Catene

di Celtica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Catene cap. 1

n

C

apitolo I

Il Destino è come una ruota che gira
per poi fermarsi sempre nello stesso punto…


Un lampo.

Il mondo sembrò fermarsi udendo il rimbombo del tuono.

Eppure il fulmine non poteva nulla, ora. Non poteva entrare in quella stanza, non poteva sentirli, non poteva fermarli. La pioggia imperversava fuori dalla finestra, ma il Generale Jarjayes non poteva vederla, la schiena appoggiata contro i vetri.

«Badate» La voce di André lo pietrificò, lasciandolo con il braccio sollevato. «Sono pronto a sparare.»
La pistola comparve dal nulla, e lui non poté fare altro che restare immobile a osservarla; lo guardava inchiodando i suoi occhi, impedendogli di sollevarli per vedere la reazione di Oscar.

Ma era ancora lì?

«Non vi muovete, perché io, ora, andrò via insieme a Oscar.»

A quelle parole il Generale Jarjayes trovò la forza di guardarlo. C'era una tristezza infinita nei suoi occhi.
Ma non poteva restare senza dire niente. Non poteva permettergli di andarsene.

«Che cosa? Tu vorresti scappare con Oscar?»
«Sì.»

E a un tratto, tutto fu chiaro: crescere insieme, unirli, affiancarli... Ogni giorno trascorso a guardarsi, ogni giorno sostegno uno dell'altro, senza tregua. Senza freni.
Legati da una catena invisibile che proprio lui, il Generale, aveva posto.

«E magari vorresti anche sposarla, non è vero?»
«Sì.»

Perché non lo aveva capito? Era sempre stato così chiaro... Un sentimento germogliato davanti ai suoi occhi, davanti agli occhi di tutti.
Eppure era stato cieco.
Aveva curato, coltivato, incentivato quel sentimento; l'unico colpevole era lui.

«No» disse il Generale, abbassando lo sguardo. «Sarebbe una grossa sciocchezza, perché la differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerebbe mai.»
«Permettetemi una domanda: che cosa significa rango? Non siamo tutti uguali, forse?»

«Un nobile prima di sposare deve chiedere il permesso a sua maestà il Re!»

«Sì, lo so. Ma se sua maestà il Re si innamora di una donna, deve forse chiedere a qualcuno il permesso di sposarla?»
«Basta, André!» Il Generale gridò. Alzò il pugno e lo colpì dritto in viso. «Mi dispiace, non posso perdonarvi.»

Sollevò la spada, pronto a fare il suo dovere.

Oscar era in piedi, dietro André, e lo guardava come se non fosse in grado di accettare quanto stava per avvenire. Eppure le sue braccia erano abbandonate lungo i fianchi, il suo corpo sembrava essersi arreso. Perché i suoi occhi no?

Perché sembrava delusa... Perché non riusciva a capire?

Se ci fosse stata un'altra scelta, non avrebbe compiuto quel gesto. Ma non c'era. La verità era che non c'era scelta...
Solo la speranza, il tentativo di salvare l'onore. Nient'altro.

André si mise in ginocchio davanti a lui, e il Generale pensò che fosse pronto a barattare la propria vita per quella di Oscar, a implorare di risparmiarla o, forse, a chiedergli di uccidere anche lui.
Ma si ritrovò di nuovo con la pistola puntata contro, mentre osservava André rimettersi in piedi.

«Fate un passo indietro, Generale.»

«Cos'hai intenzione di fare? Sei solo un servo, non puoi portarla via.»
André indietreggiò di qualche passo, cercando con la mano sinistra il braccio di Oscar.
«Ora noi ce ne andiamo.»
«Non puoi...» insistette il Generale.
Era sua figlia quella che aveva davanti, la figlia che aveva macchiato il suo onore, ma pur sempre il suo sangue.

«Lei non verrà mai con te.»

André sembrò scosso da un fremito; si voltò un istante a guardare Oscar e parve arrendersi.
Abbassò la pistola.

«Padre...» sussurrò lei. La vide stringere i pugni. «È per i miei uomini se me ne vado.»
«Che cosa?»

«Come, Oscar? Davvero verresti con me?»

«Oscar! Te lo proibisco!»
Oscar chinò la testa di lato, senza avere la la forza di guardarlo.

Dov'è finito il figlio che ho cresciuto, Oscar?

«Mi dispiace, padre. Darei la mia vita per voi e, vi giuro, quando questa storia sarà finita, tornerò. Potrete uccidermi, se vorrete. Non ve lo impedirò.»
«Oscar» cominciò André, ma si bloccò puntando ancora la pistola verso il Generale.
«Hai disonorato il nome della nostra famiglia!»

«Vi scongiuro di perdonarmi, padre» Oscar lo guardò dritto negli occhi. «Andiamo, André.»

Il Generale li vide avanzare verso la porta, l'ennesimo lampo illuminò i capelli biondi di sua figlia, e lui non poté fare a meno di chiedersi se mai l'avrebbe rivista.
Sentì la chiave girare nella serratura e capì che André lo aveva chiuso dentro.

Certo che ti rivedrò, Oscar. Hai giurato di tornare e io so che lo farai.

André seguì Oscar oltre la porta e, chiudendo a chiave la serratura, si accorse di sua nonna rannicchiata nell'angolo. Piangeva forte e lui provò l'impulso di stringerla.
«Nonna...»
Si accucciò accanto a lei liberandole il viso dalle mani.
«Non piangere, nonna.»

Ma lei non sembrava avere intenzione di smettere. Era persa nei suoi lamenti e André capì che sarebbe stato inutile cercare di consolarla.
Sentì tirare la maniglia, battere sulla porta: era il Generale che cercava di chiamare aiuto. Ma non c'era nessuno lì, non c'era nessuno che potesse udirlo.

«Dobbiamo andare, André.»
«Vengo, Oscar.»

Vengo da te.

Scesero le scale in silenzio, senza correre. Se fosse comparso un servo non avrebbe dovuto sospettare niente.
«Prendiamo i cavalli» disse lei, dirigendosi verso le scuderie. Non c'era nessuno in giro.

Forse, che fosse opera del Generale?

André si trovò ad affrontare una marea di ricordi.
Era nelle stalle che lui e Oscar avevano misurato l'altezza da bambini, era nelle stalle che lei lo aveva sorpreso a dormire. E ancora, era nelle stalle che la donna che amava gli aveva annunciato di voler vivere come un uomo.
Eppure, in quel momento, lei era lì insieme a lui. Voleva fuggire al suo fianco, forse era pronta a una vita da donna.

No, ha giurato di tornare.

«André, che fai? Non vieni?»
Sollevando gli occhi, la vide intenta a sellare il cavallo. Si affrettò a prendere il suo per coprirlo con coperta e agnellino, e sistemare la sella.
Tirò giù le staffe e spiccò un salto per salire.

Non riuscì a evitare di guardarla: sembrava calma mentre sistemava le redini, troppo calma. Era come se fosse stato tutto normale, come se non sapesse di dover morire da lì a poco tempo.

Perché André era certo di questo: il Generale l’avrebbe uccisa, non sarebbe riuscito a perdonarla, non avrebbe mai messo sua figlia davanti al suo onore.
Il tuono sembrò avvertirlo che era ora di andare, che non c’era tempo per restare lì. Qualcuno avrebbe potuto raggiungerli.
Magari la giustizia del Re…

«Sei pronta, Oscar?»
Lo era. In sella al suo purosangue bianco, sembrava pronta a vivere un giorno come gli altri. André capì che stava pensando ai suoi uomini.
Gettati in una cella, trattati come criminali, condannati a morte.

«Andiamo, André.»

Affondò i talloni nei fianchi del cavallo e partì davanti a lui, senza preoccuparsi della pioggia battente.
La raggiunse con due cappe verdi, simili a quelle che avevano indossato il giorno in cui le campane di Notre-Dame avevano suonato per il delfino di Francia.
Oscar gli aveva sorriso, nonostante fosse morto il piccolo Joseph, nonostante la pioggia, che sembrava portare un messaggio di disgrazia per il Re.

Lei gli aveva sorriso, e per André non contava altro.

“Tu vorresti scappare con Oscar?”

Era strano il destino, giocava strani scherzi.
André aveva passato una vita a desiderare lei, e solo adesso, solo ora che stava per perderla, sembrava poter coronare il suo sogno.

“E magari vorresti anche sposarla, non è vero?”

Il lampo gli riempì gli occhi di luce, illuminò una figura a cavallo che si stava avvicinando al palazzo, e sembrò risvegliarlo da quel torpore.
Con i talloni, incitò l’animale a seguire Oscar, lo spinse al trotto per raggiungerla, e finì con il coprirle la schiena con la cappa verdastra.

«Dobbiamo sbrigarci, Oscar. Arrivano dei cavalli al galoppo» disse, mentre il suo baio affiancava il purosangue.
Questa volta lei non gli sorrise, si limitò ad annuire.

Che fossero gli uomini del Re? Che fossero venuti a prendere anche lei, anche loro?
André non poteva permetterlo. Non voleva. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedirlo.

«Andiamo a Parigi» ordinò Oscar, voltando l’animale verso la strada.
«No, Oscar» André afferrò le redini di lei. «Non ancora. Dobbiamo nasconderci adesso.»

Il lampo illuminò la furia negli occhi di Oscar.

«I miei uomini, André! Sono i miei uomini!»

«Lo so, Oscar. Lo so. Ma prendiamo tempo, non possiamo farci prendere adesso.»
Con un colpo di mano, lei si liberò dalla sua stretta e tirò le redini per far voltare il cavallo.

«Non c’è tempo» spiegò Oscar voltando il capo verso la strada. «Li giustizieranno.»
«E cosa vorresti fare? Se ti prendono adesso, tutto è perduto. Loro sono perduti.»

Si scambiarono un’occhiata, André capì che lei stava pensando la stessa cosa. Ma era troppo orgogliosa, troppo impaurita di perdere i suoi uomini. Di fare la cosa sbagliata.

Maledetto orgoglio…

Ma poi André si accorse dell’uomo che stava smontando da cavallo, lì, nel loro cortile, dell’uomo che li stava guardando.
Che li stava raggiungendo.

No.
Non poteva farla prendere.
Non ora.

«Corri, Oscar!»

Lanciò il cavallo al galoppo e sentì il grido di lei, mentre incitava il suo a seguirlo.
Si ritrovarono nel bosco, poi sulla strada fangosa che conduceva a Parigi.
Non c’era tempo per preoccuparsi della pioggia, dell’acqua che si infilava sotto gli abiti, della cappa di Oscar che sembrava garrire nel vento.

Era solo il momento di fuggire.

«Aprite!»
Il Generale sentì il pianto fuori della porta. Continuò a incitare chiunque ad aprirgli, gridando e battendo i pugni sul legno di ciliegio.
Non riusciva ancora a crederci.

Oscar e André.
Insieme.
Scappati, lontani da lui, dalla giustizia del Re, dalla sua spada.

Ma, conoscendo Oscar, era abbastanza sicuro che l’avrebbe rivista. Non era possibile che rifiutasse di tornare. L’aveva giurato, proprio lì, davanti a lui.

Poi, il suono più inaspettato si infilò piano nel suo orecchio, e il Generale pensò che mai, mai si sarebbe aspettato di sentirsi così emozionato udendo il chiavistello girare nella serratura.
Si fiondò contro la porta, pronto a raggiungere i due disgraziati che stavano gettando l’onta sulla sua famiglia.

Disonore.

Corse giù per le scale con l’idea di strangolarli, prima André e poi Oscar, di sgridarli come quando erano bambini.
L’immagine di sua figlia, piccola, gli attraversò la mente come in sogno.
Quanto era passato dall’ultima volta che aveva ricordato?

«Un messaggio!» gridò l’uomo davanti all’entrata.
Un uomo, di cui nemmeno si era accorto.

«Un messaggio da Versailles.»

Il Generale non si chiese nemmeno per un momento cosa potesse esserci scritto, lo strappò dalle mani del messaggero e ruppe il sigillo di ceralacca.
Il sigillo del Re.

La pioggia stava cessando.

André si chiese se fosse un buon segno. Che il cielo fosse dalla loro parte?
Forse qualcuno, lassù da qualche parte, li aveva perdonati. Forse non avevano più nulla da temere.

Vide Oscar abbassare il cappuccio della cappa, i capelli biondi bene in vista a pochi passi da lui.
Non riusciva a smettere di guardarla.
Mai, mai avrebbe pensato che, un giorno, Oscar sarebbe fuggita con lui.

«Guarda, André: Parigi.»

Parigi era lì, davanti a loro, e nonostante lui avesse appena chinato il capo per dirle di sì, per risponderle che l’aveva vista, continuava a guardare la donna, ignorando la città.
Aveva le due cose più belle del mondo davanti, e occhi solo per lei.
Non riusciva a smettere di pensare che presto l’avrebbe vista morta.

O forse, se il Generale fosse stato così generoso da ucciderlo prima di Oscar, non avrebbe visto il suo corpo inerme, ma avrebbe saputo.
Avrebbe continuato a sapere.
Fino a quando lei non fosse tornata a casa.

«Sei pronto, André?» gli chiese lei, come quando tutto andava bene, come per avvertirlo che presto sarebbe ripartita al galoppo.

Annuì, ma la mente era ancora altrove. A quel corpo che aveva visto una sera, tempo prima, quello stesso corpo che presto non avrebbe più avuto vita.
Oscar lanciò un grido prima di fiondarsi giù per la collina, verso Parigi.

«Arrivo, Oscar!»

André pensò che non lo avrebbe permesso. Né al Generale, né a nessun altro.
Non potevano fare del male a Oscar.

Perché lui l’amava.

Note dell’autrice:

Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se Oscar avesse accettato di fuggire con André… Cosa avrebbero fatto? Dove sarebbero andati? E cosa sarebbe accaduto dopo?

Ho voluto dare una mia interpretazione della storia, ignorando completamente la sorte tragica che li attende, ignorando la malattia di Oscar e la cecità di André.

I capitoli saranno brevi (almeno i primi), preferisco prendermela comoda e sondare il terreno per non rischiare di scrivere qualche sciocchezza.
Infatti, oltre a implorare un parere, vi chiedo di avvertirmi se ci fosse qualche incongruenza nella storia. È pur sempre il secondo tentativo con una fanfiction!

Per chi fosse curioso di leggere anche il primo (una one shot ambientata durante la sera del ballo), eccolo qui.
Spero di leggere le vostre impressioni, davvero!
Celtica

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Catene cap 2
n



C

apitolo II

Una catena è come una ruota,

gira, gira, e ti collega al tuo

destino.

O forse, semplicemente, ti lega a ciò che ti aspetta.

Diffida delle catene.


Cosa stavano facendo, adesso, i suoi uomini?

Oscar si chiese se stessero pensando a lei, al destino che li attendeva, all’ultima cosa da dire prima dell’esecuzione.
Forse credevano che lei li avrebbe abbandonati, che si sarebbe dimenticata di loro, che avrebbe scambiato la sua vita e il suo onore con il loro ultimo respiro.
Non era così.

Lei voleva salvarli.

«Dobbiamo coprirci ora, Oscar» mormorò André, prima di entrare a Parigi. «Lasciamo i cavalli qui.»
«Sì.»
Nascosero gli animali fuori dalla città, nella parte di bosco che separava i palazzi dei nobili. Oscar si chiese se li avrebbero ritrovati, al loro ritorno.
Ma non c’era tempo per questo: dovevano raggiungere Bernard.

«Io so dove si nasconde.»
Le aveva detto André durante il tragitto.
Oscar non aveva potuto fare a meno di chiedersi quante altre cose le avesse nascosto, quanto altro sapesse, che non le avrebbe mai rivelato.
Attraversarono i vicoli di Parigi a testa china, la cappa sulle spalle, il cappuccio a coprire le loro teste.

Chissà se le avrebbero tenute ancora molto, quelle teste…

Finalmente, André le indicò una vecchia porta, che sembrava condurre in una cantina. Oscar seppe con certezza che Bernard era lì.
Fu proprio lui ad aprire.
Li fece accomodare a un vecchio tavolo di rovere. La stanza era povera, i muri di pietra nascondevano diverse bottiglie di vino, di cui una già pronta per loro. Si accomodarono su alcune sedie.

«Bernard, ho bisogno del tuo aiuto» esordì lei, mentre André si versava da bere.

«Sono pronto ad aiutarti, Oscar» Bernard si chinò verso di lei, le mani giunte sopra il tavolo. «Ma, se questo che mi chiedi è un aiuto per la famiglia reale, ti prego di rivolgerti a qualcun altro. Sono la persona meno indicata.»
André restò con il bicchiere sospeso a mezz’aria, aspettando che lei rispondesse, forse chiedendosi come avrebbe reagito Bernard, sapendo di dover aiutare dei soldati.

«No» Oscar scosse la testa, gli occhi fissi in quelli dell’uomo. «Si tratta di dodici soldati della Guardia. Non sono certo nobili. Sono rinchiusi nella prigione dell’Abbazia.»

Bernard cercò lo sguardo di André, lo vide annuire, e tornò a rivolgersi a lei.
«Sentite, sarei ben felice di salvare la vita a dodici uomini, ma come dovrei fare? Quello che mi chiedi non è possibile, Oscar. La prigione che hai nominato è una vera fortezza…»

Oscar bevve un lungo sorso di vino prima di rispondere. Era ancora intorpidita dal viaggio, preoccupata per la sorte dei suoi uomini. Il liquido sembrò darle un po’ di sicurezza, scaldandola dentro.
«Pensavo che, con il popolo… Con il loro intervento, tu potessi salvarli.»

Bernard sgranò gli occhi: sembrava che si aspettasse tutto, tranne quelle parole.
«Duemila persone, Bernard» intervenne André, scuotendo il calice di vino. «Possono bastare. Tu attiri tanta gente.»
«Questo si può fare» rispose Bernard, storcendo appena la bocca. «Ma che aiuto possono ricevere i tuoi soldati, Oscar?»
«La gente potrebbe richiedere la loro liberazione. Potrebbe richiedere l’intervento della regina… Magari qualcuno chiederà il loro aiuto per prevenire i disordini. Io lo farei.»
«Non è una cattiva idea; tu cosa ne pensi, André?»

Oscar si voltò a guardarlo.
Era da quando erano fuggiti che cercava di evitare i suoi occhi. Mai si sarebbe aspettata di scappare con lui.
Ricordò la notte in cui avevano rischiato la vita, in cui l’aveva rischiata André.

“Il mio André è in pericolo! Lasciatemi, il mio André è in pericolo!”

Era finalmente stretta tra le braccia di Fersen, come aveva sognato per anni… E l’unica cosa che era riuscita a gridare, l’unica cosa che aveva desiderato, era sapere André salvo.
Il suo André.

«Concordo con Oscar. È l’unico modo per liberarli.»

Quanto era passato da quando erano solo bambini? Da quando non si preoccupavano di ciò che celava il cuore? Erano fuggiti insieme, adesso. Come uomo e donna.

«Sai, Oscar, non mi dispiacerebbe che un cervello come il tuo lavorasse per noi…»

O forse no.
Aveva giurato a suo padre di tornare. Aveva giurato di lasciarsi uccidere. Non poteva mancare alla parola data.

Nemmeno per André.




Quanto tempo era passato dal loro arresto?

Alain si chiese quale fosse il destino che li attendeva. Non era tipo da fermarsi a pensare, da lasciarsi scoraggiare. Si alzò in piedi e incitò i suoi compagni a fare altrettanto.
«Voglio dire ai giudici militari tutto quello che penso.»
Sì, quello poteva essere un buon modo per andarsene, questo pensava Alain. Almeno, finché non entrò la guardia.

«Siete stati condannati a morte mediante fucilazione.»
Alain non sentì altro.

Cinque giorni.

Gli restavano cinque giorni di vita. Poi sarebbero morti. Tutti morti.
Ma il comandante? Dov’era il loro comandante? Avrebbero ucciso anche lei? L’avrebbero fucilata, magari davanti ai nobili e alla regina?
Alain non si chiese altro mentre si fiondava contro la porta per protestare.



Era bella, Oscar.

Quando sorrideva, quando sollevava gli occhi che sembravano riflettere l’azzurro di quella giornata. Tutto sarebbe andato bene, doveva andare bene. Perché Oscar se lo meritava.

«Quando tutto sarà finito…» cominciò lei, sdraiata sull’erba vicino ai cavalli. «Quando i miei uomini saranno liberi, io dovrò tornare, André.»

Fu come un colpo per lui.
Vederla lì, davanti a sé, baciata dal sole. Attesa dalla morte.

«Lo sai, questo?»

André prese un sasso e lo lanciò vicino.
«Sì, lo so.»
Si aspettò di sentirla continuare, di bearsi ancora di quella voce con cui era cresciuto, ma Oscar rimase in silenzio. Abbastanza per lasciargli il tempo di pensare.

Suo padre l’attendeva per ucciderla.

Questo era sicuro. Nessuno, nessuno avrebbe fatto nulla per salvarla. Anche questo era sicuro. Non c’era nessuno abbastanza coraggioso per difenderla, nessuno disposto a fare qualcosa per lei.
Se solo fosse esistito qualcuno come Oscar, generoso, buono, con il coraggio di un leone. Qualcuno disposto a salvarla.

«Promettimi che non morirai, André» sussurrò Oscar, prendendo un filo d’erba e posandolo sulle labbra. «Io devo saperlo.»

Per un momento, André si chiese perché lei lo volesse sapere salvo. Ma non ebbe il tempo di illudersi, perché conosceva l’animo di Oscar, e aveva la certezza che quelle parole le avrebbe pronunciate per chiunque.

Come puoi chiedermi questo, Oscar? Come puoi chiedermi di non morire, quando sai che darei la mia vita per te.

Avrebbe voluto dire.
Invece pensò a quel giorno, al momento in cui avevano rischiato entrambi di morire. Ora erano salvi, perché non poteva essere così per sempre?

«Te lo prometto, Oscar.»

Incontrò i suoi occhi, il desiderio di gettarsi su di lei, proprio lì, in mezzo alle campagne, mentre rischiavano la vita, sembrò crescere in lui. Ma si disse che era normale, era tutta colpa del destino che li attendeva.
Perché, nonostante la promessa fatta, André non aveva nessuna intenzione di restare a guardarla morire.

«Bene» disse Oscar, sollevandosi a sedere nell’erba. Si trascinò all’ombra di un albero. «Ora che hai giurato, André, non puoi mancare alla tua parola.»

Non è vero, Oscar. È il mio onore che metti in gioco, non il tuo. E del mio, francamente, non mi importa.

Dal bosco udirono le grida che arrivavano dalla città. Doveva esserci stato un altro assalto o, forse, Bernard era riuscito a radunare una folla.
«Vuoi vedere?» le chiese, domandandosi se fosse curiosa di sapere quanto ci sarebbe voluto prima di veder liberare i suoi soldati. «Vuoi che andiamo?»

Oscar tirò la testa indietro, si abbandonò contro il tronco ruvido, e scosse la testa. Chiuse gli occhi e schiuse le labbra: sembrava un invito per lui.
Mantenne il controllo, come aveva sempre fatto, e le sedette accanto.
Intanto i loro cavalli pascolavano lì attorno, ignari del destino, delle sue brame, della fine che avrebbero fatto loro due.

Bianco e nero, giorno e notte, donna e uomo. Oscar e André.
Avrebbe potuto passare giorni a stilare una lista di cose che li distinguevano, rendendoli inseparabili. Perché non c’era notte senza il giorno, così come non poteva esserci André senza la sua Oscar.

Sarebbe stato assurdo vivere senza di lei.
Sarebbe stato impossibile.

«André» lo chiamò ancora Oscar, aprendo gli occhi per guardarlo. «Manterrai la promessa?»
«Certo, Oscar. È così che faccio sempre, no?»

Fu in quell’istante che se ne accorse: il viso di lei si volse verso il basso, come a evitare il suo sguardo, come se stesse pensando a una promessa che non aveva mantenuto. Ma, era davvero così?
André non ricordava di averla mai tradita.



«Certo, Oscar. È così che faccio sempre, no?»

Era vero.
Ed era estremamente triste. Triste perché Oscar avrebbe preferito che, per una volta, André mancasse alla sua parola, che ripensasse a ciò che le aveva giurato.

“Mai più ti farò una cosa come questa”, le aveva detto, stringendo il lembo della sua camicia, strappato. E in quel momento lei ci aveva creduto, ci aveva sperato.
Ma ora tutto era cambiato.
Oscar voleva il suo contatto, voleva lui.

Soprattutto ora che la fine sembrava così vicina. Ma André non avrebbe mancato alla sua parola, di questo era sicura. André era un uomo d’onore, un uomo perfetto per lei.

«Mi fido di te, André» disse infine, arrendendosi.

Da lontano arrivavano i suoni che stavano aspettando. Le grida del popolo, le incitazioni a liberare i suoi uomini. O almeno, così sperava.

«Oscar, riguardo a quello che è successo…»

Lei sollevò una mano per interromperlo. Una leggera brezza le spinse i capelli davanti al viso. Li scostò prima di parlare.
«Non dire niente, André. Va bene così.»

Davvero andava bene così? Davvero non aveva altro da dirgli? Lui si era detto pronto a sacrificare la sua vita per lei, per non doverla guardare morire, e ora tutto ciò che riusciva a dirgli era questo?
Quando, quando il suo cuore era diventato di ghiaccio?

«Sì, Oscar» mormorò André, sollevando un ginocchio accanto al suo. «Come vuoi.»
Ma non era questo che voleva.

Non è questo…

«André, io…»

Fu il turno di André di interromperla.
«Non importa, davvero. Non importa.»

Non era vero, non poteva esserlo. Perché non lo era per lei, come poteva esserlo per lui?
Lui che, ancora quel giorno, aveva confessato di amarla. Davanti a suo padre, nella casa in cui erano cresciuti. Ma cosa ne sarebbe stato di loro, ora?

Moriremo, o meglio, sarò io a morire. André andrà lontano, sposerà qualche contadina che gli riempirà la casa di figli. Una donna che non sono io.

«Pensi che stia funzionando?» chiese ancora André. «Pensi che riusciremo a liberarli? Sto pensando ad Alain… Non ce lo vedo chiuso in una cella.»
«Se la caverà… Bernard riuscirà a tirarlo fuori. Lui e tutti gli altri.»
Sì, ma quando? E come avrebbe fatto a sapere che tutto era concluso? Che era il momento di tornare a casa?

Al mio patibolo…

Sarebbe stato brutto separarsi da André, ora che erano così vicini. Così soli.
Era quasi strano quel momento. Perché non erano più il comandante e il suo soldato, erano solo loro: uomo e donna.
Ma presto tutto sarebbe finito.

Presto, troppo presto, il Generale avrebbe messo fine alla sua vita.


Note dell’autrice:

Innanzitutto vorrei ringraziare chi ha letto, recensito, inserito la storia tra le preferite e le seguite. Davvero: grazie!
Ero una lettrice silenziosa anch’io, finché non ho iniziato a pubblicare… Allora mi sono resa conto di come anche due parole facciano piacere.

Passando alla storia:
Ho dimenticato di fare un ulteriore chiarimento. Mi baso sull’anime, non sul manga. Mi baso su una Oscar più fredda, ma che ho amato, e di cui, fra tutto, ho amato la voce.

Celtica

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


cap. 3
n


Dedicato alla mia Cre,

che ha finalmente deciso di recensire,

e a Rita, la prima ad avermi citata!

C

apitolo III

È quando la catena si spezza

che non sai più da che parte gira la ruota.

Le grida della folla aumentarono, si fecero intense, come se la gente stesse aspettando qualcosa.
André vide Oscar alzarsi in piedi, e capì: voleva sapere.
Sarebbero dovuti tornare indietro, rischiare di incontrare le guardie, di essere riconosciuti. Ma non c’era altro modo per essere certi che Alain e gli altri fossero stati liberati.
«Andiamo a vedere, André» disse Oscar, volgendo il viso verso la città.

Parigi li osservava, come sempre. Parigi che adesso viveva i tumulti del popolo, che veniva aggredita, derubata dai suoi stessi figli.

Coprirono le divise e il capo con la cappa verde, e si incamminarono nei vicoli della città, diretti alla prigione dell’Abbazia.
Restarono in disparte, con la gente accalcata davanti a loro, migliaia di persone intorno.
André si guardò in giro, pensando che avrebbero rischiato di perdersi, di confondersi tra la folla. Prese Oscar per un braccio e lei non disse niente.
Né un lamento, né uno sguardo, come se le stesse bene così, come se fosse d’accordo con lui.

Oscar… quanto vorrei che questo momento non finisse, invece presto dovrò separarmi da te.

Lasciò scivolare la mano lungo il braccio di lei, le accarezzò il polso con le dita e le prese la mano. Fu allora che Oscar si voltò a guardarlo.
Non sembrava turbata, non sembrava dispiacerle.

Qualcuno li spinse in avanti, e André aumentò la stretta per non rischiare di perderla.
«Ehi…» si lamentò lui, voltandosi verso la gente che avevano dietro.
L’uomo che li aveva spinti lo guardò male, con astio, quasi come se avesse intuito che non erano del popolo. Poi sollevò le braccia in alto e prese a gridare insieme alla folla.

«Liberi! Li vogliamo liberi! Sono figli di Parigi, come noi! Liberi, liberi!»

André percepì un tremito da parte di Oscar, e capì che si stava chiedendo se li avrebbero liberati, se il suo piano avrebbe funzionato.
Rimasero ad aspettare finché Oscar non chinò il volto a terra e si liberò della sua stretta.
«Andiamo via, André.»
«Perché? Cosa succede?»
La vide farsi spazio tra la folla e la seguì. Era tutto molto diverso da Palazzo Jarjayes: gli odori, i suoni, i colori… Era come tuffarsi nel mare ghiacciato dopo un bagno di sole.

«Oscar, aspetta… Oscar!»

André la seguì mentre correva per i vicoli di Parigi, mentre fuggiva lontano da lui. Vide il cappuccio della cappa di lei scivolare giù, liberando i suoi capelli biondi.

«Oscar! Oscar! Fermati!»

Svoltarono ancora e ancora, passarono davanti a vetrine distrutte, a bambini che si dividevano un tozzo di pane, alla sudicia miseria che ricopriva la città.
André corse più veloce, ignorando tutto ciò che aveva davanti, tenendo gli occhi incollati ai capelli biondi e alla cappa verde. Arrivò quasi a raggiungerla…

«Vattene!» gridò Oscar di rimando, sollevando una mano. «Va’ via, André!»
Quando finalmente si trovò tanto vicino da poterla toccare, la afferrò per un braccio e la spinse in un vicolo in ombra.

«Vattene» ripeté ancora, sfidandolo con uno sguardo. «Voglio stare sola, André.»

«No, Oscar» mormorò, prendendola per le spalle. «Non sono più il tuo servo, ricordi? Non sono nemmeno più un soldato. Non posso più obbedire.»
Affondò le dita nella cappa di lei, stringendo forte le braccia, affinché non fuggisse.
Avrebbe voluto chiederle di guardarlo negli occhi, di sollevare il viso e sfidarlo ancora, e baciarla, baciarla impedendole di parlare. Di dargli ordini. Di cacciarlo via.

«E cosa sei allora?» chiese Oscar, sollevando il mento.
Quanto avrebbe voluto zittirla… Se solo non le avesse promesso di non farlo mai più. Di non baciarla mai più.

«Solo un uomo.»
Era così vicino da poter sentire il suo respiro farsi pesante, lento, stuzzicante.

«Solo un uomo, André?»

Oscar parlò con un tono diverso, quasi suadente, e se André non avesse passato una vita a conoscerla, se non fosse stato sicuro di sbagliare, l’avrebbe presa in quell’istante, rubandole molto più di un bacio.

«Sì» sussurrò lui, allentando la presa sulle braccia di Oscar per avvicinarla a sé.
Sarebbe bastato chinarsi per sentire il suo sapore e, se non fosse stato per il giuramento, André lo avrebbe fatto. Ma lei era lì, davanti a lui, e non sembrava intenzionata a fuggire.

Al diavolo il giuramento!

André si sentì deciso, pensò che fosse il momento giusto per farlo, per farle capire che l’amava ancora, sempre, che era pronto a morire per lei. Con lei.
Soffiò sulle sue labbra e la vide chiudere gli occhi.
Forse non si sarebbe ribellata. No, che motivo aveva? Ormai doveva aver capito quali erano le sue intenzioni, ormai doveva aver preso la sua decisione.

Chiuse gli occhi e un grido interruppe quel momento. Sembravano urla di gioia, come se la Francia, il popolo, Parigi, avessero trionfato.
«Sono liberi! Liberi!»

Oscar riaprì gli occhi e sembrò rendersi conto solo in quell’istante di quanto stava per accadere.

Se solo avessero atteso ancora un momento… Sarebbe bastato un momento.

«Hai sentito?» mormorò, abbassando lo sguardo imbarazzata. Un sorriso sembrò colorarle le gote. «Devono averli liberati… Ha funzionato, André.»
Lui non poté fare a meno che sorriderle di rimando. La lasciò andare e annuì.

«I miei compagni sono liberi.»





Oscar si sentì meglio, ma durò un istante.

Subito, il pensiero della promessa fatta al padre tornò a investire i suoi pensieri. E tutto tornò buio dentro di lei.
Ma non doveva essere triste: i suoi uomini erano finalmente liberi. Non rischiavano più la vita per una sua decisione, erano stati salvati, graziati dal reame. Chissà se anche lei sarebbe mai stata graziata?

No, ho deluso mio padre. Ho macchiato l’onore della nostra famiglia. Lui non mi perdonerà mai, e quando tornerò a casa mi ucciderà.

«Sei felice, Oscar?» chiese André mentre uscivano dal vicolo.
La gente correva per le strade, gente allegra, come se la fame e la miseria non fossero mai esistite.

«Sì, sono felice.»
Ma era vero solo a metà.

Perché quella notizia, quella bellissima notizia, non faceva altro che calare su di lei come l’ascia di un boia.
Avrebbe potuto rivedere i suoi uomini prima di tornare a casa?
No, forse era meglio non rischiare di essere scoperta, di far trovare André. Doveva pensare anche a lui: non poteva permettere che gli facessero del male.
Era ora di tornare indietro, di raggiungere Palazzo Jarjayes e il suo destino.

«Devo tornare, André.»
Lo guardò chiedendosi cosa fosse più giusto dire. Doveva salutarlo, dirgli addio?

Erano stati così vicini… Come uomo e donna.

Ma non era durata, perché adesso lei doveva morire. Per un istante aveva creduto che André l’avrebbe baciata, che le avrebbe lasciato almeno un ricordo dolce da portare con sé. Che, almeno per una volta, avrebbe potuto sentirsi donna.
Ma le grida, la notizia, la gioia, erano arrivate proprio in quel momento e tutto era finito.

Morto. Come sarò io tra poco.

«Sì, lo so» rispose André, guardandola come se si stesse chiedendo quale sarebbe stata la sua prossima mossa.

Oscar si avviò ai cavalli, e pensò a quel bacio che avrebbe potuto rendere più dolce la sua morte.




André restò a guardarla mentre montava in sella.
Forse Oscar si aspettava che lui non la seguisse, che prendesse il suo baio e si allontanasse il più possibile da Parigi.
Ma non era quella la sua intenzione.
Non poteva abbandonarla. Non ora.

«André…» cominciò lei, guardandolo dall’alto del suo cavallo bianco. Strinse le redini per farlo voltare. «Le nostre strade si dividono. Non voglio che tu torni con me, sarebbe la tua condanna e…»

«No» la interruppe, facendo qualche passo per avvicinarsi. «La mia condanna è lasciarti andare, Oscar.»

Per un momento, lei abbandonò le mani sul garrese, guardandolo come se non credesse a quanto aveva appena detto. André si ritrovò a chiedersi quali fossero i suoi pensieri, se avesse intuito qualcosa di ciò che lui intendeva, ma subito gli occhi di Oscar tornarono a voltarsi verso il bosco.

«Addio, André.»
La sentì incitare l’animale al galoppo, gli stivali colpirono i fianchi, e lei svanì in mezzo agli alberi.

No… Non così… Non così, Oscar!

André slegò il suo baio, spiccò un salto per salire in sella, e partì al suo inseguimento. Era veloce, Oscar, ma lui l’avrebbe raggiunta.
Doveva raggiungerla.
Era un suo dovere fermarla, era il suo compito proteggerla. Era cresciuto in quel modo, sempre vegliando su di lei, sempre avendola al fianco. Non poteva rimanere solo, non ora.
Spinse i talloni a fondo nei fianchi del cavallo, gridò perché corresse più veloce, ignorando tutto ciò che lo circondava.
Nulla più aveva importanza.

Solo raggiungere Oscar.

Aggirò un albero, saltò un tronco caduto, ma lei non c’era ancora, non c’era ancora… Doveva correre di più.
Colpì ancora con i talloni, quasi fosse una danza, e spinse le redini come una frusta.

Finalmente la vide più avanti, mentre trottava tranquilla in mezzo al verde.
Si chiese come avrebbe fatto a convincerla, come avrebbe potuto spingerla a non tornare a casa.
Era impossibile.
Conoscendo Oscar, André sapeva che non avrebbe mai accettato di mancare alla parola data, di nascondersi, celandosi all’uomo che rivoleva indietro la vita che le aveva donato.
«Oscar! Aspetta, Oscar!»

Corri, corri… Portami da lei.

La raggiunse all’ombra di un salice. Non smontò da cavallo per paura che lei fuggisse ancora, lontano da lui, che si ricongiungesse con il suo destino.
«André…»
Quando Oscar si voltò a guardarlo, André vide gli occhi umidi di lacrime.

«Che cosa vuoi?»
Fu poco più di un sussurro, ma lui capì che Oscar stava cercando di ricomporsi, che non voleva essere vista così. Disperata.

«Scendi un momento. Devo parlarti.»
Aspettò di vederla smontare prima di scendere con un volteggio. La raggiunse, mentre i cavalli pascolavano lì vicino.

«Ho deciso, Oscar.»

Era vero.
Non pensava ad altro da quando erano fuggiti da Palazzo Jarjayes, non aveva avuto in mente altro, se non salvarla, impendendole di tornare. Ora, però, ora che si accorgeva di non avere un’idea precisa, un piano per nasconderla, si limitò ad agire d’istinto.

«Che cosa, André? Che cosa hai deciso?»

Erano a pochi passi di distanza, e André si avvicinò ancora, così da guardarla dall’alto. Era poco più bassa di lui, eppure André la sovrastava.
Avrebbe voluto toccarla, farle capire le sue intenzioni, baciarla e mettere fine a quell’agonia. Ma rimase immobile, rigido come una statua, mentre il respiro di lei diveniva irregolare.
Forse stava intuendo…? O forse no.
Forse, semplicemente, credeva che lui l’avrebbe baciata.

Ma André non lo fece.

«Vieni con me, Oscar» esordì, senza darle una spiegazione, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. «Vieni via con me. Andremo lontano e non ci troveranno mai. La giustizia del re resterà a Parigi, mentre noi vivremo da qualche altra parte… In pace.»
Soli. Insieme. Avrebbe voluto aggiungere.

«Non posso» rispose lei con un sospiro. Abbassò lo sguardo, come per evitarlo. «Sai che non posso. Ho giurato, André. Io ho giurato! Ho dato la mia parola!»

Vide i pugni di Oscar chiudersi, sollevarsi all’altezza del petto, e l’immagine di quella sera, la sera in cui l’aveva desiderata più di ogni cosa al mondo, tornò a forza nella sua mente.
Avrebbe voluto osare, afferrarle i polsi, spingerla sull’erba, ma aveva commesso quell’errore già una volta. Sapeva di aver sbagliato. Sapeva che lei non avrebbe voluto.

Oscar non lo amava.

C’era una sola cosa da fare. André non aveva scelta, di questo era certo. Se non poteva averla, se non poteva convincerla a fuggire insieme, a vivere in solitudine per sempre, almeno poteva impedirle di morire.

«Lo so, Oscar» mormorò, sentendo la tensione correre come un filo invisibile attraverso i nervi. «Per questo devo farlo. Perdonami.»
Gli occhi di Oscar si fecero interrogativi, rimase con le labbra schiuse mentre lo guardava, i pugni ancora chiusi davanti a sé.

«Ma cosa…» riuscì a sussurrare, un momento prima che André la prendesse di peso e se la caricasse in spalla.



Note dell’autrice:

Arrivo un po’ in ritardo, avrei preferito pubblicare con il quarto capitolo già pronto, ma non ho ancora avuto tempo di scriverlo.
In ogni caso, dal prossimo capitolo comincerà la storia. Fin qui, questi primi tre considerateli una sorta di prologo, o introduzione.
Grazie ancora per leggere/seguire/recensire!
Celtica

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


Rieccomi!

Torno dopo un po’ di tempo, ma non ho mai avuto intenzione di abbandonare questa storia.

Comincia da qui, infatti, la prima parte, che vedrà comparire anche qualche

vecchia conoscenza.

I primi tre capitoli erano da considerarsi un Prologo.

Adesso, invece, questo sembrerà un po’ di passaggio, ma serve. Serve.

n

PRIMA PARTE

C

apitolo IV


Stava gridando.
E si dimenava, come in preda alla pazzia.
Ma cosa stava accadendo?
Oscar colpì con i pugni la schiena di André, si dibatté, avendo davanti agli occhi solo il bosco in cui si erano incontrati. Si pentì di essersi fermata, di essere scesa da cavallo, di averlo ascoltato.
Sarebbe dovuta fuggire.

«Lasciami, André!» gridò ancora, mentre i capelli scendevano a coprirle il viso. «Lasciami subito!»

Vide la coscia del baio e la sua coda nera che frustava l’aria, finché André non la fece montare in sella. Cosa pensava? Che avrebbe viaggiato con lui?

«Sei impazzito, André?! Cosa vorresti fare? Vuoi fuggire, forse? Pensi sia questa la soluzione?» Oscar sembrò calmarsi di colpo, abbassò gli occhi sul garrese. «Non è questo il modo, André. Io devo tornare.»

Le mani di André erano ancora vicinissime alla sua vita, come se avesse voluto impedirle di cadere; il pugno raggiunse il copertino, e Oscar notò i calli lasciati dalla scherma.

«Magari non sarà l’idea giusta, ma è l’unica che mi è venuta» mormorò André, e lei si ritrovò a guardarlo. «Non ti lascerò tornare indietro.»

«E dove vorresti andare? Me lo dici, André? Cosa ti aspetti che succeda se non torno? C’è una condanna sulla mia testa!»

Oscar si sentì pronta a colpirlo per fuggire, o forse, pensò, solo per sfogare tutta la rabbia che l’opprimeva. Perché lei desiderava vivere, e non era giusto, non era giusto che André glielo imponesse.
Aveva dato la sua parola.
Era logico che avrebbe preferito non tornare a casa, ma cosa poteva fare? André era uno sciocco a non capire.

«Per questo voglio portarti via!» gridò André sul suo viso. «Per questo, Oscar…»

«È tutto inutile, André. Mi cercheranno.»

Fu allora che la mano di André cercò la sua. La strinse, come era successo tante volte quando lei ne aveva avuto più bisogno.

«Andremo lontano.»

Oscar lasciò che André mantenesse quel contatto. Era strano il modo in cui si sentiva, strano e sbagliato.
Perché, dopo tanto tempo, Oscar era felice.


Era ormai giunta la sera.
Il Generale Jarjayes spostò lo sguardo dalla finestra alla statua dell’aquila, che lo fissava dall’alto della volta decorata. Non poteva credere a quanto aveva sentito.
I soldati della Guardia erano stati liberati. Perché Oscar non era ancora tornata?

Voleva darle la notizia.

Era il momento, il momento della grazia della Regina, della grazia di un padre verso il disonore del figlio. E non ci sarebbe stato momento più bello per perdonare Oscar.

Si era giocata la vita, ed era riuscita a non perderla per una gentile intromissione del fato.

Pose il braccio dietro la schiena mentre si tirava dritto, pronto a chiamare un suo servitore. Avanzò di qualche passo sul pavimento a scacchi e si sentì come una pedina: Oscar lo aveva usato.
Oscar gli aveva mentito.
O forse… Forse era successo qualcosa. Ma lui non poteva saperlo.

«Informa Sua Maestà la Regina: mio figlio Oscar è scomparso.»

«Signore?» Il servitore lo guardò di traverso, come se non credesse a quanto stava dicendo.
«Va’, adesso. E non tornare senza un messaggio!»

Pensò a tutte le possibili risposte, a ogni eventualità, ma l’unica cosa certa era quella: Oscar non era tornata.




Erano insieme sullo stesso cavallo.

Per André era ancora incredibile, come se Oscar fosse cambiata di colpo, lasciandolo salire dietro di lei. Non si era fidato a farle cavalcare il suo; conoscendola, sarebbe potuta fuggire, tornando alla casa che, ora, André odiava.
C’era ancora sua nonna là. E il Generale, e i servi con cui era cresciuto.

Ma non era più casa sua.

Era stato il Generale a spingerlo a fuggire, il giorno in cui l’aveva nominato l’attendente di Oscar.
Il giorno in cui l’aveva accolto a palazzo, affiancandolo a lei… Donandogli una spada affinché si allenasse con suo figlio.
E per un po’ André l’aveva davvero considerata un maschio. Per anni i suoi sentimenti per lei erano stati affetto e amicizia, com’era giusto che fosse tra due bambini.

Oscar, rigida e ferma fino a un momento prima, si sistemò meglio sulla sella. E André ricordò la notte che aveva sentito il suo corpo sotto il suo, immobile e tremante, come lui non avrebbe mai voluto che fosse.

Si chiese se anche lei ci stesse pensando.

Non parlavano, non avevano detto una parola dopo che anche André era montato in sella. Dopo che aveva accerchiato i suoi fianchi con le braccia, per poter raggiungere le redini e guidare il cavallo.

Non poteva vederla in viso, ma la immaginava rossa di vergogna, o magari, magari no… Magari era pallida come la luna che era rimasta a osservarli nel cielo azzurro, mentre il sole calava. E presto, molto presto, così come Oscar sarebbe stata l’unica luce per André, la luna avrebbe guardato quei luoghi dall’alto, illuminandoli con i suoi raggi.

«André…» sussurrò lei.

Gli occhi di André si posarono sui suoi capelli biondi, che coprivano la casacca blu. Tirò le redini per fermare il cavallo, e sentì tutta la tensione di quella giornata salirgli in gola.
Parlò, cercando di non darla a vedere.

«Sì, Oscar?»

Vide il profilo deciso di lei mentre si voltava, e fu quando incontrò i suoi occhi che intuì tutti i pensieri che si portava dentro. Temette, temette per ciò che gli avrebbe detto, e il cuore mancò un battito quando udì la sua risposta.

«Grazie.»



Non importava a nessuno.

Maria Antonietta, Regina di Francia, lo aveva anche gridato, ma non c’era stato qualcuno a smentirla. Della morte di Louis Joseph sembrava importare a lei soltanto.

Si rigirò nel letto, nella sua stanza, lanciò un’occhiata alla balaustra in legno dorato, che doveva separare il suo spazio privato da quello pubblico, e tornò a fissare l’alcova con i suoi broccati ricamati d’oro, capendo che nemmeno allora sarebbe riuscita a dormire.

Ormai ogni giorno rivedeva lui.

Lo aveva vegliato tutta la notte, ma non le era stato concesso di partecipare ai suoi funerali, a Saint Denis. Aveva implorato, aveva pianto, ma il delfino era partito da solo.

Il popolo, il popolo che avrebbe dovuto piangerlo, era troppo occupato a organizzarsi, a sparlare di lei, a trasformare i suoi Stati Generali in Assemblea Costituente.

Si erano presi suo figlio, cosa volevano ancora?

Dio l’aveva incoronata Regina di Francia. E loro avrebbero dovuto amarla.
Invece, invece quel giorno le erano arrivate voci, voci orrende sul suo conto. Non comprendevano il suo dolore, non riuscivano a condividere la morte di suo figlio.

L’aveva detto, era vero. Aveva gridato di voler fare il bagno nel loro sangue, ma quale madre non lo avrebbe fatto, al suo posto?

Quale madre, dopo aver perso un principe, sarebbe rimasta in silenzio?
Invece il popolo, il suo popolo, quel silenzio lo aveva donato a lei, quando i tre Stati si erano riuniti a Versailles.

Tirò sopra la testa le lenzuola di seta, decorate con le rose, e risentì nella testa le grida di quel giorno, quel maledetto giorno, un mese esatto prima che Louis Joseph morisse.

«Viva il Duca d’Orleans
Era stato durante la parata, mentre il delfino di Francia seguiva da una finestra. Come si era sentita, lei… Come si era sentita delusa. Ferita.

Suo figlio era morto e non importava a nessuno, come non gli era importato che fosse l’erede al trono.

C’erano grida fuori dalla porta, e Maria Antonietta venne distratta dalle voci.
«Glielo direte domattina! Sua Maestà sta riposando!»
«Non può aspettare! Il Generale Jarjayes dice che è urgente!»
«Non potete! Fermatevi! Non potete entrare!»

La porta si aprì e la contessa di Noailles varcò la soglia, sola. Maria Antonietta si tirò a sedere sul letto e ascoltò quanto aveva da dire.

«Maestà, perdonatemi… È arrivato or ora un messaggero da Palazzo Jarjayes.»

«Ditemi, è forse capitato qualcosa a madamigella Oscar? Non fatemi stare in pensiero! Parlate, contessa!»

Madame de Noailles abbassò gli occhi all’altezza della balaustra, e sembrò non osare avvicinarsi. La Regina si chiese se fosse capitato qualcosa a Oscar.

No, non lei. Non l’unica persona che Louis Joseph aveva apprezzato, che aveva quasi amato. Non la persona che era corsa da lei sentendo suonare le campane di Notre Dame.

«Maestà, madamigella Oscar non si trova. Sembra che sia fuggita al sentore di una condanna, sembra che il vostro perdono non sia giunto in tempo…»

Maria Antonietta sentì i capelli scivolarle sul petto, mentre stringeva forte le lenzuola.

«No…»

«È così, Maestà.»

«Non può essere vero. Da dove arriva la fonte? Non posso credere che madamigella Oscar si sia macchiata di un simile tradimento!»

La contessa di Noailles la guardò negli occhi, stavolta. E sembrò solo dare conferma a ciò che aveva detto.
«È stato il Generale Jarjayes in persona a mandare un messo, Vostra Maestà.»
La Regina fece un gesto con la mano.
«Lasciatemi ora, ne discuteremo domattina.»

Fu quando la contessa de Noailles fu uscita che si lasciò cadere sui cuscini. I broccati che aveva intorno, i dipinti dei più grandi maestri, furono i soli testimoni delle sue parole.

«Madamigella Oscar… Non sapete il dolore che mi state dando.»



Non avevano conio.
Era ormai notte, Oscar pensò che fosse giunta l’ora di accamparsi, ma André tenne al passo il baio, mentre il suo cavallo bianco li seguiva dappresso, legato dietro di loro.

Non avevano livre.
E le era venuto in mente solo ora… Forse che André avesse qualcosa con sé? Oscar sapeva che quelle poche monete che teneva in tasca non sarebbero bastate, né per avere cibo, i cui prezzi erano diventati esorbitanti, né per un letto.

«Sarà il caso di fermarci» esordì André.

Era strano restare in silenzio con lui. Non ricordava di aver mai passato tanti momenti muti, eppure carichi di tensione. Perché André era vicino alla sua schiena, e ogni movimento dell’animale corrispondeva a uno sfiorarsi.
Non era più come quella sera lontana, di cui Oscar si era già pentita.

Ora quasi desiderava essere con lui, sullo stesso cavallo.

«Sì, André. Lo penso anch’io.»

Si sarebbero sistemati vicini? Oscar si chiese quanto lui l’avrebbe tenuta sotto sorveglianza: in fondo, temeva ancora che potesse fuggire.
Altrimenti perché non lasciarle la sua cavalcatura?

Forse anche lui sente quello che provo…

C’era ancora quella notte, e dopo sarebbero giunti i problemi. Di questo Oscar era certa.
Perché il Generale si sarebbe accorto del suo ennesimo tradimento, della sua fuga, della liberazione dei suoi uomini. E l’avrebbe cercata.

Anche in capo al mondo.

Ma come avrebbero fatto a sopravvivere? Come avrebbero fatto, senza denaro, e con le divise dei soldati di Parigi? Non avrebbero trovato nessuno disposto ad aiutarli, non dopo gli ultimi avvenimenti.
Non dopo la giornata delle tegole di Grenoble, non dopo l’inverno gelido e lo scarso raccolto che avevano fatto salire i prezzi alle stelle.

Mentre smontava da cavallo, Oscar si chiese se qualcuno sarebbe riuscito a prenderli. André aveva promesso di non permetterlo, aveva promesso di non permettere a nessuno di ucciderla.

Oscar pregò, pregò per quella notte che li avrebbe tenuti vicini, spingendola a ricordare quella famosa sera, e pregò per suo padre, affinché la perdonasse.


In tempi diversi avrebbe passato quella notte a giocare.
Sarebbe rimasta in compagnia della contessa di Polignac, a cercare di dimenticare. Come aveva tentato di allontanare dalla mente la finta gravidanza, il fatto di non riuscire a dare un erede al trono di Francia.

Ma da quando si era allontanata dal mondo, da quando i suoi pensieri avevano accarezzato l’idea di ricreare un piccolo villaggio accanto al Petit Trianon, Maria Antonietta continuava a immaginare il futuro che avrebbe potuto avere il delfino in quelle dodici casette, ispirate a un quadro di Robert.
Le Hameau, la semplicità che avrebbero potuto vivere, la stessa che aveva creato tanto scandalo e dicerie sul suo conto.

Ennesima notte insonne.

La Regina si allontanò dal ricordo del figlio e pensò a Oscar.
Al giorno in cui si era schierata dalla sua parte, al giorno in cui si era sentita costretta a intervenire per placare un duello e proteggerla.

Dov’era andata ora? Perché era fuggita?
Non immaginava, forse, che la sua Regina l’avrebbe protetta ancora?

Maria Antonietta serrò gli occhi più forte che poté: l’indomani avrebbe preso una decisione. Non avrebbe permesso la fine della loro amicizia.

Qualcuno doveva riportarla indietro.


André si chiese quanti turbamenti avrebbe portato la loro fuga.
Ci sarebbero state chiacchiere, a Versailles.
Sua nonna sarebbe stata interrogata a fondo dal Generale, magari anche convocata a Corte. La immaginava tremante, con le lacrime agli occhi, mentre rispondeva in modo vago. André era sicuro che con la mente sarebbe corsa a lui.

Oscar trasse un profondo sospiro.
Era sdraiata al suo fianco, gli occhi aperti contro le stelle. Poteva quasi vederne il riflesso…

Avrebbe tentato ancora di fuggire?

Oscar si sorreggeva la testa con le braccia, ma era molto che non parlava. André pensò che avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire la sua voce.
Per sentirsi dire che aveva fatto bene, che lei si sentiva al sicuro, per udire un altro “grazie”.

«André…»

Lui sollevò mezzo busto per guardarla.

«Sì, Oscar?»

Vide la rugiada risplendere al chiarore della luna, vicino al suo viso. Sembrava circondata da tanti piccoli diamanti, solo che nessuno sfarzo di Versailles avrebbe potuto competere con quell’immagine.
Che i nobili si tenessero i loro gioielli. A lui bastava Oscar.

«Non temi che possa fuggire?»
André si chiese se Oscar lo avrebbe fatto, se sarebbe fuggita.

“Ho giurato di tornare, André! Io ho giurato!”

«A dirti la verità, Oscar: sì, lo temo. Ma so che non lo farai.»

Lei si voltò verso il suo viso e sembrò sorridere. Forse, pensò André, si stava chiedendo da dove gli venisse quella certezza. Tirò fuori la sua espressione più beffarda, quella che usava quando era sicura di sé, quando voleva dimostrare di non essere per niente intimorita.
Lo guardò in segno di sfida.

«Perché non dovrei provare?»

Era bella.
Gli ricordava i bei momenti passati insieme, le avventure che lo avevano spinto a desiderare di proteggerla, sempre. Come il giorno in cui Oscar aveva atteso Girodel lungo la strada, recando una grave offesa al Re. Appostata all’ombra di un albero, le braccia incrociate e l’espressione sicura, lo aveva provocato mentre tutta la Corte di Versailles li attendeva per il duello.

Era stato André a capire i tormenti che aveva dentro. Era stato André a spingerla a prendere una decisione.

Ma ora non poteva permettere che decidesse Oscar.
Sapeva che sarebbe tornata di corsa da suo padre, lasciandosi portare via la vita senza reagire.
Doveva, doveva impedirglielo.

«È molto semplice, Oscar» disse, imitando l’espressione sarcastica di lei. Aveva un desiderio immenso di avvicinarla. «Se ci provi e fallisci, non potrai più fuggire.»

Oscar si sollevò, mettendosi a sedere. Tornò seria e lo guardò di sbieco.
«Cosa intendi, André?»

In quel momento uscì un venticello a scompigliarle i capelli, e André si pose una mano sulla fronte mentre rispondeva. Cercò di non perdere l’ironia.

«Se lo fai ti lego.»

La casacca di Oscar sussultò mentre scoppiavano entrambi a ridere.


Note dell’autrice:

Mi scuso di nuovo per il ritardo. Ho avuto dei problemi e la storia è passata in quarto piano.
So che questo capitolo vi sembrerà un po’ noioso, ma prometto di impegnarmi a migliorare. Da qui in poi la storia si allarga, entrano in scena altri personaggi e, spero, prossimamente dovrebbe esserci un po’ d’azione.
Cavalli al galoppo!
Grazie per avermi aspettata!

Celtica

P.S.: non ho messo note, ma non significa che le cose scritte siano inventate (parlo dei pensieri della Regina, dei fatti appena accennati a cui fa riferimento Oscar, ah e della depressione! La depressione che ha colpito Maria Antonietta. Non credo che mi vedrete inserire date, non credo. Ma non significa niente. I numeri non fanno la storia).

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Cap. 5

Mi dispiace.
Mi dispiace di aver dato l’idea di aver abbandonato la storia. Non è così.
Avevo bisogno di uno stacco, non chiedetemi perché.
So solo che cercherò di essere più puntuale, di impegnarmi di più,
perché non voglio abbandonarla.
E non voglio nemmeno che sembri che l’abbia fatto.

 

Dove eravamo rimasti?
Oscar e André sono fuggiti, lontano da Parigi.
Il Generale si è accorto della loro scomparsa e ha informato la Regina.
Maria Antonietta si sente tradita, ma nonostante tutto decide di dare una seconda occasione a Oscar, riportandola a casa.

n


PRIMA PARTE

 

C

 

apitolo V

 

Cavalli al galoppo.
Finalmente Oscar riusciva a sentire il suo sotto di sé, ora che André l’aveva lasciata andare. Correva al suo fianco, sul baio che li aveva uniti nel corpo e divisi nell’anima.
Perché lei aveva sentito il bisogno di essere libera, aveva percepito quelle catene a cui André sembrava averla legata, e aveva capito di sbagliare.
Lui non aveva mai voluto imprigionarla.
Ma solo liberarla, spezzare le catene che la tenevano legata a Maria Antonietta e a Parigi, al mondo scintillante di Versailles, alla miseria che si annidava nel petto dei nobili mostrando il suo volto tra i vicoli della città.

Oscar godette del vento sul viso, del cavallo che rispondeva a ogni suo movimento. Le bastava spostarsi appena sulla sella perché lui capisse dove voleva andare…
Erano cresciuti insieme, proprio come lei e André.

«Oscar!»

Lei tirò le redini per fermarsi e si voltò a guardarlo.
Dopo quella notte insonne, passata a osservare le stelle, le cose sembravano tornate come prima di partire. Quando i sensi di colpa le attanagliavano lo stomaco e il desiderio di essere di qualcuno, come di lui, sembravano i timori di un bambino.

«Dimmi, André.»

Quando avevano deciso di rimettersi in marcia Oscar era rimasta a guardarlo, chiedendosi perché facesse di tutto per salvarle la vita. Erano partiti senza mangiare, con i brontolii della pancia di André come sottofondo.
Ma lei sentiva qualcosa.
E sapeva, sapeva che nonostante quei pensieri, nonostante quelle paure, il momento di spezzare la catena era giunto.
Solo che non si sentiva pronta…

Udì il nitrito del baio mentre André lo spingeva al passo verso di lei, per raggiungerla.
Stavano affiancando il bosco, si rese conto Oscar, ma sulla collina che avevano di fronte c’era un villaggio. Quale, non avrebbe saputo dirlo. Immaginò si trattasse di Vincennes.
«Dobbiamo entrare nel paese.»
Lei sapeva bene perché.
Non avevano cibo, non avevano soldi e armi. Non potevano cacciare, non potevano nutrirsi. Erano stati fortunati a trovare un ruscello quella mattina, ma Oscar si accorse di non conoscere le zone intorno a Parigi. Non così a sud-est.
Ebbe conferma che si trattava di Vincennes quando riconobbe il castello.

«Direi di lasciare i cavalli nel bosco quando saremo vicini. E forse…» André si sporse sulla sella, quasi come se qualcun altro avesse potuto sentire quanto stava per dire. «Forse dovremo “prendere” alcune cose…»
Oscar si agitò sul cavallo, spingendolo a voltarsi indietro.
«Che cosa dici, Andrè? Vorresti rubare?»

Lui si avvicinò abbastanza da prendere le briglie. Le fece cenno di scendere e Oscar capì che temeva una sua possibile fuga. Lo ascoltò, volteggiando giù dalla sella, ma tenne il pugno chiuso intorno alle redini, pronta a saltare in groppa e ad abbandonarlo.
«No, Oscar» disse André, imitandola e scendendo da cavallo. «Non sono un ladro. Ma non possiamo entrare in paese vestiti in questo modo.»
«Perché, Andrè? Perché mi stai dicendo questo?»
Oscar ebbe l’orribile visione di lei vestita da donna.
Solo una volta era successo, e si era ripromessa che non si sarebbe più ripetuto.

«Perché ho fame, Oscar» insisté, falciando l’erba con le gambe per raggiungerla. Se lo ritrovò vicino, troppo vicino, ed ebbe paura. «E anche tu devi mangiare.»
Si ritrovò a osservare le pagliuzze dorate nei suoi occhi verdi, sentì il respiro accorciarsi quando scese a studiare le labbra, e un fremito, quando André la inchiodò tra sé e il cavallo.

 

Gabriel era stato definito da Sua Grazia, ostinato.
C’erano voluti impegno e insistenza affinché accettasse di apportare modifiche alla Camera della Regina.
Maria Antonietta poteva ora ammirare i broccati in fiore, i ritratti di sua madre e di suo fratello, il caminetto in marmo screziato, il busto che la ritraeva con addosso il mantello reale e un medaglione con il profilo di Luigi XVI.
Sedette sullo sgabello, gli occhi fissi sullo stipo dei gioielli di origine tedesca, e si concentrò su ciò che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte.
Chi scegliere?
Doveva mandare qualcuno a cercare Oscar, a dirle di tornare a casa. Qualcuno che le dicesse del mancato pericolo, del suo intervento e salvataggio.
Qualcuno di cui Oscar potesse fidarsi.
La Regina tirò la testa indietro, al soffitto a cupola, e prese la sua decisione.
Due nomi per vederne partire uno solo.
Ma quale?

 

Avrebbe voluto baciarla per mettere fine a quell’agonia.
Oscar era bloccata, occhi negli occhi con lui. Sarebbe bastato allungarsi, prenderla tra le braccia e rubarle un bacio. Ultimamente si ritrovava spesso a stretto contatto con lei e, ogni volta, la vedeva in modo diverso.
Un po’ più arrendevole…
Un po’ più disponibile.
Meno furiosa, meno spaventata, meno confusa.

«André» soffiò Oscar, poggiando una mano sul suo petto. «Fermati.»

Nonostante la camicia, lui sentì la pelle scottare sotto il suo tocco. Si ritrovò a chiedersi cosa avrebbe provato senza la stoffa a dividerli, cosa avrebbe sentito.
Provò un brivido solo a immaginarlo.

«Perdonami, Oscar.»
André fece un passo indietro, abbassò lo sguardo sulle bisacce del cavallo, poi, di nuovo, sulla divisa di lei…
Doveva essere così bella.

«Oscar.»
Il tono di André si fece duro e, per un istante, riconobbe la paura negli occhi di lei. Forse temeva di ripetere quella notte? Quell’incubo vissuto?
No, non le avrebbe fatto del male, lo aveva giurato a lei e a se stesso.

«Dovrai toglierti quella divisa. E anch’io.»
«Come?»

André si voltò, per guidare le redini del baio perché facesse qualche passo avanti e lo seguisse. Indicò il bosco.
«Ci staranno cercando, non possiamo permettere che ci trovino.»
«Questo lo so» mormorò Oscar con disappunto, stringendo la mano a pugno.
«Vestiti così ci prenderanno subito, Oscar» disse, squadrandola da capo a piedi. «Cercano due soldati. Noi non possiamo più esserlo.»
La vide scuotere la testa, passarsi una mano sulla fronte.
«No, no, André… Ho capito cosa vuoi dire, ma io… io non posso. Non posso vestire da donna. No, André!»

Quando la vide mettere un piede nella staffa e rimontare in sella, si sentì morire.

«Aspetta, Oscar!» gridò André, sollevando il braccio. «Scendi da cavallo, Oscar, scendi e ti spiegherò.»
Lei fece cenno di no con la testa, e il cavallo seguì i suoi movimenti, girando in tondo.
«Non c’è più niente da dire» mormorò Oscar, ergendosi dritta. E bastò vederla per capire cosa avrebbe fatto… «Io torno indietro.»
Fu come uno specchio che andava in pezzi, come lo stridio di una catena che si trascina, come vederla morire.

«Addio, André.»

La sentì incitare il cavallo, balzò in sella mentre lei partiva al galoppo, affondò i talloni nei fianchi del baio come aveva già fatto.
Ma era tardi…
Non era riuscito a spezzare le catene che la tenevano legata a Parigi, non era riuscito a farle capire di essere libera. E stavolta, stavolta forse non sarebbe riuscito a fermarla.

«Conte di Fersen.»
Lo disse con la solita, reverente, dolcezza. E si lasciò baciare la mano, lasciò che lui si inchinasse davanti a lei, chiamandola Maestà, giurandole devozione imperitura.
E lo fece accomodare, prima di svelargli il motivo di quella visita.
«Vi ho fatto chiamare» cominciò la Regina, sedendogli di fronte. «Perché ho fiducia in voi e in nessun altro, Fersen.»
«Maestà, ditemi come posso servirvi.»

Maria Antonietta si era preparata tutto un discorso fatto di ricordi, di amicizia e di vite salvate, ma ritrovarsi con lui era bastato a farglielo dimenticare.
Era incredibile sapere di essere stata tra le sue braccia, di averlo amato, e di doverlo nascondere… Anche a lui. Soprattutto a lui.
Perché, se anche Fersen si era messo al servizio della Corona, lei era certa che dentro di sé provasse ancora qualcosa.
Era facile fingere, fuori, dove tutti potevano vedere, aiutandosi con profumi e belletti, falsi sorrisi e frasi fatte. Era facile dire, dirsi, di aver spinto quei sentimenti in fondo al cuore.
Ma non era così.
Non poteva esserlo.

«Si tratta di madamigella Oscar.»
Lo vide impallidire.
«Madamigella Oscar avete detto, Maestà?»
Aveva deciso di cominciare con lui, di riceverli prima uno e poi l’altro, per decidere chi dei due era il più adatto a riportarla a casa. Non avrebbe potuto privarsi di entrambi, e dentro di sé sperava con tutta l’anima di non dover mandare proprio Fersen.

Però… C’era un però, che quasi non riusciva a spiegarsi.
Tutti gli avvenimenti che avevano legato loro tre, lei, Oscar e Fersen, a partire dal loro incontro al ballo in maschera, a quando Oscar aveva danzato con lei per evitare che l’intera Corte continuasse a mormorare su di loro, a quando una carrozza era stata attaccata a Parigi, vicino all’Operà… E Fersen si era offerto di andare.
«Sì. Non so come dirvelo… Oscar si è macchiata di tradimento.»

 

Spingere il cavallo a tutta velocità era qualcosa che la faceva sentire viva.
Oscar si chiese come avrebbe fatto a cavalcare vestita come una donna… Come avrebbe potuto impugnare una spada, prendere a pugni un uomo, inseguire un criminale.
No, André non poteva averle chiesto davvero quello.

Sì, invece, si disse. André vuole solo proteggermi. Ma io non posso… Ho giurato a me stessa di vivere come un uomo, di cavarmela da sola. Di non aver più bisogno di lui.

Sentì il suo purosangue fremere sotto di lei, mentre lo spronava a continuare la sua corsa.
Il vento nei capelli, quello stesso vento che le sferzava il viso, era lo stesso che avrebbe attraversato Parigi e raggiunto Versailles.
Magari sarebbe stato lui a sussurrare del suo ritorno, magari avrebbe avvertito suo padre di affilare la spada…
Smise di incitare il cavallo quando vide un carro sulla strada.
Sembravano contadini, un uomo e una donna, intenti a spingere il mezzo. Ma non avevano animali a tirare, e Oscar vide una ruota affogata nel fango.
Trottò fino a loro, poi tirò le redini e si fermò.

Come aveva fatto a essere così stupido?
Era logico che Oscar fuggisse, al solo sentir parlare di abiti da donna. Erano nella stalla quando lei gli aveva detto di voler vivere come un uomo, di voler affrontare i campi di battaglia, imbracciare un fucile, allontanarsi dalla Regina…

Se fuggire fosse la soluzione, io sarei fuggito da te tanto tempo fa, Oscar.

Pregò il cielo di raggiungerla in tempo, prima che incontrasse i soldati, prima che capisse che il modo più sicuro per raggiungere Parigi senza di lui era entrare nel bosco.
Non avrebbe potuto raggiungerla lì.

Sei fuggita da Fersen, sei fuggita dalla Regina, e ora sei fuggita anche da me. Come ho fatto, Oscar? Come ho fatto a essere così stupido?

Nella penombra della sua camera da letto, Oscar gli aveva detto di non aver più bisogno di lui.
Ora, ora che cominciava a capire cosa doveva aver provato, André la rivide voltata di spalle, mentre appoggiava la tazza sul tavolino. Mentre entrava nel buio.
André pianse, ripensando a quando l’aveva presa con la forza.
In qualunque momento, in qualunque momento avrebbe potuto farla sua. In qualunque momento avrebbe potuto bloccarle i polsi, proprio come quella sera…
Ma non voleva più farlo.
I suoi pensieri, ora, dovevano essere rivolti a lei e solo a lei.
Al modo in cui i suoi capelli risplendevano nel sole, al…
Lo capì solo allora: anche vestita da donna, Oscar restava facilmente riconoscibile.
C’era una sola cosa da fare, e ciò che gli serviva era della pece.

 

«Sedete, Capitano.»
La Regina lasciò che Girodel sedesse dove, fino a poco prima, si era sistemato Fersen.
«Vostra Maestà.»
Girodel fece un inchino, e i bei capelli ondulati gli finirono tutti in volto.
«Ho risposto al vostro richiamo, Maestà.»
Maria Antonietta giunse le mani e fece cenno di sì con la testa. Girodel era la sua seconda scelta, la dimostrazione che la nobiltà francese sapeva essere galante e raffinata, il prezzo che era disposta a pagare pur di riavere Oscar con sé.
Forse stava commettendo un errore, forse non era davvero da lei fare ogni cosa in suo potere pur di salvare la sua amica.
Ma da quando aveva perso Louis Joseph si sentiva sola, tremendamente sola.
E se c’era qualcosa che poteva fare per Oscar, decise, l’avrebbe fatta.

 

«Avrei dovuto ucciderli» disse il Generale ad alta voce.
La vergogna di cui l’aveva macchiato Oscar era qualcosa che lo feriva davvero.
«Avrei dovuto ucciderli entrambi. E poi seguirli…»
Prendere a pugni l’aria non era più qualcosa che serviva a farlo sentire meglio. Rendeva reale la loro mancanza, le parole che avevano detto, il suo cuore spezzato.
Decise di mettere fine a quelle domande quando il Colonnello D’Arcois entrò nella stanza.
Il Generale raddrizzò la schiena, sistemò meglio la casacca, e lo affrontò con uno sguardo austero.
D’Arcois lo salutò, rimettendosi ai suoi ordini.
Era giovane e, forse, se Oscar non fosse fuggita, il Generale gli avrebbe proposto di sposarla. Era un nobile, aveva due lunghi baffi neri che seguivano la linea delle labbra, e doveva essere alto quanto suo figlio.
«Mi avete fatto chiamare, Generale?»
«Colonnello, ho bisogno di un favore.»
«Ditemi, Generale.»
«Si tratta di mio figlio Oscar.»

 

La trovò ferma a parlare con due contadini e rallentò il passo, dando modo al baio di riprendere fiato.
«Posso fare qualcosa per voi?» chiese André, smontando da cavallo.
Si sentì pronto a rimontare in sella se Oscar avesse dato segno di voler scappare. Non poteva permettere che tornasse da suo padre. Proprio non poteva.
«André» Oscar si voltò a guardarlo con il sorriso sul viso. Qualcosa che lo scaldò dentro. «Vieni, aiutami. Dobbiamo tirar fuori la ruota da lì.»

Oscar gliela indicò: un cumulo di mota che raggiungeva il corpo del carro. André vide le mani dei contadini sporche di terra e fece un cenno con la testa.
Capì che non sarebbe fuggita, capì che non aveva davvero intenzione di tornare indietro.
Altrimenti a cosa sarebbe servito quel grazie? Quello che Oscar gli aveva sussurrato piano, schiena contro petto, in groppa al suo baio?
Forse voleva finalmente essere salvata. Forse poteva fare qualcosa per lei.
Ridarle una parvenza di vita.
Anche senza vestire da donna…

«Arrivo, Oscar. Eccomi.»
Piantò gli stivali in quel pantano, facendo forza sulle gambe per sollevare la ruota. Oscar e l’uomo fecero lo stesso.
«Grazie, grazie!» gridò la donna, appoggiandosi al carro. «Ci avete salvato.»
André notò i suoi occhi azzurri e pensò a quelli di Oscar.
Solo allora si diede pena di guardare cosa stavano trasportando: grano, grano battuto.
«Dove lo portate?» chiese Oscar, accarezzandolo con la mano. Era chiaro come i suoi capelli…
«A Vincennes. Dicono che ci sono mercanti pronti a pagare bene.»

André pensò al castello e ai pericoli che avrebbero corso seguendo quei due.
Però era anche vero che se era stato dato l’allarme, cosa ancora improbabile, le guardie avrebbero controllato tutti. E quale sospetto ci sarebbe stato in un gruppo di contadini?

Gli occhi di Oscar si posarono sull’uomo che aveva accanto.
«Vi ringrazio, signore» disse il contadino, rivolto a lei. «Dobbiamo riprendere la strada ora…»
André la vide scostarsi per lasciargli riprendere posto accanto alla moglie, alla testa del carro.
«Ma certo» mormorò Oscar, fissando il grano, e lui non poté fare a meno di chiedersi a cosa stesse pensando. «Aspettate. Possiamo aiutarvi a entrare a Vincennes.»
Fu la moglie del contadino a fare una smorfia.
«Con quei cavalli? Devono valere una fortuna» mormorò, scambiando un’occhiata con il marito. «Ma non sono animali da tiro quelli.»
André approfittò di quell’occasione per farsi avanti. Allargò le braccia e sorrise con fare innocente.
«Lasciate che vi aiutiamo. Se potete tirarlo voi, possono farlo anche loro.»
«Li rovinerete» disse l’uomo, studiando i cavalli. «Non abbiamo soldi per pagare…»

Oscar si avvicinò dal lato opposto, costringendo i due a voltare le spalle a André per poterla guardare. Sembravano a disagio.
«Non dovrete pagarci» aggiunse André. «Vi aiutiamo volentieri.»
Ma riconobbe la paura sui loro volti e li osservò scambiarsi l’ennesima occhiata.
«Siete molto gentile, signore…» sussurrò la donna, stringendosi nelle spalle. «Ma non abbiamo bisogno, davvero.»
André la vide sorridere in modo innaturale mentre chinava la schiena per tirare il carro.
«Speriamo di rivedervi in città. E ricambiare la cortesia.»

 

Oscar li guardò andare via sentendosi in errore.
Forse, se avessero giocato meglio le loro carte, si sarebbero trovati insieme ai contadini in quel momento, e André avrebbe abbandonato quell’assurda idea di farla vestire da donna.
«Oscar…» la chiamò, mentre il sole si alzava alto nel cielo. «Non fuggire più, Oscar.»

Era vero…
Aveva preso il suo cavallo e si era spinta al galoppo, convinta di voler tornare a casa. Ma non aveva più una casa, ora. Non aveva più nulla.
Le rimaneva solo André.
Non rispose e raggiunse l’animale, che pascolava lì vicino. La strada era ricoperta di fanghiglia, e lei si riempì gli stivali per avvicinarlo.
«Non ti farò vestire da donna» continuò, spingendola a voltarsi. «Non ancora.»

Passò la mano sul manto candido del cavallo, ne aspirò il profumo, quello che a Versailles era considerato puzzo di cavallo. Ma a lei piaceva, le era sempre piaciuto.
Le ricordava le cavalcate, il suo ruolo a Corte, la libertà. Le ricordava i pomeriggi passati ad allenarsi alla scherma, i tiri al bersaglio che miglioravano la sua mira giorno dopo giorno. Le ricordava il sapore del vino e il tepore del fuoco, al rientro da un giro a cavallo…
Le ricordava la sua camicia bianca, quella che restava semiaperta quando si addormentava davanti al camino, quando aspettava il rientro di André.
E le ricordava anche Arrais, la sua costa dorata, le onde del mare che la portavano via. E gli zoccoli che affondavano nella sabbia, il sapore del sale sulle labbra…
E, più di tutto, le ricordava André.

«E cosa vorresti fare?» chiese, intrecciando le dita nei crini. «Abbiamo le divise da soldati, lo hai detto tu. Non possiamo entrare in città.»
«Ma non possiamo nemmeno morire di fame.»

Oscar fece cenno di sì con la testa, ma non si voltò a guardarlo.
Tutto sembrava andare in pezzi. La sera prima le cose le erano apparse diverse, per qualche ora si era illusa che tutto sarebbe andato bene, che André l’avrebbe portata in salvo.
Ma ora, ora si rendeva conto…
Se voleva vivere come un uomo non poteva, proprio non poteva aspettarsi che fosse André a risolvere ogni problema. Non poteva restare ferma, zitta, ad attendere le sue idee.
Doveva fare qualcosa. Doveva aiutarlo.
Eppure… Il sogno di quel bacio, quello che André stava per darle mentre attendevano la liberazione dei soldati di Parigi, la torturava ancora, confondendola.
Ma se non poteva essere uomo, se non voleva essere una donna, cos’era Oscar?

«Prenderò dei vestiti, Oscar. Prima della città ci sono le case dei contadini. Non ci sono guardie a proteggerli, li prenderò io.»
«Avevo ragione, André! Tu vuoi rubare!» lo gridò andandogli incontro e fermandosi a due passi da lui. «No, Andrè. Non te lo permetterò!»
Sollevò una mano per colpirlo, ma André la intercettò, bloccandole il polso.
E, ancora, il ricordo di quella sera tornò prepotente a farle visita.
«Che cosa fai, André?»
Si specchiò nei suoi occhi, osservò la sua mano, la mano della spada, ricoperta di calli, stringere la sua pelle, il braccio ancora sollevato. E sperò, sperò che stavolta nessun grido arrivasse, sperò di non farsi prendere dal panico.

Sperò in quel bacio.

«Niente. Non faccio niente, Oscar» disse André, lasciandola libera. «Volevo solo impedirti di colpirmi.»
Lei si massaggiò il polso, sentendolo rovente.
Sentì le guance arrossarsi mentre si rendeva conto di quanto aveva desiderato.

«Ti prego di ascoltarmi, Oscar» riprese, deglutendo. «Lascerò qualcosa se vuoi, nelle bisacce ho delle monete. Poche cose… Ma ti prego, ascoltami. Dobbiamo cambiarci. E dobbiamo fare qualcosa anche per i tuoi capelli.»

Oscar strinse le palpebre, confusa.
«I miei capelli?»
«Sì, Oscar» André annuì, sollevando poi una mano a indicare il suo cavallo bianco. «E anche per lui. Siete troppo riconoscibili.»
Scosse la testa e fece alcuni passi indietro, come se l’idea di André fosse assurda.
«Useremo la pece, per te e per lui.»
Nonostante l’estate, Oscar sentì un brivido a pensare di tingersi i capelli con la pece.
«E dove pensi di trovarla, André? No, no, io…»

Si guardò attorno: l’aria sferzava gli alberi, trasportando gli odori del sottobosco. E l’umido, l’umido della terra, dell’erba, del fango, le arrivò dritto alle narici.
Sapeva cosa fare.

«André» disse, voltando il capo dietro di sé. «Non useremo la pece.»
«Come, Oscar? Ascolta…»
Sollevò una mano per interromperlo, e lo guardò severa, come faceva quando era ancora il suo attendente. Per un momento, un breve momento, si sentì di nuovo sicura.
«Useremo il fango.»

 

Note dell’autrice:
Arrivo in ritardo, anche peggio del ritardo, ma come vi ho detto prima ho avuto dei motivi. Io spero, anzi prego, come André, di non far passare più tanto tempo per un aggiornamento. Perché prima di prendere in mano questa storia mi sento quasi spaventata, temo di rovinarla, di non essere all’altezza, ma quando comincio a scrivere tutto passa e vorrei solo continuare e continuare, facendola durare all’infinito.
Spero che mi perdonerete e che mi farete sapere cosa pensate del capitolo.
Tengo a questa storia, ma forse dirlo è scontato: se non ci tenessi non la scriverei.
Come sempre, potete trovarmi nel link che lascio nella firma, come ha fatto Katia, sempre pronta e disponibile per invogliarmi a continuare quest’avventura. Insieme!

Celtica

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


Catene 6

Un anno.
Un anno fa ho iniziato questa storia.
L’ho interrotta, messa da parte, lasciata in pausa.
Avevo paura. Sì, avevo paura.
Non so di cosa, non so perché. Ma mi dispiace.
E non so nemmeno cosa dire, a ripresentarmi qui, così, dopo tanto tempo.
Solo: scusate.



n

 

PRIMA PARTE

 

 

C

apitolo VI

 

A Katia

 

Fango.
Camminavano sopra il fango, ne erano circondati. Intorno a loro la terra era umida e scura.
Perché non era stato lui a pensarci?

“André, non useremo la pece”, aveva appena detto lei, voltandosi e interrompendolo con una mano sollevata. “Useremo il fango.”
Spostò lo sguardo sui suoi capelli – oro liquido che brillava al sole – e rivide Oscar marciare davanti a lui, alla testa dei suoi uomini.

Le mancava? Versailles, il comando, casa, erano dentro di lei, almeno quanto erano dentro André?

Lui li sentiva scoppiare dentro. Sentiva i borbottii dei nobili, i pettegolezzi delle signore. Gli scherzi e le risa dei suoi compagni, la presenza – mancanza di sua nonna.
Non l’avrebbe più rivista.
Né lei, né Alain, né la Corte. Non avrebbe saputo quando stava male, non avrebbe udito la sua voce invocare il suo nome – supplicarlo, maledirlo – né le sarebbe stato vicino nei suoi ultimi giorni.
Era finita.

«André?»

Era ancora voltato verso di lei, e gli occhi corsero a cercare i boccoli biondi che scendevano sul petto.
Qualcuno avrebbe colto l’inganno? L’avrebbero riconosciuta?

«Sì, Oscar?»

«Non hai detto una parola.»

Lui annuì. «Scusami. Sì, penso che il fango andrà bene.»
Non ne era sicuro, ma l’unica scelta era provare. Camminò al suo fianco, finché non la vide piegarsi su se stessa. La imitò, riempiendosi le mani di terra umida.
Sembrò dirgli “solo un tentativo”, e anche lui la pensava così.

Prima di procurarsi gli abiti, era meglio essere sicuri che potesse funzionare.
Oscar strinse i capelli alle radici, passò le dita sporche tra le ciocche, ma non era sufficiente.
Non poteva esserlo.
Serviva lui.

André le fu vicino in un attimo, ma non sollevò le mani, non prese a toccarla, a inzupparle i capelli di fango. Attese qualcosa – qualsiasi cosa – un cenno, uno sguardo, un segno che dicesse “, puoi farlo”.
Avrebbe voluto che fosse Oscar a chiederglielo.
Riconobbe l’esitazione sul suo viso, come se volesse, senza avere il coraggio di parlare.
Vide le mani di lei fermarsi, riprendere la discesa lentamente – troppo lentamente – come se fosse stata incerta dei suoi gesti.
D’istinto, André le afferrò le dita e se le portò sul petto.

«Faccio io, Oscar.»

Lei annuì senza protestare. «Va bene, André.»
Con altro fango tra le mani, lasciò scorrere le ciocche tra le dita, la vide chiudere gli occhi, lasciarsi macchiare il viso, tremare appena. Quando schiuse le labbra, provò l’impulso di baciarla.

Hai promesso, ricorda.

Aveva cambiato odore. La terra era in lei, e le stava benissimo.
André deglutì più volte mentre seguiva i boccoli ribelli lungo il suo petto, sulla sua schiena, stringendoli forte per poi lasciarli andare.
Era un po’ la stessa cosa successa con Oscar. Averla accanto per tutta la vita, amarla, stringerla contro la sua volontà per poi lasciarla andare.
Una storia già vista.

Le cose cambieranno, pensò. Saremo lontani da Parigi, dove non ci cercherà nessuno.
Vivremo insieme, solo io e lei. Soli agli occhi del mondo.
E forse, allora, le cose cambieranno.

La sua vita, ora, dipendeva da quel forse.

«André.»
«Sì, Oscar?»
«Pensi che riusciranno a trovarmi?»

Le mani si bloccarono all’altezza delle spalle. Respirò a fondo – per l’agitazione, per la fuga, per lei – e le toccò un braccio, sporcandole la divisa.
«Non glielo permetteremo.»

«Se dovessero prenderti… Sei ancora in tempo, André. Puoi ancora tornare indietro.»

No, il Generale sapeva, il Generale non l’avrebbe mai perdonato.
André se lo immaginava con la spada sulle ginocchia, in attesa del loro ritorno. Le finestre che davano sul cortile davanti agli occhi, e il desiderio – assurdo, disperato – di rivederla.
Di rivederli.

«Ti ho portato io qui, Oscar. Non ti lascerò andare.» Non di nuovo, non con il Generale pronto a ucciderti.

Un sospiro, la mano di lei sulla sua.
«Grazie, André.»

 

Nel cortile di Versailles, si lasciò aiutare da un servitore a salire in sella.
Piegò il ginocchio, afferrò redini e agnellino e montò a cavallo. Aveva solo due uomini con sé, per poter viaggiare in fretta e non attirare l’attenzione.
Fu certo che lei fosse lì, da qualche parte, a guardarlo partire.

Fece un cenno agli altri, affondò i talloni nei fianchi del suo animale grigio e aspettò che il cancello dorato venisse aperto.
«Da dove cominciamo?» chiese una delle guardie, affiancandolo.
Uscirono dalla cittadina, e lui indicò lontano, un punto appena definito a est di Parigi.

«Vincennes.»

«C’è il castello, là. Non è dove è stato rinchiuso De Sade?»
«Quel…» Lui si trattenne dal commentare.
Non provava nessuna forma di rispetto per il Marchese. Nessuna. E forse, se fosse stato al posto del Re, non avrebbe firmato una lettre de cachet per rinchiuderlo.
Forse, al suo posto, dopo ciò che aveva subito qualcuno a lui caro, avrebbe preferito l’esilio.

«Ora è alla Bastiglia» continuò la guardia, incitando il cavallo al trotto.
Che ci rimanga.

 

Gli chiese di non partire.
Restò appoggiata al tronco di un albero con i capelli pieni di fango, a guardarlo andar via.
«Mi sto fidando di te, Oscar» disse, legando il cavallo bianco dietro al suo. «Non deludermi.»
«Non mi sembra» ribatté lei. André sentì i suoi occhi addosso. «Ti porti via il mio cavallo. Dove potrei andare, Andrè?»

Spero da nessuna parte.

Non lo disse, ma pregò intensamente che lei restasse esattamente dov’era.
Fece un cenno per salutarla e montò in sella. Percorse un tratto di bosco, trovò un sentiero e lo seguì. Dovevano esserci delle case vicino: il terreno e gli alberi erano puliti, senza rovi, brughi, tele o rami troppo bassi, come se ci passasse abitualmente qualcuno.
Gli zoccoli dei cavalli affondarono nella terra morbida, lasciando un segno del loro passaggio.

Oscar potrebbe seguirmi.

Ma non lo avrebbe fatto. No, André le aveva chiesto di aspettarlo. Perché non avrebbe dovuto ascoltarlo?
Proseguì ancora e ancora, finché, tra le fronde, non riconobbe un gruppo di case.
Tornò indietro, legò gli animali per nasconderli e restò acquattato a osservare le abitazioni.

Non c’era nessuno.

Si avvicinò cauto, puntando gli occhi su due ramoscelli usati a mo’ di stendino. André avanzò con la schiena piegata, guardandosi furtivamente intorno. Gli abiti stesi, a dieci passi da lui, gli sembrarono lontanissimi.

Una risata. Lui che, senza guardare, strappava la biancheria più vicina, stringendola sotto l’ascella.
Due bambini che si rincorrevano, piccoli, sporchi, coperti con vestiti logori. Sparirono nei campi vicini.
André pensò a Oscar e deglutì. Vide un masso piatto sul retro di una casa e lo raggiunse, lasciando cadere tutte le monete che aveva in tasca.

Meglio a voi che a me.

 

«Generale Jarjayes.»
Il Colonnello D’Arcois pronunciò quel nome con la massima serietà. Era uscito dal palazzo e tornato in fretta. Forse troppo in fretta.

Oscar, figlio mio, non sai in che posizione mi stai mettendo.

«Accomodatevi, Colonnello.»

Un secondo uomo entrò dietro D’Arcois, alto, magro, dal volto lungo e sottile. Spostò gli occhi alla volta decorata, fermandosi a osservare la statua dell’aquila.
Il Generale seguì il suo sguardo, finché D’Arcois non mosse i piedi con un moto di nervosismo.

«Generale, lasciate che vi presenti Philippe Barthélemy, l’uomo che potrebbe… risolvere il vostro piccolo problema.»

«Benvenuto, signore. Il vostro titolo e il vostro grado?»
Gli occhi dell’uomo guizzarono su di lui. «Non sono importanti ora…»
Il Generale si risentì, ma rimase in silenzio.
«Raccontate anche a lui ciò che avete detto a me, Generale» lo invitò D’Arcois.

Ma lui non era più così sicuro di volerlo fare… quello sguardo da faina, quel sorriso famelico, non promettevano niente di buono.

«Mio figlio Oscar, lui…»
«Lo conosco» lo interruppe Philippe, con un gesto secco della mano. «Non conosce me, ma io conosco vostra figlia, Generale. Grande è la sua fama… così vicina alla Regina, agli intrighi di Corte, e d’improvviso così lontana. Cosa posso fare per voi?»

Il Generale gli diede le spalle, piegò un braccio dietro la schiena e prese a guardare la finestra.
«Mio figlio» disse, marcando bene la parola “figlio”. «Si è macchiato di tradimento. Mi ha disobbedito. E nonostante il perdono del Re, nonostante la promessa di tornare, è scomparso.»
Quando si voltò, anche nello sguardo di D’Arcois riconobbe una strana luce. Come se non aspettasse altro che sentirlo continuare…

«Ora, se anche tornasse, tutti saprebbero di quali colpe si è macchiato» Fece una pausa, socchiuse gli occhi e si sforzò di continuare. «La vergogna sul nome della nostra famiglia è un’onta che non possiamo permetterci, signore.»
Philippe si leccò le labbra, facendo un passo avanti. Parlò più lentamente di prima. «Cosa volete che faccia esattamente?»

Dire o non dire?
Era l’ultima possibilità per tornare indietro.
Ne era davvero convinto?
Parlò senza riflettere, in modo meccanico. Ripetendo ciò che D’Arcois aveva già sentito.

«Voglio che mettiate fine al disonore.»

 

 

La trovò sdraiata all’ombra di un albero, proprio dove l’aveva lasciata.
Sembrava essersi assopita, ma quando André spezzò un ramoscello sotto i piedi, avvicinandosi, Oscar aprì di colpo gli occhi.
Passò dal suo viso alla stoffa appallottolata che teneva sotto il braccio. Strinse le palpebre, come se si rifiutasse di vedere, e rimase a terra, le mani dietro la testa, a guardare il cielo.

«Tieni, Oscar.»

Le lanciò alcuni abiti senza nemmeno guardarli.
Tra le mani una casacca grigia con un tricolore, una camicia logora e dei pantaloni larghi. André si guardò intorno per cercare un po’ di intimità – o di lasciarla a lei… - quando la sentì alzarsi in piedi.

«André!»
Non si voltò in tempo, trovandosi con il capo coperto dai vestiti che aveva rubato.

«Mettili tu se ci tieni tanto.»

Quando liberò il viso, vide cosa stava stringendo tra le mani.
Abiti da donna.
Sorrise. Era chiara la sua reazione, era giustificata. Non c’era nulla da temere. Non stava fuggendo, non lo stava lasciando.
«C’erano dei bambini» disse André, guardando gli abiti che gli restavano tra le mani. «Ho preso senza guardare.»

«Non vestirò da donna.»

Lui annuì, lasciando cadere la gonna lunga. Aveva preso alla rinfusa, ma c’erano diversi capi appesi fuori dalle case. Era certo di aver visto altri abiti maschili, nascosto dietro le fronde.
Lasciò cadere un corpetto, poi le lanciò una redingote e un paio di pantaloni grigi. Allungò nella direzione di Oscar anche un bavero rosso, ma lei non lo prese.

«Indossa almeno questo» insisté André, dandole un berretto. «Per nascondere i capelli.»

Si allontanò per cambiarsi, indossando pantaloni, camicia lunga, casacca – e larga, troppo larga, tanto che dovette legarla in vita – e al collo il bavero rosso.
Come Alain. Da rivoluzionario.
Pensare a ciò che avevano perso faceva male. Non lo avrebbe più rivisto, né lui né nessun altro.
Sistemò la stoffa larga sopra agli stivali, in modo che fossero poco riconoscibili.

«Posso venire, Oscar?»

«Sì, André. Vieni pure.»

Non sembrava un contadino. Non sembrava nemmeno un uomo.
Prese gli abiti rimanenti e si fermò accanto a un salice. Scavò in fretta – la terra sotto le unghie era un particolare fondamentale per il suo travestimento – avvolse gli abiti e le divise nella gonna bianca e li schiacciò in quella specie di buca.
Non era profonda, qualche animale avrebbe potuto trovarli, ma André li coprì senza preoccuparsene.

«In caso di bisogno?» chiese Oscar, aiutandolo a buttare terra sopra il fagotto.
«Sì. Se dovesse succedere qualcosa potrebbero sempre tornarci utili. E in questo modo nasconderemo le casacche.»
Lei fece cenno di sì con la testa. «Hai fatto bene, André.»

Era ora di dirglielo.
Non voleva metterla in pericolo, e Vincennes era vicina. Guardie, il castello, la gente. Tutto poteva mettersi contro di loro.

«Ascoltami, Oscar.»

Fece un passo verso di lei, pulendosi le mani sui pantaloni. Guardò i capelli infangati, legati in una coda bassa sotto il berretto, e poi il suo viso.
Avrebbe capito? O si sarebbe rifiutata di lasciarlo andare? Di nuovo?

«A Vincennes potrebbe mettersi male. Voglio dare uno sguardo al paese prima di entrare.»

Lei annuì. «Andiamo.»
«No» Sollevò una mano per fermarla. «Tu resti qui, Oscar. Solo uno sguardo veloce, e sarò subito di ritorno. Nemmeno ti accorgerai che mi sono allontanato.»

Oscar scosse la testa, ma non disse niente. Era inutile discutere ormai.
André si allontanò lasciandosi lei e i cavalli alle spalle.

Seguì le tracce lasciate dagli zoccoli e ritrovò le case; le aggirò, trovò una strada e la percorse seguendola dal bosco. Non c’era nessuno, ma più si avvicinava a Vincennes, più i rumori della vita si facevano forti.
Mercato, lavoro, castello.
Suoni che lo attiravano e spaventavano al tempo stesso.

Quando si trovò sotto le mura, decise di aggirarle, di cercare un punto da cui guardare all’interno. Ma era difficile… era in alto, André ricordava di averlo visto da Versailles.
Grattò la pelle sotto al bavero, sentendo il collo irritato, e si inginocchiò per spiare il ponte sul fossato intorno al castello.
Aspettò, senza sapere nemmeno lui che cosa.

Era sicuro per Oscar?
Sarebbe stato sicuro per loro, all’interno? Avrebbero dovuto lavorare, rubare, o fare cosa?
Di cosa avrebbero vissuto?
Gli bastò ricordare le parole del Generale per convincersi che era la scelta giusta. In ogni caso, il primo passo lontano da Parigi, lontano dalla fine di Oscar.

Poi sentì qualcosa pungergli la testa, scivolare sul collo e fermarsi.

«In piedi.»

Un calcio alle gambe, André si rovesciò su un fianco, poi sollevò le mani.
Uno, due, tre. Tre guardie, tre fucili puntati alla testa.
Ci hanno già trovati?

«Alzati, disgraziato!»
Un uomo lo afferrò per il gomito, issandolo in piedi. Cosa avrebbe dovuto dire? Quale parola avrebbe potuto salvarlo? Tenere Oscar al sicuro…

«Finalmente ti abbiamo preso.»

«Come mi avete trovato?» borbottò André, mentre gli legavano le mani.
E Oscar? Avete preso anche lei? Dov’è?

«Una donna ti ha visto uscire da Vincennes questa mattina» spiegò una guardia. Poi gli strappò il bavero rosso. «Eravamo diretti alle case dei contadini quando ti abbiamo visto aggirarti qui intorno.»

Uscire da Vincennes? André incespicò sul sentiero mentre lo spingevano avanti. Non sono io, pensò. Avete preso l’uomo sbagliato.
Non lo disse.
Parlare avrebbe compromesso Oscar, avrebbe attirato l’attenzione su di lui.

«Perché gli parli?» chiese un’altra guardia, premendo il calcio del fucile sulla sua schiena.
«Non si sprecano parole con un morto.»

 

Note dell’autrice:

Vorrei dimostrare quanto sia felice di essere di nuovo qui. Ed è così, giuro, scrivere di André e Oscar, tornare a Catene è stato bello, molto. Ma dirlo, o fare chiacchiere inutili, mi sembra una presa in giro.
Perché sono sparita.
Perché sono tornata.
Posso citare Harry Potter? “Silente sapeva che me ne sarei andato.”
“Silente sapeva che saresti voluto tornare.”
Vale lo stesso per me (e nel mio caso Silente porta il nome di Katia). Scusate ancora.
Celtica

 P.S.: non tiratemi pomodori! Solo verdura di stagione…

 


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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Catene cap 7
n


 

 

PRIMA PARTE

 

C

ap. VII

 

 

Era quasi buio.
Un passo dopo l’altro, Oscar seguì il sentiero percorso da André. Aggirò le case dei contadini, raggiunse la strada, riconobbe le mura di Vincennes. Che fosse entrato senza di lei?
Che qualcuno li avesse trovati?

No, si disse. O ci sarebbero guardie nel bosco, pronte a cercarmi.
Ci sarebbe qualche Colonnello… come sono stata io, pronto a ispezionare la zona palmo a palmo.

Guardò in alto, vide uccelli alzarsi in volo, sentì la calura estiva bagnarle la fronte. O era solo preoccupazione?
Era solo per André, perché non era tornato, perché poteva essere stato catturato.

O forse ha capito tutto… Forse ha preferito lasciarmi.

Chiuse la mano a pugno, raggiunse l’ombra cupa di un albero e si abbandonò contro il tronco nodoso.
Non sapeva dove fosse, non sapeva cosa fosse accaduto. Doveva entrare a Vincennes per scoprirlo?
Con il buio, per essere scambiata per un criminale? Di certo essere catturata non avrebbe aiutato André.
Oscar ripercorse la strada all’inverso, per tornare dai cavalli. Fu quando si trovò sul sentiero che ci pensò. Gli abiti che indossava… Strinse un lembo tra le dita, voltò il capo di scatto e prese a fissare le case dei contadini.

Forse era con loro.

Forse loro sapevano che fine avesse fatto.
Ma presentarsi con i loro abiti sarebbe stato saggio? No, per niente.
Avrebbero potuto sopraffarla, aspettare il giorno e chiamare le guardie. Farla arrestare.
Oscar prese a correre. Raggiunse il punto in cui aveva legato gli animali, il punto dove la terra smossa indicava divise e abiti sepolti.

Prese a scavare.
Non era un compito che il Generale Jarjayes avrebbe approvato.

Dopo il sole del pomeriggio le zolle si erano indurite e asciugate, e arrivare alla gonna bianca non fu semplice. Ma quando la raggiunse, quando la riconobbe al tatto, Oscar fece un lungo sospiro e si sentì più vicina a André.
Prese la divisa, la indossò, spinse il sacco a fondo nella buca e cercò di ricoprirlo.

Cosa avrebbero detto? Sarebbero stati d’aiuto?
Non lo sapeva, ma non aveva altra scelta se non andare da loro.

Lanciò solo un’ultima occhiata ai cavalli prima di allontanarsi. Tornò sul sentiero, raggiunse le case dei contadini, allungò il collo per guardare una donna seduta su una roccia, intenta a pulire della verdura. Una bambina la stava aiutando.

Oscar fece un passo avanti, pronta a chiamarla.
Sentì un fruscio alle sue spalle, l’istinto la fece voltare di scatto, ma inutilmente. Il bastone si abbatté su di lei, mandandola a terra. E poi fu subito notte.

 

All’interno della sua cella, con gli altri prigionieri, André prese a fissare la luce che arrivava dalla finestrella in alto, segnata da sbarre larghe quanto il pugno di un uomo.
Aveva trascorso la notte sdraiato sul pavimento, ignorando gli altri, pensando a un modo per fuggire.

«Non c’è» mormorò un ragazzo, seduto a gambe incrociate accanto a lui.

«Che cosa?»

«Un modo per uscire da qui» disse, poi indicò la finestrella. «Se non la forca.»

André si portò una mano al collo, torcendolo appena.
Non era certo ciò che voleva. Non poteva servire a Oscar, non poteva salvarla. Ma lui doveva andarsene, doveva ritrovarla, doveva vivere con lei il resto dei suoi giorni.
Cos’avrebbe detto non vedendolo tornare? Cos’avrebbe fatto?
Ebbe una fugace visione di lei in sella al suo cavallo bianco… pronta a tornare di corsa dal padre.

«Soprattutto» continuò l’altro. «Non c’è per uno appena arrivato
Gli strizzò l’occhio, e André si tirò su a sedere. «Che significa?»

Il ragazzo scrollò le spalle, si guardò in giro, come se una guardia avesse potuto sentirlo.
Sembrava sentirsi spiato.

«Niente» sussurrò. «Niente significa. Ma prega di restare qui, o sarà solo per quella strada che te ne andrai» ripeté, indicando ancora la finestra.

Lui scosse forte il capo. «Devo uscire da qui.»

«Per andare dove? Ho sentito che i posti più sicuri sono sulle montagne… lì non vengono a cercarti.»

André rimase in silenzio, si alzò e raggiunse l’apertura. Ma era troppo in alto per lui.
Tornò a sedere accanto al ragazzo.

«Parlami di queste montagne.»

 

Si era svegliata quasi subito.
Aveva aperto gli occhi, cercato di lottare, colpito l’uomo che la stava trasportando verso il ruscello. E aveva gridato, quando si era ritrovata a cadere nell’acqua, mentre il suo sciabordio sembrava coprire ogni suono intorno a lei.
Un tonfo, il suo corpo premuto contro il fondo, le mani che si dimenavano in cerca d’aria, chiedendola, strappandola al suo assalitore.

André! Avrebbe voluto urlare. André, aiuto!

Ma lui non c’era; non c’era nessuno che potesse salvarla, nessuno che potesse aiutarla respirare.
E poi, quando le unghie incontrarono la pelle, per poi abbattersi sulle pietre sotto di lei, sembrò tutto finito. Per poi ricominciare.
Oscar sollevò la testa, si ritrovò fradicia e tremante, in ginocchio tra l’erba e la riva. Tossì, tossì forte, inspirò più aria che poté, cercando di riprendere fiato.
L’uomo la afferrò per la collottola e la trascinò verso le case.

«Ci sono i miei figli» disse, in un ringhio rabbioso. «Ma dovrei ammazzarti.»

Oscar sollevò appena la mano, con gli occhi offuscati la vide sporca di sangue. Il suo sangue.
Cosa dirà André?

«Sta zitto» riprese l’uomo. «Come mai sei solo? Gli altri sono qui intorno? Mi aspettano? Come mi avete trovato?»

Cominciò a mettere a fuoco solo in quel momento. In tutti i sensi.
La divisa. Era stata lei a tradirla. Chiunque fosse, il suo assalitore doveva aver commesso qualche crimine, forse era un ricercato, forse le guardie erano lì intorno, pronte a catturarlo…
E con lui, Oscar.

«Parla!»

Lui la strattonò, la spinse a terra, la riprese. Pensa in fretta.
Dire la verità avrebbe aiutato? Le avrebbe salvato la vita? Forse André è qui… E se lui l’avesse venduta? Se l’uomo fosse stato pronto a chiamare le guardie, sapendo di essere salvo?

«Se non rispondi subito ti ammazzo.»

Aveva il viso appiccicato al suo, gocce di saliva sulla pelle, il suo odore pungente nel naso.
Chiuse forte gli occhi, pensò a André. Al compito che entrambi avevano svolto fino a qualche giorno prima.

«Sì» fu la sua risposta.

«Sì, cosa?» sibilò. Le afferrò i capelli, le torse il collo di lato, le ringhiò addosso. «Cos’è questa roba?»
Fango, pensò Oscar. Fango secco.
«Sono caduto» disse. La sua idea non aveva funzionato… Non era un travestimento, non serviva a niente coprirsi i capelli di fango.

«Scherzi?» Quando tirò ancora le ciocche verso il basso, Oscar represse un gemito di dolore. «Sei un bastardo… e stai mentendo.»
Non aveva bisogno di guardarlo per sapere. Sentì le dita stringersi intorno al collo, il suo corpo che cedeva a terra, l’uomo che sedeva a cavalcioni su di lei.

«No» disse, cercando di ribellarsi. Ma il suo viso era troppo lontano, le sue braccia troppo possenti, e lei così debole… «Uomini!» gridò, ultimo tentativo di salvezza.

Lentamente, dolcemente, lui allentò la presa intorno alla sua gola. Oscar sentì pollice e indice raggiungerle il mento, stringerlo come in una morsa.
Dove sei, André?

«Ci sono i miei uomini qui intorno» Cercò di riprendere fiato. «Hanno l’ordine di attaccare se non mi vedono tornare.»
Sentì l’osso schiacciato sotto quelle dita d’acciaio, pensò che fosse sbriciolato, perso, distrutto, e che presto tutto il suo corpo lo avrebbe seguito.

«Se è vero, perché sei solo? Voi bastardi girate sempre in branco.»

«Se mi uccidi…» riprese Oscar, cercando la forza di continuare. «Verranno qui, e stermineranno tutti. Tutta la tua famiglia, persino i tuoi figli…»
Pensò che l’avrebbe colpita. Che le avrebbe fatto sputare i denti a furia di pugni. Invece si tirò indietro, sgranando gli occhi.

«I soldati non fanno queste cose.»

«Non hai sentito di Parigi?» tentò ancora. «Nobili e clero fanno ciò che vogliono. Hanno tentato di escludere il terzo Stato… lo stanno opprimendo. Chi pensi si accorgerà di una famiglia di contadini?»

«L’abate Sieyès ha detto che il terzo Stato è tutto…»

«Non per la nobiltà, non per il clero» lo interruppe. Si piegò sulle ginocchia. «Non siamo qui per te, qualunque cosa tu abbia fatto. Non siamo qui per prenderti. Stiamo cercando un uomo.»

«Quale uomo?»

Sembrava un bambino. Sporco, rozzo, diffidente, ma pur sempre un bambino.
Oscar non ricordava di aver mai mentito prima. No, non lo aveva mai fatto, se non con se stessa, se non con i sentimenti che nutriva per André…
Eppure, ora, la sua prima menzogna le aveva salvato la vita.

«Vestito come un contadino, alto, moro… con un bavero rosso al…»

«Un bavero rosso?» Si piegò per guardarla negli occhi. «Qualcuno ci ha derubati oggi. Anche di un bavero rosso… e di abiti da contadino.»

Oscar strinse le palpebre, pregò che non lo avessero preso. Che non lo avessero punito.
No, André non è qui. Non può essere qui…

«Perché non lo avete denunciato alle guardie?»

Un sorriso. La risposta chiara scritta in viso.
Quell’uomo non avrebbe mai cercato le guardie. Aveva fatto qualcosa, e qualunque cosa fosse, ora nei guai. Oscar pensò che, vagamente – molto vagamente – qualcuno avrebbe potuto scambiarlo per André.

Deglutì prima di parlare. «Lo avete preso?»

Di nuovo, l’uomo le arrivò a un palmo dal viso, le labbra stirate in un sorriso rabbioso.
Sembrava non aspettare altro.

«Non ancora.»

Non ancora. Non ancora. André non era lì.

«Ma» continuò lui, strappando l’erba sotto di sé. «Se indossa quegli abiti, se si è avvicinato a Vincennes, potrebbero averlo catturato.»
“Al posto mio” erano tre parole sottintese, che Oscar cercò di leggergli negli occhi.

«Perché?» chiese. Cosa hai fatto?
L’uomo scrollò le spalle. «È meglio se te ne vai, prima che cambi idea e decida di non crederti.»

Oscar non se lo fece ripetere.
Prese a camminare verso il bosco, sentendo il suo sguardo sulla schiena. Poi si fermò, parlando senza voltarsi.

«Ha lasciato delle monete» disse, a voce alta, stringendo forte i pugni. «L’uomo che cerco. Ha lasciato delle monete.»

Quando si voltò, riconobbe un’espressione più composta, come se un briciolo di umanità fosse tornata in lui.
Lo vide annuire, e sparì nel fitto degli alberi.

 

Li sentì borbottare.
A occhi chiusi, con la mente rivolta a una donna che, forse, non avrebbe più rivisto.
Scostò il braccio da sotto la testa, si grattò il naso e rimase in ascolto. Poi riconobbe quella parola, quella che poteva cambiare tutto. Sorte, mondo, vita e morte.

«… Fuga…»

Si drizzò a sedere e cercò di mettere a fuoco le figure che confabulavano in un angolo, accanto al catino.
Strinse la mano intorno al ginocchio, abbassò il capo e cercò di ascoltare la conversazione. Ma parlavano fitto fitto, e non riuscì a capire altro se non guardie.
A carponi, cercò di avvicinarsi.

Finché una mano non si posò sulla sua spalla. Era il ragazzo con cui aveva parlato ore prima.
Lo vide scuotere il capo, fargli segno di rimettersi giù.

Ma troppo tardi.
André si sentì prendere per le spalle, rivoltare come un calzino.

«Sei tu la spia?»

Una domanda, una voce che non conosceva, uomini che avevano diviso la cella con lui, e che ora sorridevano.
Spia di chi? Avrebbe voluto chiedere.

«Dev’essere lui» intervenne un altro.
Il primo pugno gli strappò il respiro. Al secondo, André reagì colpendo a sua volta. Ma erano tanti, troppi… e colpivano forte, incassando botte meglio di lui.

«Lasciatelo!» gridò il ragazzo. «Non è lui! Non può essere lui! È appena arrivato, è nuovo! Non c’entra niente!»

Udì quelle parole sdraiato sul pavimento lurido della cella, guancia a guancia con la pietra lercia sotto di lui. Gli occhi chiusi, il fetore degli uomini, il sapore del sangue…
Lo avevano colpito, come il giorno in cui aveva creduto che Oscar si sarebbe sposata.
E ora, come allora, si ritrovò a piangere a terra, mentre le voci intorno a lui sembravano sfocare come una nebbia. Si allontanavano… o forse era lui ad allontanarsi?

Sentì il sale delle lacrime scivolare sul volto tumefatto, fino alle labbra spaccate. Bruciavano come fuoco, ma a fargli male, a fargli male davvero, era il pensiero di Oscar, di ciò che aveva o avrebbe fatto, non vedendolo tornare.

Ti prego, Oscar… invocò dentro di sé. Non tornare dal Generale, non tornare da lui.

Note dell’autrice:

E siamo di nuovo in ritardo! Mi dispiace, sono stata male e non sono riuscita ad aggiornare.
In ogni caso, se entro una settimana non riuscissi a essere puntuale, aspettatemi. Che siano dieci giorni, quindici al massimo, io ci sarò.
Grazie, come sempre, a Katia, che sopporta i miei vaneggiamenti! E a Soni, a Rita, a Fabio.
E grazie a chi legge, segue, commenta o preferisce! Vi lascio il link a una storia di genere storico che ho pubblicato poco tempo fa: Alba Cosacca. Leggetela, se volete!
A presto!
Celtica

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