L'errore del silenzio

di Sherly82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'occasione persa ***
Capitolo 2: *** In ospedale ***



Capitolo 1
*** L'occasione persa ***


Londra era grigia, caotica ed energica.

E la amava per questo. Percorrerla per le sue strade e viverla, lo faceva sentire bene.

Per questo decise di camminare quel pomeriggio, invece di prendere il taxi.

Il Bart’s era di fronte a lui, come in attesa del suo arrivo. 

Un edificio che sonnecchiava ai suoi occhi, mentre riprendeva a vivere al suo ingresso.

Stava pensando al caso offerto e accettato da Lestrade. 

Teoricamente semplice ma dannatamente complicato per un particolare: capire la morte del signor Lavir.
Per questo si stava dirigendo all’ospedale, dove l’attendeva Molly Hooper.

Distratto dai suoi pensieri sul caso, non fece caso alla porta aperta alla sua destra e alle due persone che stavano uscendo dalla caffetteria.

Si scontrò con un uomo, spalla a spalla.

Nemmeno lui si era accorto di Sherlock, poichè uscendo aveva lo sguardo rivolto all’interno del locale.

“Mi scusi!”

Appena scontratosi, l’uomo si affrettò a scusarsi, imbarazzato.

“Non si preoccupi” rispose in tono freddo Sherlock, infastidito per l’inconveniente.

Stava per continuare in direzione dell’ospedale quando con la coda dell’occhio riconobbe un volto familiare, accanto all’uomo.

Si fermò e voltandosi in direzione dei due, esclamò: “Molly?”

L’espressione quasi mortificata di Molly, lasciava intuire chiaramente che non si aspettava di essere vista da Sherlock Holmes.

“Lo conosci?” l’uomo accanto a lei, che le teneva un braccio (particolare che non era sfuggito al consulente investigativo) si era messo sulla difensiva.

Le guance di Molly erano già diventate rosse e cercava di nascondere il suo stato d’animo.

“Lui è Sherlock Holmes, il consulente investigativo.”

“Oh piacere! Ho sentito parlare di lei” l’uomo sorrise allungando la mano.


Gli occhi di ghiaccio di Sherlock stavano già analizzando lo sconosciuto di fronte.

37/38 anni, un lavoro all’aperto data l’abbronzatura omogenea della pelle. Sportivo, probabilmente laureato. Quasi certamente un cavallerizzo, per via dei peli di cavallo sui pantaloni e quel lieve odore di stalla, mascherato da un profumo da uomo di ottima marca, e l’abbigliamento elegante ma pratico per chi deve cavalcare. Probabilmente un insegnante.


“Lei è?” domandò Sherlock, rispondendo alla stretta di mano. Una forte stretta di mano.


“Che stupido, non mi sono presentato. Io sono James”


Il sorriso compiaciuto di Molly non era sfuggito a Sherlock, nonostante non la guardasse direttamente.


“Bene. Stavo venendo al Bart’s per un’indagine. Credevo ne fossi al corrente Molly”, disse continuando a guardare l’uomo.

Un leggero residuo di rossetto, era rimasto sulla sua guancia.
Lo stesso colore del rossetto di Molly.


“Era in pausa. L’ho portata a bere un buon the. Questa ragazza lavora troppo, non crede?”

James non diede tempo a Molly di rispondere, ma le sorrise dolcemente subito dopo.


“Ma ho finito la pausa e stavo per tornare…” la voce imbarazzata di lei era acuta.


Il suo accompagnatore le diede un bacio sulla guancia,molto vicino alle labbra, lasciando intuire che tra i due c’era almeno un livello di intimità che andava oltre la semplice simpatia.

Inconsapevolmente Sherlock aveva socchiuso gli occhi e stretto le mani a pugno, in tasca.


Di nuovo le sue guance divennero rosse. Sorrise a James e lo salutò.


“Arrivederci signor Holmes. Auguri per il suo caso”. Quell’uomo si era comportato come se fosse in pericolo la sua posizione con Molly e Sherlock se n’era reso conto perfettamente.


Senza dire nulla, il consulente investigativo si girò e si avviò verso l’ospedale, da solo.


Un’ammutolita Molly, dopo qualche secondo, lo seguì.


Il suo camice bianco svolazzava mentre entrava quasi di corsa nel suo laboratorio.

Sherlock era già chinò sui resti del signor Lavir.

Tutto ciò che restava di lui erano ossa e qualche pezzo di vestiti, rimasti attaccati, dopo che era apparentemente morto carbonizzato.


“Ho...ho iniziato ad analizzare qualche tessuto, dovrei avere i primi risultati sul computer tra qualche minuto…”l’incertezza nella voce di Molly era dovuta all’aver visto Sherlock guardare in modo glaciale James.


Sherlock non rispose, ma continuò a osservare il corpo.


Stette in attesa, poi intuendo che non avrebbe avuto da lui neanche uno sguardo, si allontanò, andando a sedersi al computer.


La sentì allontanarsi, i passi leggeri ma sicuri, il rumore del camice...non riusciva a parlare.

Aveva il colore del rossetto di Molly davanti agli occhi e non riusciva a concentrarsi.

Aveva dato un bacio sulla guancia a quel James.


Preso dai casi che aveva brillantemente risolto nei giorni precedenti, non aveva dato attenzione a Molly. 

O perlomeno, non si era accorto che stesse frequentando qualcuno.

Era positivo per lei, in fondo.

Conoscendo i suoi fallimenti sentimentali forse non era molto positivo in realtà, ma c’era qualcosa che non andava e Sherlock non riusciva a capire cosa continuasse a infastidirlo.


Prese tutti i pensieri che lo stavano distraendo e li mise in un cassetto del suo palazzo mentale.


Lasciò uscire un respiro profondo e si concentrò sul cadavere.

Era stato trovato in un bosco, e nonostante fosse completamente, o quasi, carbonizzato, attorno non c’erano evidenti tracce di un incendio. La polizia aveva supposto che il corpo fosse stato portato li successivamente, ma Sherlock lo aveva escluso categoricamente. Nelle sue condizioni, il corpo si sarebbe sicuramente scomposto, riportando danni, come pezzi di corpo staccati.

Invece era, per quel che restava, integro.

Quindi aveva dedotto che quell’uomo fosse morto esattamente in quel punto, bruciato vivo, ma non sapeva da cosa.

Aveva bisogno di analizzare i tessuti, le fibre, nella speranza di trovare risposte alle domande che lo incalzavano senza sosta.

Si allontanò dal corpo, per andare ad microscopio. Aveva posizionato i vetrini e iniziato ad osservare il materiale prelevato, quando fu interrotto.
La domanda lo turbò.


“Non hai niente da dire su James? Di solito ti dai da fare per distruggere ogni mio tentativo di relazione con un uomo” una appena sorridente Molly lo guardava stranita.


Stette qualche secondo a riflettere, fingendo di essere più interessato al lavoro che alla domanda postagli.


“Non mi sembra che abbia tentato di boicottare la tua relazione con Tom, ai tempi” rispose, senza alzare lo sguardo.


“Vero. E’ che sono abituata alle tue frasi taglienti e cominciavo a preoccuparmi. Forse sei semplicemente...cambiato. Bhe, allora ti ringrazio.”


In realtà Sherlock avrebbe voluto dirle che James non lo convinceva, non gli piaceva, che non capiva perchè avesse scelto un uomo scialbo come lui, che quasi preferiva Tom….ma non erano discorsi che avrebbe mai intrapreso. Soprattutto con Molly.

Tornò a concentrarsi sul suo lavoro, allontanando quella sensazione di fastidio che aveva provato nel ricordare loro due fuori da quel bar.


Dopo un’ora non era ancora riuscito a trovare nulla di interessante dal materiale analizzato al microscopio, e questo aumentava il mistero sulla morte del signor Lavir, e il suo fastidio sul non risolvere il caso rapidamente.


Guardò l’ora. Erano quasi le 20. Il turno di Molly stava per finire.

“Immagino tu sia affamata. Conosco un posto dove poter mangiare qualcosa…” le disse, mentre lei stava andando a cambiarsi.

Si fermò di colpo, in mezzo alla stanza. 

Si girò verso di lui e con sguardo quasi scioccato, sussurrò: “mi...mi stai invitano a cena Sherlock?”

Lui alzò un sopracciglio e muovendo leggermente la testa, con sguardo confuso rispose: “Bhe, è un modo per ringraziarti, ed entrambi siamo affamati, quindi direi che è la soluzione migliore”


Non riusciva a crederci. Non le aveva rivolto parola tutto il tempo e ora saltava fuori con questo.

Era successo talmente tante volte di lavorare con lui, anche per giorni e giorni, e lui non l’aveva mai invitata a cena prima, in tutti quegli anni.

Bhe, escludendo quel Fish&Chips quando aveva fatto la sua assistente al posto di John.
Una sola volta si era presentato con del cibo per lei. Un sacchetto di patatine, per scusarsi del fatto che l’avrebbe trattenuta oltre il suo orario, facendole saltare il pranzo.

Quanto aveva aspettato quel momento? 

Ormai si era convinta che sarebbe rimasto sempre e solo una sua fantasia.

Certo che Sherlock Holmes aveva un pessimo, pessimo tempismo.

Restò incerta per qualche secondo su cosa fare.

Una parte di lei desiderava quel momento da sempre e gioiva dell’invito. Stava per rispondergli quando il suo telefono suonò.
Lo estrasse dalla tasca e il nome sul display le ricordò con maggiore enfasi, che c’era un’altro uomo che la attendeva per cena: James.

“Mi spiace Sherlock ma io....ho già un impegno per questa sera”, sorrise leggermente, un sorriso amaro, dispiaciuta nel dover rinunciare a quella rara e probabilmente unica occasione della sua vita.

“Capisco” la voce di lui era bassa e con una nota strana, che non riusciva a comprendere.

Le passò accanto e guardandola stranamente aggiunse:”Buona serata Molly Hooper”.



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Quella sensazione di nodo allo stomaco che era giunto stava peggiorando, quando il suo telefono suonò di nuovo.

“Ehi, eccomi. Sto arrivando” un rapido cambio d’abito, spense le luci ed uscì..


Si incamminò a piedi, percorrendo i due isolati che la separavano dal ristorante dove James l’aveva invitata solo poche ore prima, con un messaggio.

Era strano, avrebbero dovuto vedersi solo l’indomani, per un aperitivo. Si stavano conoscendo e si frequentavano da due settimane.

Era un uomo allegro, affascinante e simpatico. Le stava insegnando ad andare a cavallo e lei si scopriva fiduciosa verso quell’uomo che sapeva farla sentire sicura e apprezzata.

Aveva notato la sua insolita reazione davanti a Sherlock, come se fosse intimidito dalla sua presenza, ma non ci aveva più pensato.

Quando entrò nel locale lui la stava aspettando al tavolo, e appena la vide, le fece un cenno con la mano, sorridendole.

“Sono felice che tu abbia accettato il mio invito all’ultimo”, pronunciò la frase mentre la aiutava a togliersi il cappotto e la faceva accomodare sulla sedia, di fronte a lui.

“Mi ha sorpreso in effetti. Pensavo fossi occupato”

“Si lo ero, ma ho preferito liberarmi per passare più tempo con te” il suo sguardo la fece arrossire.


Si stava chiedendo se era questo che Molly desiderava.

Si rispose di sì.

In fondo era normale per una persona ...normale.
Lo aveva fatto anche John.

Quando vide che lui la aiutava a togliersi il cappotto, standole così vicino e poi farla arrossire dicendole qualcosa...aveva istintivamente stretto i pugni nelle tasche. Di nuovo.

Aveva creduto, anzi era convinto, che Molly avrebbe accettato il suo invito.

Non aveva calcolato James. Che certamente si era sentito talmente minacciato da Sherlock, che era corso ai ripari, invitandola a una cena all’ultimo minuto.

L’aveva capito dal ristorante scelto.

Troppo elegante per un tipo come lui, e troppo romantico per due persone che si frequentavano da poco. Lui voleva conquistarla, ma non per il sentimento di amore che probabilmente avrebbe potuto provare dopo qualche mese, no, lui voleva conquistarla perchè aveva percepito che Sherlock era una minaccia per la loro relazione e aveva bisogno di confermare il suo posto nella vita di Molly.

E probabilmente ci stava riuscendo.


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Molly era sola da diversi mesi e anche se Sherlock le aveva confidato tempi indietro che era l’unica persona davvero importante per lui, poi non aveva aggiunto o fatto altro, per dimostrare la serietà di quelle parole.


Chiamò un taxi e salendo, diede il suo indirizzo di casa. La fame gli era decisamente passata. Aveva bisogno di suonare al suo violino.

Doveva togliersi quel fastidioso malessere che l’aveva assalito guardando Molly e James al ristorante.


Al suo ritorno a Baker Street, il suo piano di distrazione fu soppiantato da John.

“Qualche sviluppo interessante quest’oggi, Sherlock?”

La voce del suo migliore amico lo distolse dai pensieri del ristorante, ma lo ancorò a Molly, inconsapevolmente.

“Purtroppo no. La morte di quell’uomo è ancora un mistero.” lo sguardo rivolto alla strada, che osservava dalla finestra, come in attesa di qualcosa o qualcuno.


“Bhe, potremmo parlarne davanti ad un buon piatto. Angelo fa la sua specialità quest’oggi” la voce carica di aspettative, come se stesse già pregustando il cibo.


John stava mangiando il dolce. Una prelibatezza al cioccolato che l’aveva convinto fin dalle prime parole di Angelo, il proprietario del locale.
Sherlock guardava fuori dalla vetrata. Osservava il viavai di macchine e persone, che si susseguivano incessantemente. 

I pensieri rivolti al caso non ancora risolto. Il piatto con bistecca e patatine era quasi immacolato.

“Sicuro che non lo vuoi neanche assaggiare? E’ dannatamente fantastico. Alla signora Hudson piacerebbe molto…” 

Il suo discorso venne interrotto dalla suoneria del cellulare di Sherlock.

Rispose con calma, anche se l’orario e il nome apparso sul display faceva presagire qualche nuovo caso difficile per Scotland Yard.

“Calma Lestrade, non capisco quello che dici. Quale incidente e dove?” il tono quasi annoiato di Sherlock verso il suo interlocutore. 

Possibile che quell’uomo non riuscisse a gestire le emozioni?


Improvvisamente gli occhi di Sherlock si spalancarono e il respiro gli mancò per qualche istante. Si alzò di scatto dalla sedia e di corsa si diresse verso l’uscita del locale.


John, con in bocca il dolce, non aveva capito cosa diamine fosse successo per scatenare quella reazione improvvisa nel suo migliore amico, ma in un attimo, era dietro di lui, pronto a seguirlo.


“Sherlock! Sherlock che è successo?!” la voce vibrante di John lo raggiunse, ma non poteva rispondere.
Mille pensieri nella sua mente combattevano l’un l’altro, mentre la frase di Lestrade si ripeteva continuamente

- Molly Hooper ha avuto un incidente d’auto. Un brutto incidente d’auto. E’ in ospedale, la stanno operando -


Note: Eccomi con la mia seconda fanfiction in stile Sherlolly. Bhe, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Sono due settimane che scrivo, e sto dando maggiore sostanza, o almeno è quello che spero, alla storia.
Doveva essere una One Shot ma si è rivelata particolarmente lunga, e nonostante abbia già pronti almeno i prossimi 2 capitoli, non so ancora come e quanto durerà. Aspetto le vostre recensioni. A presto ;)

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Capitolo 2
*** In ospedale ***


Ecco il secondo capitolo. L’ho riletto e riscritto diverse volte. Qualcosa ancora non mi convince, ma è leggibile e spero non vi dispiaccia. Chiedo venia per mancanza di accuratezza a livello medico, non è il mio campo e in caso di errori (gravi), perdonatemi.

Buona lettura

 

 

Sul taxi, che andava alla velocità massima consentitagli, dopo una promessa di lauta mancia, John cercava di capire quali sentimenti stessero passando nel suo amico.

Per qualche istante aveva visto il dolore affacciarsi negli occhi del consulente investigativo, appena era riuscito a dire perchè si stavano dirigendo all’ospedale.

Poi improvvisamente, il suo volto era tornato ad essere una maschera impenetrabile.

 

Avrebbe voluto dire qualcosa per stemperare quella tensione e rassicurarlo, ma non aveva idea di quello che era successo a Molly, e lui stesso stava pregando che non fosse così grave come in realtà sembrava essere.

Appena arrivati all’ospedale, Sherlock lanciò i soldi al tassista, senza curarsi di quanti fossero esattamente, facendo capire a John che il suo livello di preoccupazione per Molly era a livelli molto alti.

Giunti nei pressi della saletta d’attesa videro Lestrade.

Bastò uno sguardo per far capire a Sherlock che Molly era molto grave.
Un sospiro, la testa che si girava per cercare un punto dove fermarsi, per far smettere al suo cuore di battere così forte nel suo petto.

Sherlock si chiuse per qualche minuto nel suo palazzo mentale, cercando di trovare al suo interno un modo di fermare quel dolore che faticava a controllare.

 

John raggiunse l’ispettore e senza dover chiedere nulla, quest’ultimo iniziò a parlare, come per togliersi di dosso qualcosa di brutto.

 

“Ci hanno chiamato i soccorritori. Il guidatore deve aver perso il controllo dell’auto e dopo aver divelto un palo, il mezzo si è ribaltato. I pompieri hanno impiegato diverso tempo per estrarli. Entrambi sono in gravi condizioni...l’uomo si chiama James Smith. So che stavano uscendo assieme. Molly me ne aveva accennato..”

La voce addolorata.

Lestrade faticava a trattenere le emozioni.

 

John si girò verso Sherlock.

Lo sguardo fisso verso la finestra di fronte a lui. Sapeva che aveva udito le parole di Lestrade e si chiese cosa stesse provando.

“Sherlock senti”

“Non ora John.”

 

La barriera di Sherlock Holmes si era innalzata e nemmeno il suo più caro amico in questo momento riusciva a penetrarla.

 

Non hai niente da dire su James?”

Chiuso nuovamente nel suo palazzo mentale Sherlock stava rivivendo quel pomeriggio con Molly Hooper.

“Lascialo. Ha grossi problemi di insicurezza e non è la persona giusta per te”

 

Avrebbe dovuto cominciare così.

Avrebbe dovuto risponderle.

Invece ora faceva i conti con i rimorsi delle parole non dette.

Si maledisse.

Sherlock non perdeva occasione di parlare, di trattare male, di mostrarsi migliore e superiore di fronte a tutti e proprio quando era stato necessario, quando gli era stato chiesto, non aveva detto una parola.

Si sentiva in colpa, maledettamente in colpa.

Molly era in sala operatoria perchè lui non aveva voluto ferirla, come faceva sempre.

Non voleva essere sempre la causa del suo dolore, sapeva che si meritava di essere felice.

Ma ora...ora quelle parole non dette erano macerie che lentamente lo stavano annientando, insieme al non avere notizie dal suo arrivo all’ospedale.

 

John era accanto a lui, in silenzio.

Aveva cercato di avere informazioni dalle infermiere, ma non c’erano aggiornamenti.

Lestrade aveva finito il turno, ma era ancora li, in attesa, preoccupato come loro per la loro amica, che stava lottando per la propria vita.

Passò ancora molto tempo prima che le porte si aprirono, facendo passare un dottore.

Leggere gocce di sangue ancora addosso sul camice.

Alla sua vista Sherlock ebbe un sussulto e mettendo le mani giunte davanti al volto, chiuse gli occhi.

Aveva paura.

Paura di sapere.

Paura di aver perso Molly.

 

John e Lestrade andarono dal chirurgo e dopo essersi presentati, aspettarono febbrilmente notizie.

 

“Il signor Smith aveva un tasso alcolico di 0,9g/L, ma la causa della perdita di controllo del mezzo deve essere attribuita ad un ictus che l’ha colpito, facendogli perdere conoscenza. Abbiamo fatto il possibile. E’ in coma farmacologico. Non sappiamo se ce la farà. Mentre la sua compagna”

 

“Amica, Molly è solo un’amica”

 

John aveva interrotto il medico per correggerlo riguardo la situazione sentimentale.

Si scusò subito dopo.

 

“Dicevo, la signorina Hooper, è stata operata per traumi multipli all’addome. Le abbiamo asportato la milza. Ha riportato la frattura dell’omero destro e tre costole. Ha perso molto sangue ed è stata necessaria una trasfusione urgente. Tutto quello che era nelle nostre possibilità, l’abbiamo fatto. Ora saranno fondamentali le ore successive. Quando si sveglierà, valuteremo se ha riportato danni cerebrali. Mi spiace ma al momento è tutto quello che posso dirvi”.

 

John e Lestrade guardarono contemporaneamente Sherlock, che ancora seduto, fissava la porta della sala operatoria.

Nessuno riusciva a parlare, men che meno sapevano cosa fare.

Dopo poco il chirurgo si ripresentò ai tre uomini.

“Se conoscete i familiari della signorina Hooper.... quando è arrivata in ospedale ha ripreso conoscenza per qualche secondo e chiamava qualcuno. Sher qualche cosa. Potete avvisarli voi?” detto questo, si allontanò di nuovo.

 

Un brivido lo percorse, facendolo scuotere come una scarica di corrente elettrica.

 

Molly in quei pochi istanti aveva pensato a Sherlock e l’aveva chiamato.

Se dentro di lui era rimasto in piedi ancora qualcosa, sapere di quel particolare lo fece crollare completamente.

 

John sentendo le parole del medico si preoccupò immediatamente dello stato del suo amico.

“Sherlock so come ti senti, ma Molly è forte, più forte di quello che pensiamo, vedrai che”

“John ...non dire nulla. Per favore”

 

Una parte di lui voleva fuggire e l’altra voleva fare a pezzi qualsiasi cosa si trovasse davanti.

Respirava profondamente, cercando la calma che aveva perso, dalla telefonata di Lestrade.

 

“Pessimo modo per incontrarsi”

La voce alle loro spalle li ridestò dai pensieri, e girandosi, capirono che non avevano sognato.

Mycroft Holmes era a pochi passi da loro.

L’immancabile ombrello e lo sguardo serio, ma preoccupato.

Erano settimane che non lo vedevano.

“Mycroft... tu... cosa ci fai qui?”

John era visibilmente stupito dalla presenza del maggiore degli Holmes.

 

“Oh John, pensi ancora che io non sappia tutto ciò che accade al mio fratellino e ai suoi amici?”

Il sopracciglio alzato era una sottile conferma.

Sherlock non parlava.

Non aveva rivolto neanche uno sguardo a suo fratello.

Il che faceva capire quanto si fosse isolato nei suoi pensieri.

 

“Bhe, immagino saprai la situazione allora.”

 

“Ovvio che ne sono al corrente. Ho personalmente incaricato i migliori dottori dell’Inghilterra di intervenire per la signorina Hooper, e naturalmente per il suo...amico”

 

“Cosa?” lo stupore di John e Lestrade era al culmine dopo quelle parole, e riuscì a far girare la testa di Sherlock verso Mycroft, degnandolo finalmente di uno sguardo.

 

I suoi occhi luccicavano, pieni di sofferenza, che cercava di nascondere in ogni modo.

 

“Tu...hai fatto questo?”

la voce era bassa ma nel silenzio di quel corridoio, era udibile ai presenti.

 

Mycroft si sistemò la cravatta prima di rispondere.

 

“Certamente, caro fratello. Non oso immaginare cosa accadrebbe se perdessi una delle persone a te care. E la signorina Hooper, dopotutto, è in credito nei tuoi confronti, per quello che ha fatto per te, anni fa. E’ il minimo che potessi fare, metterle a disposizione i medici migliori”

 

“Grazie”

Senza guardarlo, aveva espresso quella parola, e Mycroft, come John e Greg sapevano che raramente Sherlock ringraziava.

 

“Resterei, ma il Paese ha bisogno di me. Aspetto suoi aggiornamenti, John.”

 

Un finto sorriso sul volto e prima di ricevere risposte, si girò e si allontanò dal gruppo dei tre uomini.

I sentimentalismi non erano per lui.

 

Ora che sapevano quanto Mycroft avesse fatto per Molly, in loro si era accesa silenziosamente una speranza, ma avevano ancora paura a parlarne apertamente.

 

Passarono tre ore.

John e Lestrade si erano addormentati sulle sedie.

Sherlock, nel suo palazzo mentale, dava l’impressione di dormire, ma continuava a rivivere i momenti con Molly, facendosi del male.

Per non ferirla, le aveva provocato il dolore più grande che poteva.

Aveva rischiato la vita, per un suo calcolo errato.

L’aveva lasciata con James, quando sentiva che non doveva farlo.

Sentì i passi del corridoio vicino.

Qualcuno stava venendo da loro.

Si alzò, in attesa.

Un’infermiera comparve dalle porte e guardando l’uomo col cappotto di fronte a lei chiese: “E’ un parente della signorina Hooper?”

“Si”

Il tono sicuro non aveva tradito la sua bugia.

“Bene. Volevo farle sapere che è cosciente. Dobbiamo ancora fare degli esami approfonditi ma al momento non sembra in pericolo di vita. Se vuole ha qualche istante per vederla”

 

John e Lestrade si erano svegliati nel sentire parlare, ma non avevano voluto interrompere il dialogo.

Entrambi sapevano quanto Sherlock stesse soffrendo e non obiettarono quando questi seguì la giovane donna, senza dire niente.

 

La luce soffusa, il bip delle macchine che monitoravano costantemente le sue condizioni, le flebo che portavano liquidi, antidolorifici e antibiotici nelle vene.

Sembrava irreale che in quel letto ci fosse Molly.

Lui che la ricordava sorridente e con le guance rosse in quel ristorante, solo poche ore prima.

Stette a osservarla per qualche istante ancora, prima di avvicinarsi.

Il livido sulla fronte, il taglio, la bocca leggermente gonfia, il braccio ingessato, la posizione rialzata per aiutarla a respirare meglio...stava provando un dolore fisico che non credeva fosse possibile.

Era come se poteva avvertire tutto quanto, semplicemente guardandola.

Si avvicinò lentamente al letto.

La sua mano si allungò verso quella di lei, accarezzandole leggermente con le dita il dorso. La sua pelle fredda. Ebbe un brivido, di nuovo.

 

“Sherl…...Sherlo….” con gli occhi ancora chiusi Molly lo stava chiamando.

 

“Molly sono qui, non preoccuparti. Andrà tutto bene”

 

Un groppo alla gola si era improvvisamente formato e gli occhi gli divennero lucidi.

La sua mano ora stringeva delicatamente la sua.

Non voleva lasciarla andare.

Non voleva perderla.

 

“Signor Holmes, sono il dottor Harrison.” non si era accorto dell’arrivo dell’uomo nella stanza.

Si girò verso quest’ultimo, in attesa.

“Sono uno dei medici incaricati da suo fratello per prendermi cura della signorina Hooper, e le posso assicurare che è in ottime mani. La sua amica si riprenderà presto, glielo garantisco. Ho assistito personalmente all’operazione e tutto è andato bene. Entro pochi giorni la sua amica starà meglio.”

 

Quelle parole riuscirono a placare un pò il dolore che avvertiva.

 

“Le regole ospedaliere non lo consentono, ma suo fratello ci ha chiaramente spiegato che non avrebbe lasciato questa stanza una volta entrato, per cui le abbiamo posizionato una poltrona vicino alla finestra. So che non è molto comodo ma è il massimo che possiamo darle. Potrà restare qui stanotte, ovviamente senza stancare la paziente. Ha bisogno di riposo”.

 

Questo Sherlock proprio non se l’era aspettato da Mycroft.
Lui invece lo conosceva molto bene, a quanto pare.

Diede un’occhiata alle sue spalle e in effetti, una comoda poltrona con tanto di coperta, era li.

 

“Grazie dottore. Non farò nulla che possa disturbare Molly, può stare tranquillo”

 

Quando furono nuovamente soli, Sherlock accarezzò nuovamente la mano della donna.
Doveva essersi addormentata.

La guardò, rammaricato che fosse la prima volta che la vedeva dormire, e che fosse perchè era in un letto d’ospedale.

Si staccò lentamente da lei e andò a sedersi sulla poltrona. Ogni parte di lui era a pezzi e ora che si stava appena rilassando, confortato dalle parole del medico e avendo sotto gli occhi Molly, avvertiva il bisogno fisico di riposare, almeno per poche ore.

Prese il cellulare e mettendolo in modalità silenziosa, mandò un messaggio a John.

- Molly si riprenderà. Stanotte resto qui, Mycroft è in vena di sorprese. A domattina. SH - 

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