosa in grado di renderla veramente felice è avere almeno un gioiello…-
Paperino storse di nuovo il becco: non aveva tutti i torti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far felice Paperina.
La via più veloce e sicura per le stanze reali era l’esterno, arrampicandosi sulle mura del castello.
Per Sora non fu difficile, essendoci abituato. Anzi, quasi lo preferiva a salire una scala.
Raggiuse la finestra più vicina, la stessa che aveva avvistato poco prima.
Per sua fortuna, era aperta.
Era una camera da letto, forse di una donna, a giudicare dalle decorazioni.
E dove c’era una donna, c’erano dei gioielli.
Il ragazzo aprì e svuotò tutti i cassetti e tutti gli armadi, nella ricerca di un portagioie, mettendo a soqquadro la stanza.
Inizialmente, trovò solo abiti, biancheria, scarpe, lenzuola e accessori, ma di gioielli nemmeno l’ombra.
Trovò qualcosa nel cassetto della toeletta: braccialetti, collane, anelli…
Sorrise di nuovo. Esattamente quello che voleva.
 Aprì la sua scarsella e vi mise tutti i gioielli che poteva.
Il suo piano era quasi compiuto.
Tuttavia, accadde qualcosa cui lui non aveva tenuto in considerazione: la porta della stanza si aprì.
Era la principessa Kairi, alla ricerca non completamente fasulla di scarpe più comode per la festa, soprattutto per sfuggire a Vanitas.
Rimase sconvolta dal disordine che regnava nella sua stanza.
Ma ciò che la sconvolse ancor più fu la presenza del ladro.
-Salve, come va?- domandò Sora, sorridendo, imbarazzato, dietro il fazzoletto.
Ma Kairi non rispose al saluto.
Urlò, più forte che poteva, affinché le guardie potessero sentirla.
Nel salone, nessuno la udì, a causa della musica.
Ma dall’esterno era udibile.
Ventus, infatti, diretto alla Stanza del Tesoro con alcune guardie, si allarmò.
Sapeva che proveniva dalle stanze reali.
-Continuate le indagini! Io torno subito!- esclamò, dirigendosi verso l’entrata più vicina per i corridoi interni del castello.
Kairi, nel frattempo, stava continuando ad urlare.
Sora, infastidito e quasi assordato, si coprì le orecchie con le mani.
-Ahh! Mi state sfondando i timpani!- esclamò.
La ragazza, dopo quella frase, smise di urlare, non per pietà per il ladro, ma per mancanza di fiato.
-T-tu… sei il ladro di oggi!- si ricordò, rivolgendogli uno sguardo minatorio –Non ti è bastato rubare la collana di mia madre?!-
Il ladro si tolse lentamente le mani dalle orecchie. Studiò la principessa nei minimi dettagli, osservandole soprattutto il volto, i grandi occhi blu. Le ammirò soprattutto il tono cui si era rivolta a lui e lo sguardo con il quale veniva osservato. Una normale principessa si sarebbe limitata solo ad urlare e ad indietreggiare, per il terrore di essere rapita o abusata.
Riconobbe del valore in lei.
Per qualche arcano motivo, cominciò ad essere attratto da lei.
Deviò il discorso, senza rispondere alla domanda, o meglio, dall’accusa di Kairi.
-Siete davvero molto carina, principessa…- mormorò, avvicinandosi a lei.
La principessa indietreggiò solo di un passo, senza mostrare alcun cenno di timore nel suo volto e mantenendo lo sguardo fiero.
-Stammi lontano, ladro!- ammonì, serrando le labbra –O chiamo le guardie!-
Sora non si curò minimamente della minaccia, come se per lui fosse ormai un male a cui era abituato.
Continuava a camminare verso di lei, togliendosi il fazzoletto che gli copriva la bocca e il cappuccio che gli copriva i capelli.
Le era ormai vicino, sempre sorridente, galantemente, oppure come un esattore delle tasse mentre implora del denaro.
Chiunque avrebbe interpretato quel sorriso come un tentativo di ammorbare la principessa con il suo fascino per aiutarlo a scappare. Ma quello che lui provava era vero.
-Ma non lo farete, vero?- domandò, con voce quasi dolce.
Ad un tratto, sebbene continuasse a mantenere il suo sguardo severo, Kairi perse il suo orgoglio: gli occhi profondi del ragazzo che esprimevano tenerezza e la sua voce vellutata sembrarono toccarle il cuore.
Il cuore le batteva forte, ma non dalla paura, come quella che aveva provato quel pomeriggio, ma dall’emozione.
Una sensazione che non aveva mai provato prima di allora. Non con Vanitas, almeno.
Un sentimento quasi proibito la prese, ma non poteva cedere per non perdere la propria dignità come principessa.
Restarono qualche istante ad osservarsi negli occhi, senza dire una parola, se non sospiri di emozione.
Quel silenzio, tuttavia, venne bruscamente interrotto dal suono di un corno da guerra.
Era l’allarme.
Si aggiunsero, poi, dei passi ed il rumore della porta della stanza che si aprì di nuovo.
-Principessa Kairi, state bene?!-
Era Ventus. Sapeva che l’urlo era della principessa e che proveniva dalla sua stanza.
Cambiò il suo sguardo da preoccupato a furioso, appena rivide Sora.
-TU?!-
Il ragazzo sospirò, seccato.
-Ma perché devi rovinare sempre il divertimento, tu?-
Il giovane cavaliere sguainò il suo Keyblade, separando i due ragazzi e facendo da scudo a Kairi.
-Stai lontano dalla principessa, ladro!- minacciò, puntando la spada in avanti.
Sora alzò le mani, come volesse chiarire una cosa.
-Ehi, rilassati, cavaliere…- si difese, mantenendo il controllo delle sue emozioni –Non stavamo facendo niente. Non l’ho sfiorata nemmeno con un dito.-
Kairi non disse una parola, pietrificata dallo sguardo del ladro, che le aveva quasi preso il cuore.
Ventus aggrottò le sopracciglia bionde, infastidito dal tono strafottente del suo avversario.
-Prima il furto della collana della regina Claire, adesso i soldi del regno, introduzione non autorizzata nelle stanze reali e poi il soqquadro della stanza della principessa per rubarle i gioielli… - disse, quasi ringhiando –Non ti sembrano motivi abbastanza validi per passare il resto della tua vita nelle prigioni di Radiant Garden?-
Anche Sora, sospirando di nuovo, sguainò il suo Keyblade e si mise in posizione di combattimento.
-Motivi validi, sì, ma superficiali.- notò –Gergo comune di militari come te.-
Provocato, il giovane sferrò il primo attacco.
Kairi, nel frattempo, non si mosse da dove si trovava.
Non aveva mai visto da vicino uno scontro del genere, nonostante anche lei facesse pratica di scherma.
La stanza era abbastanza grande per uno scontro di spade.
Rimase colpita dall’abilità dei due giovani, in particolare del ladro: combatteva quasi allo stesso livello di Ventus.
Il Keyblade non era un’arma qualunque e, come tale, nelle mani di chiunque: quel ragazzo, quindi, doveva avere qualcosa di speciale. Non poteva essere un comune ladro.
Lo scontro non durò molto. Sora non se la sentiva di combattere, al contrario del suo avversario.
Si avvicinò alla finestra, indietreggiando di proposito.
Ventus gli puntò nuovamente il Keyblade alla gola.
-Vedo che hai capito come funzionano le cose qui.- disse, con sguardo serio –Ora starai fermo lì, fino all’arrivo delle guardie.-
Sora non aveva paura. Anzi, sorrise in modo strano, sicuro di sé.
Guardò in basso: Paperino, Pippo e i tre paperotti, sotto le mura della città, con i sacchi dei munny, stavano saltando e sbracciando, come per dargli il segnale di fuga.
 Per raggiungerli, doveva solo uscire dalla stanza e trovare un modo per raggiungerli senza essere seguito e,
per sua fortuna, era specializzato nelle fughe strategiche.
-Certo…- rispose, sarcastico –Allora non dispiace se mi assento per un po’, prima che arrivino? Sai, ho bisogno di una boccata d’aria… E non ti conviene tenere quell’aria corrucciata, cavaliere, altrimenti ti vengono le rughe.-
Rapido, uscì dalla finestra, ma non era chiara la direzione che prese, se voleva salire o scendere.
Era come svanito nel nulla.
Ventus, dopo un breve attimo di sincope, scattò in avanti e mise la testa fuori dalla finestra, cercando Sora.
Le mura erano poco illuminate, e il paesaggio era completamente buio.
Era impossibile trovare i ladri.
L’avevano fatta franca, di nuovo.
Digrignò i denti e batté un pugno sul muro, furioso e deluso.
-E’ INUTILE CHE SCAPPI! OVUNQUE TU ANDRAI IO TI TROVERO’!- tuonò, rivolto al cielo.
Poi, improvvisamente, si ricordò di Kairi.
Corse da lei, ancora pietrificata, e la prese per le spalle.
-Principessa, tutto bene?-
Ella cadde come dalle nuvole.
-Cosa…? Sì, sto bene…- rispose, con un filo di voce.
Non sembrava la voce di una persona terrorizzata, ma quanto di una persona sorpresa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rimproveri ***


Note dell'autrice: dal prossimo capitolo entreremo nella parte "calda" della storia...

----------------------------------

Nel salone sembrò regnare il terrore, appena udito il corno dell’allarme.
Persino la musica cessò. Al suo posto si levarono dei continui mormorii.
-Vi prego, mantenete la calma!- annunciò Ansem, cercando di calmare i presenti.
Naminé, non vedendo più la sorella, si agitò.
Anche Aqua sentì il suo respiro interrompersi bruscamente, appena udito il corno: se fosse successo qualcosa alla principessa Kairi, le colpe sarebbero ricadute su di lei, come sua guardia del corpo.
-Ma cosa succede…?- domandò Xehanort, guardandosi intorno con aria più sospetta che spaventata.
Non era un uomo che si spaventava facilmente.
Un soldato scese le scale, correndo verso Eraqus e re Ansem.
-Vostra Maestà, capitano Eraqus.- disse, facendo il saluto militare –E’ stata segnalata la presenza di un ladro nel castello.-
-Un ladro?!- si stupì il sovrano.
-Esatto. Ser Ventus se ne sta occupando personalmente.-
Dawn si guardò intorno.
-E dov’è la mia Kairi?!- domandò, apprensiva.
Anche Eraqus si guardò intorno, accorgendosi della sua assenza.
Tuttavia, notò Aqua con Terra.
Serrando le labbra, severo, camminò verso i due giovani.
“Ahiahi…” pensò ella, mordendosi il labbro inferiore.
-Cosa fai qui, Aqua?- domandò l’uomo, mettendo le mani sui fianchi.
La giovane incrociò le dita, imbarazzata.
-Capitano… io…-
-Silenzio!- tagliò corto Eraqus, con tono da rimprovero –Avevi degli ordini specifici: sorvegliare le principesse. Oggi ho voluto chiudere un occhio per l’incidente avvenuto, perché quel ladro ha colto di sorpresa anche noi, ma non stasera! E se fosse capitato qualcosa alla principessa Kairi, eh? Dov’eri tu? A divertirti! Speravi che con la confusione non ti vedessi, ma io non sono divenuto capitano per divenire poi cieco e sordo. Cosa vogliamo fare adesso? Dimmelo! Dimmelo!-
La giovane abbassò lo sguardo, senza dire una parola. Non poteva dire niente in sua difesa.
Ogni volta che il capitano Eraqus la rimproverava, perdeva l’uso della parola.
Con la coda dell’occhio notò che Braig stava gongolando per l’umiliazione subita.
Per fortuna, Kairi stava scendendo in quel momento.
Aveva udito tutto.
-Vi prego, capitano Eraqus, non prendetevela con lei!- implorò, avvicinandosi all’uomo, facendo un leggero inchino.
Gli sguardi della corte erano rivolti verso la principessa, soprattutto quello di Vanitas, che si era sempre chiesto perché ci mettesse tanto a trovare delle scarpe.
-Se c’è qualcuno da rimproverare, quella sono io! Sono stata io a dire ad Aqua di non sorvegliarmi stasera, non è partita da lei l’iniziativa, lo giuro! Ha anche insistito per rimanere dov’era! Sapete benissimo che lei mette sempre il dovere prima di tutto! Nessuno poteva immaginare che sarebbero venuti i ladri!-
La giovane sorrise, lieta nell’aver trovato un’amica fidata nella sua protetta.
Eraqus prima guardò la ragazza, poi Aqua, storcendo la bocca. Le parole sembravano vere.
-Con tutto il rispetto, principessa Kairi…- disse, facendo un leggero inchino –Aqua sarà pure la vostra guardia del corpo, ma gli unici ordini che deve seguire sono i miei, quale suo superiore. Per stasera chiuderò nuovamente un occhio su questo incidente, ma se succederà di nuovo, non esiterò ad escludere Aqua dal Departure Accademy. Sono stato chiaro, Aqua?-
Il cavaliere donna fece un cenno con la testa.
-Sì, signore. Non succederà più.-
Terra avrebbe voluto protestare, ma fu fermato dalla giovane.
Temeva che il suo intervento avrebbe peggiorato la situazione.
Anche Ventus entrò nel salone, per far rapporto sulla situazione.
Appariva alquanto furioso.
Aqua e Terra furono i primi a notare la sua presenza, infatti corsero verso di lui, allarmati.
Ciò spinse la principessa dai capelli rossi a voltarsi.
-Ven! Stai bene?- domandò la prima.
-Hai preso il ladro?-
Il giovane biondo ringhiò, deluso.
-Mi è scappato di nuovo…-
-“Di nuovo”?- domandò l’amico.
Ventus lo guardò in faccia.
-Era lo stesso ragazzo che ha rubato la collana della regina Claire!-
Eraqus sbatté le mani sui fianchi, sospirando, anche lui deluso.
-Sono circondato da delusioni ambulanti!- esclamò, quasi involontariamente.
Vanitas ridacchiò, in modo che il gemello potesse udirlo.
-Un altro colpo fallito, eh, fratellino?-
-Zitto tu!-
Avendo caratteri differenti, Ventus e Vanitas non andavano molto d’accordo.
Anzi, non erano rari i loro litigi.
-Ma io cosa devo fare con voi due, eh?- continuò a lamentarsi Eraqus, rivolto a Ventus e Aqua –Vi addestro per anni per divenire degni cavalieri, cerco di supportarvi per spingervi a fare del vostro meglio e voi mi ringraziate così?!-
Ansem batté le mani due volte, come per invitare l’uomo a tacere.
-Non siate così severo con i vostri allievi, capitano Eraqus!- rimproverò –La principessa non sembra aver recato alcun danno. Stai bene, mia cara?-
Kairi annuì, sorridendo lievemente.
-Sì, zio, il ladro non mi ha fatto niente.-
-Ecco, visto?-
Eraqus sospirò di nuovo, ma dal naso, prima di dirigersi nuovamente al centro del salone, insieme a Xehanort.
-Ser Ventus, in quanto unico ad aver affrontato il ladro faccia a faccia…- proseguì il re –Sapete che cosa ha rubato?-
Ventus cercò di ricordare: quando era entrato nella stanza di Kairi, aveva notato il ladro con un sacchetto in mano, in cui stava mettendo i gioielli.
-L’ho solo trovato mentre stava rubando i gioielli della principessa.- spiegò –Ero di pattuglia quando l’ho sentita urlare.-
-Urlare?-
-Sì, Maestà. Forse non l’avete udita a causa della musica. I miei uomini ed io avevamo notato delle guardie incoscienti sulle mura. A quanto pare, il ladro non era da solo: aveva un mago con sé, probabilmente il vero colpevole dell’incantesimo soporifero lanciato sulle guardie.-
Persino Eraqus si mostrò interessato. Si stava quasi pentendo delle parole rivolte al giovane, poco prima.
-Purtroppo, siamo arrivati tardi. I ladri erano diretti alla Sala del Tesoro, a giudicare dalla direzione in cui portavano le loro impronte. Ma non ho potuto accertarmene, poiché ho udito l’urlo della principessa.-
Ansem aveva ascoltato tutto attentamente, con aria riflessiva.
Xehanort, invece, appena udito della Stanza del Tesoro rivolse uno sguardo fulmineo verso il tesoriere, ancora nel suo banco.
-Rudol!- esclamò, furioso -Come tesoriere di Radiant Garden, sareste dovuto rimanere al vostro posto, invece di trastullarvi con le guardie personali del re!-
-Ma avevo lasciato delle guardie per sorvegliare la Sala del Tesoro, eminenza!- si scusò l’uomo, intimorito dagli occhi gialli dell’anziano.
-Basta anche voi, consigliere Xehanort!- tuonò nuovamente il re –Anche se fosse rimasto lì, sarebbe stato anche lui una vittima del mago. Non sarebbe cambiato nulla.-
L’ambasciatrice non sapeva cosa dire e il primo consigliere, nonostante l’intervento di re Ansem, non smetteva di lanciare occhiate fulminee al tesoriere di corte.
-Comunque, Maestà…- proseguì Ventus, stringendo i pugni –Tra le impronte trovate sulle mura ho scoperto che insieme a quelle del ladro c’erano anche quelle di piedi palmati.-
L’ultima parola fece sobbalzare il sovrano.
-Sospetto che dietro al furto ci sia lo zampino dell’Impero.-
Quella frase fece riflettere re Ansem, il primo consigliere Xehanort e il capitano Eraqus, e allarmare il resto degli invitati.
-Questo aggrava la loro situazione…- mormorò il secondo –Prima i nostri sovrani, ora le nostre ricchezze…-
-Sappiamo quanto abbiamo perso?- domandò il primo, rivolto verso Rudol.
In quel momento, uno dei cavalieri di guardia alla Sala del Tesoro era sceso dalle scale, diretto verso il tesoriere, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
-QUANTO?!- tuonò quest’ultimo, sgomento.
-Qualcosa non va, tesoriere?-
Alla domanda del re, l’uomo si alzò in piedi, deglutendo.
-Una delle guardie a cui avevo incaricato di sorvegliare la Sala del Tesoro mi ha riferito che… con il furto di stasera… abbiamo perso il 75% delle nostre ricchezze.-
L’intero salone fu invaso dall’angoscia.
-Cosa…?!- Naminé si sentì come mancare –Tutti quei soldi… che abbiamo guadagnato con le mostre…-
Kairi, senza pensarci due volte, soccorse la sorella, sorreggendola per le braccia.
-Naminé…!- esclamò, preoccupata.
Eraqus serrò le labbra.
-Li abbiamo sottovalutati…- mormorò, prima di rivolgersi al re –Vostra Maestà! Chiedo il vostro permesso di far intervenire i miei uomini nella guerra contro l’Impero!-
-No, capitano Eraqus!- fu la risposta, secca –Vi ho assegnati come corpo di guardia per proteggere il regno e così sarà! Se vi mandassi in mezzo al conflitto, Radiant Garden sarà ancor più esposta alle offensive nemiche!-
-Ma, signore…!-
-Silenzio!-
Il capitano non sembrava così sorpreso da quella risposta. In fondo, se la aspettava.
A quel punto, Ventus fece un passo avanti, ponendosi come un militare.
-Capitano!- esclamò –Mi assumo la responsabilità per la fuga del ladro della collana della regina Claire e delle ricchezze del castello. Chiedo di essere incaricato alla sua cattura!-
Eraqus si stupì dell’improvvisa sicurezza del più giovane dei suoi allievi; anche Vanitas e Xehanort non se lo aspettavano.
Si poteva leggere nei suoi occhi: delusione, ma anche determinazione di rimediare al suo errore.
Anche Aqua lo ammirò: lei ancora non sapeva cosa fare per rimediare al suo, di errore.
Il capitano sorrise, annuendo.
-E sia.- decise –Ti incarico, da ora, di catturare il ladro e recuperare la collana della regina Claire. Ti do carta bianca, ma non fargli male. Ci serve vivo. Magari, se fosse veramente coinvolto negli affari dell’Impero Disney, potrebbe avere delle informazioni utili.-
-Ricevuto!-
In quel momento, Sora, Paperino, Pippo, Qui, Quo e Qua, trasportando quasi a fatica tutti i sacchi di monete, erano tornati all’accampamento.
Topolino appariva turbato; non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro, innanzi al falò.
Invero, era preoccupato per gli assenti. Minni era con lui, mentre cercava di consolarlo.
Riku stava coprendo il ruolo di sentinella.
-Stanno tornando!- annunciò.
Quella notizia fece alzare la testa dell’ex-imperatore e tirare un sospiro di sollievo.
Una grande voglia di correre da loro e abbracciarli lo prese, ma si fermò non appena scoprì cosa portavano alle spalle.
-Che significa questo?- domandò, con tono da rimprovero.
Sora, con un sorriso a 32 denti, mise i sacchi di munny  portati da lui per terra.
-La nostra salvezza, “maestà.”- disse, fiero –Finalmente non dovremo più dipendere da uno strozzino. Potremo ricostruire l’Impero! E qualche gioiello per l’imperatrice e la sua dama di compagnia.-
Minni e Paperina si illuminarono alla vista di tutte quelle collane, braccialetti, anelli…
Topolino, invece, non fu affatto fiero del gesto del ragazzo. Riku stesso si mise una mano davanti al volto, in segno di vergogna.
-Ma io vi avevo pregato DI NON RUBARE DA RADIANT GARDEN!- tuonò, avvicinandosi al ragazzo castano.
-Ma, Topolino, noi volevamo…- balbettò Sora, intimorito da quel tono.
-SILENZIO! I vostri intenti erano nobili: volevate aiutarci e ve lo riconosco. Ma qui si tratta della nostra sopravvivenza e non solo dal punto di vista economico! Quello che avete fatto ha aggravato ulteriormente la nostra situazione! Manderanno un mandato di cattura su tutti noi e ci metteranno in cella, o peggio, ci uccideranno, senza darci la possibilità di dimostrare la nostra innocenza su quanto è successo veramente ai sovrani di Radiant Garden!-
Regnò il silenzio nell’accampamento. Un silenzio imbarazzante.
-Paperino, Pippo!- ordinò l’ex-imperatore, battendo le mani una volta –Voi ed io restituiremo il denaro ai loro legittimi proprietari. Voi altri, smontate tutto e attendete il nostro ritorno! Ci spostiamo da qui; ne approfittiamo col favore della notte!-
-EHHH?!- esclamarono il papero e il cane, facendo cadere i sacchi di munny dallo sgomento –Ma siamo appena tornati e i sacchi pesano!-
-Anche la taglia sulla nostra testa, se non riusciremo a riportare il denaro rubato ai suoi legittimi proprietari. Ah, e anche i gioielli. Sora!-
La manona era aperta, in attesa del sacchetto legato alla cintura del ragazzo.
Paperina fu quasi dispiaciuta di dover restituire quelle meraviglie, ma Minni comprese e fece un lieve cenno con la testa, come per dire: “Daglielo pure, non importa.”
-Tenete, allora…- biascicò il ragazzo, lanciando quanto richiesto.
Il sacchetto atterrò sulla mano dell’imperatore.
-Molto bene.- concluse quest’ultimo, prendendo alcuni sacchi di monete –Saremo qui tra breve. Fatevi trovare pronti!-
Le tende furono smontate, e gli oggetti utili raccolti. Il falò rimase acceso, almeno come punto di riferimento per il trio, in caso del loro ritorno.
Riku non aveva detto una parola per tutto il tempo. Non aveva fatto altro che osservare Sora, pieno di delusione. Era arrabbiato con lui, quasi quanto lo era Topolino.
-Sora, sei un vero idiota…-
-Volevo solo aiutarci…-

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un Accordo ***


Note dell'autrice: so più o meno cosa direte alla fine di questo capitolo: che ci sono cose in sospeso, bla bla bla e roba simile. Io vi dico: godetevi la lettura.
Se c'è una cosa che noterete nelle mie storie è che tutto viene chiarito in seguito...


------------------------------------------



-ECCOLO!-
-PRENDETELO!-
Era passata una settimana dalla sera della festa a Radiant Garden.
L’ex-imperatore Topolino e il resto della sua corte si erano stabiliti a nord, vicino a Twilight Town, ma sempre in una zona appartata.
Da più di una settimana, i soldati scelti da Ventus per cercare Sora non facevano altro che setacciare tutti i boschi del regno, nella speranza di trovarlo.
Più volte era stato avvistato, ma mai catturato.
Il ragazzo era costantemente seguito da loro. Ma lui conosceva i boschi più dei soldati reali; ciò lo metteva in una posizione di vantaggio, rispetto a loro. Saltava le radici sporgenti con agilità e svoltava velocemente tra un albero e l’altro. L’agilità era uno dei suoi punti forti.
Infatti, come ogni giorno, era riuscito a seminarli, ridendo, soddisfatto.
Era frustrante, per i soldati, tornare al castello stremati dalle corse e a mani vuote. Soprattutto per poi subire la predica del capitano Eraqus.
Sarebbe andata diversamente quel giorno?
Torniamo a Sora.
Si era fermato un attimo, per riprendersi dalla corsa, ma non smetteva un attimo di ridere.
Non sapeva perché, ma aveva ormai trovato gusto ad essere inseguito dai soldati di Radiant Garden.
-Gliel’ho fatta anche stavolta…- disse, stirandosi le braccia –Topolino aveva ragione… sono stato un po’ avventato ad entrare nel Castello per rubare i loro munny… Mai mi sarei immaginato che mi venissero a dare la caccia. Eh… Riku ha proprio ragione, sono un vero idiota…-
Riprese lentamente fiato, guardandosi intorno. Nessuno. Solo lui. Come previsto.
-Meglio tornare all’accampamento. Mi sono assentato troppo a lungo, come sempre.-
Non camminò: corse di nuovo. Gli piaceva correre, saltare, fare capriole…
Sora era un tipo dinamico. Ogni scusa era buona per fare movimento.
Nessuno avrebbe mai scoperto la nuova posizione dell’accampamento: dopo la sua ultima bravata ed i continui inseguimenti da parte dei soldati di Radiant Garden, la corte dell’ex-Impero Disney era come costretta, inizialmente, a spostarsi continuamente; ma poi erano riusciti finalmente a trovare un rifugio sicuro, un luogo che nemmeno a un bandito sarebbe venuto l’istinto di dare un’occhiata.
Sora era proprio diretto all’entrata, sicuro di avere la via libera, come sempre.
Ma qualcosa cambiò i suoi piani.
Ad un certo punto, aveva udito un suono strano sotto i suoi piedi: prima di chiedersi di cosa si trattasse, venne improvvisamente sollevato ad un paio di metri di altezza.
Era finito dentro una rete. Era ben nascosta nella flora del bosco, ecco perché il ragazzo non l’aveva vista.
-Ma porc…!- imprecò, guardandosi intorno, alla ricerca del suo Keyblade, con cui avrebbe tagliato le funi che componevano la rete per liberarsi.
Sfortunatamente, il Keyblade era rimasto per terra. Questo fece ringhiare il suo portatore.
-Accidenti, ora sono davvero nei guai…- mormorò.
Dei passi. Qualcuno si stava avvicinando.
-Davvero credevi di sfuggirmi per sempre?-
Ventus. Appena vide che era il ragazzo colui che era dentro la tenda, si tolse l’elmo. Aveva uno sguardo soddisfatto stampato sul volto.
-Io trovo SEMPRE le mie prede. E questo lo prendo io, per ora, non si sa mai…- disse, prendendo il Keyblade del prigioniero.
Sora inarcò la testa indietro, sospirando.
-Ancora tu, ma che angoscia…-
-Poche chiacchiere!- tagliò corto il cavaliere –E restituiscimi subito la collana che hai rubato alla principessa Kairi, se vuoi essere liberato.-
-Non ce l’ho.- fu la risposta, come fosse il fatto più ovvio del mondo.
Ventus aggrottò le sopracciglia bionde.
-Non ti credo.- disse -Voi ladri tenete sempre nascosto il vostro bottino e non lo mostrate nemmeno se veniste minacciati di morte.-
-Vuoi perquisirmi?- schernì il ragazzo, aprendo le braccia –Fai con comodo. Tanto non è con me.-
Il tono del ladro fece innervosire ulteriormente il giovane, che mostrò a lui un manifesto: c’era il suo volto disegnato, con sotto una taglia da 30.000 munny per la sua cattura. Un manifesto da ricercato.
-Non stai facendo altro che peggiorare la tua situazione, ladro.- ammonì Ventus, sempre più minaccioso –Tu e i tuoi amichetti dell’Impero Disney siete già sull’orlo del precipizio per l’omicidio dei sovrani di Radiant Garden, e come se non bastasse, vi intrufolate nel castello a rubare i soldi del regno!-
Sora, per un attimo, apparve confuso.
-Aspettaaspettaaspetta?!- esclamò, scuotendo le mani –Ancora con questa storia di…?! Oh, no… Davvero credi che sia stato l’imperatore Topolino ad ordinare l’uccisione di re Dante e della regina Claire? I suoi più potenti e fidati alleati, nonché suoi carissimi amici?!-
Ventus cambiò improvvisamente espressione: non si aspettava quel tipo di risposta. Si aspettava qualcos’altro, con tono da strafottente, ma non quanto appena udito.
-Non è stato lui?- domandò, confuso.
-NO! Certo che no!- rispose Sora –Topolino non è quel tipo di persona! E’ la persona più gentile di tutto il mondo! Incaricare di uccidere qualcuno… Bah!-
Il giovane abbassò il manifesto, più confuso di prima. Non era sicuro se quanto stava udendo era una menzogna o voci fondate.
-Ma se non è stato l’imperatore Topolino, allora chi…?-
-Perché non chiedi al caro primo consigliere Xehanort se sa qualcosa dell’uccisione dei sovrani di Radiant Garden?- fu la risposta -Ci sarebbe da scrivere un libro su quello che ha fatto per arrivare dov’è…-
Udire il nome “Xehanort” fece sobbalzare il cuore del cavaliere. Soprattutto per il fatto di esser venuto a conoscenza di un evento a lui ignoto in modo così brusco.
-I-il primo… consigliere…?!- balbettò, incredulo, infatti ridacchiò –Andiamo! E’ una delle persone più fidate del re! Come… come può aver ordinato l’uccisione dei sovrani? E soprattutto come ti permetti TU di accusare una persona rispettosa come lui!?-
-Ah, è molto semplice.- Sora era tornato arrogante –Quel pelatone ha distrutto l’isola in cui vivevo, quasi due anni fa…-
Un’altra notizia sconvolgente.
-La tua… isola…?-
-Tecnicamente, un arcipelago.- chiarì il ragazzo -Le Isole del Destino. Eravamo tutti poveri… e pescatori, soprattutto. Poi arriva il primo consigliere e le distrugge; non so come e non so perché, ma le ha distrutte. Io e il mio migliore amico siamo gli unici sopravvissuti di quel massacro. Siamo fuggiti su una zattera, navigando per giorni interminabili, fino ad arrivare sulla soglia dell’Impero Disney e l’imperatore Topolino, appena udita la nostra storia, ci ha presi con sé. Fine della storia.-
Ventus non sapeva se sentirsi un idiota o un cavaliere che aveva appena finito di compiere il suo dovere, ma sentiva il suo cuore sprofondato nel caos.
Nascose tale sentimento con una risata.
-Stai sicuramente mentendo.- disse, incrociando le braccia –Le diresti di tutte, pur di farti liberare, non è vero? Il primo consigliere Xehanort è un uomo dignitoso e sa sempre quello che è meglio per il regno.-
Sora soffiò dal naso, offeso.
-Sembri molto attaccato a lui, eh, cavaliere?-
-Glielo devo. Ha accudito me e mio fratello fin da quando eravamo piccoli, dopo la morte di nostro padre. E poi il mio nome non è “cavaliere”. E’ Ventus! Ser Ventus, precisamente.-
-Beh, scusa se te lo dico, Ser Ventus…- continuò il ragazzo -Ma il tuo “tutore” ha ucciso i miei genitori, oltre che altra gente innocente…-
Lo sguardo del cavaliere non mostrava segni di credibilità: aveva la bocca storta e un sopracciglio abbassato.
A quel punto, il ragazzo sospirò.
-Senti, sei libero di non credermi su quest’ultima parte, ma ti posso assicurare che non è stato l’imperatore Topolino ad uccidere re Dante e la regina Claire!-
-Ah, sì? E come?-
Quella domanda mise Sora con le spalle al muro: aveva di nuovo agito senza pensare.
Rifletté. Poi, a malincuore, trovò la soluzione.
-Se ti dico a chi è stata venduta la collana della regina Claire, mi crederai?-
Ventus fu nuovamente stupito dalla risposta del ladro.
-Fammi capire…- osservò –Tu rubi una collana per rivenderla, per poi aver speranza di sopravvivere. Davvero vuoi sprecare questa opportunità per dimostrare la tua innocenza e quella di un tuo alleato?-
Sora serrò le labbra.
-Sì. Se questa è l’unica scelta…-
Si scambiarono sguardi di fuoco per quasi un minuto. Dopodiché, Ventus sbatté le palpebre.
-Ci sto.- decise –Dimmi il nome del compratore.-
Sora tirò un mezzo sospiro di sollievo.
-Si chiama Pietro. Pietro Gambadilegno.- spiegò –Una delle persone più spregevoli di tutti i regni. Ma l’imperatore Topolino ha stipulato un accordo e siamo costretti a lavorare per lui, se vogliamo sopravvivere.-
-Sì, conosco quella canaglia…- mormorò il cavaliere –E’ da una vita che gli diamo la caccia. Pensi che ce l’abbia ancora?-
-Solitamente, i pezzi che non gli soddisfano cerca di rivenderli…- spiegò nuovamente il ragazzo -Ma quelli pregiati, come collane, gioielli e roba simile se li tiene per sé e non li vuole vendere o restituire per nessuna ragione, a meno che non lo ripaghi con una cifra maggiore con cui gli hai venduto un oggetto.-
-Quindi è anche per questo che hai rubato al castello?-
-No. O meglio, non è legato strettamente alla collana. L’ho fatto solo per la nostra sopravvivenza e per non dipendere più da quella canaglia.-
-Ma se tu non hai soldi con te, come pensi di pagarlo?-
Con sguardo fiero e stringendo le mani sulla rete, Sora fece un profondo respiro, gonfiandosi i polmoni.
Rispose, più deciso che mai: -Troverò un modo!-
Non era una risposta che soddisfò le aspettative del cavaliere, ma dovette rassegnarsi: doveva per forza fidarsi di lui, se voleva completare la sua missione e riportare la collana della regina Claire alla principessa Kairi.
Spostò un angolo della bocca verso l’alto, come per accennare un sorriso.
-Bene, allora siamo d’accordo.- decise, avvicinandosi ad una corda, che sosteneva la rete che teneva imprigionato il ladro –Naturalmente, non ci saranno problemi se verrò con te…-
Quest’ultimo fece spallucce.
-E che importa? Tanto non ho niente da nasconderEEEEEEEHHH!!!-
Prima che finisse la frase, Ventus aveva già tagliato la corda e la rete cadde velocemente sul terreno.
Nel frattempo, una nuvola di inquietudine sembrava aver circondato il castello di Radiant Garden.
Sostenuto dal suo bastone, il primo consigliere Xehanort stava camminando per i corridoi, con aria seria. Nell’altra mano portava una busta.
Era seguito da un giovane dai capelli rossi, acconciati in maniera spigolosa, e con addosso un camice bianco.
-Ma io devo sapere!- esclamò, stringendo i pugni –Sono anni ormai che non sento più sue notizie da parte sua, invece che vostra!-
Seccato dal suo tono sfrontato del giovane, l’uomo si voltò di scatto, con sguardo quasi minatorio.
-Lea!- esclamò –Comprendo perfettamente che tu e il generale Isa vi conoscete dall’infanzia e comprendo la tua preoccupazione per lui, ma lui ha un dovere e una responsabilità verso il regno, e sai bene quanto questo significhi per l’intero regno!-
-Ma nemmeno una lettera…! Giusto per sapere come sta…-
-E’ fuori questione!-
-Allora permettetemi di andarlo a trovare in fronte!-
-Ora basta, Lea! Ne ho abbastanza delle tue lamentele! Re Ansem vi ha accolti ed ha accettato di aiutarvi, offrendo lavoro ad entrambi. Isa è il generale dell’esercito e sta facendo il suo dovere e tu sei il cuoco del castello e il tuo unico dovere è quello di preparare pasti decenti per il castello, non impicciarti in affari che non ti riguardano! Ora torna in cucina, prima che chieda al sovrano di licenziare sia te che il generale, buttandovi nuovamente in mezzo alla strada dai ratti di fogna che siete! Mi sono spiegato?!-
Quando il consigliere Xehanort assumeva un tono da autoritario persino Aeleus era intimorito. Lea si rese conto che la cosa migliore da fare era non insistere; infatti, girò i tacchi e tornò nelle cucine. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non rovinare la sua vita e quella dell’amico.
Con un cenno della testa, come per mostrare soddisfazione, il primo consigliere continuò a camminare per il corridoio.
Re Ansem, come ogni mattina, era intento a fare lezione ai tre ragazzi di Twilight Town, dentro una stanza del piano terra usata come aula. Hayner faceva finta di ascoltare, con sguardo mezzo addormentato e la testa appoggiata ad una mano. Anche Pence non era particolarmente attento. Giocherellava con la penna, ma riusciva a cogliere solo qualche parola nella spiegazione. Olette, invece, si dimostrava molto interessata alle lezioni del re, infatti ascoltava attentamente e prendeva appunti.
-Allora, chi mi sa fare un riassunto di quanto ho appena spiegato?- domandò il sovrano, scostando lo sguardo dal libro che aveva in mano –Hayner, vuoi provare tu?-
Il ragazzo biondo scattò in alto, come se qualcuno avesse urlato mentre lui dormiva, tornando dritto con la schiena e composto sulla sedia.
Odiava quando doveva fare il riassunto. Specie quando non aveva ascoltato la lezione.
-Ehm… c-c-c-c’è… ecco…- balbettò, quasi sudando freddo.
Dall’imbarazzo, Olette si passò una mano sul volto, mentre Pence scuoteva la testa.
Per fortuna, qualcuno bussò sul portone.
-Avanti.- disse Ansem.
Xehanort entrò, facendo un lieve inchino.
-Buongiorno, Vostra Maestà…- salutò, gentilmente.
-Scusate, eminenza…- tagliò corto il sovrano, con una punta di severità sulla lingua –Stavo facendo lezione a questi ragazzi. Spero sia una questione importante.-
Senza dire una parola, l’uomo dagli occhi dorati mostrò la busta, che allarmò l’altro.
-E’ una missiva da parte del generale Isa.- si limitò a dire.
Il cuore di Ansem cominciò a farsi pesante. Con mano tremante, si tolse gli occhiali, ansimando silenziosamente dal naso.
-Bene…- mormorò, prima di rivolgersi ai tre ragazzi, preoccupati per lui –Voi, ragazzi, iniziate a leggere il primo capitolo. Io arrivo subito…-
Sovrano e consigliere uscirono dallo studio, per dirigersi verso lo studio del primo.
Il pavimento e il muro erano quasi interamente coperti dai libri. C’era una grande finestra alle spalle della scrivania, con vista sulla capitale.
Dallo sguardo che aveva scorto nel volto del secondo, Ansem intuì che non c’erano buone nuove.
Si sedette dietro la scrivania, mentre Xehanort rimase dall’altra parte, con le mani dietro la schiena.
-Di cosa parla la missiva?- domandò il sovrano, incrociando le dita.
L’altro gli porse la busta, che fu, poi, aperta e letta in modo titubante.
Il sigillo era già stato rotto.
-La guerra contro gli alleati dell’Impero sta procedendo sta ponendo noi in posizione di vantaggio, Maestà…- aggiornò il consigliere –Ma le provviste scarseggiano, le armature rischiano l’usura, per non parlare delle armi…-
Ansem si tolse nuovamente gli occhiali, sgomento di quanto aveva letto, che corrispondeva a quanto detto da Xehanort. Chinò la testa, cercando di sostenerla con il dorso della mano. Ogni giorno si augurava che quella guerra si concludesse il più presto possibile.
-Maestà…- il tono del più anziano si fece sempre più seria –Mi rincresce dirlo, ma dobbiamo nuovamente dare fondo alle casse del regno.-
L’angoscia nel cuore del re aumentò a quelle parole. Scosse la testa e sospirò, sentendosi più debole del solito. Sentiva il peso del regno sulle sue spalle. Soffriva per gli abitanti del regno, che vivevano con la costante paura che la guerra giungesse anche lì.
-Non posso…- mormorò, quasi singhiozzando –Non posso fare questo al regno… Xehanort, cosa stiamo facendo?! Stiamo spremendo il popolo fino all’ultima goccia di sangue per questa guerra! Per non parlare della povera Naminé… Ormai dipendiamo tutti da lei, dalle sue mostre… E lei non fa altro che disegnare, disegnare… come se fosse il suo unico scopo di vita. Sembra felice, ma non lo è! E’ stressata, stanca, temo che possa collassare da un momento all’altro! Non è giusto che alla sua età debba sentire il peso e la responsabilità di salvare un regno dalla povertà!-
La disperazione e il timore erano troppi. Il sovrano si mise le mani tra i capelli.
Il consigliere rimase del tutto impassibile a quella scena. La sua precedente esperienza militare gli aveva insegnato a contenere le emozioni e mantenere il controllo in qualsiasi situazione.
-Maestà…- disse, prendendo un braccio di re Ansem –Pensate che quanto state per fare potrà risolvere i malcontenti da voi appena citati. Fatelo per vostra nipote Naminé, affinché possa finalmente liberarsi da una grande responsabilità, e per garantire un futuro felice per il vostro regno. Sono sicuro che vostro fratello avrebbe fatto la stessa cosa, se questo avrebbe portato all’incolumità del regno.-
Lo sguardo del sovrano si posò sul ritratto accanto alla porta dello studio, in cui erano raffigurati i sovrani, insieme alle loro figlie. Ma gli occhi rossi erano puntati a quelli blu, con riflessi viola, dell’uomo.
“Dante…” pensò Ansem, storcendo la bocca.
Sospirò.
-Quanto denaro serve?-
Un lieve sorriso si mostrò sulle labbra del consigliere.
-Beh, eheh… se questa non è ironia della sorte…- fu la risposta –La stessa cifra che ci hanno rubato una settimana fa…-
-QUANTO?!- esclamò il sovrano, scattando in piedi e battendo le mani sulla scrivania. Dei libri rischiarono di cadere sul pavimento.
Xehanort si stupì di quella reazione. Non era da re Ansem perdere le staffe in quel modo. Non era un uomo facilmente tendente alla rabbia.
-Così condannerete Naminé ad altre notti insonni di dipinti pur di recuperare quella cifra!-
-Maestà, comprendo il vostro disagio, ma la salvezza del regno dovrebbe avere la priorità sulle emozioni.-
-No, non posso farlo. Non a una delle mie nipoti…- mormorò il re, tornando a sedere, con la mente confusa, spaesata, come un viandante che aveva smarrito la via. Non sapeva più a cosa pensare. Regnava ormai il caos dentro di lui. Si sentiva perduto, inadeguato alla situazione.
Il consigliere cercò di sollevargli il morale, a modo suo.
-Pensate a quello che vi ho detto poco fa… vedrete che non saranno soldi sprecati. Avete la mia parola.-
Ansem non aveva altra scelta. Non aveva la mente abbastanza lucida da pensare ad un’alternativa.
-Quei munny non fanno in tempo a tornare che subito spariscono di nuovo…- osservò, pensando agli eventi di una settimana prima.
L’alba succeduta alla sera del furto, una delle guardie, infatti, aveva notato diversi sacchi sulla soglia del portone della città, probabilmente messi lì durante la notte.
-Un miracolo… O magari i ladri si sono pentiti del loro gesto e hanno restituito tutto per rimediare al loro errore…-
-Se posso permettermi, mio re…- aggiunse Xehanort –Ha importanza?-
La risposta si manifestò con uno sguardo incerto da parte del sovrano.
-No, effettivamente no…-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Scontro sul ponte ***


Note dell'autrice: scusate per la lunghezza (7 pagine), ma forse questo capitolo merita... scena ispirata da un episodio di "Once Upon A Time"


-------------------------------------------------


-No, Kairi, non così. Il Keyblade deve proteggerti la schiena se vuoi deviare un attacco simile! Così sei troppo esposta!-
La ragazza annuì e si rimise in posizione di attacco, appena sistematasi le ciocche di capelli rossi che le occultavano la vista.
Brandiva un Keyblade rosso dalla lama floreale, un dono di Aqua, appena le fu detto che voleva imparare a difendersi da sola.
-Di nuovo!-
Principessa e cavaliere scontrarono di nuovo i loro Keyblade, simulando un combattimento.
La prima non indossava un abito: portava una casacca bianca e larga, con un gilet da cavallerizza marrone, pantaloni attillati e stivali lunghi fin sotto il ginocchio.
Lo stesso completo che indossava quando cavalcava.
Si era legata i capelli in una coda bassa.
Si allenavano sempre nel cortile, nei pressi della fontana.
Ad ogni colpo di spada, Kairi borbottava qualcosa.
-La prossima volta non mi farò fregare…-
Stava ancora pensando al ladro e al boccone amaro che aveva subito per non essere stata in grado di difendersi. Aveva deciso di allenarsi duramente pur di essere finalmente pronta ad affrontarlo faccia a faccia e dimostrargli il suo vero valore.
-Vedrai come gliele suonerò… Mi ha preso in giro… Ma lui vedrà… Oh, sì!-
Anche Aqua si sentiva nello stesso modo della sua protetta: entrambe le giovani si stavano allenando per un proprio motivo. Entrambe dovevano dimostrare qualcosa alle persone che le avevano sempre sottovalutate, sempre derise per il fatto di essere donne e, come tali, non essere abili nella scherma.
Dalla mattina che aveva seguito la sera del furto, aveva ordinato alla sua guardia del corpo di allenarla più del solito con il Keyblade. Il cavaliere aveva protestato,
Da lontano, sedute su una panca di pietra, Naminé stava nuovamente disegnando sul suo blocco disegno, ogni tanto lanciando uno sguardo alla sorella e alla sua guardia del corpo, e Dawn stava rammendando delle calze.
La ragazza bionda sospirò, prima di fermarsi.
-Naminé… tesoro, che succede?- domandò la donna, toccando dolcemente una gamba della nipote.
-Vorrei avere metà della sua determinazione…- fu la risposta, con una punta di invidia sulla lingua –Guardo Kairi e mi rendo conto che in ogni cosa che fa ci mette determinazione, coraggio… non si ferma davanti a nulla. La vedo libera. Io sento come una catena che mi lega alle mie tele e ai miei pennelli, come se mi dicessero: “Questa è la tua vita.” Dipingere mi è sempre piaciuto, ma non da quando è divenuta l’ancora di salvezza per il nostro regno, nonna. E’ come se la mia vita fosse già stata scritta, senza darmi possibilità di scelta. Poi vedo Kairi e non posso fare a meno di invidiarla: lei ha così tante scelte, mentre io, da quando mamma e papà sono morti, ne ho una sola…-
L’anziana si morse entrambe le labbra: la nipote non aveva torto. Sia lei che Ansem comprendevano il suo stato d’animo, del suo disagio nell’essere privata di ogni svago, ed essere condannata a dipingere per salvare il suo regno. Ma, come esigeva l’etichetta reale, ogni sovrano doveva mettere il bene del regno prima degli affetti personali. Ma il sovrano non aveva intenzione di sacrificare una principessa, una figlia di suo fratello, condannandola al collasso mentale, per un bene superiore. Tuttavia, non aveva visto altre vie da percorrere, all’infuori di esigere tasse dal popolo.
Ogni soluzione era l’una peggio dell’altra.
-Kairi è invidiosa di te...- disse Dawn, riprendendo il suo lavoro; tale affermazione fece stupire Naminé –Lei, come hai detto giustamente tu, ha scelta, troppa, forse, a tal punto da sentirsi smarrita. A differenza di te, tesoro, lei si sente spaesata, è indecisa, non sa cosa fare nella vita. Spera di colmare quel vuoto con la scherma, ma io so che le serve altro. Vuole solo essere apprezzata come te. E’ vero, ora dipingere è divenuto come un dovere per te, ma ricevi complimenti da dame e gentiluomini. Lei si sente un po’ nella tua ombra, ecco perché appare così determinata.-
La ragazza bionda sentì un tremolio strano nel cuore; infatti, mise una mano sul petto.
-Mia sorella… invidiosa di me?- mormorò, dispiaciuta –Io… io non lo sapevo…! Buffo… siamo invidiose l’una dell’altra…- restò un attimo in silenzio, afflitta da sensi di colpa -Ma io voglio bene a Kairi, non voglio che sia in odio e in invidia con me…-
-Molto bene, ora sulla fontana!- esclamò Aqua, dopo un ultimo scambio di colpi con la sua protetta.
-Sulla fontana?!- esclamò Kairi –Ma così cado!-
-Se impari a combattere in equilibrio, puoi combattere ovunque!-
Detto ciò, le due giovani salirono sulla fontana, facendo toccare i loro Keyblade, restando in equilibrio.
La ragazza rossa, ovviamente, barcollava, ma il cavaliere continuava a mostrare la sua grazia in combattimento, dimostrando un ottimo controllo dei suoi movimenti e dell’equilibrio, in perfetta armonia con l’acqua che zampillava dalla fontana.
La mente di Naminé fu come oltrepassata da un fulmine: rapida, girò il foglio su cui stava disegnando e, su un foglio bianco, cominciò un nuovo disegno, osservando, di sfuggita, Kairi e Aqua mentre combattevano.
Dawn diede un’occhiata e sorrise: rivide nuovamente la luce negli occhi della nipote, la stessa luce che brillava ogni volta che disegnava per passione, non per dovere.
In quel preciso momento, Sora e Ventus stavano percorrendo un sentiero terroso, che li avrebbe condotti verso Gambadilegno. Non si erano detti una parola per tutto il tragitto, e nemmeno scambiati degli sguardi, soprattutto da parte di Sora, per assicurarsi che il cavaliere lo stesse seguendo. In realtà, non aveva bisogno di voltarsi: il rumore dell’armatura gli dava la conferma della sua presenza. Aveva ancora il suo Keyblade in custodia, motivo in più per convincere Gambadilegno a restituire la collana della regina Claire.
-Siamo arrivati.-
Avevano camminato per mezz’ora. Il tramonto era vicino.
Cavaliere e ladro erano nei pressi di un ponte di legno, legato con corde.
-Quindi è questo il covo di quella canaglia?- domandò Ventus.
Dall’altro lato del ponte c’erano due guardie, armate di tutto punto.
Nessuno conosceva il covo di Gambadilegno: l’imperatore trattava con lui direttamente sul ponte.
Si sapeva solo che viveva in una rocca abbandonata con i suoi mercenari. Vi si poteva accedere solo oltrepassando il ponte.
-Sì.- rispose Sora, serio, per nascondere il timore; rare volte aveva incontrato Gambadilegno, ma sapeva che tipo era –Per sicurezza, è meglio se ti metti l’elmo.-
-L’elmo? E perché mai?-
-Incuterai più timore in quelle canaglie. Dammi retta, con quella faccia non spaventeresti nemmeno un coniglio.-
-Ma solo portare l’armatura reale non basterebbe a farmi temere?-
-A loro non importa se sei un popolano o un nobile; se vuoi trattare con questa gente devi prima colpire su come ti presenti.-
Sospirando, soprattutto pensando al fatto che non ci fossero alternative, il cavaliere indossò l’elmo, dubbioso.
-Spero tu abbia un piano, ragazzino…-
-Sora.-
-Come?-
-Il mio nome è Sora. Se tu non vuoi che ti chiami “cavaliere”, tu non chiamarmi né “ragazzino”, né “ladro”. Sora.-
Seguì un breve momento di silenzio.
-Sora, eh…?-
-Sì, lo so che è strano, ma è il mio nome. E comunque, basta che tu non parli e lasci fare tutto a me, chiaro?-
Ventus trovò alquanto umiliante prendere ordini da un ladro, ma se voleva riprendere la collana della regina Claire, doveva fare quel sacrificio.
Il ragazzo fece un lungo respiro, raccogliendo tutto il suo coraggio, e avanzò di un passo verso il ponte.
-DEVO PARLARE CON IL VOSTRO CAPO GAMBADILEGNO!- urlò alle guardie –HO UN ACCORDO DA PROPORGLI!-
Così dovevano annunciare coloro che volevano trattare.
Le due guardie annuirono silenziosamente, prima di passare sotto lo stipite e scomparire al suo interno.
A chiunque sarebbe venuta la tentazione di passare il ponte, ma sulle torrette della rocca erano sistemati dei cecchini, con il dito pronto a scoccare la freccia della balestra a chiunque osasse fare un passo sulla torre prima dell’arrivo del capo.
Dopo un minuto, infatti, i due giovani udirono dei passi pesanti provenire dall’altra parte.
Pietro Gambadilegno era un abitante dell’Impero Disney, prima di venire esiliato dall’imperatore stesso, per tentato colpo di Stato con l’ausilio di una strega oscura, Malefica.
Tuttavia, il colpo fallì, a causa della morte di Malefica, causata da Sora e Riku, e Topolino condannò Gambadilegno all’esilio. Non potete immaginare, lettori, la soddisfazione di quest’ultimo quando l’imperatore si diresse da lui, supplicandogli di aiutarlo.
Fu la sua vendetta per il suo esilio, mettere gli esuli dell’Impero sotto il suo giogo.
Si diceva, inoltre, che anni prima di divenire imperatore, Topolino lavorava per lui.
Ma erano solo voci. Niente di pubblico.
Con la rapina della sera della festa, Sora sperava veramente di liberare i suoi amici da lui, ma ancora una volta, i timori di Topolino ebbero la meglio sui suoi istinti.
Gambadilegno era un gatto enorme, dalla mascella canina, grasso e di aspetto tozzo. Ispidi capelli lunghi e neri coprivano il suo cranio.
Anche lui portava un’armatura, ma leggera, di cuoio, non come quella di Ventus, quindi adatta ad un mercenario.
Era accompagnato da Sgrinfia, il suo assistente tonto, Plottigat, suo cugino stratega, Macchia Nera, il suo braccio destro, la banda Bassotti, e da Trudy, la sua compagna, grassa come lui e altrettanto tozza nell’aspetto. Nel suo carattere, non aveva nulla che si riconoscesse in una donna: sapeva essere più volgare di Gambadilegno.
Questi erano solo alcuni dei suoi seguaci, tutti composti da ex-carcerati dell’Impero.
-COSA VUOI?!- tuonò il capo, con voce potente.
Se qualcuno osava avvicinarsi a lui, doveva tapparsi il naso, dal fetore del suo alito.
-Ah, ma tu non sei Topolino…- notò, con sguardo serio e passandosi la mano sul mento –Oggi il piccolo imperatore mi manda uno dei suoi protetti? Quello scemo, oltretutto?-
Ventus trattenne una risata: per fortuna nessuno poté vedere la sua espressione con l’elmo.
La vista del gatto fece arretrare Sora; ma il giovane aveva ancora il suo Keyblade e aveva dato la sua parola che avrebbe recuperato la collana della regina Claire, quindi dovette farsi coraggio.
-La collana che l’imperatore ti ha dato la settimana scorsa, quello a forma di cuore azzurro.- disse, mostrandosi serio e un pizzico intimidatorio –La rivoglio indietro.-
Quella frase fece esplodere i presenti (escluso Ventus) in una sonora risata, dopo un breve momento di pausa.
-E… e sentiamo, pulce…- proseguì Gambadilegno –Per quale motivo dovrei ridartela? Davvero rinunceresti alla somma che ho dato al piccolo mozzo?-
-Un semplice cambio di programma.- fu la risposta, secca.
-Ma i soldi per riprendertela ce l’hai? Altrimenti non si separa dal collo della mia adorata Trudy…-
Un luccichio azzurro diede la conferma ai due giovani: Trudy non amava tutto ciò che era femminile, ma non disprezzava i gioielli, o meglio, tutto ciò che luccicava.
A quella domanda, Sora si morse il labbro inferiore e strinse il pugno, come per riprendere la determinazione.
-No…- disse, assumendo uno sguardo freddo –Ho portato di meglio…-
Senza pensarci due volte, prese Ventus per un braccio e lo trascinò verso il ponte.
-Lui è una guardia reale di Radiant Garden.- spiegò –E le guardie reali fanno la guardia ai castelli, e nei castelli vivono i re, ovvero persone ricche. Se accettate questo scambio e mi ridate la collana, potete scrivere al re che se rivuole una delle sue guardie, deve pagare un riscatto, ovvero la stessa somma con cui ci hai pagato la collana.-
Il cavaliere si voltò di scatto verso il ladro, sgomento.
Ecco il piano che lui aveva in mente.
-COSA?!-
-Scusami…- uscì dalla bocca di Sora, pentito.
-E cosa ti fa pensare che il sovrano sia disposto a svuotare una parte delle casse del regno per una delle sue guardie?- proseguì Pietro, mentre rifletteva.
-Con la guerra in corso, la maggior parte dei cavalieri ha lasciato Radiant Garden per andare sul campo. Quindi a proteggere Radiant Garden ne è rimasta una minoranza. Un cavaliere in meno significa meno protezione per il regno, e sappiamo entrambi che re Ansem non lo permetterebbe.-
-E’ inaudito!- esclamò nuovamente Ventus, frustrato per il tradimento del ragazzo –Questo non era previsto!-
-Stai calmo, Ventus. Andrà tutto bene…- cercò di calmarlo Sora, sottovoce.
-Mi calmo un cavolo, accidenti! Immaginavo che sarebbe finita così…-
In quel momento, Macchia Nera, un uomo alto, magro, capelli neri come quelli di Gambadilegno e due sottili baffi scuri che gli sfioravano le labbra, si era avvicinato al capo, sussurrandogli qualcosa all’orecchio, rivolgendo occhiate al ragazzo castano. Gli aveva persino passato un foglio arrotolato su se stesso, che fu aperto e guardato con interesse da tutti.
-Ehi, guarda! Qui c’è…!- si stupì Sgrinfia, che fu zittito da una botta di Trudy sulla testa.
-L’idea del riscatto non è male, ragazzino…- sentenziò Gambadilegno, distogliendo lo sguardo dal foglio –Ma non per il cavaliere… Per te.-
Sora finalmente scoprì il contenuto del foglio, impallidendo: era il manifesto che ordinava la sua cattura. Allora anche loro ne erano a conoscenza.
-E la cifra per la tua testa è anche doppia rispetto a quella che vi ho pagato per la collana… PRENDETE IL RAGAZZINO!-
Il cavaliere rivolse un rapido sguardo a Sora.
-Ora siamo nei guai tutti e due…-
Il resto dei mercenari di Pietro Gambadilegno uscirono dalla rocca, con le loro armi in mano, pronti a catturare il ricercato.
Alcuni apparvero persino dalla posizione in cui erano giunti i due giovani.
Sora e Ventus si misero in posizione, pronti ad attaccare.
Ma il primo non aveva alcuna arma con sé.
E il secondo, pur avendone due, dovette fare una scelta, per adempiere al suo dovere.
-Non te lo meriti dopo quello che mi hai fatto, ma tieni!- disse, restituendo il Keyblade al suo legittimo proprietario.
-Grazie!-
Anche se rivali, anche se su due fronti differenti, ladro e cavaliere dovettero combattere fianco a fianco.
I nemici intorno a loro erano tanti, ma non si lasciarono intimidire.
Scambiarono dei colpi, parando ogni attacco inferto loro.
Sora e Ventus combattevano in perfetta armonia tra di loro; avevano uno stile di combattimento simile tra di loro.
Il ponte stava tremando, ma nessuno dei presenti ci fece caso.
Il cavaliere scambiò un paio di colpi obliqui con un membro della Banda Bassotti, facendo pressione con il suo Keyblade, quando i restanti due Bassotti erano pronti a colpirlo alle spalle. Il ladro, però, volgendo rapidamente lo sguardo all’indietro, si accorse del pericolo del compagno e corse in suo aiuto. Per fortuna, questi era chino, così Sora fece una rapida giravolta sulla sua schiena per dare un calcio ad un Bassotto, che cadde insieme al fratello.
Ventus si voltò indietro, notando la situazione.
-Grazie.- disse, prima di parare un fendente di un altro seguace di Gambadilegno, e contrattaccare con un calcio rotante.
A Sora non interessava combattere: teneva lo sguardo fisso sulla collana, momentaneamente sul collo di Trudy.
Doveva prenderla a tutti i costi.
Calcolò bene il percorso, anche mentre scambiava colpi con i suoi avversari, e alla fine seppe cosa fare.
Schivò un fendente con una capriola e si mosse agilmente tra i seguaci di Gambadilegno, eseguendo delle piccole acrobazie. Saltò ad un’altezza di due metri, appena vicino ai due gatti giganti. Dopodiché puntò il Keyblade verso la collana, dal quale uscì un raggio che la colpì al centro.
Quel raggio fece volare la collana in alto, proprio in direzione di Sora, che la prese al volo, con sbigottimento di Trudy.
-Mi spiace, ma questa mi appartiene!- disse, prima di correre nuovamente verso il ponte, dove Ventus era solo contro tutti i seguaci.
Trudy era rimasta senza parole per la mossa appena eseguita, lo stesso Gambadilegno.
-Pietruccio! Ha preso la collana! Fa’ qualcosa!- lo incitò lei, con un colpo sul braccio.
Il gatto scosse la testa, cadendo dalle nuvole, e indicò in avanti.
-PRENDETELO! NON DEVE SUPERARE IL PONTE!-
Troppo tardi.
Esattamente come aveva raggiunto il capo, il ragazzo superò l’orda nemica, raggiungendo l’altra sponda del ponte, correndo più veloce che poteva.
Sparì tra gli alberi.
-SORA!- esclamò Ventus, intento a parare l’ennesimo colpo –TRADITORE!-
Era da solo.
Un po’, in fondo, se lo aspettava.
Dopo aver spinto il suo avversario verso i suoi pari, il cavaliere fece un passo indietro, per esaminarli meglio.
Dovevano essere circa una ventina.
Aggrottò le sopracciglia, serrò le labbra, strinse i denti e puntò il Keyblade in avanti: da esso uscì una raffica di vento che fece volare via alcuni seguaci di Gambadilegno, facendoli addirittura cadere dal ponte.
Sora, nel frattempo, stava di nuovo correndo per i boschi, ridendo, soddisfatto di come era riuscito a prendere la collana e pensò alla faccia stupita di Trudy.
-Sono davvero imbattibile per queste cose…- si adulò, prima di osservare la pietra a forma di cuore.
Per fortuna non aveva subito danni. Era rimasta integra e splendente.
Tuttavia, un pensiero oscuro spense il suo radioso sorriso sulle labbra: Ventus.
Lo aveva lasciato da solo.
Solo contro l’intera banda di Gambadilegno.
Non poteva farcela contro tutti.
Lo avrebbero preso, imprigionato, e chiesto veramente un riscatto al re.
-Tanto l’ho già tradito, che differenza fa se lo lascio al suo destino…?- mormorò cinicamente, incamminandosi nella direzione che portava all’accampamento –Questa è la lezione per avermi catturato in quel modo…-
Ma il suo cuore non la pensava in quel modo.
Un tremolio strano lo fece fermare. Lo stomaco gli era come salito in gola e il suo respiro si era fatto sempre più affannoso.
Si voltò indietro, con aria pentita e preoccupata, senza che lui potesse prendere il controllo delle sue emozioni.
Erano i suoi sensi di colpa.
-Cavolo… perché mi devo sempre cacciare nei guai…?-
Solo una decina sopravvissero all’assalto del cavaliere.
Era abituato a scontri del genere, ma non era riuscito a vincere.
Un seguace gli aveva sottratto il Keyblade dalle mani, mentre altri due lo tenevano fermo per le braccia, facendolo inginocchiare di fronte a Gambadilegno.
Poté sentire il suo alito pesante persino con l’elmo indosso.
-Hai combattuto bene, figliolo…- disse l’altro, osservando il suo prigioniero con indifferenza –Ma non abbastanza. Ora sei mio prigioniero. E devo ammettere che l’offerta del ragazzino non era male. Vorrà dire che dovrò chiedere al tuo caro re di pagare una bella somma per la tua liberazione… Ora vediamoti in faccia!-
Rimosse l’elmo con un gesto fulmineo: lo sguardo di fuoco di Ventus era fisso sul gatto.
-Sai…- commentò quest’ultimo –Ti preferivo con l’elmo… Ti dava un’aria spaventosa.-
-Bando ai commenti sul mio aspetto…!- tagliò corto il cavaliere, serrando le labbra –Non importa quello che farai di me. Tornerò ugualmente dal mio re, se pagherà il riscatto!-
Quella frase, per poco, non fece scoppiare a ridere tutti i presenti.
-Davvero credi nel tuo re, ragazzino?- ironizzò Gambadilegno, passando un dito sotto il naso, pieno di muco, e avvicinando il suo volto a quello del giovane –Credi davvero che sarà disposto a sprecare soldi per una guardia inutile come te? Sappiamo tutti che Radiant Garden è sull’orlo del precipizio da quel punto di vista. Basta poco per precipitare e tutto dipende da te. Se il tuo caro re non pagherà il riscatto, posso sempre venderti come schiavo, sempre con la stessa somma con cui ho pagato la collana all’imperatore. Come vedi, c’è sempre un modo per ottenere il denaro perduto con le persone…-
Ventus si sentì con le spalle al muro. Temeva che quella fosse stata veramente la sua ora. Ma non si lasciò prendere dalla paura.
-Se questo è il destino che mi attende, preferisco morire, piuttosto che divenire schiavo! Morirò con onore, per il mio regno, che ho giurato di proteggere!-
Quel tono fece irritare Gambadilegno, e anche Trudy. Senza dire una parola, il primo estrasse un coltello molto affilato. Il cavaliere deglutì alla sola vista.
-Beh, da un certo punto di vista, se sarai fortunato, tornerai dal tuo re…- mormorò, minatorio –Ma chi ha detto che ci tornerai vivo?-
La lama del coltello fu alzata al cielo, riflettendo i raggi del sole sulla via del crepuscolo.
Ventus chiuse gli occhi, in attesa della sua ora.
Ma un suono metallico, non sapeva come, gli fece alleggerire il cuore, anche se poco.
Il coltello era conficcato nel terreno e il gatto gigante si stava massaggiando la mano.
-Lascialo stare!-
Era Sora. Era tornato. Per salvare Ventus.
Riprese il Keyblade al volo, con aria sicura.
-Sora…- mormorò il giovane, voltandosi. Aveva persino accennato un mezzo sorriso.
Gambadilegno fu sorpreso del suo ritorno, quasi quanto l’ultimo citato.
-E così sei tornato, eh…?- notò, aggrottando le sopracciglia –Cosa c’è? Ti sei pentito di quello che hai fatto e vuoi restituire ciò che hai rubato alla mia colombella?-
-Pentito? Pentito lo sono, sì, ma non di quello che hai detto. E per dirla tutta… sono qui per assicurarmi che tu non faccia del male ad altra gente…-
Posizionò il Keyblade dietro le spalle.
Nessuno sapeva cosa avesse in mente.
Ventus, invece, sì.
-VENTUS!- chiamò il ragazzo.
-Sì!-
Rapido, il cavaliere si liberò, dando un calcio a coloro che lo tenevano prigioniero, riprese l’elmo e il Keyblade e corse sul ponte.
In quel momento, anche Pietro comprese il piano di Sora.
-NO!- urlò.
Senza pensarci due volte, Sora con un colpo del Keyblade, tagliò le funi che collegava la rocca all’altra sponda.
Ventus era ancora al centro, ma non poteva permettere che il gatto lo seguisse.
Il primo, infatti, appena il ponte aveva cominciato a precipitare, saltò più in alto che poteva.
Aveva messo l’elmo sotto lo stesso braccio in cui impugnava il Keyblade e l’altro lo allungò in avanti, mentre era a mezz’aria.
Sora, come risposta, gli allungò la sua, di mano.
Lo prese.
-NON FINISCE QUI, RAGAZZINO!- urlò Gambadilegno, ormai prigioniero della sua stessa rocca –NON LA PASSERAI LISCIA LA PROSSIMA VOLTA CHE CI RIVEDREMO! LA FARO’ PAGARE A TE E ANCHE A QUEL MOZZO DEL TUO IMPERATORE!-
Il ragazzo alzò un angolo della bocca.
-Sì, certo, ne parleremo quanto sarai nelle celle di Radiant Garden, ciccione!- schernì, aiutando Ventus a salire.
-NOOOOO…!!!-
Fu questione di pochi minuti che Sora e Ventus percorsero nuovamente quel sentiero, quella volta dal verso opposto in cui erano giunti.
-Come puoi dire che lo metteremo in cella, se hai tagliato l’unica via di fuga per quelle canaglie…?- domandò il secondo, osservando il ragazzo con aria delusa.
-C’è un altro passaggio che conduce a quella rocca. Ma Pietro è troppo pigro per prenderla. E’ facilmente accessibile arrivando da Radiant Garden.-
-Ottimo, quando ritornerò al castello manderò una squadra per catturarlo.-
-Bene…-
Seguì un breve momento di silenzio tra di loro.
Quella pausa fu imbarazzante per entrambi.
Erano abbastanza lontani dalla rocca di Pietro, quando Ventus si fermò improvvisamente, lasciando camminare Sora per un paio di metri.
-Non posso credere che tu mi abbia venduto a loro…-
Anche il secondo si fermò. Si morse entrambe le labbra, dalla vergogna.
Quel tono aumentò i suoi sensi di colpa.
-Scusami.- mormorò, voltandosi -Non mi era venuto in mente altro…-
Gli occhi blu di entrambi osservarono il terreno sotto di loro, per qualche secondo.
-Eppure sei tornato…- aggiunse il biondo, prima di osservare nuovamente il ladro -Avevi l’occasione di scappare, con la tua refurtiva in mano… Perché sei tornato?-
Lo sguardo di Sora vagò in vari punti per un attimo, poi incrociò lo sguardo di Ventus.
-Non lo so. Sentivo solo… che era la cosa giusta da fare.-
-Beh… grazie.-
Rimasero nuovamente in silenzio.
Da nemici a probabili alleati… una cosa inaspettata per entrambi.
Il ragazzo mise una mano nella sua tasca.
-Comunque, credo che questa ti appartenga…-
Lanciò qualcosa, che il cavaliere prese al volo: la collana della regina Claire, finalmente nelle sue mani.
-Finalmente hai ottenuto quello che volevi, no…? Forse è meglio che io ritorni all’accampamento. È quasi il tramonto, e anche tu forse devi tornare a Radiant Garden per fare rapporto…-
Senza voler udire risposta dal suo interlocutore, Sora riprese a camminare.
C’era dell’imbarazzo nel suo tono e Ventus lo sapeva.
Infatti sorrise, divertito.
-Ehi, ragaz… ehm! Sora.-
Il citato si voltò, sorpreso.
-Per caso devi ritornare all’accampamento entro un momento preciso?-
-Ehm… tecnicamente… no.-
-Nemmeno io ho un limite alla tua caccia. A nessuno dispiacerà se tardiamo un po’.-
Sora era sempre più confuso.
-Non capisco. Cosa vuoi dire?-
Il cavaliere sorrise di nuovo, prima di camminare e prendere il ragazzo per una spalla.
-Vieni con me…-

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Verità ***


Note dell'autrice: sono VIVAAAAAA!!! Scusate, ma ultimamente avevo poca voglia di proseguire questo capitolo (anche dovuto a questioni legate alla vita reale), ma ce l'ho fatta e spero di continuare a ritmi regolari. Intanto beccatevi 'sto mattone! XP

-------------------------------------------------

Il nuovo accampamento dell’Impero era situato nei pressi di una palude, nascosto da tanti alberi che avevano quasi ricoperto il ruolo di scudo. Ovviamente, ciò a disapprovazione dei membri femminili, quali l’imperatrice e le sue dame di compagnia, ma Topolino disse loro che era l’unico modo per stabilirsi definitivamente in un posto, senza il rischio di essere scoperti. Minni era un tipo impulsivo, ma sapeva essere altrettanto ragionevole: anche lei non ne poteva più dei continui spostamenti dell’accampamento.
Per arrivarci, era necessario addentrarsi nel punto più fitto del bosco, alla ricerca di un tronco d’albero tagliato molto vicino alla base; alzandolo, si poteva notare un passaggio verticale, che portava ad una galleria. Scostando, alla fine, delle radici, si poteva giungere all’accampamento.
Dalla forma, sembrava una foiba, ma era ugualmente adatto per nascondersi. Le abitazioni non erano più le tende, ma stanze da letto costruite all’interno degli alberi.
Era ormai il tramonto.
Topolino stava camminando avanti e indietro da un quarto d’ora, di fronte ad uno dei fuochi accesi, di fronte allo sguardo premuroso di Minni, mentre Riku, seduto sul terreno, puliva il suo Keyblade, dalla forma di un’ala di demonio e dalla lama a forma di ala d’angelo.
-E’ già il tramonto…- borbottò l’imperatore, più preoccupato che nervoso, osservando in alto per un attimo –E lui non è ancora tornato… Comincio ad essere preoccupato.-
-Starà sicuramente, di nuovo, giocando a… eheh… “Guardie e ladri” con i soldati reali…- ironizzò il ragazzo albino –Lo sai che mettersi nei guai è la sola abilità di Sora, oltre a stringere facilmente amicizia, s’intende.-
-Non è il momento di scherzare, Riku! E se lo avessero preso?-
L’ultima frase fece sollevare le sopracciglia del ragazzo.
-Sora? Catturato? Questa è bella! Sora sarà anche uno sfrontato, ma non è tipo da lasciarsi catturare.-
-Ha ragione, caro…- aggiunse l’imperatrice, consolando il consorte con la sua voce dolce –Sora è un ragazzo in gamba. Avrà avuto i suoi motivi per tardare così tanto, ma vedrai che tornerà sano e salvo come sempre.-
Topolino osservò Riku e poi Minni: entrambi erano tranquilli, come se avessero avuto fiducia in Sora.
Ma lui non riusciva a non essere preoccupato.
-Sarà come dite voi…- mormorò, tornando a guardare per terra –Ma io ho come un brutto presentimento…-
Dall’altra parte del bosco, nel frattempo…
-Ok, ragazzino…- fece Ventus, con un sorriso furbo –Siamo alla resa dei conti, a quanto pare… Cosa vogliamo fare, adesso?-
Sora, sorridendo nello stesso modo, non ci pensò due volte a dare la sua risposta.
-Io dico… Via!-
Rapidi, presero i loro boccali e bevvero velocemente.
Erano dentro una taverna, dove nessuno faceva caso se avessero un killer o una guardia reale per cliente, bastava che pagasse per bere.
-Basta, finito!- annunciò Sora, battendo il suo boccale sul tavolo –Primo!-
Ventus finì un secondo dopo di lui. Scosse la testa in modo violento, come per scrollarsi di dosso qualcosa.
-Wow!- esclamò, anche se con voce moderata –Non avevo mai bevuto birra, prima d’ora! E’ fantastico!-
-Come?! Ma se sei stato tu ad offrirmi un giro!- si stupì il ragazzo, alzando le sopracciglia scure.
-Potevi anche rifiutare. Ma poi tu puoi bere?-
-Ehi, ho sedici anni. E, tanto per chiarire, nemmeno io ho mai bevuto birra, ma ho un gusto particolare per le sfide…-
Il cavaliere si mise a ridere.
-Una cosa che abbiamo in comune…- notò, continuando a sorridere –Sai, quando avevo la tua età ero proprio come te, energico e competitivo.-
Anche Sora rise, appoggiando una mano sotto il mento.
-E sai una cosa, Ventus?-
-Chiamami pure Ven.-
-Ok, Ven. Se avessi saputo che eri così simpatico, non ti avrei mai colpito con quella pietra.-
Ventus si toccò la cicatrice sulla tempia sinistra. Per tutto il giorno, se n’era completamente dimenticato.
Solitamente, non passava momento senza sfiorarsela, per ricordarsi dell’umiliazione subita una settimana prima.
-Oh, questa…?- mormorò, quasi sorpreso –Non importa. Sono ferite di guerra, dopotutto, e ogni cavaliere ne dovrebbe possedere una. Nonostante tutto, non mi dispiace averla, così almeno posso dire di essere stato vittima di avversità...-
Il ragazzo riprese a ridere.
-A proposito, Ven…- proseguì, ricordandosi di un discorso fatto prima della gara di bevuta –Mi stavi raccontando del perché hai deciso di diventare cavaliere…-
-Oh, sì! Dicevo…- si interruppe per un attimo, per ruttare a bocca chiusa –Scusa. Perché anche mio padre Storm era un cavaliere reale, tra i migliori del suo battaglione. Lui, il capitano Eraqus e il primo consigliere Xehanort erano nello stesso gruppo. Me ne hanno sempre parlato bene, ma io ormai non ho più ricordi di lui.-
-E che mi dici tua madre?-
-Non l’ho mai conosciuta. Dicono sia morta di parto, quando ha dato alla luce me e mio fratello Vanitas.-
-Mi dispiace tanto, Ven.-
-Non importa. Eravamo molto piccoli, quando ci hanno annunciato la morte di nostro padre. Xehanort si è preso cura di noi, come suoi figli.-
-Allora non ti posso biasimare, se continui a sostenere la sua innocenza… Gli devi veramente la vita.-
-Sì, da un certo punto di vista sì. Ma tutto sommato, si vede un miglio di distanza che preferisce Vanitas a me. E’ sempre stato il più intelligente tra i due e il migliore in qualunque campo, compresa la scherma.-
-Non andate molto d’accordo, presumo…-
-Per niente. Litighiamo spesso e lui coglie sempre al volo l’occasione per prendermi in giro ad ogni mio fallimento.-
-Tra fratelli non bisognerebbe volersi bene? Forse questi sono i vaneggiamenti di un figlio unico…-
-Eheh… se vuoi un fratello, ti presto volentieri il mio.-
Sora rise di nuovo.
-No, sarebbe troppo strano.- rispose.
-Che mi dici di te, invece?-
Avevano ormai dimenticato la loro avversità, quanto era successo una settimana prima, tutto.
Il ragazzo storse la bocca.
-Beh… da dove comincio…?- mormorò –Sono nato e cresciuto alle Isole del Destino, con mio padre Sky e mia madre Luna, entrambi pescatori. Anzi, tutti erano pescatori. Vivevo una vita tranquilla, giocavo con gli altri bambini, fra cui il mio migliore amico Riku, per me, effettivamente, quasi un fratello maggiore. Da un certo punto di vista assomiglia a Vanitas…-
-Irritante, vanitoso e presuntuoso?-
-Bravo!- esclamò Sora, battendo le mani una volta e indicando Ventus, prima di ridere entrambi –Ma poi tutto è cambiato quando, dal mare, sopra una barca, vedo il Primo Consigliere Xehanort, praticamente circondato da un alone oscuro, e con un Keyblade in mano.-
Il cavaliere assunse un’aria seria: era un aspetto del suo tutore di cui non sapeva assolutamente niente.
Inoltre, Xehanort stesso diceva di reputarsi troppo vecchio per impugnare ancora un Keyblade. Che non fosse altro che una menzogna?
-Sono passati due anni, ma lo ricordo ancora come se fosse ieri…- proseguì il ragazzo, con aria malinconica –Vedevo l’Oscurità nei suoi occhi, bramosia, potere… Quando ha alzato il suo Keyblade, qualcosa uscì da lì, un raggio viola, e il cielo è diventato scuro, come fosse notte, delle creature strane sbucavano dalla sabbia e attaccano gli abitanti…-
Ventus si fece sempre più serio e allarmato.
-Creature nere?- domandò, curioso.
-Sì. Simili a formiche giganti, ma con grandissimi occhi gialli luminosi. Saltavano addosso alle persone e… affondavano i loro artigli nei loro petti… Uno spettacolo orribile…-
Sora stava soffrendo, e il giovane comprese. Gli prese delicatamente una mano, per consolarlo.
-Se non te la senti, non fa niente…- disse, guardandolo negli occhi.
Sora apprezzò quella premura, infatti sorrise lievemente e scosse la testa.
-No, ho promesso che ti avrei detto la verità su Xehanort e così farò.- ribatté.
Anche Ventus ricambiò il sorriso. Era un vero testardo, come lui alla sua età.
-Come sei riuscito a fuggire, comunque?- passò al punto.
-Riku ed io siamo saliti su una zattera, abbastanza grande per noi due, e il mare ha fatto il resto. In realtà, è stata la decisione dei nostri genitori. Volevano che almeno noi ci salvassimo.-
-Quindi, i tuoi genitori…?-
Scoprì che non doveva porre quella domanda, non importava quanto fosse forte la sua curiosità: Sora era sul punto di piangere, dopo una breve pausa di due minuti.
-Morti.- fu quanto riuscì a dire, tra i singhiozzi.
Il cavaliere si sentì subito in colpa.
-Scusa, non dovevo chiedertelo.- mormorò, provando il suo stesso dolore –Del resto mi sembrava scontato…-
-Xehanort ha puntato il suo Keyblade contro mio padre e gli ha strappato il cuore, di fronte a me!- tagliò corto Sora, mentre leggere lacrime scendevano dai suoi occhi blu –E le creature oscure, nel frattempo, stavano uccidendo mia madre e i genitori di Riku!-
Ventus non seppe più cosa dire: ormai aveva perdonato Sora per la sua aggressione. Lo perdonò anche per il suo odio contro il suo tutore: aveva visto la sua famiglia sterminata da lui. “Come biasimarlo?” pensò.
Nello stesso tempo, però, pensò anche a quello che gli aveva raccontato: distruggere un’intera isola, usando il potere dell’Oscurità. Poi c’erano le creature simili a formiche giganti.
Cosa erano? E come aveva fatto Xehanort ad evocarle?
Erano tante le cose che Ventus non sapeva sul suo tutore, ma, fino ad allora, non le aveva ritenute così importanti. Gli era sempre bastato sapere che aveva conosciuto suo padre.
Cos’altro nascondeva?
-Tu e Riku, però, siete riusciti a fuggire, mi dicevi…- proseguì, mordendosi un labbro. Sora stava soffrendo a raccontare quelle cose, e ciò spingeva Ventus a frenare la sua curiosità; tuttavia, nello stesso tempo, era disposto ad andare fino in fondo per scoprire tutto ciò che non sapeva su Xehanort.
Il ragazzo si asciugò le lacrime.
-Sì.- rispose, prima di singhiozzare un’ultima volta –Abbiamo navigato per giorni, non so dirti quanti. Andavamo dove ci portava il mare, non ci importava. L’importante era che fossimo lontani dalla nostra isola. Siamo finiti su una spiaggia, privi di sensi, ci è stato detto. Pippo, il capitano delle guardie, ci ha trovati lì e ha inviato subito degli uomini a soccorrerci. Ci siamo risvegliati nel castello di Topolino, in una stanza da letto. Gli raccontammo la nostra storia, di Xehanort, di tutto e lui ci ha presi con sé. E’ da lui che abbiamo imparato ad usare il Keyblade.-
-Sì, è vero. Mi è stato detto che anche l’imperatore Topolino è un custode del Keyblade.- ricordò il cavaliere.
-Addestrato nientemeno che da Yen Sid.-
-Yed Sid lo stregone? Ho sentito che anche lui è scomparso.-
-Sì, ma non è morto. O, almeno, è quello che spero. Ci ha addestrati lui nell’uso del Keyblade.-
-Cosa gli è successo?-
-Non lo so. Un giorno, precisamente sei mesi fa, convoca l’imperatore Topolino, Riku e me nel suo studio, avvertendoci di un pericolo in agguato, ci voltiamo per un attimo, e poi è sparito. E’ stato il giorno seguente dell’annuncio della morte di re Dante e della regina Claire.-
Ventus si fece di nuovo serio.
-Cosa vi ha detto, esattamente?-
Sora cercò di ricordare. Storse nuovamente la bocca e tenne gli occhi chiusi.
-“L’Impero è in pericolo. Il re e la regina di Radiant Garden sono stati vittime di tradimento e si stanno spargendo voci che indicano noi come responsabili. Dovete mettere in salvo quante più persone possibile. L’Oscurità sta tornando.” Più o meno è quello che ricordo…-
Il giovane apparve confuso: se davvero era il primo consigliere Xehanort il responsabile della morte del re e della regina... sì, la prima cosa che doveva fare era trovare un modo per sbarazzarsi del suo alleato più potente, l’Impero Disney; e la cosa migliore da fare era annunciare al popolo che era stato l’imperatore Topolino ad ordinare la loro uccisione e muovere guerra contro di loro.
Tuttavia, gli sorse un dubbio.
-Allora, se siete tutti fuggiti, che fine ha fatto l’Impero?-
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
-Distrutto. Come la mia isola.-
Quella rivelazione fece sgomentare ancor più Ventus: ma, allora, contro chi combattevano, se gli abitanti dell’Impero Disney erano dispersi e l’Impero stesso era stato distrutto?
Che cosa aveva in mente Xehanort?
-O meglio… l’ultima volta che ho osato guardare indietro, mentre scappavamo, ho visto l’intero Impero circondato da una bolla oscura. Ma tanto è lo stesso, no? Nemmeno il Keyblade dell’imperatore è servito: prima che scappassimo, aveva sigillato il portone, per evitare che l’Oscurità entrasse nell’Impero. Ma, a quanto pare, l’Oscurità c’era di già e ha attaccato dall’interno e si è espanso, fino a coprire tutto.-
-E ora dove dimorate?-
Sora si mise in allarme: non poteva rivelargli l’ubicazione esatta del rifugio. Poteva anche essere un tranello: farlo parlare per avvicinarlo a lui, a tal punto da sentirsi libero di rivelare tutto.
Decise di rimanere nel vago.
-Non abbiamo una meta precisa.- rispose. Ventus comprese.
Poi, il suo sguardo si posò sulla mano del cavaliere: aveva ancora la collana della regina Claire.
-E dì alla principessa… che mi dispiace di averla spaventata, quella sera.-
Il giovane ridacchiò.
-Lo farò. Ma lo sai che tu rischi grosso?-
-Perché?-
-Beh… la principessa Kairi non è il classico tipo di principessa. Anche lei sta imparando ad usare il Keyblade.-
-Davvero?!-
-Sì. Non so quante volte abbia implorato la sua guardia del corpo ad insegnarle a combattere. Lei… non ama la vita nobiliare, gli abiti belli e cose così. La gemella Naminé è il suo esatto contrario, infatti è amata e rispettata dalle dame e cavalieri di corte. Kairi li fa scappare tutti.-
Sora ci fece un pensiero sopra.
-Beh, sarebbe il mio tipo…- mormorò, alludendo a Kairi. Non gli erano mai piaciute le ragazze nobili e vanitose.
Ventus ridacchiò.
-Non ci provare. E’ già promessa sposa.-
Il mondo cadde sul ragazzo.
-E, guarda caso, a mio fratello gemello.-
Quella frase fece come suonare un campanello di allarme ad entrambi: se Vanitas fosse riuscito a sposare Kairi, re Ansem poteva morire anche accidentalmente, cosicché il regno sarebbe passato a Vanitas, di conseguenza, a Xehanort. Che fosse questo il suo piano? Ma quale era il suo scopo?
Sora lanciò un rapido sguardo all’esterno della taverna: il sole stava tramontando. Era sul punto di sparire.
-Beh, Ven, è ora che vada.- disse, sorridendo lievemente –I miei compagni saranno in pensiero…-
Anche Ventus guardò fuori per un attimo.
-Sì, giusto. Lo stesso vale per me.-
Uscirono insieme; da lì avrebbero preso strade diverse.
-Allora… mi ha fatto piacere conoscerti, Sora…- salutò il cavaliere, allungando una mano verso il ragazzo.
Questi la osservò con aria sorpresa. Sì, ogni avversità tra di loro era completamente svanita.
Infatti, strinse la sua mano.
-Il sentimento è reciproco, Ven…-
La stretta divenne più forte.
-Sora…- mormorò il giovane –Non temere. Xehanort avrà quello che si merita…-
Il sorriso sul volto di Sora svanì, lasciando spazio ad uno sguardo serio e triste nello stesso tempo. Un’ultima lacrima scese dal suo volto. Si morse le labbra, cercando di contenere la rabbia e il rancore verso il primo consigliere e annuì.
-E… grazie per la dritta sul covo di Gambadilegno.- concluse Ventus, facendo l’occhiolino al ragazzo, probabilmente per fargli tornare il buonumore.
Così accadde, per pochi secondi.
-Di niente…- rispose, sorridendo.
-Siamo stati una bella squadra.-
-Già…-
Le loro mani si separarono; dopodiché presero due direzioni differenti.
-Sii prudente, Sora.-
-Anche tu.-
Uno si diresse verso Radiant Garden, l’altro verso la palude.
Il sole era già sparito, quando Sora tornò all’accampamento.
Non ricevette una calorosa accoglienza; Topolino si avvicinò a lui, furioso.
-FINALMENTE SEI TORNATO!- tuonò, facendo allarmare il ragazzo –DOVE ERI FINITO?! PENSAVO TI AVESSERO PRESO! TI RENDI CONTO DI QUANTO MI HAI FATTO PREOCCUPARE? COSA DIAMINE E’ SUCCESSO PER FARTI ARRIVARE A QUEST’ORA?!-
Anche il resto dell’Impero Disney, incluso Riku, era dello stesso umore dell’imperatore.
Quel tono non fece allarmare il ragazzo; anzi, ridacchiò, passandosi un dito sotto il naso.
-Non ci crederete…- disse, sfoggiando un sorriso a 32 denti –Ma finalmente ci siamo liberati di quella canaglia di Gambadilegno…-
Quella notizia sconvolse i presenti.
Specialmente Topolino.
-C-cosa…?! Come è…?-
Il ragazzo fece un lungo respiro.
-Non crederete mai a quello che mi è successo…-
In quegli istanti, Ventus era ormai in cammino verso Radiant Garden. La sua mente era colma di pensieri e riflessioni. Soprattutto dubbi sul primo consigliere Xehanort.
Quello che Sora gli aveva rivelato lo aveva sconvolto. Non era sicuro se fossero verità fondate, ma l’unica cosa cui era certo era che, per la prima volta, il dubbio si era insediato nel suo cuore.
“Perché distruggere un’isola di persone innocenti…?” pensava, continuando a camminare “E quelle creature simili a formiche giganti…? Cosa significherà tutto questo? Cosa vuole fare Xehanort…? Aspetta un attimo…” si fermò, con aria sgomenta, ricordandosi di un evento di due anni prima. Collegato quanto raccontato da Sora.
-Devo sapere.-
Rientrò nel castello, con aria seria, l’elmo sotto il braccio e il Keyblade stretto in mano.
-Ser Ventus!-
Un gruppo di cavalieri, lo stesso che si era unito a lui per la caccia a Sora, corse verso di lui, chiudendosi intorno a semicerchio.
-Vi abbiamo cercato dappertutto!- rivelò uno di loro –Dopo l’inseguimento del ladro, siete come sparito. Avevamo quasi perso le speranze.-
-Non temete. E’ tutto risolto.- spiegò Ventus –La priorità era recuperare la collana, e così ho fatto. Portatemi dal capitano Eraqus, ho aggiornamenti per lui.-
-Sissignore.-
La sua richiesta venne eseguita. Scortato dal suo gruppo di cavalieri, Ventus raggiunse lo studio del primo consigliere Xehanort, in quel momento in discussione col capitano Eraqus.
-Capitano, eminenza…- salutò il cavaliere biondo, con un leggero inchino.
Il capitano si alzò dalla sedia ove era seduto.
-Ventus…- disse, con una punta di severità nella lingua –Spero tu abbia una spiegazione valida per tornare così tardi… a quanto vedo, non hai ancora preso il ladro.-
-No, signore.- fu la risposta –Ma ho recuperato questa.-
Mostrò la collana della regina Claire. Il cuore azzurro brillava alla luce delle lanterne della stanza.
Eraqus si avvicinò al cavaliere, prendendo la collana, esaminandola.
-Ed è ancora integra…- commentò –Bravo, Ventus, ottimo lavoro. La restituirò alla principessa Kairi. Ma… cosa mi dici del ladro?-
-Ho dovuto trattare con il ladro per riprenderla.- tagliò corto Ventus –La collana in cambio della sua incolumità.-
Il capitano e il consigliere rimasero stupiti dalle sue parole.
-L’incolumità?!- si sgomentò il primo –Ma cosa ti è passato per la testa!? Quel ladro è un alleato dell’Impero, è un nemico del regno! Di norma andrebbe messo dietro le sbarre, se non proprio condannato a morte per favoreggiamento di un traditore! E tu lo lasci andare?!-
-Ma, capitano…!- cercò di chiarire il giovane, senza scomporsi di fronte al tono autoritario del suo superiore –Mi ha anche fornito di buone informazioni su un’altra banda di ladri a cui davamo la caccia tempo addietro, con a capo Pietro Gambadilegno. So dove si trova il suo nascondiglio e come raggiungerlo. Se ci muoviamo adesso, col favore della notte, potremo catturarli e metterli dietro le sbarre.-
Eraqus restò a fissare il cavaliere con aria severa per qualche secondo. Ventus riuscì a combattere la tentazione di abbassare lo sguardo, mantenendo gli occhi fissi su quelli grigi.
-Va bene, Ventus…- sospirò l’uomo –Mi auguro tu abbia avuto coscienza delle tue azioni. Raccolgo qualche cavaliere e poi mi condurrai da Gambadilegno.-
-Un attimo, capitano. C’è un’altra cosa…-
Lo sguardo del giovane converse su Xehanort, ancora seduto dietro la scrivania, con il mento appoggiato sulle mani incrociate.
-Prima avete parlato del ladro, sul perché io, proprio quello più determinato a catturarlo, lo abbia lasciato andare…- ricordò –Ecco, ci tenevo a lasciare questo discorso per ultimo e volevo parlarne soprattutto con il primo consigliere.-
Il citato inclinò la testa, ma non si mostrò sorpreso o turbato. Rimase impassibile, stoico, neutrale.
-Prego, figliolo…- si limitò a dire, accompagnandolo con l’apposito gesto delle mani.
Il giovane fece un passo in avanti, avvicinandosi alla scrivania, senza sedersi.
-Quel ladro mi ha raccontato molte cose, mentre lo interrogavo…- rivelò, con sguardo serio –Mi ha raccontato la sua vita, dove è nato, come è cresciuto, e come sia divenuto alleato dell’imperatore Topolino…-
-Beh, tipiche cose che direbbe un prigioniero per deviarti…- commentò l’anziano.
-Quel ragazzo veniva dalle Isole del Destino.- tagliò corto Ventus, sempre più freddo.
Anche Xehanort abbassò le sopracciglia grigie. Persino Eraqus divenne serio, a quel nome.
-Le Isole del Destino…- mormorò, infatti –Non erano sprofondate nell’oceano?-
-Questo è quello che si dice…- proseguì il cavaliere –Sora mi ha raccontato come sono andate davvero le cose.-
Il consigliere accennò una risata.
-Ora lo chiami per nome, Ventus? Non dirmi che siete diventati amici…-
Stava cercando di deviare il discorso. Era il suo modo per dire che la discussione si faceva sempre più fastidiosa. Ma Ventus non cedette.
-Mi ha detto di come l’Oscurità stessa ha inghiottito l’intera isola, creature oscure uccidere gli abitanti. Lui e un suo amico sono gli unici sopravvissuti. E gli unici ad aver visto il responsabile. Uno in grado di brandire un Keyblade, a quanto pare…-
Nello sguardo di Xehanort si intravedeva turbamento. Eraqus, invece, era sempre più sconvolto.
-E perché ne stai parlando con me?- si limitò a dire l’anziano –Dove vorresti arrivare…?-
Il cavaliere aggrottò lievemente le sopracciglia.
-Ricordo che due anni fa lasciaste Radiant Garden per una missione diplomatica.- ricordò -Le Isole del Destino sono state distrutte proprio in quel periodo. E non avete mai rivelato il regno dove vi sareste condotto. Inoltre, Sora mi ha anche fornito una descrizione della persona che ha distrutto la sua isola, e quella descrizione corrispondeva esattamente a VOI.-
Eraqus perdette la pazienza.
-Ora basta, Ventus! Stai andando troppo oltre!- tuonò –Posso passare sopra al fatto che tu non abbia arrestato il ladro della collana della regina Claire giusto perché l’hai riportata integra, ma addirittura accusare il primo consigliere di aver distrutto le Isole del Destino non posso proprio tollerarlo!-
Xehanort sospirò, alzandosi in piedi.
-Ah, Ventus…- mormorò, scuotendo la testa –Pensavo tu fossi più intelligente di così. E’ una fortuna che tuo padre non sia vissuto abbastanza per vedere la delusione che stai diventando…-
Questo destabilizzò il giovane. Il dubbio tornò nel suo cuore. E con esso, i sensi di colpa.
-Ti rendi conto che questo “Sora” è un ladro, quindi un bugiardo di natura?- proseguì, con tono calmo, ma fermo –Per lui è facile manovrare le persone, con menzogne mascherate da verità. Inoltre, è alleato di un traditore. Le direbbe di tutte pur di far passare me come la causa che ha portato alla distruzione delle Isole del Destino. E poi, come sapete tutti, sono troppo vecchio, ormai, per brandire un Keyblade. Ora dimmi, Ventus, credi più a me, il tuo tutore, che ti ha accudito per anni, come figlio suo, o a un comune ladro, uno sconosciuto, che ti ha persino provocato quella cicatrice sulla tempia?-
Di nuovo. Aveva di nuovo usato il senso di colpa come arma per sottomettere Ventus, che alla fine cedette e abbassò lo sguardo.
-Perdonatemi, primo consigliere.- si scusò –Sono stato uno sfrontato…-
Un lieve sorriso si manifestò sul volto dell’anziano.
-Molto bene. Sei perdonato. Ma la tua sfrontatezza non sarà impunita.- si rivolse ad Eraqus –Privatelo del suo titolo di cavaliere per una settimana.-
Eraqus e Ventus ne furono sgomenti, soprattutto Ventus.
-COSA?!- esclamò, infatti.
-Hai osato accusarmi di fatti che non ho mai commesso. Che ti sia di lezione.-
-Capitano, per favore…- supplicò –Non fatelo…-
Eraqus osservò per terra, poi osservò il giovane.
-Mi dispiace, Ventus, ma il primo consigliere ha ragione.- rivelò –Per la tua sfrontatezza verrai privato del tuo titolo di cavaliere. Ti sarà requisito il Keyblade e l’armatura reale.-
-E non solo…- aggiunse il primo consigliere –Fino al termine della settimana verrai confinato nella tua stanza.-
Ventus osservò Xehanort, poi Eraqus, con sgomento.
-No! Non potete farlo!-
In quel momento, Dilan e Aeleus entrarono nello studio.
-Eminenza…- salutarono.
-Scortate Ventus nella sua stanza.- ordinò l’anziano –E portate il suo Keyblade e la sua armatura nell’armeria.-
Le due guardie annuirono.
Il più alto prese il cavaliere per un braccio, dirigendolo verso l’uscita.
-E lasciami!- protestò questi, strattonando il suo braccio per liberarsi.
Non poteva fare altro che eseguire gli ordini. Che altra scelta aveva, in fondo?
Il capitano Eraqus ed il primo consigliere Xehanort rimasero soli nello studio.
-Sono mortificato, Xehanort…- si scusò il primo, con un cenno del capo –Non riesco a capire cosa sia capitato a Ventus. Non si era mai comportato così, prima d’ora…-
-Mio caro Eraqus, dovresti saperlo meglio di chiunque altro, le strategie del nemico per ingannarti…- disse Xehanort, dopo un lieve sospiro –Comunque, a quanto sembra, questo Sora non ha rivelato a Ventus l’ubicazione del loro accampamento, o è Ventus stesso non volerlo rivelare… Tuttavia, è sempre stato avvistato nei boschi qui intorno. Questo fa dedurre che il loro accampamento sia in quelle zone.-
-I cavalieri incaricati di catturare quel ladro non sono riusciti a trovare nemmeno una traccia, un’entrata, qualcosa che portasse all’accampamento dell’Impero.- informò Eraqus –Siamo praticamente ad un punto morto…-
-No, non del tutto…- gli occhi gialli di Xehanort sembravano brillare di una luce propria; una luce strana, sospetta –Cosa facciamo, in fondo, per stanare un topo, o degli insignificanti insetti? O per far uscire allo scoperto i nostri nemici?-
Il più giovane si mise a riflettere.
-Si distrugge il loro nascondiglio.-
-Esatto.-
-Ma noi non sappiamo dove si trovano.-
-Chi ha detto che dobbiamo sapere per forza la loro ubicazione per farli uscire allo scoperto…?-
Eraqus conosceva Xehanort da molto tempo: sapeva benissimo cosa voleva dire con quello sguardo.
-Non vorrai mica… distruggere i boschi…?!-
Il primo consigliere si alzò in piedi.
-No, non completamente.- spiegò, girando per la stanza –Giusto per farli allarmare e farli uscire allo scoperto per difendersi. Uno specchietto per le allodole, insomma.-
C’era altro, in realtà.
-Xehanort, perché proprio adesso un attacco diretto. Perché non farlo prima?-
Eraqus sospettava qualcosa. Le parole di Ventus lo avevano fatto allarmare. Sapeva che Xehanort aveva diversi scheletri nell’armadio, ma, fino ad allora, preferiva non indagare e prendere tutto come una banale impressione basata sul dubbio.
-Le accuse di Ventus nei miei confronti sono alquanto gravi…- spiegò il primo consigliere –Pensa cosa succederebbe se la voce si spargesse: il resto dei cavalieri potrebbe cominciare ad avere dubbi sul mio conto e anche sul conto di re Ansem, forse anche su di te. Pensa cosa accadrebbe se si rivoltassero tutti contro di noi! Non vogliamo che accada, vero…?-
Il capitano non poteva dargli tutti i torti. Bastava poco per rovesciare l’ordine, poco per spezzare il filo cui era sospeso.
-No, certo che no. Ma non sarebbe meglio avvertire il re di questo?-
-Ci stavo già pensando.- concluse Xehanort, prendendo il suo bastone –Vieni con me.-
Anche re Ansem era nel suo studio, immerso nella lettura, come era solito fare appena aveva un momento libero.
Leggere lo rilassava. Ma in quel momento stava solo osservando le lettere del libro che aveva di fronte: la sua mente era altrove.
La condizione del suo regno, la situazione esterna lo stavano sottoponendo ad una dura prova. Non era solo Naminé a rischiare il collasso mentale, ma anche lui.
Quanto sarebbe passato, prima che Radiant Garden cadesse? Forse non era solo la guerra a rovinarla…
Ansem sospettava qualcosa.
Dei colpi alla porta lo distolsero dai suoi pensieri.
-Vostra Maestà…- salutò il primo consigliere, prima di entrare.
Eraqus fece un silenzioso cenno con la testa.
Il re si tolse gli occhiali, strofinandosi gli occhi.
-Cosa altro volete, consigliere Xehanort…?- domandò, con tono da persona stanca e distrutta –Non vi è bastato torturarmi con la storia che mi avete raccontato stamane?-
-Me ne dispiaccio, Vostra Maestà.- si scusò l’anziano, con una mano sul cuore –Tuttavia, no. Sono venuto con una notizia buona.-
Eraqus aprì la mano.
-Uno dei nostri cavalieri ha ritrovato la collana della regina Claire.-
Quella notizia scaldò il cuore al re. Infatti, si alzò, avvicinandosi al capitano, prendendo la collana.
-Meraviglioso…- mormorò, sorridendo –Kairi ne sarà felice. Ci tiene molto a questa collana… Non oso immaginare il sorriso sul suo volto, appena la rivedrà…-
-Tuttavia…- proseguì Xehanort –C’è anche una cattiva notizia.-
Una mera illusione. Ansem si illuse che ci fosse solo una notizia buona. Ma ogni illusione era svanita.
-Quello stesso cavaliere… si è rivolto a me con accuse molto pesanti, tra cui la distruzione delle Isole del Destino. A quanto pare ha instaurato un legame con il ladro della collana, un alleato dell’Impero Disney, e lui, per ingannarlo, si è rivolto a lui con parole menzognere. Tutto senza avere una prova, ma, come sapete bene, delle singole parole possono instaurare il dubbio nei cuori, e si propaga come una malattia. Non potevo permettere che accadesse con i nostri soldati. Come punizione, l’ho privato temporaneamente del suo rango di cavaliere e l’ho confinato nella sua stanza per una settimana.-
Re Ansem camminò verso la sua scrivania, poggiandovi le mani, dando le spalle al consigliere e al capitano.
-Consigliere Xehanort…- mormorò, dopo un sospiro –Troppe volte, ultimamente, state prendendo delle iniziative senza consultarmi…- osservò Xehanort con aria severa –Dovevate portare quel cavaliere da me. Avremmo discusso insieme su cosa fare!-
Il citato fece un lieve inchino.
-Perdonatemi, Maestà. Non succederà più.- si scusò –Ciononostante, sono venuto per proporvi un attacco contro il nostro nemico.-
-Cosa intendete dire?-
-Per il motivo spiegatovi poco fa, non possiamo permettere che l’Impero la faccia franca, facendo leva sul dubbio dei nostri soldati, costringendoci a lottare l’uno contro l’altro, per poi conquistarci con facilità. Dobbiamo attaccare per primi.-
-I soldati hanno trovato il loro accampamento?-
-No, Maestà, ma ho un piano che li farà uscire allo scoperto.-
Ansem non sapeva cosa fare. Xehanort aveva come il potere di indebolirlo e scuoterlo solo con le parole. Non ebbe altra scelta che affidarsi a lui, per il bene del regno.
-Capitano Eraqus…- aggiunse, rassegnato –Voi avete qualcosa da dire a proposito?-
Il capitano scosse la testa.
-No, Vostra Maestà. E confido nel primo consigliere, per quello che vale…-
-Allora vi dò carta bianca per questa operazione.- decretò il re; ma non sembrava convinto; c’era qualcosa di sospetto –Ma che sia per l’ultima volta.-
Il consigliere e il capitano si inchinarono un’ultima volta.
-Sì, Vostra Maestà…-
-Bene. Potete andare.-
Rimasto solo, ad Ansem non rimase altro che guardare fuori dalla finestra: Radiant Garden sembrava essere illuminata di una luce propria persino nel buio della sera.
Osservò il cielo: la notte stava per prendere il posto del giorno.
-Dante…- mormorò –Tu cosa avresti fatto…?-
In quegli istanti, Ventus era stato scortato alla sua camera dalle guardie Dilan e Aeleus. Non era una camera grande, come quelle dei nobili, era piccola, come gli alloggi della servitù.
-Per ordine del primo consigliere, dobbiamo requisire il tuo Keyblade e l’armatura.- ricordò Dilan, allungando una mano.
-Sì, sì…-
Diede il Keyblade alla guardia dai capelli neri, poi si privò dell’armatura, dandola ad Aeleus.
-Per una settimana rimarrai qui.-
-Anche questo lo sapevo.-
-Se abbandonerai la tua stanza, la pena si allungherà di una settimana.-
La voce di Dilan sapeva essere più fastidiosa di quella di Xehanort.
A Ventus non rimaneva altro che indossare degli abiti da civile e abbandonarsi sul letto, affondando la testa sul cuscino.
Non sapeva se piangere, arrabbiarsi… diede solo dei colpi al materasso, con dei lievi lamenti, prima di voltarsi verso il soffitto.
Ripensò a Sora, alla sua storia, e a Xehanort.
Era confuso. A chi doveva credere? Sora sembrava così sincero, e Xehanort, in ogni parola che pronunciava, riusciva sempre ad avere ragione.
-Tutto questo non ha senso…- mormorò, più confuso che mai.
Guardò in avanti, verso una mensola: al centro, vi era un piccolo ritratto di suo padre Storm, con l’armatura e il Keyblade, con posa fiera.
Si alzò, avvicinandosi. Prese la cornice e la avvicinò a sé.
Capelli biondi, occhi blu… solo in questo assomigliava a suo padre.
-Non sarò un bravo cavaliere come te…- mormorò –Xehanort ha ragione. Se fossi ancora vivo e mi avessi visto, saresti deluso da me…-
Fece per posare la cornice, ma, sbadatamente, gli scivolò dalla mano, cadendo per terra.
Il vetro si ruppe in mille pezzi.
-Ah, fantastico!- imprecò il giovane –Non ne combino una giusta oggi!-
La foto era persino scivolata fuori dalla cornice di legno. Prendendola, notò un particolare che lo fece allarmare: c’era qualcosa dietro il ritratto di suo padre. Un secondo ritratto.
I bordi erano gialli, quindi doveva essere molto vecchio. Lo sfilò con molta cura, per evitare di rovinarlo.
Era un altro ritratto di suo padre. Doveva avere all’incirca la sua età. Ma non era da solo. Stava abbracciando qualcuno, con un braccio intorno al collo.
Non era né Eraqus né Xehanort.
Suo padre era in armatura, ma l’altro ragazzo era vestito con un camice da laboratorio e indossava un paio di occhiali a montatura sottile.
Aveva i capelli scuri, acconciati lievemente a punta, ma gli occhi erano dello stesso colore di Storm e anche di Ventus, blu.
-Chi è l’altro?- domandò, infatti –Ha un aspetto molto familiare…-
Notò, inoltre, una nota in fondo, scritta a mano.
 
A Storm, il miglior cavaliere di Radiant Garden e il miglior fratello che potessi mai avere.
Ti voglio bene e so che sarai sempre lì per me, come io lo sarò per te.
Sky
 
Sky… quel nome lo aveva già sentito da qualche parte…
Poi si ricordò della sua discussione con Sora: in effetti, suo padre si chiamava Sky!
Osservò di nuovo la foto: in effetti, la persona in compagnia di suo padre assomigliava molto a Sora.
Ventus si sentì come mancare.
Scese lentamente verso il basso, senza curarsi delle schegge di vetro sul pavimento.
Il cuore gli batteva a mille.
-Oh, cielo. Oh, cielocielocielocielo…-

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** "Cosa mi nascondi...?" ***


-BUAAAAAAAAAAAHHH…!-
Gambadilegno non aveva fatto altro che piangere per tutto il tempo. Lui e la sua intera banda stavano procedendo, in catene, verso il castello di Radiant Garden.
-PERCHÉÉÉÉÉÉÉÉ…?! – si lamentò –COME È POTUTO SUCCEDEREEEEE…?!-
-Pietruccio, io te l’ho sempre detto di sigillare l’altra entrata, ma tu non facevi altro che rimandare…- commentò Trudy, con tono dolce e rassegnato, non aggressivo.
Re Ansem, il capitano Eraqus e il primo consigliere Xehanort li stavano seguendo con lo sguardo, mentre venivano scortati nelle prigioni da Dilan e Aeleus.
-Beh, almeno la pista fornitaci da Ventus su questi criminali si è rivelata utile…- commentò Eraqus, tenendo l’elmo sotto il braccio destro -Dopo tanto tempo, sono finalmente dietro le sbarre, quei delinquenti.-
-Questa è stata solo una piccola distrazione.- tagliò corto Xehanort –Ora dobbiamo occuparci del vero nemico.- si rivolse al re –Possiamo parlarne nel vostro studio, Vostra Maestà?-
Ansem annuì e basta: non aveva più detto una parola dall’ultima discussione con il capitano e il primo consigliere.
-Suppongo, capitano Eraqus…- disse, con un filo di voce, appena chiusa la porta del suo studio, per poi sedersi sulla sua scrivania; il citato si mise sull’attenti –Che abbiate già stillato un piano…-
-Sì, con l’aiuto del primo consigliere.- rispose, pronto -Anche lui, come sapete, è stato un cavaliere, quindi non è ignorante sul campo bellico. L’accampamento dell’Impero è ancora di posizione ignota, ma, dati gli avvistamenti di questo Sora, si suppone che si trovi nei boschi vicino a Twilight Town. Quindi… abbiamo pensato che…-
Abbassò lo sguardo e si morse un labbro.
Stava esitando. Nemmeno lui era convinto del piano di Xehanort.
Infatti, fu questi a concludere la frase dell’amico: -Abbiamo pensato che il modo migliore per farli uscire allo scoperto fosse abbattere alcuni alberi.-
Ansem scattò in piedi, battendo le mani sulla scrivania, facendo quasi sussultare i presenti.
-COSA?!- tuonò, infatti –È una pazzia!-
-Ma, Vostra Maestà, riflettete…- cercò di chiarire Xehanort, mantenendo la calma –È l’unico modo per far uscire allo scoperto quei traditori. Avete forse dimenticato che sono colpevoli di regicidio? Come pensate di risolvere tutto? Con la diplomazia?-
-L’idea non sarebbe male…- commentò Ansem, osservando in basso e rimettendosi a sedere –Eviteremo altri spargimenti di sangue e distruzioni di città… L’imperatore Topolino è sempre stato ospite d’onore ai ricevimenti di mio fratello e discuteva volentieri con i sovrani. Non vedo perché questo contesto possa essere differente…-
-Sì, così sarete voi il prossimo ad essere ucciso dall’Impero.- disse Xehanort, fermo –E facendo come suggerite voi, ci dimostreremo deboli agli occhi del nostro nemico. È meglio attaccarli per dimostrare loro che non siamo impassibili di fronte al loro reato.-
-Pensavo aveste avuto la vostra dose di vendetta alla notizia dell’improvvisa sparizione dell’Impero Disney…- aggiunse Ansem, serio, nella sua ironia.
Nessuno, ovviamente, sapeva la verità dietro quanto era realmente successo all’Impero; tranne i superstiti dei suoi abitanti.
-Ma questo non è bastato a fermarli.- proseguì il primo consigliere –Il furto della scorsa settimana? Un assaggio di quello che ci attenderà. Dobbiamo attaccarli, prima che siano loro a farlo. C’è in gioco il bene e la sicurezza di Radiant Garden, Maestà…-
Ansem sospirò di nuovo. Si alzò e osservò fuori dalla finestra.
Era nuovamente confuso.
Sì, era in gioco il bene e la sicurezza di Radiant Garden.
Così Xehanort lo teneva in pugno.
-Maestà…- aggiunse Eraqus, facendo un passo in avanti –Io sono d’accordo con il primo consigliere.-
La sua proposta non valeva contro la loro. Era il re, ma in quel momento sembravano essere Xehanort ed Eraqus ad avere il potere in mano.
Si rassegnò, scuotendo la testa.
-Parlatemi del vostro piano.- disse, infine.
Il capitano prese la parola.
-Avevo pensato di impegnare mezza dozzina dei miei soldati per questa operazione.- spiegò –Tutti perfettamente addestrati per ogni inconveniente, in caso di attacco da parte dei superstiti dell’Impero. Da considerare che, in un territorio estraneo, sono privi di ogni arma cui disponevano nel loro territorio. Quindi dovremo attendere un agguato con armi primitive. Niente cui non possiamo tenere a bada con i Keyblade.-
-Ma in sei soli, sette includendo voi, capitano Eraqus, come farete ad abbattere gli alberi senza rischiare che l’Impero riesca a scappare in tempo e trovare un nuovo rifugio?-
-Ci stavo arrivando, Maestà. Per quel compito ne basteranno due. Terra è molto forte, da solo riesce ad abbattere quattro alberi in una volta. Ma ci vorrà anche l’aiuto della nostra unica maga, Aqua. Forse un incantesimo di fuoco li spingerà ad uscire allo scoperto.-
-E cosa ne sarà delle mie nipoti? Aqua è la loro guardia del corpo. Non posso lasciarle sprovviste.- protestò il re, con moderazione.
-Ci penserà il resto della guardia reale a proteggerle, Maestà, non preoccupatevi.- rassicurò Xehanort, con un cenno della testa –Abbiamo pensato a tutto.-
Ansem sospirò di nuovo, rassegnato. Si mise a sedere dietro la sua scrivania. Poi alzò gli occhi al primo consigliere e al capitano.
-Come vi ho già spiegato ieri sera, avete carta bianca per questa operazione.- chiarì –Ma se ci saranno danni, spero almeno vi assumere ogni responsabilità…-
-Sì, Vostra Maestà.- rispose, pronto, Eraqus, mettendosi sull’attenti.
Xehanort rispose con un altro lieve cenno della testa.
In realtà, Ansem sembrava non avere alcun controllo delle sue azioni e parole.
Era confuso, spaesato, stanco.
Ma altrettanto sospettoso. Nei confronti di Xehanort.
Tuttavia, non poteva mostrarsi in tale modo.
Incrociò le braccia, continuando a guardare in basso.
-Potete andare.- si limitò a dire.
Eraqus si inchinò, prima di uscire dalla stanza.
Anche Xehanort fece un lieve inchino, prima di congedarsi.
-Tuttavia, primo consigliere…- aggiunse il re, con tono severo; il consigliere si fermò, serio in volto –Ser Ventus potrà anche essere stato avventato a rivolgervi le accuse che lo hanno portato all’essere privato temporaneamente del suo titolo, ma c’è una cosa, nelle sue parole, che non posso ignorare…-
L’anziano strizzò lievemente gli occhi gialli, senza voltarsi verso il re, i quali occhi rossi osservavano in modo severo e sospettoso chi aveva di fronte.
-La vostra missione diplomatica di due anni fa, in effetti, coincide anche fin troppo con la misteriosa distruzione delle Isole del Destino… Cosa avete da dire in vostra difesa?-
Lo sguardo di Xehanort era paragonabile a quello di un predatore che aveva appena avvistato la sua preda.
Ma sorrise.
-Vostra Maestà… mi deludete…- si limitò a dire, voltandosi verso il re –È proprio di questo di cui parlavo con il capitano Eraqus, ieri sera: le nostre vite, l’integrità di Radiant Garden sono appese ad un filo e bastano poche parole per spezzarlo. Specie se sono parole provenienti da un comune ladruncolo e alleato del nostro peggior nemico.-
Di nuovo. Aveva usato il senso di colpa per manovrare una persona.
Ma non Ansem. Non sapeva come, ma sentiva di avere ragione.
-E anche se ne fossi responsabile, cosa altamente improbabile, visto che non ho il potere di invocare tempeste o maremoti, non c’è alcuna prova che lo confermi. Quindi, se fossi in voi, non mi preoccuperei più di tanto. Capisco che quella vicenda abbia colpito anche voi…-
Quell’ultima frase fece lievemente sussultare il re.
-… ma non fatevi ingannare da queste frivolezze. Buona giornata, Vostra Maestà.-
Ansem restò da solo nel suo studio.
Respirò con il naso più volte, mentre il suo sguardo vagava nel vuoto.
Era come se stesse raccogliendo i pensieri e le emozioni.
Dopodiché, aprì un cassetto, scostando dei fogli. Nel doppiofondo scovò delle vecchie carte, lievemente ingiallite, tutte legate insieme da uno spago. Le sfiorò lievemente, con aria malinconica, sospirando per l’ennesima volta.
Poi, osservò di nuovo in avanti, aggrottando le sopracciglia bionde.
“Non me ne racconti una giusta. Cosa mi nascondi, Xehanort…?” pensò.
Aqua era nuovamente in cortile con Kairi, ad allenarsi con il Keyblade. Anche Naminé era lì, ma senza il suo blocco da disegno; non aperto, almeno. Infatti era con Olette, che le stava pettinando i capelli biondi. Dawn era seduta lì accanto, ancora intenta nel suo lavoro di ricamo. Hayner e Pence, invece, stavano giocando a calciare una pallina.
Al collo della principessa ondeggiava la collana della regina Claire, che brillava, alla luce del sole.
Dopo la discussione con Eraqus e Xehanort, la sera prima, Ansem si era diretto verso la camera della nipote, con la collana in mano.
Kairi ne fu felice. Ma non quando udì che il ladro era ancora in libertà. E soprattutto non avere modo di ringraziare Ventus.
Ma almeno la collana era integra e questo le bastava.
Ogni colpo che sferrava contro Aqua, Kairi immaginava di avere Sora di fronte a lei.
Da giorni pianificava la sua vendetta.
-Aqua!-
A sentire la voce di Eraqus, Aqua si fermò e si mise sull’attenti.
Persino il resto dei presenti interruppe ciò che stava facendo e si misero in piedi.
Il capitano era ancora in compagnia del primo consigliere, che salutò i presenti con un lieve cenno della testa.
-Comoda…- invitò il primo, avvicinandosi ancor più alla giovane –Sono disposto a chiudere un occhio su quanto avvenuto la settimana scorsa, lady Aqua. Sei chiamata a partecipare ad un’operazione militare di massima importanza.-
Aqua sollevò le sopracciglia, sorpresa. Anche Kairi si mostrò interessata.
-Attaccherete l’Impero?- domandò, infatti, avvicinandosi anche lei al capitano.
Eraqus la osservò con aria neutrale.
-Mi spiace, principessa, ma è un segreto militare.-
Ma la ragazza serrò le labbra e aggrottò le sopracciglia.
-Se così sarà, voglio venire anch’io!- decise, determinata.
Persino Xehanort si stupì di tale iniziativa.
-Ma, principessa…- ribatté Eraqus –E’ un’operazione riservata alle forze militari di Radiant Garden! Voi non…!-
Ma Kairi batté un piede per terra.
-So combattere con il Keyblade!- esclamò, sempre più determinata e alzando il suo Keyblade al cielo -Aqua mi ha insegnato tutto!-
Aqua cercò di dissuaderla, mettendosi di fronte a lei e prendendola dolcemente per le spalle.
-Ascolta, Kairi. Un’operazione militare non è uno dei nostri allenamenti. E’ molto pericoloso, a volte puoi rischiare la vita. Non voglio metterti in pericolo. Hai già rischiato quando hai sorpreso il ladro nella tua stanza.-
Ma la principessa aveva ormai preso la sua decisione.
-Non mi interessa!- esclamò, scrollando le sue mani dalle sue spalle e mettendosi di fronte al capitano e al consigliere -Metterei in gioco molto di più, pur di punire il ladro che ha rubato la collana di mia madre, e anche vendicare la morte dei miei genitori, visto che sta dalla parte dell’Impero!-
Un coraggio da invidiare. Naminé e Dawn si allarmarono.
Il primo consigliere Xehanort sorrise.
-Se è questo che desiderate, principessa…- disse, con un cenno della testa –Non possiamo che acconsentire.-
Eraqus non poteva credere alle sue orecchie.
-Cosa?! Glielo permettete?!-
-E’ una sua decisione, ed è la principessa.- si giustificò il più anziano –Non possiamo ignorare un suo ordine.-
Dawn era talmente sconvolta da non avere più nemmeno la forza di pronunciare alcun suono.
Naminé, per consolarla, le prese dolcemente una mano.
Hayner e Pence osservarono Kairi con invidia: anche loro avrebbero voluto prendere parte all’operazione militare, ma erano troppo giovani e, soprattutto, non avevano esperienza con le armi.
Eraqus cedette.
-Va bene, principessa, verrete con noi. Ma a patto che restiate sempre vicina ad Aqua.- raccomandò, serio.
Kairi sorrise, soddisfatta.
-Sì! Non vi deluderò!-
-Lo spero. E’ in gioco la vostra incolumità.- concluse il capitano -Aqua, vieni con noi. Principessa, se volete seguirci…-
Aqua obbedì all’istante all’ordine, infatti camminò dietro ai due uomini.
Ma Kairi rimase nel cortile ancora per qualche secondo; Naminé corse verso di lei, preoccupata.
-Sorella…- mormorò, sempre più preoccupata e con le mani strette a pugni di fronte al suo petto.
Per consolarla, la sorella strinse le proprie mani su di questi.
-Non temere, andrà tutto bene. La collana di mamma mi proteggerà.- disse, determinata; per precauzione, la nascose dentro la camicia.
-Kairi!- chiamò Acqua, quasi ad un passo dalla porta che conduceva alla hall del castello.
-Arrivo!-
Senza pensarci due volte, la principessa corse dal cavaliere, per poi entrare all’interno.
Naminé avrebbe voluto piangere. Le sfuggì a malapena una lacrima.
Kairi era tutto per lei. Specialmente dalla morte dei loro genitori. Era diventata la sua forza.
La sua energia, la sua solarità, la sua spontaneità, la sua determinazione… la spingevano ad andare avanti.
Tutt’a un tratto, avvertì qualcosa: un giramento di testa. Un forte giramento di testa. Sembrava che il mondo le stesse girando intorno veloce, sempre più veloce.
Le sue gambe non reggevano più il suo lieve peso. Cedettero.
E lei cadde, chiudendo gli occhi.
Dawn, Olette, Pence e Hayner si allarmarono, correndo da lei.
-Naminé? Naminé!- chiamò la donna anziana, dandole dei lievi schiaffetti sulle guance; si rivolse ai due ragazzi –Presto, portatela nella sua stanza! Olette, chiama il dottor Even!-
-Sì, signora!- rispose la ragazza, preoccupata.
La notizia non era ancora giunta a re Ansem.
Attese, osservando dalla finestra del piano sovrastante la hall, che gli uomini richiesti da Eraqus lasciassero il castello.
Si stupì e si allarmò a vedere la nipote Kairi in mezzo a loro, con il suo Keyblade in mano, e lo sguardo determinato. Avrebbe tanto voluto scendere e protestare, ma la conosceva bene: quando si metteva in testa una cosa, era impossibile convincerla a dissuadere.
Il primo consigliere Xehanort era con loro: se era persino riuscita a convincere una persona come lui, allora era veramente impossibile dissuaderla.
C’era anche Aqua, ciò fece risollevare il re. Nonostante l’incidente di una settimana prima, Aqua era un cavaliere affidabile ed era premurosa con le sue protette. Sarebbe stata in buone mani.
L’esercito partì, ad un cenno di Eraqus. Xehanort rimase sull’uscio per poco tempo, fino all’arrivo di Vanitas, che gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Entrambi rientrarono nel castello. Ansem fu cauto nel non farsi vedere. Erano entrambi diretti allo studio del primo consigliere. Conoscendoli, avrebbero passato la giornata lì dentro.
“Perfetto.” pensò, prima di camminare in direzione dei corridoi.
La sua meta erano le stanze dei cavalieri. Di uno in particolare.
Infatti, di fronte ad una porta, bussò tre volte.
All’interno, Ventus stava finendo di mangiare la sua colazione, una semplice scodella di avena bollita nel latte e della frutta.
-Non ho ancora finito di mangiare, razza di prepotente! Ora ho dei limiti di tempo anche per i pasti?!- protestò il giovane, sgarbatamente. Pensava di parlare o con Dilan o con Aeleus.
Ma la persona che aprì la porta non era nessuno dei due.
Ansem lo osservò con aria severa.
-Ser Ventus, è questo il modo di rivolgersi al tuo re?-
Ventus divenne di tutti i colori, appena vide il re.
-Oh, Maest…!- si alzò, facendo rovesciare il vassoio e ciò che c’era sopra –Ah, accidenti!- imbarazzato anche per l’incidente, fece ugualmente l’inchino –Vi… vi chiedo scusa. Io credevo che…-
-So perfettamente chi credevi chi fossi.- tagliò corto Ansem, chiudendo la porta alle sue spalle –Per questo sei perdonato. So che sei stato privato del tuo titolo.-
Con Ansem non poteva protestare: era pur sempre il suo re. Sperò che le parole appena rivolte, seppur accidentalmente, non facessero aumentare i suoi giorni di prigionia.
-Sì, Maestà…- mormorò, con un filo di voce, e abbassando la testa. Incrociò persino i piedi.
Ansem fece un passo in avanti, con aria sempre più seria.
-Dimmi, quel ragazzo, Sora…- il tono della sua voce era sempre più basso –Cosa ti ha detto di preciso? Su Xehanort?-
Anche Ventus si fece serio.
-Molte cose, Maestà.- rispose, prima di camminare verso la mensola e prendere il ritratto che aveva scoperto la sera prima, mostrandolo al re –Ma prima vorrei che rispondeste ad una domanda: mio padre aveva davvero un fratello di nome Sky?-
Ansem sentì il suo cuore sobbalzare appena vide quel ritratto.
-Dove lo hai trovato?- domandò, sconvolto.
-Era nascosto dietro un piccolo ritratto di mio padre: ho accidentalmente rotto la cornice e ho trovato questo. E’ vero, quindi? E perché non ne ho mai sentito parlare?-
Il re riprese il controllo delle emozioni.
-Sembra che entrambi stiamo cercando delle risposte…- mormorò, prima di voltare le spalle al cavaliere –Vieni con me, andiamo nel mio studio. Lì potremo parlare tranquillamente.-
Ventus si stupì: anche Ansem stava sospettando qualcosa su Xehanort.
Aveva forse trovato un valido alleato?
-Ma, Maestà…- si ricordò il cavaliere –Io sono confinato nella mia stanza per una settimana…-
-Quale tuo sovrano e dai poteri conferitomi, annullo il tuo confinamento nella tua stanza.-
Un’altra frase che fece sgomentare il giovane. Ansem era già uscito dalla stanza, diretto verso il suo studio. Lesto, Ventus prese i suoi stivali, indossandoli di corsa, e lo seguì.
Nel frattempo, nell’accampamento dell’Impero, Topolino aveva convocato una riunione. Voleva discutere su quanto riportato da Sora, la sera prima.
-Quindi, è così che Xehanort ha fatto passare per me come assassino dei due sovrani di Radiant Garden.-
Sora annuì.
-Esatto. E nessuno sembra essere al corrente di quanto veramente accaduto alle Isole del Destino.-
Erano presenti anche Riku, Paperino, Paperina, Pippo e l’imperatrice Minni. Apparivano tutti preoccupati.
-Credono davvero che siano state sommerse dall’oceano?- domandò il ragazzo albino, serio.
-Sembra che per Xehanort sia stata l’unica spiegazione plausibile.-
-Sì, la misteriosa comparsa di creature oscure metterebbe in allarme l’intero regno…- rifletté Topolino –E questo è ciò che persone come Xehanort tengono ad evitare, per non avere problemi per realizzare i loro veri piani, qualunque essi siano. Molto meglio una causa naturale, per nascondere la verità.-
-E tutto questo te lo ha rivelato un cavaliere?- riprese Riku, osservando Sora.
-Sì, lo stesso che una settimana fa ho colpito con un sasso. E che da allora mi aveva dato la caccia per riprendersi la collana che ho rubato. E’ molto più simpatico di quanto sembri. Ed è anche grazie a lui se adesso siamo liberi da Gambadilegno.-
-Sì, così ci hai condannati alla fame, Sora.- ribatté Topolino, alzandosi in piedi –Gambadilegno era un furfante, un approfittatore, è vero, ma almeno ci pagava bene, il sufficiente per comprarci da mangiare.-
-Ci teneva in trappola! E, soprattutto, vi maltrattava. Non sopportavo vedervi in quello stato, Topolino! Non lo meritavate, e mi ero promesso che alla prima occasione avrei liberato non solo voi, ma tutti noi da quello strozzino.-
Topolino stava per rispondere, quando udì una campanella.
-Allarme! Allarme! Le guardie reali sono qui!- stavano esclamando Qui, Quo e Qua, dalle loro postazioni di vedetta.
Tip e Tap, intanto, scesero dalla loro, di posizione, unendosi al gruppo: apparivano spaventati e agitati.
-Il bosco brucia!-
-E degli alberi stanno cadendo!-
L’imperatore si allarmò, anche gli altri.
-Maledizione! E’ l’esercito di Radiant Garden! Così ci scopriranno!- esclamò Topolino, alzandosi –Tutti in posizione! Minni, fai prendere quanta più roba possibile per andare via da qui, il resto si prepari al contrattacco! Orazio, i sistemi anti-intrusi sono attivi?-
-Sempre, Maestà.-
-Bene.- si rivolse al popolo -Signori! Forse le guardie reali pensano di scoprire dove siamo nascosti, distruggendo il bosco, ma noi dobbiamo fermarli, prima che lo scoprano! Li coglieremo di sorpresa, e li attaccheremo. Se è uno scontro che cercano, uno scontro avranno! Tutti con me!-
L’esercito imperiale esultò. Con loro anche Sora e Riku, alzando i loro Keyblade al cielo.
-Andiamo! Carica!-
Seguendo Topolino, nel cuore di Sora si intaurò un dubbio.
“Ven…” pensò, preoccupato “Spero non dovremo incrociare di nuovo i nostri Keyblade…”
Non poteva sapere che Ventus, in realtà, non era nemmeno uscito dal castello: stava seguendo re Ansem. Furono entrambi estremamente cauti nel non farsi scoprire dalle guardie. Con l’operazione comandata dal capitano Eraqus e proposta dal consigliere Xehanort, non erano rimaste molte guardie nel castello. L’unica preoccupazione da parte di entrambi era essere avvistati da Dilan o Aeleus.
Raggiunsero lo studio del re.
Ventus si guardò intorno, scettico.
-Con tutto il rispetto, Maestà.- disse, mentre Ansem chiudeva le tende della stanza –Ma non credo che questo sia il luogo adatto per parlare di mio padre e di un mio ipotetico zio, anzi. Penso che…-
-Chiudi la porta a chiave e copri la serratura.- tagliò corto il re, a bassa voce, frugando in una sua tasca.
Ventus fece quanto richiesto: si voltò indietro, notando una chiave nella toppa. La girò, chiudendo la porta.
Ansem aveva un’altra chiave in mano; si chinò sotto la sua scrivania. Un rumore strano incuriosì il giovane.
-Vieni, di qua.-
Sotto la scrivania c’era un passaggio segreto, una botola. Re e cavaliere scesero delle strette scale a chiocciola. Delle piccole lanterne illuminavano la via. Entrarono in una stanza: no, non era una stanza, era piuttosto un laboratorio. Un laboratorio dismesso. Un grande tavolo in centro, macchinari spenti, pile di fascicoli e una libreria ancora colma di libri.
Ansem si appoggiò sul tavolo, con aria quasi nostalgica.
-Qui siamo al sicuro. Possiamo parlare tranquillamente.-
Ventus si guardò intorno, confuso.
-Che posto è questo…?-
-Il mio vecchio laboratorio. Ma ora è una specie di rifugio. Ogni volta che sono confuso o dubbioso, vengo qui e, non so come, riesco a trovare le risposte a tutto.-
Non c’era tempo per le rimembranze del passato: Ventus aveva troppe domande da porre al suo re.
-Maestà, vi prego, torniamo alla mia domanda: mio padre aveva davvero un fratello?-
-Oh, sì. Un fratello maggiore, a dire la verità, di nome Sky, come già sai. Un brillante scienziato e studioso, e il mio migliore amico. Questo era il nostro laboratorio.- Ventus notò un ritratto appeso al muro, illuminato da una lanterna: re Ansem, da giovane, insieme ad un altro uomo, lo stesso del ritratto che aveva scovato in camera sua; quindi doveva essere Sky -Mio fratello Dante lo aveva fatto costruire per noi, giurando di non farne parola con nessuno.-
-Anche voi, quindi, eravate uno scienziato?-
-Sì. Eravamo studiosi del cuore, delle sue caratteristiche, delle sue qualità. Entrambi condividevamo il medesimo pensiero che anche il nostro mondo ha un cuore, che svolge le stesse funzioni del cuore umano. Stavamo studiando un modo per eliminare l’Oscurità, partendo dal cuore del mondo, ma ci serviva un’ingente quantità di luce, per farlo, impossibile da definire. Abbiamo cercato modi e modi, ma l’unica soluzione sembrava essere solo usare i cuori umani. La luce dentro i cuori umani, precisamente. Non volevamo indire un genocidio. Cercammo altri modi, nel corso degli anni, seppur inutilmente. Ma poi la ricerca venne interrotta.-
-Cosa è successo?-
Ventus si  appoggiò al muro, di fronte al re.
-Non seppi come o perché…- riprese Ansem, malinconico –Ma Sky stava sospettando che qualcuno fosse interessato alle nostre ricerche…-
Ricordava perfettamente, come fosse passato solo un giorno da allora: Sky era andato da lui, preoccupato e pallido in volto.
-Dobbiamo fermare il progetto, Ansem. Io non posso stare più qui!- aveva detto, ansimando.
Ansem non comprese, allora.
-Calmati, Sky, cosa succede?-
-Devo andarmene da Radiant Garden! Sono in pericolo. Non voglio che tu o Storm siate coinvolti!-
-Tali furono le sue ultime parole. E poi scappò.-
Il racconto fece insospettire ed inquietare Ventus.
-Disse qualcosa anche a mio padre?- domandò.
-Ah, Storm… Sky teneva molto a tuo padre. Diceva che sarebbe stato difficile separarsi da lui, che avrebbe voluto scappare con lui, ma non aveva scelta. Pensava che così facendo lo avrebbe esposto ad un grosso pericolo e lui non poteva permetterlo. La cosa migliore da fare era annunciare la sua morte e cancellare il suo nome dal registro degli abitanti di Radiant Garden. Sky non doveva più esistere, nemmeno il suo ricordo.-
-Disse dove sarebbe scappato?-
-Non volle rivelarlo. Aveva solo detto che sarebbe scappato il più lontano possibile da Radiant Garden. Non ha detto altro.-
Poi si ricordò di quanto raccontato da Sora: le Isole del Destino…
Un luogo isolato, lontano, tranquillo, ma efficace.
Pensò di nuovo a Sora: era a conoscenza del fatto che suo padre fosse uno scienziato? O Sky aveva mentito anche a lui? E se fosse stato Sora ad aver mentito a Ventus? Se sapeva della vera identità del padre, ma non poteva rivelarlo a nessuno?
-Ora dimmi, Ventus…- il giovane scese dalle nuvole –Cosa ti ha detto esattamente quel ragazzo? Sulle Isole del Destino, su Xehanort?-
Ventus riportò le esatte parole che aveva riportato la sera prima al capitano Eraqus e al consigliere Xehanort. Quando parlò delle Isole del Destino e di Xehanort, Ansem si inquietò.
Rimase in silenzio per qualche minuto, alzandosi in piedi e camminando per la stanza.
-No… no, no, no…- continuava a mormorare, con una mano chiusa quasi a pugno di fronte alla bocca –Ma come è stato possibile…?!-
Ventus era confuso.
-Cosa, Maestà?-
-Nessuno sapeva il luogo dove si nascondeva Sky, né io, tantomeno Storm. Nelle sue lettere… era sempre molto vago sull’argomento.-
-Lettere?-
-Sì. Nonostante la lontananza, ci tenevamo in contatto.-
-Non rischiavate di essere scoperti? Si sa che certe persone non riescono a tenere la bocca chiusa, anche i messaggeri.-
-Siamo stati attenti, da quel punto di vista. Non eravamo degli sfrontati.-
-Perdonatemi, non intendevo…-
-No, la tua preoccupazione è comprensibile. Avevamo già pianificato qualcosa per queste evenienze. Durante i nostri esperimenti, infatti, abbiamo creato un nuovo sistema di comunicazione: delle creature chiamate Dream Eater, esseri che possono assumere più forme, oltre a comparire e sparire. Pensavamo entrambi sarebbe stato utile per le comunicazioni tra regni, salvando anche la vita ai messaggeri, spesso vittime dei banditi. Purtroppo ne avevamo creato solo uno, ma per scambiarci lettere era adatto.-
-Che ne è stato di quel… Dream Eater…?-
-Deve essere stato distrutto insieme alle Isole del Destino. Non è più tornato da allora.-
Ventus si dispiacque per re Ansem. Soprattutto per Sora.
-Credete che Xehanort lo avesse scoperto grazie a quel Dream Eater? Dove era nascosto mio zio, intendo.-
-Impossibile. Scompariva qui e appariva laggiù. Non può averlo seguito… E’ questo che non riesco a capire… Se quello che mi hai raccontato è vero, non riesco a spiegarmi come abbia fatto. Manovrare l’Oscurità, scoprire la posizione di Sky… e nemmeno nelle sue lettere Sky mi ha rivelato cosa lo affliggesse, quando se ne è andato da Radiant Garden, ma ho come l’impressione che c’entri Xehanort, in qualche modo…-
Sospettava anche lui di Xehanort. Basandosi anche sulla storia di Sora, Ventus non poté biasimarlo.
Le uniche domande a cui trovare risposta erano come fosse riuscito a trovare Sky e ad invocare le creature oscure che avevano ucciso gli abitanti delle Isole del Destino.
Ma un altro elemento aveva destato la sua curiosità.
-E che ne avete fatto delle lettere di mio zio? Non le avrete…?-
Ansem scosse la testa; si alzò dal tavolo, camminando verso la libreria: prese una piccola scatola, chiusa con uno spago, che porse al giovane.
-Le ho conservate, sia quelle scritte a me, sia quelle scritte a tuo padre. Per evitare occhi indiscreti, le ho sempre nascoste qui.-
Ventus girò e rigirò la scatola, preso da un’irrefrenabile curiosità: finalmente avrebbe scoperto qualcosa sullo zio e forse anche sul padre. E non lo avrebbe stupito il fatto che Ansem e suo padre già sapessero dell’esistenza di Sora.
Suo cugino.
Da quando Ventus aveva scoperto di avere altri parenti all’infuori del gemello Vanitas non si sentiva più solo.
Con Sora non era stato facile, all’inizio; ma erano bastate due risate e una conversazione a farlo sentire a suo agio, persino più di quando era in compagnia di Terra e Aqua.
-Se le vuoi leggere, fa’ pure, ma stai attento a non farti scoprire. Nessuno deve sapere di queste lettere.- avvertì il re, serio.
Ventus fece un lieve inchino di ringraziamento.
-Non temete, vostra Maestà. Saranno in buone mani.-
Un urlo li allarmò.
-Re Ansem! Re Ansem!-
Era Olette. Era fuori dallo studio, ma potevano sentirla. Continuava a bussare.
Ventus si guardò intorno, nervoso.
-Cielo! Ora cosa facciamo?!-
-Calmo, ser Ventus. C’è un’apertura dietro la libreria, porta alla biblioteca. Una volta entrato, esci subito sul retro, ti porterà in un corridoio segreto che porta alle stanze dei cavalieri. Lo ricordo perché tuo zio lo utilizzava spesso per raggiungere tuo padre.-
In effetti, Ventus trovò un’apertura.
Prima di uscire, guardò indietro.
-Grazie, Maestà.-

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Scontri ed incontri ***


-Sora, devi farlo, non c’è più tempo…-
-No, papà, io non ti lascio!-
Era accaduto troppo in fretta: Sora e Riku stavano solo giocando in riva al mare con i loro amici quando avevano notato una barca in lontananza, sul mare. Sopra c’era un uomo con un cappotto nero e il cappuccio calato, che rendeva impossibile vedere il volto. Brandiva una chiave gigante, che puntò verso l’alto. Il raggio viola che era uscito da essa, aveva creato una sfera rossa e nera, il cielo stesso era diventato più scuro, e da come stava tremando tutto, sembrava stesse per arrivare un ciclone. E poi le creature scure dagli occhi gialli spuntate dal nulla...
Oltre ai bambini, c’erano anche dei pescatori, abitanti del luogo, lì presenti: furono le prime vittime delle creature. Il modo in cui avevano estirpato i loro cuori era raccapricciante e spaventoso.
Non risparmiavano nessuno, tranne i bambini. Tra le vittime, anche la madre di Sora, Luna, che ebbe solo il tempo di urlare: -Sora! Scappa! Mettiti in salvo, almeno tu!- Poi una creatura affondò gli artigli nel suo petto.
-Mamma! No!-
Anche Riku vide i suoi genitori fare la stessa fine.
-Corri, figliolo! Corri!- urlarono, prima di spirare. Il ragazzo era rimasto come paralizzato: si sentì impotente. Non era riuscito a salvarli.
Sora e Riku sembravano essere gli unici sopravvissuti. Loro e Sky, padre di Sora. Li aveva, infatti, presi per un braccio.
-Presto! Non c’è un momento da perdere!- urlò, iniziando a correre.
I due ragazzi erano spaventati e confusi: perché la loro isola? Perché tutto questo?
Sky li condusse in un angolo nascosto della riva: c’era una zattera.
-Prendete il largo e scappate. Non voltatevi, non pensate, non fermatevi per nessun motivo.-
Sora fu esterrefatto da quelle raccomandazioni.
-Come, papà, non vieni con noi?-
-No, questa zattera è stata costruita per voi due. Io devo rimanere qui. Sora…- per tutto il tempo, aveva tenuto in mano un piccolo scrigno, che porse al figlio –Tieni. Custodiscilo come fosse un tesoro.-
-Cosa c’è qui?-
-Tutto ciò di cui ho più caro. E prendi anche questa lettera. Se dovesse capitarti, dalla ad un uomo di nome Ansem.-
La mise dentro la tasca della giacca del figlio.
Sora era sul punto di piangere.
-Papà… non voglio…-
Sky gli diede una carezza sulla guancia, con dolcezza.
-Sora, devi farlo, non c’è più tempo…-
-No, papà, io non ti lascio!-
Anche Sky stava lacrimando insieme al figlio. Si rivolse a Riku, determinato.
-Riku, prenditi cura di Sora.-
Il ragazzo annuì.
-Sì, glielo prometto, signor Sky.-
Le creature nere comparvero anche lì.
-Non c’è tempo! Scappate! Non esitate!-
Prima che Sora potesse protestare, Sky spinse la zattera verso il mare, che prese il largo.
-No! Papà!-
L’uomo con il cappotto nero era di fronte a Sky.
Da come entrambi erano rimasti fermi, stavano parlando di qualcosa. Poi, la scena che avrebbe segnato Sora per sempre: la spada conficcata dentro il petto del padre.
-PAPÀ!!! NO!!!- urlò, con tutto il fiato che aveva in gola.
Le lacrime che scesero sul suo volto erano innumerevoli, ma, nella sua disperazione, nella sua rabbia, riuscì a vedere in faccia l’assassino di suo padre: un uomo anziano, pelato, con il pizzetto grigio e occhi gialli.
Poi, la bolla nera che avrebbe distrutto definitivamente le Isole del Destino.
Non passava momento senza che Sora pensasse a quel giorno, o notte senza che lo sognasse. Il suo cuore era colmo di rabbia e vendetta contro il consigliere Xehanort. Aveva una busta tra le mani. La lettera che suo padre aveva chiesto di consegnare ad un uomo di nome Ansem. Re Ansem, il nuovo sovrano di Radiant Garden.
Cosa aveva a che fare Re Ansem con suo padre? Non sapeva niente di suo padre: gli era sempre bastato che fosse un bravo pescatore e un padre affettuoso e protettivo. Ma quella lettera… e anche lo scrigno. Non li aveva aperti, ma la curiosità lo dilaniava lentamente. Si rese conto di non aver mai conosciuto effettivamente suo padre. E suo padre non gli aveva mai raccontato nulla di lui o del suo passato. Quando da piccolo gli chiedeva della sua vita, Sky passava subito ad un altro argomento. Avrebbe dovuto comprendere da subito che stava nascondendo qualcosa. Ma dopo tanti rifiuti, non ci aveva più badato.
Ma di una cosa era certa.
“Ti vendicherò, papà. E mamma e tutti gli altri. Ucciderò Xehanort con le mie stesse mani, dovessi inseguirlo fino in capo al mondo.”
-Sora? Sora!-
Riku gli diede uno scapaccione sulla schiena, che lo fece sobbalzare. Fece in tempo a nascondere la lettera in una scarsella.
-Dài, muoviti! Dobbiamo salire sugli alberi!-
Sora scosse la testa, alzandosi in piedi.
-Sì, certo…-
Riku conosceva Sora da quando erano bambini: aveva intuito che qualcosa non andava in lui.
Ed era la stessa cosa che turbava anche lui: nemmeno lui si era ripreso del tutto dal giorno in cui avevano perso la casa, i genitori, tutto.
Anche lui bramava vendetta contro Xehanort.
Ma in quel momento, dovevano pensare ad altro: contrastare le guardie reali.
In quei momenti, infatti, Terra e Aqua stavano portando avanti la proposta di Xehanort: abbattere almeno le prime file degli alberi del bosco appena fuori Radiant Garden, per portare allo scoperto i superstiti dell’Impero.
A Terra bastava solo eseguire mosse a terra con il Keyblade, mentre Aqua simulava un incendio, con la sua magia.
-Ok, basta così.- ordinò il capitano Eraqus, alzando una mano. Kairi era accanto a lui: continuava a pensare allo scontro che avrebbe tenuto con Sora.
I due cavalieri si fermarono, come quanto ordinato.
Erano loro, il capitano, Kairi e altri quattro cavalieri. Sufficienti, secondo il capitano e il consigliere, per affrontare l’imperatore Topolino e il suo seguito.
-Capitano Eraqus…- fece Aqua; aveva il suo elmo indosso, come tutti gli altri –Perché ser Ventus non è insieme a noi?-
-E’ stato privato del suo titolo di cavaliere e confinato nella sua stanza per una settimana per aver accusato il consigliere Xehanort di un crimine che non ha mai commesso.-
I due giovani furono scioccati: non ne erano ancora al corrente di quanto avvenuto a Ventus. Era da quando avevano lasciato il castello che si stavano domandando dell’assenza dell’amico.
-Che crimine, capitano?- domandò Terra.
-E’ confidenziale.-
-Ma, capitano, noi abbiamo diritto di…-
-Non perdete la concentrazione!- ribatté, secco, Eraqus -La nostra priorità è scovare la base dell’Impero ed arrestare l’imperatore Topolino e i profughi.-
Terra e Aqua non ebbero altra scelta se non annuire.
-Sì, signore…- dissero, con rassegnazione.
Eraqus non doveva mostrare alcun segno di dubbio, per il bene del regno e dei suoi cavalieri: ma nel suo cuore, anche lui stava dubitando di Xehanort e del suo comportamento, negli ultimi anni. Sempre più sfuggente, sempre più vago… e la sua reazione mentre Ventus lo accusata di aver distrutto le Isole del Destino…
“No, è impossibile!” stava pensando “E’ troppo assurdo, per essere vero! Ma se fosse la verità, come ha fatto…? No, non oso nemmeno pensarci.”
Ma doveva concentrarsi sulla missione: niente pensieri, niente distrazioni.
-Ascoltate, cavalieri!- esclamò, mettendo sull’attenti i cavalieri; anche Kairi si fece più composta –Le nostre mosse avranno fatto attirare l’attenzione ai nostri nemici. Molto probabilmente, ci aspetteremo un attacco dall’alto o delle trappole. Per cui, vi raccomando massima prudenza, ora che ci addentreremo nel bosco. E tenete i Keyblade stretti in mano: dobbiamo essere pronti a qualsiasi cosa. E a voi, principessa, raccomando la massima prudenza. Vi consiglio di stare vicina a me o a lady Aqua, per ogni evenienza.-
-So badare a me stessa, capitano Eraqus!- ribatté Kairi, battendo un piede per terra, decisa e determinata.
-La vostra sicurezza mi conforta, principessa.- il capitano si voltò, dando l’ordine di procedere.
Terra e Aqua erano a capo del gruppo, secondi ad Eraqus, poi Kairi e il resto delle guardie. I loro Keyblade erano puntati in avanti, in caso di attacco.
Le raccomandazioni di Eraqus non erano un caso: poco più distanti dalla loro posizione, Topolino, Sora, Riku e altri profughi dell’Impero in grado di combattere erano posizionati sopra gli alberi.
Erano tutti incappucciati e con un fazzoletto che copriva i loro volti dal naso al mento.
-Ora?- domandava spesso Sora.
-Non ancora.- rispondeva Topolino, con una mano aperta.
I cavalieri erano sempre più vicini: Sora sperò con tutto il cuore di non scontrarsi con Ventus, ma, dall’altra parte, voleva rivederlo. Ma non vide la sua armatura. Questo lo sollevò, un pochino.
L’imperatore si voltò verso Orazio.
-Ora, Orazio!-
L’ingegnere dell’Impero annuì: tagliò due corde posizionate accanto a lui con una piccola lama.
Il gruppo di cavalieri continuava ad avanzare, con prudenza. Eraqus percepì qualcosa.
-Fermi!- esclamò. I cavalieri e la principessa si fermarono, allarmati.
Il pericolo si palesò di fronte a loro dopo pochi secondi: un tronco enorme, tagliato a metà, e legato con delle corde ad un albero, stava oscillando verso di loro.
-AL RIPARO!- ordinò il capitano, facendo cenno con la mano di abbassarsi. Aqua, lesta, spinse Kairi verso il basso, per poi farle da scudo. Anche Terra si abbassò. Ma Eraqus non si era mosso: con un salto, andò incontro al tronco, dividendolo verticalmente in due.
-Spostatevi!- ordinò. Appena atterrò, puntò il Keyblade verso le due metà del tronco: delle catene di luce partirono dall’estremità, fino a tagliare le corde che sostenevano il tronco, facendole cadere per terra. I cavalieri si erano spostati appena in tempo, come fu loro ordinato, avvicinandosi al capitano.
Kairi fu sbalordita dalla forza e dai poteri del capitano Eraqus.
-Capitano, state bene?- domandò Terra, correndo da lui, appena si alzò.
-Sì. Quella era chiaramente una trappola. Si sono organizzati bene, quelli dell’Impero. State tutti in guardia, potrebbero essercene altre.-
-CAPITANO, ATTENTO!- esclamò Aqua, saltando.
In effetti, Orazio aveva tagliato un’altra corda: due tronchi stavano giungendo verso la legione, da due postazioni opposte, in modo da collidere con le estremità.
I cavalieri e la principessa si abbassarono di nuovo, Eraqus rimase paralizzato, ma Terra si tenne pronto a fargli da scudo. Aqua, con il suo salto, allungò le mani verso i due tronchi.
-GLACIES!-
Due raggi gelanti li colpirono, tramutando essi stessi in ghiaccio. Collidendo, si tramutarono.
Aqua era l’unica vera maga della Departure Accademy: più di una volta la sua magia si era rivelata utile in spedizioni come quella. Gli altri cavalieri sapevano lanciare solo qualche magia elementale di base, tutto dipendeva dal Keyblade che brandivano.
Aqua atterrò in mezzo ad una pioggia di cristalli, con posa fiera.
Kairi applaudì, saltellando. Eraqus la osservò con orgoglio, da dietro la visiera scura dell’elmo.
-Bella mossa, Aqua.- complimentò Terra, sorridendo.
La giovane ridacchiò, arrossendo.
Dagli alberi, Topolino osservò la scena, stupito.
-Hanno un mago tra di loro…- mormorò –E quello con l’armatura dorata è molto forte. Non sarà un’impresa semplice. Orazio, tieniti pronto con le cariche esplosive.-
-Sì, imperatore.-
Sora fu colpito da un soggetto in particolare.
-Ehi, quella è la principessa Kairi!- esclamò, sottovoce; prima non l’aveva notata. Adesso erano molto vicini alla loro postazione. Si illuminò a vederla, tale che ne fu quasi ammaliato. –Con l’abito da sera era carina, ma con la calzamaglia e quel corpetto di cuoio… è bellissima…-
Riku, posizionato accanto a lui, schioccò le dita di fronte ai suoi occhi.
-Sora, non è il momento di fare lo sguardo da pesce lesso, adesso!- rimproverò.
Il ragazzo castano scosse la testa, con un lieve gemito.
-Oh, sì! Giusto.-
Topolino aveva lo sguardo sempre più serio, fisso sulle guardie reali.
-Dì a Paperino di avviare la mina, Orazio!-
-Ricevuto!-
-Appena esplode la prima, noi partiamo all’attacco!-
-Ricevuto!- esclamarono, all’unisono Sora e Riku.
Bastarono due mosse di Orazio: il messaggio arrivò a Pippo, sopra ad un altro albero, che replicò a Paperino. Questi annuì; poi puntò lo scettro in un punto né troppo vicino, né troppo distante dall’albero su cui erano.
-Ignis!- esclamò. Una fiamma si posò rapida sul terreno.
La legione sobbalzò, appena udirono un’esplosione.
-Cosa è stato?!- domandò Terra, allarmato. Aqua aveva già fatto da scudo a Kairi.
Ne seguì un’altra. Un’altra e un’altra ancora.
-Capitano! Hanno piazzato delle mine per tutto il bosco!- avvertì uno dei cavalieri, indicando i punti dove si stavano verificando le esplosioni.
-Una nuova trappola?-
-No, Terra…- chiarì Eraqus, mantenendo il controllo –Un diversivo. Un mezzo per farci distrarre e abbassare la guardia. Soldati! Non lasciatevi intimidire! E’ quello che i nostri nemici vogliono, per colpirci di sorpresa! Dobbiamo dimostrare di essere più forti e non cedere! Dobbiamo prepararci ad un agguato! Quando arriveranno, saremo pronti a riceverli! Mantenete la linea e…-
Un’esplosione sotto di lui lo interruppe, e una fiammata travolse tutti i presenti.
Niente.
Non sentirono niente. Dovevano essere invasi da un’onda d’urto che li avrebbe scaraventati lontano e un’alta fonte di calore che li avrebbe ustionati.
Ma le armature erano intatte. Come gli abiti della principessa.
Non era un fuoco vero. Erano mine illusorie. Uno specchio per le allodole.
Eraqus diede i suoi ultimi ordini.
-Soldati, separatevi! Ognuno di voi combatte come dieci militi dell’Impero! Le loro massime risorse si fermano a queste trappole, saranno armati con armi primitive! Non sarà complicato soggiogarli!-
I soldati si misero sull’attenti.
-Sì, capitano!-
-Principessa, state con lady Aqua.-
-No, devo trovare il ladro dell’altra sera! E non sarete voi a fermarmi!-
Senza sentire ragioni, corse oltre Eraqus.
Aqua la seguì, preoccupata.
-Kairi, aspetta!-
Nel frattempo, i profughi dell’Impero erano scesi dai loro nascondigli per un attacco diretto. Persino Topolino aveva sguainato il suo Keyblade.
Dovettero dividersi anche loro, per raggiungere i vari cavalieri.
-A me lasciate la principessa!- chiarì subito Sora, correndo –Credo che abbia un conto in sospeso con me.-
Kairi era lontana da Aqua. Anzi, Aqua, nel tentativo di raggiungere Kairi, fu ostacolata da un papero, apparso a lei come fosse caduto dal cielo. In mano aveva uno scettro. E a giudicare dallo sguardo agguerrito, le stava proponendo di combattere.
La giovane accettò la sfida, mettendosi in posizione.
Le esplosioni stavano continuando: rimbombavano, ma non offendevano. Gli alberi erano salvi.
Kairi realizzò di essere da sola. Si fermò, guardandosi intorno. Aveva di nuovo agito senza pensare: si era allontanata, correndo, da Eraqus, Aqua e dal resto dei cavalieri, nel tentativo di cercare Sora. Ma Sora dov’era?
-Salve, principessa Kairi…-
Eccolo! Proprio dietro di lei. Si era abbassato il cappuccio e tolto il fazzoletto dal volto, cosicché lei potesse vederlo in faccia.
Lei fece mezzo scatto indietro, puntandogli il Keyblade contro.
-Ti ho trovato, finalmente!-
-Ah, anche voi possedete un Keyblade?- notò, sorpreso, il ragazzo, avanzando, nonostante la minaccia della principessa –Ah, devo dire che questa mise vi sta una meraviglia. Ancora meglio dell’abito da sera della settimana scorsa.-
-Basta con queste lusinghe!- tagliò corto lei, con le sopracciglia aggrottate –Stavolta non mi prenderai alla sprovvista! Mi sono allenata a lungo con la mia guardia del corpo per questo momento!-
La sua determinazione divertì Sora: anche lui sguainò il suo Keyblade, facendolo roteare un paio di volte.
-Bene, allora sarà ancora più divertente scontrarmi con voi.- disse, come se non temesse nulla. Era sereno, sicuro di sé. Ma Kairi, in quel momento, non provò nulla.
Solo rabbia e vendetta.
Scagliò il primo colpo con forza. Ma Sora lo parò senza problemi. Come parò il resto dei colpi. Non ci mise impegno, neppure contrattaccò. Non voleva contrattaccare.
Osservò Kairi, studiandone ogni movimento. Si muoveva in modo aggraziato, nonostante la rabbia che esprimeva nei suoi colpi: il movimento armonioso del suo braccio mentre sferrava l’attacco, l’attento equilibrio sulle gambe, la posizione dei piedi…
Lo sguardo serio e concentrato che aveva in volto la facevano illuminare di una luce quasi eterea.
Era davvero una principessa fuori dal comune.
-Davvero notevole, principessa…- commentò Sora, parando l’ultimo colpo di Kairi –Siete davvero portata per la scherma.-
Lei non si scompose: fece ancora più pressione con il suo Keyblade su quello di Sora.
-Smettila immediatamente!- esclamò, serrando le labbra –Con le tue lusinghe non mi farai abbassare la guardia!-
-Io non voglio combattere contro di voi.-
-Io sì!-
Si staccarono, scattando all’indietro. Girarono in tondo, senza smettere di osservarsi.
Per la prima volta, Sora notò la collana azzurra al suo collo.
-Quella collana vi sta davvero bene.- complimentò, continuando a sorridere –Mi sto pentendo quando ve l’ho strappata dalle mani.-
Lei continuava a puntare il Keyblade contro il suo avversario, determinata.
-La pagherai per quel giorno! E per aver ucciso i miei genitori, insieme all’imperatore Topolino!-
-Non sono stato io, tantomeno l’imperatore Topolino!- rispose, diretto, il ragazzo, prima di parare di nuovo dei colpi della principessa.
-Li hanno trovati nella sala del trono, CON DEI BUCHI SUL PETTO!-
-Topolino non lo avrebbe mai fatto. Non è capace di estirpare i cuori!-
-Bugiardo, non ti credo!-
Con il Keyblade in mano, era impossibile parlare con lei: a malincuore, Sora dovette disarmarla, facendo leva con l’elsa e impossessandosi, così del suo Keyblade. Kairi fece un passo indietro, sorpresa e paralizzata, ma senza cedere: temeva le avrebbe dato il colpo di grazia.
-Non voglio farti del male, voglio solo che mi ascolti.- spiegò Sora; di punto in bianco le stava dando del “tu” –Topolino non ha ucciso i tuoi genitori. E’ stato il consigliere Xehanort.-
Era troppo per Kairi: era già stata presa alla sprovvista due volte da lui perché disarmata. Non poteva più permettere che la prendesse di nuovo in giro, ammaliandola con una menzogna. Non gli credette.
Anzi, lesta, calciò la mano con cui Sora stringeva il suo Keyblade: stavolta fu il ragazzo ad essere preso di sorpresa. Kairi tornò in possesso del suo Keyblade.
-Non ti credo!- tuonò lei, decisa; o voleva semplicemente che Sora lo credesse –Il consigliere Xehanort è una brava persona, giusta, retta e onesta che sa sempre qual è la cosa giusta da fare.-
-Anche combinare il matrimonio tra te e Vanitas?-
Kairi si paralizzò di nuovo, sorpresa. La proposta del matrimonio combinato era solo riservato alla famiglia reale e a quella del consigliere.
-E tu come…?-
-Ventus mi ha detto tutto al riguardo.-
-Ser Ventus? Conosci Ser Ventus?-
-Certo che lo conosco. Mi sorprende che non sia insieme agli altri cavalieri. Gli è successo qualcosa?-
Per un attimo, Kairi dimenticò la sua rabbia e la sua aggressività: Sora era a conoscenza del suo matrimonio con Vanitas e sapeva di Ventus.
-Beh…- rispose lei, un po’ titubante e confusa –E’ stato confinato nella sua stanza per una settimana. Per aver detto cose false sul consigliere Xehanort.-
Quella notizia sconvolse Sora.
-COSA?!- esclamò, abbassando la guardia.
Poteva essere il momento giusto, per Kairi, di attaccare. Ma qualcosa la tratteneva. La sua reazione, la sua preoccupazione sembrava sincera, non recitata.
-Cosa ha detto, esattamente?- domandò di nuovo lui.
-Non lo so. Il capitano Eraqus ha detto che era confidenziale.-
-Se è per quello che gli ho rivelato, ti posso assicurare che è tutto vero.-
-Si tratta della morte dei miei genitori?-
-No, della scomparsa delle Isole del Destino, la mia casa.-
-Le Isole del Destino?-
-Vi è stato detto che sono sprofondate nell’oceano, ma non è così. E’ stato Xehanort a distruggerle. Ha evocato creature oscure che hanno ucciso gli abitanti, i miei amici, anche mia mamma. E mio padre… Xehanort ha usato un Keyblade per strappargli il cuore dal petto, di fronte a me! Credimi, io so quello che provi! Lo so meglio di chiunque altro!-
Kairi impallidì. E fu mossa da pietà per Sora. Non sapeva se credergli o meno. Ma pensò a Ventus, e alla sua punizione. Non sapeva come, ma sentiva che la sua storia ed essa erano collegate.
-Quell’uomo ha incolpato l’imperatore Topolino per la morte dei tuoi genitori, per essere sicuro di non avere ostacoli nel suo piano. L’Impero Disney era l’alleato più fedele di Radiant Garden, era una minaccia. Lo ha distrutto come ha distrutto le Isole del Destino.-
-Distrutto?!- Kairi era sempre più sconvolta –Ma se non combattiamo contro l’Impero, allora contro chi…?-
Un fulmine si scagliò dall’alto, facendo scaraventare i due ragazzi per terra, rotolando sul fango. Molto probabilmente era da parte di Aqua o Paperino.
Poi, una voce femminile.
-Kairi! Dove sei?-
Non potevano più parlare. Sora doveva fuggire.
-Ascolta. Sei libera di non credermi, ma ti chiedo di farmi almeno un favore.- chiese Sora, cercando di rialzarsi.
Kairi annuì, ancora confusa.
-Certo…-
Le fu porta una busta.
-Devi consegnarla a Re Ansem. E’ una lettera.-
-Una lettera? E’ da parte dell’imperatore.-
-No. Digli che è da parte di un uomo di nome Sky. E ad avertela consegnata è suo figlio Sora. Me lo prometti?-
Le aveva persino porto una mano, per aiutarla a rialzarsi. Kairi accettò, facendosi aiutare a rialzarsi.
-Ricordati: stai attenta a Xehanort.- raccomandò lui, per un’ultima volta –Credo che lui ti stia usando per impossessarsi di Radiant Garden.-
La principessa annuì di nuovo. Sora si rimise il cappuccio e il fazzoletto, prima di correre, sparendo tra gli alberi.
Kairi lo seguì con lo sguardo, confusa, spaesata, priva d ogni emozione. La rabbia era svanita. Sora poteva ingannarla, ma a quale pro? E come si sarebbe spiegato il confinamento di Ventus nella propria stanza? Coincidenze? Ma i suoi occhi sembravano così sinceri…
Mentre pensava, Aqua corse da lei. Si era rimossa l’elmo.
-Kairi! Eccoti qui!-
La principessa nascose in fretta la busta sotto il corpetto di cuoio.
-Stai bene? Sei ferita?- domandò la giovane, controllando la sua protetta.
-Sto bene, Aqua.-
Nessuna ferita. Era solo sporca di fango.
-Allora? Hai trovato il ladro?-
Kairi osservò di nuovo la direzione dove era scappato. Aveva lo sguardo ancora vitreo. Troppe rivelazioni in poco tempo. Sora aveva detto forse la verità?
Poi osservò Aqua. Sì, doveva sapere. Era indecisa se mentirle o rivelare per filo e per segno quanto accaduto.
-Aqua, non ci crederai mai, ma credo che non ci sia alcuna guerra contro l’Impero…-
La giovane si allarmò.
Le mine continuavano ad esplodere. Avevano accompagnato lo scontro di Sora e Kairi.
E non solo il loro, ma anche di tutti coloro che stavano combattendo.
Eraqus, nel frattempo, stava combattendo contro l’imperatore Topolino. Non si era fatto scrupoli ad uscire subito allo scoperto.
-Arrendetevi, traditore!- iniziò il capitano, emettendo un’aura lucente –Presto Radiant Garden vendicherà i suoi sovrani!-
Entrambi gli avversari avevano lo stesso livello di battaglia. Ognuno prevedeva e parava gli attacchi dell’altro.
-No, vi prego!- implorò Topolino, continuando a parare –Dovete ascoltarmi! Il consigliere Xehanort vi sta ingannando!-
Ma Eraqus dava l’impressione di non ascoltarlo. Attaccava senza fermarsi, sperando di indebolire il suo avversario.
-No! I sovrani si fidavano di voi, e voi li avete uccisi! Come pretendete che vi dia ascolto?!-
Sferrò un attacco orizzontale potente. Topolino riuscì ad evitarlo con una capriola all’indietro. Non voleva combattere, ma nemmeno arrendersi.
-Perché non sono stato io ad ucciderli! Vi prego! Dovete credermi!-
Eraqus non volle ascoltarlo.
Nessuna esitazione. Nessun dubbio. Questo continuava a ripetersi nella sua mente.
Senza esitazioni, saltò in alto, con il Keyblade puntato verso l’imperatore, urlando.
Anche gli altri cavalieri stavano combattendo contro gli altri profughi dell’Impero.
Terra non aveva ancora incontrato nessuno. Avanzava attento e cauto fra gli alberi, prevenendo qualsiasi tipo di imboscata.
-Adesso, fratelli!-
Ai piedi del cavaliere apparvero delle sfere colorate di rosso, blu, bianco e giallo.
Bombe elementali.
Quando se ne rese conto, erano già esplose. Terra venne scaraventato ad un metro di distanza. Non erano molto potenti, ma lo avevano quasi stordito.
-Sì! Ancora, ancora!-
Ne vennero lanciate altre. Tutte contro di lui.
Ormai Terra conosceva il trucco: fece dei rapidi scatti in avanti, per evitarle.
Dall’alto, notò, infatti, tre paperotti intenti a lanciare le piccole bombe con delle fionde.
-Forza! Forza!- incitavano l’un l’altro, quasi divertiti.
Terra non poteva farsi sconfiggere da dei bambini. Raccolse tutte le sue energie, poi saltò in alto e colpì il terreno con il Keyblade.
La terra tremò; ciò fece sbilanciare i tre paperotti, che caddero giù, insieme alle loro scorte di bombe.
Furono intimoriti dalla presenza mastodontica di Terra, che avanzò lentamente verso di loro, giocherellando con il suo Keyblade.
-Ma bene… ora l’imperatore manda in guerra anche i bambini? Che persona orribile…-
I tre paperotti tremarono, abbracciandosi l’un l’altro, per darsi coraggio. Terra non voleva far loro del male, solo interrogarli. Ma le sue azioni furono fraintese.
Una quinta presenza lo travolse, facendolo cadere e rotolare. Era un ragazzo. Non ne poté vedere il volto, poiché coperto dal cappuccio e dal fazzoletto. Anche lui brandiva un Keyblade.
-Non avvicinarti a loro!- minacciò, puntandoglielo in avanti.
Terra colse la sfida.
-Ah, sì? E chi me lo impedirebbe? Tu?- provocò, alzandosi –Tanto, quando vi cattureremo, vi metteremo in cella tutti insieme.-
Partì uno scontro fra i due. Terra era molto forte, ma lo era anche il ragazzo. E altrettanto agile.
Ad ogni parata, il ragazzo effettuava un’acrobazia, andando dietro il cavaliere. Ma Terra non era tipo da concedere un attacco. Non negli incontri corpo a corpo.
Bloccarono un colpo simultaneamente. Fecero pressioni sui propri Keyblade, guardandosi negli occhi, per incutere timore l’un sull’altro.
Fu Terra a prevalere, spingendo con forza. Il suo avversario cadde per terra, così come gli cadde il cappuccio, rivelando dei corti capelli argentei.
Il cavaliere si bloccò, appena il ragazzo alzò la testa. Anche il fazzoletto che aveva sul volto venne rimosso.
-Riku?!-
-Ti sei distratto!- schernì, approfittando della posizione del cavaliere, senza nemmeno essersi reso conto che aveva appena pronunciato il suo nome.
Ma questi non si difese; posò a terra il Keyblade e mise le mani in posizione di resa.
-Riku, fermati! Sono io!- esclamò; si tolse persino l’elmo –Sono Terra!-
Anche Riku si fermò. Sorpreso. Si paralizzò anche lui, alla vista del cavaliere.
Terra sorrise, commosso: poco fa, aveva lo sguardo di chi aveva appena visto un fantasma.
-Sono Terra!- ripeté, abbracciando il ragazzo; dai suoi occhi stavano scendendo lacrime.
Ancora sorpreso, Riku lasciò cadere il suo Keyblade e ricambiò l’abbraccio.
Non gli faceva piacere abbracciare un’armatura, ma vedere Terra fece commuovere anche lui.
-Oh, Riku, sei vivo…- disse Terra, guardandolo in faccia –Ti giuro… quando ho sentito delle Isole del Destino credevo che tu…-
Riku gli prese le mani, sorridendo anche lui tra le lacrime.
-Sono riuscito a sopravvivere.- rispose -Sora ed io siamo gli unici superstiti.-
Terra lo osservò di nuovo sorridendo, poi lo abbracciò di nuovo.
-Oh, Riku… mi sei mancato tanto… Sei cresciuto.-
Si staccarono per un attimo.
-E tu sei finalmente diventato un cavaliere.- notò Riku -Come avevi sempre sognato.-
-Sì, è vero. E tu…-
Non sorrisero più: si osservarono con timore e preoccupazione. Terra osservò i suoi abiti. Il suo Keyblade.
Il fatto stesso che avesse un Keyblade voleva dire solo una cosa.
-Tu stai con l’imperatore Topolino!-
Riku riprese il suo Keyblade, come Terra fece con il suo.
-E tu con Xehanort!-
Si scambiarono di nuovo dei colpi. O meglio, era Riku a colpire. Terra parava i colpi, scioccato.
-Riku, fermati, aspetta! Perché mi stai attaccando?-
-E’ opera sua, vero? Xehanort vi ha ordinato di distruggerci?-
-Cosa? Perché dici questo?-
-Sora mi ha detto che Xehanort ha sparso la voce che le Isole del Destino sono state sprofondate nell’oceano! Ma non è vero! E’ stato Xehanort a distruggerle!-
-Cosa? E come?-
-Ha usato un Keyblade!-
-Un Keyblade? Ma si è ritirato dall’esercito perché si reputava troppo vecchio!-
-Devi credermi, Terra! Gli è bastato puntarlo in alto per far oscurare il cielo, evocare creature oscure e poi distruggerle. Quelle creature hanno ucciso gli abitanti, anche i miei genitori! Hanno estirpato i loro cuori!-
Terra era incredulo. Abbassò la guardia, ma Riku non lo attaccò.
-VI STO DICENDO LA VERITA’!-
Topolino stava ancora combattendo contro Eraqus. Resisteva ad ogni suo attacco. Ma le sue forze si stavano via via prosciugando.
-Xehanort sta architettando qualcosa per dominare Radiant Garden! Magari lo sta facendo proprio adesso! Perché non mi ascoltate?!-
-Ne ho abbastanza delle vostre chiacchiere!- tagliò corto Eraqus; si preparò ad un altro attacco –Sarà Re Ansem a decidere se le vostre parole sono sincere o meno.-
Era inutile. Topolino gettò la spugna. Non poteva convincere una mente ferma e decisa. E non sembrava essere solo l’armatura a proteggere il suo cuore.
-Non mi lasciate altra scelta…-
Puntò il Keyblade in alto.
-SANCTA!-
Eraqus fu accecato da una luce brillante, la più brillante che avesse mai visto. Illuminò tutto il bosco.
Pippo stava combattendo contro un paio di guardie reali. Notò l’incantesimo dell’imperatore.
-RITIRATA!- esclamò.
Anche Sora e Riku lo sentirono.
Riku era ancora con Terra. Assunse un’espressione di pentimento.
-Perdonami, Terra…-
-Per cosa?-
Il ragazzo allungò una mano avanti.
-FIRAGA OSCURA!-
Una fiamma nera colpì il cavaliere sul petto, facendolo cadere. Era voluto: non voleva colpirlo sul volto.
Tra le lacrime, e rimettendosi fazzoletto e cappuccio, Riku scappò via.
Il lampo finì. Eraqus era rimasto fermo, con un braccio intento a coprire la visiera.
-E questo trucco dovrebbe sorprendermi?- fece, abbassando gradualmente il braccio –Un Sancta per…?-
Nessuno. Non c’era nessuno di fronte a lui.
Si guardò intorno. Niente. Solo alberi e flora.
Ma dell’imperatore Topolino nemmeno l’ombra.
Eraqus digrignò i denti, strinse i pugni e li scaraventò per terra, urlando.
La battaglia era persa.
Ma da chi?

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il piano di Xehanort ***


Note dell'autrice: eccomi di ritorno! XD La storia continua, anche se a grandi intervalli, non temete!
 
-------------------------------------------------
 
Eraqus si vergognava di se stesso: costringere i soldati alla ritirata, dichiarando la missione come fallita. Re Ansem ed il consigliere Xehanort avrebbero espresso la loro delusione, magari lo avrebbero sollevato dall’incarico e revocato il titolo di capitano. Poteva essere la fine della sua carriera.
Terra e Kairi, invece, avevano altri pensieri per la testa. Ad entrambi era stata rivelata la verità dietro la distruzione delle Isole del Destino: due persone diverse avevano raccontato la stessa storia. Magari la stessa storia raccontata a Ventus, che lo aveva portato al confinamento.
Entrambi iniziarono a credere che non fossero parole menzognere.
In quello stesso momento, Sora, Riku, l’imperatore Topolino ed il resto del gruppo imperiale, correvano in direzione dell’accampamento.
L’imperatrice Minni e chiunque fosse rimasto lì avevano raccolto quanto potevano, per andarsene dalla palude. L’esercito del re non aveva ancora scoperto il loro nascondiglio, ma non potevano restare lì, dopo l’attacco subito.
-Allora? Come è andata?- domandò lei, preoccupata.
-Siamo stati costretti a battere in ritirata.- spiegò Topolino, serio –Avete preso tutto? E gli esploratori hanno trovato un nuovo luogo dove rifugiarci?-
-Tip e Tap, e Melody e Millie hanno trovato una vecchia villa, vicina a Twilight Town. Cade a pezzi, ma è ben nascosta dagli alberi e pare che le persone ci stiano alla larga. Non dovremo dare nell’occhio.-
-Ottimo! Ascoltate tutti!- annunciò, a gran voce; i superstiti dell’Impero si riunirono intorno a lui, anche Sora e Riku –Questa notte ce ne andremo da qui! Se ci muoviamo adesso, saremo una preda facile per i soldati di Radiant Garden. L’incantesimo che ho lanciato dovrebbe averli disorientati e fatto coprire la nostra fuga. Non dovrebbero averci seguito. Ma con l’attacco di oggi non possiamo rimanere qui. Cercate di dormire, adesso. Stando a quanto riferito dai nostri esploratori, il nuovo nascondiglio è lontano da qui. Partiremo dopo il crepuscolo.-
-Ricevuto.- risposero tutti, in coro.
Scappare. Non facevano altro da anni. Scappare da Xehanort o dalla gogna? Forse da entrambi.
Sora e Riku, inoltre, non avevano ancora trovato prove per incriminare il primo consigliere Xehanort, ma erano stufi di rimandare la loro vendetta. Per aver distrutto la loro isola, per aver ucciso i loro genitori…
Ma almeno avevano rivelato la verità a due cavalieri ed una principessa. Sperarono bastasse per far dubitare le persone di Xehanort. Era una figura rispettata dal popolo di Radiant Garden. Mai quanto il re, però. Se le sue azioni fossero state messe allo scoperto, il popolo non avrebbe più avuto fiducia in lui. Questo avrebbe fatto ritardare se non proprio eliminare i suoi piani, qualunque essi fossero.
Attaccare dall’interno era la strategia migliore. Topolino non voleva attaccare Radiant Garden. Anche a lui interessava solo il primo consigliere Xehanort. Non aveva niente contro re Ansem e gli abitanti.
-Che giornata…- mormorò Sora, sdraiandosi sulla sua amaca, il suo posto per dormire; Riku si sistemò in quella accanto; si era tolto la bandana che teneva sulla testa, liberando i capelli albini –Spero di addormentarmi subito…-
-Io non credo che riuscirò a dormire…- mormorò Riku, fissando il cielo –Se ti dico cosa mi è successo, non dormiresti neanche tu.-
-Perché? Cosa ti è successo?-
L’amico si voltò verso di lui. Stava sorridendo: fatto più unico che raro. Riku non sorrideva mai.
-Non indovinerai mai chi ho rivisto oggi! Terra!-
Anche Sora si stupì.
-Chi, il tizio che dieci anni fa i nostri genitori hanno trovato svenuto sulla nostra spiaggia e che poi è stato ospite a casa tua?-
-Sì, proprio lui!-
I suoi occhi celesti stavano brillando.
Poi, tornò triste.
-E’ diventato cavaliere, come aveva sempre sognato. Ma siamo stati costretti ad incrociare i nostri Keyblade.- ammise, con amarezza –Dovevi vedere la sua faccia, appena mi ha visto. Era come se avesse visto un fantasma. Anche a lui sembra abbiano detto che le Isole sono state sprofondate nell’oceano. Gli ho detto la verità. Spero solo mi abbia creduto…-
Sora tornò supino sull’amaca. Anche lui aveva conosciuto Terra, ricordava il suo volto. Inoltre, Ventus gli aveva riferito che un tale di nome Terra era suo amico, ma non avrebbe mai creduto che fosse lo stesso Terra che conosceva.
Gli riaffiorò alla mente un ricordo. Un ricordo risalente alla sua infanzia.
-Già…- mormorò, fissando anche lui il cielo –Ricordo ancora quando ti vedevo in compagnia di Terra… sembravi così felice con lui. Eravate affiatati. Come due fratelli. Ti invidiavo, sai? Perché anche io volevo uno come Terra, come fratello maggiore.- ridacchiò -Forse lo desideravo anche troppo. Per un po’ di tempo, almeno una volta a settimana ho sognato un ragazzo. Un ragazzo circa della stessa età di Terra. Non riuscivo mai a vedere il suo volto, o forse non me lo ricordo, ma ricordo che facevamo le stesse cose che facevi tu con Terra, parlavamo, passeggiavamo sulla riva, giocavamo. Ricordo ancora quando mi faceva fare la trottola. Vorrei solo fosse capitato anche nella vita reale…-
Anche Riku si sdraiò di nuovo sull’amaca.
-Sì, mi ricordo quando lo raccontavi…- ridacchiò anche lui –Ricordo che ti avevo preso per pazzo.-
Risero entrambi.
-Sì, in quel periodo ti avevo trascurato. Ovvio volessi un amico immaginario. Scusami, Sora.-
-Non devi scusarti. Eravamo bambini, in fondo. Ma sono contento tu abbia rivisto Terra. Almeno sai che sta bene.-
Riku tornò triste.
-Sì, ma sapere che facciamo parte di due parti contrastanti…-
-Lo pensavo lo stesso di Ven!- tagliò corto Sora –Ma siamo diventati ugualmente amici. Riku, anche se tu e Terra siete di due parti contrastanti, non significa che non possiate restare amici.-
Il ragazzo bruno non aveva tutti i torti. E forse lui e Terra non erano davvero nemici. Se aveva creduto alle sue parole, anche lui avrebbe nutrito dubbi sul primo consigliere Xehanort.
“Il nemico del mio nemico è mio amico” si dice. Sperò di non dover mai più incrociare il Keyblade con Terra.
Anche Terra stava pensando la stessa cosa di Riku: lo aveva appena ritrovato, non voleva perderlo di nuovo.
Le sue parole, sulla vera causa della distruzione delle Isole del Destino, lo avevano sconvolto.
Che fosse quella la ragione per cui Ventus era stato confinato nella sua stanza, sospeso del suo titolo per una settimana?
-Terra? Qualcosa non va?- domandò Aqua, preoccupata. Entrambi avevano rimosso i propri elmi: potevano vedere chiaramente le espressioni l’un dell’altra.
-Tutto bene.- si limitò a rispondere, tornando a testa alta –Solo un po’ di stanchezza.-
Erano ormai rientrati nella hall del castello. La prima ad accoglierli fu Dawn.
-Kairi! Grazie al cielo sei tornata!- esclamò.
La principessa si allarmò, avvicinandosi alla nonna.
-Perché? Cosa è successo?-
-Si tratta di Naminé! Lei…-
Kairi impallidì a sentire il resto. Anche Aqua.
Seguirono l’ambasciatrice fino alla camera di Naminé: era sdraiata sul letto, pallida in volto, febbricitante, con la sua camicia da notte indosso, e una pezzolina bagnata di acqua fredda sulla fronte.
Kairi era sempre più pallida a vedere la sorella in quello stato.
Il dottor Even era lì, intento a visitarla, sentirle il polso, verificare la sua respirazione, misurare la temperatura corporea.
Anche re Ansem era lì, preoccupato: successivamente la conversazione con Ventus, era tornato nel suo studio. Pence lo aveva avvertito della salute della principessa Naminé.
Non poteva fare l’indifferente. Era pur sempre sua nipote.
-Come sta?- domandò la principessa dai capelli rossi al dottore.
Even si tolse lo stetoscopio dalle orecchie, rimettendolo nella sua valigetta, serio in volto, ma sereno.
-Si riprenderà.- spiegò –Ha solo avuto un piccolo collasso e una lieve alterazione.-
-Ma è la terza volta, questa settimana!- fece notare Dawn, preoccupata –Ogni mese è sempre peggio. Non potete proprio fare niente per guarirla?-
-Ambasciatrice Dawn, ve l’ho già detto, e più volte.- ribatté, come se non fosse stata la prima volta in cui lo diceva -La principessa Naminé ha bisogno di riposare. Sta trascurando la sua salute, per il bene del regno. Passa intere notti a dipingere. Anche inalare le polveri delle pitture contribuiscono a questi collassi.-
Ansem non sapeva cosa dire: da un certo punto di vista, si sentiva responsabile per quanto avvenuto alla nipote. Naminé era la sola speranza per l’intero regno, se doveva mantenersi economicamente stabile.
La guerra contro l’Impero stava prosciugando le risorse del regno.
Le persone non avrebbero avuto più niente da mangiare. O da vivere.
E non aveva ancora trovato un’alternativa alle mostre di Naminé. Intanto lei dipingeva, dipingeva… e non erano rare i suoi collassi. Erano iniziate con delle semplici convulsioni. Poi si aggiunsero le alterazioni della temperatura corporea, come una febbre, e poi i collassi. I suoi dipinti l’avrebbero uccisa.
Kairi osservava Naminé: essendo gemelle, stava percependo la sua sofferenza. Aveva intuito qualcosa, nel campo di battaglia, ma il combattimento contro Sora la stava tenendo occupata.
-Kai…ri…- si sentì, all’improvviso; era lieve come una brezza, ma fece sollevare i presenti. Naminé aveva lievemente aperto gli occhi: doveva aver percepito la presenza della sorella. Rivederla le diede forza.
Kairi sorrise, sedendosi sul letto.
-Sono qui, Naminé…- sussurrò, rassicurante, prendendole una mano.
Sollevato, re Ansem fece cenno ai presenti di lasciare la stanza.
-Lasciamole da sole.- suggerì –Anche voi, lady Aqua. Dovreste riposarvi.-
Aqua era riluttante a lasciare le principesse da sole, quale loro guardia del corpo. Ma obbedì: Naminé sembrava ormai fuori pericolo ed aveva tutto ciò di cui aveva bisogno.
-Passerò tra un’ora a visitare di nuovo la principessa.- avvertì il dottor Even, togliendosi gli occhialini e pulendoseli con un panno che teneva nella manica.
Kairi e Naminé erano rimaste da sole. Sole nella stanza bianca, piena di quadri, tutti dipinti di Naminé, paesaggi, persone, loro ed i loro genitori.
-Kairi, ho sete…-
Lesta, la sorella versò dell’acqua in un bicchiere da una brocca che si trovava sul comodino. Aiutò la sorella ad alzare almeno la testa, per farla bere.
Stava riprendendo colore sulle guance. Si sdraiò di nuovo sul letto e Kairi restò seduta, accanto a lei.
-Dove sei stata…?- domandò, successivamente, mettendo una mano sulla guancia della sorella, che strinse nella sua con affetto.
-Non ricordi? Ero con Aqua a combattere contro l’Impero. Un’esperienza magnifica, mozzafiato. Pensa, ho incontrato di nuovo il ragazzo che ha rubato la collana di nostra madre! E l’ho sfidato!-
Naminé sorrise.
-Gli hai dato una bella lezione?-
-Sì…- si fece triste e dubbiosa in volto.
-Qualcosa non va?- domandò la gemella, premurosa; in un modo o nell’altro, aveva intuito che qualcosa la turbava: la connessione tra gemelli è molto forte, si dice. Bastava uno sguardo, a volte, per capire cosa uno stesse pensando.
Kairi incrociò il suo sguardo. Non poteva mentire a sua sorella. Si erano sempre dette la verità, fin da piccole. Si fidavano ciecamente l’una dell’altra.
-Nami…- disse, preoccupata -Ho come l’impressione che siamo tutti vittime di un inganno… e tu ne stai pagando ingiustamente le conseguenze.-
Naminé venne a conoscenza di quanto avvenuto durante lo scontro tra Kairi e Sora, la loro conversazione, sgomenta.
Eraqus, intanto, era nello studio del primo consigliere Xehanort. Si infuriò, appena venne a sapere del fallimento della missione.
-Non avevo previsto un attacco simile da parte dell’imperatore!- si giustificò Eraqus, serrando le labbra. Era deluso di se stesso. Giustificarsi era inutile.
-Lo avevi quasi in pugno, Eraqus!- esclamò Xehanort; era la prima volta in cui perdeva la calma; solitamente manteneva il controllo delle proprie emozioni; quella missione era importante persino per lui –E te lo sei lasciato scappare!- batté un pugno sulla scrivania; poi sospirò –Cosa pensi reagirà re Ansem a questo fallimento? Credi che chiuderò un occhio come ho fatto con Ventus o con lady Aqua? Quelle di Ventus erano mere e vacue parole, e con Aqua è stato solo un errore di valutazione, ma TU avevi la possibilità di catturare un traditore! E hai fallito! Ora lui è ancora a piede libero e avrà cambiato posizione! Magari un punto dove potrebbero prenderci alla sprovvista! La Departure Accademy ha forse perso il suo prestigio e si è rammollita per fallire un compito così… facile?!-
Eraqus osservò in basso, aggrottando le sopracciglia e stringendo i pugni. I suoi dubbi su Xehanort stavano aumentando: la sua reazione… era molto sospetta. Aveva preso a cuore eliminare i superstiti dell’Impero, ma sembrava averlo preso come una questione personale. Specie dalle accuse di Ventus.
Qualcosa sembrava averlo scosso. O preoccupato.
Terra e Aqua avevano assistito alla scena, da dietro la porta dello studio del primo consigliere. Erano entrambi privi delle loro armature, indossando abiti civili: casacche larghe e pantaloni.
-Come si permette di parlare così al capitano?!- protestò Terra, sottovoce.
-Shh!- fece Aqua.
Ma la conversazione era finita.
-Puoi andare.- concluse Xehanort, mettendosi a sedere, e facendo un gesto con la mano -Riferirò a re Ansem quello che mi hai riportato. Sarà lui a decidere cosa farne di te e dei tuoi allievi.-
Terra e Aqua scattarono all’indietro: non potevano farsi vedere da Eraqus, o li avrebbe rimproverati per aver origliato informazioni di natura riservata.
Si diressero verso la mensa, dove la cena per i cavalieri era stata servita. Non cenavano nella stessa sala dei reali: solo al capitano Eraqus era concesso.
Ma i pasti erano uguali.
Quella sera c’era carne arrosto aromatizzata al rosmarino e patate al burro.
Terra e Aqua si sedettero ad un tavolo, l’uno di fronte all’altra.
-Allora? Che ne pensi di questa situazione?- fece Aqua, iniziando a bere vino annacquato.
Terra era serio. Più serio del solito. Non faceva altro che pensare a Riku, alle sue parole. Averlo ritrovato era stata una grande sorpresa, ma non lo aveva colpito quanto venire a conoscenza delle Isole del Destino.
E poi la scena di Xehanort con Eraqus…
-Non credevo che il primo consigliere avesse così a cuore l’esito di questo attacco…- mormorò, mentre mangiava, con uno strano tono; stava sospettando qualcosa anche lui –Non lo avevo mai visto reagire in quel modo. Ed è anche vero che ha proposto lui quella strategia. Ma ha sempre cercato di mantenere il controllo, in qualunque situazione, sia favorevole che contraria. Trovava sempre una soluzione. Non vorrei c’entrasse Ventus…-
-Credi che Ven…- anche lei rifletté; in particolare rimuginò su un particolare di quel giorno –Il capitano Eraqus, in effetti, era stato molto vago sulla punizione di Ven.-
-E io credo di sapere perché.- tagliò corto Terra –Dobbiamo andare da Ven.-
-Adesso? Ma stiamo mangiando!-
-Possiamo sempre cenare da lui.- propose lui -E’ anche una scusa per andare a trovarlo.-
Aqua approvò l’idea. Riuscirono a convincere Dilan a portare il pasto serale a Ventus al suo posto, a patto di non fargli varcare nemmeno la soglia della sua camera.
Ventus, nel frattempo, era rimasto tutto il giorno a leggere le lettere di suo zio a suo padre ed a re Ansem.
La sua stanza era letteralmente invasa da fogli gialli
Il re non era in torto: Sky non rivelava mai, nelle sue lettere, il suo luogo di nascondiglio. Era vago. Ma diceva di essere in pace, al sicuro. E che la vita scorreva tranquilla. La relazione epistolare con suo padre, ovviamente, si era interrotta alla morte di quest’ultimo. Molte delle lettere, infatti, erano per Ansem.
Ma ciò che colpì il giovane, era l’affetto e la premura con cui suo zio scriveva e si rivolgeva a suo padre. Dovevano essere molto uniti. Ansem stesso lo aveva rivelato.
 
“Dai un bacio a Ven e Van per me.”
 
Parlavano persino di lui e Vanitas. Forse lo aveva già conosciuto, ma magari era troppo piccolo per ricordare.
Mentre, invece, nelle lettere per Ansem, vedeva uno Sky scienziato, oggettivo, ma rispettoso nei confronti del suo collega, nonché migliore amico.
 
“(…) sto proseguendo con le nostre ricerche, comunque. Purtroppo non dispongo delle attrezzature che avevo lì, a Radiant Garden, o avrei fatto notevoli passi da gigante. Non posso fare altro che continuare con quello che ho a disposizione: solo carta, penna, ed i tuoi aggiornamenti.”
 
Anche se a distanza, continuavano a lavorare sul progetto cui re Ansem aveva raccontato. Sky elaborava teorie e Ansem le metteva in pratica. Se solo avesse ottenuto anche le lettere scritte a suo zio, sarebbe riuscito disfare il gomitolo, scoprire qualcosa in più su questo progetto, le sue evoluzioni, se sarebbe stato un successo o un fallimento.
Ma re Ansem e suo zio Sky sembravano crederci. Ma Sky era stato costretto a scappare da Radiant Garden.
Tra le lettere, sperava di poter trovare il motivo della sua fuga. Non le aveva ancora lette tutte.
Improvvisamente, sentì bussare alla porta.
-Chi è?- domandò, alzando la testa.
-Siamo Terra e Aqua.-
Terra e Aqua. Lesto, saltò giù dal letto: le lettere erano sparse ovunque nella stanza. Dovette nasconderle sotto il letto, spingendole semplicemente con i piedi.
Poi aprì: Terra aveva un vassoio con tre piatti di arrosto e patate e tre bicchieri, mentre Aqua aveva in mano una bottiglia di vino e una di acqua.
Ventus era sempre lieto di vederli.
-Che significa, questo…?- disse, incredulo e quasi confuso.
Terra entrò, sorridente. Anche Aqua era del suo stesso umore.
-Ehi, per una settimana resterai rinchiuso qui dentro.- fece notare Terra, mettendo il vassoio sul letto –Volevamo farti una visita.-
-Che vuol dire mangiare con te e raccontarti della giornata di oggi.- aggiunse Aqua.
Ventus sorrise, lieto della loro premura e della loro gentilezza.
Sistemarono dei cuscini per terra, su cui ognuno di loro si sedette, mangiando e bevendo.
Ventus serrò le labbra, quando i suoi amici gli raccontarono della missione: anche lui avrebbe partecipato, se non fosse stato costretto al confinamento. Ma così facendo, sarebbe stato costretto a scontrarsi con Sora. Non voleva combattere contro di lui.
-E non potete immaginare chi ho visto oggi!- fece Terra, ad un certo punto; non lo aveva ancora raccontato ad Aqua –Vi ricordate, dieci anni fa, quando sono scomparso mentre stavamo indagando su quelle creature che avevano attaccato la Departure Academy? Gli Unversed?-
-Sì!- ricordò la giovane, sgomenta –Noi tre stavamo combattendo contro un Unversed gigante e corazzato, e tu, per proteggerci, hai subito un laser e sei caduto. Credevamo fossi morto!-
-Hai detto di essere stato salvato da dei pescatori, giusto?- domandò Ventus, serio.
-Esatto. Mi sono risvegliato in casa di uno di loro, restando fino a quando le mie ferite non si sarebbero rimarginate. Oggi ho scontrato il mio Keyblade contro suo figlio.-
-Chi? Riku?!- esclamò Aqua, sorpresa –Il bambino che raccontavi ti stava sempre dietro e voleva sempre salirti sulla schiena?!-
-Sì, che da quando hai parlato di lui, io ho cominciato a fare strani sogni su un’isola ed un bambino che voleva sempre giocare con me?- aggiunse Ventus, sorridendo, nostalgico -Ogni notte che lo sognavo, avevo sempre un gioco tra le mani, e giocavo con lui. Una volta gli ho persino fatto fare la trottola. E lui rideva e mi implorava di farlo di nuovo. Ah, sì. Ammetto che ero invidioso di te, Terra. Desideravo anche io un amichetto, no, un fratellino piccolo con cui giocare e sentirmi di nuovo bambino, come tu con Riku… E poi ho smesso di sognarlo. Non ricordo neppure il suo volto. Sono ormai passati dieci anni…-
Terra e Aqua lo osservarono in silenzio, basiti. Un commento fuori posto, rispetto al contesto; il giovane avvertì l’imbarazzo nell’aria e ridacchiò, imbarazzandosi a sua volta. Sentire Terra parlare di Riku aveva risvegliato una parte di lui che aveva giaciuto sopita nel suo cuore per anni. Un ricordo lontano, ma piacevole. Una luce calda a cui si aggrappava ogni volta che era triste. La risata di un bambino.
Terra fece finta di non aver ascoltato l’amico.
-Lui. E’…- si commosse di nuovo, sorridendo –E’ ancora vivo. Giuro che quando sono venuto a conoscenza delle Isole del Destino… ho pregato, sperato che si fosse salvato. A quanto pare le mie preghiere si sono esaudite.-
Sì, Terra stava sorridendo. Ma era un sorriso strano. Che esprimeva, piuttosto, tristezza. Preoccupazione.
Aqua si inquietò.
-Terra, cosa succede?-
Gli occhi blu del giovane osservarono l’amico biondo.
-Ven, quel ragazzo… cosa ti ha detto?-
Riku. Già quel nome aveva come suonato un campanello d’allarme per Ventus: lo stesso ragazzo di cui aveva parlato Sora, il suo migliore amico. Come lui, proveniva dalle Isole del Destino. Come lui, era sopravvissuto alla distruzione delle Isole del Destino. Un secondo testimone della verità sulla loro scomparsa. Un secondo testimone che aveva visto Xehanort come responsabile.
Ventus, serio in volto e senza indugi, ripeté le stesse accuse che aveva rivolto al primo consigliere, la sera prima. Ripeté le stesse parole pronunciate da Sora. Aggiunse persino quanto avvenuto all’Impero ed alla guerra. Ma non rivelò del suo grado di parentela con Sora. I suoi amici erano già abbastanza sgomenti.
Terra, infatti, impallidì.
-Incredibile…- mormorò, sconvolto –Le stesse cose che mi ha detto Riku…-
-Cosa ti ha detto Riku, Terra?- domandò Ventus, sempre più sospettoso.
Anche Terra riportò le parole del ragazzo.
-Le due storie coincidono…- notò Aqua, sospetta.
Rimasero tutti e tre in silenzio.
Tutti i nodi venivano al pettine.
Due testimoni della distruzione delle Isole del Destino.
Una guerra che non esisteva.
Ma tutto aveva un nucleo: il primo consigliere Xehanort.
La giovane scattò in piedi.
-Dovremo riferire tutto al capitano Eraqus.- propose.
Anche Terra si alzò, sgomento.
-Riferire al capitano?!- esclamò –Lo sai che lui non si basa su semplici testimonianze. Lui vuole i fatti!-
-Il fatto che quello che vi hanno raccontato quei due ragazzi coincida alla perfezione non è abbastanza come prova?!- ribatté lei.
-Non possiamo andare da lui e sporgere denuncia contro il primo consigliere! Potremo fare la stessa fine di Ven. Essere confinati nelle nostre stanze e non essere in grado di fare qualcosa, se Radiant Garden dovesse essere in pericolo!-
-Terra ha ragione, Aqua.- aggiunse Ventus, serio –Il primo consigliere avrà già portato dalla sua parte il capitano e anche il re. In questo momento, anche se lo denunciassimo, ha pur sempre lui il coltello dalla parte del manico. E’ meglio se ce la sbrighiamo da soli. Con l’aiuto di Sora e Riku.-
-Hai qualche idea su cosa fare, Ven?- domandò Aqua.
Fermo, esterno alla stanza, intanto, Vanitas aveva ascoltato l’intera conversazione. Gli occhi dorati brillavano alla luce della candela che teneva di fronte al volto.
-Questo non va bene…- mormorò, deluso.
Con passi felpati, nonostante procedesse spedito, si diresse verso lo studio di Xehanort.
Bussò tre volte.
-Primo consigliere Xehanort?- chiamò.
-Entra, Vanitas.- sentì.
Il giovane entrò, spegnendo la candela: lo studio del primo consigliere Xehanort non era tanto diverso da quello del re. Libri, documenti, una scrivania in mezzo alla stanza. Ma, al posto del ritratto della famiglia reale, c’era una mappa del regno ed un orologio con al centro un Keyblade antico, con un occhio sull’elsa.
E c’era sì un ritratto, ma non della famiglia reale: ma di lui ed Eraqus da giovani, con le armature dell’esercito indosso. Con loro c’era anche Storm, padre di Ventus e Vanitas, e una ragazza dai lunghi capelli neri.
Il giovane dagli occhi dorati fece un lieve inchino.
-Maestro Xehanort…- salutò; lui lo chiamava “maestro”, quando erano da soli –Porto cattive notizie.-
Xehanort, nel frattempo, osservava fuori dalla finestra l’intero regno, ormai nel buio. Ascoltò il suo protetto serio, ma calmo.
-Sei sicuro?- domandò, quasi incredulo.
-Assolutamente, li ho ascoltati io stesso. A quanto pare, al fratellino non è bastata la pena di confinamento per tenere chiusa la bocca…-
Restarono in silenzio. Xehanort continuava ad osservare fuori la finestra.
-E’ persino peggio di quanto pensassi…- mormorò, preoccupato –Un solo testimone non è sufficiente, ma con due cominciano i primi sospetti… Se la voce si spargesse, i nostri piani falliranno. Non avevo previsto che il figlio di Sky sarebbe sopravvissuto, tantomeno quel suo inutile amico…-
Vanitas rimaneva serio. Anche lui era preoccupato, quanto il suo “maestro”.
-E ora cosa facciamo?-
L’anziano si voltò verso il giovane, procedendo verso l’uscita, senza pensarci due volte.
-L’attacco di oggi è fallito. L’imperatore è ancora a piede libero, così quei due ragazzi dell’Isola del Destino. E non mi stupirebbe se Terra e Ventus cominciassero subito a riferirlo agli altri cavalieri, o a Eraqus, o addirittura a re Ansem. Non ci resta che ricorrere al piano d’emergenza. Prepara i cavalli. Andiamo al rifugio.-
Con il favore della notte, coperti da mantelli neri, Xehanort e Vanitas uscirono dal cortile del castello, su due cavalli, al galoppo, entrando nel bosco.
Il terreno pieno di foglie attutiva i rumori degli zoccoli. Anche i mantelli seguivano il movimento dei cavalli.
Si fermarono nei pressi di una quercia.
Legarono i cavalli lì vicino, ad un albero più piccolo.
Si osservarono: i loro occhi dorati brillavano nell’oscurità, come fossero due gatti.
Fecero un cenno d’intesa: dai loro mantelli estrassero due Keyblade, uno a testa: Vanitas brandiva un Keyblade nero e rosso, avvolto da delle catene; Xehanort brandiva il Keyblade antico presente nel suo studio.
Lo puntarono verso la quercia: da essa comparve una serratura enorme. Due raggi di luce la colpirono, rivelando una porta.
Entrarono in una stanza bianca. Attesero che la quercia si chiudesse di nuovo. Sentirono la stanza muoversi verso il basso: delle venature bianche si stavano illuminando nella stanza.
La porta si aprì di nuovo: entrarono in un’altra stanza, bianca anch’essa, ma non vuota.
Scaffali, vasche di contenimento in cui galleggiavano dei cuori, scrivanie, ed un grosso condensatore al centro, illuminato di una luce bianca.
E delle persone.
Due di loro, alla vista dei nuovi arrivati, si voltarono e si inchinarono.
-Padre…- dissero, quasi in coro –Vanitas…-
I citati fecero un cenno della testa, come saluto.
Ansem e Xemnas. I figli di Xehanort. Come lui avevano la pelle scura ed i capelli grigi. L’unica differenza erano gli occhi, rossi, però con sfumature gialle.
Insieme a loro c’era anche un giovane in armatura, circa coetaneo di Vanitas, con lunghi capelli blu, freddi occhi verdi e una cicatrice a forma di “X” sul volto.
-Salute, generale Isa.- salutò Xehanort.
Il generale Isa. L’amico di Lea, il cuoco di corte. Lo stesso incaricato di condurre le milizie del regno contro gli alleati dell’Impero Disney.
-Consigliere Xehanort… Ser Vanitas.- rispose, freddo come il ghiaccio.
-Sai, dovresti scrivere di tanto in tanto al tuo amico Lea.- fece notare l’anziano, procedendo per la stanza poggiato sul suo bastone –Non fa altro che entrare nel mio studio e sbraitare di non avere mai tue notizie…-
Lo sguardo di Isa era freddo: sembrava che niente lo turbasse, lo affliggesse, ma neppure lo rendesse lieto.
Non provò nulla alle parole del primo consigliere, come se per lui fossero prive di significato.
Fece solo un lieve movimento scattoso con il labbro superiore, come se una mosca si fosse posata sul suo naso.
-Lui dov’è?- domandò il consigliere, guardandosi intorno.
-Ancora non è arrivato, padre.- spiegò Xemnas, il figlio più giovane; la sua pelle era più chiara del fratello.
Xehanort sospirò.
-Allora aspetteremo…-
Dopo pochi minuti, una sesta persona uscì dall’ascensore, entrando nella stanza.
Indossava la divisa delle guardie di Radiant Garden.
-Ehi!- salutò; Braig; sorrideva in modo maligno –Scusate il ritardo, ma sapete come sono fatti Dilan e Aeleus. Non volevano lasciarmi andare. Ah, quei due gorilla…-
Lo sguardo dorato di Xehanort riportò tutti all’ordine. Braig smise di sorridere e di parlare.
-Qualche novità?- domandò, poi, ai figli.
-Al solito, padre.- rispose Ansem; aveva un libro in mano; il titolo era “Cuori umani e cuore del mondo”; era stato scritto da re Ansem, con l’aiuto dell’amico Sky –Purtroppo non siamo riusciti a ricavare molto da questo libro. Possiamo anche potenziare i macchinari, ma sarebbe ugualmente inutile. Servirebbero informazioni più dettagliate per il tuo fine, padre. Come minimo, impossessarci dei documenti di re Ansem sull’esperimento…-
-Ehi, io non ho rubato quel libro per poi farmi dire che è stata fatica sprecata!- tagliò corto Braig, offeso; era il libro rubato una settimana prima dalla biblioteca di Radiant Garden, lo stesso cui l’archivista Ienzo aveva segnalato al dottor Even; essendo una delle guardie, non avrebbero sospettato di Braig.
-Pensavamo che quel libro avesse le informazioni necessarie per i nostri piani.- proseguì il primogenito di Xehanort –Ma qui non c’è niente che non sappiamo già.-
-I documenti e gli appunti di re Ansem non sarebbero comunque sufficienti.- ipotizzò Xehanort –Servirebbero anche quelli di Sky, che, stranamente, non sono nelle mie mani.-
-Cosa? La vostra invasione delle Isole del Destino non serviva proprio a quello?- derise la guardia, tornando ironico.
-E’ stato più scaltro di quanto pensassi. Sembra che se ne sia sbarazzato, prima che lo uccidessi. Non voleva che me ne impossessassi. Probabilmente saranno nel profondo dell’oceano.-
-E’ quello che dici da due anni, padre.- riprese Ansem –Ma i Senza Cuore Sommozzatori non hanno trovato nulla. Niente fogli, niente scrigno. Niente di niente.-
-Beh, che continuino a cercare!-
-Comunque…- si intromise Xemnas –Abbiamo una novità che volevamo mostrarti, padre. Guarda.-
Si diressero tutti verso un proiettore. Era trasmessa digitalmente una creatura oscura, una formica gigante dai grandi occhi gialli.
-Lo abbiamo scoperto proprio ieri.- spiegò, quasi soddisfatto –Fino ad ora, abbiamo focalizzato i nostri esperimenti solo per estrarre il cuore dei soggetti fornitici dal generale Isa. Ma guardate cosa succede al corpo.-
Bastò che Xemnas schiacciasse un bottone che accanto alla formica gigante apparve una figura bianca, esile, flessibile, con una testa enorme.
-Quando un essere umano viene privato del suo cuore, questi diviene Senza Cuore, come già sai, padre. Ma cosa succede al corpo? Diviene un guscio vuoto, dotato solo di ragione. Ansem ed io lo abbiamo chiamato Nessuno.-
Xehanort sembrava interessato a quelle creature.
-Quindi al nostro seguito potremo avere sia Senza Cuore che Nessuno?-
-Esatto.- aggiunse Ansem -E come i Senza Cuore, anche i Nessuno hanno tante variazioni. Possiamo modificarli a nostro piacimento, esattamente come i Senza Cuore. Non serviranno più altre persone, oltre le nostre cavie. Potremo avere il doppio dell’esercito, solo con i soldati di Radiant Garden.-
Braig fischiò, ammirato.
-Apperò…- commentò, sorridendo –Un esercito di quelle creature contro un intero regno… Mi piace.-
Anche Xehanort sorrise.
-Sì… e tutto sotto il naso del suo patetico re.- mormorò –E’ ancora convinto che i suoi soldati stiano combattendo contro gli alleati dell’Impero, quando invece è proprio lui stesso a finanziare la fine del suo stesso regno!- ridacchiò, e con lui anche Vanitas –Ah, se riuscissi ad impossessarmi dei suoi appunti e di quelli di Sky, saremo in grado di convertire il processo. Radiant Garden è il centro di tutti i regni, il cuore di tutti i regni. E cosa fa un cuore? Quello umano fa circolare il sangue nelle vene e nelle arterie. Esattamente come Radiant Garden fa con il resto dei regni. Se invece della Luce, il cuore di Radiant Garden pompasse l’Oscurità? Anche il resto dei regni diverrebbe oscuro. E se riuscirete a creare un esercito di Senza Cuore e Nessuno, non ci sarà più bisogno del denaro del regno per mantenere le cavie e creare ulteriori macchinari.-
I suoi occhi dorati brillavano, a tali parole, a tali oscuri pensieri.
Ma si incupì un attimo dopo.
-Ciononostante, abbiamo un altro problema: il figlio di Sky.- rivelò.
Divennero tutti più seri e sospettosi.
-A quanto pare, lui e il suo amico hanno rivelato quanto realmente accaduto alle Isole del Destino a due soldati…- spiegò, serio anche lui –Uno di loro l’ho punito con il confinamento nelle sue stanze, ma temo che non sarà sufficiente. E se riservo la stessa punizione all’altro soldato, re Ansem potrebbe insospettirsi.-
Restarono in silenzio per qualche secondo.
-Quindi cosa facciamo, maestro?- fece Vanitas.
Xehanort sospirò.
-Non importa. Il piano, comunque, non cambia. Riusciremo comunque a spodestare re Ansem. Tutto dipende dal tuo matrimonio con Kairi…-
Vanitas fece una strana smorfia, arricciando il naso.
-Magari fosse così facile…- borbottò lui, incrociando le braccia –La bisbetica è più ostinata di un mulo. Si vede da lontano che non le interesso. Penso non mi sposerebbe neppure se fossi l’ultimo uomo su questo mondo.-
Xehanort sorrise di nuovo, voltandosi verso il suo protetto.
-Beh, allora dobbiamo metterla nella posizione di non scegliere se sposarti o meno.- decise -Si troverà costretta a farlo. Dopotutto, farebbe qualsiasi cosa per la gemella e Naminé è il solo pilastro della stabilità di Radiant Garden. Né Kairi, né re Ansem rifiuteranno. E Radiant Garden sarà finalmente mia.-
Braig si fece avanti.
-Devo rapire la principessa? Nessun problema, sai…-
-No, non devi dare sospetti.- tagliò corto il primo consigliere –Dovrai restituire il libro e far ricadere la colpa sull’Impero. Non sarà sufficiente per deviare l’attenzione di re Ansem e dei soldati della Departure Academy dai possibili sospetti nei miei confronti, ma almeno avranno una questione in meno da risolvere. Il figlio di Sky ha rovinato il mio piano, ma saranno gli altri suoi due figli a ripristinarlo.-
Quella rivelazione stupì i presenti, meno i figli di Xehanort e Vanitas.
Braig era quello più stupito. Ma anche Isa mostrò stupore, nella sua freddezza.
-Due figli…?- ripeté la guardia.
-Ah, non sapevate che Sky ha avuto tre gemelli?-
Oltre la stanza c’era un lungo corridoio. C’erano tante porte ai lati. Era una specie di prigione. All’interno di queste prigioni, erano presenti persone, molto probabilmente l’intero esercito di Radiant Garden, portati lì con l’inganno, dal generale Isa.
Xehanort, Braig e Isa si fermarono di fronte a due celle: in una c’era un ragazzo, che camminava avanti e indietro, e nell’altra una ragazza, che giocherellava con le sue dita. Avevano entrambi una veste bianca, da prigionieri. Il ragazzo assomigliava a Ventus, ma i capelli erano più sul rossicci che biondi. La ragazza aveva corti capelli corvini. Entrambi avevano gli occhi blu. E assomigliavano molto a Sora. Non si accorsero di chi avevano di fronte, avendo vetri oscurati. Potevano vederli solo chi era all’esterno della cella.
-Quando Sky scappò da Radiant Garden, mi lanciai al suo inseguimento, ovviamente.- spiegò Xehanort, senza smettere di osservare i due ragazzi –Ero riuscito a trovarlo e stanarlo da Traverse Town. In quel periodo, era diventato padre. Ha dovuto praticare un parto cesareo per far nascere i figli. Pensavo di aver finalmente trovato un modo per farlo tornare a Radiant Garden e costringerlo a darmi i suoi appunti sulla sua ricerca con re Ansem. Quella notte, rapii i gemelli, ma riuscii solo a prendere loro due. Sky mi aveva scoperto, riuscendo solo a salvare Sora. Alla fine scappai da Traverse Town solo con Roxas e Xion. Rimasi deluso, ma mi resi conto che potevo sfruttarli in un altro modo. Potevo renderli dei soldati e così feci.-
-Li avete tenuti prigionieri così a lungo? E vi aspettate che vi obbediscano?- domandò Braig, affascinato da quella storia.
-No, li ho tenuti con me, crescendoli come figli miei, esattamente come con Ventus e Vanitas. I figli di Storm e Sky, quasi tutti sotto la mia ala. Non ho mai rivelato a nessuno che erano cugini. Solo Vanitas lo sa. Con Roxas e Xion… Beh, li ho sempre usati per occuparsi di faccende non molto pulite. Mi è bastato solo riferire loro che i loro genitori sono morti per mano dei sovrani di Radiant Garden. La scusa perfetta per farli uccidere, ovviamente.-
Braig si stupì, anche il generale Isa.
-I regicidi…- mormorò il primo; si mise di nuovo a ridere –Pensate cosa potrebbe succedere, se l’intero regno venisse a sapere che gli amati sovrani di Radiant Garden sono stati uccisi da dei ragazzini!-
-Li ho addestrati all’uso del Keyblade.- aggiunse Xehanort –La loro rabbia e il loro odio sono stati un beneficio per il loro addestramento. In pochi giorni hanno ottenuto risultati paragonabili ad una persona con anni di esperienza.-
-Avete, quindi, intenzione di usarli di nuovo?- domandò Isa, parlando per la prima volta in tutto quel tempo.
Xehanort sorrise di nuovo. Xion stava guardando in direzione del vetro, inconscia del fatto di essere osservata.
-Radiant Garden è sull’orlo del baratro dalla morte dei sovrani…- sibilò –Quindi cadrà definitivamente, se rapiamo l’unico pilastro che la sorregge…-
In quello stesso momento, re Ansem era nel suo studio, sulla sua scrivania. Aveva una pila di fogli di fronte ed i  suoi occhiali sul naso. Fogli vecchi, gialli. I suoi vecchi appunti sulla ricerca sui cuori. Ogni tanto dava occhiate sfuggenti ai piccoli ritratti sulla sua scrivania: uno in compagnia della sua famiglia, uno della famiglia reale e uno con lui e Sky.
Si domandava spesso se lui e Sky sarebbero riusciti a realizzare il loro sogno. Ma tutto era cambiato dalla fuga di Sky. Cosa lo preoccupava? Perché era scappato? Non aveva detto nulla nelle sue lettere. Niente che portasse ad un indizio.
Sentì bussare alla porta.
-E’ aperto.-
-Zio Ansem…-
Era Kairi. Non aveva più la sua tenuta da combattimento: indossava un abito blu semplice.
Fece un inchino, di fronte allo zio.
-Ah, mia cara…- salutò l’uomo, mettendo i fogli nel cassetto della scrivania e togliendosi gli occhiali –Non mi aspettavo una tua visita. Come sta Naminé?-
-Sta dormendo. Sembra essersi ripresa, ma il dottor Even le ha comunque consigliato di restare a letto per qualche giorno. C’è Aqua con lei. Non dobbiamo preoccuparci.-
Una buona notizia, almeno, pensò Ansem, respirando dal naso.
-Povera cara…- mormorò –Questi collassi sono sempre più frequenti. Vorrei non riservarle questo fardello, ma sai come è fatta…-
Kairi annuì. Lo sapeva benissimo. Avrebbe fatto di tutto, pur di proteggerla, anche da se stessa.
Ma era entrata nello studio per un altro motivo: porse allo zio la busta che Sora le aveva dato durante la battaglia.
Lui la osservò, confuso.
-Cos’è?- domandò, prendendola. Aveva numerose pieghe. E da come era spessa, dava l’idea di avere toccato l’acqua.
-E’ da parte di un uomo di nome Sky.- spiegò la ragazza, seria –Ad avermela data è suo figlio Sora.-
Ansem sentì il suo cuore sussultare: una lettera di Sky! L’ultima. Ed a darla a Kairi non era stato nientemeno che suo figlio Sora.
Kairi si inquietò a vedere la reazione dello zio.
-Zio Ansem… che succede?- domandò.
Gli occhi rossi fissarono gli occhi viola.
-Forse riuscirò a risolvere un mistero che sto cercando di risolvere da quasi vent’anni…-
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3465068