Il Pirata Jones

di Hoi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta... ***
Capitolo 2: *** La ragazza per strada ***
Capitolo 3: *** La Moribonda ***
Capitolo 4: *** La figlia del mugnaio ***
Capitolo 5: *** La convalescente ***
Capitolo 6: *** La sguattera ***
Capitolo 7: *** Nina ***
Capitolo 8: *** La Piratessa ***
Capitolo 9: *** Il gatto a nove code ***
Capitolo 10: *** Cibo per i pescecani ***
Capitolo 11: *** Il cavaliere ***
Capitolo 12: *** L'accusata ***
Capitolo 13: *** La Condannata ***
Capitolo 14: *** Il Pirata Onesto ***
Capitolo 15: *** Il Denaro ***



Capitolo 1
*** C'era una volta... ***


Liam Jones aveva vissuto la maggior parte della sua vita sul ponte di una nave e poteva dire senza paura di sbagliare di conoscere ogni centimetro di qualunque nave. Era stato un pessimo mozzo, un buon marinaio ed un ottimo ufficiale. Liam amava dire che il mare era l'unico luogo dove un uomo onesto potesse far carriera, il mare non faceva preferenze di sangue, il mare era spietato almeno quanto giusto. In verità a Liam importava poco di carriera e prestigio. Non amava prendere ordini ed era testardo come pochi, quindi il ruolo di capitano fu per lui una grande conquista, comunque era secondaria se paragonata alla gioia immensa che provava quando attorno a sé non vedeva che acqua e cielo. Pochi uomini erano onesti e giusti quanto Liam Jones, quindi non fu affatto sorprendente che ogni uomo della ciurma lo amasse e rispettasse. Dal canto suo Liam aveva amato una sola persona, il suo fratellino Killian. A volte a Liam e Killian sembrava di aver vissuto una vita sola in due. Avevano passato l'infanzia a lavare lo stesso ponte, anche se il ponte cambiava costantemente, mentre loro due crescevano. Avevano passato le notti a contarsi le vesciche e a giocare a dadi. Avevano litigato per lo stesso primo amore, di cui poi avevano dimenticato il nome, mentre i nomi delle navi su cui si erano imbarcati li ricordavano ancora tutti. Si erano arruolati assieme nella marina di sua maestà, non per amore della patria o per un re di cui non ricordavano la faccia, ma per diventare uomini onesti. Erano stati divisi e imbarcati su navi che viaggiavano in direzioni opposte, solo per poi ritrovarsi nello stesso porto due anni dopo. Si erano trovati diversi eppure si erano salutarti come se si fossero visti il giorno prima. Erano cambiati entrambi, ma l'avevano fatto allo stesso modo. Si erano imbarcati ancora su molte navi, ma nuovamente assieme. Avevano scalato assieme i titoli militari fino a che Liam diventò Capitano. Allora parve che a Killian quella nomina non arrivasse mai, fino a scoprire che era lui a rifiutarla. Non era difficile capirne il motivo, non potevano esserci due capitani su una nave. Litigarono ancora, fin quasi ad odiarsi, non volevano dividersi, ma Liam non accettava un sacrificio simile. Alla fine Killian promise: "Un ultimo viaggio e accetto la nomina"
Quanti ne avevano fatti di ultimi viaggi! Anche quello sulla Pegaso doveva essere un ultimo viaggio come gli altri, invece tutto finì davvero.
Il capitano Liam Jones era stato sepolto in mare e Killan Jones era diventato Capitano. Eppure non c'era onore in quel titolo. Il capitano Killian Jones si voltò verso la sua ciurma quando il corpo di Liam scomparve nell'acqua. Guardò uno ad uno quegli uomini che, per amore di suo fratello, avevano accettato di tradire un re bugiardo, un re che li aveva mandati a morire per ottenere l'immortalità. Killian li guardò, guardò il nuovo primo ufficiale Sparky, guardò il timoniere Dikens, guardò il cuoco Matthew, guardò Shaka, Bobby e cento altre facce che negli anni avrebbe dimenticato. Li guardò ed ebbe la certezza che tra loro quel giorno si era creato un legame indissolubile, perché nei loro occhi vide lo stesso odio che provava lui. Li guardò e per la prima volta nella sua vita si sentì solo. L'odio non unisce e questo Killian lo sapeva bene.



eccoci qui... Immagino non ci sia bisogno di dire che questo è solo un piccolo prologo per far capire da dove partiamo... comunque spero vi abbia incuriositi almeno un pochino!

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Capitolo 2
*** La ragazza per strada ***


La ragazza per strada


Rideva Juliet, rideva tanto forte da riempire il silenzio della notte. Nella città buia i sui ricci biondi sembravano essere l’unico colore esistente e lei che di certo lo sapeva, volteggiava su sé stessa ad ogni torcia affissa per la strada, permettendo alla luce di scivolarle addosso e di mostrarla in tutto il suo splendore. Era sensuale Juliet, aveva una bellezza frivola che metteva allegria, tutto il suo fascino iniziava in quel sorriso e finiva nella scollatura quadrata messa in mostra da un corpetto troppo stretto che le teneva su il seno. Di quel seno forse l’indomani si sarebbe ricordato, certamente avrebbe dimenticato ogni sua parola. Non era il tipo di donna di cui ti vuoi ricordare Juliet ed era esattamente il tipo di donna che Killian voleva. Aveva bevuto tanto quella sera, molto più di lei, ma ancora non bastava a zittire i ricordi che gli tormentavano la mente. All’ennesima giravolta Killian l’afferrò stringendola a sé con forza, facendola ridere ancora di più. La baciò con forza tappandole la bocca con la sua, come per zittirla. Senza attendere un istante Juliet dischiuse le labbra approfondendo il bacio e riempiendogli la bocca col sapore di un pessimo vino.
Fino a qualche mese prima Killian non l’avrebbe mai fatto, non avrebbe mai baciato una ragazza in quel modo volgare in mezzo ad una strada dove chiunque potesse vederli. Mentre l’afferrava e la spingeva contro la parete di una casa sconosciuta, facendo scivolare le mani sui fianchi e afferrando la sua gonna che centimetro dopo centimetro le saliva dalle caviglie sempre più su tirata dalle sue dita, Killian non poteva fare a meno di pensare che quella non era la giusta maniera di trattare una donna. Come a contraddirlo Juliet gemette quando sentì il freddo della notte afferrarle le cosce. Alzò la testa e guardò in alto quella donnetta ingenua, come se timidamente volesse sottrarsi ai suoi baci, in realtà stava soltanto mettendo in mostra il collo, indicandogli dove continuare a torturarla. Killian non esitò e prese a baciarla e morderla piano su quel candido collo che presto sarebbe stato costellato da piccoli lividi. Lei come a premiarlo, subito scese con le dita sui lacci dei suoi pantaloni e lì si fermò senza fare nulla. Tra un gemito e l’altro Juliet iniziò a chiamare il suoi nome. Il suo nome soltanto, senza titolo o nomina, come avrebbe potuto fare un amico stretto che conosceva da una vita, come aveva fatto Liam. Chissà cosa avrebbe pensato suo fratello nel vederlo con una donna come quella, in un momento così… poco dignitoso. Killian la baciò più forte cercando di affogare in quel collo candido i suoi pensieri.
“Killian” gemette lei con voce piena di disappunto. Forse stava esagerando, forse nemmeno una donna simile accettava d’essere morsa come un animale. Ignorando quei pensieri che appartenevano più al primo ufficiale della marina di sua Maestà che ad un capitano pirata, Killian la morse ancora e affondò le mani nella gonna.
“KILLIAN!” lei lo colpì al petto con un pugno, c’era del panico nella sua voce adesso. Forse stava davvero esagerando. Prima che il pirata l’ignorasse, l’uomo che era stato si scostò e la lasciò andare. La gonna le ricadde addosso, ricoprendola, eppure quando alzò il viso, il volto della ragazza era ancora distorto dal panico.
Con il viso bianco illuminato dal bagliore di una torcia, Juliet mosse le labbra per parlare, ma l’unico rumore che si sentì fu il lento procedere di due pesanti stivali.
Il primo pensiero di Killian furono le guardie. Per quanto lo fosse da solo pochi mesi, Killian era un Pirata e questo significava che in qualunque reame fosse, l’avrebbero catturato e impiccato se lui l’avesse permesso. In una sola mossa si voltò verso la strada e sfoderò la spada. Sarebbe morto su una lama piuttosto che pendere da una forca e dare pubblico spettacolo. Tutti gli uomini in età di combattere sarebbero dovuti essere al fronte, impegnati in una disperata guerra contro gli orchi, d'altronde quella era una piccola città di porto e gli orchi non navigavano.
Killian aguzzò la vista cercando di scorgere nell’oscurità il numero degli assalitori, ma l’unica cosa che vide fu la minuta figura di una ragazza che strisciando i piedi a terra procedeva lentamente. Più si avvicinava a loro, più ne diveniva chiara la tragica immagine. Sopra a degli stivali pesanti, troppo grandi per lei, indossava una veste consunta e strappata, tanto lorda di fango e sangue da renderla poco più che uno straccio.
“Mia signora state bene?”
Una domanda stupida da fare ad una donna che zoppicando procede come in trance coperta da ferite, ma cosa poteva fare lui che non era altro che un traditore, per una ragazza in pericolo? Killian fece qualche passo verso di lei, intercettandone la strada, ma la ragazza non alzò il viso cadaverico per guardarlo, fissava il nulla davanti a sé e procedeva silenziosa. Killian la afferrò per le spalle e la fermò prima che lei gli andasse addosso, solo allora la ragazza parve notarlo. Tra un groviglio di capelli scuri lui riuscì ad intravedere due grandi occhi verdi, arrossati come se avessero pianto fino a non avere più lacrime. La ragazza socchiuse le labbra e dopo un interminabile silenzio riuscì ad articolare un’unica parola: “orchi”

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Capitolo 3
*** La Moribonda ***


La Moribonda


Sparky era un brav’uomo, o quantomeno lo era stato prima di diventare un fuorilegge. Con le sue sopracciglia sempre aggrottate e la sua mascella perennemente contratta non si poteva di certo definirlo un uomo gioviale, ma era fedele, schietto ed estremamente capace, caratteristiche che a Killian erano sempre andate a genio. Anche quella notte aveva avuto da ridire quando Killian aveva annunciato la loro imminente partenza. Avevano ancora la stiva mezza piena e svariate riparazioni da fare alla Jolly Roger, senza contare che avevano promesso agli uomini un mese di terra ed erano trascorsi solo pochi giorni. Come sempre Killian aveva finto di non dar peso alle sue preoccupazioni, con un ampio sorriso si era mostrato fermo di cuore e risoluto e aveva confermato l’ordine: all’alba l’equipaggio doveva essere riunito per salpare. Sparky aveva sbuffato e inveito contro il mare, gli orchi e dio onnipotente, poi si era voltato e aveva iniziato a raggruppare la ciurma.
Killian guardò il vecchio Sparky bestemmiare a andarsene, senza dire nulla. Un tempo l’aveva rimbrottato aspramente per il linguaggio, ora quegli insulti rivolti al cielo gli sembravano un’inezia. Sarebbero finiti tutti all’inferno comunque, quindi in fondo era quasi giusto prendersela con chi ce li stava mandando. Killian guardò il cielo. Era nero quanto il mare, in notti come quelle, in cui non si vedono le stelle e sembra di galleggiare nel nulla, non si può navigare in alto mare, figurarsi uscire da un porto naturale con scogli alti e appuntiti. Eppure se avesse potuto Killian avrebbe mollato gli ormeggi in quello stesso istante e se ne sarebbe andato.
“Orchi”
Killian non aveva paura, avrebbe potuto passare ogni orco a fil di spada senza esitare un secondo. Il primo ufficiale della marina di sua maestà avrebbe radunato chi poteva lavorare, avrebbe fatto tagliare gli alberi e organizzato un fortino per la difesa della città, ma il primo ufficiale della Jolly Roger era Sparky e il giovane e altruista Killian Jones era sepolto sul fondo del mare, assieme al cadavere del capitano Liam Jones.
Sospirando Killian scese sottocoperta. Comunque, anche se avesse voluto non poteva chiedere ai suoi uomini di imbarcarsi in una lotta come quella, senza previsioni di un benché minimo guadagno. Meglio andarsene, meglio proteggere quello che restava dell’ultimo cargo che avevano saccheggiato e trovare un altro porto a cui smerciare.
La porta della cabina privata del capitano ruotò sui suoi cardini cigolando appena. Era stato per ordine suo che il medico di bordo aveva portato la ragazza vagante nei suoi alloggi e la stava medicando, ma nel vederla riversa sul suo letto, con gli occhi aperti nel vuoto e il viso bianco, Killian la odiò. Avrebbe voluto gettarsi lui su quel letto ed addormentarsi e non lasciare che una donna che pareva morta inquinasse quella stanza con l’odore del sangue. Guardandola Killian non poté fare a meno di domandarsi se non avrebbe dovuto lasciarla per strada, piuttosto che portarla su una nave pirata. Vedendola ferita e distrutta, l’aveva presa in braccio senza pensare e l’aveva portata a bordo, macchiandosi del suo sangue. L’aveva fatto d’istinto, nonostante sapesse che un pirata non è un buon samaritano. In silenzio, Killian rise di sé stesso e della propria ingenuità. Poteva fregiarsi del titolo di pirata, ma non sarebbe mai riuscito a cancellare quella parte di lui che lo spingeva a salvare fanciulle per la strada. Eppure, nonostante quella piccola buona azione, l’odio di Killian per il Re non si era fiaccato, pulsava ancora forte a ritmo col suo cuore, ricordandogli che non sarebbe mai tornato ad essere l’uomo che era stato.
Mentre il medico finiva di cucirle con un filo nero il braccio, Killian si voltò a guardare i piccoli ritratti inchiodati alle pareti. Era rimasto tutto come l’aveva lasciato Liam, il che significava quasi vuoto. A parte svariati libri e carte sulla navigazione, le diverse uniformi e due piccoli ritratti, non c’era nulla nella stanza. Non che possedessero di più. Avevano passato l’intera vita a spostarsi da una nave all’altra, il che significava non poter avere nulla che non entrasse in un borsone. Nel tempo erano anche diventati moderatamente ricchi. Facendo carriera nella marina il loro onorario era aumentato tanto da permettergli di comprare un’abitazione degna dei loro nuovi ranghi sociali. Distrattamente Killian si domandò se era ancora lì quella casa di città con quel piccolissimo giardino sul retro da cui si vedeva il porto. Probabilmente era tornata nelle mani di sua Maestà il giorno stesso che aveva compiuto alto tradimento. Ed eccolo lì il viso serioso di sua Maestà il Re, ritratto in uno dei piccoli quadri sulla parete con un pugnale conficcato in mezzo alla fronte. Il Re non sembrava più così potente da quando aveva iniziato ad usare la sua immagine come bersaglio per il tiro a segno.
Distrattamente Killian afferrò il pugnale, lo staccò dalla parete e con forza maggiore lo conficcò nuovamente nel ritratto che ormai era a brandelli, ma che faceva ancora il suo lavoro. Sogghignando per il piacere che gli dava l’idea di ammazzare davvero quel cane traditore del suo vecchio Re, Killian scorse gli occhi sulla parete, incontrando l’unico altro ritratto. Erano lui e Liam, in piedi uno accanto all’altro, entrambi in alta uniforme. A volte pensava di staccarlo dalla parete quel dannato quadro, ma subito ci rinunciava, per quanto odiasse guardarsi con l’uniforme addosso era difficile rinunciare al viso felice di suo fratello. Mentre fissava il volto di Liam sorridente, l’odore del sangue divenne più pungente, tanto da costringerlo a scostare gli occhi e tornare a voltarsi verso al medico.
“Ho finito capitano!” Sentenziò l’uomo, barcollando mentre si alzava.
Era ubriaco e a confermarlo c’erano i punti imprecisi e grossolani che aveva lasciato sulla pelle della ragazza. Le sarebbero rimaste delle cicatrici orrende se fosse sopravvissuta, cosa affatto scontata per il suo stato attuale. Aveva le ginocchia e le mani sbucciate come se fosse caduta molte volte, c’erano un lungo taglio sul fianco e uno sul braccio sinistro, il medico li aveva richiusi con dei punti nonostante non sembrassero molto profondi. Il problema non erano tanto i tagli, quanto il sangue. Ne aveva perso tanto da diventare bianca come un cadavere.
Senza dire nulla Killiam lasciò che il medico uscisse, prima di sedersi sul letto accanto alla ragazza.
“Sei certa che fossero orchi?”
Lei era stanca si vedeva bene, probabilmente lo shock era ancora troppo fresco e non le permetteva di ragionare lucidamente. Forse nemmeno lei sapeva cosa aveva visto, ma Killian doveva scoprirlo prima di far la figura del codardo e salpare da un molo sicuro per le parole di una pazza. La prese per le spalle e la scosse con gentilezza cercando di ottenere qualche reazione.
“Cos’hai visto? Dimmelo!”
Lei non alzò la testa e non si voltò a guardarlo, continuò a fissare il vuoto come se lì vi fosse la risposta, lentamente e con la voce ridotta ad un sussurro iniziò a raccontare.


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Mi rendo conto che questo capitolo finisca in maniera molto repentina, infatti ero molto indecisa se tenerlo unito a quello seguente, ma vista la velocità con cui aggiorno alla fine non mi è sembrato che la cosa facesse molta differenza. Immagino vi siate già resi conto che sono pessima a dare titoli... e questo capitolo ne è le riconferma ^^' pessimo nome a parte, tutto quello che so sul mondo dei marinai l'ho imparato leggendo "Il ragazzo del Bounty" quindi spero non torverete troppe insensatezze ^^' Ma se doveste trovarne non esitate a farmelo notare! Mi rendo conto che in questo capitolo non succede un gran ché... ma se vorrete darmi un opinione ne sarei molto felice! Le critiche mi siutano tantissimo a capire come migliorarmi... a tal proposito grazie a tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite e a Lady Lara che ha la pazienza di recensire!!

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Capitolo 4
*** La figlia del mugnaio ***


La figlia del mugnaio


“Mio padre era un uomo buono e laborioso, avevamo un grande mulino, che amava moltissimo. Controllava la macina ogni giorno per assicurarsi che fosse la più sottile e pregiata possibile. Tutti gli facevano i complimenti per il suo lavoro, ma a lui non importava, non lo faceva per essere lodato, lo faceva per aver qualcosa da lasciarci. Se non fosse stato per quel mulino avremmo avuto solo un asino e un gatto. Eravamo tre fratelli e se la sua macina non fosse stata la migliore, probabilmente non avrebbe avuto abbastanza lavoro per sfamarci tutti. Anche così eravamo molto poveri.”
Killian guardò distrattamente gli stivali da uomo abbandonati a terra. Si era accorto subito che erano troppo grandi. Non gli era difficile immaginare da dove provenissero, anche a lui erano capitati i vecchi abiti che a Liam non stavano più.
“Era il giorno del mercato. Mio padre mandava sempre me a vendere perché diceva che la gente è più generosa con le fanciulle. Io ero andata via con l’asino di primo mattino e al mercato era andata molto bene, per questo presi la strada lunga che passava per il bosco, quella che fanno solo i cerbiatti. Ero preoccupata di incontrare qualche brigante e che mi rubassero tutto. Quando arrivai al mulino il sole era tramontato da un bel po’ ma c’era tanta luce. Se avessi preso la strada principale forse l’avrei vista prima ma…”
I suoi occhi si strinsero, come se stesse per piangere, ma le lacrime non le uscirono.
“Il Mulino Bruciava” se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere le macchie viola lasciatele dalla luce intensa delle pale che ardevano, mentre piano giravano ancora.
“Volevo correre verso casa per vedere se stavano tutti bene, ma quando provai l’asino non si mosse, allora iniziai a tirarlo, ma lui non volle uscire dal bosco… avrei dovuto lasciarlo lì, non so perché non lo feci subito. Poi sentii gridare, era mio fratello Peter, ne ero certa. Mi voltai, avrei voluto correre verso di lui, come lui correva verso al bosco, ma le mie gambe non si mossero. Appena dietro di lui c’erano… c’erano degli orchi, una decina almeno, con le spade sguainate e… e un’enorme bestia che sembrava, giuro su dio, sembrava un leone! Gli è balzato addosso e l’ha…”
Le parole le morirono in gola, mentre le lacrime iniziarono a sgorgarle dagli occhi. La sua mente era bloccata sull’immagine di suo fratello che veniva dilaniato dalle fauci di quella belva, mentre ancora gridava e afferrava la terra, nel tentativo di salvarsi.
Killian si portò una mano al viso, sospirando disperato. Era pazza, totalmente pazza. Gli orchi erano famosi per razziare e distruggere tutto quello che trovavano, è vero, ma di certo non erano in grado di addestrare animali, senza contare che un leone in quelle terre non si era mai visto.
“Poi c’è stata una luce, molto più forte di quella del fuoco. Era una luce rossa come il tramonto, ma mille volte più intensa…”
Improvvisamente Killian rialzò lo sguardo. Conosceva quella storia, qualche tempo prima, l’aveva sentita dalla bocca di un ubriaco e mesi prima ad un altro ancora. Erano storie da taverna, gli orchi non sanno usare la magia e soprattutto non si trasformavano in animali…
“E il leone è diventato un orco”
Killian si alzò in piedi di scatto ed andò alla scrivania per vagliare le carte nautiche. Ancora non aveva deciso se partire o meno, ma era comunque meglio cercare un porto vicino a cui approdare. Appena fu arrivato si sedette pesantemente e da quella nuova prospettiva guardò la cabina del capitano. Sembrava molto più lugubre e claustrofobica ora che una moribonda gli occupava il letto. Mentre la fissava, cercando di decidere se potersi fidare di lei, scorse la scarsella appesa alla veste. Non era grande, ma sembrava gonfia di monete.
 
Quando venne chiamato sul ponte gli uomini riuniti furono un ben misero spettacolo. Chi non era ubriaco sorbiva i postumi di una sbornia. Come a conferma, Josh la vedetta si aggrappò al parapetto della nave e vomitò sonoramente fori dalla chiglia. Killian non poté fare a meno di sbuffare per il disappunto. Non era certo con un equipaggio simile che sarebbe riuscito a salpare.
“Capitano, in città si vocifera che una veggente ieri notte è arrivata e ha predetto orchi”
Killian storse il naso alle parole del cuoco Matthew. Era certo che quella… quella… quella donnetta bionda con cui era la notte prima (di cui proprio non ricordava il nome), avrebbe messo in allarme la città, ma non si aspettava una simile assurdità.
“Anche io l’ho sentito capitano, ma dicevano che era una strega e che ha maledetto la città e chi vi approda” ci tenne a precisare il cuoco Matthew. Non erano delle voci positive quelle, gli uomini di mare erano gente superstiziosa e in fondo lo era un po’ anche lui, ma Killian era il capitano e non poteva farsi confondere da stupide dicerie, così sfoggiò il suo più smagliante sorriso ed annunciò:
“Se ha maledetto tutta la città allora direi che siamo fortunati ad averla qui. Di certo non farà affondare la nave su cui viaggia, non credete?”
Qualcuno, incantato dal suo sorriso, sorrise di rimando senza aver ben capito, molti si scambiarono sguardi allarmati, soltanto il medico di bordo e il primo ufficiale Sparky parvero comprendere accigliandosi.
“Siete uomini o codardi?” Li insultò, facendoli imbarazzare per la loro insicurezza “Che questi orchi arrivino o meno non mi importa. Ciò che mi interessa è vendere il bottino e ubriacarmi con il compenso. In questa città di codardi sono troppo preoccupati a vaneggiare di veggenti e streghe per commerciare… ieri è andata bene certo, e forse anche oggi potrebbe, ma voi sapete bene quanto me che la paura è un veleno che incattivisce il rum e rende le donne acide”
Tra la ciurma un vociare d’assenso si alzò piano.
“Davvero volete restare in una città come questa?”
Le facce cruciate degli uomini parevano gridare no.
“C’è un’altra città non controllata a due settimane di viaggio da qui. È un buon porto e dicono che si trovino le più belle donne del reame…” Killian indorò la pillola con un sorriso ammiccante ed un occhiolino che lasciava intendere molte cose.
“Lì potremo finalmente liberarci della robaccia di Sua Maestà, che ci appesantisce la stiva e goderci un po’ di vita vera, lontani da codardi e dicerie. Che ne dite uomini?! Siete con me?!”
La ciurma gridò con forza e alzò le braccia al cielo. Era stato carismatico e convincete, Killian sorrise fiero di se stesso, mentre guardava le facce felici della sua ciurma.
“Capitano… e la donna?”
Maledetto Matthew e la sua scaramanzia. Eppure anche Killian era stato molto indeciso sul da farsi, quindi come dargli torto.
Simulando noncuranza, Killian estrasse da una tasca la scarsella della ragazza. Sospirando come se stesse per spiegare una cosa tanto ovvia da essere inutile da dire, il capitano aprì la piccola fibbia e rivoltò il contenitore verso il basso. Molte monete di bronzo e qualche pezzo d’argento si riversarono sul ponte, spargendosi ovunque.
“Indossava abiti da nobildonna, la porteremo con noi e chissà che non riusciremo ad ottenerle un riscatto… adesso preoccupati di preparare la nave. Salpiamo a mezzogiorno”
Accecati da quel piccolo tesoro, gli uomini si lanciarono a far manbassa, ridendo e imprecando, troppo concentrati ad accalappiare qualche moneta per notare quanto fosse misero quel tesoro per una vera Lady. Solo Sparky se ne tenne fuori e rimase in piedi, a fissare il Capitano che in silenzio tornava sottocoperta.




_______________
Questo per ora è il capitolo che mi convince meno... ma eccoci qui. Da questo cap si dovrebbe capire da quale fiaba proviene la ragazza misteriosa, ovviamente la storia è stata rimaneggiata e pasticciata, ma alcuni elementi dovrebbero dare qualche suggerimento. Da bambina era in assoluto la mia fiaba preferita e mi ha molto rattristato vedere che in OUAT non compariva (ecco da dove viene fuori questa FF XP) spero che qualcuno riesca ad indovinare di chi si tratta ^^
piccolo indizio... nella faba questo personaggio non è una ragazza :3

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Capitolo 5
*** La convalescente ***


La convalescente


Erano salpati da tre giorni. Avevano il vento a favore e la terra era ormai lontana. La notte seguente alla partenza avevano visto la città illuminarsi, non era difficile immaginare cosa fosse successo. Se n’erano andati appena in tempo. Aveva fatto la scelta giusta e gli uomini lo avevano lodato ed avevano brindato in suo onore, eppure Killian si era sentito un codardo e un traditore, come se quella fosse stata la sua città e fosse stato lui a dargli fuoco. Avrebbe voluto dire che questo era il suo unico cruccio, ma il capitano della Jolly Roger era preoccupato per ben altro e le notti passate a dormire per terra non aiutavano. Passava fin troppo tempo a camminare avanti e indietro per la cabina, tormentandosi con insicurezze indegne di un capitano. Aveva mentito ai suoi uomini. Aveva promesso il bottino di un riscatto che sapeva non ci sarebbe stato.
Gli occhi gli caddero sulla ragazza che dormiva nel suo letto e che, giorno dopo giorno, riprendeva lentamente colore.
Certo, non c’era modo per la ciurma di scoprirlo. L’unico ad aver visto la ragazza prima che salisse era il medico di bordo, troppo ubriaco per rendersi conto che quella non poteva essere una nobildonna. Il giorno stesso Killian le aveva dato dei suoi abiti e aveva fatto sparire la veste logora della ragazza dicendo che era distrutta e inservibile, che in effetti era vero. Aveva risparmiato solo quegli stivali ridicolmente alti, che comunque potevano essere suoi visto che erano da uomo. Senza contare che con lo spettacolino che aveva messo in scena il giorno della partenza, li aveva tutti convinti. D’altronde era semplice ammaliare dei pirati con del denaro.
Killan pensava e ripensava alla prossima mossa. Avrebbe potuto mentire sul prezzo guadagnato dalla refurtiva e far tornare un possibile riscatto… Ma c’erano le mani, quelle maledette mani callose da poveraccia. Finché lei restava nascosta nei suoi alloggi nessuno le avrebbe mai notate, ma non poteva tenerla lì per sempre o la ciurma avrebbe iniziato a vociferare.
Due colpi secchi avvisarono Killian di ospiti alla porta, il tempo di un respiro e fu pronto ad accogliere chiunque fosse con un sorriso smagliante.
“Capitano”
Sparky fece il suo ingresso salutando rispettosamente. Con un gesto disinvolto della mano Killian lo invitò a continuare, ma il primo ufficiale non poté fare a meno di domandarsi se quello fosse il posto giusto per una conversazione del genere. A Killian non sfuggì il modo in cui il suo primo ufficiale continuava a guardare la ragazza addormentata nel suo letto, ma cos’altro poteva fare? Non poteva dormire nella stiva con l’equipaggio, non era sicuro per lei ed era ancora troppo debole per potersi alzare.
“Capitano… non posso negare di essere in disaccordo con questa… -Il primo ufficiale fece un cenno del capo verso la ragazza- Questa vostra decisione”
Killian gli sorrise. Sapeva bene che come pirata non aveva la presa sulla ciurma che aveva avuto come primo ufficiale, grazie al potere della marina. Per avere la loro totale fiducie ci sarebbe voluto tempo e che fosse in grado di dimostrare costantemente la sua autorità e capacità. Ce l’avrebbe fatta, ne era certo, ma ci voleva tempo.
“Qual è il problema? Non ti piacciono i soldi?”
Killian sorrideva strafottente, dissimulando una calma che non aveva. Sparky lo guardava di rimando e non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse cambiato in pochi mesi. Conosceva i fratelli Jones da quando Liam era Nostromo e Killian secondo ufficiale. Sparky era più vecchio di loro e sapeva bene che non avrebbe fatto tanta carriera quanta ne avrebbero fatta loro, eppure tra tutti gli ufficiali quei due erano di gran lunga i suoi preferiti. Forse era perché, come lui, non era piccoli lord con titoli fasulli, ma due ragazzi diligenti che si erano guadagnato il titolo scalando tutte le posizioni, o forse perché sapevano cosa voleva dire faticare e premiavano chi se lo meritava. Gli si era spezzato il cuore quando Liam era morto, non c’era stata nessuna gioia per lui nell’accettare il titolo di primo ufficiale dopo quel lutto. Nonostante l’affetto che provava, non aveva ancora deciso se questo nuovo Killin, così avvelenato dall’odio, gli piacesse o meno, certamente era più bugiardo.
“Non mi piacciono quando so che non arriveranno Capitano” Sparky non era uno stupido e non amava essere trattato come tale. Aveva visto bene quel misero bottino e vedeva bene anche quella pelle bruciata dal sole indegna di una vera Lady.
“Senta Capitano, ci conosciamo da tanto tempo e io lo so che non ha avuto il cuore di lasciarla a morire in mezzo ad una strada… Ma questa non è un gatto randagio che può raccogliere e mettere a cacciare topi. È una donna e le donne non devono stare sulle navi.”
Killian scoppiò a ridere, fingendo che Sparky non avesse colto nel segno. Per quanto sapesse bene che il primo ufficiale si sarebbe tenuto per sé quelle considerazioni sui suoi intenti caritatevoli, restava il fatto che avevano una donna sulla nave. I marinai erano superstiziosi e questa non era poi una superstizione stupida. Così tanti uomini su una nave ed una sola donna di bell’aspetto: non poteva finire bene. Non l’avrebbe lasciata a morire in mezzo al mare comunque. Ridacchiando Killian si appoggiò alla scrivania.
“Non posso credere che tu sia un codardo! Credi che una tempesta ci farà affondare per colpa di un bel faccino? Smetti di dire assurdità… hai la mia parola che per un paio di settimane non morirai”
La fronte del primo ufficiale si aggrottò più del solito e la mascella si contrasse, avrebbe voluto ribattere, ma sapeva che sarebbe stato inutile. L’uomo si voltò e afferrò la porta.
“Non potrà tenerla nascosta qui ancora per molto… e il ponte andrebbe lavato più spesso” Il primo ufficiale chiuse la porta alle sue spalle. Era un ottimo consiglio. Sbuffando Killian tirò un calcio leggero sulla sponda del letto, giusto per convincere la ragazza ad aprire gli occhi.
“Hai sentito? Da domai farai la sguattera”
La ragazza fece un cenno di sì con la testa e riaffondò il viso sotto le coperte.
“Fatti rispettare.” Aggiunse Killian preoccupato, prima di lasciare gli alloggi e seguire il primo ufficiale sul ponte.

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Capitolo 6
*** La sguattera ***


La Sguattera


Inginocchiata con le maniche di una vecchia camicia bianca da ufficiale tirata su fino ai gomiti e una spazzola tra le mani la ragazza strofinava con forza il ponte. Il taglio ricucito malamente era stato bendato stretto, ma faceva comunque maledettamente male. Stringendo i denti la ragazza cercava di ignorare il dolore. Da quando era salita sulla nave le avevano chiesto di fare solo questo e l’avrebbe fatto al meglio.
Appoggiati alla balaustra del ponte, a pochi passi dietro di lei, due uomini la fissavano con attenzione.
“Non voglio scansafatiche sulla mia nave! Se non avete niente da fare Matthew sarà felice di aver qualcuno che lo aiuti a pelare le patate”
Il mare era calmo e il vento soffiava nella giusta direzione, stavano viaggiando molto più velocemente di quanto Killian si fosse aspettato. Normalmente in simili condizioni avrebbe lasciato che gli uomini oziassero un po’, ma lo preoccupava vederli tutti così concentrati su quell’unico pezzo di carne e ancora di più lo preoccupava l’idea che potessero rendersi conto che non era una nobildonna.
“Controllavamo Lady Cat, Capitano.” Ghignò Bobby indicando il fondoschiena della ragazza, stretto in un paio di pantaloni bianchi. Killian non poté fare a meno di sorridere, non sapeva a chi fosse venuto in mente quello stupido nomignolo –probabilmente a Sparky- ma gli piaceva e comunque non era affatto un brutto spettacolo.
“Non succede tutti i giorni di vedere una Nobildonna messa a novanta” commentò Shaka, un marinaio scelto. Fortunatamente tra loro erano pochi quelli che avevano visto una vera Lady da vicino e ancora meno quelli che avrebbero saputo distinguerla da una donna qualunque. Gli uomini risero e Killian con loro nonostante quel commento gli avesse lasciato l’amaro in bocca.
A pochi passi da loro lady Cat si mise in ginocchio, asciugandosi la fonte. Lentamente poggiò a terra la spazzola, poi afferrò il secchio e si avviò verso la paratia per svuotarlo. I pirati la seguirono con lo sguardo finché lei non si voltò verso di loro e gli lanciò in faccia l’acqua sporca. Un coro di bestemmie invase il ponte, mentre Killian, che era rimasto fortunatamente o intenzionalmente illeso, scoppiava a ridere.
“Brutta puttana, io ti ammazzo!” Con la voce carica d’ira Shaka le andò in contro. Era alto quaranta centimetri più di lei ed era sicuramente più forte, se Killian non si fosse messo in mezzo gli sarebbe bastato un pugno per ammazzarla. Killian però fu lento, neanche lui si aspettava una reazione del genere. Il secchio tra le mani di Cat, al contrario fu veloce e colpì Shaka alla tempia abbastanza forte da farlo cadere a terra. Killian scoppiò a ridere, cercando di sdrammatizzare tese una mano a Shaka.
“Farsi atterrare così da una piccola Lady…” Killian scosse il capo fintamente rassegnato “Che ti serva di lezione Shaka. Non si allungano le mani sulla roba del tuo Capitano”
Non era un segreto che la ragazza dormisse nella cabina del capitano, la ciurma aveva già vociferato molto sulla cosa. Shaka sorrise di rimando, accettò l’aiuto del capitano anche se non ne avrebbe avuto bisogno e toccandosi la tempia guardò la ragazza. Era piccola di stazza anche per una donna. Aveva i capelli scompigliati e ansimava, ma teneva il secchio stretto forte tra le dita e lo guardava con odio. Non era tanto stupida da pensare che un altro colpo del genere sarebbe andato a segno, ma non aveva molta scelta. Shaka non poté fare a meno di mettersi a ridere guardandola, sembrava un cucciolo arrabbiato.
“Bel colpo Gattina! Ma i vestiti me li lavi maledetta”
Su una nave pirata battibecchi di quel tipo erano all’ordine del giorno ed erano davvero in pochi a prenderli sul serio. Lady Cat si voltò verso il Capitano con lo sguardo sospettoso di chi sa che non riceverà aiuto, lui si strinse nelle spalle.
“Quel che è giusto è giusto” Killian le sorrise inclinando la testa di lato. Sulle navi ognuno aveva un ruolo e una parte da recitare, non se la stava cavando male Lady Cat, come ragazza non doveva permettere che pensassero fosse debole, ma restava un mozzo e i mozzi lavano e puliscono.
“Prima il ponte però”
 
La sua prima giornata da mozzo finì con un tramonto incandescente, che la incupì ancora di più. Quella luce rossa, che si specchiava nel mare, sembrava lì apposta per rimarcare la morte dei suoi cari, per non farle dimenticare il colore dell’incantatore che li aveva uccisi. Non aveva bisogno di un tramonto per ricordare. Pensava a quella notte in ogni singolo momento. L’aveva rivissuta mille volte e ogni volta trovava un diverso errore che aveva fatto. Era stata debole. Non aveva potuto fare niente e si odiava per questo. Odiava se stessa quanto odiava l’orco che li aveva uccisi e allo stesso modo odiava quella nave e tutti i suoi pirati, anche se sapeva che non avevano colpe. Nonostante avesse voglia di gridare in faccia a quegli stupidi marinai che la fissavano come fosse l’unica donna al mondo, non era riuscita a spiccicare parola tutto il giorno. Aveva paura a parlare. Sentiva che se avesse aperto la bocca sarebbe riuscita soltanto a gridare o a scoppiare a piangere. Quindi, nonostante Bobby credendosi divertente continuasse a chiederle se il gatto le avesse mangiato la lingua, lei tenne i denti stretti e non proferì parola.
Dopo una cena silenziosa in cui finse di non sentire i commenti degli uomini attorno a lei e quasi accoltellò la mano di un idiota che credeva di poterle rubare il pane, Lady Cat si rintanò nella cabina del Capitano, sperando che lì ci fosse ancora un posticino per lei. Killian la raggiunse qualche ora dopo. Nonostante di norma gli ufficiali non fraternizzassero con la ciurma e cenassero nella cabina del capitano, Killian si era sempre sentito più a suo agio con loro che con i piccoli Lord, tanto che già dal primo viaggio della Pegaso la sua presenza era diventata un punto fisso durante la cena. Non era semplice fraternizzare e mantenere una ferrea gerarchia, fortunatamente la natura aveva donato a Killian un carisma innato e lui avendo passato la vita tra gente burbera e di malaffare, quindi sapeva bene come farsi rispettare. Normalmente avrebbe lascito gli uomini molto prima, ma dopo giorni di calma e noia come quelli –in cui gli uomini avevano il tempo per spettegolare- era meglio accertarsi che il morale della ciurma fosse alto e il vento soffiasse a suo favore. Tornò il cabina a notte inoltrata e con l’allegria del rum in corpo. Quando entrò e vide la finta Lady rannicchiata sotto ad una coperta, a terra in un angolo che dormiva, Killian si sentì sollevato. Era certo che si fosse diretta lì dal momento in cui l’aveva vista uscire, ma una conferma era sempre cosa gradita. Si inginocchiò accanto a lei e fece per prenderla in braccio, ma appena la toccò lei si svegliò di soprassalto. La ragazza aveva uno sguardo allarmato e tremava, non era difficile immaginare cosa stesse sognando, non per Killian che sapeva bene cosa significava perdere la propria famiglia.
Con la voce impastata dal sonno e uno sguardo confuso lei lo guardò senza ritrarsi.
“Che fai?”
Subito la ragazza si portò una mano alle lebbra, incredula del suono della propria voce. Era strano, eppure ora che erano solo loro due, parlare le era facile.
Killian sorrise lanciandole quello che un tempo sarebbe sembrato uno sguardo gentile, ma che ora, con quella linea nera negli occhi e quegli abiti scuri, aveva un sapore malizioso.
“Non dovresti dormire a terra con quelle ferite dolcezza. Non vorrai mica ammalarti prima di aver lavato gli abiti di Shaka?”
Con un po’ d’alcol in corpo e le risate della ciurma ancora nelle orecchie, Killian si sentiva più leggero e meno preoccupato di quale fosse il comportamento più corretto da tenere. Tra la febbre e il sonno, Lady Cat l’aveva sentito parlare spesso in quei giorni e per quanto fosse stordita dal dolore e dalle ferite, aveva cercato di studiarlo. Si era fatta un idea abbastanza precisa di lui. Era un uomo misurato e ben educato, costantemente preoccupato e bravo a fare la doppia faccia, non era un uomo malvagio, ma stava seriamente provando a diventarlo. Ora inginocchiato accanto a lei, le sembrò diverso, più sfacciato, impertinente e rilassato. L’aveva notato già da parecchio tempo, ma guardandolo da tanto vicino era innegabile che avesse un bellissimo sorriso, era radioso e ti faceva venir voglia di ricambiare. Corrugando la fronte per non dargliela vinta e sorridere con lui, la ragazza si strinse la coperta addosso, facendo chiaramente capire che non intendeva muoversi da lì.
“Che si fotta Shaka”
Lo disse in maniera scontrosa, anche se in realtà era felice di potersi rendere utile e se voleva dormire a terra era solo per non essere di peso all’uomo che l’aveva salvata, all’unico uomo che non odiava.
Killian rise alzandosi in piedi, forse avrebbe voluto insistere di più, ma con tutta l’ansia che aveva accumulato, non riuscì a resistere al richiamo del comodo letto.
“Come vuoi allora”
Non si tolse nemmeno le scarpe. Si lasciò cadere così, ancora vestito sul materasso. L’indomani i sui abiti sarebbero stati sgualciti e poco presentabili, ma per la prima volta la cosa gli parve ridicola e senza valore. Lady Cat dal pavimento lo fissava con quei suoi grandi occhi verdi sospettosi. Sorridendo Killian pensò che quel soprannome era proprio adatto a lei. L’aveva tenuta d’occhio quel giorno, così si era fatto un’idea di che tipo di ragazza fosse ed in effetti somigliava davvero molto ad un randagio. Con quelle gentilezze -come far attenzione a non lavarlo e intestardirsi a dormire a terra- nascoste da modi burberi, con quello sguardo diffidente e quel modo di andarsene in giro orgogliosa in un paio gli stretti pantaloni infilati negli stivali alti da uomo, aveva un che di affascinate. Mentre scivolava nel sonno, per la mente gli passò un’idea strana. Per un attimo pensò che forse si sarebbe potuto innamorare di una ragazza così, ma non adesso, non ora che desiderava solo la vendetta.

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Una strizzzatina d'occhio finalle a chi (come me) ama la coppia EmmaXKillian XD Nonostante le poche recensioni vedo che a leggere sono molti quindi grazie mille per questo ^^ Buona lettura ^^

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Capitolo 7
*** Nina ***


Nina


Era nuovamente una bella mattinata. Lady Cat Stava pelando patate nella stiva, gli uomini erano tranquilli e sembrava avessero smesso di parlare della ragazza. Avevano impiegato tre giorni ad abituarsi alla nuova sguattera, molto meno di quanto Killian avesse previsto. Se il vento avesse continuato a soffiare in suo favore, probabilmente si sarebbe trovato coi piedi a terra e quella storia alle spalle, in meno di una settimana. Forse era per via del fatto che aveva potuto prendere nuovamente possesso del suo letto, ma sicuramente era da molto tempo che non si sentiva così rilassato. Killian inspirò profondamente l’aria di mare e si perse a guardare l’orizzonte e per un istante la pace prese il sopravvento e riuscì a dimenticare il dolore sordo che gli attanagliava il cuore. Davanti a lui c’era il mare aperto, un infinita distesa blu che avrebbe potuto rivaleggiare con quel cielo limpido in magnificenza, se non fosse stato per quel puntino nero che vedeva in lontananza. Infastidito da quella macchietta che minacciava di rovinare quel momento perfetto, strinse gli occhi e acuì la vista, cercando di capire cosa fosse.
“Josh!”
Killian alzò la testa e si voltò verso la vedetta appollaiata sull’albero maestro. Il ragazzo si sporse per incontrare lo sguardo del suo Capitano, lo trovò contrariato.
“Venti gradi a tribordo! Dimmi cosa vedo!”
Josh afferrò il cannocchiale e si precipitò a controllare ciò che già aveva visto, ma aveva preferito tacere. Era una bella giornata ed era da molto che non viaggiavano tanto tranquilli, il ragazzo non era come molti degli altri marinai, a lui non sarebbe piaciuto quello che quella nave preannunciava.
“Una Caravella signore, ma si allontana, va verso il mare aperto!”
Sentendoli gridare la ciurma iniziò ad affollarsi attorno a loro incuriosita. Tra loro Sparky, accigliato guardava il Capitano, purtroppo aveva già capito cosa stava per accadere.
“Che vessillo sventola?”
Sparky digrignò i denti, sapeva bene che quella domanda sarebbe arrivata e non poteva dire di non temerne la risposta. Anche la giovane vedetta parve riluttante, ma non potendo fare altro rispose.
“La bandiera di quel cane del Re, Capitano! Sulla fiancata leggo Nina
Non ci fu bisogno di specificare quale re, a tutti fu chiaro di chi si trattasse. Killian sorrise, c’era una luce scura nei suoi occhi. Prevedendo cosa sarebbe accaduto, il primo ufficiale si fece largo tra gli uomini e afferrò per un braccio il suo capitano. Nonostante volesse sembrare ragionevole, la voce dell’anziano marinaio risultò supplichevole e incerta.
“Abbiamo ancora mezza stiva piena e va in un'altra direzione, ammesso che riuscissimo a raggiungerla ci porterebbe fuori rotta.”
Killian non ascoltava, guardava la nave allontanarsi e sogghignava. C’era una parte di lui che sapeva cosa sarebbe stato meglio fare, era un rischio insensato, persino un pirata non ingaggiava battagli per nulla e nessuno avrebbe avuto da ridire se avessero tirato avanti, ma Killian non finse nemmeno di prendere in considerazione l’alternativa. Non gli importava di mettere in pericolo il carico, né del viaggio, l’unica cosa che voleva era veder colare a picco ogni singola imbarcazione del suo vecchio Re, fino a mandarlo in miseria. Non era per l’oro che aveva tradito il suo re, era per la vendetta, era per quell’istante di piacere che provava quando passava a fil di spada un marinaio di sua Maestà, era per quel momento sublime in cui sentiva il dolore scomparire e dimenticava che sarebbe tornato a pulsare un istante dopo, con maggiore forza.
“Non preoccuparti, anche a pieno carico, non c’è nave più veloce della Jolly Roger. Uomini! Prepararsi all’arrembaggio. Timoniere…” Sparky, lo strinse più forte, per trattenerlo.
“Capitano, non sappiamo nemmeno cosa porta. Potrebbe aver la stiva vuota”
Gettarsi in un’impresa del genere aveva più rischi che benefici. Un arrembaggio significavano danni alla Jolly Roger e quindi spese, in previsione di un bottino che non c’era. Economicamente si prospettava un disastro. Killian spezzò la presa e lo guardò con odio, come avrebbe guardato un marinaio di Sua Maestà, o peggio un traditore.
“Allora avrà i forzieri pieni dei guadagni del suo carico. Ora chiudi la bocca e fa il tuo lavoro Primo Ufficiale o lo prenderò per un ammutinamento e ti troverai con la gola tegliata prima di poter protestare”
Sparky digrignò i denti e chiuse la bocca. Non aveva dubbi che il suo capitano avrebbe mantenuto la promessa. In momenti come quelli l’uomo rimpiangeva amaramente il ragazzo ligio al dovere e alla giustizia che si era trasformato in quell’uomo assetato di vendetta che era il suo Capitano. Il primo ufficiale si ritirò mestamente, non c’era nulla che potesse dire per farlo rinsavire, in quei momenti Killian ascoltava solo il suo odio.
Killian si voltò e iniziò a gridare ordini per l’inseguimento, avrebbero impiegato almeno mezza giornata a raggiungere la Nina, ma avrebbe affondato quella nave, a qualunque costo.
 
Lady Cat era seduta a terra e stava pelando l’ennesima patata, quando Shaka fece irruzione nella cucina fissandole gli occhi addosso. La ragazza sorrise vedendolo. Pelare patate le metteva allegria perché poteva tenere in mano un coltello e non mancò di farlo notare all’omone, alzando la lama verso di lui. Shaka rise forte, non era un uomo che si faceva spaventare.
“Fai bene a sfoderare gli artigli, oggi ci sarà un arrembaggio. Tutti sul ponte per ordine del Capitano!” Shaka gridò, poi girò le spalle e corse fuori. La ragazza rimase immobile a bocca aperta, a fissare il punto dove fino ad un momento prima c’era stato un pirata. Non poteva essere vero. Non poteva intendere anche lei. Si presumeva che fosse una Lady non una piratessa, non l’avrebbero coinvolta o messa a rischio in quel modo. Decise che non si sarebbe mossa da lì, che sarebbe rimasta in cucina a pelare patate finché quell’assurdità non si fosse conclusa, purtroppo il cuoco l’afferrò per il braccio ferito e la tirò in piedi, senza che lei potesse opporsi.
“Il capitano ha detto tutti sul ponte, quindi noi andremo tutti sul ponte.” Matthew la spinse verso l’uscita e ancora stingendo in pugno il coltello, lei fece quello che le era stato chiesto.
Quando arrivarono notò con disappunto che tutto era già stato deciso. Con gli occhi cercò Killian, ma lui era totalmente concentrato a sentire i calcolo dei nodi e l’indirizzo della Nina e non la notò nemmeno. Al contrario Bobby la notò.
“Combatti anche tu, vero Lady?”
La ragazza fece qualche passo indietro, era ovvio che la stesse prendendo in giro, ma la cosa non prometteva bene. A denti stretti forzò le parole ad uscirle.
“Se volete che muoia e così perdere i soldi del riscatto, combatterò volentieri”
Alle sue spalle sentì ridere forte. Shaka dietro di lei si era tolto la maglietta, mettendo in mostra il corpo tatuato e si stava segnando il viso con lunghe strisce nere. Se lo faceva per sembrare più spaventoso non era necessario, anche senza la pittura restava una massa enorme di muscoli.
“In effetti sono proprio curioso di vedere come se la cava la piccola Lady con una spada, visto che col secchio combatti piuttosto bene”
C’era un che di maligno nella sua voce, se nella mente della ragazza era passata l’idea di riuscire a starne fuori, quel tono malvagio gliel’aveva fatta passare. Decise che appena si fosse scatenato il caos sarebbe scappata sotto coperta e ci sarebbe rimasta. D’altra parte non potevano obbligarla a combattere per loro.
“E vedi di fare un bel lavoro, o potremmo decidere di chiuderti in un sacco e buttarti in mare, come si fa coi cuccioli”
Bobby le lanciò una spada, tra le risate generali. Shaka e Bobby non l’avevano mai perdonata per averli lavati quella mattina sul ponte, l’avrebbero tenuta d’occhio, questo era chiaro. La ragazza strinse la spada forte tra le mai. Potevano eccome costringerla a combattere.



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immagino si sia capito che adesso si apre una parentesi piratesca di qualche capitolo... Non sono bravissima a scrivere le scene d'azione, ma mi diverte tantissimo farlo quindi spero che mi sopporterete e se avrete voglia di darmi qualche parere (anche molto critico) in modo da farmi capire cosa non funziona sarei molto molto felice ^^ Buona lettura e grazie a tutti ^^

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Capitolo 8
*** La Piratessa ***


La Piratessa



La Nina era veloce, aveva uno scafo sottile e guardando l’altezza con cui affondava nell’acqua, Killian era certo che avessero la stiva vuota. Lo scafo della Jolly Roger fendeva l’acqua alzando le onde accanto a se e nel farlo affondava profondamene nel mare, erano pesanti. Se la stiva fosse stata vuota avrebbero raggiunto la Nina in una manciata di minuti, ma così ci sarebbe voluto tempo. Killian afferrò il cannocchiale, cercando di combattere l’impazienza. La caravella non era una nave da guerra, ma aveva dei cannoni, tre per lato, sul ponte avversario poteva vedere l’equipaggio agitarsi. Gli uomini imbarcati erano molti, ma non abbastanza perché fossero la scorta di un uomo di prestigio. Per quanto ci pensasse, Killian non riusciva a capire perché quella nave fosse a largo, ma in fondo non importava, ormai era solo questione di tempo, erano riusciti ad entrarle in scia. La Jolly Roger era perfettamente dietro alla Nina. Dal ponte Killian riusciva a vedere le vele gonfie della nave che li precedeva, ma sapeva che non sarebbero state così per molto, le vele della Jolly Roger erano più grandi e sarebbero riuscite a far un uso migliore del vento che le riempiva. Attorno a lui i suoi uomini si muovevano con efficienza, erano marinai esperti e lui era stato chiaro quando pochi minuti prima aveva impartito gli ordini e definito la strategia, nonostante questo da buon Primo Ufficiale, Sparky si aggirava tra la ciurma inveendo e ripetendo le direttive.
Quando aveva dato l’annuncio della battaglia, Killian aveva visto negli occhi di alcuni degli uomini incertezza, ma sapeva che non lo avrebbero deluso, non ora che sbagliare voleva dire morire o peggio, essere catturati e finire sulla forca.
La voce di Bobby tuonò, avvisandolo della velocità, con un rapido calcolo mentale Killian stimò quanto li divideva, prima ancora di aver terminato il calcolo rialzò il cannocchiale, la Nina stava perdendo velocità. La stavano lasciando senza fiato, o forse il capitano aveva capito che non avevano speranze ed era pronto a ingaggiare. Killian inspirò profondamente cercando di non farsi accecare dalla smania di battaglia e portò il cannocchiale sul timoniere.
Il Capitano della Nina ormai sapeva di non poter fuggire, l’unica cosa sensata che gli restava de fare era virare e mostrare il fianco, portando la Jolly Roger nella traiettoria dei cannoni. La nave pirata era un’imbarcazione da battaglia, era veloce e ben fornita e Killian l’amava, non avrebbe permesso che quei bastardi la scalfissero. Il Timoniere della Nina si mosse.
“Dickens viriamo! Mostriamole il fianco!” Il timoniere sapeva cosa fare, non era la prima volta che compivano quella manovra e il Capitano era stato molto più che chiaro nel ripetergli quale fosse il suo compito. Il primo ufficiale ripeté l’ordine più forte perché tutti nella ciurma lo sentissero e rincarò la dose per accertassi che ogni uomo fosse al suo posto e facesse il suo dovere. La Jolly Roger piegò compiendo una virata perfetta, stretta e pulita, molto più rapida di quella della Nina, che ora era nella traiettoria dei cannoni. Killian sorrise mentre dava finalmente l’ordine.
“Mirate ai cannoni! Fuoco alle polveri!”
I cannoni della Jolly Roger tuonarono. Non c’era troppa possibilità di mirare con armi simili, ma i pirati sapevano come massimizzarle, conoscevano bene quelle armi ormai e ancor meglio sapevano che bastava l’inclinazione di pochi gradi a far la differenza tra un colpo ben assestato e un buco nell’acqua. Il legno della Nina esplose in mille pezzi, le schegge volarono tra la ciurma ed un uomo cadde in mare, sotto agli occhi spietati di Killian. Una parte della paratia crollò, portando con se un cannone tra le grida esultanti dei pirati.
“Non è finita, preparate i cannoni!” Il Capitano li rimbeccò duramente avrebbe voluto festeggiare con loro, ma non era cieco, vedeva bene il movimento sulla Nina, avevano terminato la virata e si stavano preparando a fare fuoco.
“Timoniere, correggi la rotta!” Dickens ruotò il timone prontamente, non era necessario che gli venissero comunicati i gradi, la Nina era proprio accanto a loro ed era il momento d’affiancarla. Uno dei cannoni della Nina esplose un colpo, l’altro tacque. La palla di cannone colpì la prua, portando via la polena della Jolly Roger. Guardando l’ariete esplodere Killian si trattenne dallo scoppiare a ridere, sulla Nina la ciurma non sapeva cosa fare, erano palesemente scoordinati, sarebbe stata una vittoria semplice.
“Cosa aspettate incapaci? Rispondete al fuoco!” I pirati non esitarono, si rialzarono dai nascondigli improvvisati in cui si erano rintanati e ritornarono in posizione.
“Fuoco alle polveri!” Al suo ordine le micce vennero accese ed Killian provò un moto d’orgoglio sentendo i cannoni tuonare all’unisono. Le due navi erano ormai in rotta di collisione e si stavano avvicinando rapidamente, senza la prua intatta, l’impatto avrebbe aggravato la condizione della Jolly Roger, ma era un rischio che valeva la pena correre.
“Lasciate i cannoni! Prepararsi all’arrembaggio” Gli uomini si mossero e Killian con loro. Sarebbe stato il primo a saltare la paratie e a calpestare il ponte della Nina, sarebbe stato il primo a versare del sangue.
 
Shaka l’aveva tenuta accanto a sé per tutti il tempo, controllando ogni suo movimento e accertandosi che non se la svignasse o non parlasse col capitano. Era stato bravo, tanto che ora la ragazza si trovava inginocchiata accanto a lui, aspettando il segnale per issare la passerella che l’avrebbe condotta sull’altro scafo. A denti stretti si ripromise che gliel’avrebbe fatta pagare, ma non ora, adesso doveva evitare di farsi ammazzare da un marinaio o da un pirata. I moschetti esplosero dei colpi, le pallottole saettarono sopra le loro teste e si conficcarono nel legno. L’aria era densa dell’odore della polvere da sparo e impregnata delle esplosioni delle armi da fuoco, dello scoccare delle balestre e delle urla provenienti dalla Nina. Il legno sotto di loro venne percosso e tutti capirono che avevano speronato la Nina. Qualcuno gridò, ma nessuno si mosse. Passarono lunghi istanti, mentre le due imbarcazioni si allineavano.
“ORA”
La ragazza non riconobbe la voce, ma Shaka parve essere convinto e si tirò su rapidamente, fissando da solo la passerella sulla balaustra. Ancora nascosta dietro al suo riparo lei lo guardò salire sulla passerella, implorando dio che quell’ammasso di muscoli perso dall’eccitazione per la lotta si dimenticasse di lei. Al contrario lui si voltò e ghignando l’afferrò e la costrinse a seguirlo sull’asse. Provò a lottare, ma presa dal panico, non pensò alla spada che stringeva in pugno, al contrario provò a colpirlo con un cazzotto. Il pugno chiuso sull’elsa colpì il petto dell’uomo, con l’unico risultato di farle perdere l’equilibrio. La presa di Shaka fu l’unica cosa che le impedì di finire in mare. Traballando la ragazza riprese l’equilibrio sull’asse sospesa tra le due navi.
“Se hai fretta di gettarti in mare, sarò felice di aiutarti” Shaka la lasciò andare ridendo e per un attimo lei rispose a quel sorriso, se quel gigante pensava che avesse bisogno del suo aiuto per reggersi in piedi si sbagliava. Lady Cat fece un rapido salto indietro e lanciò un occhiata alla Jolly Roger, non c’era nessuno ad ostacolate il suo ritorno. Quell’occhiata distratta bastò a Shaka per afferrarla per i fianchi, la ragazza si agitò scalciando, ma per quanto forte lo colpì non riuscì ad impedire che lui l’alzasse e la lanciasse. Non ebbe il tempo nemmeno per maledire il pirata, l’unica cosa che riuscì a pensare fu una mezza preghiera rivolta al mare, se fosse stato clemente non sarebbe stato pieno di pescecani. L’impatto fu tremendo, le strappò un grido e perse la spada, ancora peggio però fu la consapevolezza di non essere affondata in acqua, ma d’aver colpito il legno. Era finita sulla Nina. Istintivamente si rannicchiò su se stessa afferrandosi il fianco ferito. I punti non sembravano essersi strappati, almeno di quello fu grata.
“In piedi! In piedi!”
La spronò il pirata, che l’aveva già raggiunta. Gemendo e facendo forza sulle braccia lei si costrinse ad ignorare il dolore ed alzarsi. Non era stata la prima ad arrivare sulla nave, la battaglia era ovunque attorno a lei. Gli spari erano terminati, ma il clangore delle spade era assordante. Ancora insicura sui suoi passi cercò di tornare sulla Jolly Roger, ma vide un pirata lanciarsi con una cima e venirle incontro. Fece appena in tempo a spostarsi. Josh atterrò in piedi accanto a lei e con uno strattone la spostò da parte e si gettò nella mischia. Non poteva essere realmente definito un combattimento quello. I marinai della Nina erano terrorizzati, a malapena si difendevano e come dargli torto? Guardandoli da quella parte, con i volti dipinti e le spada sguainate, mentre si lanciavano gridando da una nave all’altra, i pirati più che uomini sembravano demoni.
Sentì lo schiocco di una balestra giusto in tempo per voltarsi e vedere un freccia passarle accanto. Aveva decisamente cantato vittoria troppo presto. Il marinaio tremante, le lanciò l’arma scarica addosso, forse per distrarla, lei l’afferrò al volo, solo per vedere la spada dell’uomo brillare e calarle addosso. Istintivamente alzò la balestra per proteggersi e fu fortunata. La lama cozzò contro la balestra e rimbalzò indietro. Il ventre dell’uomo si squarciò e fece posto alla luccicante lama di un pirata. Shaka aveva trafitto il suo assalitore alle spalle e ora rideva, guardando la faccia esterrefatta della ragazza. Non durò che un istante quel momento, poi il pirta si voltò e si lanciò nuovamente nella mischia. Incazzata e spaventata la ragazza gli inveì contro con tutto il fiato che aveva in gola.
“Shaka! Bastardo! Torna qui”
Il marinaio che aveva tentato di ucciderla vomitava sangue ai suoi piedi, allungando le mani verso la ferita aperta, ma lei lo degnò a malapena di uno sguardo, al contrario si concentrò sulla piccola faretra che portava addosso. Senza gentilezza gliela tolse e afferrò una freccia. Tenendo l’arma ferma con un piede, tirò con tutta la forza che aveva la corda della balestra per posizionarla sul perno, come aveva visto fare ai cacciatori e armeggiò qualche secondo con la freccia finché non capì come si incastrava. L’avrebbe conficcata nella schiena di quel bastardo di Shaka, se solo fosse riuscita a trovarlo. Nella sua ricerca intravide un pastrano nero che scompariva sottocoperta, attraverso all’incavo lasciato da una porta divelta. Con tutta probabilità i marinai avevano provato a nascondersi sottocoperta ed ora si trovavano intrappolati lì sotto, mentre il Capitano della Jolly Roger avanzava. Un brivido le percorse la schiena a quell’idea, anche se l’aveva visto lanciarsi sottocoperta non riusciva ad immaginare che Killian potesse essere un assassino. Aguzzò la vista, tentando di scorgerlo, ma prima che lo vedesse, un’altra lama le venne incontro. Un marinaio provò a colpirla, ma prima che potesse arrivare a lei, le dita le caddero sul grilletto e la freccia si conficcò nel collo dell’uomo. Non aveva mirato lì, non aveva mirato affatto, ma comunque l’uomo cadde a terra con le mani alla gola e lei prese dalla faretra un’altra freccia. Sarebbe dovuta essere terrorizzata o sotto shock per colpa del sangue e della morte che aveva attorno, che lei stessa stava causando. Sarebbe dovuta essere sconvolta come lo era stata quel giorno al mulino, ma dentro di sé provava solo un’immensa rabbia. La corda era tirata e la freccia pronta, così si mise a correre tra la gente, cercando quel bastardo di Shaka. Erano in pochi i marinai ancora in piedi quando una voce imperiosa gridò “Ci arrendiamo!”
Con le mani alzate un uomo di mezza età che vestiva gli abiti del capitano si fece avanti, alle sue spalle l’ombra di Killian Jones lo seguiva da vicino pungolando la schiena dell’uomo con la spada. I marinai fecero cadere le armi a terra.
Era finita.
Con la balestra ancora in pugno la ragazza si guardò attorno spaesata. Il tutto non era durato che una manciata di minuti, interminabili, orribili minuti di follia e poi era terminato d’improvviso, come se bastassero due parole a mettere fine alla violenza. Non era possibile, non poteva bastare così poco, non poteva essere finita. Eppure attorno a lei nessuno stava più combattendo.
“Lady Cat! Ma sei viva!” la schernì Shaka andandole incontro.
Lei lo guardò con gli occhi sgranati. Un attimo prima lui l’aveva buttata sul ponte opposto, mentre attorno a loro degli uomini si lanciavano per diventare degli assassini, c’erano state grida e il cozzare delle spade, dov’erano finiti adesso? Con un profondo respiro la ragazza cercò di sentire ancora quei suoni. L’uomo che aveva colpito alla gola stava ancora agonizzando sul ponte e altre voci imploravano misericordia. No, non era finita. La ragazza puntò la balestra verso Shaka e l’uomo di risposta alzò le mai, sorridendo, come davanti ad uno scherzo. Lei si guardò rapidamente attorno, la ciurma di pirati li fissava divertita. Se l’avesse ucciso non sarebbe finita bene, lo sapevano entrambi. Digrignando i denti per la rabbia e la frustrazione, la ragazza abbassò la balestra e schiacciò il grilletto. Fu un istante, la corda scattò e la freccia squarciò la gamba dell’uomo all’altezza del polpaccio. L’istante dopo Shaka era inginocchiato sul ponte e si teneva la gamba. Due uomini erano accorsi per fermarla, Bobby l’aveva disarmata mentre Dickens le torceva il braccio dietro alla schiena. Imprecando per il dolore Shaka si alzò in piedi e le andò in contro. Lei non gli aveva fatto che poco più di un graffio, ma di sicuro il pirata non lo aveva gradito. La ragazza strinse i denti, preparandosi a incassare un pugno in faccia. Ghignando maligno lui le prese il viso in una mano e alzò l’altra minaccioso.
“Il Capitano Jones direbbe: quel che è giusto è giusto. Ora siamo pari gattina”
Ridendo gli uomini la lasciarono andare e nuovamente lei si trovò sgomenta. Shaka non sembrava nemmeno arrabbiato. C’era della logica in tutto questo, doveva ammetterlo, era come se con quella freccia lei fosse stata ripagata del volo che Shaka le aveva fatto fare ed in effetti, ora che l’aveva colpito non si sentiva più incazzata quanto prima. Con gli occhi ancora sgranati, si accorse che forse stava iniziando a capire che c’era un certo tipo di giustizia sulle navi pirata e che per quanto contorta e malsana fosse, a suo modo funzionava. Eppure non poteva smettere di pensare che quello era un mondo assurdo. Mentre si lasciava cadere a terra incrociò lo sguardo del capitano della Nina in piedi dall’altra parte del ponte, la stava fissando con gli occhi sgranati e il viso bianco. A quell’uomo doveva essere sembrata una pazza ad attaccare da sola un pirata, quando lui, con un equipaggio al fianco, si era arreso pur di non morire. L’idea la fece scoppiare a ridere. Forse era davvero folle, molto più che quegli uomini con le facce dipinte che sfidavano la morte in mare e si lanciavano in guerre che duravano pochi minuti, come se tutto questo fosse normale.



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Mi rendo conto che i capitoli si allungano di volta in volta, ma non vi abituate troppo ^^' questo è decisamente il più lungo, dal prossimo torneranno cortini... In realtà avrei potuto spezzarlo in due, ma mi piaceva l'idea di tenere tutta l'azione assieme. Grazie a chi legge e a chi avrà voglia di dirmi che ne pensa :D

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Capitolo 9
*** Il gatto a nove code ***


Il Gatto a nove code*


La Nina e la Jolly Roger erano una affianco all’altra, tenute assieme da un groviglio di cime e rampini e con le vele ammainate, andavano lentamente alla deriva. Gli uomini della marina di Sua Maestà erano stati legati e abbandonati sul ponte della Nina, in mezzo ai corpi dei loro compagni caduti. Non era rimasto nessuno a controllarli.
“Bastano i cadaveri a fargli capire che devono starsene buoni” aveva commentato il capitano Jones, mentre tornava trionfante sulla Jolly Roger. Senza nemmeno togliersi il sangue dalle mani, Killian rimase in piedi a fissare la sfilata dei suoi uomini, che lentamente passavano da un ponte all’altro, portandosi dietro il capitano della Nina. Con sguardo tronfio li stava controllando per assicurarsi che fossero ancora tutti vivi e in buono stato. Ad un primo sguardo sembravano essere stati fortunati e il rapporto del Primo Ufficiale glielo confermò. A parte qualche ferita e un osso rotto, la sua ciurma era integra. Killian sorrise, sempre più orgoglioso di sé stesso. Certamente l’equipaggio della Nina non era il migliore, ma restava il fatto che da quando avevano iniziato, quello era stato l’arrembaggio meglio riuscito.
“Bobby e Thomson sono giù nella stiva a cercare il carico” Killian fece distrattamente cenno di sì con la testa, mentre esaminava attentamente il capitano della Nina. Quell’uomo sembrava essere l’incarnazione della nobiltà. Nonostante l’età aveva ancora la schiena ben dritta e lo sguardo sdegnato di chi sa bene d’essere migliore di coloro che lo circondano. Sparky non gli diede il tempo di indagare e balbettando lo riportò alle sue priorità.
“E… Signore… Non so se l’avete notato, ma Lady Cat ha combattuto con l’equipaggio…”
Killian si voltò di scatto verso Sparky che con la testa bassa cercava di non incrociare il suo sguardo. Non c’era bisogno che lo vedesse per sapere che era furioso. Preso dalla frenesia Killian si era dimenticato di lei, ma i prigionieri dovevano restare legati sottocoperta durante un arrembaggio, non c’era bisogno che lo ordinasse, era una cosa dannatamente ovvia. Prima che il suo capitano potesse iniziare a inveirgli contro, Sparky continuò.
“Gli uomini dicono che è stata un’idea di Shaka e… e dicono anche che la ragazza ha ucciso un uomo e piantato una freccia nella gamba a Shaka… e sta bene quindi…”
Sparky si strinse nelle spalle, come a lasciare intendere che era tutto a posto, cercando di sembrare meno nervoso. Avevano rischiato di far ammazzare la ragazza che da una settimana dormiva nella cabina del capitano, contravvenendo ad una regola di comportamento e ad ogni buon senso. Il Primo ufficiale della Pegaso, fissato con le regole e l’etichetta, sarebbe stato furibondo, ma il Capitano della Jolly Roger non poteva dimostrare attaccamento ad una prigioniera. Con la mascella contratta e lo sguardo pieno d’ira, Killian diede le spalle a Sparky e sorrise salutando il capitano della Nina con un cenno del capo, mentre andava incontro ai suoi uomini. Prima di raggiungere quello che sembrava un anziano Lord, il capitano pirata si fermò a complimentarsi con la ciurma per l’ottimo lavoro, cercando di frenare la voglia di gridare. Diede una pacca sulla spalla a Josh e ridendo lasciò che il ragazzo gli mostrasse il gatto a nove code che aveva rubato al nostromo della Nina. Ogni nave della marina normalmente aveva un oggetto del genere, con la funzione di punire chi si ribellava al volere del capitano, da ragazzino Killian ne aveva assaggiato spesso i colpi. Forse anche per questo Liam aveva sempre rifiutato di portarsene uno appresso. Aveva etichettato quell’oggetto come “inutile zavorra” e l’aveva volutamente dimenticato ad ogni viaggio, comunque non ce n’era mai stato bisogno. Il mondo era sempre stato semplice agli occhi di Liam: un capitano che non riusciva a tenere a bada i suoi uomini, non era un buon capitano e lui era un buon capitano. Senza contare che le punizioni corporali incattivivano l’equipaggio e abbassavano il morale.
Stava soppesando l’arma quando Shaka arrivò a salutarlo. Il pirata rideva, vantandosi di come aveva ucciso un uomo dopo l’altro. Killian lo ascoltava sorridendo, senza riuscire a smettere di pensare che quel sorriso era finto, che quell’uomo gli aveva volutamente mentito. Il gatto a nove code pesava più di quanto sembrasse e le dita erano viscide di sangue, tanto che Killian fu costretto a serrare la mano per non far cadere l’arma.
“Mi è giunta voce che anche Lady Cat si è fatta valere in battaglia”
Shaka scoppiò a ridere e facendo cenno di sì, prese il polpaccio tra le mani, mostrando il taglio orgogliosamente. Sotto le dita di Killian il cuoio del manico scricchiolò. Qualunque Capitano, anche un pirata, lo avrebbe condannato ad una dozzina di frustate e non per vendetta, ma per mantenere l’ordine, per mostrare alla ciurma che nessuno poteva contravvenire al volere del proprio Capitano. Killian aveva visto più volte che bastava poco, un accenno di debolezza, per perdere il rispetto della ciurma e con esso la possibilità di comandare. Doveva assicurarsi che la sua autorità fosse ancora rispettata, anche se questo avrebbe significato ricorrere a metodi che Liam avrebbe disprezzato.
“Potete dirlo forte capitano! E guardate che mi ha fatto. Non deve aver gradito il modo in cui l’abbiamo…” Shaka balbettò qualcosa d’indecifrabile, aveva impiegato un po’ di tempo, ma alla fine aveva compreso che nel sorriso di Killian non c’era nulla di benevolo. Gli occhi del pirata passarono nervosamente dallo sguardo inferocito del suo capitano al gatto a nove code, per poi andare a cercare solidarietà negli sguardi dei suoi compagni, nessuno parve sostenerlo. Nessuno fiatava, persino Killian nonostante l’ira, si accorse che stavano tutti fissando lui, attendendo di capire cos’avrebbe fatto. Il capitano della Jolly Roger sapeva che quello, come molti altri, era il momento in cui avrebbe dovuto dimostrare di meritare quel titolo e nonostante la rabbia che lo accecava, iniziò a provare paura.
“Io… Non pensavamo che avrebbe avuto da ridire…” Bofonchiò infine Shaka. Avrebbe sicuramente aggiunto altro, ma Killian lo zittì alzando l’arma contro di lui e piantandogli l’elsa sotto al mento, per costringere il pirata a guardarlo negli occhi.
“Ti prendi gioco di me? Sapevi bene cos’avrei detto” La voce di Killian era resa roca dall’ira e nonostante il cuore gli battesse all’impazzata non tremò per la paura.
Shaka contrasse la mascella e sostenne il suo sguardo. Un uomo era uguale ad ogni altro su una nave pirata, anche un marinaio ed un Capitano. Se avesse voluto, Shaka avrebbe potuto sgozzare il ragazzo che lo stava minacciando e non ci sarebbe stata nazione che l’avrebbe condannato. Il pirata sapeva che la ciurma non lo avrebbe sorretto, ma nemmeno fermato. Era più alto e forte di Killian, lo sapevano entrambi, ma il Capitano non aveva paura di lui, aveva ucciso uomini più grossi.
“Capitano!” Bobby corse sul ponte della Nina e si lanciò contro la balaustra, la sua voce era piena di gioia e sulla sua faccia c’era un sorriso tanto ampio da mettere in luce il molare d’oro, se aveva notato la tensione che permeava l’aria, non lo diede a vedere.
“Capitano abbiamo trovato non uno, ma tre forzieri pieni d’oro! Non ve lo immaginate quanto oro! Non ve lo immaginate!”
Killian non si mosse, come se non avesse sentito, anche Shaka cercò di non voltarsi, ma i suoi occhi avevano iniziato a luccicare e sicuramente stava già pensando a tutto quell’oro che lo aspettava sotto allo scafo e che rischiava di non vedere mai.
“Ottimo lavoro Bobby” Killian sorrise senza spostare lo sguardo, l’oro era una bella notizia, li avrebbe portati tutti dalla sua parte, ma più ancora lo rendeva felice sapere che avrebbe potuto fatto soffrire Shaka per la sua insubordinazione. Killian abbassò l’arma senza smettere di guardare il pirata.
“Per quanto riguarda te… Visto che non t’importa della nostra prigioniera, credo non t’importerà nemmeno quando spartiremo il suo riscatto” Il pirata s’incupì e sulle labbra di Killian il sorriso divenne più sincero, ma non meno malvagio.
“Capitano… aspetti, non mi potete far dare qualche frustata piuttosto?” piagnucolò Shaka, come se improvvisamente avesse dimenticato i propositi sovversivi di qualche momento prima. Oramai era fatta, il Capitano aveva parlato e non ci sarebbe stato omicidio che gli avrebbe permesso di mettere le mani sui dobloni che tanto agognava.
“Sfortunatamente, nonostante ne condividi l’intelletto, non sei un mulo e non ti servirebbero ad imparare la lezione.” Sotto lo sguardo depresso di Josh, il Capitano Jones buttò il gatto a nove code nel mare e con un salto scavalcò la paratia e raggiunse Bobby. In tutta sincerità Killian non avrebbe saputo dire se suo fratello avrebbe approvato il genere di Capitano che stava diventando, forse minacciare gli uomini con l’oro non era poi molto diverso dal frustarli, Killian però si sentì orgoglioso di se stesso e voltandosi a guardare la sua ciurma, ebbe la certezza che questa prova l’aveva superata


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eee niente... so che ho perso il ritmo degli aggiornamenti, ma esistono troppi impegni a questo mondo X'D eee infatti non ho nemmeno ricontrollato il capitolo.. lo rileggerò a breve appena avrò cinque minutini, nel mentre ve lo lascio ^^ Grazie a chi ha voglia di lasciarmi un commento! mi fa davvero molto piacere e mi aiuta tanto! grazie anche a chi legge in silenzio ^^
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*Il gatto a nove code è uno strumento di tortura o punizione, simile ad un frustino. è normalmente in pelle e composto da nove corde annodate ad un estremità. Se l'uso è la torura e non la unizione al posto di semplici nodi sono applicati artigli di animale o frammenti accuminati di osso.

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Capitolo 10
*** Cibo per i pescecani ***


Cibo per i pescecani



Portare i forzieri sul ponte era stata un operazione tutt’altro che semplice. C’erano voluti quattro uomini per poterne sollevare uno e portarlo sul ponte della Jolly Roger, ma ne era valsa la pena. Le monete d’oro brillavano sotto il sole ed erano un piacere per gli occhi dei pirati. Come d’uso, dal bottino sarebbero state detratte le spese per la riparazione della nave e il resto sarebbe stato diviso in quote, una per ogni marinaio, due per gli ufficiali, quattro per il primo ufficiale e otto per il Capitano, che ovviamente aveva la precedenza e quindi sceglieva per primo cosa prendere. Anche così, restava un lauto compenso per ogni marinaio. Alcuni di loro erano stati dubbiosi quando si era parlato di attaccare una nave di cui non sapevano nulla, ma ora, vedendo quel bottino, non potevano che ricredersi. Killian non aveva pensato nemmeno per un secondo che sarebbero riusciti a trovare davvero qualcosa. L’imbarcazione stava andando in mare aperto, il Capitano conosceva quella rotta, partiva da una zona di guerra, quindi era certo che avesse la stiva vuota. Non aveva avuto dubbi che Sparky avesse ragione a cercare di farlo desistere. Guardando quei dobloni brillare Killian non poteva credere di essere stato tanto fortunato. Non aveva idea del perché una caravella portasse un simile carico, ma non gli sarebbe stato difficile scoprirlo. Seguendo gli ordini del Capitano i pirati avevano posizionato l’asse di legno che dal lato dell’imbarcazione avrebbe portato a farsi un tuffo in mare. Era un cliché, i pirati lo sapevano bene, ma dopo un arrembaggio, il sangue dei morti attirava i pescecani e l’idea di doversi lanciare in quelle acque con le mani legate, avrebbe terrorizzato chiunque.
Il capitano della Nina venne condotto ad un passo dall’asse di fronte al Capitano Jones, finalmente i due uomini poterono guardarsi negli occhi. Il capitano della Nina era un uomo di mezza età, aveva uno sguardo duro e disgustato, che non si addiceva alla velocità con cui se era arreso. Normalmente i pirati liberavano l’equipaggio dopo aver depredato il cargo e aver preso ostaggi da scambiare per un riscatto, a volte assassinavano parte dell’equipaggio per vezzo, ma sarebbero stati degli stupidi ad uccidere chi gli avrebbe potuto fruttare del denaro.
“Mi presento, sono Lord Edward Crowford, capitano della Nina e cugino di sua maestà il Re” Fu subito chiaro a tutti che quel vecchio stava mettendo i suoi titoli davanti a sé come uno scudo. Contraendo la mascella per la rabbia, Killian si sentì disgustato. Un uomo che si arrendeva sicuro di potersi salvare, senza prendere minimamente in considerazione cosa sarebbe successo ai suoi uomini e quale fosse il suo dovere, non meritava di essere chiamato capitano. Guardando quelle monete Killan non poté fare a meno di chiedersi a cosa sarebbero dovute servire, magari a risarcire delle vedove di guerra. Il Capitano Jones lanciò un occhiata ai suoi uomini, non avrebbero rinunciato a quel bottino per niente al mondo, forse era meglio non sapere nulla, almeno non avrebbe potuto aver rimpianti.
“È un onore conoscerla Lord Crowford, sono il capitano Killian Jones e sono lieto di darle il benvenuto sul mio umile veliero” Killian si esibì in un profondo inchino che rimarcava il tono ironico della sua voce. Gli uomini risero, mentre Edward impettito contraeva la mascella e cercava di non dar peso alla feccia che lo scherniva.
“Avete sentito Lord Matthew di Pelapatate? Abbiamo nientemeno che il cugino di quel cane bastardo di sua maestà qui sulla nave”
Gridò Josh per farsi sentire sopra alle risate. Il cuoco si teneva la pancia per le risate, ma riuscì comunque a dar manforte al suo compagno.
“Senza dubbio Lord Josh di Pendaglio-da-forca dovremmo preparargli un alloggio adeguato… magari un sacco legato in cima all’albero maestro”
Gli uomini risero più forte. Bobby si voltò guardandosi attorno.
“Ehy Lady Cat, vieni a vedere! Qui c’è uno che non vede l’ora che gli insegni a lucidare il ponte”
Shaka rise più forte degli altri mentre la ciurma faceva spazio alla ragazza, mettendola in mostra come un trofeo. Per un lungo istante Lady Cat e Lord Crowford si guardarono, probabilmente per i pirati era come mostrare all’uomo la fine misera che avrebbe fatto, ma il Lord comprese subito che quella non poteva essere una nobildonna. Killian non poteva crederci, nonostante la nave non fosse poi così grande era riuscito a non vederla per tutto il giorno ed ora ce l’aveva davanti, nonostante fosse l’ultimo posto in cui sarebbe dovuta essere: davanti ad un vero Lord. Imprecando a denti stretti si chiarì la voce, intimando agli uomini di tacere e spostando l’attenzione dalla ragazza a sé stesso. Il Lord fu il primo a seguire il suo comando.
“Ho già sentito parlare di un Capitano Jones, dicevano grandi cose di lui, lo credevano un uomo abile e capace. Sua Maestà in persona lo ha lodato una volta. Disse che era il miglior uomo di mare che avesse mai incontrato”
Killian chiuse gli occhi, cercando di soffocare la morsa che gli aveva stritolato il cuore. Sapeva di star infangando il nome di suo fratello, ma che altra scelta aveva? Non poteva tornare indietro e non sarebbe mai riuscito a dimenticare. Quando riaprì gli occhi vide Lord Crowford che scuoteva mestamente la testa.
“D’altronde anche i ratti sanno nuotare, ma non li mettiamo a capitanare una nave” gli occhi di Killian si sgranarono a quelle parole e il lord, vedendolo impietrito e sentendo il silenzio scendere attorno a sé, si sentì vincitore e rincarò la dose.
“Si vede bene che siete uomini del popolo. È questo che si ottiene a mostrarsi misericordiosi con la feccia, non sapete nemmeno cos’è la lealt…” La spada di Killian si aprì la strada sul busto del vecchio Lord. L’uomo cadde a terra. Non era una ferita profonda, ma il sangue iniziò a fluire copioso dal suo petto. Guardando quell’uomo che riverso a terra alzava una mano cercando di proteggersi, Lady Cat provò pena. L’aveva odiato quando aveva sentito insultare l’uomo che l’aveva salvata, eppure, ora che nei suoi occhi la spocchia aveva lasciato il posto al più cieco terrore, in quell’uomo non vedeva più un mostro spietato, ma soltanto un vecchio, che implorava per la sua vita. La spada di Killian si mosse ancora, fulminea e incise la mano dell’uomo, quasi staccandogliela. Altro sangue cadde sul legno della Jolly Roger. La ragazza cercò di distogliere lo sguardo, ma finì col guardare il Capitano Jones. Non sembrava più l’uomo gentile che l’aveva presa tra le braccia per salvarla. I suoi occhi erano iniettati d’odio e sulle labbra aveva dipinto un sorriso che non aveva mai visto. La ragazza avrebbe voluto indietreggiare, scappare e dimenticare quel sorriso e quegli occhi, ma le gambe non si mossero. Per un lungo infinito istante le sembrò di essere nuovamente davanti la mulino che bruciava, mentre una belva assetata di sangue dilaniava il corpo di un innocente, poi Killian parlò, riportandola nella realtà.
“La prego Lord Crowford, si alzi. Ha una breve passeggiata che l’aspetta” senza aspettare la risposta dell’uomo Killian gli afferrò la mano, stringendo forte la ferita, mentre lo costringeva ad alzarsi. L’uomo gemendo e imprecando si mise in piedi. Aveva gli occhi pieni di lacrime e sembrava terrorizzato. Senza pietà Killian lo spinse sulla passerella. Lord Crowford indietreggiò, cercando di allontanarsi dalla lama.
“Non potete farlo! Perdereste il mio riscatto… Io non sono una sguattera… Io valgo molto… Valgo…”
“Non preoccupatevi per questo. Lo chiederò ai pescecani quanto valevate” La spada di Killian lo colpì nuovamente, aprendogli il ginocchio. Dilaniato dal dolore il Lord cadde e finì in mare. Ridendo il Capitano Jones si sporse dall’asse e lo guardò gridare per il sale che gli bruciava le ferite.
“Fatemi tornare! Vi prego!” Il Lord piangeva e gridava, implorando dio. Con una gamba e la mano ferita, il vecchio faticava a tenersi a galla. Lo videro affondare. Un attimo dopo riemerse, ma gridava più forte. Qualcosa lo aveva afferrato. Killian rise ancora, mentre gli squali afferravano il lord e lo trascinavano a fondo. Mentre l’acqua si tingeva di rosso e brandelli di carne riaffioravano, Killian si voltò e tornò a guardare la sua ciurma. Alcuni ridevano, ma non sembravano soddisfatti. Preso dalla sua sete di sangue Killian non si era domandato di cosa avrebbe pensato la ciurma, guardandolo trasformare un lauto bottino in cibo per pesci. Killian sorrise guardandoli.
“Bene, si direbbe che io abbia appena speso la mia parte del bottino!” Le ultime facce adombrate tra la folla scoppiarono a ridere. Killian, che sorrideva più degli altri, passò accanto a Lady Cat senza guardarla. Lei lo notò appena, vedeva solo il sangue che lentamente si stava rapprendendo sul ponte.

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Capitolo 11
*** Il cavaliere ***


Il cavaliere


Il sole era tramontato ormai da diverse ore e la ciurma era riunita sottocoperta a bere e a scambiarsi racconti di battaglia. Era stato un giorno fruttuoso e meritavano di svagarsi, anche Killian lo meritava, per questo non faceva altro che ripeterselo, mentre con gli occhi finiva sempre col guardare l’ingresso alla sala. Non vedeva Lady Cat da quando aveva gettato in mare il Capitano della Nina, cercava di non pensare che l’ultima volta che l’aveva persa di vista l’avevano costretta ad uccidere un uomo, ma la sua mente tornava sempre a lei. Barcollando Killian si alzò in piedi, non aveva bevuto abbastanza per essere ubriaco, ma non voleva che gli venissero fatte domande, così accentuò il passo traballante e si diresse fuori. Alcuni pirati si complimentarono con lui mentre usciva. Quel giorno dopo aver ucciso il Capitano della Nina, avevano interrogato il Primo Ufficiale, scoprendo che quei forzieri erano parte di un accordo, in pratica il regno stava comprando un alleato. Se il denaro non fosse arrivato al destinatario con tutta probabilità presto avrebbero inviato qualcosa di egual valore. Perché la notizia dell’arrembaggio arrivasse a Sua Maestà ci sarebbe voluto tempo, abbastanza perché i pirati approdassero, facessero rifornimento e tornassero ad attendere la nave successiva. Una volta approdati avrebbero anche avuto il tempo di vendere la merce e fingere di ottenere un riscatto. Killian era positivo. Sarebbe andata bene, gli uomini erano concentrati sui futuri guadagni, non si sarebbero accorti di nulla, ma finché non si liberava di lei, quella ragazza era in pericolo ed in fondo era un pericolo anche per lui.
Quando arrivò sul ponte la trovò inginocchiata con le spazzola tra le mani e il secchio affianco. Killian procedette con cautela, cercando di non scivolare sull’acqua insaponata. Non si sarebbe dovuto lavare il ponte di notte, quando non poteva asciugarsi rapidamente, ma non si sarebbe arrabbiato per questo, non gli dispiaceva l’idea di non trovare le chiazze di sangue la mattina dopo. Avvicinandosi non poté non notare che la ragazza era immobile e fissava il mare, nel punto in cui, diverse ore prima avevano guardato bruciare la Nina. Killian aveva fatto imbarcare l’equipaggio della caravella nelle scialuppe, gli aveva persino permesso di portare razioni di acqua e cibo sufficienti per diversi giorni, non per questo si sentiva un uomo misericordioso. Si trovavano in mare aperto, riuscire ad arrivare a riva sarebbe stata un’impresa disperata. Killian guardò quel punto nel nulla, se si concentrava gli sembrava di vedere dei frammenti di legno dispersi nel mare. Quegli uomini sarebbero presto morti, erano uomini come lui, avevano giurato fedeltà a chi non la meritava senza sapere a cosa andassero incontro, eppure se si fermava a riflettere, Killian sentiva che non avrebbe mai rinunciato a vedere quella bellissima nave bruciare. Non la meritava, quel maledetto orrendo re non meritava di avere un imbarcazione tanto bella, non meritava uomini che gli fossero fedeli, non meritava nulla e per questo gli avrebbe tolto tutto. Quell’idea lo fece sorridere, sorrideva ancora quando arrivò accanto alla ragazza e la salutò con fare allegro.
Lei non gli sorrise quando lo vide, né gli rispose. Non si sentiva più al sicuro guardandolo. Non riusciva a dimenticare l’immagine di quella nave che bruciava. Ancora fuoco. Ancora morte. Guardando l’uomo che l’aveva salvata sorridere, non poté fare a meno di desiderare di stringersi tra le sue braccia come aveva fatto allora, se solo lui fosse stato l’uomo che aveva visto quella sera non avrebbe esitato, ma ora guardandolo vedeva soltanto un assassino.
“Dovresti essere di sotto a festeggiare con gli uomini. È stato un gran giorno. Il ponte potrà aspettare fino a domani” La soddisfazione che Killian provava, permeava la sua voce ed era tele da impedirgli di notare la delusione negli occhi di lei. Non l’aveva mai visto così felice e lo odiava per questo. Cercando di non guardarlo, la ragazza immerse la spazzola nell’acqua del secchio e iniziò a strofinare con forza il ponte.
“Meglio lavarlo il prima possibile o resterà la macchia, ma anche così non vi illudete, il sangue non va mai via del tutto”
C’era disprezzo nella sua voce, Killian lo sapeva, sapeva che lei lo odiava per averla riportata in mezzo al sangue e alla morte. Il Capitano della Jolly Roger sapeva d’aver condannato a morte uomini innocenti, lo sapeva e parte di lui si disgustava per questo. Vedere in lei quello stesso odio che lui provava per sé stesso gli strinse il cuore. Era stato bello aver qualcuno che ancora lo considerava un uomo retto, ma lui non lo era più da molto tempo. Forse era stata proprio lei ad illuderlo, a fargli credere che potesse ancora essere un uomo buono, o forse era stato lui ad ingannarla, comunque non aveva importanza, ormai la realtà era davanti ai loro occhi. Il sorriso sul suo volto di Killian scomparve mentre si inginocchiava accanto a lei e gli afferrava il braccio per fermarla. La prese con troppa forza, tanta da farle male e farle cadere la spazzola dalle mani.
“Fossi in voi terrei la lingua ben stretta tra i denti o potrebbe capitare che io non riesca a tenere a bada la mia e mi sfugga cosa siete davvero” La ragazza alzò il viso e guardò Killian negli occhi. Non vide pentimento o rammarico, solo rabbia. Non avrebbe saputo dire se fosse per via del tono sprezzante o perché in realtà odiava se stesso, ma qualunque cosa fosse, Killian stava incolpando lei. In quella notte persino i suoi occhi azzurri sembrarono neri come il mare. Con uno strattone la ragazzi si liberò dalla sua presa, e si avvicinò di più al suo viso.
“Se state cercando di spaventarmi Capitano, sappiate che non ce né bisogno, vi ho ben visto sorridere, mentre guardavate quell’uomo che veniva divorato, quindi so quanto è nero il vostro cuore”
Killian l’aveva salvata. L’aveva presa tra le sue braccia nel momento peggiore della sua vita e l’aveva portata via, lontano dall’inferno, non se n’era dimenticata e non l’aveva dimenticato lui, ma quell’uomo che la fissava con odio, non somigliava al ragazzo che camminava per la cabina, preoccupato per il suo futuro, quell’uomo era una belva feroce, al pari di un orco.
“Maledizione, cosa credevi? Pensavi fossi un cavaliere dalla scintillante armatura? Non l’hai visto il vessillo che sventola sull’albero maestro?” Killian le afferrò il viso, costringendola a guardare la bandiera rossa. In quell’oscurità lei non poté vedere il disegno, ma vide quell’ombra sventolare coprendo le stelle. La fissò per un tempo infinito, finché lui non le lasciò il volto. Quando tornò a guardarlo lui sembrava essersi calmato, l’ira sembrava essere scomparsa. Non disse nulla, ma si alzò in piedi e se ne andò. La ragazza non si voltò a guardarlo, afferrò nuovamente la spazzola e ricominciò a strofinare via il sangue dal ponte. Il suono graffiante della spazzola riempì il silenzio della notte, nonostante fosse sull’uscio della porta il vociare della ciurma parve essere zittito da quel suono. Killian guardò il mare, non vide la costa né una singola luce in lontananza. Il cielo era limpido e le stelle brillavano, un marinaio si sapeva orientare con semplicità in notti come quelle. Certamente anche quegli uomini sulle scialuppe ci sarebbero riusciti, ma mentiva a sé stesso quando diceva che non sarebbe stato più misericordioso tagliare la gola a quegli uomini piuttosto che condannarli ad una morte di stenti in mare, lo sapeva ed era questo a tormentarlo. Non era il pirata spietato che sarebbe dovuto essere e nemmeno l’uomo giusto e misericordioso che avrebbe voluto essere. Killian guardò quella ragazza inginocchiata a terra, per quanto lo riempisse d’ira il disprezzo con cui lei l’aveva guardato, non riuscì a sentire dolore per questo, una piccola parte di lui si era spenta quella notte, ora che anche lei aveva smesso di vedere la sua parte migliore, era più vicino di un passo a ciò che stava lottando per diventare. Killian chiuse la porta alle sue spalle e si rintanò nella sua cabina, cercando un riposo che non sarebbe arrivato.

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Capitolo 12
*** L'accusata ***


L'accusata


Killian si alzò di pessimo umore, il sole era sorto da poco, ma non aveva senso tentare di dormire ancora, ogni volta che chiudeva gli occhi si ritrovava sul ponte della Jolly Roger ad assassinare capitano della Nina. Lui lo guardava cadere ed affondare per lunghi istanti, ma l’uomo che riaffiorava dalle acque cercando di respirare aveva il volto di suo fratello Liam. Killian lo guardava incapace di muoversi, fissava i due grandi occhi verdi incastonati nel volto bianco di sua fratello. Liam non gridava, né supplicava, si limitava a ricambiare quello sguardo con disprezzo, mentre i pescecani lo azzannavano e smembravano il suo corpo.
Scuotendo il capo con forza per scacciare anche gli ultimi rimasugli di quell’incubo, Killian salì sul ponte. C’erano solo un paio di uomini di turno, Bobby e Shaka. Aveva scelto loro di proposito per il primo turno del giorno, era un modo per punirli della loro insubordinazione. Avevano iniziato da poco, ma quei due sembravano già in fibrillazione. Killian li guardò ridere mentre si avvicinava, forse era per via del pessimo umore, me di certo avrebbe preferito vederli cupi e depressi.
“Capitano, buongiorno” Bobby lo accolse a bassa voce, ma con un ampio sorrise “Fate piano, non vorremmo togliervi il piacere di decidere come svegliarla…”
Killian li guardò confuso, alzando un sopracciglio. Sembrava che non aspettassero altro. Con un ampio gesto della mano Shaka si fece da parte, mostrando il corpo della piccola Lady accasciato sul ponte. Con la spazzola ancora in mano la ragazza dormiva profondamente, rannicchiata su sé stessa. Se non fosse stato ancora tanto amareggiato per quello che era successo la sera prima forse avrebbe ritenuto quella situazione divertente.
“Svegliatela” Nonostante il tono freddo di Killian i due uomini si scambiarono un’occhiata compiaciuta e si precipitarono ad eseguire il compito. Shaka s’accovacciò accanto a lei e l’afferrò scuotendola con forza.
“Sveglia principessa!”
“In piedi o ti butteremo in mare!” Gridò Bobby appena dopo.
Strappata dai suoi incubi la ragazza lanciò un grido, svegliandosi di soprassalto. Una fitta la prese al fianco, mentre lottava per liberarsi dalla presa di Shaka. Presa dal panico si accorse appena del dolore. Con un calcio gli colpì lo stinco, facendolo cadere in ginocchio e strappandogli un gemito. Shaka la lasciò andare ridendo, era uno scherzo, niente di più, ma con la mente ancora confusa lei nemmeno lo riconobbe, tutto quello che vide furono le sue grandi mani che l’avevano afferrata e strattonata. Scattò in piedi appena fu libera e lo colpì con un calcio in faccia. Shaka cadde indietro, afferrandosi il volto, aveva il naso che sanguinava copiosamente ed era pieno d’ira. Questa volta la ragazza aveva passato il segno e lo sapeva. Traballando sulle esili gambe lei fece qualche passo indietro, mentre la sua mente iniziava a realizzare dove si trovasse. Aveva i muscoli indolenziti per aver dormito fuori al freddo, ma tentò d’ignorare il dolore che si era fatto pungente al fianco, doveva concentrarsi e capire cosa fosse successo. Fissò gli occhi sull’uomo davanti a lei che non si era mosso e la osservava con uno sguardo strano e il volto insanguinato. C’erano macchie di sangue ai suoi piedi, ma Shaka non poteva averne perso tanto dal naso, con gli occhi seguì le gocce, arrivavano fino ai suoi piedi e salivano fino al fianco. La camicia bianca che Killian le aveva prestato era impregnata di sangue nell’esatto punto in cui il medico l’aveva ricucita la notte del suo arrivo. La testa iniziò a girarle e istintivamente portò una mano alla fronte nel tentativo di fermarla, ma nel farlo gli occhi le caddero di nuovo su Shaka. Nonostante la faccia sanguinolenta, c’era una strana espressione nei suoi occhi, una compassione che non si addiceva a quel viso duro. La ragazza aprì le labbra per dirgli di smetterla, per intimargli di non fissarla in quel modo pietoso, ma lo sguardo le vorticò verso il basso, sul sangue che impregnava il ponte e le uniche parole che riuscì a proferire furono:
“L’avevo appena finito di lavare…” Poi cadde nell’oscurità.
 
Quando riaprì gli occhi era nuovamente nel letto del capitano. Accanto a lei il medico di bordo stava rimettendo a posto i suoi arnesi dopo averle ricucito nuovamente il fianco. Senza dire una parola lei fece per alzarsi, era debole, ma non quanto l’ultima volta. Poteva lavorare e non si sarebbe tirata indietro. Con un occhiataccia di contorno il medico la fermò.
“Restatene buona e riposa, quando avremo finito di sopra, qualcuno ti verrà a chiamare”
La ragazza lo guardò confusa, mentre lui usciva dalla cabina e si chiudeva la porta alle spalle. Non le era chiaro cosa avesse voluto dire il medico, ma di certo le era sembrato più ostile del solito. Stava succedendo qualcosa sopraccoperta e lei non sarebbe rimasta lì ad aspettare di scoprirlo. Si alzò in piedi a fatica, imprecando contro il dolore al fianco ed afferrò la maniglia della porta. Non si aprì. Il medico doveva averla chiusa a chiave. In un impeto d’ira tirò un pugno alla porta chiusa col solo effetto di farsi male. I pirati stavano certamente parlando di lei e non le davano nemmeno la possibilità di capire cosa stesse succedendo. Frustrata e dolorante tornò a letto. Forse era davvero meglio cercare di riposare, d’altronde non aveva dormito molto e se le cose stavano per mettersi male era meglio che racimolasse le forze. Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi o quantomeno rilassarsi, ma l’immagine del vecchio Lord che camminava sull’asse le comparse davanti agli occhi, costringendola a riaprirli. Aveva lavorato fino a crollare per tenere la testa impegnata e sfuggire a quell’immagine, ma a quanto pare non era servito.
Non successe nulla per un tempo infinito, le sembrò di aspettare per ore e più aspettava più diventava impaziente. Quando finalmente la porta si aprì, nonostante il dolore la ragazza stava misurando la stanza in piedi andando avanti e indietro, come aveva fatto spesso Killian. L’uomo che si affacciò non era il capitano. Cercando di ignorare che quello era senza dubbio un pessimo segno, la ragazza andò in contro al primo ufficiale che inaspettatamente fece lo stesso, chiudendosi la porta alle spalle.
L’uomo la fulminò con lo sguardo. Lui l’aveva disprezzata dal primo momento in cui l’aveva vista, ma ora che a quanto pare per lei iniziavano i problemi, l’uomo non sembrava starne gioendo.
Puntandole un dito in faccia Sparky le parlò trattenendo l’ira a malapena.
“Ora ascoltami attentamente: se non fosse per il capitano tu saresti cibo per gli orchi o per i pesci, quindi ora quando ti porterò su, tu risponderai alle domande e starai ben attenta a tenere il buon nome dei Jones fuori dai tuoi guai. Sono stato chiaro?”
A denti stretti la ragazza fece cenno di sì con la testa, nonostante in realtà fosse totalmente intenzionata a dire qualunque cosa pur di non farsi ammazzare. Era vero, Killian l’aveva salvata, ma era anche stato lui a trascinarla in quella situazione e per quanto gli fosse ancora grata, non poteva dimenticare lo sguardo assetato di vendetta di quell’uomo e non avrebbe finto che il destino di Killian Jones le importasse più di se stessa.
Sul ponte era presente l’equipaggio al completo, c’erano molte facce sorridenti, ma la ragazza non avrebbe saputo dire se quello fosse un buon segno. Probabilmente non lo era. Avevano posizionato una sedia in mezzo a loro, proprio davanti al Capitano, che se ne stava pigramente seduto sulla balaustra, con un’espressione sufficiente dipinta in volto. La ragazza non si sedette. Nonostante la ferita cercò di dissimulare il dolore e sembrare forte, come Killian le aveva suggerito molto tempo prima.
Come tutti si aspettavano il primo a parlare fu il Capitano.
“Alcuni di noi si sono accorti di delle… discrepanze nel vostro comportamento”
Gli occhi azzurri del capitano Jones sembravano combattere contro il tono supponente e divertito della sua voce, nel tentativo di farle intuire la gravità della situazione.
“Vedete, quando vi abbiamo accolta su questa nave l’abbiamo fatto pensando che voi foste una nobildonna e che saremmo stati ricompensati dei servigi che vi abbiamo proferito accogliendovi su questa umile bagnarla. Ora immaginate quale dolore sia stato per noi scoprire che in realtà avete approfittato della nostra buona fede e ci avete mentito da quando avete posato piede sulla Jolly Roger!” Killian si portò una mano al cuore, in un gesto teatrale, sfoderando un sorriso sofferente, che nuovamente non si specchiava nel suo sguardo preoccupato. Fu solo per quello sguardo che la ragazza contrasse la mascella e tenne la lingua a bada. Avrebbe voluto gridare alla ciurma che quello non era mai stato il suo piano, che era stato il capitano che tanto amavano a truffarli, ma in quello sguardo leggeva una speranza a cui non era ancora disposta a rinunciare.
Vedendo che la ragazza non sembrava disposta a negare il Capitano riprese.
“Il capitano della Nina vi ha definita come una semplice sguattera e se devo essere sincero né io né nessuno della ciurma ha mai incontrato una nobildonna che fosse stacanovista e abituata al lavoro… o priva della benché minima educazione come voi”
Con la coda dell’occhio Killian vide alcuni uomini fare cenno di sì con la testa. Se quella stupida non avesse lavorato tutta la notte nessuno avrebbe mai tirato in ballo la questione, ma trovarla addormentata con una spazzola in mano aveva alimentato i dubbi che già molti nutrivano, dubbi che lui non aveva potuto smentire. Sparky non era stato d’accordo con quel suo piano dal primo momento e non aveva esitato a cogliere l’occasione di far notare come fosse arrivato il momento di sbarazzarsi della ragazza. Se avesse scaricato la colpa dell’inganno addosso a lei avrebbe potuto uscirne pulito, qualunque cosa avesse detto lei da quel momento in poi, sarebbero state le parole di un accreditata bugiarda.
“Immagino non ci saranno problemi se vi porrò nuovamente le domande che vi feci la prima volta che ci incontrammo” Killian alzò un sopracciglio, come a suggerirle la risposta, che si limitò ad un cenno d’assenso col capo.
“Come ti chiami tesoro?”
“Lady Chatrine di Arendalle” Il nome le uscì dalle labbra rapido e senza esitazione. Non era il suo vero nome e non era una trovata intelligente visto che non sapeva nulla di quella terra, ma aveva vissuto non molto lontano da una città portuale e spesso la gente raccontava di terre lontane e bellissime, tra le tante Arendalle era di certo la più distante, il che voleva dire più tempo per escogitare un piano di fuga.
“Sai tutti noi siamo stati ad Arendalle più di una volta… potrei farti delle domande per accertare che tu stia mentendo, ma non credo sarà necessario visto che non hai nemmeno avuto lintelligenza di trovarti un nome credibile Cat… erine”
La ragazza non poté fare a meno di mordersi la lingua e maledirsi. Killian la guardava ancora con un sorrisetto strafottente che aveva contagiato anche i suoi occhi. La voglia di gridare alla ciurma la verità ed accusare Killian di essere un bugiardo la stava consumando, ma ormai era tardi, lo vedeva negli occhi di ognuno degli uomini che la circondavano, per loro ormai lei era una bugiarda. Notando che la ragazza non intendeva ribattere, Killian scattò in piedi e le arrivò di fronte, era diventato aggressivo.
“Direi che abbiamo appurato che non sei altro che una popolana bugiarda” Killian ringhiava, quasi ridendo e si voltò di scatto allargando le braccia in modo teatrale, come per includere tutta la ciurma nella conversazione.
“Prima abbiamo discusso di questo fatto e ai bugiardi va tagliata la lingua –alcuni uomini risero- ma tu comunque non parli molto, quindi non ci è sembrata una punizione proporzionata… Al contrario, una bella passeggiata sull’asse sarebbe perfetta”
Killian sorrideva guardando il terrore che le invadeva gli occhi. Quella ragazza non era un maledetto lord che insultava la memoria di suo fratello, ucciderla non gli avrebbe dato lo stesso piacere, eppure vedere il disprezzo negli occhi di lei trasformarsi in terrore gli diede una soddisfazione immensa.

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Capitolo 13
*** La Condannata ***


La condannata


“Posizionate l’asse”
La voce del capitano tuonò sopra al mormorio della ciurma, se Caterine fosse stata in sé avrebbe notato le reazioni divertite degli uomini, ma l’unica cosa che riusciva a guardare erano gli occhi azzurri del suo carnefice, che oramai erano simili a quelli di un orco.
In una manciata di secondi l’asse venne posizionata.
Killian sfoderò la spada.
“Non credo sia necessario spiegarti come funziona”
Caterine non disse nulla e non cercò di ribellarsi, si limitò a muovere lentamente quei pochi passi che la separavano dalla paratia. Sapeva che avrebbe potuto gridare e scalciare come aveva fatto quando Shaka l’aveva sollevata, ma le forze l’avevano abbandonata. Non notò nemmeno la lama che aveva davanti, vedeva soltanto il mare piatto e senza squali, ma non meno terrificante. Con fatica sollevò gli enormi stivali fino all’asse e si issò sul legno. Non si era mai accorta di quanto fossero pesanti gli scarponi di suo fratello fino a quel momento. Ogni passo sull’asse le costava più fatica del precedente, tanto che quando arrivò alla fine era talmente esausta che le mancava il fiato.
“Quanta fretta! Se avevi tanta voglia di fare un tuffo in mare, bastava dirlo”
La ciurma rise alle parole del Capitano, Caterine non si voltò, eppure anche di schiena Killian poteva vedere le sue spalle che si alzavano ritmicamente e troppo velocemente. Killian non sapeva cosa fosse un attacco di panico, ma sapeva bene che aspetto avesse il terrore. Improvvisamente il capitano della Jolly Roger si rese conto che la soddisfazione datagli da quella vendetta, dal vedere la paura infettare quegli occhi che non avevano il diritto di giudicarlo e tantomeno di disprezzarlo, era ormai scomparsa, lasciando il posto ad un immenso senso di amarezza.
“Voltati”
Caterine si voltò. La voce dell’uomo che l’aveva salvata quella sera ormai così lontana, la riportò alla realtà. Aveva il respiro corto, ma stava lentamente riprendendo fiato, non tremava né piangeva, era tornata padrona di sé, ma non aveva dimenticato di essere ad un passo dalla morte e non lo aveva dimenticato il suo cuore che le martellava in petto. Eppure c’era ancora un passo da fare per finire in mare e non era detto che sarebbe stato l’ultimo, magari tempo qualche giorno e sarebbe passata un’altra nave e l’avrebbe raccolta. Era una misera speranza, ma era pur sempre una speranza.
“Non ci sono pescecani. Dovrai tagliarmi la gola sei vuoi che muoia” La sua voce era piatta e fredda, come se stesse semplicemente constatando l’ovvio. Per qualche istante ci fu solo silenzio, non era la reazione che i pirati si erano aspettati, Killian scoppiò a ridere.
“Non sai con quanto piacere sgozzerei quella gola bugiarda, ma come ti dicevo prima, io e gli uomini abbiamo parlato e abbiamo preso una decisione”
Lo sguardo di Killian non era cambiato e quel sorriso sadico persisteva sul suo volto. Era vero, avevano parlato molto di cosa fare di lei, Sparky aveva proposto di tagliarle la gola e buttarla in mare, ma si era dimostrato favorevole anche alla proposta di Bobby di tagliarle la lingua e tenerla a bordo. L’unica cosa che importava al primo ufficiale era che quella ragazza tenesse la bocca chiusa e non mettesse in pericolo il Capitano, al contrario a Bobby sembrava importare molto che la ragazza non venisse uccisa.
Nonostante Killian fosse totalmente contrario a quel tipo di punizioni, aveva finto di riflettere sulla cosa, mentre cercava di capire per quale motivo un uomo rancoroso come Bobby, cercasse di salvare la vita ad una persona che disprezzava palesemente. Mentre il capitano esaminava il marinaio, Mattew si fece avanti e si disse favorevole alla sua salvezza, addirittura sostenendo che non doveva esserle tagliata la lingua. Il cuoco disse che la donna stava portando una fortuna sfacciata alla Jolly Roger e che se le avessero fatto del male avrebbero rischiato di perderla. Molti marinai furono d’accordo, d’altronde alla partenza giravano voci che lei fosse una specie di strega e da quando il viaggio era iniziato non avevano incontrato nemmeno un giorno di maltempo e avevano eseguito un arrembaggio fortuito e altamente remunerativo, eppure a Killian sembrarono anche troppo solleciti nel volerle salvare la vita. A decretare il futuro della ragazza era però stato Shaka, che con il naso ancora sanguinante si era fatto avanti e aveva detto senza troppi giri di parole che quella cagnetta era roba del capitano e quindi se lui se la voleva tenere, tutti loro avrebbero accettato la cosa. Era stato allora, mentre guardava il volto livido del marinaio, che Killian aveva capito cosa passasse nella mente della sua ciurma, non l’avrebbero mai detto ad alta voce perché non era una valida motivazione per salvare qualcuno dalla forca, quindi fu Killian a dirlo, ridendo e inveendo conto quelle mammolette che osavano definirsi pirati. Nonostante li avesse derisi, il Capitano aveva comunque deciso che il volere della ciurma sarebbe stato rispettato e quindi che la ragazza si sarebbe salvata, ma non prima che le fosse stata impartita una lezione di disciplina, attraverso una sana dose di terrore. Mentre gli uomini già festeggiavano pregustando lo spettacolo, Sparky gli si era accostato ricordandogli le sue preoccupazioni. Fino ad allora gli uomini erano stati convinti che il capitano fosse stato ingannato quanto loro, ma se la ragazza avesse spifferato tutto rischiava di perdere la loro fiducia. Era un rischio reale e Killian lo sapeva, a giudicare dallo sguardo pieno di disgusto con cui lei lo aveva guardato forse non valeva nemmeno la pena rischiare, eppure Killian non volle tirarsi indietro. Su quella nave lui era costantemente messo alla prova e costretto a dimostrare agli uomini di meritare la loro fiducia, lo stavano stremando e finalmente era lui a poter testare loro e scoprire se si sarebbe ancora potuto fidare di qualcuno.
Con un salto Killian raggiunse la ragazza sulla passerella e ritirò la spada nel fodero, preparandosi a svelare quella verità che la ciurma pirata era stata troppo imbarazzata per dire.
“Caterine, tu ci hai mentito, ma d’altronde la tua presenza su questa nave è stata in qualche modo gradita. Vedi gli uomini mi hanno fatto notare che il morale è più alto da quando qualcun altro lava il ponte, pela patate, fa il bucato… insomma tutti quei lavori da…”
Mentre ancora il cuore le pulsava all’impazzata per la paura, nella mente della ragazza si fece spazio la consapevolezza che le stavano risparmiando la vita perché erano troppo pigri per lavarsi il ponte da soli.
“… Da mozzo?” Provò a suggerire lei.
“Stavo per dire da sguattera, ma vedo che hai afferrato il concetto tesoro” Killian sorrise allegro. Non c’era più segno di malvagità nei suoi occhi, la tortura del terrore era ormai terminata, ora la stava palesemente provocando.
“Per questo abbiamo deciso di tenerti sulla nave”
Caterine dimenticò l’asse, dimenticò la morte imminente e persino il dolore al fianco, l’unica cosa che restò fu il sorriso provocatorio di Killian Jones e un’ira incontrollabile.
“Forse non lo avete notato, ma io non sono un gatto randagio. Non potete tenermi o vedermi a vostro piacimento! O volete forse dirmi che da ora sono vostra schiava?”
Quella risposta indignata fu un enorme soddisfazione per Killian, aveva sperato che provocandola sarebbe riuscito a farla tornare totalmente in sé.
“Oh… ma voi avete una scelta! Potete restare e far parte della ciurma o altrimenti… mi pare che qualcuno dell’equipaggio vi avesse già illustrato l’alternativa” Killian si voltò teatralmente, cercando tra gli uomini. Con un ampio sorriso Shaka si fece avanti.
“Io capitano! Gliel’ho detto eccome… non ti ricordi? Il sacco e i cuccioli da affogare”
La ragazza strinse i denti e guardando con odio quell’uomo a cui avrebbe dato volentieri un altro calcio in faccia, si costrinse a rispondere.
“Sì, me lo ricordo ed era stata un’argomentazione convincente già allora”
“Bene! Allora è deciso” Decretò Killian, tendendole la mano in un gesto di galanteria del tutto fuori luogo visto come aveva quasi tentato di ucciderla. Senza nemmeno fingere di voler accettare il gesto di pace la ragazza avanzò, guardandolo con ira. Come se niente fosse Killian ritirò la mano e con forza sferrò un calcio alla passerella sottostante. L’asse tremò sotto ai loro piedi. Caterine presa alla sprovvista perse l’equilibrio e cadde, ma riuscì ad aggrapparsi al legno, finendo miracolosamente a carponi sull’asse e non in acqua. Quando rialzò lo sguardo, davanti a sé Caterine trovò gli occhi furenti di quello che ora era il suo Capitano.
“Dannazione Caterine, non ti è bastata la lezione?” Killian le tese nuovamente la mano.
Non era certa di cosa Killian stesse cercando di dirle, forse le stava intimando di mettere da parte l’ascia di guerra, in uno strano tentativo di riconquistare il suo affetto, o più realisticamente le stava ricordando che quella era una nave pirata e che se non si adattava a quella vita e a quella giustizia non sarebbe sopravvissuta. Qualunque fosse il significato, Caterine afferrò la sua mano e lasciò che lui l’aiutasse a tirarsi in piedi.
“Questa sera mi aspetto di trovarti nella mia cabina” Killian lo disse ad alta voce, facendo sì che tutta la ciurma lo sentisse. A denti stretti lei bofonchiò un “signorsì” e saltò giù dall’asse. Sorridendo Killian la guardò tornare al suo secchio ed alla macchia di sangue ancora da togliere. Probabilmente lei ora lo odiava, eppure non sentì nessuna una vocina dentro di sé che lo ammoniva, dicendogli che avrebbe dovuto tenerla d’occhio. Nonostante fosse stata ad un passo dalla morte, quella ragazza non aveva provato nemmeno per un attimo a trascinarlo giù con sé, forse di lei poteva davvero fidarsi.


 

______

Non pubblico da tantissimo lo sò, mi spiace molto (anche perché ho tante idee in testa e vorrei aver più tempo per finire le cose lasciate a metà prima di dedicarmi a nuovi progetti) non credo che se ne siano accorti in molti comunque, quindi poco male! Approfitto di questi giorni di pausa per postare qualcosina, prima di ributtarmi a capofitto negli impegni già da domani. Per il resto: Buon anno a tutti! buone feste e grazie davvero a chi ha ancora voglia di leggere quello che scrivo!

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Capitolo 14
*** Il Pirata Onesto ***


Il Pirata Onesto


Dopo l’esecuzione Caterine guardò la giornata passare come se fosse dentro una bolla d’acqua. In teoria avrebbe dovuto pulire il ponte dal suo stesso sangue, non era poi una macchia tanto grande se si considerava l’ampiezza del ponte e quante volte l’aveva pulito per intero, eppure ci mise svariate ore. Si sentiva stanca e frastornata. Quando il pranzo fu servito lei non si mosse. Non era certa che sarebbe riuscita a mangiare qualcosa ed era ancora meno certa che sarebbe riuscita a reggersi in piedi. Il cuoco le portò un piatto, aveva paura che altrimenti lei gli avrebbe fatto una fattura o qualcosa di simile. Caterine avrebbe voluto lanciarglielo in faccia, ma l’idea di dover pulire il casino che ne sarebbe derivato la convinse a desistere e a limitarsi a rifiutare. A metà pomeriggio chiese al capitano il permesso di ritirarsi in cabina, lui glielo concesse senza darle troppa attenzione. Finalmente sola le sembrò che il mondo le collassasse addosso. La paura della morte ormai l’aveva abbandonata, si sarebbe dovuta sentire sollevata, ma era solo esausta. La cosa più furba sarebbe stata andarsi a sdraiarsi e dormire, ma appena appoggiò la testa sul cuscino il mondo attorno a lei iniziò a girare. Incapace di fare altro Caterine si ritrovò seduta sul letto, con la schiena appoggiata alla parete a fissare la stanza. Aveva avuto spesso il tempo di fissare l’ambiente, ma non aveva mai pensato alla possibilità di indagare sul capitano. Le sarebbe bastata una piccolissima indiscrezione, un segreto che potesse anche sembrare insignificante, qualunque cosa che potesse rappresentare un precedente, che potesse servirle da arma contro di lui. Ormai le era chiaro che Killian aveva il potere di ucciderla quando voleva e lei doveva trovare qualcosa per difendersi. Non trovò nulla. I cassetti era tutti aperti e i libri in mostra, persino il diario di bordo era ordinatamente riposto sulla scrivania. A quanto pareva quell’uomo, eccezion fatta per la menzogna detta su di lei, era l’incarnazione dell’onestà. Un pirata onesto… sembrava una frase senza senso, resa forse un po’ più credibile dal ritratto incorniciato sulla parete. Un pezzo grosso della marina onesto era qualcosa di molto più credibile. Non sapeva come Killian fosse finito a fare il pirata, ma bisognava ammettere che sembrava molto più a suo agio con addosso l’uniforme della marina che con quegli abiti neri. La ragazza non conosceva il significato delle uniformi e che grado rappresentassero, ma non era difficile intuire che i due uomini ritratti erano molto più che semplici marinai. Se non avesse conosciuto il capitano della Jolly Roger di certo guardando quel ritratto, Killian le sarebbe sembrato un uomo dal futuro promettente con una lunga carriera davanti e una piccola reggia da nuovo nobile da qualche parte. Diventare un pirata aveva senza dubbio vanificato anni di sforzi e distrutto la prospettiva di una vita lunga e prospera. Per la prima volta Caterine si chiese cosa l’avesse reso ciò che era diventato, nella sua testa iniziarono ad accalcarsi storie di avarizia e lussuria, le stesse che raccontavano spesso al porto, ma nessuna sembrava convincerla. Restò a lungo a fissare quell’immagine e persa nei suoi pensieri non si accorse dello scorrere del tempo, finché la porta della cabina non si aprì. Strappata dalle sue fantasticherie Caterine sobbalzò. L’espressione spaventata e sorpresa della ragazza strappò una risata a Killian che chiuse la porta alle sue spalle. Sorridendo come se quel giorno non fosse successo nulla, l’uomo le tese il piatto che le aveva portato.
“Ti ho portato la cena. So che hai rifiutato il pranzo. Ti conviene mangiare tesoro o non avrai le forze per fare il tuo lavoro”
Non era mai stata intenzione di Caterine smettere di mangiare, ma ora che era lui ad insinuarlo l’idea non le dispiacque. Avrebbe potuto rifiutare solo per fargli un dispetto, ma lo stomaco le intimò di non farlo.
“Come ordina il capitano”
Caterine afferrò il piatto e si sedette sgraziatamente a terra, usando il pavimento come un tavolo improvvisato. Gli occhi di Killian andarono alla scrivania. Avrebbe preferito vederla seduta lì, piuttosto che a terra come un animale, me cercò di trattenersi, un pirata non doveva rimbeccare i suoi sottoposti su quale fosse l’etichetta della cena. Per un lungo momento non ci fu altro che silenzio tra loro, un silenzio rotto solo dal masticare della ragazza. Caterine non si era resa conto di quanto fosse affamata finché non aveva dato il primo morso a quella che sembrava carne sotto sale, adesso stava praticamente divorando tutto.
“Non posso credere che ci sia voluto tanto perché gli uomini si accorgessero che non sei una Lady” Killian la apostrofò con uno scherzoso tono di rimprovero, ma come risposta ottenne solo un’occhiataccia. Sospirando l’uomo si lasciò cadere sul letto. Era stata una giornata dura e l’unica cosa che voleva era potersela buttare alle spalle e dimenticarla, come se non fosse mai successa, peccato che non si potesse.
“Avresti potuto incolpare me oggi”
Caterine si voltò a guardarlo. Killian sembrava enormemente stanco, ma c’era qualcosa di positivo nel suo sguardo, qualcosa che poteva somigliare alla speranza.
“Non mi avrebbe creduto nessuno e poi Sparky mi ha minacciata prima che salissi sul ponte, se vi avessi tirato in mezzo mi avrebbe ucciso”
La flebile luce nello sguardo del ragazzo scomparve. Caterine non aveva idea di cosa lui avesse immaginato, non sapeva quanto quell’uomo si sentisse solo e disperso, circondato solo da traditori, non ne aveva idea e non le importava. Quando vide il suo sguardo deluso si sentì bene, sentì di averlo almeno un po’ ripagato del terrore che lui le aveva inflitto.
“Capisco…” Killian esitò su quella parola, come cercando di trattenersi, ma quelle successive gli sfuggirono dalle labbra senza che potesse impedirlo “a quanto pare non c’è nessuno di cui posso fidarmi”
Caterine avrebbe dovuto gioire di quella reazione malinconica, avrebbe voluto infierire, girando il dito nella piaga, ma quell’affermazione le era parsa tanto irrazionale da costringerla a protestare.
“Il primo Ufficiale Sparky non è nessuno” Per un lungo momento non ci fu altro che silenzio. A Caterine era sembrato chiaro dal principio che quel vecchio marinaio adorava Killian, l’aveva coperto sempre, nonostante sapesse tutta la verità e non fosse affatto d’accordo. Come faceva Killian a non capirlo? Lui le sorrise ironico di rimando, come avendo intuito la domanda.
“È compito del Primo Ufficiale consigliare ed appoggiare il capitano e Sparky è un uomo ligio al dovere, è per questo che mi è fedele, non per amicizia”
“Se fosse davvero un uomo onesto e fedele, non avrebbe tradito il suo re e non sarebbe diventato un pirata” Le parole di Caterine aleggiarono per la stanza per lunghi istanti, mentre gli occhi di Killian si riempivano d’odio.
“Che ne sai tu di chi è il re? Nessun uomo onesto conoscendolo accetterebbe di servirlo. Essere un pirata e un assassino è una scelta molto più onorevole” Vedendo quegli occhi pieni d’odio e ira, Catrine non poté fare a meno di voltarsi a guardare il ritratto. L’uomo rancoroso che aveva di fronte non somigliava affatto a quel ragazzo sorridente del dipinto.
Fraintendendo Killian si alzò in piedi e si affiancò alla cornice appesa.
“Allora non sapevamo chi fosse davvero l’uomo che servivamo. Eravamo ingenui e… Abbiamo pagato caro per questo.” Lo sguardo di Killian si rabbuiò mentre gli occhi gli andavano all’uomo nel dipinto.
“Era tuo fratello, vero?” Killian si fermò a guardarla sorpreso per un attimo, non le aveva detto di Liam. Poi si ricordò di quello che lei gli aveva raccontato la notte del loro incontro. Anche lei aveva dei fratelli, forse avevano lo stesso sguardo complice che avevano lui e Liam o forse semplicemente si somigliavano quel tanto che bastava a dimostrare la parentela.
“Si chiamava Liam, era il capitano di questa nave prima che… fossimo mandati a morire. Era un uomo buono e giusto, come nessuno” La voce di Killian tremò per un istante, ma il dolore non la fece sembrare meno sincera.
“Quindi è per questo che lo fai? Giustizia da pirati?” La ragazza aveva capito poco del modo di vivere dei pirati, ma le era chiaro che avevano un loro modo di mantenere l’ordine, una specie di legge del taglione, in cui chiunque, se era abbastanza forte poteva ricevere soddisfazione. Killian sorrise amaramente.
“Non intendo mentire Caterine, questa non è giustizia, ma vendetta.”
Caterine non disse nulla, ma non poté fare a meno di pensare ai suoi fratelli e al dolore che le attanagliava il cuore. Non le era difficile credere che anche Killian soffrisse come soffriva lei, eppure non seppe dire se avrebbe fatto la scelta che aveva fatto lui. Ora sapeva perché quegli uomini avevano dedicato la loro vita all’odio, ma non era certa di capirne il senso. Avevano gettato via un futuro promettente per un rancore che non li avrebbe portati a nulla. Fossero anche riusciti ad uccidere il re in persona, Liam non sarebbe tornato in vita. Eppure la mente gli tornò a quando la sua freccia era affondata nella coscia di Shaka o alla luce che si spegneva negli occhi di Killian, veder soffrire chi l’aveva ferita l’aveva fatta stare bene. Una parte di lei sapeva che era sbagliato, che la vendetta e la giustizia non erano la stessa cosa, esattamente come lo sapeva Killian, eppure per qualche istante, aveva dimenticato il dolore e si era sentita quasi felice. Killian forse non era poi così diverso da lei, forse il mostro spietato che aveva ucciso a sangue freddo il capitano della Nina era più umano di quanto non sembrasse. Improvvisamente Caterine si domandò se il dolore che provava non si sarebbe alleviato se avesse strappato il cuore all’orco che aveva divorato la sua famiglia, o quantomeno se l’odio che la consumava non sarebbe svanito.
La forchetta tintinnò nel piatto ormai vuoto di Caterine. Come riscosso da quel suono Killian rinvenne dai suoi pensieri e iniziò a slacciarsi gli scarponi.
“Meglio se andiamo a dormire, prendi il mio letto”
La ragazza mise il piatto da parte ed afferrò la pesante coperta in cui dormiva, decisa a non accettare. Il fianco le faceva ancora male, ma voleva sopportare. Guardando il suo volto ostinato, Killian sbuffò, glielo avrebbe ordinato se fosse stato costretto, ma non fece in tempo.
“Buonanotte capitano” La voce di Caterine arrivò ovattata e gentile da sotto la pesante coperta e strappò un sorriso al ragazzo. L’idea di imporle la disciplina gli sfuggì dalla mente, accantonata da quella piccola gentilezza che somigliava tanto ad una conquista. Caterine si addormentò ancor prima che lui le rispondesse. Quella notte sognò di gettare l’orco nel mare e guardarlo mentre gli squali lo divoravano.

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Capitolo 15
*** Il Denaro ***


Il Denaro


Erano trascorsi un paio di giorni da quando Caterine era stata scoperta. La ciurma aveva ricominciato a comportarsi con lei come se non fosse mai successo nulla, anche se forse erano un po’ più volgari di prima quando si prendevano gioco di lei. Caterine cercava di non far notare quanto tutta quella situazione la disorientasse, con scarsi risultati. Aveva creduto che una volta approdati sarebbe stata libera di andarsene e ricominciare da capo, dimenticando ogni cosa del suo passato, adesso non era più certa di quello che sarebbe successo. Aveva accarezzato l’idea di scappare appena le fosse stato possibile, ma il fianco le faceva ancora male e non era pronta a rischiare di nuovo una passeggiata sull’asse. Quando la terra venne avvistata la felicità che credeva avrebbe provato nel vederla non si fece sentire. Gli uomini al contrario gioirono e si prepararono all’approdo con un entusiasmo incredibile. Il ponte si riempì di battute volgari e fantasie su cosa avrebbero fatto una vota a terra. In tutte le storie c’era almeno una donna di facili costumi. Killian diresse le operazioni con un sorriso raggiate e uno sguardo bramoso, che nonostante il suo silenzio in merito, lasciava intuire come in realtà condividesse le aspettative dei suoi uomini. Quando la nave in fine attraccò, nessuno si lanciò sul molo come Caterine si sarebbe aspettata. Gli uomini, nonostante trasudassero impazienza non tentarono nemmeno di lasciare il ponte o di proporre di farlo. Caterine non comprese cosa fosse preso a tutti, finché i forzieri non furono portati in bella vista. Gli occhi della ciurma si illuminarono vedendo l’oro, ma prima che qualcuno potesse avere idee stupide, Killian si sedette sui forzieri ed aprì il grande libro contabile. Gli uomini allungarono il collo per intravedere cosa gli sarebbe spettato, anche Caterine ci provò, ma non riuscì a intuire nulla da quello che per lei era solo un complesso incolonnamento di numeri. Killian sembrava al contrario orientarsi perfettamente tra i numeri e le lettere elegantemente vergati. Normalmente non era il capitano a tenere la contabilità della nave, c’era un marinaio scelto appositamente per questo, ma il primo capitano dell’imbarcazione non amava pesi morti sulle nevi e aveva insistito per accollarsi lui stesso questo compito. Killian non amava affatto quel tipo di mansione, calcolare e stimare i danni lo annoiava, per questo durate i primi tempi in carica aveva seriamente considerato di delegare quel compito, ma non avrebbe mai potuto. Liam era riuscito a gestire con grande responsabilità quell’incarico e non sarebbe stato Killian ad abbandonarlo. Adesso, dopo l’ennesimo arrembaggio, il capitano iniziava a capire quali fossero i vantaggi di quell’incarico. Gestire il denaro significava avere presa maggiore sugli uomini. Sulle altre navi il bottino veniva spartito appena dopo il saccheggio, ma Killian temeva che questo avrebbe creato disordini. Non gli importava che si giocassero tutto a dadi prima di toccare terra, ma quando gli uomini perdevano diventavano aggressivi ed era chiaro a tutti che sulla Jolly Roger non ci fosse un buon medico. Inoltre gli uomini iniziavano a diventare distratti una volta che avevano la paga in tasca e questo Killian non poteva permetterlo.
Dopo una serie infinita di indicazioni organizzative, che definivano chiaramente chi sarebbe rimasto sulla nave e per quanto, Killian finalmente abbassò lo sguardo sul tomo e scorse il dito sul foglio, scorrendo i calcoli un’ultima volta. Lo fece molto più lentamente di quanto avrebbe potuto, per godersi ancora un po’ la smania dei suoi uomini. Quando parlò, il bofonchiare della ciurma scomparve all’istante.
“Le riparazioni della nave potrebbero costare più del previsto, quindi ne terremo un po’ di più da parte per sicurezza –un sottile brusio iniziò ad alzarsi e Killian sorrise sentendolo- se dovessero avanzarne li spartiremo, ma penso che avere una nave che stia a galla sia un po’ più importante di un boccale in più. Tutto considerato, comprese le spese per le scorte e gli armamenti che ovviamente saranno più del solito visto che dobbiamo prepararci ad uno scontro diretto, spetteranno venti dobloni a testa.”
Il brusio divenne un ululato di gioia. Alcuni batterono i piedi a terra in segno d’esultanza. Forse se non fosse stato per le pessime premesse del capitano, venti dobloni sarebbero sembrati pochi, ma adesso sembravano più di ogni aspettativa. Gli uomini sapevano che sarebbero stati chiamati per ordine di grado, avrebbero ricevuto la loro parte e sarebbero stati immediatamente congedati. Caterine questo non lo sapeva, l’unica cosa che voleva era poter scendere dalla nave e fingere almeno per qualche giorno di non dover tornarci. Quando gli uomini la videro avanzare scoppiarono a ridere. Con un sorriso irriverente Killian alzò un sopracciglio, falsamente sorpreso. Era chiaro che avesse sulla punta della lingua una battuta pronta a farla tornare al suo posto, ma non fece in tempo, perché dalla ciurma si alzò una voce di scherno.
“Che ti sei messa in testa dolcezza? Non c’è niente per te”
Caterine non riuscì a capire a chi appartenesse quella voce, ma si voltò ugualmente con sguardo torvo, pronta a fronteggiarlo.
“Siete stati voi a decidere che lavorassi”
“Ha ragione. Ora fa parte della ciurma, quindi è giusto che abbia la sua parte.” La voce di Killian suonò chiara e sentendola Caterine non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo con gli occhi sgranati. Non si era aspettata solidarietà da parte sua, non dopo tutto quello che era successo. Killian scorse lentamente il libro contabile fino all’ultima pagina e la strappò, con altrettanta calma tornò alla pagina dei conti e impugnò la penna, intingendola nel calamaio.
“Rifarò i calcoli tenendo conto anche di lei…” La penna scivolò sul bordo della boccetta piena di china, poi la mano la portò sul foglio e iniziò a graffiare la carta. La calligrafia elegante di Killian iniziò a vergare numeri fino ad arrivare alla quota a persona, tra il brusio contrariato dei marinai. La penna si soffermò qualche momento appena sopra a quel numero, poi Killian parlò, senza alzare lo sguardo dalla carta.
“Questa dovrebbe essere la quota, ma… a questa vanno sottratte le spese di vitto e alloggio…”
“Ma io sto lavorando…” la voce contrariata di Caterine si alzò sulle risate che iniziavano a passare sulle bocche dei pirati. Gli occhi di Killian si alzarono dal foglio per piantarsi in quelli di lei. C’era un’aria di beffarda innocenza nel sorrisetto che il Capitano aveva stampato in faccia.
“Per risarcirci del riscatto che non riceveremo, non per poterti fare un viaggetto dolcezza.” Senza smettere di sorridere il capitano tornò a guardare i numeri ed elegantemente segnò un meno accanto a quello che sarebbe potuto essere il suo compenso.
“Partiamo dall’alloggio. Pernotti nella camera del capitano e questo ha un costo importante.” Le unghie di Caterine le affondarono nelle mani, ma non parlò, ormai le era chiaro che ogni cosa che faceva serviva solo a peggiorare la sua situazione.
“Poi ci sono le spese mediche naturalmente. Quanto saresti stato pagato per il tuo lavoro?”
Il medico fece un passo avanti quando fu nominato dal capitano. Fissando la sua mano l’uomo aggrottò la fronte, come se stesse facendo uno sforzo immane.
“Tutto considerato… Sia la prima che la seconda volta che l’ho rattoppata intendo… Venti pezzi d’argento a notte credo”
Killian fece un cenno d’assenso e annotò il prezzo sotto alla relativa colonna, accanto alla dicitura “Spese mediche”. Caterine serrò la mascella, cercando di non parlare, ma la voce le sibilò tra i denti.
“Questo è ridicolo. Se mi avesse ricucita bene non si sarebbero strappati e punti, e comunque non serve un medico per capire che questo è un lavoro fatto da schifo” Caterine si tirò su la camicia quel tanto che bastava a mettere in mostra i punti irregolari che le segnavano il fianco. Killian fissò la sua pelle chiara per qualche istante. Gli uomini fischiarono e qualcuno propose di farle togliere la maglietta per poter controllare meglio, ma le battute volgari non nascondevano quanto il filo nero affondasse nella pelle in maniera disordinata.
“D’accordo, allora facciamo dieci pezzi d’argento” la penna tracciò una linea netta sul vecchio numero e segnò il nuovo appena sotto. Intuendo che Catrine avrebbe protestato ancora Killian intervenne.
“Saresti morta senza le sue cure, quindi accontentati. Ora, è tempo di passare al vitto… Mettew tu quanto proporresti?”
Il cuoco si impettì, sorridendo.
“Un argento a pasto, signore.”
“Un argento per quella sbobba?” Lo stupore parlò prima del cervello e Caterine non poté che maledirsi per aver dato fiato alla bocca. Inimicarsi il cuoco era davvero una pessima idea, ora innanzi le si prospettava un futuro pieno di avanzi e sputi nel piatto.
“È vero! fa schifo!” Bobby parlò con una spontaneità disarmante, mentre un brusio d’assenso si alzava tra la ciurma. Nel sentirli Killian trattenne a stento una risata, mentre guardava il volto del cuoco che diventava rosso.
“Faccio quello che posso con quello che c’è… non è colpa mia se sulla nave possiamo portare solo roba che non deperisce.” Bofonchiò l’uomo.
Ancora ridacchiando Killian riprese la parola, facendo scemare il vociare che stava lentamente aumentando di tono.
“È una nave questa, non la cucina di una reggia. Quindi per quanto la cucina possa lasciar a desiderare, il valore delle provviste qui è più alto. Un argento a pasto, è confermato.”
La penna del Capitano ricominciò a scorrere sul foglio moltiplicando velocemente la quota per i giorni di viaggio. Quando ebbe finito di annotare Killian cerchiò il numero risultatogli ed alzò lo sguardo ad incontrare quello di Caterine.
“Oh… si dà il caso che sei in negativo di due argenti. Non preoccuparti però, due miseri argenti non fanno molta differenza sull’enorme debito che hai con noi.” Con un sorriso beffardo il Capitano dichiarò chiusa la conversazione e procedette alla distribuzione del denaro.

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