Londra
era grigia, caotica ed energica.
E
la amava per questo. Percorrerla per le sue strade e viverla, lo faceva
sentire bene.
Per
questo decise di camminare quel pomeriggio, invece di prendere il taxi.
Il
Bart’s era di fronte a lui, come in attesa del suo
arrivo.
Un
edificio che sonnecchiava ai suoi occhi, mentre riprendeva a vivere al
suo ingresso.
Stava
pensando al caso offerto e accettato da Lestrade.
Teoricamente
semplice ma dannatamente complicato per un particolare: capire la morte
del signor Lavir.
Per
questo si stava dirigendo all’ospedale, dove
l’attendeva Molly Hooper.
Distratto
dai suoi pensieri sul caso, non fece caso alla porta aperta alla sua
destra e alle due persone che stavano uscendo dalla caffetteria.
Si
scontrò con un uomo, spalla a spalla.
Nemmeno
lui si era accorto di Sherlock, poichè uscendo aveva lo
sguardo rivolto all’interno del locale.
“Mi
scusi!”
Appena
scontratosi, l’uomo si affrettò a scusarsi,
imbarazzato.
“Non
si preoccupi” rispose in tono freddo Sherlock, infastidito
per l’inconveniente.
Stava
per continuare in direzione dell’ospedale quando con la coda
dell’occhio riconobbe un volto familiare, accanto
all’uomo.
Si
fermò e voltandosi in direzione dei due, esclamò:
“Molly?”
L’espressione
quasi mortificata di Molly, lasciava intuire chiaramente che non si
aspettava di essere vista da Sherlock Holmes.
“Lo
conosci?” l’uomo accanto a lei, che le teneva un
braccio (particolare che non era sfuggito al consulente investigativo)
si era messo sulla difensiva.
Le
guance di Molly erano già diventate rosse e cercava di
nascondere il suo stato d’animo.
“Lui
è Sherlock Holmes, il consulente investigativo.”
“Oh
piacere! Ho sentito parlare di lei” l’uomo sorrise
allungando la mano.
Gli
occhi di ghiaccio di Sherlock stavano già analizzando lo
sconosciuto di fronte.
37/38
anni, un lavoro all’aperto data l’abbronzatura
omogenea della pelle. Sportivo, probabilmente laureato. Quasi
certamente un cavallerizzo, per via dei peli di cavallo sui pantaloni e
quel lieve odore di stalla, mascherato da un profumo da uomo di ottima
marca, e l’abbigliamento elegante ma pratico per chi deve
cavalcare. Probabilmente un insegnante.
“Lei
è?” domandò Sherlock, rispondendo alla
stretta di mano. Una forte stretta di mano.
“Che
stupido, non mi sono presentato. Io sono James”
Il
sorriso compiaciuto di Molly non era sfuggito a Sherlock, nonostante
non la guardasse direttamente.
“Bene.
Stavo venendo al Bart’s per un’indagine. Credevo ne
fossi al corrente Molly”, disse continuando a guardare
l’uomo.
Un
leggero residuo di rossetto, era rimasto sulla sua guancia.
Lo
stesso colore del rossetto di Molly.
“Era
in pausa. L’ho portata a bere un buon the. Questa ragazza
lavora troppo, non crede?”
James
non diede tempo a Molly di rispondere, ma le sorrise dolcemente subito
dopo.
“Ma
ho finito la pausa e stavo per tornare…” la voce
imbarazzata di lei era acuta.
Il
suo accompagnatore le diede un bacio sulla guancia,molto vicino alle
labbra, lasciando intuire che tra i due c’era almeno un
livello di intimità che andava oltre la semplice simpatia.
Inconsapevolmente
Sherlock aveva socchiuso gli occhi e stretto le mani a pugno, in tasca.
Di
nuovo le sue guance divennero rosse. Sorrise a James e lo
salutò.
“Arrivederci
signor Holmes. Auguri per il suo caso”. Quell’uomo
si era comportato come se fosse in pericolo la sua posizione con Molly
e Sherlock se n’era reso conto perfettamente.
Senza
dire nulla, il consulente investigativo si girò e si
avviò verso l’ospedale, da solo.
Un’ammutolita
Molly, dopo qualche secondo, lo seguì.
Il
suo camice bianco svolazzava mentre entrava quasi di corsa nel suo
laboratorio.
Sherlock
era già chinò sui resti del signor Lavir.
Tutto
ciò che restava di lui erano ossa e qualche pezzo di
vestiti, rimasti attaccati, dopo che era apparentemente morto
carbonizzato.
“Ho...ho
iniziato ad analizzare qualche tessuto, dovrei avere i primi risultati
sul computer tra qualche
minuto…”l’incertezza nella voce di Molly
era dovuta all’aver visto Sherlock guardare in modo glaciale
James.
Sherlock
non rispose, ma continuò a osservare il corpo.
Stette
in attesa, poi intuendo che non avrebbe avuto da lui neanche uno
sguardo, si allontanò, andando a sedersi al computer.
La
sentì allontanarsi, i passi leggeri ma sicuri, il rumore del
camice...non riusciva a parlare.
Aveva
il colore del rossetto di Molly davanti agli occhi e non riusciva a
concentrarsi.
Aveva
dato un bacio sulla guancia a quel James.
Preso
dai casi che aveva brillantemente risolto nei giorni precedenti, non
aveva dato attenzione a Molly.
O
perlomeno, non si era accorto che stesse frequentando qualcuno.
Era
positivo per lei, in fondo.
Conoscendo
i suoi fallimenti sentimentali forse non era molto positivo in
realtà, ma c’era qualcosa che non andava e
Sherlock non riusciva a capire cosa continuasse a infastidirlo.
Prese
tutti i pensieri che lo stavano distraendo e li mise in un cassetto del
suo palazzo mentale.
Lasciò
uscire un respiro profondo e si concentrò sul cadavere.
Era
stato trovato in un bosco, e nonostante fosse completamente, o quasi,
carbonizzato, attorno non c’erano evidenti tracce di un
incendio. La polizia aveva supposto che il corpo fosse stato portato li
successivamente, ma Sherlock lo aveva escluso categoricamente. Nelle
sue condizioni, il corpo si sarebbe sicuramente scomposto, riportando
danni, come pezzi di corpo staccati.
Invece
era, per quel che restava, integro.
Quindi
aveva dedotto che quell’uomo fosse morto esattamente in quel
punto, bruciato vivo, ma non sapeva da cosa.
Aveva
bisogno di analizzare i tessuti, le fibre, nella speranza di trovare
risposte alle domande che lo incalzavano senza sosta.
Si
allontanò dal corpo, per andare ad microscopio. Aveva
posizionato i vetrini e iniziato ad osservare il materiale prelevato,
quando fu interrotto.
La
domanda lo turbò.
“Non
hai niente da dire su James? Di solito ti dai da fare per distruggere
ogni mio tentativo di relazione con un uomo” una appena
sorridente Molly lo guardava stranita.
Stette
qualche secondo a riflettere, fingendo di essere più
interessato al lavoro che alla domanda postagli.
“Non
mi sembra che abbia tentato di boicottare la tua relazione con Tom, ai
tempi” rispose, senza alzare lo sguardo.
“Vero.
E’ che sono abituata alle tue frasi taglienti e cominciavo a
preoccuparmi. Forse sei semplicemente...cambiato. Bhe, allora ti
ringrazio.”
In
realtà Sherlock avrebbe voluto dirle che James non lo
convinceva, non gli piaceva, che non capiva perchè avesse
scelto un uomo scialbo come lui, che quasi preferiva Tom….ma
non erano discorsi che avrebbe mai intrapreso. Soprattutto con Molly.
Tornò
a concentrarsi sul suo lavoro, allontanando quella sensazione di
fastidio che aveva provato nel ricordare loro due fuori da quel bar.
Dopo
un’ora non era ancora riuscito a trovare nulla di
interessante dal materiale analizzato al microscopio, e questo
aumentava il mistero sulla morte del signor Lavir, e il suo fastidio
sul non risolvere il caso rapidamente.
Guardò
l’ora. Erano quasi le 20. Il turno di Molly stava per finire.
“Immagino
tu sia affamata. Conosco un posto dove poter mangiare
qualcosa…” le disse, mentre lei stava andando a
cambiarsi.
Si
fermò di colpo, in mezzo alla stanza.
Si
girò verso di lui e con sguardo quasi scioccato,
sussurrò: “mi...mi stai invitano a cena
Sherlock?”
Lui
alzò un sopracciglio e muovendo leggermente la testa, con
sguardo confuso rispose: “Bhe, è un modo per
ringraziarti, ed entrambi siamo affamati, quindi direi che è
la soluzione migliore”
Non
riusciva a crederci. Non le aveva rivolto parola tutto il tempo e ora
saltava fuori con questo.
Era
successo talmente tante volte di lavorare con lui, anche per giorni e
giorni, e lui non l’aveva mai invitata a cena prima, in tutti
quegli anni.
Bhe, escludendo quel Fish&Chips quando aveva fatto la sua
assistente al posto di John.
Una
sola volta si era presentato con del cibo per lei. Un sacchetto di
patatine, per scusarsi del fatto che l’avrebbe trattenuta
oltre il suo orario, facendole saltare il pranzo.
Quanto
aveva aspettato quel momento?
Ormai
si era convinta che sarebbe rimasto sempre e solo una sua fantasia.
Certo
che Sherlock Holmes aveva un pessimo, pessimo tempismo.
Restò
incerta per qualche secondo su cosa fare.
Una
parte di lei desiderava quel momento da sempre e gioiva
dell’invito. Stava per rispondergli quando il suo telefono
suonò.
Lo
estrasse dalla tasca e il nome sul display le ricordò con
maggiore enfasi, che c’era un’altro uomo che la
attendeva per cena: James.
“Mi
spiace Sherlock ma io....ho già un impegno per questa
sera”, sorrise leggermente, un sorriso amaro, dispiaciuta nel
dover rinunciare a quella rara e probabilmente unica occasione della
sua vita.
“Capisco”
la voce di lui era bassa e con una nota strana, che non riusciva a
comprendere.
Le
passò accanto e guardandola stranamente
aggiunse:”Buona serata Molly Hooper”.
Quella
sensazione di nodo allo stomaco che era giunto stava peggiorando,
quando il suo telefono suonò di nuovo.
“Ehi,
eccomi. Sto arrivando” un rapido cambio d’abito,
spense le luci ed uscì..
Si
incamminò a piedi, percorrendo i due isolati che la
separavano dal ristorante dove James l’aveva invitata solo
poche ore prima, con un messaggio.
Era
strano, avrebbero dovuto vedersi solo l’indomani, per un
aperitivo. Si stavano conoscendo e si frequentavano da due settimane.
Era
un uomo allegro, affascinante e simpatico. Le stava insegnando ad
andare a cavallo e lei si scopriva fiduciosa verso quell’uomo
che sapeva farla sentire sicura e apprezzata.
Aveva
notato la sua insolita reazione davanti a Sherlock, come se fosse
intimidito dalla sua presenza, ma non ci aveva più pensato.
Quando
entrò nel locale lui la stava aspettando al tavolo, e appena
la vide, le fece un cenno con la mano, sorridendole.
“Sono
felice che tu abbia accettato il mio invito
all’ultimo”, pronunciò la frase mentre
la aiutava a togliersi il cappotto e la faceva accomodare sulla sedia,
di fronte a lui.
“Mi
ha sorpreso in effetti. Pensavo fossi occupato”
“Si
lo ero, ma ho preferito liberarmi per passare più tempo con
te” il suo sguardo la fece arrossire.
Si
stava chiedendo se era questo che Molly desiderava.
Si
rispose di sì.
In
fondo era normale per una persona ...normale.
Lo
aveva fatto anche John.
Quando
vide che lui la aiutava a togliersi il cappotto, standole
così vicino e poi farla arrossire dicendole qualcosa...aveva
istintivamente stretto i pugni nelle tasche. Di nuovo.
Aveva
creduto, anzi era convinto, che Molly avrebbe accettato il suo invito.
Non
aveva calcolato James. Che certamente si era sentito talmente
minacciato da Sherlock, che era corso ai ripari, invitandola a una cena
all’ultimo minuto.
L’aveva
capito dal ristorante scelto.
Troppo
elegante per un tipo come lui, e troppo romantico per due persone che
si frequentavano da poco. Lui voleva conquistarla, ma non per il
sentimento di amore che probabilmente avrebbe potuto provare dopo
qualche mese, no, lui voleva conquistarla perchè aveva
percepito che Sherlock era una minaccia per la loro relazione e aveva
bisogno di confermare il suo posto nella vita di Molly.
E
probabilmente ci stava riuscendo.
Molly
era sola da diversi mesi e anche se Sherlock le aveva confidato tempi
indietro che era l’unica persona davvero importante per lui,
poi non aveva aggiunto o fatto altro, per dimostrare la
serietà di quelle parole.
Chiamò
un taxi e salendo, diede il suo indirizzo di casa. La fame gli era
decisamente passata. Aveva bisogno di suonare al suo violino.
Doveva
togliersi quel fastidioso malessere che l’aveva assalito
guardando Molly e James al ristorante.
Al
suo ritorno a Baker Street, il suo piano di distrazione fu soppiantato
da John.
“Qualche
sviluppo interessante quest’oggi, Sherlock?”
La
voce del suo migliore amico lo distolse dai pensieri del ristorante, ma
lo ancorò a Molly, inconsapevolmente.
“Purtroppo
no. La morte di quell’uomo è ancora un
mistero.” lo sguardo rivolto alla strada, che osservava dalla
finestra, come in attesa di qualcosa o qualcuno.
“Bhe,
potremmo parlarne davanti ad un buon piatto. Angelo fa la sua
specialità quest’oggi” la voce carica di
aspettative, come se stesse già pregustando il cibo.
John
stava mangiando il dolce. Una prelibatezza al cioccolato che
l’aveva convinto fin dalle prime parole di Angelo, il
proprietario del locale.
Sherlock
guardava fuori dalla vetrata. Osservava il viavai di macchine e
persone, che si susseguivano incessantemente.
I
pensieri rivolti al caso non ancora risolto. Il piatto con bistecca e
patatine era quasi immacolato.
“Sicuro
che non lo vuoi neanche assaggiare? E’ dannatamente
fantastico. Alla signora Hudson piacerebbe
molto…”
Il
suo discorso venne interrotto dalla suoneria del cellulare di Sherlock.
Rispose
con calma, anche se l’orario e il nome apparso sul display
faceva presagire qualche nuovo caso difficile per Scotland Yard.
“Calma
Lestrade, non capisco quello che dici. Quale incidente e
dove?” il tono quasi annoiato di Sherlock verso il suo
interlocutore.
Possibile
che quell’uomo non riuscisse a gestire le emozioni?
Improvvisamente
gli occhi di Sherlock si spalancarono e il respiro gli mancò
per qualche istante. Si alzò di scatto dalla sedia e di
corsa si diresse verso l’uscita del locale.
John,
con in bocca il dolce, non aveva capito cosa diamine fosse successo per
scatenare quella reazione improvvisa nel suo migliore amico, ma in un
attimo, era dietro di lui, pronto a seguirlo.
“Sherlock!
Sherlock che è successo?!” la voce vibrante di
John lo raggiunse, ma non poteva rispondere.
Mille pensieri nella sua mente combattevano l’un
l’altro, mentre la frase di Lestrade si ripeteva
continuamente
- Molly Hooper ha avuto un incidente d’auto. Un brutto
incidente d’auto. E’ in ospedale, la stanno
operando -
Note: Eccomi con la mia
seconda fanfiction in stile Sherlolly. Bhe, spero che questo primo
capitolo vi sia piaciuto. Sono due settimane che scrivo, e sto dando
maggiore sostanza, o almeno è quello che spero, alla storia.
Doveva essere una One
Shot ma si è rivelata particolarmente lunga, e nonostante
abbia già pronti almeno i prossimi 2 capitoli, non so ancora
come e quanto durerà. Aspetto le vostre recensioni. A presto
;)
|