Di camini, calderoni e funghi magici di _Qwerty_ (/viewuser.php?uid=136557)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorni e partenze ***
Capitolo 2: *** Dubbi e certezze ***
Capitolo 3: *** Pustole e parole ***
Capitolo 4: *** Lettere dal Brasile ***
Capitolo 5: *** Decisioni estive ***
Capitolo 6: *** Esprimi un desiderio ***
Capitolo 7: *** Passato e futuro ***
Capitolo 1 *** Ritorni e partenze ***
Camini-1
30 giugno 1999, Espresso di Hogwarts, direzione Londra
“E
ovviamente papà ha già pensato a quando mi
presenterò a sostenere la prima orazione e su quale tematica.
Sapete, io pensavo di andare direttamente ad un’orazione critica
sull’autogoverno del Wizengamot, ma papà mi ha fatto
riflettere che in effetti per un praticante di primo livello è
più prudente iniziare su qualcosa tipo la regolamentazione della
fabbricazione dei calderoni” stava spiegando Ernie McMillan al
suo uditorio, composto in quel momento soltanto da Susan, Justin e lei.
Hannah sbadigliò.
“Anche tu Susan ti metterai a studiare Magisprudenza?” chiese Ernie.
“Penso di sì, ma
vorrei anche lavorare da subito, per cui penso che mi candiderò
al Ministero per varie posizioni” rispose la ragazza.
“Magisprudenza non fa per
me – intervenne Justin – All’Ufficio Metropolvere ci
sono un sacco di posizioni aperte, proverò subito
lì.”
“E tu Hannah, cosa farai?” chiese Ernie.
In quel momento, avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, anche se gli voleva bene. Cosa avrebbe fatto, chiedeva Ernie.
Sua madre era morta quattro
anni prima per mano dei Mangiamorte per aver cercato di difendere dei
Babbani loro vicini di casa, lei era tornata a casa per aiutare suo
padre, all’epoca un Guaritore di talento, caduto in una
depressione che sembrava senza via d’uscita. Avevano vissuto come
in clandestinità, perché si sapevano possibili prede dei
Mangiamorte, e lei aveva acconsentito a tornare a Hogwarts soltanto
perché suo padre aveva insistito, pensandola più al
sicuro a scuola. Il che era vero fino a un certo punto, con Piton
preside e i Carrow che punivano con la violenza gli studenti ribelli.
Per lettera suo padre le raccontava quello che stava facendo: aveva
iniziato a curare i maghi che vivevano in clandestinità e aveva
ripreso i contatti con i colleghi del San Mungo, che cercavano di
organizzare gruppi di aiuto e cura per i maghi Mezzosangue e Nati
Babbani in difficoltà di nascosto alla Direzione controllata da
uomini di Voldemort. Era stato così che suo padre aveva vinto la
depressione e aveva aiutato anche lei a non cedere al dolore e al senso
di sconfitta. L’ES andava avanti, sotto la guida di Neville
Paciock e Ginny Weasley, e molti studenti si erano uniti a loro.
Nonostante tutto, in quell’anno terribile aveva stretto ancora di
più i legami con i suoi compagni, Tassorosso e non, e aveva
persino recuperato un briciolo di speranza. Ma quello che non aveva
potuto la depressione, lo fecero i Mangiamorte: suo padre fu ucciso nel
suo ambulatorio clandestino insieme ad una famiglia di Nati Babbani
poche settimane prima della battaglia di Hogwarts. Ricordava
perfettamente la sera in cui la professoressa Sprite l’aveva
chiamata da parte per darle la notizia, scoppiando subito dopo in
lacrime. Ricordava anche come lei quella sera invece non versò
alcuna lacrima e giurò a se stessa che avrebbe presto raggiunto
i suoi genitori, ma l’avrebbe fatto portando con sé quanti
più Mangiamorte possibile.
Poi c’era stata la
battaglia, ed era stata davvero una liberazione. Nell’immediato
partecipò alla ricostruzione della scuola, dando una mano
insieme a tanti altri studenti. Quando rimise piede a casa era luglio
inoltrato e ancora dovevano tenersi gran parte delle udienze per i
Mangiamorte e i complici. Anche lei fu chiamata come testimone e
andò a sentire le udienze riguardanti gli assassini di suo
padre. Si fece agosto e la casa era vuota. Il 15 agosto le
arrivò la lettera da Hogwarts con le indicazioni per il settimo
anno, cui lei era iscritta con un anno di ritardo avendo dovuto
recuperare il sesto. Non le importava assolutamente nulla del diploma e
dei M.A.G.O., come invece aveva puntualmente ripetuto anche lei a chi
ne chiedeva, insieme a quanti dei suoi compagni erano tornati a
ripetere l’anno per dare gli esami, primo fra tutti Ernie.
Lei era tornata a Hogwarts
perché la sua casa era vuota. E sebbene all’inizio le
sembrasse che tanti compagni avessero ancora molto da dire e da
elaborare sulla guerra appena finita, presto l’atmosfera a scuola
era cambiata: ora che c’era la pace, tutti iniziavano a pensare
al futuro, ai loro progetti, a cosa fare e un ottimismo diffuso e, a
suo vedere, fin troppo euforico sembrava contagiare tutti gli studenti.
Ernie era la personificazione di tutto questo: parlava in continuazione
degli esami e di cosa avrebbe fatto dopo, e voleva trascinarla a fare
lo stesso. Ma non erano più come al quinto anno, al tempo dei
G.U.F.O., tutto era cambiato e lei non riusciva a capire come per Ernie
potesse essere di nuovo tutto a posto. Anche se in realtà capiva
benissimo: i suoi erano sempre stati al sicuro, non avevano subito
attacchi, non avevano perso nulla della loro posizione economica e la
sua casa era ancora piena. A conti fatti, non c’erano macerie
nella vita di Ernie.
“Non lo so” rispose
Hannah in un soffio. Poi sentì salire le lacrime, così si
alzò e aprì la porta dello scompartimento. Susan fece il
gesto di seguirla, ma l’occhiata che le lanciò la fece
desistere. Hannah chiuse la porta dello scompartimento e fece appena in
tempo a sentire la voce di Susan rivolta a Ernie.
“Sei proprio un coglione.”
Percorse un paio di vagoni,
senza guardare da nessuna parte, cercando di calmarsi.
All’improvviso la porta di uno scompartimento si aprì.
“Non è molto comodo passare il viaggio in piedi, a meno che il tuo non sia infestato di Spillibrilli.”
Luna Lovegood apparve sulla porta dello scompartimento, in cui erano seduti anche Neville e Ginny.
“Vieni, siediti” disse indicandole il posto accanto a Ginny.
Luna era una delle persone che
le stavano più simpatiche. Tassorosso e Corvonero avevano molte
lezioni insieme e si erano ritrovate nello stesso anno, così
come con Ginny. Anche Neville le stava simpatico, era un ragazzo molto
gentile ma anche determinato, come aveva dimostrato più volte
prima della battaglia. Per un attimo Hannah si sentì sollevata
di poter passare qualche minuto in compagnia di qualcuno che non
avrebbe parlato in continuazione di Magisprudenza e carriere al
Ministero.
“Se non tenete il posto per qualcuno…” iniziò.
“Tranquilla, Hermione sta pattugliando i corridoi e non si siederà un attimo fino a Londra!” disse Ginny.
Hannah sedette e dopo un momento di imbarazzo prese una delle copie de Il Cavillo
che Luna aveva con sé, quando arrivò Hermione Granger,
che non mancò di lanciare ai compagni Grifondoro
un’occhiata interrogativa sulla sua presenza nello scompartimento.
Stava per alzarsi, ma Luna intervenne.
“Hannah è qui
perché il suo scompartimento è pieno di
Spillibrilli” disse con tono esplicativo, facendo spazio a
Hermione accanto a lei e costringendo Neville a schiacciarsi contro il
finestrino.
“Pieno di cosa, scusa?”
“Di Spillibrilli, quelle
minuscole creature che pungono da sotto i sedili e ti costringono ad
alzarti” spiegò Luna con uno sbuffo d’impazienza.
Di nuovo, stava per alzarsi e togliere il disturbo, ma Hermione sedette accanto a Luna e tirò fuori un libro da leggere.
Quando furono ormai in vista di Londra, Hannah si alzò.
“Grazie dell’ospitalità, ragazzi. Vado a recuperare il baule. A presto e in bocca al lupo!”
Ginny e Luna la salutarono calorosamente di rimando.
Rientrò nello
scompartimento con i compagni Tassorosso ed Ernie non disse una parola.
Una volta scesi, sembrava il momento dei saluti finali, cui lei si
sarebbe sottratta volentieri.
“Beh ma ci sentiamo, cavoli!” concluse Justin.
Alla fine anche Hannah sorrise,
mentre tutti e tre si avvicinavano alle rispettive famiglie. Poco
più in là, Hermione correva da Ronald Weasley ed Harry
Potter, che era circondato da curiosi e dalla macchina fotografica
svolazzante di qualche giornalista con poco tatto. Il papà di
Luna era riconoscibilissimo anche in mezzo al caos del binario.
Hannah si avviò ai
camini pubblici della Metropolvere, cercando di capire quale
l’avrebbe portata più vicino a casa, per poi
smaterializzarsi con minore difficoltà, quando notò
Neville accigliato davanti ai camini, che evidentemente cercava di
capire quale prendere.
“Dove devi andare?” chiese abbozzando un sorriso.
Neville sembrò incespicare un attimo.
“Al San Mungo” disse alla fine.
Hannah sapeva delle condizioni
dei genitori di Neville, ridotti a larve umane dalla crudeltà
dei Mangiamorte tanti anni prima e in quell’istante pensò
che no, non era la sola a cui la guerra aveva lasciato solo macerie che
non si potevano più rimettere a posto.
“Quello – disse
sorridendo – Devi aspettare che la fiamma disegni un osso, come
nello stemma dell’ospedale, e confermare che vuoi andare al San
Mungo.”
Neville non sembrava convinto.
“Dai, che abbiamo fatto cose molto più difficili che prendere un Camino Ufficiale, tu soprattutto!”
Neville arrossì ed entrò titubante nel camino che Hannah aveva indicato.
“In bocca al lupo!”
disse lei prima di sparire nel camino che l’avrebbe portata a
Sheffield, il posto più vicino al suo villaggio magico.
Neville rispose qualcosa, ma la Metropolvere si portò via le sue parole.
***
NdA:
eccomi qua, con un nuovo esperimento! Nelle intenzioni si tratta di una
mini-longfic su come Hannah e Neville hanno iniziato a frequentarsi,
fino a decidere di sposarsi, con uno sguardo a cosa è successo
in generale negli anni che vanno dal 1998 al fatidico "diciannove ani
dopo". Sarà perlopiù dal punto di vista di Hannah o con
narrazione impersonale e cercherò di essere il più IC
possibile (Hannah gestisce la storica locanda Il Paiolo Magico e vive
nell'appartamento di sopra con Neville, che è professore di
Erbologia, così come detto dalla Rowling e come ricostruiamo da
Pottermore e potterwikia), tuttavia con alcune necessarie invenzioni su
come si è arrivati a questo punto.
Ci saranno probabilmente delle mie invenzioni di malattie ed erbe
magiche, considerazioni riguardo la vita lavorativa dei maghi su cui la
Rowling non ha detto molto e come già si vede la mia idea che il
servizio Metropolvere non colleghi solo i camini privati ma serva anche
da "aiuto" per gli spostamenti, perché ricordiamoci che è
molto difficile smaterializzarsi a molti chilometri di distanza se non
si è maghi molto dotati.
Inoltre, è la mia prima storia per così dire
"sentimentale" e il timore di scadere nel
patetico/melenso/pomeriggiocinquestyle è alto, per cui recensite
e aiutatemi a correggere il tiro.
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Capitolo 2 *** Dubbi e certezze ***
Camini-2
Tra la notte del 31 dicembre 1999 e fine gennaio 2000, al Paiolo Magico
Dopo Hogwarts Hannah avrebbe
voluto diventare una Guaritrice, come suo padre, ma non aveva ottenuto
i M.A.G.O. necessari e quindi poteva aspirare a diventare soltanto un
Medimago, che in genere interviene in caso di emergenze, fatture e
traumi da incantesimo minori. Aveva iniziato a seguire i corsi del San
Mungo, ma trovava una grande difficoltà a studiare, sebbene le
prove pratiche le riuscissero mediamente bene. Cercava di passare la
maggior parte della giornata a lezione e tirocinio, perché casa
sua continuava ad essere vuota, e le vicine di casa con le loro parole
di commiserazione la facevano sentire ancora peggio. Continuava a
vedersi con gli ex compagni Tassorosso, ma solo perché erano
loro a cercarla, soprattutto Ernie.
Erano stati insieme ai tempi di
Hogwarts, era stato il suo primo ragazzo e non aveva smesso di volergli
bene, nonostante tutto. Si erano presi una pausa l’ultimo anno,
perché lei glielo aveva chiesto, e lui era stato molto carino
nel venirle incontro e non forzarla. Poi la scuola era finita e lui era
tornato alla carica. Solo che adesso lei non era più innamorata
come a sedici anni, adesso gli voleva bene come si vuole bene ad una
persona che stimi e che ha significato tanto per te, ma non aveva il
coraggio di dirglielo, anche se dentro di sé si sentiva in
colpa, così assecondava i suoi desideri e tutti pensavano che si
erano rimessi insieme, senza immaginare nient’altro.
Il 31 dicembre del 1999
c’era stata una grossa festa di fine anno nell’unico parco
pubblico della comunità magica, poco fuori Diagon Alley,
sull’onda dei festeggiamenti Babbani per il cambio di millennio.
Musica e fuochi artificiali made in Tiri Vispi Weasley, fiumi di
Burrobirra ma anche spazio per le famiglie per incontrarsi, tutto per
celebrare non solo il millennio che cambia ma anche e soprattutto la
pace finalmente raggiunta e sicura. Ovviamente lei era andata con Ernie
e gli altri, ma non si stava divertendo molto. Quando stavano andando
verso i camini pubblici, apparve un tizio del Ministero che
fermò Ernie, i due si misero a chiacchierare di robe del
Ministero e lei andò avanti. Non ce l’aveva minimente con
lui per averla trascurata, se così si può dire, per
arruffianarsi il tale del Ministero: capiva benissimo le aspirazioni
dell’amico e l’ultima cosa che voleva era guastare la
serata a qualcun altro. Stava per avviarsi ai camini, quando le cadde
lo sguardo sull’insegna del Paiolo Magico. Era la più
antica locanda magica del paese ed aveva rappresentato nei secoli il
tramite privilegiato tra il mondo dei maghi e quello dei Babbani,
l’unico luogo ad avere un accesso aperto da entrambi i lati, dove
prima dell’attuazione dello Statuto di Segretezza anche i Babbani
entravano come clienti qualsiasi e nessuno li faceva sentire fuori
luogo, ed era al contempo il punto di riferimento per i maghi che
venivano a Londra da molto lontano, costretti a spostarsi con mezzi
Babbani, e che così trovavano un posto dove sentirsi in qualche
modo a casa. Questo e molte storie sugli storici locandieri le avevano
raccontato da bambina i suoi genitori, rammentandole quanto fosse
importante per la comunità magica tutta. Con la mente a questi
ricordi, Hannah entrò e osservò come ormai il locale
fosse in completa decadenza. La sala comune col bar era praticamente
deserta e anche nella semioscurità erano visibili alle pareti le
macchie chiare dove dovevano essere stati appesi i ritratti dei
più celebri locandieri del passato, fatti rimuovere dagli uomini
di Voldemort in quanto “memoria di maghi troppo inclini a
mescolarsi coi Babbani”. Dietro il bancone stava Tom,
l’attuale gestore, un uomo anziano, magro e pallido, che Hannah
aveva sempre visto già molto vecchio. Hannah si avvicinò
al bancone e riprese a guardarsi intorno, ad osservare la malinconia
che avvolgeva quel luogo una volta tanto glorioso.
“Desideri, figliola?” chiese improvvisamente Tom il barista.
“Da mangiare? Potrei avere un sandiwich?” rispose, del tutto presa alla sprovvista.
Tom il barista annuì
appena e con passi lenti si avviò ad una piccola dispensa,
adeguatamente stregata per tenere le cose al freddo, da cui estrasse un
tramezzino dall’aria tutt’altro che invitante. Hannah
sedette su uno sgabello al bancone e dopo aver scaldato con la
bacchetta il tramezzino lo addentò. Nel locale non c’era
nessuno, nonostante la serata di festa: i più erano già
arrivati e crollati nelle camere a smaltire la sbronza, oppure erano
ancora fuori a fare chiasso, nonostante fossero quasi le tre di notte.
Mentre masticava il tramezzino secco, Hannah pensava che quel luogo
rappresentava alla perfezione anche la sua situazione: un tempo serena
e piena di prospettive come il locale un tempo era stato glorioso e
pieno di vita, adesso andava avanti per inerzia, infelice, svuotata di
significato, come il locale depredato e offeso dai Mangiamorte, ma
anche trascurato dai maghi stessi cui dava ospitalità. Senza
accorgersene, incrociò le braccia sul bancone e vi
appoggiò la testa. Adesso anche solo alzarsi, andare ai camini,
prendere quello giusto e poi smaterializzarsi per pochi chilometri a
casa le sembrarono una fatica enorme. Non sapeva dire quanto tempo
restò in quella posizione. Ernie evidentemente era troppo preso
dal tipo del Ministero, o pensava che fosse già a casa. Un gran
senso di tristezza la prese in quel momento, e pensò che
nonostante ci fosse la pace, le cose andavano uno schifo lo stesso. A
lei poi, più che a chiunque altro.
“Ti serve una pozione Antisbornia, figliola?”
La voce di Tom il barista la ridestò dal torpore.
“No, signore, sono solo stanca. E triste.”
“Per quello non ci sono pozioni, mi sa, figliola.”
Hannah riabbassò il capo
sulle braccia incrociate, ma dopo poco percepì che il vecchio
Tom la stava ancora osservando, così alzò di nuovo la
testa.
“Sì?”
“C’è una
camera in più, di sopra, nell’appartamento. Se non
riesci a materializzarti” disse in tono neutro.
“Ma l’appartamento
è suo…non dovrei…lei come fa? –
cominciò Hannah, cercando di ritrovare un contegno – E poi
non so se ho con me denaro sufficiente per pagare una
stanza…”
“Io non vado più
di sopra, perché non riesco più a fare le scale. Sono
vecchio. Dormo dietro la cucina, non ti preoccupare.”
Hannah ebbe appena la
lucidità per osservare che doveva essere proprio messo male se
non riusciva a fare le scale né coi piedi né
materializzandosi di appena un piano.
“Se non è un disturbo troppo grande…”
Tom scosse il capo e si avviò lentamente verso la tenda che dava sulle scale, facendole capire di seguirlo.
“Domani posso darle una mano come lei ha bisogno per pagarla, se non ho soldi sufficienti” aggiunse in fretta.
“Ci pensiamo domattina.
In cima alle scale a sinistra, fai tutto il corridoio, la porta in
fondo a sinistra. Il bagno è la porta piccola. Io non faccio le
scale, sono vecchio” concluse Tom il barista.
Hannah ringraziò ancora e salì in camera.
Era una stanza spaziosa, con
una bella vista su Diagon Alley, ma che risentiva inevitabilmente del
fatto di non essere abitata e, a giudicare dalla polvere e il puzzo di
chiuso, da un bel po’ di tempo. Estrasse la bacchetta e diede una
sistemata. Anche il bagno era pulito, eccezion fatta per la polvere.
Hannah pensò che era tutto molto strano, ma quando toccò
il letto, ancora vestita, si addormentò di colpo.
***
Il primo gennaio del nuovo
millennio trovò una Diagon Alley illuminata dal sole ma ancora
assonnata per la baldoria della sera prima e gran parte degli ospiti
del Paiolo Magico non misero piede nella sala comune col bar e i tavoli
fino a tarda mattinata. Non Hannah, però, che prima delle otto
era scesa in cerca di Tom, sveglia, un po’ rintronata ma decisa a
pagare per l’ospitalità e chiedere al barista se poteva
ringraziarlo in qualche altro modo. Il vecchio Tom era già in
piedi e stava rimestando pane e frutta con la bacchetta in quella che
era la cucina della locanda, che, Hannah osservò, sembrava
piuttosto maltenuta.
“Bernie non viene oggi,
sistemo io la roba da mangiare” – disse Tom senza voltarsi
– Il cuoco” aggiunse vedendo lo sguardo interrogativo di
Hannah.
“Volevo pagare la stanza
e ringraziarla per la cortesia. Non so quanto è il prezzo per la
stanza, ma posso andare alla Gringott a prendere il resto, se si fida,
o darle una mano con qualcosa, se preferisce” e mostrò il
sacchettino con le monete che aveva.
“Mancherebbero solo due
galeoni. Fa niente. Se proprio vuoi, ci sarebbero da riempire le
taniche per la Burrobirra” disse il vecchio barista, indicando
delle botti in legno in un angolo.
Hannah annuì ed estrasse la bacchetta.
Per gran parte dei lavori
domestici, di servizio e di fatica in genere, con la bacchetta nessun
mago aveva difficoltà, tanto che appunto, fra i purosangue ma
non solo, non ricorrere alla magia per certi compiti era considerato
quantomeno bislacco, se non addirittura disdicevole o degradante.
Evidentemente il signor Tom era così vecchio da avere
difficoltà anche ad alzare le braccia e ad eseguire i movimenti
di bacchetta giusti e precisi per tenere in ordine il locale, mentre
questo cuoco Bernie doveva essere un Magonò, viste le condizioni
della cucina, pensò Hannah. Tempo un’oretta e la cucina
era a posto, la Burrobirra caricata, il bancone pulito, il cibo
avariato fatto evanescere senza lasciare odori e i primi avventori che
scendevano trovarono un gradevole odore di bacon e pancakes.
Hannah fece una degna colazione
e anche il signor Tom mangiò qualcosa, molto lentamente. Alcuni
clienti mangiarono e se ne andarono, altri pagarono e uscirono. Hannah
notò che qualcuno di loro cercava di confondere il signor Tom
mentre faceva loro il conto e cercò di farglielo notare
discretamente, ma non riuscì a comunicare con lui senza farsi
notare. Glielo disse una volta a pranzo, che consumarono insieme in
cucina, senza che a nessuno dei due fosse venuto in mente che Hannah
aveva già ampiamente rimesso i galeoni mancanti della stanza.
“Non riesco più a fare tutto – disse il signor Tom – Sono vecchio.”
Stava per replicare, quando notò che il signor Tom guardava insistentemente l’orologio a muro.
“Aspetta qualcuno?”
“No. Ormai Eva non viene. Quella delle pulizie. È una Maganò. Viene quando vuole, ormai.”
“E lei la paga anche se non viene a lavoro e non fa il suo dovere?”
Il signor Tom alzò le spalle.
“Sono vecchio” rispose soltanto.
Hannah sospirò. Sapeva
come sarebbe andata a finire, chi avrebbe dovuto mettere tutto a posto.
Finì di mangiare e tirò fuori la bacchetta.
“Non sei tenuta…” iniziò l’anziano.
“Se ci mettiamo al lavoro subito, facciamo presto” disse lei.
“Io non faccio le scale” disse il barista macchinalmente.
“Lo so, la faccio
materializzare come me di sopra” disse Hannah e detto fatto fu
col vecchio in cima alle scale che portavano alle poche camere della
locanda.
Hannah associava le faccende
domestiche alle vacanze estive, quando a casa non c’erano gli
elfi domestici della scuola e sua madre la spronava a mantenere sempre
in ordine la camera e il giardino, in cui passava molto tempo a curare
il piccolo orto di piante medicinali. Non che adorasse fare le pulizie,
ma mettere in ordine casa, una volta vinta l’inerzia iniziale,
aveva un che di appagante, come se mettere ordine nelle cose materiali
mettesse ordine anche nello spirito.
Con la bacchetta, non ci volle
molto a mettere in ordine le stanze. In una c’era una colonia di
Doxy e, non avendo lo spray apposito, Hannah fu costretta a
improvvisare: incantesimo Scudo per sé, Pietrificazione delle
creaturine infestanti e Frantumazione delle stesse. In un’altra
c’era un nido di uova di Ashwinder e, mentre il signor Tom si
metteva le mani nei capelli per la disperazione, Hannah non seppe
trattenere l’entusiasmo: eseguì l’incantesimo di
Congelamento che aveva studiato essere utile per evitare che le uova
diano inizio ad un incendio e si lasciò andare a grida di gioia
vedendo che era riuscito alla perfezione.
“Posso tenerle?”
chiese al signor Tom riferita alle uova, che sono un rimedio efficace
per varie febbri malariche, oltre che in uso per pozioni d’amore.
“Cioè, facciamo a metà, se lei pensa di usarle…” si corresse subito.
“No, no, prendile tutte e portale via” rispose il barista, ancora allucinato.
“Eva non pulisce bene. Domani glielo dico, se viene” commentò soltanto alla fine della giornata.
“Come sarebbe a dire, se viene? Non può mandarle un gufo e richiamarla all’ordine?” chiese Hannah.
“Ha un gatto che è aggressivo con i gufi” fu la risposta penosa.
Qui c’è bisogno di qualcuno che prenda in mano la situazione, pensò Hannah.
Si era fatta sera e solo un
avventore era tornato nella sua stanza, comunicando al signor Tom che
se ne sarebbe andato l’indomani. Anche Hannah sarebbe dovuta
andare, ma adesso che si era fatto tardi aveva la sensazione di dover
ancora finire di fare qualcosa, ed era una sensazione che non ricordava
di aver provato mai così intensamente.
“Se vuole, posso darle
una mano con Eva domani, aiutarla a farsi rispettare, intendo. Questo
posto è importantissimo per la comunità magica e non
è giusto che la gente si approfitti di lei” disse al
signor Tom mentre cenavano.
“Sei troppo gentile,
Hannah – disse il vecchio barista – In effetti ho bisogno
d’aiuto: sono vecchio” ripeté, come se quello
spiegasse tutto.
Alla fine, Hannah restò
nella camera di sopra anche quella sera, e quella dopo ancora, e per
alcune settimane. Fece un salto a casa alcune volte, a prendere abiti e
libri, portò la sua civetta, curò la zampa del gufo del
signor Tom, fece una sonora ramanzina alla Maganò Eva quando si
presentò due giorni dopo, istruì Bernie sugli oggetti
stregati della cucina e come pulire con essi, parlò con i
fornitori del cibo e degli alcolici, si preoccupò che nessuno di
loro né dei clienti fregasse Tom sul conto. Poi cambiò la
disposizione di tavoli e divanetti nello spazio comune del pub, rese
più confortevole la stanza a piano terra del signor Tom, che non
voleva saperne di riprovare a fare le scale, e rimise a posto a suo
gusto l’appartamento di sopra.
Due settimane dopo, la cucina
era pulita, il cibo buono, Eva non mancò un giorno di lavoro e
diversi maghi di passaggio commentarono positivamente che tutto
l’ambiente era come rinnovato e che il signor Tom aveva fatto
proprio bene ad affidarsi ad una persona giovane per la gestione dello
storico locale.
Si avvicinava febbraio e per
Hannah si avvicinava il primo esame del corso per Medimago. Si trattava
della prima parte sulle emergenze e i traumi da incantesimo e aveva
studiato solo nei ritagli di tempo fra una cosa e l’altra nel
locale. Aveva già superato senza troppo sforzo la prova pratica
a dicembre ed era stata una delle poche a dare prima l’esame
pratico della teoria. A pensarci adesso, sorrideva al ricordo delle
prove pratiche dei G.U.F.O. che tanto l’avevano mandata in
panico. La teoria invece, che di solito le riusciva meglio, questa
volta la rendeva più incerta.
“Ho l’esame fra tre
giorni, è il caso che torni a casa e stia fissa a
studiare” disse un giorno al signor Tom.
“Certo, Hannah, anzi,
sono stato io ad approfittare della tua disponibilità. Devo
ammettere che è stato molto bello avere qualcuno che mi aiutasse
ad aver cura del locale e sappi che sarai sempre la benvenuta al Paiolo
Magico e che la camera di sopra è sempre tua.”
Hannah guardò l’anziano barista.
Tremava nel dirle queste parole
e aveva gli occhi lucidi. Anche Hannah dovette trattenere le lacrime.
Aveva ragione, era stato bello avere qualcosa da fare, prendersi cura
di qualcosa nel suo insieme e sentirsi così parte della
comunità.
Con questi pensieri
tornò a casa e si mise a studiare nei tre giorni che rimanevano.
La concentrazione non era il massimo e ogni tanto si ritrovava a
chiedersi se adesso che lei non c’era Eva fosse andata
regolarmente a fare le pulizie.
La mattina dopo andò a
sostenere l’esame e il pomeriggio stesso misero fuori i voti.
L’aveva passato, e con un voto decisamente superiore alle
aspettative. Sentì dire da uno dei compagni che bisognava subito
mettersi sotto per il corso del quadrimestre successivo, che riguardava
le pozioni e i veleni, e in quel momento Hannah capì che non
aveva dubbi.
Adesso sapeva cosa voleva fare e dove voleva andare.
***
NdA:
- in HP5 quando Harry, Ron e Hermione
parlano dei colloqui orientativi coi professori circa il loro futuro
dopo la scuola si dice proprio che occorrono almeno cinque O ai
M.A.G.O. per essere presi a fare il Guaritore, che appunto Hannah non
ha ottenuto; ho però immaginato che il Medimago, una figura
citata di sfuggita mi pare in HP4, possa intendersi come una figura
intermedia fra l'infermiere (madama Chips) e il Guaritore
professionale, una sorta di paramedico che interviene appunto in
situazioni più ordinarie, dove magari non c'è da mettere
in atto chissà che pozioni o controfatture che devono essere
studiate, e che quindi Hannah abbia inizialmente seguito le orme del
padre in questo modo;
- i Doxy li conosciamo, per gli Ashwinder vi rimando a Gli Animali Fantastici: dove trovarli: non sono assolutamente idea mia!
- l'idea di fondo è che Hannah
trovi nel prendersi cura del Paiolo Magico il modo per prendersi cura
di se stessa e uscire dal periodo buio che sta attraversando;
- il barista Tom è molto
vecchio anche per gli standard magici, se pensiamo che era già
un uomo adulto nel 1938 quando Tom Riddle entra a Diagon Alley
(ricordate Silente che dice al giovane Voldemort "Chiedi al barista, si
chiama Tom come te"?)
Infine, recensite e commentate!!
Alla prossima!
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Capitolo 3 *** Pustole e parole ***
Camini-3
Ottobre 2001
Neville aveva scoperto che
amava molto viaggiare. Se glielo avessero detto qualche anno prima, non
ci avrebbe creduto di certo, e avrebbe avuto anche ragione.
D’altronde, come poteva aver voglia di viaggiare in posti
sconosciuti e pericolosi quando a malapena ricordava quello che doveva
fare in una giornata? Dopo Hogwarts aveva partecipato ai processi
contro i Mangiamorte e in virtù del suo ruolo di rilievo nella
resistenza a scuola aveva avuto il permesso di prendere parte insieme
agli Auror alla cattura degli ultimi complici e dei Ghermidori a piede
libero. L’accademia degli Auror era anche disposta a chiudere un
occhio sul fatto che non avesse i M.A.G.O. necessari per essere
ammesso, così come era accaduto per Harry. Quando arrivò
la lettera a casa, sua nonna era al settimo cielo. Sapeva che diventare
un Auror era quanto sua nonna aveva sempre desiderato per lui, e anche
lui pensava che sarebbe stato il modo migliore per onorare la memoria
dei suoi genitori, eppure il pensiero non gli dava alcuna gioia, anzi.
Dare la caccia ai maghi oscuri era uno dei compiti più
prestigiosi e importanti che potessero essere affidati a un mago, per
carità, ma lui non si era mai visto davvero nella parte del
paladino della giustizia, checché ne dicessero alcuni che ogni
tanto gli ricordavano con i loro complimenti il suo ruolo durante la
battaglia. L’unico luogo del mondo dove invece si sentiva
perfettamente al suo posto era, in realtà, la serra del giardino
di casa, dove coltivava le sue amate piantine e dove cercava di far
riprodurre gli esemplari più rari che il prozio Algie riportava
dai suoi viaggi. E proprio il prozio Algie, una mattina di giugno
dell’anno prima, gli aveva proposto di unirsi a lui ed altri
maghi appassionati di erbe e creature in un viaggio di esplorazione da
Istanbul fino in India, sull’Himalaya, in cerca di nuove specie
botaniche magiche.
“Follia, Algie –
aveva sentenziato sua nonna – Ci lascerete le penne, tutti e due:
tu perché sei vecchio, e Neville perché non ha un
briciolo di senso dell’orientamento.”
Voleva protestare, ma con sua nonna non era mai troppo consigliabile.
Poi una mattina lo zio Algie
gli aveva detto che sarebbe partito di lì a pochi giorni e che
quindi gli desse una risposta.
Aveva guardato ancora una volta la serra nel giardino e si era detto che stavolta non si sarebbe tirato indietro.
Sua nonna se ne sarebbe fatta
una ragione. Lui non sarebbe mai stato un Auror, ma sarebbe andato alla
scoperta di nuove piante magiche, anche dall’altra parte del
pianeta.
***
Il viaggio verso
l’India era durato quattro mesi circa, i quattro mesi più
spericolati e appassionanti che potesse ricordare. Sua nonna non aveva
tutti i torti sui rischi del viaggio, ma ne era valsa la pena.
Sì, in effetti si erano persi almeno quattro o cinque volte,
erano stati derubati un paio, si erano ribaltati con un tappeto volante
finendo dritti nell’unica palude dell’Iran popolata da
Barbalampri, aggressive creature a metà fra il pesce gatto e il
coccodrillo, si erano intossicati con i fumi di una strana pianta che
aveva fatto loro crescere una sorta di cresta da gallo sulla testa, ma
alla fine erano arrivati in Himalaya e avevano raccolto i preziosi semi
della Indigella Pirifera, le cui foglie e frutti venivano impiegati dai
maghi tibetani in numerose pozioni, sia per vincere il freddo fra i
ghiacci che per curare varie febbri magiche come la malattia da graffio
del Wampus, che portava i maghi affetti a miagolare durante gli
attacchi di febbre e faceva ingrossare i linfonodi di tutto il corpo, e
il terribile Cimurro del Gramo, che poteva anche essere mortale
sì, ma per il mago colpito, non per il Gramo.
Al ritorno Neville si era
adoperato per far germogliare i semi e aveva confrontato osservazioni e
dati raccolti sulla pianta nel suo ambiente e quelli sulla sua
coltivazione, riuscendo a pubblicare per primo le sue scoperte su Myrifolia,
la più prestigiosa rivista europea di Erbologia e battendo
così sul tempo una spedizione analoga di maghi erbologi
statunitensi.
Adesso sua nonna non diceva
più che “cercava solo di far riprodurre funghi
inutili”, visto il riconoscimento che aveva ottenuto. Era stato
designato “Erbologo dell’anno” proprio nel 2000 su Myrifolia ed era citato anche sull’altrettanto famoso Erbario di Gottinga,
versione aggiornata proprio con i suoi disegni e schemi
sull’Indigella Pirifera. Una delle cose che però sua nonna
gli rimproverava era quella di aver rinunciato al brevetto sulle
scoperte, lasciando così che ricchi maghi proprietari di orti
botanici come i Bobbin e i Greengrass mettessero le mani sui semi e le
piante e facessero profitto con le sue scoperte. Ma a lui non importava
molto dei galeoni: la soddisfazione per la sua scoperta era più
che sufficiente, e se le piantine venivano coltivate e vendute voleva
dire comunque che i maghi potevano usarla nelle pozioni e sperimentare
liberamente, contribuendo così all’incremento delle
conoscenze, esattamente come aveva fatto lui.
Dopo la spedizione indiana, era
partito altre volte, non più col prozio Algie, che stava davvero
invecchiando, ma con altri erbologi europei, alla volta quando del Nilo
quando del Mar Nero, dove aveva documentato una varietà
particolare di Algabranchia, la famosa pianta acquatica del
Mediterraneo che permette agli uomini di respirare sott’acqua
sviluppando temporaneamente delle branchie.
Tuttavia, per ogni partenza
c’era un ritorno, e il posto dove Neville si fermava più
volentieri ogni volta che tornava a Londra era il Paiolo Magico.
Di ritorno dal primo viaggio in
India col prozio Algie, avevano fatto una sosta al Paiolo Magico prima
di rientrare a casa per una ragione non molto onorevole. Oltre i semi
della preziosa Indigella Pirifera avevano riportato a loro insaputa
anche uova di una strana pulce egiziana nascoste fra i vestiti, che
avevano dato luogo ad un’eruzione di pustole azzurre non molto
fastidiose ma decisamente antiestetiche e, d’accordo col prozio
Algie, avevano deciso di trovare un rimedio per mandarle via prima di
farsi vedere dalla nonna di Neville. Così avevano preso una
stanza al Paiolo Magico, confidando di trovare in una farmacia di
Diagon Alley una pozione efficace.
La sorpresa di vedere Hannah,
una sua vecchia compagna di scuola e membro dell’ES, dietro il
bancone al posto del vecchio Tom per un istante gli fece dimenticare la
presenza delle pustole.
“Così ora sei tu a
mandare avanti questo posto! Accidenti, devo essermi perso un sacco di
cose in questi mesi!” esclamò Neville.
“Sono qui da sola
soltanto da un paio di mesi, da quando il signor Tom ci ha lasciati, ma
è dall’inizio dell’anno che mi occupo del locale.
È stata una sorpresa e una gioia scoprire che il signor Tom
lasciava a me l’eredità di occuparmi di questo posto e io
cerco di fare del mio meglio per essere all’altezza”
rispose Hannah con un sorriso radioso.
“Immagino… Di
certo è una sorpresa anche per me, se non ricordo male tu a
scuola volevi fare Guarigione!”
“Mai quanto per me sapere
che tu invece sei stato in India a caccia di funghi magici!”
ribatté Hannah divertita.
Neville arrossì e tirò ancora più su il bavero del mantello, pensando alle pustole.
“Come facevi a saperlo?”
“Beh, questa è una
locanda, molti maghi vanno e vengono, molti maghi parlano –
iniziò allusiva – Scherzo, una mattina è passata
tua nonna e io l’ho riconosciuta e le ho chiesto che fine avevi
fatto.”
“Eh, già, la nonna, sì…”
“Piuttosto, perché alloggiate qui? Siete subito di partenza?”
Neville non era mai stato bravo
a improvvisare scuse e spiegazioni, ma quattro mesi a zonzo in Asia a
qualcosa dovevano essere serviti, perché rispose subito:
“No, no, ma vogliamo farle una sorpresa” con tono assolutamente credibile.
Quella sera col prozio Algie
diedero fondo a tutte le loro risorse di memoria sulle pozioni
antipulci, per poi ridursi la mattina dopo a un paio di tentativi nelle
farmacie di Diagon Alley, cercando di non farsi notare. Gli unguenti
che rimediarono non fecero effetto subito e nei tre giorni che zio e
nipote passarono al Paiolo Magico Neville ebbe modo di chiacchierare a
lungo con Hannah dei tempi di Hogwarts, ricevendo ragguagli su un sacco
di gente che non vedeva da un pezzo, ovviamente facendo sempre
attenzione a non scoprire le braccia coperte di pustole, che, per
qualche ragione miracolosa, avevano risparmiato la faccia e le mani.
“E così Ernie
è alla Cooperazione Magica internazionale?” chiese Neville
una sera, quando il prozio Algie era già salito in camera.
“Sì,
all’inizio non era molto contento, perché sperava di
essere preso come praticante in Magisprudenza all’Ufficio
Applicazione della Legge Magica, ma pare che ora sia molto entusiasta,
è stato mandato in Svizzera in missione diplomatica ed è
decisamente nel suo elemento!”
“Se non ricordo male, Hermione è all’Ufficio Applicazione della Legge Magica. Il posto giusto per lei!”
“Sì, ma mi ha
raccontato Ginny che deve dividere l’ufficio con Theodore Nott,
di Serpeverde, ti ricordi?”
“Già… A quanto pare sei più informata tu di me su tutti!”
“È solo
perché questo posto è sempre un viavai di gente, sono
convinta che sia Hermione che gli altri non vedono l’ora di
sapere tutto del tuo viaggio in India. E anche io sono assai
curiosa!”
Così Neville le aveva
raccontato del viaggio e dell’importanza dei semi che aveva
raccolto. Era molto sorpreso dell’interesse che Hannah mostrava
nei confronti del suo racconto e soprattutto della preziosa Indigella
Pirifera.
“È proprio una
cosa da te! – commentò a un certo punto – Eri molto
bravo in Erbologia e anche la professoressa Sprite spesso ti portava ad
esempio.”
Neville arrossì, per l’ennesima volta, senza notare che le pustole stavano pian piano scolorandosi.
Quella sera parlarono a lungo,
di Hogwarts, delle persone che conoscevano, di quelli che c’erano
ancora e di quelli che non c’erano più e Neville pensava
che era davvero una bella sensazione poter parlare liberamente con
qualcuno. Si sentiva anche stranamente a suo agio, e non aveva nemmeno
finito la sua Burrobirra.
La mattina dopo le pustole
erano quasi sparite e zio e nipote si diressero verso la dimora di
famiglia. L’indomani andò a far visita ai suoi genitori e,
in un momento di calma, prese da parte una Guaritrice e, raccogliendo
tutto il coraggio che aveva, le chiese un consulto riguardo alle
misteriose pustole.
La strega rise di gusto.
“Non è nulla di preoccupante, si tratta della Rubella cerulea,
un insetto innocuo. La magia delle uova fa sì che le pustole
azzurre compaiano e persistano finché la persona si sente a
disagio, e svaniscono nel momento in cui invece si sente non più
inibita” spiegò la strega.
Quindi me le porterò dietro a vita, pensò Neville.
Ma come se gli avesse letto nel pensiero, la Guaritrice riprese:
“Ma anche nel caso non
riesca a farle svanire da solo, la magia dura sì e no un paio di
mesi e poi si autospegne da sola.”
Neville tirò un sospiro di sollievo e ringraziò la Guaritrice.
Sarebbe stato un episodio divertente da raccontare, nonostante tutto.
Nei mesi successivi
lavorò alla coltivazione della Indigella Pirifera e quando fu il
momento di ripartire, dovendo usare per un tratto i mezzi Babbani, la
prima cosa che gli venne in mente fu di passare dal Paiolo Magico:
aveva come la sensazione che quel posto fosse di buon auspicio, con o
senza pustole.
Nel salutarlo, Hannah gli
rinnovò i complimenti per le scoperte erbologiche (a dire il
vero, tutti quei complimenti avevano fatto spuntare qualche puntino
azzurro sul polso, o forse era la sua immaginazione) e gli fece
promettere di tornare a far tappa al Paiolo Magico una volta tornato.
Così fece una volta
tornato dall’Egitto, e ancora una volta tornato dal Mar Nero e
ogni volta fermarsi al Paiolo Magico era un breve momento di ristoro
prima di tornare alla routine e allo studio nella serra di casa,
nonostante naturalmente sentisse la mancanza di sua nonna, della
famiglia e degli amici. Tuttavia, si rendeva conto ogni volta che era
seduto al bancone col piatto vuoto e la pancia piena, mentre Hannah era
in grado nello stesso tempo di dare direttive al cuoco Bernie, servire
i clienti in arrivo ed ascoltare lui, che la ragazza mostrava un
interesse sempre sincero verso di lui e che, quando i clienti si
diradavano, vinta la riservatezza iniziale, era possibile parlare anche
di altro, come della solitudine che in qualche modo faceva loro
compagnia: a lei, che nonostante fosse ormai conosciuta e apprezzata
come il vecchio Tom, aveva lasciato comunque una casa vuota a
Sheffield, e a lui, che aveva ancora dei genitori in carne e ossa, ma
con i quali non era possibile alcuna comunicazione, avvolte
com’erano le loro menti dalla devastazione lasciata da persone
orribili che ora tutti volevano dimenticare.
“Sai, – disse ad
Hannah una sera – dopo la pubblicazione delle proprietà
della Indigella Pirifera diversi pozionisti hanno cominciato a
sperimentare e alcuni sostenevano che addirittura potesse essere usata
per invertire l’effetto del bacio del Dissennatore. Tutte
sciocchezze da millantatori, ovvio, ma io per un attimo ho pensato che
forse qualcuno poteva fare qualcosa per i miei… Sono sempre il
solito ingenuo!”
“No, nient’affatto,
hai pensato quello che penserebbe chiunque! Ci vuole del tempo per
lasciar andare qualcuno, anche se la realtà ci ripete ogni
giorno che non è più con noi, e credo che comunque non si
riesca mai a lasciarli andare del tutto. Almeno, per me è ancora
così” rispose lei, con gli occhi velati, ma senza perdere
il sorriso.
Era stato anche per quei
momenti e per quelle parole che Neville tornava al Paiolo Magico,
perché c’era qualcuno che capiva, che ascoltava tutto, sia
le storie di viaggio sia i pensieri vaganti.
Non che volesse rimproverare
qualcosa ad Harry, Hermione e Ginny: erano degli amici splendidi e non
mancavano mai di sostenerlo e di fargli festa quando tornava carico di
semi e funghi e di racconti, ma a volte non riusciva a non sentire una
sorta di lontananza più impalpabile, più sfuggente.
Adesso Harry e Ginny vivevano insieme a Godric’s Hollow e avevano
con loro tutti i finesettimana il piccolo Teddy, figlio di Remus Lupin
e Ninfadora Tonks, e non c'era bisogno di essere degli acuti Corvonero
per capire che presto sarebbe arrivato un piccolo Potter. Hermione
parlava sempre di lavoro quando si trovavano tutti insieme a cena e
aveva convinto Ron ad andare a convivere poco fuori Londra,
mescolandosi discretamente con i Babbani, e tutti i discorsi finivano
sempre sul matrimonio, cui Ron era tuttavia restio, almeno
apparentemente.
Anche Luna viaggiava alla
scoperta di creature magiche, ma non da sola, bensì col
compagno, Rolf Scamandro, il nipote del celebre autore di Animali fantastici: dove trovarli,
che aveva tre anni più di loro e si era risparmiato le traversie
della guerra per il semplice fatto che viveva da sempre negli Stati
Uniti, nonostante avesse ancora parenti in Gran Bretagna.
L’unico che non aveva
progetti a lungo termine, con qualcuno, era lui e la cosa gli sembrava
ogni volta più lampante.
Aveva rimuginato ancora su
queste cose la sera prima di partire per una spedizione in Brasile con
degli americani con cui lo aveva messo in contatto proprio Rolf, quando
Hannah lo fece ridestare dai suoi pensieri.
“Se ho capito bene, non
si tratta di qualche settimana, starai via dei mesi in Sudamerica e
dovrò aspettare ancora così tanto per sentire delle
meravigliose avventure dell’erbologo dell’anno 2000!”
sottolineò lei.
“Dai non prendermi in giro! Comincio a detestare tutta questa celebrità” rispose scherzoso anche lui.
“Però
potresti fare una cosa carina – proseguì lei –
Potresti scrivermi e raccontarmi qualcosa, se ti è possibile con
i gufi e tutto il resto nella foresta amazzonica…”
***
NdA:
ecco che torna in scena Neville! Mi sono immaginata che prima di
diventare professore a Hogwarts abbia seguito la sua vera passione, lo
studio di erbe e funghi magici, riuscendo a sottrarsi a chi lo voleva
già incasellato nella figura di "bravo ragazzo coraggioso che
diventa Auror/giustiziere in memoria dei poveri genitori" e che proprio
seguendo la sua passione riesca a conseguire dei risultati che nulla
hanno da invidiare a quelli di Harry ed Hermione.
Ci tengo a dire che i Barbalampri, le malattie e la portentosa
Indigella Pirifera sono una mia invenzione e se per caso esiste
qualcosa di simile (il che non è impossibile, perché come
qualcuno ha detto, "tutto è già stato detto e parliamo
per citazioni") non è nelle mie intenzioni alcuna volontà
di plagio!
Quanto al Wampus, invece, lo trovate su Pottermore nella pagina della
scuola di magia USA Ilvermony, è un felino magico di cui non mi
ricordo molto, ma ci stava bene secondo me per parafrasare la
non-magica malattia da graffio del gatto.
Infine, come vi sembra il mio Neville? Sono stata IC? Troppo miele e disgrazie? Manca qualcosa? Fatemi sapere!
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Capitolo 4 *** Lettere dal Brasile ***
Camini-4
Tra novembre 2001 e maggio 2002
Mentre Hannah accompagnava alcuni maghi svizzeri
all’entrata di Diagon Alley, nel vicolo dietro il locale, vide un
gufo planare in avvicinamento, diretto proprio verso di lei.
Afferrò la lettera e stava per aprirla quando
notò che il gufo si era appollaiato su un bidone della
spazzatura e non sembrava affatto interessato al pagamento.
“Sei stanco, eh?” disse rivolta al rapace.
Così si avvicinò e lo fece salire sul braccio,
per poi portarlo nella stanza che aveva adibito a voliera allargata per
i gufi dei visitatori e per quelli che dovevano riposare.
Sistemato il volatile, aprì la lettera.
Cara Hannah,
non so davvero da dove iniziare a
raccontare! In questo momento mi trovo in un capanno dei Guardaforesta
della riserva naturale dell’Anaconda Rossa del Ministero della
Magia Brasiliano, insieme ai miei compagni della spedizione e ad alcuni
maghi brasiliani che si sono uniti a noi. Devi sapere che il Brasile
(ma in genere tutti gli stati del Sudamerica) attribuisce una grande
importanza alla conservazione della flora e fauna magica e ci sono aree
della foresta amazzonica nascoste ai Babbani, anche ai più
intrepidi fra loro, dove crescono liberamente un sacco di piante
straordinarie e vivono creature di cui a Hogwarts non abbiamo mai
sentito parlare. A dire il vero, anche le persone sono un po’
strane qui, per come siamo abituati noi, e anche i maghi statunitensi
non sono da meno per certi versi. I maghi americani sono anche molto
più aperti di noi verso i Babbani, nel senso che anche se
aderiscono allo Statuto di Segretezza ho visto che si fanno molti meno
scrupoli ad usare la magia anche in mezzo ai Babbani. A detta loro,
poi, anche i Babbani americani sono più aperti verso la magia,
nel senso che è facile trovare un Babbano che non si spaventa di
fronte ad un fenomeno magico ma anzi ne è attratto e vuole
saperne di più.
Ma andiamo con ordine: prima di
tutti ti devo dire di Damien, l’amico di Rolf che come me si
interessa di erbologia, anche se più che alla coltivazione delle
piante mi sembra più interessato all’uso che se ne
può fare in pozioni sperimentali. Resti tra noi, ma mi sembra
una persona piuttosto volubile, e con uno strano senso del rischio. Mi
spiego, i suoi sono Babbani e lui mi ha detto che da ragazzo portava
gli occhiali, ma ora i Babbani che fanno la stessa funzione dei
Guaritori hanno inventato un marchingegno che “aggiusta”
gli occhi e fa sì che uno ci veda anche senza occhiali. Lui si
è sottoposto a questo marchingegno e a quanto pare ora ci vede
bene e non fa altro che ripetere che su questa cosa i Babbani sono
più avanti dei maghi, perché non esiste alcun incantesimo
che rimetta a posto la vista se uno ha gli occhiali. Questo per farti
capire il tipo, insomma.
Comunque, io e Damien siamo
insieme ad altri tre maghi statunitensi, Claire e Marcus, due
naturalisti come Rolf, e Horace Lebeaux, un giornalista di Magical
Geographic (una simpatia, quest’ultimo, che lasciamo stare). A
guidarci nella riserva della foresta amazzonica sono Joao, un
Guardaforeste che purtroppo non parla inglese e che sembra la versione
in miniatura di Hagrid, e Diana, che insegna erbologia nella Hogwarts
brasiliana e che è una vera forza della natura, l’unica a
cui interessa davvero questo posto, senza il desiderio nascosto di
gloria o di farci su galeoni. È stata Diana a spiegarmi, per
esempio, che qui in Brasile i serpenti e i rettili in generale non sono
necessariamente associati alla magia oscura, anzi, quando un bambino
mostra capacità da rettilofono tutta la famiglia fa festa e
dà un banchetto in onore del Serpente Saggio, come lo chiamano
loro. Questo perché secondo loro nelle profondità della
foresta vive un Basilisco pluricentenario con cui grandi intellettuali
nati rettilofoni hanno conversato e da cui hanno ricevuto consigli per
la politica del paese o aiuti per inventare una pozione contro qualche
malattia. Quando ho chiesto come sia possibile, dato che il Basilisco
uccide con lo sguardo o pietrifica chi lo vede di riflesso, Diana ha
detto che questi maghi sono andati di fronte al Basilisco ad occhi
chiusi e che addirittura con alcuni di loro sia stato il serpente
stesso a chiudere gli occhi mentre parlava con loro. Ne parla come se
fosse una creatura buona e benevola, una sorta di divinità
protettrice. Ovviamente io spero di non incontralo, perché
è stato già abbastanza incontrare l’Anaconda Rossa.
Si tratta di enormi serpenti simili alle anaconde che temono anche i
Babbani, ma l’Anaconda Rossa è una creatura assolutamente
non velenosa che ama interagire con gli umani e, a detta loro, soffre
di solitudine e per questo cerca di avvolgere il malacapitato fra le
sue spire. I maghi brasiliani ne hanno addomesticate molte e non
è insolito che nelle piccole comunità magiche sparse per
la foresta una o due anaconde facciano la guardia al villaggio in
funzione anti-Babbani. Mi ripeto, saranno anche innocue, ma per
proteggere la mia casa preferisco di gran lunga un Incanto Repellobabbanum fatto come si deve.
Venendo a me, sto catalogando un
sacco di specie che qui tutti conoscono e di cui noi invece sappiamo a
malapena il nome. Sono anche riuscito a eseguire un incantesimo sul mio
borsone per ampliare un po’ lo spazio interno e suddividerlo in
modo da creare come delle mini-serre per i vari esemplari, ma Diana
dice che per quanto mi sforzi quando le piante saranno cresciute anche
solo un po’ di più nella borsa scoppierà il caos e
soprattutto all’arrivo in Inghilterra il freddo darà loro
il colpo di grazia. Speriamo che si sbagli, mi sono impegnato un sacco
per imparare da Hermione questo incantesimo così utile! Spesso
poi mi prende in giro perché dice che noi inglesi siamo
così rigidi e non abbiamo senso dell’umorismo ed io le
rispondo che se fosse vero io non sarei lì all’avventura.
Ovviamente è tutto per scherzare, nonostante Damien e Horace non
facciano altro che cercare di compiacerla per farsi svelare sempre
più cose sulle creature e la natura della riserva, per
appropriarsene, in qualche modo, ma lei lo ha capito benissimo e non
dà loro più soddisfazione del dovuto. Torna un po’
il discorso che aveva fatto mia nonna e di cui ti dicevo, che avrei
dovuto brevettare la scoperta della Indigella e farmi pagare dai Bobbin
e dai Greengrass che ora la coltivano e vendono. Anche Damien dice che
è stato da matti non farlo e, anche se si nasconde nel suo modo
di fare da simpaticone americano, l’ho capito benissimo che pensa
che io sia un tonto. A dire la verità, non so più nemmeno
quanto mi importi, perché di sicuro io rispondo alla mia
coscienza e non alle aspettative di qualcuno, e anche tu sai cosa
intendo. Su questo punto, infatti, con Diana siamo sulla stessa
lunghezza d’onda: anche lei sembrava destinata a fare altro, nata
com’era in una antica famiglia di legislatori magici, ma ha
scelto di seguire la sua passione, qui in mezzo alla foresta, anche se
non guadagna molti galeoni e i maghi di città sanno a malapena
chi sia e non possono immaginare quanto sia importante occuparsi
dell’ambiente. Mi diceva che è anche per questo che ha
scelto l’insegnamento, per trasmettere questi valori, oltre alle
conoscenze sulle piante, alle nuove generazioni di giovani maghi. Io
non so se sarei in grado di fare l’insegnante, ma devo dire che
la scelta di Diana ha tutta la mia stima.
Beh, mi sembra di essermi
dilungato fin troppo, ho scritto un sacco di pergamena! Vorrei tanto
sapere anche io come vanno le cose a casa, come va lì al Paiolo
Magico e se mi sto perdendo cose importanti, ma non so se il gufo con
la tua risposta riuscirà ad arrivare fin qua! A dire il vero,
non so nemmeno se la civetta a cui ho affidato questa lettera te la
recapiterà intera e leggibile, perché non so come
funziona con la posta intercontinentale, ma Diana dice di non
preoccuparsi perché al Ministero brasiliano sanno come far
arrivare le missive in Europa sfruttando la posta Babbana di nascosto.
Speriamo bene!
In attesa di tue notizie,
Neville
Hannah ripiegò la lettera. Non sapeva
spiegarsi come, ma l’entusiasmo nell’aprire e iniziare a
leggere la lettera di Neville si era trasformato pian piano verso la
fine della lettura in una inattesa sensazione di stizza. Rilesse qua e
là, in cerca di dettagli che le potessero essere sfuggiti,
cercando di immaginarsi volti e voci dei compagni di avventura di
Neville.
Stava giusto maledicendo lo stile di vita spericolato e serpentino di maghi e streghe brasiliani, quando entrò un cliente e la riportò alla realtà.
***
NdA:
come promesso, Neville scrive ad Hannah delle sue avventure brasiliane
e non tutto è come sembra, no? Cosa ne pensate di questo
capitolo? Andreste in Brasile? Alzi la mano che vuole un'anaconda rossa
come animale domestico! In ogni caso, recensite!
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Capitolo 5 *** Decisioni estive ***
Camini-5
Tra la fine di luglio e i primi di agosto 2002
Al ritorno dal Brasile, Neville non aveva mancato di fare tappa al
Paiolo Magico. Hannah aveva adesso un’aiutante, Nelly,
ex-Tassorosso di alcuni anni più giovane di loro che appena
finita la scuola aveva avuto difficoltà a trovare un impiego al
Ministero e ora dava una mano ad Hannah nel finesettimana quando
c’era maggior affluenza di clienti. Hannah aveva apportato anche
altre modifiche al locale: adesso non si vendevano più solo la Gazzetta del Profeta e il Settimanale delle Streghe, ma anche altri giornali come Il Cavillo, Trasfigurazione Oggi e Pozioni Moderne, oltre che alcune copie di giornali stranieri equivalenti al Profeta.
Una delle prime cose che Neville notò inoltre fu che buona parte
dei clienti seduti ai tavolini a leggere il giornale o a conversare
avevano una piuma rosa shocking infilata fra i capelli dietro un
orecchio o appuntata su una spalla.
“Serve per sentire la stazione radiofonica desiderata, senza infastidire gli altri” spiegò Hannah.
Nella sala comune del locale infatti adesso si potevano ascoltare a
rotazione Radio Strega Network, le telecronache delle partite di
Quidditch su BroomsNow, alcune radio minori e alcune stazioni
radiofoniche di varie comunità magiche europee, grazie ad un
incantesimo che permetteva ad ogni avventore di scegliere la stazione
di interesse grazie alle piumette rosa adeguatamente stregate.
“È costato un po’ alle finanze del locale acquistare
i diritti sull’incantesimo, ma secondo me è stato un buon
investimento. I maghi si muovono per l’Europa e il Paiolo Magico
deve essere un punto di riferimento per chi arriva in Gran Bretagna,
moderno pur senza perdere il senso della tradizione” gli
illustrava Hannah tutta contenta.
“Tu invece cosa hai riportato questa volta dal Brasile?”
“Ah, dal Brasile, sì, un sacco di esemplari! Solo che
nella borsa si sono un po’ mescolati i semi, mi sa che ci sono
stati degli incroci non previsti… Diana lo aveva detto in
effetti!”
“Diana? La tua nuova amica brasiliana?” chiese Hannah in tono forzatamente neutro.
Neville pensò che non si doveva essere ancora del tutto ripreso
dal cambio di fuso orario, ma gli parve di avvertire una nota di
disappunto nelle parole di Hannah e il suo sesto senso gli suggeriva di
cambiare discorso alla svelta.
“Ah, sì, ti avevo raccontato nella lettera…
Comunque amica non come intendiamo noi, nel senso, amiche vere sono
Hermione e Ginny. Diana è una ragazza in gamba, è
intelligente e concreta, e vedendo che mire avevano gli altri del
gruppo che volevano solo arricchirsi ha tutta la mia stima per quello
che fa per l’ambiente… Ecco, in questo senso qui”
concluse Neville, cercando di sembrare il più rilassato
possibile.
“Capisco – disse Hannah, voltandosi appena e indicando
qualcosa in cucina a Nelly – Va bene così, no?”
“Già – provò Neville, incerto su quale fosse
la risposta giusta – Comunque, l’idea della radio a scelta
è davvero geniale, come hai detto tu bisogna essere moderni e
aperti alle altre comunità magiche, come…”
continuò Neville, cercando ancora di cambiare discorso con
naturalezza.
Hannah colse la palla al balzo.
“Anche io sono molto contenta di questa scelta, ma devo essere
sincera e dire che non è stata un’idea mia. È stato
Ernie a presentarmi l’inventore dell’incantesimo, un tipo
svizzero che ha conosciuto a Basilea dove è in missione per il
Ministero… Ti avevo detto, vero? Ecco, nonostante certi
atteggiamenti Ernie ha davvero un gran senso delle istituzioni e del
bene della comunità…”
“Vi sentite ancora molto quindi?”
“Beh, abbastanza direi, per me è stato molto importante e
certe relazioni non si interrompono, anche se lui viaggia molto,
proprio come te!” rispose la ragazza, senza sbilanciarsi oltre.
Nevile deglutì e osservò come sul volto di Hannah fosse
comparsa un’espressione di malcelata soddisfazione, e si
ritrovò a pensare che forse era meno rischioso accarezzare
un’anaconda rossa che aggiungere qualsiasi altra cosa
sull’argomento.
Per sua fortuna, in quel momento Hannah fu chiamata da un cliente che
sosteneva di avere in camera uno specchio che diceva parolacce e
salì a controllare.
Sì guardò intorno senza particolare interesse, quando una
copia del Profeta lasciata aperta sul tavolo più vicino
richiamò la sua attenzione.
Un articolo a metà pagina ma comunque ben in evidenza con tanto
di foto animata annunciava ai lettori la notizia del matrimonio fra
Harry Potter e – così recitava l’articolo a firma
Rita Skeeter – la portentosa e sensuale Cacciatrice delle Holyhead Harpies Ginevra Weasley.
Ovviamente Neville sapeva del matrimonio da tempo e aveva ricevuto
l’invito ufficiale quando era ancora in Brasile, con tanto di
lettera a quattro mani di Harry e Ginny, ma non poté nascondere
un moto di curiosità verso quanto riportava l’articolo.
Come aveva immaginato, la Skeeter non lesinava commenti sulla vita
privata di Harry, che veniva ancora definito “l’eroe del
mondo magico”, e di Ginny, di cui metà dei commenti
riguardavano l’aspetto fisico e solo di sfuggita si accennava al
fatto che si fosse rivelata nell’ultima stagione una grande
giocatrice di Quidditch, nonostante avesse all’inizio dovuto
subire le insinuazioni malevole di chi diceva che era stata presa in
squadra solo perché già famosa suo malgrado. La
fastidiosa giornalista poi lamentava il fatto che la coppia non avesse
voluto rilasciare nessuna intervista e non c’era modo di
conoscere la lista completa degli invitati, i cui nomi rivelava in
esclusiva grazie a preziose fonti anonime vicine ai fidanzati più hot del mondo magico.
Neville era nauseato. Ancora non lasciavano in pace Harry, con tutto quello che era successo.
“Pessima, vero?” commentò Hannah vedendolo accigliato sul giornale.
“Già… Mi chiedo perché non sia stata allontanata dal Profeta!”
“Beh, lei non è mai stata accusata di nulla di grave,
anche se tutti sanno che è una voltagabbana che a suo tempo ha
difeso il regime dei Mangiamorte, ma per fortuna si occupa solo di
presunte notizie scandalistiche e di gossip, mentre per le notizie
serie ci sono altre persone.”
Neville annuì.
“Comunque, vedo che sei a pieno titolo nella lista degli
invitati! Chissà che la Skeeter non inventi qualcosa anche sulle
tue avventure sudamericane!”
“Spero proprio di no! E mi terrò alla larga da tutti gli
sconosciuti al matrimonio!” ribatté subito Neville,
leggermente preoccupato.
“Ma dai, sto scherzando! Piuttosto, saluta Harry e Ginny da parte
mia e porta loro le mie congratulazioni!” rispose lei sorridendo.
In quel momento, nella mente di Neville prese forma l’immagine di
lui e Hannah insieme al matrimonio di Harry. Sapeva che non sarebbe
stato un problema andare con qualcuno, anzi, più volte gli amici
gli avevano detto che avrebbero conosciuto volentieri chi stava
frequentando, ma lui aveva sempre svicolato la questione, anche
perché, ad essere realisti, lui non stava frequentando nessuno,
e con le persone che aveva conosciuto nei viaggi non era così in
confidenza da presentarli agli amici.
Stava per prendere la parola, ma un altro pensiero lo trattenne.
Magari Hannah non era affatto interessata, magari era lui che stava
scambiando la sua gentilezza e il fatto che avevano molte cose in
comune con qualcos’altro, magari lei si vedeva ancora con Ernie o
con un amico di lui.
No, meglio non rovinare tutto facendo qualcosa di avventato.
***
Hannah stava facendo il giro delle camere vuote della locanda per
verificare che fosse tutto a posto, prima di ritirarsi finalmente nel
suo appartamento e andare a dormire. La cucina era pulita e
l’incantesimo di sorveglianza per eventuali intrusioni notturne
attivato. Pur essendo quasi mezzanotte, era ancora abbastanza caldo:
quell’estate a Londra le temperature sembravano decise a salire
oltre l’immaginabile. In maglietta e pantaloncini, finalmente
rilassata, si appoggiò alla ringhiera del piccolo balcone della
sua stanza, che dava direttamente sulla via principale di Diagon Alley,
abbastanza in alto da vedere in lontananza fino alla fine degli edifici
magici, dove si mescolavano di nuovo fluidamente alla città
babbana. Da qualche parte, a Godric’s Hollow probabilmente, forse
era ancora in corso la festa di Harry e Ginny e chissà quanti
altri dei suoi anni a Hogwarts stavano finalmente costruendo qualcosa
con qualcuno. Non che le mancasse il daffare con il locale, ma pensava
che non sarebbe stato male avere qualcuno con cui guardare Diagon Alley
di notte, in serate come quella. Con Ernie ormai aveva chiarito da
tempo e anche lui si era rivelato la persona intelligente e gentile che
era, così erano rimasti in buoni rapporti. Le aveva anche
presentato un sacco di gente e le occasioni di incontri interessanti
non erano mancate, ma alla fine tutti erano di passaggio e lei era
sempre ferma lì. Anche Neville era sempre di passaggio al Paiolo
Magico e in certi momenti, durante certe serate passate a parlare di
tante cose diverse, Hannah aveva accarezzato l’idea che non
sarebbe stato male se lui fosse rimasto un po’ più a
lungo, magari su da lei. Ma ogni volta che ci pensava, scacciava i
pensieri: di sicuro Neville aveva ancora altri progetti, viaggi e
scoperte da portare a termine, e i suoi veri legami erano Harry,
Hermione e gli altri. Molto probabilmente la vicinanza che si era
creata fra loro era dovuta alla perdita che avevano subito entrambi e
se Neville fosse stato davvero interessato a qualcosa di più
avrebbe preso l’iniziativa.
Pazienza, anche se era davvero un peccato guardare le stelle da soli in una notte del genere.
***
Anche quella sera era insolitamente caldo per l’estate londinese,
ma sembrava proprio che quell’estate le temperature fossero fuori
controllo e Neville non riusciva a prendere sonno, ma non per il troppo
caldo.
Dal giorno del matrimonio di Harry, non riusciva a pensare ad altro e
anche ritirarsi in giardino o nella serra a lavorare sui nuovi
esemplari riportati dal Brasile (tutti in splendida forma, nonostante
le gufate di Diana e degli americani) non era di nessun aiuto per
sgombrare la mente, anzi. Il suo giardino e la sua serra non facevano
altro che ricordargli che doveva prendere una decisione e anche
velocemente, perché erano già i primi di agosto e
settembre sarebbe arrivato in un baleno.
Infatti, era stato durante il ricevimento del matrimonio che la
professoressa McGranitt, ora Preside di Hogwarts, invitata da Harry e
accompagnata da un Hagrid eccessivamente entusiasta, gli aveva
comunicato che si era liberato il posto di insegnante di Erbologia a
scuola, perché la professoressa Sprite si era dimessa per andare
a passare in assoluto riposo gli anni della sua vecchiaia in
un’isola sperduta della Grecia. La McGranitt non aveva nascosto
il suo disappunto, visto che la Sprite era anche più giovane di
lei, che pure restava a scuola. La Preside poi non indugiò molto
sull’implicazione di un mago greco della stessa età dai
folti baffi di nome Spyros nella decisione della collega, ma
ribadì la natura definitiva della cosa. C’era quindi un
posto vacante a Hogwarts e aveva pensato in prima istanza proprio a
lui, il suo ex-studente che in così pochi anni aveva contribuito
così tanto alle scoperte botaniche e che aveva mostrato
già ai tempi della scuola una vera vocazione per la disciplina.
Neville si era sentito incredibilmente lusingato e, per la prima volta,
sinceramente orgoglioso di sé stesso, forse più di quando
tutte le volte gli veniva ricordato il suo valore di combattente nella
Guerra Magica, e aveva passato una mezz'ora buona a ringraziare la
McGranitt della fiducia.
Nei giorni successivi, però, aveva fatto capolino dentro di lui
una strana sensazione di inquietudine. Doveva davvero accettare e
andare a insegnare a Hogwarts? Ripensando ai suoi viaggi,
all’emozione di partire, alle mille cose fatte, a quanto era
cambiato in quei pochi anni, alla gioia di tornare, alla passione per
lo studio e le sue scoperte non poteva negare che l’idea di
restare fisso per mesi a Hogwarts gli dava la sensazione di essere in
trappola. E pensando questo, si sentiva in colpa: Hogwarts era il posto
più importante del mondo, per lui e per tutti gli altri, il
luogo dove nonostante tutto aveva lasciato un pezzo di vita
importantissimo, e rifiutarsi adesso sarebbe stato tradire la fiducia
che la McGranitt e tutti i suoi amici riponevano in lui. Sì,
perché Harry, Hermione e tutti coloro con cui aveva parlato in
seguito davano per scontato che sarebbe tornato a Hogwarts.
“Dovremo chiamarti professore adesso!” aveva sghignazzato Ron facendo scoppiare a ridere tutti quanti, tranne lui.
Professore, lui? Il pensiero di sé stesso di fronte a
un’orda di ragazzini scalmanati, Serpeverde o Tassorosso che
fossero, dei quali avrebbe anche dovuto mantenere la disciplina e ai
quali avrebbe dovuto assegnare compiti e punizioni, gli faceva svanire
la terra sotto i piedi. Sentiva quasi la mancanza delle anaconde rosse.
Non aveva detto nulla a sua nonna, ma aveva come la sensazione che
già lo sapesse, forse dalla Preside stessa, e quindi qualunque
suo tentennamento doveva essere nascosto.
Aveva bisogno di un consiglio, ma tutti intorno a lui sembravano non
immaginare altra possibilità che un suo assenso
all’offerta della Preside. Soltanto Luna si era mostrata
più possibilista, condividendo la sua passione per i viaggi e le
esplorazioni, e aveva concluso dicendogli che doveva fare quello che lo
avrebbe fatto sentire a casa.
Ma cosa voleva dire? Certo, si sentiva a casa da sua nonna, che
domande, era la sua famiglia; così come per altre ragioni anche
Hogwarts era casa, ma cominciava a sentirsi a suo agio anche alle fiere
erbologiche e i convegni, e la Stazione Europea Camini
Intercontinentali di Bruxelles ormai era alquanto familiare.
Neville guardò l’orologio. Erano appena le ventidue, magari non era così tardi.
Poteva fare un salto al Paiolo Magico.
***
NdA: cosa abbiamo qui? Finalmente i
nostri due amici capiscono che provano qualcosa di più di
semplice stima e amicizia, ma non essendo due campioni di estroversione
hanno ancora bisogno di un po’ di tempo, ma non temete, ci
avviamo verso il lieto fine (anche perché le disgrazie e i
maiunagioia li tengo tutti per un’altra storia ancora
embrionale)! Non è un’idea grandiosa quella delle piume
per sentire la radio preferita? D’altronde anche il Paiolo Magico
deve essere all’altezza dei tempi moderni (ecco, fine del momento
di autocompiacimento). Anche qua poi ritroviamo i Camini della
Metropolvere che aiutano con gli spostamenti a lungo raggio, non sia
mai che uno pensa Brasile e si ritrova in Burkina Faso. Comunque, cosa
ne pensate? Manca qualcosa? C’è qualcosa di troppo?
Recensite e ditemi la vostra!
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Capitolo 6 *** Esprimi un desiderio ***
Camini-6
10 agosto 2002, al Paiolo Magico
Quando Neville arrivò al Paiolo Magico, quella sera
alle ventidue e dodici minuti, c’erano ancora alcuni avventori
seduti ad un tavolino con i loro cocktail rinfrescanti e Hannah stava
mettendo a posto dietro il bancone.
“Ehilà! Cosa ti porta qui a quest’ora? – iniziò lei – Intanto bevi qualcosa?”
“Ah, sì, grazie, non lo so, qualcosa di fresco, ma non forte, cioè…”
Una Burrobirra apparve prontamente fra le mani di Hannah.
“È successo qualcosa?” chiese la ragazza alla fine, dopo che Neville si fu sistemato meglio a sedere.
“No, cioè sì, ma non qualcosa di grave. Una buona notizia, credo” cominciò.
Hannah sedette anche lei, invitandolo a continuare.
“Al matrimonio di Harry la professoressa McGranitt,
cioè la Preside, mi ha chiesto di andare a insegnare Erbologia a
Hogwarts, perché la professoressa Sprite va in pensione adesso,
e va a stare in Grecia” disse Neville d’un fiato.
“Complimenti!”
“Grazie – mandò giù un altro sorso
– Appunto, è una buona notizia” ripeté, a
metà fra la domanda e l’affermazione.
“Ma qualcosa mi dice che non sei qui per festeggiare” osservò Hannah, seria ma non accigliata.
“Già. Non so. Non so se sia la cosa giusta
andare a insegnare a Hogwarts. Cioè, è sicuramente la
cosa giusta, e sono sorpreso e felice che la Preside mi dia tutta
questa fiducia, ma non so se sono io giusto. Non so se riesco a
spiegare… Voglio dire, andiamo, io professore? Io che faccio
lezione e tengo l’ordine con dei ragazzini? Saranno dieci mesi
infernali!”
“E invece vorresti viaggiare ancora un po’? Mi
sembravi molto ammirato di quella strega brasiliana, Diana, che ha
scelto di occuparsi dell’ambiente e insegnarne ai giovani maghi
il valore” rispose la ragazza, senza ironia.
Neville arrossì appena.
“Uhm, ricordi proprio tutto di quello che ho detto…”
“Le donne ricordano tutto, non lo dimenticare!” ribatté lei, non senza un certo compiacimento.
“A quanto pare… Comunque sì, la scelta di
Diana era davvero ammirevole, e forse io dovrei prendere esempio, ma
ormai tutti quanti si aspettano di vedermi a scuola a settembre e io mi
sento in trappola ovunque mi giri!”
“Quindi vorresti viaggiare ancora un po’. Non
devi sentirti in colpa per quello che pensi, se è questo che ti
fa stare in pena. Devi fare quello che ti fa stare bene e non quello
che gli altri, chiunque siano, si aspettano. E per quel poco che
può servire, sappi che c’è sempre posto per te al
Paiolo Magico!”
Hannah si avvicinò a lui dall’altra parte del
bancone e Neville sentì che la situazione stava per sfuggirgli
di mano. Così, strinse ancora di più il boccale di
Burrobirra.
“In un certo senso, è quello che ha detto Luna:
fare quello che ti fa sentire a casa – articolò alla fine
– Ma tu sai spiegare le cose in modo più convincente in
effetti” considerò, cercando di darsi ancora un tono.
“Esatto. E tu dove ti senti a casa?”
“Qui” rispose Neville in un soffio, ma Hannah non
lo sentì, perché mentre lui apriva bocca risuonò
la voce leggermente impastata di uno degli avventori che si erano
alzati.
“Signora, noi andiamo, abbiamo lasciato i soldi e la mancia sul tavolo!”
Hannah scattò verso i clienti e salutò
professionalmente, sistemando il tavolo con un colpo di bacchetta non
appena i due ebbero infilato l’uscita.
“Signora… Neanche avessi già quaranta anni!” commentò di ritorno al bancone.
“Hannah, scusami, è davvero tardi e io sono
venuto a parlare dei miei problemi a quest’ora, sono stato
davvero inopportuno, adesso vado” disse Neville alzandosi con
decisione.
“No!” esclamò soltanto la ragazza, con una nota di preoccupazione nella voce.
“Davvero, se io non fossi piombato qui avresti
già rimesso tutto a posto e saresti già libera di andare
a riposare, non dovevo…”
“No – lo interruppe Hannah, stavolta decisa lei a
riprendere il controllo della situazione – Se hai la pazienza di
darmi il tempo di sistemare un attimo poi possiamo parlare con calma, e
seduti in un posto più comodo. Su da me” aggiunse alla
fine.
Neville non seppe rispondere nulla, ma rimase impalato in
piedi. Anche Hannah esitò un attimo, poi si girò e
iniziò a rimettere a posto dietro il bancone e fra i tavoli.
Ogni tanto si voltava di scatto, come per controllare che Neville non
se ne andasse.
Quando ebbe finito, si fermò in mezzo alla stanza e fece un respiro profondo.
“Vieni, ti faccio vedere su da me.”
Neville la seguì e solo sulle scale, nella penombra,
notò che Hannah portava un vestito corto al ginocchio, forse per
il caldo, di un colore che non capiva bene sul momento, ma che le stava
molto bene.
***
Guardare le stelle dal balcone della camera di
Hannah che dava su Diagon Alley non era molto diverso che guardarle
dalla finestra di camera sua a casa, almeno per le stelle in sé,
ma aveva un che di avventuroso, pensò Neville.
“Quindi io posso venire a rifugiarmi qui ogni volta che
mi sale l’ansia a Hogwarts e mi sento esaurito dagli
studenti?” chiese per la terza volta, questa volta con tono
decisamente più rilassato.
“Certo! Come ti ho detto, da Hogsmeade a qui
smaterializzarsi è facilissimo. A meno che poi non inizi a
preferire Madama Rosmerta e i suoi Tre Manici di Scopa. Per inciso,
quella donna mi odia, e io non la amo: d’altronde, è la
mia principale concorrente” rispose Hannah divertita.
“Ma dai!”
Adesso l’atmosfera era decisamente più distesa e
probabilmente la seconda Burrobirra che Hannah aveva evocato aveva
aiutato entrambi.
A un certo punto, la scia luminosa di una stella cadente catturò l’attenzione dei due.
“Hai visto? Hai espresso un desiderio?” chiese la ragazza.
“Sì, sì, certo – una nuvola parve
passare sul viso di Neville – A dire il vero, esprimo tutti gli
anni lo stesso desiderio e non si realizza mai. Forse dovrei
cambiarlo.”
“No, invece, è giusto così, perché
in fondo siamo fedeli anche ai nostri desideri. Magari puoi pensare a
un desiderio di riserva, se vediamo un’altra stella” disse
Hannah, appoggiando la testa sulla spalla di Neville.
Per un attimo, Neville parve pensare davvero a un desiderio di riserva.
“Non lo so, non mi viene in mente niente – disse
cingendo col braccio la vita di Hannah – Per adesso va bene
così.”
***
NdA:
Capitolo super-breve, ma, come promesso, il lieto fine è
arrivato! I due ci hanno messo un po' ma alla fine si sono "sciolti",
forse anche un po' grazie al caldo estivo, alla Burrobirra fresca e
alla notte di San Lorenzo. Ho scelto proprio questo giorno in cui
tradizionalmente si guardano le stelle cadenti perché ho
immaginato che entrambi i personaggi abbiano dei desideri che sanno
irrealizzabili, senza che per questo impediscano loro di
realizzare pienamente la loro vita. Questo capitolo è
però solo il penultimo, perché manca ancora qualche
dettaglio alla storia. Recensite e commentate, il feedback è
importante!!
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Capitolo 7 *** Passato e futuro ***
Camini-7
Natale 2002, sala da pranzo di Augusta Paciock
“Devo dire che
all’inizio ero un po’ scettica, sai, Neville si è
rivelato piuttosto bravo con le piante, ma non ce lo vedevo proprio a
fare lezione a un’orda di ragazzini e adolescenti scalmanati.
Insegnare a Hogwarts è un grande onore e chi pensa il contrario
non ha memoria storica” disse la signora Paciock ad Hannah, dopo
averle raccontato altri svariati aneddoti che Neville avrebbe
volentieri evitato di riascoltare.
“Tu piuttosto, cara, non ti ho mai chiesto come sei finita a gestire il Paiolo Magico…”
“È avvenuto
abbastanza per caso, all’inizio del duemila: all’epoca
stavo facendo il corso per Medimago, sa, non avevo i requisiti di
scuola per essere presa fra i Guaritori, e…”
“Se non ricordo male tuo
padre era un Guaritore, non è così? Ed è stato
ucciso dalle canaglie di Voldemort” chiese la signora Paciock
senza scomporsi, come se avesse chiesto se era pronto il tè.
“Sì, mio padre ha
pagato con la vita il suo impegno per aiutare i Nati Babbani, e mia
madre prima di lui” rispose Hannah con serietà.
“Un Purosangue col
cervello, direi. Di questi tempi sono una specie rara. Sono proprio
contenta che Neville non si sia messo dietro ad un’oca Serpeverde
con la nostalgia della purezza del sangue” concluse decisa.
Hannah sorrise educatamente e scambiò uno sguardo complice con Neville.
Era il primo Natale sereno che
passava da diversi anni ormai, con qualcuno che la faceva sentire parte
della famiglia. Aveva ricordi bui del Natale degli ultimi anni di
scuola e anche i successivi li aveva passati al Paiolo Magico, cercando
di distrarsi nel sistemare le varie faccende del locale e condividendo
la sensazione di solitudine con i rari avventori che capitavano in
quella giornata, anche loro evidentemente senza qualcuno con cui
passare il giorno di festa.
Adesso però le cose
erano finalmente cambiate. In Neville aveva trovato la persona che la
faceva stare bene e con cui sentiva di non doversi nascondere nel
personaggio “la giovane e agguerrita locandiera del Paiolo
Magico”, come l’aveva descritta sull’omologo svizzero
del Profeta un amico di Ernie, perché sapeva che poteva
lasciarsi andare senza essere giudicata, e ogni giorno cercava di fare
lo stesso per Neville. Alla fine, era andato a Hogwarts come professore
e in effetti all’inizio aveva dovuto impegnarsi alquanto per
entrare nel ruolo, ma alla fine quella strega brasiliana, per quanto
antipatica, aveva ragione: era importante trasmettere ai giovani maghi
le conoscenze sulla natura e il valore dell’ambiente, e Neville
era la persona che poteva farlo meglio di chiunque altro. Durante quei
primi mesi di scuola potevano vedersi solo nel finesettimana e ormai
Neville praticamente viveva da lei il sabato e la domenica,
così, arrivato Natale, era venuto naturale passarlo da lui, che
le aveva presentato, con entusiasmo ma non senza una punta di
imbarazzo, sua nonna e tutti gli zii e prozii presenti. Dire che si
sentiva del tutto a suo agio sarebbe stato mentire: sapeva quanto per
Neville fosse importante l’opinione di sua nonna e quanto forte
fosse il loro legame e non poteva negare di sentirsi un po’ sotto
pressione, tanto ci teneva a fare all’anziana strega e a tutti i
parenti una buona impressione. Anche se dover gestire un locale e stare
sempre a contatto col pubblico l’aveva fatta crescere molto,
facendole imparare anche a non farsi buttare giù da critiche
gratuite, commenti e gossip malevoli che inevitabilmente nascono nei
locali molto frequentati, un’altra cosa era il valore
dell’opinione delle persone che sapeva importanti per Neville. Da
questo punto di vista lui non aveva mancato di rassicurarla, scherzando
sul fatto che anche lui continuava a sentirsi comunque un po’
sbagliato di fronte alla nonna, e aveva anche cercato di farla sentire
parte del gruppo ogni volta che uscivano insieme ad Harry e gli altri.
Hannah sapeva che molti dei suoi timori erano infondati, perché
sia Harry che gli altri non l’avevano mai fatta sentire fuori
posto, ma lei era consapevole che quanto avvenuto ai tempi della scuola
aveva cementato un legame unico fra Neville, Harry, Hermione, Ron,
Ginny e Luna, rispetto al quale lei era un’ospite, e forse era
giusto così. Sapeva per esperienza personale che occorre del
tempo per tutte le cose: tempo per elaborare la perdita dei propri
cari, tempo per costruire un progetto di realizzazione personale e di
vita con qualcuno, e lei non avrebbe certo forzato i tempi suoi e di
chi le stava intorno.
Maggio 2003, La Tana
Alla fine, Ron e Hermione si
erano sposati davvero, con tanto di festa nel grande giardino di casa
Weasley, anche se i due vivevano già da tempo insieme poco fuori
Londra, e stavolta anche Hannah aveva partecipato assieme a Neville.
Frequentando gli ex-Grifondoro negli ultimi mesi aveva avuto modo di
apprezzare altri lati di Ron e Hermione, sui quali sicuramente non si
sarebbe fermata a riflettere ascoltando solo i racconti di Neville o
ripensando a Hogwarts.
Ron da tempo lavorava col
fratello George nel negozio di scherzi a Diagon Alley e non mancavano
le occasioni di incrociarsi per commissioni varie, in farmacia o in
fila alla Gringott. Ron aveva sofferto molto la condizione di fratello
più piccolo e anche andare a lavorare nel negozio col fratello
sembrava apparentemente un ripiego, un non poter fare altro, a
confronto con Harry Auror, Hermione lanciata nella carriera al
Ministero all’Ufficio Applicazione della Legge Magica e una
sorella già star del Quidditch. In un certo senso, Hannah
avvertiva della somiglianza con la sua situazione, pensando a Ernie
già brillante rappresentante in missione per la Cooperazione
Magica, Susan trasferitasi alla Metropolvere elvetica dopo aver sposato
un ragazzo svizzero presentatole da Ernie stesso e Justin rivelatosi
abile esecutore di incantesimi di Occultamento Edile e Architettonico
dai Babbani, con cui si manteneva da libero professionista. Lei si era
ritrovata in effetti davvero per caso al Paiolo Magico e chiunque
avrebbe pensato che per una ragazza così giovane era comunque un
sacrificio chiudersi in un locale che richiedeva lavoro sette giorni su
sette ventiquattro ore su ventiquattro, ma anche che forse non aveva
saputo trovarsi di meglio. Invece non era così, lei amava il
locale e anche il sacrificio che richiedeva, così come per Ron
non era un ripiego lavorare nel negozio di scherzi, ma un modo per
restare unito alla famiglia e alla memoria del fratello Fred.
Con Hermione le cose erano un
po’ diverse. L’aveva sempre vista come la prima della
classe a scuola e non la invidiava per questo, perché sapeva
riconoscere che alcuni hanno per natura una marcia in più in
determinati contesti, e inoltre immaginava che doveva essere stata dura
essere così brava con qualcuno che la chiamava sempre
Sanguesporco, o che, anche se non lo diceva a voce alta, trovava
comunque scandaloso che ad essere così dotata fosse una Nata
Babbana. Di sicuro ad Hermione negli anni di scuola era stato richiesto
un surplus di forza e determinazione che ai suoi compagni purosangue, a
lei stessa, non era mai stato richiesto, pensava Hannah. Adesso dava il
massimo nel suo lavoro al Ministero e quella non era altro che la
continuazione del percorso iniziato a scuola.
“Ma a voi non va di ballare?”
La voce squillante di Rolf, il
compagno di Luna, la ridestò dalle sue riflessioni. Anche
Neville parve ricordare all’improvviso dov’erano.
“Già, ecco la musica, Neville che dici, andiamo?” fece lei titubante.
“Lo sai che non mi piace ballare” rispose lui, vagamente implorante.
“Neanche a me, ma tanto non ci guarda nessuno. Guardano tutti gli sposi, oppure Luna e Rolf.”
Hannah e Neville presero posto insieme alle altre coppie, mentre gli strumenti stregati attaccavano un lento.
“Mi sono sempre chiesto
come abbia fatto una persona delicata come Luna a trovare un tipo come
Rolf” commentò Neville.
“Forse perché sono
fuori di testa allo stesso modo, e hanno in comune più di quello
che sembra dall’esterno – rispose Hannah – Come noi,
alla fine.”
Si guardarono negli occhi, per qualche secondo in più, e risero insieme.
“Stasera a casa
però devo controllare la Cloronia, il vaso era ancora pieno
della seconda versione di concime sperimentale, non vorrei che non si
fosse nutrita a sufficienza…”
“Neville, quella pianta
sta bene, è sopravvissuta all’inverno inglese quando era
ancora un germoglio, sopravviverà anche a un paio di giorni
senza concime!”
“Lo so, lo so… Sai
cosa dovremmo fare, però, metterla di sotto, nella sala comune
del locale, vicino al corridoio per entrare a Diagon Alley, invece di
tenerla sempre su. Soffre di solitudine se non riceve attenzioni e col
fatto che io sono sempre a scuola e tu sempre di sotto sta rallentando
la crescita… Non guardarmi in quel modo, non è una
diceria, ci sono prove che la Cloronia abbia bisogno della presenza
umana per crescere e fiorire al massimo!”
“Non ne dubito, ma se poi
dovesse sfuggirci di mano e crescere troppo? Non credo sia una buona
idea trasformare la sala comune in un angolo di foresta amazzonica, per
il momento!”
La musica sfumava e i due videro Luna e Rolf tornare alla carica verso di loro.
“Beh, devo ammettere che le vostre feste di matrimonio non sono male, anche se siete inglesi” commentò Rolf.
“E lo hai detto davanti a Ron e Hermione?” chiese Neville, stupito ma non troppo.
“Certo, sono stati molto aperti all’impressione di un non-britannico” rispose Luna.
Hannah e Neville si guardarono, sicuri di stare immaginando la reazione di Ron e Hermione allo stesso modo.
“Comunque, il nostro
matrimonio sarà diverso – continuò Rolf –
Sarà da me, nella zona dei grandi laghi, con spazio per volare,
alberi che cantano…”
“Non credo proprio che
sarà da te, se sarà” lo interruppe Luna, col tono
di chi commenta le previsioni del tempo.
“Dobbiamo prima vedere com’è la steppa.”
“Sapete, a luglio andiamo
in Kazakhstan con una spedizione a cercare Pterocini –
spiegò Luna cogliendo lo sguardo interrogativo di Hannah e
Neville – Grigorj, la guida con cui un amico di Rolf ci ha messo
in contatto, ci ha già scritto un sacco di cose meravigliose
sulla bellezza dell’ambiente naturale, come la steppa che dice
bionda come i miei capelli. Quindi potremmo anche sposarci
là” concluse sognante.
“Grigorj terrà la
bocca chiusa e la bacchetta a posto quando saremo lì, altro che
steppa bionda” rispose Rolf, tutt’altro che sognante.
“Invece voi quando vi sposerete?” chiese Luna.
Hannah e Neville si guardarono, arrossendo appena.
Ops.
***
NdA: eccoci davvero
alla fine! Lo so, magari era più logico che descrivessi anche il
matrimonio di Hannah e Neville, magari potevo inserire qualche scenetta
con i due alle prese con la quotidianità, ma… Preferisco
lasciarli all’immaginazione di qualcun altro: so che rovinerei
con castronerie iper-romantiche e iper-banali un racconto che vorrebbe
mantenere la cifra della delicatezza. Tutto qua! Non ho nemmeno altre
parole conclusive, se non quelle per ringraziare tutti i lettori e i
recensori, e in particolare Elsinor che ha recensito ogni capitolo
incoraggiandomi ogni volta! :)
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