Team Galaxy In Love

di WolfEyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - La solita routine ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Nuovo arrivo al Galaxy High ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Ostilità ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Il provino ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Tra confronti e pensieri ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Poter lavorare insieme ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Mehrin 8 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Momenti sbagliati ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Pessime Idee ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - La solita routine ***


Team Galaxy In Love

Cos’è “Team Galaxy”?

Mi sento quasi obbligata a spendere due parole, perché il fandom non esiste (me ne domando il motivo, oppure sono io che non lo trovo… Se avete informazioni ditemi qual è il posto di questa fic nel mondo xD) e nel caso alcuni di voi non conoscano questo cartone, sarebbe giusto introdurre qualcosa.

 

E’ una serie animata francese (per intenderci, dello stesso tipo di Martin Mystère e Totally Spies) andata in onda su Rai 2 nel lontano 2007 e poi riproposta abbastanza recentemente su Rai Gulp.

Team Galaxy ha come protagonisti principali tre ragazzi, Josh (16 anni, il figlio ribelle del direttore dell’istituto, che preferisce di gran lunga la pratica delle missioni alla teoria degli esami, che spesso non supera), Yoko (15 anni,  bella e solare ragazza che vorrebbe fare carriera nel mondo delle star, si diletta spesso in recite e canti, qualche volta infastidendo i compagni) e Brett (a soli 10 anni, è un brillante genio che non sopporta essere chiamato “piccoletto” o essere discriminato per la sua statura), alle prese con la loro vita da liceali e nel contempo con le missioni e le lezioni per diventare Space Marshals, una sorta di poliziotti spaziali che puniscono i crimini alieni.

Lascio qualche link utile:

http://it.wikipedia.org/wiki/Team_Galaxy

http://teamgalaxy.wikia.com/wiki/Team_Galaxy_Wiki (più dettagliato, ma in inglese)

Le serie sono due (anche se ricordo di aver visto soltanto la prima), ma ogni episodio è un po’ a sé, nel senso che un’avventura inizia e finisce all’interno dell’episodio stesso, non c’è una gran trama, se vogliamo metterla in questi termini, quindi, anche per chi non ha seguito la storia ma è interessato alla fic, basta tenere presente i personaggi ed il contesto. La mia fic infatti non si basa su avvenimenti accaduti nella serie, non segue un determinato punto della storia, non ha spoiler (con una serie così cosa ci sarebbe da spoilerare!?) o simili.

Spero che le informazioni del link siano abbastanza esaustive, vi lascio alla lettura!

 

 

Capitolo 1

La solita routine

 

 

Il defender era lanciato all’inseguimento dell’astronave aliena, che sfrecciava tra detriti spaziali e rocce a gran velocità. Ma stava subendo troppi colpi, ormai, e non avrebbe resistito a lungo all’inseguimento dell’alieno. Inoltre, Josh stava per esaurire le munizioni. Non mancava molto prima che ne restasse sprovvisto, e, a quel punto, non sarebbe stato difficile nemmeno danneggiare ulteriormente il defender e rendere impossibile l’inseguimento.

Ma aveva ancora un asso nella manica, l’ultima risorsa.

«Vediamo se continuerai a scappare anche dopo questi».

Stava per azionare gli ultimi missili per un attacco a raffica quando, come al solito, la voce di Brett lo interruppe, facendogli quasi prendere un colpo. A comando lanciato, avrebbe sicuramente perso la mira.

«Josh! Non puoi usare quelle munizioni!», lo ammonì.

Il suo sguardo severo quasi riuscì a pietrificarlo, ma poi osservò quella faccia da bambino infuriato dal riquadro dell’ologramma sul vetro del defender e dovette trattenere una risata per quanto era buffo.

«Brett, non ostacolarmi, abbatterò quella navicella!», disse, e il suo tono non ammetteva repliche.

«Non puoi, te lo proibisco, Josh! Mi hai sentito? Ho detto che non puoi! Josh? Josh!»

«Bla bla bla, tanto non ti sento!», cantilenò il moro, che con i pollici già posizionati sui comandi di lancio si apprestava a prendere la mira.

«No! Josh, no!», ma anche il biondino dopo ripetuti richiami si stancò e passò alle minacce. «Bene, è così che stanno le cose? Allora mi vedrò costretto a buttarti giù dal letto!».

«Cos…!? Letto!? Si può sapere che stai dicendo?», gli chiese lui, confuso.

 

PATAPAM!

 

Una spinta piuttosto violenta su un fianco.

Un breve senso di vuoto.

Un tonfo sordo.

Infine, un forte dolore colpì il giovane proprio sopra la nuca e fu costretto ad aprire gli occhi e a rendersi conto di trovarsi per metà a terra, la schiena inarcata e le gambe ancora sospese, in parte appoggiate al letto. A terra ci era finito trascinandosi dietro un groviglio di lenzuola che gli giaceva poco sotto la schiena e gli attorcigliava le gambe. Era accartocciato e no, il defender non era così scomodo.

«BRETT! Sei impazzito per caso!?», gridò Josh, alterato.

«Visto e considerato che non mi hai dato ascolto, ho dovuto agire di conseguenza!», disse l’altro in risposta, facendo spallucce come se fosse tutto molto naturale, senza nascondere un briciolo di acidità nella voce.

«Uffa, stavo facendo un bel sogno e tu me l’hai completamente rovinato svegliandomi con queste tue rozze maniere!», si lamentò, fingendo di reggere ancora i comandi del suo defender e di sparare le munizioni che Brett gli aveva proibito di utilizzare. Sarebbe stata sicuramente una bella esplosione.

«Io? Rozzo!? Rozza è la maniera in cui tu dormi, caro Josh! E ora alzati! Ti sei accorto o no di che ore sono?»

Sbuffando, Josh allungò la mano verso il suo comodino e afferrò la sveglia digitale che, naturalmente, non puntava mai.

Le 7:53… Di cattivo presagio dal momento che la lezione sarebbe cominciata dopo soli sette minuti esatti e lui era ancora in mutande!

«Cavolo! Se arrivo tardi anche stavolta il professore mi ammazza! E quel che è peggio è che avrò un altro compito di punizione!»

Due valide motivazioni che bastarono per farlo alzare da terra di scatto. Si cambiò in fretta e furia, trovando, per puro miracolo, i vestiti in tutto quel disordine, si sistemò i capelli alla meno peggio e infine uscì di corsa.

Brett sospirò.

«Non è possibile che quattro giorni su sei lo si debba svegliare in questo modo…» disse, battendosi una mano sulla fronte.

Fluffy accanto a lui annuì, concordando con la sua opinione.

«Quel che è peggio è che tu devi aspettarci qui dentro in tutto questo disordine!», esclamò poi, accarezzandogli la testa. Povero Super Cucciolo!», Fluffy emise uno dei suoi guaiti cibernetici.

«Appena torno ripulisco tutto! Anzi, lo faccio fare a Josh!», decise, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

 

Brett arrivò in aula poco prima del professore e andò a sedersi accanto a Josh e a Yoko. Beh, almeno non si sarebbe dovuto sorbire le lamentele di Josh per un ingiusto - si fa per dire - compito di punizione.

«Buongiorno Brett!» esordì Yoko con tono contenuto, salutandolo sorridente con il suo solito modo raggiante.

«Buongiorno anche a te, Yoko…», Brett al contrario sembrava piuttosto stanco.

«Ma che avete voi due stamattina? Siete uno più stanco dell’altro!», osservò.

«Josh è una piaga!», esclamò Brett.

«Lo è anche Brett!», ribatté Josh, allungando le braccia sul banco a poggiando il mento nello spazio tra esse. «Stavo facendo un bellissimo sogno quando questo marmocchio mi ha buttato già dal letto!», continuò, scrutando il professore, ben attento che fosse ancora occupato a sistemare le proprie cose sulla cattedra e non prestasse attenzione al chiacchiericcio generale.

«Marmocchio? Se non fosse per me staresti ancora dormendo e a svegliarti sarebbero state le grida del professor Spzoerscliipw!», specificò Brett, offeso, alzando il mento e incrociando le braccia, voltandosi dalla parte opposta.

Yoko scoppiò a ridere.

«Su, ragazzi, non arrabbiatevi!», disse, cercando di sfoderare il miglior sorriso comprensivo del suo repertorio. «E tu, Josh, potrai sicuramente riprendere il tuo sogno tranquillamente, visto che quasi certamente non seguirai la lezione», concluse, dandogli con leggerezza due colpetti sulla spalla, per poi voltarsi in direzione del professore.

Un contatto semplice, un gesto naturale e per nulla equivoco al quale, però, Josh non era così abituato. Sussultò appena, conscio del fatto che nell’ultimo periodo qualsiasi contatto con lei fosse capace di scombussolarlo e renderlo improvvisamente inquieto. Ed in effetti nemmeno la sua vicinanza lo aiutava.

Mentre il professore si apprestava ad alzarsi per far uso della lavagna posta dietro alla cattedra, Josh si ritrovò ad essere più vigile di quanto avrebbe volentieri dato a vedere e, onde evitare di farsi distrarre dal bizzarro colore di capelli e dal profilo delle labbra lucide di Yoko, si convinse che per una volta avrebbe prestato attenzione alla lezione.

Una interminabile lezione di almeno due ore sulle strane forme di vita aliene che si nascondono nei meandri dell’universo.

Una lezione micidiale, quando si cerca di prendere appunti e non si è ancora del tutto connessi con il mondo reale, e questo Brett lo aveva appena constatato a sue spese.

Infatti, finita la lezione, il genietto restò sui suoi appunti qualche attimo.

«Che aveva detto? Merzel… No era Zart… Zart-qualcosa…», borbottava pensieroso, senza riuscire a ricordare come si chiamasse la strana razza aliena di cui il professore aveva appena accennato nel discorso conclusivo. «Oh, al diavolo!»

Rassegnato e stizzito, prese tutti i fogli e uscì a grandi falcate dall’aula senza degnare di un briciolo di attenzione i due compagni, diretto nella sua stanza.

Josh era rimasto a guardare la scena insieme a Yoko, ancora seduta accanto a lui.

«Stavolta credo di aver superato me stesso nel fargli perdere la pazienza», affermò il moro, con espressione appena corrucciata.

«Ma no, Josh! Vedrai che presto gli passerà, è solo un po’ alterato perché non si ricorda che si chiamavano Marzeliti di Zaronia 4 e non “Zart-qualcosa”!» ridacchiò la rossa, stiracchiandosi, senza dar troppo peso all’accaduto.

Uscirono dall’aula insieme, in silenzio, e si diressero ognuno nella propria stanza.

Josh percorse il corridoio lentamente, come se fosse soprappensiero, senza vedere realmente i coetanei che gli passavano accanto. C’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi – o che si spiegava con una semplice conclusione – e di certo non riguardava la lezione di Spzoerscliipw… Tuttavia, una volta vista davanti a sé la porta così familiare della sua stanza, scacciò quei pensieri e non vi diede più peso. Varcata la soglia con decisione, si ritrovò però a chiedersi se non avesse sbagliato stanza.

«Brett, ma che è successo qui?», chiese, incredulo, rassicurato all’istante dalla presenza del biondo.

La stanza non solo era ordinata ed ogni cosa era al suo posto. Era anche tutto quanto lindo e pulito, a dir poco scintillante! Nessuno strato di polvere, nessuna macchia d’olio sul tappeto, nessun vestito in giro, nessun letto sfatto. Uno scenario più unico che raro, se si trattava della loro stanza – specialmente del lato di Josh.

«È successo che il nostro Fluffy ha voluto farci una sorpresa e ha pulito tutto per noi!» esclamò Brett, con un sorriso raggiante e le mani puntellate sui fianchi.

In risposta il cucciolo robotico emise uno dei suoi versi cibernetici, tutto impettito e soddisfatto.

«Fluffy! Sei stato bravissimo!», esordì il moro con gioia e gratitudine, sollevando di peso il cucciolo da terra. «E visto che sei stato così gentile, oggi riceverai una bella lucidata extra!».

Il piccolo robotino scodinzolò felice e soddisfatto, sentendosi ripagato per il lavoro svolto. E Brett cominciò a parlargli come si fa con gli animaletti o con i neonati, dimentico del fatto che la dicitura cucciolo non fosse proprio da prendere alla lettera. «Bravo il nostro cucciolone! E chi è il nostro bel cucciolone? Ma è il nostro Fluffy! Sì, bello!».

«Ehm… Brett, devo preoccuparmi?».

«Uffa… Josh, a volte sei davvero insopportabile!», sbuffò il biondino.

«Lo so, lo so… Senti, scusami per stamattina, ma ieri sono rimasto sveglio fino a tardi per sistemare la moto e… Beh, ti ringrazio per avermi svegliato in tempo!», ammise il moro, un po’ in imbarazzo. Non era esattamente da lui scusarsi con le parole per gli errori commessi, soprattutto se di quel tipo.

«Ma sì Josh, come posso restare arrabbiato con te?», sospirò Brett, fingendo che di quanto appena detto gli importasse poco. «Accetto le tue scuse! Sei un pigrone, ma in quanto tuo compagno di stanza devo farci l’abitudine!», concluse poi, ridendo divertito.

«Ehi!» Josh si atteggiò a fare il permaloso e gli lanciò un cuscino, scoppiando poi a ridere insieme all’amico.

«Beh, ma tornando a noi, oggi termino di sistemare la moto e poi, caro Fluffy, ti aspetta una lucidatura extra per ringraziarti del lavoro che hai fatto per noi!», ripropose il moro, sorridendo al cucciolo che gli si avvicinò scodinzolando felice.

«Ma… Josh! Non vorrai dirmi che…», l’espressione sul viso di Brett era tornata ad essere quella sconsolata della mattina.

«“Che”… Cosa?», chiese il moro, confuso, incitandolo a continuare.

«Domani abbiamo il test di chimica spaziale! E se non lo superi non so quante missioni ti assegneranno, o meglio, se te ne assegneranno ancora!», sbraitò il biondino, gesticolando animatamente.

«Oh cavolo!», il moro si batté una mano sulla fronte, esasperato, vedendo tra l’altro i propri piani crollare con un rovinoso rumore di vetri infranti. «Me n’ero completamente scordato! ».

“Il che non sarebbe una novità”, pensò Brett.

Ma proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta, impedendo al piccolo genio di fare a Josh la seconda ramanzina della giornata.

«Ragazzi? Posso entrare?», era l’inconfondibile voce di Yoko.

Josh allora andò ad aprire accogliendola con un sorriso, ignaro che la ragazza lo aveva appena salvato da una sonora paternale.

«Ehi! Ma certo, entra pure».

La giovane ubbidì e varcò la soglia della stanza, restando poi a bocca aperta.

«Wooow! Ragazzi, ma… non credevo foste diventati così bravi nelle pulizie domestiche e soprattutto così ordinati! Siete sul punto di battermi!», affermò stupita.

«In realtà è tutto merito di Fluffy», intervenne il piccolo genio.

«Chissà perché ma ci avrei scommesso!», Yoko rise di gusto e anche gli altri sorrisero.

«Comunque… Come mai sei venuta qui?», le chiese il moro.

«Oh, giusto! Brett, avrei bisogno degli appunti dell’ultima lezione per controllare una cosa».

Dopo una breve ricerca, il giovane le porse il proprio quaderno.

«Grazie mille! Te lo riporto subito, così puoi metterti a studiare… Anche se non ne hai bisogno!», scherzò.

«Mi sa che a noi toccherà un lavoro molto più lungo e impegnativo, Yoko…», confessò Brett.

«Che vuoi dire?», gli domandò.

Il biondino, in risposta, si limitò a guardare Josh.

«Io che c’entro? Oggi devo…» non ebbe il tempo ad indicare Fluffy e a finire la frase che l’occhiata di Brett divenne d’un tratto minacciosa.

«Oggi io e te studiamo, è chiaro?» ordinò, e il suo tono non ammetteva repliche.

«Io però…», Josh decise di fare un tentativo, che però finì subito in fumo.

«Coraggio Josh, cerca di studiare qualcosa… Per favore per favore per favore!», Yoko gli si fermò di fronte e, con le mani giunte a mo’ di preghiera e gli occhi alla Bambi, lo supplicò. «Non puoi non passare il test, sono gli esami di fine anno, e noi di certo non vogliamo un altro leader! Ti pregooo!».

Come poteva resistere ad una supplica del genere, soprattutto se fatta da lei? Quegli occhi grandi e ambrati, così profondi, continuavano a supplicarlo. Erano così… non sapeva spiegarselo, ma si maledisse per la risposta che, quasi senza che se ne accorgesse, gli sfuggì dalle labbra.

«D’accordo, ma solo perché insistete tanto», disse. Se fosse stato per lui, si sarebbe voltato immediatamente per l’imbarazzo, ma Yoko cambiò presto espressione ed un largo sorriso si fece spazio sulle sue labbra.

«E bravo il nostro Josh, così ti voglio!», commentò. «Vedrai che ce la farai! Bene ragazzi, sarà meglio che vada. Più tardi ti riporto il quaderno», concluse poi rivolgendosi a Brett poco prima di aprire la porta e richiudersela alle spalle.

Josh l’aveva seguita con lo sguardo, ritrovandosi a fissare infine la porta chiusa con aria attonita. Deglutì a vuoto, pensando a quanto la sua presenza lo scombussolasse, quasi quanto la sua assenza. Qualcosa di lei lo aveva rapito, il suo cuore ne era dolorosamente consapevole, e non aveva vie di scampo. Si domandò mentalmente se davvero fosse disposto ad accettarlo e a confessarglielo, con il potenziale rischio di rovinare la loro amicizia.

«Forza Josh, sarà meglio cominciare», esclamò il biondino, aprendo il libro.

Allora scacciò il pensiero, obbligandosi a lasciarlo perdere definitivamente almeno per il tempo necessario allo studio. L’esame doveva avere la priorità assoluta.

In fondo, Yoko sembrava credere davvero in lui.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Siete arrivati fino alla fine? I miei complimenti xD

Vidi Team Galaxy per la prima volta quando frequentavo le medie e ammetto di essermi lasciata andare alla fantasia, ma quando qualche annetto fa lo rividi in televisione, mi tornò in mente la storia che avevo pensato anni prima e, essendo già nel mondo delle fic, mi chiesi “Perché non metterla nero su bianco?”.

Insomma, questo capitolo risale al 2011 e io lo pubblico soltanto ora, esatto. Questo perché avrei voluto terminare completamente la fic prima di pubblicarla, ma alla fine… Eccola. Inoltre, io non ho visto la seconda serie, quindi non so se termina con i nostri amici che lasciano l’accademia perché sono già diventati poliziotti spaziali o non so che altre cose sconvolgenti potrebbero esserci, quindi… Sappiate che la mia fic si colloca prima di questi a me sconosciuti avvenimenti.

Che dire, spero vi sia piaciuto almeno l’inizio, questo capitolo serve solo da introduzione, ma dal prossimo le cose verranno un po’ sconvolte, soprattutto per Josh.

Un enorme grazie a coloro che leggeranno e, se ci saranno ma ne dubito, a coloro che commenteranno <3

WolfEyes

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Nuovo arrivo al Galaxy High ***


2- Nuovo arrivo al Galaxy High

Capitolo 2

Nuovo arrivo al Galaxy High

 

 

 

Era giunta l’ora di pranzo e tutti gli studenti, come di consuetudine, cominciavano a radunarsi nella mensa del liceo ed a prendere posto agli ampi tavoli rettangolari.

Nella grande stanza il sottofondo di chiacchiere e risate era quasi confortante. Era il momento in cui ogni studente poteva riprendere i contatti con gli altri, allontanandosi da miriadi di libri, quaderni e appunti che avevano riempito le loro ore di studio senza nessuna tregua.

Confortante soprattutto per la mente di Josh, che aveva trascorso le ultime due ore con la testa su un libro alto quanto un mattone, attività alla quale non era abituato. Per niente.

«Sta per scoppiarmi la testa, non ce la faccio più».

Il moro aveva i gomiti appoggiati sul tavolo e il capo abbandonato a sua volta sulle proprie mani. Una perfetta rappresentazione dell’esasperazione.

«Ti arrendi dopo così poco? Ti facevo più resistente, caro Josh!», gli disse Brett, seduto di fronte a lui.

In quel momento li raggiunse Yoko, in mano il vassoio per il pranzo, e si sedette accanto a Josh.

«Ehilà!», salutò, con la sua consueta allegria. «Brett, ti ho riportato il quaderno. Il vostro studio come sta procedendo?», domandò ad entrambi.

Con un cenno del capo, il biondino fece intendere che tutto sommato non andava poi così male, al contrario di Josh, che la pensava in tutt’altro modo.

«Male! Mi viene voglia di scappare…!» ammise, con la faccia spiaccicata sul tavolo. «Ho bisogno di dormire per incamerare tutte le informazioni!».

«Non essere così drastico. Ti distraevi solo ogni tanto. Mi chiedo se stessi pensando più alla tua moto o a qualche bella ragazza conosciuta di recente!», rifletté Brett ad alta voce, con il chiaro intento di prendersi un po’ gioco di lui e riportarlo alla normalità.

«La prendo come un’offesa!», mugugnò l’interessato.

«Beh ma… Se ne avessi conosciuta una ce l’avresti detto… No? Di ragazza, intendo», subentrò la giovane. Che la moto fosse trai suoi primi pensieri era risaputo, parificata forse solo dalla necessità di fare periodicamente qualche marachella, ma che qualche ragazza occupasse la sua mente non era così usuale e di solito loro ne erano a conoscenza. Il fatto che da ormai un po’ di tempo Josh non si invaghisse di qualche ragazza aliena era un po’ insolito, ma la battuta di Brett le aveva messo una certa inquietudine addosso, forse perché la allarmava l’idea che l’amico potesse aver tenuto nascosta una simile informazione. «Se si trattasse di una ragazza ci staresti assillando, a essere sinceri…», si affrettò ad aggiunse appena si rese conto che la precedente insinuazione potesse avere un’origine ambigua.

«Ma che c’entrano le ragazze? È che non vado d’accordo con i libri, lo sapete», Josh, invece, cercava di difendersi dall’accusa di Brett. Si chiese se per caso lui avesse capito che… Che in fondo di una ragazza si trattava davvero, anche se non in quel frangente. Era stato piuttosto bravo a non distrarsi.

«Comunque, lo ribadisco, impegnati! Almeno quel che basta per passare quel test», gli suggerì l’amica al suo fianco.

«Già, il problema è se riuscirò a fare almeno quel poco!».

Yoko, poggiandogli una mano sulla spalla, tentò nuovamente di incoraggiarlo.

«Coraggio! Pensa che se supererai il test potrai dedicarti alla tua moto finché vorrai!», gli disse fiduciosa.

«Questo sarebbe davvero gratificante!» esclamò.

«Sei il solito…» commentò Brett.

E tra una battuta e l’altra, finì anche la pausa pranzo e, con dispiacere degli allievi, tutti lasciarono la mensa per tornare a studiare per il test imminente.

 

Il mattino seguente, per certi versi bramato e per altri detestato, gli allievi del Galaxy High sostennero il loro esame e, al termine della mattinata, poterono, con loro immensa gioia, godere del pomeriggio libero.

 

Qualcuno bussò improvvisamente alla porta della stanza. Nel silenzio che regnava sia nella stanza che nei corridoi, avrebbe dovuto sentire almeno i passi avvicinarsi.

«Ma chi sarà…?», chiese stupito, rivolto più a sé stesso.

Chi poteva aver bisogno di loro nel primo pomeriggio? Yoko gli aveva restituito il quaderno il giorno precedente e, per quanto ne sapeva, tutti si stavano godendo il proprio relax tornando beatamente dalla mensa, rilassandosi e pensando a come trascorrere il pomeriggio libero.

Andando ad aprire la porta, si sorprese di trovare sulla soglia il direttore in persona. Un uomo alto, dalle spalle larghe e dal portamento fiero, con i capelli ingrigiti dall’età e lo sguardo di ghiaccio.

«Direttore Kirkpatrik, buongiorno!», esclamò con un sorriso di cortesia. Per quanto genio e amante dello studio, avrebbe voluto anche lui un pomeriggio tranquillo…

«Buongiorno, Brett», rispose l’uomo, anch’egli con un sorriso cordiale, prima di spostare lo sguardo all’interno della stanza, alla ricerca del figlio.

Inizialmente si stupì di trovare la camera insolitamente ordinata e pulita, ma una volta scorto Josh sdraiato sul suo letto a sonnecchiare tranquillamente con una rivista di moto aperta a coprirgli il viso, il suo stupore svanì.

«Josh…», lo chiamò il direttore.

Il ragazzo mugugnò qualcosa nel dormiveglia per poi rendersi conto che attorno a lui stava succedendo qualcosa, e allora si tolse il giornalino dalla faccia, mettendosi infine seduto.

«Ciao…», bisbigliò ancora con la mente annebbiata dal sonno e gli occhi semichiusi. «Che ci fai qui, papà?», gli domandò sbadigliando.

L’uomo stava per parlare quando dalla soglia della porta sbucò anche Yoko.

«Oh, buongiorno, direttore Kirkpatrik!», esclamò sorridendo, un poco sorpresa.

«Bene, vedo con piacere che ci siete già tutti, così non dovrò chiamarvi uno ad uno nel mio ufficio!», disse.

«A-Abbiamo fatto qualcosa?», domandò la ragazza titubante e leggermente intimorita, chiedendosi se Josh non avesse combinato qualcosa di grave a sua insaputa.

«Oh, no, affatto! Volevo solo parlarvi del programma di orientamento per i nuovi iscritti», spiegò brevemente.

Nonostante il sollievo, gli altri parvero non capire, e, anzi, temettero di aver dimenticato un qualche passaggio importante dell’anno scolastico. Così il direttore comprese che avrebbe dovuto spendere due parole in più in proposito.

«Si tratta di un nuovo programma messo in atto dal Galaxy High per permettere a nuovi possibili studenti di passare un periodo di tempo in questa scuola e concedere loro di fare le vostre stesse esperienze, così da dare loro l’opportunità di scegliere se iscriversi o meno in questa scuola facendo tesoro delle esperienze direttamente sul campo».

Sarebbe stato utile che venisse attuato qualche tempo prima, pensò Yoko. Avrebbe evitato di iscriversi credendola una scuola per aspiranti celebrità.

«Questo vuol dire che entrerà qualcun altro nel team?», chiese Brett, piuttosto interessato.

«Soltanto in via temporanea, ma… Sì, così come tutti gli altri team dell’istituto, la vostra squadra sarà composta da un membro in più. In questo modo voi avrete la possibilità di acquisire più serietà e maggior responsabilità, perché sarete voi stessi a mostrargli cosa fare nelle missioni», spiegò.

«Quindi sarebbe come un nostro allievo?», domandò Josh.

«In un certo senso… Ma ora seguitemi, il vostro nuovo collega si trova nel mio ufficio, non è professionale farlo aspettare», disse il direttore, preoccupato dell’immagine che avrebbe dato della sua scuola.

Uscì dalla stanza mentre gli altri lo seguirono, incamminandosi lungo il corridoio.

«Si chiama Brian Smith, ha diciassette anni e come potete capire dal nome, è di origini inglesi», raccontò.

Josh era abbastanza indietro nella fila da poter protestare senza essere sentito dal padre.

«Non poteva essere una ragazza?», sbuffò, ricevendo in risposta una gomitata da Brett.

Naturalmente, sia lui che Yoko fraintesero la sua esclamazione, credendo che Josh avrebbe preferito conoscere un’interessante ragazza carina piuttosto che un ragazzo coetaneo che avrebbe potenzialmente minacciato la sua posizione di leader del gruppo.

Al contrario, a Josh non andava giù che un altro ragazzo potesse passare tutto quel tempo insieme a Yoko. Starle vicino, compiere missioni insieme a lei… Nella peggiore delle ipotesi, il nuovo arrivato non avrebbe faticato troppo a provare interesse per lei e a prendersi la confidenza necessaria. Se fosse stata una ragazza, invece, Yoko avrebbe potuto trovare una nuova amica e la cosa non avrebbe recato disturbo a nessuno.

La morsa della gelosia lo attanagliava già.

Giunsero finalmente nell’ufficio del direttore, ma questo non pose fine alle preoccupazioni di Josh, che entrando nella stanza vide il temuto Brian Smith in piedi di fronte alla scrivania del padre.

«Bene. Ragazzi, vi presento Brian», disse Kirkpatrik, sedendosi sulla sua comoda poltrona di pelle nera.

«Piacere di conoscervi», disse lui, con un sorriso.

Era un ragazzo alto almeno quanto Josh, portava un paio di blue-jeans strappati e una maglietta nera un po’ attillata che gli delineava i muscoli. Castano, dal sorriso un po’ obliquo e sicuro e dallo sguardo vispo e attraente, che non sfuggì a Yoko, la quale rimase per un attimo incantata a guardarlo.

La giovane dovette ammettere che era un bel ragazzo, era una fortuna che fosse finito nel loro team! Dal viso le sembrava anche simpatico, una persona tutto sommato gentile con cui avrebbe fatto presto amicizia.

«Brian, loro sono Yoko, Josh e Brett», disse il direttore presentando gli allievi, indicandoli uno ad uno, e interrompendo quel breve momento di silenzio pieno di riflessioni.

«Ora», riprese l’uomo «Spero riusciate ad andare d’accordo e che questo periodo insieme sia fruttifero», disse.

«Sicuramente!», esclamò Brett, che sembrava entusiasta del progetto più di chiunque altro si trovasse in quella stanza.

“Ma tu guarda, mi tocca anche sorridere…”, pensò Josh, cui il nuovo arrivato non aveva convinto fin dal primo momento in cui l’aveva visto.

«Prima che possiate andare, vorrei comunicarvi, almeno in maniera approssimativa, il risultato dei test di questa mattina», disse dando un’occhiata a dei fogli sparsi sulla sua scrivania. «Dunque… Brett come al solito ha preso il massimo dei voti. Yoko, il tuo è andato più che bene, e… Josh, mi sorprendo del tuo discreto risultato», concluse.

Il gruppetto esultò per il risultato e, come il padre, anche Josh era rimasto un po’ sorpreso.

«Ahahah!» rise «Visto papà? Mi sono messo d’impegno, e devo ringraziare Brett!!». Se Brett non fosse stato così giovane, gli avrebbe offerto almeno una birra.

“Il figlio del direttore?”, pensò Brian, colto di sorpresa. Non si aspettava davvero di trovare un allievo nella scuola del proprio padre, per di più nel team in cui avrebbe dovuto lavorare.

«Io te l’ho sempre detto, sei tu che non ti sei ma impegnato. Beh, almeno vorrà dire che probabilmente non verrai bocciato», disse il direttore riponendo tutti i fogli in una cartelletta di cartoncino giallo ocra.

«Bene, vi lascio andare. Avrete il pomeriggio e l’indomani libero per cominciare a socializzare, come tutti gli altri team, con il nuovo allievo che vi è stato affidato. Salvo naturalmente che si presentino missioni urgenti», annunciò Kirkpatrik.

Si trattava pur sempre di un giorno di vacanza!

«Oh beh, allora se non vi dispiace ci penso io a fare da guida a Brian», disse Yoko con un ampio sorriso.

«Ma…», il biondino era rimasto spiazzato, sperava di poter chiacchierare un po’ con il nuovo arrivato, ma prima che potesse obiettare la ragazza ed il nuovo compagno erano già spariti.

«A questo punto possiamo andare anche noi», sospirò Josh, grattandosi la nuca. Si stava maledicendo per non aver fatto in tempo a fermare la ragazza. Quello di lei era stato un interesse palese e gli faceva prudere le mani.

«Brett, prima che ve ne andiate, avrei bisogno di parlarti in privato. Ti ruberò solo qualche minuto», disse il direttore, prendendo in mano una cartelletta rossa.

«Certo, direttore», annuì l’altro.

«Uff… Allora io me ne vado», decise il moro, con una mano in tasca e l’altra a salutare i due rimasti nella stanza poco prima di uscirne e chiudersi la porta alle spalle.

Una volta nel corridoio il finto sorriso e l’aria serena lo abbandonarono definitivamente, affondò entrambe le mani in tasca e, a testa china, non poté fare a meno di chiedersi come mai non li avesse fermati.

Se avesse voluto avrebbe potuto raggiungerli, cercarli da qualche parte. Il Galaxy High era grande, ma non infinito, e avrebbe avuto molte probabilità di trovarli in cinque minuti. Ma non appena l’idea gli venne in mente sentì qualcosa di contrario muoversi dentro di lui. Si rese conto di non avere nessuna voglia di vederla con quello sconosciuto… E si rese conto anche che in fondo, l’unica cosa che poteva tirarlo su in un pomeriggio libero in cui anche Brett era scomparso e sicuramente avrebbe avuto di meglio da fare, era occuparsi di ciò che gli riusciva meglio: la sua moto.

 

 

«Josh? Sei qui?», gridò una voce femminile.

Voce molto familiare al ragazzo, che, alzandosi di scatto, sbatté la testa contro la moto e imprecando mentalmente si voltò verso Yoko.

«Ehi… Come mai qui?», le chiese.

«Sapevo di trovarti alle prese con la tua moto. Mi hai preso proprio alla lettera quando ti ho pregato di studiare», rispose lei, ridendo.

Josh però si limitò a sorridere, domandandosi per quale ragione l’amica l’avesse raggiunto quando, solitamente, né a lei né a Brett saltava per la mente di fargli compagnia quando sistemava la moto. «Avevi bisogno di qualcosa?», le chiese, immaginando che per essere lì ci fosse bisogno di un motivo.

«Certo, sei scomparso! Hai idea di che ore siano?», gli chiese, cambiando il tono allegro con uno ammonitore.

«A dire il vero non ci ho fatto caso», disse l’altro, dando un’occhiata all’orologio che teneva al polso. Constatare che fossero quasi le otto di sera lo fece trasalire, l’ora di cena era passata e lui non se n’era nemmeno reso conto. Di solito, anche quando passava ore ad occuparsi della sua moto, era il suo stomaco a dirgli quando era ora di mettere qualcosa sotto i denti, ma questa volta aveva validi motivi per non avere fame.

«Scusami Yoko, non avevo davvero fatto caso all’orario, ma comunque non avevo fame…», le spiegò lui, abbassando lo sguardo e inginocchiandosi di nuovo per lavorare alla moto. Sperava solo che non gli chiedesse perché non aveva fame e non era andato in mensa con loro…

«È strano da parte tua…», rifletté la ragazza, pensierosa «Guarda che se per stare dietro alla tua moto salti i pasti, ritiro quello che ho detto. Anche se hai studiato non puoi occupartene!», esordì, incrociando le braccia al petto con un broncio.

Josh scoppiò a ridere. In fondo era comunque gentile a preoccuparsi per lui.

«Beh, tranquilla, recupererò la cena! La caffetteria del Galaxy rimane aperta ancora per qualche ora… Poi per il resto sono sicuro di non essermi perso niente di ché…», disse il moro, sapendo che a tavola con loro ci sarebbe stato anche il caro Brian.

«Beh», la ragazza si poggiò con la schiena al muro. «Anche se fosse, avresti potuto degnare Brian della tua presenza almeno questa sera! Sei l’unico con cui non ha ancora avuto una conversazione».

“Come mi dispiace”, pensò sarcastico, ma restò in silenzio.

«Non è male come ragazzo, sembra in gamba», aggiunse lei dopo qualche attimo.

«Mh… Di’ la verità, Yoko. Quel ragazzo ti piace…! Anche nell’ufficio di papà te lo sei trascinato via con una fretta…! Avevi paura che qualcuno te lo rubasse?», scherzò il ragazzo con un tono allegro, mentre dentro nascondeva una tremenda paura di sapere cosa la ragazza pensasse del nuovo arrivato o di vedere con i propri occhi come potesse reagire.

Le guance di Yoko si colorarono di rosso, e il mutamento non sfuggì al moro nonostante fingesse di controllare la moto.

«Ma che dici, Josh?», lo rimproverò lei, non riuscendo tuttavia a nascondere un certo imbarazzo.

«La verità!», insisté lui, sperando, nonostante la paura che gli attanagliava lo stomaco, di ottenere informazioni su che tipo di “minaccia” si trovasse di fronte.

«Uffa!», sbuffò lei, rendendosi conto che l’amico non l’avrebbe lasciata in pace finché lei non avesse confessato. «Ok, forse un po’ mi piace. O meglio, non lo conosco, ma per il momento mi ha fatto una buona impressione», spiegò, con le mani dietro la schiena e lo sguardo basso ed imbarazzato.

Non così basso da impedire a Josh di notare quanto fosse sognante e luminoso, perso in una fantasia nascosta che sarebbe rimasta solo nella sua mente. Quella visione, accompagnata da quelle parole, gli strinse il cuore in una morsa. Prese un profondo respiro per farsi coraggio e sfoderò un’altra battuta. In qualche modo doveva pur sembrare normale.

«Scommetto che in questo momento rimpiangi che io abbia passato l’esame… Il mio posto lo potrebbe prendere lui!», esclamò, continuando a fingere di essere completamente concentrato solo sulla moto.

La ragazza rise, affievolendo il proprio imbarazzo. «Ahahah! Oh beh, hai studiato proprio l’unica volta in cui non dovevi, caro Josh!», scherzò lei, senza pensarlo seriamente e senza preoccuparsi delle conseguenze che quelle poche parole avrebbero potuto avere sull’amico.

Quella strana morsa gli strinse ancora nel petto…

«Però», riprese lei. «Devo ammettere che forse non mi piacerebbe come situazione. Insomma, saremmo nello stesso team! No, forse è meglio di no. Io con il mio leader? Mai! E poi se voglio diventare famosa ho bisogno di trovare qualcuno che sia più promettente, che abbia successo!», rifletté.

…E strinse ancora più forte.

Trasse un grosso respiro, cercando di calmare il dolore che si sentiva dentro. Poggiò uno dei suoi attrezzi e finalmente si alzò in piedi, cercando di fissare il più possibile la moto, stavolta, pur di non doverla guardare direttamente in viso.

«Mi sembra una giusta considerazione», osservò Josh con un finto sorriso sulle labbra, pulendosi le mani con uno straccio ormai logoro.

«Ne hai ancora per molto?», gli chiese allora lei, curiosa di sapere se potessero tornare al Galaxy o se dovessero ancora rimanere lì fuori.

«Temo di sì. Ma tu puoi andare, non c’è problema. Chissà che Brian non ti stia aspettando…», rispose lui, non riuscendo a mascherare una punta di acidità.

«D’accordo…», mormorò la ragazza, dapprima leggermente sorpresa, ma poi si limitò a sorridergli. «A domani, buonanotte!», esclamò allontanandosi e sventolando una mano per salutare l’amico.

«’Notte!», esclamò lui, mantenendo per pochi attimi quel sorriso tirato che durante tutta la conversazione appena terminata gli aveva fatto da maschera.

Non appena la ragazza sparì dalla sua visuale sentì una rabbia indescrivibile crescergli dentro e invaderlo in tutto il corpo.

Chi era quell’essere comparso dal nulla per conquistare Yoko in un batter di ciglia?

Come si era permesso lui di prendersi quella confidenza con lei?

La collera gli stava annebbiando la mente, sentiva solo una gran voglia di rompere qualcosa. Senza pensarci due volte, e probabilmente neanche una sola, si voltò e diede un potente pugno al muro su cui poco prima la giovane si era appoggiata. Imprecò per la rabbia e il dolore, non solo alla mano ma anche interiore, un dolore che non aveva mai provato prima e che diventava più vivo ora che sentiva Yoko allontanarsi pericolosamente, sempre di più. Se ne andava da lui, a poco a poco, e non gli restava altro che restare a guardare, poiché aveva ormai appurato che tra lui e la ragazza non ci sarebbe mai stato niente e che nemmeno c’era qualcosa che andava oltre l’amicizia, o quel Brian non le avrebbe certo fatto quell’effetto. E probabilmente sì, si disse che un po’ lo invidiava.

Appoggiò la schiena contro il muro e scivolò fino a terra, portandosi le mani tra i capelli.

“Non sono altro che un povero idiota!”

 

 

Angolo dell’autrice:

Ed eccomi qui, finalmente, a portarvi un capitolo pieno (?) di colpi di scena!

Abbiamo visto comparire un nuovo personaggio, colui che sta allontanando Yoko da Josh… Eh già, perché lei sembra interessarsi a questo Brian, ma allora perché preoccuparsi per il suo vecchio amico e temere che egli abbia fatto una qualche conoscenza femminile tale da distrarlo?

E che cosa avrà detto il Direttore Kirkpatrik a Brett?

… E Josh riuscirà a conquistare Yoko o lascerà perdere?

Vi lascio con questi interrogativi fino al prossimo capitolo, ma non prima di aver ringraziato tutti coloro che hanno letto la storia ed in particolare piccola_boss per aver recensito il primo capitolo, riempiendomi di gioia (e anche per aver inserito la storia tra i preferiti e tra le ricordate)! Questo aggiornamento è per te, te lo devo ;)

[Dimenticavo, nel precedente capitolo vi ho comunicato indicativamente l’età dei personaggi, ma dal momento che questa fic avrebbe luogo dopo la prima serie – che se non ricordo male terminava con i ragazzi ammessi al secondo anno – hanno un anno in più rispetto a quanto detto – 17, 16, 11 –, ripeto poi che non so cosa accade nella seconda serie, ma supponiamo appunto che ci sia anche un terzo anno necessario per diventare Space Marshals e che i nostri amici stiano frequentando il secondo]

Spero leggerete in tanti e ovviamente spero mi diciate cosa ne pensate ;)

Alla prossima, spero di aggiornare presto!

WolfEyes

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Ostilità ***


3-Confronto faccia a faccia

Capitolo 3

Ostilità

 

 

 

Era ritornato nella sua stanza ad un orario indecente e, nonostante fosse finalmente sul suo comodo ed amato letto, non era riuscito a prendere sonno. Non faceva altro che girarsi e rigirarsi di continuo in cerca di una comodità che quella notte non voleva saperne di saltare fuori, e sperava di non svegliare Brett con i suoi persistenti movimenti stizziti e bruschi. La stanchezza non era stata sufficiente a liberargli la testa da quella miriade di pensieri che lo aveva colto improvvisamente e che non lo lasciava più andare, nemmeno quando si accorse che erano le 6:27 di mattina e che gli restava poco più di un’ora di sonno se voleva svegliarsi presto e non far arrabbiare di nuovo il suo compagno di stanza.

Nonostante tutta la vicenda lo riducesse in quel modo, ancora non riusciva ad ammetterlo pienamente a sé stesso. Si rendeva conto di tenere moltissimo a Yoko, come non aveva mai tenuto a nessun altro, nemmeno alle numerose ragazze aliene o terrestri che incontrava nello spazio e che riuscivano a suscitare il suo interesse. Era come una cosa nuova, ma al contempo si chiedeva se non fosse un tipo di affetto diverso. Cercava di giustificarsi pensando a lei come ad una sorella, ma si rendeva conto lui stesso che non poteva essere un’ipotesi plausibile. Solo un fratello estremamente geloso avrebbe potuto provare una rabbia tale da riuscire quasi a spaccarsi una mano contro un muro. In realtà, la conclusione gli era ben ovvia e tentare di nasconderlo perfino a sé stesso non era che da codardo.

Diede un’altra occhiata alla sveglia digitale sul suo comodino. Le 6:31… Solamente quattro lunghissimi e lentissimi minuti.

Decise allora di togliersi di dosso quel groviglio di lenzuola in cui si era imbrigliato e di andare a farsi una doccia. Dal momento che non aveva dormito, tanto valeva che si svegliasse per bene da quel torpore. Prese da una sedia un paio di pantaloni e una maglietta e si infilò silenziosamente in bagno. Poco gli importava se correva il rischio di svegliare qualcuno, si sarebbero adattati.

Una volta sotto l’acqua bollente provò a rilassarsi. Perché anche le sue preoccupazioni non potevano scivolargli addosso e sparire come l’acqua che gli scorreva sulla schiena? Sospirò, poi uno strano dolore dovuto all’acqua un po’ troppo calda lo indusse a guardarsi la mano destra. Oltre che ad essere sbucciate, le nocche erano anche arrossate, ma quelle dell’anulare e del mignolo stavano assumendo una tonalità violacea che non prometteva bene. Tuttavia, se ne sarebbe preoccupato più tardi…

Una volta terminata la doccia e dopo essersi vestito, si fermò di fronte allo specchio del bagno.

«Mh… Le occhiaie forse non passeranno inosservate», mormorò in un sussurro appena udibile notando le borse sotto gli occhi. Sapeva che non era colpa sua, ma per sfogo momentaneo se la prese con il padre per averlo chiamato, il giorno prima, nel suo ufficio interrompendo il suo già scarso sonno. Si picchiettò le guance con le mani. «Forza, fai un sorrisino e sarà tutto a posto», aggiunse. «Chissà che non diventi un bravo attore…?» bisbigliò tra i denti in tono sarcastico, ricordando la battuta di Yoko la sera precedente, alzando un sopracciglio e uscendo dal bagno.

Le 6:48? Possibile? Gli sembrava passata un’eternità. Prese la sveglia, agitandola e controllandola da tutte le parti per verificare che non si fosse per caso fermata, ma poi notò che la sveglia di Brett segnava pochi minuti in più e sapeva che il motivo era la sua irrefrenabile mania di svegliarsi un po’ in anticipo per evitare di ritardare… Mah!

Non avendo nulla da fare, sistemò le lenzuola del letto e vi si sdraiò sopra con le mani sotto la nuca. Tanto valeva che ora si lasciasse andare ai suoi pensieri, e così fece, finché…

Bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi

Un fastidiosissimo suono squillante e intermittente ruppe bruscamente il silenzio pacifico che si era creato.

Ecco, ora ricordava perché non puntava mai le sveglie! A parer suo, non poteva esistere richiamo peggiore.

Vide Brett sobbalzare e spegnere la sveglia. Stava per scoppiare a ridere per la scena, senza contare che inoltre qualcosa lo stava finalmente distraendo.

L’undicenne tardò ad alzarsi dal letto nonostante avesse spento quell’affare assordante.

«Svegliaaaa, è mattinaaaa!», cantilenò Josh, con un sorrisetto.

Da quel fagotto di lenzuola scomposte spuntò un braccio, proteso verso l’alto.

«Anche il Premio Nobel per la ricerca sugli atomi iperstellari dell’astrofisica aliena? Lo accetto in onore della mia scuola! Il Galaxy High!», gridò una voce impastata e ovattata dal cuscino e dal cumulo di coperte.

«Brett, stai solo sognando!», gli ricordò Josh, potendosi così vendicare di due mattine precedenti.

Il biondino si alzò immediatamente dal letto, come colto da uno spavento. Si guardò attorno, nel tentativo di orientarsi e capire dove si trovasse, spostando lo sguardo su ogni cosa non appena l’avesse riconosciuta. Il suo letto, la libreria, Josh già sveglio, la scrivania, la porta del bagno… Un momento, Josh già sveglio?

«Oh porca miseria, che ore sono?», chiese, con la preoccupazione alle stelle.

«Ti vuoi calmare? Sono le sette e un quarto, ti ricordo che è appena suonata la tua sveglia!» gli rispose il moro, senza scomporsi.

«Ma tu?», il nanerottolo non si era ancora calmato e corse verso Josh per constatare che quanto vedeva fosse vero. «Tu come mai sei già in piedi? In un giorno libero? Già vestito e lavato e con il letto fatto!?», gli chiese incredulo, come se si fosse verificato sotto i suoi occhi un evento apocalittico.

“Ma mi ha preso per un barbone?”, si domandò Josh, alzandosi.

L’amico lo prese per le spalle, per quanto glielo permettesse la sua altezza, agitandolo energicamente.

«Parla! Cos’hai fatto al vero Josh? Ne avete portato qui un clone? Il Josh originale dove si trova? Lo state torturando!?», si mise a gridare sull’orlo del pianto, rimanendo poi senza fiato.

«Brett! Calmati! Mi fai girare la testa! Insomma, sono io!!», il moro cercò di farlo tornare in sé e appena il biondino smise di scuoterlo, l’amico sospirò passandosi una mano tra i capelli.

«Scusami Josh, ma è talmente strano che tu… Oh santo cielo! Che hai fatto alla mano?», gli chiese, anzi, gli urlò in faccia tornando ansioso e preoccupato dopo aver notato il livido.

«Ah…», Josh la osservò di nuovo, insultandosi perché tra tutto quel pensare si era dimenticato di mettersi i guanti. Doveva assolutamente appuntarsi che rimuginare troppo su Yoko gli faceva dimenticare le cose importanti. «Niente, stamatt-», non poté terminare la frase che Brett gli urlò ancora in faccia.

«Oddio! Hai fatto a pugni con qualcuno?», insinuò lui. «Oh mio Dio! Ho capito! Hai ucciso Bobby, vero? Ecco perché ieri sei scomparso e stamattina ti comportati in modo così strano! Hai fatto la doccia per eliminare le tracce di sangue!», aggiunse accusandolo.

Da quando era un criminologo?

«Brett, ma la vuoi piantare? O la smetti o ti imbavaglio se continui ad urlare! Ti stavo dicendo che sono caduto dal letto stamattina presto, sono caduto sulla mano procurandomi questo e visto che non riuscivo più a dormire sono semplicemente rimasto sveglio! Chiaro?», disse ormai privo di pazienza, mostrando il livido come prova di ciò che aveva appena affermato.

In quel momento calò un silenzio tombale, i due si fissavano negli occhi. L’uno per verificare che la spiegazione di quanto avvenuto fosse plausibile e l’altro per dimostrarsi assolutamente convinto che la scusa appena messa in piedi fosse effettivamente la realtà.

«…Se sei messo male…», esordì Brett, scuotendo la testa, come indignato, trascinando i piedi fino in bagno.

«Ma tu guarda…», commentò Josh sbuffando e sedendosi sul letto, infilandosi i guanti che, dimenticati, gli erano costati una bella fatica.

Pochi minuti dopo il biondino aprì la porta del bagno, dal quale uscì una nuvola di vapore. Ancora provato dal sonno nonostante la doccia appena fatta, rivolse uno sguardo un po’ vacuo all’amico e con voce quasi assente gli consigliò di andare in infermeria.

«Ma no, che vuoi che sia…?», convenne il moro.

«Secondo me dovresti, hai un brutto livido. Se hai una microfrattura l’osso si aggiusterà male senza una stecca o una fasciatura…», spiegò.

«Sì, mamma…», scherzò il moro leggermente seccato, ricevendo in risposta un’occhiata minacciosa dall’undicenne.

«Dal momento che conosco i miei polli, ti ci accompagnerò!», decise.

L’amico sbuffò sonoramente. “Grazie per l’immensa fiducia che nutri nei miei confronti!”

 

 

Yoko, con un sorriso allegro stampato in volto, camminava per il corridoio del Galaxy con un’aria un po’ strana. Mancavano poche ore ad un provino per una recita alla quale voleva partecipare, ma non era quello a renderla strana. Il suo sguardo sembrava come perso tra le nuvole. Con un’espressione pensierosa, rischiando più volte di urtare qualche altro studente, presto scorse due figure familiari: quella alta di Josh e quella più bassa e sbraitante di Brett. Il biondino stava rimproverando Josh per qualcosa che non riusciva ancora a sentire, mentre il moro stava tranquillamente camminando con una mano immersa nella tasca dei pantaloni e l’altra lungo il fianco. Notò qualcosa attorno alla mano destra, come fosse fasciata. Avvicinatasi, riuscì a sentire la conversazione.

«Si può sapere come si fa a ridursi così una mano? La stessa infermiera ha detto che non è possibile che tu ci sia solo caduto sopra, non sei mica un quintale!», ribadiva Brett, esigendo una spiegazione dall’amico, che invece sembrava non preoccuparsene minimamente.

«Che vuoi che ti dica? Nel sonno sarei capace di fare di tutto, probabilmente ho dato un pugno da qualche parte, al pavimento per esempio. E poi ci sono caduto sopra», spiegò lui, alzando le spalle ed insistendo sulla teoria dell’esserci caduto sopra.

«Ehi, ragazzi!», salutò la giovane, raggiante, una volta raggiunti gli amici. «Che è successo, avete di che litigare anche in un giorno di riposo?», commentò allora, trattenendo una risata. Un attimo dopo si rese conto di cosa fosse avvolto alla mano del moro. «Josh! Ma che hai fatto?», esclamò subito dopo, senza dare il tempo agli altri né di salutarla né di rispondere alla prima domanda che aveva loro posto non appena arrivata.

«Ma niente, una sciocchezza…», si affrettò a ribadire il giovane. Se la ragazza avesse saputo che proprio a causa sua si era quasi fratturato una mano, non osava immaginare come l’avrebbe presa. In ogni caso, non lo avrebbe scoperto.

Yoko gli prese delicatamente la mano, esaminandola. La fasciatura gli avvolgeva le dita fino alla prima falange e in corrispondenza delle nocche era più rigida e spessa. Si chiese come avesse fatto, e ricollegò l’incidente della mano alle prime parole che era riuscita ad udire ed a decifrare mentre si avvicinava a loro, e che inizialmente apparivano senza un senso. Anche lei cominciava a credere che non potesse trattarsi di una caduta, o almeno non solo di quello.

Lasciò andare la mano del giovane e incrociò le braccia al petto. «Mi chiedo se siate capaci di vivere senza ammazzarvi da soli!»

«Dai, non esagerare, gli incidenti capitano!», si giustificò Josh, un po’ imbarazzato, portandosi una mano dietro la nuca.

«Beh, dove andavi di bello, Yoko?», chiese il biondino, cambiando finalmente discorso.

«Ah, io? Beh… A dire il vero andavo a trovare Brian», le guance assunsero un tenero colore rosato. «Anche se non vorrei sembrare invadente, in fondo ieri abbiamo passato insieme l’intera giornata…», spiegò, pensierosa.

«Personalmente, non credo gli dia fastidio. Anche perché conosce soltanto noi del team. Anzi, a dire il vero non ha ancora parlato con te, Josh», intervenne Brett.

Dannazione, doveva proprio ricordargli dell’esistenza di quell’essere? Si irrigidì immediatamente, turbato dalla piega che aveva preso la conversazione e intento ad evitarla il più possibile.

«Beh, ci penserò all’ora di pranzo! Prima devo sistemare la moto, ho ancora molto lavoro, senza contare che devo ancora una lucidatura a Fluffy…», si giustificò allora, allontanandosi e salutando con una mano gli amici che lo guardavano andarsene un po’ sorpresi. Camminava svelto, potendo ora lasciare che venisse a galla quell’espressione malinconica che nascondeva, mentre una voce dentro gli gridava “vigliacco”.

«Non capisco che gli prende… Che ha contro Brian?», si chiese la ragazza, dispiaciuta e forse un po’ ferita dal comportamento del giovane, con il quale sembrava non poter condividere la propria felicità. Non era da Josh diventare così assente, solitamente li coinvolgeva in qualche bravata. Come del resto lei li coinvolgeva in qualche prova di recitazione o di canto, ma dall’arrivo di Brian qualcosa era cambiato anche per lei.

«Coraggio Yoko, cerca di capire… Lui in fondo è sempre stato il leader del team, siamo sempre stati solo noi tre e siamo una grande squadra. L’arrivo di un nuovo membro, anche se la sua permanenza è temporanea, probabilmente lo turba e preferisce stare un po’ sulle sue almeno finché non sarà disposto ad accettarlo», convenne il biondino.

«Forse hai ragione. Ma finché non imparerà a conviverci non lo accetterà mai…», esordì la giovane, con un tono un po’ duro, voltandosi e continuando il suo cammino lungo il corridoio, dalla parte opposta alla direzione presa da Josh.

Benché riconoscesse che l’ipotesi di Brett fosse plausibile, restava turbata dal comportamento dell’amico, soprattutto dal fatto che non riuscisse a spiegarsi questa ostilità. Le dispiaceva enormemente che Josh non fosse disposto ad accettare una cosa così… banale! E nel contempo aveva paura che anche un proprio comportamento potesse poi indurlo ad allontanarsi ancora di più… Ecco qual era la parola giusta. Josh sembrava allontanarsi. Anche la sera prima, nonostante si mostrasse coinvolto, aveva notato un certo distacco. Non le restava che sperare che un confronto con Brian potesse aiutarlo a superare questa ostilità.

 

 

Angolo dell’autrice:

Dio, quanto ho tardato >_< scusatemi davvero, avendo il capitolo praticamente già pronto avrei potuto aggiornare in tempi più brevi, ma avendo gli esami me ne sono completamente dimenticata!

Scusatemi anche per questo capitolo un po’ spoglio, ma essendo una storia un po’ lunghetta, mi serve un qualche capitolo che funga da collegamento o che serva per spiegare determinati particolari che altrimenti non verrebbero messi in risalto. Tuttavia, spero di non avervi annoiato e spero che quel piccolo siparietto comico tra Josh e Brett abbia fatto ridere un po’ anche voi.

Josh ha preso coscienza dei propri veri sentimenti, ma sembra non voler affrontare la questione con Yoko, che non può fare a meno di chiedersi cosa stia prendendo al suo amico. Ma anche lei sente qualcosa di strano. Il rapporto tra i due si sta lentamente incrinando… Che cosa succederà?

Mi dispiace tenervi ancora sulle spine, ma purtroppo devo! In questi capitoli abbiamo visto prevalentemente il punto di vista di Josh, l’introspezione ha riguardato più che altro i suoi sentimenti, in fondo è il mio personaggio preferito ed è anche quello che sta soffrendo, una combinazione di elementi che mi porta a scriverci su parecchio, ma non temete, non voglio deprimervi, il prossimo capitolo sarà diverso ;)

 

Ne approfitto per fare una precisazione, dato che mi è stato fatto notare e che io non credo proprio di averlo fatto presente. Io cerco di attenermi il più possibile ai caratteri originali dei personaggi, ma non nego di poter scrivere qualcosa di lievemente OOC. Nel cartone vediamo i protagonisti imbattersi continuamente in missioni spaziali ma mai si parla di amore, salvo qualche cotta o sbandata limitata ad una singola puntata. Poiché io mi cimento in una fic dove per la prima volta i protagonisti, in particolare Josh e Yoko, hanno a che fare con i propri sentimenti più profondi e che il loro modo di comportarsi e di reagire è una mia interpretazione e una mia immaginazione, a vostro avviso certi comportamenti potrebbero risultare OOC, anche soltanto in maniera molto relativa (non vedrete Brett andare in moto di sua spontanea volontà o Josh mettersi a studiare o Yoko smettere di cantare e recitare… Non voglio stravolgerli né lo farò, sia chiaro!).

Inoltre ricordo che i protagonisti stanno frequentando il secondo anno del Galaxy High, infatti la prima serie terminava con l’ammissione degli studenti al secondo anno, ma la seconda serie non credo sia stata mandata in onda in Italia, quindi, avendo il cartone soltanto due serie, si può pensare che al termine del secondo anno gli studenti siano già Space Marshals. Tuttavia, poiché non ho visto questa seconda serie, in questa fic ipotizzo che ci sia anche l’obbligo di frequentare un terzo anno (e man mano capirete perché).

Proprio perché i ragazzi sono al secondo anno, bisogna aggiornare le età, quindi Josh ha 17 anni, Yoko 16 e Brett 11.

 

Che dire, spero di non avervi annoiato e spero di non aver reso questa ancora breve fic troppo pesante… Aspetto con ansia i vostri pareri, sia sulla trama sia che voi abbiate riscontrato errori (battitura, tempi verbali, punteggiatura, ripetizioni, qualsiasi cosa!) o incongruenze (sto diventando scema per non fare casino con il tempo che passa e per non incasinare i giorni della fic, per non scrivere ad esempio che Brian è lì da qualche settimana e invece è solo qualche giorno, quindi se vedete cose del genere non esitate a farmelo presente!).

Un grazie mille a tutti voi lettori e, non meno importanti (anzi! Mi date davvero la carica!), a piccola_boss, weepingangel e Rimiesse che hanno commentato il precedente capitolo!

Alla prossima,

WolfEyes

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Il provino ***


Capitolo 4

Capitolo 4

Il provino

 

 

 

«Sei stato gentile ad accettare di accompagnarmi», gli confessò Yoko, appena imbarazzata.

«Figurati, non avevo nessun impegno e poi per me è un piacere», si affrettò a risponderle Brian al suo fianco.

Le piaceva davvero restare in sua compagnia. Era abituato ad essere circondato da ragazze che non si facevano problemi a pregarlo di uscire con loro, rendendosi quasi ridicole pur di mettersi in mostra. Erano tutte uguali, una più insignificante dell’altra, ma Yoko era diversa. Anche se inizialmente l’aveva creduta esattamente come tutte le altre, considerando come si era affrettata ad offrirsi di fargli fare il giro della scuola, alla fine lo aveva conquistato con la sua genuina spontaneità. Probabilmente il suo aspetto fisico l’aveva attratta, come del resto lui era attratto dalla bella ragazza che era, ma si stava distinguendo dalle altre.

«Dove dobbiamo andare?», le chiese poi, camminando a pochi passi di distanza da lei.

«Mh…», mugugnò la giovane, leggendo l’indirizzo sull’annuncio che si era portata dietro e poi controllando i nomi delle vie sui cartelli. «Per di qua», annunciò incamminandosi, sicura che Brian l’avrebbe seguita.

Dopo pochi metri, i due raggiunsero l’edificio tanto cercato. Il teatro della zona era enorme, nonostante vi si tenessero per lo più saggi di danza e recite della scuola di bambini delle elementari. Di tanto in tanto anche qualche gruppo di recitazione dava spettacolo lì, ed era proprio ad una di queste recite che Yoko voleva prendere parte, dato che per mancanza di membri avevano aperto le audizioni anche al pubblico. Il Galaxy non era il tipo di liceo che organizzava recite o spettacoli scolastici, quindi la ragazza doveva approfittare di quel tipo di eventi, cogliendo l’occasione appena possibile.

Brian e Yoko erano nel corridoio adiacente alla sala del teatro, dove una porta dava direttamente al retro del palco. Molteplici sedie erano ordinatamente disposte lungo tutto il corridoio, ai lati, in modo da lasciare libero il passaggio. C’erano un sacco di ragazze con un copione tra le mani, intente a provare le battute, molte di loro erano accompagnate addirittura dal fidanzato. La tensione era palpabile, per quanto fossero tutte avvezze a recitare si trattava pur sempre di un provino.

«Vuoi sederti? Credo ci vorrà un po’», le propose Brian, notando la fila di persone in attesa.

«Sì, forse è meglio», accettò la ragazza, con un sorriso forzato. L’ansia cominciava a farsi sentire.

«Quindi… Di che si tratta, esattamente?», le chiese il ragazzo, nel tentativo di farla chiacchierare e distrarre dalle preoccupazioni, mentre la osservava estrarre un grosso copione dalla borsa a tracolla.

«“Romeo e Giulietta”, di Shakespeare. Non è la prima volta che provo questa parte, dopotutto è un classico, ma indovina un po’? Manca proprio Giulietta, e io alla fine venivo sempre scelta per fare la parte della sua nutrice», confessò, con leggero sarcasmo. La preoccupazione le attanagliava lo stomaco, in più con il brusio di sottofondo delle ragazze che ripetevano le battute, seppur a bassa voce, non era facile per lei concentrarsi.

Brian, visto il tipo di risposta, optò per lasciarla ripassare con calma, senza distrarla o infastidirla. La vedeva abbastanza tesa e non voleva che il provino avesse esito negativo perché magari non le aveva dato il tempo di ripassare e concentrarsi.

Accanto a lui, Yoko invece si stava mentalmente maledicendo. Il nodo che sentiva allo stomaco non era dato solo dalla preoccupazione per il provino in sé, per la figura che avrebbe fatto se avesse dimenticato una battuta o se si fosse bloccata e avesse fatto scena muta. No. Il problema era che l’ultima volta che aveva fatto un provino c’erano con lei Brett, Fluffy e Josh. Il suo caro team, che aveva saputo come tranquillizzarla e metterla a suo agio in pochi minuti. Si sentì in colpa per non averli avvisati, se glielo avesse chiesto non ci avrebbero sicuramente pensato su due volte prima di accettare di accompagnarla. E allora perché aveva stupidamente pensato di non proporglielo? Già, non voleva disturbarli. Brett sembrava sempre più stanco e Josh sempre più assente e difficile da coinvolgere. Con un groppo in gola, si chiese cosa stesse distruggendo il suo team, ma si diede della stupida un attimo dopo, pensando di sbagliarsi.

Sobbalzò sulla sedia quando la porta si aprì e una ragazza venne chiamata ad entrare. Il suo turno si stava avvicinando, e lei aveva estremo bisogno di ripassare le battute.

 

 

Tirò un sospiro di sollievo. Finalmente si era tolta quel peso!

La porta cigolò e una delle assistenti dietro di lei invitò un’altra ragazza ad entrare, mentre Yoko si dirigeva, ora tranquilla e serena, verso Brian, che l’aveva pazientemente aspettata.

«Allora?», le domandò appena la vide, di getto, spinto dalla curiosità che l’attesa non aveva fatto che accrescere.

«Come al solito, mi faranno sapere!», sbuffò, ma senza negargli un largo sorriso. «Non sarà stata una delle mie performance migliori, probabilmente, ma ora come ora non mi importa. Non voglio più sentir parlare di copioni e di recite almeno per tutto il resto della giornata!», sentenziò, tirando Brian per un braccio perché si alzasse dalla sedia, che tra l’altro ricordava essere abbastanza scomoda.

«Ma cosa…?».

«Andiamo a prenderci un bel gelato!», decise la ragazza, come se avesse di colpo ritrovato la grinta e l’energia perdute.

«O-Ok…», balbettò l’altro di rimando, interdetto dalla vitalità della ragazza, che appena mezz’ora prima pareva sul punto di andare al patibolo piuttosto che ad un provino. Si lasciò trascinare, mentre lo prendeva sotto braccio e si incamminava, e la osservò di sottecchi. Era bello vederla così allegra, quel sorriso era capace di ammaliare chiunque, e lui se ne era reso conto in così poco tempo…

«Dove ti piacerebbe andare? Conosco una gelateria fenomenale!», riprese d’un tratto Yoko, fermandosi ad un incrocio, di fronte alle strisce pedonali.

«Ehm… Non conosco la zona, quindi mi fido di te!», le rispose, senza pensarci troppo. La domanda di Yoko lo aveva riscosso dai propri pensieri e lo aveva colto impreparato, imbarazzandolo. Cosa che capitava veramente di rado, quando usciva con qualche ragazza. Di solito erano loro quelle imbarazzate, appena lui rivolgeva loro la parola.

«Allora ti porto nella mia gelateria preferita, non te ne pentirai!», esclamò, raggiante, attendendo il verde.

Era solo metà mattina e, pur essendo un giorno lavorativo, le strade erano gremite di gente. Chi faceva un giro con gli amici, chi vagava per negozi alla ricerca di qualcosa in particolare, chi si era cimentato in uno shopping folle e camminava con almeno tre buste per mano, chi semplicemente portava a spasso il cane. Iniziava a fare veramente caldo, l’estate era sempre più vicina, ma questo non scoraggiava le persone ad uscire ed a godersi il bel tempo.

Avevano raggiunto la fantomatica gelateria in meno di dieci minuti. L’avevano trovata abbastanza affollata, il caldo giocava senz’altro a favore degli affari, ma in poco tempo erano riusciti a trovare posto ad uno dei tanti tavolini all’esterno, gustandosi orgogliosamente la propria coppa di gelato, decorata con nocciole e zuccherini vari.

«Allora?», chiese Yoko, quasi in ansia.

«Davvero buono, avevi ragione», le confermò il ragazzo, lieto che concentrarsi sul suo gelato potesse evitargli altre situazioni imbarazzanti, nel caso si fosse ad esempio perso a fissare la ragazza che aveva di fronte.

Gli sorrise, contenta che gli fosse piaciuta l’idea di fermarsi lì. Ci voleva proprio un bel gelato per rilassarla, non avrebbe chiesto altro. Tuttavia, quando tra i due calò il silenzio, la giovane prese a guardarsi attorno. Inaspettatamente, vide una delle coppiette che aveva notato anche in fila per il provino passare di lì, abbastanza lontano da non sentire cosa si dicessero ma abbastanza vicino perché li riconoscesse. La ragazza teneva sotto braccio il giovane accanto a lei, ridendo probabilmente ad una battuta che lui aveva appena fatto. Improvvisamente, si rese conto della gelateria e lo strattonò appena, perché si fermasse e guardasse dove lei gli stava indicando. La vide fare un’espressione tenera e buffa, probabilmente stava insistendo per avere un gelato, e lui, dopo le prime lamentele, aveva ceduto.

 

«Quindi come pensi sia andato?», le chiese Josh, che le camminava accanto.

«Sai che sono sempre ipercritica quando si tratta di valutarmi», spiegò lei.

«Quindi ti sei bloccata?», domandò allora, sapendo di farla arrabbiare.

«Ehi!», sbottò Yoko, dandogli una gomitata. «Io non mi blocco!», si difese, imbronciandosi. Quando però un attimo dopo lo sentì ridere, capì di avergli fatto ottenere ciò che voleva: farla innervosire e farle fare quella buffa espressione che assumeva quando lui si prendeva gioco di lei. Rise a sua volta. Stavolta era riuscito a fargliela, e lei non era riuscita a fingersi offesa.

Quel giorno Brett non aveva potuto accompagnarli al provino, perché impegnato in una lezione supplementare di difesa, così si era dovuta accontentare della sola presenza di Josh. Sì, forse la parte di Ofelia dell’Amleto non le si addiceva granché, ma aveva dovuto tentare. Un vero attore doveva saper recitare qualsiasi ruolo e per quanto fosse brava aveva ancora tanto da imparare.

Come di consueto, dopo il provino, nessuno poteva negarle un giro in centro e qualcosa di estremamente zuccherato. Josh non aveva potuto opporre resistenza, inoltre anche lui doveva ammettere che fare un giro non gli dispiaceva. Sgranchirsi le gambe dopo almeno un’ora seduto su quelle sedie infernali era d’obbligo.

«Oh, guarda!», lo richiamò Yoko, che lo aveva fermato tirandolo per la maglietta, mentre con il braccio teso indicava qualcosa.

Non ricordavano affatto che in città si festeggiasse qualcosa, così, quando videro la piazza gremita di persone occupate ad osservare varie bancarelle, rimasero piuttosto stupiti.

«Una fiera?», chiese Josh, sorpreso, rammentando che forse la settimana precedente aveva letto qualche volantino.

«Facciamo un giro! Dai, vieni!», gridò lei, tirandolo per un braccio e camminando svelta, inserendosi tra la folla.

«Yoko! Lasciami, so camminare da solo», si era lamentato lui, lievemente imbarazzato.

Le bancarelle esponevano merce di ogni tipo e se non fosse stato per Josh che la riportava alla realtà, probabilmente la ragazza si sarebbe persa ad osservare gioiellini fatti a mano, borse e dolci di ogni tipo.

«C’è lo zucchero filato!», esclamò d’un tratto, entusiasta, mentre gli occhi le brillavano come se fosse una bambina di fronte ad una nuova bambola, indicando la bancarella dello zucchero filato a pochi metri da loro.

«Cosa?», esclamò Josh. «Non mi dirai che vuoi lo zucchero filato!? Dove la metti la tua dieta, così? Ingrasserai», le fece notare, con poco tatto.

La giovane divenne paonazza. Non aveva ancora avuto la sua dose di zucchero e, in genere, si concedeva i dolci soltanto in quelle occasioni. «Come ti permetti!?», gli gridò, incrociando le braccia, offesa. «Cafone!», sbuffò, dandogli le spalle e iniziando ad osservare una delle bancarelle che esponeva borse colorate, così da ignorarlo. No, questa volta non gli sarebbe bastato scusarsi, o per lo meno gli avrebbe tenuto il broncio per un po’. Si era sentita stranamente in imbarazzo, con quella sua battuta. Probabilmente stava solo scherzando, ma lei si era inevitabilmente chiesta se lui non la trovasse bella o se la trovasse grassa. Se voleva farle venire dei dubbi, ci era riuscito, e intanto lei si era sentita vulnerabile. Non era raro che lui la prendesse un po’ in giro, ma l’argomento “dieta” quando si parla ad una ragazza è sempre un tasto dolente.

Non stava nemmeno più realmente guardando le borse, quando qualcosa le prese una mano, facendola voltare. Si sorprese nel vedere Josh metterle in mano un bastoncino di zucchero filato e non poté non arrossire. Non si era nemmeno accorta che si fosse allontanato, si era semplicemente voltata con l’intento di ignorarlo e, a quanto pareva, ci era riuscita. La grossa nuvola bianca e soffice nascose parzialmente il volto sorridente del giovane, soddisfatto per averle fatto quella piccola sorpresa.

«Josh, ma…?», balbettò, ancora incredula.

«Non mi avrai mica preso sul serio prima, vero!?», le chiese, mantenendo quel largo sorriso.

Sentì i battiti del proprio cuore farsi inaspettatamente più rapidi, senza che potesse farci nulla. Si sentì una stupida per essersi sentita così male, prima.

«Ma… Ma l’hai pagato tu! Ne vuoi? Facciamo a metà!», gli propose, sentendosi appena in colpa per avergli fatto spendere dei soldi. Soldi che aveva speso unicamente per accontentarla.

Josh strappò un pezzetto di zucchero e lo mangiò in un boccone. «Ora è tutto tuo», le garantì con un sorriso, prima di voltarsi e riprendere a camminare.

 

Ricordò che, quel giorno di appena due mesi prima, Josh aveva praticamente dovuto trascinarla via da quella miriade di distrazioni, altrimenti non avrebbero più fatto ritorno al Galaxy.

Forse, quella coppietta le aveva ricordato il modo in cui avevano litigato lei e Josh quella volta, e per un attimo si sentì quasi male. Perché non aveva chiesto a lui e Brett di accompagnarla, oltre che chiederlo a Brian? Le bastò il ricordo di quella stessa mattina per rispondersi da sola. Con la scusa della moto e della lucidatura a Fluffy, Josh se n’era andato quasi come se avesse fretta. E in genere li rendeva partecipi di qualsiasi cosa volesse fare, soprattutto perché poi si inventava qualcosa che andasse un po’ contro il regolamento, come tentare di cuocere i wurstel con la fiamma del motore dell’hornet.

Era vero che le faceva piacere poter conoscere Brian, ma non era certo una buona scusa per escluderli così di punto in bianco da quella loro abitudine. Eppure, quel distacco che Josh aveva mostrato l’aveva a sua volta fatta allontanare, e si sentì in colpa per aver fatto proprio quello che aveva temuto: comportarsi in modo da allontanare ulteriormente l'amico. Si chiese se per caso il moro non ce l’avesse con lei per qualcosa che aveva fatto e che lo aveva turbato, ma non riusciva a darsi risposta.

Guardò la coppietta di prima sedersi ad un tavolino poco distante da loro e sentì come un groppo in gola, come se ci fosse qualcosa di sbagliato, non solo nel non aver detto nulla al resto del suo team.

«Yoko, va tutto bene?», le domandò Brian, lievemente preoccupato, riportandola alla realtà.

Solo allora notò che il ragazzo aveva praticamente finito la sua coppa, mentre nella propria ormai le nocciole stavano annegando.

«Ehm… No, niente, mi sono solo distratta», spiegò vagamente. Sospirò. Forse sarebbe stato meglio che Josh e Brett non venissero a sapere del provino, o ci sarebbero rimasti male. «Senti, Brian. Vorrei chiederti una cortesia», iniziò, deglutendo a fatica.

«Tutto quello che vuoi», le confermò, sorridendo.

«Vorrei che… Vorrei che non facessi parola agli altri di questo provino. Insomma, non voglio illuderli di aver ottenuto la parte senza prima sapere il risultato», mentì, sentendosi tremendamente in colpa.

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Eccomi, finalmente!

Dovete scusarmi (in realtà dovreste linciarmi... Ma suvvia, è il mio compleanno e sto facendo io un regalo a voi xD), ma tra studio, lavoro e un minimo di vacanza, il tempo libero e l’ispirazione non andavano mai di pari passo. Ho fatto veramente fatica a scrivere questo capitolo, che noterete essere anche scritto abbastanza di fretta, ma era necessario vedere un po’ anche Yoko e Brian e questo (purtroppo, perché così per scriverlo ho dovuto rallentare tutto) non era inizialmente previsto.

Ho ritenuto doveroso dare un po’ di spazio anche a Yoko, visto che ci si è incentrati fino ad ora sullo stato d’animo di Josh, innamorato di Yoko e già praticamente rifiutato, dal momento che, parole sue, lei non penserebbe mai di stare con il proprio leader.

Tuttavia, oltre alla grintosa Yoko impegnata con le recite e lo spettacolo, abbiamo visto il turbamento sconvolgerla un po’, perché appunto questa insolita lontananza di Josh (anche se solo degli ultimi due giorni) non le quadra, e vedere le coppiette felici le ha stranamente fatto venire in mente lui.

Inoltre, sembra farsi sempre più concreta anche in lei l’idea che qualcosa stia sconvolgendo il team…

Buahahahahah!*^* Sì, sono un po' cattiva con loro, lo ammetto.

Vi chiedo ancora scusa per il ritardo nell'aggiornare e soprattutto per l'esposizione scadente, ma la fretta e la poca ispirazione sono cattive consigliere! Vi prometto, però, che il prossimo aggiornamento sarà sicuramente più rapido!^^

Fatemi sapere cosa ne pensate ^^ Grazie mille a tutti voi lettori e a piccola_boss e Rimiesse per aver recensito il precedente capitolo ^^

A presto.

WolfEyes

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Tra confronti e pensieri ***


4-Troppi pensieri sconvenienti

Capitolo 5

Tra confronti e pensieri

 

 

 

Non gli andava per niente. Avrebbe preferito il digiuno, ma non poteva continuare a scappare. L’aveva già evitato il giorno precedente, non doveva farlo di nuovo. E, dopotutto, iniziava ad avere fame.

Arrivando nella sala della mensa, notò che, purtroppo, Yoko e Brian erano già arrivati e si stavano sedendo ad un tavolo, mentre di Brett non c’era alcuna traccia. Dov’era finita la sua brillante e consueta propensione al ritardo, ora che serviva? Avrebbe dovuto affrontare da solo il nuovo arrivato, e questo lo turbava al punto da fargli quasi perdere l’appetito. Di nuovo.

Si fece coraggio e, sprezzante del pericolo che stava per correre, si avvicinò al tavolo come se nulla fosse. Salutò entrambi in modo cordiale e si sedette… Proprio di fronte a Brian. Pensò che il posto accanto a lui era solitamente occupato dalla ragazza, ma che quel giorno, guarda caso, lei occupava il posto vicino al nuovo arrivato. Notò che Yoko attendeva in piedi, e, qualche attimo dopo l’arrivo di Josh, si offrì di andare a prendere il pranzo al nuovo studente. Ora poteva dire di aver perso del tutto l’appetito.

Una gran rabbia pervase il moro, che si impose di restare calmo nonostante fremesse dalla voglia di prendere a pugni quella brutta faccia che aveva di fronte. No, doveva smetterla con i pugni, era troppo irascibile ultimamente. Avrebbe finito col rompersi veramente la mano.

«E così ho finalmente l’onore di parlare anche con te e fare la tua conoscenza!» esclamò con un sarcasmo ben celato tranne che al moro, il nuovo arrivato, porgendogli la mano destra.

«Piacere mio», mentì Josh, storcendo il naso e sollevando a sua volta la mano destra, solo per fargli notare la fasciatura. «Spiacente, ma… Infortunio!», esclamò.

«Oh, scusa!», disse Brian, ritirando la mano.

Proprio in quel momento tornò Yoko con in mano due vassoi della mensa e li posò sul tavolo.

«Eccomi! Tu, Josh, non vuoi niente?», gli chiese lei, cordialmente.

«No, ti ringrazio, ma ho già mangiato un panino…», mentì lui, ripensando a come gli era passata in fretta la fame non appena aveva notato la cordialità e la generosità di Yoko nei confronti di Brian.

«Come? Anche ieri sera non hai cenato… Tutta colpa di quella stupida moto!», esclamò lei, incrociando le braccia al petto, stupendosi poco dopo di aver provato una strana preoccupazione nei confronti dell’amico.

«Ehi! Sono capace anche da solo di capire quando mangiare!», esclamò Josh, imbronciandosi.

Yoko rispose con un’occhiata storta poco prima di rendersi conto di aver scordato l’acqua.

«Scusate, torno subito», disse, dirigendosi verso il bancone.

«E così… Hai una moto… Qui?», gli domandò Brian, tra lo sconcertato e l’incredulo. Era la prima volta che sentiva nominare la moto e, d’altra parte, era anche la prima volta che si trovava faccia a faccia con Joshua Kirkpatrik.

«Sì…», esclamò il moro, per niente interessato alla conversazione e distratto dalla folla di studenti in mensa, alla ricerca di una certa testolina bionda che avrebbe potuto salvarlo da quella situazione fin troppo tesa.

«E come mai ti permettono di tenerla qui? Non mi sembra che nessun altro abbia un proprio veicolo…».

«Me lo permettono e basta», tagliò corto Josh, ormai irritato.

«Perché sei un figlio di papà?», indagò Brian, fastidiosamente, ricordando che il giorno prima, nell’ufficio del direttore, aveva sentito Josh chiamare “papà” il signor Kirkpatrik.

Lo sguardo che prima Josh aveva posato su altri studenti era balzato, rapidissimo, su Brian, che lo guardava con un sorrisetto di scherno.

«Non azzardarti a darmi nomignoli o a pensare che solo perché mio padre è il direttore mi sia permesso fare tutto ciò che voglio, qua dentro. Ma… Rendimi le cose difficili e io renderò la tua permanenza qui un inferno», sibilò Josh tra i denti.

«Ah sì? E voglio proprio vedere come farai! Tuo padre preferirà dare ascolto al suo figlio ribelle o ad un nuovo studente modello che forse si iscriverà in questa scuola? Io per tuo padre rappresento un affare!», lo provocò Brian con un sorrisetto.

Nuovamente tornò Yoko, che si sedette con il suo solito modo allegro.

«Allora, ragazzi, avete fatto conoscenza?», domandò ad entrambi.

«Certo!», esclamò Brian, con una punta di sarcasmo che notò soltanto il ragazzo seduto di fronte.

«Sì! », diede corda anche Josh, rispondendo allo stesso modo. «Sai, è proprio simpatico, non so come ho fatto ad ignorarlo, ieri…».

Nessuno dei due avrebbe voluto ammettere di fronte a Yoko che non si sopportavano a vicenda già dopo una conversazione di nemmeno cinque minuti.

La ragazza ne fu subito contenta, esclamando raggiante: «Visto? Ve l’avevo detto che sareste andati d’accordo!»

Non sapeva quanto si stesse sbagliando.

 

 

Brett doveva ammettere che la situazione era notevolmente cambiata. Era palese che Josh e Brian non si sopportassero. Questione di caratteri! Se due persone sono incompatibili non ci si può fare niente, inoltre era sicuro che il suo arrivo in mensa, poco prima, avesse evitato imbarazzanti silenzi e battute spinose…

Ma non era questo a cui doveva pensare! Perché Josh ne combinava sempre una? Brett aveva anche i suoi, di problemi, senza preoccuparsi di quelli degli altri.

Gli restava poco più di un mese per decidere, e non era una cosa facile.

Sdraiato sul letto e con lo sguardo perso a concentrarsi su un punto indefinito del soffitto della stanza, il giovane biondino stava pensando al giorno precedente, quando Kirkpatrik li aveva chiamati nel proprio ufficio e aveva annunciato l’arrivo di Brian. Era bastata una conversazione in privato per ribaltare l’andamento della giornata e fortunatamente Josh non era in camera quando era tornato indietro. Aveva seriamente bisogno di stare un po’ da solo, e anche ora, vista la mancanza del suo compagno di stanza, ne voleva approfittare per lasciarsi andare a quei pensieri. Doveva prendere una decisione, una seria decisione, e doveva pensare solo a sé stesso.

Non aveva informato i genitori né i suoi amici. Non doveva coinvolgere nessuno con cui avesse un legame affettivo o in qualche modo, anche involontariamente, questi avrebbero influenzato la sua scelta. Ma non sapeva più che pesci prendere. Sì o no? Restare… o andarsene?

Possibile che dovesse lasciare il Galaxy?

Proprio mentre si poneva quell’interrogativo assillante, qualcuno irruppe nella stanza in modo poco garbato.

«Non ho idea di come tu faccia a sopportare quell’essere!», sbraitò Josh, con spalle e braccia irrigidite, digrignando i denti.

Brett decise di lasciar perdere momentaneamente i propri pensieri, concentrandosi su Josh.

«Beh, perché lo odi tanto?».

«Uno che mi dà del figlio di papà di certo non si guadagna la mia stima!», disse.

«Ne deduco che non siete partiti col piede giusto».

«Affatto!», confermò il moro.

Qualche istante dopo si sedette sul letto, sbuffando.

«Scusa, sicuramente ti stavi riposando e io ti ho disturbato», disse, gettando il busto all’indietro in modo da trovarsi sdraiato.

«Figurati», disse Brett, girandosi su un fianco, così che Josh non potesse vederlo in volto. «Buona dormita».

L’altro non rispose, ma il biondino sapeva che il giovane sarebbe stato in procinto di dormire, questa volta senza rischiare di rompersi una mano.

Conosceva Josh troppo bene per pensare che fosse così irascibile solo a causa di Brian. Aveva perso la sua solita vitalità, pur essendo un pigro, e, quando non era alle prese con la sua moto, lo trovava spesso pensieroso.

Ma questa era la buona occasione per starsene da solo con i propri pensieri e riprendere a concentrarsi sulla decisione da prendere. Poteva veramente lasciare Josh e Yoko? Era vero che Brian avrebbe potuto rimpiazzarlo, ma quanto sarebbero durati lui e il moro gomito a gomito lavorando insieme? Ma poteva rinunciare ad un’occasione come quella per i suoi amici? Si trattava pur sempre del suo futuro, del suo interesse… Erano più o meno importanti se messi a confronto con il suo team?

Ma d’altro canto, come l’avrebbero presa loro se lui li avesse abbandonati? Non sarebbe nemmeno più riuscito a guardarli in volto. Anzi, li avrebbe mai rivisti se se ne fosse andato?

Erano interrogativi ai quali riusciva solo a dare risposte negative ed inquietanti. Non c’era modo di fare una scelta giusta, proprio perché non c’erano una decisione giusta e una sbagliata di vedere quella proposta. Non c’era una fazione dalla parte del bene e una dalla parte del male. Si trattava unicamente di una questione personale, il cui esito poteva vedere gli amici davanti alla carriera, o viceversa.

Tuttavia, era una decisione che doveva prendere da solo, senza l’aiuto di nessuno. I genitori probabilmente gli avrebbero detto di andare via, di pensare al suo interesse, ma gli amici non lo avrebbero lasciato andare tanto facilmente.

Aveva undici anni, ma non voleva coinvolgere nessuno. Solo lui avrebbe deciso. Lui e nessun altro.

 

 

Nella stessa stanza, su di un letto poco distante, Josh pensava amaramente a quanto la situazione fosse diventata insostenibile. Non riusciva a sopportare l’idea del nuovo arrivato e più ci pensava più si imbestialiva. Yoko invece gli sembrava totalmente irraggiungibile, distante e del tutto presa da Brian, che come se non bastasse ricambiava le sue attenzioni. E come biasimarlo? Una ragazza così non poteva essere ignorata…

Dannazione, perché non poteva esserci lui al posto di uno dei tanti ragazzi che Yoko aveva l’abitudine di adocchiare? Non che lui fosse da meno, ma ora che ci faceva caso era da parecchio che non pensava a nessuna delle ragazze che incontrava…

Era proprio andato… E la cosa peggiore era che Yoko gli stava sfuggendo da sotto il naso. Se ne stava lentamente andando.

Si dice che ci si rende conto del valore di una cosa solo quando la si perde, ma, forse, a volte basta semplicemente la paura di perderla a farlo capire.

 

 

Non appena si chiuse la porta di camera alle spalle, un sorriso le si allargò sul volto.

Brian e Josh si erano finalmente parlati e, anche se doveva ammettere che in certi momenti l’atmosfera sembrava essersi fatta pesante, era felice che andassero d’accordo. Loro stessi lo avevano ammesso, non appena lei era tornata al tavolo. Sì, qualche momento di silenzio era dovuto anche a lei ed ai suoi sensi di colpa per la faccenda del provino, ma poi tutto era andato affievolendosi man mano che i due ragazzi discorrevano. Si sentiva così soddisfatta degli avvenimenti della giornata, in particolare di quello, poiché fortunatamente i due si erano trovati simpatici e Brian poteva dirsi ormai ben ambientato nel gruppo. Le sfuggì un risolino dalle labbra e si buttò sul letto, voltandosi a fissare il soffitto.

Si sentiva così leggera ora che non doveva più preoccuparsi. I dubbi di quella stessa mattina si erano come dissolti nel nulla.

Inoltre poteva dirsi felice, perché sentiva che le cose con Brian stavano andando alla grande. Quel ragazzo l’aveva colpita fin dall’inizio e, ora che aveva potuto constatare che andava d’accordo con Josh, non c’era niente in lui che non andasse o che la preoccupasse ulteriormente. Poteva quasi definirlo il ragazzo perfetto, era gentile, solare, simpatico ed era capace di farla sentire bene, nonostante inizialmente fosse un po’ in imbarazzo accanto ad un ragazzo così carino. Sì, era proprio un bel ragazzo! Ma non doveva correre troppo, lo sapeva, in fondo lo conosceva solo da poco tempo e non voleva affrettare le cose. L’importante era che per ora lui le avesse fatto una buona impressione e avesse tutte le carte in regola, e sperava di aver fatto anche lei una altrettanto buona impressione al nuovo arrivato.

Le gote le si accesero al pensiero di quel viso sorridente incorniciato da morbidi capelli castani, e un sorriso spontaneo le arricciò le labbra rosee.

Tuttavia, nonostante stesse pensando a Brian, a quello che sperava sarebbe diventato più di un amico e che si stava guadagnando un posto riservato nel suo cuore, si sorprese di provare un grande sollievo dentro, un sollievo che le aveva liberato lo stomaco da un peso, un sollievo interiore e nascosto, più profondo e rassicurante. Sapeva che non aveva nulla a che fare con Brian. Sembrava che i pensieri rivolti a lui fossero solo la superficie delle emozioni che stava provando, quelli più insignificanti se messi a confronto con quello che sentiva ora. Sentiva un’emozione molto più importante di quelle che i precedenti pensieri le avevano trasmesso. Un volto diverso si sovrappose a quello di Brian, nella sua mente, e non riuscì a trattenere un sorriso. I capelli scuri e gli occhi chiarissimi, quella vivacità dentro di essi e quel sorriso raggiante.

Si sorprese di quanto Josh avesse importanza per lei, di quanto nel suo cuore occupasse un posto ben più grande rispetto al nuovo arrivato e di quanto in realtà fosse stata in pensiero per lui. Non lo avrebbe mai creduto possibile. Eppure si rese conto di averlo sempre saputo. Una parte di lei aveva a cuore Josh come nessun altro.

Giunse alla conclusione che Josh fosse ormai il suo migliore amico e fu grata a quella giornata per averle dato prova del fatto che non lo stesse perdendo.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Eccoci! Qui sì che facciamo i conti con qualche avvenimento rilevante!

Brian e Josh hanno avuto il loro primo dialogo e dire che cane e gatto andrebbero più d’accordo di loro è dire poco! (mi sono anche sempre chiesta perché Josh potesse tenere una moto al Galaxy, ma la serie lascia così poco spazio agli altri personaggi che magari anche a loro è permesso tenere lì un proprio mezzo, e noi poveri spettatori non ne siamo al corrente).

E cosa dire poi di Brett? Abbiamo finalmente un quadro un po’ più chiaro di cosa lo turbava, ma… Perché deve lasciare il Galaxy?

E Yoko forse non ha tirato le giuste somme, dal momento che ha pensato che Josh e Brian andassero d’accordo, ma abbiamo anche visto quanto tenga al nostro amico e quanto soffra la sua lontananza, per quanto questo distacco risalga solo agli ultimi due giorni. Tuttavia, non è troppo afferrata in psicologia, o almeno per quanto riguarda sé stessa, perché, aspettando i dovuti tempi, si sta convincendo che Brian sia il ragazzo perfetto, senza rendersi pienamente conto che è Josh quello con cui si è sempre sentita bene e tante altre belle cose xD

Sto mettendo alla prova l’equilibrio del team, me ne rendo conto… Come reagiranno i protagonisti a tutto quello che sta accadendo?

Vi chiedo scusa, avrei dovuto aggiornare tipo giovedì, ma mi è stato impossibile usare il computer fino ad oggi. Ho dato una riletta veloce e non dovrebbero esserci errori, comunque fatemi sapere! Per quanto riguarda invece il mese di settembre credo che mi limiterò ad un solo aggiornamento causa impegni universitari (esami, per intenderci!).

Ringrazio come sempre piccola_boss, che si sta sempre più affezionando a questa storia, per le belle recensioni che mi lascia. Intanto mi chiedo dove siano finite Rimiesse e weepingangel… Mica vi mangio!xD Ringrazio come al solito tutti i lettori di questa piccola fic, non abbiate timore a dirmi cosa ne pensate ^^

A presto!

WolfEyes

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Poter lavorare insieme ***


Capitolo 6

Poter lavorare insieme

 

 

 

«Brett, vorrei parlarti per quanto riguarda il tuo rendimento», aveva detto l’uomo seduto di fronte a lui. «Siediti pure», lo invitò poi, indicando una delle due sedie girevoli poste davanti alla scrivania.

«Come vuole, direttore», obbedì lui, un po’ sorpreso da tanto mistero. Kirkpatrik era così autoritario, in certi casi, da metterlo in soggezione. Che ha che non va il mio rendimento?, si chiedeva il giovane.

«Naturalmente, essendo tu uno dei migliori studenti dell’istituto, siamo fieri di avere un allievo che raggiunge simili risultati, ma vedi… E’ proprio per questo che sono tenuto, ahimè, ad informarti di una nuova proposta proveniente da un’altra scuola», concluse lui.

Brett, se prima era sorpreso, ora era confuso. Cosa sta cercando di dirmi?, si domandò, pur avendo un sospetto. Quell’ “ahimè” non era granché rassicurante.

«Un’altra scuola?», chiese il biondino.

«Esattamente. La Moon Academy, che ha recentemente aperto, appunto, sulla Luna, offre un insegnamento di livello superiore al nostro. E’ molto prestigiosa, anche se è operativa solo da pochi anni. Quest’anno ha richiesto agli istituti come il nostro la collaborazione degli studenti migliori, in questo caso tu, Brett. Il programma consiste nell’integrazione di nuovi studenti, giovani e promettenti, ai loro corsi di studio».

Brett era come imbambolato, le parole sembravano essergli entrate da un orecchio e uscite dall’altro tanto era rimasto incredulo.

«È un po’ come il programma di orientamento che abbiamo adottato noi. La Moon Academy, in sostanza, ha chiesto che tu, terminato questo anno in questa scuola, ti iscriva alla loro il prossimo anno», concluse il direttore, notando che Brett era a dir poco sbalordito, senza parole.

«Dovrei andarmene?», domandò, con lo sguardo perso, come se d’un tratto gli fosse mancata la terra sotto i piedi. Aveva un’opportunità unica, ma significava perdere i suoi amici.

«Se accetterai frequenterai la Moon Academy, dovrai trasferirti sulla Luna insieme agli altri suoi studenti. Non ti nascondo che la possibilità di perdere un allievo valido come te mi rammarica, ma si tratta di un’occasione unica per il tuo futuro», spiegò. «Mi dispiace, Brett, te l’ho comunicato appena l’ho saputo, ma hai fino alla fine dell’anno scolastico per decidere se accettare o meno. Comprendo che il tempo non sia a tuo favore, ma ti prego di pensarci con attenzione», concluse.

 

Mi dimenticheranno. Li perderò tutti.

 

Brett si svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere e scoprendosi dalle lenzuola. Gocce di sudore scendevano dalle tempie, rigandogli il viso, e un fastidioso senso di soffocamento lo aveva portato ad ansimare, senza fiato. Aveva rivisto nei suoi sogni la conversazione avuta con Kirkpatrik qualche giorno prima e non aveva retto. L’agitazione era troppa. Era una decisione che sentiva di non poter prendere, avrebbe voluto che qualcuno lo facesse per lui, imponendoglielo. Sarebbe stato molto più facile.

Si portò una mano alla fronte, nel tentativo di calmarsi.

«Brett, va tutto bene?», gli domandò una voce rauca per il sonno, che poi il biondino scoprì essere quella di Josh, disteso sul suo letto e nascosto dalle coperte.

Si sentì in imbarazzo per essersi fatto vedere in quello stato dall’amico.

«S-Sì, credo di aver sognato un’invasione aliena», azzardò, sperando di essere credibile.

«Beh, se hai bisogno di qualcosa, chiama», gli rispose il moro, intuendo che probabilmente qualcosa preoccupasse anche l’amico.

Brett annuì e si rimise sotto le coperte, sperando di poter dormire almeno per un po’ senza che la preoccupazione prendesse il sopravvento su di lui.

Quella decisione gli avrebbe cambiato la vita.

 

 

Josh era appena riuscito a prendere un po’ di sonno, quando la sveglia del suo compagno di stanza trillò insistentemente e fastidiosamente.

“Che due scatole…”, pensò sbuffando, rigirandosi nelle coperte nel tentativo di scacciare quello stridio, ben consapevole che però niente lo avrebbe fatto riaddormentare.

«Brett, svegliati!», gli gridò poi, protestando e lanciandogli addosso il suo cuscino. Almeno poteva degnarsi di spegnere la sveglia, no? Soprattutto in un traumatico lunedì mattina, con l’unica consolazione positiva di aver finalmente tolto la fasciatura alla mano.

«Ehi, che modi sono?», gli chiese il biondo, arrabbiato, premendo finalmente il pulsante che avrebbe fatto tacere quell’arnese infernale. Gli rilanciò il cuscino, sbuffando. «Possibile che non ci sia un minimo di civiltà in te?», si lamentò, alzandosi e dirigendosi verso il bagno. «Vado a fare la doccia», lo informò.

«Come ti pare», rispose il moro, sbadigliando sonoramente, lieto tuttavia di potersi godere un po’ di calma e tranquillità ancora avvolto dalle coperte. Si stupì di riuscire quasi a dormire, quando un rumore lo svegliò nuovamente.

Qualcuno doveva aver bussato alla porta. Si chiese chi potesse mai essere, visto l’orario, ma non si lasciò pregare. Svogliatamente, per via della stanchezza, si tirò su dal letto e si diresse verso la porta, scavalcando il piccolo Fluffy, che ancora dormiva su un tappeto ai piedi del letto.

«Chi è?», bofonchiò, con una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio eccessivamente accentuato, poco prima di aprire, senza aspettare alcuna risposta.

Il suo cuore perse un battito. Rimase notevolmente sorpreso nel vedere di fronte a sé, con un braccio semialzato pronto a bussare nuovamente, la ragazza più bella che avesse mai visto. Quel viso perfetto, quei buffi codini arancioni, quel velo di trucco che le risaltava le labbra, quegli occhi belli da mozzare il fiato. Sembrava già così raggiante e solare, ma forse solo lui riusciva a notare una certa stanchezza in lei, per via dell’orario.

«Yoko, che… Ci fai qui?», domandò, un po’ titubante. Indubbiamente non si aspettava di trovarla lì, davanti alla porta di camera sua. Per un attimo gli sembrò quasi di essere tornato alla normalità, quando lei li andava a cercare per qualcosa, quando Josh poteva semplicemente stare con lei. Effettivamente, non ricordava nemmeno l’ultima volta che l’aveva vista. Brian era arrivato ormai da una settimana e lui non aveva più avuto occasione di restare con Yoko come accadeva prima. Dopo il giorno di riposo per via del programma di orientamento e del test che avevano sostenuto, le lezioni erano riprese regolarmente e purtroppo Josh aveva dovuto sopportare la presenza di quel Brian Smith sempre accanto a Yoko. Che fosse una lezione di chimica, di guida spaziale o di autodifesa, lui le stava appiccicato. Il moro sopportava a malapena di restare con loro a pranzo, obbligato più che altro dagli orari delle lezioni pomeridiane, ma quando veniva sera, scappava dalla sua moto. Allo stesso modo si era comportato la domenica, solitamente libera dalle lezioni e dalle missioni, salvo che queste ultime fossero dei casi di emergenza. Poiché gli ultimi due esami teorici erano stati anticipati a quella settimana, piuttosto che essere ben distribuiti su entrambe le settimane che separavano gli studenti dalle vacanze, Josh aveva provato insieme a Brett a studiacchiare qualcosa, ma ogni volta che ripensava alla lezione, gli veniva in mente Brian seduto vicino a Yoko. Per gli esami pratici, invece, i professori avevano deciso di raccogliere i dati rilevanti durante le missioni e di esaminare soltanto quando l’esito era incerto. Almeno in quel campo, Josh non aveva avuto problemi, a differenza di Brett, che sembrava essere sempre più in ansia.

«I-Io…», cominciò lei, quando qualcosa la bloccò, impedendole di continuare a parlare. Attonita, le sembrava impossibile ritrovare le parole, si sentiva come se non fosse in grado di pensare.

«Yoko, ti senti bene?», le domandò allora il moro, preoccupato.

«S-Sì, ma…», tentò di dire lei, indicando l’amico.

«Che…?», si chiese, preoccupato di aver fatto una magra figura presentandosi ad aprirle la porta ridotto chissà come. «Che c’è che non va?», le chiese allora, constatando che era tutto a posto.

Non poteva certo immaginare che quella vista avrebbe messo la giovane in difficoltà. Il gran caldo che preannunciava l’arrivo dell’estate aveva costretto il moro a dover fare a meno della maglietta.

«S-Sei a petto nudo…», gli fece notare allora la ragazza, lievemente imbarazzata, con un tono di voce che sembrava contrariato. Non che le dispiacesse, tutto sommato, visto che l’amico era in ottima forma e che i pantaloncini chiari che indossava mettevano in risalto la sua carnagione olivastra, ma la cosa la metteva leggermente a disagio.

«Oh, giusto», rispose il giovane, voltandosi per cercare una maglietta. «Entra, intanto. Come mai sei passata qui?», le domandò nel frattempo, con tutta la naturalezza del mondo, come se fosse del tutto normale aprire la porta mezzi nudi.

“A cosa devo questa visita inaspettata, soprattutto senza quell’inglesino che ti sta sempre intorno?”, si domandò mentalmente il moro.

«Ehm… Si tratta di tuo padre. Ci ha chiamati nel suo ufficio per una missione», lo informò lei, sedendosi sul bordo del letto e accarezzando il piccolo Fluffy, mentre Josh ancora cercava una maglietta, invano.

Improvvisamente il giovane si diresse verso la finestra, situata sulla parete opposta a quella dove si trovava la porta. La aprì, facendo finalmente entrare un po’ di luce nella stanza, cosa che avrebbe facilitato la sua ricerca.

«Josh!», lo chiamò allora lei, notando un particolare che le era sfuggito, forse per il buio, nonostante sulla soglia non fosse riuscita a staccargli gli occhi di dosso. «Sono giorni che la sera non ti presenti in mensa, quando sei con noi a pranzo mangi poco e niente. Hai per caso deciso di smettere di mangiare!?», indagò, arrabbiata, già intuendo che l’amico stesse saltando i pasti.

«Che dici? Io mangio eccome…», mentì lui, trovando finalmente una maglietta e infilandosela il più in fretta possibile. Non poteva certo dirle che ogni volta che la vedeva con Brian o che osava pensare a loro due insieme, gli si chiudeva lo stomaco.

«Non mentirmi!», ordinò, scattando in piedi verso l’amico.

«Davvero…», disse, distogliendo lo sguardo dal suo. Non poteva mentirle guardandola negli occhi.

«Josh, davvero, se qualcosa non va o ti senti male, puoi dircelo…», lo rassicurò lei, sinceramente preoccupata. Era abituata a vederlo mangiare porzioni enormi e a non mettere su nemmeno un etto. Non che fosse diventato pelle e ossa, ma ora che poteva farci caso lo vedeva un po’ più asciutto, e non vedendolo mai in mensa non poteva non trarre le sue conclusioni.

«Non ho nulla», insisté lui. Non voleva farla preoccupare inutilmente, del resto. Finse di sistemare qualcosa nel consueto disordine che era tornato a crearsi nonostante la pulizia di Fluffy di pochi giorni prima, per sembrarle naturale. «Comunque, ti ha per caso detto di che missione si tratta?», chiese poi, cambiando discorso.

«Ricerca e raccolta di campioni di roccia spaziale, credo…», ci rifletté lei. «Beh, sai com’è, per cominciare con i nuovi arrivati ci vogliono missioni semplici», concluse.

Certo, i nuovi arrivati. Per un attimo Josh si era illuso che la missione fosse normale, come tutte le altre, ma ora si rendeva conto che sarebbe stata la peggiore di tutta la sua vita. Un leggero tocco lo sorprese, facendolo sobbalzare e riportando la sua mente alla realtà. Yoko gli aveva preso la mano destra tra le sue, esaminandola delicatamente, sfiorando con il pollice le nocche ancora lievemente gonfie. Un dolce sorriso le illuminò il volto, era raro vederla così. «Sembra essersi sistemato tutto», notò, contenta.

Quel lieve contatto fece scorrere un brivido lungo la schiena di Josh, la dolcezza e la naturalezza di quel piccolo gesto lo avevano stupito. Per qualche attimo non riuscì a proferire parola, perdendosi semplicemente a guardare quanto la ragazza fosse bella ed a chiedersi se quella premura significasse qualcosa.

«A-Ah… Sì, tutto a posto», balbettò lui, incerto e con un certo distacco, ancora assorto. Calò un silenzio imbarazzante, lungo attimi che parvero eterni. Lo sguardo di Yoko incrociò quello di Josh e la sicurezza con la quale gli aveva preso la mano sembrò vacillare. Arrossì appena, sentendosi come colta in flagrante.

«Devo andare a chiamare Brian. Ci troviamo nell’ufficio di Kirkpatrik tra un quarto d’ora», si affrettò a dire, lasciandogli la mano un po’ troppo bruscamente e deglutendo a fatica. Fece un’ultima carezza a Fluffy prima di dirigersi verso la porta. «E vedi di mettere qualcosa sotto i denti!», lo rimproverò poi, prima di chiudersela alle spalle.

“Certo, qualcosa sotto i denti. Come se fosse facile stare con quell’impiccione…”, pensò Josh, buttandosi stancamente sul letto. Guardò per un breve istante la propria mano destra, gli sembrava di sentire ancora il leggero calore delle dita di Yoko sulla sua pelle.

Fluffy, ormai svegliato dalle carezze di Yoko, si avvicinò al giovane, in cerca di altre coccole, ma, notando l’espressione atterrita di Josh, emise uno dei suoi versi cibernetici, con tono interrogativo e dispiaciuto.

Il moro posò lo sguardo sul cucciolo e un sorriso, benché triste, gli si dipinse sul volto nel notare che qualcuno, lì, si era accorto che qualcosa non andava e si preoccupava per lui.

«Dobbiamo riconquistare Yoko, piccolo Fluffy», gli confidò a bassa voce, per non essere eventualmente udito da Brett, mentre gli dava un buffetto affettuoso sulla testa.

 

 

Non era servito il rumore insistente della sveglia, erano bastati gli innumerevoli pensieri che disturbavano la sua quiete per destarlo dai proprio sogni. Si era rassegnato, prendendosi il volto tra le mani e rimuginando su quanto successo negli ultimi giorni.

C’era un motivo se lui e Josh erano partiti con il piede sbagliato, e lui se n’era accorto fin dal primo momento in cui l’aveva visto. No, in effetti non ci voleva un genio per capirlo, ma lui aveva immediatamente notato quanto Josh fosse attaccato a Yoko. E dopo il loro scontro, il giorno successivo, ne aveva praticamente avuto la conferma. Il fatto che il giovane Kirkpatrik avesse i nervi così a fior di pelle non poteva che suggerirgli di non essere una presenza gradita, per lui, e Yoko non poteva che esserne la ragione. Gliela stava soffiando da sotto il naso, e Josh non sembrava il tipo da mettersi in mezzo, visto che spariva ogni volta che ne aveva l’occasione. Che codardo, pensò. Ma, in effetti, gli faceva comodo un tipo così. Sarebbe stato molto più semplice allontanare Yoko da lui. In fondo, Josh aveva avuto tutto il tempo che voleva per dichiararsi a Yoko, ma non l’aveva fatto. Aveva perso il treno, mentre lui non avrebbe perso quell’occasione. Non avrebbe mollato la presa su Yoko tanto facilmente, non ora che quella ragazza gli sembrava sempre più adatta a lui. Quando l’aveva accompagnata al provino aveva temuto che tra i due ci fosse qualcosa, o che ci fosse stato in passato, ma quando glielo aveva domandato, Yoko aveva immediatamente smentito, il che non poteva che dargli sicurezza. Il fatto che avesse deciso di farsi accompagnare da lui e non dai suoi compagni di team gli suggeriva che qualcosa stava minacciando il loro equilibrio.

Sussultò quando qualcuno bussò improvvisamente alla porta di quella piccola camera mezza spoglia.

«Brian, sono io. Il direttore ci vuole nel suo ufficio».

Il giovane riconobbe immediatamente la voce di Yoko ed il cuore perse un battito.

 

 

Un quarto d’ora esatto. Brett si stupì della puntualità di Josh, mentre della sua invece non c’era proprio nulla di cui stupirsi. Piuttosto, era il ritardo dell’amica a lasciarlo perplesso.

«Come mai Yoko ci mette tanto?», si chiese il biondino ad alta voce.

«Andava a chiamare Brian», lo informò Josh, per nulla contento a quell’idea, sforzandosi di non lasciar incrinare la voce al pronunciare quel nome.

Stavano entrambi con la schiena appoggiata alla parete, aspettando di poter finalmente bussare alla porta del direttore. Aspettando l’arrivo di Yoko.

Poi una sonora risata li riscosse dai loro pensieri. Quando alzarono lo sguardo videro i due compagni dirigersi verso di loro, ancora a metà corridoio. La ragazza stava ridendo di gusto, accompagnata da Brian.

«No, non ci credo», diceva lei.

«Te lo giuro!», continuava ad insistere lui, ridacchiando.

«Non è possibile!», rise ancora la giovane, dandogli una leggera spinta sul braccio, continuando a ridere come una matta.

Probabilmente Brian le aveva raccontato un qualche divertente aneddoto, tanto divertente da far quasi impazzire la ragazza dalle risate. Josh non l’aveva mai vista ridere così, gli fu inevitabile pensarlo. Erano sempre in missione, sempre insieme, e si divertivano. Eppure gli sembrò come se fosse la prima volta che le sentiva una risata così spontanea. Gli faceva male pensare che non fosse lui a farla divertire a quel modo, ma Brian. Sembrava una cosa così stupida, eppure era più forte di lui.

«Finalmente siete arrivati!», esclamò Brett, con un sorriso a trentadue denti, contento di poter entrare nell’ufficio del direttore senza dover tardare oltre.

«Scusateci, ma non mi aspettavo una sveglia così presto. Yoko mi ha dovuto aspettare», ammise, con una mano dietro la nuca e un sorriso un po’ imbarazzato.

Sembrava così sincero, quel ragazzo, che quasi Josh si sentì in colpa per aver pensato tutte quelle cose su di lui.  Poi, però, lo sguardo che gli rivolse lo fece tornare sui suoi passi. Sembrava quasi volesse dirgli “non vedi come sta bene con me?”, ma poi la voce di Kirkpatrik che li invitava ad entrare lo riscosse da quei pensieri.

«Bene, ragazzi», annunciò. «Sono felice di potervi assegnare la vostra prima missione insieme».

«Non vedo l’ora», si lasciò sfuggire il piccolo Brett, ringraziando di potersi distrarre in qualche modo, mentre gli altri, a quella reazione, avrebbero semplicemente pensato che il giovane secchione fosse in astinenza da missioni.

«Come diamine fai a esserne così contento?», commentò Josh a bassa voce, ma venne preso in considerazione soltanto dal biondino che, in risposta, gli fece la linguaccia.

«Andrete sul pianeta Mehrin 8, dove raccoglierete qualche campione di roccia spaziale. È una missione semplice, ma sapete ormai perfettamente che non vanno prese alla leggera», spiegò il direttore rivolto ai ragazzi, mentre accendeva di fronte a sé un apparecchio che riproduceva un ologramma tridimensionale del pianeta sul quale si sarebbero dovuti dirigere. «Ecco le documentazioni», continuò, porgendo loro una busta marrone contenente le descrizioni delle varie rocce da raccogliere e catalogare.

«Beh, ma dimmi, Brian, come ti trovi?», gli chiese poi, rivolgendogli un grosso sorriso.

«Oh, benissimo, direttore», rispose il giovane, ricambiando il sorriso e spostandosi appena verso Yoko, quel tanto che bastava per sfiorarla appena con il braccio e per provocarle un tenue rossore sulle guance.

 

 

 

Angolo dell’autrice

Dio mio, un ritardo imperdonabile!!! Scusatemi davvero, ammesso che sia rimasto qualcuno a seguire, ma l’università mi sta rubando l’anima! Tornando a noi, so che probabilmente dopo la mia assenza vi sareste aspettati di meglio, ma non potevo davvero promettere di più. Termina un po’ così, ma almeno con l’inizio del capitolo abbiamo capito cosa davvero sia accaduto a Brett. Sceglierà la Moon Academy (completamente inventata, scusate la scarsa fantasia) o rimarrà al Galaxy? Che dire poi degli altri? Brian sembra intenzionato più che mai ad allontanare Yoko da Josh, mentre quest’ultimo sta sulle sue. E Yoko? Ancora non ha chiara la situazione… Tempo permettendo, spero di aggiornare presto la fic, ci sono ancora davvero troppe cose da far succedere.

Un enorme grazie a tutti coloro che leggono e/o hanno letto, a piccola_boss e Rimiesse per aver recensito (scusatemi, spero ci siate ancora) e a tutti quelli che leggeranno in futuro!

Alla prossima, un bacione a tutti!!

WolfEyes

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Mehrin 8 ***


Capitolo 7

Mehrin 8

 

 

 

Incredibile. Eppure non gli era certo stato detto che le sue mansioni si erano ridotte a quelle di un semplice autista. Completamente ignorato per tutto il viaggio, per giunta. Aveva i nervi a fior di pelle, non riusciva a sopportare nemmeno di vederlo. Gli ci era voluta tutta la sua buona volontà per rimanere calmo, e gli serviva tuttora per restare ancora lì a raccogliere rocce e catalogarle come fossero reperti archeologici. Sopporta, sopporta, sopporta, si ripeteva, ma sembrava sempre più difficile. Soprattutto perché da più di due ore li sentiva chiacchierare così amabilmente tra loro da spingerlo a chiedersi come mai si trovasse ancora lì. Si sarebbero accorti di qualcosa, se fosse rimasto a casa? Probabilmente sì, solo perché avrebbero fatto a meno dell’autista.

Poi Fluffy gli si strusciò contro una gamba, come per ricordargli di tenere duro e che lui era dalla sua parte. Non era per niente facile! Durante il viaggio si era limitato a guidare l’hornet fino all’avvistamento di quel pianeta dal bagliore rosato, Mehrin 8, mentre gli altri chiacchieravano così amichevolmente, come se si conoscessero da una vita, ignorandolo. Non che lui fosse stato di molta compagnia, certo. Giunti a destinazione, Josh aveva fatto atterrare il veicolo in una zona lontana da ogni centro abitato, in un vasto spiazzo roccioso. Non c’era erba da nessuna parte, o almeno non verde come sulla Terra. Il terreno, su Mehrin, era rosato come se fosse intriso di polvere di quarzo, il cielo era roseo come al crepuscolo e le uniche piante presenti erano grossi fiori dallo stello largo e alto qualche metro, di un rosa acceso tendente al fucsia e dalle corolle ampie e bianche, come margherite. Sarebbe stata una permanenza piacevole, se non fosse stato per i due “piccioncini” che durante la ricerca si erano “accidentalmente” allontanati dal gruppo. Josh poteva comunque vederli, ma non sentire chiaramente cosa si dicessero, e la cosa lo mandava in bestia, insieme – senza un preciso perché – al verde della tuta che avevano assegnato a tutti i nuovi membri dei team.

In risposta, il moro sbuffò sonoramente, deciso tuttavia a farsi coraggio.

«Non abbiamo ancora finito, Josh, ma manca poco. Un ultimo sforzo», gli disse Brett, avendolo sentito sbuffare.

«Sì, tranquillo», lo rassicurò lui, raccogliendo un altro sasso. Un inutile sasso.

«Certo che Brian si dà da fare», commentò il biondino, notando da lontano la sua sacca quasi piena.

«Sì», rispose Josh, svogliatamente, in maniera ben poco convincente.

«Ma che hai?», gli chiese allora Brett, smettendo di raccogliere rocce e avvicinandosi all’amico.

«Io? Non ho niente…», mentì il moro, senza guardarlo. Era stanco di mentire, non gli riusciva neanche bene come credeva.

«Josh…», lo chiamò allora l’amico, intimandogli di fermarsi e di ascoltarlo. «Perché non accetti la presenza di Brian nel team? Ok, magari non ti sta simpatico, ma non ti sembra di essere un po’ permaloso? Dopotutto non resterà nemmeno qui per molto», gli chiese, con più tatto e comprensione possibile.

Josh, alzatosi in piedi, sospirò, costretto ancora a spostare lo sguardo, mentre il cuore gli si chiudeva in una morsa. Se fosse stata tutta lì, la questione, di certo non si sarebbe comportato così.

«Lo so, Brett… Non è questo», ammise, senza sapere in che altro modo giustificarsi. «E’ che… Non lo so, oggi non sono in vena. Non mi sento molto bene», confessò, sperando che sarebbe bastato a motivare la sua scarsa voglia di socializzare. Con Brian. In effetti non era del tutto falso che non si sentiva bene e questo aiutò la sua coscienza a sentirsi un po’ meno sporca.

«Mh, capisco», rispose Brett, riflettendo. «Forza, rimettiamoci al lavoro, prima finiamo, prima torniamo a casa».

«D’accordo», si limitò ad acconsentire Josh, senza avere la certezza di aver convinto o meno l’amico con la sua giustificazione.

Si rimise al lavoro prima ancora che Brett potesse aggiungere altro e continuare una qualsiasi conversazione. Non aveva davvero voglia di parlare, in effetti. Si sentiva fuori posto come non lo era mai stato in vita sua, per giunta era in missione con i suoi compagni. Non riusciva a credere che la situazione fosse diventata tanto insostenibile. Se non avesse provato quelle cose per Yoko non ci sarebbe stato nessun problema con Brian, o meglio, gli sarebbe semplicemente stato antipatico, ma si sarebbe sforzato di andarci d’accordo. Ma così, con quella rivalità che andava ben oltre la sfera lavorativa e scolastica, la situazione era impossibile.

Provò a concentrarsi sulla raccolta dei campioni di rocce, isolandosi dal chiacchierio che lo circondava. In poco tempo si accorse, con piacere, di aver terminato la propria ricerca. Aveva raccolto tutti i campioni che servivano.

«Brett, a che punto sei?», domandò, raddrizzando la schiena e voltandosi verso l’amico, in ginocchio qualche metro più lontano.

«Ho quasi finito», annunciò.

«Ti serve una mano?», gli chiese allora.

«Non ti preoccupare, me ne mancano solo due», dichiarò, controllando la lista.

Josh allora ne approfittò per alzarsi in piedi e sgranchirsi la schiena e le gambe da tutto quel restare chinati. Finalmente poteva godersi un po’ il paesaggio, ammettendo a sé stesso che non era niente male. Fluffy poi attirò la sua attenzione, portandogli qualcosa che assomigliava ad un bastoncino.

«Ehi, vuoi giocare?», gli chiese, ridendo e ricevendo in risposta uno dei suoi versetti felici.

Josh allora si chinò per prendere il bastoncino e lanciarglielo. «Va’, bello!», disse, guardando il piccolo che partiva velocissimo.

Povero Fluffy, lo aveva trascurato in quegli ultimi giorni. Gli aveva promesso una lucidatura che aveva tardato ad arrivare.

Brett, che guardava la scena, rideva di gusto. Osservando Josh, si accorse che un momento così sereno mancava da un po’, nel gruppo, e che da altrettanto tempo non vedeva Josh così spensierato.

«Forza Fluffy!», lo incitò anche Brett, divertito, mentre un sorriso si faceva largo sul suo volto. Sì, i suoi amici erano proprio dei matti, ma non avrebbe potuto chiederne di migliori.

Fluffy allora portò il bastoncino a Brett perché prendesse anche lui parte al loro gioco.

Josh cominciò a ridere. «Dai Brett, facci un super lancio!», lo incoraggiò il moro.

«Guarda come si divertono», commentò Yoko, sorridendo. «Era da un po’ che non li vedevo così», si lasciò sfuggire, sospirando.

«Come mai?», le domandò allora Brian, poco distante da lei, guardando la scena mentre i due, terminata la ricerca, si avvicinavano al gruppo.

«Mh, non lo so», rispose la ragazza, pensierosa. «Ultimamente Josh è un po’… Come dire, schivo…», spiegò. «Eppure guardalo! E’ così vivace… Non capisco cosa gli sia preso in questi giorni», concluse.

«Sai, a volte le persone hanno solo bisogno di rimanere un po’ sole. Non te la prendere. Sono sicuro che tiene a voi, vedrai che presto tornerà quello di prima», spiegò, cordiale, ben sapendo di essere lui la causa dell’allontanamento del giovane dal gruppo, avendo chiari i sentimenti di Josh per Yoko. Tuttavia, si limitò a farle da consigliere, perché lei gli fosse ancora più vicina. Inoltre, avendo capito che Josh reagiva isolandosi e non facendosi avanti, far credere a Yoko che il moro le avrebbe dimostrato il proprio affetto avrebbe portato ad un allontanamento anche da parte della ragazza, rendendo difficile un loro possibile chiarimento.

«Ma sì, forse hai ragione…», si rassegnò la ragazza, lasciando che la scena di Josh, Brett e Fluffy che giocavano assieme tenesse alla larga da lei quelle strane inquietudini che le parole di Brian le avevano suscitato sul fatto di dimostrare che il moro tenesse o meno a lei.

«Oh m***a!», imprecò Josh a voce alta.

«Oh, Josh, che mira del cavolo che hai!», lo rimproverò il biondino.

«Non ho fatto apposta!», si difese allora l’altro, a mani alzate.

Il moro aveva infatti lanciato il “bastoncino” di Fluffy fin troppo lontano, al di là di quello che sembrava essere un dirupo roccioso.

«Santo cielo, Fluffy fermati!», gridò inutilmente Josh, mentre il piccolo robotino correva per raggiungere il suo giocattolo.

Tutti quanti, preoccupati, gli corsero dietro, fermandosi sulla soglia del dirupo.

«Fluffy!», gridò Yoko, sperando di scorgerlo tra le rocce rosate, ansiosa.

Tirarono un sospiro di sollievo quando videro il piccolo che, illeso e saltellante, teneva il bastoncino in bocca e sembrava invitarli a scendere per raggiungerlo.

«Uff, per fortuna sta bene», sospirò Brett, notando che quel dirupo non era ripido come si era aspettato e che risultava più che altro essere il fianco di una collina, che proteggeva un piccolo villaggio situato a valle.

«Uh, ma guardate che posto carino!», esclamò Yoko, intenerita da quell’insieme di casette e dal paesaggio circostante.

«Per me l’importante è che Fluffy non si sia fatto nulla», sbuffò Josh.

«Comunque vuole che scendiamo», fece notare allora Brett.

«Dai dai, scendiamo, sembra esserci una festa!», esclamò la giovane, entusiasta nel vedere tutte quelle persone lungo le strade.

Il gruppetto allora si decise finalmente a raggiungere il povero Fluffy, che ancora li stava invitando a scendere saltellando e scodinzolando come impazzito. Le abitazioni erano piccole, si limitavano al pian terreno e tra di loro non variavano molto di altezza. Per le strade vagavano decine e decine di persone abbigliate nel modo più stravagante, vivace e colorato possibile. Gli abitanti avevano un aspetto molto simile a quello dei terrestri, ma la pelle sembrava quasi bianca ed i capelli erano delle più svariate ed innaturali tonalità di viola.

A quanto pareva, però, non erano gli unici stranieri ad unirsi alla fiera, quindi i Mehriniani non si stupirono più di tanto nel notare che quel gruppetto di ragazzi era loro del tutto sconosciuto e, secondo loro, abbigliato in modo bizzarro.

A circondare le strade vi erano file di bancarelle che esponevano e vendevano gli oggetti più strani e strampalati mai visti, molti dei quali, i nostri terrestri ne erano certi, sembravano non avere alcuno scopo o utilità. Tuttavia, pensarono di poter tardare il rientro e di potersi permettere un breve giro turistico. In breve si divisero, attirati da oggetti e colori diversi.

«Ti pareva…», commentò Josh a bassa voce, voltandosi e prendendo a camminare in direzione opposta a quella degli altri, pur di non dover vedere Yoko andare via con Brian. Si chiese se non stesse diventando odioso, in fondo perfino Fluffy aveva preferito seguire Brett piuttosto che restare con lui.

Sospirò, limitandosi ad osservare le stranezze esposte nelle bancarelle, quando qualcosa catturò la sua attenzione.

Sembrava che su quel tavolo fossero esposte soltanto cianfrusaglie, ma Josh era riuscito a notare qualcosa: un piccolo ciondolo a forma di stella. Sembrava essere qualcosa di simile ad un portachiavi, era piccolo e semplice. Gli ricordò Yoko, non seppe nemmeno lui il motivo preciso. Agì d’impulso e decise di comprarlo, sperando che accettassero la moneta terrestre.

«Ma certo, ragazzo! Dimmi, se non sono indiscreta, è per caso per una ragazza?», gli chiese la venditrice, una signora ben piazzata e dall’aria bonacciona, mentre prendeva il ciondolo e lo riponeva in una piccola busta di carta. Nonostante la domanda potesse di fatto essere indiscreta, il modo in cui l’aveva posta non aveva infastidito il giovane, che, tuttavia, avvampò di colpo.

«S-Sì, cioè… Veramente… È un’amica, ma…», tentò di spiegarsi lui, con poco successo.

«Allora ascolta le mie parole», gli disse la donna, senza dar peso al suo balbettare. «Questa stella sul nostro pianeta ha un significato particolare, si dice che porti fortuna a chi la regala e a chi la riceve. Nel caso di due innamorati, garantisce felicità ed un rapporto forte e duraturo», spiegò, facendogli l’occhiolino.

Josh rimase senza parole, probabilmente per l’imbarazzo che gli aveva messo sentir parlare per la prima volta di quei sentimenti che aveva tenuto nascosto a tutti.

«Ora prendi e vai dalla tua bella!», gli disse ancora, stavolta ridendo con allegra sincerità, porgendogli il sacchettino.

«G-Grazie, signora. Arrivederci», rispose nervosamente il ragazzo, sorridendo ed infine allontanandosi.

Ora avrebbe solo dovuto trovare il momento giusto per consegnarle quel piccolo pensiero. Che scusa avrebbe usato? Sarebbe stato palese un suo ulteriore interesse nei confronti della ragazza, se le avesse fatto un regalo senza nessun pretesto. Da che aveva memoria, non le aveva mai fatto un regalo, se non per il suo compleanno – e si trattava comunque di regalarle qualcosa insieme a Brett e Fluffy! Sentì il proprio cuore cominciare a battere più rapidamente, per via dell’emozione e dell’agitazione. Avrebbe dovuto trovare a tutti i costi un momento in cui quel Brian non le ronzasse attorno. Osservò un’ultima volta quel piccolo pacchetto prima di riporlo in una tasca, ben nascosto ed al sicuro.

Avrebbe avuto il coraggio di consegnarle quel portachiavi?

 

 

Spazio dell’Autrice

… Ogni volta peggioro, sono sempre più in ritardo. Abbiate pazienza! Un giorno finirò! Ammesso che non siate già scappati tutti.

Anche questa volta i colpi di scena sono ben pochi. Abbiamo ancora questo quadro generale di precarietà, il gruppo non è coeso e, anche se qui è Josh ad avere più risalto, non dimentichiamo che anche Brett ha le sue preoccupazioni, mentre Brian ha iniziato a mettere la pulce nell’orecchio a Yoko… Qualcuno di voi è ancora curioso o vi sto ammazzando?

Ancora un enorme grazie a tutti coloro che leggono e seguono, spero di non aver perso per strada le mie recensitrici e do il benvenuto ad Adler12, che ha commentato lo scorso capitolo ^^

… Stavolta spero di non metterci così tanto!

Alla prossima!

WolfEyes

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Momenti sbagliati ***


*= chi approda qui sappia che i precedenti capitoli sono stati rivisitati e corretti. Nulla di sostanziale, revisione stilistica nei punti decisamente carenti. Lieve modifica è che Josh non cade dal pero al primo capitolo, ma è già consapevole di provare più di una semplice amicizia per Yoko, anche se di fatto non lo ammette apertamente nemmeno a sé stesso (da brav’uomo testone e orgoglioso qual è, non nomina “amore” e altre cose).

 

Ricapitolando: a fronte di un nuovo programma di orientamento che coinvolge i potenziali futuri iscritti del Galaxy, ad ogni team viene assegnato un nuovo membro. Josh, resosi conto che da tempo nutre per Yoko qualcosa che va ben oltre l’amicizia, non sembra accettare di buon grado l’arrivo di un certo Brian e nemmeno digerisce il modo con cui Yoko gli si attacca. Tuttavia, avendo avuto modo di capire che Yoko non sembra nutrire per lui lo stesso sentimento e che, al contrario, sembra che questo Brian inizi a piacerle, Josh tende ad isolarsi sempre di più, anche perché non ha modo di rimanere con lei senza che Brian le stia alle calcagna.

Nel frattempo, Kirkpatrik offre a Brett una proficua opportunità che però prevede il suo trasferimento alla Moon Academy, prestigiosa scuola situata sulla Luna. Il piccolo non vuole parlarne con i propri amici e parenti, consapevole che, anche non volendo, potrebbero influenzare la sua scelta.

Yoko, vista la lontananza che avverte da parte dei suoi amici, chiede a Brian di farle da accompagnatore ad un provino, ruolo solitamente ricoperto da Josh, Brett e Fluffy, e se ne pente poco dopo, domandando al ragazzo di non farne parola. Rincuorata poi dal fatto che finalmente Brian e Josh si scambino qualche parola all’ora di pranzo, non capisce che in realtà i due non sono partiti affatto con il piede giusto, ma realizza di tenere a Josh più che a qualsiasi amico avesse mai avuto.

Al nuovo team viene assegnata una missione di recupero di alcuni campioni di roccia spaziale e Brian, conscio del fatto che Josh provi qualcosa per Yoko ma consapevole che il giovane sembri preferire isolarsi piuttosto che tentare di affrontare la questione, parla con la ragazza e insinua che, se Josh tiene a lei, glielo saprà dimostrare (immaginando invece che Josh non farà proprio nulla e segnerà una ulteriore rottura tra i due).

Durante la missione su Mehrin 8, Josh acquista un piccolo portachiavi con l’intento di donarlo a Yoko, sebbene non abbia idea di quando si presenterà l’occasione adatta.

 

 

Capitolo 8

Momenti sbagliati

 

 

 

Cominciava ad odiare i momenti in cui veniva a sapere che il direttore Kirkpatrik lo voleva nel suo ufficio. Erano da poco tornati dalla missione su Mehrin 8, ma sapeva benissimo che non aveva nulla a che fare con quello. Avevano già fatto rapporto e consegnato i campioni.

Temeva di dover scegliere. Temeva la sua stessa scelta. Cos’avrebbe dovuto fare? Perché qualcuno non poteva scegliere al suo posto?

Sbuffò sonoramente, rassegnato all’idea di dover affrontare quella decisione, mentre con passi pesanti e svogliati percorreva il lungo corridoio ormai semideserto. Giunto davanti all’ufficio del direttore, prese un grosso respiro prima di bussare educatamente, attendendo un invito ad entrare.

«Avanti!», si udì provenire dalla stanza.

Gli ci volle tutta la propria forza di volontà per convincersi ad aprire quella porta di legno scuro.

«Oh, Brett!», esclamò l’uomo con un sorriso, entusiasta. «Speravo proprio che fossi tu! Prego, accomodati», gli disse, indicando una delle sedie poste di fronte alla scrivania.

«Grazie», sbiascicò il ragazzino con ben meno entusiasmo del direttore, immaginando che gli avrebbe fatto pressione.

«Ho saputo che la vostra missione su Mehrin 8 è andata a buon fine», iniziò allora l’uomo, notando un certo disagio del ragazzo. Aveva dato al loro rapporto soltanto una rapida occhiata, sommerso com’era da tutti quelli delle missioni con i nuovi membri.

«Oh, sì, certo. Brian è stato un ottimo collaboratore. Non l’ho controllato per tutto il tempo, per quello dovrebbe rivolgersi a Yoko, ma la sua presenza è stata senz’altro positiva», spiegò il giovane.

«Già, mi pare di averlo visto inserito bene nonostante siano trascorsi pochi giorni», concordò Kirkpatrik. «Tuttavia… Mio figlio non sembra essere del tuo stesso parere, non è vero?», tentennò poco dopo.

Brett rimase sorpreso. Che lo avesse chiamato in ufficio per parlare del figlio? Eppure non era da lui, solitamente parlava con Josh in modo diretto.

«Credo che siano soltanto partiti con il piede sbagliato», azzardò allora. Non poteva certo dirgli che Josh era diventato schivo con lui e Yoko e che probabilmente odiava a morte Brian per un motivo a lui ancora ignoto.

«Capisco…», rimuginò, scribacchiando qualcosa. «Caro Brett, come immagini, in realtà ti ho fatto chiamare qui da me per un altro motivo. Si tratta della Moon Academy», annunciò, cambiando discorso senza soffermarsi troppo a parlare del proprio figlio scapestrato.

Le preoccupazioni di Brett si erano appena materializzate. Aveva temuto quelle parole, eppure non poteva sfuggirne.

«Io ed il Consiglio del Galaxy High abbiamo preso una decisione. Così come il nostro nuovo programma permette a studenti di altre scuole di visitare la nostra, conoscerla più da vicino ed eventualmente iscriversi per gli anni futuri, abbiamo pensato di ospitare qui uno studente della Moon Academy che ti possa così illustrare il programma della sua scuola. Inoltre, vivendo qui per un certo periodo di tempo, potrà poi riportare la propria esperienza alla Moon, e ciò non farebbe che bene alla nostra immagine, oltre che naturalmente aiutarti e facilitarti nella tua scelta. Che ne pensi? Sarà il miglior studente dell’istituto», spiegò il direttore.

Brett non era sicuro di aver ascoltato tutte le parole del direttore, per un attimo gli parve di non trovarsi nemmeno più in quella stanza, se non fisicamente. «Cioè, sta dicendo che arriverà una sorta di tutor? Per me?», tentennò, sperando di aver capito bene le parole dell’uomo.

«Esatto. Sarà un’occasione perfetta anche per scambiare informazioni, migliorarci e farci conoscere da una scuola tanto prestigiosa. Non fraintendermi, Brett. Naturalmente il nostro scopo è agevolarti nella tua scelta. Vogliamo che tu possa avere i migliori chiarimenti ad ogni tua domanda. E chi meglio può svolgere questo ruolo, se non uno studente della stessa Moon?», si spiegò il direttore, in un misto di enfasi per l’opportunità che aveva il Galaxy High e di dispiacere per la potenziale perdita del suo studente modello.

«Certo, certo, capisco», balbettò Brett, che forse soltanto ora cominciava a metabolizzare le parole del direttore. Apprezzò che almeno cercasse di metterlo nelle condizioni migliori per la sua scelta e che non preferisse tenerlo all’oscuro di tutto pur di averlo ancora al Galaxy.

«L’arrivo del loro miglior studente è fissato per dopodomani, Brett», gli comunicò.

Il ragazzino parve svegliarsi. «Dopodomani?», ripeté, incredulo. «Direttore Kirkpatrik, io… Vede, c’è un problema», tentennò. «Josh e Yoko non sanno che potrei andarmene».

 

 

Fluffy sbadigliò rumorosamente. Avevano fatto ritorno sulla Terra soltanto da un paio di ore e avevano già fatto rapporto, eppure Brett era già sparito e il piccolo cucciolo cibernetico si era appisolato sul tappeto.

Josh sbuffò. Seduto sul bordo del letto, si prese il volto tra le mani e poggiò i gomiti sulle ginocchia. Era riuscito a riposare appena un po’, ma poi i pensieri nella sua mente si erano fatti più forti di prima, costringendolo ad abbandonare l’idea di dormire. Tirò fuori dalla tasca il ciondolo che aveva comprato su Mehrin 8 e si diede dell’idiota.

Non era un oggetto personale quanto un gioiello, ma da quando in qua le faceva regali? Consegnarglielo sarebbe significato indubbiamente dichiararsi alla ragazza che amava, ma con che faccia tosta sarebbe andato da lei a fare una cosa del genere, sapendo che alla ragazza molto probabilmente di lui non importava granché?

“Io con il mio leader? Mai! E poi se voglio diventare famosa ho bisogno di trovare qualcuno che sia più promettente, che abbia successo!”, ricordò.

Si rigirò il portachiavi tra le mani ancora per qualche minuto prima di accorgersi che Fluffy non stava più dormendo, ma, al contrario, lo stava fissando, interessato. Un amaro sorriso si fece largo sul viso di Josh, che prese il portachiavi per l’estremità e lo mostrò al cucciolo.

«Ti piace?», gli chiese.

Il piccolo non mancò di rispondere con i suoi versetti robotici, sorridendo e scodinzolando.

«Ti dirò un segreto, Fluffy, ma devi promettermi di non rivelarlo a nessuno», disse con voce grave il ragazzo, il cui sorriso si era ora fatto più spontaneo e sincero e che osservò, divertito, il mutare dell’espressione dell’amico, improvvisamente fattosi serio. Una promessa abbastanza stupida, in realtà, dal momento che a capirlo era soltanto lui.

«Questo ciondolo l’ho preso per Yoko. Eh già, la nostra Yoko, l’avresti mai detto? Ma non credo affatto che lei ricambi e, inoltre, con quel Brian sempre tra i piedi, non saprei nemmeno quando darglielo», spiegò, tornando a fissare la piccola stella.

Fluffy lo aveva ascoltato senza perdere una parola. Lui stesso provava affetto per i suoi compagni di squadra, nonché i suoi padroni, ma era solito dimostrare apertamente il proprio attaccamento a quel gruppetto strampalato, e le parole di Josh perciò gli suonarono strane e quasi prive di senso. Si mise sulle zampe posteriori e, con la bocca, afferrò svelto il ciondolo, correndo poi verso la porta ed aprendola prima che Josh riuscisse ad impedirglielo. Lui stesso gli aveva insegnato ad alzarsi su due zampe ed a ruotare la maniglia, non si sarebbe dovuto stupire.

«Fluffy, che stai facendo?», gridò il moro, correndogli dietro.

Inutile precisare che il robotino era ben più veloce di lui e che, nonostante il corridoio fosse sgombro al punto da agevolargli la corsa senza dover mostrare particolare agilità, non riuscì comunque a raggiungerlo.

«Fermati, Fluffy, torna qui!», gridò nuovamente, con tono più duro, sperando erroneamente che in quelle parole riconoscesse un ordine al quale obbedire immediatamente.

Il cagnolino continuava a correre imperterrito, alla ricerca della propria meta, senza voler sentire ragioni. Arrestò la propria corsa soltanto quando si trovò di fronte alla stanza interessata.

Quando Josh fu abbastanza vicino da riconoscere la porta della stanza di Yoko si sentì gelare. Gridò ancora a Fluffy di fermarsi, ma quello era già su due zampe, intento a far girare la maniglia. Il ragazzo si era fatto abbastanza vicino alla porta da essere proprio davanti ad essa mentre questa veniva aperta.

Si svolse tutto in pochi secondi, che tuttavia bastarono a Josh per maledire Fluffy per aver scelto un momento tanto inopportuno.

Yoko era appena uscita dal bagno comunicante con la sua camera da letto. Dopo la missione e dopo aver fatto rapporto, aveva optato per una rilassante doccia rigenerante, peccato che la avesse appena terminata e che proprio in quel momento stesse tornando in camera avvolta soltanto da un lungo asciugamano bianco, mentre i capelli ancora bagnati gocciolavano acqua sul pavimento. Non aveva avuto il tempo di realizzare quanto stava accadendo, aveva sentito una voce gridare a Fluffy di fermarsi, ma poi la porta si era aperta di scatto, rivelando appunto il cucciolo e un Josh trafelato piombato sulla soglia un attimo dopo.

Per un solo secondo erano rimasti immobili a fissarsi, poi Josh aveva afferrato Fluffy prima che potesse entrare nella stanza e correrle incontro e aveva chiuso la porta con uno scatto fulmineo. Dall’altra parte, Yoko era corsa a far scattare la serratura per impedire che qualcuno la riaprisse.

«Dio, Yoko scusami!», iniziò a ripetere Josh, imbarazzato e mortificato, mentre strappava il portachiavi dalla bocca di Fluffy e se lo ricacciava in tasca.

La giovane, nella stanza, urlava come un’ossessa. «Che diavolo vi è venuto in mente? Io almeno busso prima di entrare in camera vostra! Vi sembra questo il modo!?», continuava a gridare, paonazza. Il cuore quasi le martellava in gola per l’imbarazzo.

«Ti prego, ti prego, ti prego, perdonami! Non so cosa sia preso a Fluffy», tentò di giustificarsi il moro, imbarazzato almeno quanto lei.

Dall’altra parte, Yoko era seduta sul pavimento con la schiena poggiata alla porta. Si passò una mano sul viso, cercando di contenere la rabbia e la vergogna. Non era stato intenzionale, si ripeteva. Fortunatamente, nessuno aveva potuto vederla dal corridoio.

«Fate in modo di non essere lì fuori quando mi sarò data una sistemata, o giuro che vi uccido!», sentenziò, lapidaria.

I due raggelarono. Avrebbero fatto bene a scomparire, se ci tenevano alla pelle.

«Fluffy, non farlo mai più!», gli intimò il padrone prima che si incamminassero. Non voleva sgridarlo troppo pesantemente, in fondo aveva capito che lo aveva fatto a fin di bene, tuttavia era anche vero che il cucciolo non aveva rispettato l’ordine di fermarsi. E nemmeno aveva avuto l’accortezza di bussare.

Sbuffò sonoramente, pensando alla figuraccia che aveva fatto con Yoko. Sarebbe riuscito a guardarla in faccia senza sentirsi in imbarazzo? Si disse, però, che era anche vero che non aveva visto nulla di sconveniente. Una frazione di secondo dopo si ritrovò ad ammettere che Yoko fosse stupenda in qualsiasi modo si presentasse. Arrossì violentemente ripensando a come i capelli sciolti le ricadessero sulle spalle nude e a come la sua figura risaltasse nonostante fosse avvolta dal pesante asciugamano. Si diede immediatamente dell’idiota e si impose di darsi un contegno, aveva appena rischiato di fare un gran casino.

Sfortunatamente, nel tragitto preso per tornare in camera, incrociò il suo acerrimo rivale, pronto a metterlo alla prova.

«Kirkpatrik», lo chiamò, prima che fosse troppo lontano per sentirlo.

«Che vuoi, Bobby?», gli rispose stancamente l’altro, mantenendo un certo distacco. Non aveva davvero voglia di dargli corda.

Il castano gli si avvicinò, avendo l’accortezza di parlare più a bassa voce. «Non mi dirai che la vostra nuova matricola mette i bastoni tra le ruote a te e a Yoko, eh?», lo canzonò, divertito. Aveva sempre pensato che tra i due si nascondesse qualcosa, ma poiché ogni volta smentivano con molta calma, aveva rinunciato ad insistere per metterli in imbarazzo e anzi, aveva continuato proprio con il puro intento di infastidirli.

«Dici? Io farei più attenzione a Toby, se fossi in te», gli suggerì il moro, ricambiando lo stesso sorriso malizioso e dandogli un colpetto con il gomito.

Da quanto nel loro team era arrivata una nuova ragazza, il trio aveva subito legato con lei, ma Josh aveva notato che quando questa si faceva un po’ troppo vicina a Bobby, Toby non la prendeva troppo bene. Ricordava di averla vista rispondere male a Bobby prima di andarsene, quello stesso giorno in mensa.

«Non sono affari tuoi», tentò di difendersi il ragazzo, colto alla sprovvista, con il viso in fiamme.

 «Allora non aggiungere altro, se non vuoi metterti in difficoltà», lo canzonò Josh, divertito, prima di riprendere a camminare, mentre anche Fluffy sogghignava.

«Hai visto, Fluffy? Pensava di prenderci in giro», scherzò.

Tornato nella propria stanza, ebbe la premura di nascondere il portachiavi in un cassetto. Prima o poi avrebbe trovato il modo di consegnarlo a Yoko, si disse. Sospirò e si voltò verso Fluffy, che lo guardava senza capire. «Vedi…. A te sembra normale dire sempre le cose come stanno, ma… Ecco, noi esseri umani siamo più… Complicati», tentò di spiegargli, grattandosi la nuca. «E stupidi», ammise, chinando il capo.

 

 

Al solo pensarci, il cuore le batteva ancora all’impazzata. Come poteva essersi catapultato nella sua stanza così all’improvviso, senza nemmeno bussare? Cercò di darsi una calmata, in fondo era stato un incidente, Fluffy non aveva certo intenzione di metterla in imbarazzo di proposito e non poteva certo immaginare che la ragazza fosse appena uscita dalla doccia. Prese un profondo respiro, sperando la aiutasse a calmare i nervi. Si affrettò a vestirsi, lasciando invece che l’asciugamano che aveva avvolto come un turbante le asciugasse i capelli ancora per un po’. Si lasciò cadere sul letto, pensierosa. Deglutì a fatica quando con la coda dell’occhio notò che il volantino giallo acceso dei provini per Romeo e Giulietta era ancora lì, sulla sua scrivania. Perché non l’aveva ancora buttato? Josh avrebbe potuto vederlo…

Uno strano senso di inquietudine la invase, facendola sentire in colpa. Era trascorsa ormai una settimana e l’insieme di impegni le aveva fatto quasi dimenticare la faccenda, dal momento che, inoltre, non si aspettava nemmeno di aver ottenuto la parte e preferiva non pensarci. Era riuscita egregiamente a non far emergere l’accaduto di fronte ai compagni, di fronte a Josh, ed a mantenere la sua facciata allegra e spensierata. Non era altro che uno stupido provino, ma l’idea che i due potessero venire a sapere che lei non li avesse coinvolti le faceva venire voglia di sotterrarsi. Si maledisse per essersi a sua volta allontanata, per non aver detto nulla a Brett e Josh quella mattina, per non avere mai il coraggio di fermare il moro quando lo vedeva allontanarsi. Sciolse il nodo dell’asciugamano ed iniziò ad usarlo per massaggiarsi la testa, ancora pensierosa. Come un fulmine a ciel sereno, le balenò nella mente un’idea che aveva quasi dimenticato, nonostante da tempo l’avesse proposta al direttore Kirkpatrik. Gli occhi le brillarono. Sì, era quello che ci voleva.

 

 

 

Angolo dell’autrice

La miriade di impegni mi ha fatto finire gli aggiornamenti di questa storia nel dimenticatoio. Non nego che sia difficile trovare il tempo per scrivere, e che spesso se trovo il tempo ho l’ispirazione per scrivere altre cose, ma questa storia merita un finale e vi giuro che prima o poi arriverà.

La faccenda si complica, non tanto per le vicende in sé ma perché questo progressivo allontanamento si sta quasi facendo sempre più radicato da entrambe le parti, se prendiamo in considerazione Yoko e Josh. Lei, che ancora si colpevolizza per quel famoso provino, e lui, che in fondo cerca di riavvicinarsi. E che cosa avrà in mente la nostra Yoko? Per quanto riguarda Brett, poi, sembra che sia davvero giunto il momento di affrontare la questione con i suoi compagni di squadra.

Potrebbero sembrare un po’ codardi, ma sinceramente li trovo solo degli adolescenti pieni di pare mentali.

Spero di poter aggiornare presto, ma non prometto nulla ed è proprio meglio che non lo faccia… Un enorme grazie a chi legge ed eventualmente commenta, sperando ci sia ancora qualcuno ^^ Le mie recensitrici le ho perse per strada, ma spero di ritrovarle, un giorno.

Un abbraccio

WolfEyes

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Pessime Idee ***


Capitolo 9

Pessime idee

 

 

 

Dopo quell’imbarazzante incidente, Yoko e Josh si erano ignorati per tutta la mattinata successiva, sforzandosi di non incrociare i reciproci sguardi e di non finire inavvertitamente a camminare vicini. Non che per Josh fosse già così difficile cercare di ignorare lei e Brian, ma per Yoko la questione era del tutto nuova. L’idea di allontanarsi ulteriormente dall’amico la faceva sentire in colpa, ma nel contempo non sarebbe stata capace di reggere l’imbarazzo. Tuttavia, una volta giunti nella mensa della scuola, dovettero necessariamente affrontare il faccia a faccia. O almeno sopportarlo.

«Non credevo che le lezioni della Roskoff fossero così pesanti», esordì Brian, massaggiandosi una spalla mentre, cauto, muoveva il braccio. L’unico sport in cui era solito dilettarsi era il calcio e, pertanto, non era abituato a simili allenamenti ed esercizi.

«Ti ci abituerai», intervenne il biondo, dandogli una amichevole pacca sulla spalla.

«Credimi, di solito è peggio», si sbilanciò inaspettatamente Josh, il quale di solito preferiva limitarsi a restare in silenzio quando l’intromissione in una conversazione significava rivolgere la parola a Brian. Era però doveroso ammettere che negli ultimi giorni si fosse abituato a sopportarne la presenza.

«Peggio di come è stata oggi!? Allora questa scuola non fa per me!», esclamò, atterrito.

«Rilassati», intervenne Yoko. «Come ha detto Brett, avrai il tempo di abituartici».

«Non saprei», mugugnò l’altro in risposta, masticando un boccone.

 

 

«Ragazzi! Ho bisogno di parlarvi!»

Di fronte alla porta della stanza dei due compagni, Yoko attendeva quasi trepidante. Aveva raccolto tutto il coraggio di cui era capace per affrontare nuovamente Josh, nonostante a mensa non fosse stato poi così complicato averlo accanto.

Era già passata nell’ufficio del direttore per insistere ancora sull’argomento e, nonostante sulle prime l’uomo si fosse mostrato abbastanza restio, doveva riconoscere di essere riuscita a persuaderlo in poco tempo. In fondo, al posto suo, anche lei si sarebbe preoccupata di dare un’immagine poco seria del Galaxy. Tuttavia, alla fine il direttore aveva dovuto ammettere che l’idea della giovane non fosse affatto male.

Bussò nuovamente. «Ragazzi?»

«Sì, sì, arrivo!», la voce di Brett le arrivò quasi scocciata.

Aprì la porta, stropicciandosi un occhio.

«Brett! Ti ho disturbato? Mi dispiace…», si affrettò a rispondergli, mortificata.

«Figurati. Vieni dentro», la rassicurò, aprendo di più la porta e lasciandole lo spazio per entrare.

Yoko non poté fare a meno di guardarsi attorno. «Josh non c’è?». Aveva bisogno che lì ci fossero entrambi.

«È andato a…», Brett si bloccò di colpo. Alle spalle di Yoko, sulla soglia, era appena arrivato Josh, che, dopo essersi accorto di aver dimenticato alcuni attrezzi, aveva dovuto nuovamente abbandonare la sua amata moto. Piombare in camera e trovarvi la ragazza lo sorprese.

«Yoko!»

La ragazza sobbalzò nel sentirsi chiamare dalla voce del giovane proveniente proprio da dietro di sé. Si voltò di scatto e se lo trovò più vicino di quanto credesse, incrociò i suoi occhi e il cuore che iniziò a martellarle nel petto la fece sentire più a disagio che mai. Che fosse per l’azzurro dei suoi occhi o per l’imbarazzo dovuto all’incidente, non avrebbe potuto dirlo.

«Come mai qui?».

La domanda dell’amico la riscosse. «Oh, bene! Avevo bisogno di tutti e due!».

Josh allora si arrese, chiudendo la porta della stanza e andando a sedersi stancamente sul bordo del proprio letto, imitato da Brett, mentre Yoko prendeva posto alla scrivania del moro.

«Vi comunico in anteprima una buona, buonissima notizia!», esordì la giovane, raggiante, di fronte ad un pubblico che però la guardava scettico.

«Andiamo, cosa sono quelle facce?», si incupì poi.

«Non so quanto credere che si tratti di una così buona notizia, Yoko», si lasciò andare ad un commento un po’ pessimistico il biondino.

«Onestamente nemmeno io, ma ammetto di essere un po’ curioso», osservò invece il più grande, mentre Fluffy si sedeva sul tappeto ai piedi del letto pronto ad ascoltare la notizia della sua amica.

«Vi si deve sempre trascinare, non vi fidate nemmeno un po’? Vi farò ricredere!», riprese fiduciosa. «Dunque! Ho tartassato per un po’ tuo padre, Josh, ma alla fine ha ceduto. In effetti non lo biasimo, ma fortunatamente ha deciso di darci il via libera», iniziò a spiegare.

«In realtà non ci sarebbe da stupirsi», la interruppe Josh. «Mio padre fa tanto il sostenuto, ma in verità ti adora. Potresti anche proporgli di dimettersi e potrebbe quasi darti ascolto, non mi meraviglia se alla fine cede e dà il via alle tue proposte».

La giovane si stupì di quell’intervento. Era vero, alla fine le sue proposte venivano accettate, ma sentirsi dire che il direttore l’adorava le faceva uno strano effetto. Il padre di Josh aveva una buona opinione di lei, e non seppe se si sentì avvampare perché di fatto poteva dirsene lusingata o se a farle fremere le mani fosse la parentela con l’amico.

«Beh, quindi?», esordì Brett, incitandola a continuare.

«Quindi», riprese lei, sulle prime appena titubante. «Avevo questa idea da tempo, ma effettivamente il programma di orientamento per i nuovi studenti mi ha dato una motivazione in più», fece una pausa a effetto. «Per questa domenica il direttore Kirkpatrik ci ha permesso di organizzare una festa in piscina!», esordì, alzandosi in piedi per l’entusiasmo.

Brett e Fluffy si scambiarono un’occhiata e imitarono immediatamente il comportamento raggiante dell’amica. «Davvero? È una grande idea!», esclamò il biondo, gli occhi che brillavano.

«Trovi? E voi che non vi fidavate di me».

«Certo, tutto molto bello, ma, ah-ah, io me ne starò volentieri a casa, grazie», esordì Josh, che al contrario degli altri era praticamente sbiancato.

«Josh, ma che dici?», lo ammonì il più piccolo.

«Non starete parlando seriamente, mi auguro! Io odio dovermi immergere completamente nell’acqua, lo sapete benissimo, e non potete davvero sperare che sarò dei vostri!», esclamò, in un tono che non ammetteva repliche, mentre lo sguardo sembrava per lo più terrorizzato.

L’incidente che aveva avuto da bambino lo aveva traumatizzato e lo segnava tuttora. Deglutì a vuoto al pensiero dell’imbarazzo che aveva provato quel giorno.

«Andiamo, Josh!», cercò di farlo desistere Yoko, con scarso successo.

Probabilmente Yoko era proprio l’unica, in realtà, ad avere una chance di fargli cambiare idea.

«Non essere infantile, dopotutto tu stesso avevi superato questa paura, ricordi? Per salvarci in quella missione ti sei buttato in acqua…», gli fece notare Brett.

«Certo, perché si trattava di salvare voi, non di trascorrere una giornata a mollo», ribatté il moro.

«Nemmeno in questo caso, infatti. Puoi rimanere ad abbronzarti a bordo piscina», gli suggerì di nuovo il biondo.

«Brett ha ragione, Josh! Non fare l’asociale, sarà una giornata divertente e ci saranno sicuramente tutti», lo sostenne Yoko. «E poi, che i nuovi arrivati si iscrivano o meno, sarebbe bello farli sentire inseriti, non trovate?»

Josh fissava i volti dei due, che si erano fatti speranzosi, e il muso del piccolo Fluffy, che con le zampe anteriori si era puntellato al bordo del letto. Si ritrovò a maledire sé stesso e il suo lato compassionevole, ma l’idea che nel comprendere i nuovi arrivati fosse incluso anche Brian gli fece serrare i pugni per la rabbia ed assumere una strana smorfia. Soprattutto se si figurava una Yoko in bikini proprio accanto a quel tizio…

«Devo pensarci, ok?», cedette infine, consapevole che quel categorico rifiuto che aveva ostentato fosse già andato a farsi benedire.

«Grande!», aveva gridato Yoko prima di gettargli le braccia al collo. «Josh è dei nostri!»

«Ehi, non ho detto questo!», tentò di difendersi il moro, cercando di contenere l’imbarazzo per il gesto spontaneo della giovane.

«Ma in realtà sarà un sì», commentò anche Brett.

«Oh andiamo!»

Josh pareva quasi sconsolato, mentre anche Fluffy saltava sul letto e gli si strusciava contro.

«Che ne dite allora se domani, dopo le lezioni, andiamo a fare un po’ di shopping? Non so voi, ma a me farebbe comodo un costume… E poi si potrebbero prendere palloni gonfiabili e altre cose», si mise a rimuginare Yoko, scostandosi da Josh, con la mente già proiettata alla domenica.

Alla parola costume, Josh rabbrividì impercettibilmente, mentre era un’altra la parola che aveva fatto gelare il sangue nelle vene di Brett.

«Ragazzi…», intervenne, con tono serio. «Dovrei… Ecco… In verità, c’è una cosa che devo dirvi…», tentennò, con lo sguardo basso.

Pensare a cosa avrebbero potuto fare il giorno seguente lo aveva inevitabilmente riportato alla realtà dei fatti, al momento che aveva temuto più di tutti. Aveva dormito male tutta notte, con il ricorrente incubo di vedere i suoi amici voltargli le spalle o arrabbiarsi con lui. Come avrebbero reagito?

«Che cos’è successo, Brett?», domandò Josh poco dopo, con aria seria e pacata, intuendo che si trattasse di qualcosa di grave.

Anche Yoko si ricompose, spostando lo sguardo su entrambi i compagni senza riuscire a nascondere una certa preoccupazione.

«È da quando sono arrivati i nuovi studenti che… Che il direttore Kirkpatrik mi ha informato di una cosa», ammise, conscio del fatto che fosse trascorsa più di una settimana dal loro arrivo. Brett prese un profondo respiro, guardando per un attimo le espressioni serie dei compagni di fronte a lui. Un tale ritardo aggravava sicuramente la sua posizione, ne era consapevole, e non poté che sentirsi in colpa di fronte a quelle espressioni preoccupate.

«Si tratta di… Di una proposta di una nuova scuola. Una scuola davvero prestigiosa, la Moon Academy, che come immaginerete si trova sulla Luna», spiegò, prendendo tempo. «E… Arriverà addirittura una sorta di tutor, proprio domani, per aiutarmi…»

«Aiutarti a fare che…?», intervenne Josh, alzando un sopracciglio, senza capire esattamente dove volesse arrivare il giovane, oppure temendo già il possibile scenario, come una sorta di presentimento.

«Aiutarmi a scegliere se… Se iscrivermi alla Moon Academy, l’anno prossimo, e non terminare qui al Galaxy il mio percorso di studi», sentenziò.

Josh trattenne il fiato e fu sicuro che anche Yoko, accanto a lui, aveva reagito allo stesso modo. Anche il piccolo Fluffy si era irrigidito, accanto al padrone.

«Ma… Brett…», aveva provato a dire la ragazza, ma lo stupore era ancora troppo. Deglutì a vuoto al pensiero che l’amico, potenzialmente, non avrebbe continuato con loro i suoi studi. Si sarebbe dovuto trasferire, non sarebbe più stato in squadra con loro. Era un’ipotesi che l’aveva spiazzata.

«Perché non ci hai detto niente, Brett?», gli domandò Josh. Non c’era alcuna ombra di accusa nella sua voce, tutt’al più il dispiacere di non averlo potuto aiutare, di non aver permesso all’amico di condividere quel peso con lui.

Ma era la domanda che Brett temeva più di tutte.

«Perché… Perché avevo paura», ammise, e i suoi occhi verdi si fecero quasi lucidi, privi del coraggio di guardare in volto i propri amici. «Non volevo che… Non fraintendetemi, so che avrei dovuto parlarvene, ma…»

«Brett…», pronunciò Yoko, in un sussurro, dispiaciuta nel vederlo così scosso. Per quanto intelligente, capace e abile, era pur sempre un ragazzino di undici anni. Ed era un suo amico, un caro amico. Tese una mano verso di lui, ma non ebbe il coraggio di raggiungerlo davvero.

«Volevo prendere questa decisione da solo», confessò, alzando il capo. «Lo so che avrei potuto contare sul vostro appoggio, e mi pento di non avervene parlato, ma… Ne va del mio futuro e non volevo che le persone a me care potessero influenzarmi. Non lo sanno nemmeno i miei genitori», spiegò, con voce appena tremante.

«Brett… Brett, non dire così, non hai nessuna colpa», intervenne la ragazza, con tono accondiscendente. Non avrebbe potuto biasimare la sua scelta, per quanto la ferisse non averne saputo nulla, ed era sicura che lo stesso valesse per Josh.

La giovane si voltò verso Josh soltanto per un attimo e lo trovò con un’indecifrabile espressione intento a fissare l’amico.

«Non ce l’avete con me?», domandò il biondo, titubante.

«Certo che no!», si affrettò a rispondergli Yoko.

«Anche… Anche se potrei andar via?», proseguì, sentendo la propria voce tremare. L’ultima cosa che voleva era perdere i propri amici e pensare che potessero avercela con lui era un’idea tanto stupida quanto terrificante.

Yoko gli sorrise nel modo più dolce e rassicurante che conosceva, nonostante sentisse i propri occhi inumidirsi. «Non ce l’avremmo mai con te. È una scelta importante, non potremmo mai importi di restare solo per noi».

«Quindi era per questo… Che in tutti questi giorni eri stanco, assente e pensieroso», intervenne Josh, con tono piatto, basso, quasi roco. Mentre lui si faceva mille problemi per l’arrivo di quel Brian, Brett aveva convissuto con una simile decisione da prendere, con un tale peso addosso, che la sua causa gli sembrò la più futile. «Avrei dovuto capire che c’era qualcosa…»

«No, Josh!», esclamò il piccoletto. «Sono io che non ho mai voluto che saltasse fuori… Non volevo che vi preoccupaste e… Non volevo che trascorressimo le ultime settimane con l’idea che potessero essere le nostre ultime missioni insieme e…», la voce a quel punto gli si incrinò tanto da non poter nascondere un singhiozzo.

Josh si alzò dal letto senza dire una parola e raggiunse Brett in pochi passi. Si inginocchiò di fronte a lui per far sì che fossero quasi alla stessa altezza e lo abbracciò. Un gesto così inusuale, per lui, che lasciò Brett basito, ma poi ricambiò a sua volta l’abbraccio dell’amico.

Brett era qualcosa di petulante e fastidioso, con quell’aria da saccente che aveva certe volte, a guardarlo dall’alto in basso come se fosse così strano che lui non sapesse certe cose, e sapeva irritarlo così in fretta, soprattutto al mattino. Ma era un suo compagno di squadra e, in tutto il Galaxy, Josh non aveva un amico migliore di lui.

Yoko rischiò di scoppiare in lacrime di fronte a quella scena. Che litigassero era la norma, ma che dimostrassero il reciproco affetto era così inusuale. Sorrise, intenerita dal piccolo Brett che cercava di non lasciarsi vincere dalle lacrime e che sembrava più vulnerabile di quanto avrebbe mai voluto dare a vedere o ammettere.

Dopo qualche attimo Josh si staccò. Gli scompigliò i capelli, com’era solito fare quando lo prendeva in giro. «Fai la tua scelta, nanerottolo», gli disse semplicemente, prima di alzarsi e dirigersi verso la porta della stanza, uscendo dalla camera senza aggiungere altro.

«Josh…»

Yoko tentò di fermarlo, ma la porta si era già richiusa. Non avrebbe potuto prevedere una sua reazione, ma sapeva interpretarle.

«Credo che… Volesse dirti che, indipendentemente dalla scelta che farai, lui per te ci sarà sempre», spiegò la giovane, con lo sguardo ancora fisso sulla porta, prima di voltarsi a guardare il piccolo Brett che sorrideva, con le guance umide ed arrossate. Sorrise anche lei. «Vale lo stesso per me».

 

 

Attraversò i corridoi con grandi falcate.

Si era lasciato mettere da parte per troppo tempo. Aveva lasciato che, per una ragione o per l’altra, Brett restasse solo, con i suoi timori a circondarlo, mentre lui non aveva fatto che isolarsi a sua volta e riempirsi di paranoie. Aveva perso tempo. Lui e Yoko avevano perso il tempo che avrebbero potuto trascorrere con Brett.

Giunto a destinazione, non bussò nemmeno.

Vide il direttore sobbalzare sulla sedia girevole alla sua entrata improvvisa nel suo ufficio.

«Josh! Potresti almeno avere l’educazione di bussare», lo ammonì l’uomo, ma il figlio parve non sentirlo.

«Perché non mi hai detto nulla?», Josh quasi gli urlò in faccia quando si posizionò di fronte alla scrivania.

«Detto nulla riguardo a cosa?», gli domandò di rimando l’altro, alzando un sopracciglio, mentre riponeva alcuni dei fogli che aveva appena compilato.

«Di questa cosa di Brett», sentenziò il giovane, questa volta in attesa di qualcosa che fosse una risposta vera.

L’uomo sospirò pesantemente, intuendo che il piccolo Brett avesse finalmente affrontato i suoi compagni e avesse parlato loro della Moon Academy. Una situazione difficile, doveva riconoscerlo.

«Josh, calmati. Non potevo certo dirvelo io», si difese l’uomo con tono pacato. Capiva che il figlio fosse semplicemente arrabbiato e frustrato, lo vedeva nei suoi occhi.

«Quante probabilità ci sono che accetti davvero quella proposta?».

Questa volta la voce di Josh non era dura o pretenziosa.

«Non si può parlare di probabilità, Josh. Dipende da lui. Per il suo futuro, è un’opportunità che non dovrebbe lasciarsi scappare», si limitò a spiegare, sapendo che quella fosse una circostanza complicata per tutti e tre i membri del team.

Cercò gli occhi del figlio, affinché comprendesse. Si alzò dalla sedia, in modo da essere alla sua stessa altezza, e gli mise una mano sulla spalla, nel modo più comprensivo possibile. «Non lasciatevi sconfortare, Josh. Non vedo così spesso team uniti ed affiatati come il vostro. Saprete superare la lontananza».

 

 

 

Angolo dell’autrice

Che io ricordi, la Roskoff era l’insegnante di investigazione, ma non credo mancasse di fare anche qualcosa come difesa personale (la tipetta con i capelli corti e rossicci e lo sguardo abbastanza severo, in stile se mi guardi un’altra volta ti ribalto). L’incidente di Josh e la sua fobia dell’acqua sono veri, così come il fatto che si fosse tuffato in un pianeta senza terra ferma per andare a soccorrere Yoko e Brett. Qualcosa ancora me lo ricordo, dai xD E scherzi a parte, credo che Kirkpatrik fosse davvero un fan di Yoko.

Questo capitolo mi ha messo più in crisi di quanto credessi, ci ho messo davvero tanto a terminarlo… A ogni battuta mi bloccavo, sarà che il capitolo era già mezzo scritto da tempo immemore e per continuarlo mi sembrava di non trovare la giusta sintonia con tutto il resto…

Ad ogni modo, ta-daaan. I primi veri accenni di rottura, l’incubo di distruggere il team che diventa a poco a poco più concreto. Ora anche Yoko e Josh sanno cosa ha impensierito tanto il piccolo Brett, inutile dire che ci sono rimasti abbastanza male. E voi? Nonostante l’idea del piscina party, spero sia giunta anche a voi un po’ di angoscia qui, sul finale.

Spero di riuscire a scrivere presto il resto… E spero che questa cosa continui ad appassionarvi almeno un po’. Grazie a tutti quanti i lettori silenti ed anche ad Anais_Pond_Williams e MisaDom99 (spero di aver scritto bene i vostri nomi) per aver inserito questa storia nelle preferite ^^

WolfEyes

 

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