Chi di cioccolata ferisce di cioccolata perisce

di AlenGarou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 13 febbraio ***
Capitolo 2: *** 14 febbraio ***



Capitolo 1
*** 13 febbraio ***


13 febbraio

 

 

 

 

 

 

 

«State scherzando, non è così?»

In piedi davanti alla soglia della propria abitazione con una mano ancorata alla maniglia, Alex osservava di sottecchi Emily e Sarah immobili sul pianerottolo. Entrambe le ragazze avevano le braccia cariche di sacchetti della spesa e un’espressione sorniona dipinta in volto, traducibile come: guai all’orizzonte. Come se non fosse già stata abbastanza seccante la loro presenza, le sue amiche avevano pensato bene di presentarsi all’improvviso, senza nemmeno prendersi la briga di avvertirla della loro incursione pomeridiana al di fuori dell’orario scolastico, irritandola ancora di più. Fortunatamente aveva già finito per tempo i compiti o le avrebbe rispedite a casa a calci. Trattenendo un’imprecazione, Alex si ritrovò a sospirare. Ciò non toglieva il fatto che la sua idea di passare un tranquillo pomeriggio in compagnia del suo sacco da boxe era stata letteralmente infranta. Liberarsi di loro sarebbe risultata un’impresa titanica. Se Emily s’impuntava su qualcosa era impossibile dissuaderla, non senza giocare sporco.

«Andiamo, Alex. Sei la nostra unica speranza» la pregò Emily con tono piagnucoloso. Notando che rimaneva impassibile a fissarle, sfoderò la sua arma segreta: dietro le lenti degli occhiali, sgranò gli occhioni verdi e incurvò le labbra in un broncio delizioso. Sapeva che niente avrebbe potuto resistere ai suoi occhi da cerbiatto impaurito, nemmeno Alex che…

In tutta risposta le sbatté la porta in faccia senza sentirsi in colpa.

«Bene, e anche questa è fatta. Prima un bel panino e poi si prende a pugni RenBox» sentenziò, scricchiolando il collo e dirigendosi leggera come una piuma verso il frigorifero.

All’esterno, le due ragazze si scambiarono uno sguardo sbigottito. Dopo un attimo di tentennamento, Emily risuonò il campanello e rimasero ad aspettare. E aspettare. E aspettare.

Con uno sbuffo, la bionda pinzò una borsa sotto il mento e premette di nuovo il campanello, questa volta senza annullare la pressione esercitata sul pulsante.

Dopo un paio di minuti, Alex si decise a riaprire la porta per la pace dei suoi provati timpani. Emanava un’aurea oscura e spaventosa che fece fare a Sarah un passo indietro, gli occhi a mandorla ancora più grandi per lo sbigottimento, ma Emily continuò a guardarla supplicante.

«Allora, ci aiuterai?»

«Ma non avete un altro posto dove andare?» sbuffò la ragazza, passandosi una mano tra i capelli scuri, scostandoseli dietro le spalle. «I genitori di Sarah posseggono un ristorante, vuoi farmi credere che non c’è spazio per voi due in cucina?»

Emily scosse con eloquenza il capo, i riccioli biondi che ballonzolavano a ogni movimento. «Ma non capisci. Lì sono tutti impegnati ed esperti dell’uso dei coltelli. Se facciamo disastri sono sicura che Lin ci affetta e ci serve al posto del sashimi!»

«Il sashimi è giapponese!» sentenziò Sarah offesa, ma Emily la liquidò con un gesto della mano.

«Chissà perché ma non ne dubito» mormorò Alex, mentre Sarah la guardava male. Con un sospiro, aprì un po' di più la porta, ma non si scostò abbastanza per lasciarle entrare. Il suo sguardo indagatore continuava a scrutarle, cercando di carpire qualsiasi indizio del perché della loro presenza nella sua proprietà. «Comunque» sentenziò dopo un momento. «Non mi avete ancora spiegato che cosa volete cucinare.» E il presentarsi a casa sua urlando: “Alex! Abbiamo un disperato bisogno di usare la tua cucina!” non era una motivazione abbastanza valida.

«Possiamo parlarne dentro? Non mi sento più le braccia» si lamentò Sarah, ma Alex scosse il capo.

«Forza ammettete i vostri peccati! Rivelate il vostro piano diabolico e fate ammenda.»

Emily grugnì. Con nonchalance, lasciò cadere a terra le borse che le aveva tra le braccia, incurante dello stato d’integrità del loro contenuto. Posandosi le mani sui fianchi, si protrasse in avanti, osservando Alex con un’espressione arcigna. «Ma lo sai almeno che giorno è domani?»

Alex inarcò le sopracciglia. Quella domanda la colse del tutto impreparata. «La scadenza per la consegna della relazione di Biologia?» domandò annoiata.

«Che cosa?» espresse terrorizzata Emily, per poi ritornare padrona di sé. «No, scema! È san Valentino! Ti rendi conto?»

Il suo sopracciglio ebbe uno spasmo. Dovette combattere contro se stessa per non ripetere la scenata di prima. «E questo come dovrebbe riguardarmi? L’unica di noi ad avere un ragazzo è Sarah» esclamò Alex, tediata da quella situazione. Appoggiò un fianco sullo stipite della porta, incrociando le braccia al petto.

«Che ottusa che sei!» Emily ormai sbuffava esasperata. «Non bisogna avere per forza un ragazzo per festeggiare san Valentino. È il giorno degli innamorati, questo è vero, ma anche dell’amore in tutte le sue forme. Per questo dobbiamo assolutamente preparare dei dolci! Lo scambio della cioccolata è solo un modo per dimostrare a una persona il proprio affetto e che vuoi prenderti cura di lei, inoltre passare insieme la giornata è…»

«Ok! Entrate!»

Prima di rischiare una crisi iperglicemica con quelle scemenze, Alex si scostò dall’uscio e lasciò passare le due ragazze con l’armamentario al seguito. Tutto per non doversi sorbire le deliranti teorie umanistiche di Emily. Doveva già sopportarle abbastanza al raduno settimanale del Club del Libro, ci mancava solo che le desse una dimostrazione plateale nel suo ingresso.

A volte, accettare la propria sconfitta, era la migliore strategia per vincere la seguente battaglia.

Senza aspettare indicazioni, Emily si diresse a passo di carica verso alla cucina. Sarah la seguì in silenzio a qualche passo di distanza, guardandosi attorno incuriosita. Dopotutto, la bionda era un’assidua frequentatrice della sua pomposa dimora, oltre che essere la detentrice del ruolo di compagna di gossip adolescenziali prediletta di sua madre, per cui sapeva già come muoversi. Grazie al cielo quella donna era ancora a lavoro o sarebbe scoppiato il finimondo e Alex non avrebbe sopportato per molto l’atmosfera rosa e piena di cuori che era discesa nella sua abitazione. Scrollando la mano davanti al viso come per scacciare un insetto, si chiese se il pesticida fosse nello sgabuzzino o nel garage.

Con un sospiro desolato e già pentita della propria debolezza, richiuse la porta alle proprie spalle, avviandosi poi verso l’origine dei rumori molesti che la colsero alla sprovvista. Quando entrò nella stanza, osservò senza parole le amiche intente a rovistare in ogni cassetto e credenza alla ricerca di ciò che occorreva loro.

«Ferme!» urlò, pietrificandole di botto con le mani che ancora frugavano nei cassetti. «Non vi ho dato il permesso di comportarvi come un branco di scimmie! Ditemi ciò che vi occorre!»

E, in quattro e quattr’otto, il piano di lavoro in granito fu riempito di ciotole, terrine, pentolini, cucchiai, fruste, misurini, stampini e cioccolata, uova, latte, farina, zucchero, lievito, sale in quantità industriale.

«Bene, direi che è tutto pronto» sentenziò Alex, mentre le altre due osservavano quella collezione con fare meditabondo. Troppo meditabondo. «Avete idea di come procedere almeno?»

«In un certo senso…» mormorò Sarah, rigirandosi tra le mani lo stampo dei muffin in silicone.

«Non ne ho la più pallida idea» esclamò solare Emily, con tutta la naturalezza di questo mondo.

Alex prese il viso tra le mani. Non poteva essere vero…

«Ma sapete almeno come si prepara un dolce?» chiese con un gemito.

«Non basta seguire la ricetta?» domandò Emily, tirando fuori dallo zaino un giornalino per ragazze tutto spiegazzato. Lo aprì sicura alla pagina giusta, dove venivano illustrati vari tipi di dessert al cioccolato con a seguito la preparazione da copiare.

Le ragazze si chinarono a osservare le varie ricette e subito Alex scartò quelle più complesse. Ci teneva ad avere ancora una cucina, specialmente con quello che era costata.

Era stata uno dei desideri di Clarissa. Sebbene sua madre fosse una donna dalla carriera impeccabile, al punto da volerla dimostrare in ogni dettaglio della propria casa con un leggero disappunto del marito, non era mai stata una cuoca formidabile. Era capace di preparare le ricette più semplici, ma del resto delle pietanze se ne occupava Alex. O suo padre, all’occorrenza. Essendo una ragazza ancora in fase di crescita, saper gestire l’intera cucina era stato un punto focale per la buona riuscita dei suoi giretti notturni in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Senza contare che lo trovava un passatempo rilassante, oltre che pieno di soddisfazioni a livello del suo apparato digerente, e un’ottima scusa per migliorare la propria destrezza con le lame. La stessa cosa però non valeva per le altre due. Nonostante Sarah lavorasse nel ristorante dei suoi per dare una mano, non conosceva appieno le sue abilità di pasticciera e per quanto riguardava Emily… non voleva rischiare.

«Ok, partiamo dalle cose semplici. Avete deciso il dolce che volete fare?»

Sarah annuì, mentre Emily si limitò a gongolare.

«A te che dolce piacerebbe ricevere?»

Quella domanda la lasciò interdetta. «Stai scherzando, vero?»

Emily scosse il capo, il suo sorriso era ancora lì. Alex alzò un sopracciglio e incominciò a ragionare, ignorando Sarah che nel frattempo stava radunando ciò che le serviva per iniziare la sua opera culinaria. Subito nella sua testa sbucarono un’infinità di torte del tutto differenti tra loro e senza accorgersene si ritrovò con gli occhi luccicanti.

Nel rendersi conto del suo madornale errore, la bionda dovette rettificare.

«Qualcosa che rientri nelle nostre capacità!»

Quello sì che fu un colpo basso. Cercando di non far trasparire la sua delusione, Alex osservò nuovamente il giornale e indicò con il dito la ricetta più semplice.

«Dei biscotti con le gocce di cioccolato dovrebbero andare bene. Se non sbaglio da qualche parte dovrebbero esserci degli stampi a forma di cuore che puoi usare per dare forma all’impasto.»

«E biscotti siano allora!» esclamò Emily, tirandosi su le maniche della maglia. Afferrò le prime pentole che le capitarono tra le mani e corse ai fornelli.

Alex dovette trattenere l’impulso di sbattere la testa sul ripiano, sapendo che una colluttazione con tale elemento le avrebbe sicuramente provocato una commozione celebrale. Si concentrò invece su Sarah, che stava già iniziando a misurare le dosi degli ingredienti che le sarebbero serviti per i suoi muffin. Fortuna che una di loro aveva la minima idea di quello che doveva fare.

«Sarah?»

«Uhm?» esclamò la ragazza, mentre mischiava il burro con lo zucchero.

«Perché?»

«Ho come l’impressione che questa volta voglia dichiararsi a un ipotetico Mr X.»

Alex si bloccò, attonita nell’udire quella rivelazione. Che Emily perdesse il suo tempo a sbavare dietro ragazzi improponibilmente famosi e irraggiungibili era un dato di fatto, ma non avrebbe mai immaginato che prima o poi si sarebbe fatta avanti.

«Ehi, guardate che vi sento! E non è vero!»

Entrambe si voltarono verso la bionda che, nella foga, aprì troppo forte il pacchetto della farina, spargendola ovunque. Si ritrovò così a tossire, la faccia completamente bianca e le lenti degli occhiali rovinate.

Esasperata, Alex si lasciò scappare un gemito. Le strappò di mano il sacchetto. «Dai, ti aiuto. O questo strazio sarà eterno. Tu intanto prova a sciogliere un po' di cioccolato.»

Emily ricambiò la sua espressione irritata con una linguaccia. Si tolse gli occhiali e incominciò a pulirli sulla maglietta, mentre Alex incominciava a preparare l’impasto dei biscotti. Presa com’era da quelle semplici operazioni, finì col perdersi nei propri pensieri e, nel mentre, incominciò ad avvertire una strana sensazione al petto. Emily la faceva sentire parte integrante della sua vita, anche quando ne avrebbe fatto volentieri a meno, e le raccontava qualsiasi cosa. Sapere che voleva fare colpo su un ragazzo a lei ignoto la lasciò basita, quasi stordita. Perché non glielo aveva detto? Non si fidava di lei? Sapeva di non essere un esempio di bontà e amore, ma provò un’emozione a lei del tutto estranea.

Quando voltò lo sguardo e si accorse che nella confusione la pagina del giornale si era girata, si pietrificò.

Amicizia o amore: scopri se la tua amica preferisce il fidanzato alle amiche.

“Ma che cazz…”

«Ehm, Alex…?» La voce di Sarah le giunse lontana.

Ah, forse aveva capito! Aveva paura di non provare più quella quotidiana irritabilità che la accompagnava sempre mentre ascoltava gli sproloqui privi di senso dell’amica. Ormai ne era così assuefatta che l’idea di separarsene la preoccupava, ma in realtà la soluzione era semplice e più che logica. Emily avrebbe avuto il suo spazio e lei si sarebbe dedicata ad altro, facendo poi finta di ascoltarla quando si sarebbe lamentata senza tregua dei problemi che attraversavano comunemente le coppie: come visualizzare un messaggio e aspettare in eterno la risposta, i “mi piace” delle altre ragazze sulle foto dei social, la sopportazione delle scuse per non uscire a fare shopping e altre cose che rasentavano la psicosi. Dopotutto Emily aveva il diritto di farsi una vita e qualsiasi altra forma mammifera pensante era migliore di lei come passatempo, persino un cane idrofobo.

«Alex!»

L’urlò di Sarah la fece sussultare. Interrompendo il flusso constante dei suoi pensieri, si voltò verso di lei con un’espressione seccata. Tuttavia, prima che potesse chiederle il motivo del suo turbamento, lo vide con i suoi stessi occhi. E rimase letteralmente esterrefatta.

Per un lungo istante non riuscì a muovere un muscolo. La paura ammantò dentro di lei come le colate laviche che si riversavano sul piano cottura attraverso il pentolino fuso. Un disastro apocalittico. La creazione di un’arma di distruzione di massa, la rappresentazione in miniatura del Monte Fato.

«EMILY!»

L’amica era succube del panico, completamente spiazzata e confusa dalla sua creazione di un vulcano fai-da-te. Prima che combinasse altri danni irrimediabili, Alex prese in mano la situazione e con uno strofinaccio afferrò il pentolino ormai carbonizzato. Quando notò le sfumature argentee che attraversavano il cioccolato nero, si rese conto che quella scema non aveva tolto la pellicola di alluminio. Fece per girarsi verso il lavello in modo da gettare quel disastro sotto il getto, ma poi si rese conto che avrebbe solo sollevato una nube di vapore acqueo che avrebbe complicato le cose, oltre che rischiare di ustionare qualcuno con gli schizzi che si sarebbero sollevati a contatto con l’acqua. Decise dunque di provare l’impossibile.

Corse verso la porta sul retro, sparendo in giardino sotto lo sguardo attonito delle altre. Si lanciò verso il rubinetto esterno, ma ormai la temperatura della pentola era diventata insostenibile. Con un grido, scagliò istintivamente il tegame lontano da lei, che finì il suo volo in uno dei cespugli di rose preferiti di sua madre. Dopo pochi secondi e nonostante l’umidità, l’arbusto prese fuoco.

Alex rimase immobile, lo sguardo fisso sul rovo ardente. Cadde a terra in ginocchio, incurante del freddo che le sferzava la pelle. Qui si andava contro ogni legge fisica e logica! Ma che aveva quella ragazza? La maledizione della Cenerentola inversa? Doveva essere un incubo. Sì, non c’erano altre spiegazioni. Il cioccolato non reagiva come una sostanza chimica instabile, gli arbusti non bruciavano in pieno inverno e lei certamente non avrebbe mai dato il suo consenso per un piano così strampalato! Quando si focalizzò sulle pulsazioni della sua mano dolorante, dovette ricredersi, malgrado il suo sconcerto.

In preda alla disperazione, sentì a malapena Emily e Sarah avvicinarsi alle sue spalle, chiuse in religioso silenzio. E fu in quel momento che il cielo si aprì; le miti nubi che fino a quel momento avevano coperto la volta celeste si dissolsero, lasciando posto alla luce fredda del sole invernale.

Alex chiuse gli occhi e sollevò il capo, avvertendo i timidi raggi accarezzarle la pelle come un balsamo. Quell’evento biblico l’aveva ricoperta di grazia, facendole comprendere le regole che governavano quell’universo. Prendendone atto, si girò verso le altre con un’espressione mite, pronta a condividere il verbo di Dio.

«Alex?» chiese spaventata Emily nel scorgere il suo sguardo.

Lei sorrise e poi scoppiò.

«Fanculo al rovo ardente! Fanculo a san Valentino! Fanculo ai dolci e fanculo a questa cazzo di…»

«Alexander Freesia Evans!»

Alex si bloccò. Persino le sue amiche s’irrigidirono nell’udire la voce di suo padre provenire da dietro le loro spalle. Apparso sulla porta, l’uomo la guardava incredulo, gli occhiali leggermente pendenti sul naso. A giudicare dalla ventiquattrore ai suoi piedi e dalla giacca ancora sulle spalle, doveva essere appena rincasato.

«Ehm, salve Signor Evans…» lo salutò con la mano Emily, lo sguardo colpevole.

L’uomo era sbiancato. «Che cosa è successo? Come… come…?»

«Come abbiamo fatto a dare fuoco alle rose di mamma utilizzando un pentolino di cioccolata che all’improvviso si è trasformato in una colata lavica di all’incirca di 600 gradi Celsius?» completò lei al posto dell’uomo. «Bella domanda. Emily…»

«Io non lo so com’è successo! Ho messo la cioccolata nel pentolino e…»

«Perché diavolo non l’hai scartata?»

«Non è come pensi! Volevo farlo, ma mi è scivolata. Mi sono distratta un attimo per prendere qualcosa con cui tirarla fuori senza scottarmi e…»

Alex si lasciò cadere per terra. E lì rimase.

«Qualcuno mi uccida. Ora.»

Un’ombra entrò nel suo campo visivo. Sollevando lo sguardo, non oppose resistenza quando suo padre l’afferrò per le braccia e la sollevò di peso, togliendole poi con celeri mosse l’erba che le si era rimasta appiccicata ai jeans.

«Non abbiamo tempo per le tue dimostrazioni da drammaturgo. Forza, vi aiuto a sistemare la cucina prima che rincasi mia moglie. Altrimenti chi la sente quella?»

 

 

 

Passarono l’intero pomeriggio a ripulire il disastro che avevano combinato in cucina.

Suo padre le aiutò al meglio delle sue capacità, impietosito com’era per la piega che avevano assunto gli eventi. Oltretutto, ci teneva a prevenire qualsiasi altro incendio doloso, per cui tenne sempre a portata di mano il piccolo estintore che avevano in dotazione. Si prodigò persino a tenerle sotto controllo mentre ultimavano i loro dolci che, per grande disagio di Alex, furono comunque in cima alla lista delle priorità.

Sarah finì la seconda infornata di muffin al cioccolato, mentre lei e suo padre aiutarono Emily a creare dei biscotti commestibili senza il rischio di sciogliere la laringe a qualcuno. Alex riuscì persino a trovare il tempo di plasmare delle praline per conto suo, sperimentando alcuni tipi di ripieno con ciò che era rimasto. Sembravano ben riuscite ma, quando provò ad addentarne una, Emily la bloccò.

«Dovresti donarle a una persona speciale, non mangiarle.»

«Emily…»

«No, Alex. Il segreto per un buon dolce di San Valentino è quello di trasmettere in esso il proprio amore per durante la preparazione, in modo da catturare la persona a cui verrà donato.»

«E io che pensavo fossero solo da mangiare» bofonchiò. Non poteva certo rivelarle che aveva riversato in quei cioccolatini tutta la sua rabbia repressa e il suo odio per non poterle storcerle legalmente il collo. In aggiunta, non aveva affatto dimenticato il mistero di questo fantomatico Mr. X. E se c’era qualcosa che Alex odiava, erano proprio le questioni in sospeso.

Una volta sistemato tutto e incartato i dolci grazie ai ritagli di carta a tema che aveva portato Sarah, Alex accompagnò alla porta le sue amiche. Ormai mancava poco all’ora di cena e non voleva altri drammi. Con i nervi a pezzi e la testa dolorante, si appoggiò alla porta. Invece di salutarle con la mano, le allontanò con un ombrello per mantenerle a distanza di sicurezza.

«Da questo momento in poi, non metterete mai più piede nella mia cucina» decretò.

«Ma Alex!» piagnucolò Emily.

«Niente “ma Alex!”. È già una fortuna che non sia partito l’allarme antincendio.»

Emily mise il broncio, ma poi si limitò a scrollare le spalle. «Te l’ho detto, ricomprerò io le rose a tua madre, se riesco… E poi dai. Abbiamo passato un pomeriggio tra ragazze! Era da un sacco che…»

«Sì, beh. Io me ne vado prima che quella decida di ucciderci. A domani» borbottò Sarah, accorgendosi dell’espressione di Alex. Si allontanò da loro e raggiunse la piccola e ammaccata auto di Emily, come sempre parcheggiata malamente a ridosso del vialetto. Aprì la portella del passeggiero e la richiuse con un tonfo secco, aspettando con pazienza l’arrivo della sua autista dentro la vettura.

Rimasero a fissarla in silenzio, dopodiché Emily sospirò. «Beh, ci vediamo domani a scuola. Ricordati i cioccolatini, mi raccomando.»

«Sì, contaci…» bofonchiò lei in risposta, mentre l’amica le rivolgeva un sorriso, probabilmente di scuse.

La osservò darle le spalle e dirigersi verso la sua auto. E poi accadde. Senza pensarci, Alex si protese in avanti, come se volesse fisicamente afferrarla e la chiamò.

«Emily?» Perché la sua voce le parve così supplichevole.

«Sì?» rispose l’altra, voltandosi per osservarla incuriosita.

Alex rimase per un attimo interdetta, senza sapere bene che cosa dire. Non si era mai trovata in una posizione simile prima d’allora e non capiva come comportarsi. Alla fine sospirò, per poi scrollare le spalle. «Non è nulla. Solo… Sono curiosa di sapere a chi donerai quei biscotti.»

Nell’udire tale esclamazione, gli occhi verdi dell’amica s’illuminarono d’immenso. Un sorriso sornione le comparve in viso, tant’è che dovette fare quasi uno sforzo per non ridere. Se l’avesse fatto, probabilmente non sarebbe arrivata al giorno seguente. Non dopo tutti i disastri che aveva già combinato.

«Oh, non preoccuparti. Lo saprai domani.» Le fece l’occhiolino e, saltellando, uscì finalmente dalla sua proprietà.

Alex rimase fuori a osservarle finché non scomparvero alla vista, incurante del freddo. Doveva essersi persa nei suoi pensieri perché non si rese conto della presenza appostata alle sue spalle.

«Dolci di san Valentino eh?»

Non si voltò. «Prova a farne parola con mamma e giuro che faccio saltare in aria la tua macchina.»

Avvertì suo padre ridacchiare dietro di lei. Le prese l’ombrello dalle mani e lo ripose al suo posto, per poi dirigersi di nuovo verso il salotto. Prima di scomparire nel corridoio, il rumore dei suoi passi si arrestò.

«Dovresti provare, lo sai? Continuando così rischi di rimanere sola e non voglio questo per te. Meriti qualcuno che ti capisca e che ti apprezzi per quello che sei.»

Alex non ebbe nemmeno la forza di arrabbiarsi per quella constatazione. Tenendo a freno il suo disagio, lo seguì all’interno dell’abitazione con un sorriso tirato. «Papà, lo sai che il dottor Carmack è sposato.»

«Oh, certo. Chiamami papà quando più ti fa comodo.»

«Ovviamente Maximillian. Come potrei non approfittare del tuo cuore dolce e sincero?»

L’uomo tossicchiò e attese che fosse abbastanza vicina per darle una pacca sulla nuca.

«Ehi!»

«Ora, senza far esplodere pentole… Che cosa ti andrebbe per cena? Oggi è la giornata del tofu di tua madre e non vogliamo certamente privarla di quella delizia.»

Alex inorridì, pensando alle bislacche diete che quella donna si ostinava a fare. Prima o poi sarebbe diventata invisibile a furia di mangiare roba macrobiotica a sere alterne. Dato ciò che aveva appena passato, decise che si meritava almeno un pasto decente. «Pasta al formaggio. E a seguire bistecca di manzo con contorno di purè, piselli e salsa?»

«Andata. E come dolce?»

«Tutto, purché non contenga cioccolato.»

 

 

 

 

 

 

Rieccomi qui con questo bellissimo racconto fantascientifico.

Lo so, sono in ritardo con gli altri aggiornamenti e sono in ULTRAritardo per quanto riguarda i contest di questo mese, ma non ho resistito. Dovevo scrivere lo speciale di san Valentino dello speciale di Halloween. Il senso di questa cosa? Non esiste. Per cui non chiedetevelo.

E io devo ancora capire come faccio a essere presa peggio di uno scoiattolo sotto caffeina. Ovviamente avrei preferito che il mio cervello partorisse questa tragedia qualche giorno prima, in modo da scriverla con calma, ma noooooo, troviamoci agli ultimi giorni!

Ebbene, dovrei mettere il prossimo e ultimo capitolo domani (spero).

Come da programma, sarà presente la banda al completo e, inutile dirlo, il romanticismo sarà passeggero come una nuvoletta nel terso cielo estivo. O della neve a maggio. O delle gioie. Insomma, probabilmente finirò per offendere qualcuno come al mio solito.

Ma non siamo qui a mettere le ciglia finte ai delfini e io non sono qui a scrivere roba seria.

Per concludere, vorrei porgere le mie condoglianze a tutti i ragazzi che, volenti o no, saranno costretti a mettere un mutuo ai loro organi per riempire le loro dolci punzelle di regali.

A domani!

 

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Capitolo 2
*** 14 febbraio ***


14 febbraio

 

 

 

 

Quel giorno, Alex si svegliò avvertendo una strana sensazione. Non era mai stata una persona mattiniera eppure, quando si trascinò fuori dal letto, si sentì incredibilmente fiacca. Per grande pace della sua sveglia, non riuscì nemmeno a picchiarla come di norma. Invece di lanciarla contro il muro, si limitò a disattivarla dopo averla fatta suonare a vuoto per diversi minuti. Se tale condizione di disagio fosse determinata dell’importanza di quel giorno o dalla possibilità che se stesse covando l’influenza, non le era dato sapere, eppure ciò non migliorò il suo umore. Quando si diresse in cucina per prepararsi dei pancake in modo da tirarsi un po’ su, trovò i suoi genitori in atteggiamenti poco professionali e civili. Ignorandoli mentre si riempivano di bacini per tutto il viso e sua madre ridacchiava come una giovincella, arrancò come uno zombie verso i fornelli. L’unica nota positiva fino a quel momento, si rivelò essere l’assenza di macchie e di crateri sul piano di lavoro. Inoltre, suo padre era stato così furbo da sommergere la donna di rose, evitando così la crisi.

Con un sospiro, iniziò a preparare la pastella, finendo poi per minacciare i due adulti alle sue spalle con il cucchiaio di legno sporco. Dio, doveva proprio ricordarsi di prendere quel dannato pesticida. Starnutendo, finì di prepararsi la colazione e la mangiò in fretta e furia, desiderosa di uscire di casa nel minor tempo possibile per non dover sopportare ancora un minuto di più quell’atmosfera opprimente. Per poco non si dimenticò i cioccolatini che aveva preparato il giorno prima. Con un moto di stizza, l’infilò nella borsa a tracolla e, mentre si apprestava a uscire al freddo e al gelo, pregò gli dei che il tempo frigido calmasse un po’ gli animi.

Ma le sue aspettative di normalità e pace interiore furono infrante. Stringendosi nel cappotto, notò per strada numerose coppiette che si sbaciucchiavano o si scambiavano regali, incuranti di dar mostra di sé. Alex premette il viso nella sciarpa e camminò ancora più svelta.

Una volta arrivata nei pressi dell’istituto scolastico, si rese conto che nemmeno lì sarebbe stata al sicuro e ormai il suo naso la faceva dannare. Starnutendo nuovamente, si accorse che numerose ragazze avevano tra le mani pacchettini o borsette dal contenuto inequivocabile. Alcuni ragazzi stavano regalando rose finte nei pressi della scalinata d’ingresso, donando gioia e speranza alle povere donzelle sprovviste di cavaliere.

Alex passò in mezzo a loro come un toro, ignorando i richiami di un suo compagno di corso che per poco non le lanciò dietro il fiore. Senza accorgersene, si ritrovò a digrignare i denti: ma che diavolo avevano tutti?

Il punto di non ritorno comparve quando incrociò il banchetto di beneficenza che Leyla aveva sistemato vicino la segreteria. Vendeva cioccolatini vegani di san Valentino per poter racimolare la somma necessaria a comprare le nuove divise alla squadra di cheerleader, da lei capitanata. Assieme a lei c’era la sua vice ed entrambe non si risparmiavano con le risatine e le occhiate languide verso i giovani studenti che facevano la loro entrata nell’edificio. Per ben cinque dollari, i poveri polli ricevevano in dono un pacchettino rosso con tanto di cuoricini che nascondeva una terribile verità. Quando s’infilavano un cioccolatino in bocca, dovevano dar prova della loro forza di volontà per non sfigurare davanti alle due più belle ragazze dell’istituto, ritrovandosi così a ingoiare il rospo per non sputarlo. Tale visione la fece starnutire più volte, ma Alex liquidò il tutto come la sua tipica allergia alle trovate salutiste.

Quando arrivò davanti al suo armadietto, era ormai un fascio di nervi. Appoggiò la fronte sulla superficie fredda di metallo, incominciando a colpirla a ripetizione finché non percepì una presenza inquietante alle sue spalle.

«Non dire nulla…»

«Wow, Alex! Sei davvero uno straccio» le fece notare Emily. Per l’occorrenza si era vestita interamente di bianco e rosso; le calze avevano una stampa a cuori improponibile e aveva domato i riccioli biondi in due alte code ai lati della testa. Ovviamente gli elastici avevano dei fermagli a forma di muscolo cardiaco.

«Ha ragione» rincarò Sarah al suo fianco, per fortuna vestita come al solito. «Dovresti riguardarti o rischi di beccarti l’influenza.»

«Ma fino a ieri stavo bene» si lamentò lei, inserendo la combinazione per aprire il suo armadietto. «È da quando mi sono svegliata che…»

Si bloccò non appena aprì l’anta e si accorse di cosa spiccava tra i testi scolastici. Le sue amiche si sporsero, incuriosite dalla sua reazione, ma prima ancora di poter scorgere ciò che aveva intravisto all’interno, Alex richiuse la portella così forte da far traballare l’intero armadietto.

«Alex, che ti prende?» squittì Emily, visibilmente spaventata da quella reazione.

Lei non reagì. Contò a mente fino a dieci, dopodiché lo riaprì. No, la composizione floreale era ancora lì. Fremendo di rabbia, afferrò i fiori senza badare ai petali che disseminò per il corridoio e si diresse a passo di marcia verso il bagno dei ragazzi. Come aveva supposto, Ren e la sua banda erano appostati lì. Il teppista stava come al suo solito fumando, conscio di commettere una grave infrazione del codice scolastico. Nulla di nuovo, dato che gli piaceva trascorrere ore in presidenza a osservare il muro. Quando la vide arrivare con un’espressione omicida estremamente ridicola a causa del viso arrossato, si mise sulla difensiva con un sopracciglio alzato.

«Ren! Figlio di uno stalker! Quante volte ti ho detto di non scassinare il mio armadietto!»

Ren aprì la bocca con fare annoiato, ma quando si accorse dei fiori malmenati che reggeva in mano, rimase basito. Quasi sconcertato. Finché non scoppiò a ridere con grande stupore di tutti. L’espressione che le rivolse sarebbe stata divertente, se estrapolata in un altro contesto. Sembrava quasi incredulo della situazione, come se compatisse il poveretto che aveva ingenuamente pensato di farle cosa gradita sradicando un giardino.

«Questa volta io non c’entro nulla» esclamò, gli occhi plumbei divertiti. «Ti sembro un tipo da erba selvatica?»

Nell’udire quella domanda, Alex non poté fare a meno di sospirare. Purtroppo doveva ammettere che aveva ragione. Rennis Fauster era molte cose, ma di certo non un tipo romantico. E non era nemmeno il tipo di ragazzo che doveva compiere la fatica di compiacere il sesso opposto. Lo faceva già di per sé con il suo sorriso sghembo, gli occhi intriganti come le profondità marine e i lunghi capelli neri che accendevano a qualsiasi ragazza il desiderio di fermarsi per fargli delle treccine, senza dimenticare poi l’aria di pericolo che emanava da ogni poro. Questa somma qualitativa faceva letteralmente sciogliere le ragazzine nelle loro mutande e fili interdentali; per quanto la riguardava, l’effetto che aveva su di lei le faceva ardentemente desiderare di scogliere lui in una vasca di acido. A dimostranza di questo, il gruppo era attorniato da studentesse che rallentavano il passo per guardarlo intensamente, indecise o meno se consigliargli i loro regali in quel momento o in privato.

Alex incominciò a sentirsi osservata.

«Lo spero per te!» bofonchiò irritata, puntandogli contro il mazzo di fiori. Senza perdere altro tempo, si diresse verso il primo cestino sul suo percorso e gettò via il regalo, sotto lo sguardo atterrito di Emily.

«Alexander!» Si protese subito a salvare i poveri arbusti, stringendoseli al petto. «Ma insomma! Ti pare questo il modo?»

La ignorò, ritornando a osservare il ragazzo, che ricambiò la sua occhiataccia.

«Come, tutto qui? Niente minacce di morte o promesse di spargere le mie viscere per il campo sportivo?» Prese una boccata di fumo, dopodiché la scrutò meglio. La sua espressione si acquietò, divenendo seria. Persino il suo sguardo sembrava sinceramente preoccupato. «Sei sicura di stare bene? Hai un aspetto orribile.»

Alex dovette trattenere l’impulso di starnutirgli in faccia. «Perché continuate tutti a ripetermelo?»

«Perché è così.»

Alex sussultò, così come Emily. Alle loro spalle era apparso Gregory, un loro caro amico nonché rivale perenne di Ren, ma purtroppo non era da solo. Keiran si trovava subito dietro di lui, la sua espressione solare si disperse nell’etere quando si accorse dei fiori che Emily reggeva in mano. Sarah distolse lo sguardo per non scoppiare a ridere.

«Dovresti andare a casa» commentò Gregory.

Prima che Alex potesse ribattere, Emily l’abbracciò a koala. «No, Alex non va da nessuna parte!»

Stupiti da quella reazione, gli altri rimasero a fissare la bionda esterrefatti, mentre Alex cercava di togliersela di dosso.  

«Ma, Emily…» provò a farla ragionare il ragazzo.

«Niente ma!»

«Ragazzi, state occupando il corridoio.»

A parlare, era stata la professoressa Aaron. La donna aveva già disperso la maggior parte dei ragazzi che, persi com’erano nell’osservare quello strambo teatrino, non avevano sentito la prima campanella. Inoltre, molti degli amici di Ren se l’erano filata non appena il ticchettio dei suoi tacchi li aveva raggiunti. Dal canto suo, il ragazzo si limitò a spegnere la sigaretta con un gran sorriso. La donna lo fulminò con lo sguardo.

«Signor Fauster, dovrò continuare a ricordarle che è vietato fumare nel complesso per tutto l’anno o le piace davvero così tanto la tappezzeria della presidenza?»

Il ragazzo si limitò ad alzare le spalle. «Che posso dirle, trovo la compagnia di Doris adorabile. Per non parlare della preside. I biscotti alla cannella che tiene sulla scrivania sono deliziosi.»

La professoressa non commentò tale ironia, né l’assecondò. Si limitò a battere il tempo con un piede, le braccia incrociate al petto e lo sguardo colmo di serietà. Sconsolato, Ren si mise lo zaino in spalla e la precedette.

«Non si preoccupi, conosco la strada.»

Prima di seguirlo per verificare che stesse andando verso il posto dov’era più di casa, la professoressa ammonì anche loro con un’occhiataccia.

Con un sospiro, Alex si allontanò dagli altri. «Qualcosa mi dice che non ha finito per tempo la relazione.»

«O non l’ha nemmeno incominciata» commentò Gregory, per poi spostare il suo sguardo su Emily. «Ci vediamo in mensa?»

La bionda gli sorrise. «Certamente! Non vedo l’ora.»

Alex rimase in silenzio a fissarli, notando il modo in cui i due si guardavano. Forse il mistero di Mr. X non era poi così misterioso…

Dopo uno scambio veloci di saluti, Sarah prese sottobraccio l’amica per trascinarla a lezione.

«Allora, sicura di voler rimanere?» le chiese Gregory una volta che Emily scomparve alla vista.

«Sei sicura di non essere allergica alle cose carine e coccolose?» infierì Keiran.

In tutta risposta, lanciò a entrambi un’occhiataccia. «Se fosse così dovrei essere allergica anche a Emily e no. Ho tutta l’intensione di seguire le lezioni come da programma.»

E detto questo, girò sui tacchi, entrando in aula.

 

 

Le lezioni si susseguirono come sempre. O meglio, quasi.

Alex continuò ad arricciare il naso e a rannicchiarsi contro il banco per tutto il tempo, ignorando le occhiate stranite che i professori le lanciarono nel susseguirsi delle ore. Non aveva mai perso un giorno di scuola e di certo non se ne sarebbe tornata a casa sconfitta da quella ridicola festicciola.

Come se non bastasse, Ren non era nei paraggi quando più le serviva una distrazione. Tempestarlo di palline di carta sarebbe stato infantile, ma almeno l’avrebbe distratta dalla sensazione di avere il naso in fiamme. Essendo sconfinato in presidenza, come da programma, saltò la consegna della relazione di Biologia e non degnò nemmeno la professoressa di Storia della sua presenza. Non che gli adulti ci facessero molto caso, dato che erano più le volte in cui il suo banco rimaneva vuoto e freddo di quelle in cui lui e il suo ego mal contenuto lo occupavano. Per cui, era tutto nella norma.

Eccetto per quell’insistente sensazione di essere osservata.

Non sapendo bene come, al suono della campanella del pranzo, Alex raccolse le sue cose e si diresse con un sospiro verso la mensa ghermita di ragazzi starnazzanti assieme a Gregory. Il quale non la smetteva di osservarla apprensivo, rischiando così di guadagnarsi un bel pugno in faccia.

Trovare gli altri in mezzo a quel caos si dimostrò piuttosto semplice, dato il modo in cui Emily si sbracciava per attirare la loro attenzione. Dopo aver preso qualcosa da mangiare, si avviò verso i suoi amici anticipata dal ragazzo, finché qualcuno non richiamò la sua attenzione con un colpo di tosse.

Sorpresa e allo stesso tempo stranita, non riuscì a contenere la propria sorpresa quando Ren le si parò davanti con un sacchetto di carta unticcio ancora tiepido. Su di esso, spiccava in bella vista il logo di una piccola tavola calda che si trovava nei pressi della scuola.

«Per te» disse semplicemente, posandoglielo sul vassoio con nonchalance. «Ho pensato che potesse aiutarti a ritrovare un po' d’energia.»

Con una mano, Alex aprì l’involucro e per poco non scoppiò in lacrime nel vedere il succoso cheeseburger che conteneva. Senza contare le patatine fritte.

«Beh… Grazie…» mormorò, confusa da quel gesto. Poi ebbe un’idea. «Non credo che li mangerò, per cui se vuoi posso darti in cambio i…»

Non finì la frase. Ren le mise una mano davanti per bloccarla. «Dio, stai proprio male se credi che te l’abbia portato per farti un favore. E poi, no grazie. Il cioccolato mi fa schifo.»

«COSA???» Un coro femminile si levò attorno a loro nell’udire quella constatazione, ma Ren si limitò a sbuffare. Probabilmente era così che i suoi amici si procuravano il cioccolato ogni anno, tramite l’aiuto del ragazzo che sembrava incapace di dire di no a del cibo gratis.

«Ad ogni modo non eri obbligato.»

«E sprecare la possibilità di farti sentire in debito? Perché non approfittarne?» Il sorriso ferino che le rivolse le fece venire voglia di gettargli addosso il cibo, ma un cheeseburger rimaneva pur sempre un dono divino e non ci avrebbe mai rinunciato, anche se voleva dire dare soddisfazione a quel teppista.

«Ti piacerebbe» bofonchiò, mentre Ren si allontanava da lei per tornare dalla sua combriccola.

Sbuffando, si sedette di fianco a Emily, che la osservava con gli occhi a cuore.

«Oh mio dio… è stato così dolce.»

«Nei tuoi sogni Emily. Ed è bene che la cosa rimanga lì» sentenziò lei, scartando il suo panino. Non riuscì a non gongolare, nonostante tutto. Ignorò le espressioni rabbiose di Keiran e Gregory e diede il primo morso, gemendo di piacere.

«E così Ren non è un lord malvagio. Chi l’avrebbe detto?» Sarah giocherellò con la sua insalata. Di fianco a lei, Eric, il suo ragazzo, sgranocchiava felice i suoi muffin, senza badare molto alla conversazione che stava avvenendo al tavolo.

A quella vista, Alex perse quel poco di appetito che le era rimasto. Si voltò verso Emily con curiosità. «Allora, hai già dato i biscotti al tipo che ti piace?»

L’amica sorrise e scosse la testa. «In realtà aspettavo il momento giusto per darglielo ma, dato che ci tieni tanto…»

Incominciò a rovistare nella borsa per recuperare il pacchetto fatto il giorno precedente. Nello scorgerlo, Gregory s’irrigidì. Emily non notò la sua espressione, dato che era troppo impegnata a scrutare Alex con ilare curiosità. Poi si guardò attorno in modo teatrale, come se stesse cercando qualcuno tra gli studenti impegnati a mangiare o discutere tra di loro.  Confusi da quel gesto, gli altri incominciarono a seguire il suo sguardo, finché la bionda non scoppiò a ridere in modo incontrollato.

«Scusatemi, ma le vostre espressioni sono troppo buffe.»

«Suvvia Emily. Daglielo e basta, altrimenti credo che Gregory ucciderà qualcuno» sentenziò annoiata Sarah, mentre l’amica si asciugava le lacrime agli occhi.

«Sì, hai ragione.» Si schiarì la voce e ritornò seria. Tra di loro cadde un silenzio pesante, finché la ragazza non porse i biscotti ad Alex.

«Alexander, vuoi essere il mio San Valentino?»

Nell’udire quella domanda, Alex rimase letteralmente a bocca aperta, imitando l’espressione sconvolta che Gregory e Keiran avevano assunto dall’altra parte del tavolo. Guardò il pacchetto sgangherato che le porgeva, poi Emily, poi di nuovo il pacchetto. Sentiva tutti gli occhi puntati addosso, ma lei si limitò a stringersi nelle spalle.

«Sì, perché no?»

«Evviva!» Emily l’abbracciò con slancio tale che per poco non caddero dalle sedie. Nonostante il lieve fastidio per quel contatto fisico, Alex non riuscì a evitare un sorriso. Come sempre si era preoccupata per nulla e, doveva ammetterlo, dentro di lei si sentì un po' felice per quella svolta. Accarezzò i folti ricci dell’amica con scarsa naturalezza, ma tutto sommato doveva ammettere che non era così male.

«Ma…»

Ridacchiando, Emily rivolse un sorriso di scuse a Gregory che, era rimasto spiazzato. «Mi dispiace Greg, però l’avevo già detto. San Valentino va passato con la persona a cui vuoi bene e poco importa che sia il tuo ragazzo, la tua migliore amica, il tuo cane o Netflix. L’amore non ha forme, ma solo emozioni.»

«E poi, se proprio volete, posso pur sempre darvi io dei cioccolatini» esclamò Alex, recuperando le sue praline per poi posizionarle tra di loro. «Mi raccomando, dividetevele.»

I ragazzi si guardarono confusi e ammutoliti per qualche istante, ma poi sospirarono e accettarono quel dono non esattamente personale con un grazie bofonchiato.

Per quel che la riguardava, Alex si sentiva apposto con se stessa e libera da un peso. Forse due. Almeno il cioccolato non le si sarebbe sciolto in borsa. Tornando a guardare l’amica con un sorriso, si accorse che il naso non le prudeva più.

 

 

 

 

 

Ed eccoci alla fine XD Dio mio, credevo di non fare in tempo. Ho scritto questo capitolo in fretta e furia, per cui chiedo umilmente perdono per gli errori. Sì, senza se. Sono sicura di essermi lasciata sfuggire qualcosa nonostante l’abbia riletto un sacco di volte. Quindi chiedo venia. Spero comunque che questa piccola parentesi “romantica” vi sia piaciuta.

Alla prossima :3

 

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