Calore

di Hades_sama
(/viewuser.php?uid=827061)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le apparenze ingannano ***
Capitolo 2: *** Buon sangue non mente ***
Capitolo 3: *** Chi ben comincia è a metà dell'opera ***
Capitolo 4: *** Chi capisce, patisce ***
Capitolo 5: *** Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso ***
Capitolo 6: *** Chi litiga con il muro, si rompe la testa ***
Capitolo 7: *** Facile quanto mai, mettersi nei guai ***
Capitolo 8: *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 9: *** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***
Capitolo 10: *** Al bisogno si conosce l'amico ***
Capitolo 11: *** Non v'è peggior burla che la vera ***
Capitolo 12: *** Chi favella, erra ***
Capitolo 13: *** La burla non è bella se non è fatta a tempo ***
Capitolo 14: *** Tutti i gusti sono gusti ***
Capitolo 15: *** Trick or Treat? Special Halloween ***
Capitolo 16: *** Chi compra bene, vende bene ***
Capitolo 17: *** È male giudicare le unghie del gatto ***
Capitolo 18: *** Chi disse donna disse guai ***
Capitolo 19: *** Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non sferri ***
Capitolo 20: *** Ogni amore ha la sua spesa ***
Capitolo 21: *** A Carnevale ogni scherzo vale ***



Capitolo 1
*** Le apparenze ingannano ***


1calore

Titolo: Le apparenze ingannano.

Personaggi: Aquarius Camus, Scorpio Milo

Contesto: Ipotetico post-Hades con i Gold vivi

Prompt: Bottiglia da vino dal collo lungo

Sentimento Dominante: Rabbia

 

«Come hai potuto!!!»

All’Undicesima Casa dello Zodiaco un grido agghiacciante stava mettendo sotto sopra l’ordine del silenzio che vigeva in quel luogo. Cosa che rispose a quella voce sforzata da graffiare le corde vocali; non importava quanto il timbro di Scorpio Milo potesse raggiungere decibel insopportabili all’udito, Aquarius Camus non avrebbe mai dato ascolto a quelle parole che lo accusavano… di cosa, poi? Non lo aveva ancora ben chiaro.

«Mi hai tradito! Chi è?! Con chi mi hai messo le corna!!! Traditore doppiogiochista!!!»

«C-come?»

Il francese aveva abbandonato la sua aria altezzosa e distaccata perché quelle accuse sputategli addosso dal greco lo lasciarono esterrefatto; lui… cosa?!

«È Shura? No, improbabile. È troppo ligio al dovere per potersi “distrarre” dai suoi allenamenti. È Aphrodite? Ah! Oh, Athena!!! Mi rifiuto anche solo di pensare di essere stato cornificato da quella primadonna isterica!!! È Shak… perché lo sto considerando??? Sono messo male!? Eh!!! Non sarà mica Saga…?»

Raggiunto il limite di sopportazione, Camus afferrò ambedue gli spallacci dorati della Gold Cloth di Scorpio, interrompendo quell’imbarazzante monologo. Fissò i suoi occhi indaco in quelli di ghiaccio del greco, assumendo un’aria autoritaria e che non ammetteva repliche.

«Di che diavolo stai parlando?»

Come se quelle parole potessero essere uno Scarlett Needle, il volto del Saint dello Scorpione assunse un’aria ferita e incredula; il labbro inferiore venne stretto dagli incisivi, mentre le sopracciglia parvero divenire un’unica arcata tanto si avvicinarono. Il volto si allontanò da quello del compagno, come se quella vicinanza minasse il suo stato mentale o gli portasse via l’ossigeno.

«Allora è Saga…»

Allo sguardo impassibile al movimento, se non fosse stato per il sopracciglio sinistro che si inclinò verso l’occhio, Milo scattò: la sclera(1) iniziò a divenire di un rosso intenso, probabilmente nel tentativo di trattenere quelle lacrime che gli stavano pizzicando gli occhi, insistendo nell’uscire. La fronte si aggrottò e sulle tempie apparvero due vene che pulsavano talmente con vigore che il francese temette che sarebbero potute scoppiare. Le labbra dapprima tenute serrate si stirarono in una smorfia canina, digrignando i denti e facendoli quasi stridere tale era la forza impressa nel morso. Le guance tinte di un’intensa tonalità cremisi, seconda solo alla Scarlett Needle di quell’uomo. Era in arrivo una scenata isterica tipica di uno Scorpione (lo scorpione che conosco io è incredibilmente permaloso ed egocentrico N.d.A.), e Camus se ne accorse immediatamente: lasciò la presa e fece qualche passo indietro, prima che i suoi timpani venissero distrutti dall’urlo disumano del greco.

«Con Saga?! Complimenti!!! I traditori stanno bene con i propri simili!!! Razza di filibustiere come ti sei permesso di farmi questo?! Non te la perdono! Non con Saga!!! Che ha più di me a parte qualche cm di altezza?! È forse più bravo a baciar-»

«Milo! Di che parli?»

«DI QUELLE!!!»

L’unghia scarlatta dell’indice destro si puntò sulle labbra gonfie e rosee del francese, che in quel momento comprese tutto… e si portò una mano alla bocca per evitare di scoppiare a ridere in faccia al greco. Ma quanto poteva essere geloso?

Calmatosi dall’ilarità, si ricompose e si rivolse al compagno che aveva la testa che gli fumava talmente tanto che poteva essere usata come piastra per affumicarci il salmone.

«1- Che prove hai per accusarmi? 2- Non pensavo soffrissi di complessi di inferiorità. 3- Lo conosci il significato della parola “filibustiere”? Non mi pare centri molto con la questione… 4- Aspettami qui; torno subito.»

Dettò ciò si diresse all’interno del corridoio che conduceva agli alloggi privati del Guardiano del Tempio, per tornare con in mano un oggetto di vetro che mise davanti agli occhi esterrefatti del greco. Notando il completo smarrimento del compagno, Camus si decise a svelare l’arcano.

«Beh, non la riconosci? È con lei che ti ho messo le corna.»

«UNA BOTTIGLIA?!»

«Beh, oggi era una giornata particolarmente calda e la scalata per giungere sino al mio Tempio mi aveva messo molta sete. Lei era sulla mia scrivania, ma non era accompagnata dal solito bicchiere (che avevo messo a lavare) così ho bevuto dal collo stretto, a canna, tutto d’un fiato. Per via dell’apertura piccola e della foga con cui ho bevuto, le labbra mi si sono gonfiate ed arrossate per il mio gesto davvero barbaro… quindi il mio bacio l’ho dato a lei.»

Se avesse potuto, la mascella di Milo si sarebbe staccata.

 

(1): parte bianca dell’occhio.

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Beh, questa cosa era da un po’ che mi frullava in testa, e purtroppo questo è un aneddoto della mia fortunata vita; per carità, se mi capitano cavolate simili faccio i salti di gioia, ma se sono all’ordine del giorno diventano alquanto fastidiose… comunque spero di avervi fatto divertire un poco.

Ah, la bottiglia incriminata è accanto a me ;)

Ciao a tutti.

 

Questa storiella è stata scritta il 24 gennaio 2016. La raccolta è un modo per farmi perdonare per la mia improduttività di questo ultimo periodo; necessito urgentemente di una vacanza.

Chiedo venia a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Buon sangue non mente ***


Titolo: Buon sangue non mente

Personaggi: Arles, Gemini Saga, Leo Aiolia, Sagittarius Aiolos

Contesto: Qualche giorno prima della Notte degli Inganni.

Prompt: Discussione tra parenti

Sentimento Dominante: Imbarazzo

 

Al Santuario, mentre tutti si stavano allenando con vigore e voglia di migliorarsi sempre più nella speranza di divenire degli eletti all’investitura a Saint, una figura dai ricci castani e dal volto depresso se ne stava ad osservare quei giovani aspiranti con espressione mogia ed afflitta. E già questo era strano. Saga osservava da lontano con aria preoccupata quel ragazzo dall’indole allegra e spensierata, chiedendosi il perché di quella sua depressione. D’improvviso il greco vide la persona al centro dei suoi pensieri cambiare posizione, posando i gomiti sulle ginocchia e sorreggendo il volto con ambedue le mani a pugno.

«Allora è grave se si mette nella “posizione di afflizione assoluta”. Che dovrei fare?»

Niente! Lascialo deprimere che magari ci togliamo definitivamente dai piedi quella “palla al piede”!

«Arles, sta zitto! Nessuno ha chiesto il tuo parere!»

Eppure lo sia anche tu che non vedi l’ora di vederlo in una cassa… ti ha soffiato il posto che ci spettava di diritto!!!

«Arles!!!»

Il Saint di Gemini scosse violentemente il capo, cercando di scacciare la voce di Arles che negli ultimi tempi stava divenendo sempre più suadente e persuasiva; non avrebbe mai permesso che il suo alter-ego prendesse il sopravvento, ma la sua anima aveva preso un colpo tremendo quando il Grande Sacerdote aveva designato come successore quella persona che ora…

«Ah!?»

Eh?!

… che ora sospirava sconsolata con lo sguardo vuoto su quei ragazzi che se le suonavano di santa ragione. Oh, Athena! Allora la faccenda era grave!!! Una Guerra Sacra? L’Apocalisse? L’Armageddon??? Il primo a riprendersi da quella vista fu Arles, tutto ghignate e allegro per la sventura altrui.

Ihihih! Allora è qualcosa di tremendo. Spero gli rechi dolor-AHI!!!                          

Saga, per mettere a tacere la sua ombra, si diede due forti sberle sulle guance e si incamminò verso quel… quel… quel morto vivente. Gli si pose di fianco e gli si sedette alla sinistra. Tuttavia, non notando alcun tipo di reazione da parte del soggetto al centro delle sue attenzioni, decise di farsi sentire.

«Ciao Aiolos, come va?»

«Ah, ciao Saga…»

Disse con voce assente e senza spostare lo sguardo al nuovo arrivato che fu ancor più sicuro che qualcosa di tremendo stava sconvolgendo il greco.

«UAAAHHHHHH!!!»

Il corpo di Aiolos si spiaccicò al suolo, mentre le guance gli divennero rosse come pomodori maturi. Il respiro accelerato e gli occhi sgranati per lo spavento, mentre il viso gli veniva investito da vampate di calore e sudore freddo, mettendolo non poco a disagio.

«S-S-S-Saga! Quando sei arrivato???»

Se il diretto interessato a quella domanda sgranò gli occhi mostrando tutto il suo disagio e preoccupazione, Arles si spalmò una manata sulla faccia, maledicendo ogni divinità conosciuta per come il vecchio rinsecchito avesse potuto preferire quel mollusco a lui.

«Poco fa, mi hai pure salutato… ricordi? Comunque potresti abbassare la voce? Stai urlando…»

… e attirando l’attenzione, cretino!!!           

Aiolos parve confuso, ma il suo stato venne meno quando gli occhi andarono verso l’arena: tutti i giovani avevano smesso di allenarsi per poter vedere da dove provenisse quell’urlo disumano. Il greco – se possibile – divenne ancora più rosso in viso, si tirò su da terra, si spolverò la divisa di cuoio e cotone e si rimise a sedere sulla roccia da cui era magnificamente capitombolato.

Il silenzio si levò tra i due Gold fino a che Saga, a disagio quasi quanto il compagno, si decise a prendere in mano la situazione.

«Aiolos, cosa è successo?»

Il diretto interessato sussultò a quella domanda, ma cercò di svicolare.

«D-di che parli?»

«Di me puoi fidarti, Los.»

“Los”?! Bleah!!! AHI!!!

Saga si pizzicò la gamba pur di far tacere la sua ombra ed inoltre sapeva che quel vezzeggiativo scioglieva sempre il compagno. Difatti Aiolos si volse a guardare Saga con degli occhi quasi commossi per la gentilezza che gli veniva offerta.

«È per Aiolia. Oggi mi ha lasciato un messaggio in cui diceva che al corso di greco antico avrebbe preso un 10.»

«E non sei contento?»

Da quando il randagio ha un cervello?       

«Certo che lo ero. Ero così felice che stavo per mettermi a piangere. Ma poi mi sono accorto…»

«Di cosa?»

Oh, per l’amor di Athena, che qualcuno faccia un favore all’umanità intera ed uccida ‘sto tizio!!! OHI!!! E piantala di pizzicarmi!!!

«… del Post Scriptum.»

«… e…»

«Beh, ha precisato che lo avrebbe ottenuto “con due voti”.»

Saga non ebbe nemmeno la forza per pizzicarsi nuovamente la gamba per zittire le grasse risate che Arles si stava facendo; era tutto lì? Aiolos era depresso per le prestazioni intellettuali del fratellino? Nessuna Guerra Sacra, Apocalisse o Armageddon?

«… dai, non te la prendere tanto – disse poggiando una mano sulla spalla dell’amico (mentre Arles era inorridito a quel contatto e mimava una croce con gli indici delle mani) – comunque, anche se in modo indiretto, ha preso dieci.»

«Macché! – il Sagittario si spalmò entrambe le mani sulla faccia, lasciandosi andare alla disperazione – Non ci è arrivato; ha preso 9½!!!»

Tanto fu l’imbarazzo – e lo sconcerto – di Gemini, che neppure Arles riuscì a dire una sola, piccola, insignificante parola.

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ok, questa non è farina del mio sacco. Oggi è venuta una mia zia a casa e ha raccontato del più e del meno, facendo uscire questa storia. Se non fosse stato per il dolore alla pancia (eh, purtroppo per le donne non c’è scampo), starei ancora ridendo come un’idiota. Mi sono divertita tantissima a scrivere questa cosina, e sappiate che oggi ne ho altre due da buttare giù, quindi potete immaginare le belle cose che mi succedono ogni santissimo giorno. Il titolo non vuole essere offensivo per le fan dei due fratelli, ma qui gli ho fatto fare a tutti e due la figura degli idioti, quindi l’ho trovato azzeccatissimo XD

Bene; spero vi abbia fatti/e divertire.

Ciao a tutti/e ^^

 

Questa storia è stata scritta il 24 gennaio 2016

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chi ben comincia è a metà dell'opera ***


cap 3

Titolo: Chi ben comincia è a metà dell’opera

Personaggi: Hagen, Alberic, Fenrir, Freiya, Mime, Polaris Hilda, Siegfried, Syd, Thor

Contesto: Asgard prima della battaglia per i sette zaffiri

Prompt: Ciclo

Sentimento Dominante: Odio

 

«NO! BASTA!!! NON NE POSSO PIÚ DI TUTTO QUESTO FREDDO E GELO! BASTA! DOBBIAMO ANDARE A CONQUISTARE ALTRE TERRE, BACIATE DAL SOLE E DAL VERDE DEI PRATI! SONO STANCA DI SOFFRIRE MENTRE ATHENA… emh… e di far soffrire il mio popolo, MENTRE ATHENA HA UN DOMINIO MERAVIGLIOSO SU CUI REGNARE.
NO! È DECISO; CI PRENDEREMO IL SANTUARIO E LA GRECIA BACIATA DAL SOLE!!!»

Al Castello di Vallalhak le urla della celebrante di Odino, Hilda di Polaris, regnavano sovrane, stravolgendo la vita tranquilla e silenziosa che solitamente accompagnava quelle antiche mura di pietra e ghiaccio.

I God Warriors erano tutti radunati davanti alle porte delle stanze private della loro regina, preoccupati ed un poco allarmati per lo sproloquio assurdo che stava avendo luogo. Tuttavia nessuno dei sette, Bud aveva preferito andare a nascondersi dato che se lo poteva permettere, aveva la più vaga idea di cosa fare o tantomeno il coraggio di entrare in quel luogo che ora pareva divenuto un nido di vipere. Nessuno sapeva cosa avrebbe trovato dietro quella porta e nessuno voleva scoprirlo. Il silenzio che regnava tra i più potenti guerrieri di Asgard era teso tanto che anche un battito d’ali di farfalla (se fosse eco-sistematicamente possibile) avrebbe potuto far venire una crisi di nervi ai baldi giovani. Tuttavia, chi pose fine al quell’angosciante situazione fu il più intrepido e fedele God Warrior, ovvero Siegfried.

«Che cosa può essere successo per suscitare l’ira della nostra Signora?»

«Non importa cosa sia accaduto; io, Thor, eseguirò qualunque ordine la nostra regina ci impartirà.»

«Dato che sei tanto servizievole, perché non provi ad entrare lì dentro e chiedere che cosa stia accadendo, di grazia?»

Il gigante armato di martello gettò uno sguardo cagnesco a quel ragazzino pel di carota che aveva avuto il coraggio di fargli quella proposta che dir suicida era fare un eufemismo. Mai prendere Hilda di Polaris quando era in modalità “gigante di ghiaccio”.

«Forse dovremmo semplicemente attendere che la nostra Signora esca dalle sue stanze per convocarci.»

A parlare era la voce tranquilla e morbida di Mime, che per stemperare l’atmosfera aveva iniziato a pizzicare le corde della sua lira, facendo acquietare gli animi di tutti i presenti – escluso quello di Hilda, che continuava a sbraitare improperi ed insulti –. Il silenzio che seguì quelle parole fu preso ad unanimità come assenso alla proposta del figlio di Folken, quindi i sette God Warriors si incamminarono verso il corridoio che conduceva al salone del Castello, quando una voce li fece bloccare dalla loro elegante ritirata strategica.

«Signorina Freiya, non è il caso di disturbare la Signorina Hilda.»

La sorella minore rivolse un sorriso di gratitudine alle parole di Hagen, arrossendo, tuttavia disse che doveva portare un’oggetto molto importante a Hilda, quindi non avrebbe potuto eseguire il consiglio che il biondo le aveva dato. Entrò in quell’antro oscuro che erano gli alloggi privati della celebrante, mentre i suoi passi riecheggiavano pesanti nel silenzio assoluto che si era creato. I God Warriors si precipitarono alla porta che aveva appena inghiottito la Signorina Freiya e si spiaccicarono sul legno dipinto per poter sentire ciò che stava succedendo oltre. Tutti tranne Alberic, che era diventato rigido come una statua nel notare quale oggetto doveva portare alla loro regina la bella sorella minore. Non riuscì a trattenere i tremiti che ne scossero violentemente il corpo mentre il suo unico occhio visibile si ridusse ad una fessura. Le membra, così come il sangue gli ribollirono, facendolo arrossire di odio represso da troppo tempo. Non era possibile che una scenata del genere potesse essere causata da… QUELLO.

Al ritorno di Freiya, tutti i guerrieri le chiesero cosa fosse accaduto e quale miracolosa pozione avesse dato alla celebrante per farla calmare a quel modo. La fanciulla era molto combattuta su ciò che avrebbe e non avrebbe dovuto dire, ma a toglierla dall’imbarazzo ci pensò il rosso.

«Ah! “Problemi femminili”, vero?»

Allo sguardo colpevole della giovane, e a quelli sorpresi e straniti dei compagni, Alberic pensò che se fosse rimasto in quel luogo di folli avrebbe fatto una strage, così digrignò i denti per non sputare il veleno che aveva in circolo e accumulato negli anni e se ne andò da palazzo.

Mentre i suoi piedi affondavano nella neve, il ragazzo dai capelli rossi continuava a borbottare cose poco carine e indirizzava compagni e genere femminile ad altri lidi, se qualcuno avesse potuto vedere l’anima del God Warrior avrebbe visto una sagoma nera con occhi iniettati di sangue che urlava a voce isterica

«LA ODIO, LA ODIO LA ODIO!!! PRIMA O POI LA UCCIDERÒ E MI IMPADRONIRÒ DI ASGARD! L’HO SEMPRE PENSATO CHE UNA DONNA NON SAREBBE MAI RIUSCITA A GOVERNARE COME SI DEVE UN REGNO! E POI MI CHIEDO PERCHÉ QUI SIANO LE DONNE AD AVERE LA SUPREMAZIA?! MA PERCHÉ SONO NATO QUI??? CHE HO FATTO DI MALE??? AH, MA QUESTO DEVE FINIRE.
COME PUÒ UNA DONNA SOPPORTARE IL PESO DEI GHIACCI ETERNI SE POI NON REGGE AI… ai… – perfino le orecchie diventarono dello stesso colore dei capelli – AI DOLORI MESTRUALI!!!»

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Beh, lo ammetto; io sono una di quelle donne che sta malissimo, e qui ho appioppato la dismenorrea pure alla povera Hilda, ma il personaggio che mi sono divertita di più a torturare è Alberic. Non potete immaginare l’odio che nutrii nei suoi confronti quando lo vidi per la prima volta (sia nell’anime sia nel gioco).

Per il proverbio mi è parso azzeccatissimo, se si considera che Alberic voleva fare la pelle a Hilda quando era posseduta del Nibelungen Ring. Quindi ho pensato che il suo odio fosse più profondo e covato da tempo, così ho dato un poco più di umanità a questo bastardone ^^’

Non avevo alcuna intenzione di sminuire il genere femminile, ma io proprio non posso fare a meno di… una bull dell’acqua calda per sopravvivere. E sì, sto seriamente valutando di andare in università con il teporino per non dover svenire. Sono strana? Forse, ma mi piace troppo andare in facoltà, ma se si sta male è un vero inferno.

Spero sia piaciuta.

Alla prossima^^

 

Questa storiella è stata scritta il 24 gennaio 2016.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chi capisce, patisce ***


Titolo: Chi capisce, patisce

Personaggi: Cancer Death Mask, Capricorn Shura, Pisces Aphrodite

Contesto: Prima della serie, negli “anni tranquilli”

Prompt: Importuni sul pullman

Sentimento Dominante: Paura

 

Un’uscita ad Atene per poter svagarsi dagli impegni che il Santuario, e soprattutto il grado di Saint, gli imponevano all’inizio gli parve un’ottima idea, se non fosse stato per un piccolo particolare: i mezzi pubblici. E Pisces Aphrodite odiava a morte quelle scatole ambulanti con le ruote. Non perché il servizio fosse pessimo e i pullman sempre in ritardo, ma per la gentaglia che molto spesso si trova al suo interno. Difatti era da quando era salito che continuava a sentire una voce maschile che commentava qualunque cosa accadesse su quell’autobus; dalle persone che salivano a quelle che chiacchieravano tra loro.

Immediatamente non ci diede peso, ma quando dovette alzarsi per poter andare davanti alle porte di uscita un fischio di apprezzamento gli fece rimpiangere il non aver portato con sé le sue amate Demon Rose. Beh, come biasimarlo? ammetteva di essersi agghindato perfettamente per quell’uscita; indossava una camicia cipria che ne metteva in risalto la carnagione chiara, un nastro nero chiuso a fiocco lasciato morbido ad adornare il colletto sbottonato ed un paio di pantaloni crema che gli fasciavano perfettamente le gambe. Non per vantarsi, la sua bellezza faceva in modo che chiunque lo guardasse, anche solo di sfuggita, perché nessuno poteva ignorare la sua eterea figura; di solito la gente si limitava a rapide occhiate di apprezzamento, i più coraggiosi provavano ad intavolare una conversazione per riuscire ad avere la sua attenzione… e poi c’erano i cafoni! Come quel tizio che per la terza volta in un minuto gli aveva fischiato dietro.

Una smorfia infastidita apparve sul volto di Aphrodite perché, giustamente, non bastava l’importunatone, no, sarebbe stato troppo facile e come dice il detto “la sfiga c’ha buon occhio”, in quegli ultimi maledetti dieci metri di strada prima della fermata c’era una coda ferma. Ed ovviamente quell’uomo continuava a far salire l’istinto omicida nel bel Saint dei Pesci, non più con versi ma con parole di apprezzamento alquanto sconce. Tuttavia a sentire quella voce cantilenante e strascicata, tutto quell’astio venne meno di colpo.

Questo è ubriaco o fatto; che pena, già ridotto così di primo pomeriggio…

Con quei pensieri per la testa e con la fermata che si stava avvicinando (a passo di tartaruga, ma si stava avvicinando) Aphrodite decise di fare la cosa più saggia che si potesse fare in quelle situazioni: ignorare. Si posizionò davanti alle doppie-porte e si preparò a scendere, dato che il pullman aveva già iniziato a decelerare, ma con suo sommo fastidio si accorse che anche l’uomo si alzò dal sedile per posizionarsi dietro al Saint.

Quando l’autobus si fermò, prima ancora che le porte si aprissero, a Pesci nacque un sorriso ferino sulle labbra rosate; ora si sarebbe divertito lui. Come le porte si aprirono, lo svedese scese saltellante come un leprotto in un campo aperto, ed anche l’uomo ci accinse a scendere – con intenti poco casti, dato che era palese che quella non fosse una tappa programmata – ma come mise la faccia paonazza fuori dal mezzo sbiancò: la “bella” era stata raggiunta da due uomini che definire loschi era far loro un complimento. Uno era abbronzato, con le braccia muscolose libere ed il petto ampio e scolpito coperto da una maglia scura. Gli occhi erano incavati, piccoli e la luce solare creava una strana scintilla che li faceva apparire spiritati, esattamente come il ghigno sghembo che sfoggiava, reso ancora più brutale dall’accenno di barba che gli ricopriva le guance. L’altro… beh, se il primo era inquietante il secondo lo era il doppio! Quell’aria rigida, lo sguardo tagliente e serioso, di un verde muschio intenso e penetrante come una stilettata al cuore e le braccia tese e pallide, quasi quanto quelle di un morto o di uno spettro mandarono all’uomo chiari segnali di allerta. Il tutto mentre Aphrodite, in mezzo ai due individui, se la rideva sotto i baffi.

L’uomo sentì improvvisamente i loro sguardi su di sé e in un lampo la pelle gli parve avesse preso fuoco da tanto sudava, ma si rese presto conto che era decisamente un bagno troppo freddo per essere dovuto al caldo che gli stava distruggendo le cervella. Ciò che lo fece desistere definitivamente fu il riflesso di una lama proveniente dal braccio destro del tizio dallo sguardo tagliente e la camicia bianca. Un brivido violento lo scosse. Non sapendo cosa fare, rimase fermo davanti all’uscita, quasi non vedendo le porte richiudersi e quindi cadendo per il rinculo dovuto alla partenza del mezzo.

Mentre l’autobus ripartiva e Death Mask aveva iniziato a ghignare divertito per la faccia di quell’idiota che pensava di poter torcere un capello alla “bambolina” – come lo chiamava lui –, Shura gli si rivolse con un’espressione perplessa. Il siciliano lo guardò a sua volta e gli sopraggiunse un dubbio, probabilmente condiviso anche da Aphrodite dato il modo in cui guardava lo spagnolo, e disse

«Ti sarai accorto che voleva dare una botta

«Ovviamente; ma non capisco perché la botta l’abbia data all’autobus.»

In contemporanea i due commilitoni si spalmarono una manata in faccia per l’ottusità che a volte quella capra del loro amico era in grado di dimostrare; ma come avevano fatto a diventare amici di un uomo così…

«Scherzavo.»

Se Cancro e Pesci non morirono strozzati dalla saliva quella volta, fu un miracolo.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ebbene, pensavate che avessi fatto di Shura una “capra ignorante”, eh? Ve l’ho fatta?! Bene, spero che la cosa vi abbia divertito perché mi è successa davvero, ma non c’era alcun Saint-poco-di-buono a farmi da bodyguard come con Dite. Ovviamente ho gonfiato un po’ la cosa; tranquilli nessuno ha cercato di pedinarmi (fortunatamente). Tuttavia ciò che è successo sull’autobus è reale.

Io mi chiedo come ci si possa ridurre così; vabbè che era sera ma un briciolo di rispetto e decenza ci vuole… poi doveva essere ubriaco/fatto parecchio dato che non sono poi sta gran bellezza come lo svedese.

Mi sono divertita tantissimo a fare il finale-shock e spero che piaccia come ho reso questa storiella.

Per quanto riguarda il proverbio penso sia chiaro, anche se in questo caso né l’uno né gli altri due hanno capito giusto XD.

Ciao-ciao ^^

 

Questa storiella è stata scritta il 27 gennaio 2016.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso ***


Titolo: Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso

Personaggi: Pegasus Seiya

Contesto: Casa di Seiya, Tokyo, nel periodo della Galaxian War

Prompt: Letto a ponte

Sentimento Dominante: Dolore

 

Alle due di notte la gente normale dovrebbe riposare beatamente tra le fantasie e i sogni che Hypnos, Dio del Sonno, dovrebbe dispensare loro. Al calduccio sotto le coperte, con il silenzio interrotto dalla musica delle onde marine e il buio rischiarato dalla luce lunare, si dovrebbe dormire come degli infanti; la gente normale non continuerebbe a rigirarsi nel letto con gli occhi sgranati e la testa troppo lucida per poter riposare… ah, già; lui non aveva proprio nulla di normale.

Pegasus Seiya poteva essere definito in mille modi, ma non “normale”, perché non lo era per niente; aveva perduto la famiglia, aveva perduto Seika, aveva perduto l’onore di fregiarsi del titolo di Saint partecipando a quella farsa di Galaxian War ed aveva rischiato più volte di perdere la vita, ma se consideriamo che lui è il protagonista di uno Shonen ed ha una fortuna più grande della reggia della Fondazione Grado… beh, queste sono piccolezze. Ed ora anche il sonno pareva averlo abbandonato.

Con questi pensieri per la testa si rigirò un’ultima volta, muovendo il braccio destro – libero dalle coperte – con un gesto di stizza, e fu allora che successe: il gomito cozzo contro la mensola posta sopra il letto ad una piazza, scardinandola e facendo crollare sulla zucca del bronzino il proprio contenuto. Un dolore indescrivibile si impossessò del Saint di Pegasus; la testa gli doleva da morire ed il braccio destro gli pulsava, facendo surriscaldare la parte lesa. Gli occhi gli pizzicavano, segno evidente che quella botta gli aveva fatto molto male… come aveva detto Shiryu quando era venuto a fargli visita.

Maledetto Dragone; questa me l’hai gufata! Accidenti a lui e al suo “buon senso” !!!

Tuttavia non poté che ringraziare quel Dio/Grande Sacerdote che gli aveva tirato quel tiro mancino, perché quella botta tremenda, che molto probabilmente gli aveva procurato un trauma cranico peggio del combattimento contro Shiryu dato quanto gli pulsava la testa, aveva fatto un cosa bellissima: gli aveva fatto venire sonno!

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Non si è notato che ho il dente avvelenato con il (b)ronzino, vero? Ebbene, io non lo sopporto come non sopporto la cara Saori Kido. Tuttavia dovevo dargli un “lieto fine” e così ho fatto in modo che Hypnos accontentasse la richiesta del Saint.

…d’accordo; questa cosa mi è capitata pari-pari, ma io non posseggo la forza sovraumana di Seiya, quindi non ho distrutto nulla (solamente il braccio, ma dettagli). E se qualcuno se lo è chiesto, sì, la sottoscritta soffre di insogna cronica ç_ç

Il proverbio è fatto su misuro per questo bronzino, ma sto valutando se il premio per “miglior masochista” vada a Shiryu… però qui si parla solo di Seiya, quindi Dragone si deve accontentare del secondo posto sul podio.

Ora comprendete il perché mi definisco sfortunata? Vabbè, non tutto va come si vorrebbe, ma un po’ di tregua ogni tanto farebbe piacere ç_ç

Ciao (se sarò ancora viva).

 

Questa storiella è stata scritta il 28 gennaio 2016.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chi litiga con il muro, si rompe la testa ***


Titolo: Chi litiga con il muro, si rompe la testa (prima o poi)

Personaggi: Aries Mü, Virgo Shaka

Contesto: Santuario, post-Hades con Gold Saint vivi

Prompt: Stufa a pallet

Sentimento Dominante: Calore

 

La neve cadeva candida e leggera sul Santuario di Athena; il grigiore del cielo si miscelava amabilmente con il bianco che ricopriva leggiadro le rocce e colonne di marmo. La scalinata delle Dodici Case era nascosta da una coperta immacolata, segno che nessuno aveva osato uscire all’aperto ed esporsi al freddo pungente, preferendo passare quella giornata al calduccio della propria casetta. Tuttavia ovunque si vada si trova sempre l’eccezione alla regola, ed (infatti) ecco che il tappeto di neve venne profanato da un passo di sandalo ed un fruscio di mantello interruppe il silenzio perfetto dei fiocchi cadenti. Una figura si aggirava nel Santuario e si stava dirigendo a passo spedito verso la Casa più lontana di tutte. Virgo Shaka stava venendo meno a tutti i suoi principi, ma non poteva fare a meno di lei. Non da quando Mü gliel’aveva fatta incontrare così, per caso, in un pomeriggio di fine autunno alla Prima Casa. Ed era lì che la Vergine si stava dirigendo, per lei, e per i brividi che gli procurava.

Non gli importava del freddo che gli sfregiava il viso e la pelle abituata al caldo e al Sole, no, la sua priorità era giungere da lei, che sicuramente era in compagnia di Mü, e lo stavano aspettando. Non ce la faceva a sapere che l’Ariete era da solo con quella magnifica creatura, ed accelerò il passo affinché non accadesse ciò che l’indiano temeva più di qualunque cosa al mondo. Arrivò trafelato alla Casa del Montone Bianco e con passo sicuro si diresse verso le stanze private, invitato dal gentile Cosmo che aleggiava in quelle calde mura di marmo. Come raggiunse in soggiorno, appoggiò il mantello e si diresse verso Mü che (cosi sembrava) lo stava aspettando; un cuscino era stato posto acconto a lui e di fronte a lei.

Oh, come la vide, Shaka si sciolse, così come notò che il tibetano, alzatosi poco prima, gli poggiò una coperta calda sulle spalle infreddolite per poi porgerli una tazza di thè caldo. Quello era il paradiso, il Nirvana. Essere al riparo dal freddo, con la persona amata e l’angelo che aveva reso possibile tale ed irrealizzabile sogno. Si accoccolò maggiormente nelle coltri per poter godere meglio del calore che la coperta gli regalava alla pelle, gustò con studiata lentezza il thè che gli scaldava le membra e si godette appieno il calore che quella presenza gli donava scaldandogli il cuore. Quel tepore gli fece nascere un delicato sorriso beato.

Altro che Athena e Divinità; quella stufa a pallet aveva compiuto un vero e proprio miracolo. Ed ora era tutto per lui. Già: quel marchingegno aveva permesso a Virgo Shaka di creare una situazione ideale. Erano solo con lui, seduto di fianco a lui, con le spalle avvolte nelle coperte che si sfioravano e con la neve che cadeva fuori dalla finestra. Una perfetta situazione. Ora non restava che dirglielo; ovvero la parte difficile e complicata che avrebbe potuto creare una spiacevole incrinatura…

«Fa abbastanza caldo?»

Solo allora Shaka si accorse che Mü lo stava guardando con un dolce sorriso sulle labbra. Ecco il momento: il Saint di Virgo rimase in contemplazione di quel volto, per poi prendere il coraggio a due mani e fare un profondo e pesante sospiro. Eccoci all’epilogo; ora glielo avrebbe detto e avrebbe aspettato la reazione dell’amato (ancora inconsapevole del suo ruolo di amato). Sperava con tutta l’anima che il tibetano accettasse ciò che sentiva, o che massimo, se lo avesse rifiutato, gli permettesse comunque di restare in buoni rapporti di amicizia, ma non riusciva a staccarsi dalla mente il pensiero che questi potesse reagire in maniera disgustata, disprezzandolo e ferendolo nel profondo. Aveva immaginato tante volte quel momento ma finalmente si sarebbe dichiarato al quel ragazzo dal dolce sorriso…

«Oh, perdonami; non volevo distrarti dalla tua meditazione. Non preoccuparti; ho delle riparazioni da fare e lavorerò nell’atrio affinché il battere dello scalpello non abbia a crearti fastidio. Resta pure al caldo e non pensare a me; nel Jamir fa molto più freddo.»

Crack!

Qualcosa si spezzò nell’animo di Virgo Shaka. Quella stessa cosa che si era infranta il giorno prima, quello prima ancora ed anche la settimana, per non dire il mese prima. Ancora?!

Alla Vergine non restò che annuire ad osservare la figura di spalle che si allontanava verso il corridoio di comunicazione. L’indiano si volse ed iniziò a meditare.

Però… bel seder-ehm… e dire che questa volta c’ero così vicino… Mü, non immagini quanto adori il tuo volto ed il tuo modo sempre gentile e premuroso, però quella tua testa potrebbe essere usata benissimo come “ariete d’assedio” !!!

Vabbè, non si sarebbe fatto arrestare da così poco… anche se era dall’inizio dell’inverno che tentava di dirglielo… e tra qualche giorno sarebbe stato il compleanno di Mü…

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Beh, questa era la storia che ha dato inizio a tutto, ma dato che volevo postarla per l’arrivo della nuova stufa a pallet, decisi di aspettare a scriverla… ma è da quasi due mesi che quei bastardoni avrebbero dovuto portarla, così come l’anima del camino, ma mentre vi sto scrivendo nessuno li ha ancora visti. E non mi riferisco ad Odisseo!!!

Comunque Shaka ci prova, ci prova a farsi coraggio e dire quello che sente, ma già gli è difficile intrattenere un normale discorso sui sentimenti, figurarsi se quei sentimenti sono i suoi e verso una persona a cui tiene. Per quanto ami la ShakaMü, questa raccolta non è una Lemon o Shonen-ai, quindi ho dovuto (e voluto) buttarla sul ridere. Spero di esserci riuscita. E comunque ammetto che una banale stufa a pallet è stata più utile di Eros!!!

Per il proverbio, beh, parla da solo. Mü sarà saggio ma va in giro con il paraocchi per certe cose, ovvero è come un muro; e Shaka ci sta litigando (a modo suo) da tempo. Vedremo chi dei due si spezzerà per primo.

P. S.: Mü compie gli anni il 27 marzo, cioè a primavera iniziata. =)

P. P. S.: l’ariete d’assedio è quell’arma (a forma di testa d’ariete) che veniva usata nel Medioevo ed, appunto, negli assedi delle città per sfondare le porte rinforzate.

 

Questa storiella è stata scritta il 28 gennaio 2016.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Facile quanto mai, mettersi nei guai ***


Titolo: Facile quanto mai, mettersi nei guai

Personaggi: Gemini Kanon, Wivern Radhamantys

Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti riportati in vita

Prompt: Menù

Sentimento Dominante: Panico

 

Già il fatto di aver accettato l’invito di un Saint era di per sé una cosa strana. Il trovarsi nella Città dei Mille la sera era cosa ancora più strana. L’essere davanti ad un rinomato ristorante ad attendere Gemini Kanon per una cena… era incredibilmente strano. Radhamantys si stava ancora chiedendo che diamine gli era passato per la testa quando aveva accettato l’invito, ma da perfetto gentleman non si sarebbe mai rimangiato la parola data. Ed infatti era lì, alle 20 in punto, davanti a quel ristorante e in attesa dell’arrivo del greco.

La prima regola per un gentleman era presentarsi sempre puntale ed in maniera impeccabile; per l’occasione (probabilmente riguardava questioni di lavoro tra le due fazioni) aveva indossato un completo gessato, accompagnato da una camicia panna e una cravatta vinaccia. Inutile dire che quell’abbigliamento risaltava maggiormente la sua nobiltà e creava un contrasto perfetto con la sua carnagione.

I minuti passavano, ma di Kanon nemmeno l’ombra, e da qui il Giudice iniziò a sospettare che quel “ratto dorato” lo avesse preso in giro. Il nervosismo si fece sentire, tanto che l’inglese non solo guardava continuamente l’orologio da polso, ma aveva iniziato a picchiettare insistentemente la punta del piede sull’asfalto del marciapiede. Passati venti minuti, e raggiunto un livello di irritazione elevato, decise di mandare tutto al diavolo e di ritornare nella sua villa in Inghilterra, quando una voce lo fece desistere.

«Oh! Ma come siamo eleganti.»

Quando Radhamantys si voltò pensò che lo avrebbe azzannato per aver osato farlo aspettare la bellezza di venti lunghissimi minuti, ma desistette quando si accorse di un particolare. Kanon vestiva una camicia a strisce verticali blu e bordeaux, con dei pantaloni beige che risaltavano la carnagione olivastra e mostravano ad un occhio un poco più attento le forme del greco. Tuttavia Radhamantys osservava con insistenza il colletto della camicia, per poi avvicinare le mani e in un gesto automatico sistemare la parte dietro al collo. Ciò fece sussultare il Saint – e realizzare all’inglese ciò che stava facendo – che si tese come pietrificato a quel contatto. Accortosi dell’equivoca situazione il Giudice fece finta di niente e, mantenendo il suo cipiglio autoritario si affrettò a dire.

«Non si può andare in giro con il colletto a quel modo.»

Tuttavia il rossore che gli aveva leggermente imporporato le guance fece distogliere velocemente lo sguardo di Kanon, che con aria un poco delusa biascicò un grazie e si diresse all’interno del ristorante, seguito a ruota da un perplesso Radhamantys.

Fatti accomodare dal cameriere, i due “nemici-amici” si studiarono a lungo ed in silenzio, come se il tempo si fosse fermato e la dimensione in cui vivevano fosse divenuta isolata. Era esattamente come la situazione tra serpente e topolino; il rettile restava immobile aspettando il minimo movimento della preda, affinché potesse gremirla con le proprie zanne, mentre la preda restava rigida e sicura che in quel modo il predatore non avesse la certezza della sua posizione, preparandosi ad una qualsiasi contromossa. Quella situazione di stallo tesa e inquietante, dato che entrambi si fissavano con intensità e sguardi minacciosi, venne interrotta dall’arrivo dei menù. Fu l’inglese a interrompere per primo la sfida che era in corso, aprendo il libretto foderato e facendo scorrere gli occhi. Improvvisamente il suo sguardo si bloccò su un punto, per poi restringere e successivamente sgranare gli occhi da rapace, divenendo dapprima più bianco di un cencio e poi più bordeaux della camicia di Kanon. Con uno scatto repentino chiuse il menù ed iniziò a guardarsi intorno spaventato e sempre più rosso in viso.

«Se questo è uno scherzo, è di pessimo gusto!»

Fu l’unica cosa che il greco riuscì a capire dal farneticare impanicato del compagno. Che diavolo succedeva?! Come accortosi della perplessità del greco, Radhamantys indicò con due colpetti di incide il menù, invitando il Saint a sfogliarlo. Mentre il Giudice era preso dal panico e continuava a cambiare posizione, cercando in tutti i modi di osservare ogni possibile angolo della sala, Kanon aprì il menù ed iniziò a leggere.

«Cosa?!»

Il greco portò lo sguardo incredulo all’inglese, terribilmente scosso, poi lo riportò alla scelta dell’antipasto, come a volersi accertare di aver capito bene le parole scritte. Costrinse i suoi occhi verdi prato a schiantarsi con quelli ambrati del compagno, spaventato ed impanicato forse più di lui. Ma in che razza di posto lo avevano mandato!?

Iniziando a spostare il capo a destra e a manca per paura di ritrovarsi qualcosa di poco gradito, cercò una scappatoia; diamine, era Gemini Kanon, colui che aveva raggirato un Dio e che era sopravvissuto alla prigionia di Capo Suonion. Doveva trovare una soluzione a quell’imbarazzantissima situazione in cui Scilla Io (Moccioso, recita le tue ultime preghiere!!!) lo aveva cacciato, ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una scappatoia.

Si mise a guardare sconvolto Radhamantys, constatando che aveva abbandonato la sua solita aria spavalda e sicura: il rossore che gli tingeva le guance, le piccole perle di sudore che scendevano dalle tempie, languide, la bocca schiusa e il respiro pesante che faceva muovere ritmicamente il pomo d’Adamo ed il petto muscoloso. Una superba visione, a cui Kanon avrebbe aggiunto una buona dose di sarcasmo e qualche frecciatina, se non fosse stato per la grave situazione in cui aveva messo entrambi.

Quando tutto sembrava perduto, fu Radhamantys a prendere la situazione in mano.

«Senti, ho visto vicino alla stazione un McDonald’s…»

Kanon non gli lasciò il tempo di finire la frase che in meno di un battito di ciglia aveva preso il Giudice per un braccio e lo trascinava con sé nello squarcio dimensionale creato dal Golden Triangle.

Quando il cameriere arrivò per prendere le ordinazioni, trovò il tavolo vuoto ed uno dei due menù aperto sulla pagina delle scelte:

Il menu della prima opzione comprende a testa:

  • Antipasto a scelta tra: uomini nudi con bruciatini all’aceto balsamico di Modica; sarde fritte con verdure in agrodolce fatte in casa; brodetto di cozze e vongole con crostoni
  • Primo a scelta tra: ravioli di branzino fatti in casa ai frutti di mare; tagliolini al nero di seppia con sugo di sgombri della costa riminese; passata di fagiolini borlotti con cozze al vapore e olio Paganelli
  • Secondo a scelta tra: gran fritto La Gradisca del mare e dell’orto; filetto di branzino al cartoccio con olive, pomodori e capperi; bianco di orata gratinata ai profumi mediterranei con pomodorino gratinato
  • Dolce della casa
  • Un calice di vino Trebbiano bianco o Sangiovese rosso
  • Un litro d’acqua ogni 2 persone

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Oddio, non potete immaginare il panico quando stavo scorrendo le offerte su GroupOn e mi sono imbattuta in questa cosa! Ed ero pure con mia mamma! Ci siamo guardate in faccia e dopo aver riletto un’altra decina di volte, siamo scoppiate a ridere come due deficienti. Ci siamo fermate a leggere l’antipasto che abbiamo immediatamente cambiato pagina.

Con il senno di poi e con una recensione lasciatami nella prima pubblicazione di questa shot, scoprii che sono dei pescetti bianchi, di forma simile a quella umana, per questo vengono soprannominati così… XD

Sono stata decisamente più sadica per come ho fatto andare le cose all’appuntamento “galante” tra questi due (che adoro, ma ripeto che non voglio scrivere Shonen-ai qui dentro XD).

Per il proverbio… parla da solo.

Ciao-ciao^^

 

Questa storiella è stata scritta il 2 febbraio 2016 (non chiedetemi per quale motivo ai tempio pubblicai prima l’altra…).

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Chi la fa l'aspetti ***


Titolo: Chi la fa l’aspetti

Personaggi: Cancer Death Mask, Taurus Aldebaran

Contesto: Prima della serie classica

Prompt: Lezione in facoltà

Sentimento Dominante: Ilarità

 

«Che caldo! Che palle!!!»

Da quante volte il siciliano ripeteva quella cantilena? Da quarantacinque minuti, e di certo non gli si poteva dare torto, se si considerava che un’intera classe di cento studenti era rinchiusa in una stanza di 60 mq senza finestre. Anche se teoricamente lui, in quella classe, non ci doveva essere…

Cancer Death Mask non era tipo da stare sui libri, e tanto meno così paziente da starsene tranquillo in una stanzetta con un’aria satura da uccidere un elefante, se non si stesse nascondendo da Taurus Aldebaran. Non che avesse paura di lui, sia chiaro, il grande Cancer Death Mask non temeva nessuno; ma la prospettiva di dover badare ai mocciosi che sarebbero divenuti dei Saint di bassa lega (o delle ferraglie scadenti, come le chiamava lui) in compagnia del brasiliano lo disturbava parecchio: non per la persona in sé, ma per il comportamento comprensivo e quasi paterno del Toro. Uno spettacolo disgustoso. Difatti, quando questi aveva prontamente rifiutato l’ordine del Grande Sacerdote, Aldebaran aveva minacciato di portarlo di peso nell’area, sotto gli occhietti di tutti gli apprendisti e postulanti, facendogli perdere dignità e orgoglio.

Inutile dire che il siciliano abbia risposto scappando a gambe levate da quella prospettiva imbarazzante, uscendo dal Santuario ed andando a nascondersi ad Atene, in un’università a caso, di una facoltà a caso, in una classe a caso, mettendosi addirittura a metà tra le sedute in modo da camuffarsi meglio tra gli studenti.

Tuttavia continuava ad avvertire il Cosmo del Toro nelle vicinanze e, temendo di dover finire a fare la balia a dei picciotti(1) incapaci, era rimasto in quell’aula per quarantacinque minuti… a sbuffare, cambiare postura continuamente su quei dannatissimi seggiolini e facendosi i fatti suoi. Per carità, ci aveva pure provato a seguire quello che il damerino in giacca e cravatta stava dicendo, ma dopo le prime parole “urbanistica”, “paesaggio”, “pannelli solari”, aveva optato per non impicciarsi e starsene beato insieme al dolce far niente. Ma con quelle sedie scomode e l’aria irrespirabile, era difficile mantenere la calma, evitando di fare un macello e, di conseguenza, attirare l’attenzione di un certo armadio a due ante… meglio sopportare, e così stava ancora facendo, stupendosi di sé stesso per quanto avesse resistito, ma ora stava collassando, e decise di dare un’occhiata al telo su cui era proiettata la lezione.

Una risata sguainata diruppe per tutta la sala, interrompendo la spiegazione atona del professore: Death Mask si stava letteralmente spanciando dalle risate, rosso come non mai in volto e con agli occhi delle piccole lacrimucce che premevano insistenti per uscire. Tutta la classe si volse nella sua direzione, curiosa di quell’improvvisa (quanto gradita) interruzione, mentre questi continuava imperterrito a ridere e a tirare pugni sul banchetto reclinabile.

Tuttavia il professore, infastidito da quel comportamento, chiese con un velo di irritazione in voce.

«Che cosa c’è di così divertente?»

«A prufissuri(2), non può capire!!!»

«Mi illumini.»

Si sentì rispondere con voce un poco irata. Allora cercò di trattenere le risate, mordendosi le labbra, per poi dire.

«Quel nome è molto equivoco… per fonetica!!!»

Sul telo, alla sinistra, vi era la scritta:

“Building Project: K.A.G.A.R.E.”

 

(1): “ragazzi” in siciliano.

(2): “professore” in siciliano.

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Questa cosa mi è successa ieri; non potevo non farci una storiella, e chi meglio del nostro compatriota preferito poteva dargli vita? Ma fortunatamente io sono in Italia ed anche il prof. ci ha scherzato sopra… invece Deathy era in Grecia, con lezioni in inglese (in cui è molto ferrato) e si è ridestato in quel preciso momento in cui la diapositiva era visibile. A differenza sua, tutti siamo scoppiati a ridere XD

Ah, dopo la sua epica uscita, Death Mask è stato sgamato da Aldebaran che se lo è caricato in spala e l’ha riportato al Santuario XD.

Spero possa piacervi ^^

 

Questa storiella è stata scritta il 17 marzo 2016 .

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***


Titolo: Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi

Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga

Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti vivi

Prompt: Chiavi del lucchetto

Sentimento Dominante: Esasperazione

 

Al Terzo Tempio dello Zodiaco, in un caldo e soleggiato pomeriggio, al cellulare del Saint custode arrivò un messaggio alquanto insolito

Abbiamo ancora la chiave di riserva del lucchetto?

Saga ci pensò su, facendo mente locale ed assumendo un’aria concentrata

No; l’ultima l’hai persa l’anno scorso…Perché?

Perché? Se lo chiedeva da quando gli era arrivato il primo messaggio, anche se un dubbio orrendo gli stava facendo torcere lo stomaco, provocandogli una rivoltante sensazione di nausea…

Ehm…ho perso la chiave.

Come lesse il messaggio, Saga si gelò sul posto; il silenzio calò nel soggiorno del Tempio…solamente gli ingranaggi del cervello del greco disturbavano quella quiete creatasi. La calma prima della tempesta: Gemini Saga, resosi conto delle conseguenze che la perdita della chiave avrebbe portato, esplose

«Fratello degenere!!! Come è possibile che ogni cosa che hai in tasca tu la perda?! Scommetto che se non avessi la testa attaccata al collo, perderesti anche quella!!!  E POI, tanto per non sbagliare, NON È COLPA TUA, MA DEGLI ALTRI! Che mi dirai? Che frottola mi verrai a dire stavolta?! – intanto i capelli, del bel colore della notte di mezz’estate, iniziarono a schiarirsi dall’attaccatura, giungendo di poco sotto il capo – Che un cane ti ha mangiato la chiave?!»

Tuttavia, tutto ciò che scrisse al gemello maledetto fu

Come hai fatto a perderla?

…mi è caduta in un tombino…

…questo era troppo! Oramai i capelli erano divenuti color cielo carico di pioggia, dimentichi delle sfumature bluastre che fino ad un attimo prima li illuminavano.

Saga era divenuto Arles. Ora non vi era santo che teneva; avrebbe chiamato quella peste bubbonica di suo gemello Kanon e lo avrebbe cazziato talmente forte che perfino allo Star Hill, luogo più alto ed accessibile solo al Grande Sacerdote, si sarebbero sentiti i suoi insulti. Tuttavia non fece in tempo ad andare sulla tastiera che il telefono vibrò nuovamente

Ma non ti preoccupare; avevo già aperto il lucchetto =)

Se Gemini Saga non fosse un uomo tutto d’un pezzo e temprato a tutto, il telefono, un Samsung Galaxy S6© costatogli metà dello stipendio, gli sarebbe caduto dalle mani.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

E sì, queste cose succedono davvero. Mi sono dannata l’anima per pensare a come quel genio di mia sorella sarebbe tornata a casa se la bicicletta era rimasta attaccata ad un palo o che so io…per poi scoprire che non era legata.

L’avrei fulminata con lo sguardo, se mi era vicina!

Spero che la cosa possa farvi ridere, anche se in quel preciso momento, non mi divertii affatto >.<

A presto ^^

P. S.: il mio telefono è un Huawei, ma per me vale quanto un IPhone/Samsun Galaxy!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Al bisogno si conosce l'amico ***


Titolo: Al bisogno si conosce l'amico (anche se recidivo)

Personaggi: Andromeda Shun, Appendix Kiki, Aries Mu, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya

Contesto: Post-Poseidon

Prompt: Innocenza dei bambini

Sentimento Dominante: Innocenza

 

A Villa Kido, nel giardino della tenuta di uno dei più potenti uomini del Giappone, per non dire dell’intero continente, vi erano i Bronze Saint, ognuno intento a svolgere le mansioni più disparate ma molto più piacevoli dei soliti allenamenti: Andromeda Shun era preso dalla lettura di un libro all’ombra di uno dei faggi del parco; Cygnus Hyoga era disteso lungo il muricciolo della fontana al centro del prato, creando ogni tanto qualche piccola increspatura nell’acqua con il proprio Cosmo congelante; Dragon Shiryu era nella posizione del loto, gli occhi ciechi chiusi a contemplare l’immensità dell’Universo; Pegasus Seiya era sdraiato sul caldo terriccio di erbetta rada, godendo dei raggi del Sole di giugno. Il tutto reso più spensierato dalle candide risate del giovane Kiki, allievo del Gold Saint dell’Ariete, che stava cercando di acciuffare a mani nude delle farfalle colorate, continuando a fallire per via dei volteggi troppo alti delle piccole creaturine.

Compiendo l’ennesimo salto, ed ottenendo nuovamente aria tra le mani paffute, il piccolo gonfiò le guance, sbuffando sconfitto, per poi accorgersi di essere arrivato, tra un balzo e l’altro, nelle vicinanze di Seiya. Pareva tranquillo e sereno; era più che giusto. Dopotutto avevano appena salvato la Terra ed Athena – Saori Kido – dalla minaccia di Poseidon, ed era meritato un po’ di riposo…tuttavia non poté evitare di rattristarsi per ciò che per una certa persona avrebbe significato.

Si avvicinò titubante al giapponese, iniziando a tormentarsi le mani e assumendo un’aria indecisa e timorosa. La sua apparente immobilità attirò l’attenzione del Saint del Dragone, che con passo calmo gli si avvicinò, facendo in modo che un passo più pesante degli altri mettesse in allerta il compagno, che immediatamente si alzò.

Avendo ottenuto la piena attenzione del Saint di Pegaso, Kiki si fece coraggio

«Tornerai al Santuario?»

«Sì, ma non subito; rimarrò in Giappone ancora per un po’…»

«Che bello! Sai, al signor Mu non fa tanto piacere ricevere le tue visite al Santuario; dice che ogni volta gli porti la Cloth ridotta in briciole e ci perde intere giornate per ripararla…»

Shiryu sbiancò a quella frase tutta allegra del piccolo tibetano, mentre Seiya rimase come imbambolato da quella rivelazione…che gli aveva lasciato la frase sospesa a metà.

Dragone, da bravo paciere, tentò di salvare la situazione e la dignità del compagno che, doveva ammettere, era delicato quanto un elefante in una sala di cristalli dicendo

«No Kiki, hai frainteso; il Grande Mu voleva dire che lo sfiancava parecchio il continuo lavoro di riparazione delle Cloth.»

«Ahhhhh»

Il tono di voce quasi scocciato che usò il piccolo fece intuire al cinese che le sue parole erano servite ad un fico secco, e l’avvicinarsi del rosso al nipponico ancora in stato di trance per la rivelazione appena datagli lo mise in allarme.

«In realtà mi aveva detto di non dire niente, ma io ho parlato perché mi stai simpatico.»

Il sorrisino furbo di Kiki venne ricambiato da un ghigno divertito di Seiya, che se la rideva per quello che gli era appena stato detto…ed iniziò a sudare freddo.

Ora con che coraggio si sarebbe presentato alla Prima Casa…con la Pandora Box in spalla?

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ebbene, questa cosa mi è stata raccontata pari-pari da mia sorella, in cui il suo migliore amico avrebbe una compagna che non lo può vedere ma il fratellino di questa donzella lo adora…non potete immaginare le grasse risate che questo “nostro” amico s’è fatto.

E la cosa più divertente fu che vi era la madre del bambino che aveva assistito alla scena XDDDD io muoio ancora nell’immaginare la faccia bordeaux di questa povera signora.

No, vabbè, per una volta sono totalmente estranea alla cosa.

Meno male; a presto ^^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Non v'è peggior burla che la vera ***


Titolo: Non v'è peggior burla che la vera

Personaggi: Aries Shion, Libra Dohko

Contesto: XVIII secolo

Prompt: Armadio a muro

Sentimento Dominante: Rassegnazione

 

«Allora quale metto? La maglia verde o la camicia panna?»

Dohko rise quasi esasperato per quell’ennesima richiesta la stessa ripetuta fino alla nausea che il giovane Ariete dorato, nonché suo migliore amico, gli aveva nuovamente posto. E come gli aveva detto fin dal principio, cioè da quando aveva visto che il commilitone aveva estratto dall’armadio una camicia color panna, gli rispose con aria bonaria

«Vuoi attentare alla vita delle ancelle mettendo sempre delle camice? La maglia verde andrà benissimo e poi ti sta meglio.»

Shion ci pensò su, constatando che stirare a luglio era una vera tortura, soprattutto le camice erano assai difficili da non rovinare in alcuna maniera. Così, un po’ per compassione e un po’ perché si fidava del giudizio del suo migliore amico, il tibetano optò per la maglia tradizionale di un bel verde scuro, che faceva un ottimo contrasto con la sua pelle chiara.

«Hai ragione; ti ringrazio.
Potresti sistemare la camicia nell’armadio?»

«Ricevuto!»

Il cinese si avvicinò al letto e prese la camicia che vi era adagiata sopra, avviandosi verso l’anta aperta del mobile. Rimase meravigliato da quanto fosse ordinato: le camice erano disposte per ordine cromatico e messe in scala di lunghezza, per non parlare del ripiano dei pantaloni, suddivisi in base al tessuto… nulla a che vedere con il suo armadio, in cui tutto era buttato alla meno peggio.

Arrossì leggermente notando quella differenza abissale, per poi riscuotersi ed osservare il punto in cui la camicia che reggeva andava posizionata. Alzò il collo ed individuò il punto di distacco maggiore tra i capi, chiaro segno che Shion gli aveva spostati per non scipare il tessuto.

Bene, allungò la mano destra per poter appendere la stoffa quando si accorse di un dettaglio significativo. Il braccio gli si bloccò a metà strada, mentre un’espressione imbarazzata ed alquanto incredula gli si disegnò sul volto color caramello… non poteva essere vero.

Intanto il lemuriano si era sistemato a dovere, riuscendo a togliere la sua matassa di capelli da dentro la maglia, facendoli ricadere sulla schiena e sulle spalle larghe, quando una risata rassegnata gli fece tornare in mente la presenza del compagno nella sua stanza.

«Che succede?»

Chiese con apprensione, voltandosi alla volta di quella voce. Vide la faccia di Dohko divenuta di un colore rosso pastello, mentre il petto massiccio si muoveva convulsamente nel tentativo di trattenersi dall’esplodere in una fragorosa risata. Guardò la barra di alluminio con appese le camice del commilitone, per poi tornare a puntare i suoi occhi di giada in quelli ametista del compagno e dire con tono misto tra il rassegnato e il divertito

«…non ci arrivo…»

Entrambi i Gold scoppiarono in una risata divertita dopo quell’affermazione. Effettivamente, ora che Shion ci faceva caso, sarebbero serviti due Bilancia, uno in spalla all’altro per poter arrivare alla barra.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Dico solamente che è stato alquanto umiliante; non sarò un gigante ma sono 172 cm… non sufficienti a farmi raggiungere la barra! E dire che non mi è mai capitato, perché solitamente utilizzo il bastone per mettere e togliere le cose mentre mio papà, buon’anima, fa tutto senza doverlo usare. Ci sono rimasta, davvero… mi pareva che l’armadio fosse diventato più alto di colpo.

Ok, spero di avervi fatti ridere, perché anche noi due (io e mio papà) abbiamo riso per un po’.

A presto^^

P.S.: l’armadio di mio papà è davvero messo come descritto…solo che è mamma a metterci le mani XD

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Chi favella, erra ***


Titolo: Chi favella, erra (o chi scrive)

Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya, Phoenix Ikki, Shun Rei

Contesto: Post assalto allo sciale di montagna (prima delle dodici Case)

Prompt: Conversazione su whatap

Sentimento Dominante: Imbarazzo

 

Era un giorno non ancora nato, dall’aria frizzantina, fresca, che scompigliava i capelli ed arrossava le guance levigate e un po’ abrase dal fuoco del Saint di Andromeda e di Phoenix. I due si erano alzati di buon mattino per poter andare sulla vetta del monte, un poco più in alto rispetto alla posizione della struttura di legno, o meglio di ciò che rimane di quella magnifica villa di legno di abete, distrutta per metà il giorno precedente, per poter ammirare l’alba. La rinascita della Fenice e di un nuovo e più solido legame di fratellanza.

I due cavalieri, raggiunta la cima, si misero ad osservare il Sole nascente, seduti l’uno di fianco all’altro su una roccia, godendo di quell’abbraccio a cui per troppo tempo furono costretti a rinunciare. L’astro portò via gradualmente le ombre della Notte, accogliendo le due figure di giovani uomini che sciolsero l’abbraccio e si guardarono negli occhi colmi di sentimenti inespressi. Tutto era calmo e nemmeno quel vento che animava la vita montanara parve voler disturbare il loro ricongiungimento…

Brzzz-Brzzz

…ma ci pensò la vibrazione proveniente dalla tasca del cappotto di Shun a distruggere quel momento idilliaco, facendo sgranare ad entrambi gli occhi per la sorpresa mista a stupore per il minore, irritazione per il maggiore. Andromeda estrasse il telefono cellulare e lesse il messaggio appena inviatogli, per poi dire al fratello

«Ni-san, Saori-san vuole vederci…»

Giunti in pochi minuti allo sciale un po’ demolito e con qualche segno del passaggio del fuoco, i due si ricongiunsero al resto della comitiva di Saint, per poi separarsi a coppie ed iniziare a perlustrare i boschi e la zona circostante nell’attesa dei preparativi per il loro ritorno alla Fondazione Grado.

Ikki e Shun vennero messi in coppia e partirono per fare di vedetta, ma non appena il minore vide una vena pulsante sulla fronte del più grande, decise di spegnere il telefono perché il suo continuo vibrare stava un poco spazientendo anche lui.

La ronda proseguì per tutto il giorno fino a che, verso il calar della mezzanotte, si udirono dei rumori di eliche ed un forte rimbombo metallico. L’elicottero era finalmente giunto e la Dea Bendata aveva fatto sì che nessun nemico avesse attentato alla vita di Saori Kido e all’elmo della Gold Cloth di Sagittarius. Andromeda e Phoenix si avviarono verso lo sciale, quando il maggiore si accorse che il fratello teneva tra le mani il telefono; a quella vista gli scappò un soffio seccato ed alquanto scocciato, ma da bravo fratellone fece finta di niente…anche se sulle labbra screpolate dal vento gli nacque un sorriso sornione.

Chissà come risponderà?

Shun aprì la conversazione su quella strana applicazione e si meravigliò di trovare così tanti messaggi. Un po’ dispiaciuto, un po’ curioso, si arrischiò a leggere mentre compiva uno slalom tra i tronchi di pini e abeti; tuttavia gli occhi gli si sgranarono quando la chat raggiunse un certo argomento…

Seiya: Comunque, oggi dobbiamo festeggiare un certo scricciolo che diventa grande. Auguri Shun!!! (>.<)/

Hyoga: Buon compleanno, compagno.

Shiryu: Ero convinto che fosse un altro giorno, ma non fa nulla: sia Dragone, sia Shun Rei, sia il venerabile Roshi ti porgono i loro più sinceri auguri!

Seiya: Dragone! MA TU VEDI???

Shiryu: …no; sono Shun Rei e sto scrivendo per lui…

Seiya: oh…capisco = (

Ni-san: …ma siete seri…?

Seiya: Che vuoi dire?

Hyoga: Che vuoi dire?

Shiryu: ?

Shun fermò la sua avanzata nel leggere tutto ciò, mentre si portava una mano alle labbra ed un forte rossore gli saliva le guance un poco screpolate. Le lacrime gli punsero gli occhi, ma non sapeva se esse erano dovute all’affetto dimostratogli…o all’imbarazzante situazione in cui era stato costretto.

Pensò un poco alle parole da scrivere nella chat, per non urtare i sentimenti di nessuno, poi però pensò che la cosa migliore era di buttarla sul ridere, come avrebbe fatto Seiya al suo posto, perciò scrisse

Shun: Grazie a tutti per gli auguri ma manca ancora un’ora al mio compleanno XD Comunque li tengo buoni (O.<)

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Beh…potete immaginare come ci siamo sentiti tutti noi che abbiamo fatto le pecore ed abbiamo scritto per inerzia “Auguri” “Buon Compleanno!!!” sulla chat…davvero, le conversazioni di gruppo sono il male! Se penso che manco sapevo quanto compiva gli anni ma le ho fatto lo stesso gli auguri…

Che figuraccia! Però stavolta non ero sola!!! Questo un po’ mi ha rallegrato XD

Per la scena iniziale, non mi dispiace la coppia, ma il massimo che vedo tra questi due è un leggero Shonen-ai, che come ho già ripetuto in altre storielle precedenti, non scriverò (almeno in questa raccolta).

Per il detto…credo che non ci sia nulla di più vero.

Ok, alla prossima ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La burla non è bella se non è fatta a tempo ***


Titolo: La burla non è bella se non è fatta a tempo (se lo fosse)

Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki, Virgo Shaka             

Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti vivi

Prompt: Matrimonio

Sentimento Dominante: Incredulità

 

Era una calda mattina di inizio luglio, il Sole risplendeva nel cielo turchese della Grecia, mandando i suoi raggi perfino nel luogo dedito al culto della Dea Athena, sua sorella e rivale. Alla Sesta Casa al centro del grande atrio colonnato vi era il suo custode, Virgo Shaka, nella posa meditativa all’interno del Grande Loto. Il silenzio e la concentrazione regnavano incontrastati in quelle pareti di marmo, quando ad un tratto un Cosmo gentile, candido e dalle tonalità ciclamino chiese a quello dorato del Gold Saint il permesso di accedere a quel luogo. Un’emanazione cosmica più intensa rispose affermativamente a quella richiesta, permettendo così l’ingresso nella grande sala al giovane Andromeda Shun, nuovo discepolo e futuro erede della Cloth della Vergine. Con passi lenti e timidi, il giovane arrivò ai piedi del Grande Loto, si mise nella posizione meditativa ed iniziò il proprio allenamento.

Il silenzio tornò a spadroneggiare per quel Tempio eretto da tempo immemore, quando una voce singolare e dalla particolare tonalità ruppe di nuovo la quiete

«Pare che il tuo animo sia distratto. Qualcosa ti affligge?»

A quelle parole e a quella dimostrazione di perspicacia, o forse era semplicemente una persona troppo facile da leggere, Shun si grattò la guancia con la punta del dito, punto sul vivo ed imbarazzato per la sua totale distrazione

«È per mio fratello Ikki…»

Il Gold fece cenno di assenso con il capo, probabilmente interessato al discorso, e Shun iniziò a parlare sciolto

«Hai più avuto contatti con lui?»

Nessun gesto da parte di Shaka seguì la domanda.

«Mü ti ha detto nulla?»

Ancora il nulla.

«Beh… allora… come dire – un risolino compiaciuto si librò nell’aria – insomma; Ikki si sposa!»

Silenzio.

Silenzio.

Silenzio.

«Cosa???»

Virgo Shaka aveva spalancato gli occhi a mandorla, mostrando tutto il suo stupore ed incredulità; Phoenix Ikki, uno degli uomini più scostanti e distaccati che esistessero sulla faccia della Terra, si sposava?!

«E con chi?»

«Non la conosco; sarà una sorpresa. So solamente che l’ha conosciuta in Australia.»

E che ci faceva in Australia?

La mente dell’Illuminato non capiva, e non capiva nemmeno come il piccolo Saint davanti a lui potesse apparire così calmo e contento a quella improvvisa notizia. Comunque decise di richiudere gli occhi, recuperare la propria compostezza e rigidità, e proseguire con le domande.

«Quindi è una ragazza australiana…»

«Beh, non proprio; viene da Singapore.»

«!»

Nuovamente gli occhi cerulei del Gold osservarono straniti il ragazzo seduto per terra, il viso completamente rosso per la cantonata clamorosa che aveva preso.

Singapore?! Ma come diavolo farà a farsi accettare dalla famiglia di lei???

Con questi pensieri per la testa – e chiudendo nuovamente gli occhi – la Vergine disse ancora

«E come crede di fare con la famiglia della sua promessa?»

«Ad essere onesti si è già recato a Singapore per conoscerli, ed ha ottenuto il benestare dai parenti di lei. Ha dovuto chiedere il permesso di Saori-san per poter spedire alcuni documenti di presentazione.»

 Non c’è due senza tre.

Shaka spalancò gli occhi per la terza volta, le orecchie paonazze per l’imbarazzo e per l’assurdità della situazione.

Il classico colpo di fulmine, suppongo…

Virgo stava per chiudere gli occhi, quando un dubbio gli assalì la mente già destabilizzata per quelle rivelazioni a dir poco assurde. Se qualcuno, che non fosse Andromeda Shun, uno dei ragazzi più candidi che avesse tutt’ora incontrato, fosse venuto a dirgli una cosa così… beh, gli avrebbe riso in faccia.

«Sono felice per lui, ma dimmi: hanno già fissato le nozze?»

«Oh, sì, il 20 agosto…»

«…dell’anno prossimo…»

...spero…

«No; di quest’anno.»

Quella notizia rischiò di far cadere l’indiano dal Grande Loto, talmente era pazzesca e...pazzesca!!!

E meno male che non ho chiuso gli occhi…

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Non potete immaginare come fosse la mia faccia quando mi venne raccontata questa cosa. Successa veramente! Boh, io non capisco più niente: questo ragazzo non era mia stato fidanzato, non ha mai avuto interesse per le ragazze…e poi puff! Matrimonio. Non so voi.

Non potete immaginare come mi sia divertita nel torturare Shaka (che tra l’altro alcuni fan lo accoppiano con Ikki) quando Shun gli dice questa cosa: ma che compostezza e compostezza! Qui si piange e basta.

Il detto, solo per questa circostanza, l’ho trovato perfetto per la situazione di Shaka.

Spero sia piaciuta, anche se scritta così non so quanto possa rendere bene. Ciao ^^

P.S.: per chi non lo sapesse, la mentalità riguardo la donna in Cina è ancora molto chiusa, tanto che sono all'ordine del giorno i matrimoni combinati e l'obbligo di separazione della coppia se il ragazzo non piace. Si arriva addirittura a veri e propri scontri tra padri e figli su queste questioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tutti i gusti sono gusti ***


Titolo: Tutti i gusti sono gusti

Personaggi: Chrysaor Krishna, Kraken Isaac, Lyumniades Kasa, Scylla Io, Sea Dragon Kanon, Sea Horse Baian, Siren Sorrento

Contesto: inizio saga di Poseidon

Prompt: Merenda

Sentimento Dominante: Spensieratezza

 

Si era appena conclusa la rimpatriata di tutti i Marina e i soldati atlantidei devoti alla reincarnazione di Poseidon, Julian Solo, appena giunto nel suo regno sottomarino. I generali si erano riuniti in una sala dell’enorme maniero classico, facendo di esso il loro quartier generale “relax”: era assai difficile, di punto in bianco, dover gestire un intero agro di terra…no, meglio dire di mare, e risolvere i problemi/inconvenienti che i sudditi e soldati semplici, quasi lo facessero apposta, erano in grado di generare. Troppo stress, ed ogni tanto un po’ di riposo era più che ben accetto…

Dicevamo, i Marina si trovavano nella sala designata a loro nascon- ehm, ristoro dalla gente, chi abbandonato su una sedia cercando una posizione comoda, chi intento a fare uno spuntino servendosi di ogni ben di Dio presente nella sala, chi stravaccato sul piccolo divanetto che faceva da salottino… era pomeriggio inoltrato ed i sette generali erano stanchi morti! Pareva che la sorte – e la fame – si fosse accanita su di loro, perciò i baldi giovani spesero un bel po’ di tempo – e viveri – per il proprio svago personale.

Tutto era calmo, silenzio e pacifico…fino a che una voce distrusse l’Eden che si era venuto a creare

«Ehi!!! Ma chi ha mangiato il tonno?!»

Ed ecco che dalla zona dedita alle cibarie apparve uno scocciato – più del solito – Baian, l’elmo sotto braccio destro e una scatoletta di latta aperta in quella sinistra.

«Io. Perché?»

La mano alzata e la voce con un forte accento inglese si librò annoiata dal divanetto in fondo alla sala, attirando l’attenzione di tutti i presenti che videro il giovane sdraiato sul mobilio. Sentendo tutti gli occhi puntati su di sé Kraken Isaac aprì l’unico occhio e lo volse di rimando verso i propri compagni, sentendosi un poco a disagio.

«Che c’è?»

Chiese. Quegli occhi straniti – la maggior parte – non sapeva come interpretarli…

«Cioè, tu hai mangiato del tonno, adesso?»

Disse la voce roca del generale dell’Oceano Antartico, non senza un’inflessione stupita nella voce e nello sguardo… sguardo totalmente condiviso dai commilitoni.

«Sì, per merenda.»

La voce usata dal marina custode della Colonna dell’Oceano Artico pareva anch’essa stupita, ma il volto aveva un’espressione di colui che diceva una cosa ovvia, o la più naturale del mondo.

Un coro a più voci gli urlò incredula

«PER MERENDA!?»

La faccia stranita e l’occhio che a momenti schizzava fuori dall’orbita mostrò chiaramente a tutta la compagnia che veramente per il giovane era normale ciò che aveva fatto.

«Bah, come cosa è strana, ma contento te, contenti tutti.»

Le parole del ragazzo indiano dalla lunga chioma candida fecero sciogliere lo stupore generale, stemperando la situazione assurda che si era creata e facendo tornare in panciolle tutta la comitiva.

«Beh, non vedo il problema; a me è capitato con i funghi…»

Quel pensiero detto a mezza voce ebbe il potere di far muovere in sincronia tutti i generali verso la fonte: ovvero Siren Sorrento, seduto compostamente al tavolo, i gomiti appoggiati sul piano e le mani tenute a pugno davanti al viso androgino.

Inutile dire che aveva attirato la curiosità di tutti, giacché fu Scylla Io, un giovane con l’argento vivo nelle vene, a chiedere senza giri di parole

«Come-come???»

«Ecco… diciamo che ci fu un fraintendimento con la tata che al tempo mi accudì…»

Rispose serafico e con un’aria bonaria, di chi sta riesumando un bel ricordo, il giovane austriaco.

«Dai, non tenerci sulle spine, racconta.»

La voce baritonale di Sea Dragon, unita all’avvicinarsi di tutti i compagni alla sua persona, convinse il generale dell’Atlantico del Sud a proseguire il suo racconto

«Nulla di particolare; la tata mi disse di aver preparato la merenda e averla messa in una ciotola al piano di sotto. Quando andai in cucina, trovai solamente la ciotola con all’interno i funghi…»

La risata sguainata che seguì quel discorso contagiò tutti, compreso lo stesso Siren, arrossito per quell’aneddoto d’infanzia che aveva appena narrato. Tuttavia una voce – quella di Sea Horse – si levò sopra quelle risate, attirando la sua attenzione

«Non credo proprio che quella fosse la merenda.»

«No…era la base della cena…»

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ebbene, questa cosa mi è stata raccontata da un mio amico d’infanzia, perché… sono io la tizia che mangia le scatolette di tonno per merenda, quando nel frigo non c’è nulla che mi aggrada. E nulla, lui ha tirato fuori questa cosa e io non ci ho pensato due volte a scriverla.

Per quanto riguarda la scelta dei personaggi, ho voluto tirare in ballo un po’ tutto il mondo Saint Seiya, e un po’ perché non volevo che nessuno si salvasse *risata malefica* Ok, molti di loro non sono quasi mai utilizzati ed ho scoperto che Lyumniades Kasa (divenuto Lemury in Italia) non è nemmeno presente nell’elenco personaggi… che dite; facciamo colletta e lo facciamo entrare?

Comunque mi piace l’idea che ci sia un nascondigli-ehm sala relax in cui si possano un poco godere la vita; le responsabilità possono schiacciare la gente.

Il detto qui è fatto su misura; quindi quando si ha fame si mangia quello che si vuole XD

Spero che la cosa possa avervi fatto divertire un po’, o per lo meno sorridere (mi accontento di poco).

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Trick or Treat? Special Halloween ***


Titolo: Trick or Treat? – Special Halloween

Personaggi: Hades, Hypnos, Thanatos

Contesto: Ipotetico post-Hades

Prompt: Telecamera

Sentimento Dominante: Ansia

 

Era una notte chiara, limpida, in cui le Stelle e le Costellazioni parevano essersi agghindate a festa per poter rendere il più magica possibile quella notte priva di Luna. Le case, la piccola piazza di Rodorio e perfino le ampie scalinate del costone su cui si ergevano le Dodici Case dello Zodiaco erano illuminata da candele dalle forme più inquietanti e disparate, per non parlare di tutte quelle zucche intagliate e dalle espressioni informi ed angoscianti.

«Che diavolo significa questa… pagliacciata?!»

Se c’era chi apprezzava o tollerava quella festività acquisita e col tempo divenuta puramente un pretesto commerciale, il Dio della Morte poco apprezzava il cambiamento o le novità, e quella era…boh. Nemmeno riusciva a trovare le parole per descrivere quella zucca arancione che gli stava a pochi centimetri dalla Kamui. Cosa era saltato in testa al Sommo Hades di recarsi al Santuario per prendere parte ad una festa, per quanto si sforzasse, non gli riusciva di comprendere.

«È una festa pagana a te dedicata, non ricordi?»

«Affatto. Illuminami fratello.»

«È il ricorrere del Samhain, il capodanno celtico, sai quel popolo che tu definivi come una colonia di druidi. Si festeggiava la fine dell’estate ed era usanza credere che in questo giorno gli spiriti e la Morte, ovvero te mio stolto fratello, – al che il labbro dell’argenteo di piegò in segno di offesa verso il basso – si spostassero sulla Terra. Si mascheravano con maschere che per loro rappresentavano la fine della vita, sacrificavano animali ritenuti puri e danzavano per esorcizzare il male.»

«Oh, ora ricordo.»

Thanatos batté il pugno sul palmo sinistro, assumendo un’aria di chi aveva tutto chiaro, e si affrettò ad aggiungere

«Sono il popolo che si ritrovava nel cuore della notte nelle radune e danzavano davanti ai roghi.»

Hypnos chiuse gli occhi e fece cenno di assenso con il capo, internamente felice che la memoria del fratello non stesse facendo del tutto cilecca. Era anche vero che quasi duecentocinquant’anni passati in uno scrigno non erano serviti di certo a migliorare la loro conoscenza del mondo umano, e ritrovarsi in tutte quelle stranezze – e circondati da tutti quei bambini mortali che si avvicinavano urlano “dolcetto o scherzetto?” – non rendeva loro più facile l’ambientarsi.

«Se avete finito di riportare alla mente il passato, potremmo anche entrare.»

La voce cavernosa del Dio dell’Oltretomba fece sobbalzare i due gemelli, che parvero ricordarsi solo in quel momento di essere sempre stati preceduti dal loro Signore. Con i capi chini dalla vergogna di esser stati punti sul fatto, si apprestarono ad entrare dal portone spalancato del Tredicesimo Tempio.

*

dovettero entrambi ricredersi; se non fosse stato per il frastuono di trombette e le note alquanto stonate di qualche Saint troppo carico – dall’alcol o dagli zuccheri, questo non era dato sapere – la serata passò in modo piacevole: Hypnos si era trovato a conversare con i Gold di Aries e Virgo, mentre il gemello aveva preferito darsi al bere e al confabulare con Cancer, Capricorn e Pisces. Saori Kido e Hades si erano ritirati in altre stanze per parlare di progetti futuri e per mitigare il meglio possibile la loro alleanza.

Al finire della festa e con l’assenza di tutti i partecipanti oramai ritornati ai loro alloggi, gli Dei Gemelli si erano portati fuori dall’edificio ad osservare la notte che ora era fosca e scura; nulla vi era più dello splendore precedente. Erano in attesa, un poco tesi per essere in pieno territorio a loro sempre stato nemico, ed anche preoccupati per il ritardo del loro Signore. Che aveva Athena da dirgli di così astruso?

Rimasero nel silenzio più totale, smosso da qualche civetta o alito di vento, quando d’un tratto una voce disse con tono quasi infantile

«Oh, guarda; un corvo.»

Hypnos volse lo sguardo verso il punto in cui l’indice del fratello stava puntando, ed effettivamente vide che sulla colonna esterna, sotto il timpano, vi era un uccello nero appollaiato.

E bravo il mio stolto fratello; non sarai un genio, ma sai come stemperare le situazioni.

Tuttavia c’era qualcosa di strano; da quel che sapevano i corvi erano tutti ammaestrati da un Silver Saint, quindi o quello era come una sorta di loro sorvegliante o era un infiltrato… quasi come loro. E fin lì nulla di così bizzarro, se si escludeva il dettaglio che era fermo, rigido, immobile. Alquanto insolito, ed un poco inquietante…

Una voce alta ma abbastanza contenuta si librò nell’aria, ma non ottenne l’effetto desiderato se non un “Ma sei ubriaco?” da parte della Morte.

«No; stavo cercando di farlo andar via da lì. Mi dà fastidio.»

«Ah, ma non l’hai fatto bene.»

Disse il gemello mentre gli si affiancava, e con un impeto molto più deciso del fratello tirò un urlo che avrebbe fatto saltare in aria dalla paura perfino Cérberos. Grido che venne quasi subito bloccato dalla mano dorata del Sonno

«Ma che combini? Siamo in piena notte; vuoi forse svegliare l’intero Santuario???»

«Mph mmh mh mphm!»

«Eh?»

Come Hypnos ebbe tolto la mano dalle labbra del fratello, Thanatos puntò l’indice alla colonna, dicendo con voce meno decisa del solito

«Non si è mosso.»

Gli occhi dorati del gemello si puntarono nello stesso punto di quelli della Morte, la medesima espressione incredula sul volto di alabastro. 

Ok, c’era qualcosa di enormemente strano.

Entrambi sbatterono le mani.

Nulla.

Sbatterono i piedi a terra.

Nulla.

Ma che diavolo?!

«D’accordo; ora gli lancio un frammento di Cosmo e vediamo se resta ancora lì…»

«Fermati stolto; Hades è stato categorico, non possiamo usare il nostro potere.»

«Vero. Allora gli lancio un sasso…»

«Io fatico a veder ad un palmo di naso, quindi tu come pretendi di trovare un sasso.»

Stava diventando imbarazzante, ed anche inquietante; come era possibile che qualunque cosa tentassero quel maledetto uccellaccio del malaugurio non si schiodasse da lì??? Il sudore stava imbrattando i loro volti, mentre l’ansia era sempre più forte.

«Senti, gli lancio contro la zucca, tanto non credo che la utilizzeranno ancora.»

«Eh certo, così poi Athena ci denuncia per vandalismo.»

«Certo che non ti va mai bene niente, biondino.»

«Ah! Io almeno non ho i capelli bianchi!»

«Cooosa?! Rimangiatelo Hypnos!»

«Che avete da ciarlare in questo modo voi due???»

E fu come lo scoppio di un petardo; i nervi già a fior di pelle dei due gemelli aveva fatto in modo che si muovessero all’unisono verso l’origine della voce cavernosa che era giunta dalle tenebre, facendo scontrare le teste e facendoli gemere di dolore.

Che figuraccia! E tutto per colpa di quel corvo maledettissimo!!!

Senza nemmeno pensare a cosa stesse facendo, tanto sconvolto era, il Sonno indicò la colonna affinché Hades potesse vedere il loro pomo della discordia. Infatti rimase alquanto sorpreso di vedere un corvo appollaiato a quel modo e così, incuriosito, si avvicinò alla colonna e si infilò una mano nella manica della tunica.

Il momento era tesissimo; Hypnos e Thanatos avevano allungato il collo per poter vedere meglio, la fronte grondava sudore e la gola era secca tanto erano nervosi.

«PORCO DI QUEL CANE DANNATO! PERCHÉ!!! MALEDETTO SCHIFOSO!»

«Signor Hades!!! Che succede?»

I due si precipitarono dal loro padrone, pronti ad aiutarlo in qualunque modo possibile, quando notarono che teneva tra le mani un piccolo oggetto squadrato.

«Nulla; si è solo impallato il telefono.»

Ok, decisamente le Stelle avevano previsto una nottata molesta per i gemelli…

Quando sentirono un “click” ed una luce bianca si puntò su quell’uccello… le loro mascelle si sarebbero staccate; nel punto dove c’era il corvo, vi era una piccola decorazione del capitello di marmo, che si univa al blocco formando una magnifica foglia di acacia.

Una risata isterica si sollevò dal Tredicesimo Tempio, mentre il volto cinereo del Dio dell’Oltretomba assumeva un’espressione stranita.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ok, è più lunga del solito, ma mi è capitata davvero questa cosa, solo che non era una foglia, ma era una telecamera XD. Spero di avervi fatto ridere un po’.

Come al solito è capitato tutto veramente (tranne la testata, quella me la sono inventata), però in quel momento non era così divertente... E comunque, come non potevo utilizzare i miei tre amori (che mi staranno maledicendo anche in celtico) per questo piccolo special? Il piedistallo se lo sono contesi fino all'ultimo con i tre dell'ave Maria, ovvero Aphrodite, Death Mask e Shura, ma poi ha trionfato il lato oscuro. E che cavolo; in origine era una festività dedicata alla morte...

È meno sguainata delle altre, ma dovrebbe essere più o meno decedente (spero).

Alla prossima ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Chi compra bene, vende bene ***


Titolo: Chi acquista bene, vende bene (non sempre)

Personaggi: Saori Kido, Tatsumi (Mylock)

Contesto: Durante la Galaxian War

Prompt: Scarpe

Sentimento Dominante: Disperazione

 

«Nooooooooooooooooooooooooo!!!»

L’urlo disperato si propagò lamentoso per le pareti della residenza Kido, per poi uscire dalla costruzione e disperdersi docilmente all’aria del parco vittoriano. Il grido di dolore fu talmente acuto che Tatsumi, braccio destro nonché uomo più fidato della signorina Saori, temette la parcella salatissima del vetraio per il disturbo di dover sostituire tutti i cristalli delle finestre. Che diavolo stava succedendo?!

Con passo spedito e il fiatone per l’ansia che qualcosa di terribile fosse accaduto alla signorina, l’assistente si precipitò per i corridoi immacolati del maniero, temendo il peggio e pronto a tutto. Era strano tutto ciò, ma l’uomo non poté fare a meno di pensare che avrebbe dovuto gestire da solo il problema, dato che quelle canaglie irriconoscenti dei Bronze Saint erano, stranamente, fuori dalla villa.

Maledetti piccoli ingrati! Non ci siete mai quando servite a qualcosa!

Con furia ed una rabbia dovuta al pensiero di impotenza appena compiuto, Tatsumi giunse alle porte delle stanze private della giovane ereditiera, urlando un potente “Con permesso” e spalancando le doppie porte degli alloggi.

Si pietrificò sul posto: la fanciulla stava seduta su una sedia di tessuto damascato rosa antico, le mani sul viso ed i soffici capelli color malva rigettati in avanti a protezione del gracile corpo. Il busto piegato, le spalle scosse da piccoli colpi sussulti.

Oh, no! Per favore, no!!!

Tatsumi si avvicinò con passo circospetto e leggero, un groppo alla gola e la fronte grondante di sudore.

«Milady… va tutto bene? Che le è successo?»

Silenzio.

Nulla rispose al quesito – legittimo – posto dall’uomo. Solo un lieve suono ovattato si levò nella stanza.

Oh mio Dio; NO!!!

Il terrore si dipinse sul volto dell’assistente, mente un nuovo verso soffocato, seguito nell’immediato da un altro, fece tremare le membra tesissime del giapponese. Disperato per quella situazione, Tatsumi si mise a guardare in lungo e in largo negli alloggi, in cerca di un indizio o un qualcosa che gli suggerisse il perché di quella tempesta che a breve si sarebbe abbattuta sulla villa. Il cuore iniziò a pompare freneticamente, facendolo iper-ventilare e sussultare più volte.

Finché la vide.

Bella.

Bianca.

Elegante.

Una meravigliosa scarpa decolleté di seta candida, impreziosita da una fibbia d’oro zecchino al cui centro era incastonata una perla di mare, abbandonata in maniera scomposta vicino al seggio della giovane.

Tatsumi capì e sospirò di sollievo.

Prese con cura la preziosa scarpa e si avvicinò alla fanciulla sofferente.

«Vuole che l’aiuti, Milady?»

«No… non è questo Tatsumi…»

Disse disperata la giovane mentre i singhiozzi le incrinavano la dolce voce, le mani ricoperte dai fini quanti di raso ad asciugare le lacrime disperate.

Notando lo sguardo incerto e confuso del consigliere, Saori prese un lembo della vaporosa gonna dell’abito candido e lo sollevò in modo da far mostrare i piedi minuti. Sul piede destro l’uomo poté notare come la giovane avesse già calzato la scarpa, constatando che l’acquisto valesse tutti i soldi spesi. Quella decolleté esaltava la carnagione chiara di Milady e metteva in risalto le caviglie sottili. Era un capolavoro.

Pose la scarpa verso il piede sinistro della fanciulla, deciso a infilarla in modo da completare il bouquet che era Saori Kido.

Si bloccò a metà strada, stranito, per poi sgranare gli occhi piccoli e divenire disperato quasi quanto la giovane a lui difronte: la scarpa che la fanciulla indossava era destra; quella che lui teneva tra le mani… pure.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Ehilà! Non chiedetemi quanto possa valere la scarpa che mi sono inventata, quella che acquistai io al mercato valeva 5 €. Quando volli indossarle per uscire, misi la destra e quando mi accinsi a mettere la sinistra notai che c’era qualcosa che non andava. E lì mi assalì la disperazione quando mi accorsi di aver comprato due destre!!!

Davvero; avevo una paura di non trovare la bancarella che me le aveva vendute XD. Non per i soldi, ma per le scarpe stesse che, oltre ad essere belle, mi servivano per… ehm… cosplay.

Spero che abbia fatto divertire i più torturare quel gorilla di Tatsumi; mi è sempre stato incastrato in gola.

A presto ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** È male giudicare le unghie del gatto ***


Titolo: È male giudicare le unghie ai gatti

Personaggi: Papillon Myu, Sphinx Pharaoh

Contesto: Post-Hades con tutti riportati in vita

Prompt: Gatto

Sentimento Dominante: Spavento

 

Era una mattina d’estate ed il Sole risplendeva caldo e sereno sulla citta di Vienna da poco sveglia e piena di energia, ma in un piccolo bilocale situato nell’attico di una palazzina dall’aspetto antico, il mattino non aveva di certo l’oro in bocca…

Myu aveva una faccia talmente scura che neppure la Greatest Eclipse progettata da Hades, suo signore, poteva eguagliarla: era grato al suo padrone per averlo riportato in vita, ma tutt’ora non si capacitava come potesse esser finito a convivere con quel plebeo di Sphinx Pharaoh! Questa, nonostante i quattro mesi di convivenza, non era ancora riuscito a digerirla: come aveva potuto il signor Radhamantys permettere una cosa simile?

Non che gli importasse più di tanto il fatto che l’egiziano fosse sotto le direttive di Grifon Minos, la cosa non lo toccava minimamente, ma non aveva potuto dire lo stesso della sua fissazione per i felini; lui non gli aveva mai potuti sopportare e ritrovarsi un gattofilo ai livelli di quel musico lo metteva non poco a disagio, dando vita a furibonde liti quando il bruno se ne usciva con miagolii o versetti tipicamente felini, facendo saltare in aria il povero austriaco. Il peggio era che spesso, durante quelle furibonde discussioni dovute ai bislacchi comportamenti dell’africano, questi gli soffiasse contro con gli artigli – perché quelle che aveva attaccate alle dita da pianista non potevano essere definite altrimenti – ai lati del viso… manco fosse lui stesso un gatto!

Per non parlare delle prime notti trascorse nella medesima stanza: la prima gli venne un infarto nel vedere dei piccoli fari gialli che lo scrutavano dal letto dell’inquilino. Per poco non ci scappò il morto, perché gli insulti isterici dell’egiziano fecero capite all’europeo che quelli non erano affatto gli occhi di un clandestino felino… fortuna che le Fairies non avevano fatto a tempo ad avvicinarglisi…

Tuttavia quel giorno il nervoso lo stava assalendo di buon mattino, perché quel “cioccolatino” si era messo a miagolare per chissà quale astruso motivo. Myu non aveva fatto nemmeno a tempo ad aprire le tende del soggiorno che l’istinto omicida gli era salito a livelli critici, facendolo precipitare in direzione della camera da letto all’ennesimo verso felino.

«Piantala di fare il cretino! Mi stai infastidendo!»

Con ciò diede due colpi secchi alla porta chiusa, ma si bloccò di colpo nel constatare che i miagolii – ed altri rumori classici da film dell’orrore – non provenivano dalla porta, ma dal ripostiglio in fondo al corridoio stretto.

Myu deglutì a vuoto. Con passi leggeri e con il favore del buio si avvicinò alla porta incriminata, lo socchiuse piano e…

«WAAAAHHH!!!»

Due fari gialli gli saltarono addosso, facendolo cadere all’indietro e lanciare un urlo spaventato, il viso rossissimo di paura ed sorpresa. Intatto il gatto nero – maledettissimo felino!!! – scattò come un fulmine verso il soggiorno, lasciando il povero Spectre spalmato malamente a terra…

Come diavolo ha fatto ad entrare quel gatto?!

Tuttavia un rumore di strappi, fece sollevare di scatto il giovane e farlo precipitare nel soggiorno, dove si bloccò con il volto rosso di rabbia e frustrazione; ora aveva capito da dove era passato.

«BRUTTA PALLA DI PELO PORTASFIGA! LE MIE TENDE!!! Scendi immediatamente da lì! Pussa via!!!»

Nel mentre, Myu diede un secco strattone alla tenda, facendo scendere quel gatto che si era arrampicato fino in cima alla stoffa, lasciandosi cadere e riducendola a brandelli, per poi lanciarsi fuori dall’appartamento e incamminarsi sul cornicione del caseggiato. Probabilmente la sera prima doveva essere entrato quando Pharaoh, poco prima di andare a dormire, apriva abitualmente le finestre per arieggiare l’ambiente.

Myu era rimasto nel soggiorno immobile, fisso su quel vetro e sulle tende fatte a brandelli dalla furia omicida di quel gatto, per poi sospirare sconsolato e dirigersi di malavoglia verso la cucina, ma come si girò saltò letteralmente per aria: due occhi gialli, dal taglio felino lo stavano fissando con astio, mentre dalle labbra serrate usciva un ringhio poco rassicurante.

«Piantala di fare casino; c’è gente che vorrebbe dormire.»

Oltre al danno, la beffa…

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Beh, sembra assurdo, ma davvero un gatto clandestino si è introdotto abusivamente nella mia casetta, e ha usato le tende della cucina come parete di arrampicata non trovando la finestra aperta… però questa cosa non è successa a me, ma a mia mamma XD

Io sono la povera vittima accusata ingiustamente di star facendo casino; sì, ho la pessima abitudine di mettermi a miagolare o di soffiare come i gatti XP

È stato divertente per una volta non essere il bersaglio, però la mia povera mamma si è presa un colpo nel trovarsi nel corridoio buio un coso soffiante e dagli occhi gialli luccicanti. Povera lei!

Spero che la cosa assurda vi abbia fatti un poco ridere, perché io mi sono piegata in due nell’immaginarmi la scena.

Il detto è perfetto, e per quanto riguarda la coppia, a me questi due non dispiacciono, ma c’è da dire che tra gli Spectre, a differenza dei Saint, c’è sempre stata rivalità tra le squadre, quindi già il fatto di aver accoppiato questi due (una farfalla e un gatto) era divertente di suo… e ho detto tutto.

A presto ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Chi disse donna disse guai ***


Titolo: Chi disse donna disse guai

Personaggi: Cancer Death Mask, Eagle Marin, Leo Aiolia

Contesto: Dieci anni dopo l’investitura dei Gold

Prompt: Sangue

Sentimento Dominante: Emozione

 

«Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta!!! Sono un mito!!!»

Le urla più concitate ed euforiche del solito di Cancer Death Mask si sparsero per l’intera scalinata che portava al Tredicesimo Tempio, o almeno questo era quello che il giovane Gold Saint di Leo pensava. Con una faccia ancora assonnata ed una lacrimuccia dovuta allo sbadiglio felino compiuto, Aiolia si diresse verso l’accesso alla propria Casa – dove le urla “quasi” isteriche del siciliano si stavano facendo sempre più forti.

Che due scatole! Che avrà poi da urlare di prima mattina...

Non appena gli occhi verde prato del greco videro la zazzera scura ed il ghigno pestifero del diciottenne, aggrottò le sopracciglia ed incrociò le braccia al petto, ben conscio che quell’espressione – lo aveva imparato a sue spese – significava guai.

Infatti l’italiano appena lo vide si bloccò di colpo, il passo saltellante divenuto rigido e la mano destra ferma a mezz’aria. Tuttavia l’espressione dapprima un po’ stranita si trasformò in un ghigno malefico, e quando Death Mask iniziò ad avvicinarsi con passo lento – ed un foglio bianco nella mano destra, solo allora lo aveva notato – Aiolia si sentì sbiancare, conscio dell’arrivo dell’ennesimo tiro mancino.

«Ehi! Sai cosa ha fatto oggi l’illustre sottoscritto?»

Aiolia indietreggiò di un passo, indurendo lo sguardo per cercare di non mostrare il timore che provava per quel tipo dal sorriso inquietante (si vede che non aveva mai incontrato Grifon Minos).

Il siciliano non gli lasciò il tempo di dire “a” che riprese a parlare con fare altezzoso e con il petto gonfio come un tacchino

«Ha fatto un qualcosa che gli dovrebbero dare la medaglia al valore per l’aiuto alla razza maschile!»

Il greco boccheggiò nel notare l’aria ferina che aveva illuminato in modo inquietante il volto di Cancer, per poi sudare freddo quando sogghignò a mo’ di volpe e portò la “prova” vicino al volto, spostando le iridi dalla carta al greco. Aiolia rimase e con i nervi a fior di pelle per tutto il tempo, per poi saltare come un petardo alle parole quasi dolci del commilitone

«Dato che sono magnanimo, condividerò anche con te!»

Il greco non fece in tempo a muoversi che il foglietto bianco gli venne piazzato davanti agli occhi, facendoli quasi uscire fuori dalle orbite, mentre il viso diventava più rosso delle tende del Tredicesimo Tempio. Scoprì con sua somma vergogna che quello non era un foglio, ma una fotografia, che raffigurava una fanciulla dai mossi capelli castani, le curve morbide e sinuose e nulla addosso se non l’immancabile maschera argentea.

Ma che diavolo?! Proprio lei!!!

Come aveva fatto Death Mask a scattare una foto a Eagle Marin nuda? Senza contare che da qualche anno la sola vista della Silver Saint faceva al Leone uno strano effetto

Mentre il greco tremava per l’imbarazzo – e qualcos’altro – con in mano la suddetta immagine scabrosa, Cancer si pavoneggiava – gonfiando ancor di più il petto tutto orgoglioso della propria eroica gesta

«Eh? Visto che bravo? Allora? Avanti, dillo! Dillo che sono il-
Ohi Aiolia!? CHE MINCHIA FAI???»

Accortosi della reazione fisica del commilitone, Death Mask rimase impietrito, gli occhi sgranati ed il panico a pizzicargli i polmoni.

Che diavolo combinava quel randagio!

Ripresosi dallo shock iniziale, stappò di mano la sua prova inequivocabile e se la portò al petto, la faccia disgustata ancora fissa su quella di Aiolia, rigido nella sua posizione. Il viso bordeaux, una smorfia ebete… e una colata di sangue che partiva dalle narici e scendeva, fino a gocciolare sul marmo del pavimento.

Poi d’un tratto, come accortosi dell’assenza della sua musa davanti agli occhi trasognati, Leo Aiolia si riprese, sbatté un paio di volte le palpebre, si voltò a guardare il Cancro – che sobbalzò un poco sentendosi puntato – e disse

«…non è che avresti un fazzoletto?»

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

D’accordo; ha me è semplicemente capitato di starmene pacifica nella biblioteca della facoltà quando mi sento chiedere se avevo un fazzoletto. Come ho alzato la testa dal quaderno ho avuto la stessa reazione del nostro compatriota: quella ragazza aveva pure imbrattato gli appunti, povera. Fortuna che ho sempre la scorta di fazzoletti; dato che sono “fuori casa” cerco di portare lo stretto indispensabile per evitare di dover seccare la gente durante le lezioni.

Qui l’ho giocata sporca con il Leone, ma ce lo vedo troppo bene con Marin, ed ho voluto “sperimentare” un qualcosa di diverso ma in chiave ironica. Spero di esserci riuscita. Sappiate che scene del genere capitano anche nella realtà, in barba a quanto si creda che sia un’esagerazione degli anime (a parte a me; non è uscito il sangue nemmeno quando mi sono spiaccicata la faccia contro lo scorrevole XD)

Il detto è perfetto. Punto. =P

Spero che l’attimo di defiance di Leo possa avervi fatto sorridere. 

A presto ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non sferri ***


Titolo: Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non sferri

Personaggi: Aries Mü, Sorpresa

Contesto: Periodo durante il dominio di Arles

Prompt: Chiamata

Sentimento Dominante: Sgomento

 

Doveva chiamare Mü e farla riparare.

Non c’era scusa che teneva; la sua Gold Cloth doveva essere riparata immediatamente. Questo era quello che il Gold Saint si ripeteva oramai da giorni, ma dopo il tradimento del compagno, della sua diserzione e del suo allontanamento dal Santuario non sapeva più come comportarsi con il tibetano.

Era pur vero che erano da sempre ottimi amici e che nulla aveva avvertito mutarsi nel Cosmo dell’Ariete, tuttavia da tempo non riusciva a restare fermo nelle sue decisioni quando si trattava dell’amico, ma non poteva di certo continuare ad avere la Cloth con il cosciale distrutto. Il rischio di venir convocato dal Grande Sacerdote, Arles, era sempre più reale e di certo non ci avrebbe fatto una bella figura presentandosi con una protezione rovinata.

Basta! Non c’è altro da fare.

Detto questo il Gold Saint si armò di tutto il proprio coraggio – ed autocontrollo – e si decise a mettersi in contatto con il riparatore di Cloth.

Jamir, cima dell’Himalaya.

 

Era intento ad osservare i frammenti dell’armatura dell’Unicorno, miscelando meticolosamente la polvere di stelle al metallo ed al proprio sangue, la concentrazione al massimo ed il Cosmo dell’Ariete espanso in maniera delicata e paterna. Il tutto taceva, accompagnato dal silente candore della neve illuminata dal timido Sole nascente.

Poi Mü saltò letteralmente in aria quando avvertì quella specie di vibrazione che gli investì le membra, facendogli maledire la persona che lo stava contattando in un momento così delicato. Accettata la comunicazione, una voce titubante si fece sentire

-Buongiorno a te Mü; mi serve il tuo aiuto per una riparazione alla Cloth.-

Silenzio.

Silenzio.

Silenzio.                                                                                                                               

-SHAKA! (Athena, dammi la forza) TI HO DETTO PIÚ DI UNA VOLTA CHE DEVI PORTARMI LA TUA CLOTH ALMENO DUE VOLTE L’ANNO SE VUOI MANTENERLA IN UNO STATO OTTIMALE!!!-

Il Saint di Virgo rimase sconvolto per la velocità con cui il Grande Mü lo aveva così brutalmente – e a mani basse – smascherato, ma si impose una certa dignità (che diamine! Era l’uomo più vicino agli Dei) e rispose con voce più ferma

-Hai ragione; non ho seguito il tuo consiglio. Comunque, come hai fatto a capire che ero io se non ho fatto nulla che potesse presentarmi?-

Dopo quelle parole, Shaka giurò di aver avvertito come un singulto di sorpresa, poi nuovamente silenzio.

-Shaka…?-

-Si?-

-Conoscendoti so che non sei tipo a cui piace scherzare, ma te lo chiederò ugualmente; stai scherzando?-

-Affatto.-

-Ah, beh, ecco, vedi… sai, al Santuario…-

-…si?-

-…tu sei l’unico che, insomma…-

-Si?-

-…è in grado di contattarmi tramite telepatia…-

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Dovevo! Assolutamente!!!

Stavolta non è farina del mio sacco, ma un episodio accaduto ad una mia carissima amica, solo che lei doveva chiamare il dentista e questo, come risposta alla sua più che legittima domanda, gli rispose “Me lo sentivo”.

Alla faccia del sensitivo quel dentista XDDD

E nulla. Chiedo scusa se sono scomparsa, ma ho passato un brutto periodo tra antibiotici e influenza.

Spero di avervi fatti divertire un po’.

A presto (spero).

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Ogni amore ha la sua spesa ***


Titolo: Ogni amore ha la sua spesa

Personaggi: Alberic, Freiya, Hagen, Mime, Siegfried, Syd, Thor

Contesto: Periodo antecedente alla guerra di Asgard

Prompt: Anello

Sentimento Dominante: Incredulità/Rassegnazione

 

La neve cadeva tranquilla e per una volta non era trasportata dalle gelide raffiche di vento che contraddistinguevano il rigido clima di Asgard. La primavera, seppur fredda, aveva il vantaggio di indebolire le correnti più forti e di rendere le giornate più lunghe e meno tetre. Un ottimo tempo per potersi allenare e potenziare il proprio Cosmo: per dei valorosi cavalieri come i God Warriors non c’era situazione migliore. Difatti Thor, Siegfried e Syd si stavano allenando nel corpo a corpo nel giardino del castello di Vallalhak, il proprio potere tenuto al minimo per non risultare troppo distruttivo e quindi rovinare il palazzo. Alberic era in disparte, seduto sul cornicione del muro che delimitava lo spiazzo, disgustato per il modo in cui quei tre plebei stavano trattenendo il Cosmo. Mime invece era appoggiato ad una colonna, la propria cetra in mano a pizzicare le corde in una melodia dolce e tranquilla, proprio come quella primavera appena giunta.

La giornata procedeva bene; il popolo era in pace, Hilda era di buon umore e continuava a svolgere il suo ruolo di celebrante di Odin e… forse Hagen si era deciso a rivelare i propri sentimenti alla signorina Freiya. Questo balenò nella mente del musico quando si accorse che quei due si stavano dirigendo nei giardini, fianco a fianco, con il volto illuminato da un tenero sorriso.

«Signorina Freiya, Hagen, buongiorno.»

Quelle parole ebbero il magico potere di far bloccare tutti dalla loro occupazione e, in simultanea, di farli voltare verso l’ingresso del parco con aria curiosa. Poi gli sguardi si mutarono dal malizioso, all’entusiasta al felice per il compagno. Erano una bella coppia e, per quanto fossero a conoscenza della devozione che aveva il biondo verso la casata reale, i God Warriors pensarono ad unanimità che era anche ora che si svegliasse.

I due biondini si fermarono, salutando di rimando e fermandosi in compagnia degli altri, che nel frattempo si erano avvicinati alla coppia, chi per vero affetto, chi per semplice curiosità…

«Signorina Freiya, io vi precedo al villaggio; vi lascio alle cure dei miei compagni. Raggiungetemi quando volete.»

E detto questo il giovane cavaliere del ghiaccio e del fuoco lasciò il gruppetto, avviandosi verso l’uscita del palazzo. E qui Alberic si sfregò le mani, mostrando un ghigno che non prometteva nulla di buono.

Bene; ora vediamo come è davvero la situazione.

Pensiero condiviso da tutti i combattenti perché – anche se non lo avrebbero ammesso nemmeno sotto tortura – erano estremamente curiosi di ciò che accadeva ad ognuno di loro… forse pettegoli era il termine che meglio descriveva la loro sete di conoscenza reciproca.

I cinque lanciarono uno sguardo predatore alla fanciulla che, ignara dei piani malvagi dei cavalieri, era rimasta a parlare con il giovane Mime, raccontandogli che voleva andare al villaggio per comprare dei fiori per la sorella. Mentre chiacchierava amabilmente, una ciocca di capelli le andò sul viso, obbligandola a risistemarla con la mano mancina.

I God Warriors si bloccarono di colpo, sgomenti e sorpresi, attirati dal luccichio che il flebile Sole aveva creato a quel semplice gesto della fanciulla. Gli sguardi di tutti e cinque gli uomini si posarono sulla mano della ragazza, trasalendo per quello che videro.

«Signorina Freiya, porta un anello.»

«Oh, ti riferisci a questo? – disse portando la mano all’altezza del viso, il dorso rivolto al cavalieri – Bello vero?»

L’innocenza con cui lo disse fece arrossire i cinque, imbarazzatissimi ma anche contenti che quel tardo del loro compagno si fosse deciso. Tuttavia Alberic fece notare loro un dettaglio che gli fece sgranare gli occhi per lo sconcerto

«È sull’anulare sinistro… congratulazioni.»

La voce un po’ tirata tradiva il risentimento che provava nei confronti di Hagen, ma in fondo a lui non importavano le frivolezze, men che meno le questioni amorose di Asgard. Però agli altri quattro constatò che la cosa dovesse interessava parecchio, dato il modo in cui si erano avvicinati alla giovane, congratulandosi e chiedendo – seppur in maniera molto vaga – come e quando glielo avesse dato.

«Beh, è stata mia sorella a dirmi di metterlo all’anulare.»

Rispose la fanciulla tutta contenta mentre rimirava la sua fedina con una piccola acquamarina incastonata nell’argento.

I God Warriors si gelarono sul posto. Si guardarono con aria dubbiosa e speranzosa insieme.

Abbiamo capito male, vero?

Poi, dato il silenzio imbarazzante che aveva circondato la situazione – pure il venticello leggero aveva smesso si soffiare – Siegfried, il più coraggioso tra tutti, si decise a porre la fatidica domanda

«Ma, dunque, l’anello non glielo ha dato Hagen?»

La ragazza dapprima lo guardò con aria perplessa, osservò il proprio anello per poi sollevare lo sguardo ancora confuso e dire con tono innocente

«No; questo è un regalo che mi sono fatta. È stato un colpo di fulmine; perché? Che centra Hagen?»

I God Warriors divennero più rossi dell’armatura di Mime, increduli alle loro orecchie ed anche esasperati, desiderosi di andare a gettarsi in una fossa.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Io ho mia mamma che da quando mi sono fidanzata mi assilla, e quando ha visto che portavo un anello, sul pollice tra l’altro, gli si sono illuminati gli occhi. Non ci credeva che quell’anello (tra l’altro era l’anello del Casato Phantomhive di Kuroshitsuji XD) me lo fossi preso da sola. Boh.

Adoro i God Warriors, ma amo ancora di più metterli in imbarazzo; poveri loro, sono finiti tra le grinfie di un’autrice malvagia *Buhahahahaha!!!*

So che il detto vi ha sviati, ma dai; è fatto su misura XDD

Spero che vi sia piaciuta.

Alla prossima ^^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** A Carnevale ogni scherzo vale ***


Titolo: A Carnevale ogni scherzo vale

Personaggi: Aries Mü, Gemini Kanon, Gemini Saga, Pisces Aphrodite

Contesto: Carnevale

Prompt: Cosplay

Sentimento Dominante: Sorpresa

 

Era un martedì del mese di febbraio e tutto il Santuario era in fermento; quel giorno la Dea Athena aveva indetto una festa per poter premiare i Saint e permettere loro di riposarsi dalle fatiche che ogni giorno dovevano affrontare per preservare la giustizia sulla Terra. Quella mattina Pisces Aphrodite si stava dirigendo a passo spedito verso la Prima Casa; aveva assolutamente bisogno di vedere il suo custode per potergli chiedere di sistemare il suo costume. Lo svedese, ben conscio di essere uno dei Saint più belli dell’intero Santuario – se non il più bello in assoluto – non voleva assolutamente sfigurare davanti a tutti… difatti a differenza dei suoi colleghi era rimasto entusiasta dall’annuncio che la festa sarebbe stata in maschera. Aveva trovato il vestito perfetto, che gli stava divinamente e nessuno avrebbe mai potuto batterlo in quel confronto; tuttavia in mattinata, mentre si provava per l’ennesima volta il proprio abito vittoriano ricco di fronzoli e merletti, un bottone gli si era staccato e prima di poter dare il via ad una crisi isterica che avrebbe raggiunto persino la sua terra natale, si ricordò del tibetano e della sua innata capacità di risolvere tutti i problemi. Ed eccoci all’inizio della storia, dove un trafelato Aphrodite si dirige a passo spedito verso la sua ancora di salvezza, ma quando giunse all’ultima scalinata vide i due Saint di Gemini uscire dal Primo Tempio e dirigersi nella direzione opposta alla sua con due enormi sacchi ed un sorriso trionfante e soddisfatto sui visi identici.

Sembra che non sia stato il solo a pensare al Grande Mü; accidenti! Beh, non importa, nessuno può sperare di battermi! Però ora devo correre dal mio salvatore!!!

Come entrò senza tanti complimenti negli alloggi privati, vi trovò il tibetano ad armeggiare con martello e scalpello e con degli oggetti a lui molto famigliari… come si rese conto di cosa aveva in serbo per quella sera il Grande Mü, capì che non avrebbe mai potuto competere. Un gemito di sorpresa gli uscì dalle belle labbra mentre il rossore per la meravigliosa idea che il tibetano era riuscito a concepire gli fece portare la mano davanti alla bocca. Solo allora l’Ariete parve accorgersi del commilitone e scattò nel tentativo di nascondere ciò a cui stava lavorando, rosso in viso per essere stato colto in flagrante.

Ma che carino.

D’improvviso la mano calò dalle labbra dello svedese per mostrare un sorriso sornione e ferino; ora era certo che Mü lo avrebbe aiutato e – incredibile ma vero – magari, tanto per mostrare la sua magnanimità, avrebbe contraccambiato il favore.

«Tu aiuti me, ed io aiuto te, come buoni compagni

*

La sera alla Tredicesima Casa la festa era iniziata; tutti gli abitanti del Santuario erano lì a godersi un po’ di divertimento e svago pienamente meritati. Saori Kido si era dovuta assentare per un impegno improvviso ma non se l’era sentita di annullare tutto, dato che i più entusiasti erano i giovani apprendisti e la maggior parte dei Bronze Saint. Ognuno aveva un costume diverso: spiccavano i due gemelli che indossavano due Surplici di Gemini perfettamente identiche a quella che Saga indossò nella Guerra Sacra, Milo che portava un costume da moschettiere con tanto di cappello e piuma enormi, Shura travestito da Zorro*, Camus da mago e Shaka da prete cattolico… Kiki era vestito da pecorella e saltellava qua e là spargendo coriandoli addosso ad ogni singolo invitato. Tutti si stavano divertendo a modo loro; chi ubriacandosi, chi importunando gli altri, ecc. fino a che non giunse una persona inaspettata: la Dea Athena alias Saori Kido. Tuttavia aveva qualcosa di diverso; sorrideva ed aveva le guance candide leggermente arrossate, velo di imbarazzo per l’attenzione che tutti i presenti le stavano rivolgendo. Aveva un abito bianco a collo alto che scendeva stretto sul seno e sull’addome fasciato dalla solita fibbia dorata, per poi allargarsi sui fianchi e scendere fino a terra. All’altezza del collo vi era un nastro che fasciava le spalle; ad esso erano cucite due maniche tagliate di sbieco, in tulle, che scendevano morbide lungo le candide braccia della fanciulla. La mano destra sorreggeva la Nike. Tutti i Saint le andarono incontro per omaggiarla e per godersi i suoi dolci sorrisi - dalla loro Dea poco apprezzati, dato che quasi mai ne faceva.

Arrivò anche il turno dei gemelli di godere del sorriso della Dea, ma quando i due le giunsero dinnanzi, alla fanciulla si illuminarono gli occhi; si avvicinò loro e con la mano libera andò a toccare il pettorale di Saga, suscitando in lui un gemito di sorpresa ed un vistoso rossore sul viso. La Dea continuò la sua contemplazione e poi guardò i due Saint con occhi soddisfatti, sorrise sinceramente e disse

«Sono proprio soddisfatto del risultato; non mi aspettavo di avere riprodotto così minuziosamente le due Surplici. Credevo che l’effetto sarebbe stato totalmente diverso dato il poco tempo che mi avete dato.»

L’intera sala ammutolì di colpo, perfino Kiki si era pietrificato nel sentire quella voce. Tutti tranne Aphrodite, che ghignava sotto i baffi.

Vendetta!!!

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Che dire, la storia parla da sola e comunque una cosa del genere mi è capitata alle elementari, con un mio compagno che si travestì da donna. Però eravamo in un convento di suore!!! L’atmosfera era assolutamente identica XD E se qualcuno se lo è chiesto, è stato Aphrodite a truccare Mü, rendendolo una Saori Kido perfetta.

Spero che la storia vi sia piaciuta; buon Carnevale e buon inizio Quaresima a tutti (buon mercoledì delle Ceneri).

* preso dalla ff “Di fratelli custodi e di paladini ubriachi” di kymyit, ve la consiglio caldamente perché fa morire dal ridere…e non solo ^^

 

Questa storiella è stata scritta il 10 febbraio 2016, in onore del Carnevale XD. 

Revisionata e corretta oggi; a conclusione delle mie sfortune… magari ^^’’

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3492927