fame; | tom felton.

di catoptris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** i can't imagine being anywhere else but here. ***
Capitolo 2: *** and if somebody hurts you, i wanna fight. ***
Capitolo 3: *** now i wish i could freeze the time at seventeen. ***
Capitolo 4: *** are you going to age without mistakes? ***
Capitolo 5: *** i tried to write it down but i could never find a pen. ***



Capitolo 1
*** i can't imagine being anywhere else but here. ***


https://www.youtube.com/watch?v=71SvPulAyZI ]

Ricordo di quel giorno in cui tu, con i tuoi capelli biondissimi che tanto invidiavo, arrivasti correndo nella mia stanzetta da bambina. Mi chiamavi, chiamavi il mio nome. Ancora e ancora. Eri euforico.
"Ho fatto un provino!" gridavi entusiasta. "Per i film di quei libri che tanto ti piacciono!"
Ricordo di aver sorriso; ti era sempre piaciuto recitare, fingere di essere un supereroe, un mago, un alieno. Ti piacevano le cose strane che ti raccontavo, come quei libri che tanto amavo io.
Eravamo piccoli e ingenui, ma già ammiravo il modo in cui ti immedesimavi in un personaggio, in cui diventavi tutt'altra persona. Mi affascinavano le tue movenze quando fingevi di essere un Lord dell'800, e quando ti battevi con soldati invisibili come un vero e proprio vichingo non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso. Ero così felice al tuo fianco. Ed ero ancora più felice dopo quella notizia: avresti realizzato il tuo sogno.
La tua felicità si era affievolita nello scoprire il ruolo che ti sarebbe stato assegnato, e così la mia. Come potevi non gioire?
"Volevo essere Harry Potter!" era la tua risposta. "Lui salva il mondo magico dai cattivi!" Ogni volta ti sorridevo. Era sbagliato ridere di te per la tua caparbietà, ma avevi quello sguardo così determinato che infondeva gioia negli altri.
"Essere sempre quello buono è scontato, Tom! Harry è noioso come personaggio, ti divertirai molto di più con Draco," dicevo quindi, e un piccolo sorriso si formava sulle tue labbra. Allora ti scompigliavo i corti capelli biondi ridendo. "Inoltre, staresti malissimo con i capelli scuri," e ridevi anche tu.
Durante le riprese del primo film eri nervosissimo, passavi le giornate a rileggere i copioni per paura di dimenticare qualcosa, e non ti presentavi da me. Dovevo sempre irrompere nella tua stanza e trascinarti fuori, ricordandoti che quello non era il tuo primo copione. Non sarebbe stata la tua prima volta sul grande schermo.
"Ma è una saga," protestasti un giorno, con il broncio. "Con le saghe diventano tutti famosi!"
Quella fu la prima volta che mi arrabbiai davvero con te. Decisi di non presentarmi a casa tua per una settimana, e fu solo allora che sentii il vetro della finestra scricchiolare in seguito a dei lanci calcolati di piccoli sassi.
"Queste cose funzionano solo nei film," protestai, una volta essermi affacciata. Il tuo sorriso fu come un lampo nel cielo scuro d'inverno.
"Eppure sta andando come avevo previsto," fu la tua risposta.
Passammo quella notte a parlare sul tetto, ascoltando la musica soffusa provenire dalla mia stanza e guardando le stelle e le nuvole proseguire nel loro lento percorso.
"Voglio diventare famoso per andarmene via di qui," le tue parole ruppero il silenzio tra di noi. Mi voltai verso di te, e tu mi stavi già guardando. "Tu verresti con me. Potrei portarti ovunque, come hai sempre desiderato, per tutto il tempo che vorrai." Ricordo chiaramente il tuo sguardo mentre mi scostavi i capelli sempre disordinati da davanti il volto, come i tuoi occhi sempre luminosi mi scrutarono in quel momento. "Perché non andremo da nessuna parte senza l'altro, vero?"
Fu allora che capii quanto realmente tu ci tenessi a me, e quanto io tenessi a te.

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Capitolo 2
*** and if somebody hurts you, i wanna fight. ***


[ https://www.youtube.com/watch?v=MwpMEbgC7DA ]

Avevamo sedici anni quando per la prima volta capii che averti come amico non mi bastava più.
Erano tredici anni che la nostra amicizia andava avanti, come potevo anche solo averci pensato?
"Ti vedo pensierosa," dicesti, sfilandoti l'unica cuffietta che ti concedevo. Mordendomi l'interno della guancia, io mi strinsi tra le spalle e bloccai la musica. Ti dissi di non star pensando a nulla in particolare: sembravi titubante, ma ti alzasti di scatto dal prato per recuperare la chitarra. Suonavi sempre tanto durante i periodi di pausa dalle riprese. E io cantavo, perché dicevi che il suono della mia voce ti ricordava cose belle, facendomi sorridere.
Passavo spesso i pomeriggi così, mentre io cercavo di uscire con altre persone, e non pensare a te in quel modo. Eri il mio migliore amico. Ma forse sarebbe stato meglio in quel modo.
Ora neppure ricordo il nome di quei ragazzi, ma ricordo alla perfezione il volto di uno di loro. Mi disse che ero carina, ma che chi desideravo non mi avrebbe mai guardata a quella maniera. Gli risposi che non poteva parlare di desiderio a quell'età: era presto, non potevo dire di desiderare qualcuno. Ma ci rimasi male, e tu pensasti fosse colpa sua.
"Non ti meritava in ogni caso," dicevi da dietro la mia porta, aspettando ti aprissi. Ma non volevo farlo: ero in uno stato pietoso. "Ragazzina, esci di lì o mi toccherà trascinarti," aggiungesti un giorno. Lo facesti davvero.
Ero ancora vestita quando mi spingesti sotto la doccia e, per il freddo, strinsi convulsamente le mani attorno la tua maglia, trascinandoti dietro di me. Scoppiammo a ridere mentre l'acqua ci incollava gli abiti addosso; si fermava tra i miei capelli e scivolava dai tuoi lungo il tuo volto.
"Sembri un cerbiatto," mormorasti nel momento in cui sollevai lo sguardo su di te. Risi, colpendoti delicatamente il petto, ma non volevo ti allontanassi: in confronto all'acqua fredda, emanavi un piacevole calore, e sarei potuta restare a quel modo in eterno.
"Ragazzina, dico sul serio, non ti meritava," dicesti, mentre ci cambiavamo. Eravamo cresciuti insieme e nessuno dei due sentiva l'imbarazzo nello stare scoperti davanti l'altro. Eppure, ti guardavo appena. Ti risposi semplicemente di smetterla di chiamarmi ragazzina, e la tua risata si diffuse per tutta la stanza. Avevo appena infilato la maglia quando le tue braccia mi si erano avvolte attorno, sollevandomi da terra.
"Sarai sempre la mia ragazzina," biascicasti contro la mia spalla. "E se qualcuno dovesse farti stare di nuovo così, ho un cast di finti maghi disposti a darmi una mano," risi, chiudendo gli occhi. Il battito del mio cuore si alternava al tuo, e avrei voluto scriverci una canzone sopra: non avevo mai sentito una musica così bella. 

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Capitolo 3
*** now i wish i could freeze the time at seventeen. ***


https://www.youtube.com/watch?v=dB1w9Yiu3zo ]

Ti presi in giro per quel taglio di capelli per mesi. Avevo addirittura iniziato a chiamarti Scodella. Lo detestavi.
"Non c'è nulla di male nei miei capelli!" protestavi, mettendo il broncio. Allora io ridevo di te e tu finivi con il colpirmi con un cuscino.
"Almeno oggi non chiamarmi a quel modo," fu la prima cosa che dicesti quando, il 22 Settembre, venni a svegliarti. Passammo la giornata insieme, e volevo non finisse mai: ti portai a pranzare fuori, passammo il pomeriggio al parco, cantando e semplicemente parlando. Tu mi raccontavi di come andavano le riprese, io di come tutti parlassero di te. Poi mi chiedesti di leggerti qualcosa.
"Ho sentito la tua borsa, so che ci sono almeno due libri lì dentro," dicesti.
Ti lessi qualche capitolo di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Non te l'ho mai detto, ma tutte le volte che iniziavano le riprese, io rileggevo il rispettivo libro. Ero ancora arrabbiata per l'assenza di Pix, e tu lo sapevi bene. Mentre leggevo, premendo la schiena contro l'albero alle mie spalle, tu avevi la testa posata sulle mie gambe, e giocherellavi con i miei ricci, facendoli rimbalzare come se fossero molle. Sorridevi.
Passando, alcune persone si voltavano a guardarci, e prontamente tu fingevi indifferenza dandogli le spalle. "Non voglio rovinino il nostro giorno," ti giustificavi, e io arrossivo: lo chiamavi il nostro giorno, più e più volte. Ma era il tuo giorno.
"Continuo a ripetere che sarei stato perfetto come Potter," dicesti quando chiusi il libro. Inarcai entrambe le sopracciglia, incrociando le braccia contro il petto e mantenendo lo sguardo chinato su di te.
"Saresti stato pessimo," replicai, trattenendo a stento un sorriso. "Sei troppo codardo per impersonare un Grifondoro," aggiunsi poi, con un ghigno divertito. L'espressione che si formò sul tuo volto fu impagabile: dischiudesti di colpo le labbra, offeso, sollevando lo sguardo su di me e fermandoti dal rigirarti i miei capelli tra le dita.
"Come, scusa?" domandasti. Lasciai il sorriso sulle mie labbra ampliarsi ulteriormente, così da dargli un'aria del tutto ignara e innocente. Ti tirasti a sedere di scatto, posando le mani sui miei fianchi e iniziando a muovere le dita per solleticarmi: scoppiai improvvisamente a ridere, tentando di allontanarti mentre indietreggiavo. Finii con il perdere l'appoggio dell'albero alle mie spalle, e percepii immediatamente l'impatto contro il terreno. Ti richiamavo, quasi implorandoti di smetterla, ma il tuo corpo era sopra il mio, impedendomi qualsiasi movimento.
"Chiedimi scusa e mi fermerò," dicesti, tentando di superare il volume che le mie risate aveva raggiunto.
"Mi dispiace!" biascicai con il fiato corto. E tu ti fermasti, posando le mani ai lati del mio capo e tenendoti sollevato su di me. Sorridevi, guardando il mio volto arrossato per le risate mentre tentavo ancora di regolarizzare il respiro.
"Sei spregevole," borbottai, senza sollevare lo sguardo verso di te. Tu ti lasciasti sfuggire una bassa risata, ma prima che potessi osservare il tuo volto, le tue labbra erano sulle mie. Ricordo di aver desiderato di fermare tutto in quel preciso istante, quando niente poteva disturbarci, quando eravamo solamente noi due. Noi due e basta.

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Capitolo 4
*** are you going to age without mistakes? ***


https://www.youtube.com/watch?v=VgXOPeobPcI ]


Non ne parlammo più. Continuavamo a passare le giornate assieme, comportandoci come se nulla fosse successo, ma il giorno prima delle riprese eri nervoso e ti presentasti da me nel cuore della notte. Era stata una giornata pesante, e desideravo solamente andare a dormire, ma la tua risata nel vedere i miei capelli mal sistemati mi risvegliò come una buona tazza di caffè.
"Mi dispiace, ti cerco solo quando ne ho bisogno io e non ti chiedo mai come stai," dicesti di colpo, voltando il capo verso di me. Ero consapevole del tuo sguardo su di me, ma rimasi a fissare le costellazioni dipinte sul soffitto.
"Io sto bene," replicai con un mezzo sorriso. "Non sono io l'attrice," continuai, sistemandomi su di un fianco. Ti sfiorai delicatamente la guancia e la punta del naso, allontanandoti i capelli dalla fronte con dolcezza. Ricordo benissimo il tuo sorriso, un momento prima mi attirassi a te.
"Come farei senza di te, ragazzina," sussurrasti appena, posando un rapido bacio contro la mia fronte. "Non mi hai più raccontato nulla – nessun idiota da minacciare?" domandasti poi. Lentamente, sollevai lo sguardo su di te. Come potevo spiegartelo? Come potevo anche solo fartelo capire?
"Nessuno," mormorai. Un piccolo sorriso si fece spazio sulle sue labbra. Dicesti che era meglio così, prima di baciarmi. Di nuovo. Ancora una volta avevi scombussolato tutti i miei piani.
"Cassandra," era la prima volta dopo tanto tempo che mi chiamavi con il mio vero nome. Avevo dimenticato quando mi piacesse sentirlo pronunciato da te. "Mi dispiace, avrei dovuto parlartene prima, avrei –" ti zittii. Non capii di cosa tu stessi parlando – non capivo più nulla. L'unica cosa che percepivo era la tua pelle contro la mia, le mie mani tra i tuoi capelli, le nostre labbra.
"Va tutto bene," fu la mia unica risposta. Ma era davvero così?
Dicesti di non volerti allontanare, di voler restare con me. Dicesti di volermi portare via, lontano da tutti. Dicesti di ammirarmi per essere sempre rimasta la stessa, intelligente, ragazzina che avevi conosciuto anni prima e che avevi visto crescere. Che volevi continuare a veder crescere.
Dicesti di amarmi, e io lo dissi a te. E facemmo l'amore, come se i nostri corpi fossero cresciuti per incastonarsi l'uno all'altro perfettamente.

Con il senno di poi, avrei dovuto capire che quello era il tuo modo per dirmi addio.

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Capitolo 5
*** i tried to write it down but i could never find a pen. ***


https://www.youtube.com/watch?v=dzNvk80XY9s ]
 

«Ancora cerco le parole per descrivere come il nostro rapporto mi abbia segnata. Sei stato la parte più importante di me, e non sai quante altre cose vorrei dire su di te. Ma non ne ho il tempo – Dio, non ne ho neppure le forze. Ho speso dieci anni della mia vita pensando tu saresti magicamente tornato indietro (magicamente, che ironia), ma non è stato così. Ti sei fatto una nuova vita, com'era ed è giusto, e mi hai lasciata nel passato. Avevi detto che non lo avresti fatto, eppure eccoci qui.
Sono felice del tuo successo, Tom, lo sono davvero. Te lo meriti. Ma, te lo chiedo per favore, non montarti la testa – sei una persona troppo buona, troppo gentile per omologarsi agli altri. Non fare idiozie.
Sto cercando di trovare altro da dirti, per non sembrare monotona, per non far sembrare tutto questo un semplice addio; non potrò mai dirti davvero addio. Sarai sempre parte di me.
E magari non sarà come la tua ragazzina, non come una volta, ma sarò sempre, completamente, inevitabilmente, innamorata di te.»

"Tom, stiamo per registrare," la voce di Grant mi fa sussultare. Sono rimasto a fissare questi cinque fogli per oltre un'ora, incapace di crederci: Cassandra. Mi sono allontanato da ormai dodici anni e lei, per un'ultima volta, è riuscita a sorprendermi.
"Ho bisogno di un momento," gli dico a mezza voce. Osserva i miei movimenti appena accigliato – vorrebbe chiedermi qualcosa, ma non ne è sicuro. Meglio così. Mi piace Grant, ma non è una persona con cui parlerei del mio primo grande amore.
Mi allontano rapidamente con i fogli in una mano e il telefono nell'altra, componendo un numero che ormai conosco a memoria.
"Non so dove tu sia," pronuncia la voce dall'altro capo del telefono dopo qualche squillo. "Ma qui sono le tre del mattino, e tu mi hai appena svegliato." Involontariamente accenno un sorrisetto. Lo sento poi parlottare tra sé e sé mentre si alza.
"Suppongo ci sia un buon motivo, quindi parla" continua, mentre in sottofondo si fa spazio il borbottio della televisione.
"Mi ha scritto Cassandra," replico, senza troppi giri di parole. Lo sento trattenere il respiro, e per un momento ho il timore abbia messo giù.
"Come fa ad avere il tuo numero?" è la prima cosa che dice. Sollevo lo sguardo al cielo.
"Lettere, Matt, lettere," sospiro, disponendole ordinatamente sul tavolino, una accanto all'altra. Resto a osservare la calligrafia delicata e leggermente allungata con il capo inclinato, come facevo nel tentare di decifrare i suoi compiti di storia. Un piccolo sorriso aleggia inconsciamente sulle mie labbra.
"Hai intenzione di risponderle? Di andare a trovarla?" chiede quindi Matt. Mi riscuoto.
"Non posso. Significherebbe trascinarla in tutto ciò che ho cercato discamparle – ora più che mai."
"Sono passati dodici anni, Tom. Dovresti farti coraggio," continua. Afferro il labbro inferiore tra i denti, chinando lo sguardo e scuotendo impercettibilmente il capo.
"E dirle cosa? Scusa se ti ho abbandonata nel cuore della notte dopo averti illusa? Scusa se ho infranto tutte le mie promesse?" vorrei colpirmi in faccia semplicemente sentendomi. "Non posso."
La conversazione cala nel silenzio – un silenzio di riflessione, probabilmente. Poi Matt si lascia sfuggire una piccola risata, schiocca la lingua contro il palato e riprende parola.
"Devi ammettere che aveva ragione," mormora. "Non avresti mai potuto impersonare un Grifondoro, sei troppo codardo," e chiude la telefonata. A cosa servono gli amici se non a questo? 

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