Lost

di Assiage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Avviso per tutti i lettori! ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



I sopravvissuti al massacro erano accalcati insieme al margine della foresta quando l'alba si diffondeva nel cielo - Chingachgook, i suoi due figli e le sorelle Munro.

Uncas giaceva stordito, il suo respiro leggero, il suo sguardo luminoso e febbricitante. Molti pensieri correvano attraverso la mente del giovane Mohicano, immagini che aveva dimenticato. Il cuore non dimentica mai, pensò egli intontito, cominciando a tremare. Suo padre condivise uno sguardo preoccupato con Nathaniel.

Mai..., pensò Chingachgook, non dimenticherò mai l'immagine di mio figlio nello strapiombo, stavo quasi per perderlo... Egli volse lo sguardo sconvolto verso la esile ragazza bianca con i capelli del colore della luna, la causa della pazza fuga di Uncas su per il fianco di quella montagna.

I suoi occhi si posarono furtivamente sui polsi di Alice, scorticati crudelmente dalle corde di Magua. Le sue mani insanguinate aggiustarono delicatamente la sua gonna rosa chiara, e si avvicinò gradatamente a Uncas, i suoi lisci capelli biondi, la sua pelle chiara e luminosa. I suoi occhi azzurri apparivano molto grandi mentre guardava il suo figlio minore, solenni e fissi.

Uncas mormorò ancora e si rigirò irrequieto in un delirio di febbre. Le sue ferite profonde venivano costantemente pulite e disinfettate, le bende cambiate.

Loro non potevano fare niente, comunque, per abbassare la febbre che infuriava in lui. Chingachgook osservava tutto ciò, calmo e stoico. Egli vedeva l'agitazione del suo figlio bianco, la ragazza dai capelli scuri che si torceva le mani, la ragazza dai capelli d'oro con lo sguardo basso in un silenzio ininterrotto.

Ma no. Chingachgook non avrebbe ceduto alla disperazione e allo sconforto. La morte era sempre stata un'ospite fissa nella sua vita, reclamando la sua famiglia e sua moglie quando era ancora giovane.

La morte non avrebbe reclamato suo figlio.

La morte era sleale nel senso che non offriva scuse, giustificazioni, e prendeva coloro la cui ora era arrivata - che fosse un padre coraggioso che sorrideva teneramente a un figlio addormentato, che fosse una bellissima moglie con i capelli neri color carbone e occhi sorridenti.... Chingachgook conosceva i segreti del tempo e della natura.

La morte era incombente, ma non presente.

Quando Uncas si voltò, Chingachgook vide una mano chiara e esile accarezzare la faccia di suo figlio. Nathaniel, seduto con Cora tra le sue braccia, si offuscò alla vista della mano di Alice. Tutti osservarono silenziosamente mentre Alice posò delicatamente la mano sulla fronte di Uncas, con sguardo concentrato.

Chingachgook pensò che forse la sua mano potesse essere troppo gelida e appiccicaticcia, e si mosse manifestando disagio. Uncas aprì gli occhi per un istante e sorrise negli occhi della Ragazza di Luna. Alice ricambiò il suo sorriso e tenne il suo sguardo finché gli occhi di lui si chiusero, con un respiro pesante ma regolare.

La febbre è ancora presente, valutò Chingachgook, osservando il velo di sudore lucente su suo figlio. Ma adesso, al tocco di una ragazza bianca di appena 18 inverni di età, lui dormiva tranquillamente.

Quando gli occhi di Chingachgook incontrarono lo sguardo deciso di Alice Munro, strani pensieri cominciarono a passargli per la testa. Egli incontrò lo sguardo di Alice come se fosse la prima volta che la vedesse... il che, in un certo senso, era così.
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Uncas era perso nello spettro tra luce e oscurità. C'era una strana sensazione di galleggiamento e la sua mente febbricitante in qualche modo creava la connessione. Come poteva fluttuare, se era su un solido terreno?

A meno che non stia morendo.

Uncas non era spaventato. Per niente.

La morte era il padre del sonno, dopo tutto. Tutto ciò che lui sentiva erano i rimpianti, tutti i rimpianti nascosti della sua vita che lui aveva cercato così valorosamente di tenere a bada. Di che utilità erano per un uomo i desideri incompiuti, l'angoscia e i rimpianti? Erano emozioni inutili, lui lo aveva deciso tanto tempo fa...

Ma ahimè, alcuni volti spettrali apparvero a Uncas senza alcun invito. Egli vide il volto bellissimo e gioioso di sua madre. I suoi occhi scuri che sembravano sorridere sempre.

Il suo migliore amico d'infanzia, Keesog. Da bambini, in un giorno fatale, decisero eccitati di incontrarsi presso la cima di una alta collina. Uncas allora aveva 10 anni. Keesog raccontò a Uncas una storia ascoltata da alcuni mercanti di passaggio; la storia raccontava che sulla cima della collina giacevano i resti e i tesori dei soldati Yengeese morti tanto tempo fa.

Invece di incontrarsi con il suo amico, Uncas si dimenticò prontamente e accompagnò suo Padre e suo fratello a pesca. Di ritorno dalla gita, essi vennero accolti dalla notizia - il giovane Keesog in qualche modo era caduto in un burrone nella collina, rompendosi la testa e sanguinando a morte sul suolo impolverato della collina.

Uncas cadde in stato di shock. Solo quella mattina aveva visto il suo fedele amico. Con il suo grande sorriso a trentadue denti, gli occhi accesi di aspettative e gioia alla possibilità di trovare ossa, tesori e gloria.

Non posso crederci! Qualcuno ha inventato questa bugia!, lui urlò prima di gettarsi tra le braccia di suo Padre e nell'oscurità imminente.

La faccia di Keesog gli sorrideva. Nessuna ferita mortale, nessuna paura, e un sorriso rassicurante al suo vecchio compagno.

Sarebbe stato un buon guerriero.. pensò Uncas nel suo stordimento.

Uncas vide passare davanti a sé conoscenti e amori passati in una schiera di vivace silenzio, quando improvvisamente, qualcosa lo fece balzare. Un lampo di colore.... tessuto rosa.

Egli guardò obliquamente, ricordando. Tessuto rosa; dita lunghe e affusolate, capelli biondi e occhi azzurri maledettamente belli. Occhi blu ampi come il cielo della prateria.

Signorina Alice.

Lui aprì gli occhi e offrì un sorriso alla graziosa biondina inginocchiata davanti a lui, la ragazza che aveva catturato il suo cuore. I suoi occhi si chiusero e dormì.
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Alice guardò Uncas dormire tranquillamente e seppe che il suo cuore apparteneva a lui.

Lei gettò uno sguardo sulla luce del fuoco. Nathaniel e sua sorella Cora erano seduti insieme, sussurrando, e lei capì con un sobbalzo che Chingachgook la stava guardando, con il fuoco riflesso nei suoi occhi scuri. Lei si leccò le labbra screpolate e tirò fuori una domanda dal nulla per mascherare il suo imbarazzo.

"Dove andiamo adesso?" chiese lei, con la voce che si incrinava come se avesse foglie secche nella gola.

"Ci dirigiamo a ovest," disse lui dopo un po'. " Lontano dagli Inglesi e Francesi che combattono".

"Andrete in Can-tuck-ee?" chiese lei, avendo sentito questa frase da Uncas.

"Sì". Lui fece una pausa, e poi, " e tu, Ragazza di Luna?"

Improvvisamente Cora si voltò, con gli occhi che scintillavano pericolosamente nell'oscurità.

"Cosa intendi dire?" chiese lei bruscamente. "Io e mia sorella staremo insieme. Lei ci accompagnerà in Can-tuck-ee".

"Alice è una donna matura," mormorò Nathaniel gentilmente a Cora. "Anche se mi farebbe immenso piacere se lei si unisse a noi, la scelta è sua, se ritornare a Londra o stare qui."

"Come puoi dire una cosa simile?" sussurrò in modo fiero  la sorella Munro dai capelli scuri.

"Io e Alice non abbiamo parenti in Inghilterra. Sarà sola! Il Re può impiccarsi per ciò che me ne importa. La nostra casa sarà qui! In più, lei ancora non è cresciuta."

I suoi occhi si rivolsero verso Alice. "Alice, hai... hai..." Lei pensò intensamente, cercando di ricordare. "Tu hai 16 anni quest'anno? Non è così?"

Alice si sentì ferita profondamente, ma solo per un momento. Lei non riusciva a costringersi ad essere arrabbiata tanto a lungo. In effetti, Cora non era da criticare. La sua famiglia non aveva festeggiato una sola volta il suo compleanno. La loro madre morì dando alla luce Alice. Che cosa c'era da festeggiare?

Alice si schiarì delicatamente la voce.

"Ho 18 anni," rispose tranquillamente.

Cora la fissò. "Ma tu hai detto...Io pensavo..."

"Sei 4 anni più grande di me," Alice ricordò a sua sorella.

Cora arrossì e rimase in silenzio per un secondo. "Perdonami, sorella," disse lei calma. " Questo è orrido da parte mia. Che razza di sorella sono, che mi dimentico della tua età?"

Alice sorrise dolcemente, ma stancamente. "Una sorella che è troppo preoccupata per cose di maggior importanza. Non c'è niente da perdonare."

Nathaniel sorrise ad Alice calorosamente. Amava la sua dolcezza.

"O forse," mormorò Cora. "Una sorella che ancora ti vede come una ragazzina".

Si sorrisero l'un l'altra attraverso la tremolante luce del fuoco, catturate nelle memorie del passato. Una giovane ragazza dagli occhi fieri con voluminosi riccioli neri, che afferrava in modo possessivo la mano di una piccola bambina bionda... Una ragazza bionda, che fissa la sua sorella maggiore, più saggia con speranza e fiducia...

Cora emise una risata gutturale che echeggiò verso gli alberi e oltre.

"C'è poco da meravigliarsi.. quando ho sentito la notizia del tuo fidanzamento con Jeremy Forsythe, mentre ero a Dorchester, ho scritto a nostro Padre una lettera arrabbiata, chiedendo perché lui ti avrebbe data in sposa a questa giovane età. Era così sconcertato! "Ragazze più giovani di lei sono diventate mogli", fu la sua risposta!" Cora ridacchiò, allegramente inconsapevole che l'umore di Alice era calato.

"Eri fidanzata, signorina Alice?", Nathaniel chiese con interesse.

Alice annuì brevemente. Nathaniel notò l'espressione attenta sulla sua faccia e così tralasciò l'argomento. Inoltre, lui non era mai stato troppo sottile nel porre le domande.

Ma lo stesso, lui si chiedeva quale fosse la storia.
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L'alba spuntò tiepida e frizzante, e i viaggiatori erano sopravvissuti alla loro prima notte.

La febbre di Uncas se ne era andata poco prima dell'alba, con travolgente sollievo di tutti i presenti. Comunque restava il fatto che era ancora troppo debole per essere trasportato.

Gli uomini cominciarono a conversare nella loro lingua e mentre Cora faceva uso della sua esperienza medica per prendersi cura di Uncas, Alice si rese utile percorrendo a piedi la breve distanza verso un ruscello zampillante per sciacquare le bende di Uncas. Si sedette presso il ruscello e cominciò a strofinare vigorosamente, guardando il sole sorgere come da ceneri amare per colorare il mondo in rosa e arancione.

Alice non poteva credere che lei e sua sorella fossero sopravvissute. Nientemeno che Uncas era corso da solo, per salvare lei, una ragazza inglese che aveva conosciuto solo per un breve arco di tempo.

Il tempo, tra l'altro, è una questione molto ingannevole, pensò principalmente Alice.  Uncas era quasi morto su quel promontorio per essere stato ferito da un affilato pugnale, finché suo padre e suo fratello erano arrivati, e appena in tempo, tra l'altro, per finire Magua e i suoi guerrieri Uroni.

In seguito, il gruppo stordito e insanguinato scese incespicando dalla cima della montagna e tutti fecero ciò che poterono per Uncas. Si preoccuparono per il braccio fratturato di Uncas e pensarono con che cosa fasciarlo, finché Alice ebbe una trovata - i loro corsetti!

Erano piccole imbottiture spaventosamente strette, fatte di una specie di osso, niente di meno, e a giudicare dalle contusioni che Alice aveva accumulato dall'età di 13 anni, semplicemente per indossare il suddetto indumento...beh... La sua intuizione l'aveva ripagata. Le ragazze cedettero i loro odiosi corsetti, che furono privati di lacci e fronzoli vari e vennero usati per fasciare le ossa fratturate di Uncas.

"Non posso credere che voi ragazze dovevate indossare questo!" esclamò Nathaniel, atterrito, ma ridendo in un momento di divertimento, prima che Uncas cominciasse ad avere i brividi quando la febbre salì.

Il sorriso di Alice diventò malinconico mentre strofinava più forte.

Uncas...

Soltanto il suo nome le faceva venire quello strano brivido lungo la schiena. Cosa dedurre da questo? Lei non era mai stata innamorata.. Nemmeno di Jeremy. Pensò sospirando, ma bandì quelle riflessioni per paura di provare di nuovo il bruciante sentimento dell'umiliazione.

Uncas, il cui sguardo continuava a cadere su di lei dopo il primo attacco di Magua e dopo la loro presentazione, non corrispondeva affatto all'idea che Alice aveva di un pellerossa. Non c'era niente di turpe o selvaggio in lui. Era alto, forte, insopportabilmente bello. Il suo incarnato, non rosso come lei aveva pensato, era di un marrone caldo, non diverso da quello dei marinai e di quelli che lavoravano all'aperto.

Uncas, i cui occhi scuri la fissavano avidamente al forte assediato dopo il loro incontro privato all'esterno.

Le mani di Alice tremavano ed emise un respiro tremolante. Si sedette sulla riva del ruscello, ricordando.

Si presupponeva che lo scoppio del cannone francese in un certo modo la cullasse nel sonno, pensava sprezzante mentre girovagava per le sale tortuose del forte, l'atmosfera densa di lamenti di persone ferite o moribonde.

Respirò a fatica. Non aveva lo stomaco per questa sofferenza, e così, uscendo un po' fuori, si sentì subito meglio. Gironzolò per l'accampamento e vide, rimanendo scioccata, intere famiglie, mogli che afferravano mariti feriti, giovani ricavare il meglio da una situazione orribile e, rifiutando di sprofondare nella disperazione, girare in un vortice di danze e tamburi, flauti e violini che fendevano l'aria. Un potente testamento al forte potere della gioventù.

Tutto ciò era strano ai suoi occhi. Gli Inglesi erano noti per il loro notevole contegno e questi Americani sceglievano di attaccarsi alla felicità almeno per una notte in più. Sono stupidi? Lei si chiedeva. Oppure sono coraggiosi?

Si scrollò i suoi pensieri disordinati e affrettò il passo. A che cosa serve il coraggio quando qualcuno è morto?

Un formicolio dietro al collo le disse che qualcuno la stava osservando. Guardò a destra e appoggiato là con una carabina stava il giovane Mohicano, Uncas. Lui le offrì un piccolo sorriso e annuì sapendo di essere stato riconosciuto, completamente disinvolto nell'essere stato colto nel sacco mentre la occhieggiava.

Alice tirò su con il naso. Ma in realtà lui la spaventava. Il suo sguardo fisso costante era destabilizzante, specialmente il modo in cui esso causava quel dannato brivido che la attraversava.

"Buonasera, Signore", Alice disse guardinga mentre Uncas le si avvicinava lentamente.

Uno scoppio di cannoni particolarmente forte la fece urlare di paura, e girò su se stessa così tanto che inciampò. Uncas non era nemmeno trasalito a quel rumore mentre la osservava, con i suoi occhi scuri penetranti.

"Sera, signorina," replicò lui. "Si gode il panorama?"

La stava stuzzicando, e lei non sembrò gradire proprio per niente. E se fosse stata permalosa?

"No." Lei sollevò il mento. "Stavo dando una mano in infermeria".

"Lo so," disse lui, e se ne stette di nuovo in piedi tranquillamente, osservandola finché lei cominciò ad agitarsi.

"Chiedo scusa, signore", disse lei in tono tagliente. "Ma siccome ci tengo alla vita, non sento il bisogno di stare così vicino ai cannoni." E così, cominciò a incamminarsi. Sentì dei passi vicino a lei, si fermò e si girò.

Era di nuovo Uncas.

Lui sorrise. "Mi permetta di camminare con lei, Signorina. Per la sua sicurezza".

Gli diede un'occhiata vacua, e così lui provò di nuovo.

"Per favore?" Lei non pensava che lui stesse implorando. Era veramente preoccupato.

"Va bene..." replicò.

Camminarono in silenzio per 5 minuti, e Alice cominciò a sentirsi sempre più imbarazzata. Così si fermò nell'oscurità vicino all'alloggio di suo padre.

"Grazie, signore. Lei è degno di fiducia per tutti noi," disse Alice pomposamente, voltandosi per andarsene.

"Uncas," disse la sua voce profonda, dolce come il miele. "Quello è il mio nome."

Alice sembrava colpita. "Molto bene,"  riconobbe lentamente. "Non hai un cognome?"

Uncas sgranò gli occhi lentamente e ridacchiò. Stava ridendo di lei! Che nervi! Lui scosse la testa.

"Solo Uncas."

" Bene, "Solo Uncas"," replicò, irritata " E' tutto molto interessante, ma mi chiamerai Signorina Alice."

Lei sembrava molto, molto Britannica.

"D'accordo, signorina Alice."

Lei annuì e si voltò di nuovo per andare, ma la voce di lui la catturò in una morsa.

"Penso che lei sia bellissima, signorina Alice. Anche coraggiosa."

Alice si voltò lentamente. Aveva sentito bene? Coraggiosa? Bellissima? Sapeva di essere graziosa, ma non si era mai considerata bellissima. Quella semmai era Cora; audace, coraggiosa e bellissima.

Un sentimento le nacque nel petto e sollevò lo sguardo su di lui, cercando di sbrogliarlo. Perché non riusciva a respirare quando lui la guardava in quel modo? I pensieri di lei sembravano trasformati in poltiglia e fece l'unica cosa che sembrava avere senso.

Si avvicinò e lo baciò.

Lui ricambiò il suo bacio con una dolcezza ardente e con le punte delle dita la portò più vicina a sé. Il bacio durò quasi 1 minuto. Lei si sentiva come se un piccolo fuoco caldo, bianco bruciasse sotto la sua pelle, e si fermò, respirando a fatica.

Lui lo aveva percepito?

I suoi occhi scuri sembravano persino più scuri, e il bacio mandò ad Alice un fremito di calore che le crebbe nel ventre.
Si fissarono per 10 secondi pieni prima di indietreggiare.

Alice si sentiva congelata.

"Buonanotte," sussurrò lei.

"Buonanotte," rispose lui con gentilezza. Entrambi si voltarono lentamente e proseguirono verso direzioni opposte nella notte.

Alice si scosse per smettere di sognare ad occhi aperti. Dubitava del fatto che molte donne a Londra potessero dire di aver provato qualcosa come questo tabù, questa .... passione proibita per un selvaggio.

Comunque, Alice aveva deciso già molto tempo prima che Uncas non era un selvaggio. Uncas le ha salvato la vita e ha infuso nuova vita in lei, persino in seguito alla morte di suo padre e dell'amico, Duncan.

Raccogliendo le bende bagnate, Alice si trascinò a fatica su per la collina, per tornare da sua sorella e da Uncas.



Note:
Salve a tutti, amici e amiche. Da lettrice e fan della coppia più bella del mondo, ho deciso di provare a tradurre questa fantastica fanfiction. Vorrei ringraziare Eilan per avermi aiutata con la correzione dei capitoli, e l'autrice originale Assiage per avermi dato il permesso. Spero che la storia vi piaccia e vi emozioni, proprio come sta facendo emozionare me! Baciii eliana81

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Alice camminò vivacemente verso il gruppo e posò le bende lavate sull'erba, sperando che il sole del mattino le avrebbe asciugate. Questa mattina sentiva ogni singolo dolore, sia nel suo corpo contuso che nel suo cuore.

Alice affondò lentamente nell'erba e comprese che in qualche modo si era intontita durante l'ultimo giorno. Tutto l'orrore della situazione stava finalmente penetrando.

La sua famiglia era a pezzi.

Suo padre era stato massacrato.

Lei e Cora non avevano assolutamente nessun altro al mondo, tranne questi uomini...

Il sole adesso era pieno nel cielo e gettava i suoi raggi su ciascuno. Colpì i riccioli scuri di Cora, illuminando i toni rossastri dei suoi capelli. Alice sentì il cuore dilatarsi mentre guardava sua sorella. Sentiva molto amore in quel momento; la Cora forte, coraggiosa che non fuggiva mai dal pericolo, ma il cui amore per la sorella minore oltrepassava tutti i limiti e le aspettative.

Alice sapeva che la sua venuta al mondo aveva portato un'ombra scura nel cuore di suo padre, mai sollevata, dato che lui aveva amato profondamente sua moglie. Non lo avrei biasimato per il fatto di detestare la mia vista, pensò Alice cupamente.

Ma no. Edmund Munro aveva amato entrambe le sue figlie con uguale intensità e non sembrò mai rammaricarsi per non aver generato un figlio maschio. Perdere mio figlio per uno dei molti sanguinosi conflitti d'oltremare dell'Inghilterra? Non scambierei un ragazzo per entrambe le mie ragazze. Lui era noto per il suo brontolare sugli avvenimenti durante le cene, cosa che faceva aggrottare le ciglia a quei gentiluomini Inglesi in segno di disapprovazione.

Questa era la sola cosa che il Col. Munro avesse mai detto che suonasse lontanamente "antipatriottica" nei confronti della Corona inglese. Uno Scozzese di nascita, egli si considerava un Inglese fino in fondo ed era stato piuttosto rigido nel suo modo di pensare.

Alice sorrise tristemente. Aveva amato molto suo padre, così come Duncan.

La voce di Cora la svegliò dalle sue fantasticherie. "Alice, hai fame? Nathaniel è andato a caccia nella foresta."

Alice annuì in silenzio e diede un'occhiata alla figura prona di Uncas. Il suo petto saliva e scendeva, ma almeno, anche se debole, lui era ancora vivo. All'improvviso si sentì come se fosse guardata e sapeva istintivamente che era ancora una volta Chingachgook, che la guardava attraverso occhi scuri, socchiusi. A quell'immagine, Alice distolse lo sguardo rapidamente, evitando di dare troppe attenzioni al figlio dell' anziano uomo.

Che cosa deve pensare? pensò lei nervosamente.

Lo sguardo dell'uomo non era sospettoso, ma nemmeno caldo. Alice non era sciocca. Anche se a modo suo, lei capiva il mondo. La gelosia del padre proteggeva i figli, non importa quanto fossero cresciuti, e quale figlio devoto non asseconderebbe un desiderio del padre?

Alice stessa non capiva cosa stesse succedendo o cosa stesse per succedere. Sapeva solo che i suoi sentimenti per Uncas erano forti, ma era esitante, in realtà riluttante a fare qualcosa. I mondi degli Indiani e dei Bianchi erano ancora lontani l'uno dall'altro, su sponde remote. La verità era, e Alice non si illudeva, che Cora era più coraggiosa di quanto lei potesse mai esserlo. Alice non pensava che sarebbe stata capace di fare ciò che era custodito nel suo cuore... unire il suo cuore con quello di un Indiano.

Un dolore riempì la sua anima in quell'attimo, come se una mano di ferro stesse spremendo la linfa vitale dal suo cuore. Lei non sapeva dove fosse il suo posto. Non più. Per tutta la sua vita, si era sforzata solo di compiacere suo padre, di cercare di riparare per aver privato sua madre della vita. Suo padre era stato un uomo coraggioso. Tutti i Munro lo erano.

Alice guardò in modo risoluto oltre le montagne lontane.

Non lo disonorerò adesso con un tale spettacolo vergognoso, decise Alice.

Così, soffocò i tonfi irregolari e dolorosi del suo cuore e andò a sedersi vicino a sua sorella.
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Uncas si svegliò al dolore e al dormiveglia, una costante palpitazione permeava dall'interno del suo corpo. C'era voluto tanto tempo per ricordare dov'era e perché. Ansimando e stringendo la ferita ancora in via di guarigione nel suo fianco, si mise a sedere lentamente. Chingachgook fu al suo fianco in un batter d'occhio.

"Stai fermo, figlio mio," Chingachgook parlò calmo, sostenendo il corpo di Uncas con il suo. Uncas scosse la testa, la sua gola secca.

"Mabei?" mormorò Uncas in Mohicano, chiedendo dell'acqua.

Chingachgook annuì il suo assenso. Prese una fiasca d'acqua e la porse a suo figlio. Uncas la ricevette e si guardò intorno attentamente. Il sole lo stava colpendo direttamente negli occhi.

"Wneeweh," disse. Grazie.

Dopo una lunga sorsata, i suoi occhi scuri giravano irrequieti, cercando colei che aveva perseguitato i suoi sogni febbricitanti. Il suo sguardo si posò sulla forma esile di Alice Munro. Si perse nella contemplazione di lei, la sua figura flessuosa, la pelle così bianca e delicata, e i suoi capelli dorati, non poteva fare a meno di guardarla meravigliato.

Lui aveva visto le colone bianche con gli stessi capelli di luna, ma lo stesso, li guardava intensamente. All'improvviso Alice alzò lo sguardo e catturò lo sguardo di Uncas, occhi azzurro cielo che incontravano occhi marrone scuro, e lei tenne lo sguardo di lui solo per un momento prima di guardare lentamente Chigachgook e di voltarsi.

Uncas si sentiva sconvolto. Aveva visto molto negli occhi tristi di lei. La luce che prima splendeva così brillante in essi mentre lo fissavano, adesso in qualche modo era diminuita. Non si era aspettato di provare affetto per una giovane ragazza bianca, ma qualcosa in lei lo sconvolgeva tremendamente.

Sotto molti aspetti, era una comune donna Yengeese, a volte sdegnosa e addirittura snob. Ma era anche contemplativa e possedeva una quiete d'animo che lui riconosceva. Lui ricordava la prima volta durante il tragitto verso il forte, quando il suo sguardo ancora una volta si era posato sulla ragazza bionda. Era inconsapevole di essere guardata e fissava l'orizzonte con una tale dolce tristezza. Gli ricordava, pensando che lei appariva così giovane e fragile, un grazioso fiore intrappolato in un covo di spine.

Lei era una matassa di contraddizioni che Uncas trovava intriganti e divertenti. Alzava il naso in su quando Uncas parlava a sproposito, eppure era affascinata dalla bellezza della natura e degli animali e non si era lamentata una sola volta.

Uncas comprese che la sua ostilità in realtà era paura, e paura di che cosa lui lo aveva capito, grazie agli sguardi costanti e timidi di lei nella sua direzione. In questo modo, mentre il suo rispetto per lei cresceva, si rese conto che quello di lei per lui faceva altrettanto, perché lei diventava più scontrosa e i suoi occhi raramente si staccavano dal suolo.

Quando lui la baciò al forte in un mossa così fuori carattere per lui, la sentì tremare. I suoi occhi tristi lo trascinarono su per quelle montagne in una corsa frenetica per salvarla. Dopo ciò, gli occhi di lei erano ancora spalancati ma non impauriti, e il suo sguardo era fermo. Adesso lo sguardo era freddo, ma come al solito Uncas vedeva oltre quelle pozze blu, oltre quella  ragazza aristocratica dalle buone maniere, oltre i confini del suo mondo... Gli occhi di lei avevano un dolore e un rimpianto nascosti. Il viso di lui conservava la sua solita maschera stoica, ma dentro, gli si torcevano le viscere.

A meno che lui non avesse frainteso, lei lo aveva appena respinto in una maniera molto sottile.
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Chingachgook osservò lo sguardo intenso di suo figlio rivolto alla ragazza di Luna Munro e di nuovo sentì crescere l'indecisione nel suo petto. Era uno sguardo minuzioso non lascivo, ma nemmeno così innocente. Ma rimaneva il fatto - che era una donna bianca.

Questo avrebbe dovuto porre fine alla questione ed era al di là della sua comprensione il motivo per cui Uncas sentisse questo trasporto nel suo cuore per la ragazza. Chingachgook sapeva cos'era l'amore. Certo che lo sapeva. I suoi brevi anni con Machooksis lo avevano lasciato con un agonizzante senso di smarrimento.

Il loro unico figlio, Uncas, avrebbe già dovuto essere sposato con una donna Delaware. Avrebbe dovuto generare dei figli. Ma lui non affrontò l'argomento con Uncas, o la giovane Munro.

Pungolare non era nella natura di Chigachgook, anche se si domandava che cosa vedesse Uncas nella ragazza. Immaginava che fosse considerata bella tra gli Yengeese, ma per lui, era bianca e malaticcia; i suoi capelli, i suoi occhi, la sua pelle... Era introversa e non sembrava possedere il forte spirito così tanto apprezzato dagli uomini di frontiera.

Lui avrebbe lasciato tutto ciò a Uncas, decise Chingachgook. Se si fosse presentato il momento giusto per parlare a suo figlio, allora avrebbe parlato. Ma il cuore di un uomo è affar suo. Lui soltanto pregò il Signore della Vita affinché indirizzasse suo figlio verso il sentiero giusto.

Improvvisamente, si udirono dei passi e Chingachgook allungò il collo per vedere il suo figlio bianco carico di 3 conigli morti poggiati con noncuranza sulla sua spalla.

Nathaniel sorrise a suo fratello per il sollievo di vederlo sveglio. Si asciugò il sudore dalla fronte e si sedette vicino alla ragazza Munro scura. Sembrava che il suo figlio maggiore avesse trovato una donna alla fine, e Chingachgook la approvava. Aveva una volontà di ferro ed era risoluta, una buona  compagna per il suo figlio bianco.

"Difficile da catturare?", chiese Uncas quando lui raccolse un coniglio morto, con il sangue che sgocciolava sul suo pelo marrone.

Nathaniel annuì, dando il suo solito sorriso affettato. "L'ho fatto alla vecchia maniera." Nel senso che aveva messo delle trappole per i conigli usando rametti o qualunque cosa potesse trovare nella foresta.

Dopo aver offerto una veloce preghiera di ringraziamento per i conigli e per il nutrimento, gli uomini lavarono, scuoiarono, prepararono i conigli e parlarono di quello che si doveva fare.

Supposero che il modo migliore per dirigersi a ovest sarebbe stato dirigersi prima di tutto verso l'affluente settentrionale del fiume Susquehanna. Da lì avrebbero incontrato degli Indiani amici per ottenere aiuto. A differenza degli Huroni che erano costantemente in guerra, i Lenape, per esempio, non erano alleati dei Bianchi, né loro nemici.

"Lenape...", disse Cora pensierosamente, pronunciando il nome. "Questa tribù è simile ai Mohicani?"

"Non proprio," rispose Nathaniel. "Voglio dire, suppongo ciò nel senso che siamo tutti Indiani e discendiamo dai Delaware, ma non siamo simili. Mio padre e mio fratello sono gli ultimi della nostra razza. Sono gli ultimi Mohicani."

"Cosa è successo agli altri?" chiese Cora curiosamente. " Mi scuso se sto curiosando troppo..."

Nathaniel mosse una mano rapidamente. " No. Chiedi pure. Il popolo di mio Padre fu sterminato da malattie come vaiolo, morbillo, vomito giallo, guerra, la carabina dell'uomo bianco."

Nathaniel esibì un ghigno sbilenco. "Adesso cade su Uncas il compito di trovare una donna e continuare la linea. Di generare un paio di forti figli Mohicani!".

Nathaniel e Cora risero. Uncas non alzò lo sguardo dal suo cibo e Chingachgook guardò la ragazza di Luna.

Le dita di Alice si congelarono sulla carne di coniglio e cominciò a fare tipici gesti nervosi in rapida successione. Picchiettò rapidamente le dita e si mosse, poi mise giù la carne, si schiarì la voce e si passò la mano sulla fronte. Chingachgook non si perse nessun elemento.

Sembrava a disagio.

Alzò lo sguardo e sorrise tristemente. "Con permesso, ma posso essere scusata?" chiese lei con la massima formalità.

Sua sorella e Nathaniel si guardarono e risero.

"Santo Cielo Alice", replicò Cora con un sorriso affettuoso. " E' l'ora del thè?"

Alice fece una breve risata, camminò velocemente verso il sentiero ombroso della foresta e sparì.

"Non allontanarti!" gridò Cora a sua sorella, poi, con Nathaniel, cominciò a  sgombrare il loro piccolo accampamento.

Chingachgook non doveva guardarsi dietro per sapere che il suo figlio minore presto avrebbe seguito la ragazza di Luna lungo lo stesso sentiero. Scosse la testa con un sospiro e aiutò il suo figlio bianco e la sua donna a sgombrare l'accampamento.
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Alice si lanciò in una corsa, finché fu sicura che nessuno la vedesse o la sentisse. Raccolse la sua gonna rosa strappata e si precipitò più profondamente nella foresta, finché si fermò presso un albero alto e vi si appoggiò. Il suo respiro era ansimante.

Quasi non ce l'aveva fatta. Un secondo di più con sua sorella, il suo nuovo amore, i loro scherzi spensierati, i discorsi su una moglie per Uncas... Alice afferrò la nera corteccia dell'albero maestoso mentre il suo cuore sembrava comprimersi di nuovo.

Non piangerò per un dannato selvaggio! Disse a se stessa fieramente e fu presa subito dal rimorso per i suoi pensieri e per il suo linguaggio rozzo. Chiuse gli occhi, fece un respiro enorme ed espirò lentamente... si calmò leggermente.

Alice si voltò e si accasciò contro l'albero, ammirando l'impossibile bellezza della foresta. Così tanti uccelli, alcuni familiari, altri che non aveva mai visto prima svolazzavano intorno agli alberi della foresta cinguettando allegramente. Il muschio pendeva pesantemente sugli ampi tronchi degli alberi. Ovunque c'erano colori verde e marrone. Alice inspirò profondamente e percepì l'odore intangibile della natura, della frontiera selvaggia. Da quando era solo una fanciulla, Alice era sempre stata incantata da tutte le cose libere.

Alice si raddrizzò velocemente. Sapeva che doveva togliersi Uncas dalla testa. Non poteva amare un Indiano.

"Ma adesso cosa faccio?" mormorò tra sé e sé.

In Inghilterra, Alice sarebbe stata sola e senza risorse. Nelle colonie, non voleva intromettersi tra sua sorella e il suo futuro marito... e non voleva essere vicina a Uncas. Non voleva essere presente quando avrebbe sposato una donna indiana e cominciato ad avere figli.

Lui era l'ultimo della sua stirpe, aveva detto Nathaniel. Alice aveva visto il modo sognante in cui Chingachgook guardava suo figlio. Alice riconobbe quello sguardo perché suo Padre spesso aveva la stessa espressione. Era uno sguardo che parlava molto in termini di speranza. Speranza per i loro figli, per il loro futuro. Un Indiano e una donna bianca... non era destino.

"Signorina Alice?" Una voce fece sobbalzare Alice e lei ansimò.

Voltandosi, vide Uncas in piedi con un po' di difficoltà. Era avanzato furtivamente verso di lei, silenzioso come un cervo. La sua camicia verde era sbrindellata e macchiata di sangue, appariva teso e stanco. Ma per Alice, era ancora bello come sempre. Lei scosse la testa velocemente.

Uncas la guardò con una calma imperturbabile. "Stai bene?" chiese.

"Grazie per avermi salvato la vita su quel promontorio, signore," fu la risposta di Alice. Uncas sollevò un sopracciglio nero alla parola "signore". Era molto tagliente e formale.

Ci fu una pausa ricca di significato mentre si guardarono l'un l'altra guardinghi. Uncas ignorò il suo ultimo commento.

"Quando eravamo al forte -"

Alice lo interruppe. "Quando eravamo al forte, sono successe molte cose. La paura che avevo provato mi ha portata verso un sentiero inappropriato e indecoroso per una signora. I miei nervi erano sconvolti."

Uncas la guardò con uno sguardo di incomprensione totale; non aveva compreso la metà di quello che aveva detto. Alice fece un respiro tremante mentre lui cominciò a camminare lentamente verso di lei, i suoi caldi occhi marroni fissi, intensi, su quelli di lei.

"Fermo lì!" disse duramente. "Dimentichi te stesso, signore!"

"La smetterai con questo signore?" disse, sembrando seccato per la prima volta. Lei ignorò ciò.

"Ciò che è successo al forte è stato.... in mancanza di una parola migliore, deplorevole. E' stato terribilmente insolente da parte mia esprimere una tale manifestazione di affetto per .. la tua razza."

Alice sentì l'atmosfera cambiare, un gelo improvviso ricoprirla, e proveniva direttamente dagli occhi di ghiaccio di lui. Lei incrociò il suo sguardo e lo tenne finché lui lentamente indietreggiò da lei.

Uncas sorrise freddamente e disse: "Sono venuto a dirti che presto ci metteremo in cammino". La sua faccia adesso era  totalmente priva di espressione. "Quindi, non perderti."

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Uncas camminò su per la collina per incontrare gli altri viaggiatori, il suo volto impassibile, ma dentro di lui c'era una tempesta in corso. Le sue mani si serrarono per un momento, soffrendo ancora per il rifiuto di Alice. Ricordava le sue parole "la tua razza"...

Le aveva dette con una tale freddezza. Certo, lui era abituato all' odio opprimente degli uomini bianchi. Era impossibile non sentirlo crescere in questa terra, invasa da avidi Yengeese che deridevano un Indiano, ma erano più che disposti a commerciare pellicce e a prendere una donna indiana come squaw.

Ma Uncas aveva intravisto qualcosa in lei, una franchezza rara nei Bianchi, persino con il suo senso d'importanza inglese. Non era servito a nulla, decise Uncas con tono sconfitto. Lei non si adatterebbe mai alla dura vita di frontiera.

Era meglio per lei ritornare in Inghilterra e vivere la vita di una giovane ragazza benestante e  viziata.

Lui raggiunse la sommità della collina, dove i raggi del sole erano archi di un'aurora di colori.

"Andiamo," ordinò, sussultando mentre si piegò per raccogliere le borse da terra, memore delle sue costole rotte e del suo avambraccio sinistro fasciato stretto.

Gli occhi di Cora si spalancarono allarmati. "Ma mia sorella -"

"Dobbiamo muoverci," disse Uncas secco come una porta sbattuta. Poi guardò la faccia apprensiva di Cora. "Lei sarà pronta presto".

Non appena Uncas pronunciò le parole, ecco che Alice avanzò furtivamente, scuotendosi leggermente la gonna e togliendosi i capelli dorati dagli occhi. La sua faccia era seria, i suoi occhi risoluti, e guardava verso il basso mentre andava verso sua sorella.

"Partiamo adesso?" chiese lei tranquillamente. Vide un lampo di bianco mentre Cora le sorrideva.

"Sì, sorella," replicò Cora. " Tutto è stato organizzato. Ma non dobbiamo bighellonare. Ci dirigeremo a sud, verso la foce del fiume e poi ancora fino ad arrivare alla Ohio Valley."

Alice sentì un raro lampo di collera, scomparso prima di avere il tempo di guastarsi.

Chi sta bighellonando? lei pensò. Io porto il mio peso. Come tutti gli altri.

Lei annuì fiaccamente, strofinandosi le ferite incrostate intorno al polso e rivolse uno sguardo furtivo a Uncas. Ma lui stava guardando al di fuori, analizzando la foresta mentre portava a spalla il suo moschetto con il suo braccio buono. Alice guardò in giù, poi, al capriccio dell'improvvisa irritabilità che sembrava affliggerla, sollevò lo sguardo tagliente e lo tenne concentrato sul sentiero e sugli alberi.

Non distoglierò più il mio sguardo, pensò lei sprezzante. Non sono una bambina. Quella l' ho lasciata in un campo di battaglia disseminato di cadaveri.

Nathaniel fece scorrere un dito sulla guancia di Cora mentre si guardavano dritti negli occhi.

"Pronti?" chiese lui, guardando lo strano gruppo assemblato.

Cora annuì coraggiosamente, raccogliendo più borse e un moschetto. Alice fece lo stesso, raccogliendo anche delle fiasche e una lunga accetta rinfoderata, girandola curiosamente. Aveva degli interessanti disegni geometrici neri e rossi, intrecciati intorno all'impugnatura, e la bellezza dell'oggetto la accecò per un lungo momento prima che lei ricordasse che cos'era, in realtà, uno strumento di morte che in tutta probabilità aveva preso la sua giusta parte di vite e scalpi.

Era progettato per la distruzione, non per l'ammirazione.

Velocemente arrotolò l'accetta nelle pieghe nascoste della sua gonna.

Il gruppo si diresse in avanti, nel caldo di un primo mattino di agosto; Uncas non le concesse mai nemmeno uno sguardo, e nemmeno Alice. Lei sentiva ancora la vicinanza di Chingachgook pesarle addosso, sempre presente, sempre guardingo.
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Avevano camminato per diverse ore; adesso il sole era alto nel cielo.

Cora guardava sporadicamente la sua sorella minore, con le sopracciglia leggermente aggrottate. C'era qualcosa di diverso in sua sorella, ma Cora non riusciva proprio a capirlo. Non era la guerra, lo spargimento di sangue o la violenza di cui i suoi occhi sono stati testimoni. In ogni caso, Cora sentì che Alice stava reagendo in modo ammirevole per essere una giovane ragazza; niente teatralità, singhiozzi o svenimenti.

Si sta comportando in modo diverso, disse Cora. Qualcosa pesa sulla sua mente. Qualcosa di nuovo...

All'improvviso Nathaniel era al suo fianco, sfiorandole delicatamente le dita.

Cora lo guardò rapidamente e sorrise. " Non è considerato cortese avanzare furtivamente verso una giovane ragazza, signor Poe. Prego, palesi la sua presenza."

Nathaniel sogghignò per la sua finta serietà. Amava il suo brio. Lei sapeva che il senso dell'umorismo era una grazia salvifica? "Mi piace avanzare furtivamente verso di te, signorina Munro."

Cora chinò la testa e arrossì leggermente, poi rise. " In verità," disse Cora. " Ci si sente bene a scherzare. Sono preoccupata per mia sorella. La conosco come conosco me stessa. Sembra così sconcertata."

Lei si guardò dietro, verso Alice, che camminava di dietro, guardando obliquamente il cielo e le cime degli alberi.

Cora abbassò la voce. " Alice è così cambiata, Nathaniel. Mi domando che cosa la affligge..."

Cora, persa nella sua perplessità, non si era accorta che gli occhi di Nathaniel balzarono rapidamente verso le ampie spalle di suo fratello, poi di nuovo verso Cora. Si prese del tempo per rispondere, scegliendo le parole adatte.

"Forse non è niente di sbagliato... io credo....Voglio dire, e se il cambiamento nella tua Alice fosse buono?"

Cora rimuginò su queste parole, ma sembrava incapace di decidere. "Forse..." disse lei a malincuore, asciugandosi il sudore che le gocciolava sulla faccia.
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Era il primo pomeriggio, 3 giorni dopo. Il gruppo aveva camminato per molte miglia, fermandosi solo a tarda sera per dormire e per la caccia di piccoli animali, tenendo sempre un passo rapido e regolare. Adesso fecero una pausa in una radura riparata dal sole da una verde tettoia di foglie.

Chingachgook sorvegliava il gruppo silenziosamente. La ragazza Munro scura si mise a sedere con un sussulto. Lui poteva dire che le gambe di lei erano doloranti. Il suo figlio bianco era accanto a lei e parlavano mormorando.

Uncas stava in piedi, ancora in quella postura di pronta vigilanza, esaminando l'ambiente circostante, la sua camicia verde scura persino più macchiata.

La ragazza più giovane si trascinava a fatica, in un bagno di sudore, l'aria che le usciva dai polmoni in rapidi respiri affannosi. Afferrò un lembo della sua gonna strappata e si mise a sedere lentamente, tremando.

Nathaniel notò il suo respiro corto e si protese: "Come ti senti, signorina Munro?"

Alice non rispose per un lungo momento, aspettando che il suo cuore accelerato rallentasse il ritmo. E poi disse: "Per favore, chiamami Alice, e spero con il tuo permesso di chiamarti Nathaniel?"

Nathaniel fece un sorriso. "Non preoccuparti. Chiamami come ti pare. Ma hai bisogno di un po' d'acqua? C'è un corso d'acqua laggiù. Daremo a voi ragazze un po' di privacy."

Alice annuì. "L'acqua sarebbe fantastica. Ma insisto affinché mia sorella vada prima di me." Alice si voltò per vedere la solita protezione materna nella faccia graziosa di sua sorella. "Per favore, Cora. Insisto. Sembri terribilmente surriscaldata. Per favore, vai e prenditi il tuo tempo."

"Ma dovremmo andare insieme -"

Alice scosse la testa con enfasi. Aveva percepito lo sguardo di sua sorella su di lei per la maggior parte del viaggio e sapeva che moriva dalla voglia di fare ad Alice alcune domande. Cora era abbastanza astuta, e Alice non era capace di dire le bugie, non importa quanto fossero piccole.

"Ci darà una parvenza di privacy. Tu vai per prima e rinfrescati. Mi auguro prima di tutto di riprendere fiato."

Cora annuì incerta. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi la chiuse e si alzò, appianandosi la gonna.

"Tornerò tra poco." Lanciò a sua sorella un'occhiata di silenziosa comunicazione.

Che cos'hai?

Alice non disse niente, ma si limitò a sorridere lievemente. Cora si voltò e sparì dietro la boscaglia.

Adesso soli, i tre uomini e una sola donna si guardarono piuttosto imbarazzati, anche se Alice non riusciva a guardare Uncas. Alice odiava questi momenti.

"Dove siamo adesso?", chiese lei in fretta.

Ci fu una pausa. Nathaniel visse un'atmosfera di leggera confusione.

"Dove siamo, Uncas?", chiese lui a suo fratello taciturno.

Uncas gli lanciò uno sguardo di avvertimento e Nathaniel si guardò dietro, sorpreso. Il loro padre vide tutto ciò, ma non disse nulla.

"Un giorno dalla foce del fiume," rispose Uncas, guardando ancora gli alberi intorno. "Molto vicino alla Delaware Valley."

Nathaniel distolse lo sguardo da Uncas, diviso tra risate e fastidio.

Uncas non capiva che si stava comportando in un modo evidente? Lui aveva visto il modo in cui Uncas guardava la giovane ragazza durante il percorso verso il forte molti giorni prima, e Nathaniel sapeva che più di 3 sguardi a una donna significava che Uncas era infatuato.

Lì per lì, Nathaniel interpretò gli sguardi come segno di desiderio imperturbabile e non poteva certo biasimarlo. Lei era bella, dopo tutto, in un modo delicato, etereo. Tutto di lei sembrava intoccabile; il suo vestito abbottonato e pudico, i suoi lunghi capelli raccolti, i suoi occhi che guardano in giù e le mani piegate.

Quando Uncas si era arrampicato su per quel lato della montagna, Nathaniel si era sentito inorridito e sconcertato. Il suo cuore aveva avuto un tonfo di dolorosa agonia al pensiero di perdere suo fratello. Solo facendo un proverbiale passo indietro, tutto ciò aveva acquistato lentamente un senso. C'era qualcosa di più, pensò Nathaniel. Sentì la tensione che saliva e notò con quanta attenzione queste due persone evitavano il contatto visivo.

Nathaniel guardò cautamente suo padre, non sapendo nemmeno come cominciare a valutare quale sarebbe stata la sua reazione al pensiero di Uncas che si metteva con una donna bianca. Era un pensiero che faceva riflettere.

Alice annuì e fece un respiro profondo, espirando lentamente. Si sentiva quasi selvatica come uno degli animali della foresta. Era rivestita di sudore e sporcizia e Dio sa di che cos'altro.

"Ma cosa succederà, volevo dire?" chiese Alice.

Nathaniel scelse la risposta più diretta, preferendo la verità. "Cora e io progettiamo di dirigerci a ovest, in Can-tuck-ee... Là c'è un sacco di terra. Nessun legame con la Corona. Tu verrai con noi, di tua spontanea volontà. Voglio dire, puoi restare o puoi andare, ma Cora e io vorremmo che tu venissi con noi. Certamente, la scelta è tua e solo tua. Mio Padre non ha deciso. Lui pensa di venire con noi per un po', poi ritornerà nella Delaware Valley per vedere come se la sta cavando Uncas."

Alice si congelò e guardò in giù, il vecchio dolore che le torceva il cuore. Aveva l'impressione di sapere perché Uncas sarebbe rimasto nella Delaware Valley ma aveva troppa paura di fare domande.

Nathaniel rispose alla domanda non pronunciata, con gentilezza. "E' solo un progetto. Non è scolpito nella pietra. Ma quest'anno, Uncas starà con il nostro popolo, i Delaware -"

"Sì, sì," Alice scoppiò. "So tutto di Uncas che starà con il suo popolo per scegliere una sposa e adempiere ai suoi doveri ... trovare una moglie e dare origine a una famiglia."

Alice non poteva immaginare che cosa si fosse impadronito di lei. Qualcosa di misterioso le sciolse la lingua e sentì tutti i suoi pensieri vomitare bile. "Non c'è bisogno di usare quel pietoso tono di voce. Non c'è più bisogno che io interpreti il ruolo della dama. Potrei non essere dotata di uno spirito battagliero, ma non voglio essere più un peso e non bighellono."

Tre paia di occhi la esaminarono. Insolitamente, Nathaniel non ridacchiò, ma piuttosto cercò di calmare la sua collera. "Volevo solo dire -"

Alice proseguì il suo chiacchierio arrabbiato. "Inoltre, non ritornerò a Londra e nemmeno suonerò il secondo violino nella natura selvaggia del Can-tuck-ee." Per la prima volta nell'arco di giorni, gli occhi scuri di Uncas incontrarono quelli di lei e lei non poté fare a meno di nascondersi dietro una misera ipocrisia. "Ovviamente non andrò nemmeno alla Delaware Valley. Ma ti auguro buona fortuna, Uncas. L'ho sempre fatto."

Le parole, prese nel contesto, erano una vera e propria dichiarazione d'amore, che Alice si era preparata in anticipo a fare. Uncas lo percepì e le sue sopracciglia si inarcarono velocemente. Lui corresse l'espressione della sua faccia perché sapeva ormai qual era il gioco.  Era un Indiano, dopo tutto, pensò lui sarcasticamente.

"Quindi, dove ti dirigerai?" chiese lui, impassibile.

Alice inconsciamente si morse il labbro. C'era stato un progetto impostato nella sua mente per quasi un giorno, ma era sciocco e pericoloso ... per non dire audace. Si sentiva tagliata fuori dal suo vecchio io, dai pettegolezzi durante l'ora del thè e dal civettare da dietro le pieghe di un ventaglio.

L'America era un luogo di idee, e lei aveva avuto un'idea assurda dove mille cose potevano andare male.

Ma i saggi non avevano detto che il miglior aiuto è in te stesso? Si domandò Alice. La parte più difficile era dare la notizia a sua sorella.

"Ho i miei progetti," disse semplicemente. Si alzò e si spolverò. "Ora, chiedo scusa signori, ma devo parlare con mia sorella."

Ecco! L'ha fatto. Alice sentì un sollievo sfrenato, diversamente da qualsiasi cosa abbia mai sentito prima. Aveva detto la sua per compiacere Nathaniel e gli altri e ci si sentiva bene. Fu una piccola vittoria, ma adesso, per una volta, si sentì coraggiosa quasi quanto Cora. Fece un piccolo inchino, senza sapere perché, e si incamminò rapidamente verso la stessa boscaglia di sua sorella.

I tre uomini erano seduti e la guardarono per un momento. Nathaniel sembrava leggermente interdetto, persino lui. Uncas era stupito e chinò la testa di lato. Solo Chingachgook sembrava impassibile, ma la guardava allontanarsi, pensierosamente.
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Alice scostava i rami, sforzandosi di vedere sua sorella. Camminò per un altro minuto e poi si fermò, incerta. Si girò, guardandosi intorno lentamente.

Mi sono persa? pensò, afflitta.

Chiuse gli occhi e ascoltò, rilevando a malapena il suono dell'acqua che scorreva. Cominciò leggermente a correre, girando l'angolo e ascoltò una lieve conversazione. Alice fece un altro passo e poi il suo corpo si fermò sul suolo.

Qualcosa stava andando male.

Poi scattò qualcosa nella sua mente.

Non sembrava esserci una conversazione. A meno che Cora non avesse preso l'abitudine di parlare con se stessa. Alice sperava fervidamente che fosse quest'ultima ipotesi. Il terrore la assalì perché proprio in quel momento, inequivocabilmente, sentì la voce di un uomo. I piedi di Alice si mossero in direzione di un albero, di loro iniziativa. Il suo respiro diventò affannoso e poi si ricordò della notte nel territorio di sepoltura, quando si nascondeva dai Francesi. Aveva dato loro quasi tutti i segnali con i suoi respiri ansimanti e rumorosi.

Ricordandosi di ciò, misurò piccoli respiri ed espirò l'aria attraverso il naso. Poi, lentamente e in silenzio, sporse la testa piano piano a lato dell'albero, facendo attenzione a non farsi vedere. Ciò che vide, permise all'assoluto terrore di impadronirsi di lei.

Sua sorella era circondata da un gruppo di uomini francesi che sembravano interrogarla.

Alice poteva affermare che fossero francesi dalle loro sporche uniformi sbrindellate, che portavano i colori della loro bandiera. Il più alto degli uomini, con una barba folta, teneva ferma Cora per un braccio e si sporgeva in avanti per sogghignarle qualcosa. Cora scuoteva la testa, rabbiosa, cosa che faceva ridacchiare gli altri.

Alice sentì il panico accecante assalirla, la paura che l'aveva sempre afflitta. Essa trasformò le sue gambe in gelatina e infranse i suoi pensieri. Un urlo salì fino alla sua gola, ma immediatamente si portò la mano alla bocca.

Rifletti, rifletti! lei si comandò, ma non ci riusciva. Provò ancora, respirando profondamente. Come? Cosa posso - Come?

Non voleva lasciare sua sorella. Non lo avrebbe mai fatto. Ma Alice sapeva che non poteva affrontare un gruppo di banditi pericolosi da sola. Entrambe sarebbero state avvicinate e uccise, gli uomini Mohicani in attesa ignari delle circostanze. Se lei fosse andata via ora per cercare aiuto da altre persone, Cora sarebbe stata sgozzata durante l'arrivo degli aiuti.
 
Alice era inchiodata sul posto, negli spasimi dell'agonia e senza riuscire a prendere la più semplice delle decisioni, come al solito.

Non mia sorella! pensò angosciata.

Poi si fermò e fece un altro respiro tremante. Analizzate le opzioni, decise di tornare indietro furtivamente per la stessa strada e poi correre a chiedere aiuto agli uomini. Ci voleva solo un minuto. Sapeva che sua sorella avrebbe detto qualsiasi cosa per guadagnare tempo. Con ciò, tolse le mani tremanti dalla corteccia dell'albero e fece un passettino indietro.

Tuttavia, in quel momento fu violentemente spinta all'indietro, contro lo stesso albero e sentì il suo braccio torcersi dietro di lei. L'angoscia indebolì il suo braccio e sentì la sua faccia graffiarsi contro la dura corteccia. Cercò di gridare, ma era stata roteata in modo rude e una mano sporca le copriva la bocca.

L'inconfondibile punta di un coltello le premeva sulle costole. In piedi davanti a lei c'era un francese dall'aspetto selvatico, la sua uniforme a brandelli, anche se niente sembrava più selvaggio dei suoi occhi scuri minacciosi. Lui si sporse in avanti e Alice si infastidì, quando fu accolta con un respiro marcio.

"Non vi muovete!" ringhiò lui, stringendo la presa, con gli occhi maniacali che la fissavano.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Alice cercò di ricordarsi come respirare mentre veniva spintonata nella radura dove sua sorella veniva interrogata. Il Francese sporco spinse Alice così duramente che cadde sulle ginocchia, causandole delle vertigini per il dolore, quando il terreno entrò in contatto con il suo avambraccio già contuso.

Si lasciò sfuggire un grido e Cora, liberandosi le braccia, gridò, "Smettetela!"

Gli uomini sogghignarono mentre le guardavano. Il Francese alto con la barba folta fu infastidito dallo sfogo di Cora e la strattonò per i capelli, ringhiandole qualcosa. Alice era troppo atterrita per cercare di decifrare il suo francese veloce.

Gli occhi di Alice rimasero su Cora, pregando e sperando che questi uomini la risparmiassero. Solo cinque uomini raggruppati che avevano gli stessi sorrisi osceni, e Alice non aveva difficoltà a discernere i loro pensieri.

Lo stesso uomo volse lo sguardo verso Alice in modo maligno. Lei cercò di scavare nel suo francese studiato a scuola, che nella migliore delle ipotesi era di livello elementare.

"Mia sorella," disse lei implorante, puntando il braccio sano verso sua sorella. " Non la ferite!" Supplicava per conto di Cora.

Quest'uomo, l'uomo che aveva minacciato sua sorella, agguantò Alice per il colletto rosa del vestito e cominciò il suo ciclo di domande rivolte a lei. Alice emise un urlo di paura mentre le lacrime cominciarono a solcarle il viso. Lui le fece una domanda, ma Alice, bloccata nella morsa del terrore, non riusciva a capire.

"Dove sono?!", chiese lui zittendola.

Dove sono? Alice ripeté a se stessa.

Alla fine, lei riuscì a trovare il senso di tutta questa faccenda. All'inizio, pensava che fossero cacciatori, ma per quello che sapeva, i cacciatori francesi non si riunivano in gruppi militari. Poteva solo intuire che erano soldati francesi che avevano disertato i loro doveri militari, per offrire la loro devozione a cause fortuite. E adesso loro volevano che Alice fornisse informazioni sui Mohicani; i soli uomini che avevano rischiato le loro vite di volta in volta per la sua sicurezza e quella di sua sorella.

Alice scosse la testa velocemente. "Non ho visto nessuno"! sussurrò, negando ogni cosa.

Gli occhi dell'uomo forte, alto si restrinsero pericolosamente. Premette la sua faccia vicino a quella di lei e urlò, "Bugiarda!"

Prima che Alice avesse il tempo di difendersi, fu scaraventata a terra. Il Francese la rovesciò e Alice giurò di vedere le stelle mentre cercava goffamente di alzarsi.

Cora emise un grido strozzato e la sua faccia divenne apoplettica per la rabbia. "Non toccate - bastardi!" Lei gridò mentre un altro uomo, più basso e biondo si avventò su di lei e le strinse il braccio intorno al collo, tenendola stretta.

La vista di Alice vacillò mentre recuperò la sua posizione. Cercò di mettere insieme parole in francese - "Mai nella mia vita! Non lo so!"

Tutto ciò le suonava così incomprensibile che si chiese come loro non ridessero. Lei cercava costantemente solo di arrivare al punto. Lei e Cora erano sole e non conoscevano nessun altro in quel bosco.

"Dove andiamo con questo argomento"?, si sfogò un altro degli uomini, con gli occhi che guizzarono intorno, a disagio.

Alice non riuscì a capire questa frase, ma sentì un brivido di presagio. Chiese ai poteri che Uncas e gli altri uomini fossero tenuti al sicuro dal pericolo. I suoi occhi incrociarono gli occhi fuori di sé di Cora e Alice sapeva che Cora stava pensando proprio la stessa cosa.
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Chingachgook guardò la schiena di Alice mentre scompariva nel bosco. Era tutto piuttosto interessante, a dir poco. Non aveva idea che quella tranquilla specie di ragazza avesse emozioni così forti. Egli aveva percepito la rabbia, il risentimento, la paura, l'incertezza, come pure la forte malinconia.

Chingachgook era un osservatore degli uomini; lo era sempre stato. C'erano alcune persone che erano dei chiacchieroni di natura, e Cingachgook era un ascoltatore, un osservatore, che guardava sempre e parlava raramente. Le parole non esprimono i significati così tanto, come invece credevano gli uomini bianchi.

Chingachgook questo lo sapeva.

Le parole potevano essere vuote, senza verità o significato. Lui riusciva a guardare dentro gli occhi di qualcuno e sapere il loro vero significato.

Le parole della ragazza bionda erano aspre e gutturali, ma oneste, stabilì Chingachgook. I suoi sentimenti erano giovani e inesperti, ma non percepì falsità in lei. Solo una tristezza sconcertata e una passione di ragazza, non collaudata. Non pensava che questa ragazza dal colore della Luna possedesse la forza di resistere alla dura realtà della natura selvaggia e non pensava male di lei per questo. I sentieri della vita erano lunghi e tortuosi. Quello che qualcuno credeva in gioventù, potrebbe tornargli contro a tradimento. Lei troverà la sua strada.

"Non è così grave...", mormorò Nathaniel, distendendo le gambe e distogliendo lo sguardo dal sentiero nel quale Alice si era incamminata.

Lui sorrise. Ancora le piaceva. Se non altro, aveva gradito la sua piccola scenata. Ciò dimostrava a lui e agli altri che c'era ancora un po' di fuoco in lei, non smorzato dai disastri della guerra. Era apparsa molto simile a Cora con i suoi occhi che emanavano una luce scintillante.

Diede a Uncas un'occhiata leggermente beffarda e aprì la bocca per dire qualcosa per assillare il suo fratello minore, qualcosa che alludesse a una certa ragazza bionda.

Le sue parole tuttavia vennero rubate, perché il loro padre improvvisamente si sedette dritto, con i suoi occhi scuri intensi e vigili. Si guardò intorno lentamente, cauto, e il silenzio che colpì la famiglia sembrava una coperta di ghiaccio.

"C'è qualcosa che non va," disse Chingachgook stanco.

Anche Uncas lo percepì. L'atmosfera sembrava tesa. Persino la cacofonia della natura sembrava squilibrata. Un momento fa era irritato, conoscendo suo fratello abbastanza bene da sapere che stava per sputare fuori qualche battuta a buon mercato a sue spese.

Adesso il mondo sembrava pesante e allarmato.

Lentamente lui si srotolò dalla sua posizione, con i suoi movimenti lenti e languidi, ma con l'aria di un serpente pronto a colpire. Era nel suo elemento.

Un cacciatore.

Nathaniel si concentrò sui segnali che il loro padre aveva insegnato loro a leggere, e comprese che il pericolo era in corso. Poi improvvisamente gli venne in mente Cora e sentì che la confusione stava cedendo il posto ai nervi veri e propri.

"Le donne," disse lui tranquillamente.

Sapeva che il panico e la paura non avrebbero risolto niente, ma sapeva una verità -  lui aveva trovato Cora Munro, la sua compagna in ogni senso.

In un mondo di caos e brutalità, una fiamma splendente era stata illuminata. Non l'avrebbe persa oggi.


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Cora non riusciva mai a ricordare un momento in cui non avesse amato sua sorella. Persino da piccolina, capiva che doveva sempre proteggerla. Suo padre l'aveva sempre incaricata di ciò. Lei sapeva che fondamentalmente Alice non era debole, ma che aveva un carattere piuttosto nervoso. Per questa ragione, quando i Francesi sporchi di fango le spinsero nel cuore del bosco, fu d'obbligo per Cora calmare sua sorella.

"Alice?" ansimò, afferrando il braccio di sua sorella per darle supporto.

Alice inciampò e cadde per poco; l'uomo barbuto imprecò e le diede un'ulteriore spinta brusca. Cora lo guardò con odio.

"Sì?" chiese Alice, intontita.

Questa scena stava cominciando a sembrare troppo familiare. Era strano, ma dato che recentemente avevano affrontato una serie continua di pericoli, ora che gli uomini le stavano portando da qualche parte, la codardia era sostituita con qualcos'altro. Una debole determinazione, e non perché finora erano state fortunate e salvate nel momento giusto. Ma nella mente di Alice, loro già avevano affrontato il peggio che avrebbero potuto sopportare.

"Ti ricordi del cucciolo che avevi trovato da piccola, che papà non ti permetteva di tenere?"

Alice la guardò confusa. Di cosa stava parlando? C'erano cose di maggiore importanza. "Sì", replicò.

"Con le zampe sporche di fango, lasciava delle impronte per tutta la sala da pranzo e la sala da thè". Cora ricordò. Alice scoppiò a ridere al ricordo.

"Tacete!" fu la dura risposta del gruppo.

Alice non fece caso a loro.

"Masticò il tuo paio di scarpette da danza preferite. Si stese a terra e ruppe il vaso di nonna, lasciato da lei a papà."

Il sorriso di Alice si dilatò quando le venne in mente la filippica del Colonnello Munro con la sua faccia rossa quando vide il vaso di sua madre frantumato ai piedi del caminetto della biblioteca e le facce tutte innocenti delle ragazze.

"Ti ricordi come lo avevi chiamato?" Cora insistette.

Alice sospirò e si asciugò un fiumicello di sudore che le scorreva giù per la clavicola. Fece spallucce, pensando alla Scozia. "Zeus?", disse, sforzandosi di ricordare.

Cora scosse la testa. "Atlas."

Cora continuò. "Quando l'hai trovato nelle paludi non lontano da casa nostra, era un esserino fragile, minuto e piagnucoloso..."

Il Francese di fronte allungò il collo all'indietro mentre condusse le ragazze più all'interno, nei boschi ombrosi e le guardò con disprezzo e ammonimento, come per dire che la sua pazienza stava per finire.

Cora abbassò la voce in un sussurro. "Papà ti ha detto che non avrebbe resistito la notte perché era debole e senza sua madre," disse Cora in uno slancio. "Ma tu sapevi che era forte, che era sopravvissuto a una tempesta e alla fame, che avrebbe avuto la forza di dieci lupi, il cuore di un leone, avevi detto! L'hai chiamato Atlas. Diventò così forte che accompagnò papà nelle sue campagne militari."

Il loro padre arrivò ad avere molto riguardo per il cane. Alla fine era morto in qualche paese lontano.

Una malinconia si impadronì di Alice, una paura, una frenesia di voler vedere sua sorella viva e vegeta. Forse sposata con Nathaniel, forse no. Ma nessuno che le inseguiva, nessuno che le trascinava via, nessuno che augurava loro il male. Cora era stata il suo punto di riferimento costante nella vita. Lei era stabilità, calore e amore. Lei sapeva perché stava parlando del cane, per distrarla e tirarla su di morale. Quello che Cora disse dopo fece gonfiare il cuore di Alice di emozione.

"Sei come Atlas per me, sorella," disse lei fermamente. "Non dimenticarlo. Anche se non conosci la tua forza, io sì. Hai il cuore di un leone. Puoi reggere il mondo sulle tue spalle e non crollare."

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Nathaniel si precipitò giù per un precipizio, il sangue che gli affluiva nelle orecchie, la paura per la sicurezza delle ragazze che lo accecava. Suo padre lo chiamò in Delaware per fermarlo. Ormai sapevano che le due ragazze erano state prese con la forza e trascinate nella foresta, senza dubbio verso qualche campo.

"Non faranno loro del male. Sono troppo preziose," affermò suo padre, calmo. Era vero. Le ragazze inglesi beneducate potevano procurare un buon riscatto. Ma chi le avrebbe prese?"

"Francesi oppure Ottawa," disse Uncas, concentrandosi verso la collina vicina. Era come se avesse letto Nathaniel nel pensiero, ma come fratelli, erano sempre stati in sintonia, come adesso.

"E' la stessa maledetta cosa!", scoppiò Nathaniel. "Quei cani francesi sono sempre alleati con gli Ottawa per pellicce, oro o soltanto contro gli Inglesi." Lui afferrò l'accetta, non desiderando altro che affondarla nel cranio di qualcuno. Di chiunque le avesse prese. Di chiunque avesse preso Cora.

Uncas considerò ciò. "Forse. Ma ci sono molti disertori francesi che hanno lasciato l'esercito. Gli Ottawa non rispondono a nessuno. Almeno i Francesi hanno qualche idea del loro valore. Gli Ottawa le avrebbero uccise sul sentiero di guerra. Sappiamo che sono state prese. Doveva essere per riscatto."

"Ma gli Ottawa non avrebbero fatto loro del male se avessero deciso che erano più utili da vive," replicò Nathaniel, testardo. "I Francesi hanno l'usanza di -"

"Basta," giunse il severo comando di suo padre. Persino ora, in quanto uomo maturo, Nathaniel non osava disobbedire a un ordine diretto.

Si limitò a covare in silenzio. Chingachgook lo guardò con disapprovazione. "Non abbiamo visto indicazioni di ciò. Le vostre opinioni e idee stanno offuscando la vostra mente. Continueremo. Seguiremo le tracce. Prenderemo i loro scalpi."

Uncas fissò il suolo. Immaginava cosa potessero fare i Francesi a delle povere donne. Scacciò questo pensiero dalla sua mente. Poi di nuovo, pensò, loro sono fatte di una stoffa rigida. Osservò l'atteggiamento accigliato di suo fratello.

"Sappiamo che sono vive. Si stanno dirigendo a est."

Si lanciarono in una corsa.

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Più tardi, quella mattina i tre uomini si fermarono. Chingachgook analizzò attentamente il terreno e la corteccia degli alberi. Nathaniel sbuffò per il disgusto. Quei frenastenici non avevano nemmeno cercato di nascondere le loro tracce.

"Hanno accelerato il passo," concluse Uncas. "Non possono essere lontani." Indicò verso la boscaglia. "Uno di loro è caduto." Uncas sentì un peso sullo stomaco. Le ultime settimane erano state una specie di sogno dal Grande Spirito. Spostò i piedi e i suoi occhi seguirono la curva che girò bruscamente. Poteva sentirlo nell'aria. Veramente non erano lontane.

Il trio accelerò. Dopo circa 2 miglia, fecero di nuovo una pausa. Chingachgook tirò fuori con calma il suo tomahawk. Fu un movimento netto, che avrebbe sorpreso un estraneo testimone dell'episodio, un uomo della sua età essere così agile. Era risaputo che Chingachgook aveva degli istinti taglienti ed era in grado di sferrare un colpo mortale in modo deciso.

Uncas annuì silenziosamente e si mise la carabina in equilibrio sulla spalla, poi si fermò. Lui invece consegnò la carabina a suo fratello. Nathaniel era il miglior tiratore. Tirò fuori la sua accetta e Nathaniel gliene gettò un'altra. Completamente armato, si accovacciò dietro il fogliame. Lui era nel suo elemento. Il suolo, le foglie, l'aria, tutto indicava che adesso era il momento di colpire. Soltanto con il minimo dei movimenti, attentamente scansò le foglie per scrutare la strada tortuosa, le accette pronte. I suoi occhi si strinsero.

C'erano diversi uomini seduti in semicerchio. I loro colori potevano soltanto confermare che fossero dei Francesi. Uno grande, corpulento con la barba sembrava essere quello a capo degli altri.  Tutti loro sussurravano urgentemente e avevano uno sguardo feroce, dipinto di collera. Lo sguardo di Uncas seguì i loro. Sono loro.... pensò lui, sollevato. Erano salve. Questa era la cosa più importante. Apparivano stanche e tese, ma tuttavia illese.

Uncas continuò a osservare quando quello grosso e arrabbiato raggiunse Alice e le parlò nella sua lingua nativa. Con gli occhi abbattuti, Alice scosse la testa quasi pudicamente. L'uomo borbottò, le afferrò il polso e la strattonò in avanti. Cora cominciò a piegarsi verso sua sorella, con il braccio disteso. Alice scosse la testa a sua sorella con forza.

"Non parlo francese. Non bene." Uncas ascoltò chiaramente questa frase provenire da Alice. Tese il suo orecchio per ascoltare. I Francesi aggrottarono le ciglia. "Ma noi siamo le figlie di un colonnello inglese. Se ci portaste da nostro padre, la ricompensa sarebbe munifica."

I Francesi sussultarono. Alice fece un piccolo sospiro e si morse il labbro secco. Si schiarì la voce. "Io non parlo - "

L'uomo la spinse all'indietro duramente. "Parlo inglese. Capisco le tue parole," la interruppe. La sua pronuncia era aspra e pesantemente accentata. "Vorresti andare al forte, no? Per vedere tuo padre?", ridacchiò. "Non sono stupido, mia cara. I tuoi ufficiali inglesi mi spareranno a vista. Vi porteremo dai miei amici, gli Ottawa. La ricompensa sarà munifica, davvero." Ridacchiò, poi se ne andò e ignorò le due ragazze.

Uncas aveva visto abbastanza. Si chinò indietro e sollevò il suo palmo, poi lo girò rapidamente. Era un segnale che essi avevano creato per dire che c'era più di uno con cui avere a che fare. Nathaniel e Chingachgook si unirono a lui mentre stavano in piedi, preparandosi. Al cenno del loro padre, i due entrarono in azione.

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La testa di Alice sobbalzò a un improvviso rumore quando tre ombre sfocate saltarono fuori dal nulla, al centro.  Lei silenziosamente guardò il grande uomo al suo fianco, mentre le narici di lui si allargavano e i suoi occhi si dilatarono per la paura. Ruggì di rabbia e balzò, raggiungendo la sua pistola. Alice indietreggiò mentre un netto suono di ossa fratturate raggiunse le sue orecchie. Rabbrividì, guardando il grande uomo cadere e giacere a terra, con gli occhi fissi ma che non guardavano nulla. Un'accetta schiacciò il cranio di lui.

Cora e Alice si affrettarono ad alzarsi, con le loro gonne aggrovigliate. Alice poi scelse di stare giù. Un altro uomo, magro, asciutto e muscoloso, cadde a terra con un tonfo. Chingachgook prontamente si chinò e gli prese lo scalpo.

La scena era diventata un assoluto finimondo. I Francesi correvano in preda al panico, cercando di sparare ai Mohicani, ma il tentativo non sembrò riuscire. Nathaniel si inginocchiò, prese la mira e sparò a uno che stava fuggendo, atterrandolo all'istante.

I respiri di Alice uscirono in brevi fiatoni affannosi. Afferrandosi la gonna, sentì qualcosa di duro. Lo aveva sentito prima, ma non aveva osato tirarlo fuori. Sbrogliando le tasche interne della sua gonna, guardò rapidamente i disegni della lama indiana. Si scoraggiò e si guardò intorno impotente. Alice non sapeva come usare un coltello.

Un altro Francese crollò a terra quasi vicino a lei, la bocca spalancata in agonia, i denti sporgenti sporchi per il sangue che fuoriusciva. Una brutta ferita profonda sul suo fianco sfolgorava irosamente, il prodotto di un colpo ben piazzato dall'accetta di Uncas.

Mio Dio... pensò Alice per l'orrore. Gli occhi di lui, spalancati, avevavo un guizzo di luce; dal suo fianco, preparò una pistola a pietra focaia e prese la mira, mentre Nathaniel premeva su di lui. Alice non sapeva se la pistola fosse carica, ma ciò nonostante ansimò vedendo Nathaniel nel raggio d'azione.

Muovendosi rapidamente, lei girò il coltello, barcollò in avanti sulle ginocchia e trafisse la mano dell'uomo, inchiodandola al suolo. Mentre lui urlava aspramente, Nathaniel gli stette addosso. Alice non riusciva a guardare. Si alzò tremolante e distolse lo sguardo, mentre Nathaniel uccise il suo avversario.

Improvvisamente l'atmosfera era calma. La polvere da sparo si stava schiarendo e Alice era frastornata. Nathaniel le si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla.

"Va tutto bene?" chiese lui a bassa voce, con la preoccupazione scolpita sulla sua faccia.

Alice annuì. Nathaniel sembrava dubbioso. Si guardò intorno per vedere Cora e la vide in piedi con suo padre. Lui sospirò sollevato. Tenendola per mano, Nathaniel guidò Alice verso il gruppo.

Uncas... pensò Alice, desiderosa. Il nome uscì fuori da un luogo, nella parte sinistra delle sue costole. Alzando gli occhi rapidamente, lo sguardo di Alice incrociò quello di lui. Alice poteva dire che Uncas aveva sentito il richiamo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Quella sera accesero il fuoco presto. Nathaniel voleva che le donne riposassero; aveva sempre pensato che il fuoco fosse rilassante. Così, mentre il giorno si fondeva clandestinamente nella notte, dissipando il calore e coprendo le donne nel vibrante crepuscolo che si affievoliva, il fuoco fu presto acceso e le donne crollarono al suolo.

Sedendosi con il peso sulle cosce, mentre alimentava le scintille di fuoco con alcuni ramoscelli in atteggiamento apatico, Nathaniel ripensò a quella giornata. Dopo la dura prova con i soldati francesi, sapevano che non potevano rimandare e dovevano muoversi, dirigendosi di nuovo verso ovest, da dove erano venuti.

Alice e Cora parlarono poco. Nathaniel, lanciando loro uno sguardo preoccupato, notò il torpore nelle loro facce e strinse i denti. Sapeva che loro non potevano indugiare. Nei dintorni ci potevano essere più soldati o Indiani bellicosi. Nathaniel e Cora avevano trascorso solo pochi momenti ad abbracciarsi, poi al cenno sepolcrale del patriarca di famiglia, Nathaniel aveva sollecitato le donne ad andare avanti.

Più in là, giù per il bosco fiorente, Uncas aveva fatto una pausa e le sue labbra si contorsero per un momento. Guardando suo fratello, scosse la testa impercettibilmente. Le donne erano poco dietro di loro, il loro padre a capo del gruppo.

Guardando le sorelle fugacemente, Nathaniel si avvicinò di più a Uncas.

"Fratello," disse lui a bassa voce, parlando nella loro lingua nativa. "Stai male. Fermiamoci."

Uncas scosse di nuovo la testa con noncuranza, ma Nathaniel vide la tensione della sua mandibola e la rigidità della sua schiena. Stava tenendo a bada il suo dolore. Il suo sguardo era inflessibile mentre mormorava di continuare a camminare.

Gli occhi di Nathaniel si strinsero. "Sei ancora ferito e probabilmente sanguinante. Non sarai di nessun aiuto per noi, se collassi per la perdita di sangue."

Cora e Alice si erano fermate, senza fiato. I loro occhi oscillavano curiosamente tra i giovani uomini, incapaci di capire le loro parole.

Nathaniel notò lo sguardo di Alice soffermarsi sul viso di suo fratello, con la preoccupazione evidente.

Tuttavia, Uncas era intrattabile. Nathaniel poteva dire che era a disagio con tutti coloro che gli si affollavano intorno e che lo guardavano. Nathaniel usò questo a suo vantaggio.

"Stavo giusto dicendo a mio fratello che dovremmo riposare," spiegò alle ragazze apprensive. "Lui è ancora  dolente per le ferite che ha riportato. Papà vorrebbe fermarsi."

Uncas si irrigidì, il suo viso era una levigata maschera di pietra. "Sto bene," rispose semplicemente.

Cora si fece avanti, con il viso segnato dalla preoccupazione, ma i suoi occhi erano acuti. "Allora dovremmo riposare. Per favore, permettimi di curarti le ferite, Uncas. Sono sicura che tuo padre sia d'accordo."

Improvvisamente Chingachgook apparve in lontananza verso di lei, essendosi avvicinato furtivamente, inosservato. Il viso di Alice si tese per lo sconforto. "Come fa a continuare a farlo?" pensò lei cupamente. Lei abbassò gli occhi per una frazione di secondo, poi gli occhi della ragazza oscillarono velocemente verso Uncas.

Sta soffrendo, pensò lei nella vergogna. Alice non poteva fare nulla, se non pensare che era tutta colpa sua. Di tutto.

Aveva affrontato il gruppo di Huroni di petto per lei, poi i Francesi, per non parlare delle infinite volte che lui l'aveva aiutata durante il tragitto verso il forte e anche dopo. Pensò anche a suo padre e a Duncan e di nuovo la desolazione la assalì.

Uncas appariva così forte alla luce del sole, con i suoi lineamenti lisci e uniformi. Persino con la sua carne segnata sulle braccia e il verde della sua camicia più scuro per la sporcizia, Alice pensava che in vita sua non aveva mai visto una visione più nobile.

Alice sentì il respiro bloccarsi. Abbassò di nuovo lo sguardo.

"Che cosa c'è?", chiese Chingachgook allarmato. Il suo tono era tale che non suonava come una domanda.

I due giovani uomini e le donne mantennero un silenzio disagevole. Nathaniel non aveva affatto intenzione di dire al loro padre che Uncas era ferito, non se suo fratello non voleva.

Le sorelle apparivano sconcertate, non volendo rivolgersi direttamente a Chingachgook.

Uncas incrociò lo sguardo di suo padre. "Abbiamo molto terreno da coprire."

Chingachgook lanciò uno sguardo penetrante al suo figlio minore, studiandolo. Poi annuì una volta. "Sono d'accordo." Disse il resto in Mohicano. "Ma se sei affaticato, ci fermeremo. Capito?" Di nuovo, non era una domanda.

Uncas annuì.

Nathaniel poteva percepire che Uncas adesso era vagamente infastidito, ma come al solito la sua faccia non esprimeva nulla. Rispecchiando l'impassibilità del suo fratello minore, lui posò le mani sulla schiena di Cora e la fece proseguire in avanti, poi diede gentilmente una gomitata ad Alice. Lui guardò costantemente la ragazza bionda. Lei pensava di essere stata furtiva, ma Nathaniel notò i piccoli sguardi che lanciava a Uncas.

C'erano tante emozioni messe insieme nei suoi occhi cerulei. Lui pensò a quanto lei dovesse odiare sentirsi così impotente.

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Nathaniel fu riportato al presente e si guardò intorno. Le due ragazze erano strette insieme sull'erba soffice, Cora che stringeva sua sorella, addormentata.

Alice era sveglia ma fissava verso il cielo, l'intenso blu del cielo. La notte si stava avvicinando. Anche se lei era immobile come un'effigie di marmo in posizione prona, i suoi occhi erano inquieti. Le sue pupille guizzavano attraverso il cielo, facendo pensare a Nathaniel che lei stesse rivivendo perlomeno alcuni dei giorni passati.

Lui non voleva pensare a quei Francesi bastardi. I tre uomini si erano messi silenziosamente d'accordo sul fatto di non parlare dell'accaduto finché le donne non si fossero sentite meglio.

Nathaniel guardò Uncas e in un attimo comprese che lui stava guardando Alice Munro intensamente. Evidentemente erano tutti caduti nella stessa quiete letargica. Quei momenti erano pochi e lontani.

Notando il loro padre ai margini, fuori portata d'orecchio per il turno di guardia, Nathaniel decise di dire ciò che pensava.

"Fratello mio, come ti senti?", chiese in Mohicano, sussurrando. Suo fratello silenziosamente gli fece un segno. Nathaniel accondiscese.

Parlarono in sussurri mentre il crepuscolo cedette al silenzio della notte.

"Meglio," disse Uncas. Poi poco dopo, "Come stai? Come stanno...le donne?"

Nathaniel si grattò il collo pigramente. "Se vuoi dire, come sta la bionda, penso che lei se la stia cavando bene".

"Ti ho chiesto come stanno le donne".

Ignorando la vessazione quasi indistinguibile nella voce di suo fratello, Nathaniel continuò per la stessa strada.

"Lei continua a guardarti, Uncas. C'è qualcosa che dovrei sapere? O piuttosto, qualcosa che sarebbe prudente che io sapessi?"

Uncas non disse niente, concentrandosi sulla luce del fuoco tremante. La luce del fuoco irradiava i toni ramati della sua pelle.

Nathaniel pensò che forse Uncas avesse deciso di ignorarlo. Sta mantenendo dei segreti, pensò lui. Più che giusto. Ruotò le spalle tentativamente con un sussulto.

Uncas improvvisamente alzò lo sguardo, con la sua faccia desolata nella penombra della notte. "Pensavo di sentire qualcosa. Mi sbagliavo.", disse lui a bassa voce.

Nathaniel chinò la testa, confuso.

"Raramente i sentimenti sono sbagliati," replicò lui lentamente.

"Ho visto qualcosa in lei. Pensavo di averlo riconosciuto."

La sua voce aveva un  qualcosa di strano, ma Nathaniel aveva colto il senso. Sapeva che lui doveva scegliere molto attentamente le sue parole, memore del fatto che era dura per Uncas condividere i suoi sentimenti. Avrebbe tentato di convincerlo a farlo.

"Direi che lei si sente allo stesso modo. Ti fissa, con preoccupazione e qualcos'altro."

Fecero di colpo una pausa.

"Non è abbastanza," disse infine Uncas. Nathaniel scosse brevemente la testa.

"E' abbastanza. Sta provando per te ciò che tu provi per lei. Ha aperto il suo cuore a qualcuno così tanto differente da se stessa."

Uncas sembrò agitato per un momento, con la bocca incurvata. Nathaniel tentò una tattica differente.

"Come sai che non è abbastanza?" lui sfidò suo fratello.

"Perché...perché lei me lo ha detto," disse lui con neutralità, ma le sopracciglia di Nathaniel si alzarono velocemente fino all'attaccatura dei capelli. Sapevo che c'era molto più di questo...

Lui aveva avuto un sospetto furtivo a Fort William Henry ma era sembrato così assurdo il fatto che  non lo aveva detto ad alta voce. Finora.

"Cos'è successo a William Henry?", chiese a Uncas improvvisamente. "Come è successo tutto questo? Te la sei svignata per vederla?" Volpe astuta, pensò lui divertito.

"Non proprio," disse Uncas con un'alzata di spalle. "Voglio dire, l'ho vista lì. Ma non era stato programmato. Stavo pensando a lei, più di quanto avrei dovuto."

Uncas lanciò un'occhiata a suo fratello, come se presumesse che avrebbe riso. Ma Nathaniel era serio, annuendo in segno di comprensione.

"Avete parlato?"

Uncas guardò a terra, muovendosi. "Abbiamo parlato..."

I sensi di Nathaniel si acuirono. Non era quello che Uncas aveva detto, era ciò che aveva lasciato apparentemente non detto. Il pensiero incompiuto indugiò nell'aria e Nathaniel quasi lo afferrò.

"E...e poi?" lui cercò di sollecitarlo verbalmente, non riuscì a impedirselo.

Uncas scosse la testa categoricamente, di nuovo con la faccia stoica. Ma non prima che suo fratello avesse carpito abilmente il pensiero incompiuto e lo avesse formalizzato nella sua mente.

"L'hai baciata?" chiese lui a metà, necessitando di un riscontro verbale.

Uncas scosse la testa più energicamente, ma suo fratello non era uno stupido. Nathaniel combatté la risatina che cresceva nella sua gola.

Non era il fatto che la situazione fosse divertente, perché non lo era. E non lo era nemmeno il pensiero di suo fratello che baciava una ragazza. Era solo che Nathaniel aveva sempre valorizzato l'ironia, nella sua forma più meschina.

I suoi pensieri poi andarono a Cora e il ghigno terminò.

Improvvisamente lui previde complicazioni nell'immediato futuro, dato che Cora era insolitamente protettiva nei confronti della sua sorella minore. Cora aveva accettato di diventare sua moglie e lui aveva il timore che qualcuno mettesse a repentaglio ciò.

"L'hai baciata," disse lui in tono serio. "Non devi negarlo. Ma é tutto qui, vero?

Uncas lo guardò, sconcertato. "E' tutto."

Nathaniel si rilassò.

"Va bene, fratello. Non intendo curiosare o infastidirti come la moglie di un vecchio pescatore. Fintanto che ti comporti con onore, sono felice. Lo so, Uncas -" disse lui rapidamente, anticipando il sospiro mentale di costernazione di suo fratello, "- ma devo dirtelo. Sono sicuro che capirai che ciò influisce su tutti."

Non aveva bisogno di dirlo ad alta voce. Tuttavia, entrambi sapevano a chi stesse alludendo. Il loro padre. Avendo avuto questa intera conversazione in Mohicano, entrambi tacquero. Nathaniel e Uncas serrarono gli occhi, entrambi tristi. Uncas alzò lo sguardo verso il cielo latteo che stanotte era cosparso di innumerevoli stelle.

"Non c'è bisogno di coinvolgere papà in questa faccenda, fratello," disse Uncas con calma. "Lei alla fine tornerà nella sua patria. Non è fatta per la frontiera. E' bianca. Io no."

Nathaniel si chiese brevemente perché inconsciamente stessero evitando di pronunciare il suo nome, ma decise di non soffermarsi sulla cosa. Lui ricordò l'accenno al fidanzamento evidentemente rotto di Alice Munro, ma non voleva spettegolare su di lei, specialmente con l'ultima frase che Uncas aveva appena detto, che piroettava nella mente di Nathaniel.

"Lei ha detto questo? E' perché non sei bianco?" chiese Nathaniel attentamente.

"In un certo senso," replicò Uncas, poi non disse più niente.

Per i 5 minuti successivi entrambi rimasero seduti tranquilli, consapevoli dei lievi rumori della natura, con le orecchie come sempre pronte a cogliere ogni sottile cambiamento.

Il respiro tenue delle ragazze, la brezza calda che vagava tra i rami e i loro capelli, il loro padre che ancora era seduto leggermente ai confini del loro accampamento improvvisato, con carabina e mazza da guerra a portata di mano.

Nathaniel si avvicinò a Uncas, con la sua voce ridotta a un mormorio.

"Ci sono troppe cose non dette, Uncas. Questa è l'ultima volta in cui ne parlerò con te, finché sarai tu di tua volontà a voler discutere la faccenda con me. Penso che la ragazza sia confusa. Non ha chiesto lei di essere messa in questa situazione. Suo padre e il suo amico sono stati uccisi. Non può tornare in Inghilterra nel prossimo futuro. Sua sorella sta cominciando una nuova vita. Più probabilmente pensa di disonorare la memoria di suo padre pensando a te in un altro modo, tranne che come conoscente."

Nathaniel si chinò per vedere meglio la faccia di Uncas, ma suo fratello era distaccato e impassibile. Decise di concludere i suoi pensieri su questa delicata questione.

"Nemmeno tu vuoi disonorare papà. E' comprensibile. Penso che dovresti provare a parlare con lei quando arriverà il momento opportuno... e poi anche con nostro padre a un certo punto. Se è davvero destino."

Preoccupati, sobbalzarono, tesi, quando i loro sensi catturarono la vibrazione di un movimento.

Chingachgook avanzò verso di loro e si coricò con un gemito di stanchezza, chiudendo gli occhi.

"Prossima guardia," disse lui, con voce rauca e bassa. Adagiò le sue armi a portata di mano. La verità era che nessuno di loro avrebbe dormito molto, anche se non erano di guardia.

Nathaniel si alzò rapidamente, dando un'occhiata a suo fratello mentre afferrava la sua carabina e accetta e prendeva il posto di suo padre per fare la guardia.

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All'alba il piccolo gruppo sgombrò rapidamente l'accampamento e affrontò nuovamente la routine dei giorni precedenti, con una rapida andatura attraverso questa distesa di foresta. Le donne avevano lo sguardo velato di stanchezza, mentre gli uomini indossavano le armi e parlavano con calma. C'era silenzio e placidità intorno a loro. L'aria era grigia ed era scolorita con il fresco del primo mattino.

Alice desiderava tantissimo fare un bagno. Era irritante essere così sporca e sudicia. I suoi capelli erano arruffati -ovviamente non più intrecciati- e filanti di sudore secco, per non parlare dell'aspetto scioccante del suo vestito, un tempo elegante.

Guardando Cora, Alice sapeva che sua sorella aveva il suo stesso aspetto. I vestiti, insudiciati e ridotti a brandelli, le scarpe in uno stato pietoso e quasi completamente consumate. Alice mantenne un'andatuta costante per tutta la mattinata, ormai abituata al calore accecante, una volta che il sole emerse vagamente.

Lei si stava adattanto velocemente alla frontiera, pensò ironicamente. Almeno alla parte che includeva le marce a piedi.

Durante il pomeriggio, il progetto fu spiegato alle donne.

Chingachgook aveva rimuginato sulla questione con alcune considerazioni e decise che per ora non avrebbe avuto senso dirigersi a ovest. Mentre era vero che la guerra imperversava a est, la zona in cui al momento si trovavano, la spedizione in Can-tuck-ee sarebbe stata piena di pericoli a modo suo.

Nathaniel aveva spiegato che, per il momento, avrebbero tutti seguito lo stesso percorso. Avrebbero raggiunto la periferia di un insediamento entro la giornata, il che era una cosa favorevole perché i Lenape si accampavano nei dintorni durante la stagione più calda.

Alice era molto curiosa di conoscere queste persone. I Lenni Lenape, o Delaware per gli Inglesi, sembravano molto interessanti per lei.

Nathaniel trascorse i 5 minuti successivi a spiegare ad un' Alice vivace e alla sua dubbiosa sorella maggiore una breve, sintetica storia delle persone che erano stati gli amici e gli antenati di suo padre.

"Sono brava gente," commentò Nathaniel, che stava arrostendo il merluzzo che suo padre aveva catturato nel fiume, con una piccola rete tessuta presa dal suo zaino.

Erano seduti a terra intorno al piccolo spiedo, avendo deciso di riposare per un po' e di trovare del cibo per le donne.

"Originariamente, i Lenape andavano abbastanza d'accordo con gli Europei," Nathaniel spiegava mentre stava divorando la sua porzione di merluzzo. "Ma dopo alcuni anni si cominciò a formare una spaccatura tra loro."

"Perché?" chiese Cora, che si stava pigramente intrecciando i capelli accanto a lui, cercando di domare i suoi ricci ribelli. Fu Uncas a rispondere.

"Molti anni fa, a uno degli uomini inglesi venne dato un pezzo di terra dal suo capo oltre il mare. E' la zona conosciuta oggi con il nome di Pennsylvania."

Alice fece un piccolo rumore, apparendo confusa.

"Significa che il Re d'Inghilterra gli concesse una Carta, come la chiamano i Bianchi," aggiunse Nathaniel servizievolmente. "Il suo nome era William Penn."

Non volendo sembrare più ignorante di quanto già fosse sembrata, Alice si precipitò a dire qualcosa di sapiente. Aveva sentito parlare vagamente di quest'uomo.

"Era della setta dei Quaccheri, vero?" chiese lei.

Nathaniel annuì.

"Giusto. Lui trattava i Delaware con gentilezza, suppongo. Loro lo ritenevano un uomo buono, e per tutto il periodo in cui lui era vivo, ci fu pace tra le due parti."

"Che è successo?" chiese Alice, incuriosita.

"Dopo la sua morte, i suoi discendenti non vollero onorare la richiesta del loro padre di essere buoni con i Lenape. Parlarono di un trattato stipulato tanto tempo fa che prevedeva l'assegnazione di terra ai Bianchi, tanta terra quanta essi ne potessero percorrere a piedi in un giorno e mezzo. I Delaware furono d'accordo, ma prima che la vera camminata avesse luogo, i Bianchi imbrogliarono."

"Come?" chiese Cora, che appariva costernata.

"Realizzando un sentiero attraverso la foresta intatta. Assumendo esperti corridori." Uncas parlò adesso, prendendo una sorsata d'acqua.

"E' terribile..." affermò Cora, chiaramente partecipe.

Lei guardò Chingachgook, ma lui stava fumando con una pipa di argilla, perso nelle sue meditazioni e apparentemente riluttante a unirsi alla discussione sugli avidi Yengeese e gli uomini rossi maltrattati.

"Il risultato fu che i Bianchi finirono per ottenere il doppio della terra che era stata concordata, la maggior parte della colonia orientale della Pennsylvania," concluse Nathaniel.

Tutti loro rimasero tranquilli per un lungo momento. Alice ci rifletté su e si rattristò e sperava che questi Indiani non fossero qualcosa come gli Huroni o gli Ottawa.

Ma Nathaniel aveva chiaramente detto che mentre il rapporto tra i Lenape e gli Inglesi era teso a causa dell'inganno da parte degli Inglesi, il rapporto tutto sommato era non-violento.

Lei non era del tutto propensa a soffermarsi su un altro argomento che la stava preoccupando. Era lacerata per la decisione di Chingachgook di non continuare a dirigersi verso ovest. Mentre comprendeva la logica di tutto ciò, a lei la decisione non piaceva. Quale bene si poteva ricavare dallo stare in qualsiasi luogo vicino ai Lenape? Lei non sapeva niente di loro, tranne che Uncas avrebbe passato l'inverno con loro.

E se... lei pensò. Se...

Determinata a non finire il pensiero, pensò al suo povero padre e a Duncan.

Dopo che era stata trascinata via dal villaggio Hurone da Magua e i suoi uomini, era indietreggiata quando le urla agonizzanti del suo amico Duncan avevano raggiunto le sue orecchie. Il suo animo si sentì distrutto per il dolore e la disperazione. Suo padre era morto, Duncan era stato divorato dalle fiamme in quel momento, e non sapeva cosa ne sarebbe stato di sua sorella.

La luce del sole era stata sorprendentemente accecante e luminosa, mentre si facevano strada lungo il fianco del promontorio. Alice scoprì che la paura che sentiva era diminuita.

Mi taglierà la gola e mi getterà dal precipizio? si chiese lei, ma trovò che dopo tutto ciò che era successo, lei era meno spaventata.

Si era sentita come se fosse congelata in un grande blocco di ghiaccio che brillava al sole. Invece, la sua mente era trasportata a tempi più felici. La sua adolescenza in Scozia e a Londra.

Sua sorella illuminata dal sole rosso sangue, felice...felice...mentre afferrava la mano della sua sorella minore e correvano a rotta di collo giù per le gialle e verdi colline di Iverness, in Scozia. Ricordava l'uniforme inamidata di suo padre, che profumava di terra e polvere da sparo, i suoi occhi blu che le sorridevano, occhi che rispecchiavano i suoi.

Ma persistentemente, più di ogni cosa, lei vedeva lui. I suoi neri occhi obliqui così pieni di calore, i suoi zigomi definiti, la forza rassicurante delle sue mani.

Alice ricordava con chiarezza straziante come, sotto le cascate mentre si nascondevano da quei mostri pitturati, lui la teneva tra le sue braccia e poteva sentire il tonfo costante del cuore di Uncas che batteva contro il suo.

Le aveva accarezzato le braccia e il viso e gentilmente le aveva intrecciato i capelli inzuppati e Alice, marciando su per quel lato della montagna con gli Huroni che la fiancheggiavano, ricordò con dolore agrodolce il sentimento che aveva provato nel momento in cui i dorsi delle nocche di Uncas le avevano sfiorato le guance.

Come se il suo cuore si stesse dilatanto per contenere tutto e tutti intorno a loro.

Alice, immersa in quel sentimento vertiginoso, sentì l'aria lasciare i suoi polmoni e un calore la invase come un vino inebriante. Guardando in su e catturando gli occhi di Uncas, lei vide il desiderio nei suoi occhi ma nella sua inesperienza non disse nulla. Dopo che lui finì di intrecciarle i capelli, la aiutò ad alzarsi e la condusse dagli altri.

Alice aveva sperato che prima di morire, avrebbe avuto una possibilità, solo un momento per se stessa mentre la sua vita volgeva al termine. Per essere consapevole della morte incombente; se lui avesse sollevato la sua accetta davanti a lei o l'avesse trascinata lentamente sull'orlo del precipizio. Ciò che aveva voluto era avere una frazione di secondo per ricordare occhi neri pieni di desiderio e dita delicate, mentre lasciava questa vita per andare nella prossima. Invece, uno sparo frantumò le sue fantasticherie e lei si gelò, sperando contro ogni aspettativa di essere salvata, invece di morire contro le rocce polverose.

Allungando il collo, incontrò un paio di iridi scure e uno sguardo risoluto.

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Il giorno seguente loro si sentirono molto più energici. Adesso si trovavano alla foce del fiume e ci sarebbe voluto un lungo giro in canoa prima di raggiungere l'insediamento e la loro destinazione.

Poche ore dopo l'alba le sorelle si sedettero sulle muschiose rive del fiume, vicino a Uncas e suo padre; a Nathaniel era stato dato il compito di correre per la foresta per parlare con i Mohawks che avevano un piccolo accampamento nei dintorni. Stava cercando di commerciare e negoziare con loro per avere almeno due dei loro uomini che gli procurassero un paio di canoe scavate per un viaggio di mezza giornata, su per il fiume.

In meno di un'ora lui ritornò con due giovani Indiani in gambali di pelle di daino e camicie di calicò blu e verde, che evidentemente era ciò che gli uomini rossi erano soliti indossare. Alice non aveva idea di questo.

Uno di loro era leggermente più grande e la sua testa era rasata, con solo un ciuffo da scalpo. Il secondo era più giovane e i suoi lunghi capelli color onice pendevano sciolti, adornati con piume. Entrambi erano impassibili e guardarono attentamente le donne inglesi mentre Nathaniel parlava a bassa voce alla sua famiglia.

Non passò molto tempo prima che più uomini si avvicinassero al sentiero nel bosco, trainando due canoe con loro. Emettendo un grugnito per lo sforzo, loro le sollevarono e con un tonfo le gettarono nelle acque vitree.

"Andiamo," disse Nathaniel in fretta. "Se ci sbrighiamo, suppongo che potremmo essere là a metà pomeriggio."

Lui parlò brevemente con gli uomini Indiani come se li stesse ringraziando, poi segnalò le canoe alle donne. Le sorelle, da parte loro, rimasero in piedi incerte.

I giovani Mohawk salirono ognuno sulla propria canoa di betulla. Uncas e Chingachgook andarono su canoe opposte ed entrambi si sedettero sul retro. Afferrarono i remi e guardarono Nathaniel e le ragazze in attesa. Cora avvolse il braccio intorno al collo di sua sorella ed entrambe avanzarono esitanti. Su insistenza di Nathaniel, entrambe salirono nella canoa di Chingachgook, e Nathaniel si unì a suo fratello.

Le ore passarono senza incidenti, la foresta scorreva in un insieme di colori e suoni. Alice e Cora caddero in uno stordimento assonnato, il caldo le rendeva sonnolente, il canto degli uccelli e i sussurri degli alberi le cullavano nel sonno, una contro le spalle dell'altra.

Si svegliarono mentre il sole abbagliante svaniva e le canoe furono arginate bruscamente. Stiracchiandosi e ruotando i polsi, Alice si guardò intorno per quanto poteva vedere lontano; tutto ciò che c'era da vedere erano più alberi, ma a distanza fumo blu grigiastro si diffondeva languidamente nel cielo - fumo di un camino.

Alice si sentì sollevata, perché ciò significava caminetti, calore, letti. Anche Cora appariva rinvigorita.

I Mohicani aiutarono le sorelle a scendere dalle canoe, seguiti dai Mohawk. Il gruppo, sette in tutto, valutò la vista del bosco.

Nathaniel si schiarì la voce. "Giù per quella strada c'è l'insediamento di cui vi stavo parlando."

Lui indicò l'orizzonte affumicato. "Prima ci fermeremo lì. Per la maggior parte noi conosciamo i popoli che vivono in questa zona, commerciamo pelli con loro."

Egli agitò una mano verso la sinistra. "Poco più giù da quella parte c'è l'accampamento Delaware - gli amici di mio padre. Almeno, supponiamo che quello sia il luogo in cui si trovano."

Lui fece spallucce, sembrando indifferente.

"Facci strada, allora," disse Cora sorridendo, senza dubbio entusiasta di essere di nuovo nella civiltà.

Il percorso giù per il sentiero a spirale era molto veloce mentre il sole calava e il cielo era illuminato di arancione. Mentre loro si avvicinavano, udirono risate di bambini e il brusio di persone che parlavano.

Nathaniel spiegò che mentre la maggior parte delle persone aveva acri di terra e nessun vicino di casa nel posto, queste persone vivevano relativamente vicine le une alle altre, e avevano rapporti amichevoli con i Delaware e i Mohawk che passavano per la loro strada.

Alice si sentì il cuore accelerare al pensiero di fare il bagno e addormentarsi in qualche luogo che non fosse terreno solido. Le sue labbra si aprirono e si curvarono in un sorriso, ignara che Uncas la stesse guardando, un sorriso inconscio apparve anche sulle labbra di lui.

Chingachgook si avvicinò lentamente a Uncas. "Come ti senti, figlio mio?"

Uncas guardò suo padre solennemente ma calorosamente. Annuì. "Meglio. In via di guarigione."

"Lasceremo le donne con qualcuno degno di fiducia per la notte, poi andremo all'accampamento. Le tue ferite devono essere controllate," disse Chingachgook duramente in Mohicano, guardando acutamente il suo figlio minore.

Uncas fece spallucce.

Non gli piaceva l'idea di lasciare le donne da sole, anche se sarebbero state al sicuro. Ma allo stesso tempo le donne bianche non potevano gironzolare nell'accampamento Delaware senza preavviso e implorare di avere degli alloggi.

"Figlio mio, Uncas," disse Chingachgook, un po' più gentile.

Uncas lo guardò intensamente.

"Una volta giunti all'accampamento, chiedo che tu prenda del tempo per guarire e riflettere. Non lasciare l'accampamento per un po' di giorni, finché non sono certo che tu sia di nuovo in forma. Non è una richiesta. Quando verrà il momento, vorrei parlare con te di molte cose. Ma prima di tutto, riposerai."

Il gruppo dei sette, stanchi del viaggio, si riunì nei pressi della radura e Nathaniel urlò un saluto.

Un gruppo di facce curiose li osservò mentre il sole cominciò di nuovo il suo arco verso il basso e la notte cadde su di loro.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Camminando fino alla radura, Alice sentì un imbarazzo che la fece arrossire. Aveva difficoltà a ricordare quando mai si era sentita così sciatta e scomposta. Se solo avessi potuto almeno lisciare i miei capelli o nella migliore delle ipotesi lavarmi le mani! pensò lei, in una silenziosa disperazione.  Sapeva di essere stata infantile, ma tutta una vita passata ad avere un aspetto impeccabile risuonava dentro di lei. Si sentì umiliata al pensiero di come doveva essere apparsa indecente nell'aspetto.

Girando la testa, lei diede un'occhiata alle persone che camminavano verso di loro. Era difficile vedere nella luce bassa, ma loro sembravano essere contadini e casalinghe; un piccolo numero.

"Ciao!" disse un uomo biondo che sembrava essere nei suoi trent'anni. Camminò rapidamente verso il sentiero e rimase in piedi, sorridendo calorosamente. "Nathaniel, felice di vederti!" Aveva un debole accento scozzese che instantaneamente riscaldò Alice.

Guardandosi intorno  amabilmente, l'uomo fece una risata. "A giudicare da ciò che vedo, state pensando di creare una colonia tutta vostra."

Nathaniel sorrise, rivolgendosi alle donne e indicò con un gesto. "Signorine, posso presentarvi James Stewart? James, queste sono le signorine Cora e Alice Munro. Conosci mio padre e mio fratello."

Lui fece un breve riassunto della storia con pochi dettagli, che la sua famiglia sarebbe stata nell' accampamento Delaware nei dintorni e che le signorine Munro avevano bisogno di un posto dove dormire, da qualche parte per il momento. Lo Scozzese annuì amichevolmente.

Cora sollevò un elegante sopracciglio, studiando attentamente il giovane uomo. "Stewart?" chiese lei con una voce piuttosto ingannevole. "Un nome piuttosto propizio per uno Scozzese, signore."

Lo Scozzese Stewart sbatté le palpebre come un gufo alla ragazza Munro più grande prima di emettere un' altra delle sue risate intense, facendo pensare Alice di nuovo ai cani.  "Ragazza, non sono uno di quegli Stewart! Non abbiamo preso parte alle ribellioni."

Ridacchiando, lui si volse da una Cora sorridente verso Alice e lei guardò in basso, strascicando i suoi piedi.

"Quella timida, eh?" lei lo sentì chiedere. "Tutto bene, ragazza. Nathaniel, suppongo che loro avranno bisogno di un posto dove stare e...ehm...vestiti, cose da donne e altro?"

Alice sentì che il collo e la faccia erano diventati rossi per la mortificazione, poiché lui aveva ovviamente notato la sua mancanza di igiene e il suo vestito che era praticamente un cumulo marrone di stracci.

"Nathaniel, Uncas," si sentì la voce cadenzata di una donna davanti a lei.

Istintivamente Alice guardò la donna che ora stava vicino a Mr Stewart, strofinandosi le mani sul suo vestito color crema. I suoi occhi erano gentili, notò Alice sollevata.

Infilandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio, lei le guardò in silenzio per un momento. "Sono Annabel Stewart," disse lei con la voce mite e Alice afferrò la cadenza di un accento londinese. "Le signorine hanno bisogno di un posto dove stare?"

Alice e Cora si guardarono furtivamente, cercando valorosamente di mascherare la loro meraviglia con sorrisi cortesi. Cosa potrebbe fare una signorina ovviamente beneducata nella frontiera?

"James è mio marito. Possediamo un appezzamento di terra non lontano da qui," era il suo modo di spiegare, come se conoscesse i loro pensieri.

"Sono Alice Munro. Questa è mia sorella Cora. Siamo felici di fare la vostra conoscenza, signor e signora Stewart," disse Alice in fretta, apparendo timida alle altre persone che indugiavano intorno agli Stewart, raccolte intorno a lei.

Annabel inclinò la testa, sorridendo e studiando attentamente le due donne. "Il piacere è mio, signorina Alice. Per favore, chiamami Annabel, tu e tua sorella acconsentirete a stare con noi?"

Annuendo con calma, Alice fu contenta che Cora e lei stavano per essere presto accolte in un posto caldo, stavano per fare un bagno e, si sperava, essere vestite con abiti puliti. Ma come era strano che gli Stewart le avrebbero portate in casa, delle perfette sconosciute, e senza nemmeno chiedere loro spiegazioni.

Annabel annunciò, "Signori, sapete dov' è la nostra fattoria. Le donne sono esauste. Domani, quando saranno presentabili e si saranno riposate, possiamo tutti riunirci a casa mia. A mezzogiorno circa?"

Gli uomini annuirono e mormorarono la loro approvazione. Alice guardò sua sorella che sembrava sopraffatta dalla gratitudine.

"Grazie infinite per la vostra gentilezza, signora Stewart," disse Cora dal profondo del cuore, avendo evidentemente dimenticato la richiesta di Annabel di chiamarla per nome. "E grazie anche a lei, ovviamente, signor Stewart. Mia sorella e io ve ne siamo grate."

Alice annuì. "Cercheremo di esservi di aiuto durante il nostro soggiorno."

James Stewart soffocò la sua risata senza successo e Alice lo guardò, confusa.

"Ho detto qualcosa di sconveniente?" chiese lei gentilmente. Lui scosse la testa e condivise un'occhiata con Nathaniel.

Annabel sospirò verso di lui. "Si chiamano buone maniere, James." Tuttavia, lei sorrise calorosamente a suo marito.

"Signorina Alice, signorina Cora..." Annabel si voltò e le chiamò con un cenno.

Le sorelle guardarono gli uomini, preoccupate. Non volevano lasciarli. Lo sguardo di Nathaniel era tenero mentre guardava Cora.

"Andrà tutto bene," disse lui gentilmente e Alice si ricordò di una notte non tanto tempo fa, in cui un altro uomo le aveva detto quelle esatte parole, mascherandosi di un'apparenza coraggiosa in un mondo che stava crollando intorno a loro.

Alice, afflitta, guardò le espressioni distaccate di Uncas e Chingachgook e poi si rivolse supplichevole a Nathaniel.

"Dove starete tutti voi? chiese lei tremando. "Dove potremo trovarvi?"

Nathaniel sospirò, strofinandosi la fronte, affaticato. "Saremo all'accampamento Delaware non lontano da qui. Qui non c'è così tanto spazio per noi. Non lo sappiamo, ma gli Stewart e le altre famiglie hanno molti bambini. Vi rivedremo entrambe domani."

Così, lui abbracciò brevemente Cora e diede ad Alice una stretta rassicurante sulla spalla, prima di voltarsi, prendere la sua carabina e trascinare il suo zaino, per poi dirigersi verso il sentiero buio.

Alice guardò sconsolata Uncas e Chingachgook, la sua bocca fece una smorfia severa. Era difficile sopportare che le strade si dividessero a questo punto, anche se solo per una notte. Uncas accennò un sorriso ad Alice, poi si voltò con suo padre e seguì Nathaniel nell'accampamento Delaware.

Anche Cora sembrava preoccupata, ma con un' aria amabile dovuta al fatto che, o almeno questo Alice sospettava, non volesse che i loro padroni di casa pensassero che le due sorelle stessero in qualche modo disprezzando il loro ambiente.

James si unì a sua moglie e gli occhi di lui danzavano di gioia mentre loro aspettavano Cora e Alice.

Che strano, pensò Alice, ma con soddisfazione, non vede nessuna delle amarezze della vita...

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Poco più di due ore dopo, le due ragazze erano sotto le coperte nel letto che una volta era occupato dalla coppia di coniugi. Loro erano relegate strette nell'angolo più lontano, poiché dovevano lasciare un po' di spazio nella stanza per Annabel. Il letto era un po' più ampio di quanto Alice avesse pensato, ma per tre donne sarebbe stato stretto. James aveva insistito per dormire sulle coperte vicino al fuoco, mettendo così da parte il loro imbarazzo.

Le ultime due ore erano trascorse in maniera piuttosto confusa. Annabel aveva pregato suo marito di versare quanta più acqua possibile nella semplice vasca di legno rivestita di metallo. Le altre due famiglie in visita erano tornate a casa per la notte.

Annabel aveva fatto notare loro che dopo il bagno, avrebbero mangiato a sazietà pane e formaggio, poiché per il momento lei non riusciva a preparare nulla. Ma che domani sarebbe andata meglio.

James si era messo la carabina in spalla e era sparito di nuovo fuori, dicendo che sarebbe tornato entro un'ora, volendo controllare il suo raccolto e accertarsi che fosse tutto apposto.

L'acqua era abbastanza tiepida e, a dire la verità, più fredda di quanto avessero sperato, ma Cora  si tolse velocemente gli indumenti e si immerse beatamente nell'acqua lenitiva, con le lacrime di sollievo nei suoi occhi.

Muovendosi velocemente, Alice risciacquò i capelli ingarbugliati di sua sorella e le massaggiò la cute.

"Chiedo scusa, signorine, se ho terminato il sapone, ma domani credo che potremo cominciare a farne un po' di più." Disse Annabel, "Non è troppo difficile."

Mentre lei esaminava lo stato degli indumenti di Cora aggrottando leggermente le sopracciglia, offrì alle ragazze di liberarsi dei loro abiti e indossare qualche suo indumento, per ora. Alice acconsentì con tutto il cuore mentre esprimeva balbettando la sua gratitudine.

Poi Cora si mise a sedere accanto al fuoco, pettinandosi i riccioli con le dita e indossando la camicia da notte di Annabel, mentre Alice non vedeva l'ora di fare il bagno. Annabel si era avvicinata all'orecchio di Alice.

"Credo che la cosa migliore sia che mio marito svuoti la vasca e la riempia di nuovo con l'acqua fresca del fiume. Perdonami, ma penso che tua sorella non abbia fatto il bagno per un tempo eccessivamente lungo e con la sporcizia e tutto il resto..."

Alice annuì velocemente.

Riportata nel presente, Alice osservò le lavorazioni grezze del piccolo soffitto dell'abitazione, sentendosi soddisfatta, calda, ma anche con un vago senso di trepidazione. Lei non era mai stata sola in camicia da notte in una stanza con un uomo che non era suo padre, pur ammettendo che il signor Stewart era stato gentile e rispettoso.

Moglie e marito erano seduti al loro tavolo di legno, parlando a bassa voce del loro raccolto, di cosa sarebbe cresciuto e di cosa avrebbero potuto commerciare o vendere dal loro piccolo appezzamento di terra. Alice afferrò qualcosa del loro discorso.

"Le patate dolci e la zucca dovrebbero rendere abbondantemente quest'estate, spero," mormorò Annabel, rammendando una delle camicie strappate di suo marito vicino alla luce del fuoco tremolante.

James bevve di cuore dal suo boccale di birra e annuì, strofinandosi la bocca. "Certo, ma le mie speranze sono per le patate e il mais degli Indiani."

Alice sentì Annabel sospirare.

"Quel mais sarà irrisorio nella migliore delle ipotesi. Ciò che dovremmo fare veramente è piantare il grano."

James ridacchiò, come se trovasse tenero il suo atteggiamento ingenuo. "Far crescere il grano non sarà così semplice, amore mio," replicò lui.

"Lo so," disse Annabel, facendosi il segno della croce. "Ma se noi potessimo ripulire un po' di più il campo, forse un pezzetto di foresta?..."

"Non posso usurpare qualcosa in quel modo, Annabel," disse James sottovoce.

"Usurpare dove? Sulla terra di chi? I Newsom sono piuttosto vicini, ma io dubito molto che alcuni steli di grano getteranno un' ombra sulla loro casa, così splendente e grandiosa," pronunciò l'ultima parte in sordina, in tono di scherno.

Alice ascoltò l'accenno di disprezzo nella voce di Annabel e si chiese se le famiglie non si fossero prese. Lei guardò silenziosamente Cora, che sembrava ascoltare la conversazione ma sua sorella fece soltanto spallucce con noncuranza. Tutto ciò non riguardava loro.

Annabel continuò. "Se noi potessimo almeno far crescere un po' di grano, allora, potremmo commerciare. Solo il grano-"

James interruppe la sua tranquilla arringa. "Sono d'accordo, amore mio, ma ciò significherebbe eliminare molti più alberi ed è già estate inoltrata. Un esperimento di questo tipo così tardi nella stagione è da irresponsabili, specialmente se il gelo prende i frutti del nostro lavoro."

Annabel aveva finito con la camicia e la piegò ordinatamente sul tavolo, facendo scorrere distrattamente le dita lungo i bordi rudivi del tessuto. Guardò suo marito, pensierosa.

"Non prendo le tue opinioni alla leggera, Annabel. Quella era la mia promessa a te. Ho anche pensato al grano. Le colonie meridionali lo chiedono energicamente. Ma penso che dovremmo mantenere la rotta così per adesso. All'inizio della prossima estate ti prometto che ripulirò un po' più di terra e potremo cominciare."

Si appoggiò, accarezzandosi il mento. "Grano..." sospirò lui. James cambiò argomento. "Le donne sono sistemate? Dormono?"

In fondo all'abitazione, Alice si accoccolò più profondamente sotto le coperte.

Annabel annuì solennemente. "Sì, hanno fatto il bagno e hanno mangiato. Povere anime, sembravano delle selvagge, in senso buono,  quando sono arrivate. Forse domani potremo fare delle domande pertinenti a Nathaniel. Di sicuro non sembrano essere di queste parti. O delle colonie, se è per questo."

"Parlano come te, mio tesoro," James disse con un sorriso.

Annabel era d'accordo. "Accento di Londra."

Più tardi quella notte Alice si svegliò disorientata. Le ci vollero pochi secondi per capire dove fosse, si sentiva rattrappita, stretta tra Annabel addormentata e Cora che si trovava verso il muro. Lei sentì una specie di suono smorzato, un lamento, e guardò rapidamente sua sorella, battendo gli occhi in modo confuso.

Cora era completamente racchiusa nelle coperte, la sua testa nera affondata nella piega del gomito, girata verso la parete dell'abitazione. Il suo corpo tremava con lacrime silenziose.

Alice sentì una fitta di disperazione e, guardando velocemente la loro padrona di casa addormentata, avanzò lentamente verso sua sorella nell'oscurità e le avvolse intorno al corpo un braccio delicato. "Shhh..." lei esclamò. "Non agitarti, sorella," sussurrò. "Va tutto bene." I loro occhi si incrociarono. "Ci sono io con te."

Cora soffocò un altro singhiozzo, la sua espressione desolata per il dolore. Le loro mani si strinsero sotto le ruvide coperte e Alice posò la sua guancia sulla fronte umida di sua sorella. "Che cosa c'è?" chiese Alice con calma.

"Duncan," fu tutto quello che disse, le lacrime che le scorrevano lungo il viso.

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Chingachgook e i suoi figli entrarono nell'accampamento Delaware nell'oscurità della notte.

Camminarono agili e silenziosi, tuttavia erano attesi. I Mohawk si erano mimetizzati nella foresta prima di avvicinarsi all'accampamento.

Le wigwam a forma di cupola si trovavano lungo gli alberi, due gruppi di abitazioni alle estremità opposte. Piccoli fuochi erano accesi per tutto il centro dell'accampamento lungo una fila, per permettere agli abitanti di usufruirne. Le persone gironzolavano intorno, guardandoli con aria interrogativa, ma mentre la loro presenza veniva resa nota, ci furono richiami di riconoscimento.

Il Mohicano più vecchio si fermò con i giovani uomini quando furono avvicinati da un uomo alto che indossava gli abiti tipici dei Delaware, pantaloni di panno e gambali. Era anche avvolto in uno scialle fatto di pelle di castoro, forse per ripararsi dal lieve fresco della scura notte estiva.

Tutti aspettarono finché loro vennero salutati.

"Chingachgook, benvenuto," disse l'uomo in Delaware, solenne. Lui parlò per principio prima all'uomo più vecchio, come ossequio alla sua anzianità. Ci fu una pausa. " Sei stato riconosciuto già dal fiume."

Nathaniel si sforzò freneticamente per ricordare l' uomo alto, piuttosto imponente nei suoi primi 50 anni.

Il suo sguardo trovò i tatuaggi allineati sulla parte inferiore delle sue guance e ricordò il suo nome, per fortuna, proprio mentre gli occhi del Lenape lo intercettavano.

Nathaniel chinò la testa. "Hopocan, grazie per il benvenuto."

L'uomo in questione annuì brevemente. Guardò Uncas e inarcò un nero sopracciglio.

"Porti ondate di guerra, Chingachgook? Tuo figlio è stato ferito."

Senza curarsi di dire qualcos'altro ai giovani uomini, lui chiamò alcune donne, diede loro delle istruzioni  affinché i figli di Chingachgook avessero alloggi, abiti e nutrimento.

Le donne arrivarono e parlarono animatamente tra loro mentre esaminavano Nathaniel e punzecchiavano Uncas, valutando le sue ferite e verificando la presenza di qualche danneggiamento.

Una delle donne più giovani avanzò verso Uncas, camminando a grandi passi in silenzio nei suoi mocassini di pelle di cervo. I suoi occhi risplendevano nella luce del fuoco mentre esaminava le braccia e le costole di Uncas, catturando gli occhi di lui, lei sorrise leggermente e indicò i fratelli al centro dell'accampamento.

"Vi vedrò entrambi quando il sole verrà," disse Chingachgook austero agli uomini mentre venivano condotti via lentamente.

Nathaniel sembrò irritato per essere stato congedato bruscamente, e fu portato in un wigwam abitato da una piccola famiglia, Uncas in una delle abitazioni per essere curato per le sue ferite. Per questo, il cuore di Chingachgook era felice.

Più tardi quella sera, Hopocan e Chingachgook stavano in una wigwam piuttosto spaziosa, fumando tabacco con una pipa d'argilla e parlando della scorsa estate.

Gusci di mais secco come pure erbe che pendevano dai lati del wigwam, aggiungevano una piacevole fragranza all'atmosfera. I due uomini si conoscevano da molti anni, e Chingachgook si sentiva a proprio agio quando parlava con lui, oppure soltanto quando si abbandonavano ai ricordi.

"Quel ragazzo, il maggiore," chiese Hopocan schiettamente, "E' ancora chiacchierone?" E Chingachgook annuì. "Non con me, comunque."

"La tua figlia minore... mi è stato detto che si è sposata quando la neve cadde abbonbante lo scorso inverno, vero?" Chingachgook chiese. Hopocan annuì con un'espressione felice, aggiungendo che lei recentemente aveva avuto un figlio.

Al momento Chingachgook stava raccontando i giorni recenti, il loro scontro con i feroci Uroni sulla George Road, le ragazze inglesi di cui loro adesso erano responsabili, e successivamente le ferite di Uncas.

Hopocan si mise a sedere tranquillamente in un momento di intervallo nella loro discussione sul ragazzo più giovane. Le sue tirate di fumo dalla sua pipa erano lente e languide, i suoi occhi neri intelligenti mentre analizzava questo punto della storia.

"Si mise a correre come un matto dietro a quella ragazza bianca," disse Chingachgook dopo un po'.

Hopocan chinò la testa da un lato, offrendo la pipa al suo vecchio amico. Notò un tono insolito, ma definito nella voce del Mohicano.

I tiri di Chingachgook erano più brevi sulla pipa. "Lui mi crede vecchio e debole, suppongo, credendo che io non abbia notato il modo in cui la fissa, come un sempliciotto."

Hopocan sorrise momentaneamente. "Se lei è così debole di volontà come dici, questa sarà solo un'infatuazione passeggera. Tutti gli uomini passano attraverso questa sorta di distrazione nella loro gioventù. Lui è oltre le 20 estati?"

"Ventidue," borbottò Chingachgook. "Avrebbe dovuto formare una famiglia tutta sua, ormai."

Il Lenape annuì, essendo d'accordo. "E il tuo figlio bianco? E' almeno a 25 estati."

Chingachgook rigirò attentamente la pipa nelle sue mani logorate. "Il mio figlio bianco ha trovato una compagna nella sorella della ragazza di Luna. Approvo. Sono una bella coppia. Lei ha uno spirito forte che richiama quello di lui."

Riportando la discussione sull' improbabile coppia più giovane, Chingachgook aggrottò le ciglia.

"La ragazza dai capelli di Luna non è forte. Temo che il mio figlio minore stia inseguendo ombre e polvere. Temo che lei ritornerà nella sua patria e lascerà una ferita nel cuore di mio figlio. Dovrebbe concentrarsi su ciò che ci si aspetta da lui, la ricrescita della nostra tribù e una donna Delaware. Non una ragazza Yengeese che non sa niente delle nostre tradizioni, che non sa niente della sopravvivenza."

Hopocan guardò il suo amico più con curiosità che con comprensione. Entrambi sapevano che il cuore di un uomo non poteva essere comandato.

"Capisco, amico mio, " disse Hopocan lievemente. "Uncas dovrebbe conoscere le sue responsabilità. Ma una volta entrambi siamo stati giovani. Molte, molte lune fa." Entrambi ridacchiarono di questo.

Hopocan continuò. "A questo punto, il suo cuore batte ardente e veloce. I giovani uomini sono schiavi dei loro sensi, delle cose fugaci come la bellezza e la passione. Ciò svanirà."

Hopocan disse questo con certezza, ma Chingachgook fu di nuovo silenzioso, guardando il fumo del tabacco diffondersi verso l' alto e fuori dall' apertura, posta in alto al centro della cupola.

"Presto troverà tutto questo e di più, delle solide fondamenta con una donna Delaware." Il Lenape disse questo per rassicurare il suo amico.

Hopocan sospirò, si appoggiò sulle pellicce e si nascose, chiudendo gli occhi per breve tempo. "Dobbiamo ricordare di essere compassionevoli con i giovani."

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Cora si svegliò lentamente la mattina seguente, rotolandosi pigramente per un momento. Si chiese vagamente perché il suolo non fosse così duro come era stato prima quando, piuttosto bruscamente, in un improvviso impeto di chiarezza, i ricordi la bombardarono.

Alzandosi di scatto nel letto di Stewart, Cora si guardò intorno nella piccola abitazione freneticamente, cercando la sua sorella minore.

Tenendosi le coperte intorno, si alzò in piedi lentamente. Sussultando mentre i suoi piedi nudi toccarono il ruvido legno del pavimento, Cora si guardò intorno cautamente. L'abitazione sembrava vuota, non c'erano gli altri inquilini, sebbene lei ruscisse a sentire delle voci smorzate dall'esterno. Voci di donne.

Guardando l'orlo del letto, Cora vide un mucchio di indumenti piegati ordinatamente.  

Esaminandoli velocemente, vide che Annabel aveva tirato fuori per lei una camicetta e un abito fatto in casa. Era stirato, ma prima era stato lavato.

Cora fece scorrere le dita lungo le pieghe dell'abito color corallo. Non aveva notato busti o sottovesti nel mucchio e sospirò, pensando che il mese scorso deve essere stato un delirio indotto da una febbre, forse.

Forse lei era ancora a Portman Square ed era caduta nella prigionia della febbre. Forse era caduta giù per le scale e si trovava nel suo letto, al momento priva di sensi, o un cavallo aveva colpito la sua testa, o forse -
"Cora!"

Cora quasi gridò mentre si girava velocemente, tenendo stretto l'abito e la coperta come per respingere questo pericolo sconosciuto. I suoi grandi occhi scuri videro sua sorella Alice entrare, lasciare la porta dell'abitazione socchiusa per far entrare la luce del sole e allietarla con un sorriso caldo.

Cora si rilassò, notando che sua sorella già indossava il suo vestito celeste.

"Sorella," disse Alice quasi allegra, "Vestiti rapidamente e precipitati fuori per mangiare. Poi potrai aiutarci - io e Annabel stiamo facendo il sapone!"

Cora fu presa alla sprovvista da questo. "Da quando sai come...fare il sapone?" chiese lei stupita.

Alice scosse la testa.

Quella mattina, i suoi capelli erano stati intrecciati con noncuranza intorno alla testa e l'improvviso movimento fece cadere le ciocche illuminate dal sole, liberamente intorno alla sua faccia e sulle spalle.

"Non ho mai provato a fare il sapone prima. L' ho sempre fatto comprare e recapitare in Inghilterra, ovviamente," disse Alice con una voce canzonatoria, perché era un fatto ovvio. "Ma sono felice di essere utile a qualcosa. Dovresti unirti a noi, dopo che mangi qualcosa. Sembri pallida."

"Come è fatto?" chiese Cora, il suo interesse si rianimò.

"Cenere di legno e grasso animale," disse Alice con noncuranza. La faccia di Cora si contrasse per il disgusto, facendo ridacchiare Alice.

"Miscuglio disgustoso," borbottò Cora, anche se pensava, alquanto filosoficamente, che sarebbe stato più economico prodursi da sé il sapone grezzo piuttosto che aspettare il carico dall' Inghilterra, con la speranza di farlo arrivare così lontano. O pagare una somma esorbitante presso un negoziante in città.

Avanzando cautamente verso sua sorella, Alice tentò di srotolare la coperta che Cora teneva avvolta intorno a sé.

Cora scosse la testa fervidamente.

"Il marito..." disse a bassa voce, facendo capolino dalla piccola finestra di fronte all'abitazione, anche se essa era coperta di carta oleata.

Alice prese la camicetta.

"Cora, il signor Stewart è andato nella fattoria vicina per qualche ora. Siamo sole," disse pazientemente. "Fai in fretta e vestiti. Non cesserò il mio  fastidioso rimprovero finché tu non avrai fatto colazione!"

Cautamente Cora prese la camicetta da sua sorella e con calma le disse che si sarebbe vestita e la pregò di tornare fuori per aiutare la padrona di casa.

Alice le fece un sorriso velato, percependo il suo umore, e se ne andò con calma.

Cora si mise le punte delle dita sulla fronte con un sussulto, chiedendosi perché la testa le facesse così male. Si ricordò della notte precedente, in cui aveva pianto per ore mentre Alice la stringeva, prima che cadesse in un sonno esausto.

Aveva pianto per Duncan e suo padre. Ma a dire la verità, l' agonia per Duncan era la punta più tagliente per il suo cuore.

Le sue parole arrabbiate rivolte a lui al forte - il rifiuto alla sua proposta di matrimonio... Pianse per l'orribile senso di colpa, mentre ricordava lo shock e il dolore dipinti sulla sua faccia al momento del rifiuto. E lei si sentì il cuore quasi spaccarsi a metà ricordando le sue urla mentre le fiamme cominciarono a divorarlo.

Tutto ciò era stato insopportabile.

Si era raggomitolata su un lato come un animale ferito, ansimando e singhiozzando, scavando con le unghie nella pelle sopra il battito del suo cuore, desiderando più di ogni altra cosa al mondo che fosse stato il suo cuore a fondersi con il nulla nel campo Urone. Non quello di Duncan.

Avrei dovuto esserci io, era tutto ciò che irragionevolmente lei ripeté a se stessa per tutta la notte, avrei dovuto esserci io...

Adesso pensò, lottando contro le lacrime, che c'era molta solitudine nel senso di colpa e nella vergogna. Perché, nonostante si voglia affermare il contrario, nessuno di sua conoscenza poteva in alcun modo sapere come ci si sentiva a vedere il loro amico d'infanzia morire al proprio posto, oppure vivere con l'oscurità che avrebbe per sempre rabbuiato i loro cuori.

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Nathaniel uscì dalla wigwam e trovò il mattino caldo e invitante, l'odore del cibo che invadeva i suoi sensi. O forse sono solo affamato.

Stiracchiandosi, passeggiò notando una delle pentole che ribollivano al centro dell'accampamento e scrutò dentro. Annuì in segno di apprezzamento. Era una sorta di stufato di cervo. Trangugiò diversi mestoli pieni di stufato e poi si pulì la bocca.

Fermandosi per un lungo, distratto momento, Nathaniel meditò sul suo successivo corso di azioni.

Aveva bisogno di fare un bagno, assolutamente. Tuttavia, per prima cosa avrebbe dovuto sicuramente occuparsi di suo padre. Anche controllare Uncas, anche se al momento non aveva la più pallida idea di dove fosse suo fratello. Più probabilmente a riposare, poiché il loro padre aveva esplicitamente detto a Uncas di prendersi cura delle sue ferite e di riposare. E poi le sorelle... Sarebbe stata una camminata di oltre un miglio fino alla fattoria degli Stewart e Annabel aveva richiesto la sua presenza a mezzogiorno.

Alzando lo sguardo e guardando obliquamente il sole accecante, Nathaniel riuscì a stabilire che mezzogiorno non sarebbe giunto per alcune altre ore. Poteva fare tutte queste cose e poi raggiungere Cora a mezzogiorno.

Annuendo di soddisfazione, Nathaniel girò intorno ed esaminò il perimetro del villaggio cercando suo padre, e lo vide accovacciato con Hopocan nella luce del sole fuori da un wigwam. Sembravano conversare mentre lui si avvicinava.

"Il ragazzo può farlo," disse Hopocan in Delaware, annuendo a Nathaniel mentre lui si avvicinava.

Nathaniel si fermò davanti a loro e guardò. Fare cosa e a chi si stava riferendo con la parola "ragazzo"?

Al suo silenzio, Chingachgook gli lanciò uno sguardo tagliente e di rimprovero. Nathaniel strinse i denti, tuttavia  fece un leggero inchino, mormorando parole di saluto a suo padre e Hopocan.

Se Nathaniel ricordava correttamente, nella sua quindicesima estate lui aveva lanciato un'occhiata di sfida e usato un tono insolente nei confronti dell'uomo Lenape e adesso, dieci anni dopo, l'uomo non aveva dimenticato.

In entrambi i casi, Nathaniel sapeva che Hopocan era un buon uomo e un buon guerriero. Un buon amico e padre. Aveva un' arguzia piuttosto pungente e usava le sue parole con un pizzico di ironia. Nathaniel riusciva a rapportarsi con ciò. Hopocan lo pungolava costantemente ogni volta che lui era più che probabilmente annoiato.

"Hopocan," disse lui delicatamente. "In che cosa posso aiutarti oggi?"

Gli occhi del vecchio uomo erano disinteressati mentre lui lo esaminava, poi fece un cenno in modo sprezzante intorno all'accampamento.

"A un certo punto, oggi, comincia dalla pescaia e controlla le trappole con gli altri uomini. Abbiamo posizionato delle trappole per lontre e anatre selvatiche."

Nathaniel chinò la testa in segno di assenso, poi cortesemente chiese in quale direzione si trovassero le trappole, e disse che se ne sarebbe occupato immediatamente.

"Ho detto che potevi farlo a un certo punto, e non mi hai sentito dire che le trappole sono per lontre e anatre? Penso che sia ovvio, quindi, che tu debba dirigerti verso il fiume." La voce del Lenape stava grondando di noioso disprezzo.

Nathaniel sentì una vampata di rabbia avanzare su per il collo, poi di nascosto lanciò un'occhiata furtiva a suo padre che era impassibile. Tuttavia lui sapeva che Chingachgook era leggermente divertito mentre il suo amico lo derideva.

"Certamente. Per prima cosa vedrò come sta mio fratello e poi mi occuperò delle trappole e della pescaia," disse Nathaniel rispettosamente e aspettò finché gli uomini annuirono, suo padre solennemente e Hopocan disinteressatamente.

Andandosene altezzoso, si incamminò verso l'altra estremità dell'accampamento, poi si fermò presso un gruppo di donne che erano sedute sul suolo impolverato, tessendo stuoie di giunchi e raschiando il pelo dalle pelli con gli ossi. Chiese dove fosse l'alloggio di suo fratello nell'accampamento e fu accompagnato in uno dei wigwam nei pressi del gruppo di alloggi.

Camminando verso l' interno trovò Uncas seduto sulle pelli; la giovane ragazza della notte scorsa, che lo aveva accompagnato al gruppo di alloggi, era seduta vicino a lui pazientemente.

Lei teneva un vaso di terracotta; Nathaniel sapeva che conteneva grasso di orso fuso e sciroppo d'acero - riusciva a sentirne l'odore - e lei aveva anche un cesto di  pane di mais al suo fianco.

Dentro l'ombrosa wigwam una donna anziana era seduta presso l'estremità lontana, pestando il mais nella farina.

Si salutarono tutti l'un l'altro cortesemente, ma Uncas sembrava un po' teso mentre la ragazza continuava a tormentarlo per farlo mangiare di più.

Alla fine, Uncas prese il vaso e inzuppò il pane di mais e inghiottì un boccone.

Fece un cenno a suo fratello per farlo partecipare al pasto, ma Nathaniel disse in Mohicano che aveva già mangiato. Uncas gli lanciò un' occhiata che chiaramente significava - Bene, resta comunque.

Occhieggiando curiosamente verso la ragazza che sembrava avere all'incirca 17 anni, Nathaniel ricordò chi era. Era Tankawun. L'ultima volta che l'avevano vista lei aveva 12 anni, nell'accampamento invernale quando lui e la sua famiglia erano stati con i Delaware.

Era stata una ragazza carina e di carattere dolce, ma un po' viziata e sembrava che stesse sempre fantasticando su Uncas. Questo aveva provocato ai ragazzi infinite crisi di ilarità insieme, nella loro wigwam, mentre raccontavano al loro padre come la piccola Tankawun seguisse le loro impronte intorno all'accampamento innevato, con i suoi occhi modesti sempre sollevati su Uncas. Chingachgook aveva scosso la testa a loro in segno di fastidio mentre Nathaniel ricostruiva il gesto della ragazza di muoversi furtivamente e rideva a suo fratello imbarazzato.

Guardandola adesso, Nathaniel sapeva che non avrebbe dovuto essere sorpreso del fatto che lei era cambiata così tanto. Il suo sguardo era ancora carino e piacevole ma molto meno infantile, la sua faccia più magra. Era anche diventata più alta.

"Tankawun," disse Nathaniel cordialmente in Delaware - che era un dialetto differente - inginocchiandosi sul suolo di fronte a suo fratello. "Ti ho riconosciuta a malapena. Come sta la tua famiglia?"

Lei sorrise e gli fece cenno di mangiare prima di replicare. "Sto bene, e anche la mia famiglia; Mannitto ci ha sorriso. Sto cercando di far mangiare il tuo fratello testardo! Insiste nel pulire la sua carabina oppure cerca di andare via invece di riposare."

Loro chiacchierarono per un altro po', condividendo il pane di mais.

Poi Tankawun si alzò per aiutare sua nonna e bighellonò al suo fianco.

La famiglia era formata da sole donne poiché suo padre era stato ucciso dai soldati diversi anni prima. Lei era la più grande di quattro ragazze. C'erano anche la madre e la nonna.

Nathaniel non poteva riuscire a vivere con così tante creature volatili note con il nome di donne, e poteva già immaginare la wigwam che scoppiava costantemente in liti.

Facendosi piccolo per il timore, si voltò verso Uncas e si rivolse a lui nella loro lingua nativa. "Ti senti un po' meglio? Tutto a posto?"

Uncas annuì, aggiungendo, "Sì, fratello. Hopocan era qui poco fa prima che tu arrivassi e ha chiesto le che donne mi dessero... come si chiamano quelle radici, per i dolori articolari?"

Nathaniel fece spallucce, sembrando infastidito al sentir nominare il beffardo uomo Lenape. Notò l'espressione furtiva di Uncas. "Cosa?" lui domandò.

"Niente," disse Uncas, sembrando divertito. "E' solo che... lui si riferisce a te chiamandoti 'il ragazzo' e 'il gallo' - Basta, fratello," ordinò Uncas mentre Nathaniel si tirò su per ripicca. "Lui si diverte a dire quelle cose perché tu ne sei colpito, e perché sa che tu non rischieresti di attirare la collera di nostro padre per rispondergli."

Uncas si sdraiò su un fianco e si appoggiò al suo gomito.

"Per di più," disse Uncas, la sua espressione placida. "Papà mi ha detto che Hopocan preferisce più te, tra noi due - lui si riconosce in te, quando era giovane. E' più affezionato a te." Fece un gesto rivolto a Nathaniel con le sue mani aperte, come se questa fosse un'offerta.

Addolcito, Nathaniel guardò l'altro uomo con affetto e si piegò all' indietro, sulle sue cosce.

"Adesso devo andare fratello. Prima devo fare una nuotata, poi controllare le donne," disse in inglese, lanciando a Uncas uno sguardo di traverso.

Ci fu una pausa densa di significato.

"Pensi che papà possa essere convinto a lasciarti venire?" chiese Nathaniel.

Uncas non disse nulla per un lungo momento prima di mettere il cesto e il vaso a lato. Alzò lo sguardo. "No. Ho detto a papà che avrei riposato il più possibile. Forse una settimana o di più."

Nathaniel annuì lentamente, poi si alzò e uscì fuori dalla wigwam indietreggiando, dicendo addio agli inquilini.

Mentre usciva fuori, notò che Tankawun era riapparsa al fianco di Uncas per continuare a vigilare su di lui. Ci è voluto poco, pensò Nathaniel  aridamente.

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A mezzogiorno il sole torrido si abbatteva spietatamente su Alice Munro, che stava faticando all'aperto da poco dopo l'alba.

Strofinandosi le mani sudate sul vestito prestato, Alice si fece ombra sugli occhi con le mani e guardò Annabel.

"Ho messo il sego, Annabel." Alice indicò con un gesto la pentola che stava su un piccolo fuoco.

Annabel aveva insistito sul fatto che le candele dovevano essere prodotte all'aperto durante l'estate poiché il caldo sarebbe stato insopportabile nell'abitazione.

Annabel allungò il collo da dove era seduta, selezionando le patate in un secchio, gettando quelle brutte. "Bene, Alice," disse. "Adesso  fallo sciogliere. Poi abbasserai lo stoppino. Ti aiuterò io."

Sorrisero l'una all'altra e Alice si sentì abbastanza soddisfatta di sé.

Sedendosi accanto a lei, continuarono a selezionare le patate che alla fine sarebbero state il loro pasto di mezzogiorno; le patate sarebbero state bollite e schiacciate con latte e burro, e sgocciolate con il miele.

Annabel si avvicinò alla donna bionda senza fermare i suoi movimenti o guardare qualcuno in particolare. La sua voce era bassa mentre faceva le domande ad Alice.

"Alice, tua sorella sta male? Sembra più affaticata e scoraggiata. Io e mio marito non crediamo sia opportuno fare domande per amor di curiosità... ma per favore, dimmi cosa può essere fatto per alleviare il dolore di tua sorella. James mi ha detto, prima di andare, che lei ha pianto per gran parte della notte."

Alice guardò Annabel, meravigliandosi per la sua premura e comprensione. Lei già le aveva portate in casa. Non c'era bisogno di fare nient'altro da parte sua, per quanto riguardava Alice.

Guardando alla sua sinistra, Alice esaminò Cora che, al momento, era seduta a lato, pallida e tesa, e stava sbucciando le rape per il brodo di verdure che sarebbe stato incluso nel pasto della sera.

Lei non riusciva a pensare a qualcosa da dire a sua sorella, così sospirò e abbassò lo sguardo.

Rotolando una piccola patata in modo pensieroso, lei mormorò, "Abbiamo perso un amico. Molto caro. Ci ha lasciate nella maniera più crudele. Il dolore è insopportabile per mia sorella."

Gli occhi di Annabel si riempirono di compassione mentre guardava Cora per un lungo momento.

"Allora mi sforzerò di non parlarne di nuovo, Alice. Specialmente con tua sorella, chiusa com'è nel suo dolore. Grazie per aver condiviso questo con me."

Entrambe le donne sobbalzarono quando sentirono una chiamata giù dal sentiero che conduceva al fiume.

Nathaniel camminò volutamente verso di loro, sembrando sorpreso nel vedere Alice così  laboriosa. I suoi occhi guardarono intorno per cercare Cora mentre chiedeva alle due donne come stavano.

Alice vide Cora alzarsi e camminare verso di loro. "Che cos'ha?" chiese Nathaniel quando la osservò. Sembrava preoccupato.

"Lei... non ha dormito bene," replicò Alice a bassa voce.

In teoria questo era vero, così Alice non si sentì troppo male. Inoltre, parlare di ciò era compito di sua sorella, non suo.

Raggiungendoli, Cora fece un sorriso tirato a Nathaniel mentre lui le posò la mano sulla guancia e analizzò il viso di lei. "Alice mi ha detto che non hai dormito molto," disse lui.

Lanciando a sua sorella un'occhiata spaventata, Cora sembrava confusa. Alice cercò di dirle, attraverso lo sguardo, che questo era tutto ciò che aveva detto a Nathaniel, non gli aveva detto delle ore trascorse a singhiozzare.

Nathaniel passò con lo sguardo da Cora, che sembrava mortificata, ad Alice, che stava facendo le smorfie, e Annabel, che era l'unica ad avere una faccia inespressiva.

"Nathaniel," disse Annabel con calma. "Hai mangiato? Stiamo facendo le frittelle di patate."

Nathaniel annuì distrattamente, guardando ancora la Munro maggiore. "Ho mangiato, e suppongo che il pasto di mezzogiorno debba essere per voi, signore."

 "Allora la cena?" Annabel perseverò. "Stiamo facendo le torte johnny, patate dolci e abbiamo fatto uno scambio con i Lancaster per uno dei loro suini. Così avremo anche prosciutto cotto. Anche brodo di verdure."

Nathaniel sembrava veramente interessato a questo grande assortimento di cibo e acconsentì prontamente.

I pensieri di Alice erano rivolti a Uncas e disse senza riflettere, "E invita anche ... anche... la tua famiglia," lei concluse balbettando. Arrossì e Nathaniel le fece uno sguardo diretto e penetrante.

"Mio padre potrebbe non essere in grado di partecipare, ma glielo chiederò in entrambi i casi. Mio fratello," mise una leggera enfasi su quest'unica parola. "So che non si farà vedere perché nostro padre gli ha proibito di lasciare l'accampamento per adesso. Almeno finché non guarisce. Uncas suppone di lasciare l'accampamento tra una settimana o due e poi vi farà visita," concluse con calma, osservando Alice.

Alice si sentì così sconvolta alla notizia che forse sarebbero potute passare due settimane prima di vedere Uncas, che si morse la lingua duramente per evitare di dire qualcosa di sciocco.

Voglio vedere la sua faccia... pensò lei, poi istantaneamente si rimproverò. Stampandosi in faccia un sorriso forzato ma coraggioso, Alice si rivolse a Nathaniel.

"Suppongo che dovremo sistemare. Come puoi vedere siamo state occupate tutta la mattina, e molto probabilmente lo saremo fino al pomeriggio... La cena potrebbe essere ritardata ma siamo molto felici che tu ti unirai a noi."

Alice fece un cenno dignitoso e Annabel e Nathaniel condivisero uno sguardo, sembrando curiosamente divertiti.

"Fate le candele, vedo, " disse lui, cambiando argomento. Annabel replicò che Alice era a metà procedimento e raccontò come quella mattina lei aveva fatto il sapone con solo poche istruzioni. Nathaniel sembrava proprio colpito.

Il resto della giornata trascorse velocemente per le donne. Alice non aveva mai veramente cucinato qualcosa prima, specialmente non un grande pasto. Ma ciò che le mancava per esperienza, lei lo compensava con lo sforzo.

Le energie di Cora sembrarono tornare con la visita di Nathaniel e fu gentile e volenterosa offrendo il suo aiuto per tutta la giornata. Parlò animatamente con Annabel e James una volta che lui fu ritornato dal suo soggiorno presso i Lancaster. James sembrava abbastanza soddisfatto e fischiettava mentre lavorara alla fattoria e le donne cucinavano.

Nathaniel arrivò, come aveva promesso, per la cena, che fu servita un po' tardi quella sera. Era solo e loro erano tutti stanchi, ma l'atmosfera era serena e positiva. Dopo aver detto la preghiera, loro parlarono di cose irrilevanti e dopo cena, una volta sparecchiata la tavola, tutti andarono a sedersi fuori all'aperto.

Nathaniel e James accesero un falò e vi si sedettero intorno finché fu quasi mezzanotte, parlando e guardando il fuoco spegnersi lentamente mentre la luna e le stelle risplendevano silenziosamente su di loro.

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Durante le giornate che seguirono, ognuno si creò la propria rilassante routine.

James Stewart si alzava presto per occuparsi della sua fattoria e per andare a caccia di qualunque cosa potesse trovare; alcune volte andava a fare visita alle altre fattorie, altre volte le famiglie andavano a fare visita alle fattorie.

Anche le tre donne si alzavano presto e facevano la loro parte nell'abitazione, rammendando e cucinando. Alice ebbe un bel daffare a ricordare tutto quello che stava imparando, anche se era incline all'apprendimento, e si lamentò con James del fatto che avrebbe voluto poter scrivere tutto così da imprimerlo nella memoria.

James sembrò trovare ciò veramente comico, ma più tardi, quel pomeriggio, le si presentò con un quaderno, una penna d'oca e un inchiostro realizzato con la polvere del carbone.

Quando lui le porse i doni, sorrise maliziosamente mentre lei espresse balbettando la sua gratitudine, e disse, "Ecco qua, ragazza. Scrivi per la gioia del tuo cuore, così da non dimenticare questi giorni."

Gli Stuart vivevano una vita pacifica, semplice, felice. La coppia si completava abbastanza bene. Annabel era molto scaltra e lungimirante. La sua mente era ottima e teneva tutto organizzato poiché aveva un'avversione per il disordine. Era anche molto gentile.

James, d'altra parte, beneficiava di questo e portava anche il suo cuore e umorismo nelle situazioni quotidiane. Lui raccoglieva fiori di campo per le donne, si procurava piccoli dolci biscotti e gingilli di bigiotteria dai vicini e dai venditori ambulanti e li nascondeva, esortando la sua moglie sghignazzante a trovare i doni in giro per l'abitazione.

Fedeli alla parola di Annabel, gli Stuart non chiesero una sola volta alle sorelle qualcosa riguardo alla loro vita passata, che cosa le aveva condotte alla loro Valley, e quando sarebbero partite.

Se entrambe le ragazze erano scosse da un improvviso triste ricordo ed erano rattristate, James cantava delle canzoni licenziose o semplicemente faceva la parodia di qualcosa, finché tutti ridevano a lungo e forte.

Al quinto giorno di permanenza con gli Stewart, tutti si incamminarono per un viaggio di circa un'ora lungo il fiume, verso un'altra fattoria di proprietà dei Lancaster, un' allegra coppia con 4 bambini, il più piccolo dei quali era un neonato e l'unico maschietto.

Fu là che Alice e Cora incontrarono i Newsom.

Priscilla e Gregory Newsom arrivarono poco dopo gli Stewart e le sorelle, poiché il signor Newsom aveva dovuto restituire alcune attrezzature agricole che aveva preso in prestito dai Lancaster.

Fu subito evidente per Alice il fatto che la signora Newsom era una una fastidiosa megera che teneva suo marito attaccato a un guinzaglio estremamente corto. Alice non aveva mai visto un uomo più minuscolo o dall'aspetto così sottomesso. Era spiacevole vedere sua moglie, in tutta la sua ampia circonferenza, abbaiare ordini a quello scricciolo di suo marito.

La signora Newsom guardò le sorelle criticamente e le sue risposte alle loro domande cortesi erano brusche e fredde. Era una donna grande, massiccia con capelli color rame raccolti rigorosamente sulla nuca. Lei praticamente torreggiava su suo marito, più basso e dai capelli leggermente più chiari.

"Voi siete originari dalla Valley, signor e signora Newsom?" chiese Alice, cercando di fare conversazione.

"Sicuramente no," ribatté la moglie prima che suo marito avesse avuto persino la possibilità di parlare. "La mia famiglia sbarcò nel New England oltre un secolo fa. Avevano acquistato delle azioni ordinarie in Inghilterra prima del viaggio e la mia famiglia possedeva una grande quantità di terra nella Massachusetts Bay."

"Bene, prego, ci dite cosa ne è stato della suddetta terra?" chiese Annabel maliziosamente, essendosi evidentemente stancata presto delle tipiche arie della donna.

La signora Newsom si accigliò.

"Mio padre intraprese una serie di cattive iniziative imprenditoriali quando ero giovane..." Lei non aveva terminato la frase, ma Alice comprese. Ciò che gli uomini di ogni classe sociale temevano - debiti - aveva privato la sua famiglia della loro proprietà e della loro vita agiata.

"La mia famiglia da allora in poi fu costretta a spostarsi  più a ovest," la signora Newsom continuò mentre i mariti si allontanarono insieme, lasciando le donne fuori in gruppo. "Ma la terra qui nella migliore delle ipotesi è misera e ciò che è peggio, brulicante di selvaggi."

Alice alzò lo sguardo verso la signora Newsom, scioccata dalla sua veemenza. La parola selvaggio stava cominciando a farla inasprire. Era una calunnia così ignorante riferirsi a tutti gli uomini rossi considerandoli barbari.

"La tribù Delaware presso il fiume sembra abbastanza pacifica," disse Cora, senza preoccuparsi di mascherare la sua accigliata disapprovazione.

"E sicuramente ci sono aborigeni nel New England," aggiunse Annabel con acrimonia malcelata.

"Tuttavia, i contadini qui effettivamente si mescolano con i selvaggi," disse l'anziana donna sdegnosamente. "Loro ci fanno affari, forse vanno persino così lontano da vivere con loro nelle loro tane sporche di fumo."

Alice distolse lo sguardo, sentendo aumentare il disgusto per la donna. Adesso riusciva a capire perché ad Annabel lei non piaceva, perché si riferiva a lei chiamandola Signora Fastidio in tono derisorio.

La signora Lancaster avanzò verso le donne con l'aria un po' stanca e le invitò per il thè, essendo stata in disparte per l'intera durata della discussione. Le sue figlie giocavano in terra ai loro piedi con le bambole fatte di buccia di mais, il suo bimbo neonato che tirava impazientemente il suo corpetto.

"No, grazie Margaret," replicò Annabel, facendo un sorriso teso ma sincero alla sua amica. "Io e le ragazze ce ne stavamo andando. Per favore, fammi la cortesia di far sapere a mio marito che lo aspettiamo a casa. Te ne sarei molto grata."

Facendo all'irritante signora Newsom il più scarno cenno con la testa, Annabel si incamminò  per il sentiero verso la sua casa, con la testa alta e le sorelle che si affrettavano dietro di lei, avendo pronunciato delle frettolose parole di addio.

Più tardi quella notte, Alice scarabocchiò qualcosa nel suo quaderno vicino alla luce della candela dopo che le donne si erano ritirate, e James russava leggermente dal suo giaciglio accanto al focolare.

Alice stava cercando di prendere l'abitudine di mettere per iscritto, ogni notte, ogni informazione utile in cui si era imbattuta quel giorno.

Mordicchiando pensierosa la punta piumata della penna, la immerse nell'inchiostro e cominciò ad annotare alcune frasi, sforzandosi di graffiare la pergamena il meno possibile.

Rabarbaro e radice di Spigelia per i dolori di stomaco.
Noci nere fanno l'inchiostro.

Non riusciva a pensare a qualcos'altro, poi ebbe un improvviso pensiero malizioso e scrisse -
La signora Fastidio è un tormento.

Ridacchiando, smise di scrivere poiché i suoi pensieri relativi alla donna anziana non erano consoni a una signorina. Megera, pensò invece, vecchiaccia...

Soffiando sulla candela, lei si unì alle altre donne nel letto adesso divenuto familiare. Alice mise il suo braccio intorno alla sua amata sorella maggiore e si addormentò con un sospiro contento.

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Erano passate quasi due settimane da quando Uncas e la sua famiglia si erano uniti all'accampamento Lenape.

Uncas calcolò che era l'inizio di settembre, nonostante i Delaware non avessero bisogno di calendari. Era semplicemente un'abitudine, dato che lui aveva avuto così tanto a che fare con i Bianchi nella sua vita.

Era un pomeriggio molto caldo.

Uncas era seduto presso la riva del fiume con suo fratello a circa mezzo miglio di distanza dall'accampamento, parlando ed eseguendo qualche piccolo lavoretto. Nathaniel stava realizzando un arpione da un corno osseo per quando sarebbero andati a pesca, e Uncas stava filando la canapa per riparare le reti da pesca.

Questo, di per sé, era un lavoro tipicamente da donne, ma dal momento che per adesso non poteva andare a caccia oppure affaticarsi, era soddisfatto di dare una mano per le cose piccole. La sua forza era tornata e domani, pensò lui, poteva prendere parte alla caccia e alla pesca.

Nathaniel aveva trascorso parte di quasi ogni giorno dagli Stewart facendo visita a Cora, e Nathaniel  correntemente gli raccontava come era la vita alla fattoria degli Stewart.

"Le sorelle stanno imparando a cucinare e a dare una mano in giro per la fattoria. Da ciò che ho visto, Cora va d'accordo con James e lo aiuta ad esaminare il raccolto, anche il pesce. Alice ha stretto una profonda amicizia con Annabel. James mi dice che sono inseparabili."

Uncas era felice di sapere che le ragazze Munro stavano con tali brave persone, ma trovò difficile immaginare che Alice mostrasse interesse per le attività del casolare.

"Alice aiuta? Cucina?" chiese Uncas dubbioso mentre allacciava e incrociava disinvolto i fili di canapa.

Nathaniel annuì affermativamente.

"Il primo giorno che ero lì lei aveva fatto il sapone e le candele e aveva cucinato tutto il giorno. Era Cora ad essere depressa e sembrava esausta. Osservandola, ho notato che aveva pianto." Fece spallucce. "Alla fine è passato."

Uncas scosse la testa in silenzio, meravigliato al pensiero di Alice che faceva tutte quelle cose che probabilmente a Londra non si sarebbe mai sognata di fare.

Nathaniel  ridacchiò a suo fratello e poggiò l'arpione sul suo grembo.

"James mi ha detto che ha dato ad Alice un quaderno su cui scrivere. Dice che è smemorata e vuole registrare le ricette e le istruzioni... e dice che trascorre una buona quantità di tempo ogni sera a scarabocchiare cose segrete e a ridacchiare tra sé e sé. Che ragazza!"

Nathaniel sogghignò, ed era segretamente felice nel notare che suo fratello sembrava impotentemente incantato dai piccoli dettagli che lui stava aggiungendo su Alice. Andiamo un po' più avanti.

"Ho bisogno che tu venga con me dagli Stewart oggi. Ceneremo lì. Il tempo del raccolto arriverà presto e James ha bisogno del nostro aiuto nella fattoria, vedendo che stai progettando di trascorrere l'inverno con i Delaware e suppongo che si sposteranno all'accampamento invernale."

Nathaniel disse questo con grande serietà ma sapeva di essere sleale. Ciò che voleva in realtà era che Uncas e Alice parlassero. Era tutto.

La verità era che lui poteva dire che Alice desiderava ardentemente Uncas; ogni volta che lui veniva a fare visita, lui vedeva come istintivamente lei si guardava intorno, la sua espressione bramosa e eccitata per una frazione di secondo, prima di abbassare di nuovo la guardia.

Persino Cora lo aveva notato. Lui si ricordò della conversazione nel giorno precedente quando si trovavano su una collinetta erbosa, guardando Alice raccogliere le fragoline di bosco da un piccolo straccio e impacchettarle nella sua gonna. Nathaniel pensava che lei era sembrata estremamente bella con i suoi capelli dorati che le incorniciavano il viso, radiosa nella luce del sole. Ma non bella quanto Cora.

Cora si era chinata verso di lui e gli aveva sussurrato che Alice spesso sognava ad occhi aperti mentre invece avrebbe dovuto essere più attenta. Quando veniva scrollata dalle sue fantasticherie, sembrava confusa e sconsolata e rifiutava di ammettere che era sconvolta.

Uncas non era né d'accordo, né in disaccordo, era solo concentrato sulla rete e fece spallucce, sembrando impassibile.

Dopo una pausa disse, "Stasera, tutti noi ci raccoglieremo nella casa comune per festeggiare e danzare per il successo nella caccia. Non possiamo andare dagli Stewart stasera. Hopocan e nostro padre vorrebbero che noi stessimo qui."

"Veramente?" chiese Nathaniel interessato. "Perché?"

Uncas gli fece uno sguardo esasperato. "Vuoi veramente discutere con Hopocan? Sai come gli piace infastidirti."

Nathaniel annuì con l'accenno di un sorriso. "Prima si stava lamentando che solo io potrei pensare di portare i Mohawk così vicino all'accampamento. Abbiamo negoziato con quei due Mohawk e ci hanno fatto un favore portandoci nel raggio d'azione dell'accampamento."

"Sono d'accordo," disse Uncas, esaminando attentamente i nodi della rete. "Ma i Mohawk non sono vicini amichevoli dei Lenape, specialmente quelli su a nord."

Uncas tirò i fili di canapa tesi e fu ovviamente soddisfatto del suo lavoro mentre posava la rete attentamente sulla riva umida e muschiosa. Guardò l'acqua attentamente finché Nathaniel gli diede una gomitata.

"Che c'è fratello?" chiese Nathaniel affabilmente. Uncas raccolse una pietra levigata, schiacciata e la lanciò attraverso il fiume, guardandola saltare 3 volte.

"Wapashuwi mi ha invitato come suo ospite d'onore nella sua famiglia, stasera alla festa," disse Uncas a bassa voce.

La mente di Nathaniel ebbe un vuoto. "Chi è Wapashuwi? Un amico di papà?"

Uncas scosse la testa, i suoi capelli neri luccicanti di blu alla luce del sole. La sua espressione era illeggibile. "La nonna di Tankawun."

Nathaniel guardò. "La nonna della piccola Tankawun?" chiese. "Perché tu e non papà? Ahh..." Lui fece una smorfia avendo capito improvvisamente il coinvolgimento.

"Ragazza intelligente.." mormorò.

Entrambi sapevano che Uncas non poteva rifiutare la richiesta di Wapashuwi. Era un'anziana del villaggio ed era abbastanza rispettata. Poteva essere stato diverso se Tankawun avesse chiesto a sua madre di sollecitare la presenza di Uncas - lui avrebbe potuto  tirarsene fuori con educazione. Adesso non poteva.

Loro sapevano anche che questo sarebbe stato interpretato come un segno di affetto tra Uncas e Tankawun.

"Lei si è chiarita con te? Le hai detto che il tuo affetto si trova altrove?" chiese Nathaniel.

"Lei ha alluso alla cosa per qualche giorno, e adesso anche sua nonna lo farà. Le ho anche detto che non ho voglia di sposarmi - non adesso, almeno," replicò Uncas, impassibile. Nathaniel fu felice di sentirlo.

"Ma ancora..." La voce di Uncas sembrò meno certa. "Sai che papà sarebbe contento. Il papà di Tankawun, Eluwak, era rispettato da molti. Gli fu dato il suo nome per la sua fierezza in battaglia. Questo prima che i soldati Yengeese lo uccidessero."

I fratelli si guardarono l'un l'altro, in una completa e reciproca comprensione nella problematica e intricata situazione.

Occhi neri inflessibili incontrarono occhi blu determinati per un lungo momento denso di significato.

"Uncas," chiese Nathaniel, la sua voce tenace. "Vuoi Alice Munro?"

Il viso di Uncas si tinse più di rabbia che di imbarazzo. "Non è questo -"

"La vuoi, fratello?" lui interruppe Uncas.

Uncas sembrò esasperato "Non è questo -"

"E' una domanda semplice. Sì o no sarà sufficiente," intervenne di nuovo Nathaniel.

Poi rimase sorpreso quando Uncas si alzò in piedi silenzioso e rapido come un cervo. Per un momento, pensò che Uncas avrebbe ribattuto nel modo in cui loro erano soliti agire quando erano ragazzi - fare a botte.

Ma Uncas lo guardò a lungo e intensamente prima di parlare lentamente, scandendo ogni parola.

"Tu pensi ancora come un uomo bianco. Ho delle responsabilità, fratello. Sono l'ultimo di un popolo in estinzione. Il mio peso da sopportare è che le mie scelte non possono essere solo mie. Ho un dovere nei confronti dei nostri antenati, ripopolare la nostra tribù. Dove può trovare posto in questo una ragazza bianca?" Scosse la testa stanco.

Nathaniel sapeva che doveva smettere di provare, almeno per adesso. Lui accettò e si alzò; si guardarono l'un l'altro impacciati.

"Andiamo. La festa comincia al crepuscolo." Uncas indicò una canoa. "Prendiamo il Muxul e prendiamo del pesce finché siamo qui."

Uncas gli fece un sorriso punzecchiante, una rarità sul suo viso. "Poi Hopocan può lasciarti in pace per una sera. Immagina questo."

"Il Signore della Vita è buono, allora," disse Nathaniel, riecheggiando il loro padre, e rise all'unisono con suo fratello.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Era una fresca alba ventosa, quando Alice si risvegliò da uno strano e spaventoso sogno.

Si mise a sedere; il suo cuore ebbe un tonfo mentre cercava di ricordare i dettagli precisi dell'incubo. Poi cercò di scacciarlo dalla sua mente quando i ricordi finalmente si separarono dalla sua confusione torbida, indotta dal sonno.

Tremando a causa dei nervi, sospettava lei, Alice si alzò rapidamente e scoprì che James era già uscito di casa.

Anche la sua carabina era andata, così Alice dedusse che era uscito per una battuta di caccia. O forse era un po' annoiato quando si era svegliato, poteva essere stata quest'ultima ipotesi. Non era insolito per James partire e andare a caccia quando il lavoro in fattoria era stato svolto; andare a sparare a scoiattoli o piccoli animali per cena. Qualche volta poteva tornare a casa da una moglie irritata - a mani vuote - dopo diverse ore.

Lui amava le sue escursioni, davvero.

Vestendosi silenziosamente, indossando il suo sfilacciato abito blu mentre le altre due donne dormivano, Alice andò verso il focolare e mescolò la zuppa d'avena che aveva ribollito a fuoco lento per gran parte della notte, poi la pose sul tavolo nella sua pentola di ghisa per Annabel e Cora da consumare più tardi quella mattina. Alice tirò fuori anche un po' di sidro.

Agendo sulla base di uno strano impulso, Alice afferrò il quaderno, la penna e la boccetta d'inchiostro e camminò silenziosamente nell'alba vivace, un oceano di cielo, sfumature arancioni e purpuree che la abbracciavano.

Lei si accomodò su un umido tronco caduto di fronte al bosco e piegò le mani ordinatamente sul quaderno per pochi minuti di distrazione, poi posò attentamente la boccetta d'inchiostro su un moncone sollevato. L'atmosfera era nebbiosa con la pioggia della mattina presto, che aveva smesso di cadere non molto tempo prima.

Alice sentì qualcosa agitarsi in lei, ma non sapeva cosa fosse oppure cosa farne di questa sensazione.

Aveva vissuto nelle colonie per un periodo di tempo e si stava abituando al suo anticonformismo. Era tutto così diverso.

Guardando in giù Alice notò che era a piedi nudi, e non lo aveva neanche notato, persa com'era nei suoi pensieri.

Le vene di Alice si gelarono per lo shock, lo sbigottimento e il senso di vertigini mentre lei arricciava le dita dei piedi intorno all'erba fredda e umida. Si sentiva scellerata, davvero!

Infine, pensando che nessuno intorno si preoccupasse veramente del fatto che non avesse le scarpe adatte, Alice aprì il suo quaderno, immerse la penna nell'inchiostro e cominciò a scrivere.

La scorsa notte ho sognato che mi trovavo in una strada movimentata, guardando l'oscurità che portava a un profondo bosco. Non so perché ero così fissata sull'oscurità nel mio sogno, ero spaventata ma determinata a vedere... qualcosa. Come se avessi paura di ciò che era là ma sapevo che dovevo completare questa missione? Non so. Nel mio sogno un uomo con occhi che erano selvatici e troppo luminosi per essere umani, si avvicinò a me e mi implorò di guardare dentro un sacco che teneva aperto. Rifiutai e tenni uno sguardo fisso nell'oscurità. Ho sentito un urlo acuto e guardai dietro per vedere lui tagliare la gola di mia sorella mentre lei stava vicino a me. Il suo sangue mi schizzò. Il sacco che teneva era caduto e l'interno brulicava di vermi e mosche. Invece di fuggire, volsi di nuovo il mio sguardo verso l'oscurità  tra gli alberi; durante questo arco di tempo l'uomo che non era umano corse da me e colpì la mia testa con una lunga accetta. Caddi a terra e morii.

Alice si sentì leggermente male, ma stranamente sollevata nel mettere per iscritto il sogno sulla pergamena.

Sfogliando le pagine precedenti, Alice sorrise debolmente mentre leggeva le ricette o soltanto osservazioni che aveva fatto durante la giornata.

Lei annotò anche i suoi sentimenti in piccole frasi ristrette. La sua opinione delle famiglie intorno a lei - piuttosto positive con l'evidente eccezione dei Newsom - com'era il tempo. Lesse un brano:

A meno che i miei occhi non mi ingannino, c'è un uccellino che abita in questo bosco con un petto verde. Ma non posso essermi sbagliata perché l'ho visto più di una volta. Il verde è un colore così maestoso. Cora insiste che mi sbaglio, che è l'uccello dal petto giallo. Ci sono molti animali strani. Ci sono questi roditori che hanno il nero attraverso la metà delle loro facce. Come se stessero indossando delle maschere per un ballo. James dice che sono chiamati procioni.

Sfogliando alcune pagine in più, lei guardò l'annotazione della notte precedente e gli occhi di Alice guardarono intorno prima che lei curvasse le spalle e si chinasse a leggere -

Ogni notte prego il mio Creatore per avere guida e forza. Ma la tristezza che sento mi avvolge completamente. Io desidero ardentemente vederlo. Forse questo è meglio, poiché noi siamo così diversi. Ma vedo i suoi occhi neri dietro le mie palpebre ogni volta che cedo al sonno.

Alice lesse il paragrafo due volte e pensò di strappare la pagina e di buttarla, ma scoprì di non poterlo fare. Lei iniziò a scrivere sulla pagina seguente accuratamente.

I migliori metodi per conservare i fagioli sono la salatura, la messa sotto aceto e l'essiccazione. Le descrizioni da seguire nei pochi giorni seguenti.

La linfa della noce è ottima per le distorsioni.

Chiederò a suo fratello di portarmi a vederlo.

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La festa in onore della caccia imminente cominciò dopo il tramonto del sole.

I festaioli sembravano su di giri. Le donne nei loro abiti migliori fatti di pelle di daino e ricoperte di ornamenti, i loro capelli lisciati con grasso di orso e tutte avevano puntini rossi sulle guance fatti con il succo di mele selvatiche.

Gli uomini avevano piume legate ai loro lunghi capelli, come pure aculei di porcospino appuntiti. Avevano scurito le loro facce e i loro pettorali con la pittura ottenuta dalla corteccia di noce.

Al centro venne acceso un fuoco e i suonatori di tamburi suonarono un ritmo rapido, mentre i giovani cacciatori danzavano intorno al fuoco, rannicchiandosi e saltando con i loro archi e frecce in mano.

Uncas era seduto vicino al centro guardando i rapidi movimenti. Era fiancheggiato da un lato da Tankawun e dall'altro da sua madre, Chemames. Tankawun stava battendo le mani e gridando in fila a tempo con la musica, e di tanto in tanto faceva a Uncas un sorriso attraente.

Chemames sorrise con indulgenza ai due ragazzi e picchiettò il ginocchio di Uncas, con gli occhi che le rilucevano di contentezza. Era chiaro che lei pensava che il figlio del capo Mohicano fosse un buon compagno per sua figlia.

Uncas tollerò tutto con buon umore e amabilità perché sapeva che in un certo senso questa era la sua vita. Questa era la sua gente. Chingachgook aveva sempre ritenuto una questione di massima priorità il fatto che i suoi figli avessero buone maniere e così Uncas non avrebbe mancato di rispetto a Chemames dicendole che niente di tutto questo era una sua idea, e che trovava Tankawun un po' manipolativa.

Una delle sorelle minori di Tankawun improvvisamente si avvicinò a lui e gli fece un sorriso a trentadue denti. Gli offrì un pezzo di carne alla griglia e Uncas lo accettò con una parola di gratitudine, arruffandole i capelli.

Un po' più tardi Uncas alzò lo sguardo e vide Nathaniel fare dei cenni con la testa furtivamente.

Uncas si alzò e, salutando temporaneamente la famiglia, camminò verso suo fratello.

Nathaniel gli diede un colpo sulla spalla. L'oscurità gettò l'ombra sulle loro facce. L'aria era umida e stucchevole mentre cercarono di parlarsi sul frastuono.

"Va tutto bene?" chiese Nathaniel in Mohicano. "Come sta la tua nuova suocera? L'ho vista palparti prima."

Uncas non disse niente mentre suo fratello lo prendeva in giro, e invece cercò in giro suo padre e lo vide seduto con gli anziani alla fine della longhouse.

Nathaniel si avvicinò a suo fratello e disse, "Hopocan è venuto da me con notizie interessanti prima. Riguardano te."

Uncas lo guardò con aria interrogativa e Nathaniel gli fece segno di andare fuori.

Uscendo, Uncas sentì la sua testa chiara. Loro si allontanarono un po' e si rannicchiarono vicino ai fuochi che illuminavano il centro dell'accampamento. Riuscivano ancora a sentire i suoni dei tamburi e il calpestìo dei piedi che facevano vibrare il suolo.

Nathaniel lo guardò intensamente e parlò sobriamente in inglese.

"Bene, come ti stavo dicendo, tra il deridere il pesce gracile che avevo preso prima, quest'oggi con te, e il chiedermi perché stavo riparando le reti come una donna, lui ha detto qualcosa di molto interessante."

Fece una pausa e disse un po' risentito, "Tu stavi riparando le reti."

Uncas fece un rumore impaziente e Nathaniel ricominciò subito.

"Bene. Quindi lui mi dice che Chemames - Si chiama così?... La madre di Tankawun, giusto? Bene, a quanto pare prima, quest'oggi lei ha fatto visita a papà e gli ha detto  quanto sarebbe felice dell'unione dei loro figli."

"Cosa?" disse Uncas, trattenendo un gemito. "Cosa ha detto esattamente, fratello?"

Nathaniel fece marcia indietro. "Suppongo, ciò che lei ha detto è che sarebbe una buona idea. E' tutto qui. Sembra che la piccola Tankawun abbia parlato senza pensare, facendo prendere aria alla bocca."

Uncas scosse la testa nell'incredulità. "Non ho detto nulla del genere. Infatti, mi sono assicurato che lei capisse che non ho in mente l'idea del matrimonio."

"Lo so. Ma non le hai detto francamente 'No, Tankawun, non ti sposerò perché... ridi troppo.' "

Uncas sorrise riluttante. "Non è quello."

Incoraggiato dal sorriso, Nathaniel ricambiò e continuò. "Non l'hai respinta francamente. Buone maniere e tutto il resto. Ma forse lei pensava che tu fossi riservato. E tieni presente che lei è la figlia maggiore di una famiglia senza uomini. Non credo che lei ascolti un no molto spesso."

Uncas raccolse un pezzo di corteccia da terra e lo gettò nel fuoco, sentendosi completamente ostacolato.

Nathaniel cercò con tutte le forze di non alzare gli occhi al cielo.

"Perché sei ... cosa, fratello? Allora di' loro di no. Mi piace Tankawun, ma se tu non acconsenti, non vedo il problema. Tu hai il tuo libero arbitrio. Non sei obbligato. Non siamo i selvaggi che i Bianchi dicono che siamo. Sai che i Bianchi sposano i loro cugini, non è vero?" Ridacchiando, scosse la testa.

Uncas lo guardò per un intervallo di tempo, la sua espressione era dolce.

Nathaniel aggiunse. "Nemmeno Hopocan pensa che sia una cosa seria. I suoi modi erano più sornioni e divertiti che di congratulazioni. Ovviamente vuole che io ti dica questo."

Nathaniel inclinò la testa di lato, guardando suo fratello improvvisamente silenzioso con prudenza.

Perché Uncas stava esitando? Stava pensando che fosse una buona idea? Aveva dimenticato Alice così rapidamente?

Nathaniel guardò Uncas a bocca aperta in crescente incredulità. "Non hai mica seriamente intenzione di accettare, vero? Uncas? Solo perché una ragazzetta viziata sta facendo gli scherzi con la gente intorno a lei -"

"Non capisci -" intervenne Uncas.

"Io non - cosa? Io non capisco? E' tutto quello che dici sempre. Ma sono ancora tuo fratello e nonostante il mio sangue possa essere dei Bianchi, capisco molto bene." Disse Nathaniel estremamente frustrato.

Uncas aggrottò le ciglia. "Non devi sembrare così scandalizzato. Non ho accettato. Riconosco solo che è una buona combinazione."

Nathaniel si sentì costernato e sbottò nella loro lingua, "Sei serio, non è vero? Hai intenzione di sottoporti a una probabile infelicità, per i capricci di una ragazzetta che ha avuto gli occhi su di te da quando aveva 12 anni."

"Che cosa ha avuto da dire papà su questo?" chiese Uncas con calma, mentre Nathaniel stava perdendo le staffe e questo stava rapidamente portando ad una discussione.

Nathaniel mise in pausa il suo sproloquio e si sforzò di ricordare. "Niente... ha detto che  ne avrebbe parlato con te."

Uncas si sentì gratificato e sollevato. Nathaniel continuò. "La sola cosa che voglio che tu faccia, Uncas, è pensarci a lungo e molto. Io voglio solo vederti felice. Come favore personale a me, tuo fratello, datti un paio di mesi e poi decidi."

I pensieri di Nathaniel improvvisamente cambiarono.

"Sai che secondo l' usanza dei Delaware gli uomini si uniscono alla tribù della donna? Pensaci. Tu in una wigwam affollata con intorno 6 donne per i primi mesi del matrimonio, finché tu non avrai la tua wigwam separata."

Nathaniel era così disgustato al pensiero che lottò per reprimere un brivido e non riuscì nemmeno a continuare.

In quel preciso momento entrambi i ragazzi girarono la testa poi si alzarono in piedi quando sentirono dei passi.

Era Chingachgook, e sembrava molto scontento.

I suoi occhi taglienti avevano trafitto entrambi i suoi figli prima di parlare conciso in Mohicano, "Che cosa significa tutto questo, andarsene nel bel mezzo della festa? Tutti e due ritornerete immediatamente. Qualsiasi cosa, per cui dobbiate essere così furtivi, può aspettare."

Nathaniel cercò di placare il loro padre, dicendo con calma "Stavamo per tornare, padre. Avevamo bisogno di uscire fuori per parlare di qualcosa di molto importante. Uncas -"

Chingachgook intersecò i suoi occhi e fulminò il suo figlio maggiore con lo sguardo. "Ho detto di tornare immediatamente. Non ti ho chiesto di darmi la tua opinione su qualcosa."

Si voltò e i ragazzi lo seguirono doverosamente.

Improvvisamente Chingachgook si fermò e guardò Uncas in faccia, uno sguardo calcolatore negli occhi scuri. Tenne lo sguardo di Uncas per diversi secondi di gelo prima di dire a bassa voce:

"Dopo che la festa è finita, Nathaniel tornerà nella nostra casupola per dormire. Uncas, tu mi aspetterai fuori. C'è una conversazione in sospeso tra noi."

Uncas sentì una scossa di dubbio attraversarlo come un fulmine.

"Certo, padre. Di cosa desideri parlare?" chiese Uncas con grande rispetto.

Lo sguardo di pietra di Chingachgook non vacillò, ma la coda dell'occhio si strinse impercettibilmente con quello che Uncas percepiva come disprezzo.

Il silenzio cadde sui tre uomini. Nathaniel ebbe un accenno di ciò che stava per accadere e sentì un peso sullo stomaco mentre i suoi occhi si muovevano a scatti dal padre al figlio, ipnotizzati.

"Penso che tu sappia di cosa dobbiamo parlare. Chiariremo qualsiasi cosa sia accaduto tra te e quella ragazza Yengeese dal viso pallido."

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Uncas stette seduto per tutto il resto dei festeggiamenti in silenzio.

Non voleva ritornare dalle donne e si sedette vicino a suo fratello e ai loro conoscenti maschili per il resto della serata.

Uno di loro fece girare una fiaschetta di whisky e Nathaniel se la portò alla bocca, facendo una lunga sorsata.

Passandola a Uncas, gli fece cenno di bere. Lui quasi rifiutò, poi pensò che forse il whisky avrebbe ammortizzato la scossa paralizzante che sentiva alle parole di suo padre.

Uncas bevve, il liquido ardente che bruciava scorrendo giù per la gola. Scosse la testa cupamente, e Nathaniel lo guardò con commiserazione e preoccupazione. Nessuno dei due sapeva cosa dire.

Mentre la notte volgeva al termine, la gente cominciò ad andarsene in piccoli gruppi. Uncas e Nathaniel erano tra gli ultimi ad andare via, tenendo i loro occhi fissi sul loro padre e Hopocan.

Hopocan sembrava avere un'impressione di ciò che stava succedendo, nonostante Nathaniel dubitasse molto del fatto che Chingachgook avesse avvertito il suo amico di cosa avrebbe implicato la conversazione.

Loro guardavano, mentre gli uomini anziani si incamminarono verso l'esterno, andando dove erano loro.

Nathaniel si soffermò accanto a suo fratello ma suo padre gli rivolse un calcolato sguardo severo. Significava chiaramente che la sua presenza al momento non era gradita.

Gli occhi di Hopocan erano sorprendentemente intelligenti mentre diede un colpo sulla spalla a Nathaniel e disse in Delaware, "Nathaniel, stai con la mia famiglia stasera e tuo padre e tuo fratello possono ritornare quando hanno finito. Vieni." Disse questo inutilmente perché Nathaniel già si era incamminato dietro di lui.

Uncas li guardò andare via attraverso occhi scuri, socchiusi.

Voltandosi verso suo padre, entrambi si sedettero vicino alle scintille scoppiettanti del fuoco e si guardarono reciprocamente. Chingachgook parlò per primo.

"Come vanno le tue ferite, figlio mio?"

"Molto bene, padre. Sono pienamente guarito," replicò Uncas.

Chingachgook annuì, austero.

"Bene. Ringrazio il Grande Spirito."

Ci fu una pausa esplicita e lo sguardo di Chingachgook non si spostò da quello di suo figlio.

Durante questo momento Uncas sentì un insieme di emozioni attraversarlo, lottando per controllarsi.

Innanzitutto nella sua mente, lui era consapevole di aver deluso suo padre per alcune cose. Adesso era ovvio che suo padre era stato saggio riguardo la situazione con Alice fin dall'inizio. Uncas ovviamente aveva insultato l'intelligenza di suo padre credendo che l'anziano uomo non fosse abbastanza saggio da saperlo.

 Uncas capì anche, ora più che mai, che aveva commesso un serio errore di giudizio nel proseguire qualcosa con una ragazza bianca. Specialmente una come Alice Munro, che aveva dichiarato di essere completamente disgustata dalle sue azioni, e da lui.

Adesso capì che suo padre aveva avuto ragione per tutto il tempo, che veramente i Bianchi erano una razza a parte, che loro nascondevano i loro desideri ed emozioni dietro costumi sociali complicati, che persino alle donne era stato insegnato, sin dalla giovane età, a concentrarsi sull'apparenza invece che sulla sostanza.

Si sarebbe sforzato di ascoltare suo padre da quel momento in poi, le cui percezioni erano sempre state acute e perspicaci.

"Padre," disse Uncas lentamente in Mohicano prima che Chingachgook potesse scuotersi dallo stupore in cui entrambi erano stati per un momento. "Mi hai sempre insegnato a vivere con onore. Non hai mai nascosto un segreto a mio fratello o a me. Hai sempre parlato chiaramente e onestamente."

Chingachgook annuì brevemente, riconoscendo questa certezza. Le sue parole a suo figlio non erano mai state ambigue o reticenti. I suoi occhi rimasero fissi su quelli del suo figlio minore.

"Perdonami, padre ..." disse Uncas a voce bassa. "Non ho onorato il sentiero che tu mi hai insegnato a percorrere. Non sono stato onesto con te, come tu lo sei sempre stato con me."

"Hai condiviso qualcosa con lei?" chiese Chingachgook, un po' più gentile, ma con il suo sguardo ancora intenso.

Uncas rifletté sulla domanda. Lui pensava di averlo fatto, tuttavia...

"Per breve tempo. Non più," replicò Uncas. "Sapevo la verità sin dall'inizio. E' passato."

Chingachgook indietreggiò un po' e continuò ad analizzare suo figlio con interesse, cercando qualche segnale di dissimulazione; sapeva che non ce ne sarebbe stato nessuno. Alla fine parlò.

"Uncas, figlio mio. Hai vissuto la tua vita con onore. Questo mi ha portato conforto nella mia vecchiaia. Io non ti parlo adesso come farebbe un anziano a un ragazzo indisciplinato. Non pensare questo, Uncas. Io parlo come un padre fa a suo figlio."

Uncas ascoltò intensamente e in silenzio, muovendosi appena. Chingachgook continuò.

"So che le tue parole sono la verità, mio giovane figlio. Sono felice. Pertanto non ne parleremo più."

Chingachgook si alzò in piedi, seguito un momento dopo da Uncas.

Camminarono insieme verso la wigwam, parlando sottovoce della festa e della caccia che avrebbe avuto luogo il giorno seguente.

Uncas espresse a suo padre la sua buona volontà di unirsi alla caccia e suo padre esitò, spiegando che avrebbe preferito che Uncas si unisse alla battuta di pesca che doveva essere prevista per la notte, alla luce delle torce.

Un pensiero colpì Uncas. "Padre," disse stanco mentre si avvicinavano al wigwam di Hopocan. "Ho capito che Chemames ti ha fatto visita. Vorrei sapere se..." La sua voce si affievolì.

Sorprendentemente, Chingachgook fece una risatina, guardando suo figlio con un luccichio d'affetto nei suoi occhi.

"Lei ha espresso i suoi pensieri riguardo a questa faccenda abbastanza liberamente, ma devo ancora capire i tuoi. Ne discuteremo più tardi."

Fuori dalla wigwam, Nathaniel se ne stava seduto a conversare con Hopocan, invece di stare dentro come Chingachgook aveva comandato.

Mentre la sua famiglia di avvicinava, Nathaniel si alzò, colpevole.

Hopocan spiegò che lui aveva chiesto a Nathaniel di accompagnarlo fuori poiché non riusciva a dormire, indirizzando la colpa su se stesso.

Tuttavia Chingachgook non era arrabbiato per la disobbedienza di suo figlio. Infatti, sembrava molto più a suo agio, ora che aveva parlato con Uncas.

Facendo un cenno ai suoi figli, tutti entrarono nell'oscurità della wigwam.

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Era una calda mattina inoltrata, mentre Alice e le altre abitanti erano sedute fuori, sull'erba.

I giorni e le notti stavano cominciando a diventare più fresche mentre l'estate svaniva.

Annabel stava spiegando alle sorelle cosa avrebbe portato l'autunno, mentre loro erano spaparanzate sull'erba a mangiare fragole. James era uscito, come era tipico di lui.

"Le giornate diventeranno più lunghe," spiegò Annabel, togliendosi una ciocca scura di capelli dagli occhi. "Questi insetti curiosi cominceranno il lamento più triste negli alberi. Esso segnalerà la fine dell'estate e l'inizio del raccolto autunnale."

Annabel aveva insistito affinché loro riposassero e facessero festa quel giorno, come premio per tutto il loro duro lavoro durante le ultime settimane.

Alice e Cora avevano imparato un bel po' di cose su come mantenere una fattoria. Avevano imparato come riparare la recinzione che circondava la fattoria e il pascolo. Come esaminare il raccolto, cucinare e mungere la mucca minacciosa dietro l'abitazione nel pascolo delle mucche.

Alice stava cominciando a imparare come essiccare e salare il cibo per l'inverno. Sapeva cosa nel giardino fosse maturo soltanto osservandolo.

"Dimmi com'è l'autunno in America," Alice incalzò Annabel.

Accanto a lei, Cora si infilò in bocca una grande fragola e sorrise a sua sorella con indulgenza.

"Beh..." Annabel fece una pausa per riflettere. "Immagina, se vorrai, colori smorzati ma bellissimi. Sfumature di giallo, marrone caldo, arancione e rosso brillante. Presto l'intera zona risplenderà di questi colori, e le foglie cadenti danzeranno mentre scenderanno lentamente a terra."

Alice sospirò, i suoi occhi sognanti mentre immaginava questo nel suo cuore. Una pacifica giornata d'autunno... Dove sarebbe stato Uncas durante questo periodo?

"Immagina, ancora," Annabel continuò, "il cielo stesso che cambia colore. Grigio acciaio, e una sfumatura di bianco, forse qualcosa che non può essere descritto con le parole. E' oltre il bianco. Mi fa pensare all'eternità."

Senza sapere perché, senza nessuna premonizione o avvertimento, Alice fece un singhiozzo profondo e si portò la mano alla bocca mentre, non invitate, le lacrime le fuoriuscirono dagli occhi.

Annabel e Cora immediatamente si strinsero attorno alla ragazza, sussurrando delle parole calmanti e accarezzandole le braccia e i capelli.

"Che c'è, Alice?" chiese Cora gentilmente. "Un brutto ricordo?"

Alice scosse la testa, asciugandosi gli occhi grondanti di lacrime. "Non lo so. Veramente."

Annabel annuì in segno di comprensione compassionevole. "A volte anche io provo questa sensazione. Ascolto un antrostomo oppure osservo un bel tramonto in questa valle... Piango ma non so perché."

Diede al robusto braccio di Alice una stretta di incoraggiamento. "Penso che significhi che il tuo cuore è troppo pieno di emozioni. Devi correggere la cosa. Dai libero sfogo ai desideri del tuo cuore."

Alice raccoglieva l'erba distrattamente, chiedendosi se qualcuno sapesse qual era il desiderio del suo cuore. Trascorrere queste bellissime stagioni con lui, l'uomo dagli occhi profondi e gentili. Essere al suo fianco e sperimentare l'eternità...

Alzando lo sguardo, Alice chiese alla sua amica e padrona di casa, "Come sei arrivata a sposare James? E trasferirti nelle colonie? Come hai incontrato Nathaniel e la sua famiglia?"

Annabel fece un caldo sorriso, facendo girare più fragole paffute color rosso sangue.

"Mio padre era un ricco mercante a Londra," lei cominciò. "Sono stata istruita come una signorina, per avere un matrimonio vantaggioso dopo che fossi stata abbastanza grande per essere introdotta nella società. Mio padre era abbastanza gentile con me ma ambizioso. Non sono mai stata una grande bellezza, ma i gentiluomini sembravano trovarmi graziosa."

Annabel fece un sorriso modesto e arrossì graziosamente alla forte affermazione della sorella secondo la quale lei era bellissima, piacevole, adorabile, luminosa e aggraziata.

"Ora, signorine," lei mise da parte le loro parole, rosa in volto. "Non vi ho impegnate entrambe in questo discorso in cerca di raggiri o complimenti. Sto soltanto affermando un dato di fatto."

Lei continuò dopo una pausa.

"Durante la mia adolescenza c'era un povero figlio di lavoratori scozzesi che venne al servizio di mio padre. Era James, ovviamente. Suo padre era stato ucciso in un incidente in un cantiere navale e sua madre morì di consunzione l'anno che compì i 14 anni. Mio padre lo trovò abbastanza povero e gli diede un lavoro nella nostra casa, nelle scuderie."

"Tuo padre era molto buono e generoso," disse Cora gentilmente.

Annabel fece spallucce e replicò, "Era solo un altro piccolo ragazzo lacero per papà, grato per un tetto sulla sua testa e per un pasto caldo. Quando lo incontrai, stabilimmo uno scambio reciproco: lui mi avrebbe dato lezioni di equitazione e io gli avrei insegnato a leggere e a fare i calcoli matematici, poiché non era riuscito a frequentare la scuola crescendo, e poiché entrambi i suoi genitori erano analfabeti."

Alice cercò di immaginare James come un indigente, ma non ci riusciva. Le dava dolore al petto immaginare qualcuno, a lei tanto caro, cresciuto con così tanta sofferenza nei primi anni di vita.

Avere provato la povertà, essere orfano presto e vivere di espedienti nelle strade di Londra.

Annabel fece un piccolo sorriso. "Mi innamorai. Come potevo non farlo? Questo era un uomo che guardava il mondo sotto una luce completamente diversa rispetto a me. Mi ha insegnato a vedere la bellezza intorno a me. Le sue sofferenze erano grandi, ma il suo cuore lo era ancora di più."

Lei sospirò delicatamente, ricordando. "Prima che mio padre potesse cedermi a un pretendente facoltoso, James e io scappammo insieme su una nave diretta alle Americhe."

"Che storia romantica!" sospirò Cora, i suoi occhi umidi.

Alice fu profondamente commossa dalla storia. Lei lottò con lo strano sentimento che la stava afferrando, poi decise di esprimere a voce le sue domande.

"Ma Annabel, come hai saputo che avevi preso la decisione giusta? Non eri preoccupata per il futuro, per come avresti vissuto... la tua reputazione?"

Annabel annuì alla faccia piena di scusa di Alice, sapendo che non aveva avuto intenzione di offendere.

"Mi sono posta tutte quelle domande. Ma alla fine mi sono chiesta se la reputazione avrebbe portato la felicità nella mia vita. La reputazione è soltanto l'opinione del mondo, dopo tutto. Ho capito che molte persone vivono la vita da sole e muoiono senza sapere cosa significhi amare. Voltare le spalle a questo raggio di luce, a questa felicità, sarebbe stato un grande danno a me stessa."

Alice era ancora tormentata e guardò una coccinella rossa svolazzare nell'aria intorno a lei prima di posarsi sull'orlo del suo vestito. Dando al suo orlo un colpetto delicato, l'insetto continuò il suo volo leggiadro nell'aria estiva.

"Sei molto coraggiosa," mormorò Alice, con gli occhi abbattuti. Perché si sentiva così vergognosa?

"No," corresse Annabel "Sono stata molto fortunata. Per aver trovato il mio compagno per la vita."

Annabel fece una pausa e un leggero aggrottamento delle ciglia sciupò la sua faccia per un momento. "Ho sperato di partorire i figli di mio marito, ma Dio non mi ha ancora dato questo dono. Penso che succederà. Prego che un giorno accadrà."

Cora stava sorridendo felicemente.

"Così entrambi siete scappati insieme e vi siete stabiliti in questa valle. Ho capito, è così che hai incontrato Nathaniel e Uncas?"

Annabel annuì. "Precisamente, Cora. Un certo numero di anni fa, ci siamo incontrati in questa stessa valle e abbiamo commerciato con loro. Li consideriamo amici. Sono persone oneste. Anche il loro padre, e ci hanno aiutato molte volte durante gli ultimi anni. Questa è la ragione per cui io e mio marito non abbiamo esitato quando vi hanno portate da noi."

"Cosa pensi di Nathaniel e ... suo fratello?" chiese Alice tacitamente.

"Beh, entrambi quei ragazzi ci sono abbastanza cari, come puoi immaginare," replicò Annabel. "Nathaniel - Oh, mi fa ridere! Ha lo stesso sciagurato senso dell'umorismo di James."

Cora annuì, i suoi occhi scintillanti.

"Uncas è sempre stato un ragazzo abbastanza tranquillo con i suoi occhi seri, ma persino le ragazze bianche lo trovano bello." Annabel abbassò la voce segretamente quando lei e Cora scoppiarono in una risata.

"Perché vi fa ridere?" borbottò Alice. "E' bello..."

Poi arrossì quando le altre donne la fissarono. "Volevo dire..." Improvvisamente sentì la lingua di piombo.

"E' semplicemente l'idea che è divertente," chiarì Annabel. "Uncas non mostra il minimo interesse per le donne bianche. Per di più, lui molto probabilmente si sposerà presto e con una donna indiana. E' il più caro desiderio di suo padre."

Alice sentì che il labbro inferiore cominciò a tremarle e lo morse forte, volendo scacciare la tristezza e il dolore.

Fu successivamente, nel pomeriggio, che Nathaniel trovò Alice così, seduta a terra in modo formale con le mani incrociate, gli occhi molto lontani.

"Buon pomeriggio, signorina Alice." Fece un cenno alla ragazza, poi inclinò la testa curiosamente quando lei non rispose. Aspettò ancora pochi secondi.

"Alice," disse lui ad alta voce e rimase mortificato quando lei sussultò per la paura. "Scusa, signorina Alice."

"Soltanto Alice."

"Prego?" chiese Nathaniel, confuso.

Alice continuò a fissare l'orizzonte. "Soltanto Alice. Non signorina Alice o signorina Munro."

"Tutto a posto...'Soltanto Alice', credo," disse Nathaniel scherzosamente.

Lui rimase a guardare sbigottito e perplesso mentre le labbra di Alice erano deformate in un'espressione di sofferenza e il suo sguardo cadeva lentamente verso il basso. Accidenti, se questa ragazza non sta agendo in modo strano...

Alice si alzò, togliendosi la polvere di dosso. "Hai mangiato?" chiese.

Nathaniel annuì, poi porse il braccio alla donna bionda. Lei lo afferrò in silenzio e camminarono giù per la collina inclinata in direzione del casolare.

"Allora, come va?" chiese Nathaniel colloquiale mentre attraversarono un campo di narcisi. Alice mormorò che tutti stavano bene.

"Sono ansioso di vedere James," disse Nathaniel. "Tra poche settimane mi dirigerò a valle per vendere le pellicce ai commercianti canadesi. Suppongo che James -"

"Portami con te all'accampamento dei Lenape," Alice lo interruppe.

Nathaniel ebbe una battuta d'arresto e aveva quasi lasciato cadere il braccio di lei per lo shock. "Cosa?"

Lo sguardo di Alice non vacillò davanti al suo. "Ho detto, Nathaniel, portami con te nell'accampamento in cui adesso risiedi."

Nathaniel scosse la testa lentamente, sgomentato. "Non è possibile, signorina. Volevo dire, Alice."

"Perché no? Perché sono inglese?"

"Beh...sì."

Alice sembrò irritata. "Sei europeo come me, almeno per nascita. E mi hai detto che i Delaware non sono come gli Uroni."

"E' vero - non sono come quegli insetti parassiti. Ma non puoi... non saprei...passeggiare nel loro accampamento."

Alice scosse la testa, con un'espressione testarda sulla sua faccia.

"Ma i Lenape commerciano con gli Inglesi, non è vero? Non hanno mai combattuto apertamente contro gli Inglesi e molti di loro vivono con i missionari moravi. Non mi faranno del male, ne sono sicura. Specialmente con te al mio fianco."

Nathaniel percepì un lampo d'intuizione e sapeva che lei si era preparata quest'intera conversazione nella sua mente in anticipo. Lui era a corto di argomenti. E odiava perdere una discussione.

"Perché vuoi andare all'accampamento dei Lenape?" chiese lui senza mezzi termini.

Alice sembrava a disagio. "Faccio solo..." Sospirò. "No, non è questo... Sai perché, Nathaniel."

Nathaniel sospirò, facendo scorrere la sua mano attraverso i suoi scuri capelli. Annuì.

"E' solo che... adesso non è un buon momento," disse lui evasivamente.

Gli occhi di Alice si spalancarono. "Perché no? E' successo qualcosa? E' Uncas? E' ferito? Sta male?"

Nathaniel sollevò una mano per porre fine al suo chiacchiericcio nervoso. "Sta bene. Cora non ti permetterà di venire, per cominciare."

Nathaniel comprese, tardivamente, che aveva detto la cosa sbagliata.

Alice si raddrizzò rigidamente, i suoi occhi azzurri ghiacciati.

"Mi scuso, signore. Ma non ho bisogno della dispensa divina di mia sorella per questo. Sono una donna indipendente con il mio libero arbitrio. Tu stesso mi hai detto così settimane fa. Se insisti con questo comportamento, su queste misere scuse per non portarmi, perché - ci andrò io stessa!"

Nathaniel scosse la testa con un sospiro, guardando verso il cielo. Cercò una via d'uscita da questa situazione, ma non riuscì a trovarne nemmeno una, e a questo punto non voleva mettere alla prova la decisione di Alice, se fosse stata così sciocca da entrare da sola nell'accampamento indiano.

"Va bene," lui brontolò. "Ti porterò per un'ora o giù di lì, ma ritorneremo qui entro stasera - Niente eccezioni! E prima lo devi dire a tua sorella e alla signora Stewart. E... non devi aspettarti troppo."

Disse ciò con grande serietà, e sperò che lei avesse colto il significato nascosto dietro le sue ultime parole.

Alice si sentì come se ci fosse un uccellino esultante che volava nel suo petto. Era così ansimante per l'eccitazione. Oggi lo vedrò! A malapena aveva ascoltato quello che Nathaniel aveva detto in seguito.

Ridendo, afferrò la mano di Nathaniel e lo trascinò verso il casolare.

La sua risata gorgogliante era contagiosa e lui stesso si ritrovò a ridere ampiamente mentre si avvicinavano alla casa dall'aspetto tranquillo.

Nathaniel sapeva che stava rischiando la collera di molte persone. Gli abitanti del campo e suo padre, per dirne una. Per non parlare di Uncas.

Sperò anche che Tankawun fosse occupata a fare qualcosa mentre lui sarebbe arrivato con Alice, invece di essere assorta nel suo passatempo preferito - pendere da ogni parola di Uncas.

Ma questo era qualcosa che lui voleva fare, e Nathaniel se lo sentiva nella pancia. Guardando la graziosa, splendente faccia di Alice, Nathaniel sentì una scossa di disagio nella sua mente, ma la mise da parte.

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


La testa di Cora scattò per la paura, quando la pesante porta di legno si spalancò con uno schianto risonante che riecheggiò per la casa. Annabel fece un guaito di allarme e balzò in piedi. Quando vide che erano soltanto Nathaniel e Alice, si mise a sedere a tavola, afferrandosi il cuore.

Nathaniel fece ad Alice una smorfia severa per aver spaventato le donne, ma Alice non se n'era accorta. Questo, oppure non se ne era preoccupata troppo.

Cora guardò sua sorella con perplessità, notando il sorriso che le inarcava le labbra rosee, come pure le sue guance arrossate.

A sua volta, Alice corse per vedere il torbido specchio rotto che Annabel teneva riposto sul focolare e cominciò a esaminarsi i lineamenti e i capelli lisci.

Evidentemente era disillusa dal riflesso mentre si dava dei pizzichi sulle guance, mormorando che era troppo pallida.

"Stai...andando da qualche parte?" chiese Cora con apprensione, con i suoi occhi scuri che passavano velocemente da sua sorella all'alto uomo americano.

"Sì," disse Alice distrattamente.

"Dove?" Cora pressò sua sorella.

"All'accampamento. L'accampamento dei Lenape," replicò compostamente, rimettendo a posto il frammento di specchio.

Cora fece cadere l'orlo del vestito che stava rammendando, scioccata. "Cosa - Dove?" domandò, incredula.

Alice guardò sua sorella con impazienza, lisciandosi l'abito color albicocca per l' eventuale presenza di grinze.

"Nathaniel mi porterà all'accampamento dei Delaware per un po' oggi. Tornerò tra poco."

Cora era costernata e fissò lo sguardo su Nathaniel. "E' stata una tua idea, Nathaniel Poe? Perché se lo è stata -"

"No, no..." disse Alice rassicurante. "Posso assicurarti, sorella, che l'idea è stata completamente mia."

Cora guardò prima Nathaniel, che faceva spallucce impotente, e poi Annabel, che stava analizzando Alice in modo curioso, quasi come se sua sorella fosse un brano di un libro particolarmente difficile da leggere. Alla fine Cora guardò Alice che stava in piedi irrequieta, spostandosi da un piede all'altro.

"Ma per l'amor di Dio, Alice, perché?" fu la domanda finale di Cora.

Alice sembrava in difficoltà su cosa dire e si attorcigliò le dita in silenzio. Quest'immagine la colpì e Cora cominciò a cercare tra i suoi ricordi, cercando di ricordare attraverso la confusione lontana. Ricordare quando sua sorella era solita fare quel gesto. E alla fine Cora si ricordò - accadeva ogni volta che sua sorella stava nascondendo qualcosa.

In passato, lei si torceva le dita quando le venivano chieste delle cose sciocche. Chi ha rotto il vaso di nonna? Sei andata a dormire presto come ti avevo ordinato?

Stringendo gli occhi, Cora osservò sua sorella a lungo e severamente. Poi i suoi occhi severi si volsero verso Nathaniel, che ancora stava in piedi sull'entrata. Decise allora di non interrogare Alice, poiché sarebbe rimasta ostinatamente in silenzio. Cora lo sapeva.

Ma ancora... si sentiva tradita. Alice non le aveva mai nascosto nulla. Mai.

"Per favore, voglio che tu ti prenda cura di Alice," disse Cora a Nathaniel con voce fredda. "Se accade qualcosa a mia sorella, Nathaniel, ti riterrò responsabile."

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Nathaniel sembrava di cattivo umore mentre lui e Alice camminavano faticosamente attraverso l'erba alta, lontano dalla fattoria degli Stewart, dirigendosi verso il villaggio dei Lenape a un miglio di distanza.

Nathaniel scosse la testa come se ci fosse una zanzara che gli ronzava nell'orecchio, uno sguardo torvo scolpito sul suo viso abbronzato.

Lui stava già rimpiangendo questo intero pomeriggio e sapeva che all'accampamento probabilmente sarebbe accaduto uno sfacelo; se gli abitanti non fossero stati in vena di essere cortesi con la ragazza inglese? Che diavolo gli era preso?...

I suoi pensieri corsero una maratona davanti a lui.

Uncas sarebbe stato sopraffatto, senza alcun dubbio, e quella emozione avrebbe portato rabbia. Comprensibile. Lui fece una smorfia, immaginando lo scherno sulla faccia di Hopocan. Tankawun... bèh, a chi importava di lei?... ma suo padre, d'altronde...

Cora era sembrata così irritata con lui. Ma lui le aveva promesso di sorvegliare la sua seccante sorellina e lo avrebbe fatto. Con la sua vita.

Girandosi, Nathaniel individuò Alice a pochi passi dietro di lui, ansimante, mentre cercava di accordarsi con i lunghi passi di lui. Malgrado tutto lei sembrava vivace e ottimista. Proiettava un'immagine così attraente, i suoi lunghi capelli dorati sferzavano liberi il suo viso da elfo; la sua pelle era arrossata per l'eccitazione e qualcos'altro.

Nathaniel fece un profondo respiro lenitivo e si sentì calmo. Nonostante lui sapesse di essersi lasciato convincere a partecipare a questa faccenda da una ragazza di 18 anni, decise di fare del suo meglio.

Alice si agganciò al braccio di Nathaniel felicemente mentre loro si avventurarono profondamente nel bosco.

"Alice, vedi quell'uccello?" Nathaniel aveva osservato la creatura mentre volava davanti a loro, battendo le sue piccole ali a tutto spiano.

"Il passero?"

"Noi lo chiamiamo tschechtschis."

Alice cercò di pronunciare la parola ma non ci riuscì. La sua lingua inglese macellò la parola che suonava così graziosa pronunciata da Nathaniel.

Loro continuarono in questa maniera disinvolta per un altro po', ripetendo l'uno all' altra numeri e parole in Mohicano e Nathaniel la metteva alla prova.

"Nat... No, questo non suona bene. Nasha... Nahnioges ..." disse Alice consapevole di sé, lottando con la pronuncia.

Nathaniel annuiva in segno di approvazione. "Bene. Tre cavalli. Non è del tutto corretto ma lo sarà, signorina."

"Ho paura che non riuscirò a coniugarlo." Alice si scusò e Nathaniel fece spallucce, sorridendo.

"Come farei riferimento a Cora? Come dici mia sorella?"

"Nkeck. Se stessi parlando a te o a tua sorella, io direi keck - tua sorella," le insegnò Nathaniel.

"Alice," disse Nathaniel durante una pausa nella conversazione. "Stai vicino a me quando entriamo nell'accampamento. Non agire in modo strano, indicare o gesticolare. Comportati come se tu sapessi dove sei e cosa stai facendo."

Alice sentì improvvisamente un inizio di nervosismo, ma poi acconsentì. Nathaniel le lanciò uno sguardo obliquo.

"Mio fratello sarà spaventato quando ti vedrà... potrebbe persino essere scontento. Ma vorrei veramente che tu parlassi con lui, preferibilmente da qualche parte, in privato."

Alice non si era aspettata questo, che Uncas non avrebbe desiderato vederla e questo la gettò nella confusione più totale. Mi ero sbagliata? Sicuramente no...

"Perché mi stai dicendo queste cose, Nathaniel?" chiese lei, sconcertata.

I suoi occhi tennero gli occhi di lei in uno sguardo gentile ma allo stesso tempo inflessibile.

"Perché sono al tuo fianco. Perché altrimenti?" replicò semplicemente, poi la esortò ad andare un po' più veloce, spiegando che il crepuscolo presto li avrebbe intercettati, perciò lui avrebbe gradito arrivare per tempo all'accampamento.

Più i minuti passavano e più Alice notava degli impercettibili cambiamenti nell'aria, dei quali non sarebbe stata consapevole due mesi prima. L'odore debole di fumo di legna, e nell'aria ce n'era un debole sentore...

"Ci stiamo avvicinando..." lei mormorò, più che altro a se stessa, e così tralasciò lo sguardo favorevole che Nathaniel le fece. Lui era impressionato.

Quando entrarono sulla soglia dell'accampamento dei Lenape, finalmente Alice comprese quello che voleva dire Nathaniel. Gli abitanti sembravano completamente stupiti mentre la fissavano. Lasciarono cadere quello che stavano facendo e rimasero a fissare.

Molti bambini di varie età urlarono eccitati e gesticolarono verso di lei. Uomini e donne la guardarono, congelati; alcuni per la curiosità, molti altri per l'assoluto sospetto.

Malgrado la sua lotta per apparire calma e composta secondo il suggerimento di Nathaniel dato in precedenza, Alice sentì il caldo salirle su per il collo e persino arrivarle fino alla radice dei capelli.

"Evidentemente non vedono molti Europei?" sussurrò lei.

"Certo che sì, Alice. Ma mai nessuno che entrasse nel loro accampamento così liberamente," replicò Nathaniel.

La sospinse in avanti e dritta all'interno dell'accampamento.

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Lontano dalle capanne c'era un'ampia radura usata per i giochi, gli sport e la narrativa dal popolo Lenape. Grandi alberi di olmo facevano ombra sul recinto, ed era l'ideale per l'attività fisica.

Era lì che un gruppo di giovani robusti stavano giocando a Pahsaheman, e una rotonda pelle di cervo tesa e piena di erba e pezzi di pellame era il punto centrale.

Il sole del pomeriggio era ancora caldo. Uncas, che indossava solo il perizoma e i gambali, calciò la palla con forza verso il suo giovane compagno di squadra.

Il ragazzo la prese con il piede e corse come una lepre verso il lato opposto del campo per calciare la palla oltre la squadra avversaria, in una rete costruita frettolosamente, tenuta in alto da travi di legno.

Un piccolo numero di donne e ragazze incoraggiava i loro mariti e fratelli, quando la palla veniva passata avanti e indietro, gli uomini che si affrontavano e ridevano di cuore.

Anche le donne potevano giocare e, infatti, diverse donne si erano unite al gioco, anche se le stesse regole non venivano applicate per entrambi i generi. Mentre gli uomini potevano solo calciare la palla, le donne potevano lanciarla come volevano. Agli uomini inoltre era vietato affrontare le donne, ma le donne potevano, e lo facevano.

Uncas guardava, raddoppiando la risata, quando una ragazza robusta dall'aspetto scontroso strappò la camicia del suo amico e lo fece cadere nel suolo impolverato.

Tankawun era nella squadra avversaria di Uncas ed era sorprendentemente agile e rapida, saltando agilmente sul suo compagno caduto con la palla in mano.

"Uncas," lei chiamò mentre si precipitava verso l'obiettivo. Lei gli fece un sorriso con le fossette. "Non vi mostrerò pietà!"

Continuarono il gioco per un altro po', finché Uncas cominciò a sudare per la stanchezza e il caldo. Stando in piedi di lato, si asciugò la fronte gocciolante e il collo con la sua camicia di calicò e se la mise sulla spalla.

"Wagion!" lui chiamò in Delaware il suo amico d'infanzia che era stato steso.

Wagion si avvicinò a Uncas, brontolando per la ragazza massiccia che lo aveva quasi schiacciato con il suo peso. Uncas rise di nuovo all'espressione del suo amico; era di buon umore.

"Ovviamente lei mi vuole," disse allegramente Wagion, buttandosi addosso la camicia blu adesso strappata.

Uncas concordò che, sì, la ragazza era ovviamente innamorata.

"Altrimenti perché avrebbe provato a ucciderti sedendosi su di te?" aggiunse Uncas.

Nel mezzo di questo dialogo spensierato, un ragazzino di circa 10 estati corse eccitato verso la coppia che conversava, con gli occhi spalancati.

"Uncas... Hopocan dice... lui dice..." Il ragazzo era fuori di sé. Uncas inarcò un sopracciglio e lo sollecitò a calmarsi.

Il ragazzo, Chappegat, annuì con fervore, poi fece un respiro profondo ed espirò. Sembrò ricordarsi di ciò che doveva dire.

"Hopocan dice che devi venire adesso. C'è qualcosa che devi vedere," Chappegat disse solennemente.

"Che c'è?" chiese Uncas, confuso.

Chappegat si morse il labbro e si mosse. "Non posso dirtelo. Hopocan dice che devo solo portarti, Uncas."

A Uncas non erano mai piaciute le sorprese o la promessa di una sorpresa. Non era usanza dei Lenape parlare in questo modo, così si chiese che cosa ci fosse sotto.

Chappegat ovviamente stava per aprirsi con Uncas, mentre i tre cominciarono a camminare verso l'accampamento.

"Chappegat, dimmi," disse Uncas gentilmente. Poi, "Mi comporterò da sorpreso, davvero."

Questo ragionamento sembrò funzionare per il bambino e ridacchiò marcatamente. La sua voce era calma per lo stupore quando disse, "Tuo fratello, Longue Carabine, ha portato uno straniero nel nostro accampamento."

Uncas aggrottò le ciglia. E' James? Lui sollecitò Chappegat a descrivere l'uomo mentre si avvicinarono al centro dell'accampamento.

"E' una ragazza Yengeese!" Chappegat sputò fuori le parole. "Ha i capelli del colore della Luna. Sembra uno degli spiriti!"

Uncas ebbe una battuta d'arresto, il battito del suo cuore gli martellava nella testa. Doveva aver sentito male. Forse il ragazzo stava facendo uno scherzo.

Wagion ora sembrava molto più interessato alla conversazione.

"E' vestita buffa, come gli Yengeese?" chiese Wagion avidamente, allungando il collo.

Chappagat annuì entusiasta. "Sì, tante e tante gonne. Capelli lunghi del colore del mais. Stavano parlando con Hopocan quando me ne sono andato. Lui parla un po' della lingua Yengeese."

Uncas non poteva credere a ciò che aveva fatto suo fratello. Gli aveva portato lei, Alice Munro, nel cuore dell'accampamento Delaware. La gente sarebbe stata costretta a reagire con sospetto e suo padre ne sarebbe stato dispiaciuto. Molto, molto dispiaciuto.

Era rimasto fissato al suolo per un momento in stato di shock, finché Wagion lo spinse gentilmente, i suoi occhi indagatori.

Dopo un paio di passi, videro Nathaniel parlare tranquillamente con Hopocan che, prevedibilmente, sembrava molto malizioso. Un semicerchio di persone si era riunito di lato e stava osservando gli avvenimenti.

Leggermente dietro a suo fratello, lui individuò Alice.

Uncas sentì il suo stomaco barcollare leggermente mentre la esaminava. Lei sembrava diversa. Per cominciare, stava fingendo un'aria di sicurezza e indifferenza, ma notò il soffuso rossore sul suo viso. Indossava un vestito chiaro e i capelli le cadevano lunghi in una cortina d'oro.

La sua pelle era leggermente baciata dal sole, per essere stata all'aperto per gran parte della giornata, lui supponeva, ma aveva reso soltanto i suoi lineamenti delicati più pronunciati. I suoi occhi erano ancora impossibilmente blu.

Era così incredibilmente bella, là in piedi, testarda, imbarazzata e orgogliosa, che per un lungo angoscioso momento, le parole gli mancarono. Uncas osservava mentre gli occhi di lei si volsero verso quelli di lui.

La faccia di Uncas era impassibile mentre camminava verso suo fratello, seguito da Wagion e Chappagat.

Nel frattempo, Alice stava superando la sua dura prova. Uncas stava camminando verso di loro piuttosto noncurante ed era a petto nudo; la sua pelle scura, calda luccicava per lo sforzo. Lei sentì il rossore colorarle la faccia e il collo, e un calore cominciò a strisciarle su per le gambe e rimescolarsi nel suo ventre.

Alice era sopraffatta quando sentì tutto il suo corpo tremare ardentemente, e pregò per la compostezza... e in quel momento selvaggio Alice ricordò suo padre spiegarle, quando era un'adolescente impacciata, che da grande avrebbe provato cose strane e che, anche se il frutto della tentazione era dolce, lei non doveva consumarlo.

Nathaniel salutò suo fratello calorosamente, ma il suo sorriso si smorzò un po' quando Uncas non ricambiò il sorriso. Nathaniel chiese qualcosa a Uncas e Uncas replicò brevemente.

Alice, ascoltandoli parlare in Mohicano, si sentì molto agitata e imbarazzata, poiché sapeva che molto probabilmente stavano parlando di lei.

I fratelli chiacchierarono per un altro po', le loro parole incomprensibili fuoriuscivano con scatti rapidi. L'uomo anziano, Nathaniel aveva detto che il suo nome era Hopocan, aveva un'espressione di amaro divertimento sulla sua faccia, i suoi occhi nero ossidiana vagavano avanti e indietro tra i due uomini.

Alice fece un respiro profondo per non piangere. Le era chiaro che Uncas non voleva vederla per niente. Che lei aveva fatto un errore a venire qui. Con suo orrore, lei poteva sentire le lacrime di umiliazione e dolore formarsi lentamente e cercò disperatamente di tenerle a bada. Disse a se stessa che era meglio così, che lei non poteva più nutrire tali sentimenti per un pellerossa, che forse sarebbe dovuta tornare a Londra e alla società raffinata che conosceva così bene.

Hopocan la osservò durante questo intervallo di tempo e, anche se lui non smetteva di sorridere, lei immaginò di vedere un momentaneo lampo di pietà nei suoi occhi neri.

Lui esaminò la sua faccia rattristata e annuì tra sé e sé. Poi si voltò e interruppe la scena di contesa accanto a lui, dicendo parole brevi e impetuose.

Hopocan affrontò la ragazza e la guardò con serietà.

"Sei la benvenuta qui, in verità," disse lui, le parole dall'accento inglese zoppicanti, dal suono aspro. Indicò l'accampamento e fece dei gesti con le sue mani consumate, mimando il cibo.

"Grazie," replicò Alice con sincerità. "Non so come dirlo nella vostra lingua."

"Wanishi," fu la sua risposta distaccata.

A questo punto lei notò un uomo Indiano, che aveva circa l'età di Uncas, camminare verso di lei delicatamente da dietro Hopocan.

"Wagion," disse lui, battendosi il petto. Pensò faticosamente per un momento e disse, "Wagion... Uc...cello....Tuo...nan...te." Il ragazzo indicò lei e aspettò speranzoso.

"Alice," replicò, facendo a Wagion ciò che sperava fosse un sorriso caloroso. Uccello tuonante... pensò... che carino.

I due continuarono a sorridere l'uno all'altra imbarazzati per alcuni lunghi momenti, finché Hopocan squadrò Wagion da capo a piedi infastidito e gli brontolò qualcosa nella loro lingua, puntando un lungo dito nella direzione opposta a loro.

Qualunque cosa fosse stata detta, fece arrossire le guance del ragazzo e alcune delle donne intorno a loro ridacchiarono. Senza dirle un'altra parola, Wagion andò via. Evidentemente era stato sommariamente congedato dalla presenza del gruppo.

Un'ombra cadde sul suolo accanto a lei, mentre Alice guardò Wagion allontanarsi.

Alzando velocemente lo sguardo, lei incontrò lo sguardo di Nathaniel. Le sorrise ma sembrava teso.

"Cerchiamo di trovarci qualcosa per cena..." mormorò. "Andremo con Hopocan, nel suo alloggio."

Non molto tempo dopo, il gruppo si sedette nell'alloggio che Nathaniel aveva chiamato precedentemente wigwam. Alice era sorpresa del fatto che la solida, piccola capanna potesse andare bene per così molte persone. Esse stavano sedute o rannicchiate in questo cerchio ristretto e Alice si guardò intorno, osservando la circonferenza del gruppo.

Hopocan si sedette con calma, prendendo la carne arrostita che sua moglie aveva precedentemente offerto.

Uncas e Nathaniel erano seduti l'uno accanto all'altro sembrando molto a disagio ma, a corto di buone maniere, lei sospettava, mangiando il cibo in silenzio.

Alice prese il pezzo di carne nella scodella con le punte delle dita, cercando inutilmente di strappare alcuni pezzi con il minimo contatto. Aveva mangiato così nella foresta, durante il viaggio verso l'insediamento.

A dire la verità, questo era un affronto alla sua sensibilità inglese, mangiare il cibo a mani nude, e rifiutò di rimpinzarsi la bocca e rosicchiare come facevano gli uomini. Lei posò la ciotola giù, al suo fianco, cercando di strofinarsi le dita unte sul suo abito, inosservata.

In quel momento, il tessuto che copriva l'entrata del wigwam si aprì ed entrò una giovane ragazza.

Sorridendo brillantemente al gruppo, lei fece una domanda a Hopocan, evidentemente chiedendo di poter partecipare e lui acconsentì con un cenno. La ragazza si mise a sedere accanto a lei, di fronte agli uomini.

Alice guardò la ragazza con curiosità; sembrava all'incirca avere la sua età. Era molto graziosa, i suoi capelli neri bellissimi ricadevano oltre il girovita, in due trecce.  I suoi indumenti in pelle di daino le ricadevano liberamente sul corpo, la gonna arrivava fino alle ginocchia.

Alice si sentì a disagio nel vedere una ragazza così scoperta, ma sorrise alla ragazza e il suo cuore si alleggerì quando la fanciulla indiana ricambiò il sorriso, toccandosi il petto e dicendo,

"Tankawun."

"Io sono Alice."

Lo scambio reciproco fu abbastanza rilassato, ma lei si chiedeva perché nessuno degli uomini si offrisse di tradurre per lei e questa ragazza, Tankawun. Erano entrambe molto curiose l'una nei confronti dell'altra, dagli sguardi congetturali l'una verso l'altra.

I fratelli non dissero una sola parola e infatti ignorarono la situazione che stava avendo luogo di fronte a loro.

Hopocan, che aveva finito il suo pasto e messo la sua scodella di fronte a loro, guardò pigramente le ragazze.

Per la prima volta da quando era entrata nell'accampamento dei Lenape, Alice si sentì a suo agio. La ragazza chiamata Tankawun sembrava effervescente, estroversa e sorrideva costantemente ad Alice mentre parlava con gli uomini.

Improvvisamente, Tankawun arrivò e prese una ciocca dei capelli biondi di Alice, torcendola con cautela con le sue dita. Alice sorrise esitante e la ragazza sorrise, dicendo qualcosa nella sua lingua e lasciando cadere la ciocca di capelli.

Alice fece spallucce delicatamente, incapace di decifrare le parole di Tankawun.

La ragazza Lenape sembrava vagamente frustrata per la mancanza di comunicazione tra lei e Alice e guardò verso gli uomini.

Hopocan fece a Uncas uno sguardo mirato e mormorò qualcosa.

Senza alzare lo sguardo, Uncas disse a voce bassa, "Tankawun ammira il tuo aspetto, che somiglia ai raggi di Luna. Dice che i tuoi capelli sono graziosi."

Alice fissò Uncas per un attimo in silenzio, desiderando che lui alzasse lo sguardo e quando non lo fece, sentì i primi accenni di un fastidio. Non aveva nessun diritto di essere rude o di farla sentire indesiderata.

Sedendosi più dritta, Alice si rivolse alla ragazza e ripensò alla parola che Hopocan le aveva detto prima, che significava grazie. Wisha... o Washi...no...

"Wanishi, Tankawun," disse Alice, sperando di non aver detto qualcosa di incredibilmente stupido.

Tuttavia, Tankawun sembrava assolutamente contenta e le batté le mani, raggiante.

"Wulelemil!" disse entusiasta Tankawun, sorridendo agli uomini.

Alice sorrise alla ragazza ma guardò Nathaniel con aria interrogativa, cercando la definizione di questa parola. Nathaniel sembrò divertito dalle due ragazze.

"Tankawun dice 'fantastico'!" fu la replica di Nathaniel in tono allegro.

Persino Hopocan le fece un piccolo sorriso. "Wishi. Bene," disse.

Soltanto Uncas aveva la faccia completamente impassibile e flemmatica, finendo la sua porzione di carne prima di posare la scodella e sedersi appoggiato di schiena, distratto.

Nathaniel guardò furtivamente prima Alice e poi Uncas e pensò, sfiduciato, che le cose non stavano andando bene.

Uncas era più che scortese e Alice sembrava scontenta e risentita, guardando fuori; i suoi occhi cobalto s'imposero nella semioscurità della wigwam, su cui il sole stava scagliando i suoi raggi morenti.

Soltanto Tankawun si stava comportando in modo carino e le due ragazze, cosa piuttosto bizzarra, stavano parlando l'una con l'altra ognuna nella propria lingua, senza comprendersi veramente.

Nathaniel aveva veramente, ferventemente sperato che suo fratello e Alice sarebbero stati in grado di trovare un punto d'incontro, ma a causa della loro reciproca testardaggine, questo non sembrava fattibile.

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Chingachgook era seduto nella sua wigwam, affilando un osso e un pezzo di corna di cervo per fare un punteruolo e uno spiedo grezzo. Lo sguardo di lui era intento e concentrato mentre lavorara; dall'altra parte era seduto Anicus, il figlio di Hopocan che aveva circa 18 estati.

Il ragazzo stava intagliando un flauto ricavato dal ramo di un albero di noce, chiacchierando con Chingachgook. L'uomo anziano, per la maggior parte, ascoltò ma non troppo attentamente, perché era immerso nel suo lavoro. Anicus parlava troppo, ma ciò nonostante Chingachgook gli era affezionato.

"Anicus, dov'è tuo padre?" chiese Chingachgook in Lenape una volta che il ragazzo ebbe fatto una pausa per prendere fiato. Hopocan era uscito per un po', molto presto, e non era ancora tornato, cosa che sembrò strana all'uomo Mohicano.

"Non sono sicuro..." pensò Anicus. "Lo troverò per te."

Si alzò in piedi e tirò su il lembo della wigwam, andando fuori, camminando nella luce tetra.

Durante i minuti in cui lui fu via, Chingachgook pensò all'ultimo anno nel suo complesso. Era già nella sua mezza età, lo sapeva, e adesso i suoi pensieri erano sempre più assorbiti dai suoi due figli. Erano bravi figli, lo sapeva. Il Signore della Vita lo aveva premiato così. Ma adesso era quasi un anno che aveva cominciato a discutere con Uncas - sull'idea di trovarsi una moglie.

Uncas sapeva che aveva bisogno di trovare una donna il più presto possibile e crearsi una famiglia. Era stato la scorsa estate che Uncas si era accordato con suo padre e Chingachgook sentì la sua mente invecchiata alleggerita dalla condiscendenza di suo figlio; come pure dalla sua dimostrazione di saggezza.

Nathaniel era una questione totalmente diversa. Il suo figlio bianco aveva uno spirito inquieto, come un lupo che chiamava la Luna. Era sempre stato un vagabondo e Chingachgook era già arrivato al punto in cui aveva cominciato a preoccuparsi per il suo figlio maggiore; preoccupato che avrebbe sprecato la sua gioventù invece di percorrere un sentiero naturale.

Chingachgook era felice che adesso Nathaniel stava cercando di sistemarsi e di mettere radici con la ragazza Yengeese dai capelli scuri. Nathaniel gli aveva detto che loro avevano parlato del matrimonio, ma la ragazza voleva aspettare un paio di lune.

Uncas era allo stesso modo contento per suo fratello e Chingachgook pregava affinché presto il suo figlio minore trovasse una donna con cui farsi una vita, affinché trovasse la stessa felicità di suo fratello.

Le mani di Chingachgook si immobilizzarono sul proprio lavoro mentre ricordava la precedente conversazione con Uncas riguardo alla ragazza dai capelli dorati. Lui pensò che, infatti, suo figlio era stato onesto ma, a dire la verità, non pensava che i sentimenti di Uncas per la ragazza dai capelli biondi fossero un'infatuazione passeggera. Lo sapeva perché Uncas non faceva le cose a cuor leggero. I suoi sentimenti non avevano vacillato.

Chingachgook avrebbe trovato tutto più credibile se Uncas avesse dichiarato a suo padre amore immortale per quella strana, fragile ragazza, invece di dirgli che i sentimenti erano stati passeggeri e che tutto era finito.

Ma poi di nuovo, Chingachgook pensò, troppe volte l'amore giovanile era privo di saggezza. Le fiamme della passione giovanile sono sempre le più luminose. Ecco perché bruciano più velocemente, suo padre gli aveva detto una volta nei giorni lontani della propria gioventù, molto molto tempo fa.

Sollevando la testa lentamente al suono dei passi, Chingachgook attendeva il ritorno di Anicus.

Il lembo della wigwam di nuovo fu scostato e il giovane entrò con un'espressione piuttosto singolare sulla sua faccia. Chingachgook, abile com'era a leggere le persone, vide che Anicus era a metà tra il divertito e lo stupito.

"Qualcosa non va?" chiese Chingachgook austeramente.

Anicus sembrò leggermente imbarazzato, come se non fosse sicuro di come valutare come avrebbe reagito l'uomo anziano. Ci fu una lunga pausa mentre il ragazzo sembrava cercare le parole.

Chingachgook, non essendo tipo da sopportare l'indolenza nelle parole, aggrottò le ciglia.

"Parla," ordinò senza risparmiarsi.

Anicus arrossì e disse esitando, "Ho trovato mio padre che usciva dal nostro alloggio con entrambi i tuoi figli e ... una ragazza."

Chingachgook era veramente confuso. "Ragazza?" lui pungolò.

Il ragazzo annuì e sembrava scegliere le parole. "Sì... una ragazza Yengeese con i capelli dorati."

Era una rarità, davvero, che qualcuno stupisse Chingachgook, e Anicus, sentendosi leggermente compiaciuto, sapeva che era riuscito a scioccare il fiero Mohicano, anche se l'espressione dell'uomo più anziano non l'aveva tradito.

Senza cambiare il tono della voce e persino l'espressione del viso, Chingachgook invitò il ragazzo a continuare.

"Sembra che il tuo figlio maggiore l'abbia portata qui. Non sono sicuro del perché. Ma l'accampamento non parla di nient'altro. Ecco perché papà non è tornato. Si sono incontrati tutti nella nostra wigwam."

Chingachgook si srotolò dalla sua posizione a gambe incrociate e si alzò in piedi così velocemente e con agilità che Anicus fu spaventato.

"Fammi vedere," fu il comando imperioso di Chingachgook.

Lui seguì, inesorabile, il giovane agile mentre si sbrigava ad uscire dalla wigwam.

Fuori, le persone che precedentemente avevano affollato la wigwam, adesso stavano in piedi tutte insieme. Mentre la giornata volgeva al termine, il cielo era ancora luminoso ma striato di arancione e rosso.

Alice allungò il collo e osservò il tramonto mozzafiato, sapendo che il momento della partenza si stava avvicinando. Durante tutto il tempo trascorso all'accampamento, ogni cosa era stata... se non del tutto piacevole, almeno aveva trascorso il tempo abbastanza bene.

Hopocan l'aveva accolta subito con calore e, anche se lei aveva la chiara impressione che lui la stesse costantemente prendendo in giro, lei non percepì malizia dietro questo atteggiamento.

La ragazza, Tankawun, era stata così dolce e graziosa con lei. Alice aveva gradito veramente la sua compagnia, tranne...

Alice  si mosse in segno di disagio.

Aveva notato accadere delle piccole cose tra la ragazza carina e Uncas. Alice, inesperta com'era in materia di uomini, era stata piuttosto informata sull' arte di flirtare a Londra. Tuttavia, era sempre stata molto schiva. Un conoscente di ritorno a casa una volta le aveva detto che questo era il suo fascino più notevole - la sua innocenza. Alice non aveva mai capito il senso delle sue parole.

Alice, anche se non riusciva a comprendere la lingua, riconobbe la civetteria nelle parole e nei gesti di Tankawun. Non era molto sottile con l'inclinazione della testa ogni volta che Uncas parlava, o con il tono canzonatorio nella sua voce. Soltanto con Uncas.

Alice guardava Tankawun e Uncas discretamente e non poté fare a meno di sentire che Uncas era molto più rilassato e aperto adesso; e la disturbava non sapere se questo era dovuto a Tankawun, o se lo shock della sua improvvisa apparizione nell'accampamento era semplicemente sparito.

Uncas rispose poi a qualcosa che Tankawun aveva chiesto e la ragazza rise melodiosamente, toccandogli il braccio con il suo liscio palmo della mano e annuendo.

Alice lottò contro un'ondata di ... qualcosa... che le si stava arrampicando su per la gola. Sentì la sua faccia arrossire e sapeva che non era dovuto al calore che rifluiva.

Inspirando profondamente ed espirando lentamente, Alice rifletté sui suoi sentimenti e sul loro significato, mentre gli Indiani continuavano a conversare.

Da un lato, non si sarebbe lasciata prendere dal risentimento nei confronti della ragazza che flirtava con Uncas. Era naturale. Erano della stessa razza... e Alice era stata imperdonabilmente sciocca, stupida, ingenua e presuntuosa nel ritenere che Uncas potesse ancora nutrire qualche straccio di affetto per lei.

Tankawun, che ancora stava toccando il braccio nudo di Uncas, si voltò e, sorridendo, guardò Alice. Per un momento congelato nel tempo, i loro occhi si bloccarono e sembrarono capirsi.

Alice frettolosamente si stampò un sorriso smorto sulla faccia, ma non prima che l'altra ragazza avesse catturato la sua nuda espressione e lentamente fece scivolare giù la mano da Uncas, lanciando a entrambi rapide occhiate. Questa volta era lei che non riusciva a sorridere.

"Mio padre si avvicina," mormorò Nathaniel, che era stato accanto a lei per tutto il tempo.

Alice si sentì rabbrividire e poi indietreggiare per lo sgomento, comprendendo, piuttosto in stato confusionale, che lei aveva a malapena dato peso al severo uomo Mohicano per quasi tutto il tempo che era stata nell'accampamento, e che aveva dato completamente  per scontata la sua presenza non spiegata.

Era stato difficile per Alice dimenticare Chingachgook e il suo sguardo serio, inquietante. Il modo in cui l'aveva fissata con i suoi insondabili occhi neri, la sua presenza imponente e il modo in cui i suoi figli adulti gli obbedivano senza discutere.

Stando lì in piedi sotto il sole calante, Alice era di nuovo di fronte al suo sguardo perentorio, mentre Chingachgook avanzava lentamente verso di loro, i suoi occhi neri puntati su di lei.

Indossando una pelle di animale di qualche tipo drappeggiata su di lui, l'uomo anziano era rimasto immutato dalle settimane precedenti. Con calma si guardò intorno, nessuno dell'intero gruppo parlò. Solo Hopocan sembrava indifferente.

Chingachgook ruppe il silenzio e spostò il suo sguardo verso Nathaniel, dicendo in inglese -

"Spiega perché lo hai fatto."

Alice si sentì di nuovo la faccia andare in fiamme e guardò in basso. Tankawun si guardò intorno, confusa, verso le altre persone.

"Padre, l'ho portata qui perché lei me lo ha chiesto," replicò Nathaniel, sembrando a disagio. "Questa è la verità. La colpa è mia."

Chingachgook non sembrava arrabbiato o infastidito, ma non importava. Il suo sguardo era ancora inibito, mentre continuava a esaminarla.

"Perché sei venuta?" le chiese improvvisamente, questa volta con un cipiglio che apparve sulla fronte, congiungendo rigorosamente le sue sopracciglia.

Alice si scoraggiò e poi si riprese, cercando disperatamente una ragione valida oltre alla verità. Come in mi dispiace, ma non riesco a smettere di pensare al tuo bellissimo figlio. Scuotendo la testa tra sé e sé per questa assurdità, mise in piedi una mezza-verità, o una quasi-verità, per così dire.

"Sono venuta per vedere come stavate voi tutti," fu la sua risposta finale.

Con il cipiglio ancora saldamente al suo posto, Chingachgook scosse la testa seccato, come se disprezzasse la sua incertezza. Ritornò a parlare nella sua lingua nativa e parlò con i suoi figli,  ignorando effettivamente Alice.

Alice si sentì così ferita e imbarazzata che non desiderava altro che fuggire assolutamente da questo accampamento disgraziato e non tornare più.

A Uncas non importava neanche... pensava lei, colpita. Da quello che aveva visto, lui l' aveva già quasi dimenticata... anche se, nel profondo del suo cuore, Alice sapeva che la colpa era la sua, per le parole crudeli che gli aveva detto e per la sua indecisione.

All'insaputa di Alice, Uncas la stava osservando mentre suo padre stava facendo una laconica predica a suo fratello in Mohicano per le sue azioni, e lui notò la tristezza di lei. A questo punto Uncas era in conflitto ma nonostante questo, era difficile osservare lo sconforto di lei.

Lui aveva già parlato con suo padre riguardo ad Alice Munro e non poteva tornare indietro sulla sua parola. Sapeva che non aveva seguito il sentiero giusto quando aveva trascorso tutti quei giorni e quelle notti pensando ai suoi bellissimi capelli e bellissimi occhi e dimenticando la saggezza di suo padre.

"Chiedo scusa," Alice disse improvvisamente a voce bassa, con gli occhi in giù. "Vi ringrazio tutti per... avermi accolta, ma dato che è piuttosto tardi, devo ritornare dagli Stewart. Andrò da sola. Grazie."

Lei mormorò le ultime parole e prima che qualcuno potesse completamente registrare quello che aveva detto, la ragazza girò sui tacchi e corse giù per il sentiero che la riportava al casolare; sarebbe stato un cammino molto lungo e la notte si stava avvicinando.

Nathaniel imprecò sottovoce e stava per andare da lei, ma Chingachgook gli ordinò di fermarsi. Nathaniel fece un respiro profondo prima di replicare,

"Padre, perdonami ma devo andare con lei. Non posso lasciare una ragazza indifesa correre da sola in giro per il bosco. Non è sicuro."

"Sono d'accordo," replicò Chingachgook impaziente. Il suo sguardo si rivolse verso Uncas.

"Uncas. Vai da lei e scortala fino a casa."

Uncas sentì Tankawun irrigidirsi impercettibilmente accanto a lui.

"Prendi la tua carabina con te, Uncas," disse Nathaniel a voce bassa.

Senza aspettare la replica di suo figlio, Chingachgook mormorò qualcosa a Hopocan e i due anziani cominciarono ad andare verso la wigwam di Chingachgook. Hopocan sorrideva con soddisfazione mentre apriva la strada.

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Uncas accelerò il passo una volta entrato nel bosco, cercando di scrollarsi la sensazione che aveva dello sguardo di Tankawun che bruciava in lui, quando aveva seguito Alice.

Alice era più veloce di quanto lui l' avesse mai creduta capace; con quelle ridicole gonne e quelle scarpe non pratiche. Uncas correva silenziosamente attraverso la foresta e presto riuscì a sentirla  goffamente farsi strada lungo il sentiero... facendo evidentemente più rumore possibile.

Uncas vide per prima cosa le sue trecce dorate, prevedibilmente, poi la osservò mentre lottava per correre più veloce, afferrando manciate di gonne che ovviamente le impedivano i movimenti.

"Alice," lui la chiamò. Lei rallentò ma non si fermò.

Perdendo la pazienza, Uncas velocemente le andò davanti e le bloccò il braccio con la sua mano scura, obbligandola a fermarsi.

Alice, sentendo le sue dita forti stringersi attorno al suo avambraccio come un nastro di acciaio, lottò contro il formicolante sentimento di consapevolezza che il tocco di lui le portava e si fermò di colpo. Girandosi intorno, lei districò velocemente il suo braccio dalla stretta di lui, guardandolo con disapprovazione.

Alice osservò con un po' di soddisfazione quando la sorpresa comparve sul viso di Uncas per l' inaspettato temperamento di lei e lui la guardo con circospezione, senza dire niente.

"Non ti chiedo di accompagnarmi, signore," disse Alice indignata. Sapeva di essere stata infantile nell'averlo chiamato signore; lui odiava essere chiamato così da lei.

Mentre il silenzio si estese tra loro come una voragine, Alice si sentì piena di emozione.

Lei voleva che lui le dicesse qualcosa, persino maledirla, non questo silenzio che le stava spezzando il cuore.

Invece lui fece un cenno con la testa verso il sentiero davanti a loro e la sollecitò ad andare avanti in silenzio.

Alice si voltò e continuò a camminare, assicurandosi di tenere il passo davanti a lui. Per diversi, lunghi minuti lei camminò, e tutto ciò che riusciva a sentire era il suo respiro e il battito del suo cuore risuonarle nelle orecchie. Lei non sapeva nemmeno cosa voleva, non veramente. Si sentiva così sconcertata.

Il cielo era blu scuro quando raggiunsero la fine del sentiero. Lei riusciva a vedere il camino fumante da lontano.

Alice fece un respiro profondo, inspirando l'aria balsamica della notte e pensò... casa.

"Alice," disse Uncas, la sua voce profonda e piacevole.

"Sì?"

"Perché sei venuta all'accampamento?"

"Per vederti."

Ci fu una lunga, tangibile pausa mentre Uncas meditò su queste parole. Entrambi avevano fatto una pausa e distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.

Uncas sospirò e volse lo sguardo verso Alice, che sembrava soprannaturale con la luce blu scura, facendo brillare stranamente la sua faccia.

Prima che lui potesse fermarsi, posò una mano callosa sulla guancia di lei, accarezzando la sua pelle soffice con il pollice. Uncas guardò con interesse, gli occhi di lei si chiusero alla deriva e Alice coprì lentamente la mano di lui con una delle sue.

Uncas si sentì la bocca riarsa come il fuoco quando Alice lo toccò, ma sentì il bisogno di chiedere.

"Perché volevi vedermi?" lui chiese gentilmente. Alice rimase in silenzio così a lungo che Uncas pensò che lei non lo avesse sentito bene, o che non volesse degnarsi di rispondere.

"Mi manchi."

Uncas non sapeva cosa dire a quella confessione sussurrata. Poteva soltanto mettere in ordine i suoi sentimenti e il fatto che lui sentiva qualcosa simile a un improvviso sollievo. Perché era da molto tempo che Uncas avrebbe voluto ascoltare quelle parole dalla sua bocca.

"Non avrei dovuto parlarti in quel modo, prima," continuò Alice. "E' stato sbagliato da parte mia. Non volevo."

Sapeva che lei si stava riferendo al giorno in cui Uncas l'aveva seguita nel bosco, il giorno in cui lui si era risvegliato dalla febbre, causata dalle sue ferite.

Alice intrecciò le sue dita con quelle di lui e gli baciò il palmo della mano gentilmente. Lei alzò lo sguardo verso Uncas, allungando il collo all'indietro, i suoi grandi occhi blu bloccati su quelli di lui.

Uncas perse il conto di quanto tempo hanno trascorso a guardarsi reciprocamente in silenzio. Vide la bramosia negli occhi di lei, che faceva eco alla propria. Senza dargli il tempo di reagire, Alice allungò il collo e coprì la bocca di Uncas con la propria.

Uncas fu sorpreso e stordito per diversi momenti, finché sentì un leggero tremore provenire da lei.

Lui percepì l'inesperienza dietro le azioni e le carezze di Alice. Come sempre, era la sua innocenza a farlo sciogliere così a fondo. Uncas la ribaciò e strinse il piccolo corpo di lei tra le sue braccia; Alice avvolse le sue braccia attorno al collo di Uncas e fece scivolare le sue labbra giù per la gola di lui con un sospiro.

A questo, Uncas indietreggiò e la guardò serio, cercando di scrollarsi le ragnatele del desiderio dalla sua mente. Questo non poteva continuare. Uncas lo sapeva, e la sua voce era fioca e riservata quando lo disse.

Alice stava ansimando e Uncas riusciva a vedere la tonalità rosa che sbocciava sulle guance di lei, nella vicina oscurità.

"Che cosa vuoi dire?" lei sussurrò, facendo cadere le sue braccia da lui e lisciandosi i capelli con mano tremante.

"Lo sai. Lo hai detto tu stessa prima. Non è destino."

"Cosa..."

"Un Indiano e una donna bianca."

Lui vide la faccia di Alice colpita dallo shock mentre lei lo guardava. Evidentemente, non si era aspettata di sentirlo parlare in modo così diretto. Gli occhi di Alice erano sconcertati e si guardò intorno, confusa.

Con suo sgomento, Uncas vide le lacrime formarsi negli occhi di Alice mentre lei ansimava, cercando di combattere le lacrime.

"Alice..." disse lui, arrivando a toccarla, consumato dal senso di colpa.

"No," disse lei con voce strozzata, le lacrime che le scorrevano torrenziali sulle guance. "Non toccarmi."

I suoi occhi brulicanti si strinsero e Uncas sapeva con certezza che lei aveva trovato rifugio nella rabbia piuttosto che nel dolore. Questa era la natura dell' essere umano quando cerca di preservare se stesso.

"Non ti ci è voluto tanto tempo per dimenticarmi," sussurrò lei esitando.

"Mi hai detto la stessa cosa prima, tranne il fatto che le tue parole erano crudeli," replicò Uncas allo stesso modo. Lui non era arrabbiato, ma sapeva di dire la verità.

"Eppure, hai trovato una sostituzione piuttosto velocemente, non è vero?" lei rispose.

"Cosa?"

"Quella ragazza. Tankawun. Lo neghi?"

Uncas rimase in silenzio. Non si era aspettato che Alice fosse così scaltra. Anche se ad essere onesti, l'astuzia non era necessaria. Tutto ciò di cui uno aveva bisogno erano occhi per notare il modo in cui la ragazza Lenape adulava Uncas ed era eccessivamente espansiva.

Alice considerò il silenzio di lui come un assenso e cominciò a singhiozzare, correndogli davanti. Uncas tese una mano per fermarla e lei la evitò.

"Lasciami! Non voglio vederti di nuovo. Hai trovato la tua futura sposa e non interferirò," lei disse, poi lo guardò in silenzio ancora per un momento.

"Maledico il giorno in cui ho messo piede in questa terra e ti ho incontrato."

Detto questo, si voltò e corse giù per il sentiero, verso il casolare. Uncas non la seguì; guardò soltanto per accertarsi che lei entrasse sana e salva. La sua mente era in confusione e con un principio di rammarico.

Non poteva tornare indietro su ciò che aveva detto a suo padre.

Dopo un tempo interminabile, molto tempo dopo che Alice era entrata nel casolare al sicuro e aveva chiuso la porta, Uncas si voltò e cominciò la sua lenta e solitaria camminata di ritorno verso l'accampamento.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Annabel chiuse la porta di legno dopo che Alice era entrata, e sapeva che qualcosa era andato orribilmente storto all'accampamento indiano; Alice aveva tracce di lacrime sulle guance e i suoi occhi erano cerchiati di rosso, vitrei.

 

"Alice?" giunse la voce preoccupata della sua sorella maggiore. "Grazie a Dio sei tornata!"

 

Alice non disse niente, ma Annabel poteva percepire che la ragazza stava cercando valorosamente di ricomporsi. La sua schiena era molto dritta, i suoi occhi blu erano imperturbabili.

 

Cora avanzò verso di lei ed esaminò il viso della sua sorella minore, con crescente allarme.

 

"Che cosa è successo, sorella?" chiese lei pressante. "Alice, ti hanno fatto del male? Dov'era Nathaniel?"

 

Con sorpresa di Annabel, la ragazza bionda fece un sorriso molto persuasivo. " Non è niente, Cora. Sono stata bene. Davvero."

 

"Ma i tuoi occhi..."

 

"Sono stanca. Immagino che sembro piuttosto spaventosa. Il fumo dei loro fuochi mi ha fatto lacrimare gli occhi. Tutto qua."

Cora si era calmata notevolmente ma rimase dubbiosa.

 

"Alice," lei cominciò, seguendo sua sorella e Annabel al tavolo massiccio dove erano tutti seduti.

 

"Vorrei che tu non tornassi più là. Ero preoccupata per te. Non è sicuro. Non nutro antipatia nei confronti degli uomini rossi di questo continente ma, davvero, sorella, sei stata molto impetuosa."

 

Annabel versò del sidro da una caraffa in un bicchiere, in silenzio, e lo porse ad Alice. Sedendosi, esaminò la ragazza, e pensò che qualcosa era davvero accaduto all'accampamento. Qualcosa che aveva lasciato Alice angosciata.

 

Per l'intero pomeriggio in cui Alice era stata via, Annabel non fece altro che meditare sulla situazione confusa di Alice Munro. A questo punto Annabel sentiva di avere una solida conoscenza del carattere della ragazza e lasciava perplessi vedere questo tipo di ragazza, questa ragazza apprensiva e diligente comportarsi in modo così bizzarro. Correre verso un accampamento indiano! Solo James aveva trovato tutto ciò molto divertente.

 

Dopo aver rimuginato sulla cosa per un po' di tempo, Annabel poteva tranquillamente dire di essere arrivata a una solida comprensione. Alice era giovane e sognatrice, e si diceva che l'amore era simile alla follia nei giovani...

 

Uncas... aveva capito. Ma certo. Cora prima aveva raccontato ad Annabel di come il guerriero Mohicano aveva affrontato quell'intero gruppo di Indiani assetati di sangue per salvare la bellissima ragazza inglese. Come aveva completamente perso la testa e si era arrampicato su per il versante della montagna, per l'orrore della sua famiglia.

 

Annabel aveva notato come Alice era facilmente distratta e costantemente triste. Come la sua faccia si illuminava alla vista del fratello bianco di Uncas, Nathaniel ... come le prime parole che le uscivano dalla bocca di solito erano "Come stanno tuo padre e tuo fratello? Stanno entrambi bene?" La sua scelta delle parole, adesso che lei ricordava, era così comicamente ovvia che Annabel si sentì veramente stupida per non aver collegato le cose prima.

 

Annabel bevve il proprio sidro in piccoli sorsi, guardando ancora la ragazza mentre sua sorella continuava a rimproverarla gentilmente.

 

"Sono stanca, Cora." Alice interruppe la continua arringa di sua sorella. "Dov'è James?"

 

Proseguendo con questa tattica di diversione, Annabel replicò che era sul retro, nel pascolo delle mucche per un po'. Alice annuì distrattamente.

 

"Abbiamo pensato a un nome, signore?" chiese Annabel, sorridendo. Cora rise e persino Alice fece un piccolo sorriso.

Il giorno precedente, James si era avvicinato alle donne con un'altra delle sue sciocche idee e chiese loro di scegliere un nome per la loro vecchia mucca da latte.

 

"Tutte le mucche che si rispettino hanno un nome!" James aveva affermato, apparentemente ispirato.

 

Annabel aveva cercato di non lamentarsi e aveva risposto a suo marito che era una cosa sciocca dare un nome a una bestia che molto probabilmente avrebbero macellato comunque, se il cibo fosse scarseggiato. Tuttavia, le sorelle si immersero in quello spirito.

 

Finora avevano scartato nomi frivoli, nomi solenni, nomi presi dalla letteratura, mitologia e storia.

 

"Vedi come quella mucca avida oltrepassa il confine assegnatole? La chiameremo Re Giorgio II!" aveva affermato James.

 

"James Stewart!" aveva urlato Annabel arrabbiata, e le sorelle erano apparse momentaneamente stupite prima di scoppiare in risatine nervose.

 

"E' femmina, James," aveva detto lei, guardandolo in cagnesco.

 

Uno Scozzese, fino in fondo.

Riportata al presente dal suono della porta che si apriva, Annabel salutò calorosamente suo marito.

 

"Ah! C'è la nostra intrepida ragazza!" tuonò James vedendo Alice. Si sedette al lungo, robusto tavolo con un gemito, poi sorrise ad Alice, con la faccia accesa di curiosità.

 

"Come, ragazza, niente piume o pitture di guerra?" chiese lui.

 

Alice arrossì e scosse la testa.

 

Annabel fece a suo marito uno sguardo di silenzioso avvertimento e lui lo afferrò. Battendo le mani forte, James chiese:

 

"Allora, abbiamo scelto un nome? Diamo i nostri suggerimenti a turno, prego." James fece un cenno a Cora, sorridendo.

 

"Molly."

 

James ridacchiò e roteò gli occhi. "Il prossimo."

 

"Bess," disse Annabel. "La variante corta di Elizabeth."

 

"Ovviamente, tesoro," disse lentamente James e Annabel si accigliò.

"Tuttavia, concordo. Il nome di una regina inglese per una mucca inglese," disse lui, sfregandosi le mani con gioia.

 

"Aspetta... Volevo dire Artemis," si corresse Annabel frettolosamente, esaltando la sua fedeltà alla patria.

 

"No. Chiedo scusa, moglie, ma Queen Elizabeth è stata la tua scelta." James volse i suoi occhi verdi verso Alice.

 

"Alice. La nostra compagna più giovane e più avventurosa."

 

"La regina Boadicea," replicò Alice.

 

James fece la sua risata. "Regina Bola- Cosa?" chiese lui, stupito.

 

"Boadicea, una grande regina che condusse una rivolta contro l' Impero romano," spiegò Alice.

 

"Bene, la nostra triste mucchetta certamente fece una rivolta contro i nostri magazzini di mais l'ultima volta che si perse. Forse presto si muoverà contro gli scoiattoli," disse lui scherzosamente. Alice ridacchiò.

 

"Non ridicolizzarla, James," disse Annabel, sorridendo, malgrado le sue parole. Cora era rossa in viso dal ridere.

"Per quanto mi riguarda... sembrate molto propense a dei nomi noiosi, ad eccezione di Alice," disse James, facendo cenno a sua moglie di versargli del sidro.

 

Mentre lei versava, lui continuò. "Niente Re Giorgio, allora?"

 

"No!" fu la replica austera di Annabel.

 

"Allora, che ne dici, semplicemente il nome Inghilterra, o Britannia. Sto solo scherzando, amore mio," disse velocemente all'espressione di sua moglie.

 

James meditò sulla questione per un po' di tempo.

 

"Penso Agnes. Un nome abbastanza buffo per lei. Mi colpisce sempre con la sua coda," fu la risposta finale di James.

 

Loro deliberarono per alcuni minuti prima che Alice emerse come la chiara vincitrice.

 

"Boadicea, ecco!" urlò James in tono squillante, sbattendo il suo bicchiere di sidro sul tavolo di legno dove traboccò dai lati.

 

Annabel sembrava esasperata.

 

Più tardi quella notte, Cora era seduta sola al tavolo ora abbandonato, lucidando pigramente le scodelle, i boccali e qualsiasi cosa che fosse vasellame. In realtà, era difficile vedere persino con la luce del fuoco e la candela tremolante, ma Cora era di umore inquieto. Tutti gli altri erano andati a letto per la notte.

 

Alice, abbastanza sorprendentemente, era stata la prima a ritirarsi. Dopo aver scarabocchiato nel quadernino, aveva detto di avere il mal di testa e se n'è andata a dormire, in silenzio rannicchiata volgendo la schiena agli altri.

 

Cora sospirò, chiedendosi che cosa stesse tormentando la sua sorellina. Strofinò il boccale bruscamente un paio di volte con il panno umido e lo mise giù, poi raccolse la pentola di ferro.

 

Perché Alice si stava comportando così stranamente, si chiese Cora.

 

Alice era sempre stata così educata in ogni senso, come si conveniva a una signorina inglese. Ultimamente rimuginava e languiva, la sua unica consolazione era quel logoro quadernino a cui qualche volta dedicava ore durante la notte. Aveva detto che era per le ricette e ...

 

Cora fermò il movimento irregolare della sua mano e aggrottò le ciglia.

 

Prendo la mia penna per chiarirmi i pensieri... quelle erano state le parole di Alice. Ciò significava che Alice forse annotava tutto quello che stava provando. E Cora voleva sapere disperatamente che cosa pesasse così tanto sulla mente della sua sorellina...

 

Guardandosi intorno, i suoi occhi per prima cosa si posarono su James che stava disteso accanto al fuoco, il suo braccio faceva da cuscino alla sua testa. La sua bocca era leggermente aperta mentre dormiva, russando.

 

Cora lo osservò con affetto per un momento, poi guardò le donne addormentate. Poteva dire che Alice aveva ceduto alla stanchezza, in base al suo respiro regolare, leggero. La sua faccia era ancora rivolta alla parete. Annabel era addormentata allo stesso modo.

 

Alzandosi silenziosamente, Cora si diresse verso il cesto intrecciato grossolanamente vicino al letto, dove Alice conservava i suoi indumenti intimi, ferri da maglia e il quaderno.

 

Raccogliendo il piccolo quaderno, Cora ritornò al suo posto, a tavola, e si sedette con il quaderno nelle sue mani, pensando alla sua prossima azione. Si sentì leggermente in colpa ma mise da parte questo sentimento, poiché la sua preoccupazione per sua sorella oltrepassava ogni perplessità morale.

 

I suoi movimenti erano silenziosi mentre slegava la cordicella che teneva il libro chiuso; cominciò velocemente a esaminarlo, capendo le parole.

 

...oggi ho fatto il burro... i biscotti dolci non sono così facili da fare come avevo immaginato, ho paura... ho aiutato James a fare scorta nella nostra catasta di legna... la mucca è molto sdegnosa, proprio come Annabel mi aveva detto...

 

Cora sorrise ampiamente in adorazione di sua sorella, trovando le sue parole incantevoli e affascinanti. Continuò a leggere.

 

La signora Fastidio è una megera.... Vorrei che Cora si sposasse con Nathaniel... Cora arrossì a questo...occhi che sono neri e bellissimi... le sue mani forti, quando mi ha abbracciata...

 

Cora si congelò per lo stupore, i suoi occhi balzarono velocemente da sinistra a destra quasi come per assicurarsi che nessuno la vedesse leggere questo. Capì che la sua bocca era rimasta aperta per lo shock e la chiuse velocemente.

 

Cora si appoggiò all'indietro e si premette il dorso della mano sulla fronte mentre il panico cresceva.

 

Alice aveva un innamorato? Ma era impossibile poiché la sua presenza era sempre tenuta d'occhio; persino quando usciva per sentirsi meglio nella piccola dependance asimmetrica, simile nell'aspetto a una baracca, lei era sempre entro i confini del casolare.

 

Cora disse tra sé e sé che Alice non avrebbe mai concesso la sua virtù, che non avrebbe compromesso la sua reputazione... ma il suo comportamento nelle ultime settimane era stato così strano...

 

Costringendosi ad aprire il libro mentre il suo respiro diventò affaticato, si immerse nel contenuto del libro con rinnovato vigore.

 

Pagina dopo pagina di queste misteriose descrizioni di un uomo con occhi neri, di carezze ricordate, di desiderio. Ma chi? Quando lo aveva incontrato? Lei, Cora, lo aveva conosciuto? Dove era accaduto? Al forte? Albany?

 

Girando alla cieca le ultime pagine che sua sorella aveva scritto, Cora lesse il paragrafo iniziale, era sicura di aver letto male qualcosa, poi lo lesse di nuovo a un ritmo più lento. Ma no, là c'era scritta, nella grafia ordinata di Alice, in inchiostro nero carbone, l'identità di lui.

 

Era l'ultima cosa che si sarebbe mai aspettata. Avrebbe anche potuto pensare che sua sorella nutrisse una passione ardente per quella vecchia burbera mucca, piuttosto che... per il fratello silenzioso di Nathaniel, Uncas. In qualche modo sua sorella e Uncas avevano condiviso clandestinamente una sorta di relazione romantica.

 

Era Uncas l'uomo per cui Alice si stava struggendo, era Uncas che lei aveva descritto...Uncas, per cui la sua sorella innamorata aveva perso la testa ed era corsa in quel covo di uomini rossi. Soltanto per catturare una rapida visione di lui!

 

Ogni riga era testimonianza della disperazione di Alice. Lei descriveva con fascino e dettagli l'accampamento, gli Indiani che aveva incontrato, il suo fastidio quando Uncas la ignorava...

 

Cora lesse di come una graziosa ragazza Lenape avesse flirtato scandalosamente con Uncas e come Alice si sentisse invidiosa ma sconfitta... lei è molto più bella di me... Cora aggrottò le ciglia a questo... e come Chingachgook avesse disprezzato la sua presenza... si comporta come se fosse il governatore dell'accampamento. Chi è lui per disprezzarmi ed esaminarmi... poi il suo dolore al cuore quando Uncas l'aveva respinta.

 

Cora fece cadere il libro incriminato dalla tavola, dalla sua presa fiacca, la sua mente che girava intorno a questa nuova informazione.

 

Per molti minuti Cora fissò il tavolo, chiedendosi cosa fare di questa conoscenza sgradita. Si costrinse a essere calma, composta, mentre rifletteva con difficoltà.

 

Dal libro, Cora riuscì a capire che Alice non si era concessa all'uomo. Questo sarebbe stato troppo per Cora, ma sapeva che Alice nutriva una quantità piuttosto elevata di calore e affetto per Uncas.

 

Ma come poteva Alice non capire che una tale unione sarebbe potuta essere, molto probabilmente, un disastro? Non potevano sposarsi. Nessun ecclesiastico avrebbe mai dato loro un certificato di matrimonio. Chi mai li avrebbe riconosciuti uniti legalmente? Dove avrebbero vissuto, lontano dai pregiudizi nei confronti degli Indiani?

 

Ma in base al diario, Uncas era stato fermo nella sua idea che un'unione mista sarebbe stata vana. Eppure, Cora meditò, ciò non toglieva che sua sorella era stata alquanto ribelle.

 

Cora sobbalzò quando Alice si mosse, farfugliando nel suo sonno profondo.

 

Chiudendo velocemente il libro e rilegando la cordicella in un nodo sciolto, Cora lo rimise nel suo posto di sempre, nel cesto. Poi soffiò sulla candela e si precipitò al letto.

 

Quella notte Cora Munro non dormì nemmeno un istante.

 

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La mattina seguente Alice si svegliò con un terribile mal di testa e la pancia turbolenta. Si mise a sedere intontita e si guardò intorno, notando con sorpresa che il casolare era vuoto e che aveva dormito fino a tardi; il sole era già alto nel cielo.

La notte precedente, James aveva detto che alle prime luci dell'alba sarebbe andato da Robert Lancaster. Sapendo che il casolare era privo della presenza dell'uomo, Alice corse in cerca di un abito pulito e della camicia che teneva ordinatamente piegata nel suo cesto di vimini.

 

Quando stava per prendere il cesto, Alice si fermò, perplessa. Il quaderno era riposto di solito in fondo al disordine, sotto gli oggetti di maglieria, la camicia e gli articoli per le necessità femminili.

 

Ma al momento il quaderno si trovava casualmente in cima.

 

Raccogliendo il sottile, leggermente malandato quaderno, Alice notò qualcosa di molto più allarmante. La cordicella era annodata in modo diverso. Lei lo sapeva perché lo legava in una maniera molto particolare.

 

Uno degli amici di suo padre, quando era vivo, era stato un capitano di mare che aveva cominciato la sua carriera come umile cadetto. Lui aveva insegnato ad Alice, da piccola, a legare i nodi come facevano i marinai, un particolare doppio nodo. Per abitudine e per nostalgia, Alice continuava a legare ogni cosa che poteva in quel modo.

 

La cordicella pendeva libera, in un garbuglio frettoloso.

 

Alice provò sgomento al pensiero che qualcuno avesse letto questo oggetto personale e conoscesse i suoi pensieri non dichiarati. Ma chi? James sapeva leggere, ma a mala pena. Annabel e Cora erano piuttosto istruite, quindi loro erano ovvie scelte.

 

Annabel non avrebbe avuto ragione di farlo, Alice pensò dopo alcune riflessioni. Cora, d'altronde, la assillava e si agitava per lei costantemente.

 

Rimettendo il quaderno nel cesto, Alice camminò fuori dove vide Annabel avanzare verso di lei con un secchio di acqua del fiume. Alice si offrì di aiutarla, ma Annabel scosse la testa. 

 

"Posso chiedere dov'è mia sorella?" chiese Alice.

 

Annabel posò a terra il secchio ingombrante con un sussulto, strofinandosi le mani.

 

"Cora è verso il sentiero, adesso. A raccogliere frasche. Forse ha bisogno di aiuto. Ha dormito a mala pena e sembra distratta." Annabel sorrise ma fece ad Alice uno sguardo astuto.

 

Annuendo e mormorandole grazie, Alice partì a trovare Cora.

 

Era una rarità, davvero, questo sentimento che Alice stava provando verso Cora mentre cercava sua sorella tra i tortuosi sentieri di erba e le chiome degli alberi. Ma lei lo percepiva, l'inizio dello smarrimento e del dolore. Era convinta che Cora avesse curiosato nel suo libro mentre lei dormiva, e con quale diritto?

 

Trovò la sua sorella maggiore nel profondo del bosco, accucciata tra due grandi alberi di pioppo. Camminando verso di lei, Alice fece uno sforzo per apparire imperturbata e pregò per una calmante serenità.

 

"Buongiorno, Cora," disse Alice dolcemente e osservò mentre Cora si voltò con un sussulto e fece cadere i piccoli rami che stava tenendo in mano.

 

"Alice!" disse Cora con sorpresa. Le sorelle si guardarono reciprocamente finché Cora abbassò lo sguardo, scossa.

 

"Hai mangiato qualcosa?" chiese Cora senza guardarla, raccogliendo le frasche da terra e trascinandole verso di lei.

 

"No."

 

"Ti preparerò la farina di mais con il latte..."

 

"Non ho fame," disse Alice un po' più severamente.

 

"Oh," fu tutto ciò che Cora poté pensare di dire.

 

Alice percepì con certezza che sua sorella stava raccogliendo i suoi pensieri e si stava rinforzando per interrogarla. Alice conosceva Cora troppo bene. La ragazza riconobbe la determinazione nella sua mandibola e nel suo sguardo.

 

Cora si alzò in piedi e raccolse il suo lavoro manuale contro il suo petto.

 

"Alice," disse lei, seria. "C'è qualcosa della massima urgenza di cui ti devo parlare."

 

"Riguardo a...?"

 

"Riguardo a..." Cora sembrava perdere la forza. "Riguardo al tuo comportamento in queste ultime settimane. La tua visita a quell'accampamento di uomini rossi, e qualcosa che ho scoperto la scorsa notte."

 

"Oh?" chiese Alice con interesse. "Permettimi prima di fare una domanda, sorella. Era veramente necessario per te sbirciare nel mio quaderno mentre dormivo?"

 

Cora sembrò stupita e mortificata, le sue guance rosse. Le sue braccia tremarono e uno dei ramoscelli cadde sull'erba. Alice si chinò e lo raccolse con un uno strattone del suo braccio.

 

"Alice, perdonami. So molto bene che è stato sbagliato da parte mia. Ma cerca di capire," Cora supplicò Alice, i suoi occhi imploranti. "Sapevo che qualcosa ti stava affliggendo, ma tu ti rifiutavi di parlarne! Immagina te stessa nella mia posizione. Sentivo che quasi non ti conoscevo più."

 

Alice fu impassibile di fronte alle sue scuse. "Avresti potuto chiedere -"

 

"L'ho fatto!"

 

"Cora, quel libro è privato e tu ti sei approfittata della mia fiducia. Sono piuttosto irritata con te."

 

La conversazione arrivò a un punto morto per un lungo momento e nessuna delle due parlò. Improvvisamente Cora alzò lo sguardo verso Alice e i suoi grandi occhi marroni erano così addolorati. L'emozione sembrava pulsare da lei. Alice si sentì immediatamente contrita.

 

"Sorella," disse lei gentilmente, "Non intendevo ferirti..."

 

"Non capisci, Alice," disse Cora in tono triste. "Non abbiamo altri parenti e siamo sole in questa terra. Tu sei sempre dipesa da me e io sono sempre stata responsabile di te."

 

Alice non replicò a questo. In silenzio diede un calcio a un ciottolo attraverso l'erba e si spostò. Cora continuò.

 

"Sono anche rattristata per il fatto che tu non mi hai detto ciò che era accaduto tra te e Uncas. Alice, sei ancora piuttosto giovane, appena fuori dall'adolescenza. Avresti dovuto dirmelo quando tutto ciò è cominciato."

 

"Tu non mi hai detto niente di Nathaniel fino a dopo che abbiamo lasciato William Henry."

 

"Quella è una cosa completamente diversa!" Cora fu veloce a replicare.

 

"In che senso?"

 

"Beh," disse Cora attentamente, "ci sono delle differenze fondamentali tra te e Uncas che devono essere prese in considerazione."

 

Il significato nascosto delle parole di Cora sembrava fluttuare nell'aria tra loro, in modo stuzzicante - Lui non è Bianco. Questo potrebbe portarti solo vergogna.

 

Alice si fermò improvvisamente e guardò gli alberi con concentrazione. Espirando l'aria, chiese a sua sorella di sedersi al suo fianco sul tronco rovinato di un albero prono, morto da tempo. Cora acconsentì.

 

Le due ragazze rimasero sedute fianco a fianco per quasi un'ora.

 

Per molto tempo Cora ascoltò in un silenzio rapito mentre Alice parlava di ciò che era successo tra lei e Uncas, i suoi timidi sguardi verso di lui lungo il percorso dalla George Road, come si erano sentiti attratti l'uno dall'altra, la loro interazione al forte assediato...

 

Gli occhi di Alice erano pieni di rammarico e addolorati mentre descriveva come Uncas l'aveva abbracciata sotto le cascate, quando si nascondevano dagli Huroni che li braccavano, come lui le aveva intrecciato i capelli ed era stato così dolce con lei. Come aveva combattuto per lei ed era stato disposto a morire per lei e come Alice lo aveva respinto.

 

"Cora," la voce di Alice era piena di emozione. "Dopo che si era svegliato dalla sua febbre, mentre scappammo dalle terre degli Huroni a nord, lui mi cercò e io sono stata così crudele. Gli ho detto che non proseguirei mai qualcosa con un Indiano."

 

"Le tue parole sono state davvero aspre, Alice," mormorò Cora. "Ma tu eri molto agitata."

 

Alice fece spallucce e sembrava malinconica. "Questo non giustifica il mio comportamento. Sono stata sciocca ad andare nell'accampamento dei Lenape ma volevo vederlo, con tutto il mio cuore."

 

Cora era a corto di parole ma, per la maggior parte, la tensione aveva lasciato il suo volto.

 

Alice sapeva che tutto ciò aveva a che fare con la mente metodica di sua sorella. Ciò che aveva afflitto Cora era il non sapere. Adesso che Alice aveva parlato così apertamente e onestamente, Cora avrebbe avuto un'idea più chiara di cosa fare.

 

"Qual era il tuo scopo nel vederlo? Veramente vedi un futuro con Uncas?" Cora cercò la faccia di sua sorella con ansia.

 

"Che cosa importa, Cora? Mi ha dimenticata e c'è una ragazza... ma sono sicura che già lo sai."

 

Cora arrossì all'allusione di sua sorella ma bloccò il suo sguardo risoluto su sua sorella, incurante.

 

"Alice..." disse Cora, la sua voce dolce e calma. "Questa potrebbe essere la cosa migliore. Sarebbe una vita dura, alla quale saresti pressata ad abituarti. Non puoi sposarlo legalmente. Alla fine, la passione giovanile può svanire. Dico questo perché potrebbe arrivare il momento in cui tu lo offenderai e questo lo renderà infelice. O la stessa cosa sarebbe vera all'inverso."

 

Alice sembrò così angosciata alle parole di sua sorella che si sentì stringere la gola.

 

"Uncas non mi offenderebbe e nemmeno io lo farei!" disse lei ad alta voce, ma sembrava dubbiosa. "Era pronto a dare la sua vita per me -"

 

"In un cieco impeto di infatuazione. Mi dispiace Alice. Non minimizzo ciò che voi due sentite l'uno per l'altra, ma si è comportato scioccamente," Cora disse piuttosto duramente. "E sorella, per favore rispondi alla mia domanda. A cosa puoi aspirare con lui?"

 

"Sarei felice," sussurrò Alice, afferrandosi strettamente le gonne.

 

"Per quanto tempo?" replicò Cora. "Come vivresti? Lui è un cacciatore. La tua vita sarebbe una lotta incessante. Tu sei troppo giovane come pure bella per un'esistenza così dura."

 

"Non ho mai preteso di volere una parvenza di stabilità con lui," disse Alice, la sua voce calma e debole.

 

Cora guardò sua sorella incredula. "Cosa? Cosa mi dici? Alice, l'unica sicurezza di una donna con un uomo risiede nel sacro matrimonio. A meno che tu non abbia il desiderio di essere la sua amante o concubina."

 

"Non sarò la sua amante!"

 

"Allora cosa sarai, ragazza?!"

 

Entrambe le donne improvvisamente smisero il loro quasi-gridare quando udirono un fruscio e si guardarono intorno, spaventate. I cespugli dietro di loro tremavano con i piccoli, frenetici movimenti di ciò che era indubbiamente un piccolo animale.

 

Alice sentì di colpo la tensione lasciare il suo corpo e guardò di nuovo sua sorella che stava ancora guardando gli arbusti, quasi senza vederli. I momenti passarono.

 

"Non pensi che mi sono posta tutte queste domande, Cora? Non hai la più pallida idea di come ho lottato contro tutto ciò in silenzio. Non sono sicura che cos'è ciò a cui aspiravo con lui, ma ha seguito il suo corso. Ne sono certa. Non può essere."

 

Alice finì e si sedette in silenzio, guardando avanti con un'espressione talmente assente nei suoi occhi che Cora inclinò la testa, preoccupata.

 

"Alice..." disse lei, toccando con un palmo della mano fresco il polso di sua sorella, cercando la sua faccia. Alice sorrise debolmente.

 

"E' veramente questa la natura di ciò che è accaduto?" chiese Cora esitante. Alice annuì.

 

"Sì. Adesso lui ha la sua strada, e non posso stare tra i piedi quando sceglierà una sposa. Penso che sarà Tankawun."

 

"Chi?"

 

"La giovane ragazza indiana. Non è solo carina ma piuttosto dolce, Cora. Ha fatto molto per farmi sentire la benvenuta e a mio agio. Sono una bella coppia."

 

Cora poi sentì una fitta di dolore per sua sorella, che sembrava così triste e sola, tuttavia ancora parlava bene della ragazza che aveva distrutto ogni possibile chance di felicità con Uncas.

 

Forse aveva torto, pensò Cora improvvisamente. Forse si stava mostrando egoista e meschina disapprovando sua sorella e Uncas. Alice non era stata altro che di supporto alla sua relazione con Nathaniel. Cora si sentì così consumata dal senso di colpa e dal dubbio a questo pensiero che distolse lo sguardo da sua sorella per la vergogna.

 

Ma questo era molto vero - Alice aveva sempre rispettato e supportato la sua sorella maggiore nelle sue decisioni, e le era sempre stata fedele. Uncas era un buon uomo. Aveva dimostrato di tenere profondamente ad Alice, forse persino di amarla.

 

Amore... pensò Cora, spaventata. Questa parola non era stata pronunciata né da Alice né da Uncas. Ma Cora era una di quelle che era fermamente convinta del fatto che, anche se le parole restavano tacite, i sentimenti rimanevano forti.

 

Alice doveva aver percepito il flusso di pensieri di sua sorella perché si alzò velocemente, quasi timorosa e disse, "Torniamo. Annabel deve pensare che siamo state portate via dagli orsi o peggio... dai Francesi."

 

Alzandosi e scuotendosi le gonne, Cora cominciò a raccogliere le frasche accanto al tronco con sua sorella e le ragazze camminarono in silenzio verso il casolare.

 

 

Le settimane passarono e l'estate pulsante, cocente si fuse impercettibilmente con l'autunno.

 

Proprio come Annabel aveva detto, i colori cambiavano dal verde brillante al color oro, rosso e marrone. Le foglie sospiravano negli alberi e cominciavano a cadere.

 

Il tempo cambiò; passava dal caldo e dalla luce del sole alla predizione del freddo pungente, vibrante. Era ancora abbastanza caldo, ma in poche settimane sarebbe cambiato. Le donne cominciarono a indossare abiti più pesanti e James trascorse un bel po' di tempo a casa a tagliare la legna per la catasta e a raccogliere gli ultimi frutti della sua coltivazione prima che arrivassero la neve e il gelo.

 

C'era un fienile dietro il casolare, che era colmo di paglia. James lavorava costantemente nel fabbricato annesso per assicurarsi che gli spifferi fossero minimi all'interno, per tenere al caldo Boadicea quando arrivava il gelo.

 

Alice e Cora lavorarono duramente per dare una mano in fattoria, come meglio poterono. Raccolsero il mais e lo adagiarono nel letto di mais, sulla sommità del fienile. Lavorarono con Annabel per assicurarsi che usassero la maggior parte del cibo che non sarebbe sopravvissuto all'inverno.

 

E dunque, c'erano molte torte di mele come pure carote, rape e zuppe di cipolla. Annabel si lamentava costantemente poiché desiderava avere una cantina.

 

Nathaniel continuò le sue costanti visite alla fattoria degli Stewart e aiutava James come meglio poteva con il lavoro in fattoria. Andava anche a caccia e portava carne fresca agli abitanti riconoscenti del casolare. Alice pensava che Nathaniel facesse questo soprattutto per Cora, per assicurarsi che fosse sana e ben nutrita.

 

Dopo quella disastrosa impresa nell'accampamento Lenape, non fu detto altro su Uncas tra Alice e Nathaniel. I due continuarono i loro soliti piacevoli dialoghi e non c'era nessuna rottura tra loro. Ma Alice percepiva le domande non dette scorrere tra loro, gli sguardi obliqui che alla fine, per fortuna, diminuirono.

 

Era la metà del decimo mese quando Alice prese da parte Nathaniel presso il fiume, avvolgendosi addosso lo scialle marrone stretto per scongiurare il leggero brivido mentre parlavano. Alla fine la ragazza chiese all'uomo alto quando si sarebbe degnato di fare di sua sorella una donna onesta.

 

"Lei ha chiesto di aspettare," replicò Nathaniel, con la faccia un po' rossa. Si aggiustò il fucile ancora più in alto sulla spalla. 

 

"Perché?"

 

"Non lo so."

 

"Sì che lo sai."

 

"No, ragazza."

 

"Allora cerca di pensare a un motivo, Nathaniel Poe."

 

Nathaniel alzò gli occhi al cielo, qualcosa che faceva quando era divertito ma irritato. Allo stesso tempo strascicò i suoi mocassini sul terreno e sospirò. Alice aspettò pazientemente.

 

"Beh..." lui cominciò, con il tono di voce oscillava tra il dubbioso e l'ottimistico, "Credo che abbia a che fare con te."

 

Alice era pronta a questo e scosse la testa con un triste sospiro. "Avevo paura che tu lo dicessi."

 

"Lo sapevi? Te lo ha detto lei?"

 

"No, ma lo sospettavo." Lo scialle di lana le svolazzava dal collo e Alice non ci fece caso mentre cominciarono a camminare lungo le acque opache.

 

"Cora si sente molto in colpa al pensiero di lasciarmi, in ogni modo. La sola cosa che abbiamo mai saputo è che noi abbiamo l'una l'altra," spiegò Alice.

 

"Lo so," replicò Nathaniel gentilmente, riavvolgendole lo scialle intorno al collo e alla testa e fissandolo in modo sicuro.

 

Alice gli sorrise. "Ma io ho un piano a cui stavo pensando con Annabel e penso che assicurerà dei risultati. Ho bisogno di un mese circa."

 

Su insistenza di Nathaniel, Alice gli spiegò lo schema della sua proposta e lui cominciò a ridacchiare.

 

"Potrebbe sembrarti una follia, signore, ma posso assicurare un esito positivo," disse Alice, ridacchiando suo malgrado. Fece a Nathaniel uno sguardo pensieroso. "Poi tu sarai veramente mio fratello dopo che avrai sposato la mia unica sorella. Entrambi meritate di essere felici."

 

Nathaniel deglutì e sembrò a disagio mentre i suoi pensieri serpeggiavano di propria iniziativa verso Uncas. L'accampamento stava già facendo i preparativi per sgombrare e andare nei territori invernali una volta che il freddo fosse cominciato.

 

Guardando Alice con affetto mescolato a compassione, Nathaniel fece un aspro pensiero nei confronti di suo fratello, che era diverso da lui. Ma ancora - come poteva non combattere per questa bellissima e gentile ragazza che era così tenace verso quelli che amava? Lui è proprio uno sciocco, pensò Nathaniel e stava quasi per dirglielo. 

 

Allora lui decise di attenersi alla loro reciproca reticenza riguardo a suo fratello, ma fece una supplica sincera al Signore della Vita in silenzio. Che Alice Munro trovi la pace e la felicità che merita; o al fianco di suo fratello, cosa che stava diventando ogni giorno più improbabile, o di un altro uomo.

 

E, Nathaniel pensò, lui stesso si sarebbe assicurato che l'uomo la meritasse dannatamente.

 

 

Alla fine dell'intervallo mensile, Alice si accasciò sul tavolo di legno esausta. Era metà pomeriggio ed era sola mentre gli altri erano occupati nella fattoria, assicurandosi che gli avanzi del cibo raccolto fossero propriamente preservati e conservati per il consumo invernale. Nathaniel non tardò ad arrivare e lei doveva essere pronta.

 

La mattina dopo la conversazione con Nathaniel, Alice era partita per la casa dei Newsom, con James in qualità di suo accompagnatore e sentinella. Annabel aveva insistito che lui la accompagnasse - "Chi lo sa che cose demoniache sguinzaglierà quella vecchia strega in una giovane mente impressionabile," la signora Stewart disse, collerica.

 

Ma Alice era stata determinata. Erano scomparsi i giorni di benessere e comodità che la ragazza aveva conosciuto a Londra. Aveva bisogno di soldi e, per quanto l'idea le fosse sgradita, la signora Newsom sarebbe stata la chiave di questo. Doveva solo convincere la vecchia megera.

 

Così quando alla fine entrò nella fattoria dei Newsom e si trovò faccia a faccia con la donna, Alice fu incredibilmente cortese e docile, spiegando alla donna dalla faccia dura che lei era una signorina educata, le sue maniere erano al di sopra di ogni sospetto, ma che aveva bisogno di denaro per tornare sul suolo inglese. Questa certamente era una sfacciata bugia, ma l'intuizione e il buonsenso le dissero che la donna sarebbe rimasta impassibile di fronte alla vera, genuina ragione più sentimentale.

 

Alice propose un mezzo di scambio, per così dire, chiedendo lavoro nella casa della donna per 30 giorni. Avrebbe lavorato per loro dalla mattina presto fino al tardo pomeriggio; si sarebbe portata dietro il cibo così che loro non avrebbero dovuto nutrirla, mentre lei sarebbe stata disposta a cucinare, pulire, fare commissioni e dare una mano in fattoria. Se ne sarebbe andata alla fine della giornata per non disturbarli.

 

Alice aggiunse che lei, come la signora Newsom, un tempo era ricca e desiderava la sua vecchia vita. Aveva solo bisogno di soldi per assicurarsi la traversata su una nave. Avrebbe potuto essere pagata alla fine del mese, se la signora Newsom fosse stata propensa.

 

La signora Newsom, i cui occhi si erano stretti, ridotti a feritoie durante il discorso di Alice, adesso prese un aspetto di avido interesse. Alice si concesse il pensiero auto-indulgente di essere stata molto intelligente nella scelta delle parole e delle maniere.

 

Effettivamente Alice aveva colpito l'ego della donna con le lusinghe, facendo commenti sulla grandezza della sua famiglia - precedente grandezza, si corresse mentalmente - l'educazione della classe superiore dell'altra donna. Alice sapeva anche che Priscilla Newsom era estremamente indolente, se non completamente pigra e oberava suo marito di lavoro fino all'osso, mentre lei languiva a casa, godendo dei frutti del lavoro di lui.

 

Priscilla pensò a lungo, senza nemmeno chiedere a suo marito la sua opinione. Indirizzava ad Alice e James degli sguardi di denigrazione ogni pochi minuti, nessun dubbio che stesse rimuginando sulla proposta alla ricerca di eventuali trabocchetti o inganni. 

 

Dopo aver riflettuto per diversi lunghi minuti, disse bruscamente alla ragazza che poteva cominciare domani alla condizione concordata, che Alice sarebbe stata pagata alla fine dei 30 giorni, e aggiunse che lei si stava sentendo molto generosa e che per di più, era una donna cristiana.

 

James cercò di non ridere mentre si toccava il cappello a tricorno e spingeva via Alice in fretta.

 

Alice si alzò dal tavolo con un sussulto. Oggi era stato l'ultimo giorno di lavoro dai Newsom, ed era molto stanca.

 

La signora Fastidio aveva fatto lavorare Alice molto duramente. Alice usciva alle prime luci dell'alba e rientrava dopo il tramonto del sole, quando iniziava il freddo, e in questo arco di tempo Alice trascorreva le ore a cucinare, pulire, strofinare, lavare... La signora Newsom era eccessivamente critica se Alice si attardava per la stanchezza, ed era silenziosa quando Alice svolgeva bene il suo lavoro, ma Alice aveva scoperto che il signor Newsom era molto gentile quando sua moglie non era nei paraggi.

 

Alice si mise le mani nelle tasche delle gonne e arricciò le sue fredde dita intorno agli scellini che aveva conservato; sentiva le monete tintinnare vivacemente ed era contenta. Adesso Nathaniel, insieme al denaro che aveva guadagnato dalla caccia, poteva permettersi di comprare a Cora una fede nuziale e di chiedere a un pastore di viaggiare dalla città per celebrare le nozze dagli Stewart.

 

Alice aveva fatto tutto questo affinché Cora e Nathaniel potessero diventare marito e moglie in un luogo familiare, circondati dai loro amici cari. Alice pensò che questo era qualcosa che lei stessa avrebbe voluto. 

 

Alice sentì un grido di benvenuto e si precipitò fuori. Nella sua eccitazione, si dimenticò di indossare lo scialle di lana. 

 

Nathaniel, Cora, e gli Stewart stavano tutti conversando. Nathaniel e sua sorella si stavano tenendo le mani, ma Alice notò come era nervoso Nathaniel. Ovviamente la stava aspettando e sembrava sollevato dal suo arrivo.

 

Alice e Nathaniel si guardarono negli occhi e lo fecero in silenzio per diversi, lunghi secondi finché Nathaniel si schiarì la voce in modo brusco. James stava in piedi fiancheggiato da sua moglie e da Alice. Loro stavano in piedi, in una piccola fila di fronte alla coppia. Cora aveva un'espressione interrogativa verso tutti loro, confusa.

 

"Cora," cominciò lui. "Non sono sicuro... Voglio dire, adesso ti conosco da mesi e non riesco a ricordarmi di quando mai sono stato più felice..."

 

James si schiarì discretamente la gola dietro il suo pugno e smorzò la sua risata a queste parole quasi eleganti; Annabel gli diede una gomitata, con lo sguardo pungente. Ma Nathaniel sembrò rilassarsi per questo e ridacchiò. Provò ancora.

 

"Quello che sto cercando di dire, Cora, è che avere te per moglie mi porterà molta più felicità. Suppongo la più grande felicità che mai troverò. Se tu acconsenti, io farò venire un pastore portato dalla città per fare questa cosa in maniera appropriata. Ti comprerò un anello. Costruirò per noi una casa dovunque desideriamo. Che ne pensi?" lui concluse un po' zoppicante. "Sarai mia moglie appena potrò portare qui il pastore?"

 

Cora sembrava stupita e riuscì solo a restare a bocca aperta per diversi momenti, senza parole. Si guardò intorno verso tutti gli astanti e Alice sorrise calorosamente a sua sorella, incoraggiandola con i suoi occhi ad accettare. Alla fine la donna dai capelli scuri parlò.

 

"Nathaniel... sono meravigliata."

 

Nathaniel inclinò la testa e ripeté la parola, sembrando irrequieto.

 

"Mi hai completamente colta di sorpresa... Ma so quanto ognuno qui ti rispetta. Alice ha un'alta considerazione di te e canta le tue lodi. Questo in sé facilita la mia mente. E quindi signore, io accetto."

 

Era come se un'esplosione di cannone fosse scoppiata intorno a loro. Alice e Annabel urlarono di gioia e gettarono le braccia l'una al collo all'altra. James scagliò il suo cappello preferito in aria e gridò di gioia.

 

Cora e Nathaniel si abbracciarono, e Cora aveva le lacrime agli occhi.

 

"Adesso festeggiamo!" urlò James allegramente, dando un colpo con la mano sulla schiena ampia di Nathaniel. Le donne abbracciarono Cora e la spensieratezza era così prevalente che Alice si chiedeva se l'avrebbe percepita ad Albany o a Boston.

 

"Porteremo il brandy che ho conservato," continuò James mentre tutti si incamminavano esultanti verso il calore del casolare.

 

"Stasera festeggeremo," aggiunse Annabel. "Il tacchino selvatico che James ha catturato prima è quasi arrostito."

 

Radunandosi all'interno, Alice si sentì più felice di quanto potesse ricordare da molto, molto tempo.

 

 

Il matrimonio semplice si sarebbe tenuto poco più di due settimane dopo. Dopo che Alice ebbe consegnato i suoi soldi duramente guadagnati a Nathaniel, lui era partito con James verso un'area più popolata per procurarsi un anello e un pastore che avrebbe acconsentito a viaggiare lungo il fiume, se fosse passato abbastanza denaro tra le sue mani.

 

Alice lavorò intensamente su come sarebbe stato l'abito nuziale di Cora, a fianco di Cora e Annabel. Era un abito bianco e avorio, il più raffinato che Annabel possedeva. Lo aveva portato nel suo baule dall'Inghilterra. Le donne sparsero minuscole perle sul bellissimo corpetto, che aveva una fantasia di fiori graziosi che scendevano fino a giù, sulla gonna. Era un materiale molto raffinato, e Alice mise in risalto i fiori decorandoli con fili color oro e argento, che allo stesso modo avevano viaggiato attraverso il mare. Come tocco finale, Annabel scucì uno scialle di seta bianca, del colore di un guscio d'uovo e, malgrado la protesta di Cora per la stravaganza, aggiunse delle delicate maniche a balze trasparenti che sarebbero scese fino ai polsi di Cora.

 

Cora scoppiò in lacrime di gioia quando vide il vestito completo, singhiozzando di non credere che sarebbe stata felice nemmeno la metà di com' era se avesse sposato un gentiluomo in Inghilterra nell'Abbazia di Westminster, non quando aveva al suo fianco la sua cara sorella e la sua amica.

 

Era un allegro, ma soleggiato pomeriggio di domenica quando Cora e Nathaniel si sposarono di fronte al casolare degli Stewart, circondati dai loro amici.

 

Nathaniel sembrava molto bello e addirittura prese in prestito da James  pantaloni e un gilet adatto per l'occasione. Ma non c'era dubbio nella mente di tutti che era Cora a sembrare una visione di perfezione.

 

Era radiosamente bella nel suo delizioso abito da sposa, in coppia con gli orecchini di perle di Annabel e piccoli fiori bianchi che scendevano verso il basso, fiorellini che Alice aveva insistito di fissare nei capelli acconciati di sua sorella.

 

Quando il pastore li unì in matrimonio, le persone intorno a loro erano stordite dalla felicità. Alice e Annabel avevano le lacrime agli occhi, e James rise marcatamente; i Lancaster e la loro nidiata di bambini erano presenti, come pure il signor Newsom, che Alice aveva specificamente invitato in ricordo alla sua gentilezza e ospitalità quando Alice aveva lavorato in casa sua. La signora Newsom non aveva partecipato. Forse suo marito non aveva voluto e aveva evitato di portare l'argomento in conversazione.

 

Nemmeno la famiglia di Nathaniel era presente e Alice represse una domanda scomoda, chiedendosi se lui avesse parlato delle sue nozze imminenti. Forse stava aspettando fino a dopo il fatto? Dopo tutto, loro non potevano essere presenti in entrambi i casi, con così tanti coloni presenti.

 

Quando la coppia sposata di fresco si baciò, gli Evviva risuonarono nell'aria e Alice sentì il suo cuore librarsi di gioia. James raccolse il bouquet di fiori selvatici che Cora aveva fatto cadere e lo agitò, urlando. Annabel fece il suo solito sospiro paziente, ma persino il comportamento imbarazzante di suo marito non poteva cancellare il sorriso dalla sua faccia. 

 

Dopo una serata di festeggiamenti, la folla se ne andò. Il pastore andò a casa con il signor Newsom finché lui poté tornare in città, e Alice e gli Stewart si unirono ai Lancaster nel loro viaggio verso casa. Volevano dare la privacy alla coppia fresca di matrimonio.

 

James e Robert erano piuttosto brilli a questo punto e si sostennero l'un l'altro, ridendo mentre se ne andavano.

 

"Godetevi la vostra notte di nozze. Io l'ho fatto," James farfugliò e Annabel fece un sussulto come pure la sua solita esclamazione - "James Stewart!" Robert rise sotto i baffi.

 

"Signorsì," continuò James mentre se ne andarono, e Alice, tenendo in braccio una delle ragazze addormentate, cercò imbarazzata di tirarlo su con la sua mano libera. "E non uscire, a meno che qualcosa non vada a fuoco."

 

Gettandosi i capelli biondi dietro la schiena con una risata, Alice scosse la testa e si incamminò.

 

"Alice!" lei sentì, e si voltò con la bimba addormentata, che si accoccolò nella curvatura del suo collo mentre Nathaniel e Cora arrivarono alla porta.

 

"Alice," disse Nathaniel. "Dobbiamo tutto questo a te. Adesso sono tuo fratello come avevi detto prima al fiume." Alice sorrise.

 

Cora guardò Alice con occhi brillanti. "E' vero. Non dimenticherò mai quello che hai fatto per noi, sorella. Un giorno, troverai la stessa felicità."

 

Alice sentì una fitta di dolore a queste parole. Aveva i suoi dubbi che fosse così. L'unico uomo che aveva sempre veramente voluto era andato. Nathaniel le aveva detto con calma durante la festa del matrimonio che l'accampamento aveva sgombrato e si era trasferito a ovest per l'inverno. L'angoscia che aveva provato nel sentire quelle parole era stata quasi insopportabile. Malgrado il tempo trascorso, malgrado i preparativi del matrimonio e il lavorare sodo tutto il giorno e il dolore delle sue ossa, Alice non sentiva che era sparito... non sentiva che il suo amore era diminuito.

 

Nathaniel percepì la sua tristezza e spostò lo sguardo da Cora ad Alice, ma lei sollevò soltanto la bimba più su, sulla sua spalla, augurò loro la buonanotte e fece loro di nuovo le congratulazioni.

 

La porta si chiuse e fu serrata dietro di lei mentre Alice si affrettò a raggiungere gli altri, lottando contro le lacrime. Uncas adesso era sposato con un'altra? Alice decise di non pensarci più. Sentì che aveva bisogno di rassegnarsi veramente, se doveva trovare la pace.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Diverse settimane dopo, Alice era seduta presso il fiume a lei familiare, nei pressi del casolare che da tempo chiamava casa sua.

 

Alice si rannicchiò nel folto cappotto che indossava contro il gelo, strofinandosi le mani rosse, irritate. Ma malgrado il gelo penetrante, Alice sorrise debolmente e sospirò, mentre guardava la superficie congelata del fiume.

 

La profonda luce solare dell'inverno faceva luccicare il ghiaccio, facendolo sembrare come migliaia di frammenti di vetro scintillante. Alice amava starsene seduta tranquilla, nella silenziosa placidità della natura. Amava la bellezza selvaggia, primitiva delle colonie americane, e i vivaci tramonti, pieni di colore. Amava la perfezione dell'orizzonte che sembrava dipinto da una mano celestiale, il punto in cui la terra finiva e il cielo cominciava, perfettamente fusi.

 

Ora era più di un mese che Cora era diventata la moglie di Nathaniel e Alice era seduta lì, completamente ferma, mentre ripensava agli inevitabili cambiamenti che si erano verificati.

 

Il pomeriggio dopo il loro matrimonio, Cora e suo marito erano seduti con Alice e gli Stewart intorno al fuoco. Avevano meditato a lungo su ciò che avrebbero dovuto fare. Nathaniel doveva tornare dal popolo di suo padre. Questo ovviamente lo infastidiva, lasciare la sua giovane moglie così presto dopo il matrimonio.

 

Ma Cora aveva ricordato a Nathaniel, sostenendolo, che questa era una necessità temporanea, dato che non potevano ancora viaggiare per trovare la terra sulla quale stabilirsi, o costruire un casolare in questo clima imperdonabile. Non c'era nemmeno spazio presso gli Stewart.

 

Pochi giorni dopo Nathaniel partì per un viaggio della durata di un giorno, in direzione dei territori invernali, promettendo che sarebbe tornato una volta a settimana per un breve periodo di tempo, finché il tempo cambiava. Nathaniel mantenne la sua promessa, ed era ancora una forte presenza, anche se le sue visite ora erano abbreviate.

 

Alice aveva parlato con gli Stewart ed ebbe il loro pieno supporto quando spiegò a Cora e a suo marito che lei desiderava stare con Annabel e James, quando i coniugi Poe si sarebbero messi per conto loro.

 

Nathaniel era apparso imbarazzato quando disse ad Alice che la loro intenzione era portarla con loro e farla vivere nel loro casolare ancora da realizzare. Cora, proprio come Alice aveva previsto, era spaventata, poi scoppiò in lacrime mentre la supplicava di ripensarci, affermando che lei non poteva immaginare di vivere separata dalla sua unica sorella.

 

Ma Alice era ferma nella sua idea. La nuova coppia aveva bisogno di tempo per crescere insieme e Alice non voleva intralciare questo percorso. Sapeva che non lo avrebbe intralciato in senso negativo, lei andava splendidamente d'accordo con Nathaniel; voleva solo che vivessero la loro vita.

 

E Alice, meditò pensierosa, voleva vivere con un accenno di autodeterminazione e fiducia in sé. I giorni delle dame di compagnia e dell'ora del thè erano ormai alle sue spalle.

 

Erano diversi minuti che Nathaniel esprimeva furiosamente la sua disapprovazione, e che Cora esprimeva una dolorosa supplica - "Non devi fare questo!" lei ripeteva incessantemente. 

 

Gli Stewart la avevano sostenuta incondizionatamente, unanimi nel pensare che Alice sarebbe stata bene qui. Annabel affermò che lei amava teneramente Alice, e niente l'avrebbe resa più felice; James era insolitamente solenne mentre assicurava ai Poe che Alice sarebbe stata al sicuro, che lui stesso le avrebbe costruito un letto estraibile in cui dormire, una volta che il tempo fosse stato di nuovo favorevole.

 

Dopo lacrime e suppliche, la questione fu risolta. Nathaniel e Cora si sarebbero messi in proprio una volta che l'inverno avrebbe abbandonato la regione in cambio della primavera. Non erano sicuri di dove si sarebbero diretti, ma intendevano avere una fattoria tutta loro.

 

Nathaniel si stava anche informando su dove trovare della terra adatta. Spiegò alle donne che la terra di frontiera era già disponibile ma sarebbero stati estremamente isolati ed era molto pericoloso. Nathaniel sembrava momentaneamente addolorato e le sorelle sapevano che lui pensava ai Cameron.

 

"Suppongo che potremmo stabilirci nella Ohio Valley," disse lui lentamente, grattandosi la parte posteriore del collo. "Ma ciò significherebbe dirigersi verso ovest. Quella zona è molto tranquilla."

 

Cora si lamentò di nuovo che era troppo lontano da Alice, ma la ragazza spiegò a sua sorella che era soltanto un viaggio di poche settimane per un intrepido viaggiatore. Potevano far visita durante la primavera o l'estate e poi forse in autunno.

 

Nathaniel era stato veloce a replicare che era solo un'idea. Avevano ancora mesi a disposizione per pianificare il tutto.

 

Tra una settimana circa, Alice fece il calcolo, sarebbero state le festività natalizie e poi il Nuovo Anno. Sarebbe stato il 1758. Poi quando la primavera sbocciava a marzo, lei avrebbe compiuto 19 anni.

 

Alice ricordò l'ultimo Natale con Cora e Duncan e i loro amici nella spaziosa casa dei Munro a Londra. Era stata una grande festa con musica, danza e allegria. I cuochi e i domestici avevano lavorato instancabilmente, appendendo corone e ghirlande e preparando un grande banchetto per le 50 persone che erano state invitate. Papà aveva avuto la licenza per le festività e aveva invitato i suoi uomini. I colonnelli, i generali e i tenenti erano arrivati con le loro famiglie, come pure parecchi importanti giudici, magistrati e Lord che servivano il re - "gli accondiscendenti", Cora li definiva causticamente dietro le pieghe imperlate del suo ventaglio.

 

Un grande focolare in pietra venne costruito negli ampi giardini, poiché Alice aveva insistito su una vecchia tradizione delle Isole Britanniche - bruciare il ceppo di Natale.

 

La notte era stata memorabile, Alice aveva danzato tutta la notte con suo padre e gli ufficiali.

 

Ma era memorabile ora, più che mai per Alice, perché nemmeno due giorni dopo, Papà e Duncan furono chiamati oltre l'Atlantico al servizio del Re. Non rivide la faccia di suo padre finché fu arrivata al forte assediato, e poi alcuni giorni dopo lui era morto sotto il cielo azzurro chiaro del Nuovo Mondo.

 

Alice si strofinò le mani persino più forte e si chiese dove fosse l'anima di suo padre in questo momento.

 

C'era una vita dell'aldilà? Era un paradiso come affermava la Bibbia? Alice pensava sempre, dopo che aveva lasciato la sua patria, la Scozia, che il Paradiso fosse Inverness, la città nella quale era vissuta da piccola. Con i suoi campi di grano dorato, i fiori e le lunghe, spioventi colline verdi, tra le quali lei correva a piedi nudi. Le paludi, le brughiere e le calde, serene notti durante le quali Alice e Cora erano sdraiate sotto le stelle con la loro anziana bambinaia, mentre lei raccontava loro le leggende di imprese eroiche note solo agli Scozzesi. 

 

Papà è là sulle brughiere con Mamma. Alice pensò questa cosa con così tanta certezza che il cuore le si gonfiò di felicità. Non la Londra piovosa, nuvolosa dove lui veniva disprezzato per essere scozzese. La sua anima non stava girovagando per queste terre coloniali che avevano violentemente reclamato la sua vita e lasciato le sue figlie orfane. Lui era in Scozia. Alice ne era certa.

 

Forse stava fantasticando come una bambina nel pensare questo, ma Alice credeva con tutta se stessa che lui si fosse riunito con la sua bellissima moglie dai capelli scuri nella loro terra ancestrale, che aveva portato loro così tanta gioia negli anni in cui erano in vita.

 

Papà... lei sospirò, alzando gli occhi all'ampia distesa del cielo, sempre costante.

 

 

Alice si alzò su una delle sedie di legno e cercò di fissare rametti di agrifoglio e di alloro sul suo focolare con alcuni pezzetti di aculei. Dopo qualche torsione creativa, lei riuscì a far penzolare i verdi. Era un piccolo gesto, ma lei voleva commemorare le festività natalizie, non importa quanto piccoli fossero i suoi sforzi.

 

Anche un vischio era stato appeso sulla porta, e James aveva scolpito 3 scarpe di legno all'inizio del mese per le donne e aveva aggiunto per loro piccoli dolci e nastri.

 

Non era niente di grandioso, pensò Alice, ma tuttavia era felice mentre esaminava il suo lavoro manuale. La cena sarebbe stata una piccola cosa - soltanto gli abitanti e Nathaniel. Ma Alice aveva lavorato accanto alle donne nel cucinare prosciutto salato e patate, torte di carne tritata e aveva persino trascorso un po' più del dovuto a preparare le pesche al brandy. Alice non vedeva veramente l'ora di provare quel pizzico di stravaganza; era difficile da trovare poiché la frutta era quasi impossibile da conservare.

 

Alice indossava il suo vecchio abito color crema che una volta era stato di Annabel e aveva aggiunto i nastri blu che James le aveva regalato nella scarpa di legno. "Si abbinano ai tuoi occhi alla perfezione, ragazza," disse lui con affetto. I suoi capelli erano intrecciati intorno alla testa e, da ultimo, si appuntò un'incantevole spilla di perle che Annabel le aveva dato per un capriccio - Cora si era sposata con gli orecchini di perla abbinati.

 

Alice guardò fugacemente sua sorella, che stava apparecchiando la tavola, canticchiando una vecchia melodia. Camminando verso la porta, la aprì e sorrise alla vista delle raffiche di neve che venivano giù. Finora l'inverno non era stato troppo duro per loro. Non c'erano state tempeste di neve, ma James le aveva avvisate che questo poteva cambiare.

 

Guardando fuori, Alice seguì con i suoi occhi la delicata discesa dei cristalli polverulenti per alcuni minuti finché Cora la rimproverò gentilmente che il casolare stava diventando freddo. Ritirandosi all'interno, Alice si avvolse rapidamente nella sua coperta dato che tutti i cappotti erano già stati presi.

 

"Sorella," chiamò mentre volutamente si incamminò di nuovo verso la porta. "Vedrò se Annabel o James hanno bisogno del mio aiuto."

 

 Cora sollevò lo sguardo verso sua sorella e aggrottò leggermente le ciglia. "Prenderai freddo, Alice. Stai accanto al fuoco."

 

Alice fece un piccolo sorriso e si incamminò verso l'esterno. Dentro faceva freddo, pensò lei, ma moderatamente, non eccessivamente.

 

Guardandosi intorno, non vide traccia degli Stewart, ma c'erano comunque tanti posti in cui potevano essere. Si diresse verso il fienile, avvolgendosi la coperta addosso e lasciando delle lievi impronte sulla spolveratura di neve.

 

La porta del fienile si aprì con un cigolio. Avanzando nelle ombre, gridò un saluto.

 

James infilò la testa da sopra il tramezzo illuminato. "Ciao, ragazza!" disse lui gioviale. Alice ridacchiò e si avvicinò, appoggiando le mani sul legno mentre osservava James che dava da mangiare a Boadicea una brodaglia in un secchio.

 

"Che stai facendo, James?" chiese.

 

"Sto dando alla mia cara la sua cena di Natale. Stasera le viene servita una brodaglia di mais! La adora, non è vero, amore?" James  canticchiò.

 

Alice rise alla vista di ciò. Malgrado le sue lamentele, James amava la vecchia mucca. Alice poteva dirlo dai suoi modi, da come lui le diceva parole d'amore, chiamandola "bella ragazza" e come le picchiettava la groppa affettuosamente.

 

Alice chiese dov'era Annabel.

 

"Qui!" si sentì dire mentre Annabel guardò giù dalla cima della sua scala di legno. Alice non l'aveva vista nella granaia perché era nascosta da mucchi di fieno. "Non volevo vedere lo spettacolo di mio marito con la creatura." Alice rise di nuovo ad alta voce.

 

"Mia cara moglie," disse James con una voce zuccherosa. "Non essere gelosa della nostra Regina qui presente. Ricorda che ha guidato una rivolta contro i Romani e i nostri gambi di mais."

 

Annabel ridacchiò e le pile di fieno frusciavano mentre Alice la aiutava a scendere.

 

"Posso aiutare uno di voi?" chiese Alice, togliendosi pezzetti di fieno dai capelli e dalla coperta.

 

"No," Annabel sospirò mentre si spolverava le mani. "James ha quasi finito di gingillarsi con la sua vera moglie. Propongo di assicurarci che il pasto sia pronto, dato che Nathaniel presto sarà qui. Hai bisogno di qualcosa, amore?" disse a suo marito. Lui fece cenno di no, e così le donne se ne andarono fuori.

 

Camminando a braccetto, le donne parlarono a cuor leggero mentre si dirigevano verso il casolare, affliggendosi per il cibo e il tempo e scambiandosi pettegolezzi.

 

"James ha sentito da Robert Lancaster che Gregory Newsom è stato visto con un occhio annerito," disse Annabel con le ciglia aggrottate, "Senza dubbio ha a che fare con l'arpia con la quale vive." Alice scosse la testa tristemente.

 

"Anche Meg mi ha detto che il signor Newsom trascorre un bel po' di tempo alla fattoria dei Mason," aggiunse Alice, ricordando la conversazione con Margaret Lancaster. "Penso che a volte ha paura di tornare a casa. Poverino."

 

"Certo," replicò Annabel. "Mentre credo che un uomo decente non dovrebbe mai picchiare una donna, a volte mi chiedo come lui non prenda un frustino. Giuro che io la strozzerei."

 

Alice sorrise, ma di nuovo pensò con compassione al piccolo, timido uomo.

 

"L'ho invitato ieri, quando l'ho visto girovagare." Alice disse ciò quasi come un ripensamento. "Mi ero dimenticata. Spero che si presenti, ma... da solo," Alice concluse delicatamente.

 

Aprendo la porta del casolare, le donne sospirarono beatamente quando il calore le avvolse e il profumo di cibo le tentò. Entrando, si scrollarono via  la neve dai capelli. 

 

"Va tutto bene?" chiese Annabel amichevolmente a Cora che stava pulendo il focolare.

 

"Splendidamente," rispose Cora, poggiando la scopa contro il muro e guardando le torte di carne tritata che stavano sul tavolo, rosolate quasi alla perfezione.

 

"Dico che non vedo l'ora che arrivi Nathaniel. Sarà così felice!" si entusiasmò Cora.

 

Alice sorrise felicemente e cominciò a mettere le posate quando si sentì un cigolio. Le donne alzarono lo sguardo mentre la porta del casolare oscillava aperta. James guardò all'interno, facendo vagare i suoi occhi in giro e scansandosi i capelli biondo scuri con un sogghigno.

 

"Guardate chi ho trovato a nascondersi!" disse con voce rauca, portando un divertito Nathaniel.

 

Cora ansimò e corse da suo marito, abbracciandolo stretto. "Lo ero davvero," disse Nathaniel mentre si voltò verso Alice, riecheggiando l'espressione raffinata che lei usava costantemente. Alice arrossì.

 

"Ti stavi nascondendo, Nathaniel?" stuzzicò Cora mentre lo portava verso il focolare, tenendolo per mano.

 

Suo marito annuì allegramente. "Io sono un viaggiatore solitario, e ho sentito che la ragazza più bella del mondo vive qui con la sua sorella minore, ugualmente carina."

 

Alice e Cora sorrisero, contente. "Hai dimenticato una signora. E' persino più bella," disse James orgoglioso, avvolgendo un braccio intorno alle esili spalle di sua moglie. Poi prontamente rovinò tutto aggiungendo, "Vive nel fienile. Ma anche la mia piccola moglie qui è piacevole da guardare."

 

"Whisky," intervenne Nathaniel frettolosamente, anche se tremava per la risata repressa. Nathaniel porse la bottiglia agli Stewart e loro sembrarono grati; James era assolutamente in estasi.

 

Erano seduti e parlavano rumorosamente quando si sentì un leggero, esitante colpo alla porta del casolare. Le donne si guardarono reciprocamente, perplesse, mentre gli uomini afferrarono immediatamente le carabine appoggiate contro la parete di fondo e andarono ad aprire la porta con le carabine puntate.

 

Alice sentì una voce debole. "Perdonatemi, signori. Pensavo di essere stato invitato per cena. Non vi disturberò, signori. Con permesso."

 

Alice sentì la voce delicata e incerta di Gregory Newsom, come sempre suonava insicura ma ancora molto educata. Stando in piedi, lei corse vivacemente verso la porta e sussurrò ai giovani uomini di mettere giù le armi.

 

"Signor Newsom!" Alice urlò allegramente. "Certo che siete invitato. Perdonate il saluto inquietante degli uomini. Non si può essere troppo prudenti in queste terre."

 

Il Signor Newsom si guardò intorno timidamente quando entrò. "Concordo. Perdonate il mio ritardo. Ho dovuto portare mia moglie dai Lancaster."

 

Gli altri uomini erano in piedi, di lato e sogghignavano l'un l'altro. Alice scosse brevemente la testa e li esortò a mettersi seduti.

 

"Confido nel fatto che vostra moglie sia in buona salute. Sta bene?" chiese Annabel dopo aver finito di servire tutti i presenti con Alice, e ognuno stava prendendo parte al pasto delizioso.

 

"Sta bene, signora, grazie," replicò cortesemente il signor Newsom, tagliando il prosciutto e le patate.

 

"L'ho vista per caso ieri. Posso tranquillamente presupporre che stia mangiando bene," James parlò lentamente e Alice tossì forte nella sua mano e guardò in basso, lottando contro la bollente risata. Sbirciando, Alice vide che l'uomo anziano non era arrabbiato. Infatti, aveva un lieve sorriso sulla faccia.

 

La continuazione della cena fu molto piacevole. Tutti erano rilassati e simpatici. Il signor Newsom era gradevole e faceva commenti sulle graziose decorazioni e sulla sontuosità del cibo. Non sembrava offendersi quando James lo pungolava con costanti allusioni al temperamento rigido e grossolano di sua moglie.

 

"Ho sentito che la signora Newsom era così arrabbiata da un venditore ambulante  qualche settimana fa, che lo ha colpito con il suo palmo aperto e l'uomo è rimasto privo di sensi. Con il suo palmo." James disse ciò, guardando attentamente l'uomo dall' aspetto colto.

 

"Piuttosto vero," disse il signor Newsom disinvolto. "Al povero uomo ci volle quasi una mezz'ora per rinvenire. Da allora non l'ho più visto."

 

Alice scosse la testa con gli occhi spalancati per la meraviglia e fece un delicato sorso di sidro.

 

Dopo aver consumato le torte di carne, Alice non pensava che qualcuno avesse lasciato dello spazio per mangiare qualunque altra cosa, finché Cora mise sul tavolo le pesche al brandy e whisky; ci fu una corsa quasi folle per la frutta e ognuno la distribuì, persino dividendo lo sciroppo dolce rimasto dalle pesche.

 

"Dio vi benedica tutti," il signor Newsom sospirò soddisfatto. "Pesche in inverno - che delizia."

 

Dopo che la cena fu conclusa, si sedettero tranquillamente e il signor Newsom li condusse tutti in preghiera. Anche se Nathaniel non partecipò, chinò la testa in segno di rispetto.

 

Il signor Newsom presto partì, sembrando molto contento e brioso e promise di tornare entro i prossimi giorni.

 

Era mezzanotte passata, Alice ne era certa, e le donne parlavano tra loro mentre Nathaniel e James facevano lo stesso. Alice guardava gli uomini con occhi stanchi e ascoltava con noncuranza le loro conversazioni sulla fattoria e il commercio.

 

Le palpebre di Alice cominciarono a chiudersi e lei diede a tutti loro la buonanotte, camminando stanca verso il letto. Lasciò liberi i suoi capelli e si distese rapidamente, infilando i piedi.

 

Nathaniel apparve calmo di fronte a lei. "Ti è caduto questo," disse sorridendo, tenendo la spilla di perle che in qualche modo si era staccata dal suo corpetto. Alice arricciò le dita intorno alla spilla con gratitudine e si fece scivolare la mano chiusa in pugno sotto il mento, sussurrando grazie.

 

Nathaniel si voltò per andarsene ma Alice lo trattenne con la sua piccola mano. 

 

"Nathaniel," disse lei implorante, "come sta Uncas?"

 

Nathaniel sembrava confuso, ma dopo aver guardato i suoi occhi supplichevoli, fece spallucce e rispose.

 

"Abbastanza bene."

 

"Lui è... si è..." Alice riusciva a mala pena a formulare le parole, ma lei voleva sapere se si era sposato. Nathaniel comprese.

 

"No," disse lui gentilmente.

 

Alice annuì e poi chiuse gli occhi strettamente e si voltò verso il muro. Lei sentì Nathaniel sospirare, poi una mano incallita sfiorarle la fronte, lisciandole i capelli dal viso.

 

"Dormi, Alice," Nathaniel ordinò tranquillamente, e Alice si voltò di lato, verso il muro. Alla fine la stanchezza la vinse e cadde addormentata.

 

Chingachgook si voltò per vedere la neve che turbinava fuori brevemente, quando il lembo del wigwam improvvisamente si aprì.

 

Hopocan borbottò per il fastidio provocato da questa interruzione, poiché Chemames fece un passo lungo con noncuranza e si sedette di fronte agli uomini che fumavano. Tankawun si insinuò silenziosamente qualche momento dopo, avvolgendosi stretta nella pelle d'orso, che le copriva l’ esile corpo. Tremando, si sedette accanto a sua madre.

 

Entrambe le donne mormorarono i loro saluti; Chingachgook e Hopocan ricambiarono.

 

"E come stanno le vostre famiglie, amici miei?" chiese Chemames in Delaware, guardando gli anziani uomini passarsi avanti e indietro la loro solita pipa d'argilla, disinvolti.

 

"La mia famiglia sta bene. Ringraziamo il Grande Spirito," replicò Hopocan con riservatezza.

 

"Il Signore della Vita è buono," fu la solita replica di Chingachgook. Lui percepiva tensione dalla madre di Tankawun, e si faceva delle domande sulla sua improvvisa visita con sua figlia. In entrambi i casi, non si sarebbe impicciato. Se la donna avesse qualcosa da dire, dovrebbe trovare le parole.

 

"Come stanno i tuoi figli?" chiese lei un po' insistentemente. A questa domanda, Chingachgook fece un raro sorriso.

 

"Il mio figlio maggiore si è sposato da poco tempo, solo un mese fa. Prima che la neve cominciasse a cadere. Sua moglie continua a stare con gli amici di mio figlio finché la stagione cambierà."

 

Chemames annuì gentilmente e disse delicate parole di congratulazioni. Hopocan fece un'occhiata cinica al suo amico e Chingachgook fece un piccolo cenno. Sì, anche io so perché lei è qui, dissero i suoi occhi. 

 

Chingachgook aspettò che lei cominciasse di nuovo il suo interrogatorio. Non dovette aspettare molto.

 

"Uncas. Il tuo figlio minore."

 

"Lo vedo a mala pena. Trascorre la maggior parte del suo tempo con il mio figlio bianco o con Wagion."

 

"Oggi sarà all'accampamento?" chiese Chemames. Chingachgook borbottò con noncuranza, un rumore che poteva essere preso per una risposta.

 

Chemames cominciò a sembrare frustrata, ma lottò per nasconderlo. Sedutasi in modo brusco, lei guardò Chingachgook con molta serietà. "Amico mio, sono venuta per chiederti se hai fatto qualche riflessione sulla mia proposta di un'unione tra i nostri figli. Uncas è affezionato alla mia figlia maggiore. Sarebbe una bella coppia."

 

"Uncas ti ha detto questo...Tankawun?" chiese Hopocan astutamente, sbuffando lentamente la sua pipa.

 

Tankawun guardò a terra e sembrava cercare le parole da dire. Chemames frettolosamente si intromise, "Non tanto a parole, amico. Quello non è il modo di fare di un uomo. Mi riferisco alle sue maniere."

 

Chingachgook meditò su questo. Raramente Uncas parlava di qualcosa che pensava che suo padre potesse considerare banale, le giovani ragazze andavano bene per quella categoria. Ma lui dubitava che il suo figlio minore avesse qualche profondo interesse per Tankawun. Così Chingachgook mantenne il suo silenzio.

 

"Hai parlato con Uncas?" chiese Chemames, aggrottando le ciglia leggermente per l'indifferenza di Chingachgook. Chingachgook aveva accennato al fatto che avrebbe affrontato l'argomento con suo figlio.

 

Chingachgook si prese del tempo per rispondere, mentre il suo amico gli porse la pipa.

 

"Non ancora. Prima ho cercato di osservare i nostri figli insieme. Non vedo altri sentimenti oltre all'affinità tra loro." Chingachgook disse questo lentamente. Alzando lo sguardo, vide che gli occhi di Chemames si erano ristretti.

 

"Bene," replicò la donna a distanza di tempo, "Ciò che condividono è silenzioso e nella sua fase iniziale, penso. Con il tempo si svilupperà in una sorta di relazione, per poi costruire una vita." Tankawun continuò ad essere insolitamente calma.

 

Ci fu poi una pausa nella conversazione per diversi minuti e Chingachgook ascoltò il suono del vento e della neve.

 

"Si è parlato nell'accampamento, di Uncas," disse Chemames improvvisamente, lanciando uno sguardo con la coda dell'occhio al Mohicano. Chingachgook inarcò soltanto uno scuro sopracciglio.

 

"Di Uncas e ... della ragazza Yengeese," Chemames continuò dopo aver guardato di nuovo il viso impassibile di Chingachgook, che in quel momento assomigliava così tanto al viso di suo figlio. "Dicono che c'è qualcosa tra loro. Non posso dare credito a ciò. Non sembra naturale."

 

"Allora non ne parliamo più," replicò Chingachgook leggermente, drappeggiandosi lo scialle di pelle attraverso il petto.

 

"Chingachgook, quella ragazza dall'aspetto fragile camminava per l'accampamento e poi se ne era andata con tuo figlio alle sue spalle..." Lei cambiò improvvisamente tattica. "E' esile come una canna che soffia nel vento; e dall'aspetto malaticcio, non in salute e bella come mia figlia. Non sarebbe una buona moglie per uno come tuo figlio. Uno degli ultimi della sua tribù. Uncas lo deve sapere-"

 

"Qual è la tua opinione, Tankawun?" intervenne Chingachgook improvvisamente.

 

La giovane ragazza alzò lo sguardo, spaventata. Lei spostò lo sguardo, dal viso pressante di sua madre ai volti solenni e imperturbabili degli uomini. La sua replica fu esitante.

 

"Io.. io pensavo che lei fosse graziosa. E molto simpatica." A questo, Chemames impazientemente espulse un grande soffio d'aria.

 

"Che c'è, madre? Non è questo che mi hanno domandato?" Il viso di Tankawun era pervaso dalla confusione.

 

"No, figlia," replicò Chemames rigidamente. "La domanda è se quella ragazza dal viso pallido sarebbe o no una buona moglie per uno della nostra razza."

 

Tankawun sembrò dare la risposta con riflessione. "Penso di sì," disse lentamente, "non all'inizio. Ma penso che possa imparare. Sembrava avere un buon orecchio per la nostra lingua. Non è ottusa. Imparerebbe rapidamente."

 

Chemames cominciò a sembrare furiosa, come se sua figlia la stesse deliberatamente provocando. "E' questo ciò che pensi, allora?" 

 

"Tua figlia parla con onestà. L'unico vero modo di parlare." Il tono di Chingachgook ora era gelido, di rimprovero.

 

Chemames sembrava intimidita e le sue successive parole furono molto più morbide. "Certamente sono felice che mia figlia sia così aperta e che le sue parole siano oneste. Ma sono sbigottita dal fatto che lei non sembri comprendere la serietà della situazione. La gente sta già dicendo che Uncas e Tankawun presto si sposeranno. Adesso non parlano d'altro che della sua presunta folle passione per quella ragazza bianca."

 

Hopocan agitò una mano in modo sprezzante. "Lascia che la gente diffonda qualsiasi pettegolezzo voglia. Mannitto, il Creatore della Vita, ci guiderà tutti nelle nostre decisioni."

 

"Concordo," disse fermamente Chingachgook. "E per di più, mio figlio non mi ha detto che desidera sposare una donna in particolare al momento."

 

Hopocan si alzò improvvisamente. "Poniamo rimedio a questa situazione. Sta cominciando ad annoiarmi." Si diresse verso l'entrata del wigwam.

 

"Che sta succedendo?" chiese Tankawun, confusa.

 

"Credo che stia chiamando i miei figli. Stavo quasi per fare lo stesso," replicò Chingachgook, soddisfatto. Malgrado la loro impressionante differenza di temperamento, lui e Hopocan avevano condiviso una vita e spesso i loro pensieri correvano nella stessa direzione. Hopocan ad un certo punto aveva compreso che Chingachgook si era stancato della dolorosa, imbarazzante conversazione e del fatto di parlare dei suoi figli, che non erano presenti. 

 

Hopocan ritornò entro pochi minuti. Entrò, scrollandosi di dosso la neve. Si mise a sedere mentre i fratelli sbirciarono dentro, perplessi.

 

"Trovati che non stavano facendo assolutamente niente, con Wagion e Anicus," borbottò Hopocan. "Forse, a contare le ghiande." I suoi occhi neri scivolarono sui giovani uomini.

 

"Sedetevi," lui ordinò, il suo tono arrogante.

 

I giovani uomini obbedirono, sedendosi a gambe incrociate accanto al loro padre. Diventarono attentamente silenziosi.

 

"E' successo qualcosa, padre?" chiese Uncas, che si era allarmato per il comportamento tenebroso delle persone che affollavano il wigwam. 

 

Chingachgook sollevò una spalla coperta dalla pelliccia. "Forse pensavo che tu dovresti essere presente, Uncas, poiché stavamo parlando di te. Mi piacerebbe anche conoscere l'opinione del mio figlio maggiore al riguardo."

 

La faccia di Uncas diventò attenta, come una maschera. Nathaniel sembrava stanco mentre osservava tutte le facce ma, saggiamente, aveva scelto di rimanere in silenzio.

 

Chingachgook non aveva intenzione di usare mezzi termini. "L'accampamento continua a diffondere pettegolezzi e infinite, stupide chiacchiere su di te e quella ragazza del colore della Luna."

 

Uncas sembrava infastidito da queste parole sgradite. "Lo so. Ho sentito," disse lui brevemente.

 

Nathaniel girò gli occhi. "Ancora non capisco perché io e Uncas dobbiamo essere presenti."

 

Hopocan sembrava astuto. "Perché Chemames e sua figlia pensano che ciò le riguardi."

 

Uncas era confuso. "In che senso?"

 

Tankawun ebbe la grazia di arrossire. "Neanche io ne sono sicura. Mia madre non gradisce questi pettegolezzi con la ragazza e pensa che influiranno negativamente su di te."

 

Chemames intervenne. "C'è molto da dire riguardo a quella molle ragazza bianca, Uncas."

 

Nathaniel parlò. "Il suo nome è Alice e adesso è mia cognata." La sua voce aveva un suono gelido. "Non permetterò a nessuno di calunniarla, poiché adesso lei è la mia famiglia."

 

L'anziana donna Lenape guardò aridamente Nathaniel. Era ovvio che lei aveva una bassa opinione di lui. Nathaniel era stato istruito, grazie all'esperienza, sin da un'età molto giovane, a capire quando le persone stavano disprezzando mentalmente il suo sangue bianco. 

 

"Quindi, in quanto suo fratello," lei ebbe una nota di sarcasmo nei confronti di Alice, "sicuramente devi guidarla e darle istruzioni su come comportarsi. Lei cammina nel nostro accampamento senza nessun pensiero di -"

 

"Io l'ho portata qui e Uncas l'ha scortata fino a casa. Non era senza accompagnatore." La voce di Nathaniel era irritata.

 

Tuttavia, Chemames non si sarebbe scoraggiata. "Mi è chiaro che la ragazza è priva di un'educazione da parte dei genitori."

 

"I suoi genitori sono morti. Suo padre è stato ucciso dagli Huroni sul sentiero di guerra."

 

Chemames non sembrò troppo compassionevole, probabilmente perché suo marito era stato ucciso dai soldati inglesi. 

 

"Allora, dato che adesso tu sei il capofamiglia, è tuo dovere raddrizzare i suoi modi perversi! Non ci può essere rimedio al fatto che sia bianca. Ma sta causando scandalo con le sue azioni. Ha all'incirca la stessa età di Tankawun, abbastanza grande ormai per sposarsi. Cioè..." Il labbro della donna si arricciò leggermente. "Se qualche uomo la vorrà."

 

Nathaniel cercò l'unico modo per salvare Alice da questo crudele deprezzamento. Senza pensare lui sbottò, "La sorella di mia moglie non ha mai avuto difficoltà sotto questo aspetto. Era fidanzata nella sua patria con un uomo benestante, ma ha disdetto tutto."

 

Uncas alzò lo sguardo, incredulo. Parlò in Mohicano, in preda allo stupore. "Questo non l'avevo sentito."

 

Nathaniel fissò suo fratello. In queste ultime settimane, dal suo matrimonio con Cora, Nathaniel si era sentito giù di corda con Uncas e lui sapeva che era a causa di Alice.

 

"Non era un vero fidanzamento, mi è stato detto. Lei aveva acconsentito e scoprì che erano incompatibili, così lei ha rotto in silenzio con l'uomo," Nathaniel disse questo. Lui aggiunse, "Avrei voluto non dire niente, ma qualcuno deve difendere Alice da parole così scortesi."

 

L'implicazione era molto chiara. Nathaniel sapeva che era stato ingiusto, poiché questo era semplicemente il carattere di Uncas. Sempre calmo. Un mediatore.

 

Uncas non disse niente. Guardò a terra e si concentrò sui suoi pensieri.

A questo punto Chemames sembrava aver capito che aveva oltrepassato il limite da indignata a inequivocabilmente dura, a giudicare dagli sguardi freddi che stava ricevendo dagli uomini nel wigwam. Sembrava nervosa e a disagio.

 

"Questa cosa sarà risolta adesso. Ho deciso," disse Chingachgook in tono molto severo. "Ho già parlato con mio figlio riguardo alla ragazza Yengeese. Adesso risolveremo la faccenda per la quale sei venuta qui, in cerca di una risposta, Chemames. Uncas." I suoi occhi si rivolsero al suo figlio minore. Uncas alzò lo sguardo.

 

"Chemames venne da me prima della fine della stagione calda e ha parlato del matrimonio tra te e Tankawun. Lei ha esposto le sue ragioni, e su molti punti concordo. Il padre di Tankawun adesso è con i suoi antenati, e con il Grande Spirito. Era mio amico. Sarei orgoglioso di avere la sua figlia maggiore come mia figlia."

 

Nathaniel respirò profondamente e guardò di traverso l'apertura del wigwam. Hopocan fissò il suo amico senza muoversi, assorto nei suoi pensieri. Uncas annuì lentamente e in silenzio esortò suo padre a continuare.

 

"Tuttavia," Chingachgook disse questo lentamente. "Mio figlio è rimasto in silenzio di fronte a tutte queste voci, le voci critiche e quelle ben intenzionate. Mostra saggezza e moderazione. Quindi ora devo chiedergli di dare la sua risposta finale riguardo al matrimonio con Tankawun, se lui è pronto e se il suo cuore è libero da pesi o rimpianti."

 

Uncas teneva lo sguardo fisso di suo padre mentre le sue parole affondavano. Se lui avesse scelto Tankawun come moglie, la sua vita sarebbe stata semplice, priva di percorsi inaspettati. Forse avrebbero potuto diventare abbastanza felici. Suo padre sarebbe stato felice con Uncas sistemato, con dei nipoti.

 

Uncas ci pensò su in silenzio per lungo tempo e sentì maturare la sua risolutezza. Era arrivato a una decisione.

 

Sedendosi lentamente, lui guardò Tankawun, che lo osservava con infantile fiducia e adorazione, proprio come faceva quando era una ragazza allampanata di 12 estati. Uncas provava affetto per la ragazza, mescolato a tristezza.

 

"Tankawun, vieni fuori con me."

 

Chemames annuì entusiasta. "Sì", disse lei, "Vai con Uncas, figlia mia."

 

Qualche minuto dopo i due giovani ragazzi stavano percorrendo i sentieri innevati vicino alla foresta, lontano da occhi indiscreti. Tankawun si era impacchettata stretta nella sua pelle d'orso nera.

 

"Uncas?" chiese Tankawun a voce bassa dopo diversi minuti. Uncas si fermò e si voltò verso di lei.

 

"Tankawun, mi dispiace che la gente abbia parlato in quel modo, e che ti abbiano pressata," disse Uncas in Delaware. "Anche io concordo con molte delle cose che ha detto mio padre."

 

Tankawun alzò lo sguardo, i suoi occhi brillanti di speranza, e fece un ardente passo verso Uncas.

 

Uncas scosse la testa. "Tankawun. Perdonami. Ma non posso sposarti. Non sarebbe giusto. Non quando io non provo le stesse cose per te."

 

Il viso di Tankawun attraversò una rapida serie di emozioni. La sua prima reazione iniziale fu shock totale, poi incredulità, imbarazzo, prima di conformarsi a un sofferente sguardo di accettazione. Fece un respiro tremante.

 

"Allora sono vere? Le voci? Uncas? Hai dato il tuo cuore a una ragazza Yengeese?" Il suo tono di voce non era derisorio o disgustato. Lei parlava come una che voleva la verità finale.

 

"Torniamo dentro," fu la solitaria replica di Uncas mentre la neve danzava e roteava intorno a loro, colorando il mondo di bianco.

 

 

Uncas si sedette nel wigwam vuoto della sua famiglia, aspettando Nathaniel. Gli ultimi 2 giorni erano stati pieni di eventi. Dopo che si era saputo che Uncas aveva rifiutato l'offerta di Chemames relativa al matrimonio con sua figlia, l'anziana donna sfortunatamente si offese. A partire dal mattino seguente, la notizia si era diffusa come fuoco selvaggio.

 

Chingachgook, per la maggior parte del tempo, aveva gestito tutto senza problemi, e non aveva fatto nessun tipo di commento. Si era comportato come se avesse trovato tutta la conversazione noiosa e disgustosa. Hopocan era pronto ad usare parole taglienti ogni volta che vedeva qualcuno che fissava Uncas o sussurrava. L'unica buona notizia era che il pettegolezzo stava morendo rapidamente.

 

Uncas non ha voluto ferire o umiliare Tankawun. Aveva fatto quello che poteva per risparmiarle questo. Diede la colpa solo a se stesso e prontamente ammise che Tankawun sarebbe stata una buona moglie. A questo punto non era pronto per sposarsi, fu la sua risposta finale.

 

Nathaniel entrò a grandi passi con noncuranza, borbottando per il freddo fuori. Sedendosi di fronte al suo fratello minore, Nathaniel osservò Uncas speranzoso.

 

"Beh," disse il fratello maggiore in inglese, "la nostra permanenza all'accampamento non è stata noiosa, per non dire altro." Nathaniel si lasciò sfuggire una risatina ironica e Uncas sorrise, annuendo.

 

"Volevo parlarti, fratello," disse Uncas tacitamente. Nathaniel aspettò. "Di Alice."

 

A queste parole, Nathaniel indietreggiò e guardò suo fratello con circospezione per alcuni istanti prima di parlare. "Perché adesso?"

 

Uncas sembrava inquieto e abbassò lo sguardo, verso le sue mani. "Prima non era un buon momento," lui replicò.

 

"E adesso lo è?" ribatté Nathaniel incredulo. "Uncas, sarai pure mio fratello ma ciò non cambia il fatto che tu l'hai ferita profondamente. Eri più attento ai sentimenti di Tankawun che a quelli di Alice."

 

Uncas alzò lo sguardo con aria di sfida. "Questo non è vero."

 

"Sì invece," disse Nathaniel determinato. "Alice ha corso dei rischi per venire qui a vederti. Non credo che molte ragazze inglesi farebbero lo stesso. Tu l'hai rifiutata; questo l'ha ferita. E' la sorella di mia moglie. E ora tutti sanno che è successo qualcosa tra voi."

 

"Ammetto di non avere la saggezza di nostro padre. Pensavo di fare ciò che era giusto, ciò che ci si aspettava da me," replicò Uncas, i suoi occhi che nuotavano nella confusione.

 

Nathaniel emise un sospiro e scosse la testa, non sapendo cosa dire.

 

"Parlami dell'uomo," giunse la voce di Uncas, improvvisamente.

 

"Quale uomo?"

 

"L'uomo che Alice avrebbe dovuto sposare in Inghilterra."

 

"Beh..." disse Nathaniel lentamente. "Io ho sentito solo dei pezzettini della vicenda da mia moglie. Non credo che lei sappia l'intera storia."

 

"Dimmi quello che sai, fratello. Lei non me lo ha mai detto."

 

"Alice non ne parla quasi per niente." Sedendosi dritto, Nathaniel cominciò. "Il loro padre ha organizzato tutto. Cora disse che Alice sembrava contenta all'inizio. Il nome dell'uomo era Jeremy qualcosa o altro. Non era un fidanzamento ufficiale, o ciò che diavolo significa. Del tipo, qualcosa che non è stato annunciato."

 

Uncas inclinò la testa, il suo sguardo intenso, ma non disse niente. Nathaniel proseguì.

 

"Dopo un po', un allontanamento cominciò a nascere tra Alice e l'uomo inglese. Ci fu una discussione e Alice annullò tutto quanto." Nathaniel concluse il suo racconto, sentendosi inadeguato.

 

"Tutto qui?" chiese Uncas, con le sopracciglia inarcate.

 

"Cosa ti aspettavi che ti dicessi, fratello?" Nathaniel replicò un po' sulla difensiva. "Che Alice è andata in totale crisi e lo ha gettato da una finestra? Gli ha detto di andare al diavolo e questa è stata la fine di tutto."

 

Gli occhi di Nathaniel si indurirono mentre fissava intensamente Uncas. "Che cosa stai progettando, fratello?"

 

"Che intendi dire?"

 

"Credo di non essere in vena di giochi per bambini, Uncas. Che cosa progetti di fare, adesso che è stato deciso che non sposerai la piccola Tankawun?"

 

Uncas guardò negli occhi blu luminosi di suo fratello e per un momento li paragonò a quelli di Alice. Stabilì che gli occhi di lei erano di una tonalità più chiara rispetto agli occhi di suo fratello. Ricordò la prima volta che lui aveva fissato gli occhi di lei sulla George Road. Lui aveva lasciato liberi i cavalli e aveva notato con divertimento come una sciocca ragazza li aveva inseguiti, con un urlo. Afferrandole gli avambracci, infastidito, lui aveva fissato il suo sguardo su Alice.

 

Ancora ricordava con chiarezza, dopo tutte queste lune, l'impressione che gli aveva fatto, come i grandi occhi di lei sembravano turbinare con la luce, come gli erano venuti in mente il cielo e l'acqua limpida in un giorno d'estate; tutte le cose belle.

 

Era un dolore così squisito, amare qualcuno così ferocemente e profondamente e sentirlo cadere più in profondità in un abisso. Cosa sarebbe successo se Alice fosse partita per l'Inghilterra? Che sarebbe successo se avesse trovato un buon uomo che la facesse felice, e si fossero sposati? Il pensiero sopraggiunse rapido come un colpo al ventre. Lo scosse così profondamente che Uncas guardò in basso, lontano dallo sguardo inflessibile di suo fratello. Questo deve essere stato il sentimento che Alice aveva provato dopo che se n'era andata, l'ultima volta che si erano visti.

 

Il rimorso che ogni tanto era risalito in superficie, sopra tutta quella meschina confusione, si impennò e lo fece sentire sconvolto e riprovevole. Nathaniel aveva ragione. Aveva pensato a così tante cose, ad essere un buon figlio, a non offendere Tankawun e sua madre... non a fare felice Alice o ad apprezzare pienamente la profondità dei suoi sentimenti per lui, o il percorso che aveva fatto per vederlo.

 

"Ebbene?" chiese Nathaniel in modo penetrante, interrompendo le fantasticherie di Uncas. Uncas scosse la testa lentamente, non volendo o non riuscendo ad articolare tutto questo in parole. Nathaniel esaminò la faccia di suo fratello e inclinò la testa con curiosità.

 

Come sempre, in quanto fratello legato a lui più profondamente che dal sangue o dalla stessa razza, Nathaniel sapeva. 

 

Uncas osservò mentre Nathaniel fece un lungo respiro e annuì. Alzando lo sguardo, i loro occhi si incontrarono.

 

"Voglio che tu sappia, Uncas," disse Nathaniel a voce bassa, passando al Mohicano, "che Alice è una ragazza rara da trovare. E' tra le persone più fedeli e generose che io abbia mai incontrato. Certo, è testarda come un mulo e cocciuta, ma... quello che prova per te - non si è mai fermato. Avrai il mio sostegno, se scegli di riconquistarla. Credo che possiate rendervi felici l'un l'altra."

 

"Portami con te per vederla," disse Uncas, i suoi occhi decisi. Il viso di Nathaniel si aprì in un accecante sorriso.

 

"E' divertente, fratellino. Lei mi disse quasi la stessa, identica cosa, una volta."

 

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James stava fuori dal casolare accanto a sua moglie, tentando di spalare un po' della neve che portava a un sentiero, verso il loro casolare. Arrivato, lui strofinò la fredda guancia di lei e le diede un lungo bacio che la fece sghignazzare.

 

"Ancora freddo, tesoro?" chiese lui gentilmente.

 

"No, amore. Non con te al mio fianco," replicò lei, la sua voce delicata e contenta.

 

Continuarono a camminare finché il sentiero sembrò sgombrato di recente. Annabel sollevò la testa preoccupata, stringendosi contro il cappotto scuro mentre guardava il cielo senza sosta, mormorando che la neve in arrivo avrebbe reso vani i loro sforzi.

 

"Non importa, ragazza. Se nevica, noi sgombriamo di nuovo il sentiero," disse James semplicemente. Questa era la sua filosofia di vita, non affliggersi troppo per l'inevitabile.

 

"Come stanno le sorelle?" chiese improvvisamente a sua moglie, fermando Annabel mentre si stava voltando per andare di fretta nel casolare.

 

"Abbastanza bene. Alice sta rammendando, e Cora si occupa della cucina."

 

"Bene." James annuì, scansandosi i capelli biondi e togliendosi i cristalli di neve dalla chioma. 

 

Annabel si avvicinò a suo marito e avvolse le sue braccia intorno a lui, facendo cadere la sua testa sul suo petto. Con un sospiro felice James tirò il suo cappotto più saldamente intorno a lei e la tenne stretta.

 

"Ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta tutti quegli anni fa?" sussurrò lui, accarezzandole i capelli scuri.

 

Annabel annuì. "Sì. Ti ho chiesto se avevi fame quando ti ho trovato nelle scuderie e tu soltanto mi fissavi."

 

"Ero timido."

 

"No, non lo eri."

 

"Lo ero," insistette James. "Mi hai rubato tutte le parole quando il mio sguardo cadde su di te. E tu mi hai portato nelle cucine e mi hai fatto servire un pasto caldo... Ti guardavo mentre parlavi con i cuochi e i domestici. Non c'era superiorità o disprezzo nella tua voce quando parlavi con loro."

 

"Mmm..." Annabel fece un dolce mormorio, ricordando quei giorni a lungo dimenticati.

 

"Camminavi con tale facilità e maniere. Ti sedevi con le tue mani piegate sulle ginocchia, così dolce e appropriata," lui proseguì, dandole un dolce bacio sulla fronte gelida. Annabel allungò il collo in su per guardarlo. "Mi tormentava, il pensiero di volere questa ragazza della società benestante che sapevo di non poter mai avere. Sapevo di non avere niente da offrirti."

 

"Un giorno nel giardino, dopo il buio," lui continuò in un setoso sussurro. "Ti ho baciata." James catturò le labbra di sua moglie con le sue, teneramente. "Così," lui sussurrò.

 

James la tenne più stretta, il suo respiro nebbioso nell' aria frizzante. Lui ricordava così, in modo così chiaro, la speranza che si diffuse attraverso il suo intero essere, quel giorno nella sua gioventù in cui la bellissima figlia del suo datore di lavoro gli disse che lo amava, che lo avrebbe amato sempre, che lo avrebbe seguito dovunque lui fosse andato in questo mondo.

 

Erano ancora nella tarda adolescenza quando si sposarono in segreto e partirono per le colonie. Annabel impacchettò i suoi beni più preziosi e i gioielli nel suo baule, insistendo che lei non avrebbe preso niente che appartenesse ai suoi genitori. Il furto, specialmente nei confronti della propria famiglia, è imperdonabile, disse lei. 

 

All'inizio la vita era stata così faticosa e imprevedibile, le loro sfide formidabili. All'inizio erano stati nelle locande e nelle pensioni a Filadelfia, incapaci di decidere cosa fare. Annabel non sapeva nulla di come cucinare e pulire e dipendeva unicamente da suo marito, e James era incapace di trovare un lavoro adatto per avere un reddito. Si divisero il denaro che avevano, che era scarso. Per molti giorni non ebbero cibo.

 

Ma James era sempre ottimista. Aveva sempre pensato di essere un artigiano di qualche tipo, come lo era stato suo padre, forse un muratore o un calzolaio. All'inizio pensò al lavoro in una fattoria durante una notte d'estate talmente soffocante che lui era rimasto a torso nudo accanto a sua moglie addormentata, sudando come un cavallo, incapace di fare qualcosa per calmare l'incredibile calore o i morsi della fame nella sua pancia. Lui sentì il dolore più terribile, più disperato, sapendo che sua moglie deve aver provato le stesse sensazioni, ma scelse di non dire niente.

 

Sarò un agricoltore, pensò lui improvvisamente. James decise di imparare quello che poteva, di lasciare la città e mettere su una fattoria. Annabel era una ragazza di città, ma si sarebbe abituata. Ne era sicuro. James imparò come meglio poteva e ascoltò i discorsi dei commercianti per i quali lavorava, con i loro modi rozzi, e presto partirono per la Valley e costruirono la loro casa. 

 

"Ti rendo felice?" sussurrò Annabel improvvisamente, intromettendosi nelle sue riflessioni.

 

"Sì, sempre. Ogni giorno," James replicò con la massima garanzia e convinzione. "Tu sei l'altra metà di me."

 

Annabel lo guardò negli occhi e disse con una voce piccola, incerta che era diversa da lei. "E' solo che... il mio desiderio più caro per il quale prego costantemente è avere dei figli, per te. Un giovanotto che ti assomigli."

 

"Io preferisco una signorina che assomigli a te, specialmente se si dà le arie come fai tu, amore," disse James, sogghignando. Lui assunse un'espressione seria. "Annabel, se il buon Signore decide di benedirci con dei figli, sarà meraviglioso. Ma tu rendi completo il mio mondo, soltanto essendovi presente. Ti suggerisco di togliertelo dalla testa. I figli verranno quando Dio lo vorrà e se non sarà così, tu sarai ancora la mia piccola regina nel nostro piccolo feudo, che vive nel nostro piccolo regno."

 

Annabel fece una risata di pancia. "Tu... tu sono anni che non lo dici, penso," disse lei, asciugandosi le lacrime di gioia che le cadevano dagli occhi.

 

James le diede dei baci leggeri come le piume sulle labbra, guance e collo, sussurrando, "Il nostro piccolo regno che è il Paradiso sulla terra, con narcisi e gigli che fioriscono d'estate per il cortile della mia Regina, e castelli di ghiaccio in inverno..."

 

Stavano ancora ridacchiando incontrollabilmente e appoggiandosi l'uno contro l'altra per non scivolare, quando James si mise dritto e socchiuse gli occhi verso il sentiero che conduceva al loro casolare.

 

"Robert?" chiese ad alta voce, mentre il suo amico avanzava lentamente, tremando, verso la coppia.

 

"Non ti ho visto da settimane, Robert. Ero intrappolato dentro con il freddo e la neve. Che c'è?" chiese di nuovo James con trepidazione, osservando attentamente Robert Lancaster poiché sembrava insolitamente fosco.

 

"La malattia si sta diffondendo per la Valley," replicò Robert sobriamente, mettendosi il moschetto attraverso la spalla. La sua faccia sembrava stanca.

 

"Malattia?" chiese Annabel impaurita. "Quale?"

 

"La febbre gialla, forse?" replicò Robert.

 

James scosse la testa. "Ne dubito. Si attacca alle persone dalle punture delle zanzare, ho sentito. Nei mesi caldi."

 

"Non c'è nessuno di quegli insetti appestati in questo periodo dell'anno," concordò Annabel delicatamente.

 

Robert fece spallucce. "Sì, ma c'è una specie di febbre biliare che sta devastando tutto. I Robertson hanno già seppellito i loro due piccoli."

 

Annabel ebbe un sussulto di orrore e James scosse la testa malinconico; entrambi ricordavano il bambino e la bambina che giocavano nel pascolo di mucche quando i loro genitori venivano a fare visita.

 

"Ha colpito la fattoria dei Newsom, Gregory è guarito ma sua moglie..." La voce di Robert si affievolì mentre Alice e Cora si strinsero a loro, sembrando preoccupate quando notarono che le facce degli uomini erano apprensive, e che Annabel stava piangendo.

 

Dopo aver spiegato la situazione alle sorelle, discussero di ciò che dovevano fare. Il signor Newsom era ancora debole e Priscilla Newsom era nelle sue ultime fasi. Robert Lancaster affermò che non poteva andare dai Newsom perché non osava rischiare di prendere la malattia, preoccupato com'era per i propri figli e sua moglie Margaret, che era di nuovo incinta.

 

"Dobbiamo aiutarli!" disse Cora con convinzione, strofinandosi le mani per scaldarsi, la sua sottile coperta non molto utile contro il freddo.

 

Annabel annuì. "Concordo. James, tu devi metterti in viaggio, in cerca di un dottore. Sono i nostri vicini, James."

 

"D'accordo, cara. E' solo che non voglio lasciarvi sole, ragazze..."

 

Robert intervenne. "Verrò con te. Non andrò alla fattoria dei Newsom. Ho i miei bambini e una moglie a cui pensare, ma possiamo prendere i miei cavalli per andare a prendere il dottor Braddock. Lavora con i Gesuiti. Ci aiuterà."

 

"Dov'è?" chiese James incerto.

 

"Betlemme."

 

James poté soltanto restare a bocca aperta. "Betlemme? Saranno nientedimeno due giorni a dorso di cavallo. Potremmo anche andare a Filadelfia." Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Non voleva lasciare sole le donne, dato che ci volevano almeno 3 o 4 giorni, persino a velocità a rotta di collo. Ma anche Annabel aveva ragione. I Newsom erano i loro vicini e lui non poteva pensare di stare a guardare, nascondendosi dalla malattia senza nome, mentre i loro vicini soffrivano e morivano.

 

"Va bene. Robert, andiamo adesso. Vieni, dobbiamo prepararci," James disse questo coraggiosamente mentre tutti correvano dentro.

 

"Annabel, c'è abbastanza cibo per tutta la settimana, anche se penso che la cosa migliore sia che voi lo razioniate, ragazze," James disse dal fondo del casolare mentre ricaricava la sua carabina e oscillava la cinghia che teneva il cassone di polvere sulla sua spalla sinistra.

 

Annabel corse, riempiendo borracce d'acqua e cercando cibo sostenibile, mentre le sorelle preparavano in tutta fretta le borse. 

 

Il casolare era caldo e luminoso, ma nessuno lo percepiva. Il pensiero della malattia che colpiva molte persone era un pensiero che faceva riflettere.

 

"Fatto," esclamò James, in piedi accanto al suo amico Robert. Guardò le donne e la sua faccia era segnata dalla preoccupazione. Avanzando verso sua moglie, le diede un lungo bacio e si abbracciarono.

 

"Sii coraggiosa, ragazza mia," lui sussurrò mentre Annabel inghiottiva le lacrime.

 

"Lo farò," replicò lei fittamente. "Io e le ragazze ci prenderemo cura l'una dell'altra." Lentamente James si allontanò da sua moglie e i due uomini si diressero verso la porta.

 

"Alice!" disse lui mentre faceva oscillare la porta aperta. "Conosci la terra bene quanto me. Pensa alla fattoria, per favore, e dai da mangiare a Boadicea. Annabel e Cora, ve ne prego, prendetevi cura del casolare e della cucina."

 

Le tre donne annuirono in silenzio. Si presero per mano e osservarono, intontite, mentre i due uomini  si allontanavano rapidamente, dirigendosi verso i Lancaster per cavalli e altre provviste alimentari, poi si sarebbero diretti immediatamente verso Betlemme.

 

Più tardi, quel giorno, Alice si insinuò dentro il casolare oscuro, battendo i denti per il freddo. Aveva appena finito di trasportare più legna dal mucchio, spalare la neve intorno al casolare e dare da mangiare a Boadicea.

 

Annabel e Cora avevano pulito il casolare e stavano preparando il brodo per cena; tutte loro facevano quello che potevano per astenersi dal pensare alla malattia e alla morte che si stava abbattendo sui loro vicini.

 

Alice si mise a sedere e si tolse il cappotto dalle spalle, mettendolo sulla parte posteriore della sedia. Lei mangiò il brodo con calma, senza gustarlo. Era un brodo molto leggero, con solo poche verdure filamentose, ma dovevano razionare il cibo. Poi mise i gomiti sulla tavola e fece riposare la testa sulle sue mani.

 

"Stavo pensando, ragazze," disse lei tristemente.

 

"A cosa, sorella?" chiese Cora.

 

"Se dovrei andare dai Newsom e prendermi cura di Priscilla."

 

Cora affondò profondamente nella sua sedia con un lamento, mettendosi una mano tremante sugli occhi. Annabel scosse la testa e guardò il fuoco.

 

Cora improvvisamente batté il suo pugno chiuso sul tavolo di legno con una forza sorprendente, facendo sferragliare le scodelle.

 

"Te lo proibisco!" lei urlò, i suoi occhi feroci.

 

"Cora..." mormorò Alice.

 

"No!" replicò la sua sorella maggiore. "Alice, tu hai molte, molte caratteristiche degne di nota, ma una forte costituzione fisica non è una di quelle. A Inverness e a Londra, quando c'era una malattia, tu eri sempre la prima a beccartela."

 

Cora scosse la testa ferocemente. "Aspetteremo il dottor Braddock. Vorrei aiutare i nostri vicini con tutto il mio cuore, ma non hai nessuna competenza medica. Ti metterai soltanto a rischio inutilmente."

 

Alice sorseggiò il suo freddo bicchiere d'acqua e sentì il liquido scorrerle giù nella gola e nella pancia. Meditò sulle parole di sua sorella, ma poteva solo pensare a Gregory Newsom, solo e abbandonato, senza nessuno che lo aiutasse nel suo stato di debolezza, mentre si prendeva cura di sua moglie morente.

 

Alice stava in piedi e andò a prendere la borsa di scorta di James. Cominciò a infilarvi dentro piccole quantità di pane, poi riempì due caraffe con il coperchio, una con l'acqua e l'altra con il brodo rimasto.

 

Il viso di Cora cominciò ad arrossarsi mentre lottava contro la rabbia travolgente che la scosse fino al midollo. Alzandosi, lei fece la mossa di correre verso sua sorella e di buttare quegli oggetti a terra.

 

Annabel la fermò rapidamente con una mano, afferrandole l'avambraccio sinistro, il suo sguardo austero ma comprensivo e di risposta.

 

"Alice, ti accompagnerò io," affermò Annabel e cominciò a imballare più oggetti essenziali, come coperte e persino una piccola pentola di ghisa. "Per il brodo," disse lei semplicemente mentre entrambe la guardarono, interdette.

 

"No, Annabel," supplicò Alice. "Vorrei che entrambe steste qui, dato che io non tornerò per un po' di tempo. Non riporterò la febbre qui -"

 

"Mia sorella ha ragione," disse Cora, guardando Alice. "Andrò. Ho seguito un corso di formazione medica in Europa. Dovete stare qui e prendervi cura della fattoria e dare da mangiare a Boadicea."

 

Dopo molte discussioni e dispute nel casolare, le sorelle si infilarono un cappotto, si avvolsero delle coperte intorno, si misero sulle spalle i loro carichi e si incamminarono per il percorso lungo un miglio, verso i Newsom.

 

Un'ora dopo, Annabel cucì uno strappo nell'abito di Cora con le dita tremanti e sentì un colpo. Mettendo da parte l'abito, corse avidamente verso la porta e la aprì di getto; la sua faccia era abbattuta quando vide chi c'era là, in piedi.

 

"Chiedo scusa, signora Stewart," disse un giovane allampanato, lentigginoso; il figlio maggiore della signora Mason, un ragazzo di 14 anni di nome Stephen. Inclinò il suo vecchio cappello sbrindellato. "Sono solo venuto a vedere come voi tutti ve la stavate cavando. La febbre ha portato la moglie di Logan e il bambino in Cielo. Mia madre mi ha mandato per darvi un'occhiata, senza entrare in casa, ovviamente."

 

Annabel si appoggiò alla porta per sostenersi. "Ci sono solo io qui," replicò lei svogliatamente. "Mio marito e Robert Lancaster sono andati in cerca di un dottore. Cora e Alice sono andate dai Newsom."

 

Stephen Mason chinò la testa, i suoi occhi compassionevoli. "C'è qualcosa che posso fare, signora Stewart?"

 

Annabel sentì un sorriso curvare le sue labbra e non rispose per un lungo momento. "Sei un bravo ragazzo, Stephen. Un buon figlio per la tua madre vedova. E ti ringrazio, ragazzo mio, ma ora non c'è niente che tu possa fare per me. Soltanto andare a casa e prenderti cura della tua mamma."

 

Stephen prese il cappello dai suoi capelli rossi e lo roteò con noncuranza tra le sue mani, sembrando ancora rattristato. "Va bene," lui concordò, poi fece una pausa. "Veramente non c'è niente che possa fare?"

 

"No, ragazzo mio. A meno che tu non possa far materializzare la presenza di mio marito  e degli amici, o la presenza del marito di Cora."

 

Il viso di Stephen si illuminò di curiosità giovanile. "Lui vive con i Delaware, non è vero, signora Stewart?" Annabel annuì, fissando il suolo.

 

"Ci andrò."

 

La testa di Annabel si alzò rapidamente, in modo comico. "Cosa?" lei chiese.

 

"Andrò all'accampamento indiano a prendere Nathaniel. Suppongo che Cora abbia bisogno di suo marito e voi non dovreste stare così sola, per di più".

 

"Mio caro ragazzo, ti ringrazio con tutto il mio cuore ma non posso acconsentire. Quegli uomini rossi non accettano gentilmente il fatto che i Bianchi si aggirino nel loro accampamento. L'ho sentito da una fonte affidabile. Cosa direi alla tua cara mamma che ha già perso tuo padre? No, Stephen."

 

Stephen scosse la testa e si posò il vecchio cappello di suo padre sulla chioma rosso fuoco. "Mamma mi dice sempre di aiutare chi ha bisogno. Tutti voi lo state facendo. Per di più, ho sempre voluto vedere da vicino un accampamento di uomini rossi. E' da quella parte, giusto?" lui puntò il dito verso il sentiero che conduceva al campo abbandonato.

 

"No," disse lei lentamente. "Al momento sono nell'accampamento invernale, un viaggio della durata di un giorno verso il Susquehanna."

 

Stephen rimuginò sulla cosa. "Vicino la contea di Castor? Dove i fiumi si incontrano?" Annabel annuì.

 

"E' un viaggio di circa un giorno ma se parto adesso, posso campeggiare e accelerare il passo la mattina. Sarei là poco dopo mezzogiorno, suppongo."

 

"Stephen, ragazzo mio, per favore ripensaci," disse Annabel debolmente.

 

"Porterò Nathaniel e chiunque altro voglia aiutarmi. Per di più, dovrebbero sapere che la febbre mortale sta spazzando la Valley."

 

"Molto probabilmente già lo sanno, Stephen Mason!"

 

"Prendetevi cura di voi, ora", disse Stephen allegramente, poi cominciò a fischiettare mentre si incamminò per il sentiero diretto verso il fiume, con la neve che turbinava follemente intorno a loro. Annabel lo guardò a bocca aperta, poi chiuse la porta delicatamente.

 

Annabel si mise a sedere a tavola, infelice, mentre la luce del fuoco moriva e non aveva lo spirito nemmeno per alzarsi e alimentare il fuoco. Fissò il focolare senza vederlo e pregò per suo marito, per Alice e Cora, che soltanto pochi mesi prima erano arrivate da estranee ed erano diventate insolitamente a lei così care.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Stephen Mason trascinò i piedi sulla neve, il suo vecchio moschetto arrugginito nella mano destra, mentre si avventurava in profondità, nei boschi innevati. Fischiettò una melodia vivace per non battere i denti. Si era accampato e aveva acceso un fuoco nel bosco la notte precedente; aveva persino avuto una buona quantità di sonno, alzandosi quando era sorta l'alba.

 

Era già passato mezzogiorno, pensò lui, ed era esausto e mezzo congelato per aver camminato di buon ritmo per ore.

 

Il suo cappello a tricorno, la sua pistola e le sue scarpe erano tutte cose che una volta erano appartenute a suo padre e lui borbottò quando sentì la neve penetrare nei fori irregolari delle suole e congelare i suoi piedi. Mamma mi scorticherà vivo, pensò lui, incidentalmente; lei era terrorizzata dal fatto che il suo figlio maggiore prendesse freddo.

 

"Oh, guarda là. Fumo," disse a se stesso ad alta voce, poi si strofinò le mani, sentendosi terrorizzato, allegro e incapace di resistere al fascino dell' ignoto. Era veramente entusiasta al pensiero di vedere l'accampamento in prima persona. A distanza aveva visto che indossavano vestiti così strani, avevano modi ingegnosi di catturare gli animali per sfamarsi, ed erano coraggiosi e fieri.

 

Aveva anche sentito che i Nativi facevano correre i loro prigionieri attraverso una sfida mortale, li scorticavano e li smembravano. Ma Stephen non era preoccupato poiché i Gesuiti, e la mamma gli avevano detto che quelli erano tutti sciocchi racconti messi in giro dai coloni terrorizzati, che li avevano temuti sin da quando si erano stabiliti per primi su questi lidi, più di un secolo prima. Sua madre gli aveva detto che gli uomini rossi volevano soltanto vivere in pace.

 

Mentre si avvicinava all'accampamento, sentì delle grida in una lingua sconosciuta e voci femminili che urlavano. Si fermò, perplesso. Stephen rallentò il passo quando il suo istinto subentrò.

 

Camminando nell'accampamento, mise le mani in alto in un gesto passivo. La neve si era fermata e ora riusciva a vedere chiaramente i Nativi da vicino, e non sembravano felici. Lui osservava affascinato mentre loro avanzavano verso di lui con questi abiti particolari, fatti di pelle di animali. Le donne e i bambini si ritirarono e improvvisamente si trovò di fronte a un gruppo di uomini, tutti con gli archi e le frecce puntati verso di lui.

 

Stephen aveva una caratteristica che odiava - la sua risata indotta dalla paura. Non ci poteva essere rimedio; ogni volta che si sentiva vivace o impaurito aveva l'abitudine di fare delle risatine nervose. Sfortunatamente, in passato, ciò gli era valso un labbro spaccato o peggio quando si era trovato di fronte alla persona sbagliata, e lottò disperatamente per contenere la risata che stava gorgogliando nella sua gola.

 

Tenendo le mani in alto, lui disse, "Non intendo farvi del male, amici...miei. Miei rossi...ehm...miei rossi confratelli."

 

Le sue parole gli valsero un colpo affilato al collo dalla freccia di un giovane ragazzo, che lo guardò in un impassibile, terribile silenzio.

 

Senza distogliere lo sguardo dal mare di volti dalla pelle di rame, e senza abbassare le braccia, Stephen fece cadere lentamente la cinghia del suo moschetto, dalle sue spalle al suolo, comunicando in silenzio agli uomini che si stava solo disarmando.

 

Uno degli uomini anziani afferrò il suo moschetto e poi scortarono Stephen fino all'accampamento, colpendolo con le loro frecce e spingendolo con le loro mani forti.

 

"Va bene, va bene," brontolò Stephen mentre veniva maltrattato. "Non dovete fare tutto questo. Bada - Bada a dove punti quello, uomo!"

 

Ignorandolo, i guerrieri lo spinsero giù a terra di fronte a una fila di fuochi al centro del campo. Stephen scosse la testa con un sospiro e osservò gli abitanti dell'accampamento. Notò una piccola ragazza che lo fissava da dietro la gonna di una donna.

 

"Ciao!" disse lui, facendo segno allegramente. La ragazza fece un respiro terrorizzato e corse dentro una patta di copertura che conduceva a una strana, piccola casa rotonda.

 

Gli uomini si guardarono intorno reciprocamente e mormorarono, e uno si picchiettò leggermente la testa, annuendo.

 

Devono aver pensato che fosse qualche idiota vagabondo, comprese Stephen, ma meglio pensare questo di lui, piuttosto che pensare che fosse un pericolo. Probabilmente pensano anche che io sia qualche demone, con i miei capelli rossi e le lentiggini. Fece un movimento per alzarsi e fu spinto in modo burbero, gettato a terra.

 

"Bene, fate come vi pare, signori," disse Stephen, facendo spallucce. Fece una pausa e disse chiaramente, "Sono venuto in cerca di Nathaniel Poe."

 

Tutti lo fissarono senza espressione e lui cercò di descrivere l'uomo. "Occhi...blu?" lui indicò i propri occhi blu. "Alto!" Mise una mano in alto nell'aria. "Bianco. Si è anche appena sposato, con la bella Cora Munro."

 

"Longue Carabine," replicò un anziano uomo Lenape che si era rasato i capelli neri in una lunga ciocca di capelli che gli ricadeva lungo la parte posteriore della testa. L'uomo abbassò il suo arco e freccia per una frazione di secondo.

 

"No, Cora," Stephen affermò.

 

Improvvisamente la folla si divise e Nathaniel camminò a grandi passi rapidamente verso di lui con un altro gruppo di giovani ragazzi.

"Ah, eccoti!" disse Stephen entusiasta. "Ti ricordi di me? Stephen Mason, signore, al vostro servi -"

 

Nathaniel non aspettò che il ragazzo finisse. Lo afferrò per il braccio e lo tirò su, dicendo parole calmanti alla folla riunita. Muovendosi rapidamente, andarono verso una delle abitazioni coperte di corteccia. Nathaniel spostò il lembo e spinse dentro il giovane uomo in modo spicciativo.

 

Stephen cadde in un mucchio con una smorfia e guardò l'interno affascinato, notando il mais essiccato e le piume e le perline che abbellivano la dimora, i gusci di tartaruga che pendevano da fili di corda. Mosse una mano curiosa per toccarli quando una voce severa schioccò nell'aria come una frusta –

 

"Ragazzo. Non toccare."

 

Stephen sobbalzò e voltatosi, fissò due uomini anziani indiani che lo stavano guardando severamente da terra, dalla loro posizione a gambe incrociate. Nathaniel e due altri giovani si erano uniti a loro, rendendo lo spazio molto ristretto.

 

"Le mie scuse. Volevo solo vedere che cosa potreste fare possibilmente con i gusci di tartaruga," spiegò lui, sogghignando agli uomini. Ci fu una pausa.

 

"Sonagli," replicò uno degli uomini anziani, con i tatuaggi allineati che gli segnavano la faccia, con il suo tono di voce sdegnoso.

 

"Ah," replicò delicatamente Stephen. "Capisco."

 

"Hai un cuore coraggioso, signor Mason," interruppe Nathaniel, scuotendo la sua testa scura con uno sguardo torvo. "Hai perso la testa? Perché sei qui?"

"Beh..." incrociò le gambe sperimentalmente, osservando gli altri uomini. "A proposito, il mio nome è Stephen Mason. Piacere di conoscervi tutti." Stephen fece a tutti loro un amichevole cenno di saluto, ma nessuno replicò.

 

"Sono Uncas, il fratello di Nathaniel. Mi ricordo di te. Sei il figlio di John Mason." Un giovane uomo indiano con alte sopracciglia arcuate disse questo. Stephen replicò che anche lui si ricordava di Uncas.

 

"Anicus. Benvenuto," replicò un altro giovane uomo in un inglese rozzo, facendogli persino un piccolo sorriso.

 

"E mio padre e Hopocan." Nathaniel  fece rapidamente un cenno agli uomini anziani che stavano ancora seduti in silenzio, guardando Stephen come una coppia di falchi guarderebbe un coniglio ferito. "Perché sei qui, Stephen?" Nathaniel insistette.

 

"Subito. Ecco, la signora Stewart mi ha mandato a cercarti."

 

Gli occhi dei giovani uomini si acuirono e loro si sporsero in avanti. "E' tutto a posto?" chiese Uncas intensamente, esaminando la faccia del ragazzo.

 

"Come sta mia moglie? Gli Stewart?" chiese Nathaniel urgentemente.

 

Stephen fece una pausa per un lungo momento, ricordando la faccia preoccupata di sua madre mentre infagottava la sua sorellina Lucinda a letto, preoccupata che la febbre sarebbe arrivata alla loro fattoria.

 

Alzando lo sguardo verso gli uomini, disse, "La febbre ha spazzato tutta la valle. Non l'avete sentito?"

 

Nathaniel lo fissò, incredulo. "La febbre è a nord, suppongo. Una guida proveniente dall'altro accampamento attraverso le colline è venuta da noi con la notizia pochi giorni fa. Non qui, ragazzo."

 

Stephen scosse la testa. "Ha fatto fuori delle persone. I Robertson hanno perso i loro figli. James e Robert Lancaster si sono messi in viaggio per trovare un dottore per i nostri vicini moribondi. Ritengo che sia importante che voi tutti sappiate che la febbre è qui."

 

"Grazie," disse Uncas lentamente e il ragazzo fece un cenno con la testa. "E come sta la moglie di mio fratello, e sua sorella? E la signora Stewart?"

 

"Beh, la signora Stewart è da sola alla fattoria adesso. Lei mi ha mandato -"

 

"Perché?" esplose Nathaniel. "Dov'è mia moglie?"

 

"Le sorelle sono andate alla fattoria dei Newsom a circa un miglio di distanza per occuparsi di Priscilla e Gregory Newsom, che si sono ammalati per la febbre. La signora Newsom sta morendo," Stephen spiegò, chinando tristemente la testa.

 

Ci fu una pausa nervosa.

 

"Vuoi dirmi ..." chiese Nathaniel lentamente. "Che mia moglie e mia cognata sono andate in quella casa infestata dalla febbre?"

 

Stephen fece un prudente cenno col capo. Nathaniel sembrava preoccupato e impaurito. "Vieni ragazzo. Andiamo," disse lui, cominciando ad alzarsi.

 

Il lembo del wigwam si aprì e Stephen notò una donna che sbirciava dentro, con gli occhi che vagavano su tutti loro. Lui sorrise, ma la sua proposta fu respinta poiché la donna lo guardò in malo modo.

 

Nathaniel ruotò gli occhi e strinse i denti quando Chemames avanzò verso il già affollato wigwam, la piccola Tankawun che sbirciava dentro.

 

"Allora," disse Chemames a Nathaniel in Delaware, aggrottando le ciglia, "il nostro accampamento deve essere invaso da ogni sciocco adolescente Yengeese della regione?"

 

Uncas parlò, la sua faccia impassibile, ma Nathaniel notò il timore dietro il suo sguardo. "E' arrivata la febbre. Il ragazzo ci ha fatto un grande favore venendo ad avvertirci. Mio fratello e io adesso dobbiamo andare a vedere sua moglie."

 

"Soltanto la moglie di tuo fratello?" Chemames sghignazzò, ma Uncas scosse la testa.

 

"E anche Alice."

 

Chemames sembrava offesa e oltraggiata. Stephen lottò per trattenere un sogghigno per l'atteggiamento arrabbiato della donna. Lui non riusciva a capire una parola della conversazione, ma sapeva che la sua comparsa aveva causato un trambusto.

 

Alzando lo sguardo, lui guardò la bellissima ragazza indiana che aveva una tale sorprendente somiglianza con la donna più anziana che poteva soltanto essere sua figlia. L'abitazione era scoppiata in una discussione.

 

"Ciao, carina," Stephen disse alla ragazza, sopra il frastuono.

 

Nathaniel aggrottò le ciglia. "Smettila, Mason," ordinò lui prima di voltarsi a ribattere a qualcosa che la stridula donna aveva detto.

 

"E di' a quel ragazzo con i capelli brutti di smetterla di guardare con aria sciocca mia figlia!" Chemames ruggì nella sua lingua. "Non è un pezzo di carne in una mangiatoia!"

 

Uncas scosse la testa e guardò suo padre e Hopocan, che sembravano imperturbati. Alzandosi, lui disse in Delaware, "Andiamo, fratello. Prendiamo quello che possiamo per quella famiglia e riportiamo indietro le donne."

 

Improvvisamente Tankawun parlò. "Verrò e vi aiuterò." I suoi pensieri si fecero preoccupati quando si ricordò della ragazza bionda e desiderava aiutarla in qualche modo. Tankawun non nutriva risentimento nei confronti della ragazza Yengeese.

 

Gli occhi di Chemames scintillarono pericolosamente. "Tu, figlia, ritornerai nel nostro wigwam e starai lì. Non sarai contagiata dalla febbre di alcuni Yengeese di cui non siamo tenute a preoccuparci."

 

Tankawun replicò con calma. "Madre, conosco molte erbe e ho aiutato la nostra guaritrice. Il Signore della Vita ci proteggerà."

 

"Andiamo. Perdiamo tempo," Nathaniel intervenne.

 

Chingachgook adesso parlò in Delaware affinché tutti ascoltassero. "Andate, figli miei. Ma fate attenzione a non stare troppo vicini a chiunque sia infetto. Anicus vi porterà dalla guaritrice dell'accampamento. Lei vi darà le erbe necessarie. Dovete fare un brodo, dipende dalla gravità della malattia."

 

Gli uomini cominciarono ad alzarsi silenziosamente quando Chingachgook aggiunse, "Se non ho notizie di tutti voi entro due giorni, oppure se le vostre notizie sono tristi, andrò io stesso."

 

I suoi figli annuirono e tutti cominciarono a partire. Stephen si alzò goffamente in piedi e disse a tutti loro addio.

 

"Grazie per essere venuto, ragazzo Mason," disse Chingachgook in inglese, annuendo. Stephen sorrise e annuì.

 

"Le tue scarpe," giunse la voce burbera dell'altro uomo, Hopocan. "Sono danneggiate."

 

Stephen guardò in giù ed era leggermente imbarazzato mentre guardava le sue tristi, vecchie scarpe consumate che avevano dei buchi, ed erano troppo grandi.

 

"Sono il mio unico paio," spiegò Stephen. "Appartenevano a mio padre."

 

Hopocan disse qualcosa ad Anicus, che immediatamente corse fuori dal wigwam, ritornando in un attimo con un paio di scarpe morbide che sembravano fatte di pelle di cervo. Lui le porse a Stephen.

 

"Per me?" chiese Stephen, e fu stupito e gratificato mentre l'altro ragazzo annuì.

 

"Grazie! I miei piedi si congelano sempre in inverno." Con un sorriso, Stephen buttò fuori le sue vecchie scarpe e si mise quelle nuove con un'espressione felice.

 

"Mocassini," disse Chingachgook, annuendo. Anicus fece un movimento per raccogliere il vecchio paio di scarpe, ma Stephen se le portò vicino al petto. "Va bene così. Le voglio. Erano del mio papà."

 

Il gruppo lasciò il wigwam in un tumulto - Chemames che sbraitava a sua figlia, i giovani uomini ignoravano il tutto mentre camminavano vivacemente in cerca della guaritrice, parlando sulle grida della donna.

 

Chingachgook e Hopocan non erano soli e si guardarono a vicenda prima che Hopocan facesse un grugnito di divertimento, scuotendo la testa in modo derisorio.

 

"Che stranezza di ragazzo, con i capelli rosso fuoco," disse Hopocan dopo un po'. "Mi piaceva. Ha spirito."

 

Chingachgook concordò mentre i suoi pensieri deviarono verso i ragazzi e Tankawun. Hopocan glielo lesse facilmente.

 

"Staranno bene," Hopocan disse in Delaware. "Invocherò il Signore della Vita per la protezione."

 

"Facciamo i legami di tabacco," disse Chingachgook e gli uomini si prepararono per meditare.

 

 

Fu il pomeriggio seguente quando gli uomini e Tankawun emersero dalla radura che conduceva alla fattoria degli Stewart.

 

Tankawun era infagottata con le pelli d'orso contro il freddo, tenendo un cesto di medicine preso dai guaritori dell'accampamento. Le sue dita erano intirizzite per il freddo mentre fissava il casolare oscurato e la fattoria circostante.

 

"Non penso che qualcuno sia qui..." lei sussurrò nella sua lingua nativa ai fratelli, che poi accelerarono il passo.

 

Nathaniel corse dentro, chiamando Annabel e le sorelle. Uscendo fuori, disse al gruppo riunito che il casolare era davvero abbandonato.

 

Uncas era emerso dal fienile. "La mucca è là. Annabel le ha lasciato abbastanza cibo per giorni. Non si aspettava di tornare immediatamente quando è partita."

 

Nathaniel cercò di pensare e alla fine chiese a Stephen dove sarebbe potuta essere la signora Stewart.

 

Stephen strascicò i piedi contro il suolo coperto dalla neve e fece spallucce, riflettendo. "Beh, so che se io fossi al posto della signora Stewart non vorrei stare seduto a casa ed essere inutile. Suppongo che sia andata a casa dei Newsom. E' a circa un miglio di distanza da qui. Tua moglie e sua sorella erano là. Lei me lo ha detto."

 

"Andiamo, allora," affermò Nathaniel, poi si voltò e parlò gentilmente a Tankawun in Delaware. "Penso che la cosa migliore sia che tu rimanga qui, Tankawun. Ti preparerò un fuoco e mi assicurerò che tu sia sistemata."

 

Tankawun scosse la testa ostinatamente, ma sembrava affaticata. "Vorrei dare una mano. La nostra guaritrice Tallegewi mi ha mostrato come fare il brodo. Se tua moglie o le altre donne si ammalano, dobbiamo tenere una cerimonia di guarigione e cercare di costruire un piccolo alloggio sudatorio. E' una fortuna che noi siamo così vicini al fiume congelato."

 

"Che cosa c'è là?" chiese Stephen con curiosità, indicando il suo cesto intrecciato. Tankawun comprese le sue parole e replicò che esse erano delle speciali erbe curative e offerte di tabacco per gli spiriti, tra le altre cose. Nathaniel tradusse mentre loro affrettarono di nuovo il percorso, dirigendosi verso casa dei Newsom.

 

"Spiriti?" chiese Stephen curiosamente, quasi inciampando su una radice di albero.

 

Uncas annuì. "Noi crediamo che gli spiriti abitino in ogni cosa, nella natura. Ogni animale che uccidiamo per mangiare, ogni ramo che tagliamo, noi preghiamo lo spirito che vi abita. Essi sono chiamati manetu. Le erbe lì dentro servono a uno scopo speciale, insieme al brodo. Deve essere preparato attentamente e mosso nella direzione in cui la luce del sole viaggia quotidianamente - da est a ovest."

 

"Oh... sembra interessante. Speriamo che non dovremo usarle," Stephen replicò mentre coprirono più terra.

 

Tankawun era veramente stanca e questo rallentava considerevolmente il loro avanzamento. Circa un'ora dopo, Stephen indicò un camino fumante e una fattoria piuttosto grande. Una staccionata in legno circondava il perimetro della fattoria e tutti loro videro una donna dai capelli scuri all'esterno, che stava gettando l'acqua di una grossa bacinella nella neve.

 

Nathaniel fece un desideroso passo in avanti. "Cora!" chiamo lui, guardando la donna voltarsi lentamente.

 

Era Annabel, la sua faccia pallida e segnata dalla preoccupazione. "Ragazzi!" lei chiamò e accennò un sorriso quando si alzò.

 

"Signora Stewart, siamo andati a cercarvi nella vostra fattoria," disse Stephen mentre si affrettò ad andarle incontro e prenderle la bacinella dalle mani.

 

"Non potevo sopportare il pensiero di lasciare le ragazze da sole, qui," replicò Annabel con angoscia evidente. "Il signor Newsom è ancora molto debole, e non penso..." il suo respiro si bloccò. "Non penso che Priscilla supererà la notte."

 

Uncas entrò nel casolare, notando le finestre di vetro, la luce del fuoco che danzava contro le pareti di legno. Aggrottò le ciglia poiché l'odore dei malati assalì i suoi sensi.

 

Contro la parete del casolare c'era un lungo mucchio di fieno e delle coperte su di esso; in posizione prona, c'era un piccolo uomo che tremava, anche se il casolare era caldo. Cora era inginocchiata accanto all'uomo, tenendogli la mano.

 

"Uncas?" giunse la voce di Cora, mentre lei lo guardò sbattendo le palpebre, meravigliata. Nathaniel corse da sua moglie e l'abbracciò stretta.

 

"Dov'è Alice?" chiese Uncas prima che potesse fermarsi.

 

"Qui..." lui sentì la sua voce e avanzò lentamente verso il letto, all'estremità. Alice era seduta accanto a una donna robusta, le asciugava la fronte febbricitante mentre la donna si girava irritabilmente per il delirio. Uncas si sforzò di sentire il debole borbottio della donna.

 

"Amy...dove..." la donna si lamentava nel sonno, agitandosi e tremando.

 

"Alice," lui sussurrò,  comprendendo appieno le sue maniche arrotolate, il suo volto tirato, i suoi capelli raccolti; ciocche flosce di capelli che le si attaccavano ostinatamente sulla fronte per il sudore. Lui si sentì sopraffatto dall'emozione nel vederla apparire così triste e sconfitta.

 

"Il signor Newson stava bene, poi improvvisamente è crollato di nuovo. Si sta riprendendo lentamente. Penso che la signora Newsom ci stia lasciando. Forse stanotte," sussurrò Alice, continuando a fare i bendaggi sul viso rovente della donna con la pezza umida.

 

"Quali sono i suoi sintomi?" chiese Uncas, toccando con un dito il collo della donna e notando il suo battito debole.

 

"Sta andando a fuoco per la febbre, ma trema di freddo. Prima di cadere in questo delirio, si lamentava di una sete estrema, ma la sua gola è chiusa. Non riesco a farle bere niente." Alice posò la pezza nella bacinella d'acqua e sospirò, facendosi scorrere le dita sulla tempia. Dopo un momento, proseguì.

 

"Non può essere febbre gialla. Quella viene nei mesi più caldi. O scarlattina; non ci sono eruzioni cutanee rosse su nessuno dei due. Non è morbillo, e non è sifilide -"

 

"Shh... siamo venuti per aiutare. Adesso riposati, Alice," mormorò Uncas, che la fissava ancora.

 

Alice scosse la testa e poi si voltò, facendo un triste sorriso a Stephen Mason. I suoi occhi slittarono da quelli del ragazzo per un momento e un'espressione chiusa, attenta è arrivata sul suo viso.

 

Uncas si voltò e osservò mentre Tankawun si avvicinava ad Alice, con gli occhi compassionevoli. Pronunciò alcune parole delicate e le ragazze si salutarono.

 

Nathaniel fece grandi passi verso il letto con Cora e poi presentò ad Alice le erbe che loro avevano portato. Alice annuì in silenzio, i suoi occhi si spostavano da Tankawun a Uncas, prima di cominciare in silenzio la pulizia del viso della signora Newsom.

 

Ore dopo, Nathaniel sostenne il signor Newsom mentre Cora gli versò in bocca il brodo che Tankawun aveva preparato. Tankawun era seduta vicino al fuoco, gettandovi dentro pezzetti di corteccia e piante; la stanza si riempì di una fragranza legnosa, di pino, e si sentivano mormorii di parole.

 

"Che sta facendo?" chiese Annabel mentre lavava lenzuola sporche in una grande bacinella d'acqua. Stephen guardava tutto questo in silenzio mentre aiutava Annabel.

 

Uncas e Alice erano ancora seduti accanto a Priscilla Newsom, che aveva preso una svolta per il peggio. Uncas replicò semplicemente, "Per protezione."

 

Nathaniel fornì dei particolari. "Sta bruciando il cedro rosso per respingere gli spiriti maligni."

 

Tankawun si alzò in piedi con un'espressione concentrata e prese dal suo cesto pezzetti di ciò che sembravano radici nodose e le mise da parte. Esaminando silenziosamente il casolare, indicò alcuni recipienti di vetro su un tavolo vicino al focolare e parlò a Uncas.

 

Srotolandosi lentamente dalla sua posizione accanto alla signora Newsom, Uncas prese rapidamente i recipienti e li riempì d'acqua con la grande caraffa che stava sul tavolo, posizionando un recipiente sul pavimento vicino al signor Newsom, ancora indebolito e addormentato, e un altro delicatamente a terra, vicino al letto occupato da Alice e dalla donna malaticcia.

 

Allo stesso tempo, Tankawun cominciò attentamente a scuotere le radici di tutta la sporcizia, e le pulì con un angolo della sua pelle con estrema attenzione. Stando in piedi, lei pose cautamente una radice nel recipiente accanto al signor Newsom, e si accovacciò a terra accanto al letto, posizionando l'altra radice in quel recipiente. Ritornò al suo posto accanto al fuoco e si mise seduta, come se stesse aspettando.

 

Gli Inglesi nella stanza sembravano molto perplessi. Soltanto Nathaniel e Uncas trovavano ciò estremamente naturale.

 

Il tempo passava. Tankawun si alzò silenziosamente ed esaminò ciascuna delle radici presenti nei rispettivi recipienti per lunghi istanti.

 

Alzandosi, lei parlò agli uomini in Delaware. "Il marito vivrà. Le radici galleggiavano e i miei sensi mi dicono questo. La moglie non vivrà. Ho pregato Mannitto ma non c' è nulla da fare. Ora pregherò soltanto affinché il suo trapasso sia veloce e indolore, e affinché lei si ricongiunga ai suoi padri con un cuore aperto e senza rimpianti."

 

"Lei ha avuto molti problemi nella sua vita. Il suo cuore era appesantito da questo," disse Tankawun in aggiunta, e si inginocchiò accanto al signor Newsom, prendendo la sua mano fiacca.

 

Nathaniel diede l'infausta prognosi in inglese a vantaggio degli altri abitanti del casolare, e Alice chinò lo sguardo sulla sua paziente, in un'incredulità stordita. "No..." sussurrò.

 

Alice condivise degli sguardi frenetici con sua sorella e Annabel. "Tankawun, sono sicura che tu puoi aiutarla! Non tenterai?"

 

"Già lo ha fatto, Alice," replicò Uncas, sedendosi accanto a lei. "Abbiamo fatto tutto il possibile."

 

"E io vi ringrazio tutti, ma lei non può morire. Il dottor Braddock presto sarà qui. Forse porterà un pastore. Non può allontanarsi da questa vita senza che le venga data l'estrema unzione!"

 

Gli altri non dissero niente per un momento, finché Cora andò vicino a suo marito e disse in una voce che suonava priva di forza, "Alice, dobbiamo riposare. Abbiamo fatto ciò che potevamo."

 

Cora si alzò improvvisamente e andò in cerca di qualcosa in un baule, nell'estremità opposta del casolare. Riuscivano a sentirla frugare per alcuni istanti, prima che lei venisse fuori con un libro pesante, posandolo sul grembo di Alice. Era una bellissima Bibbia, ideata riccamente. Alice sembrava sollevata.

 

"L' ho trovata mentre cercavo trapunte di ricambio," disse Cora mentre si sedette di nuovo accanto a suo marito, adagiando la sua testa sulla spalla di lui. "Sembra che sia pregiata e molto antica. L'interno mostra i nomi e le date di nascita e le date di morte di ciascun componente della sua famiglia."

 

Alice fece scorrere un dito attraverso la lunga lista di nomi in una scrittura a mano minuta, arrivando ai nomi più nuovi. I suoi occhi si fermarono quando lesse –

 

Amy Clara Newsom, figlia di Gregory & Priscilla 1737-1743 Eterna Luce

Oltre alla data di morte, qualcuno aveva scritto con un inchiostro sbiadito,

Il mio amatissimo tesoro.

 

Alice sentì che stava per piangere quando guardò la pagina, pentendosi di tutte quelle volte che aveva pensato male della sua vicina, quando la povera donna sofferente aveva superato delle difficoltà con le quali lei, nella propria cieca gioventù, non poteva reggere il confronto. La perdita della sua unica bambina...

 

Aprendo la Bibbia, lei cercò i Salmi, e Cora pregò Alice di leggere qualcosa ad alta voce per l'anima di Priscilla Newsom, che molto probabilmente avrebbe lasciato tutti loro quella notte.

 

Alice lesse qualcosa dal libro e trovò consolazione. Poi Nathaniel, Uncas e Tankawun cominciarono a pronunciare ad alta voce, nella loro lingua, parole di fede e di conforto.

 

Alice scivolò sul pavimento con la Bibbia ancora poggiata sul proprio grembo e lasciò cadere la testa sulla spalla di Stephen Mason, che era seduto tranquillo vicino a lei. Alzando lo sguardo, Alice guardò negli occhi neri di Uncas e cercò di sorridere, poi chiuse gli occhi e cercò di respirare mentre pregava.

 

Fuori, la Luna si avvicinò da dietro le nuvole, mentre la notte avanzava e gli abitanti pregavano intensamente, per superare questi giorni crudeli.

 

 

Molto più tardi quella notte, Alice era ancora seduta nella stessa posizione, con la schiena appoggiata al letto, mentre osservava il lume di candela vacillante che Cora aveva messo su uno dei bauli accanto al focolare. La candela non sarebbe durata molto più a lungo.

 

La mano fredda di Priscilla giaceva penzoloni accanto a lei e Alice avvolse le sue calde dita intorno alla mano e premette una guancia sul palmo della donna. Strizzò i suoi occhi chiusi. Vivi... pensò fervidamente. Ma era inutile; Alice sapeva per esperienza, dal respiro agitato e affannoso della signora Newsom, che la donna stava vivendo le sue ultime ore.

 

Alice percepì la stanchezza su ogni pollice del suo corpo. Tutti loro avevano assegnato le porzioni di quel po' di pane che Alice aveva portato con sé, ma ciascuno di loro aveva ancora fame.

 

Adesso Alice prese il tempo per domandarsi perché Tankawun aveva accompagnato i ragazzi. Notò che Uncas era estremamente gentile e cordiale con la ragazza, persino quando Alice non riusciva a comprendere la loro strana lingua, ma aveva anche notato come i due mantenevano una distanza attenta e che c'era un'atmosfera di imbarazzo tra loro.

 

Quindi, perché lei era qui? Erano sposati? Era una strana sensazione; Alice trovò difficile guardare la ragazza Lenape che era stata favorita con tale leggiadria, ma allo stesso tempo le piaceva e la rispettava. Era buona con tutti, soprattutto con i Newsom, una famiglia di bianchi che lei non aveva mai incontrato, gente che molto probabilmente non avrebbe mai alzato nemmeno un dito per correre in suo aiuto, se le loro posizioni fossero state invertite. Alice ricordò la signora Newsom che chiamava gli Indiani "selvaggi", con tale ripugnanza e disprezzo...

 

Scuotendo la testa bruscamente al suo treno di pensieri, Alice fece cadere la mano della signora Newsom e si alzò in piedi.

 

Alice si sporse lentamente in avanti, controllò gli organi vitali della donna e la coprì in modo più sicuro con la trapunta.

 

"Come sta?" giunse la voce sussurrata di Uncas che era apparso silenziosamente accanto a lei. Alice sobbalzò.

 

"Sta bene... Voglio dire, sta morendo... ma sembra dormire più pacificamente," disse Alice velocemente, agitata dalla sua presenza.

 

Voltandosi lentamente, Alice scivolò giù sul pavimento e trascinò le ginocchia verso il suo petto, lisciandosi attentamente la sua gonna sulle caviglie e allontanandosi da Uncas. Aspettava che lui raggiungesse Nathaniel.

 

Con suo stupore, Uncas si sedette disinvoltamente accanto ad Alice e, dopo un momento, cominciò a far scorrere la punta delle dita delicatamente lungo la morbida pelle dell'avambraccio di lei. Alice si sentì il sangue accelerare dal nervosismo puro.

 

"Alice..." sussurrò lui, delicatamente.

 

"Cosa?"

 

"Ho bisogno di parlarti."

 

Alice sentì un moto di rabbia. Lui l'aveva ignorata all'accampamento mesi prima, l'aveva portata a credere che avrebbe sposato un'altra ragazza, era sparito per mesi, e adesso si degnava nuovamente di parlarle e di richiedere la sua attenzione.

 

"Adesso non è il momento per qualsiasi sciocchezza tu abbia in mente, Uncas," Alice sussurrò duramente. "Forse potrebbe esserti sfuggito, ma in questa stanza ci sono persone che stanno morendo. Mostra un po' di rispetto."

 

Uncas non disse niente, ma continuò silenziosamente a trascinare le sue dita attraverso il braccio di Alice. Alice impazientemente allontanò il suo braccio da Uncas. "Basta," lei ordinò.

 

Irritata per le sue azioni, Alice chiese a Uncas senza mezzi termini, "Cosa penserà la tua graziosa moglie?"

 

Uncas scosse la testa. "Non l'ho sposata, Alice. Non voglio un'altra donna, eccetto una."

 

Alice lo guardò brevemente dalle sue ginocchia alzate. "E' vero?"

 

Uncas confermò con un cenno del capo e cominciò a parlare. Alice lo interruppe, il suo cuore troppo pieno di emozione per ascoltare ciò che lui aveva in mente di dire.

 

"Stavo... pensando. Alla vita. E alla morte. E a cosa significa," sussurrò Alice girando i suoi occhi stanchi verso la candela pulsante vicino al focolare che ora era molto basso.

 

Uncas si appoggiò all'indietro, guardandola attentamente. "Quali sono i tuoi pensieri, Alice?"

 

Alice fu calma per un lungo momento e sembrava raccogliere i pensieri. "Mia madre è morta dandomi alla luce. Mio padre non si è mai risposato, e non ha mai amato nemmeno un'altra donna in vita sua."

 

"Il Grande Spirito voleva vederla, " disse Uncas gentilmente, "e tuo padre si è ricongiunto con i suoi padri, nell'aldilà."

 

Alice si voltò per guardarlo, i suoi occhi supplichevoli. "Magari avessi la tua convinzione. Per tutta la vita mi sono sempre sentita talmente in colpa e ho sempre desiderato ardentemente il calore dell'amore di una madre. Lei era bellissima. Cora le assomiglia." Alice sorrise tra sé e sé. "Ricci capelli scuri, occhi scuri."

 

Priscilla fece un altro lamento agitato e Alice sentì l'ululato del vento fuori, che fece scricchiolare i pannelli di vetro. Tremando, si avvicinò a Uncas. Lui fece scorrere un forte braccio intorno alla schiena di Alice, ma rimase in silenzio.

 

"Spesso ho pensato cose cattive nei confronti della signora Newsom, in precedenza. Non puoi immaginare come questa cosa mi tormenti, ora. Quando lavoravo alla sua fattoria in autunno, arrivavo a casa e la prendevo in giro... non crudelmente, ma in modo sconsiderato, di sfuggita..."

 

Uncas sembrava confuso. "Perché lavoravi per lei?"

 

"Nathaniel non te lo ha detto?" chiese Alice, lo stupore evidente nella sua voce. Uncas scosse la testa.

 

Alice sospirò. "Non importa ora. Ma quello che sto cercando di dire è che Priscilla ha sofferto molto in vita sua. Ha perso la sua unica figlia e penso che questo l'abbia resa aspra. Se lo avessi saputo, non sarei mai stata così irrispettosa. Non riesco a immaginare qualcosa di peggio che perdere un figlio."

 

Uncas appoggiò gentilmente la testa contro quella di Alice, consumato dal profumo della sua pelle e dei suoi capelli.

 

"La morte è sempre una possibilità, Alice. Niente è certo. Quando le persone a cui vogliamo bene ci lasciano, vengono a noi nei sogni per farci sapere che sono felici e in pace. Dobbiamo essere sicuri di seguire una strada corretta e non dobbiamo allontanarci da qualcosa di buono che il Signore della Vita ci manda durante il nostro percorso."

 

I loro occhi si  incontrarono. "Questo è ciò di cui devo parlarti..." Uncas mormorò. "Alice."

 

Alice allungò il collo per guardarlo più chiaramente, e chiuse gli occhi languidamente mentre Uncas mosse il braccio per tracciare la punta delle dita lungo il lato del suo collo. Uncas la guardava con desiderio, mentre Alice respirava più a fatica, guardava i suoi capelli di Luna e le ciglia che le incorniciavano le guance.

 

Chinandosi, le labbra di Uncas incontrarono quelle di Alice per un lungo bacio che lasciò entrambi senza fiato. Sedendosi leggermente più indietro, Uncas afferrò il lato del viso di Alice con il palmo della mano e le diede un dolce bacio sul lato del collo.

 

"Voglio stare sempre con te. Voglio che tu diventi mia moglie," Uncas disse alla fine.

 

Alice sobbalzò e Uncas comprese un fiume di emozioni che le scorreva sul viso; lo shock, incredulità, confusione, e felicità.

 

"Dici sul serio?" sussurrò lei, l'incredulità nella sua voce.

 

"Sì. Non dico falsità."

 

"E Tankawun?" insistette Alice. Uncas sembrò a disagio.

 

"Non è la ragazza per me. Ci sei solo tu."

 

"Ma tu hai detto... Io pensavo...Uncas, io vedevo..." Alice riusciva a mala pena a mettere insieme le parole a questo punto, poiché la speranza cominciò a riempirla completamente. Si mise a sedere dritta, esaminando intensamente il viso di Uncas.

 

"Tankawun è una brava persona. Io rispetto lei e la sua famiglia. Le ho detto che non potevo sposarla. Lei lo ha accettato," disse Uncas, cercando di non sogghignare nel vedere Alice che balbettava. Lui si sporse in avanti, i suoi occhi intensi. Uncas catturò la mano tremante di Alice nella sua.

 

Alice cominciò a sorridere. "Ma Uncas... dove vivremmo? Tu sei un cacciatore, e io ho solo cominciato a imparare come contribuire a gestire una fattoria."

 

"Ti insegnerò io. Ti mostrerò ogni cosa. Mi porterai la più grande felicità della mia vita. Sei tu quella che custodirò gelosamente."

 

Poi Alice sentì le lacrime pungerle gli occhi e si appoggiò a Uncas, avvolgendogli una mano intorno al collo. Lei pensò a tutti quelli che aveva incontrato in vita, a come avevano amato, perso, e a come avevano reagito alla loro perdita. Papà, incapace di amare un'altra donna, ma che aveva riversato sulle sue figlie affetto e tenerezza. La signora Newsom, che non aveva mai lasciato andare il dolore per la perdita di sua figlia. Il caro Duncan, che aveva sacrificato la propria vita affinché la donna che amava potesse vivere e amare un altro. Annabel, che si era lasciata alle spalle la sua vecchia vita per imbarcarsi verso spiagge lontane, dove sarebbe stata libera di stare con l'uomo che l'adorava.

 

"Sì," mormorò Alice, senza dubbi nella sua mente ora. Se era riuscita a sopravvivere alla morte della sua famiglia, un massacro, la malattia e la privazione, poteva vivere felicemente con Uncas. Lei ricordò che Annabel una volta le disse - come la reputazione è soltanto l'opinione del mondo e come voltare le spalle alla felicità sia vergognoso.

 

Uncas strinse la sua presa su di lei. Appoggiandosi al telaio del letto, Uncas e Alice parlarono sussurrando di ciò che avrebbero fatto, dove  sarebbero potuti andare, sorridendo l'uno negli occhi dell'altra. Uncas diede ad Alice un altro lungo bacio, dimenticando tutti intorno a loro.

 

Sbadigliando, Alice si appoggiò al forte corpo di Uncas e chiuse gli occhi mentre lui le accarezzava i capelli. Alice strinse forte la mano di Priscilla ancora una volta e recitò un'altra preghiera per l'anima della donna, mentre il sonno accompagnò Alice nel mondo dei sogni.

 

 

Molto presto, la mattina successiva, Chingachgook camminò intenzionalmente a grandi passi con Hopocan. Tutto ciò che riusciva a sentire era lo scricchiolio della neve sotto di lui; la terra intorno a loro era completamente silenziosa.

 

Chingachgook aveva deciso nel corso della giornata precedente di cercare i suoi figli nella colonia. Non desiderava aspettare 2 giorni e Hopocan aveva coraggiosamente acconsentito ad accompagnarlo. Era molto probabilmente annoiato. Questa era la norma.

 

Avevano raggiunto la fattoria degli Stewart e l'avevano trovata vuota. Poi monitorarono il passaggio del gruppo attraverso la foresta. Evidentemente, dopo aver trovato il casolare abbandonato, i ragazzi erano andati rapidamente verso sud.

 

Entrambi gli uomini fecero una pausa, mentre fissavano il terreno e il profilo del casolare, che offrì loro la destinazione.

 

Hopocan fece un piccolo sbuffo. "Arrivati finalmente. Guarda come questi Yengeese hanno soldi da buttare via. Guarda le loro finestre di vetro e le dimensioni della loro fattoria. Possiedono il doppio della terra, come l'altra famiglia."

 

Chingachgook annuì, facendo scorrere le dita stanche sulla propria mazza da guerra che teneva appoggiata al petto, dietro la coperta di pelle d'orso. Gli uomini si spostarono in avanti finché giunsero a una delle finestre di vetro, e Hopocan tolse del ghiaccio e dell'appannamento con le dita per sbirciare dentro.

 

"Guarda." Hopocan si voltò per fare un gesto al suo amico, la sua espressione illeggibile.

 

Chingachgook avanzò verso la finestra e scrutò l'interno. Ciò che vide lo fece bloccare.

 

Vide un uomo avvolto in coperte e trapunte, che sbatteva confusamente le palpebre verso il soffitto, troppo esausto e malato per muoversi. L'uomo giaceva sopra a mucchi di fieno coperto. Non aveva notato gli uomini indiani fuori, alla finestra.

 

All'interno del casolare, Cora e Nathaniel giacevano sopra più coperte, entrambi addormentati, uno tra le braccia dell'altra. Tankawun era rannicchiata accanto al signor Newsom, allo stesso modo addormentato.

 

Rivolgendo ulteriormente lo sguardo nella casa, riuscì a distinguere il ragazzo dai capelli rossi disteso in posizione supina, la sua bocca spalancata e le vecchie scarpe di suo padre appoggiate sul petto. Il focolare accanto a lui sprigionava braci di luce che pulsavano debolmente, poiché il fuoco non era stato alimentato durante la notte.

 

Alla fine riuscì a malapena a vedere la sagoma della ragazza Yengeese dai capelli biondi seduta a terra, con la schiena appoggiata al letto. Uncas era seduto accanto a lei nella stessa posizione, e le loro facce a riposo erano abbastanza vicine da toccarsi. La mano arricciata della ragazza giaceva sul pavimento tra loro, come pure quella di suo figlio, e a giudicare dalla loro posizione Chingachgook sapeva che si erano tenuti la mano per tutta la notte.

 

Chingachgook fece un passo indietro, composto. Sentì Hopocan dire a voce bassa, "Così giovani. E' facile dimenticare quei giorni; i giovani hanno le loro cure e preoccupazioni."

 

A questo punto Chingachgook avanzò furtivamente verso la porta d'ingresso, prevedendo di non trovarla sbarrata, mentre lentamente e silenziosamente la aprì. Entrambi gli uomini entrarono dentro.

 

Gli occhi di Nathaniel si aprirono con uno scatto e si mise dritto, in posizione verticale, la sua mano che istintivamente andò di lato per afferrare la lunga carabina, appoggiata contro la parete di fondo. Guardando obliquamente, lui chiese in Mohicano –

 

"Padre?"

 

Chingachgook annuì e replicò, "Non ti ho insegnato ad essere così impreparato."

 

Detto questo, i due uomini entrarono nel casolare. Hopocan andò ad alimentare il fuoco del camino e Chingachgook passeggiò con calma nel casolare, osservando mentre i ragazzi lentamente si svegliavano.

 

"Padre, benvenuto," disse Uncas, pronto, alzandosi in piedi mentre Alice si muoveva.

 

Chingachgook andò dalla donna che giaceva nel letto e fece aleggiare la propria mano sulla faccia di lei con un'espressione concentrata, prima di far ricadere lentamente la mano sul fianco e allontanarsi dalla donna bianca.

 

"Andata," disse lui semplicemente.

 

"Andata dove?" chiese Alice, ancora molto insonnolita. Si stropicciò gli occhi con un sussulto.

 

"Andata a ricongiungersi con il Creatore di Tutta la Vita," replicò Chingachgook e un calmo silenzio cadde sugli abitanti. Alice si alzò affrettandosi e fece capolino per sbirciare la signora Newsom. Uncas stava in piedi accanto a lei e Alice si appoggiò leggermente a lui.

 

"La notte scorsa le ho tenuto la mano mentre ero tra il sonno e la veglia," sussurrò Alice. "Giuro che l'ho sentita andarsene. Uno strano sentimento mi ha attraversata. Mi sono anche svegliata proprio ora da un sogno, in cui Priscilla Newsom stava camminando fianco a fianco con la sua figlioletta. Sembrava felice."

 

"Lo è," confermò Uncas, avvolgendo un braccio intorno alle spalle tremanti di Alice. "Hai fatto quello che hai potuto. Ti sei assicurata che lei non lasciasse questa vita sola e dimenticata."

 

Chingachgook osservò il modo tenero in cui suo figlio parlava con la giovane ragazza bianca, come lei lo fissava intensamente... e lui si rassegnò a questo. Che Uncas aveva scelto come moglie e madre dei suoi figli una donna Yengeese, come sua compagna per la vita. Aveva sempre detto ai suoi figli che il cuore di un uomo non poteva essere comandato; questo lo aveva imparato e constatato durante i suoi giorni.

 

Ma adesso la questione più urgente era il corpo della donna Yengeese defunta e suo marito, che era ancora debole.

 

"Dobbiamo esaminare il corpo. E' morta per la febbre. Non può restare qui," disse Chingachgook in inglese, camminando verso la donna e coprendole gentilmente il corpo, pronunciando parole di preghiera.

 

Lo sguardo di Alice era timido, la sua voce esitante mentre si avvicinava a Chingachgook. "Come possiamo seppellirla se il terreno è congelato?"

 

"Non lo facciamo," replicò Chingachgook, serio. "Deve essere posizionata sopra la terra, coperta con dei massi, così gli animali non arriveranno a lei."

 

Alice sembrava assolutamente inorridita, scuotendo la testa mentre le parole le mancarono. Uncas le diede una stretta di incoraggiamento.

 

"Non così, Alice," disse Uncas dettagliatamente. "Costruiremo una bara per lei. Quando il suolo si scongelerà, potrà essere seppellita. I massi la proteggeranno dagli animali selvatici. Questo è tutto quello che possiamo fare."

 

Alice rabbrividì al pensiero di un cadavere sopra la terra, poi improvvisamente si ricordò di Gregory Newsom.

 

Attraversando di corsa il casolare, Alice cadde in ginocchio accanto all'uomo, sul suo giaciglio di fieno improvvisato. "Signor Newsom!" Lei notò con gratificazione che l'uomo era vivo e lucido.

 

"Dio è veramente buono e misericordioso, signor Newsom, per avervi risparmiato," sussurrò Alice, toccando delicatamente la mano dell'uomo. "Ma vostra moglie..."

 

"Lo so, piccola... lo so." Sembrava debole. "Si è ricongiunta alla nostra piccola Amy."

 

Alice annuì delicatamente. "Avete bisogno di qualcosa, signore?"

 

Uncas e suo padre osservarono il dialogo in silenzio. Chingachgook esaminò la ragazza, poi diresse la sua voce verso suo figlio –

 

"Allora, hai scelto? La prenderai come moglie?"

 

"Sì, padre."

 

"Lei acconsente?"

 

"Sì. Costruiremo una casa in primavera."

 

"E' veramente questo ciò che entrambi desiderate?" Uncas annuì.

 

Chingachgook notò Tankawun che stava in piedi di lato, a impacchettare il suo cesto con concentrazione, ma lui sapeva che la ragazza stava ascoltando.

 

"Allora il mio cuore è felice per te, figlio mio." Detto questo, Chingachgook si unì a Hopocan e fece i preparativi per rimuovere il corpo e occuparsi dell'uomo debole che avrebbe avuto bisogno di cure.

 

 

Più tardi il sole stava scendendo nell'orizzonte, quando il gruppo lasciò il casolare.

 

Chingachgook e gli altri uomini avevano costruito frettolosamente una bara di legno per la donna deceduta e ve la posizionarono dentro, nel bosco e con massi impilati sopra. Le donne e Stephen si affollarono intorno alla bara e pregarono. In seguito, Alice scrisse il nome di Priscilla Newsom nella Bibbia con semplicità, sotto il nome di sua figlia.

 

Coprirono per bene il signor Newsom e i ragazzi lo sollevarono e tutti quanti si incamminarono verso casa degli Stewart.

 

Cora e Nathaniel camminavano vicini, appoggiandosi l'uno all'altra per sostenersi. Cora si avvolse strettamente la coperta addosso poiché tremava, il respiro le usciva dalla bocca in sbuffi di bianco.

 

"Nathaniel, che facciamo adesso?" chiese lei, stanca.

 

"Aspettiamo fino a primavera e troviamo una casa. Dobbiamo ancora decidere dove... ancora non ti piace il pensiero di dirigerci verso ovest?"

 

Cora lo fissò da sotto le ciglia. "Non posso concepire l'idea di vivere lontana da Alice. Adesso so che sembra essersi riconciliata con tuo fratello..."

 

Nathaniel si sporse in avanti e la baciò dolcemente, poi sospirò. "Tra loro c'è un legame forte, moglie. Sono sopravvissuti alla guerra, massacro, malattia... separazione. Staranno bene. Suppongo che dovremmo pensare a noi. A quale vita faremo insieme, e ai bambini."

 

Cora arrossì come una ragazzina, ricordando la sua notte di nozze. "Bambini... Nathaniel, sarei così felice con un bambino."

 

Suo marito sogghignò. "Mi sento allo stesso modo." Il suo tono diventò serio.

 

"Cora," disse Nathaniel lentamente, "vivere in questa terra ti ha dato un' idea abbastanza buona di come sarebbe la vita. C'è sempre la possibilità di malattie e guerre. La vita non sarebbe facile. Ma io farei qualsiasi cosa per te. L'ho fatto sin da quella notte sotto le stelle, quando avevamo parlato dei Cameron."

 

Cora si sentì ricoperta da amore e pace. La sua vita era cambiata irrevocabilmente, ma in ogni modo aveva trovato il suo compagno in questo forte, determinato uomo americano che con lei era tenero e paziente.

 

"Che cosa dobbiamo fare stanotte, Nathaniel?"

 

"Ritornare dagli Stewart. Domani ritorniamo all'accampamento, poiché la madre di Tankawun deve essere fuori di sé per la preoccupazione. Dobbiamo discutere su cosa fare con il signor Newsom. Se tutto va bene, James ritornerà stanotte."

 

Cora non rispose, e invece girò gli occhi guardando in lontananza mentre il vento gelido le sferzava i capelli. Per una volta non pensò al futuro, ma al presente, e a quanto fosse preziosa, bellissima e incerta la vita.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Annabel e James camminarono intorno al perimetro del lago una volta congelato, mano nella mano.

 

"Quale mese pensi che sia?" chiese James, rompendo il silenzio.

 

Annabel fece una pausa e gettò uno sguardo intorno, pensando. Alla fine replicò,

 

"Direi la fine di marzo, mio caro. Forse persino aprile. Ieri ho individuato una coppia di oche, come anche formicai; anche la linfa ha cominciato a emergere."

 

James annuì piacevolmente. "Non ho dimenticato la nostra discussione sul grano che cresce. E' un tentativo un po' rischioso, ma ne parlerò con Nathaniel. Mi aiuterà a ripulire un tratto di bosco."

 

"Sarebbe meraviglioso," replicò Annabel, "ma tieni presente che molto probabilmente Nathaniel e Cora ci lasceranno presto, in cerca di terra."

 

"Mi ero dimenticato," disse James con un lamento e una scrollata della sua testa bionda. "Anche se devono ancora decidere in quale direzione andare."

 

"Veramente non l'hanno deciso?"

 

"No. Cora sta dimostrando di essere un po' problematica a tal riguardo. Alla fine forse staranno vicino a Uncas ed Alice; e la nostra intrepida Alice non vuole dirigersi verso un qualche lontano ovest, guerra o non guerra."

 

Annabel si appoggiò in modo riservato. "Non dimentichiamo che è il luogo verso cui Chingachgook si metterà in viaggio, all'inizio dell'estate. Attraverserà i Monti Appalachi; e ho la sensazione che Alice non desideri... diciamo, disturbare l'uomo."

 

James rise sotto i baffi. "Sì, non penso che Alice si senta ancora a suo agio con lui. Ciò che ho sentito dire per caso è che lui era sempre stato molto severo con Alice e che praticamente l' ha fatta scappare dall'accampamento, quando era andata a trovare Uncas l'anno precedente - povera, coraggiosa Alice!"

 

Annabel rise musicalmente mentre ricordava il pandemonio di quel giorno. Dopo pochi istanti, diventò seria.

 

"Ma Chingachgook ha fatto dei grandi sforzi, direi, per rettificare la cosa. Uncas è completamente cotto di Alice, e sono certa che suo padre comprenda che non sarebbe prudente sembrare meno affezionato alla nostra ragazza."

 

James fece spallucce. "E' molto gentile con lei. Ti ricordi l'altro giorno, quando stavano camminando insieme e hanno parlato un bel po'? Alice è una ragazza dolce e le persone sono attratte da lei, come le api lo sono dal miele."

 

Annabel improvvisamente si fermò e fece scorrere un dito pallido, sottile sulla corteccia di uno dei pioppi che circondavano il lago. Guardò quasi timidamente suo marito, aprì la bocca per parlare, poi si fermò scuotendo la testa.

 

"Che c'è, bella moglie?" James fece un sorriso sbilenco. "Hai qualcosa da dire al tuo povero marito? Sputa il rospo, ragazza."

 

Annabel guardò in basso, verso i piedi e rimuginò per un po', muta.

 

James chinò la testa in atteggiamento ipotetico. "Capisco..."

 

"Davvero?" Annabel alzò lo sguardo, spaventata.

 

"Sì," James fece uno sguardo ferito, triste. "Mi stai lasciando per Gregory Newsom."

 

Annabel colpì suo marito sul braccio, sembrando di cattivo umore.

 

"E' vero, " continuò James mentre Annabel strofinava il suo braccio. "L'uomo ha finestre di vetro e quei noiosi libri che a te piacciono tanto. Ammettilo."

 

"James Stewart! Non è un comportamento da gentiluomo parlare così. Il pover'uomo ha perso sua moglie solo 2 mesi fa."

 

"... e tutta quella terra, le sue preghiere e le sue maniere untuose."

 

Annabel scosse la testa, chiedendosi per la millesima volta dove volesse arrivare James con questi scherzi e idee stupide.

 

"Intendi dirmi che..." chiese James supplichevole, con le mani piegate in atteggiamento di supplica, "che non mi lascerai solo per diventare la moglie di quel predicatore?"

 

Sua moglie sospirò e girò gli occhi. "No, James. Se il mio dirlo ti farà sentire più a tuo agio, non ti lascerò. Mai, nemmeno per un singolo giorno."

 

"Evviva!" esclamò James allegramente, poi si piegò in due, in un impeto di risatine. Annabel aspettava che finisse.

 

James si alzò dritto in piedi, asciugandosi gli occhi. "Io...io mi faccio ridere da solo. L'idea di te e lui. Ti farebbe annoiare a morte."

 

"Se hai finito del tutto di divertirti a mie spese, in effetti c'è qualcosa che devo dirti."

 

James avvolse in modo tonificante un lungo braccio intorno alle spalle di sua moglie, poi la condusse verso un tronco.

 

"Siediti," le ordinò gentilmente, "ma non per molto tempo, eh? Odio stare seduto in silenzio, come se stessi in chiesa." Si sedette in attesa, con la faccia illuminata dall'interesse e da tracce di risata.

 

Annabel posò il palmo della mano su quella di suo marito e sembrava cercare dentro di sé le parole.

 

"Da dove dovrei cominciare, caro..."

 

"Dall' inizio," replicò James in tono incoraggiante, dandole un piccolo bacio sul naso e sorridendole gentilmente.

 

Annabel si schiarì la gola. "Sono andata a fare visita a Megan pochi giorni fa, quando tu eri fuori nei campi con Uncas e Nathaniel. Ho trascorso la mattinata con lei."

 

James annuì, ma si chiedeva quale fosse esattamente il punto della conversazione. I suoi pensieri cominciarono a vagare. A lui piaceva Margaret Lancaster, ma preferiva di più parlare senza sosta con Robert e bere alcolici con lui, fino a cadere stecchiti. L'ultima volta che Robert era tornato a casa ubriaco a mani vuote, senza essere andato né a caccia né a pesca, Meg aveva inseguito suo marito intorno alla fattoria con un manico di scopa; poi gliele aveva date di santa ragione.

 

James sorrise per il tenero ricordo, ripensando alle suppliche e alle risate di Robert.

 

"Mi stai ascoltando?" chiese Annabel, incrociando le braccia sul petto, sembrando scontenta.

 

"Ma certamente, mio gioiellino, tesoro, mia bella moglie!" disse James brillantemente. "Stavi dicendo che... ehm...Qualcosa che riguardava Meg, e penso di aver sentito qualcosa su Nathaniel."

 

Gli occhi di Annabel si strinsero, "Tu veramente mi sorprendi, James. Successivamente ho detto che sono stata un po' male e che Meg è riuscita a stabilire la fonte del mio malessere."

 

James sembrava preoccupato. Si sporse in avanti e abbracciò stretto sua moglie, spaventato.

 

"Che cos'è, mio amore?" chiese lui. "Devo andare di nuovo a prendere il dottor Braddock? Stai bene?"

 

"Più che bene," replicò Annabel con una voce smorzata, svicolandosi dallo stretto abbraccio di James. "Meglio più che mai. James..."

 

Annabel guardò suo marito, con i suoi occhi splendenti.

 

"Dio ha risposto alle mie preghiere di ogni notte. James, stiamo per avere un bambino."

 

James si appoggiò all'indietro, esterrefatto. "Un cosa?"

 

"Un bambino, James! Un bambino tutto nostro. Meg crede che nascerà in agosto."

 

"Un bambino," disse James delicatamente. "Un bambino piccolo."

 

Annabel annuì, la sua faccia illuminata dal sorriso più accecante e radioso che James avesse mai visto sul grazioso volto di sua moglie. 

 

James balzò sui propri piedi con un urlo estasiante, lanciando il cappello in aria, cosa che di solito faceva quando era sopraffatto dalla felicità. Anche Annabel rise e si alzò, gettando le braccia intorno a suo marito. James la sollevò in aria e la fece girare, ricoprendola di baci sulla faccia.

 

James si fermò, si allontanò da Annabel, cercando la sua faccia e sembrando al di là delle parole. Si guardarono l'un l'altra per lunghi istanti prima di abbracciarsi, questa volta delicatamente. James posò una mano sulla parte posteriore della sua testa e sospirò.

 

"Vieni," mormorò James, "diciamolo alle ragazze."

 

Annabel annuì e sorrise. Afferrandogli la mano, corsero su per il sentiero baciato dalla rugiada, diretti verso il loro casolare, ridendo, mentre uno stormo di oche volava in alto e il vento sferzava i capelli di Annabel intorno a loro.

 

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"Un bambino!" urlò Cora con un'animazione e un'eccitazione che non erano proprio da lei.

 

Cora e suo marito sorrisero entrambi; Nathaniel cominciò a stringere con forza la mano di James e lo colpì sulla schiena per fargli le congratulazioni.

 

I coniugi Poe erano seduti al tavolo di legno nel casolare, immersi in una discussione, quando gli Stewart arrivarono. Annabel si mise a sedere con calma, ma sorridente. Poi cominciò a chiedere cortesemente di Chingachgook e dello stato di cose nell'accampamento, ora che i Lenape stavano cambiando di nuovo i loro terreni di caccia, dato che la primavera era arrivata. Nathaniel era nel bel mezzo del rispondere che l'accampamento si sarebbe trasferito presto molto più vicino all'insediamento, quando James aveva cominciato a gridare del bambino.  

 

"James..." Annabel si lamentò, arrossendo. Lui ignorò sua moglie.

 

"Sentite tutti? Sto per diventare un papà!" Sfrecciò eccitato per la stanza, tirando fuori la sua bottiglia di whisky dal ripostiglio, in un piccolo baule.

 

"Questo è solo per le occasioni speciali," si entusiasmò, aprendola e facendo un sorso.

 

Annabel girò gli occhi. "Due giorni fa non era qualcosa di speciale il fatto che tu e Robert andavate gironzolando ubriachi, dando spettacolo."

 

"Robert Lancaster cadde nel fiume," spiegò Cora a suo marito, ridacchiando. "E... e poi James pensò che sarebbe stato divertente lasciarlo lì a nuotare per un po'."

 

Annabel scosse la testa in un frustrato raccoglimento. "Le urla dell'uomo mi portarono dal casolare al fiume. Affermo che l'intera Valley debba aver sentito le sue bestemmie. Nel frattempo, mio marito, dimostrando il calibro di amico che è e la profondità del suo cameratismo, lo stava colpendo con le ghiande dalla riva del fiume."

 

"Sì," disse James in tenero ricordo. "Ho dovuto ripescarlo fradicio come una trota e lasciarlo a casa sua." 

 

Cora andò a controllare l'andamento del pasto serale, e girò lo stufato prima di richiamare gli altri. "Amici, sono fuori di me dalla felicità. Un bambino è una tale benedizione, davvero."

 

"Sono assolutamente d'accordo, signora Poe," sogghignò James mentre stava passando la bottiglia a Nathaniel. "A pensare che alla fine dell'estate avrò un piccolo principe o una principessina che accompagnerà la mia piccola regina."

 

Annabel sogghignò felicemente.

 

"Cora, lo stufato che stai preparando sembra molto invitante," mormorò Annabel dopo qualche istante e Nathaniel annuì piacevolmente.

 

James si alzò e gettò sbadatamente la bottiglia nel cesto di Alice, accanto al letto.

 

"James -  Quel cesto appartiene ad Alice. Per piacere, togli cortesemente da lì la tua bottiglia di alcool e mettila al suo posto, grazie." Annabel disse ciò severamente, ma James fece semplicemente spallucce.

 

"Non le dispiacerà."

 

"A me dispiace," replicò Annabel, aggrottando leggermente le ciglia.

 

Cora si mise a sedere e improvvisamente si intromise. "Dov' è andata mia sorella, a proposito? Sono ore che non la vedo."

 

"Sta con Uncas, Cora. Starà bene," replicò Nathaniel.

 

Cora tacque, sentendosi a disagio. Aveva completa fiducia in Uncas, ma pensava che non fosse appropriato per la giovane coppia trascorrere così tanto tempo insieme, senza sorveglianza.

 

"James e io costruiremo una culla per il bambino nei prossimi mesi," Nathaniel rivolse questa frase ad Annabel, "e per qualsiasi altra cosa pensi di avere bisogno, non esitare a chiedere, Annabel."

 

Annabel sorrise brillantemente, poi la sua espressione cambiò per la confusione. "Ma supponevo che voi ci avreste lasciati presto per stabilirvi verso ovest."

 

Nathaniel e Cora si scambiarono silenziosamente degli sguardi, prima che Nathaniel replicasse.

 

"Ci abbiamo pensato su un bel po'. A cos'è importante per noi e a cosa ci porterà il futuro. Cora e io abbiamo deciso di restare a est. Cercheremo la terra qui e costruiremo la nostra casa. La mia sensazione è che Alice sia a posto. Guerra o non guerra, vogliamo stare insieme, suppongo."

 

James li illuminò con la sua espressione esultante e Annabel sembrava sopraffatta dalla gioia.

 

"Amici miei," mormorò Annabel, "mi avete dato la notizia più bella che io abbia ricevuto da molto tempo, oltre a quella del bambino. Mio marito e io rispettiamo molto il vostro pensiero di stabilirvi nella valle dell' Ohio  e ne approviamo la solidità, ma la vita non è mai una promessa e si dovrebbe dare più premura ai propri cari, stando loro vicino.

 

Tutti erano d'accordo su questa affermazione e furono interrotti da un forte bussare alla porta.

 

Cora credeva che fosse sua sorella e corse rapidamente verso la porta, aprendola con prontezza.

 

"Oh! Stephen, mio caro, pensavo che fosse Alice. Prego, entra..." Cora si sentì leggermente delusa che il nuovo venuto non fosse la sua sorella minore smarrita.

 

Stephen Mason entrò nella sua solita maniera, con gli occhi sorridenti, fischiettando e roteando il suo vecchio, logoro cappello. Sorrise a tutti e fece un piccolo inchino.

 

"Stephen, c'è il nostro uomo!" urlò James e invitò il ragazzo a sedersi.

 

"Certamente, signor Stewart, ma -"

 

"Nulla di tutto ciò. Il signor Stewart era mio padre. Da adesso, sai di chiamarmi James."

 

"Va bene, allora. Siamo d'accordo. Ma dove posso sedermi?"

 

Nathaniel e James si alzarono in piedi e immediatamente cominciarono a cercare qualcosa che fungesse da sedia. Alla fine James afferrò il baule di Annabel e lo mise in posizione verticale, di lato, accanto al posto di sua moglie.

 

"Tu prendi la sedia, ragazzo, e io mi siedo qui, vicino alla mia bella ragazza."

 

Dopo che tutti si erano sistemati, Annabel chiese, "Spero che tu rimarrai per cena, vero ragazzo?"

 

Stephen annuì e sorrise felicemente, sentendo il dolce profumo dello stufato di manzo. Si guardò intorno.

 

"Dov’è Alice? Uncas?"

 

"Fuori, a gironzolare per tutta la Valley, da qualche parte," replicò James disinvolto, mentre le donne tirarono fuori le scodelle e i boccali e cominciarono a servire i commensali. Era anche incluso il pane che Annabel aveva sfornato prima. James prese un enorme boccone di stufato di manzo e patate e parlò rumorosamente, con la bocca aperta.

 

"Ah, che bello essere giovani e innamorati!"

 

Annabel sembrava pronta a fargli una ramanzina sulle sue atroci maniere a tavola ma si fermò, troppo contenta per tormentare suo marito. Intrecciando le proprie dita con quelle di lui, si sorrisero a vicenda.

 

Nathaniel cominciò a dare una spiegazione frettolosa agli abitanti del casolare; lui aveva dovuto aiutare a fare i preparativi per trasferire l'accampamento e spostarsi con loro verso la Valley, un processo che potrebbe richiedere all'incirca una settimana.

 

La testa di Stephen si alzò velocemente, poiché i suoi pensieri furono trasportati verso la deliziosa ragazza Delaware che aveva incontrato mesi prima.

 

"Credo di poter venire e darvi una mano," disse Stephen in quello che sperava essere un tono di voce indifferente.

 

James gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere, piegandosi in due. Le donne sembravano divertite, ma lottarono per nasconderlo. Nathaniel sembrava impassibile, ma perplesso.

 

"Tu lo fai, ragazzo," disse James, ansimante per la sua allegria finita. "Ritorna da noi trafitto da 50 frecce, sufficienti per rifornire la nostra catasta di legna. O meglio ancora, ricopriti di catrame e piume come un pollo, quando andrai... Bene, dal momento che hai tutta questa fretta di sacrificarti a loro."

 

"J.. James.." ansimava Annabel con una risata trattenuta e Cora dondolò sul suo posto, essendo scoppiata in risatine mentre si immaginava la scena; un pollo sacrificale con capelli rosso fuoco su un altare.

 

Stephen ridacchiò con loro e fece spallucce, essendo un tipo che non si offendeva mai. La risata si smorzò dopo pochi minuti.

 

"Perché?" parlò Nathaniel, guardando acutamente il ragazzo. Stephen era stato dannatamente fortunato l'ultima volta che era entrato disinvolto nell'accampamento, nel senso che gli abitanti non avevano reagito in modo agitato. 

 

"Non c'è una ragione, Nathaniel. Credo solo che potrei aiutarti molto."

 

"Abbiamo molti uomini validi e robusti che possono farlo."

 

"Lo so ma potrei... Non so... Trasportare delle cose per te. Era solo un'idea."

 

Nathaniel non sembrava molto convinto, ma lasciò stare la cosa; suo padre aveva ragione su Stephen Mason. Era un ragazzo estremamente particolare, ma non si poteva negare che avesse spirito.

 

 

Alice si rinfrescò i piedi nudi nell'acqua corrente del fiume, arrossendo quando percepì Uncas guardarla intensamente. Voltandosi leggermente verso la sinistra, lo deliziò con un sorriso esitante.

 

"Come sta tuo padre?" chiese Alice, mettendosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.

 

"Sta bene," replicò Uncas, mentre ancora la scrutava. "Sta facendo i preparativi per spostarsi a ovest presto."

 

"Quando?" chiese Alice, cambiando espressione. Lei si sentiva ancora leggermente a disagio al pensiero del vecchio patriarca Mohicano. Forse Chingachgook ce l'aveva con lei e sentiva che Alice aveva intrappolato suo figlio a restare a est.

 

"Presto," fu la replica solitaria di Uncas, stringendole la mano. Le loro labbra si incontrarono e Alice sospirò interiormente per la vertiginosa, piacevole sensazione che davano questi incontri intimi. Appoggiandosi all'indietro, Alice guardò Uncas senza fiato. Lo sguardo di lui era inflessibile.

 

Da quando si era riconciliata nel tardo inverno, la giovane coppia aveva cercato di trascorrere insieme quanto più tempo possibile, ma ancora entro limiti ragionevoli. Alice continuava a lavorare nella fattoria accanto a James, e Uncas trascorreva molto tempo con suo padre all'accampamento.

 

Uncas aveva lo sguardo intenso, irremovibile di suo padre, ma infuso di calore. Alice si sentiva timida e nervosa in molte occasioni, in cui si trovava ad affrontare lo sguardo silenzioso e indagatore di Uncas. Era una sensazione completamente sconosciuta per lei, prima del suo arrivo nelle colonie. Alice sentiva tremare le proprie interiora e riempirsi di calore liquido al più semplice tocco della mano di Uncas, e tutti i pensieri le volavano via dalla testa.

 

Alice ricordò con una chiarezza imbarazzante, pochi giorni prima, dietro la casa degli Stewart, accanto al pascolo delle mucche, quando Uncas si era chinato a baciarla con una tale intensità e passione che Alice aveva sentito il suo cuore batterle follemente. Non riusciva a ricordare dove fosse o che cosa stesse veramente succedendo; e la cosa più strana di tutte, è che lei non riusciva a respirare. La sola cosa che riusciva ad ascoltare era il cuore che le martellava la testa. Dopo aver interrotto il bacio, Uncas aveva poggiato la propria fronte su quella di lei e i suoi occhi ardevano con una domanda... Alice era troppo agitata e scomposta per valutare veramente la situazione in tal caso.

 

Alice ricordò con leggero disgusto come Jeremy le sbavava tutta la faccia e come lui si arrabbiava quando Alice esprimeva il suo malcontento. Tutto sommato, era stato l'inizio della fine per Alice e Jeremy Forsythe.  A questo punto, lei aveva cominciato a capire che non avrebbe mai trovato la felicità con Jeremy.

 

"Va tutto bene?" chiese Uncas, sembrando preoccupato.

 

 

"Sì," Alice batté gli occhi rapidamente per scacciare i ricordi spiacevoli. "I miei pensieri mi hanno portata a Londra per un momento. Va tutto bene, Uncas."

 

"A cosa stavi pensando?" perseverò Uncas, togliendole una piccola foglia dai capelli.

 

Alice lo guardò rapidamente. Cora le aveva accennato che Nathaniel gli aveva parlato del suo fidanzamento rotto con Jeremy, ma Uncas sembrò rispettare la privacy di Alice e non affrontò l'argomento con lei. Alice si chiese in breve se questa fosse una caratteristica interamente tipica della gente delle colonie, Rossi e Bianchi, poiché quasi tutti quelli che aveva incontrato qui erano incredibilmente discreti e riservati. Praticamente avevano la bocca cucita.

 

"Beh..." disse Alice esitante, alzando lo sguardo al cielo, verso bianche distese di nuvole contro il blu splendente di un giorno di primavera. "Stavo ricordando qualcosa che vorrei poter dimenticare."

 

Uncas fece scorrere un pollice incallito sulle nocche di Alice e non disse niente, ma i suoi magnifici occhi scuri, a mandorla la spinsero a proseguire.

 

"Uncas. So che tu sai che io ero fidanzata con un altro uomo a Londra," Alice disse tutto questo molto velocemente, come se fosse felice di esprimere tutto ciò, "e ti ringrazio per non avermi fatto domande o infastidita."

 

Uncas si sedette, appoggiandosi con la schiena e la guardò, pensieroso. "Parlami di lui."

 

Alice si sentì tesa. Si sentiva sempre così, quando la conversazione andava a finire sull'uomo in questione.

 

"Si chiamava Jeremy Forsythe. Lo conoscevo sin dall'infanzia. Giocavamo in giardino quando eravamo piccoli. Durante la nostra adolescenza, lui si prese una cottarella per me e papà era felice. Come puoi già immaginare, proveniva da una famiglia con una grande quantità di denaro. Non ti annoierò con i grovigli sociali della ricchezza a Londra, ma quando venne fuori il discorso del matrimonio, io ero piuttosto giovane e non ebbi preoccupazione, con mio padre che organizzò la cosa."

 

Uncas annuì, inespressivo.

 

Alice cominciò a parlare più animatamente. "Non era l'uomo che pensavo che fosse. Fece delle avances sconvenienti e il suo linguaggio, ci avevo fatto caso, era molto osceno. Un giorno..." Alice fece una pausa, poiché questa era la parte difficile.

 

"Che cos'è successo?" chiese Uncas, i suoi occhi si strinsero.

 

Alice si schiarì la gola.

 

"Un giorno mi seguì nella biblioteca nella casa della mia famiglia e si comportò in un modo molto indecoroso, disdicevole. Si arrabbiò quando io lo rifiutai ed espressi il mio disgusto. Poi lo picchiai."

 

Alice stese la mano. "Così."

 

Alice scosse la testa, ripensando all'espressione sconvolta sulla faccia del suo amico d'infanzia.

 

Alice continuò. "Devo dire che tu non mi avresti riconosciuta, Uncas, se avessi visto com'ero diventata furibonda. Gli ho urlato che stavo chiudendo il nostro fidanzamento, che non era più il benvenuto nella casa di mio padre, che... che avrei disonorato il mio nome piuttosto che sposarlo." 

 

Uncas comprese le parole e le strinse la mano, con gli occhi che la cercavano. "Lui non l'ha presa bene, vero?"

 

Alice si lasciò scappare una risatina soffocata per la minimizzazione della cosa. "No, direi proprio di no. Cominciò a dirmi delle parole talmente crudeli; che la sua famiglia aveva avuto ragione per tutto il tempo, che poteva cercare molto di meglio della secondogenita di uno Scozzese di umili natali, una famiglia senza alcuna importanza. Disse altre cose... se ne andò," Alice concluse il racconto cupamente, raccogliendo un ciottolo e gettandolo nel fiume, guardandolo affondare.

 

Alice tirò la manica dell'abito sciupato che tutte e tre le donne mettevano e si guardò intorno. Le mani ancora le facevano male per il pesante compito di fare il bucato per gli abitanti del casolare, di inchiodare la staccionata continuamente spezzata in posizione. Ma Alice non poteva immaginare di ritornare alla sua vecchia vita.

 

Improvvisamente Alice avvolse le braccia intorno a Uncas, sospirando beatamente quando lui la strinse forte a sé.

 

"Sono felice qui, Uncas," disse Alice contro il blu scuro della sua camicia di calicò, mentre lui le accarezzava i capelli. "Non scambierei la vita nella corte del Re o di qualsiasi corte in Europa con la felicità che ho trovato qui... malgrado la perdita di mio padre e della mia vecchia vita."

 

Alice tirò fuori i piedi nudi dall'acqua, li nascose in basso e sorrise a Uncas. 

 

"So che saremo felici insieme, specialmente quando avremo una casa tutta nostra con i nostri amici e la nostra famiglia accanto."

 

Alice si chinò per baciarlo, quando Uncas improvvisamente si alzò in piedi e tirò fuori la sua accetta con una velocità sorprendente. La sua postura diceva che desiderava avere la carabina a portata di mano.

 

Alice si alzò velocemente e registrò, con una certa sorpresa, l'improvvisa comparsa della moglie di uno degli agricoltori, di cognome Clayton. Alice aveva incontrato la donna bionda, smilza soltanto una volta o due di passaggio, quando loro avevano fatto visita agli Stewart dalla loro fattoria, a monte.

 

In questo momento, la faccia della donna era congelata per lo shock assoluto, con i suoi occhi che guizzavano tra Uncas, che stava in piedi immobile, e Alice.

 

"Signora Clayton," salutò Alice, lamentandosi internamente, "Sono proprio felice di rivedervi. Posso solo azzardare l'ipotesi che steste andando a fare visita agli Stewart. Confido che vostro marito e i vostri figli stiano bene, vero?"

 

La bocca dell'altra donna si apriva e si chiudeva come un pesce fuori dall'acqua.

 

"Sì... bene..." lei riuscì a dire. "Buongiorno a tutti e due."

 

La donna si voltò e camminò rapidamente a grandi passi, sparendo dal campo visivo. Senza dubbio per diffondere la storia della ragazza bianca che ha trovato tra le braccia di un uomo rosso nel bosco... Alice scosse la testa e fece a Uncas un'occhiata prudente.

 

Alice sentì delle emozioni contrastanti per quello che era appena successo. Da un lato, non si vergognava della decisione di stare con Uncas ed essere sua moglie. Ma se doveva essere veramente onesta con se stessa, sapeva che non sarebbe stato facile rivolgere un occhio cieco e un orecchio sordo a tutto ciò che i coloni avrebbero avuto da dire.

 

"Tutto bene?" Uncas rinfoderò la sua accetta di lato e guardò Alice astutamente.

 

"Sì," replicò Alice, strofinandosi le mani nervosamente. "Ritorniamo, Uncas. Devo preparare la cena."

 

Si tennero per mano durante il cammino di ritorno verso il casolare, ma Uncas sentì una freddezza in lei che non c'era prima. Si domandò se Alice si stesse sforzando per non tirare via la propria mano da quella di lui.

 

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Tankawun era seduta in silenzio nel wigwam della sua famiglia, le sue agili dita che legavano delle piume alla parte finale di un lungo ramo di betulla, per fare un bastone. Sua madre le aveva assegnato molti lavoretti da svolgere per la giornata; oltre al bastone, Tankawun doveva pestare il grano in preparazione della cena, sbucciare un po' di corteccia per fissare i secchielli che usavano, raccogliere un po' di linfa, raschiare le pelli con ossi e conchiglie, pestare e poi arrostire le ghiande da dare a sua nonna...

 

E questo era solo per cominciare.

 

Con un sospiro frustrato, Tankawun lanciò il bastone incompleto e uscì velocemente fuori dal wigwam, scostando il lembo di pelle con impazienza.

 

L'aria era fresca, frizzante, un po' freddina, ma era lontana dal ghiaccio e dalla neve che c’erano nella stagione fredda, e per questo, Tankawun era felice. Sentì una stridula voce di donna che la chiamava mentre lei camminava a grandi passi verso il bosco, ma la ignorò. Era un'altra delle amiche ficcanaso di sua madre, che stava sempre a spettegolare su qualcosa. 

 

Tankawun camminò lungo le rive del fiume per lungo tempo. Alla fine loro si erano spostati verso est pochi giorni prima, ed erano molto più vicini all'insediamento.

 

Tankawun non aveva paura dei Bianchi che abitavano in queste zone, poiché se ne stavano per conto loro.

 

Lasciandosi cadere su una riva rugiadosa del fiume, placida, invece di correre, Tankawun si prese un momento per valutare l'ambiente circostante. Il sole non era così alto nel cielo; ciò significava che aveva trascorso tutta la giornata dentro il suo wigwam. Notò gli anatroccoli e le raganelle, e sapeva che tra poche brevi lune sarebbe arrivata di nuovo la stagione calda.

 

Tankawun guardò il proprio riflesso nelle profonde, silenziose acque del fiume, con la mente che ribolliva nella confusione.

 

Tutti le avevano sempre detto che era bellissima... Non che lei non fosse d'accordo, ma Tankawun non prestava troppa attenzione a questa valutazione. Analizzò i suoi lineamenti e chinò la testa di lato per la frustrazione. Era inutile. Lei cercava una visione di bellezza, ma tutto ciò che vedeva era se stessa, lineamenti gradevoli, ma era talmente troppo abituata alla sua faccia che forse le passava inosservata.

 

Oscillando leggermente sui talloni mentre si appoggiava all'indietro, Tankawun sentì la ben nota fitta al cuore quando ripensò a Uncas.

 

La prima volta che lo aveva visto, nella sua dodicesima estate, Tankawun sapeva, al di là di ogni dubbio, che quello era il ragazzo che avrebbe sposato. Era come se qualcuno avesse acceso una fiamma nel suo cuore. Pensava che col tempo il sentimento sarebbe diminuito, ma era soltanto dormiente, risvegliandosi di nuovo quando Tankawun si riunì con Uncas la scorsa estate, quando era arrivato abbattuto, insanguinato, ma più bello e più forte che mai.

 

Il pensiero continuò ad affliggere Tankawun, ma lei sapeva di aver perso la sua opportunità per l'esistenza della bionda ragazza Yengeese.

 

Tankawun riconobbe facilmente che la ragazza bianca era incredibilmente bella, i suoi capelli morbidi, del colore della Luna. I suoi occhi erano di un colore talmente raro e magnifico... il cielo blu dell'estate si rifletteva nelle acque silenziose del fiume. Ma la cosa più importante era che la ragazza di Luna aveva un animo buono.

 

E Uncas la amava. Questo diventò evidente per Tankawun quando tutti loro si erano incontrati a casa della donna Yengeese morente. Tankawun aveva fatto finta di dormire, ma era rimasta sveglia per guardarli. Non aveva capito neanche una frase della strana lingua parlata dai Bianchi, ma non era necessario.

 

Uncas e la ragazza si erano seduti molto, molto vicini. La dolce espressione di tenerezza sul viso di Uncas, che guardava incantato la ragazza, avrebbe fatto male al cuore di chiunque, pensò Tankawun, e loro parlavano sussurrando... Poi carezze, poi...

 

Tankawun si spostò dal fiume e sospirò. Non era stato facile assistere a questo. Ma si era rassegnata. Anche se era curiosa... dove sarebbero andati a vivere? Nessuna società li avrebbe accettati, Tankawun sapeva che questa era la verità. Forse avrebbero potuto costruire un casolare nel bosco senza nessuno che li disturbasse... A Tankawun piaceva questa idea. Avrebbe chiesto in giro per vedere in quale direzione Uncas e Alice avrebbero potuto trovare della terra che non fosse abitata da troppi Bianchi o Indiani – 

 

Il rumore di un ramo spezzato richiamò i suoi pensieri al presente e Tankawun balzò in piedi.

 

Vide la sagoma di un uomo bianco con un moschetto in mano e la paura la attraversò. Facendo cautamente un passo indietro, Tankawun guardò il giovane stancamente.

 

Era il ragazzo dai capelli rossi che li aveva aiutati molto durante i giorni della febbre. Il suo nome le sfuggì sul momento.

 

"Ciao!" disse Stephen allegramente, togliendosi il cappello come formula di saluto e sorridendo. 

 

Tankawun sentì la paura dissolversi istantaneamente e ricambiò prontamente il sorriso di lui, che intanto fece un incerto passo avanti.

 

Stephen disse alcune parole alla ragazza, che gesticolava dietro di lui. Tankawun capiva molto poco della lingua Yengeese, ma sentiva le parole "famiglia" e "casolare"; evidentemente si era allontanata dai terreni di caccia Delaware e aveva gironzolato nei pressi dell'insediamento, vicino alla casa del ragazzo.

 

Stephen le fece cenno di sedersi e Tankawun lo fece. Il ragazzo si mise a sedere vicino a lei, poggiando il moschetto sulla riva muschiosa. Tankawun gli sorrise ampiamente e osservò con imperturbabile interesse le guance del ragazzo, che stavano prendendo lo stesso colore rosso fiamma dei suoi vivaci capelli.

 

Parlarono disinvolti per un po', mimando parecchio e c'erano molti disegni fatti coi bastoncini sulle rive fangose. Tankawun riuscì a sapere che lui viveva con sua madre e la sua sorella minore, che suo padre era venuto a mancare, proprio come il suo.

 

"Mocassini." Tankawun sorrise giocosamente, indicando col capo i piedi di Stephen e il ragazzo rise.

 

Improvvisamente Stephen tirò fuori dalla tasca un pacchetto avvolto nella carta e glielo offrì, sorridendo. Tankawun lo prese curiosamente e scartò il pacchetto, guardando il contenuto. Lei guardò il ragazzo, confusa per i piccoli pezzi di... che cos'è? pensò Tankawun. 

 

"Keku hesh nen?" lei fece la domanda in Lenape, dimenticandosi che il ragazzo non capiva.

 

Stephen spezzò una minuscola parte e la mangiò, poi guardò Tankawun con un' aria d'attesa.

 

Tankawun sentì un po' di trepidazione ma imitò il gesto di lui, spezzando attentamente un pezzettino e inghiottendolo. La sua bocca si riempì di dolcezza. Era frutta secca candita di qualche tipo.

 

"Vedi, che buona!" disse il ragazzo, cercando l'approvazione sulla faccia di lei. Tankawun comprese soltanto l'ultima parola.

 

"Ahikta, nchu." Tankawun era d'accordo con la sua affermazione. "Ahi shukelipukot." 

 

Ci fu una pausa imbarazzante, e Stephen fece una domanda che la ragazza non riuscì a decifrare. Tankawun fece spallucce, impotente.

 

Raccogliendo il bastoncino, il ragazzo disegnò per terra quello che sembrava essere un sole con i raggi prolungati, soltanto che era sottosopra. Stephen indicò lei, se stesso e il disegno.

 

Tankawun, da parte sua, era completamente confusa. "Keku nink lah kemikentam?" domandò, chiedendogli che diavolo stesse facendo.

 

Ma il ragazzo era paziente. Indicò la ragazza con il dito. "Tankawun."

 

Poi indicò se stesso. "Stephen." Tankawun annuì lentamente.

 

"Domani." Stephen annunciò questo chiaramente. Tankawun sforzò la memoria e poi si ricordò la parola, avendola sentita dai commercianti Yengeese.

 

Il ragazzo indicò la riva del fiume, sorrise nervosamente e alla fine Tankawun comprese; Stephen avrebbe voluto rivederla il giorno dopo, nel momento in cui il sole tramontava. Verso quell'ora.

 

Molte persone, pensò Tankawun fugacemente, perlomeno molti Lenape, non avrebbero mai pensato di fare qualcosa del genere, spaventati com'erano dagli Yengeese e dalla loro crudeltà.

 

Tankawun non era come queste persone. Era abituata a fare tutto quello che si sentiva di fare. 

 

Tankawun annuì  e si alzò in piedi, scuotendosi leggermente la gonna di pelle di daino. Mormorò parole di addio e cercò di ripetergli la parola.

 

"Do... Domani." La ragazza sussultò per l'imbarazzo, ma anche il giovane si illuminò e si alzò in piedi, afferrando il moschetto.

 

Tankawun si voltò e si affrettò oltre l'argine, verso i terreni di caccia, con un lieve sorriso sulla faccia. Il suo precedente fastidio se n'era andato ed era felice di aver trovato un amico nel ragazzo bianco.

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Cora e Alice stavano in piedi, fuori, sotto il bagliore del sole, facendo a turno per fare il burro dentro la zangola. Era un lavoro noioso e anche ripetitivo, e le ragazze avevano scoperto presto, durante il loro soggiorno presso gli Stewart, che il tempo volava, se si alternavano per sfornare la sostanza cremosa.

 

Alice sbuffò, facendo un passo indietro, ed esaminò il barile per il burro che gli Stewart avevano acquistato di recente. A differenza dello strumento precedente, che di solito richiedeva circa 3 ore per produrre il burro, questo era infinitamente più veloce e anche più semplice.

 

"Stavo pensando, sorella," disse Alice entusiasta mentre sua sorella cominciò a girare la morbida sostanza bianca, "che dovremmo aggiungere degli aromi al nostro burro, come si fa in Inghilterra."

 

Con un soffio, Cora si tolse dagli occhi una ciocca di capelli ricci, scuri e poi fece spallucce.

 

"Abbiamo già aggiunto un pizzico di sale, Alice."

 

"lo so, Cora, ma dovremmo aggiungere un pochino di cannella o miele per dargli un po' più di sapore."

 

"Miele?" chiese la sorella maggiore, aggrottando delicatamente le ciglia.

 

Alice evitò di girare gli occhi dinanzi all'espressione cortesemente incredula di sua sorella, ma decise di perorare la sua causa.

 

"Cora," disse pazientemente, asciugandosi le mani sull’ abito blu. "Molte famiglie aggiungono aromi al loro burro. Salarlo è solo l'inizio. Il sale non è prontamente disponibile come molti aromi che abbiamo intorno in abbondanza."

 

"Quali?"

 

Alice strizzò gli occhi in alto, verso la luce del sole accecante. Poi si riparò gli occhi con una mano, sospirando per il bagliore.

 

"Bene..." disse lentamente. "Ho sentito parlare di persone in alcune parti d'Europa che usano erbe aromatiche e spezie. Forse non spezie, ma abbiamo abbondanza di erbe aromatiche, come rosmarino, timo, basilico..."

 

"Hmm... sì, credo di sì." Cora annuì e la sua espressione si trasformò, da quella precedentemente perplessa e divertita a quella vivace e pronta. "La cosa suona piuttosto interessante. Potremmo mettere sia il sale che le erbe aromatiche nel burro, quando mangiamo i biscotti con il thè."

 

Alice era contenta di se stessa. "Davvero, sorella, e il burro aromatizzato al miele è allettante con il pane di mais e le frittelle. Non sei d'accordo?"

 

Il sorriso di Cora era gentile e allo stesso tempo accattivante. "Certo che sono d'accordo con te, Alice. Cominceremo il più presto possibile. Annabel e James possono procurarci le erbe aromatiche necessarie, e possiamo rivolgerci a Nathaniel per il miele."

 

"Sì - ma ricordati, è stata una mia idea." Alice si gettò i capelli all'indietro e rise scherzosamente.

 

"Tocca a te," Cora mormorò mentre Alice prese posto presso il barile del burro.

 

Cora sussultò mentre si strofinò le mani doloranti e se le pulì sulla gonna. Guardando in basso, in direzione del suo abito, si ricordò improvvisamente di una precedente conversazione con Nathaniel.

 

"Alice, mi ero completamente dimenticata!"

 

"Di cosa, sorella?"

 

Gli occhi di Cora scintillarono. "Nathaniel e James sono riusciti a ottenere un buon importo di scellini con il commercio a monte. Andranno in città domani -"

 

"Pensi che io possa andare?" chiese Alice , con gli occhi spalancati. Cora scosse la testa.

 

"Non credo, poiché non è un viaggio che stanno facendo per il loro piacere. Piuttosto, ora che gli uomini hanno cominciato a costruire le nostre case, avranno bisogno di comprare vasellame, pentole e cose varie."

 

"Cora, è una notizia meravigliosa!" Alice la irradiò con la sua espressione e si domandò perché Uncas non si fosse unito a suo fratello, comprendendo tardivamente che lui avrebbe causato molto probabilmente congetture e sospetti tra le masse dei Bianchi.

 

"Ma questa non è la notizia più bella che mi ha dato... loro stanno comprando rotoli di tessuti per farci dei vestiti!"

 

Alice ansimò e si coprì la bocca, per la gioia così opprimente. "Cora, è fantastico! Quanti vestiti farà la sarta per noi e Annabel?"

 

La sua sorella maggiore la guardò sbattendo le palpebre, poi gettò la testa all'indietro con una vigorosa risata. "S...Sarta?" Lei ridacchiò. "Come al negozio di una modista? E, di grazia, come adatterebbero gli abiti se noi non siamo presenti, Alice?" Cora scosse la testa, ancora ridacchiando. "No, Alice, loro porteranno qui i rotoli e noi signore misureremo il tessuto per realizzare gli abiti."

 

Alice se ne stava in piedi con la faccia rossa, consapevole dell'idiozia delle sue precedenti parole. Sarta, veramente. Guardò in basso e si trascinò a stento, ricordandosi impetuosamente che non era più a Londra, dove il mondo dei costosi sarti e cappellai era stato ai suoi piedi.

 

Cora guardò Alice con senso di colpa, notando la sua faccia arrossata e il suo silenzio.

 

"Alice, stavo soltanto scherzando. Annabel taglierà il tessuto e lo modellerà. Noi possiamo cucire. Una volta che avrai 2 o 3 nuovi abiti carini, ti sentirai molto meglio."

 

"Tessuto e stoffa sono costosi..." disse Alice timidamente, alzando lo sguardo verso Cora.

 

"Sì, ma non affliggerti troppo. Uncas ha fatto i suoi guadagni con il commercio delle pelli e..." Cora guardò furtivamente sua sorella per essere sicura che stesse ascoltando. "... e ha dato una somma considerevole a mio marito, con istruzioni di comprare rotoli di tessuti per te in particolare, come anche qualsiasi cosa tu voglia per la tua casa."

 

Alice arrossì e sospirò; non sapeva cosa dire. Uncas era così generoso con lei. Non era mai stato incline a parlare molto, ma era attento e gentile. C'era un'aria di imbarazzo in lui ogni volta che Alice lo ringraziava per un dono o un gioiello, come se veramente Uncas considerasse una manifestazione di gratitudine e cortesia come inutile e inappropriata.

 

"Ci incontreremo con i ragazzi più tardi, dato che avranno bisogno di un elenco di necessità per le nostre case," proseguì Cora mentre si spostava per fare cambio turno al barile del burro. "Pentole di ghisa, cucchiai, taglieri... Nathaniel dice che lui e Uncas possono realizzare molte cose da sé. Oltre alla casa, costruiranno le staccionate, tavoli, letti... Non lo direi mai a Nathaniel, per non disprezzare la nostra vita, ma..." Cora sospirò pesantemente. "Vorrei tanto un materasso di piume."

 

Alice rise e scosse la testa. Uncas le aveva detto che il suo popolo usava le più soffici tra le loro pelli di animali per dormire e che ne avrebbero avute in abbondanza nella loro casa, ma... Alice era tacitamente d'accordo con sua sorella, che un materasso di piume sarebbe stato divino.

 

Guardando il sentiero, lei si raddrizzò quando notò 2 donne avanzare lentamente verso di loro.

 

Erano Anne Clayton ed Emma Fitzgerald, quest'ultima sposata con un Irlandese. Le due donne si fermarono a breve distanza, di fronte alle sorelle, e le osservarono in modo serio.

 

Alice sorrise disinvolta a questo benvenuto diversivo. Forse avrebbe potuto chiedere alle donne dei consigli su cosa comprare per la sua futura casa.

 

"Buongiorno a voi, signora Clayton e signora Fitzgerald." Entrambe le ragazze salutarono le donne con cenni educati.

 

Tuttavia, Alice dimenticò presto le sue parole di benvenuto, quando la signora Clayton diede una gomitata alla sua amica e sussurrò a voce alta, "E' lei. E' quella di cui ti stavo parlando."

 

Alice era completamente sconcertata e imbarazzata, guardando la coppia di donne con diffidenza. Evidentemente Anne Clayton non aveva tardato a diffondere la notizia di aver trovato Alice nel bosco, abbracciata al suo amante indiano.

 

"Salve, signore," disse lei debolmente. "Posso invitarvi a bere un thè?"

 

Gli abitanti bevevano molto raramente il thè, poiché non avevano molte foglie di thè alla menta, ma Alice era determinata a rivelare alle donne la verità riguardo a Uncas e sperava di riuscire a chiarire delle idee sbagliate e giudizi erronei.

 

Emma guardò le ragazze con tale aberrante disprezzo che Alice si sentì  attorcigliare le budella.

 

"No, grazie," replicò Anne freddamente. "Stavamo cercando la signora Stewart."

 

Cora aggrottò le ciglia accanto a sua sorella, non essendole piaciuto il tono rude e prepotente della donna.

 

"Non è a casa," Alice replicò delicatamente. "Ma vi prego di -"

 

"Allora ci congediamo, con permesso, signorina." Il tono di Emma era scandalosamente rude e la coppia girò i tacchi e si incamminò a grandi passi verso la radura, rapidamente.

 

Alice poteva soltanto guardare. Era sempre andata piuttosto d'accordo con Anne Clayton nelle rare occasioni in cui si erano incontrate. Una volta aveva persino consolato la donna che piangeva, poiché stava avendo problemi con suo marito. Suo marito era uno zotico ubriacone con un carattere violento.

 

"Sciocche creature," borbottò Cora aspramente mentre guardava le donne sparire dalla vista. "Alice, non le accogliere più a casa. Non mi importava niente della loro tendenza maleducata."

 

Cora ritornò al processo di produzione del burro, ma cuoceva ancora  a fuoco lento mentre lei lavorava il manico in legno. "Se quell'ubriacone di suo marito la picchia di nuovo, è meglio che non venga qui con le sue lacrime e le sue sceneggiate teatrali."

 

Alice ascoltò a stento la filippica di sua sorella, mentre se ne stava lì impalata, sbigottita per quello che era appena successo. Sopra ogni altra cosa, giunse la fastidiosa percezione che questo tipo di comportamento da parte dei suoi vicini non sarebbe stato insolito. Alice sapeva che ci si sarebbe dovuta abituare.

 

Evidentemente dagli esclusivi salotti di Londra alla frontiera selvaggia, i pettegolezzi saranno sempre prevalenti, pensò Alice cupamente.

 

Alice sapeva che non sarebbe stato facile sopportare l'antipatia di alcuni dei suoi vicini. Non avrebbe illuso se stessa nel pensare che ciò non l'avesse ferita - un'altra donna che la disprezzava. Ma... forse questa sarebbe la sua croce da sopportare.

 

Sua sorella le aveva sempre detto che l'amore era la ragione sufficiente per costruire una vita con uno sposo... E se non fosse vero? Alice scosse la testa rapidamente, ma non riuscì a scacciare la preoccupazione dalla sua mente.

 

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"Vieni, Lucy... stai attenta a non inciampare..." Stephen sollecitò delicatamente la sua sorellina Lucinda, tenendole la manina stretta nella sua, mentre si incamminarono verso la riva del fiume.

 

L'ora precedente sua madre era andata con il signor Newsom dai Lancaster per alcune ore e lo aveva incaricato di guardare sua sorella di 7 anni. Stephen aveva accettato ma, non appena sua madre era uscita con l'uomo anziano, il ragazzo aveva frettolosamente messo le scarpine a Lucinda e le aveva avvolto uno scialle intorno.

 

"Voglio farti incontrare qualcuno, Lucy!" disse lui e Lucinda rimbalzò sulla sedia, emozionata. Avrebbe dovuto incontrare di nuovo Tankawun nei pressi del fiume e voleva che Lucy la incontrasse. Poi se ne sarebbero andati via.

 

"Posso indossare il tuo cappello, Stephen?" Lucy chiese felicemente, saltando sopra la radice sollevata di un albero e sorridendo a suo fratello.

 

"Certo che puoi," replicò Stephen cordialmente, facendo balzare il vecchio cappello di suo padre dalla propria testa e poggiandolo sulla morbida testa di sua sorella. A differenza di Stephen, con i suoi capelli rossi e le lentiggini, Lucinda aveva i capelli ricci, color biondo scuro della loro mamma, e gli occhi scuri.

 

Camminarono ancora per qualche minuto, Stephen che canticchiava una canzone per bambini per sua sorella, mentre lei cercava di cantare insieme a lui.

 

"Ricordati quello che ho detto, mia Lucy, non dire niente di questo a mamma," Stephen ricordò a Lucy la cosa per la terza volta. Lucy annuì enfaticamente.

 

"Non lo dirò a mamma, Stephen," replicò Lucinda, poi fece un'espressione spiegazzata con aria confusa. "Ma questo non è mentire? Non è una cosa brutta?"

 

Stephen sospirò, sentendosi a disagio. "Lucy, mentire a mamma e papà è una cosa brutta. La Bibbia lo dice. Ma credo che noi non stiamo mentendo, perché è solo un segreto. Se è un segreto, mamma non lo chiederà. Capito?"

 

Lui la guardò per capire se stesse seguendo questo flusso di pensieri. Lucinda ci pensò molto su e alla fine annuì, ridacchiando da diavoletta a suo fratello. Il cappello scivolò improvvisamente sui suoi occhi e Stephen ridacchiò, tirandoglielo di nuovo su.

 

"E se mamma mi chiede dove stavi andando? Che cosa le dico, Stephen?" lei guardò suo fratello con aria d'attesa.

 

Hmm... bella domanda... Stephen ci pensò, poi diede l'unica risposta che poté dare.

 

"In tal caso, Lucy, dirai la verità."

 

"Va bene, Stephen."

 

Girarono una curva tempestata di rocce nei pressi dell'acqua corrente e individuarono la figura solitaria di Tankawun, seduta su una grande roccia, assorta con qualcosa in mano.

 

Il cuore di Stephen accelerò. "Tankawun!" chiamò, agitando la mano.

 

Tankawun lo guardò obliquamente, poi la sua faccia scoppiò in un sorriso. Alzatasi in piedi, camminò vivacemente verso Stephen, la sua faccia animata mentre osservava Lucinda.

 

"Awen hech nan?" Tankawun canticchiava alla bambina, osservando ammirata i suoi capelli biondi. Lei aveva sempre ammirato le donne bianche con i loro capelli di Luna.

 

"Questa è mia sorella, Lucinda," Stephen disse orgoglioso, avvolgendole un braccio intorno. Tankawun si accovacciò al livello degli occhi della piccolina, mormorando delle parole.

 

"Puoi chiamarmi Lucy," spiegò la bimba, poi alzò velocemente lo sguardo verso suo fratello.

 

"E' una ragazza indiana!"

 

"Lo so. Questa è Tankawun."

 

"Perché le sue gambe sono nude? Riesco a vedere le sue caviglie e le ginocchia."

 

"Perché fuori è caldo," ridacchiò Stephen, scambiandosi un sorriso con Tankawun.

 

"Oh..." Lucy sembrava soddisfatta di questa semplice risposta. "Ciao."

 

Mentre Lucinda giocava vicino al fiume e gettava i ciottoli in acqua, Tankawun e Stephen si misero a sedere sulla grande roccia a parlare.

 

"E' bello rivederti, Tankawun," disse Stephen gentilmente, osservando i suoi bei lineamenti. Lei arrossì e annuì, raccogliendo qualcosa che aveva fatto cadere sulla roccia quando i Bianchi si erano avvicinati.

 

Era una collana fatta di alcune perle bianche, accuratamente infilate e legate con uno spago. Tankawun la offrì con entusiasmo a Stephen.

 

"L'hai fatta per me?" chiese lui, sbalordito. Tankawun annuì.

 

"Wampum," disse lei semplicemente a Stephen, la sua voce delicata, piacevole e leggera come l'aria.

 

Gli fece cenno con le mani di voltarsi e gli allacciò la collana intorno al collo; le sue nocche gli fecero accelerare la circolazione sanguigna.

 

"Anch'io ho qualcosa per te!" lui si entusiasmò, eccitato e nervoso.

 

Tirò fuori da una delle sue tasche un nastro verde che era appartenuto a Lucy, sul quale Stephen aveva fissato una pietra verde con della colla (era caduta dalla spilla di sua madre e lui gliel'aveva chiesta). Stephen pensava che fosse graziosa come collana.

 

Tankawun sorrise felice, tenendo sollevato il nastro decorato.

 

"Wanishi," lei mormorò grazie prima di avvolgersi il nastro intorno al polso, invece di essere indossato come un braccialetto. Stephen legò rapidamente le estremità. La pietra non era di qualche reale valore. Non era uno smeraldo, né un diamante, ma ciò nonostante luccicava sotto la luce del sole. Tankawun ispezionava il suo nuovo ornamento con diletto.

 

Un po' più tardi, la giovane coppia era ancora seduta sulla roccia, crogiolata sotto la luce del sole, ma Lucy guizzò tra loro.

 

Tankawun prese in braccio la bimba sghignazzante, facendola sedere sul suo grembo e rimise il cappello sulla testa di Stephen. Cominciò a intrecciare gentilmente i capelli della bambina in due morbide trecce che le ricadevano libere fino a circa metà del petto.

 

La ragazza Lenape mormorava mentre ammirava il suo lavoro manuale, con il suo sguardo gentile, e Stephen non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Si era sempre sentito in leggera soggezione nei suoi confronti, da quando si erano incontrati per la prima volta mesi prima, nell'accampamento Delaware.

 

Non erano così distanti per l'età, pensò Stephen, osservando come Lucy ridacchiava e cercava di intrecciare i capelli di Tankawun. Lui aveva appena compiuto 15 anni e sapeva che lei aveva all'incirca 16 o 17 anni; aveva casualmente spillato l'informazione da Uncas, dato che Nathaniel sarebbe diventato subito sospettoso e lo avrebbe tormentato.

 

Stephen si concesse di fantasticare su un mondo perfetto in cui poteva...non ne era troppo sicuro... Sapeva di voler essere l'unico a far sì che spuntasse un sorriso con le fossette sulla faccia di Tankawun, inondarla di doni che lui le avrebbe fatto; voleva essere l'unico a intrecciarle i capelli e cantarle canzoni e vivere nella confusione del suo profumo. Lei profumava di bosco e di brezza della valle, di erbe, gigli e lavanda.

 

Ma più di tutto, lui voleva che questi giorni delicati, illuminati dal sole non finissero mai.

 

Improvvisamente capì che Tankawun lo stava guardando in modo strano, con un'espressione interrogativa sulla sua faccia. Doveva essere rimasto fisso a guardarla, perso nei suoi pensieri. Stephen inghiottì e sorrise, guardando l'acqua che scorreva.

 

"Le alose stanno nuotando veloci, Tankawun..." mormorò lui, indicando il piccolo pesce che nuotava vivacemente, appena sotto la superficie dell'acqua.

 

Tankawun annuì e i tre si misero a sedere tranquilli per parecchi minuti. Persino Lucy sembrava insolitamente calma, mentre si era immersa nel momento.

 

La ragazza mormorò che doveva tornare a casa. Da adesso Stephen capiva le parole. Fece un piccolo sospiro, e nessuno sembrava propenso a volersi spostare dalla propria pacifica solitudine.

 

Tutti loro si alzarono in piedi collettivamente e Stephen analizzò la faccia di lei, guardandola mentre si scansò dagli occhi una ciocca di capelli neri smarrita.

 

"Due giorni?" Stephen annunciò lentamente, ora che la ragazza riusciva ad afferrare rapidamente piccole frasi in inglese. "A quest'ora?"

 

Tankawun annuì delicatamente, abbracciò la bimba e tutti si dissero addio reciprocamente.

 

Lucinda e Stephen guardarono la schiena di Tankawun sparire nel bosco, Stephen la guardò obliquamente per molto tempo dopo che lei era svanita. Lo stomaco sembrava fargli male ogni volta che lei se ne andava.

 

"Lucy, i Delaware parlano una lingua diversa, ma i significati dei loro nomi sono molto carini," parlò tranquillamente con sua sorella durante la loro scarpinata verso la fattoria, tenendosi stretti per mano.

 

Lui continuò, "Sai che cosa significa il nome di Tankawun?"

 

"Cosa, Stephen?"

 

"Piccola Nuvola..." replicò. "Nome carino, eh?"

 

Lucy annuì e disse con interesse infantile, "E' molto carina, Stephen."

 

"Lo so, mia Lucy." Stephen annuì. "Quello dovrebbe essere il suo nome. Fiore carino. Il fiore più carino della valle."

 

Improvvisamente lui fece uno sguardo severo. "Ricordati, Lucy, non dire niente a mamma. A meno che lei non lo chieda."

 

"Lo so. Mi ricordo. Io sono carina come la tua amica?"

 

"Tu sei il fiore più bello del mondo."

 

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Hopocan si accovacciò nel centro dell'accampamento vicino al suo amico Chingachgook, entrambi condividendo lo stufato di cervo che sua moglie aveva preparato per gli uomini.

 

Osservando l'accampamento intorno, Hopocan pigramente notò le ragazze che lavoravano sodo per le loro faccende, i bambini che giocavano accanto alle loro mamme, i ragazzi in piedi che appuntivano le frecce e affilavano altre armi destinate alla caccia dell' orso, prevista per il giorno seguente.

 

"Chingachgook, amico, questa calda stagione sarà un anno intero che tu sei stato con noi," Hopocan disse questo in Lenape. Chingachgook annuì, inghiottendo un boccone di stufato.

 

"Il tuo figlio maggiore ha una moglie. Uncas ora si può considerare sposato. Dimmi, penserai di considerare l'accampamento come la tua casa permanente?"

 

Chingachgook guardò il suo amico e ci pensò su.

 

"Ci ho fatto qualche pensierino," replicò lui, poi fece una pausa. "Che ne pensi, amico?"

 

Hopocan era pronto con la sua risposta. Muovendosi, le sue parole vennero fuori lentamente e significativamente.

 

"Hai dedicato la tua vita a crescere i ragazzi. Adesso sono uomini, e ognuno di loro ha scelto una donna e il proprio sentiero. I figli ci appartengono solo per breve tempo. Tutti noi lo sappiamo. Quella parte della tua vita è passata, come lo è la mia. Beh, parlo della mia vita accanto ad Anicus, certamente. Non ho idea di quando lui lascerà il mio wigwam, ma spero che accada presto, poiché sto cominciando a stancarmi delle sue chiacchiere.

 

Entrambi gli uomini ridacchiarono, osservando attraverso l'accampamento il ragazzo in questione, che sorrise a loro con aria imbarazzata.

 

"Troviamogli una moglie presto, così può parlarle fino allo sfinimento. Che sia lei a sopportarlo," Hopocan borbottò, ma il suo sguardo era affettuoso.

 

"Come stavo dicendo, amico," Hopocan riprese il filo della precedente conversazione. "Visto che entrambi i ragazzi sono andati, penso che sia meglio se tu resti con noi. Da quello che mi ha detto quel pettegolo spudorato di Wagion, entrambi i tuoi figli desiderano stare nelle vicinanze. Il nostro accampamento sarà sempre nei dintorni. Ha un senso. So che loro vogliono stare vicino a te."

 

Chingachgook annuì lentamente, riflettendo sulle parole del suo amico e riconoscendo in esse la saggezza.

 

"Come sta la ragazza bianca? Di nuovo, qual è il suo nome?" chiese Hopocan improvvisamente.

 

"Alice," Chingachgook disse, facendo spallucce. "Sta bene. Ho sentito che trascorrono una grande quantità di tempo insieme. La metà del tempo che io vado a fare visita ai miei figli alla fattoria degli Yengeese, loro sono lontani nel bosco, da soli."

 

Quella era un'osservazione piuttosto azzeccata da parte dell'uomo Mohicano, pensò Hopocan, incuriosito.

 

"Non approvi la cosa?" chiese Hopocan spensieratamente. Il Mohicano lo guardò aridamente.

 

"Le azioni hanno delle conseguenze. Farebbe meglio a costruire una casa per la ragazza, e presto. Non tollererò che lui manchi di rispetto alla casa di quegli Yengeese. Al momento, la ragazza è sotto la loro custodia. Non sotto la sua."

 

Hopocan prelevò la sua pipa d'argilla dalle pieghe dei suoi pantaloni di pelle di camoscio. Gli uomini rimasero in silenzio per vari istanti, mentre accesero la pipa dalla brace del fuoco di cottura. Hopocan la offrì a Chingachgook, che cominciò a tirare il fumo. 

 

Hopocan si appoggiò all'indietro e guardò il suo amico, sentendosi divertito.

 

"Chingachgook, amico mio. Ti comporti come se questo tipo di comportamento fosse insolito. Guarda Wagion laggiù -" Indicò furtivamente il ragazzo. "Si ritiene così intelligente, ma sai con chi si vede segretamente?"

 

"Dimmi, Hopocan," Chingachgook stava chiaramente assecondando il suo amico, mentre a lui effettivamente non importava. "Con chi si incontra Wagion?"

 

"Lei." Hopocan indicò con il dito un gruppo di donne.

 

Chingachgook inclinò la testa da un lato. "Quella grossa ragazza accigliata che lo sta sempre picchiando per un motivo o per l'altro?"

 

Hopocan annuì felice. "Sì. Lei. Scommetto che nemmeno i tuoi figli lo sanno."

 

L'uomo Lenape prese il suo turno per la pipa. "Mi diverte," lui sospirò.

 

I suoi occhi balzarono velocemente sulla sinistra e si strinsero. Chingachgook si voltò per vedere Tankawun affrettarsi lungo il sentiero della foresta che conduceva all'accampamento.

 

"Tankawun si sta comportando in modo strano..." borbottò Hopocan.

 

Chingachgook prese la pipa cautamente e annuì. "L'ho notato."

 

La faccia di Hopocan era astuta e maliziosa. "Chemames sta facendo funzionare quella sua  bocca fastidiosa ... come al solito... lagnandosi davanti al mondo di come Tankawun non abbia finito di svolgere in modo decente le sue faccende, di come sia sempre distratta e di come corra di qua e di là, standosene nel bosco tutto il giorno."

 

"Anche tu dovresti saperlo," disse Hopocan serio. "Chemames incolpa Uncas, dicendo a tutti che tuo figlio ha spezzato il cuore di sua figlia. La maggior parte della gente non prende le sue chiacchiere troppo sul serio."

 

Chingachgook fece spallucce, poi ammise, "E' stato un peccato che Tankawun sia stata ferita in questa dura prova, ma Uncas ha scelto la ragazza Yengeese. Non ci si può fare niente."

 

"Immagino che adesso tu la conosca molto meglio."

 

"Certo," riconobbe il Mohicano.

 

"Cosa ne pensi?"

 

Chingachgook rigirò la pipa d'argilla nelle sue mani consumate. "Non posso negare il forte legame che c'è tra mio figlio e lei. Ma lei sembra intimorita da me."

 

Hopocan fece spallucce. "Non è una cosa insolita, considerando quello che è successo quando giunse all'accampamento."

 

Improvvisamente Tankawun si avvicinò, con lo sguardo distratto e pigro; tale che non si era accorta di sua madre, che la stava quasi per calpestare.

 

"Tankawun! Dove sei stata?" la donna urlò arrabbiata in Delaware, guardando sua figlia con aria di disapprovazione.

 

"A...alla foresta, madre." La replica di Tankawun fu delicata.

 

Sua madre girò gli occhi. "Bene, non c'è bisogno di dirlo, figlia! La foresta! Suppongo che adesso immagini di essere un guerriero. Farai la lotta contro gli orsi e li porterai all'accampamento per sfamarci?"

 

"No..."

 

"Tankawun, non hai finito le tue faccende," la donna rimproverò sua figlia in modo penetrante. "Da ora in poi starai all'accampamento e la pianterai di comportarti come una pigra vagabonda. Hai capito?"

 

Tankawun non sembrò ascoltare. Si fece scorrere le mani lungo la gonna e guardò fisso a terra.

 

Gli occhi di Chemames si strinsero. "Ho detto, hai capito? Scendi da qualsiasi nuvola tu venga, figlia!"

 

"Sì, sì - Capito, madre."

 

"Bene". Sua madre annuì brevemente e si allontanò.

 

Hopocan e Chingachgook continuarono a osservare curiosamente la ragazza, e Chingachgook notò il nastro ingioiellato avvolto intorno al polso della giovane. Sicuramente non era di fabbricazione indiana. Era un ornamento Yengeese. Le ragazze bianche usavano quei frivoli nastri per abbellire i loro capelli.

 

Gli amici osservarono mentre Tankawun faceva scorrere delicatamente le dita sul braccialetto, mentre si affrettava verso il wigwam della sua famiglia.

 

Chingachgook guardò Hopocan, che stava cominciando a capire tutto, dall'astuto barlume dei suoi occhi. Ma, in nome del reciproco affetto per la ragazza, entrambi tennero la bocca chiusa, per paura che a qualche lingua maliziosa potesse capitare di ascoltare la loro rivelazione.

 

"Mannitto aiuti questo accampamento," borbottò Hopocan. "Un' intera generazione di giovani sfrenati."

 

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Gli abitanti della fattoria degli Stewart erano seduti all'aperto con Uncas e Nathaniel, osservando in silenzio un falò vacillante. Avevano tutti appena gustato una gran bella cena a base di carne di cervo che i fratelli avevano fornito, come anche uno stufato di patate e fagioli preparato da Alice. Annabel aveva aggiunto la patata dolce al loro cibo.

 

Cora sorrise a suo marito, la luce del fuoco che le danzava riflessa negli occhi.

 

"In Inghilterra soltanto la nobiltà può mangiare la carne di cervo, Nathaniel, poiché solo all’aristocrazia è permesso cacciare cervi."

 

Gli uomini risero per questo concetto, poi si lanciarono in una discussione sugli incavi che dovevano essere ritagliati nei tronchi per costruire case robuste. Alice non era molto interessata a questa conversazione, mentre si sedette tranquillamente vicino a Uncas.

 

"Parlami della danza," chiese improvvisamente a Uncas.

 

"Quale danza?"

 

"Quella che i Lenape avevano svolto l'altra notte. Non ne hai parlato di nuovo. Con la bambola."

 

"La danza della bambola?" chiese Uncas e Alice annuì, scrutandolo.

 

Uncas fece spallucce. Ciò che era considerato banale da alcuni, era visto come eccitante da altri.

 

"E' una danza tradizionale che i Delaware hanno svolto per molto tempo. Non teniamo un'annotazione scritta, quindi non so dirti per quanto. Ma danziamo in onore di una vecchia storia."

 

Alice stette seduta diritta, avidamente. "Ti prego, ti prego, raccontami la storia!"

 

Nathaniel sogghignò. "Racconta la storia alle ragazze, Uncas." Tutte le donne espressero il desiderio di ascoltarla; soprattutto Alice.

 

Uncas la fissò; non era mai stato abile come narratore. Ma lei lo supplicò finché lui acconsentì, e così cominciò a raccontare la storia in modo piuttosto zoppicante, a scatti.

 

"Molto tempo fa... presso le rive del Fiume Mohicano che oggi è conosciuto come Fiume Hudson, un gruppo di bambini Delaware si imbatté in bambole con le facce vuote, che stavano per terra."

 

Alice annuì, appoggiandosi ad Annabel che stava dall'altro lato. Uncas continuò, cercando di ricordare esattamente come si era svolta la vicenda.

 

"Così i bambini scolpirono delle facce sulle bambole, le bambole presero vita e danzarono con loro. I genitori dei bambini si imbatterono in loro, gettarono via le bambole e i bambini andarono a casa."

 

Uncas fece una pausa con aria imbarazzata e guardò Alice, che gli sorrideva per incoraggiarlo. "Vai avanti, dai. Che cos'è successo con i bambini?"

 

"Uno dei bambini, una femminuccia, rivoleva indietro a tutti i costi la sua bambola e continuò a sognarla. Quando lo disse ai suoi genitori, loro si pentirono di averla buttata via. Una notte, la bambola venne in sogno alla bambina e le disse che doveva trovare la bambola e tenerla, e ogni anno danzare in suo onore. Se questo fosse stato fatto, i Delaware avrebbero prosperato sempre e sarebbero stati felici."

 

"E i genitori hanno trovato la bambola?" chiese Alice.

 

Uncas ridacchiò per la sua avidità di sapere. "Sì, Alice. Hanno trovato la bambola e diedero una festa per lei, una tradizione che continua fino ad oggi, quando eseguiamo la danza della bambola. I Delaware sono cresciuti di numero e si sono affermate parecchie diverse tribù, inclusa quella dei Mohicani. Il nostro popolo continuò a prosperare, finché -"

 

Finché i Bianchi giunsero sulle nostre spiagge, pensò lui piuttosto tetro, ma non avrebbe mai detto questo a voce alta ad Alice, la sua futura moglie...che, dopo tutto, era una bianca.

 

"Decorate la bambola?" chiese Annabel, sorridendo felice per la conclusione della storia.

 

"Sì, mettiamo la bambola su un bastoncino, al centro del complesso di abitazioni e dipingiamo la sua faccia e la decoriamo. Ognuno parla con la bambola rispettando il proprio turno. I Delaware eseguono molte danze durante tutto l'anno; danze in onore della caccia, delle stagioni. Hanno anche la danza dell' orso."

 

James e Nathaniel ridacchiarono sufficientemente alla fine della storia, abbastanza da far strisciare un sorriso impotente sulla faccia di Uncas, ma le donne ringraziarono infinitamente il loro narratore.

 

Annabel si sfregò la pancia gonfia e parlò. "Mi è piaciuta molto la tua storia, Uncas. La mia parte preferita era quando la ragazza -"

 

"Sono annoiato," James la interruppe ad alta voce, grattandosi il mento e guardandosi intorno. "Ho una tale voglia di qualcosa di dolce."

 

Annabel strinse gli occhi, irritata dalle sue parole, unito al fatto che lui si era duramente intromesso quando lei stava parlando.

 

"Non c'è mai nulla per farti divertire, James Stewart, e noi non abbiamo dolci."

 

James si trovò a disagio, poiché cercò di non guardare Alice; sapeva che lei aveva portato una sorpresa speciale da casa dei Lancaster, una gentilezza di Meg.

 

"Qualcuno ha qualcosa di dolce? Hmm? Forse le ragazze?" chiese lui in tono lamentoso, voltando la sua faccia verso la ragazza bionda.

 

Alice sorrise amabilmente, ricordandosi della confettura di frutta che Meg aveva fatto in più e che le aveva donato.

 

"Margaret Lancaster mi ha dato delle marmellate alla frutta..."

 

"Che gusti?" chiese James avidamente.

 

"Ancora non le ho assaggiate. Credo albicocca o pesca. Forse uva spina," Alice si alzò, lisciandosi la gonna. "Le prenderò."

 

Camminando nella casa oscurata, Alice si strofinò le braccia vivacemente per la temperatura leggermente tiepida all'interno, e frugò in ogni angolo e anfratto, avendo dimenticato dove aveva messo i suoi dolci.

 

Alla fine, dopo parecchi minuti, trovò la scatola di latta piena di marmellata che stava semplicemente sul tavolo di legno - tra tanti posti! - e uscì velocemente fuori nella notte, con i dolci in mano.

 

La voce alta di James la fermò nei suoi passi-

 

"- Così ho detto a quel maledetto imbecille di Clayton e quella ficcanaso di sua moglie, ho detto loro di non farsi più vedere nella mia fattoria, che non sono più i benvenuti qui per le loro cattive maniere nei confronti della nostra Alice. Lo stesso vale per quella testona di Emma Fitzgerald, che è sposata con l'Irlandese. Ma chi diavolo è lei per criticare Alice? Lei -"

 

Annabel notò che Alice se ne stava lì in piedi muta, sembrando intimorita e imbarazzata e Annabel cercò di interrompere urgentemente suo marito, "James, caro, modera il tuo linguaggio, ci sono delle signorine presenti -"

 

James non ascoltò la supplica di sua moglie, in verità non aveva nemmeno messo in pausa il suo sproloquio. "Non ci dimentichiamo che Anne ha sposato quell'ubriacone... beh, non è poi così male, tranne che tutti sanno come lui batte lei e i piccoli!"

 

"James..." disse Cora debolmente, posando lo sguardo prima sul viso cinereo di sua sorella, poi sul signor Stewart. 

 

"Non avere paura, Cora," James aggiunse allegramente. "Robert e io saremo qui a regolare i conti, se una di quelle donnicciole insulta di nuovo tua sorella o nomina Uncas. I loro mariti dovranno rispondere a me."

 

Nathaniel guardò Alice, che sembrava congelata sul posto e si alzò, preoccupato.

 

Alice uscì fuori dal suo incanto e si affrettò verso il gruppo, con un triste sorriso sulla faccia. Non aveva voluto far sapere a Uncas dei suoi recenti problemi con i vicini, ma evidentemente Cora lo aveva detto ad Annabel che poi, a sua volta, ne aveva parlato con suo marito e James ora si stava assicurando che tutti nella valle fossero a conoscenza della cosa.

 

Uncas guardò acutamente Alice mentre lei era seduta. Alice era concentrata sulla scatola di latta prima di allungare una mano, offrendo i dolci a James.

 

"Grazie, ragazza," ridacchiò James mentre passava la scatola a tutti, non notando l'improvviso silenzio penetrante.

 

Uncas guardò Alice, inespressivo. Non era a conoscenza della situazione che coinvolgeva i vicini e non era sicuro di come si sentiva. Gli Inglesi erano così dannatamente particolari riguardo alla loro "reputazione" e a cosa gli altri avessero da dire... Uncas sapeva che ciò avrebbe causato ad Alice disagio e lei sembrava molto agitata al momento.

 

In una parola, Alice si sentiva messa alle strette. James era sempre stato enormemente ignaro e adesso non era diverso, ma gli altri erano tesi e calmi, evitando il contatto visivo. Erano passati diversi giorni dall'incontro con Anne ed Emma, ma i pettegolezzi avevano cominciato a raggiungere la fattoria degli Stewart sotto forma di sussurri. Evidentemente James alla fine ne aveva avuto abbastanza. Era tutto così fastidioso e frustrante.

 

Tuttavia, non tutti i vicini si comportavano in questa maniera indecorosa. I Lancaster trattavano Alice come avevano sempre fatto, anche se sapeva che Meg era confusa; Robert non se ne curava troppo.

 

Elizabeth Mason aveva commentato gentilmente che le persone cercavano qualsiasi ragione per diffondere i pettegolezzi, che Stephen le aveva detto che bel ragazzo fosse Uncas, e ordinò ad Alice di non prendere a cuore qualsiasi battuta tagliente, crudele detta dai loro vicini. Il signor Newsom acconsentì nella sua quieta maniera. Dalla morte di sua moglie, l'uomo dai modi miti aveva trascorso piuttosto un bel po' di tempo con la signora Mason.

 

"Non prestare alcuna attenzione a quelle lingue scodinzolanti, mia cara ragazza," consigliò gentilmente Gregory Newsom, sorseggiando il thè aromatico che Alice gli aveva preparato durante una visita dai Mason. "Dio ha un piano per tutti noi. Molte persone non la vedono in questo modo. Uncas è un brav' uomo."

 

"Uncas, camminiamo," disse Alice improvvisamente, sentendosi al momento leggermente claustrofobica, persino fuori all'aperto, volendo stare un momento da sola con Uncas.

 

Uncas annuì e si alzò, porgendole la mano scura. Alice mormorò agli altri che sarebbe tornata a breve e afferrò stretta la mano di Uncas, mentre cominciarono a incamminarsi verso il bosco. La notte si stava avvicinando rapidamente.

 

"Andare a fare una passeggiata," disse James con sarcasmo, scuotendo la testa e sorridendo.

 

"Non insinuare nulla, James Stewart," Annabel rimproverò suo marito. "Alice è libera di camminare con Uncas ogni volta che le pare e stanno facendo solo quello. Camminare. Niente di più."

 

"Vedremo," farfugliò James e gli occhi di Annabel guizzarono nella sua direzione. James era contento. Segretamente, lui si divertiva a far irritare sua moglie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

  

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Elizabeth Mason si asciugò le mani sulla gonna mentre fece un passo indietro, dopo aver mosso nel focolare la pentola che conteneva la cena; stufato di pollo e patate.

 

Camminando verso il tavolo, sorrise gentilmente a Gregory Newsom.

 

"Spero che vi godiate la cena di stasera," commentò mentre si mise a sedere, poggiando il mento sul palmo della sua mano.

 

"Davvero, sono abbastanza certo che lo farò, signora." Gregory parlò con il suo modo calmo e misurato e con un luccichio affettuoso nei suoi occhi stanchi.

 

"La mia defunta moglie non era affatto brava in cucina," aggiunse, facendo un cenno con la testa. "Toccava a me mettere insieme un pasto per la maggior parte delle volte. Quando la cara Alice ha lavorato per la signora Newsom per un breve periodo, ho avuto un po' di tregua."

 

"Cara ragazza," rispose Elizabeth delicatamente. "Ti è stata talmente d'aiuto, e so che gli Stewart dipendono molto da lei. Ha così tanta dolcezza."

 

Improvvisamente Elizabeth alzò lo sguardo, la sua voce era cauta.

 

"Gregory... ci conosciamo da parecchi anni e c'è qualcosa che vorrei chiedervi. In privato, certamente. Solo una mia curiosità."

 

"Certo, Elizabeth," rispose il signor Newsom in tono galante. "Sentitevi libera di chiedermi qualunque cosa desideriate."

 

"E' solo che - la defunta signora Newsom e voi avevate delle differenze di carattere così basilari. Mi sono sempre chiesta... perché l'avete sposata?"

 

Il signor Newsom fece una risatina sommessa. "Molte persone me l'hanno chiesto, Elizabeth. Non è una storia semplice, assolutamente."

 

Elizabeth Mason lo invitò a continuare, volendo conoscere una faccenda che da molto tempo aveva stuzzicato la sua curiosità.

 

"Per cominciare, Priscilla e io avevamo molte più cose in comune di quanto si potesse pensare. Un tempo entrambi eravamo in possesso di una grande fortuna e, in gioventù, ci siamo trovati privati dei nostri mezzi. E' stata anche la stessa radice; debiti. Mio padre andò in una prigione per debitori quando ero a Oxford. Prese un prestito bello consistente per investire in un'impresa mineraria a nord dell'Inghilterra e l'intera faccenda si rivelò una farsa. In quanto azionista, era ancora responsabile per la ricchezza che non fu mai prodotta."

 

Elizabeth era stupita, dato che era una semplice casalinga e non aveva dimestichezza con questo tipo di discorsi.

 

"Che è successo?" chiese lei, partecipe.

 

"C'erano quattro di loro in quest' impresa. Uno puntò una pistola contro se stesso dinanzi alla sua famiglia quando comprese che era rovinato. L'altro lasciò il paese. Il terzo, non sono molto sicuro dei dettagli, o di ciò che gli è successo. Ma mio padre andò in prigione, dove morì lasciando la mia famiglia senza risorse."

 

"Oh, Gregory, mi dispiace molto di aver rispolverato questi ricordi," sussurrò Elizabeth.

 

Il signor Newsom sorrise cupamente, agitando una mano di lato.

 

"Non c'è problema, Elizabeth. Credo che il Signore metta queste prove nelle nostre vite che sono al servizio di uno scopo che è più grande di noi stessi. Da giovane volevo unirmi alla chiesa ma, dato che mio padre non avrebbe voluto, fui mandato a scuola. Quando morì, beh..." si fermò.

 

"Prima mi avete detto che siete venuto dall' Inghilterra con vostra madre?" chiese Elizabeth.

 

L'uomo annuì. "Sì, davvero. Siamo riusciti solo a introdurre di nascosto un pochino d'argento e qualche gioiello di mamma nel doppio fondo di un vecchio baule che avevamo, quando abbiamo sentito che gli esattori si stavano dirigendo verso casa nostra per reclamare ogni singola cosa che possedevamo. Così, siamo riusciti a barattare due traversate per le colonie. Avevo 21 anni."

 

Gregory Newsom bevve elegantemente un sorso di sidro forte, offertogli da Elizabeth, e la donna pensò che, malgrado i decenni di duro lavoro che ha sopportato nelle Americhe, nel comportamento del signor Newsom ancora c'erano le tracce di un'educazione da gentiluomo e dell' aristocrazia del Vecchio Mondo.

 

"Siamo approdati in New England, nella Massachusetts Bay." Gli occhi del signor Newsom erano vitrei e distanti mentre ripensava a quei giorni di molto tempo fa. "Ho fatto quello che potevo per provvedere a mamma, ho fatto qualsiasi lavoro umile, ma credo che lo shock di avere perso le nostre ricchezze e il nostro buon nome abbia spezzato il cuore di mia madre e abbia contribuito alla sua morte prematura. Non aveva ancora 40 anni quando mi lasciò."

 

Elizabeth, prima che potesse fermarsi, raggiunse rapidamente il tavolo e strinse la mano di Gregory. Lui fece scorrere leggermente il pollice sulle nocche di lei.

 

"Mia cara signora," sospirò. "Siamo nati per soffrire e sopportare, per grazia di Dio."

 

"Avete incontrato Priscilla in questo momento?" chiese Elizabeth, arrossendo al tocco di lui e cercando di sembrare indifferente.

 

"Mmm." lui annuì. "Quando la incontrai per la prima volta, viveva in dignitosa povertà, poiché la sua famiglia aveva perso le proprie ricchezze. Tuttavia, era una ragazza a quel tempo. Di circa 16 anni, penso."

 

Elizabeth gli versò dell'altra bevanda acquosa, che lui ricevette con cortesia e in modo rispettoso.

 

"Sapete, Elizabeth, che in gioventù mia moglie ed io ci amavamo veramente," disse delicatamente. "Eravamo giovani e pieni di speranza. Per me era così bella, con i suoi capelli castano dorato e il suo temperamento forte. Lei... lei non era sempre come voi tutti l'avete conosciuta. La morte della nostra unica figlia l'ha distrutta. Ho sopportato tutto per tutti questi anni innanzitutto perché ho fatto un voto agli occhi di Dio. Nella buona e nella cattiva sorte, ho promesso. E non ho mai smesso di vederla con gli occhi della gioventù, di vederla com'era una volta, giovane e bella e sempre allegra. E ho continuato a farlo persino dopo che l'amore, che una volta avevamo condiviso, era finito in questa terra desolata."

 

Elizabeth Mason deglutì pesantemente, commossa dal dolce dolore nella voce dell'uomo. Anche lei sapeva cosa fosse una perdita, avendo sofferto spasmodicamente, ogni giorno, per la perdita di suo marito 3 anni prima.

 

Questo era ciò che la aveva attirata verso Gregory Newsom. Era un uomo così gentile e il miglior compagno che lei potrebbe aver sperato di avere.

 

"Cara Elizabeth," mormorò lui mentre si tenevano di nuovo le mani. "Mia cara, dolce signora."

 

Poi chiusero gli occhi e rimasero così. Elizabeth sentì una tale pace calare su di lei... finché la porta si spalancò ed Elizabeth trasalì per il rumore e ritirò velocemente la mano.

 

"Stephen, mio caro..." disse lei, alzatasi in piedi frettolosamente. "La cena è pronta-"

 

Suo figlio non la ascoltò. Fischiettando, si tolse il cappello per salutare il signor Newsom e sua madre, prima di correre a frugare nel suo zaino, che era appeso a un attaccapanni sulla parete.

 

"Mamma, dov'è quel fischietto di osso che ho fatto pochi giorni fa? chiese, voltandosi e guardandosi intorno in modo irritato.

 

Elizabeth rispose che non lo sapeva. "Ne hai proprio bisogno, ragazzo mio?"

 

"Sì," lui si lagnò. "E' un regalo. Beh, ritornerò prima che faccia buio."

 

Detto questo, uscì a grandi passi, rapidamente dalla porta, premendosi il vecchio cappello di suo padre sui capelli rossi e prendendo il suo particolare moschetto.

 

La porta si chiuse violentemente, lasciando sua madre e il signor Newsom in solitudine, come anche in perplessità.

 

Elizabeth scosse la testa per la meraviglia. "Lucy! La cena è pronta, mia cara."

 

La bambina stava giocando proprio fuori casa e, sentendosi chiamare da sua madre, aprì la porta e corse dentro salterellando.

 

Erano tutti sistemati con lo stufato di fronte a loro, chiacchierando disinvolti, ma la preoccupazione per Stephen stava tormentando Elizabeth. Fece scorrere un dito esile intorno all'orlo del boccale mentre ripensava a suo figlio, che non faceva altro che gironzolare all'aperto per la maggior parte del giorno.

 

Lui stava seguendo i passi di James e Robert... erano bravi uomini, sicuramente. Elizabeth pensava solo che Stephen fosse troppo giovane per stare così solo fuori, nella natura selvaggia. Suo figlio era sempre stato troppo curioso e deviato, per il suo bene; Elizabeth ancora ripensava al totale shock che aveva provato quando si era saputo che Stephen aveva gironzolato a piedi nell'accampamento dei Lenape, a ovest.

 

"Lucinda," chiese Elizabeth improvvisamente, "dove va tuo fratello tutti i giorni?"

 

Lucy si congelò e fissò in silenzio la faccia di sua madre. Sembrava essere in difficoltà, dentro di sé.

 

"Io...io..."

 

Elizabeth era allarmata. "Che c'è, piccola mia? Sai qualcosa? Devi dirlo alla tua mamma se Stephen sta facendo qualcosa che non dovrebbe fare."

 

Lucy guardò in basso, verso la tavola. "Non è niente di brutto, mamma. Stephen ha detto di non dire niente, a meno che tu non lo chiedessi, e tu lo hai chiesto, e quindi ha detto che posso dirtelo, perché la Bibbia dice che mentire è sbagliato."

 

Gregory Newsom sembrava preoccupato per il borbottio a mala pena comprensibile che la bambina aveva spifferato.

 

"Dove sta andando, Lucy?" chiese l'uomo gentilmente.

 

Lucinda alzò lo sguardo e replicò. "A vedere lei, la sua innamorata."

 

Elizabeth si mise a sedere, l'aria che le era tornata a queste parole innocue.

 

"Perché, Lucy... è questo?" lei rise. "Perché, pensavo quasi al peggio! Ora, di' alla tua mamma chi è questa ragazza. Dimmelo prima che esplodo."

 

Lucy corse dalla sua mamma e si fece avanti entusiasta, in punta di piedi per sussurrare qualcosa all'orecchio di Elizabeth.

 

Gregory osservava mentre la faccia della donna impallidiva. Per parecchi minuti, dopo che Lucy aveva assunto la sua precedente posizione e stava mangiando rumorosamente il suo stufato, Elizabeth rimase silenziosa.

 

"Avete finito la vostra cena?" chiese Elizabeth.

 

Gregory annuì, osservandola attentamente. Lucinda fece un sorriso a sua madre e si pulì la bocca con la manica.

 

"Bene," si alzò Elizabeth. "Allora venite. Andiamo da qualche parte."

 

"Dove, Elizabeth? Che è successo?" chiese il signor Newsom, mentre si alzava anche lui.

 

"Dagli Stewart. Ho bisogno di parlare con Nathaniel e suo fratello. Lucy... devi dirmi assolutamente tutto sul tuo sciocco fratello e quella ragazza."

 

Gregory ed Elizabeth presero Lucy per mano, Gregory da un lato e sua madre dall'altro, e si incamminarono velocemente.

 

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Nathaniel e Uncas stavano tagliando la legna fuori, alla fattoria degli Stewart, a petto nudo per il caldo penetrante, quando Elizabeth Mason scese giù per il sentiero accompagnata dal signor Newsom e Lucinda.

 

Nathaniel si alzò in piedi dritto, asciugandosi la fronte con aria stanca. Vedendo la faccia preoccupata della signora Mason, si scambiò degli sguardi con suo fratello.

 

"Signor Newsom, felice di vedervi." Nathaniel salutò l'uomo anziano. Uncas annuì silenziosamente al trio.

 

"Signora Mason, spero che vada tutto bene nella vostra fattoria," aggiunse Nathaniel.

 

"Sì, il raccolto sta crescendo..." La donna sembrava distratta. "Questa è la mia figlia minore, Lucinda."

 

"Lucy!" disse la bambina brillantemente agli uomini, agitando la mano che sua madre teneva molto energicamente.

 

"Lucy, sii buona e vai dentro con le donne. Gli adulti hanno bisogno di parlare." Elizabeth spinse gentilmente sua figlia nella direzione della casa.

 

James avanzò a grandi passi verso di loro, pronunciando ad alta voce parole di saluto.

 

"Oggi si collabora alla mia fattoria, ci alterniamo, vedete? Domani ci metteremo in viaggio per andare a lavorare per la casa di Uncas, e di Nathaniel. Presto le ragazze avranno le loro case." James fece a tutti loro un mezzo sorriso gioioso.

 

"Sono felice di sentirlo," replicò Gregory Newsom con un'espressione gentile. "Ribadisco quello che ho detto a voi signori, prima. Sono a vostra disposizione e potete usare qualunque attrezzo e materiale della mia fattoria."

 

"Grazie." Uncas annuì, poi guardò Elizabeth. "Tutto bene?"

 

Gli sguardi degli uomini si volsero e si concentrarono sulla donna mentre lei scosse la testa, muta.

 

Gregory decise di farsi avanti, anche se non era completamente sicuro che quello fosse il suo posto.

 

"Siamo preoccupati per Stephen. La sua sorellina ci ha confessato qualcosa di piuttosto straordinario, e noi siamo venuti per vedere se voi potreste aiutarci."

 

Nathaniel si alzò dritto, e James si fece scappare una risatina sommessa.

 

"Che ha combinato quel birbante, signora Mason?" chiese James, sogghignando.

 

"Sono sicura che hai notato che Stephen si sta comportando in modo strano ultimamente. Ha sempre avuto uno spirito nomade, ma è diventato estremo al punto da farmi preoccupare! Non torna mai a casa, lo vedo tornare solo prima che faccia buio, e io sentivo... sentivo che stava cercando di squagliarsela."

 

"Spesso i ragazzi si comportano così. La natura selvaggia attira la loro attenzione," Nathaniel ricordò gentilmente alla donna.

 

"Questo era quello che avevo pensato, finché ho parlato con mia figlia," replicò Elizabeth con un'espressione afflitta. "Mi ha detto che c'è di mezzo una signorina."

 

Per cortesia, gli uomini tennero la bocca chiusa, ma a giudicare dalle espressioni scettiche scolpite sulle loro facce, era ovvio che non trovavano la notizia preoccupante.

 

"Ha cominciato a incontrarsi segretamente con una giovane ragazza... della tua razza, Uncas," Elizabeth concluse con una nota di compianto.

 

I tre uomini caddero in un silenzio di sbalordimento.

 

"Una ragazza Lenape?" chiese Uncas attentamente, avendo bisogno di una precisazione. "Dell' accampamento Delaware?"

 

"Lo stesso, Uncas. Sono venuta in parte per chiederti se sai qualcosa in più, e anche per implorare il tuo aiuto. Non ho nulla contro il tuo popolo, questo lo sai. E' solo che temo alcune conseguenze, ripercussioni nei confronti di mio figlio - Stupido ragazzo sconsiderato!" lei si lagnò, chiudendo gli occhi.

 

"Elizabeth, calmati, mia cara," disse Gregory in tono rassicurante. "Signori, per caso ne avete sentito parlare?"

 

"No", replicò Nathaniel. "Da parte mia e di mio fratello, no."

 

"Nemmeno io," fece spallucce James, grattandosi i capelli sbiaditi dal sole.

 

Uncas sentì un lampo di presentimento, come anche di intuizione. Aveva un indizio su chi fosse questa ragazza misteriosa. Volgendo attentamente gli occhi verso suo fratello, Uncas chiese se loro avessero una qualsiasi idea sull'identità della ragazza Lenape.

 

"Temo di no," confermò Gregory, strizzando gli occhi per il sole accecante.

 

Rimuovendo dai suoi pantaloni con attenzione l' orologio d'oro da tasca, Gregory Newsom vide che ancora c'era un po' di tempo prima del crepuscolo. Per il bene di Elizabeth, voleva che tutto ciò venisse risolto oggi.

 

"Lucy ha descritto la ragazza?" Nathaniel chiese in modo deciso. In verità, stava cominciando a stancarsi di tutta l'agitazione e le difficoltà che si sono presentate nel loro cammino durante l'ultimo anno. Non prometteva nulla di buono. Se non è una cosa, è un'altra.

 

La faccia di Elizabeth rivelava lo stato d'angoscia timorosa nel quale si trovava. "Mia figlia l'ha descritta come..." fece un respiro tremolante, "una giovane, forse di 17 anni? E' molto carina. Lucy è piuttosto affezionata a lei. La sola cosa che so è che Stephen e la ragazza si incontrano in segreto quasi ogni giorno per un po' di tempo. Si incontrano presso il fiume o nel bosco."

 

Lei alzò di scatto la testa per guardare in modo supplichevole Nathaniel e Uncas. "Ragazzi, questo non può continuare! Stephen non sa cosa sta facendo. Sono al limite delle mie risorse mentali per il timore, per la sicurezza di mio figlio. Che succederà se il popolo della ragazza li trova insieme e...e..."

 

"Elizabeth, per favore calmati, mia cara," disse Gregory in tono rassicurante. "Il buon Signore non permetterà che accada qualcosa a Stephen. Non ha fatto niente di male, ha solo stretto un'insolita amicizia con una persona che non è della sua razza."

 

Gregory estese lo sguardo intorno a lui in modo deciso, dicendo fermamente. "Dio ama tutte le sue creature. Siamo tutti formati a Sua somiglianza. Non ce lo dobbiamo dimenticare. Credo che prima dobbiamo parlare con tuo figlio, Elizabeth."

 

Dopo un paio di parole dette ai giovani ragazzi, Elizabeth chiamò sua figlia e il trio si incamminò verso la fattoria dei Mason.

 

James li guardò andar via, con un sorriso ironico sulla faccia. "Povero ragazzo, quello Stephen. La signora Mason mi è tanto cara, ma non credo sia giusto che lei si agiti per il ragazzo in tale misura. Cosa importa se lui fa la corte a una delle ragazze indiane?"

 

"E' importante, James, perché i Delaware non prenderanno bene il fatto che una delle loro donne corra qua e là con un Yengeese," Nathaniel replicò.

 

"E che dire di questa misteriosa, bella fanciulla?" argomentò James, sembrando turbato. "Non ha voce in capitolo riguardo alla questione? Perché è di così vitale importanza indicare la razza e il ceto sociale, e perché le donne non hanno voce?"

 

James scosse la testa e raccolse la sua scure per spaccare ancora un po' di legna per il fuoco.

 

Nathaniel guardò l'uomo biondo con atteggiamento pensieroso; era d'accordo con il suo amico, ma James Stewart semplicemente non comprendeva la mentalità Delaware.

 

"La ragazza non è un mistero, James. Credo di sapere chi sia." Nathaniel risparmiò uno sguardo a suo fratello, che sembrava stupito. Sapeva che Uncas ci aveva ragionato su per conto suo.

 

 

Alice strizzò gli occhi per il tenue bagliore arancione che permeava attraverso le finestre coperte di cera a casa degli Stewart. Era stanca per aver lavorato a maglia le coperte e cucito abiti di lino per il figlio di Annabel.

 

Sbirciando a destra, dal suo posto presso il tavolo di legno, Alice ridacchiò alla vista dell'incantevole culla che James e Nathaniel avevano fatto; al momento la culla stava semplicemente vicino al letto.

 

Seduta dritta, Alice si strofinò le mani doloranti e desiderò di poter andare fuori. Le sue faccende non glielo permettevano ed era primo pomeriggio, e faceva molto caldo fuori. Riprese in silenzio il suo lavoro, cucendo un orlo blu per gli abiti.

 

Mentre lavorava, Alice pensò alla casa che Uncas stava costruendo per loro, a poche miglia di distanza dalla fattoria degli Stewart, e un sorriso inarcò le sue labbra. Uncas l'aveva portata là una volta, nei giorni precedenti. Si era seduta per terra e osservava mentre James e i fratelli tagliavano gli alberi e li trascinavano fino alla radura, segandone alcuni riducendoli in tavole, e disponendo le travi di legno più robuste in qualità di pareti.

 

La sola cosa che era riuscita a riconoscere era un focolare di pietra per terra; quando Alice fece la domanda a Nathaniel, lui replicò che questo era sempre il primo elemento che veniva costruito. Tutto il resto era innalzato attorno ad esso.

 

Uncas aveva preso la mano di Alice e l'aveva condotta verso il camino, indicando dove ogni cosa sarebbe stata collocata e cosa doveva ancora essere costruito.

 

Sarebbe stato tutto in legno, pensò Alice lamentosamente... Il letto, il tavolo, le sedie, le panchine, gli sgabelli; persino i boccali. Alice aveva ricordato a Uncas che avevano bisogno almeno di un baule e di una cassapanca per riporre la biancheria.

 

Stando in piedi lì, sotto la luce del sole cocente, Uncas aveva stretto gentilmente la mano di Alice e replicò che avrebbe fatto in modo di fare proprio questo; qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno, le aveva detto nella sua maniera tranquilla.

 

Durante tutti gli ultimi giorni, Alice aveva ripetuto quelle parole a se stessa all'infinito, e riviveva quel momento perfetto ogni notte. Questo era l'uomo che aveva sempre sognato di sposare, così gentile e premuroso con lei, ma che la trattava anche con rispetto.

 

Se solo...

 

Alice si alzò rapidamente in agitazione, pensando di fare quella tanto attesa passeggiata attraverso il bosco per liberare la sua mente confusa. Il caldo nel casolare era soffocante e faceva deviare i suoi pensieri verso strade piuttosto terrificanti.

 

Mettendo i suoi aghi e fili nel cesto, Alice piegò i minuscoli abiti con un movimento fluido e li mise da parte. Poi si diresse verso la porta.

 

"Dove stai andando, sorella?" chiese Cora, che era fuori a fare il burro. Facendo una pausa per riprendere fiato e asciugarsi la fronte sudata, la sua sorella maggiore la guardò, aggrottando le ciglia.

 

"Vorrei fare una passeggiata prima di cena. Non ci metterò molto," replicò Alice con enfasi.

 

James si alzò dalla legna che stava spaccando, appoggiandosi contro la lunga scure. Era a petto nudo, ma Alice si era abituata da tempo a questa vista.

 

"Una passeggiata? Da sola?" chiese James pensieroso. "Ma ragazza, Uncas non è qui! Non pensavo che fosse possibile per te camminare nel bosco senza il giovanotto attaccato al tuo fianco."

 

Alice sorrise cortesemente e si precipitò verso la foresta.

 

Profumava di terra e fogliame, un odore inebriante che lei inalò profondamente mentre fece una pausa per valutare la foresta umida che li delimitava per miglia.

 

Si abbandonò ai ricordi di Londra, nuvolosa, cupa con la sua pioggia assidua e insistente. L'anno scorso era riuscita a contare soltanto 4 giorni assolati e pieni di luce. Qui, il caldo a volte era insopportabile, ma faceva miracoli per il suo animo.

 

Alice si guardò rapidamente intorno e notò che era un po' lontana dalla casa degli Stewart. Lontana dal caldo soffocante dell'interno del casolare, Alice poteva riflettere a lungo su ciò che era inquietante.

 

La verità era questa, era stato difficile sopportare il disprezzo dei vicini. Non poteva immaginare, dopo tutti questi mesi di conoscenza reciproca, di buoni rapporti e amicizia tra di loro, che le avrebbero voltato le spalle. Era estremamente crudele da parte loro.

 

L'altra faccenda inquietante era che soltanto adesso Alice stava comprendendo veramente la notevole disparità tra lei e Uncas.

 

Alice stava sudando quando giunse al margine del fiume e guardò in modo penetrante la corrente sotto la superficie dell'acqua, guardando il fiume che scorreva e faceva schiuma.

 

Ripensò a un episodio nelle settimane precedenti, quando le donne erano sedute accanto al camino di sera, lavorando sodo ai loro abiti...

 

Annabel sembrava allegra mentre misurava il tessuto intorno al busto e alle braccia di Alice, concentrandosi sul caldo umido del casolare. Gli uomini erano seduti a tavola e bevevano boccali di birra chiara tutti insieme. Alice alzò lo sguardo e catturò gli occhi di Uncas, che fissavano il suo corpo mentre Annabel le avvolgeva il morbido tessuto intorno alla vita e, anche se Alice era completamente vestita, arrossì nel vedere l'ammirazione nello sguardo fisso di lui.

 

Annabel si alzò dritta e aggrottò le ciglia.

 

"Blu o color oro per il tuo primo abito, Alice?"

 

Alice aprì la bocca per replicare, ma la voce profonda di Uncas la interruppe tranquillamente -"Blu."

 

Lei lo guardò timidamente; Annabel fece ad Alice un sorriso furtivo mentre James e Nathaniel sbuffarono forte nelle loro bibite.

 

"Non ho mai saputo che tu fossi così... esperto di moda femminile, fratello," disse ad alta voce Nathaniel, ridendo sotto i baffi.

 

James diede a Nathaniel una pacca sulla schiena ed espresse la sua intesa. "Sceglierai anche dei nastri per lei?"

 

Uncas non sembrava turbato o timido, poiché replicò ugualmente, "Il blu ti sta meglio, si abbina con i tuoi occhi. Il dorato sta meglio a tua sorella."

 

"Penso che tu abbia preso troppa birra stasera," rise Nathaniel.

 

Annabel sorrise al giovane Indiano in segno di approvazione. "Hai ragione, giovanotto. Il dorato sembrerà bello più che mai su Cora, con i suoi capelli scuri. Il blu va bene per Alice." Aggrottando le ciglia, lei guardò gli altri uomini che stavano ridendo per Uncas. "Almeno c'è un uomo che ha dato ampia considerazione alla sua donna - a differenza di altri che non mi degnerò di nominare."

 

James si mise a sedere, indignato. "Già ti ho detto che il color viola è carino per te."

 

"E' color lavanda James, ed è proprio pessimo addosso a me," replicò Annabel, sembrando infastidita. "Mi fa sembrare proprio sciatta."

 

"Ci saranno altri viaggi in città?" chiese Alice in tono interrogativo.

 

Quando Annabel le chiese il perché della necessità di fare un viaggio in città, Alice replicò che c'erano parecchi dettagli che non erano stati comprati per il suo guardaroba.

 

"Come il corsetto" Alice fece notare, " e la chiusura di un corsetto, il busk."

 

Tutto il gruppo riunito fece una pausa e fissò Alice con sguardo ipotetico.

 

Nathaniel ridacchiò, "Corsetto? Vuoi dire quella strana cosa che toglie l'aria alle donne inglesi? Credo che tu non ne abbia bisogno, ragazza. Non é pratico."

 

Alice e Cora si scambiarono degli sguardi accigliati, e la ragazza più giovane era piuttosto scioccata. "Ho davvero bisogno di questi articoli, signore. Non è decente per una ragazza stare senza un corsetto appropriato e una chiusura. Sono stata negligente durante l'ultimo anno, ma questo non giustifica il fatto che ne avrò bisogno, col tempo."

 

Lei guardò Uncas in modo supplichevole, e fu imbarazzata nel vedere che lui stava aggrottando le sopracciglia verso il basso, sul tavolo. Bevve un sorso della sua birra e sembrava dare importanza alle sue parole.

 

"Che cos' è una chiusura?" chiese lui.

 

James guardò Alice, ma non si burlò di lei come era tipicamente propenso a fare. Infatti, sembrava esserci un barlume di comprensione nel profondo dei suoi occhi, quando rispose a Uncas.

 

"E' una stecca piatta di legno che va messa davanti alle ragazze, sotto i loro corsetti," spiegò. "La indossano per non chinarsi sul girovita, mentre vanno in giro durante la giornata."

 

Alla fine Uncas alzò lo sguardo verso Alice e la sua espressione era incredula, con un minimo di shock. James tenne per un momento lo sguardo di Alice in segno di comprensione e parlò di nuovo a Uncas.

 

"Ragazzo, questo è ciò che le ragazze della loro posizione sociale sono abituate ad indossare. Impedire a loro di fare ciò, sarebbe come impedire a te di indossare la pelle di daino, capisci?"

 

Uncas scosse la testa lentamente. "Non ne hai bisogno, Alice. Quelle corde strette ti fanno solo male e quella stecca di legno non è ragionevole, quando sarai alle prese con un lavoro che deve essere fatto intorno alla nostra casa."

 

Alice arrossì alle sue parole; perché non stava comprendendo questo? Non era una questione di praticità. Era obbligatorio e lei gliel' aveva detto.

 

Uncas scosse di nuovo la testa, semplicemente, "Nessuno di noi può fare il viaggio verso la città più vicina, quando c' è così tanto lavoro da sbrigare. Inoltre non possiamo sprecare il denaro per queste cose -  non sono necessarie, Alice. Sono delle esigenze sciocche."

 

Cora osservò l'espressione ferita di sua sorella e sembrava pronta a scambiare alcune parole con Uncas, ma Nathaniel guardò sua moglie in segno di avvertimento, dicendole silenziosamente di starne fuori.

 

"Mi stai chiamando stupida?" Alice ribatté, sentendosi offesa e arrabbiata. Uncas sembrava confuso e replicò che non si stava riferendo a lei.

 

Annabel strinse la mano di Alice per incoraggiarla e disse, "Capisco quello che stai provando, Alice. Ma credimi. Corsetto e chiusura  non sono necessari nella nostra situazione."

 

"Lo sono," disse semplicemente Alice, arrabbiata per il fatto che Uncas si stava rifiutando apertamente di prendere in considerazione le sue idee e i suoi bisogni. "Se voi tutti vogliate scusarmi, mi ritirerò. Buona notte."

 

Mentre stava a letto con la schiena rivolta agli abitanti del casolare, Alice notò che Uncas non aveva detto nient'altro... ma Alice era troppo distrutta dai suoi pensieri per prestare attenzione a questo. La nostra situazione, aveva detto Annabel. Alice era rattristata. La sua situazione che era così drasticamente cambiata da un anno all'altro, la sua vita che non sarebbe stata mai più la stessa e, al di là di tutto questo, l'ombra del dubbio che permaneva ostinatamente nei meandri della sua mente...

 

Il timore che lei e Uncas non giungerebbero mai a una comprensione, che alla fine non sarebbero stati felici.

 

Alice si svegliò dal suo sogno ad occhi aperti e guardò il fiume che scorreva, sbattendo le palpebre. Uncas era venuto da Alice silenziosamente il giorno dopo, mentre lei stava portando l'acqua, e si era fatto perdonare da Alice, dicendole che non aveva avuto intenzione di offenderla, che le loro opinioni erano diverse, ma loro avrebbero trovato un terreno comune. Alice rimase scioccata, poiché Uncas raramente parlava in maniera così diretta.

 

Alice lasciò cadere il secchio d'acqua sull'erba con un tonfo e abbracciò Uncas, sollevata.

 

Adesso, Alice si stava sentendo meglio e pensò che era sciocco discutere di indumenti intimi femminili. Capì che si sentiva agitata per la reazione ostile dei suoi vicini alla sua relazione con Uncas, e che aveva anche paura di non renderlo felice.

 

Alice proseguì la sua passeggiata solitaria per diversi minuti, pensando fantasiosamente alla vita pacifica che desiderava così tanto, quando all'improvviso si fermò, poiché sentì delle voci calme intorno alla curva del fiume.

 

Inclinò la testa interrogativamente mentre tentava di determinare l'identità degli interlocutori. Il luogo non era vicino ad alcuna fattoria e nemmeno all'accampamento Lenape. Avvicinandosi cautamente, Alice sbirciò intorno verso i cespugli e guardò fissa, la curiosità che si trasformò in shock totale.

 

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Tankawun era seduta accanto a Stephen, mentre lui metteva delicatamente piccole margherite nei suoi lunghi capelli d'ebano, ridacchiando per tutto il tempo.

 

Erano seduti nel loro solito posto presso il fiume a conversare per lungo tempo, e Stephen aveva regalato alla ragazza le margherite che aveva raccolto sulla strada per incontrarla.

 

Tankawun arrossì graziosamente mentre Stephen le sorrideva con adorazione, sfiorandole i capelli e la guancia con il dorso della mano. Lei era felice di queste lunghe giornate della calda stagione, felice di conoscere questo ragazzo Yengeese gentile, felice di essergli seduta accanto.

 

Tankawun sapeva che Stephen le voleva bene profondamente e che le era affezionato romanticamente... Era tutto così diverso, da qualsiasi cosa lei abbia mai conosciuto. La maggior parte dei ragazzi all'accampamento erano seri e imperturbabili. Aveva rifiutato tutte le proposte di matrimonio prima del suo interesse per Uncas, perché non poteva concepire l'idea di essere sposata con un uomo che non ridesse o almeno sorridesse. Una vita senza risate, secondo lei, era una vita senza sorprese. Il figlio minore di Hopocan, Anicus, aveva espresso il suo interesse per lei, ma lui amava ascoltare se stesso parlare e la cosa era sconcertante.

 

Tankawun pensò fugacemente a sua madre, che ultimamente non faceva altro che tormentarla. Principalmente, sua madre era interessata alla relazione di Uncas con la ragazza dai capelli di Luna. Che la cosa le piacesse o no, alla fine loro avrebbero messo su casa. Sua madre le inculcava costantemente la necessità di cercare di prendere Uncas da solo, per convincerlo a riesaminare la sciocchezza che stava prendendo in considerazione, cioè sposare una donna bianca. Tankawun era onesta con se stessa. Lei ancora provava gli stessi sentimenti per Uncas e sapeva di poterlo rendere felice. Non seguì il consiglio di sua madre, per la sola ragione che lui sembrava amare la ragazza Yengeese. Se Uncas avesse deciso di non sposare l'altra ragazza, beh, sarebbe stato diverso.

 

Ma lei era dilaniata... Per Stephen. Non aveva mai incontrato un ragazzo come lui. Lui apparteneva al bosco tanto quanto un' aquila che vola in alto o un alce maestoso. Amava e apprezzava la loro madre, la terra. Mostrava compassione per tutti e credeva in un’ unica razza - la razza umana. C'era un tale legame tra loro, anche se non parlavano la stessa lingua.

 

Stephen fece cadere la mano dalla faccia di lei rapidamente.

 

"Alice!" disse lui incredulo, balzando in piedi.

 

Tankawun scattò in piedi e arrossì profondamente quando l'amore di Uncas, la ragazza di Luna, avanzò lentamente verso di loro con un sorriso incerto.

 

"Stephen, Tankawun..." mormorò Alice, annuendo a loro, uno alla volta. Cominciò a parlare tranquillamente con Stephen nella lingua Yengeese, facendo dei rapidi sguardi furtivi a Tankawun. Tankawun non comprendeva la loro strana lingua, ma la stava imparando velocemente ogni giorno di più.

 

Stephen, nel frattempo, guardò entrambe le ragazze e cercò di non ridacchiare. Tankawun sembrava mortificata e Alice sembrava a disagio, ma divertita.

 

"Stephen, ti ho visto metterle i fiori tra i capelli. Sono margherite?" chiese Alice.

 

Stephen annuì, sorridendo marcatamente. Poi abbassò la voce, "Ti ricordi di Tankawun, Alice?"

 

Alice annuì lentamente. "Certo. Mi piace proprio, Stephen. Vedo che anche a te piace."

 

Si erano seduti tutti presso la riva del fiume e Stephen era sollevato per il fatto che Tankawun stava di nuovo ridacchiando marcatamente. Parecchie margheritine caddero dai suoi capelli scuri e Stephen le fece un sorriso, sentendo il suo cuore battere più veloce dentro di lui, con lei al suo fianco.

 

"Mi piace molto."

 

Il trio di ragazzi parlò per un altro po' e, anche se non tutte le parti in causa si comprendevano tra loro, questo non impedì loro di comunicare.

 

Stephen osservava allegramente mentre Alice roteava una grande margherita tra il pollice e l'indice e la infilò dietro l'orecchio di Tankawun, scatenando la sciocca risatina delle ragazze.

 

"Alice, vorrei tanto poterla sposare e stare sempre con lei," disse Stephen con un sospiro. "Il mondo sembra tanto più luminoso con lei al mio fianco." Lui si voltò per guardare Alice, che si rattristò per qualche ragione.

 

"E' perfettamente vero. Tutto sembra più bello quando si è innamorati. Ma... può essere difficile, Stephen. Ci sono altri fattori da considerare e non farai a te stesso nessun grande favore, ignorando questo fatto."

 

"Ma tu e Uncas siete felici. L'ho visto." Stephen guardò in basso, per terra, e in modo irrequieto fece scorrere una mano sull'argine del fiume, costellato di rocce.

 

Rimasero tutti in silenzio per parecchi, lunghi istanti e Tankawun si mise più vicina a lui, con la faccia tesa per la preoccupazione. Unì la sua mano con quella di lui e sorrise malinconicamente. Stephen prese le mani di lei e le baciò il dorso delle mani.

 

"Chi è?" chiese Alice improvvisamente con la voce spaventata. I tre balzarono in piedi e Stephen si mise davanti alle ragazze mentre fissava l'uomo indiano che improvvisamente sbarrò loro la strada. Il ragazzo sembrava furibondo.

 

"L'ho incontrato all'accampamento..." sussurrò Alice all'orecchio di Stephen.

 

Tankawun guardò la spalla di Stephen e fece un respiro affannoso.

 

"Anicus? Che stai facendo qui?" disse lei rapidamente nella sua lingua nativa, valutando il ragazzo nervosamente. Non lo aveva mai visto apparire così arrabbiato.

 

"Cercare te!" quasi gridò, guardando con aria feroce i Bianchi. "Adesso capisco che cosa stavi facendo tutto questo tempo. Svignartela con uno di loro."

 

"Questi sono i miei amici!" lei rispose per le rime. "Non ho bisogno del tuo permesso per incontrarli. Ora vai a casa e lasciaci in pace."

 

"Tua madre sa che sei diventata la squaw di un uomo Yengeese?" Anicus strinse gli occhi e avanzò altezzoso verso di loro. "Tu e questa sciocca ragazza di Luna"?

 

"Non è sciocca. E' la moglie di Uncas e terrai a freno la lingua."

 

Anicus alzò gli occhi al cielo con una smorfia. "Allora questo ha perfettamente senso. Uncas ti rifiuta per quella stupida ragazza bianca e tu ti butti su questa ridicola creatura dai capelli rossi."

 

Tankawun tremava per la rabbia, "Sì, vai pure, corri all'accampamento come un bambino piccolo e dillo a Hopocan e a mia madre. Sei geloso perché ho degli amici fuori dall'accampamento-"

 

"Non sono tuoi amici. Sono Bianchi - hanno ucciso tuo padre!"

 

"Non sono stati loro! Sei anche risentito perché non ti sposerò. Ecco perché mi segui come un matto!"

 

Alice cercò di tirare via Tankawun dalla scenata, che si era trasformata in una gara di strilli. Non capiva quello che stavano dicendo, e non comprendeva l' impressionante perdita di compostezza di Anicus. Era stato abbastanza cortese con lei, quando si erano incontrati l'anno precedente. Deve essere la gelosia, dedusse Alice, a giudicare dallo sguardo fremente di rabbia che Anicus fece a Stephen.

 

Improvvisamente Anicus avanzò in modo brusco e afferrò Tankawun per il polso, tirandola verso di lui. La ragazza emise un urlo e Alice fu in preda al panico.

 

"Lasciala! Non toccarla!" urlò Alice mentre corse da Tankawun e spintonò con forza il giovane Delaware con tutte e due le mani.

 

Anicus invece si voltò e diede un pugno in faccia a Stephen, facendo cadere il ragazzo a terra.

 

Alice affondò i piedi nella terra tra i due Delaware che urlavano, e tentò di respingere il ragazzo, ma lui era più forte e più alto.

 

Stephen balzò in piedi con in mano il suo moschetto e colpì l'addome dell'altro ragazzo con il calcio della sua arma, facendo restare Anicus senza fiato e facendolo piegare in due. Dopo un secondo, il calcio del suo moschetto colpì forte la sua mandibola.

 

Anicus gemette e cadde a terra, ma ancora non allentava la presa su Tankawun. Entrambi i ragazzi cominciarono a lottare sul serio, presso l'ansa del fiume e Alice lottò per districare se stessa e Tankawun.

 

Alice indietreggiò per il dolore, poiché il gomito di Anicus la colpì direttamente in faccia, e Stephen cominciò a imprecare per la rabbia quando vide ciò. I pugni di Stephen divennero più forti, mentre Tankawun afferrò la mano di Alice e cercò di districarli dal mucchio, per terra. Alice vide Anicus sfilare l'accetta dal fianco e i suoi occhi si spalancarono, poi si attaccò al braccio destro di lui nel tentativo di fargli abbassare l'arma.

 

Uno sparo di carabina improvvisamente fendette l'aria con un rumore secco e tutti rimasero congelati. Alice si voltò per vedere la sagoma di un uomo alto, dai capelli scuri, spuntare fuori dal bosco e ricaricare frettolosamente la sua carabina. Alice sentì che il suo cuore cominciò a battere forte.

 

Era un soldato britannico. Lei poteva dirlo in base alla sua uniforme color rosso vivo.

 

Alice si alzò in piedi frettolosamente. "Qui, signore, non c'è bisogno di puntare la vostra arma sui miei amici e me. Ci sono delle donne. Non intendiamo farvi del male."

 

L'uomo la guardò con sospetto, probabilmente più che disorientato dal suo abito sciatto, ma dalle sue maniere educate.

 

"Stavo soltanto intercedendo poiché l'ho ritenuto opportuno, signorina," l'uomo sottolineò con voce profonda, puntando la sua carabina. "Quel selvaggio ha attaccato due coloni."

 

"Ancora con quella parola..." Alice mormorò tra sé e sé, spolverandosi le mani sulla gonna.

 

"Non ci siamo presentati appropriatamente, signore." Questo era tutto ciò che Alice poté pensare di dire per temporeggiare, mentre pensava mentalmente a quale sarebbe stata la prossima linea d'azione.

 

"Sono Alice Munro. Questi sono i miei amici, Stephen Mason e Tankawun. Il ragazzo si chiama Anicus."

 

"Isaac Bauman..." replicò l'uomo inglese mentre volse lo sguardo incredulo verso gli Indiani, sorpreso che Alice sembrava essere così in confidenza con loro.

 

"A quale reggimento appartenete, signor Bauman?" Alice gli domandò.

 

"42° Reggimento fanteria dell'esercito di Sua Maestà."

 

"Chiaro, signore. Ma posso garantirvi che non è stato fatto nessun danno. I miei amici e io stavamo soltanto giocando."

 

"Davvero?" chiese lui in tono calmo, ma c'era una diffidenza dipinta sulla sua faccia. "Gridando e agitandosi per terra? La vostra faccia è insanguinata-"

 

"Sono caduta," esclamò Alice rapidamente, poi si voltò e guardò Stephen in modo implorante.

 

Il ragazzo dai capelli rossi fece un respiro profondo e allungò il braccio per prendere il suo cappello a tricorno. Dopo aver guardato velocemente i suoi compagni, replicò affermativamente che non c'era stata nessuna zuffa. Si trattava di un malinteso.

 

"Non abbiamo nessuna divergenza l'uno con l'altro, credo. Ce ne andremo per la nostra strada," Stephen inclinò il cappello e diede un colpetto ad Alice e Tankawun.

 

"Resta dove sei, ragazzo!" disse la giacca-rossa come avvertimento, gesticolando verso i Delaware. "Dichiaro, signore, che non credo affatto che tutto questo fosse per divertimento. Quel tuo amico rosso non si rende conto che  è un reato punibile causare danni fisici a uno dei sudditi di Sua Maestà?"

 

Proprio allora, altri 4 ufficiali spuntarono fuori dagli alberi di corsa, a ritmo sostenuto, accalcandosi vicino al loro compagno.

 

"Isaac, abbiamo sentito uno sparo. Che è successo?" chiese uno di loro insistentemente. Tutti loro avevano le braccia con un' aria di tesa e pronta vigilanza.

 

"Niente!" disse Alice ad alta voce per l'esasperazione, perché Tankawun ora stava piagnucolando per lo spavento. "Per Dio, voi tutti vi siete avventati come un branco di bestie selvagge per mettere alle strette dei civili disarmati. Penso che il vostro tempo e fatica sarebbero impiegati meglio alla ricerca dei Francesi, che stanno attaccando gli insediamenti e mettendo a repentaglio la milizia!"

 

"Non è vostra prerogativa dilungarvi su queste faccende, Signorina Alice," disse Isaac Bauman aggrottando le ciglia. Si rivolse agli uomini del reggimento.

 

"Ho visto chiaro come il giorno quando quel selvaggio maltrattava il resto del gruppo. Non mi interessa sapere perché lei dovrebbe mentire a nome suo, ma la legge deve essere rispettata."

 

"Dove siete dislocati?" chiese Alice con timore crescente.

 

"Fort Loudon," replicò un soldato a cavallo con i capelli color sabbia, che aveva la sua baionetta puntata su Anicus. Il ragazzo Lenape sembrava terrorizzato. Alice si guardò intorno impotente, verso gli Indiani; non poteva nemmeno immaginare quanto dovevano essere spaventati alla vista degli implacabili Inglesi.

 

Alice, da parte sua, tenne una ferma compostezza; o cercò di farlo, ad ogni modo. Sapeva che il suo unico vantaggio erano gli agganci militari di suo padre e le cose che le aveva detto di passaggio, prima della sua morte, aneddoti sulle leggi marziali nelle colonie come anche i vari forti che lui aveva menzionato nelle sue lettere.

 

"Fort Loudon è parecchio a sud da qui," disse lei freddamente. "Lo so bene. Il comandante del forte, il Generale McCauley, era un amico stretto di mio padre, prima che morisse."

 

Stephen fece ad Alice uno sguardo acuto, ma rimase saggiamente in silenzio. Sorrise cupamente a Tankawun e ignorò Anicus in modo zelante.

 

Alice proseguì in tono di finta altezzosità. "Mio padre era il Colonnello Edmund Munro. Era dislocato a Fort William Henry, a nord da qui. Come voi tutti potete o non potete sapere, cadde al servizio di Sua Maestà. Adesso, ammetto di non essere informata su tutti i dettagli che riguardano la legge coloniale, ma so che ci sono alcuni trattati tra i Bianchi e gli Indiani in queste terre. Voi non potete attaccare il mio amico qui a causa di una faida immaginata che vi ostinate a credere vera."

 

"Non ho immaginato niente, signorina Alice." Il signor Bauman era ancora austero, ma sembrava stesse perdendo la convinzione.

 

"C'è un accordo di pace molto precario tra gli Indiani Delaware e i coloni. Sarebbe sconveniente mettere a repentaglio questa certezza per un malinteso," perseverò Alice. Poteva sentire una gocciolina di sudore colare dall'attaccatura dei suoi capelli e scivolare lungo il lato del collo.

 

"Non penso," disse improvvisamente l'uomo dai capelli scuri. "Porteremo questo ragazzo a Fort Letort per aver attaccato dei coloni. Scostatevi - Thomas, prendilo."

 

Il soldato a cavallo con i riccioli color paglia, con cui Alice aveva brevemente parlato qualche minuto prima, fece un movimento verso Anicus, ma fu improvvisamente fermato dalla figura allampanata di Stephen.

 

"Scostati, ragazzo. Non interferire," ordinò l'uomo con gli occhi socchiusi.

 

Stephen incrociò il suo sguardo in modo inflessibile. "Non ha fatto niente di male. Vogliamo solo andarcene a casa in pace. Lasciateci stare, signore."

 

"Procedete. Portate a casa queste donne. Noi ci occuperemo di gente come questa."

 

"Dov'è Fort Letort?" chiese Alice con un sussurro silenzioso, scandalizzata per il fatto che una semplice passeggiata per il bosco aveva portato a questa débacle.

 

"Vicino a Beaver Creek, a poche miglia laggiù. E' in misura maggiore un forte di civili," rispose Stephen. Diresse la sua voce verso gli ufficiali –

 

"Credo di non potervi permettere di prendere uno del nostro gruppo. E' un gesto immotivato."

 

"Allora ci accompagnerai, stupido ragazzo!" ribatté irosamente Isaac Bauman ed entrambi i ragazzi avevano le mani prontamente legate dietro di loro.

 

Anicus fece un lamento agonizzante, scuotendo la testa. Tankawun pianse e si aggrappò a Stephen, parlando freneticamente nella sua lingua.

 

Alice fu spostata bruscamente, ma rimase in piedi ostinatamente. "Non avete vergogna? Né il senso dell'onore o della decenza?"

 

"Hanno disturbato la quiete e fate attenzione, Signorina Alice, a non rimproverarmi in quel modo." La giacca-rossa Bauman aveva un rossore opaco sulla sua faccia per la sferzata ricevuta dalla lingua di Alice.

 

"Andatevene via da qui. Non dovreste passare il tempo ad accompagnarvi con questi Indiani."

 

"Non me ne andrò, signore. Non posso stare a guardare mentre prendete Stephen!" Alice sentiva una tale rabbia e frustrazione per questa svolta degli eventi, e non aveva mezzi per placare questi sentimenti. Poteva solo continuare ad assillare gli uomini affinché rilasciassero i suoi compagni per diversi minuti in più, mentre loro tentavano di arrestare i ragazzi, ostacolando completamente il loro progetto.

 

"Posso vedere l'influenza che questi selvaggi hanno esercitato su di voi, " disse l' Inglese in modo arcigno, roteando gli occhi.

 

"Questo non è affare di nessuno, cafone buono a nulla!"

 

Alice sentì di aver oltrepassato il limite con queste parole. Così pure il signor Bauman, evidentemente –

 

"Bene. Allora prendete anche lei."

 

Alice ansimò quando forti dita si arricciarono intorno al suo avambraccio. Lei scosse la testa, incredula.

 

"Tankawun, vai a casa. Vai via da qui," Stephen le disse delicatamente, poi incrociò i suoi occhi. "Fort Letort. Ricordati. Fort Letort."

 

Tankawun rimase a guardare impotente mentre i suoi amici venivano trascinati via, con le lacrime che le scorrevano lungo la faccia. Fort...Letort. Che significa?

 

Si voltò per andare verso l'accampamento, poi in una frazione di secondo cambiò idea. Invece, i suoi mocassini scattarono verso la casa degli Yengeese con cui la ragazza dai capelli di Luna abitava, sperando che qualcuno lì l'avrebbe aiutata e che Uncas sarebbe stato presente. Fort Letort.

 

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Lei aveva dimenticato la strada per andare al casolare in tutti quei mesi, e non sapeva nulla di come interpretare le tracce, come sa fare un uomo. Così corse di qua e di là senza concludere nulla, facendo attenzione a stare lontana dall'accampamento.

 

I suoi pensieri andarono a Stephen mentre correva, un dolore bruciante nel suo petto per la folle corsa. Il pensiero del suo amico le strizzò il cuore per l'angoscia e lei singhiozzò più intensamente. Pensava che gli Yengeese non avrebbero fatto del male a lui o alla ragazza di Luna, ma i Bianchi erano così strani. Era tormentata dal pensiero che era tutta colpa sua.

 

Quando riuscì ad arrivare alla fattoria, era quasi sera, ma il cielo era ancora illuminato. Tankawun era bagnata di sudore e le sue mani tremavano mentre si tolse frettolosamente diverse foglie dai capelli umidi. Lei vide due donne dai capelli scuri fuori dal casolare. Fort Letort.

 

Cora e Annabel stavano in piedi fuori, scrutando con aria preoccupata i profili degli alberi. James era uscito per controllare le sue trappole e i fratelli al momento erano all'accampamento. Alice doveva ancora tornare dalla sua passeggiata e Cora era quasi fuori di sé per la preoccupazione. Al momento lei e Annabel stavano discutendo se aspettare uno degli uomini oppure andare loro stesse a perlustrare la foresta alla ricerca della ragazza smarrita.

 

Annabel riconobbe per prima la giovane ragazza indiana, ed era allarmata per la sua espressione frenetica. Il suo nome era Tankawun, si ricordò Annabel. La ragazza parlò a raffica nella sua lingua, indicando dietro di lei.

 

Cora scosse la testa per lo smarrimento; lei e Annabel potevano solo guardare la ragazza indiana, meravigliate.

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Di tutti i vizi in questo vasto mondo turbolento, Isaac Bauman aveva un particolare disgusto per l'imprevidenza, gli sperperi... Spreco. Si soffermò su quella parola dopo averci rimuginato su.

Odiava il modo in cui la nobiltà in Inghilterra spendeva soldi senza badare a spese per abiti e gioielli che avrebbero usato solo una volta, il modo in cui pranzava riccamente con enormi quantità di cibo, ma ne gettava via la maggior parte.  Disprezzava quella particolare razza di persone; la specie con cui aveva interagito quando aveva viaggiato dal Lincolnshire a Londra. I sacerdoti della Chiesa che predicavano da un pulpito, chiedendo donazioni per una casa religiosa già ricca, quando dozzine di anime disgraziate morivano di fame e pestilenze proprio fuori dalla casa del pastore o dalla canonica.

Edward Lamberth, il suo commilitone come anche collega, aveva pochi istanti prima camminato a grandi passi verso di lui dalla posizione di retroguardia, mentre scortavano i loro "ospiti" al forte. Aveva sussurrato di aver ascoltato una conversazione tra la ragazza bionda e il ragazzo colono, ed era riuscito a capire che la signorina Alice era la promessa sposa di un Indiano.

"Cosa?" Isaac aveva chiesto in tono assente, sicuro di aver sentito male. "Irlanda, hai detto? E' irlandese?"

Edward sembrava divertito. "Un Indiano, capisci? Un selvaggio. Ho sentito quel rospo lentigginoso, dai capelli rossi chiederle del selvaggio che presto sposerà."

"Quel piccolo rospo lo ha chiamato selvaggio?"

"Certamente no, Isaac. Lui ha solo alluso al fatto. Lei è molto in pensiero perché, in quanto Indiano, molto probabilmente non sarà ammesso da nessuna parte, vicino al forte. L'ho sentita riferirsi al fratello bianco del suo fidanzato, in quanto utile a tal riguardo."

Isaac sbatteva le palpebre mentre Edward rise fragorosamente, in modo stupido, "Non ha senso, Edward! Un Indiano con un fratello bianco? Hai sentito male."

Edward poi scosse la testa enfaticamente. "Allora chiedilo tu stesso a lei. Io ho sentito bene. Per il sangue di Cristo, sta per sposare un lurido selvaggio."

Isaac era completamente esterrefatto. Non aveva mai visto uno spettacolo talmente mostruoso. L'idea stessa di una ragazza inglese così graziosa andare a letto con un pagano senza legge lo disgustava a non finire. Un tale orrido spreco, pensò lui mentre si voltò a guardare i 3 prigionieri. Era abbastanza oltraggioso il fatto che questi banditi pitturati tentassero di massacrare gli Europei o, all'estremo opposto, che le tribù relativamente pacifiche rifiutassero in modo sprezzante le alleanze britanniche e rendessero generalmente la vita più difficile agli abitanti del continente. Ma adesso sembrava che ci fossero delle donne impazzite che sarebbero scappate con questi barbari arretrati, questi selvaggi che stavano insozzando le ragazze di buona stirpe inglese.

Deplorevole, pensò Isaac con una smorfia interiore. Orrido spreco.

"Quanto è distante?" gli giunse da dietro la voce lamentosa di Alice Munro, e Isaac poté scorgere la preoccupazione e il timore che lei stava tentando di tenere a bada.

"Non molto," mormorò, senza degnarla di uno sguardo. Si mise soltanto l'arma sulla spalla e proseguì faticosamente, scuotendo la testa per la strana svolta che questo giorno assolato aveva preso.

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Annabel versò frettolosamente un po' di birra in un boccale e lo portò di corsa di fianco a Tankawun, porgendo la bevanda alla ragazza indiana ed esortandola a sorseggiare.

Le tre donne si misero a sedere dentro, al tavolo di legno, dopo essere state in piedi agitate per parecchi minuti. Tankawun aveva cominciato a tremare e a piangere quando era diventato evidente che le due donne bianche non avevano idea di quello che stesse dicendo.

"Bevi, Tankawun," esortò Annabel. "Prego, cara. Bevi."

Cora fissò la ragazza con ansia, osservando come le lacrime si formavano di nuovo nei suoi occhi neri. Cora si sentiva come se ci fosse una pietra pesante nella sua pancia e l'esperienza le aveva insegnato che questa era una premonizione. Lo spaventoso presagio era che questo coinvolgeva Alice.

Tankawun deglutì tutta la birra, poi fece un'espressione di disgusto prima di risputare la birra nel boccale.

Annabel era combattuta, non sapeva se essere infastidita da questo accenno di irritante scorrettezza o tentare di essere ragionevole; era improbabile che gli Indiani consumassero birra su base regolare, se mai. Se James fosse stato presente, sarebbe scoppiato a ridere.

Lanciando a Cora una rapida occhiata, era ovvio che lo sputare di Tankawun non avesse avuto effetto su di lei.

"Sai dov'è Alice, Tankawun?" Cora supplicò la ragazza, con gli occhi lucidi per l'angoscia. La giovane ragazza annuì e parlò velocemente, indicando a gesti la foresta.

"Non ti capisce, Cora," mormorò Annabel. "Sai qualche parola in Delaware? Forse in Mohicano?"

Cora pensò con difficoltà, riesaminando le parole che aveva sentito dire da Nathaniel e Uncas, ma non riusciva a ricordarle con sufficiente certezza. Era terribile. Qualcosa le diceva che Alice si era trovata ancora una volta in difficoltà e che Tankawun sapeva dove si trovasse. Altrimenti perché la ragazza sarebbe stata in questo stato?

"Il quaderno," disse Annabel improvvisamente, alzandosi lentamente e toccandosi il pancione intorno al tavolo mentre si precipitava verso il cesto di Alice accanto al letto.

Cora era confusa. "Che vuoi dire? Alice scrive delle assolute sciocchezze lì, ricette e descrizioni della vita quotidiana."

"Dettagli banali, sì," Annabel ripeté mentre gettava avanti e indietro gli oggetti nel cesto. "Ma forse possiamo trovare qualche indicazione su dove sia. Mi ricordo anche che tua sorella ha detto che Nathaniel spesso le dava lezioni di lingua quando lui aveva tempo libero."

Cora ci pensò su. "Sì, ma è sicuro che sarebbe nella sua lingua. Non in Delaware."

La donna ritornò a tavola, tendendo cautamente in alto il quadernino consumato.

"Mai dire mai, Cora. Credo che la vita ci abbia insegnato questo."

Durante i parecchi minuti successivi, le due donne lessero attentamente il quadernino di Alice. Era in un terribile stato - era quasi scucito e la rilegatura si era allentata. Annabel prese un appunto a mente per procurarle un quadernino nuovo, più robusto...

Una volta che lei sarà di nuovo al sicuro, a casa.

"Nulla?" chiese Annabel nervosamente.

Cora abbassò lo sguardo, i suoi occhi scuri che scorrevano velocemente sulle pagine, "Ricette per il pane di zucca... istruzioni su come macinare il nostro grano appena cresciuto in farina... porridge di fagioli -"

"Questo è interessante," intervenne Annabel e puntò un dito esile sulla pagina seguente, "Lei ha fatto un elenco delle differenze tra lo stile di vita dei coloni e degli Indiani. I Lenape avvolgono le loro provviste in foglie che poi vengono messe sui carboni ardenti. Il pesce è imballato nell'argilla e messo sotto i carboni ardenti. Questo serve per far venire via di netto le parti sgradite."

Annabel aggrottò le ciglia, sembrando indispettita mentre leggeva un paragrafo. "Evidentemente mio marito pensa che io cammini come una papera con la mia pancia. Che indelicato! Perché l'insopportabile..."

Cora fece del suo meglio per non sembrare irritabile e impaziente. "Sì, davvero... guardiamo oltre, vuoi?"

Durante questo dialogo Tankawun si era calmata e stava camminando avanti e indietro per la casa, guardando tesa tutte quelle strane cose che i Bianchi  radunavano nelle loro case. Prese il frammento di specchio da sopra il focolare e lo scrutò con interesse.

Tankawun pensava che fosse una cosa talmente terribile non capire; stava facendo progetti per perlustrare lei stessa la foresta in cerca di Uncas e suo fratello, quando i suoi occhi si posarono su un'arma Yengeese appesa a una sedia. L'arma le fece ricordare subito i soldati che avevano preso i suoi amici.

Un pensiero la colpì e si girò, avanzando verso le donne bianche. La ragazza dai capelli di Luna, Stephen e Anicus sono stati presi dai soldati  e portati a Fort Letort. Era obbligatorio che lei comunicasse a loro questo messaggio, in un modo o nell'altro.

Cora fissò la ragazza indiana e cercò di mettere insieme le sue parole. Notava che Tankawun indicava insistentemente la carabina di James - l'aveva dimenticata in occasione della sua visita ai Lancaster.

"Alice e Stephen?" mormorò Cora. "Yengeese? Cosa Yengeese? Vuoi dire il fucile?" Fu in questo momento che Cora cominciò a perdere i suoi fragili nervi e a cadere nel panico cieco. "Non capisco, Tankawun!"

"Soldati Yengeese?" Annabel chiuse di scatto il quaderno e si sedette in avanti con attenzione. "Cora, credo che stia cercando di dire Fort Letort."

A questo punto, gli occhi di Tankawun si accesero e annuì, ripetendo la frase e indicando di nuovo la carabina.

Cora guardò prima Tankawun e poi Annabel, notando che la sua amica aveva un'espressione perspicace.

"Penso che lei intenda dire che Alice e Stephen sono a Fort Letort. Ma perché?"

"E' impossibile -" Cora scosse la testa per l'orrore e l'incredulità.

La porta si aprì e si chiuse velocemente e James passeggiò in casa, sorridendo alle donne. Notò Tankawun e si inchinò cortesemente.

"Chi è questo gioiello? Bella moglie, non mi hai detto che avremmo avuto un'ospite così graziosa a deliziarci stasera!"

Il suo sorriso calò quando notò tutte e tre le facce terrorizzate.

"Che c'è? Che è successo?" osservò rapidamente la stanza. "Dov'è Alice?"

Dopo aver ascoltato in silenzio la spiegazione frettolosa di sua moglie e di Cora, inclinò la testa e guardò significativamente Tankawun; lei distolse lo sguardo in silenzio.

"Dici che Stephen era con questa ragazza?" chiese lui lentamente, alla cui domanda le altre donne annuirono.

Annabel si alzò e poggiò il gomito sulla parte media del tronco, esaminando attentamente suo marito. "Perché lo chiedi, James?"

"Non lo so di preciso. Forse tutto, forse niente." Camminò rapidamente verso la sedia e si mise la carabina a tracolla.

"Ora venite, giovane signorina. Noi partiamo."

Cora balzò in piedi. "Dove?" domandò. I suoi occhi erano spalancati e stava cercando disperatamente di contenersi. Questo intero giorno si era trasformato in un incubo vivente e per un lungo, spasmodico momento, avrebbe voluto che lei e Alice non fossero mai venute nelle colonie. Infatti, avrebbe voluto che loro vivessero ancora in Scozia. Avrebbe voluto con tutta se stessa che loro stessero ancora a Inverness; ragazzine che si sedevano accanto alla sedia di papà in biblioteca mentre lui leggeva loro storie fantasiose; una ragazzina che correva libera e spontanea attraverso le brughiere con la sua piccola sorellina e Duncan che si arrampicava sugli alberi per cogliere le mele... come voleva ardentemente quei giorni innocenti.

Il cuore le si spezzava. Riusciva realmente a sentire nel suo petto il dolore sordo che le stava spremendo via la vita, facendola rimanere senza fiato.

"Se perdo mia sorella, non avrò niente per cui vivere!" lei urlò, facendo sussultare il gruppo. "Meglio essere trucidata e scotennata da quei barbari che mi hanno portato via mio padre e il mio amico Duncan..."

"Cora, mia cara amica." Annabel avvolse una mano intorno al suo polso. "Non dire queste cose. E' mostruoso."

"E' vero."

James scosse la testa e la guardò fermamente. "Dio ti ha dato la vita e quella vita è preziosa. Non importa ciò che il destino ti manda nel tuo cammino, sappi sempre che Dio vede il tuo dolore e se ti dà la felicità, ci sarà anche la tristezza. Sei abbastanza forte da sopportare questo - te lo giuro, Alice verrà trovata sana e salva."

Cora si strofinò gli occhi pieni di lacrime. "Sei sicuro? Cosa farai?"

James camminò verso la porta e si voltò, porgendo una mano a Tankawun che se ne stava in piedi, al suo posto, congelata. "La signorina e io andremo al suo accampamento per prendere Uncas e Nathaniel. E' quasi il crepuscolo. Devo essere veloce. Dobbiamo andare a Fort Letort."

Le donne bianche lo guardarono ansiosamente e annuirono.

"Verrò con voi!" disse Cora e Annabel replicò che lo avrebbe fatto anche lei.

"No, voi rimarrete entrambe qui." James disse aggrottando le ciglia.

Annabel sembrava pronta a discutere, ma la voce di James troncò a sufficienza la protesta che aveva in mente.

"Annabel Stewart." La voce di lui era più severa di quanto lei avesse mai sentito, ma non di molto e Annabel si congelò. Era così strano sentirsi chiamare da lui per nome e cognome, dato che era sempre stata un'abitudine appartenuta a lei.

Fece a sua moglie uno sguardo severo, di rimprovero. "Sei mia moglie, e starai qui. Non sei in condizione di galoppare a cavallo nella foresta. Pensa al bambino, moglie."

James proseguì, "Cora, so che Nathaniel vorrebbe la mia testa se tu venissi. Resta con mia moglie e occupati della fattoria, per favore."

Le donne annuirono freddamente, e gli occhi di James si rivolsero leggermente alla ragazza indiana. Le disse di nuovo, "Vieni, ragazza, ti porterò a casa, da Uncas e Nathaniel."

Tankawun non lo negò. Dopo tutto ciò che era successo in questo giorno, lei era diffidente nei confronti degli uomini bianchi con le armi. Ma l'uomo dai capelli biondi aveva una gentilezza negli occhi che lei non si era aspettata. Comprese le ultime parole che lui aveva detto e annuì devotamente.

Entrambi partirono e Tankawun concesse uno sguardo alle donne che si stavano lasciando alle spalle, specialmente alla ragazza dagli occhi vitrei, che lei sapeva essere la sorella della ragazza bionda e la moglie del fratello di Uncas.

Solamente una sorella sarebbe stata così fuori di sé dal dolore.

La porta si chiuse rapidamente e le donne sole furono lasciate alla loro solitudine e ai loro pensieri.

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Il sole stava già tramontando nella valle, una miscela mozzafiato di arancione e viola, mentre James camminava velocemente verso l'accampamento Delaware. Aveva detto silenziosamente alla ragazza indiana di indicargli il sentiero e finora lei aveva svolto il suo compito, saltando agilmente sulle radici sollevate degli alberi e sull'erba.

James tenne gli occhi fissi sulla terra e la sua mente era attenta a qualsiasi potenziale pericolo, la sua arma a portata di mano, ma la sua mente stava vagando velocemente.

Perciò, questa era la bella, misteriosa ragazza per cui Stephen aveva perso la testa. James non poteva affatto biasimare il ragazzo, poiché la ragazza era incredibilmente bella. La sua faccia era bella, a forma di cuore e sembrava dolce. Certamente, non avrebbe potuto competere con la sua bella mogliettina, ma lei era comunque carina.

Oh, e lui aveva quasi dimenticato qualcos'altro. Le sue labbra si inarcarono in un sorriso irrefrenabile, poiché si ricordò che questa era la ragazza che si era frapposta tra Alice e Uncas l'anno precedente. Uncas era sempre stato troppo discreto e riservato secondo lui, ma proprio di recente avevano condiviso un po' di brandy e Uncas, sentendosi espansivo e leggermente brillo, aveva spiegato a James la buffa storia. La ragazza Delaware che gli si era attaccata come la varicella anni prima, che aveva una madre irritante e sguaiata che costantemente si intrometteva in ogni cosa... era questa ragazza! E adesso stava trafficando con un ragazzo bianco.

James fece una risata soffocata. Tankawun gli sorrise in modo incerto e James ricambiò il sorriso, ma presto si ritirò nella preoccupazione e nell' incertezza. L'incertezza per i nervi di sua moglie, nelle sue condizioni, per la disperazione di Cora, e per la povera, coraggiosa, piccola Alice.

Il sole era quasi tramontato quando James riuscì a scorgere il fumo del fuoco da campo davanti a loro, e silenziosamente si rincuorò, pregando affinché questi Lenape fossero di umore accogliente. C'era già abbastanza attrito e risentimento tra i Bianchi e gli uomini Rossi, per l'intrusione dei Bianchi nei loro terreni di caccia e cose del genere.

Ebbe rapidamente un'idea -"Ecco!" lui ordinò, facendo scivolare la cinghia della carabina attraverso la esile spalla di Tankawun. "Nel caso che loro pensino che io intenda fare del male a te o a loro, eh?"

La ragazza lo guardò, modellando silenziosamente la bocca per la perplessità riguardo a questa azione avvolta nel mistero, ma James sfoderò il suo sorriso da diavoletto.

"Ecco, però non sparare a me. Vieni, fammi strada."

Al momento di mettere piede all'accampamento, James si guardò intorno affabilmente, con le braccia distese passivamente mentre seguiva Tankawun. La gente intorno a lui sembrava diffidente per l'intrusione, ma Tankawun alzò il tono della voce e parlò alla gente in modo rassicurante, affermando fiduciosamente che James non intendeva fare nulla di male.

Ad essere sinceri, la gente sembrava stesse reagendo bene e James si sentì stranamente sgonfio. Si era immaginato frecce, minacce, trattative, ma le persone lo condussero solo più avanti, mentre lui si guardava intorno affascinato, per ammirare un mondo che era così differente dal suo.

Lui non poté fare a meno di notare che persone di bell'aspetto fossero, i loro capelli neri e lisci, che brillavano nella semioscurità. La loro pelle color rame era liscia e senza difetti, e i loro denti erano bianchi e livellati - tutto questo diversamente da molte delle persone bianche.

Diede un'occhiata veloce intorno e alla fine riconobbe una faccia. "Chingachgook!" disse sollevato, camminando verso l'anziano uomo, schivando attentamente un gruppo di giovani ragazze che stavano intrecciando quelle che sembravano essere fibre di piante per farne delle corde, e alcune che stavano asciugando le pelli su un fuoco.

"Grazie al Signore vi ho trovato, signore," disse James appena si avvicinò all'uomo dall'aspetto solenne. "Ho bisogno di parlare con i tuoi figli. E' piuttosto urgente."

Chingachgook fissò acutamente Tankawun, e anche se era rimasto impassibile, James poté percepire il suo disagio.

"Vieni," disse bruscamente il Mohicano, e tutti loro entrarono in un' abitazione a forma di cupola con un'apertura vicino alla punta, dove il fumo usciva a spirale durante la notte. James non riusciva a trovare le parole per esprimere il suo stupore, il che era insolito in sé. Notò tutte le erbe che pendevano lungo il lato dell'interno dell'abitazione, e che davano all'aria una piacevole fragranza. Lui analizzò i tappetini e le pelli che coprivano la minuscola casa. L'intera struttura era sostenuta da pali che i Lenape in qualche modo hanno piegato per creare la strana forma della struttura.

Il suo rispetto per gli Indiani crebbe quando vide quanto fossero pieni di risorse e ingegnosi.

Una volta che lui, Chingachgook e Tankawun si sistemarono nei loro posti, e una volta che Tankawun posò la carabina e si lanciò in una rapida spiegazione di ciò che era successo, lui vide come le tremavano le mani mentre gesticolava follemente.

Ci fu una pausa.

"Che è successo?" James chiese all'altro uomo.

Chingachgook fu calmo e silenzioso per diversi secondi, prima di allungare il braccio dietro di lui e prendere una manciata di quella che sembrava essere la corteccia di un albero. Lui si sporse in avanti e ne diede alcuni pezzi a Tankawun e a James, poi gettò cautamente la sua parte, a poco a poco, nel fuoco tremolante.

James era così confuso che rimase solo a bocca aperta. Inalò l'aroma che ora si stava sprigionando dalle fiamme e chiese, "Cedro?"

Chingachgook non alzò lo sguardo. "Fai come me."

L'uomo Mohicano aveva sempre avuto una presenza così maestosa che James non pensò di disobbedire. Mentre tutti e tre fecero la stessa cosa per diversi minuti, la ragazza e Chingachgook cominciarono a dire tra sé e sé delle parole inafferrabili.

Non passò molto tempo prima che tutti loro caddero in un costante momento di quiete. La sola cosa che James riuscì a sentire era il respiro degli altri e il battito del proprio cuore. Pensò per un momento che qualcuno potesse accusarlo di partecipare a qualche rituale pagano, ma questo ebbe un effetto così calmante e lui pregò molto per Alice e Stephen.

La testa ancora chinata, alla fine Chingachgook spiegò a James quello che era successo - come Tankawun era stata presso il fiume con Stephen e Alice, come un ragazzo di nome Anicus si era imbattuto in loro. C'era stata una discussione, una zuffa, i soldati inglesi erano rimasti coinvolti e avevano portato via i presenti, eccetto Tankawun che immediatamente era andata a cercare Nathaniel e Uncas.

"Dove posso trovare i vostri figli? E' già il crepuscolo. Dobbiamo andare a Fort Letort."

"Non sono qui. Sono a caccia."

"Mannaggia" James mormorò tra sé. "E adesso? Fort Letort non è troppo lontano ma è distante qualche miglio. Direi circa 2 ore di camminata, dato che l'oscurità ci rallenterà."

Il lembo di pelle si spalancò e James si voltò per vedere entrare un altro uomo indiano, la sua espressione truce. L'uomo si sedette di fronte a James e il suo sguardo era risoluto.

"Hopocan," fu tutto quello che disse come premessa. James gli disse il proprio nome e gli fece un sorriso.

Il trio di Indiani cominciò una rapida conversazione e James ascoltava intento, cercando inutilmente di trovare qualche somiglianza tra la lingua Delaware e la lingua inglese. Naturalmente non ce n'era nessuna; gli sembrava che l'inglese fosse più uniforme e preciso, mentre il Lenape aveva delle parole così incredibilmente lunghe e una pronuncia stridente. Fu chiaro a James che Anicus era il figlio di Hopocan, e che dovevano aspettare il ritorno dei ragazzi prima di decidere cosa fare.

James sospirò e fissò le mani di lui. Come al solito, la sua mente non stava in un solo posto. Continuò a studiare le sue grandi mani e pensò che quelle mani sembravano raccontare la storia della vita di una persona. Al momento i palmi quadrati delle proprie mani e le lunghe dita erano sporchi e la pelle screpolata in alcune parti. Le mani di un agricoltore che lavoravano sodo all'aperto. Quando aveva incontrato per la prima volta Alice e Cora, le loro mani gli avevano ricordato così fortemente quelle di Annabel, quando era stata giovane. Morbide e bianche, le unghie pulite e perlacee. Mani di gentildonne non abituate al lavoro.

Si ricordò anche delle mani sciupate di sua madre e del suo aspetto stanco verso la fine della sua vita, ma lui si tolse questo pensiero dalla mente. Era l'unica cosa che ancora riusciva a fargli venire le lacrime agli occhi, il ricordo della sua faccia prima che morisse, persino dopo tutti questi anni.

Cercò di immaginare la terra della sua nascita, la Scozia, ma non riusciva più a ricordarla chiaramente come era capace di fare da adolescente. Guardando in basso, invece ripensò ai momenti felici con sua madre, quando lei gli spostava i capelli arruffati dagli occhi e lo curava quando era malato, come cantava quando cucinava.

C'era una canzone che mamma aveva cantato, intitolata Bella Jenny Shaw, che lui ricordava chiaramente come il giorno, una canzone che parlava di un ragazzo innamorato di una graziosa pastorella e lei era più bella di qualsiasi ragazza nella zona... Annabel ricordava sempre a James questa canzone, che era la ragione per cui lui la chiamava bella moglie e regina.

E' allora che faccio una passeggiata per incontrare la mia, mia bella regina... James sentì  che stava per cominciare a sogghignare, e canticchiò tra sé le parole tranquillamente... Mentre gironzoliamo per i campi, quando nemmeno uno solo è vicino... e sussurriamo racconti d'amore, per il piacere di entrambi.

Alzando lo sguardo, James era imbarazzato nel vedere gli altri che lo fissavano con aria interrogativa.

"Stavi cantando." Chingachgook disse questo come un'affermazione, tirando fuori una pipa d'argilla dal suo vestito di pelle.

"Sì, ecco... stavo ricordando una canzone che mia madre mi cantava prima di lasciare questo mondo," spiegò James. "Se mia moglie mi dà una figlia femmina, forse la canterò alla mia piccola ragazza."

Hopocan tradusse questo a Tankawun per la sua insistenza, e la ragazza sorrise gentilmente a James.

Poi Chingachgook disse, "Hopocan pensa che sia una buona notte per una storia, mentre aspettiamo i miei figli. Ti racconteremo come la tartaruga ha creato il mondo."

James si rilassò sulle sue anche, i tre uomini si passavano la pipa l'un l'altro in tranquilla compagnia, e Tankawun si arricciò in una pelle di animale, con la luce del fuoco crepitante riflessa nei suoi occhi scuri mentre guardava loro con occhi socchiusi, appannati.

Hopocan cominciò a narrare la storia con la sua voce rauca, mentre Chingachgook traduceva, una lunga affascinante storia di come, molto tempo fa, non c'era stato altro che acqua. Un giorno una grande tartaruga emerse dal vasto oceano e l'acqua cadde dal suo guscio e questa diventò la terra.

A questo punto della storia, una donna che sembrava sorprendentemente simile a Tankawun sbirciò dentro l'abitazione e sembrava irritata quando vide lui. Sembrava quasi pronta a urlare a James, quando Hopocan aprì gli occhi per un istante e le lanciò alcune parole, indicandole col dito un punto lontano da tutti loro, con un movimento esasperato. La donna strinse gli occhi, e guardò con aria feroce James e Tankawun prima di andare via, con passo pesante. Da dentro il suo bozzolo di pellicce avviluppate, Tankawun fece una risatina ovattata.

"La mamma di Tankawun..." disse James con calma. "La sua fama la precede."

"Lo sappiamo," replicò Chingachgook dopo una pausa.

Hopocan scosse la testa bruscamente per la seccatura, prima di chiudere di nuovo gli occhi e continuare a raccontare la storia.

"Al centro della terra cresceva un albero maestoso," Chingachgook si riallacciò al racconto. "Dalla lunga radice dell'albero crebbe il primo uomo. L'uomo fu da solo per molto tempo, finché l'albero piegò il ramo più alto che aveva e toccò il suolo, e così fu creata la prima donna. Questo fu l'inizio di tutte le cose."

James fu felice di ascoltare questa storia, e stava pensando di dirlo, quando si sentirono degli spari venire da fuori. Tutti loro balzarono in piedi e uscirono rapidamente; James fece una preghiera silenziosa, sperando che fossero i fratelli.

Così il suo cuore fu felice quando si trovò faccia a faccia con Uncas e Nathaniel, che sembravano esausti per la battuta di caccia, ma allo stesso tempo preoccupati per la sua presenza.

"Che è successo?" domandò Nathaniel, sempre il più franco dei fratelli. "Stanno tutti bene?"

James guardò gli inflessibili occhi neri di Uncas e gettò un'occhiata intorno agli altri e a Tankawun, ma per qualche ragione non erano propensi a parlare. Lo fissavano soltanto. James bloccò gli occhi su Uncas e vide la paura che scintillava nello sguardo dell'uomo.

"Alice e Stephen Mason... sono spariti."

"Cosa?" chiese Uncas, inclinando la testa di lato e Nathaniel fece dei passi in avanti, afferrando stretta la spalla di James, dolorosamente.

"Dove?" domandò.

"Sono stati arrestati non lontano dalla mia casa, insieme a un ragazzo di questo accampamento."

Uncas scosse la testa scioccato. "Arrestati? Per cosa? Dov'è lei?"

"Tankawun può spiegarti più completamente. La cosa importante è che so dove sono tenuti - Fort Letort. Dobbiamo decidere cosa fare."

Tankawun si fece avanti e cominciò a esporre la storia, per essere loro di aiuto, con più dettagli, e i fratelli si guardarono l'un l'altro, prima di precipitarsi nell'abitazione da cui James era appena uscito. Riapparvero di nuovo e gli occhi di James si spalancarono, quando notò che loro erano armati fino ai denti, con carabine, accette e coltelli.

James era inquieto. "Ragazzi, non è questo il modo di comportarsi. Semplicemente ragioneremo con i soldati al forte e ce ne andremo con i nostri tre amici." Dio, parlo come Annabel.

"Per come la vedo io," disse Nathaniel mentre controllava le sue armi nell'oscurità, "andremo a riprenderceli in entrambi i casi. Il problema è se sarà nel modo facile, con le parole, o nel modo più difficile."

"Nel senso, carabine e roba del genere."

"Esattamente, James."

James fece spallucce, impotente. "Va bene, allora. Conosco la strada per Fort Letort, è giù per Beaver Creek."

"E' lontano," Uncas parlò adesso, ricaricando attentamente la sua carabina. "Dobbiamo sbrigarci."

Alcuni minuti dopo, Tankawun guardò i tre ragazzi, come anche Hopocan e Chingachgook, dirigersi nel bosco. James si voltò e le disse addio con la mano, i suoi denti che brillavano nell'oscurità, e Tankawun ricambiò debolmente il sorriso.

Voltandosi lentamente, Tankawun si trovò di fronte a sua madre, che aveva un'espressione talmente feroce e rabbiosa sul suo viso che per un momento Tankawun sentì un inizio di terrore.

"Vai... nel wigwam...adesso!" sua madre sussurrò aspramente, con la voce tremolante per la rabbia repressa. Ormai tutti avevano sentito che Tankawun stava incontrando segretamente gli Yengeese, incluso un ragazzo.

"Adesso!" urlò la donna quando alla fine la sua collera scoppiò e Tankawun corse velocemente nel wigwam della sua famiglia. Gli spettatori la guardarono con compassione.

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Era tutto polvere e oscurità,  a quanto poteva vedere Alice.

Erano arrivati al forte a un certo punto del pomeriggio ed erano sfilati attraverso una lunga fila di soldati sconcertati, nelle loro uniformi rosse dell'esercito. L'uomo che Isaac Bauman stava cercando, il Generale Waddell, non era presente al momento e così i soldati si affrettarono per trovare la sistemazione per i loro nuovi prigionieri.

Fort Letort non era grande come William Henry, dato che era un forte civile. Lei notò che c'era molta gente comune che gironzolava fuori dal forte, inclusi donne e bambini.

C'era una mancanza di spazio e solo una piccola stanza disponibile con una minuscola finestra. Gli uomini avevano discusso tra loro sulla correttezza di lasciare Alice sola con due ragazzi, chiusi in una stanza, così alla fine loro avevano incatenato Anicus e Stephen insieme contro un muro e alla parete opposta era seduta Alice. Le avevano incatenato solo i piedi, lasciandola almeno con un po' di mobilità.

Lei sentì il clic della serratura che si aprì e sentì entrare qualcuno.

"Aspetteremo il Generale Waddell domani mattina, signorina Alice. Allora forse possiamo vedere cosa deve essere fatto."

Alice non diede alcuna risposta, mentre poggiava la testa sulla sua gonna che era sopra le sue ginocchia sollevate, voltandogli la faccia. Si sentì un'imprecazione borbottata e qualcosa fu messo accanto a lei. Alice sbirciò di lato e vide che si trattava di un tozzo di pane e formaggio.

"E i miei amici? Cosa mangeranno?"

Ma Isaac era già uscito fuori velocemente; Alice sentì girare di nuovo la serratura, mentre era seduta nell' oscurità conseguente alla chiusura della porta. Non era ancora completamente notte, ma la notte sarebbe arrivata entro qualche minuto.

Alice si alzò sulle ginocchia e raccolse il piatto con il cibo, avanzando verso i ragazzi, imbarazzata. Si inginocchiò davanti a loro e li invitò a partecipare al minuscolo pasto.

Sorrise delicatamente ad Anicus e lui distolse lo sguardo, timidamente. Riusciva a vedere il rimorso nello sguardo di lui. Voleva che lui sapesse che non lo biasimava, che lui non aveva avuto intenzione di causare tutto questo.

Alice spezzettò il pane e divise anche il formaggio, e diede a tutti loro da mangiare, a turno, con la sua mano.

"Va tutto bene. Condivideremo il cibo. Andrà tutto bene," mormorò Alice.

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


L'aria della notte avrebbe dovuto essere rinfrescante, ma sfortunatamente era umida e appiccicosa; per non parlare dell'oscurità che creava tensione nei suoi occhi vigili, ma invecchiati e stanchi.

 

Chingachgook pensò tra sé e sé, con una sorta di stanca riflessione filosofica, che la vita aveva molti sentieri tortuosi. Alcuni erano facili e spianati dal calpestio di coloro che avevano fatto la strada prima di lui. Altri serpeggiavano in una maniera mutevole, che richiedeva cautela ed equilibrio. Sopra ogni altra cosa, ogni passo nel sentiero della vita doveva essere fatto con previdenza.

 

La follia della gioventù evitava questa sorta di saggezza, pensava l'uomo Mohicano mentre camminava attentamente, con passo stanco attraverso la foresta di notte accanto al suo vecchio amico Hopocan. I giovani, con il loro cieco ottimismo e la loro visione offuscata dell'incerto futuro, non avevano ubbidito all'avvertimento - Scegliete sempre i vostri sentieri con attenzione. Chingachgook era stato un padre molto saggio, che si era assicurato di insegnare ai suoi figli come scegliere un sentiero e come scegliere le battaglie importanti, per cui valesse la pena combattere.

 

Ma adesso i tempi erano diversi. Chingachgook aveva tentato di educare i suoi figli nello stesso modo in cui era stato educato lui, ma poteva vedere che loro non erano fatti come lui, come era stata la sua gente prima di lui. A Nathaniel erano stati inculcati i modi degli uomini Rossi. La sua mente era del loro popolo, il suo cuore desiderava appartenervi. Ma il suo sangue era dei Bianchi e questo faceva una macroscopica differenza. Al suo figlio bianco mancava la quiete del Mohicano, lui era teso come la corda di un arco nella sua impazienza e nelle sue opinioni. Il suo figlio di sangue Uncas aveva tutte le qualità rispettate dagli uomini Rossi, gli era stato insegnato sin dalla culla a percorrere un sentiero onorevole e a ricordare i modi del suo popolo...

 

Tuttavia aveva scelto una ragazza Yengeese, malgrado la sua educazione e la guida di suo padre. Era questo posto, pensò Chingachgook, fissando la volta blu scura che attraversava il cielo della notte, con le stelle che brillavano sopra di loro. Il mondo era cambiato nelle tante lune in cui lui era stato un ragazzo.

 

Chingachgook era preoccupato per il sentiero in cui veniva condotto ciecamente. C'erano molte cose che lui non aveva riconosciuto o tollerato. La ferocia negli occhi del suo figlio bianco impulsivo, la disperazione tenuta a bada da Uncas -  tutte queste erano emozioni accecanti. Persino la sua preoccupazione per il suo figlio minore e la ragazza dai capelli chiari. La coppia era stata troppo impetuosa nel loro amore e nella decisione avventata di sposarsi. Molte persone avrebbero disprezzato la loro unione. Ma ora la ragazza era diventata sua figlia, era il futuro di Uncas, e così lui stesso avrebbe combattuto per lei accanitamente, come se fosse stata generata da lui.

 

La notte nebulosa racchiudeva una premonizione di lotte e tribolazioni, non molto lontano da loro.

 

Riusciva a sentire i ragazzi che parlavano avanti, mentre James faceva da guida attraverso il boschetto attorcigliato.

 

"Nathaniel, non per impicciarmi o qualcosa del genere, ma un uccellino mi ha detto del tuo bisticcio l'anno scorso con la legge a Fort William Henry."

 

Nessuno disse niente per un momento irrequieto.

 

"Quale uccellino?" chiese Nathaniel con una voce neutrale, mentre Chingachgook poté a mala pena vedere il profilo di Uncas che stava percorrendo la sua strada in silenzio davanti a suo fratello.

 

"Tua moglie - Beh, Cora lo ha detto ad Annabel che lo ha detto a me. Sai com'è." James disse questo con un tono birichino. Il vecchio Mohicano sentì il suo figlio bianco sospirare pesantemente.

 

"Donne. Beh, non sono sicuro di ciò che hai sentito, ma suppongo che i fatti restino sempre uguali nel raccontarli nuovamente."

 

"Hai disertato?"

 

"Sì. Perché, James?"

 

James fece spallucce nell'oscurità, "Mi sto solo assicurando che tu capisca tutto. Hai disertato e sei stato condannato all'impiccagione, ora stai andando in un altro forte dove potrebbero riconoscerti... per far loro delle richieste."

 

"Ci ho pensato, il mio ragionamento è che William Henry è più o meno a nord da qui." Nathaniel replicò così, con un'alzata di spalle indifferente.

 

"Questo non è un ragionamento logico, Nathaniel. E' una pazzia, un suicidio. Saresti sorpreso di come possono essere piene di risorse le giacche-rosse nel far circolare i nomi dei disertori e i malcontenti."

 

Hopocan poi si avvicinò a lui e chiese di che cosa stessero discutendo i ragazzi, poiché riuscì a percepire il loro turbamento. Chingachgook mise al corrente il suo amico della situazione e osservava in silenzio, mentre i due uomini bianchi discutevano tra loro per diversi minuti. Come al solito, Nathaniel stava rifiutando tutti i consigli, non importava quanto fossero logici.

 

"Tutto quello che sto dicendo, ragazzo, è di lasciar parlare me, mentre tu te ne stai nascosto nel bosco"! James disse con un tono esasperato, "Dio non voglia che uno dei sopravvissuti al massacro ce la faccia ad arrivare a Letort e ti riconosca."

 

Nathaniel scosse la testa ostinatamente. Hopocan borbottò a voce alta per la derisione.

 

"Ahi ahchinkxe, teta peyat!" il Lenape sghignazzò e Chingachgook immaginò chiaramente il suo figlio maggiore che roteava gli occhi, davanti.

 

E' vero, Nathaniel. Non importa dove tu vada, sei testardo.

 

"Non siamo lontani," disse James improvvisamente e indicò il calmo specchio d'acqua che stava prendendo forma davanti a loro, un' ondulata massa nera che rispecchiava il cielo, "questo è Beaver Creek, adesso deviamo e ci dirigiamo a est per un po'. Siamo a meno di un miglio di distanza dal forte."

 

Uncas guardò indietro e i suoi capelli neri per un momento brillarono sotto l'iridescenza della luna illuminata pallidamente.

 

"James ha ragione, fratello. Sei un disertore e io sono un Indiano. Lascia condurre a James la discussione. Conosce il territorio e la gente qui," Uncas fece una pausa e poi disse in maniera composta, "la casa è terminata oggi. Alice sarà contenta."

 

Chingachgook inclinò la testa di lato e fissò suo figlio, intuendo la malinconia e la preoccupazione.

 

Non molto tempo dopo questo, gli uomini silenziosi si accovacciarono furtivamente dietro a un albero di betulla gialla e guardarono avanti in trepidazione. Tutti loro tenevano le armi in alto.

 

"Suppongo che questa non sia la valle?" sussurrò Nathaniel, i suoi occhi illeggibili. James ci pensò su.

 

"Non proprio. Questa è la contea di Carlyle."

 

Uncas adesso parlò apertamente, "Non come un forte in termini di dimensioni, ma sembra ben protetto." Afferrò stretta la sua carabina e continuò ad esaminare il territorio e l'edificio da ogni angolo. Nathaniel vide le difficoltà mettersi di fronte a loro immediatamente.

 

Fort Letort si ergeva in alto, su una collina inclinata, quindi le probabilità di avvicinarsi di soppiatto passarono da scarse a inesistenti. La precedente valutazione era giusta, era un forte di piccole dimensioni costruito principalmente per i coloni, affinché lo usassero per la propria difesa. Ma loro sarebbero stati avvistati da tutti gli angoli, poiché era solo un terreno erboso su una pendenza ripida. Almeno avevano il vantaggio dell'oscurità.

 

"Ci sono circa 3 guardie lassù," Nathaniel strizzò gli occhi e puntò il dito direttamente in avanti, verso il punto più alto del forte, " deve essere su, all' ingresso dell'edificio. Credo che in qualche modo potremmo causare una deviazione durante il cambio della guardia e arrivare fin lassù -"

 

"Hai perso la ragione?" intervenne Chingachgook freddamente nella sua maniera brusca, "Dunque, questo è ciò che hai in mente di fare, mettere in pericolo la moglie di tuo fratello e tutti qui prendendo d'assalto un forte Yengeese. Non ti ho insegnato niente?"

 

Le parole furono dette in Mohicano, perciò James si sentì perplesso; poté soltanto azzardare un'ipotesi secondo cui l'uomo anziano aveva assolutamente dato una strigliata a suo figlio, a giudicare dal silenzio disagevole che ora permeava l'aria.

 

"Bene," mormorò James dopo essersi mosso goffamente per qualche istante, " qualunque cosa intendiamo fare, deve essere deciso ora. Penso ancora che prima dovremmo ragionare con loro, spiegare che Alice e Stephen non volevano fare del male a nessuno e che il ragazzo Lenape deve essere rilasciato, per evitare di danneggiare la pace tra i Bianchi e i Delaware."

 

Hopocan annuì in segno di approvazione, anche se James non era sicuro quanto avesse capito. Il patriarca Lenape sembrava sempre più teso al pensiero di suo figlio tenuto prigioniero dai soldati Yengeese.

 

"Sono d'accordo," parlava ora in un inglese incerto, annuendo lentamente. Nathaniel continuò a sembrare cupo e ostinato.

 

"Bene allora," brontolò mentre cominciarono a incamminarsi verso la collina," andremo dritti verso di loro. Come delle ignare paperelle che galleggiano sull'acqua."

 

"Tu sarai l' ignara paperella, ragazzo." Disse James a rigor di logica, facendo spallucce al chiaro di luna.

 

 

Si sentì bussare alla porta e Cora corse ad aprire, seguita da vicino da Annabel. Di fronte a loro, in una piccola fila, c'erano Elizabeth Mason, Gregory Newsom e Lucy in mezzo a loro. La bambina le stava guardando con aria assonnata mentre si appoggiava al signor Newsom.

 

"Qualcuno ha visto Stephen?" chiese Elizabeth senza preamboli, con gli occhi sconvolti che analizzavano l'interno della casa quando entrarono. La notte era scesa in quel momento.

 

Gregory Newsom proseguì, "Buona sera, signora Stewart e signora Poe. Stephen non è tornato da una gita pomeridiana, non vogliamo arrecare disturbo ma è piuttosto buio. I Lancaster non lo hanno visto e Robert sta ispezionando il bosco mentre noi parliamo."

 

Le giovani donne fissarono la signora Mason, con gli occhi spalancati, finché la faccia di Elizabeth diventò estremamente pallida.

 

"Che è successo a mio figlio?" C'era un tono di crescente isteria.

 

"Sedetevi, Elizabeth," Cora insistette mentre tutti camminarono verso il grande tavolo nella luminescenza della luce del fuoco. Era determinata a dare un'impressione di completa compostezza e calma serenità, a prescindere da come si sentiva veramente.

 

Più tardi quella sera, Annabel si sedette tristemente accanto al fuoco, mentre finiva di cucire le coperte del bambino su cui Alice aveva lavorato qualche ora ogni mattina. I suoi punti di cucitura erano piccoli e precisi, anche se non erano ordinati come quelli di Alice. Era una piccola attività, ma sembrava darle uno scopo mentre tutti aspettavano.

 

La signora Mason era crollata spettacolarmente ... all'inizio. Era solo adesso che Annabel pensò tra sé e sé che Elizabeth e Gregory Newsom fossero una coppia perfetta da tutti i punti di vista. Era lui che aveva calmato la donna quando era stata sul punto di crollare per un attacco isterico, subito dopo aver ricevuto la notizia dell'arresto di suo figlio. Soltanto con un piccolo tocco sul suo gomito e poche parole, lui aveva calmato il panico di lei ed Elizabeth adesso era seduta sul letto accanto a Lucy, che era raggomitolata addormentata.

 

Gregory ed Elizabeth... Più Annabel ci pensava, più sembrava chiara la cosa. Erano entrambi vedovi, ma la cosa più importante è che erano marcatamente simili nel carattere. Entrambi erano onesti, laboriosi, pazienti, straordinariamente gentili. Gregory era più grande di Elizabeth, ma avrebbe provveduto alla donna e ai suoi figli. Quella era un'altra cosa, amava molto Stephen e Lucinda.

 

"Cosa speri che sia, Annabel? Un maschio o una femmina?"

 

Annabel alzò lo sguardo per attirare l'attenzione della signora Mason, che stava sorridendo impavidamente attraverso la sua paura. Annabel mise giù l'ago e il filo.

 

"Non sono sicura," rispose Annabel onestamente, "Ho sempre pensato che gli uomini volessero i figli maschi per portare avanti il nome della famiglia e così per un momento ho desiderato un figlio, ma so che James sarebbe ugualmente felice con una bambina. Se non di più; lui adora le bambine."

 

Elizabeth annuì, sembrando stanca. Guardò Lucy per lunghi istanti, persa nei suoi pensieri.

 

"John e io abbiamo avuto solo Stephen per così tanto tempo che abbiamo pensato che non ci sarebbe stato un altro bambino. Eravamo felici, ma riuscivo a percepire che John moriva dalla voglia di averne altri. Quando Lucy è nata, eravamo oltre la Luna per la felicità. Un maschio e una femmina, uno di ciascun sesso, lui lo diceva ancora e ancora."

 

Annabel sospirò e distese le dita sul tessuto malleabile sul suo grembo. "Se potessi scegliere, sarebbe una femmina, solo perché James sembra preso con l'idea. Una femmina che sarà l'immagine di lui."

 

"Avete pensato ai nomi, signora Stewart?" chiese Gregory in modo accattivante dal suo posto a tavola; evidentemente stava affilando una delle penne di Alice per cominciare a scrivere una lettera.

 

"Mi piacerebbe che un figlio fosse chiamato come suo padre, e se fosse una bambina, a James piacerebbe chiamarla Lillian." Annabel fece una pausa. "Che state facendo, Gregory?"

 

"Sono interessato ad andare di persona a Fort Letort, signora Stewart. Forse sto pensando di scrivere dettagliatamente una dura lettera al comandante a nome di tutti noi, presentando una domanda di rilascio di quei detenuti."

 

Elizabeth fece a Gregory uno sguardo smorzato di divertita tenerezza; si chiedeva che cosa intendesse Gregory per "dura" lettera, quando il suo temperamento era così flessibile e pacato. Così benevolo.

 

Elizabeth Mason osservava mentre Cora entrò nella casa illuminata nell'oscurità e si sedette accanto a lei, sul letto.

 

"Staranno bene, signora Mason. Lo sapete, non faranno del male a dei coloni bianchi. E' il ragazzo indiano che ha bisogno di aiuto." Cora sorrise rassicurante alla donna più grande. La domanda successiva di Elizabeth la sorprese.

 

"Perché avete scelto di restare nelle colonie, signora Poe? Non intendo offendere o impicciarmi, ma la vita non è più comoda in Inghilterra?"

 

Cora rimase in silenzio per un bel po' di secondi. "In verità, la vita sarebbe stata molto più gratificante e accettabile. Ma non potete immaginare quanto fossi stanca di avere una vita preparata davanti a me e io, incapace di fermare il corso degli eventi. Desideravo rimanere con Nathaniel," Cora si voltò per guardare Annabel e il signor Newsom; loro avevano strappato dal quaderno di Alice diverse pagine da usare per la lettera.

 

"Anche mia sorella desiderava rimanere qui, vogliamo resistere e non essere alla mercé o ai capricci degli altri a Londra. Io adoro anche tutte le persone in questa stanza, che sono tanto fedeli a me quanto ad Alice."

 

Elizabeth strinse il braccio di Cora, come per confortarla. Dopo tutto, era la sua unica sorella che era sparita accanto a Stephen.

 

Cora guardò in basso e tracciò con la punta del dito le lenzuola del letto consumate, che lei e le altre donne avevano condiviso da un anno, adesso. Un anno che era sembrato un'eternità. Era vero perché in questo preciso momento, l'estate precedente lei e la sua sorella minore erano a bordo di una nave britannica, la Gibraltar, diretta verso le Americhe solo per un breve soggiorno. Entrambe le sorelle avevano parlato spesso, durante la loro traversata, di quanto fosse eccitante il viaggio e quanto sarebbero invidiose di loro le amiche al momento del ritorno. Mesi fa, molto probabilmente, a Londra era giunta la notizia che l'intera famiglia Munro, come anche il Maggiore Heyward, era stata trucidata dai selvaggi. Chi avrebbe mai pensato che avrebbero perso così tanto; il loro intero stile di vita e tutti quelli che ne facevano parte, ma allo stesso tempo avrebbero guadagnato  molto di più.

 

Perché questo sentimento irrequieto le si era insinuato nella pancia? Lo aveva sentito prima, in occasione della marcia, via da Fort William Henry, quando suo padre si era arreso. Come se lei fosse una donna cieca che camminava per le strade senza meta, ma molto consapevole di un potenziale pericolo che le veniva incontro; le ritornarono in mente i cavalli che avevano lasciato in Inghilterra, che percepivano un imminente cambiamento del tempo oppure se un sentiero fosse pericoloso da percorrere.

 

"Elizabeth, lo senti? Questo silenzio?" disse Cora prima di poter soppesare le parole, ma l'altra donna fece un respiro agitato e annuì, poggiando la mano sulla schiena tranquilla di sua figlia addormentata.

 

"Il silenzio che sembra riempire l'aria prima che un disastro colpisca. Qualcosa di imminente." Annabel sussurrò così delicatamente che Cora poteva essere sicura a mala pena di averla sentita.

 

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Isaac Bauman afferrò il bordo dell'elegante sedia di legno davanti a lui mentre fissava con aria critica i 5 uomini; tutti loro stavano dritti davanti a lui nell' alloggiamento libero del Generale Waddell. Due Bianchi e tre Indiani. Isaac sentì un pungente mal di testa insinuarsi nel lato sinistro della sua tempia, aggiungersi a questa seccatura.

 

Questi gentiluomini passeggiando si erano avvicinati al forte - bene, fiancheggiati dai soldati, ovviamente - e avevano detto che avevano bisogno di parlare con il comandante del forte riguardo ai loro conoscenti rapiti. Adesso erano qui. Gli occhi di Isaac si strinsero mentre fissava l'insolente che sembrava mezzo Indiano; con i suoi occhi blu e i lineamenti europei, ma abbigliamento strano e capelli ribelli. C'era una precisa aria di sfida nei suoi confronti.

 

"Cos' è questa sciocchezza che stai rigurgitando, uomo? Siamo soldati di Sua Maestà, secondo, e gentiluomini, primo. Non abbiamo rapito nessuno. A chi ti riferisci?" Lui lo sapeva certamente, altrimenti perché ci sarebbe questo gruppo di pagani davanti a lui. Ma c'era qualcosa nello sguardo duro dell'uomo arrogante davanti a lui che lo faceva sentire diffidente e polemico.

 

Un altro uomo alto si tolse il cappello, asciugandosi la fronte. I suoi capelli biondo scuro erano schiacciati sulla sua testa.

 

"Il mio nome è James Stewart, signore," disse l'uomo con una debole inflessione scozzese nella voce, "e i 3 giovanotti che avete arrestato prima sono con noi. Sono certo che si può spiegare tutto. Perdonare e dimenticare, eh?"

 

No, in realtà, non è semplice, Scozzese del cavolo. Isaac si guardò intorno e fissò ogni uomo, uno alla volta, per lunghi istanti, gli occhi che si soffermarono sull' uomo Indiano più giovane, con i suoi zigomi alti, definiti e le scure sopracciglia arcuate.

 

"Chi è il resto di voi?" chiese Isaac, tamburellando con le dita sulla sedia per l'irritazione. Non gli piaceva essere tirato fuori dal compito di sovraintendere ai turni per dover dare retta ad agricoltori e Indiani. Le presentazioni furono fatte quando la faccia di Isaac si alzò –

 

"Voi due siete fratelli, vero?" domandò lui. Perché questa informazione era così importante? Gli solleticò la memoria.

 

Quello chiamato Nathaniel strinse gli occhi e scosse la testa sdegnosamente.

 

"Questo è quello che ho detto. Voi avete incarcerato mia cognata da qualche parte in questo forte, come anche i nostri due amici. Uno di loro, il ragazzo Lenape, è il figlio di Hopocan."

 

Girò di scatto la testa in direzione dell'uomo Indiano tarchiato, silenzioso, "Non credo che io debba ricordarvi della pace tra i due popoli, un accordo che ora è molto incerto con un ragazzo Delaware in galera."

 

Isaac non poté fare a meno di notare che gli altri soldati sembravano tenersi a debita distanza dagli uomini Indiani più anziani e anche adesso li controllavano in maniera continuata, nervosamente. C'era qualcosa nei loro penetranti occhi neri e nei loro sguardi inespressivi che faceva ripensare Isaac alle antiche statue di marmo che aveva visto nelle mostre greco-romane, quando aveva viaggiato in giro per il continente da adolescente.

 

Tuttavia, loro erano soldati di Inghilterra e non scolari spaventati. Isaac guardò in modo minaccioso i suoi commilitoni.

 

"Ti ho sentito, ragazzo," replicò Isaac a Nathaniel, "ti prego di perdonare la mia ignoranza, poiché non sono molto esperto di matrimoni che producono sia un figlio bianco che un figlio rosso."

 

Gli occhi di Nathaniel Poe luccicarono per la rabbia, ma Isaac rimase sconcertato quando il signor Stewart gettò la testa all'indietro e fece la sua sonora risata, ad alta voce. La sua risata, simile a un latrato di cane, fece venire in mente a Isaac un cane randagio meticcio.

 

"Sì," disse lui dopo che la sua allegria era diminuita, per passare a delle risatine soffocate ansimanti, "avete ragione, signor...?"

 

"Bauman. Isaac Bauman, originariamente stanziato a Fort Loudoun, ma fui mandato a Letort con alcuni del reggimento per dare una ripulita, eliminando invasori francesi o indiani." Isaac poté soltanto fissare lo Scozzese. Era leggermente matto? Perché stava ridendo come un cretino?

 

"Sfortunatamente il Generale Waddell non è presente, lo aspettiamo domani," Isaac stava dritto e poggiò il suo cappello sulla piega del braccio, sentendosi stanco e volendo allontanarsi da questi selvaggi e contadini maleducati. Vide il signor Poe aprire la bocca furiosamente.

 

"Prima che lo chiediate, Poe, la risposta è no. E' fuori questione l'idea di rilasciare i nostri detenuti senza il permesso del Generale. Tornate domani a mezzogiorno circa. Ora, vi prego di perdonarmi ma devo congedarmi da tutti voi. Sarete scortati fuori."

 

Il ragazzo indiano più giovane camminò attentamente, con i suoi occhi neri fissi su Isaac.

 

"Alice è trattata bene?" chiese l'uomo rosso. Perché t'interessi? pensò Isaac acidamente; quando all'improvviso tutti i pezzi di questo inquietante puzzle combaciarono.

 

"Tu-" Isaac quasi rimase di sasso per lo shock, "tu sei l'Indiano con cui la signorina Alice è fidanzata?"

 

L'uomo indiano batté gli occhi lentamente e rimase in silenzio, probabilmente più che sorpreso del fatto che la ragazza avesse rivelato questa cosa. Isaac era perso nei suoi pensieri per parecchi istanti, meravigliandosi di nuovo al pensiero della graziosa Alice Munro, una rosa inglese, e di questo bifolco dalla pelle di rame, uniti in una qualche parodia, in una qualche buffonata di matrimonio.

 

"Lei ha detto qualcosa, delle vostre nozze imminenti." Isaac omise il fatto che l'informazione, in realtà, era stata carpita esclusivamente origliando, "Quindi sua sorella è sposata con... questo gentiluomo?"

 

Nathaniel Poe annuì risolutamente.

 

Un altro spreco, pensò Isaac sospirando mentalmente. L'uomo era tanto selvaggio quanto la famiglia che reclamava come propria. Forse ancora di più, almeno gli altri mostravano una qualche parvenza di etichetta e di comportamento decente.

 

"Lei è in una cella di custodia con gli altri due. Le ho già dato del cibo. Tornate domani," disse Isaac e se ne andò a grandi passi, rapidamente. Guardò negli occhi Edward Lamberth, "assicurati che partano e che non ritornino fino a mezzogiorno."

 

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Tschitani si piegò per evitare un vaso di argilla che volò sopra la sua testa, mentre sua madre urlava forte. La ragazza di 11 estati andò velocemente in un angolo e si fece vedere occupata a intrecciare un tappetino di giunco, per paura che sua madre notasse la sua inattività e cominciasse a rimproverarla.

 

Tuttavia, lei si meravigliava per la compostezza di sua sorella Tankawun alle prese con la sgridata della loro madre. La nonna era abituata ormai da troppo tempo a questo spettacolo costante e rimase in silenzio, polverizzando il grano con una profonda espressione accigliata sulla sua faccia marrone, segnata dalle intemperie. Tankawun si inginocchiò a terra, con la testa chinata e in silenzio.

 

Gli occhi di Tshitani si spalancarono allarmati, quando vide sua madre strappare via la corda spessa, fatta di pelle non conciata attorcigliata, dalla parete del wigwam. Lei piagnucolò.

 

Gli occhi di sua madre erano grandi e più furibondi di quanto lei avesse mai visto, ma la donna non picchiò Tankawun. Anzi, sfogò la sua furia sul terreno, e fece schioccare la frusta in un arco rivolto verso il basso. Schioccò quando colpì la superficie.

 

"Piccola bestia ingrata!" la madre urlò con voce stridula, scuotendo la testa così energicamente che le sue trecce nere volarono nell'aria, "mi hai fatto diventare lo zimbello di tutto il villaggio! Questo è ciò che volevi?"

 

Tankawun scosse la testa lentamente, con il suo collo chinato e la sua schiena ancora rivolta alla sua sorella minore terrorizzata. Le loro altre due sorelle erano raggomitolate nei rispettivi posti letto, probabilmente fingendo di dormire.

 

"No?" disse la loro madre, facendole il verso causticamente, "non ti rendi conto di quello che hai fatto? Tutti qui sanno che stavi incontrando quel demonio bianco! Per Mannitto, se avessi saputo che te la stavi squagliando con uno di loro, ti avrei fatto a pezzi!" Lei agitava la frusta in faccia alla sua figlia maggiore, in modo minaccioso.

 

Chemames inclinò la testa e fissò Tankawun, diventando costantemente più arrabbiata. Questa volta la frusta schioccò molto vicino alle ginocchia della ragazza, facendo in modo che saltasse e fissasse sua madre con gli occhi spalancati. Bene, pensò Chemames, aveva bisogno di vedere una reazione da parte della sua figlia insolente.

 

"Non hai idea, figlia, di quanto tu sia bella..." Adesso il tono di Chemames era più delicato, per il momento, "il problema è sempre stato questo. Sei troppo sognatrice per capire che puoi usare la bellezza a tuo vantaggio, a nostro vantaggio, per un buon matrimonio. Voglio solo vederti accudita da un buon uomo, che provvede alla famiglia, un guerriero."

 

Chemames si lamentò e si attorcigliò la corda tra le mani strette, agitata. "Uncas sarebbe stato il compagno perfetto! Ultimo della sua stirpe e suo padre è un capo assai rispettato-"

 

"Madre," Tankawun intervenne delicatamente e sospirò mentre tentava di dissuadere sua madre, "Uncas ha scelto l'altra ragazza."

 

"Perché non dici quello che è, figlia? Una ragazza Yengeese che ha usato qualche specie di stregoneria su Uncas per farlo allontanare."

 

"Farlo allontanare da cosa?" chiese Tankawun, ma questa volta c'era un tono di stizzosa impazienza nella sua voce.

 

"Da te!" Tankawun alzò lo sguardo per vedere il labbro di sua madre arricciarsi per il disgusto, prima di continuare ad assillare sua figlia, "Non c'è da meravigliarsi che tu abbia fallito così miseramente nell'assicurarti Uncas. Ti sei data per vinta così velocemente davanti a una certa sgualdrina Yengeese dal viso pallido, una certa-"

 

"Non lo è, madre! Per favore, perché dovete sempre dire cose così terribili? Lui ha scelto lei anziché me, e devo accettarlo e voltare pagina, passare oltre." Tankawun si pentì della sua scelta della parola, proprio appena l'aveva pronunciata, e alcuni istanti dopo, la ruvida punta della frusta arrivò lentamente al suo mento, inclinando il suo viso allo sguardo infuriato e imperturbabile di sua madre.

 

"Passare oltre... a cosa?" Chemames sussurrò, esaminando accuratamente la faccia di sua figlia.

 

La mente di Tankawun diventò completamente vuota, mentre cercava di tenere costante il battito del suo cuore. L'immagine istantanea nella sua mente era capelli rossi in coppia con occhi gentili. Il pensiero del suo amico Stephen fece in modo che le si chiudesse la gola, ma anche che il calore le si accumulasse nelle viscere, mentre lei ripensava al suo gran sorriso di traverso, al suo sguardo gentile e a come il suo tocco rimaneva sempre sulla sua pelle, per molto tempo dopo che loro si separavano lungo le loro strade.

 

Cosa sentiva? Tankawun non era più sicura di cosa provasse per chi. Nel caso di Uncas, era solo una brama ardente, una palpitante ossessione che si era stabilizzata in lei, in giovane età, e rifiutava di allentare la sua presa. Uncas un tempo le faceva battere il cuore a mille e le faceva sudare i palmi delle mani. Con Stephen si sentiva molto più felice e a proprio agio, il mondo sembrava illuminarsi. Qualche volta i giorni passavano senza che lei si ricordasse dei colori contrastanti della loro carnagione. Ripensò, con una dolorosa fitta nella sua pancia, a quando lui le regalava i gingilli e i dolcetti Yengeese, e a come le teneva stretta la mano mentre guardavano il mondo, lasciandosi trasportare dalle emozioni.

 

"Vuoi dirmi che provi dei sentimenti per il ragazzo Yengeese dai capelli rosso fuoco?" Chemames avvicinò sempre di più la sua faccia, fino a quando si trovò occhi negli occhi con la ragazza nervosa.

 

"Io..." la gola di Tankawun era diventata secca, ma in quel folle momento sapeva di non poter mentire.

 

"Io- Io credo di sì. Sì."

 

Tschitani, ascoltando ogni parola, cominciò a singhiozzare quando la mano della loro madre volò in aria e colpì sonoramente la guancia di Tankawun, facendo ruzzolare sua sorella a terra.

 

Ciò che successe dopo fu una confusa successione di voci e colori, quando la Nonna si alzò in piedi dalla sua posizione a gambe incrociate e diede il suo ordine più severo a Chemames di lasciare in pace Tankawun. Era un ordine al quale Chemames non disobbedì. Dopo molte urla e tempeste nell'angusto wigwam, la Nonna e la Madre uscirono fuori per discutere di Tankawun, in privato.

 

Non molto tempo dopo, le sorelle stavano fianco a fianco, Tschitani tirava su col naso per aver pianto, mentre Tankawun le accarezzava i capelli e il braccio scoperto.

 

"Ami veramente quel ragazzo Yengeese?" chiese delicatamente la giovane ragazza.

 

Tankawun smise di accarezzare i capelli scuri, annodati di sua sorella.

 

"Non è semplice."

 

"E Uncas?"

 

"Non è destino. Ora non piangere e vai a dormire, piccolina." Tankawun baciò la calda fronte di sua sorella e aggrottò le ciglia quando la piccola cominciò a tremare.

 

"Sono spaventata! Mamma dice che sei malvagia e ti manderà via. Non le permetterò di farlo, Tankawun. Verrò con te."

 

Tankawun sospirò e scosse la testa, desiderando più di qualunque cosa che le cose fossero diverse. Che potessero essere una normale famiglia, che potessero parlare liberamente senza doversi preoccupare del carattere brutto e imprevedibile di sua madre. Le donne erano uscite fuori dal wigwam per un periodo piuttosto lungo.

 

"Sorellina, sai come ti è stato dato il tuo nome?" chiese gentilmente Tankawun, osservando mentre la faccia di sua sorella registrò questa domanda.

 

"Papà?"

 

"Mmm. Quando avevi 4 estati, un serpente velenoso ti ha morso ed eri quasi morta, hai smesso di respirare. Papà ti ha portata nel nostro wigwam dopo averti trovata, e tutti noi abbiamo cercato di curarti per farti guarire, ma non ti svegliavi. Abbiamo fatto persino i preparativi per la tua sepoltura."

 

 La piccola sembrava stupita, "Ero così malata?"

 

"Sì, abbiamo promesso di non parlarne mai, ma meriti di sapere. Nonna ti ha fatto il bagno. Abbiamo messo le ceneri sulle nostre facce e abbiamo pianto e pianto. Papà ti ha messo i tuoi indumenti migliori e ha pregato affinché la tua anima raggiungesse i felici terreni di caccia, mentre la tua fossa veniva scavata. Poi..."

 

"Che è successo?"

 

"All'improvviso ti sei messa seduta e hai detto che avevi sete." Tankawun ridacchiò delicatamente per l'esagerato sussulto di stupore di sua sorella.

 

"Papà ti ha dato il tuo nome, che significa più forte, proprio per questo. Perché il tuo spirito è venuto a noi più forte di quanto non lo sia mai stato, e anche come promemoria per tutti gli altri, affinché non dubitino mai di te."

 

Tschitani sembrò così emotiva per lunghi istanti, ma il cuore della sua sorellina era appagato per il fatto che Tankawun le aveva raccontato questo; ciò le dimostrava che Papà doveva averla amata. Le aveva dato un nome potente, come lo era stato il suo. Lui era stato Eluwak -  significava colui che è fiero; il più potente. Tra tutti nella sua famiglia, Tschitani era colei che adorava di più sua sorella Tankawun, e che ammirava di più la sua spensieratezza e leggiadria.

 

"Guarda che ho, naxisemes." Tankawun tirò fuori uno strano oggetto tagliente, che sembrava aver intrappolato la luce dentro di sé.

 

"Che cos'é?" chiese Tschitani affascinata e vi sbirciò dentro. Balzò indietro, spaventata.

 

Tankawun rise musicalmente, "E'...hmm... il riflesso che vedi nelle acque calme. Mi sono dimenticata di restituirlo alla famiglia Yengeese."

 

Si distesero sulle loro pelli di animali e, durante il resto della notte, guardarono la luce del fuoco riflettersi nel frammento di specchio rotto e danzare intorno a loro.

 

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Il giorno ebbe inizio presto, vividamente ottimistico quando gli occhi di Stephen si aprirono. Si svegliò confuso e disorientato, ma sopra ogni cosa turbato. Ogni articolazione gli pulsava dolorosamente.

 

Oh sì, ora mi ricordo... Guardò curiosamente Anicus, mentre il ragazzo stava guardando in giù, verso le assi impolverate che formavano il pavimento, imperturbabile nel suo sogno ad occhi aperti. Sembrava come se il suolo avesse tutte le risposte che lui cercava così disperatamente.

 

"Buongiorno, laggiù..." Stephen sussurrò e il giovane dalla pelle di rame borbottò soltanto, con gli occhi ancora rivolti verso il basso. Non poteva farci niente, Stephen ridacchiò per l'espressione quasi imbronciata e infantile dell'altro ragazzo. Si ricordò dell'altra loro compagna di cella.

 

"Alice!" Stephen si guardò intorno nella stanza, muovendo di scatto la testa, finché trovò la sagoma della sua amica in piedi, di fronte alla parete lontana, che allungava il collo, simile a una bambina smarrita. L'apertura della minuscola finestra era troppo in alto (dopo tutto, era una cella di custodia di ripiego, per arrangiarsi), lei poteva soltanto starsene lì in piedi con la testa piegata all'indietro, lasciando che i piccoli raggi di sole facessero diventare quasi bianchi i suoi capelli biondi.

 

"Buongiorno, signorina Alice," disse Stephen allegramente, cercando di non sembrare preoccupato per la particolare posizione della ragazza.

 

"Buongiorno, ragazzi." La voce di Alice era delicata e sembrava stanca.

 

"Quando ti sei svegliata?" Stephen chiese in tono colloquiale, come se fossero ancora nelle loro case, nella Delaware Valley.

 

"Temo di non aver dormito. Stavo cercando di vedere l'alba ma la finestra è troppo alta."

 

La sua voce sembrava così distante che Stephen si preoccupò. Si agitò di continuo –

 

"La testa mi prude. Anche la faccia. Mi darai una grattatina, Alice? Credo di essere un po' legato al momento," la voce di Stephen era allegra e lui fece tintinnare le proprie catene per essere sicuro, sperando che lo scherzo la rendesse felice.

 

"Suppongo," replicò Alice in dettaglio, ma stava sorridendo quando si voltò per andare verso i ragazzi, trascinandosi dietro le catene.

 

"Come stai, Anicus?" chiese Alice mentre grattava la cute e la faccia di Stephen, mentre lui sospirava felicemente.

 

Il ragazzo Lenape fece spallucce, sembrando schiacciato. Alice lo esaminò attentamente, notando che i suoi pantaloni di pelle di daino e la camicia di calicò color thè blu erano strappati e sporchi. Alice si sedette accanto a Stephen e i due si tennero le mani per diversi istanti.

 

"Puoi appena immaginare quanto devono essere preoccupate le nostre famiglie, Stephen?" borbottò Alice contro la spalla di Stephen. Lei esaminò pigramente la minuscola finestra, finché la porta si aprì di nuovo per la prima volta, dalla notte precedente. Gli abitanti sgranarono gli occhi appannati.

 

L'uomo chiamato Edward Lamberth fece loro un gran sorriso in modo sfrontato, mentre si appoggiò alla sua carabina, la sua uniforme vistosamente rossa.

 

"Oh, svegli! Buongiorno a tutti voi, signorina Alice, signor Mason...lui." La faccia di Edward si distorse per il disgusto mentre esaminava Anicus in modo odioso. Annusò come se nella stanza ci fosse qualcosa di nauseante. Alice aggrottò le ciglia.

 

"Non ci avete dato abbastanza cibo la notte scorsa, signore," disse Alice freddamente, "Noi tre abbiamo dovuto dividerci la misera porzione che era assegnata a me. Se sareste così gentile -"

 

"Sono solo venuto a dirvi che la colazione vi sarà portata quanto prima," interruppe Edward, lanciandole un'occhiataccia, "e intorno a mezzogiorno vi incontrerete con il Generale. Qualcos'altro, ragazza?"

 

Alice batté i piedi stizzosamente mentre continuava a guardare in cagnesco l'uomo rozzo. I ragazzi rimasero attentamente in silenzio.

 

"Queste condizioni sono deplorevoli, signor Lamberth."

 

Edward piegò la testa di lato e le sorrise, "Siete stata maltrattata in qualche modo? Abbiamo picchiato qualcuno di voi?"

 

Alice guardò in basso, verso il suolo impolverato. No, lei supponeva che non erano stati maltrattati troppo, ma l'ambiente circostante era estremamente sporco e loro non avevano delle sedie adatte. Disse questo all'uomo, facendolo ridacchiare di cuore.

 

"Perdonatemi, Vostra Grazia!" disse l'uomo con esagerato decoro, "scriverò immediatamente al St. James's Palace per farvi mandare le vostre cose."

 

Fece una serie di risate per la sua espressione offesa e camminò verso la porta. All'ultimo momento si voltò bruscamente-

 

"Dimenticavo quasi, signorina Alice." Il sorrisetto di Edward era ancora lì, ma c'era una crudeltà nelle sue sopracciglia e nella sua bocca, adesso. "Alcune persone sono venute a cercarvi."

 

"Quando?" chiese Stephen con entusiasmo, drizzandosi con un sussulto, ma il soldato lo ignorò.

 

"Sono venuti la notte scorsa e hanno chiesto un incontro con il Generale, che non era nemmeno presente al forte. I loro nomi..." Edward si sforzò di ricordare, "Nathaniel, quello che sembra essere in parte pagano, anche Stewart. Questa coppia di anziani Indiani e anche un altro ragazzo."

 

"Chi?" chiese Alice avidamente, ma poteva sentire un brivido attraversarla; era qualcosa che aveva cominciato a provare mesi prima. Quando Uncas era vicino oppure quando stava per essere nominato in una conversazione, tutto il suo corpo in qualche modo ne era consapevole.

 

"Sapete chi," Edward abbassò la voce in un sussurro ammaliatore, "quell'Indiano che avete scelto come vostro amante."

 

Adesso Stephen parlò apertamente, con i suoi occhi infuocati per la rabbia moralista, "Potreste essere un soldato, signor Lamberth, ma non siete un vero uomo per rivolgervi a una donna in questo modo."

 

"Chiudi la bocca, piccolo rospo. Se fossi un vero uomo, le diresti di non infangare se stessa o il nome di suo padre con un selvaggio," la voce di Edward era forte e ostile, "e tieniti pronto per mezzogiorno. Incontrerai il Generale Waddell."

 

Proprio allora una ragazza, più o meno dell'età di Alice, camminava timidamente dietro Edward, con gli occhi compassionevoli e tenendo in mano una pentola di ciò che sembrava essere porrigde. Edward gliela prese dalle mani e le fece un cenno col capo, rigidamente.

 

La pentola fu poggiata a terra con forza davanti a loro tre, e parte del porridge farinoso si rovesciò lungo i lati. Non aveva un aspetto molto invitante, e questo forse doveva trasparire nello sguardo di Alice, perché Edward Lamberth ruotò gli occhi verso Alice in modo austero e uscì dalla cella senza guardare indietro, camminando intorno alla ragazza.

 

"La Duchessa disprezza il cibo che serviamo qui, Millie," disse Edward sprezzante quando la porta si chiuse, la sua voce si poteva ancora sentire debolmente, "ricordati di chiudere la porta col catenaccio."

 

"Suppongo che non gli piacciamo," Stephen fissò la fredda poltiglia nella pentola, disgustato, e ripensò a come quest'uomo lo chiamava costantemente "rospo lentigginoso" e cose del genere.

 

"Ma specialmente tu, Alice."

 

Alice non prestò a questa osservazione nessuna attenzione, poiché stava guardando acutamente l'altra ragazza. La ragazza di nome Millie indossava un abito lilla chiaro che sembrava molto sciupato, la sua faccia dietro i capelli scuri era stanca. Era piuttosto semplice, ma poteva essere a causa della stanchezza. Sembrava timida e imbarazzata per tutto quello che aveva detto Edward Lamberth. I suoi occhi avevano qualcosa che Alice riconobbe, ma non riusciva a individuarlo.

 

"Grazie per la vostra gentilezza, signorina Millie," disse Alice dolcemente con ciò che sperava fosse un caldo sorriso, "per averci dato il cibo più del necessario. Mi sforzerò di ripagarvi per la vostra ospitalità e benevolenza."

 

"Il mio nome è Amelia," spiegò la ragazza arrossendo per le cortesi parole di lode, "puoi chiamarmi Millie."

 

"Lo farò sicuramente," Alice continuò a guardare Amelia pensierosamente, mentre la ragazza dai capelli marroni si precipitava fuori. La serratura fece un piccolo scatto, mentre loro furono di nuovo chiusi dentro.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


"Ve lo chiederò di nuovo, siete abbastanza presentabile per uscire?" la voce dell'odioso Edward Lamberth risuonò attraverso l'ingombrante porta di legno. Sembrava impaziente.

 

Circa 10 minuti prima, i soldati vestiti di rosso avevano aperto la porta della cella di custodia, e trascinato i due ragazzi nel corridoio per farli aspettare fuori, ancora ammanettati. Edward era entrato dentro e aveva messo con noncuranza una bacinella d'acqua vicino ad Alice.

 

"Rendetevi presentabile, signorina, dovete incontrare il Generale." L'uomo dagli occhi scuri aveva fatto di nuovo quell'espressione sprezzante, prima di uscire fuori.

 

Adesso la porta fu aperta, quando Edward sbirciò dentro con un aggrottamento delle sopracciglia, proprio mentre Alice si stava asciugando le mani bagnate sulla gonna e si stava picchiettando la faccia con gli avambracci.

 

"State cercando di farvi carina per quella prole di Satana? Non capisco perché lo facciate con tanta diligenza."

 

Alice ne aveva avuto abbastanza del suo comportamento da zotico e cercò di insultarlo nella stessa maniera in cui lui stava facendo con lei.

 

"Perché diavolo mi preoccuperei di pettinarmi per il misero comandante di certi operai maleducati?" chiese Alice mentre incrociava le braccia sul petto, battendo con i piedi il pavimento, stizzosamente.

 

Gli occhi di Edward Lamberth si strinsero in piccole fessure, mentre faceva due passi verso di lei.

 

"Apprezzo l'ironia nelle vostre parole, signorina. Ma non sono un 'operaio' di umili natali, come voi alludete."

 

"Non faccio nessuna allusione, signore," Alice ribatté, "e se voi non siete così sacrificabile, perché vi è stato assegnato il compito di badare a una donna incatenata chiusa in un buco di insetti parassiti? Forse perché siete considerato come estremamente scadente."

 

"Mi riversate addosso queste dure parole, ragazza, ma voi siete inferiore a chiunque io possa solo immaginare. Inferiore all'uomo ammanettato nell'altro corridoio che ha sparato a suo fratello per una disputa riguardo alla terra, e lui sarà impiccato in cortile per quel gesto raccapricciante. Peggiore persino della prostituta del campo, condannata a 100 sferzate per aver diffuso la sua pestilenza. E' solo due porte più giù."

 

Alice fu punta da queste parole, ma Edward continuò a parlare quando notò che lei quasi quasi stava per ribattere.

 

"Loro almeno non si sognerebbero mai di commettere l'atto innaturale di rivoltarsi contro la propria razza e sporcare per sempre il proprio sangue. Avete pensato a cosa succederebbe, se decideste di fare figli con lui? Condannarli ad essere piccoli meticci, che è peggio che essere un selvaggio."

 

Alice era senza parole, i suoi grandi occhi blu pieni di orrore. Questo era un qualcosa che a malapena le aveva attraversato la mente. Il pensiero di fare dei figli, certamente, era qualcosa che aveva aspettato impazientemente, una volta che sarebbe diventata una moglie. Aveva pensato a quanto sarebbero felici lei e Uncas nella loro casa con una famiglia crescente. Lei capì ora che aveva evitato intenzionalmente tali brutti pensieri, che nelle sue fantasie fatte su misura riguardanti Uncas e alcuni figli, non aveva immaginato nemmeno una volta il mondo dei Bianchi o il fatto di dover difendere pubblicamente se stessa e la sua scelta.

 

Pensava disperatamente a Nathaniel, che rivendicava la razza mohicana più di quanto lo avrebbe mai fatto con il mondo europeo, orgoglioso di avere un padre come Chingachgook... Ma, una voce traditrice le sussurrò dentro di sé, Nathaniel sarà sempre Bianco, a prescindere dalla sua educazione.

 

Amelia Warren entrò timidamente, attirata dalle voci alte. Il suo sguardo su Edward era diffidente, ma non si poteva fraintendere  la disapprovazione nel suo tono di voce. "Signor Lamberth, sarebbe meglio se voi abbassaste la voce. State parlando a una donna."

 

Edward fece un'occhiataccia alla ragazza. "Non credo. Ed è mio desiderio che tu stia fuori dai miei affari, Millie. Torna ad occuparti del bucato." Detto questo, la spinse fuori per la spalla, la sua mano trattenuta sulla vita di lei mentre se ne andava. Gli occhi di Alice si strinsero per questa sconvenienza.

 

Edward Lamberth sembrò soddisfatto di sé nel vedere l'espressione colpita sulla faccia di lei, "Adesso sbrigatevi, il Generale e il vostro illustre fidanzato vi attendono."

 

Stephen, stando fuori accanto ad Anicus, sentì un' imprecazione smorzata e un rumore, seguiti dalla voce inconfondibile di Edward Lamberth che gridava con voce rauca, mentre i soldati correvano nella cella di custodia. Stephen e Anicus si fissarono l'un l'altro, con gli occhi spalancati e ingenui, prima che Stephen sorridesse tra sé e sé, "Brava ragazza, Alice."

 

Anicus piegò la testa di lato. La parola giusta esplose nella mente di Stephen.

 

"Wishi." Bene. Anicus sorrise a Stephen per la prima volta, da quando si erano incontrati.

 

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La costosa sedia di palissandro scricchiolò pericolosamente, quando il Generale Waddell si sedette con una potente imprecazione. La sua uniforme scarlatta era stirata meticolosamente e adornata con trecce dorate. Isaac si chiedeva come i suoi bottoni non riuscissero a volare via dalla sua pancia rotonda e a mandare in frantumi i vetri delle finestre.

 

Quella era un'altra cosa, gli occhi di Isaac guardarono velocemente le costose lastre di vetro che il Generale Waddell aveva insistito per comprare con i finanziamenti della Corona per il suo quartier generale. Sarebbe stato difficile affermare che Isaac portasse molto rispetto a quel pomposo Generale, che ogni giorno faceva venire in mente a Isaac sempre di più l'Imperatore Nerone. Tutto ciò che mancava era vedere l'uomo adagiato con il fondoschiena su uno splendente trono dorato, che strimpellava con una lira.

 

"Hai trovato qualcosa nelle tue perlustrazioni?" Waddell chiese distrattamente mentre smistava la corrispondenza davanti a lui quando si sedette, senza nemmeno alzare lo sguardo su Isaac.

 

Isaac si raddrizzò, con la faccia impassibile, "No, signore. Abbiamo sentito i racconti degli invasori Irochesi, come anche degli alleati Francesi e Ottawa, ma quello sembra essere rimasto a nord. Come da vostra richiesta noi-"

 

"Sì, sì," il grande uomo agitò una mano grassa in aria e gettò la testa in avanti, facendo sparire il mento nel suo collo paffuto, "assicurati soltanto che ciò sia puntualmente annotato nel mio libro mastro. Dimmi dei nuovi prigionieri. C'è una ragazza, ho sentito?"

 

Isaac digrignò i denti e guardò in giù per evitare che il Generale vedesse la frustrazione sulla sua faccia. Accidenti, Edward. Chi altro sarebbe? A volte quel ragazzo gli faceva venire in mente una gallina che chiocciava con i suoi pettegolezzi. Waddell era tornato da 15 minuti appena!

 

"Certo, signore. Ci sono tre detenuti al momento, dalla Delaware Valley. Un paesanotto di nome Mason, un ragazzo Indiano dall'accampamento a est-"

 

"Perché diavolo hai arrestato uno di loro?" Waddell si infuriò subito, mentre lasciò cadere diverse guaine di pergamena, "non sei consapevole di quali possono essere le ripercussioni?"

 

"Signore - Con tutto il rispetto, il ragazzo ha avvicinato dei civili bianchi molto vicino alle fattorie e lontano dal territorio Lenape. Ovviamente è coinvolto in qualche furberia. Quando sono arrivato da loro, i ragazzi si stavano azzuffando e due ragazze indiane, una bianca e una indiana, stavano cercando di intervenire."

 

Il Generale Waddell sembrava riflettere su questo mentre si appoggiava indietro, tirandosi la giacca rossa più stretta. Isaac osservava con scarso interesse; quasi si aspettava che la sedia si rompesse con il peso, mandando il suo Generale a gambe per aria.

 

"Vino, per favore!" disse lui e Isaac prese una brocca di bevanda fermentata alla frutta e la versò in un calice.

 

"Madeira, signore," l'uomo porse il calice, anche se stava cercando di trattenere una smorfia a quest'ennesima ostentazione di lusso del Generale . Trasportare per nave vino liquoroso al brandy attraverso l'oceano, mentre il resto di loro optava per birra annacquata e liquori più economici.

 

Philip Waddell assaporò il vino e schioccò le labbra mentre pensava a quello che aveva detto Isaac.

 

"Da dove è stato imbarcato?" chiese Waddell, sbirciando nel contenuto del recipiente.

 

Isaac non aveva voglia di affrettarsi a cercare questa informazione e così inventò una risposta plausibile, "Da una zona a sud di Madeira, signore, nota per il suo territorio incredibilmente arido e per l'uva bianca. Questo dà al vostro vino il suo caratteristico gusto asciutto, senza essere troppo amaro."

 

"Sono giovani?" chiese Waddell dopo un paio di momenti di silenzio. Isaac immaginò che l'uomo non si riferisse alla presunta uva.

 

"Sì. Direi che sono tutti sotto i 20 anni di età."

 

"Hmm... Tutta questa faccenda è così noiosa e irritante, ho anche sentito che le loro famiglie sono venute a chiedere il loro rilascio. Se quei fastidiosi Indiani hanno mandato dei richiedenti per conto del ragazzo-" Waddell interruppe con un grande sospiro e mandò giù il resto del suo vino.

 

"Perché Lamberth è così interessato a quella sciocca ragazza? Come si chiama?" lui fissò Isaac con uno sguardo apatico, bulboso, che faceva venire in mente a Isaac un pesce morto che galleggiava in superficie. Ah, adesso avevano colto in pieno il problema.

 

Isaac scelse le parole il più attentamente possibile.

 

"Il suo nome è Alice Munro, è di Londra, signore. Suo padre era il Colonnello Edmund Munro. Morì durante il massacro a William Henry, alcuni dei sopravvissuti al suo reggimento massacrato sono arrivati qui a piedi. Questo accadde l'anno scorso, certamente. Prima che voi vi uniste alle nostre file, signore."

 

Waddell sembrava leggermente colpito dalla discendenza di Alice e fece un’ affermazione vaga sul fatto di ricordarsi del colonnello defunto, e che peccato fosse.

 

"Ma perché Lamberth è così interessato a lei e così... in disapprovazione? Mi ha invitato a chiedervi i dettagli attinenti."

 

Edward esitò abbastanza a lungo da far aguzzare gli occhi del Generale e si sporse in avanti, come un segugio rigonfio che ha catturato il leggero odore di preda umana. Isaac era sorpreso dal fatto che il grosso disgraziato non stesse salivando, niente lo elettrizzava come lo scandalo e l'intrigo.

 

"Fuori il rospo!"

 

"La sua scelta sentimentale è ciò di cui certe persone stanno sentendo chiacchierare," la leggera frecciatina era persa su Philip Waddell. Lui annuì impazientemente e Isaac continuò, "soprattutto per la sua educazione da ceto sociale alto e suo padre era un colonnello così rispettato-"

 

"Perché ti diverti a provocarmi, uomo? Qual è lo scalpore che lei suscita?" lui batté un pugno teatrale sul tavolo e fece tremare la coppa d'argento.

 

"Lo scalpore è che lei è fidanzata con un Indiano."

 

Ci fu un improvviso acuto silenzio mentre i due uomini si fissarono l'un l'altro. Per dargliene credito, il Generale non sghignazzò come una scolara, come era incline a fare ogni volta che sentiva qualcosa di deliziosamente scandaloso.

 

"Questo- No, non può essere, signore. Vi siete sbagliati, ragazzi." Ma Isaac scosse la testa. Aveva voluto riferire lui stesso questa informazione al Generale, invece di quel pettegolo lingualunga di Edward, perché sapeva che l'altro uomo avrebbe drammatizzato l'intera descrizione. Aveva già sentito da una preoccupata Amelia Warren quanto Edward fosse stato oltraggiosamente rude con la signorina Alice.

 

"Vorrei essermi sbagliato, ma sono certo dei fatti. Lo dice lei stessa. Ora ammetto di non essere sicuro di ciò che vi ha detto Edward, ma l'unica preoccupazione che ho è che la signorina Alice è totalmente inconsapevole delle sue azioni o delle conseguenze. Immersa com'era nel suo dolore per la morte di suo padre, come anche il trauma di essere sopravvissuta a tale barbarie, era comprensibilmente confusa e suscettibile. Poi ha incontrato questo... questo ragazzo Indiano..."

 

Waddell stava annuendo tra sé e sé mentre fissava la parete di fondo, illuminata dal cielo di mezzogiorno. "Sì, certamente, deve aver preso di mira la povera ragazza nel suo stato di fragilità. Le ha promesso dolci cose e dato un falso senso di sicurezza. Il ragazzo Indiano è qui?"

 

"Sì, signore. Qui con la sua famiglia per reclamare gli altri, come anche la sua sposa."

 

Adesso l'uomo si arrese alla risata. Edward guardava stoicamente mentre il suo Generale e il comandante di così tanti uomini rideva fragorosamente, finché dovette respirare profondamente per prendere aria, concludendo con la stridula risata che Edward detestava così tanto.

 

"E' così? Marciano verso il mio forte, audaci e sfrontati, per chiedere il rilascio dei miei prigionieri? Beh, io ho il forte e gli uomini alle armi - Sapete cosa, signor Bauman, fate venire la ragazza. Ora. Prendetela!"

 

Isaac si voltò per nascondere la sua smorfia mentre la faccia del suo ufficiale di grado superiore diventò rossa chiazzata. Sapeva che i tre prigionieri stavano ancora aspettando nella loro cella di custodia. Avrebbe aspettato 5 minuti prima di portare Alice nel quartiere del Generale; avrebbe dato tempo all'uomo ottuso di smetterla con i capricci infantili.

 

Isaac chiuse la porta dietro di sé e vi si appoggiò, lisciandosi i capelli scuri e sistemandosi i polsini e le maniche dell'uniforme. Aspettava, canticchiando lievemente una melodia che aveva sentito anni fa in un festival in Cornovaglia. Contò a mente i minuti che passavano, mentre pensava alle gitane dai capelli neri in una fiera paesana.

 

Con un sospiro, Isaac si raddrizzò e si assicurò di apparire presentabile, prima di percorrere il lungo corridoio fatto di tavole di legno, tagliate approssimativamente. S'imbatté in diverse panche sotto una finestra aperta e, ecco, gli Indiani e lo Scozzese della scorsa notte che se ne stavano seduti lì, ad aspettare. I ragazzi nel gruppo si alzarono velocemente.

 

Isaac scosse la testa irosamente, la sua giornata non stava procedendo come stabilito. Se avesse portato la signorina Alice dal Generale, lei sarebbe passata di qui, davanti a questo gruppo, cosa che sicuramente avrebbe agitato tutti loro. Notò che tutti loro sembravano leggermente scarmigliati, come se si fossero accampati fuori, nel bosco.

 

"Signor Bauman," l'alto uomo scozzese si attorcigliò il cappello tra le mani, "ci avete chiesto di venire intorno a mezzogiorno per parlare con il vostro Generale. Ci è stato detto di aspettare, possiamo vedere l'uomo per favore?"

 

Isaac notò il tono di supplica nella voce di Stewart e sentì una fitta di compassione, anche se evitò attentamente di guardare nella direzione di quell'Indiano che aveva adescato la signorina Alice.

 

"Infatti, il Generale Waddell è al forte mentre parliamo - State calmo, Poe - ma devo pregarvi di pazientare solo per un altro po'. C'è una questione più urgente di cui mi devo occupare e poi vi porterò da lui. Prego, fatemi la cortesia di aspettare fuori dal forte finché non sarete chiamati." Per completare l'effetto, la bocca di Isaac si contrasse in ciò che a malapena era considerato un sorriso, più simile a una smorfia. Ma sembrò calmarli tutti, con l'eccezione degna di nota di quell' indisponente Nathaniel Poe.

 

Camminando velocemente verso destra e andando via dal gruppo, Isaac disse silenziosamente ogni parolaccia che gli potesse venire in mente, eccetto quelle veramente turpi, poiché era un gentiluomo. Spalancò la porta e sbirciò dentro, la sua espressione cupa diventò perplessa e beffarda.

 

I tre prigionieri erano seduti insieme; tutti, incluso il ragazzo Lenape, avevano delle espressioni facciali che variavano dalla rabbia all'estrema infelicità. Poi lui notò che Edward sembrava furioso e ... bagnato?

 

"Buon Dio, uomo, cambiati, metti un abbigliamento appropriato, il Generale è qui!" disse lui velocemente e Edward arrossì, poi - "Perché la signorina Alice è così incatenata? Ti ho già detto che è sufficiente incatenarle solo i piedi."

 

Edward Lamberth si impennò come un drago di una leggenda scandinava, "Mi ha vuotato addosso una bacinella d'acqua!"

 

Isaac guardò velocemente la ragazza in questione che stava guardando in giù, i suoi occhi cerchiati di rosso e angosciati. Isaac si sentì qualcosa tirare nel suo intestino. Lei era così insudiciata e abbattuta.

 

"Perché?" fu l'unica domanda di Isaac ma lui poteva già immaginare la ragione. Ci fu un silenzio significativo e Isaac fece il punto della situazione a mente, per mettere Lamberth di guardia per i prossimi giorni; i veri uomini non avvicinavano le ragazze verbalmente.

 

"Signorina Alice, se permettete." Isaac fece cenno con la mano sinistra. Alice alzò lo sguardo, con la faccia inespressiva.

 

"Non me ne andrò senza i miei amici."

 

Isaac nascose un sorriso beffardo, "Ragazza, apprezzo il nobile sentimento, ma se avete intenzione di martirizzarvi, assicuratevi che sia per una giusta causa. Non per questi stupidi."

 

"Loro non sono stupidi per me," Alice borbottò.

 

"Alzatevi, signorina Alice," Isaac stava diventando impaziente, "andremo dal Generale Waddell e risolveremo questa cosa oggi."

 

Alice si alzò in piedi graziosamente e si scosse la gonna con le mani incatenate, la sua schiena dritta e il mento in su. Ciò la diceva lunga sulla sua educazione. Molto probabilmente una scuola di élite per l'etichetta, oppure un'istitutrice che gliela insegnava a casa.

 

"Liberatela, ragazzi." Isaac guardò Alice in modo serio quando la sua richiesta fu eseguita, "Siete attesa, signorina. Venite."

 

Uscirono per andare nel corridoio insieme, mentre Alice si voltò per dare un'occhiata ai ragazzi che si stava lasciando alle spalle.

 

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Alice tremò leggermente mentre stava dinanzi agli uomini imponenti negli alloggiamenti del Generale. Erano imponenti in relazione ad aspetti diversi, il Generale in sé era più robusto del signor Bauman e si presentava con maggiore autorità. Era lui che avrebbe preso la decisione finale del suo rilascio e di quello dei ragazzi. Isaac era un uomo più magro e più alto, di giovane età - Forse 25 anni?- ma si comportava con un'aria molto precisa e c'era un'indifferenza in lui che era molto preoccupante. Lei doveva ancora riuscire a vederlo sorridere.

 

Il Generale Waddell manteneva ancora una linea fisica elegante (non importa quanto corpulenta) nel suo abbigliamento impeccabile, con la sua parrucca appena incipriata. Era strano il fatto che lei si sentisse leggermente a proprio agio con il suo comportamento, poiché lui rappresentava molto della sua vecchia vita. Suo padre molto probabilmente lo aveva conosciuto, e Alice cominciò a formulare un discorso sul posto. Tuttavia, fu privata dell'occasione, perché il Generale parlò prima di lei.

 

"Spero che siate stata trattata bene, vero signorina Alice?" l'uomo parlò con fare intimidatorio mentre si sosteneva ai bracci della sua sedia, e si mosse pesantemente con i suoi piedi. "Questi eventi sono stati estremamente sfortunati, davvero."

 

Alice si leccò le labbra screpolate mentre i suoi occhi guardarono velocemente il perimetro della stanza. Isaac esaminò Alice con la sua faccia simile a una maschera, con entrambe le mani giunte dietro la schiena.

 

"A cos'è dovuto quel putiferio, ragazza? Perché hai attaccato uno dei miei soldati?" Gli occhi di Waddell sembravano avidamente interessati mentre pose questa domanda.

 

"E' stato estremamente maleducato, signore. Perdonate la mia irruenza, ma il suo linguaggio era rozzo e impertinente." Alice replicò così. Le sue mani cominciarono ad essere appiccicaticce.

 

"Che cosa ha detto che vi ha fatta irritare così tanto?"

 

Alice guardò istintivamente Isaac poiché non sapeva come rispondere. Lui piegò la testa di lato per una frazione di secondo ma rimase in silenzio.

 

"Una ragazza della vostra educazione non dovrebbe sognarsi di commettere una tale sfrontata manifestazione di inciviltà, signorina." Il Generale camminò intorno alla sua scrivania, facendo scricchiolare forte le assi del pavimento. Per qualche ragione, Alice trovò il rumore irritante e fece un respiro posato. Stava cedendo al panico, poteva sentirlo.

 

Il Generale Waddell si appoggiò indietro leggermente sulla sua scrivania, di fronte a lei.

 

"Signor Bauman, prendete una sedia per questa ragazza." Waddell ringhiò improvvisamente, guardando ancora Alice.

 

Una volta che il ragazzo se ne andò e lei e l'uomo rimasero da soli, Alice non disse niente; lei guardò solo il pavimento con insolito interesse.

 

"Vino, mia cara?"

 

La faccia di Alice si alzò mentre balbettò una risposta, "Io... perché no, il vino mi farebbe bene, signore. Grazie."

 

Waddell si affaccendò per prendere una caraffa e versò il liquido opaco in un calice, poi versò il vino per Alice in un bicchiere da vino più piccolo con lo stelo attorcigliato. Glielo porse e Alice lo annusò cautamente prima di fare un piccolo sorso.

 

"Madeira," mormorò, e lo ringraziò in segno di apprezzamento. Poteva sentire il sapore del brandy per il quale il vino era famoso, rendeva il vino buono per anni, al contrario di un vino più tipico oppure lo sherry.

 

Il brandy rafforzava la sua potenza e fortificava i nervi della ragazza. Alice continuava a sorseggiare disinvoltamente, finché Isaac ritornò con una robusta sedia di legno che mise dietro di lei, invitandola a sedersi.

 

Alice si sedette pudicamente. Non fu detto niente di più per diversi minuti, finché-

 

"Quel ragazzo indiano è qui a cercarti."

 

Alice si strozzò e sputacchiò fuori il vino, tossendo forte finché gli occhi le lacrimarono. Isaac sollevò un sopracciglio, le prese il bicchiere dalla presa vacillante e camminò a grandi passi verso un angolo. Dopo aver riempito di nuovo un boccale, glielo premette sulle mani e insistette per farla bere.

 

Acqua. Alice la trangugiò. Sbirciando Waddell, Alice notò che l'uomo continuava a sorriderle piacevolmente, come se non fosse successo niente fuori dal comune. I secondi continuarono a scorrere mentre i due si guardavano negli occhi.

 

"Dov'è lui adesso?" Alice superò il suo shock iniziale, "Deve essere così preoccupato! Per favore, devo parlare con lui. Andiamo, è stato risolto. Non vi disturberemo mai più, signore."

 

Il Generale Waddell sembrò rimuginare sulle sue parole ma poi scosse lentamente la testa. Il suo tono stava diventando più freddo.

 

"Come avete perso il senno che Dio vi ha dato? Perché diavolo flirtereste con quel... quel pagano? Non potete in alcun modo immaginare come avete distrutto la vostra reputazione con questa sciocchezza."

 

"Chiedo scusa, signore," Alice replicò a voce bassa, "e vi ringrazio per la vostra preoccupazione, ma conosco il mio cuore e conosco le mie azioni. Voi parlate di pagani, ma gli Europei commettono le stesse azioni vili nel nome della guerra."

 

Il Generale Waddell sembrò umiliato e oltraggiato da questo, sbuffò e scosse la testa mentre la guardava in malo modo.

 

"Non posso credere a quello che sto sentendo. Cosa direbbe vostro padre se fosse vivo?"

 

Le parole ferirono Alice, come lei immaginava farebbe un coltello nell'intestino. Lei conosceva la risposta; era esattamente perché suo padre era defunto che Alice poteva vivere con Uncas e sposarsi. Se il Colonnello Munro fosse sopravvissuto, avrebbe ordinato al suo intero esercito di cercarla, e una volta trovata, molto probabilmente l'avrebbe legata e messa su una nave diretta per l' Inghilterra. Non l'avrebbe mai lasciata vivere pacificamente con Uncas.

 

Tuttavia, questo era qualcosa che non avrebbe detto a voce alta. Era d'obbligo che lei non si allontanasse dalle sue convinzioni.

 

"Mio padre valutava il benessere e la felicità dei suoi figli sopra ogni altra cosa. Avrebbe capito." Alice disse questo in un tono freddo.

 

Isaac scosse la testa, la sua bocca era una linea sottile. Alice proseguì.

 

"C'è differenza tra ciò che è giusto e ciò che ci si aspetta. Non voglio più abbandonare la mia felicità per il bene dell'apparenza."

 

Gli uomini la guardarono come se le fosse cresciuta un'altra testa, c'era una tale mancanza di comprensione nelle loro facce sconvolte. In verità, Alice non li biasimava. Se qualcuno le avesse detto in Inghilterra che un giorno lei avrebbe perso le sue ricchezze e la sua famiglia, che si sarebbe innamorata di un uomo rosso delle Americhe, sarebbe scoppiata a ridere.

 

"Suppongo che voi vi sistemerete in miserabile povertà?" disse Waddell in una furia sussurrata, "Non avrete la nausea nel guadagnarvi da vivere lavorando la terra; sarete una contadina, dunque? Sarete così felice quando lui deciderà di prendervi a schiaffi come una qualsiasi sgualdrina dell'osteria?"

 

"Uncas- Non lo farebbe mai -" Alice cambiò linea di condotta, "Non avete una ragione legale per tenermi qui, signore. So che le leggi dell'Inghilterra sono state portate nelle colonie. Mi avete arrestata illegalmente. Non ho commesso nessun crimine, signore. Anche se lo avessi fatto, la cosa dovrebbe essere affrontata con uno sceriffo o un agente di polizia."

 

Il Generale ora sembrava scioccato - era uno sciocco per non essersi ricordato che lei era la figlia di un colonnello dell'esercito britannico. Lei conosceva le leggi del territorio.

 

"Questo potrebbe benissimo essere così, ragazza," Waddell replicò velocemente, "ma ci sono, infatti, delle leggi contro questa farsa a cui voi state pensando."

 

"A cosa vi riferite, signore?"

 

"Le razze non si posso mescolare nel matrimonio, signorina. O procreare. Anche se quel ragazzo fosse un Cristiano, sarebbe illegale per un predicatore persino officiare la cerimonia nuziale."

 

"Non ho sentito parlare di nessun impedimento del genere, signore." Alice si appoggiò indietro e cercò di tenere la sua padronanza di sé; era certa che lui la stava portando fuori strada.

 

"La legge all'inizio è stata promulgata nell'anno di nostro Signore 1660, nel tentativo di regolare i matrimoni e limitare la mescolanza di sangue che si stava verificando all'epoca," l'uomo grande ripeté questo velocemente, "essa dichiarava che nessun matrimonio potesse verificarsi tra un Bianco e uno schiavo o un servo a contratto-"

 

"Ma lui non è nessuno dei due!"

 

"La legge è stata cambiata non molto più tardi per includere qualsiasi mulatto o Indiano." Waddell andò avanti senza darle alcun riconoscimento. Fece una pausa per riprendere fiato. "Così brillante come vi ritenete di essere riguardo alla natura della legge e dei diritti civili, non hai colto quella legge lì, vero?"

 

Alice si sentì messa alle strette, tuttavia esisteva ancora un dettaglio che rimaneva da dire.

 

"Non infrangerò nessuna legge, dunque, signori." Alice si sedette dritta, reprimendo il tremore che le avrebbe rubato le parole, "Non lo sposerò in nessuna cerimonia religiosa."

 

La faccia del Generale Waddell si fece di un intenso color prugna mentre farfugliava, con i suoi piccoli occhi pietrificati dall'orrore, fissi sulla faccia di lei. "Non ci credo-"

 

Un colpo secco alla porta fermò qualsiasi commento che il Generale aveva in mente di dire.

 

"Entrate!" Waddell ordinò imperiosamente, guardando ancora Alice con fascino e avversione.

 

La porta si aprì con un cigolio tremolante e Amelia Warren sbirciò dentro. Sembrava nervosa.

 

"Che c'è, signorina Amelia? Sono occupato al momento!" il Generale ringhiò.

 

"Chiedo perdono, signore. Un gruppo di uomini chiede di parlare con voi. Dicono che stanno aspettando da ieri..." la ragazza guardò inconsciamente Alice, "Bianchi e Indiani, signore."

 

Alice si raddrizzò e guardò Waddell e Isaac. Il giovane aveva uno sguardo minaccioso mentre ribatté che aveva esplicitamente detto al gruppo di aspettare finché fossero stati chiamati. Waddell piegò la testa di lato e guardò pensieroso la giovane lavandaia. Alice poteva percepire che lui stava valutando le sue opzioni.

 

"Mandateli dentro."

 

"Signore-?" Isaac sembrava preoccupato e sembrava quasi pronto a discutere, ma uno sguardo severo del suo mastodontico Generale lo fece tacere.

 

Gli occhi di Alice erano grandi e ansiosi quando la giovane ragazza andò via per obbedire all'ordine del suo comandante. Lei catturò di nuovo lo sguardo di Waddell; i suoi occhi luccicavano per la collera e il disprezzo, e Alice sentì qualcosa attorcigliarsi nel suo stomaco.

 

...................................................................................................................

 

La ragazza ritornò dopo aver parlato con il Generale Waddell e gli uomini alzarono lo sguardo cautamente. Aveva detto di chiamarsi signorina Amelia, era di bassa statura e di piccola corporatura, e sembrava giovane e malnutrita. Sembrava perennemente nervosa come un topolino di campagna e non poteva avere più di 18 estati.

 

Uncas mantenne la sua espressione stoica e impassibile, proprio come suo padre e Hopocan. Ciò sembrava sempre rendere nervosi gli uomini bianchi.

 

Lui sapeva che Alice si trovava negli alloggiamenti davanti a loro con il Generale Waddell. Lo sapeva perché le tracce di lei permanevano ovunque in questo corridoio. Il profumo di Alice era ancora nell'aria; Uncas manteneva la speranza che la sua abilità di cacciatore fosse immancabilmente accurata e messa a punto. Per lui questa era più una certezza che una vanità. Si riempì i polmoni fino all'orlo con il profumo affievolito del dolce sapone di Alice. Floreale, dolce e delicato - Proprio come lei. Lavanda? Alice continuava a fare il sapone grezzo di cenere con gli Stewart, ma lei aggiungeva anche erbe aromatiche e fiori. Alice Munro ora era una donna di frontiera, una laboriosa bracciante agricola come qualsiasi uomo... tuttavia era ancora una gentildonna.

 

Questi erano i pensieri che attraversarono la mente di Uncas, quando la ragazza nervosa invitò tutti loro a entrare.

 

Con tutto il suo stoicismo e la sua intenzionale mancanza di espressione, Uncas si sentì il cuore quasi stretto nel petto, una volta che si furono affollati nella stanza e lui vide Alice alzarsi velocemente, allungando il collo intorno per vederli bene. I suoi occhi erano grandi.

 

Alice non sembrava indisposta, più che altro era stanca e spaventata. Loro si guardarono l'un l'altra per un lungo momento e Uncas notò i gesti che lei faceva, innervosita, per pura abitudine. Raggruppò le mani nella sua gonna, chiuse in pugni stretti, si strofinò i palmi delle mani sulle guance, si mise una ciocca libera di capelli biondi dietro l'orecchio.

 

"Alice!" disse James ansiosamente, facendo un passo verso di lei. Fu immediatamente bloccato da quella faccia dura di Isaac Bauman.

 

"Pensavo di avervi detto di aspettare fuori!" l'uomo borbottò ferocemente, "stiamo discutendo i dettagli di una questione piuttosto delicata con la signorina Alice. Allontanatevi da lei." Isaac guardò Uncas mentre diceva questo, con la sua espressione di disgusto e Uncas capì. Sapevano la verità su di loro, che Alice doveva essere sua moglie.

 

"Stai bene, Alice?" chiese Uncas calmo, "sei stata trattata bene?"

 

"Certo che sì!" il mastodontico Generale camminava a fatica sui suoi piedi e verso tutti loro. Fece una pausa e indietreggiò. "Tu sei... il suo fidanzato?" lui pronunciò le parole come se ci fosse un sapore schifoso nella sua bocca.

 

Uncas aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto.

 

"Sì. Sì, lo è." Alice guardò apertamente le giacche-rosse. Nathaniel si scambiò delle occhiate con Uncas e James. Lui sembrava preso alla sprovvista e colpito dal suo coraggio.

 

"Questo è un problema, davvero." Waddell poggiò i suoi palmi delle mani carnosi sulla sua scrivania, i suoi occhi che guizzavano tra loro.

 

"Questa ragazza qui afferma che ha intenzione di sposarvi, signore." Waddell lo disse in modo brusco, all'improvviso. Uncas tenne lo sguardo dell'uomo, anche se aveva sentito che era considerato un atteggiamento sgarbato tra gli Inglesi.

 

"E' vero. Diventerà mia moglie."

 

"Ah. Quando, posso chiederlo?"

 

"Presto. La nostra casa è finita. Non appena ce ne andremo da questo posto." Uncas guardò Alice e lei gli sorrise, i suoi occhi lucidi per la notizia che la loro casa era completata. Uncas guardò Hopocan e lo presentò come padre di Anicus. Allora Chingachgook parlò apertamente, spiegando che erano qui come parte di una delegazione della tribù Lenni Lenape, per conto del ragazzo indiano che era detenuto qui. Il passo successivo sarebbe stato parlare con il governatore. Waddell non aveva previsto questa cosa e sembrava turbato.

 

"Davvero, non voglio che il governatore interceda in questa piccola questione-"

 

La porta scricchiolò aperta e Edward Lamberth entrò a grandi passi, passando vicino a una perplessa e curiosa Millie Warren, che stava ancora accanto alla porta. Edward si gonfiò il petto, come uno che sapeva di fare un annuncio importante. Si fermò davanti al Generale e fulminò Nathaniel con lo sguardo. Uncas sentì uno slancio d'intuizione e fece attentamente piccoli passi verso suo fratello.

 

"Signore," dichiarò Edward pomposamente, "Ho delle notizie relative a un certo gentiluomo in questa stanza."

 

"Di che parlate, Lamberth?" chiese Waddell, le sue dita grasse che esaminavano pigramente i bottoni sulla sua giacca rossa.

 

"Quell'uomo lì, il presunto fratello del selvaggio, è un traditore ed è ricercato per diserzione!" Edward disse ciò con voce sonora e infatti, gli abitanti erano così stupiti che le ultime parole sembrarono riecheggiare entro le pareti.

 

"No..." Alice piagnucolò debolmente, scuotendo la testa.

 

Il Generale Waddell si raddrizzò e la sua voce rimbombò. "Signor Lamberth, quella è un'accusa molto seria, davvero. Fareste meglio ad avere qualche specie di prova, dato che non tollererò le dicerie!"

 

"E' vero, signore!" Edward Lamberth disse in tono lamentoso, "Nathaniel Poe fu condannato all'impiccagione per sedizione e diserzione. L'ordine, secondo cui lui doveva essere ricatturato e tenuto in qualsiasi forte inglese finché poteva essere giustiziato per i suoi crimini, era scaduto."

 

Nathaniel borbottò irosamente, "Scommetterei che la tua coda senza spina dorsale non avrebbe tutte queste pretese, se non fosse circondata da soldati di grado superiore a voi."

 

Uncas si guardò intorno, desiderando di avere le sue armi che erano stati costretti a cedere, prima di parlare con il Generale. Almeno un'accetta per reclamare lo scalpo dell' idiota piagnucoloso davanti a loro, che stava rivelando chi fosse suo fratello con un sogghigno felice. Non c'era via di fuga. Erano circondati da soldati Yengeese, nel cuore di un forte. Uncas alzò gli occhi verso il comandante del forte che stava parlando di nuovo, con la faccia cauta.

 

"Ragazzo," si rivolse a Nathaniel, "legalmente ho il diritto di tenerti qui finché questa informazione potrà essere verificata. Per motivi di efficienza, ci asteniamo dal ritardare l'inevitabile. Sei tu l'uomo in questione, Nathaniel Poe?"

 

James era fuori di sé per la collera, "Il signor Lamberth non è altro che un ratto che passeggia su due gambe-"

 

"Calmatevi, signore." Waddel aggrottò le ciglia.

 

Alice notò che Isaac era diventato molto silenzioso durante lo scambio, ma non prestò alla cosa nessuna attenzione.

 

"Se c'è giustizia in questo mondo, un giorno qualcuno infilerà una pallottola nel suo cuore nero..." lei fece una pausa per riprendere fiato, "e gli starebbe bene!"

 

"Vedo che desiderate terminare la conversazione che abbiamo avuto stamattina, signorina." Edward ribatté irosamente. "La vostra mancanza di decoro non dovrebbe essere una sorpresa, considerando che frequentate selvaggi e traditori."

 

Tutti parlarono apertamente in quel momento, tranne due persone, Isaac e Uncas, e Uncas osservava l'Inglese di nome Bauman, che continuava a mantenere il suo studiato silenzio. 

 

"Basta!" urlò Waddell, e chiamò altri due soldati che arrestarono subito Nathaniel. Anicus e Stephen dovevano essere rilasciati ma non Alice, non ancora, stabilì il Generale.

 

"Devo riflettere su questa faccenda a lungo. Se la signorina Alice sapeva la verità su Nathaniel Poe, vuol dire che stava consapevolmente ospitando un criminale ricercato." Con ciò, Waddell ordinò a tutti di andare via e Uncas si voltò per vedersi chiudere la porta in faccia.

 

"Non fate errori, non ce ne andremo." James sussurrò furiosamente agli altri. Uncas osservò mentre Nathaniel veniva portato in una direzione, e Alice in un'altra.

 

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Le sue braccia erano impacciate per la pesantezza di dover portare pesanti carichi di lenzuola macchiate e sporche. Amelia Warren le sollevò più in alto, mentre cercava di fare manovra intorno alla porta d'ingresso che portava verso l'esterno. Aveva bisogno di lavare le lenzuola dei prigionieri e poi stenderle ad asciugare. A dire la verità, il Generale Waddell aveva ordinato che le lenzuola fossero lavate solo ogni mese. Millie si era assunta la responsabilità di lavarle ogni 15 giorni; era un' abitudine in ogni abitazione rispettabile, e Fort Letort non avrebbe dovuto essere diverso.

 

Inoltre, lei pensava, solo perché sono prigionieri non vuol dire che meritino di essere mangiati vivi dalle pulci e stare nella loro sporcizia.

 

Millie girò l'angolo e s'imbatté quasi in Edward Lamberth - non poté fare a meno di notare che lui aveva un sorrisetto soddisfatto di sé scolpito in faccia.

 

"Ciao, tesoro. Mi sei mancata tanto..." lui sussurrò mentre cercò di avvolgere la vita di Millie con le sue braccia. Amelia guardò nei suoi occhi e poté vedere esattamente per che cosa si stesse struggendo. Lei si guardò velocemente intorno e si allontanò lentamente da lui.

 

"Io-io devo fare il bucato adesso e finire di pulire gli alloggiamenti, Edward." Amelia disse a voce bassa, cercando di scansare l'uomo dai capelli scuri.

 

"Più tardi," insistette lui, fermandola con una mano sul suo carico di bucato. Millie si appoggiò indietro cautamente e Edward aggrottò le ciglia, abbassando la mano.

 

"Che c'è, ragazza?"

 

"Edward, lasciami stare..." Millie sussurrò, guardandosi intorno per vedere se qualche individuo li stesse spiando. Il Generale Waddell era estremamente rigido riguardo al codice di condotta nel suo forte e aveva proibito qualsiasi "scambio licenzioso" tra i soldati e le donne. Il Generale era della vecchia generazione e molto puritano. Mi caccerebbe e frusterebbe Edward a morte, pensò Amelia tristemente.

 

Millie continuò a esaminare Edward Lamberth, incerta. Lei era stata una semplice ragazza proveniente dalla città vicina, quando sua madre l'aveva mandata a lavorare a Fort Letort 2 anni prima; ormai era già scoppiata la guerra tra Francia e Inghilterra e quindi il forte tipicamente in disuso era abitato dai soldati. Millie era stata una sedicenne timida e aveva incontrato Edward qui. L'aveva inseguita con tale determinazione, ma in segreto, ovviamente. Era passato tanto tempo da quando lui le aveva conquistato il cuore e promesso di sposarla.

 

Tuttavia questo non era avvenuto. Non più parole di matrimonio, nemmeno un accenno alla cosa, e ancora lui continuava a... a volere... cose...

 

"Scambi licenziosi..." sussurrò Millie, guardando in giù, per terra.

 

"Cosa?" Edward scattò, con le sopracciglia impostate in linea retta mentre guardava Millie in cagnesco. Quello era completamente un altro discorso- quando Edward era diventato così crudele? Lei era stata così sciocca e presa che aveva ignorato la cosa? A volte lui sembrava rallegrarsi nel vedere la sofferenza negli altri, le esecuzioni e le frustate non lo infastidivano, anche se facevano star male Millie. Non gliene importava un fico secco degli altri... proprio stasera aveva sorriso francamente al signor Nathaniel Poe, mentre lo stava consegnando a morte certa. Edward faceva sempre quel sorrisetto con le fossette quando si stava preparando per l'uccisione.

 

"Niente," sospirò Millie; il carico delle lenzuola stava diventando pesante e fece cambio per usare l'altro suo braccio. Edward si voltò per allontanarsi, quando un pensiero colpì la giovane donna.

 

"Edward!" lei chiamò, poggiando il cesto delle lenzuola a terra e inseguendolo leggermente.

 

"Cosa vuoi, Millie?" Edward sembrava annoiato e disinteressato ora che non era in grado di avere un incontro con la ragazza diciottenne.

 

Amelia fece un respiro profondo, "Come hai... scoperto della diserzione del signor Poe da Fort William Henry?"

 

Edward fece il suo ghigno felino, piegando la sua testa di lato. Millie sorrise esitante.

 

"Ho frugato nella corrispondenza del Generale."

 

Millie pensava di aver capito male mentre guardava Edward, sbattendo le palpebre. "Tu-?"

 

Il soldato fece un forte cenno col capo, "Davvero, l'ho fatto. Waddell a malapena presta attenzione ai resoconti che riceve, cosa che dovrebbe fare innanzitutto. Ritengo prudente sapere gli andirivieni di questi forti. Ho intercettato la corrispondenza tra Waddell e Webb di Fort Edward."

 

Millie ancora non riusciva ad avere fiducia in se stessa per parlare-Edward stava commettendo una seria violazione del protocollo. Alla sua espressione di stupore, Edward sbuffò e roteò gli occhi, come se la trovasse eccessivamente noiosa.

 

"Millie," spiegò lui in un tono pianificato di forzata pazienza, "in quale altro modo devo salire lungo le corde scivolose delle forze armate? Devo usare il mio ingegno. Guarda quel grasso bastardo di Waddell, nato in una famiglia di militari, ma persino una ragazzina in una scuola ha più cervello di lui. Di gran lunga!" Arrivò al cesto delle lenzuola e lo raccolse e lo poggiò sulle mani flosce di lei.

 

"Inoltre," lui continuò il suo discorso enfatico, "i Generali Webb e Pritchard sono della piccola nobiltà di campagna e pensano di essere al di sopra di noi, miseri mortali. Devo tenermi nelle grazie di uomini così in alto, Millie, e non importa cosa io debba fare."

 

"Ma Edward, se il Generale Waddell scopre che sei andato a sbirciare i suoi documenti privati..."

 

Edward all'improvviso incombeva su di lei e le afferrò il nudo avambraccio in una presa simile a una morsa, fissando duramente la ragazza pietrificata. Lui abbassò la testa finché era circa al livello del suo naso. "Non dirai niente, Millie, sono stato chiaro?"

 

Millie annuì freneticamente, cercando estremamente di divincolarsi dalla sua stretta forzata. Le stava facendo male...

 

"Bene. Non sarebbe molto saggio parlare di questo con qualcuno, Amelia." Edward sorrise ampiamente e le lasciò il braccio. "Anche se so che non lo faresti, quindi...starai meglio per questo."

 

Amelia si strofinò la pelle che le faceva male e sollevò più in alto il cesto senza dire una parola, osservando mentre lui se ne andava via con un sorriso spensierato. Millie si guardava il braccio senza parole, era rosso intenso e sapeva che sarebbero usciti dei lividi prima del crepuscolo.

 

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Alice strizzò i suoi occhi chiusi.

 

Poteva percepire il ritmo delle pulsazioni dentro di lei, il tonfo del cuore che le batteva velocemente da dentro. Inspirò profondamente ed espirò aria per parecchi istanti. Alice poteva percepire ogni cosa nell'ambiente circostante così acutamente che non osò muoversi; la robustezza della parete dietro di lei, che le grattava leggermente la schiena; il sudore che le si raccoglieva nel collo e nelle scapole; la ruvidezza delle sue mani e dei polpastrelli delle dita per un anno di lavoro in una fattoria. La faccia di Alice si chinò sul petto mentre cadde sempre più profondamente in questo stato simile alla catalessi. Ripensò ai momenti della sua infanzia e della sua giovinezza, ma specialmente al punto cruciale nella sua vita - il suo viaggio alle colonie.

 

"Andrà tutto bene, figliola." Papà, con l'amore austero che aveva sempre dimostrato a loro. Ritornava dalle campagne militari e si appollaiava sul bordo del letto che le sue figlie condividevano... sempre con i racconti di gloria e terre lontane. Adesso ricordo le cose che non ha detto. I ricordi che cercava di dimenticare. L'odore della polvere da sparo e dei cavalli. Sentivo l'odore del sangue e della sofferenza che veniva da lui. Papà diceva sempre che le nostre faccine gli davano la forza durante quelle notti oscure. Non si sarebbe mai sognato che un giorno sarei finita in una cella.

 

"Mio Dio, come sei cresciuta!" Erano passati soltanto 10 anni da quando lei e Duncan passeggiavano attraverso i campi di grano dorato in Scozia? Da quando si sdraiavano sull'erba e mangiavano mele e pere con Cora? Da quando facevano le gare di velocità, correndo? Duncan, così forte e coraggioso, e molto amato da lei e Cora. Duncan rallentava sempre in quelle gare, per me. Cercava di proteggermi. Che cosa avrebbe fatto in questa posizione?

 

"Ecco, noi ci mettiamo con il nord di fronte - Ed improvvisamente giriamo a sinistra."

 

"Devi vivere, non importa quello che accadrà!" Tutto era bagnato e freddo... Alice si era già sentita esanime, come un minuscolo passero annegato che galleggiava delicatamente sul fiume. Sapevo che sarei morta... eppure-

 

"Penso che siete bellissima. Anche coraggiosa."

 

Alice strizzò gli occhi chiusi, strofinandosi le dita incallite. L'unica cosa che desiderava ardentemente era essere portata via da qui, Uncas e una vita al suo fianco. Alice era entrata nel mondo degli adulti in un tratto di tempo molto veloce, la sua vita a Londra era come se fosse un qualcosa risalente a una vita fa. Alice sapeva cosa aveva pensato il Generale Waddell dopo aver saputo la verità riguardo alla condotta vergognosa di Nathaniel a William Henry. Lui sapeva che qualsiasi legame tra Alice e Nathaniel era molto sottile; sì, era stata in contatto con lui durante l'anno in cui avevano vissuto nella Valley, ma sarebbe stato un ordine esagerato accusarla di ogni sorta di tradimento. Nessuno l'avrebbe condannata, Alice lo sapeva, ma l'intuito le diceva che Waddell non era interessato ad accusarla di aver ospitato un traditore. Lui aveva bisogno di tempo, aveva bisogno di tenere Alice al forte. Perché una ragazza bianca che sceglieva di sposarsi con un uomo rosso era più di quanto l'Inglese potesse immaginare o tollerare.

 

Devo andare via da qui, pensò Alice tra sé e sé, devo scappare da questa gabbia. Non abbandonerò Nathaniel a questo crudele destino perché lui non mi ha mai abbandonata. Ma quando-come?

 

La porta si aprì e Alice percepì una presenza proprio mentre il pensiero giunse nella sua mente.

 

Millie.

 

"Signorina Alice, vi ho portato una cena anticipata." La voce della ragazza a cui stava pensando echeggiava delicatamente nella stanza semi-oscura, vuota, ora che Stephen e Anicus erano stati rilasciati. Alice ancora non aveva risposto, era troppo occupata a formulare un piano e a elaborare le parole.

 

"E' solo un po' di carne di pecora e pane. Anche acqua. L' agnello è un po' salato ma..." la sua voce si spense.

 

Alice alzò lo sguardo, "Vi siedereste vicino a me per un po', signorina Millie? Mi sento molto sola."

 

Amelia guardò Alice, combattuta. Alla fine, dopo ciò che sembrava essere un dibattito mentale furioso, l'altra ragazza si sedette attentamente di fronte ad Alice. "Solo per un attimo, signorina, ho molte faccende."

 

"Grazie, signorina Millie. Mi avete mostrato la massima gentilezza e rispetto, siete un vanto per questo reggimento." Alice cominciò a mangiare il cibo delicatamente; aveva il sapore della cenere nella sua bocca.

 

Millie arrossì furiosamente e borbottò una risposta. Le ragazze cominciarono a parlare tranquillamente delle loro vite personali. Alice apprese che Millie aveva solo una madre che dipendeva molto da lei, poiché la povera donna era indebolita dagli attacchi di tubercolosi. Suo padre e due fratelli più grandi erano morti.

 

"Una tale tragedia nella vita di una ragazza così giovane," mormorò Alice in tono compassionevole. Amelia fece spallucce, sembrando sottomessa.

 

"Per quanto riguarda me, signorina Millie, mio padre è stato portato via da me e dalla mia sorella maggiore, abbiamo anche perso la nostra mamma molti anni fa. Tutto ciò che mi è rimasto è Uncas..."

 

"L'Indiano?"

 

Alice annuì, spiegando come Uncas era quasi morto per salvarla, come avevano superato ostacoli apparentemente impossibili per stare insieme in pace. Millie sembrava commossa dal triste racconto.

 

"Millie-posso rivolgermi a te così?- ecco, Millie, capisco che hai una stretta conoscenza con il signor Lamberth."

 

L'altra ragazza si raddrizzò e sembrava allarmata. Dopo che Alice insistette che sarebbe stata in silenzio, Millie frettolosamente disse che Edward non era così cattivo, le aveva promesso di sposarla e che, una volta che questa orribile guerra fosse finita, si sarebbero sposati e forse si sarebbero imbarcati per l'Inghilterra. Alice si chiedeva perché Lamberth non l'avesse sposata ora, era ovvio che i due fossero molto in confidenza.

 

"Dici che è un brav'uomo," disse Alice attentamente, sgranocchiando un pezzo di pane e cercando di non sbottare che l'uomo aveva le maniere di una capra, "lo conosci molto bene. Ma immagina che l'uomo che amavi ti fosse strappato via con forza, e un tuo caro amico fosse condannato all'impiccagione. Tu e io non siamo così diverse, Millie, perché siamo donne che vivono nel mondo degli uomini. Dimmi, fino a che punto decideresti alla fine di lottare per te stessa, per coloro che ami, e per la tua felicità? Non arriveresti a fare l'impossibile?"

 

Amelia si alzò all'improvviso e Alice parlò più veloce che poté, "Per favore, Amelia! Aiutami... sai nel tuo cuore che quello che sta accadendo qui è sbagliato. Ci penserai, non è vero?" Alice la supplicò con gli occhi, "è tutto quello che chiedo."

 

Millie Warren fece una pausa mentre raggiunse la porta, con la sua esile e pallida mano poggiata momentaneamente sulla maniglia della porta.

 

"Ci penserò su," fu la sua risposta sussurrata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

  

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Il giorno americano era al suo apice, pensò Isaac Bauman mentre usciva fuori dalla caserma a grandi passi, con noncuranza, immerso nei suoi pensieri; aveva bisogno di schiarirsi le idee. Isaac guardò in alto, verso il cielo che era di un nitido blu opaco. Quando il pomeriggio calava, si fondeva in un delicato rosa corallo con una tonalità di mezzanotte, mentre la sera si avvicinava.

 

Inspirò profondamente, riempiendosi il petto fino all'orlo di aria rigenerante. L'aria sapeva di dolce con il caprifoglio e profumava come i maestosi Monti Appalachi, fresca di rugiada e di vento. Segretamente, a lui piaceva questo paese del mondo, molto di più del grigio deprimente e della pioggia dell' Inghilterra.

 

L'aria tutta intorno a lui era tinta con una nota di inquietante scoraggiamento.

 

Isaac sospirò e si appoggiò sulla parte posteriore di un carro rotto, ancora rifornito della legna da ardere, che aveva trasportato prima di perdere una ruota. Si strinse il ponte del naso e scosse la testa, agitato, come per liberarsi da questi strani pensieri... La tristezza che sentiva intorno a lui, anche la scossa di troppe emozioni che erano esplose subito. Lo shock e la disperazione che si erano sprigionati dalle iridi acquose di Alice Munro; Nathaniel Poe con i suoi occhi blu ghiaccio, insolente, anche quando era incatenato; il padre, il fratello. Non si era aspettato questa catena di eventi.

 

Isaac piegò la testa di lato quando un pensiero lo colpì. Come aveva fatto Edward ad accedere a quell'informazione, informazione che sarebbe circolata tra ufficiali di grado più alto rispetto a lui? Dubitava molto del fatto che Webb o Pritchard o Hughes, capitani e generali di status influente, avessero confidato in uno sciocco pretenzioso come Edward. Un tempo aveva considerato Edward come un amico, ma poi in privato aveva cominciato a disprezzare l' uomo e aveva smesso di confidare in lui. Le azioni di Edward erano molto spiacevoli e non adatte a un vero gentiluomo. Isaac rise al solo pensiero; come se qualcuno effettivamente prestasse alcuna attenzione a Edward Lamberth.

 

Un pettegolo, un imbecille, un fanfarone e un amante delle donnacce della peggior specie, pensò Isaac sdegnosamente mentre si alzava con tempestività, togliendosi la polvere di dosso e sistemandosi l'uniforme. Isaac pensò a questa assurdità quando un'idea cominciò a insinuarsi nella sua mente.

 

Si voltò e diede un'occhiata veloce ai bui corridoi che conducevano alla caserma del soldato. Isaac sentì una leggera trepidazione ma poi una dura determinazione scavalcò qualunque dubbio. Dopo tutto, era un ufficiale che era superiore in grado a Edward - che certamente non aveva niente di deplorevole da nascondere, pensò Isaac cinicamente.

 

Rapidi passi portarono Isaac nel corridoio scarsamente illuminato, passando oltre portoni e lanterne lampeggianti. Fece una brusca svolta a destra, e dopo un paio di passi scese verso l'ingresso degli alloggi di Edward e degli altri soldati.

 

Isaac girò la maniglia ed entrò senza bussare. Il suo sguardo dagli occhi scuri perlustrava lo spazio, la manciata di uomini stava bighellonando in varie parti degli alloggi; alcuni giocavano a carte per terra, a lume di candela. Un ragazzo di nome Francis Oldroyd stava tracannando il contenuto di una bottiglia, che Isaac avrebbe scommesso la sua vita fosse rum, molto probabilmente barattato con alcuni marinai ubriachi che stavano navigando verso l'entroterra, provenienti dai Caraibi. Isaac tirò su col naso ma non disse niente, invece di cercare Edward in un gruppo di tre uomini che erano per terra, ridacchiando e roteando un pezzo di stoviglie per terra, ululando dalle risate quando cadeva e si frantumava.

 

Edward conosceva questo gioco, si chiamava "spezzare il collo del papa" da quelli che assecondavano le opinioni anti-Papiste. Anche se non lo mostrava come una sorta di trofeo, Isaac era stato cresciuto come cattolico e quindi sentì una scossa di oltraggio e risentimento.

 

"Mettetelo via-ora!" disse Isaac a voce bassa, con gli occhi stretti mentre la sua mandibola si irrigidì. I tre uomini seduti a terra sembravano perplessi, e guardarono Oldroyd che stava cercando di nascondere la sua bottiglia di alcool, inosservato, poiché era l'unico che stava infrangendo qualche vera regola.

 

"Non guardate verso di lui. Mi stavo riferendo a voi tre, mettete via quello stupido diversivo in questo istante. Se scopro che avete rubato quel pezzo di vasellame dalla sala mensa, tutti voi pagherete il valore di esso 10 volte di più sotto forma di razioni. Mettete a posto questi alloggiamenti." Isaac osservò mentre ognuno si accingeva a immagazzinare ogni cosa nella stanza, "Tutti voi allineati."

 

Dove diavolo è Edward? pensò Isaac, poi sforzò il suo cervello per cercare qualcosa su cui inveire, allo scopo di nascondere la sua confusione e prendere tempo.

 

"Questo è un forte di soldati o una scuola di bambini indisciplinati?" ci fu un silenzio disagevole. "Rispondetemi."

Il gruppo di uomini mormorò all'unisono che era la prima cosa.

 

"Allora com' è che vi trovo tutti a giocare d'azzardo e a perdere tempo con questi frivoli passatempi? Questa non è la campagna inglese con abitudini rilassate e spiritosaggini. Siete nelle colonie britanniche e siamo in guerra con la Francia! Pensate che i soldati di Re Luigi stiano bighellonando e giocando a birilli o a backgammon...o... qualsiasi cosa la gente faccia in Francia?"

 

Qualcuno rise sotto i baffi e Isaac si accigliò, ma non interruppe il passo, "il re delle Rane non permetterebbe una cosa simile, nemmeno noi. Ora-"

 

Isaac sentì girare la maniglia della porta e la porta si aprì con un forte cigolio. Era Edward. Isaac lo fissò freddamente.

 

"Isaac," l'altro uomo disse disinvoltamente, entrando a grandi passi e gettando il cappello sulla sua branda. "Tutto bene?"

 

Isaac annuì brevemente. "Questa è un' ispezione a sorpresa. Tutti devono lasciare questi alloggiamenti fino a nuovo avviso."

 

Edward si congelò e fissò gli occhi su Isaac, imperturbabile. "Cosa?"

 

Isaac sentì le sue sopracciglia inarcarsi quasi fino all'attaccatura dei capelli. "Per il momento ignorerò il tono impertinente. Per rispondere a voi tutti, ho scoperto che il contrabbando è diffuso negli alloggi e ho deciso di fare le ispezioni."

 

"Ma..." Edward sbottò, "non abbiamo ricevuto segnalazioni al riguardo! Signore," aggiunse l'ultima parte frettolosamente, mettendosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli lisci, con mano tremante. Isaac notò che lui continuava a fissare il suo letto.

 

Isaac sospirò, "Lamberth, questo è precisamente l'intero scopo di un'ispezione a sorpresa. Qualsiasi preavviso dovrebbe dare risultati in contraddizione con l' oggettività. Non siate così sciocco, non vi conviene. Tutti fuori, chiudete la porta, e che Dio vi aiuti se trovo qualcuno di voi con gli occhi o le orecchie incollati da qualche parte vicino alla porta."

 

Gli uomini annuirono e fecero dei leggeri inchini prima di correre velocemente fuori. Isaac fissò duramente Edward che stava indugiando vicino all'entrata. Isaac poteva quasi gustare i timori dell'altro uomo.

 

"Isaac, signore, permettetemi di aiutarvi. Ci sono troppi letti e... troppi bagagli da perquisire." Edward fece un rapido movimento inconscio verso la propria zona notte e fu fermato da un severo comando di Isaac. Edward lo fissò, con i suoi occhi grandi e indifesi.

 

"Isaac... siamo amici. Fratelli di armi."

 

Isaac sentì una fitta di senso di colpa in fondo alla sua mente, mentre Edward continuò, "Dopo che hai ricevuto la tua promozione di ufficiale, mi hai lasciato dietro e mi hai trattato come feccia. Non hai alzato un dito per innalzarmi e poi ti sei dimenticato della nostra amicizia. Un'affinità che ha attraversato anni e continenti ma che è stata disgiunta dopo che sei diventato un mio superiore."

 

"Questo non è vero, Edward. Ero il tuo fedele amico da quando sono entrato a far parte di questo reggimento. Io non sono cambiato, tu sì." Isaac scosse la testa quando Edward aprì la bocca furiosamente per replicare, "Possiamo trascorrere un'eternità a dissentire su questo problema, ma tu sei cambiato e sei diventato un uomo insensibile e crudele. Conosco i miei difetti, il mio orgoglio - ma non vorrei mai che il male ricadesse su un' altra persona. E inoltre, so tante cose sui tuoi affari, molto più di quanto tu creda. In onore al nostro vecchio cameratismo, non ho segnalato nessuna delle tue attività illecite, come la mia posizione richiede."

 

Edward ora guardò Isaac pieno di risentimento, odiosamente, con aperta ostilità. "Ad esempio?" lui sogghignò, con i pugni stretti di fianco.

 

"Come il traffico di gioco d'azzardo che hai creato con la feccia del nostro reggimento. Un buon esempio, dovresti essere preso in considerazione per la promozione. Terrorizzi i ragazzi sotto di te, che siano cuochi o tamburini. Cerco di parlare con loro ma non diranno una sola parola contro di te, la loro paura è così grande. So che menti, rubi, e non pensare che io sia ignaro di ciò che stai facendo ad Amelia."

 

A questo, Edward rise e roteò gli occhi, e Isaac sentì un crescendo di vergogna per il fatto che non era stato capace di proteggere la giovane ragazza dalle avances di Edward. Il suo ragionamento era che lui non aveva voluto umiliare la ragazza in nessun modo o far sì che Edward fosse frustato per punizione.

 

"Non avrei mai dovuto ignorare la tua lascivia, Edward. Pensi che non ti conosca? Ovunque vai, domestiche, sgualdrine delle osterie e via di seguito. Stai usando quella povera ragazza. Dovresti vergognarti di te stesso, signore."

 

Edward fece uno sguardo torvo e non rispose per un istante prima di replicare "Vergognarmi, signore? Per rotolarmi con la cameriera?" lui si sfiorò semplicemente il fianco con la mano, con un gesto rapido, mostrando come considerava la questione di Millie Warren banale e insignificante. Gli occhi di Isaac si indurirono. Rotolarsi? Che grossolano e indecente! Aveva sentito solo le persone delle classi sociali inferiori usare quella terminologia.

 

"Ora basta. Stai lontano da me, unisciti agli altri uomini e non tornare finché non vieni chiamato." Gli ex amici si trovarono uno di fronte all'altro in un silenzio glaciale di lunghi istanti; entrambi sapevano che la loro precedente amicizia non si sarebbe mai più riallacciata a questo punto. Edward avrebbe sempre provato risentimento nei confronti di Isaac per il suo avanzamento nella carriera militare e Isaac non si sarebbe mai più fidato di un libertino e di un ladro.

 

Facendo a Isaac un altro sguardo maligno, pieno di rancore, Edward marciò fuori, sbattendo la porta, camminando con passo pesante con i suoi stivali, giù lungo il corridoio.

 

Isaac guardò la porta con vera tristezza; era un peccato che le cose fossero diventate così ingarbugliate e problematiche. Un vero peccato percepire che tale devozione per un amico in gioventù, prima che i problemi mandassero tutto in pezzi, non poteva mai più essere riparata. Edward aveva scelto il proprio sentiero, pensò Isaac. Aveva un' ombra che lo oscurava, Isaac poteva vederlo nei suoi occhi.

 

Isaac si mise accanto alla branda di Edward ed esaminò tutti i suoi effetti personali. Aveva la sensazione di poter trovare qualcosa qui, aveva bisogno di una spiegazione sul perché un soldato fosse così informato sulle questioni militari. Non era nemmeno tanto per la sua conoscenza di Nathaniel Poe; c'erano altre questioni, Edward conosceva opportunamente l'andirivieni di affari, che dovevano esserci state tra gli ufficiali e i Capitani e i Generali. C'erano guai in corso, Isaac lo sapeva.

 

Quasi 10 minuti dopo, Isaac aveva finito di rovistare tra gli effetti personali di Edward, sfogliò i pochi libri che possedeva, ispezionò ogni pollice della sua branda, e non aveva trovato ancora niente. Soltanto insulsi bigliettini d'amore da parte di Millie e cose simili. Trovò un piccolo, economico orologio da tasca che assomigliava a quello che aveva il giovane Mason. Comprendendo che Edward lo aveva rubato a un prigioniero, Isaac si sentì disgustato e se lo mise in tasca per restituirlo al suo legittimo proprietario.

 

Isaac non aveva trovato ancora niente e si sentì incredibilmente frustrato. Si rifiutò di credere che la divina Provvidenza avesse dato in dono a Edward Lamberth un potere mistico da chiaroveggente. Proprio allora i suoi occhi incrociarono il cappello a tricorno dell'alta guarnigione che Edward aveva lanciato distrattamente sulle lenzuola. Si ricordava come Edward continuasse a guardarlo discretamente. Isaac raccolse il cappello e inclinò la testa curiosamente. Era ...più ingombrante?...della norma. Ribaltandolo e sbirciando dentro, Isaac ispezionò l'interno attentamente e vide che aveva una forma strana e che la fodera era stata alterata. Fece scorrere un dito incallito lentamente verso l'interno. Sì, la fodera era stata ricucita male, dopo essere stata strappata.

 

Isaac camminò velocemente verso la luce della candela e si rannicchiò più vicino, tirando fuori il suo coltello da tasca e aprendo sapientemente la cucitura. Se non ci fosse stato niente, Isaac si sarebbe scusato personalmente con Edward e avrebbe sostituito il cappello di Edward con il proprio e lo avrebbe ripagato.

 

Isaac fu preso alla sprovvista quando un netto ammasso di pergamene cominciò a cadere fuori dall'apertura. Che diavolo è? Per i diversi minuti successivi, Isaac sfogliò i documenti, i suoi occhi acuti che non tralasciavano niente - specialmente le date, chi li mandava e a chi erano destinati.

 

Edward... la sua depravazione non conosceva limiti? Non appena lo shock che sconvolse il giovane ufficiale fu scomparso, la collera ardente gli attraversò le vene per l'abuso di potere di Edward, le sue cospirazioni, i suoi furti -  la sua natura subdola e ipocrita.

 

Schiacciando le lettere nella sua mano, Isaac andò fuori, sbattendo la porta contro la parete, pieno d' ira. Edward non sarebbe stato capace di scappare via da questo, pensò Isaac quando il suo sguardo incrociò gli occhi grandi e agitati del suo ex amico, che stava nascosto fuori. Edward sembrava quasi afflosciarsi e deperirsi quando Isaac sollevò i documenti spiegazzati e li brandì di fronte a Edward.

 

"E' questo il motivo per cui volevi aiutarmi? Cosa avresti fatto una volta che avessi voltato le spalle?" Isaac si voltò improvvisamente, "Collins!" lui ringhiò. Mio Dio, lo porterò dinanzi alla Corte marziale.

 

"Sì, signore."

 

"Portatemi l'Ufficiale di etica. Abbiamo un altro criminale che ha bisogno di una sistemazione."

 

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Anicus corse giù per i verdi sentieri della foresta, veloce e silenzioso come un daino. Aveva bisogno di raggiungere velocemente l'accampamento.

 

Dopo il faccia a faccia che si era evidentemente verificato tra la ragazza di Luna, suo padre, Chingachgook e gli altri, la ragazza dai capelli biondi  era stata rinchiusa, come anche Longue Carabine. Il ragazzo dai capelli rossi e lui stesso erano stati rilasciati. Perché? Cos'era successo? Non lo sapeva, poiché gli uomini anziani non confidavano in lui e suo padre lo stava acutamente ignorando. Il silenzio tra padre e figlio era denso di delusione e rammarico.

 

Padre, pensò Anicus mentre saltò sapientemente su un tronco caduto, per Mannitto, giuro che non volevo che tutto questo accadesse. La follia e l'orgoglio sono le mie debolezze. Padre, avevi ragione. Per favore, perdona la mia avventatezza nell'essere partito davanti a voi tutti. Ma c'è qualcosa che devo fare e so che non approverai

 

Anicus rivolse una preghiera al Grande Spirito, chiedendo ferventemente al Creatore fortuna e una sorte benevola. Si era intrufolato per conto suo dall'esterno del forte dell'uomo bianco, dove gli uomini stavano discutendo con urgenza su cosa si dovesse fare. L'uomo alto dai capelli biondi stava dicendo che dovevano parlare con il capo dei Bianchi in questa colonia. Un gov...gov...tore che viveva in un posto a 5 giorni di cammino di distanza. Uncas era sembrato silenziosamente supplichevole con l'uomo bianco.

 

Anicus aveva un'idea più chiara e così scomparve nel bosco mentre gli uomini discutevano.

 

Ora era al fiume, non lontano dall'accampamento e strizzò gli occhi quando scorse la figura slanciata di Tankawun, seduta da sola sulle rocce. Anicus le si avvicinò.

 

"Tankawun, ho bisogno del tuo aiuto." Anicus lo disse senza preamboli o avvisi e osservò in silenzio stoico. La ragazza urlò e balzò in piedi, fissandolo con occhi pieni di lacrime per lo shock.

 

"Anicus? Tu - come - Che è successo? Dove sono gli altri? Siete stati tutti rilasciati?" chiese lei, piena di speranza, i suoi graziosi lineamenti avidi e diretti su Anicus.

 

"Che è successo alla tua faccia?" chiese Anicus in una momentanea distrazione. Lei aveva un brutto livido che le colorava lo zigomo e la mandibola, "non importa, non è niente”. “Ascoltami, mi dispiace. Avevi ragione sui tuoi amici bianchi. Lui... Steeben e quella ragazza bianca sono buoni-"

 

"Anicus, grazie per quello che stai dicendo e -"

 

"Non ho ancora finito," Anicus la interruppe impazientemente, "il ragazzo dai capelli di fuoco è stato rilasciato, ma hanno tenuto prigioniera la ragazza dai capelli d'oro. Non sarà così. L'ho detto. I Bianchi sono crudeli persino contro i loro simili. La libereremo dalla sua gabbia."

 

Gli occhi di Tankawun erano grandi e ansiosi. "Sì, Anicus. Sono dalla tua parte. Cosa posso fare? Hai delle armi? Mi farai vedere come usarle?"

 

La bocca di Anicus si inarcò in un sorriso momentaneo per l'audacia della ragazza. "Te lo spiegherò più tardi. La prima cosa che vorrei che tu facessi è andare a casa nel nostro accampamento - ora, rapidamente - e radunare Wagion, Gohkos, Molsem, solo quelli di cui ci possiamo fidare," Tankawun stava annuendo fervidamente, "Non gli anziani! Solo ragazzi che non hanno una fidanzata o dei figli. Ma velocemente e in silenzio. Dobbiamo tornare di corsa perché il piano deve essere realizzato di notte."

 

Tankawun fece un movimento verso il sentiero che conduceva all'accampamento, immersa nei suoi pensieri. "Anicus, amico, ti porterò i più forti. Anche le armi."

 

Anicus annuì coraggiosamente, "Alapsi, mai wenchahki!" la esortò a sbrigarsi e a tornare, e guardò la ragazza sparire in una curva. Era sempre così veloce e leggera, i suoi piedi simili alle nuvole provenienti da est.

 

Il contrattacco dei Lenape era cominciato, pensò Anicus con un sorriso.

 

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La porta fu chiusa. Millie fece un sospiro frustrato quando sollevò il grande anello di ottone che conteneva la sua collezione di tutte le chiavi necessarie al forte. Questo immagazzinava tutta la biancheria e cose simili, e lei aveva bisogno di disporre le lenzuola lavate e stirate. Aveva anche deciso di infilare due coperte e un cuscino improvvisato per Alice Munro. Povera ragazza, la schiena ora doveva farle un male cane.

 

Prima che avesse tempo di fare questo, un giovane tamburino di nome Thomas Camp corse velocemente verso di lei. In realtà, il ragazzo orfano era nato con il cognome Van Kaampen, ma a causa dei pregiudizi contro gli Olandesi, lo aveva abbreviato così.

 

"Signor Camp, " lo stuzzicò Millie, "Che cosa vi ha emozionato così tanto?"

 

Gli occhi color nocciola del ragazzo erano tondi. "La scena più tremenda. Edward Lamberth era coinvolto in una potente litigata con Isaac. Lamberth è stato arrestato e portato, scalciando e urlando, negli alloggiamenti del Generale Waddell."

 

Millie si sentì stringere il cuore. "C-Cosa?"

 

Tom scambiò il suo shock per un capogiro. "E' vero, l'ho visto. Imprecava come un marinaio e scatenava una tale confusione, sul serio, urlando parole irriverenti mentre veniva portato via." Tom sospirò felicemente. "Ora il resto di noi può essere a proprio agio. Spero che gli tolgano il diavolo dalle viscere e che lo buttino fuori."

 

Millie gli fece un' occhiata tagliente, "Non dire queste cose, ragazzo."

 

"E' vero," disse ostinatamente il ragazzo, con la sua mandibola impostata, "Ci ha tormentati per così tanto tempo. Ricordate Peter Mannox? Si è unito alle nostre file quando morì sua madre e non aveva un altro posto dove andare. Salpò dall' Inghilterra insanguinata. Era ancora in stato di shock per tutto questo, fu fatto diventare cuoco perché quel lavoro non richiedeva troppa conversazione. Lamberth lo disprezzava per il suo carattere calmo e lo infastidì così tanto che Mannox sviluppò delle tendenze nervose. Fu rimandato a casa a Londra."

 

Abbassando lo sguardo, Millie si sentì a disagio perché si ricordava di quell' episodio. Povero Peter Mannox, soltanto 14 anni. Cominciava a sobbalzare per i piccoli rumori e le ombre, non mangiava e non dormiva. Quando cominciava a gironzolare per i campi senza alcun ricordo di essere andato via per conto suo, beh, fu presa la decisione di dimetterlo e mandarlo in Inghilterra. Dopo di che, nessuno aveva mai più sentito parlare di lui. Era stato un ragazzo dolce; dolce, triste e smarrito.

 

"Venite con me! Lo stanno interrogando." Lui le tirò con urgenza il braccio e corsero via.

 

Nell'arco di pochi minuti raggiunsero gli alloggiamenti del Generale, dove una folla di giacche-rosse si era riunita tranquillamente per assistere allo spettacolo in corso. Uno di loro si portò un dito sulle labbra, avvisandoli di stare zitti quando Millie e Tom si insinuarono nel gruppo. Millie si sporse cautamente.

 

"...Mio Dio, uomo, non avete l'onore di parlare?" Waddell strepitò per l'indignazione. Millie si avvicinò di più. "Come osate, signore? Come avete la sfrontatezza, no, la dannata malignità di rubare la corrispondenza privata al vostro ufficiale di grado superiore? Rispondetemi, maledetto!"

 

Ci fu un colpo e Millie trasalì, sapendo che molto probabilmente Waddell aveva colpito Edward.

 

"Posso spiegare, signore." disse Edward, con la voce tremante. Per esperienza, Millie sapeva che il tremito nel suo tono di voce era per la collera repressa e non per il rimorso o i nervi.

 

"Bene, fareste meglio! Perché non ho mai ricevuto questi resoconti e la corrispondenza?"

 

"Non lo so, signore."

 

"Non siate insolente, ragazzo. Erano in vostro possesso."

 

"Li ho trovati negli alloggi di qualcuno, signore." Ci fu una pausa incredula. La voce di Waddell era calma per lo stupore.

 

"Onestamente vi aspettate che io vi creda? Avete trovato questi documenti privati e poi li avete cuciti nel vostro cappello del cavolo per tenerli al sicuro?"

 

"Generale Waddell, posso assicurarvi che-"

 

Waddell interruppe Edward, "Vi suggerisco di scegliere le parole saggiamente, ragazzo. Siete di fronte a una Corte marziale."

 

"Sì, signore. Li ho trovati negli effetti personali di un ragazzo qui, un tamburino. Li ho custoditi in questo modo per proteggerli fino al vostro arrivo."

 

"Quale ragazzo?"

 

"Si chiama Thomas Van Kaampen, signore. Ma si fa chiamare Tom Camp."

 

Tom strizzò il braccio di Millie ed entrambe le loro mandibole calarono mentre i due adolescenti che origliavano si scambiarono degli sguardi costernati. Gli uomini intorno a loro cominciarono a mormorare. Persino nella luce bassa, Millie riusciva a vedere il rossore sulla faccia di Tom. Era paonazzo. Prima che Millie potesse fermarlo, il ragazzo si precipitò nella stanza.

 

"Sta mentendo! Generale, quell'uomo mente come respira!"

 

"Thomas, torna qui!" Millie si afferrò la gonna e si precipitò dietro di lui. Il ragazzo poteva andare incontro a una dura punizione per aver ascoltato tali questioni delicate. Ma Thomas non rinunciò, si scrollò dalla spalla la pallida mano di lei.

 

"Ratto! Bugiardo!" Tom si infuriò, "se c'è qualcuno in questo intero dannato forte che farebbe una cosa simile, quello è Lamberth, signore. Sta mentendo per ricoprire le sue tracce, ma io non lo tollererò, eh!"

 

Edward cominciò a lanciare più accuse a Tom, finché Millie non poté sopportare più la cosa. Ne aveva avuto abbastanza delle bugie eccessive e della crudeltà di Edward. Non se ne sarebbe stata con le mani in mano a vedere un'altra persona innocente addossarsi la colpa per le azioni illecite di Edward.

 

"Generale, Thomas dice la verità." Amelia sussurrò.

 

La faccia di Edward divenne paonazza. "Chiudi la bocca, maledetta sgualdrina!"

 

"Edward Lamberth!" Waddell tuonò, con gli occhi che scintillavano, "non parlerete mai più a una signora in quel modo!"

 

"Una signora? Mai, signore." Edward disse maliziosamente. Millie colse il doppio senso e arrossì, ma incalzò coraggiosamente.

 

"Lo so perché me lo ha detto. Edward mi ha detto che ha intercettato la vostra corrispondenza per essere informato sui discorsi tra gli uomini di alto grado militare, per avere informazioni in cambio di favori, e ..." Gli occhi di Millie incrociarono quelli di Edward attraverso la stanza, "penso che volesse fingere di essere un Maggiore o un Generale, dato che quella non sarebbe mai stata una possibilità, a causa del suo brutto carattere."

 

Gli occhi di Edward fiammeggiavano come due carboni ardenti in un pozzo di fuoco. E Millie lo vide, osservò con timore mentre quel lento sorriso si allargava sulla sua faccia, come il sorriso di un cacciatore che stava raggiungendo la sua preda.

 

"Beh," disse lui calmo, "almeno ora sappiamo che sei una bugiarda così come una meretrice."

 

Isaac Bauman avanzò verso Edward e, in un'insolita manifestazione di ostilità, afferrò l' uomo per il colletto. "Scusatevi con lei, ora! O vi farò frustare, Edward, che Dio mi aiuti."

 

Edward era troppo immerso nella sua collera per registrare la minaccia reale; sapeva che la sua carriera militare era perduta, così non gliene importava più. "Anche voi avete avuto la sciocca ragazza? Penso di sì, Isaac, o altrimenti perché difendete costantemente la stupida marmocchia? Si solleva la gonna per le giacche-rosse, tutti lo sanno-"

 

Il pugno di Isaac che ruppe il naso di Edward fermò quella frase dall'essere mai pronunciata.

 

Waddell sospirò e roteò gli occhi e Tom sogghignò per la soddisfazione, mentre l'altro uomo si torceva sul pavimento in agonia.

 

"Mi avete rotto il naso!" disse Edward, ma la sua faccia che si stava gonfiando rapidamente rese le sue parole quasi incomprensibili.

 

"Voi cosa, signor Lamberth?" Thomas lo schernì per provocazione, "che dite riguardo alle dita dei piedi?"

 

Edward lo ripeté più forte.

 

"Avete trovato una rosa?"

 

"Basta!" Waddell urlò. "Qualcuno porti costui in infermeria. Assicuratevi che non scappi."

 

Dopo che il soldato sanguinante fu trasportato, tutti gli occhi si rivolsero attentamente verso Millie. Era così umiliata e ferita che voleva sprofondare nel suolo, sparire da questo posto disgraziato e non ritornarvi mai più.

 

Le lacrime le scorrevano lungo la faccia mentre diceva a scatti e ansimando, "Quello che ha detto Edward in parte è vero, Generale. In verità ho... solidarizzato... con lui. Non con il signor Bauman o qualcun'altro. Mi dispiace, signore. Avrei dovuto dirvi anche del suo furto di corrispondenza, signore, ma ero spaventata. Mi minacciava di ferirmi e qui non ho nessuno pronto a difendermi." Millie abbassò gli occhi, sentendosi infelice. Nessuno disse una parola dopo la sua confessione sussurrata.

 

Sentì Isaac sospirare profondamente e avanzare verso di lei. Poggiandole una mano sulla spalla, sembrava cercare le parole. "Millie-"

 

Ma lei fece appena un piccolo inchino e uscì fuori dalla porta, senza incrociare gli occhi di nessuno.

 

Invece di fare la sua vergognosa camminata attraverso il forte, verso il suo dormitorio, i piedi di Millie la portarono in una direzione completamente diversa.

Senza fare una pausa per analizzare veramente a fondo i problemi, Millie raggiunse la persona a cui aveva pensato tutto il giorno.

 

Millie si sentiva indifferente mentre trovò la chiave, girò la serratura e aprì la porta.

 

Alice Munro guardò Millie sbattendo le palpebre, confusa. "Ehi... mi stai portando una cena anticipata?"

 

Amelia si sentiva sventrata, vuota; tutto quello che Edward le aveva detto era stata una bugia. Non aveva mai avuto intenzione di sposarla. La usava solo per i propri mezzi egoistici. Che sciocca sono stata, pensò Millie con amarezza. Ora sentiva che la sua vita era veramente finita. Tutti in città ne avrebbero sentito parlare, tutti avrebbero puntato il dito su di lei e mormorato su come era licenziosa. Non poteva nemmeno lasciare la colonia della Pennsylvania perché sua madre era così malata in un'altra città.

 

Il massimo che potesse fare, ora alla soglia di tutto questo dolore e disperazione, era aiutare questa ragazza che meritava di stare con l'uomo che amava.

 

"Puoi andare adesso, signorina Alice." Sussurrò Millie, con gli occhi pungenti, non avendo nemmeno l'energia di sorridere.

 

Alice guardò l'altra ragazza in modo attento, notando la sua pelle rossa e macchiata, tracce di lacrime sulla sua faccia, ma soprattutto tutta la miserabile agonia nei suoi occhi.

 

"Vai, Alice. Sei libera di andare."

 

"Che ti è successo, Millie?"

 

"Niente. Lasciami stare. La tua famiglia si trova al margine del bosco. Vai da loro."

 

"Nathaniel? Mio cognato?"

 

Millie scosse la testa, indicando che non lo sapeva. "Alice, non c'è molto tempo. La maggior parte dei soldati solo ora si sono dileguati dagli alloggiamenti del Generale Waddell, quindi devi andare adesso, in questo momento. Passa velocemente attraverso una piccola porta, prima della cucina..." Millie sospirò, "non sai cosa significhi tutto questo. Vieni, ti farò vedere."

 

Alice sembrava incerta, ma speranzosa. "Sei abbastanza sicura? Millie, potrebbero lanciare delle accuse contro di te."

 

Amelia afferrò la sua mano e la tirò fuori, poi richiuse la porta dietro di loro. "Vieni, Alice. Sbrigati, segui le mie istruzioni e non sarai né vista, né sentita."

 

Insieme, le due ragazze sparirono nell'oscurità del corridoio.

 

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Anicus aveva un'espressione aspra sulla faccia mentre esaminava il gruppo che Tankawun aveva portato. Prese da parte la ragazza, tirandola per il gomito.

 

"Tankawun," sibilò, "che cosa hai fatto? Dov'è Gohkos? Molsem?"

 

La ragazza Lenape sembrava offesa. "Non sono riuscita a trovarli. Così ho portato Wagion, Mategwas e Alemos," sussurrò Tankawun.

 

Anicus guardò Mategwas, la ragazza grossa con cui Wagion stava condividendo il letto. Anicus aggrottò la fronte più profondamente. Era odiosa e aveva un pessimo carattere. Probabilmente, lo picchiava anche in privato.

 

"Che c'è che non va con Mategwas e Alemos?" Tankawun ribatté.

 

"Sono..." Anicus sembrava perplesso, non sapendo da dove cominciare. Mategwas mi fa venire gli incubi. Alemos urla per ogni cosa. Ci metterà in pericolo strillando, quando vedrà un uomo bianco. "Sono ragazze."

 

Tankawun si impennò per la collera. "Sono ragazze, ma hanno un cuore! Solo perché siamo donne non vuol dire che dobbiamo essere bandite all'angolo di un wigwam, a intrecciare cesti e rammendare perizomi! Mategwas è impavida e Alemos...beh, ecco..." Tankawun lottò con le sue parole prima di fare spallucce filosoficamente. "Non sono riuscita a trovare nessun altro. Lei ha chiesto di venire e ha portato un bastone di fuoco che suo fratello si è procurato da un soldato Yengeese." Lei alzò lo sguardo, "Faglielo vedere, Alemos! Combatteremo gli Yengeese con le loro stesse armi."


Alemos, la ragazza più piccola dell'accampamento, avanzò timidamente verso Anicus. Malgrado l'età, Tankawun raggiungeva solo la spalla dell'altra ragazza. Presentò la lunga carabina ad Anicus, che ammirava il lucente calcio in legno d'acero e la lunga canna. Si guardò intorno, confuso.

 

"Dov'è quell'altra cosa?"

 

"Cosa?" chiese Wagion con perplessità.

 

"Quella cosa. La cosa che gli Yengeese versano qui dentro," Anicus lasciò le ditate sulla canna, "che fa uscire fuori il fuoco e quella cosa rotonda."

 

Gli altri lo fissarono in modo inespressivo; i Delaware erano tra i pochi Indiani che non avevano facile accesso alle armi dell'uomo bianco e usavano sempre frecce e accette. Anicus si girò per guardare Tankawun, che sembrava imbarazzata. "Sì, ora mi ricordo," disse, rossa in volto, "gli Yengeese la chiamano pol-vere"

 

"Beh, dov'è?"

 

Alemos sussurrò che non ce l'avevano. Anicus lottò per controllare la sua collera. "Wulelimil, Alemos." Disse in tono sarcastico, "E' inutile!" Lui rispinse la carabina nelle braccia di lei. Wagion diede ad Anicus un colpo con la mano sulle spalle e gli fece vedere l'insieme di mazze da guerra, accette, archi e frecce che si erano portati dietro.

 

"Le ragazze non sanno usare queste, glielo dobbiamo insegnare prima di raggiungere il forte. E' meglio andare ora, non so se ci hanno visti." Wagion guardò preoccupato in direzione dell'accampamento. "Quest'idea è una pazzia, Anicus." Wagion sogghignò felicemente. "Andiamo."

 

Camminarono per un po' di tempo. I ragazzi erano silenziosi mentre procedevano attraverso la foresta e le ragazze, certamente, non così tanto. Anicus fece una smorfia, mentre Mategwas camminava dietro di loro con passo pesante, respirando rumorosamente. Proprio allora tutti loro sobbalzarono quando sentirono un forte rimbombo. Uno per uno, tutti gli occhi si spostarono su Mategwas.

 

"Alemi nkatupwi!" lei si difese, mentre la sua pancia emetteva un altro brontolio di protesta. Persino la sua voce sembrava simile a quella di un uomo.

 

"Ha fame," mormorò Wagion delicatamente.

 

"L'ho sentita," Anicus ribatté, osservando con disgusto lo sguardo affettuoso condiviso tra Wagion e Mategwas. Alemos prelevò un po' di pane di mais dalla propria borsa di pelle di daino e lo offrì a Mategwas.

 

"Wanishi" la grossa ragazza borbottò in modo indisponente e mangiò il pane di mais in due grandi morsi.

 

"Almeno Mategwas si è assicurata che nessuno di noi avesse fame, in primo luogo." Anicus brontolò, strascicando i suoi mocassini sull'erba e sul suolo. Wagion roteò gli occhi.

 

"Dai, presto arriverà il crepuscolo."

 

"Alemos, lasciami portare quella," Anicus sollevò la carabina, "è troppo pesante." Lui tralasciò la vampata di rossore che attraversò la faccia della ragazza quando le dita del ragazzo sfiorarono le scapole di Alemos.

 

Quando il crepuscolo s'insinuò lentamente attraverso il cielo, i due ragazzi e le tre ragazze erano stesi a pancia in giù nell'erba alta, osservando il forte e aspettando che l'oscurità li coprisse completamente. Anicus stava sussurrando.

 

"Da qui saremo visti. Ma una volta che è buio, ci sposteremo intorno al perimetro, attraverso gli alberi, e troveremo un'entrata incustodita. Sono certo di averne vista una quando me ne stavo andando. Una piccola porta che conduce al luogo in cui viene preparato il cibo. I prigionieri sono tenuti nel piano inferiore."

 

"Dimmi, Anicus," replicò Wagion dopo una pausa, "cosa succederà quando saranno avvertiti che gli uomini rossi hanno assaltato la loro fortezza? Perché questo è destinato ad accadere. A chi spareranno prima, ci pensi?"

 

"E dove sono esattamente il fratello e la moglie di Uncas?" Alemos chiese delicatamente. Anicus chinò la testa sulla minuscola ragazza. Tutto sommato, era colpito dalla sua calma.

 

"Non ho un piano," ammise Anicus. Alemos ridacchiò, e Anicus guardò le sue fossette e i suoi denti nettamente bianchi. Deglutì, sentendosi la gola diventare improvvisamente secca. Anicus guardò lontano.

 

Un ramo si spezzò nelle vicinanze. "State giù!" Wagion fece cenno alle ragazze rapidamente, mentre lui e Anicus balzarono in piedi, con le accette sollevate e gli occhi guardinghi.

 

"Chi c'è là?" Anicus chiese nel suo tono di voce più imperioso, cercando di imitare suo padre. Ci fu un altro fruscio.

 

"Anicus?" giunse una voce dall'oscurità vicina. Anicus la riconobbe subito. "Tankawun! E' lei!"

 

Alice discese da dietro gli alberi e sorrise felicemente. C'era un'altra ragazza leggermente dietro di lei, una ragazza dai capelli scuri.

 

"Anicus...Tankawun... è così bello vedervi!" Anicus osservò con sollievo mentre Tankawun si lanciò su Alice e le due si abbracciarono.

 

"Perché siete qui?" chiese Alice. Tankawun evidentemente comprese la domanda perché rispose qualcosa di breve alla ragazza di Luna.

 

"Adesso libereremo Longue Carabine," spiegò Anicus. Le ragazze Yengeese lo fissarono, confuse. Quella dai capelli scuri sembrava particolarmente terrorizzata. Anicus si sforzava di ricordare il nome Yengeese del fratello di Uncas.

 

"Longue Carabine... Nat-han-ie-l..." poi fece un cenno a loro, alle armi, e al forte.

 

"Oh, cari." Alice sospirò e sorrise tristemente ai giovani Delaware. Cominciò un'accesa discussione con l'altra ragazza, indicando il forte e la foresta dietro di sé. Alla fine la ragazza mora annuì.

 

"Venite, lei conosce la strada." Alice raccolse cautamente un'accetta e se la infilò nella gonna. "Tuttavia, penseremo a un piano." Andarono a tutta velocità verso il lato opposto del forte, attenti a non essere visti.

 

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Chingachgook e gli altri uomini emersero dal bosco, e individuarono immediatamente le tracce di un grande gruppo di persone, che giravano intorno al bosco del forte, in completa confusione. La luce era estremamente scarsa, ma gli uomini anziani la catturavano nonostante ciò.

 

"Bianchi e Indiani, insieme?" chiese Uncas in confusione, valutando le impronte dei piedi.

 

"Chi sono gli Indiani?" chiese James stancamente. Uncas fece dei segni e indicò qui e là. "Due uomini indiani, posso dirlo dai loro mocassini, ma sono anche attenti a dove mettono i piedi e a non disturbare la terra. Alcune ragazze indiane, anche loro con i mocassini ai piedi, ma non abili a nascondere le loro tracce. E Bianchi; a giudicare dal collo del piede, tallone e peso, donne."

 

Seguirono le loro tracce per un po' di tempo, James che camminava a fatica con noncuranza, mentre pensava alle tracce che Uncas aveva captato. Non vedevo un cavolo di niente nel suolo tranne la terra, si lamentava James, un po' geloso dell'abilità che questi uomini rossi avevano nella foresta. Non era un'esagerazione dire che era un qualcosa di quasi mistico.

 

Finora era stato elaborato un piano per andare a Filadelfia e cercare l'aiuto del governatore per richiedere il rilascio di Alice. Nel caso di Nathaniel, beh, la cosa era più problematica, ma James aveva in programma di corrompere la gente giusta, specialmente le guardie. Erano in guerra e niente attirava l'interesse come l'oro. Che cosa importava alle guardie di un prigioniero? Avevano bisogno di radunare abbastanza oro e argento e scellini, ma senza dire nulla a Cora. Niente crisi isteriche femminili nell'immediato futuro, pensò James facendo un cenno col capo.

 

"Spero che Anicus sia tornato a casa sano e salvo," rimarcò James, ricordando la collera ardente sulla faccia di Hopocan, quando compresero che Anicus si era nascosto. Si guardò intorno verso gli altri, mentre se ne erano andati calmi calmi.

 

Chingachgook sollevò una vecchia mano marrone e James si tranquillizzò. Si appoggiò a Uncas e gli diede una gomitata come gesto di domanda.

 

"Anicus non è arrivato a casa," disse Uncas mentre si precipitava verso il gruppo di persone stese a pancia in giù sull'erba; molto, molto vicine al forte.

 

"Alice!" James sentì la sua mandibola cadere quando riconobbe il vestito che tutte e tre le donne condividevano. Osservò con shock, poi con gioia, mentre Alice si avvinghiava a Uncas e i due non sembravano voler mollare la presa. Uncas sussurrò delle parole ad Alice, mentre lei con la faccia nascosta nel collo di lui, si limitava soltanto ad annuire o a scuotere la testa.

 

"Uncas," sospirò, stringendolo più forte. Ignoravano il resto delle persone accalcate intorno a loro.

 

"Tornate indietro, tutti voi." Chingachgook disse ciò concisamente e poi rapidamente in Delaware. Il gruppo corse velocemente nel bosco, subito. Uncas si guardò intorno con stupore, osservando le persone che aveva trovato ad esaminare a fondo il forte. Alice, Anicus, Wagion, Tankawun, quella ragazza tarchiata su cui Nathaniel e Anicus facevano sempre dei commenti malevoli, e quella gracile ragazzetta che non parlava mai, di cui Uncas non sapeva il nome. Anche la ragazza che lavorava dentro al forte.

 

"Avete perso la testa? Che è successo qui?" chiese Hopocan stizzosamente, lanciandosi la coperta di pelle sulla spalla con un improvviso movimento obliquo. "Anicus, Wagion e Tankawun. Certamente. I trasgressori del nostro accampamento hanno ampliato i loro orizzonti per includere gli Yengeese!"

 

"Spiegatevi. Ora." Il tono di Chingachgook rese evidente il fatto che non si aspettava nessuna disputa.

 

Uncas ascoltò intensamente, ma riluttante ad allentare la presa su Alice. Non erano mai stati così eccessivamente espansivi, ma si sentì quasi incapace di smettere di toccarla. La teneva stretta e le accarezzava la pelle e i capelli mentre ascoltava. Quando Alice entrò nel racconto della vicenda, gli occhi di lui si strinsero mentre fissava freddamente Anicus e Wagion.

 

Gli occhi di Wagion si spalancarono nell'oscurità. "Uncas, amico, lei insisteva per venire con noi. Lei e l'altra ragazza. Non potevamo rifiutarla e affermava di conoscere un'entrata di facile accesso!"

 

"Avreste dovuto cercarci. Avreste dovuto aspettare. Come potevate coinvolgere delle donne in questo piano pericoloso? Sarebbe fallito per innumerevoli ragioni. Entrambi avete messo in pericolo delle donne che, in quanto uomini, avete giurato di proteggere."

 

James guardò Uncas pensierosamente. Anche se non capiva una sola frase della lingua Delaware, poteva percepire l'indignazione del ragazzo nella sua postura, nei suoi occhi e nel suo lungo flusso di parole. Uncas non parlava quasi mai tanto.

 

"Ragazza," intervenne James, "come hai fatto... ecco, a scappare, per mancanza di una parola migliore?”

 

Alice sorrise a James in modo confortante, facendo un cenno col capo all'altra ragazza. "Lei è Amelia Warren. Mi ha aiutata a scappare."

 

Amelia non perse tempo con parole inutili. "Non se ne accorgeranno che è sparita, probabilmente fino a domani mattina. Questo vi farà guadagnare tempo. Per quanto riguarda il signor Nathaniel Poe, posso solo darvi la chiave della sua cella e indicarvi dove trovarlo. Tuttavia vi avverto, dato che la sua colpa è sedizione e tradimento, sarà sorvegliato molto. Ancora di più, dopo che scopriranno la mia scomparsa e la sparizione di Alice. Potrebbero persino trasferirlo in un luogo più sicuro."

 

"Sì, più che probabilmente su sollecitazione di quel bastardo pieno di sé, Bauman." James si accarezzò il mento, pensieroso.

 

Millie gli fece una strana occhiata. "Isaac non è ciò che dite, signore. E' rigido e altezzoso, sì, ma anche molto giusto e onorevole."

 

James fece spallucce con noncuranza, non nell'umore di discutere. "Rassegniamoci a non essere d'accordo, ragazza."

 

"Dove possiamo andare? Alice non può stare qui e nemmeno nelle case nella Valley, poiché potrebbero essere perquisite." Uncas rivolse questa domanda a James, ma fu Amelia a rispondere.

 

"So cosa si può fare. Vai a casa mia, a poche miglia da qui. E' soltanto una piccola casa che normalmente condivido con mia madre, ma al momento mamma è a Harrisburg a farsi curare per la sua tubercolosi avanzata." Amelia fece una pausa e disse con evidente difficoltà, "Non ritornerà a casa. Andrò da lei dopo stasera, e starò con lei fino alla fine della sua vita. Non andrà per le lunghe ora."

 

Amelia era... la storia più triste che avesse mai sentito, pensò James con compassione. Sembrava come se avesse condotto una vita miserabile, e persino ora stava lottando con le avversità.

 

"Allora è deciso." Chingachgook parlò in Delaware, "Uncas, porterai tua moglie e la ragazza in questa casa. Stai là finché verrò per tutti voi. Potrebbe trattarsi di un paio di giorni. Tankawun, Alemos, Mategwas. Avete dimostrato forza e coraggio e vi siete guadagnate il diritto di decidere da sole cosa fare. Ma comprendete che sarebbe meglio per voi se tornaste a casa."

 

Mategwas borbottò. "Ma c'è un piano per salvare vostro figlio?"

 

Chingachgook scosse brevemente la testa.

 

"Amici," disse Tankawun delicatamente, "Dov'è Stephen? Sta bene?"

 

Hopocan annuì, ma con compassione invece che con collera. "Sì, cara. E' andato a casa." Al raggiante sorriso di sollievo di Tankawun, Hopocan ebbe un'idea: farle ripercorrere la strada dalla quale era venuta, e le altre ragazze sicuramente l'avrebbero seguita. "Perché non vai da lui? So che gli manchi." Tankawun annuì tra sé e sé.

 

"Alemos, Mategwas, ritorniamo all'accampamento. Gli uomini staranno bene. Mannitto sorride a tutti voi, amici, e prego per la vittoria e per vostro figlio, Chingachgook."

 

"Ecco," disse improvvisamente Alemos, porgendo una lunga carabina in buono stato, "puoi usare questa. Ma non ha la...la cosa..."

 

"Pol-vere," intervenne utilmente Tankawun.

 

"Ne abbiamo in abbondanza, Alemos, wanishi." Uncas era felice dato che ora avrebbero avuto un'arma in più.

 

Non molto più tardi, tutti loro si dileguarono in direzioni diverse.

 

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Alice tirò fuori la voce con un sussulto, la testa le martellava e le labbra erano screpolate e sanguinanti. Si mise a sedere, intontita. Dove sono? Pensò con un leggero panico mentre guardava l'ambiente circostante a lei non familiare. Una casa di piccole dimensioni con due letti, un focolare, un tavolo... quasi come la casa degli Stewart.

 

Poi si ricordò. Aveva camminato per molto tempo con Uncas e Millie, per ore, rallentati dalla loro stanchezza, finché ebbero raggiunto la casa. Una volta dentro, Uncas insistette affinché le ragazze andassero subito a letto, mentre lui si diede da fare per accendere il fuoco nella casa e per controllare le provviste di cibo. Millie e Alice avanzarono insieme lentamente verso un letto che apparteneva a Millie sulla parete di fondo, ma Uncas rifiutò di prendere l'altro, commentando che non riusciva a dormire sui letti degli Yengeese.

 

"Su cosa?" Millie aveva chiesto con uno sbadiglio di pura stanchezza.

 

"Bianchi. Loro dormono su letti che sono troppo scomodi."

 

Alice aveva ridacchiato mentre gli occhi le si chiudevano per il sonno. "Chiama i materassi di piume scomodi, Millie. Come mi piacerebbe averne uno..."

 

Ora sveglia e man mano più attenta, Alice scivolò fuori dal letto. Trovò Millie rannicchiata accanto al focolare che stava girando uno stufato dall'odore dolce.

 

"Buongiorno, Alice." Millie guardò Alice con un rapido sorriso, poi si concentrò sullo stufato. "Uncas si è alzato presto per andare a caccia di piccola selvaggina, ha trovato anche alcune patate e rape per il nostro pasto della giornata. E' andato a lavarsi al fiume. Alice, me ne andrò dopo colazione."

 

Alice sentì una fitta nel cuore. Sapeva che Millie doveva andare da sua madre a Harrisburg, ma sarebbe stato difficile veder partire la ragazza. Avevano vissuto così tante cose insieme in un così breve arco di tempo.

 

"Mi mancherai, Millie." Disse Alice, con voce tremolante. Millie alzò lo sguardo e i suoi occhi erano brillanti, in modo sospetto. Si alzò e unì le sue mani con quelle di Alice.

 

"Anche tu mi mancherai. Ma devo andare. Ho un conoscente che mi porterà fino a Harrisburg, un amico di famiglia che vive proprio intorno alla curva da qui. Devo riflettere molto."

 

Alice strinse le mani dell' altra ragazza. Amelia le aveva parlato delle azioni spregevoli di Edward. "Hai bisogno di tempo per guarire, Amelia, lo so."

 

"Devo stare con mamma fino...fino alla fine. Ma poi, chi lo sa? Potrei persino venire alla tua Valley. Non sono mai stata là e sembra bellissima, da quello che mi hai detto."

 

Alice ansimò per la felicità, "Millie, è una notizia gioiosa, davvero! Sei una donna brava. Se tu dovessi scegliere di vivere nella Delaware Valley, avresti pieno sostegno e aiuto da me, Uncas e le nostre famiglie." Millie sorrise, ma come al solito permanevano tracce di tristezza. Pochi istanti dopo si illuminò.

 

"Puoi usare i miei vestiti e cose varie, sono accumulati nel baule accanto al mio letto. Uncas ha detto che andrà a caccia per il cibo. C'è un fiume nei dintorni se desideri fare un bagno; è un posto isolato e non ho vicini nei paraggi, solo il signor Matthews e mi sta portando a vedere mia madre. Sarete solo tu e Uncas." Millie sorrise per il rossore sulla faccia di Alice.

 

Uncas entrò a grandi passi proprio allora, con i suoi capelli e il petto umidi. Sorrise calorosamente ad Alice e Amelia. Millie arrossì per la sua pelle nuda ma Alice ci era abituata.

 

"Uncas, quello stufato che hai fatto ha un odore delizioso. Che cos'è? Millie ha detto che hai catturato la selvaggina."

 

Uncas rifletté sulla domanda. "Machq" disse alla fine.

 

Alice ansimò per l'orrore. "Orso?" farfugliò in preda all'orrore, "hai catturato un orso? Da solo?"

 

"Oh sì!" annuì Millie, "uno grande, nero e tremendo. Poi la moglie della povera creatura è venuta a cercarlo qui, quindi ti suggerisco di non gironzolare fuori, Alice."

 

"Ma Uncas, perché hai-" Alice si fermò mentre Amelia cedette a grandi scoppi di risate. Alice guardò prima Millie, poi Uncas che stava scuotendo la testa con un piccolo sorriso ed era diventato tutto rosso in volto. "Bene, mi hai fatto fare la figura della sciocca. Che cosa hai catturato veramente?"

 

"Un paio di conigli, Alice."

 

Amelia rise ancora più forte.

 

Dopo che la colazione era finita, Amelia si alzò e si diresse verso il suo zaino che era già stato preparato. Disse che doveva andare a casa del signor Matthews; non era lontano e sarebbe stato meglio se fosse andata da sola. Dopo aver detto addio alla coppia, con un bacio sulla guancia per Alice e una stretta di mano per Uncas, loro rimasero finalmente soli.

 

Alice guardò Uncas imbarazzata attraverso i suoi lunghi capelli mentre raccoglieva le posate e sparecchiava la tavola. "La casa è bella, anche se è priva del calore e della familiarità degli Stewart," lei mormorò. Uncas accennò di sì col capo e continuò a guardarla con attenzione.

 

Alice si schiarì la gola e si raddrizzò. "Mi è stato detto che c'è un fiume nei dintorni. Vorrei fare il bagno e forse più tardi lavarmi il vestito."

 

Uncas annuì con condiscendenza, osservando mentre raccoglieva un altro vestito pulito dal baule intagliato di Amelia. Scelse un grazioso abito bianco con un motivo floreale come anche una sottoveste. Si sentiva divampare la faccia mentre si voltò per uscire fuori dalla casa, afferrando gli indumenti. Uncas le teneva la mano mentre la guidava verso il fiume, aggiungendo che Millie aveva ragione; era un luogo abbastanza isolato.

 

Alice si sentiva così perplessa e le sue guance continuavano a divampare, più di tutto perché era completamente sola con Uncas, e lui intendeva seguirla fino al fiume, così lei poteva fare il bagno. Sapeva che era solo per la sua protezione, ma si meravigliava della vita matrimoniale. Come vivevano donne e uomini insieme con tale disinvoltura? Come si spogliavano le donne di fronte ai loro mariti? Quanto tempo ci voleva, prima che la forte timidezza potesse svanire?

 

Avevano raggiunto il fiume che era adombrato da lunghe file di alberi di betulle gialle e fiori selvatici. Alice pensava che il posto fosse magnifico. La luce del sole illuminava la faccia delicata di Uncas attraverso le foglie sopra di loro, il vento faceva oscillare i rami e sussurrava intorno a loro. Entro l' autunno questi alberi sarebbero stati di un magnifico colore giallo.

 

"Prosegui, Alice," disse Uncas, lasciandole la mano, l'espressione della faccia illeggibile. "Hai bisogno d'aiuto?"

 

Alice scosse la testa un po' freneticamente. Con i suoi occhi acuti, Uncas doveva aver notato il suo imbarazzo. L'abito che indossava era di lino, in stile polonaise, indossato anche da Annabel e Cora, di un colore chiaro e allacciato sul davanti, invece che nella parte posteriore. Aveva dei bottoni al posto dei lacci.

 

Quando Alice raggiunse la parte anteriore del suo abito, i suoi occhi cercarono inconsciamente Uncas e lui sembrava interpretarlo come un segno di disagio. Annuì e affermò che sarebbe rimasto proprio dietro agli alberi, affinché lei potesse chiamarlo in caso di necessità. Alice sentì una fitta di improvvisa delusione quando lui se ne andò. Lei e Uncas erano praticamente marito e moglie ora e, anche se non avrebbero mai potuto sposarsi legalmente, nella sua mente erano legati e... perché lei avrebbe dovuto nascondersi?

 

A dire la verità, era imbarazzata. Non si era mai considerata come una grande bellezza ed era priva delle forme eleganti di Annabel e Cora. Alice, ecco, il suo corpo era troppo magro per quello. Era alta e sottile come un giunco.

 

Così, fu con un vago senso di delusione che Alice si tolse velocemente l'abito, la sottoveste e le calze e scivolò nell'acqua fresca, lavando via il dolore e desiderando che Uncas fosse lì con lei. Sentiva l'acqua tiepida scorrerle dai capelli lungo la pelle riscaldata. Più tardi, sussurrò tra sé e sé, più tardi ci sarà tempo per le preoccupazioni. Ora sono qui con lui. Questo è tutto ciò che importa.

 

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Più tardi nel pomeriggio la coppia si sedette fianco a fianco a tavola, Alice che rosicchiava il pezzo di patata rimasto nel suo piatto. Quello era tutto ciò che avevano da mangiare a questo punto. Gli avanzi dello stufato dal pranzo e piccole patate che avevano trovato intorno ai margini rocciosi della casa. Il sole stava scendendo all'orizzonte e Alice si sentiva ancora tonificata ed energica. Aveva pulito la casa e familiarizzato con ogni cosa presente in essa.

 

Proprio allora Uncas rovesciò il resto della sua cena nel piatto di lei, mormorando che lei aveva bisogno di mangiare di più. Alice protestò senza successo, poi scivolò in un sogno ad occhi aperti riguardo alla danza della bambola che, secondo quanto le aveva detto Uncas, il suo popolo eseguiva.

 

"Uncas..." cominciò lentamente, "quando vivremo nella nostra casa e io sarò tua...tua moglie, mi racconterai altre storie? Sulle credenze del tuo popolo?"

 

Uncas si sentì sollevare il cuore, sentendo queste parole; lei parlava solo del futuro, quasi mai del passato.

 

La tirò gentilmente verso di lui e lei gli avvolse volentieri le braccia intorno, fissandolo dal suo petto.

 

"Ti racconterò le storie scozzesi, della mia terra. Anche leggende e miti greci."

 

"Quali?" chiese lui gentilmente, intrecciando cautamente una ciocca di capelli biondi tra le punte delle dita. I capelli di Alice brillavano nella  tremolante luce del fuoco che danzava.

 

"A Cora è sempre piaciuta Athena, la dea della guerra, della civiltà, della saggezza, delle abilità, della giustizia..."

 

Uncas sembrava divertito. "Tutto questo?"

 

Alice annuì, "Sì, davvero," con gli occhi che diventarono brillanti, "Lei ebbe origine dalla testa di suo padre già adulta, che indossava un elmo da guerra e brandiva una spada sguainata. Gli dèi la guardavano con soggezione."

 

"Qual era la tua preferita, nella tua infanzia?"

 

"Ecco..." Alice sembrava incerta, "di solito leggo la storia di Demetra e di sua figlia Persefone. Demetra amava così tanto sua figlia, andò incontro a ostacoli quasi impossibili per trovarla, una volta che era stata portata via. Il suo amore non conosceva limiti." Alice cambiò argomento quando si ricordò di un'altra cara, prediletta storia dell'infanzia, "Mi piaceva anche leggere il mito di Dioniso. Era il più giovane degli dèi dell' Olimpo, ma anche il più buono."

 

Alice stava seduta dritta e fece un respiro prima di sporgersi in avanti per un bacio. Per diversi minuti rimasero talmente assorti, Alice gli avvolse le braccia intorno al collo e sembrava spronarlo, più di prima.

 

Uncas si ritirò dalle sue braccia, respirando profondamente. "Alice..." disse attentamente.

 

Notò che i grandi occhi blu di lei erano imperturbabili quando lo guardava attentamente. La sua espressione si trasformò e gli fece un cenno col capo, cercando di trasportare tutto ciò che sentiva nei suoi occhi; che lei voleva questo, sapeva che lui lo voleva, che era giusto.

 

Chinandosi, Uncas catturò di nuovo le labbra di lei nelle sue, e percepì le soffici ciocche di capelli sul suo collo. Si sentì accarezzato dalla luce del sole e tutto ciò che provavano l'uno per l'altra sembrava pulsare tra loro in un palpitante, dolce abbraccio che li avvolgeva completamente. La mano di lui allentava i bottoni sulla parte anteriore dell' abito di lei, mentre lei gli strappò la camicia.

 

Molto tempo dopo, nella sicurezza del loro letto, Alice sentì il suo cuore travolto da mille emozioni.

 

Ciò che era successo tra lei e Uncas non era stato esattamente come lei aveva immaginato che andasse tra un uomo e una donna -  e non c'era niente di sbagliato nella sua immaginazione - ma Alice non voleva che questo finisse.

 

Si rannicchiò di fianco e poggiò la faccia contro il fianco di Uncas, strizzando gli occhi chiusi. Alice ripensò al tocco delle labbra di lui che le sfioravano la pelle, al palmo della sua mano che le accarezzava il polso e la gamba quando si chinava per baciarla avidamente. Il cuore di Alice era sembrato battere in sintonia con le azioni di lui, finché aveva sentito che l'aria aveva cominciato a mancarle e che una vampata di calore le aveva riempito gli arti.

 

Alice era stanca ma...felice. Una volta che avessero vissuto nella loro casa e avessero potuto concedersi la loro privacy, sapeva che gli eventi del pomeriggio sarebbero stati analizzati con molta più comodità e tranquillità.

 

Alice si addormentò pensando all' eventualità e sognò di essere distesa sotto l'ombra solida dell'albero di betulla, alzando lo sguardo verso infiniti occhi neri.

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Era il quiescente crepuscolo estivo che Tankawun si era sempre goduta tranquillamente.

 

Se ne stava seduta composta presso il fiume bucolico e girava i suoi occhi scuri per contemplare l'ambiente circostante. Gli alberi verdi a punta ondeggiavano nella quiete di una leggera brezza... perché non posso vivere come gli alberi di nostra madre, la terra? Così calmi e indisturbati... Il fiume scorreva dolcemente sulle rocce; il suono dell' acqua corrente che una volta l'aveva calmata, ora sembrava burlarsi di lei.

 

Un tempo, prima che suo padre fosse ammesso al fuoco del Gran Consiglio, Tankawun lo accompagnò in occasione di uno scambio commerciale con les Français canadesi, nella terra dei Fiumi Gemelli. Ricordava di aver visto una grande folla di beffardi Yengeese; sentiva i suoni di borbottii rabbiosi e di forti mandibole che parlavano in modo brusco. I suoi piedi l'avevano portata verso il cerchio e guardava il mare di corpi intorno a sé. Due lupi erano incatenati a dei robusti pali di legno, uno di fronte all'altro e stavano combattendo fino alla morte. Affamati, malconci, i loro occhi erano annebbiati dalla pazzia. Tankawun indietreggiò e chiuse gli occhi mentre uno dei lupi aveva affondato i denti possenti nel collo dell'altro, che emise solo un lamento penetrante prima di accasciarsi a terra con la spina dorsale rotta. I lupi erano sacri ai Lenape e Tankawun non ne aveva mai visto uno maltrattato prima.

 

Fratello lupo, ora so come deve essere stato per te, pensò amaramente.

 

Tankawun si sentì subito schiacciata e oppressa, mentre batteva gli occhi rapidamente per contenere la fitta di dolore, le lacrime che minacciavano di scapparle da dietro le palpebre. Si sentiva così vuota dentro.

 

La notte precedente Tankawun aveva fatto il viaggio di ritorno all'accampamento Lenape a piedi, fiancheggiata da Alemos e Mategwas. Tankawun aveva sentito il suo cuore battere dolorosamente nella gabbia toracica, ma per lo più con speranza anticipata; presto avrebbe rivisto il suo caro amico Stephen, e le cose sarebbero andate di nuovo bene nel mondo. Com'erano infantili questi pensieri ottimisti!

 

Al momento di entrare nell'accampamento, le tre ragazze non erano preparate alla scena che stava venendo loro incontro. Quasi l'intero accampamento le stava aspettando in un silenzio funesto, poiché le vedette avevano avvisato la gente dell' imminente arrivo delle tre. Mategwas aveva guardato tutti gelidamente, sfidandoli con lo sguardo mentre stava in piedi di fronte alla folla, con le altre due ragazze. Persino Alemos, anche se tremava come una foglia d'autunno, rimase lì dov'era.

 

Wapashuwi, la nonna di Tankawun, si fece avanti nella luce del fuoco tremolante e raccontò freneticamente dell’ affannosa ricerca delle adolescenti scomparse, per tutto il pomeriggio. Le braccia scarne dell' anziana donna si agitavano mentre gesticolava, e la sua voce stridula era angosciata.

 

Tankawun era rimasta a metà della frase - calmando sua nonna - quando improvvisamente il suo collo scattò indietro dolorosamente, poiché la sua treccia e il cuoio capelluto erano stretti in una morsa di ferro. Era Chemames.

 

"Madre!" urlò Tankawun in modo penetrante mentre cadeva sulle ginocchia in seguito a una potente botta sulla testa. Mategwas e Alemos corsero ad aiutarla ma Chemames rimproverò le ragazze che, spaventate, indietreggiarono nella folla. Non c'era niente che potessero fare.

 

Chemames trascinò la sua figlia maggiore nel wigwam e Tankawun si lamentava per il dolore, poiché la testa le cominciò a pulsare per la forza del bastone che l'aveva colpita.

 

Fu spinta dentro e guardò sua madre a bocca aperta, terrorizzata. La donna sollevò il bastone nodoso e Tankawun schivò il movimento. Wapashuwi strappò il bastone dalla presa di sua figlia con una forza inaspettata.

 

"Io metterò in riga mia figlia, non voi, madre! La mia pazienza è esaurita a causa dei suoi modi selvatici. Basta." Gli occhi di Chemames si fissarono su quelli pietrificati di sua figlia, "Basta! Ho deciso."

 

Tankawun si strinse mentre faceva alcuni passi indietro, tremando come una foglia malgrado il calore dell'interno. "Posso spiegare, madre..."

 

"Spiegare cosa? Che sei diventata la squaw di uno Yengeese?"

 

"No! Non l'ho visto per giorni interi-"

 

"Che disobbedisci costantemente ai miei ordini, ostenti la tua caparbietà, ignori i ragazzi che ti dimostrano il loro interesse, indegna come sei?"

 

Le parole scottavano ma un'obiezione le stava salendo veloce nella gola. "Non è vero," sussurrò, "voi..." la voce di Tankawun ebbe un intoppo, "non mi lasciate mai essere felice."

 

Chemames guardò sua figlia rimanendo a bocca aperta, spalancando gli occhi per lo stupore. "Io cosa? Non ti lascio mai fare quello che ti pare e piace, forse! Ora capisco che sei stata troppo viziata. Guardati intorno in questo intero accampamento!" la voce della donna tuonò nel wigwam, "vedi qualche altra ragazza con la testa vuota che gironzola tutto il giorno per la foresta, che occhieggia i ragazzi Yengeese, che disobbedisce agli adulti?"

 

Tankawun cercò di divincolarsi, mentre le dita di sua madre le afferrarono con forza il mento. "Ma ne ho avuto abbastanza del tuo comportamento imbarazzante, figlia. Ho preso la mia decisione."

 

"Cosa?" chiese Tankawun con una voce minuscola, inefficace.

 

"Tuo zio. Il popolo di tuo padre, gli Unami che abitano sulle coste orientali - andrai a vivere con loro. Ti ci manderò alle prime luci dell'alba."

 

"Non ci andrò!" urlò Tankawun, togliendosi la mano di Chemames dalla faccia. Sua madre e sua nonna sembravano scioccate, perché Tankawun non aveva mai alzato la voce a un adulto prima.

 

"Questa è la mia casa, appartengo a questa terra," Tankawun continuò sonoramente, "se devo lasciare il vostro wigwam, madre, così sia. Ma non sarò fiondata nella terra dei miei antenati."

 

Chemames aveva recuperato la sua voce - e la sua collera. "Che farai," sogghignò, "fuggirai con quella mostruosità dai capelli rosso fuoco? La sua famiglia ti farà diventare una schiava e poi rimpiangerai il giorno in cui te ne sei andata."

 

A Tankawun venne in mente subito un coltello da caccia, che faceva a pezzi e tagliava via la morbida pelle di un cervo. La lingua di sua madre era abbastanza tagliente per ferire, per tagliare.

 

La voce di Wapashuwi era delicata mentre invitava Tankawun ad andare nel wigwam di Alemos e della sua famiglia.

 

"Nessuna delle mie nipoti lascerà questo villaggio," fu l'ultima parola dell' anziana donna.

 

Tankawun scosse la testa malinconicamente al ricordo. Era corsa nel wigwam di Alemos. La famiglia l'aveva accolta con compassione, anche se il padre di Alemos era molto arrabbiato con le ragazze per il fatto che erano scappate via di corsa e che si stavano mettendo in pericolo.

 

Non c'era speranza per lei? pensò Tankawun, attorcigliandosi le dita sul grembo per l'agitazione. Non avrebbe lasciato questa terra, non sarebbe stata bandita per vivere con degli estranei, anche se erano legati a lei dal sangue. Anche se rimaneva il problema: sua madre non la avrebbe accolta, a meno che Tankawun non smettesse di allontanarsi dal territorio Lenape e di comunicare con Stephen e gli altri Bianchi.

 

Tankawun non poteva. Non le era mai passato per la mente il pensiero di essere ribelle o capricciosa; faceva semplicemente ciò che il suo cuore desiderava. E il suo cuore desiderava continuare a vedere il suo tesoro dai capelli rossi e amico fedele. Non c'era una storia d'amore che coinvolgeva lei e Stephen, pensò roteando gli occhi - lei  contrastò volutamente l’idea che ci fosse anche solo un accenno della cosa - perché maschi e femmine potevano anche stare insieme in modo puro.

 

Tankawun si sedette dritta, pensando che non se ne sarebbe stata lì  pigramente a guardare il mondo andare alla deriva. Voleva vedere il suo amico e nessuno, né Indiani né Bianchi, l'avrebbe fermata.

 

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"Che stai facendo?"

 

Alice si voltò per vedere l'interlocutore, con una traccia di sorriso che danzava sulle sue labbra nella vicina oscurità.

 

"Stavo cercando di prepararti i biscotti al siero di latte," mormorò mentre Uncas si avvicinava. Sollevò un nero sopracciglio, ripetendo ad Alice le parole con la sua strana intonazione coloniale, associata al modo esitante in cui gli Indiani parlavano l’inglese. Il suo inglese era profondo e forte, non accentato come quello di suo padre, ma ancora conservava una leggera inflessione; Alice se ne accorse.

 

 Uncas sorrideva, con la luce del fuoco riflessa nei suoi occhi scuri, mentre osservava Alice che riforniva l'armadietto di farina e ciotole di peltro. "Perché non puoi farli?"

 

Alice sospirò, strofinandosi le mani sull'abito azzurro cielo di Millie, mentre faceva cenno di sedersi al tavolo sgangherato.

 

"Non ho tutti gli ingredienti necessari," mormorò Alice distrattamente, toccando col pollice una macchia di terra sulle nocche di Uncas; era stato fuori a lavorare sodo per gran parte della giornata. Alice continuò, "Oltre alla farina, ho bisogno di un po' di sale e zucchero, ma non sono riuscita a ricordarmi..." la sua faccia arrossì.

 

Uncas mantenne l'espressione della faccia regolare. "Il latte e il burro?"

 

La ragazza annuì. "Sì. Da qui deriva il nome." Si alzò con un sospiro. "Vorrei lavarmi la faccia e le mani al fiume. Oggi dovremo semplicemente arrangiarci con il brodo che ho preparato prima." Uncas annuì piacevolmente. Non era troppo esigente quando si trattava di cibo, specialmente di qualcosa preparato da Alice. Elogiava sempre ogni piatto o pasto preparato da lei, consapevole del fatto che cucinava solo  da un anno.

 

Circa un'ora dopo, dopo aver pulito e consumato un brodo leggero - Uncas aveva aggiunto delle piccole carote pallide che aveva trovato -  Alice si sedette accanto al fuoco e osservava pigramente mentre Uncas alimentava il fuoco. Era sera presto e l'oscurità della notte stava sconfinando veloce.

 

Uncas si distese sul pavimento davanti alla luce del fuoco con un sospiro, con il braccio robusto dietro la testa che gli faceva da cuscino. Le fece cenno di venire da lui e Alice esitò per un momento; l'abitudine che gli uomini rossi avevano di stendersi o rannicchiarsi sulla nuda terra non aveva mai entusiasmato molto la ragazza. Alice ricordava che ogni giorno puliva e aerava la casa, in parte per il divertimento di Uncas, in parte come penitenza e gratitudine verso Amelia. Che danno può esserci? Alice sorrise e si rannicchiò arditamente accanto al corpo di Uncas, sospirando quando lui stabilizzò un braccio dalla pelle color rame intorno a lei, saldamente.

 

Uncas fece scorrere una ciocca di capelli biondi tra le sue ruvide punte delle dita, quasi affascinato dal modo in cui il fuoco si rifletteva sulle sue trecce. Alice avanzò gradatamente verso il corpo di lui e mormorò la sua contentezza. Erano stati insieme -  e completamente soli -  in casa per 3, circa 4 giorni e 4 notti. Nessuna notizia dagli altri... e il pensiero di non essere in grado di aiutare la sua famiglia al momento del bisogno sembrava tormentare Uncas. Alice si era svegliata due volte nel silenzio della notte e trovò Uncas seduto da solo, pensieroso, sugli scalini fuori casa, con lo sguardo fisso in lontananza. Alice sapeva che Uncas doveva stare lì per lei; Chingachgook gli aveva ordinato di rimanere con lei e di tenerla al sicuro. Tuttavia, vedere Uncas struggersi in silenzio era più di quanto lei potesse sopportare.

 

"Non vedo l'ora di trasferirmi nella nostra casa," Alice disse, poggiandosi sull'ampio petto di Uncas, "ormai abbiamo tralasciato l'agricoltura per la primavera, dato che l'autunno arriverà qui in pochi mesi e sarà tempo di raccolto."

 

"Lo so, Alice. Mi occuperò di tutto."

 

Gli occhi di Alice erano sia concentrati che lontani, "Oh, se solo avessimo completato la casa all'inizio della primavera! Ripulirò la terra e pianterò appena ci saremo sistemati... e se dovessimo acquistare il bestiame, dovremmo assicurarci di piantare trifoglio rosso da far mangiare agli animali, così non prendono l'abitudine di mangiare tutto il nostro grano o mais. Sì..." annuì tra sé e sé, "mi assicurerò di questo."

 

Uncas piegò la testa di lato ed esaminò questa ragazza mingherlina che gli stava dinanzi, con i capelli biondi che ricadevano sul braccio di lui. Non era colpa sua, ma durante l'anno Alice aveva trascorso quasi tutto il suo tempo libero con James; molto probabilmente tracce di questa esperienza sarebbero rimaste nel suo comportamento e nelle sue parole per molto, molto tempo. I suoi modi erano ancora raffinati, ma era diventata molto più esplicita e imperterrita; un altro paio di maniche rispetto al piccolo passero catatonico che Alice era stata mesi prima.

 

Alice si era adeguata al perspicace flusso di pensieri di Annabel e imitava il comportamento di James -"I suoi modi stanno diventando troppo liberi per una donna, Uncas. Dovrai correggere questo." Chingachgook aveva brontolato un pomeriggio, mentre guardò Alice spaccare la legna per il fuoco - un compito da uomo - e buttarsi i capelli indietro in una fragorosa risata, specialmente nei momenti in cui Annabel rimproverava James per i suoi stravizi con il whisky.

 

Il problema in questione era che Alice aveva coltivato un senso di libertà mentre viveva con gli Stewart. Oltre a cucinare e pulire la casa – le competenze di una donna, secondo Chingachgook - lavorava anche come un uomo! Per il vecchio Mohicano era inaccettabile. Nathaniel poteva alzare gli occhi al cielo e fare spallucce, tutto ciò che voleva, ma non era sua moglie  quella che stava agitando un'ascia o riparando le staccionate e cose simili. Uncas non sapeva nemmeno come cominciare a valutare la cosa, quindi per il momento, lasciava fare ad Alice quello che voleva. Era molto meglio avere una moglie che sapeva come cavarsela in una fattoria, pensava Uncas filosoficamente. Sarebbe stato un altro punto nella lunga lista di timori che Chingachgook avrebbe esposto dettagliatamente a Uncas.

 

"Io ripulirò la terra, Alice." Uncas disse questo con fermezza, ma pazientemente. "Io costruirò la staccionata e farò qualsiasi riparazione. Non lavorerai come hai fatto dagli Stewart. Cucinerai e rammenderai soltanto."

 

Gli occhi di Alice si strinsero un po' mentre valutava quelle parole. "Non sarò inutile," sussurrò.

 

Uncas fece scorrere un dito lungo la curva del collo di Alice, finché raggiunse il suo punto della pulsazione – sentì a sbalzi il respiro di lei. Scelse attentamente le parole. "Lavori più duramente della maggior parte delle persone che conosco. Ora non sarà così. Insieme possiamo coltivare e fare il raccolto, ma sarò io a spaccare la legna, Alice."

 

Alice mugugnò piano. "Non capisco perché la cosa ti dia così fastidio. Non mi farò male, non sono una stupida."

 

"Lo so. Ma non è sicuro, specialmente quando potrebbero arrivare dei bambini."

 

Alice diventò improvvisamente molto interessata alla luce del fuoco. Anche se la sua faccia era voltata, Uncas riuscì a vedere il color rosa selvatica sulle guance della ragazza. "Quando potrebbero arrivare." Uncas sapeva che Alice stava pensando alla seconda notte trascorsa nella casa; ora che avevano stabilito questa congiunzione fisica, le altre sere erano trascorse in modo simile.

 

Almeno non stava più arrossendo in modo profondo ogni mattina e non cercava più di evitare il contatto visivo durante tutta la giornata.

 

"Andiamo a letto?" chiese Alice con leggerezza, con lo sguardo che si spostava su quello di lui e con un altro dolce, timido sorriso sulla sua faccia.

 

"Sì," annuì Uncas, con la faccia stoica ma con gli occhi ardenti.

 

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Gregory Newsom aggrottò il sopracciglio e si chinò verso terra, controllando attentamente il suo lavoro. Aveva trascorso gran parte della giornata a piantare mais indiano e patate per la signora Mason. Aveva arato sapientemente la terra, rimosso le erbacce e seminato in previsione del raccolto. Nei giorni seguenti, avrebbe coltivato la terra, assicurandosi innanzitutto che il terreno avesse assorbito abbastanza acqua.

 

Gregory si alzò in piedi con un lamento smorzato, consapevole del fatto che le sue ginocchia semplicemente non erano più quelle di una volta, come ai tempi della gioventù. Tirò fuori dalla tasca cautamente un fazzoletto di pizzo e si tamponò la fronte gocciolante. Che prova hai messo di fronte a me, Signore. La sostengo con piacere. Almeno Stephen era tornato a casa sano e salvo da sua madre in lacrime; il ragazzo lo avrebbe aiutato a lavorare nei campi. Il suolo in questa zona della colonia della Pennsylvania era notoriamente misero, così pesante. Se qualunque intrepido mietitore fosse andato nella colonia di New York oppure altrove, lungo il fiume Hudson, avrebbe trovato una terraferma straordinariamente fertile. Da non credere! Non c'è da meravigliarsi che la colonia della Pennsylvania non produca altro che mercanti e costruttori navali, pensò Gregory con un elegante, rapido inchino della sua testa, la nostra bella colonia non sarà mai famosa per le proprie capacità agricole.

 

La mente di Gregory si stava agitando con tutte queste eventualità, quando un'ombra attraversò il suo campo visivo, nel tramonto che si affievoliva. Alzando velocemente lo sguardo, si trovò a sbirciare nei marroni, delicati occhi da cerbiatta di una graziosa ragazza indiana.

 

Gregory era sbalordito mentre la fissava in shock totale. Come al solito, i suoi modi alla fine trionfarono.

 

"Mia cara ragazza," disse con grande amabilità, facendole cortesemente un inchino, "vi prego di perdonare il mio turbamento. Non è conveniente per una ragazza stare così, da sola. Hai bisogno di aiuto?"

 

La ragazza lo fissò senza comprendere, fissando la sua faccia. Gregory persistette. "Per favore vai di corsa a casa, mia cara. Noi non possiamo - noi -" Per favore non tentare di andare in cerca di Stephen. Sua madre si è spaventata a morte. Per favore vai a casa, cara ragazza.

 

"Steeben? Kexaptun nkata keku luwe." (Stephen? Devo parlargli) disse lei docilmente in Lenape, sbirciando intorno a Gregory. "Awen hesh ki? (Chi sei?)"

 

Prima che Gregory potesse esprimere la sua perplessità, Lucy spuntò fuori dalla porta con un urlo assordante che fece sussultare l'uomo.

 

"Tankawun! Signor Newsom, questa è l' amica mia e di Stephen!" la piccola abbracciò in modo esultante la splendente ragazza Lenape. "Oh, mi è mancata così tanto! Io voglio molto bene a lei, e anche lei ne vuole a me. Vieni dentro, Tankawun!" Lucinda tirò la mano di Tankawun, strattonandola verso l'entrata della casa.

 

"Lucy, piccolina!" Gregory disse in tono piuttosto allarmato - non voleva che Elizabeth vedesse la ragazza indiana o che Tankawun vedesse Stephen. Almeno non ancora, non finché la tempesta fosse passata. Alice era ancora lontana, come lo erano gli altri uomini. C'erano abbastanza difficoltà.

 

"Lucinda, sono piuttosto sicuro che la tua cara amica stia andando via -" Ancora una volta, Gregory era combattuto. Non era un comportamento da gentiluomo suggerire che una ragazza avrebbe dovuto andarsene.

 

Rassegnandosi, entrò in casa camminando dietro alle ragazze. Entrò appena in tempo per vedere la faccia stravolta di Elizabeth, in un'espressione di orrore. Senza parole, guardò suo figlio che immediatamente balzò in piedi, mettendo da parte la canna di una carabina che stava pulendo.

 

Stephen sembrava rapito positivamente, con i suoi occhi blu spalancati e la sua risata spumeggiante, mentre correva incontro alla ragazza.

 

"Stephen Mason!" disse Elizabeth ad alta voce, con le mani sui fianchi, "Stephen, abbiamo già parlato di questa faccenda. Non puoi avere più contatti con gli uomini rossi. Io...io ho parlato e la mia parola è definitiva. Loro-"

 

"Mamma, questa è la mia più cara amica del mondo, Tankawun dei Lenape." Stephen volse i suoi ingenui occhi azzurri verso sua madre. "Deve restare per cena, ha fatto tutta la strada a piedi dall'accampamento per vedere me!" Stephen proiettò il suo sorriso fanciullesco, allegro, verso la sua mamma.

 

"E anche me! E' venuta per vedere me!" Lucy cinguettò, strofinando la testolina dai capelli chiari contro la cintola della ragazza.

 

Elizabeth Mason guardò i tre giovani sorridenti, poi osservò la faccia combattuta, apprensiva di Gregory. Elizabeth sapeva che non avrebbe mai potuto arrivare a negare il cibo a qualcuno; per lei era un crimine contro la decenza. Il nutrimento era sacro.

 

"Sediamoci." Elizabeth sospirò, scostandosi con un soffio una ciocca di capelli biondo miele dalla faccia. Gregory annuì ferventemente.

 

"Stephen, ragazzo, tira fuori le sedie per le ragazze."

 

Alcuni minuti dopo Gregory osservò furtivamente i due adolescenti che sghignazzavano tra loro e si sorridevano a vicenda. Stephen e Lucy ridevano con gioia nel vedere Tankawun che si sforzava di usare il cucchiaio, o che sorseggiava il forte sidro con un’ espressione desolata. Povera cara, pensò Gregory con comprensione. Avrei dovuto prenderle dell'acqua fresca dal fiume. Almeno Elizabeth si è calmata. Gregory ammise tra sé e sé che ora riusciva a capire perché Stephen fosse così affascinato dalla ragazza Lenape. Sì, era graziosa come l'aurora, ma aveva anche un carattere socievole e contagioso, che incantava facilmente. Il suo sorriso era caldo e sincero, i suoi profondi occhi marroni erano semplici e ingenui.

 

"Stephen, sei stato distratto." Elizabeth disse all'improvviso in modo tagliente, frustrata per il sorriso smorfioso e inebetito di suo figlio. "Devo insistere affinché tu scopra più informazioni su Alice, Uncas e il resto dei nostri vicini. La pianterai di dire sciocchezze alla nostra ospite e le farai delle domande pertinenti, vero?"

 

Stephen arrossì selvaggiamente. "Certamente, mamma... ma già ho chiesto, non capisco le sue parole, non sono sicuro..."

 

"Non ne sono certo," corresse Gregory in modo stanco, pulendosi la bocca con il fazzoletto di pizzo.

 

Stephen annuì obbediente, "Giusto. Lei non è - Voglio dire, non credo che possa dirci molto. Non ne sono certo."

 

"Sarebbe troppo insolente da parte mia presumere che la permanenza della tua amica qui stasera sia una semplice visita di cortesia?" chiese leggermente Gregory Newsom. Stephen guardò l'uomo sbattendo le palpebre stupidamente, incapace di comprendere quell'affermazione.

 

"Perdonami, ragazzo mio. Quello che volevo dire con la domanda è... lei è qui per farti visita, o per riferire qualcosa di grande importanza?"

 

"Suppongo solo per farmi visita, signor Newsom. Dopo cena la accompagnerò a casa-"

 

"Non farai niente del genere, ragazzo." Elizabeth sussurrò, fissando suo figlio. "Gregory-?"

 

Lui annuì il suo assenso. "La scorterò fino a casa, la porterò fin dove posso senza sconfinare, in vista dell'accampamento Lenape."

 

Stephen giocherellò con il cibo per diversi secondi, riflettendo profondamente. "Va bene," disse dopo un po', "ma prima, voglio parlare fuori con Tankawun. Da solo. Devo dirle qualcosa."

 

Stephen si alzò energicamente e fece cenno a Tankawun che sarebbero andati via. Lei si alzò in piedi e si poggiò una mano sul cuore. "Wanishi."

 

Quando Elizabeth vide suo figlio afferrare la mano di Tankawun mentre uscivano, chiuse gli occhi; una fitta di agonia le colpì il cuore. Entrambi questi giovani erano più che stupidi, se veramente pensavano che il loro innocente flirt avrebbe avuto come risultato la felicità. Il mondo non li avrebbe mai guardati con comprensione.

 

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La mattina seguente Uncas si svegliò nella sua solita maniera: velocemente, scrollandosi di dosso il sonno facilmente e analizzando l'ambiente circostante con la precisione di un falco. Scivolò fuori dal letto silenziosamente, consapevole della presenza di Alice, ancora profondamente addormentata accanto a lui. Uncas indossò rapidamente la sua camicia verde scura, che era stata gettata con noncuranza su una sedia; poi avanzò verso il focolare per attizzare la brace smorzata. Si fece scappare una piccola smorfia. Odiava il letto dell'uomo bianco. Non offriva alcun sostegno alla schiena e Uncas dormiva male ogni notte, desiderando solo di potersi stendere a terra su alcune pelli. Ma questo significava dormire lontano da Alice.

 

Uncas si voltò e guardò Alice per diversi lunghi secondi, con lo sguardo ammirato. Com'era bella! La sua pelle chiara quasi splendeva nella vicina oscurità delle ore che precedevano l'alba. Con i suoi capelli biondi, che somigliavano a un campo di grano maturato dal sole, Alice somigliava a un angelo dell'uomo bianco con un' aureola dorata. Uncas aveva letto il libro nero degli Yengeese a scuola dal Reverendo Wheelock, e aveva ascoltato le storie sacre che i Bianchi predicavano sempre.

 

Uncas stava gustando immensamente la passione ritrovata che Alice gli mostrava durante quei momenti molto privati. Uncas ripensò con una fitta di nostalgia a quanto sembrasse fragile e delicata Alice quando era persa tra le sue braccia ogni notte, le mani leggere e incerte, la sua voce leggera, sussurrata mentre pronunciava il suo nome e gli avvolgeva le braccia intorno al collo.

 

Questi erano precisamente i pensieri che attraversarono la sua mente quando, piuttosto improvvisamente, la mente di Uncas si concentrò su un inconfondibile rumore di passi proveniente dall’esterno.

 

Uncas afferrò la sua accetta e andò immediatamente verso la porta, guardando velocemente il corpo tranquillo di Alice. Aprendo la porta di colpo, Uncas mantenne la sua postura di allerta e sbirciò fuori, con l'accetta pronta.

 

Prima che lui avesse l'opportunità di reagire, la porta fu spinta con forza da forti mani, facendolo indietreggiare di alcuni passi.

 

"Padre?" chiese Uncas stupito in mohicano mentre l'anziano uomo entrava dentro arrampicandosi, strattonandosi una pelle di cervo intorno alla spalla in modo scontroso. L'accetta fu abbassata frettolosamente.

 

"Dove sono gli altri, padre? Cos'è successo? Sono-" Uncas si fermò incerto, notando che gli occhi di suo padre erano diventati delle fessure strette per la collera e la disapprovazione. Si voltò e si sentì umiliato interiormente.

 

Alice. Come poteva lui aver dimenticato il sonno tranquillo di Alice nel letto che avevano condiviso per giorni? Chingachgook sicuramente notò che Alice indossava soltanto una leggera sottoveste, con una spallina bianca che le pendeva, avvolta nella sottile, consumata coperta del letto... c'era un'incavatura accanto a lei, dove ovviamente aveva dormito Uncas.

 

Disse Chingachgook calmo, ma con gli occhi simili a due carboni ardenti. "Abbiamo avuto una conversazione in cui ti ho ordinato di non toccarla, di aspettare che lei fosse nella tua casa, sotto la tua cura. Siete stati entrambi soli qui per una questione di giorni."

 

Uncas deglutì nervosamente, oscillando tra la vergogna e il bisogno di difendersi. Era praticamente sua moglie ora. Lei era d'accordo. Lui aveva visto 23 estati nella sua vita, non era un ragazzo acerbo. "Padre, io-"

 

"Per di più," l'anziano uomo lo interruppe in modo tagliente, con le sopracciglia congiunte nettamente a forma di V, "questa non è la tua casa. Appartiene a quella ragazza Yengeese. Manchi di rispetto a lei e disonori me."

 

"Padre, Alice è mia moglie." Uncas disse con grande solennità, sforzandosi di mantenere la sua voce il più neutrale possibile.

 

Chingachgook guardò il suo figlio minore in modo sprezzante. "Sarà la tua donna appena ti comporterai come dovrebbe fare un marito, cioè provvedere a lei con le tue mani. Non corteggiarla nel letto di una casa che non ti appartiene."

 

Alice farfugliò nel sonno e Uncas diventò teso. Sapeva che lei si sarebbe mortificata tantissimo se si fosse svegliata e avesse visto Chingachgook guardarla in malo modo. Alice si girò soltanto e si nascose più in profondità nella coperta.

 

Chingachgook guardò la giovane donna pensierosamente, ma senza rabbia evidente. Era ovvio che lui desse la colpa soltanto a suo figlio.

 

"Uncas. Partiremo. Sveglia la ragazza;  la porteremo da sua sorella e dagli Stewart."

 

"Va tutto bene, padre?" chiese Uncas cautamente, piegando la testa di lato mentre esaminava preoccupato il volto rugoso di suo padre. Chingachgook non rispose.

 

"Dov'è mio fratello? Sta bene?"

 

Per la prima volta, Uncas vide che suo padre era in preda allo sgomento. La paura sembrava essere come le fiamme che gli lambivano i talloni.

 

"No."

 

Uncas ripensò a qualcosa che un anziano proveniente da una lontana tribù gli aveva detto quando era un ragazzo... Cos'è la vita? E' il bagliore della lucciola durante la notte. E' il respiro di un bufalo durante l'inverno. E' la piccola ombra che percorre l'erba e si perde nel tramonto.

 

Fu solo in quel momento, nell'età della virilità, che Uncas riuscì a dare un senso alle parole che in gioventù aveva dato per scontate. Che la vita era fugace. Delicata come una goccia di rugiada su una foglia di acero. Il Signore della Vita aveva instillato la vita in tutte le creature, ma la vita poteva essere strappata via in qualsiasi momento.

 

Suo fratello ora era sospeso in questo precario equilibrio. C'era qualcosa di terribilmente sbagliato.

 

Uncas non chiese spiegazioni, incrociò soltanto lo sguardo di suo padre in modo risoluto. "La sveglierò. Ora andiamo."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Gli occhi di Alice si aprirono di scatto.

 

Un certo istinto remoto la mise in guardia;  c'era qualcosa che non andava.

 

Mettendosi a sedere lentamente, Alice si avvolse la coperta consumata intorno al corpo, e alzò gli occhi.

 

Le due forme oscurate si concentrarono di scatto allo stesso tempo, quando interruppero il loro dialogo sussurrato. Alice strizzò gli occhi e...

 

Arrossì fino alle radici delle sue trecce bionde.

 

Che spettacolo con cui svegliarsi.

 

Alice si mise seduta dritta, annuendo solennemente a suo suocero. Era imbarazzata per essere stata colta in flagrante, per così dire, ma si sforzò di non farsi piccola piccola per il timore.

 

Uncas la guardò con ansia, con la bocca impostata in un'espressione seria. Sembrava essere senza parole a questa svolta degli eventi.

 

"Buongiorno, Chingachgook," disse Alice, con la voce gutturale per il sonno. "Qualcosa non va?"

 

Gli occhi scuri di Chingachgook intersecarono il suo figlio silenzioso. Ci fu una pausa aspra. Aggrottò la fronte quasi impercettibilmente, mentre guardava Uncas. Alice guardava con apprensione padre e figlio, le sue dita sottili afferravano la coperta inflessibilmente.

 

"Andrai dagli Stewart ora, Alice," Uncas disse questo con calma, con lo sguardo sconvolto. "Ti lascerò lì e poi andrò con mio padre."

 

Alice si scoraggiò. "Dov'è Nathaniel?" insistette, con i precedenti timori che crescevano dentro di lei.

 

Chingachgook non era dell'umore adatto per gingillarsi e indugiare. "Vieni. Dobbiamo andare."

 

Si voltò per andare, per darle il tempo di vestirsi, quando fece una pausa. Senza guardare nessuno dei due, Chingachgook disse a voce bassa.

 

"Gli Yengeese a Letort hanno condannato a morte il mio figlio bianco nel giro di 5 giorni."

 

Alice guardò velocemente Uncas, poco sicura di aver capito bene. Rimase a guardare, scioccata, in preda all'orrore. Il forte guerriero, che Alice era arrivata ad amare e di cui si fidava, guardava in basso verso il pavimento della casa in legno, e strizzò gli occhi chiusi.

 

"E' impossibile!" sussurrò Alice, alzandosi in piedi frettolosamente. La coperta scivolò giù in basso sul suo corpo, scoprendole le spalle bianche. Alice ignorò questo. Cercò la sagoma di Chingachgook. "Condannato per cosa?"

 

"Sedizione. Tradimento," Chingachgook replicò, con la voce piena di collera.

 

Alice stava barcollando per quest'informazione. Per questa terribile notizia che le diede l' impressione di essere in extremis.

 

Non può essere. Non ora. Non così. Non Nathaniel.

 

Il dolore e il panico scossero Alice fin dentro l'anima. Non lo avrebbe accettato. Non avrebbe potuto. Era Nathaniel dei Mohicani. Era La Longue Carabine. Non poteva morire e lasciare sua sorella vedova, lasciare la famiglia distrutta, a pezzi.

 

"Cosa faremo, Padre?" chiese Uncas con una voce uniforme.

 

"Sì, cosa possiamo fare?" chiese Alice frettolosamente.

 

Le sopracciglia di Chingachgook si incresparono di scatto, bruscamente, e Alice tremava lievemente. L'anziano uomo aveva quell'espressione sulla faccia quando la sua collera veniva provocata.

 

"Non ci saresti di nessun aiuto. Ci ostacoleresti," disse Chingachgook brevemente.

 

Alice si sentì calda in volto per la svalutazione. Tuttavia sentiva che non poteva rinunciare completamente, non quando una così cara vita era in gioco.

 

"Sono cresciuta in mezzo agli ufficiali," replicò Alice delicatamente. "Conosco le leggi militari inglesi."

 

"No," Uncas intervenne rapidamente, con la faccia più posata. "Ti porterò dagli Stewart."

 

Alice fissò Uncas. Quest'uomo, il suo giovane marito. Alice sapeva cosa stesse pensando. Non si era concessa a lui soltanto con il corpo. Il legame tra loro andava oltre il lato fisico. La ragazza riusciva a leggere i suoi pensieri; stavano succedendo troppe cose - mia moglie. Mio padre. Il mio unico fratello.

 

"Ma io..." gli occhi di Alice si muovevano tra padre e figlio. Il risentimento le crebbe nella gola, anche se cercava di contenerlo. Ora era una moglie, lo sapeva. Ma non sarebbe ritornata a essere una vittima indifesa o una spettatrice. Non poteva.

 

La voce di Uncas era decisa. "Vestiti, Alice. Veloce."

 

Gli occhi di Chingachgook sembravano cavernosi nel suo volto rugoso. All'inizio Alice lo guardò in modo esitante, ma la sua cautela era massima, più di ogni altra cosa. Come era stato nei mesi precedenti, Alice sentì crescere la propria determinazione, a poco a poco, finché incrociò fermamente gli occhi di Chingachgook.

 

Non sono inutile.

 

Chingachgook incrociò lo sguardo di Alice, inflessibile.

 

Gli uomini uscirono fuori in silenzio per darle il tempo di vestirsi. Alice si accasciò sul letto, togliendosi la coperta dai piedi, incurante di avere addosso la sottoveste semi-trasparente. Non gliene importava nulla, perché il mondo che aveva conosciuto l'anno scorso, la vita che era riuscita a costruirsi dalle macerie e dal sangue, tutto stava crollando ai suoi piedi.

 

Alice sentiva che il suo cuore cominciava a spezzarsi.

 

...................................................................................................................

 

La mano di Uncas era fredda mentre loro si precipitavano attraverso il bosco, con Alice che stava facendo del suo meglio per non mostrare la sua stanchezza. Sebbene il suo corpo si fosse abituato abbastanza al duro rigore della vita di frontiera, era difficile per Alice tenere il passo con un abile corridore come Uncas. Era determinata a non farlo rallentare.

 

Allungando il collo in su, Alice guardò il sole strizzando gli occhi e pensò che dovesse essere metà mattinata. Avevano mantenuto un passo svelto per diverse ore, fermandosi una volta su insistenza di Uncas, così che Alice potesse bere un po’ di acqua dal suo otre. Era una fresca, bellissima giornata.

 

Alice aveva guardato nella sua direzione diverse volte. Nella sua posizione eretta e nella sua bocca a linea retta - così come quelle di suo padre - Alice percepì il desiderio di Uncas di rimanere in silenzio.

 

Le dava la colpa?

 

Alice sentì un senso di nausea crescerle nella pancia. Il suo gusto acre le fece emettere un respiro tremante. Che succederà a Nathaniel? E a mia sorella? Che ne sarà della mia nuova famiglia? Mi incolpano? Uncas mi odierà? E Chingachgook? Lui -

 

Uncas si fermò così improvvisamente che Alice ebbe appena il tempo di reagire. Con un sussulto, Alice comprese che si trovavano di fronte a un fiume ondeggiante. Lei era a pochi passi davanti a Uncas, con il braccio allungato all’ indietro, mentre Uncas le stringeva la mano saldamente.

 

"Sediamoci," fu la sua richiesta calma. "Riposati."

 

Alice scosse la testa, arzilla. "Non sono stanca."

 

Uncas inarcò un sopracciglio nero. "Siediti per un po', Alice. Quando ti sentirai più riposata, potremo continuare a camminare."

 

Per qualche ragione misteriosa, Alice sentì un tremito di nervosismo a quelle parole. Le facevano venire in mente qualcosa... qualcuno... un altro posto... Non prometteva nulla di buono.

 

Era troppo. Alice, già nella morsa del senso di colpa e della paura, impostò la mascella.

 

"Uncas," replicò a voce bassa, "Sono abbastanza in forma. Vorrei continuare a camminare. Non sono una bambola. Non mi romperò."

 

Uncas la trascinò gentilmente finché si misero a sedere sulla riva del fiume; poi le tirò le braccia finché si calmò.

 

Alice si sedette dritta come uno scovolino, con i suoi lineamenti irrigiditi.

 

Uncas guardò in silenzio la sua nuova moglie, inespressivo. Alice non poteva più sopportare ciò.

 

"E' colpa mia," sussurrò, abbassando la testa.

 

"No," replicò Uncas immediatamente, prendendole la mano fiacca. Alice sentì la bruciante nausea crescerle di nuovo nella pancia.

 

"Invece sì!" pianse, alzandosi in piedi all'improvviso. "A causa mia, del mio arresto, Nathaniel potrebbe - potrebbe - "

 

"Non succederà, Alice."

 

Uncas avvolse le braccia strette intorno ad Alice, stringendola vicino al tepore del suo corpo. Comunque, lei percepiva un leggero tremito che si insinuava furtivamente attraverso il corpo magro di Uncas.

 

Era tutto così maledettamente ingiusto, pensò Alice, abbattuta. Nascose la testa nel tiepido posto in cui il collo e la spalla di Uncas si incontravano, inalando profondamente. La pelle di Uncas aveva il profumo di aghi di pino, anche del sapone aromatico di Millie, che probabilmente si era trasferito da Alice a lui.

 

Il giovane guerriero la tenne per diversi minuti mentre ascoltavano il fiume che ondeggiava.

 

"Non lascerò tuo fratello morire," sussurrò Alice alla fine, con la voce che si spezzò all'ultima parola.

 

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Alice fece un sospiro d'impazienza mentre raddrizzava il chiodo sulla staccionata che stava cercando di riparare. Con un uno sguardo torvo, fece oscillare il martello a granchio in modo secco nelle colonne coperte di assi che costituivano la staccionata circostante.

 

Il colpo del martello fece sì che il chiodo scheggiasse il legno, e prima che Alice lo sapesse, la tavola stessa si spaccò a metà. Senza pensare, tentò di raddrizzare velocemente la tavola con la mano sinistra, e si lamentò per un improvviso dolore bruciante.

 

Una scheggia.

 

Una dannata scheggia, lunga circa quanto la metà del suo pollice, si era piantata nella soffice, delicata pelle compresa tra il suo pollice e l'indice. Lasciando cadere il martello sull'erba con un tonfo, Alice esaminò la propria mano con un sussulto. Tentò di estrarre il frammento, ma riuscì soltanto a spingerlo dentro ulteriormente. Lo scavare più a fondo fece sì che un piccolo schizzo di sangue fuoriuscisse e le scorresse lungo il palmo della mano.

 

Alice si voltò per andare lentamente nella casa degli Stewart. Si avvolse la mano che pulsava, sanguinante nelle pieghe della sua gonna color crema. Il sole era splendente e l'aria era fresca e propizia, ma Alice non era dell'umore adatto per divertirsi.

 

Uncas l'aveva lasciata là, nella fattoria degli Stewart il giorno precedente. Non si era nemmeno fermato a parlare con le altre donne, anche se Alice sapeva che era pressato per il tempo. Le donne erano pazze di gioia, soprattutto Cora. Aveva abbracciato Alice e aveva continuato a chiederle cosa fosse successo, dove fossero gli uomini, e se ci fosse qualche problema. Persino dopo che Alice aveva fornito la propria versione abbreviata dei fatti.

 

Tuttavia, Alice si sentì addolorata. Era stata lasciata da sola con Cora e Annabel, sola a dover essere l'unica a spiegare loro cosa fosse successo con Nathaniel.

 

E Alice era stata incapace di farlo. Era codardia, si chiedeva mentre si avvicinava alla porta della casa, o era compassione? Aveva cercato rifugio nella certezza di Uncas, secondo il quale avrebbero trovato un modo per tirare fuori Nathaniel da tutto questo. Quindi, con questa logica, aveva solo detto alle donne della casa che gli uomini erano stati al forte per un'altra questione. Comunque, quella notte Alice non era riuscita a dormire. Nelle ore buie, calme della sera, Alice aveva pianto di fronte alla parete. Aveva sentito una pesantezza nel petto. Non c'era niente da fare -

 

Alice era stata lasciata indietro e Nathaniel era in grave pericolo.

 

Aprì la porta e gironzolò, diretta verso l'armadietto che conteneva pomate e medicine.

 

"Va tutto bene, Alice?" chiese Annabel dal suo posto accanto al focolare, dove stava girando la cena di quella sera. Stufato di coniglio o qualcosa di simile, dal profumo allettante. Annabelle stava guardando Alice frequentemente da quando era arrivata, con i suoi perspicaci occhi color nocciola. Sentiva che qualcosa non andava, ma si stava trattenendo dal farle domande.

 

"Sì," replicò brevemente Alice, aprendo l'armadietto e rovistando con la sua mano libera.

 

"Cos'è successo alla tua mano, sorella?" giunse la voce preoccupata di Cora. Lasciò cadere una delle camicie di calicò di Nathaniel che stava rammendando, e avanzò lentamente verso la sua sorella minore.

 

"Niente, Cora. Solo - una scheggia."

 

Cora cercò di esaminare cautamente la mano di sua sorella, ma Alice si divincolò. Presto trovò ciò che stava cercando - una fiala di linfa presa da un albero di pino, e un piccolo pacchetto contenente grasso di animale. Uncas gliel'aveva dato un po' di tempo prima, quando si era lamentata delle zanzare. Non che lo avrebbe usato tutti i giorni; tuttavia, il grasso era molto utile.

 

Cora corrugò il naso delicatamente. Non le era mai piaciuto l'odore del grasso che gli Indiani usavano così regolarmente.

 

"Posso aiutarti?" disse Cora provvisoriamente, mentre Alice si mise a sedere a tavola in silenzio spargendo gli oggetti intorno a sé. "Ho solo bisogno di un ago..."

 

"Questo è più veloce."

 

Ci fu un momento di silenzio. Con un cenno del capo, Cora ritornò al suo rammendo, lanciando un'occhiata speculativa ad Alice.

 

Passarono diversi minuti e Alice si morse il labbro, concentrandosi per cercare di estrarre la scheggia soltanto con l'unghia del suo pollice.

 

"Prenderò un po' d'acqua," Cora stava seduta dritta con un sospiro, andando a prendere il secchio accanto alla porta.

 

Annabelle annuì piacevolmente.

 

Una volta da sola con Annabelle, Alice si chinò. Poteva percepire l'altra donna che la osservava costantemente; Alice riusciva quasi a sentire gli ingranaggi che giravano nella sua mente acuta; poteva sentirla formulare la sua inchiesta verbale.

 

Cora era sempre stata intelligente e con i riflessi rapidi, ma Annabelle era più unica che rara.

 

In pochi istanti, Annabelle si sedette accanto a lei, tenendo il suo pancione sporgente a debita distanza dal tavolo. Prese abilmente la mano ferita di Alice prima che lei potesse protestare, e le diede un rapido esame. Manovrando e ruotando il palmo di Alice, Annabel premette la propria unghia nella pelle della ragazza. Non passò molto tempo prima che la scheggia cominciasse a uscire da sola.

 

Alice sorrise ad Annabelle, gratificata.

 

Annabel si concentrò sul suo lavoro. Poi -

 

"Cos'è successo?"

 

Quello fu tutto ciò che chiese e Alice, sopraffatta da tutto ciò che era successo negli ultimi giorni, si rifiutò di rispondere.

 

Annabelle alla fine tirò fuori la dolorosa scheggia, e cominciò a massaggiare la linfa sulla pelle di Alice.

 

"Avresti dovuto immergere la mano nell'aceto prima," Annabel la rimproverò tranquillamente.

 

Alice espresse il suo assenso, esaminando la donna.

 

"Alice, nessuno di noi dubita della tua forza."

 

Alice sbatté le palpebre per lo stupore. Cosa?-

 

Annabel continuò, "Il mondo non è un fardello che devi trasportare. E se qualche disgrazia è giunta durante il nostro cammino, dobbiamo affrontarla tutti uniti."

 

Alice sentì un blocco nella gola. "Io... Annabelle, se tu potessi aiutare qualcuno a te caro, anche se fosse impossibile, lo faresti?"

 

"Sì," rispose Annabelle immediatamente. Non c'era alcuna esitazione nei suoi occhi. Rimasero in silenzio.

 

"E' James?" chiese Annabelle alla fine.

 

Alice scosse la testa e, inaspettatamente, gli occhi di Annabel si bagnarono di lacrime.

 

Era troppo. Coraggiosa, forte, sensibile Annabelle. Se solo mia sorella e io fossimo rimaste ad Albany. Se solo non avessimo incontrato gli uomini. Non abbiamo portato nient'altro che disgrazie a tutti in questo continente. Se solo non fossimo mai venute in questa Valley.

 

Alice comprese, tardivamente, che doveva aver espresso alcuni di quei pensieri a voce alta. Perché prima che lo sapesse, Annabelle sopraggiunse e abbracciò la ragazza dai capelli chiari.

 

"Dimmi," insistette Annabelle, accarezzando i capelli lisci dalla faccia di Alice.

 

"Nathaniel," disse Alice, colpita, "Il Generale di Fort Letort ha ordinato che venisse impiccato. Hanno scoperto della...della faccenda di William Henry."

 

Gli occhi di Annabelle si spalancarono. Tuttavia, prima che potesse replicare, Cora entrò in casa, con gli occhi e la faccia illuminati dal sole.

 

"Le spigole stanno nuotando nel fiume!" disse lei disinvolta, sorridendo calorosamente alle altre donne. Non si accorse del loro attento, nervoso silenzio. Mise giù il secchio. "E pensavo che James avesse detto che normalmente nuotano in questo modo a giugno."

 

"Annabelle, dovremmo completare lo stufato con le patate, e forse anche con le carote?"

 

Annabelle annuì senza parole.

 

Cora uscì velocemente come quando era entrata, già preoccupata per la loro cena.

 

"Devi dire a Cora che cos'è successo!" disse Annabelle subito, afferrandole la mano.

 

"Annabelle-"

 

"Alice, se fossi tu al suo posto, e Uncas fosse così in pericolo, non vorresti sapere ogni cosa?"

 

"Certamente! Ma Cora... lei... Annabelle, lascia che sia io a dirglielo. Ti prego."

 

Annabelle guardò Alice circospetta.

 

"Va bene, Alice. Di' la verità a tua sorella. Ma bada a non indugiare."

 

Alice annuì, sentendosi sollevata e biasimata. Sapeva che quello che stava facendo era da egoisti. Disgusto di sé e panico guerreggiavano dentro di lei.

 

Voltando lo sguardo verso il piccolo mucchio di indumenti che Cora stava rammendando, scorse un perizoma, e accanto a esso un wampum di perline bianche che formavano una cintura. Nathaniel l'aveva dimenticata? Non era mai negligente quando si trattava di quell'oggetto, poiché era una fonte d'orgoglio per lui. Uncas ne aveva uno identico; erano cinture che appartenevano ai Mohicani. Chingachgook ne aveva una maestosa, fatta di conchiglie bianche e nere. Gli Indiani la usavano per tramandare le loro storie.

 

Alice continuò a fissare il wampum per tutto il pomeriggio. Mentre svolgeva le faccende in casa, e quando non era in casa, ripensava alla cintura. Gli Indiani trattavano questi cimeli di famiglia con tale cura.

 

Prossima al tramonto, ripensò a quel giorno, quel maledetto giorno dello scorso agosto in cui lei e sua sorella avevano quasi incrociato destini orribili. Uncas era quasi morto, e avevano perso il loro caro amico Duncan.

 

Quel giorno in cui Nathaniel era entrato coraggiosamente in un accampamento nemico per amore di lei e di sua sorella, tenendo sollevata la cintura di Chingachgook come testimonianza delle sue parole.

 

I pensieri di Alice divennero ipotetici.

 

Mentre gli altri erano occupati a fare le pulizie dopo la cena, Alice nascose la cintura in uno zaino che James aveva lasciato accanto alla porta. Dopo alcune considerazioni, si infilò in tasca un coltello rinfoderato.

 

Avrebbe potuto averne bisogno.

 

Al posto del coltello, Alice lasciò la sua spilla.

 

In questo scenario, il tempo era della massima essenza. Si disegnò a mente una mappa di tutti i punti di riferimento circostanti. Doveva camminare più che poteva; per fortuna sapeva che stasera ci sarebbe stata la luna piena.

 

L'aria del crepuscolo era fresca quando Alice sgattaiolò fuori dalla casa, silenziosa e col passo sicuro. Aveva davanti a sé un lungo percorso, e a guidarla c'era soltanto il chiaro di luna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Avviso per tutti i lettori! ***


Salve amici miei. Volevo ringraziarvi per il vostro sostegno! La storia per il momento si conclude qui, al 22esimo capitolo. Non appena l'autrice pubblicherà altri capitoli nuovi della storia, ricomincerò a tradurre per voi... Nel frattempo vi invito a leggere una nuova storia che sto traducendo. Si chiama Tender Surrender e l'autrice si chiama Sullieyan.. Spero che vi regalerà delle grandi emozioni.. Un abbraccio da Eliana!!!

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