Voci sorelle

di SoltantoUnaFenice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Ryo spalancò gli occhi di scatto, il fiato corto e il sudore che gli copriva la schiena. Quel ricordo vecchissimo, con la sua sensazione di ancestrale paura e totale solitudine, si era trasformato in un sogno e lo aveva colto a tradimento.
Non ricordava che età avesse, ma doveva essere molto piccolo, perché c'era ancora sua madre. Erano andati a Tokyo a trovare alcuni parenti, e nel grande centro commerciale lui si era perso.
Le scansie erano alte e tutte uguali: si era distratto un attimo e si era ritrovato solo.
Aveva cominciato a correre avanti e indietro, convinto di potersi orientare come faceva tra gli alberi attorno a casa, ma non aveva fatto altro che confondersi ed allontanarsi ancora di più dai suoi genitori.
Non era passata più di una decina di minuti prima che lo ritrovassero, ma a Ryo erano parsi un'eternità. Nella sua mente di bambino il terrore si era inciso così profondamente, che ricordava quel momento come se fossero passati appena pochi giorni, invece che quasi quarant'anni.
Ed ora il suo cuore era andato a ripescare quel ricordo, e non era difficile capire il perché: solitudine e terrore lo avevano accompagnato mentre cedeva al sonno ed alla debolezza, e in quell'istante – mentre le palpebre si chiudevano sulla volta grigia della grotta in cui era tenuto prigioniero - Ryo si era sentito esattamente come il sé stesso di tre o quattro anni.
Non si era mai più sentito così perduto come allora.
Di certo non da quando aveva incontrato i suoi nakama, e li aveva sempre avuti accanto.
Ma ora era di nuovo solo, solo come aveva creduto di essere quando i suoi genitori erano spariti dalla sua vista.

 

Jirogoro sbuffò, portando le mani ai fianchi e facendo scorrere lo sguardo lungo il fianco della montagna. Il mondo era cambiato decisamente troppo da quando ne aveva fatto parte: anche se era rimasto fuori da quegli ammassi di cemento e rumore che erano diventate le città, il paesaggio gli sembrava ugualmente illeggibile. Le strade avevano un aspetto uniforme e duro, ma almeno erano chiaramente strade.
Ma tutte quelle lastre di metallo piene di simboli e disegni che si ergevano ovunque, in cima a stretti pali, cos'erano? E tutte quelle corde dall'aspetto metallico che correvano ad onde nella campagna, anch'esse appese tra un palo e l'altro?
Scosse la testa, contrariato: questa realtà era molto più incomprensibile di qualsiasi illusione contorta si fosse divertito a creare quando era al servizio di Arago. Non vedeva l'ora di tornarsene a Bonnokyo, ma non l'avrebbe fatto a mani vuote.
Erano giorni che lui e Kujuro battevano palmo a palmo il Giappone alla ricerca di Rekka.
Kayura aveva aperto il passaggio, ma non era riuscita a fare di più: nonostante il suo ruolo di custode, il suo sguardo non riusciva ad individuare il samurai.
Avevano ipotizzato ci fosse di mezzo un sigillo, o qualcos'altro di simile, e si erano rassegnati a cercare alla vecchia maniera.
Avevano stabilito che sarebbero rimasti fuori dai centri abitati: era molto improbabile che quei maledetti youja li avessero scelti per nascondersi lì. Di certo anche per quella feccia sarebbe stato difficile passare inosservati ed orientarsi.
Dopo giorni di ricerche infruttuose, però, il masho cominciava a chiedersi se le cose stessero davvero così, o se la loro scelta su dove cercare fosse stata influenzata dal desiderio più o meno conscio di voler evitare tutte quelle persone con le loro diavolerie moderne.
Se al tramonto fossero stati ancora punto e a capo come ora, Jirogoro si ripromise di contattare il demone dell'oscurità e decidere se fosse il momento di cambiare radicalmente strategia.

 

Ryo non riusciva a non esserne certo: i suoi nakama erano tutti morti.
Benché non fosse la prima volta che si prospettava il peggio per l'uno o l'altro tra loro, stavolta non vi era modo di aggrapparsi alla speranza o farsi delle illusioni: Ryo li aveva veduti cadere davanti ai suoi occhi, mentre cercavano – per l'ennesima volta – di proteggerlo ed aiutarlo a controllare la kikoutei.
Li aveva visti a terra, privi di vita. Ma soprattutto, avvertiva la loro mancanza attraverso il legame, che si era trasformato in un silenzioso canale ad una sola uscita. Uno schermo grigio che friggeva piano in attesa di segnale, come un vecchio televisore staccato dall'antenna.
Non era certo la prima volta che il contatto tra loro restava muto: a volte uno di loro era stato così male da non riuscire a farsi sentire: ricordava bene lo strappo nato dal ferimento di Seiji, quando era stato investito da quella moto, o il silenzio terribile di Shin, quando aveva assorbito lo spirito di quella sorgente e ne era stato totalmente sovrastato.
Altre volte la voce delle armature era stata coperta da qualcosa di più forte, come quando erano stati portati alla sorgente di Izumi, e la sua essenza primordiale li aveva nascosti gli uni agli altri.
Ma stavolta era totalmente diverso: le quattro armature erano vive e presenti: Rekka era in risonanza con loro. Erano le voci dei suoi nakama a restare mute.
Ryo sapeva bene cosa accadeva quando moriva il portatore di una yoroi.
Lei lo abbandonava, nascondendosi al mondo in attesa di scegliere un nuovo guerriero da vestire. Così aveva fatto Kiryoku quando Shuten era morto, ed ora riposava a Bonnokyo, custodita da Kayura.
Così stavano facendo Kourin, Suiko, Tenku e Kongo, e la loro voce continuava a chiamare Rekka, unica sorella mancante. Ma Rekka restava legata a lui, ostinatamente, e lui non sapeva più che farsene.
Perchè quei maledetti youja non uccidevano anche lui e gli lasciavano raggiungere i suoi nakama? Perchè prolungavano la sua agonia, abbandonandolo da solo, imprigionato in quel luogo?
In realtà sapeva bene il motivo: cercavano un modo per accedere alla kikoutei. Lo tenevano in vita solo per mantenere la presa anche sull'armatura.

 

Kujuro non era sicuro di star agendo secondo logica, stanchezza o sensazione.
Al contrario di tutti i luoghi visitati fino a quel momento ed abbandonati subito, si era ritrovato a girare attorno a quella collina già da un po', senza un apparente motivo.
Subito oltre il primo crinale, dietro ad un boschetto di poche file di alberi, si apriva una radura quasi pianeggiante, costellata di massi erratici più o meno grandi.
Lì Shikkoku aveva avuto una sorta di sussulto.
Era stato talmente rapido che il masho cominciava a credere di averlo sognato, eppure non riusciva ad andarsene da lì. Sapeva che le cinque yoroi comunicavano tra loro, riconoscendosi e trovandosi anche a distanza.
Ma le altre quattro non ne erano in grado, o forse avevano dimenticato come farlo quando Arago ne aveva preso possesso assieme a chi le vestiva.
Ora invece sembrava quasi che la sua armatura stesse cercando di entrare in risonanza con qualcosa, e Kujuro pregò che quel qualcosa fosse proprio Rekka.

 

Quanti giorni erano passati? Almeno dieci, o forse undici. All'inizio Ryo era riuscito a tenere il conto del tempo, perché nella grotta permeava abbastanza luce da riuscire a distinguere il giorno dalla notte. Ormai conosceva la città degli spiriti a sufficienza da sapere che lì non vi era alcuna alternanza regolare tra giorno e notte, quindi era quasi certo di essere ancora nel mondo degli uomini.
Non era strano: gli youja ad averli attaccati erano molti, un piccolo esercito. Di certo non si arrischiavano a mostrarsi a Bonnokyo, dove un tale raggruppamento di forze non sarebbe sfuggito allo sguardo vigile di Kayura. Erano così tanti che per un attimo lui ed i suoi nakama avevano temuto il ripresentarsi di uno spirito maligno simile ad Arago, capace di influenzare e raccogliere sotto di sé molte forze, ma non avevano individuato un capo tra loro.
Forse, semplicemente, non avevano fatto in tempo: erano stati annientati prima di capire cosa stesse succedendo. Le immagini della battaglia e dei suoi nakama ripresero a scorrere nella sua mente, incontrollate come un odioso motivetto che risuona nelle orecchie, tanto più insistentemente quanto più vorremmo farlo smettere.
Ryo strinse con forza gli occhi, premendo il viso contro una delle braccia sollevate verso il soffitto della grotta, ma qualcosa interruppe quella tortura. Rekka vibrava. Prima sommessamente, poi come brace scoperchiata dal vento, si accese brillando di un rosso cupo.
Aveva riconosciuto voci nemiche, ed almeno una voce sorella. Ma soprattutto, aveva sentito rintocco di battaglia.

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Capitolo 2
*** Due ***


La porta si aprì lentamente, creando una lama di luce calda che si allungava nella stanza. Quando Kayura la attraversò, il kimono si accese di verde chiaro e grigio, per poi tornare scuro nella penombra.
Sul basso piano di pietra scura, addossato al muro, rilucevano quietamente cinque sfere, posate su un panno bianco. Le osservò: Kiryoku era al centro, più vicino al muro, le altre quattro erano allineate vicino al bordo. Nonostante il modo in cui le aveva disposte, non vi era una vera differenza tra loro. Riposavano allo stesso modo, e apparivano totalmente della stessa natura.
Quando Naotoki qualche giorno prima gliele aveva consegnate, Kayura aveva provato un brivido. Una sensazione così fredda che aveva esitato ad allungare le mani per riceverle: le era sembrato quasi di non avere abbastanza forza per occuparsene.
Invece non era accaduto nulla. Le aveva posate lì, assieme all'armatura che era stata di Shuten, e aveva capito che non erano Kourin, Suiko, Kongo e Tenku a spaventarla, ma soltanto l'idea che esse non abitassero più nei quattro cuori a cui erano appartenute fino a quel momento.
Ma non c'era stato tempo per lo sconforto.
“Dobbiamo trovare Rekka.” Aveva detto Kujuro, e da quel momento non avevano fatto altro che cercare.
Ma stavolta il suo sguardo, che si estendeva su tutta Bonnokyo e sul mondo degli uomini, sembrava offuscato. Per quanto cercasse, non era stata in grado di trovare Ryo, nè l'esercito di Youja che lo avevano fatto prigioniero.
Se limitarsi ad osservare senza quasi mai agire, obbedendo alla volontà di Kaosu, le era sembrato frustrante, ora si sentiva davvero inutile. E a questo si univa la strisciante sensazione di non aver agito nel modo giusto fin da quando questa storia era iniziata.
In qualche modo inspiegabile, una gran quantità di Youja si era raccolta, forse sotto un'unica guida, e lei non ne aveva avuto il minimo sentore.
Quando erano comparsi sulla terra non era nemmeno riuscita a percepire il loro passaggio attraverso il confine, e questo le sembrava ancor più incredibile. Infine aveva lasciato che fossero i samurai ad occuparsene, limitandosi a far sapere a Touma che i suoi nakama si erano riuniti e che si stavano preparando a combattere. L'esito della battaglia aveva reso evidente quanto il problema fosse stato sottovalutato, e tutto questo le faceva venir voglia di mettersi a gridare per la rabbia, svestire i suoi composti abiti da custode e scendere sulla terra al fianco dei masho, possibilmente impugnando una spada.

 

La battaglia era lontana: Ryo riusciva a percepirla attraverso Rekka, ma non attraverso i sensi. La yoroi che aveva sentito non era nessuna di quelle dei suoi nakama, e lui non riusciva davvero a stupirsene. Forse concentrandosi avrebbe potuto distinguere qualcosa di più sulla natura di questa armatura che sentiva come alleata, ma non aveva la forza per farlo. Non c'era molto che potesse interessargli, arrivato a questo punto, e anche se qualcuno stava combattendo per lui, per liberarlo, l'idea non riusciva a distoglierlo dalla disperazione in cui era piombato.
Gli appariva tutto talmente assurdo che non poteva fare a meno di ripensare a ciò che era accaduto, fin dall'inizio, e continuare a sentirsi come se si trattasse solo di un sogno sconclusionato dal quale non riusciva a svegliarsi. Ripensò al giorno in cui si erano accorti che stava di nuovo accadendo qualcosa. L'avevano percepito nei giorni precedenti, come già era accaduto tante volte, e poi ne avevano visti gli effetti nei notiziari in televisione: incidenti inspiegabili, strane apparizioni divenute così frequenti da non poter essere bollate come il delirio di qualche squinternato.
Si erano sentiti, ed avevano deciso di riunirsi vicino a Tokyo, in modo da essere pronti a ciò che sarebbe accaduto. Quando Touma li aveva raggiunti, comparendo all'improvviso dopo mesi di silenzio, non avevano avuto nemmeno il tempo di gioirne. I nemici erano così vicini che loro potevano percepire esattamente dove si trovassero. Erano corsi là, e avevano trovato un gran numero di creature intente a distruggere un tratto di ferrovia per far deragliare un convoglio shinkansen, sicuramente pieno fino all'orlo di persone, che stava giungendo a gran velocità.
Non era stato semplice impedire un disastro: avevano impiegato molte energie per fermare il treno prima che arrivasse al punto in cui i binari si interrompevano, e ancora di più ne avevano perse per affrontare tutti quei demoni ed impedire loro di attaccare i passeggeri.
Ma non se ne erano accorti davvero, perché quando la situazione era divenuta chiaramente ingestibile, avevano deciso di provare a richiamare la Kikoutei.
Ryo continuava a chiedersi come avesse fatto a non rendersi conto che per i suoi nakama sarebbe stato troppo. Come aveva fatto a non capire che li avrebbe resi troppo vulnerabili, in una situazione già difficile? Non sapeva rispondersi, ed il rimorso bruciava così forte da essere insopportabile.
L'Armatura Bianca, poi, si era rivelata talmente instabile che aveva continuato a risucchiare le loro forze anche quando ormai erano a terra, totalmente inermi. Lui era riuscito a scagliare qualche colpo, falciando file intere di nemici, ma poi era stato sopraffatto dalla forza della sua stessa armatura. Quando si era risvegliato era già in quella grotta, e tutto ciò che riusciva a sentire era il silenzio dei suoi nakama.

 

Il sole stava cominciando a scendere, avvicinandosi al profilo delle colline, e Jirogoro era immobile, intento a cercare di leggere la sensazione di allarme che percepiva. Se tra lui e gli altri masho ci fosse stato un legame simile a quello che univa i samurai, forse sarebbe riuscito a distinguere il dove ed il come, magari intuendo in che direzione muoversi, ma non era così.
Non ancora, almeno. Per quanto l'idea all'inizio gli fosse sembrata quasi fastidiosa, col tempo si era ritrovato a pensare che invece non sarebbe stato così tanto male. Di certo in quel momento gli sarebbe stata molto utile.
Oltretutto la natura mutevole di Mugen lo confondeva, dandogli letture sempre diverse della realtà. Le doti della sua armatura non erano d'aiuto quando si trattava di muoversi in un territorio così nuovo e difficile da comprendere.
A cavarlo d'impiccio fu la voce di Kayura, che gli giunse leggera come se lei fosse a pochi passi, anche se non aveva lasciato la propria casa.
Kujuro stava combattendo, e forse aveva trovato Ryo. In un attimo il dove ed il come furono chiari al demone dell'illusione, che chiuse gli occhi sussurrando alla propria yoroi di trasportarlo in quel luogo. Un attimo dopo era scomparso, esattamente nel momento in cui il sole, trasformatosi in una enorme sfera rosso fuoco, aveva cominciato a calare al di là della linea ondulata delle colline scure.


Lo so, è un capitolo davvero corto. Ma questo è esattamente il punto in cui doveva finire, e non mi piace allungare il brodo per renderlo più corposo... Al prossimo! :*

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