Feral

di kuutamo
(/viewuser.php?uid=468897)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dressing coffins for the souls I've left behind in time ***
Capitolo 2: *** I know you missed me ***
Capitolo 3: *** Damon is just a name ***
Capitolo 4: *** White Empty Eyes ***
Capitolo 5: *** Dead-end street ***
Capitolo 6: *** Monday Bloody Monday ***
Capitolo 7: *** Phasmatus Eius ***
Capitolo 8: *** Give me evil ***
Capitolo 9: *** Floating papers ***
Capitolo 10: *** I heard you ***
Capitolo 11: *** Walking in a graveyard ***
Capitolo 12: *** Dissolve nodi ***
Capitolo 13: *** Impulsive need ***
Capitolo 14: *** Samhain ***
Capitolo 15: *** Jour des Morts ***
Capitolo 16: *** Molochs ***
Capitolo 17: *** Rapacious heart ***
Capitolo 18: *** Maybe when we'll have another past ***
Capitolo 19: *** The beginning of the end ***
Capitolo 20: *** Feral ***
Capitolo 21: *** Heal all wounds and light this endless dark ***



Capitolo 1
*** Dressing coffins for the souls I've left behind in time ***


 

   Dressing Coffins for The Souls I've Left Behind in Time

 

'Mystic Falls.

L'aria che si respira in questa cittadina mi è sempre sembrata ambigua. All'inizio sembra di trovarsi in un posto normale, silenzioso quasi armonico; ma basta poco per scoprire che sotto la sua sottile e debole corteccia di normalità si nasconda un orribile passato, presente e futuro composto da una storia che pullula di esseri immondi e crudeli, degli assetati di sangue. Io sono uno di loro.

Ma il punto è che questa volta Mystic Falls sembra davvero una normale cittadina, tranquilla e felice. 

Forse dovevo davvero lasciar perdere e non tornare: forse tutti qui sono stati meglio senza il vecchio e cattivo Damon. Ma ahimè, la felicità altrui non mi è mai interessata molto.'

 

Damon evidentemente pensò che quella studentessa che camminava verso casa tutta sola fosse uno squisito spuntino serale prima di presentarsi alla porta di suo fratello e sorbirsi le sue domande o peggio un rifiuto. Allora si avvicinò a lei e in un batter d'occhio le fu davanti: poteva sentire il suo cuore battere, ad un palmo dal suo petto. Le sembrò molto carina, capelli lunghi, gambe snelle, ma quella sera non c'era bellezza che potesse davvero fermarlo. 

" Non urlare " comandò alla ragazza, mentre le sue pupille si dilatavano. 

La ragazza rilassò i muscoli e abbassò le spalle ricurve fino a quel momento. Il vampiro le tolse la cuffia dall'orecchio e la provò.

 

<< It's you that I adore >>

 

" Oh, anch'io darling . Ottima scelta come ultima canzone ..come tua ultima colonna sonora "

" Mi farai del male ? " gli chiese.

" Molto, sì "

" Come ti chiami ? " il vampiro le diresse un'espressione corrucciata.

" Damon "

" Damon... fai in fretta " rispose la ragazza con quel poco di lucidità che le restava.

Lui la guardò con un punto interrogativo stampato in faccia. 

" Ma cosa diavolo avete voi piccole teenager masochiste di quest'epoca? Non mi chiedi di risparmiarti, sai da queste parti lo fanno tutti, continuamente "

" Non m'importa di cosa farai "

" Come vuoi " 

Il vampiro sollevò le labbra e i canini scintillarono grazie alla fioca luce della luna calante. Piccole venuzze nere confluivano verso i suoi occhi, donandogli un'aria ancor più sovrannaturale. La vita della povera ragazza stava per cadere dall'altra parte del baratro e schiantarsi per sempre sulle rocce. 

Il vampiro gemette guardando il cielo e l'attimo dopo affondò i suoi denti nel collo della ragazza. Era un istinto così naturale, profondo e animalesco che lei non si mosse, e tutto ciò che fece fu affondare le dita nei capelli corvini di quell'essere che le stava togliendo la vita a poco a poco. Sentiva il suo battito svanire: ormai il dolore insopportabile delle due punture aveva permeato tutto il suo corpo, diventando quasi insensibile come quando si tiene troppo a lungo la neve tra le mani. L'unica cosa che le ricordava ancora per poco di essere viva era il contatto con la creatura sovrannaturale; aveva il suo viso affondato tra il  collo e la clavicola, freddo ma allo stesso tempo morbido che si muoveva seguendo il movimento dei suoi canini. Poi le sue dita si staccarono e caddero insieme alle braccia mettendosi lungo i fianchi. Aveva perso conoscenza. Intanto come in lontananza si riusciva ancora ad udire della musica.

 

<< Lovely girl you're the murder in my world 

Dressing coffins for the souls I've left behind in time 

We must never be apart… >>

 

 

Un fruscìo si mosse veloce tra gli alberi e una figura nera si avventò sul vampiro separandolo dalla sua preda. Ringhiò contro il suo avversario e poi ritrasse i denti sorridendo.

" Mi hai già trovato, fratellino " 

L'altro lo guardò in cagnesco e mantenendo quel contatto visivo si morse ferendosi il polso, lo avvicinò alla ragazza chinandosi verso il basso, portandoglielo tra le labbra.

La giovane, pallida ed esanime iniziò a mandarlo giù finchè riaprì gli occhi. 

" Mi rovini sempre il divertimento Stefan. Sono contento di vederti anch'io ! "

" Questo… era proprio necessario? "

Damon alzò gli occhi al cielo pensandoci sù e poi disse:

" Uhm, si "

" Uhm, no. Allora adesso passa alla parte 'noiosa' e cancellale il tuo brutto ricordo dalla mente "

" Sai, avrei potuto anche offendermi se fossi stato un altro "

Con disinvoltura andò verso la ragazza, ancora confusa sul marciapiede. La tirò su per le braccia e iniziò a soggiogarla.

" Sei svenuta, è per questo che ti sentirai debole nei prossimi giorni. Per tua sfortuna la tua richiesta di una morte veloce e felice non è stata accettata, ma rimedieremo prima o poi, ok? - no, questo cancellalo. - Dunque, ora và a casa e non parlare con gli sconosciuti. Dimenticati di noi, dimentica la mia faccia. Tu non mi hai mai conosciuto. "

 

Allora la ragazza si alzò traballante e senza neanche guardarli ritornò sulla sua strada, si rimise le cuffie e si allontanò. 

 

" Dove sei stato? "

" Non sei felice di rivedermi? Insomma, mi hai assillato per due interi anni con telefonate, sms e email che ho pensato che almeno tu fossi contento del mio arrivo "

" Ed è così, Damon. Certo, avrei preferito che non insanguinassi il pavimento di questo vialetto un secondo dopo essere entrato in città, ma nessuno è perfetto, giusto? "

" Ti sbagli, qualcuno c'è " sorrise ammiccando.

" Mi sei mancato, fratello " Stefan lo abbracciò all'improvviso, e Damon ricambiò il suo abbraccio nonostante lo stupore di quella confessione.

" Pensavo che queste cose smielate le conservassi per le tue pretendenti per farle cadere ai tuoi piedi, nel caso in cui agitare il tuo bel ciuffo non funzionasse "

" Ah-ah divertente, ma non hai risposto alla mia domanda "

" Te lo dirò, forse. Ora andiamo a casa, ho disperatamente bisogno di Bourbon nel mio stomaco "

" Come vuoi " sorrise Stefan. Sotto quel velato buon umore per il ritorno di suo fratello si celavano preoccupazioni che non volevano andarsene. 

" Allora Mystic Falls, ti sono mancato? " Damon sorrise a mò di ghigno, prima di sparire nella notte.

 

 

 

 

***

 

Più tardi, quella stessa notte a casa Salvatore, i due fratelli si ritrovarono davanti al vecchio camino centrale parlando di quello che era successo negli anni, degli avvenimenti degni di nota e di come tutti si fossero chiesti dove fosse finito uno dei due fratelli. Stefan era rimasto in città, aveva conosciuto una vampira tempo prima ed ora stavano insieme. Damon, conoscendo suo fratello e il modo in cui i suoi occhi si comportavano parlando di lei, capì che lui non ne fosse davvero preso. Erano passati molti giorni dal momento in cui lo aveva visto felice, con gli occhi brillanti di luce propria, una luce che gli veniva da dentro, e che gli era stata infusa da una semplice umana, la sua parte complementare, una doppelgänger. Non avevano ancora sfiorato l'argomento, né parlato di lei o di dove fosse.

 

" Quindi hai vagato libero e incondizionato tutto questo tempo, vorresti davvero farmi credere che è così? "

" Cosa avrei dovuto fare? Capisco di dover soddisfare delle aspettative ma, cosa vuoi che ti racconti? "

" È solo che mi sembra strano che mio fratello se ne sia stato calmo e buono "

" Beh.. Questo non lo saprai mai " disse sorridendo, alzando gli occhi dal suo bicchiere quasi vuoto. Ne accarezzò i bordi e poi ci ricadde con lo sguardo. Ci fu un attimo di silenzio. Era arrivato il momento.

" So che stai aspettando che io ti chieda informazioni su di lei, ma non lo farò .. " disse risoluto Damon.

" Pensavo solo che volessi sapere dov'è, cosa fa.. se è felice… " a quell'aggettivo alzò repentinamente gli occhi. La sua fu una richiesta muta, che suo fratello accettò.

" Si, lo è… - Sorvolò su quel versante e cambiò argomento. - Non vive più qui a Mystic Falls; l'ultima volta che l'ho sentita era ad Atlanta, però parliamo di tanto in tanto. È finalmente diventata un medico, come voleva, ma purtroppo deve spostarsi spesso. Non mi ha detto perché, ma credo che le sia difficile controllarsi, a volte" appena si accorse di aver di nuovo toccato un tasto che non doveva toccare, continuò veloce, facendo finta di niente.

" Mi ha.. mi ha chiesto tante volte di te, di come stavi, ma onestamente non sapevo cosa dirle. Ed ecco che mi sorge una domanda che ti avrei voluto fare tante e tante volte Damon, perché non hai mai risposto alle mie telefonate? "

" Non c'era campo fratellino, scusa "

" Sul serio Damon, per un po' ho perfino pensato di venirti a cercare ma poi ho capito che eri vivo quando un giorno mi hai attaccato la segreteria telefonica. Ne ho dedotto che non volevi essere disturbato "

"Eeesatto!" disse, scolandosi l'ultimo sorso dal bicchiere.

" Già - Constatò Stefan. - Sai, più ti guardo e più vedo che non sei cambiato affatto ".

 

Ci fu di nuovo una pausa. Ora entrambi osservavano le fiamme danzare.

 

" Sta con qualcuno ? " il soggetto di quella frase era alquanto scontato, nonostante la conversazione si fosse ormai spostata su un altro argomento. Dal modo in cui lo disse, Stefan capì che suo fratello non aveva ancora dimenticato quella ragazza, un tempo così indifesa. 

" Non lo so "

" Oh, andiamo Stefan, perché ostinarsi a provare a mentire quando entrambi sappiamo che lo fai da schifo? "

" Senti io non lo so, forse, è possibile, ma sono solo mie supposizioni. Potrei anche sbagliarmi "

" Tanto non ha alcuna importanza. Può farsi una vita con chi vuole, non sono venuto per lei. Anzi, sono felice che lei non si trovi qui a Mystic Falls. Avevo bisogno di tornare in questo posto, senza nessuna fottuta ex o stronza bugiarda manipolatrice tra i piedi ad infestare la mia casa. "

" Allora resterai "

" Forse. Ho solo detto che avevo bisogno di tornare, non che metterò radici Stefan "

" Mi fa strano dirlo ma, a volte sei più ingenuo di quanto pensi "

" Che vuoi dire? " disse Damon alzandosi per versare dell'altro Bourbon. Stefan guardò il soffitto.

" Le tue radici sono già qui, Damon, pensaci. Questa è la tua casa, dopotutto" 

Stefan a volte rappresentava la vocina buona di suo fratello, quella che gli mostrava cose che senza di essa non avrebbe mai visto.

Damon guardò il vuoto, pensando a quanto infondo fosse vera quell'affermazione. 

Quel posto era quello in cui tornava tutte le volte; come se fosse la fine e l'inizio di un'altra avventura. Il punto di origine di ogni cosa. Ciò che le persone normali avrebbero chiamato 'casa'. Ma dentro di sé, sapeva che per uno come lui, tutto ciò significava molto di più. 

" Già … " disse sospirando. Poi tornò al suo bicchiere e se lo portò alla bocca. 

Ne bevve tutto il contenuto e poi guardò suo fratello, il suo viso dai tratti sporgenti, la mandibola squadrata e lo sguardo fisso di fronte a sé, che in tutti quegli anni non erano mai mutati. Nonostante la sua avversione verso i sentimenti e la sua ancor più rara manifestazione di questi ultimi, avrebbe sacrificato la sua stessa vita per suo fratello e lo sapeva. Lo sapevano entrambi, ed entrambi lo avrebbero fatto per l'altro senza alcun tentennamento. Nonostante il loro amore-odio. Nonostante tutto.

 

' Mi sei mancato anche tu, Stefan '

 

 

 

**********************

 

 

 

Si librava tra gli alberi ad una velocità impressionante, facendo svolazzare le foglie secche ai loro piedi e agitando le fronde più basse. 

Gli era davvero mancato quel posto, fare passeggiate notturne nel cimitero, gare di bevute con Alaric …. Alaric, chissà dov'era finito, pensò. L'unica persona che poteva definirsi un amico. Dopo la sua morte era stato difficile: era forse la prima volta che la morte, onnipresente nel suo quotidiano, gli avesse fatto tanta paura. Non l'aveva ancora accettato, aveva continuato a chiacchierare da solo in compagnia del suo bicchiere, nella speranza che lui potesse sentirlo dall'altra parte; non sapeva come lasciarlo andare. Quando lo ritrovò, miracolosamente, fu il suo turno di scomparire e per un motivo o per un altro, quando tornò non fu più la stessa cosa. Poi successe, e Damon andò via da questo posto, lasciando qui se stesso, o gran parte di esso. 

 

Damon camminava nel cimitero, tra le tombe alte e le lapidi ormai illeggibili, il tempo che gravava su di loro lasciando visibili crepe. 

Quel luogo evocava molti ricordi, la morte di Alaric, il momento in cui rimase intrappolato con Bonnie dall'altra parte, il ricongiungimento con Stefan grazie a Bon-Bon, sacrificatasi per lui. Paradossalmente quel luogo tanto tetro gli ricordava che nel bene e nel male, c'era stato qualcuno che aveva tenuto a lui. Allora si rese conto ancor più di quanto le parole di Stefan fossero autentiche quando affermava che quella era la sua casa. E lo era davvero, poteva sentirlo.

 

Respirò profondamente guardando il sole filtrare tra gli aghi e le foglie degli alberi; gli erano sempre piaciuti i boschi, lontani dal frastuono e dal caos. Lì poteva pensare, quello era un posto in cui suo fratello non poteva disturbarlo, o almeno così sperava.

 

Gli aveva detto che lei non c'era, se n'era andata: era restio ad essere onesto con se stesso, per questo non voleva ammettere di essere tornato a casa con la speranza di rivederla. Non riusciva proprio a smettere di pensarci.

Erano passati dieci anni. Dieci anni in cui Damon aveva disperatamente cercato di dimenticarla e di dimenticare tutto ciò che c'era stato. Si era detto che se c'era riuscita lei con un battito di ciglia, allora anche lui ne sarebbe stato capace. Aveva anche provato a spegnere i sentimenti per un po', ma sembrava come se il senso d'abbandono e di mancanza di lei fosse più forte dell' annichilimento di sè. 

Elena era stata una medicina per lui ma allo stesso tempo un veleno, perché quello stesso amore così forte da renderlo migliore e guarirlo, poteva anche distruggerlo e portarlo a fare cose orribili. Era un'arma a doppio taglio, e non poteva più sopportarlo.

Più volte nei momenti più bui aveva pensato di farsi soggiogare, fare della sua mente tabula rasa ed iniziare di nuovo, avendo di nuovo il 'per sempre' davanti. Ma poi si rese conto di andare contro se stesso e ciò in cui credeva: il suo cuore si era spezzato quando aveva saputo che Elena lo aveva cancellato dalla sua mente e dalla sua vita, sapeva che i ricordi erano l'unica cosa che gli rimaneva, di cui nessuno poteva privarlo. Ricordare, era una cosa che poteva fare in silenzio e al buio, con nessuno a giudicarlo. Poteva ancora guardarla negli occhi e dolcemente accarezzarle i capelli, osservarla mentre si vestiva dopo aver fatto l'amore, stringerla al suo petto fino all'alba di un nuovo giorno, dirle quanto la amava e non venire respinto dalla sua mente che non aveva più il ricordo di ciò che erano stati. Lui non avrebbe mai cancellato i propri ricordi, perché consapevole del fatto che erano proprio quelli che lo tenevano in vita.

In dieci lunghi anni aveva lavorato molto su se stesso, ma con scarsi risultati. Aveva sbranato letteralmente qualche povero malcapitato, avuto crisi così profonde da rimanere rintanato in un appartamento con le finestre buie lasciandosi morire di fame, dimenticandosi di mangiare. Nemmeno il richiamo del sangue paradossalmente poteva salvarlo. Nei suoi pensieri c'era solo lei, le sue labbra, il suo profumo… Non c'era, ma era così presente ai suoi occhi, tutto ciò che doveva fare era chiuderli e poteva essere di nuovo felice. Illudersi. 

Tornare, a quel punto, gli era sembrata l'unica cosa sensata da fare. Aveva allontanato ogni persona che aveva tentato di stargli dietro, Stefan più di tutti, di nuovo. Se aveva imparato qualcosa da tutti i problemi e i disastri a cui aveva assistito, era che suo fratello poteva realmente essere qualcuno su cui contare a volte. C'era qualcosa, nel profondo del suo animo, che lo spingeva a mantenere il controllo, forse qualche rimasuglio della presenza di lei, ma tutto ciò che sapeva era di dover tornare lì, dove era cresciuto, dove aveva amato con tutto il cuore donne che glie lo avevano strappato dal petto, e dove era morto. Dove aveva abbandonato la sua anima.

 

Chissà se tra quelle tombe in mezzo alle quali camminava, non ci fosse stata anch'essa, profondamente radicata nel terreno e tenuta ancorata ad esso dalle radici del tempo.

 

 

 

 

------

 

 

Damon entrò al Mystic Grill spavaldo e con il petto gonfio come al suo solito, dando un'occhiata qua e là velocemente e catturando l'attenzione di qualche ragazza naturalmente prima di dirigersi al bancone dove vide Matt di spalle che riponeva una bottiglia di Bourbon nello scaffale.

 

" Risparmiati la fatica e versamene un pò, atleta "

Matt riconobbe la sua voce e ancor prima di voltarsi disse:

" Cha diavolo ci fai qui, Damon? "

" Lieto di rivederti anch'io giocatore di football, non sei cambiato affatto "

" Neanche tu se è per questo. Cosa sei venuto a fare? "

" Hai paura che ti rubi la fidanzata, tranquillo. Ah, giusto, lo ha fatto Stefan " sorrise beffardo e si portò alla bocca il bicchiere che intanto Matt gli aveva versato.

" Molto divertente. Continua a farti servire da Rob, il barista, io non ho tempo per te "

" Oh oh oh. Non dirmi che… hai comprato il locale non è vero? Non ci posso credere, chi lo avrebbe mai detto "

" Già, è voglio che qui ci sia più tranquillità possibile, quindi niente stronzate "

" Ehi, ora non esagerare biondino, resti sempre il giocatore di football sfigato " disse sporgendosi all'indietro con aria di superiorità.

" E tu il solito stronzo. Ti saluto " il ragazzo si voltò caricandosi una cassa di bottiglie di vetro vuote e uscendo dalla porta di servizio. 

" Il solito coglione " sospirò Damon mandando giù l'ultimo sorso. 

Si guardò intorno e poi lasciò alcuni dollari sul bancone. Si alzò e si diresse verso l'uscita.

' Questo posto una volta era molto più divertente ' pensò.

 

 

 

Nella piazza centrale della cittadina splendeva il sole, espandendo la sua luce attraverso le foglie degli alberi. Era un mattino di fine marzo e il polline era nell'aria, generando quasi impercettibilmente dei piccoli vortici. Damon inspirò quell'aria assolata a pieni polmoni, ma non sentiva niente, nessun sollievo.

Aveva parcheggiato sul lato destro ma molto infondo alla strada, quindi si apprestò a riprendere il controllo della sua amata auto per gironzolare un po' dopo tanto tempo. Aveva in mente di rivedere qualche posto, un ponte in particolare… 

In quell'attimo stesso si maledisse per averlo pensato, per aver fatto piani su una cosa ormai trapassata. 

 

Il suo problema era sempre stato riuscire a staccarsi dalle cose, cosa in cui lui evidentemente non eccelleva. Nonostante quella muraglia impenetrabile costruita da maschere che lo ricopriva interamente, non era capace ad andare d'accordo con questa sua debolezza, il suo non riuscire a darci un taglio, a dimenticare. Ed anche quando sembrava a tutti che fosse passato oltre, dentro di lui il mare nero si ritirava dentro un vortice che scavava proprio tra le costole nel suo petto, dove avrebbe dovuto esserci il suo cuore. E Damon era stato sempre molto bravo in questo, a nascondersi agli occhi del mondo, proprio sotto il suo naso. È un po' come mettere la polvere sotto il tappeto: nascosta ma sotto gli occhi di tutti. E c'erano davvero poche persone che riuscivano a penetrare sotto la sua corazza, sotto i suoi ghigni e il suo umorismo macabro ed egoista che lo contraddistingueva da sempre. 

 

Arrivò finalmente all'auto scrollando leggermente il capo come a togliersi tutti quei pensieri dalla testa, pur sapendo che non ci sarebbe riuscito. 

La sua auto era magnifica, splendeva sotto quei raggi in tutta la sua perfezione, merito anche della lucidatura che le aveva fatto quella stessa mattina dopo averla ripescata dal garage polveroso dove Stefan teneva i suoi maleodoranti pezzi di ricambio per la moto.

Proprio mentre stava accarezzando la fiancata soddisfatto del proprio lavoro, gli si avvicinò un grande cane nero. Quando Damon si fermò ad osservarlo meglio si accorse dei suoi occhi grigi, quasi bianchi, assolutamente metallici, incorniciati dalla forma dell'occhio tipica dei lupi. L'animale si avvicinò all'estraneo e gli si accucciò davanti, guardandolo dritto negli occhi.

" Se non fossi immortale avrei paura di te, sai? " gli sussurrò piegandosi su un ginocchio e iniziando ad accarezzarlo sul collo.

" Damon, non infastidire il signore " una voce giunse da dietro le sue spalle, facendolo voltare immediatamente. 

Il cane si mosse subito e corse verso la sua padrona, obbediente.

 

Una figura longilinea si apprestava a chiudere a chiave la porta di un negozio e lui pensò subito che razza di persona avesse mai dato il suo nome ad un cane. 

Mentre si avvicinò poté vederne il volto: zigomi alti e occhi molto espressivi, di un verde cinabro brillante e profondo, costellato di screziature più scure verso l'esterno dell'iride. Il vampiro smise di acuire la vista appena ella gli fu davanti.

" Mi dispiace signore, spero che il mio cane non l'abbia infastidita "

" Non si preoccupi - disse, pensando alla sua voce familiare - Mi piacciono gli animali, specialmente quelli che hanno dentro di sé ancora qualcosa di selvaggio. Sembra più un lupo che un cane "

" Ormai sono tanti anni che io e questo piccolino passiamo insieme e a volte me ne dimentico, ma è proprio un lupo "

" Complimenti, è davvero stupendo "

" Grazie "

 

Damon continuava a studiarla: le sue mani erano piene di anelli, alcuni con pietre grezze ma la maggior parte di argento puro e massiccio. Portava i lunghi capelli neri dal lato, arrivandogli sino a sotto il seno. Vestiva un jeans scuro e una vecchia maglietta logora con scritto "Die, die, die my darling" e lui si ricordò immediatamente dei bei tempi, del suo periodo punk e di New York. Era una ragazza semplice ai suoi occhi, troppo semplice per suscitare un qualsiasi interesse nel suo mondo perverso. Ma per qualche strano motivo continuò a parlarle.

 

" Allora, è tuo il negozio ? Posso darti del tu, vero?" disse indicando dietro di lei.

" Certo! Sì, beh era di una mia zia e me lo ha lasciato. Infondo io non vedevo l'ora di trasferirmi qui, a Mystic Falls " disse, suonando un bel po' sarcastica.

Damon annuì, aspettando che lei continuasse.

" Vengo da Atlanta. Lo so, non è uno splendore ma ormai mi ci ero abituata. Venire qui è stato traumatico i primi tempi.. "

" Sei  qui da molto quindi. La vecchia e cara Mystic Falls dovrà sembrarti l'inferno. Qui ci si annoia, molto spesso. "

" Ormai mi ritengo uscita dalla fase di negazione assoluta e di voler fare le valigie e tornare indietro. Dopotutto qui non è poi così male, è tranquillo. Anche se la gente a volte è.. strana"

" Credo sia l'eufemismo giusto, sì "

" E tu, sei del posto? "

" Si e no "

Lei lo guardò con aria spavaldamente insistente: a quanto pare Damon non era l'unico a curiosare nella vita degli altri.

" Nato e cresciuto qui, ma appena posso abbandono la madre terra e puff " disse mimando il gesto con il palmo.

Lei percepì la nota di cinismo, onnipresente nella sua voce.

" Troppi ricordi? " si azzardò a dire.

Lo sguardo di Damon schizzò subito nel suo e prima di potersene accorgere guardò con estremo odio quella sconosciuta. Poi si ricompose.

" Pardon - fece lei con un cenno del capo - Comunque se può essere d'aiuto anche io lo faccio "

" Cosa? "

" Scappare " sussurrò, con un filo di voce come se fosse la cosa più ovvia.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, e intanto Damon si chinò ad accarezzare il suo compare.

" Devo andare - disse alzandosi - Ah, e comunque io sono Damon " 

La ragazza scoppiò a ridere imbarazzata.

" Beh, è un bellissimo nome, accidenti ! Molto piacere Damon, io sono Danaë (Danái) "

" Anche tu hai un bellissimo nome - sorrise - credo che ci chiamerò il mio cane se mai ne dovessi avere uno "

La ragazza si scusò più volte ma nonostante ciò non smise per un attimo di sorridere. 

" Allora ci si vede Danaë "

" Sì. Vieni a trovarmi al negozio. Non sei un tipo che legge molto secondo me ma.. potrei trovare il libro giusto per te "

' La ragazza è speranzosa. Ma non sa quanto si sbaglia. Questa è roba da Stefan. Anzi, mi chiedo come mai non le abbia già messo gli occhi addosso. Che la nuova fiamma vampira sia un'ennesima sosia della cara vecchia Kat?' pensò.

  

" Ci vediamo "

 

Salì in auto e partì velocemente, simulando un impegno urgentissimo. Quella ragazza riusciva a metterlo in soggezione - forse erano i suoi occhi, o il modo calmo e sicuro con cui parlava degli altri senza conoscerli - e questo fatto non gli faceva piacere, ma poteva giocare a fare l'invadente anche lui si disse, in mancanza d'altro. 

In quella città non c'era davvero nulla da fare, era solo, semplicemente 'casa'.

 

 

Note:

Come ho detto, gli eventi sono databili fino alla sesta stagione, sia la settima che l'ottava sono state ignorate. 

Inoltre, Damon ed Elena si sono lasciati, Kai non ha indotto a quest'ultima il famoso sonno e sono passati dieci anni dalla mia ipotetica sesta stagione. 

Danaë si pronuncia "Danai".

Questo primo capitolo è stato leggermente rivisto, ma potete trovarlo anche come una singola one-shot con il medesimo titolo. 

Ho deciso di prendere spunto dalle idee che avevo dalla one-shot per trasformarla in una long.

Grazie a chi legge e a chi recensirà.

Buona lettura.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I know you missed me ***


 I know you missed me



'Ma non è possibile!' 

L'unico posto che Damon era riuscito a trovare, oltre a non essere neanche lontanamente vicino al Grill, era di nuovo di fronte al negozio della strana ragazza incontrata qualche giorno prima. Non aveva fatto segreto a se stesso che quel visino innocente aveva stuzzicato i suoi pensieri di tanto in tanto. Nonostante ciò, ricordava benissimo la sua invadenza e di come non l'aveva apprezzata. 

Non aveva voglia di continuare a girare, quindi si parcheggiò velocemente e si diresse verso il locale. 'Non ricordavo Mystic Falls così piccola. E poi da quando il Mystic Grill è diventato un locale 'in'?' si chiese. Tutto ciò non fece altro che confermare la sua antipatia nei confronti di quel Donovan. 

Quando entrò il locale era strapieno, tanto che una cameriera gli si avvicinò dicendo:

" Buonasera, il suo nome? "

Lui non ci mise mezzo secondo a togliere quel sorrisetto accogliente dalla sua faccia.

" Non ci provare! Spostati dolcezza. " le intimò aprendosi in un sorriso mellifluo. Il vampiro la sorpassò, mentre lei continuava a dire a gran voce che serviva la prenotazione per entrare quella sera. 

Qualche minuto dopo si sistemò al bancone, ovviamente facendo spostare il tipo che era seduto sul suo sgabello, e ordinò il solito. 

Matt girò dietro il bancone e a braccia conserte si limitò a guardarlo male. 

" Donovan, dovresti aver inciso le mie iniziali su questo sgabello e lucidarlo due volte al giorno in mio onore per quante volte ho bevuto qui. Invece è questa la tua accoglienza, così non va " disse mimando con l'indice il suo dissenso. 

" Che ti piaccia o no le cose sono un po' cambiate "

" Sei sempre molto divertente, soprattutto quando non capisci che è il momento di piantarla " ora il suo sorriso era passato dall'essere mellifluo a terrificante. Il giovane lo capì, ma non smise di guardarlo male. 

" D'ora in poi riservami questo fantastico posto, ok? Damon Salvatore è tornato "

" Si paga anticipato, per te "

" Ma di quanto lo hai chiesto il mutuo? Cos'è, hai paura che non paghi i miei debiti? Il piccolo Donovan è cresciuto "

" Non sai quanto. Sai, dall'ultima volta che ti ho visto andare via da quella porta - la indicò mentre asciugava i bicchierini degli shots - il sole è tornato a splendere da queste parti " 

" Lo so che ti sono mancato, non c'è bisogno che inventi storie per autenticare la tua virilità - ammiccò Damon - Chissà quanto ti sarai annoiato, umano e inutile, quando non c'è stato altro che servire in questo bar. Niente più adrenalina, azione. Sarà stato deprimente per te ".

A quel punto il ragazzo da dietro al bancone lo ignorò e prese a servire gli altri clienti insieme a due adolescenti. Era inutile cercare di vincerla con lui. 

 

Ebbene, da quando Damon se n'era andato, anche qualche tempo prima dalla sua partenza, a Mystic Falls non c'era poi stata chissà quale immane catastrofe. Niente di niente. Il male sembrava essersi placato, disperso verso altri angoli del mondo e la cittadina era ripiombata nella solita tranquillità di sempre. 

Stefan lo aveva aggiornato sulla situazione: non c'era stato granché da dire, c'era solo un covo di vampiri in una cittadina vicina, ma che apparentemente non stava creando problemi. 

Il mondo sembrava essersi fermato, almeno lì. O era andato avanti? Forse era lui ad essere rimasto ancorato al passato. Si ripromise di scuotersi una buona volta da quel torpore. Insomma, persino il calmo, riflessivo, e noioso Stefan aveva iniziato una nuova vita, perché mai a lui sarebbe dovuta andare peggio? Forse era solo paura. Un vampiro però non avrebbe dovuto averne. 

 

" Sei stato un vero stronzo! " urlò un'inconfondibile voce dietro le spalle del vampiro. 

" Oh, ora si che c'è davvero aria di casa - sorrise scolandosi il bicchiere e si voltò - Bon Bon! " si abbracciarono genuinamente, come fanno due amici che non si vedono da molto, troppo tempo. 

A Bonnie vennero gli occhi lucidi mentre teneva stretto quel mascalzone di vampiro. 

" Ma dove diavolo sei stato? " poi si ricordò immediatamente quello che aveva passato in sua assenza e gli piazzò un sonoro schiaffone sulla guancia marmorea.

" Ahi " scherzò lui. In quel momento, se lei non fosse stata Bonnie, lui sarebbe scattato come una molla.

" Dovrei lasciarti ad essiccare per quanto mi hai fatto stare in pensiero, idiota "

" Anche tu mi sei mancata "

La strega lo abbracciò di nuovo.

" Ti ho odiato così tanto Damon, non hai mai telefonato "

" Mi si era rotto l'iphone, scusa "

" Sempre il solito! " 

" Dai, vieni con me, usciamo da quest'inferno "

" Non ti piace come Matt ha sistemato il locale? Sta andando a gonfie vele! "

" È proprio questo che non mi piace "

" Capisco ".

La ragazza annuì ed insieme si fecero largo tra i tavoli per uscire da lì. 

 

"Certo che hai una bella faccia tosta a tornare qui ed aspettare che sia io a venirti a cercare. Se non era per Stefan tu neanche me lo avresti detto, ammettilo! "

" Beh, che posso dirti? Il mio ego ne aveva bisogno " 

Bonnie gli rifilò una gomitata.

" Ma dove sei stato? "

" Mhm, qua e là. Niente di permanente. Ah, sono stato in Europa! "

" Cosa?? E ci sei andato senza di me? "

" Oops! " rise. 

" Hai spezzato qualche cuore, bel tenebroso? "

" No, ultimamente mi sono divertito sia a nutrirmi che durante la parte del 'cancella e riparti', mi sentivo molto in modalità spia devo dire " 

I due risero, poi Damon colse un luccichio vicino alle lunghe unghie a forma di mandorla di Bonnie e si girò a guardarla esterrefatto.

" Oh-oh-oh! Ma non dirmelo! Chi è quell pazzo che ti ha sposata?! "

" Certo che non sei cambiato di una virgola, eh "

" Non dirmi che è qualche sfigato di Mystic Falls? Non c'è proprio nessuno d'interessante qui nei paraggi "

" Infatti è di Savannah "

" Ah però, ti sei data molto da fare se sei andata fino a lì per trovarti un marito! Come vi siete conosciuti? "

" Non credo t'importi veramente, ma comunque ci siamo incontrati per caso ad un concerto proprio a Savannah. Lui è un fotografo "

" Mhm, quindi qui a Mystic Falls sarà costretto a fare solo matrimoni e battesimi, ma è fantastico! "

" Odio doverlo ammettere, ma mi era mancata questa tua simpatia Damon "

" E dimmi lui.. beh, lo sa? "

" Se sa che sono una strega? No, certo che no. Sfortunatamente però credo che abbia dei presentimenti, ma non penso che la creda una cosa possibile. A meno che tu non decida di spifferargli tutto, è ovvio "

" Amore, non ti farei mai un torto del genere! "

Damon fece qualche altro passo rimanendo pensieroso su quello che si erano appena detti.

" Cosa c'è? " esclamò lei.

" Nulla, mi stavo solo chiedendo come la cosa possa funzionare visto che vivete nella stessa casa " lei capì al volo dove voleva andare a parare. 

" Ma come sei pessimista Damon, ti dico che non c'è davvero di che preoccuparsi, posso gestire la cosa "

" Oddio, mi pentirò delle parole che sto per dirti, ma ormai ci siamo, quindi.. Bonnie, la verità verrà a galla, in un modo o nell'altro. Certo, a meno che tu non chiami me o Stefan per soggiogarlo a dimenticare ogni volta che aggiungerà un tassello importante al suo puzzle. Mi meraviglio che tu sia stata così incauta Bonnie, non è da te. E, Dio santo, non è per niente da me dirti queste cose " 

" Stiamo insieme da quattro anni e non è mai successo niente Damon, forse le acque si sono calmate per sempre qui intorno e non ho avuto motivo di usare la magia, per cui perché fasciarsi la testa prima di rompersela? "  

Damon scosse la testa, rimaneva della sua opinione. Poi la donna continuò.

" Tempo fa mi sono fatta una promessa, di non perdere più tempo a pensare se una cosa sia giusta o sbagliata, perché l'importante è che sia giusta per me. Sono stanca di negarmi ogni piccolo barlume di felicità. Io.. io sono innamorata di Derek. Noi siamo legati "

' Come fai ad essergli legata se lui non sa neanche chi sei davvero? ' pensò il vampiro, ma tenne quello sgradevole, per quando realistico, pensiero per sè e mise un braccio attorno al collo di lei.

" E va bene Bon-Bon, mi fido di te " 

" E?.."

Damon sbuffò.

" E prometto di non fare il guastafeste, giurin giurello " le porse il mignolo in segno di pace. 

" Ah, ovviamente non sa neanche di voi vampiri. Crede che questo posto sia esattamente ciò che sembra, una piccola cittadina del sud "

" Certo, ho capito " 

Continuarono a camminare, finché giunsero all'auto di Damon.

" Dai, ti riporto a casa, non sia mai che questo Derek pensi male di me. Io sono una persona adulta e affidabile " 

" Una persona adulta e affidabile, come no - rispose canzonatoria Bonnie facendogli il verso - comunque lui è fuori città, c'è una band che suona ad Atlanta ed è lì per lavoro " 

" Non avrai paura a rimanere sola in casa Bon-Bon? "

Lei lo guardò male.

" Oddio, non dirmi che hai anche dei marmocchi?! Troppe informazioni per stasera! "

" Oddio no, almeno per il momento no, Damon. Però ecco, ricordati che, per quanto arrugginita, sono pur sempre una strega che può ridurti in briciole quando vuole " si pavoneggiò sistemandosi sul sedile del passeggero. 

Poi guardò fuori dal finestrino, verso l'insegna intagliata che diceva 'About a Spell'. 

" Dai, chiedimi di quella ragazza, so che vuoi sapere " disse al vampiro alzando un sopracciglio. 

" Ma che???"

" Ti ho visto prima, quando hai guardato per ben sette volte verso quella direzione. Ma sai, a quest'ora il negozio è chiuso! "

" In verità c'era una lampada accesa, ma comunque non m'interessa Bonnie "

" Ah no? Ho imparato a capirti, so quando menti. E poi io c'avrei scommesso che fosse il tuo tipo! "

" Il mio tipo? Una che chiama il suo cane con un nome da umano non ha molte rotelle in testa "

" È un lupo "

" Già, è la stessa cosa che ha detto anche a me "

" Ah, però, quindi vi siete già conosciuti? Bene, ti sei portato avanti. E come ti è sembrata? È molto intelligente " 

" Invadente, vorresti dire "

" Sapevo che ti piaceva! " 

" Quando hai smesso di farti film fammi un fischio Bonnie! "

" Ok, ti credo. Ti credo.. - la guardò in cagnesco - Ho detto che ti credo! "

" Non ho dubbi.. " 

" Beh, comunque si è trasferita qui qualche anno fa, la sua nonnina era un'amica di mia nonna, povera vecchietta. Lei era così spaesata all'inizio, poi ha iniziato a fare l'abitudine all'aria che tira da queste parti "

" E cioè, noiosa? "

" No, pensante. Ora credo che non le importi più, ma la gente non è felice che sia qui. Diciamo che hanno paura di lei. I soliti imbecilli "

" Cos'è, è perché si veste di nero o perché pensano che sgozzi capre nel bosco vicino alle cascate? " 

" Mhm.. vedo che ti interessa.. Comunque penso che la gente creda che abbia un qualche ascendente sulle persone che si recano al suo negozio "

" ..E quindi?.. "

" Tempo fa m'incuriosii anch'io: non fa altro che leggere la mano e i tarocchi, oltre a vendere libri 'occulti'. Che ti aspettavi dai fedeli cristiani di Mystic Falls? Per loro è naturale emarginare il diverso, ma sai, sono contenta che a lei non importi granché. O almeno credo sia così. Certo è che la clientela non le manca, visto che ultimamente è tornata di moda tutta questa roba new age e il trucco pensante "

" Questa è una città di outsider e c'è ancora gente del genere. Io li caccerei " 

" Non so se prenderti sul serio o meno, ma forse è meglio lasciare le cose così non credi? Infondo, Damon, tutti trovano una pecora nera, è così dall'inizio dei tempi. Se non fosse lei, sarebbe un'altra persona "

" Già, ma qui sono io la pecora nera e non mi sta bene che una ragazzina riesca a prendere così facilmente il mio posto " disse esaltando il suo ego. Ma chissà quanto c'era di vero nelle sue parole. In effetti, era abituato ad essere la parte oscura in ogni posto in cui si trovava, figuriamoci a Mystic Falls. 

" Beh, grazie mille per il passaggio e per la chiacchierata " disse Bonnie e fece per scendere. Poi rimase interdetta con una mano a mezz'aria.

" Damon, posso farti una domanda? Dovrai rispondermi seriamente però "

" Già quel tono non mi piace. Su, dimmi pure "

" Perché non mi hai mai risposto? O detto come stavi, avresti potuto almeno farmi capire che eri ancora vivo.. "

Lui si oscurò in volto. Era una domanda difficile, sapeva che ora non si trattava più di scherzi e battute più o meno pungenti, ora Bonnie era seria e si aspettava una risposta. Dal momento che erano stati legati, lui sapeva di dovergli almeno una risposta. 

" Io.. io sono stata davvero male. Ero preoccupata per te… So perché te ne sei andato, non ti biasimo per averlo fatto, avrei agito allo stesso modo, ma.. non c'è stata neanche una parola. Ho cercato di giustificarti per così tanto tempo, ma poi ho iniziato ad odiarti, ad essere arrabbiata con te "

" Bonnie, mi dispiace.. ma tu non c'entravi niente in quella storia. Ero io, io e basta, dovevo stare lontano da tutti. Ne avevo il bisogno. Dovevo stare solo, nessun contatto "

" Mi sarebbe bastata qualunque cosa, qualsiasi piccolo segno che mi avrebbe fatto smettere di preoccupare " aggiunse gesticolando con le mani.     

A quelle parole il vampiro rimase genuinamente colpito; forse non aveva mai davvero realizzato appieno quanto quella piccola streghetta tenesse a lui. Mentre parlava, si accorse che negli occhi color nocciola di quel volto così familiare si erano accumulati dei lucciconi enormi. Uno le rigò il volto fino alle labbra. E poi all'improvviso lui fece un gesto che non era propriamente da Damon, ma forse in quel caso avrebbe potuto fare un'eccezione per la sua amica. Si slanciò in un abbraccio sentito, la strinse forte accarezzandole le spalle per rassicurarla. 

" Scusami Bon-Bon. Hai ragione, ma non pensavo che non c'avresti dormito la notte "

" Che stronzo " disse a denti stretti ridendo, la voce tremante. 

Dopo qualche momento lei smise di piangere e gli intimò di non farlo mai più. Poi si alzò e uscì dall'auto. Lui mise in moto e a metà vialetto Bonnie disse:

" Sai, non sei poi uscito molto dalla tua camera d'hotel a Parigi. Te lo avevo detto che senza di me non era la stessa cosa " disse Bonnie con un ghigno aprendo poi il volto in un sorriso alquanto furbo. 

' Ma che..? Incantesimo di locazione. Dannata strega ' pensò lui con affetto. 

" Buonanotte, ficcanaso " gli urlò dall'abitacolo dell'auto, partendo come un pazzo. 

 

 

 

Quando Damon si accorse d'aver dimenticato la sua preziosa giacca di pelle al Mystic Grill, era ormai a metà strada sulla via di casa. Così gli toccò fare dietrofront, non con poche bestemmie, e recuperare il capo. A quell'ora il locale si era leggermente svuotato, la folla diradata che principalmente si era riunita attorno ai tavoli da biliardo. 

" Donovan, hai visto la mia giacca? " 

Matt si chinò dietro il bancone e glie la tirò addosso malamente.

" Però, devo dartene atto ragazzino, hai maturato del coraggio. Totalmente inutile però - Damon si vestì e spavaldo si chinò verso l'ex quarterback assottigliando lo sguardo e abbassando la voce in un sussurro appena udibile - Fallo ancora e qualcuno dovrà raccogliere i tuoi resti insieme ad i cocci di questo posto " si ritrasse e vestendo la sua solita espressione diabolica fece un inchino per andarsene. 

 

 

" Però, tu e questo bar siete amici per la pelle, non è vero? "

Appena Damon s'immise sulla strada una figura scura gli si parò davanti. A causa del lampione che proiettava ombra su di essa, l'unica cosa che riusciva a vedere era il bagliore della sigaretta che veniva aspirata. Poi si avvicinò, togliendosi il cappuccio.

" Senza cane non ti avevo riconosciuta, ragazzina "

" Ehi, ho un negozio tutto mio non sono più una ragazzina, purtroppo - sorrise smagliante - piacere di rivederti.. "

" Damon " puntualizzò lui sfoderando un falso sorriso. 

" Damon, giusto! Come dimenticarlo " 

" Infatti " ironizzò lui. 

" Non sei più venuto al negozio, deduco che leggere non è il tuo forte " 

" Già, sono un tipo più attivo, rimanere tutto il giorno sul divano non fa per me "

" Peccato, s'impara sempre tanto dai libri " 

" Già " 

Il silenzio scese tra i due, mentre entrambi approfittavano di quel tempo per scrutarsi. Poi lei lo sciolse.

" Davvero, io non ti ho mai visto in giro.. Eppure sono qui da un po' ormai "

" Beh, sono tornato da pochissimo. Prima d'allora vivevo qui a Mystic Falls stabilmente. Una noia, non puoi immaginare! "

" Oh, sì che posso. Qui non succede mai nulla! Mai una rissa, una rivolta, niente di niente. Se non ci fosse quel negozio sarei già andata via "

" Allora fallo, non te lo impedisce nessuno, ragazzina " rimarcò l'ultima parola.

" E dimmi, a chi lascio il negozio? Trovami una sola persona che sia disposta a chiederlo in affitto "

" Tu vendilo "

" Ancora peggio. Non so se te lo ricordi, ma.. siamo a Mystic Falls i buoni cristiani qui cambiano strada quando m'incontrano, pensi ci sia qualcuno fra loro disposto addirittura a comprare l'attività di una 'strega'? "

" Suppongo di no - rispose conciso lui. Dal nulla poi, i due iniziarono a passeggiare - Spero che non ti abbiano spaventata troppo, in realtà sono innocui " subito dopo aver detto quelle parole, se ne pentì. Cos'era questa improvvisa gentilezza? 

" Chi? I cittadini modello di questa fantastica cittadina? Ci vuole ben altro, te lo assicuro. Sono altre le cose che mi preoccupano " 

" Tipo? " chiese.

" La morte.. - Danaë si rabbuiò, come se davanti a sé ci fosse il vuoto. Il vampiro pur non guardandola in volto, se ne accorse. Poi lei si riscosse - la solitudine " continuò.

" Fammi indovinare poi cosa viene, l'amore? " chiese lui per sdrammatizzare la situazione. Di solito avrebbe liquidato una donna in men che non si dica, o al massimo se ne sarebbe nutrito avidamente. Non sapeva perché, ma quella sera era disposto a fare due chiacchiere con una perfetta sconosciuta, anche se la conversazione fosse stata tremendamente banale e con dilemmi così umani da affrontare. La risposta di lei non tardò ad arrivare.  

" L'amore è l'ultimo dei miei problemi "

" Mhm, fammi indovinare di nuovo, cuore spezzato? Beh, sei fortunata qui non troverai praticamente nessuno di interessante.. a parte me, s'intende " ammiccò, ma più che per interesse lo fece automaticamente, perché era nella sua natura di pavone comportarsi così con le donne.

" No, purtroppo o per fortuna faccio parte di quell'insieme di donne che non ha alle spalle una favola d'amore strappalacrime o cose del genere. Ci sono solo io e basta " 

" Allora sei una di quelle che 'meglio sole che male accompagnate' eh? È così evidente " iniziò a prenderla in giro. 

" E da cosa denoti quest'interessantissima teoria? E se fossi io a non voler nessuno tra i piedi? - Danaë smise di camminare, ma al contrario si sporse verso di lui, fino a lasciare solo qualche centimetro tra i loro volti. Damon doveva ammettere che quella ragazza sembrava aver un bel caratterino - La maggior parte degli uomini è del tutto inutile. Non ho ancora capito di che percentuale fai parte tu però " disse poi allontanandosi e riprendendo a camminare. Quando si allontanò però la sua mano sfiorando il braccio del vampiro prese una forte scossa. Contemporaneamente l'immagine di un corvo nero le apparve davanti agli occhi; due secondi dopo scomparve così come si era materializzata, lasciando posto a quei due occhi blu intenso. 

Il vampiro doveva darle atto del proprio coraggio. Poi si ricordò che non sapeva che lui fosse un essere soprannaturale e storse un po' il naso al pensiero che comunque non le incutesse nemmeno un po' di paura. In quell'ultimo istante però si accorse che qualcosa era cambiato nello sguardo della ragazza, il volto si era fatto più pallido e i suoi occhi lo facevano sentire nudo, come se davanti a lei fosse senza maschere, senza segreti. Poi lei si ricompose faticosamente, guardando preoccupata dritto davanti a sé, allontanando quegli strani pensieri. 

" E tu invece? " la voce della ragazza lo risvegliò dai suoi. 

" Io cosa? "

" Anche tu sei uno che sta meglio da solo? Eppure dovrebbe esserci la fila, o sbaglio? " 

Non nascose a se stesso che quel complimento velato lo lusingò, ma passò oltre. Non gli andava di parlare di questioni amorose, almeno non delle proprie. 

" Diciamo che sono uno spirito libero, ecco " risposta enigmatica tattica, che altro non fece se non incuriosire ulteriormente la ragazza. 

" Non dirmi che tu sei uno di quelli con una storia strappalacrime, vero? " 

Damon irrigidì la mascella e lei se ne accorse. 

Ci fu silenzio per qualche momento: mentre la ragazza continuava a camminare con gli occhi puntati verso di lui, Damon rimase con lo sguardo fisso davanti a sè.

" Non sono fatti miei, scusami - iniziò lei - è che non pensavo che.. Non volevo neanche ridicolizzare chi ha una storia da raccontare, ma, cioè, scusami "

" Certo che tu parli parecchio per essere un'emarginata " la punzecchiò.

" Solo con chi voglio. Se chiedi in giro ti diranno esattamente l'opposto di me " 

" Oh, ne sono sicuro "

 

" Non-ci-credo.. Tu, qui! - una voce familiare si fece avanti dall'oscurità e raggiunse i due in un batter d'occhio - Che ci fai qui? " 

" Ma che accoglienza calorosa, Caroline, sai, tu non mi sei mancata per niente " 

" Idem. Beh, che ci fai qui? Elena non c'è, Stefan non te lo ha detto? Scommetto sia stato troppo occupato ultimamente.. " cos'era quella, gelosia? 

Danaë ci stava capendo davvero poco in quella conversazione, ma la cosa certa era che senza dubbio questa 'Elena' doveva aver avuto a che fare con Damon, magari erano queste le cose di cui non voleva parlare. 

" Perché tutti pensate le stesse cose qui? Non posso tornare a casa mia e basta? Ma come siete sospettosi. Lo so che ci sperate sempre, ma non farti troppe illusioni " disse crogiolandosi in un'espressione di sfida. 

" Spero proprio di no, guarda. Ora è finalmente felice " 

" Sì, sì, auguri e tanti figli maschi. Cosa vuoi Caroline? " non lo diede a vedere, ma un piccolo, minuscolo pezzo del suo cuore s'infranse. 

" Niente. Solo raccomandarmi con te. Mystic Falls è un posto tranquillo ora, e si sa che quando arrivi tu.. Ma tu chi sei, a proposito? " Caroline si accorse dopo due minuti abbondanti della presenza dell'altra ragazza e si bloccò, dal momento che percepì che era un'umana. 

" È una mia amica "

" Ah beh, allora - sorrise spavalda Caroline - Aspetta, ma tu sei quella.."

" Esattamente "

" Stavo per dire.. " 

" Stavi per dire 'la strana del negozio voodoo', lo so come mi chiamate in città, non preoccuparti "

" No, non volevo dire quello. Figurati, io non ho nessun problema, anzi le str.. le chiromanti mi stanno simpatiche, te lo assicuro! " cercò di cavarsela Caroline, che aveva platealmente fatto una pessima figura.

" Ma che bambina cattiva! Non devi essere così scortese " la canzonò Damon.

" Beh, io vado - annunciò Danaë - avrete un sacco di altre cose da dirvi, cose che io non dovrei ascoltare " sorrise a Caroline. Se n'era accorta quindi che qualcosa non tornava? 

" Ma no non c'è alcun segreto " 

" Assolutamente " ammiccò Damon con poca convinzione.

" Ci vediamo ragazzi - quando si fu allontana aggiunse - E, Caroline, passa in negozio così posso confezionarti una bambola per qualche tua amica cattiva " 

" Questa tipa mi fa raggelare il sangue sempre di più " sussurrò sorridendo a denti stretti verso l'altro vampiro.

" Sai, mi piace "

" Ma se è stata una stronza! "

" È proprio per questo che mi piace ". 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Damon is just a name ***


  Damon is just a name


Quando Danaë tornò a casa non fece che pensare a quello strano individuo con cui aveva appena parlato. Era ambiguo, strafottente e anche presuntuoso a tratti, ma allora perché la incuriosiva tanto? Per molti aspetti il loro carattere era uguale, i due s'incontravano in molti punti, il che voleva dire che uno dei due avrebbe dovuto mollare, ed era proprio quello che era successo a lei. Si rese conto che non avrebbe dovuto invadere la sua privacy e chiedergli così a bruciapelo della sua vita privata, infondo chi era per poterlo fare? Sicuramente al suo posto avrebbe reagito allo stesso modo ad una domanda così personale. Sentiva d'essere stata inappropriata e si vergognò per questo. 'Io e la mia dannata boccaccia' si sgridò, pensando a quella serata. Nonostante aver riconosciuto d'essere stata una sciocca, la sua curiosità non era diminuita e desiderava ancora sapere di più, forse ora più di prima.

Doveva ammettere a se stessa che quel tipo le piaceva, o meglio la incuriosiva. Pareva avere una bellezza senza tempo, disarmante e insieme distruttiva. A discapito della propria faccia tosta che indossava a mò di corazza, lo sguardo dell'estraneo riusciva a penetrarle fin dentro le ossa e a metterla a disagio, come se un uomo non l'avesse mai guardata prima; quello sguardo sembrava guardarle dentro non in punta di piedi, bensì prepotentemente. C'era come un velo impalpabile di mistero che lo avvolgeva e lei, da brava ficcanaso quale era, avrebbe fatto di tutto per farlo cadere e poterci vedere attraverso. Questo particolare però, non lo aveva ancora realizzato, almeno non coscientemente.

Oltre all'innegabile bellezza, ciò che la colpì fu anche quella strana visione che aveva avuto: un corvo. Si dice che alcune persone posseggano degli animali guida, ma non ne aveva mai visto uno prima. La vista dell'animale le sembrò in ogni caso una sorta di cattivo augurio, e non tanto per il corvo che come animale a discapito dei pregiudizi era tutto fuorché negativo, ma più che altro per lo squarcio nel cielo che aveva potuto cogliere alle spalle dell'animale. Subito dopo poi quegli occhi di un blu intenso, quasi innaturale in cui il fulmine della visione era sfumato nella realtà. 

 

Danaë aveva sempre avuto delle capacità particolari. Da piccola, soprattutto in compagnia alla nonna materna, riusciva a vedere delle cose. Non ricordava più di preciso cosa, ma ricordava bene il suo terrore quando si svegliava nel cuore della notte, o quando vedeva qualcosa muoversi nella serra in campagna. 

Era cresciuta in città, ma sua madre la portava spesso a Mystic Falls a trovare la nonna, dalla quale occasionalmente la lasciava per "brevi" periodi di tempo, come aveva sempre assicurato alla figlia. Occasionalmente significava almeno cinque, sei volte l'anno, nelle quali sua madre spariva ambiguamente per qualche giorno e si rifaceva viva dopo qualche settimana. Quando la ragazza crebbe, decise di rimanere in città da sola, sia per la scuola, sia perché si era stancata d'essere un pupazzo nelle mani di sua madre. D'estate invece, quando non aveva impegni, andava a trovare la sua nonnina di sua spontanea volontà perché infondo non aveva nulla contro di lei, le voleva davvero bene. L'anziana era forse ciò che di più vicino ad una madre, un'amica e una confidente che la ragazza avesse mai avuto. Era una presenza costante nella sua vita. Ad un certo punto si parlò di andare a vivere permanentemente da lei, iscriversi al liceo di Mystic Falls e tutto il resto, ma Danaë non era pronta ad affrontare la vita di una città così piccola. Così a malincuore rifiutò e quando la nonna molti anni dopo si ammalò, lei si pentì della scelta fatta. 

Non ricordava mai il nome della malattia di sua nonna, ma sapeva che si trattava di un processo molto lento. La vecchietta non le aveva più chiesto di trasferirsi dopo la prima famosa volta, perché non voleva forzarla e, dopo aver scoperto la malattia più che mai, non voleva farle carico di quel problema. Infondo era una ragazza giovane, doveva vedere e godersi il mondo, non fare da infermiera. Inspiegabilmente però, la ragazza quattro anni fa si trasferì in pianta stabile. Non ne aveva mai specificato il perché, ma sua nonna sapeva che era per rimanerle vicino il più possibile quindi non si oppose; la donna apprezzò moltissimo quel gesto, più di quanto sia stata capace di darle a vedere. Durante la sua prima estate nella nuova cittadina le due andavano insieme al piccolo negozio, dove la giovane veniva istruita sulle diverse mansioni e le venivano date istruzioni su come comportarsi con fornitori e cose di questo genere. Era un mondo totalmente nuovo per lei, come lo fu anche quello della magia.

Era chiaro che molta gente di Mystic Falls credeva che la vecchia Meredith fosse una vecchina alquanto singolare, con una strana e sinistra luce negli occhi. Probabilmente però a Danaë sua nonna non era mai sembrata strana, proprio perché era sua nonna. Quando quest'ultima, forse spinta dallo scorrere crudele del tempo, si decise a confessare la "piccola" attività segreta di famiglia, la ragazza ci rimase di stucco. La prima cosa che pensò dopo che sua nonna le confessò che erano delle streghe fu che lei fosse pazza, forse a causa di una qualche degenerazione della malattia, chissà. Attraversò molte fasi, dalla negazione all'essere isterica, passando per rabbia e risentimento verso la nonna per averle mentito fino a quel momento. Ma quando fece la sua prima, vera magia, per poco non svenne come una pera cotta e dovette quindi credere a quell'assurda verità. Infatti, il semplice gesto d'accendere una candela, ma senza alcuna fiamma artificiale, la mandò fuori di testa. L'anziana pensava che sua nipote possedesse una predisposizione innata molto forte, prepotente a volte: lo dimostrava il fatto che, quasi per tutte le operatrici di magia, il primo incantesimo che veniva eseguito correttamente fosse quello di spostare un oggetto, o al massimo una lievitazione. Danaë era riuscita a dominare il fuoco, un elemento difficile per qualcuno alle prime armi. Inoltre, era anche una sorta di veggente, dal momento che possedeva capacità divinatorie. Quando le venne confessato anche quel particolare molte cose iniziarono, finalmente, ad avere un senso: tutte quegli incubi e quelle volte che si svegliava in piena notte erano per questa ragione. Evidentemente lo stare a contatto con un luogo intriso di magia, o comunque vicino a una persona che la praticava seppur a sua insaputa, doveva averle scatenato qualcosa dentro. Nei periodi passati con la nonna materna era come se una parte di lei oscurata da un velo invisibile si fosse rivelata, come se le barriere avessero ceduto facendo intravedere la verità. Lei non lo aveva mai capito. Si rese conto di non essere pazza, e per quanto tutte quelle informazioni la confondessero e fossero difficili da assimilare tutte insieme, una parte di lei finalmente si tranquillizzò. Sapeva che non c'era nulla che non andava in lei, che quello non era un difetto né una stranezza, ma semplicemente la sua natura. 

Ciò che fece la nonna fu raccogliere tutte le sue forze e cercare d'istruirla il più possibile nel minor tempo possibile, preoccupata di non averne abbastanza. E infatti, fu proprio così che andò. Il dio Kronos lasciò loro un anno scarso, non solo per studiare le arti magiche, ma anche per dirsi addio. 

Quello fu forse l'anno più intenso della sua vita, durante il quale provò quasi tutte le emozioni possibili a questo mondo, soprattutto le più dure. Per lei fu difficile andare avanti senza colei che era diventata il suo sostegno. Si ritrovò senza una protezione.

 

In un modo o nell'altro il tempo passò; il tempo era sempre un guaritore quando non era impegnato a fare il ladro. Il lavoro la impegnò molto, fortunatamente, e quando non c'era granché da fare, s'inventava nuovi inventari e nuove catalogazioni in modo tale da tenersi impegnata. Insomma, andò avanti. A piccoli passi si adattò a quel mondo estraneo, scandagliandone il fondo: sapeva cosa aspettarsi, aveva imparato a conoscere la gente del luogo. Riconosceva la clientela del negozio e sapeva anche dire a prima vista chi non avrebbe mai e poi mai varcato quella soglia. Ciò che non sapeva e che non aveva potuto prevedere era l'incontro con quel ragazzo, spuntato fuori dal nulla. L'aveva colpita come un fulmine, era una di quelle persone di cui avrebbe ricordato il volto se l'avesse incontrato per strada. Quando poi l'aveva incontrato di nuovo quella stessa sera, era come se il cielo avesse voluto farle un regalo. Non era sicura di essergli andata a genio, anzi sembrava più che la propria presenza gli avesse dato fastidio, ma questo non spense la curiosità della ragazza. Qualcosa dentro di lei la spingeva a desiderare di rivedere quel ragazzo. Mentre scaldava la sua cena nel microonde e si cambiava dopo la giornata di lavoro, si ripromise di indagare e di scoprire qualcosa di più su quel Damon. Chissà a cosa avrebbe portato la sua ricerca. 

 

<< It's you that I adore >> 

Era buio, e mentre camminava verso casa con le gambe pensanti, sentì l'aria spostarsi violentemente. Due occhi blu, due fari nella notte illuminarono due piccole fessure d'oscurità. La voce roca s'infranse contro il suo collo, poteva sentire le piccole onde sonore distendersi sulla sua pelle che nel frattempo si contraeva. Poi uno squarcio, un dolore sordo, netto e poi sempre più diffuso in tutto il corpo; contemporaneamente veloci brividi si susseguivano per la sua schiena, sembravano segnare ogni suo singola vertebra, fino a confluire al collo dove si trovava la matrice del dolore. Sentiva le labbra muoversi senza udire le proprie parole. Poi i due occhi blu emersero dall'oscurità in cui erano inabissati e quel volto iniziò a sembrarle stranamente familiare.

Danaë si svegliò di colpo in un bagno di sudore, in preda ad un violento, stranissimo incubo. Un incubo diverso da tutti gli altri brutti sogni che aveva fatto.

Doveva assolutamente rivedere quel ragazzo.

 

 

Mystic Falls era piccola, non era stato difficile scoprire dove abitassero i fratelli Salvatore. Ebbene sì, il bizzarro ragazzo si chiamava Damon Salvatore ed abitava in una vecchia grande casa appena fuori città, vicino ai boschi: le era bastato chiedere a Bettie Summers, la pettegola che aveva il negozio di liquori all'angolo. Arrivò con la sua auto fino al luogo indicatogli, ma mantenendo una certa distanza. L'ultima cosa che voleva era essere invadente. Rimase positivamente colpita dalla mansione, chiedendosi se la loro famiglia facesse parte dei padri fondatori di quella cittadina. Qualsiasi posto che avesse una storia da raccontare la aveva sempre affascinata. 

 

 

" E così è questo il posto maledetto di cui tutti parlano, eh? " Damon entrò facendo tintinnare i campanelli sospesi sopra l'ingresso. 

Danaë alzò lo sguardo quasi di scatto appena sentì di nuovo quella voce. Cercò di non sembrare sorpresa, anche se lo era abbastanza. Fece uno sforzo immane per non pensare all'atto di stalking della mattina precedente e della sua visita dalle parti dei Salvatore.

" Il solo ed unico" disse allungando le braccia. 

Il vampiro rispose con il suo tipico falso mezzo sorriso. 

" È accogliente, vecchio, ma accogliente. Ah, e ha anche un cattivo odore " puntualizzò con una punta d'acidità arricciando il naso.

" Ti riferisci all'odore dei libri? Siete proprio nemici eh? "

" Diciamo che mio fratello è quello più noioso dei due, quindi lascio a lui l'impagabile piacere d'immergersi nelle sue amate pagine piene di muffa " aggiunse.

" Sembri sveglio per essere uno che non ama i libri "

" Già. Anche tu "

Danaë sperò che quell'ultimo commento fosse totalmente vago e che non avesse a che fare con la scemenza che aveva fatto.

Damon la guardò di sottecchi per qualche minuto, poi strinse gli occhi. Lei cominciò ad innervosirsi. 

" Sai, - iniziò - potrei farti mille domande, sei una ragazza notevole. Nonostante ciò, te ne farò soltanto una: che ci facevi fuori casa mia ieri mattina? "

Semplice, diretto. Svizzero. Danaë avrebbe voluto morire, nascondersi sotto un sasso e non farsi più vedere. 

" Io? Non so di cosa parli. Perché mai avrei dovuto? Non so neanche dove abiti! " si sbrigò a dire, impegnandosi ad essere il più credibile possibile. Le bastò un'occhiata però per capire che Damon non aveva creduto ad una sola parola. 

Il vampiro sorrise più concitatamente e senza staccare gli occhi dalla ragazza si spostò verso l'ingresso del negozio e girò la chiave della porta, capovolgendo il cartellino. 

La ragazza non seppe bene come reagire a quel segnale: era ovviamente sintomo che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Rimpianse di aver lasciato il suo fedele amico peloso a poltrire a casa quel giorno. Allora, dopo qualche tentennamento, si preparò mentalmente a reagire nell'eventualità in cui le cose si fossero messe male.

Lui continuava a guardarla, e proprio come un lupo, si avvicinò con passo felpato, senza mai distogliere lo sguardo ed interrompere il contatto visivo, fino ad arrivare dietro il bancone. Ormai la ragazza era tutta un fascio di nervi, sentiva d'esser tesa peggio di una corda di violino.

Una volta arrivato a pochi centimetri dal suo volto, lui ripeté la sua domanda:

" Non mi piace ripetere le cose due volte, ma visto che sei nuova ed hai questo bel visino, te lo chiederò di nuovo: perché sei venuta a casa mia? Cosa stavi cercando? " allungò una mano per carezzarle una guancia, provocandole un brivido. 

La ragazza indietreggiò di un passo, ma sfortunatamente non c'era più spazio e la sua schiena urtò con la libreria alle sue spalle.

" C'era qualcosa da cercare, per caso? " ma da dove veniva tutta quella spavalderia? Proprio non lo sapeva.

Damon smise di ghignare, ora era serio. 

" Attenta, ragazzina. Potresti farti molto male - avanzò ancora - Perché ti ostini a sostenere il mio sguardo? È chiaro come il sole che hai paura di me " 

Ora a dividere i loro corpi c'era solo qualche centimetro d'aria. L'addome di Damon era immobile, mentre lo sterno di Danaë s'alzava e s'abbassava ritmicamente. Continuò a rimanere in silenzio e a guardare quell'abisso blu di fronte a lei che sembrava dire tutt'altre parole rispetto a quello che usciva dalla bocca del ragazzo. 

Damon, fortemente spazientito, le mise una mano alla gola:

" Dimmi perché ti trovavi lì " urlò piano digrignando i denti.

Appena un secondo dopo che la sua mano strinse l'esile collo della ragazza, quest'ultima vide una forte, accecante luce bianca. Stava di nuovo avendo una visione. 

Questa volta però non era una vera e propria premonizione: era più uno scorrere veloce di eventi, ma come se fossero chiari come la luce del giorno… Fu allora che il sogno fatto qualche notte prima si ripresentò nella mente della ragazza, ma con la differenza però che questa volta lei aveva chiaramente riconosciuto Damon ed aveva ricordato tutto ciò che era successo quella notte.  

Damon percepì un'aura intorno al corpo della ragazza: i suoi occhi videro ciò che vide lei e contemporaneamente la sua mano prese a pizzicare, finché non sentì come un fuoco bruciargli i polpastrelli e dovette abbandonare la sua preda.

Quando i due si staccarono, il vampiro aveva la mente completamente in subbuglio. 

" Sei una strega?! " esclamò, inspiegabilmente con il fiatone.

La ragazza si appoggiò allo sgabello che aveva vicino e tenendosi anche per la libreria fece ampi respiri, finche non riacquistò totalmente la vista. La visione glie l'aveva totalmente annebbiata, spaventandola a morte; non le era mai successa una cosa del genere. 

" Lo hai visto anche tu? " chiese spaventata la ragazza.

" ..E come diavolo hai fatto a rimuovere la mia compulsione? " 

" ..Compul-che? Di costa stai parlando? Cosa mi hai fatto? Chi sei tu? "

Appena la ragazza poté vedere completamente, si rese conto di trovarsi ancora troppo vicina a.. qualunque cosa lui fosse. Quindi si allontanò, per quanto le fosse possibile. 

" Ma sei o non sei una strega? Perché se lo sei, mia cara, vuol dire che non sai proprio tutto di Mystic Falls come dici "

" Che intendi dire? Spiegami! " 

Damon la guardò: per un attimo esitò perché non sapeva che fare. Ma che male mai poteva fare? Mezza città era a conoscenza dell'esistenza dei vampiri.

" Ok, non ti hanno spiegato come funziona qui, bene " si grattò la nuca, indeciso su cosa dire. 

" Tu che cosa sei? " fece la ragazza timorosa. Damon si disse che forse lasciarsi fare delle domande fosse il modo più semplice per togliersi il pensiero.

" ..Allora non hai ricordato proprio tutto.. " pensò ad alta voce.

" Ricordo che mi hai morsa ed ha fatto un male cane! "

" Mhm, quindi, se ti ho morso, a tuo avviso cosa mai potrei essere? "

La ragazza provava sentimenti contrastanti, dentro di se era scoppiata una vera e propria mina. Poi collegò quei puntini che d'un tratto le sembrarono come briciole di pane.

" .. O mio dio. Porc.. Ma che.. "

" Mhm, dipende quale dio, ma sì, credo che ora hai afferrato il concetto " scherzò.

" Sei un vampiro? E.. ed esisti? "

" Ma certo, stupida. Pronto? Tu sei una strega. Cosa ti fa pensare di essere la sola cosa sovrannaturale da queste parti? "

Danaë realizzò un po' di cose nella sua testa.

" Ecco perché questo luogo è così.. "

" Fottuto? " suggerì lui.

" Stavo per dire pieno di magia, ma fottuto credo che possa andare " si prese un attimo per assimilare quella nuova, nuovissima informazione. Dopotutto qualcosa aveva scoperto su quello strano, elusivo ragazzo: era un vampiro. 

" Ora dimmi, perché stavi gironzolando per la mia proprietà? Lavori per qualche setta o cosa? - chiese di nuovo lui - e vorrei farti notare che è la quarta volta che te lo chiedo " rimarcò ormai giunto all'esasperazione. 

" Ehm.. stavo cercando di scoprire qualcosa su di te " 

" Perché? " 

Allora la ragazza decise che vista questa curiosità tanto valeva spiegargli tutto. Inspirò.

" Vedi, io.. riesco a vedere delle cose, ho delle visioni. Ce le ho da sempre. Quando l'altra sera ti ho sfiorato, anche se solo per un secondo, ho visto qualcosa "

" Cosa? " il vampiro si stava incuriosendo.

" Un corvo, un corvo nero ed un fulmine che squarciava il cielo "

" Ahi.. "

" Cosa c'è? " chiese Danaë allarmata.

" Secondo me non è un buon segno, e non è certo per il corvo nero "

" È la stessa cosa che ho pensato anch'io " confermò lei.

Poi ci fu silenzio. Si guardarono.

" C'è altro? " chiese lui, incrociando le braccia davanti al petto.

" Beh, qualche notte fa ho sognato la stessa visione di prima, ma non era così chiara, anzi. Era immersa nella più profonda oscurità, non riuscivo a capire nulla. Ma come hai fatto a vedere anche tu ciò che ho appena visto io? "

" Credo che il contatto abbia scatenato la tua visione, cara " asserì come se fosse una cosa più che ovvia.

" Forse è stata così chiara perché mi eri vicino, tu stesso eri la chiave per ricordare "

" Io non riesco ancora a credere che la compulsione sia svanita. Non si può contare più su niente ormai " disse fintamente amareggiato.

" Mi spieghi cos'è questa compulsione? Cos'è, tipo ipnosi o cose del genere? "

" È uno dei privilegi dell'essere un vampiro, mia cara. Bastano due semplici paroline sussurrate all'orecchio e posso farti dimenticare tutto ciò che voglio - spiegò mellifluo - o almeno potevo " si scurì in volto.

Danaë pensò per un attimo al significato di quelle parole. Significava che i vampiri potevano fare tutto ciò che volevano. Si sentiva in qualche modo violata. 

" Perché mi hai fatto questo? " gli domandò arrabbiata.

" Ma che domande? Perché avevo fame! " 

" Oh, che schifo.. " ripensò al sangue e al bere sangue. Quindi tutte le storie che giravano su quegli esseri dovevano essere vere. 

" Quanti ce ne sono di voi? "

" Intendi dire qui a Mystic Falls o nel mondo? "

" Oh, mamma.. Deduco un bel po' quindi" disse più a se stessa che al vampiro.

" Siamo molti più di quanti immagini. Molti di più di quanti io ne riesca a sopportare, però ce ne stiamo per fatti nostri "

" Tuo fratello, anche lui è..? " 

" Sì "

" E quella ragazza bionda dell'altra sera? "

" Anche lei " confermò.

Damon la guardò meglio. Gli sembrò spaventata, fuori posto, come se fosse un pesce fuor d'acqua in quella cittadina sperduta e dimenticata da Dio. Per un attimo provò tenerezza. Ma solo per un attimo, poi ritornò all'attacco pungente come sempre.

" Lo sai almeno che non sei l'unica strega da queste parti, vero? "

" Secondo te ho imparato quello che so da sola? È stata mia nonna a dirmi chi ero, ad insegnarmi tutto ciò che so.. " disse malinconica. Il vampiro se ne accorse.

" La vecchia Meredith, giusto? Sì, ma non parlavo di lei "

" E di chi allora? "

" La famiglia Bennett. In particolare Bonnie Bennett " non sapeva perché era propenso a darle tutte quelle informazioni, probabilmente si basò solo sulle sue sensazioni, ma era sicuro che di quella ragazza ci si potesse fidare. Dall'altra parte non la riteneva pericolosa, più un pericolo forse, ma comunque una forza che poteva essere controllata e di cui ora grazie a lui tutti erano messi al corrente. Significava avere una potenziale alleata.

" Bonnie… Sì, mi ricordo di lei. Ora capisco, la sua aura brillava di una luce strana, ma era come affievolita. Forse è per questo che non me ne sono accorta. Credevo fosse solo una persona più sensibile di altre " 

Il ragazzo pensò che il "radar" di Danaë non avesse funzionato perché Bonnie ormai non praticava la magia da molto tempo e che questo avesse influenzato la sua aura. 

La ragazza si ricompose, alzandosi dallo sgabello e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

" Ovviamente, non devo dirti io che devi tenere per te ciò che ti ho detto e ciò che è successo in questa stanza - asserì - altrimenti ti verrò a cercare " minacce lui, facendo capire che non era uno scherzo.

" Non c'era neanche il bisogno di dirlo. Quindi ehm.. amici? " disse la ragazza un po' incerta, provando a porgergli una timida mano in segno di pace. Damon la guardò e con un ghigno sprezzante si allontanò, tornando al di là del bancone. 

" Non ho amici, ragazzina "

" Quindi, uhm, alleati? Come dite voi? "

" Però, che streghetta sveglia che sei! Hai già capito da che parte stare "

La ragazza riacquistò inspiegabilmente un piccolo spicchio di coraggio e autocontrollo e, aggirando anche lei il bancone, si ritrovò di fronte al vampiro. 

" Non devi per forza fare lo spaccone, so che non mi avresti uccisa quella notte "

" E cosa te lo fa pensare? Di solito tutti avrebbero pensato il contrario " chiese curioso lui. 

" Il tuo sguardo. C'è qualcosa nel tuo sguardo che mi dice che non sei così come ti mostri " disse lei tutto d'un fiato, senza neanche accorgersene, ma non le importava. 

Il vampiro si fece leggermente più serio, tanto da renderlo percepibile anche all'occhio umano. Le sue pupille si erano dilatate. Quella reazione era sfuggita al suo controllo. 

" Mhm, teoria interessante " ci scherzò su, mentre si voltava per andarsene.

" Damon è solo un nome " la ragazza  disse con tono audace, guardando le spalle del vampiro. Per quanto potesse sembrare immotivato e inopportuno, era ciò che lei realmente pensava. Il ragazzo assimilò quella nuova informazione, ma questa volta non trattenne un'espressione pensierosa; lei non poteva vederlo.

" Sai, dovrei trovarti un soprannome, Danaë " concluse lui uscendo dal negozio. 

 

 


Note:

La canzone all'inizio dell'incubo di Danaë è la stessa del primo capitolo, Ava adore
- The Smashing Pumpkins.

Ringrazio chi leggerà o recensirà. 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** White Empty Eyes ***


  White Empty Eyes


 

Quindi Damon era un vampiro. Suo fratello era un vampiro. Persino quella bionda antipatica era una di loro. 

Danaë si domandava perché sua nonna non le aveva detto niente in merito a quelle creature, di sicuro lei ne era a conoscenza. Aveva mille domande per la testa e non sapeva a chi rivolgerle.

Passò qualche giorno, durante le giornate in negozio non faceva che pensare a quello che era successo: dalla violenta visione avuta, la scioccante rivelazione, fino ad arrivare a soffermarsi ancora una volta sul vampiro. Ripercorse quei momenti, per niente chiari, e rivide gli sguardi, come i loro corpi si erano trovati vicini l'uno all'altro. Cercò di sfuggire a  quei pensieri così frivoli, imponendosi un contegno. Non era una ragazzina, ormai era diventata una donna: avrebbe fatto di tutto per non buttare via la propria dignità e per quanto potesse andargli a genio quell'uomo, voleva stargli lontana. Infondo era pur sempre un succhiasangue, sarebbe stato saggio da parte sua rimanergli alla larga. 

 

Quando Bonnie entrò con nonchalance nel negozio lei rimase di stucco. 

" Ciao " provò a dire. 

" Ciao, molto piacere, io sono Bonnie " allungò amichevolmente la mano.

" Lo so - accennò un sorriso - Io Danaë "

" La nipote di Meredith " 

Le due ragazze si sorrisero, una di loro era più in imbarazzo dell'altra.

" Se ti stai chiedendo chi è stato a dirmi il tuo nome, beh " 

" Damon " disse convinta Danaë annuendo.

" Già, non sa proprio farsi i fatti suoi, vero? Spero non ti abbia spaventata. Non è così tutto il tempo, poteva andare peggio " provò a scherzare. Stranamente l'altra però pensò che forse non stesse proprio scherzando. 

" Ti ha detto quello che è successo? "

Bonnie annuì. 

" Io.. io non sapevo che tu.. "

" Che io fossi una strega? Neanche io di te "

" Non mi hai percepita? "

" Diciamo che non ne ho avuto l'occasione, non ho usato molto la magia ultimamente " si morse il labbro.

" Ecco perché non lo avevo capito.. Pensavo d'essere un'incapace "

" Sono sicura che sei in gamba. Meredith lo era " 

" La conoscevi? "

" Le nostre nonne erano amiche, a volte litigavano, ma alla fine tornavano sui loro passi. Sai, tua nonna e tua madre, e ora anche tu, rappresentate l'altra congrega di Mystic Falls "

'Mia madre?! Perché la nonna non me lo ha detto?' pensò. Abbassò lo sguardo.

" Tutto ok? " le chiese Bonnie.

" Sì, certo, ero solo sovrappensiero. Posso chiederti perché tu non usi più la magia? " 

" Non è che io l'abbia totalmente abbandonata - si avvicinò al bancone prendendo in mano uno dei pendoli vicino alla cassa - È solo che qui non è più successo nulla di grave da un bel po' di tempo, quindi non c'è stato bisogno di usarla "

" Grave? Perché cos'è successo? "

" Beh, mia cara, Mystic Falls è uno dei centri nevralgici dove il male sembra attecchire e manifestarsi. È successo di tutto, te lo assicuro. Vampiri, licantropi, sciamani.. "

" Licantropi? Ok, è normale. Tutto perfettamente normale " si ripeté la ragazza. Bonnie le sorrise, ricordandosi com'era stato per lei scoprire tutto per la prima volta, molti anni prima. La capiva benissimo. 

" Non preoccuparti, ti abituerai a tutto questo. Dopotutto siamo a Mystic Falls, io non starei troppo tranquilla. Non lo dico per spaventarti, ma non voglio neanche raccontarti favole. Bisogna prenderla per quello che è "

si riferiva all'essere una strega, condanna o vocazione che fosse. 

" So che queste capacità,  'poteri', non sono solo per far crescere il mio orto o per capire che tempo farà domani "

" Io.. io credo che il nostro sia un dono. Abbiamo la possibilità di proteggere le persone che amiamo e io non cambierei questo fatto per niente al mondo " Bonnie pensò per un attimo alla sua amica Elena, che non viveva più lì e che non vedeva da molto, molto tempo. Non si sentivano neanche più tanto spesso. Si erano semplicemente, lentamente allontanate. 

" Allora spero di poter aiutare le persone il più possibile "

" Ma certo - rispose abbozzando un sorriso - se hai bisogno d'aiuto puoi chiedermi tutto ciò che vuoi "

" Grazie, Bonnie. Sei molto gentile con me "

" Si vede che sei una brava ragazza, e poi sei simpatica. Mi dispiace che tutti con te si comportino in quel modo odioso. Ho visto come ti guardano.. Ti ho vista fare la spesa una volta, è una piccola città" si giustificò.  

" Ah sì? Spero che non si sia visto quanto li stessi odiando in quel momento " sorrise.

" Non pensarci. La gente è fatta così purtroppo "

" Che vadano al diavolo, non m'importa di loro " 

" Ecco, esatto " approvò Bonnie scuotendo il capo. 

Dopo aver fatto un giro nel negozio decise di comprare degli incensi. 

" Hai fatto un bel lavoro qui, mi piace la nuova disposizione " 

" Grazie! Sai, a volte ci si annoia talmente tanto qui.. Non so starmene con le mani in mano "

" Beh, qualche giorno di calma piatta, se ti va, potremmo vederci. Anche per un caffè. Oppure potresti andare dai Salvatore " buttò lì Bonnie. Danaë abboccò perfettamente al suo amo.

" E perché mai? " esclamò dubbiosa. Bonnie in quell'esatto momento ricevette una conferma ai suoi dubbi. Aveva notato lo sguardo di lei quando le aveva detto che era stato Damon a raccontargli che era una strega. 

" Loro hanno moltissimi libri e grimori che ti potrebbero essere utili nella loro gigantesca biblioteca - si guardò intorno - anche alcuni piuttosto antichi, per lo meno più antichi di questi che hai in negozio " 

" Ah.. Sì, certo. Sono sempre pronta ad imparare cose che non so " 

L'altra annuì in segno d'assenso.

" Allora.. tu e Damon vi siete scontrati, vero?  Spero non ti abbia fatto del male " 

" No, cioè, sì. Per un momento ho pensato che mi avrebbe sbranata. La notte in cui ci siamo incontrati mi ha aggredita " 

" Quell'idiota! Devi scusarlo, a volte si comporta come un vero deficiente. Non sa quando fermarsi "

La ragazza le sembrò seriamente preoccupata dal modo in cui aveva appena sgranato gli occhi. 

" Ma tranquilla, gli parlerò e dirò che deve lasciarti in pace. Ora che ci penso però tu potresti benissimo dargli una lezione da sola se si avvicina un'altra volta a te.. contro la tua volontà " Bonnie ebbe un'ulteriore conferma. A Danaë Damon piaceva. Chissà se lui se n'era accorto. Pensò che non c'era il bisogno di antenne da strega per capirlo. 

" Già, suppongo d'esserne capace - arrossì - In effetti credo di averlo ustionato l'altra mattina. Spero non si sia arrabbiato " 

" Oh, gli passerà, vedrai! - Bonnie gli mise una mano sul braccio - Ora devo andare, ma mi ha fatto piacere conoscerti di persona. Ci vedremo in giro allora " 

" Certo! Anche per me è stato un piacere Bonnie, sei stata gentilissima a passare. Grazie "

" Figurati, non devi ringraziarmi. Tra di noi ci si aiuta " s'incamminò verso l'uscita.

" Allora a presto, Bonnie " disse la ragazza. Quella chiacchierata le aveva davvero migliorato la giornata.

 

 

 

Damon sedeva su una delle poltrone davanti al camino, il fuoco scoppiettante di fronte a sè. Le fiamme danzavano nei suoi occhi mentre si perdeva rapito in quella visione. Sorseggiava del buon bourbon quando non voleva pensare troppo, quella bevanda su di lui faceva uno strano effetto però: all'inizio era come se il liquido gli tenesse la mente lucida e poi glie la offuscava mano mano che i bicchieri diventavano vuoti. 

Caroline gli aveva detto che ora, finalmente, lei era felice. Pensava a tutte le possibilità e le variabili, tutte le interpretazioni che quelle parole potevano avere. Quella in cui Elena si fosse innamorata di un altro uomo e che avesse potuto avere dei figli era quella che lo spaventava di più. 

L'aveva odiata, dio, quanto la aveva odiata. La aveva amata, forse troppo. Ogni volta che ripercorreva la loro storia gli era sempre più evidente come il suo amore per lei fosse smisurato, sconfinato rispetto a quello di lei. Ad ucciderlo erano quelle tantissime, piccole cose che gli piantavano un pugnale dietro la schiena ogni volta che ripensava al passato. 

L'aveva odiata e poi amata di nuovo. C'era stato un periodo in cui era tornato a Mystic Falls all'insaputa di tutti e l'aveva spiata dal bosco. Si era reso subito conto fortunatamente, che non poteva fare quello che stava facendo. Non poteva farlo a se stesso. Egoisticamente, forse per la prima volta per quanto riguardava Elena, mise al primo posto se stesso e andò via. Qualcosa dentro di lui aveva capito che ciò che c'era stato era davvero finito, si sentiva nell'aria di quella notte passata fra gli alberi. Il loro tempo si era esaurito. Ma allora perché continuava a sentire quelle orribili, fastidiosissime fitte al petto?

L'aveva odiata, amata e poi odiata di nuovo. Se era vero che la cura a tutte le cose era il tempo, lui ne avrebbe avuto a sufficienza. Voleva guarire, lo voleva davvero. In qualche modo era consapevole che lei avrebbe abitato sempre nel suo cuore, ma doveva chiudere quella parte di quel muscolo idiota. Doveva costruire un muro attorno a quel sentimento che irradiandosi in tutto il corpo lo stava distruggendo. Poi un giorno, dopo  qualche anno, scoprì una cosa inaspettata. Una notte, dopo una lotta con un altro vampiro si squarciò una spalla, la carne dilaniata: sentì un dolore fisico acutissimo, irrorava tutto il corpo e gli toglieva il fiato. Non aveva mai provato una simile sensazione, sembrava che le cose attorno a lui non avessero più alcun senso, tutto si scioglieva, diventava polvere. In quei momenti di profonda agonia ed orribile lucidità si rese conto che qualcosa in lui era cambiato: non sentiva più quel dolore nel petto, o almeno non era più forte come prima. Ma che cosa significava? Credeva fosse per via del dolore pulsante in ciò che rimaneva della sua spalla, ma quando qualche giorno dopo le sue condizioni migliorarono, si accorse di come quella sensazione persisteva. Stava quindi iniziando a dimenticare Elena? La domanda più importante però era, voleva dimenticarla? Se lo chiese spesso, e altrettanto spesso non aveva trovato una risposta, come in quel momento davanti al fuoco scoppiettante. 

L'aveva odiata, ma ora la stava allontanando e lei diventava sempre di più un'ombra dissolta. 

 

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Il vampiro schiuse gli occhi, risvegliandosi quasi come da un sonno profondo. Poi bevve ciò che era rimasto nel bicchiere di cristallo e si diresse verso l'ingresso.

" Chiunque tu sia, sai che diavolo di ore sono? " chiese arcuando le sopracciglia quando si accorse a chi stava parlando.

" Scusami.. Io non volevo disturbare "

" Allora non saresti dovuta venire " 

" Ho avuto un'altra visione.. Un incubo "

" E sei venuta qui perché io ti consoli? Tesoro, non faccio queste cose, mi spiace " disse gelido.

" Damon.. Nella visione tu morivi " disse sussurrando Danaë. Notò che aveva l'aria preoccupata.

A quelle parole il vampiro si fece serio e la invitò ad entrare con un gesto della mano. 

La ragazza varcò la soglia di casa Salvatore e nonostante la preoccupazione fu momentaneamente rapita dalla bellezza di quella casa così antica. Pensò che fosse meravigliosa, unica.

Entrambi presero posto sul divano, la stanza era abbastanza buia, c'era solo la luce soffusa che proveniva dal camino. Danaë si strinse ancora di più nel suo cardigan blu notte.

" Ho visto molto di più questa volta - esordì sollevando lo sguardo - C'era un altro vampiro, almeno credo che fosse un vampiro. Eravate in una cappella, in un cimitero e stavate combattendo. Parlavate, ma io non riuscivo a sentirvi, era tutto un tonfo sordo. Come se fossimo sott'acqua. Lui ti ha sconfitto, Damon. Aveva degli occhi orribili - disse tremante. Il vampiro le mise automaticamente una mano sulla spalla, cercando di calmarla. Poi la ragazza riprese a parlare - I suoi occhi erano bianchi, come se fosse cieco. L'ultima cosa che ho visto era che ti teneva alzato per la gola e che i tuoi occhi si spegnevano, fino a diventare bianchi come i suoi.. È stato orribile " 

Damon assimilò tutto ciò che gli era stato riferito. Non aveva mai sentito parlare di un vampiro, ammesso che lo fosse, con quelle caratteristiche. Aveva mille domande.

" Tu stai bene? Sembri sull'orlo del pianto " si pentì subito di essere stato indelicato. Era più che ovvio che lei fosse provata.

" Sì.. È stato molto strano "

" C'eri anche tu nella visione? " chiese.

" Sì, di solito sono una spettatrice, ma stavolta ero dentro. Correvo verso di te, ma qualcosa mi tratteneva. Era come correre a rallentatore e vedere il traguardo allontanarsi sempre di più "

" Capisco la sensazione. E dimmi, quel vampiro, lo avevi mai visto? Sapresti riconoscerlo se lo vedessi? " 

" Beh, Io non saprei.. Non l'avevo.. " 

Damon vide le pupille di Danaë dilatarsi di colpo rendendo i suoi occhi quasi completamente neri. Impallidì, se possibile ancora di più di quanto già non fosse. Smise di parlare e quando il vampiro si voltò nella direzione in cui guardava la ragazza, vide Stefan scendere le scale e raggiungerli in soggiorno. Tornò poi su di lei.

" Danaë, cosa c'è? " chiese impaziente, ma la ragazza non parlò. 

Quando Stefan entrò nel soggiorno sorridendo all'ospite mostrando le buone maniere di casa, lei indietreggiò aderendo alla spalliera del divano e stritolando il braccio di Damon. 

" È lui " sussurrò più a se stessa che a chi le stava accanto. I suoi occhi non si scollarono da ciò che stava guardando. 

" Lui? Sei sicura? "

Lei annuì " Che cosa ci fa qui? "

" Lui è mio fratello "

A quel punto la ragazza guardò Damon, quasi in lacrime " Tuo fratello? No, non può essere "

" Ehm.. mi spiegate cosa sta succedendo? " 

" Ok, Naë, rilassati. Stefan è mio fratello, è tutto apposto. Era solo una visione. Forse non dovremmo prenderla sul serio "

" Ma lui.. "

" Scusate? Mi rendereste partecipe? Tu chi sei? " chiese alla ragazza dubbioso.

" Io.. " la ragazza lo fissava ancora imbambolata. 

Damon liberò il braccio dalla sua stretta e si alzò in piedi. Ora la ragazza si sentiva molto, molto vulnerabile. 

" Lei è .. è una strega. Lavora al negozio della vecchia Meredith, in realtà è la nipote.. Ha avuto una visione su di noi "

" Una visione? Perché mai ha paura di me? " sussurrò al fratello per non farsi sentire dalla ragazza dietro di loro. 

" Perché tu nella mia visione uccidi tuo fratello " rispose lei guardandolo.

" Oh.. Che cosa? " disse. 

" Già - disse Damon alzando le braccia al cielo - Ma non vuol dire niente "

" Tu dici? " disse scettica lei. 

" Beh, lo spero " si voltò verso Stefan.

" Sei serio? Perché dovrei ucciderti Damon? " 

Il più impulsivo dei due fratelli rifletté un attimo e poi azzardò un'ipotesi.

" E se quello che ha visto fosse lo squartatore? "

Danaë rimase in silenzio anche se non riusciva a seguire interamente la loro conversazione. 

" Impossibile, non è mai più successo dall'ultima volta, non si è mai verificato nulla. Lo sai "

" Già " Damon lo sapeva, era per questo che non sapeva come interpretare quella visione.

" Quindi tu hai visioni? - chiese Stefan. Danaë annuì abbassando lo sguardo, aveva la testa altrove - Sono state affidabili le altre volte, cioè si sono verificate? " 

" Non sempre. A volte quello che vedo è solo un monito o una rappresentazione simbolica di ciò che succederà "

" Quindi potrei anche non essere io "

" ..Sì, suppongo di sì " disse lei seguendo il suo ragionamento.

" Ehi, potrei sapere perché mi date per morto? Cristo santo, mi sono così rammollito? " si guardò ad uno specchio. 

" Forse.. Forse avete ragione. Potrebbe darsi che sia tutto uno sbaglio, un'illusione "

" Mhm. Beh potremmo fare delle ricerche " disse Stefan.

" Ah, sì? E da dove vorresti cominciare? "

" C'è qualcuno che vi vuole male? " chiese la ragazza.

" No, nessuno. Almeno che io sappia. Ci sono dei vampiri nelle vicinanze, ma sono innocui, me ne sono accertato "

Damon ascoltava, intanto la sua testa vagava in cerca di risposte. Da un lato si sentiva un'idiota a credere ad un sogno, ma dall'altro aveva uno strano presentimento. Questo bastava a tenerlo sulle spine. 

Stava per sedersi di nuovo sulla sua poltrona quando Danaë emise un respiro strozzato e i suoi occhi divennero bianchi, opachi. Le si avvicinò in un attimo e la scosse.

" Ragazzina, ci sei, ragazzina? "

" Non fare così, lasciala. Credo che stia avendo una visione proprio ora " disse sconvolto Stefan trattenendo il fratello.

" Damon - disse in tono spaventato la ragazza, le sue mani tremavano. Intanto nella sua testa le immagini sognate la notte prima si susseguivano, ma in un ordine diverso: stavolta era Damon che uccideva Stefan nello stesso identico modo - No! Damon no! "

" Sono qui. Calmati, Danaë. Non è reale " continuava a ripeterle. 

La ragazza corse più veloce e si avvicinò di più ai due fratelli, ma non riuscì a toccarli e fermarli neanche stavolta. Era assolutamente impotente. Damon aveva sollevato l'altro prendendolo per la gola, e ora lei poteva vederlo benissimo: il vampiro stava succhiando l'energia vitale direttamente dalla bocca di suo fratello e sembrava non volersi fermare. La vista si annebbiò e la visione finì di colpo. 

" No, no no! " si lamentò, avrebbe voluto vedere di più per capire cosa diavolo stava succedendo. Si gettò all'indietro sul divano poggiando la nuca sul poggiatesta, era esausta. Cercava di fare lunghi respiri, come le aveva insegnato sua nonna. Teneva gli occhi chiusi, sapeva che ci sarebbero voluti alcuni minuti prima che la vista tornasse totalmente. Si strinse del suo cardigan e solo in quel momento si accorse della presenza di Damon vicino a lei che le appoggiava una mano sul ginocchio. 

" Chiama Bonnie " disse solo lei. 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Dead-end street ***


 Dead - End  Street


"Bonnie ci metterà un po' ad arrivare, quindi perché non siedi qui ad aspettarla?" Stefan le fece segno di sedersi vicino a lui sul divano.

La ragazza lo guardò ed involontariamente la sua espressione verso di lui era ancora alquanto terrorizzata. Non riusciva a fidarsi molto, era una sensazione che provava a pelle e sapeva in qualche modo di non sbagliarsi. 

"Damon, dovresti portarle un bicchier d'acqua, è ancora pallida" aggiunse. 

"Decisamente" confermò l'altro. 

Mentre si dirigeva in cucina, gli occhi della ragazza guizzarono più volte da lui a Stefan e infine decise di seguirlo. 

"Ma certo, va pure" sussurrò Stefan più a se stesso che alla ragazza, che aveva appena lasciato la stanza avendo paura di rimanere con lui. Si sentiva leggermente offeso. 

La ragazza bevve la sua acqua, mantenendo lo sguardo basso per tutto il tempo.

"Naë non devi preoccuparti di Stefan, lui è.. Stefan!" disse esasperato Damon. 

"Questo non mi è utile. Io non lo conosco"

"Oh, vedrai lo conoscerai. Ne avrai fin sopra i capelli dei suoi modi da persona perbene. E poi anch'io lo uccidevo in una delle tue visioni, l'hai dimenticato?"

"Già, ma è diverso"

"No, è esattamente la stessa cosa. Io uccido lui, lui uccide me. Per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere solo una proiezione o un brutto sogno. Non c'è alcun motivo per temere Stefan, fidati di ciò che ti dico"

Intanto la ragazza finì di bere l'ultimo sorso. 

"Sai, se non fossi così confusa ti avrei urlato contro per avermi appioppato un soprannome" disse lei.

"Ti piace? Non so, ci stavo pensando e poi ho deciso di usarlo"

"Ah, quindi lo hai scelto con cura?" Danaë non capiva.

"Non che non abbia una vita a cui pensare, ma Danaë è troppo lungo"

"Come ti pare, tanto non mi piace"

"Non deve piacerti. I soprannomi sono imbarazzanti, e comunque non sta a te sceglierlo" 

Con quello scambio di battute doveva ammettere di essersi momentaneamente distratta da ciò che le stava succedendo intorno. La ragazza guardò di sottecchi il vampiro e constatò per l'ennesima volta il suo illimitato charme. Poi si costrinse a staccare gli occhi da quel viso. Damon le porse una delle mele verdi che era al centro della penisola:

"Devi mangiare qualcosa o tra poco dovrò tirarti su dal pavimento"

"Perché tutto questo preoccuparsi per me? Sto bene. Non sai quante volte mi è capitato, mi serve solo qualche minuto per riprendermi"

" Ah sì? È quello che hai detto anche mezz'ora fa. Mangia" sibilò serio. 

"Quanto sei odioso" gli disse, ma in verità le faceva piacere vedere quella preoccupazione. C'era di nuovo qualcuno a cui pareva importasse di lei. Quindi addentò la mela, constatando che il sapore era piuttosto amaro, ma mandò giù il boccone.

"Ogni quanto hai queste visioni?" 

"Non c'è un numero fisso. Può essere una ogni mese come due in una settimana" 

"E due nel giro di poche ore? - chiese Damon - Non ti sembra un po' troppo?"

"In effetti sono state piuttosto vicine, non mi era mai capitato ora che ci penso" smise di mangiare. 

"Sta succedendo qualcosa" annuì lui con lo sguardo perso nel vuoto.

"Cosa vuoi dire?"

"È evidente. Le acque si stanno muovendo, altrimenti non avresti queste visioni, almeno non così frequentemente"

"Sì, ma siamo a Mystic Falls, mi avete detto tutti voi che qui succede di tutto. Credo sia la vicinanza con un luogo così magico a scatenare le mie visioni"

"E se non fosse così? D'altra parte tu affermi di non averne mai avute di così ravvicinate. No, io credo che sia un riflesso, un modo per farti sapere che sta succedendo qualcosa"

"Chi me lo starebbe dicendo?" chiese lei.

"E che ne so, la magia? Sei tu la strega qui!"

"Io non lo so. Non sono così esperta, non mi è mai capitato"

"Con questo concordo pienamente - disse acido lui - Tua nonna avrebbe dovuto dirti tutto".

Lei lo guardò torva; aveva completamente allontanato la mela dalla sua bocca.

"Non ne ha avuto il tempo" 

Damon le diede le spalle e scosse il capo. Poi si poggiò al mobile vicino al lavandino e guardò fuori la finestra gli arbusti che si muovevano col vento. Era pensieroso molto più del solito. Non era come le altre volte in cui aveva più o meno un'idea di chi poteva avercela con loro. Stavolta Damon era appena tornato: non aveva neanche fatto in tempo a mettere piede in città che sembravano essere tornati i problemi. Non sapeva cosa aspettarsi. 

Danaë lo guardò. Il suo profilo rivelava un'espressione tesa, assente. Si chiese come mai fosse così altalenante, instabile: un attimo prima la stava riempendo d'attenzioni, mentre quello dopo si comportava da vero idiota. Era un enigma ai suoi occhi. 

"E se fosse opera di quei vampiri fuori città di cui parlavate tu e Stefan? Potrebbe essere, no?"

"Non lo so. Io non so chi siano, ma Stefan ha detto che sono innocui"

"Perché non controlli? Forse non sono così innocui"

"Perché pensi si tratti di loro?"

"Beh, forse li ho incontrati per caso e adesso mi usano come canale, non lo so. Non so bene come funzionano queste cose"

"I vampiri non hanno… E invece sì - disse illuminandosi Damon - Dimmi, hai avuto dei vuoti di memoria ultimamente?"

"Intendi oltre a quello che mi hai lasciato tu? No, credo di no" disse acida.

"Credi o ne sei sicura?" la incitò.

"Sono sicura. Io ricordo tutto"

"Mhm.. Non lo so, tutto può essere. Non devono essere per forza dei vuoti di memoria. I vampiri possono farti ricordare quello che vogliono"

La ragazza rabbrividì. 

"È tutto stato molto monotono ultimamente, tutto nella norma insomma. Non credo d'essere stata incantata"

"In effetti non ho mai sentito di vampiri tanto forti da indurre visioni. Potresti avere delle visioni influenzate da chi o cosa hai visto? Forse li hai incontrati"

"Damon.. non so. Questa storia è stana. Insomma, per avere una visione così specifica devo sia vedere la persona della visione e poi appunto vedere quest'ultima nella visione. Gli unici due vampiri che ho visto siete stati tu e Stefan. E a differenza di te, Stefan non l'avevo mai visto. Ho bisogno di vedere qualcuno prima di sognarlo. Però se diamo la tua ipotesi per buona allora anche Stefan, dal momento che mi era estraneo, potrebbe essere uno di loro"

"Tu che idea ti sei fatta? Che sensazioni percepisci? Dovrà pur esserci qualcosa che senti più di un qualsiasi altro umano"

"Io.. io voglio crederti. Se mi dici che tuo fratello non può farmi del male, proverò a fidarmi. Se mi baso sulle poche informazioni che ho, allora credo che qualcuno mi abbia fatto vedere quello che voleva farmi vedere"

"Vale a dire?"

"Non ne ho idea. So solo che dev'essere qualcuno di molto potente. Nessuno mi era mai entrato in testa"

I due rimasero in silenzio a scrutarsi con occhi dubbiosi e pieni d'agitazione.

"Io.. Io credo che potrebbe essere una strega, Damon. Qualcuno che non conosciamo"

Il vampiro ascoltò le sue parole. Forse aveva ragione. Chi altri poteva avere tanto potere? 

"E dev'essere una strega molto, molto potente" disse Bonnie entrando nella conversazione.

"Ce l'hai fatta Bon-Bon, stavamo dandoti per dispersa. Allora, secondo te chi è?"

Danaë notò il tenero appellativo con cui il vampiro si era riferito alla strega. Si chiese se le desse fastidio, ma l'attimo dopo allontanò quegli stupidi pensieri dalla sua testa. Potevano tutti essere in pericolo, non era il momento di fare la stupida. 

"Da quello che mi ha raccontato prima Stefan, se questa è una strega, allora è una strega di gran lunga più potente di noi" affermò riferendosi a lei e alla ragazza.

"Possiamo localizzarla?" chiese lui.

"Non credo sia così stupida. Chi sarebbe così imprudente da farsi trovare mentre sta chiaramente architettando qualcosa? No, non credo" 

"Dobbiamo partire da quei vampiri" disse Danaë.

"Quelli di Porterdale?" chiese Stefan.

"Sì - disse Damon dirigendosi fuori dalla cucina, verso la porta - dobbiamo ricontrollare, ora. Bonnie, tu vedi di 'riaccendere' la fata che è in te così magari riesci a dirci qualcosa di più, e tu aiutala" finì con la nuova arrivata,  dando a tutti dei compiti. 

"Vengo con te" disse suo fratello.

"Ma certo, è sicuramente colpa tua Stefan. Mi fido del tuo giudizio e puff - mimò con le mani - ecco che spunta una nuova tempesta" 

Tutti si diressero verso il salotto, ma nessuno notò che Danaë rimase sensibilmente indietro. Si reggeva allo stipite della porta della cucina, tentando disperatamente di rimanere attaccata alla realtà mentre un'altra visione si faceva strada dietro i suoi occhi. Odiava essere cieca, odiava quei momenti. Si sentiva stanca, ma doveva resistere. Vide di nuovo pressapoco lo scenario di poco prima, con la variante che con Damon non c'era più suo fratello, ma dei vampiri con gli occhi vuoti schierati a cerchio attorno a lui. Il suo corpo lievitava a qualche centimetro da terra e dai suoi occhi vedeva uscire la sua energia vitale che si sperdeva nell'aria. Poteva sentire la sua paura, il suo flebile respiro. 

'Danaë..' invocava il suo nome, le stava chiedendo aiuto.

"Danaë! Svegliati! Svegliati!" la voce di Damon la riportò alla realtà. Ora la sua voce era acuta, senza segni di cedimento. 

"È successo di nuovo" sibilò lei. 

Non riusciva a spiegarsene il motivo, come del resto gli altri due spettatori presenti a quella scena, ma il vampiro si sentiva estremamente protettivo nei confronti di quella piccola strega. Non si sentiva così da tanto tempo, da.. Elena. Lo realizzò nell'attimo in cui prese in braccio la ragazza e arrivando rapidamente al piano di sopra, la fece sdraiare sul suo letto. 

"Tu rimani qui -aggiunse - noi andiamo a vedere cosa succede. Bonnie si prenderà cura di te, troverà qualcosa per farti stare meglio"

La ragazza non gli rispose, era molto debole, poteva capirlo ascoltandone il battito. Così si morse il polso e le disse di bere.

"Dannazione!" sibilò a se stesso.

La ragazza non capì, ma dopo qualche secondo le gocce di sangue si fecero strada nella fessura tra le sue labbra e lei iniziò a bere, non sapendo nemmeno cosa fosse. Aprì gli occhi subito dopo e quando si accorse di quello che stava facendo, allontanò bruscamente la mano di Damon. Ciò che aveva appena fatto la disgustava.

"Non fare così. Il mio sangue ti guarirà, guardati, stai già meglio - disse Damon sforzandosi di sembrare convincente, come se in quello che era appena successo non ci fosse nulla di anomalo - Bevine un altro po', ti prego"

Lei non parlava, ma i suoi occhi mostravano tutta la repulsione dell'avere la bocca inondata di sangue di vampiro. Si sentiva malissimo. Era stanca. Il suo corpo chiedeva altro sangue. In quel momento i suoi occhi guizzarono sul polso del vampiro cambiando espressione, e lui capì: si avvicinò e le porse il polso. Danaë bevve per qualche altro secondo, mantenendo lo sguardo basso. Si sentiva in imbarazzo da morire, ma al tempo stesso il liquido sembrava lenire le sue ferite dall'interno e le stava arroventando le guance. Provava una sensazione di pace quasi. 

"Ok, ragazzina. Così può bastare - il vampiro tirò via la mano e si abbassò la manica della giacca - ora rimani a letto, Bonnie troverà un incantesimo o qualcosa per farti stare meglio" disse e si avviò verso la porta.

La ragazza si pulì una goccia di sangue dall'angolo della bocca con un pollice. Sentiva le guance bruciare. Era appena successa una cosa inspiegabile e incredibilmente disgustosa, ma in qualche modo sentiva che quel gesto era quasi qualcosa di sacro. 'Che schifo' pensò la parte più razionale si lei.

"Damon?" disse. Lui si fermò proprio sulla porta.

"Sì?"

"Quel covo di vampiri cercherà di ucciderti.. Ti.. Ti strapperanno la vita"

"Oh, ma tesoro ci sono abituato. Ho secoli di pratica alle spalle. Una strega e dei vampiri non mi faranno perdere il sonno" si incamminò di nuovo, facendo un cenno con il capo alla ragazza.

".. Grazie" quella parola le morì in gola. Certa che lui non l'avesse udita, si girò su un lato e si strinse nelle braccia. Era ancora molto confusa, ma non a tal punto da non riconoscere quell'odore sul cuscino che ormai stava diventando sempre più familiare.

Non si aspettava minimamente però che il vampiro, ormai nel corridoio, l'avesse udita forte e chiaro.

 

Quella notte Danaë sognò di una mansione coloniale molto vecchia, bianca e dagli alti soffitti ariosi. Sognò i due fratelli Salvatore e del loro amore per una misteriosa donna molto elegante e sicura di sè. Damon aveva i capelli più lunghi ed era leggermente più giovane di come lo ricordava; il suo sguardo era bruciante, era in adorazione per la donna che aveva davanti. Lui la amava.

 

Verso le sei del mattino Danaë si svegliò, esattamente quando sentì la porta di casa Salvatore aprirsi. Sapeva che Bonnie era al piano di sotto, ma che sicuramente si era addormentata avendola vegliata tutta la notte. Si mise a sedere e con calma si diresse verso le scale.

"Cosa ci fai in piedi? Dovresti riposare" la ammonì Stefan.

"Detesto ammetterlo, ma bei capelli ha ragione" confermò Damon.

"Ora capisco in cosa vi somigliate - i vampiri di guardarono tra loro mentre lo disse - Comunque ho riposato anche troppo, sono stufa di rimanere a letto. Devo fare qualcosa, e inizierò da quei libri" indicò i numerosi volumi accanto a Bonnie che stava schiacciando un sonnellino nel salotto. 

"Come ti senti?" chiese Damon.

"Meglio, molto meglio. E indovinate, non ho avuto altre visioni"

"Non cantare vittoria troppo in fretta"

"Sì, sì lo so, queste cose sono incontrollabili bla bla bla. Bonnie mi ha già fatto la predica. Io però sto davvero meglio e voglio rendermi utile, se non altro per ringraziare tutti voi per il modo in cui vi state prendendo cura di me. Dalle mie parti si usa ricambiare, sapete?"

"Allora suppongo che darai il cambio a Bonnie" disse Stefan, mentre l'altro vampiro continuava a scrutare Danaë per capire se avesse detto la verità.

Stefan si diresse verso la strega e la coprì con una coperta cercando di non svegliarla. 

"Cosa avete scoperto allora?" disse Danaë riferendosi alla perlustrazione di quella notte.

"I vampiri sono ancora nel granaio ammuffito di Porterdale dove li aveva lasciati Stefan l'ultima volta, ma giurerei che ci sia qualcosa di strano tra tutto quel fieno"

"Che intendi?"

"Hai presente quando ci sono troppa calma e silenzio? È in quei momenti che ci si deve preoccupare"

"E la strega? L'avete individuata?"

"Non c'era traccia di nessun altro essere sovrannaturale a parte i vampiri, niente neanche nelle vicinanze" disse Stefan raggiungendo i due che nel frattempo si erano spostati nelle sue stanze. 

"Siamo in un vicolo cieco dove non abbiamo niente e non succede niente" disse Damon in collera.

"Fratello, qualcosa ci inventeremo. È troppo presto. Insomma, forse ci stiamo allarmando troppo, dopotutto non è successo ancora nulla"

"Proprio nulla non direi - disse la ragazza sottovoce. I due si voltarono verso di lei, ora in imbarazzo - Sentite, io non conosco gli standard a cui siete abituati, ma per me questi ultimi giorni sono stati i più strani ed intensi della mia vita. Qualcosa sta cambiando, lo sento"

"Siamo in una situazione di stallo" constatò Damon di nuovo.

"Propongo di vedere come si evolve la cosa" disse Stefan avvicinandosi alla finestra.

"Sono d'accordo. Vediamo come va. Può darsi che le visioni si fermino"

"Come può darsi di no" sottolineò Damon.

"Intanto aspettiamo. Nel frattempo farò delle ricerche per vedere se esiste qualcosa, un incantesimo simile a quello che ho visto fare l'altra notte" continuò Danaë.

"È un'ottima idea - asserì Stefan - Damon ti mostrerà dove teniamo i grimori antichi, forse lì c'è qualcosa"

"Tu non vieni?" chiese l'altro vampiro a suo fratello.

"Devo vedere Isabel, non le ho ancora detto per quale motivo sono stato via tutta la notte appostato fuori ad un capanno nel mezzo del nulla"

"Oh, il fratellino ha fretta allora. Ti tiene già in pugno vedo" disse il vampiro mimando un colpo di frusta con la mano. 

"Damon, Stefan ha ragione. Avete già fatto tanto e non eravate tenuti a farlo. Mi conoscete solo da qualche giorno e lui da qualche ora. Mi sento già abbastanza in colpa, lascialo in pace - disse sinceramente dispiaciuta. Poi si voltò verso Stefan - Mi dispiace, spero di non averti causato troppi problemi. E scusami per ieri sera, sono stata una sciocca a dubitare della tua buona fede"

"Sta tranquilla, Danaë. Non importa. È solo che non credo che ingigantire le cose sia sinonimo di prevenirle. Dobbiamo mantenere la calma, qualunque cosa sia" 

Stefan salutò i due con un cenno del capo e un mezzo sorriso e abbandonò la stanza. 

"Infondo ha ragione, Damon, forse la sto facendo più grossa di quella che è in realtà. Dovremmo aspettare che accada qualcosa" 

Lui non le rispose, gli fece semplicemente segno di seguirla. 

Si tolse la giacca, ma prima di condurla al piano inferiore si versò un bourbon. Le fece strada nella cantina, vicino a dove c'erano le sue riserve personali e a dove occasionalmente facevano interrogatori/disintossicazioni da sangue umano. Lì sotto era piuttosto buio, notò la ragazza, ma vi era stranamente a proprio agio. 

"Qui ci sono i grimori. Mi raccomando, fa attenzione. Non voglio sorbirmi le prediche di Stefan su quanto essi siano preziosi, quindi sfogliali con delicatezza"

"Ma certo, non c'è neanche bisogno di dirlo" disse lei con una punta di rabbia nella voce. Sfumatura che il vampiro notò. 

Danaë aprì il primo di tre bauli davanti a sé e iniziò a riporre i primi volumi sulla vecchia scrivania. Il vampiro aprì i rimanenti e constatando la quantità infinita di materiale ammuffito che c'era disse:

"Sarà meglio lavorare di sopra, qui sotto si gela. Qualcosa mi dice che non sarà una cosa rapida. E poi ci servi viva, se passi le giornate qui sotto diventerai asmatica come minimo"

In quel momento Danaë si ricordò della propria attività. Era lì che avrebbe dovuto passare le sue giornate. Si sentì davvero in colpa.

"Il negozio. Chi penserà al negozio ora?"

"Non guardare me. Ragazzina, nel caso non l'avessi capito, ci sono cose più importanti di vendere ciondoli new age"

"E se facessi le mie ricerche li?" chiese lei.

"Na na na - disse lui scuotendo la testa - I grimori non escono da questa casa"

"Non tutti ovviamente. Se ne portassi uno al lavoro e ne leggessi il contenuto, che male farebbe? Potrei fare le due cose contemporaneamente"

"Non se ne parla, tesoro. Non posso lasciartelo fare. E poi hai idea dei decibel che raggiungerebbe la stridula voce di Stefan se scoprisse dove sono finiti i suoi preziosi libri? Io non voglio scoprirlo"

Danaë rise di gusto, finalmente la tensione dentro di lei aveva cominciato ad allentarsi. 

"Allora suppongo di dovermi dividere. Sarà arduo"

"Sì, ma ricorda le tue priorità"

"Strano, non so neanch'io più quali siano - disse lei abbozzando un sorriso amaro - Allora, portiamo i bauli di sopra?"

Damon la guardò sorpreso inclinando il capo da un lato. 

"Sai, tua ingenuità a volte è quasi tenera. Ti ringrazio dell'offerta, ma sai, sono più che sicuro di farcela da solo" in quel momento il vampiro prese velocemente il primo baule e sparì come se si fosse dissolto nell'aria. La ragazza vide la sua figura evanescente altre due volte, man mano che i bauli scomparivano. Poi il vampiro magicamente si materializzò davanti a lei.

"Suppongo che questo sia un super potere da vampiri, giusto?"

"Allora sei scaltra, dopotutto" scherzò lui.

"Ok, solo la prossima volta avvertimi prima che mi venga un'altro infarto"

"Se vuoi la prossima volta ti porto a fare un giro"

"No, grazie, qualcosa mi dice che sarebbe estremamente spiacevole"

"Anche perspicace, ma guarda! - alzò un sopracciglio compiaciuto - Ora torniamo di sopra, ci aspetta una lunga giornata. Lascio a te l'onore di portare quelli" concluse indicando i volumi che la ragazza aveva riposto sulla scrivania.

"Il tuo senso dell'umorismo è sconvolgente, Damon"

"Non solo quello, tesoro" e salirono.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Monday Bloody Monday ***


  Monday Bloody Monday

 

Quel lunedì Danaë decise di riaprire il negozio: erano passate diverse settimane da quando lei e Bonnie avevano iniziato a fare ricerche su ricerche su ricerche. Bonnie però aveva un marito e spesso tornava a casa sua, come era giusto che fosse. Lei non aveva nessuno, gli unici che conosceva e a cui non sembrava 'strana' si trovavano tutti in quella casa, quell'enorme e antica mansione. Non aveva fatto parola con nessuno dei due fratelli riguardo a ciò che aveva sognato alcune notti prima, però non poteva proprio fare a meno di chiedersi se ci fosse un fondo di realtà o meno in quelle piccole, fugaci immagini. Si era sentita come un'intrusa. 

I fratelli avevano fatto a turno e si davano il cambio giorno e notte per sorvegliare il fantomatico fienile del covo, all'interno del quale non succedeva assolutamente nulla. Niente di niente. Perciò stavano per mollare, e lei lo capiva: non sussisteva alcun pericolo, non c'era motivo di sconfinare tutti i giorni in un territorio altrui solo per una presunta minaccia. La ragazza lo capiva e si era abituata all'idea, anche perché le sue visioni erano cessate da quella burrascosa notte in cui ne aveva avuto molteplici. Con il passare dei giorni si era tranquillizzata. Doveva ammettere di sentirsi molto al sicuro in quella casa: ora che aveva anche avuto modo di conoscere meglio Stefan, non aveva più neanche il minimo timore che lui potesse farle del male. Era proprio fuori questione, Damon aveva ragione. 

Quel giorno in casa non c'era nessuno a farle compagnia, eccetto il suo cane lupo: Stefan era di vedetta e Damon era andato fuori città per un motivo che non le era dato sapere, evidentemente. Così fece orecchie da mercante all'esplicita richiesta di quest'ultimo riguardo al non portare via alcun volume. Passò l'intero pomeriggio al negozio a leggere un grimorio del 1780 e come volevasi dimostrare, non accadde proprio un bel niente. La settimana prima era passata a dare un'occhiata: aveva aperto e risposto alla posta, messo negli scaffali i nuovi arrivi e ripulito il locale, ringraziando mentalmente sua nonna per averlo voluto piccolo e quindi facile da riordinare. Passò buona parte di quella notte a riordinare e il giorno dopo andò alla posta a spedire il materiale che aveva venduto tramite il negozio online: serviva tenersi al passo se voleva guadagnare abbastanza per sopravvivere e tenere aperto il negozio, quindi doveva rimboccarsi le maniche come poteva. Quel giorno ci furono pochi clienti: alcune ragazzine, la signora Kennan che era di nuovo alle prese con una nuovissima cura a base di fiori di Bach e un forestiero. Quest'ultimo le chiese due o tre titoli, che effettivamente lei non aveva lì con sé il negozio: quello che l'aveva colpita era il modo in cui l'uomo guardava il volume che stava leggendo dietro il bancone. 

"Mi spiace signore, ma questo non è in vendita" aveva detto prontamente anticipandolo. L'uomo aveva risposto con un accenno del capo e dopo aver comprato dei mala in legno era andato via. 

Dopo quel rush di clienti, che come sempre era stato circoscritto ad una mezz'oretta circa, si rimise a lavoro. Quel grimorio era appartenuto ad una strega di una congrega del North Carolina, la quale morì a 105 anni per cause naturali. Quello era solo uno dei libri di magia che aveva lasciato alla sua famiglia, gli altri erano stati distrutti o consumati dal tempo. Nell'unico superstite vi erano incantesimi che Bonnie avrebbe considerato "upgraded" e cioè abbastanza potenti: andando avanti con la lettura Danaë si rese conto che c'erano delle formule scritte con un inchiostro molto particolare, di un colore molto scuro e vellutato al tatto: dopo alcune pagine, quando incontrò una sbavatura e quindi le più chiare striature dell'inchiostro si accorse che quello era sangue. Alcuni incantesimi erano stati scritti col sangue. Per quanto potesse essere ignorante su alcuni aspetti di Mystic Falls, non lo era così tanto da non sapere che trovarsi di fronte a rituali scritti col sangue corrispondeva a trovarsi dinanzi alla magia nera. In merito a questo sua nonna le aveva sempre detto di stargli lontana il più possibile. La magia nera logorava le streghe che la praticavano, era come un cancro che si sviluppava dal nulla e finiva per impadronirsi della persona. Questo tipo d'arte magica dava un potere inimmaginabile a chi la usava, ma dall'altro lato toglieva ciò che più le aggradava. C'era sempre un prezzo da pagare per chi usava la magia, figuriamoci per la magia nera; era questo che le aveva detto sempre sua nonna. 

Contro ogni vocina coscienziosa che spuntava nella sua mente, continuò a dare un'occhiata agli incantesimi provandoli a leggere tra sé e sé. Si rese conto che erano scritti in una lingua molto antica, diversa dal latino: inoltre, quella sembrava essere una scrittura in codice, infatti nel bel mezzo del rituale c'erano strani simboli che non aveva mai visto, tranne uno che riconobbe dopo alcuni tentativi. Ricordava di averlo visto da piccola, era in qualche meandro dei suoi ricordi. Non sapeva bene cosa significasse, però forse avrebbe potuto scoprirlo dando un'occhiata al materiale della sua famiglia.

Danaë era ancora rapita dagli enigmi del grimorio quando sentì nettamente scattare la serratura della porta del negozio. Alzò lo sguardo quasi subito, ormai nella sua testa era tutto programmato come se dovesse succedere una disgrazia da un momento all'altro. Si avvicinò quindi verso la porta, ma questa non si apriva: era stata chiusa dall'esterno, ma come? Proprio quando iniziò a sospettare che quel grimorio c'entrasse qualcosa, vide due figure che la fissavano dalla strada di fronte. Acuì la vista e si accorse che uno di loro era l'uomo misterioso che era entrato quel giorno. Quest'ultimo fece un passo verso di lei e tendendole la mano aperta pronunciò una semplice, catastrofica parola:

"Incendia"

Danaë quasi non fece in tempo ad udire quelle parole che si ritrovò letteralmente circondata dalle fiamme. Si appiattì istintivamente contro la porta, ma si rese conto in poco tempo che non c'era via di fuga: l'uscita sul retro era bloccata da scatoloni pieni di libri, non c'erano finestre e l'unica porta che c'era era dietro di lei ed era bloccata, senza ombra di dubbio con un incantesimo.

'Il grimorio' urlò mentalmente.

Il fuoco avvolgeva il bancone che stava già venendo divorato alla base: si avvicinò ad esso, nonostante numerosi tentennamenti, e con un ultimo movimento fluido richiuse il grimorio e se lo strinse al petto.

"Damon mi ucciderà" disse ad alta voce. 

'Se non lo farà prima il fuoco' disse una delle voci.

Quell'auto-umorismo in quella situazione non l'aiutava per niente a sdrammatizzare, anzi, la innervosiva ancora di più: il fuoco avvolgeva tutte le pareti, stava divorando ogni cosa, mangiava ogni pagina dei libri negli scaffali. Le si strinse il cuore. In quei momenti pensò di morire, che la sua breve e inutile vita non solo non aveva avuto uno scopo, ma stava rovinosamente per terminare. Non avrebbe lasciato nulla dietro di sè. Qualcuno la voleva morta, questo pensiero le fece gelare il sangue, nonostante le alte temperature nel locale. L'aria era ormai irrespirabile, la ragazza sentiva i polmoni bruciare e farle male: aveva molte ustioni sulle braccia e una più grave alla mano destra che si era procurata per recuperare il grimorio. Ora era ritornata verso la porta d'ingresso e si era rannicchiata per terra stringendo più forte a sé il volume. 

'Dannazione' imprecò. Ansimava, non riusciva a pensare lucidamente, il fumo era ovunque dentro di lei. Sentiva che di lì a poco avrebbe perso i sensi.

"Ok, brutta stupida ragazzina. Se non vuoi essere l'ennesimo cliché di una strega che muore bruciata viva, sarà meglio che ti inventi qualcosa" disse a se stessa. 

Cercò di ricordare e di sfogliare mentalmente gli incantesimi imparati con sua nonna o anche solo visti nei suoi libri. Provò a concentrarsi meglio che poteva, ma invano. Ormai non riusciva neanche a tenere gli occhi aperti. 

'No, non posso morire così. No..' una lacrima le rigò la guancia. Era arrivato il momento.

 

'Alzati. Alzati ed esci da qui' una voce si fece largo tra le fiamme.

"N-nonna??" la chiamò, cercando di aprire gli occhi. 

'Alzati, tesoro. Alzati ed esci da qui. Ora. Saprai cosa fare' ripeté la voce.

Danaë riuscì a rimettersi sulle proprie gambe dopo alcuni tentativi falliti. Doveva farcela, voleva farcela. La disperazione stava prendendo il sopravvento, non sapeva cosa fare. Poteva sentire il nauseante odore della sua pelle che andava a fuoco. Avrebbe tanto voluto che Damon fosse lì a salvarla. Pensò che forse non avrebbe più avuto l'occasione di rivederlo, di dirgli ciò che non voleva ammettere neanche a se stessa.. Tutto ciò che aveva sperato, immaginato, non sarebbe mai successo. Almeno non in quella vita. 

Si sorresse alla maniglia della porta e flebilmente iniziò a tirare, a strattonarla con più forza fino a farsi male; l'ustione alla mano prese a sanguinare copiosamente. Emise un grido di disperazione, poi un altro e un altro ancora: all'improvviso dalle sue mani uscì una luce accecante che si espanse sempre più velocemente fino a non farle vedere più nulla. Era morta? Sapeva soltanto che stava continuando a gridare, ma non riusciva a distinguere se stesse accadendo davvero o se fosse solo nella sua testa. Poi sentì un suono lontano, ovattato, come di vetri che s'infrangevano per terra.

 

Si ritrovò distesa sul marciapiede appena fuori al suo negozio. Il suo negozio, il negozio di sua nonna che stava andando in fiamme insieme al suo appartamento al piano di sopra. Misteriosamente, il fuoco aveva raggiunto il piano superiore. Qualcuno aveva appena tentato di ucciderla, questo era più che certo. Era chiaro come il sole, o il fuoco. 

Non sapeva se fosse arrivata lì fuori sulle sue gambe o se fosse stata la presenza mistica di sua nonna ad aiutarla. I polmoni le bruciavano atrocemente, non riusciva a respirare. Lo sguardo offuscato dalle lacrime le oscurarono completamente la vista e ricadde sulla superficie fredda e ruvida del marciapiede svenuta, ma ancora viva. Non si era resa conto se quell'uomo fosse ancora lì fuori, non aveva abbastanza forze per rimanere vigile e cosciente, così si abbandonò, anche se contro la sua volontà, ad un dolce amaro stato d'incoscienza.

 

Damon arrivò pochi minuti dopo: era riuscito a sentire le sue urla da molti chilometri di distanza, e non era sicuro che c'entrasse il suo udito da vampiro. 

Si precipitò su di lei e la trascinò sulla strada, il più lontano possibile dalle fiamme. Si morse in automatico il polso e le intimò di bere, ma lei non riusciva a sentirlo. 

"Danaë, bevi! Bevi!"

Niente. Neanche il suo corpo rispondeva, quindi Damon si morse di nuovo nello stesso punto dove ormai la ferita si era richiusa e le aprì le labbra con le dita, forzandola a bere. Le versò un bel po' di sangue per essere sicuro che sortisse l'effetto desiderato, mentre il liquido colava prolisso dai lati della bocca delineando macabri disegni sulle guance. 

"Forza ragazzina, svegliati!" sussurrò Damon. 

Lei parve quasi sentirlo perché dopo poco emise un respiro profondo e i suoi occhi si spalancarono di colpo. Il sangue aveva fatto il suo sporco lavoro. Il vampiro si rasserenò leggermente. 

"Damon"

"Ma cosa diavolo è successo qui?" disse.

"Damon.. Portami via, portami via. C'è qualcuno" lo supplicò debolmente.

Danaë non fece neanche in tempo a finire la frase che il vampiro si accasciò davanti a lei: sembrava in preda ai dolori più atroci, si teneva la testa tra le mani mentre cercava di non urlare. Strinse gli occhi e mise a fuoco una figura familiare dietro di lui. Appena realizzò che stavano facendo del male a Damon, dentro di lei montò una rabbia furiosa che non ricordava di aver mai provato. Si alzò sulle ginocchia andandosi a posizionare davanti al vampiro, facendogli da scudo. Provò di nuovo ad usare le sue mani, sperando vivamente che quella misteriosa luce sarebbe accorsa in suo aiuto, e poi successe di nuovo: non solo dalle sue mani si sprigionò un raggio di luce che colpì l'uomo di fronte a lei, ma la sua voce emise un'altro urlo così forte da infrangere i vetri delle auto dietro di lei. Gli occhi dell'uomo cominciarono a saguinare. 

Damon a quel punto era fuori dal controllo del mago e poté muoversi liberamente. Non ci mise molto a raggiungere il misterioso forestiero, che in meno di due secondi si ritrovò senza testa. La ragazza si sorresse sugli avambracci, si sentiva molto debole, ma allo stesso tempo ardeva dentro di sè. L'ultima cosa che vide prima di svenire nuovamente furono gli occhi color ghiaccio di quel vampiro che la osservavano con curiosità e..cos'altro, gratitudine? 

"Andiamo via.." disse un'ultima volta.

Lui la guardò, la scrutò attentamente e nei suoi occhi vide dolore, un dolore avvolto dalle fiamme: i suoi occhi da verde cinabro erano diventati quasi di giada, le pupille dilatate, i bulbi arrossati. Lo stava implorando, l'inquietudine della sua voce non lo fece tentennare neanche un attimo. Prese in braccio il corpo della ragazza, che intanto non aveva smesso neanche per un secondo di stringere il grimorio a sé, e la portò via, correndo nella notte. Damon era spiazzato. Quella ragazzina gli aveva appena salvato la vita.

 

All'alba l'incendio cessò con il suo lungo e lento divorare. Ciò che rimase il giorno dopo del negozio e della casa della giovane strega era nient'altro che un cumulo di cenere e braci.

 

 

Quando Danaë si svegliò, si rese conto di essere di nuovo avvolta da quell'odore così rassicurante che molte notti prima l'aveva cullata in un sonno profondo. Si guardò intorno e poi vide la figura di Damon in piedi davanti a un lato del letto, quello che doveva essere il suo letto.

"So che il mio letto è il più comodo, ma non devi per forza quasi morire ogni volta per entrarci, ragazzina" disse il vampiro con uno sguardo malizioso. Lei s'imbarazzò, pregando di non diventare rossa. 

"Mi dispiace, io non.. Me ne vado subito" si affrettò a dire e si mise a sedere togliendosi le coperte di dosso. In quel momento si rese conto che la sua mano era guarita, la ferita completamente scomparsa. Così, come un tuffo al cuore, il ricordo di ciò che era successo la notte prima tornò ad essere limpido come non lo era mai stato. 

"E dove andrai? Non c'è.."

"Damon, ma che tatto! - lo riprese Bonnie a denti stretti, entrando in quel momento nella stanza - Danaë, tesoro, come ti senti?"

"L'incendio… Non c'è più niente?"

"Tesoro, mi dispiace. Quando siamo arrivati non c'era più nulla da fare.."

"Ma tu, tu potevi!" urlò a Bonnie.

"L'ho fatto Danaë, ho spento l'incendio, ma.. Il fuoco si era esteso troppo"

"Già.. Capisco" disse, poggiandosi alla spalliera del letto totalmente affranta, svuotata. Era tutta colpa sua. Pensò che aveva ufficialmente deluso l'unica persona a cui era mai importato qualcosa di lei. Non era stata capace di salvare quel posto. Aveva pensato solo a se stessa. 

"Cosè successo lì dentro?" chiese Damon dopo qualche minuto lasciandole il tempo di metabolizzare la cosa.

"Hai appiccato tu ..?"

"No - disse lei spostando il suo sguardo furioso su Stefan, che intanto si era aggiunto alla conversazione. Quello sguardo fece sì che rimanesse sulla soglia della porta - Non ho causato io l'incendio" precisò.

"Scusami, credevo che stessi provando gli incantesimi del grimorio" disse Stefan abbassando il capo. 

"Qualcuno mi ha chiusa dentro dall'esterno e poi ha appiccato il fuoco"

"Chi?"

"Un cliente molto curioso. Guardava con molto interesse il grimorio - lo indicò sul comodino - Non so chi diavolo sia" 

"È senz'altro uno stregone" asserì Bonnie.

"Già, lo avevo capito - disse la ragazza con lo sguardo basso - Quell'uomo voleva uccidermi, perché? " chiese agli altri.

"Penso che ti reputino importante, importante per noi" pensò Stefan ad alta voce.

"E qui arriviamo al punto: come hai fatto a uscire di lì? Perché dovresti essere tanto importante?" chiese Damon.

"Io non lo so. Ho sentito la voce di..la sua voce che mi diceva di uscire, che avrei saputo cosa fare. Ma io non facevo che gridare e gridare e poi dalle mie mani è uscita della luce bianca. Ho capito d'aver frantumato il vetro della porta, ma non so come. Non ho pronunciato nessun incantesimo, non ne ricordavo nessuno in quel momento.."

"Come quando mi hai tolto di torno quel mago" minimizzò Damon. 

Alle parole della ragazza, Bonnie sgranò impercettibilmente gli occhi. Neanche a dirlo Damon se ne accorse. 

"Cos'è quella faccia Bon-Bon?"

Lei provò a parlare un paio di volte, ma non trovava le giuste parole per spiegarsi. Poi vide del sangue raggrumato sui lobi delle orecchie di Damon e la sua ipotesi d'un tratto non sembrava più tanto infondata. 

"Lei è una banshee

"Una cosa?" dissero in coro Damon e la ragazza.

"Una banshee, uno spirito urlante"

"Ma io sono umana!" protestò la ragazza.

"Bon-bon spiegati un po' meglio" disse Damon.

"Ecco, queste creature sono degli spiriti di donne urlanti, piangenti. Le loro urla possono ferire o peggio uccidere all'istante - disse Bonnie indicando le orecchie di Damon - è per questo che hai sanguinato"

Damon se ne rese conto solo in quel momento. 

"Ma io non me ne sono accorto, non ho provato dolore"

"Questo perché le sue urla non erano indirizzate a te, se lo fossero state saresti morto"

In tutto questo la ragazza rimase in silenzio, strane sensazioni si accavallavano dentro di lei una dopo l'altra.

"Quello che non mi spiego però è come mai riusciamo a vederla" continuò Bonnie.

"Perché?" chiese Danaë.

"Perché solo gli esseri umani in procinto di morire riescono a vederle" le rispose.

"Sì, ma noi non siamo 'umani' - interruppe Stefan - e lei non è soltanto una banshee" affermò Stefan collegando tutti i puntini immaginari nella sua testa.

"Ma certo. Lei ha dei poteri, poteri che non c'entrano niente con questi esseri" si rese conto Bonnie, dandosi mentalmente della stupida. Poi corse di sotto a prendere uno dei volumi antichi e ritornò tempestivamente dagli altri. Sfogliò il libro velocemente fino a trovare ciò che cercava. Gli altri intanto venivano divorati dall'ansia, soprattutto la ragazza:

"Ehi? Io sono qui, potreste spiegarmi?"

"Quando eri intrappolata tra le fiamme, sono state le tue urla a mandare in frantumi il vetro. Quella luce bianca che hai detto esserti spuntata dalle mani non fa parte dell'essere una banshee. Credo che tu sia un misto tra due cose diverse, un essere molto potente che non camminava su questa terra da molto, molto tempo.." disse Bonnie, alquanto preoccupata.

Poi abbassò gli occhi sul libro e condivise con il gruppo ciò che sapeva riguardo alla creatura:

"Hadassah era il nome della prima, e dalle fonti pare anche l'unica, ibrida. Questa donna visse nel medioevo in Turchia ed era metà banshee e metà vila. Le vile sono delle streghe dei boschi che possono essere sia benevole che malevole, secondo le fonti slave. Qui dice solo che questa creatura era capace di uccidere e curare gli uomini a suo piacimento, di rinvigorire la natura. Nonostante la mancanza di informazioni più dettagliate, ho la netta sensazione che chiunque abbia attaccato Danaë sapeva chi o cosa fosse davvero"

"Come diavolo faceva a saperlo? Neanche lei sa che cosa è" disse Damon con una punta d'apprensione. 

"Non ne ho idea, Damon. Forse la spiavano da un po', non ho idea di come facessero a sapere tutte queste cose. Tua nonna ti aveva per caso accennato qualcosa di tutto ciò?" provò a chiedere alla ragazza.

"No.. Mi ripeteva quanto io fossi speciale, ma credevo intendesse dire quanto io fossi preziosa per lei. Non credo che lei fosse a conoscenza di tutto questo.. oppure sì?" chiese retorica.

"Aspettate, ricordo d'aver letto delle banshee: loro sono creature immortali, non invecchiano, non si feriscono. Danaë è mortale, come fa ad esserlo?" chiese dubbioso Stefan.

"Non ne ho idea. Suppongo che essere un ibrido rimescoli le carte in tavola" ipotizzò la strega.

"Ma anche queste vile devono essere esseri soprannaturali, immortali"

"Lo so Stefan, ma in qualche modo lei è entrambe le cose. È innegabile che possieda poteri magici, ricordi le ustioni di Damon? Una semplice banshee non ne sarebbe stata capace"

"Dev'essere una sorta di ibrido nell'ibrido" disse Damon pensando tra sé e sé.

"Suppongo di esserlo.." confermò tentennante la ragazza, ancora piuttosto confusa.

"Hadassah era un'immortale: qui dice che fu uccisa con un'arma speciale anche se non ne vengono specificate le modalità. Danaë è mortale, questo vuol dire che è la prima della sua specie" riflette la strega.

"Aggiungeteci anche che è una veggente.." continuò Stefan.

"Lei è.. unica" realizzò Bonnie concludendo con un mezzo sorriso. Pensò che quella ragazza doveva essere spaventata a morte in quel momento.

"Chi l'avrebbe mai detto, eppure sembrava solo una semplice ragazzina" disse Damon per smorzare la tensione. 

"Ok, tutto questo è fantastico. Ogni giorno le cose qui migliorano sempre di più" disse Danaë sull'orlo di un'evidente crisi di nervi.

"È Mystic Falls, tesoro. Ti avevo avvertita" rispose Damon.

"Danaë, riusciremo a capire come affrontare questa cosa. Non è impossibile"

"Lo credi sul serio? È vero, non ho avuto più visioni, ma lì fuori c'è qualcuno che vuole uccidermi. Perché sta succedendo tutto ora? Non capisco" la ragazza prese a torturarsi le dita.

"Te lo dico io perché: c'è qualcuno che è arrivato in città e che adesso - sottolineò quelle parole guardando Stefan - ha fatto la sua prima mossa. Ed è senza ombra di dubbio un affronto. Ci hanno attaccati, ora tocca a noi, fratellino"

"E da cosa proponi di partire?" rispose il diretto interessato.

"In effetti, io ho visto chi mi ha attaccata, abbiamo una traccia"

"Sì, ma non possiamo fare un incantesimo di localizzazione se non abbiamo nulla di suo e l'altro è morto" rispose Stefan. 

Damon sbuffò, odiava sentirsi impotente. Aveva una gran voglia di spaccare sopraccigli, l'aveva avuta per tutto il giorno. 

"E invece lo abbiamo - disse la ragazza con un sorriso un po' malefico - Quel tizio che poi è scappato è quello che dei due ha comprato degli articoli in negozio. Bonnie, secondo te le monete con cui ha pagato potrebbero andare bene?" 

La strega ci pensò su un attimo.

"In teoria sì. È sufficiente che la persona abbia anche solo toccato un oggetto per rintracciarlo"

"Allora usiamo le monete" disse l'altra convinta. 

"Astuta - disse Damon, poi si rivolse a Stefan - fratellino, oggi hai la giornata libera, almeno finché non sapremo dov'è il bastardo. Vado a recuperare le monete, voi trovate un modo per combatterlo. Ma ti prego, tu prima fa una doccia, sembri un minatore e puzzi anche come uno di loro" disse prendendo in giro la ragazza che era ancora ricoperta di fuliggine. 

"Apprezzo il tuo aiuto Damon, ma sei davvero uno stronzo" scattò in piedi Danaë, dirigendosi verso il bagno.

"Ma sì, usa pure il mio bagno. Prego" 

"Grazie" rispose lei stizzita. Quell'uomo era davvero esasperante.

Non aveva più una casa. Non aveva più un lavoro. E come se non bastasse quel vampiro le faceva pesare anche il fatto di essere lì. E il bello è che era stato proprio lui a portarcela. Doveva andarsene il prima possibile, non voleva né poteva essere un peso. Aveva ancora una sua dignità personale. Ma prima di farlo, aveva davvero bisogno di una lunga doccia calda.

 

 

Note:

Questo è il mio capitolo prima dell'ufficiale finale della serie che andrà in onda domani notte. Volevo pubblicarlo prima della messa in onda come omaggio a una grande serie, che seppur con alti e bassi (e allungamenti vari, diciamocelo) ha saputo stregarmi e ispirarmi.
Grazie di tutto TVD, It's been a hell of a ride.

Grazie mille a tutti coloro che leggono e alla gentilissima lucy stoker che recensisce ogni capitolo!

-kuutamo

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Phasmatus Eius ***


 Phasmatus Eius 

 

Damon non ci mise molto a recuperare ciò che rimaneva dell'incasso: praticamente solo le monete di metallo. Gli toccò portarle tutte con sé, dal momento che non sapeva quale di preciso appartenevano al loro uomo. Quella era una gran scocciatura, aveva appena fatto ripulire l'auto e quell'ammasso di ferraglia aveva un odore nauseante.

Arrivato a casa consegnò il sacchetto a Bonnie, che intanto iniziò a procurarsi tutto l'occorrente.

"Damon, ci sono delle candele di sopra, ti spiacerebbe portarmele? Grazie, che carino"

"Come non detto" rispose lui interdetto.

Salì trascinandosi al piano di sopra e si ripropose di fare una doccia, ne aveva davvero bisogno. Ma lì, pensandoci un attimo, c'era qualcuno che già aveva soddisfatto i propri desideri. Appena si ricordò che Danaë era nella sua stanza, si fermò davanti alla porta socchiusa e fu allora che la vide.

Era esile, di media altezza e i suoi capelli erano talmente lunghi da coprirle i seni, tanto da farla somigliare alla donna ancestrale, Eva. Quando lei voltò le spalle poté vederne la lunga schiena diafana, ornata da un tatuaggio che ripercorreva tutte le piccole vertebre della spina dorsale. Si stava rivestendo e nel mentre il vampiro non emise un singolo fiato, intento a catturare ogni suo piccolo movimento: i piedi si alternarono ad entrare nel tessuto dei pantaloni che poi la ragazza tirò su con maestria, i quali evidenziavano le sue caviglie sottili, un particolare che prima lui non aveva notato. Damon pensò che quei jeans fossero come una seconda pelle per lei visto che non l'aveva mai vista ancora con una gonna da quando la conosceva. Nonostante la sua mancanza di femminilità nel vestiario, il modo in cui si muoveva riusciva a scatenare in lui sensazioni pericolose, che non pensava avrebbe più provato. Si staccò dai suoi pensieri e decise volutamente di entrare in quel momento, per sorprenderla sul più bello. Sarebbe stato divertente.

"Wow, ragazzina" sorrise malizioso.

La ragazza prima di morire dall'imbarazzo, morì dalla paura quando sentì all'improvviso la sua voce. Non aveva avuto il tempo di rimettersi la maglietta e ora era costretta a nascondersi sotto le proprie braccia.

"Cosa diav..? Va via, esci fuori!" gli urlò contro.

"Ehi, ehi è la mia camera dopotutto!"

"Ma sono nuda!"

"No, tesoro. Se lo fossi stata davvero ti assicuro che sarebbe stato molto, molto più divertente"

"Dì un po', cos'è che ci trovi a fare così tanto il marpione? Non ti danno mica una medaglia" rispose voltandosi dall'altra parte per infilarsi, finalmente, la maglietta. Aveva anche dei tatuaggi circolari che le fasciavano le braccia, alcuni sottili mentre altri più spessi.

"Oh.. che peccato" fece il verso Damon. Sembrava sinceramente dispiaciuto.

"Non capisco cosa ci trovi di tanto divertente. Sei proprio uno stronzo"

Damon le si avvicinò in un batter d'occhio, pericolosamente.

"Attenta, ragazzina. Oggi è la seconda che mi chiami in quel modo. Potrei diventare cattivo e non ti piacerebbe"

"Uuuuuh - lo spintonò con un indice - Damon, il grande e grosso vampiro cattivo" lo provocò lei.

Lui non ci pensò oltre ad accettare quella provocazione e la spinse velocemente contro la cassettiera:

"Sta attenta, se continui così potresti scoprirlo davvero" sibilò a qualche centimetro dalle sue labbra, inchiodandola con i suoi occhi.

Danaë rimase senza parole, lui decise di godersi quel momento prolungando il suo bruciante sguardo per lunghi, interminabili secondi e poi si scostò, mantenendo sempre quel sorriso malizioso agli angoli della bocca. Continuando a mantenere il contatto visivo prese automaticamente le candele per cui era venuto, che erano dietro la schiena di lei e s'incamminò verso la porta quasi fosse una silenziosa pantera nera. Quando si voltò le disse in un ghigno:

"Credo che la prossima volta dovresti chiudere a chiave la serratura, Naë" e se ne andò al piano di sotto.

Probabilmente Damon Salvatore l'aveva vista nuda, che vergogna. Danaë voleva morire.

 

 

"Allora Bon-bon, abbiamo novità?" chiese Damon scendendo le scale.

La strega Bennet era sul tappeto del salotto di casa Salvatore, mentre circondata da libri cercava di concentrarsi.

"È difficile a dirlo. Credo che con questo poco che abbiamo non riusciremo a localizzare lo stregone" si riferì alle monete.

"Allora proviamo con il mio sangue" intervenì Danaë entrando nell'ampia sala.

"Non funziona così, il tuo sangue serve per trovare te o al massimo un tuo consanguineo"

"La nonna mi aveva detto che in certi casi si poteva usare insieme ad oggetti appartenenti alla persona da localizzare"

"Che vuoi dire?" chiese Bonnie scettica.

"Così - spiegò lei lacerandosi un dito con una grossa spilla da balia che aveva indosso - Bisogna unire l'oggetto al sangue. Io sono quella che è stata aggredita, quindi suo malgrado lo stregone possiede un legame con me. Potrebbe anche non funzionare, visto che le monete non sono proprio un oggetto appartenente a lui, però dobbiamo provare" continuò, facendo colare qualche goccia del suo sangue sulle monete sulla mappa.

Damon la osservò dal lontano camino sorseggiando un bourbon: rimase sorpreso che lei non avesse esitato neanche un attimo ad infliggersi quel taglio. Forse non era poi così indifesa e fragile come appariva.

Bonnie annuì, sperando che funzionasse. Entrambe si unirono, l'una di fronte all'altra, congiungendo le mani ed incanalando tutta la loro forza per l'incantesimo di localizzazione. Chiusero gli occhi.

"Phasmatos Tribum, Nas Ex Veras, Sequitas Sanguinem" dissero all'unisono. Danaë avvertì il potere di Bonnie solleticarle i polpastrelli: era una sensazione mai provata prima, un’energia potente ed inesauribile che la faceva vibrare dall’interno.

"Phasmatos Tribum, Nas Ex Veras, Sequitas Sanguinem" ripeterono un'altra volta, e poi un'altra ancora.

Il sangue si stava muovendo sulla mappa.

"Funziona" disse Damon con un cenno d'assenso.

"Indica Porterdale"

"Siamo già stati lì - disse deluso il vampiro - Questo vuol dire che quello stregone è con quei vampiri"

"No Damon, non sto parlando del fienile"

"Che vuoi dire?" disse avvicinandosi.

"Il sangue indica che lo stregone di trova in città, vedi? - indicò sulla mappa due punti distanti tra loro - Il fienile si trova nella periferia ad est, lontano da altre case o persone"

"Quindi non è quello il quartier generale" rifletté Danaë.

"Suppongo di no" disse Damon.

"Forse i vampiri del fienile sono i loro rinforzi. Chiunque sia il responsabile delle mie visioni non è così stupido da restare indifeso in mezzo al nulla, si sarà circondato di gente pronta a proteggerlo. Deve per forza trovarsi con lo stregone" continuò la ragazza.

"Stiamo ipotizzando un possibile cattivo, ma in realtà non sappiamo chi è, che faccia abbia" disse Bonnie riordinando gli oggetti per l'incantesimo.

La ragazza si avvolse un fazzoletto intorno all'indice come fosse una cosa del tutto naturale, per niente dolorosa. Poi disse:

“Dobbiamo andare a Porterdale”

“Ah-ah - la interruppe canzonatorio il vampiro posando il suo bicchiere - tu non verrai”

“Non se ne parla neanche, vi servo”

“No, ciò che ci serve è essere concentrati. Io e Stefan non possiamo preoccuparci anche di te”

“Non sono una neonata, so badare a me stessa. E poi è solo un giro di ricognizione, non una guerra”

“Si vede proprio che non sei di queste parti”

“Damon ha ragione - irruppe Stefan entrando nella stanza - potrebbe essere pericoloso”

La ragazza rivolse il suo sguardo a Bonnie, l’unica che forse avrebbe potuto avere voce in capitolo.

“Non guardarmi così, sai che hanno ragione”

“Ma potrei aiutarli, e lo sai anche tu”

Bonnie le rivolse uno sguardo comprensivo, ma nulla di più.

Danaë capì che non avrebbe avuto manforte da nessuno dei tre ed uscì dalla stanza delusa. Delusa, ma non rassegnata.

“Questa ragazzina ci manderà al manicomio, ed io che ero tornato per starmene un pò in pace” disse raggiungendola di sopra.

Stefan e Bonnie si guardarono con complicità abbozzando un mezzo sorriso, entrambi avevano la stessa idea in mente. Era così divertente.

 

“Starai più al sicuro qui, vedrai” esordì lui.

“Io non voglio essere tenuta al sicuro. Men che meno dalla stessa persona che ha cercato di uccidermi. Sei parecchio ipocrita”

“Ci sarai più utile da qui. Ci basta una telefonata e potrai aiutarci”

“Perché tutta questa apprensione? Che cosa te ne frega?” sbottò lei arrabbiata.

“Non è niente di personale, credimi. Non attribuirti troppa importanza” alle parole di lui lo sguardo di lei s’infiammò d’odio.

“Sai cosa vorrei davvero fare? Trovare il responsabile di tutto questo, fondergli tutte le sinapsi e farlo esplodere lentamente dall’interno - tese la mandibola e aggiunse - molto lentamente” sibilò a denti stretti.

“Devo dartene atto, mi incuti una certa paura alle volte”

“E non hai visto ancora nulla” rispose seria più a se stessa.

“Ook, calma. Avrai la tua vendetta, ma per far sì che questo accada ci servi viva. Arriverà anche il tuo momento”

“Oh, puoi starne certo” strinse i pugni.

Il vampiro tornò sui suoi passi e a metà scale disse:

“Ti prego, non incendiarmi casa!” e suonava più come una supplica che una richiesta. Aveva notato negli occhi della ragazza una furia mai vista prima, sembrava quasi non appartenerle. Stonava con la sua apparente fragilità e compostezza.

 

 

 

Stefan e Damon si trovavano nella mustang di quest’ultimo ad osservare i movimenti di un motel in pieno centro a Porterdale.

“Certo che questo posto è peggio di Mystic Falls, guarda che tipi” indicò Stefan.

“I nostri amici hanno senz’altro scelto una base appropriata, nessuno verrebbe qui a disturbarli”

“Damon, guarda” disse ad un tratto suo fratello.

Dalla scala dell’ultimo piano scesero quattro giovani piuttosto in forma. Stefan inspirò profondamente e fece un segno d’assenso con il capo, senza emettere alcun suono. Li guardarono attraversare la strada ed infilarsi in un bar vicino. Rimasero in ascolto, ma nessuno disse niente. Dopo qualche minuto dalla stessa stanza uscì una donna. Aveva la pelle esageratamente pallida, ma non era un vampiro. Era qualcos’altro.

La guardarono compiere esattamente gli stessi gesti di quelli che l’avevano preceduta ed entrare nello stesso bar.

Dopo alcuni minuti, assicurandosi di non poter essere ascoltati, parlarono.

“E quella chi diavolo è?”

“Hai notato il tatuaggio al collo che avevano i suoi scagnozzi? Sembrava un occhio, ma la cosa certa è che era lo stesso simbolo su ognuno di loro”

“È una setta. Chi altri si farebbe marchiare altrimenti?” asserì Damon.

“Come facciamo ad essere sicuri che siano stati loro ad incendiare il negozio? Potrebbero trovarsi qui per caso, magari sono di passaggio”

“A così pochi chilometri da Mystic Falls, no grazie, non sono uno stupido. Sono stati senz’altro loro”

“È solo che non voglio svegliare un cane che dorme, soprattutto se non sono sicuro”

“C’è solo un modo per scoprirlo” lo sguardo del moro s’illuminò. Stefan intuì le sue intenzioni quasi subito.

“No, Damon, potrebbero essercene altri.”

“Nah. Non sono così svegli. Altrimenti non avrebbero attaccato un essere potente come Danaë”

“Oppure l’hanno attaccata perché per prima cosa sono esseri potenti anche loro, e seconda cosa perché vogliono rubare il suo potere” rifletté.

Odiava come suo fratello dovesse essere sempre in qualche modo la voce della verità. Quella orrenda e fastidiosissima voce.

“Rimani pure qui fratello, io sono stanco di non sapere chi combattiamo. Tieni l’auto accesa” sbuffò andandosene.

Non fece in tempo a raggiungere le scale che suo fratello si accodò.

“Non ti lascio solo. Come sempre saresti troppo avventato”

“Rimandiamo la ramanzina a dopo, seguimi”

 

Mentre i due vampiri si aggiravano cautamente per i piani del motel, Danaë si trovava dentro la stanza della donna, intenta ad esaminare ogni traccia di magia presente in quella stanza.

Non si era per nulla data per vinta, anzi, aveva raggiunto il suo negozio, o meglio ciò che ne rimaneva, e fortunatamente la sua auto era ancora lì intatta. L’unica cosa che era stata risparmiata. Appena si avvicinò al veicolo, Damon le andò in contro scodinzolando.

“Amore, sapevo che ce l’avevi fatta. Mi spiace di non esserti venuta a cercare prima, mi perdoni?” chiese in lacrime al suo fedele amico. L’animale per tutta risposta le leccò il volto, contento di vederla.

Dopo aver gioito per averlo finalmente rivisto, lo caricò in auto e guidò fino a Porterdale, parcheggiandosi esattamente sul lato opposto a quello della macchina di Damon, ovvero sul retro del motel. Alcuni minuti dopo che la camera era stata abbandonata, vi era entrata di soppiatto utilizzando le scale antincendio. Aveva fatto scattare la serratura con un semplice trucchetto e ora stava ficcanasando in giro. C’erano molte, davvero molte candele, segno che sicuramente lì si praticavano riti, magie. Nessun grimorio però, la strega o lo stregone lo aveva portato con sè. Chiunque fosse non era stupido. Fortunatamente c’erano dei talismani lasciati sul tavolo, quelli sarebbero stati utili. Spostandosi vicino alla finestra vide un mortaio con delle ceneri all’interno. Un’informazione era stata distrutta e lei doveva assolutamente recuperarla.

Si sedette perfettamente al centro della stanza a gambe incrociate, disegnando un simbolo sulla porzione di pavimento davanti a sè. Voleva scoprire quale tipo di magia era stata praticata in quel luogo e quali formule erano state pronunciate. Ma prima, doveva pensare alla pagina bruciata. Fece mente locale e pronunciò un incantesimo di restaurazione:

“Sanguinatum pla..” in quello stesso momento fu interrotta dal cigolio della porta della camera che si apriva, ma lei sapeva già chi era.

“Non ci posso credere! - esclamò Damon più a bassa voce che poteva - Cosa diavolo ci fai qui?! Ti avevo detto di rimanere in casa”

“Ora sta zitto - le intimò seria lei, guardandolo con rimprovero - Controlla che nessuno arrivi” si voltò di nuovo preparandosi a pronunciare la formula.

“Perfetto, ora faccio anche da palo. Questa me la paghi” si lamentò Damon.

“Shh” disse Danaë.

Stefan rimase senza dire nulla appoggiato allo stipite della porta, guardando fuori dalla finestra. Il fratello si avvicinò alla ragazza, ma quando lei alzò un dito, capì di non poter attraversare il cerchio disegnato per terra.

“Sanguinatum planicium. Sanguinatum planicium - disse sommessamente - Phasmatos, sanguinatum planicium. Sanguinatum planicium” terminò alzando il palmo dal mortaio.

 

Le ceneri si trasformarono di nuovo in carta sotto gli occhi increduli del vampiro. La ragazza esaminò la pagina, anche questa era scritta con il sangue, proprio come il grimorio antico che supponeva volessero prenderle. Che quella fosse una pagina mancante? Ebbe come la sensazione di aver fatto centro. Prese la pagina e la piegò mettendosela in tasca.

“Fa sicuramente parte del vecchio grimorio, ne sono sicura” annunciò. Si alzò in piedi e prese in mano gli amuleti.

“Hai capito chi è questa gente?” le chiese Stefan. Lei le rivolse uno sguardo crucciato.

“Purtroppo no, ma senza di questi saranno senz’altro meno potenti. Damon, per favore accendi due candele” un ghigno si fece largo tra la sua espressione dubbiosa.

“Devo ammettere che a volte è perfino più paurosa di te, Damon, hai perso colpi”

“Ovviamente lo prendo come un complimento” rispose la ragazza con un sorriso. Damon si limitò a sbuffare e ad avvicinarle le candele.

“Universa ruina in tenebras ra damis infinitum. De lon dem ex nahal da six”

Danaë ripeté l’incantesimo più volte, ma non accadde nulla.

“Non capisco. Sono le giuste parole, i talismani dovrebbero distruggersi all’istante, prendere fuoco, insomma fare qualcosa!”

“Calma, calma. Può darsi ti serva qualcos’altro per l’incantesimo - provò a dirle Stefan - Non è un incantesimo delle Bennet?”

“Esatto” disse lei.

“Forse ti serve una Bennet per completarlo.”

“No, non è questo. Ora capisco.. - disse più a se stessa - ho bisogno di un’altra strega affinchè abbia effetto, una qualunque altra strega” si diede della stupida mentalmente.

“Ti serve un ripasso, ragazzina” la stuzzicò Damon.

“Va all’inferno” rispose lei a tono.

Stefan guardò torvo suo fratello, la ragazza ce la stava mettendo tutta, era più che normale non ricordare le formule o le condizioni degli incantesimi, dopotutto non aveva il suo grimorio con se, stava improvvisando.

“Questo funzionerà - annunciò la ragazza riconquistando il sorriso - De tu me ne s’en fin. De tu me ne s’en fin”

“Francese?” chiese il moro.

“Certo. Esistono formule magiche provenienti da ogni epoca e parte del mondo, ognuna in una lingua diversa” si concentrò di più.

“Ehm ehm, ragazzina, dovresti sbrigarti, sta arrivando qualcuno” annunciò Damon.

Danaë si concentrò ancora di più. Doveva muoversi.

Dopo qualche secondo gli amuleti, che erano due cristalli rosa, si infransero in più pezzi e la magia di cui erano pregni si spense.

“In questo modo l’operatore di magia non potrà più servirsene. Non lo abbiamo annientato, ma con qualche talismano in meno, è meno potente” spiegò lei velocemente spegnendo le candele. Si rese conto che probabilmente si sarebbero resi conto della loro visita.

“Ora dobbiamo filarcela” annunciò Stefan.

Purtroppo i quattro uomini di poco prima erano già a al secondo piano, e in qualche secondo avrebbero raggiunto l’ultimo. Così i tre si diressero nel bagno e uscirono dalla piccola finestra uno per volta.

“Ed io come diavolo dovrei fare a scendere dal quinto piano?” Disse sottovoce la ragazza.

“Tieniti” fu l’unica cosa che disse Damon prima di prenderla in braccio e catapultarsi di sotto in un balzo. Previdentemente, le mise una mano davanti alla bocca per soffocare eventuali urla. Era una banshee, sarebbe stato un vero casino, pensò.

In un lampo toccarono l’asfalto del parcheggio e la ragazza ringraziò il cielo di essere ancora viva.

“Ma prego non c’è di che” borbottò Damon appiattendosi contro il muro.

“Grazie” disse flebilmente lei, ancora sconvolta. Man mano che si riprendeva uno strano calore si espandeva nei punti dove lui la aveva toccata, sentiva le labbra andare a fuoco.

“Come sei arrivata qui?” le chiese Stefan sotto voce. Lei indicò la sua auto, il suo cane era ancora all’interno.

“Bene, fila via. Noi raggiungeremo l’auto dall’altra parte e faremo lo stesso” continuò il minore dei fratelli, allontanandosi di soppiatto.

“Sta attenta” sussurrò il maggiore dei due alla ragazza. Lei annuì e in baleno si fiondò in macchina.

 

Dopo che ebbe messo in moto e si fu allontanata, Damon raggiunse il fratello dall’altra parte del parcheggio. Stava per entrare in auto anche lui, quando una forza lo schiacciò contro l’asfalto ruvido.

“Motus” udì pronunciare da lontano.

“Damon!” Urlò Stefan spalancando gli occhi.

La donna che avevano visto prima uscire dalla stanza teneva suo fratello inchiodato al terreno con la magia. Guardava negli occhi Stefan, aveva il volto scavato e sembrava ancora più pallida da vicino. Ma soprattutto, aveva gli occhi bianchi. Faceva venire i brividi.

Stefan si fiondò su di lei, ma venne bloccato anche lui e scaraventato contro la fiancata di un’auto. Era Damon che la strega voleva.

“Tu.. chi cazzo sei?” disse dolorante il vampiro a terra. Era furioso, si sentiva impotente.

“Imparerai a conoscermi molto in fretta, Damon, ne sono sicura” disse beffarda, soddisfatta. Poi i suoi occhi saettarono a destra, dove c’era Danaë che si dirigeva minacciosa verso di lei.

La strega si distrasse momentaneamente e il vampiro ne approfittò per tentare un altro attacco, anche questo rovinosamente fallito.

“Ma guarda chi si unisce a noi - disse riferendosi alla ragazza - Motus” disse di nuovo con voce bassa, indirizzandolo a lei. Danaë cadde sulle ginocchia, in preda a dolori lancinanti, dolori che stava cercando di contrastare.

“Lei è una merce molto rara mio caro - ora si rivolse a Damon - non posso biasimare che tu la voglia tutta per te. Ma lei è mia, e tu non interferirai. Ho altri piani per te. Tu mi aiuterai” annunciò in un ghigno malefico.

I suoi adepti la avevano raggiunta e mentre due di loro tenevano Danaë, gli altri due bloccavano Damon. I loro occhi diventarono bianchi.

A quella visione la ragazza si rese conto che tutto era proprio come nella sua premonizione. ‘Loro stanno per..’

“No! - Urlò di getto strattonando i due che le tenevano le braccia bloccate. - Non toccarlo!” Intimò alla strega, e non era mai stata più seria come in quel momento.

“Lui è mio. E anche tu. Sai che non puoi fare niente. Lo hai visto” disse la donna senza distogliere lo sguardo da ciò che stava facendo. Si avvicinò al vampiro con un pugnale e gli provocò profondi tagli verticali sulle braccia, tagli che non guarivano.

Danaë rifletté per un secondo sulle sue parole. ‘Lo hai visto’. Era stata lei, lei fin dal principio.

‘E se le mie non fossero state premonizioni, ma visioni indotte, pilotate?’ si chiese. Doveva essere così. Per forza, lui non poteva morire. Non sarebbe morto in quel modo.

“Fermati” urlò di nuovo, ancora più forte. Sentiva il sangue ribollirle nelle vene, stava per esplodere. Sotto i suoi occhi l’immagine del vampiro che si dissanguava e si reggeva solo sulle ginocchia. Gli adepti lo lasciarono. Quando Damon sollevò il capo, aveva gli occhi bianchi e una strana aura si propagava attorno al suo capo. Stava per succedere.

Gli adepti si inginocchiarono ed aprirono le loro bocche contemporaneamente.

‘Ora’ sentì Danaë dentro di sè.

Urlò, urlò di nuovo, come non aveva mai urlato in tutta la sua vita vide gli adepti cadere a terra, dopo alcuni secondi la loro testa esplose come se fosse stata messa in un microonde. La strega prese a sanguinare, ma lei era forte.

“Sta.. zitta. Sta zitta - disse guardandola con tutto il disprezzo del mondo - Lihednat dolchitni” urlò.

La ragazza smise all’istante di urlare, la voce non le usciva, non riusciva più a respirare. La strega la stava soffocando. Avrebbe voluto sollevarla e scaraventarla più e più volte su una delle auto presenti nel parcheggio, ma la voce proprio non le usciva. Le rimanevano pochi attimi di lucidità prima di svenire completamente. Allora portò la montagna da Maometto.

Per quanto le era possibile cercò di far passare dell’aria dalla sua trachea ai polmoni, giusto quel tanto che bastava a pronunciare una sola parola.

“V-vados” disse con tutta la forza che le rimaneva.

I vetri delle auto esplosero all’istante e si conficcarono nel corpo della strega, che finalmente allentò la morsa su di lei.

Danaë respirò più a fondo che poté nel minor tempo possibile, sentiva ogni cellula del suo cervello rinascere. Ce la poteva fare, ma doveva agire in fretta.

Si avvicinò alla strega fondendogli contemporaneamente i gioielli e gli amuleti che indossava. La donna non smetteva di urlare per il dolore ed ogni volta che provava a scagliare una nuova formula verso la ragazza, lei la respingeva. Gettò un’occhiata verso i due vampiri, Stefan stava scuotendo Damon, ancora a terra. La rabbia montò di nuovo dentro di lei. Quando finalmente le fu davanti sentì un potere mai avvertito prima, era come se scorresse in lei come un fiume in piena. La guardò con profondo astio:

“Ah. Sha. Lana. - disse una volta con aria vendicativa - Ah. Sha. Lana.” continuò alzando la voce di un tono. La strega si contorceva sempre di più al suono di quelle parole, i suoi organi raschiavano l’uno contro l’altro. Il sangue iniziava copiosamente ad uscire dalla sua bocca.

Sentiva il potere dentro di lei crescere e mai fermarsi.

“Danaë, i tuoi occhi..” Disse Stefan spaventato.

La ragazza vide il suo volto riflesso nei numerosi vetri per terra. Ma non aveva paura di se stessa, si sentiva potente.


 

“Tu morirai” disse in preda ai dolori la strega.

La ragazza rincarò la dose.

“Ah. Sha. Lana. Phasmatos superous em animi. Lana. Lana.”

“Danaë dobbiamo andare, stanno arrivando” le urlò Stefan riscuotendola dalla sua vendetta.

La ragazza tornò alla realtà e vide che altri seguaci si stavano dirigendo verso di loro. Erano in tanti, troppi. Come era venuto, quello stesso potere ora si affievoliva, non avrebbe retto ancora per molto.

“Phasmatos motus.” disse scaraventando la strega in direzione degli adepti.

“Andiamo via - intimò Stefan che aveva già caricato Damon nella sua auto - Sali”

“Non lascio qui Damon” si riferiva al suo cane. Corse verso la sua auto, era ancora in moto a due passi dalla mustang.

Entrambi salirono nelle due auto e sfrecciarono via da lì.

Fecero in tempo a vedere gli adepti che raggiungevano la loro strega. Danaë notò che tutti quanti avevano uno strano tatuaggio.

Non videro più nulla. Nessuno li seguiva però.

 

Era stupido guardarsi indietro, Danaë si disse che qualora avessero voluto attaccarli sapevano già dove trovarli. Da quel momento in poi avrebbero dovuto stare molto, molto attenti. E soprattutto essere sempre pronti.

La direzione del vento era cambiata. La fortunata e lieta parentesi di calma a Mystic Falls era ufficialmente terminata.

Danaë oltrepassò il cartello che segnava l’inizio di quella che era diventata anche la sua cittadina. Sentire il potere fluire dentro di lei, attraverso di lei era stato indescrivibile. Più emozionante di connettersi con un’altra strega. Si era sentita invincibile. Non voleva ammetterlo, ma l’idea che qualcuno volesse ucciderla, paradossalmente la faceva sentire così viva. Si era sempre sentita come una bestia in gabbia, annoiata. Non vedeva l’ora di cacciare.

“I cattivi ragazzi sono tornati in città” disse sottovoce con un ghigno al lupo di fianco a lei.




Note:

La seconda immagine è di @mainlyboredom. 

Grazie a tutti coloro che leggeranno e recensiranno.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Give me evil ***


 Give me evil
 

Quando arrivai a casa Salvatore la mustang era già parcheggiata nel vialetto; Stefan doveva aver già portato Damon in casa. Corsi a perdifiato per la rampa di scale, fino a giungerlo in camera sua. Era disteso, aveva ancora gli occhi chiusi, non sembrava sveglio.

“Come sta?” Chiesi a Stefan.

“Non si sveglia. Le ferite non guariscono” risponde con apprensione, lo sguardo perso nel vuoto. Il panico puro nei suoi occhi.

“Non può essere - Danaë si avvicinò al suo capezzale. Tolse il lenzuolo che lo copriva parzialmente - Ho fermato il suo incantesimo”

“Bonnie sta arrivando” comunicò Stefan gelido.

La ragazza respirava affannosamente, non riusciva a capire cosa fosse andato storto. Continuava a guardare il vampiro, inerme sul suo baldanzoso letto, i capelli corvini davanti al viso, profonde occhiaie sotto gli occhi. Provò a fasciargli i polsi con nuove garze, che puntualmente però venivano imbevute del suo sangue.

“Prohibere sanguinem” disse.

Niente. Il flusso continuava, il colorito di Damon era spaventosamente chiaro, quasi color bianco fumo. Si stava dissanguando.

“Phasmatos prohibere sanguinem” provò ancora.

Premette sulle ferite, ma non successe nulla. “Dannazione” imprecò sull’orlo del pianto.

“Dove diavolo è Bonnie.. - Stefan camminava avanti e indietro per tutta la stanza, era spaventato a morte - Non ho mai visto nulla del genere - si passò una mano tra i capelli - O mio dio, guarda, i suoi capelli!”

La ragazza si voltò verso il vampiro e vide che i suoi capelli iniziavano a tingersi di bianco partendo dalla radice. La magia stava continuando a fare il suo corso.

“Non conosco questa magia, non ne ho mai sentito neanche parlare. Gli effetti dell’incantesimo non sono svaniti, questo vuol dire che probabilmente la strega sta continuando a pronunciarlo”

“Bene, andrò a ucciderla allora” annunciò.

“Fermo! Dove diavolo credi di andare? Non hai visto come quella stronza di ha accartocciato contro quell’auto?? È molto più potente di noi. Non puoi affrontarla da solo”

Stefan non riusciva a guardarla in faccia. Riusciva solo a guardare il volto immobile di suo fratello, che vedeva lentamente spegnersi.

“Tutto..questo - disse con un cenno del capo - È soltanto colpa tua”

Danaë si sentì morire in quel momento, schiacciata da un macigno enorme. In un attimo rivisse quella settimana, accorgendosi di quante cose fossero realmente successe. E tutte avevano qualcosa in comune: lei. Era tutto partito con le sue visioni, il suo incontro con Damon quella notte. Se solo fosse rimasta a casa.. ‘Sta morendo per colpa mia’ pensò, e quella consapevolezza le spezzò qualcosa dentro. Qualcosa le suggerì chiaramente che cosa fare. A un tratto sapeva esattamente qual’era il suo compito.

“Hai ragione” sibilò dopo alcuni minuti. Fece un lungo respiro  e si avvicinò al letto.

Prese una chiave dal mazzo sul comodino e si procurò un profondo taglio su ciascuna mano. Gettò l’arma a terra e unì le mani sopra la fronte di Damon, inginocchiandosi ai piedi del letto.

“Adiuva me spirituum. Duxit me malum. Et malum mea est. Mea est. Mea est.” Pronunciò ad occhi chiusi. Quando li aprì erano diventati bianchi, ora c’erano solo lei e Damon, e non lo avrebbe lasciato morire per nulla al mondo. Si alzò in piedi e si sistemò a cavalcioni sul suo addome che si alzava ed abbassava flebilmente. Posò le mani sui suoi occhi e pronunciò di nuovo la stessa formula per molte, molte volte. Mano a mano che recitava quel rito oscuro si estraniava dalla realtà, si univa al male che sgorgava dal corpo di Damon al suo.


Stefan era ammutolito, e stava assistendo alla scena a bocca aperta. Quando Bonnie arrivò, le chiese di fermare Danaë.

“No, Stefan.. Guarda” indicò Bonnie.

La ciocca di capelli di Damon stava lentamente ritornando al suo colore originale. Le ferite avevano smesso di sanguinare, ma non si erano ancora rimarginate.

 

“Che cosa.. che cosa sta dicendo, Bonnie?” chiese preoccupato.

“Dice ‘datemi il male. Il suo male è il mio male’.. sta trasferendo l’incantesimo nel suo corpo - disse la strega stupefatta - gli sta salvando la vita” gli occhi gli si fecero lucidi.

 

“Et malum mea est. Phasmatos. Adiuva me spirituum. Adiuva me” variò Danaë, ormai totalmente assorta nel rituale, non si era neanche resa conto della presenza di Bonnie.

“Sta invocando l’aiuto degli antenati..” disse la strega perplessa.

“Ma loro non l’aiuteranno mai.. - rifletté Stefan - Come riesce allora a togliere quella magia senza aiuto?”

“Oh mio dio.. Lei la sta letteralmente assorbendo.. “

“Aspetta, come Kai??”

“Non ne ho idea. Ma questa non è lo stesso tipo di magia che.. “ si fermò. La sua mente si mise in funzione e collegò i vari pezzi.

“Bonnie cosa c’è?” Chiese Stefan con i nervi a fior di pelle.

“Mi hai detto che avete trovato una pagina del grimorio, giusto? - lui annuì - Danaë mi aveva parlato di quel grimorio, dicendomi che era scritto con il sangue. Stefan, i libri scritti con il sangue sono inequivocabilmente libri di magia nera”

A quelle parole il vampiro sembrò capire cosa stava succedendo davanti ai loro occhi.

“Quindi sta assorbendo magia nera, è questo che stai dicendo?”

“Sì, e se non si ferma la ucciderà di sicuro. Nessuno è tanto forte da resistere, neanche un Originale ne sarebbe in grado”

“Non posso perdere mio fratello, Bonnie. Mi dispiace”

“Ma potremmo trovare un’altra soluzione. Possiamo trovare la strega che ha lanciato l’incantesimo”

“No. Non possiamo. È troppo potente, neanche lei è riuscita a tenerla a bada per molto. Non abbiamo alternative”

“Non possiamo lasciare che questa ragazza muoia! Stefan!”

“È mio fratello!”

“State zitti - la voce di Danaë si levò bassa tra le loro grida, azzittendoli in un batter d’occhio - non toccatemi. Farò quello che devo e nessuno di voi interferirà” non si voltò neanche per guardarli, ma continuò imperterrita mettendo fine a quell’inutile discussione.

 

Era ancora a cavalcioni sul corpo di Damon. La sua carnagione aveva ripreso un pò di colore, finalmente stava iniziando a guarire.

Dopo qualche minuto Danaë sentì le ciglia di Damon solleticarle le dita, si stava svegliando finalmente. Spostò le mani sulle sue tempie, dove aveva comunque un contatto con la sua testa. Damon aprì gli occhi e quando vide quell’infinito mare in tempesta il cuore della ragazza gioì. Stava funzionando.

“Danaë.. che cosa stai facendo? I tuoi.. i tuoi occhi”

“Shh” disse lei dolcemente. Poi riprese a recitare la sua formula sempre con la stessa intensità.

“Bonnie, Stefan, cosa diavolo sta succedendo?”

“Ti sta guarendo, Damon” disse Bonnie in lacrime.

Il vampiro si sentiva davvero molto debole, come prosciugato. Una sensazione simile all’essiccazione, ma se possibile ancora più alienante. Le braccia gli dolevano particolarmente, pensava effettivamente di averle rotte o peggio squarciate.

“Bonnie.. perché piangi? Stefan?” Chiese confuso.

“Lei morirà Damon” sfuggì a Bonnie. Stefan non fece in tempo a chiuderle letteralmente la bocca. Sapeva che suo fratello le si sarebbe ribellato ora che sapeva.

“Danaë smettila, smettila subito” le intimò. Ma lei non fece per nulla caso a lui, era ancora debole. Il vampiro continuò ad urlarle contro e in tutta risposta lei pronunciò le sue formule a voce ancora più alta.

Appena il vampiro riacquistò altra forza tentò disperatamente di spezzare quel vincolo e allontanarla, ma lei fu più veloce e lo fermò per gli avambracci che ancora si stavano rimarginando.

“Li vedi questi? - indicò le sue braccia - Non sarebbe mai dovuto accadere”

“Smettila, io non voglio il tuo aiuto”

“Sta zitto - gli intimò lei guardandolo trucemente - sei la persona più insopportabile che io abbia mai conosciuto”

Lo sguardo di Damon era furioso. Non si era mai sentito così impotente in vita sua. Non poteva letteralmente fare nulla, neanche muoversi. Era intrappolato da una stupida, sciocca ragazzina che stava salvandogli la vita.

“Tutto questo non sarebbe dovuto succedere” sussurrò schiacciato dalla più completa impotenza.

“Hai ragione - disse Danaë ad occhi chiusi - non dovevo trascinarti in tutto questo”

Anche se lei non poteva vedere lo sguardo di lui, lo sentiva addosso. Sentiva le sue iridi irrorate di nuova vita perforarle la pelle.

 

Per quanto assurdo e doloroso fosse quel momento, era anche stato il più vero, intimo ed essenziale della sua vita. Salvare una vita era qualcosa di indescrivibile, non importa il prezzo che avrebbe dovuto pagare per farlo.

 

Danaë sentiva a poco a poco le forze abbandonarla, ma non lo diede per niente a vedere, doveva resistere fino a quando anche l’ultimissima goccia di magia fosse uscita dal corpo del vampiro. Le ferite di Damon erano completamente guarite sotto i palmi delle sue mani, ora poteva lasciarle. Lui non avrebbe potuto toccarla in ogni caso se lei non lo avesse voluto.

La ragazza si concentrò ancora, ce l’aveva quasi fatta. Anche i capelli bianchi erano spariti, come anche i profondi solchi delle occhiaie. Si sentiva.. piena. L’aggettivo giusto era straripante. Un fiume in piena che invade gli argini e travolge tutta la vegetazione intorno a se. Quella forza oscura, liquida, nera, potentissima, la tirava. Sembrava tirarla verso il baratro, un burrone da dove non si vedeva la luce.

‘No.. non posso lasciare che accada’ disse la ragazza tra se e se.

Si riscosse da quella momentanea, ma profonda trance e riaprì gli occhi: questa volta Damon si accorse che erano completamente neri. La guardò spaventato.

“Cosa ti succede? I tuoi capelli..” Disse lui notando che una lunga ciocca diventava rapidamente argentata.

“Mi stanno chiamando.. mi vogliono con loro, ma non glie lo lascerò fare” disse con voce alienata, tormentata. Aveva la fronte imperlata di sudore, era stremata, ma ce l’aveva fatta.

“Sei finalmente libero” disse con voce atona. Fece un respiro profondo e sollevò il mento verso il soffitto. Emise un urlo talmente forte che i vetri di tutta la casa andarono in frantumi. Dalla bocca uscì del fumo nerastro che cessò nello stesso momento in cui il grido venne smorzato. Seguì un respiro strozzato, simile a quello di un asmatico e Danaë si accasciò sul petto di Damon, ormai senza sensi.

Aveva vinto.



Note:

Grazie mille a chi leggerà e recensirà. Mi fa sempre molto piacere sapere cosa pensate.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Floating papers ***


  Floating papers 



Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso, ma c’era stato un momento preciso in cui aveva avvertito la sua coscienza ritornare. Era ancora buio, ma si sentiva di nuovo se stessa. Riusciva a percepire tutto attorno a lei: i suoni erano piuttosto ovattati e lontani, ma poteva udire le voci echeggiare nella stanza, sentire il tocco di una mano sulla fronte. Il suo cervello funzionava perfettamente, il suo respiro era costante, non sentiva alcuna fitta all’addome per lo sforzo, né tanto meno alla gola per l’urlo che aveva lanciato.

L’unico problema era che proprio non riusciva ad aprire gli occhi. Sollevare le palpebre era un’impresa titanica, impossibile: lo stesso valeva per muovere qualsiasi altra parte del suo corpo o peggio parlare. Ebbe quasi  come l’impressione di aver dimenticato come si faceva. Eppure non provava alcun dolore, ne era sicura. Era come se stesse dormendo, ma solo in apparenza, perchè nella sua mente era vigile. Era così vicina a comunicare con gli altri, ma proprio quando pensava di farcela ed emergere da quel suo silenzio, vi sprofondava di nuovo.

 

Sapeva che lui stava bene, se n’era accertata prima di perdere rovinosamente i sensi. Il rito era completo, e fortunatamente nulla era andato storto. Per nessuno se non per lei: la magia nera era diventata un tutt’uno con il suo corpo, la silenziosa lotta che stava affrontando contro di essa era per decidere se lasciarla estendere o meno alla sua anima. E questo non doveva accadere. C’erano dei rischi, rischi a cui non diede minimamente peso. C’era stata una decisione da prendere in fretta e non aveva avuto ripensamenti. Neanche adesso ne aveva. Forse per la prima volta, era davvero fiera di se stessa.

 

Quando Stefan le aveva dato la colpa per ciò che stava accadendo, qualcosa era cambiato radicalmente dentro di lei. Nuove consapevolezze avevano fatto capolino, il suo cuore si era aperto, forse troppo presto, a sentimenti ancora acerbi, ma sinceri. Non aveva potuto ignorarli, dentro di lei lo aveva sempre saputo. Forse persino fin dal loro primo incontro.

Nell’istante in cui decise di rischiare la propria vita per uno sconosciuto, la chiave per salvarlo le fu rivelata. Era come se una porta le si fosse aperta e il fascio di luce della conoscenza l’avesse benedetta. Ancora non sapeva quanto questa benedizione poteva tramutarsi in maledizione.

Quella che sembrò essere la voce di sua nonna le parlò chiaramente: si sarebbe dovuta avvicinare alla morte per estirpare letteralmente il male radicato in una creatura della notte. Accogliere il male liquido nelle sue vene, lasciarlo entrare e fondersi con il suo sangue. Quella era una magia che consumava l’anima di chi la praticava. Danaë non si era mai avvicinata in vita sua ad un libro di magia nera, eppure era bastata anche solo l’idea di usarla per salvare la vita di Damon per attivarla. Era stata l’espressione a trovare Danaë: questa l’aveva scelta perché sapeva di potersi radicare in ella. A quel punto sua nonna non fece altro che guidarla nel nuovo territorio che le si era presentato.

 

Ora, inerme, Danaë si domandava come mai il male avesse attecchito così bene dentro di lei. Eppure non era mai stata malvagia.. che questa caratteristica fosse legata all’essere una banshee o una vila? Non lo sapeva. Scommise che non l’avrebbe scoperto tanto presto.

 

 

“Avresti dovuto fermarla!” disse Damon stizzito.

Danaë poteva chiaramente sentire i fratelli Salvatore litigare nella stanza accanto alla sua. Si sentiva una spettatrice invisibile.

“Per perdere te? Ti rendi conto che lei per me è una completa estranea? Tu per me avresti fatto lo stesso Damon, ammettilo! Non mi avresti lasciato morire”

“Dovevi trovare un altro modo fratello” controbatté severamente.

“Quella pazza non ci avrebbe mai aiutato, figuriamoci farle spezzare l’incantesimo con la forza. Hai visto anche tu cosa ci ha fatto in quel parcheggio. Lei è forte” aggiunse Stefan riferendosi alla strega che voleva ucciderli.

“Allora..”

“Allora cosa, avrei dovuto lasciarti morire? Ti basta davvero una settimana per invaghirti di una sconosciuta e metterla prima della tua vita, da quando sei così altruista, Damon?”

“È la seconda volta che mi salva la vita Stefan, non era tenuta a farlo eppure lo ha fatto senza batter ciglio. Avresti dovuto vederla la prima volta, mentre il negozio di sua nonna andava a fuoco - raccontò Damon, quasi estraniandosi, perso tra i ricordi  di quella vicina notte - Quando ha visto che lo stregone mi stava procurando dolore lei è scattata.. Un secondo dopo Dio solo sa cosa stava facendo a quell’uomo. Nei suoi occhi c’era rabbia, una rabbia furente. Sarà pure un’estranea, ma mi ha salvato la vita” concluse.

“Non potevo rischiare, spero tu lo comprenda” rispose flebilmente Stefan, che comunque non aveva cambiato idea nonostante quella rivelazione.

Si udirono dei bicchieri infrangersi sul pavimento e poi dei passi dirigersi al piano inferiore.

 

Dopo alcuni minuti altri passi si fecero sempre più vicini al corpo immobile della ragazza. Danaë sentì il letto piegarsi sotto di sé, qualcuno si era seduto sul bordo e le teneva timidamente la mano.

Ci vollero pochi secondi affinchè il profumo di Damon invase lo spazio della ragazza, rivelandone l’identità. Lei cercò d’inalare affondo quell’odore stranamente familiare e rassicurante, ma nessun tessuto o nervo del suo corpo si mosse.

“Ragazzina.. sei proprio una ragazzina idiota” sussurrò.

Le sue dita disegnavano dei cerchi concentrici su ogni nocca della mano della ragazza. Il vampiro non si smentiva mai, non riusciva proprio a non irritarla, perfino in quella situazione. Il suo respiro però era pesante, il peso del senso di colpa lo opprimeva.

“Quello che hai fatto .. - cominciò serio - Cavolo, non dovevi aspettare che fossi sul punto di morire per restare soli. Se volevi che venissi a letto con te, bastava dirmelo” disse con un finto sorriso malizioso. Aspettò qualche secondo e poi sbottò istericamente:

“Non riesco a credere che te ne resti zitta, dannazione! - strinse gli occhi, poi sospirò sommessamente - me ne diresti di tutti i colori se solo potessi, vero?” Chiese retorico.

‘Ci puoi scommettere’ disse mentalmente Danaë. Dio, quanto avrebbe voluto prenderlo a calci. Era fuori di sé dalla rabbia, avrebbe anche giurato di essere arrossita per l’imbarazzo, ma fortunatamente il suo corpo non riceveva i comandi inviati dal cervello. Fortunatamente.

 

“Damon?” la voce di Bonnie destò il vampiro da quella conversazione platonica. Non rispose, voltò solo leggermente il capo. La strega continuò, stringendosi tra le braccia. Nella casa faceva freddo.

“Sono giorni che non fai altro che vegliarla, dovresti riposare”

“Non ne ho bisogno”

“Invece dovresti, così non l’aiuti in ogni caso”

‘Invece sì, Bonnie’

“Grazie per ricordarmi che non posso fare assolutamente nulla! Sei davvero una bomba a dare consigli” rispose nervoso.

“Credo stia guarendo.. Lo hai visto anche tu, nessuno di noi può aiutarla. Non si lascia aiutare”

“Non sappiamo se stia guarendo, se ne sta solo.. immobile. Immobile - guardò fuori dalla finestra, era notte - Devi continuare a cercare, Bon-Bon” aggiunse in un sussurro Damon.

“Ma non so cosa cercare.. La mia magia non funziona”

“Cerca ancora, ti prego” le chiese lui.

“Sei molto legato a lei” disse Bonnie.

“Non capisco cosa sia..”

“No, non era una domanda - chiarì Bonnie - È piuttosto evidente. Mi sembra quasi di rivederti come..”

“No - la interruppe il vampiro con voce glaciale - non voglio sentire questo discorso. È diverso, ogni cosa lo è”

Bonnie tacque all’istante, era in grado di capire quando poteva o non poteva insistere con lui, e quello non era il momento per aprirgli gli occhi.

Lo avrebbe fatto da solo. La paura sul suo volto era così evidente, palpabile.

A volte c’è bisogno di osservare la propria immagine riflessa allo specchio per capire cosa ci sta succedendo.

Le cose cambiano sotto i nostri occhi e noi, maniaci del controllo, impazziamo quando ci rendiamo conto di non essercene accorti.

Cambiamo, giorno dopo giorno.

 

 

Danaë, quando non ascoltava ciò che le succedeva intorno, sprofondava nel sonno. In realtà le succedeva più spesso di quanto volesse ammettere a se stessa, ma nonostante ciò non abbandonava la speranza di risvegliarsi.

Alternava stati di semi-coscienza e di sonno profondo.

Una notte aveva percepito di nuovo quel profumo tanto familiare.

“Ti prego, svegliati” le aveva sussurrato la voce roca. Alle sue orecchie sembrava essere così profonda, ma talmente distante da essere impalpabile, quasi un sogno. Nonostante ciò avvertì il leggero bacio che quella stessa voce gli schioccò sulla fronte, l’alito caldo posarsi sulle guance per pochi secondi e poi sparire nella nebbia della sua mente. Ma fu appunto come un sogno, non sapeva dire per certo se aveva immaginato ogni cosa e se fosse tutto reale.

Probabilmente non l’avrebbe mai saputo.

 

Come aveva detto Bonnie, stava guarendo. O almeno lo sperava. Quello stato d’impotenza ed immobilità doveva essere una delle conseguenze per aver usato l’espressione. Si sentiva rinvigorirsi, ma non riusciva ancora ad essere padrona del suo corpo. Si sentiva inutile, c’era così tanto da fare, bisognava prepararsi. E poi c’era la pagina del grimorio, quella che era riuscita a ricomporre. Bonnie doveva assolutamente vederla e scoprire di cosa si trattava. Ma la ragazza era la sola a preoccuparsi di come presto si sarebbero evolute le cose: sembrava che Damon e Stefan si fossero completamente dimenticati della scoperta.

Odiava essere al centro dell’attenzione, stavano solo perdendo tempo.

E lei era stufa di non poter essere utile.

Allora le venne in mente l’idea.

 

Dovette sforzarsi al massimo e fare affidamento sulle poche forze riconquistate. Con un incantesimo d’apparizione fece apparire un foglio di carta, che svolazzando per tutta la stanza, quasi mosso dal vento, si posò sulla metà vuota del letto su cui era adagiata.

‘Bene’ pensò, ce l’aveva fatta. Ora sarebbe entrato qualcuno e lo avrebbe letto. O almeno così si aspettava.

La verità è che passò un’ora senza alcuna visita. Doveva ammettere che la parte più vanitosa di lei ne rimase terribilmente affranta. Poi sentì un suono di artigli che avanzava sul pavimento in parquet.

‘Damon, ma certo! - esclamò tra sé e sé - Vieni’ lo chiamò mentalmente, e questo si avvicinò per davvero. Grazie alla loro profonda connessione forse avrebbe potuto servirsi del lupo come messaggero.

 

“Cosa vuoi? Va via, non è aria” disse Damon cacciando via l’enorme lupo. Questi non si diede affatto per vinto e ricominciò a mordere l’estremità dei suoi jeans tirandoli energicamente.

“Si può sapere cosa diavolo vuoi?” sbottò acido più del fiele il vampiro. Il lupo si fermò e guardò intensamente il vampiro negli occhi. In quel momento successe qualcosa: i loro sguardi erano stranamente connessi, non c’era più distinzione fra uomo e animale, facevano parte della stessa specie. Per un attimo parlavano il medesimo linguaggio.

Il lupo a quel punto lo condusse di sopra, fino alla sua padrona. Con un balzo la raggiunse sul morbido letto e si sdraiò.

Il vampiro lo seguì e quando lo vide in quello che era il suo letto, scattò d’ira.

“Scendi subito, bestiaccia!”

L’altro Damon per tutta risposta emise un ringhio profondo, gutturale nella sua direzione e poi si risistemò nella sua posizione.

Il vampiro strinse gli occhi dalla rabbia e lo guardò in cagnesco. Poi, si rese conto che accanto al lupo c’era un foglietto.

“E questo cosa diavolo è…” lo prese velocemente in mano, non capiva.

 

‘La pagina di grimorio bruciata è nella mia tasca. Capite cos’è.’

 

“Danaë - disse con voce tremante - come puoi aver fatto questo? Sei stata tu vero?”

‘E chi altrimenti??’ Rispondeva lei, senza essere udita.

“Se sei stata tu allora fammelo capire. Puoi rifarlo?”

‘Ma cosa pensa, di giocare con una tavola ouija?’ pensò lei.

Fargli recapitare quel messaggio le era costata una fatica non indifferente, ma si disse che per un altro piccolo messaggio poteva resistere.

Si concentrò di nuovo, stava stranamente diventando più semplice.

Dopo qualche secondo il vampiro vide un foglio comparire dal nulla e fluttuare dal soffitto della stanza verso il basso; senza aspettare che facesse il suo corso lo prese al volo, euforico.

 

‘Non verrei mai a letto con te, idiota’ lesse e subito un sorriso gli increspò le labbra.

Sollevò i suoi occhi e li posò su di lei, ancora lì distesa. Danaë non poteva vederlo, ma come al solito percepiva il suo sguardo su di lei. Era elettrico.

“Sapevo che eri ancora lì, ragazzina” disse compiaciuto.

La speranza che quella bizzarra ragazza sarebbe tornata gli scaldò inaspettatamente il cuore. Era un calore indesiderato ed improvviso, ma che lo ristorò completamente avvolgendolo.

 

 

 

Damon mostrò la pagina del vecchio grimorio a Bonnie, che si mise subito a lavoro.

Danaë aveva ragione, faceva parte proprio di quel grimorio che avevano tentato di portarle via. La strega tradusse la formula solo parzialmente, dato che alcune parti di essa erano scritte in una lingua molto più antica del latino, che lei non conosceva. Da quello che aveva dedotto però, quello doveva essere un potente incantesimo d’assimilazione. Le ragioni per cui qualcuno voleva compiere un atto del genere erano ancora oscure, ma di certo era qualcuno già di per sé molto potente. Inoltre, acquisire il potere di un altro essere sovrannaturale era un rito di magia oscura, questo significava che avrebbe privato chi faceva l’incantesimo di una parte della sua anima. La magia doveva sempre essere equa, le forze in gioco dovevano bilanciarsi. L’equilibrio non doveva essere spezzato. Infatti, chi usava per i propri scopi l’espressione, sapeva di rinunciare per sempre ad un pezzo di sè.

A quel punto, si chiese quanto Danaë avesse sacrificato di se stessa per salvare Damon.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** I heard you ***


 I heard you 


Quella mattina faceva freddo, il vento soffiava tra gli alberi mescolando le foglie dai toni autunnali. I capelli della bambina con il cappottino verde erano stati legati in una lunga treccia, protetti da un pesante cappello di lana. Mentre camminava di fianco a sua madre tenendola per mano, guardava quelle pietre che affondavano nel terreno senza che se ne vedesse la fine: tentava di capire cosa ci fosse scritto su ognuna di loro, ma non ci riusciva. Sua madre si fermò davanti ad una piccola costruzione in pietra, destandola dalle sue domande innocenti. Stava per piovere, le candele si sarebbero spente. C’era anche sua nonna, era più giovane di come la ricordava: i suoi capelli erano ancora corvini, raccolti sulla nuca. Sua madre entrò dentro il piccolo edificio, consegnandola alla nonna.

“Dove va la mamma?” chiese curiosa Danaë attorcigliandosi all’indice l’estremità della sua treccia.

“La tua mamma deve salutare una persona, tesoro. Tornerà presto da te” le rispose la nonna sforzandosi di sorridere.

Il vento soffiò più forte, le foglie si alzarono iniziando a volare in modo disordinato in un turbine d’aria e aghi di pino.

‘Questo è il tuo destino. Non puoi sopravvivere a lungo. Non opporti a me.’

Danaë sentì quella voce che ormai conosceva, un sussurro, ma adesso non era più una bambina. Teneva sua nonna per mano, ma il suo aspetto era quello che aveva visto durante gli ultimi anni della sua vita. Si girò verso la cripta: era chiusa, un lucchetto ne sigillava il cancello. Le rampicanti ne avevano occultato la targa sulla fiancata di pietra.

“Chi è morto, nonna?”

Il viso di sua nonna di allungò in un sorriso.

“Davvero non te lo ricordi?” le chiese.

La ragazza non capiva. Sapeva però che quello era un sogno e che avrebbe avuto poco tempo per parlare con lei.

“Cosa significa che questo è il mio destino? Di chi era quella voce?”

A quelle parole il viso della donna s’incupì.

“Devi stare molto attenta tesoro mio. Se vuoi continuare a vivere dovrai rinunciare ad una parte di te”

“Intendi la magia? Ma sei stata tu ad insegnarmi a controllarla”

“No, quella non dovrai mai abbandonarla. Può salvarti. Devi scegliere Danaë”

‘Che cosa?’ chiese agitata la ragazza, ma subito dopo si accorse che la voce non uscì dalla sua bocca. Non riusciva a parlare, il tempo era finito.

Le vennero gli occhi lucidi: ogni volta che rivedeva sua nonna sapeva che era per poco, pochissimo tempo, ma ogni volta lasciarla la distruggeva. Aveva paura che non l’avrebbe più rivista.

 

 

Quella mattina faceva freddo, il vento agitava gli alberi e i vetri di casa Salvatore tremavano debolmente. Danaë stava ancora dormendo immobile sul letto, quando sentì una corrente d’aria sfiorarle le piante dei piedi. La gelida carezza la fece sussultare: aprì gli occhi di scatto. Nonostante fosse ancora molto presto, la poca luce le accecò la vista. Di getto si portò le mani agli occhi molto sensibili: ci riuscì.

‘Non ci posso credere’ disse dentro di sé.

Era riuscita a muoversi e a vedere di nuovo. La violenza della realtà e della luce per un attimo le fece rimpiangere l’avvolgente oscurità da cui era tornata.

Riaprì di nuovo gli occhi, questa volta gradualmente, proteggendosi con le dita. Scrutò la stanza, ma era vuota.

Si mise a sedere sul letto e con non poche difficoltà si alzò in piedi: il pavimento era ancora più freddo della temperatura attorno a lei, ma non le importava. Finalmente riusciva a sentire di nuovo qualcosa.

Aveva i muscoli indolenziti, come se avesse corso per chilometri e chilometri, il che era assurdo. Per quanto tempo era rimasta su quel letto? A lei erano sembrati mesi, anni.

Dopo quella sorpresa iniziale il suo respiro iniziò a farsi regolare.

“Damon..” sussurrò quasi involontariamente, rallegrandosi poi di sentire di nuovo il suono della sua voce.

La casa era ancora avvolta nel silenzio, doveva essere davvero molto presto. Quando uscì dalla stanza notò che la temperatura della casa non era affatto fredda come lì dentro.

Scese le scale, fino ad arrivare in salotto, dove trovò Damon addormentato sulla poltrona con in braccio una bottiglia di Bourbon vuota per metà. Guardandosi intorno notò i libri antichi dei Salvatore sulla grande tavola rettangolare, segno che stavano facendo ancora ricerche.

Il vampiro ai suoi occhi sembrava un bambino mentre era avvolto nel suo sonno: certo, un bambino con un’espressione assolutamente corrucciata ed imbronciata, ma pur sempre un bambino. A quel pensiero s’intenerì: sembrava così indifeso, come quando era stato vittima di quell’incantesimo. Quando non poteva difendersi, il suo essere algido e spavaldo scompariva.

Gli si avvicinò di più, a piccoli passi, per non svegliarlo. Sapeva che ciò che stava per fare era completamente inappropriato e stupido, ma la sua mano si mosse da sola. Posò le sue lunga dita sulla guancia del vampiro e ne accarezzò lo zigomo con il pollice. Lo contemplò per qualche secondo, poi si ritrasse. Damon sentiva il suo sguardo su di lui.

“Damon?” lo chiamò piano. Nello stesso momento in cui lei pronunciò il suo nome, gli occhi di lui si spalancarono. Vederli di nuovo, dopo così tanto tempo le fece un certo effetto.

“Finalmente ti sei svegliata” disse alzandosi in piedi, contento di vederla di nuovo nel mondo dei vivi. La guardò da capo a piedi quasi volendosi assicurare che fosse tutta intera, ancora incredulo e poi continuò - Come ti senti?"

"Bene. Ho un gran freddo, ma penso di stare bene. Per quanto tempo ho dormito?”

“Sei stata incosciente per nove giorni. Non sapevamo come svegliarti."

Il vampiro la guardò con aria imbronciata, all'improvviso gli tornò in mente tutto, i rischi che aveva corso per lui.

"Perché mi guardi in quel modo?"

"Hai idea di cosa poteva succedere? Sei stata una stupida"

"Per una volta non potresti soltanto dire grazie?" sbuffò lei.

Damon la guardò truce, era ancora arrabbiato con lei nonostante fosse felice di rivederla.

"Potevi morire" abbassò lo sguardo per poi puntare gli occhi nei suoi un attimo dopo.

Quel momento fu lunghissimo, nessuno dei due sapeva cosa dire, ma in realtà era come se si stessero dicendo tutto.

"Io sto bene, guardami - disse Danaë  indicandosi - non mi è successo nulla" lo rassicurò.

"Nulla? Stavi per morire. Tu non hai visto quello che hai fatto, sei svenuta per nove giorni, nove!" si scaldò lui.

Il vampiro si alzò dalla sedia, ormai completamente sveglio. Si diresse verso il mobiletto degli alcolici e prese un bicchiere.

“Sono le cinque della mattina" disse sconcertata la ragazza.

"Non provare a cambiare argomento. Sembravi quasi morta, respiravi malissimo. Bonnie non riusciva a capire cosa avessi e quando ha cercato di curarti con la sua magia tu l'hai respinta. Non so come hai fatto, dal momento che non eri in te, ma non ci hai permesso di curarti. Bonnie ha detto che probabilmente il tuo corpo, la tua magia o che ne so, ti stava già curando dall'interno. Non ha potuto fare niente. Io non ho potuto fare niente" disse Damon sottolineando quell’ <> con irritazione, poi si versò il primo bourbon della mattina.

La ragazza seguì i suoi movimenti e ascoltò quello che aveva da dirle. Sapeva che non aveva finito, ma quella sorta di ramanzina in un certo senso la lusingava.

“Io davvero non capisco… - deglutì - Ci conosciamo appena, vengo nel tuo negozio, ti spavento a morte e tu mi salvi. Poi scopriamo che c'è una strega pazza in una cittadina dai gusti discutibili che ci vuole morti, mi lancia un incantesimo, e tu cosa fai? Mi salvi di nuovo. Perché?” chiese il vampiro guardandola insistentemente allargando le braccia per aria.

In effetti, aveva ragione: si conoscevano da pochissimo, inoltre lui l'aveva anche aggredita ancor prima di conoscerla e poi successivamente l'aveva terrorizzata nel suo negozio. Razionalmente non c'era nessun motivo per cui lei avrebbe dovuto salvarlo. Né la prima, né la seconda volta. Ma nonostante ciò l'aveva fatto ugualmente e non lo rimpiangeva. Anzi, era contenta di averlo fatto e sperava che almeno lui si sforzasse di mostrarle un po' di gratitudine.

"Non puoi semplicemente dirmi grazie? Non tutte le persone si aspettano qualcosa in cambio"

"Ah no? C'è sempre qualcosa sotto, nulla viene fatto per caso" lui strinse gli occhi tentando di decifrare il volto della ragazza.

"Ti sbagli. Vedi, ti ho detto che Damon era solo un nome. Questa è la reazione che testimonia esattamente quello che penso di te, ovvero che hai così poca fiducia nelle persone da così tanto tempo, da averle allontanate tutte"

"Come sei profonda, ragazzina. Ma da qui si vede quanto tu sia inesperta ed ingenua, prima o poi scoprirai che delle persone non ci si può fidare" disse sorridendo amaramente.

"Quando arriverà quel momento, ne riparleremo. In ogni caso non mi pento di ciò che ho fatto, anzi lo rifarei" rispose lei guardandolo con sicurezza. Lui le restituì uno sguardo stupito, per la prima volta.

La ragazza sapeva che lui nel profondo le era grato, lo aveva sentito con le sue orecchie; aveva ascoltato ogni sua parola tutte le volte che lui si era recato da lei mentre dormiva. Certo, avrebbe voluto sentirsi dire quelle parole ora, faccia a faccia. Un semplice grazie sarebbe bastato, ma per il momento poteva anche accontentarsi di quello sguardo meravigliato davanti a lei. Lasciarlo senza parole era già una grande soddisfazione.

 

L'ingresso di Stefan nella stanza interruppe la loro conversazione.

"Danaë, sei sveglia!" esclamò.

"Come se ti importasse qualcosa "insinuò suo fratello guardandolo di traverso.

La ragazza non capiva proprio perché quel vampiro dovesse essere così intricato e contraddittorio. Insomma, un attimo prima non riusciva a dare la soddisfazione di un <> mentre l’attimo dopo mostrava un chiaro rancore contro suo fratello che aveva messo a rischio la vita della ragazza. Non era meglio dire le cose come stavano senza troppi giri di parole?

"Ciao Stefan"

"Come ti senti?" chiese lui con un pò d’apprensione.

"Ripeto: come se ti importasse qualcosa" insistette Damon.

“Sto bene. Sento di essere tutta intera, non so quello che è successo, non mi ricordo molto.. però mi sento bene" lei lo ignorò.

"Sei sicura? Hai usato molta magia, molta forza…"

"Sì… All'inizio mi sentivo come svuotata, ma adesso mi sento come prima, normale"

La ragazza percepiva lo sguardo sofferente di Stefan, sapeva che probabilmente si sentiva in colpa per averla lasciata lottare. Così provo a rassicurarlo.

"Stephan - iniziò - non devi preoccuparti. Io sto bene. Se fosse stato mio fratello io avrei fatto la stessa cosa"

I due fratelli si guardarono tra loro e poi la guardarono.

"Ma allora….?” dissero in coro.

"Sì. Riuscivo sentirvi, ad ascoltarvi. Non sono stata sempre cosciente, però ho capito che c'erano stati degli attriti fra voi due. In questo momento non vi servono a niente. Dovete essere uniti e non sono certo io a dovervelo dire. Lì fuori c'è ancora una minaccia e non siamo ancora pronti" Damon la stava guardando, si chiese cosa di preciso avesse ascoltato.

"Mi dispiace - iniziò Stefan - non avrei dovuto lasciare che tu ti sacrificassi, ma voglio che tu capisca che non potevo perdere mio fratello. Spero che non ci siano incomprensioni e rancori fra noi due“

"Non ti preoccupare, non c'è alcun problema e nessun risentimento. So esattamente come stanno le cose" disse lei in un sorriso comprensivo.

"Beh… Do la buona notizia a Bonnie allora. Grazie, Danaë” rispose Stefan.

Lei fece un segno di assenso con il capo e lo guardò spostarsi nella vicina stanza mentre trafficava con il cellulare in cerca del numero di Bonnie.

Damon bevve un altro sorso di quel liquido ambrato, appoggiò il bicchiere sul tavolo e poi fece per andare in cucina.

"Non credo vorrai riposare adesso, ma forse vorrai rinfrescarti. Sai già dove trovare tutto il necessario“ disse distrattamente.

"Damon? - lo chiamò fermandolo - se te lo stessi chiedendo: ho sentito quello che dicevi" aveva dovuto trovare un bel coraggio per dire quelle parole, ma le aveva dette.

Lui ne rimase sorpreso, continuando a darle le spalle senza voltarsi o dire qualcosa.

"Non devi per forza giocare a chi tiene su la maschera più a lungo. Ormai dovresti aver capito che non voglio farti del male, non c'è bisogno di fingere che non ti importi" sapeva essere molto diretta quando voleva.

Probabilmente era leggermente arrossita, ma non le importava.

"Sono contento che tu sia viva" disse soltanto lui prima di lasciare la stanza.

 

 

Bonnie arrivo più tardi a casa Salvatore quella mattina, quando vide Danaë era così contenta che per poco non pianse. Nonostante fosse arrivata nella vita di quelle persone da così poco tempo, si sentiva non a casa, ma accettata. Protetta, in qualche modo. Le aveva fatto mille domande a cui lei non sapeva rispondere. Era tutto ancora molto confuso, frammentario e disordinato. Si sedettero alla grande tavola del soggiorno e lei iniziò ad  aggiornarla sull'incantesimo del grimorio ritrovato.

"L'incantesimo che avete trovato al motel è magia nera" disse Bonnie

"Lo avevo immaginato, ma che cosa dice? A cosa serve?"

"Sembrerebbe un incantesimo di assimilazione, un tipo di magia per cui è richiesta una grande quantità di energia ma soprattutto di destrezza e padronanza delle arti magiche. Questo presuppone che il soggetto che vuole fare l'incantesimo sia già di per sé molto forte. Quindi la strega con cui vi siete scontrati deve essere molto potente. Davvero molto potente - sottolineò Bonnie di proposito guardando Danaë - Hai idea di chi possa essere?"

"No. Non l'avevo mai vista prima e nemmeno Stefano e Damon la conoscono. Credo non sia neanche di questo Paese. Il suo accento era strano, forse gaelico"

"Quello che non capisco sono i suoi sacerdoti. Comprendo che abbia bisogno di loro per accrescere il suo potere, ma da quello che ho sentito sono davvero tanti, come in una setta. Il suo esercito personale”

”Sì, in effetti potrebbe essere una setta. Lei ha reso più volte chiaro che vuole uccidermi, suppongo che debba sacrificare me per prendere il mio potere. Le sette eseguono sacrifici, dico bene? Stanotte poi ne ho avuto l’ennesima conferma"

"Cosa intendi dire?"

Danaë sospirò.

"Poco prima di svegliarmi ho fatto un sogno. Ero piccola, mi trovavo in un cimitero, ma non è lo stesso dove ho seppellito la nonna. Ero lì con lei e mia madre, in qualche modo so che quello è stato un evento della mia vita, ma non riesco proprio a ricordare di chi fosse quel funerale. Non ricordo neanche che la mia famiglia abbia una cappella lì - rifletté -Improvvisamente poi la visione è cambiata, io ero cresciuta e la nonna era invecchiata e una voce mi ha detto che non vivrò affatto a lungo. Ho avuto il tempo di fare pochissime domande alla nonna, e lei mi ha detto che dovrò scegliere, non so tra cosa non so davvero cosa volesse dire" disse lei è ancora spaesata e pensierosa ripensando a quelle parole.

"Credo che il cimitero che hai visto sia il vecchio cimitero di Mystic Falls, anche la famiglia Salvatore ha una cappella. Può darsi che la congrega della tua famiglia aveva una cripta, dovresti andarci. Potresti trovare molta energia da un luogo dove riposano delle streghe. Magari riusciamo a scoprire qualcosa in più e a decifrare soprattutto il sogno"

“Quindi quel cimitero esiste davvero? Credevo fosse solo una mia fantasia.. E quindi credi anche che nella mia famiglia ci fossero altre streghe?”

"Certo, è l’antico cimitero dei padri fondatori. Naturalmente avrai delle antenate, Danaë. Tutte noi ne abbiamo, la nostra discendenza è lunga, le sue radici affondano nei secoli. Tua nonna non ha avuto il tempo di parlartene, ma sono sicura che troverai molte risposte in quel luogo - le spiegò Bonnie. Vedeva che la ragazza era pensierosa, più del solito - Io oggi non posso, ma sono sicura che qualcuno qui potrà accompagnartici. Ehm ehm” fece un finto colpetto di tosse per farsi sentire.

“Posso andarci anche da sola se mi dici dov’è” tentò di corromperla Danaë con scarsi risultati. Tanto aveva già perfettamente intuito come sarebbe andata a finire.

Parlando del diavolo, Damon che dall'altra stanza aveva origliato tutta la loro conversazione, entrò trionfante nel salone:

"Non se ne parla - si inserì il vampiro nella conversazione - io sono pronto, andiamo?" disse con sorriso smagliante sistemandosi il colletto della giacca di pelle.

Danaë lo guardò di traverso, ma acconsentì. Non provò neanche ad opporsi, sapeva che quella volta non l’avrebbe avuta vinta. Aveva come l’impressione che dopo la sua ultima bravata, lui non l’avrebbe più lasciata sola a combinare guai.




Note:

Grazie di cuore a tutti coloro che hanno recensito la mia storia.
Grazie anche ai lettori silenziosi.
Alla prossima! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Walking in a graveyard ***


 Walking in a graveyard


Il vecchio cimitero dei fondatori era esattamente come lo ricordava nel suo sogno, o nei suoi ricordi? Danaë non riusciva proprio a ricordare perché era stata lì, e soprattutto se c’era stata davvero.

Come promesso, Damon l’aveva accompagnata nel bosco e da lì avevano camminato un bel pò a piedi prima di raggiungere il posto. Era abbandonato da molti anni, ma ovviamente per lei era molto affascinante, come ogni cosa antica.

“Bonnie mi ha detto che anche la tua famiglia qui ha una cappella”

“Sì, la mia amata famigliola giace insieme appassionatamente in quella cripta laggiù infondo” indicò il punto, mettendoci un pò troppa enfasi.

“Fammi indovinare, eri un incompreso?” provò a dire ironicamente. Nonostante la voglia di lasciarsi andare, tendeva sempre a fermarsi un momento prima, a non esagerare, a non superare limiti che non la competevano.

Il vampiro si voltò, l’espressione statica non suggeriva nulla di buono. Tutto quello che disse fu:

“Già” scoccandole un’occhiata prima di voltarsi di nuovo.

“Senti, era per sdrammatizzare. Io non so davvero come stanno le cose. Tu, Stefan, non conosco la vostra storia e neanche ho premura di saperla se voi non volete aprirvi con me” disse tutto d’un fiato. Se c’era una cosa che non voleva che accadesse, era risultare invadente e appiccicosa.

“Perché ti interessa, ad ogni modo?” Damon era così, sempre sospettoso ed inquieto. Sembrava addirittura che dopo il risveglio di Danaë avesse fatto dei passi indietro.

“Tanto per cominciare voi sapete molto più di me che io di voi, stiamo lavorando insieme e credo che la fiducia reciproca sia importante” lui ascoltò soppesando il tutto.

“E?” Aggiunse lui.

“E poi vorrei capire perché sei sempre tanto arrabbiato”

Damon sbottò in una grassa, genuina risata che sembrò durare interi minuti. La ragazza stava iniziando a pensare di aver detto qualcosa di diverso rispetto a ciò che aveva pensato. Arrossì.

“Perché sono così arrabbiato? Ragazzina, ci vorrebbe una saga per raccontare tutto e comunque non sarebbe abbastanza esaustivo. Magari un’altra volta eh? Magari davanti a un bourbon, doppio. Per ora ti basti sapere che no, non ero affatto un incompreso. Mio padre si divertiva un mondo a picchiare me e Stefan quando eravamo dei piccoli fragili angioletti. Sono diventato un incompreso dal momento in cui non ho avuto la possibilità di ucciderlo” affermò serio voltandosi in un pericoloso sorriso verso Danaë. In quel momento aveva proprio l’aria di un maniaco fuori di testa.

“O-ok. Senz’altro vinci per chi sta messo peggio in materia <>” alzò le mani lei.

“Padre assente!” scommise il vampiro con un gesto della mano.

“Direi più inesistente, ma te la do per buona” era strano come ormai quella parola non le faceva più male come un tempo. Tutto il peso di quella enorme assenza si era lentamente dissolto negli anni. Ad un certo punto aveva capito di non avere bisogno di quella figura nella sua vita, semplicemente.

“Siamo arrivati” annunciò il vampiro.

“É lei - affermò Danaë - è identica al sogno” studiava l’antica costruzione. Poi si avvicinò alla fiancata, afferrò i rami delle rampicanti e si fece largo con le mani. La targa aveva una scritta in pietra verde che diceva ‘Moloc’. Era nel posto giusto.

“Bene, vediamo quanti topi ci sono qui dentro”

“Che schifo - disse con disgusto, poi mise il palmo della mano in direzione del cancello della cripta - Phasmatos tribum, melan veras, et vasa quisa, exu quisa” quest’ultimo si aprì, o meglio cadde rovinosamente sul terreno.

“Stai diventando brava eh? Che noia, così mi togli tutto il divertimento, l’avventura, il brivido dell’esplorazione”

“Pensavi davvero che una cripta di una congrega non avesse un sigillo a proteggerla?” era realmente stupita.

“Ok, sei intelligente e astuta, contenta?” glie la diede vinta lui spostando di lato l’ammasso di ferraglia.

“Sinceramente ho un pò paura di scoprire cosa c’è qui dentro”

“Buuuuuh” mimò il vampiro arcuando le dita della mani.

“Nel senso che non ho il migliore dei presentimenti.. Damon, e se i miei ricordi fossero stati compromessi, è possibile?” gli chiese.

“Certo è possibile, nel tuo caso molto probabile. Insomma, non ti ricordavi di questo posto, ma poi il tuo inconscio lo ha riportato indietro a te. È possibile che qualcuno te lo abbia tenuto nascosto di proposito”

“Fammi indovinare, come il mangia-cancella-scappa? Per quale motivo nascondermi un ricordo?- si chiese tra sé e sé mentre si guardava intorno - Lux” accese una piccola fiammella al centro della stanza. Ora era molto meglio.

“Perché diavolo Bon-bon non usa mai questo trucchetto? È molto più pratico che farmi portare in giro una torcia” si lamentò Damon.

“Guarda, sono tutte date molto vecchie: 1845, 1867, 1912..”

Ma chi era tutta quella gente? E perché mai non le aveva mai sentite nominare?

“Nessun nome ti è familiare?” le chiese lui.

“No.. Tranne questa Meredith, che porta lo stesso nome di mia nonna. Io non capisco.. Perché mai tutta la mia discendenza dovrebbe trovarsi in questa cripta tranne mia nonna?” sbottò innervosita.

Damon sembrò rifletterci su per qualche secondo, poi fece un giro tra i loculi per leggere i nomi.

“Fammi indovinare, tua nonna è l’unico membro della tua famiglia sepolto nel nuovo cimitero?”

“Come fai saperlo?” lo guardò stupita.

“E non ci sono state altre morti prima di quella di tua nonna Meredith, giusto?” domandò ancora.

“Non che io ricordi”

“Allora è chiaro come il sole, Naë - disse beandosi della sua intuizione - Le tue antenate sono qui perché sono streghe, una congrega rimane insieme, giusto? Ma che succede se la congrega non è unita?”

“Non ne ho idea, vieni al punto per favore?” s’infervori lei.

“A mio avviso tua nonna era destinata ad essere sepolta qui con le sue sorelle, vedi? C’è anche il loculo vuoto - indicò un buco nero in basso davanti ai suoi stivali - ma.. Prima di morire ti ha rivelato l’esistenza della magia e dei tuoi poteri, così facendo credo abbia fatto arrabbiare queste balde signorine”

“Perché mai non avrebbe dovuto dirmi dei miei poteri?”

“Beh, devo ammettere che sì, questo è strano. Ma il fatto che tua nonna non sia qui con le altre sono sicuro che abbia a che fare con te” disse indicandola con fare curioso. Le si avvicinò girandole intorno, osservandola come si fa con una bestia rara in gabbia.

Danaë lo guardava e di rimando si voltava quando perdeva il contatto visivo.

“Tu non sei una semplice strega, sei una banshee, una vila, chi più ne ha più ne metta. Riesci a fare cose mai viste prima, ad usare l’espressione senza morirne e per di più qualcuno vuole ucciderti perché vuole il tuo potere..”

“E te” aggiunse lei.

“Come?” chiese Damon perdendo il filo del suo discorso.

“La strega vuole anche te” precisò di nuovo la ragazza. Lui non vi badò.

“Secondo me la tua famigliola di streghette non voleva che tu scoprissi la tua vera natura, tua nonna gli è andata contro e puff.. il suo loculo è rimasto vuoto. Devo dire che però la vecchia Meredith ci ha guadagnato, il nuovo cimitero ha molti più comfort, illuminazione notturna. Ora che ci penso è molto difficile non essere scoperti..” divagò Damon.

“È una cosa orribile. Chi mai farebbe questo ad una persona che sta per morire, negarle di riposare dove le spetta?” disse con rabbia.

“È davvero questo che ti preoccupa realmente? Danaë tu sei pericolosa” le disse guardandola negli occhi, la prima volta dopo tanto tempo. Le strinse le braccia all’altezza delle spalle e aggiunse:

“Sai fare cose che non ho mai visto fare a nessuno, neanche Bonnie nei suoi momenti più creepy riesce ad essere tanto agghiacciante. Devi stare attenta”

Danaë era totalmente rapita da ciò che stava dicendo, ora se ne rendeva conto. Il fatto è che era successo tutto così velocemente che aveva dovuto abituarsi in fretta ad essere il fenomeno da baraccone, quella di cui non si sa nulla. Dopotutto, conosceva la magia da pochissimo tempo, e per accettarla aveva impiegato davvero molto. Aveva dovuto capire che quella era una parte di sé e accettarla. Ora aveva capito che tutto questo era una parte molto pericolosa della sua vita e avrebbe mentito a se stessa fingendo di non esserne spaventata.

“Non voglio essere un mostro” confessò lei.

Il vampiro inarcò le sopracciglia.

“Mi hai salvato la vita, ti assicuro che non sei affatto un mostro”

“Questi poteri che ho, l’espressione.. Tutti voi ne parlate come se fossero il male assoluto. Io non so se posso controllarli”

“Puoi farlo, ci sei già riuscita una volta” cercò di rassicurarla.

“Ti sbagli - Danaë abbassò lo sguardo - quando ho risucchiato quell’incantesimo fuori da te, non so quanto di me è riuscita a controllarlo effettivamente e quanto esso abbia controllato me a sua volta. Era come se già conoscesse come farsi strada dentro di me.. Ed io ho una paura fottuta dal momento che non so perché diavolo sono riuscita ad usare un tipo di magia che non conoscevo!”

“Beh, mia dolce Regan, ognuno di noi è almeno un pò malvagio. Non devi per forza sognare di squartare scoiattoli da bambina o essere me per essere cattiva. È l’ossimoro onnipresente, come lo Yin e lo Yang, il bene e il male sono complementari in ogni essere vivente. È una cosa in cui credo fermamente”

“Non posso che essere d’accordo con te, d’altra parte è evidente che io lo sia. Devo essere sincera: quando tu e Stefan eravate a terra in quel parcheggio, non riuscivo a pensare ad altro se non a quale fosse il modo migliore d’infliggere dolore ai sacerdoti e alla strega” confessò sconsolata.

Damon sorrise compiaciuto.

“Cos’è, volevi essere dei buoni? Il lato oscuro non è poi così male, te lo assicuro”

“Io sono dei buoni! Certo, non ho mai detto di essere una santa, ma l’espressione non mi piace. Spero di non doverla usare mai più..”

“Ti conviene ragazzina, anche perché la prossima volta ti chiuderò letteralmente nei sotterranei se proverai di nuovo ad usarla. Oppure in questa cripta” disse serio.

A quel punto lei gli si avvicinò con un sorriso sghembo e aria di sfida, quasi a schernirlo.

“Credi davvero di avere qualche possibilità contro di me? Se avessi saputo prima di cosa potevo essere capace, quella notte non ti avrei permesso quasi di uccidermi”

“Quella notte.. - ricordò il vampiro - quella notte tu volevi morire. Non mi hai mai detto perché”

“Cosa te lo fa pensare?” gli domandò Danaë.

“L’ho letto nei tuoi occhi, eri persa. Completamente” si stavano guardando intensamente, ognuno impegnato a non far cadere maschere, non lasciar trasparire emozioni di alcun tipo.

“Sono ancora persa. Questo non significa che avrei voluto morire”

“Sarà, ma non ti credo”

“Pensala come vuoi, Damon” concluse lei voltandosi.

 

Il vampiro continuò a guardare le sue spalle mentre si spostavano per la cripta lugubre e piena di ragnatele ovunque. Doveva ammettere che era un osso duro. Posò gli occhi sui suoi capelli, in particolare sulla ciocca che aveva perso tutto il pigmento del suo colore naturale diventando bianca. Più la guardava e più si rendeva conto di quanto lei fosse incredibile, una forza della natura. Potente, bellissima.

Sapeva anche però che poteva farsi molto, molto male. Se c’era una cosa che aveva imparato in tutti quegli anni, era che chi possedeva troppo potere era irrimediabilmente in pericolo.

 

“Prima non stavo scherzando - disse sommessamente Damon - dovrai stare attenta”

“Lo sarò” disse lei con gratitudine.

Si guardarono di nuovo. Erano in sintonia, il tipo di sintonia che lascia che siano gli sguardi a parlare, per cui imbarazzanti parole non sono necessarie.

“E poi ci sarai tu a proteggermi, non è vero?” lo provocò con tono ironico.

“Esatto” confermò lui stando al suo gioco.

 

Sapevano perfettamente di poter fare affidamento l’uno sull’altra. Non importava quando Danaë fosse più forte di Damon in realtà. Lui l’avrebbe protetta, anche se non ce n’era alcuna necessità, anche solo per farle dispetto. Lei lo avrebbe protetto perché così le comandava il suo cuore, che si faceva sempre più ingombrante sotto quelle costole.

E non c’era bisogno di alcun grazie per sancire quel tacito accordo, sapevano che potevano contare l’una sull’altro e questo bastava.

 

“Damon, guarda” Danaë lo distrasse dai suoi pensieri.

Gli stava indicando il loculo proprio vicino a quello vuoto, segno che sicuramente chiunque vi fosse seppellito probabilmente era morto prima della vecchia Meredith.

“Tamara Moloc, deceduta nel 1998”

“Moloc, questo è il tuo cognome?” chiese lui sentendo il curioso cognome.

“Sì, l’ho cambiato molto tempo fa, rinunciando a quello di mio padre. Viene dalla parola malachite, una pietra”

“Verde per caso?” chiese ancora più curioso Damon.

“Sì, è una pietra di trasformazione. Perché?” gli domandò.

“Curiosità. Se la memoria non m’inganna tua nonna era solita portare al collo una collana con una pietra verde” si sforzò.

“É esatto - confermò Danaë - Eri suo amico? Non mi sorprenderebbe che tu la conoscessi”

“Amico.. Diciamo che nel corso degli anni le ho chiesto due, forse tre favori. Sai, qui a Mystic Falls ce n’è sempre una nuova”

“Capisco. E le stavi simpatico?”

“Di solito alle streghe noi vampiri non piacciamo molto..” iniziò.

“Quindi tu piaci ancor meno dei normali vampiri.. Spero tu non le abbia mai fatto del male, per il tuo bene” lo guardò torva, avendo sentito raccontare in giro dei suoi metodi di negoziazione non troppo delicati.

“Parola di scout, ho sempre fatto il bravo vampiro” disse mettendosi una mano sulla fronte.

“Spero per te che questa sia la verità. Comunque, questa Tamara ha all’incirca l’età di mia madre, potrebbe essere mia zia” rifletté lei.

“Purtroppo su questo punto non posso esserti molto d’aiuto, ma sono sicuro che Stefan ricorderà la tua famiglia. La sua testa è come una specie di schedario, conosce almeno il nome di ogni individuo di questa città. Non dirlo in giro, ma tra i due è lui il vero maniaco”

Danaë rise divertita.

“Sto finalmente iniziando a capire chi dei due fratelli è il caos - sottolineò guardando il vampiro davanti a sé - e chi la pace”

“Yin e Yang, te l’ho detto. Ora torniamo a casa, chiediamo al mio fratellino di fare mente locale e con un pò di fortuna forse Bonnie potrebbe anche riuscire a sbloccare i tuoi ricordi”

“Lo spero” disse seguendolo fuori dalla cappella. La luce li investì prepotentemente riportandoli nella realtà. Fece un profondo respiro, lì dentro l’aria era rarefatta, si sentiva che nessuno vi entrava da molto tempo. Poi si voltò a guardarla di nuovo: per quanto fosse piccola, la cappella sembrava imponente, con le sue pietra larghe e ruvide a proteggerla.

“È strano non sapere da dove si viene, che posto occupiamo nel mondo. Una volta credevo di saperlo, ma ora?”

Il vampiro la guardò comprensivo. Lei gli dava le spalle, mentre stringendosi fra le sue stesse braccia diceva quel pensiero ad alta voce.

Anche se non riusciva a vedere il suo sguardo, gli sembrò di nuovo un’anima persa, proprio come la prima volta che l’aveva incontrata.

Damon tornò sui suoi passi sul sentiero di aghi di pino, si tolse la giacca di pelle e le si avvicinò posandogliela cautamente sulle spalle. Poi le sollevò i capelli da sotto il capo e glie li adagiò sulla schiena.

Danaë voltò il capo, i loro occhi erano molto vicini: da quella distanza non potevi mentire, potevi solo essere te stesso.

“So che probabilmente questa non sarà una cosa che farai con piacere, ma forse è arrivato il momento di rintracciare tua madre”

Gli occhi della ragazza s’indurirono.

“Lei non serve a niente qui. La nonna mi ha detto che ha rinunciato alla magia tanto tempo fa”

“Ammettendo che questa sia davvero la verità, tua madre è in ogni caso l’unica persona in grado di dirti di più su tutta questa storia. Potrebbe farti sentire meno persa, Danaë. Ma questo lo sai anche tu, non è vero?” le chiese retoricamente.

 

La ragazza strinse a sé il giubbotto.

Damon aveva ragione e questo la irritava tremendamente.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Dissolve nodi ***


 Dissolve nodi


Danaë scoprì che Tamara era sua zia, Stefan glie lo confermò. Da quello che lui ricordava, pareva vivesse insieme a sua nonna, un motivo in più per cui la ragazza avrebbe dovuto ricordarla. Tutto pareva portarla alla conclusione che qualcuno avesse davvero manipolato la sua mente. Lo avevano fatto per proteggerla, o per proteggere loro stessi? Più passava il tempo e più pensava d’essere uno scherzo della natura, un mostro.

 

“Vi ricordo che se la compulsione è stata fatta da un vampiro, non posso invertire il processo”

“Perché?” chiese la ragazza a Bonnie.

“Perché è una magia di un altro essere soprannaturale, avresti bisogno di quel vampiro e nessun altro. Essendo una strega, posso solo annullare il soggiogamento di un altra strega, o almeno provarci. Non voglio tu ti faccia false speranze però, potrei anche non riuscirci”

“Ha a che fare con la tua pausa dalla magia”

“Non praticarla sicuramente non ha giovato alla mia forza, però non dipende solo da questo”

“Mi spiace aver distrutto gli equilibri di questa cittadina, della tua vita” confessò Danaë.

“Non è colpa tua, sarebbe successo comunque qualcosa prima poi. La calma non può durare troppo” sorrise Bonnie amaramente. In tutti quegli anni il suo unico pensiero era stato tenere al sicuro il suo segreto con il suo fidanzato, ora stava seriamente preoccupandosi più per quella vita che sicuramente avrebbe ingiustamente stravolto e messo in pericolo.

 

“Sono pronta”

Le due si sedettero al centro della stanza e congiunsero le mani.

“Plasmatos mentem reficit. Lumen redit - ripetè Bonnie più volte - Senti qualcosa?”

Danaë si concentrò maggiormente, in ascolto.

“Niente” rispose.

“Phasmatos mentem deficit. Lumen redit. Memoriam eius restituet” incalzò Bonnie.

“È stata una strega?” s’informò Damon che nel frattempo era entrato nella stanza.

“Sì”

“Allora perché non funziona?”

Bonnie sbuffò, si stava deconcentrando.

“Credo siano state più streghe a modificare i suoi ricordi”

“Riproviamo, Bonnie” disse Danaë decisa a scoprire cosa c’era nella sua testa. Non voleva perdere neanche un attimo.

 

Bonnie ripeté la formula per molto tempo: solo dopo un’ora riuscì a farsi strada nei meandri della mente della banshee. Si capiva perché aveva smesso di pronunciare la formula.

“Ci sono - annunciò agli altri due - Danaë, rilassati. Cerca di non pensare a niente”

Lei annuì senza dire nulla. Poi la strega continuò.

“Dissolve nodi. Phasmatos, dissolve nodi”

“Non ce la faremo mai” si lamentò Damon gettandosi all’indietro sul divano rosso.

“Sta zitto - gli intimò Bonnie mentre ripeteva la nuova formula - Dissolve nodi”

Finalmente qualcosa accadde. Danaë interruppe il contatto con Bonnie portandosi le mani alle tempie: la testa le scoppiava, era come avere un terremoto nel cervello. Si sforzò di non urlare, altrimenti sapeva che avrebbe di nuovo polverizzato ogni finestra nelle vicinanze.

Il flusso di ricordi la investì come un treno in corsa, tratteneva a stento le lacrime. Vide rapidi frammenti di ricordi: il funerale, sua zia mentre era ancora viva, dei cozzi sparsi su un pavimento di legno, una forte luce bianca, tre donne dai volti familiari che confabulavano attorno a un tavolo, un uomo che le porgeva una bambola di pezza. Le immagini si susseguivano una dietro l’altra senza darle il tempo di cogliere i dettagli. Poi il vortice si fermò su un ultimo ricordo.

‘Dobbiamo farlo’ disse una donna che somigliava molto a sua madre. ’Presto o tardi lo scoprirà da sola. La premonizione potrebbe anche non avverarsi’ diceva la nonna. ‘Mamma, sai che non è possibile. Ha già manifestato i suoi poteri. É estremamente pericoloso’. Sua nonna continuava a guardare quella donna davanti a lei, con l’aria di una che la sapeva lunga, ma che non voleva darle ragione a tutti i costi. Stava cercando di proteggerla. ‘Lei lo scoprirà. Inoltre, non è possibile cambiare quello che già è. Io vi ho avvertite’ ribatté l’anziana alzandosi e andando via. A quel punto le due figure rimaste sedute si accorsero della mia presenza: i loro occhi erano spaventati, non riuscivano a nascondere l’incertezza, la preoccupazione ed il senso di colpa.

Il ricordo finì e la ragazza riaprì gli occhi; prese grandi respiri per calmarsi. Recuperare la memoria tutta insieme era stato doloroso, sentiva la testa andare in fiamme, forse aveva anche la febbre. Per quanto breve era stato rivivere una parte infinitesimale della sua vita, ora si sentiva densa d’informazioni da rielaborare, mettere in ordine. Doveva dare un senso a tutto, riempire le lacune.

 

“Ehi - le si accovacciò vicino Damon mettendole una mano sulla spalla - tutto ok?”

“Sì.. - rispose mentre si tranquillizzava - Damon, avevi ragione. È stata la mia famiglia a farmi questo”

Il vampiro sorrise amaramente, avrebbe voluto avere torto.

“Perché ti hanno cancellato la memoria?” chiese Bonnie, anch’ella si stava riprendendo. Era stato faticoso arrivare al punto.

“Ho visto mia madre, mia nonna e quella che doveva essere mia zia Tamara parlare dei miei poteri che si erano fatti avanti. Avevano paura che mi accadesse qualcosa. Ma mia nonna era contraria, suppongo che è per questo che dopo tanti anni ha infranto quella sorta di patto e mi ha rivelato tutto. Avevi visto lungo..” si riferì al vampiro.

“E poi, cos’altro hai visto?”

“In verità non molto.. Mi sono ricordata i momenti in cui i poteri si erano manifestati, tra l’altro credo in maniera totalmente casuale. Poi ho rivissuto il ricordo del cimitero” tenne per sé la sagoma di quell’uomo sconosciuto. Probabilmente si trattava di suo padre.

Bonnie e Damon si guardarono, poi la strega annuì e li lasciò soli nel salone.

Danaë si massaggiò le tempie, era davvero un dolore atroce. Si chiedeva quando sarebbe cessato, perché non ne poteva più.

“Tieni - disse Damon mordendosi il polso - dalla faccia che hai credo che ricominceresti a urlare se non starai subito meglio, e non voglio cambiare di nuovo tutti i vetri delle finestre”

Danaë non ce la faceva più e decise di non opporre resistenza e lasciarsi aiutare. Si avventò sul polso e bevve quel liquido denso. Di nuovo quel gesto così intimo ed essenziale. Sentiva la pelle fredda a contatto con le labbra, il fluire del sangue dentro la sua bocca stava già sortendo l’effetto desiderato. Alzò lo sguardo da sotto alle sue folte ciglia e si ritrovò a pochi centimetri dal viso del vampiro, che intanto stava annotando ogni sua mossa, soddisfatto di avere il potere di aiutarla. Damon le teneva una mano sulla nuca, come a sorreggerla, mentre lentamente le accarezzava i capelli osservandola bere il suo sangue. Non l’avrebbe mai ammesso a se stesso: era rapito da quella donna. Ogni volta che la guardava si sentiva sempre più vicino e vulnerabile.

Ancora pochi secondi e Danaë si allontanò dal polso di Damon asciugandosi un rivolo di sangue sfuggito dall’angolo della bocca.

“Grazie” disse.

“Non c’è di che” rispose mentre sul suo viso un’enorme soddisfazione si faceva largo.

“Ti piace da morire questa sensazione di potere, vero?” gli chiese Danaë.

“Oh, non sai quanto Naë”

“Non ti ci abituare” disse lei fingendosi seria, poi si avvicinò alla libreria che circondava la stanza. Doveva mettere un pò di distanza tra loro, o si sarebbe accorto di quanto quel contatto di poco prima le fosse piaciuto. S’impose autocontrollo e disciplina, respirando e facendo decelerare il battito del suo cuore.

“Cosa stai cercando?” chiese prontamente Damon.

“Un libro che mi dica come decifrare la lingua antica che Bonnie non è riuscita a tradurre”

“La pagina di grimorio? Beh dubito che la troverai qui”

“Non c’è nulla neanche su quella tizia, Hadassah, il primo ibrido?”

“Forse.. Ascolta, ma hai provato a leggere quella lingua tu stessa?”

“Bonnie ha detto che è una lingua antica centinaia di anni, come vuoi che sia in grado di decifrarla?”

“Ho visto così tante cose che non hanno senso, che onestamente non mi stupirebbe se tu ci riuscissi davvero”

Danaë lo guardò indecisa incrociando le braccia. Se Damon aveva ragione, quello sarebbe stato davvero il momento di avere paura.

“Fanculo. Mi sento come nel film L’Esorcista” disse la ragazza trascinandosi controvoglia di nuovo verso il tavolo.

“Dai, ormai non puoi farmi venire la pelle d’oca più di così. C’è un limite a tutto” rise il vampiro versandosi un bourbon.

Danaë trafficò con i volumi finché non trovò la pagina bruciata sotto uno di questi.

“Al-akameb sither ka. Alka ipse ikmer. Sesjìhat ik dabam ehkbet sahkem.. Guarda con gli occhi della mente. Ruba il respiro. Che l’anima di chi canta entri in te e si suggelli in te..” le tremava la voce.

“Porc.. Oh, per la miseria!” sgranò gli occhi Damon.

“Tutto questo è assurdo” disse afflitta appoggiandosi al tavolo.

“Non per fare il guastafeste, ma è arrivato il momento di alzare il telefono e chiamare tua madre”

E ancora una volta, Damon aveva ragione.






Note:

Ringrazio davvero di cuore tutti i lettori e coloro che commentano!
Alla prossima

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Impulsive need ***


 Impulsive need


Comporre quel numero ed alzare la cornetta era stato l’equivalente di correre un’intera maratona. Non era mai neanche andata in quella parte della rubrica del cellulare: Claire. Era molto più semplice chiamarla con un nome distaccato che usare l’intimo appellativo ‘mamma’.

Non aveva neanche avuto molta fortuna quando aveva provato a chiamarla: dopo la seconda telefonata a vuoto le aveva scritto un sms.

 

’Ne dubito, ma se ti interessa vedermi prima che mi succeda qualcosa ti conviene tornare a casa. Sono dai Salvatore.

-Danaë’

 

Non rimpiangeva la sua glacialità, anzi si era trattenuta. Forse aveva esagerato con la storia di essere in pericolo, ma sapeva che farla preoccupare era l’unico modo per farla accorrere subito. D’altronde non avevano molto tempo e lei doveva sapere chi era, non c’era più tempo per vivere in una bugia.

 

Così, quando Claire aveva suonato il campanello di casa Salvatore, Danaë rivide sua madre dopo molto tempo. Non era neanche tornata per la morte della nonna. Dire che la considerava una persona orribile era riduttivo.

 

“Danaë, come stai?” chiese apprensivamente sua madre.

Claire era una donna sulla quarantina: alta e dai capelli castano chiaro. C’era qualcosa di Danaë in lei, ma non troppo.

La ragazza s’impose di restare calma, almeno quella volta.

“Sono viva, come vedi”

La donna solo dopo averla esaminata da capo a piedi per averne conferma sembrò notare i due fratelli alle spalle della ragazza”

“Che ci fai con due vampiri?”

“Il negozio è andato bruciato, con quello anche la casa. Loro sono stati gli unici ad offrirmi gentilmente un posto dove stare. Loro sono Stefan e Damon” li presentò.

“So benissimo chi sono. Come diavolo è successo?” chiese alzando la voce.

“Hanno cercato di uccidermi, pensavo che a questo punto avessi fatto due più due”

“Danaë ti prego, fa entrare in casa tua madre - propose Stefan in un sorriso - piacere di conoscerla” le allungò la mano in segno di pace, ma lei non ricambiò il gesto. Damon non ci provò neanche.

 

Si spostarono nel grande salone e mentre quest’ultimo prendeva da bere, gli altri si accomodarono sul divano rosso.

 

“Vuoi dirmi che cosa sta succedendo?”

“Ho scoperto tutto, Claire” disse Danaë con risentimento. A Damon non sfuggì che la figlia avesse chiamato la madre per nome.

“Tua nonna ti si è rivelata quindi.. Sapevo che prima o poi l’avrebbe fatto”

“Intendo dire che so tutto, anche dei ricordi che tu e tua sorella Tamara mi avete costretto a dimenticare”

“Ricordi Tamara?” chiese stupita.

“Sì, è stato solo grazie ad una Bennett che sono riuscita a riavere i miei ricordi”

“Immagino sia stata la nipote di Sheila, Bonnie Bennett”

“Esatto, lei è una strega molto potente. Sto imparando un sacco di cose grazie alla sua guida”

“Non potente quanto te però. Immagino te ne sarai accorta”

“È proprio di questo che dobbiamo parlare. Voglio sapere che cosa sono di preciso, qual’è il mio ruolo in tutto questo”

Claire sospirò cambiando posizione sul divano. Afferrò un bicchiere dal tavolino e iniziò a rigirarlo tra le mani.

“Credo sia arrivato il momento, anche perché ormai non c’è più nulla in mio potere che io possa fare per cambiare le cose”

“Sapevi che prima o poi l’avrei scoperto. Come potevi anche solo pensare di tenermi lontana da una parte di me?” disse dura Danaë.

“Credimi, è stato meglio così. E se tua nonna avesse tenuto la bocca chiusa, a quest’ora non saresti in pericolo. Ma ovviamente, mia madre doveva pur uscire di scena con una qualche tragedia”

“Arriva al dunque, e lascia stare l’unica persona sincera che ricordi con piacere. Lei mi ha messo al corrente dei miei poteri perché voleva proteggermi, al contrario di te” le parole della ragazza tagliavano più di una lama affilata.

“Non sai quanto ti sbagli - disse sua madre affilando lo sguardo, poi iniziò - Quando eri piccola cominciasti a fare delle cose.. Essendo una congrega sapevamo bene che prima o poi la magia in te si sarebbe attivata. Quello che non sapevamo però era che spostare oggetti e dargli fuoco non erano le uniche cose che riuscivi a fare” fece una pausa, bevve il primo sorso del suo drink e lasciò che le infiammò la gola. Poi continuò.

“Una volta una bambina ti fece talmente arrabbiare che tu iniziasti ad urlare, facendola scoppiare in lacrime. Ti portai a casa, ma mentre eravamo in auto tu riprendesti ad urlare mandando in frantumi tutti i vetri nelle vicinanze. Immagina la mia sorpresa”

“E la luce, quando avete scoperto che ero un ibrido?”

“Successe pochi mesi dopo.. Ti studiavamo in ogni piccola cosa che facevi, ma non lo abbiamo capito fino a che un giorno abbiamo visto la luce uscire dal tuo corpo”

“E così avete pensato bene di farmi il lavaggio del cervello?”

“Tu non capisci! Non riuscivi a controllare i tuoi poteri, abbiamo dovuto ritirarti da scuola e reprimere la magia in te. Cancellandone ogni traccia ti abbiamo protetta, è per questo che adesso per te usare la magia richiede il doppio del tempo e della dedizione” provò a spiegare sua madre.

“Nemico pubblico numero uno, wow” ironizzò irritata.

“Calma, calma! - si frappose Damon - Perché lei è così pericolosa?” chiese alla donna.

“Perché lei è un ibrido. Non è né solo una strega, né solo una banshee. È anche una vila, una ninfa, come le conoscono nel nuovo mondo. Ma i poteri benevoli della sua parte di ninfa non bastano a contrastare gli altri”

“Vuoi dire che sono malevoli?” chiese Stefan.

“No. Non del tutto almeno. Un ibrido come Danaë non camminava su questa terra da centinaia di anni, il suo potere è molto raro. Lei è in grado di fare cose che per le altre streghe sono impensabili”

“Ha salvato la vita di Damon non molto tempo fa” la informò Stefan.

“Hai usato l’espressione?” chiese Claire a sua figlia accorgendosi solo allora della ciocca di capelli bianchi.

“Sì” disse lei monosillabica.

“Non avresti dovuto”

“È quello che ho detto anch’io” confermò Damon socchiudendo gli occhi.

“Usare l’espressione ha sempre un costo, questo te lo ha insegnato la tua amica Bonnie?”

“Bonnie non ha alcuna colpa, non mi aveva insegnato nulla su quel tipo di magia. È stata l’espressione a trovarmi” specificò Danaë.

“Allora è peggio di quanto pensassi” disse spaventata sua madre squadrandola.

La ragazza la guardò per qualche secondo e poi capì.

“Tu hai paura di me - disse convinta - è per questo che mi hai tenuto tutto nascosto”

“No. Ti sbagli”

“E invece no, ho perfettamente ragione. Ti si legge in faccia, tu hai paura. Se così non fosse, non te ne saresti andata tutti questi anni, saresti tornata per il funerale della nonna.. devo andare avanti?” sputò con rabbia la ragazza. Finalmente tutti i nodi venivano al pettine.

Damon non osò interrompere quel dramma familiare, ma preferì assistervi in silenzio. Soffermandosi più del dovuto su Danaë vide tutto quel dolore taciuto e represso specchiato nei suoi occhi. Erano arrossati, scombussolati dall’interno.

“Ti abbiamo tolto la magia affinché nessuno potesse trovarti. Perché ti troveranno Danaë, stanne pur certa e adesso nessuno di noi ha il potere di proteggerti”

“Mi hanno già trovata”

“Chi è?” domandò la donna.

“Una strega, ma posso batterla” si sbrigò a dire la ragazza.

“Sei giovane e inesperta, non padroneggi il tuo potere. Non puoi farcela” disse freddamente.

“E questo indovina grazie a chi?”

“Fammi indovinare, la strega che vuole ucciderti è bruna, dai tratti orientali, giusto?”

“Sì, la conosci?” chiese Stefan visibilmente preoccupato.

“Come immaginavo - disse con saccenza - È Ahkmara ed è una strega molto vecchia e potente”

“Come fai a conoscerla?” volle sapere Damon.

“Immagino avrete letto del primo ibrido..” disse, riferendosi ai numerosi volumi che occupavano l’intero tavolo della sala da pranzo.

“Sì, Hadassah”

“No. Hadassah non è stata il primo ibrido. Questa maledizione, perché ammettiamolo di una maledizione si parla, risale a tempi molto più antichi. Un tempo c’erano molti più ibridi: Mesopotamia, Egitto, Armenia, Asia.. Ma da quando Ahkmara fece la sua comparsa non ve ne è più di uno contemporaneamente. Di tanto in tanto un nuovo ibrido nasce, ma non fa in tempo neanche ad arrivare alla maggiore età. Fu Ahkmara ad uccidere Hadassah” spiegò Claire.

Tutti e tre ascoltarono con attenzione il racconto della donna. Poi Danaë spezzò il silenzio.

“Come la uccise?” chiese abbassando lo sguardo.

“Ahkmara ha sempre bisogno della sua vittima ibrida per compiere l’antico incantesimo di assimilazione, perchè solo l’ibrido riesce a capire quella lingua. In breve, lei assorbì il suo potere.. Dagli occhi, dalla bocca, dagli organi vitali. Infine la pugnalò. Un ibrido, una volta presogli tutto il potere, si essicca diventando immediatamente polvere”

“Ma perché questa Ahkmara ha bisogno  del potere degli ibridi?”

“Vuole vivere in eterno e il solo modo che ha è sottrarre potere agli altri. Non lo fa solo con gli ibridi, ma con tutte le creature magiche, ne ha bisogno. Ormai è talmente vecchia che se non facesse altrimenti non potrebbe continuare a vivere”

“Bene, come la uccidiamo?” chiese impaziente Damon con uno scintillio negli occhi.

“Ho paura che le mie conoscenze non includano questa preziosa informazione. Io e la mia famiglia abbiamo cercato per anni di trovare una soluzione, il modo di ucciderla, ma non ci siamo mai riuscite”

L’entusiasmo del vampiro si spense subito.

“Perfetto” Danaë si alzò dal divano.

“Danaë, troveremo una soluzione - cercò di rincuorarla Stefan - Continueremo a cercare”

“No, non la troverete”

“Beh, Claire dovrebbero davvero darti il premio per migliore madre dell’anno” sbraitò Damon.

“Sto solo affrontando la realtà. Non potete minimamente pensare di battere una strega come Ahkmara, aprite gli occhi!”

“E cosa dovremmo fare, rassegnarci all’idea che uccida tua figlia?” le urlò Damon a pochi centimetri dal viso.

Danaë stava osservando la scena ancora seduta sul divano, era impressionante la furia nello sguardo di Damon. Sembrava che gli occhi stessero per uscirgli dalle orbite, le vene del collo si distinguevano chiaramente mentre si agitava. Non lo aveva mai visto così e ammise che per un attimo le fece paura. Lo ringraziò mentalmente, perché le parole che lui aveva appena urlato contro sua madre erano esattamente quelle che in quel momento le morivano in gola. Ricacciò indietro le lacrime.

“Damon calmati - disse la voce riflessiva di suo fratello, poi si rivolse a Claire - Tu cosa proponi di fare?”

La donna si allontanò dal vampiro, ancora ansimante e con lo sguardo pieno d’odio. Rivolse il suo sguardo verso la figlia.

“Scappa. Non usare mai più i tuoi poteri e scappa il più lontano da Mystic Falls”

“E questa sarebbe la tua idea del cavolo?” Damon sbottò di nuovo.

“Dovrai continuare a cambiare nascondiglio per tutta la tua vita e non voltarti mai indietro - continuò seria la donna guardando sua figlia negli occhi - Questa è l’unica soluzione che potrebbe funzionare. Se ti scontrerai con Ahkmara morirai, Danaë” concluse tristemente.

“Basta, non voglio ascoltarti. Se credi che questa sia la soluzione che adotterò allora non mi conosci per niente, mamma” disse con l’amaro in bocca sottolineando quell’ultima parola.

“Non c’è altro modo, tesoro”

“Va via” sibilò Danaë. Poi, senza aspettare che sua madre andasse via, si allontanò velocemente dal salone, rintanandosi in quella che ora era la sua camera.

 

Mentre Stefan accompagnava Claire alla porta conversando, suo fratello salì al piano di sopra.

Ancora non si riusciva a rendersi capace di quanto poco quella donna avesse a cuore sua figlia. Le aveva detto di andarsene e lei se ne stava andando, senza lottare per lei.

Arrivò alla camera da letto e vedendo la porta socchiusa, batti due tocchi.

Spiò al suo interno e vide Danaë asciugarsi il viso, gli dava le spalle.

“Naë.. - non sapeva bene come fare in queste situazioni delicate, ma voleva consolarla - troveremo una soluzione”

Il vampiro cercava di non invadere il suo spazio e rispettarla. Non voleva spingersi oltre con lei, non era giusto.

La ragazza non rispose, continuò a singhiozzare. La sua schiena tremava, ma stavolta non aveva freddo. Anzi, lacrime calde, caldissime non la volevano smettere di scendere.

Damon fece qualche passo verso di lei avvicinandosi con cautela. Era così fragile, indifesa. In quel momento davanti a lui non c’era l’ibrido potentissimo, ma solo una ragazza normale che soffriva per un banale essere umano. Le strinse il palmo della mano su una spalla, sperando di consolarla in qualche modo.

“Mi dispiace.. Tua madre non avrebbe dovuto dirti quelle cose”

“La verità è che sono così ripugnante che mia madre ha paura di me” disse con voce spezzata.

“Sono sicuro che non abbia paura di te. Ha solo un modo contorto di proteggerti”

“Non le importa davvero, vuole salvare solo se stessa. Ora mi sono chiare molte cose..” sussurrò.

Damon le si avvicinò ulteriormente, e spinto da un irrefrenabile istinto protettivo la avvolse tra le sue braccia, abbracciandola. Il suo petto aderiva alla schiena di lei, scossa da profondi singhiozzi. Non l’aveva mai vista piangere, in quel modo poi. La sua compostezza in quel momento era andata a farsi benedire, ogni sua difesa si era sgretolata. Danaë decise di lasciarlo entrare, di lasciargli intravedere la sua anima tormentata e maneggiare il suo cuore insanguinato. Si voltò senza neanche guardare Damon negli occhi, non ce la faceva, e sprofondò tra quelle braccia così sconfinate e sicure stringendolo a sè. Si stava fidando. Si vergognava terribilmente di se stessa in quel frangente, ma non aveva voglia di far altro se non essere capita.

“Shh..” le sussurrò all’orecchio stringendola di più. Il vampiro non ebbe neanche il tempo di stupirsi di quella reazione perché si rese subito conto di quanto essa fosse assolutamente naturale, quasi necessaria.

L’indole di proteggerla non era qualcosa che poteva comandare a suo piacimento; doveva proteggerla e basta. Non si ammettevano repliche.

“Andrà tutto bene, te lo prometto” la cullò dolcemente bisbigliandole quelle parole.

 

Ci avrebbe pensato lui e lo avrebbe fatto al più presto.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Grazie mille per tutte le vostre preziose recensioni.

Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi, alla prossima! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Samhain ***


 Samhain

“Damon, allora vuoi dirmi dove stiamo andando?” chiese Danaë sistemandosi meglio sul sedile dell’auto.

“Mh.. ti preferivo quando dormivi”

“Stai guidando da ore ormai, oggi mi hai letteralmente gettato giù dal letto e non so se lo sai, ma non apprezzo chi mi sveglia nel cuore della notte”

“Erano le cinque, mugolona che non sei altro”

“Esatto, notte, come ho detto io. Dai, almeno un indizio”

Il vampiro sbuffò volgendo gli occhi al cielo.

“È un posto dove troverò tanto da bere”

“Ah-ah divertente, praticamente potrebbe essere ovunque”

“Tanto prima o poi lo capirai da sola”

Damon alzò il volume della radio, che in quel momento proponeva un pezzo grunge, tenendo il ritmo con le dita sul volante.

“Ti prego, non dirmi che eri a Seattle negli anni ’90!” disse la ragazza voltandosi verso di lui malinconica.

Damon ghignò e fece di sì con la testa.

 

<

Even though I'm drinking

I can't get any lower

Still I feel I'm sinking>>

 

Danaë canticchiava a voce bassa guardando fuori dal finestrino. Le campagne si estendevano a perdita d’occhio davanti a lei. Ora che ci rifletteva, era da una vita che non faceva un viaggio in auto e soprattutto che si divertiva. Era vero che era spaventata a morte dai nuovi poteri e dai pericoli che questi comportavano, ma in quel momento in quell’auto si sentiva al sicuro. Lontana da Mystic Falls, lontana dai suoi problemi.

Il vento che le scompigliava i capelli era una così dolce carezza che le veniva quasi voglia di mettere la testa fuori dal finestrino e lasciare che l’aria la investisse completamente.

Il ritornello arrivò presto e i due si guardarono.

 

<

Outshined

Outshined>>

 

Urlarono la strofa in coro ed il vampiro mimò il suono di una chitarra facendo un headbang.

“Beh, non so dove stiamo andando, ma mi ci voleva una pausa”

“Ma questa non è una vera e propria pausa” precisò Damon.

“Lo so, ma lasciamelo pensare”

Il vampiro la guardò e poi aggiunse: “E va bene, ti porterò a bere con me”

“Io non bevo”

“Ed io che pensavo fossi divertente!” Scherzò lui.

“Sei proprio un idiota” le diede una gomitata.

 

I due proseguirono per molte miglia fino a sera. Fu proprio quando le luci di una città comparirono all’orizzonte che Danaë si svegliò dal suo sonnellino e capì finalmente dove si trovavano.

“Oddio non scherzavi sul bere - disse guardando intorno fuori dal finestrino - Cosa ci diavolo ci facciamo a New Orleans?” chiese.

“Andiamo a trovare un amico” disse Damon con voce tesa.

“Uhm… un amico? Di solito quando la gente risponde in quel modo è perché deve soldi <>, ma nel tuo caso direi più che tu e il tizio non siete proprio amici. Sbaglio?” Disse lei studiando il viso di lui.

“Chiaroveggente: voglio ufficialmente aggiungerlo alla lista di cose che sei”

“Non gli avrai ucciso qualcuno, vero?”

“Ok, io e Klaus non siamo mai stati amici, ma forse può aiutarci”

“Oddio, mi stai portando da un vampiro originale, ma che ti dice il cervello?” s’agitò la ragazza.

“Ehi, calma, loro possono sicuramente aiutarci. E poi tu come fai a sapere degli originali in ogni caso?”

“Libri” disse imbronciata.

“Sta tranquilla, non possono farti nulla di male. Se si mette male tira fuori una palla di luce come solo tu sai fare, rompi qualche finestra e siamo apposto”

“Damon, sei un vero idiota! Klaus è il vampiro più potente che esiste, lo so persino io, dannazione! E poi sicuramente come minimo vorrà ucciderti”

Damon sapeva che Klaus non sarebbe stato al settimo cielo nel vederlo, ma doveva provarci. Ci avrebbe mandato Stefan, visto che loro due erano in rapporti migliori, ma voleva tenerlo fuori dal caos per una volta.

L’auto percorse Bourbon Street e il vampiro parcheggiò in un vicolo. La ragazza uscì dall’auto sbattendo lo sportello, stavolta Damon non avrebbe potuto sgridarla.

“Naë non succederà nulla. Veniamo in pace”

“Certo, ci manca solo che ci mettiamo a dar battaglia ad un originale”

 

I due imboccarono la strada principale e camminarono in mezzo alla gente, circondati dai colori, dalla musica e dalle danze della Big Easy. Era la notte di Halloween e nelle strade c’erano orde di grandi e piccini in costume. La ragazza non era mai stata a New Orleans e nonostante l’ansia e la tensione era travolta dallo strano incantesimo che il quartiere francese emanava.

Quando arrivarono alla vecchia mansione dei Mikaelson la ragazza rimase incantata nel constatare la maestosità dell’edificio. Era sviluppato su due piani, come quasi tutte le costruzioni della parte vecchia della città, con la classica lunga balconata in ferro battuto al primo piano e grandi piante all’entrata. Notò che il cancello dai bordi appuntiti era stato ridipinto da poco, nell’aria un odore di vernice e cannella che ben si mescolava all’atmosfera calda creata dalle luci giallastre.

Danaë volse lo sguardo verso Damon che le sorrise, cercando di mascherare la sua preoccupazione per quell’incontro. Lei gli strinse il braccio ed insieme varcarono la soglia di pietra della mansione.

Un vampiro con una giacca bordeaux gli andò in contro e con un cenno fece cenno di aspettare.

“Sai, se non me la stessi facendo addosso, potrei chiedere al padrone di casa chi è il suo arredatore. Questo posto è magnifico” disse la ragazza cercando disperatamente d’alleviare la tensione.

 

“Damon Salvatore, qual buon vento ti porta? Anzi no, altrimenti peserai che io voglia intrattenere un’amabile conversazione con te. Hai due minuti per dire ciò che hai da dirmi, quindi falla breve”

Il vampiro strinse i denti e nonostante l’incontrollabile voglia di rispondergli per le rime, iniziò a parlare.

“Mi serve il tuo aiuto”

“Su questo non c’erano dubbi”

“Hai mai sentito parlare di una certa Ahkmara?”

Klaus sgranò impercettibilmente gli occhi e rivolse lo sguardo verso la ragazza.

“Lei chi è?” chiese.

“Colei a cui Ahkmara da la caccia”

A quelle parole Klaus si spostò fulmineo da una parte all’altra del grande cortile interno e prese le mani di Danaë nelle sue.

“Bene bene - disse in un sorriso spaventoso - Cosa abbiamo qui?”

La ragazza si fece indietro di riflesso, ma la paura non le consentì nessun altro movimento. Cercava di mantenere il contatto visivo con l’originale: se si specchiava in quegli occhi ambrati poteva vedere una piccola sé spaventata e anche… dolore. Un profondo dolore celato negli occhi del vampiro.

“Mi chiamo Danaë” rispose cercando di tener ferma la voce, non voleva mostrarsi debole di fronte a lui.

“Molto piacere Danaë, io sono Klaus Mikaelson” le baciò il palmo di una mano. Damon, che osservava la scena da dietro le spalle della ragazza, storse il naso.

“Conosci quella donna?”

“Certo”

“E sai perché vuole uccidermi?” Chiese lei.

“Oh, ma questo lo sai già, non è vero? Tu sei un ibrido - disse con un luccichio negli occhi - un perfetto esemplare di ibrido” si corresse mentre la esaminava girandole attorno.

“Sai come ucciderla?” Chiese Damon.

“Tu sei l’ultimo a cui farei un favore, Damon Salvatore”

Doveva averlo proprio fatto arrabbiare, pensò la ragazza.

“Ti prego. Ci serve il tuo aiuto. Se sai qualcosa, allora condividilo con noi..” Supplicò la ragazza.

Klaus la guardò perplesso.

“Una creatura affascinante e potente come te non dovrebbe supplicare, anche se la tua umiltà m’intenerisce” disse in un ghigno.

“Klaus, la ucciderà.. C’è quasi riuscita l’ultima volta” disse l’altro vampiro.

“Lei è potente, Damon. Cosa ti fa pensare che lei non sia capace di ucciderla?”

“Perché non sono abbastanza forte” disse tristemente Danaë guardandosi la punta delle scarpe.

“Danaë non sapeva di essere un ibrido fino a qualche giorno fa, non sapeva neanche dell’esistenza della magia” chiarì Damon.

“Fammi indovinare, hanno represso le tue doti magiche affinchè lei non ti trovasse?”

“Sì, ma tu come fai a saperlo?” chiese stupita la ragazza.

“Ho incontrato un ibrido tanto tempo fa.. Una vila ed una banshee insieme: non avevo mai visto nulla di simile prima di allora. Il motivo della mia ignoranza si chiarì poco dopo, quando la strega la trovò e la uccise. Più usi i tuoi poteri e più lei sarà capace di localizzarti. Chiunque abbia nascosto la magia in te, è stato molto saggio”

“O molto stupido” asserì Damon guardandosi intorno.

Klaus non prese molto bene l’essere contraddetto in casa sua e fece una smorfia.

“Quello che Damon intende dire è che in questo modo non ho saputo difendermi. Anch’io la penso così.. Se avessi padroneggiato la magia fin da piccola, ora sarei in grado di affrontarla e tirarmi fuori da questo casino” disse nervosamente.

“Tu ne sei capace. È vero, Ahkmara è una strega antica e potente, e non ho mai sentito di nessun altro ibrido che è sopravvissuto, ma tu… - disse di nuovo con quello strano luccichio negli occhi - tu sei molto potente, lo sento. La tua aura elettrizza l’aria. Hai provato a trasformarla, Salvatore?” chiese al vampiro senza mai abbandonare la ragazza con lo sguardo.

“Ma che diavolo dici?! No, certo che no!”

“Oh, andiamo non dirmi che non ci hai mai pensato”

“No, Klaus, il pensiero non mi ha mai sfiorato” disse Damon ed era sincero, per quel che valeva.

“Perché avrebbe dovuto fare un pensiero del genere?” chiese la diretta interessata.

“Beh, voi due non..?” Li guardò alternando lo sguardo sulla ragazza e il vampiro.

“No! Certo che no” sbottò Damon.

“No!” disse contemporaneamente la ragazza, anche se rimase un pò spiazzata dalla foga con cui il vampiro negò di avere alcun legame sentimentale con lei. L’aveva ferita.

“Ok, d’accordo - disse l’originale con falsa convinzione - ma lei potrebbe diventare molto più forte se si trasformasse”

“Non è neanche sicuro che sopravviva ad essa. Lei non è soltanto una strega che perderebbe semplicemente i propri poteri nella trasformazione. Non sappiamo molto su come reagisce il suo corpo”

“Non posso darti torto, ma in guerra si fa di tutto per sopravvivere… Io, in ogni caso non posso fare nulla per voi. Sapete, vampiri e streghe centenarie non vanno d’accordo. E tranne che per le streghe sotto il mio comando qui nel quartiere francese, cerco di non averle tra i piedi”

“Fantastico” disse ironicamente la ragazza, ormai senza speranze.

“Vuoi farci credere che Ahkmara potrebbe ucciderti, Klaus? Non sarà più per vigliaccheria che non vuoi aiutarci a ucciderla? Dopotutto Ahkmara si nutre di tutti noi esseri sovrannaturali, prima o poi dovrai farci i conti anche tu” disse Damon in preda all’ira e alla preoccupazione.

L’insolenza del vampiro non poteva essere tollerata oltremodo dal vecchio originale, che lo prese per la gola in un batter d’occhio.

“Vieni in casa mia, pretendi il mio aiuto e anziché ringraziare che non ti apra a metà davanti alla tua ragazza, ti metti a darmi del vigliacco? Ho sempre saputo che volevi morire, ma non pensavo ci avresti riprovato così presto a farti squartare dal sottoscritto” ghignò con superiorità.

“Klaus, mettilo giù ti prego!” urlò Danaë avvicinandosi ai due.

“Credimi, tesoro, per esperienza posso dirti che i Salvatore portano solo guai, non importa quanto lontano tu fugga”

“Lo so che è un idiota, ma mi ha salvato la vita” continuò la ragazza aggrappandosi all’avambraccio di Klaus. Fece una leggera pressione e dalle sue mani uscì una flebile luce bianca. L’originale la guardò stupefatto.

Danaë pregò affinchè la sua collera non uscisse fuori e peggiorasse le cose. Non sapeva perché, ma era costantemente insicura dei propri poteri e delle proprie capacità.

“Ti prego - continuò - lascialo andare e toglieremo il disturbo. Non ci rivedrai più”

L’originale continuava a stringere le sue potenti falangi attorno al collo del vampiro mentre lo guardava con astio. Allora Danaë aumentò l’intensità della propria luce e si rivolse di nuovo a Klaus, sperando che ciò che aveva visto poco prima facesse breccia nel suo cuore.

“Klaus, io non ti conosco, non conosco davvero la tua storia, ma mi dispiace davvero tanto che tua abbia dovuto patire così tanta sofferenza. Il tuo dolore non dovrebbe essere solo distruzione attorno a te - il vampiro si voltò di scatto a guardarla, scioccato da quelle parole - Potresti tramutarlo in qualcosa di buono… L’odio, il risentimento… Non portano a nulla”

Klaus come ipnotizzato dalla voce della giovane donna, dapprima allentò la presa e poi lasciò lentamente andare il moro. Aveva gli occhi lucidi. Come risvegliatosi da una trance, si rese conto di quello che era appena successo, e cercò di ricomporsi meglio che poteva.

“Uscite da qui, adesso. E non fatevi più vedere” disse quelle parole e si apprestò a salire le scale esterne. Danaë lo ringraziò con un cenno del capo.

“Grazie” disse Damon sottovoce alla ragazza, poi le fece segno che era ora di avviarsi all’uscita. Lei però stava ancora guardando l’anziano vampiro che si ritirava adirato nelle sue stanze.

“Aspettami qui” fu quello che la ragazza disse al vampiro, prima di salire anch’ella le scale.

“Allora non hai capito.. L’invito valeva anche per te”

Danaë si avvicinò cautamente al vampiro, quasi fosse una belva feroce, posandogli una mano sulla guancia.

“Tu non sei davvero cattivo, te lo leggo negli occhi.. Hai bisogno di dare amore e soprattutto di riceverlo” non sapeva davvero da dove venisse tutta quella sfacciataggine, ma era certa che il suo istinto ci aveva visto giusto anche quella volta.

A quelle parole gli occhi dell’originale si fecero di nuovo lucidi. Posò il suo palmo sulla mano della ragazza e con delicatezza allontanò quel contatto così umano dal suo viso.

“Ahimè colei che desidero ha altri piani per la sua vita” disse amareggiato.

“Sì, ma voi vi rincontrerete, ne sono sicura.. Come sono sicura che lei abbia visto in te ciò che ho visto io”

Klaus annuì, ma il suo sguardo era quello di un uomo ormai senza speranze, troppo navigato per credere ancora alle belle favole.

“Ora vai, Danaë. È stato un piacere conoscerti”

“Anche per me, Klaus. Grazie..” disse la ragazza, poi scese le scale di legno e raggiunse Damon che la stava aspettando.

 

Quell’incontro con Klaus era stato strano, una delle cose più bizzarre della sua vita, però tutto ciò che aveva detto quella sera era vero: si fidava delle proprie sensazioni. Qualcosa dentro di lei gli diceva che Klaus non era colui di cui aver paura.

Quando furono di nuovo in strada Damon ruppe il silenzio.

“Per essere una novellina, te la sei cavata bene con un originale. Hai una bella faccia tosta”

A quelle parole Danaë sentì montare di nuovo la rabbia dentro di sé. Quindi lo spinse con veemenza facendolo sbattere contro un lampione. Damon reagì prontamente e gli bloccò il braccio.

“È stata tutta colpa tua e dei tuoi modi odiosi. Faresti sbroccare anche un santo!” Gli gridò in faccia Danaë.

“Non ci avrebbe aiutato, tanto valeva toccare il fondo e vedere se stesse bluffando o dicendo la verità. Un originale non da mai via informazioni tanto facilmente”

I loro visi erano molto vicini, nonostante il vento autunnale la ragazza sentiva solo un forte calore in tutto il corpo, le sembrava di esplodere.

“Sei stato comunque uno stupido”

“Ragazzina, adesso stai esagerando” la guardò Damon con un’aria tra lo spazientito e l’incantato. Era duro ammetterlo con se stesso, ma più guardava quegli occhi verde cinabro, più vi restava intrappolato. Erano come dei vortici da cui o scappavi o in cui affogavi dolcemente. E in quel preciso istante Damon decise di salvarsi.

“Ti porto a bere, così magari diventi un pò più amichevole”

“Per la prima volta da quando ti conosco, sono d’accordo con te” disse iniziando a camminare.

“Ma come, non eri quella astemia?”

“Non sono affari tuoi. E poi prima di sentire qualcun’altra delle tue stronzate ho bisogno di un anestetico”.

 

Quando arrivarono in uno dei bar lungo Bourbon Street, il locale era pieno zeppo di gente con i costumi di Halloween più disparati. I due stranieri si sedettero al bancone e il vampiro ordinò da bere. Al secondo giro, Danaë iniziò a rilassarsi e dopo poco si rese conto di avere l’impellente bisogno di andare alla toilette. Così prese la sua borsa e si diresse nel bagno delle donne, mentre era in fila diede un’occhiata al suo viso grazie al piccolo specchietto portatile che aveva sempre con sè.

“Tesoro, ma sei un disastro! Quello non è un costume di Halloween vero?” Chiese una signora di mezza età in fila dietro di lei.

Danaë non sopportava la gente invadente, così la liquidò dicendo che era al bar solo di passaggio e che non stava festeggiando.

Quando finalmente riuscì a raggiungere il bagno, si rese conto che in effetti la donna aveva ragione, la sua faccia era un vero e proprio disastro. Così tirò fuori qualche prodotto dalla borsa e si diede una sistemata, niente di che, giusto per non sembrare morta o una che ha avuto una giornataccia. Che poi era ciò che era successo in realtà.

 

“Finalmente! Ce ne hai messo di tempo” disse Damon mentre si scolava un altro cicchetto.

“C’era fila e poi avevo bisogno di una rinfrescata. Brindiamo!” Disse Danaë quando si sedette sullo sgabello.

“A cosa?”

“All’essere spacciati! - disse ironicamente con un sorriso falso. Bevvero - Beh, ad essere pignoli, la vecchia non vuole uccidere te, proprio te..Cioè se ti metterai in mezzo ti farà quella cosa agli occhi, ma è me che vuole”

“Vuole tutti noi, quella stronza” disse versandosi altre due dita di bourbon.

“Naah. Sei tu che vuoi fare l’eroe a tutti i costi. Guardatemi, sono Damon il cattivo vampiro! E poi non lo sei” disse la ragazza ora un pò alticcia.

“Oh, invece sì che lo sono” rispose il vampiro con lo sguardo perso nel vuoto. Vedendo che non aggiungeva più nulla, ma rimaneva perso chissà in quali ricordi, la ragazza fece una delle cose che si era ripromessa di non fare, ovvero ficcare il naso in cose che non la riguardavano.

“Damon?” richiamò la sua attenzione.

“Sì?” il vampiro si voltò nella direzione della ragazza.

“Chi è Elena?”

A quel nome un lampo attraversò chiaramente gli occhi di Damon ed irrimediabilmente la ragazza se ne accorse.

“Dove hai sentito quel nome?” le chiese, tornando a sorseggiare il liquido ambrato. Ad ogni sorso sembrava scavargli la gola, segno che proprio non voleva scendere.

“Una notte la chiamavi nel sonno. È successo mentre non ero cosciente” spiegò lei, che subito si sentì inappropriata.

“Ah - fu la risposta del vampiro. Si versò un altro pò di liquido e si fermò con il braccio a mezz’aria - Era la mia ragazza, tanto, tanto tempo fa” per quanto fosse lontano quel genere di ricordo, non significa che parlarne diventava più facile col tempo. Il modo in cui era stato ferito non sarebbe stato dimenticato così in fretta dalla sua memoria.

“È per questo che sei andato via da Mystic Falls?”

“Sì” rispose senza troppi preamboli.

“Non credo di avere mai incontrato questa donna, ma chiunque lei sia non mi sta per niente simpatica”

Damon sorrise di traverso.

“E perché mai?”

“Beh guardati! - disse indicandolo. L’alcol la stava aiutando parecchio - Sei abbandonato a te stesso, sei triste”

“Ook, direi che ho mantenuto la mia promessa, ora sei abbastanza ubriaca!” disse alzandosi dallo sgabello e pagando le loro consumazioni al barman.

“Mah grazie! Nessuno mi offre mai da bere. Però la prossima volta pago io”

“Questo è un vero peccato. Ma se continuerai a farmi domande imbarazzanti non ti porterò di nuovo con me a bere”

Il vampiro le infilò la giacca scamosciata per le braccia e la ragazza vi scivolò dentro goffamente, aggiustandosi i lunghi capelli.

“Non sono ancora ubriaca, voglio rimanere” diceva imbronciata mentre Damon si faceva largo tra la folla per uscire dal locale tirandola per un braccio.

“Non se ne parla neanche. Hai già dato il meglio di te, non trovi?”

“Sei una noia, Damon Salvatore” disse, divertendosi ad apostrofare il nome con pomposità.

 

Una volta ritrovata l’auto, si diressero in un hotel dello stesso quartiere.

“Ti darei anche una camera tutta per te, ma con una strega pazza che vuole ammazzarti, non se ne parla che tu resti sola. Starò di guardia mentre dormi” esordì quando insieme entrarono nella camera.

“Ma che cavaliere, quale onore”

“Sai che però sei molto più simpatica ed educata quando sei sbronza?” disse Damon ridendo mentre controllava che nella camera fosse tutto in ordine.

“Io sono sempre simpatica, e poi non sono ubriaca” rispose lei gettandosi a peso morto con la schiena sul letto. Chiuse gli occhi, mentre ripercorreva quella lunga e pazza giornata appena trascorsa.

Il vampiro girò la chiave nella serratura e si liberò del giubbotto di pelle, adagiandolo sulla sedia vicino alla finestra. Quando si voltò verso la ragazza la vide distesa sulle coperte; notò che la sua maglietta di Danzig si era sollevata leggermente, lasciandole scoperte le ossa del bacino e un lembo di pancia. Si sorprese ad indugiare un pò troppo in quei dettagli e poi subito dopo sui tratti del suo viso. Anche distrutta e con i capelli arruffati la trovava bellissima.

“Damon?” quando sentì la sua voce si riscosse dal suo incanto e fece un colpo di tosse.

“Dimmi” rispose trovando immediatamente qualcosa da fare per distrarsi.

“Perché mi odi?” la voce di Danaë era seria.

“Non è affatto vero. Non ti sopporto, ormai lo avrai capito, ma non ti odio”

“E invece sì” disse mettendosi seduta. Ora lo guardava negli occhi.

“Cosa te lo fa pensare?”

Danaë si alzò in piedi. Le tempie le pulsavano, sentiva come un groppo al cuore che si stringeva alla valvola aortica man mano che si avvicinava verso di lui.

“Sei… scostante. Non riesco proprio a capirti.. Un attimo prima mi salvi e poi mi.. respingi”

Damon distolse lo sguardo e con indifferenza, la stessa di cui stava parlando la ragazza in quel momento, andò verso la finestra a controllare da dietro la tenda.

“È di questo che parlo”

“Ti sbagli” rispose.

“E invece no” gli si avvicinò di nuovo. Si sentiva così ridicola, ma se non avesse detto tutto in quel momento, con l’alcol dalla sua parte che le infondeva temerarietà, forse non avrebbe mai avuto il coraggio di parlargli.

Danaë gli sfiorò il braccio e lui si voltò, frastornato da quella improvvisa vicinanza.

“Se fosse come dici tu, prima con Klaus non avresti sottolineato così tanto che non fossi la tua ragazza”

Quella sincerità, unita al suo sguardo, era disarmante. Cosa avrebbe potuto dirle ora?

“Mi vedi anche tu come uno scherzo della natura vero? Un mostro di cui non si conosce nulla”

“No, non sei un mostro. Io non ti odio Naë.. - disse accarezzandole una guancia con dolcezza. Sperò che l’intensità con cui la stava guardando bastasse a convincerla di ciò che affermava - e non ti respingo”

“E invece sì che lo fai..” disse la ragazza. I suoi occhi stavano registrando ogni dettaglio di quel viso perfetto che aveva davanti a sè. La sua mano si mosse, e come quella di lui, si posò sulla sua guancia. La pelle del vampiro era liscia, anche se in alcuni punti pizzicava per via della barba che stava ricrescendo. Emanava un buon profumo, quel profumo che le era sempre così familiare.

“Ti ho visto prima… Non ti è piaciuto il mio contatto con Klaus” la ragazza si riferiva alla carezza che gli aveva fatto.

Il vampiro si sentì punto sul vivo e con una smorfia digrignò i denti solo a quel pensiero. Involontariamente le zanne spuntarono fuori dai suoi canini: avrebbe tanto voluto farlo davanti all’originale e strappargli il cuore, ma osare tanto avrebbe significato sfidarlo in casa sua, e non se ne poteva permettere il lusso.

I suoi occhi brillavano nella fioca luce della stanza. Damon odiava perdere il controllo, soprattutto davanti a lei. Non avrebbe dovuto vederlo in quello stato.

La ragazza passò il suo dito su una zanna, constatandone l’affilatezza. Era affascinata da quegli esseri, da tutta quella potenza, anche se non avrebbe dovuto.

Damon non se n’era ancora accorto, ma il suo braccio le stava cingendo i fianchi.

“Scusami” disse ritraendo i canini.

“Non importa. È la tua natura”

Non gli capitava spesso d’incontrare qualcuno che non fosse spaventato dalla sua vera natura, ancora meno qualcuno che sembrava accettare il male che indubbiamente c’era in lui. Quella sensazione di profonda comprensione era un sollievo troppo grande per farselo scivolare addosso, quindi decise di abbracciarlo e annegarci, finalmente.

Lo sguardo di Damon oscillava dagli occhi verdi di Danaë alla sua bocca dai contorni definiti, su e giù, con una lentezza lacerante. Sapeva di non averne il diritto, che era sbagliato, che lei era solo una ragazzina. Un essere puro, fatto letteralmente di luce, a differenza sua che invece era fatto di tenebra profonda. Ma lo fece, calò tutte le maschere in quel preciso istante e il suo cuore sembrò tornare a battere per un breve attimo.

Danaë accolse Damon come se non aspettasse altro da sempre. Le loro bocche si unirono, sfiorandosi timorosamente, come se da un momento all’altro potesse esserci una deflagrazione. Damon si stupì di se stesso, non aveva mai avuto tutta quella tenerezza con una donna. Era come se avesse quasi paura di rompere quel fragile cristallo, che in realtà era forte, indistruttibile.

“Aspetta.. Questo non doveva succedere” il vampiro interruppe il bacio, e con voce roca, controvoglia, pronunciò quelle parole.

“Sì, invece. Sarebbe dovuto succedere molto tempo fa” incalzò Danaë, spinta da un’improvvisa ed estranea sicurezza. Intercettò di nuovo Damon e lo baciò con foga questa volta, come se fossero stati lontani per troppo tempo.

A quel punto lui reagì e faticò a controllare le sue pulsioni. Rispose al bacio con disperazione, frustrazione, ma allo stesso tempo una dolcezza disarmante. In quel contatto c’era tutto il suo estremo bisogno d’attenzioni, di calore umano, che troppo a lungo si era negato. Aveva quasi dimenticato quella sensazione. Teneva una mano sulla nuca della ragazza, e con l’altra l’aiutò ad avvolgere le gambe attorno alla sua vita. In un attimo si spostò verso il letto e le fu addosso. Continuava a baciarla, lunghi baci tutt’altro che timidi, mentre il profumo di Danaë gli solleticava le narici.

Ci fu un attimo preciso in cui capì che la desiderava: il suo non era però semplice e puro desiderio sessuale, infatti appena questa consapevolezza gli fu chiara si staccò dalle sue labbra.

“Naë..”

La ragazza gli accarezzava i capelli, mentre con un braccio si aggrappava alla sua spalla.

“Sì..?”

“Voglio che se succede qualcosa tra noi due.. - sospirò, continuando a malincuore - tu ti ricordi di me la mattina dopo. E poi non voglio approfittare di te”

“Non sono ubriaca” disse la ragazza, ma il vampiro riusciva ad immaginare il suo tasso alcolico dal forte odore di bourbon.

“Sai che non è vero..” disse dandole un bacio sulla fronte e una carezza. Si spostò di lato e si abbandonò sul letto al suo fianco. Boccheggiava, quella ragazza lo aveva letteralmente sconvolto.

“Sai Naë, vorrei averti incontrata prima di diventare un casino”

“Prima della tua ex ragazza?” chiese lei mentre ancora si riprendeva. Il suo cuore batteva all’impazzata. Ebbra o meno, era certa di non aver mai provato nulla di simile in vita sua.

“No, nel 1864” disse con un mezzo sorriso mentre guardava il soffitto.

“Quando eri umano?” la ragazza si alzò su un gomito e si voltò verso di lui interessata.

“Sì.. Sarebbe stato molto diverso”

“Raccontami com’eri.. Non puoi essere tanto diverso, ne sono sicura”

“Lo sono, credimi. Ma ero ingenuo, uno stupido ragazzino. Ho sempre cercato di proteggere Stefan, essendo il più grande sentivo che spettasse a me occuparmi di lui, il compito di fare la cosa giusta. Ora che ci penso fu proprio quando per la prima volta decisi d’essere egoista che le cose tra noi s’incasinarono..”

“Una donna?”

“C’è sempre una donna di mezzo.. Nel nostro caso, più di una.”

“È stata molto importante per te?”

“A chi delle due ti riferisci? Potrei scriverci un libro fantasy, sai le vendite!” ironizzò lui.

“Entrambe..” si corresse Danaë.

“Sì.. Ho aspettato per più di cento anni di poter liberare Katherine, per poi scoprire che mi aveva solo preso in giro, che non era mai stata intrappolata in quella dannata cripta. Immagina la mia sorpresa..”

A quelle parole alla ragazza le si strinse il cuore: per un attimo, solo per un attimo si mise nei suoi panni, provando ad immaginare cosa si possa provare ad aspettare la persona amata per cento anni e rimanerne delusi. Immaginò che questa Katherine fosse stata il suo primo amore, e provò un certo fastidio al pensiero.

Gli si avvicinò con timore e lo abbracciò posandosi sul suo petto.

“Mi dispiace… Non sono in grado neanche d’immaginare una cosa simile”

“Non te la auguro di certo.. Ora riesci se non altro a capire da dove venga la mia poca fiducia verso gli altri”

“Quello che mi hai appena raccontato non fa altro che confermare ciò che ho sempre pensato di te… Damon è solo un nome - disse sottovoce mentre la sua mano gli accarezzava il petto - quel ragazzo innamorato è ancora dentro di te, da qualche parte”

“Credo sia sepolto ormai..”

“Ti riferisci ad Elena? So che è colpa sua. Lo so.. e basta” apostrofò la sua sensazione.

“Oh mio dio, due volte in una sera? Non è il mio argomento preferito..” rise amaramente irrigidendosi.

“Me n’ero accorta.. E da come non ne parli, sembra una ferita ancora fresca” rimarcò lei senza però volerlo.

“In realtà sono passati dieci anni e non ci penso più. Elena non è più affar mio”

Se era vero ciò che Damon diceva, allora perché dentro Danaë si stava aprendo una voragine? Era come se le stessero strappando una mano o un braccio: sapere che quella donna forse significava ancora tanto per lui la distruggeva. Una piccola, calda lacrima le solcò il viso e si strinse più forte a Damon, il sapore dolce dei suoi baci si era improvvisamente fatto amaro.

Non voleva staccarsi da lui, che quel momento idilliaco finisse.

“Ti prego, dormi qui con me..” lo implorò in un sussurro.

Il vampiro non disse nulla e la cullò tra le braccia, le baciò i capelli ed annusò il suo profumo per tutta la notte.

L’indomani mattina sarebbero ripartiti per Mystic Falls.

 

 

 

Note:

 

Speciale capitolo di Halloween! È molto più lungo degli altri, succedevano troppe cose per spezzarlo! Spero vi piaccia.

La canzone di inizio capitolo è Outshined dei Soundgarden.

Grazie mille a tutti coloro che seguono e si appassionano alla mia storia.

Happy Halloween..

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Jour des Morts ***


 Jour des Morts


Un violento bussare alla porta svegliò Danaë, amplificando ulteriormente il suo enorme mal di testa. 
Damon si alzò di scatto e si diresse verso la porta. Con lo sguardo intimò a Danaë di rimanere dov’era.
“Chi diavolo è?” chiese irato.
“Mi manda Klaus” furono le uniche parole che si udirono dall’esterno.
Il vampiro spergiurò volgendo gli occhi al cielo e malamente aprì la porta.
“Che cosa vuole?” si mise davanti all’entrata per bloccare la visuale della stanza allo scagnozzo di Klaus.
“Klaus vuole parlare con la ragazza”
“Ha avuto già il piacere di parlarci, ciao” rispose scontroso con un falso sorriso e fece per richiudere la porta. L’ibrido dell’originale intramezzò un piede tra lo stipite della porta e mostrò le sue zanne.
“Ti conviene non fargli perdere tempo” intimò al moro
Intanto la ragazza si era alzata dal letto ed aveva raggiunto il vampiro. Appena lui la vide storse il naso.
“Damon, va tutto bene. Sono sicura che Klaus voglia solo parlare con me”
“Tu non andrai” tuonò.
“Esco in un attimo - si rivolse la ragazza al tirapiedi, e intanto socchiuse la porta leggermente. Poi tornò a parlare con Damon - Se avesse voluto uccidermi non credi l’avrebbe già fatto? Non avrebbe di certo bussato alla porta”
“È pericoloso, non sai realmente quali siano le sue intenzioni” disse a denti stretti.
“Non mi succederà nulla, lo hai detto anche tu, se mi troverò in difficoltà userò i miei poteri” 
Gli occhi di Damon sembravano perforare la superficie della pelle della ragazza, la inchiodavano ad ogni occhiata, furiosi. Sapeva però che in quella situazione non poteva fare granché. 
“Andiamo” disse l’ibrido fuori dalla stanza.
Allora lei inspirò ed uscì. Quando Damon fece per seguirli, il tirapiedi disse:
“Solo la ragazza” 
Nello stesso momento, un altro ibrido che era rimasto in un angolo, bloccò il vampiro, costringendolo a rimanere fermo dov’era. 
I due si rivolsero un’ultima occhiata: Danaë era spaventata,  lo era sempre, glie lo si leggeva negli occhi. Voleva sembrare tanto forte, ma infondo era consapevole del terrore che provava. Dopotutto Klaus era un originale, avrebbe potuto farle tutto quello che voleva e quella volta non ci sarebbe stato nessuno a proteggerla. 

Erano passate tre ore da quando Danaë era stata portata via. Uno degli ibridi trattenne il vampiro all’hotel. Damon era confinato nella camera e non poteva far altro che aspettare. All’inizio aveva iniziato ad azzuffarsi con il tirapiedi di Klaus, ma quando quest’ultimo era quasi arrivato a morderlo si era confinato in camera sua, furioso di dover essere succube di una simile situazione. Se solo il veleno di lupo mannaro non fosse stato mortale per un vampiro, lo avrebbe sicuramente ucciso. 
Si sentiva totalmente impotente, inutile: Danaë poteva essere in pericolo in quel momento e lui non era in grado di aiutarla. Ad ogni secondo che passava lo scenario nella sua mente si faceva più cruento. A questo seguiva un intermezzo di flebile speranza, durante il quale cercava di convincersi che lei era forte e poteva difendersi, ma poi irrimediabilmente ricadeva nella sua disperazione. Un circolo vizioso che sembrava essere infinito. 
Damon era dell’idea che Klaus volesse ottenere altre informazioni sulla ragazza e sui suoi poteri. Dal modo in cui la guardava si capiva che ne era affascinato. La paura del vampiro era che l’originale ne fosse talmente affascinato da volerla tenere con sé, come un qualche trofeo soprannaturale. 
Dopo ben quattro ore udì dei passi familiari nel corridoio fuori la stanza e il suo cuore si riempì di gioia. Corse fuori la porta e vide Danaë che veniva verso di lui. Era tutta intera, non c’era odore di sangue nell’aria, sul suo viso non sembrava esserci nulla di sbagliato. Forse con la sua immaginazione aveva un pò esagerato. Notò che l’ibrido di guardia si era volatilizzato.
“Naë come stai?” chiese abbracciandola. Poter sentire di nuovo la sua voce, il suo profumo, era una sensazione bellissima.
“Sto bene, non è successo nulla” rispose. Il vampiro si accorse che c’era qualcosa nel suo sguardo indagatore che non andava. Era come se fosse distante, confusa. 
“Che cosa diavolo voleva?” chiese ancora dopo averla guardata da capo a piedi per accertarsi che stesse davvero bene.
“Voleva farmi delle domande”
“Per tutto il pomeriggio?!”
“Tante domande. E abbiamo pranzato insieme”
“Ti ha chiesto dei tuoi poteri vero? Immagino che non vedeva l’ora di incontrare un essere sovrannaturale come te per metterci le mani sopra!” disse arrabbiato.
“Ho suscitato il suo interesse, credo - mentre parlava, la ragazza entrò nella camera, lontano da orecchie indiscrete - Mi ha chiesto cosa fossi in grado di fare e mi ha detto che una strega come me gli farebbe molto comodo”
“Motivo per il quale ce ne andremo da questa città infernale esattamente.. ora” disse guardando un orologio immaginario al polso.
“Non possiamo Damon, dobbiamo incontrare una strega stanotte”
“No. No, non se ne parla. Perché poi?”
“È un’amica di Klaus..”
“Perfetto! Lui ho ha amici”
“Senti chi parla.. Comunque ha detto che è una persona che se non altro potrebbe darci delle dritte su come affrontare Ahkmara. Non mi ha detto nient’altro”
A quelle parole Damon smise di raccogliere gli effetti personali dalla stanza. Rifletté su ciò che la ragazza gli aveva raccontato e disse:
“Ce ne andremo subito dopo aver incontrato la strega, e stavolta non si discute. Piuttosto mi farò mordere. Non avrei mai dovuto portarti a New Orleans”
“Non dire così, lo hai fatto solo per proteggermi” cercò di rassicurarlo e non farlo sentire in colpa.
“No, l’ho fatto solo perché pensavo di risolvere questo problema più in fretta” rispose scontroso.
Quell’affermazione le fece male, malissimo. Se c’era una cosa certa che aveva imparato su Damon da quando lo conosceva, era che lui era fatto così: un momento prima era tutto un idillio perfetto, quello dopo ti calpestava il cuore senza alcuna pietà. Nei suoi ricordi confusi della notte precedente c’era qualcosa di dolce, profondo e unico che aveva provato, il fulmine che l’aveva colpita in pieno nell’istante in cui lo aveva baciato si era sentito forte e chiaro, un accecante bagliore nella notte del suo cuore. Ma ora lui distruggeva tutto con quell’atteggiamento velenoso. Era il Damon che tutti conoscevano, quello insensibile, odioso. Lo stesso Damon che non parlava dei fatti propri perché non voleva estranei che gli ronzassero intorno. E lei, in fin dei conti, era un’estranea.
Strinse i pugni.
“Bene, muoviamoci allora. Non voglio farti perdere altro tempo” 
Danaë si legò nervosamente i capelli in un’acconciatura disordinata ed uscì dalla stanza. Damon la seguì qualche secondo dopo e la seguì fino a quello che era il luogo stabilito dell’incontro.

Quando i due entrarono nel cimitero Lafayette, Danaë quasi non credeva ai suoi occhi: sembrava di essere ad una festa, ogni angolo di quel posto era illuminato, candele sfarfallanti e fiori freschi riscaldavano l’aria di quella sera. La gente camminava tra le tombe e pregava con dedizione per i propri morti.
“Domani è il giorno dei morti, oggi dei santi. Fa conto di essere in Messico, qui si festeggiano sempre i morti”
La ragazza annuì e continuò a guardarsi intorno. Era spettrale, doveva ammetterlo, ma le infondeva anche una strana sensazione positiva. 
“Non avevo mai visto nulla del genere” disse sbalordita. 
“Sei fortunata, questa gente non ha tutte le rotelle a posto” 
“Me ne sono accorta quando ho controllato l’indirizzo su google e ho scoperto che a New Orleans ci sono venti cimiteri”
“Già, sono più i pazzi che la gente normale a popolare questa città”
Appena Damon fece quel commento tutti i nervi del suo corpo si contrassero in una morsa. Il vampiro strinse i denti, ma non urlò per via della gente.
Danaë si precipitò da lui e l’aiutò ad alzarsi. Poi si voltò verso l’angolo buio da dove proveniva la voce. 
“Damon Salvatore, ci rivediamo. Dovresti ormai sapere che le parole non vanno pronunciate alla leggera da queste parti”
“Marje?” disse in una smorfia di dolore.
Un’anziana signora emerse dal buio tra due cappelle che per poco non cadevano a pezzi. La sua pelle bruna risplendeva nella notte come una pietra preziosa, gli occhi sottolineati di nero le facevano brillare gli occhi scuri. Sembrava una creatura della notte. Si presentava con un portamento fiero e regale, uno scialle porpora sulle spalle, numerosi bracciali tintinnanti ai polsi. La ragazza capì che quella donna doveva essere senz’altro l’amica di Klaus.
“Piacere di conoscerti, tesoro, io sono Marje Labathomette” fece un cenno alla ragazza.
Nel frattempo il vampiro si stava già riprendendo e riusciva a reggersi sulle sue gambe.
“Danaë..” si presentò.
“Credevo fossi morta” sottolineò il vampiro sgarbatamente.
“Sei sempre lo stesso di sempre Damon Salvatore, un ingrato”
“Voi vi conoscete quindi?” chiese la ragazza che voleva capire se c’era da stare in guardia o meno.
“Certo tesoro. Chi è che non conosce questo farabutto! Ha chiesto favori a mezza città. Ora venite, seguitemi e non una parola” intimò al vampiro.
La donna camminò per la strettoia da dove era venuta fino ad una cripta il cui accesso era celato al pubblico. Danaë camminava dietro Damon, che con fare protettivo si era fiondato dietro la strega. Quel cunicolo era davvero buio, isolato: camminavano sopra i calcinacci instabili che si erano staccati dalle cappelle circostanti ricoperte di rampicanti secche e maleodoranti; ad ogni passo, il terreno si spostava sotto i loro piedi per via di rami e macerie. 
L’interno della cripta era caratterizzato dalla luce soffusa delle candele, anche lì erano presenti offerte, cibo e fiori per i defunti. 
“Ragazza mia, è un piacere poterti conoscere finalmente, ho sentito molto parlare di te”
“Ah..sì? E da chi?” chiese preoccupata la ragazza.
“Ma dai morti naturalmente - rispose come se la cosa fosse ovvia - loro parlano tra di loro, e qualche volta anche con i vivi”
“Sei una medium?”
“No, cara. Tutte le streghe possono sentirli se ascoltano con attenzione” la informò l’anziana strega.
“Cosa devi dirci di tanto importante?” le mise fretta il vampiro.
“Tu ringrazia di poter essere entrato qui dentro, un luogo tanto sacro. Rivolgiti con più rispetto o stavolta ti friggerò le budella”
“Ok.. calmiamoci, vi va? Madame Labathomette, ti siamo grati per il tuo aiuto”
La donna lusingata distese il suo broncio in un sorriso.
“È così che ci si comporta, impara Salvatore! Ad ogni modo, io non posso risolvere il tuo problema, nessuno può, se non tu mia cara. Ho voluto parlarti invece perché i tuoi poteri sono bloccati..”
“Bloccati?! Mi ha frantumato tutte le finestre di casa e sarebbero anche bloccati? Bene” la interruppe Damon.
La strega sorrise.
“Voi due non ne avete la minima idea… - disse più tra sé e sé annuendo - Quelli che si sono mostrati a te fin ora non sono i tutti i tuoi poteri, o meglio, sono quelli, ma dovrebbero essere molto più.. espansi” socchiuse gli occhi per trovare la parola giusta.
“Mi stai dicendo che quest’inferno è solo la punta dell’iceberg? Non ci posso credere” disse Danaë fissando il vuoto. Sentiva una responsabilità enorme gravare sulle sue spalle.
“Devi sbloccare i tuoi poteri Danaë, solo così potrai proteggerti. Ahkmara è più forte di te..”
“Questo lo sapevo già” la interruppe questa volta la ragazza.
“..allo stato attuale di cose. Fammi finire - la riprese la donna - Lei prende la sua forza da esseri sovrannaturali viventi, che dopo muoiono certo, ma ruba loro il soffio vitale, l’energia. Tu prenderai questa stessa energia dai morti, più o meno”
I due rimasero interdetti, si guardarono tra di loro come a sondare quell’idea e domandarsi se poteva effettivamente funzionare.
“Aspetta.. I morti, sei sicura che non sia più un male che un bene? Dalla mia esperienza so che i morti dovrebbero essere lasciati in pace”
“Allora dopotutto qualcosa hai imparato vampiro, sono stupita! Ma stavolta devo darti torto. È vero, non si gioca con i morti, ma non dobbiamo resuscitare nessuno. Si tratta di convocarli e chiedere il loro potere”
“I morti a cui ti riferisci perciò sono..”
“Streghe” Damon finì la frase.
L’anziana donna annuì soddisfatta, poi aggiunse: 
“Avrei voluto farlo domani, quando il velo tra i morti e i viventi è completamente calato, ma ci saranno parecchie persone in giro per il cimitero e non voglio rischiare che qualche testa calda si appropri del corpo di qualcuno. Stanotte andrà benissimo, ma dobbiamo sbrigarci, dobbiamo terminare il rito prima della mezzanotte, altrimenti il velo verrà calato” spiegò loro.
Non mancava poi molto alla mezzanotte. Danaë non aveva idea di cosa aspettarsi, non aveva mai fatto nulla di simile e dentro si sé era terrorizzata. 
La donna prese degli oggetti dal suo altarino e li porse alla ragazza. Erano oggetti fra i più disparati, da una collana di conchiglie ad un fermaglio per capelli a dei capelli veri tagliati in una ciocca.
“Queste sono tutte cose appartenenti ai morti della mia famiglia, ti aiuteranno ad attirare la loro attenzione”
“C’è anche il morto direi..” aggiunse Damon riferendosi ai capelli. La donna lo ignorò, cosparse l’altare con del sale e subito dopo si avvicinò alla ragazza avvolgendola in uno scialle vecchio e consunto. Successivamente chiuse i suoi pugni che stringevano gli oggetti e con lo sguardo le comunicò che quello era il momento di agire. 
“Ora ripeti con me.. - disse inspirando e chiudendo gli occhi - Attendez notre appel”
La ragazza ripeté le parole e attese chiudendo anche lei gli occhi.
“C’est cette nouveau vie, nouveau âme mélange avec nous”
Le due streghe ripeterono la formula per più volte, finché le fiamme delle candele attorno a loro si alzarono improvvisamente.
“Sta funzionando” le informò Damon guardandosi intorno. 
“Non farti possedere” la donna mise in guardia la ragazza, poi le lasciò le mani. In quell’esatto momento si avvertì una ventata d’aria gelida. 
Quando Danaë riaprì gli occhi attorno a lei vide tre spiriti con abiti di un’altra epoca. Erano impalpabili, vi si poteva vedere attraverso; le loro vesti svolazzavano come animate da un vento calmo, lento. 
“Che cosa vuoi da noi” chiese uno degli spiriti con un forte accento francese.
“Invoco il vostro aiuto per sconfiggere una strega” disse sommessamente la ragazza.
“Pronuncia il suo nome” era quasi come se gli spiriti volessero udire dalla sua voce il nome della strega, anche se lo conoscevano già. 
“Ahkmara, il suo nome è Ahkmara” scandì bene.
Lo spirito che fino a poco prima aveva parlato cambiò espressione in un sorriso inquietante. 
“Avec plaisir” aggiunse mostrando i suoi denti in una smorfia divertita.
A quel punto i tre spiriti delle streghe antenate si unirono in un triangolo ed intonarono una formula in una lingua sconosciuta alla ragazza. 
Il vento soffiò all’interno della cripta umida, ma nonostante ciò la fiamma delle candele restò intatta, anzi, si sollevò ulteriormente. Un attimo dopo altri spiriti fecero la loro comparsa nella stretta cripta, quindi Danaë si allontanò verso il muro, dove il vampiro osservava a bocca aperta tutto ciò che stava accadendo. 
“Stanno chiamando le loro sorelle - spiegò Marje soddisfatta - vogliono aiutarti” 
“Amo voi streghe, l’ho già detto per caso?” buttò lì Damon.
“Shh, non parlare o si fermeranno. È già un miracolo che tu non sia stato sbalzato fuori di qui” lo avvertì la strega. Il vampiro prese quel consiglio alla lettera e non disse più una parola. 
In pochi minuti una folta schiera di streghe si radunò davanti a loro e unì le mani. Una luce spettrale, di un blu elettrico, si sollevò sulle loro teste e in un batter d’occhio crebbe di volume, facendosi sempre più grande e luminosa. Sembrava il bagliore di un fulmine in una notte di tempesta. 
“Ora soffrirai un pò, mia cara, ma non devi mollare. E soprattutto..non esplodere” le comunicò la donna stringendole le spalle. Poi l’anziana si unì alle sue sorelle e si focalizzò su Danaë. L’attimo dopo quella luce blu investì la ragazza violentemente, come un vento impetuoso. La luce stava entrando dentro di lei e più i secondi passavano più i brividi si accavallavano nel suo corpo. Il potere di ognuna di quelle streghe penetrava la sua pelle e si accavallava dentro di lei, sommandosi a quel fuoco che sentiva quando usava i propri poteri. Era qualcosa di enorme, indomabile, selvaggio e potente. Dopo poco la pelle iniziò a bruciarle intorno al petto, non sapeva se sarebbe stata in grado di contenere tutta quella magia. Sentiva ogni centimetro del suo corpo dolorante, come infilzato da migliaia di aghi ardenti. Sentiva di essere sul punto di scoppiare, andare in pezzi.
“Non ce la faccio.. Non riesco a contenerla tutta” disse stremata.
“Non ti stanno dando più potere Danaë.. - le disse Damon con voce assuefatta, incantato da quello spettacolo spaventoso - Stanno liberando il tuo” fece qualche passo indietro.
Lei non se ne era accorta, ma l’energia bluastra non stava entrando nel suo corpo, la stava letteralmente investendo. Il potere delle streghe antenate la stava attaccando, sfidando, affinchè i suoi pieni poteri si manifestassero. Stavano calcando la mano cosicché la grande magia che era dentro di lei si sbloccasse e trovasse la via per uscire dall’ombra. 
Danaë gettò uno sguardo dietro le spalle e vide ciò che il vampiro vedeva: la sua luce la avvolgeva, stava reagendo e in un attimo anche lei capì quello che stava accadendo. 
Il fuoco che sentiva espandersi dentro di lei ed avvolgere le sue membra era il suo. Non era nessun altro.
Nonostante questa consapevolezza, stava male. Era quasi sul punto di crollare, ma Marje era stata chiara: non doveva mollare, non poteva permettersene il lusso. Strinse i denti e provò ad accelerare il processo attivando ancora di più la sua luce. Per quanto possibile, si sentì bruciare dentro ancora di più e una luce ancora più luminosa la circondò. 
Il vampiro si accorse delle sue serie difficoltà: la vedeva tremare, i suoi muscoli erano tesi e capì che non avrebbe resistito ancora a lungo. Quindi si avvicinò e s’inginocchiò sorreggendola dal basso. Non doveva cadere, toccare terra. Il vampiro tenne gli occhi chiusi, la sua vista era compromessa con tutta quella luce. Teneva la ragazza eretta con il suo corpo e le sue braccia, ma nei punti in cui il suo corpo toccava quello di Danaë, la pelle veniva lacerata, bruciata dalla magia. 
“Damon va via” le disse stremata quando si accorse di lui.
“No, stai per cedere. Lascia che ti aiuti” 
La ragazza sapeva che lui aveva perfettamente ragione, probabilmente sarebbe caduta un attimo dopo se lui non si fosse precipitato a sorreggerla, ma gli stava facendo del male, lo stava ustionando e non poteva sopportarlo. 
Quindi si concentrò, focalizzandosi sulla rabbia, e cercò di velocizzare il processo. Non avrebbe resistito per sempre e neanche Damon. 
Danaë fece uscire la sua luce dalle mani colpendo le pareti della cripta ed emise un urlo spaventoso per interminabili secondi, il quale infranse gli oggetti di vetro nelle vicinanze e forse anche nel cimitero all’esterno. Le orecchie di Damon sanguinarono, insieme a quelle della ragazza. Un rivolo le scivolò giù per una narice. 
Il rito era quasi terminato. Sentiva al suo interno che il potere aveva raggiunto il suo massimo apice e che adesso stava tornando nel suo letargo, al sicuro. Era la prima volta in vita sua che si sentiva piena, completa. Anche il flusso di energia delle streghe si stava affievolendo fino a diventare molto debole. 
Quando, alcuni minuti dopo, l’energia svanì evanescente nell’aria, le streghe interruppero il loro contatto e riaprirono gli occhi. 
Marje guardò orgogliosa la ragazza, ce l’aveva fatta. Poi guardò Damon, ai suoi piedi, ancora impegnato a sorreggerla, con le ferite che pian piano si rimarginavano sul suo corpo. Per un attimo ebbe come l’impressione che quel vampiro fosse cambiato, che fosse una persona completamente diversa. 
“Ce l’hai fatta, mia cara” si complimentò l’anziana donna con la ragazza, ormai fortemente provata e senza forze. 
Danaë guardò verso le streghe, sapendo di doverle ringraziare per il loro prezioso aiuto.
“Merci beaucoup, mes soeurs” disse flebilmente in un francese modesto facendo cenno col capo.
“Ora devi ucciderla. Se riuscirai nell’impresa, ritieni il tuo debito con noi saldato” disse sempre lo stesso spirito prima di scomparire assieme a tutti gli altri. 
Quando il rito fu ufficialmente terminato, Danaë si appoggiò a Damon; le era infinitamente grata per il suo aiuto. Probabilmente non ce l’avrebbe fatta senza il suo sostegno fisico. 
“Come ti senti?” le chiese la vecchia donna mentre spegneva le candele tutte intorno.
La ragazza si sentiva molto debole, come svuotata, ma piena allo stesso tempo. Ci avrebbe impiegato un pò per riprendersi del tutto. 
“Beh sono viva no?” disse sarcastica.
Damon si sollevò in piedi ed con il suo braccio sorresse la ragazza tenendola per un fianco; si accorse che la sua pelle bruciava. 
“Che cosa intendevano le streghe riguardo a quel debito? E poi perché diavolo non le hanno donato il loro potere e basta?” chiese aspro il vampiro alla donna.
“Gli spiriti hanno fatto un grande regalo alla ragazza questa notte, e come ogni patto che si rispetti si aspettano qualcosa in cambio. Il piano non era quello di accumulare potere, quello si esaurisce con lo scorrere del tempo e non sarebbe servito a nulla. Ma d’altra parte è l’unica scusa che mi è venuta in mente: immaginate se vi avessi detto che doveva essere investita dal potere di tutta la mia congrega.. Non avreste accettato”
“Devo preoccuparmi?” s’informò la ragazza.
“Ti riferisci al patto? Ma no! Se ucciderai la strega non dovrai fare nulla per loro e se non la ucciderai beh.. non potrai comunque fare nulla per loro perché sarai morta” disse la donna con un’aria calma assolutamente agghiacciante.
A Danaë si raggelò il sangue nelle vene e sgranò gli occhi notando la nonchalance con cui aveva pronunciato quelle parole. 
“Quindi l’hai fatta soffrire per nulla di concreto, le tue sono solo supposizioni!” sbraitò il vampiro contro la strega.
“No. Noi le abbiamo dato qualcosa che gli altri ibridi non hanno mai avuto la possibilità di avere. Il loro pieno potere. Sta a lei ora usarlo”
“Ma io non so come” disse disperata Danaë, a cui sembrava di trovarsi costantemente al punto di partenza.
“Mia cara, solo con il tempo e la pratica siamo in grado di conoscere pienamente noi stessi”
“Due cose che noi non abbiamo” si lamentò lui.
“Questo è tutto ciò che potevo fare per voi. Ora però dovete andarvene, per lei è pericoloso restare qui. Gli spiriti potrebbero impossessarsi di lei, è troppo debole per respingerli” 
“Dannate streghe” sbuffò il vampiro mentre trascinava la ragazza fuori dalla cripta ormai buia. 
Danaë si voltò verso Marje Labathomette prima di uscire completamente.
“Grazie davvero, Marje. Non so perché lo hai fatto, ma ti ringrazio”
La donna apprezzò il gesto della ragazza molto più di quanto diede a vedere.
“So quanto può essere dura sentirsi sole, senza una congrega. Il mio era un regalo d’iniziazione”
“Conoscevi mia nonna, vero?” 
La strega sorrise, gli occhi velati da lacrime che non lasciava uscire.
“Sì.. È stata lei a dirmi che eri in città. Non mi ha avvertito Klaus, sono stata io a chiedergli di poter parlare con te”
“Grazie Marje…”
La donne si riscosse e guardando il cielo si accorse che il tempo a loro disposizione ora era davvero terminato.
“Ora dovete proprio andare ragazzi. Tu, Salvatore, comportati come si deve o sta’ sicuro che ti troverò. Vi conviene lasciare New Orleans ora, prima che il caos regni” puntò il dito verso il moro.
“Non preoccuparti. Ce la fileremo in men che non si dica” disse il vampiro.
“Spero di rivederti un giorno” disse Danaë rivolgendole un ultimo sguardo.
“Anch’io cara. Ora andate” concluse la strega, prima di uscire anche lei dalla cripta e scomparire nel buio dal quale era apparsa. 




Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Molochs ***


 Molochs

 

Damon e Danaë avevano appena attraversato il cancello che segnava il confine con il cimitero, quando all’improvviso la ragazza avvertì una vibrazione in tutto il suo corpo, come un richiamo. Quando si voltò davanti a lei, dall’altra parte della cancellata nera, c’era sua nonna. Il suo spirito era uguale a quelli delle altre streghe, lugubre ed impalpabile.

“Nonna..” disse con voce strozzata. Il vampiro continuò a sorreggerla, mentre guardava attentamente la scena.

“Bambina mia” le sorrise lo spettro.

“Non credevo che ti avrei più rivista - le si offuscò bruscamente la vista. Qualche attimo dopo si riscosse da quell’iniziale sorpresa e riprese a parlarle - Cosa ci fai qui nonna? Tu sei sepolta a Mystic Falls..”

“Hai ragione mia cara, ma noi possiamo vagare per i mondi - rispose, sottolineando quel noi che si riferiva agli spettri - Sono venuta per darti questa” continuò, porgendole un oggetto e poggiandolo sulla colonna che intramezzava la cancellata. Umani e fantasmi non potevano toccarsi.

Danaë si staccò dal vampiro e prese l’oggetto davanti a lei: era la sua collana di malachite, quella che sua nonna portava sempre al collo da anni. In effetti, ora che ci rifletteva, non l’aveva mai vista senza.

“Questo è il simbolo della nostra famiglia, tesoro. Devi averla tu, non può essere altrimenti. Ti aiuterà in ogni tua battaglia, perché dalla malachite noi traiamo molto del nostro potere e possiamo amplificarlo” le spiegò sua nonna.

La collana era un amuleto della famiglia Moloch, da cui appunto prendevano il nome. La pietra possedeva proprietà naturali di metamorfosi, caratteristica che aiutava l’operatore di magia nelle sue numerose funzioni. Tutte le streghe della loro congrega possedevano un portafortuna fatto di questa pietra verde, anche sua madre.

Danaë si chiedeva come mai non ne avesse ricevuta una.

“Non ce n’è stato il tempo, Danaë” rispose sua nonna alla tacita domanda.

La ragazza strinse l’amuleto tra le dita.

“Credo di non averti mai ringraziato per quello che hai fatto per me.. Ti sono infinitamente riconoscente di avermi rivelato chi sono davvero. Mi dispiace di non avertelo mai detto di persona. Mi sono comportata malissimo, nonna, e tu non lo meritavi” disse timidamente a testa bassa.

“Tesoro non preoccuparti.. È normale essere arrabbiati, confusi quando ti viene fatta una rivelazione del genere. So benissimo quanto sia stata dura per te. Uno dei miei rimpianti è non avertelo detto prima, quando avevo più tempo a disposizione per istruirti a dovere e invece.. guarda cos’ho fatto” disse tristemente l’anziana donna.

“Tu ti sei ribellata, e a me questo basta”

L’anziana guardò attentamente sua nipote negli occhi e affacciandovisi vide tutto il rancore che provava da una vita. Quella ragazza doveva cercare di trasformare tutto quel dolore in forza, una forza interiore capace di polverizzare ogni cosa.

“Danaë, piccola, allenta la morsa su Claire - le consigliò - Noi due non siamo mai state d’accordo praticamente su nessun argomento, ma ti ama. Cerca di capire anche il suo punto di vista”

Damon stava ascoltando la conversazione tra nonna e nipote molto attentamente e non gli sfuggì il fatto che anche la madre chiamasse sua figlia per nome. Quella Claire sembravano odiarla tutti e avrebbe tanto voluto sapere cosa aveva fatto per meritarselo. Detto questo, non era di certo dalla sua parte.

Danaë ascoltò il discorso di sua nonna in silenzio e fece soltanto un cenno del capo come a dire, ‘va bene, ci penserò, ma non contarci troppo’. Il suo sguardo parlava per lei, era selvaggio e diffidente come quello di un animale della foresta che non lasciava avvicinare nessun umano.

L’anziana donna poi volse lo sguardo verso il vampiro dietro sua nipote. Gli sorrideva, sembrava essere in pace con lui, soddisfatta.

“Ciao Damon”

“Ciao Meredith, è da tanto che non ci si vede” disse lui stupendosi di non essere apostrofato in qualche modo poco carino dalla donna. All’improvviso quella tensione che provava ogni attimo in attesa di essere giudicato dagli altri, si polverizzò, lasciando spazio allo stupore.

“Devo essere sincera, mi è dispiaciuto quando sei andato via. Non pensavo di non rivedere te e la tua macchina da bullo su e giù per il quartiere”

“Sono mancato a molti” disse con tono spiritoso, ma in realtà era colpito da ciò che stava ascoltando. Era decisamente strano mancare a qualcuno.

“Sei sempre il solito sbruffoncello. Ma nonostante tu sia una testa calda, so che proteggerai sempre la mia Danaë. Ti ringrazio per questo”

Damon era senza parole al momento, cercò di rispondere, ma alla fine schiuse solo le labbra in un sorriso di riconoscenza e rispetto. Che potesse leggere nei suoi pensieri? O nel futuro?

Meredith guardò di nuovo sua nipote e alzò una mano verso quest’ultima, come a volerle fare un’ultima carezza.

“È ora di andare ragazzi.. Danaë, ricorda che potrai invocarmi tutte le volte che vorrai, io verrò da te”

La ragazza era sull’orlo del pianto di nuovo, era sempre duro separarsi da quella figura, reale o onirica che fosse.

“Grazie nonna.. Ti voglio bene”

“Anch’io tesoro, ora via da qui! - disse in un sorriso triste che le fece tremare gli angoli della bocca - Abbiate cura di voi, anche tu Damon”

“Arrivederci, Meredith” la salutò il vampiro che intanto era ritornato al fianco della ragazza.

Lo spirito diede le spalle ai due e s’incamminò tra le lapidi illuminate dalle candele, fino a diventare invisibile in lontananza. Danaë strinse più forte il ciondolo tra le sue dita, fino a farsi male.

“Ti aiuto” Damon interruppe il flusso dei suoi pensieri. Le prese il gioiello dalle mani e glie lo allacciò con cura al collo, risistemandole sulle spalle la folta chioma corvina una volta finito.

“Grazie” disse senza guardarlo negli occhi.

“Come ti senti?” le chiese mentre si allontanavano dal cimitero in cerca dell’auto.

“Bene nonostante ciò che è successo”

“Vuoi il mio sangue? Guarirai in fretta e ti sentirai subito meglio”

“No, grazie. Non credo che bere tutto questo sangue di vampiro mi faccia granché bene”.

Arrivarono all’auto e si misero subito in viaggio. La ragazza non mangiava da molto tempo, quindi prima di partire i due avevano fatto scorta di cibo. Danaë però sembrava non aver poi tutta questa fame. I due non parlarono molto di ciò che era successo nelle ultime ore, né di ciò che era successo tra di loro la notte prima. Il vampiro non era così stupido da non capire i suoi segnali riguardo il primo dei due argomenti, sua nonna: vedeva che stava male, che la donna le mancava terribilmente, ma anche che non permetteva a se stessa di essere tanto debole da mostrare agli altri il suo dolore, il suo pianto. Riguardo al secondo di argomento, era parecchio restio e confuso anche lui, perciò si sforzò di pensare ad altro e concentrarsi sulla guida, come se fosse la cosa più interessante in quell’abitacolo.

Le piccole cittadine scorrevano luminose e anonime davanti agli occhi stanchi di Danaë, piccoli e lontani bagliori nella notte che tutto avvolge. Come all’andata, alternava momenti di veglia a sonno profondo: si era stufata di essere sempre così stanca, da un lato sapeva che riposarsi era necessario, ma non ne poteva davvero più. Lei era sempre stato un animale notturno, dormiva pochissimo e ora non faceva altro che essere incosciente per metà delle sue giornate.

Quando ormai era mattina inoltrata e mancava relativamente poco per Mystic Falls, chiese a Damon di fermarsi per poter prendersi un caffè e restare sveglia.

“Non dovresti riposare per tutto il tempo possibile? Ahkmara potrebbe attaccare da un momento all’altro” le consigliò Damon di ritorno dalla caffetteria di una stazione di servizio.

“Probabilmente hai ragione, ma sono stufa di tutto questo. Basta riposare, voglio ucciderla” disse scaldandosi le mani con il calore del caffè mentre teneva lo sguardo deciso basso sulla bevanda.

Vederla seduta in quella posizione, con le ginocchia piegate al petto e i capelli che la avvolgevano quasi con fare protettivo, la ragazza gli sembrava da un lato fragile, ma dall’altro tanto selvaggia da far impallidire un lupo. La forma dei suoi occhi lo incantava: il loro taglio somigliava a quanto di più pericoloso, ma al contempo delicato, ci sia al mondo. Temeva che col l’avvicinarsi troppo a quella creatura avrebbe riportato solo ferite e tagli profondi, ma quando tornava a soffermarsi sulle sue iridi, quei due vortici non facevano altro che spingerlo a gettarsi completamente nel vuoto.

“Sarò al tuo fianco” disse Damon dopo averla osservata per qualche minuto.

“Cosa?” si risvegliò lei dai suoi pensieri di vendetta.

“Ti aiuterò ad ucciderla” le confermò.

“Va bene” disse la ragazza, ma dietro quello sguardo apparentemente riconoscente, c’era già un piano d’azione pronto, e non comprendeva Damon.

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Lo so lo so, aggiorno dopo un secolo e mezzo... 

Anyway, grazie per i commenti e a tutti i lettori silenziosi.

Buon inizio anno.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Rapacious heart ***


 Rapacious heart


Il vampiro riportò la ragazza a casa Salvatore sana e salva, dopotutto era quello il suo fine ultimo, quello più importante. Nei giorni passati c’erano stati momenti in cui aveva ovviamente perso il controllo della situazione, e questo non gli era piaciuto: nonostante avesse sfidato lui stesso la sorte portandola da Klaus, solo una volta giunto al suo cospetto aveva compreso la pericolosità della sua azione.

“Damon? - disse Danaë prima di congedarsi. Il vampiro si voltò stiracchiandosi - Grazie per quello che hai fatto”

“Non avrei dovuto portarti a New Orleans, Klaus avrebbe potuto.. “

“Lo so, ma sai come si dice? Non tutti i mali vengono per nuocere. Alla fine abbiamo ottenuto qualcosa”

“Se non altro..” disse lui abbassando lo sguardo.

“Non sentirti responsabile”

“Lo sono, D. Poteva andare peggio, molto peggio”

“Ah basta, sembri Stefan e non è un complimento! Volevo solo ringraziarti” lo interruppe la ragazza. Con una sicurezza improvvisa, gli si avvicinò, talmente vicino da scoccargli un leggero bacio e fior di labbra. Quest’audacia colpì moltissimo il vampiro che rimase interdetto ed immobile. Danaë si scostò, aveva gli occhi lucidi e il cuore a mille. Neanche lei sapeva perché lo avesse fatto, ma il suo cervello aveva agito per lei così velocemente da non darle il tempo di ribellarsi.

“Beh.. - si schiarì la voce - Ora sarà meglio fare una doccia e poi una lunga dormita” si allontanò ulteriormente raggiungendo la porta della sua camera.

“Hai ragione. Ci vediamo dopo” disse il vampiro ancora scosso da ciò che era successo sotto i suoi occhi.

Con un cenno del capo si salutarono: mentre Damon scendeva le scale, Danaë rimase a guardarlo dallo stipite della porta. Lo osservava con lo sguardo affilato, in agguato, ripensando ad una delle domande che si era posta di più in quelle ore.

Cos’era Damon per lei? Ma soprattutto, perché sembrava aver acquisito un nuovo significato in così poco tempo?

Di certo non conosceva risposte precise o esaustive, ma sapeva che le sarebbe mancato. Molto.

 

Danaë fece una lunga doccia, come previsto. Lavò via tutta la tensione di quei giorni, dispiacendosi però di dover dire addio anche a quell’odore familiare che le si era attaccato ai capelli, ai vestiti e all’anima, come una bellissima macchia. Pettinò i capelli facendoseli ricadere sulle spalle, poi intrecciandoli mentre si guardava allo specchio. Aveva come un livido violaceo al centro del petto, il punto preciso in cui tutta l’energia delle streghe l’aveva trafitta. Si vestì in fretta e raccolse i suoi pochi effetti in una borsa a tracolla. Prima di sistemarsi, aveva buttato giù due righe: aveva ringraziato Stefan e Damon, soprattutto Damon. Si era imposta di essere breve e concisa, così non ci sarebbe stato alcuno spargimento di lacrime. Nonostante ogni sua rosea prospettiva, gli occhi le s’infiammarono sino a produrre quell’unica lacrima che s’infranse proprio sul biglietto che aveva appena finito di scrivere. Lo lasciò sul cuscino, nella camera che l’aveva ospitata, altrimenti i due fratelli si sarebbero accorti della sua assenza troppo in fretta.

Prima di lasciare casa Salvatore però, doveva fare una cosa per se stessa, totalmente egoista ed infantile. Poteva anche essere scoperta, ma decise di tentare ugualmente.

Quando spiò nella camera da letto di Damon udì subito il getto d’acqua della doccia che scrosciava copioso, quindi pregò che il vampiro non la notasse e che il suo udito non potesse cogliere il parquet che scricchiolava sotto il suo peso. Si avvicinò al comò furtivamente, accovacciandosi negli angoli per non essere vista: aprì uno dei tiretti del mobile e ne tirò fuori una t-shirt nera, una delle centinaia che il vampiro possedeva. La ripose velocemente nella sua borsa e chiuse la zip facendo meno rumore possibile. Quando fece per tornare indietro, si voltò verso l’angolo bagno e si bloccò alla vista di Damon: era ancora sotto la doccia, di spalle, l’acqua disegnava tante piccole strade invisibili che andavano a schiantarsi contro il piatto della doccia. Il vapore che lo incorniciava faceva sembrare tutto artificioso, come in un sogno. Quando il vampiro si voltò lei attraversò immediatamente la stanza e lo guardò per un altro istante, ora nascosta dal muro. Fissò bene la diapositiva del suo viso perché mai avrebbe voluto dimenticarla: era un viso così particolare, oggettivamente bello, ma anche pericoloso. Forse l’aggettivo più giusto era tormentato: quello di Damon era un tormento lungo un secolo e mezzo, un’inquietudine interiore che ne aveva indurito i tratti durante l’adolescenza, ed una paura relegata negli abissi dei suoi occhi che risaliva alla sua ormai lontana infanzia. Damon era un mistero indecifrabile, era come un gatto nero che si nascondeva nel buio della notte. Si lasciava avvicinare solo se lo desiderava anche lui, e il più delle volte graffiava. Tutte queste cose Danaë non le sapeva, ma riusciva ad intravedere abbastanza, ciò che bastava per poter restare affascinata. E ormai non c’era via di scampo.

Si voltò prendendo un respiro e si richiuse la porta alle spalle. Un’altra lacrima le scese, ma prontamente venne spazzata via dal suo indice. Ad ogni scalino, ad ogni passo, il cuore le si faceva più pesante. L’aria più rarefatta. L’udito si affievoliva. Il suo cuore era come un rapace, ingordo d’avere di più, di desiderare quello che non poteva avere. Si maledì, si maledì perché in quel momento doveva essere forte e andare via da quella casa. Doveva andare via e non ritornare mai più perché semmai fosse successo qualcosa a quel mistero indecifrabile che era Damon, lei non se lo sarebbe mai perdonato. Ciò che provava l’aveva scottata e colta di sorpresa, per non parlare dell’inferno che le si era scatenato dentro quando le loro labbra si erano incontrate. Forse era anche stata colpa di tutto quel reprimersi, scacciare via quei pensieri sbagliati. Ma erano sbagliati davvero poi? La verità, quella che amaramente si continuava a ripetere, era che anche se lei avesse in qualche modo suscitato l’interesse del vampiro, avrebbe sempre dovuto misurarsi con il fantasma di qualcun’altra. Per non parlare poi del pericolo quotidiano che correvano tutti coloro che le stavano intorno. Ahkmara poteva colpire da un momento all’altro, ed ora lei si sentiva finalmente pronta ad affrontarla. Prima però avrebbe attirato la strega lontano da Mystic Falls, così da mettere in salvo le persone che si erano occupate di lei con così tanta gentilezza. Ora, a Mystic Falls, non c’era nessun motivo valido per restare: sua nonna non c’era più, il negozio era bruciato completamente e l’unica persona che in quel periodo aveva acquisito una certa importanza per lei, aveva in testa un’altra persona. Non rimaneva che mettere in atto il piano che aveva architettato durante il viaggio di ritorno da New Orleans ed iniziare una nuova pagina della sua vita. Sempre se fosse sopravvissuta.

Si diede un tono sistemandosi la giacca, prima di aprire la porta d’ingresso ed uscire da casa Salvatore. E stava per farlo davvero, quando all’improvviso Stefan comparve da dietro di essa parlando con qualcuno alle sue spalle.

“Ciao, Danaë, dove..?” la salutò sorridendole.

“Ehm ciao Stefan! Siamo tornati da poco, Damon è di sopra e io sto portando alcuni.. vestiti da Bonnie” disse mascherando il fatto di esser stata beccata mentre sgattaiolava via.

“Ma noi abbiamo una lavatrice qui, lo sai” rispose confuso lui.

“Ma certo che lo so! Volevo dire che Bonnie mi ha trovato un appartamento e ora ci sto portando i miei vestiti” in quel momento non le venne nulla di più sensato da dire, ed aveva già fatto un casino.

“Oh.. Mi dispiace”

“Dispiace a me, ho creato un sacco di problemi, e non voglio causarne altri o approfittare della vostra gentilezza” ed era vero.

“Danaë sei la benvenuta qui, davvero, non devi per forza andare via e poi Damon cosa ne pensa? Non credo che gli farebbe...”

“Stefan? Allora?” una voce sconosciuta li interruppe. Danaë guardò oltre la spalla del vampiro e vide una ragazza bruna che lo aspettava in macchina.

“Arrivo, Elena” rispose lui, poi tornò a guardarmi negli occhi.

Elena. Quell’Elena?’

“Quindi lei è la famosa..?” disse con un filo di voce senza neanche accorgersene.

“Sì”- disse squadrandola, forse in attesa di una qualche reazione. Stefan poteva non sapere tutti i particolari, ma aveva capito che tra suo fratello e la ragazza c’era qualcosa. Solo che nessuno dei due si decideva a fare il primo passo.

“Beh, per ritornare al discorso di prima, non credo che a Damon cambi poi così tanto, l’appartamento è qui vicino, quindi potrò servirmi della protezione dei Salvatore ancora a lungo” mentì, cercando di mettere in quella frase più umorismo possibile, ma vi inserì anche una frecciatina che forse però Stefan non colse del tutto. Damon sarebbe stato felice di rivedere quell’ospite a sorpresa.

Quella era la donna con cui lei non avrebbe mai potuto competere. Che lui non avrebbe mai dimenticato.

“Salutami tu Damon, è sotto la doccia! - disse, prima di oltrepassarlo - e grazie per tutto quello che hai fatto, Stefan” se prima si sforzava di non piangere, ora il suo volto era diventato di pietra, insensibile. Con un sorriso falso da guancia a guancia. Sapeva che ora aveva meno tempo a disposizione, che appena Stefan avesse raccontato a Damon la storia dell’appartamento, lui avrebbe capito che era una frottola, ma forse la presenza di Elena lì lo avrebbe disorientato e questo le avrebbe fatto guadagnare tempo.

Salutò Stefan frettolosamente e poi uscì: quando passò di fianco all’auto del vampiro e vide la ragazza più da vicino, si sentì straordinariamente fuori posto, un pesce fuor d’acqua che stava morendo, che non poteva respirare. Elena era intenta a sistemarsi il rossetto nello specchietto dell’auto e non notò nemmeno il passaggio di Danaë, che dal canto suo la guardò per qualche secondo e poi distolse lo sguardo, impassibile.

Salì sul taxi fuori la residenza dei Salvatore e si fece portare all’aereoporto più vicino.

Volere una persona non poteva fare davvero così male. Allora perché era come se si fosse strappata con le unghie il cuore dal petto e lo avesse lasciato sul portico di quella casa?

 

 




Note:

Grazie mille a tutti coloro che hanno recensito o anche solo letto. 

Alla prossima! 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Maybe when we'll have another past ***


 
Maybe when we'll have another past


Quando il vampiro uscì dalla doccia ci mise poco a percepire un odore estraneo nella sua camera. Annusò affondo, come un animale selvatico, e riconobbe subito il profumo di Danaë. Era stata lì, ma perché? E soprattutto come aveva fatto a non accorgersene? Per un attimo fantasticò sul loro bacio di poco prima.

Si vestì, asciugandosi malamente e andò verso l’altra camera da letto a chiedere spiegazioni. Bussò, non udendo risposta entrò comunque, infondo anche lei lo aveva fatto. La stanza era silenziosa, immersa nella penombra, le pesanti tende color vinaccia erano semichiuse e la luce non riusciva ad illuminare la camera. Damon si guardò un pò intorno prima di notare il biglietto sul letto matrimoniale. Fece appena a tempo a prenderlo in mano quando udì delle voci provenire dal piano inferiore: una delle due, in particolare, lo scosse violentemente. Non poteva essere.

Il suo cervello era investito da mille sensazioni, era come se delle braccia immaginarie lo stessero strattonando verso direzioni diverse.

Scese le scale quasi con timore, ma allo stesso tempo un’apprensione sconosciuta. Quest’ultima sensazione si faceva largo pian piano dentro di lui: stringeva ancora il biglietto in mano. C’era qualcosa nell’aria, in tutta quella situazione, che gli suggeriva uno strano presentimento. Quando finalmente scese le scale si ritrovò dinnanzi la persona che pensava di non rivedere più nella sua vita. Elena era seduta sul divano rosso in salotto, gli dava le spalle, ma poteva scorgere la linea del suo profilo. Dopo l’iniziale confusione, nel suo campo visivo entrò anche Stefan, intento ad offrire da bere all’ospite.

“Damon, allora ce l’hai fatta!” disse suo fratello appena lo vide. Quando venne pronunciato quel nome, Elena si voltò.

Erano passati dieci anni da quando si erano guardati l’ultima volta. La ragazza era un pò invecchiata, ma era sempre uno schianto. Il vampiro ebbe un tuffo al cuore, e involontariamente ripensò a tutto ciò che c’era stato. Quel dolore pungente che lo aveva trafitto ogni notte per anni, tornò vivo e spazzò via la sua sorpresa. Fu lui a spezzare il silenzio che si era creato, deciso a liberarsi da quella situazione imbarazzante il prima possibile.

“Ciao, Damon” disse lei un pò incerta.

“Ciao.. - Damon si rivolse ad entrambi, poi smise di guardare la ragazza e posò lo sguardo impassibile sul fratello - Sai dov’è andata?” si riferiva a Danaë, ma non voleva pronunciare quel nome in quel momento, né includere nella conversazione qualcun’altro.

“Ero sicuro che non ne sapessi nulla neanche tu. Non l’avresti lasciata andare, vero?” rispose Stefan che finalmente vedeva Damon dargli ragione.

“Di che stai parlando Stefan? Spiegati”

“Danaë ha detto che Bonnie le ha trovato un appartamento qui vicino”

L’altro vampiro soppesò quelle parole, ma in esse non vi trovava alcun senso.

“Ha detto quando sarebbe tornata?” tornò a chiedere mentre si abbottonava le maniche della camicia.

“No.. Doveva portare i suoi vestiti nella nuova casa, credo sia con Bonnie”

Perché non gli aveva detto nulla di questa storia? Poteva almeno aspettare e dirglielo di persona. Il vampiro non sapeva se ritenersi offeso di esserne stato tenuto fuori o se si stava dando troppa importanza. Infondo cosa c’era stato tra loro due? Niente.

‘Proprio niente..’

Si accorse solo in quel momento del foglio ripiegato che stringeva fra le dita. Aveva la risposta letteralmente sotto il suo naso e se ne rendeva conto solo ora. ‘Che idiota’ pensò.

Aprì il foglietto ormai pieno di pieghe e il suo cuore perse un battito.

 

<

… Ti ho già messo in pericolo troppe volte, e non voglio più..

Grazie, Damon.

D.>>

 

Il suo sguardo saettava da una riga all’altra, cercando di dare un senso compiuto a quelle parole. Quelle parole erano talmente criptiche, che l’unica cosa chiara in mezzo a tutto il resto era il fatto che non c’era affatto nessun nuovo appartamento. Danaë non era con Bonnie, se ne era andata.

Quando alzò lo sguardo trovò quello di Stefan che lo guardava a sua volta con ormai nessun dubbio: aveva capito anche lui. Lo aveva capito dall’espressione grave che era calata sul volto di Damon. Il fatto che Elena si trovasse in quella stessa stanza, sembrava ormai essere un dettaglio del tutto marginale, non necessario.

“Quanto vantaggio ha?” chiese solo Damon stringendo i pugni. E il foglio si accartocciò di nuovo.

“Dieci minuti, minuto più minuto meno”

Damon si mise il pezzo di carta nella tasca dei jeans e prese la giacca.

“Damon, mi dispiace - disse Stefan - non ho capito. Le ho creduto, io..” aveva l’espressione contrita.

“Non fa niente” rispose ermetico l’altro prima di chiudersi la porta alle spalle.

Solo in quel momento realizzò che molto probabilmente Danaë aveva visto Elena lì pochi minuti prima. Nonostante questo particolare però, era dell’idea che andarsene le fosse venuto in mente molto prima. Altrimenti non avrebbe fatto in tempo a prendere le sue cose e scrivere quel dannato biglietto.

Richiuse lo sportello della sua mustang e rimase immobile con le mani sul volante. Nell’abitacolo percepiva ancora il suo odore. Non sapeva dove andare, dove lei potesse essere. Sapeva solo di dover girare la chiave ed andare.

 

 

 

Danaë era arrivata all’aereoporto di Atlanta e il fatto di aver trovato un posto sul primo volo per il mid-west, lo interpretò come un segno. Partendo, ebbe la conferma di fare la cosa giusta. Allacciò la cintura di sicurezza e abbassò gli occhiali da sole sugli occhi, nonostante fosse già tramontato il sole e il suo finestrino fosse coperto dalla tendina. Si voltò da questo lato e pianse tutte le lacrime che aveva. Quello, e ora poteva dirlo per certo, era il momento in cui si era sentita più sola in vita sua. Ora iniziava il suo piano.

 

Damon rivoltò ogni angolo di Mystic Falls come una casacca, ma quando la possibilità che Danaë avesse preso un aereo gli balenò nella mente, ormai era tardi. Arrivò all’aeroporto di Atlanta con il fiatone, per quanto un vampiro potesse averne, si guardava intorno spaesato in cerca di un qualche indizio, un’informazione, qualunque cosa che lo conducesse a quella ragazza, ma tutto ciò che vide intorno a lui furono persone. E nessuna di queste era Danaë. Esaminò con cura maniacale il tabellone <>, ma per quanto continuassero ossessivamente a scorrergli sotto gli occhi nomi di città e gate d’imbarco, la verità era che non sapeva quale delle ipotesi seguire. Poteva essere andata in qualunque parte del mondo, e nelle ultime due ore erano partiti più di venti voli. Così dopo aver cercato in lungo in largo una lunga chioma corvina tra la folla, ancora tribolante e con gli occhi lucidi, si lasciò ricadere su un sedile della sala d’aspetto al gate. Sembrava un lupo ferito ed impaurito che si leccava le proprie ferite in silenzio, senza chiedere aiuto a nessuno, sfoggiando una falsa freddezza contraendo la mandibola.

Nel vario ondeggiare d’immagini che si susseguirono, ad un certo punto colse la figura di una donna che digitava meccanicamente i tasti di un computer. Spalancò impercettibilmente gli occhi e si alzò di scatto diretto al bancone. Infischiandosene della fila prima di lui, tolse di mezzo chi gli si parava davanti e chiese prepotentemente informazioni alla donna ammaliandola.

“Ci sono diversi posti prenotati a nome Danaë Moloch, signore” la donna pronunciò in modo sbagliato il suo nome, ma almeno ora non opponeva alcuna resistenza; normalmente non avrebbe potuto fornire informazioni di questo tipo ad un civile, ma Damon conosceva senz’altro il modo di aprire molte porte.

“Dannazione” imprecò tra sé e sé.

‘Sei furba, piccola stronza. Hai pensato proprio a tutto’

Il vampiro si fece dare ugualmente la lista dei voli sui quali si era ipoteticamente imbarcata Danaë Moloch, che corrispondeva ad un totale di dieci, per le destinazioni più disparate. Vi era addirittura un boeing per l’Islanda. Era pressoché impossibile tirare a indovinare su quale aereo fosse davvero salita la ragazza: sicuramente aveva scelto la destinazione a caso, un posto che preferibilmente non avesse rivelato a Damon durante le loro chiacchierate.

Fu lì, in quel preciso posto e momento, che Damon si accorse di non conoscerla per niente, dopotutto.

Allora perché c’era quella fastidiosa vocina in un angolo della sua testa che gli diceva di conoscerla abbastanza da aver perso la testa? Perché ce n’era un’altra che se la prendeva con lui per essere stato tanto ingenuo da perderla?

Non si era mai guardato dentro davvero fino a quel momento, lo aveva evitato come la peste. E ancora oggi c’era una parte di lui che non voleva mettere nero su bianco come stavano davvero le cose. Se gli avessero squarciato il petto per strappargli il cuore, chiunque avrebbe visto il tumulto che agitava i suoi tessuti interni, intricati come i suoi pensieri.

Damon non era una persona facile. Non si lasciava andare facilmente, né permetteva agli altri di farsi vedere debole. Con Danaë, paradossalmente un’estranea, lo aveva fatto: per pochi momenti, certo, ma in quel lasso di tempo si era sentito a proprio agio, quasi cullato dalla sua comprensione. Non avevano condiviso molti momenti intimi, ma a volte si sa, alcuni sguardi, anche sguardi rubati, valgono più di mille parole. E tra di loro ce n’erano stati tanti di sguardi rubati, eccome. Sembrava che facessero la gara a chi guardava di più l’altro di nascosto, come se assumersi la responsabilità di quegli sguardi fosse un fatto atroce e scandaloso. C’era qualcosa nella loro testa che li bloccava, li inibiva l’un l’altro generando solo frustrazione.

Damon, dicevamo, non era per niente una persona facile, né tantomeno prendeva facilmente  una sbandata per una donna: basta pensare che in più di un secolo ne aveva prese due, e potremmo quasi azzardarci a dire che erano per la stessa donna. Il fatto di provare quel malessere all’altezza dello stomaco, non era per nulla un buon segno, non sapeva come fosse stato possibile. Dopo Elena, in realtà, non aveva avuto alcun interesse per niente e nessuno: quelli che aveva incontrato per la sua strada erano stati solo corpi e nulla più. Se ne era servito senza alcun rimorso, semmai delusione. Ma da quando aveva incontrato Danaë era diverso, gli sembrava di esser uscito da quella fase di apnea durata troppo a lungo. Ad un tratto, da quando aveva fatto ritorno a Mystic Falls, rideva di nuovo, aveva una flebile scintilla di speranza che lo metteva in moto al mattino, come una vecchia auto che riparte dopo anni di stasi, ma solo con le giuste cure. Lei non se ne accorgeva, perché fondamentalmente non conosceva il vampiro da molto tempo, ma gli faceva del bene, anche solo stando a contatto con lui nella stessa stanza, o mandandolo a quel paese. Stefan, che lo conosceva da tutta una vita, invece si era accorto di questi piccoli cambiamenti, ma non aveva di certo osato chiedigli qualcosa: sapeva com’era il caratteraccio di Damon quando voleva tenere per sé qualcosa. Inoltre, il più delle volte che il fratello non si esponeva, quel tipo di comportamento ambiguo era sintomo di una profonda confusione. Certamente Damon aveva e stava combattendo una sua lotta interiore, anche in quel momento, di nuovo abbandonato sul sedile della sala d’aspetto dell’aeroporto di Atlanta.

Prese di nuovo il biglietto accartocciato nella tasca dei jeans e lo lesse, stavolta non saltando neanche una parola.

 

<

Mi dispiace farlo così, ma è necessario. La verità, in parte, è che se te lo dicessi di persona, probabilmente mi bloccherei a metà, o peggio tu m’impediresti di fare ciò che voglio fare. Non puoi sapere quanto io ti sia grata.. Mi hai salvata così tante volte che ho perso il conto. Ora è il mio turno però. Vorrei restare qui a scriverti per pagine e pagine, ma poco importa ciò che avrei da dire. E va bene così.

Ringrazia Stefan, è stato un angelo, nonostante le mie insinuazioni su di lui. Anche Bonnie, senza di lei non sarei quella che sono oggi.

Spero di rincontrarti in un’altra vita, quando avremo un altro passato. Per quanto riguarda questa di vita, ti ho già messo in pericolo troppe volte, e non voglio più. Non posso.

Grazie, Damon.

D.>>


 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** The beginning of the end ***


The beginning of the end

Alla fine Danaë aveva optato per il Tennessee: lo aveva scelto perché non era né troppo vicino né troppo lontano da Mystic Falls. In quel modo, nella sua testa, quella vicinanza era alla pari di avere un legame affettivo.

Si allontanò dall’aeroporto di Memphis in fretta: aveva noleggiato un auto e senza neanche guardare una mappa guidò senza una meta ben precisa. Si sarebbe fermata soltanto quando avesse visto solo campagne fuori dal finestrino, niente case o persone a cui poteva fare male.

Il suo piano era quello di trovare un posto dimenticato da Dio ed attivare i suoi poteri, cosicché Ahkmara fosse attirata verso di lei. Sapeva che era un piano alquanto rischioso, con molte controindicazioni, ma doveva tentare prima di tentare una strada diversa.

Erano quasi le due di notte e su per la highway non c’era anima viva, ad eccezione di qualche camion ogni tanto. Ad un certo punto, la ragazza sterzò a destra imboccando la strada sterrata, e continuò per qualche chilometro sino a fermarsi nel mezzo di un campo incolto. Prese un lungo respiro e scese dall’auto: ora o mai più.

I fari dell’auto illuminavano la porzione di terreno davanti Danaë, tagliandole le gambe all’altezza del polpaccio. Quella notte nell’aria sembrava esserci qualcosa di diverso, la sensazione che qualcosa di grosso stia per accadere. Faceva freddo, e oggettivamente chiunque avrebbe iniziato a tremare dopo qualche minuto, ma Danaë aveva talmente tanta adrenalina dentro di sé che non riusciva a stare ferma e non avvertiva minimamente i freddo.

“D’accordo stronza, ora vediamo se abbocchi” disse sfregandosi le mani sulle cosce. Riservò un ultimo pensiero a sua nonna, sperando che la proteggesse in qualunque parte o dimensione si trovasse. Chiuse gli occhi e cercò di canalizzare i suoi pensieri in un punto preciso della sua mente, come se dovesse distillare il suo potere e colpire un punto immaginario. In realtà quest’esercizio le serviva per non sprecare troppe energie, quelle che le sarebbero servite successivamente nel combattimento reale. In quella parte di campo c’erano abbastanza alberi da coprire l’auto e la luce che di lì a poco avrebbe sprigionato, motivo per cui aveva scelto quel posto in particolare. Alzò lentamente i palmi delle mani fino ad avvicinarli uno all’altro all’altezza della vita: si sentiva pronta, da quando gli spiriti delle streghe gli avevano infuso il loro potere e parte della loro sapienza, sentiva di fare cose che sino ad allora le erano sembrate impensabili, di cui aveva soltanto letto nei libri. Sperò di essere abbastanza forte. Aprì i palmi verso l’alto e iniziò a creare un’energia di luce bianca che pian piano cresceva, emettendo calore tutt’intorno. Quando, dopo qualche minuto riaprì gli occhi, quest’ultimi erano diventati completamente bianchi. Lasciò che l’energia fluttuasse davanti a lei, quando mise una mano in tasca e ne estrasse un frammento di uno degli amuleti di Ahkmara, trovati nella camera del motel durante il sopralluogo. Dal momento che non erano più integri, questi non erano più efficaci come in origine, ma quel poco che la ragazza aveva sarebbe bastato per far accorrere la strega. Infatti, una volta invocata, insieme all’energia che aveva appena emesso di proposito, la strega non ci avrebbe messo molto a localizzarla. Ella l’avrebbe trovata in ogni luogo se solo avesse usato i suoi poteri di ibrido, e questo Danaë lo sapeva bene.  Fece fluttuare anche il frammento di cristallo davanti a sé, avvolgendo in una nuvola di fuoco bluastro; le ombre di toni freddi si stagliavano sul volto della ragazza, nettamente in contrasto con quelle calde dei fari giallastri dell’auto. Con l’aiuto del fuoco e dell’aria, pronunciò l’incantesimo per chiamare a sé l’antica strega:

“Lectos espiritos” ripetè più volte, fino a che una scossa elettrica le attraversò il corpo in risposta. Era il segnale, Ahkmara l’aveva percepita e sembrava aver accolto il suo richiamo come un ghiotto invito a nozze.

Danaë dipinse un sorriso diabolico sul viso, era pronta.

“Vieni, vieni e facciamola finita Ahkmara”.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Feral ***


Feral


Dicono che ogni ragazza nasconda un’eroina dentro di sé, un essere spavaldo e fiero pronto ad attaccare, a mostrarsi invincibile.

Erano passate quasi quattro ore da quando Danaë aveva sfidato Ahkmara, ormai l’alba era arrivata da un pezzo. Man mano che i minuti passavano sentiva una strana energia intorno che, a mò di avvertimento, le faceva rizzare i peli sulle braccia: lei era vicina. La ragazza non sapeva se era davvero pronta a tutto ciò che la aspettava quel giorno: poteva essere l’ultima alba quella che si era appena fatta prepotentemente strada in mezzo all’oscurità della notte. Sentiva come una strana eccitazione, il genere d’inquietudine che precede ogni grande evento, che ti fa sentire pronta e insieme sull’orlo di una crisi di nervi.

Immersa nei suoi pensieri, ad un tratto vide comparire un’auto all’orizzonte, che lentamente strisciava verso di lei.

“Finalmente” sussurrò. In quel momento, come qualunque persona insicura, auspicò l’aiuto di qualcuno dall’alto, dio o antenato che fosse, non faceva troppa differenza. Scese dall’auto, indossando il suo sguardo più fiero, relegando le sue paure dietro le quinte di quella battaglia.

 

Quando lo vide uscire dall’auto, il sangue gli si gelò nelle vene. L’attimo dopo la rabbia lo fece ribollire, come se fosse magma primordiale. Gli occhi della ragazza, un attimo prima incerti, s’infervorarono provando quel sentimento nuovo e radicato nelle sue viscere. La strega aveva con sé Damon, proprio quell’unica persona che non avrebbe mai dovuto trovarsi lì.

“Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo qui nel tuo ultimo giorno. Sai, l’ultimo desiderio non si nega a nessuno”

“Se proprio me ne devi concedere uno, allora lascialo andare. Ora”

Ahkmara la guardò bene in viso e con un ghigno fece un segno con il capo al suo scagnozzo.

Damon era imbavagliato, dalla sua bocca non uscivano che borbottii confusi, ma il suo sguardo a metà tra il livido e lo spaventato lanciava un messaggio chiaro: stavolta, in quella situazione, lui non era altro che un debole e patetico spettatore.

“Vedi - ripose, avvicinandosi viscidamente - le fiamme che leggo nei tuoi occhi sono esattamente il motivo per cui ho portato qui quel bamboccio. Voi umani non smettete mai di divertirmi con le vostre tempeste ormonali”

La donna non finì la frase che il suo uomo con un pugnale aprì uno squarcio nel petto del vampiro. Quest’ultimo soffocò un urlo di dolore e cercò di dimenarsi come meglio poteva.

Danaë attaccò immediatamente infliggendo dolore fisico alla strega “Phasmatos Morsinus Pyrox Allum!”

“Ah! Credi che soffra di questo solletico dopo tutti questi anni? Mia piccola ingenua” la donna pronunciò un incantesimo sottovoce, in una lingua sconosciuta con gli occhi fissi in quelli della giovane strega.

Danaë non riusciva a capire: non sentiva nulla di diverso dentro di sé, non aveva avvertito nessun colpo o attacco, quando poi capì. Ahkmara stava scagliandosi su Damon, che, alle spalle della strega era diventato più pallido del solito e aveva smesso di strepitare e scalciare. Mai come in quel momento lei avrebbe voluto sentirlo di nuovo imprecare per sapere che stava bene, che era il solito, vecchio Damon. Invece non dava nessun segno, a tal punto che l’uomo che lo teneva legato con una corda imbevuta di verbena gli tolse il bavaglio liberandogli la bocca.

 

“Sai Danaë ho cercato di venirti incontro, di non arrivare a questo. Parliamoci fuori dai denti: a me non interessa nulla di quest’insulso vampiro maleducato - si voltò verso di lui - e senza alcun gusto nel vestire. L’unica cosa che desidero, ce l’hai tu. Tuttavia… mi hai fatto fare così tanta strada per averla, che adesso ho deciso che anche la vita di Damon è affar mio” sorrise falsamente.

Quello era il momento. Danaë non poteva permettersi di fare la dura, non quel giorno, non più. La presenza di Damon aveva cambiato tutte le carte in tavola. “ No. Non lo farai. Prenderai me e soltanto me”

Un’autentica risata interruppe il clima teso dello scontro, ma solo per pochi secondi.

“E cosa ti fa pensare di avere voce in capitolo?” le rispose Ahkmara.

“Semplice - disse Danaë tirando fuori un coltello e puntandoselo al cuore - senza il mio cuore, l’organo più importante, non potrai appropriarti della mia energia, e avrai fatto un viaggio a vuoto”

“Vuoi farmi credere che ti ucciderai? Tu, una ragazzina che gioca a piccole streghe?”

“Sai, Ahkmara, mi stupisce di quanta poca saggezza hai fatto tesoro in tutto questo tempo che hai avuto a disposizione… Hai portato qui lui per interdirmi, per impedirmi di combatterti perché sapevi che lui è la chiave per arrivare alla mia resa incondizionata. Cosa ti fa pensare di sapere di cosa io sia capace o meno, una volta averlo perso?” Mentre pronunciava quelle parole, le vocali di ognuna si schiudevano su una cornice di denti digrignati.

Ahkmara era interdetta, il suo istinto le diceva di crederle, ma lei voleva tutto, ora lo esigeva. Doveva essere lei a dettare le regole, a prevalere.

In quel momento soffiò, senza abbassare lo sguardo dalla ragazza, e dalle labbra ormai livide di Damon iniziò a uscire una sostanza impalpabile bianca, fluttuando leggera come fosse fumo.

Appena Danaë provò a lanciare un incantesimo d’isolamento per Damon la strega la colpì con un’esplosione “Vados!” e poi altre, in serie fino a farla cadere sulle ginocchia e gettare la lama a terra.

Finché la ragazza invocò uno scudo protettivo, mentre cercava di rialzarsi. Nel frattempo il fumo bianco continuava a uscire dalle labbra del vampiro, sempre più vicino a dove si trovava la strega Ahkmara.

“Ahkmara, prendimi. Lascialo stare” la implorò la ragazza. Sperava di rallentare le azioni della strega ed intanto guadagnare del tempo prezioso.

Sulla stessa mano che prima impugnava la lama, la ragazza si era inferta un taglio, nascondendolo dietro la schiena. Mentre continuava a supplicare Ahkmara, aprì il palmo rivolto al cielo e con la voce della mente, quella più potente ed oscura di tutte, iniziò a pronunciare un antico incantesimo chiamando a gran voce tutti i suoi antenati. Aveva poco tempo per incanalare tutta la forza necessaria.

“Mi hai delusa molto Danaë, non c’è che dire. Tutta quell’aria da spavalda ed ora supplichi prostrata ai miei piedi come il più sudicio dei ratti. Mi ero sbagliata su di te, sei come tutti gli umani. Debole”

 

‘Eccola’ pensò Danaë. Si accasciò violentemente al terreno, come se fosse letteralmente precipitata dal cielo. Poi, dapprima lentamente, e poi sempre più prepotentemente, una risata isterica si fece largo dentro di lei, facendo scuotere su e giù la gabbia toracica. Quando il volto riemerse era in lacrime. Piano, a fatica, si rimise in piedi.

“Cosa hai da ridere tanto?” disse in tono irato.

Danaë non le diede il tempo di schiudere di nuovo le labbra che iniziò a sussurrare la sua nenia, la stessa che stava ripetendo nella sua testa da ormai qualche minuto.

“Bruciare supe terram, faciendo ignis ga praemium. Bruciare supe terram, faciendo ignis ga praemium - le sue parole si fecero sempre più chiare e distinte, e la strega si allontanò di qualche passo preparandosi ad attutire il colpo, perfettamente a suo agio, tranquilla. Ignara. - Bruciare supe terram.. faciendo ignis ga praemium. Ahkmara” pronunciò il suo nome aspirando la radice di quella parola così antica, che alla strega sembrò quasi di essere tornata indietro nel passato.

E in quel preciso istante, guardando gli occhi di Danaë diventare dapprima cerulei e poi completamente di un bianco opaco, Ahkmara ebbe per la prima volta davvero paura di lei.

Quando l’onda di energia incendiaria colpì il suo corpo, la strega capì ma ormai era troppo tardi. La forza e i poteri di centinaia di antenati si scagliarono sulla sua pelle, inondandola di fuoco, per poi arrivare man mano in profondità, sino alle sue viscere ormai putride. Nei suoi occhi comparve quel sentimento di paura che almeno una volta coglie tutti gli uomini, la paura di morire. Non percepiva più l’aria entrare attraverso le narici, i polmoni erano in fiamme, ma nonostante tutto quel dolore riusciva ancora ad urlare e a vedere. Quella piccola ragazza torreggiava su di lei e la osservava con uno scintillio maligno negli occhi, soddisfatta, ma anche incredula di fronte a quello che aveva appena fatto.

“Penso che così possa bastare” disse la ragazza rivolgendo uno sguardo allo scagnozzo di Ahkmara, al quale bastò guardarla negli occhi per pochi secondi per salire in auto e filarsela - Ora facciamola davvero finita Ahkmara. Phasmatos ossox, casser les os, ma chere” pronunciò ghignando.

A quelle parole ogni osso del corpo di Ahkmara andò in frantumi, dal più piccolo, al più grande, fino ad arrivare all’osso del collo. Ciò che rimaneva di lei era ormai un cumulo di cenere e frammenti ossei.

Danaë poteva tornare a respirare senza affanno né cuore in gola. Quando si avvicinò a Damon vide con grande sollievo che stava iniziando a riprendere un pò di colorito. Allora lo slegò dalla corda imbevuta di verbena e le ferite ai polsi iniziarono subito a risanarsi. Lo trascinò fino all’auto, non con poca fatica. Se non si fosse sentita così sfinita e priva di forze lo avrebbe fatto lievitare, pensò scioccamente. Ora potevano tornare a casa. Accese il motore e con il vampiro ancora in fase di convalescenza, partì, mentre nell’aria il vento spargeva cenere malvagia e primitiva come a voler bilanciare naturalmente bene e male.

Finalmente era finita.

 

 

La strega ci era andata giù pesante, perché Damon non riprese conoscenza se non ormai a pochi chilometri da Mystic Falls. Era una sensazione strana, ma appena lui aveva aperto gli occhi, Danaë aveva avuto l’impressione che quelle interminabili ore in cui non aveva fatto altro che osservarlo indisturbata non sarebbero tornate mai più. Aveva sempre avuto un certo imbarazzo a guardare Damon per più di qualche minuto negli occhi, anche se non gli aveva mai dato la soddisfazione di dirglielo apertamente. In quei momenti lo aveva visto indifeso come non mai.

“Ce l’hai fatta a svegliarti” lo prese subito in giro.

“Ma dove siamo?” disse spaesato lui.

“Quasi a casa”

Forse si era davvero ripreso, perché a quelle parole rimise su la sua maschera da cinico e scontroso che tanto lo contraddistingueva.

“Perché sei andata via?”

“Cioè tu hai appena assistito alla battaglia del secolo e non mi chiedi nulla?” domandò falsamente indignata, consapevole del suo debole tentativo di cambiare argomento.

“Fermati. Fermati ora.” disse categorico.

La ragazza sospirò, guardo nello specchietto retrovisore ed infine accostò. Damon scese dall’auto con aria infuriata e aspettò che anche lei uscisse dall’abitacolo, appoggiandosi alla carrozzeria.

Nei suoi piani lei non aveva previsto questo momento, pensava che l’incombenza di dare spiegazioni faccia a faccia non le sarebbe toccata. Infondo era di gran lunga più facile e codardo dire le cose con un biglietto, o per telefono.

“Cosa vuoi sentirti dire Damon? Perché tutto ciò che sentivo di dirti l’ho scritto in quella lettera”

“Ti sei proprio presa un gran bel disturbo - disse ironicamente - Che bisogno c’era di andartene? Potevamo affrontare quella stronza insieme”

“Non voglio intaccare la tua immagine da supereroe macho, ma in realtà non potevi fare granché. E neanche io, non fosse stato per i miei antenati” disse, provando a smorzare i toni della conversazione.

“Se ti fosse successo qualcosa.. Lo sai” disse Damon voltandosi improvvisamente verso di lei.

“No, non lo so. Dimmelo” azzardò lei con tono seccato.

“Sai che cosa sei per me”

“No, so che cosa significhi tu per me, ma io… di te in realtà so poco o niente”

Damon la guardò nella stessa maniera in cui la osservava sempre quando lei non se ne accorgeva. Pensava che al mondo non poteva esistere creatura più pura e diabolica di Danaë. Lo aveva fatto in punta di piedi, involontariamente insistente come una goccia che logora la roccia calcarea, giorno dopo giorno, ma alla fine lei era penetrata nella maglia della sua corazza e lo aveva in pugno.

Nessuno, che lei ricordasse, l’aveva mai guardata con quegli stessi occhi. L’unica persona che lo aveva fatto era davanti a lei, e la stava guardando proprio come quella prima notte in cui voleva cibarsene. Aveva fame di lei, entrambi avevano fame, ma non osavano fare un passo verso l’altro.

“Perché non me l’hai..” Iniziò lui.

“Mai detto? - lo interruppe - non volevo. Anche se io ti piacessi, io non posso permettere di esporti”

“Ma cosa dici? Hai detto che Ahkmara è morta, è tutto risolto ora” disse Damon scuotendo la testa.

“È vero, lei non ci darà più fastidio Damon…”

“Ma? Perché c’è un ma, non negarlo” la invitò a continuare.

La ragazza, nonostante avesse da poco recuperato parzialmente le forze, si sentì nuovamente sprofondare.

“Ce ne saranno altri, altri come Ahkmara o anche peggiori. Ogni dannata volta che uso i poteri è come se attivassi un radar, un segnale pulsante che attrae ospiti indesiderati e pericolosi”

“Allora non usare i tuoi poteri” propose lui, egoisticamente.

“Pensi che io voglia tutto questo?” disse esterrefatta.

“Sì - rispose deciso, cogliendola di sorpresa - Noi due ci assomigliamo. Non fraintendermi, all’apparenza sembri un agnellino, ma infondo sei una creatura che brama la vendetta, come me”

“Questo non c’entra però. Io non voglio i miei poteri, ma anche se scelgo di non usarli, questi sono talmente forti da permettere di localizzarmi, anche se con più difficoltà e lentezza. Ed io non posso proprio restare qui” concluse la ragazza, distogliendo lo sguardo davanti a sé e accennando a rientrare in auto.

Damon la precedette richiudendo lo sportello “Non puoi andartene” disse arrabbiato, spalancando gli occhi. Ma ormai Danaë aveva imparato a leggere quello sguardo, lo sguardo di quando il vampiro aveva paura.

“Posso e lo farò Damon”

“Col cavolo che lo farai”

Danaë ci mise qualche secondo in più a capire le intenzioni di Damon e prima che potesse sfuggirli le loro labbra si unirono, da subito prepotenti ed affamate. La loro danza era primitiva e disperata e mentre cercavano di divorarsi a vicenda, non smisero di guardarsi.

C’era voluto tanto tempo per aprirsi l’uno all’altro, ma in quell’istante capirono di aver sprecato tutto quel tempo a rincorrersi, negare e soffocare ogni pensiero.

Quando ripresero aria, il cuore della ragazza faceva lo stesso chiasso assordante e pulsante di una batteria con doppio pedale. Sentiva la testa leggera, il viso accaldato e le membra aggrovigliate: voleva di più, e sapeva che quindi quello sarebbe stato il momento perfetto.

“Damon.. - alzò lo sguardo e trovò quello di lui che aveva la stessa potenza accecante del sole - Grazie… Sono così dannatamente fortunata ad averti trovato, vorrei che questo frammento di vita durasse per sempre, sai quanto..”

La ragazza aveva gli occhi lucidi, le gambe le tremavano. Poi si schiarì impercettibilmente la voce e continuò.

“Ti sei sempre definito un mostro, ma non lo sei. La vita, tante vite, ti hanno reso come sei oggi, e io amo ogni parte del <>. Non potrei mai spezzarti il cuore.. - accarezzò una guancia di Damon, fino a tracciare i contorni più esterni ed ossuti - Ed è per questo che tutto tornerà alla normalità, a come erano le cose prima di conoscermi. Ti sembrerà di sentire un vuoto all’inizio, di non ricordare cose, fatti o eventi che altri ricordano, ma è solo perché hai bevuto troppo bourbon in questi mesi” fece un sorriso amaro.

Damon era incapace di muoversi, ma capiva tutto ciò che lei gli stava ordinando di ricordare “ti prego, non farmi questo” disse, e una lacrima gli rigò il volto. Lei la baciò, la asciugò e la assaporò tra le sue labbra. Tornò sul suo volto e gli baciò gli occhi, il collo, le mani. Strinse queste ultime tra le sue, accarezzandole con lentezza, per ricordare tutto. Poi gli mise attorno al collo una collana con una pietra di malachite, il simbolo della sua famiglia, infusa con il suo potere ed un incantesimo di protezione. Dopodiché tornò di nuovo alle sue mani, sfilando via l’anello d’argento che Damon portava all’indice. Voleva assolutamente qualcosa di suo perché a lei spettava il compito di ricordare per entrambi, forse quello più arduo.

“Tra non molto, un giorno ti sveglierai accorgendoti di esser stato capace di riaprire il tuo cuore a qualcuno, nonostante tutto, ma quella persona non posso essere io. E nel profondo lo sai. Amerai ancora Damon, lo leggo nella finta freddezza del tuo sguardo cinico. Sarai felice e ti sentirai di nuovo pieno. Dedisco, Damon. Dedisco. Dimenticami, ma tieni con te il calore del mio amore” Danaë finì l’incantesimo e ormai in lacrime posò un ultimo bacio casto sulla bocca di lui.

“Torna a casa e vivi.. stavolta davvero”

Il vampiro si allontanò con fare meccanico dalla ragazza e quando si riscosse si guardò intorno per capire dove si trovasse.

 

“Stavo per prenderti in pieno - Danaë fece uno sforzo sovrumano per pronunciare quelle parole - ma vedo che stai bene. Io allora vado”

“Ma certo che sto bene. E tu chi sei?” chiese il vampiro.

“Passavo per caso. Non sono di qui” la ragazza risalì in auto e sistemò lo specchietto, come sua abitudine. Quando alzò di nuovo lo sguardo sulla strada, Damon non c’era più.

 

Dicono che ogni ragazza nasconda un’eroina dentro di sé, ma chi di noi può davvero dire di averla trovata? Tra le stanze del cuore, lì dentro, quel giorno Danaë aveva fatto l’atto più coraggioso, fiero ed altruista che un’eroina possa compiere: lasciare andare chi si ama, per la seconda volta.



Note:

https://www.youtube.com/watch?v=49MYJkEazIg&feature=youtu.be

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Heal all wounds and light this endless dark ***


Heal all wounds and light this endless dark

 

La Carelia in inverno appariva come le lande desolate del polo nord, assolutamente prive di vita e spettrali. Solo i turbinii di neve creavano l’unica forma di movimento nel raggio di chilometri e chilometri. Le poche case che si incontravano per la strada centrale principale erano costruite interamente in legno, ed in quella parte della regione venivano esclusivamente usate come residenze estive, tutte, tranne una.

L’ultima casa, la più lontana al lago, aveva un’ospite particolare: era la residenza che restava sempre sfitta poiché, a differenza delle altre con vista  sul lago, quest’ultima era immersa nella foresta. Se non fosse stato per la neve candida di quel periodo, che rifletteva la luce creando un bagliore perpetuo, la piccola casa di legno sarebbe stata avvolta dal buio.

D’inverno oltre che alla bassissima temperatura, la gente doveva fare i conti con i mesi di buio che allungavano a dismisura il supplizi invernale.

Tuttavia, per chi cercava tranquillità e silenziosa abnegazione del proprio senso di colpa, quel luogo remoto era il paradiso.

Danaë mise a scaldare l’acqua nel bollitore, rito che ripeteva almeno tre volte al giorno per contrastare il gelo. Viveva in quella foresta da tre anni ormai. Aveva cambiato casa un paio di volte, spostandosi da una parte all’altra della frontiera russa. In quei luoghi lontani dalla civiltà e dalle pullulanti, rumorose città, si trovavano esseri singolari e davvero peculiari.

Dopo una settimana dal suo arrivo, una donna si era presentata alla sua porta, offrendole un dolce, un pò come la strega di Biancaneve. Contravvenendo alla squisita gentilezza dei finlandesi, la donna si era mostrata dapprima indisponente e sospettosa, nonostante avesse fatto lei il primo passo. Come successivamente le spiegò, l’anziana signora aveva avvertito la presenza di un’altra strega appena lei si era avvicinata a quella zona. Non era una caratteristica comune a tutte, ma la sua anzianità faceva sì che le sue “antenne” fossero molto sviluppate ed esperte. Aveva capito sin da subito, appena messo piede in quella stanza, che Danaë non era una qualunque. Per tutto il tempo, e ancora oggi, una parte della donna la teneva d’occhio, mentre l’altra si fidava ciecamente. La ragazza imparò tecniche a lei nuove, appartenenti ad uno dei ceppi magici del vecchio continente. Gli incantesimi dei popoli uralici erano completamente diversi da quelli di matrice francese, molto più primitivi e violenti. Santra, era questo il suo nome, le aveva insegnato a difendersi incanalando energia da resti animali, per esempio, o anche come invocare gli spiriti degli animali tramite alcuni luoghi presenti in natura. La maggior parte di questi incantesimi però non avrebbero sortito lo stesso effetto se praticati in un luogo troppo diverso da quello in cui si trovavano, e questo perché v’era il bisogno di attingere al giusto ramo di credenze popolari. In ogni cultura, tutti noi compiamo dei piccoli gesti rituali insignificanti, secondo noi, che però sono investiti di antichi significati oramai andati perduti e dimenticati. Il mondo magico era ancora visibile per coloro con occhi per vedere, diceva sempre Santra.

Danaë e Santra si vedevano una volta a settimana, di solito, studiando continuamente. Per tutto il resto del tempo, la ragazza se ne restava rintanata nella sua casetta isolata, lavorando per corrispondenza. L’isolamento dal mondo le stava facendo bene, risanava le ferite e il tempo, dal canto suo, lasciava che la nebbia di ricordi si confondesse con la confusione delle tempeste di neve, svanendo. C’erano momenti però, molti momenti, in cui per giorni interi Danaë non faceva che singhiozzare e pensare continuamente a ciò che si era lasciata indietro. Era divisa a metà tra l’impulso irrefrenabile di tornare a casa, se quella era poi davvero casa sua, e il bisogno di proteggere l’uomo che amava.

“Quando tornerai a casa? - le chiese un giorno Santra, con il suo inglese perfetto e le sue r marcate - Mi fa molto piacere la tua compagnia, ma lo sai anche tu di non poter scappare per sempre”

“Non sto scappando, Santra”

“Sì invece, piccola. La convinzione malsana di proteggere una persona allontanandosi è un falso mito. Somigli a quelle madri che abbandonano i loro figli per offrirgli una vita migliore: stronzate belle e buone. Un figlio non può crescere senza sua madre. E tu non puoi vivere senza te stessa, o almeno non ancora per molto”

“E cosa dovrei fare, tornare e rischiare di fare uccidere le poche persone a cui ho voluto bene? No”

“So soltanto che non puoi proteggerle da qui, a migliaia di chilometri di distanza” le indirizzò uno sguardo di rimprovero e poi tacque per qualche minuto. Poi schiuse le labbra - Torna, proteggi chi ami, ma fallo da lontano. Questo sì che potresti farlo”

“E come? Vivendo ogni giorno con la paura che qualcuno mi trovi, rivivendo ancora una volta quelle circostanze? Io non so se potrei rifare tutto ciò che ho fatto in passato”

“Potrai fare di meglio. Non è forse questo, sotto sotto, il motivo per cui hai voluto imparare così tanto in questi anni? Io non insegno a chiunque, per di più ad una straniera, un’americana. No, se ho voluto trasmetterti la mia conoscenza è perché so che potevi accoglierla ed usarla al meglio. Sei destinata a grandi cose, piccola, ed ora è arrivato il tuo momento”

“Sembra quasi che tu non mi voglia più qui” rifletté Danaë, dando voce alle sue sensazioni.

“Mhm, forse, potrebbe essere. Sei una mina vagante, e l’ho sempre saputo”

“Quindi mi hai tenuta d’occhio, per tutto questo tempo non c’era nulla di genuino e spontaneo in te?” chiese delusa.

“Non ho detto questo”

“Non puoi essere amorevole e spaventata allo stesso tempo, Santra”

“La paura, l’odio, l’amore, l’affetto… sono tutti sentimenti molto strani da decifrare, con confini molto labili. Ma suppongo che tu possa pensare ciò che ritieni più giusto” disse l’anziana sovrappensiero, per poi avviarsi verso la porta d’ingresso della casa.

“Indipendentemente da ciò che penserai e farai, devi andare via da qui. La settimana prossima tornerò per riprendermi i grimori che hai qui nella libreria, ti saluto adesso con un arrivederci. Non mi piacciono gli addii” Santra fece qualche passo e si richiuse la porta alle spalle senza guardare indietro.

“E a chi piacciono?” disse la ragazza a sé stessa.

 

 

Mystic Falls. L’aria che si respirava in quella cittadina era sempre stata ambigua. Nonostante non fossero accaduti eventi tali da sconvolgere la comunità, come in passato, quando se ne oltrepassavano i confini un brivido era solito attraversare la schiena.

Danaë tornò a casa una mattina di fine marzo: a dispetto del luogo da cui proveniva, lì v’era un clima assolutamente più mite. Appena il taxi la fece scendere dall’auto, lei pagò la corsa e approfittò di quel sole primaverile per bearsene seduta su una panchina nella piazza principale.

‘Un posto un pò troppo in vista per una che non vuole essere notata’ si disse. Scegliere di tornare era stato un passo che aveva richiesto molto, molto tempo ed altrettante notti insonni, tutt’ora non ne era convinta. Salire sull’aereo invece, beh, quello era stato il gesto più facile e naturale del mondo. Il suo corpo conosceva, bramava la strada di casa: il clima umido, l’odore del fieno nei campi fuori città, la torre dell’orologio con i suoi mattoncini rossi caratteristici. Aveva voglia persino di tornare al Mystic Grill, locale che a volte definiva ‘per snob’.

Non avrebbe vissuto proprio a Mystic Falls, ma appena fuori città. Quella che si era concessa era stata solo un’innocente, nostalgica passeggiata nel passato, prima di relegarsi, nuovamente, dietro le quinte. Avrebbe osservato e protetto tutti in quella città, ed in particolare avrebbe vegliato su una persona, senza che questa se ne accorgesse. E proprio mentre se ne stava al sole come un rettile tanto attraente quanto fatale, ripetendo a sé stessa l’innocuità della sua visita, accadde quello che Danaë, ingenuamente, aveva sperato che non accadesse.

Dall’altro lato della strada, nella direzione opposta, scorse Damon uscire dal bar di snob, armato di una birra in bottiglia di vetro e la sua solita aria da sbruffone. Le sue membra si contrassero, ogni parte di lei le stava implorando di alzarsi e corrergli incontro dimenticando tutti i sacrifici e le promesse fatte. Avrebbe voluto essere egoista per una volta. Ma invece, complice la sua volontà di ferro, rimase seduta al suo posto sforzandosi di non versare lacrime.

Damon si scolò la birra e si stirò la schiena; doveva esser stato lì dentro per un pò. Aveva l’aria stanca, la testa fra le nuvole e lo sguardo assente, pensieroso. Quando qualcuno lo chiamò alle sue spalle, si voltò: Elena uscì dal Mystic Grill continuando a parlargli, in quel momento Danaë suppose che la ragazza non era mai andata via dalla città. Molto probabilmente i due stavano insieme. Mentre li guardava, invidiava la loro complicità, una complicità che solo gli amanti hanno. Damon ed Elena erano stati ciò che lei e il vampiro non avrebbero potuto mai essere. Non aveva mai voluto ammetterlo a sé stessa, ma tra le altre ragioni che l’avevano spinta ad andarsene, c’era anche la paura che provava al solo pensiero di non poter rimpiazzare la relazione precedente di Damon. Il fantasma di quel rapporto aleggiava tra le mura di casa Salvatore, non si poteva essere completamente certi che Elena potesse considerarsi un capitolo chiuso. E come volevasi dimostrare, era tutto ancora in gioco sotto i suoi occhi.

Danaë decise che era ora di andare, per quel giorno era abbastanza. Quindi si alzò in piedi e percorse il viottolo nella direzione esattamente opposta a quella di Damon. Si allontanò in fretta, non voltandosi mai indietro e sperando che Elena non si accorgesse della sua presenza.

 

Tuttavia colui che la vide fu proprio Damon. Lì per lì per poco non gli cascò la mascella. Aveva già fatto automaticamente il primo passo verso di lei per raggiungerla, ma Elena interruppe il suo corso di pensieri con la sua voce.

“Klaus da una festa alla villa dei Mikaelson, dovremmo andarci prima che io torni ad Atlanta. Cosa ne pensi?” gli chiese.

Damon distolse a fatica lo sguardo dall’oggetto della sua attenzione e biascicò un sì distrattamente.

“Davvero?” esclamò lei.

“Cosa?” la voce entusiasta della ragazza lo riportò definitivamente alla realtà. Danaë era completamente scomparsa dalla sua visuale adesso.

“Andremo davvero insieme alla festa?”

“Uhm - il vampiro realizzò che forse aveva acconsentito un pò troppo in fretta, ma poi si rese conto che magari qualcuno poteva aiutarlo a rivedere Danaë, forse proprio a quella festa - Ma certo. Prima che vai via ti concederò questo grandissimo onore” scherzò lui.

Ma come mai il cuore gli stava esplodendo in petto? Non avrebbe dovuto non provare più nulla per lei?

Sarebbe stato così, se solo non fosse successo un imprevisto durante il percorso, un imprevisto di cui la piccola strega non aveva tenuto conto.

 

Un anno dopo aver perso la memoria, o meglio tutti i ricordi che riguardavano Danaë, Damon si era messo in pericolo a causa di una bravata delle sue. Oggi non ne ricordava neanche il nome, ma durante una sua gita a New York si era scontrato con un vampiro e quest’ultimo dopo qualche ora era tornato da Damon con un paio di amici, pronto a fargliela pagare. In breve, il vampiro era stato dissanguato, nel suo corpo non era rimasta neanche una goccia di sangue e, conseguentemente, l’incantesimo si era annullato così come era stato fatto. L’essenza di una persona, o meglio buona parte di essa, è contenuta nel sangue, e dunque non essendone rimasto neanche un goccio, l’azione magica era svanita. Se non fosse stato per un’ignara ragazza che passava da quelle parti, Damon non si sarebbe neanche nutrito e poi ristabilito.

Quando aveva ripreso appieno le sue facoltà sia fisiche che mentali, tassello dopo tassello, tutto era ricomparso nella sua mente, completando il quadro generale. Ora ricordava anche il momento in cui Danaë gli aveva  cancellato la memoria, ricordava tutte le sue parole. Era talmente arrabbiato con lei, non capiva come avressee potuto fare una cosa del genere. Dopotutto loro due erano uguali, ma lui non avrebbe mai compiuto una scelta altruista. Solo allora capì finalmente il significato di privare un’essere umano della propria memoria, un’azione che lui aveva eseguito milioni e milioni di volte a suo beneficio. La memoria era l’unica cosa che poteva durare per sempre, era un nastro da riavvolgere più e più volte, ma senza l’inconveniente di logorare il nastro ad ogni ascolto. Ciò che gli era mancato come l’aria in tutto quel tempo, era la voce di Danaë.

Il solo pensiero che potesse mancargli una cosa del genere lo spaventava a morte: significava che c’era ricaduto, che era nuovamente alla mercé di una donna e che anche stavolta, aveva perso.

Nonostante il suo orgoglio, la cercò assiduamente durante i primi mesi dopo il recupero della memoria, ma non ne trovò mai alcuna traccia. Sembrava davvero scomparsa nel nulla così come era arrivata, la prima volta che l’aveva vista. Stefan non appena si era accorto del cambiamento in Damon, gli confessò di essere a conoscenza di ogni cosa: il giorno in cui Danaë aveva cancellato la sua memoria, Stefan aveva assistito alla scena, restando nascosto nella foresta. Aveva taciuto perché pensava che quella fosse la cosa migliore per tutti, ma soprattutto per Damon. Stefan capiva le ragioni della ragazza, per molti punti di vista avevano delle cose, ragionamenti e modi di fare in comune.

Damon per qualche tempo era ricaduto in quella spirale di disperazione e annullamento di sé, celata al resto del mondo, che lo aveva colto già in passato. Aveva di nuovo iniziato a fare sciocchezze, a sparire per mesi interi, a comportarsi di Damon insomma. Pensare che la sua persona si delineasse anche, e soprattutto, sulla base di un certo tipo di comportamenti, era abbastanza svilente, nonostante l’eterna pretesa da duro e cinico che era intenzionato a dare di sé al mondo.

Alla fine era sopravvissuto come sempre, ma con un macigno in più sul cuore e un pezzo di sé in meno.

Rivedere Danaë però lo aveva improvvisamente irrorato di nuova vita, di inquietudine pulsante e di speranza.

 

Klaus aveva insistito più e più volte affinché la strega più potente che conoscesse, fosse presente alla sua festa di (auto)bentornato alla villa di famiglia. Dopo molti rifiuti, Danaë aveva accettato solo a patto che Klaus non abbandonasse le speranze con Caroline: da quella volta a New Orleans, lei non aveva fatto altro che spingerli l’uno nelle braccia dell’altra. Era un modo per attenuare il caratteraccio dell’originale e ammansirlo, per quanto possibile. L’unico vero motivo per cui aveva accettato l’invito tuttavia, era stata la possibilità di tenere tutti gli originali sotto controllo, piano alquanto pretenzioso per i suoi gusti, ma necessario. Lo scopo del suo ritorno dopotutto era proprio quello di vegliare, sistemare le cose da lontano.

Era contenta di essere tornata, di sentirsi di nuovo utile: il ritorno dei Mikaelson portava solo tempesta e lei era pronta a tutto, o quasi.

 

La sera della festa arrivò in un batter d’occhio. L’ansia di rivedere Damon divorava la ragazza. Avrebbe dovuto comportarsi come se niente fosse, come se non lo conoscesse. Anzi, non ci avrebbe neanche parlato. Si era imposta di rimanere ai margini di quella festa: perciò scelse il vestito più semplice che aveva, tuttavia elegante, e si truccò diversamente dal solito per tentare di camuffare il suo aspetto ai presenti che avrebbero potuto ricordarsi di lei.

Arrivò tardi alla festa, come da programma e rimase per la maggior parte della serata a sorseggiare champagne in un angolo della sfarzosa sala ballo della villa dei Mikaelson. Klaus si avvicinò a lei ad un certo punto per salutarla, ma quando le propose un galante ballo lei rifiutò.

“Oh, andiamo, lo vedo che ti stai annoiando a morte, non è questo lo spirito della festa! E poi sei così bella, è davvero un peccato mortale lasciarti qui a far compagnia ai soprammobili” disse educatamente l’originale.

“Tu non dovesti essere con Caroline a quest’ora? - disse lei con finta disapprovazione. A quelle parole Klaus arrossì impercettibilmente e allora la sua interlocutrice capì - Non dirmi che non le hai ancora rivolto la parola?”

“Si sta divertendo, le ho mandato l’invito e ora sta ballando con tutti, lei” appuntò nervosamente.

“Klaus, vai lì e balla con lei. Io me la caverò” lo incoraggiò lei.

“Lo farò, ma sappi che la situazione tra noi non cambierà”

“Questo non puoi saperlo” disse.

“Piuttosto, tu cosa aspetti a confessare tutto a quell’irruente vampiro, che ovviamente non merita una tale fortuna nella sua vita?”

“Quando tu ammetterai finalmente che ti sei trasferito di nuovo qui solo per Caroline” disse Danaë bevendo l’ultimo sorso rimasto nel calice e allontanandosi.

Andava piuttosto d’accordo con Klaus quando era in modalità tranquilla. Era un buon amico, e molto potente, cosa da non sottovalutare. Quando posò il calice vuoto sul tavolo del banchetto, avvertì un profumo familiare nell’aria. Nella sua visuale comparve per primo il tessuto blu scuro della giacca e poi l’anello con il lapislazzuli della famiglia Salvatore. La sua mente non fece in tempo a mettere insieme tutti questi indizi che come un fulmine a ciel sereno, si ritrovò addosso lo sguardo di Damon, solo a pochi centimetri da lei.

“Ciao” disse lui languidamente. Il vampiro l’aveva squadrata un paio di volte da capo a piedi e non la smetteva di guardarla intensamente con la chiara intenzione di metterla in imbarazzo.

Per una frazione di secondo Danaë ebbe la netta impressione che Damon ricordasse tutto, che la conoscesse. Poi riprese fiato.

“E tu chi sei?” finse il vampiro.

“Ehm, mi sono trasferita da poco. Qualche tempo fa avevo un’attività da queste parti. Mi chiamo Danaë”

“Piacere. Io sono Damon Salvatore. Vieni, ti presento mio fratello”

“Oh, va bene” disse la ragazza e con il cuore in gola lo seguì all’esterno sul terrazzo.

Lì fuori era molto più appartato e si poteva parlare tranquillamente. Danaë sarebbe voluta scappare a gambe levate lontano da lì, ma le sentiva pesanti come macigni e non riusciva ad essere padrona di sé stessa.

“Oh, che strano, un attimo fa era proprio qui. Era con la sua nuova fiamma, Michelle” disse malizioso.

“Oh.. Beh, allora tanto vale rientrare, fa freddo qui” mentì lei, che stava letteralmente per soffocare e aveva la pelle in fiamme. La ragazza fece per andarsene dandogli le spalle, ma poi lui la prese per un braccio.

“Di solito mento meglio di così, ma mi sembra di aver aspettato abbastanza - fece voltare Danaë e poi la guardò negli occhi, ormai in lacrime - Io mi ricordo tutto” le sussurrò semplicemente.

Damon non le diede il tempo di elaborare una strategia di fuga o di difesa che iniziò a baciarla con fame e disperazione. Lei rispose al bacio con il cuore il gola e le gambe tremanti. La foga del bacio e la danza affannosa delle loro bocche li costrinse in ginocchio. Si abbracciarono, respirando l’odore reciproco, vitale e come una boccata d’aria fresca. Il vampiro avrebbe potuto a baciarla per sempre, ma dopo qualche minuto la violenza di quel bacio fece mancare l’aria alla ragazza e i due si dovettero fermare.

Damon aveva gli occhi lucidi, sgranati e le labbra rosse, quasi color rubino.

“Dovrei odiarti, essere furioso e insensibile come mio solito e invece non riesco a non pensare di doverti baciare di nuovo” le sussurrò ancora.

Strofinò il naso su quello di lei, inalando il suo profumo e baciando ogni centimetro del suo viso accaldato.

“Ricordi quanto ti dissi che avrei voluto conoscerti nel 1864? Stasera è come se fosse un’altra vita, come se avessimo un passato diverso alle spalle. Prima, quando sei entrata nella sala, da sola, nel vestito che hai scelto per passare inosservata, è stato come vederti per la prima volta…”

“Non possiamo Damon” lo interruppe lei.

“E invece sì. Sto sprecando la mia vita e sono stanco di non viverla. Ti ho ritrovata, ora non ho più intenzione di lasciarti andare. E non dire che vuoi proteggermi.. Se anche dovessi morire domani, preferirei vivere la notte che mi resta con te, piuttosto che vivere al sicuro, ma ignaro per tutta la vita senza ti te”

Danaë tremava come una foglia, tutta la sua potenza era nulla in confronto alla tempesta che Damon generava dentro di lei. Provocava lo stesso effetto delle onde del mare contro gli scogli, uno scontro che si ripeteva all’infinito. Credeva ad ogni parola uscita dalla sua bocca. Aveva sognato talmente tante volte di rivedere Damon che ora non gli sembrava reale, ma invece lo era più che mai.

“Non puoi decidere per me, io non te lo permetto” concluse lui.

Danaë si asciugò le lacrime e dopo un pò si schiarì la voce.

“Come ha.. come ha fatto l’incantesimo a svanire?”

“Scorribande varie.. Il mio cervello non è più prestante come una volta, i tuoi incantesimi non funzionano al meglio su di me” si pavoneggiò.

“..Avrei fatto di tutto per te” disse lei guardandolo dritto negli occhi e accarezzandogli il viso. In quel momento Damon comprese tutta la sua sofferenza, tutta la forza di volontà che le era servita a fare il sacrificio che aveva fatto per stargli lontano.

“L’unica cosa che può salvarmi, non è la tua assenza, ma sei tu. La voce che mi guida attraverso le mie tenebre”.

 

FINE




Note:

Grazie a tutti coloro che hanno seguito, recensito ed aspettato pazientemente ogni capitolo della storia. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3641512