Calore di Hades_sama (/viewuser.php?uid=827061)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le apparenze ingannano ***
Capitolo 2: *** Buon sangue non mente ***
Capitolo 3: *** Chi ben comincia è a metà dell'opera ***
Capitolo 4: *** Chi capisce, patisce ***
Capitolo 5: *** Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso ***
Capitolo 6: *** Chi litiga con il muro, si rompe la testa ***
Capitolo 7: *** Facile quanto mai, mettersi nei guai ***
Capitolo 8: *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 9: *** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***
Capitolo 10: *** Al bisogno si conosce l'amico ***
Capitolo 11: *** Non v'è peggior burla che la vera ***
Capitolo 12: *** Chi favella, erra ***
Capitolo 13: *** La burla non è bella se non è fatta a tempo ***
Capitolo 14: *** Tutti i gusti sono gusti ***
Capitolo 15: *** Trick or Treat? Special Halloween ***
Capitolo 16: *** Chi compra bene, vende bene ***
Capitolo 17: *** È male giudicare le unghie del gatto ***
Capitolo 18: *** Chi disse donna disse guai ***
Capitolo 19: *** Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non sferri ***
Capitolo 20: *** Ogni amore ha la sua spesa ***
Capitolo 21: *** A Carnevale ogni scherzo vale ***
Capitolo 1 *** Le apparenze ingannano ***
1calore
Titolo: Le
apparenze ingannano.
Personaggi: Aquarius
Camus, Scorpio Milo
Contesto: Ipotetico
post-Hades con i Gold vivi
Prompt: Bottiglia
da vino dal collo lungo
Sentimento
Dominante: Rabbia
«Come hai
potuto!!!»
All’Undicesima Casa dello
Zodiaco un grido agghiacciante
stava mettendo sotto sopra l’ordine del silenzio che vigeva
in quel luogo. Cosa
che rispose a quella voce sforzata da graffiare le corde vocali; non
importava
quanto il timbro di Scorpio Milo potesse raggiungere decibel
insopportabili
all’udito, Aquarius Camus non avrebbe mai dato ascolto a
quelle parole che lo
accusavano… di cosa, poi? Non lo aveva ancora ben chiaro.
«Mi hai tradito! Chi
è?! Con chi mi hai messo le corna!!!
Traditore doppiogiochista!!!»
«C-come?»
Il francese aveva abbandonato la sua
aria altezzosa e
distaccata perché quelle accuse sputategli addosso dal greco
lo lasciarono
esterrefatto; lui… cosa?!
«È Shura? No,
improbabile. È troppo ligio al dovere per
potersi “distrarre” dai suoi allenamenti.
È Aphrodite? Ah! Oh, Athena!!! Mi
rifiuto anche solo di pensare di essere stato cornificato da quella
primadonna
isterica!!! È Shak… perché lo sto
considerando??? Sono messo male!? Eh!!! Non
sarà mica Saga…?»
Raggiunto il limite di sopportazione,
Camus afferrò ambedue
gli spallacci dorati della Gold Cloth di Scorpio, interrompendo
quell’imbarazzante monologo. Fissò i suoi occhi
indaco in quelli di ghiaccio
del greco, assumendo un’aria autoritaria e che non ammetteva
repliche.
«Di che diavolo stai
parlando?»
Come se quelle parole potessero
essere uno Scarlett Needle,
il volto del Saint dello Scorpione assunse un’aria ferita e
incredula; il
labbro inferiore venne stretto dagli incisivi, mentre le sopracciglia
parvero
divenire un’unica arcata tanto si avvicinarono. Il volto si
allontanò da quello
del compagno, come se quella vicinanza minasse il suo stato mentale o
gli
portasse via l’ossigeno.
«Allora è
Saga…»
Allo sguardo impassibile al
movimento, se non fosse stato
per il sopracciglio sinistro che si inclinò verso
l’occhio, Milo scattò: la
sclera(1) iniziò a divenire di un
rosso intenso, probabilmente nel
tentativo di trattenere quelle lacrime che gli stavano pizzicando gli
occhi,
insistendo nell’uscire. La fronte si aggrottò e
sulle tempie apparvero due vene
che pulsavano talmente con vigore che il francese temette che sarebbero
potute
scoppiare. Le labbra dapprima tenute serrate si stirarono in una
smorfia
canina, digrignando i denti e facendoli quasi stridere tale era la
forza
impressa nel morso. Le guance tinte di un’intensa
tonalità cremisi, seconda
solo alla Scarlett Needle di quell’uomo. Era in arrivo una
scenata isterica
tipica di uno Scorpione (lo scorpione che conosco io è
incredibilmente
permaloso ed egocentrico N.d.A.), e Camus se ne accorse immediatamente:
lasciò
la presa e fece qualche passo indietro, prima che i suoi timpani
venissero
distrutti dall’urlo disumano del greco.
«Con Saga?! Complimenti!!!
I traditori stanno bene con i
propri simili!!! Razza di filibustiere come ti sei permesso di farmi
questo?!
Non te la perdono! Non con Saga!!! Che ha più di me a
parte qualche cm di
altezza?! È forse più bravo a
baciar-»
«Milo! Di che
parli?»
«DI QUELLE!!!»
L’unghia scarlatta
dell’indice destro si puntò sulle labbra
gonfie e rosee del francese, che in quel momento comprese
tutto… e si portò una
mano alla bocca per evitare di scoppiare a ridere in faccia al greco.
Ma quanto
poteva essere geloso?
Calmatosi
dall’ilarità, si ricompose e si rivolse al
compagno che aveva la testa che gli fumava talmente tanto che poteva
essere
usata come piastra per affumicarci il salmone.
«1- Che prove hai per
accusarmi? 2- Non pensavo soffrissi di
complessi di inferiorità. 3- Lo conosci il significato della
parola
“filibustiere”? Non mi pare centri molto con la
questione… 4- Aspettami qui;
torno subito.»
Dettò ciò si
diresse all’interno del corridoio che conduceva
agli alloggi privati del Guardiano del Tempio, per tornare con in mano
un
oggetto di vetro che mise davanti agli occhi esterrefatti del greco.
Notando il
completo smarrimento del compagno, Camus si decise a svelare
l’arcano.
«Beh, non la riconosci?
È con lei che ti ho messo le corna.»
«UNA BOTTIGLIA?!»
«Beh, oggi era una giornata
particolarmente calda e la
scalata per giungere sino al mio Tempio mi aveva messo molta sete. Lei
era
sulla mia scrivania, ma non era accompagnata dal solito bicchiere (che
avevo
messo a lavare) così ho bevuto dal collo stretto, a canna,
tutto d’un fiato.
Per via dell’apertura piccola e della foga con cui ho bevuto,
le labbra mi si
sono gonfiate ed arrossate per il mio gesto davvero barbaro…
quindi il mio
bacio l’ho dato a lei.»
Se avesse potuto, la mascella di Milo
si sarebbe staccata.
(1): parte
bianca dell’occhio.
Angolo
dell’Autrice:
Beh, questa
cosa era da un po’ che mi frullava in testa, e purtroppo
questo è un aneddoto
della mia fortunata vita; per carità, se mi capitano
cavolate simili faccio i
salti di gioia, ma se sono all’ordine del giorno diventano
alquanto fastidiose…
comunque spero di avervi fatto divertire un poco.
Ah, la
bottiglia incriminata è accanto a me ;)
Ciao a
tutti.
Questa
storiella
è stata scritta il 24 gennaio 2016. La raccolta è
un modo per farmi perdonare
per la mia improduttività di questo ultimo periodo;
necessito urgentemente di
una vacanza.
Chiedo
venia
a tutti.
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Capitolo 2 *** Buon sangue non mente ***
Titolo: Buon
sangue non mente
Personaggi: Arles,
Gemini Saga, Leo Aiolia, Sagittarius
Aiolos
Contesto: Qualche
giorno prima della Notte degli
Inganni.
Prompt:
Discussione tra parenti
Sentimento
Dominante: Imbarazzo
Al Santuario, mentre tutti si stavano
allenando con vigore e
voglia di migliorarsi sempre più nella speranza di divenire
degli eletti
all’investitura a Saint, una figura dai ricci castani e dal
volto depresso se
ne stava ad osservare quei giovani aspiranti con espressione mogia ed
afflitta.
E già questo era strano. Saga osservava da lontano con aria
preoccupata quel
ragazzo dall’indole allegra e spensierata, chiedendosi il
perché di quella sua
depressione. D’improvviso il greco vide la persona al centro
dei suoi pensieri
cambiare posizione, posando i gomiti sulle ginocchia e sorreggendo il
volto con
ambedue le mani a pugno.
«Allora è grave
se si mette nella “posizione di afflizione
assoluta”. Che dovrei fare?»
Niente!
Lascialo
deprimere che magari ci togliamo definitivamente dai piedi quella
“palla al
piede”!
«Arles, sta zitto! Nessuno
ha chiesto il tuo parere!»
Eppure lo
sia anche tu
che non vedi l’ora di vederlo in una cassa… ti ha
soffiato il posto che ci
spettava di diritto!!!
«Arles!!!»
Il Saint di Gemini scosse
violentemente il capo, cercando di
scacciare la voce di Arles che negli ultimi tempi stava divenendo
sempre più
suadente e persuasiva; non avrebbe mai permesso che il suo alter-ego
prendesse
il sopravvento, ma la sua anima aveva preso un colpo tremendo quando il
Grande
Sacerdote aveva designato come successore quella persona che
ora…
«Ah!?»
Eh?!
… che ora sospirava
sconsolata con lo sguardo vuoto su quei
ragazzi che se le suonavano di santa ragione. Oh, Athena! Allora la
faccenda
era grave!!! Una Guerra Sacra? L’Apocalisse?
L’Armageddon??? Il primo a
riprendersi da quella vista fu Arles, tutto ghignate e allegro per la
sventura
altrui.
Ihihih!
Allora è qualcosa di tremendo. Spero gli rechi dolor-AHI!!!
Saga, per mettere a tacere la sua
ombra, si diede due forti
sberle sulle guance e si incamminò verso quel…
quel… quel morto vivente.
Gli si pose di fianco e gli si sedette alla
sinistra. Tuttavia, non notando alcun tipo di reazione da parte del
soggetto al
centro delle sue attenzioni, decise di farsi sentire.
«Ciao Aiolos, come
va?»
«Ah, ciao
Saga…»
Disse con voce assente e senza
spostare lo sguardo al nuovo
arrivato che fu ancor più sicuro che qualcosa di tremendo
stava sconvolgendo il
greco.
…
«UAAAHHHHHH!!!»
Il corpo di Aiolos si
spiaccicò al suolo, mentre le guance
gli divennero rosse come pomodori maturi. Il respiro accelerato e gli
occhi
sgranati per lo spavento, mentre il viso gli veniva investito da
vampate di
calore e sudore freddo, mettendolo non poco a disagio.
«S-S-S-Saga! Quando sei
arrivato???»
Se il diretto interessato a quella
domanda sgranò gli occhi
mostrando tutto il suo disagio e preoccupazione, Arles si
spalmò una manata
sulla faccia, maledicendo ogni divinità conosciuta per come
il vecchio
rinsecchito avesse potuto preferire quel mollusco a lui.
«Poco fa, mi hai pure
salutato… ricordi? Comunque potresti
abbassare la voce? Stai urlando…»
…
e attirando l’attenzione, cretino!!!
Aiolos parve confuso, ma il suo stato
venne meno quando gli
occhi andarono verso l’arena: tutti i giovani avevano smesso
di allenarsi per
poter vedere da dove provenisse quell’urlo disumano. Il greco
– se possibile –
divenne ancora più rosso in viso, si tirò su da
terra, si spolverò la divisa di
cuoio e cotone e si rimise a sedere sulla roccia da cui era magnificamente capitombolato.
Il silenzio si levò tra i
due Gold fino a che Saga, a
disagio quasi quanto il compagno, si decise a prendere in mano la
situazione.
«Aiolos, cosa è
successo?»
Il diretto interessato
sussultò a quella domanda, ma cercò
di svicolare.
«D-di che parli?»
«Di me puoi fidarti,
Los.»
“Los”?!
Bleah!!!
AHI!!!
Saga si pizzicò la gamba
pur di far tacere la sua ombra ed
inoltre sapeva che quel vezzeggiativo scioglieva sempre il compagno.
Difatti
Aiolos si volse a guardare Saga con degli occhi quasi commossi per la
gentilezza che gli veniva offerta.
«È per Aiolia.
Oggi mi ha lasciato un messaggio in cui
diceva che al corso di greco antico avrebbe preso un 10.»
«E non sei
contento?»
Da
quando il randagio ha un cervello?
«Certo che lo ero. Ero
così felice che stavo per mettermi a
piangere. Ma poi mi sono accorto…»
«Di cosa?»
Oh, per
l’amor di
Athena, che qualcuno faccia un favore all’umanità
intera ed uccida ‘sto
tizio!!! OHI!!! E piantala di pizzicarmi!!!
«… del Post
Scriptum.»
«…
e…»
«Beh, ha precisato che lo
avrebbe ottenuto “con due voti”.»
Saga non ebbe nemmeno la forza per
pizzicarsi nuovamente la
gamba per zittire le grasse risate che Arles si stava facendo; era
tutto lì?
Aiolos era depresso per le prestazioni intellettuali del fratellino?
Nessuna
Guerra Sacra, Apocalisse o Armageddon?
«… dai, non te
la prendere tanto – disse poggiando una mano
sulla spalla dell’amico (mentre Arles era inorridito a quel
contatto e mimava
una croce con gli indici delle mani) – comunque, anche se in
modo indiretto, ha
preso dieci.»
«Macché!
– il Sagittario si spalmò entrambe le mani sulla
faccia, lasciandosi andare alla disperazione – Non ci
è arrivato; ha preso
9½!!!»
Tanto fu l’imbarazzo
– e lo sconcerto – di Gemini, che
neppure Arles riuscì a dire una sola, piccola,
insignificante parola.
Angolo
dell’Autrice:
Ok, questa
non è farina del mio sacco. Oggi è venuta una mia
zia a casa e ha raccontato
del più e del meno, facendo uscire questa storia. Se non
fosse stato per il
dolore alla pancia (eh, purtroppo per le donne non
c’è scampo), starei ancora
ridendo come un’idiota. Mi sono divertita tantissima a
scrivere questa cosina,
e sappiate che oggi ne ho altre due da buttare giù, quindi
potete immaginare le
belle cose che mi succedono ogni santissimo giorno. Il titolo non vuole
essere
offensivo per le fan dei due fratelli, ma qui gli ho fatto fare a tutti
e due
la figura degli idioti, quindi l’ho trovato azzeccatissimo XD
Bene; spero
vi abbia fatti/e divertire.
Ciao a
tutti/e ^^
Questa
storia
è stata scritta il 24 gennaio 2016
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Capitolo 3 *** Chi ben comincia è a metà dell'opera ***
cap 3
Titolo: Chi ben comincia è a metà dell’opera
Personaggi: Hagen, Alberic, Fenrir, Freiya, Mime,
Polaris Hilda, Siegfried, Syd, Thor
Contesto: Asgard prima della battaglia per i sette
zaffiri
Prompt: Ciclo
Sentimento
Dominante: Odio
«NO! BASTA!!! NON NE POSSO PIÚ DI TUTTO QUESTO FREDDO E
GELO! BASTA! DOBBIAMO ANDARE A CONQUISTARE ALTRE TERRE, BACIATE DAL SOLE E DAL
VERDE DEI PRATI! SONO STANCA DI SOFFRIRE MENTRE ATHENA… emh… e di far soffrire
il mio popolo, MENTRE ATHENA HA UN DOMINIO MERAVIGLIOSO SU CUI REGNARE.
NO! È DECISO; CI PRENDEREMO IL SANTUARIO E LA GRECIA BACIATA
DAL SOLE!!!»
Al Castello di Vallalhak le urla della celebrante di Odino,
Hilda di Polaris, regnavano sovrane, stravolgendo la vita tranquilla e
silenziosa che solitamente accompagnava quelle antiche mura di pietra e
ghiaccio.
I God Warriors erano tutti radunati davanti alle porte delle
stanze private della loro regina, preoccupati ed un poco allarmati per lo
sproloquio assurdo che stava avendo luogo. Tuttavia nessuno dei sette, Bud
aveva preferito andare a nascondersi dato che se lo poteva permettere,
aveva la più vaga idea di cosa fare o tantomeno il coraggio di entrare in quel
luogo che ora pareva divenuto un nido di vipere. Nessuno sapeva cosa avrebbe
trovato dietro quella porta e nessuno voleva scoprirlo. Il silenzio che regnava
tra i più potenti guerrieri di Asgard era teso tanto che anche un battito d’ali
di farfalla (se fosse eco-sistematicamente possibile) avrebbe potuto far venire
una crisi di nervi ai baldi giovani. Tuttavia, chi pose fine al
quell’angosciante situazione fu il più intrepido e fedele God Warrior, ovvero
Siegfried.
«Che cosa può essere successo per suscitare l’ira della
nostra Signora?»
«Non importa cosa sia accaduto; io, Thor, eseguirò qualunque
ordine la nostra regina ci impartirà.»
«Dato che sei tanto servizievole, perché non provi ad
entrare lì dentro e chiedere che cosa stia accadendo, di grazia?»
Il gigante armato di martello gettò uno sguardo cagnesco a
quel ragazzino pel di carota che aveva avuto il coraggio di fargli quella
proposta che dir suicida era fare un eufemismo. Mai prendere Hilda di Polaris
quando era in modalità “gigante di ghiaccio”.
«Forse dovremmo semplicemente attendere che la nostra
Signora esca dalle sue stanze per convocarci.»
A parlare era la voce tranquilla e morbida di Mime, che per
stemperare l’atmosfera aveva iniziato a pizzicare le corde della sua lira,
facendo acquietare gli animi di tutti i presenti – escluso quello di Hilda, che
continuava a sbraitare improperi ed insulti –. Il silenzio che seguì quelle
parole fu preso ad unanimità come assenso alla proposta del figlio di Folken,
quindi i sette God Warriors si incamminarono verso il corridoio che conduceva
al salone del Castello, quando una voce li fece bloccare dalla loro elegante ritirata strategica.
«Signorina Freiya, non è il caso di disturbare la Signorina
Hilda.»
La sorella minore rivolse un sorriso di gratitudine alle
parole di Hagen, arrossendo, tuttavia disse che doveva portare un’oggetto molto
importante a Hilda, quindi non avrebbe potuto eseguire il consiglio che il
biondo le aveva dato. Entrò in quell’antro oscuro che erano gli alloggi privati
della celebrante, mentre i suoi passi riecheggiavano pesanti nel silenzio
assoluto che si era creato. I God Warriors si precipitarono alla porta che
aveva appena inghiottito la Signorina Freiya e si spiaccicarono sul legno
dipinto per poter sentire ciò che stava succedendo oltre. Tutti tranne Alberic,
che era diventato rigido come una statua nel notare quale oggetto doveva portare alla loro regina la bella sorella
minore. Non riuscì a trattenere i tremiti che ne scossero violentemente il
corpo mentre il suo unico occhio visibile si ridusse ad una fessura. Le membra,
così come il sangue gli ribollirono, facendolo arrossire di odio represso da
troppo tempo. Non era possibile che una scenata del genere potesse essere causata
da… QUELLO.
Al ritorno di Freiya, tutti i guerrieri le chiesero cosa
fosse accaduto e quale miracolosa pozione avesse dato alla celebrante per farla
calmare a quel modo. La fanciulla era molto combattuta su ciò che avrebbe e non
avrebbe dovuto dire, ma a toglierla dall’imbarazzo ci pensò il rosso.
«Ah! “Problemi femminili”, vero?»
Allo sguardo colpevole della giovane, e a quelli sorpresi e
straniti dei compagni, Alberic pensò che se fosse rimasto in quel luogo di
folli avrebbe fatto una strage, così digrignò i denti per non sputare il veleno
che aveva in circolo e accumulato negli anni e se ne andò da palazzo.
Mentre i suoi piedi affondavano nella neve, il ragazzo dai
capelli rossi continuava a borbottare cose poco carine e indirizzava compagni e
genere femminile ad altri lidi, se qualcuno avesse potuto vedere l’anima del
God Warrior avrebbe visto una sagoma nera con occhi iniettati di sangue che
urlava a voce isterica
«LA ODIO, LA ODIO LA ODIO!!! PRIMA O POI LA UCCIDERÒ E MI
IMPADRONIRÒ DI ASGARD! L’HO SEMPRE PENSATO CHE UNA DONNA NON SAREBBE MAI
RIUSCITA A GOVERNARE COME SI DEVE UN REGNO! E POI MI CHIEDO PERCHÉ QUI SIANO LE
DONNE AD AVERE LA SUPREMAZIA?! MA PERCHÉ SONO NATO QUI??? CHE HO FATTO DI
MALE??? AH, MA QUESTO DEVE FINIRE.
COME PUÒ UNA DONNA SOPPORTARE IL PESO DEI GHIACCI ETERNI SE
POI NON REGGE AI… ai… – perfino le orecchie diventarono dello stesso colore dei
capelli – AI DOLORI MESTRUALI!!!»
Angolo
dell’Autrice:
Beh, lo
ammetto; io sono una di quelle donne che sta malissimo, e qui ho appioppato la
dismenorrea pure alla povera Hilda, ma il personaggio che mi sono divertita di
più a torturare è Alberic. Non potete immaginare l’odio che nutrii nei suoi
confronti quando lo vidi per la prima volta (sia nell’anime sia nel gioco).
Per il
proverbio mi è parso azzeccatissimo, se si considera che Alberic voleva fare la
pelle a Hilda quando era posseduta del Nibelungen Ring. Quindi ho pensato che
il suo odio fosse più profondo e covato da tempo, così ho dato un poco più di
umanità a questo bastardone ^^’
Non avevo
alcuna intenzione di sminuire il genere femminile, ma io proprio non posso fare
a meno di… una bull dell’acqua calda per sopravvivere. E sì, sto seriamente
valutando di andare in università con il teporino per non dover svenire. Sono
strana? Forse, ma mi piace troppo andare in facoltà, ma se si sta male è un
vero inferno.
Spero sia
piaciuta.
Alla
prossima^^
Questa
storiella è stata scritta il 24 gennaio 2016.
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Capitolo 4 *** Chi capisce, patisce ***
Titolo: Chi capisce, patisce
Personaggi: Cancer Death Mask, Capricorn Shura, Pisces
Aphrodite
Contesto: Prima della serie, negli “anni tranquilli”
Prompt: Importuni sul pullman
Sentimento
Dominante: Paura
Un’uscita ad Atene per poter svagarsi dagli impegni che il
Santuario, e soprattutto il grado di Saint, gli imponevano all’inizio gli parve
un’ottima idea, se non fosse stato per un piccolo particolare: i mezzi
pubblici. E Pisces Aphrodite odiava a morte quelle scatole ambulanti con le
ruote. Non perché il servizio fosse pessimo e i pullman sempre in ritardo, ma
per la gentaglia che molto spesso si trova al suo interno. Difatti era da
quando era salito che continuava a sentire una voce maschile che commentava
qualunque cosa accadesse su quell’autobus; dalle persone che salivano a quelle
che chiacchieravano tra loro.
Immediatamente non ci diede peso, ma quando dovette alzarsi
per poter andare davanti alle porte di uscita un fischio di apprezzamento gli
fece rimpiangere il non aver portato con sé le sue amate Demon Rose. Beh, come
biasimarlo? ammetteva di essersi agghindato perfettamente per quell’uscita;
indossava una camicia cipria che ne metteva in risalto la carnagione chiara, un
nastro nero chiuso a fiocco lasciato morbido ad adornare il colletto sbottonato
ed un paio di pantaloni crema che gli fasciavano perfettamente le gambe. Non per
vantarsi, la sua bellezza faceva in modo che chiunque lo guardasse, anche solo
di sfuggita, perché nessuno poteva ignorare la sua eterea figura; di solito la
gente si limitava a rapide occhiate di apprezzamento, i più coraggiosi
provavano ad intavolare una conversazione per riuscire ad avere la sua
attenzione… e poi c’erano i cafoni! Come quel tizio che per la terza volta in
un minuto gli aveva fischiato dietro.
Una smorfia infastidita apparve sul volto di Aphrodite
perché, giustamente, non bastava l’importunatone, no, sarebbe stato troppo
facile e come dice il detto “la sfiga c’ha buon occhio”, in quegli
ultimi maledetti dieci metri di strada prima della fermata c’era una coda
ferma. Ed ovviamente quell’uomo continuava a far salire l’istinto omicida nel
bel Saint dei Pesci, non più con versi ma con parole di apprezzamento alquanto
sconce. Tuttavia a sentire quella voce cantilenante e strascicata, tutto
quell’astio venne meno di colpo.
Questo è ubriaco o
fatto; che pena, già ridotto così di primo pomeriggio…
Con quei pensieri per la testa e con la fermata che si stava
avvicinando (a passo di tartaruga, ma si stava avvicinando) Aphrodite decise di
fare la cosa più saggia che si potesse fare in quelle situazioni: ignorare. Si
posizionò davanti alle doppie-porte e si preparò a scendere, dato che il
pullman aveva già iniziato a decelerare, ma con suo sommo fastidio si accorse
che anche l’uomo si alzò dal sedile per posizionarsi dietro al Saint.
Quando l’autobus si fermò, prima ancora che le porte si
aprissero, a Pesci nacque un sorriso ferino sulle labbra rosate; ora si sarebbe
divertito lui. Come le porte si aprirono, lo svedese scese saltellante come un
leprotto in un campo aperto, ed anche l’uomo ci accinse a scendere – con
intenti poco casti, dato che era palese che quella non fosse una tappa
programmata – ma come mise la faccia paonazza fuori dal mezzo sbiancò: la
“bella” era stata raggiunta da due uomini che definire loschi era far loro un
complimento. Uno era abbronzato, con le braccia muscolose libere ed il petto
ampio e scolpito coperto da una maglia scura. Gli occhi erano incavati, piccoli
e la luce solare creava una strana scintilla che li faceva apparire spiritati,
esattamente come il ghigno sghembo che sfoggiava, reso ancora più brutale
dall’accenno di barba che gli ricopriva le guance. L’altro… beh, se il primo
era inquietante il secondo lo era il doppio! Quell’aria rigida, lo sguardo
tagliente e serioso, di un verde muschio intenso e penetrante come una
stilettata al cuore e le braccia tese e pallide, quasi quanto quelle di un
morto o di uno spettro mandarono all’uomo chiari segnali di allerta. Il tutto
mentre Aphrodite, in mezzo ai due individui, se la rideva sotto i baffi.
L’uomo sentì improvvisamente i loro sguardi su di sé e in un
lampo la pelle gli parve avesse preso fuoco da tanto sudava, ma si rese
presto conto che era decisamente un bagno troppo freddo per essere dovuto al caldo che
gli stava distruggendo le cervella. Ciò che lo fece desistere definitivamente
fu il riflesso di una lama proveniente dal braccio destro del tizio dallo
sguardo tagliente e la camicia bianca. Un brivido violento lo scosse. Non
sapendo cosa fare, rimase fermo davanti all’uscita, quasi non vedendo le porte
richiudersi e quindi cadendo per il rinculo dovuto alla partenza del mezzo.
Mentre l’autobus ripartiva e Death Mask aveva iniziato a
ghignare divertito per la faccia di quell’idiota che pensava di poter torcere
un capello alla “bambolina” – come lo chiamava lui –, Shura gli si rivolse con
un’espressione perplessa. Il siciliano lo guardò a sua volta e gli sopraggiunse
un dubbio, probabilmente condiviso anche da Aphrodite dato il modo in cui
guardava lo spagnolo, e disse
«Ti sarai accorto che voleva dare una botta.»
«Ovviamente; ma non capisco perché la botta l’abbia data all’autobus.»
In contemporanea i due commilitoni si spalmarono una manata
in faccia per l’ottusità che a volte quella capra del loro amico era in grado
di dimostrare; ma come avevano fatto a diventare amici di un uomo così…
«Scherzavo.»
Se Cancro e Pesci non morirono strozzati dalla saliva
quella volta, fu un miracolo.
Angolo
dell’Autrice:
Ebbene,
pensavate che avessi fatto di Shura una “capra ignorante”, eh? Ve l’ho fatta?!
Bene, spero che la cosa vi abbia divertito perché mi è successa davvero, ma non
c’era alcun Saint-poco-di-buono a farmi da bodyguard come con Dite. Ovviamente
ho gonfiato un po’ la cosa; tranquilli nessuno ha cercato di pedinarmi
(fortunatamente). Tuttavia ciò che è successo sull’autobus è reale.
Io mi chiedo
come ci si possa ridurre così; vabbè che era sera ma un briciolo di rispetto e
decenza ci vuole… poi doveva essere ubriaco/fatto parecchio dato che non sono
poi sta gran bellezza come lo svedese.
Mi sono
divertita tantissimo a fare il finale-shock e spero che piaccia come ho reso
questa storiella.
Per quanto
riguarda il proverbio penso sia chiaro, anche se in questo caso né l’uno né gli
altri due hanno capito giusto XD.
Ciao-ciao ^^
Questa
storiella è stata scritta il 27 gennaio 2016.
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Capitolo 5 *** Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso ***
Titolo: Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso
Personaggi: Pegasus Seiya
Contesto: Casa di Seiya, Tokyo, nel periodo della
Galaxian War
Prompt: Letto a ponte
Sentimento
Dominante: Dolore
Alle due di notte la gente normale dovrebbe riposare
beatamente tra le fantasie e i sogni che Hypnos, Dio del Sonno, dovrebbe
dispensare loro. Al calduccio sotto le coperte, con il silenzio interrotto
dalla musica delle onde marine e il buio rischiarato dalla luce lunare, si
dovrebbe dormire come degli infanti; la gente normale non continuerebbe a
rigirarsi nel letto con gli occhi sgranati e la testa troppo lucida per poter
riposare… ah, già; lui non aveva proprio nulla di normale.
Pegasus Seiya poteva essere definito in mille modi, ma non
“normale”, perché non lo era per niente; aveva perduto la famiglia, aveva
perduto Seika, aveva perduto l’onore di fregiarsi del titolo di Saint
partecipando a quella farsa di Galaxian War ed aveva rischiato più volte di
perdere la vita, ma se consideriamo che lui è il protagonista di uno Shonen
ed ha una fortuna più grande della reggia della Fondazione Grado… beh, queste
sono piccolezze. Ed ora anche il sonno pareva averlo abbandonato.
Con questi pensieri per la testa si rigirò un’ultima volta,
muovendo il braccio destro – libero dalle coperte – con un gesto di stizza, e
fu allora che successe: il gomito cozzo contro la mensola posta sopra il letto ad
una piazza, scardinandola e facendo crollare sulla zucca del bronzino il
proprio contenuto. Un dolore indescrivibile si impossessò del Saint di Pegasus;
la testa gli doleva da morire ed il braccio destro gli pulsava, facendo
surriscaldare la parte lesa. Gli occhi gli pizzicavano, segno evidente che
quella botta gli aveva fatto molto male… come aveva detto Shiryu quando era
venuto a fargli visita.
Maledetto Dragone;
questa me l’hai gufata! Accidenti a lui e al suo “buon senso” !!!
Tuttavia non poté che ringraziare quel Dio/Grande Sacerdote
che gli aveva tirato quel tiro mancino, perché quella botta tremenda, che molto
probabilmente gli aveva procurato un trauma cranico peggio del combattimento
contro Shiryu dato quanto gli pulsava la testa, aveva fatto un cosa bellissima:
gli aveva fatto venire sonno!
Angolo
dell’Autrice:
Non si è
notato che ho il dente avvelenato con il (b)ronzino, vero? Ebbene, io non lo
sopporto come non sopporto la cara Saori Kido. Tuttavia dovevo dargli un “lieto
fine” e così ho fatto in modo che Hypnos accontentasse la richiesta del Saint.
…d’accordo;
questa cosa mi è capitata pari-pari, ma io non posseggo la forza sovraumana di
Seiya, quindi non ho distrutto nulla (solamente il braccio, ma dettagli). E se
qualcuno se lo è chiesto, sì, la sottoscritta soffre di insogna cronica ç_ç
Il proverbio
è fatto su misuro per questo bronzino, ma sto valutando se il premio per “miglior
masochista” vada a Shiryu… però qui si parla solo di Seiya, quindi Dragone si
deve accontentare del secondo posto sul podio.
Ora
comprendete il perché mi definisco sfortunata? Vabbè, non tutto va come si
vorrebbe, ma un po’ di tregua ogni tanto farebbe piacere ç_ç
Ciao (se
sarò ancora viva).
Questa
storiella è stata scritta il 28 gennaio 2016.
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Capitolo 6 *** Chi litiga con il muro, si rompe la testa ***
Titolo: Chi litiga con il muro, si rompe la testa
(prima o poi)
Personaggi: Aries Mü, Virgo Shaka
Contesto: Santuario, post-Hades con Gold Saint vivi
Prompt: Stufa a pallet
Sentimento
Dominante: Calore
La neve cadeva candida e leggera sul Santuario di Athena; il
grigiore del cielo si miscelava amabilmente con il bianco che ricopriva
leggiadro le rocce e colonne di marmo. La scalinata delle Dodici Case era nascosta
da una coperta immacolata, segno che nessuno aveva osato uscire all’aperto ed
esporsi al freddo pungente, preferendo passare quella giornata al calduccio
della propria casetta. Tuttavia ovunque si vada si trova sempre l’eccezione
alla regola, ed (infatti) ecco che il tappeto di neve venne profanato da un
passo di sandalo ed un fruscio di mantello interruppe il silenzio perfetto dei
fiocchi cadenti. Una figura si aggirava nel Santuario e si stava dirigendo a
passo spedito verso la Casa più lontana di tutte. Virgo Shaka stava venendo
meno a tutti i suoi principi, ma non poteva fare a meno di lei. Non da quando Mü gliel’aveva fatta incontrare così, per caso,
in un pomeriggio di fine autunno alla Prima Casa. Ed era lì che la Vergine si
stava dirigendo, per lei, e per i
brividi che gli procurava.
Non gli importava del freddo che gli sfregiava il viso e la
pelle abituata al caldo e al Sole, no, la sua priorità era giungere da lei, che sicuramente era in compagnia di
Mü, e lo stavano aspettando. Non ce la faceva a sapere che l’Ariete era da solo
con quella magnifica creatura, ed accelerò il passo affinché non accadesse ciò
che l’indiano temeva più di qualunque cosa al mondo. Arrivò trafelato alla Casa
del Montone Bianco e con passo sicuro si diresse verso le stanze private,
invitato dal gentile Cosmo che aleggiava in quelle calde mura di marmo. Come
raggiunse in soggiorno, appoggiò il mantello e si diresse verso Mü che (cosi
sembrava) lo stava aspettando; un cuscino era stato posto acconto a lui e di
fronte a lei.
Oh, come la vide, Shaka si sciolse, così come notò che il
tibetano, alzatosi poco prima, gli poggiò una coperta calda sulle spalle
infreddolite per poi porgerli una tazza di thè caldo. Quello era il paradiso,
il Nirvana. Essere al riparo dal freddo, con la persona amata e l’angelo che
aveva reso possibile tale ed irrealizzabile sogno. Si accoccolò maggiormente
nelle coltri per poter godere meglio del calore che la coperta gli regalava
alla pelle, gustò con studiata lentezza il thè che gli scaldava le membra e si
godette appieno il calore che quella presenza gli donava scaldandogli il cuore.
Quel tepore gli fece nascere un delicato sorriso beato.
Altro che Athena e Divinità; quella stufa a pallet aveva compiuto un vero e proprio miracolo. Ed ora
era tutto per lui. Già: quel
marchingegno aveva permesso a Virgo Shaka di creare una situazione ideale.
Erano solo con lui, seduto di fianco
a lui, con le spalle avvolte nelle
coperte che si sfioravano e con la neve che cadeva fuori dalla finestra. Una
perfetta situazione. Ora non restava che dirglielo; ovvero la parte difficile e
complicata che avrebbe potuto creare una spiacevole incrinatura…
«Fa abbastanza caldo?»
Solo allora Shaka si accorse che Mü lo stava guardando con
un dolce sorriso sulle labbra. Ecco il momento: il Saint di Virgo rimase in
contemplazione di quel volto, per poi prendere il coraggio a due mani e fare un
profondo e pesante sospiro. Eccoci all’epilogo; ora glielo avrebbe detto e
avrebbe aspettato la reazione dell’amato (ancora inconsapevole del suo ruolo di
amato). Sperava con tutta l’anima che il tibetano accettasse ciò che sentiva, o
che massimo, se lo avesse rifiutato, gli permettesse comunque di restare in
buoni rapporti di amicizia, ma non riusciva a staccarsi dalla mente il pensiero
che questi potesse reagire in maniera disgustata, disprezzandolo e ferendolo
nel profondo. Aveva immaginato tante volte quel momento ma finalmente si
sarebbe dichiarato al quel ragazzo dal dolce sorriso…
«Oh, perdonami; non volevo distrarti dalla tua meditazione.
Non preoccuparti; ho delle riparazioni da fare e lavorerò nell’atrio affinché
il battere dello scalpello non abbia a crearti fastidio. Resta pure al caldo e
non pensare a me; nel Jamir fa molto più freddo.»
Crack!
Qualcosa si spezzò nell’animo di Virgo Shaka. Quella stessa
cosa che si era infranta il giorno prima, quello prima ancora ed anche la
settimana, per non dire il mese prima. Ancora?!
Alla Vergine non restò che annuire ad osservare la figura di
spalle che si allontanava verso il corridoio di comunicazione. L’indiano si
volse ed iniziò a meditare.
Però… bel seder-ehm… e
dire che questa volta c’ero così vicino… Mü, non immagini quanto adori il tuo
volto ed il tuo modo sempre gentile e premuroso, però quella tua testa potrebbe
essere usata benissimo come “ariete d’assedio” !!!
Vabbè, non si sarebbe fatto arrestare da così poco… anche se
era dall’inizio dell’inverno che tentava di dirglielo… e tra qualche giorno
sarebbe stato il compleanno di Mü…
Angolo
dell’Autrice:
Beh, questa
era la storia che ha dato inizio a tutto, ma dato che volevo postarla per
l’arrivo della nuova stufa a pallet, decisi di aspettare a scriverla… ma è da
quasi due mesi che quei bastardoni avrebbero dovuto portarla, così come l’anima
del camino, ma mentre vi sto scrivendo nessuno li ha ancora visti. E non mi
riferisco ad Odisseo!!!
Comunque
Shaka ci prova, ci prova a farsi coraggio e dire quello che sente, ma già gli è
difficile intrattenere un normale discorso sui sentimenti, figurarsi se quei
sentimenti sono i suoi e verso una persona a cui tiene. Per quanto ami la
ShakaMü, questa raccolta non è una Lemon o Shonen-ai, quindi ho dovuto (e
voluto) buttarla sul ridere. Spero di esserci riuscita. E comunque ammetto che
una banale stufa a pallet è stata più utile di Eros!!!
Per il
proverbio, beh, parla da solo. Mü sarà saggio ma va in giro con il paraocchi
per certe cose, ovvero è come un muro; e Shaka ci sta litigando (a modo suo) da
tempo. Vedremo chi dei due si spezzerà per primo.
P. S.: Mü compie
gli anni il 27 marzo, cioè a primavera iniziata. =)
P. P. S.:
l’ariete d’assedio è quell’arma (a forma di testa d’ariete) che veniva usata
nel Medioevo ed, appunto, negli assedi delle città per sfondare le porte
rinforzate.
Questa
storiella è stata scritta il 28 gennaio 2016.
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Capitolo 7 *** Facile quanto mai, mettersi nei guai ***
Titolo: Facile quanto mai, mettersi nei guai
Personaggi: Gemini Kanon, Wivern Radhamantys
Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti riportati in
vita
Prompt: Menù
Sentimento
Dominante: Panico
Già il fatto di
aver accettato l’invito di un Saint era di per sé una cosa strana. Il trovarsi
nella Città dei Mille la sera era cosa ancora più strana. L’essere davanti ad
un rinomato ristorante ad attendere Gemini Kanon per una cena… era incredibilmente strano. Radhamantys si
stava ancora chiedendo che diamine gli era passato per la testa quando aveva
accettato l’invito, ma da perfetto gentleman non si sarebbe mai rimangiato la
parola data. Ed infatti era lì, alle 20 in punto, davanti a quel ristorante e
in attesa dell’arrivo del greco.
La prima regola
per un gentleman era presentarsi sempre puntale ed in maniera impeccabile; per
l’occasione (probabilmente riguardava questioni di lavoro tra le due fazioni)
aveva indossato un completo gessato, accompagnato da una camicia panna e una
cravatta vinaccia. Inutile dire che quell’abbigliamento risaltava maggiormente
la sua nobiltà e creava un contrasto perfetto con la sua carnagione.
I minuti
passavano, ma di Kanon nemmeno l’ombra, e da qui il Giudice iniziò a sospettare
che quel “ratto dorato” lo avesse preso in giro. Il nervosismo si fece sentire,
tanto che l’inglese non solo guardava continuamente l’orologio da polso, ma
aveva iniziato a picchiettare insistentemente la punta del piede sull’asfalto
del marciapiede. Passati venti minuti, e raggiunto un livello di irritazione
elevato, decise di mandare tutto al diavolo e di ritornare nella sua villa in
Inghilterra, quando una voce lo fece desistere.
«Oh! Ma come
siamo eleganti.»
Quando
Radhamantys si voltò pensò che lo avrebbe azzannato per aver osato farlo
aspettare la bellezza di venti lunghissimi minuti, ma desistette quando si
accorse di un particolare. Kanon vestiva una camicia a strisce verticali blu e
bordeaux, con dei pantaloni beige che risaltavano la carnagione olivastra e
mostravano ad un occhio un poco più attento le forme del greco. Tuttavia
Radhamantys osservava con insistenza il colletto della camicia, per poi
avvicinare le mani e in un gesto automatico sistemare la parte dietro al collo.
Ciò fece sussultare il Saint – e realizzare all’inglese ciò che stava facendo –
che si tese come pietrificato a quel contatto. Accortosi dell’equivoca
situazione il Giudice fece finta di niente e, mantenendo il suo cipiglio
autoritario si affrettò a dire.
«Non si può
andare in giro con il colletto a quel modo.»
Tuttavia il
rossore che gli aveva leggermente imporporato le guance fece distogliere
velocemente lo sguardo di Kanon, che con aria un poco delusa biascicò un grazie
e si diresse all’interno del ristorante, seguito a ruota da un perplesso
Radhamantys.
Fatti
accomodare dal cameriere, i due “nemici-amici” si studiarono a lungo ed in
silenzio, come se il tempo si fosse fermato e la dimensione in cui vivevano
fosse divenuta isolata. Era esattamente come la situazione tra serpente e topolino;
il rettile restava immobile aspettando il minimo movimento della preda,
affinché potesse gremirla con le proprie zanne, mentre la preda restava rigida
e sicura che in quel modo il predatore non avesse la certezza della sua
posizione, preparandosi ad una qualsiasi contromossa. Quella situazione di
stallo tesa e inquietante, dato che entrambi si fissavano con intensità e
sguardi minacciosi, venne interrotta dall’arrivo dei menù. Fu l’inglese a
interrompere per primo la sfida che era in corso, aprendo il libretto foderato
e facendo scorrere gli occhi. Improvvisamente il suo sguardo si bloccò su un
punto, per poi restringere e successivamente sgranare gli occhi da rapace,
divenendo dapprima più bianco di un cencio e poi più bordeaux della camicia di
Kanon. Con uno scatto repentino chiuse il menù ed iniziò a guardarsi intorno
spaventato e sempre più rosso in viso.
«Se questo è uno
scherzo, è di pessimo gusto!»
Fu l’unica cosa
che il greco riuscì a capire dal farneticare impanicato del compagno. Che
diavolo succedeva?! Come accortosi della perplessità del greco, Radhamantys
indicò con due colpetti di incide il menù, invitando il Saint a sfogliarlo.
Mentre il Giudice era preso dal panico e continuava a cambiare posizione,
cercando in tutti i modi di osservare ogni possibile angolo della sala, Kanon
aprì il menù ed iniziò a leggere.
«Cosa?!»
Il greco portò
lo sguardo incredulo all’inglese, terribilmente scosso, poi lo riportò alla
scelta dell’antipasto, come a volersi accertare di aver capito bene le parole
scritte. Costrinse i suoi occhi verdi prato a schiantarsi con quelli ambrati
del compagno, spaventato ed impanicato forse più di lui. Ma in che razza di
posto lo avevano mandato!?
Iniziando a
spostare il capo a destra e a manca per paura di ritrovarsi qualcosa di poco gradito, cercò una
scappatoia; diamine, era Gemini Kanon, colui che aveva raggirato un Dio e che
era sopravvissuto alla prigionia di Capo Suonion. Doveva trovare una soluzione
a quell’imbarazzantissima situazione in cui Scilla Io (Moccioso, recita le tue ultime preghiere!!!) lo aveva cacciato, ma
per quanto si sforzasse non riusciva a trovare una scappatoia.
Si mise a
guardare sconvolto Radhamantys, constatando che aveva abbandonato la sua solita
aria spavalda e sicura: il rossore che gli tingeva le guance, le piccole perle
di sudore che scendevano dalle tempie, languide, la bocca schiusa e il respiro
pesante che faceva muovere ritmicamente il pomo d’Adamo ed il petto muscoloso.
Una superba visione, a cui Kanon avrebbe aggiunto una buona dose di sarcasmo e
qualche frecciatina, se non fosse stato per la grave situazione in cui aveva
messo entrambi.
Quando tutto
sembrava perduto, fu Radhamantys a prendere la situazione in mano.
«Senti, ho visto
vicino alla stazione un McDonald’s…»
Kanon non gli
lasciò il tempo di finire la frase che in meno di un battito di ciglia aveva
preso il Giudice per un braccio e lo trascinava con sé nello squarcio
dimensionale creato dal Golden Triangle.
Quando il
cameriere arrivò per prendere le ordinazioni, trovò il tavolo vuoto ed uno dei
due menù aperto sulla pagina delle scelte:
Il menu della prima opzione comprende a testa:
- Antipasto a scelta tra: uomini nudi con bruciatini all’aceto balsamico
di Modica; sarde fritte con verdure in agrodolce fatte in casa; brodetto
di cozze e vongole con crostoni
- Primo a scelta tra: ravioli di branzino fatti in casa ai frutti di
mare; tagliolini al nero di seppia con sugo di sgombri della costa
riminese; passata di fagiolini borlotti con cozze al vapore e olio
Paganelli
- Secondo a scelta tra: gran fritto La Gradisca del mare e dell’orto;
filetto di branzino al cartoccio con olive, pomodori e capperi; bianco di
orata gratinata ai profumi mediterranei con pomodorino gratinato
- Dolce della casa
- Un calice di vino Trebbiano bianco o Sangiovese rosso
- Un litro d’acqua ogni 2 persone
Angolo dell’Autrice:
Oddio, non potete immaginare il panico quando stavo
scorrendo le offerte su GroupOn e mi sono imbattuta in questa cosa! Ed ero pure
con mia mamma! Ci siamo guardate in faccia e dopo aver riletto un’altra decina
di volte, siamo scoppiate a ridere come due deficienti. Ci siamo fermate a
leggere l’antipasto che abbiamo immediatamente cambiato pagina.
Con il senno di poi e con una recensione lasciatami
nella prima pubblicazione di questa shot, scoprii che sono dei pescetti bianchi,
di forma simile a quella umana, per questo vengono soprannominati così… XD
Sono stata decisamente più sadica per come ho fatto
andare le cose all’appuntamento “galante” tra questi due (che adoro, ma ripeto
che non voglio scrivere Shonen-ai qui dentro XD).
Per il proverbio… parla da solo.
Ciao-ciao^^
Questa storiella è stata scritta il 2 febbraio 2016
(non chiedetemi per quale motivo ai tempio pubblicai prima l’altra…).
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Capitolo 8 *** Chi la fa l'aspetti ***
Titolo: Chi la fa l’aspetti
Personaggi: Cancer Death Mask, Taurus Aldebaran
Contesto: Prima della serie classica
Prompt: Lezione in facoltà
Sentimento
Dominante: Ilarità
«Che caldo! Che palle!!!»
Da quante volte il siciliano ripeteva quella cantilena? Da
quarantacinque minuti, e di certo non gli si poteva dare torto, se si
considerava che un’intera classe di cento studenti era rinchiusa in una stanza
di 60 mq senza finestre. Anche se teoricamente lui, in quella classe, non ci
doveva essere…
Cancer Death Mask non era tipo da stare sui libri, e tanto
meno così paziente da starsene tranquillo in una stanzetta con un’aria satura
da uccidere un elefante, se non si stesse nascondendo da Taurus Aldebaran. Non
che avesse paura di lui, sia chiaro, il grande Cancer Death Mask non temeva
nessuno; ma la prospettiva di dover badare ai mocciosi che sarebbero divenuti
dei Saint di bassa lega (o delle ferraglie
scadenti, come le chiamava lui) in compagnia del brasiliano lo disturbava
parecchio: non per la persona in sé, ma per il comportamento comprensivo e
quasi paterno del Toro. Uno spettacolo disgustoso. Difatti, quando questi aveva
prontamente rifiutato l’ordine del Grande Sacerdote, Aldebaran aveva minacciato
di portarlo di peso nell’area, sotto gli occhietti di tutti gli apprendisti e
postulanti, facendogli perdere dignità e orgoglio.
Inutile dire che il siciliano abbia risposto scappando a
gambe levate da quella prospettiva imbarazzante, uscendo dal Santuario ed andando
a nascondersi ad Atene, in
un’università a caso, di una facoltà a caso, in una classe a caso, mettendosi addirittura a metà
tra le sedute in modo da camuffarsi meglio tra gli studenti.
Tuttavia continuava ad avvertire il Cosmo del Toro nelle vicinanze
e, temendo di dover finire a fare la balia a dei picciotti(1) incapaci, era rimasto in quell’aula per
quarantacinque minuti… a sbuffare, cambiare postura continuamente su quei
dannatissimi seggiolini e facendosi i fatti suoi. Per carità, ci aveva pure
provato a seguire quello che il damerino
in giacca e cravatta stava dicendo, ma dopo le prime parole “urbanistica”,
“paesaggio”, “pannelli solari”, aveva optato per non impicciarsi e starsene
beato insieme al dolce far niente. Ma con quelle sedie scomode e l’aria
irrespirabile, era difficile mantenere la calma, evitando di fare un macello e,
di conseguenza, attirare l’attenzione di un certo armadio a due ante… meglio
sopportare, e così stava ancora facendo, stupendosi di sé stesso per quanto
avesse resistito, ma ora stava collassando, e decise di dare un’occhiata al
telo su cui era proiettata la lezione.
Una risata sguainata diruppe per tutta la sala,
interrompendo la spiegazione atona del professore: Death Mask si stava
letteralmente spanciando dalle risate, rosso come non mai in volto e con agli
occhi delle piccole lacrimucce che premevano insistenti per uscire. Tutta la
classe si volse nella sua direzione, curiosa di quell’improvvisa (quanto
gradita) interruzione, mentre questi continuava imperterrito a ridere e a
tirare pugni sul banchetto reclinabile.
Tuttavia il professore, infastidito da quel comportamento,
chiese con un velo di irritazione in voce.
«Che cosa c’è di così divertente?»
«A prufissuri(2),
non può capire!!!»
«Mi illumini.»
Si sentì rispondere con voce un poco irata. Allora cercò di
trattenere le risate, mordendosi le labbra, per poi dire.
«Quel nome è molto equivoco… per fonetica!!!»
Sul telo, alla sinistra, vi era la scritta:
“Building Project:
K.A.G.A.R.E.”
(1): “ragazzi” in siciliano.
(2): “professore” in siciliano.
Angolo
dell’Autrice:
Questa cosa
mi è successa ieri; non potevo non farci una storiella, e chi meglio del nostro
compatriota preferito poteva dargli vita? Ma fortunatamente io sono in Italia
ed anche il prof. ci ha scherzato sopra… invece Deathy era in Grecia, con
lezioni in inglese (in cui è molto ferrato) e si è ridestato in quel preciso
momento in cui la diapositiva era visibile. A differenza sua, tutti siamo
scoppiati a ridere XD
Ah, dopo la
sua epica uscita, Death Mask è stato sgamato da Aldebaran che se lo è caricato
in spala e l’ha riportato al Santuario XD.
Spero possa
piacervi ^^
Questa
storiella è stata scritta il 17 marzo 2016 .
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Capitolo 9 *** Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi ***
Titolo: Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi
Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga
Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti vivi
Prompt: Chiavi del lucchetto
Sentimento
Dominante:
Esasperazione
Al Terzo Tempio dello Zodiaco, in un caldo e soleggiato
pomeriggio, al cellulare del Saint custode arrivò un messaggio alquanto
insolito
Abbiamo ancora la chiave di riserva del lucchetto?
Saga ci pensò su, facendo mente locale ed assumendo un’aria
concentrata
No; l’ultima l’hai persa l’anno scorso…Perché?
Perché? Se lo chiedeva da quando gli era arrivato il primo
messaggio, anche se un dubbio orrendo gli stava facendo torcere lo stomaco,
provocandogli una rivoltante sensazione di nausea…
Ehm…ho perso la chiave.
Come lesse il messaggio, Saga si gelò sul posto; il silenzio
calò nel soggiorno del Tempio…solamente gli ingranaggi del cervello del greco
disturbavano quella quiete creatasi. La calma
prima della tempesta: Gemini Saga, resosi conto delle conseguenze che la
perdita della chiave avrebbe portato, esplose
«Fratello degenere!!! Come è possibile che ogni cosa che hai
in tasca tu la perda?! Scommetto che se non avessi la testa attaccata al collo,
perderesti anche quella!!! E POI, tanto
per non sbagliare, NON È COLPA TUA, MA DEGLI ALTRI! Che mi dirai? Che frottola
mi verrai a dire stavolta?! – intanto i capelli, del bel colore della notte di
mezz’estate, iniziarono a schiarirsi dall’attaccatura, giungendo di poco sotto
il capo – Che un cane ti ha mangiato la chiave?!»
Tuttavia, tutto ciò che scrisse al gemello maledetto
fu
Come hai fatto a perderla?
…mi è caduta in un tombino…
…questo era troppo! Oramai i capelli erano divenuti color
cielo carico di pioggia, dimentichi delle sfumature bluastre che fino ad un
attimo prima li illuminavano.
Saga era divenuto Arles. Ora non vi era santo che teneva;
avrebbe chiamato quella peste bubbonica
di suo gemello Kanon e lo avrebbe cazziato talmente forte che perfino allo Star
Hill, luogo più alto ed accessibile solo al Grande Sacerdote, si sarebbero
sentiti i suoi insulti. Tuttavia non fece in tempo ad andare sulla tastiera che
il telefono vibrò nuovamente
Ma non ti preoccupare; avevo già aperto il lucchetto =)
Se Gemini Saga non fosse un uomo tutto d’un pezzo e temprato
a tutto, il telefono, un Samsung Galaxy S6© costatogli metà dello stipendio,
gli sarebbe caduto dalle mani.
Angolo
dell’Autrice:
E sì, queste
cose succedono davvero. Mi sono dannata l’anima per pensare a come quel genio
di mia sorella sarebbe tornata a casa se la bicicletta era rimasta attaccata ad
un palo o che so io…per poi scoprire che non era legata.
L’avrei
fulminata con lo sguardo, se mi era vicina!
Spero che la
cosa possa farvi ridere, anche se in quel preciso momento, non mi divertii
affatto >.<
A presto ^^
P. S.: il
mio telefono è un Huawei, ma per me vale quanto un IPhone/Samsun Galaxy!
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Capitolo 10 *** Al bisogno si conosce l'amico ***
Titolo: Al bisogno si conosce l'amico (anche se
recidivo)
Personaggi: Andromeda Shun, Appendix Kiki, Aries Mu,
Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya
Contesto: Post-Poseidon
Prompt: Innocenza dei bambini
Sentimento
Dominante: Innocenza
A Villa Kido, nel giardino della tenuta di uno dei più
potenti uomini del Giappone, per non dire dell’intero continente, vi erano i
Bronze Saint, ognuno intento a svolgere le mansioni più disparate ma molto più
piacevoli dei soliti allenamenti: Andromeda Shun era preso dalla lettura di un
libro all’ombra di uno dei faggi del parco; Cygnus Hyoga era disteso lungo il
muricciolo della fontana al centro del prato, creando ogni tanto qualche
piccola increspatura nell’acqua con il proprio Cosmo congelante; Dragon Shiryu
era nella posizione del loto, gli occhi ciechi chiusi a contemplare l’immensità
dell’Universo; Pegasus Seiya era sdraiato sul caldo terriccio di erbetta rada,
godendo dei raggi del Sole di giugno. Il tutto reso più spensierato dalle
candide risate del giovane Kiki, allievo del Gold Saint dell’Ariete, che stava
cercando di acciuffare a mani nude delle farfalle colorate, continuando a
fallire per via dei volteggi troppo alti delle piccole creaturine.
Compiendo l’ennesimo salto, ed ottenendo nuovamente aria tra
le mani paffute, il piccolo gonfiò le guance, sbuffando sconfitto, per poi
accorgersi di essere arrivato, tra un balzo e l’altro, nelle vicinanze di
Seiya. Pareva tranquillo e sereno; era più che giusto. Dopotutto avevano appena
salvato la Terra ed Athena – Saori Kido – dalla minaccia di Poseidon, ed era
meritato un po’ di riposo…tuttavia non poté evitare di rattristarsi per ciò che
per una certa persona avrebbe
significato.
Si avvicinò titubante al giapponese, iniziando a tormentarsi
le mani e assumendo un’aria indecisa e timorosa. La sua apparente immobilità
attirò l’attenzione del Saint del Dragone, che con passo calmo gli si avvicinò,
facendo in modo che un passo più pesante degli altri mettesse in allerta il
compagno, che immediatamente si alzò.
Avendo ottenuto la piena attenzione del Saint di Pegaso,
Kiki si fece coraggio
«Tornerai al Santuario?»
«Sì, ma non subito; rimarrò in Giappone ancora per un po’…»
«Che bello! Sai, al signor Mu non fa tanto piacere ricevere
le tue visite al Santuario; dice che ogni volta gli porti la Cloth ridotta in
briciole e ci perde intere giornate per ripararla…»
Shiryu sbiancò a quella frase tutta allegra del piccolo
tibetano, mentre Seiya rimase come imbambolato da quella rivelazione…che gli
aveva lasciato la frase sospesa a metà.
Dragone, da bravo paciere, tentò di salvare la situazione e
la dignità del compagno che, doveva ammettere, era delicato quanto un elefante
in una sala di cristalli dicendo
«No Kiki, hai frainteso; il Grande Mu voleva dire che lo
sfiancava parecchio il continuo lavoro di riparazione delle Cloth.»
«Ahhhhh»
Il tono di voce quasi scocciato che usò il piccolo fece
intuire al cinese che le sue parole erano servite ad un fico secco, e l’avvicinarsi
del rosso al nipponico ancora in stato di trance per la rivelazione appena
datagli lo mise in allarme.
«In realtà mi aveva detto di non dire niente, ma io ho
parlato perché mi stai simpatico.»
Il sorrisino furbo di Kiki venne ricambiato da un ghigno
divertito di Seiya, che se la rideva per quello che gli era appena stato
detto…ed iniziò a sudare freddo.
Ora con che coraggio si sarebbe presentato alla Prima Casa…con la Pandora Box in spalla?
Angolo
dell’Autrice:
Ebbene,
questa cosa mi è stata raccontata pari-pari da mia sorella, in cui il suo
migliore amico avrebbe una compagna che non lo può vedere ma il fratellino di
questa donzella lo adora…non potete immaginare le grasse risate che questo
“nostro” amico s’è fatto.
E la cosa
più divertente fu che vi era la madre
del bambino che aveva assistito alla scena XDDDD io muoio ancora
nell’immaginare la faccia bordeaux di questa povera signora.
No, vabbè,
per una volta sono totalmente estranea alla cosa.
Meno male; a
presto ^^
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Capitolo 11 *** Non v'è peggior burla che la vera ***
Titolo: Non v'è peggior burla che la vera
Personaggi: Aries Shion, Libra Dohko
Contesto: XVIII secolo
Prompt: Armadio a muro
Sentimento
Dominante:
Rassegnazione
«Allora quale metto? La maglia verde o la camicia panna?»
Dohko rise quasi esasperato per quell’ennesima richiesta la
stessa ripetuta fino alla nausea che il giovane Ariete dorato, nonché suo
migliore amico, gli aveva nuovamente posto.
E come gli aveva detto fin dal principio, cioè da quando aveva visto che il commilitone
aveva estratto dall’armadio una camicia color panna, gli rispose con aria
bonaria
«Vuoi attentare alla vita delle ancelle mettendo sempre
delle camice? La maglia verde andrà benissimo e poi ti sta meglio.»
Shion ci pensò su, constatando che stirare a luglio era una
vera tortura, soprattutto le camice erano assai difficili da non rovinare in
alcuna maniera. Così, un po’ per compassione e un po’ perché si fidava del
giudizio del suo migliore amico, il tibetano optò per la maglia tradizionale di
un bel verde scuro, che faceva un ottimo contrasto con la sua pelle chiara.
«Hai ragione; ti ringrazio.
Potresti sistemare la camicia nell’armadio?»
«Ricevuto!»
Il cinese si avvicinò al letto e prese la camicia che vi era
adagiata sopra, avviandosi verso l’anta aperta del mobile. Rimase meravigliato
da quanto fosse ordinato: le camice erano disposte per ordine cromatico e messe
in scala di lunghezza, per non parlare del ripiano dei pantaloni, suddivisi in
base al tessuto… nulla a che vedere con il suo armadio, in cui tutto era
buttato alla meno peggio.
Arrossì leggermente notando quella differenza abissale, per
poi riscuotersi ed osservare il punto in cui la camicia che reggeva andava
posizionata. Alzò il collo ed individuò il punto di distacco maggiore tra i capi,
chiaro segno che Shion gli aveva spostati per non scipare il tessuto.
Bene, allungò la mano destra per poter appendere la stoffa
quando si accorse di un dettaglio
significativo. Il braccio gli si bloccò a metà strada, mentre
un’espressione imbarazzata ed alquanto incredula gli si disegnò sul volto color
caramello… non poteva essere vero.
Intanto il lemuriano si era sistemato a dovere, riuscendo a
togliere la sua matassa di capelli da dentro la maglia, facendoli ricadere
sulla schiena e sulle spalle larghe, quando una risata rassegnata gli fece
tornare in mente la presenza del compagno nella sua stanza.
«Che succede?»
Chiese con apprensione, voltandosi alla volta di quella
voce. Vide la faccia di Dohko divenuta di un colore rosso pastello, mentre il
petto massiccio si muoveva convulsamente nel tentativo di trattenersi dall’esplodere
in una fragorosa risata. Guardò la barra di alluminio con appese le camice del
commilitone, per poi tornare a puntare i suoi occhi di giada in quelli ametista
del compagno e dire con tono misto tra il rassegnato e il divertito
«…non ci arrivo…»
…
Entrambi i Gold scoppiarono in una risata divertita dopo
quell’affermazione. Effettivamente, ora che Shion ci faceva caso, sarebbero
serviti due Bilancia, uno in spalla all’altro per poter arrivare alla barra.
Angolo
dell’Autrice:
Dico
solamente che è stato alquanto umiliante; non sarò un gigante ma sono 172 cm…
non sufficienti a farmi raggiungere la barra! E dire che non mi è mai capitato,
perché solitamente utilizzo il bastone per mettere e togliere le cose mentre
mio papà, buon’anima, fa tutto senza doverlo usare. Ci sono rimasta, davvero…
mi pareva che l’armadio fosse diventato più alto di colpo.
Ok, spero di
avervi fatti ridere, perché anche noi due (io e mio papà) abbiamo riso per un
po’.
A presto^^
P.S.:
l’armadio di mio papà è davvero messo come descritto…solo che è mamma a
metterci le mani XD
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Capitolo 12 *** Chi favella, erra ***
Titolo: Chi favella, erra (o chi scrive)
Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu,
Pegasus Seiya, Phoenix Ikki, Shun Rei
Contesto: Post assalto allo sciale di montagna (prima
delle dodici Case)
Prompt: Conversazione su whatap
Sentimento Dominante: Imbarazzo
Era un giorno non ancora nato, dall’aria frizzantina, fresca,
che scompigliava i capelli ed arrossava le guance levigate e un po’ abrase dal
fuoco del Saint di Andromeda e di Phoenix. I due si erano alzati di buon
mattino per poter andare sulla vetta del monte, un poco più in alto rispetto
alla posizione della struttura di legno, o meglio di ciò che rimane di
quella magnifica villa di legno di abete, distrutta per metà il giorno
precedente, per poter ammirare l’alba. La rinascita della Fenice e di un
nuovo e più solido legame di fratellanza.
I due cavalieri, raggiunta la cima, si misero ad osservare
il Sole nascente, seduti l’uno di fianco all’altro su una roccia, godendo di
quell’abbraccio a cui per troppo tempo furono costretti a rinunciare. L’astro
portò via gradualmente le ombre della Notte, accogliendo le due figure di
giovani uomini che sciolsero l’abbraccio e si guardarono negli occhi colmi di
sentimenti inespressi. Tutto era calmo e nemmeno quel vento che animava la vita
montanara parve voler disturbare il loro ricongiungimento…
Brzzz-Brzzz
…ma ci pensò la vibrazione proveniente dalla tasca del
cappotto di Shun a distruggere quel momento idilliaco, facendo sgranare ad
entrambi gli occhi per la sorpresa mista a stupore per il minore, irritazione
per il maggiore. Andromeda estrasse il telefono cellulare e lesse il messaggio
appena inviatogli, per poi dire al fratello
«Ni-san, Saori-san vuole vederci…»
Giunti in pochi minuti allo sciale un po’ demolito e con
qualche segno del passaggio del fuoco, i due si ricongiunsero al resto della
comitiva di Saint, per poi separarsi a coppie ed iniziare a perlustrare i
boschi e la zona circostante nell’attesa dei preparativi per il loro ritorno
alla Fondazione Grado.
Ikki e Shun vennero messi in coppia e partirono per fare di
vedetta, ma non appena il minore vide una vena pulsante sulla fronte del più
grande, decise di spegnere il telefono perché il suo continuo vibrare stava un
poco spazientendo anche lui.
La ronda proseguì per tutto il giorno fino a che, verso il
calar della mezzanotte, si udirono dei rumori di eliche ed un forte rimbombo
metallico. L’elicottero era finalmente giunto e la Dea Bendata aveva fatto sì
che nessun nemico avesse attentato alla vita di Saori Kido e all’elmo della
Gold Cloth di Sagittarius. Andromeda e Phoenix si avviarono verso lo sciale,
quando il maggiore si accorse che il fratello teneva tra le mani il telefono; a
quella vista gli scappò un soffio seccato ed alquanto scocciato, ma da bravo
fratellone fece finta di niente…anche se sulle labbra screpolate dal vento gli
nacque un sorriso sornione.
Chissà come
risponderà?
Shun aprì la conversazione su quella strana applicazione e
si meravigliò di trovare così tanti messaggi. Un po’ dispiaciuto, un po’
curioso, si arrischiò a leggere mentre compiva uno slalom tra i tronchi di pini
e abeti; tuttavia gli occhi gli si sgranarono quando la chat raggiunse un certo
argomento…
Seiya: Comunque, oggi
dobbiamo festeggiare un certo scricciolo che diventa grande. Auguri Shun!!!
(>.<)/
Hyoga: Buon
compleanno, compagno.
Shiryu: Ero convinto
che fosse un altro giorno, ma non fa nulla: sia Dragone, sia Shun Rei, sia il
venerabile Roshi ti porgono i loro più sinceri auguri!
Seiya: Dragone! MA TU
VEDI???
Shiryu: …no; sono Shun
Rei e sto scrivendo per lui…
Seiya: oh…capisco = (
Ni-san: …ma siete
seri…?
Seiya: Che vuoi dire?
Hyoga: Che vuoi dire?
Shiryu: ?
Shun fermò la sua avanzata nel leggere tutto ciò, mentre si
portava una mano alle labbra ed un forte rossore gli saliva le guance un poco
screpolate. Le lacrime gli punsero gli occhi, ma non sapeva se esse erano
dovute all’affetto dimostratogli…o all’imbarazzante
situazione in cui era stato costretto.
Pensò un poco alle parole da scrivere nella chat, per non
urtare i sentimenti di nessuno, poi però pensò che la cosa migliore era di
buttarla sul ridere, come avrebbe fatto Seiya al suo posto, perciò scrisse
Shun: Grazie a tutti per gli auguri ma manca ancora un’ora al mio
compleanno XD Comunque li tengo buoni (O.<)
Angolo
dell’Autrice:
Beh…potete immaginare
come ci siamo sentiti tutti noi che abbiamo fatto le pecore ed abbiamo scritto
per inerzia “Auguri” “Buon Compleanno!!!” sulla chat…davvero, le conversazioni
di gruppo sono il male! Se penso che manco sapevo quanto compiva gli anni ma le
ho fatto lo stesso gli auguri…
Che
figuraccia! Però stavolta non ero sola!!! Questo un po’ mi ha rallegrato XD
Per la scena
iniziale, non mi dispiace la coppia, ma il massimo che vedo tra questi due è un
leggero Shonen-ai, che come ho già ripetuto in altre storielle precedenti, non
scriverò (almeno in questa raccolta).
Per il
detto…credo che non ci sia nulla di più vero.
Ok, alla
prossima ^^
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Capitolo 13 *** La burla non è bella se non è fatta a tempo ***
Titolo: La burla non è bella se non è fatta a tempo
(se lo fosse)
Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki, Virgo Shaka
Contesto: Ipotetico post-Hades con tutti vivi
Prompt: Matrimonio
Sentimento
Dominante: Incredulità
Era una calda mattina di inizio luglio, il Sole risplendeva
nel cielo turchese della Grecia, mandando i suoi raggi perfino nel luogo dedito
al culto della Dea Athena, sua sorella e rivale. Alla Sesta Casa al centro del
grande atrio colonnato vi era il suo custode, Virgo Shaka, nella posa
meditativa all’interno del Grande Loto. Il silenzio e la concentrazione regnavano
incontrastati in quelle pareti di marmo, quando ad un tratto un Cosmo gentile,
candido e dalle tonalità ciclamino chiese a quello dorato del Gold Saint il
permesso di accedere a quel luogo. Un’emanazione cosmica più intensa rispose
affermativamente a quella richiesta, permettendo così l’ingresso nella grande
sala al giovane Andromeda Shun, nuovo discepolo e futuro erede della Cloth
della Vergine. Con passi lenti e timidi, il giovane arrivò ai piedi del Grande
Loto, si mise nella posizione meditativa ed iniziò il proprio allenamento.
Il silenzio tornò a spadroneggiare per quel Tempio eretto da
tempo immemore, quando una voce singolare e dalla particolare tonalità ruppe di
nuovo la quiete
«Pare che il tuo animo sia distratto. Qualcosa ti affligge?»
A quelle parole e a quella dimostrazione di perspicacia, o
forse era semplicemente una persona troppo facile da leggere, Shun si
grattò la guancia con la punta del dito, punto sul vivo ed imbarazzato per la
sua totale distrazione
«È per mio fratello Ikki…»
Il Gold fece cenno di assenso con il capo, probabilmente interessato
al discorso, e Shun iniziò a parlare sciolto
«Hai più avuto contatti con lui?»
Nessun gesto da parte di Shaka seguì la domanda.
«Mü ti ha detto nulla?»
Ancora il nulla.
«Beh… allora… come dire – un risolino compiaciuto si librò
nell’aria – insomma; Ikki si sposa!»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
«Cosa???»
Virgo Shaka aveva spalancato gli occhi a mandorla, mostrando
tutto il suo stupore ed incredulità; Phoenix Ikki, uno degli uomini più
scostanti e distaccati che esistessero sulla faccia della Terra, si
sposava?!
«E con chi?»
«Non la conosco; sarà una sorpresa. So solamente che l’ha
conosciuta in Australia.»
E che ci faceva in
Australia?
La mente dell’Illuminato non capiva, e non capiva nemmeno
come il piccolo Saint davanti a lui potesse apparire così calmo e contento a
quella improvvisa notizia. Comunque decise di richiudere gli occhi, recuperare
la propria compostezza e rigidità, e proseguire con le domande.
«Quindi è una ragazza australiana…»
«Beh, non proprio; viene da Singapore.»
«!»
Nuovamente gli occhi cerulei del Gold osservarono straniti
il ragazzo seduto per terra, il viso completamente rosso per la cantonata
clamorosa che aveva preso.
Singapore?! Ma come
diavolo farà a farsi accettare dalla famiglia di lei???
Con questi pensieri per la testa – e chiudendo nuovamente
gli occhi – la Vergine disse ancora
«E come crede di fare con la famiglia della sua promessa?»
«Ad essere onesti si è già recato a Singapore per
conoscerli, ed ha ottenuto il benestare dai parenti di lei. Ha dovuto chiedere
il permesso di Saori-san per poter spedire alcuni documenti di presentazione.»
Non c’è due senza
tre.
Shaka spalancò gli occhi per la terza volta, le orecchie
paonazze per l’imbarazzo e per l’assurdità della situazione.
Il classico colpo di
fulmine, suppongo…
Virgo stava per chiudere gli occhi, quando un dubbio gli
assalì la mente già destabilizzata per quelle rivelazioni a dir poco assurde. Se qualcuno,
che non fosse Andromeda Shun, uno dei ragazzi più candidi che avesse tutt’ora
incontrato, fosse venuto a dirgli una cosa così… beh, gli avrebbe riso in faccia.
«Sono felice per lui, ma dimmi: hanno già fissato le nozze?»
«Oh, sì, il 20 agosto…»
«…dell’anno prossimo…»
...spero…
«No; di quest’anno.»
Quella notizia rischiò di far cadere l’indiano dal Grande
Loto, talmente era pazzesca e...pazzesca!!!
E meno male che non ho
chiuso gli occhi…
Angolo dell’Autrice:
Non potete
immaginare come fosse la mia faccia quando mi venne raccontata questa cosa. Successa
veramente! Boh, io non capisco più niente: questo ragazzo non era mia stato
fidanzato, non ha mai avuto interesse per le ragazze…e poi puff! Matrimonio. Non
so voi.
Non potete
immaginare come mi sia divertita nel torturare Shaka (che tra l’altro alcuni
fan lo accoppiano con Ikki) quando Shun gli dice questa cosa: ma che
compostezza e compostezza! Qui si piange e basta.
Il detto,
solo per questa circostanza, l’ho trovato perfetto per la situazione di Shaka.
Spero sia
piaciuta, anche se scritta così non so quanto possa rendere bene. Ciao ^^
P.S.: per
chi non lo sapesse, la mentalità riguardo la donna in Cina è ancora molto
chiusa, tanto che sono all'ordine del giorno i matrimoni combinati e l'obbligo
di separazione della coppia se il ragazzo non piace. Si arriva addirittura a
veri e propri scontri tra padri e figli su queste questioni.
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Capitolo 14 *** Tutti i gusti sono gusti ***
Titolo: Tutti i gusti sono gusti
Personaggi: Chrysaor Krishna, Kraken Isaac, Lyumniades
Kasa, Scylla Io, Sea Dragon Kanon, Sea Horse Baian, Siren Sorrento
Contesto: inizio saga di Poseidon
Prompt: Merenda
Sentimento
Dominante: Spensieratezza
Si era appena conclusa la rimpatriata di tutti i Marina e i
soldati atlantidei devoti alla reincarnazione di Poseidon, Julian Solo, appena
giunto nel suo regno sottomarino. I generali si erano riuniti in una sala dell’enorme
maniero classico, facendo di esso il loro quartier generale “relax”: era assai
difficile, di punto in bianco, dover gestire un intero agro di terra…no, meglio
dire di mare, e risolvere i
problemi/inconvenienti che i sudditi e soldati semplici, quasi lo facessero
apposta, erano in grado di generare. Troppo stress, ed ogni tanto un po’ di
riposo era più che ben accetto…
Dicevamo, i Marina si trovavano nella sala designata a loro
nascon- ehm, ristoro dalla gente, chi abbandonato su una sedia cercando una
posizione comoda, chi intento a fare uno spuntino servendosi di ogni ben di Dio
presente nella sala, chi stravaccato sul piccolo divanetto che faceva da
salottino… era pomeriggio inoltrato ed i sette generali erano stanchi morti! Pareva
che la sorte – e la fame – si fosse accanita su di loro, perciò i baldi giovani
spesero un bel po’ di tempo – e viveri – per il proprio svago personale.
Tutto era calmo, silenzio e pacifico…fino a che una voce
distrusse l’Eden che si era venuto a creare
«Ehi!!! Ma chi ha mangiato il tonno?!»
Ed ecco che dalla zona dedita alle cibarie apparve uno
scocciato – più del solito – Baian, l’elmo sotto braccio destro e una
scatoletta di latta aperta in quella sinistra.
«Io. Perché?»
La mano alzata e la voce con un forte accento inglese si
librò annoiata dal divanetto in fondo alla sala, attirando l’attenzione di
tutti i presenti che videro il giovane sdraiato sul mobilio. Sentendo tutti gli
occhi puntati su di sé Kraken Isaac aprì l’unico occhio e lo volse di rimando verso
i propri compagni, sentendosi un poco a disagio.
«Che c’è?»
Chiese. Quegli occhi straniti – la maggior parte – non
sapeva come interpretarli…
«Cioè, tu hai mangiato del tonno, adesso?»
Disse la voce roca del generale dell’Oceano Antartico, non
senza un’inflessione stupita nella voce e nello sguardo… sguardo totalmente
condiviso dai commilitoni.
«Sì, per merenda.»
La voce usata dal marina custode della Colonna dell’Oceano
Artico pareva anch’essa stupita, ma il volto aveva un’espressione di colui che
diceva una cosa ovvia, o la più naturale del mondo.
Un coro a più voci gli urlò incredula
«PER MERENDA!?»
La faccia stranita e l’occhio che a momenti schizzava fuori
dall’orbita mostrò chiaramente a tutta la compagnia che veramente per il giovane era normale
ciò che aveva fatto.
«Bah, come cosa è strana, ma contento te, contenti tutti.»
Le parole del ragazzo indiano dalla lunga chioma candida
fecero sciogliere lo stupore generale, stemperando la situazione assurda che si era
creata e facendo tornare in panciolle tutta la comitiva.
«Beh, non vedo il problema; a me è capitato con i funghi…»
Quel pensiero detto a mezza voce ebbe il potere di far
muovere in sincronia tutti i generali verso la fonte: ovvero Siren Sorrento, seduto
compostamente al tavolo, i gomiti appoggiati sul piano e le mani tenute a pugno davanti
al viso androgino.
Inutile dire che aveva attirato la curiosità di tutti,
giacché fu Scylla Io, un giovane con l’argento vivo nelle vene, a chiedere
senza giri di parole
«Come-come???»
«Ecco… diciamo che ci fu un fraintendimento con la tata che
al tempo mi accudì…»
Rispose serafico e con un’aria bonaria, di chi sta
riesumando un bel ricordo, il giovane austriaco.
«Dai, non tenerci sulle spine, racconta.»
La voce baritonale di Sea Dragon, unita all’avvicinarsi di
tutti i compagni alla sua persona, convinse il generale dell’Atlantico del Sud
a proseguire il suo racconto
«Nulla di particolare; la tata mi disse di aver preparato la
merenda e averla messa in una ciotola al piano di sotto. Quando andai in
cucina, trovai solamente la ciotola con all’interno i funghi…»
La risata sguainata che seguì quel discorso contagiò tutti,
compreso lo stesso Siren, arrossito per quell’aneddoto d’infanzia che aveva
appena narrato. Tuttavia una voce – quella di Sea Horse – si levò sopra quelle
risate, attirando la sua attenzione
«Non credo proprio che quella fosse la merenda.»
«No…era la base della cena…»
Angolo dell’Autrice:
Ebbene,
questa cosa mi è stata raccontata da un mio amico d’infanzia, perché… sono io
la tizia che mangia le scatolette di tonno per merenda, quando nel frigo non c’è
nulla che mi aggrada. E nulla, lui ha tirato fuori questa cosa e io non ci ho
pensato due volte a scriverla.
Per quanto
riguarda la scelta dei personaggi, ho voluto tirare in ballo un po’ tutto il
mondo Saint Seiya, e un po’ perché non volevo che nessuno si salvasse *risata
malefica* Ok, molti di loro non sono quasi mai utilizzati ed ho scoperto che
Lyumniades Kasa (divenuto Lemury in Italia) non è nemmeno presente nell’elenco
personaggi… che dite; facciamo colletta e lo facciamo entrare?
Comunque mi
piace l’idea che ci sia un nascondigli-ehm sala relax in cui si possano un poco
godere la vita; le responsabilità possono schiacciare la gente.
Il detto qui
è fatto su misura; quindi quando si ha fame si mangia quello che si vuole XD
Spero che la
cosa possa avervi fatto divertire un po’, o per lo meno sorridere (mi
accontento di poco).
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Capitolo 15 *** Trick or Treat? Special Halloween ***
Titolo: Trick or Treat? –
Special Halloween
Personaggi: Hades, Hypnos, Thanatos
Contesto: Ipotetico post-Hades
Prompt: Telecamera
Sentimento Dominante: Ansia
Era una notte chiara, limpida, in cui le Stelle e le
Costellazioni parevano essersi agghindate a festa per poter rendere il più
magica possibile quella notte priva di Luna. Le case, la piccola piazza di
Rodorio e perfino le ampie scalinate del costone su cui si ergevano le Dodici
Case dello Zodiaco erano illuminata da candele dalle forme più inquietanti e
disparate, per non parlare di tutte quelle zucche intagliate e dalle
espressioni informi ed angoscianti.
«Che diavolo significa questa… pagliacciata?!»
Se c’era chi apprezzava o tollerava quella festività
acquisita e col tempo divenuta puramente un pretesto commerciale, il Dio della
Morte poco apprezzava il cambiamento o le novità, e quella era…boh. Nemmeno
riusciva a trovare le parole per descrivere quella zucca arancione che gli
stava a pochi centimetri dalla Kamui. Cosa era saltato in testa al Sommo Hades
di recarsi al Santuario per prendere parte ad una festa, per quanto si
sforzasse, non gli riusciva di comprendere.
«È una festa pagana a te dedicata, non ricordi?»
«Affatto. Illuminami fratello.»
«È il ricorrere del Samhain, il capodanno celtico, sai quel
popolo che tu definivi come una colonia di druidi. Si festeggiava la fine
dell’estate ed era usanza credere che in questo giorno gli spiriti e la Morte,
ovvero te mio stolto fratello, – al che il labbro dell’argenteo di piegò in
segno di offesa verso il basso – si spostassero sulla Terra. Si mascheravano
con maschere che per loro rappresentavano la fine della vita, sacrificavano
animali ritenuti puri e danzavano per esorcizzare il male.»
«Oh, ora ricordo.»
Thanatos batté il pugno sul palmo sinistro, assumendo
un’aria di chi aveva tutto chiaro, e si affrettò ad aggiungere
«Sono il popolo che si ritrovava nel cuore della notte
nelle radune e danzavano davanti ai roghi.»
Hypnos chiuse gli occhi e fece cenno di assenso con il capo,
internamente felice che la memoria del fratello non stesse facendo del tutto
cilecca. Era anche vero che quasi duecentocinquant’anni passati in uno scrigno
non erano serviti di certo a migliorare la loro conoscenza del mondo umano, e
ritrovarsi in tutte quelle stranezze – e circondati da tutti quei bambini mortali che si
avvicinavano urlano “dolcetto o scherzetto?” – non rendeva loro più
facile l’ambientarsi.
«Se avete finito di riportare alla mente il passato,
potremmo anche entrare.»
La voce cavernosa del Dio dell’Oltretomba fece sobbalzare i
due gemelli, che parvero ricordarsi solo in quel momento di essere sempre stati
preceduti dal loro Signore. Con i capi chini dalla vergogna di esser stati
punti sul fatto, si apprestarono ad entrare dal portone spalancato del
Tredicesimo Tempio.
*
dovettero
entrambi ricredersi; se non fosse stato per il frastuono di trombette e le note
alquanto stonate di qualche Saint troppo carico – dall’alcol o dagli zuccheri,
questo non era dato sapere – la serata passò in modo piacevole: Hypnos si era trovato
a conversare con i Gold di Aries e Virgo, mentre il gemello aveva preferito
darsi al bere e al confabulare con Cancer, Capricorn e Pisces. Saori Kido e
Hades si erano ritirati in altre stanze per parlare di progetti futuri e per
mitigare il meglio possibile la loro alleanza.
Al finire della festa e con l’assenza di tutti i partecipanti
oramai ritornati ai loro alloggi, gli Dei Gemelli si erano portati fuori
dall’edificio ad osservare la notte che ora era fosca e scura; nulla vi era più
dello splendore precedente. Erano in attesa, un poco tesi per essere in pieno
territorio a loro sempre stato nemico, ed anche preoccupati
per il ritardo del loro Signore. Che aveva Athena da dirgli di così astruso?
Rimasero nel silenzio più totale, smosso da qualche civetta
o alito di vento, quando d’un tratto una voce disse con tono quasi infantile
«Oh, guarda; un corvo.»
Hypnos volse lo sguardo verso il punto in cui l’indice del
fratello stava puntando, ed effettivamente vide che sulla colonna esterna, sotto
il timpano, vi era un uccello nero appollaiato.
E bravo il mio stolto
fratello; non sarai un genio, ma sai come stemperare le situazioni.
Tuttavia c’era qualcosa di strano; da quel che sapevano i
corvi erano tutti ammaestrati da un Silver Saint, quindi o quello era come una
sorta di loro sorvegliante o
era un infiltrato… quasi come loro. E fin lì nulla di così bizzarro, se si
escludeva il dettaglio che era fermo, rigido, immobile. Alquanto insolito, ed
un poco inquietante…
Una voce alta ma abbastanza contenuta si librò nell’aria, ma
non ottenne l’effetto desiderato se non un “Ma sei ubriaco?” da parte della
Morte.
«No; stavo cercando di farlo andar via da lì. Mi dà
fastidio.»
«Ah, ma non l’hai fatto bene.»
Disse il gemello mentre gli si affiancava, e con un impeto
molto più deciso del fratello tirò un urlo che avrebbe fatto saltare in aria
dalla paura perfino Cérberos. Grido che venne quasi subito bloccato dalla mano
dorata del Sonno
«Ma che combini? Siamo in piena notte; vuoi forse svegliare
l’intero Santuario???»
«Mph mmh mh mphm!»
«Eh?»
Come Hypnos ebbe tolto la mano dalle labbra del fratello, Thanatos
puntò l’indice alla colonna, dicendo con voce meno decisa del solito
«Non si è mosso.»
Gli occhi dorati del gemello si puntarono nello stesso punto di
quelli della Morte, la medesima espressione incredula sul volto di alabastro.
Ok, c’era qualcosa di enormemente strano.
Entrambi sbatterono le mani.
Nulla.
Sbatterono i piedi a terra.
Nulla.
Ma che
diavolo?!
«D’accordo; ora gli lancio un frammento di Cosmo e vediamo se
resta ancora lì…»
«Fermati stolto; Hades è stato categorico, non possiamo usare il
nostro potere.»
«Vero. Allora gli lancio un sasso…»
«Io fatico a veder ad un palmo di naso, quindi tu come pretendi di
trovare un sasso.»
Stava diventando imbarazzante, ed anche inquietante; come era
possibile che qualunque cosa tentassero quel maledetto uccellaccio del
malaugurio non si schiodasse da lì??? Il sudore stava imbrattando i loro volti,
mentre l’ansia era sempre più forte.
«Senti, gli lancio contro la zucca, tanto non credo che la
utilizzeranno ancora.»
«Eh certo, così poi Athena ci denuncia per vandalismo.»
«Certo che non ti va mai bene niente, biondino.»
«Ah! Io almeno non ho i capelli bianchi!»
«Cooosa?! Rimangiatelo Hypnos!»
«Che avete da ciarlare in questo modo voi due???»
E fu come lo scoppio di un petardo; i
nervi già a fior di pelle dei due gemelli aveva fatto in modo che si
muovessero all’unisono verso l’origine della voce cavernosa che era giunta
dalle tenebre, facendo scontrare le teste e facendoli gemere di dolore.
Che
figuraccia! E tutto per colpa di quel corvo
maledettissimo!!!
Senza nemmeno pensare a cosa stesse
facendo, tanto sconvolto era, il Sonno indicò la colonna affinché Hades potesse
vedere il loro pomo della discordia. Infatti rimase alquanto sorpreso di vedere
un corvo appollaiato a quel modo e così, incuriosito, si avvicinò alla colonna e
si infilò una mano nella manica della tunica.
Il momento era tesissimo; Hypnos e
Thanatos avevano allungato il collo per poter vedere meglio, la fronte grondava
sudore e la gola era secca tanto erano nervosi.
«PORCO DI QUEL CANE DANNATO! PERCHÉ!!!
MALEDETTO SCHIFOSO!»
«Signor Hades!!! Che succede?»
I due si precipitarono dal loro
padrone, pronti ad aiutarlo in qualunque modo possibile, quando notarono che
teneva tra le mani un piccolo oggetto squadrato.
«Nulla; si è solo impallato il
telefono.»
Ok, decisamente le Stelle avevano
previsto una nottata molesta per i gemelli…
Quando sentirono un “click” ed una
luce bianca si puntò su quell’uccello… le loro mascelle si sarebbero staccate;
nel punto dove c’era il corvo, vi era una piccola decorazione del capitello di
marmo, che si univa al blocco formando una magnifica foglia di acacia.
Una risata isterica si sollevò dal
Tredicesimo Tempio, mentre il volto cinereo del Dio dell’Oltretomba assumeva
un’espressione stranita.
Angolo dell’Autrice:
Ok, è più lunga del solito, ma mi è capitata davvero questa cosa,
solo che non era una foglia, ma era una telecamera XD. Spero di avervi fatto
ridere un po’.
Come al solito è capitato tutto veramente (tranne la testata,
quella me la sono inventata), però in quel momento non era così divertente... E comunque, come non potevo
utilizzare i miei tre amori (che mi staranno maledicendo anche in celtico) per
questo piccolo special? Il piedistallo se lo sono contesi fino all'ultimo con i tre
dell'ave Maria, ovvero Aphrodite, Death Mask e Shura, ma poi ha trionfato il
lato oscuro. E che cavolo; in origine era una festività dedicata alla morte...
È meno sguainata delle altre, ma dovrebbe essere più o meno
decedente (spero).
Alla prossima ^^
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Capitolo 16 *** Chi compra bene, vende bene ***
Titolo: Chi acquista bene, vende bene (non sempre)
Personaggi: Saori Kido, Tatsumi (Mylock)
Contesto: Durante la Galaxian War
Prompt: Scarpe
Sentimento Dominante: Disperazione
«Nooooooooooooooooooooooooo!!!»
L’urlo disperato si propagò lamentoso per le pareti della
residenza Kido, per poi uscire dalla costruzione e disperdersi docilmente
all’aria del parco vittoriano. Il grido di dolore fu talmente acuto che
Tatsumi, braccio destro nonché uomo più fidato della signorina Saori, temette
la parcella salatissima del vetraio per il disturbo di dover sostituire tutti i
cristalli delle finestre. Che diavolo stava succedendo?!
Con passo spedito e il fiatone per l’ansia che qualcosa di
terribile fosse accaduto alla signorina, l’assistente si precipitò per i
corridoi immacolati del maniero, temendo il peggio e pronto a tutto. Era strano
tutto ciò, ma l’uomo non poté fare a meno di pensare che avrebbe dovuto gestire
da solo il problema, dato che quelle canaglie irriconoscenti dei Bronze Saint
erano, stranamente, fuori dalla villa.
Maledetti
piccoli ingrati! Non ci siete mai quando servite a qualcosa!
Con furia ed una rabbia dovuta al pensiero di impotenza appena
compiuto, Tatsumi giunse alle porte delle stanze private della giovane
ereditiera, urlando un potente “Con permesso” e spalancando le doppie porte
degli alloggi.
Si pietrificò sul posto: la fanciulla stava seduta su una sedia di
tessuto damascato rosa antico, le mani sul viso ed i soffici capelli color
malva rigettati in avanti a protezione del gracile corpo. Il busto piegato, le
spalle scosse da piccoli colpi sussulti.
Oh, no!
Per favore, no!!!
Tatsumi si avvicinò con passo circospetto e leggero, un groppo
alla gola e la fronte grondante di sudore.
«Milady… va tutto bene? Che le è successo?»
Silenzio.
Nulla rispose al quesito – legittimo – posto dall’uomo. Solo un
lieve suono ovattato si levò nella stanza.
Oh mio
Dio; NO!!!
Il terrore si dipinse sul volto dell’assistente, mente un nuovo
verso soffocato, seguito nell’immediato da un altro, fece tremare le membra
tesissime del giapponese. Disperato per quella situazione, Tatsumi si mise a
guardare in lungo e in largo negli alloggi, in cerca di un indizio o un
qualcosa che gli suggerisse il perché di quella tempesta che a breve si sarebbe abbattuta sulla villa. Il cuore
iniziò a pompare freneticamente, facendolo iper-ventilare e sussultare più
volte.
Finché la vide.
Bella.
Bianca.
Elegante.
Una meravigliosa scarpa decolleté di seta candida, impreziosita
da una fibbia d’oro zecchino al cui centro era incastonata una perla di mare,
abbandonata in maniera scomposta vicino al seggio della giovane.
Tatsumi capì e sospirò di sollievo.
Prese con cura la preziosa scarpa e si avvicinò alla fanciulla
sofferente.
«Vuole che l’aiuti, Milady?»
«No… non è questo Tatsumi…»
Disse disperata la giovane mentre i singhiozzi le incrinavano la
dolce voce, le mani ricoperte dai fini quanti di raso ad asciugare le lacrime
disperate.
Notando lo sguardo incerto e confuso del consigliere, Saori prese
un lembo della vaporosa gonna dell’abito candido e lo sollevò in modo da far
mostrare i piedi minuti. Sul piede destro
l’uomo poté notare come la giovane avesse già calzato la scarpa, constatando
che l’acquisto valesse tutti i soldi spesi. Quella decolleté esaltava la
carnagione chiara di Milady e metteva in risalto le caviglie sottili. Era un
capolavoro.
Pose la scarpa verso il piede sinistro
della fanciulla, deciso a infilarla in modo da completare il bouquet che era
Saori Kido.
Si bloccò a metà strada, stranito, per poi sgranare gli occhi
piccoli e divenire disperato quasi quanto la giovane a lui difronte: la scarpa
che la fanciulla indossava era destra; quella che lui teneva tra le mani… pure.
Angolo dell’Autrice:
Ehilà! Non chiedetemi quanto possa valere la scarpa che mi sono
inventata, quella che acquistai io al mercato valeva 5 €. Quando volli
indossarle per uscire, misi la destra e quando mi accinsi a mettere la sinistra
notai che c’era qualcosa che non andava. E lì mi assalì la disperazione quando
mi accorsi di aver comprato due destre!!!
Davvero; avevo una paura di non trovare la bancarella che me le
aveva vendute XD. Non per i soldi, ma per le scarpe stesse che, oltre ad essere
belle, mi servivano per… ehm… cosplay.
Spero che abbia fatto divertire i più torturare quel gorilla di
Tatsumi; mi è sempre stato incastrato in gola.
A presto ^^
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Capitolo 17 *** È male giudicare le unghie del gatto ***
Titolo: È male giudicare le unghie ai
gatti
Personaggi: Papillon Myu, Sphinx Pharaoh
Contesto: Post-Hades con tutti riportati in vita
Prompt: Gatto
Sentimento Dominante: Spavento
Era una mattina d’estate ed il Sole risplendeva caldo e
sereno sulla citta di Vienna da poco sveglia e piena di energia, ma in un
piccolo bilocale situato nell’attico di una palazzina dall’aspetto antico, il
mattino non aveva di certo l’oro in bocca…
Myu aveva una faccia talmente scura che neppure la
Greatest
Eclipse progettata da Hades, suo signore, poteva eguagliarla: era grato
al suo padrone per averlo riportato in vita, ma tutt’ora non si
capacitava come potesse esser finito a convivere
con quel plebeo di Sphinx Pharaoh! Questa,
nonostante i quattro mesi di convivenza, non era ancora riuscito a digerirla:
come aveva potuto il signor Radhamantys permettere una cosa simile?
Non che gli importasse più di tanto il fatto che l’egiziano
fosse sotto le direttive di Grifon Minos, la cosa non lo toccava minimamente,
ma non aveva potuto dire lo stesso della sua fissazione per i felini; lui non
gli aveva mai potuti sopportare e ritrovarsi un gattofilo ai livelli di quel
musico lo metteva non poco a disagio, dando vita a furibonde liti quando il
bruno se ne usciva con miagolii o versetti tipicamente felini, facendo saltare
in aria il povero austriaco. Il peggio era che spesso, durante quelle furibonde
discussioni dovute ai bislacchi comportamenti dell’africano, questi gli
soffiasse contro con gli artigli – perché quelle che aveva attaccate alle dita
da pianista non potevano essere definite altrimenti – ai lati del viso… manco
fosse lui stesso un gatto!
Per non parlare delle prime notti trascorse nella medesima
stanza: la prima gli venne un infarto nel vedere dei piccoli fari gialli che lo
scrutavano dal letto dell’inquilino. Per poco non ci scappò il morto, perché
gli insulti isterici dell’egiziano fecero capite all’europeo che quelli non
erano affatto gli occhi di un clandestino felino… fortuna che le Fairies non avevano
fatto a tempo ad avvicinarglisi…
Tuttavia quel giorno il nervoso lo stava assalendo di buon
mattino, perché quel “cioccolatino” si era messo a miagolare per chissà quale
astruso motivo. Myu non aveva fatto nemmeno a tempo ad aprire le tende del
soggiorno che l’istinto omicida gli era salito a livelli critici, facendolo
precipitare in direzione della camera da letto all’ennesimo verso felino.
«Piantala di fare il cretino! Mi stai infastidendo!»
Con ciò diede due colpi secchi alla porta chiusa, ma si
bloccò di colpo nel constatare che i miagolii – ed altri rumori classici da
film dell’orrore – non provenivano dalla porta, ma dal ripostiglio in fondo al
corridoio stretto.
Myu deglutì a vuoto. Con passi leggeri e con il favore del
buio si avvicinò alla porta incriminata, lo socchiuse piano e…
«WAAAAHHH!!!»
Due fari gialli gli saltarono addosso, facendolo cadere all’indietro
e lanciare un urlo spaventato, il viso rossissimo di paura ed sorpresa. Intatto
il gatto nero – maledettissimo felino!!!
– scattò come un fulmine verso il soggiorno, lasciando il povero Spectre
spalmato malamente a terra…
Come diavolo ha fatto
ad entrare quel gatto?!
Tuttavia un rumore di strappi, fece sollevare di scatto il
giovane e farlo precipitare nel soggiorno, dove si bloccò con il volto rosso di
rabbia e frustrazione; ora aveva capito da dove era passato.
«BRUTTA PALLA DI PELO PORTASFIGA! LE MIE TENDE!!! Scendi immediatamente
da lì! Pussa via!!!»
Nel mentre, Myu diede un secco strattone alla tenda, facendo
scendere quel gatto che si era arrampicato fino in cima alla stoffa,
lasciandosi cadere e riducendola a brandelli, per poi lanciarsi fuori dall’appartamento
e incamminarsi sul cornicione del caseggiato. Probabilmente la sera prima
doveva essere entrato quando Pharaoh, poco prima di andare a dormire, apriva
abitualmente le finestre per arieggiare l’ambiente.
Myu era rimasto nel soggiorno immobile, fisso su quel vetro
e sulle tende fatte a brandelli dalla furia
omicida di quel gatto, per poi sospirare sconsolato e dirigersi di
malavoglia verso la cucina, ma come si girò saltò letteralmente per aria: due
occhi gialli, dal taglio felino lo stavano fissando con astio, mentre dalle
labbra serrate usciva un ringhio poco rassicurante.
«Piantala di fare casino; c’è gente che vorrebbe dormire.»
Oltre al danno, la
beffa…
Angolo dell’Autrice:
Beh, sembra assurdo, ma davvero un gatto clandestino si è introdotto
abusivamente nella mia casetta, e ha usato le tende della cucina come parete di
arrampicata non trovando la finestra aperta… però questa cosa non è successa a
me, ma a mia mamma XD
Io sono la povera vittima accusata ingiustamente di star facendo
casino; sì, ho la pessima abitudine di mettermi a miagolare o di soffiare come
i gatti XP
È stato divertente per una volta non essere il bersaglio, però la
mia povera mamma si è presa un colpo nel trovarsi nel corridoio buio un coso
soffiante e dagli occhi gialli luccicanti. Povera lei!
Spero che la cosa assurda vi abbia fatti un poco ridere, perché io
mi sono piegata in due nell’immaginarmi la scena.
Il detto è perfetto, e per quanto riguarda la coppia, a me questi
due non dispiacciono, ma c’è da dire che tra gli Spectre, a differenza dei
Saint, c’è sempre stata rivalità tra le squadre, quindi già il fatto di
aver accoppiato questi due (una farfalla e un gatto) era divertente di suo… e
ho detto tutto.
A presto ^^
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Capitolo 18 *** Chi disse donna disse guai ***
Titolo: Chi disse donna disse guai
Personaggi: Cancer Death Mask, Eagle Marin, Leo Aiolia
Contesto: Dieci anni dopo l’investitura dei Gold
Prompt: Sangue
Sentimento Dominante: Emozione
«Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta!!! Sono un mito!!!»
Le urla più concitate ed euforiche del solito di Cancer
Death Mask si sparsero per l’intera scalinata che portava al Tredicesimo
Tempio, o almeno questo era quello che il giovane Gold Saint di Leo pensava. Con
una faccia ancora assonnata ed una lacrimuccia dovuta allo sbadiglio felino
compiuto, Aiolia si diresse verso l’accesso alla propria Casa – dove le urla “quasi”
isteriche del siciliano si stavano facendo sempre più forti.
Che due scatole! Che avrà
poi da urlare di prima mattina...
Non appena gli occhi verde prato del greco videro la zazzera
scura ed il ghigno pestifero del diciottenne, aggrottò le sopracciglia ed
incrociò le braccia al petto, ben conscio che quell’espressione – lo aveva imparato
a sue spese – significava guai.
Infatti l’italiano appena lo vide si bloccò di colpo, il
passo saltellante divenuto rigido e la mano destra ferma a mezz’aria. Tuttavia l’espressione
dapprima un po’ stranita si trasformò in un ghigno malefico, e quando Death
Mask iniziò ad avvicinarsi con passo lento – ed un foglio bianco nella mano
destra, solo allora lo aveva notato – Aiolia si sentì sbiancare, conscio dell’arrivo
dell’ennesimo tiro mancino.
«Ehi! Sai cosa ha fatto oggi l’illustre sottoscritto?»
Aiolia indietreggiò di un passo, indurendo lo sguardo per
cercare di non mostrare il timore che provava per quel tipo dal sorriso
inquietante (si vede che non aveva mai incontrato Grifon Minos).
Il siciliano non gli lasciò il tempo di dire “a” che riprese
a parlare con fare altezzoso e con il petto gonfio come un tacchino
«Ha fatto un qualcosa che gli dovrebbero dare la medaglia
al valore per l’aiuto alla razza maschile!»
Il greco boccheggiò nel notare l’aria ferina che aveva illuminato
in modo inquietante il volto di Cancer, per poi sudare freddo quando sogghignò
a mo’ di volpe e portò la “prova” vicino al volto, spostando le iridi dalla
carta al greco. Aiolia rimase e con i nervi a fior di pelle per tutto il tempo,
per poi saltare come un petardo alle parole quasi dolci del commilitone
«Dato che sono magnanimo, condividerò anche con te!»
Il greco non fece in tempo a muoversi che il foglietto bianco gli
venne piazzato davanti agli occhi, facendoli quasi uscire fuori dalle orbite,
mentre il viso diventava più rosso delle tende del Tredicesimo Tempio. Scoprì con
sua somma vergogna che quello non era un foglio, ma una fotografia, che
raffigurava una fanciulla dai mossi capelli castani, le curve morbide e sinuose
e nulla addosso se non l’immancabile maschera
argentea.
Ma che diavolo?! Proprio lei!!!
Come aveva fatto Death Mask a scattare
una foto a Eagle Marin nuda? Senza contare che da qualche anno la sola vista
della Silver Saint faceva al Leone uno strano
effetto…
Mentre il greco tremava per l’imbarazzo
– e qualcos’altro – con in mano la
suddetta immagine scabrosa, Cancer si pavoneggiava – gonfiando ancor di più il
petto tutto orgoglioso della propria eroica gesta
«Eh?
Visto che bravo? Allora? Avanti, dillo! Dillo che sono il-
Ohi Aiolia!? CHE MINCHIA FAI???»
Accortosi della reazione fisica del commilitone, Death Mask rimase impietrito, gli
occhi sgranati ed il panico a pizzicargli i polmoni.
Che diavolo combinava quel randagio!
Ripresosi dallo shock iniziale, stappò
di mano la sua prova inequivocabile e se la portò al petto, la faccia
disgustata ancora fissa su quella di Aiolia, rigido nella sua posizione. Il viso
bordeaux, una smorfia ebete… e una colata di sangue che partiva dalle narici e
scendeva, fino a gocciolare sul marmo del pavimento.
Poi d’un tratto, come accortosi dell’assenza
della sua musa davanti agli occhi trasognati, Leo Aiolia si riprese, sbatté un
paio di volte le palpebre, si voltò a guardare il Cancro – che sobbalzò un poco
sentendosi puntato – e disse
«…non è che avresti un fazzoletto?»
Angolo dell’Autrice:
D’accordo; ha me è semplicemente capitato di starmene pacifica
nella biblioteca della facoltà quando mi sento chiedere se avevo un fazzoletto.
Come ho alzato la testa dal quaderno ho avuto la stessa reazione del nostro
compatriota: quella ragazza aveva pure imbrattato gli appunti, povera. Fortuna che
ho sempre la scorta di fazzoletti; dato che sono “fuori casa” cerco di portare
lo stretto indispensabile per evitare di dover seccare la gente durante le
lezioni.
Qui l’ho giocata sporca con il Leone, ma ce lo vedo troppo bene
con Marin, ed ho voluto “sperimentare” un qualcosa di diverso ma in chiave
ironica. Spero di esserci riuscita. Sappiate che scene del genere capitano
anche nella realtà, in barba a quanto si creda che sia un’esagerazione degli
anime (a parte a me; non è uscito il sangue nemmeno quando mi sono spiaccicata
la faccia contro lo scorrevole XD)
Il detto è
perfetto. Punto. =P
Spero che l’attimo
di defiance di Leo possa avervi fatto sorridere.
A presto ^^
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Capitolo 19 *** Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non sferri ***
Titolo: Non c'è uomo che non erri, né cavallo che non
sferri
Personaggi: Aries Mü, Sorpresa
Contesto: Periodo durante il dominio di Arles
Prompt: Chiamata
Sentimento Dominante: Sgomento
Doveva chiamare Mü e farla riparare.
Non c’era scusa che teneva; la sua Gold Cloth doveva essere
riparata immediatamente. Questo era quello che il Gold Saint si ripeteva oramai
da giorni, ma dopo il tradimento del compagno, della sua diserzione e del suo
allontanamento dal Santuario non sapeva più come comportarsi con il tibetano.
Era pur vero che erano da sempre ottimi amici e che nulla
aveva avvertito mutarsi nel Cosmo dell’Ariete, tuttavia da tempo non riusciva a
restare fermo nelle sue decisioni quando si trattava dell’amico, ma non poteva
di certo continuare ad avere la Cloth con il cosciale distrutto. Il rischio di
venir convocato dal Grande Sacerdote, Arles, era sempre più reale e di certo
non ci avrebbe fatto una bella figura presentandosi con una protezione
rovinata.
Basta! Non c’è altro
da fare.
Detto questo il Gold Saint si armò di tutto il proprio
coraggio – ed autocontrollo – e si decise a mettersi in contatto con il
riparatore di Cloth.
Jamir, cima dell’Himalaya.
Era intento ad osservare i frammenti dell’armatura dell’Unicorno,
miscelando meticolosamente la polvere di stelle al metallo ed al proprio
sangue, la concentrazione al massimo ed il Cosmo dell’Ariete espanso in maniera
delicata e paterna. Il tutto taceva, accompagnato dal silente candore della
neve illuminata dal timido Sole nascente.
Poi Mü saltò letteralmente in aria quando avvertì quella specie
di vibrazione che gli investì le membra, facendogli maledire la persona che lo
stava contattando in un momento così delicato. Accettata la comunicazione, una
voce titubante si fece sentire
-Buongiorno a te Mü; mi serve il tuo aiuto per una
riparazione alla Cloth.-
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
-SHAKA! (Athena, dammi la forza) TI HO DETTO PIÚ
DI UNA VOLTA CHE DEVI PORTARMI LA TUA CLOTH ALMENO DUE VOLTE L’ANNO SE VUOI
MANTENERLA IN UNO STATO OTTIMALE!!!-
Il Saint di Virgo rimase sconvolto per la velocità con cui
il Grande Mü
lo aveva così brutalmente – e a mani basse – smascherato, ma si impose una
certa dignità (che diamine! Era l’uomo più vicino agli Dei) e rispose con voce
più ferma
-Hai ragione; non ho seguito il tuo consiglio. Comunque,
come hai fatto a capire che ero io se non ho fatto nulla che potesse
presentarmi?-
Dopo quelle parole, Shaka giurò di aver avvertito come un
singulto di sorpresa, poi nuovamente silenzio.
-Shaka…?-
-Si?-
-Conoscendoti so che non sei tipo a cui piace scherzare, ma
te lo chiederò ugualmente; stai scherzando?-
-Affatto.-
-Ah, beh, ecco, vedi… sai, al Santuario…-
-…si?-
-…tu sei l’unico che, insomma…-
-Si?-
-…è in grado di contattarmi tramite telepatia…-
Angolo dell’Autrice:
Dovevo! Assolutamente!!!
Stavolta non è farina del mio sacco, ma un episodio accaduto ad
una mia carissima amica, solo che lei doveva chiamare il dentista e questo,
come risposta alla sua più che legittima domanda, gli rispose “Me lo sentivo”.
Alla faccia del sensitivo quel dentista XDDD
E nulla. Chiedo scusa se sono scomparsa, ma ho passato un brutto
periodo tra antibiotici e influenza.
Spero di avervi fatti divertire un po’.
A presto (spero).
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Capitolo 20 *** Ogni amore ha la sua spesa ***
Titolo: Ogni amore ha la sua spesa
Personaggi: Alberic, Freiya, Hagen, Mime, Siegfried, Syd, Thor
Contesto: Periodo antecedente alla guerra di Asgard
Prompt: Anello
Sentimento Dominante: Incredulità/Rassegnazione
La neve cadeva tranquilla e per una volta non era trasportata
dalle gelide raffiche di vento che contraddistinguevano il rigido clima di
Asgard. La primavera, seppur fredda, aveva il vantaggio di indebolire le
correnti più forti e di rendere le giornate più lunghe e meno tetre. Un ottimo
tempo per potersi allenare e potenziare il proprio Cosmo: per dei valorosi
cavalieri come i God Warriors non c’era situazione migliore. Difatti Thor,
Siegfried e Syd si stavano allenando nel corpo a corpo nel giardino del
castello di Vallalhak, il proprio potere tenuto al minimo per non risultare
troppo distruttivo e quindi rovinare il palazzo. Alberic era in disparte,
seduto sul cornicione del muro che delimitava lo spiazzo, disgustato per il
modo in cui quei tre plebei stavano trattenendo il Cosmo. Mime invece era
appoggiato ad una colonna, la propria cetra in mano a pizzicare le corde in una
melodia dolce e tranquilla, proprio come quella primavera appena giunta.
La giornata procedeva bene; il popolo era in pace, Hilda era di
buon umore e continuava a svolgere il suo ruolo di celebrante di Odin e… forse
Hagen si era deciso a rivelare i propri sentimenti alla signorina Freiya. Questo
balenò nella mente del musico quando si accorse che quei due si stavano
dirigendo nei giardini, fianco a fianco, con il volto illuminato da un tenero
sorriso.
«Signorina Freiya, Hagen, buongiorno.»
Quelle parole ebbero il magico potere di far bloccare tutti dalla
loro occupazione e, in simultanea, di farli voltare verso l’ingresso del parco
con aria curiosa. Poi gli sguardi si mutarono dal malizioso, all’entusiasta al
felice per il compagno. Erano una bella coppia e, per quanto fossero a conoscenza
della devozione che aveva il biondo verso la casata reale, i God Warriors
pensarono ad unanimità che era anche ora che si svegliasse.
I due biondini si fermarono, salutando di rimando e fermandosi in
compagnia degli altri, che nel frattempo si erano avvicinati alla coppia, chi
per vero affetto, chi per semplice curiosità…
«Signorina Freiya, io vi precedo al villaggio; vi lascio alle cure
dei miei compagni. Raggiungetemi quando volete.»
E detto questo il giovane cavaliere del ghiaccio e del fuoco
lasciò il gruppetto, avviandosi verso l’uscita del palazzo. E qui Alberic si
sfregò le mani, mostrando un ghigno che non prometteva nulla di buono.
Bene; ora
vediamo come è davvero la situazione.
Pensiero condiviso da tutti i combattenti perché – anche se non lo
avrebbero ammesso nemmeno sotto tortura – erano estremamente curiosi di ciò che
accadeva ad ognuno di loro… forse pettegoli era il termine che meglio
descriveva la loro sete di conoscenza reciproca.
I cinque lanciarono uno sguardo predatore alla fanciulla che,
ignara dei piani malvagi dei cavalieri, era rimasta a parlare con il giovane
Mime, raccontandogli che voleva andare al villaggio per comprare dei fiori per
la sorella. Mentre chiacchierava amabilmente, una ciocca di capelli le andò sul
viso, obbligandola a risistemarla con la mano mancina.
I God Warriors si bloccarono di colpo, sgomenti e sorpresi,
attirati dal luccichio che il flebile Sole aveva creato a quel semplice gesto della
fanciulla. Gli sguardi di tutti e cinque gli uomini si posarono sulla mano
della ragazza, trasalendo per quello che videro.
«Signorina Freiya, porta un anello.»
«Oh, ti riferisci a questo? – disse portando la mano all’altezza
del viso, il dorso rivolto al cavalieri – Bello vero?»
L’innocenza con cui lo disse fece arrossire i cinque,
imbarazzatissimi ma anche contenti che quel tardo del loro compagno si fosse
deciso. Tuttavia Alberic fece notare loro un dettaglio che gli fece sgranare
gli occhi per lo sconcerto
«È sull’anulare sinistro… congratulazioni.»
La voce un po’ tirata tradiva il risentimento che provava nei
confronti di Hagen, ma in fondo a lui non importavano le frivolezze, men che
meno le questioni amorose di Asgard. Però agli altri quattro constatò che la
cosa dovesse interessava parecchio, dato il modo in cui si erano avvicinati
alla giovane, congratulandosi e chiedendo – seppur in maniera molto vaga – come
e quando glielo avesse dato.
«Beh, è stata mia sorella a dirmi di metterlo all’anulare.»
Rispose la fanciulla tutta contenta mentre rimirava la sua fedina
con una piccola acquamarina incastonata nell’argento.
I God Warriors si gelarono sul posto. Si guardarono con aria
dubbiosa e speranzosa insieme.
Abbiamo capito
male, vero?
Poi, dato il silenzio imbarazzante che aveva circondato la
situazione – pure il venticello leggero aveva smesso si soffiare – Siegfried,
il più coraggioso tra tutti, si decise a porre la fatidica domanda
«Ma, dunque, l’anello non glielo ha dato Hagen?»
La ragazza dapprima lo guardò con aria perplessa, osservò il
proprio anello per poi sollevare lo sguardo ancora confuso e dire con tono
innocente
«No; questo è un regalo che mi sono fatta. È stato un colpo di
fulmine; perché? Che centra Hagen?»
I God Warriors divennero più rossi dell’armatura di Mime,
increduli alle loro orecchie ed anche esasperati, desiderosi di andare a
gettarsi in una fossa.
Angolo dell’Autrice:
Io ho mia mamma che da quando mi sono fidanzata mi assilla, e
quando ha visto che portavo un anello, sul pollice tra l’altro, gli si sono
illuminati gli occhi. Non ci credeva che quell’anello (tra l’altro era l’anello
del Casato Phantomhive di Kuroshitsuji XD) me lo fossi preso da sola. Boh.
Adoro i God Warriors, ma amo ancora di più metterli in imbarazzo;
poveri loro, sono finiti tra le grinfie di un’autrice malvagia
*Buhahahahaha!!!*
So che il detto vi ha sviati, ma dai; è fatto su misura XDD
Spero che vi sia piaciuta.
Alla prossima ^^
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Capitolo 21 *** A Carnevale ogni scherzo vale ***
Titolo: A Carnevale ogni scherzo vale
Personaggi: Aries Mü, Gemini Kanon, Gemini Saga, Pisces
Aphrodite
Contesto: Carnevale
Prompt: Cosplay
Sentimento
Dominante: Sorpresa
Era un martedì del mese di febbraio e tutto il Santuario era
in fermento; quel giorno la Dea Athena aveva indetto una festa per poter
premiare i Saint e permettere loro di riposarsi dalle fatiche che ogni giorno
dovevano affrontare per preservare la giustizia sulla Terra. Quella mattina
Pisces Aphrodite si stava dirigendo a passo spedito verso la Prima Casa; aveva
assolutamente bisogno di vedere il suo custode per potergli chiedere di
sistemare il suo costume. Lo svedese, ben conscio di essere uno dei Saint più
belli dell’intero Santuario – se non il più bello in assoluto – non voleva
assolutamente sfigurare davanti a tutti… difatti a differenza dei suoi colleghi
era rimasto entusiasta dall’annuncio che la festa sarebbe stata in maschera. Aveva trovato il vestito
perfetto, che gli stava divinamente e nessuno avrebbe mai potuto batterlo in
quel confronto; tuttavia in mattinata, mentre si provava per l’ennesima volta
il proprio abito vittoriano ricco di fronzoli e merletti, un bottone gli si era
staccato e prima di poter dare il via ad una crisi isterica che avrebbe
raggiunto persino la sua terra natale, si ricordò del tibetano e della sua
innata capacità di risolvere tutti i problemi. Ed eccoci all’inizio della
storia, dove un trafelato Aphrodite si dirige a passo spedito verso la sua
ancora di salvezza, ma quando giunse all’ultima scalinata vide i due Saint di
Gemini uscire dal Primo Tempio e dirigersi nella direzione opposta alla sua con
due enormi sacchi ed un sorriso trionfante e soddisfatto sui visi identici.
Sembra che non sia
stato il solo a pensare al Grande Mü; accidenti! Beh, non importa, nessuno può
sperare di battermi! Però ora devo correre dal mio salvatore!!!
Come entrò senza tanti complimenti negli alloggi privati, vi
trovò il tibetano ad armeggiare con martello e scalpello e con degli oggetti a
lui molto famigliari… come si rese conto di cosa aveva in serbo per quella sera
il Grande Mü, capì che non avrebbe mai potuto competere. Un gemito di sorpresa
gli uscì dalle belle labbra mentre il rossore per la meravigliosa idea che il
tibetano era riuscito a concepire gli fece portare la mano davanti alla bocca.
Solo allora l’Ariete parve accorgersi del commilitone e scattò nel tentativo di
nascondere ciò a cui stava lavorando, rosso in viso per essere stato colto in
flagrante.
Ma che carino.
D’improvviso la mano calò dalle labbra dello svedese per
mostrare un sorriso sornione e ferino; ora era certo che Mü lo avrebbe aiutato
e – incredibile ma vero – magari, tanto per mostrare la sua magnanimità,
avrebbe contraccambiato il favore.
«Tu aiuti me, ed io aiuto te, come buoni compagni.»
*
La sera alla Tredicesima Casa la festa era
iniziata; tutti
gli abitanti del Santuario erano lì a godersi un po’ di
divertimento e svago
pienamente meritati. Saori Kido si era dovuta assentare per un impegno
improvviso ma non se l’era sentita di annullare tutto, dato che i
più
entusiasti erano i giovani apprendisti e la maggior parte dei Bronze
Saint. Ognuno
aveva un costume diverso: spiccavano i due gemelli che indossavano due
Surplici
di Gemini perfettamente identiche a quella che Saga indossò
nella Guerra Sacra,
Milo che portava un costume da moschettiere con tanto di cappello e
piuma enormi,
Shura travestito da Zorro*, Camus da mago e Shaka da prete
cattolico… Kiki era
vestito da pecorella e saltellava qua e là spargendo coriandoli
addosso ad ogni
singolo invitato. Tutti si stavano divertendo a modo loro; chi
ubriacandosi, chi
importunando gli altri, ecc. fino a che non giunse una persona
inaspettata: la
Dea Athena alias Saori Kido. Tuttavia aveva qualcosa di diverso;
sorrideva ed
aveva le guance candide leggermente arrossate, velo di imbarazzo per
l’attenzione che tutti i presenti le stavano rivolgendo. Aveva un
abito bianco
a collo alto che scendeva stretto sul seno e sull’addome fasciato
dalla solita
fibbia dorata, per poi allargarsi sui fianchi e scendere fino a terra.
All’altezza del collo vi era un nastro che fasciava le spalle; ad
esso erano
cucite due maniche tagliate di sbieco, in tulle, che scendevano morbide
lungo
le candide braccia della fanciulla. La mano destra sorreggeva la Nike.
Tutti i
Saint le andarono incontro per omaggiarla e per godersi i suoi dolci
sorrisi - dalla loro Dea poco apprezzati, dato che quasi mai ne faceva.
Arrivò anche il turno dei gemelli di godere del sorriso
della Dea, ma quando i due le giunsero dinnanzi, alla fanciulla si illuminarono
gli occhi; si avvicinò loro e con la mano libera andò a toccare il pettorale di
Saga, suscitando in lui un gemito di sorpresa ed un vistoso rossore sul viso.
La Dea continuò la sua contemplazione e poi guardò i due Saint con occhi
soddisfatti, sorrise sinceramente e disse
«Sono proprio soddisfatto del risultato; non mi aspettavo di
avere riprodotto così minuziosamente le due Surplici. Credevo che l’effetto
sarebbe stato totalmente diverso dato il poco tempo che mi avete dato.»
L’intera sala ammutolì di colpo, perfino Kiki si era
pietrificato nel sentire quella voce.
Tutti tranne Aphrodite, che ghignava sotto i baffi.
Vendetta!!!
Angolo
dell’Autrice:
Che dire, la
storia parla da sola e comunque una cosa del genere mi è capitata alle
elementari, con un mio compagno che si travestì da donna. Però eravamo in un
convento di suore!!! L’atmosfera era assolutamente identica XD E se qualcuno se
lo è chiesto, è stato Aphrodite a truccare Mü, rendendolo una Saori Kido
perfetta.
Spero che la
storia vi sia piaciuta; buon Carnevale e buon inizio Quaresima a tutti (buon
mercoledì delle Ceneri).
* preso
dalla ff “Di fratelli custodi e di paladini ubriachi” di kymyit, ve la consiglio caldamente perché fa morire dal ridere…e
non solo ^^
Questa storiella
è stata scritta il 10 febbraio 2016, in onore del Carnevale XD.
Revisionata e corretta oggi; a
conclusione delle mie sfortune… magari ^^’’
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