Lost di Assiage (/viewuser.php?uid=909256)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Avviso per tutti i lettori! ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
I
sopravvissuti al massacro erano accalcati insieme al margine della
foresta quando l'alba si diffondeva nel cielo - Chingachgook, i suoi
due figli e le sorelle Munro.
Uncas giaceva stordito, il suo respiro leggero, il suo
sguardo luminoso e febbricitante. Molti pensieri correvano attraverso
la mente del giovane Mohicano, immagini che aveva dimenticato. Il cuore
non dimentica mai, pensò egli intontito, cominciando a
tremare. Suo padre condivise uno sguardo preoccupato con Nathaniel.
Mai..., pensò Chingachgook, non
dimenticherò mai l'immagine di mio figlio nello strapiombo,
stavo quasi per perderlo... Egli volse lo sguardo sconvolto verso la
esile ragazza bianca con i capelli del colore della luna, la causa
della pazza fuga di Uncas su per il fianco di quella montagna.
I suoi occhi si posarono furtivamente sui polsi di Alice,
scorticati crudelmente dalle corde di Magua. Le sue mani insanguinate
aggiustarono delicatamente la sua gonna rosa chiara, e si
avvicinò gradatamente a Uncas, i suoi lisci capelli biondi,
la sua pelle chiara e luminosa. I suoi occhi azzurri apparivano molto
grandi mentre guardava il suo figlio minore, solenni e fissi.
Uncas mormorò ancora e si rigirò
irrequieto in un delirio di febbre. Le sue ferite profonde venivano
costantemente pulite e disinfettate, le bende cambiate.
Loro non potevano fare niente, comunque, per abbassare la
febbre che infuriava in lui. Chingachgook osservava tutto
ciò, calmo e stoico. Egli vedeva l'agitazione del suo figlio
bianco, la ragazza dai capelli scuri che si torceva le mani, la ragazza
dai capelli d'oro con lo sguardo basso in un silenzio ininterrotto.
Ma no. Chingachgook non avrebbe ceduto alla disperazione e
allo sconforto. La morte era sempre stata un'ospite fissa nella sua
vita, reclamando la sua famiglia e sua moglie quando era ancora giovane.
La morte non avrebbe reclamato suo figlio.
La morte era sleale nel senso che non offriva scuse,
giustificazioni, e prendeva coloro la cui ora era arrivata - che fosse
un padre coraggioso che sorrideva teneramente a un figlio addormentato,
che fosse una bellissima moglie con i capelli neri color carbone e
occhi sorridenti.... Chingachgook conosceva i segreti del tempo e della
natura.
La morte era incombente, ma non presente.
Quando Uncas si voltò, Chingachgook vide una mano
chiara e esile accarezzare la faccia di suo figlio. Nathaniel, seduto
con Cora tra le sue braccia, si offuscò alla vista della
mano di Alice. Tutti osservarono silenziosamente mentre Alice
posò delicatamente la mano sulla fronte di Uncas, con
sguardo concentrato.
Chingachgook pensò che forse la sua mano potesse
essere troppo gelida e appiccicaticcia, e si mosse manifestando
disagio. Uncas aprì gli occhi per un istante e sorrise negli
occhi della Ragazza di Luna. Alice ricambiò il suo sorriso e
tenne il suo sguardo finché gli occhi di lui si chiusero,
con un respiro pesante ma regolare.
La febbre è ancora presente, valutò
Chingachgook, osservando il velo di sudore lucente su suo figlio. Ma
adesso, al tocco di una ragazza bianca di appena 18 inverni di
età, lui dormiva tranquillamente.
Quando gli occhi di Chingachgook incontrarono lo sguardo
deciso di Alice Munro, strani pensieri cominciarono a passargli per la
testa. Egli incontrò lo sguardo di Alice come se fosse la
prima volta che la vedesse... il che, in un certo senso, era
così.
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Uncas era perso nello spettro tra luce e
oscurità. C'era una strana sensazione di galleggiamento e la
sua mente febbricitante in qualche modo creava la connessione. Come
poteva fluttuare, se era su un solido terreno?
A meno che non stia morendo.
Uncas non era spaventato. Per niente.
La morte era il padre del sonno, dopo tutto. Tutto
ciò che lui sentiva erano i rimpianti, tutti i rimpianti
nascosti della sua vita che lui aveva cercato così
valorosamente di tenere a bada. Di che utilità erano per un
uomo i desideri incompiuti, l'angoscia e i rimpianti? Erano emozioni
inutili, lui lo aveva deciso tanto tempo fa...
Ma ahimè, alcuni volti spettrali apparvero a
Uncas senza alcun invito. Egli vide il volto bellissimo e gioioso di
sua madre. I suoi occhi scuri che sembravano sorridere sempre.
Il suo migliore amico d'infanzia, Keesog. Da bambini, in un
giorno fatale, decisero eccitati di incontrarsi presso la cima di una
alta collina. Uncas allora aveva 10 anni. Keesog raccontò a
Uncas una storia ascoltata da alcuni mercanti di passaggio; la storia
raccontava che sulla cima della collina giacevano i resti e i tesori
dei soldati Yengeese morti tanto tempo fa.
Invece di incontrarsi con il suo amico, Uncas si
dimenticò prontamente e accompagnò suo Padre e
suo fratello a pesca. Di ritorno dalla gita, essi vennero accolti dalla
notizia - il giovane Keesog in qualche modo era caduto in un burrone
nella collina, rompendosi la testa e sanguinando a morte sul suolo
impolverato della collina.
Uncas cadde in stato di shock. Solo quella mattina aveva
visto il suo fedele amico. Con il suo grande sorriso a trentadue denti,
gli occhi accesi di aspettative e gioia alla possibilità di
trovare ossa, tesori e gloria.
Non posso crederci! Qualcuno ha inventato questa bugia!, lui
urlò prima di gettarsi tra le braccia di suo Padre e
nell'oscurità imminente.
La faccia di Keesog gli sorrideva. Nessuna ferita mortale,
nessuna paura, e un sorriso rassicurante al suo vecchio compagno.
Sarebbe stato un buon guerriero.. pensò Uncas nel
suo stordimento.
Uncas vide passare davanti a sé conoscenti e
amori passati in una schiera di vivace silenzio, quando
improvvisamente, qualcosa lo fece balzare. Un lampo di colore....
tessuto rosa.
Egli guardò obliquamente, ricordando. Tessuto
rosa; dita lunghe e affusolate, capelli biondi e occhi azzurri
maledettamente belli. Occhi blu ampi come il cielo della prateria.
Signorina Alice.
Lui aprì gli occhi e offrì un sorriso
alla graziosa biondina inginocchiata davanti a lui, la ragazza che
aveva catturato il suo cuore. I suoi occhi si chiusero e
dormì.
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Alice guardò Uncas dormire tranquillamente e
seppe che il suo cuore apparteneva a lui.
Lei gettò uno sguardo sulla luce del fuoco.
Nathaniel e sua sorella Cora erano seduti insieme, sussurrando, e lei
capì con un sobbalzo che Chingachgook la stava guardando,
con il fuoco riflesso nei suoi occhi scuri. Lei si leccò le
labbra screpolate e tirò fuori una domanda dal nulla per
mascherare il suo imbarazzo.
"Dove andiamo adesso?" chiese lei, con la voce che si
incrinava come se avesse foglie secche nella gola.
"Ci dirigiamo a ovest," disse lui dopo un po'. " Lontano
dagli Inglesi e Francesi che combattono".
"Andrete in Can-tuck-ee?" chiese lei, avendo sentito questa
frase da Uncas.
"Sì". Lui fece una pausa, e poi, " e tu, Ragazza
di Luna?"
Improvvisamente Cora si voltò, con gli occhi che
scintillavano pericolosamente nell'oscurità.
"Cosa intendi dire?" chiese lei bruscamente. "Io e mia
sorella staremo insieme. Lei ci accompagnerà in
Can-tuck-ee".
"Alice è una donna matura," mormorò
Nathaniel gentilmente a Cora. "Anche se mi farebbe immenso piacere se
lei si unisse a noi, la scelta è sua, se ritornare a Londra
o stare qui."
"Come puoi dire una cosa simile?" sussurrò in
modo fiero la sorella Munro dai capelli scuri.
"Io e Alice non abbiamo parenti in Inghilterra.
Sarà sola! Il Re può impiccarsi per
ciò che me ne importa. La nostra casa sarà qui!
In più, lei ancora non è cresciuta."
I suoi occhi si rivolsero verso Alice. "Alice, hai...
hai..." Lei pensò intensamente, cercando di ricordare. "Tu
hai 16 anni quest'anno? Non è così?"
Alice si sentì ferita profondamente, ma solo per
un momento. Lei non riusciva a costringersi ad essere arrabbiata tanto
a lungo. In effetti, Cora non era da criticare. La sua famiglia non
aveva festeggiato una sola volta il suo compleanno. La loro madre
morì dando alla luce Alice. Che cosa c'era da festeggiare?
Alice si schiarì delicatamente la voce.
"Ho 18 anni," rispose tranquillamente.
Cora la fissò. "Ma tu hai detto...Io pensavo..."
"Sei 4 anni più grande di me," Alice
ricordò a sua sorella.
Cora arrossì e rimase in silenzio per un secondo.
"Perdonami, sorella," disse lei calma. " Questo è orrido da
parte mia. Che razza di sorella sono, che mi dimentico della tua
età?"
Alice sorrise dolcemente, ma stancamente. "Una sorella che
è troppo preoccupata per cose di maggior importanza. Non
c'è niente da perdonare."
Nathaniel sorrise ad Alice calorosamente. Amava la sua
dolcezza.
"O forse," mormorò Cora. "Una sorella che ancora
ti vede come una ragazzina".
Si sorrisero l'un l'altra attraverso la tremolante luce del
fuoco, catturate nelle memorie del passato. Una giovane ragazza dagli
occhi fieri con voluminosi riccioli neri, che afferrava in modo
possessivo la mano di una piccola bambina bionda... Una ragazza bionda,
che fissa la sua sorella maggiore, più saggia con speranza e
fiducia...
Cora emise una risata gutturale che echeggiò
verso gli alberi e oltre.
"C'è poco da meravigliarsi.. quando ho sentito la
notizia del tuo fidanzamento con Jeremy Forsythe, mentre ero a
Dorchester, ho scritto a nostro Padre una lettera arrabbiata, chiedendo
perché lui ti avrebbe data in sposa a questa giovane
età. Era così sconcertato! "Ragazze
più giovani di lei sono diventate mogli", fu la sua
risposta!" Cora ridacchiò, allegramente inconsapevole che
l'umore di Alice era calato.
"Eri fidanzata, signorina Alice?", Nathaniel chiese con
interesse.
Alice annuì brevemente. Nathaniel notò
l'espressione attenta sulla sua faccia e così
tralasciò l'argomento. Inoltre, lui non era mai stato troppo
sottile nel porre le domande.
Ma lo stesso, lui si chiedeva quale fosse la storia.
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L'alba spuntò tiepida e frizzante, e i
viaggiatori erano sopravvissuti alla loro prima notte.
La febbre di Uncas se ne era andata poco prima dell'alba,
con travolgente sollievo di tutti i presenti. Comunque restava il fatto
che era ancora troppo debole per essere trasportato.
Gli uomini cominciarono a conversare nella loro lingua e
mentre Cora faceva uso della sua esperienza medica per prendersi cura
di Uncas, Alice si rese utile percorrendo a piedi la breve distanza
verso un ruscello zampillante per sciacquare le bende di Uncas. Si
sedette presso il ruscello e cominciò a strofinare
vigorosamente, guardando il sole sorgere come da ceneri amare per
colorare il mondo in rosa e arancione.
Alice non poteva credere che lei e sua sorella fossero
sopravvissute. Nientemeno che Uncas era corso da solo, per salvare lei,
una ragazza inglese che aveva conosciuto solo per un breve arco di
tempo.
Il tempo, tra l'altro, è una questione molto
ingannevole, pensò principalmente Alice. Uncas era
quasi morto su quel promontorio per essere stato ferito da un affilato
pugnale, finché suo padre e suo fratello erano arrivati, e
appena in tempo, tra l'altro, per finire Magua e i suoi guerrieri Uroni.
In seguito, il gruppo stordito e insanguinato scese
incespicando dalla cima della montagna e tutti fecero ciò
che poterono per Uncas. Si preoccuparono per il braccio fratturato di
Uncas e pensarono con che cosa fasciarlo, finché Alice ebbe
una trovata - i loro corsetti!
Erano piccole imbottiture spaventosamente strette, fatte di
una specie di osso, niente di meno, e a giudicare dalle contusioni che
Alice aveva accumulato dall'età di 13 anni, semplicemente
per indossare il suddetto indumento...beh... La sua intuizione l'aveva
ripagata. Le ragazze cedettero i loro odiosi corsetti, che furono
privati di lacci e fronzoli vari e vennero usati per fasciare le ossa
fratturate di Uncas.
"Non posso credere che voi ragazze dovevate indossare
questo!" esclamò Nathaniel, atterrito, ma ridendo in un
momento di divertimento, prima che Uncas cominciasse ad avere i brividi
quando la febbre salì.
Il sorriso di Alice diventò malinconico mentre
strofinava più forte.
Uncas...
Soltanto il suo nome le faceva venire quello strano brivido
lungo la schiena. Cosa dedurre da questo? Lei non era mai stata
innamorata.. Nemmeno di Jeremy. Pensò sospirando, ma
bandì quelle riflessioni per paura di provare di nuovo il
bruciante sentimento dell'umiliazione.
Uncas, il cui sguardo continuava a cadere su di lei dopo il
primo attacco di Magua e dopo la loro presentazione, non corrispondeva
affatto all'idea che Alice aveva di un pellerossa. Non c'era niente di
turpe o selvaggio in lui. Era alto, forte, insopportabilmente bello. Il
suo incarnato, non rosso come lei aveva pensato, era di un marrone
caldo, non diverso da quello dei marinai e di quelli che lavoravano
all'aperto.
Uncas, i cui occhi scuri la fissavano avidamente al forte
assediato dopo il loro incontro privato all'esterno.
Le mani di Alice tremavano ed emise un respiro tremolante.
Si sedette sulla riva del ruscello, ricordando.
Si presupponeva che lo scoppio del cannone francese in un
certo modo la cullasse nel sonno, pensava sprezzante mentre girovagava
per le sale tortuose del forte, l'atmosfera densa di lamenti di persone
ferite o moribonde.
Respirò a fatica. Non aveva lo stomaco per questa
sofferenza, e così, uscendo un po' fuori, si
sentì subito meglio. Gironzolò per l'accampamento
e vide, rimanendo scioccata, intere famiglie, mogli che afferravano
mariti feriti, giovani ricavare il meglio da una situazione orribile e,
rifiutando di sprofondare nella disperazione, girare in un vortice di
danze e tamburi, flauti e violini che fendevano l'aria. Un potente
testamento al forte potere della gioventù.
Tutto ciò era strano ai suoi occhi. Gli Inglesi
erano noti per il loro notevole contegno e questi Americani sceglievano
di attaccarsi alla felicità almeno per una notte in
più. Sono stupidi? Lei si chiedeva. Oppure sono coraggiosi?
Si scrollò i suoi pensieri disordinati e
affrettò il passo. A che cosa serve il coraggio quando
qualcuno è morto?
Un formicolio dietro al collo le disse che qualcuno la stava
osservando. Guardò a destra e appoggiato là con
una carabina stava il giovane Mohicano, Uncas. Lui le offrì
un piccolo sorriso e annuì sapendo di essere stato
riconosciuto, completamente disinvolto nell'essere stato colto nel
sacco mentre la occhieggiava.
Alice tirò su con il naso. Ma in
realtà lui la spaventava. Il suo sguardo fisso costante era
destabilizzante, specialmente il modo in cui esso causava quel dannato
brivido che la attraversava.
"Buonasera, Signore", Alice disse guardinga mentre Uncas le
si avvicinava lentamente.
Uno scoppio di cannoni particolarmente forte la fece urlare
di paura, e girò su se stessa così tanto che
inciampò. Uncas non era nemmeno trasalito a quel rumore
mentre la osservava, con i suoi occhi scuri penetranti.
"Sera, signorina," replicò lui. "Si gode il
panorama?"
La stava stuzzicando, e lei non sembrò gradire
proprio per niente. E se fosse stata permalosa?
"No." Lei sollevò il mento. "Stavo dando una mano
in infermeria".
"Lo so," disse lui, e se ne stette di nuovo in piedi
tranquillamente, osservandola finché lei cominciò
ad agitarsi.
"Chiedo scusa, signore", disse lei in tono tagliente. "Ma
siccome ci tengo alla vita, non sento il bisogno di stare
così vicino ai cannoni." E così,
cominciò a incamminarsi. Sentì dei passi vicino a
lei, si fermò e si girò.
Era di nuovo Uncas.
Lui sorrise. "Mi permetta di camminare con lei, Signorina.
Per la sua sicurezza".
Gli diede un'occhiata vacua, e così lui
provò di nuovo.
"Per favore?" Lei non pensava che lui stesse implorando. Era
veramente preoccupato.
"Va bene..." replicò.
Camminarono in silenzio per 5 minuti, e Alice
cominciò a sentirsi sempre più imbarazzata.
Così si fermò nell'oscurità vicino
all'alloggio di suo padre.
"Grazie, signore. Lei è degno di fiducia per
tutti noi," disse Alice pomposamente, voltandosi per andarsene.
"Uncas," disse la sua voce profonda, dolce come il miele.
"Quello è il mio nome."
Alice sembrava colpita. "Molto bene," riconobbe
lentamente. "Non hai un cognome?"
Uncas sgranò gli occhi lentamente e
ridacchiò. Stava ridendo di lei! Che nervi! Lui scosse la
testa.
"Solo Uncas."
" Bene, "Solo Uncas"," replicò, irritata " E'
tutto molto interessante, ma mi chiamerai Signorina Alice."
Lei sembrava molto, molto Britannica.
"D'accordo, signorina Alice."
Lei annuì e si voltò di nuovo per
andare, ma la voce di lui la catturò in una morsa.
"Penso che lei sia bellissima, signorina Alice. Anche
coraggiosa."
Alice si voltò lentamente. Aveva sentito bene?
Coraggiosa? Bellissima? Sapeva di essere graziosa, ma non si era mai
considerata bellissima. Quella semmai era Cora; audace, coraggiosa e
bellissima.
Un sentimento le nacque nel petto e sollevò lo
sguardo su di lui, cercando di sbrogliarlo. Perché non
riusciva a respirare quando lui la guardava in quel modo? I pensieri di
lei sembravano trasformati in poltiglia e fece l'unica cosa che
sembrava avere senso.
Si avvicinò e lo baciò.
Lui ricambiò il suo bacio con una dolcezza
ardente e con le punte delle dita la portò più
vicina a sé. Il bacio durò quasi 1 minuto. Lei si
sentiva come se un piccolo fuoco caldo, bianco bruciasse sotto la sua
pelle, e si fermò, respirando a fatica.
Lui lo aveva percepito?
I suoi occhi scuri sembravano persino più scuri,
e il bacio mandò ad Alice un fremito di calore che le crebbe
nel ventre.
Si fissarono per 10 secondi pieni prima di indietreggiare.
Alice si sentiva congelata.
"Buonanotte," sussurrò lei.
"Buonanotte," rispose lui con gentilezza. Entrambi si
voltarono lentamente e proseguirono verso direzioni opposte nella notte.
Alice si scosse per smettere di sognare ad occhi aperti.
Dubitava del fatto che molte donne a Londra potessero dire di aver
provato qualcosa come questo tabù, questa .... passione
proibita per un selvaggio.
Comunque, Alice aveva deciso già molto tempo
prima che Uncas non era un selvaggio. Uncas le ha salvato la vita e ha
infuso nuova vita in lei, persino in seguito alla morte di suo padre e
dell'amico, Duncan.
Raccogliendo le bende bagnate, Alice si trascinò
a fatica su per la collina, per tornare da sua sorella e da Uncas.
Note:
Salve a tutti, amici e amiche. Da lettrice e fan della
coppia più bella del mondo, ho deciso di provare a tradurre
questa fantastica fanfiction. Vorrei ringraziare Eilan per avermi
aiutata con la correzione dei capitoli, e l'autrice originale Assiage
per avermi dato il permesso. Spero che la storia vi piaccia e vi
emozioni, proprio come sta facendo emozionare me! Baciii eliana81
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Alice
camminò vivacemente verso il gruppo e posò le
bende lavate sull'erba, sperando che il sole del mattino le avrebbe
asciugate. Questa mattina sentiva ogni singolo dolore, sia nel suo
corpo contuso che nel suo cuore.
Alice affondò lentamente nell'erba e comprese che in qualche
modo si era intontita durante l'ultimo giorno. Tutto l'orrore della
situazione stava finalmente penetrando.
La sua famiglia era a pezzi.
Suo padre era stato massacrato.
Lei e Cora non avevano assolutamente nessun altro al mondo, tranne
questi uomini...
Il sole adesso era pieno nel cielo e gettava i suoi raggi su ciascuno.
Colpì i riccioli scuri di Cora, illuminando i toni rossastri
dei suoi capelli. Alice sentì il cuore dilatarsi mentre
guardava sua sorella. Sentiva molto amore in quel momento; la Cora
forte, coraggiosa che non fuggiva mai dal pericolo, ma il cui amore per
la sorella minore oltrepassava tutti i limiti e le aspettative.
Alice sapeva che la sua venuta al mondo aveva portato un'ombra scura
nel cuore di suo padre, mai sollevata, dato che lui aveva amato
profondamente sua moglie. Non lo avrei biasimato per il fatto di
detestare la mia vista, pensò Alice cupamente.
Ma no. Edmund Munro aveva amato entrambe le sue figlie con uguale
intensità e non sembrò mai rammaricarsi per non
aver generato un figlio maschio. Perdere mio figlio per uno dei molti
sanguinosi conflitti d'oltremare dell'Inghilterra? Non scambierei un
ragazzo per entrambe le mie ragazze. Lui era noto per il suo brontolare
sugli avvenimenti durante le cene, cosa che faceva aggrottare le ciglia
a quei gentiluomini Inglesi in segno di disapprovazione.
Questa era la sola cosa che il Col. Munro avesse mai detto che suonasse
lontanamente "antipatriottica" nei confronti della Corona inglese. Uno
Scozzese di nascita, egli si considerava un Inglese fino in fondo ed
era stato piuttosto rigido nel suo modo di pensare.
Alice sorrise tristemente. Aveva amato molto suo padre, così
come Duncan.
La voce di Cora la svegliò dalle sue fantasticherie. "Alice,
hai fame? Nathaniel è andato a caccia nella foresta."
Alice annuì in silenzio e diede un'occhiata alla figura
prona di Uncas. Il suo petto saliva e scendeva, ma almeno, anche se
debole, lui era ancora vivo. All'improvviso si sentì come se
fosse guardata e sapeva istintivamente che era ancora una volta
Chingachgook, che la guardava attraverso occhi scuri, socchiusi. A
quell'immagine, Alice distolse lo sguardo rapidamente, evitando di dare
troppe attenzioni al figlio dell' anziano uomo.
Che cosa deve pensare? pensò lei nervosamente.
Lo sguardo dell'uomo non era sospettoso, ma nemmeno caldo. Alice non
era sciocca. Anche se a modo suo, lei capiva il mondo. La gelosia del
padre proteggeva i figli, non importa quanto fossero cresciuti, e quale
figlio devoto non asseconderebbe un desiderio del padre?
Alice stessa non capiva cosa stesse succedendo o cosa stesse per
succedere. Sapeva solo che i suoi sentimenti per Uncas erano forti, ma
era esitante, in realtà riluttante a fare qualcosa. I mondi
degli Indiani e dei Bianchi erano ancora lontani l'uno dall'altro, su
sponde remote. La verità era, e Alice non si illudeva, che
Cora era più coraggiosa di quanto lei potesse mai esserlo.
Alice non pensava che sarebbe stata capace di fare ciò che
era custodito nel suo cuore... unire il suo cuore con quello di un
Indiano.
Un dolore riempì la sua anima in quell'attimo, come se una
mano di ferro stesse spremendo la linfa vitale dal suo cuore. Lei non
sapeva dove fosse il suo posto. Non più. Per tutta la sua
vita, si era sforzata solo di compiacere suo padre, di cercare di
riparare per aver privato sua madre della vita. Suo padre era stato un
uomo coraggioso. Tutti i Munro lo erano.
Alice guardò in modo risoluto oltre le montagne lontane.
Non lo disonorerò adesso con un tale spettacolo vergognoso,
decise Alice.
Così, soffocò i tonfi irregolari e dolorosi del
suo cuore e andò a sedersi vicino a sua sorella.
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Uncas si svegliò al dolore e al dormiveglia, una costante
palpitazione permeava dall'interno del suo corpo. C'era voluto tanto
tempo per ricordare dov'era e perché. Ansimando e stringendo
la ferita ancora in via di guarigione nel suo fianco, si mise a sedere
lentamente. Chingachgook fu al suo fianco in un batter d'occhio.
"Stai fermo, figlio mio," Chingachgook parlò calmo,
sostenendo il corpo di Uncas con il suo. Uncas scosse la testa, la sua
gola secca.
"Mabei?" mormorò Uncas in Mohicano, chiedendo dell'acqua.
Chingachgook annuì il suo assenso. Prese una fiasca d'acqua
e la porse a suo figlio. Uncas la ricevette e si guardò
intorno attentamente. Il sole lo stava colpendo direttamente negli
occhi.
"Wneeweh," disse. Grazie.
Dopo una lunga sorsata, i suoi occhi scuri giravano irrequieti,
cercando colei che aveva perseguitato i suoi sogni febbricitanti. Il
suo sguardo si posò sulla forma esile di Alice Munro. Si
perse nella contemplazione di lei, la sua figura flessuosa, la pelle
così bianca e delicata, e i suoi capelli dorati, non poteva
fare a meno di guardarla meravigliato.
Lui aveva visto le colone bianche con gli stessi capelli di luna, ma lo
stesso, li guardava intensamente. All'improvviso Alice alzò
lo sguardo e catturò lo sguardo di Uncas, occhi azzurro
cielo che incontravano occhi marrone scuro, e lei tenne lo sguardo di
lui solo per un momento prima di guardare lentamente Chigachgook e di
voltarsi.
Uncas si sentiva sconvolto. Aveva visto molto negli occhi tristi di
lei. La luce che prima splendeva così brillante in essi
mentre lo fissavano, adesso in qualche modo era diminuita. Non si era
aspettato di provare affetto per una giovane ragazza bianca, ma
qualcosa in lei lo sconvolgeva tremendamente.
Sotto molti aspetti, era una comune donna Yengeese, a volte sdegnosa e
addirittura snob. Ma era anche contemplativa e possedeva una quiete
d'animo che lui riconosceva. Lui ricordava la prima volta durante il
tragitto verso il forte, quando il suo sguardo ancora una volta si era
posato sulla ragazza bionda. Era inconsapevole di essere guardata e
fissava l'orizzonte con una tale dolce tristezza. Gli ricordava,
pensando che lei appariva così giovane e fragile, un
grazioso fiore intrappolato in un covo di spine.
Lei era una matassa di contraddizioni che Uncas trovava intriganti e
divertenti. Alzava il naso in su quando Uncas parlava a sproposito,
eppure era affascinata dalla bellezza della natura e degli animali e
non si era lamentata una sola volta.
Uncas comprese che la sua ostilità in realtà era
paura, e paura di che cosa lui lo aveva capito, grazie agli sguardi
costanti e timidi di lei nella sua direzione. In questo modo, mentre il
suo rispetto per lei cresceva, si rese conto che quello di lei per lui
faceva altrettanto, perché lei diventava più
scontrosa e i suoi occhi raramente si staccavano dal suolo.
Quando lui la baciò al forte in un mossa così
fuori carattere per lui, la sentì tremare. I suoi occhi
tristi lo trascinarono su per quelle montagne in una corsa frenetica
per salvarla. Dopo ciò, gli occhi di lei erano ancora
spalancati ma non impauriti, e il suo sguardo era fermo. Adesso lo
sguardo era freddo, ma come al solito Uncas vedeva oltre quelle pozze
blu, oltre quella ragazza aristocratica dalle buone maniere,
oltre i confini del suo mondo... Gli occhi di lei avevano un dolore e
un rimpianto nascosti. Il viso di lui conservava la sua solita maschera
stoica, ma dentro, gli si torcevano le viscere.
A meno che lui non avesse frainteso, lei lo aveva appena respinto in
una maniera molto sottile.
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Chingachgook osservò lo sguardo intenso di suo figlio
rivolto alla ragazza di Luna Munro e di nuovo sentì crescere
l'indecisione nel suo petto. Era uno sguardo minuzioso non lascivo, ma
nemmeno così innocente. Ma rimaneva il fatto - che era una
donna bianca.
Questo avrebbe dovuto porre fine alla questione ed era al di
là della sua comprensione il motivo per cui Uncas sentisse
questo trasporto nel suo cuore per la ragazza. Chingachgook sapeva
cos'era l'amore. Certo che lo sapeva. I suoi brevi anni con Machooksis
lo avevano lasciato con un agonizzante senso di smarrimento.
Il loro unico figlio, Uncas, avrebbe già dovuto essere
sposato con una donna Delaware. Avrebbe dovuto generare dei figli. Ma
lui non affrontò l'argomento con Uncas, o la giovane Munro.
Pungolare non era nella natura di Chigachgook, anche se si domandava
che cosa vedesse Uncas nella ragazza. Immaginava che fosse considerata
bella tra gli Yengeese, ma per lui, era bianca e malaticcia; i suoi
capelli, i suoi occhi, la sua pelle... Era introversa e non sembrava
possedere il forte spirito così tanto apprezzato dagli
uomini di frontiera.
Lui avrebbe lasciato tutto ciò a Uncas, decise Chingachgook.
Se si fosse presentato il momento giusto per parlare a suo figlio,
allora avrebbe parlato. Ma il cuore di un uomo è affar suo.
Lui soltanto pregò il Signore della Vita affinché
indirizzasse suo figlio verso il sentiero giusto.
Improvvisamente, si udirono dei passi e Chingachgook allungò
il collo per vedere il suo figlio bianco carico di 3 conigli morti
poggiati con noncuranza sulla sua spalla.
Nathaniel sorrise a suo fratello per il sollievo di vederlo sveglio. Si
asciugò il sudore dalla fronte e si sedette vicino alla
ragazza Munro scura. Sembrava che il suo figlio maggiore avesse trovato
una donna alla fine, e Chingachgook la approvava. Aveva una
volontà di ferro ed era risoluta, una buona
compagna per il suo figlio bianco.
"Difficile da catturare?", chiese Uncas quando lui raccolse un coniglio
morto, con il sangue che sgocciolava sul suo pelo marrone.
Nathaniel annuì, dando il suo solito sorriso affettato.
"L'ho fatto alla vecchia maniera." Nel senso che aveva messo delle
trappole per i conigli usando rametti o qualunque cosa potesse trovare
nella foresta.
Dopo aver offerto una veloce preghiera di ringraziamento per i conigli
e per il nutrimento, gli uomini lavarono, scuoiarono, prepararono i
conigli e parlarono di quello che si doveva fare.
Supposero che il modo migliore per dirigersi a ovest sarebbe stato
dirigersi prima di tutto verso l'affluente settentrionale del fiume
Susquehanna. Da lì avrebbero incontrato degli Indiani amici
per ottenere aiuto. A differenza degli Huroni che erano costantemente
in guerra, i Lenape, per esempio, non erano alleati dei Bianchi,
né loro nemici.
"Lenape...", disse Cora pensierosamente, pronunciando il nome. "Questa
tribù è simile ai Mohicani?"
"Non proprio," rispose Nathaniel. "Voglio dire, suppongo ciò
nel senso che siamo tutti Indiani e discendiamo dai Delaware, ma non
siamo simili. Mio padre e mio fratello sono gli ultimi della nostra
razza. Sono gli ultimi Mohicani."
"Cosa è successo agli altri?" chiese Cora curiosamente. " Mi
scuso se sto curiosando troppo..."
Nathaniel mosse una mano rapidamente. " No. Chiedi pure. Il popolo di
mio Padre fu sterminato da malattie come vaiolo, morbillo, vomito
giallo, guerra, la carabina dell'uomo bianco."
Nathaniel esibì un ghigno sbilenco. "Adesso cade su Uncas il
compito di trovare una donna e continuare la linea. Di generare un paio
di forti figli Mohicani!".
Nathaniel e Cora risero. Uncas non alzò lo sguardo dal suo
cibo e Chingachgook guardò la ragazza di Luna.
Le dita di Alice si congelarono sulla carne di coniglio e
cominciò a fare tipici gesti nervosi in rapida successione.
Picchiettò rapidamente le dita e si mosse, poi mise
giù la carne, si schiarì la voce e si
passò la mano sulla fronte. Chingachgook non si perse nessun
elemento.
Sembrava a disagio.
Alzò lo sguardo e sorrise tristemente. "Con permesso, ma
posso essere scusata?" chiese lei con la massima formalità.
Sua sorella e Nathaniel si guardarono e risero.
"Santo Cielo Alice", replicò Cora con un sorriso affettuoso.
" E' l'ora del thè?"
Alice fece una breve risata, camminò velocemente verso il
sentiero ombroso della foresta e sparì.
"Non allontanarti!" gridò Cora a sua sorella, poi, con
Nathaniel, cominciò a sgombrare il loro piccolo
accampamento.
Chingachgook non doveva guardarsi dietro per sapere che il suo figlio
minore presto avrebbe seguito la ragazza di Luna lungo lo stesso
sentiero. Scosse la testa con un sospiro e aiutò il suo
figlio bianco e la sua donna a sgombrare l'accampamento.
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Alice si lanciò in una corsa, finché fu sicura
che nessuno la vedesse o la sentisse. Raccolse la sua gonna rosa
strappata e si precipitò più profondamente nella
foresta, finché si fermò presso un albero alto e
vi si appoggiò. Il suo respiro era ansimante.
Quasi non ce l'aveva fatta. Un secondo di più con sua
sorella, il suo nuovo amore, i loro scherzi spensierati, i discorsi su
una moglie per Uncas... Alice afferrò la nera corteccia
dell'albero maestoso mentre il suo cuore sembrava comprimersi di nuovo.
Non piangerò per un dannato selvaggio! Disse a se stessa
fieramente e fu presa subito dal rimorso per i suoi pensieri e per il
suo linguaggio rozzo. Chiuse gli occhi, fece un respiro enorme ed
espirò lentamente... si calmò leggermente.
Alice si voltò e si accasciò contro l'albero,
ammirando l'impossibile bellezza della foresta. Così tanti
uccelli, alcuni familiari, altri che non aveva mai visto prima
svolazzavano intorno agli alberi della foresta cinguettando
allegramente. Il muschio pendeva pesantemente sugli ampi tronchi degli
alberi. Ovunque c'erano colori verde e marrone. Alice
inspirò profondamente e percepì l'odore
intangibile della natura, della frontiera selvaggia. Da quando era solo
una fanciulla, Alice era sempre stata incantata da tutte le cose libere.
Alice si raddrizzò velocemente. Sapeva che doveva togliersi
Uncas dalla testa. Non poteva amare un Indiano.
"Ma adesso cosa faccio?" mormorò tra sé e
sé.
In Inghilterra, Alice sarebbe stata sola e senza risorse. Nelle
colonie, non voleva intromettersi tra sua sorella e il suo futuro
marito... e non voleva essere vicina a Uncas. Non voleva essere
presente quando avrebbe sposato una donna indiana e cominciato ad avere
figli.
Lui era l'ultimo della sua stirpe, aveva detto Nathaniel. Alice aveva
visto il modo sognante in cui Chingachgook guardava suo figlio. Alice
riconobbe quello sguardo perché suo Padre spesso aveva la
stessa espressione. Era uno sguardo che parlava molto in termini di
speranza. Speranza per i loro figli, per il loro futuro. Un Indiano e
una donna bianca... non era destino.
"Signorina Alice?" Una voce fece sobbalzare Alice e lei
ansimò.
Voltandosi, vide Uncas in piedi con un po' di difficoltà.
Era avanzato furtivamente verso di lei, silenzioso come un cervo. La
sua camicia verde era sbrindellata e macchiata di sangue, appariva teso
e stanco. Ma per Alice, era ancora bello come sempre. Lei scosse la
testa velocemente.
Uncas la guardò con una calma imperturbabile. "Stai bene?"
chiese.
"Grazie per avermi salvato la vita su quel promontorio, signore," fu la
risposta di Alice. Uncas sollevò un sopracciglio nero alla
parola "signore". Era molto tagliente e formale.
Ci fu una pausa ricca di significato mentre si guardarono l'un l'altra
guardinghi. Uncas ignorò il suo ultimo commento.
"Quando eravamo al forte -"
Alice lo interruppe. "Quando eravamo al forte, sono successe molte
cose. La paura che avevo provato mi ha portata verso un sentiero
inappropriato e indecoroso per una signora. I miei nervi erano
sconvolti."
Uncas la guardò con uno sguardo di incomprensione totale;
non aveva compreso la metà di quello che aveva detto. Alice
fece un respiro tremante mentre lui cominciò a camminare
lentamente verso di lei, i suoi caldi occhi marroni fissi, intensi, su
quelli di lei.
"Fermo lì!" disse duramente. "Dimentichi te stesso, signore!"
"La smetterai con questo signore?" disse, sembrando seccato per la
prima volta. Lei ignorò ciò.
"Ciò che è successo al forte è
stato.... in mancanza di una parola migliore, deplorevole. E' stato
terribilmente insolente da parte mia esprimere una tale manifestazione
di affetto per .. la tua razza."
Alice sentì l'atmosfera cambiare, un gelo improvviso
ricoprirla, e proveniva direttamente dagli occhi di ghiaccio di lui.
Lei incrociò il suo sguardo e lo tenne finché lui
lentamente indietreggiò da lei.
Uncas sorrise freddamente e disse: "Sono venuto a dirti che presto ci
metteremo in cammino". La sua faccia adesso era totalmente
priva di espressione. "Quindi, non perderti."
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Uncas
camminò su per la collina per incontrare gli altri
viaggiatori, il suo volto impassibile, ma dentro di lui c'era una
tempesta in corso. Le sue mani si serrarono per un momento, soffrendo
ancora per il rifiuto di Alice. Ricordava le sue parole "la tua
razza"...
Le aveva dette con una tale freddezza. Certo, lui era abituato all' odio
opprimente degli uomini bianchi. Era impossibile non sentirlo crescere
in questa terra, invasa da avidi Yengeese che deridevano un Indiano, ma
erano più che disposti a commerciare pellicce e a prendere
una donna indiana come squaw.
Ma Uncas aveva intravisto qualcosa in lei, una franchezza rara nei
Bianchi, persino con il suo senso d'importanza inglese. Non era servito
a nulla, decise Uncas con tono sconfitto. Lei non si adatterebbe mai
alla dura vita di frontiera.
Era meglio per lei ritornare in Inghilterra e vivere la vita di una
giovane ragazza benestante e viziata.
Lui raggiunse la sommità della collina, dove i raggi del
sole erano archi di un'aurora di colori.
"Andiamo," ordinò, sussultando mentre si piegò
per raccogliere le borse da terra, memore delle sue costole rotte e del
suo avambraccio sinistro fasciato stretto.
Gli occhi di Cora si spalancarono allarmati. "Ma mia sorella -"
"Dobbiamo muoverci," disse Uncas secco come una porta sbattuta. Poi
guardò la faccia apprensiva di Cora. "Lei sarà
pronta presto".
Non appena Uncas pronunciò le parole, ecco che Alice
avanzò furtivamente, scuotendosi leggermente la gonna e
togliendosi i capelli dorati dagli occhi. La sua faccia era seria, i
suoi occhi risoluti, e guardava verso il basso mentre andava verso sua
sorella.
"Partiamo adesso?" chiese lei tranquillamente. Vide un lampo di bianco
mentre Cora le sorrideva.
"Sì, sorella," replicò Cora. " Tutto è
stato organizzato. Ma non dobbiamo bighellonare. Ci dirigeremo a sud,
verso la foce del fiume e poi ancora fino ad arrivare alla Ohio Valley."
Alice sentì un raro lampo di collera, scomparso prima di
avere il tempo di guastarsi.
Chi sta bighellonando? lei pensò. Io porto il mio peso. Come
tutti gli altri.
Lei annuì fiaccamente, strofinandosi le ferite incrostate
intorno al polso e rivolse uno sguardo furtivo a Uncas. Ma lui stava
guardando al di fuori, analizzando la foresta mentre portava a spalla
il suo moschetto con il suo braccio buono. Alice guardò in
giù, poi, al capriccio dell'improvvisa
irritabilità che sembrava affliggerla, sollevò lo
sguardo tagliente e lo tenne concentrato sul sentiero e sugli alberi.
Non distoglierò più il mio sguardo,
pensò lei sprezzante. Non sono una bambina. Quella l' ho
lasciata in un campo di battaglia disseminato di cadaveri.
Nathaniel fece scorrere un dito sulla guancia di Cora mentre si
guardavano dritti negli occhi.
"Pronti?" chiese lui, guardando lo strano gruppo assemblato.
Cora annuì coraggiosamente, raccogliendo più
borse e un moschetto. Alice fece lo stesso, raccogliendo anche delle
fiasche e una lunga accetta rinfoderata, girandola curiosamente. Aveva
degli interessanti disegni geometrici neri e rossi, intrecciati intorno
all'impugnatura, e la bellezza dell'oggetto la accecò per un
lungo momento prima che lei ricordasse che cos'era, in
realtà, uno strumento di morte che in tutta
probabilità aveva preso la sua giusta parte di vite e scalpi.
Era progettato per la distruzione, non per l'ammirazione.
Velocemente arrotolò l'accetta nelle pieghe nascoste della
sua gonna.
Il gruppo si diresse in avanti, nel caldo di un primo mattino di
agosto; Uncas non le concesse mai nemmeno uno sguardo, e nemmeno Alice.
Lei sentiva ancora la vicinanza di Chingachgook pesarle addosso, sempre
presente, sempre guardingo.
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Avevano camminato per diverse ore; adesso il sole era alto nel cielo.
Cora guardava sporadicamente la sua sorella minore, con le sopracciglia
leggermente aggrottate. C'era qualcosa di diverso in sua sorella, ma
Cora non riusciva proprio a capirlo. Non era la guerra, lo spargimento
di sangue o la violenza di cui i suoi occhi sono stati testimoni. In
ogni caso, Cora sentì che Alice stava reagendo in modo
ammirevole per essere una giovane ragazza; niente
teatralità, singhiozzi o svenimenti.
Si sta comportando in modo diverso, disse Cora. Qualcosa pesa sulla sua
mente. Qualcosa di nuovo...
All'improvviso Nathaniel era al suo fianco, sfiorandole delicatamente
le dita.
Cora lo guardò rapidamente e sorrise. " Non è
considerato cortese avanzare furtivamente verso una giovane ragazza,
signor Poe. Prego, palesi la sua presenza."
Nathaniel sogghignò per la sua finta serietà.
Amava il suo brio. Lei sapeva che il senso dell'umorismo era una grazia
salvifica? "Mi piace avanzare furtivamente verso di te, signorina
Munro."
Cora chinò la testa e arrossì leggermente, poi
rise. " In verità," disse Cora. " Ci si sente bene a
scherzare. Sono preoccupata per mia sorella. La conosco come conosco me
stessa. Sembra così sconcertata."
Lei si guardò dietro, verso Alice, che camminava di dietro,
guardando obliquamente il cielo e le cime degli alberi.
Cora abbassò la voce. " Alice è così
cambiata, Nathaniel. Mi domando che cosa la affligge..."
Cora, persa nella sua perplessità, non si era accorta che
gli occhi di Nathaniel balzarono rapidamente verso le ampie spalle di
suo fratello, poi di nuovo verso Cora. Si prese del tempo per
rispondere, scegliendo le parole adatte.
"Forse non è niente di sbagliato... io credo....Voglio dire,
e se il cambiamento nella tua Alice fosse buono?"
Cora rimuginò su queste parole, ma sembrava incapace di
decidere. "Forse..." disse lei a malincuore, asciugandosi il sudore che
le gocciolava sulla faccia.
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Era il primo pomeriggio, 3 giorni dopo. Il gruppo aveva camminato per
molte miglia, fermandosi solo a tarda sera per dormire e per la caccia
di piccoli animali, tenendo sempre un passo rapido e regolare. Adesso
fecero una pausa in una radura riparata dal sole da una verde tettoia
di foglie.
Chingachgook sorvegliava il gruppo silenziosamente. La ragazza Munro
scura si mise a sedere con un sussulto. Lui poteva dire che le gambe di
lei erano doloranti. Il suo figlio bianco era accanto a lei e parlavano
mormorando.
Uncas stava in piedi, ancora in quella postura di pronta vigilanza,
esaminando l'ambiente circostante, la sua camicia verde scura persino
più macchiata.
La ragazza più giovane si trascinava a fatica, in un bagno
di sudore, l'aria che le usciva dai polmoni in rapidi respiri
affannosi. Afferrò un lembo della sua gonna strappata e si
mise a sedere lentamente, tremando.
Nathaniel notò il suo respiro corto e si protese: "Come ti
senti, signorina Munro?"
Alice non rispose per un lungo momento, aspettando che il suo cuore
accelerato rallentasse il ritmo. E poi disse: "Per favore, chiamami
Alice, e spero con il tuo permesso di chiamarti Nathaniel?"
Nathaniel fece un sorriso. "Non preoccuparti. Chiamami come ti pare. Ma
hai bisogno di un po' d'acqua? C'è un corso d'acqua
laggiù. Daremo a voi ragazze un po' di privacy."
Alice annuì. "L'acqua sarebbe fantastica. Ma insisto
affinché mia sorella vada prima di me." Alice si
voltò per vedere la solita protezione materna nella faccia
graziosa di sua sorella. "Per favore, Cora. Insisto. Sembri
terribilmente surriscaldata. Per favore, vai e prenditi il tuo tempo."
"Ma dovremmo andare insieme -"
Alice scosse la testa con enfasi. Aveva percepito lo sguardo di sua
sorella su di lei per la maggior parte del viaggio e sapeva che moriva
dalla voglia di fare ad Alice alcune domande. Cora era abbastanza
astuta, e Alice non era capace di dire le bugie, non importa quanto
fossero piccole.
"Ci darà una parvenza di privacy. Tu vai per prima e
rinfrescati. Mi auguro prima di tutto di riprendere fiato."
Cora annuì incerta. Aprì la bocca per dire
qualcosa, poi la chiuse e si alzò, appianandosi la gonna.
"Tornerò tra poco." Lanciò a sua sorella
un'occhiata di silenziosa comunicazione.
Che cos'hai?
Alice non disse niente, ma si limitò a sorridere lievemente.
Cora si voltò e sparì dietro la boscaglia.
Adesso soli, i tre uomini e una sola donna si guardarono piuttosto
imbarazzati, anche se Alice non riusciva a guardare Uncas. Alice odiava
questi momenti.
"Dove siamo adesso?", chiese lei in fretta.
Ci fu una pausa. Nathaniel visse un'atmosfera di leggera confusione.
"Dove siamo, Uncas?", chiese lui a suo fratello taciturno.
Uncas gli lanciò uno sguardo di avvertimento e Nathaniel si
guardò dietro, sorpreso. Il loro padre vide tutto
ciò, ma non disse nulla.
"Un giorno dalla foce del fiume," rispose Uncas, guardando ancora gli
alberi intorno. "Molto vicino alla Delaware Valley."
Nathaniel distolse lo sguardo da Uncas, diviso tra risate e fastidio.
Uncas non capiva che si stava comportando in un modo evidente? Lui
aveva visto il modo in cui Uncas guardava la giovane ragazza durante il
percorso verso il forte molti giorni prima, e Nathaniel sapeva che
più di 3 sguardi a una donna significava che Uncas era
infatuato.
Lì per lì, Nathaniel interpretò gli
sguardi come segno di desiderio imperturbabile e non poteva certo
biasimarlo. Lei era bella, dopo tutto, in un modo delicato, etereo.
Tutto di lei sembrava intoccabile; il suo vestito abbottonato e pudico,
i suoi lunghi capelli raccolti, i suoi occhi che guardano in
giù e le mani piegate.
Quando Uncas si era arrampicato su per quel lato della montagna,
Nathaniel si era sentito inorridito e sconcertato. Il suo cuore aveva
avuto un tonfo di dolorosa agonia al pensiero di perdere suo fratello.
Solo facendo un proverbiale passo indietro, tutto ciò aveva
acquistato lentamente un senso. C'era qualcosa di più,
pensò Nathaniel. Sentì la tensione che saliva e
notò con quanta attenzione queste due persone evitavano il
contatto visivo.
Nathaniel guardò cautamente suo padre, non sapendo nemmeno
come cominciare a valutare quale sarebbe stata la sua reazione al
pensiero di Uncas che si metteva con una donna bianca. Era un pensiero
che faceva riflettere.
Alice annuì e fece un respiro profondo, espirando
lentamente. Si sentiva quasi selvatica come uno degli animali della
foresta. Era rivestita di sudore e sporcizia e Dio sa di che cos'altro.
"Ma cosa succederà, volevo dire?" chiese Alice.
Nathaniel scelse la risposta più diretta, preferendo la
verità. "Cora e io progettiamo di dirigerci a ovest, in
Can-tuck-ee... Là c'è un sacco di terra. Nessun
legame con la Corona. Tu verrai con noi, di tua spontanea
volontà. Voglio dire, puoi restare o puoi andare, ma Cora e
io vorremmo che tu venissi con noi. Certamente, la scelta è
tua e solo tua. Mio Padre non ha deciso. Lui pensa di venire con noi
per un po', poi ritornerà nella Delaware Valley per vedere
come se la sta cavando Uncas."
Alice si congelò e guardò in giù, il
vecchio dolore che le torceva il cuore. Aveva l'impressione di sapere
perché Uncas sarebbe rimasto nella Delaware Valley ma aveva
troppa paura di fare domande.
Nathaniel rispose alla domanda non pronunciata, con gentilezza. "E'
solo un progetto. Non è scolpito nella pietra. Ma
quest'anno, Uncas starà con il nostro popolo, i Delaware -"
"Sì, sì," Alice scoppiò. "So tutto di
Uncas che starà con il suo popolo per scegliere una sposa e
adempiere ai suoi doveri ... trovare una moglie e dare origine a una
famiglia."
Alice non poteva immaginare che cosa si fosse impadronito di lei.
Qualcosa di misterioso le sciolse la lingua e sentì tutti i
suoi pensieri vomitare bile. "Non c'è bisogno di usare quel
pietoso tono di voce. Non c'è più bisogno che io
interpreti il ruolo della dama. Potrei non essere dotata di uno spirito
battagliero, ma non voglio essere più un peso e non
bighellono."
Tre paia di occhi la esaminarono. Insolitamente, Nathaniel non
ridacchiò, ma piuttosto cercò di calmare la sua
collera. "Volevo solo dire -"
Alice proseguì il suo chiacchierio arrabbiato. "Inoltre, non
ritornerò a Londra e nemmeno suonerò il secondo
violino nella natura selvaggia del Can-tuck-ee." Per la prima volta
nell'arco di giorni, gli occhi scuri di Uncas incontrarono quelli di
lei e lei non poté fare a meno di nascondersi dietro una
misera ipocrisia. "Ovviamente non andrò nemmeno alla
Delaware Valley. Ma ti auguro buona fortuna, Uncas. L'ho sempre fatto."
Le parole, prese nel contesto, erano una vera e propria dichiarazione
d'amore, che Alice si era preparata in anticipo a fare. Uncas lo
percepì e le sue sopracciglia si inarcarono velocemente. Lui
corresse l'espressione della sua faccia perché sapeva ormai
qual era il gioco. Era un Indiano, dopo tutto,
pensò lui sarcasticamente.
"Quindi, dove ti dirigerai?" chiese lui, impassibile.
Alice inconsciamente si morse il labbro. C'era stato un progetto
impostato nella sua mente per quasi un giorno, ma era sciocco e
pericoloso ... per non dire audace. Si sentiva tagliata fuori dal suo
vecchio io, dai pettegolezzi durante l'ora del thè e dal
civettare da dietro le pieghe di un ventaglio.
L'America era un luogo di idee, e lei aveva avuto un'idea assurda dove
mille cose potevano andare male.
Ma i saggi non avevano detto che il miglior aiuto è in te
stesso? Si domandò Alice. La parte più difficile
era dare la notizia a sua sorella.
"Ho i miei progetti," disse semplicemente. Si alzò e si
spolverò. "Ora, chiedo scusa signori, ma devo parlare con
mia sorella."
Ecco! L'ha fatto. Alice sentì un sollievo sfrenato,
diversamente da qualsiasi cosa abbia mai sentito prima. Aveva detto la
sua per compiacere Nathaniel e gli altri e ci si sentiva bene. Fu una
piccola vittoria, ma adesso, per una volta, si sentì
coraggiosa quasi quanto Cora. Fece un piccolo inchino, senza sapere
perché, e si incamminò rapidamente verso la
stessa boscaglia di sua sorella.
I tre uomini erano seduti e la guardarono per un momento. Nathaniel
sembrava leggermente interdetto, persino lui. Uncas era stupito e
chinò la testa di lato. Solo Chingachgook sembrava
impassibile, ma la guardava allontanarsi, pensierosamente.
................................................................................................................................
Alice scostava i rami, sforzandosi di vedere sua sorella.
Camminò per un altro minuto e poi si fermò,
incerta. Si girò, guardandosi intorno lentamente.
Mi sono persa? pensò, afflitta.
Chiuse gli occhi e ascoltò, rilevando a malapena il suono
dell'acqua che scorreva. Cominciò leggermente a correre,
girando l'angolo e ascoltò una lieve conversazione. Alice
fece un altro passo e poi il suo corpo si fermò sul suolo.
Qualcosa stava andando male.
Poi scattò qualcosa nella sua mente.
Non sembrava esserci una conversazione. A meno che Cora non avesse
preso l'abitudine di parlare con se stessa. Alice sperava fervidamente
che fosse quest'ultima ipotesi. Il terrore la assalì
perché proprio in quel momento, inequivocabilmente,
sentì la voce di un uomo. I piedi di Alice si mossero in
direzione di un albero, di loro iniziativa. Il suo respiro
diventò affannoso e poi si ricordò della notte
nel territorio di sepoltura, quando si nascondeva dai Francesi. Aveva
dato loro quasi tutti i segnali con i suoi respiri ansimanti e rumorosi.
Ricordandosi di ciò, misurò piccoli respiri ed
espirò l'aria attraverso il naso. Poi, lentamente e in
silenzio, sporse la testa piano piano a lato dell'albero, facendo
attenzione a non farsi vedere. Ciò che vide, permise
all'assoluto terrore di impadronirsi di lei.
Sua sorella era circondata da un gruppo di uomini francesi che
sembravano interrogarla.
Alice poteva affermare che fossero francesi dalle loro sporche uniformi
sbrindellate, che portavano i colori della loro bandiera. Il
più alto degli uomini, con una barba folta, teneva ferma
Cora per un braccio e si sporgeva in avanti per sogghignarle qualcosa.
Cora scuoteva la testa, rabbiosa, cosa che faceva ridacchiare gli altri.
Alice sentì il panico accecante assalirla, la paura che
l'aveva sempre afflitta. Essa trasformò le sue gambe in
gelatina e infranse i suoi pensieri. Un urlo salì fino alla
sua gola, ma immediatamente si portò la mano alla bocca.
Rifletti, rifletti! lei si comandò, ma non ci riusciva.
Provò ancora, respirando profondamente. Come? Cosa posso -
Come?
Non voleva lasciare sua sorella. Non lo avrebbe mai fatto. Ma Alice
sapeva che non poteva affrontare un gruppo di banditi pericolosi da
sola. Entrambe sarebbero state avvicinate e uccise, gli uomini Mohicani
in attesa ignari delle circostanze. Se lei fosse andata via ora per
cercare aiuto da altre persone, Cora sarebbe stata sgozzata durante
l'arrivo degli aiuti.
Alice era inchiodata sul posto, negli spasimi dell'agonia e senza
riuscire a prendere la più semplice delle decisioni, come al
solito.
Non mia sorella! pensò angosciata.
Poi si fermò e fece un altro respiro tremante. Analizzate le
opzioni, decise di tornare indietro furtivamente per la stessa strada e
poi correre a chiedere aiuto agli uomini. Ci voleva solo un minuto.
Sapeva che sua sorella avrebbe detto qualsiasi cosa per guadagnare
tempo. Con ciò, tolse le mani tremanti dalla corteccia
dell'albero e fece un passettino indietro.
Tuttavia, in quel momento fu violentemente spinta all'indietro, contro
lo stesso albero e sentì il suo braccio torcersi dietro di
lei. L'angoscia indebolì il suo braccio e sentì
la sua faccia graffiarsi contro la dura corteccia. Cercò di
gridare, ma era stata roteata in modo rude e una mano sporca le copriva
la bocca.
L'inconfondibile punta di un coltello le premeva sulle costole. In
piedi davanti a lei c'era un francese dall'aspetto selvatico, la sua
uniforme a brandelli, anche se niente sembrava più selvaggio
dei suoi occhi scuri minacciosi. Lui si sporse in avanti e Alice si
infastidì, quando fu accolta con un respiro marcio.
"Non vi muovete!" ringhiò lui, stringendo la presa, con gli
occhi maniacali che la fissavano.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Alice
cercò di ricordarsi come respirare mentre veniva spintonata
nella radura dove sua sorella veniva interrogata. Il Francese sporco
spinse Alice così duramente che cadde sulle ginocchia,
causandole delle vertigini per il dolore, quando il terreno
entrò in contatto con il suo avambraccio già
contuso.
Si lasciò sfuggire un grido e Cora, liberandosi
le braccia, gridò, "Smettetela!"
Gli uomini sogghignarono mentre le guardavano. Il Francese
alto con la barba folta fu infastidito dallo sfogo di Cora e la
strattonò per i capelli, ringhiandole qualcosa. Alice era
troppo atterrita per cercare di decifrare il suo francese veloce.
Gli occhi di Alice rimasero su Cora, pregando e sperando che
questi uomini la risparmiassero. Solo cinque uomini raggruppati che
avevano gli stessi sorrisi osceni, e Alice non aveva
difficoltà a discernere i loro pensieri.
Lo stesso uomo volse lo sguardo verso Alice in modo maligno.
Lei cercò di scavare nel suo francese studiato a scuola, che
nella migliore delle ipotesi era di livello elementare.
"Mia sorella," disse lei implorante, puntando il braccio
sano verso sua sorella. " Non la ferite!" Supplicava per conto di Cora.
Quest'uomo, l'uomo che aveva minacciato sua sorella,
agguantò Alice per il colletto rosa del vestito e
cominciò il suo ciclo di domande rivolte a lei. Alice emise
un urlo di paura mentre le lacrime cominciarono a solcarle il viso. Lui
le fece una domanda, ma Alice, bloccata nella morsa del terrore, non
riusciva a capire.
"Dove sono?!", chiese lui zittendola.
Dove sono? Alice ripeté a se stessa.
Alla fine, lei riuscì a trovare il senso di tutta
questa faccenda. All'inizio, pensava che fossero cacciatori, ma per
quello che sapeva, i cacciatori francesi non si riunivano in gruppi
militari. Poteva solo intuire che erano soldati francesi che avevano
disertato i loro doveri militari, per offrire la loro devozione a cause
fortuite. E adesso loro volevano che Alice fornisse informazioni sui
Mohicani; i soli uomini che avevano rischiato le loro vite di volta in
volta per la sua sicurezza e quella di sua sorella.
Alice scosse la testa velocemente. "Non ho visto nessuno"!
sussurrò, negando ogni cosa.
Gli occhi dell'uomo forte, alto si restrinsero
pericolosamente. Premette la sua faccia vicino a quella di lei e
urlò, "Bugiarda!"
Prima che Alice avesse il tempo di difendersi, fu
scaraventata a terra. Il Francese la rovesciò e Alice
giurò di vedere le stelle mentre cercava goffamente di
alzarsi.
Cora emise un grido strozzato e la sua faccia divenne
apoplettica per la rabbia. "Non toccate - bastardi!" Lei
gridò mentre un altro uomo, più basso e biondo si
avventò su di lei e le strinse il braccio intorno al collo,
tenendola stretta.
La vista di Alice vacillò mentre
recuperò la sua posizione. Cercò di mettere
insieme parole in francese - "Mai nella mia vita! Non lo so!"
Tutto ciò le suonava così
incomprensibile che si chiese come loro non ridessero. Lei cercava
costantemente solo di arrivare al punto. Lei e Cora erano sole e non
conoscevano nessun altro in quel bosco.
"Dove andiamo con questo argomento"?, si sfogò un
altro degli uomini, con gli occhi che guizzarono intorno, a disagio.
Alice non riuscì a capire questa frase, ma
sentì un brivido di presagio. Chiese ai poteri che Uncas e
gli altri uomini fossero tenuti al sicuro dal pericolo. I suoi occhi
incrociarono gli occhi fuori di sé di Cora e Alice sapeva
che Cora stava pensando proprio la stessa cosa.
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Chingachgook guardò la schiena di Alice mentre
scompariva nel bosco. Era tutto piuttosto interessante, a dir poco. Non
aveva idea che quella tranquilla specie di ragazza avesse emozioni
così forti. Egli aveva percepito la rabbia, il risentimento,
la paura, l'incertezza, come pure la forte malinconia.
Chingachgook era un osservatore degli uomini; lo era sempre
stato. C'erano alcune persone che erano dei chiacchieroni di natura, e
Cingachgook era un ascoltatore, un osservatore, che guardava sempre e
parlava raramente. Le parole non esprimono i significati
così tanto, come invece credevano gli uomini bianchi.
Chingachgook questo lo sapeva.
Le parole potevano essere vuote, senza verità o
significato. Lui riusciva a guardare dentro gli occhi di qualcuno e
sapere il loro vero significato.
Le parole della ragazza bionda erano aspre e gutturali, ma
oneste, stabilì Chingachgook. I suoi sentimenti erano
giovani e inesperti, ma non percepì falsità in
lei. Solo una tristezza sconcertata e una passione di ragazza, non
collaudata. Non pensava che questa ragazza dal colore della Luna
possedesse la forza di resistere alla dura realtà della
natura selvaggia e non pensava male di lei per questo. I sentieri della
vita erano lunghi e tortuosi. Quello che qualcuno credeva in
gioventù, potrebbe tornargli contro a tradimento. Lei
troverà la sua strada.
"Non è così grave...",
mormorò Nathaniel, distendendo le gambe e distogliendo lo
sguardo dal sentiero nel quale Alice si era incamminata.
Lui sorrise. Ancora le piaceva. Se non altro, aveva gradito
la sua piccola scenata. Ciò dimostrava a lui e agli altri
che c'era ancora un po' di fuoco in lei, non smorzato dai disastri
della guerra. Era apparsa molto simile a Cora con i suoi occhi che
emanavano una luce scintillante.
Diede a Uncas un'occhiata leggermente beffarda e
aprì la bocca per dire qualcosa per assillare il suo
fratello minore, qualcosa che alludesse a una certa ragazza bionda.
Le sue parole tuttavia vennero rubate, perché il
loro padre improvvisamente si sedette dritto, con i suoi occhi scuri
intensi e vigili. Si guardò intorno lentamente, cauto, e il
silenzio che colpì la famiglia sembrava una coperta di
ghiaccio.
"C'è qualcosa che non va," disse Chingachgook
stanco.
Anche Uncas lo percepì. L'atmosfera sembrava
tesa. Persino la cacofonia della natura sembrava squilibrata. Un
momento fa era irritato, conoscendo suo fratello abbastanza bene da
sapere che stava per sputare fuori qualche battuta a buon mercato a sue
spese.
Adesso il mondo sembrava pesante e allarmato.
Lentamente lui si srotolò dalla sua posizione,
con i suoi movimenti lenti e languidi, ma con l'aria di un serpente
pronto a colpire. Era nel suo elemento.
Un cacciatore.
Nathaniel si concentrò sui segnali che il loro
padre aveva insegnato loro a leggere, e comprese che il pericolo era in
corso. Poi improvvisamente gli venne in mente Cora e sentì
che la confusione stava cedendo il posto ai nervi veri e propri.
"Le donne," disse lui tranquillamente.
Sapeva che il panico e la paura non avrebbero risolto
niente, ma sapeva una verità - lui aveva trovato
Cora Munro, la sua compagna in ogni senso.
In un mondo di caos e brutalità, una fiamma
splendente era stata illuminata. Non l'avrebbe persa oggi.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Cora non
riusciva mai a ricordare un momento in cui non avesse amato sua
sorella. Persino da piccolina, capiva che doveva sempre proteggerla.
Suo padre l'aveva sempre incaricata di ciò. Lei sapeva che
fondamentalmente Alice non era debole, ma che aveva un carattere
piuttosto nervoso. Per questa ragione, quando i Francesi sporchi di
fango le spinsero nel cuore del bosco, fu d'obbligo per Cora calmare
sua sorella.
"Alice?" ansimò, afferrando il braccio di sua
sorella per darle supporto.
Alice inciampò e cadde per poco; l'uomo barbuto
imprecò e le diede un'ulteriore spinta brusca. Cora lo
guardò con odio.
"Sì?" chiese Alice, intontita.
Questa scena stava cominciando a sembrare troppo familiare.
Era strano, ma dato che recentemente avevano affrontato una serie
continua di pericoli, ora che gli uomini le stavano portando da qualche
parte, la codardia era sostituita con qualcos'altro. Una debole
determinazione, e non perché finora erano state fortunate e
salvate nel momento giusto. Ma nella mente di Alice, loro
già avevano affrontato il peggio che avrebbero potuto
sopportare.
"Ti ricordi del cucciolo che avevi trovato da piccola, che
papà non ti permetteva di tenere?"
Alice la guardò confusa. Di cosa stava parlando?
C'erano cose di maggiore importanza. "Sì",
replicò.
"Con le zampe sporche di fango, lasciava delle impronte per
tutta la sala da pranzo e la sala da thè". Cora
ricordò. Alice scoppiò a ridere al ricordo.
"Tacete!" fu la dura risposta del gruppo.
Alice non fece caso a loro.
"Masticò il tuo paio di scarpette da danza
preferite. Si stese a terra e ruppe il vaso di nonna, lasciato da lei a
papà."
Il sorriso di Alice si dilatò quando le venne in
mente la filippica del Colonnello Munro con la sua faccia rossa quando
vide il vaso di sua madre frantumato ai piedi del caminetto della
biblioteca e le facce tutte innocenti delle ragazze.
"Ti ricordi come lo avevi chiamato?" Cora insistette.
Alice sospirò e si asciugò un
fiumicello di sudore che le scorreva giù per la clavicola.
Fece spallucce, pensando alla Scozia. "Zeus?", disse, sforzandosi di
ricordare.
Cora scosse la testa. "Atlas."
Cora continuò. "Quando l'hai trovato nelle paludi
non lontano da casa nostra, era un esserino fragile, minuto e
piagnucoloso..."
Il Francese di fronte allungò il collo
all'indietro mentre condusse le ragazze più all'interno, nei
boschi ombrosi e le guardò con disprezzo e ammonimento, come
per dire che la sua pazienza stava per finire.
Cora abbassò la voce in un sussurro.
"Papà ti ha detto che non avrebbe resistito la notte
perché era debole e senza sua madre," disse Cora in uno
slancio. "Ma tu sapevi che era forte, che era sopravvissuto a una
tempesta e alla fame, che avrebbe avuto la forza di dieci lupi, il
cuore di un leone, avevi detto! L'hai chiamato Atlas.
Diventò così forte che accompagnò
papà nelle sue campagne militari."
Il loro padre arrivò ad avere molto riguardo per
il cane. Alla fine era morto in qualche paese lontano.
Una malinconia si impadronì di Alice, una paura,
una frenesia di voler vedere sua sorella viva e vegeta. Forse sposata
con Nathaniel, forse no. Ma nessuno che le inseguiva, nessuno che le
trascinava via, nessuno che augurava loro il male. Cora era stata il
suo punto di riferimento costante nella vita. Lei era
stabilità, calore e amore. Lei sapeva perché
stava parlando del cane, per distrarla e tirarla su di morale. Quello
che Cora disse dopo fece gonfiare il cuore di Alice di emozione.
"Sei come Atlas per me, sorella," disse lei fermamente. "Non
dimenticarlo. Anche se non conosci la tua forza, io sì. Hai
il cuore di un leone. Puoi reggere il mondo sulle tue spalle e non
crollare."
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Nathaniel si precipitò giù per un
precipizio, il sangue che gli affluiva nelle orecchie, la paura per la
sicurezza delle ragazze che lo accecava. Suo padre lo chiamò
in Delaware per fermarlo. Ormai sapevano che le due ragazze erano state
prese con la forza e trascinate nella foresta, senza dubbio verso
qualche campo.
"Non faranno loro del male. Sono troppo preziose,"
affermò suo padre, calmo. Era vero. Le ragazze inglesi
beneducate potevano procurare un buon riscatto. Ma chi le avrebbe
prese?"
"Francesi oppure Ottawa," disse Uncas, concentrandosi verso
la collina vicina. Era come se avesse letto Nathaniel nel pensiero, ma
come fratelli, erano sempre stati in sintonia, come adesso.
"E' la stessa maledetta cosa!", scoppiò
Nathaniel. "Quei cani francesi sono sempre alleati con gli Ottawa per
pellicce, oro o soltanto contro gli Inglesi." Lui afferrò
l'accetta, non desiderando altro che affondarla nel cranio di qualcuno.
Di chiunque le avesse prese. Di chiunque avesse preso Cora.
Uncas considerò ciò. "Forse. Ma ci
sono molti disertori francesi che hanno lasciato l'esercito. Gli Ottawa
non rispondono a nessuno. Almeno i Francesi hanno qualche idea del loro
valore. Gli Ottawa le avrebbero uccise sul sentiero di guerra. Sappiamo
che sono state prese. Doveva essere per riscatto."
"Ma gli Ottawa non avrebbero fatto loro del male se avessero
deciso che erano più utili da vive," replicò
Nathaniel, testardo. "I Francesi hanno l'usanza di -"
"Basta," giunse il severo comando di suo padre. Persino ora,
in quanto uomo maturo, Nathaniel non osava disobbedire a un ordine
diretto.
Si limitò a covare in silenzio. Chingachgook lo
guardò con disapprovazione. "Non abbiamo visto indicazioni
di ciò. Le vostre opinioni e idee stanno offuscando la
vostra mente. Continueremo. Seguiremo le tracce. Prenderemo i loro
scalpi."
Uncas fissò il suolo. Immaginava cosa potessero
fare i Francesi a delle povere donne. Scacciò questo
pensiero dalla sua mente. Poi di nuovo, pensò, loro sono
fatte di una stoffa rigida. Osservò l'atteggiamento
accigliato di suo fratello.
"Sappiamo che sono vive. Si stanno dirigendo a est."
Si lanciarono in una corsa.
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Più tardi, quella mattina i tre uomini si
fermarono. Chingachgook analizzò attentamente il terreno e
la corteccia degli alberi. Nathaniel sbuffò per il disgusto.
Quei frenastenici non avevano nemmeno cercato di nascondere le loro
tracce.
"Hanno accelerato il passo," concluse Uncas. "Non possono
essere lontani." Indicò verso la boscaglia. "Uno di loro
è caduto." Uncas sentì un peso sullo stomaco. Le
ultime settimane erano state una specie di sogno dal Grande Spirito.
Spostò i piedi e i suoi occhi seguirono la curva che
girò bruscamente. Poteva sentirlo nell'aria. Veramente non
erano lontane.
Il trio accelerò. Dopo circa 2 miglia, fecero di
nuovo una pausa. Chingachgook tirò fuori con calma il suo
tomahawk. Fu un movimento netto, che avrebbe sorpreso un estraneo
testimone dell'episodio, un uomo della sua età essere
così agile. Era risaputo che Chingachgook aveva degli
istinti taglienti ed era in grado di sferrare un colpo mortale in modo
deciso.
Uncas annuì silenziosamente e si mise la carabina
in equilibrio sulla spalla, poi si fermò. Lui invece
consegnò la carabina a suo fratello. Nathaniel era il
miglior tiratore. Tirò fuori la sua accetta e Nathaniel
gliene gettò un'altra. Completamente armato, si
accovacciò dietro il fogliame. Lui era nel suo elemento. Il
suolo, le foglie, l'aria, tutto indicava che adesso era il momento di
colpire. Soltanto con il minimo dei movimenti, attentamente
scansò le foglie per scrutare la strada tortuosa, le accette
pronte. I suoi occhi si strinsero.
C'erano diversi uomini seduti in semicerchio. I loro colori
potevano soltanto confermare che fossero dei Francesi. Uno grande,
corpulento con la barba sembrava essere quello a capo degli
altri. Tutti loro sussurravano urgentemente e avevano uno
sguardo feroce, dipinto di collera. Lo sguardo di Uncas
seguì i loro. Sono loro.... pensò lui, sollevato.
Erano salve. Questa era la cosa più importante. Apparivano
stanche e tese, ma tuttavia illese.
Uncas continuò a osservare quando quello grosso e
arrabbiato raggiunse Alice e le parlò nella sua lingua
nativa. Con gli occhi abbattuti, Alice scosse la testa quasi
pudicamente. L'uomo borbottò, le afferrò il polso
e la strattonò in avanti. Cora cominciò a
piegarsi verso sua sorella, con il braccio disteso. Alice scosse la
testa a sua sorella con forza.
"Non parlo francese. Non bene." Uncas ascoltò
chiaramente questa frase provenire da Alice. Tese il suo orecchio per
ascoltare. I Francesi aggrottarono le ciglia. "Ma noi siamo le figlie
di un colonnello inglese. Se ci portaste da nostro padre, la ricompensa
sarebbe munifica."
I Francesi sussultarono. Alice fece un piccolo sospiro e si
morse il labbro secco. Si schiarì la voce. "Io non parlo - "
L'uomo la spinse all'indietro duramente. "Parlo inglese.
Capisco le tue parole," la interruppe. La sua pronuncia era aspra e
pesantemente accentata. "Vorresti andare al forte, no? Per vedere tuo
padre?", ridacchiò. "Non sono stupido, mia cara. I tuoi
ufficiali inglesi mi spareranno a vista. Vi porteremo dai miei amici,
gli Ottawa. La ricompensa sarà munifica, davvero."
Ridacchiò, poi se ne andò e ignorò le
due ragazze.
Uncas aveva visto abbastanza. Si chinò indietro e
sollevò il suo palmo, poi lo girò rapidamente.
Era un segnale che essi avevano creato per dire che c'era
più di uno con cui avere a che fare. Nathaniel e
Chingachgook si unirono a lui mentre stavano in piedi, preparandosi. Al
cenno del loro padre, i due entrarono in azione.
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La testa di Alice sobbalzò a un improvviso rumore
quando tre ombre sfocate saltarono fuori dal nulla, al
centro. Lei silenziosamente guardò il grande uomo
al suo fianco, mentre le narici di lui si allargavano e i suoi occhi si
dilatarono per la paura. Ruggì di rabbia e balzò,
raggiungendo la sua pistola. Alice indietreggiò mentre un
netto suono di ossa fratturate raggiunse le sue orecchie.
Rabbrividì, guardando il grande uomo cadere e giacere a
terra, con gli occhi fissi ma che non guardavano nulla. Un'accetta
schiacciò il cranio di lui.
Cora e Alice si affrettarono ad alzarsi, con le loro gonne
aggrovigliate. Alice poi scelse di stare giù. Un altro uomo,
magro, asciutto e muscoloso, cadde a terra con un tonfo. Chingachgook
prontamente si chinò e gli prese lo scalpo.
La scena era diventata un assoluto finimondo. I Francesi
correvano in preda al panico, cercando di sparare ai Mohicani, ma il
tentativo non sembrò riuscire. Nathaniel si
inginocchiò, prese la mira e sparò a uno che
stava fuggendo, atterrandolo all'istante.
I respiri di Alice uscirono in brevi fiatoni affannosi.
Afferrandosi la gonna, sentì qualcosa di duro. Lo aveva
sentito prima, ma non aveva osato tirarlo fuori. Sbrogliando le tasche
interne della sua gonna, guardò rapidamente i disegni della
lama indiana. Si scoraggiò e si guardò intorno
impotente. Alice non sapeva come usare un coltello.
Un altro Francese crollò a terra quasi vicino a
lei, la bocca spalancata in agonia, i denti sporgenti sporchi per il
sangue che fuoriusciva. Una brutta ferita profonda sul suo fianco
sfolgorava irosamente, il prodotto di un colpo ben piazzato
dall'accetta di Uncas.
Mio Dio... pensò Alice per l'orrore. Gli occhi di
lui, spalancati, avevavo un guizzo di luce; dal suo fianco,
preparò una pistola a pietra focaia e prese la mira, mentre
Nathaniel premeva su di lui. Alice non sapeva se la pistola fosse
carica, ma ciò nonostante ansimò vedendo
Nathaniel nel raggio d'azione.
Muovendosi rapidamente, lei girò il coltello,
barcollò in avanti sulle ginocchia e trafisse la mano
dell'uomo, inchiodandola al suolo. Mentre lui urlava aspramente,
Nathaniel gli stette addosso. Alice non riusciva a guardare. Si
alzò tremolante e distolse lo sguardo, mentre Nathaniel
uccise il suo avversario.
Improvvisamente l'atmosfera era calma. La polvere da sparo
si stava schiarendo e Alice era frastornata. Nathaniel le si
avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla.
"Va tutto bene?" chiese lui a bassa voce, con la
preoccupazione scolpita sulla sua faccia.
Alice annuì. Nathaniel sembrava dubbioso. Si
guardò intorno per vedere Cora e la vide in piedi con suo
padre. Lui sospirò sollevato. Tenendola per mano, Nathaniel
guidò Alice verso il gruppo.
Uncas... pensò Alice, desiderosa. Il nome
uscì fuori da un luogo, nella parte sinistra delle sue
costole. Alzando gli occhi rapidamente, lo sguardo di Alice
incrociò quello di lui. Alice poteva dire che Uncas aveva
sentito il richiamo.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Quella sera
accesero il fuoco presto. Nathaniel voleva che le donne riposassero;
aveva sempre pensato che il fuoco fosse rilassante. Così,
mentre il giorno si fondeva clandestinamente nella notte, dissipando il
calore e coprendo le donne nel vibrante crepuscolo che si affievoliva,
il fuoco fu presto acceso e le donne crollarono al suolo.
Sedendosi con il peso sulle cosce, mentre alimentava le
scintille di fuoco con alcuni ramoscelli in atteggiamento apatico,
Nathaniel ripensò a quella giornata. Dopo la dura prova con
i soldati francesi, sapevano che non potevano rimandare e dovevano
muoversi, dirigendosi di nuovo verso ovest, da dove erano venuti.
Alice e Cora parlarono poco. Nathaniel, lanciando loro uno
sguardo preoccupato, notò il torpore nelle loro facce e
strinse i denti. Sapeva che loro non potevano indugiare. Nei dintorni
ci potevano essere più soldati o Indiani bellicosi.
Nathaniel e Cora avevano trascorso solo pochi momenti ad abbracciarsi,
poi al cenno sepolcrale del patriarca di famiglia, Nathaniel aveva
sollecitato le donne ad andare avanti.
Più in là, giù per il bosco
fiorente, Uncas aveva fatto una pausa e le sue labbra si contorsero per
un momento. Guardando suo fratello, scosse la testa impercettibilmente.
Le donne erano poco dietro di loro, il loro padre a capo del gruppo.
Guardando le sorelle fugacemente, Nathaniel si
avvicinò di più a Uncas.
"Fratello," disse lui a bassa voce, parlando nella loro
lingua nativa. "Stai male. Fermiamoci."
Uncas scosse di nuovo la testa con noncuranza, ma Nathaniel
vide la tensione della sua mandibola e la rigidità della sua
schiena. Stava tenendo a bada il suo dolore. Il suo sguardo era
inflessibile mentre mormorava di continuare a camminare.
Gli occhi di Nathaniel si strinsero. "Sei ancora ferito e
probabilmente sanguinante. Non sarai di nessun aiuto per noi, se
collassi per la perdita di sangue."
Cora e Alice si erano fermate, senza fiato. I loro occhi
oscillavano curiosamente tra i giovani uomini, incapaci di capire le
loro parole.
Nathaniel notò lo sguardo di Alice soffermarsi
sul viso di suo fratello, con la preoccupazione evidente.
Tuttavia, Uncas era intrattabile. Nathaniel poteva dire che
era a disagio con tutti coloro che gli si affollavano intorno e che lo
guardavano. Nathaniel usò questo a suo vantaggio.
"Stavo giusto dicendo a mio fratello che dovremmo riposare,"
spiegò alle ragazze apprensive. "Lui è
ancora dolente per le ferite che ha riportato.
Papà vorrebbe fermarsi."
Uncas si irrigidì, il suo viso era una levigata
maschera di pietra. "Sto bene," rispose semplicemente.
Cora si fece avanti, con il viso segnato dalla
preoccupazione, ma i suoi occhi erano acuti. "Allora dovremmo riposare.
Per favore, permettimi di curarti le ferite, Uncas. Sono sicura che tuo
padre sia d'accordo."
Improvvisamente Chingachgook apparve in lontananza verso di
lei, essendosi avvicinato furtivamente, inosservato. Il viso di Alice
si tese per lo sconforto. "Come fa a continuare a farlo?"
pensò lei cupamente. Lei abbassò gli occhi per
una frazione di secondo, poi gli occhi della ragazza oscillarono
velocemente verso Uncas.
Sta soffrendo, pensò lei nella vergogna. Alice
non poteva fare nulla, se non pensare che era tutta colpa sua. Di tutto.
Aveva affrontato il gruppo di Huroni di petto per lei, poi i
Francesi, per non parlare delle infinite volte che lui l'aveva aiutata
durante il tragitto verso il forte e anche dopo. Pensò anche
a suo padre e a Duncan e di nuovo la desolazione la assalì.
Uncas appariva così forte alla luce del sole, con
i suoi lineamenti lisci e uniformi. Persino con la sua carne segnata
sulle braccia e il verde della sua camicia più scuro per la
sporcizia, Alice pensava che in vita sua non aveva mai visto una
visione più nobile.
Alice sentì il respiro bloccarsi.
Abbassò di nuovo lo sguardo.
"Che cosa c'è?", chiese Chingachgook allarmato.
Il suo tono era tale che non suonava come una domanda.
I due giovani uomini e le donne mantennero un silenzio
disagevole. Nathaniel non aveva affatto intenzione di dire al loro
padre che Uncas era ferito, non se suo fratello non voleva.
Le sorelle apparivano sconcertate, non volendo rivolgersi
direttamente a Chingachgook.
Uncas incrociò lo sguardo di suo padre. "Abbiamo
molto terreno da coprire."
Chingachgook lanciò uno sguardo penetrante al suo
figlio minore, studiandolo. Poi annuì una volta. "Sono
d'accordo." Disse il resto in Mohicano. "Ma se sei affaticato, ci
fermeremo. Capito?" Di nuovo, non era una domanda.
Uncas annuì.
Nathaniel poteva percepire che Uncas adesso era vagamente
infastidito, ma come al solito la sua faccia non esprimeva nulla.
Rispecchiando l'impassibilità del suo fratello minore, lui
posò le mani sulla schiena di Cora e la fece proseguire in
avanti, poi diede gentilmente una gomitata ad Alice. Lui
guardò costantemente la ragazza bionda. Lei pensava di
essere stata furtiva, ma Nathaniel notò i piccoli sguardi
che lanciava a Uncas.
C'erano tante emozioni messe insieme nei suoi occhi cerulei.
Lui pensò a quanto lei dovesse odiare sentirsi
così impotente.
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Nathaniel fu riportato al presente e si guardò
intorno. Le due ragazze erano strette insieme sull'erba soffice, Cora
che stringeva sua sorella, addormentata.
Alice era sveglia ma fissava verso il cielo, l'intenso blu
del cielo. La notte si stava avvicinando. Anche se lei era immobile
come un'effigie di marmo in posizione prona, i suoi occhi erano
inquieti. Le sue pupille guizzavano attraverso il cielo, facendo
pensare a Nathaniel che lei stesse rivivendo perlomeno alcuni dei
giorni passati.
Lui non voleva pensare a quei Francesi bastardi. I tre
uomini si erano messi silenziosamente d'accordo sul fatto di non
parlare dell'accaduto finché le donne non si fossero sentite
meglio.
Nathaniel guardò Uncas e in un attimo comprese
che lui stava guardando Alice Munro intensamente. Evidentemente erano
tutti caduti nella stessa quiete letargica. Quei momenti erano pochi e
lontani.
Notando il loro padre ai margini, fuori portata d'orecchio
per il turno di guardia, Nathaniel decise di dire ciò che
pensava.
"Fratello mio, come ti senti?", chiese in Mohicano,
sussurrando. Suo fratello silenziosamente gli fece un segno. Nathaniel
accondiscese.
Parlarono in sussurri mentre il crepuscolo cedette al
silenzio della notte.
"Meglio," disse Uncas. Poi poco dopo, "Come stai? Come
stanno...le donne?"
Nathaniel si grattò il collo pigramente. "Se vuoi
dire, come sta la bionda, penso che lei se la stia cavando bene".
"Ti ho chiesto come stanno le donne".
Ignorando la vessazione quasi indistinguibile nella voce di
suo fratello, Nathaniel continuò per la stessa strada.
"Lei continua a guardarti, Uncas. C'è qualcosa
che dovrei sapere? O piuttosto, qualcosa che sarebbe prudente che io
sapessi?"
Uncas non disse niente, concentrandosi sulla luce del fuoco
tremante. La luce del fuoco irradiava i toni ramati della sua pelle.
Nathaniel pensò che forse Uncas avesse deciso di
ignorarlo. Sta mantenendo dei segreti, pensò lui.
Più che giusto. Ruotò le spalle tentativamente
con un sussulto.
Uncas improvvisamente alzò lo sguardo, con la sua
faccia desolata nella penombra della notte. "Pensavo di sentire
qualcosa. Mi sbagliavo.", disse lui a bassa voce.
Nathaniel chinò la testa, confuso.
"Raramente i sentimenti sono sbagliati," replicò
lui lentamente.
"Ho visto qualcosa in lei. Pensavo di averlo riconosciuto."
La sua voce aveva un qualcosa di strano, ma
Nathaniel aveva colto il senso. Sapeva che lui doveva scegliere molto
attentamente le sue parole, memore del fatto che era dura per Uncas
condividere i suoi sentimenti. Avrebbe tentato di convincerlo a farlo.
"Direi che lei si sente allo stesso modo. Ti fissa, con
preoccupazione e qualcos'altro."
Fecero di colpo una pausa.
"Non è abbastanza," disse infine Uncas. Nathaniel
scosse brevemente la testa.
"E' abbastanza. Sta provando per te ciò che tu
provi per lei. Ha aperto il suo cuore a qualcuno così tanto
differente da se stessa."
Uncas sembrò agitato per un momento, con la bocca
incurvata. Nathaniel tentò una tattica differente.
"Come sai che non è abbastanza?" lui
sfidò suo fratello.
"Perché...perché lei me lo ha detto,"
disse lui con neutralità, ma le sopracciglia di Nathaniel si
alzarono velocemente fino all'attaccatura dei capelli. Sapevo che c'era
molto più di questo...
Lui aveva avuto un sospetto furtivo a Fort William Henry ma
era sembrato così assurdo il fatto che non lo
aveva detto ad alta voce. Finora.
"Cos'è successo a William Henry?", chiese a Uncas
improvvisamente. "Come è successo tutto questo? Te la sei
svignata per vederla?" Volpe astuta, pensò lui divertito.
"Non proprio," disse Uncas con un'alzata di spalle. "Voglio
dire, l'ho vista lì. Ma non era stato programmato. Stavo
pensando a lei, più di quanto avrei dovuto."
Uncas lanciò un'occhiata a suo fratello, come se
presumesse che avrebbe riso. Ma Nathaniel era serio, annuendo in segno
di comprensione.
"Avete parlato?"
Uncas guardò a terra, muovendosi. "Abbiamo
parlato..."
I sensi di Nathaniel si acuirono. Non era quello che Uncas
aveva detto, era ciò che aveva lasciato apparentemente non
detto. Il pensiero incompiuto indugiò nell'aria e Nathaniel
quasi lo afferrò.
"E...e poi?" lui cercò di sollecitarlo
verbalmente, non riuscì a impedirselo.
Uncas scosse la testa categoricamente, di nuovo con la
faccia stoica. Ma non prima che suo fratello avesse carpito abilmente
il pensiero incompiuto e lo avesse formalizzato nella sua mente.
"L'hai baciata?" chiese lui a metà, necessitando
di un riscontro verbale.
Uncas scosse la testa più energicamente, ma suo
fratello non era uno stupido. Nathaniel combatté la risatina
che cresceva nella sua gola.
Non era il fatto che la situazione fosse divertente,
perché non lo era. E non lo era nemmeno il pensiero di suo
fratello che baciava una ragazza. Era solo che Nathaniel aveva sempre
valorizzato l'ironia, nella sua forma più meschina.
I suoi pensieri poi andarono a Cora e il ghigno
terminò.
Improvvisamente lui previde complicazioni nell'immediato
futuro, dato che Cora era insolitamente protettiva nei confronti della
sua sorella minore. Cora aveva accettato di diventare sua moglie e lui
aveva il timore che qualcuno mettesse a repentaglio ciò.
"L'hai baciata," disse lui in tono serio. "Non devi negarlo.
Ma é tutto qui, vero?
Uncas lo guardò, sconcertato. "E' tutto."
Nathaniel si rilassò.
"Va bene, fratello. Non intendo curiosare o infastidirti
come la moglie di un vecchio pescatore. Fintanto che ti comporti con
onore, sono felice. Lo so, Uncas -" disse lui rapidamente, anticipando
il sospiro mentale di costernazione di suo fratello, "- ma devo
dirtelo. Sono sicuro che capirai che ciò influisce su tutti."
Non aveva bisogno di dirlo ad alta voce. Tuttavia, entrambi
sapevano a chi stesse alludendo. Il loro padre. Avendo avuto questa
intera conversazione in Mohicano, entrambi tacquero. Nathaniel e Uncas
serrarono gli occhi, entrambi tristi. Uncas alzò lo sguardo
verso il cielo latteo che stanotte era cosparso di innumerevoli stelle.
"Non c'è bisogno di coinvolgere papà
in questa faccenda, fratello," disse Uncas con calma. "Lei alla fine
tornerà nella sua patria. Non è fatta per la
frontiera. E' bianca. Io no."
Nathaniel si chiese brevemente perché
inconsciamente stessero evitando di pronunciare il suo nome, ma decise
di non soffermarsi sulla cosa. Lui ricordò l'accenno al
fidanzamento evidentemente rotto di Alice Munro, ma non voleva
spettegolare su di lei, specialmente con l'ultima frase che Uncas aveva
appena detto, che piroettava nella mente di Nathaniel.
"Lei ha detto questo? E' perché non sei bianco?"
chiese Nathaniel attentamente.
"In un certo senso," replicò Uncas, poi non disse
più niente.
Per i 5 minuti successivi entrambi rimasero seduti
tranquilli, consapevoli dei lievi rumori della natura, con le orecchie
come sempre pronte a cogliere ogni sottile cambiamento.
Il respiro tenue delle ragazze, la brezza calda che vagava
tra i rami e i loro capelli, il loro padre che ancora era seduto
leggermente ai confini del loro accampamento improvvisato, con carabina
e mazza da guerra a portata di mano.
Nathaniel si avvicinò a Uncas, con la sua voce
ridotta a un mormorio.
"Ci sono troppe cose non dette, Uncas. Questa è
l'ultima volta in cui ne parlerò con te, finché
sarai tu di tua volontà a voler discutere la faccenda con
me. Penso che la ragazza sia confusa. Non ha chiesto lei di essere
messa in questa situazione. Suo padre e il suo amico sono stati uccisi.
Non può tornare in Inghilterra nel prossimo futuro. Sua
sorella sta cominciando una nuova vita. Più probabilmente
pensa di disonorare la memoria di suo padre pensando a te in un altro
modo, tranne che come conoscente."
Nathaniel si chinò per vedere meglio la faccia di
Uncas, ma suo fratello era distaccato e impassibile. Decise di
concludere i suoi pensieri su questa delicata questione.
"Nemmeno tu vuoi disonorare papà. E'
comprensibile. Penso che dovresti provare a parlare con lei quando
arriverà il momento opportuno... e poi anche con nostro
padre a un certo punto. Se è davvero destino."
Preoccupati, sobbalzarono, tesi, quando i loro sensi
catturarono la vibrazione di un movimento.
Chingachgook avanzò verso di loro e si
coricò con un gemito di stanchezza, chiudendo gli occhi.
"Prossima guardia," disse lui, con voce rauca e bassa.
Adagiò le sue armi a portata di mano. La verità
era che nessuno di loro avrebbe dormito molto, anche se non erano di
guardia.
Nathaniel si alzò rapidamente, dando un'occhiata
a suo fratello mentre afferrava la sua carabina e accetta e prendeva il
posto di suo padre per fare la guardia.
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All'alba il piccolo gruppo sgombrò rapidamente
l'accampamento e affrontò nuovamente la routine dei giorni
precedenti, con una rapida andatura attraverso questa distesa di
foresta. Le donne avevano lo sguardo velato di stanchezza, mentre gli
uomini indossavano le armi e parlavano con calma. C'era silenzio e
placidità intorno a loro. L'aria era grigia ed era scolorita
con il fresco del primo mattino.
Alice desiderava tantissimo fare un bagno. Era irritante
essere così sporca e sudicia. I suoi capelli erano arruffati
-ovviamente non più intrecciati- e filanti di sudore secco,
per non parlare dell'aspetto scioccante del suo vestito, un tempo
elegante.
Guardando Cora, Alice sapeva che sua sorella aveva il suo
stesso aspetto. I vestiti, insudiciati e ridotti a brandelli, le scarpe
in uno stato pietoso e quasi completamente consumate. Alice mantenne
un'andatuta costante per tutta la mattinata, ormai abituata al calore
accecante, una volta che il sole emerse vagamente.
Lei si stava adattanto velocemente alla frontiera,
pensò ironicamente. Almeno alla parte che includeva le marce
a piedi.
Durante il pomeriggio, il progetto fu spiegato alle donne.
Chingachgook aveva rimuginato sulla questione con alcune
considerazioni e decise che per ora non avrebbe avuto senso dirigersi a
ovest. Mentre era vero che la guerra imperversava a est, la zona in cui
al momento si trovavano, la spedizione in Can-tuck-ee sarebbe stata
piena di pericoli a modo suo.
Nathaniel aveva spiegato che, per il momento, avrebbero
tutti seguito lo stesso percorso. Avrebbero raggiunto la periferia di
un insediamento entro la giornata, il che era una cosa favorevole
perché i Lenape si accampavano nei dintorni durante la
stagione più calda.
Alice era molto curiosa di conoscere queste persone. I Lenni
Lenape, o Delaware per gli Inglesi, sembravano molto interessanti per
lei.
Nathaniel trascorse i 5 minuti successivi a spiegare ad un'
Alice vivace e alla sua dubbiosa sorella maggiore una breve, sintetica
storia delle persone che erano stati gli amici e gli antenati di suo
padre.
"Sono brava gente," commentò Nathaniel, che stava
arrostendo il merluzzo che suo padre aveva catturato nel fiume, con una
piccola rete tessuta presa dal suo zaino.
Erano seduti a terra intorno al piccolo spiedo, avendo
deciso di riposare per un po' e di trovare del cibo per le donne.
"Originariamente, i Lenape andavano abbastanza d'accordo con
gli Europei," Nathaniel spiegava mentre stava divorando la sua porzione
di merluzzo. "Ma dopo alcuni anni si cominciò a formare una
spaccatura tra loro."
"Perché?" chiese Cora, che si stava pigramente
intrecciando i capelli accanto a lui, cercando di domare i suoi ricci
ribelli. Fu Uncas a rispondere.
"Molti anni fa, a uno degli uomini inglesi venne dato un
pezzo di terra dal suo capo oltre il mare. E' la zona conosciuta oggi
con il nome di Pennsylvania."
Alice fece un piccolo rumore, apparendo confusa.
"Significa che il Re d'Inghilterra gli concesse una Carta,
come la chiamano i Bianchi," aggiunse Nathaniel servizievolmente. "Il
suo nome era William Penn."
Non volendo sembrare più ignorante di quanto
già fosse sembrata, Alice si precipitò a dire
qualcosa di sapiente. Aveva sentito parlare vagamente di quest'uomo.
"Era della setta dei Quaccheri, vero?" chiese lei.
Nathaniel annuì.
"Giusto. Lui trattava i Delaware con gentilezza, suppongo.
Loro lo ritenevano un uomo buono, e per tutto il periodo in cui lui era
vivo, ci fu pace tra le due parti."
"Che è successo?" chiese Alice, incuriosita.
"Dopo la sua morte, i suoi discendenti non vollero onorare
la richiesta del loro padre di essere buoni con i Lenape. Parlarono di
un trattato stipulato tanto tempo fa che prevedeva l'assegnazione di
terra ai Bianchi, tanta terra quanta essi ne potessero percorrere a
piedi in un giorno e mezzo. I Delaware furono d'accordo, ma prima che
la vera camminata avesse luogo, i Bianchi imbrogliarono."
"Come?" chiese Cora, che appariva costernata.
"Realizzando un sentiero attraverso la foresta intatta.
Assumendo esperti corridori." Uncas parlò adesso, prendendo
una sorsata d'acqua.
"E' terribile..." affermò Cora, chiaramente
partecipe.
Lei guardò Chingachgook, ma lui stava fumando con
una pipa di argilla, perso nelle sue meditazioni e apparentemente
riluttante a unirsi alla discussione sugli avidi Yengeese e gli uomini
rossi maltrattati.
"Il risultato fu che i Bianchi finirono per ottenere il
doppio della terra che era stata concordata, la maggior parte della
colonia orientale della Pennsylvania," concluse Nathaniel.
Tutti loro rimasero tranquilli per un lungo momento. Alice
ci rifletté su e si rattristò e sperava che
questi Indiani non fossero qualcosa come gli Huroni o gli Ottawa.
Ma Nathaniel aveva chiaramente detto che mentre il rapporto
tra i Lenape e gli Inglesi era teso a causa dell'inganno da parte degli
Inglesi, il rapporto tutto sommato era non-violento.
Lei non era del tutto propensa a soffermarsi su un altro
argomento che la stava preoccupando. Era lacerata per la decisione di
Chingachgook di non continuare a dirigersi verso ovest. Mentre
comprendeva la logica di tutto ciò, a lei la decisione non
piaceva. Quale bene si poteva ricavare dallo stare in qualsiasi luogo
vicino ai Lenape? Lei non sapeva niente di loro, tranne che Uncas
avrebbe passato l'inverno con loro.
E se... lei pensò. Se...
Determinata a non finire il pensiero, pensò al
suo povero padre e a Duncan.
Dopo che era stata trascinata via dal villaggio Hurone da
Magua e i suoi uomini, era indietreggiata quando le urla agonizzanti
del suo amico Duncan avevano raggiunto le sue orecchie. Il suo animo si
sentì distrutto per il dolore e la disperazione. Suo padre
era morto, Duncan era stato divorato dalle fiamme in quel momento, e
non sapeva cosa ne sarebbe stato di sua sorella.
La luce del sole era stata sorprendentemente accecante e
luminosa, mentre si facevano strada lungo il fianco del promontorio.
Alice scoprì che la paura che sentiva era diminuita.
Mi taglierà la gola e mi getterà dal
precipizio? si chiese lei, ma trovò che dopo tutto
ciò che era successo, lei era meno spaventata.
Si era sentita come se fosse congelata in un grande blocco
di ghiaccio che brillava al sole. Invece, la sua mente era trasportata
a tempi più felici. La sua adolescenza in Scozia e a Londra.
Sua sorella illuminata dal sole rosso sangue,
felice...felice...mentre afferrava la mano della sua sorella minore e
correvano a rotta di collo giù per le gialle e verdi colline
di Iverness, in Scozia. Ricordava l'uniforme inamidata di suo padre,
che profumava di terra e polvere da sparo, i suoi occhi blu che le
sorridevano, occhi che rispecchiavano i suoi.
Ma persistentemente, più di ogni cosa, lei vedeva
lui. I suoi neri occhi obliqui così pieni di calore, i suoi
zigomi definiti, la forza rassicurante delle sue mani.
Alice ricordava con chiarezza straziante come, sotto le
cascate mentre si nascondevano da quei mostri pitturati, lui la teneva
tra le sue braccia e poteva sentire il tonfo costante del cuore di
Uncas che batteva contro il suo.
Le aveva accarezzato le braccia e il viso e gentilmente le
aveva intrecciato i capelli inzuppati e Alice, marciando su per quel
lato della montagna con gli Huroni che la fiancheggiavano,
ricordò con dolore agrodolce il sentimento che aveva provato
nel momento in cui i dorsi delle nocche di Uncas le avevano sfiorato le
guance.
Come se il suo cuore si stesse dilatanto per contenere tutto
e tutti intorno a loro.
Alice, immersa in quel sentimento vertiginoso,
sentì l'aria lasciare i suoi polmoni e un calore la invase
come un vino inebriante. Guardando in su e catturando gli occhi di
Uncas, lei vide il desiderio nei suoi occhi ma nella sua inesperienza
non disse nulla. Dopo che lui finì di intrecciarle i
capelli, la aiutò ad alzarsi e la condusse dagli altri.
Alice aveva sperato che prima di morire, avrebbe avuto una
possibilità, solo un momento per se stessa mentre la sua
vita volgeva al termine. Per essere consapevole della morte incombente;
se lui avesse sollevato la sua accetta davanti a lei o l'avesse
trascinata lentamente sull'orlo del precipizio. Ciò che
aveva voluto era avere una frazione di secondo per ricordare occhi neri
pieni di desiderio e dita delicate, mentre lasciava questa vita per
andare nella prossima. Invece, uno sparo frantumò le sue
fantasticherie e lei si gelò, sperando contro ogni
aspettativa di essere salvata, invece di morire contro le rocce
polverose.
Allungando il collo, incontrò un paio di iridi
scure e uno sguardo risoluto.
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Il giorno seguente loro si sentirono molto più
energici. Adesso si trovavano alla foce del fiume e ci sarebbe voluto
un lungo giro in canoa prima di raggiungere l'insediamento e la loro
destinazione.
Poche ore dopo l'alba le sorelle si sedettero sulle
muschiose rive del fiume, vicino a Uncas e suo padre; a Nathaniel era
stato dato il compito di correre per la foresta per parlare con i
Mohawks che avevano un piccolo accampamento nei dintorni. Stava
cercando di commerciare e negoziare con loro per avere almeno due dei
loro uomini che gli procurassero un paio di canoe scavate per un
viaggio di mezza giornata, su per il fiume.
In meno di un'ora lui ritornò con due giovani
Indiani in gambali di pelle di daino e camicie di calicò blu
e verde, che evidentemente era ciò che gli uomini rossi
erano soliti indossare. Alice non aveva idea di questo.
Uno di loro era leggermente più grande e la sua
testa era rasata, con solo un ciuffo da scalpo. Il secondo era
più giovane e i suoi lunghi capelli color onice pendevano
sciolti, adornati con piume. Entrambi erano impassibili e guardarono
attentamente le donne inglesi mentre Nathaniel parlava a bassa voce
alla sua famiglia.
Non passò molto tempo prima che più
uomini si avvicinassero al sentiero nel bosco, trainando due canoe con
loro. Emettendo un grugnito per lo sforzo, loro le sollevarono e con un
tonfo le gettarono nelle acque vitree.
"Andiamo," disse Nathaniel in fretta. "Se ci sbrighiamo,
suppongo che potremmo essere là a metà
pomeriggio."
Lui parlò brevemente con gli uomini Indiani come
se li stesse ringraziando, poi segnalò le canoe alle donne.
Le sorelle, da parte loro, rimasero in piedi incerte.
I giovani Mohawk salirono ognuno sulla propria canoa di
betulla. Uncas e Chingachgook andarono su canoe opposte ed entrambi si
sedettero sul retro. Afferrarono i remi e guardarono Nathaniel e le
ragazze in attesa. Cora avvolse il braccio intorno al collo di sua
sorella ed entrambe avanzarono esitanti. Su insistenza di Nathaniel,
entrambe salirono nella canoa di Chingachgook, e Nathaniel si
unì a suo fratello.
Le ore passarono senza incidenti, la foresta scorreva in un
insieme di colori e suoni. Alice e Cora caddero in uno stordimento
assonnato, il caldo le rendeva sonnolente, il canto degli uccelli e i
sussurri degli alberi le cullavano nel sonno, una contro le spalle
dell'altra.
Si svegliarono mentre il sole abbagliante svaniva e le canoe
furono arginate bruscamente. Stiracchiandosi e ruotando i polsi, Alice
si guardò intorno per quanto poteva vedere lontano; tutto
ciò che c'era da vedere erano più alberi, ma a
distanza fumo blu grigiastro si diffondeva languidamente nel cielo -
fumo di un camino.
Alice si sentì sollevata, perché
ciò significava caminetti, calore, letti. Anche Cora
appariva rinvigorita.
I Mohicani aiutarono le sorelle a scendere dalle canoe,
seguiti dai Mohawk. Il gruppo, sette in tutto, valutò la
vista del bosco.
Nathaniel si schiarì la voce. "Giù per
quella strada c'è l'insediamento di cui vi stavo parlando."
Lui indicò l'orizzonte affumicato. "Prima ci
fermeremo lì. Per la maggior parte noi conosciamo i popoli
che vivono in questa zona, commerciamo pelli con loro."
Egli agitò una mano verso la sinistra. "Poco
più giù da quella parte c'è
l'accampamento Delaware - gli amici di mio padre. Almeno, supponiamo
che quello sia il luogo in cui si trovano."
Lui fece spallucce, sembrando indifferente.
"Facci strada, allora," disse Cora sorridendo, senza dubbio
entusiasta di essere di nuovo nella civiltà.
Il percorso giù per il sentiero a spirale era
molto veloce mentre il sole calava e il cielo era illuminato di
arancione. Mentre loro si avvicinavano, udirono risate di bambini e il
brusio di persone che parlavano.
Nathaniel spiegò che mentre la maggior parte
delle persone aveva acri di terra e nessun vicino di casa nel posto,
queste persone vivevano relativamente vicine le une alle altre, e
avevano rapporti amichevoli con i Delaware e i Mohawk che passavano per
la loro strada.
Alice si sentì il cuore accelerare al pensiero di
fare il bagno e addormentarsi in qualche luogo che non fosse terreno
solido. Le sue labbra si aprirono e si curvarono in un sorriso, ignara
che Uncas la stesse guardando, un sorriso inconscio apparve anche sulle
labbra di lui.
Chingachgook si avvicinò lentamente a Uncas.
"Come ti senti, figlio mio?"
Uncas guardò suo padre solennemente ma
calorosamente. Annuì. "Meglio. In via di guarigione."
"Lasceremo le donne con qualcuno degno di fiducia per la
notte, poi andremo all'accampamento. Le tue ferite devono essere
controllate," disse Chingachgook duramente in Mohicano, guardando
acutamente il suo figlio minore.
Uncas fece spallucce.
Non gli piaceva l'idea di lasciare le donne da sole, anche
se sarebbero state al sicuro. Ma allo stesso tempo le donne bianche non
potevano gironzolare nell'accampamento Delaware senza preavviso e
implorare di avere degli alloggi.
"Figlio mio, Uncas," disse Chingachgook, un po'
più gentile.
Uncas lo guardò intensamente.
"Una volta giunti all'accampamento, chiedo che tu prenda del
tempo per guarire e riflettere. Non lasciare l'accampamento per un po'
di giorni, finché non sono certo che tu sia di nuovo in
forma. Non è una richiesta. Quando verrà il
momento, vorrei parlare con te di molte cose. Ma prima di tutto,
riposerai."
Il gruppo dei sette, stanchi del viaggio, si
riunì nei pressi della radura e Nathaniel urlò un
saluto.
Un gruppo di facce curiose li osservò mentre il
sole cominciò di nuovo il suo arco verso il basso e la notte
cadde su di loro.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Camminando
fino alla radura, Alice sentì un imbarazzo che la fece
arrossire. Aveva difficoltà a ricordare quando mai si era
sentita così sciatta e scomposta. Se solo avessi potuto
almeno lisciare i miei capelli o nella migliore delle ipotesi lavarmi
le mani! pensò lei, in una silenziosa
disperazione. Sapeva di essere stata infantile, ma tutta una
vita passata ad avere un aspetto impeccabile risuonava dentro di lei.
Si sentì umiliata al pensiero di come doveva essere apparsa
indecente nell'aspetto.
Girando la testa, lei diede un'occhiata alle persone che
camminavano verso di loro. Era difficile vedere nella luce bassa, ma
loro sembravano essere contadini e casalinghe; un piccolo numero.
"Ciao!" disse un uomo biondo che sembrava essere nei suoi
trent'anni. Camminò rapidamente verso il sentiero e rimase
in piedi, sorridendo calorosamente. "Nathaniel, felice di vederti!"
Aveva un debole accento scozzese che instantaneamente
riscaldò Alice.
Guardandosi intorno amabilmente, l'uomo fece una
risata. "A giudicare da ciò che vedo, state pensando di
creare una colonia tutta vostra."
Nathaniel sorrise, rivolgendosi alle donne e
indicò con un gesto. "Signorine, posso presentarvi James
Stewart? James, queste sono le signorine Cora e Alice Munro. Conosci
mio padre e mio fratello."
Lui fece un breve riassunto della storia con pochi dettagli,
che la sua famiglia sarebbe stata nell' accampamento Delaware nei
dintorni e che le signorine Munro avevano bisogno di un posto dove
dormire, da qualche parte per il momento. Lo Scozzese annuì
amichevolmente.
Cora sollevò un elegante sopracciglio, studiando
attentamente il giovane uomo. "Stewart?" chiese lei con una voce
piuttosto ingannevole. "Un nome piuttosto propizio per uno Scozzese,
signore."
Lo Scozzese Stewart sbatté le palpebre come un
gufo alla ragazza Munro più grande prima di emettere un'
altra delle sue risate intense, facendo pensare Alice di nuovo ai
cani. "Ragazza, non sono uno di quegli Stewart! Non abbiamo
preso parte alle ribellioni."
Ridacchiando, lui si volse da una Cora sorridente verso
Alice e lei guardò in basso, strascicando i suoi piedi.
"Quella timida, eh?" lei lo sentì chiedere.
"Tutto bene, ragazza. Nathaniel, suppongo che loro avranno bisogno di
un posto dove stare e...ehm...vestiti, cose da donne e altro?"
Alice sentì che il collo e la faccia erano
diventati rossi per la mortificazione, poiché lui aveva
ovviamente notato la sua mancanza di igiene e il suo vestito che era
praticamente un cumulo marrone di stracci.
"Nathaniel, Uncas," si sentì la voce cadenzata di
una donna davanti a lei.
Istintivamente Alice guardò la donna che ora
stava vicino a Mr Stewart, strofinandosi le mani sul suo vestito color
crema. I suoi occhi erano gentili, notò Alice sollevata.
Infilandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio,
lei le guardò in silenzio per un momento. "Sono Annabel
Stewart," disse lei con la voce mite e Alice afferrò la
cadenza di un accento londinese. "Le signorine hanno bisogno di un
posto dove stare?"
Alice e Cora si guardarono furtivamente, cercando
valorosamente di mascherare la loro meraviglia con sorrisi cortesi.
Cosa potrebbe fare una signorina ovviamente beneducata nella frontiera?
"James è mio marito. Possediamo un appezzamento
di terra non lontano da qui," era il suo modo di spiegare, come se
conoscesse i loro pensieri.
"Sono Alice Munro. Questa è mia sorella Cora.
Siamo felici di fare la vostra conoscenza, signor e signora Stewart,"
disse Alice in fretta, apparendo timida alle altre persone che
indugiavano intorno agli Stewart, raccolte intorno a lei.
Annabel inclinò la testa, sorridendo e studiando
attentamente le due donne. "Il piacere è mio, signorina
Alice. Per favore, chiamami Annabel, tu e tua sorella acconsentirete a
stare con noi?"
Annuendo con calma, Alice fu contenta che Cora e lei stavano
per essere presto accolte in un posto caldo, stavano per fare un bagno
e, si sperava, essere vestite con abiti puliti. Ma come era strano che
gli Stewart le avrebbero portate in casa, delle perfette sconosciute, e
senza nemmeno chiedere loro spiegazioni.
Annabel annunciò, "Signori, sapete dov'
è la nostra fattoria. Le donne sono esauste. Domani, quando
saranno presentabili e si saranno riposate, possiamo tutti riunirci a
casa mia. A mezzogiorno circa?"
Gli uomini annuirono e mormorarono la loro approvazione.
Alice guardò sua sorella che sembrava sopraffatta dalla
gratitudine.
"Grazie infinite per la vostra gentilezza, signora Stewart,"
disse Cora dal profondo del cuore, avendo evidentemente dimenticato la
richiesta di Annabel di chiamarla per nome. "E grazie anche a lei,
ovviamente, signor Stewart. Mia sorella e io ve ne siamo grate."
Alice annuì. "Cercheremo di esservi di aiuto
durante il nostro soggiorno."
James Stewart soffocò la sua risata senza
successo e Alice lo guardò, confusa.
"Ho detto qualcosa di sconveniente?" chiese lei gentilmente.
Lui scosse la testa e condivise un'occhiata con Nathaniel.
Annabel sospirò verso di lui. "Si chiamano buone
maniere, James." Tuttavia, lei sorrise calorosamente a suo marito.
"Signorina Alice, signorina Cora..." Annabel si
voltò e le chiamò con un cenno.
Le sorelle guardarono gli uomini, preoccupate. Non volevano
lasciarli. Lo sguardo di Nathaniel era tenero mentre guardava Cora.
"Andrà tutto bene," disse lui gentilmente e Alice
si ricordò di una notte non tanto tempo fa, in cui un altro
uomo le aveva detto quelle esatte parole, mascherandosi di un'apparenza
coraggiosa in un mondo che stava crollando intorno a loro.
Alice, afflitta, guardò le espressioni distaccate
di Uncas e Chingachgook e poi si rivolse supplichevole a Nathaniel.
"Dove starete tutti voi? chiese lei tremando. "Dove potremo
trovarvi?"
Nathaniel sospirò, strofinandosi la fronte,
affaticato. "Saremo all'accampamento Delaware non lontano da qui. Qui
non c'è così tanto spazio per noi. Non lo
sappiamo, ma gli Stewart e le altre famiglie hanno molti bambini. Vi
rivedremo entrambe domani."
Così, lui abbracciò brevemente Cora e
diede ad Alice una stretta rassicurante sulla spalla, prima di
voltarsi, prendere la sua carabina e trascinare il suo zaino, per poi
dirigersi verso il sentiero buio.
Alice guardò sconsolata Uncas e Chingachgook, la
sua bocca fece una smorfia severa. Era difficile sopportare che le
strade si dividessero a questo punto, anche se solo per una notte.
Uncas accennò un sorriso ad Alice, poi si voltò
con suo padre e seguì Nathaniel nell'accampamento Delaware.
Anche Cora sembrava preoccupata, ma con un' aria amabile
dovuta al fatto che, o almeno questo Alice sospettava, non volesse che
i loro padroni di casa pensassero che le due sorelle stessero in
qualche modo disprezzando il loro ambiente.
James si unì a sua moglie e gli occhi di lui
danzavano di gioia mentre loro aspettavano Cora e Alice.
Che strano, pensò Alice, ma con soddisfazione,
non vede nessuna delle amarezze della vita...
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Poco più di due ore dopo, le due ragazze erano
sotto le coperte nel letto che una volta era occupato dalla coppia di
coniugi. Loro erano relegate strette nell'angolo più
lontano, poiché dovevano lasciare un po' di spazio nella
stanza per Annabel. Il letto era un po' più ampio di quanto
Alice avesse pensato, ma per tre donne sarebbe stato stretto. James
aveva insistito per dormire sulle coperte vicino al fuoco, mettendo
così da parte il loro imbarazzo.
Le ultime due ore erano trascorse in maniera piuttosto
confusa. Annabel aveva pregato suo marito di versare quanta
più acqua possibile nella semplice vasca di legno rivestita
di metallo. Le altre due famiglie in visita erano tornate a casa per la
notte.
Annabel aveva fatto notare loro che dopo il bagno, avrebbero
mangiato a sazietà pane e formaggio, poiché per
il momento lei non riusciva a preparare nulla. Ma che domani sarebbe
andata meglio.
James si era messo la carabina in spalla e era sparito di
nuovo fuori, dicendo che sarebbe tornato entro un'ora, volendo
controllare il suo raccolto e accertarsi che fosse tutto apposto.
L'acqua era abbastanza tiepida e, a dire la
verità, più fredda di quanto avessero sperato, ma
Cora si tolse velocemente gli indumenti e si immerse
beatamente nell'acqua lenitiva, con le lacrime di sollievo nei suoi
occhi.
Muovendosi velocemente, Alice risciacquò i
capelli ingarbugliati di sua sorella e le massaggiò la cute.
"Chiedo scusa, signorine, se ho terminato il sapone, ma
domani credo che potremo cominciare a farne un po' di più."
Disse Annabel, "Non è troppo difficile."
Mentre lei esaminava lo stato degli indumenti di Cora
aggrottando leggermente le sopracciglia, offrì alle ragazze
di liberarsi dei loro abiti e indossare qualche suo indumento, per ora.
Alice acconsentì con tutto il cuore mentre esprimeva
balbettando la sua gratitudine.
Poi Cora si mise a sedere accanto al fuoco, pettinandosi i
riccioli con le dita e indossando la camicia da notte di Annabel,
mentre Alice non vedeva l'ora di fare il bagno. Annabel si era
avvicinata all'orecchio di Alice.
"Credo che la cosa migliore sia che mio marito svuoti la
vasca e la riempia di nuovo con l'acqua fresca del fiume. Perdonami, ma
penso che tua sorella non abbia fatto il bagno per un tempo
eccessivamente lungo e con la sporcizia e tutto il resto..."
Alice annuì velocemente.
Riportata nel presente, Alice osservò le
lavorazioni grezze del piccolo soffitto dell'abitazione, sentendosi
soddisfatta, calda, ma anche con un vago senso di trepidazione. Lei non
era mai stata sola in camicia da notte in una stanza con un uomo che
non era suo padre, pur ammettendo che il signor Stewart era stato
gentile e rispettoso.
Moglie e marito erano seduti al loro tavolo di legno,
parlando a bassa voce del loro raccolto, di cosa sarebbe cresciuto e di
cosa avrebbero potuto commerciare o vendere dal loro piccolo
appezzamento di terra. Alice afferrò qualcosa del loro
discorso.
"Le patate dolci e la zucca dovrebbero rendere
abbondantemente quest'estate, spero," mormorò Annabel,
rammendando una delle camicie strappate di suo marito vicino alla luce
del fuoco tremolante.
James bevve di cuore dal suo boccale di birra e
annuì, strofinandosi la bocca. "Certo, ma le mie speranze
sono per le patate e il mais degli Indiani."
Alice sentì Annabel sospirare.
"Quel mais sarà irrisorio nella migliore delle
ipotesi. Ciò che dovremmo fare veramente è
piantare il grano."
James ridacchiò, come se trovasse tenero il suo
atteggiamento ingenuo. "Far crescere il grano non sarà
così semplice, amore mio," replicò lui.
"Lo so," disse Annabel, facendosi il segno della croce. "Ma
se noi potessimo ripulire un po' di più il campo, forse un
pezzetto di foresta?..."
"Non posso usurpare qualcosa in quel modo, Annabel," disse
James sottovoce.
"Usurpare dove? Sulla terra di chi? I Newsom sono piuttosto
vicini, ma io dubito molto che alcuni steli di grano getteranno un'
ombra sulla loro casa, così splendente e grandiosa,"
pronunciò l'ultima parte in sordina, in tono di scherno.
Alice ascoltò l'accenno di disprezzo nella voce
di Annabel e si chiese se le famiglie non si fossero prese. Lei
guardò silenziosamente Cora, che sembrava ascoltare la
conversazione ma sua sorella fece soltanto spallucce con noncuranza.
Tutto ciò non riguardava loro.
Annabel continuò. "Se noi potessimo almeno far
crescere un po' di grano, allora, potremmo commerciare. Solo il grano-"
James interruppe la sua tranquilla arringa. "Sono d'accordo,
amore mio, ma ciò significherebbe eliminare molti
più alberi ed è già estate inoltrata.
Un esperimento di questo tipo così tardi nella stagione
è da irresponsabili, specialmente se il gelo prende i frutti
del nostro lavoro."
Annabel aveva finito con la camicia e la piegò
ordinatamente sul tavolo, facendo scorrere distrattamente le dita lungo
i bordi rudivi del tessuto. Guardò suo marito, pensierosa.
"Non prendo le tue opinioni alla leggera, Annabel. Quella
era la mia promessa a te. Ho anche pensato al grano. Le colonie
meridionali lo chiedono energicamente. Ma penso che dovremmo mantenere
la rotta così per adesso. All'inizio della prossima estate
ti prometto che ripulirò un po' più di terra e
potremo cominciare."
Si appoggiò, accarezzandosi il mento. "Grano..."
sospirò lui. James cambiò argomento. "Le donne
sono sistemate? Dormono?"
In fondo all'abitazione, Alice si accoccolò
più profondamente sotto le coperte.
Annabel annuì solennemente. "Sì, hanno
fatto il bagno e hanno mangiato. Povere anime, sembravano delle
selvagge, in senso buono, quando sono arrivate. Forse domani
potremo fare delle domande pertinenti a Nathaniel. Di sicuro non
sembrano essere di queste parti. O delle colonie, se è per
questo."
"Parlano come te, mio tesoro," James disse con un sorriso.
Annabel era d'accordo. "Accento di Londra."
Più tardi quella notte Alice si
svegliò disorientata. Le ci vollero pochi secondi per capire
dove fosse, si sentiva rattrappita, stretta tra Annabel addormentata e
Cora che si trovava verso il muro. Lei sentì una specie di
suono smorzato, un lamento, e guardò rapidamente sua
sorella, battendo gli occhi in modo confuso.
Cora era completamente racchiusa nelle coperte, la sua testa
nera affondata nella piega del gomito, girata verso la parete
dell'abitazione. Il suo corpo tremava con lacrime silenziose.
Alice sentì una fitta di disperazione e,
guardando velocemente la loro padrona di casa addormentata,
avanzò lentamente verso sua sorella nell'oscurità
e le avvolse intorno al corpo un braccio delicato. "Shhh..." lei
esclamò. "Non agitarti, sorella," sussurrò. "Va
tutto bene." I loro occhi si incrociarono. "Ci sono io con te."
Cora soffocò un altro singhiozzo, la sua
espressione desolata per il dolore. Le loro mani si strinsero sotto le
ruvide coperte e Alice posò la sua guancia sulla fronte
umida di sua sorella. "Che cosa c'è?" chiese Alice con calma.
"Duncan," fu tutto quello che disse, le lacrime che le
scorrevano lungo il viso.
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Chingachgook e i suoi figli entrarono nell'accampamento
Delaware nell'oscurità della notte.
Camminarono agili e silenziosi, tuttavia erano attesi. I
Mohawk si erano mimetizzati nella foresta prima di avvicinarsi
all'accampamento.
Le wigwam a forma di cupola si trovavano lungo gli alberi,
due gruppi di abitazioni alle estremità opposte. Piccoli
fuochi erano accesi per tutto il centro dell'accampamento lungo una
fila, per permettere agli abitanti di usufruirne. Le persone
gironzolavano intorno, guardandoli con aria interrogativa, ma mentre la
loro presenza veniva resa nota, ci furono richiami di riconoscimento.
Il Mohicano più vecchio si fermò con i
giovani uomini quando furono avvicinati da un uomo alto che indossava
gli abiti tipici dei Delaware, pantaloni di panno e gambali. Era anche
avvolto in uno scialle fatto di pelle di castoro, forse per ripararsi
dal lieve fresco della scura notte estiva.
Tutti aspettarono finché loro vennero salutati.
"Chingachgook, benvenuto," disse l'uomo in Delaware,
solenne. Lui parlò per principio prima all'uomo
più vecchio, come ossequio alla sua anzianità. Ci
fu una pausa. " Sei stato riconosciuto già dal fiume."
Nathaniel si sforzò freneticamente per ricordare
l' uomo alto, piuttosto imponente nei suoi primi 50 anni.
Il suo sguardo trovò i tatuaggi allineati sulla
parte inferiore delle sue guance e ricordò il suo nome, per
fortuna, proprio mentre gli occhi del Lenape lo intercettavano.
Nathaniel chinò la testa. "Hopocan, grazie per il
benvenuto."
L'uomo in questione annuì brevemente.
Guardò Uncas e inarcò un nero sopracciglio.
"Porti ondate di guerra, Chingachgook? Tuo figlio
è stato ferito."
Senza curarsi di dire qualcos'altro ai giovani uomini, lui
chiamò alcune donne, diede loro delle istruzioni
affinché i figli di Chingachgook avessero alloggi, abiti e
nutrimento.
Le donne arrivarono e parlarono animatamente tra loro mentre
esaminavano Nathaniel e punzecchiavano Uncas, valutando le sue ferite e
verificando la presenza di qualche danneggiamento.
Una delle donne più giovani avanzò
verso Uncas, camminando a grandi passi in silenzio nei suoi mocassini
di pelle di cervo. I suoi occhi risplendevano nella luce del fuoco
mentre esaminava le braccia e le costole di Uncas, catturando gli occhi
di lui, lei sorrise leggermente e indicò i fratelli al
centro dell'accampamento.
"Vi vedrò entrambi quando il sole
verrà," disse Chingachgook austero agli uomini mentre
venivano condotti via lentamente.
Nathaniel sembrò irritato per essere stato
congedato bruscamente, e fu portato in un wigwam abitato da una piccola
famiglia, Uncas in una delle abitazioni per essere curato per le sue
ferite. Per questo, il cuore di Chingachgook era felice.
Più tardi quella sera, Hopocan e Chingachgook
stavano in una wigwam piuttosto spaziosa, fumando tabacco con una pipa
d'argilla e parlando della scorsa estate.
Gusci di mais secco come pure erbe che pendevano dai lati
del wigwam, aggiungevano una piacevole fragranza all'atmosfera. I due
uomini si conoscevano da molti anni, e Chingachgook si sentiva a
proprio agio quando parlava con lui, oppure soltanto quando si
abbandonavano ai ricordi.
"Quel ragazzo, il maggiore," chiese Hopocan schiettamente,
"E' ancora chiacchierone?" E Chingachgook annuì. "Non con
me, comunque."
"La tua figlia minore... mi è stato detto che si
è sposata quando la neve cadde abbonbante lo scorso inverno,
vero?" Chingachgook chiese. Hopocan annuì con un'espressione
felice, aggiungendo che lei recentemente aveva avuto un figlio.
Al momento Chingachgook stava raccontando i giorni recenti,
il loro scontro con i feroci Uroni sulla George Road, le ragazze
inglesi di cui loro adesso erano responsabili, e successivamente le
ferite di Uncas.
Hopocan si mise a sedere tranquillamente in un momento di
intervallo nella loro discussione sul ragazzo più giovane.
Le sue tirate di fumo dalla sua pipa erano lente e languide, i suoi
occhi neri intelligenti mentre analizzava questo punto della storia.
"Si mise a correre come un matto dietro a quella ragazza
bianca," disse Chingachgook dopo un po'.
Hopocan chinò la testa da un lato, offrendo la
pipa al suo vecchio amico. Notò un tono insolito, ma
definito nella voce del Mohicano.
I tiri di Chingachgook erano più brevi sulla
pipa. "Lui mi crede vecchio e debole, suppongo, credendo che io non
abbia notato il modo in cui la fissa, come un sempliciotto."
Hopocan sorrise momentaneamente. "Se lei è
così debole di volontà come dici, questa
sarà solo un'infatuazione passeggera. Tutti gli uomini
passano attraverso questa sorta di distrazione nella loro
gioventù. Lui è oltre le 20 estati?"
"Ventidue," borbottò Chingachgook. "Avrebbe
dovuto formare una famiglia tutta sua, ormai."
Il Lenape annuì, essendo d'accordo. "E il tuo
figlio bianco? E' almeno a 25 estati."
Chingachgook rigirò attentamente la pipa nelle
sue mani logorate. "Il mio figlio bianco ha trovato una compagna nella
sorella della ragazza di Luna. Approvo. Sono una bella coppia. Lei ha
uno spirito forte che richiama quello di lui."
Riportando la discussione sull' improbabile coppia
più giovane, Chingachgook aggrottò le ciglia.
"La ragazza dai capelli di Luna non è forte. Temo
che il mio figlio minore stia inseguendo ombre e polvere. Temo che lei
ritornerà nella sua patria e lascerà una ferita
nel cuore di mio figlio. Dovrebbe concentrarsi su ciò che ci
si aspetta da lui, la ricrescita della nostra tribù e una
donna Delaware. Non una ragazza Yengeese che non sa niente delle nostre
tradizioni, che non sa niente della sopravvivenza."
Hopocan guardò il suo amico più con
curiosità che con comprensione. Entrambi sapevano che il
cuore di un uomo non poteva essere comandato.
"Capisco, amico mio, " disse Hopocan lievemente. "Uncas
dovrebbe conoscere le sue responsabilità. Ma una volta
entrambi siamo stati giovani. Molte, molte lune fa." Entrambi
ridacchiarono di questo.
Hopocan continuò. "A questo punto, il suo cuore
batte ardente e veloce. I giovani uomini sono schiavi dei loro sensi,
delle cose fugaci come la bellezza e la passione. Ciò
svanirà."
Hopocan disse questo con certezza, ma Chingachgook fu di
nuovo silenzioso, guardando il fumo del tabacco diffondersi verso l'
alto e fuori dall' apertura, posta in alto al centro della cupola.
"Presto troverà tutto questo e di più,
delle solide fondamenta con una donna Delaware." Il Lenape disse questo
per rassicurare il suo amico.
Hopocan sospirò, si appoggiò sulle
pellicce e si nascose, chiudendo gli occhi per breve tempo. "Dobbiamo
ricordare di essere compassionevoli con i giovani."
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Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
Cora si
svegliò lentamente la mattina seguente, rotolandosi
pigramente per un momento. Si chiese vagamente perché il
suolo non fosse così duro come era stato prima quando,
piuttosto bruscamente, in un improvviso impeto di chiarezza, i ricordi
la bombardarono.
Alzandosi di scatto nel letto di Stewart, Cora si
guardò intorno nella piccola abitazione freneticamente,
cercando la sua sorella minore.
Tenendosi le coperte intorno, si alzò in piedi
lentamente. Sussultando mentre i suoi piedi nudi toccarono il ruvido
legno del pavimento, Cora si guardò intorno cautamente.
L'abitazione sembrava vuota, non c'erano gli altri inquilini, sebbene
lei ruscisse a sentire delle voci smorzate dall'esterno. Voci di donne.
Guardando l'orlo del letto, Cora vide un mucchio di
indumenti piegati ordinatamente.
Esaminandoli velocemente, vide che Annabel aveva tirato
fuori per lei una camicetta e un abito fatto in casa. Era stirato, ma
prima era stato lavato.
Cora fece scorrere le dita lungo le pieghe dell'abito color
corallo. Non aveva notato busti o sottovesti nel mucchio e
sospirò, pensando che il mese scorso deve essere stato un
delirio indotto da una febbre, forse.
Forse lei era ancora a Portman Square ed era caduta nella
prigionia della febbre. Forse era caduta giù per le scale e
si trovava nel suo letto, al momento priva di sensi, o un cavallo aveva
colpito la sua testa, o forse -
"Cora!"
Cora quasi gridò mentre si girava velocemente,
tenendo stretto l'abito e la coperta come per respingere questo
pericolo sconosciuto. I suoi grandi occhi scuri videro sua sorella
Alice entrare, lasciare la porta dell'abitazione socchiusa per far
entrare la luce del sole e allietarla con un sorriso caldo.
Cora si rilassò, notando che sua sorella
già indossava il suo vestito celeste.
"Sorella," disse Alice quasi allegra, "Vestiti rapidamente e
precipitati fuori per mangiare. Poi potrai aiutarci - io e Annabel
stiamo facendo il sapone!"
Cora fu presa alla sprovvista da questo. "Da quando sai
come...fare il sapone?" chiese lei stupita.
Alice scosse la testa.
Quella mattina, i suoi capelli erano stati intrecciati con
noncuranza intorno alla testa e l'improvviso movimento fece cadere le
ciocche illuminate dal sole, liberamente intorno alla sua faccia e
sulle spalle.
"Non ho mai provato a fare il sapone prima. L' ho sempre
fatto comprare e recapitare in Inghilterra, ovviamente," disse Alice
con una voce canzonatoria, perché era un fatto ovvio. "Ma
sono felice di essere utile a qualcosa. Dovresti unirti a noi, dopo che
mangi qualcosa. Sembri pallida."
"Come è fatto?" chiese Cora, il suo interesse si
rianimò.
"Cenere di legno e grasso animale," disse Alice con
noncuranza. La faccia di Cora si contrasse per il disgusto, facendo
ridacchiare Alice.
"Miscuglio disgustoso," borbottò Cora, anche se
pensava, alquanto filosoficamente, che sarebbe stato più
economico prodursi da sé il sapone grezzo piuttosto che
aspettare il carico dall' Inghilterra, con la speranza di farlo
arrivare così lontano. O pagare una somma esorbitante presso
un negoziante in città.
Avanzando cautamente verso sua sorella, Alice
tentò di srotolare la coperta che Cora teneva avvolta
intorno a sé.
Cora scosse la testa fervidamente.
"Il marito..." disse a bassa voce, facendo capolino dalla
piccola finestra di fronte all'abitazione, anche se essa era coperta di
carta oleata.
Alice prese la camicetta.
"Cora, il signor Stewart è andato nella fattoria
vicina per qualche ora. Siamo sole," disse pazientemente. "Fai in
fretta e vestiti. Non cesserò il mio fastidioso
rimprovero finché tu non avrai fatto colazione!"
Cautamente Cora prese la camicetta da sua sorella e con
calma le disse che si sarebbe vestita e la pregò di tornare
fuori per aiutare la padrona di casa.
Alice le fece un sorriso velato, percependo il suo umore, e
se ne andò con calma.
Cora si mise le punte delle dita sulla fronte con un
sussulto, chiedendosi perché la testa le facesse
così male. Si ricordò della notte precedente, in
cui aveva pianto per ore mentre Alice la stringeva, prima che cadesse
in un sonno esausto.
Aveva pianto per Duncan e suo padre. Ma a dire la
verità, l' agonia per Duncan era la punta più
tagliente per il suo cuore.
Le sue parole arrabbiate rivolte a lui al forte - il rifiuto
alla sua proposta di matrimonio... Pianse per l'orribile senso di
colpa, mentre ricordava lo shock e il dolore dipinti sulla sua faccia
al momento del rifiuto. E lei si sentì il cuore quasi
spaccarsi a metà ricordando le sue urla mentre le fiamme
cominciarono a divorarlo.
Tutto ciò era stato insopportabile.
Si era raggomitolata su un lato come un animale ferito,
ansimando e singhiozzando, scavando con le unghie nella pelle sopra il
battito del suo cuore, desiderando più di ogni altra cosa al
mondo che fosse stato il suo cuore a fondersi con il nulla nel campo
Urone. Non quello di Duncan.
Avrei dovuto esserci io, era tutto ciò che
irragionevolmente lei ripeté a se stessa per tutta la notte,
avrei dovuto esserci io...
Adesso pensò, lottando contro le lacrime, che
c'era molta solitudine nel senso di colpa e nella vergogna.
Perché, nonostante si voglia affermare il contrario, nessuno
di sua conoscenza poteva in alcun modo sapere come ci si sentiva a
vedere il loro amico d'infanzia morire al proprio posto, oppure vivere
con l'oscurità che avrebbe per sempre rabbuiato i loro cuori.
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Nathaniel uscì dalla wigwam e trovò il
mattino caldo e invitante, l'odore del cibo che invadeva i suoi sensi.
O forse sono solo affamato.
Stiracchiandosi, passeggiò notando una delle
pentole che ribollivano al centro dell'accampamento e scrutò
dentro. Annuì in segno di apprezzamento. Era una sorta di
stufato di cervo. Trangugiò diversi mestoli pieni di stufato
e poi si pulì la bocca.
Fermandosi per un lungo, distratto momento, Nathaniel
meditò sul suo successivo corso di azioni.
Aveva bisogno di fare un bagno, assolutamente. Tuttavia, per
prima cosa avrebbe dovuto sicuramente occuparsi di suo padre. Anche
controllare Uncas, anche se al momento non aveva la più
pallida idea di dove fosse suo fratello. Più probabilmente a
riposare, poiché il loro padre aveva esplicitamente detto a
Uncas di prendersi cura delle sue ferite e di riposare. E poi le
sorelle... Sarebbe stata una camminata di oltre un miglio fino alla
fattoria degli Stewart e Annabel aveva richiesto la sua presenza a
mezzogiorno.
Alzando lo sguardo e guardando obliquamente il sole
accecante, Nathaniel riuscì a stabilire che mezzogiorno non
sarebbe giunto per alcune altre ore. Poteva fare tutte queste cose e
poi raggiungere Cora a mezzogiorno.
Annuendo di soddisfazione, Nathaniel girò intorno
ed esaminò il perimetro del villaggio cercando suo padre, e
lo vide accovacciato con Hopocan nella luce del sole fuori da un
wigwam. Sembravano conversare mentre lui si avvicinava.
"Il ragazzo può farlo," disse Hopocan in
Delaware, annuendo a Nathaniel mentre lui si avvicinava.
Nathaniel si fermò davanti a loro e
guardò. Fare cosa e a chi si stava riferendo con la parola
"ragazzo"?
Al suo silenzio, Chingachgook gli lanciò uno
sguardo tagliente e di rimprovero. Nathaniel strinse i denti,
tuttavia fece un leggero inchino, mormorando parole di saluto
a suo padre e Hopocan.
Se Nathaniel ricordava correttamente, nella sua quindicesima
estate lui aveva lanciato un'occhiata di sfida e usato un tono
insolente nei confronti dell'uomo Lenape e adesso, dieci anni dopo,
l'uomo non aveva dimenticato.
In entrambi i casi, Nathaniel sapeva che Hopocan era un buon
uomo e un buon guerriero. Un buon amico e padre. Aveva un' arguzia
piuttosto pungente e usava le sue parole con un pizzico di ironia.
Nathaniel riusciva a rapportarsi con ciò. Hopocan lo
pungolava costantemente ogni volta che lui era più che
probabilmente annoiato.
"Hopocan," disse lui delicatamente. "In che cosa posso
aiutarti oggi?"
Gli occhi del vecchio uomo erano disinteressati mentre lui
lo esaminava, poi fece un cenno in modo sprezzante intorno
all'accampamento.
"A un certo punto, oggi, comincia dalla pescaia e controlla
le trappole con gli altri uomini. Abbiamo posizionato delle trappole
per lontre e anatre selvatiche."
Nathaniel chinò la testa in segno di assenso, poi
cortesemente chiese in quale direzione si trovassero le trappole, e
disse che se ne sarebbe occupato immediatamente.
"Ho detto che potevi farlo a un certo punto, e non mi hai
sentito dire che le trappole sono per lontre e anatre? Penso che sia
ovvio, quindi, che tu debba dirigerti verso il fiume." La voce del
Lenape stava grondando di noioso disprezzo.
Nathaniel sentì una vampata di rabbia avanzare su
per il collo, poi di nascosto lanciò un'occhiata furtiva a
suo padre che era impassibile. Tuttavia lui sapeva che Chingachgook era
leggermente divertito mentre il suo amico lo derideva.
"Certamente. Per prima cosa vedrò come sta mio
fratello e poi mi occuperò delle trappole e della pescaia,"
disse Nathaniel rispettosamente e aspettò finché
gli uomini annuirono, suo padre solennemente e Hopocan
disinteressatamente.
Andandosene altezzoso, si incamminò verso l'altra
estremità dell'accampamento, poi si fermò presso
un gruppo di donne che erano sedute sul suolo impolverato, tessendo
stuoie di giunchi e raschiando il pelo dalle pelli con gli ossi. Chiese
dove fosse l'alloggio di suo fratello nell'accampamento e fu
accompagnato in uno dei wigwam nei pressi del gruppo di alloggi.
Camminando verso l' interno trovò Uncas seduto
sulle pelli; la giovane ragazza della notte scorsa, che lo aveva
accompagnato al gruppo di alloggi, era seduta vicino a lui
pazientemente.
Lei teneva un vaso di terracotta; Nathaniel sapeva che
conteneva grasso di orso fuso e sciroppo d'acero - riusciva a sentirne
l'odore - e lei aveva anche un cesto di pane di mais al suo
fianco.
Dentro l'ombrosa wigwam una donna anziana era seduta presso
l'estremità lontana, pestando il mais nella farina.
Si salutarono tutti l'un l'altro cortesemente, ma Uncas
sembrava un po' teso mentre la ragazza continuava a tormentarlo per
farlo mangiare di più.
Alla fine, Uncas prese il vaso e inzuppò il pane
di mais e inghiottì un boccone.
Fece un cenno a suo fratello per farlo partecipare al pasto,
ma Nathaniel disse in Mohicano che aveva già mangiato. Uncas
gli lanciò un' occhiata che chiaramente significava - Bene,
resta comunque.
Occhieggiando curiosamente verso la ragazza che sembrava
avere all'incirca 17 anni, Nathaniel ricordò chi era. Era
Tankawun. L'ultima volta che l'avevano vista lei aveva 12 anni,
nell'accampamento invernale quando lui e la sua famiglia erano stati
con i Delaware.
Era stata una ragazza carina e di carattere dolce, ma un po'
viziata e sembrava che stesse sempre fantasticando su Uncas. Questo
aveva provocato ai ragazzi infinite crisi di ilarità
insieme, nella loro wigwam, mentre raccontavano al loro padre come la
piccola Tankawun seguisse le loro impronte intorno all'accampamento
innevato, con i suoi occhi modesti sempre sollevati su Uncas.
Chingachgook aveva scosso la testa a loro in segno di fastidio mentre
Nathaniel ricostruiva il gesto della ragazza di muoversi furtivamente e
rideva a suo fratello imbarazzato.
Guardandola adesso, Nathaniel sapeva che non avrebbe dovuto
essere sorpreso del fatto che lei era cambiata così tanto.
Il suo sguardo era ancora carino e piacevole ma molto meno infantile,
la sua faccia più magra. Era anche diventata più
alta.
"Tankawun," disse Nathaniel cordialmente in Delaware - che
era un dialetto differente - inginocchiandosi sul suolo di fronte a suo
fratello. "Ti ho riconosciuta a malapena. Come sta la tua famiglia?"
Lei sorrise e gli fece cenno di mangiare prima di replicare.
"Sto bene, e anche la mia famiglia; Mannitto ci ha sorriso. Sto
cercando di far mangiare il tuo fratello testardo! Insiste nel pulire
la sua carabina oppure cerca di andare via invece di riposare."
Loro chiacchierarono per un altro po', condividendo il pane
di mais.
Poi Tankawun si alzò per aiutare sua nonna e
bighellonò al suo fianco.
La famiglia era formata da sole donne poiché suo
padre era stato ucciso dai soldati diversi anni prima. Lei era la
più grande di quattro ragazze. C'erano anche la madre e la
nonna.
Nathaniel non poteva riuscire a vivere con così
tante creature volatili note con il nome di donne, e poteva
già immaginare la wigwam che scoppiava costantemente in liti.
Facendosi piccolo per il timore, si voltò verso
Uncas e si rivolse a lui nella loro lingua nativa. "Ti senti un po'
meglio? Tutto a posto?"
Uncas annuì, aggiungendo, "Sì,
fratello. Hopocan era qui poco fa prima che tu arrivassi e ha chiesto
le che donne mi dessero... come si chiamano quelle radici, per i dolori
articolari?"
Nathaniel fece spallucce, sembrando infastidito al sentir
nominare il beffardo uomo Lenape. Notò l'espressione furtiva
di Uncas. "Cosa?" lui domandò.
"Niente," disse Uncas, sembrando divertito. "E' solo che...
lui si riferisce a te chiamandoti 'il ragazzo' e 'il gallo' - Basta,
fratello," ordinò Uncas mentre Nathaniel si tirò
su per ripicca. "Lui si diverte a dire quelle cose perché tu
ne sei colpito, e perché sa che tu non rischieresti di
attirare la collera di nostro padre per rispondergli."
Uncas si sdraiò su un fianco e si
appoggiò al suo gomito.
"Per di più," disse Uncas, la sua espressione
placida. "Papà mi ha detto che Hopocan preferisce
più te, tra noi due - lui si riconosce in te, quando era
giovane. E' più affezionato a te." Fece un gesto rivolto a
Nathaniel con le sue mani aperte, come se questa fosse un'offerta.
Addolcito, Nathaniel guardò l'altro uomo con
affetto e si piegò all' indietro, sulle sue cosce.
"Adesso devo andare fratello. Prima devo fare una nuotata,
poi controllare le donne," disse in inglese, lanciando a Uncas uno
sguardo di traverso.
Ci fu una pausa densa di significato.
"Pensi che papà possa essere convinto a lasciarti
venire?" chiese Nathaniel.
Uncas non disse nulla per un lungo momento prima di mettere
il cesto e il vaso a lato. Alzò lo sguardo. "No. Ho detto a
papà che avrei riposato il più possibile. Forse
una settimana o di più."
Nathaniel annuì lentamente, poi si
alzò e uscì fuori dalla wigwam indietreggiando,
dicendo addio agli inquilini.
Mentre usciva fuori, notò che Tankawun era
riapparsa al fianco di Uncas per continuare a vigilare su di lui. Ci
è voluto poco, pensò Nathaniel
aridamente.
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A mezzogiorno il sole torrido si abbatteva spietatamente su
Alice Munro, che stava faticando all'aperto da poco dopo l'alba.
Strofinandosi le mani sudate sul vestito prestato, Alice si
fece ombra sugli occhi con le mani e guardò Annabel.
"Ho messo il sego, Annabel." Alice indicò con un
gesto la pentola che stava su un piccolo fuoco.
Annabel aveva insistito sul fatto che le candele dovevano
essere prodotte all'aperto durante l'estate poiché il caldo
sarebbe stato insopportabile nell'abitazione.
Annabel allungò il collo da dove era seduta,
selezionando le patate in un secchio, gettando quelle brutte. "Bene,
Alice," disse. "Adesso fallo sciogliere. Poi abbasserai lo
stoppino. Ti aiuterò io."
Sorrisero l'una all'altra e Alice si sentì
abbastanza soddisfatta di sé.
Sedendosi accanto a lei, continuarono a selezionare le
patate che alla fine sarebbero state il loro pasto di mezzogiorno; le
patate sarebbero state bollite e schiacciate con latte e burro, e
sgocciolate con il miele.
Annabel si avvicinò alla donna bionda senza
fermare i suoi movimenti o guardare qualcuno in particolare. La sua
voce era bassa mentre faceva le domande ad Alice.
"Alice, tua sorella sta male? Sembra più
affaticata e scoraggiata. Io e mio marito non crediamo sia opportuno
fare domande per amor di curiosità... ma per favore, dimmi
cosa può essere fatto per alleviare il dolore di tua
sorella. James mi ha detto, prima di andare, che lei ha pianto per gran
parte della notte."
Alice guardò Annabel, meravigliandosi per la sua
premura e comprensione. Lei già le aveva portate in casa.
Non c'era bisogno di fare nient'altro da parte sua, per quanto
riguardava Alice.
Guardando alla sua sinistra, Alice esaminò Cora
che, al momento, era seduta a lato, pallida e tesa, e stava sbucciando
le rape per il brodo di verdure che sarebbe stato incluso nel pasto
della sera.
Lei non riusciva a pensare a qualcosa da dire a sua sorella,
così sospirò e abbassò lo sguardo.
Rotolando una piccola patata in modo pensieroso, lei
mormorò, "Abbiamo perso un amico. Molto caro. Ci ha lasciate
nella maniera più crudele. Il dolore è
insopportabile per mia sorella."
Gli occhi di Annabel si riempirono di compassione mentre
guardava Cora per un lungo momento.
"Allora mi sforzerò di non parlarne di nuovo,
Alice. Specialmente con tua sorella, chiusa com'è nel suo
dolore. Grazie per aver condiviso questo con me."
Entrambe le donne sobbalzarono quando sentirono una chiamata
giù dal sentiero che conduceva al fiume.
Nathaniel camminò volutamente verso di loro,
sembrando sorpreso nel vedere Alice così
laboriosa. I suoi occhi guardarono intorno per cercare Cora mentre
chiedeva alle due donne come stavano.
Alice vide Cora alzarsi e camminare verso di loro. "Che
cos'ha?" chiese Nathaniel quando la osservò. Sembrava
preoccupato.
"Lei... non ha dormito bene," replicò Alice a
bassa voce.
In teoria questo era vero, così Alice non si
sentì troppo male. Inoltre, parlare di ciò era
compito di sua sorella, non suo.
Raggiungendoli, Cora fece un sorriso tirato a Nathaniel
mentre lui le posò la mano sulla guancia e
analizzò il viso di lei. "Alice mi ha detto che non hai
dormito molto," disse lui.
Lanciando a sua sorella un'occhiata spaventata, Cora
sembrava confusa. Alice cercò di dirle, attraverso lo
sguardo, che questo era tutto ciò che aveva detto a
Nathaniel, non gli aveva detto delle ore trascorse a singhiozzare.
Nathaniel passò con lo sguardo da Cora, che
sembrava mortificata, ad Alice, che stava facendo le smorfie, e
Annabel, che era l'unica ad avere una faccia inespressiva.
"Nathaniel," disse Annabel con calma. "Hai mangiato? Stiamo
facendo le frittelle di patate."
Nathaniel annuì distrattamente, guardando ancora
la Munro maggiore. "Ho mangiato, e suppongo che il pasto di mezzogiorno
debba essere per voi, signore."
"Allora la cena?" Annabel perseverò.
"Stiamo facendo le torte johnny, patate dolci e abbiamo fatto uno
scambio con i Lancaster per uno dei loro suini. Così avremo
anche prosciutto cotto. Anche brodo di verdure."
Nathaniel sembrava veramente interessato a questo grande
assortimento di cibo e acconsentì prontamente.
I pensieri di Alice erano rivolti a Uncas e disse senza
riflettere, "E invita anche ... anche... la tua famiglia," lei concluse
balbettando. Arrossì e Nathaniel le fece uno sguardo diretto
e penetrante.
"Mio padre potrebbe non essere in grado di partecipare, ma
glielo chiederò in entrambi i casi. Mio fratello," mise una
leggera enfasi su quest'unica parola. "So che non si farà
vedere perché nostro padre gli ha proibito di lasciare
l'accampamento per adesso. Almeno finché non guarisce. Uncas
suppone di lasciare l'accampamento tra una settimana o due e poi vi
farà visita," concluse con calma, osservando Alice.
Alice si sentì così sconvolta alla
notizia che forse sarebbero potute passare due settimane prima di
vedere Uncas, che si morse la lingua duramente per evitare di dire
qualcosa di sciocco.
Voglio vedere la sua faccia... pensò lei, poi
istantaneamente si rimproverò. Stampandosi in faccia un
sorriso forzato ma coraggioso, Alice si rivolse a Nathaniel.
"Suppongo che dovremo sistemare. Come puoi vedere siamo
state occupate tutta la mattina, e molto probabilmente lo saremo fino
al pomeriggio... La cena potrebbe essere ritardata ma siamo molto
felici che tu ti unirai a noi."
Alice fece un cenno dignitoso e Annabel e Nathaniel
condivisero uno sguardo, sembrando curiosamente divertiti.
"Fate le candele, vedo, " disse lui, cambiando argomento.
Annabel replicò che Alice era a metà procedimento
e raccontò come quella mattina lei aveva fatto il sapone con
solo poche istruzioni. Nathaniel sembrava proprio colpito.
Il resto della giornata trascorse velocemente per le donne.
Alice non aveva mai veramente cucinato qualcosa prima, specialmente non
un grande pasto. Ma ciò che le mancava per esperienza, lei
lo compensava con lo sforzo.
Le energie di Cora sembrarono tornare con la visita di
Nathaniel e fu gentile e volenterosa offrendo il suo aiuto per tutta la
giornata. Parlò animatamente con Annabel e James una volta
che lui fu ritornato dal suo soggiorno presso i Lancaster. James
sembrava abbastanza soddisfatto e fischiettava mentre lavorara alla
fattoria e le donne cucinavano.
Nathaniel arrivò, come aveva promesso, per la
cena, che fu servita un po' tardi quella sera. Era solo e loro erano
tutti stanchi, ma l'atmosfera era serena e positiva. Dopo aver detto la
preghiera, loro parlarono di cose irrilevanti e dopo cena, una volta
sparecchiata la tavola, tutti andarono a sedersi fuori all'aperto.
Nathaniel e James accesero un falò e vi si
sedettero intorno finché fu quasi mezzanotte, parlando e
guardando il fuoco spegnersi lentamente mentre la luna e le stelle
risplendevano silenziosamente su di loro.
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Durante le giornate che seguirono, ognuno si creò
la propria rilassante routine.
James Stewart si alzava presto per occuparsi della sua
fattoria e per andare a caccia di qualunque cosa potesse trovare;
alcune volte andava a fare visita alle altre fattorie, altre volte le
famiglie andavano a fare visita alle fattorie.
Anche le tre donne si alzavano presto e facevano la loro
parte nell'abitazione, rammendando e cucinando. Alice ebbe un bel
daffare a ricordare tutto quello che stava imparando, anche se era
incline all'apprendimento, e si lamentò con James del fatto
che avrebbe voluto poter scrivere tutto così da imprimerlo
nella memoria.
James sembrò trovare ciò veramente
comico, ma più tardi, quel pomeriggio, le si
presentò con un quaderno, una penna d'oca e un inchiostro
realizzato con la polvere del carbone.
Quando lui le porse i doni, sorrise maliziosamente mentre
lei espresse balbettando la sua gratitudine, e disse, "Ecco qua,
ragazza. Scrivi per la gioia del tuo cuore, così da non
dimenticare questi giorni."
Gli Stuart vivevano una vita pacifica, semplice, felice. La
coppia si completava abbastanza bene. Annabel era molto scaltra e
lungimirante. La sua mente era ottima e teneva tutto organizzato
poiché aveva un'avversione per il disordine. Era anche molto
gentile.
James, d'altra parte, beneficiava di questo e portava anche
il suo cuore e umorismo nelle situazioni quotidiane. Lui raccoglieva
fiori di campo per le donne, si procurava piccoli dolci biscotti e
gingilli di bigiotteria dai vicini e dai venditori ambulanti e li
nascondeva, esortando la sua moglie sghignazzante a trovare i doni in
giro per l'abitazione.
Fedeli alla parola di Annabel, gli Stuart non chiesero una
sola volta alle sorelle qualcosa riguardo alla loro vita passata, che
cosa le aveva condotte alla loro Valley, e quando sarebbero partite.
Se entrambe le ragazze erano scosse da un improvviso triste
ricordo ed erano rattristate, James cantava delle canzoni licenziose o
semplicemente faceva la parodia di qualcosa, finché tutti
ridevano a lungo e forte.
Al quinto giorno di permanenza con gli Stewart, tutti si
incamminarono per un viaggio di circa un'ora lungo il fiume, verso
un'altra fattoria di proprietà dei Lancaster, un' allegra
coppia con 4 bambini, il più piccolo dei quali era un
neonato e l'unico maschietto.
Fu là che Alice e Cora incontrarono i Newsom.
Priscilla e Gregory Newsom arrivarono poco dopo gli Stewart
e le sorelle, poiché il signor Newsom aveva dovuto
restituire alcune attrezzature agricole che aveva preso in prestito dai
Lancaster.
Fu subito evidente per Alice il fatto che la signora Newsom
era una una fastidiosa megera che teneva suo marito attaccato a un
guinzaglio estremamente corto. Alice non aveva mai visto un uomo
più minuscolo o dall'aspetto così sottomesso. Era
spiacevole vedere sua moglie, in tutta la sua ampia circonferenza,
abbaiare ordini a quello scricciolo di suo marito.
La signora Newsom guardò le sorelle criticamente
e le sue risposte alle loro domande cortesi erano brusche e fredde. Era
una donna grande, massiccia con capelli color rame raccolti
rigorosamente sulla nuca. Lei praticamente torreggiava su suo marito,
più basso e dai capelli leggermente più chiari.
"Voi siete originari dalla Valley, signor e signora Newsom?"
chiese Alice, cercando di fare conversazione.
"Sicuramente no," ribatté la moglie prima che suo
marito avesse avuto persino la possibilità di parlare. "La
mia famiglia sbarcò nel New England oltre un secolo fa.
Avevano acquistato delle azioni ordinarie in Inghilterra prima del
viaggio e la mia famiglia possedeva una grande quantità di
terra nella Massachusetts Bay."
"Bene, prego, ci dite cosa ne è stato della
suddetta terra?" chiese Annabel maliziosamente, essendosi evidentemente
stancata presto delle tipiche arie della donna.
La signora Newsom si accigliò.
"Mio padre intraprese una serie di cattive iniziative
imprenditoriali quando ero giovane..." Lei non aveva terminato la
frase, ma Alice comprese. Ciò che gli uomini di ogni classe
sociale temevano - debiti - aveva privato la sua famiglia della loro
proprietà e della loro vita agiata.
"La mia famiglia da allora in poi fu costretta a
spostarsi più a ovest," la signora Newsom
continuò mentre i mariti si allontanarono insieme, lasciando
le donne fuori in gruppo. "Ma la terra qui nella migliore delle ipotesi
è misera e ciò che è peggio,
brulicante di selvaggi."
Alice alzò lo sguardo verso la signora Newsom,
scioccata dalla sua veemenza. La parola selvaggio stava cominciando a
farla inasprire. Era una calunnia così ignorante riferirsi a
tutti gli uomini rossi considerandoli barbari.
"La tribù Delaware presso il fiume sembra
abbastanza pacifica," disse Cora, senza preoccuparsi di mascherare la
sua accigliata disapprovazione.
"E sicuramente ci sono aborigeni nel New England," aggiunse
Annabel con acrimonia malcelata.
"Tuttavia, i contadini qui effettivamente si mescolano con i
selvaggi," disse l'anziana donna sdegnosamente. "Loro ci fanno affari,
forse vanno persino così lontano da vivere con loro nelle
loro tane sporche di fumo."
Alice distolse lo sguardo, sentendo aumentare il disgusto
per la donna. Adesso riusciva a capire perché ad Annabel lei
non piaceva, perché si riferiva a lei chiamandola Signora
Fastidio in tono derisorio.
La signora Lancaster avanzò verso le donne con
l'aria un po' stanca e le invitò per il thè,
essendo stata in disparte per l'intera durata della discussione. Le sue
figlie giocavano in terra ai loro piedi con le bambole fatte di buccia
di mais, il suo bimbo neonato che tirava impazientemente il suo
corpetto.
"No, grazie Margaret," replicò Annabel, facendo
un sorriso teso ma sincero alla sua amica. "Io e le ragazze ce ne
stavamo andando. Per favore, fammi la cortesia di far sapere a mio
marito che lo aspettiamo a casa. Te ne sarei molto grata."
Facendo all'irritante signora Newsom il più
scarno cenno con la testa, Annabel si incamminò
per il sentiero verso la sua casa, con la testa alta e le sorelle che
si affrettavano dietro di lei, avendo pronunciato delle frettolose
parole di addio.
Più tardi quella notte, Alice
scarabocchiò qualcosa nel suo quaderno vicino alla luce
della candela dopo che le donne si erano ritirate, e James russava
leggermente dal suo giaciglio accanto al focolare.
Alice stava cercando di prendere l'abitudine di mettere per
iscritto, ogni notte, ogni informazione utile in cui si era imbattuta
quel giorno.
Mordicchiando pensierosa la punta piumata della penna, la
immerse nell'inchiostro e cominciò ad annotare alcune frasi,
sforzandosi di graffiare la pergamena il meno possibile.
Rabarbaro e radice di Spigelia per i dolori di stomaco.
Noci nere fanno l'inchiostro.
Non riusciva a pensare a qualcos'altro, poi ebbe un
improvviso pensiero malizioso e scrisse -
La signora Fastidio è un tormento.
Ridacchiando, smise di scrivere poiché i suoi
pensieri relativi alla donna anziana non erano consoni a una signorina.
Megera, pensò invece, vecchiaccia...
Soffiando sulla candela, lei si unì alle altre
donne nel letto adesso divenuto familiare. Alice mise il suo braccio
intorno alla sua amata sorella maggiore e si addormentò con
un sospiro contento.
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Erano passate quasi due settimane da quando Uncas e la sua
famiglia si erano uniti all'accampamento Lenape.
Uncas calcolò che era l'inizio di settembre,
nonostante i Delaware non avessero bisogno di calendari. Era
semplicemente un'abitudine, dato che lui aveva avuto così
tanto a che fare con i Bianchi nella sua vita.
Era un pomeriggio molto caldo.
Uncas era seduto presso la riva del fiume con suo fratello a
circa mezzo miglio di distanza dall'accampamento, parlando ed eseguendo
qualche piccolo lavoretto. Nathaniel stava realizzando un arpione da un
corno osseo per quando sarebbero andati a pesca, e Uncas stava filando
la canapa per riparare le reti da pesca.
Questo, di per sé, era un lavoro tipicamente da
donne, ma dal momento che per adesso non poteva andare a caccia oppure
affaticarsi, era soddisfatto di dare una mano per le cose piccole. La
sua forza era tornata e domani, pensò lui, poteva prendere
parte alla caccia e alla pesca.
Nathaniel aveva trascorso parte di quasi ogni giorno dagli
Stewart facendo visita a Cora, e Nathaniel correntemente gli
raccontava come era la vita alla fattoria degli Stewart.
"Le sorelle stanno imparando a cucinare e a dare una mano in
giro per la fattoria. Da ciò che ho visto, Cora va d'accordo
con James e lo aiuta ad esaminare il raccolto, anche il pesce. Alice ha
stretto una profonda amicizia con Annabel. James mi dice che sono
inseparabili."
Uncas era felice di sapere che le ragazze Munro stavano con
tali brave persone, ma trovò difficile immaginare che Alice
mostrasse interesse per le attività del casolare.
"Alice aiuta? Cucina?" chiese Uncas dubbioso mentre
allacciava e incrociava disinvolto i fili di canapa.
Nathaniel annuì affermativamente.
"Il primo giorno che ero lì lei aveva fatto il
sapone e le candele e aveva cucinato tutto il giorno. Era Cora ad
essere depressa e sembrava esausta. Osservandola, ho notato che aveva
pianto." Fece spallucce. "Alla fine è passato."
Uncas scosse la testa in silenzio, meravigliato al pensiero
di Alice che faceva tutte quelle cose che probabilmente a Londra non si
sarebbe mai sognata di fare.
Nathaniel ridacchiò a suo fratello e
poggiò l'arpione sul suo grembo.
"James mi ha detto che ha dato ad Alice un quaderno su cui
scrivere. Dice che è smemorata e vuole registrare le ricette
e le istruzioni... e dice che trascorre una buona quantità
di tempo ogni sera a scarabocchiare cose segrete e a ridacchiare tra
sé e sé. Che ragazza!"
Nathaniel sogghignò, ed era segretamente felice
nel notare che suo fratello sembrava impotentemente incantato dai
piccoli dettagli che lui stava aggiungendo su Alice. Andiamo un po'
più avanti.
"Ho bisogno che tu venga con me dagli Stewart oggi. Ceneremo
lì. Il tempo del raccolto arriverà presto e James
ha bisogno del nostro aiuto nella fattoria, vedendo che stai
progettando di trascorrere l'inverno con i Delaware e suppongo che si
sposteranno all'accampamento invernale."
Nathaniel disse questo con grande serietà ma
sapeva di essere sleale. Ciò che voleva in realtà
era che Uncas e Alice parlassero. Era tutto.
La verità era che lui poteva dire che Alice
desiderava ardentemente Uncas; ogni volta che lui veniva a fare visita,
lui vedeva come istintivamente lei si guardava intorno, la sua
espressione bramosa e eccitata per una frazione di secondo, prima di
abbassare di nuovo la guardia.
Persino Cora lo aveva notato. Lui si ricordò
della conversazione nel giorno precedente quando si trovavano su una
collinetta erbosa, guardando Alice raccogliere le fragoline di bosco da
un piccolo straccio e impacchettarle nella sua gonna. Nathaniel pensava
che lei era sembrata estremamente bella con i suoi capelli dorati che
le incorniciavano il viso, radiosa nella luce del sole. Ma non bella
quanto Cora.
Cora si era chinata verso di lui e gli aveva sussurrato che
Alice spesso sognava ad occhi aperti mentre invece avrebbe dovuto
essere più attenta. Quando veniva scrollata dalle sue
fantasticherie, sembrava confusa e sconsolata e rifiutava di ammettere
che era sconvolta.
Uncas non era né d'accordo, né in
disaccordo, era solo concentrato sulla rete e fece spallucce, sembrando
impassibile.
Dopo una pausa disse, "Stasera, tutti noi ci raccoglieremo
nella casa comune per festeggiare e danzare per il successo nella
caccia. Non possiamo andare dagli Stewart stasera. Hopocan e nostro
padre vorrebbero che noi stessimo qui."
"Veramente?" chiese Nathaniel interessato.
"Perché?"
Uncas gli fece uno sguardo esasperato. "Vuoi veramente
discutere con Hopocan? Sai come gli piace infastidirti."
Nathaniel annuì con l'accenno di un sorriso.
"Prima si stava lamentando che solo io potrei pensare di portare i
Mohawk così vicino all'accampamento. Abbiamo negoziato con
quei due Mohawk e ci hanno fatto un favore portandoci nel raggio
d'azione dell'accampamento."
"Sono d'accordo," disse Uncas, esaminando attentamente i
nodi della rete. "Ma i Mohawk non sono vicini amichevoli dei Lenape,
specialmente quelli su a nord."
Uncas tirò i fili di canapa tesi e fu ovviamente
soddisfatto del suo lavoro mentre posava la rete attentamente sulla
riva umida e muschiosa. Guardò l'acqua attentamente
finché Nathaniel gli diede una gomitata.
"Che c'è fratello?" chiese Nathaniel
affabilmente. Uncas raccolse una pietra levigata, schiacciata e la
lanciò attraverso il fiume, guardandola saltare 3 volte.
"Wapashuwi mi ha invitato come suo ospite d'onore nella sua
famiglia, stasera alla festa," disse Uncas a bassa voce.
La mente di Nathaniel ebbe un vuoto. "Chi è
Wapashuwi? Un amico di papà?"
Uncas scosse la testa, i suoi capelli neri luccicanti di blu
alla luce del sole. La sua espressione era illeggibile. "La nonna di
Tankawun."
Nathaniel guardò. "La nonna della piccola
Tankawun?" chiese. "Perché tu e non papà? Ahh..."
Lui fece una smorfia avendo capito improvvisamente il coinvolgimento.
"Ragazza intelligente.." mormorò.
Entrambi sapevano che Uncas non poteva rifiutare la
richiesta di Wapashuwi. Era un'anziana del villaggio ed era abbastanza
rispettata. Poteva essere stato diverso se Tankawun avesse chiesto a
sua madre di sollecitare la presenza di Uncas - lui avrebbe
potuto tirarsene fuori con educazione. Adesso non poteva.
Loro sapevano anche che questo sarebbe stato interpretato
come un segno di affetto tra Uncas e Tankawun.
"Lei si è chiarita con te? Le hai detto che il
tuo affetto si trova altrove?" chiese Nathaniel.
"Lei ha alluso alla cosa per qualche giorno, e adesso anche
sua nonna lo farà. Le ho anche detto che non ho voglia di
sposarmi - non adesso, almeno," replicò Uncas, impassibile.
Nathaniel fu felice di sentirlo.
"Ma ancora..." La voce di Uncas sembrò meno
certa. "Sai che papà sarebbe contento. Il papà di
Tankawun, Eluwak, era rispettato da molti. Gli fu dato il suo nome per
la sua fierezza in battaglia. Questo prima che i soldati Yengeese lo
uccidessero."
I fratelli si guardarono l'un l'altro, in una completa e
reciproca comprensione nella problematica e intricata situazione.
Occhi neri inflessibili incontrarono occhi blu determinati
per un lungo momento denso di significato.
"Uncas," chiese Nathaniel, la sua voce tenace. "Vuoi Alice
Munro?"
Il viso di Uncas si tinse più di rabbia che di
imbarazzo. "Non è questo -"
"La vuoi, fratello?" lui interruppe Uncas.
Uncas sembrò esasperato "Non è questo
-"
"E' una domanda semplice. Sì o no sarà
sufficiente," intervenne di nuovo Nathaniel.
Poi rimase sorpreso quando Uncas si alzò in piedi
silenzioso e rapido come un cervo. Per un momento, pensò che
Uncas avrebbe ribattuto nel modo in cui loro erano soliti agire quando
erano ragazzi - fare a botte.
Ma Uncas lo guardò a lungo e intensamente prima
di parlare lentamente, scandendo ogni parola.
"Tu pensi ancora come un uomo bianco. Ho delle
responsabilità, fratello. Sono l'ultimo di un popolo in
estinzione. Il mio peso da sopportare è che le mie scelte
non possono essere solo mie. Ho un dovere nei confronti dei nostri
antenati, ripopolare la nostra tribù. Dove può
trovare posto in questo una ragazza bianca?" Scosse la testa stanco.
Nathaniel sapeva che doveva smettere di provare, almeno per
adesso. Lui accettò e si alzò; si guardarono l'un
l'altro impacciati.
"Andiamo. La festa comincia al crepuscolo." Uncas
indicò una canoa. "Prendiamo il Muxul e prendiamo del pesce
finché siamo qui."
Uncas gli fece un sorriso punzecchiante, una
rarità sul suo viso. "Poi Hopocan può lasciarti
in pace per una sera. Immagina questo."
"Il Signore della Vita è buono, allora," disse
Nathaniel, riecheggiando il loro padre, e rise all'unisono con suo
fratello.
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Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
Era una
fresca alba ventosa, quando Alice si risvegliò da uno strano
e spaventoso sogno.
Si mise a sedere; il suo cuore ebbe un tonfo mentre cercava
di ricordare i dettagli precisi dell'incubo. Poi cercò di
scacciarlo dalla sua mente quando i ricordi finalmente si separarono
dalla sua confusione torbida, indotta dal sonno.
Tremando a causa dei nervi, sospettava lei, Alice si
alzò rapidamente e scoprì che James era
già uscito di casa.
Anche la sua carabina era andata, così Alice
dedusse che era uscito per una battuta di caccia. O forse era un po'
annoiato quando si era svegliato, poteva essere stata quest'ultima
ipotesi. Non era insolito per James partire e andare a caccia quando il
lavoro in fattoria era stato svolto; andare a sparare a scoiattoli o
piccoli animali per cena. Qualche volta poteva tornare a casa da una
moglie irritata - a mani vuote - dopo diverse ore.
Lui amava le sue escursioni, davvero.
Vestendosi silenziosamente, indossando il suo sfilacciato
abito blu mentre le altre due donne dormivano, Alice andò
verso il focolare e mescolò la zuppa d'avena che aveva
ribollito a fuoco lento per gran parte della notte, poi la pose sul
tavolo nella sua pentola di ghisa per Annabel e Cora da consumare
più tardi quella mattina. Alice tirò fuori anche
un po' di sidro.
Agendo sulla base di uno strano impulso, Alice
afferrò il quaderno, la penna e la boccetta d'inchiostro e
camminò silenziosamente nell'alba vivace, un oceano di
cielo, sfumature arancioni e purpuree che la abbracciavano.
Lei si accomodò su un umido tronco caduto di
fronte al bosco e piegò le mani ordinatamente sul quaderno
per pochi minuti di distrazione, poi posò attentamente la
boccetta d'inchiostro su un moncone sollevato. L'atmosfera era nebbiosa
con la pioggia della mattina presto, che aveva smesso di cadere non
molto tempo prima.
Alice sentì qualcosa agitarsi in lei, ma non
sapeva cosa fosse oppure cosa farne di questa sensazione.
Aveva vissuto nelle colonie per un periodo di tempo e si
stava abituando al suo anticonformismo. Era tutto così
diverso.
Guardando in giù Alice notò che era a
piedi nudi, e non lo aveva neanche notato, persa com'era nei suoi
pensieri.
Le vene di Alice si gelarono per lo shock, lo sbigottimento
e il senso di vertigini mentre lei arricciava le dita dei piedi intorno
all'erba fredda e umida. Si sentiva scellerata, davvero!
Infine, pensando che nessuno intorno si preoccupasse
veramente del fatto che non avesse le scarpe adatte, Alice
aprì il suo quaderno, immerse la penna nell'inchiostro e
cominciò a scrivere.
La scorsa notte ho sognato che mi trovavo in una strada
movimentata, guardando l'oscurità che portava a un profondo
bosco. Non so perché ero così fissata
sull'oscurità nel mio sogno, ero spaventata ma determinata a
vedere... qualcosa. Come se avessi paura di ciò che era
là ma sapevo che dovevo completare questa missione? Non so.
Nel mio sogno un uomo con occhi che erano selvatici e troppo luminosi
per essere umani, si avvicinò a me e mi implorò
di guardare dentro un sacco che teneva aperto. Rifiutai e tenni uno
sguardo fisso nell'oscurità. Ho sentito un urlo acuto e
guardai dietro per vedere lui tagliare la gola di mia sorella mentre
lei stava vicino a me. Il suo sangue mi schizzò. Il sacco
che teneva era caduto e l'interno brulicava di vermi e mosche. Invece
di fuggire, volsi di nuovo il mio sguardo verso
l'oscurità tra gli alberi; durante questo arco di
tempo l'uomo che non era umano corse da me e colpì la mia
testa con una lunga accetta. Caddi a terra e morii.
Alice si sentì leggermente male, ma stranamente
sollevata nel mettere per iscritto il sogno sulla pergamena.
Sfogliando le pagine precedenti, Alice sorrise debolmente
mentre leggeva le ricette o soltanto osservazioni che aveva fatto
durante la giornata.
Lei annotò anche i suoi sentimenti in piccole
frasi ristrette. La sua opinione delle famiglie intorno a lei -
piuttosto positive con l'evidente eccezione dei Newsom - com'era il
tempo. Lesse un brano:
A meno che i miei occhi non mi ingannino, c'è un
uccellino che abita in questo bosco con un petto verde. Ma non posso
essermi sbagliata perché l'ho visto più di una
volta. Il verde è un colore così maestoso. Cora
insiste che mi sbaglio, che è l'uccello dal petto giallo. Ci
sono molti animali strani. Ci sono questi roditori che hanno il nero
attraverso la metà delle loro facce. Come se stessero
indossando delle maschere per un ballo. James dice che sono chiamati
procioni.
Sfogliando alcune pagine in più, lei
guardò l'annotazione della notte precedente e gli occhi di
Alice guardarono intorno prima che lei curvasse le spalle e si chinasse
a leggere -
Ogni notte prego il mio Creatore per avere guida e forza. Ma
la tristezza che sento mi avvolge completamente. Io desidero
ardentemente vederlo. Forse questo è meglio,
poiché noi siamo così diversi. Ma vedo i suoi
occhi neri dietro le mie palpebre ogni volta che cedo al sonno.
Alice lesse il paragrafo due volte e pensò di
strappare la pagina e di buttarla, ma scoprì di non poterlo
fare. Lei iniziò a scrivere sulla pagina seguente
accuratamente.
I migliori metodi per conservare i fagioli sono la salatura,
la messa sotto aceto e l'essiccazione. Le descrizioni da seguire nei
pochi giorni seguenti.
La linfa della noce è ottima per le distorsioni.
Chiederò a suo fratello di portarmi a vederlo.
...........................................................................................................................
La festa in onore della caccia imminente cominciò
dopo il tramonto del sole.
I festaioli sembravano su di giri. Le donne nei loro abiti
migliori fatti di pelle di daino e ricoperte di ornamenti, i loro
capelli lisciati con grasso di orso e tutte avevano puntini rossi sulle
guance fatti con il succo di mele selvatiche.
Gli uomini avevano piume legate ai loro lunghi capelli, come
pure aculei di porcospino appuntiti. Avevano scurito le loro facce e i
loro pettorali con la pittura ottenuta dalla corteccia di noce.
Al centro venne acceso un fuoco e i suonatori di tamburi
suonarono un ritmo rapido, mentre i giovani cacciatori danzavano
intorno al fuoco, rannicchiandosi e saltando con i loro archi e frecce
in mano.
Uncas era seduto vicino al centro guardando i rapidi
movimenti. Era fiancheggiato da un lato da Tankawun e dall'altro da sua
madre, Chemames. Tankawun stava battendo le mani e gridando in fila a
tempo con la musica, e di tanto in tanto faceva a Uncas un sorriso
attraente.
Chemames sorrise con indulgenza ai due ragazzi e
picchiettò il ginocchio di Uncas, con gli occhi che le
rilucevano di contentezza. Era chiaro che lei pensava che il figlio del
capo Mohicano fosse un buon compagno per sua figlia.
Uncas tollerò tutto con buon umore e
amabilità perché sapeva che in un certo senso
questa era la sua vita. Questa era la sua gente. Chingachgook aveva
sempre ritenuto una questione di massima priorità il fatto
che i suoi figli avessero buone maniere e così Uncas non
avrebbe mancato di rispetto a Chemames dicendole che niente di tutto
questo era una sua idea, e che trovava Tankawun un po' manipolativa.
Una delle sorelle minori di Tankawun improvvisamente si
avvicinò a lui e gli fece un sorriso a trentadue denti. Gli
offrì un pezzo di carne alla griglia e Uncas lo
accettò con una parola di gratitudine, arruffandole i
capelli.
Un po' più tardi Uncas alzò lo sguardo
e vide Nathaniel fare dei cenni con la testa furtivamente.
Uncas si alzò e, salutando temporaneamente la
famiglia, camminò verso suo fratello.
Nathaniel gli diede un colpo sulla spalla.
L'oscurità gettò l'ombra sulle loro facce. L'aria
era umida e stucchevole mentre cercarono di parlarsi sul frastuono.
"Va tutto bene?" chiese Nathaniel in Mohicano. "Come sta la
tua nuova suocera? L'ho vista palparti prima."
Uncas non disse niente mentre suo fratello lo prendeva in
giro, e invece cercò in giro suo padre e lo vide seduto con
gli anziani alla fine della longhouse.
Nathaniel si avvicinò a suo fratello e disse,
"Hopocan è venuto da me con notizie interessanti prima.
Riguardano te."
Uncas lo guardò con aria interrogativa e
Nathaniel gli fece segno di andare fuori.
Uscendo, Uncas sentì la sua testa chiara. Loro si
allontanarono un po' e si rannicchiarono vicino ai fuochi che
illuminavano il centro dell'accampamento. Riuscivano ancora a sentire i
suoni dei tamburi e il calpestìo dei piedi che facevano
vibrare il suolo.
Nathaniel lo guardò intensamente e
parlò sobriamente in inglese.
"Bene, come ti stavo dicendo, tra il deridere il pesce
gracile che avevo preso prima, quest'oggi con te, e il chiedermi
perché stavo riparando le reti come una donna, lui ha detto
qualcosa di molto interessante."
Fece una pausa e disse un po' risentito, "Tu stavi riparando
le reti."
Uncas fece un rumore impaziente e Nathaniel
ricominciò subito.
"Bene. Quindi lui mi dice che Chemames - Si chiama
così?... La madre di Tankawun, giusto? Bene, a quanto pare
prima, quest'oggi lei ha fatto visita a papà e gli ha
detto quanto sarebbe felice dell'unione dei loro figli."
"Cosa?" disse Uncas, trattenendo un gemito. "Cosa ha detto
esattamente, fratello?"
Nathaniel fece marcia indietro. "Suppongo, ciò
che lei ha detto è che sarebbe una buona idea. E' tutto qui.
Sembra che la piccola Tankawun abbia parlato senza pensare, facendo
prendere aria alla bocca."
Uncas scosse la testa nell'incredulità. "Non ho
detto nulla del genere. Infatti, mi sono assicurato che lei capisse che
non ho in mente l'idea del matrimonio."
"Lo so. Ma non le hai detto francamente 'No, Tankawun, non
ti sposerò perché... ridi troppo.' "
Uncas sorrise riluttante. "Non è quello."
Incoraggiato dal sorriso, Nathaniel ricambiò e
continuò. "Non l'hai respinta francamente. Buone maniere e
tutto il resto. Ma forse lei pensava che tu fossi riservato. E tieni
presente che lei è la figlia maggiore di una famiglia senza
uomini. Non credo che lei ascolti un no molto spesso."
Uncas raccolse un pezzo di corteccia da terra e lo
gettò nel fuoco, sentendosi completamente ostacolato.
Nathaniel cercò con tutte le forze di non alzare
gli occhi al cielo.
"Perché sei ... cosa, fratello? Allora di' loro
di no. Mi piace Tankawun, ma se tu non acconsenti, non vedo il
problema. Tu hai il tuo libero arbitrio. Non sei obbligato. Non siamo i
selvaggi che i Bianchi dicono che siamo. Sai che i Bianchi sposano i
loro cugini, non è vero?" Ridacchiando, scosse la testa.
Uncas lo guardò per un intervallo di tempo, la
sua espressione era dolce.
Nathaniel aggiunse. "Nemmeno Hopocan pensa che sia una cosa
seria. I suoi modi erano più sornioni e divertiti che di
congratulazioni. Ovviamente vuole che io ti dica questo."
Nathaniel inclinò la testa di lato, guardando suo
fratello improvvisamente silenzioso con prudenza.
Perché Uncas stava esitando? Stava pensando che
fosse una buona idea? Aveva dimenticato Alice così
rapidamente?
Nathaniel guardò Uncas a bocca aperta in
crescente incredulità. "Non hai mica seriamente intenzione
di accettare, vero? Uncas? Solo perché una ragazzetta
viziata sta facendo gli scherzi con la gente intorno a lei -"
"Non capisci -" intervenne Uncas.
"Io non - cosa? Io non capisco? E' tutto quello che dici
sempre. Ma sono ancora tuo fratello e nonostante il mio sangue possa
essere dei Bianchi, capisco molto bene." Disse Nathaniel estremamente
frustrato.
Uncas aggrottò le ciglia. "Non devi sembrare
così scandalizzato. Non ho accettato. Riconosco solo che
è una buona combinazione."
Nathaniel si sentì costernato e sbottò
nella loro lingua, "Sei serio, non è vero? Hai intenzione di
sottoporti a una probabile infelicità, per i capricci di una
ragazzetta che ha avuto gli occhi su di te da quando aveva 12 anni."
"Che cosa ha avuto da dire papà su questo?"
chiese Uncas con calma, mentre Nathaniel stava perdendo le staffe e
questo stava rapidamente portando ad una discussione.
Nathaniel mise in pausa il suo sproloquio e si
sforzò di ricordare. "Niente... ha detto che ne
avrebbe parlato con te."
Uncas si sentì gratificato e sollevato. Nathaniel
continuò. "La sola cosa che voglio che tu faccia, Uncas,
è pensarci a lungo e molto. Io voglio solo vederti felice.
Come favore personale a me, tuo fratello, datti un paio di mesi e poi
decidi."
I pensieri di Nathaniel improvvisamente cambiarono.
"Sai che secondo l' usanza dei Delaware gli uomini si
uniscono alla tribù della donna? Pensaci. Tu in una wigwam
affollata con intorno 6 donne per i primi mesi del matrimonio,
finché tu non avrai la tua wigwam separata."
Nathaniel era così disgustato al pensiero che
lottò per reprimere un brivido e non riuscì
nemmeno a continuare.
In quel preciso momento entrambi i ragazzi girarono la testa
poi si alzarono in piedi quando sentirono dei passi.
Era Chingachgook, e sembrava molto scontento.
I suoi occhi taglienti avevano trafitto entrambi i suoi
figli prima di parlare conciso in Mohicano, "Che cosa significa tutto
questo, andarsene nel bel mezzo della festa? Tutti e due ritornerete
immediatamente. Qualsiasi cosa, per cui dobbiate essere così
furtivi, può aspettare."
Nathaniel cercò di placare il loro padre, dicendo
con calma "Stavamo per tornare, padre. Avevamo bisogno di uscire fuori
per parlare di qualcosa di molto importante. Uncas -"
Chingachgook intersecò i suoi occhi e
fulminò il suo figlio maggiore con lo sguardo. "Ho detto di
tornare immediatamente. Non ti ho chiesto di darmi la tua opinione su
qualcosa."
Si voltò e i ragazzi lo seguirono doverosamente.
Improvvisamente Chingachgook si fermò e
guardò Uncas in faccia, uno sguardo calcolatore negli occhi
scuri. Tenne lo sguardo di Uncas per diversi secondi di gelo prima di
dire a bassa voce:
"Dopo che la festa è finita, Nathaniel
tornerà nella nostra casupola per dormire. Uncas, tu mi
aspetterai fuori. C'è una conversazione in sospeso tra noi."
Uncas sentì una scossa di dubbio attraversarlo
come un fulmine.
"Certo, padre. Di cosa desideri parlare?" chiese Uncas con
grande rispetto.
Lo sguardo di pietra di Chingachgook non vacillò,
ma la coda dell'occhio si strinse impercettibilmente con quello che
Uncas percepiva come disprezzo.
Il silenzio cadde sui tre uomini. Nathaniel ebbe un accenno
di ciò che stava per accadere e sentì un peso
sullo stomaco mentre i suoi occhi si muovevano a scatti dal padre al
figlio, ipnotizzati.
"Penso che tu sappia di cosa dobbiamo parlare. Chiariremo
qualsiasi cosa sia accaduto tra te e quella ragazza Yengeese dal viso
pallido."
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Uncas stette seduto per tutto il resto dei festeggiamenti in
silenzio.
Non voleva ritornare dalle donne e si sedette vicino a suo
fratello e ai loro conoscenti maschili per il resto della serata.
Uno di loro fece girare una fiaschetta di whisky e Nathaniel
se la portò alla bocca, facendo una lunga sorsata.
Passandola a Uncas, gli fece cenno di bere. Lui quasi
rifiutò, poi pensò che forse il whisky avrebbe
ammortizzato la scossa paralizzante che sentiva alle parole di suo
padre.
Uncas bevve, il liquido ardente che bruciava scorrendo
giù per la gola. Scosse la testa cupamente, e Nathaniel lo
guardò con commiserazione e preoccupazione. Nessuno dei due
sapeva cosa dire.
Mentre la notte volgeva al termine, la gente
cominciò ad andarsene in piccoli gruppi. Uncas e Nathaniel
erano tra gli ultimi ad andare via, tenendo i loro occhi fissi sul loro
padre e Hopocan.
Hopocan sembrava avere un'impressione di ciò che
stava succedendo, nonostante Nathaniel dubitasse molto del fatto che
Chingachgook avesse avvertito il suo amico di cosa avrebbe implicato la
conversazione.
Loro guardavano, mentre gli uomini anziani si incamminarono
verso l'esterno, andando dove erano loro.
Nathaniel si soffermò accanto a suo fratello ma
suo padre gli rivolse un calcolato sguardo severo. Significava
chiaramente che la sua presenza al momento non era gradita.
Gli occhi di Hopocan erano sorprendentemente intelligenti
mentre diede un colpo sulla spalla a Nathaniel e disse in Delaware,
"Nathaniel, stai con la mia famiglia stasera e tuo padre e tuo fratello
possono ritornare quando hanno finito. Vieni." Disse questo inutilmente
perché Nathaniel già si era incamminato dietro di
lui.
Uncas li guardò andare via attraverso occhi
scuri, socchiusi.
Voltandosi verso suo padre, entrambi si sedettero vicino
alle scintille scoppiettanti del fuoco e si guardarono reciprocamente.
Chingachgook parlò per primo.
"Come vanno le tue ferite, figlio mio?"
"Molto bene, padre. Sono pienamente guarito,"
replicò Uncas.
Chingachgook annuì, austero.
"Bene. Ringrazio il Grande Spirito."
Ci fu una pausa esplicita e lo sguardo di Chingachgook non
si spostò da quello di suo figlio.
Durante questo momento Uncas sentì un insieme di
emozioni attraversarlo, lottando per controllarsi.
Innanzitutto nella sua mente, lui era consapevole di aver
deluso suo padre per alcune cose. Adesso era ovvio che suo padre era
stato saggio riguardo la situazione con Alice fin dall'inizio. Uncas
ovviamente aveva insultato l'intelligenza di suo padre credendo che
l'anziano uomo non fosse abbastanza saggio da saperlo.
Uncas capì anche, ora più
che mai, che aveva commesso un serio errore di giudizio nel proseguire
qualcosa con una ragazza bianca. Specialmente una come Alice Munro, che
aveva dichiarato di essere completamente disgustata dalle sue azioni, e
da lui.
Adesso capì che suo padre aveva avuto ragione per
tutto il tempo, che veramente i Bianchi erano una razza a parte, che
loro nascondevano i loro desideri ed emozioni dietro costumi sociali
complicati, che persino alle donne era stato insegnato, sin dalla
giovane età, a concentrarsi sull'apparenza invece che sulla
sostanza.
Si sarebbe sforzato di ascoltare suo padre da quel momento
in poi, le cui percezioni erano sempre state acute e perspicaci.
"Padre," disse Uncas lentamente in Mohicano prima che
Chingachgook potesse scuotersi dallo stupore in cui entrambi erano
stati per un momento. "Mi hai sempre insegnato a vivere con onore. Non
hai mai nascosto un segreto a mio fratello o a me. Hai sempre parlato
chiaramente e onestamente."
Chingachgook annuì brevemente, riconoscendo
questa certezza. Le sue parole a suo figlio non erano mai state ambigue
o reticenti. I suoi occhi rimasero fissi su quelli del suo figlio
minore.
"Perdonami, padre ..." disse Uncas a voce bassa. "Non ho
onorato il sentiero che tu mi hai insegnato a percorrere. Non sono
stato onesto con te, come tu lo sei sempre stato con me."
"Hai condiviso qualcosa con lei?" chiese Chingachgook, un
po' più gentile, ma con il suo sguardo ancora intenso.
Uncas rifletté sulla domanda. Lui pensava di
averlo fatto, tuttavia...
"Per breve tempo. Non più," replicò
Uncas. "Sapevo la verità sin dall'inizio. E' passato."
Chingachgook indietreggiò un po' e
continuò ad analizzare suo figlio con interesse, cercando
qualche segnale di dissimulazione; sapeva che non ce ne sarebbe stato
nessuno. Alla fine parlò.
"Uncas, figlio mio. Hai vissuto la tua vita con onore.
Questo mi ha portato conforto nella mia vecchiaia. Io non ti parlo
adesso come farebbe un anziano a un ragazzo indisciplinato. Non pensare
questo, Uncas. Io parlo come un padre fa a suo figlio."
Uncas ascoltò intensamente e in silenzio,
muovendosi appena. Chingachgook continuò.
"So che le tue parole sono la verità, mio giovane
figlio. Sono felice. Pertanto non ne parleremo più."
Chingachgook si alzò in piedi, seguito un momento
dopo da Uncas.
Camminarono insieme verso la wigwam, parlando sottovoce
della festa e della caccia che avrebbe avuto luogo il giorno seguente.
Uncas espresse a suo padre la sua buona volontà
di unirsi alla caccia e suo padre esitò, spiegando che
avrebbe preferito che Uncas si unisse alla battuta di pesca che doveva
essere prevista per la notte, alla luce delle torce.
Un pensiero colpì Uncas. "Padre," disse stanco
mentre si avvicinavano al wigwam di Hopocan. "Ho capito che Chemames ti
ha fatto visita. Vorrei sapere se..." La sua voce si
affievolì.
Sorprendentemente, Chingachgook fece una risatina, guardando
suo figlio con un luccichio d'affetto nei suoi occhi.
"Lei ha espresso i suoi pensieri riguardo a questa faccenda
abbastanza liberamente, ma devo ancora capire i tuoi. Ne discuteremo
più tardi."
Fuori dalla wigwam, Nathaniel se ne stava seduto a
conversare con Hopocan, invece di stare dentro come Chingachgook aveva
comandato.
Mentre la sua famiglia di avvicinava, Nathaniel si
alzò, colpevole.
Hopocan spiegò che lui aveva chiesto a Nathaniel
di accompagnarlo fuori poiché non riusciva a dormire,
indirizzando la colpa su se stesso.
Tuttavia Chingachgook non era arrabbiato per la
disobbedienza di suo figlio. Infatti, sembrava molto più a
suo agio, ora che aveva parlato con Uncas.
Facendo un cenno ai suoi figli, tutti entrarono
nell'oscurità della wigwam.
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Era una calda mattina inoltrata, mentre Alice e le altre
abitanti erano sedute fuori, sull'erba.
I giorni e le notti stavano cominciando a diventare
più fresche mentre l'estate svaniva.
Annabel stava spiegando alle sorelle cosa avrebbe portato
l'autunno, mentre loro erano spaparanzate sull'erba a mangiare fragole.
James era uscito, come era tipico di lui.
"Le giornate diventeranno più lunghe,"
spiegò Annabel, togliendosi una ciocca scura di capelli
dagli occhi. "Questi insetti curiosi cominceranno il lamento
più triste negli alberi. Esso segnalerà la fine
dell'estate e l'inizio del raccolto autunnale."
Annabel aveva insistito affinché loro riposassero
e facessero festa quel giorno, come premio per tutto il loro duro
lavoro durante le ultime settimane.
Alice e Cora avevano imparato un bel po' di cose su come
mantenere una fattoria. Avevano imparato come riparare la recinzione
che circondava la fattoria e il pascolo. Come esaminare il raccolto,
cucinare e mungere la mucca minacciosa dietro l'abitazione nel pascolo
delle mucche.
Alice stava cominciando a imparare come essiccare e salare
il cibo per l'inverno. Sapeva cosa nel giardino fosse maturo soltanto
osservandolo.
"Dimmi com'è l'autunno in America," Alice
incalzò Annabel.
Accanto a lei, Cora si infilò in bocca una grande
fragola e sorrise a sua sorella con indulgenza.
"Beh..." Annabel fece una pausa per riflettere. "Immagina,
se vorrai, colori smorzati ma bellissimi. Sfumature di giallo, marrone
caldo, arancione e rosso brillante. Presto l'intera zona
risplenderà di questi colori, e le foglie cadenti danzeranno
mentre scenderanno lentamente a terra."
Alice sospirò, i suoi occhi sognanti mentre
immaginava questo nel suo cuore. Una pacifica giornata d'autunno...
Dove sarebbe stato Uncas durante questo periodo?
"Immagina, ancora," Annabel continuò, "il cielo
stesso che cambia colore. Grigio acciaio, e una sfumatura di bianco,
forse qualcosa che non può essere descritto con le parole.
E' oltre il bianco. Mi fa pensare all'eternità."
Senza sapere perché, senza nessuna premonizione o
avvertimento, Alice fece un singhiozzo profondo e si portò
la mano alla bocca mentre, non invitate, le lacrime le fuoriuscirono
dagli occhi.
Annabel e Cora immediatamente si strinsero attorno alla
ragazza, sussurrando delle parole calmanti e accarezzandole le braccia
e i capelli.
"Che c'è, Alice?" chiese Cora gentilmente. "Un
brutto ricordo?"
Alice scosse la testa, asciugandosi gli occhi grondanti di
lacrime. "Non lo so. Veramente."
Annabel annuì in segno di comprensione
compassionevole. "A volte anche io provo questa sensazione. Ascolto un
antrostomo oppure osservo un bel tramonto in questa valle... Piango ma
non so perché."
Diede al robusto braccio di Alice una stretta di
incoraggiamento. "Penso che significhi che il tuo cuore è
troppo pieno di emozioni. Devi correggere la cosa. Dai libero sfogo ai
desideri del tuo cuore."
Alice raccoglieva l'erba distrattamente, chiedendosi se
qualcuno sapesse qual era il desiderio del suo cuore. Trascorrere
queste bellissime stagioni con lui, l'uomo dagli occhi profondi e
gentili. Essere al suo fianco e sperimentare l'eternità...
Alzando lo sguardo, Alice chiese alla sua amica e padrona di
casa, "Come sei arrivata a sposare James? E trasferirti nelle colonie?
Come hai incontrato Nathaniel e la sua famiglia?"
Annabel fece un caldo sorriso, facendo girare più
fragole paffute color rosso sangue.
"Mio padre era un ricco mercante a Londra," lei
cominciò. "Sono stata istruita come una signorina, per avere
un matrimonio vantaggioso dopo che fossi stata abbastanza grande per
essere introdotta nella società. Mio padre era abbastanza
gentile con me ma ambizioso. Non sono mai stata una grande bellezza, ma
i gentiluomini sembravano trovarmi graziosa."
Annabel fece un sorriso modesto e arrossì
graziosamente alla forte affermazione della sorella secondo la quale
lei era bellissima, piacevole, adorabile, luminosa e aggraziata.
"Ora, signorine," lei mise da parte le loro parole, rosa in
volto. "Non vi ho impegnate entrambe in questo discorso in cerca di
raggiri o complimenti. Sto soltanto affermando un dato di fatto."
Lei continuò dopo una pausa.
"Durante la mia adolescenza c'era un povero figlio di
lavoratori scozzesi che venne al servizio di mio padre. Era James,
ovviamente. Suo padre era stato ucciso in un incidente in un cantiere
navale e sua madre morì di consunzione l'anno che
compì i 14 anni. Mio padre lo trovò abbastanza
povero e gli diede un lavoro nella nostra casa, nelle scuderie."
"Tuo padre era molto buono e generoso," disse Cora
gentilmente.
Annabel fece spallucce e replicò, "Era solo un
altro piccolo ragazzo lacero per papà, grato per un tetto
sulla sua testa e per un pasto caldo. Quando lo incontrai, stabilimmo
uno scambio reciproco: lui mi avrebbe dato lezioni di equitazione e io
gli avrei insegnato a leggere e a fare i calcoli matematici,
poiché non era riuscito a frequentare la scuola crescendo, e
poiché entrambi i suoi genitori erano analfabeti."
Alice cercò di immaginare James come un
indigente, ma non ci riusciva. Le dava dolore al petto immaginare
qualcuno, a lei tanto caro, cresciuto con così tanta
sofferenza nei primi anni di vita.
Avere provato la povertà, essere orfano presto e
vivere di espedienti nelle strade di Londra.
Annabel fece un piccolo sorriso. "Mi innamorai. Come potevo
non farlo? Questo era un uomo che guardava il mondo sotto una luce
completamente diversa rispetto a me. Mi ha insegnato a vedere la
bellezza intorno a me. Le sue sofferenze erano grandi, ma il suo cuore
lo era ancora di più."
Lei sospirò delicatamente, ricordando. "Prima che
mio padre potesse cedermi a un pretendente facoltoso, James e io
scappammo insieme su una nave diretta alle Americhe."
"Che storia romantica!" sospirò Cora, i suoi
occhi umidi.
Alice fu profondamente commossa dalla storia. Lei
lottò con lo strano sentimento che la stava afferrando, poi
decise di esprimere a voce le sue domande.
"Ma Annabel, come hai saputo che avevi preso la decisione
giusta? Non eri preoccupata per il futuro, per come avresti vissuto...
la tua reputazione?"
Annabel annuì alla faccia piena di scusa di
Alice, sapendo che non aveva avuto intenzione di offendere.
"Mi sono posta tutte quelle domande. Ma alla fine mi sono
chiesta se la reputazione avrebbe portato la felicità nella
mia vita. La reputazione è soltanto l'opinione del mondo,
dopo tutto. Ho capito che molte persone vivono la vita da sole e
muoiono senza sapere cosa significhi amare. Voltare le spalle a questo
raggio di luce, a questa felicità, sarebbe stato un grande
danno a me stessa."
Alice era ancora tormentata e guardò una
coccinella rossa svolazzare nell'aria intorno a lei prima di posarsi
sull'orlo del suo vestito. Dando al suo orlo un colpetto delicato,
l'insetto continuò il suo volo leggiadro nell'aria estiva.
"Sei molto coraggiosa," mormorò Alice, con gli
occhi abbattuti. Perché si sentiva così
vergognosa?
"No," corresse Annabel "Sono stata molto fortunata. Per aver
trovato il mio compagno per la vita."
Annabel fece una pausa e un leggero aggrottamento delle
ciglia sciupò la sua faccia per un momento. "Ho sperato di
partorire i figli di mio marito, ma Dio non mi ha ancora dato questo
dono. Penso che succederà. Prego che un giorno
accadrà."
Cora stava sorridendo felicemente.
"Così entrambi siete scappati insieme e vi siete
stabiliti in questa valle. Ho capito, è così che
hai incontrato Nathaniel e Uncas?"
Annabel annuì. "Precisamente, Cora. Un certo
numero di anni fa, ci siamo incontrati in questa stessa valle e abbiamo
commerciato con loro. Li consideriamo amici. Sono persone oneste. Anche
il loro padre, e ci hanno aiutato molte volte durante gli ultimi anni.
Questa è la ragione per cui io e mio marito non abbiamo
esitato quando vi hanno portate da noi."
"Cosa pensi di Nathaniel e ... suo fratello?" chiese Alice
tacitamente.
"Beh, entrambi quei ragazzi ci sono abbastanza cari, come
puoi immaginare," replicò Annabel. "Nathaniel - Oh, mi fa
ridere! Ha lo stesso sciagurato senso dell'umorismo di James."
Cora annuì, i suoi occhi scintillanti.
"Uncas è sempre stato un ragazzo abbastanza
tranquillo con i suoi occhi seri, ma persino le ragazze bianche lo
trovano bello." Annabel abbassò la voce segretamente quando
lei e Cora scoppiarono in una risata.
"Perché vi fa ridere?" borbottò Alice.
"E' bello..."
Poi arrossì quando le altre donne la fissarono.
"Volevo dire..." Improvvisamente sentì la lingua di piombo.
"E' semplicemente l'idea che è divertente,"
chiarì Annabel. "Uncas non mostra il minimo interesse per le
donne bianche. Per di più, lui molto probabilmente si
sposerà presto e con una donna indiana. E' il più
caro desiderio di suo padre."
Alice sentì che il labbro inferiore
cominciò a tremarle e lo morse forte, volendo scacciare la
tristezza e il dolore.
Fu successivamente, nel pomeriggio, che Nathaniel
trovò Alice così, seduta a terra in modo formale
con le mani incrociate, gli occhi molto lontani.
"Buon pomeriggio, signorina Alice." Fece un cenno alla
ragazza, poi inclinò la testa curiosamente quando lei non
rispose. Aspettò ancora pochi secondi.
"Alice," disse lui ad alta voce e rimase mortificato quando
lei sussultò per la paura. "Scusa, signorina Alice."
"Soltanto Alice."
"Prego?" chiese Nathaniel, confuso.
Alice continuò a fissare l'orizzonte. "Soltanto
Alice. Non signorina Alice o signorina Munro."
"Tutto a posto...'Soltanto Alice', credo," disse Nathaniel
scherzosamente.
Lui rimase a guardare sbigottito e perplesso mentre le
labbra di Alice erano deformate in un'espressione di sofferenza e il
suo sguardo cadeva lentamente verso il basso. Accidenti, se questa
ragazza non sta agendo in modo strano...
Alice si alzò, togliendosi la polvere di dosso.
"Hai mangiato?" chiese.
Nathaniel annuì, poi porse il braccio alla donna
bionda. Lei lo afferrò in silenzio e camminarono
giù per la collina inclinata in direzione del casolare.
"Allora, come va?" chiese Nathaniel colloquiale mentre
attraversarono un campo di narcisi. Alice mormorò che tutti
stavano bene.
"Sono ansioso di vedere James," disse Nathaniel. "Tra poche
settimane mi dirigerò a valle per vendere le pellicce ai
commercianti canadesi. Suppongo che James -"
"Portami con te all'accampamento dei Lenape," Alice lo
interruppe.
Nathaniel ebbe una battuta d'arresto e aveva quasi lasciato
cadere il braccio di lei per lo shock. "Cosa?"
Lo sguardo di Alice non vacillò davanti al suo.
"Ho detto, Nathaniel, portami con te nell'accampamento in cui adesso
risiedi."
Nathaniel scosse la testa lentamente, sgomentato. "Non
è possibile, signorina. Volevo dire, Alice."
"Perché no? Perché sono inglese?"
"Beh...sì."
Alice sembrò irritata. "Sei europeo come me,
almeno per nascita. E mi hai detto che i Delaware non sono come gli
Uroni."
"E' vero - non sono come quegli insetti parassiti. Ma non
puoi... non saprei...passeggiare nel loro accampamento."
Alice scosse la testa, con un'espressione testarda sulla sua
faccia.
"Ma i Lenape commerciano con gli Inglesi, non è
vero? Non hanno mai combattuto apertamente contro gli Inglesi e molti
di loro vivono con i missionari moravi. Non mi faranno del male, ne
sono sicura. Specialmente con te al mio fianco."
Nathaniel percepì un lampo d'intuizione e sapeva
che lei si era preparata quest'intera conversazione nella sua mente in
anticipo. Lui era a corto di argomenti. E odiava perdere una
discussione.
"Perché vuoi andare all'accampamento dei Lenape?"
chiese lui senza mezzi termini.
Alice sembrava a disagio. "Faccio solo..."
Sospirò. "No, non è questo... Sai
perché, Nathaniel."
Nathaniel sospirò, facendo scorrere la sua mano
attraverso i suoi scuri capelli. Annuì.
"E' solo che... adesso non è un buon momento,"
disse lui evasivamente.
Gli occhi di Alice si spalancarono. "Perché no?
E' successo qualcosa? E' Uncas? E' ferito? Sta male?"
Nathaniel sollevò una mano per porre fine al suo
chiacchiericcio nervoso. "Sta bene. Cora non ti permetterà
di venire, per cominciare."
Nathaniel comprese, tardivamente, che aveva detto la cosa
sbagliata.
Alice si raddrizzò rigidamente, i suoi occhi
azzurri ghiacciati.
"Mi scuso, signore. Ma non ho bisogno della dispensa divina
di mia sorella per questo. Sono una donna indipendente con il mio
libero arbitrio. Tu stesso mi hai detto così settimane fa.
Se insisti con questo comportamento, su queste misere scuse per non
portarmi, perché - ci andrò io stessa!"
Nathaniel scosse la testa con un sospiro, guardando verso il
cielo. Cercò una via d'uscita da questa situazione, ma non
riuscì a trovarne nemmeno una, e a questo punto non voleva
mettere alla prova la decisione di Alice, se fosse stata
così sciocca da entrare da sola nell'accampamento indiano.
"Va bene," lui brontolò. "Ti porterò
per un'ora o giù di lì, ma ritorneremo qui entro
stasera - Niente eccezioni! E prima lo devi dire a tua sorella e alla
signora Stewart. E... non devi aspettarti troppo."
Disse ciò con grande serietà, e
sperò che lei avesse colto il significato nascosto dietro le
sue ultime parole.
Alice si sentì come se ci fosse un uccellino
esultante che volava nel suo petto. Era così ansimante per
l'eccitazione. Oggi lo vedrò! A malapena aveva ascoltato
quello che Nathaniel aveva detto in seguito.
Ridendo, afferrò la mano di Nathaniel e lo
trascinò verso il casolare.
La sua risata gorgogliante era contagiosa e lui stesso si
ritrovò a ridere ampiamente mentre si avvicinavano alla casa
dall'aspetto tranquillo.
Nathaniel sapeva che stava rischiando la collera di molte
persone. Gli abitanti del campo e suo padre, per dirne una. Per non
parlare di Uncas.
Sperò anche che Tankawun fosse occupata a fare
qualcosa mentre lui sarebbe arrivato con Alice, invece di essere
assorta nel suo passatempo preferito - pendere da ogni parola di Uncas.
Ma questo era qualcosa che lui voleva fare, e Nathaniel se
lo sentiva nella pancia. Guardando la graziosa, splendente faccia di
Alice, Nathaniel sentì una scossa di disagio nella sua
mente, ma la mise da parte.
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Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
La testa di
Cora scattò per la paura, quando la pesante porta di legno
si spalancò con uno schianto risonante che
riecheggiò per la casa. Annabel fece un guaito di allarme e
balzò in piedi. Quando vide che erano soltanto Nathaniel e
Alice, si mise a sedere a tavola, afferrandosi il cuore.
Nathaniel fece ad Alice una smorfia severa per aver
spaventato le donne, ma Alice non se n'era accorta. Questo, oppure non
se ne era preoccupata troppo.
Cora guardò sua sorella con
perplessità, notando il sorriso che le inarcava le labbra
rosee, come pure le sue guance arrossate.
A sua volta, Alice corse per vedere il torbido specchio
rotto che Annabel teneva riposto sul focolare e cominciò a
esaminarsi i lineamenti e i capelli lisci.
Evidentemente era disillusa dal riflesso mentre si dava dei
pizzichi sulle guance, mormorando che era troppo pallida.
"Stai...andando da qualche parte?" chiese Cora con
apprensione, con i suoi occhi scuri che passavano velocemente da sua
sorella all'alto uomo americano.
"Sì," disse Alice distrattamente.
"Dove?" Cora pressò sua sorella.
"All'accampamento. L'accampamento dei Lenape,"
replicò compostamente, rimettendo a posto il frammento di
specchio.
Cora fece cadere l'orlo del vestito che stava rammendando,
scioccata. "Cosa - Dove?" domandò, incredula.
Alice guardò sua sorella con impazienza,
lisciandosi l'abito color albicocca per l' eventuale presenza di grinze.
"Nathaniel mi porterà all'accampamento dei
Delaware per un po' oggi. Tornerò tra poco."
Cora era costernata e fissò lo sguardo su
Nathaniel. "E' stata una tua idea, Nathaniel Poe? Perché se
lo è stata -"
"No, no..." disse Alice rassicurante. "Posso assicurarti,
sorella, che l'idea è stata completamente mia."
Cora guardò prima Nathaniel, che faceva spallucce
impotente, e poi Annabel, che stava analizzando Alice in modo curioso,
quasi come se sua sorella fosse un brano di un libro particolarmente
difficile da leggere. Alla fine Cora guardò Alice che stava
in piedi irrequieta, spostandosi da un piede all'altro.
"Ma per l'amor di Dio, Alice, perché?" fu la
domanda finale di Cora.
Alice sembrava in difficoltà su cosa dire e si
attorcigliò le dita in silenzio. Quest'immagine la
colpì e Cora cominciò a cercare tra i suoi
ricordi, cercando di ricordare attraverso la confusione lontana.
Ricordare quando sua sorella era solita fare quel gesto. E alla fine
Cora si ricordò - accadeva ogni volta che sua sorella stava
nascondendo qualcosa.
In passato, lei si torceva le dita quando le venivano
chieste delle cose sciocche. Chi ha rotto il vaso di nonna? Sei andata
a dormire presto come ti avevo ordinato?
Stringendo gli occhi, Cora osservò sua sorella a
lungo e severamente. Poi i suoi occhi severi si volsero verso
Nathaniel, che ancora stava in piedi sull'entrata. Decise allora di non
interrogare Alice, poiché sarebbe rimasta ostinatamente in
silenzio. Cora lo sapeva.
Ma ancora... si sentiva tradita. Alice non le aveva mai
nascosto nulla. Mai.
"Per favore, voglio che tu ti prenda cura di Alice," disse
Cora a Nathaniel con voce fredda. "Se accade qualcosa a mia sorella,
Nathaniel, ti riterrò responsabile."
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Nathaniel sembrava di cattivo umore mentre lui e Alice
camminavano faticosamente attraverso l'erba alta, lontano dalla
fattoria degli Stewart, dirigendosi verso il villaggio dei Lenape a un
miglio di distanza.
Nathaniel scosse la testa come se ci fosse una zanzara che
gli ronzava nell'orecchio, uno sguardo torvo scolpito sul suo viso
abbronzato.
Lui stava già rimpiangendo questo intero
pomeriggio e sapeva che all'accampamento probabilmente sarebbe accaduto
uno sfacelo; se gli abitanti non fossero stati in vena di essere
cortesi con la ragazza inglese? Che diavolo gli era preso?...
I suoi pensieri corsero una maratona davanti a lui.
Uncas sarebbe stato sopraffatto, senza alcun dubbio, e
quella emozione avrebbe portato rabbia. Comprensibile. Lui fece una
smorfia, immaginando lo scherno sulla faccia di Hopocan. Tankawun...
bèh, a chi importava di lei?... ma suo padre, d'altronde...
Cora era sembrata così irritata con lui. Ma lui
le aveva promesso di sorvegliare la sua seccante sorellina e lo avrebbe
fatto. Con la sua vita.
Girandosi, Nathaniel individuò Alice a pochi
passi dietro di lui, ansimante, mentre cercava di accordarsi con i
lunghi passi di lui. Malgrado tutto lei sembrava vivace e ottimista.
Proiettava un'immagine così attraente, i suoi lunghi capelli
dorati sferzavano liberi il suo viso da elfo; la sua pelle era
arrossata per l'eccitazione e qualcos'altro.
Nathaniel fece un profondo respiro lenitivo e si
sentì calmo. Nonostante lui sapesse di essersi lasciato
convincere a partecipare a questa faccenda da una ragazza di 18 anni,
decise di fare del suo meglio.
Alice si agganciò al braccio di Nathaniel
felicemente mentre loro si avventurarono profondamente nel bosco.
"Alice, vedi quell'uccello?" Nathaniel aveva osservato la
creatura mentre volava davanti a loro, battendo le sue piccole ali a
tutto spiano.
"Il passero?"
"Noi lo chiamiamo tschechtschis."
Alice cercò di pronunciare la parola ma non ci
riuscì. La sua lingua inglese macellò la parola
che suonava così graziosa pronunciata da Nathaniel.
Loro continuarono in questa maniera disinvolta per un altro
po', ripetendo l'uno all' altra numeri e parole in Mohicano e Nathaniel
la metteva alla prova.
"Nat... No, questo non suona bene. Nasha... Nahnioges ..."
disse Alice consapevole di sé, lottando con la pronuncia.
Nathaniel annuiva in segno di approvazione. "Bene. Tre
cavalli. Non è del tutto corretto ma lo sarà,
signorina."
"Ho paura che non riuscirò a coniugarlo." Alice
si scusò e Nathaniel fece spallucce, sorridendo.
"Come farei riferimento a Cora? Come dici mia sorella?"
"Nkeck. Se stessi parlando a te o a tua sorella, io direi
keck - tua sorella," le insegnò Nathaniel.
"Alice," disse Nathaniel durante una pausa nella
conversazione. "Stai vicino a me quando entriamo nell'accampamento. Non
agire in modo strano, indicare o gesticolare. Comportati come se tu
sapessi dove sei e cosa stai facendo."
Alice sentì improvvisamente un inizio di
nervosismo, ma poi acconsentì. Nathaniel le
lanciò uno sguardo obliquo.
"Mio fratello sarà spaventato quando ti
vedrà... potrebbe persino essere scontento. Ma vorrei
veramente che tu parlassi con lui, preferibilmente da qualche parte, in
privato."
Alice non si era aspettata questo, che Uncas non avrebbe
desiderato vederla e questo la gettò nella confusione
più totale. Mi ero sbagliata? Sicuramente no...
"Perché mi stai dicendo queste cose, Nathaniel?"
chiese lei, sconcertata.
I suoi occhi tennero gli occhi di lei in uno sguardo gentile
ma allo stesso tempo inflessibile.
"Perché sono al tuo fianco. Perché
altrimenti?" replicò semplicemente, poi la esortò
ad andare un po' più veloce, spiegando che il crepuscolo
presto li avrebbe intercettati, perciò lui avrebbe gradito
arrivare per tempo all'accampamento.
Più i minuti passavano e più Alice
notava degli impercettibili cambiamenti nell'aria, dei quali non
sarebbe stata consapevole due mesi prima. L'odore debole di fumo di
legna, e nell'aria ce n'era un debole sentore...
"Ci stiamo avvicinando..." lei mormorò,
più che altro a se stessa, e così
tralasciò lo sguardo favorevole che Nathaniel le fece. Lui
era impressionato.
Quando entrarono sulla soglia dell'accampamento dei Lenape,
finalmente Alice comprese quello che voleva dire Nathaniel. Gli
abitanti sembravano completamente stupiti mentre la fissavano.
Lasciarono cadere quello che stavano facendo e rimasero a fissare.
Molti bambini di varie età urlarono eccitati e
gesticolarono verso di lei. Uomini e donne la guardarono, congelati;
alcuni per la curiosità, molti altri per l'assoluto sospetto.
Malgrado la sua lotta per apparire calma e composta secondo
il suggerimento di Nathaniel dato in precedenza, Alice sentì
il caldo salirle su per il collo e persino arrivarle fino alla radice
dei capelli.
"Evidentemente non vedono molti Europei?"
sussurrò lei.
"Certo che sì, Alice. Ma mai nessuno che entrasse
nel loro accampamento così liberamente," replicò
Nathaniel.
La sospinse in avanti e dritta all'interno dell'accampamento.
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Lontano dalle capanne c'era un'ampia radura usata per i
giochi, gli sport e la narrativa dal popolo Lenape. Grandi alberi di
olmo facevano ombra sul recinto, ed era l'ideale per
l'attività fisica.
Era lì che un gruppo di giovani robusti stavano
giocando a Pahsaheman, e una rotonda pelle di cervo tesa e piena di
erba e pezzi di pellame era il punto centrale.
Il sole del pomeriggio era ancora caldo. Uncas, che
indossava solo il perizoma e i gambali, calciò la palla con
forza verso il suo giovane compagno di squadra.
Il ragazzo la prese con il piede e corse come una lepre
verso il lato opposto del campo per calciare la palla oltre la squadra
avversaria, in una rete costruita frettolosamente, tenuta in alto da
travi di legno.
Un piccolo numero di donne e ragazze incoraggiava i loro
mariti e fratelli, quando la palla veniva passata avanti e indietro,
gli uomini che si affrontavano e ridevano di cuore.
Anche le donne potevano giocare e, infatti, diverse donne si
erano unite al gioco, anche se le stesse regole non venivano applicate
per entrambi i generi. Mentre gli uomini potevano solo calciare la
palla, le donne potevano lanciarla come volevano. Agli uomini inoltre
era vietato affrontare le donne, ma le donne potevano, e lo facevano.
Uncas guardava, raddoppiando la risata, quando una ragazza
robusta dall'aspetto scontroso strappò la camicia del suo
amico e lo fece cadere nel suolo impolverato.
Tankawun era nella squadra avversaria di Uncas ed era
sorprendentemente agile e rapida, saltando agilmente sul suo compagno
caduto con la palla in mano.
"Uncas," lei chiamò mentre si precipitava verso
l'obiettivo. Lei gli fece un sorriso con le fossette. "Non vi
mostrerò pietà!"
Continuarono il gioco per un altro po', finché
Uncas cominciò a sudare per la stanchezza e il caldo. Stando
in piedi di lato, si asciugò la fronte gocciolante e il
collo con la sua camicia di calicò e se la mise sulla spalla.
"Wagion!" lui chiamò in Delaware il suo amico
d'infanzia che era stato steso.
Wagion si avvicinò a Uncas, brontolando per la
ragazza massiccia che lo aveva quasi schiacciato con il suo peso. Uncas
rise di nuovo all'espressione del suo amico; era di buon umore.
"Ovviamente lei mi vuole," disse allegramente Wagion,
buttandosi addosso la camicia blu adesso strappata.
Uncas concordò che, sì, la ragazza era
ovviamente innamorata.
"Altrimenti perché avrebbe provato a ucciderti
sedendosi su di te?" aggiunse Uncas.
Nel mezzo di questo dialogo spensierato, un ragazzino di
circa 10 estati corse eccitato verso la coppia che conversava, con gli
occhi spalancati.
"Uncas... Hopocan dice... lui dice..." Il ragazzo era fuori
di sé. Uncas inarcò un sopracciglio e lo
sollecitò a calmarsi.
Il ragazzo, Chappegat, annuì con fervore, poi
fece un respiro profondo ed espirò. Sembrò
ricordarsi di ciò che doveva dire.
"Hopocan dice che devi venire adesso. C'è
qualcosa che devi vedere," Chappegat disse solennemente.
"Che c'è?" chiese Uncas, confuso.
Chappegat si morse il labbro e si mosse. "Non posso dirtelo.
Hopocan dice che devo solo portarti, Uncas."
A Uncas non erano mai piaciute le sorprese o la promessa di
una sorpresa. Non era usanza dei Lenape parlare in questo modo,
così si chiese che cosa ci fosse sotto.
Chappegat ovviamente stava per aprirsi con Uncas, mentre i
tre cominciarono a camminare verso l'accampamento.
"Chappegat, dimmi," disse Uncas gentilmente. Poi, "Mi
comporterò da sorpreso, davvero."
Questo ragionamento sembrò funzionare per il
bambino e ridacchiò marcatamente. La sua voce era calma per
lo stupore quando disse, "Tuo fratello, Longue Carabine, ha portato uno
straniero nel nostro accampamento."
Uncas aggrottò le ciglia. E' James? Lui
sollecitò Chappegat a descrivere l'uomo mentre si
avvicinarono al centro dell'accampamento.
"E' una ragazza Yengeese!" Chappegat sputò fuori
le parole. "Ha i capelli del colore della Luna. Sembra uno degli
spiriti!"
Uncas ebbe una battuta d'arresto, il battito del suo cuore
gli martellava nella testa. Doveva aver sentito male. Forse il ragazzo
stava facendo uno scherzo.
Wagion ora sembrava molto più interessato alla
conversazione.
"E' vestita buffa, come gli Yengeese?" chiese Wagion
avidamente, allungando il collo.
Chappagat annuì entusiasta. "Sì, tante
e tante gonne. Capelli lunghi del colore del mais. Stavano parlando con
Hopocan quando me ne sono andato. Lui parla un po' della lingua
Yengeese."
Uncas non poteva credere a ciò che aveva fatto
suo fratello. Gli aveva portato lei, Alice Munro, nel cuore
dell'accampamento Delaware. La gente sarebbe stata costretta a reagire
con sospetto e suo padre ne sarebbe stato dispiaciuto. Molto, molto
dispiaciuto.
Era rimasto fissato al suolo per un momento in stato di
shock, finché Wagion lo spinse gentilmente, i suoi occhi
indagatori.
Dopo un paio di passi, videro Nathaniel parlare
tranquillamente con Hopocan che, prevedibilmente, sembrava molto
malizioso. Un semicerchio di persone si era riunito di lato e stava
osservando gli avvenimenti.
Leggermente dietro a suo fratello, lui individuò
Alice.
Uncas sentì il suo stomaco barcollare leggermente
mentre la esaminava. Lei sembrava diversa. Per cominciare, stava
fingendo un'aria di sicurezza e indifferenza, ma notò il
soffuso rossore sul suo viso. Indossava un vestito chiaro e i capelli
le cadevano lunghi in una cortina d'oro.
La sua pelle era leggermente baciata dal sole, per essere
stata all'aperto per gran parte della giornata, lui supponeva, ma aveva
reso soltanto i suoi lineamenti delicati più pronunciati. I
suoi occhi erano ancora impossibilmente blu.
Era così incredibilmente bella, là in
piedi, testarda, imbarazzata e orgogliosa, che per un lungo angoscioso
momento, le parole gli mancarono. Uncas osservava mentre gli occhi di
lei si volsero verso quelli di lui.
La faccia di Uncas era impassibile mentre camminava verso
suo fratello, seguito da Wagion e Chappagat.
Nel frattempo, Alice stava superando la sua dura prova.
Uncas stava camminando verso di loro piuttosto noncurante ed era a
petto nudo; la sua pelle scura, calda luccicava per lo sforzo. Lei
sentì il rossore colorarle la faccia e il collo, e un calore
cominciò a strisciarle su per le gambe e rimescolarsi nel
suo ventre.
Alice era sopraffatta quando sentì tutto il suo
corpo tremare ardentemente, e pregò per la compostezza... e
in quel momento selvaggio Alice ricordò suo padre spiegarle,
quando era un'adolescente impacciata, che da grande avrebbe provato
cose strane e che, anche se il frutto della tentazione era dolce, lei
non doveva consumarlo.
Nathaniel salutò suo fratello calorosamente, ma
il suo sorriso si smorzò un po' quando Uncas non
ricambiò il sorriso. Nathaniel chiese qualcosa a Uncas e
Uncas replicò brevemente.
Alice, ascoltandoli parlare in Mohicano, si sentì
molto agitata e imbarazzata, poiché sapeva che molto
probabilmente stavano parlando di lei.
I fratelli chiacchierarono per un altro po', le loro parole
incomprensibili fuoriuscivano con scatti rapidi. L'uomo anziano,
Nathaniel aveva detto che il suo nome era Hopocan, aveva un'espressione
di amaro divertimento sulla sua faccia, i suoi occhi nero ossidiana
vagavano avanti e indietro tra i due uomini.
Alice fece un respiro profondo per non piangere. Le era
chiaro che Uncas non voleva vederla per niente. Che lei aveva fatto un
errore a venire qui. Con suo orrore, lei poteva sentire le lacrime di
umiliazione e dolore formarsi lentamente e cercò
disperatamente di tenerle a bada. Disse a se stessa che era meglio
così, che lei non poteva più nutrire tali
sentimenti per un pellerossa, che forse sarebbe dovuta tornare a Londra
e alla società raffinata che conosceva così bene.
Hopocan la osservò durante questo intervallo di
tempo e, anche se lui non smetteva di sorridere, lei
immaginò di vedere un momentaneo lampo di pietà
nei suoi occhi neri.
Lui esaminò la sua faccia rattristata e
annuì tra sé e sé. Poi si
voltò e interruppe la scena di contesa accanto a lui,
dicendo parole brevi e impetuose.
Hopocan affrontò la ragazza e la
guardò con serietà.
"Sei la benvenuta qui, in verità," disse lui, le
parole dall'accento inglese zoppicanti, dal suono aspro.
Indicò l'accampamento e fece dei gesti con le sue mani
consumate, mimando il cibo.
"Grazie," replicò Alice con sincerità.
"Non so come dirlo nella vostra lingua."
"Wanishi," fu la sua risposta distaccata.
A questo punto lei notò un uomo Indiano, che
aveva circa l'età di Uncas, camminare verso di lei
delicatamente da dietro Hopocan.
"Wagion," disse lui, battendosi il petto. Pensò
faticosamente per un momento e disse, "Wagion...
Uc...cello....Tuo...nan...te." Il ragazzo indicò lei e
aspettò speranzoso.
"Alice," replicò, facendo a Wagion ciò
che sperava fosse un sorriso caloroso. Uccello tuonante...
pensò... che carino.
I due continuarono a sorridere l'uno all'altra imbarazzati
per alcuni lunghi momenti, finché Hopocan squadrò
Wagion da capo a piedi infastidito e gli brontolò qualcosa
nella loro lingua, puntando un lungo dito nella direzione opposta a
loro.
Qualunque cosa fosse stata detta, fece arrossire le guance
del ragazzo e alcune delle donne intorno a loro ridacchiarono. Senza
dirle un'altra parola, Wagion andò via. Evidentemente era
stato sommariamente congedato dalla presenza del gruppo.
Un'ombra cadde sul suolo accanto a lei, mentre Alice
guardò Wagion allontanarsi.
Alzando velocemente lo sguardo, lei incontrò lo
sguardo di Nathaniel. Le sorrise ma sembrava teso.
"Cerchiamo di trovarci qualcosa per cena..."
mormorò. "Andremo con Hopocan, nel suo alloggio."
Non molto tempo dopo, il gruppo si sedette nell'alloggio che
Nathaniel aveva chiamato precedentemente wigwam. Alice era sorpresa del
fatto che la solida, piccola capanna potesse andare bene per
così molte persone. Esse stavano sedute o rannicchiate in
questo cerchio ristretto e Alice si guardò intorno,
osservando la circonferenza del gruppo.
Hopocan si sedette con calma, prendendo la carne arrostita
che sua moglie aveva precedentemente offerto.
Uncas e Nathaniel erano seduti l'uno accanto all'altro
sembrando molto a disagio ma, a corto di buone maniere, lei sospettava,
mangiando il cibo in silenzio.
Alice prese il pezzo di carne nella scodella con le punte
delle dita, cercando inutilmente di strappare alcuni pezzi con il
minimo contatto. Aveva mangiato così nella foresta, durante
il viaggio verso l'insediamento.
A dire la verità, questo era un affronto alla sua
sensibilità inglese, mangiare il cibo a mani nude, e
rifiutò di rimpinzarsi la bocca e rosicchiare come facevano
gli uomini. Lei posò la ciotola giù, al suo
fianco, cercando di strofinarsi le dita unte sul suo abito, inosservata.
In quel momento, il tessuto che copriva l'entrata del wigwam
si aprì ed entrò una giovane ragazza.
Sorridendo brillantemente al gruppo, lei fece una domanda a
Hopocan, evidentemente chiedendo di poter partecipare e lui
acconsentì con un cenno. La ragazza si mise a sedere accanto
a lei, di fronte agli uomini.
Alice guardò la ragazza con curiosità;
sembrava all'incirca avere la sua età. Era molto graziosa, i
suoi capelli neri bellissimi ricadevano oltre il girovita, in due
trecce. I suoi indumenti in pelle di daino le ricadevano
liberamente sul corpo, la gonna arrivava fino alle ginocchia.
Alice si sentì a disagio nel vedere una ragazza
così scoperta, ma sorrise alla ragazza e il suo cuore si
alleggerì quando la fanciulla indiana ricambiò il
sorriso, toccandosi il petto e dicendo,
"Tankawun."
"Io sono Alice."
Lo scambio reciproco fu abbastanza rilassato, ma lei si
chiedeva perché nessuno degli uomini si offrisse di tradurre
per lei e questa ragazza, Tankawun. Erano entrambe molto curiose l'una
nei confronti dell'altra, dagli sguardi congetturali l'una verso
l'altra.
I fratelli non dissero una sola parola e infatti ignorarono
la situazione che stava avendo luogo di fronte a loro.
Hopocan, che aveva finito il suo pasto e messo la sua
scodella di fronte a loro, guardò pigramente le ragazze.
Per la prima volta da quando era entrata nell'accampamento
dei Lenape, Alice si sentì a suo agio. La ragazza chiamata
Tankawun sembrava effervescente, estroversa e sorrideva costantemente
ad Alice mentre parlava con gli uomini.
Improvvisamente, Tankawun arrivò e prese una
ciocca dei capelli biondi di Alice, torcendola con cautela con le sue
dita. Alice sorrise esitante e la ragazza sorrise, dicendo qualcosa
nella sua lingua e lasciando cadere la ciocca di capelli.
Alice fece spallucce delicatamente, incapace di decifrare le
parole di Tankawun.
La ragazza Lenape sembrava vagamente frustrata per la
mancanza di comunicazione tra lei e Alice e guardò verso gli
uomini.
Hopocan fece a Uncas uno sguardo mirato e mormorò
qualcosa.
Senza alzare lo sguardo, Uncas disse a voce bassa, "Tankawun
ammira il tuo aspetto, che somiglia ai raggi di Luna. Dice che i tuoi
capelli sono graziosi."
Alice fissò Uncas per un attimo in silenzio,
desiderando che lui alzasse lo sguardo e quando non lo fece,
sentì i primi accenni di un fastidio. Non aveva nessun
diritto di essere rude o di farla sentire indesiderata.
Sedendosi più dritta, Alice si rivolse alla
ragazza e ripensò alla parola che Hopocan le aveva detto
prima, che significava grazie. Wisha... o Washi...no...
"Wanishi, Tankawun," disse Alice, sperando di non aver detto
qualcosa di incredibilmente stupido.
Tuttavia, Tankawun sembrava assolutamente contenta e le
batté le mani, raggiante.
"Wulelemil!" disse entusiasta Tankawun, sorridendo agli
uomini.
Alice sorrise alla ragazza ma guardò Nathaniel
con aria interrogativa, cercando la definizione di questa parola.
Nathaniel sembrò divertito dalle due ragazze.
"Tankawun dice 'fantastico'!" fu la replica di Nathaniel in
tono allegro.
Persino Hopocan le fece un piccolo sorriso. "Wishi. Bene,"
disse.
Soltanto Uncas aveva la faccia completamente impassibile e
flemmatica, finendo la sua porzione di carne prima di posare la
scodella e sedersi appoggiato di schiena, distratto.
Nathaniel guardò furtivamente prima Alice e poi
Uncas e pensò, sfiduciato, che le cose non stavano andando
bene.
Uncas era più che scortese e Alice sembrava
scontenta e risentita, guardando fuori; i suoi occhi cobalto s'imposero
nella semioscurità della wigwam, su cui il sole stava
scagliando i suoi raggi morenti.
Soltanto Tankawun si stava comportando in modo carino e le
due ragazze, cosa piuttosto bizzarra, stavano parlando l'una con
l'altra ognuna nella propria lingua, senza comprendersi veramente.
Nathaniel aveva veramente, ferventemente sperato che suo
fratello e Alice sarebbero stati in grado di trovare un punto
d'incontro, ma a causa della loro reciproca testardaggine, questo non
sembrava fattibile.
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Chingachgook era seduto nella sua wigwam, affilando un osso
e un pezzo di corna di cervo per fare un punteruolo e uno spiedo
grezzo. Lo sguardo di lui era intento e concentrato mentre lavorara;
dall'altra parte era seduto Anicus, il figlio di Hopocan che aveva
circa 18 estati.
Il ragazzo stava intagliando un flauto ricavato dal ramo di
un albero di noce, chiacchierando con Chingachgook. L'uomo anziano, per
la maggior parte, ascoltò ma non troppo attentamente,
perché era immerso nel suo lavoro. Anicus parlava troppo, ma
ciò nonostante Chingachgook gli era affezionato.
"Anicus, dov'è tuo padre?" chiese Chingachgook in
Lenape una volta che il ragazzo ebbe fatto una pausa per prendere
fiato. Hopocan era uscito per un po', molto presto, e non era ancora
tornato, cosa che sembrò strana all'uomo Mohicano.
"Non sono sicuro..." pensò Anicus. "Lo
troverò per te."
Si alzò in piedi e tirò su il lembo
della wigwam, andando fuori, camminando nella luce tetra.
Durante i minuti in cui lui fu via, Chingachgook
pensò all'ultimo anno nel suo complesso. Era già
nella sua mezza età, lo sapeva, e adesso i suoi pensieri
erano sempre più assorbiti dai suoi due figli. Erano bravi
figli, lo sapeva. Il Signore della Vita lo aveva premiato
così. Ma adesso era quasi un anno che aveva cominciato a
discutere con Uncas - sull'idea di trovarsi una moglie.
Uncas sapeva che aveva bisogno di trovare una donna il
più presto possibile e crearsi una famiglia. Era stato la
scorsa estate che Uncas si era accordato con suo padre e Chingachgook
sentì la sua mente invecchiata alleggerita dalla
condiscendenza di suo figlio; come pure dalla sua dimostrazione di
saggezza.
Nathaniel era una questione totalmente diversa. Il suo
figlio bianco aveva uno spirito inquieto, come un lupo che chiamava la
Luna. Era sempre stato un vagabondo e Chingachgook era già
arrivato al punto in cui aveva cominciato a preoccuparsi per il suo
figlio maggiore; preoccupato che avrebbe sprecato la sua
gioventù invece di percorrere un sentiero naturale.
Chingachgook era felice che adesso Nathaniel stava cercando
di sistemarsi e di mettere radici con la ragazza Yengeese dai capelli
scuri. Nathaniel gli aveva detto che loro avevano parlato del
matrimonio, ma la ragazza voleva aspettare un paio di lune.
Uncas era allo stesso modo contento per suo fratello e
Chingachgook pregava affinché presto il suo figlio minore
trovasse una donna con cui farsi una vita, affinché trovasse
la stessa felicità di suo fratello.
Le mani di Chingachgook si immobilizzarono sul proprio
lavoro mentre ricordava la precedente conversazione con Uncas riguardo
alla ragazza dai capelli dorati. Lui pensò che, infatti, suo
figlio era stato onesto ma, a dire la verità, non pensava
che i sentimenti di Uncas per la ragazza dai capelli biondi fossero
un'infatuazione passeggera. Lo sapeva perché Uncas non
faceva le cose a cuor leggero. I suoi sentimenti non avevano vacillato.
Chingachgook avrebbe trovato tutto più credibile
se Uncas avesse dichiarato a suo padre amore immortale per quella
strana, fragile ragazza, invece di dirgli che i sentimenti erano stati
passeggeri e che tutto era finito.
Ma poi di nuovo, Chingachgook pensò, troppe volte
l'amore giovanile era privo di saggezza. Le fiamme della passione
giovanile sono sempre le più luminose. Ecco
perché bruciano più velocemente, suo padre gli
aveva detto una volta nei giorni lontani della propria
gioventù, molto molto tempo fa.
Sollevando la testa lentamente al suono dei passi,
Chingachgook attendeva il ritorno di Anicus.
Il lembo della wigwam di nuovo fu scostato e il giovane
entrò con un'espressione piuttosto singolare sulla sua
faccia. Chingachgook, abile com'era a leggere le persone, vide che
Anicus era a metà tra il divertito e lo stupito.
"Qualcosa non va?" chiese Chingachgook austeramente.
Anicus sembrò leggermente imbarazzato, come se
non fosse sicuro di come valutare come avrebbe reagito l'uomo anziano.
Ci fu una lunga pausa mentre il ragazzo sembrava cercare le parole.
Chingachgook, non essendo tipo da sopportare l'indolenza
nelle parole, aggrottò le ciglia.
"Parla," ordinò senza risparmiarsi.
Anicus arrossì e disse esitando, "Ho trovato mio
padre che usciva dal nostro alloggio con entrambi i tuoi figli e ...
una ragazza."
Chingachgook era veramente confuso. "Ragazza?" lui
pungolò.
Il ragazzo annuì e sembrava scegliere le parole.
"Sì... una ragazza Yengeese con i capelli dorati."
Era una rarità, davvero, che qualcuno stupisse
Chingachgook, e Anicus, sentendosi leggermente compiaciuto, sapeva che
era riuscito a scioccare il fiero Mohicano, anche se l'espressione
dell'uomo più anziano non l'aveva tradito.
Senza cambiare il tono della voce e persino l'espressione
del viso, Chingachgook invitò il ragazzo a continuare.
"Sembra che il tuo figlio maggiore l'abbia portata qui. Non
sono sicuro del perché. Ma l'accampamento non parla di
nient'altro. Ecco perché papà non è
tornato. Si sono incontrati tutti nella nostra wigwam."
Chingachgook si srotolò dalla sua posizione a
gambe incrociate e si alzò in piedi così
velocemente e con agilità che Anicus fu spaventato.
"Fammi vedere," fu il comando imperioso di Chingachgook.
Lui seguì, inesorabile, il giovane agile mentre
si sbrigava ad uscire dalla wigwam.
Fuori, le persone che precedentemente avevano affollato la
wigwam, adesso stavano in piedi tutte insieme. Mentre la giornata
volgeva al termine, il cielo era ancora luminoso ma striato di
arancione e rosso.
Alice allungò il collo e osservò il
tramonto mozzafiato, sapendo che il momento della partenza si stava
avvicinando. Durante tutto il tempo trascorso all'accampamento, ogni
cosa era stata... se non del tutto piacevole, almeno aveva trascorso il
tempo abbastanza bene.
Hopocan l'aveva accolta subito con calore e, anche se lei
aveva la chiara impressione che lui la stesse costantemente prendendo
in giro, lei non percepì malizia dietro questo
atteggiamento.
La ragazza, Tankawun, era stata così dolce e
graziosa con lei. Alice aveva gradito veramente la sua compagnia,
tranne...
Alice si mosse in segno di disagio.
Aveva notato accadere delle piccole cose tra la ragazza
carina e Uncas. Alice, inesperta com'era in materia di uomini, era
stata piuttosto informata sull' arte di flirtare a Londra. Tuttavia,
era sempre stata molto schiva. Un conoscente di ritorno a casa una
volta le aveva detto che questo era il suo fascino più
notevole - la sua innocenza. Alice non aveva mai capito il senso delle
sue parole.
Alice, anche se non riusciva a comprendere la lingua,
riconobbe la civetteria nelle parole e nei gesti di Tankawun. Non era
molto sottile con l'inclinazione della testa ogni volta che Uncas
parlava, o con il tono canzonatorio nella sua voce. Soltanto con Uncas.
Alice guardava Tankawun e Uncas discretamente e non
poté fare a meno di sentire che Uncas era molto
più rilassato e aperto adesso; e la disturbava non sapere se
questo era dovuto a Tankawun, o se lo shock della sua improvvisa
apparizione nell'accampamento era semplicemente sparito.
Uncas rispose poi a qualcosa che Tankawun aveva chiesto e la
ragazza rise melodiosamente, toccandogli il braccio con il suo liscio
palmo della mano e annuendo.
Alice lottò contro un'ondata di ... qualcosa...
che le si stava arrampicando su per la gola. Sentì la sua
faccia arrossire e sapeva che non era dovuto al calore che rifluiva.
Inspirando profondamente ed espirando lentamente, Alice
rifletté sui suoi sentimenti e sul loro significato, mentre
gli Indiani continuavano a conversare.
Da un lato, non si sarebbe lasciata prendere dal
risentimento nei confronti della ragazza che flirtava con Uncas. Era
naturale. Erano della stessa razza... e Alice era stata
imperdonabilmente sciocca, stupida, ingenua e presuntuosa nel ritenere
che Uncas potesse ancora nutrire qualche straccio di affetto per lei.
Tankawun, che ancora stava toccando il braccio nudo di
Uncas, si voltò e, sorridendo, guardò Alice. Per
un momento congelato nel tempo, i loro occhi si bloccarono e sembrarono
capirsi.
Alice frettolosamente si stampò un sorriso smorto
sulla faccia, ma non prima che l'altra ragazza avesse catturato la sua
nuda espressione e lentamente fece scivolare giù la mano da
Uncas, lanciando a entrambi rapide occhiate. Questa volta era lei che
non riusciva a sorridere.
"Mio padre si avvicina," mormorò Nathaniel, che
era stato accanto a lei per tutto il tempo.
Alice si sentì rabbrividire e poi indietreggiare
per lo sgomento, comprendendo, piuttosto in stato confusionale, che lei
aveva a malapena dato peso al severo uomo Mohicano per quasi tutto il
tempo che era stata nell'accampamento, e che aveva dato
completamente per scontata la sua presenza non spiegata.
Era stato difficile per Alice dimenticare Chingachgook e il
suo sguardo serio, inquietante. Il modo in cui l'aveva fissata con i
suoi insondabili occhi neri, la sua presenza imponente e il modo in cui
i suoi figli adulti gli obbedivano senza discutere.
Stando lì in piedi sotto il sole calante, Alice
era di nuovo di fronte al suo sguardo perentorio, mentre Chingachgook
avanzava lentamente verso di loro, i suoi occhi neri puntati su di lei.
Indossando una pelle di animale di qualche tipo drappeggiata
su di lui, l'uomo anziano era rimasto immutato dalle settimane
precedenti. Con calma si guardò intorno, nessuno dell'intero
gruppo parlò. Solo Hopocan sembrava indifferente.
Chingachgook ruppe il silenzio e spostò il suo
sguardo verso Nathaniel, dicendo in inglese -
"Spiega perché lo hai fatto."
Alice si sentì di nuovo la faccia andare in
fiamme e guardò in basso. Tankawun si guardò
intorno, confusa, verso le altre persone.
"Padre, l'ho portata qui perché lei me lo ha
chiesto," replicò Nathaniel, sembrando a disagio. "Questa
è la verità. La colpa è mia."
Chingachgook non sembrava arrabbiato o infastidito, ma non
importava. Il suo sguardo era ancora inibito, mentre continuava a
esaminarla.
"Perché sei venuta?" le chiese improvvisamente,
questa volta con un cipiglio che apparve sulla fronte, congiungendo
rigorosamente le sue sopracciglia.
Alice si scoraggiò e poi si riprese, cercando
disperatamente una ragione valida oltre alla verità. Come in
mi dispiace, ma non riesco a smettere di pensare al tuo bellissimo
figlio. Scuotendo la testa tra sé e sé per questa
assurdità, mise in piedi una mezza-verità, o una
quasi-verità, per così dire.
"Sono venuta per vedere come stavate voi tutti," fu la sua
risposta finale.
Con il cipiglio ancora saldamente al suo posto, Chingachgook
scosse la testa seccato, come se disprezzasse la sua incertezza.
Ritornò a parlare nella sua lingua nativa e parlò
con i suoi figli, ignorando effettivamente Alice.
Alice si sentì così ferita e
imbarazzata che non desiderava altro che fuggire assolutamente da
questo accampamento disgraziato e non tornare più.
A Uncas non importava neanche... pensava lei, colpita. Da
quello che aveva visto, lui l' aveva già quasi
dimenticata... anche se, nel profondo del suo cuore, Alice sapeva che
la colpa era la sua, per le parole crudeli che gli aveva detto e per la
sua indecisione.
All'insaputa di Alice, Uncas la stava osservando mentre suo
padre stava facendo una laconica predica a suo fratello in Mohicano per
le sue azioni, e lui notò la tristezza di lei. A questo
punto Uncas era in conflitto ma nonostante questo, era difficile
osservare lo sconforto di lei.
Lui aveva già parlato con suo padre riguardo ad
Alice Munro e non poteva tornare indietro sulla sua parola. Sapeva che
non aveva seguito il sentiero giusto quando aveva trascorso tutti quei
giorni e quelle notti pensando ai suoi bellissimi capelli e bellissimi
occhi e dimenticando la saggezza di suo padre.
"Chiedo scusa," Alice disse improvvisamente a voce bassa,
con gli occhi in giù. "Vi ringrazio tutti per... avermi
accolta, ma dato che è piuttosto tardi, devo ritornare dagli
Stewart. Andrò da sola. Grazie."
Lei mormorò le ultime parole e prima che qualcuno
potesse completamente registrare quello che aveva detto, la ragazza
girò sui tacchi e corse giù per il sentiero che
la riportava al casolare; sarebbe stato un cammino molto lungo e la
notte si stava avvicinando.
Nathaniel imprecò sottovoce e stava per andare da
lei, ma Chingachgook gli ordinò di fermarsi. Nathaniel fece
un respiro profondo prima di replicare,
"Padre, perdonami ma devo andare con lei. Non posso lasciare
una ragazza indifesa correre da sola in giro per il bosco. Non
è sicuro."
"Sono d'accordo," replicò Chingachgook
impaziente. Il suo sguardo si rivolse verso Uncas.
"Uncas. Vai da lei e scortala fino a casa."
Uncas sentì Tankawun irrigidirsi
impercettibilmente accanto a lui.
"Prendi la tua carabina con te, Uncas," disse Nathaniel a
voce bassa.
Senza aspettare la replica di suo figlio, Chingachgook
mormorò qualcosa a Hopocan e i due anziani cominciarono ad
andare verso la wigwam di Chingachgook. Hopocan sorrideva con
soddisfazione mentre apriva la strada.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
Uncas accelerò il passo una volta entrato nel
bosco, cercando di scrollarsi la sensazione che aveva dello sguardo di
Tankawun che bruciava in lui, quando aveva seguito Alice.
Alice era più veloce di quanto lui l' avesse mai
creduta capace; con quelle ridicole gonne e quelle scarpe non pratiche.
Uncas correva silenziosamente attraverso la foresta e presto
riuscì a sentirla goffamente farsi strada lungo il
sentiero... facendo evidentemente più rumore possibile.
Uncas vide per prima cosa le sue trecce dorate,
prevedibilmente, poi la osservò mentre lottava per correre
più veloce, afferrando manciate di gonne che ovviamente le
impedivano i movimenti.
"Alice," lui la chiamò. Lei rallentò
ma non si fermò.
Perdendo la pazienza, Uncas velocemente le andò
davanti e le bloccò il braccio con la sua mano scura,
obbligandola a fermarsi.
Alice, sentendo le sue dita forti stringersi attorno al suo
avambraccio come un nastro di acciaio, lottò contro il
formicolante sentimento di consapevolezza che il tocco di lui le
portava e si fermò di colpo. Girandosi intorno, lei
districò velocemente il suo braccio dalla stretta di lui,
guardandolo con disapprovazione.
Alice osservò con un po' di soddisfazione quando
la sorpresa comparve sul viso di Uncas per l' inaspettato temperamento
di lei e lui la guardo con circospezione, senza dire niente.
"Non ti chiedo di accompagnarmi, signore," disse Alice
indignata. Sapeva di essere stata infantile nell'averlo chiamato
signore; lui odiava essere chiamato così da lei.
Mentre il silenzio si estese tra loro come una voragine,
Alice si sentì piena di emozione.
Lei voleva che lui le dicesse qualcosa, persino maledirla,
non questo silenzio che le stava spezzando il cuore.
Invece lui fece un cenno con la testa verso il sentiero
davanti a loro e la sollecitò ad andare avanti in silenzio.
Alice si voltò e continuò a camminare,
assicurandosi di tenere il passo davanti a lui. Per diversi, lunghi
minuti lei camminò, e tutto ciò che riusciva a
sentire era il suo respiro e il battito del suo cuore risuonarle nelle
orecchie. Lei non sapeva nemmeno cosa voleva, non veramente. Si sentiva
così sconcertata.
Il cielo era blu scuro quando raggiunsero la fine del
sentiero. Lei riusciva a vedere il camino fumante da lontano.
Alice fece un respiro profondo, inspirando l'aria balsamica
della notte e pensò... casa.
"Alice," disse Uncas, la sua voce profonda e piacevole.
"Sì?"
"Perché sei venuta all'accampamento?"
"Per vederti."
Ci fu una lunga, tangibile pausa mentre Uncas
meditò su queste parole. Entrambi avevano fatto una pausa e
distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.
Uncas sospirò e volse lo sguardo verso Alice, che
sembrava soprannaturale con la luce blu scura, facendo brillare
stranamente la sua faccia.
Prima che lui potesse fermarsi, posò una mano
callosa sulla guancia di lei, accarezzando la sua pelle soffice con il
pollice. Uncas guardò con interesse, gli occhi di lei si
chiusero alla deriva e Alice coprì lentamente la mano di lui
con una delle sue.
Uncas si sentì la bocca riarsa come il fuoco
quando Alice lo toccò, ma sentì il bisogno di
chiedere.
"Perché volevi vedermi?" lui chiese gentilmente.
Alice rimase in silenzio così a lungo che Uncas
pensò che lei non lo avesse sentito bene, o che non volesse
degnarsi di rispondere.
"Mi manchi."
Uncas non sapeva cosa dire a quella confessione sussurrata.
Poteva soltanto mettere in ordine i suoi sentimenti e il fatto che lui
sentiva qualcosa simile a un improvviso sollievo. Perché era
da molto tempo che Uncas avrebbe voluto ascoltare quelle parole dalla
sua bocca.
"Non avrei dovuto parlarti in quel modo, prima,"
continuò Alice. "E' stato sbagliato da parte mia. Non
volevo."
Sapeva che lei si stava riferendo al giorno in cui Uncas
l'aveva seguita nel bosco, il giorno in cui lui si era risvegliato
dalla febbre, causata dalle sue ferite.
Alice intrecciò le sue dita con quelle di lui e
gli baciò il palmo della mano gentilmente. Lei
alzò lo sguardo verso Uncas, allungando il collo
all'indietro, i suoi grandi occhi blu bloccati su quelli di lui.
Uncas perse il conto di quanto tempo hanno trascorso a
guardarsi reciprocamente in silenzio. Vide la bramosia negli occhi di
lei, che faceva eco alla propria. Senza dargli il tempo di reagire,
Alice allungò il collo e coprì la bocca di Uncas
con la propria.
Uncas fu sorpreso e stordito per diversi momenti,
finché sentì un leggero tremore provenire da lei.
Lui percepì l'inesperienza dietro le azioni e le
carezze di Alice. Come sempre, era la sua innocenza a farlo sciogliere
così a fondo. Uncas la ribaciò e strinse il
piccolo corpo di lei tra le sue braccia; Alice avvolse le sue braccia
attorno al collo di Uncas e fece scivolare le sue labbra giù
per la gola di lui con un sospiro.
A questo, Uncas indietreggiò e la
guardò serio, cercando di scrollarsi le ragnatele del
desiderio dalla sua mente. Questo non poteva continuare. Uncas lo
sapeva, e la sua voce era fioca e riservata quando lo disse.
Alice stava ansimando e Uncas riusciva a vedere la
tonalità rosa che sbocciava sulle guance di lei, nella
vicina oscurità.
"Che cosa vuoi dire?" lei sussurrò, facendo
cadere le sue braccia da lui e lisciandosi i capelli con mano tremante.
"Lo sai. Lo hai detto tu stessa prima. Non è
destino."
"Cosa..."
"Un Indiano e una donna bianca."
Lui vide la faccia di Alice colpita dallo shock mentre lei
lo guardava. Evidentemente, non si era aspettata di sentirlo parlare in
modo così diretto. Gli occhi di Alice erano sconcertati e si
guardò intorno, confusa.
Con suo sgomento, Uncas vide le lacrime formarsi negli occhi
di Alice mentre lei ansimava, cercando di combattere le lacrime.
"Alice..." disse lui, arrivando a toccarla, consumato dal
senso di colpa.
"No," disse lei con voce strozzata, le lacrime che le
scorrevano torrenziali sulle guance. "Non toccarmi."
I suoi occhi brulicanti si strinsero e Uncas sapeva con
certezza che lei aveva trovato rifugio nella rabbia piuttosto che nel
dolore. Questa era la natura dell' essere umano quando cerca di
preservare se stesso.
"Non ti ci è voluto tanto tempo per
dimenticarmi," sussurrò lei esitando.
"Mi hai detto la stessa cosa prima, tranne il fatto che le
tue parole erano crudeli," replicò Uncas allo stesso modo.
Lui non era arrabbiato, ma sapeva di dire la verità.
"Eppure, hai trovato una sostituzione piuttosto velocemente,
non è vero?" lei rispose.
"Cosa?"
"Quella ragazza. Tankawun. Lo neghi?"
Uncas rimase in silenzio. Non si era aspettato che Alice
fosse così scaltra. Anche se ad essere onesti, l'astuzia non
era necessaria. Tutto ciò di cui uno aveva bisogno erano
occhi per notare il modo in cui la ragazza Lenape adulava Uncas ed era
eccessivamente espansiva.
Alice considerò il silenzio di lui come un
assenso e cominciò a singhiozzare, correndogli davanti.
Uncas tese una mano per fermarla e lei la evitò.
"Lasciami! Non voglio vederti di nuovo. Hai trovato la tua
futura sposa e non interferirò," lei disse, poi lo
guardò in silenzio ancora per un momento.
"Maledico il giorno in cui ho messo piede in questa terra e
ti ho incontrato."
Detto questo, si voltò e corse giù per
il sentiero, verso il casolare. Uncas non la seguì;
guardò soltanto per accertarsi che lei entrasse sana e
salva. La sua mente era in confusione e con un principio di rammarico.
Non poteva tornare indietro su ciò che aveva
detto a suo padre.
Dopo un tempo interminabile, molto tempo dopo che Alice era
entrata nel casolare al sicuro e aveva chiuso la porta, Uncas si
voltò e cominciò la sua lenta e solitaria
camminata di ritorno verso l'accampamento.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Annabel
chiuse la porta
di legno dopo che Alice era entrata, e sapeva che qualcosa era andato
orribilmente storto all'accampamento indiano; Alice aveva tracce di
lacrime
sulle guance e i suoi occhi erano cerchiati di rosso, vitrei.
"Alice?"
giunse la voce preoccupata della sua sorella maggiore. "Grazie a Dio
sei
tornata!"
Alice
non disse niente,
ma Annabel poteva percepire che la ragazza stava cercando valorosamente
di
ricomporsi. La sua schiena era molto dritta, i suoi occhi blu erano
imperturbabili.
Cora
avanzò verso di lei
ed esaminò il viso della sua sorella minore, con crescente
allarme.
"Che
cosa è
successo, sorella?" chiese lei pressante. "Alice, ti hanno fatto del
male? Dov'era Nathaniel?"
Con
sorpresa di Annabel,
la ragazza bionda fece un sorriso molto persuasivo. " Non è
niente, Cora.
Sono stata bene. Davvero."
"Ma
i tuoi
occhi..."
"Sono
stanca.
Immagino che sembro piuttosto spaventosa. Il fumo dei loro fuochi mi ha
fatto
lacrimare gli occhi. Tutto qua."
Cora
si era calmata
notevolmente ma rimase dubbiosa.
"Alice,"
lei
cominciò, seguendo sua sorella e Annabel al tavolo massiccio
dove erano tutti
seduti.
"Vorrei
che tu non
tornassi più là. Ero preoccupata per te. Non
è sicuro. Non nutro antipatia nei
confronti degli uomini rossi di questo continente ma, davvero, sorella,
sei
stata molto impetuosa."
Annabel
versò del sidro
da una caraffa in un bicchiere, in silenzio, e lo porse ad Alice.
Sedendosi,
esaminò la ragazza, e pensò che qualcosa era
davvero accaduto all'accampamento.
Qualcosa che aveva lasciato Alice angosciata.
Per
l'intero pomeriggio
in cui Alice era stata via, Annabel non fece altro che meditare sulla
situazione confusa di Alice Munro. A questo punto Annabel sentiva di
avere una
solida conoscenza del carattere della ragazza e lasciava perplessi
vedere
questo tipo di ragazza, questa ragazza apprensiva e diligente
comportarsi in
modo così bizzarro. Correre verso un accampamento indiano!
Solo James aveva
trovato tutto ciò molto divertente.
Dopo
aver rimuginato
sulla cosa per un po' di tempo, Annabel poteva tranquillamente dire di
essere
arrivata a una solida comprensione. Alice era giovane e sognatrice, e
si diceva
che l'amore era simile alla follia nei giovani...
Uncas...
aveva capito. Ma certo. Cora prima aveva
raccontato ad Annabel di come il guerriero Mohicano aveva affrontato
quell'intero gruppo di Indiani assetati di sangue per salvare la
bellissima
ragazza inglese. Come aveva completamente perso la testa e si era
arrampicato
su per il versante della montagna, per l'orrore della sua famiglia.
Annabel
aveva notato
come Alice era facilmente distratta e costantemente triste. Come la sua
faccia
si illuminava alla vista del fratello bianco di Uncas, Nathaniel ...
come le
prime parole che le uscivano dalla bocca di solito erano "Come
stanno
tuo padre e tuo fratello? Stanno entrambi bene?" La
sua scelta
delle parole, adesso che lei ricordava, era così comicamente
ovvia che Annabel
si sentì veramente stupida per non aver collegato le cose
prima.
Annabel
bevve il proprio
sidro in piccoli sorsi, guardando ancora la ragazza mentre sua sorella
continuava a rimproverarla gentilmente.
"Sono
stanca,
Cora." Alice interruppe la continua arringa di sua sorella.
"Dov'è
James?"
Proseguendo
con questa
tattica di diversione, Annabel replicò che era sul retro,
nel pascolo delle
mucche per un po'. Alice annuì distrattamente.
"Abbiamo
pensato a
un nome, signore?" chiese Annabel, sorridendo. Cora rise e persino
Alice
fece un piccolo sorriso.
Il
giorno precedente,
James si era avvicinato alle donne con un'altra delle sue sciocche idee
e
chiese loro di scegliere un nome per la loro vecchia mucca da latte.
"Tutte
le mucche
che si rispettino hanno un nome!" James aveva affermato, apparentemente
ispirato.
Annabel
aveva cercato di
non lamentarsi e aveva risposto a suo marito che era una cosa sciocca
dare un
nome a una bestia che molto probabilmente avrebbero macellato comunque,
se il
cibo fosse scarseggiato. Tuttavia, le sorelle si immersero in quello
spirito.
Finora
avevano scartato
nomi frivoli, nomi solenni, nomi presi dalla letteratura, mitologia e
storia.
"Vedi
come quella
mucca avida oltrepassa il confine assegnatole? La chiameremo Re Giorgio
II!" aveva affermato James.
"James
Stewart!" aveva urlato Annabel arrabbiata, e le sorelle erano apparse
momentaneamente stupite prima di scoppiare in risatine nervose.
"E'
femmina,
James," aveva detto lei, guardandolo in cagnesco.
Uno
Scozzese, fino in
fondo.
Riportata
al presente
dal suono della porta che si apriva, Annabel salutò
calorosamente suo marito.
"Ah!
C'è la nostra
intrepida ragazza!" tuonò James vedendo Alice. Si sedette al
lungo,
robusto tavolo con un gemito, poi sorrise ad Alice, con la faccia
accesa di
curiosità.
"Come,
ragazza,
niente piume o pitture di guerra?" chiese lui.
Alice
arrossì e scosse
la testa.
Annabel
fece a suo
marito uno sguardo di silenzioso avvertimento e lui lo
afferrò. Battendo le
mani forte, James chiese:
"Allora,
abbiamo
scelto un nome? Diamo i nostri suggerimenti a turno, prego." James fece
un
cenno a Cora, sorridendo.
"Molly."
James
ridacchiò e roteò
gli occhi. "Il prossimo."
"Bess,"
disse
Annabel. "La variante corta di Elizabeth."
"Ovviamente,
tesoro," disse lentamente James e Annabel si accigliò.
"Tuttavia,
concordo. Il nome di una regina inglese per
una mucca inglese,"
disse lui, sfregandosi le mani con gioia.
"Aspetta...
Volevo
dire Artemis," si corresse Annabel frettolosamente, esaltando la sua
fedeltà alla patria.
"No.
Chiedo scusa,
moglie, ma Queen Elizabeth è stata la tua scelta." James
volse i suoi
occhi verdi verso Alice.
"Alice.
La nostra
compagna più giovane e più avventurosa."
"La
regina
Boadicea," replicò Alice.
James
fece la sua
risata. "Regina Bola- Cosa?" chiese lui, stupito.
"Boadicea,
una
grande regina che condusse una rivolta contro l' Impero romano,"
spiegò
Alice.
"Bene,
la nostra
triste mucchetta certamente fece una rivolta contro i nostri magazzini
di mais
l'ultima volta che si perse. Forse presto si muoverà contro
gli
scoiattoli," disse lui scherzosamente. Alice ridacchiò.
"Non
ridicolizzarla, James," disse Annabel, sorridendo, malgrado le sue
parole.
Cora era rossa in viso dal ridere.
"Per
quanto mi
riguarda... sembrate molto propense a dei nomi noiosi, ad eccezione di
Alice," disse James, facendo cenno a sua moglie di versargli del sidro.
Mentre
lei versava, lui
continuò. "Niente Re Giorgio, allora?"
"No!"
fu la
replica austera di Annabel.
"Allora,
che ne
dici, semplicemente il nome Inghilterra, o
Britannia. Sto solo
scherzando, amore mio," disse velocemente all'espressione di sua moglie.
James
meditò sulla
questione per un po' di tempo.
"Penso
Agnes. Un
nome abbastanza buffo per lei. Mi colpisce sempre con la sua coda," fu
la
risposta finale di James.
Loro
deliberarono per
alcuni minuti prima che Alice emerse come la chiara vincitrice.
"Boadicea,
ecco!" urlò James in tono squillante, sbattendo il suo
bicchiere di sidro
sul tavolo di legno dove traboccò dai lati.
Annabel
sembrava
esasperata.
Più
tardi quella notte,
Cora era seduta sola al tavolo ora abbandonato, lucidando pigramente le
scodelle, i boccali e qualsiasi cosa che fosse vasellame. In
realtà, era
difficile vedere persino con la luce del fuoco e la candela tremolante,
ma Cora
era di umore inquieto. Tutti gli altri erano andati a letto per la
notte.
Alice,
abbastanza
sorprendentemente, era stata la prima a ritirarsi. Dopo aver
scarabocchiato nel
quadernino, aveva detto di avere il mal di testa e se n'è
andata a dormire, in
silenzio rannicchiata volgendo la schiena agli altri.
Cora
sospirò,
chiedendosi che cosa stesse tormentando la sua sorellina.
Strofinò il boccale
bruscamente un paio di volte con il panno umido e lo mise
giù, poi raccolse la
pentola di ferro.
Perché Alice
si stava comportando così stranamente, si
chiese Cora.
Alice
era sempre stata
così educata in ogni senso, come si conveniva a una
signorina inglese.
Ultimamente rimuginava e languiva, la sua unica consolazione era quel
logoro
quadernino a cui qualche volta dedicava ore durante la notte. Aveva
detto che
era per le ricette e ...
Cora
fermò il movimento
irregolare della sua mano e aggrottò le ciglia.
Prendo
la mia penna per
chiarirmi i pensieri...
quelle erano state
le parole di Alice. Ciò significava che Alice forse annotava
tutto quello che
stava provando. E Cora voleva sapere disperatamente che cosa pesasse
così tanto
sulla mente della sua sorellina...
Guardandosi
intorno, i
suoi occhi per prima cosa si posarono su James che stava disteso
accanto al
fuoco, il suo braccio faceva da cuscino alla sua testa. La sua bocca
era
leggermente aperta mentre dormiva, russando.
Cora
lo osservò con
affetto per un momento, poi guardò le donne addormentate.
Poteva dire che Alice
aveva ceduto alla stanchezza, in base al suo respiro regolare, leggero.
La sua
faccia era ancora rivolta alla parete. Annabel era addormentata allo
stesso
modo.
Alzandosi
silenziosamente, Cora si diresse verso il cesto intrecciato
grossolanamente
vicino al letto, dove Alice conservava i suoi indumenti intimi, ferri
da maglia
e il quaderno.
Raccogliendo
il piccolo
quaderno, Cora ritornò al suo posto, a tavola, e si sedette
con il quaderno
nelle sue mani, pensando alla sua prossima azione. Si sentì
leggermente in
colpa ma mise da parte questo sentimento, poiché la sua
preoccupazione per sua sorella
oltrepassava ogni perplessità morale.
I
suoi movimenti erano
silenziosi mentre slegava la cordicella che teneva il libro chiuso;
cominciò
velocemente a esaminarlo, capendo le parole.
...oggi
ho fatto il
burro... i biscotti dolci non sono così facili da fare come
avevo immaginato,
ho paura... ho aiutato James a fare scorta nella nostra catasta di
legna... la
mucca è molto sdegnosa, proprio come Annabel mi aveva detto...
Cora
sorrise ampiamente
in adorazione di sua sorella, trovando le sue parole incantevoli e
affascinanti. Continuò a leggere.
La
signora Fastidio è
una megera.... Vorrei che Cora si sposasse con Nathaniel... Cora
arrossì a questo...occhi che sono neri e
bellissimi... le sue mani forti, quando mi ha abbracciata...
Cora
si congelò per lo
stupore, i suoi occhi balzarono velocemente da sinistra a destra quasi
come per
assicurarsi che nessuno la vedesse leggere questo. Capì che
la sua bocca era
rimasta aperta per lo shock e la chiuse velocemente.
Cora
si appoggiò
all'indietro e si premette il dorso della mano sulla fronte mentre il
panico
cresceva.
Alice
aveva un
innamorato? Ma era impossibile poiché la sua presenza era
sempre tenuta
d'occhio; persino quando usciva per sentirsi meglio nella piccola
dependance
asimmetrica, simile nell'aspetto a una baracca, lei era sempre entro i
confini
del casolare.
Cora
disse tra sé e sé
che Alice non avrebbe mai concesso la sua virtù, che non
avrebbe compromesso la
sua reputazione... ma il suo comportamento nelle ultime settimane era
stato
così strano...
Costringendosi
ad aprire
il libro mentre il suo respiro diventò affaticato, si
immerse nel contenuto del
libro con rinnovato vigore.
Pagina
dopo pagina di
queste misteriose descrizioni di un uomo con occhi neri, di carezze
ricordate,
di desiderio. Ma chi? Quando lo aveva incontrato? Lei, Cora, lo aveva
conosciuto? Dove era accaduto? Al forte? Albany?
Girando
alla cieca le
ultime pagine che sua sorella aveva scritto, Cora lesse il paragrafo
iniziale,
era sicura di aver letto male qualcosa, poi lo lesse di nuovo a un
ritmo più
lento. Ma no, là c'era scritta, nella grafia ordinata di
Alice, in inchiostro
nero carbone, l'identità di lui.
Era
l'ultima cosa che si
sarebbe mai aspettata. Avrebbe anche potuto pensare che sua sorella
nutrisse
una passione ardente per quella vecchia burbera mucca, piuttosto che...
per il
fratello silenzioso di Nathaniel, Uncas. In qualche modo sua sorella e
Uncas
avevano condiviso clandestinamente una sorta di relazione romantica.
Era
Uncas l'uomo per cui
Alice si stava struggendo, era Uncas che lei aveva descritto...Uncas,
per cui
la sua sorella innamorata aveva perso la testa ed era corsa in quel
covo di
uomini rossi. Soltanto per catturare una rapida visione di lui!
Ogni
riga era
testimonianza della disperazione di Alice. Lei descriveva con fascino e
dettagli l'accampamento, gli Indiani che aveva incontrato, il suo
fastidio
quando Uncas la ignorava...
Cora
lesse di come una
graziosa ragazza Lenape avesse flirtato scandalosamente con Uncas e
come Alice
si sentisse invidiosa ma sconfitta... lei
è molto più bella di me...
Cora aggrottò le ciglia a questo... e come Chingachgook
avesse disprezzato la
sua presenza... si comporta come se fosse il
governatore
dell'accampamento. Chi è lui per disprezzarmi ed esaminarmi...
poi il suo
dolore al cuore quando Uncas l'aveva respinta.
Cora
fece cadere il
libro incriminato dalla tavola, dalla sua presa fiacca, la sua mente
che girava
intorno a questa nuova informazione.
Per
molti minuti Cora
fissò il tavolo, chiedendosi cosa fare di questa conoscenza
sgradita. Si
costrinse a essere calma, composta, mentre rifletteva con
difficoltà.
Dal
libro, Cora riuscì a
capire che Alice non si era concessa all'uomo. Questo sarebbe stato
troppo per
Cora, ma sapeva che Alice nutriva una quantità piuttosto
elevata di calore e
affetto per Uncas.
Ma
come poteva Alice non
capire che una tale unione sarebbe potuta essere, molto probabilmente,
un
disastro? Non potevano sposarsi. Nessun ecclesiastico avrebbe mai dato
loro un
certificato di matrimonio. Chi mai li avrebbe riconosciuti uniti
legalmente?
Dove avrebbero vissuto, lontano dai pregiudizi nei confronti degli
Indiani?
Ma
in base al diario,
Uncas era stato fermo nella sua idea che un'unione mista sarebbe stata
vana.
Eppure, Cora meditò, ciò non toglieva che sua
sorella era stata alquanto
ribelle.
Cora
sobbalzò quando
Alice si mosse, farfugliando nel suo sonno profondo.
Chiudendo
velocemente il
libro e rilegando la cordicella in un nodo sciolto, Cora lo rimise nel
suo
posto di sempre, nel cesto. Poi soffiò sulla candela e si
precipitò al letto.
Quella
notte Cora Munro
non dormì nemmeno un istante.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
La
mattina seguente
Alice si svegliò con un terribile mal di testa e la pancia
turbolenta. Si mise
a sedere intontita e si guardò intorno, notando con sorpresa
che il casolare
era vuoto e che aveva dormito fino a tardi; il sole era già
alto nel cielo.
La
notte precedente,
James aveva detto che alle prime luci dell'alba sarebbe andato da
Robert
Lancaster. Sapendo che il casolare era privo della presenza dell'uomo,
Alice
corse in cerca di un abito pulito e della camicia che teneva
ordinatamente
piegata nel suo cesto di vimini.
Quando
stava per
prendere il cesto, Alice si fermò, perplessa. Il quaderno
era riposto di solito
in fondo al disordine, sotto gli oggetti di maglieria, la camicia e gli
articoli per le necessità femminili.
Ma
al momento il
quaderno si trovava casualmente in cima.
Raccogliendo
il sottile,
leggermente malandato quaderno, Alice notò qualcosa di molto
più allarmante. La
cordicella era annodata in modo diverso. Lei lo sapeva
perché lo legava in una
maniera molto particolare.
Uno
degli amici di suo
padre, quando era vivo, era stato un capitano di mare che aveva
cominciato la
sua carriera come umile cadetto. Lui aveva insegnato ad Alice, da
piccola, a
legare i nodi come facevano i marinai, un particolare doppio nodo. Per
abitudine e per nostalgia, Alice continuava a legare ogni cosa che
poteva in
quel modo.
La
cordicella pendeva
libera, in un garbuglio frettoloso.
Alice
provò sgomento al
pensiero che qualcuno avesse letto questo oggetto personale e
conoscesse i suoi
pensieri non dichiarati. Ma chi? James sapeva leggere, ma a mala pena.
Annabel
e Cora erano piuttosto istruite, quindi loro erano ovvie scelte.
Annabel
non avrebbe
avuto ragione di farlo, Alice pensò dopo alcune riflessioni.
Cora, d'altronde,
la assillava e si agitava per lei costantemente.
Rimettendo
il quaderno
nel cesto, Alice camminò fuori dove vide Annabel avanzare
verso di lei con un
secchio di acqua del fiume. Alice si offrì di aiutarla, ma
Annabel scosse la
testa.
"Posso
chiedere
dov'è mia sorella?" chiese Alice.
Annabel
posò a terra il
secchio ingombrante con un sussulto, strofinandosi le mani.
"Cora
è verso il
sentiero, adesso. A raccogliere frasche. Forse ha bisogno di aiuto. Ha
dormito
a mala pena e sembra distratta." Annabel sorrise ma fece ad Alice uno
sguardo astuto.
Annuendo
e mormorandole
grazie, Alice partì a trovare Cora.
Era
una rarità, davvero,
questo sentimento che Alice stava provando verso Cora mentre cercava
sua
sorella tra i tortuosi sentieri di erba e le chiome degli alberi. Ma
lei lo
percepiva, l'inizio dello smarrimento e del dolore. Era convinta che
Cora
avesse curiosato nel suo libro mentre lei dormiva, e con quale diritto?
Trovò
la sua sorella
maggiore nel profondo del bosco, accucciata tra due grandi alberi di
pioppo.
Camminando verso di lei, Alice fece uno sforzo per apparire
imperturbata e
pregò per una calmante serenità.
"Buongiorno,
Cora," disse Alice dolcemente e osservò mentre Cora si
voltò con un
sussulto e fece cadere i piccoli rami che stava tenendo in mano.
"Alice!"
disse
Cora con sorpresa. Le sorelle si guardarono reciprocamente
finché Cora abbassò
lo sguardo, scossa.
"Hai
mangiato
qualcosa?" chiese Cora senza guardarla, raccogliendo le frasche da
terra e
trascinandole verso di lei.
"No."
"Ti
preparerò la
farina di mais con il latte..."
"Non
ho fame,"
disse Alice un po' più severamente.
"Oh,"
fu tutto
ciò che Cora poté pensare di dire.
Alice
percepì con
certezza che sua sorella stava raccogliendo i suoi pensieri e si stava
rinforzando per interrogarla. Alice conosceva Cora troppo bene. La
ragazza
riconobbe la determinazione nella sua mandibola e nel suo sguardo.
Cora
si alzò in piedi e
raccolse il suo lavoro manuale contro il suo petto.
"Alice,"
disse
lei, seria. "C'è qualcosa della massima urgenza di cui ti
devo
parlare."
"Riguardo
a...?"
"Riguardo
a..." Cora sembrava perdere la forza. "Riguardo al tuo comportamento
in queste ultime settimane. La tua visita a quell'accampamento di
uomini rossi,
e qualcosa che ho scoperto la scorsa notte."
"Oh?"
chiese
Alice con interesse. "Permettimi prima di fare una domanda, sorella.
Era
veramente necessario per te sbirciare nel mio quaderno mentre dormivo?"
Cora
sembrò stupita e
mortificata, le sue guance rosse. Le sue braccia tremarono e uno dei
ramoscelli
cadde sull'erba. Alice si chinò e lo raccolse con un uno
strattone del suo
braccio.
"Alice,
perdonami.
So molto bene che è stato sbagliato da parte mia. Ma cerca
di capire,"
Cora supplicò Alice, i suoi occhi imploranti. "Sapevo che
qualcosa ti stava
affliggendo, ma tu ti rifiutavi di parlarne! Immagina te stessa nella
mia
posizione. Sentivo che quasi non ti conoscevo più."
Alice
fu impassibile di
fronte alle sue scuse. "Avresti potuto chiedere -"
"L'ho
fatto!"
"Cora,
quel libro è
privato e tu ti sei approfittata della mia fiducia. Sono piuttosto
irritata con
te."
La
conversazione arrivò
a un punto morto per un lungo momento e nessuna delle due
parlò.
Improvvisamente Cora alzò lo sguardo verso Alice e i suoi
grandi occhi marroni
erano così addolorati. L'emozione sembrava pulsare da lei.
Alice si sentì
immediatamente contrita.
"Sorella,"
disse lei gentilmente, "Non intendevo ferirti..."
"Non
capisci,
Alice," disse Cora in tono triste. "Non abbiamo altri parenti e siamo
sole in questa terra. Tu sei sempre dipesa da me e io sono sempre stata
responsabile di te."
Alice
non replicò a
questo. In silenzio diede un calcio a un ciottolo attraverso l'erba e
si
spostò. Cora continuò.
"Sono
anche
rattristata per il fatto che tu non mi hai detto ciò che era
accaduto tra te e
Uncas. Alice, sei ancora piuttosto giovane, appena fuori
dall'adolescenza.
Avresti dovuto dirmelo quando tutto ciò è
cominciato."
"Tu non
mi hai detto niente di Nathaniel fino a dopo che abbiamo lasciato
William
Henry."
"Quella
è una cosa
completamente diversa!" Cora fu veloce a replicare.
"In
che
senso?"
"Beh,"
disse
Cora attentamente, "ci sono delle differenze fondamentali tra te e
Uncas
che devono essere prese in considerazione."
Il
significato nascosto
delle parole di Cora sembrava fluttuare nell'aria tra loro, in modo
stuzzicante
- Lui non è Bianco. Questo potrebbe
portarti solo vergogna.
Alice
si fermò
improvvisamente e guardò gli alberi con concentrazione.
Espirando l'aria, chiese
a sua sorella di sedersi al suo fianco sul tronco rovinato di un albero
prono,
morto da tempo. Cora acconsentì.
Le
due ragazze rimasero
sedute fianco a fianco per quasi un'ora.
Per
molto tempo Cora
ascoltò in un silenzio rapito mentre Alice parlava di
ciò che era successo tra
lei e Uncas, i suoi timidi sguardi verso di lui lungo il percorso dalla
George
Road, come si erano sentiti attratti l'uno dall'altra, la loro
interazione al
forte assediato...
Gli
occhi di Alice erano
pieni di rammarico e addolorati mentre descriveva come Uncas l'aveva
abbracciata sotto le cascate, quando si nascondevano dagli Huroni che
li
braccavano, come lui le aveva intrecciato i capelli ed era stato
così dolce con
lei. Come aveva combattuto per lei ed era stato disposto a morire per
lei e
come Alice lo aveva respinto.
"Cora,"
la
voce di Alice era piena di emozione. "Dopo che si era svegliato dalla
sua
febbre, mentre scappammo dalle terre degli Huroni a nord, lui mi
cercò e io
sono stata così crudele. Gli ho detto che non proseguirei
mai qualcosa con un
Indiano."
"Le
tue parole sono
state davvero aspre, Alice," mormorò Cora. "Ma tu eri molto
agitata."
Alice
fece spallucce e
sembrava malinconica. "Questo non giustifica il mio comportamento. Sono
stata sciocca ad andare nell'accampamento dei Lenape ma volevo vederlo,
con
tutto il mio cuore."
Cora
era a corto di
parole ma, per la maggior parte, la tensione aveva lasciato il suo
volto.
Alice
sapeva che tutto
ciò aveva a che fare con la mente metodica di sua sorella.
Ciò che aveva
afflitto Cora era il non sapere. Adesso che Alice aveva parlato
così
apertamente e onestamente, Cora avrebbe avuto un'idea più
chiara di cosa fare.
"Qual
era il tuo
scopo nel vederlo? Veramente vedi un futuro con Uncas?" Cora
cercò la
faccia di sua sorella con ansia.
"Che
cosa importa,
Cora? Mi ha dimenticata e c'è una ragazza... ma sono sicura
che già lo
sai."
Cora
arrossì
all'allusione di sua sorella ma bloccò il suo sguardo
risoluto su sua sorella,
incurante.
"Alice..."
disse Cora, la sua voce dolce e calma. "Questa potrebbe essere la cosa
migliore. Sarebbe una vita dura, alla quale saresti pressata ad
abituarti. Non
puoi sposarlo legalmente. Alla fine, la passione giovanile
può svanire. Dico questo
perché potrebbe arrivare il momento in cui tu lo offenderai
e questo lo renderà
infelice. O la stessa cosa sarebbe vera all'inverso."
Alice
sembrò così
angosciata alle parole di sua sorella che si sentì stringere
la gola.
"Uncas
non mi
offenderebbe e nemmeno io lo farei!" disse lei ad alta voce, ma
sembrava
dubbiosa. "Era pronto a dare la sua vita per me -"
"In
un cieco impeto
di infatuazione. Mi dispiace Alice. Non minimizzo ciò che
voi due sentite l'uno
per l'altra, ma si è comportato scioccamente," Cora disse
piuttosto
duramente. "E sorella, per favore rispondi alla mia domanda. A cosa
puoi
aspirare con lui?"
"Sarei
felice," sussurrò Alice, afferrandosi strettamente le gonne.
"Per
quanto
tempo?" replicò Cora. "Come vivresti? Lui è un
cacciatore. La tua
vita sarebbe una lotta incessante. Tu sei troppo giovane come pure
bella per
un'esistenza così dura."
"Non
ho mai preteso
di volere una parvenza di stabilità con lui," disse Alice,
la sua voce
calma e debole.
Cora
guardò sua sorella
incredula. "Cosa? Cosa mi dici?
Alice, l'unica sicurezza
di una donna con un uomo risiede nel sacro matrimonio. A meno che tu
non abbia
il desiderio di essere la sua amante o concubina."
"Non
sarò la sua
amante!"
"Allora
cosa sarai,
ragazza?!"
Entrambe
le donne
improvvisamente smisero il loro quasi-gridare quando udirono un fruscio
e si
guardarono intorno, spaventate. I cespugli dietro di loro tremavano con
i
piccoli, frenetici movimenti di ciò che era indubbiamente un
piccolo animale.
Alice
sentì di colpo la
tensione lasciare il suo corpo e guardò di nuovo sua sorella
che stava ancora
guardando gli arbusti, quasi senza vederli. I momenti passarono.
"Non
pensi che mi
sono posta tutte queste domande, Cora? Non hai la più
pallida idea di come ho
lottato contro tutto ciò in silenzio. Non sono sicura che
cos'è ciò a cui
aspiravo con lui, ma ha seguito il suo corso. Ne sono certa. Non
può
essere."
Alice
finì e si sedette
in silenzio, guardando avanti con un'espressione talmente assente nei
suoi
occhi che Cora inclinò la testa, preoccupata.
"Alice..."
disse lei, toccando con un palmo della mano fresco il polso di sua
sorella,
cercando la sua faccia. Alice sorrise debolmente.
"E'
veramente
questa la natura di ciò che è accaduto?" chiese
Cora esitante. Alice
annuì.
"Sì.
Adesso lui ha
la sua strada, e non posso stare tra i piedi quando
sceglierà una sposa. Penso
che sarà Tankawun."
"Chi?"
"La
giovane ragazza
indiana. Non è solo carina ma piuttosto dolce, Cora. Ha
fatto molto per farmi
sentire la benvenuta e a mio agio. Sono una bella coppia."
Cora
poi sentì una fitta
di dolore per sua sorella, che sembrava così triste e sola,
tuttavia ancora parlava
bene della ragazza che aveva distrutto ogni possibile chance di
felicità con
Uncas.
Forse
aveva torto, pensò
Cora improvvisamente. Forse si stava mostrando egoista e meschina
disapprovando
sua sorella e Uncas. Alice non era stata altro che di supporto alla sua
relazione con Nathaniel. Cora si sentì così
consumata dal senso di colpa e dal
dubbio a questo pensiero che distolse lo sguardo da sua sorella per la
vergogna.
Ma
questo era molto vero
- Alice aveva sempre rispettato e supportato la sua sorella maggiore
nelle sue
decisioni, e le era sempre stata fedele. Uncas era un buon uomo. Aveva
dimostrato di tenere profondamente ad Alice, forse persino di amarla.
Amore...
pensò Cora, spaventata. Questa parola non
era stata pronunciata né da Alice né da Uncas. Ma
Cora era una di quelle che
era fermamente convinta del fatto che, anche se le parole restavano
tacite, i
sentimenti rimanevano forti.
Alice
doveva aver
percepito il flusso di pensieri di sua sorella perché si
alzò velocemente,
quasi timorosa e disse, "Torniamo. Annabel deve pensare che siamo state
portate via dagli orsi o peggio... dai Francesi."
Alzandosi
e scuotendosi
le gonne, Cora cominciò a raccogliere le frasche accanto al
tronco con sua
sorella e le ragazze camminarono in silenzio verso il casolare.
Le
settimane passarono e
l'estate pulsante, cocente si fuse impercettibilmente con l'autunno.
Proprio
come Annabel
aveva detto, i colori cambiavano dal verde brillante al color oro,
rosso e
marrone. Le foglie sospiravano negli alberi e cominciavano a cadere.
Il
tempo cambiò; passava
dal caldo e dalla luce del sole alla predizione del freddo pungente,
vibrante.
Era ancora abbastanza caldo, ma in poche settimane sarebbe cambiato. Le
donne
cominciarono a indossare abiti più pesanti e James trascorse
un bel po' di
tempo a casa a tagliare la legna per la catasta e a raccogliere gli
ultimi
frutti della sua coltivazione prima che arrivassero la neve e il gelo.
C'era
un fienile dietro
il casolare, che era colmo di paglia. James lavorava costantemente nel
fabbricato annesso per assicurarsi che gli spifferi fossero minimi
all'interno,
per tenere al caldo Boadicea quando arrivava il gelo.
Alice
e Cora lavorarono
duramente per dare una mano in fattoria, come meglio poterono.
Raccolsero il
mais e lo adagiarono nel letto di mais, sulla sommità del
fienile. Lavorarono
con Annabel per assicurarsi che usassero la maggior parte del cibo che
non
sarebbe sopravvissuto all'inverno.
E
dunque, c'erano molte
torte di mele come pure carote, rape e zuppe di cipolla. Annabel si
lamentava
costantemente poiché desiderava avere una cantina.
Nathaniel
continuò le
sue costanti visite alla fattoria degli Stewart e aiutava James come
meglio
poteva con il lavoro in fattoria. Andava anche a caccia e portava carne
fresca
agli abitanti riconoscenti del casolare. Alice pensava che Nathaniel
facesse
questo soprattutto per Cora, per assicurarsi che fosse sana e ben
nutrita.
Dopo
quella disastrosa
impresa nell'accampamento Lenape, non fu detto altro su Uncas tra Alice
e
Nathaniel. I due continuarono i loro soliti piacevoli dialoghi e non
c'era
nessuna rottura tra loro. Ma Alice percepiva le domande non dette
scorrere tra
loro, gli sguardi obliqui che alla fine, per fortuna, diminuirono.
Era
la metà del decimo
mese quando Alice prese da parte Nathaniel presso il fiume,
avvolgendosi
addosso lo scialle marrone stretto per scongiurare il leggero brivido
mentre
parlavano. Alla fine la ragazza chiese all'uomo alto quando si sarebbe
degnato
di fare di sua sorella una donna onesta.
"Lei
ha chiesto di
aspettare," replicò Nathaniel, con la faccia un po' rossa.
Si aggiustò il
fucile ancora più in alto sulla spalla.
"Perché?"
"Non
lo so."
"Sì
che lo
sai."
"No,
ragazza."
"Allora
cerca di
pensare a un motivo, Nathaniel Poe."
Nathaniel
alzò gli occhi
al cielo, qualcosa che faceva quando era divertito ma irritato. Allo
stesso
tempo strascicò i suoi mocassini sul terreno e
sospirò. Alice aspettò
pazientemente.
"Beh..."
lui
cominciò, con il tono di voce oscillava tra il dubbioso e
l'ottimistico,
"Credo che abbia a che fare con te."
Alice
era pronta a
questo e scosse la testa con un triste sospiro. "Avevo paura che tu lo
dicessi."
"Lo
sapevi? Te lo
ha detto lei?"
"No,
ma lo
sospettavo." Lo scialle di lana le svolazzava dal collo e Alice non ci
fece caso mentre cominciarono a camminare lungo le acque opache.
"Cora
si sente
molto in colpa al pensiero di lasciarmi, in ogni modo. La sola cosa che
abbiamo
mai saputo è che noi abbiamo l'una l'altra,"
spiegò Alice.
"Lo
so,"
replicò Nathaniel gentilmente, riavvolgendole lo scialle
intorno al collo e
alla testa e fissandolo in modo sicuro.
Alice
gli sorrise.
"Ma io ho un piano a cui stavo pensando con Annabel e penso che
assicurerà
dei risultati. Ho bisogno di un mese circa."
Su
insistenza di
Nathaniel, Alice gli spiegò lo schema della sua proposta e
lui cominciò a
ridacchiare.
"Potrebbe
sembrarti
una follia, signore, ma posso assicurare un esito positivo," disse
Alice,
ridacchiando suo malgrado. Fece a Nathaniel uno sguardo pensieroso.
"Poi
tu sarai veramente mio fratello dopo che avrai sposato la mia unica
sorella.
Entrambi meritate di essere felici."
Nathaniel
deglutì e
sembrò a disagio mentre i suoi pensieri serpeggiavano di
propria iniziativa
verso Uncas. L'accampamento stava già facendo i preparativi
per sgombrare e
andare nei territori invernali una volta che il freddo fosse cominciato.
Guardando
Alice con
affetto mescolato a compassione, Nathaniel fece un aspro pensiero nei
confronti
di suo fratello, che era diverso da lui. Ma ancora - come poteva non
combattere
per questa bellissima e gentile ragazza che era così tenace
verso quelli che
amava? Lui è proprio uno sciocco,
pensò Nathaniel e stava quasi per
dirglielo.
Allora
lui decise di
attenersi alla loro reciproca reticenza riguardo a suo fratello, ma
fece una
supplica sincera al Signore della Vita in silenzio. Che Alice Munro
trovi la
pace e la felicità che merita; o al fianco di suo fratello,
cosa che stava
diventando ogni giorno più improbabile, o di un altro uomo.
E,
Nathaniel pensò, lui
stesso si sarebbe assicurato che l'uomo la meritasse dannatamente.
Alla
fine
dell'intervallo mensile, Alice si accasciò sul tavolo di
legno esausta. Era
metà pomeriggio ed era sola mentre gli altri erano occupati
nella fattoria,
assicurandosi che gli avanzi del cibo raccolto fossero propriamente
preservati
e conservati per il consumo invernale. Nathaniel non tardò
ad arrivare e lei
doveva essere pronta.
La
mattina dopo la
conversazione con Nathaniel, Alice era partita per la casa dei Newsom,
con
James in qualità di suo accompagnatore e sentinella. Annabel
aveva insistito
che lui la accompagnasse - "Chi lo sa che cose demoniache
sguinzaglierà
quella vecchia strega in una giovane mente impressionabile,"
la
signora Stewart disse, collerica.
Ma
Alice era stata
determinata. Erano scomparsi i giorni di benessere e
comodità che la ragazza
aveva conosciuto a Londra. Aveva bisogno di soldi e, per quanto l'idea
le fosse
sgradita, la signora Newsom sarebbe stata la chiave di questo. Doveva
solo
convincere la vecchia megera.
Così
quando alla fine
entrò nella fattoria dei Newsom e si trovò faccia
a faccia con la donna, Alice
fu incredibilmente cortese e docile, spiegando alla donna dalla faccia
dura che
lei era una signorina educata, le sue maniere erano al di sopra di ogni
sospetto, ma che aveva bisogno di denaro per tornare sul suolo inglese.
Questa
certamente era una sfacciata bugia, ma l'intuizione e il buonsenso le
dissero
che la donna sarebbe rimasta impassibile di fronte alla vera, genuina
ragione
più sentimentale.
Alice
propose un mezzo
di scambio, per così dire, chiedendo lavoro nella casa della
donna per 30
giorni. Avrebbe lavorato per loro dalla mattina presto fino al tardo
pomeriggio; si sarebbe portata dietro il cibo così che loro
non avrebbero
dovuto nutrirla, mentre lei sarebbe stata disposta a cucinare, pulire,
fare
commissioni e dare una mano in fattoria. Se ne sarebbe andata alla fine
della
giornata per non disturbarli.
Alice
aggiunse che lei,
come la signora Newsom, un tempo era ricca e desiderava la sua vecchia
vita.
Aveva solo bisogno di soldi per assicurarsi la traversata su una nave.
Avrebbe
potuto essere pagata alla fine del mese, se la signora Newsom fosse
stata
propensa.
La
signora Newsom, i cui
occhi si erano stretti, ridotti a feritoie durante il discorso di
Alice, adesso
prese un aspetto di avido interesse. Alice si concesse il pensiero
auto-indulgente di essere stata molto intelligente nella scelta delle
parole e
delle maniere.
Effettivamente
Alice
aveva colpito l'ego della donna con le lusinghe, facendo commenti sulla
grandezza della sua famiglia - precedente grandezza,
si
corresse mentalmente - l'educazione della classe superiore dell'altra
donna.
Alice sapeva anche che Priscilla Newsom era estremamente indolente, se
non
completamente pigra e oberava suo marito di lavoro fino all'osso,
mentre lei
languiva a casa, godendo dei frutti del lavoro di lui.
Priscilla
pensò a lungo,
senza nemmeno chiedere a suo marito la sua opinione. Indirizzava ad
Alice e
James degli sguardi di denigrazione ogni pochi minuti, nessun dubbio
che stesse
rimuginando sulla proposta alla ricerca di eventuali trabocchetti o
inganni.
Dopo
aver riflettuto per
diversi lunghi minuti, disse bruscamente alla ragazza che poteva
cominciare
domani alla condizione concordata, che Alice sarebbe stata pagata alla
fine dei
30 giorni, e aggiunse che lei si stava sentendo molto generosa e che
per di
più, era una donna cristiana.
James
cercò di non
ridere mentre si toccava il cappello a tricorno e spingeva via Alice in
fretta.
Alice
si alzò dal tavolo
con un sussulto. Oggi era stato l'ultimo giorno di lavoro dai Newsom,
ed era
molto stanca.
La
signora Fastidio
aveva fatto lavorare Alice molto duramente. Alice usciva alle prime
luci
dell'alba e rientrava dopo il tramonto del sole, quando iniziava il
freddo, e
in questo arco di tempo Alice trascorreva le ore a cucinare, pulire,
strofinare, lavare... La signora Newsom era eccessivamente critica se
Alice si
attardava per la stanchezza, ed era silenziosa quando Alice svolgeva
bene il
suo lavoro, ma Alice aveva scoperto che il signor Newsom era molto
gentile
quando sua moglie non era nei paraggi.
Alice
si mise le mani
nelle tasche delle gonne e arricciò le sue fredde dita
intorno agli scellini
che aveva conservato; sentiva le monete tintinnare vivacemente ed era
contenta.
Adesso Nathaniel, insieme al denaro che aveva guadagnato dalla caccia,
poteva
permettersi di comprare a Cora una fede nuziale e di chiedere a un
pastore di
viaggiare dalla città per celebrare le nozze dagli Stewart.
Alice
aveva fatto tutto
questo affinché Cora e Nathaniel potessero diventare marito
e moglie in un
luogo familiare, circondati dai loro amici cari. Alice pensò
che questo era
qualcosa che lei stessa avrebbe voluto.
Alice
sentì un grido di
benvenuto e si precipitò fuori. Nella sua eccitazione, si
dimenticò di
indossare lo scialle di lana.
Nathaniel,
Cora, e gli
Stewart stavano tutti conversando. Nathaniel e sua sorella si stavano
tenendo
le mani, ma Alice notò come era nervoso Nathaniel.
Ovviamente la stava
aspettando e sembrava sollevato dal suo arrivo.
Alice
e Nathaniel si
guardarono negli occhi e lo fecero in silenzio per diversi, lunghi
secondi
finché Nathaniel si schiarì la voce in modo
brusco. James stava in piedi
fiancheggiato da sua moglie e da Alice. Loro stavano in piedi, in una
piccola
fila di fronte alla coppia. Cora aveva un'espressione interrogativa
verso tutti
loro, confusa.
"Cora,"
cominciò lui. "Non sono sicuro... Voglio dire, adesso ti
conosco da mesi e
non riesco a ricordarmi di quando mai sono stato più
felice..."
James
si schiarì
discretamente la gola dietro il suo pugno e smorzò la sua
risata a queste
parole quasi eleganti; Annabel gli diede una gomitata, con lo sguardo
pungente.
Ma Nathaniel sembrò rilassarsi per questo e
ridacchiò. Provò ancora.
"Quello
che sto
cercando di dire, Cora, è che avere te per moglie mi
porterà molta più felicità.
Suppongo la più grande felicità che mai
troverò. Se tu acconsenti, io farò
venire un pastore portato dalla città per fare questa cosa
in maniera
appropriata. Ti comprerò un anello. Costruirò per
noi una casa dovunque
desideriamo. Che ne pensi?" lui concluse un po' zoppicante. "Sarai
mia moglie appena potrò portare qui il pastore?"
Cora
sembrava stupita e
riuscì solo a restare a bocca aperta per diversi momenti,
senza parole. Si
guardò intorno verso tutti gli astanti e Alice sorrise
calorosamente a sua
sorella, incoraggiandola con i suoi occhi ad accettare. Alla fine la
donna dai
capelli scuri parlò.
"Nathaniel...
sono
meravigliata."
Nathaniel
inclinò la
testa e ripeté la parola, sembrando irrequieto.
"Mi
hai
completamente colta di sorpresa... Ma so quanto ognuno qui ti rispetta.
Alice
ha un'alta considerazione di te e canta le tue lodi. Questo in
sé facilita la
mia mente. E quindi signore, io accetto."
Era
come se
un'esplosione di cannone fosse scoppiata intorno a loro. Alice e
Annabel
urlarono di gioia e gettarono le braccia l'una al collo all'altra.
James
scagliò il suo cappello preferito in aria e gridò
di gioia.
Cora
e Nathaniel si
abbracciarono, e Cora aveva le lacrime agli occhi.
"Adesso
festeggiamo!" urlò James allegramente, dando un colpo con la
mano sulla
schiena ampia di Nathaniel. Le donne abbracciarono Cora e la
spensieratezza era
così prevalente che Alice si chiedeva se l'avrebbe percepita
ad Albany o a
Boston.
"Porteremo
il
brandy che ho conservato," continuò James mentre tutti si
incamminavano
esultanti verso il calore del casolare.
"Stasera
festeggeremo," aggiunse Annabel. "Il tacchino selvatico che James ha
catturato prima è quasi arrostito."
Radunandosi
all'interno,
Alice si sentì più felice di quanto potesse
ricordare da molto, molto tempo.
Il
matrimonio semplice
si sarebbe tenuto poco più di due settimane dopo. Dopo che
Alice ebbe
consegnato i suoi soldi duramente guadagnati a Nathaniel, lui era
partito con
James verso un'area più popolata per procurarsi un anello e
un pastore che
avrebbe acconsentito a viaggiare lungo il fiume, se fosse passato
abbastanza
denaro tra le sue mani.
Alice
lavorò
intensamente su come sarebbe stato l'abito nuziale di Cora, a fianco di
Cora e
Annabel. Era un abito bianco e avorio, il più raffinato che
Annabel possedeva.
Lo aveva portato nel suo baule dall'Inghilterra. Le donne sparsero
minuscole
perle sul bellissimo corpetto, che aveva una fantasia di fiori graziosi
che
scendevano fino a giù, sulla gonna. Era un materiale molto
raffinato, e Alice
mise in risalto i fiori decorandoli con fili color oro e argento, che
allo
stesso modo avevano viaggiato attraverso il mare. Come tocco finale,
Annabel scucì
uno scialle di seta bianca, del colore di un guscio d'uovo e, malgrado
la
protesta di Cora per la stravaganza, aggiunse delle delicate maniche a
balze
trasparenti che sarebbero scese fino ai polsi di Cora.
Cora
scoppiò in lacrime
di gioia quando vide il vestito completo, singhiozzando di non credere
che
sarebbe stata felice nemmeno la metà di com' era se avesse
sposato un
gentiluomo in Inghilterra nell'Abbazia di Westminster, non quando aveva
al suo
fianco la sua cara sorella e la sua amica.
Era
un allegro, ma
soleggiato pomeriggio di domenica quando Cora e Nathaniel si sposarono
di
fronte al casolare degli Stewart, circondati dai loro amici.
Nathaniel
sembrava molto
bello e addirittura prese in prestito da
James pantaloni e un gilet
adatto per l'occasione. Ma non c'era dubbio nella mente di tutti che
era Cora a
sembrare una visione di perfezione.
Era
radiosamente bella
nel suo delizioso abito da sposa, in coppia con gli orecchini di perle
di
Annabel e piccoli fiori bianchi che scendevano verso il basso,
fiorellini che
Alice aveva insistito di fissare nei capelli acconciati di sua sorella.
Quando
il pastore li unì
in matrimonio, le persone intorno a loro erano stordite dalla
felicità. Alice e
Annabel avevano le lacrime agli occhi, e James rise marcatamente; i
Lancaster e
la loro nidiata di bambini erano presenti, come pure il signor Newsom,
che
Alice aveva specificamente invitato in ricordo alla sua gentilezza e
ospitalità
quando Alice aveva lavorato in casa sua. La signora Newsom non aveva
partecipato.
Forse suo marito non aveva voluto e aveva evitato di portare
l'argomento in
conversazione.
Nemmeno
la famiglia di
Nathaniel era presente e Alice represse una domanda scomoda,
chiedendosi se lui
avesse parlato delle sue nozze imminenti. Forse stava aspettando fino a
dopo il
fatto? Dopo tutto, loro non potevano essere presenti in entrambi i
casi, con
così tanti coloni presenti.
Quando
la coppia sposata
di fresco si baciò, gli Evviva risuonarono nell'aria e Alice
sentì il suo cuore
librarsi di gioia. James raccolse il bouquet di fiori selvatici che
Cora aveva
fatto cadere e lo agitò, urlando. Annabel fece il suo solito
sospiro paziente,
ma persino il comportamento imbarazzante di suo marito non poteva
cancellare il
sorriso dalla sua faccia.
Dopo
una serata di
festeggiamenti, la folla se ne andò. Il pastore
andò a casa con il signor
Newsom finché lui poté tornare in
città, e Alice e gli Stewart si unirono ai
Lancaster nel loro viaggio verso casa. Volevano dare la privacy alla
coppia
fresca di matrimonio.
James
e Robert erano
piuttosto brilli a questo punto e si sostennero l'un l'altro, ridendo
mentre se
ne andavano.
"Godetevi
la vostra
notte di nozze. Io l'ho fatto," James farfugliò e Annabel
fece un sussulto
come pure la sua solita esclamazione - "James Stewart!"
Robert
rise sotto i baffi.
"Signorsì,"
continuò James mentre se ne andarono, e Alice, tenendo in
braccio una delle
ragazze addormentate, cercò imbarazzata di tirarlo su con la
sua mano libera.
"E non uscire, a meno che qualcosa non vada a fuoco."
Gettandosi
i capelli
biondi dietro la schiena con una risata, Alice scosse la testa e si
incamminò.
"Alice!"
lei
sentì, e si voltò con la bimba addormentata, che
si accoccolò nella curvatura
del suo collo mentre Nathaniel e Cora arrivarono alla porta.
"Alice,"
disse
Nathaniel. "Dobbiamo tutto questo a te. Adesso sono tuo fratello come
avevi detto prima al fiume." Alice sorrise.
Cora
guardò Alice con
occhi brillanti. "E' vero. Non dimenticherò mai quello che
hai fatto per
noi, sorella. Un giorno, troverai la stessa felicità."
Alice
sentì una fitta di
dolore a queste parole. Aveva i suoi dubbi che fosse così.
L'unico uomo che
aveva sempre veramente voluto era andato. Nathaniel le aveva detto con
calma
durante la festa del matrimonio che l'accampamento aveva sgombrato e si
era
trasferito a ovest per l'inverno. L'angoscia che aveva provato nel
sentire
quelle parole era stata quasi insopportabile. Malgrado il tempo
trascorso,
malgrado i preparativi del matrimonio e il lavorare sodo tutto il
giorno e il
dolore delle sue ossa, Alice non sentiva che era sparito... non sentiva
che il
suo amore era diminuito.
Nathaniel
percepì la sua
tristezza e spostò lo sguardo da Cora ad Alice, ma lei
sollevò soltanto la
bimba più su, sulla sua spalla, augurò loro la
buonanotte e fece loro di nuovo
le congratulazioni.
La
porta si chiuse e fu
serrata dietro di lei mentre Alice si affrettò a raggiungere
gli altri,
lottando contro le lacrime. Uncas adesso era sposato con un'altra?
Alice decise
di non pensarci più. Sentì che aveva bisogno di
rassegnarsi veramente, se
doveva trovare la pace.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Diverse
settimane dopo, Alice era seduta presso il fiume a lei
familiare, nei pressi del casolare che da tempo chiamava casa sua.
Alice
si rannicchiò nel folto cappotto che indossava contro il
gelo, strofinandosi le mani rosse, irritate. Ma malgrado il gelo
penetrante,
Alice sorrise debolmente e sospirò, mentre guardava la
superficie congelata del
fiume.
La
profonda luce solare dell'inverno faceva luccicare il ghiaccio,
facendolo sembrare come migliaia di frammenti di vetro scintillante.
Alice
amava starsene seduta tranquilla, nella silenziosa placidità
della natura.
Amava la bellezza selvaggia, primitiva delle colonie americane, e i
vivaci
tramonti, pieni di colore. Amava la perfezione dell'orizzonte che
sembrava
dipinto da una mano celestiale, il punto in cui la terra finiva e il
cielo
cominciava, perfettamente fusi.
Ora
era più di un mese che Cora era diventata la moglie di
Nathaniel e Alice era seduta lì, completamente ferma, mentre
ripensava agli
inevitabili cambiamenti che si erano verificati.
Il
pomeriggio dopo il loro matrimonio, Cora e suo marito erano
seduti con Alice e gli Stewart intorno al fuoco. Avevano meditato a
lungo su
ciò che avrebbero dovuto fare. Nathaniel doveva tornare dal
popolo di suo
padre. Questo ovviamente lo infastidiva, lasciare la sua giovane moglie
così
presto dopo il matrimonio.
Ma
Cora aveva ricordato a Nathaniel, sostenendolo, che questa era
una necessità temporanea, dato che non potevano ancora
viaggiare per trovare la
terra sulla quale stabilirsi, o costruire un casolare in questo clima
imperdonabile. Non c'era nemmeno spazio presso gli Stewart.
Pochi
giorni dopo Nathaniel partì per un viaggio della durata di
un giorno, in direzione dei territori invernali, promettendo che
sarebbe
tornato una volta a settimana per un breve periodo di tempo,
finché il tempo
cambiava. Nathaniel mantenne la sua promessa, ed era ancora una forte
presenza,
anche se le sue visite ora erano abbreviate.
Alice
aveva parlato con gli Stewart ed ebbe il loro pieno supporto
quando spiegò a Cora e a suo marito che lei desiderava stare
con Annabel e
James, quando i coniugi Poe si sarebbero messi per conto loro.
Nathaniel
era apparso imbarazzato quando disse ad Alice che la
loro intenzione era portarla con loro e farla vivere nel loro casolare
ancora
da realizzare. Cora, proprio come Alice aveva previsto,
era spaventata,
poi scoppiò in lacrime mentre la supplicava di ripensarci,
affermando che lei
non poteva immaginare di vivere separata dalla sua unica sorella.
Ma
Alice era ferma nella sua idea. La nuova coppia aveva bisogno
di tempo per crescere insieme e Alice non voleva intralciare questo
percorso.
Sapeva che non lo avrebbe intralciato in senso negativo, lei andava
splendidamente d'accordo con Nathaniel; voleva solo che vivessero la
loro vita.
E
Alice, meditò pensierosa, voleva vivere con un accenno di
autodeterminazione e fiducia in sé. I giorni delle dame di
compagnia e dell'ora
del thè erano ormai alle sue spalle.
Erano
diversi minuti che Nathaniel esprimeva furiosamente la sua
disapprovazione, e che Cora esprimeva una dolorosa supplica - "Non
devi
fare questo!" lei ripeteva incessantemente.
Gli
Stewart la avevano sostenuta incondizionatamente, unanimi nel
pensare che Alice sarebbe stata bene qui. Annabel affermò
che lei amava teneramente
Alice, e niente l'avrebbe resa più felice; James era
insolitamente solenne
mentre assicurava ai Poe che Alice sarebbe stata al sicuro, che lui
stesso le
avrebbe costruito un letto estraibile in cui dormire, una volta che il
tempo
fosse stato di nuovo favorevole.
Dopo
lacrime e suppliche, la questione fu risolta. Nathaniel e
Cora si sarebbero messi in proprio una volta che l'inverno avrebbe
abbandonato
la regione in cambio della primavera. Non erano sicuri di dove si
sarebbero
diretti, ma intendevano avere una fattoria tutta loro.
Nathaniel
si stava anche informando su dove trovare della terra
adatta. Spiegò alle donne che la terra di frontiera era
già disponibile ma
sarebbero stati estremamente isolati ed era molto pericoloso. Nathaniel
sembrava momentaneamente addolorato e le sorelle sapevano che lui
pensava ai
Cameron.
"Suppongo
che potremmo stabilirci nella Ohio Valley,"
disse lui lentamente, grattandosi la parte posteriore del collo. "Ma
ciò
significherebbe dirigersi verso ovest. Quella zona è molto
tranquilla."
Cora
si lamentò di nuovo che era troppo lontano da Alice, ma la
ragazza spiegò a sua sorella che era soltanto un viaggio di
poche settimane per
un intrepido viaggiatore. Potevano far visita durante la primavera o
l'estate e
poi forse in autunno.
Nathaniel
era stato veloce a replicare che era solo un'idea.
Avevano ancora mesi a disposizione per pianificare il tutto.
Tra
una settimana circa, Alice fece il calcolo, sarebbero state le
festività natalizie e poi il Nuovo Anno. Sarebbe stato il
1758. Poi quando la
primavera sbocciava a marzo, lei avrebbe compiuto 19 anni.
Alice
ricordò l'ultimo Natale con Cora e Duncan e i loro amici
nella spaziosa casa dei Munro a Londra. Era stata una grande festa con
musica,
danza e allegria. I cuochi e i domestici avevano lavorato
instancabilmente,
appendendo corone e ghirlande e preparando un grande banchetto per le
50
persone che erano state invitate. Papà aveva avuto la
licenza per le festività
e aveva invitato i suoi uomini. I colonnelli, i generali e i tenenti
erano
arrivati con le loro famiglie, come pure parecchi importanti giudici,
magistrati e Lord che servivano il re - "gli accondiscendenti",
Cora li definiva causticamente dietro le pieghe imperlate del suo
ventaglio.
Un
grande focolare in pietra venne costruito negli ampi giardini,
poiché Alice aveva insistito su una vecchia tradizione delle
Isole Britanniche
- bruciare il ceppo di Natale.
La
notte era stata memorabile, Alice aveva danzato tutta la notte
con suo padre e gli ufficiali.
Ma
era memorabile ora, più che mai per Alice, perché
nemmeno due
giorni dopo, Papà e Duncan furono chiamati oltre l'Atlantico
al servizio del
Re. Non rivide la faccia di suo padre finché fu arrivata al
forte assediato, e
poi alcuni giorni dopo lui era morto sotto il cielo azzurro chiaro del
Nuovo
Mondo.
Alice
si strofinò le mani persino più forte e si chiese
dove fosse
l'anima di suo padre in questo momento.
C'era
una vita dell'aldilà? Era un paradiso come affermava la
Bibbia? Alice pensava sempre, dopo che aveva lasciato la sua patria, la
Scozia,
che il Paradiso fosse Inverness, la città nella quale era
vissuta da piccola.
Con i suoi campi di grano dorato, i fiori e le lunghe, spioventi
colline verdi,
tra le quali lei correva a piedi nudi. Le paludi, le brughiere e le
calde,
serene notti durante le quali Alice e Cora erano sdraiate sotto le
stelle con
la loro anziana bambinaia, mentre lei raccontava loro le leggende di
imprese
eroiche note solo agli Scozzesi.
Papà
è là sulle brughiere con Mamma.
Alice
pensò questa cosa con così tanta certezza che il
cuore le si gonfiò di
felicità. Non la Londra piovosa, nuvolosa dove lui veniva
disprezzato per
essere scozzese. La sua anima non stava girovagando per queste terre
coloniali
che avevano violentemente reclamato la sua vita e lasciato le sue
figlie
orfane. Lui era in Scozia. Alice ne era certa.
Forse
stava fantasticando come una bambina nel pensare questo, ma
Alice credeva con tutta se stessa che lui si fosse riunito con la sua
bellissima moglie dai capelli scuri nella loro terra ancestrale, che
aveva
portato loro così tanta gioia negli anni in cui erano in
vita.
Papà...
lei sospirò, alzando gli occhi all'ampia distesa del cielo,
sempre costante.
Alice
si alzò su una delle sedie di legno e cercò di
fissare
rametti di agrifoglio e di alloro sul suo focolare con alcuni pezzetti
di
aculei. Dopo qualche torsione creativa, lei riuscì a far
penzolare i verdi. Era
un piccolo gesto, ma lei voleva commemorare le festività
natalizie, non importa
quanto piccoli fossero i suoi sforzi.
Anche
un vischio era stato appeso sulla porta, e James aveva
scolpito 3 scarpe di legno all'inizio del mese per le donne e aveva
aggiunto
per loro piccoli dolci e nastri.
Non
era niente di grandioso, pensò Alice, ma tuttavia era felice
mentre esaminava il suo lavoro manuale. La cena sarebbe stata una
piccola cosa
- soltanto gli abitanti e Nathaniel. Ma Alice aveva lavorato accanto
alle donne
nel cucinare prosciutto salato e patate, torte di carne tritata e aveva
persino
trascorso un po' più del dovuto a preparare le pesche al
brandy. Alice non
vedeva veramente l'ora di provare quel pizzico di stravaganza; era
difficile da
trovare poiché la frutta era quasi impossibile da conservare.
Alice
indossava il suo vecchio abito color crema che una volta era
stato di Annabel e aveva aggiunto i nastri blu che James le aveva
regalato
nella scarpa di legno. "Si abbinano ai tuoi occhi alla
perfezione,
ragazza," disse lui con affetto. I suoi capelli erano
intrecciati
intorno alla testa e, da ultimo, si appuntò un'incantevole
spilla di perle che
Annabel le aveva dato per un capriccio - Cora si era sposata con gli
orecchini
di perla abbinati.
Alice
guardò fugacemente sua sorella, che stava apparecchiando la
tavola, canticchiando una vecchia melodia. Camminando verso la porta,
la aprì e
sorrise alla vista delle raffiche di neve che venivano giù.
Finora l'inverno
non era stato troppo duro per loro. Non c'erano state tempeste di neve,
ma
James le aveva avvisate che questo poteva cambiare.
Guardando
fuori, Alice seguì con i suoi occhi la delicata discesa
dei cristalli polverulenti per alcuni minuti finché Cora la
rimproverò
gentilmente che il casolare stava diventando freddo. Ritirandosi
all'interno,
Alice si avvolse rapidamente nella sua coperta dato che tutti i
cappotti erano
già stati presi.
"Sorella,"
chiamò mentre volutamente si incamminò di
nuovo verso la porta. "Vedrò se Annabel o James hanno
bisogno del mio
aiuto."
Cora
sollevò lo sguardo verso sua sorella e aggrottò
leggermente le ciglia. "Prenderai freddo, Alice. Stai accanto al
fuoco."
Alice
fece un piccolo sorriso e si incamminò verso l'esterno.
Dentro faceva freddo, pensò lei, ma moderatamente, non
eccessivamente.
Guardandosi
intorno, non vide traccia degli Stewart, ma c'erano
comunque tanti posti in cui potevano essere. Si diresse verso il
fienile,
avvolgendosi la coperta addosso e lasciando delle lievi impronte sulla
spolveratura di neve.
La
porta del fienile si aprì con un cigolio. Avanzando nelle
ombre, gridò un saluto.
James
infilò la testa da sopra il tramezzo illuminato. "Ciao,
ragazza!" disse lui gioviale. Alice ridacchiò e si
avvicinò, appoggiando
le mani sul legno mentre osservava James che dava da mangiare a
Boadicea una
brodaglia in un secchio.
"Che
stai facendo, James?" chiese.
"Sto
dando alla mia cara la sua cena di Natale. Stasera le
viene servita una brodaglia di mais! La adora, non è vero,
amore?"
James canticchiò.
Alice
rise alla vista di ciò. Malgrado le sue lamentele, James
amava la vecchia mucca. Alice poteva dirlo dai suoi modi, da come lui
le diceva
parole d'amore, chiamandola "bella ragazza" e come le picchiettava la
groppa affettuosamente.
Alice
chiese dov'era Annabel.
"Qui!"
si sentì dire mentre Annabel guardò
giù dalla
cima della sua scala di legno. Alice non l'aveva vista nella granaia
perché era
nascosta da mucchi di fieno. "Non volevo vedere lo spettacolo di mio
marito con la creatura." Alice rise di nuovo ad alta voce.
"Mia
cara moglie," disse James con una voce zuccherosa.
"Non essere gelosa della nostra Regina qui presente. Ricorda che ha
guidato una rivolta contro i Romani e i nostri gambi di mais."
Annabel
ridacchiò e le pile di fieno frusciavano mentre Alice la
aiutava a scendere.
"Posso
aiutare uno di voi?" chiese Alice, togliendosi
pezzetti di fieno dai capelli e dalla coperta.
"No,"
Annabel sospirò mentre si spolverava le mani.
"James ha quasi finito di gingillarsi con la sua vera moglie. Propongo
di
assicurarci che il pasto sia pronto, dato che Nathaniel presto
sarà qui. Hai
bisogno di qualcosa, amore?" disse a suo marito. Lui fece cenno di no,
e
così le donne se ne andarono fuori.
Camminando
a braccetto, le donne parlarono a cuor leggero mentre
si dirigevano verso il casolare, affliggendosi per il cibo e il tempo e
scambiandosi pettegolezzi.
"James
ha sentito da Robert Lancaster che Gregory Newsom è
stato visto con un occhio annerito," disse Annabel con le ciglia
aggrottate, "Senza dubbio ha a che fare con l'arpia con la quale
vive." Alice scosse la testa tristemente.
"Anche
Meg mi ha detto che il signor Newsom trascorre un bel
po' di tempo alla fattoria dei Mason," aggiunse Alice, ricordando la
conversazione con Margaret Lancaster. "Penso che a volte ha paura di
tornare a casa. Poverino."
"Certo,"
replicò Annabel. "Mentre credo che un uomo
decente non dovrebbe mai picchiare una donna, a volte mi chiedo come
lui non
prenda un frustino. Giuro che io la strozzerei."
Alice
sorrise, ma di nuovo pensò con compassione al piccolo,
timido uomo.
"L'ho
invitato ieri, quando l'ho visto girovagare."
Alice disse ciò quasi come un ripensamento. "Mi ero
dimenticata. Spero che
si presenti, ma... da solo," Alice concluse delicatamente.
Aprendo
la porta del casolare, le donne sospirarono beatamente
quando il calore le avvolse e il profumo di cibo le tentò.
Entrando, si
scrollarono via la neve dai capelli.
"Va
tutto bene?" chiese Annabel amichevolmente a Cora
che stava pulendo il focolare.
"Splendidamente,"
rispose Cora, poggiando la scopa
contro il muro e guardando le torte di carne tritata che stavano sul
tavolo,
rosolate quasi alla perfezione.
"Dico
che non vedo l'ora che arrivi Nathaniel. Sarà
così
felice!" si entusiasmò Cora.
Alice
sorrise felicemente e cominciò a mettere le posate quando si
sentì un cigolio. Le donne alzarono lo sguardo mentre la
porta del casolare
oscillava aperta. James guardò all'interno, facendo vagare i
suoi occhi in giro
e scansandosi i capelli biondo scuri con un sogghigno.
"Guardate
chi ho trovato a nascondersi!" disse con voce
rauca, portando un divertito Nathaniel.
Cora
ansimò e corse da suo marito, abbracciandolo stretto.
"Lo ero davvero," disse Nathaniel mentre si voltò verso
Alice,
riecheggiando l'espressione raffinata che lei usava costantemente.
Alice
arrossì.
"Ti
stavi nascondendo, Nathaniel?" stuzzicò Cora mentre
lo portava verso il focolare, tenendolo per mano.
Suo
marito annuì allegramente. "Io sono un viaggiatore
solitario, e ho sentito che la ragazza più bella del mondo
vive qui con la sua
sorella minore, ugualmente carina."
Alice
e Cora sorrisero, contente. "Hai dimenticato una
signora. E' persino più bella," disse James orgoglioso,
avvolgendo un
braccio intorno alle esili spalle di sua moglie. Poi prontamente
rovinò tutto
aggiungendo, "Vive nel fienile. Ma anche la mia piccola moglie qui
è
piacevole da guardare."
"Whisky,"
intervenne Nathaniel frettolosamente, anche se
tremava per la risata repressa. Nathaniel porse la bottiglia agli
Stewart e
loro sembrarono grati; James era assolutamente in estasi.
Erano
seduti e parlavano rumorosamente quando si sentì un leggero,
esitante colpo alla porta del casolare. Le donne si guardarono
reciprocamente,
perplesse, mentre gli uomini afferrarono immediatamente le carabine
appoggiate
contro la parete di fondo e andarono ad aprire la porta con le carabine
puntate.
Alice
sentì una voce debole. "Perdonatemi, signori. Pensavo
di essere stato invitato per cena. Non vi disturberò,
signori. Con
permesso."
Alice
sentì la voce delicata e incerta di Gregory Newsom, come
sempre suonava insicura ma ancora molto educata. Stando in piedi, lei
corse
vivacemente verso la porta e sussurrò ai giovani uomini di
mettere giù le armi.
"Signor
Newsom!" Alice urlò allegramente. "Certo
che siete invitato. Perdonate il saluto inquietante degli uomini. Non
si può
essere troppo prudenti in queste terre."
Il
Signor Newsom si guardò intorno timidamente quando
entrò.
"Concordo. Perdonate il mio ritardo. Ho dovuto portare mia moglie dai
Lancaster."
Gli
altri uomini erano in piedi, di lato e sogghignavano l'un
l'altro. Alice scosse brevemente la testa e li esortò a
mettersi seduti.
"Confido
nel fatto che vostra moglie sia in buona salute. Sta
bene?" chiese Annabel dopo aver finito di servire tutti i presenti con
Alice, e ognuno stava prendendo parte al pasto delizioso.
"Sta
bene, signora, grazie," replicò cortesemente il
signor Newsom, tagliando il prosciutto e le patate.
"L'ho
vista per caso ieri. Posso tranquillamente presupporre
che stia mangiando bene," James parlò lentamente e Alice
tossì forte nella
sua mano e guardò in basso, lottando contro la bollente
risata. Sbirciando,
Alice vide che l'uomo anziano non era arrabbiato. Infatti, aveva un
lieve
sorriso sulla faccia.
La
continuazione della cena fu molto piacevole. Tutti erano
rilassati e simpatici. Il signor Newsom era gradevole e faceva commenti
sulle
graziose decorazioni e sulla sontuosità del cibo. Non
sembrava offendersi
quando James lo pungolava con costanti allusioni al temperamento rigido
e
grossolano di sua moglie.
"Ho
sentito che la signora Newsom era così arrabbiata da un
venditore ambulante qualche settimana fa, che lo ha
colpito con il
suo palmo aperto e l'uomo è rimasto privo di sensi. Con il
suo palmo."
James disse ciò, guardando attentamente l'uomo dall' aspetto
colto.
"Piuttosto
vero," disse il signor Newsom disinvolto.
"Al povero uomo ci volle quasi una mezz'ora per rinvenire. Da allora
non
l'ho più visto."
Alice
scosse la testa con gli occhi spalancati per la meraviglia e
fece un delicato sorso di sidro.
Dopo
aver consumato le torte di carne, Alice non pensava che
qualcuno avesse lasciato dello spazio per mangiare qualunque altra
cosa, finché
Cora mise sul tavolo le pesche al brandy e whisky; ci fu una corsa
quasi folle
per la frutta e ognuno la distribuì, persino dividendo lo
sciroppo dolce
rimasto dalle pesche.
"Dio
vi benedica tutti," il signor Newsom sospirò
soddisfatto. "Pesche in inverno - che delizia."
Dopo
che la cena fu conclusa, si sedettero tranquillamente e il
signor Newsom li condusse tutti in preghiera. Anche se Nathaniel non
partecipò,
chinò la testa in segno di rispetto.
Il
signor Newsom presto partì, sembrando molto contento e
brioso e
promise di tornare entro i prossimi giorni.
Era
mezzanotte passata, Alice ne era certa, e le donne parlavano tra
loro mentre Nathaniel e James facevano lo stesso. Alice guardava gli
uomini con
occhi stanchi e ascoltava con noncuranza le loro conversazioni sulla
fattoria e
il commercio.
Le
palpebre di Alice cominciarono a chiudersi e lei diede a tutti
loro la buonanotte, camminando stanca verso il letto. Lasciò
liberi i suoi
capelli e si distese rapidamente, infilando i piedi.
Nathaniel
apparve calmo di fronte a lei. "Ti è caduto
questo," disse sorridendo, tenendo la spilla di perle che in qualche
modo
si era staccata dal suo corpetto. Alice arricciò le dita
intorno alla spilla
con gratitudine e si fece scivolare la mano chiusa in pugno sotto il
mento,
sussurrando grazie.
Nathaniel
si voltò per andarsene ma Alice lo trattenne con la sua
piccola mano.
"Nathaniel,"
disse lei implorante, "come sta
Uncas?"
Nathaniel
sembrava confuso, ma dopo aver guardato i suoi occhi
supplichevoli, fece spallucce e rispose.
"Abbastanza
bene."
"Lui
è... si è..." Alice riusciva a mala pena a
formulare le parole, ma lei voleva sapere se si era sposato. Nathaniel
comprese.
"No,"
disse lui gentilmente.
Alice
annuì e poi chiuse gli occhi strettamente e si
voltò verso
il muro. Lei sentì Nathaniel sospirare, poi una mano
incallita sfiorarle la
fronte, lisciandole i capelli dal viso.
"Dormi,
Alice," Nathaniel ordinò tranquillamente, e
Alice si voltò di lato, verso il muro. Alla fine la
stanchezza la vinse e cadde
addormentata.
Chingachgook
si voltò per vedere la neve che turbinava fuori
brevemente, quando il lembo del wigwam improvvisamente si
aprì.
Hopocan
borbottò per il fastidio provocato da questa interruzione,
poiché Chemames fece un passo lungo con noncuranza e si
sedette di fronte agli
uomini che fumavano. Tankawun si insinuò silenziosamente
qualche momento dopo,
avvolgendosi stretta nella pelle d'orso, che le copriva l’
esile corpo.
Tremando, si sedette accanto a sua madre.
Entrambe
le donne mormorarono i loro saluti; Chingachgook e
Hopocan ricambiarono.
"E
come stanno le vostre famiglie, amici miei?" chiese
Chemames in Delaware, guardando gli anziani uomini passarsi avanti e
indietro
la loro solita pipa d'argilla, disinvolti.
"La
mia famiglia sta bene. Ringraziamo il Grande
Spirito," replicò Hopocan con riservatezza.
"Il
Signore della Vita è buono," fu la solita replica di
Chingachgook. Lui percepiva tensione dalla madre di Tankawun, e si
faceva delle
domande sulla sua improvvisa visita con sua figlia. In entrambi i casi,
non si
sarebbe impicciato. Se la donna avesse qualcosa da dire, dovrebbe
trovare le
parole.
"Come
stanno i tuoi figli?" chiese lei un po'
insistentemente. A questa domanda, Chingachgook fece un raro sorriso.
"Il
mio figlio maggiore si è sposato da poco tempo, solo un
mese fa. Prima che la neve cominciasse a cadere. Sua moglie continua a
stare
con gli amici di mio figlio finché la stagione
cambierà."
Chemames
annuì gentilmente e disse delicate parole di
congratulazioni. Hopocan fece un'occhiata cinica al suo amico e
Chingachgook
fece un piccolo cenno. Sì, anche io so
perché lei è qui, dissero
i suoi occhi.
Chingachgook
aspettò che lei cominciasse di nuovo il suo
interrogatorio. Non dovette aspettare molto.
"Uncas.
Il tuo figlio minore."
"Lo
vedo a mala pena. Trascorre la maggior parte del suo
tempo con il mio figlio bianco o con Wagion."
"Oggi
sarà all'accampamento?" chiese Chemames.
Chingachgook borbottò con noncuranza, un rumore che poteva
essere preso per una
risposta.
Chemames
cominciò a sembrare frustrata, ma lottò per
nasconderlo.
Sedutasi in modo brusco, lei guardò Chingachgook con molta
serietà. "Amico
mio, sono venuta per chiederti se hai fatto qualche riflessione sulla
mia
proposta di un'unione tra i nostri figli. Uncas è
affezionato alla mia figlia
maggiore. Sarebbe una bella coppia."
"Uncas
ti ha detto questo...Tankawun?" chiese Hopocan
astutamente, sbuffando lentamente la sua pipa.
Tankawun
guardò a terra e sembrava cercare le parole da dire.
Chemames frettolosamente si intromise, "Non tanto a parole, amico.
Quello
non è il modo di fare di un uomo. Mi riferisco alle sue
maniere."
Chingachgook
meditò su questo. Raramente Uncas parlava di qualcosa
che pensava che suo padre potesse considerare banale, le giovani
ragazze
andavano bene per quella categoria. Ma lui dubitava che il suo figlio
minore
avesse qualche profondo interesse per Tankawun. Così
Chingachgook mantenne il
suo silenzio.
"Hai
parlato con Uncas?" chiese Chemames, aggrottando le
ciglia leggermente per l'indifferenza di Chingachgook. Chingachgook
aveva
accennato al fatto che avrebbe affrontato l'argomento con suo figlio.
Chingachgook
si prese del tempo per rispondere, mentre il suo
amico gli porse la pipa.
"Non
ancora. Prima ho cercato di osservare i nostri figli
insieme. Non vedo altri sentimenti oltre all'affinità tra
loro."
Chingachgook disse questo lentamente. Alzando lo sguardo, vide che gli
occhi di
Chemames si erano ristretti.
"Bene,"
replicò la donna a distanza di tempo, "Ciò
che condividono è silenzioso e nella sua fase iniziale,
penso. Con il tempo si
svilupperà in una sorta di relazione, per poi costruire una
vita."
Tankawun continuò ad essere insolitamente calma.
Ci
fu poi una pausa nella conversazione per diversi minuti e
Chingachgook ascoltò il suono del vento e della neve.
"Si
è parlato nell'accampamento, di Uncas," disse Chemames
improvvisamente, lanciando uno sguardo con la coda dell'occhio al
Mohicano.
Chingachgook inarcò soltanto uno scuro sopracciglio.
"Di
Uncas e ... della ragazza Yengeese," Chemames
continuò dopo aver guardato di nuovo il viso impassibile di
Chingachgook, che
in quel momento assomigliava così tanto al viso di suo
figlio. "Dicono che
c'è qualcosa tra loro. Non posso dare credito a
ciò. Non sembra naturale."
"Allora
non ne parliamo più," replicò Chingachgook
leggermente, drappeggiandosi lo scialle di pelle attraverso il petto.
"Chingachgook,
quella ragazza dall'aspetto fragile camminava
per l'accampamento e poi se ne era andata con tuo figlio alle sue
spalle..." Lei cambiò improvvisamente tattica. "E' esile
come una
canna che soffia nel vento; e dall'aspetto malaticcio, non in salute e
bella
come mia figlia. Non sarebbe una buona moglie per uno come tuo figlio.
Uno
degli ultimi della sua tribù. Uncas lo deve sapere-"
"Qual
è la tua opinione, Tankawun?" intervenne
Chingachgook improvvisamente.
La
giovane ragazza alzò lo sguardo, spaventata. Lei
spostò lo
sguardo, dal viso pressante di sua madre ai volti solenni e
imperturbabili
degli uomini. La sua replica fu esitante.
"Io..
io pensavo che lei fosse graziosa. E molto
simpatica." A questo, Chemames impazientemente espulse un grande soffio
d'aria.
"Che
c'è, madre? Non è questo che mi hanno domandato?"
Il viso di Tankawun era pervaso dalla confusione.
"No,
figlia," replicò Chemames rigidamente. "La
domanda è se quella ragazza dal viso pallido sarebbe o no
una buona moglie per
uno della nostra razza."
Tankawun
sembrò dare la risposta con riflessione. "Penso di
sì," disse lentamente, "non all'inizio. Ma penso che possa
imparare.
Sembrava avere un buon orecchio per la nostra lingua. Non è
ottusa. Imparerebbe
rapidamente."
Chemames
cominciò a sembrare furiosa, come se sua figlia la stesse
deliberatamente provocando. "E' questo ciò che pensi,
allora?"
"Tua
figlia parla con onestà. L'unico vero modo di
parlare." Il tono di Chingachgook ora era gelido, di rimprovero.
Chemames
sembrava intimidita e le sue successive parole furono
molto più morbide. "Certamente sono felice che mia figlia
sia così aperta
e che le sue parole siano oneste. Ma sono sbigottita dal fatto che lei
non
sembri comprendere la serietà della situazione. La gente sta
già dicendo che
Uncas e Tankawun presto si sposeranno. Adesso non parlano d'altro che
della sua
presunta folle passione per quella ragazza bianca."
Hopocan
agitò una mano in modo sprezzante. "Lascia che la
gente diffonda qualsiasi pettegolezzo voglia. Mannitto, il Creatore
della Vita,
ci guiderà tutti nelle nostre decisioni."
"Concordo,"
disse fermamente Chingachgook. "E per
di più, mio figlio non mi ha detto che desidera sposare una
donna in
particolare al momento."
Hopocan
si alzò improvvisamente. "Poniamo rimedio a questa
situazione. Sta cominciando ad annoiarmi." Si diresse verso l'entrata
del
wigwam.
"Che
sta succedendo?" chiese Tankawun, confusa.
"Credo
che stia chiamando i miei figli. Stavo quasi per fare
lo stesso," replicò Chingachgook, soddisfatto. Malgrado la
loro
impressionante differenza di temperamento, lui e Hopocan avevano
condiviso una
vita e spesso i loro pensieri correvano nella stessa direzione. Hopocan
ad un
certo punto aveva compreso che Chingachgook si era stancato della
dolorosa,
imbarazzante conversazione e del fatto di parlare dei suoi figli, che
non erano
presenti.
Hopocan
ritornò entro pochi minuti. Entrò, scrollandosi
di dosso
la neve. Si mise a sedere mentre i fratelli sbirciarono dentro,
perplessi.
"Trovati
che non stavano facendo assolutamente niente, con
Wagion e Anicus," borbottò Hopocan. "Forse, a contare le
ghiande." I suoi occhi neri scivolarono sui giovani uomini.
"Sedetevi,"
lui ordinò, il suo tono arrogante.
I
giovani uomini obbedirono, sedendosi a gambe incrociate accanto
al loro padre. Diventarono attentamente silenziosi.
"E'
successo qualcosa, padre?" chiese Uncas, che si era
allarmato per il comportamento tenebroso delle persone che affollavano
il
wigwam.
Chingachgook
sollevò una spalla coperta dalla pelliccia.
"Forse pensavo che tu dovresti essere presente, Uncas,
poiché stavamo
parlando di te. Mi piacerebbe anche conoscere l'opinione del mio figlio
maggiore al riguardo."
La
faccia di Uncas diventò attenta, come una maschera.
Nathaniel
sembrava stanco mentre osservava tutte le facce ma, saggiamente, aveva
scelto
di rimanere in silenzio.
Chingachgook
non aveva intenzione di usare mezzi termini.
"L'accampamento continua a diffondere pettegolezzi e infinite, stupide
chiacchiere su di te e quella ragazza del colore della Luna."
Uncas
sembrava infastidito da queste parole sgradite. "Lo so.
Ho sentito," disse lui brevemente.
Nathaniel
girò gli occhi. "Ancora non capisco perché io e
Uncas dobbiamo essere presenti."
Hopocan
sembrava astuto. "Perché Chemames e sua figlia
pensano che ciò le riguardi."
Uncas
era confuso. "In che senso?"
Tankawun
ebbe la grazia di arrossire. "Neanche io ne sono
sicura. Mia madre non gradisce questi pettegolezzi con la ragazza e
pensa che
influiranno negativamente su di te."
Chemames
intervenne. "C'è molto da dire riguardo a quella
molle ragazza bianca, Uncas."
Nathaniel
parlò. "Il suo nome è Alice e adesso è
mia
cognata." La sua voce aveva un suono gelido. "Non permetterò
a
nessuno di calunniarla, poiché adesso lei è la
mia famiglia."
L'anziana
donna Lenape guardò aridamente Nathaniel. Era ovvio che
lei aveva una bassa opinione di lui. Nathaniel era stato istruito,
grazie
all'esperienza, sin da un'età molto giovane, a capire quando
le persone stavano
disprezzando mentalmente il suo sangue bianco.
"Quindi,
in quanto suo fratello," lei ebbe
una nota di sarcasmo nei confronti di Alice, "sicuramente devi guidarla
e
darle istruzioni su come comportarsi. Lei cammina nel nostro
accampamento senza
nessun pensiero di -"
"Io
l'ho portata qui e Uncas l'ha scortata fino a casa. Non
era senza accompagnatore." La voce di Nathaniel era irritata.
Tuttavia,
Chemames non si sarebbe scoraggiata. "Mi è chiaro
che la ragazza è priva di un'educazione da parte dei
genitori."
"I
suoi genitori sono morti. Suo padre è stato ucciso dagli
Huroni sul sentiero di guerra."
Chemames
non sembrò troppo compassionevole, probabilmente
perché
suo marito era stato ucciso dai soldati inglesi.
"Allora,
dato che adesso tu sei il capofamiglia, è tuo dovere
raddrizzare i suoi modi perversi! Non ci può essere rimedio
al fatto che sia
bianca. Ma sta causando scandalo con le sue azioni. Ha all'incirca la
stessa
età di Tankawun, abbastanza grande ormai per sposarsi.
Cioè..." Il labbro
della donna si arricciò leggermente. "Se qualche uomo la
vorrà."
Nathaniel
cercò l'unico modo per salvare Alice da questo crudele
deprezzamento. Senza pensare lui sbottò, "La sorella di mia
moglie non ha
mai avuto difficoltà sotto questo aspetto. Era fidanzata
nella sua patria con
un uomo benestante, ma ha disdetto tutto."
Uncas
alzò lo sguardo, incredulo. Parlò in Mohicano, in
preda allo
stupore. "Questo non l'avevo sentito."
Nathaniel
fissò suo fratello. In queste ultime settimane, dal suo
matrimonio con Cora, Nathaniel si era sentito giù di corda
con Uncas e lui
sapeva che era a causa di Alice.
"Non
era un vero fidanzamento, mi è stato detto. Lei aveva
acconsentito e scoprì che erano incompatibili,
così lei ha rotto in silenzio
con l'uomo," Nathaniel disse questo. Lui aggiunse, "Avrei voluto non
dire niente, ma qualcuno deve difendere Alice da parole così
scortesi."
L'implicazione
era molto chiara. Nathaniel sapeva che era stato
ingiusto, poiché questo era semplicemente il carattere di
Uncas. Sempre calmo.
Un mediatore.
Uncas
non disse niente. Guardò a terra e si concentrò
sui suoi
pensieri.
A
questo punto Chemames sembrava aver capito che aveva
oltrepassato il limite da indignata a inequivocabilmente dura, a
giudicare dagli
sguardi freddi che stava ricevendo dagli uomini nel wigwam. Sembrava
nervosa e
a disagio.
"Questa
cosa sarà risolta adesso. Ho deciso," disse
Chingachgook in tono molto severo. "Ho già parlato con mio
figlio riguardo
alla ragazza Yengeese. Adesso risolveremo la faccenda per la quale sei
venuta
qui, in cerca di una risposta, Chemames. Uncas." I suoi occhi si
rivolsero
al suo figlio minore. Uncas alzò lo sguardo.
"Chemames
venne da me prima della fine della stagione calda e
ha parlato del matrimonio tra te e Tankawun. Lei ha esposto le sue
ragioni, e
su molti punti concordo. Il padre di Tankawun adesso è con i
suoi antenati, e
con il Grande Spirito. Era mio amico. Sarei orgoglioso di avere la sua
figlia
maggiore come mia figlia."
Nathaniel
respirò profondamente e guardò di traverso
l'apertura
del wigwam. Hopocan fissò il suo amico senza muoversi,
assorto nei suoi
pensieri. Uncas annuì lentamente e in silenzio
esortò suo padre a continuare.
"Tuttavia,"
Chingachgook disse questo lentamente.
"Mio figlio è rimasto in silenzio di fronte a tutte queste
voci, le voci
critiche e quelle ben intenzionate. Mostra saggezza e moderazione.
Quindi ora
devo chiedergli di dare la sua risposta finale riguardo al matrimonio
con
Tankawun, se lui è pronto e se il suo cuore è
libero da pesi o rimpianti."
Uncas
teneva lo sguardo fisso di suo padre mentre le sue parole
affondavano. Se lui avesse scelto Tankawun come moglie, la sua vita
sarebbe
stata semplice, priva di percorsi inaspettati. Forse avrebbero potuto
diventare
abbastanza felici. Suo padre sarebbe stato felice con Uncas sistemato,
con dei
nipoti.
Uncas
ci pensò su in silenzio per lungo tempo e sentì
maturare la
sua risolutezza. Era arrivato a una decisione.
Sedendosi
lentamente, lui guardò Tankawun, che lo osservava con
infantile fiducia e adorazione, proprio come faceva quando era una
ragazza
allampanata di 12 estati. Uncas provava affetto per la ragazza,
mescolato a
tristezza.
"Tankawun,
vieni fuori con me."
Chemames
annuì entusiasta. "Sì", disse lei, "Vai
con Uncas, figlia mia."
Qualche
minuto dopo i due giovani ragazzi stavano percorrendo i
sentieri innevati vicino alla foresta, lontano da occhi indiscreti.
Tankawun si
era impacchettata stretta nella sua pelle d'orso nera.
"Uncas?"
chiese Tankawun a voce bassa dopo diversi
minuti. Uncas si fermò e si voltò verso di lei.
"Tankawun,
mi dispiace che la gente abbia parlato in quel
modo, e che ti abbiano pressata," disse Uncas in Delaware. "Anche io
concordo con molte delle cose che ha detto mio padre."
Tankawun
alzò lo sguardo, i suoi occhi brillanti di speranza, e
fece un ardente passo verso Uncas.
Uncas
scosse la testa. "Tankawun. Perdonami. Ma non posso
sposarti. Non sarebbe giusto. Non quando io non provo le stesse cose
per
te."
Il
viso di Tankawun attraversò una rapida serie di emozioni. La
sua prima reazione iniziale fu shock totale, poi
incredulità, imbarazzo, prima
di conformarsi a un sofferente sguardo di accettazione. Fece un respiro
tremante.
"Allora
sono vere? Le voci? Uncas? Hai dato il tuo cuore a
una ragazza Yengeese?" Il suo tono di voce non era derisorio o
disgustato.
Lei parlava come una che voleva la verità finale.
"Torniamo
dentro," fu la solitaria replica di Uncas
mentre la neve danzava e roteava intorno a loro, colorando il mondo di
bianco.
Uncas
si sedette nel wigwam vuoto della sua famiglia, aspettando
Nathaniel. Gli ultimi 2 giorni erano stati pieni di eventi. Dopo che si
era
saputo che Uncas aveva rifiutato l'offerta di Chemames relativa al
matrimonio
con sua figlia, l'anziana donna sfortunatamente si offese. A partire
dal
mattino seguente, la notizia si era diffusa come fuoco selvaggio.
Chingachgook,
per la maggior parte del tempo, aveva gestito tutto
senza problemi, e non aveva fatto nessun tipo di commento. Si era
comportato
come se avesse trovato tutta la conversazione noiosa e disgustosa.
Hopocan era
pronto ad usare parole taglienti ogni volta che vedeva qualcuno che
fissava
Uncas o sussurrava. L'unica buona notizia era che il pettegolezzo stava
morendo
rapidamente.
Uncas
non ha voluto ferire o umiliare Tankawun. Aveva fatto quello
che poteva per risparmiarle questo. Diede la colpa solo a se stesso e
prontamente ammise che Tankawun sarebbe stata una buona moglie. A
questo punto
non era pronto per sposarsi, fu la sua risposta finale.
Nathaniel
entrò a grandi passi con noncuranza, borbottando per il
freddo fuori. Sedendosi di fronte al suo fratello minore, Nathaniel
osservò
Uncas speranzoso.
"Beh,"
disse il fratello maggiore in inglese, "la
nostra permanenza all'accampamento non è stata noiosa, per
non dire
altro." Nathaniel si lasciò sfuggire una risatina ironica e
Uncas sorrise,
annuendo.
"Volevo
parlarti, fratello," disse Uncas tacitamente.
Nathaniel aspettò. "Di Alice."
A
queste parole, Nathaniel indietreggiò e guardò
suo fratello con
circospezione per alcuni istanti prima di parlare. "Perché
adesso?"
Uncas
sembrava inquieto e abbassò lo sguardo, verso le sue mani.
"Prima non era un buon momento," lui replicò.
"E
adesso lo è?" ribatté Nathaniel incredulo.
"Uncas, sarai pure mio fratello ma ciò non cambia il fatto
che tu l'hai
ferita profondamente. Eri più attento ai sentimenti di
Tankawun che a quelli di
Alice."
Uncas
alzò lo sguardo con aria di sfida. "Questo non è
vero."
"Sì
invece," disse Nathaniel determinato. "Alice ha
corso dei rischi per venire qui a vederti. Non credo che molte ragazze
inglesi
farebbero lo stesso. Tu l'hai rifiutata; questo l'ha ferita. E' la
sorella di
mia moglie. E ora tutti sanno che è successo qualcosa tra
voi."
"Ammetto
di non avere la saggezza di nostro padre. Pensavo di
fare ciò che era giusto, ciò che ci si aspettava
da me," replicò Uncas, i
suoi occhi che nuotavano nella confusione.
Nathaniel
emise un sospiro e scosse la testa, non sapendo cosa
dire.
"Parlami
dell'uomo," giunse la voce di Uncas,
improvvisamente.
"Quale
uomo?"
"L'uomo
che Alice avrebbe dovuto sposare in
Inghilterra."
"Beh..."
disse Nathaniel lentamente. "Io ho sentito
solo dei pezzettini della vicenda da mia moglie. Non credo che lei
sappia
l'intera storia."
"Dimmi
quello che sai, fratello. Lei non me lo ha mai
detto."
"Alice
non ne parla quasi per niente." Sedendosi dritto,
Nathaniel cominciò. "Il loro padre ha organizzato tutto.
Cora disse che
Alice sembrava contenta all'inizio. Il nome dell'uomo era Jeremy
qualcosa o
altro. Non era un fidanzamento ufficiale, o ciò che diavolo
significa. Del
tipo, qualcosa che non è stato annunciato."
Uncas
inclinò la testa, il suo sguardo intenso, ma non disse
niente. Nathaniel proseguì.
"Dopo
un po', un allontanamento cominciò a nascere tra Alice
e l'uomo inglese. Ci fu una discussione e Alice annullò
tutto quanto."
Nathaniel concluse il suo racconto, sentendosi inadeguato.
"Tutto
qui?" chiese Uncas, con le sopracciglia inarcate.
"Cosa
ti aspettavi che ti dicessi, fratello?" Nathaniel
replicò un po' sulla difensiva. "Che Alice è
andata in totale crisi e lo
ha gettato da una finestra? Gli ha detto di andare al diavolo e questa
è stata
la fine di tutto."
Gli
occhi di Nathaniel si indurirono mentre fissava intensamente
Uncas. "Che cosa stai progettando, fratello?"
"Che
intendi dire?"
"Credo
di non essere in vena di giochi per bambini, Uncas.
Che cosa progetti di fare, adesso che è stato deciso che non
sposerai la
piccola Tankawun?"
Uncas
guardò negli occhi blu luminosi di suo fratello e per un
momento li paragonò a quelli di Alice. Stabilì
che gli occhi di lei erano di
una tonalità più chiara rispetto agli occhi di
suo fratello. Ricordò la prima
volta che lui aveva fissato gli occhi di lei sulla George Road. Lui
aveva
lasciato liberi i cavalli e aveva notato con divertimento come una
sciocca
ragazza li aveva inseguiti, con un urlo. Afferrandole gli avambracci,
infastidito, lui aveva fissato il suo sguardo su Alice.
Ancora
ricordava con chiarezza, dopo tutte queste lune,
l'impressione che gli aveva fatto, come i grandi occhi di lei
sembravano
turbinare con la luce, come gli erano venuti in mente il cielo e
l'acqua
limpida in un giorno d'estate; tutte le cose belle.
Era
un dolore così squisito, amare qualcuno così
ferocemente e
profondamente e sentirlo cadere più in profondità
in un abisso. Cosa sarebbe
successo se Alice fosse partita per l'Inghilterra? Che sarebbe successo
se
avesse trovato un buon uomo che la facesse felice, e si fossero
sposati? Il
pensiero sopraggiunse rapido come un colpo al ventre. Lo scosse
così
profondamente che Uncas guardò in basso, lontano dallo
sguardo inflessibile di
suo fratello. Questo deve essere stato il sentimento che Alice aveva
provato
dopo che se n'era andata, l'ultima volta che si erano visti.
Il
rimorso che ogni tanto era risalito in superficie, sopra tutta
quella meschina confusione, si impennò e lo fece sentire
sconvolto e
riprovevole. Nathaniel aveva ragione. Aveva pensato a così
tante cose, ad essere
un buon figlio, a non offendere Tankawun e sua madre... non a fare
felice Alice
o ad apprezzare pienamente la profondità dei suoi sentimenti
per lui, o il
percorso che aveva fatto per vederlo.
"Ebbene?"
chiese Nathaniel in modo penetrante,
interrompendo le fantasticherie di Uncas. Uncas scosse la testa
lentamente, non
volendo o non riuscendo ad articolare tutto questo in parole. Nathaniel
esaminò
la faccia di suo fratello e inclinò la testa con
curiosità.
Come
sempre, in quanto fratello legato a lui più profondamente
che
dal sangue o dalla stessa razza, Nathaniel sapeva.
Uncas
osservò mentre Nathaniel fece un lungo respiro e
annuì.
Alzando lo sguardo, i loro occhi si incontrarono.
"Voglio
che tu sappia, Uncas," disse Nathaniel a voce
bassa, passando al Mohicano, "che Alice è una ragazza rara
da trovare. E'
tra le persone più fedeli e generose che io abbia mai
incontrato. Certo, è
testarda come un mulo e cocciuta, ma... quello che prova per te - non
si è mai
fermato. Avrai il mio sostegno, se scegli di riconquistarla. Credo che
possiate
rendervi felici l'un l'altra."
"Portami
con te per vederla," disse Uncas, i suoi occhi
decisi. Il viso di Nathaniel si aprì in un accecante sorriso.
"E'
divertente, fratellino. Lei mi disse quasi la stessa,
identica cosa, una volta."
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James
stava fuori dal casolare accanto a sua moglie, tentando di
spalare un po' della neve che portava a un sentiero, verso il loro
casolare.
Arrivato, lui strofinò la fredda guancia di lei e le diede
un lungo bacio che
la fece sghignazzare.
"Ancora
freddo, tesoro?" chiese lui gentilmente.
"No,
amore. Non con te al mio fianco," replicò lei, la
sua voce delicata e contenta.
Continuarono
a camminare finché il sentiero sembrò sgombrato
di
recente. Annabel sollevò la testa preoccupata, stringendosi
contro il cappotto
scuro mentre guardava il cielo senza sosta, mormorando che la neve in
arrivo
avrebbe reso vani i loro sforzi.
"Non
importa, ragazza. Se nevica, noi sgombriamo di nuovo il
sentiero," disse James semplicemente. Questa era la sua filosofia di
vita,
non affliggersi troppo per l'inevitabile.
"Come
stanno le sorelle?" chiese improvvisamente a sua
moglie, fermando Annabel mentre si stava voltando per andare di fretta
nel
casolare.
"Abbastanza
bene. Alice sta rammendando, e Cora si occupa
della cucina."
"Bene."
James annuì, scansandosi i capelli biondi e
togliendosi i cristalli di neve dalla chioma.
Annabel
si avvicinò a suo marito e avvolse le sue braccia intorno
a lui, facendo cadere la sua testa sul suo petto. Con un sospiro felice
James
tirò il suo cappotto più saldamente intorno a lei
e la tenne stretta.
"Ricordi
quando ci siamo incontrati per la prima volta tutti
quegli anni fa?" sussurrò lui, accarezzandole i capelli
scuri.
Annabel
annuì. "Sì. Ti ho chiesto se avevi fame quando ti
ho
trovato nelle scuderie e tu soltanto mi fissavi."
"Ero
timido."
"No,
non lo eri."
"Lo
ero," insistette James. "Mi hai rubato tutte le
parole quando il mio sguardo cadde su di te. E tu mi hai portato nelle
cucine e
mi hai fatto servire un pasto caldo... Ti guardavo mentre parlavi con i
cuochi
e i domestici. Non c'era superiorità o disprezzo nella tua
voce quando parlavi
con loro."
"Mmm..."
Annabel fece un dolce mormorio, ricordando quei
giorni a lungo dimenticati.
"Camminavi
con tale facilità e maniere. Ti sedevi con le tue
mani piegate sulle ginocchia, così dolce e appropriata," lui
proseguì,
dandole un dolce bacio sulla fronte gelida. Annabel allungò
il collo in su per
guardarlo. "Mi tormentava, il pensiero di volere questa ragazza della
società benestante che sapevo di non poter mai avere. Sapevo
di non avere
niente da offrirti."
"Un
giorno nel giardino, dopo il buio," lui continuò in
un setoso sussurro. "Ti ho baciata." James catturò le labbra
di sua
moglie con le sue, teneramente. "Così," lui
sussurrò.
James
la tenne più stretta, il suo respiro nebbioso nell' aria
frizzante. Lui ricordava così, in modo così
chiaro, la speranza che si diffuse
attraverso il suo intero essere, quel giorno nella sua
gioventù in cui la
bellissima figlia del suo datore di lavoro gli disse che lo amava, che
lo
avrebbe amato sempre, che lo avrebbe seguito dovunque lui fosse andato
in
questo mondo.
Erano
ancora nella tarda adolescenza quando si sposarono in
segreto e partirono per le colonie. Annabel impacchettò i
suoi beni più
preziosi e i gioielli nel suo baule, insistendo che lei non avrebbe
preso
niente che appartenesse ai suoi genitori. Il furto,
specialmente nei
confronti della propria famiglia, è imperdonabile, disse
lei.
All'inizio
la vita era stata così faticosa e imprevedibile, le
loro sfide formidabili. All'inizio erano stati nelle locande e nelle
pensioni a
Filadelfia, incapaci di decidere cosa fare. Annabel non sapeva nulla di
come
cucinare e pulire e dipendeva unicamente da suo marito, e James era
incapace di
trovare un lavoro adatto per avere un reddito. Si divisero il denaro
che
avevano, che era scarso. Per molti giorni non ebbero cibo.
Ma
James era sempre ottimista. Aveva sempre pensato di essere un
artigiano di qualche tipo, come lo era stato suo padre, forse un
muratore o un
calzolaio. All'inizio pensò al lavoro in una fattoria
durante una notte
d'estate talmente soffocante che lui era rimasto a torso nudo accanto a
sua
moglie addormentata, sudando come un cavallo, incapace di fare qualcosa
per
calmare l'incredibile calore o i morsi della fame nella sua pancia. Lui
sentì
il dolore più terribile, più disperato, sapendo
che sua moglie deve aver
provato le stesse sensazioni, ma scelse di non dire niente.
Sarò
un agricoltore,
pensò lui
improvvisamente. James decise di imparare quello che poteva, di
lasciare la
città e mettere su una fattoria. Annabel era una ragazza di
città, ma si
sarebbe abituata. Ne era sicuro. James imparò come meglio
poteva e ascoltò i
discorsi dei commercianti per i quali lavorava, con i loro modi rozzi,
e presto
partirono per la Valley e costruirono la loro casa.
"Ti
rendo felice?" sussurrò Annabel improvvisamente,
intromettendosi nelle sue riflessioni.
"Sì,
sempre. Ogni giorno," James replicò con la massima
garanzia e convinzione. "Tu sei l'altra metà di me."
Annabel
lo guardò negli occhi e disse con una voce piccola,
incerta che era diversa da lei. "E' solo che... il mio desiderio
più caro
per il quale prego costantemente è avere dei figli, per te.
Un giovanotto che
ti assomigli."
"Io
preferisco una signorina che assomigli a te, specialmente
se si dà le arie come fai tu, amore," disse James,
sogghignando. Lui
assunse un'espressione seria. "Annabel, se il buon Signore decide di
benedirci con dei figli, sarà meraviglioso. Ma tu rendi
completo il mio mondo,
soltanto essendovi presente. Ti suggerisco di togliertelo dalla testa.
I figli
verranno quando Dio lo vorrà e se non sarà
così, tu sarai ancora la mia piccola
regina nel nostro piccolo feudo, che vive nel nostro piccolo regno."
Annabel
fece una risata di pancia. "Tu... tu sono anni che
non lo dici, penso," disse lei, asciugandosi le lacrime di gioia che le
cadevano dagli occhi.
James
le diede dei baci leggeri come le piume sulle labbra, guance
e collo, sussurrando, "Il nostro piccolo regno che è il
Paradiso sulla
terra, con narcisi e gigli che fioriscono d'estate per il cortile della
mia
Regina, e castelli di ghiaccio in inverno..."
Stavano
ancora ridacchiando incontrollabilmente e appoggiandosi
l'uno contro l'altra per non scivolare, quando James si mise dritto e
socchiuse
gli occhi verso il sentiero che conduceva al loro casolare.
"Robert?"
chiese ad alta voce, mentre il suo amico
avanzava lentamente, tremando, verso la coppia.
"Non
ti ho visto da settimane, Robert. Ero intrappolato
dentro con il freddo e la neve. Che c'è?" chiese di nuovo
James con
trepidazione, osservando attentamente Robert Lancaster
poiché sembrava
insolitamente fosco.
"La
malattia si sta diffondendo per la Valley," replicò
Robert sobriamente, mettendosi il moschetto attraverso la spalla. La
sua faccia
sembrava stanca.
"Malattia?"
chiese Annabel impaurita. "Quale?"
"La
febbre gialla, forse?" replicò Robert.
James
scosse la testa. "Ne dubito. Si attacca alle persone
dalle punture delle zanzare, ho sentito. Nei mesi caldi."
"Non
c'è nessuno di quegli insetti appestati in questo
periodo dell'anno," concordò Annabel delicatamente.
Robert
fece spallucce. "Sì, ma c'è una specie di febbre
biliare che sta devastando tutto. I Robertson hanno già
seppellito i loro due
piccoli."
Annabel
ebbe un sussulto di orrore e James scosse la testa
malinconico; entrambi ricordavano il bambino e la bambina che giocavano
nel
pascolo di mucche quando i loro genitori venivano a fare visita.
"Ha
colpito la fattoria dei Newsom, Gregory è guarito ma sua
moglie..." La voce di Robert si affievolì mentre Alice e
Cora si strinsero
a loro, sembrando preoccupate quando notarono che le facce degli uomini
erano
apprensive, e che Annabel stava piangendo.
Dopo
aver spiegato la situazione alle sorelle, discussero di ciò
che dovevano fare. Il signor Newsom era ancora debole e Priscilla
Newsom era nelle
sue ultime fasi. Robert Lancaster affermò che non poteva
andare dai Newsom
perché non osava rischiare di prendere la malattia,
preoccupato com'era per i
propri figli e sua moglie Margaret, che era di nuovo incinta.
"Dobbiamo
aiutarli!" disse Cora con convinzione,
strofinandosi le mani per scaldarsi, la sua sottile coperta non molto
utile
contro il freddo.
Annabel
annuì. "Concordo. James, tu devi metterti in viaggio,
in cerca di un dottore. Sono i nostri vicini, James."
"D'accordo,
cara. E' solo che non voglio lasciarvi sole,
ragazze..."
Robert
intervenne. "Verrò con te. Non andrò alla
fattoria dei
Newsom. Ho i miei bambini e una moglie a cui pensare, ma possiamo
prendere i
miei cavalli per andare a prendere il dottor Braddock. Lavora con i
Gesuiti. Ci
aiuterà."
"Dov'è?"
chiese James incerto.
"Betlemme."
James
poté soltanto restare a bocca aperta. "Betlemme?
Saranno nientedimeno due giorni a dorso di cavallo. Potremmo anche
andare a
Filadelfia." Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi.
Non voleva
lasciare sole le donne, dato che ci volevano almeno 3 o 4 giorni,
persino a
velocità a rotta di collo. Ma anche Annabel aveva ragione. I
Newsom erano i
loro vicini e lui non poteva pensare di stare a guardare, nascondendosi
dalla
malattia senza nome, mentre i loro vicini soffrivano e morivano.
"Va
bene. Robert, andiamo adesso. Vieni, dobbiamo
prepararci," James disse questo coraggiosamente mentre tutti correvano
dentro.
"Annabel,
c'è abbastanza cibo per tutta la settimana, anche
se penso che la cosa migliore sia che voi lo razioniate, ragazze,"
James
disse dal fondo del casolare mentre ricaricava la sua carabina e
oscillava la
cinghia che teneva il cassone di polvere sulla sua spalla sinistra.
Annabel
corse, riempiendo borracce d'acqua e cercando cibo
sostenibile, mentre le sorelle preparavano in tutta fretta le
borse.
Il
casolare era caldo e luminoso, ma nessuno lo percepiva. Il
pensiero della malattia che colpiva molte persone era un pensiero che
faceva
riflettere.
"Fatto,"
esclamò James, in piedi accanto al suo amico
Robert. Guardò le donne e la sua faccia era segnata dalla
preoccupazione.
Avanzando verso sua moglie, le diede un lungo bacio e si abbracciarono.
"Sii
coraggiosa, ragazza mia," lui sussurrò mentre
Annabel inghiottiva le lacrime.
"Lo
farò," replicò lei fittamente. "Io e le ragazze
ci prenderemo cura l'una dell'altra." Lentamente James si
allontanò da sua
moglie e i due uomini si diressero verso la porta.
"Alice!"
disse lui mentre faceva oscillare la porta
aperta. "Conosci la terra bene quanto me. Pensa alla fattoria, per
favore,
e dai da mangiare a Boadicea. Annabel e Cora, ve ne prego, prendetevi
cura del
casolare e della cucina."
Le
tre donne annuirono in silenzio. Si presero per mano e
osservarono, intontite, mentre i due uomini si
allontanavano
rapidamente, dirigendosi verso i Lancaster per cavalli e altre
provviste
alimentari, poi si sarebbero diretti immediatamente verso Betlemme.
Più
tardi, quel giorno, Alice si insinuò dentro il casolare
oscuro, battendo i denti per il freddo. Aveva appena finito di
trasportare più
legna dal mucchio, spalare la neve intorno al casolare e dare da
mangiare a
Boadicea.
Annabel
e Cora avevano pulito il casolare e stavano preparando il
brodo per cena; tutte loro facevano quello che potevano per astenersi
dal
pensare alla malattia e alla morte che si stava abbattendo sui loro
vicini.
Alice
si mise a sedere e si tolse il cappotto dalle spalle,
mettendolo sulla parte posteriore della sedia. Lei mangiò il
brodo con calma,
senza gustarlo. Era un brodo molto leggero, con solo poche verdure
filamentose,
ma dovevano razionare il cibo. Poi mise i gomiti sulla tavola e fece
riposare
la testa sulle sue mani.
"Stavo
pensando, ragazze," disse lei tristemente.
"A
cosa, sorella?" chiese Cora.
"Se
dovrei andare dai Newsom e prendermi cura di
Priscilla."
Cora
affondò profondamente nella sua sedia con un lamento,
mettendosi una mano tremante sugli occhi. Annabel scosse la testa e
guardò il
fuoco.
Cora
improvvisamente batté il suo pugno chiuso sul tavolo di
legno
con una forza sorprendente, facendo sferragliare le scodelle.
"Te
lo proibisco!" lei urlò, i suoi occhi feroci.
"Cora..."
mormorò Alice.
"No!"
replicò la sua sorella maggiore. "Alice, tu
hai molte, molte caratteristiche degne di nota, ma una forte
costituzione
fisica non è una di quelle. A Inverness e a Londra, quando
c'era una malattia,
tu eri sempre la prima a beccartela."
Cora
scosse la testa ferocemente. "Aspetteremo il dottor
Braddock. Vorrei aiutare i nostri vicini con tutto il mio cuore, ma non
hai
nessuna competenza medica. Ti metterai soltanto a rischio inutilmente."
Alice
sorseggiò il suo freddo bicchiere d'acqua e sentì
il liquido
scorrerle giù nella gola e nella pancia. Meditò
sulle parole di sua sorella, ma
poteva solo pensare a Gregory Newsom, solo e abbandonato, senza nessuno
che lo
aiutasse nel suo stato di debolezza, mentre si prendeva cura di sua
moglie
morente.
Alice
stava in piedi e andò a prendere la borsa di scorta di
James. Cominciò a infilarvi dentro piccole
quantità di pane, poi riempì due
caraffe con il coperchio, una con l'acqua e l'altra con il brodo
rimasto.
Il
viso di Cora cominciò ad arrossarsi mentre lottava contro la
rabbia travolgente che la scosse fino al midollo. Alzandosi, lei fece
la mossa
di correre verso sua sorella e di buttare quegli oggetti a terra.
Annabel
la fermò rapidamente con una mano, afferrandole
l'avambraccio sinistro, il suo sguardo austero ma comprensivo e di
risposta.
"Alice,
ti accompagnerò io," affermò Annabel e
cominciò
a imballare più oggetti essenziali, come coperte e persino
una piccola pentola
di ghisa. "Per il brodo," disse lei semplicemente mentre entrambe la
guardarono, interdette.
"No,
Annabel," supplicò Alice. "Vorrei che entrambe
steste qui, dato che io non tornerò per un po' di tempo. Non
riporterò la
febbre qui -"
"Mia
sorella ha ragione," disse Cora, guardando Alice.
"Andrò. Ho seguito un corso di formazione medica in Europa.
Dovete stare
qui e prendervi cura della fattoria e dare da mangiare a Boadicea."
Dopo
molte discussioni e dispute nel casolare, le sorelle si
infilarono un cappotto, si avvolsero delle coperte intorno, si misero
sulle
spalle i loro carichi e si incamminarono per il percorso lungo un
miglio, verso
i Newsom.
Un'ora
dopo, Annabel cucì uno strappo nell'abito di Cora con le
dita tremanti e sentì un colpo. Mettendo da parte l'abito,
corse avidamente
verso la porta e la aprì di getto; la sua faccia era
abbattuta quando vide chi
c'era là, in piedi.
"Chiedo
scusa, signora Stewart," disse un giovane
allampanato, lentigginoso; il figlio maggiore della signora Mason, un
ragazzo
di 14 anni di nome Stephen. Inclinò il suo vecchio cappello
sbrindellato.
"Sono solo venuto a vedere come voi tutti ve la stavate cavando. La
febbre
ha portato la moglie di Logan e il bambino in Cielo. Mia madre mi ha
mandato
per darvi un'occhiata, senza entrare in casa, ovviamente."
Annabel
si appoggiò alla porta per sostenersi. "Ci sono solo
io qui," replicò lei svogliatamente. "Mio marito e Robert
Lancaster
sono andati in cerca di un dottore. Cora e Alice sono andate dai
Newsom."
Stephen
Mason chinò la testa, i suoi occhi compassionevoli.
"C'è qualcosa che posso fare, signora Stewart?"
Annabel
sentì un sorriso curvare le sue labbra e non rispose per
un lungo momento. "Sei un bravo ragazzo, Stephen. Un buon figlio per la
tua madre vedova. E ti ringrazio, ragazzo mio, ma ora non
c'è niente che tu
possa fare per me. Soltanto andare a casa e prenderti cura della tua
mamma."
Stephen
prese il cappello dai suoi capelli rossi e lo roteò con
noncuranza tra le sue mani, sembrando ancora rattristato. "Va bene,"
lui concordò, poi fece una pausa. "Veramente non
c'è niente che possa
fare?"
"No,
ragazzo mio. A meno che tu non possa far materializzare
la presenza di mio marito e degli amici, o la
presenza del marito di
Cora."
Il
viso di Stephen si illuminò di curiosità
giovanile. "Lui
vive con i Delaware, non è vero, signora Stewart?" Annabel
annuì, fissando
il suolo.
"Ci
andrò."
La
testa di Annabel si alzò rapidamente, in modo comico.
"Cosa?" lei chiese.
"Andrò
all'accampamento indiano a prendere Nathaniel.
Suppongo che Cora abbia bisogno di suo marito e voi non dovreste stare
così
sola, per di più".
"Mio
caro ragazzo, ti ringrazio con tutto il mio cuore ma non
posso acconsentire. Quegli uomini rossi non accettano gentilmente il
fatto che
i Bianchi si aggirino nel loro accampamento. L'ho sentito da una fonte
affidabile. Cosa direi alla tua cara mamma che ha già perso
tuo padre? No,
Stephen."
Stephen
scosse la testa e si posò il vecchio cappello di suo padre
sulla chioma rosso fuoco. "Mamma mi dice sempre di aiutare chi ha
bisogno.
Tutti voi lo state facendo. Per di più, ho sempre voluto
vedere da vicino un
accampamento di uomini rossi. E' da quella parte, giusto?" lui
puntò il
dito verso il sentiero che conduceva al campo abbandonato.
"No,"
disse lei lentamente. "Al momento sono
nell'accampamento invernale, un viaggio della durata di un giorno verso
il
Susquehanna."
Stephen
rimuginò sulla cosa. "Vicino la contea di Castor?
Dove i fiumi si incontrano?" Annabel annuì.
"E'
un viaggio di circa un giorno ma se parto adesso, posso
campeggiare e accelerare il passo la mattina. Sarei là poco
dopo mezzogiorno,
suppongo."
"Stephen,
ragazzo mio, per favore ripensaci," disse
Annabel debolmente.
"Porterò
Nathaniel e chiunque altro voglia aiutarmi. Per di
più, dovrebbero sapere che la febbre mortale sta spazzando
la Valley."
"Molto
probabilmente già lo sanno, Stephen Mason!"
"Prendetevi
cura di voi, ora", disse Stephen
allegramente, poi cominciò a fischiettare mentre si
incamminò per il sentiero
diretto verso il fiume, con la neve che turbinava follemente intorno a
loro.
Annabel lo guardò a bocca aperta, poi chiuse la porta
delicatamente.
Annabel
si mise a sedere a tavola, infelice, mentre la luce del
fuoco moriva e non aveva lo spirito nemmeno per alzarsi e alimentare il
fuoco.
Fissò il focolare senza vederlo e pregò per suo
marito, per Alice e Cora, che
soltanto pochi mesi prima erano arrivate da estranee ed erano diventate
insolitamente a lei così care.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Stephen
Mason trascinò i piedi sulla neve, il
suo vecchio moschetto arrugginito nella mano destra, mentre si
avventurava in
profondità, nei boschi innevati. Fischiettò una
melodia vivace per non battere
i denti. Si era accampato e aveva acceso un fuoco nel bosco la notte
precedente; aveva persino avuto una buona quantità di sonno,
alzandosi quando
era sorta l'alba.
Era
già passato mezzogiorno, pensò lui, ed era
esausto e mezzo congelato per aver camminato di buon ritmo per ore.
Il
suo cappello a tricorno, la sua pistola e
le sue scarpe erano tutte cose che una volta erano appartenute a suo
padre e
lui borbottò quando sentì la neve penetrare nei
fori irregolari delle suole e
congelare i suoi piedi. Mamma mi
scorticherà vivo, pensò lui,
incidentalmente; lei era terrorizzata dal
fatto che il suo figlio maggiore prendesse freddo.
"Oh,
guarda là. Fumo," disse a se
stesso ad alta voce, poi si strofinò le mani, sentendosi
terrorizzato, allegro
e incapace di resistere al fascino dell' ignoto. Era veramente
entusiasta al
pensiero di vedere l'accampamento in prima persona. A distanza aveva
visto che
indossavano vestiti così strani, avevano modi ingegnosi di
catturare gli
animali per sfamarsi, ed erano coraggiosi e fieri.
Aveva
anche sentito che i Nativi facevano
correre i loro prigionieri attraverso una sfida mortale, li
scorticavano e li
smembravano. Ma Stephen non era preoccupato poiché i
Gesuiti, e la mamma gli
avevano detto che quelli erano tutti sciocchi racconti messi in giro
dai coloni
terrorizzati, che li avevano temuti sin da quando si erano stabiliti
per primi
su questi lidi, più di un secolo prima. Sua madre gli aveva
detto che gli
uomini rossi volevano soltanto vivere in pace.
Mentre
si avvicinava all'accampamento, sentì
delle grida in una lingua sconosciuta e voci femminili che urlavano. Si
fermò,
perplesso. Stephen rallentò il passo quando il suo istinto
subentrò.
Camminando
nell'accampamento, mise le mani in
alto in un gesto passivo. La neve si era fermata e ora riusciva a
vedere
chiaramente i Nativi da vicino, e non sembravano felici. Lui osservava
affascinato mentre loro avanzavano verso di lui con questi abiti
particolari,
fatti di pelle di animali. Le donne e i bambini si ritirarono e
improvvisamente
si trovò di fronte a un gruppo di uomini, tutti con gli
archi e le frecce
puntati verso di lui.
Stephen
aveva una caratteristica che odiava -
la sua risata indotta dalla paura. Non ci poteva essere rimedio; ogni
volta che
si sentiva vivace o impaurito aveva l'abitudine di fare delle risatine
nervose.
Sfortunatamente, in passato, ciò gli era valso un labbro
spaccato o peggio
quando si era trovato di fronte alla persona sbagliata, e
lottò disperatamente
per contenere la risata che stava gorgogliando nella sua gola.
Tenendo
le mani in alto, lui disse, "Non
intendo farvi del male, amici...miei. Miei rossi...ehm...miei rossi
confratelli."
Le
sue parole gli valsero un colpo affilato al
collo dalla freccia di un giovane ragazzo, che lo guardò in
un impassibile,
terribile silenzio.
Senza
distogliere lo sguardo dal mare di volti
dalla pelle di rame, e senza abbassare le braccia, Stephen fece cadere
lentamente la cinghia del suo moschetto, dalle sue spalle al suolo,
comunicando
in silenzio agli uomini che si stava solo disarmando.
Uno
degli uomini anziani afferrò il suo
moschetto e poi scortarono Stephen fino all'accampamento, colpendolo
con le
loro frecce e spingendolo con le loro mani forti.
"Va
bene, va bene," brontolò Stephen
mentre veniva maltrattato. "Non dovete fare tutto questo. Bada - Bada a
dove punti quello, uomo!"
Ignorandolo,
i guerrieri lo spinsero giù a
terra di fronte a una fila di fuochi al centro del campo. Stephen
scosse la
testa con un sospiro e osservò gli abitanti
dell'accampamento. Notò una piccola
ragazza che lo fissava da dietro la gonna di una donna.
"Ciao!"
disse lui, facendo segno
allegramente. La ragazza fece un respiro terrorizzato e corse dentro
una patta
di copertura che conduceva a una strana, piccola casa rotonda.
Gli
uomini si guardarono intorno
reciprocamente e mormorarono, e uno si picchiettò
leggermente la testa,
annuendo.
Devono
aver pensato che fosse qualche idiota
vagabondo, comprese Stephen, ma meglio pensare questo di lui, piuttosto
che
pensare che fosse un pericolo. Probabilmente
pensano anche che io sia qualche demone, con i miei capelli rossi e le
lentiggini. Fece un movimento per alzarsi e fu spinto in modo
burbero,
gettato a terra.
"Bene,
fate come vi pare, signori,"
disse Stephen, facendo spallucce. Fece una pausa e disse chiaramente,
"Sono
venuto in cerca di Nathaniel Poe."
Tutti
lo fissarono senza espressione e lui
cercò di descrivere l'uomo. "Occhi...blu?" lui
indicò i propri occhi
blu. "Alto!" Mise una mano in alto nell'aria. "Bianco. Si è
anche appena sposato, con la bella Cora Munro."
"Longue
Carabine," replicò un
anziano uomo Lenape che si era rasato i capelli neri in una lunga
ciocca di
capelli che gli ricadeva lungo la parte posteriore della testa. L'uomo
abbassò
il suo arco e freccia per una frazione di secondo.
"No,
Cora," Stephen affermò.
Improvvisamente
la folla si divise e Nathaniel
camminò a grandi passi rapidamente verso di lui con un altro
gruppo di giovani
ragazzi.
"Ah,
eccoti!" disse Stephen
entusiasta. "Ti ricordi di me? Stephen Mason, signore, al vostro servi
-"
Nathaniel
non aspettò che il ragazzo finisse.
Lo afferrò per il braccio e lo tirò su, dicendo
parole calmanti alla folla
riunita. Muovendosi rapidamente, andarono verso una delle abitazioni
coperte di
corteccia. Nathaniel spostò il lembo e spinse dentro il
giovane uomo in modo
spicciativo.
Stephen
cadde in un mucchio con una smorfia e
guardò l'interno affascinato, notando il mais essiccato e le
piume e le perline
che abbellivano la dimora, i gusci di tartaruga che pendevano da fili
di corda.
Mosse una mano curiosa per toccarli quando una voce severa
schioccò nell'aria
come una frusta –
"Ragazzo.
Non toccare."
Stephen
sobbalzò e voltatosi, fissò due uomini
anziani indiani che lo stavano guardando severamente da terra, dalla
loro
posizione a gambe incrociate. Nathaniel e due altri giovani si erano
uniti a
loro, rendendo lo spazio molto ristretto.
"Le
mie scuse. Volevo solo vedere che
cosa potreste fare possibilmente con i gusci di tartaruga,"
spiegò lui,
sogghignando agli uomini. Ci fu una pausa.
"Sonagli,"
replicò uno degli uomini
anziani, con i tatuaggi allineati che gli segnavano la faccia, con il
suo tono
di voce sdegnoso.
"Ah,"
replicò delicatamente Stephen.
"Capisco."
"Hai
un cuore coraggioso, signor
Mason," interruppe Nathaniel, scuotendo la sua testa scura con uno
sguardo
torvo. "Hai perso la testa? Perché sei qui?"
"Beh..."
incrociò le gambe
sperimentalmente, osservando gli altri uomini. "A proposito, il mio
nome è
Stephen Mason. Piacere di conoscervi tutti." Stephen fece a tutti loro
un
amichevole cenno di saluto, ma nessuno replicò.
"Sono
Uncas, il fratello di Nathaniel. Mi
ricordo di te. Sei il figlio di John Mason." Un giovane uomo indiano
con
alte sopracciglia arcuate disse questo. Stephen replicò che
anche lui si
ricordava di Uncas.
"Anicus.
Benvenuto," replicò un
altro giovane uomo in un inglese rozzo, facendogli persino un piccolo
sorriso.
"E
mio padre e Hopocan."
Nathaniel fece
rapidamente un cenno agli
uomini anziani che stavano ancora seduti in silenzio, guardando Stephen
come
una coppia di falchi guarderebbe un coniglio ferito. "Perché
sei qui,
Stephen?" Nathaniel insistette.
"Subito.
Ecco, la signora Stewart mi ha
mandato a cercarti."
Gli
occhi dei giovani uomini si acuirono e
loro si sporsero in avanti. "E' tutto a posto?" chiese Uncas
intensamente,
esaminando la faccia del ragazzo.
"Come
sta mia moglie? Gli Stewart?"
chiese Nathaniel urgentemente.
Stephen
fece una pausa per un lungo momento,
ricordando la faccia preoccupata di sua madre mentre infagottava la sua
sorellina Lucinda a letto, preoccupata che la febbre sarebbe arrivata
alla loro
fattoria.
Alzando
lo sguardo verso gli uomini, disse, "La
febbre ha spazzato tutta la valle. Non l'avete sentito?"
Nathaniel
lo fissò, incredulo. "La febbre
è a nord, suppongo. Una guida proveniente dall'altro
accampamento attraverso le
colline è venuta da noi con la notizia pochi giorni fa. Non
qui, ragazzo."
Stephen
scosse la testa. "Ha fatto fuori
delle persone. I Robertson hanno perso i loro figli. James e Robert
Lancaster
si sono messi in viaggio per trovare un dottore per i nostri vicini
moribondi.
Ritengo che sia importante che voi tutti sappiate che la febbre
è qui."
"Grazie,"
disse Uncas lentamente e
il ragazzo fece un cenno con la testa. "E come sta la moglie di mio
fratello, e sua sorella? E la signora Stewart?"
"Beh,
la signora Stewart è da sola alla
fattoria adesso. Lei mi ha mandato -"
"Perché?"
esplose Nathaniel.
"Dov'è mia moglie?"
"Le
sorelle sono andate alla fattoria dei
Newsom a circa un miglio di distanza per occuparsi di Priscilla e
Gregory
Newsom, che si sono ammalati per la febbre. La signora Newsom sta
morendo," Stephen spiegò, chinando tristemente la testa.
Ci
fu una pausa nervosa.
"Vuoi
dirmi ..." chiese Nathaniel
lentamente. "Che mia moglie e mia cognata sono andate in quella casa
infestata dalla febbre?"
Stephen
fece un prudente cenno col capo.
Nathaniel sembrava preoccupato e impaurito. "Vieni ragazzo. Andiamo,"
disse lui, cominciando ad alzarsi.
Il
lembo del wigwam si aprì e Stephen notò una
donna che sbirciava dentro, con gli occhi che vagavano su tutti loro.
Lui
sorrise, ma la sua proposta fu respinta poiché la donna lo
guardò in malo modo.
Nathaniel
ruotò gli occhi e strinse i denti
quando Chemames avanzò verso il già affollato
wigwam, la piccola Tankawun che
sbirciava dentro.
"Allora,"
disse Chemames a Nathaniel
in Delaware, aggrottando le ciglia, "il nostro accampamento deve essere
invaso da ogni sciocco adolescente Yengeese della regione?"
Uncas
parlò, la sua faccia impassibile, ma
Nathaniel notò il timore dietro il suo sguardo. "E' arrivata
la febbre. Il
ragazzo ci ha fatto un grande favore venendo ad avvertirci. Mio
fratello e io
adesso dobbiamo andare a vedere sua moglie."
"Soltanto
la moglie di tuo
fratello?" Chemames sghignazzò, ma Uncas scosse la testa.
"E
anche Alice."
Chemames
sembrava offesa e oltraggiata.
Stephen lottò per trattenere un sogghigno per
l'atteggiamento arrabbiato della
donna. Lui non riusciva a capire una parola della conversazione, ma
sapeva che
la sua comparsa aveva causato un trambusto.
Alzando
lo sguardo, lui guardò la bellissima
ragazza indiana che aveva una tale sorprendente somiglianza con la
donna più
anziana che poteva soltanto essere sua figlia. L'abitazione era
scoppiata in
una discussione.
"Ciao,
carina," Stephen disse alla
ragazza, sopra il frastuono.
Nathaniel
aggrottò le ciglia. "Smettila,
Mason," ordinò lui prima di voltarsi a ribattere a qualcosa
che la
stridula donna aveva detto.
"E
di' a quel ragazzo con i capelli
brutti di smetterla di guardare con aria sciocca mia figlia!" Chemames
ruggì nella sua lingua. "Non è un pezzo di carne
in una mangiatoia!"
Uncas
scosse la testa e guardò suo padre e
Hopocan, che sembravano imperturbati. Alzandosi, lui disse in Delaware,
"Andiamo, fratello. Prendiamo quello che possiamo per quella famiglia e
riportiamo indietro le donne."
Improvvisamente
Tankawun parlò. "Verrò e
vi aiuterò." I suoi pensieri si fecero preoccupati quando si
ricordò della
ragazza bionda e desiderava aiutarla in qualche modo. Tankawun non
nutriva
risentimento nei confronti della ragazza Yengeese.
Gli
occhi di Chemames scintillarono
pericolosamente. "Tu, figlia, ritornerai nel nostro wigwam e starai
lì.
Non sarai contagiata dalla febbre di alcuni Yengeese di cui non siamo
tenute a
preoccuparci."
Tankawun
replicò con calma. "Madre,
conosco molte erbe e ho aiutato la nostra guaritrice. Il Signore della
Vita ci
proteggerà."
"Andiamo.
Perdiamo tempo," Nathaniel
intervenne.
Chingachgook
adesso parlò in Delaware affinché
tutti ascoltassero. "Andate, figli miei. Ma fate attenzione a non stare
troppo vicini a chiunque sia infetto. Anicus vi porterà
dalla guaritrice
dell'accampamento. Lei vi darà le erbe necessarie. Dovete
fare un brodo,
dipende dalla gravità della malattia."
Gli
uomini cominciarono ad alzarsi
silenziosamente quando Chingachgook aggiunse, "Se non ho notizie di
tutti
voi entro due giorni, oppure se le vostre notizie sono tristi,
andrò io
stesso."
I
suoi figli annuirono e tutti cominciarono a
partire. Stephen si alzò goffamente in piedi e disse a tutti
loro addio.
"Grazie
per essere venuto, ragazzo
Mason," disse Chingachgook in inglese, annuendo. Stephen sorrise e
annuì.
"Le
tue scarpe," giunse la voce
burbera dell'altro uomo, Hopocan. "Sono danneggiate."
Stephen
guardò in giù ed era leggermente
imbarazzato mentre guardava le sue tristi, vecchie scarpe consumate che
avevano
dei buchi, ed erano troppo grandi.
"Sono
il mio unico paio," spiegò
Stephen. "Appartenevano a mio padre."
Hopocan
disse qualcosa ad Anicus, che
immediatamente corse fuori dal wigwam, ritornando in un attimo con un
paio di
scarpe morbide che sembravano fatte di pelle di cervo. Lui le porse a
Stephen.
"Per
me?" chiese Stephen, e fu
stupito e gratificato mentre l'altro ragazzo annuì.
"Grazie!
I miei piedi si congelano sempre
in inverno." Con un sorriso, Stephen buttò fuori le sue
vecchie scarpe e
si mise quelle nuove con un'espressione felice.
"Mocassini,"
disse Chingachgook,
annuendo. Anicus fece un movimento per raccogliere il vecchio paio di
scarpe,
ma Stephen se le portò vicino al petto. "Va bene
così. Le voglio. Erano
del mio papà."
Il
gruppo lasciò il wigwam in un tumulto -
Chemames che sbraitava a sua figlia, i giovani uomini ignoravano il
tutto
mentre camminavano vivacemente in cerca della guaritrice, parlando
sulle grida
della donna.
Chingachgook
e Hopocan non erano soli e si
guardarono a vicenda prima che Hopocan facesse un grugnito di
divertimento,
scuotendo la testa in modo derisorio.
"Che
stranezza di ragazzo, con i capelli
rosso fuoco," disse Hopocan dopo un po'. "Mi piaceva. Ha
spirito."
Chingachgook
concordò mentre i suoi pensieri
deviarono verso i ragazzi e Tankawun. Hopocan glielo lesse facilmente.
"Staranno
bene," Hopocan disse in
Delaware. "Invocherò il Signore della Vita per la
protezione."
"Facciamo
i legami di tabacco,"
disse Chingachgook e gli uomini si prepararono per meditare.
Fu
il pomeriggio seguente quando gli uomini e
Tankawun emersero dalla radura che conduceva alla fattoria degli
Stewart.
Tankawun
era infagottata con le pelli d'orso
contro il freddo, tenendo un cesto di medicine preso dai guaritori
dell'accampamento. Le sue dita erano intirizzite per il freddo mentre
fissava
il casolare oscurato e la fattoria circostante.
"Non
penso che qualcuno sia qui..."
lei sussurrò nella sua lingua nativa ai fratelli, che poi
accelerarono il
passo.
Nathaniel
corse dentro, chiamando Annabel e le
sorelle. Uscendo fuori, disse al gruppo riunito che il casolare era
davvero
abbandonato.
Uncas
era emerso dal fienile. "La mucca è
là. Annabel le ha lasciato abbastanza cibo per giorni. Non
si aspettava di
tornare immediatamente quando è partita."
Nathaniel
cercò di pensare e alla fine chiese
a Stephen dove sarebbe potuta essere la signora Stewart.
Stephen
strascicò i piedi contro il suolo
coperto dalla neve e fece spallucce, riflettendo. "Beh, so che se io
fossi
al posto della signora Stewart non vorrei stare seduto a casa ed essere
inutile. Suppongo che sia andata a casa dei Newsom. E' a circa un
miglio di
distanza da qui. Tua moglie e sua sorella erano là. Lei me
lo ha detto."
"Andiamo,
allora," affermò
Nathaniel, poi si voltò e parlò gentilmente a
Tankawun in Delaware. "Penso
che la cosa migliore sia che tu rimanga qui, Tankawun. Ti
preparerò un fuoco e
mi assicurerò che tu sia sistemata."
Tankawun
scosse la testa ostinatamente, ma
sembrava affaticata. "Vorrei dare una mano. La nostra guaritrice
Tallegewi
mi ha mostrato come fare il brodo. Se tua moglie o le altre donne si
ammalano,
dobbiamo tenere una cerimonia di guarigione e cercare di costruire un
piccolo
alloggio sudatorio. E' una fortuna che noi siamo così vicini
al fiume
congelato."
"Che
cosa c'è là?" chiese Stephen
con curiosità, indicando il suo cesto intrecciato. Tankawun
comprese le sue
parole e replicò che esse erano delle speciali erbe curative
e offerte di
tabacco per gli spiriti, tra le altre cose. Nathaniel tradusse mentre
loro
affrettarono di nuovo il percorso, dirigendosi verso casa dei Newsom.
"Spiriti?"
chiese Stephen
curiosamente, quasi inciampando su una radice di albero.
Uncas
annuì. "Noi crediamo che gli
spiriti abitino in ogni cosa, nella natura. Ogni animale che uccidiamo
per
mangiare, ogni ramo che tagliamo, noi preghiamo lo spirito che vi
abita. Essi
sono chiamati manetu. Le erbe
lì
dentro servono a uno scopo speciale, insieme al brodo. Deve essere
preparato
attentamente e mosso nella direzione in cui la luce del sole viaggia
quotidianamente - da est a ovest."
"Oh...
sembra interessante. Speriamo che
non dovremo usarle," Stephen replicò mentre coprirono
più terra.
Tankawun
era veramente stanca e questo
rallentava considerevolmente il loro avanzamento. Circa un'ora dopo,
Stephen
indicò un camino fumante e una fattoria piuttosto grande.
Una staccionata in
legno circondava il perimetro della fattoria e tutti loro videro una
donna dai
capelli scuri all'esterno, che stava gettando l'acqua di una grossa
bacinella
nella neve.
Nathaniel
fece un desideroso passo in avanti.
"Cora!" chiamo lui, guardando la donna voltarsi lentamente.
Era
Annabel, la sua faccia pallida e segnata
dalla preoccupazione. "Ragazzi!" lei chiamò e
accennò un sorriso
quando si alzò.
"Signora
Stewart, siamo andati a cercarvi
nella vostra fattoria," disse Stephen mentre si affrettò ad
andarle
incontro e prenderle la bacinella dalle mani.
"Non
potevo sopportare il pensiero di
lasciare le ragazze da sole, qui," replicò Annabel con
angoscia evidente.
"Il signor Newsom è ancora molto debole, e non penso..." il
suo
respiro si bloccò. "Non penso che Priscilla
supererà la notte."
Uncas
entrò nel casolare, notando le finestre
di vetro, la luce del fuoco che danzava contro le pareti di legno.
Aggrottò le
ciglia poiché l'odore dei malati assalì i suoi
sensi.
Contro
la parete del casolare c'era un lungo
mucchio di fieno e delle coperte su di esso; in posizione prona, c'era
un
piccolo uomo che tremava, anche se il casolare era caldo. Cora era
inginocchiata accanto all'uomo, tenendogli la mano.
"Uncas?"
giunse la voce di Cora,
mentre lei lo guardò sbattendo le palpebre, meravigliata.
Nathaniel corse da
sua moglie e l'abbracciò stretta.
"Dov'è
Alice?" chiese Uncas prima
che potesse fermarsi.
"Qui..."
lui sentì la sua voce e
avanzò lentamente verso il letto, all'estremità.
Alice era seduta accanto a una
donna robusta, le asciugava la fronte febbricitante mentre la donna si
girava
irritabilmente per il delirio. Uncas si sforzò di sentire il
debole borbottio
della donna.
"Amy...dove..."
la donna si
lamentava nel sonno, agitandosi e tremando.
"Alice,"
lui sussurrò, comprendendo
appieno le sue maniche
arrotolate, il suo volto tirato, i suoi capelli raccolti; ciocche
flosce di
capelli che le si attaccavano ostinatamente sulla fronte per il sudore.
Lui si
sentì sopraffatto dall'emozione nel vederla apparire
così triste e sconfitta.
"Il
signor Newson stava bene, poi
improvvisamente è crollato di nuovo. Si sta riprendendo
lentamente. Penso che
la signora Newsom ci stia lasciando. Forse stanotte,"
sussurrò Alice,
continuando a fare i bendaggi sul viso rovente della donna con la pezza
umida.
"Quali
sono i suoi sintomi?" chiese
Uncas, toccando con un dito il collo della donna e notando il suo
battito
debole.
"Sta
andando a fuoco per la febbre, ma
trema di freddo. Prima di cadere in questo delirio, si lamentava di una
sete
estrema, ma la sua gola è chiusa. Non riesco a farle bere
niente." Alice
posò la pezza nella bacinella d'acqua e sospirò,
facendosi scorrere le dita sulla
tempia. Dopo un momento, proseguì.
"Non
può essere febbre gialla. Quella
viene nei mesi più caldi. O scarlattina; non ci sono
eruzioni cutanee rosse su
nessuno dei due. Non è morbillo, e non è sifilide
-"
"Shh...
siamo venuti per aiutare. Adesso
riposati, Alice," mormorò Uncas, che la fissava ancora.
Alice
scosse la testa e poi si voltò, facendo
un triste sorriso a Stephen Mason. I suoi occhi slittarono da quelli
del
ragazzo per un momento e un'espressione chiusa, attenta è
arrivata sul suo
viso.
Uncas
si voltò e osservò mentre Tankawun si
avvicinava ad Alice, con gli occhi compassionevoli.
Pronunciò alcune parole
delicate e le ragazze si salutarono.
Nathaniel
fece grandi passi verso il letto con
Cora e poi presentò ad Alice le erbe che loro avevano
portato. Alice annuì in
silenzio, i suoi occhi si spostavano da Tankawun a Uncas, prima di
cominciare
in silenzio la pulizia del viso della signora Newsom.
Ore
dopo, Nathaniel sostenne il signor Newsom
mentre Cora gli versò in bocca il brodo che Tankawun aveva
preparato. Tankawun
era seduta vicino al fuoco, gettandovi dentro pezzetti di corteccia e
piante;
la stanza si riempì di una fragranza legnosa, di pino, e si
sentivano mormorii
di parole.
"Che
sta facendo?" chiese Annabel
mentre lavava lenzuola sporche in una grande bacinella d'acqua. Stephen
guardava tutto questo in silenzio mentre aiutava Annabel.
Uncas
e Alice erano ancora seduti accanto a
Priscilla Newsom, che aveva preso una svolta per il peggio. Uncas
replicò
semplicemente, "Per protezione."
Nathaniel
fornì dei particolari. "Sta
bruciando il cedro rosso per respingere gli spiriti maligni."
Tankawun
si alzò in piedi con un'espressione
concentrata e prese dal suo cesto pezzetti di ciò che
sembravano radici nodose
e le mise da parte. Esaminando silenziosamente il casolare,
indicò alcuni
recipienti di vetro su un tavolo vicino al focolare e parlò
a Uncas.
Srotolandosi
lentamente dalla sua posizione
accanto alla signora Newsom, Uncas prese rapidamente i recipienti e li
riempì
d'acqua con la grande caraffa che stava sul tavolo, posizionando un
recipiente
sul pavimento vicino al signor Newsom, ancora indebolito e
addormentato, e un
altro delicatamente a terra, vicino al letto occupato da Alice e dalla
donna
malaticcia.
Allo
stesso tempo, Tankawun cominciò
attentamente a scuotere le radici di tutta la sporcizia, e le
pulì con un
angolo della sua pelle con estrema attenzione. Stando in piedi, lei
pose
cautamente una radice nel recipiente accanto al signor Newsom, e si
accovacciò
a terra accanto al letto, posizionando l'altra radice in quel
recipiente.
Ritornò al suo posto accanto al fuoco e si mise seduta, come
se stesse
aspettando.
Gli
Inglesi nella stanza sembravano molto
perplessi. Soltanto Nathaniel e Uncas trovavano ciò
estremamente naturale.
Il
tempo passava. Tankawun si alzò
silenziosamente ed esaminò ciascuna delle radici presenti
nei rispettivi
recipienti per lunghi istanti.
Alzandosi,
lei parlò agli uomini in Delaware.
"Il marito vivrà. Le radici galleggiavano e i miei sensi mi
dicono questo.
La moglie non vivrà. Ho pregato Mannitto ma non c'
è nulla da fare. Ora
pregherò soltanto affinché il suo trapasso sia
veloce e indolore, e affinché
lei si ricongiunga ai suoi padri con un cuore aperto e senza rimpianti."
"Lei
ha avuto molti problemi nella sua
vita. Il suo cuore era appesantito da questo," disse Tankawun in
aggiunta,
e si inginocchiò accanto al signor Newsom, prendendo la sua
mano fiacca.
Nathaniel
diede l'infausta prognosi in inglese
a vantaggio degli altri abitanti del casolare, e Alice chinò
lo sguardo sulla
sua paziente, in un'incredulità stordita. "No..."
sussurrò.
Alice
condivise degli sguardi frenetici con
sua sorella e Annabel. "Tankawun, sono sicura che tu puoi aiutarla! Non
tenterai?"
"Già
lo ha fatto, Alice," replicò
Uncas, sedendosi accanto a lei. "Abbiamo fatto tutto il possibile."
"E
io vi ringrazio tutti, ma lei non può
morire. Il dottor Braddock presto sarà qui. Forse
porterà un pastore. Non può
allontanarsi da questa vita senza che le venga data l'estrema unzione!"
Gli
altri non dissero niente per un momento,
finché Cora andò vicino a suo marito e disse in
una voce che suonava priva di
forza, "Alice, dobbiamo riposare. Abbiamo fatto ciò che
potevamo."
Cora
si alzò improvvisamente e andò in cerca
di qualcosa in un baule, nell'estremità opposta del
casolare. Riuscivano a
sentirla frugare per alcuni istanti, prima che lei venisse fuori con un
libro
pesante, posandolo sul grembo di Alice. Era una bellissima Bibbia,
ideata
riccamente. Alice sembrava sollevata.
"L'
ho trovata mentre cercavo trapunte di
ricambio," disse Cora mentre si sedette di nuovo accanto a suo marito,
adagiando la sua testa sulla spalla di lui. "Sembra che sia pregiata e
molto antica. L'interno mostra i nomi e le date di nascita e le date di
morte
di ciascun componente della sua famiglia."
Alice
fece scorrere un dito attraverso la
lunga lista di nomi in una scrittura a mano minuta, arrivando ai nomi
più
nuovi. I suoi occhi si fermarono quando lesse –
Amy
Clara Newsom, figlia di Gregory & Priscilla 1737-1743 Eterna
Luce
Oltre
alla data di morte, qualcuno aveva
scritto con un inchiostro sbiadito,
Il
mio
amatissimo tesoro.
Alice
sentì che stava per piangere quando
guardò la pagina, pentendosi di tutte quelle volte che aveva
pensato male della
sua vicina, quando la povera donna sofferente aveva superato delle
difficoltà
con le quali lei, nella propria cieca gioventù, non poteva
reggere il
confronto. La perdita della sua unica bambina...
Aprendo
la Bibbia, lei cercò i Salmi, e Cora
pregò Alice di leggere qualcosa ad alta voce per l'anima di
Priscilla Newsom,
che molto probabilmente avrebbe lasciato tutti loro quella notte.
Alice
lesse qualcosa dal libro e trovò
consolazione. Poi Nathaniel, Uncas e Tankawun cominciarono a
pronunciare ad
alta voce, nella loro lingua, parole di fede e di conforto.
Alice
scivolò sul pavimento con la Bibbia
ancora poggiata sul proprio grembo e lasciò cadere la testa
sulla spalla di
Stephen Mason, che era seduto tranquillo vicino a lei. Alzando lo
sguardo,
Alice guardò negli occhi neri di Uncas e cercò di
sorridere, poi chiuse gli
occhi e cercò di respirare mentre pregava.
Fuori,
la Luna si avvicinò da dietro le
nuvole, mentre la notte avanzava e gli abitanti pregavano intensamente,
per
superare questi giorni crudeli.
Molto
più tardi quella notte, Alice era ancora
seduta nella stessa posizione, con la schiena appoggiata al letto,
mentre
osservava il lume di candela vacillante che Cora aveva messo su uno dei
bauli
accanto al focolare. La candela non sarebbe durata molto più
a lungo.
La
mano fredda di Priscilla giaceva penzoloni
accanto a lei e Alice avvolse le sue calde dita intorno alla mano e
premette
una guancia sul palmo della donna. Strizzò i suoi occhi
chiusi. Vivi... pensò
fervidamente. Ma era
inutile; Alice sapeva per esperienza, dal respiro agitato e affannoso
della
signora Newsom, che la donna stava vivendo le sue ultime ore.
Alice
percepì la stanchezza su ogni pollice
del suo corpo. Tutti loro avevano assegnato le porzioni di quel po' di
pane che
Alice aveva portato con sé, ma ciascuno di loro aveva ancora
fame.
Adesso
Alice prese il tempo per domandarsi
perché Tankawun aveva accompagnato i ragazzi.
Notò che Uncas era estremamente
gentile e cordiale con la ragazza, persino quando Alice non riusciva a
comprendere la loro strana lingua, ma aveva anche notato come i due
mantenevano
una distanza attenta e che c'era un'atmosfera di imbarazzo tra loro.
Quindi,
perché lei era qui? Erano sposati? Era
una strana sensazione; Alice trovò difficile guardare la
ragazza Lenape che era
stata favorita con tale leggiadria, ma allo stesso tempo le piaceva e
la
rispettava. Era buona con tutti, soprattutto con i Newsom, una famiglia
di
bianchi che lei non aveva mai incontrato, gente che molto probabilmente
non
avrebbe mai alzato nemmeno un dito per correre in suo aiuto, se le loro
posizioni fossero state invertite. Alice ricordò la signora
Newsom che chiamava
gli Indiani "selvaggi", con
tale ripugnanza e disprezzo...
Scuotendo
la testa bruscamente al suo treno di
pensieri, Alice fece cadere la mano della signora Newsom e si
alzò in piedi.
Alice
si sporse lentamente in avanti,
controllò gli organi vitali della donna e la
coprì in modo più sicuro con la
trapunta.
"Come
sta?" giunse la voce
sussurrata di Uncas che era apparso silenziosamente accanto a lei.
Alice
sobbalzò.
"Sta
bene... Voglio dire, sta morendo...
ma sembra dormire più pacificamente," disse Alice
velocemente, agitata
dalla sua presenza.
Voltandosi
lentamente, Alice scivolò giù sul
pavimento e trascinò le ginocchia verso il suo petto,
lisciandosi attentamente
la sua gonna sulle caviglie e allontanandosi da Uncas. Aspettava che
lui
raggiungesse Nathaniel.
Con
suo stupore, Uncas si sedette
disinvoltamente accanto ad Alice e, dopo un momento,
cominciò a far scorrere la
punta delle dita delicatamente lungo la morbida pelle dell'avambraccio
di lei.
Alice si sentì il sangue accelerare dal nervosismo puro.
"Alice..."
sussurrò lui,
delicatamente.
"Cosa?"
"Ho
bisogno di parlarti."
Alice
sentì un moto di rabbia. Lui l'aveva
ignorata all'accampamento mesi prima, l'aveva portata a credere che
avrebbe
sposato un'altra ragazza, era sparito per mesi, e adesso si degnava
nuovamente
di parlarle e di richiedere la sua attenzione.
"Adesso
non è il momento per qualsiasi
sciocchezza tu abbia in mente, Uncas," Alice sussurrò
duramente.
"Forse potrebbe esserti sfuggito, ma in questa stanza ci sono persone
che
stanno morendo. Mostra un po' di
rispetto."
Uncas
non disse niente, ma continuò
silenziosamente a trascinare le sue dita attraverso il braccio di
Alice. Alice
impazientemente allontanò il suo braccio da Uncas. "Basta,"
lei
ordinò.
Irritata
per le sue azioni, Alice chiese a
Uncas senza mezzi termini, "Cosa penserà la tua graziosa
moglie?"
Uncas
scosse la testa. "Non l'ho sposata,
Alice. Non voglio un'altra donna, eccetto una."
Alice
lo guardò brevemente dalle sue ginocchia
alzate. "E' vero?"
Uncas
confermò con un cenno del capo e
cominciò a parlare. Alice lo interruppe, il suo cuore troppo
pieno di emozione
per ascoltare ciò che lui aveva in mente di dire.
"Stavo...
pensando. Alla vita. E alla
morte. E a cosa significa," sussurrò Alice girando i suoi
occhi stanchi
verso la candela pulsante vicino al focolare che ora era molto basso.
Uncas
si appoggiò all'indietro, guardandola
attentamente. "Quali sono i tuoi pensieri, Alice?"
Alice
fu calma per un lungo momento e sembrava
raccogliere i pensieri. "Mia madre è morta dandomi alla
luce. Mio padre
non si è mai risposato, e non ha mai amato nemmeno un'altra
donna in vita
sua."
"Il
Grande Spirito voleva vederla, "
disse Uncas gentilmente, "e tuo padre si è ricongiunto con i
suoi padri,
nell'aldilà."
Alice
si voltò per guardarlo, i suoi occhi
supplichevoli. "Magari avessi la tua convinzione. Per tutta la vita mi
sono sempre sentita talmente in colpa e ho sempre desiderato
ardentemente il
calore dell'amore di una madre. Lei era bellissima. Cora le
assomiglia."
Alice sorrise tra sé e sé. "Ricci capelli scuri,
occhi scuri."
Priscilla
fece un altro lamento agitato e
Alice sentì l'ululato del vento fuori, che fece
scricchiolare i pannelli di
vetro. Tremando, si avvicinò a Uncas. Lui fece scorrere un
forte braccio
intorno alla schiena di Alice, ma rimase in silenzio.
"Spesso
ho pensato cose cattive nei
confronti della signora Newsom, in precedenza. Non puoi immaginare come
questa
cosa mi tormenti, ora. Quando lavoravo alla sua fattoria in autunno,
arrivavo a
casa e la prendevo in giro... non crudelmente, ma in modo sconsiderato,
di
sfuggita..."
Uncas
sembrava confuso. "Perché lavoravi
per lei?"
"Nathaniel
non te lo ha detto?"
chiese Alice, lo stupore evidente nella sua voce. Uncas scosse la testa.
Alice
sospirò. "Non importa ora. Ma
quello che sto cercando di dire è che Priscilla ha sofferto
molto in vita sua.
Ha perso la sua unica figlia e penso che questo l'abbia resa aspra. Se
lo
avessi saputo, non sarei mai stata così irrispettosa. Non
riesco a immaginare
qualcosa di peggio che perdere un figlio."
Uncas
appoggiò gentilmente la testa contro
quella di Alice, consumato dal profumo della sua pelle e dei suoi
capelli.
"La
morte è sempre una possibilità,
Alice. Niente è certo. Quando le persone a cui vogliamo bene
ci lasciano,
vengono a noi nei sogni per farci sapere che sono felici e in pace.
Dobbiamo
essere sicuri di seguire una strada corretta e non dobbiamo
allontanarci da
qualcosa di buono che il Signore della Vita ci manda durante il nostro
percorso."
I
loro occhi si incontrarono.
"Questo è ciò di cui devo
parlarti..." Uncas mormorò. "Alice."
Alice
allungò il collo per guardarlo più
chiaramente, e chiuse gli occhi languidamente mentre Uncas mosse il
braccio per
tracciare la punta delle dita lungo il lato del suo collo. Uncas la
guardava
con desiderio, mentre Alice respirava più a fatica, guardava
i suoi capelli di
Luna e le ciglia che le incorniciavano le guance.
Chinandosi,
le labbra di Uncas incontrarono
quelle di Alice per un lungo bacio che lasciò entrambi senza
fiato. Sedendosi
leggermente più indietro, Uncas afferrò il lato
del viso di Alice con il palmo
della mano e le diede un dolce bacio sul lato del collo.
"Voglio
stare sempre con te. Voglio che
tu diventi mia moglie," Uncas disse alla fine.
Alice
sobbalzò e Uncas comprese un fiume di
emozioni che le scorreva sul viso; lo shock, incredulità,
confusione, e
felicità.
"Dici
sul serio?" sussurrò lei,
l'incredulità nella sua voce.
"Sì.
Non dico falsità."
"E
Tankawun?" insistette Alice.
Uncas sembrò a disagio.
"Non
è la ragazza per me. Ci sei solo
tu."
"Ma
tu hai detto... Io pensavo...Uncas,
io vedevo..." Alice riusciva a mala pena a mettere insieme le parole a
questo punto, poiché la speranza cominciò a
riempirla completamente. Si mise a
sedere dritta, esaminando intensamente il viso di Uncas.
"Tankawun
è una brava persona. Io
rispetto lei e la sua famiglia. Le ho detto che non potevo sposarla.
Lei lo ha
accettato," disse Uncas, cercando di non sogghignare nel vedere Alice
che
balbettava. Lui si sporse in avanti, i suoi occhi intensi. Uncas
catturò la
mano tremante di Alice nella sua.
Alice
cominciò a sorridere. "Ma Uncas...
dove vivremmo? Tu sei un cacciatore, e io ho solo cominciato a imparare
come
contribuire a gestire una fattoria."
"Ti
insegnerò io. Ti mostrerò ogni cosa.
Mi porterai la più grande felicità della mia
vita. Sei tu quella che custodirò
gelosamente."
Poi
Alice sentì le lacrime pungerle gli occhi
e si appoggiò a Uncas, avvolgendogli una mano intorno al
collo. Lei pensò a
tutti quelli che aveva incontrato in vita, a come avevano amato, perso,
e a
come avevano reagito alla loro perdita. Papà, incapace di
amare un'altra donna,
ma che aveva riversato sulle sue figlie affetto e tenerezza. La signora
Newsom,
che non aveva mai lasciato andare il dolore per la perdita di sua
figlia. Il
caro Duncan, che aveva sacrificato la propria vita affinché
la donna che amava
potesse vivere e amare un altro. Annabel, che si era lasciata alle
spalle la
sua vecchia vita per imbarcarsi verso spiagge lontane, dove sarebbe
stata
libera di stare con l'uomo che l'adorava.
"Sì,"
mormorò Alice, senza dubbi
nella sua mente ora. Se era riuscita a sopravvivere alla morte della
sua
famiglia, un massacro, la malattia e la privazione, poteva vivere
felicemente
con Uncas. Lei ricordò che Annabel una volta le disse - come
la reputazione è
soltanto l'opinione del mondo e come voltare le spalle alla
felicità sia
vergognoso.
Uncas
strinse la sua presa su di lei.
Appoggiandosi al telaio del letto, Uncas e Alice parlarono sussurrando
di ciò
che avrebbero fatto, dove sarebbero
potuti andare, sorridendo l'uno negli occhi dell'altra. Uncas diede ad
Alice un
altro lungo bacio, dimenticando tutti intorno a loro.
Sbadigliando,
Alice si appoggiò al forte corpo
di Uncas e chiuse gli occhi mentre lui le accarezzava i capelli. Alice
strinse
forte la mano di Priscilla ancora una volta e recitò
un'altra preghiera per
l'anima della donna, mentre il sonno accompagnò Alice nel
mondo dei sogni.
Molto
presto, la mattina successiva,
Chingachgook camminò intenzionalmente a grandi passi con
Hopocan. Tutto ciò che
riusciva a sentire era lo scricchiolio della neve sotto di lui; la
terra
intorno a loro era completamente silenziosa.
Chingachgook
aveva deciso nel corso della
giornata precedente di cercare i suoi figli nella colonia. Non
desiderava
aspettare 2 giorni e Hopocan aveva coraggiosamente acconsentito ad
accompagnarlo. Era molto probabilmente annoiato. Questa era la norma.
Avevano
raggiunto la fattoria degli Stewart e
l'avevano trovata vuota. Poi monitorarono il passaggio del gruppo
attraverso la
foresta. Evidentemente, dopo aver trovato il casolare abbandonato, i
ragazzi
erano andati rapidamente verso sud.
Entrambi
gli uomini fecero una pausa, mentre
fissavano il terreno e il profilo del casolare, che offrì
loro la destinazione.
Hopocan
fece un piccolo sbuffo. "Arrivati
finalmente. Guarda come questi Yengeese hanno soldi da buttare via.
Guarda le
loro finestre di vetro e le dimensioni della loro fattoria. Possiedono
il
doppio della terra, come l'altra famiglia."
Chingachgook
annuì, facendo scorrere le dita
stanche sulla propria mazza da guerra che teneva appoggiata al petto,
dietro la
coperta di pelle d'orso. Gli uomini si spostarono in avanti
finché giunsero a
una delle finestre di vetro, e Hopocan tolse del ghiaccio e
dell'appannamento
con le dita per sbirciare dentro.
"Guarda."
Hopocan si voltò per fare
un gesto al suo amico, la sua espressione illeggibile.
Chingachgook
avanzò verso la finestra e scrutò
l'interno. Ciò che vide lo fece bloccare.
Vide
un uomo avvolto in coperte e trapunte, che
sbatteva confusamente le palpebre verso il soffitto, troppo esausto e
malato
per muoversi. L'uomo giaceva sopra a mucchi di fieno coperto. Non aveva
notato
gli uomini indiani fuori, alla finestra.
All'interno
del casolare, Cora e Nathaniel
giacevano sopra più coperte, entrambi addormentati, uno tra
le braccia
dell'altra. Tankawun era rannicchiata accanto al signor Newsom, allo
stesso
modo addormentato.
Rivolgendo
ulteriormente lo sguardo nella
casa, riuscì a distinguere il ragazzo dai capelli rossi
disteso in posizione
supina, la sua bocca spalancata e le vecchie scarpe di suo padre
appoggiate sul
petto. Il focolare accanto a lui sprigionava braci di luce che
pulsavano
debolmente, poiché il fuoco non era stato alimentato durante
la notte.
Alla
fine riuscì a malapena a vedere la sagoma
della ragazza Yengeese dai capelli biondi seduta a terra, con la
schiena
appoggiata al letto. Uncas era seduto accanto a lei nella stessa
posizione, e
le loro facce a riposo erano abbastanza vicine da toccarsi. La mano
arricciata
della ragazza giaceva sul pavimento tra loro, come pure quella di suo
figlio, e
a giudicare dalla loro posizione Chingachgook sapeva che si erano
tenuti la
mano per tutta la notte.
Chingachgook
fece un passo indietro, composto.
Sentì Hopocan dire a voce bassa, "Così giovani.
E' facile dimenticare quei
giorni; i giovani hanno le loro cure e preoccupazioni."
A
questo punto Chingachgook avanzò
furtivamente verso la porta d'ingresso, prevedendo di non trovarla
sbarrata,
mentre lentamente e silenziosamente la aprì. Entrambi gli
uomini entrarono
dentro.
Gli
occhi di Nathaniel si aprirono con uno
scatto e si mise dritto, in posizione verticale, la sua mano che
istintivamente
andò di lato per afferrare la lunga carabina, appoggiata
contro la parete di
fondo. Guardando obliquamente, lui chiese in Mohicano –
"Padre?"
Chingachgook
annuì e replicò, "Non ti ho
insegnato ad essere così impreparato."
Detto
questo, i due uomini entrarono nel
casolare. Hopocan andò ad alimentare il fuoco del camino e
Chingachgook
passeggiò con calma nel casolare, osservando mentre i
ragazzi lentamente si
svegliavano.
"Padre,
benvenuto," disse Uncas,
pronto, alzandosi in piedi mentre Alice si muoveva.
Chingachgook
andò dalla donna che giaceva nel
letto e fece aleggiare la propria mano sulla faccia di lei con
un'espressione
concentrata, prima di far ricadere lentamente la mano sul fianco e
allontanarsi
dalla donna bianca.
"Andata,"
disse lui semplicemente.
"Andata
dove?" chiese Alice, ancora
molto insonnolita. Si stropicciò gli occhi con un sussulto.
"Andata
a ricongiungersi con il Creatore
di Tutta la Vita," replicò Chingachgook e un calmo silenzio
cadde sugli
abitanti. Alice si alzò affrettandosi e fece capolino per
sbirciare la signora
Newsom. Uncas stava in piedi accanto a lei e Alice si
appoggiò leggermente a
lui.
"La
notte scorsa le ho tenuto la mano
mentre ero tra il sonno e la veglia," sussurrò Alice. "Giuro
che l'ho
sentita andarsene. Uno strano sentimento mi ha attraversata. Mi sono
anche
svegliata proprio ora da un sogno, in cui Priscilla Newsom stava
camminando
fianco a fianco con la sua figlioletta. Sembrava felice."
"Lo
è," confermò Uncas, avvolgendo
un braccio intorno alle spalle tremanti di Alice. "Hai fatto quello che
hai potuto. Ti sei assicurata che lei non lasciasse questa vita sola e
dimenticata."
Chingachgook
osservò il modo tenero in cui suo
figlio parlava con la giovane ragazza bianca, come lei lo fissava
intensamente... e lui si rassegnò a questo. Che Uncas aveva
scelto come moglie
e madre dei suoi figli una donna Yengeese, come sua compagna per la
vita. Aveva
sempre detto ai suoi figli che il cuore di un uomo non poteva essere
comandato;
questo lo aveva imparato e constatato durante i suoi giorni.
Ma
adesso la questione più urgente era il
corpo della donna Yengeese defunta e suo marito, che era ancora debole.
"Dobbiamo
esaminare il corpo. E' morta
per la febbre. Non può restare qui," disse Chingachgook in
inglese,
camminando verso la donna e coprendole gentilmente il corpo,
pronunciando
parole di preghiera.
Lo
sguardo di Alice era timido, la sua voce
esitante mentre si avvicinava a Chingachgook. "Come possiamo
seppellirla
se il terreno è congelato?"
"Non
lo facciamo," replicò
Chingachgook, serio. "Deve essere posizionata sopra la terra, coperta
con
dei massi, così gli animali non arriveranno a lei."
Alice
sembrava assolutamente inorridita,
scuotendo la testa mentre le parole le mancarono. Uncas le diede una
stretta di
incoraggiamento.
"Non
così, Alice," disse Uncas
dettagliatamente. "Costruiremo una bara per lei. Quando il suolo si
scongelerà, potrà essere seppellita. I massi la
proteggeranno dagli animali
selvatici. Questo è tutto quello che possiamo fare."
Alice
rabbrividì al pensiero di un cadavere
sopra la terra, poi improvvisamente si ricordò di Gregory
Newsom.
Attraversando
di corsa il casolare, Alice
cadde in ginocchio accanto all'uomo, sul suo giaciglio di fieno
improvvisato.
"Signor Newsom!" Lei notò con gratificazione che l'uomo era
vivo e
lucido.
"Dio
è veramente buono e misericordioso,
signor Newsom, per avervi risparmiato," sussurrò Alice,
toccando
delicatamente la mano dell'uomo. "Ma vostra moglie..."
"Lo
so, piccola... lo so." Sembrava
debole. "Si è ricongiunta alla nostra piccola Amy."
Alice
annuì delicatamente. "Avete bisogno
di qualcosa, signore?"
Uncas
e suo padre osservarono il dialogo in
silenzio. Chingachgook esaminò la ragazza, poi diresse la
sua voce verso suo
figlio –
"Allora,
hai scelto? La prenderai come
moglie?"
"Sì,
padre."
"Lei
acconsente?"
"Sì.
Costruiremo una casa in
primavera."
"E'
veramente questo ciò che entrambi
desiderate?" Uncas annuì.
Chingachgook
notò Tankawun che stava in piedi
di lato, a impacchettare il suo cesto con concentrazione, ma lui sapeva
che la
ragazza stava ascoltando.
"Allora
il mio cuore è felice per te, figlio
mio." Detto questo, Chingachgook si unì a Hopocan e fece i
preparativi per
rimuovere il corpo e occuparsi dell'uomo debole che avrebbe avuto
bisogno di
cure.
Più
tardi il sole stava scendendo
nell'orizzonte, quando il gruppo lasciò il casolare.
Chingachgook
e gli altri uomini avevano
costruito frettolosamente una bara di legno per la donna deceduta e ve
la
posizionarono dentro, nel bosco e con massi impilati sopra. Le donne e
Stephen
si affollarono intorno alla bara e pregarono. In seguito, Alice scrisse
il nome
di Priscilla Newsom nella Bibbia con semplicità, sotto il
nome di sua figlia.
Coprirono
per bene il signor Newsom e i
ragazzi lo sollevarono e tutti quanti si incamminarono verso casa degli
Stewart.
Cora
e Nathaniel camminavano vicini, appoggiandosi
l'uno all'altra per sostenersi. Cora si avvolse strettamente la coperta
addosso
poiché tremava, il respiro le usciva dalla bocca in sbuffi
di bianco.
"Nathaniel,
che facciamo adesso?"
chiese lei, stanca.
"Aspettiamo
fino a primavera e troviamo
una casa. Dobbiamo ancora decidere dove... ancora non ti piace il
pensiero di
dirigerci verso ovest?"
Cora
lo fissò da sotto le ciglia. "Non
posso concepire l'idea di vivere lontana da Alice. Adesso so che sembra
essersi
riconciliata con tuo fratello..."
Nathaniel
si sporse in avanti e la baciò
dolcemente, poi sospirò. "Tra loro c'è un legame
forte, moglie. Sono
sopravvissuti alla guerra, massacro, malattia... separazione. Staranno
bene.
Suppongo che dovremmo pensare a noi. A quale vita faremo insieme, e ai
bambini."
Cora
arrossì come una ragazzina, ricordando la
sua notte di nozze. "Bambini... Nathaniel, sarei così felice
con un
bambino."
Suo
marito sogghignò. "Mi sento allo
stesso modo." Il suo tono diventò serio.
"Cora,"
disse Nathaniel lentamente,
"vivere in questa terra ti ha dato un' idea abbastanza buona di come
sarebbe la vita. C'è sempre la possibilità di
malattie e guerre. La vita non
sarebbe facile. Ma io farei qualsiasi cosa per te. L'ho fatto sin da
quella
notte sotto le stelle, quando avevamo parlato dei Cameron."
Cora
si sentì ricoperta da amore e pace. La
sua vita era cambiata irrevocabilmente, ma in ogni modo aveva trovato
il suo
compagno in questo forte, determinato uomo americano che con lei era
tenero e
paziente.
"Che
cosa dobbiamo fare stanotte,
Nathaniel?"
"Ritornare
dagli Stewart. Domani
ritorniamo all'accampamento, poiché la madre di Tankawun
deve essere fuori di
sé per la preoccupazione. Dobbiamo discutere su cosa fare
con il signor Newsom.
Se tutto va bene, James ritornerà stanotte."
Cora
non rispose, e invece girò gli occhi
guardando in lontananza mentre il vento gelido le sferzava i capelli.
Per una
volta non pensò al futuro, ma al presente, e a quanto fosse
preziosa,
bellissima e incerta la vita.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Annabel
e James camminarono intorno al
perimetro del lago una volta congelato, mano nella mano.
"Quale
mese pensi che sia?" chiese
James, rompendo il silenzio.
Annabel
fece una pausa e gettò uno sguardo
intorno, pensando. Alla fine replicò,
"Direi
la fine di marzo, mio caro. Forse
persino aprile. Ieri ho individuato una coppia di oche, come anche
formicai;
anche la linfa ha cominciato a emergere."
James
annuì piacevolmente. "Non ho
dimenticato la nostra discussione sul grano che cresce. E' un tentativo
un po'
rischioso, ma ne parlerò con Nathaniel. Mi
aiuterà a ripulire un tratto di
bosco."
"Sarebbe
meraviglioso," replicò
Annabel, "ma tieni presente che molto probabilmente Nathaniel e Cora ci
lasceranno presto, in cerca di terra."
"Mi
ero dimenticato," disse James
con un lamento e una scrollata della sua testa bionda. "Anche se devono
ancora decidere in quale direzione andare."
"Veramente
non l'hanno deciso?"
"No.
Cora sta dimostrando di essere un
po' problematica a tal riguardo. Alla fine forse staranno vicino a
Uncas ed
Alice; e la nostra intrepida Alice non vuole dirigersi verso un qualche
lontano
ovest, guerra o non guerra."
Annabel
si appoggiò in modo riservato.
"Non dimentichiamo che è il luogo verso cui Chingachgook si
metterà in
viaggio, all'inizio dell'estate. Attraverserà i Monti
Appalachi; e ho la
sensazione che Alice non desideri... diciamo, disturbare
l'uomo."
James rise sotto i
baffi. "Sì,
non penso che Alice
si senta ancora a suo agio con lui. Ciò che ho sentito dire
per caso è che lui
era sempre stato molto severo con Alice e che praticamente l' ha fatta
scappare
dall'accampamento, quando era andata a trovare Uncas l'anno precedente
- povera,
coraggiosa Alice!"
Annabel
rise musicalmente mentre ricordava il
pandemonio di quel giorno. Dopo pochi istanti, diventò seria.
"Ma
Chingachgook ha fatto dei grandi
sforzi, direi, per rettificare la cosa. Uncas è
completamente cotto di Alice, e
sono certa che suo padre comprenda che non sarebbe prudente sembrare
meno
affezionato alla nostra ragazza."
James
fece spallucce. "E' molto gentile
con lei. Ti ricordi l'altro giorno, quando stavano camminando insieme e
hanno
parlato un bel po'? Alice è una ragazza dolce e le persone
sono attratte da
lei, come le api lo sono dal miele."
Annabel
improvvisamente si fermò e fece
scorrere un dito pallido, sottile sulla corteccia di uno dei pioppi che
circondavano il lago. Guardò quasi timidamente suo marito,
aprì la bocca per
parlare, poi si fermò scuotendo la testa.
"Che
c'è, bella moglie?" James fece
un sorriso sbilenco. "Hai qualcosa da dire al tuo povero marito? Sputa
il
rospo, ragazza."
Annabel
guardò in basso, verso i piedi e
rimuginò per un po', muta.
James
chinò la testa in atteggiamento
ipotetico. "Capisco..."
"Davvero?"
Annabel alzò lo sguardo,
spaventata.
"Sì,"
James fece uno sguardo ferito,
triste. "Mi stai lasciando per Gregory Newsom."
Annabel
colpì suo marito sul braccio,
sembrando di cattivo umore.
"E'
vero, " continuò James mentre
Annabel strofinava il suo braccio. "L'uomo ha finestre di vetro e quei
noiosi libri che a te piacciono tanto. Ammettilo."
"James
Stewart! Non è un comportamento da
gentiluomo parlare così. Il pover'uomo ha perso sua moglie
solo 2 mesi
fa."
"...
e tutta quella terra, le sue
preghiere e le sue maniere untuose."
Annabel
scosse la testa, chiedendosi per la
millesima volta dove volesse arrivare James con questi scherzi e idee
stupide.
"Intendi
dirmi che..." chiese James
supplichevole, con le mani piegate in atteggiamento di supplica,
"che non mi
lascerai solo per diventare la moglie di quel predicatore?"
Sua
moglie sospirò e girò gli occhi. "No,
James. Se il mio dirlo ti farà sentire più a tuo
agio, non ti lascerò. Mai,
nemmeno per un singolo giorno."
"Evviva!"
esclamò James
allegramente, poi si piegò in due, in un impeto di risatine.
Annabel aspettava
che finisse.
James
si alzò dritto in piedi, asciugandosi
gli occhi. "Io...io mi faccio ridere da solo. L'idea di te e lui. Ti
farebbe annoiare a morte."
"Se
hai finito del tutto di divertirti a
mie spese, in effetti c'è qualcosa che devo dirti."
James
avvolse in modo tonificante un lungo
braccio intorno alle spalle di sua moglie, poi la condusse verso un
tronco.
"Siediti,"
le ordinò gentilmente,
"ma non per molto tempo, eh? Odio stare seduto in silenzio, come se
stessi
in chiesa." Si sedette in attesa, con la faccia illuminata
dall'interesse
e da tracce di risata.
Annabel
posò il palmo della mano su quella di
suo marito e sembrava cercare dentro di sé le parole.
"Da
dove dovrei cominciare, caro..."
"Dall'
inizio," replicò James in
tono incoraggiante, dandole un piccolo bacio sul naso e sorridendole
gentilmente.
Annabel
si schiarì la gola. "Sono andata
a fare visita a Megan pochi giorni fa, quando tu eri fuori nei campi
con Uncas
e Nathaniel. Ho trascorso la mattinata con lei."
James
annuì, ma si chiedeva quale fosse
esattamente il punto della conversazione. I suoi pensieri cominciarono
a
vagare. A lui piaceva Margaret Lancaster, ma preferiva di
più parlare senza
sosta con Robert e bere alcolici con lui, fino a cadere stecchiti.
L'ultima
volta che Robert era tornato a casa ubriaco a mani vuote, senza essere
andato
né a caccia né a pesca, Meg aveva inseguito suo
marito intorno alla fattoria
con un manico di scopa; poi gliele aveva date di santa ragione.
James
sorrise per il tenero ricordo,
ripensando alle suppliche e alle risate di Robert.
"Mi
stai ascoltando?" chiese
Annabel, incrociando le braccia sul petto, sembrando scontenta.
"Ma
certamente, mio gioiellino, tesoro,
mia bella moglie!" disse James brillantemente. "Stavi dicendo che...
ehm...Qualcosa che riguardava Meg, e penso di aver sentito qualcosa su
Nathaniel."
Gli
occhi di Annabel si strinsero, "Tu
veramente mi sorprendi, James. Successivamente ho
detto che
sono stata un po' male e che Meg è riuscita a stabilire la
fonte del mio
malessere."
James
sembrava preoccupato. Si sporse in
avanti e abbracciò stretto sua moglie, spaventato.
"Che
cos'è, mio amore?" chiese lui.
"Devo andare di nuovo a prendere il dottor Braddock? Stai bene?"
"Più
che bene," replicò Annabel con
una voce smorzata, svicolandosi dallo stretto abbraccio di James.
"Meglio
più che mai. James..."
Annabel
guardò suo marito, con i suoi occhi
splendenti.
"Dio
ha risposto alle mie preghiere di
ogni notte. James, stiamo per avere un bambino."
James
si appoggiò all'indietro, esterrefatto.
"Un cosa?"
"Un
bambino, James! Un bambino tutto
nostro. Meg crede che nascerà in agosto."
"Un
bambino," disse James
delicatamente. "Un bambino piccolo."
Annabel
annuì, la sua faccia illuminata dal
sorriso più accecante e radioso che James avesse mai visto
sul grazioso volto
di sua moglie.
James
balzò sui propri piedi con un urlo
estasiante, lanciando il cappello in aria, cosa che di solito faceva
quando era
sopraffatto dalla felicità. Anche Annabel rise e si
alzò, gettando le braccia
intorno a suo marito. James la sollevò in aria e la fece
girare, ricoprendola
di baci sulla faccia.
James
si fermò, si allontanò da Annabel, cercando
la sua faccia e sembrando al di là delle parole. Si
guardarono l'un l'altra per
lunghi istanti prima di abbracciarsi, questa volta delicatamente. James
posò
una mano sulla parte posteriore della sua testa e sospirò.
"Vieni,"
mormorò James,
"diciamolo alle ragazze."
Annabel
annuì e sorrise. Afferrandogli la
mano, corsero su per il sentiero baciato dalla rugiada, diretti verso
il loro
casolare, ridendo, mentre uno stormo di oche volava in alto e il vento
sferzava
i capelli di Annabel intorno a loro.
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"Un
bambino!" urlò Cora con
un'animazione e un'eccitazione che non erano proprio da lei.
Cora
e suo marito sorrisero entrambi;
Nathaniel cominciò a stringere con forza la mano di James e
lo colpì sulla
schiena per fargli le congratulazioni.
I
coniugi Poe erano seduti al tavolo di legno
nel casolare, immersi in una discussione, quando gli Stewart
arrivarono.
Annabel si mise a sedere con calma, ma sorridente. Poi
cominciò a chiedere cortesemente
di Chingachgook e dello stato di cose nell'accampamento, ora che i
Lenape
stavano cambiando di nuovo i loro terreni di caccia, dato che la
primavera era
arrivata. Nathaniel era nel bel mezzo del rispondere che l'accampamento
si
sarebbe trasferito presto molto più vicino all'insediamento,
quando James aveva
cominciato a gridare del bambino.
"James..."
Annabel si lamentò,
arrossendo. Lui ignorò sua moglie.
"Sentite
tutti? Sto per diventare un
papà!" Sfrecciò eccitato per la stanza, tirando
fuori la sua bottiglia di
whisky dal ripostiglio, in un piccolo baule.
"Questo
è solo per le occasioni
speciali," si entusiasmò, aprendola e facendo un sorso.
Annabel
girò gli occhi. "Due giorni fa
non era qualcosa di speciale il fatto che tu e Robert andavate
gironzolando
ubriachi, dando spettacolo."
"Robert
Lancaster cadde nel fiume,"
spiegò Cora a suo marito, ridacchiando. "E... e poi James
pensò che sarebbe
stato divertente lasciarlo lì a nuotare per un po'."
Annabel
scosse la testa in un frustrato
raccoglimento. "Le urla dell'uomo mi portarono dal casolare al fiume.
Affermo che l'intera Valley debba aver sentito le sue bestemmie. Nel
frattempo,
mio marito, dimostrando il calibro di amico che è e la
profondità del suo
cameratismo, lo stava colpendo con le ghiande dalla riva del fiume."
"Sì,"
disse James in tenero ricordo.
"Ho dovuto ripescarlo fradicio come una trota e lasciarlo a casa
sua."
Cora
andò a controllare l'andamento del pasto
serale, e girò lo stufato prima di richiamare gli altri.
"Amici, sono
fuori di me dalla felicità. Un bambino è una tale
benedizione, davvero."
"Sono
assolutamente d'accordo, signora
Poe," sogghignò James mentre stava passando la bottiglia a
Nathaniel.
"A pensare che alla fine dell'estate avrò un piccolo
principe o una
principessina che accompagnerà la mia piccola regina."
Annabel
sogghignò felicemente.
"Cora,
lo stufato che stai preparando
sembra molto invitante," mormorò Annabel dopo qualche
istante e Nathaniel
annuì piacevolmente.
James
si alzò e gettò sbadatamente la
bottiglia nel cesto di Alice, accanto al letto.
"James
- Quel cesto appartiene
ad Alice. Per piacere, togli cortesemente da lì la tua
bottiglia di alcool e
mettila al suo posto, grazie." Annabel disse ciò
severamente, ma James
fece semplicemente spallucce.
"Non
le dispiacerà."
"A
me dispiace," replicò Annabel,
aggrottando leggermente le ciglia.
Cora
si mise a sedere e improvvisamente si
intromise. "Dov' è andata mia sorella, a proposito? Sono ore
che non la
vedo."
"Sta
con Uncas, Cora. Starà bene,"
replicò Nathaniel.
Cora
tacque, sentendosi a disagio. Aveva
completa fiducia in Uncas, ma pensava che non fosse appropriato per la
giovane
coppia trascorrere così tanto tempo insieme, senza
sorveglianza.
"James
e io costruiremo una culla per il
bambino nei prossimi mesi," Nathaniel rivolse questa frase ad Annabel,
"e per qualsiasi altra cosa pensi di avere bisogno, non esitare a
chiedere, Annabel."
Annabel
sorrise brillantemente, poi la sua
espressione cambiò per la confusione. "Ma supponevo che voi
ci avreste
lasciati presto per stabilirvi verso ovest."
Nathaniel
e Cora si scambiarono silenziosamente
degli sguardi, prima che Nathaniel replicasse.
"Ci
abbiamo pensato su un bel po'. A
cos'è importante per noi e a cosa ci porterà il
futuro. Cora e io abbiamo
deciso di restare a est. Cercheremo la terra qui e costruiremo la
nostra casa.
La mia sensazione è che Alice sia a posto. Guerra o non
guerra, vogliamo stare
insieme, suppongo."
James
li illuminò con la sua espressione
esultante e Annabel sembrava sopraffatta dalla gioia.
"Amici
miei," mormorò Annabel,
"mi avete dato la notizia più bella che io abbia ricevuto da
molto tempo,
oltre a quella del bambino. Mio marito e io rispettiamo molto il vostro
pensiero di stabilirvi nella valle dell' Ohio e ne
approviamo la
solidità, ma la vita non è mai una promessa e si
dovrebbe dare più premura ai propri
cari, stando loro vicino.
Tutti
erano d'accordo su questa affermazione e
furono interrotti da un forte bussare alla porta.
Cora
credeva che fosse sua sorella e corse
rapidamente verso la porta, aprendola con prontezza.
"Oh!
Stephen, mio caro, pensavo che fosse
Alice. Prego, entra..." Cora si sentì leggermente delusa che
il nuovo
venuto non fosse la sua sorella minore smarrita.
Stephen
Mason entrò nella sua solita maniera, con
gli occhi sorridenti, fischiettando e roteando il suo vecchio, logoro
cappello.
Sorrise a tutti e fece un piccolo inchino.
"Stephen,
c'è il nostro uomo!" urlò
James e invitò il ragazzo a sedersi.
"Certamente,
signor Stewart, ma -"
"Nulla
di tutto ciò. Il signor Stewart
era mio padre. Da adesso, sai di chiamarmi James."
"Va
bene, allora. Siamo d'accordo. Ma
dove posso sedermi?"
Nathaniel
e James si alzarono in piedi e
immediatamente cominciarono a cercare qualcosa che fungesse da sedia.
Alla fine
James afferrò il baule di Annabel e lo mise in posizione
verticale, di lato,
accanto al posto di sua moglie.
"Tu
prendi la sedia, ragazzo, e io mi
siedo qui, vicino alla mia bella ragazza."
Dopo
che tutti si erano sistemati, Annabel chiese,
"Spero che tu rimarrai per cena, vero ragazzo?"
Stephen
annuì e sorrise felicemente, sentendo
il dolce profumo dello stufato di manzo. Si guardò intorno.
"Dov’è
Alice? Uncas?"
"Fuori,
a gironzolare per tutta la
Valley, da qualche parte," replicò James disinvolto, mentre
le donne
tirarono fuori le scodelle e i boccali e cominciarono a servire i
commensali.
Era anche incluso il pane che Annabel aveva sfornato prima. James prese
un
enorme boccone di stufato di manzo e patate e parlò
rumorosamente, con la bocca
aperta.
"Ah,
che bello essere giovani e
innamorati!"
Annabel
sembrava pronta a fargli una ramanzina
sulle sue atroci maniere a tavola ma si fermò, troppo
contenta per tormentare
suo marito. Intrecciando le proprie dita con quelle di lui, si
sorrisero a
vicenda.
Nathaniel
cominciò a dare una spiegazione
frettolosa agli abitanti del casolare; lui aveva dovuto aiutare a fare
i
preparativi per trasferire l'accampamento e spostarsi con loro verso la
Valley,
un processo che potrebbe richiedere all'incirca una settimana.
La
testa di Stephen si alzò velocemente,
poiché i suoi pensieri furono trasportati verso la deliziosa
ragazza Delaware
che aveva incontrato mesi prima.
"Credo
di poter venire e darvi una
mano," disse Stephen in quello che sperava essere un tono di voce
indifferente.
James
gettò la testa all'indietro e scoppiò a
ridere, piegandosi in due. Le donne sembravano divertite, ma lottarono
per
nasconderlo. Nathaniel sembrava impassibile, ma perplesso.
"Tu
lo fai, ragazzo," disse James,
ansimante per la sua allegria finita. "Ritorna da noi trafitto da 50
frecce, sufficienti per rifornire la nostra catasta di legna. O meglio
ancora,
ricopriti di catrame e piume come un pollo, quando andrai... Bene, dal
momento
che hai tutta questa fretta di sacrificarti a loro."
"J..
James.." ansimava Annabel con
una risata trattenuta e Cora dondolò sul suo posto, essendo
scoppiata in
risatine mentre si immaginava la scena; un pollo sacrificale con
capelli rosso
fuoco su un altare.
Stephen
ridacchiò con loro e fece spallucce,
essendo un tipo che non si offendeva mai. La risata si
smorzò dopo pochi
minuti.
"Perché?"
parlò Nathaniel, guardando
acutamente il ragazzo. Stephen era stato dannatamente fortunato
l'ultima volta
che era entrato disinvolto nell'accampamento, nel senso che gli
abitanti non
avevano reagito in modo agitato.
"Non
c'è una ragione, Nathaniel. Credo
solo che potrei aiutarti molto."
"Abbiamo
molti uomini validi e robusti
che possono farlo."
"Lo
so ma potrei... Non so... Trasportare
delle cose per te. Era solo un'idea."
Nathaniel
non sembrava molto convinto, ma
lasciò stare la cosa; suo padre aveva ragione su Stephen
Mason. Era un ragazzo estremamente particolare,
ma non si poteva negare che avesse spirito.
Alice
si rinfrescò i piedi nudi nell'acqua
corrente del fiume, arrossendo quando percepì Uncas
guardarla intensamente.
Voltandosi leggermente verso la sinistra, lo deliziò con un
sorriso esitante.
"Come
sta tuo padre?" chiese Alice,
mettendosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
"Sta
bene," replicò Uncas, mentre
ancora la scrutava. "Sta facendo i preparativi per spostarsi a ovest
presto."
"Quando?"
chiese Alice, cambiando
espressione. Lei si sentiva ancora leggermente a disagio al pensiero
del
vecchio patriarca Mohicano. Forse Chingachgook ce l'aveva con lei e
sentiva che
Alice aveva intrappolato suo figlio a restare a est.
"Presto,"
fu la replica solitaria di
Uncas, stringendole la mano. Le loro labbra si incontrarono e Alice
sospirò
interiormente per la vertiginosa, piacevole sensazione che davano
questi
incontri intimi. Appoggiandosi all'indietro, Alice guardò
Uncas senza fiato. Lo
sguardo di lui era inflessibile.
Da
quando si era riconciliata nel tardo
inverno, la giovane coppia aveva cercato di trascorrere insieme quanto
più
tempo possibile, ma ancora entro limiti ragionevoli. Alice continuava a
lavorare nella fattoria accanto a James, e Uncas trascorreva molto
tempo con
suo padre all'accampamento.
Uncas
aveva lo sguardo intenso, irremovibile
di suo padre, ma infuso di calore. Alice si sentiva timida e nervosa in
molte
occasioni, in cui si trovava ad affrontare lo sguardo silenzioso e
indagatore
di Uncas. Era una sensazione completamente sconosciuta per lei, prima
del suo
arrivo nelle colonie. Alice sentiva tremare le proprie interiora e
riempirsi di
calore liquido al più semplice tocco della mano di Uncas, e
tutti i pensieri le
volavano via dalla testa.
Alice
ricordò con una chiarezza imbarazzante,
pochi giorni prima, dietro la casa degli Stewart, accanto al pascolo
delle
mucche, quando Uncas si era chinato a baciarla con una tale
intensità e
passione che Alice aveva sentito il suo cuore batterle follemente. Non
riusciva
a ricordare dove fosse o che cosa stesse veramente succedendo; e la
cosa più
strana di tutte, è che lei non riusciva a respirare. La sola
cosa che riusciva
ad ascoltare era il cuore che le martellava la testa. Dopo aver
interrotto il
bacio, Uncas aveva poggiato la propria fronte su quella di lei e i suoi
occhi
ardevano con una domanda... Alice era troppo agitata e scomposta per
valutare
veramente la situazione in tal caso.
Alice
ricordò con leggero disgusto come Jeremy
le sbavava tutta la faccia e come lui si arrabbiava quando Alice
esprimeva il
suo malcontento. Tutto sommato, era stato l'inizio della fine per Alice
e
Jeremy Forsythe. A questo punto, lei aveva
cominciato a capire che
non avrebbe mai trovato la felicità con Jeremy.
"Va
tutto bene?" chiese Uncas,
sembrando preoccupato.
"Sì,"
Alice batté gli occhi
rapidamente per scacciare i ricordi spiacevoli. "I miei pensieri mi
hanno
portata a Londra per un momento. Va tutto bene, Uncas."
"A
cosa stavi pensando?" perseverò
Uncas, togliendole una piccola foglia dai capelli.
Alice
lo guardò rapidamente. Cora le aveva
accennato che Nathaniel gli aveva parlato del suo fidanzamento rotto
con
Jeremy, ma Uncas sembrò rispettare la privacy di Alice e non
affrontò
l'argomento con lei. Alice si chiese in breve se questa fosse una
caratteristica interamente tipica della gente delle colonie, Rossi e
Bianchi,
poiché quasi tutti quelli che aveva incontrato qui erano
incredibilmente
discreti e riservati. Praticamente avevano la bocca cucita.
"Beh..."
disse Alice esitante,
alzando lo sguardo al cielo, verso bianche distese di nuvole contro il
blu
splendente di un giorno di primavera. "Stavo ricordando qualcosa che
vorrei poter dimenticare."
Uncas
fece scorrere un pollice incallito sulle
nocche di Alice e non disse niente, ma i suoi magnifici occhi scuri, a
mandorla
la spinsero a proseguire.
"Uncas.
So che tu sai che io ero
fidanzata con un altro uomo a Londra," Alice disse tutto questo molto
velocemente, come se fosse felice di esprimere tutto ciò, "e
ti ringrazio
per non avermi fatto domande o infastidita."
Uncas
si sedette, appoggiandosi con la schiena
e la guardò, pensieroso. "Parlami di lui."
Alice
si sentì tesa. Si sentiva sempre così,
quando la conversazione andava a finire sull'uomo in questione.
"Si
chiamava Jeremy Forsythe. Lo
conoscevo sin dall'infanzia. Giocavamo in giardino quando eravamo
piccoli.
Durante la nostra adolescenza, lui si prese una cottarella per me e
papà era
felice. Come puoi già immaginare, proveniva da una famiglia
con una grande
quantità di denaro. Non ti annoierò con i
grovigli sociali della ricchezza a
Londra, ma quando venne fuori il discorso del matrimonio, io ero
piuttosto
giovane e non ebbi preoccupazione, con mio padre che
organizzò la cosa."
Uncas
annuì, inespressivo.
Alice
cominciò a parlare più animatamente.
"Non era l'uomo che pensavo che fosse. Fece delle avances sconvenienti
e il suo linguaggio, ci avevo fatto caso, era molto osceno. Un
giorno..."
Alice fece una pausa, poiché questa era la parte difficile.
"Che
cos'è successo?" chiese Uncas,
i suoi occhi si strinsero.
Alice
si schiarì la gola.
"Un
giorno mi seguì nella biblioteca
nella casa della mia famiglia e si comportò in un modo molto
indecoroso,
disdicevole. Si arrabbiò quando io lo rifiutai ed espressi
il mio disgusto. Poi
lo picchiai."
Alice
stese la mano. "Così."
Alice
scosse la testa, ripensando
all'espressione sconvolta sulla faccia del suo amico d'infanzia.
Alice
continuò. "Devo dire che tu non mi
avresti riconosciuta, Uncas, se avessi visto com'ero diventata
furibonda. Gli
ho urlato che stavo chiudendo il nostro fidanzamento, che non era
più il
benvenuto nella casa di mio padre, che... che avrei disonorato il mio
nome piuttosto
che sposarlo."
Uncas
comprese le parole e le strinse la mano,
con gli occhi che la cercavano. "Lui non l'ha presa bene, vero?"
Alice
si lasciò scappare una risatina
soffocata per la minimizzazione della cosa. "No, direi proprio di no.
Cominciò a dirmi delle parole talmente crudeli; che la sua
famiglia aveva avuto
ragione per tutto il tempo, che poteva cercare molto di meglio della
secondogenita di uno Scozzese di umili natali, una famiglia senza
alcuna
importanza. Disse altre cose... se ne andò," Alice concluse
il racconto
cupamente, raccogliendo un ciottolo e gettandolo nel fiume, guardandolo
affondare.
Alice
tirò la manica dell'abito sciupato che
tutte e tre le donne mettevano e si guardò intorno. Le mani
ancora le facevano
male per il pesante compito di fare il bucato per gli abitanti del
casolare, di
inchiodare la staccionata continuamente spezzata in posizione. Ma Alice
non poteva
immaginare di ritornare alla sua vecchia vita.
Improvvisamente
Alice avvolse le braccia
intorno a Uncas, sospirando beatamente quando lui la strinse forte a
sé.
"Sono
felice qui, Uncas," disse
Alice contro il blu scuro della sua camicia di calicò,
mentre lui le
accarezzava i capelli. "Non scambierei la vita nella corte del Re o di
qualsiasi corte in Europa con la felicità che ho trovato
qui... malgrado la
perdita di mio padre e della mia vecchia vita."
Alice
tirò fuori i piedi nudi dall'acqua, li
nascose in basso e sorrise a Uncas.
"So
che saremo felici insieme,
specialmente quando avremo una casa tutta nostra con i nostri amici e
la nostra
famiglia accanto."
Alice
si chinò per baciarlo, quando Uncas
improvvisamente si alzò in piedi e tirò fuori la
sua accetta con una velocità
sorprendente. La sua postura diceva che desiderava avere la carabina a
portata
di mano.
Alice
si alzò velocemente e registrò, con una
certa sorpresa, l'improvvisa comparsa della moglie di uno degli
agricoltori, di
cognome Clayton. Alice aveva incontrato la donna bionda, smilza
soltanto una
volta o due di passaggio, quando loro avevano fatto visita agli Stewart
dalla
loro fattoria, a monte.
In
questo momento, la faccia della donna era
congelata per lo shock assoluto, con i suoi occhi che guizzavano tra
Uncas, che
stava in piedi immobile, e Alice.
"Signora
Clayton," salutò Alice,
lamentandosi internamente, "Sono proprio felice di rivedervi. Posso
solo
azzardare l'ipotesi che steste andando a fare visita agli Stewart.
Confido che
vostro marito e i vostri figli stiano bene, vero?"
La
bocca dell'altra donna si apriva e si
chiudeva come un pesce fuori dall'acqua.
"Sì...
bene..." lei riuscì a dire.
"Buongiorno a tutti e due."
La
donna si voltò e camminò rapidamente a
grandi passi, sparendo dal campo visivo. Senza dubbio
per diffondere la
storia della ragazza bianca che ha trovato tra le braccia di un uomo
rosso nel
bosco... Alice scosse la testa e fece a Uncas un'occhiata
prudente.
Alice
sentì delle emozioni contrastanti per
quello che era appena successo. Da un lato, non si vergognava della
decisione
di stare con Uncas ed essere sua moglie. Ma se doveva essere veramente
onesta
con se stessa, sapeva che non sarebbe stato facile rivolgere un occhio
cieco e
un orecchio sordo a tutto ciò che i coloni avrebbero avuto
da dire.
"Tutto
bene?" Uncas rinfoderò la sua
accetta di lato e guardò Alice astutamente.
"Sì,"
replicò Alice, strofinandosi
le mani nervosamente. "Ritorniamo, Uncas. Devo preparare la cena."
Si
tennero per mano durante il cammino di
ritorno verso il casolare, ma Uncas sentì una freddezza in
lei che non c'era
prima. Si domandò se Alice si stesse sforzando per non
tirare via la propria
mano da quella di lui.
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Tankawun
era seduta in silenzio nel wigwam
della sua famiglia, le sue agili dita che legavano delle piume alla
parte
finale di un lungo ramo di betulla, per fare un bastone. Sua madre le
aveva
assegnato molti lavoretti da svolgere per la giornata; oltre al
bastone,
Tankawun doveva pestare il grano in preparazione della cena, sbucciare
un po' di
corteccia per fissare i secchielli che usavano, raccogliere un po' di
linfa,
raschiare le pelli con ossi e conchiglie, pestare e poi arrostire le
ghiande da
dare a sua nonna...
E
questo era solo per cominciare.
Con
un sospiro frustrato, Tankawun lanciò il
bastone incompleto e uscì velocemente fuori dal wigwam,
scostando il lembo di
pelle con impazienza.
L'aria
era fresca, frizzante, un po' freddina,
ma era lontana dal ghiaccio e dalla neve che c’erano nella
stagione fredda, e
per questo, Tankawun era felice. Sentì una stridula voce di
donna che la
chiamava mentre lei camminava a grandi passi verso il bosco, ma la
ignorò. Era
un'altra delle amiche ficcanaso di sua madre, che stava sempre a
spettegolare
su qualcosa.
Tankawun
camminò lungo le rive del fiume per
lungo tempo. Alla fine loro si erano spostati verso est pochi giorni
prima, ed
erano molto più vicini all'insediamento.
Tankawun
non aveva paura dei Bianchi che
abitavano in queste zone, poiché se ne stavano per conto
loro.
Lasciandosi
cadere su una riva rugiadosa del
fiume, placida, invece di correre, Tankawun si prese un momento per
valutare
l'ambiente circostante. Il sole non era così alto nel cielo;
ciò significava
che aveva trascorso tutta la giornata dentro il suo wigwam.
Notò gli
anatroccoli e le raganelle, e sapeva che tra poche brevi lune sarebbe
arrivata
di nuovo la stagione calda.
Tankawun
guardò il proprio riflesso nelle
profonde, silenziose acque del fiume, con la mente che ribolliva nella
confusione.
Tutti
le avevano sempre detto che era
bellissima... Non che lei non fosse d'accordo, ma Tankawun non prestava
troppa
attenzione a questa valutazione. Analizzò i suoi lineamenti
e chinò la testa di
lato per la frustrazione. Era inutile. Lei cercava una visione di
bellezza, ma
tutto ciò che vedeva era se stessa, lineamenti gradevoli, ma
era talmente
troppo abituata alla sua faccia che forse le passava inosservata.
Oscillando
leggermente sui talloni mentre si
appoggiava all'indietro, Tankawun sentì la ben nota fitta al
cuore quando
ripensò a Uncas.
La
prima volta che lo aveva visto, nella sua
dodicesima estate, Tankawun sapeva, al di là di ogni dubbio,
che quello era il
ragazzo che avrebbe sposato. Era come se qualcuno avesse acceso una
fiamma nel
suo cuore. Pensava che col tempo il sentimento sarebbe diminuito, ma
era
soltanto dormiente, risvegliandosi di nuovo quando Tankawun si
riunì con Uncas
la scorsa estate, quando era arrivato abbattuto, insanguinato, ma
più bello e
più forte che mai.
Il
pensiero continuò ad affliggere Tankawun,
ma lei sapeva di aver perso la sua opportunità per
l'esistenza della bionda
ragazza Yengeese.
Tankawun
riconobbe facilmente che la ragazza
bianca era incredibilmente bella, i suoi capelli morbidi, del colore
della
Luna. I suoi occhi erano di un colore talmente raro e magnifico... il
cielo blu
dell'estate si rifletteva nelle acque silenziose del fiume. Ma la cosa
più
importante era che la ragazza di Luna aveva un animo buono.
E
Uncas la amava. Questo diventò evidente per
Tankawun quando tutti loro si erano incontrati a casa della donna
Yengeese
morente. Tankawun aveva fatto finta di dormire, ma era rimasta sveglia
per
guardarli. Non aveva capito neanche una frase della strana lingua
parlata dai
Bianchi, ma non era necessario.
Uncas
e la ragazza si erano seduti molto,
molto vicini. La dolce espressione di tenerezza sul viso di Uncas, che
guardava
incantato la ragazza, avrebbe fatto male al cuore di chiunque,
pensò Tankawun,
e loro parlavano sussurrando... Poi carezze, poi...
Tankawun
si spostò dal fiume e sospirò. Non
era stato facile assistere a questo. Ma si era rassegnata. Anche se era
curiosa... dove sarebbero andati a vivere? Nessuna società
li avrebbe
accettati, Tankawun sapeva che questa era la verità. Forse
avrebbero potuto
costruire un casolare nel bosco senza nessuno che li disturbasse... A
Tankawun
piaceva questa idea. Avrebbe chiesto in giro per vedere in quale
direzione
Uncas e Alice avrebbero potuto trovare della terra che non fosse
abitata da troppi
Bianchi o Indiani –
Il
rumore di un ramo spezzato richiamò i suoi
pensieri al presente e Tankawun balzò in piedi.
Vide
la sagoma di un uomo bianco con un
moschetto in mano e la paura la attraversò. Facendo
cautamente un passo
indietro, Tankawun guardò il giovane stancamente.
Era
il ragazzo dai capelli rossi che li aveva
aiutati molto durante i giorni della febbre. Il suo nome le
sfuggì sul momento.
"Ciao!"
disse Stephen allegramente,
togliendosi il cappello come formula di saluto e sorridendo.
Tankawun
sentì la paura dissolversi
istantaneamente e ricambiò prontamente il sorriso di lui,
che intanto fece un
incerto passo avanti.
Stephen
disse alcune parole alla ragazza, che
gesticolava dietro di lui. Tankawun capiva molto poco della lingua
Yengeese, ma
sentiva le parole "famiglia" e "casolare"; evidentemente si
era allontanata dai terreni di caccia Delaware e aveva gironzolato nei
pressi
dell'insediamento, vicino alla casa del ragazzo.
Stephen
le fece cenno di sedersi e Tankawun lo
fece. Il ragazzo si mise a sedere vicino a lei, poggiando il moschetto
sulla
riva muschiosa. Tankawun gli sorrise ampiamente e osservò
con imperturbabile
interesse le guance del ragazzo, che stavano prendendo lo stesso colore
rosso
fiamma dei suoi vivaci capelli.
Parlarono
disinvolti per un po', mimando
parecchio e c'erano molti disegni fatti coi bastoncini sulle rive
fangose.
Tankawun riuscì a sapere che lui viveva con sua madre e la
sua sorella minore,
che suo padre era venuto a mancare, proprio come il suo.
"Mocassini."
Tankawun sorrise
giocosamente, indicando col capo i piedi di Stephen e il ragazzo rise.
Improvvisamente
Stephen tirò fuori dalla tasca
un pacchetto avvolto nella carta e glielo offrì, sorridendo.
Tankawun lo prese
curiosamente e scartò il pacchetto, guardando il contenuto.
Lei guardò il
ragazzo, confusa per i piccoli pezzi di... che
cos'è? pensò
Tankawun.
"Keku
hesh nen?" lei
fece la domanda in Lenape, dimenticandosi che il ragazzo non capiva.
Stephen
spezzò una minuscola parte e la
mangiò, poi guardò Tankawun con un' aria d'attesa.
Tankawun
sentì un po' di trepidazione ma imitò
il gesto di lui, spezzando attentamente un pezzettino e inghiottendolo.
La sua
bocca si riempì di dolcezza. Era frutta secca candita di
qualche tipo.
"Vedi,
che buona!" disse il ragazzo,
cercando l'approvazione sulla faccia di lei. Tankawun comprese soltanto
l'ultima
parola.
"Ahikta,
nchu." Tankawun era
d'accordo con la sua affermazione. "Ahi
shukelipukot."
Ci
fu una pausa imbarazzante, e Stephen fece
una domanda che la ragazza non riuscì a decifrare. Tankawun
fece spallucce,
impotente.
Raccogliendo
il bastoncino, il ragazzo disegnò
per terra quello che sembrava essere un sole con i raggi prolungati,
soltanto
che era sottosopra. Stephen indicò lei, se stesso e il
disegno.
Tankawun,
da parte sua, era completamente
confusa. "Keku nink lah kemikentam?"
domandò, chiedendogli che
diavolo stesse facendo.
Ma
il ragazzo era paziente. Indicò la ragazza
con il dito. "Tankawun."
Poi
indicò se stesso. "Stephen."
Tankawun annuì lentamente.
"Domani."
Stephen annunciò questo
chiaramente. Tankawun sforzò la memoria e poi si
ricordò la parola, avendola
sentita dai commercianti Yengeese.
Il
ragazzo indicò la riva del fiume, sorrise
nervosamente e alla fine Tankawun comprese; Stephen avrebbe voluto
rivederla il
giorno dopo, nel momento in cui il sole tramontava. Verso quell'ora.
Molte
persone, pensò Tankawun fugacemente,
perlomeno molti Lenape, non avrebbero mai pensato di fare qualcosa del
genere,
spaventati com'erano dagli Yengeese e dalla loro crudeltà.
Tankawun
non era come queste persone. Era
abituata a fare tutto quello che si sentiva di fare.
Tankawun
annuì e si alzò in piedi,
scuotendosi leggermente la gonna di pelle di daino. Mormorò
parole di addio e
cercò di ripetergli la parola.
"Do...
Domani." La ragazza sussultò
per l'imbarazzo, ma anche il giovane si illuminò e si
alzò in piedi, afferrando
il moschetto.
Tankawun
si voltò e si affrettò oltre
l'argine, verso i terreni di caccia, con un lieve sorriso sulla faccia.
Il suo
precedente fastidio se n'era andato ed era felice di aver trovato un
amico nel
ragazzo bianco.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Cora
e Alice stavano in piedi, fuori, sotto il
bagliore del sole, facendo a turno per fare il burro dentro la zangola.
Era un
lavoro noioso e anche ripetitivo, e le ragazze avevano scoperto presto,
durante
il loro soggiorno presso gli Stewart, che il tempo volava, se si
alternavano
per sfornare la sostanza cremosa.
Alice
sbuffò, facendo un passo indietro, ed
esaminò il barile per il burro che gli Stewart avevano
acquistato di recente. A
differenza dello strumento precedente, che di solito richiedeva circa 3
ore per
produrre il burro, questo era infinitamente più veloce e
anche più semplice.
"Stavo
pensando, sorella," disse
Alice entusiasta mentre sua sorella cominciò a girare la
morbida sostanza
bianca, "che dovremmo aggiungere degli aromi al nostro burro, come si
fa
in Inghilterra."
Con
un soffio, Cora si tolse dagli occhi una
ciocca di capelli ricci, scuri e poi fece spallucce.
"Abbiamo
già aggiunto un pizzico di sale,
Alice."
"lo
so, Cora, ma dovremmo aggiungere un
pochino di cannella o miele per dargli un po' più di sapore."
"Miele?"
chiese la sorella maggiore,
aggrottando delicatamente le ciglia.
Alice
evitò di girare gli occhi dinanzi
all'espressione cortesemente incredula di sua sorella, ma decise di
perorare la
sua causa.
"Cora,"
disse pazientemente,
asciugandosi le mani sull’ abito blu. "Molte famiglie
aggiungono aromi al
loro burro. Salarlo è solo l'inizio. Il sale non
è prontamente disponibile come
molti aromi che abbiamo intorno in abbondanza."
"Quali?"
Alice
strizzò gli occhi in alto, verso la luce
del sole accecante. Poi si riparò gli occhi con una mano,
sospirando per il
bagliore.
"Bene..."
disse lentamente. "Ho
sentito parlare di persone in alcune parti d'Europa che usano erbe
aromatiche e
spezie. Forse non spezie, ma
abbiamo
abbondanza di erbe aromatiche, come rosmarino, timo, basilico..."
"Hmm...
sì, credo di sì." Cora annuì
e la sua espressione si trasformò, da quella precedentemente
perplessa e
divertita a quella vivace e pronta. "La cosa suona piuttosto
interessante.
Potremmo mettere sia il sale che le erbe aromatiche nel burro, quando
mangiamo
i biscotti con il thè."
Alice
era contenta di se stessa.
"Davvero, sorella, e il burro aromatizzato al miele è
allettante con il
pane di mais e le frittelle. Non sei d'accordo?"
Il
sorriso di Cora era gentile e allo stesso
tempo accattivante. "Certo che sono d'accordo con te, Alice.
Cominceremo
il più presto possibile. Annabel e James possono procurarci
le erbe aromatiche
necessarie, e possiamo rivolgerci a Nathaniel per il miele."
"Sì
- ma ricordati, è stata una mia
idea." Alice si gettò i capelli all'indietro e rise
scherzosamente.
"Tocca
a te," Cora mormorò mentre
Alice prese posto presso il barile del burro.
Cora
sussultò mentre si strofinò le mani doloranti
e se le pulì sulla gonna. Guardando in basso, in direzione
del suo abito, si
ricordò improvvisamente di una precedente conversazione con
Nathaniel.
"Alice,
mi ero completamente
dimenticata!"
"Di
cosa, sorella?"
Gli
occhi di Cora scintillarono.
"Nathaniel e James sono riusciti a ottenere un buon importo di scellini
con il commercio a monte. Andranno in città domani -"
"Pensi
che io possa andare?" chiese
Alice , con gli occhi spalancati. Cora scosse la testa.
"Non
credo, poiché non è un viaggio che
stanno facendo per il loro piacere. Piuttosto, ora che gli uomini hanno
cominciato a costruire le nostre case, avranno bisogno di comprare
vasellame,
pentole e cose varie."
"Cora,
è una notizia meravigliosa!"
Alice la irradiò con la sua espressione e si
domandò perché Uncas non si fosse
unito a suo fratello, comprendendo tardivamente che lui avrebbe causato
molto
probabilmente congetture e sospetti tra le masse dei Bianchi.
"Ma
questa non è la notizia più bella che
mi ha dato... loro stanno comprando rotoli di tessuti per farci dei
vestiti!"
Alice
ansimò e si coprì la bocca, per la gioia
così opprimente. "Cora, è fantastico! Quanti
vestiti farà la sarta per noi
e Annabel?"
La
sua sorella maggiore la guardò sbattendo le
palpebre, poi gettò la testa all'indietro con una vigorosa
risata.
"S...Sarta?" Lei ridacchiò. "Come al negozio di una modista?
E,
di grazia, come adatterebbero gli abiti se noi non siamo presenti,
Alice?"
Cora scosse la testa, ancora ridacchiando. "No, Alice, loro porteranno
qui
i rotoli e noi signore misureremo il tessuto per realizzare gli abiti."
Alice
se ne stava in piedi con la faccia
rossa, consapevole dell'idiozia delle sue precedenti parole. Sarta,
veramente.
Guardò in basso e si trascinò a stento,
ricordandosi impetuosamente che non era
più a Londra, dove il mondo dei costosi sarti e cappellai
era stato ai suoi
piedi.
Cora
guardò Alice con senso di colpa, notando
la sua faccia arrossata e il suo silenzio.
"Alice,
stavo soltanto scherzando.
Annabel taglierà il tessuto e lo modellerà. Noi
possiamo cucire. Una volta che
avrai 2 o 3 nuovi abiti carini, ti sentirai molto meglio."
"Tessuto
e stoffa sono costosi..."
disse Alice timidamente, alzando lo sguardo verso Cora.
"Sì,
ma non affliggerti troppo. Uncas ha
fatto i suoi guadagni con il commercio delle pelli e..." Cora
guardò
furtivamente sua sorella per essere sicura che stesse ascoltando. "...
e
ha dato una somma considerevole a mio marito, con istruzioni di
comprare rotoli
di tessuti per te in particolare, come anche qualsiasi cosa tu voglia
per la
tua casa."
Alice
arrossì e sospirò; non sapeva cosa dire.
Uncas era così generoso con lei. Non era mai stato incline a
parlare molto, ma
era attento e gentile. C'era un'aria di imbarazzo in lui ogni volta che
Alice
lo ringraziava per un dono o un gioiello, come se veramente Uncas
considerasse
una manifestazione di gratitudine e cortesia come inutile e
inappropriata.
"Ci
incontreremo con i ragazzi più tardi,
dato che avranno bisogno di un elenco di necessità per le
nostre case,"
proseguì Cora mentre si spostava per fare cambio turno al
barile del burro.
"Pentole di ghisa, cucchiai, taglieri... Nathaniel dice che lui e Uncas
possono realizzare molte cose da sé. Oltre alla casa,
costruiranno le staccionate,
tavoli, letti... Non lo direi mai a Nathaniel, per non disprezzare la
nostra
vita, ma..." Cora sospirò pesantemente. "Vorrei tanto un
materasso di
piume."
Alice
rise e scosse la testa. Uncas le aveva
detto che il suo popolo usava le più soffici tra le loro
pelli di animali per
dormire e che ne avrebbero avute in abbondanza nella loro casa, ma...
Alice era
tacitamente d'accordo con sua sorella, che un materasso di piume
sarebbe stato divino.
Guardando
il sentiero, lei si raddrizzò quando
notò 2 donne avanzare lentamente verso di loro.
Erano
Anne Clayton ed Emma Fitzgerald,
quest'ultima sposata con un Irlandese. Le due donne si fermarono a
breve
distanza, di fronte alle sorelle, e le osservarono in modo serio.
Alice
sorrise disinvolta a questo benvenuto
diversivo. Forse avrebbe potuto chiedere alle donne dei consigli su
cosa
comprare per la sua futura casa.
"Buongiorno
a voi, signora Clayton e
signora Fitzgerald." Entrambe le ragazze salutarono le donne con cenni
educati.
Tuttavia,
Alice dimenticò presto le sue parole
di benvenuto, quando la signora Clayton diede una gomitata alla sua
amica e
sussurrò a voce alta, "E' lei. E' quella di cui ti stavo
parlando."
Alice
era completamente sconcertata e imbarazzata,
guardando la coppia di donne con diffidenza. Evidentemente Anne Clayton
non
aveva tardato a diffondere la notizia di aver trovato Alice nel bosco,
abbracciata al suo amante indiano.
"Salve,
signore," disse lei
debolmente. "Posso invitarvi a bere un thè?"
Gli
abitanti bevevano molto raramente il thè,
poiché non avevano molte foglie di thè alla
menta, ma Alice era determinata a
rivelare alle donne la verità riguardo a Uncas e sperava di
riuscire a chiarire
delle idee sbagliate e giudizi erronei.
Emma
guardò le ragazze con tale aberrante
disprezzo che Alice si sentì
attorcigliare
le budella.
"No,
grazie," replicò Anne
freddamente. "Stavamo cercando la signora Stewart."
Cora
aggrottò le ciglia accanto a sua sorella,
non essendole piaciuto il tono rude e prepotente della donna.
"Non
è a casa," Alice replicò
delicatamente. "Ma vi prego di -"
"Allora
ci congediamo, con permesso,
signorina." Il tono di Emma era scandalosamente rude e la coppia
girò i
tacchi e si incamminò a grandi passi verso la radura,
rapidamente.
Alice
poteva soltanto guardare. Era sempre
andata piuttosto d'accordo con Anne Clayton nelle rare occasioni in cui
si
erano incontrate. Una volta aveva persino consolato la donna che
piangeva,
poiché stava avendo problemi con suo marito. Suo marito era
uno zotico
ubriacone con un carattere violento.
"Sciocche
creature," borbottò Cora
aspramente mentre guardava le donne sparire dalla vista. "Alice, non le
accogliere più a casa. Non mi importava niente della loro
tendenza
maleducata."
Cora
ritornò al processo di produzione del
burro, ma cuoceva ancora a
fuoco lento
mentre lei lavorava il manico in legno. "Se quell'ubriacone di suo
marito
la picchia di nuovo, è meglio che non venga qui con le sue
lacrime e le sue
sceneggiate teatrali."
Alice
ascoltò a stento la filippica di sua
sorella, mentre se ne stava lì impalata, sbigottita per
quello che era appena
successo. Sopra ogni altra cosa, giunse la fastidiosa percezione che
questo
tipo di comportamento da parte dei suoi vicini non sarebbe stato
insolito.
Alice sapeva che ci si sarebbe dovuta abituare.
Evidentemente
dagli esclusivi salotti di Londra alla frontiera selvaggia, i
pettegolezzi
saranno sempre prevalenti,
pensò
Alice cupamente.
Alice
sapeva che non sarebbe stato facile sopportare
l'antipatia di alcuni dei suoi vicini. Non avrebbe illuso se stessa nel
pensare
che ciò non l'avesse ferita - un'altra donna che la
disprezzava. Ma... forse
questa sarebbe la sua croce da sopportare.
Sua
sorella le aveva sempre detto che l'amore
era la ragione sufficiente per costruire una vita con uno sposo... E se non fosse vero? Alice scosse la
testa rapidamente, ma non riuscì a scacciare la
preoccupazione dalla sua mente.
...................................................................................................................
"Vieni,
Lucy... stai attenta a non
inciampare..." Stephen sollecitò delicatamente la sua
sorellina Lucinda,
tenendole la manina stretta nella sua, mentre si incamminarono verso la
riva
del fiume.
L'ora
precedente sua madre era andata con il
signor Newsom dai Lancaster per alcune ore e lo aveva incaricato di
guardare
sua sorella di 7 anni. Stephen aveva accettato ma, non appena sua madre
era uscita
con l'uomo anziano, il ragazzo aveva frettolosamente messo le scarpine
a
Lucinda e le aveva avvolto uno scialle intorno.
"Voglio
farti incontrare qualcuno,
Lucy!" disse lui e Lucinda rimbalzò sulla sedia, emozionata.
Avrebbe
dovuto incontrare di nuovo Tankawun nei pressi del fiume e voleva che
Lucy la
incontrasse. Poi se ne sarebbero andati via.
"Posso
indossare il tuo cappello,
Stephen?" Lucy chiese felicemente, saltando sopra la radice sollevata
di
un albero e sorridendo a suo fratello.
"Certo
che puoi," replicò Stephen
cordialmente, facendo balzare il vecchio cappello di suo padre dalla
propria
testa e poggiandolo sulla morbida testa di sua sorella. A differenza di
Stephen, con i suoi capelli rossi e le lentiggini, Lucinda aveva i
capelli
ricci, color biondo scuro della loro mamma, e gli occhi scuri.
Camminarono
ancora per qualche minuto, Stephen
che canticchiava una canzone per bambini per sua sorella, mentre lei
cercava di
cantare insieme a lui.
"Ricordati
quello che ho detto, mia Lucy,
non dire niente di questo a mamma," Stephen ricordò a Lucy
la cosa per la
terza volta. Lucy annuì enfaticamente.
"Non
lo dirò a mamma, Stephen,"
replicò Lucinda, poi fece un'espressione spiegazzata con
aria confusa. "Ma
questo non è mentire? Non è una cosa brutta?"
Stephen
sospirò, sentendosi a disagio.
"Lucy, mentire a mamma e papà è una cosa brutta.
La Bibbia lo dice. Ma
credo che noi non stiamo mentendo, perché
è solo un segreto. Se è un segreto, mamma non lo
chiederà. Capito?"
Lui
la guardò per capire se stesse seguendo
questo flusso di pensieri. Lucinda ci pensò molto su e alla
fine annuì,
ridacchiando da diavoletta a suo fratello. Il cappello
scivolò improvvisamente
sui suoi occhi e Stephen ridacchiò, tirandoglielo di nuovo
su.
"E
se mamma mi chiede dove stavi andando?
Che cosa le dico, Stephen?" lei guardò suo fratello con aria
d'attesa.
Hmm...
bella domanda...
Stephen
ci pensò, poi diede l'unica risposta che poté
dare.
"In
tal caso, Lucy, dirai la
verità."
"Va
bene, Stephen."
Girarono
una curva tempestata di rocce nei
pressi dell'acqua corrente e individuarono la figura solitaria di
Tankawun,
seduta su una grande roccia, assorta con qualcosa in mano.
Il
cuore di Stephen accelerò.
"Tankawun!" chiamò, agitando la mano.
Tankawun
lo guardò obliquamente, poi la sua
faccia scoppiò in un sorriso. Alzatasi in piedi,
camminò vivacemente verso
Stephen, la sua faccia animata mentre osservava Lucinda.
"Awen
hech nan?" Tankawun canticchiava alla bambina, osservando
ammirata i
suoi capelli biondi. Lei aveva sempre ammirato le donne bianche con i
loro
capelli di Luna.
"Questa
è mia sorella, Lucinda,"
Stephen disse orgoglioso, avvolgendole un braccio intorno. Tankawun si
accovacciò al livello degli occhi della piccolina,
mormorando delle parole.
"Puoi
chiamarmi Lucy," spiegò la
bimba, poi alzò velocemente lo sguardo verso suo fratello.
"E'
una ragazza indiana!"
"Lo
so. Questa è Tankawun."
"Perché
le sue gambe sono nude? Riesco a
vedere le sue caviglie e le ginocchia."
"Perché
fuori è caldo," ridacchiò
Stephen, scambiandosi un sorriso con Tankawun.
"Oh..."
Lucy sembrava soddisfatta di
questa semplice risposta. "Ciao."
Mentre
Lucinda giocava vicino al fiume e
gettava i ciottoli in acqua, Tankawun e Stephen si misero a sedere
sulla grande
roccia a parlare.
"E'
bello rivederti, Tankawun,"
disse Stephen gentilmente, osservando i suoi bei lineamenti. Lei
arrossì e
annuì, raccogliendo qualcosa che aveva fatto cadere sulla
roccia quando i Bianchi
si erano avvicinati.
Era
una collana fatta di alcune perle bianche,
accuratamente infilate e legate con uno spago. Tankawun la
offrì con entusiasmo
a Stephen.
"L'hai
fatta per me?" chiese lui,
sbalordito. Tankawun annuì.
"Wampum,"
disse lei semplicemente a
Stephen, la sua voce delicata, piacevole e leggera come l'aria.
Gli
fece cenno con le mani di voltarsi e gli
allacciò la collana intorno al collo; le sue nocche gli
fecero accelerare la
circolazione sanguigna.
"Anch'io
ho qualcosa per te!" lui si
entusiasmò, eccitato e nervoso.
Tirò
fuori da una delle sue tasche un nastro
verde che era appartenuto a Lucy, sul quale Stephen aveva fissato una
pietra
verde con della colla (era caduta dalla spilla di sua madre e lui
gliel'aveva chiesta).
Stephen pensava che fosse graziosa come collana.
Tankawun
sorrise felice, tenendo sollevato il
nastro decorato.
"Wanishi,"
lei mormorò grazie prima di avvolgersi il nastro intorno al
polso, invece di
essere indossato come un braccialetto. Stephen legò
rapidamente le estremità.
La pietra non era di qualche reale valore. Non era uno smeraldo,
né un
diamante, ma ciò nonostante luccicava sotto la luce del
sole. Tankawun
ispezionava il suo nuovo ornamento con diletto.
Un
po' più tardi, la giovane coppia era ancora
seduta sulla roccia, crogiolata sotto la luce del sole, ma Lucy
guizzò tra
loro.
Tankawun
prese in braccio la bimba
sghignazzante, facendola sedere sul suo grembo e rimise il cappello
sulla testa
di Stephen. Cominciò a intrecciare gentilmente i capelli
della bambina in due
morbide trecce che le ricadevano libere fino a circa metà
del petto.
La
ragazza Lenape mormorava mentre ammirava il
suo lavoro manuale, con il suo sguardo gentile, e Stephen non riusciva
a
staccarle gli occhi di dosso. Si era sempre sentito in leggera
soggezione nei
suoi confronti, da quando si erano incontrati per la prima volta mesi
prima,
nell'accampamento Delaware.
Non
erano così distanti per l'età, pensò
Stephen, osservando come Lucy ridacchiava e cercava di intrecciare i
capelli di
Tankawun. Lui aveva appena compiuto 15 anni e sapeva che lei aveva
all'incirca
16 o 17 anni; aveva casualmente spillato l'informazione da Uncas, dato
che
Nathaniel sarebbe diventato subito sospettoso e lo avrebbe tormentato.
Stephen
si concesse di fantasticare su un
mondo perfetto in cui poteva...non ne era troppo sicuro... Sapeva di
voler
essere l'unico a far sì che spuntasse un sorriso con le
fossette sulla faccia
di Tankawun, inondarla di doni che lui le avrebbe fatto; voleva essere
l'unico
a intrecciarle i capelli e cantarle canzoni e vivere nella confusione
del suo
profumo. Lei profumava di bosco e di brezza della valle, di erbe, gigli
e
lavanda.
Ma
più di tutto, lui voleva che questi giorni
delicati, illuminati dal sole non finissero mai.
Improvvisamente
capì che Tankawun lo stava
guardando in modo strano, con un'espressione interrogativa sulla sua
faccia.
Doveva essere rimasto fisso a guardarla, perso nei suoi pensieri.
Stephen
inghiottì e sorrise, guardando l'acqua che scorreva.
"Le
alose stanno nuotando veloci,
Tankawun..." mormorò lui, indicando il piccolo pesce che
nuotava
vivacemente, appena sotto la superficie dell'acqua.
Tankawun
annuì e i tre si misero a sedere
tranquilli per parecchi minuti. Persino Lucy sembrava insolitamente
calma,
mentre si era immersa nel momento.
La
ragazza mormorò che doveva tornare a casa.
Da adesso Stephen capiva le parole. Fece un piccolo sospiro, e nessuno
sembrava
propenso a volersi spostare dalla propria pacifica solitudine.
Tutti
loro si alzarono in piedi
collettivamente e Stephen analizzò la faccia di lei,
guardandola mentre si
scansò dagli occhi una ciocca di capelli neri smarrita.
"Due
giorni?" Stephen annunciò
lentamente, ora che la ragazza riusciva ad afferrare rapidamente
piccole frasi
in inglese. "A quest'ora?"
Tankawun
annuì delicatamente, abbracciò la
bimba e tutti si dissero addio reciprocamente.
Lucinda
e Stephen guardarono la schiena di
Tankawun sparire nel bosco, Stephen la guardò obliquamente
per molto tempo dopo
che lei era svanita. Lo stomaco sembrava fargli male ogni volta che lei
se ne
andava.
"Lucy,
i Delaware parlano una lingua
diversa, ma i significati dei loro nomi sono molto carini,"
parlò
tranquillamente con sua sorella durante la loro scarpinata verso la
fattoria,
tenendosi stretti per mano.
Lui
continuò, "Sai che cosa significa il
nome di Tankawun?"
"Cosa,
Stephen?"
"Piccola
Nuvola..." replicò.
"Nome carino, eh?"
Lucy
annuì e disse con interesse infantile,
"E' molto carina, Stephen."
"Lo
so, mia Lucy." Stephen annuì.
"Quello dovrebbe essere il suo nome. Fiore carino. Il fiore
più carino
della valle."
Improvvisamente
lui fece uno sguardo severo.
"Ricordati, Lucy, non dire niente a mamma. A meno che lei non lo
chieda."
"Lo
so. Mi ricordo. Io sono carina come
la tua amica?"
"Tu
sei il fiore più bello del
mondo."
...................................................................................................................
Hopocan
si accovacciò nel centro
dell'accampamento vicino al suo amico Chingachgook, entrambi
condividendo lo
stufato di cervo che sua moglie aveva preparato per gli uomini.
Osservando
l'accampamento intorno, Hopocan
pigramente notò le ragazze che lavoravano sodo per le loro
faccende, i bambini
che giocavano accanto alle loro mamme, i ragazzi in piedi che
appuntivano le
frecce e affilavano altre armi destinate alla caccia dell' orso,
prevista per
il giorno seguente.
"Chingachgook,
amico, questa calda
stagione sarà un anno intero che tu sei stato con noi,"
Hopocan disse
questo in Lenape. Chingachgook annuì, inghiottendo un
boccone di stufato.
"Il
tuo figlio maggiore ha una moglie.
Uncas ora si può considerare sposato. Dimmi, penserai di
considerare
l'accampamento come la tua casa permanente?"
Chingachgook
guardò il suo amico e ci pensò
su.
"Ci
ho fatto qualche pensierino,"
replicò lui, poi fece una pausa. "Che ne pensi, amico?"
Hopocan
era pronto con la sua risposta.
Muovendosi, le sue parole vennero fuori lentamente e significativamente.
"Hai
dedicato la tua vita a crescere i
ragazzi. Adesso sono uomini, e ognuno di loro ha scelto una donna e il
proprio
sentiero. I figli ci appartengono solo per breve tempo. Tutti noi lo
sappiamo.
Quella parte della tua vita è passata, come lo è
la mia. Beh, parlo della mia
vita accanto ad Anicus, certamente. Non ho idea di quando lui
lascerà il mio
wigwam, ma spero che accada presto, poiché sto cominciando a
stancarmi delle
sue chiacchiere.
Entrambi
gli uomini ridacchiarono, osservando
attraverso l'accampamento il ragazzo in questione, che sorrise a loro
con aria
imbarazzata.
"Troviamogli
una moglie presto, così può
parlarle fino allo sfinimento. Che sia lei a sopportarlo," Hopocan
borbottò, ma il suo sguardo era affettuoso.
"Come
stavo dicendo, amico," Hopocan
riprese il filo della precedente conversazione. "Visto che entrambi i
ragazzi sono andati, penso che sia meglio se tu resti con noi. Da
quello che mi
ha detto quel pettegolo spudorato di Wagion, entrambi i tuoi figli
desiderano
stare nelle vicinanze. Il nostro accampamento sarà sempre
nei dintorni. Ha un
senso. So che loro vogliono stare vicino a te."
Chingachgook
annuì lentamente, riflettendo
sulle parole del suo amico e riconoscendo in esse la saggezza.
"Come
sta la ragazza bianca? Di nuovo,
qual è il suo nome?" chiese Hopocan improvvisamente.
"Alice,"
Chingachgook disse, facendo
spallucce. "Sta bene. Ho sentito che trascorrono una grande
quantità di
tempo insieme. La metà del tempo che io vado a fare visita
ai miei figli alla
fattoria degli Yengeese, loro sono lontani nel bosco, da soli."
Quella
era un'osservazione piuttosto azzeccata
da parte dell'uomo Mohicano, pensò Hopocan, incuriosito.
"Non
approvi la cosa?" chiese
Hopocan spensieratamente. Il Mohicano lo guardò aridamente.
"Le
azioni hanno delle conseguenze.
Farebbe meglio a costruire una casa per la ragazza, e presto. Non
tollererò che
lui manchi di rispetto alla casa di quegli Yengeese. Al momento, la
ragazza è
sotto la loro custodia. Non sotto la sua."
Hopocan
prelevò la sua pipa d'argilla dalle
pieghe dei suoi pantaloni di pelle di camoscio. Gli uomini rimasero in
silenzio
per vari istanti, mentre accesero la pipa dalla brace del fuoco di
cottura.
Hopocan la offrì a Chingachgook, che cominciò a
tirare il fumo.
Hopocan
si appoggiò all'indietro e guardò il
suo amico, sentendosi divertito.
"Chingachgook,
amico mio. Ti comporti
come se questo tipo di comportamento fosse insolito. Guarda Wagion
laggiù
-" Indicò furtivamente il ragazzo. "Si ritiene
così intelligente, ma
sai con chi si vede segretamente?"
"Dimmi,
Hopocan," Chingachgook stava
chiaramente assecondando il suo amico, mentre a lui effettivamente non
importava. "Con chi si incontra Wagion?"
"Lei."
Hopocan indicò con il dito un
gruppo di donne.
Chingachgook
inclinò la testa da un lato.
"Quella grossa ragazza accigliata che lo sta sempre picchiando per un
motivo o per l'altro?"
Hopocan
annuì felice. "Sì. Lei. Scommetto
che nemmeno i tuoi figli lo sanno."
L'uomo
Lenape prese il suo turno per la pipa.
"Mi diverte," lui sospirò.
I
suoi occhi balzarono velocemente sulla
sinistra e si strinsero. Chingachgook si voltò per vedere
Tankawun affrettarsi
lungo il sentiero della foresta che conduceva all'accampamento.
"Tankawun
si sta comportando in modo
strano..." borbottò Hopocan.
Chingachgook
prese la pipa cautamente e annuì.
"L'ho notato."
La
faccia di Hopocan era astuta e maliziosa.
"Chemames sta facendo funzionare quella sua
bocca fastidiosa ... come al solito...
lagnandosi davanti al mondo di come Tankawun non abbia finito di
svolgere in
modo decente le sue faccende, di come sia sempre distratta e di come
corra di
qua e di là, standosene nel bosco tutto il giorno."
"Anche
tu dovresti saperlo," disse
Hopocan serio. "Chemames incolpa Uncas, dicendo a tutti che tuo figlio
ha
spezzato il cuore di sua figlia. La maggior parte della gente non
prende le sue
chiacchiere troppo sul serio."
Chingachgook
fece spallucce, poi ammise,
"E' stato un peccato che Tankawun sia stata ferita in questa dura
prova,
ma Uncas ha scelto la ragazza Yengeese. Non ci si può fare
niente."
"Immagino
che adesso tu la conosca molto
meglio."
"Certo,"
riconobbe il Mohicano.
"Cosa
ne pensi?"
Chingachgook
rigirò la pipa d'argilla nelle
sue mani consumate. "Non posso negare il forte legame che
c'è tra mio
figlio e lei. Ma lei sembra intimorita da me."
Hopocan
fece spallucce. "Non è una cosa
insolita, considerando quello che è successo quando giunse
all'accampamento."
Improvvisamente
Tankawun si avvicinò, con lo
sguardo distratto e pigro; tale che non si era accorta di sua madre,
che la
stava quasi per calpestare.
"Tankawun!
Dove sei stata?" la donna
urlò arrabbiata in Delaware, guardando sua figlia con aria
di disapprovazione.
"A...alla
foresta, madre." La
replica di Tankawun fu delicata.
Sua
madre girò gli occhi. "Bene, non c'è
bisogno di dirlo, figlia! La foresta! Suppongo che adesso immagini di
essere un
guerriero. Farai la lotta contro gli orsi e li porterai
all'accampamento per
sfamarci?"
"No..."
"Tankawun,
non hai finito le tue
faccende," la donna rimproverò sua figlia in modo
penetrante. "Da ora
in poi starai all'accampamento e la pianterai di comportarti come una
pigra
vagabonda. Hai capito?"
Tankawun
non sembrò ascoltare. Si fece
scorrere le mani lungo la gonna e guardò fisso a terra.
Gli
occhi di Chemames si strinsero. "Ho detto,
hai capito? Scendi da
qualsiasi nuvola tu venga, figlia!"
"Sì,
sì - Capito, madre."
"Bene".
Sua madre annuì brevemente e
si allontanò.
Hopocan
e Chingachgook continuarono a
osservare curiosamente la ragazza, e Chingachgook notò il
nastro ingioiellato
avvolto intorno al polso della giovane. Sicuramente non era di
fabbricazione
indiana. Era un ornamento Yengeese. Le ragazze bianche usavano quei
frivoli
nastri per abbellire i loro capelli.
Gli
amici osservarono mentre Tankawun faceva
scorrere delicatamente le dita sul braccialetto, mentre si affrettava
verso il
wigwam della sua famiglia.
Chingachgook
guardò Hopocan, che stava
cominciando a capire tutto, dall'astuto barlume dei suoi occhi. Ma, in
nome del
reciproco affetto per la ragazza, entrambi tennero la bocca chiusa, per
paura
che a qualche lingua maliziosa potesse capitare di ascoltare la loro
rivelazione.
"Mannitto
aiuti questo
accampamento," borbottò Hopocan. "Un' intera generazione di
giovani
sfrenati."
...................................................................................................................
Gli
abitanti della fattoria degli Stewart
erano seduti all'aperto con Uncas e Nathaniel, osservando in silenzio
un falò
vacillante. Avevano tutti appena gustato una gran bella cena a base di
carne di
cervo che i fratelli avevano fornito, come anche uno stufato di patate
e
fagioli preparato da Alice. Annabel aveva aggiunto la patata dolce al
loro
cibo.
Cora
sorrise a suo marito, la luce del fuoco
che le danzava riflessa negli occhi.
"In
Inghilterra soltanto la nobiltà può
mangiare la carne di cervo, Nathaniel, poiché solo
all’aristocrazia è permesso
cacciare cervi."
Gli
uomini risero per questo concetto, poi si
lanciarono in una discussione sugli incavi che dovevano essere
ritagliati nei
tronchi per costruire case robuste. Alice non era molto interessata a
questa
conversazione, mentre si sedette tranquillamente vicino a Uncas.
"Parlami
della danza," chiese
improvvisamente a Uncas.
"Quale
danza?"
"Quella
che i Lenape avevano svolto
l'altra notte. Non ne hai parlato di nuovo. Con la bambola."
"La
danza della bambola?" chiese
Uncas e Alice annuì, scrutandolo.
Uncas
fece spallucce. Ciò che era considerato
banale da alcuni, era visto come eccitante da altri.
"E'
una danza tradizionale che i Delaware
hanno svolto per molto tempo. Non teniamo un'annotazione scritta,
quindi non so
dirti per quanto. Ma danziamo in onore di una vecchia storia."
Alice
stette seduta diritta, avidamente.
"Ti prego, ti prego, raccontami la storia!"
Nathaniel
sogghignò. "Racconta la storia
alle ragazze, Uncas." Tutte le donne espressero il desiderio di
ascoltarla; soprattutto Alice.
Uncas
la fissò; non era mai stato abile come
narratore. Ma lei lo supplicò finché lui
acconsentì, e così cominciò a
raccontare la storia in modo piuttosto zoppicante, a scatti.
"Molto
tempo fa... presso le rive del
Fiume Mohicano che oggi è conosciuto come Fiume Hudson, un
gruppo di bambini
Delaware si imbatté in bambole con le facce vuote, che
stavano per terra."
Alice
annuì, appoggiandosi ad Annabel che
stava dall'altro lato. Uncas continuò, cercando di ricordare
esattamente come
si era svolta la vicenda.
"Così
i bambini scolpirono delle facce
sulle bambole, le bambole presero vita e danzarono con loro. I genitori
dei
bambini si imbatterono in loro, gettarono via le bambole e i bambini
andarono a
casa."
Uncas
fece una pausa con aria imbarazzata e
guardò Alice, che gli sorrideva per incoraggiarlo. "Vai
avanti, dai. Che
cos'è successo con i bambini?"
"Uno
dei bambini, una femminuccia,
rivoleva indietro a tutti i costi la sua bambola e continuò
a sognarla. Quando
lo disse ai suoi genitori, loro si pentirono di averla buttata via. Una
notte,
la bambola venne in sogno alla bambina e le disse che doveva trovare la
bambola
e tenerla, e ogni anno danzare in suo onore. Se questo fosse stato
fatto, i
Delaware avrebbero prosperato sempre e sarebbero stati felici."
"E
i genitori hanno trovato la
bambola?" chiese Alice.
Uncas
ridacchiò per la sua avidità di sapere.
"Sì, Alice. Hanno trovato la bambola e diedero una festa per
lei, una
tradizione che continua fino ad oggi, quando eseguiamo la danza della
bambola.
I Delaware sono cresciuti di numero e si sono affermate parecchie
diverse
tribù, inclusa quella dei Mohicani. Il nostro popolo
continuò a prosperare,
finché -"
Finché
i
Bianchi giunsero sulle nostre spiagge,
pensò lui piuttosto tetro, ma non avrebbe mai detto questo a
voce alta ad
Alice, la sua futura moglie...che, dopo tutto, era una bianca.
"Decorate
la bambola?" chiese
Annabel, sorridendo felice per la conclusione della storia.
"Sì,
mettiamo la bambola su un
bastoncino, al centro del complesso di abitazioni e dipingiamo la sua
faccia e
la decoriamo. Ognuno parla con la bambola rispettando il proprio turno.
I
Delaware eseguono molte danze durante tutto l'anno; danze in onore
della caccia,
delle stagioni. Hanno anche la danza dell' orso."
James
e Nathaniel ridacchiarono
sufficientemente alla fine della storia, abbastanza da far strisciare
un
sorriso impotente sulla faccia di Uncas, ma le donne ringraziarono
infinitamente il loro narratore.
Annabel
si sfregò la pancia gonfia e parlò.
"Mi è piaciuta molto la tua storia, Uncas. La mia parte
preferita era
quando la ragazza -"
"Sono
annoiato," James la interruppe
ad alta voce, grattandosi il mento e guardandosi intorno. "Ho una tale
voglia
di qualcosa di dolce."
Annabel
strinse gli occhi, irritata dalle sue
parole, unito al fatto che lui si era duramente intromesso quando lei
stava
parlando.
"Non
c'è mai nulla per farti divertire,
James Stewart, e noi non abbiamo dolci."
James
si trovò a disagio, poiché cercò di
non
guardare Alice; sapeva che lei aveva portato una sorpresa speciale da
casa dei
Lancaster, una gentilezza di Meg.
"Qualcuno
ha qualcosa di dolce? Hmm?
Forse le ragazze?" chiese lui in tono lamentoso, voltando la sua faccia
verso
la ragazza bionda.
Alice
sorrise amabilmente, ricordandosi della
confettura di frutta che Meg aveva fatto in più e che le
aveva donato.
"Margaret
Lancaster mi ha dato delle
marmellate alla frutta..."
"Che
gusti?" chiese James
avidamente.
"Ancora
non le ho assaggiate. Credo
albicocca o pesca. Forse uva spina," Alice si alzò,
lisciandosi la gonna.
"Le prenderò."
Camminando
nella casa oscurata, Alice si
strofinò le braccia vivacemente per la temperatura
leggermente tiepida
all'interno, e frugò in ogni angolo e anfratto, avendo
dimenticato dove aveva
messo i suoi dolci.
Alla
fine, dopo parecchi minuti, trovò la
scatola di latta piena di marmellata che stava semplicemente sul tavolo
di
legno - tra tanti posti! - e uscì velocemente fuori nella
notte, con i dolci in
mano.
La
voce alta di James la fermò nei suoi passi-
"-
Così ho detto a quel maledetto
imbecille di Clayton e quella ficcanaso di sua moglie, ho detto loro di
non
farsi più vedere nella mia fattoria, che non sono
più i benvenuti qui per le
loro cattive maniere nei confronti della nostra Alice. Lo stesso vale
per
quella testona di Emma Fitzgerald, che è sposata con
l'Irlandese. Ma chi
diavolo è lei per criticare Alice? Lei -"
Annabel
notò che Alice se ne stava lì in piedi
muta, sembrando intimorita e imbarazzata e Annabel cercò di
interrompere
urgentemente suo marito, "James, caro, modera il tuo linguaggio, ci
sono
delle signorine presenti -"
James
non ascoltò la supplica di sua moglie,
in verità non aveva nemmeno messo in pausa il suo
sproloquio. "Non ci
dimentichiamo che Anne ha sposato quell'ubriacone... beh, non
è poi così male,
tranne che tutti sanno come lui batte lei e i piccoli!"
"James..."
disse Cora debolmente,
posando lo sguardo prima sul viso cinereo di sua sorella, poi sul
signor
Stewart.
"Non
avere paura, Cora," James
aggiunse allegramente. "Robert e io saremo qui a regolare i conti, se
una
di quelle donnicciole insulta di nuovo tua sorella o nomina Uncas. I
loro
mariti dovranno rispondere a me."
Nathaniel
guardò Alice, che sembrava congelata
sul posto e si alzò, preoccupato.
Alice
uscì fuori dal suo incanto e si affrettò
verso il gruppo, con un triste sorriso sulla faccia. Non aveva voluto
far
sapere a Uncas dei suoi recenti problemi con i vicini, ma evidentemente
Cora lo
aveva detto ad Annabel che poi, a sua volta, ne aveva parlato con suo
marito e
James ora si stava assicurando che tutti nella valle fossero a
conoscenza della
cosa.
Uncas
guardò acutamente Alice mentre lei era
seduta. Alice era concentrata sulla scatola di latta prima di allungare
una
mano, offrendo i dolci a James.
"Grazie,
ragazza," ridacchiò James
mentre passava la scatola a tutti, non notando l'improvviso silenzio
penetrante.
Uncas
guardò Alice, inespressivo. Non era a
conoscenza della situazione che coinvolgeva i vicini e non era sicuro
di come
si sentiva. Gli Inglesi erano così dannatamente particolari
riguardo alla loro
"reputazione" e a cosa gli altri avessero da dire... Uncas sapeva che
ciò avrebbe causato ad Alice disagio e lei sembrava molto
agitata al momento.
In
una parola, Alice si sentiva messa alle
strette. James era sempre
stato enormemente ignaro e adesso non era diverso, ma gli altri erano
tesi e
calmi, evitando il contatto visivo. Erano passati diversi giorni
dall'incontro
con Anne ed Emma, ma i pettegolezzi avevano cominciato a raggiungere la
fattoria degli Stewart sotto forma di sussurri. Evidentemente James
alla fine
ne aveva avuto abbastanza. Era tutto così fastidioso e
frustrante.
Tuttavia,
non tutti i vicini si comportavano
in questa maniera indecorosa. I Lancaster trattavano Alice come avevano
sempre
fatto, anche se sapeva che Meg era confusa; Robert non se ne curava
troppo.
Elizabeth
Mason aveva commentato gentilmente
che le persone cercavano qualsiasi ragione per diffondere i
pettegolezzi, che
Stephen le aveva detto che bel ragazzo fosse Uncas, e ordinò
ad Alice di non
prendere a cuore qualsiasi battuta tagliente, crudele detta dai loro
vicini. Il
signor Newsom acconsentì nella sua quieta maniera. Dalla
morte di sua moglie,
l'uomo dai modi miti aveva trascorso piuttosto un bel po' di tempo con
la
signora Mason.
"Non
prestare alcuna attenzione a quelle
lingue scodinzolanti, mia cara ragazza," consigliò
gentilmente Gregory
Newsom, sorseggiando il thè aromatico che Alice gli aveva
preparato durante una
visita dai Mason. "Dio ha un piano per tutti noi. Molte persone non la
vedono in questo modo. Uncas è un brav' uomo."
"Uncas,
camminiamo," disse Alice
improvvisamente, sentendosi al momento leggermente claustrofobica,
persino
fuori all'aperto, volendo stare un momento da sola con Uncas.
Uncas
annuì e si alzò, porgendole la mano
scura. Alice mormorò agli altri che sarebbe tornata a breve
e afferrò stretta
la mano di Uncas, mentre cominciarono a incamminarsi verso il bosco. La
notte
si stava avvicinando rapidamente.
"Andare
a fare una passeggiata," disse
James con sarcasmo, scuotendo la testa e
sorridendo.
"Non
insinuare nulla, James
Stewart," Annabel rimproverò suo marito. "Alice è
libera di camminare
con Uncas ogni volta che le pare e stanno facendo solo quello.
Camminare.
Niente di più."
"Vedremo,"
farfugliò James e gli
occhi di Annabel guizzarono nella sua direzione. James era contento.
Segretamente, lui si divertiva a far irritare sua moglie.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Elizabeth
Mason si asciugò le mani sulla gonna
mentre fece un passo indietro, dopo aver mosso nel focolare la pentola
che
conteneva la cena; stufato di pollo e patate.
Camminando
verso il tavolo, sorrise
gentilmente a Gregory Newsom.
"Spero
che vi godiate la cena di
stasera," commentò mentre si mise a sedere, poggiando il
mento sul palmo
della sua mano.
"Davvero,
sono abbastanza certo che lo
farò, signora." Gregory parlò con il suo modo
calmo e misurato e con un
luccichio affettuoso nei suoi occhi stanchi.
"La
mia defunta moglie non era affatto
brava in cucina," aggiunse, facendo un cenno con la testa. "Toccava a
me mettere insieme un pasto per la maggior parte delle volte. Quando la
cara
Alice ha lavorato per la signora Newsom per un breve periodo, ho avuto
un po'
di tregua."
"Cara
ragazza," rispose Elizabeth
delicatamente. "Ti è stata talmente d'aiuto, e so che gli
Stewart
dipendono molto da lei. Ha così tanta dolcezza."
Improvvisamente
Elizabeth alzò lo sguardo, la
sua voce era cauta.
"Gregory...
ci conosciamo da parecchi
anni e c'è qualcosa che vorrei chiedervi. In privato,
certamente. Solo una mia
curiosità."
"Certo,
Elizabeth," rispose il
signor Newsom in tono galante. "Sentitevi libera di chiedermi qualunque
cosa desideriate."
"E'
solo che - la defunta signora Newsom
e voi avevate delle differenze di carattere così basilari.
Mi sono sempre
chiesta... perché l'avete sposata?"
Il
signor Newsom fece una risatina sommessa.
"Molte persone me l'hanno chiesto, Elizabeth. Non è una
storia semplice,
assolutamente."
Elizabeth
Mason lo invitò a continuare,
volendo conoscere una faccenda che da molto tempo aveva stuzzicato la
sua
curiosità.
"Per
cominciare, Priscilla e io avevamo
molte più cose in comune di quanto si potesse pensare. Un
tempo entrambi
eravamo in possesso di una grande fortuna e, in gioventù, ci
siamo trovati
privati dei nostri mezzi. E' stata anche la stessa radice; debiti. Mio
padre
andò in una prigione per debitori quando ero a Oxford. Prese
un prestito bello
consistente per investire in un'impresa mineraria a nord
dell'Inghilterra e
l'intera faccenda si rivelò una farsa. In quanto azionista,
era ancora
responsabile per la ricchezza che non fu mai prodotta."
Elizabeth
era stupita, dato che era una
semplice casalinga e non aveva dimestichezza con questo tipo di
discorsi.
"Che
è successo?" chiese lei,
partecipe.
"C'erano
quattro di loro in quest'
impresa. Uno puntò una pistola contro se stesso dinanzi alla
sua famiglia
quando comprese che era rovinato. L'altro lasciò il paese.
Il terzo, non sono
molto sicuro dei dettagli, o di ciò che gli è
successo. Ma mio padre andò in
prigione, dove morì lasciando la mia famiglia senza risorse."
"Oh,
Gregory, mi dispiace molto di aver
rispolverato questi ricordi," sussurrò Elizabeth.
Il
signor Newsom sorrise cupamente, agitando
una mano di lato.
"Non
c'è problema, Elizabeth. Credo che
il Signore metta queste prove nelle nostre vite che sono al servizio di
uno
scopo che è più grande di noi stessi. Da giovane
volevo unirmi alla chiesa ma,
dato che mio padre non avrebbe voluto, fui mandato a scuola. Quando
morì,
beh..." si fermò.
"Prima
mi avete detto che siete venuto
dall' Inghilterra con vostra madre?" chiese Elizabeth.
L'uomo
annuì. "Sì, davvero. Siamo
riusciti solo a introdurre di nascosto un pochino d'argento e qualche
gioiello
di mamma nel doppio fondo di un vecchio baule che avevamo, quando
abbiamo
sentito che gli esattori si stavano dirigendo verso casa nostra per
reclamare
ogni singola cosa che possedevamo. Così, siamo riusciti a
barattare due
traversate per le colonie. Avevo 21 anni."
Gregory
Newsom bevve elegantemente un sorso di
sidro forte, offertogli da Elizabeth, e la donna pensò che,
malgrado i decenni
di duro lavoro che ha sopportato nelle Americhe, nel comportamento del
signor
Newsom ancora c'erano le tracce di un'educazione da gentiluomo e dell'
aristocrazia del Vecchio Mondo.
"Siamo approdati
in New England, nella Massachusetts Bay." Gli
occhi del signor Newsom erano vitrei e distanti mentre ripensava a
quei giorni di molto tempo fa. "Ho fatto quello che potevo per
provvedere
a mamma, ho fatto qualsiasi lavoro umile, ma credo che lo shock di
avere perso
le nostre ricchezze e il nostro buon nome abbia spezzato il cuore di
mia madre
e abbia contribuito alla sua morte prematura. Non aveva ancora 40 anni
quando
mi lasciò."
Elizabeth,
prima che potesse fermarsi,
raggiunse rapidamente il tavolo e strinse la mano di Gregory. Lui fece
scorrere
leggermente il pollice sulle nocche di lei.
"Mia
cara signora," sospirò.
"Siamo nati per soffrire e sopportare, per grazia di Dio."
"Avete
incontrato Priscilla in questo
momento?" chiese Elizabeth, arrossendo al tocco di lui e cercando di
sembrare indifferente.
"Mmm."
lui annuì. "Quando la
incontrai per la prima volta, viveva in dignitosa povertà,
poiché la sua
famiglia aveva perso le proprie ricchezze. Tuttavia, era una ragazza a
quel
tempo. Di circa 16 anni, penso."
Elizabeth
gli versò dell'altra bevanda
acquosa, che lui ricevette con cortesia e in modo rispettoso.
"Sapete,
Elizabeth, che in gioventù mia
moglie ed io ci amavamo veramente," disse delicatamente. "Eravamo
giovani e pieni di speranza. Per me era così bella, con i
suoi capelli castano
dorato e il suo temperamento forte. Lei... lei non era sempre come voi
tutti
l'avete conosciuta. La morte della nostra unica figlia l'ha distrutta.
Ho
sopportato tutto per tutti questi anni innanzitutto perché
ho fatto un voto
agli occhi di Dio. Nella buona e nella cattiva sorte, ho promesso. E
non ho mai
smesso di vederla con gli occhi della gioventù, di vederla
com'era una volta,
giovane e bella e sempre allegra. E ho continuato a farlo persino dopo
che
l'amore, che una volta avevamo condiviso, era finito in questa terra
desolata."
Elizabeth
Mason deglutì pesantemente, commossa
dal dolce dolore nella voce dell'uomo. Anche lei sapeva cosa fosse una
perdita,
avendo sofferto spasmodicamente, ogni giorno, per la perdita di suo
marito 3
anni prima.
Questo
era ciò che la aveva attirata verso
Gregory Newsom. Era un uomo così gentile e il miglior
compagno che lei potrebbe
aver sperato di avere.
"Cara
Elizabeth," mormorò lui mentre
si tenevano di nuovo le mani. "Mia cara, dolce signora."
Poi
chiusero gli occhi e rimasero così.
Elizabeth sentì una tale pace calare su di lei...
finché la porta si spalancò
ed Elizabeth trasalì per il rumore e ritirò
velocemente la mano.
"Stephen,
mio caro..." disse lei,
alzatasi in piedi frettolosamente. "La cena è pronta-"
Suo
figlio non la ascoltò. Fischiettando, si
tolse il cappello per salutare il signor Newsom e sua madre, prima di
correre a
frugare nel suo zaino, che era appeso a un attaccapanni sulla parete.
"Mamma,
dov'è quel fischietto di osso che
ho fatto pochi giorni fa? chiese, voltandosi e guardandosi intorno in
modo
irritato.
Elizabeth
rispose che non lo sapeva. "Ne
hai proprio bisogno, ragazzo mio?"
"Sì,"
lui si lagnò. "E' un
regalo. Beh, ritornerò prima che faccia buio."
Detto
questo, uscì a grandi passi, rapidamente
dalla porta, premendosi il vecchio cappello di suo padre sui capelli
rossi e
prendendo il suo particolare moschetto.
La
porta si chiuse violentemente, lasciando
sua madre e il signor Newsom in solitudine, come anche in
perplessità.
Elizabeth
scosse la testa per la meraviglia.
"Lucy! La cena è pronta, mia cara."
La
bambina stava giocando proprio fuori casa
e, sentendosi chiamare da sua madre, aprì la porta e corse
dentro salterellando.
Erano
tutti sistemati con lo stufato di fronte
a loro, chiacchierando disinvolti, ma la preoccupazione per Stephen
stava
tormentando Elizabeth. Fece scorrere un dito esile intorno all'orlo del
boccale
mentre ripensava a suo figlio, che non faceva altro che gironzolare
all'aperto
per la maggior parte del giorno.
Lui
stava seguendo i passi di James e
Robert... erano bravi uomini, sicuramente. Elizabeth pensava solo che
Stephen
fosse troppo giovane per stare così solo fuori, nella natura
selvaggia. Suo
figlio era sempre stato troppo curioso e deviato, per il suo bene;
Elizabeth
ancora ripensava al totale shock che aveva provato quando si era saputo
che
Stephen aveva gironzolato a piedi nell'accampamento dei Lenape, a ovest.
"Lucinda,"
chiese Elizabeth
improvvisamente, "dove va tuo fratello tutti i giorni?"
Lucy
si congelò e fissò in silenzio la faccia
di sua madre. Sembrava essere in difficoltà, dentro di
sé.
"Io...io..."
Elizabeth
era allarmata. "Che c'è,
piccola mia? Sai qualcosa? Devi dirlo alla tua mamma se Stephen sta
facendo
qualcosa che non dovrebbe fare."
Lucy
guardò in basso, verso la tavola.
"Non è niente di brutto, mamma. Stephen ha detto di non dire
niente, a
meno che tu non lo chiedessi, e tu lo hai chiesto, e quindi ha detto
che posso
dirtelo, perché la Bibbia dice che mentire è
sbagliato."
Gregory
Newsom sembrava preoccupato per il
borbottio a mala pena comprensibile che la bambina aveva spifferato.
"Dove
sta andando, Lucy?" chiese
l'uomo gentilmente.
Lucinda
alzò lo sguardo e replicò. "A
vedere lei, la sua innamorata."
Elizabeth
si mise a sedere, l'aria che le era
tornata a queste parole innocue.
"Perché,
Lucy... è questo?" lei
rise. "Perché, pensavo quasi al peggio! Ora, di' alla tua
mamma chi è
questa ragazza. Dimmelo prima che esplodo."
Lucy
corse dalla sua mamma e si fece avanti
entusiasta, in punta di piedi per sussurrare qualcosa all'orecchio di
Elizabeth.
Gregory
osservava mentre la faccia della donna
impallidiva. Per parecchi minuti, dopo che Lucy aveva assunto la sua
precedente
posizione e stava mangiando rumorosamente il suo stufato, Elizabeth
rimase
silenziosa.
"Avete
finito la vostra cena?"
chiese Elizabeth.
Gregory
annuì, osservandola attentamente.
Lucinda fece un sorriso a sua madre e si pulì la bocca con
la manica.
"Bene,"
si alzò Elizabeth.
"Allora venite. Andiamo da qualche parte."
"Dove,
Elizabeth? Che è successo?"
chiese il signor Newsom, mentre si alzava anche lui.
"Dagli
Stewart. Ho bisogno di parlare con
Nathaniel e suo fratello. Lucy... devi dirmi assolutamente tutto sul
tuo
sciocco fratello e quella ragazza."
Gregory
ed Elizabeth presero Lucy per mano,
Gregory da un lato e sua madre dall'altro, e si incamminarono
velocemente.
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Nathaniel
e Uncas stavano tagliando la legna
fuori, alla fattoria degli Stewart, a petto nudo per il caldo
penetrante,
quando Elizabeth Mason scese giù per il sentiero
accompagnata dal signor Newsom
e Lucinda.
Nathaniel
si alzò in piedi dritto,
asciugandosi la fronte con aria stanca. Vedendo la faccia preoccupata
della
signora Mason, si scambiò degli sguardi con suo fratello.
"Signor
Newsom, felice di vedervi."
Nathaniel salutò l'uomo anziano. Uncas annuì
silenziosamente al trio.
"Signora
Mason, spero che vada tutto bene
nella vostra fattoria," aggiunse Nathaniel.
"Sì,
il raccolto sta crescendo..."
La donna sembrava distratta. "Questa è la mia figlia minore,
Lucinda."
"Lucy!"
disse la bambina
brillantemente agli uomini, agitando la mano che sua madre teneva molto
energicamente.
"Lucy,
sii buona e vai dentro con le
donne. Gli adulti hanno bisogno di parlare." Elizabeth spinse
gentilmente
sua figlia nella direzione della casa.
James
avanzò a grandi passi verso di loro,
pronunciando ad alta voce parole di saluto.
"Oggi
si collabora alla mia fattoria, ci
alterniamo, vedete? Domani ci metteremo in viaggio per andare a
lavorare per la
casa di Uncas, e di Nathaniel. Presto le ragazze avranno le loro case."
James fece a tutti loro un mezzo sorriso gioioso.
"Sono
felice di sentirlo," replicò
Gregory Newsom con un'espressione gentile. "Ribadisco quello che ho
detto
a voi signori, prima. Sono a vostra disposizione e potete usare
qualunque
attrezzo e materiale della mia fattoria."
"Grazie."
Uncas annuì, poi guardò
Elizabeth. "Tutto bene?"
Gli
sguardi degli uomini si volsero e si
concentrarono sulla donna mentre lei scosse la testa, muta.
Gregory
decise di farsi avanti, anche se non
era completamente sicuro che quello fosse il suo posto.
"Siamo
preoccupati per Stephen. La sua
sorellina ci ha confessato qualcosa di piuttosto straordinario, e noi
siamo
venuti per vedere se voi potreste aiutarci."
Nathaniel
si alzò dritto, e James si fece
scappare una risatina sommessa.
"Che
ha combinato quel birbante, signora
Mason?" chiese James, sogghignando.
"Sono
sicura che hai notato che Stephen
si sta comportando in modo strano ultimamente. Ha sempre avuto uno
spirito
nomade, ma è diventato estremo al punto da farmi
preoccupare! Non torna mai a
casa, lo vedo tornare solo prima che faccia buio, e io sentivo...
sentivo che
stava cercando di squagliarsela."
"Spesso
i ragazzi si comportano così. La
natura selvaggia attira la loro attenzione," Nathaniel
ricordò gentilmente
alla donna.
"Questo
era quello che avevo pensato,
finché ho parlato con mia figlia," replicò
Elizabeth con un'espressione
afflitta. "Mi ha detto che c'è di mezzo una signorina."
Per
cortesia, gli uomini tennero la bocca
chiusa, ma a giudicare dalle espressioni scettiche scolpite sulle loro
facce,
era ovvio che non trovavano la notizia preoccupante.
"Ha
cominciato a incontrarsi segretamente
con una giovane ragazza... della tua razza, Uncas," Elizabeth concluse
con
una nota di compianto.
I
tre uomini caddero in un silenzio di
sbalordimento.
"Una
ragazza Lenape?" chiese Uncas
attentamente, avendo bisogno di una precisazione. "Dell' accampamento
Delaware?"
"Lo
stesso, Uncas. Sono venuta in parte
per chiederti se sai qualcosa in più, e anche per implorare
il tuo aiuto. Non
ho nulla contro il tuo popolo, questo lo sai. E' solo che temo alcune
conseguenze, ripercussioni nei confronti di mio figlio - Stupido
ragazzo
sconsiderato!" lei si lagnò, chiudendo gli occhi.
"Elizabeth,
calmati, mia cara,"
disse Gregory in tono rassicurante. "Signori, per caso ne avete sentito
parlare?"
"No",
replicò Nathaniel. "Da
parte mia e di mio fratello, no."
"Nemmeno
io," fece spallucce James,
grattandosi i capelli sbiaditi dal sole.
Uncas
sentì un lampo di presentimento, come
anche di intuizione. Aveva un indizio su chi fosse questa ragazza
misteriosa.
Volgendo attentamente gli occhi verso suo fratello, Uncas chiese se
loro
avessero una qualsiasi idea sull'identità della ragazza
Lenape.
"Temo
di no," confermò Gregory,
strizzando gli occhi per il sole accecante.
Rimuovendo
dai suoi pantaloni con attenzione l'
orologio d'oro da tasca, Gregory Newsom vide che ancora c'era un po' di
tempo
prima del crepuscolo. Per il bene di Elizabeth, voleva che tutto
ciò venisse
risolto oggi.
"Lucy
ha descritto la ragazza?"
Nathaniel chiese in modo deciso. In verità, stava
cominciando a stancarsi di
tutta l'agitazione e le difficoltà che si sono presentate
nel loro cammino
durante l'ultimo anno. Non prometteva nulla di buono. Se
non è una cosa, è un'altra.
La
faccia di Elizabeth rivelava lo stato
d'angoscia timorosa nel quale si trovava. "Mia figlia l'ha descritta
come..." fece un respiro tremolante, "una giovane, forse di 17 anni?
E' molto carina. Lucy è piuttosto affezionata a lei. La sola
cosa che so è che
Stephen e la ragazza si incontrano in segreto quasi ogni giorno per un
po' di
tempo. Si incontrano presso il fiume o nel bosco."
Lei
alzò di scatto la testa per guardare in
modo supplichevole Nathaniel e Uncas. "Ragazzi, questo non
può continuare!
Stephen non sa cosa sta facendo. Sono al limite delle mie risorse
mentali per
il timore, per la sicurezza di mio figlio. Che succederà se
il popolo della
ragazza li trova insieme e...e..."
"Elizabeth,
per favore calmati, mia
cara," disse Gregory in tono rassicurante. "Il buon Signore non
permetterà che accada qualcosa a Stephen. Non ha fatto
niente di male, ha solo
stretto un'insolita amicizia con una persona che non è della
sua razza."
Gregory
estese lo sguardo intorno a lui in
modo deciso, dicendo fermamente. "Dio ama tutte le sue creature. Siamo
tutti formati a Sua somiglianza. Non ce lo dobbiamo dimenticare. Credo
che
prima dobbiamo parlare con tuo figlio, Elizabeth."
Dopo
un paio di parole dette ai giovani
ragazzi, Elizabeth chiamò sua figlia e il trio si
incamminò verso la fattoria
dei Mason.
James
li guardò andar via, con un sorriso
ironico sulla faccia. "Povero ragazzo, quello Stephen. La signora Mason
mi
è tanto cara, ma non credo sia giusto che lei si agiti per
il ragazzo in tale
misura. Cosa importa se lui fa la corte a una delle ragazze indiane?"
"E'
importante, James, perché i Delaware
non prenderanno bene il fatto che una delle loro donne corra qua e
là con un
Yengeese," Nathaniel replicò.
"E
che dire di questa misteriosa, bella
fanciulla?" argomentò James, sembrando turbato. "Non ha voce
in
capitolo riguardo alla questione? Perché è di
così vitale importanza indicare
la razza e il ceto sociale, e perché le donne non hanno
voce?"
James
scosse la testa e raccolse la sua scure
per spaccare ancora un po' di legna per il fuoco.
Nathaniel
guardò l'uomo biondo con atteggiamento
pensieroso; era d'accordo con il suo amico, ma James Stewart
semplicemente non
comprendeva la mentalità Delaware.
"La
ragazza non è un mistero, James.
Credo di sapere chi sia." Nathaniel risparmiò uno sguardo a
suo fratello,
che sembrava stupito. Sapeva che Uncas ci aveva ragionato su per conto
suo.
Alice
strizzò gli occhi per il tenue bagliore
arancione che permeava attraverso le finestre coperte di cera a casa
degli
Stewart. Era stanca per aver lavorato a maglia le coperte e cucito
abiti di
lino per il figlio di Annabel.
Sbirciando
a destra, dal suo posto presso il
tavolo di legno, Alice ridacchiò alla vista dell'incantevole
culla che James e
Nathaniel avevano fatto; al momento la culla stava semplicemente vicino
al
letto.
Seduta
dritta, Alice si strofinò le mani
doloranti e desiderò di poter andare fuori. Le sue faccende
non glielo
permettevano ed era primo pomeriggio, e faceva molto caldo fuori.
Riprese in
silenzio il suo lavoro, cucendo un orlo blu per gli abiti.
Mentre
lavorava, Alice pensò alla casa che
Uncas stava costruendo per loro, a poche miglia di distanza dalla
fattoria
degli Stewart, e un sorriso inarcò le sue labbra. Uncas
l'aveva portata là una
volta, nei giorni precedenti. Si era seduta per terra e osservava
mentre James
e i fratelli tagliavano gli alberi e li trascinavano fino alla radura,
segandone alcuni riducendoli in tavole, e disponendo le travi di legno
più
robuste in qualità di pareti.
La
sola cosa che era riuscita a riconoscere
era un focolare di pietra per terra; quando Alice fece la domanda a
Nathaniel,
lui replicò che questo era sempre il primo elemento che
veniva costruito. Tutto
il resto era innalzato attorno ad esso.
Uncas
aveva preso la mano di Alice e l'aveva
condotta verso il camino, indicando dove ogni cosa sarebbe stata
collocata e
cosa doveva ancora essere costruito.
Sarebbe
stato tutto in legno, pensò Alice
lamentosamente... Il letto, il tavolo, le sedie, le panchine, gli
sgabelli;
persino i boccali. Alice aveva ricordato a Uncas che avevano bisogno
almeno di
un baule e di una cassapanca per riporre la biancheria.
Stando
in piedi lì, sotto la luce del sole
cocente, Uncas aveva stretto gentilmente la mano di Alice e
replicò che avrebbe
fatto in modo di fare proprio questo; qualsiasi
cosa di cui tu abbia bisogno, le aveva detto nella sua
maniera tranquilla.
Durante
tutti gli ultimi giorni, Alice aveva
ripetuto quelle parole a se stessa all'infinito, e riviveva quel
momento
perfetto ogni notte. Questo era l'uomo che aveva sempre sognato di
sposare,
così gentile e premuroso con lei, ma che la trattava anche
con rispetto.
Se
solo...
Alice
si alzò rapidamente in agitazione,
pensando di fare quella tanto attesa passeggiata attraverso il bosco
per
liberare la sua mente confusa. Il caldo nel casolare era soffocante e
faceva
deviare i suoi pensieri verso strade piuttosto terrificanti.
Mettendo
i suoi aghi e fili nel cesto, Alice
piegò i minuscoli abiti con un movimento fluido e li mise da
parte. Poi si
diresse verso la porta.
"Dove
stai andando, sorella?" chiese
Cora, che era fuori a fare il burro. Facendo una pausa per riprendere
fiato e
asciugarsi la fronte sudata, la sua sorella maggiore la
guardò, aggrottando le
ciglia.
"Vorrei
fare una passeggiata prima di
cena. Non ci metterò molto," replicò Alice con
enfasi.
James
si alzò dalla legna che stava spaccando,
appoggiandosi contro la lunga scure. Era a petto nudo, ma Alice si era
abituata
da tempo a questa vista.
"Una
passeggiata? Da sola?" chiese James
pensieroso. "Ma ragazza, Uncas non
è qui! Non pensavo che fosse possibile per te camminare nel
bosco senza il
giovanotto attaccato al tuo fianco."
Alice
sorrise cortesemente e si precipitò
verso la foresta.
Profumava
di terra e fogliame, un odore
inebriante che lei inalò profondamente mentre fece una pausa
per valutare la
foresta umida che li delimitava per miglia.
Si
abbandonò ai ricordi di Londra, nuvolosa,
cupa con la sua pioggia assidua e insistente. L'anno scorso era
riuscita a
contare soltanto 4 giorni assolati e pieni di luce. Qui, il caldo a
volte era
insopportabile, ma faceva miracoli per il suo animo.
Alice
si guardò rapidamente intorno e notò che
era un po' lontana dalla casa degli Stewart. Lontana dal caldo
soffocante
dell'interno del casolare, Alice poteva riflettere a lungo su
ciò che era
inquietante.
La
verità era questa, era stato difficile
sopportare il disprezzo dei vicini. Non poteva immaginare, dopo tutti
questi
mesi di conoscenza reciproca, di buoni rapporti e amicizia tra di loro,
che le
avrebbero voltato le spalle. Era estremamente crudele da parte loro.
L'altra
faccenda inquietante era che soltanto
adesso Alice stava comprendendo veramente la notevole
disparità tra lei e
Uncas.
Alice
stava sudando quando giunse al margine
del fiume e guardò in modo penetrante la corrente sotto la
superficie
dell'acqua, guardando il fiume che scorreva e faceva schiuma.
Ripensò
a un episodio nelle settimane
precedenti, quando le donne erano sedute accanto al camino di sera,
lavorando
sodo ai loro abiti...
Annabel
sembrava allegra mentre misurava il tessuto intorno al busto e alle
braccia di
Alice, concentrandosi sul caldo umido del casolare. Gli uomini erano
seduti a
tavola e bevevano boccali di birra chiara tutti insieme. Alice
alzò lo sguardo
e catturò gli occhi di Uncas, che fissavano il suo corpo
mentre Annabel le
avvolgeva il morbido tessuto intorno alla vita e, anche se Alice era
completamente vestita, arrossì nel vedere l'ammirazione
nello sguardo fisso di
lui.
Annabel
si alzò dritta e aggrottò le ciglia.
"Blu
o color oro per il tuo primo abito, Alice?"
Alice
aprì la bocca per replicare, ma la voce profonda di Uncas la
interruppe
tranquillamente -"Blu."
Lei
lo
guardò timidamente; Annabel fece ad Alice un sorriso furtivo
mentre James e
Nathaniel sbuffarono forte nelle loro bibite.
"Non
ho mai saputo che tu fossi così... esperto di moda
femminile, fratello,"
disse ad alta voce Nathaniel, ridendo sotto i baffi.
James
diede a Nathaniel una pacca sulla schiena ed espresse la sua intesa.
"Sceglierai anche dei nastri per lei?"
Uncas
non sembrava turbato o timido, poiché replicò
ugualmente, "Il blu ti sta
meglio, si abbina con i tuoi occhi. Il dorato sta meglio a tua sorella."
"Penso
che tu abbia preso troppa birra stasera," rise Nathaniel.
Annabel
sorrise al giovane Indiano in segno di approvazione. "Hai ragione,
giovanotto. Il dorato sembrerà bello più che mai
su Cora, con i suoi capelli
scuri. Il blu va bene per Alice." Aggrottando le ciglia, lei
guardò gli
altri uomini che stavano ridendo per Uncas. "Almeno c'è un
uomo che ha
dato ampia considerazione alla sua donna - a differenza di altri che
non mi
degnerò di nominare."
James
si
mise a sedere, indignato. "Già ti ho detto che il color
viola è carino per
te."
"E'
color lavanda James, ed è proprio pessimo addosso a me,"
replicò Annabel,
sembrando infastidita. "Mi fa sembrare proprio sciatta."
"Ci
saranno altri viaggi in città?" chiese Alice in tono
interrogativo.
Quando
Annabel le chiese il perché della necessità di
fare un viaggio in città, Alice
replicò che c'erano parecchi dettagli che non erano stati
comprati per il suo
guardaroba.
"Come
il corsetto" Alice fece notare, " e la chiusura di un corsetto, il
busk."
Tutto
il
gruppo riunito fece una pausa e fissò Alice con sguardo
ipotetico.
Nathaniel
ridacchiò, "Corsetto? Vuoi dire quella strana cosa che
toglie l'aria alle
donne inglesi? Credo che tu non ne abbia bisogno, ragazza. Non
é pratico."
Alice
e
Cora si scambiarono degli sguardi accigliati, e la ragazza
più giovane era
piuttosto scioccata. "Ho davvero bisogno di questi articoli, signore.
Non
è decente per una ragazza stare senza un corsetto
appropriato e una chiusura.
Sono stata negligente durante l'ultimo anno, ma questo non giustifica
il fatto
che ne avrò bisogno, col tempo."
Lei
guardò Uncas in modo supplichevole, e fu imbarazzata nel
vedere che lui stava
aggrottando le sopracciglia verso il basso, sul tavolo. Bevve un sorso
della
sua birra e sembrava dare importanza alle sue parole.
"Che
cos' è una chiusura?" chiese lui.
James
guardò Alice, ma non si burlò di lei come era
tipicamente propenso a fare.
Infatti, sembrava esserci un barlume di comprensione nel profondo dei
suoi
occhi, quando rispose a Uncas.
"E'
una stecca piatta di legno che va messa davanti alle ragazze, sotto i
loro
corsetti," spiegò. "La indossano per non chinarsi sul
girovita,
mentre vanno in giro durante la giornata."
Alla
fine Uncas alzò lo sguardo verso Alice e la sua espressione
era incredula, con
un minimo di shock. James tenne per un momento lo sguardo di Alice in
segno di
comprensione e parlò di nuovo a Uncas.
"Ragazzo,
questo è ciò che le ragazze della loro posizione
sociale sono abituate ad
indossare. Impedire a loro di fare ciò, sarebbe come
impedire a te di indossare
la pelle di daino, capisci?"
Uncas
scosse la testa lentamente. "Non ne hai bisogno, Alice. Quelle corde
strette ti fanno solo male e quella stecca di legno non è
ragionevole, quando
sarai alle prese con un lavoro che deve essere fatto intorno alla
nostra
casa."
Alice
arrossì alle sue parole; perché non stava
comprendendo questo? Non era una
questione di praticità. Era obbligatorio e lei gliel' aveva
detto.
Uncas
scosse di nuovo la testa, semplicemente, "Nessuno di noi può
fare il
viaggio verso la città più vicina, quando c'
è così tanto lavoro da sbrigare.
Inoltre non possiamo sprecare il denaro per queste cose - non sono necessarie,
Alice. Sono delle
esigenze sciocche."
Cora
osservò l'espressione ferita di sua sorella e sembrava
pronta a scambiare
alcune parole con Uncas, ma Nathaniel guardò sua moglie in
segno di
avvertimento, dicendole silenziosamente di starne fuori.
"Mi
stai chiamando stupida?" Alice ribatté, sentendosi offesa e
arrabbiata.
Uncas sembrava confuso e replicò che non si stava riferendo
a lei.
Annabel
strinse la mano di Alice per incoraggiarla e disse, "Capisco quello che
stai provando, Alice. Ma credimi. Corsetto e chiusura non
sono necessari nella nostra
situazione."
"Lo
sono," disse semplicemente Alice, arrabbiata per il fatto che Uncas si
stava rifiutando apertamente di prendere in considerazione le sue idee
e i suoi
bisogni. "Se voi tutti vogliate scusarmi, mi ritirerò. Buona
notte."
Mentre
stava a letto con la schiena rivolta agli abitanti del casolare, Alice
notò che
Uncas non aveva detto nient'altro... ma Alice era troppo distrutta dai
suoi
pensieri per prestare attenzione a questo. La nostra situazione, aveva
detto
Annabel. Alice era rattristata. La sua situazione che era
così drasticamente
cambiata da un anno all'altro, la sua vita che non sarebbe stata mai
più la
stessa e, al di là di tutto questo, l'ombra del dubbio che
permaneva
ostinatamente nei meandri della sua mente...
Il
timore che lei e Uncas non giungerebbero mai a una comprensione, che
alla fine
non sarebbero stati felici.
Alice
si svegliò dal suo sogno ad occhi aperti
e guardò il fiume che scorreva, sbattendo le palpebre. Uncas
era venuto da
Alice silenziosamente il giorno dopo, mentre lei stava portando
l'acqua, e si era
fatto perdonare da Alice, dicendole che non aveva avuto intenzione di
offenderla, che le loro opinioni erano diverse, ma loro avrebbero
trovato un
terreno comune. Alice rimase scioccata, poiché Uncas
raramente parlava in
maniera così diretta.
Alice
lasciò cadere il secchio d'acqua
sull'erba con un tonfo e abbracciò Uncas, sollevata.
Adesso,
Alice si stava sentendo meglio e pensò
che era sciocco discutere di indumenti intimi femminili.
Capì che si sentiva
agitata per la reazione ostile dei suoi vicini alla sua relazione con
Uncas, e
che aveva anche paura di non renderlo felice.
Alice
proseguì la sua passeggiata solitaria
per diversi minuti, pensando fantasiosamente alla vita pacifica che
desiderava
così tanto, quando all'improvviso si fermò,
poiché sentì delle voci calme
intorno alla curva del fiume.
Inclinò
la testa interrogativamente mentre
tentava di determinare l'identità degli interlocutori. Il
luogo non era vicino
ad alcuna fattoria e nemmeno all'accampamento Lenape. Avvicinandosi
cautamente,
Alice sbirciò intorno verso i cespugli e guardò
fissa, la curiosità che si
trasformò in shock totale.
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Tankawun
era seduta accanto a Stephen, mentre
lui metteva delicatamente piccole margherite nei suoi lunghi capelli
d'ebano,
ridacchiando per tutto il tempo.
Erano
seduti nel loro solito posto presso il
fiume a conversare per lungo tempo, e Stephen aveva regalato alla
ragazza le
margherite che aveva raccolto sulla strada per incontrarla.
Tankawun
arrossì graziosamente mentre Stephen
le sorrideva con adorazione, sfiorandole i capelli e la guancia con il
dorso
della mano. Lei era felice di queste lunghe giornate della calda
stagione,
felice di conoscere questo ragazzo Yengeese gentile, felice di essergli
seduta
accanto.
Tankawun
sapeva che Stephen le voleva bene
profondamente e che le era affezionato romanticamente... Era tutto
così
diverso, da qualsiasi cosa lei abbia mai conosciuto. La maggior parte
dei
ragazzi all'accampamento erano seri e imperturbabili. Aveva rifiutato
tutte le
proposte di matrimonio prima del suo interesse per Uncas,
perché non poteva
concepire l'idea di essere sposata con un uomo che non ridesse o almeno
sorridesse. Una vita senza risate, secondo lei, era una vita senza
sorprese. Il
figlio minore di Hopocan, Anicus, aveva espresso il suo interesse per
lei, ma
lui amava ascoltare se stesso parlare e la cosa era sconcertante.
Tankawun
pensò fugacemente a sua madre, che
ultimamente non faceva altro che tormentarla. Principalmente, sua madre
era
interessata alla relazione di Uncas con la ragazza dai capelli di Luna.
Che la
cosa le piacesse o no, alla fine loro avrebbero messo su casa. Sua
madre le
inculcava costantemente la necessità di cercare di prendere
Uncas da solo, per
convincerlo a riesaminare la sciocchezza che stava prendendo in
considerazione,
cioè sposare una donna bianca. Tankawun era onesta con se
stessa. Lei ancora
provava gli stessi sentimenti per Uncas e sapeva di poterlo rendere
felice. Non
seguì il consiglio di sua madre, per la sola ragione che lui
sembrava amare la
ragazza Yengeese. Se Uncas avesse deciso di non sposare l'altra
ragazza, beh,
sarebbe stato diverso.
Ma
lei era dilaniata... Per Stephen. Non aveva
mai incontrato un ragazzo come lui. Lui apparteneva al bosco tanto
quanto un'
aquila che vola in alto o un alce maestoso. Amava e apprezzava la loro
madre,
la terra. Mostrava compassione per tutti e credeva in un’
unica razza - la
razza umana. C'era un tale legame tra loro, anche se non parlavano la
stessa
lingua.
Stephen
fece cadere la mano dalla faccia di
lei rapidamente.
"Alice!"
disse lui incredulo,
balzando in piedi.
Tankawun
scattò in piedi e arrossì profondamente
quando l'amore di Uncas, la ragazza di Luna, avanzò
lentamente verso di loro
con un sorriso incerto.
"Stephen,
Tankawun..." mormorò Alice,
annuendo a loro, uno alla volta. Cominciò a parlare
tranquillamente con Stephen
nella lingua Yengeese, facendo dei rapidi sguardi furtivi a Tankawun.
Tankawun
non comprendeva la loro strana lingua, ma la stava imparando
velocemente ogni
giorno di più.
Stephen,
nel frattempo, guardò entrambe le
ragazze e cercò di non ridacchiare. Tankawun sembrava
mortificata e Alice sembrava
a disagio, ma divertita.
"Stephen,
ti ho visto metterle i fiori
tra i capelli. Sono margherite?" chiese Alice.
Stephen
annuì, sorridendo marcatamente. Poi
abbassò la voce, "Ti ricordi di Tankawun, Alice?"
Alice
annuì lentamente. "Certo. Mi piace
proprio, Stephen. Vedo che anche a te piace."
Si
erano seduti tutti presso la riva del fiume
e Stephen era sollevato per il fatto che Tankawun stava di nuovo
ridacchiando
marcatamente. Parecchie margheritine caddero dai suoi capelli scuri e
Stephen
le fece un sorriso, sentendo il suo cuore battere più veloce
dentro di lui, con
lei al suo fianco.
"Mi
piace molto."
Il
trio di ragazzi parlò per un altro po' e,
anche se non tutte le parti in causa si comprendevano tra loro, questo
non
impedì loro di comunicare.
Stephen
osservava allegramente mentre Alice
roteava una grande margherita tra il pollice e l'indice e la
infilò dietro
l'orecchio di Tankawun, scatenando la sciocca risatina delle ragazze.
"Alice,
vorrei tanto poterla sposare e
stare sempre con lei," disse Stephen con un sospiro. "Il mondo sembra
tanto più luminoso con lei al mio fianco." Lui si
voltò per guardare
Alice, che si rattristò per qualche ragione.
"E'
perfettamente vero. Tutto sembra più
bello quando si è innamorati. Ma... può essere
difficile, Stephen. Ci sono
altri fattori da considerare e non farai a te stesso nessun grande
favore,
ignorando questo fatto."
"Ma
tu e Uncas siete felici. L'ho
visto." Stephen guardò in basso, per terra, e in modo
irrequieto fece
scorrere una mano sull'argine del fiume, costellato di rocce.
Rimasero
tutti in silenzio per parecchi,
lunghi istanti e Tankawun si mise più vicina a lui, con la
faccia tesa per la
preoccupazione. Unì la sua mano con quella di lui e sorrise
malinconicamente.
Stephen prese le mani di lei e le baciò il dorso delle mani.
"Chi
è?" chiese Alice
improvvisamente con la voce spaventata. I tre balzarono in piedi e
Stephen si
mise davanti alle ragazze mentre fissava l'uomo indiano che
improvvisamente
sbarrò loro la strada. Il ragazzo sembrava furibondo.
"L'ho
incontrato
all'accampamento..." sussurrò Alice all'orecchio di Stephen.
Tankawun
guardò la spalla di Stephen e fece un
respiro affannoso.
"Anicus?
Che stai facendo qui?"
disse lei rapidamente nella sua lingua nativa, valutando il ragazzo
nervosamente. Non lo aveva mai visto apparire così
arrabbiato.
"Cercare
te!" quasi gridò, guardando
con aria feroce i Bianchi. "Adesso capisco che cosa stavi facendo tutto
questo tempo. Svignartela con uno di loro."
"Questi
sono i miei amici!" lei
rispose per le rime. "Non ho bisogno del tuo permesso per incontrarli.
Ora
vai a casa e lasciaci in pace."
"Tua
madre sa che sei diventata la squaw
di un uomo Yengeese?" Anicus strinse gli occhi e avanzò
altezzoso verso di
loro. "Tu e questa sciocca ragazza di Luna"?
"Non
è sciocca. E' la moglie di Uncas e
terrai a freno la lingua."
Anicus
alzò gli occhi al cielo con una
smorfia. "Allora questo ha perfettamente senso. Uncas ti rifiuta per
quella stupida ragazza bianca e tu ti butti su questa ridicola creatura
dai
capelli rossi."
Tankawun
tremava per la rabbia, "Sì, vai
pure, corri all'accampamento come un bambino piccolo e dillo a Hopocan
e a mia
madre. Sei geloso perché ho degli amici fuori
dall'accampamento-"
"Non
sono tuoi amici. Sono Bianchi -
hanno ucciso tuo padre!"
"Non
sono stati loro! Sei anche
risentito perché non ti sposerò. Ecco
perché mi
segui come un matto!"
Alice
cercò di tirare via Tankawun dalla
scenata, che si era trasformata in una gara di strilli. Non capiva
quello che
stavano dicendo, e non comprendeva l' impressionante perdita di
compostezza di
Anicus. Era stato abbastanza cortese con lei, quando si erano
incontrati l'anno
precedente. Deve essere la gelosia, dedusse Alice, a giudicare dallo
sguardo
fremente di rabbia che Anicus fece a Stephen.
Improvvisamente
Anicus avanzò in modo brusco e
afferrò Tankawun per il polso, tirandola verso di lui. La
ragazza emise un urlo
e Alice fu in preda al panico.
"Lasciala!
Non toccarla!" urlò Alice
mentre corse da Tankawun e spintonò con forza il giovane
Delaware con tutte e
due le mani.
Anicus
invece si voltò e diede un pugno in
faccia a Stephen, facendo cadere il ragazzo a terra.
Alice
affondò i piedi nella terra tra i due
Delaware che urlavano, e tentò di respingere il ragazzo, ma
lui era più forte e
più alto.
Stephen
balzò in piedi con in mano il suo
moschetto e colpì l'addome dell'altro ragazzo con il calcio
della sua arma,
facendo restare Anicus senza fiato e facendolo piegare in due. Dopo un
secondo,
il calcio del suo moschetto colpì forte la sua mandibola.
Anicus
gemette e cadde a terra, ma ancora non
allentava la presa su Tankawun. Entrambi i ragazzi cominciarono a
lottare sul
serio, presso l'ansa del fiume e Alice lottò per districare
se stessa e
Tankawun.
Alice
indietreggiò per il dolore, poiché il
gomito di Anicus la colpì direttamente in faccia, e Stephen
cominciò a
imprecare per la rabbia quando vide ciò. I pugni di Stephen
divennero più
forti, mentre Tankawun afferrò la mano di Alice e
cercò di districarli dal
mucchio, per terra. Alice vide Anicus sfilare l'accetta dal fianco e i
suoi
occhi si spalancarono, poi si attaccò al braccio destro di
lui nel tentativo di
fargli abbassare l'arma.
Uno
sparo di carabina improvvisamente fendette
l'aria con un rumore secco e tutti rimasero congelati. Alice si
voltò per
vedere la sagoma di un uomo alto, dai capelli scuri, spuntare fuori dal
bosco e
ricaricare frettolosamente la sua carabina. Alice sentì che
il suo cuore
cominciò a battere forte.
Era
un soldato britannico. Lei poteva dirlo in
base alla sua uniforme color rosso vivo.
Alice
si alzò in piedi frettolosamente.
"Qui, signore, non c'è bisogno di puntare la vostra arma sui
miei amici e
me. Ci sono delle donne. Non intendiamo farvi del male."
L'uomo
la guardò con sospetto, probabilmente
più che disorientato dal suo abito sciatto, ma dalle sue
maniere educate.
"Stavo
soltanto intercedendo poiché l'ho
ritenuto opportuno, signorina," l'uomo sottolineò con voce
profonda,
puntando la sua carabina. "Quel selvaggio ha attaccato due coloni."
"Ancora
con quella parola..." Alice
mormorò tra sé e sé, spolverandosi le
mani sulla gonna.
"Non
ci siamo presentati
appropriatamente, signore." Questo era tutto ciò che Alice
poté pensare di
dire per temporeggiare, mentre pensava mentalmente a quale sarebbe
stata la
prossima linea d'azione.
"Sono
Alice Munro. Questi sono i miei
amici, Stephen Mason e Tankawun. Il ragazzo si chiama Anicus."
"Isaac
Bauman..." replicò l'uomo
inglese mentre volse lo sguardo incredulo verso gli Indiani, sorpreso
che Alice
sembrava essere così in confidenza con loro.
"A
quale reggimento appartenete, signor
Bauman?" Alice gli domandò.
"42°
Reggimento fanteria dell'esercito di
Sua Maestà."
"Chiaro,
signore. Ma posso garantirvi che
non è stato fatto nessun danno. I miei amici e io stavamo
soltanto
giocando."
"Davvero?"
chiese lui in tono calmo,
ma c'era una diffidenza dipinta sulla sua faccia. "Gridando e
agitandosi
per terra? La vostra faccia è insanguinata-"
"Sono
caduta," esclamò Alice
rapidamente, poi si voltò e guardò Stephen in
modo implorante.
Il
ragazzo dai capelli rossi fece un respiro
profondo e allungò il braccio per prendere il suo cappello a
tricorno. Dopo
aver guardato velocemente i suoi compagni, replicò
affermativamente che non
c'era stata nessuna zuffa. Si trattava di un malinteso.
"Non
abbiamo nessuna divergenza l'uno con
l'altro, credo. Ce ne andremo per la nostra strada," Stephen
inclinò il
cappello e diede un colpetto ad Alice e Tankawun.
"Resta
dove sei, ragazzo!" disse la
giacca-rossa come avvertimento, gesticolando verso i Delaware.
"Dichiaro,
signore, che non credo affatto che tutto questo fosse per divertimento.
Quel
tuo amico rosso non si rende conto che
è
un reato punibile causare danni fisici a uno dei sudditi di Sua
Maestà?"
Proprio
allora, altri 4 ufficiali spuntarono
fuori dagli alberi di corsa, a ritmo sostenuto, accalcandosi vicino al
loro
compagno.
"Isaac,
abbiamo sentito uno sparo. Che è
successo?" chiese uno di loro insistentemente. Tutti loro avevano le
braccia con un' aria di tesa e pronta vigilanza.
"Niente!"
disse Alice ad alta voce
per l'esasperazione, perché Tankawun ora stava piagnucolando
per lo spavento.
"Per Dio, voi tutti vi siete avventati come un branco di bestie
selvagge
per mettere alle strette dei civili disarmati. Penso che il vostro
tempo e
fatica sarebbero impiegati meglio alla ricerca dei Francesi, che stanno
attaccando gli insediamenti e mettendo a repentaglio la milizia!"
"Non
è vostra prerogativa dilungarvi su
queste faccende, Signorina Alice," disse Isaac Bauman aggrottando le
ciglia. Si rivolse agli uomini del reggimento.
"Ho
visto chiaro come il giorno quando
quel selvaggio maltrattava il resto del gruppo. Non mi interessa sapere
perché
lei dovrebbe mentire a nome suo, ma la legge deve essere rispettata."
"Dove
siete dislocati?" chiese Alice
con timore crescente.
"Fort
Loudon," replicò un soldato a
cavallo con i capelli color sabbia, che aveva la sua baionetta puntata
su
Anicus. Il ragazzo Lenape sembrava terrorizzato. Alice si
guardò intorno
impotente, verso gli Indiani; non poteva nemmeno immaginare quanto
dovevano
essere spaventati alla vista degli implacabili Inglesi.
Alice,
da parte sua, tenne una ferma
compostezza; o cercò di farlo, ad ogni modo. Sapeva che il
suo unico vantaggio
erano gli agganci militari di suo padre e le cose che le aveva detto di
passaggio, prima della sua morte, aneddoti sulle leggi marziali nelle
colonie
come anche i vari forti che lui aveva menzionato nelle sue lettere.
"Fort
Loudon è parecchio a sud da
qui," disse lei freddamente. "Lo so bene. Il comandante del forte, il
Generale McCauley, era un amico stretto di mio padre, prima che
morisse."
Stephen
fece ad Alice uno sguardo acuto, ma
rimase saggiamente in silenzio. Sorrise cupamente a Tankawun e
ignorò Anicus in
modo zelante.
Alice
proseguì in tono di finta altezzosità.
"Mio padre era il Colonnello Edmund Munro. Era dislocato a Fort William
Henry, a nord da qui. Come voi tutti potete o non potete sapere, cadde
al
servizio di Sua Maestà. Adesso, ammetto di non essere
informata su tutti i
dettagli che riguardano la legge coloniale, ma so che ci sono alcuni
trattati
tra i Bianchi e gli Indiani in queste terre. Voi non potete attaccare
il mio
amico qui a causa di una faida immaginata che vi ostinate a credere
vera."
"Non
ho immaginato niente, signorina
Alice." Il signor Bauman era ancora austero, ma sembrava stesse
perdendo
la convinzione.
"C'è
un accordo di pace molto precario
tra gli Indiani Delaware e i coloni. Sarebbe sconveniente mettere a
repentaglio
questa certezza per un malinteso," perseverò Alice. Poteva
sentire una
gocciolina di sudore colare dall'attaccatura dei suoi capelli e
scivolare lungo
il lato del collo.
"Non
penso," disse improvvisamente
l'uomo dai capelli scuri. "Porteremo questo ragazzo a Fort Letort per
aver
attaccato dei coloni. Scostatevi - Thomas, prendilo."
Il
soldato a cavallo con i riccioli color
paglia, con cui Alice aveva brevemente parlato qualche minuto prima,
fece un
movimento verso Anicus, ma fu improvvisamente fermato dalla figura
allampanata
di Stephen.
"Scostati,
ragazzo. Non interferire,"
ordinò l'uomo con gli occhi socchiusi.
Stephen
incrociò il suo sguardo in modo
inflessibile. "Non ha fatto niente di male. Vogliamo solo andarcene a
casa
in pace. Lasciateci stare, signore."
"Procedete.
Portate a casa queste donne.
Noi ci occuperemo di gente come questa."
"Dov'è
Fort Letort?" chiese Alice
con un sussurro silenzioso, scandalizzata per il fatto che una semplice
passeggiata per il bosco aveva portato a questa débacle.
"Vicino
a Beaver Creek, a poche miglia
laggiù. E' in misura maggiore un forte di civili," rispose
Stephen.
Diresse la sua voce verso gli ufficiali –
"Credo
di non potervi permettere di
prendere uno del nostro gruppo. E' un gesto immotivato."
"Allora
ci accompagnerai, stupido
ragazzo!" ribatté irosamente Isaac Bauman ed entrambi i
ragazzi avevano le
mani prontamente legate dietro di loro.
Anicus
fece un lamento agonizzante, scuotendo
la testa. Tankawun pianse e si aggrappò a Stephen, parlando
freneticamente
nella sua lingua.
Alice
fu spostata bruscamente, ma rimase in
piedi ostinatamente. "Non avete vergogna? Né il senso
dell'onore o della
decenza?"
"Hanno
disturbato la quiete e fate
attenzione, Signorina Alice, a non rimproverarmi in quel modo." La
giacca-rossa Bauman aveva un rossore opaco sulla sua faccia per la
sferzata
ricevuta dalla lingua di Alice.
"Andatevene
via da qui. Non dovreste
passare il tempo ad accompagnarvi con questi Indiani."
"Non
me ne andrò, signore. Non posso
stare a guardare mentre prendete Stephen!" Alice sentiva una tale
rabbia e
frustrazione per questa svolta degli eventi, e non aveva mezzi per
placare
questi sentimenti. Poteva solo continuare ad assillare gli uomini
affinché
rilasciassero i suoi compagni per diversi minuti in più,
mentre loro tentavano
di arrestare i ragazzi, ostacolando completamente il loro progetto.
"Posso
vedere l'influenza che questi
selvaggi hanno esercitato su di voi, " disse l' Inglese in modo
arcigno,
roteando gli occhi.
"Questo
non è affare di nessuno, cafone
buono a nulla!"
Alice
sentì di aver oltrepassato il limite con
queste parole. Così pure il signor Bauman, evidentemente
–
"Bene.
Allora prendete anche lei."
Alice
ansimò quando forti dita si arricciarono
intorno al suo avambraccio. Lei scosse la testa, incredula.
"Tankawun,
vai a casa. Vai via da
qui," Stephen le disse delicatamente, poi incrociò i suoi
occhi.
"Fort Letort. Ricordati. Fort Letort."
Tankawun
rimase a guardare impotente mentre i
suoi amici venivano trascinati via, con le lacrime che le scorrevano
lungo la
faccia. Fort...Letort. Che significa?
Si
voltò per andare verso l'accampamento, poi
in una frazione di secondo cambiò idea. Invece, i suoi
mocassini scattarono
verso la casa degli Yengeese con cui la ragazza dai capelli di Luna
abitava,
sperando che qualcuno lì l'avrebbe aiutata e che Uncas
sarebbe stato presente. Fort Letort.
------------------------------------------------------------------------------------------------
Lei
aveva dimenticato la strada per andare al
casolare in tutti quei mesi, e non sapeva nulla di come interpretare le
tracce,
come sa fare un uomo. Così corse di qua e di là
senza concludere nulla, facendo
attenzione a stare lontana dall'accampamento.
I
suoi pensieri andarono a Stephen mentre
correva, un dolore bruciante nel suo petto per la folle corsa. Il
pensiero del
suo amico le strizzò il cuore per l'angoscia e lei
singhiozzò più intensamente.
Pensava che gli Yengeese non avrebbero fatto del male a lui o alla
ragazza di
Luna, ma i Bianchi erano così strani. Era tormentata dal
pensiero che era tutta
colpa sua.
Quando
riuscì ad arrivare alla fattoria, era quasi
sera, ma il cielo era ancora illuminato. Tankawun era bagnata di sudore
e le
sue mani tremavano mentre si tolse frettolosamente diverse foglie dai
capelli
umidi. Lei vide due donne dai capelli scuri fuori dal casolare. Fort Letort.
Cora
e Annabel stavano in piedi fuori,
scrutando con aria preoccupata i profili degli alberi. James era uscito
per
controllare le sue trappole e i fratelli al momento erano
all'accampamento.
Alice doveva ancora tornare dalla sua passeggiata e Cora era quasi
fuori di sé
per la preoccupazione. Al momento lei e Annabel stavano discutendo se
aspettare
uno degli uomini oppure andare loro stesse a perlustrare la foresta
alla
ricerca della ragazza smarrita.
Annabel
riconobbe per prima la giovane ragazza
indiana, ed era allarmata per la sua espressione frenetica. Il suo nome
era
Tankawun, si ricordò Annabel. La ragazza parlò a
raffica nella sua lingua,
indicando dietro di lei.
Cora
scosse la testa per lo smarrimento; lei e
Annabel potevano solo guardare la ragazza indiana, meravigliate.
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Di tutti i vizi
in questo vasto mondo turbolento,
Isaac Bauman aveva un particolare disgusto per l'imprevidenza, gli
sperperi... Spreco. Si
soffermò su quella parola
dopo averci rimuginato su.
Odiava il modo
in cui la nobiltà in Inghilterra spendeva
soldi senza badare a spese per abiti e gioielli che avrebbero usato
solo una
volta, il modo in cui pranzava riccamente con enormi
quantità di cibo, ma ne gettava
via la maggior parte. Disprezzava
quella
particolare razza di persone; la specie con cui aveva interagito quando
aveva
viaggiato dal Lincolnshire a Londra. I sacerdoti della Chiesa che
predicavano
da un pulpito, chiedendo donazioni per una casa religiosa
già ricca, quando
dozzine di anime disgraziate morivano di fame e pestilenze proprio
fuori dalla
casa del pastore o dalla canonica.
Edward Lamberth,
il suo commilitone come anche
collega, aveva pochi istanti prima camminato a grandi passi verso di
lui dalla
posizione di retroguardia, mentre scortavano i loro "ospiti" al
forte. Aveva sussurrato di aver ascoltato una conversazione tra la
ragazza
bionda e il ragazzo colono, ed era riuscito a capire che la signorina
Alice era
la promessa sposa di un Indiano.
"Cosa?" Isaac
aveva chiesto in tono
assente, sicuro di aver sentito male. "Irlanda, hai detto? E'
irlandese?"
Edward sembrava
divertito. "Un Indiano,
capisci? Un selvaggio. Ho sentito quel rospo lentigginoso, dai capelli
rossi chiederle
del selvaggio che presto sposerà."
"Quel piccolo
rospo lo ha chiamato
selvaggio?"
"Certamente no,
Isaac. Lui ha solo alluso al
fatto. Lei è molto in pensiero perché, in quanto
Indiano, molto probabilmente
non sarà ammesso da nessuna parte, vicino al forte. L'ho
sentita riferirsi al
fratello bianco del suo fidanzato, in quanto utile a tal riguardo."
Isaac sbatteva
le palpebre mentre Edward rise
fragorosamente, in modo stupido, "Non ha senso, Edward! Un Indiano con
un
fratello bianco? Hai sentito male."
Edward poi
scosse la testa enfaticamente.
"Allora chiedilo tu stesso a lei. Io ho sentito bene. Per il sangue di
Cristo, sta per sposare un lurido selvaggio."
Isaac era
completamente esterrefatto. Non aveva
mai visto uno spettacolo talmente mostruoso. L'idea stessa di una
ragazza
inglese così graziosa andare a letto con un pagano senza
legge lo disgustava a non
finire. Un tale orrido spreco,
pensò
lui mentre si voltò a guardare i 3 prigionieri. Era
abbastanza oltraggioso il
fatto che questi banditi pitturati tentassero di massacrare gli Europei
o,
all'estremo opposto, che le tribù relativamente pacifiche
rifiutassero in modo
sprezzante le alleanze britanniche e rendessero generalmente la vita
più
difficile agli abitanti del continente. Ma adesso sembrava che ci
fossero delle
donne impazzite che sarebbero scappate con questi barbari arretrati,
questi
selvaggi che stavano insozzando le ragazze di buona stirpe inglese.
Deplorevole,
pensò Isaac con una smorfia interiore. Orrido
spreco.
"Quanto
è distante?" gli giunse da
dietro la voce lamentosa di Alice Munro, e Isaac poté
scorgere la
preoccupazione e il timore che lei stava tentando di tenere a bada.
"Non molto,"
mormorò, senza degnarla di
uno sguardo. Si mise soltanto l'arma sulla spalla e proseguì
faticosamente,
scuotendo la testa per la strana svolta che questo giorno assolato
aveva preso.
------------------------------------------------------------------------------------------------
Annabel
versò frettolosamente un po' di birra in
un boccale e lo portò di corsa di fianco a Tankawun,
porgendo la bevanda alla
ragazza indiana ed esortandola a sorseggiare.
Le tre donne si
misero a sedere dentro, al tavolo
di legno, dopo essere state in piedi agitate per parecchi minuti.
Tankawun
aveva cominciato a tremare e a piangere quando era diventato evidente
che le
due donne bianche non avevano idea di quello che stesse dicendo.
"Bevi,
Tankawun," esortò Annabel.
"Prego, cara. Bevi."
Cora
fissò la ragazza con ansia, osservando come
le lacrime si formavano di nuovo nei suoi occhi neri. Cora si sentiva
come se
ci fosse una pietra pesante nella sua pancia e l'esperienza le aveva
insegnato
che questa era una premonizione. Lo spaventoso presagio era che questo
coinvolgeva Alice.
Tankawun
deglutì tutta la birra, poi fece
un'espressione di disgusto prima di risputare la birra nel boccale.
Annabel era
combattuta, non sapeva se essere infastidita
da questo accenno di irritante scorrettezza o tentare di essere
ragionevole;
era improbabile che gli Indiani consumassero birra su base regolare, se
mai. Se
James fosse stato presente, sarebbe scoppiato a ridere.
Lanciando a Cora
una rapida occhiata, era ovvio
che lo sputare di Tankawun non avesse avuto effetto su di lei.
"Sai
dov'è Alice, Tankawun?" Cora
supplicò la ragazza, con gli occhi lucidi per l'angoscia. La
giovane ragazza
annuì e parlò velocemente, indicando a gesti la
foresta.
"Non ti capisce,
Cora," mormorò
Annabel. "Sai qualche parola in Delaware? Forse in Mohicano?"
Cora
pensò con difficoltà, riesaminando le parole
che aveva sentito dire da Nathaniel e Uncas, ma non riusciva a
ricordarle con
sufficiente certezza. Era terribile. Qualcosa le diceva che Alice si
era
trovata ancora una volta in difficoltà e che Tankawun sapeva
dove si trovasse.
Altrimenti perché la ragazza sarebbe stata in questo stato?
"Il quaderno,"
disse Annabel
improvvisamente, alzandosi lentamente e toccandosi il pancione intorno
al
tavolo mentre si precipitava verso il cesto di Alice accanto al letto.
Cora era
confusa. "Che vuoi dire? Alice
scrive delle assolute sciocchezze lì, ricette e descrizioni
della vita
quotidiana."
"Dettagli
banali, sì," Annabel ripeté
mentre gettava avanti e indietro gli oggetti nel cesto. "Ma forse
possiamo
trovare qualche indicazione su dove sia. Mi ricordo anche che tua
sorella ha
detto che Nathaniel spesso le dava lezioni di lingua quando lui aveva
tempo
libero."
Cora ci
pensò su. "Sì, ma è sicuro che
sarebbe nella sua lingua. Non in Delaware."
La donna
ritornò a tavola, tendendo cautamente in
alto il quadernino consumato.
"Mai dire mai,
Cora. Credo che la vita ci
abbia insegnato questo."
Durante i
parecchi minuti successivi, le due
donne lessero attentamente il quadernino di Alice. Era in un terribile
stato -
era quasi scucito e la rilegatura si era allentata. Annabel prese un
appunto a
mente per procurarle un quadernino nuovo, più robusto...
Una
volta
che lei sarà di nuovo al sicuro, a casa.
"Nulla?" chiese
Annabel nervosamente.
Cora
abbassò lo sguardo, i suoi occhi scuri che
scorrevano velocemente sulle pagine, "Ricette per il pane di zucca...
istruzioni su come macinare il nostro grano appena cresciuto in
farina...
porridge di fagioli -"
"Questo
è interessante," intervenne
Annabel e puntò un dito esile sulla pagina seguente, "Lei ha
fatto un
elenco delle differenze tra lo stile di vita dei coloni e degli
Indiani. I Lenape avvolgono le loro provviste
in
foglie che poi vengono messe sui carboni ardenti. Il pesce è
imballato
nell'argilla e messo sotto i carboni ardenti. Questo serve per far
venire via
di netto le parti sgradite."
Annabel
aggrottò le ciglia, sembrando
indispettita mentre leggeva un paragrafo. "Evidentemente mio marito
pensa
che io cammini come una papera con la mia pancia. Che indelicato!
Perché
l'insopportabile..."
Cora fece del
suo meglio per non sembrare
irritabile e impaziente. "Sì, davvero... guardiamo oltre,
vuoi?"
Durante questo
dialogo Tankawun si era calmata e
stava camminando avanti e indietro per la casa, guardando tesa tutte
quelle
strane cose che i Bianchi radunavano
nelle loro case. Prese il frammento di specchio da sopra il focolare e
lo
scrutò con interesse.
Tankawun pensava
che fosse una cosa talmente
terribile non capire; stava facendo progetti per perlustrare lei stessa
la
foresta in cerca di Uncas e suo fratello, quando i suoi occhi si
posarono su
un'arma Yengeese appesa a una sedia. L'arma le fece ricordare subito i
soldati
che avevano preso i suoi amici.
Un pensiero la
colpì e si girò, avanzando verso
le donne bianche. La ragazza dai capelli di Luna, Stephen e Anicus sono
stati
presi dai soldati e
portati a Fort
Letort. Era obbligatorio che lei comunicasse a loro questo messaggio,
in un
modo o nell'altro.
Cora
fissò la ragazza indiana e cercò di mettere
insieme le sue parole. Notava che Tankawun indicava insistentemente la
carabina
di James - l'aveva dimenticata in occasione della sua visita ai
Lancaster.
"Alice e
Stephen?" mormorò Cora.
"Yengeese? Cosa Yengeese? Vuoi dire il fucile?" Fu in questo momento
che Cora cominciò a perdere i suoi fragili nervi e a cadere
nel panico cieco.
"Non capisco, Tankawun!"
"Soldati
Yengeese?" Annabel chiuse di
scatto il quaderno e si sedette in avanti con attenzione. "Cora, credo
che
stia cercando di dire Fort Letort."
A questo punto,
gli occhi di Tankawun si accesero
e annuì, ripetendo la frase e indicando di nuovo la carabina.
Cora
guardò prima Tankawun e poi Annabel, notando
che la sua amica aveva un'espressione perspicace.
"Penso che lei
intenda dire che Alice e
Stephen sono a Fort Letort. Ma perché?"
"E' impossibile
-" Cora scosse la testa
per l'orrore e l'incredulità.
La porta si
aprì e si chiuse velocemente e James
passeggiò in casa, sorridendo alle donne. Notò
Tankawun e si inchinò
cortesemente.
"Chi
è questo gioiello? Bella moglie, non mi
hai detto che avremmo avuto un'ospite così graziosa a
deliziarci stasera!"
Il suo sorriso
calò quando notò tutte e tre le
facce terrorizzate.
"Che
c'è? Che è successo?" osservò
rapidamente la stanza. "Dov'è Alice?"
Dopo aver
ascoltato in silenzio la spiegazione
frettolosa di sua moglie e di Cora, inclinò la testa e
guardò
significativamente Tankawun; lei distolse lo sguardo in silenzio.
"Dici che
Stephen era con questa
ragazza?" chiese lui lentamente, alla cui domanda le altre donne
annuirono.
Annabel si
alzò e poggiò il gomito sulla parte
media del tronco, esaminando attentamente suo marito.
"Perché lo chiedi,
James?"
"Non lo so di
preciso. Forse tutto, forse
niente." Camminò rapidamente verso la sedia e si mise la
carabina a
tracolla.
"Ora venite,
giovane signorina. Noi
partiamo."
Cora
balzò in piedi. "Dove?" domandò. I
suoi occhi erano spalancati e stava cercando disperatamente di
contenersi.
Questo intero giorno si era trasformato in un incubo vivente e per un
lungo,
spasmodico momento, avrebbe voluto che lei e Alice non fossero mai
venute nelle
colonie. Infatti, avrebbe voluto che loro vivessero ancora in Scozia.
Avrebbe
voluto con tutta se stessa che loro stessero ancora a Inverness;
ragazzine che
si sedevano accanto alla sedia di papà in biblioteca mentre
lui leggeva loro
storie fantasiose; una ragazzina che correva libera e spontanea
attraverso le
brughiere con la sua piccola sorellina e Duncan che si arrampicava
sugli alberi
per cogliere le mele... come voleva ardentemente quei giorni innocenti.
Il cuore le si
spezzava. Riusciva realmente a
sentire nel suo petto il dolore sordo che le stava spremendo via la
vita,
facendola rimanere senza fiato.
"Se perdo mia
sorella, non avrò niente per
cui vivere!" lei urlò,
facendo sussultare il gruppo. "Meglio essere trucidata e scotennata da
quei barbari che mi hanno portato via mio padre e il mio amico
Duncan..."
"Cora, mia cara
amica." Annabel avvolse
una mano intorno al suo polso. "Non dire queste cose. E' mostruoso."
"E' vero."
James scosse la
testa e la guardò fermamente.
"Dio ti ha dato la vita e quella vita è preziosa. Non
importa ciò che il
destino ti manda nel tuo cammino, sappi sempre che Dio vede il tuo
dolore e se
ti dà la felicità, ci sarà anche la
tristezza. Sei abbastanza forte da
sopportare questo - te lo giuro, Alice verrà trovata sana e
salva."
Cora si
strofinò gli occhi pieni di lacrime.
"Sei sicuro? Cosa farai?"
James
camminò verso la porta e si voltò, porgendo
una mano a Tankawun che se ne stava in piedi, al suo posto, congelata.
"La
signorina e io andremo al suo accampamento per prendere Uncas e
Nathaniel. E'
quasi il crepuscolo. Devo essere veloce. Dobbiamo andare a Fort Letort."
Le donne bianche
lo guardarono ansiosamente e
annuirono.
"Verrò
con voi!" disse Cora e Annabel
replicò che lo avrebbe fatto anche lei.
"No, voi
rimarrete entrambe qui." James
disse aggrottando le ciglia.
Annabel sembrava
pronta a discutere, ma la voce
di James troncò a sufficienza la protesta che aveva in mente.
"Annabel
Stewart." La voce di lui era
più severa di quanto lei avesse mai sentito, ma non di molto
e Annabel si
congelò. Era così strano sentirsi chiamare da lui
per nome e cognome, dato che
era sempre stata un'abitudine appartenuta a lei.
Fece a sua
moglie uno sguardo severo, di
rimprovero. "Sei mia moglie, e starai qui. Non sei in condizione di
galoppare a cavallo nella foresta. Pensa al bambino, moglie."
James
proseguì, "Cora, so che Nathaniel
vorrebbe la mia testa se tu venissi. Resta con mia moglie e occupati
della
fattoria, per favore."
Le donne
annuirono freddamente, e gli occhi di
James si rivolsero leggermente alla ragazza indiana. Le disse di nuovo,
"Vieni, ragazza, ti porterò a casa, da Uncas e Nathaniel."
Tankawun non lo
negò. Dopo tutto ciò che era
successo in questo giorno, lei era diffidente nei confronti degli
uomini
bianchi con le armi. Ma l'uomo dai capelli biondi aveva una gentilezza
negli
occhi che lei non si era aspettata. Comprese le ultime parole che lui
aveva
detto e annuì devotamente.
Entrambi
partirono e Tankawun concesse uno
sguardo alle donne che si stavano lasciando alle spalle, specialmente
alla
ragazza dagli occhi vitrei, che lei sapeva essere la sorella della
ragazza
bionda e la moglie del fratello di Uncas.
Solamente una
sorella sarebbe stata così fuori di
sé dal dolore.
La porta si
chiuse rapidamente e le donne sole
furono lasciate alla loro solitudine e ai loro pensieri.
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Il sole stava
già tramontando nella valle, una
miscela mozzafiato di arancione e viola, mentre James camminava
velocemente
verso l'accampamento Delaware. Aveva detto silenziosamente alla ragazza
indiana
di indicargli il sentiero e finora lei aveva svolto il suo compito,
saltando
agilmente sulle radici sollevate degli alberi e sull'erba.
James tenne gli
occhi fissi sulla terra e la sua
mente era attenta a qualsiasi potenziale pericolo, la sua arma a
portata di
mano, ma la sua mente stava vagando velocemente.
Perciò,
questa era la bella, misteriosa ragazza
per cui Stephen aveva perso la testa. James non poteva affatto
biasimare il
ragazzo, poiché la ragazza era incredibilmente bella. La sua
faccia era bella,
a forma di cuore e sembrava dolce. Certamente, non avrebbe potuto
competere con
la sua bella mogliettina, ma lei era comunque carina.
Oh, e lui aveva
quasi dimenticato qualcos'altro.
Le sue labbra si inarcarono in un sorriso irrefrenabile,
poiché si ricordò che
questa era la ragazza che si era frapposta tra Alice e Uncas l'anno
precedente.
Uncas era sempre stato troppo discreto e riservato secondo lui, ma
proprio di
recente avevano condiviso un po' di brandy e Uncas, sentendosi
espansivo e
leggermente brillo, aveva spiegato a James la buffa storia. La ragazza
Delaware
che gli si era attaccata come la varicella anni prima, che aveva una
madre
irritante e sguaiata che costantemente si intrometteva in ogni cosa...
era
questa ragazza! E adesso stava trafficando con un ragazzo bianco.
James fece una
risata soffocata. Tankawun gli
sorrise in modo incerto e James ricambiò il sorriso, ma
presto si ritirò nella
preoccupazione e nell' incertezza. L'incertezza per i nervi di sua
moglie, nelle
sue condizioni, per la disperazione di Cora, e per la povera,
coraggiosa,
piccola Alice.
Il sole era
quasi tramontato quando James riuscì
a scorgere il fumo del fuoco da campo davanti a loro, e silenziosamente
si
rincuorò, pregando affinché questi Lenape fossero
di umore accogliente. C'era
già abbastanza attrito e risentimento tra i Bianchi e gli
uomini Rossi, per
l'intrusione dei Bianchi nei loro terreni di caccia e cose del genere.
Ebbe rapidamente
un'idea -"Ecco!" lui
ordinò, facendo scivolare la cinghia della carabina
attraverso la esile spalla
di Tankawun. "Nel caso che loro pensino che io intenda fare del male a
te
o a loro, eh?"
La ragazza lo
guardò, modellando silenziosamente
la bocca per la perplessità riguardo a questa azione avvolta
nel mistero, ma
James sfoderò il suo sorriso da diavoletto.
"Ecco,
però non sparare a me. Vieni, fammi
strada."
Al momento di
mettere piede all'accampamento,
James si guardò intorno affabilmente, con le braccia distese
passivamente
mentre seguiva Tankawun. La gente intorno a lui sembrava diffidente per
l'intrusione, ma Tankawun alzò il tono della voce e
parlò alla gente in modo
rassicurante, affermando fiduciosamente che James non intendeva fare
nulla di
male.
Ad essere
sinceri, la gente sembrava stesse reagendo
bene e James si sentì stranamente sgonfio. Si era immaginato
frecce, minacce,
trattative, ma le persone lo condussero solo più avanti,
mentre lui si guardava
intorno affascinato, per ammirare un mondo che era così
differente dal suo.
Lui non
poté fare a meno di notare che persone di
bell'aspetto fossero, i loro capelli neri e lisci, che brillavano nella
semioscurità. La loro pelle color rame era liscia e senza
difetti, e i loro
denti erano bianchi e livellati - tutto questo diversamente da molte
delle
persone bianche.
Diede
un'occhiata veloce intorno e alla fine
riconobbe una faccia. "Chingachgook!" disse sollevato, camminando
verso l'anziano uomo, schivando attentamente un gruppo di giovani
ragazze che
stavano intrecciando quelle che sembravano essere fibre di piante per
farne
delle corde, e alcune che stavano asciugando le pelli su un fuoco.
"Grazie al
Signore vi ho trovato,
signore," disse James appena si avvicinò all'uomo
dall'aspetto solenne.
"Ho bisogno di parlare con i tuoi figli. E' piuttosto urgente."
Chingachgook
fissò acutamente Tankawun, e anche
se era rimasto impassibile, James poté percepire il suo
disagio.
"Vieni," disse
bruscamente il Mohicano,
e tutti loro entrarono in un' abitazione a forma di cupola con
un'apertura
vicino alla punta, dove il fumo usciva a spirale durante la notte.
James non
riusciva a trovare le parole per esprimere il suo stupore, il che era
insolito
in sé. Notò tutte le erbe che pendevano lungo il
lato dell'interno
dell'abitazione, e che davano all'aria una piacevole fragranza. Lui
analizzò i
tappetini e le pelli che coprivano la minuscola casa. L'intera
struttura era
sostenuta da pali che i Lenape in qualche modo hanno piegato per creare
la
strana forma della struttura.
Il suo rispetto
per gli Indiani crebbe quando vide
quanto fossero pieni di risorse e ingegnosi.
Una volta che
lui, Chingachgook e Tankawun si
sistemarono nei loro posti, e una volta che Tankawun posò la
carabina e si
lanciò in una rapida spiegazione di ciò che era
successo, lui vide come le
tremavano le mani mentre gesticolava follemente.
Ci fu una pausa.
"Che
è successo?" James chiese
all'altro uomo.
Chingachgook fu
calmo e silenzioso per diversi
secondi, prima di allungare il braccio dietro di lui e prendere una
manciata di
quella che sembrava essere la corteccia di un albero. Lui si sporse in
avanti e
ne diede alcuni pezzi a Tankawun e a James, poi gettò
cautamente la sua parte,
a poco a poco, nel fuoco tremolante.
James era
così confuso che rimase solo a bocca
aperta. Inalò l'aroma che ora si stava sprigionando dalle
fiamme e chiese,
"Cedro?"
Chingachgook non
alzò lo sguardo. "Fai come
me."
L'uomo Mohicano
aveva sempre avuto una presenza
così maestosa che James non pensò di disobbedire.
Mentre tutti e tre fecero la
stessa cosa per diversi minuti, la ragazza e Chingachgook cominciarono
a dire
tra sé e sé delle parole inafferrabili.
Non
passò molto tempo prima che tutti loro
caddero in un costante momento di quiete. La sola cosa che James
riuscì a
sentire era il respiro degli altri e il battito del proprio cuore.
Pensò per un
momento che qualcuno potesse accusarlo di partecipare a qualche rituale
pagano,
ma questo ebbe un effetto così calmante e lui
pregò molto per Alice e Stephen.
La testa ancora
chinata, alla fine Chingachgook
spiegò a James quello che era successo - come Tankawun era
stata presso il
fiume con Stephen e Alice, come un ragazzo di nome Anicus si era
imbattuto in
loro. C'era stata una discussione, una zuffa, i soldati inglesi erano
rimasti
coinvolti e avevano portato via i presenti, eccetto Tankawun che
immediatamente
era andata a cercare Nathaniel e Uncas.
"Dove posso
trovare i vostri figli? E' già
il crepuscolo. Dobbiamo andare a Fort Letort."
"Non sono qui.
Sono a caccia."
"Mannaggia"
James mormorò tra sé.
"E adesso? Fort Letort non è troppo lontano ma è
distante qualche miglio.
Direi circa 2 ore di camminata, dato che l'oscurità ci
rallenterà."
Il lembo di
pelle si spalancò e James si voltò
per vedere entrare un altro uomo indiano, la sua espressione truce.
L'uomo si
sedette di fronte a James e il suo sguardo era risoluto.
"Hopocan," fu
tutto quello che disse
come premessa. James gli disse il proprio nome e gli fece un sorriso.
Il trio di
Indiani cominciò una rapida
conversazione e James ascoltava intento, cercando inutilmente di
trovare
qualche somiglianza tra la lingua Delaware e la lingua inglese.
Naturalmente
non ce n'era nessuna; gli sembrava che l'inglese fosse più
uniforme e preciso,
mentre il Lenape aveva delle parole così incredibilmente
lunghe e una pronuncia
stridente. Fu chiaro a James che Anicus era il figlio di Hopocan, e che
dovevano
aspettare il ritorno dei ragazzi prima di decidere cosa fare.
James
sospirò e fissò le mani di lui. Come al
solito, la sua mente non stava in un solo posto. Continuò a
studiare le sue
grandi mani e pensò che quelle mani sembravano raccontare la
storia della vita
di una persona. Al momento i palmi quadrati delle proprie mani e le
lunghe dita
erano sporchi e la pelle screpolata in alcune parti. Le mani di un
agricoltore
che lavoravano sodo all'aperto. Quando aveva incontrato per la prima
volta
Alice e Cora, le loro mani gli avevano ricordato così
fortemente quelle di
Annabel, quando era stata giovane. Morbide e bianche, le unghie pulite
e
perlacee. Mani di gentildonne non abituate al lavoro.
Si
ricordò anche delle mani sciupate di sua madre
e del suo aspetto stanco verso la fine della sua vita, ma lui si tolse
questo
pensiero dalla mente. Era l'unica cosa che ancora riusciva a fargli
venire le
lacrime agli occhi, il ricordo della sua faccia prima che morisse,
persino dopo
tutti questi anni.
Cercò
di immaginare la terra della sua nascita,
la Scozia, ma non riusciva più a ricordarla chiaramente come
era capace di fare
da adolescente. Guardando in basso, invece ripensò ai
momenti felici con sua
madre, quando lei gli spostava i capelli arruffati dagli occhi e lo
curava
quando era malato, come cantava quando cucinava.
C'era una
canzone che mamma aveva cantato,
intitolata Bella Jenny Shaw, che lui ricordava chiaramente come
il giorno, una canzone che parlava di un ragazzo innamorato di una
graziosa
pastorella e lei era più bella di qualsiasi ragazza nella
zona... Annabel
ricordava sempre a James questa canzone, che era la ragione per cui lui
la
chiamava bella moglie e regina.
E'
allora
che faccio una passeggiata per incontrare la mia, mia bella regina... James
sentì
che stava per cominciare a sogghignare, e
canticchiò tra sé le parole
tranquillamente... Mentre gironzoliamo
per i campi, quando nemmeno uno solo è vicino... e
sussurriamo racconti d'amore,
per il piacere di entrambi.
Alzando lo
sguardo, James era imbarazzato nel
vedere gli altri che lo fissavano con aria interrogativa.
"Stavi
cantando." Chingachgook disse
questo come un'affermazione, tirando fuori una pipa d'argilla dal suo
vestito
di pelle.
"Sì,
ecco... stavo ricordando una canzone
che mia madre mi cantava prima di lasciare questo mondo,"
spiegò James.
"Se mia moglie mi dà una figlia femmina, forse la
canterò alla mia piccola
ragazza."
Hopocan tradusse
questo a Tankawun per la sua
insistenza, e la ragazza sorrise gentilmente a James.
Poi Chingachgook
disse, "Hopocan pensa che
sia una buona notte per una storia, mentre aspettiamo i miei figli. Ti
racconteremo
come la tartaruga ha creato il mondo."
James si
rilassò sulle sue anche, i tre uomini si
passavano la pipa l'un l'altro in tranquilla compagnia, e Tankawun si
arricciò
in una pelle di animale, con la luce del fuoco crepitante riflessa nei
suoi
occhi scuri mentre guardava loro con occhi socchiusi, appannati.
Hopocan
cominciò a narrare la storia con la sua
voce rauca, mentre Chingachgook traduceva, una lunga affascinante
storia di
come, molto tempo fa, non c'era stato altro che acqua. Un giorno una
grande
tartaruga emerse dal vasto oceano e l'acqua cadde dal suo guscio e
questa
diventò la terra.
A questo punto
della storia, una donna che
sembrava sorprendentemente simile a Tankawun sbirciò dentro
l'abitazione e
sembrava irritata quando vide lui. Sembrava quasi pronta a urlare a
James,
quando Hopocan aprì gli occhi per un istante e le
lanciò alcune parole,
indicandole col dito un punto lontano da tutti loro, con un movimento
esasperato. La donna strinse gli occhi, e guardò con aria
feroce James e Tankawun
prima di andare via, con passo pesante. Da dentro il suo bozzolo di
pellicce
avviluppate, Tankawun fece una risatina ovattata.
"La mamma di
Tankawun..." disse James
con calma. "La sua fama la precede."
"Lo sappiamo,"
replicò Chingachgook
dopo una pausa.
Hopocan scosse
la testa bruscamente per la
seccatura, prima di chiudere di nuovo gli occhi e continuare a
raccontare la
storia.
"Al centro della
terra cresceva un albero
maestoso," Chingachgook si riallacciò al racconto. "Dalla
lunga
radice dell'albero crebbe il primo uomo. L'uomo fu da solo per molto
tempo,
finché l'albero piegò il ramo più alto
che aveva e toccò il suolo, e così fu
creata la prima donna. Questo fu l'inizio di tutte le cose."
James fu felice
di ascoltare questa storia, e
stava pensando di dirlo, quando si sentirono degli spari venire da
fuori. Tutti
loro balzarono in piedi e uscirono rapidamente; James fece una
preghiera
silenziosa, sperando che fossero i fratelli.
Così
il suo cuore fu felice quando si trovò
faccia a faccia con Uncas e Nathaniel, che sembravano esausti per la
battuta di
caccia, ma allo stesso tempo preoccupati per la sua presenza.
"Che
è successo?" domandò Nathaniel,
sempre il più franco dei fratelli. "Stanno tutti bene?"
James
guardò gli inflessibili occhi neri di Uncas
e gettò un'occhiata intorno agli altri e a Tankawun, ma per
qualche ragione non
erano propensi a parlare. Lo fissavano soltanto. James
bloccò gli occhi su
Uncas e vide la paura che scintillava nello sguardo dell'uomo.
"Alice e Stephen
Mason... sono
spariti."
"Cosa?" chiese
Uncas, inclinando la
testa di lato e Nathaniel fece dei passi in avanti, afferrando stretta
la
spalla di James, dolorosamente.
"Dove?"
domandò.
"Sono stati
arrestati non lontano dalla mia
casa, insieme a un ragazzo di questo accampamento."
Uncas scosse la
testa scioccato. "Arrestati?
Per cosa? Dov'è lei?"
"Tankawun
può spiegarti più completamente.
La cosa importante è che so dove sono tenuti - Fort Letort.
Dobbiamo decidere
cosa fare."
Tankawun si fece
avanti e cominciò a esporre la
storia, per essere loro di aiuto, con più dettagli, e i
fratelli si guardarono
l'un l'altro, prima di precipitarsi nell'abitazione da cui James era
appena
uscito. Riapparvero di nuovo e gli occhi di James si spalancarono,
quando notò
che loro erano armati fino ai denti, con carabine, accette e coltelli.
James era
inquieto. "Ragazzi, non è questo
il modo di comportarsi. Semplicemente ragioneremo con i soldati al
forte e ce
ne andremo con i nostri tre amici." Dio,
parlo come Annabel.
"Per come la
vedo io," disse Nathaniel
mentre controllava le sue armi nell'oscurità, "andremo a
riprenderceli in
entrambi i casi. Il problema è se sarà nel modo
facile, con le parole, o nel
modo più difficile."
"Nel senso,
carabine e roba del
genere."
"Esattamente,
James."
James fece
spallucce, impotente. "Va bene,
allora. Conosco la strada per Fort Letort, è giù
per Beaver Creek."
"E' lontano,"
Uncas parlò adesso,
ricaricando attentamente la sua carabina. "Dobbiamo sbrigarci."
Alcuni minuti
dopo, Tankawun guardò i tre
ragazzi, come anche Hopocan e Chingachgook, dirigersi nel bosco. James
si voltò
e le disse addio con la mano, i suoi denti che brillavano
nell'oscurità, e
Tankawun ricambiò debolmente il sorriso.
Voltandosi
lentamente, Tankawun si trovò di
fronte a sua madre, che aveva un'espressione talmente feroce e rabbiosa
sul suo
viso che per un momento Tankawun sentì un inizio di terrore.
"Vai... nel
wigwam...adesso!" sua madre
sussurrò aspramente, con la voce tremolante per la rabbia
repressa. Ormai tutti
avevano sentito che Tankawun stava incontrando segretamente gli
Yengeese,
incluso un ragazzo.
"Adesso!"
urlò la donna quando alla
fine la sua collera scoppiò e Tankawun corse velocemente nel
wigwam della sua
famiglia. Gli spettatori la guardarono con compassione.
------------------------------------------------------------------------------------------------
Era tutto
polvere e oscurità, a
quanto poteva vedere Alice.
Erano arrivati
al forte a un certo punto del
pomeriggio ed erano sfilati attraverso una lunga fila di soldati
sconcertati,
nelle loro uniformi rosse dell'esercito. L'uomo che Isaac Bauman stava
cercando, il Generale Waddell, non era presente al momento e
così i soldati si
affrettarono per trovare la sistemazione per i loro nuovi prigionieri.
Fort Letort non
era grande come William Henry,
dato che era un forte civile. Lei notò che c'era molta gente
comune che
gironzolava fuori dal forte, inclusi donne e bambini.
C'era una
mancanza di spazio e solo una piccola
stanza disponibile con una minuscola finestra. Gli uomini avevano
discusso tra
loro sulla correttezza di lasciare Alice sola con due ragazzi, chiusi
in una
stanza, così alla fine loro avevano incatenato Anicus e
Stephen insieme contro
un muro e alla parete opposta era seduta Alice. Le avevano incatenato
solo i
piedi, lasciandola almeno con un po' di mobilità.
Lei
sentì il clic della serratura che si aprì e
sentì entrare qualcuno.
"Aspetteremo il
Generale Waddell domani
mattina, signorina Alice. Allora forse possiamo vedere cosa deve essere
fatto."
Alice non diede
alcuna risposta, mentre poggiava
la testa sulla sua gonna che era sopra le sue ginocchia sollevate,
voltandogli
la faccia. Si sentì un'imprecazione borbottata e qualcosa fu
messo accanto a
lei. Alice sbirciò di lato e vide che si trattava di un
tozzo di pane e
formaggio.
"E i miei amici?
Cosa mangeranno?"
Ma Isaac era
già uscito fuori velocemente; Alice
sentì girare di nuovo la serratura, mentre era seduta nell'
oscurità conseguente
alla chiusura della porta. Non era ancora completamente notte, ma la
notte
sarebbe arrivata entro qualche minuto.
Alice si
alzò sulle ginocchia e raccolse il
piatto con il cibo, avanzando verso i ragazzi, imbarazzata. Si
inginocchiò
davanti a loro e li invitò a partecipare al minuscolo pasto.
Sorrise
delicatamente ad Anicus e lui distolse lo
sguardo, timidamente. Riusciva a vedere il rimorso nello sguardo di
lui. Voleva
che lui sapesse che non lo biasimava, che lui non aveva avuto
intenzione di
causare tutto questo.
Alice
spezzettò il pane e divise anche il
formaggio, e diede a tutti loro da mangiare, a turno, con la sua mano.
"Va tutto bene.
Condivideremo il cibo. Andrà
tutto bene," mormorò Alice.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
L'aria
della notte avrebbe dovuto essere
rinfrescante, ma sfortunatamente era umida e appiccicosa; per non
parlare
dell'oscurità che creava tensione nei suoi occhi vigili, ma
invecchiati e
stanchi.
Chingachgook
pensò tra sé e sé, con una sorta
di stanca riflessione filosofica, che la vita aveva molti sentieri
tortuosi.
Alcuni erano facili e spianati dal calpestio di coloro che avevano
fatto la
strada prima di lui. Altri serpeggiavano in una maniera mutevole, che
richiedeva cautela ed equilibrio. Sopra ogni altra cosa, ogni passo nel
sentiero della vita doveva essere fatto con previdenza.
La
follia della gioventù evitava questa sorta
di saggezza, pensava l'uomo Mohicano mentre camminava attentamente, con
passo
stanco attraverso la foresta di notte accanto al suo vecchio amico
Hopocan. I
giovani, con il loro cieco ottimismo e la loro visione offuscata
dell'incerto
futuro, non avevano ubbidito all'avvertimento - Scegliete sempre i
vostri
sentieri con attenzione. Chingachgook era stato un padre molto saggio,
che si
era assicurato di insegnare ai suoi figli come scegliere un sentiero e
come
scegliere le battaglie importanti, per cui valesse la pena combattere.
Ma
adesso i tempi erano diversi. Chingachgook
aveva tentato di educare i suoi figli nello stesso modo in cui era
stato
educato lui, ma poteva vedere che loro non erano fatti come lui, come
era stata
la sua gente prima di lui. A Nathaniel erano stati inculcati i modi
degli
uomini Rossi. La sua mente era del loro popolo, il suo cuore desiderava
appartenervi. Ma il suo sangue era dei Bianchi e questo faceva una
macroscopica
differenza. Al suo figlio bianco mancava la quiete del Mohicano, lui
era teso
come la corda di un arco nella sua impazienza e nelle sue opinioni. Il
suo
figlio di sangue Uncas aveva tutte le qualità rispettate
dagli uomini Rossi,
gli era stato insegnato sin dalla culla a percorrere un sentiero
onorevole e a
ricordare i modi del suo popolo...
Tuttavia
aveva scelto una ragazza Yengeese,
malgrado la sua educazione e la guida di suo padre. Era questo posto,
pensò
Chingachgook, fissando la volta blu scura che attraversava il cielo
della
notte, con le stelle che brillavano sopra di loro. Il mondo era
cambiato nelle
tante lune in cui lui era stato un ragazzo.
Chingachgook
era preoccupato per il sentiero
in cui veniva condotto ciecamente. C'erano molte cose che lui non aveva
riconosciuto o tollerato. La ferocia negli occhi del suo figlio bianco
impulsivo, la disperazione tenuta a bada da Uncas -
tutte queste erano emozioni accecanti.
Persino la sua preoccupazione per il suo figlio minore e la ragazza dai
capelli
chiari. La coppia era stata troppo impetuosa nel loro amore e nella
decisione
avventata di sposarsi. Molte persone avrebbero disprezzato la loro
unione. Ma
ora la ragazza era diventata sua figlia, era il futuro di Uncas, e
così lui
stesso avrebbe combattuto per lei accanitamente, come se fosse stata
generata
da lui.
La
notte nebulosa racchiudeva una premonizione
di lotte e tribolazioni, non molto lontano da loro.
Riusciva
a sentire i ragazzi che parlavano
avanti, mentre James faceva da guida attraverso il boschetto
attorcigliato.
"Nathaniel,
non per impicciarmi o
qualcosa del genere, ma un uccellino mi ha detto del tuo bisticcio
l'anno
scorso con la legge a Fort William Henry."
Nessuno
disse niente per un momento
irrequieto.
"Quale
uccellino?" chiese Nathaniel
con una voce neutrale, mentre Chingachgook poté a mala pena
vedere il profilo
di Uncas che stava percorrendo la sua strada in silenzio davanti a suo
fratello.
"Tua
moglie - Beh, Cora lo ha detto ad
Annabel che lo ha detto a me. Sai com'è." James disse questo
con un tono
birichino. Il vecchio Mohicano sentì il suo figlio bianco
sospirare
pesantemente.
"Donne.
Beh, non sono sicuro di ciò che
hai sentito, ma suppongo che i fatti restino sempre uguali nel
raccontarli
nuovamente."
"Hai
disertato?"
"Sì.
Perché, James?"
James
fece spallucce nell'oscurità, "Mi
sto solo assicurando che tu capisca tutto. Hai disertato e sei stato
condannato
all'impiccagione, ora stai andando in un altro forte dove potrebbero
riconoscerti... per far loro delle richieste."
"Ci
ho pensato, il mio ragionamento è che
William Henry è più o meno a nord da qui."
Nathaniel replicò così, con
un'alzata di spalle indifferente.
"Questo
non è un ragionamento logico,
Nathaniel. E' una pazzia, un suicidio. Saresti sorpreso di come possono
essere
piene di risorse le giacche-rosse nel far circolare i nomi dei
disertori e i
malcontenti."
Hopocan
poi si avvicinò a lui e chiese di che
cosa stessero discutendo i ragazzi, poiché riuscì
a percepire il loro
turbamento. Chingachgook mise al corrente il suo amico della situazione
e
osservava in silenzio, mentre i due uomini bianchi discutevano tra loro
per
diversi minuti. Come al solito, Nathaniel stava rifiutando tutti i
consigli,
non importava quanto fossero logici.
"Tutto
quello che sto dicendo, ragazzo, è
di lasciar parlare me, mentre tu te ne stai nascosto nel bosco"! James
disse con un tono esasperato, "Dio non voglia che uno dei sopravvissuti
al
massacro ce la faccia ad arrivare a Letort e ti riconosca."
Nathaniel
scosse la testa ostinatamente.
Hopocan borbottò a voce alta per la derisione.
"Ahi
ahchinkxe, teta peyat!" il Lenape sghignazzò e
Chingachgook immaginò
chiaramente il suo figlio maggiore che roteava gli occhi, davanti.
E'
vero,
Nathaniel. Non importa dove tu vada, sei testardo.
"Non
siamo lontani," disse James
improvvisamente e indicò il calmo specchio d'acqua che stava
prendendo forma
davanti a loro, un' ondulata massa nera che rispecchiava il cielo,
"questo
è Beaver Creek, adesso deviamo e ci dirigiamo a est per un
po'. Siamo a meno di
un miglio di distanza dal forte."
Uncas
guardò indietro e i suoi capelli neri
per un momento brillarono sotto l'iridescenza della luna illuminata
pallidamente.
"James
ha ragione, fratello. Sei un
disertore e io sono un Indiano. Lascia condurre a James la discussione.
Conosce
il territorio e la gente qui," Uncas fece una pausa e poi disse in
maniera
composta, "la casa è terminata oggi. Alice sarà
contenta."
Chingachgook
inclinò la testa di lato e fissò
suo figlio, intuendo la malinconia e la preoccupazione.
Non
molto tempo dopo questo, gli uomini
silenziosi si accovacciarono furtivamente dietro a un albero di betulla
gialla
e guardarono avanti in trepidazione. Tutti loro tenevano le armi in
alto.
"Suppongo
che questa non sia la
valle?" sussurrò Nathaniel, i suoi occhi illeggibili. James
ci pensò su.
"Non
proprio. Questa è la contea di
Carlyle."
Uncas
adesso parlò apertamente, "Non come
un forte in termini di dimensioni, ma sembra ben protetto."
Afferrò
stretta la sua carabina e continuò ad esaminare il
territorio e l'edificio da
ogni angolo. Nathaniel vide le difficoltà mettersi di fronte
a loro immediatamente.
Fort
Letort si ergeva in alto, su una collina
inclinata, quindi le probabilità di avvicinarsi di soppiatto
passarono da
scarse a inesistenti. La precedente valutazione era giusta, era un
forte di
piccole dimensioni costruito principalmente per i coloni,
affinché lo usassero
per la propria difesa. Ma loro sarebbero stati avvistati da tutti gli
angoli,
poiché era solo un terreno erboso su una pendenza ripida.
Almeno avevano il
vantaggio dell'oscurità.
"Ci
sono circa 3 guardie lassù,"
Nathaniel strizzò gli occhi e puntò il dito
direttamente in avanti, verso il
punto più alto del forte, " deve essere su, all' ingresso
dell'edificio.
Credo che in qualche modo potremmo causare una deviazione durante il
cambio
della guardia e arrivare fin lassù -"
"Hai
perso la ragione?" intervenne
Chingachgook freddamente nella sua maniera brusca, "Dunque, questo
è ciò
che hai in mente di fare, mettere in pericolo la moglie di tuo fratello
e tutti
qui prendendo d'assalto un forte Yengeese. Non ti ho insegnato niente?"
Le
parole furono dette in Mohicano, perciò
James si sentì perplesso; poté soltanto azzardare
un'ipotesi secondo cui l'uomo
anziano aveva assolutamente dato una strigliata a suo figlio, a
giudicare dal
silenzio disagevole che ora permeava l'aria.
"Bene,"
mormorò James dopo essersi
mosso goffamente per qualche istante, " qualunque cosa intendiamo fare,
deve essere deciso ora. Penso ancora che prima dovremmo ragionare con
loro,
spiegare che Alice e Stephen non volevano fare del male a nessuno e che
il ragazzo
Lenape deve essere rilasciato, per evitare di danneggiare la pace tra i
Bianchi
e i Delaware."
Hopocan
annuì in segno di approvazione, anche
se James non era sicuro quanto avesse capito. Il patriarca Lenape
sembrava
sempre più teso al pensiero di suo figlio tenuto prigioniero
dai soldati
Yengeese.
"Sono
d'accordo," parlava ora in un
inglese incerto, annuendo lentamente. Nathaniel continuò a
sembrare cupo e
ostinato.
"Bene
allora," brontolò mentre
cominciarono a incamminarsi verso la collina," andremo dritti verso di
loro. Come delle ignare paperelle che galleggiano sull'acqua."
"Tu
sarai l' ignara paperella,
ragazzo." Disse James a rigor di logica, facendo spallucce al chiaro di
luna.
Si
sentì bussare alla porta e Cora corse ad
aprire, seguita da vicino da Annabel. Di fronte a loro, in una piccola
fila,
c'erano Elizabeth Mason, Gregory Newsom e Lucy in mezzo a loro. La
bambina le
stava guardando con aria assonnata mentre si appoggiava al signor
Newsom.
"Qualcuno
ha visto Stephen?" chiese
Elizabeth senza preamboli, con gli occhi sconvolti che analizzavano
l'interno
della casa quando entrarono. La notte era scesa in quel momento.
Gregory
Newsom proseguì, "Buona sera,
signora Stewart e signora Poe. Stephen non è tornato da una
gita pomeridiana,
non vogliamo arrecare disturbo ma è piuttosto buio. I
Lancaster non lo hanno
visto e Robert sta ispezionando il bosco mentre noi parliamo."
Le
giovani donne fissarono la signora Mason,
con gli occhi spalancati, finché la faccia di Elizabeth
diventò estremamente
pallida.
"Che
è successo a mio figlio?" C'era
un tono di crescente isteria.
"Sedetevi,
Elizabeth," Cora
insistette mentre tutti camminarono verso il grande tavolo nella
luminescenza
della luce del fuoco. Era determinata a dare un'impressione di completa
compostezza e calma serenità, a prescindere da come si
sentiva veramente.
Più
tardi quella sera, Annabel si sedette
tristemente accanto al fuoco, mentre finiva di cucire le coperte del
bambino su
cui Alice aveva lavorato qualche ora ogni mattina. I suoi punti di
cucitura
erano piccoli e precisi, anche se non erano ordinati come quelli di
Alice. Era
una piccola attività, ma sembrava darle uno scopo mentre
tutti aspettavano.
La
signora Mason era crollata spettacolarmente
... all'inizio. Era solo adesso che Annabel pensò tra
sé e sé che Elizabeth e
Gregory Newsom fossero una coppia perfetta da tutti i punti di vista.
Era lui
che aveva calmato la donna quando era stata sul punto di crollare per
un
attacco isterico, subito dopo aver ricevuto la notizia dell'arresto di
suo
figlio. Soltanto con un piccolo tocco sul suo gomito e poche parole,
lui aveva
calmato il panico di lei ed Elizabeth adesso era seduta sul letto
accanto a
Lucy, che era raggomitolata addormentata.
Gregory
ed Elizabeth...
Più
Annabel ci pensava, più sembrava chiara la cosa. Erano
entrambi vedovi, ma la
cosa più importante è che erano marcatamente
simili nel carattere. Entrambi
erano onesti, laboriosi, pazienti, straordinariamente gentili. Gregory
era più
grande di Elizabeth, ma avrebbe provveduto alla donna e ai suoi figli.
Quella
era un'altra cosa, amava molto Stephen e Lucinda.
"Cosa
speri che sia, Annabel? Un maschio
o una femmina?"
Annabel
alzò lo sguardo per attirare
l'attenzione della signora Mason, che stava sorridendo impavidamente
attraverso
la sua paura. Annabel mise giù l'ago e il filo.
"Non
sono sicura," rispose Annabel
onestamente, "Ho sempre pensato che gli uomini volessero i figli maschi
per portare avanti il nome della famiglia e così per un
momento ho desiderato
un figlio, ma so che James sarebbe ugualmente felice con una bambina.
Se non di
più; lui adora le bambine."
Elizabeth
annuì, sembrando stanca. Guardò Lucy
per lunghi istanti, persa nei suoi pensieri.
"John
e io abbiamo avuto solo Stephen per
così tanto tempo che abbiamo pensato che non ci sarebbe
stato un altro bambino.
Eravamo felici, ma riuscivo a percepire che John moriva dalla voglia di
averne
altri. Quando Lucy è nata, eravamo oltre la Luna per la
felicità. Un maschio e
una femmina, uno di ciascun sesso, lui lo diceva ancora e ancora."
Annabel
sospirò e distese le dita sul tessuto
malleabile sul suo grembo. "Se potessi scegliere, sarebbe una femmina,
solo perché James sembra preso con l'idea. Una femmina che
sarà l'immagine di
lui."
"Avete
pensato ai nomi, signora
Stewart?" chiese Gregory in modo accattivante dal suo posto a tavola;
evidentemente stava affilando una delle penne di Alice per cominciare a
scrivere una lettera.
"Mi
piacerebbe che un figlio fosse
chiamato come suo padre, e se fosse una bambina, a James piacerebbe
chiamarla
Lillian." Annabel fece una pausa. "Che state facendo, Gregory?"
"Sono
interessato ad andare di persona a
Fort Letort, signora Stewart. Forse sto pensando di scrivere
dettagliatamente
una dura lettera al comandante a nome di tutti noi, presentando una
domanda di
rilascio di quei detenuti."
Elizabeth
fece a Gregory uno sguardo smorzato
di divertita tenerezza; si chiedeva che cosa intendesse Gregory per
"dura" lettera, quando il suo temperamento era così
flessibile e
pacato. Così benevolo.
Elizabeth
Mason osservava mentre Cora entrò
nella casa illuminata nell'oscurità e si sedette accanto a
lei, sul letto.
"Staranno
bene, signora Mason. Lo sapete,
non faranno del male a dei coloni bianchi. E' il ragazzo indiano che ha
bisogno
di aiuto." Cora sorrise rassicurante alla donna più grande.
La domanda
successiva di Elizabeth la sorprese.
"Perché
avete scelto di restare nelle
colonie, signora Poe? Non intendo offendere o impicciarmi, ma la vita
non è più
comoda in Inghilterra?"
Cora
rimase in silenzio per un bel po' di
secondi. "In verità, la vita sarebbe stata molto
più gratificante e accettabile.
Ma non potete immaginare quanto fossi stanca di avere una vita
preparata
davanti a me e io, incapace di fermare il corso degli eventi.
Desideravo
rimanere con Nathaniel," Cora si voltò per guardare Annabel
e il signor
Newsom; loro avevano strappato dal quaderno di Alice diverse pagine da
usare
per la lettera.
"Anche
mia sorella desiderava rimanere
qui, vogliamo resistere e non essere alla mercé o ai
capricci degli altri a
Londra. Io adoro anche tutte le persone in questa stanza, che sono
tanto fedeli
a me quanto ad Alice."
Elizabeth
strinse il braccio di Cora, come per
confortarla. Dopo tutto, era la sua unica sorella che era sparita
accanto a
Stephen.
Cora
guardò in basso e tracciò con la punta
del dito le lenzuola del letto consumate, che lei e le altre donne
avevano
condiviso da un anno, adesso. Un anno che era sembrato
un'eternità. Era vero perché
in questo preciso momento, l'estate precedente lei e la sua sorella
minore
erano a bordo di una nave britannica, la Gibraltar, diretta verso le
Americhe
solo per un breve soggiorno. Entrambe le sorelle avevano parlato
spesso,
durante la loro traversata, di quanto fosse eccitante il viaggio e
quanto
sarebbero invidiose di loro le amiche al momento del ritorno. Mesi fa,
molto
probabilmente, a Londra era giunta la notizia che l'intera famiglia
Munro, come
anche il Maggiore Heyward, era stata trucidata dai selvaggi. Chi
avrebbe mai
pensato che avrebbero perso così tanto; il loro intero stile
di vita e tutti
quelli che ne facevano parte, ma allo stesso tempo avrebbero guadagnato
molto di
più.
Perché
questo sentimento irrequieto le si era
insinuato nella pancia? Lo aveva sentito prima, in occasione della
marcia, via
da Fort William Henry, quando suo padre si era arreso. Come se lei
fosse una
donna cieca che camminava per le strade senza meta, ma molto
consapevole di un
potenziale pericolo che le veniva incontro; le ritornarono in mente i
cavalli
che avevano lasciato in Inghilterra, che percepivano un imminente
cambiamento
del tempo oppure se un sentiero fosse pericoloso da percorrere.
"Elizabeth,
lo senti? Questo
silenzio?" disse Cora prima di poter soppesare le parole, ma l'altra
donna
fece un respiro agitato e annuì, poggiando la mano sulla
schiena tranquilla di
sua figlia addormentata.
"Il
silenzio che sembra riempire l'aria
prima che un disastro colpisca. Qualcosa di imminente." Annabel
sussurrò
così delicatamente che Cora poteva essere sicura a mala pena
di averla sentita.
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Isaac
Bauman afferrò il bordo dell'elegante
sedia di legno davanti a lui mentre fissava con aria critica i 5
uomini; tutti
loro stavano dritti davanti a lui nell' alloggiamento libero del
Generale
Waddell. Due Bianchi e tre Indiani. Isaac sentì un pungente
mal di testa
insinuarsi nel lato sinistro della sua tempia, aggiungersi a questa
seccatura.
Questi
gentiluomini
passeggiando si erano avvicinati al forte - bene,
fiancheggiati dai
soldati, ovviamente - e avevano detto che avevano bisogno di parlare
con il
comandante del forte riguardo ai loro conoscenti rapiti. Adesso erano
qui. Gli
occhi di Isaac si strinsero mentre fissava l'insolente che sembrava
mezzo
Indiano; con i suoi occhi blu e i lineamenti europei, ma abbigliamento
strano e
capelli ribelli. C'era una precisa aria di sfida nei suoi confronti.
"Cos'
è questa sciocchezza che stai
rigurgitando, uomo? Siamo soldati di Sua Maestà, secondo, e
gentiluomini,
primo. Non abbiamo rapito nessuno. A chi ti riferisci?" Lui lo sapeva
certamente, altrimenti perché ci sarebbe questo gruppo di
pagani davanti a lui.
Ma c'era qualcosa nello sguardo duro dell'uomo arrogante davanti a lui
che lo
faceva sentire diffidente e polemico.
Un
altro uomo alto si tolse il cappello,
asciugandosi la fronte. I suoi capelli biondo scuro erano schiacciati
sulla sua
testa.
"Il
mio nome è James Stewart,
signore," disse l'uomo con una debole inflessione scozzese nella voce,
"e i 3 giovanotti che avete arrestato prima sono con noi. Sono certo
che
si può spiegare tutto. Perdonare e dimenticare, eh?"
No,
in
realtà, non è semplice, Scozzese del cavolo.
Isaac si guardò intorno e fissò ogni uomo, uno
alla volta, per
lunghi istanti, gli occhi che si soffermarono sull' uomo Indiano
più giovane,
con i suoi zigomi alti, definiti e le scure sopracciglia arcuate.
"Chi
è il resto di voi?" chiese
Isaac, tamburellando con le dita sulla sedia per l'irritazione. Non gli
piaceva
essere tirato fuori dal compito di sovraintendere ai turni per dover
dare retta
ad agricoltori e Indiani. Le presentazioni furono fatte quando la
faccia di
Isaac si alzò –
"Voi
due siete fratelli, vero?"
domandò lui. Perché questa informazione era
così importante? Gli solleticò la
memoria.
Quello
chiamato Nathaniel strinse gli occhi e
scosse la testa sdegnosamente.
"Questo
è quello che ho detto. Voi avete
incarcerato mia cognata da qualche parte in questo forte, come anche i
nostri
due amici. Uno di loro, il ragazzo Lenape, è il figlio di
Hopocan."
Girò
di scatto la testa in direzione dell'uomo
Indiano tarchiato, silenzioso, "Non credo che io debba ricordarvi della
pace tra i due popoli, un accordo che ora è molto incerto
con un ragazzo
Delaware in galera."
Isaac
non poté fare a meno di notare che gli
altri soldati sembravano tenersi a debita distanza dagli uomini Indiani
più
anziani e anche adesso li controllavano in maniera continuata,
nervosamente.
C'era qualcosa nei loro penetranti occhi neri e nei loro sguardi
inespressivi
che faceva ripensare Isaac alle antiche statue di marmo che aveva visto
nelle mostre
greco-romane, quando aveva viaggiato in giro per il continente da
adolescente.
Tuttavia,
loro erano soldati di Inghilterra e
non scolari spaventati. Isaac guardò in modo minaccioso i
suoi commilitoni.
"Ti
ho sentito, ragazzo," replicò
Isaac a Nathaniel, "ti prego di perdonare la mia ignoranza,
poiché non
sono molto esperto di matrimoni che producono sia un figlio bianco che
un
figlio rosso."
Gli
occhi di Nathaniel Poe luccicarono per la
rabbia, ma Isaac rimase sconcertato quando il signor Stewart
gettò la testa
all'indietro e fece la sua sonora risata, ad alta voce. La sua risata,
simile a
un latrato di cane, fece venire in mente a Isaac un cane randagio
meticcio.
"Sì,"
disse lui dopo che la sua
allegria era diminuita, per passare a delle risatine soffocate
ansimanti,
"avete ragione, signor...?"
"Bauman.
Isaac Bauman, originariamente
stanziato a Fort Loudoun, ma fui mandato a Letort con alcuni del
reggimento per
dare una ripulita, eliminando invasori francesi o indiani." Isaac
poté
soltanto fissare lo Scozzese. Era leggermente matto? Perché
stava ridendo come
un cretino?
"Sfortunatamente
il Generale Waddell non
è presente, lo aspettiamo domani," Isaac stava dritto e
poggiò il suo
cappello sulla piega del braccio, sentendosi stanco e volendo
allontanarsi da
questi selvaggi e contadini maleducati. Vide il signor Poe aprire la
bocca
furiosamente.
"Prima
che lo chiediate, Poe, la risposta
è no. E' fuori questione l'idea di rilasciare i nostri
detenuti senza il
permesso del Generale. Tornate domani a mezzogiorno circa. Ora, vi
prego di
perdonarmi ma devo congedarmi da tutti voi. Sarete scortati fuori."
Il
ragazzo indiano più giovane camminò
attentamente, con i suoi occhi neri fissi su Isaac.
"Alice
è trattata bene?" chiese
l'uomo rosso. Perché t'interessi?
pensò
Isaac acidamente; quando all'improvviso tutti i pezzi di questo
inquietante
puzzle combaciarono.
"Tu-"
Isaac quasi rimase di sasso
per lo shock, "tu sei l'Indiano con cui la signorina Alice è
fidanzata?"
L'uomo
indiano batté gli occhi lentamente e rimase
in silenzio, probabilmente più che sorpreso del fatto che la
ragazza avesse
rivelato questa cosa. Isaac era perso nei suoi pensieri per parecchi
istanti,
meravigliandosi di nuovo al pensiero della graziosa Alice Munro, una
rosa
inglese, e di questo bifolco dalla pelle di rame, uniti in una qualche
parodia,
in una qualche buffonata di matrimonio.
"Lei
ha detto qualcosa, delle vostre
nozze imminenti." Isaac omise il fatto che l'informazione, in
realtà, era
stata carpita esclusivamente origliando, "Quindi sua sorella
è sposata
con... questo gentiluomo?"
Nathaniel
Poe annuì risolutamente.
Un
altro
spreco,
pensò Isaac sospirando
mentalmente. L'uomo era tanto selvaggio quanto la famiglia che
reclamava come
propria. Forse ancora di più, almeno gli altri mostravano
una qualche parvenza
di etichetta e di comportamento decente.
"Lei
è in una cella di custodia con gli
altri due. Le ho già dato del cibo. Tornate domani," disse
Isaac e se ne
andò a grandi passi, rapidamente. Guardò negli
occhi Edward Lamberth,
"assicurati che partano e che non ritornino fino a mezzogiorno."
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Tschitani
si piegò per evitare un vaso di
argilla che volò sopra la sua testa, mentre sua madre urlava
forte. La ragazza
di 11 estati andò velocemente in un angolo e si fece vedere
occupata a
intrecciare un tappetino di giunco, per paura che sua madre notasse la
sua
inattività e cominciasse a rimproverarla.
Tuttavia,
lei si meravigliava per la
compostezza di sua sorella Tankawun alle prese con la sgridata della
loro
madre. La nonna era abituata ormai da troppo tempo a questo spettacolo
costante
e rimase in silenzio, polverizzando il grano con una profonda
espressione
accigliata sulla sua faccia marrone, segnata dalle intemperie. Tankawun
si
inginocchiò a terra, con la testa chinata e in silenzio.
Gli
occhi di Tshitani si spalancarono
allarmati, quando vide sua madre strappare via la corda spessa, fatta
di pelle
non conciata attorcigliata, dalla parete del wigwam. Lei
piagnucolò.
Gli
occhi di sua madre erano grandi e più
furibondi di quanto lei avesse mai visto, ma la donna non
picchiò Tankawun.
Anzi, sfogò la sua furia sul terreno, e fece schioccare la
frusta in un arco
rivolto verso il basso. Schioccò quando colpì la
superficie.
"Piccola
bestia ingrata!" la madre
urlò con voce stridula, scuotendo la testa così
energicamente che le sue trecce
nere volarono nell'aria, "mi hai fatto diventare lo zimbello di tutto
il
villaggio! Questo è ciò che volevi?"
Tankawun
scosse la testa lentamente, con il
suo collo chinato e la sua schiena ancora rivolta alla sua sorella
minore
terrorizzata. Le loro altre due sorelle erano raggomitolate nei
rispettivi
posti letto, probabilmente fingendo di dormire.
"No?"
disse la loro madre, facendole
il verso causticamente, "non ti rendi conto di quello che hai fatto?
Tutti
qui sanno che stavi incontrando quel demonio bianco! Per Mannitto, se
avessi
saputo che te la stavi squagliando con uno di loro, ti avrei fatto a
pezzi!" Lei agitava la frusta in faccia alla sua figlia maggiore, in
modo
minaccioso.
Chemames
inclinò la testa e fissò Tankawun,
diventando costantemente più arrabbiata. Questa volta la
frusta schioccò molto
vicino alle ginocchia della ragazza, facendo in modo che saltasse e
fissasse
sua madre con gli occhi spalancati. Bene, pensò Chemames,
aveva bisogno di
vedere una reazione da parte della sua figlia insolente.
"Non
hai idea, figlia, di quanto tu sia
bella..." Adesso il tono di Chemames era più delicato, per
il momento,
"il problema è sempre stato questo. Sei troppo sognatrice
per capire che
puoi usare la bellezza a tuo vantaggio, a nostro
vantaggio, per un buon matrimonio. Voglio solo vederti
accudita da un buon
uomo, che provvede alla famiglia, un guerriero."
Chemames
si lamentò e si attorcigliò la corda
tra le mani strette, agitata. "Uncas sarebbe stato il compagno
perfetto!
Ultimo della sua stirpe e suo padre è un capo assai
rispettato-"
"Madre,"
Tankawun intervenne
delicatamente e sospirò mentre tentava di dissuadere sua
madre, "Uncas ha
scelto l'altra ragazza."
"Perché
non dici quello che è, figlia?
Una ragazza Yengeese che ha usato qualche specie di stregoneria su
Uncas per
farlo allontanare."
"Farlo
allontanare da cosa?" chiese
Tankawun, ma questa volta c'era un tono di stizzosa impazienza nella
sua voce.
"Da
te!" Tankawun alzò lo sguardo
per vedere il labbro di sua madre arricciarsi per il disgusto, prima di
continuare ad assillare sua figlia, "Non c'è da
meravigliarsi che tu abbia
fallito così miseramente nell'assicurarti Uncas. Ti sei data
per vinta così
velocemente davanti a una certa sgualdrina
Yengeese dal viso pallido, una certa-"
"Non
lo è, madre! Per favore, perché
dovete sempre dire cose così terribili? Lui ha scelto lei
anziché me, e devo
accettarlo e voltare pagina, passare oltre." Tankawun si
pentì della sua
scelta della parola, proprio appena l'aveva pronunciata, e alcuni
istanti dopo,
la ruvida punta della frusta arrivò lentamente al suo mento,
inclinando il suo
viso allo sguardo infuriato e imperturbabile di sua madre.
"Passare
oltre... a cosa?" Chemames
sussurrò, esaminando accuratamente la faccia di sua figlia.
La
mente di Tankawun diventò completamente
vuota, mentre cercava di tenere costante il battito del suo cuore.
L'immagine
istantanea nella sua mente era capelli rossi in coppia con occhi
gentili. Il
pensiero del suo amico Stephen fece in modo che le si chiudesse la
gola, ma anche
che il calore le si accumulasse nelle viscere, mentre lei ripensava al
suo gran
sorriso di traverso, al suo sguardo gentile e a come il suo tocco
rimaneva
sempre sulla sua pelle, per molto tempo dopo che loro si separavano
lungo le
loro strade.
Cosa
sentiva? Tankawun non era più sicura di
cosa provasse per chi. Nel caso di Uncas, era solo una brama ardente,
una
palpitante ossessione che si era stabilizzata in lei, in giovane
età, e
rifiutava di allentare la sua presa. Uncas un tempo le faceva battere
il cuore
a mille e le faceva sudare i palmi delle mani. Con Stephen si sentiva
molto più
felice e a proprio agio, il mondo sembrava illuminarsi. Qualche volta i
giorni
passavano senza che lei si ricordasse dei colori contrastanti della
loro
carnagione. Ripensò, con una dolorosa fitta nella sua
pancia, a quando lui le
regalava i gingilli e i dolcetti Yengeese, e a come le teneva stretta
la mano
mentre guardavano il mondo, lasciandosi trasportare dalle emozioni.
"Vuoi
dirmi che provi dei sentimenti per
il ragazzo Yengeese dai capelli rosso fuoco?" Chemames
avvicinò sempre di
più la sua faccia, fino a quando si trovò occhi
negli occhi con la ragazza
nervosa.
"Io..."
la gola di Tankawun era
diventata secca, ma in quel folle momento sapeva di non poter mentire.
"Io-
Io credo di sì. Sì."
Tschitani,
ascoltando ogni parola, cominciò a
singhiozzare quando la mano della loro madre volò in aria e
colpì sonoramente
la guancia di Tankawun, facendo ruzzolare sua sorella a terra.
Ciò
che successe dopo fu una confusa
successione di voci e colori, quando la Nonna si alzò in
piedi dalla sua
posizione a gambe incrociate e diede il suo ordine più
severo a Chemames di
lasciare in pace Tankawun. Era un ordine al quale Chemames non
disobbedì. Dopo
molte urla e tempeste nell'angusto wigwam, la Nonna e la Madre uscirono
fuori
per discutere di Tankawun, in privato.
Non
molto tempo dopo, le sorelle stavano
fianco a fianco, Tschitani tirava su col naso per aver pianto, mentre
Tankawun
le accarezzava i capelli e il braccio scoperto.
"Ami
veramente quel ragazzo
Yengeese?" chiese delicatamente la giovane ragazza.
Tankawun
smise di accarezzare i capelli scuri,
annodati di sua sorella.
"Non
è semplice."
"E
Uncas?"
"Non
è destino. Ora non piangere e vai a
dormire, piccolina." Tankawun baciò la calda fronte di sua
sorella e
aggrottò le ciglia quando la piccola cominciò a
tremare.
"Sono
spaventata! Mamma dice che sei
malvagia e ti manderà via. Non le permetterò di
farlo, Tankawun. Verrò con
te."
Tankawun
sospirò e scosse la testa,
desiderando più di qualunque cosa che le cose fossero
diverse. Che potessero
essere una normale famiglia, che potessero parlare liberamente senza
doversi
preoccupare del carattere brutto e imprevedibile di sua madre. Le donne
erano
uscite fuori dal wigwam per un periodo piuttosto lungo.
"Sorellina,
sai come ti è stato dato il
tuo nome?" chiese gentilmente Tankawun, osservando mentre la faccia di
sua
sorella registrò questa domanda.
"Papà?"
"Mmm.
Quando avevi 4 estati, un serpente
velenoso ti ha morso ed eri quasi morta, hai smesso di respirare.
Papà ti ha
portata nel nostro wigwam dopo averti trovata, e tutti noi abbiamo
cercato di
curarti per farti guarire, ma non ti svegliavi. Abbiamo fatto persino i
preparativi per la tua sepoltura."
La
piccola sembrava stupita, "Ero così malata?"
"Sì,
abbiamo promesso di non parlarne
mai, ma meriti di sapere. Nonna ti ha fatto il bagno. Abbiamo messo le
ceneri
sulle nostre facce e abbiamo pianto e pianto. Papà ti ha
messo i tuoi indumenti
migliori e ha pregato affinché la tua anima raggiungesse i
felici terreni di
caccia, mentre la tua fossa veniva scavata. Poi..."
"Che
è successo?"
"All'improvviso
ti sei messa seduta e hai
detto che avevi sete." Tankawun ridacchiò delicatamente per
l'esagerato
sussulto di stupore di sua sorella.
"Papà
ti ha dato il tuo nome, che
significa più forte, proprio
per
questo. Perché il tuo spirito è venuto a noi
più forte di quanto non lo sia mai
stato, e anche come promemoria per tutti gli altri, affinché
non dubitino mai
di te."
Tschitani
sembrò così emotiva per lunghi
istanti, ma il cuore della sua sorellina era appagato per il fatto che
Tankawun
le aveva raccontato questo; ciò le dimostrava che
Papà doveva averla amata. Le
aveva dato un nome potente, come lo era stato il suo. Lui era stato
Eluwak
- significava colui
che è fiero; il più
potente. Tra tutti nella sua famiglia, Tschitani era colei che adorava
di più
sua sorella Tankawun, e che ammirava di più la sua
spensieratezza e leggiadria.
"Guarda
che ho, naxisemes." Tankawun
tirò fuori uno strano oggetto tagliente,
che sembrava aver intrappolato la luce dentro di sé.
"Che
cos'é?" chiese Tschitani
affascinata e vi sbirciò dentro. Balzò indietro,
spaventata.
Tankawun
rise musicalmente, "E'...hmm...
il riflesso che vedi nelle acque calme. Mi sono dimenticata di
restituirlo alla
famiglia Yengeese."
Si
distesero sulle loro pelli di animali e,
durante il resto della notte, guardarono la luce del fuoco riflettersi
nel
frammento di specchio rotto e danzare intorno a loro.
...................................................................................................................
Il
giorno ebbe inizio presto, vividamente
ottimistico quando gli occhi di Stephen si aprirono. Si
svegliò confuso e
disorientato, ma sopra ogni cosa turbato. Ogni articolazione gli
pulsava
dolorosamente.
Oh
sì,
ora mi ricordo... Guardò
curiosamente Anicus, mentre il ragazzo stava guardando in
giù, verso le assi
impolverate che formavano il pavimento, imperturbabile nel suo sogno ad
occhi
aperti. Sembrava come se il suolo avesse tutte le risposte che lui
cercava così
disperatamente.
"Buongiorno,
laggiù..." Stephen
sussurrò e il giovane dalla pelle di rame
borbottò soltanto, con gli occhi
ancora rivolti verso il basso. Non poteva farci niente, Stephen
ridacchiò per
l'espressione quasi imbronciata e infantile dell'altro ragazzo. Si
ricordò
dell'altra loro compagna di cella.
"Alice!"
Stephen si guardò intorno
nella stanza, muovendo di scatto la testa, finché
trovò la sagoma della sua
amica in piedi, di fronte alla parete lontana, che allungava il collo,
simile a
una bambina smarrita. L'apertura della minuscola finestra era troppo in
alto
(dopo tutto, era una cella di custodia di ripiego, per arrangiarsi),
lei poteva
soltanto starsene lì in piedi con la testa piegata
all'indietro, lasciando che
i piccoli raggi di sole facessero diventare quasi bianchi i suoi
capelli
biondi.
"Buongiorno,
signorina Alice," disse
Stephen allegramente, cercando di non sembrare preoccupato per la
particolare
posizione della ragazza.
"Buongiorno,
ragazzi." La voce di
Alice era delicata e sembrava stanca.
"Quando
ti sei svegliata?" Stephen
chiese in tono colloquiale, come se fossero ancora nelle loro case,
nella
Delaware Valley.
"Temo
di non aver dormito. Stavo cercando
di vedere l'alba ma la finestra è troppo alta."
La
sua voce sembrava così distante che Stephen
si preoccupò. Si agitò di continuo –
"La
testa mi prude. Anche la faccia. Mi
darai una grattatina, Alice? Credo di essere un po' legato al momento,"
la
voce di Stephen era allegra e lui fece tintinnare le proprie catene per
essere
sicuro, sperando che lo scherzo la rendesse felice.
"Suppongo,"
replicò Alice in
dettaglio, ma stava sorridendo quando si voltò per andare
verso i ragazzi,
trascinandosi dietro le catene.
"Come
stai, Anicus?" chiese Alice
mentre grattava la cute e la faccia di Stephen, mentre lui sospirava
felicemente.
Il
ragazzo Lenape fece spallucce, sembrando
schiacciato. Alice lo esaminò attentamente, notando che i
suoi pantaloni di
pelle di daino e la camicia di calicò color thè
blu erano strappati e sporchi.
Alice si sedette accanto a Stephen e i due si tennero le mani per
diversi
istanti.
"Puoi
appena immaginare quanto devono
essere preoccupate le nostre famiglie, Stephen?" borbottò
Alice contro la
spalla di Stephen. Lei esaminò pigramente la minuscola
finestra, finché la
porta si aprì di nuovo per la prima volta, dalla notte
precedente. Gli abitanti
sgranarono gli occhi appannati.
L'uomo
chiamato Edward Lamberth fece loro un
gran sorriso in modo sfrontato, mentre si appoggiò alla sua
carabina, la sua
uniforme vistosamente rossa.
"Oh,
svegli! Buongiorno a tutti voi,
signorina Alice, signor Mason...lui." La faccia di Edward si distorse
per
il disgusto mentre esaminava Anicus in modo odioso. Annusò
come se nella stanza
ci fosse qualcosa di nauseante. Alice aggrottò le ciglia.
"Non
ci avete dato abbastanza cibo la
notte scorsa, signore," disse Alice freddamente, "Noi tre abbiamo
dovuto dividerci la misera porzione che era assegnata a me. Se sareste
così
gentile -"
"Sono
solo venuto a dirvi che la
colazione vi sarà portata quanto prima," interruppe Edward,
lanciandole
un'occhiataccia, "e intorno a mezzogiorno vi incontrerete con il
Generale.
Qualcos'altro, ragazza?"
Alice
batté i piedi stizzosamente mentre
continuava a guardare in cagnesco l'uomo rozzo. I ragazzi rimasero
attentamente
in silenzio.
"Queste
condizioni sono deplorevoli,
signor Lamberth."
Edward
piegò la testa di lato e le sorrise,
"Siete stata maltrattata in qualche modo? Abbiamo picchiato qualcuno di
voi?"
Alice
guardò in basso, verso il suolo
impolverato. No, lei supponeva che non erano stati maltrattati troppo,
ma
l'ambiente circostante era estremamente sporco e loro non avevano delle
sedie
adatte. Disse questo all'uomo, facendolo ridacchiare di cuore.
"Perdonatemi,
Vostra Grazia!" disse
l'uomo con esagerato decoro, "scriverò immediatamente al St.
James's
Palace per farvi mandare le vostre cose."
Fece
una serie di risate per la sua
espressione offesa e camminò verso la porta. All'ultimo
momento si voltò
bruscamente-
"Dimenticavo
quasi, signorina
Alice." Il sorrisetto di Edward era ancora lì, ma c'era una
crudeltà nelle
sue sopracciglia e nella sua bocca, adesso. "Alcune persone sono venute
a
cercarvi."
"Quando?"
chiese Stephen con
entusiasmo, drizzandosi con un sussulto, ma il soldato lo
ignorò.
"Sono
venuti la notte scorsa e hanno
chiesto un incontro con il Generale, che non era nemmeno presente al
forte. I
loro nomi..." Edward si sforzò di ricordare, "Nathaniel,
quello che
sembra essere in parte pagano, anche Stewart. Questa coppia di anziani
Indiani
e anche un altro ragazzo."
"Chi?"
chiese Alice avidamente, ma
poteva sentire un brivido attraversarla; era qualcosa che aveva
cominciato a
provare mesi prima. Quando Uncas era vicino oppure quando stava per
essere
nominato in una conversazione, tutto il suo corpo in qualche modo ne
era
consapevole.
"Sapete
chi," Edward abbassò la voce
in un sussurro ammaliatore, "quell'Indiano che avete scelto come vostro
amante."
Adesso
Stephen parlò apertamente, con i suoi
occhi infuocati per la rabbia moralista, "Potreste essere un soldato,
signor Lamberth, ma non siete un vero uomo per rivolgervi a una donna
in questo
modo."
"Chiudi
la bocca, piccolo rospo. Se fossi
un vero uomo, le diresti di non infangare se stessa o il nome di suo
padre con
un selvaggio," la voce di Edward era forte e ostile, "e tieniti
pronto per mezzogiorno. Incontrerai il Generale Waddell."
Proprio
allora una ragazza, più o meno
dell'età di Alice, camminava timidamente dietro Edward, con
gli occhi
compassionevoli e tenendo in mano una pentola di ciò che
sembrava essere
porrigde. Edward gliela prese dalle mani e le fece un cenno col capo,
rigidamente.
La
pentola fu poggiata a terra con forza
davanti a loro tre, e parte del porridge farinoso si
rovesciò lungo i lati. Non
aveva un aspetto molto invitante, e questo forse doveva trasparire
nello
sguardo di Alice, perché Edward Lamberth ruotò
gli occhi verso Alice in modo
austero e uscì dalla cella senza guardare indietro,
camminando intorno alla
ragazza.
"La
Duchessa disprezza il cibo che
serviamo qui, Millie," disse Edward sprezzante quando la porta si
chiuse,
la sua voce si poteva ancora sentire debolmente, "ricordati di chiudere
la
porta col catenaccio."
"Suppongo
che non gli piacciamo,"
Stephen fissò la fredda poltiglia nella pentola, disgustato,
e ripensò a come
quest'uomo lo chiamava costantemente "rospo lentigginoso" e cose del
genere.
"Ma
specialmente tu, Alice."
Alice
non prestò a questa osservazione nessuna
attenzione, poiché stava guardando acutamente l'altra
ragazza. La ragazza di
nome Millie indossava un abito lilla chiaro che sembrava molto
sciupato, la sua
faccia dietro i capelli scuri era stanca. Era piuttosto semplice, ma
poteva
essere a causa della stanchezza. Sembrava timida e imbarazzata per
tutto quello
che aveva detto Edward Lamberth. I suoi occhi avevano qualcosa che
Alice
riconobbe, ma non riusciva a individuarlo.
"Grazie
per la vostra gentilezza,
signorina Millie," disse Alice dolcemente con ciò che
sperava fosse un
caldo sorriso, "per averci dato il cibo più del necessario.
Mi sforzerò di
ripagarvi per la vostra ospitalità e benevolenza."
"Il
mio nome è Amelia," spiegò la
ragazza arrossendo per le cortesi parole di lode, "puoi chiamarmi
Millie."
"Lo
farò sicuramente," Alice
continuò a guardare Amelia pensierosamente, mentre la
ragazza dai capelli
marroni si precipitava fuori. La serratura fece un piccolo scatto,
mentre loro
furono di nuovo chiusi dentro.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
"Ve
lo chiederò di nuovo,
siete abbastanza presentabile per uscire?" la voce dell'odioso Edward
Lamberth risuonò attraverso l'ingombrante porta di legno.
Sembrava impaziente.
Circa
10 minuti prima, i soldati vestiti di rosso avevano aperto la
porta della cella di custodia, e trascinato i due ragazzi nel corridoio
per
farli aspettare fuori, ancora ammanettati. Edward era entrato dentro e
aveva
messo con noncuranza una bacinella d'acqua vicino ad Alice.
"Rendetevi
presentabile, signorina, dovete incontrare il
Generale." L'uomo dagli occhi scuri aveva fatto di nuovo
quell'espressione
sprezzante, prima di uscire fuori.
Adesso
la porta fu aperta, quando Edward sbirciò dentro con un
aggrottamento delle sopracciglia, proprio mentre Alice si stava
asciugando le
mani bagnate sulla gonna e si stava picchiettando la faccia con gli
avambracci.
"State
cercando di farvi carina per quella prole di Satana? Non
capisco perché lo facciate con tanta diligenza."
Alice
ne aveva avuto abbastanza del suo comportamento da zotico e
cercò di insultarlo nella stessa maniera in cui lui stava
facendo con lei.
"Perché
diavolo mi preoccuperei di pettinarmi per il misero
comandante di certi operai
maleducati?" chiese Alice mentre incrociava le braccia sul petto,
battendo
con i piedi il pavimento, stizzosamente.
Gli
occhi di Edward Lamberth si strinsero in piccole fessure, mentre
faceva due passi verso di lei.
"Apprezzo
l'ironia nelle vostre parole, signorina. Ma non sono un
'operaio' di umili natali, come voi alludete."
"Non
faccio nessuna allusione, signore," Alice ribatté,
"e se voi non siete così sacrificabile, perché vi
è stato assegnato il
compito di badare a una donna incatenata chiusa in un buco di insetti
parassiti? Forse perché siete considerato come estremamente
scadente."
"Mi
riversate addosso queste dure parole, ragazza, ma voi siete
inferiore a chiunque io possa solo immaginare. Inferiore all'uomo
ammanettato
nell'altro corridoio che ha sparato a suo fratello per una disputa
riguardo alla
terra, e lui sarà impiccato in cortile per quel gesto
raccapricciante. Peggiore
persino della prostituta del campo, condannata a 100 sferzate per aver
diffuso
la sua pestilenza. E' solo due porte più giù."
Alice
fu punta da queste parole, ma Edward continuò a parlare
quando
notò che lei quasi quasi stava per ribattere.
"Loro
almeno non si sognerebbero mai di commettere l'atto
innaturale di rivoltarsi contro la propria razza e sporcare per sempre
il
proprio sangue. Avete pensato a cosa succederebbe, se decideste di fare
figli
con lui? Condannarli ad essere piccoli meticci, che è peggio
che essere un
selvaggio."
Alice
era senza parole, i suoi grandi occhi blu pieni di orrore.
Questo era un qualcosa che a malapena le aveva attraversato la mente.
Il
pensiero di fare dei figli, certamente, era qualcosa che aveva
aspettato
impazientemente, una volta che sarebbe diventata una moglie. Aveva
pensato a
quanto sarebbero felici lei e Uncas nella loro casa con una famiglia
crescente.
Lei capì ora che aveva evitato intenzionalmente tali brutti
pensieri, che nelle
sue fantasie fatte su misura riguardanti Uncas e alcuni figli, non
aveva
immaginato nemmeno una volta il mondo dei Bianchi o il fatto di dover
difendere
pubblicamente se stessa e la sua scelta.
Pensava
disperatamente a Nathaniel, che rivendicava la razza mohicana
più di quanto lo avrebbe mai fatto con il mondo europeo,
orgoglioso di avere un
padre come Chingachgook... Ma, una
voce traditrice le sussurrò dentro di sé, Nathaniel
sarà sempre Bianco, a prescindere dalla sua educazione.
Amelia
Warren entrò timidamente, attirata dalle voci alte. Il suo
sguardo su Edward era diffidente, ma non si poteva fraintendere la disapprovazione nel suo
tono di voce. "Signor
Lamberth, sarebbe meglio se voi abbassaste la voce. State parlando a
una
donna."
Edward
fece un'occhiataccia alla ragazza. "Non credo. Ed è mio
desiderio che tu stia fuori dai miei affari, Millie. Torna ad occuparti
del
bucato." Detto questo, la spinse fuori per la spalla, la sua mano
trattenuta sulla vita di lei mentre se ne andava. Gli occhi di Alice si
strinsero per questa sconvenienza.
Edward
Lamberth sembrò soddisfatto di sé nel vedere
l'espressione
colpita sulla faccia di lei, "Adesso sbrigatevi, il Generale e il
vostro
illustre fidanzato vi attendono."
Stephen,
stando fuori accanto ad Anicus, sentì un' imprecazione
smorzata e un rumore, seguiti dalla voce inconfondibile di Edward
Lamberth che
gridava con voce rauca, mentre i soldati correvano nella cella di
custodia.
Stephen e Anicus si fissarono l'un l'altro, con gli occhi spalancati e
ingenui,
prima che Stephen sorridesse tra sé e sé, "Brava
ragazza, Alice."
Anicus
piegò la testa di lato. La parola giusta esplose nella mente
di
Stephen.
"Wishi." Bene.
Anicus sorrise a Stephen per la prima volta, da quando si erano
incontrati.
...................................................................................................................
La
costosa sedia di palissandro scricchiolò pericolosamente,
quando il
Generale Waddell si sedette con una potente imprecazione. La sua
uniforme
scarlatta era stirata meticolosamente e adornata con trecce dorate.
Isaac si
chiedeva come i suoi bottoni non riuscissero a volare via dalla sua
pancia
rotonda e a mandare in frantumi i vetri delle finestre.
Quella
era un'altra cosa, gli occhi di Isaac guardarono velocemente le
costose lastre di vetro che il Generale Waddell aveva insistito per
comprare
con i finanziamenti della Corona per il suo quartier generale. Sarebbe
stato
difficile affermare che Isaac portasse molto rispetto a quel pomposo
Generale,
che ogni giorno faceva venire in mente a Isaac sempre di più
l'Imperatore
Nerone. Tutto ciò che mancava era vedere l'uomo adagiato con
il fondoschiena su
uno splendente trono dorato, che strimpellava con una lira.
"Hai
trovato qualcosa nelle tue perlustrazioni?" Waddell
chiese distrattamente mentre smistava la corrispondenza davanti a lui
quando si
sedette, senza nemmeno alzare lo sguardo su Isaac.
Isaac
si raddrizzò, con la faccia impassibile, "No, signore.
Abbiamo sentito i racconti degli invasori Irochesi, come anche degli
alleati
Francesi e Ottawa, ma quello sembra essere rimasto a nord. Come da
vostra
richiesta noi-"
"Sì,
sì," il grande uomo agitò una mano grassa in aria
e
gettò la testa in avanti, facendo sparire il mento nel suo
collo paffuto,
"assicurati soltanto che ciò sia puntualmente annotato nel
mio libro mastro.
Dimmi dei nuovi prigionieri. C'è una ragazza, ho sentito?"
Isaac
digrignò i denti e guardò in giù per
evitare che il Generale
vedesse la frustrazione sulla sua faccia. Accidenti,
Edward. Chi altro sarebbe? A volte quel ragazzo gli faceva
venire in mente
una gallina che chiocciava con i suoi pettegolezzi. Waddell era tornato
da 15
minuti appena!
"Certo,
signore. Ci sono tre detenuti al momento, dalla Delaware
Valley. Un paesanotto di nome Mason, un ragazzo Indiano
dall'accampamento a
est-"
"Perché
diavolo hai arrestato uno di loro?" Waddell si
infuriò subito, mentre lasciò cadere diverse
guaine di pergamena, "non sei
consapevole di quali possono essere le ripercussioni?"
"Signore
- Con tutto il rispetto, il ragazzo ha avvicinato dei
civili bianchi molto vicino alle fattorie e lontano dal territorio
Lenape.
Ovviamente è coinvolto in qualche furberia. Quando sono
arrivato da loro, i
ragazzi si stavano azzuffando e due ragazze indiane, una bianca e una
indiana,
stavano cercando di intervenire."
Il
Generale Waddell sembrava riflettere su questo mentre si appoggiava
indietro, tirandosi la giacca rossa più stretta. Isaac
osservava con scarso
interesse; quasi si aspettava che la sedia si rompesse con il peso,
mandando il
suo Generale a gambe per aria.
"Vino,
per favore!" disse lui e Isaac prese una brocca di
bevanda fermentata alla frutta e la versò in un calice.
"Madeira,
signore," l'uomo porse il calice, anche se stava
cercando di trattenere una smorfia a quest'ennesima ostentazione di
lusso del
Generale . Trasportare per nave vino liquoroso al brandy attraverso
l'oceano,
mentre il resto di loro optava per birra annacquata e liquori
più economici.
Philip
Waddell assaporò il vino e schioccò le labbra
mentre pensava a
quello che aveva detto Isaac.
"Da
dove è stato imbarcato?" chiese Waddell, sbirciando nel
contenuto del recipiente.
Isaac
non aveva voglia di affrettarsi a cercare questa informazione e
così inventò una risposta plausibile, "Da una
zona a sud di Madeira,
signore, nota per il suo territorio incredibilmente arido e per l'uva
bianca.
Questo dà al vostro vino il suo caratteristico gusto
asciutto, senza essere
troppo amaro."
"Sono
giovani?" chiese Waddell dopo un paio di momenti di
silenzio. Isaac immaginò che l'uomo non si riferisse alla
presunta uva.
"Sì.
Direi che sono tutti sotto i 20 anni di età."
"Hmm...
Tutta questa faccenda è così noiosa e irritante,
ho anche
sentito che le loro famiglie sono venute a chiedere il loro rilascio.
Se quei
fastidiosi Indiani hanno mandato dei richiedenti per conto del
ragazzo-"
Waddell interruppe con un grande sospiro e mandò
giù il resto del suo vino.
"Perché
Lamberth è così interessato a quella sciocca
ragazza?
Come si chiama?" lui fissò Isaac con uno sguardo apatico,
bulboso, che
faceva venire in mente a Isaac un pesce morto che galleggiava in
superficie.
Ah, adesso avevano colto in pieno il problema.
Isaac
scelse le parole il più attentamente possibile.
"Il
suo nome è Alice Munro, è di Londra, signore. Suo
padre era
il Colonnello Edmund Munro. Morì durante il massacro a
William Henry, alcuni
dei sopravvissuti al suo reggimento massacrato sono arrivati qui a
piedi.
Questo accadde l'anno scorso, certamente. Prima che voi vi uniste alle
nostre
file, signore."
Waddell
sembrava leggermente colpito dalla discendenza di Alice e fece
un’ affermazione vaga sul fatto di ricordarsi del colonnello
defunto, e che
peccato fosse.
"Ma
perché Lamberth è così interessato a
lei e così... in
disapprovazione? Mi ha invitato a chiedervi i dettagli attinenti."
Edward
esitò abbastanza a lungo da far aguzzare gli occhi del
Generale
e si sporse in avanti, come un segugio rigonfio che ha catturato il
leggero
odore di preda umana. Isaac era sorpreso dal fatto che il grosso
disgraziato
non stesse salivando, niente lo elettrizzava come lo scandalo e
l'intrigo.
"Fuori
il rospo!"
"La
sua scelta sentimentale è ciò di cui certe persone stanno sentendo
chiacchierare," la leggera
frecciatina era persa su Philip Waddell. Lui annuì
impazientemente e Isaac
continuò, "soprattutto per la sua educazione da ceto sociale
alto e suo
padre era un colonnello così rispettato-"
"Perché
ti diverti a provocarmi, uomo? Qual è lo scalpore che lei
suscita?" lui batté un pugno teatrale sul tavolo e fece
tremare la coppa
d'argento.
"Lo
scalpore è che lei è fidanzata con un Indiano."
Ci
fu un improvviso acuto silenzio mentre i due uomini si fissarono
l'un l'altro. Per dargliene credito, il Generale non
sghignazzò come una
scolara, come era incline a fare ogni volta che sentiva qualcosa di
deliziosamente scandaloso.
"Questo-
No, non può essere, signore. Vi siete sbagliati,
ragazzi." Ma Isaac scosse la testa. Aveva voluto riferire lui stesso
questa informazione al Generale, invece di quel pettegolo lingualunga
di
Edward, perché sapeva che l'altro uomo avrebbe drammatizzato
l'intera
descrizione. Aveva già sentito da una preoccupata Amelia
Warren quanto Edward
fosse stato oltraggiosamente rude con la signorina Alice.
"Vorrei
essermi sbagliato, ma sono certo dei fatti. Lo dice lei
stessa. Ora ammetto di non essere sicuro di ciò che vi ha
detto Edward, ma
l'unica preoccupazione che ho è che la signorina Alice
è totalmente
inconsapevole delle sue azioni o delle conseguenze. Immersa com'era nel
suo
dolore per la morte di suo padre, come anche il trauma di essere
sopravvissuta
a tale barbarie, era comprensibilmente confusa e suscettibile. Poi ha
incontrato questo... questo ragazzo Indiano..."
Waddell
stava annuendo tra sé e sé mentre fissava la
parete di fondo,
illuminata dal cielo di mezzogiorno. "Sì, certamente, deve
aver preso di
mira la povera ragazza nel suo stato di fragilità. Le ha
promesso dolci cose e
dato un falso senso di sicurezza. Il ragazzo Indiano è qui?"
"Sì,
signore. Qui con la sua famiglia per reclamare gli altri,
come anche la sua sposa."
Adesso
l'uomo si arrese alla risata. Edward guardava stoicamente
mentre il suo Generale e il comandante di così tanti uomini
rideva
fragorosamente, finché dovette respirare profondamente per
prendere aria,
concludendo con la stridula risata che Edward detestava così
tanto.
"E'
così? Marciano verso il mio forte, audaci e sfrontati, per
chiedere il rilascio dei miei prigionieri? Beh, io ho il forte e gli
uomini
alle armi - Sapete cosa, signor Bauman, fate venire la ragazza. Ora. Prendetela!"
Isaac
si voltò per nascondere la sua smorfia mentre la faccia del
suo
ufficiale di grado superiore diventò rossa chiazzata. Sapeva
che i tre
prigionieri stavano ancora aspettando nella loro cella di custodia.
Avrebbe
aspettato 5 minuti prima di portare Alice nel quartiere del Generale;
avrebbe
dato tempo all'uomo ottuso di smetterla con i capricci infantili.
Isaac
chiuse la porta dietro di sé e vi si appoggiò,
lisciandosi i
capelli scuri e sistemandosi i polsini e le maniche dell'uniforme.
Aspettava,
canticchiando lievemente una melodia che aveva sentito anni fa in un
festival
in Cornovaglia. Contò a mente i minuti che passavano, mentre
pensava alle
gitane dai capelli neri in una fiera paesana.
Con
un sospiro, Isaac si raddrizzò e si assicurò di
apparire
presentabile, prima di percorrere il lungo corridoio fatto di tavole di
legno,
tagliate approssimativamente. S'imbatté in diverse panche
sotto una finestra
aperta e, ecco, gli Indiani e lo Scozzese della scorsa notte che se ne
stavano
seduti lì, ad aspettare. I ragazzi nel gruppo si alzarono
velocemente.
Isaac
scosse la testa irosamente, la sua giornata non stava procedendo
come stabilito. Se avesse portato la signorina Alice dal Generale, lei
sarebbe
passata di qui, davanti a questo gruppo, cosa che sicuramente avrebbe
agitato
tutti loro. Notò che tutti loro sembravano leggermente
scarmigliati, come se si
fossero accampati fuori, nel bosco.
"Signor
Bauman," l'alto uomo scozzese si attorcigliò il
cappello tra le mani, "ci avete chiesto di venire intorno a mezzogiorno
per parlare con il vostro Generale. Ci è stato detto di
aspettare, possiamo
vedere l'uomo per favore?"
Isaac
notò il tono di supplica nella voce di Stewart e
sentì una fitta
di compassione, anche se evitò attentamente di guardare
nella direzione di
quell'Indiano che aveva adescato la signorina Alice.
"Infatti,
il Generale Waddell è al forte mentre parliamo - State
calmo, Poe - ma devo pregarvi di pazientare solo per un altro po'.
C'è una
questione più urgente di cui mi devo occupare e poi vi
porterò da lui. Prego,
fatemi la cortesia di aspettare fuori dal forte finché non
sarete
chiamati." Per completare l'effetto, la bocca di Isaac si contrasse in
ciò
che a malapena era considerato un sorriso, più simile a una
smorfia. Ma sembrò
calmarli tutti, con l'eccezione degna di nota di quell' indisponente
Nathaniel
Poe.
Camminando
velocemente verso destra e andando via dal gruppo, Isaac
disse silenziosamente ogni parolaccia che gli potesse venire in mente,
eccetto
quelle veramente turpi, poiché era un gentiluomo.
Spalancò la porta e sbirciò
dentro, la sua espressione cupa diventò perplessa e beffarda.
I
tre prigionieri erano seduti insieme; tutti, incluso il ragazzo
Lenape, avevano delle espressioni facciali che variavano dalla rabbia
all'estrema infelicità. Poi lui notò che Edward
sembrava furioso e ... bagnato?
"Buon
Dio, uomo, cambiati, metti un abbigliamento appropriato, il
Generale è qui!" disse lui velocemente e Edward
arrossì, poi -
"Perché la signorina Alice è così
incatenata? Ti ho già detto che è sufficiente
incatenarle solo i piedi."
Edward
Lamberth si impennò come un drago di una leggenda
scandinava,
"Mi ha vuotato addosso una bacinella d'acqua!"
Isaac
guardò velocemente la ragazza in questione che stava
guardando
in giù, i suoi occhi cerchiati di rosso e angosciati. Isaac
si sentì qualcosa
tirare nel suo intestino. Lei era così insudiciata e
abbattuta.
"Perché?"
fu l'unica domanda di Isaac ma lui poteva già
immaginare la ragione. Ci fu un silenzio significativo e Isaac fece il
punto
della situazione a mente, per mettere Lamberth di guardia per i
prossimi
giorni; i veri uomini non avvicinavano le ragazze verbalmente.
"Signorina
Alice, se permettete." Isaac fece cenno con la
mano sinistra. Alice alzò lo sguardo, con la faccia
inespressiva.
"Non
me ne andrò senza i miei amici."
Isaac
nascose un sorriso beffardo, "Ragazza, apprezzo il nobile
sentimento, ma se avete intenzione di martirizzarvi, assicuratevi che
sia per
una giusta causa. Non per questi stupidi."
"Loro
non sono stupidi per me," Alice borbottò.
"Alzatevi,
signorina Alice," Isaac stava diventando
impaziente, "andremo dal Generale Waddell e risolveremo questa cosa
oggi."
Alice
si alzò in piedi graziosamente e si scosse la gonna con le
mani
incatenate, la sua schiena dritta e il mento in su. Ciò la
diceva lunga sulla
sua educazione. Molto probabilmente una scuola di élite per
l'etichetta, oppure
un'istitutrice che gliela insegnava a casa.
"Liberatela,
ragazzi." Isaac guardò Alice in modo serio
quando la sua richiesta fu eseguita, "Siete attesa, signorina.
Venite."
Uscirono
per andare nel corridoio insieme, mentre Alice si voltò per
dare un'occhiata ai ragazzi che si stava lasciando alle spalle.
...................................................................................................................
Alice
tremò leggermente mentre stava dinanzi agli uomini imponenti
negli alloggiamenti del Generale. Erano imponenti in relazione ad
aspetti
diversi, il Generale in sé era più robusto del
signor Bauman e si presentava
con maggiore autorità. Era lui che avrebbe preso la
decisione finale del suo
rilascio e di quello dei ragazzi. Isaac era un uomo più
magro e più alto, di
giovane età - Forse 25 anni?- ma si comportava con un'aria
molto precisa e
c'era un'indifferenza in lui che era molto preoccupante. Lei doveva
ancora
riuscire a vederlo sorridere.
Il
Generale Waddell manteneva ancora una linea fisica elegante (non
importa quanto corpulenta) nel suo abbigliamento impeccabile, con la
sua
parrucca appena incipriata. Era strano il fatto che lei si sentisse
leggermente
a proprio agio con il suo comportamento, poiché lui
rappresentava molto della
sua vecchia vita. Suo padre molto probabilmente lo aveva conosciuto, e
Alice
cominciò a formulare un discorso sul posto. Tuttavia, fu
privata
dell'occasione, perché il Generale parlò prima di
lei.
"Spero
che siate stata trattata bene, vero signorina Alice?"
l'uomo parlò con fare intimidatorio mentre si sosteneva ai
bracci della sua
sedia, e si mosse pesantemente con i suoi piedi. "Questi eventi sono
stati
estremamente sfortunati, davvero."
Alice
si leccò le labbra screpolate mentre i suoi occhi guardarono
velocemente il perimetro della stanza. Isaac esaminò Alice
con la sua faccia
simile a una maschera, con entrambe le mani giunte dietro la schiena.
"A
cos'è dovuto quel putiferio, ragazza? Perché hai
attaccato uno
dei miei soldati?" Gli occhi di Waddell sembravano avidamente
interessati
mentre pose questa domanda.
"E'
stato estremamente maleducato, signore. Perdonate la mia
irruenza, ma il suo linguaggio era rozzo e impertinente." Alice
replicò
così. Le sue mani cominciarono ad essere appiccicaticce.
"Che
cosa ha detto che vi ha fatta irritare così tanto?"
Alice
guardò istintivamente Isaac poiché non sapeva
come rispondere.
Lui piegò la testa di lato per una frazione di secondo ma
rimase in silenzio.
"Una
ragazza della vostra educazione non dovrebbe sognarsi di
commettere una tale sfrontata manifestazione di inciviltà,
signorina." Il
Generale camminò intorno alla sua scrivania, facendo
scricchiolare forte le
assi del pavimento. Per qualche ragione, Alice trovò il
rumore irritante e fece
un respiro posato. Stava cedendo al panico, poteva sentirlo.
Il
Generale Waddell si appoggiò indietro leggermente sulla sua
scrivania, di fronte a lei.
"Signor
Bauman, prendete una sedia per questa ragazza."
Waddell ringhiò improvvisamente, guardando ancora Alice.
Una
volta che il ragazzo se ne andò e lei e l'uomo rimasero da
soli,
Alice non disse niente; lei guardò solo il pavimento con
insolito interesse.
"Vino,
mia cara?"
La
faccia di Alice si alzò mentre balbettò una
risposta, "Io...
perché no, il vino mi farebbe bene, signore. Grazie."
Waddell
si affaccendò per prendere una caraffa e versò il
liquido
opaco in un calice, poi versò il vino per Alice in un
bicchiere da vino più
piccolo con lo stelo attorcigliato. Glielo porse e Alice lo
annusò cautamente
prima di fare un piccolo sorso.
"Madeira,"
mormorò, e lo ringraziò in segno di
apprezzamento. Poteva sentire il sapore del brandy per il quale il vino
era
famoso, rendeva il vino buono per anni, al contrario di un vino
più tipico
oppure lo sherry.
Il
brandy rafforzava la sua potenza e fortificava i nervi della
ragazza. Alice continuava a sorseggiare disinvoltamente,
finché Isaac ritornò
con una robusta sedia di legno che mise dietro di lei, invitandola a
sedersi.
Alice
si sedette pudicamente. Non fu detto niente di più per
diversi
minuti, finché-
"Quel
ragazzo indiano è qui a cercarti."
Alice
si strozzò e sputacchiò fuori il vino, tossendo
forte finché gli
occhi le lacrimarono. Isaac sollevò un sopracciglio, le
prese il bicchiere
dalla presa vacillante e camminò a grandi passi verso un
angolo. Dopo aver
riempito di nuovo un boccale, glielo premette sulle mani e insistette
per farla
bere.
Acqua.
Alice la trangugiò. Sbirciando Waddell, Alice
notò che l'uomo
continuava a sorriderle piacevolmente, come se non fosse successo
niente fuori
dal comune. I secondi continuarono a scorrere mentre i due si
guardavano negli
occhi.
"Dov'è
lui adesso?" Alice superò il suo shock iniziale,
"Deve essere così preoccupato! Per favore, devo parlare con
lui. Andiamo,
è stato risolto. Non vi disturberemo mai più,
signore."
Il
Generale Waddell sembrò rimuginare sulle sue parole ma poi
scosse
lentamente la testa. Il suo tono stava diventando più freddo.
"Come
avete perso il senno che Dio vi ha dato? Perché diavolo
flirtereste con quel... quel pagano?
Non potete in alcun modo immaginare come avete distrutto la vostra
reputazione
con questa sciocchezza."
"Chiedo
scusa, signore," Alice replicò a voce bassa, "e
vi ringrazio per la vostra preoccupazione, ma conosco il mio cuore e
conosco le
mie azioni. Voi parlate di pagani, ma gli Europei commettono le stesse
azioni
vili nel nome della guerra."
Il
Generale Waddell sembrò umiliato e oltraggiato da questo,
sbuffò e
scosse la testa mentre la guardava in malo modo.
"Non
posso credere a quello che sto sentendo. Cosa direbbe vostro
padre se fosse vivo?"
Le
parole ferirono Alice, come lei immaginava farebbe un coltello
nell'intestino. Lei conosceva la risposta; era esattamente
perché suo padre era
defunto che Alice poteva vivere con Uncas e sposarsi. Se il Colonnello
Munro
fosse sopravvissuto, avrebbe ordinato al suo intero esercito di
cercarla, e una
volta trovata, molto probabilmente l'avrebbe legata e messa su una nave
diretta
per l' Inghilterra. Non l'avrebbe mai lasciata vivere pacificamente con
Uncas.
Tuttavia,
questo era qualcosa che non avrebbe detto a voce alta. Era
d'obbligo che lei non si allontanasse dalle sue convinzioni.
"Mio
padre valutava il benessere e la felicità dei suoi figli
sopra ogni altra cosa. Avrebbe capito." Alice disse questo in un tono
freddo.
Isaac
scosse la testa, la sua bocca era una linea sottile. Alice
proseguì.
"C'è
differenza tra ciò che è giusto e ciò
che ci si aspetta. Non
voglio più abbandonare la mia felicità per il
bene dell'apparenza."
Gli
uomini la guardarono come se le fosse cresciuta un'altra testa,
c'era una tale mancanza di comprensione nelle loro facce sconvolte. In
verità,
Alice non li biasimava. Se qualcuno le avesse detto in Inghilterra che
un
giorno lei avrebbe perso le sue ricchezze e la sua famiglia, che si
sarebbe
innamorata di un uomo rosso delle Americhe, sarebbe scoppiata a ridere.
"Suppongo
che voi vi sistemerete in miserabile povertà?"
disse Waddell in una furia sussurrata, "Non avrete la nausea nel
guadagnarvi da vivere lavorando la terra; sarete una contadina, dunque?
Sarete
così felice quando lui deciderà di prendervi a
schiaffi come una qualsiasi
sgualdrina dell'osteria?"
"Uncas-
Non lo farebbe mai -"
Alice cambiò linea di condotta, "Non avete una ragione
legale per tenermi qui,
signore. So che le leggi dell'Inghilterra sono state portate nelle
colonie. Mi
avete arrestata illegalmente. Non ho commesso nessun crimine, signore.
Anche se
lo avessi fatto, la cosa dovrebbe essere affrontata con uno sceriffo o
un
agente di polizia."
Il
Generale ora sembrava scioccato - era uno sciocco per non essersi
ricordato che lei era la figlia di un colonnello dell'esercito
britannico. Lei
conosceva le leggi del territorio.
"Questo
potrebbe benissimo essere così, ragazza," Waddell
replicò velocemente, "ma ci sono, infatti, delle leggi
contro questa farsa
a cui voi state pensando."
"A
cosa vi riferite, signore?"
"Le
razze non si posso mescolare nel matrimonio, signorina. O
procreare. Anche se quel ragazzo fosse un Cristiano, sarebbe illegale
per un
predicatore persino officiare la cerimonia nuziale."
"Non
ho sentito parlare di nessun impedimento del genere,
signore." Alice si appoggiò indietro e cercò di
tenere la sua padronanza
di sé; era certa che lui la stava portando fuori strada.
"La
legge all'inizio è stata promulgata nell'anno di nostro
Signore 1660, nel tentativo di regolare i matrimoni e limitare la
mescolanza di
sangue che si stava verificando all'epoca," l'uomo grande
ripeté questo
velocemente, "essa dichiarava che nessun matrimonio potesse verificarsi
tra un Bianco e uno schiavo o un servo a contratto-"
"Ma
lui non è nessuno dei due!"
"La
legge è stata cambiata non molto più tardi per
includere
qualsiasi mulatto o Indiano." Waddell andò avanti senza
darle alcun riconoscimento.
Fece una pausa per riprendere fiato. "Così brillante come vi
ritenete di
essere riguardo alla natura della legge e dei diritti civili, non hai
colto
quella legge lì, vero?"
Alice
si sentì messa alle strette, tuttavia esisteva ancora un
dettaglio
che rimaneva da dire.
"Non
infrangerò nessuna legge, dunque, signori." Alice si
sedette dritta, reprimendo il tremore che le avrebbe rubato le parole,
"Non lo sposerò in nessuna cerimonia religiosa."
La
faccia del Generale Waddell si fece di un intenso color prugna
mentre farfugliava, con i suoi piccoli occhi pietrificati dall'orrore,
fissi
sulla faccia di lei. "Non ci credo-"
Un
colpo secco alla porta fermò qualsiasi commento che il
Generale
aveva in mente di dire.
"Entrate!"
Waddell ordinò imperiosamente, guardando ancora
Alice con fascino e avversione.
La
porta si aprì con un cigolio tremolante e Amelia Warren
sbirciò
dentro. Sembrava nervosa.
"Che
c'è, signorina Amelia? Sono occupato al momento!" il
Generale ringhiò.
"Chiedo
perdono, signore. Un gruppo di uomini chiede di parlare
con voi. Dicono che stanno aspettando da ieri..." la ragazza
guardò
inconsciamente Alice, "Bianchi e Indiani, signore."
Alice
si raddrizzò e guardò Waddell e Isaac. Il giovane
aveva uno
sguardo minaccioso mentre ribatté che aveva esplicitamente
detto al gruppo di
aspettare finché fossero stati chiamati. Waddell
piegò la testa di lato e
guardò pensieroso la giovane lavandaia. Alice poteva
percepire che lui stava
valutando le sue opzioni.
"Mandateli
dentro."
"Signore-?"
Isaac sembrava preoccupato e sembrava quasi
pronto a discutere, ma uno sguardo severo del suo mastodontico Generale
lo fece
tacere.
Gli
occhi di Alice erano grandi e ansiosi quando la giovane ragazza
andò via per obbedire all'ordine del suo comandante. Lei
catturò di nuovo lo
sguardo di Waddell; i suoi occhi luccicavano per la collera e il
disprezzo, e
Alice sentì qualcosa attorcigliarsi nel suo stomaco.
...................................................................................................................
La
ragazza ritornò dopo aver parlato con il Generale Waddell e
gli
uomini alzarono lo sguardo cautamente. Aveva detto di chiamarsi
signorina
Amelia, era di bassa statura e di piccola corporatura, e sembrava
giovane e
malnutrita. Sembrava perennemente nervosa come un topolino di campagna
e non
poteva avere più di 18 estati.
Uncas
mantenne la sua espressione stoica e impassibile, proprio come
suo padre e Hopocan. Ciò sembrava sempre rendere nervosi gli
uomini bianchi.
Lui
sapeva che Alice si trovava negli alloggiamenti davanti a loro con
il Generale Waddell. Lo sapeva perché le tracce di lei
permanevano ovunque in
questo corridoio. Il profumo di Alice era ancora nell'aria; Uncas
manteneva la
speranza che la sua abilità di cacciatore fosse
immancabilmente accurata e
messa a punto. Per lui questa era più una certezza che una
vanità. Si riempì i
polmoni fino all'orlo con il profumo affievolito del dolce sapone di
Alice.
Floreale, dolce e delicato - Proprio come lei. Lavanda? Alice
continuava a fare
il sapone grezzo di cenere con gli Stewart, ma lei aggiungeva anche
erbe
aromatiche e fiori. Alice Munro ora era una donna di frontiera, una
laboriosa
bracciante agricola come qualsiasi uomo... tuttavia era ancora una
gentildonna.
Questi
erano i pensieri che attraversarono la mente di Uncas, quando
la ragazza nervosa invitò tutti loro a entrare.
Con
tutto il suo stoicismo e la sua intenzionale mancanza di
espressione, Uncas si sentì il cuore quasi stretto nel
petto, una volta che si
furono affollati nella stanza e lui vide Alice alzarsi velocemente,
allungando
il collo intorno per vederli bene. I suoi occhi erano grandi.
Alice
non sembrava indisposta, più che altro era stanca e
spaventata.
Loro si guardarono l'un l'altra per un lungo momento e Uncas
notò i gesti che
lei faceva, innervosita, per pura abitudine. Raggruppò le
mani nella sua gonna,
chiuse in pugni stretti, si strofinò i palmi delle mani
sulle guance, si mise
una ciocca libera di capelli biondi dietro l'orecchio.
"Alice!"
disse James ansiosamente, facendo un passo verso di
lei. Fu immediatamente bloccato da quella faccia dura di Isaac Bauman.
"Pensavo
di avervi detto di aspettare fuori!" l'uomo
borbottò ferocemente, "stiamo discutendo i dettagli di una
questione
piuttosto delicata con la signorina Alice. Allontanatevi da lei." Isaac
guardò Uncas mentre diceva questo, con la sua espressione di
disgusto e Uncas
capì. Sapevano la verità su di loro, che Alice
doveva essere sua moglie.
"Stai
bene, Alice?" chiese Uncas calmo, "sei stata
trattata bene?"
"Certo
che sì!" il mastodontico Generale camminava a fatica
sui suoi piedi e verso tutti loro. Fece una pausa e
indietreggiò. "Tu
sei... il suo fidanzato?" lui pronunciò le parole come se ci
fosse un
sapore schifoso nella sua bocca.
Uncas
aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto.
"Sì.
Sì, lo è." Alice guardò apertamente le
giacche-rosse.
Nathaniel si scambiò delle occhiate con Uncas e James. Lui
sembrava preso alla
sprovvista e colpito dal suo coraggio.
"Questo
è un problema, davvero." Waddell poggiò i suoi
palmi
delle mani carnosi sulla sua scrivania, i suoi occhi che guizzavano tra
loro.
"Questa
ragazza qui afferma che ha intenzione di sposarvi,
signore." Waddell lo disse in modo brusco, all'improvviso. Uncas tenne
lo
sguardo dell'uomo, anche se aveva sentito che era considerato un
atteggiamento
sgarbato tra gli Inglesi.
"E'
vero. Diventerà mia moglie."
"Ah.
Quando, posso chiederlo?"
"Presto.
La nostra casa è finita. Non appena ce ne andremo da
questo posto." Uncas guardò Alice e lei gli sorrise, i suoi
occhi lucidi
per la notizia che la loro casa era completata. Uncas guardò
Hopocan e lo
presentò come padre di Anicus. Allora Chingachgook
parlò apertamente, spiegando
che erano qui come parte di una delegazione della tribù
Lenni Lenape, per conto
del ragazzo indiano che era detenuto qui. Il passo successivo sarebbe
stato
parlare con il governatore. Waddell non aveva previsto questa cosa e
sembrava
turbato.
"Davvero,
non voglio che il governatore interceda in questa piccola
questione-"
La
porta scricchiolò aperta e Edward Lamberth entrò
a grandi passi,
passando vicino a una perplessa e curiosa Millie Warren, che stava
ancora
accanto alla porta. Edward si gonfiò il petto, come uno che
sapeva di fare un
annuncio importante. Si fermò davanti al Generale e
fulminò Nathaniel con lo
sguardo. Uncas sentì uno slancio d'intuizione e fece
attentamente piccoli passi
verso suo fratello.
"Signore,"
dichiarò Edward pomposamente, "Ho delle
notizie relative a un certo gentiluomo in questa stanza."
"Di
che parlate, Lamberth?" chiese Waddell, le sue dita
grasse che esaminavano pigramente i bottoni sulla sua giacca rossa.
"Quell'uomo
lì, il presunto fratello del selvaggio, è un
traditore ed è ricercato per diserzione!" Edward disse
ciò con voce sonora
e infatti, gli abitanti erano così stupiti che le ultime
parole sembrarono
riecheggiare entro le pareti.
"No..."
Alice piagnucolò debolmente, scuotendo la testa.
Il
Generale Waddell si raddrizzò e la sua voce
rimbombò. "Signor Lamberth,
quella è un'accusa molto seria, davvero. Fareste meglio ad
avere qualche specie
di prova, dato che non tollererò le dicerie!"
"E'
vero, signore!" Edward Lamberth disse in tono lamentoso,
"Nathaniel Poe fu condannato all'impiccagione per sedizione e
diserzione.
L'ordine, secondo cui lui doveva essere ricatturato e tenuto in
qualsiasi forte
inglese finché poteva essere giustiziato per i suoi crimini,
era scaduto."
Nathaniel
borbottò irosamente, "Scommetterei che la tua coda
senza spina dorsale non avrebbe tutte queste pretese, se non fosse
circondata
da soldati di grado superiore a voi."
Uncas
si guardò intorno, desiderando di avere le sue armi che
erano
stati costretti a cedere, prima di parlare con il Generale. Almeno
un'accetta
per reclamare lo scalpo dell' idiota piagnucoloso davanti a loro, che
stava
rivelando chi fosse suo fratello con un sogghigno felice. Non c'era via
di
fuga. Erano circondati da soldati Yengeese, nel cuore di un forte.
Uncas alzò
gli occhi verso il comandante del forte che stava parlando di nuovo,
con la
faccia cauta.
"Ragazzo,"
si rivolse a Nathaniel, "legalmente ho il
diritto di tenerti qui finché questa informazione
potrà essere verificata. Per
motivi di efficienza, ci asteniamo dal ritardare l'inevitabile. Sei tu
l'uomo
in questione, Nathaniel Poe?"
James
era fuori di sé per la collera, "Il signor Lamberth non
è altro
che un ratto che passeggia su due
gambe-"
"Calmatevi,
signore." Waddel aggrottò le ciglia.
Alice
notò che Isaac era diventato molto silenzioso durante lo
scambio, ma non prestò alla cosa nessuna attenzione.
"Se
c'è giustizia in questo mondo, un giorno qualcuno
infilerà
una pallottola nel suo cuore nero..." lei fece una pausa per riprendere
fiato, "e gli starebbe bene!"
"Vedo
che desiderate terminare la conversazione che abbiamo avuto
stamattina, signorina." Edward ribatté irosamente. "La
vostra
mancanza di decoro non dovrebbe essere una sorpresa, considerando che
frequentate selvaggi e traditori."
Tutti
parlarono apertamente in quel momento, tranne due persone, Isaac
e Uncas, e Uncas osservava l'Inglese di nome Bauman, che continuava a
mantenere
il suo studiato silenzio.
"Basta!"
urlò Waddell, e chiamò altri due soldati che
arrestarono subito Nathaniel. Anicus e Stephen dovevano essere
rilasciati ma
non Alice, non ancora, stabilì il Generale.
"Devo
riflettere su questa faccenda a lungo. Se la signorina
Alice sapeva la verità su Nathaniel Poe, vuol dire che stava
consapevolmente
ospitando un criminale ricercato." Con ciò, Waddell
ordinò a tutti di
andare via e Uncas si voltò per vedersi chiudere la porta in
faccia.
"Non
fate errori, non ce ne andremo." James sussurrò
furiosamente agli altri. Uncas osservò mentre Nathaniel
veniva portato in una
direzione, e Alice in un'altra.
...................................................................................................................
Le
sue braccia erano impacciate per la pesantezza di dover portare
pesanti carichi di lenzuola macchiate e sporche. Amelia Warren le
sollevò più
in alto, mentre cercava di fare manovra intorno alla porta d'ingresso
che
portava verso l'esterno. Aveva bisogno di lavare le lenzuola dei
prigionieri e
poi stenderle ad asciugare. A dire la verità, il Generale
Waddell aveva
ordinato che le lenzuola fossero lavate solo ogni mese. Millie si era
assunta
la responsabilità di lavarle ogni 15 giorni; era un'
abitudine in ogni
abitazione rispettabile, e Fort Letort non avrebbe dovuto essere
diverso.
Inoltre,
lei
pensava, solo perché sono
prigionieri non
vuol dire che meritino di essere mangiati vivi dalle pulci e stare
nella loro
sporcizia.
Millie
girò l'angolo e s'imbatté quasi in Edward
Lamberth - non poté
fare a meno di notare che lui aveva un sorrisetto soddisfatto di
sé scolpito in
faccia.
"Ciao,
tesoro. Mi sei mancata tanto..." lui sussurrò mentre
cercò di avvolgere la vita di Millie con le sue braccia.
Amelia guardò nei suoi
occhi e poté vedere esattamente per che cosa si stesse
struggendo. Lei si
guardò velocemente intorno e si allontanò
lentamente da lui.
"Io-io
devo fare il bucato adesso e finire di pulire gli
alloggiamenti, Edward." Amelia disse a voce bassa, cercando di scansare
l'uomo dai capelli scuri.
"Più
tardi," insistette lui, fermandola con una mano sul suo
carico di bucato. Millie si appoggiò indietro cautamente e
Edward aggrottò le
ciglia, abbassando la mano.
"Che
c'è, ragazza?"
"Edward,
lasciami stare..." Millie sussurrò, guardandosi
intorno per vedere se qualche individuo li stesse spiando. Il Generale
Waddell
era estremamente rigido riguardo al codice di condotta nel suo forte e
aveva
proibito qualsiasi "scambio licenzioso" tra i soldati e le donne. Il
Generale era della vecchia generazione e molto puritano. Mi
caccerebbe e frusterebbe Edward a morte, pensò
Amelia
tristemente.
Millie
continuò a esaminare Edward Lamberth, incerta. Lei era stata
una semplice ragazza proveniente dalla città vicina, quando
sua madre l'aveva
mandata a lavorare a Fort Letort 2 anni prima; ormai era già
scoppiata la
guerra tra Francia e Inghilterra e quindi il forte tipicamente in
disuso era
abitato dai soldati. Millie era stata una sedicenne timida e aveva
incontrato
Edward qui. L'aveva inseguita con tale determinazione, ma in segreto,
ovviamente. Era passato tanto tempo da quando lui le aveva conquistato
il cuore
e promesso di sposarla.
Tuttavia
questo non era avvenuto. Non più parole di matrimonio,
nemmeno un accenno alla cosa, e ancora lui continuava a... a volere... cose...
"Scambi
licenziosi..." sussurrò Millie, guardando in giù,
per terra.
"Cosa?"
Edward scattò, con le sopracciglia impostate in
linea retta mentre guardava Millie in cagnesco. Quello era
completamente un
altro discorso- quando Edward era diventato così crudele?
Lei era stata così
sciocca e presa che aveva ignorato la cosa? A volte lui sembrava
rallegrarsi
nel vedere la sofferenza negli altri, le esecuzioni e le frustate non
lo
infastidivano, anche se facevano star male Millie. Non gliene importava
un fico
secco degli altri... proprio stasera aveva sorriso francamente al
signor
Nathaniel Poe, mentre lo stava consegnando a morte certa. Edward faceva
sempre
quel sorrisetto con le fossette quando si stava preparando per
l'uccisione.
"Niente,"
sospirò Millie; il carico delle lenzuola stava
diventando pesante e fece cambio per usare l'altro suo braccio. Edward
si voltò
per allontanarsi, quando un pensiero colpì la giovane donna.
"Edward!"
lei chiamò, poggiando il cesto delle lenzuola a
terra e inseguendolo leggermente.
"Cosa
vuoi, Millie?" Edward sembrava annoiato e disinteressato
ora che non era in grado di avere un incontro con la ragazza
diciottenne.
Amelia
fece un respiro profondo, "Come hai... scoperto della
diserzione del signor Poe da Fort William Henry?"
Edward
fece il suo ghigno felino, piegando la sua testa di lato.
Millie sorrise esitante.
"Ho
frugato nella corrispondenza del Generale."
Millie
pensava di aver capito male mentre guardava Edward, sbattendo
le palpebre. "Tu-?"
Il
soldato fece un forte cenno col capo, "Davvero, l'ho fatto.
Waddell a malapena presta attenzione ai resoconti che riceve, cosa che
dovrebbe
fare innanzitutto. Ritengo prudente sapere gli andirivieni di questi
forti. Ho
intercettato la corrispondenza tra Waddell e Webb di Fort Edward."
Millie
ancora non riusciva ad avere fiducia in se stessa per
parlare-Edward stava commettendo una seria violazione del protocollo.
Alla sua
espressione di stupore, Edward sbuffò e roteò gli
occhi, come se la trovasse
eccessivamente noiosa.
"Millie,"
spiegò lui in un tono pianificato di forzata
pazienza, "in quale altro modo devo salire lungo le corde scivolose
delle
forze armate? Devo usare il mio ingegno. Guarda quel grasso bastardo di
Waddell, nato in una famiglia di militari, ma persino una ragazzina in
una
scuola ha più cervello di lui. Di gran lunga!"
Arrivò al cesto delle
lenzuola e lo raccolse e lo poggiò sulle mani flosce di lei.
"Inoltre,"
lui continuò il suo discorso enfatico, "i
Generali Webb e Pritchard sono della piccola nobiltà di
campagna e pensano di
essere al di sopra di noi, miseri mortali. Devo tenermi nelle grazie di
uomini
così in alto, Millie, e non importa cosa io debba fare."
"Ma
Edward, se il Generale Waddell scopre che sei andato a
sbirciare i suoi documenti privati..."
Edward
all'improvviso incombeva su di lei e le afferrò il nudo
avambraccio in una presa simile a una morsa, fissando duramente la
ragazza
pietrificata. Lui abbassò la testa finché era
circa al livello del suo naso.
"Non dirai niente, Millie, sono stato chiaro?"
Millie
annuì freneticamente, cercando estremamente di divincolarsi
dalla sua stretta forzata. Le stava facendo male...
"Bene.
Non sarebbe molto saggio parlare di questo con qualcuno,
Amelia." Edward sorrise ampiamente e le lasciò il braccio.
"Anche se
so che non lo faresti, quindi...starai meglio per questo."
Amelia
si strofinò la pelle che le faceva male e sollevò
più in alto
il cesto senza dire una parola, osservando mentre lui se ne andava via
con un
sorriso spensierato. Millie si guardava il braccio senza parole, era
rosso
intenso e sapeva che sarebbero usciti dei lividi prima del crepuscolo.
...................................................................................................................
Alice
strizzò i suoi occhi chiusi.
Poteva
percepire il ritmo delle pulsazioni dentro di lei, il tonfo del
cuore che le batteva velocemente da dentro. Inspirò
profondamente ed espirò
aria per parecchi istanti. Alice poteva percepire ogni cosa
nell'ambiente
circostante così acutamente che non osò muoversi;
la robustezza della parete
dietro di lei, che le grattava leggermente la schiena; il sudore che le
si
raccoglieva nel collo e nelle scapole; la ruvidezza delle sue mani e
dei
polpastrelli delle dita per un anno di lavoro in una fattoria. La
faccia di
Alice si chinò sul petto mentre cadde sempre più
profondamente in questo stato
simile alla catalessi. Ripensò ai momenti della sua infanzia
e della sua
giovinezza, ma specialmente al punto cruciale nella sua vita - il suo
viaggio
alle colonie.
"Andrà tutto bene, figliola."
Papà, con l'amore austero che aveva sempre dimostrato a
loro. Ritornava dalle
campagne militari e si appollaiava sul bordo del letto che le sue
figlie
condividevano... sempre con i racconti di gloria e terre lontane. Adesso ricordo le cose che non ha detto. I
ricordi che cercava di dimenticare. L'odore della polvere da sparo e
dei
cavalli. Sentivo l'odore del sangue e della sofferenza che veniva da
lui. Papà
diceva sempre che le nostre faccine gli davano la forza durante quelle
notti
oscure. Non si sarebbe mai sognato che un giorno sarei finita in una
cella.
"Mio
Dio, come sei cresciuta!" Erano
passati soltanto 10 anni da quando lei e Duncan passeggiavano
attraverso i campi di grano dorato in Scozia? Da quando si sdraiavano
sull'erba
e mangiavano mele e pere con Cora? Da quando facevano le gare di
velocità,
correndo? Duncan, così forte e coraggioso, e molto amato da
lei e Cora. Duncan rallentava sempre in
quelle gare, per
me. Cercava di proteggermi. Che cosa avrebbe fatto in questa posizione?
"Ecco,
noi ci mettiamo con il nord di
fronte - Ed improvvisamente giriamo a sinistra."
"Devi
vivere, non importa quello che
accadrà!" Tutto
era bagnato e freddo... Alice si era già
sentita esanime, come un minuscolo passero annegato che galleggiava
delicatamente sul fiume. Sapevo che sarei
morta... eppure-
"Penso
che siete bellissima. Anche
coraggiosa."
Alice
strizzò gli occhi chiusi, strofinandosi le dita incallite.
L'unica cosa che desiderava ardentemente era essere portata via da qui,
Uncas e
una vita al suo fianco. Alice era entrata nel mondo degli adulti in un
tratto
di tempo molto veloce, la sua vita a Londra era come se fosse un
qualcosa
risalente a una vita fa. Alice sapeva cosa aveva pensato il Generale
Waddell
dopo aver saputo la verità riguardo alla condotta vergognosa
di Nathaniel a
William Henry. Lui sapeva che qualsiasi legame tra Alice e Nathaniel
era molto
sottile; sì, era stata in contatto con lui durante l'anno in
cui avevano
vissuto nella Valley, ma sarebbe stato un ordine esagerato accusarla di
ogni
sorta di tradimento. Nessuno l'avrebbe condannata, Alice lo sapeva, ma
l'intuito le diceva che Waddell non era interessato ad accusarla di
aver
ospitato un traditore. Lui aveva bisogno di tempo,
aveva bisogno di tenere Alice al forte. Perché una ragazza
bianca che sceglieva
di sposarsi con un uomo rosso era più di quanto l'Inglese
potesse immaginare o
tollerare.
Devo
andare via da qui,
pensò Alice tra sé e sé, devo
scappare da questa gabbia. Non abbandonerò Nathaniel a
questo crudele destino
perché lui non mi ha mai abbandonata. Ma quando-come?
La
porta si aprì e Alice percepì una presenza
proprio mentre il
pensiero giunse nella sua mente.
Millie.
"Signorina
Alice, vi ho portato una cena anticipata." La
voce della ragazza a cui stava pensando echeggiava delicatamente nella
stanza
semi-oscura, vuota, ora che Stephen e Anicus erano stati rilasciati.
Alice
ancora non aveva risposto, era troppo occupata a formulare un piano e a
elaborare le parole.
"E'
solo un po' di carne di pecora e pane. Anche acqua. L'
agnello è un po' salato ma..." la sua voce si spense.
Alice
alzò lo sguardo, "Vi siedereste vicino a me per un po',
signorina Millie? Mi sento molto sola."
Amelia
guardò Alice, combattuta. Alla fine, dopo ciò che
sembrava
essere un dibattito mentale furioso, l'altra ragazza si sedette
attentamente di
fronte ad Alice. "Solo per un attimo, signorina, ho molte faccende."
"Grazie,
signorina Millie. Mi avete mostrato la massima
gentilezza e rispetto, siete un vanto per questo reggimento." Alice
cominciò a mangiare il cibo delicatamente; aveva il sapore
della cenere nella
sua bocca.
Millie
arrossì furiosamente e borbottò una risposta. Le
ragazze cominciarono
a parlare tranquillamente delle loro vite personali. Alice apprese che
Millie
aveva solo una madre che dipendeva molto da lei, poiché la
povera donna era
indebolita dagli attacchi di tubercolosi. Suo padre e due fratelli
più grandi
erano morti.
"Una
tale tragedia nella vita di una ragazza così giovane,"
mormorò Alice in tono compassionevole. Amelia fece
spallucce, sembrando
sottomessa.
"Per
quanto riguarda me, signorina Millie, mio padre è stato
portato via da me e dalla mia sorella maggiore, abbiamo anche perso la
nostra
mamma molti anni fa. Tutto ciò che mi è rimasto
è Uncas..."
"L'Indiano?"
Alice
annuì, spiegando come Uncas era quasi morto per salvarla,
come
avevano superato ostacoli apparentemente impossibili per stare insieme
in pace.
Millie sembrava commossa dal triste racconto.
"Millie-posso
rivolgermi a te così?- ecco, Millie, capisco che
hai una stretta conoscenza con il signor Lamberth."
L'altra
ragazza si raddrizzò e sembrava allarmata. Dopo che Alice
insistette che sarebbe stata in silenzio, Millie frettolosamente disse
che
Edward non era così cattivo, le aveva promesso di sposarla e
che, una volta che
questa orribile guerra fosse finita, si sarebbero sposati e forse si
sarebbero
imbarcati per l'Inghilterra. Alice si chiedeva perché
Lamberth non l'avesse
sposata ora, era ovvio che i due fossero molto
in confidenza.
"Dici
che è un brav'uomo," disse Alice attentamente,
sgranocchiando un pezzo di pane e cercando di non sbottare che l'uomo
aveva le
maniere di una capra, "lo conosci molto bene. Ma immagina che l'uomo
che
amavi ti fosse strappato via con forza, e un tuo caro amico fosse
condannato
all'impiccagione. Tu e io non siamo così diverse, Millie,
perché siamo donne
che vivono nel mondo degli uomini. Dimmi, fino a che punto decideresti
alla
fine di lottare per te stessa, per coloro che ami, e per la tua
felicità? Non
arriveresti a fare l'impossibile?"
Amelia
si alzò all'improvviso e Alice parlò
più veloce che poté,
"Per favore, Amelia! Aiutami... sai nel tuo cuore che quello che sta
accadendo qui è sbagliato. Ci penserai, non è
vero?" Alice la supplicò con
gli occhi, "è tutto quello che chiedo."
Millie
Warren fece una pausa mentre raggiunse la porta, con la sua
esile e pallida mano poggiata momentaneamente sulla maniglia della
porta.
"Ci
penserò su," fu la sua risposta sussurrata.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Il
giorno americano era
al suo apice, pensò Isaac Bauman mentre usciva fuori dalla
caserma a grandi
passi, con noncuranza, immerso nei suoi pensieri; aveva bisogno di
schiarirsi
le idee. Isaac guardò in alto, verso il cielo che era di un
nitido blu opaco.
Quando il pomeriggio calava, si fondeva in un delicato rosa corallo con
una
tonalità di mezzanotte, mentre la sera si avvicinava.
Inspirò
profondamente,
riempiendosi il petto fino all'orlo di aria rigenerante. L'aria sapeva
di dolce
con il caprifoglio e profumava come i maestosi Monti Appalachi, fresca
di rugiada
e di vento. Segretamente, a lui piaceva questo paese del mondo, molto
di più
del grigio deprimente e della pioggia dell' Inghilterra.
L'aria
tutta intorno a
lui era tinta con una nota di inquietante scoraggiamento.
Isaac
sospirò e si
appoggiò sulla parte posteriore di un carro rotto, ancora
rifornito della legna
da ardere, che aveva trasportato prima di perdere una ruota. Si strinse
il
ponte del naso e scosse la testa, agitato, come per liberarsi da questi
strani
pensieri... La tristezza che sentiva intorno a lui, anche la scossa di
troppe
emozioni che erano esplose subito. Lo shock e la disperazione che si
erano
sprigionati dalle iridi acquose di Alice Munro; Nathaniel Poe con i
suoi occhi
blu ghiaccio, insolente, anche quando era incatenato; il padre, il
fratello.
Non si era aspettato questa catena di eventi.
Isaac
piegò la testa di
lato quando un pensiero lo colpì. Come aveva fatto Edward ad
accedere a
quell'informazione, informazione che sarebbe circolata tra ufficiali di
grado
più alto rispetto a lui? Dubitava molto del fatto che Webb o
Pritchard o
Hughes, capitani e generali di status influente, avessero confidato in
uno
sciocco pretenzioso come Edward. Un tempo aveva considerato Edward come
un
amico, ma poi in privato aveva cominciato a disprezzare l' uomo e aveva
smesso
di confidare in lui. Le azioni di Edward erano molto spiacevoli e non
adatte a
un vero gentiluomo. Isaac rise al solo pensiero; come se qualcuno
effettivamente prestasse alcuna attenzione a Edward Lamberth.
Un
pettegolo, un imbecille,
un fanfarone e un amante delle donnacce della peggior specie,
pensò Isaac sdegnosamente mentre si alzava con
tempestività, togliendosi la polvere di dosso e sistemandosi
l'uniforme. Isaac
pensò a questa assurdità quando un'idea
cominciò a insinuarsi nella sua mente.
Si
voltò e diede
un'occhiata veloce ai bui corridoi che conducevano alla caserma del
soldato.
Isaac sentì una leggera trepidazione ma poi una dura
determinazione scavalcò
qualunque dubbio. Dopo tutto, era un ufficiale che era superiore in
grado a
Edward - che certamente non aveva
niente di deplorevole da
nascondere, pensò Isaac cinicamente.
Rapidi
passi portarono
Isaac nel corridoio scarsamente illuminato, passando oltre portoni e
lanterne
lampeggianti. Fece una brusca svolta a destra, e dopo un paio di passi
scese
verso l'ingresso degli alloggi di Edward e degli altri soldati.
Isaac
girò la maniglia
ed entrò senza bussare. Il suo sguardo dagli occhi scuri
perlustrava lo spazio,
la manciata di uomini stava bighellonando in varie parti degli alloggi;
alcuni
giocavano a carte per terra, a lume di candela. Un ragazzo di nome
Francis
Oldroyd stava tracannando il contenuto di una bottiglia, che Isaac
avrebbe
scommesso la sua vita fosse rum, molto probabilmente barattato con
alcuni marinai
ubriachi che stavano navigando verso l'entroterra, provenienti dai
Caraibi.
Isaac tirò su col naso ma non disse niente, invece di
cercare Edward in un
gruppo di tre uomini che erano per terra, ridacchiando e roteando un
pezzo di
stoviglie per terra, ululando dalle risate quando cadeva e si
frantumava.
Edward
conosceva questo
gioco, si chiamava "spezzare il collo del papa" da quelli che
assecondavano le opinioni anti-Papiste. Anche se non lo mostrava come
una sorta
di trofeo, Isaac era stato cresciuto come cattolico e quindi
sentì una scossa
di oltraggio e risentimento.
"Mettetelo
via-ora!"
disse Isaac a voce bassa, con gli occhi stretti mentre la sua mandibola
si
irrigidì. I tre uomini seduti a terra sembravano perplessi,
e guardarono
Oldroyd che stava cercando di nascondere la sua bottiglia di alcool,
inosservato, poiché era l'unico che stava infrangendo
qualche vera regola.
"Non
guardate verso
di lui. Mi stavo riferendo a voi tre, mettete via quello stupido
diversivo in
questo istante. Se scopro che avete rubato quel pezzo di vasellame
dalla sala
mensa, tutti voi pagherete il valore di esso 10 volte di più
sotto forma di
razioni. Mettete a posto questi alloggiamenti." Isaac
osservò mentre
ognuno si accingeva a immagazzinare ogni cosa nella stanza, "Tutti voi
allineati."
Dove
diavolo è Edward?
pensò Isaac, poi sforzò il suo cervello per
cercare qualcosa su cui inveire, allo scopo di nascondere la sua
confusione e
prendere tempo.
"Questo
è un forte
di soldati o una scuola di bambini indisciplinati?" ci fu un silenzio
disagevole. "Rispondetemi."
Il
gruppo di uomini
mormorò all'unisono che era la prima cosa.
"Allora
com' è che
vi trovo tutti a giocare d'azzardo e a perdere tempo con questi frivoli
passatempi? Questa non è la campagna inglese con abitudini
rilassate e
spiritosaggini. Siete nelle colonie britanniche e siamo in guerra con
la
Francia! Pensate che i soldati di Re Luigi stiano bighellonando e
giocando a
birilli o a backgammon...o... qualsiasi cosa la gente faccia in
Francia?"
Qualcuno
rise sotto i
baffi e Isaac si accigliò, ma non interruppe il passo, "il
re delle Rane
non permetterebbe una cosa simile, nemmeno noi. Ora-"
Isaac
sentì girare la
maniglia della porta e la porta si aprì con un forte
cigolio. Era Edward. Isaac
lo fissò freddamente.
"Isaac,"
l'altro uomo disse disinvoltamente, entrando a grandi passi e gettando
il
cappello sulla sua branda. "Tutto bene?"
Isaac
annuì brevemente.
"Questa è un' ispezione a sorpresa. Tutti devono lasciare
questi
alloggiamenti fino a nuovo avviso."
Edward
si congelò e
fissò gli occhi su Isaac, imperturbabile. "Cosa?"
Isaac
sentì le sue
sopracciglia inarcarsi quasi fino all'attaccatura dei capelli. "Per il
momento ignorerò il tono impertinente. Per rispondere a voi
tutti, ho scoperto
che il contrabbando è diffuso negli alloggi e ho deciso di
fare le
ispezioni."
"Ma..."
Edward
sbottò, "non abbiamo ricevuto segnalazioni al riguardo!
Signore,"
aggiunse l'ultima parte frettolosamente, mettendosi dietro l'orecchio
una
ciocca di capelli lisci, con mano tremante. Isaac notò che
lui continuava a
fissare il suo letto.
Isaac
sospirò,
"Lamberth, questo è precisamente l'intero scopo di
un'ispezione a sorpresa. Qualsiasi preavviso dovrebbe dare risultati in
contraddizione con l' oggettività. Non siate così
sciocco, non vi conviene.
Tutti fuori, chiudete la porta, e che Dio vi aiuti se trovo qualcuno di
voi con
gli occhi o le orecchie incollati da qualche parte vicino alla porta."
Gli
uomini annuirono e
fecero dei leggeri inchini prima di correre velocemente fuori. Isaac
fissò
duramente Edward che stava indugiando vicino all'entrata. Isaac poteva
quasi
gustare i timori dell'altro uomo.
"Isaac,
signore,
permettetemi di aiutarvi. Ci sono troppi letti e... troppi bagagli da
perquisire." Edward fece un rapido movimento inconscio verso la propria
zona notte e fu fermato da un severo comando di Isaac. Edward lo
fissò, con i
suoi occhi grandi e indifesi.
"Isaac...
siamo
amici. Fratelli di armi."
Isaac
sentì una fitta di
senso di colpa in fondo alla sua mente, mentre Edward
continuò, "Dopo che
hai ricevuto la tua promozione di ufficiale, mi hai lasciato dietro e
mi hai
trattato come feccia. Non hai alzato un dito per innalzarmi e poi ti
sei dimenticato
della nostra amicizia. Un'affinità che ha attraversato anni
e continenti ma che
è stata disgiunta dopo che sei diventato un mio superiore."
"Questo
non è vero,
Edward. Ero il tuo fedele amico da quando sono entrato a far parte di
questo
reggimento. Io non sono cambiato, tu sì." Isaac scosse la
testa quando
Edward aprì la bocca furiosamente per replicare, "Possiamo
trascorrere
un'eternità a dissentire su questo problema, ma tu sei
cambiato e sei diventato
un uomo insensibile e crudele. Conosco i miei difetti, il mio orgoglio
- ma non
vorrei mai che il male ricadesse su un' altra persona. E inoltre, so
tante cose
sui tuoi affari, molto più di quanto tu creda. In onore al
nostro vecchio
cameratismo, non ho segnalato nessuna delle tue attività
illecite, come la
mia posizione richiede."
Edward
ora guardò Isaac
pieno di risentimento, odiosamente, con aperta ostilità. "Ad
esempio?" lui sogghignò, con i pugni stretti di fianco.
"Come
il traffico
di gioco d'azzardo che hai creato con la feccia del nostro reggimento.
Un buon
esempio, dovresti essere preso in considerazione per la promozione.
Terrorizzi
i ragazzi sotto di te, che siano cuochi o tamburini. Cerco di parlare
con loro
ma non diranno una sola parola contro di te, la loro paura è
così grande. So che
menti, rubi, e non pensare che io sia ignaro di ciò che stai
facendo ad
Amelia."
A
questo, Edward rise e
roteò gli occhi, e Isaac sentì un crescendo di
vergogna per il fatto che non
era stato capace di proteggere la giovane ragazza dalle avances di
Edward. Il
suo ragionamento era che lui non aveva voluto umiliare la ragazza in
nessun
modo o far sì che Edward fosse frustato per punizione.
"Non
avrei mai
dovuto ignorare la tua lascivia, Edward. Pensi che non ti conosca?
Ovunque vai,
domestiche, sgualdrine delle osterie e via di seguito. Stai usando
quella
povera ragazza. Dovresti vergognarti di te stesso, signore."
Edward
fece uno sguardo
torvo e non rispose per un istante prima di replicare
"Vergognarmi, signore?
Per rotolarmi con la cameriera?" lui si sfiorò semplicemente
il fianco con
la mano, con un gesto rapido, mostrando come considerava la questione
di Millie
Warren banale e insignificante. Gli occhi di Isaac si
indurirono. Rotolarsi?
Che grossolano e indecente! Aveva sentito solo le persone delle classi
sociali
inferiori usare quella terminologia.
"Ora
basta. Stai
lontano da me, unisciti agli altri uomini e non tornare
finché non vieni
chiamato." Gli ex amici si trovarono uno di fronte all'altro in un
silenzio glaciale di lunghi istanti; entrambi sapevano che la loro
precedente
amicizia non si sarebbe mai più riallacciata a questo punto.
Edward avrebbe
sempre provato risentimento nei confronti di Isaac per il suo
avanzamento nella
carriera militare e Isaac non si sarebbe mai più fidato di
un libertino e di un
ladro.
Facendo
a Isaac un altro
sguardo maligno, pieno di rancore, Edward marciò fuori,
sbattendo la porta,
camminando con passo pesante con i suoi stivali, giù lungo
il corridoio.
Isaac
guardò la porta
con vera tristezza; era un peccato che le cose fossero diventate
così
ingarbugliate e problematiche. Un vero peccato percepire che tale
devozione per
un amico in gioventù, prima che i problemi mandassero tutto
in pezzi, non
poteva mai più essere riparata. Edward aveva scelto il
proprio sentiero, pensò
Isaac. Aveva un' ombra che lo oscurava, Isaac poteva vederlo nei suoi
occhi.
Isaac
si mise accanto
alla branda di Edward ed esaminò tutti i suoi effetti
personali. Aveva la
sensazione di poter trovare qualcosa qui, aveva bisogno di una
spiegazione sul
perché un soldato fosse così informato sulle
questioni militari. Non era
nemmeno tanto per la sua conoscenza di Nathaniel Poe; c'erano altre
questioni,
Edward conosceva opportunamente l'andirivieni di affari, che dovevano
esserci
state tra gli ufficiali e i Capitani e i Generali. C'erano guai in
corso, Isaac
lo sapeva.
Quasi
10 minuti dopo,
Isaac aveva finito di rovistare tra gli effetti personali di Edward,
sfogliò i
pochi libri che possedeva, ispezionò ogni pollice della sua
branda, e non aveva
trovato ancora niente. Soltanto insulsi bigliettini d'amore da parte di
Millie
e cose simili. Trovò un piccolo, economico orologio da tasca
che assomigliava a
quello che aveva il giovane Mason. Comprendendo che Edward lo aveva
rubato a un
prigioniero, Isaac si sentì disgustato e se lo mise in tasca
per restituirlo al
suo legittimo proprietario.
Isaac
non aveva trovato
ancora niente e si sentì incredibilmente frustrato. Si
rifiutò di credere che
la divina Provvidenza avesse dato in dono a Edward Lamberth un potere
mistico
da chiaroveggente. Proprio allora i suoi occhi incrociarono il cappello
a
tricorno dell'alta guarnigione che Edward aveva lanciato distrattamente
sulle
lenzuola. Si ricordava come Edward continuasse a guardarlo
discretamente. Isaac
raccolse il cappello e inclinò la testa curiosamente. Era
...più
ingombrante?...della norma. Ribaltandolo e sbirciando dentro, Isaac
ispezionò
l'interno attentamente e vide che aveva una forma strana e che la
fodera era
stata alterata. Fece scorrere un dito incallito lentamente verso
l'interno. Sì,
la fodera era stata ricucita male, dopo essere stata strappata.
Isaac
camminò
velocemente verso la luce della candela e si rannicchiò
più vicino, tirando
fuori il suo coltello da tasca e aprendo sapientemente la cucitura. Se
non ci
fosse stato niente, Isaac si sarebbe scusato personalmente con Edward e
avrebbe
sostituito il cappello di Edward con il proprio e lo avrebbe ripagato.
Isaac
fu preso alla
sprovvista quando un netto ammasso di pergamene cominciò a
cadere fuori
dall'apertura. Che diavolo è? Per i
diversi minuti successivi, Isaac
sfogliò i documenti, i suoi occhi acuti che non
tralasciavano niente -
specialmente le date, chi li mandava e a chi erano destinati.
Edward...
la sua
depravazione non conosceva limiti? Non appena lo shock che sconvolse il
giovane
ufficiale fu scomparso, la collera ardente gli attraversò le
vene per l'abuso
di potere di Edward, le sue cospirazioni, i suoi furti
- la sua
natura subdola e ipocrita.
Schiacciando
le lettere
nella sua mano, Isaac andò fuori, sbattendo la porta contro
la parete, pieno d'
ira. Edward non sarebbe stato capace di scappare via da questo,
pensò Isaac
quando il suo sguardo incrociò gli occhi grandi e agitati
del suo ex amico, che
stava nascosto fuori. Edward sembrava quasi afflosciarsi e deperirsi
quando
Isaac sollevò i documenti spiegazzati e li brandì
di fronte a Edward.
"E'
questo il
motivo per cui volevi aiutarmi? Cosa
avresti fatto una volta che
avessi voltato le spalle?" Isaac si voltò improvvisamente,
"Collins!" lui ringhiò. Mio Dio, lo
porterò dinanzi alla
Corte marziale.
"Sì,
signore."
"Portatemi
l'Ufficiale di etica. Abbiamo un altro criminale che ha bisogno di una
sistemazione."
...................................................................................................................
Anicus
corse giù per i
verdi sentieri della foresta, veloce e silenzioso come un daino. Aveva
bisogno
di raggiungere velocemente l'accampamento.
Dopo
il faccia a faccia
che si era evidentemente verificato tra la ragazza di Luna, suo padre,
Chingachgook e gli altri, la ragazza dai capelli
biondi era stata
rinchiusa, come anche Longue Carabine. Il
ragazzo dai capelli rossi
e lui stesso erano stati rilasciati. Perché? Cos'era
successo? Non lo sapeva, poiché
gli uomini anziani non confidavano in lui e suo padre lo stava
acutamente
ignorando. Il silenzio tra padre e figlio era denso di delusione e
rammarico.
Padre,
pensò Anicus mentre saltò sapientemente su un
tronco caduto, per Mannitto, giuro che non volevo che
tutto questo
accadesse. La follia e l'orgoglio sono le mie debolezze. Padre, avevi
ragione.
Per favore, perdona la mia avventatezza nell'essere partito davanti a
voi
tutti. Ma c'è qualcosa che devo fare e so che non approverai.
Anicus
rivolse una
preghiera al Grande Spirito, chiedendo ferventemente al Creatore
fortuna e una
sorte benevola. Si era intrufolato per conto suo dall'esterno del forte
dell'uomo bianco, dove gli uomini stavano discutendo con urgenza su
cosa si
dovesse fare. L'uomo alto dai capelli biondi stava dicendo che dovevano
parlare
con il capo dei Bianchi in questa colonia. Un gov...gov...tore che
viveva in un posto a 5 giorni di cammino di distanza. Uncas era
sembrato
silenziosamente supplichevole con l'uomo bianco.
Anicus
aveva un'idea più
chiara e così scomparve nel bosco mentre gli uomini
discutevano.
Ora
era al fiume, non
lontano dall'accampamento e strizzò gli occhi quando scorse
la figura slanciata
di Tankawun, seduta da sola sulle rocce. Anicus le si
avvicinò.
"Tankawun,
ho
bisogno del tuo aiuto." Anicus lo disse senza preamboli o avvisi e
osservò
in silenzio stoico. La ragazza urlò e balzò in
piedi, fissandolo con occhi
pieni di lacrime per lo shock.
"Anicus?
Tu - come
- Che è successo? Dove sono gli altri? Siete stati tutti
rilasciati?"
chiese lei, piena di speranza, i suoi graziosi lineamenti avidi e
diretti su
Anicus.
"Che
è successo
alla tua faccia?" chiese Anicus in una momentanea distrazione. Lei
aveva
un brutto livido che le colorava lo zigomo e la mandibola, "non
importa,
non è niente”. “Ascoltami, mi dispiace.
Avevi ragione sui tuoi amici bianchi.
Lui... Steeben e quella ragazza
bianca sono buoni-"
"Anicus,
grazie per
quello che stai dicendo e -"
"Non
ho ancora
finito," Anicus la interruppe impazientemente, "il ragazzo dai
capelli di fuoco è stato rilasciato, ma hanno tenuto
prigioniera la ragazza dai
capelli d'oro. Non sarà così. L'ho detto. I
Bianchi sono crudeli persino contro
i loro simili. La libereremo dalla sua gabbia."
Gli
occhi di Tankawun
erano grandi e ansiosi. "Sì, Anicus. Sono dalla tua parte.
Cosa posso
fare? Hai delle armi? Mi farai vedere come usarle?"
La
bocca di Anicus si
inarcò in un sorriso momentaneo per l'audacia della ragazza.
"Te lo
spiegherò più tardi. La prima cosa che vorrei che
tu facessi è andare a casa
nel nostro accampamento - ora, rapidamente - e radunare Wagion, Gohkos,
Molsem,
solo quelli di cui ci possiamo fidare," Tankawun stava annuendo
fervidamente, "Non gli anziani! Solo ragazzi che non hanno una
fidanzata o
dei figli. Ma velocemente e in silenzio. Dobbiamo tornare di corsa
perché il
piano deve essere realizzato di notte."
Tankawun
fece un
movimento verso il sentiero che conduceva all'accampamento, immersa nei
suoi
pensieri. "Anicus, amico, ti porterò i più forti.
Anche le armi."
Anicus
annuì
coraggiosamente, "Alapsi, mai
wenchahki!" la esortò a sbrigarsi e a tornare, e
guardò la ragazza
sparire in una curva. Era sempre così veloce e leggera, i
suoi piedi simili
alle nuvole provenienti da est.
Il
contrattacco dei
Lenape era cominciato, pensò Anicus con un sorriso.
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La
porta fu chiusa.
Millie fece un sospiro frustrato quando sollevò il grande
anello di ottone che
conteneva la sua collezione di tutte le chiavi necessarie al forte.
Questo
immagazzinava tutta la biancheria e cose simili, e lei aveva bisogno di
disporre le lenzuola lavate e stirate. Aveva anche deciso di infilare
due
coperte e un cuscino improvvisato per Alice Munro. Povera ragazza, la
schiena
ora doveva farle un male cane.
Prima
che avesse tempo
di fare questo, un giovane tamburino di nome Thomas Camp corse
velocemente
verso di lei. In realtà, il ragazzo orfano era nato con il
cognome Van Kaampen,
ma a causa dei pregiudizi contro gli Olandesi, lo aveva abbreviato
così.
"Signor
Camp,
" lo stuzzicò Millie, "Che cosa vi ha emozionato
così tanto?"
Gli
occhi color nocciola
del ragazzo erano tondi. "La scena più tremenda. Edward
Lamberth era coinvolto
in una potente litigata con Isaac. Lamberth è stato
arrestato e portato,
scalciando e urlando, negli alloggiamenti del Generale Waddell."
Millie
si sentì
stringere il cuore. "C-Cosa?"
Tom
scambiò il suo shock
per un capogiro. "E' vero, l'ho visto. Imprecava come un marinaio e
scatenava una tale confusione, sul serio, urlando parole irriverenti
mentre
veniva portato via." Tom sospirò felicemente. "Ora il resto
di noi
può essere a proprio agio. Spero che gli tolgano il diavolo
dalle viscere e che
lo buttino fuori."
Millie
gli fece un'
occhiata tagliente, "Non dire queste cose, ragazzo."
"E'
vero,"
disse ostinatamente il ragazzo, con la sua mandibola impostata, "Ci ha
tormentati per così tanto tempo. Ricordate Peter Mannox? Si
è unito alle nostre
file quando morì sua madre e non aveva un altro posto dove
andare. Salpò dall'
Inghilterra insanguinata. Era ancora in stato di shock per tutto
questo, fu
fatto diventare cuoco perché quel lavoro non richiedeva
troppa conversazione.
Lamberth lo disprezzava per il suo carattere calmo e lo
infastidì così tanto
che Mannox sviluppò delle tendenze nervose. Fu rimandato a
casa a Londra."
Abbassando
lo sguardo,
Millie si sentì a disagio perché si ricordava di
quell' episodio. Povero Peter
Mannox, soltanto 14 anni. Cominciava a sobbalzare per i piccoli rumori
e le
ombre, non mangiava e non dormiva. Quando cominciava a gironzolare per
i campi
senza alcun ricordo di essere andato via per conto suo, beh, fu presa
la
decisione di dimetterlo e mandarlo in Inghilterra. Dopo di che, nessuno
aveva
mai più sentito parlare di lui. Era stato un ragazzo dolce;
dolce, triste e
smarrito.
"Venite
con me! Lo
stanno interrogando." Lui le tirò con urgenza il braccio e
corsero via.
Nell'arco
di pochi
minuti raggiunsero gli alloggiamenti del Generale, dove una folla di
giacche-rosse si era riunita tranquillamente per assistere allo
spettacolo in
corso. Uno di loro si portò un dito sulle labbra,
avvisandoli di stare zitti
quando Millie e Tom si insinuarono nel gruppo. Millie si sporse
cautamente.
"...Mio
Dio, uomo,
non avete l'onore di parlare?" Waddell strepitò per
l'indignazione. Millie
si avvicinò di più. "Come osate, signore? Come
avete la sfrontatezza, no,
la dannata malignità di
rubare la corrispondenza privata al
vostro ufficiale di grado superiore? Rispondetemi, maledetto!"
Ci
fu un colpo e Millie
trasalì, sapendo che molto probabilmente Waddell aveva
colpito Edward.
"Posso
spiegare,
signore." disse Edward, con la voce tremante. Per esperienza, Millie
sapeva che il tremito nel suo tono di voce era per la collera repressa
e non
per il rimorso o i nervi.
"Bene,
fareste
meglio! Perché non ho mai ricevuto questi resoconti e la
corrispondenza?"
"Non
lo so,
signore."
"Non
siate
insolente, ragazzo. Erano in vostro possesso."
"Li
ho trovati
negli alloggi di qualcuno, signore." Ci fu una pausa incredula. La voce
di
Waddell era calma per lo stupore.
"Onestamente
vi
aspettate che io vi creda? Avete trovato questi documenti privati e poi
li
avete cuciti nel vostro cappello del cavolo per tenerli al sicuro?"
"Generale
Waddell,
posso assicurarvi che-"
Waddell
interruppe
Edward, "Vi suggerisco di scegliere le parole saggiamente, ragazzo.
Siete
di fronte a una Corte marziale."
"Sì,
signore. Li ho
trovati negli effetti personali di un ragazzo qui, un tamburino. Li ho
custoditi in questo modo per proteggerli fino al vostro arrivo."
"Quale
ragazzo?"
"Si
chiama Thomas
Van Kaampen, signore. Ma si fa chiamare Tom Camp."
Tom
strizzò il braccio
di Millie ed entrambe le loro mandibole calarono mentre i due
adolescenti che
origliavano si scambiarono degli sguardi costernati. Gli uomini intorno
a loro
cominciarono a mormorare. Persino nella luce bassa, Millie riusciva a
vedere il
rossore sulla faccia di Tom. Era paonazzo. Prima che Millie potesse
fermarlo,
il ragazzo si precipitò nella stanza.
"Sta
mentendo!
Generale, quell'uomo mente come respira!"
"Thomas,
torna
qui!" Millie si afferrò la gonna e si precipitò
dietro di lui. Il ragazzo
poteva andare incontro a una dura punizione per aver ascoltato tali
questioni
delicate. Ma Thomas non rinunciò, si scrollò
dalla spalla la pallida mano di
lei.
"Ratto!
Bugiardo!" Tom si infuriò, "se c'è qualcuno in
questo intero dannato
forte che farebbe una cosa simile, quello è Lamberth,
signore. Sta mentendo per
ricoprire le sue tracce, ma io non lo tollererò, eh!"
Edward
cominciò a
lanciare più accuse a Tom, finché Millie non
poté sopportare più la cosa. Ne
aveva avuto abbastanza delle bugie eccessive e della
crudeltà di Edward. Non se
ne sarebbe stata con le mani in mano a vedere un'altra persona
innocente
addossarsi la colpa per le azioni illecite di Edward.
"Generale,
Thomas
dice la verità." Amelia sussurrò.
La
faccia di Edward
divenne paonazza. "Chiudi la bocca, maledetta sgualdrina!"
"Edward
Lamberth!" Waddell tuonò, con gli occhi che scintillavano,
"non
parlerete mai più a una signora in quel modo!"
"Una
signora? Mai,
signore." Edward disse maliziosamente. Millie colse il doppio senso e
arrossì, ma incalzò coraggiosamente.
"Lo
so perché me lo
ha detto. Edward mi ha detto che ha intercettato la vostra
corrispondenza per
essere informato sui discorsi tra gli uomini di alto grado militare,
per avere
informazioni in cambio di favori, e ..." Gli occhi di Millie
incrociarono
quelli di Edward attraverso la stanza, "penso che volesse fingere di
essere un Maggiore o un Generale, dato che quella non sarebbe mai stata
una
possibilità, a causa del suo brutto carattere."
Gli
occhi di Edward
fiammeggiavano come due carboni ardenti in un pozzo di fuoco. E Millie
lo vide,
osservò con timore mentre quel lento sorriso si allargava
sulla sua faccia,
come il sorriso di un cacciatore che stava raggiungendo la sua preda.
"Beh,"
disse
lui calmo, "almeno ora sappiamo che sei una bugiarda così
come una
meretrice."
Isaac
Bauman avanzò
verso Edward e, in un'insolita manifestazione di ostilità,
afferrò l' uomo per
il colletto. "Scusatevi con lei, ora! O vi farò frustare,
Edward, che Dio
mi aiuti."
Edward
era troppo
immerso nella sua collera per registrare la minaccia reale; sapeva che
la sua
carriera militare era perduta, così non gliene importava
più. "Anche voi
avete avuto la sciocca ragazza? Penso di sì, Isaac, o
altrimenti perché
difendete costantemente la stupida marmocchia? Si solleva la gonna per
le
giacche-rosse, tutti lo sanno-"
Il
pugno di Isaac che
ruppe il naso di Edward fermò quella frase dall'essere mai
pronunciata.
Waddell
sospirò e roteò
gli occhi e Tom sogghignò per la soddisfazione, mentre
l'altro uomo si torceva
sul pavimento in agonia.
"Mi
avete rotto il
naso!" disse Edward, ma la sua faccia che si stava gonfiando
rapidamente
rese le sue parole quasi incomprensibili.
"Voi
cosa, signor
Lamberth?" Thomas lo schernì per provocazione, "che dite
riguardo
alle dita dei piedi?"
Edward
lo ripeté più
forte.
"Avete
trovato una
rosa?"
"Basta!"
Waddell urlò. "Qualcuno porti costui in infermeria.
Assicuratevi che non
scappi."
Dopo
che il soldato
sanguinante fu trasportato, tutti gli occhi si rivolsero attentamente
verso
Millie. Era così umiliata e ferita che voleva sprofondare
nel suolo, sparire da
questo posto disgraziato e non ritornarvi mai più.
Le
lacrime le scorrevano
lungo la faccia mentre diceva a scatti e ansimando, "Quello che ha
detto
Edward in parte è vero, Generale. In verità ho...
solidarizzato... con lui. Non
con il signor Bauman o qualcun'altro. Mi dispiace, signore. Avrei
dovuto dirvi
anche del suo furto di corrispondenza, signore, ma ero spaventata. Mi
minacciava di ferirmi e qui non ho nessuno pronto a difendermi." Millie
abbassò gli occhi, sentendosi infelice. Nessuno disse una
parola dopo la sua
confessione sussurrata.
Sentì
Isaac sospirare
profondamente e avanzare verso di lei. Poggiandole una mano sulla
spalla,
sembrava cercare le parole. "Millie-"
Ma
lei fece appena un
piccolo inchino e uscì fuori dalla porta, senza incrociare
gli occhi di
nessuno.
Invece
di fare la sua
vergognosa camminata attraverso il forte, verso il suo dormitorio, i
piedi di
Millie la portarono in una direzione completamente diversa.
Senza
fare una pausa per
analizzare veramente a fondo i problemi, Millie raggiunse la persona a
cui
aveva pensato tutto il giorno.
Millie
si sentiva
indifferente mentre trovò la chiave, girò la
serratura e aprì la porta.
Alice
Munro guardò
Millie sbattendo le palpebre, confusa. "Ehi... mi stai portando una
cena
anticipata?"
Amelia
si sentiva
sventrata, vuota; tutto quello che Edward le aveva detto era stata una
bugia.
Non aveva mai avuto intenzione di sposarla. La usava solo per i propri
mezzi
egoistici. Che sciocca sono stata,
pensò Millie con amarezza. Ora
sentiva che la sua vita era veramente finita. Tutti in città
ne avrebbero
sentito parlare, tutti avrebbero puntato il dito su di lei e mormorato
su come
era licenziosa. Non poteva nemmeno lasciare la colonia della
Pennsylvania
perché sua madre era così malata in un'altra
città.
Il
massimo che potesse
fare, ora alla soglia di tutto questo dolore e disperazione, era
aiutare questa
ragazza che meritava di stare con l'uomo che amava.
"Puoi
andare
adesso, signorina Alice." Sussurrò Millie, con gli occhi
pungenti, non
avendo nemmeno l'energia di sorridere.
Alice
guardò l'altra
ragazza in modo attento, notando la sua pelle rossa e macchiata, tracce
di
lacrime sulla sua faccia, ma soprattutto tutta la miserabile agonia nei
suoi
occhi.
"Vai,
Alice. Sei
libera di andare."
"Che
ti è successo,
Millie?"
"Niente.
Lasciami
stare. La tua famiglia si trova al margine del bosco. Vai da loro."
"Nathaniel?
Mio
cognato?"
Millie
scosse la testa,
indicando che non lo sapeva. "Alice, non c'è molto tempo. La
maggior parte
dei soldati solo ora si sono dileguati dagli alloggiamenti del Generale
Waddell, quindi devi andare adesso, in questo momento. Passa
velocemente
attraverso una piccola porta, prima della cucina..." Millie
sospirò,
"non sai cosa significhi tutto questo. Vieni, ti farò
vedere."
Alice
sembrava incerta,
ma speranzosa. "Sei abbastanza sicura? Millie, potrebbero lanciare
delle
accuse contro di te."
Amelia
afferrò la sua
mano e la tirò fuori, poi richiuse la porta dietro di loro.
"Vieni, Alice.
Sbrigati, segui le mie istruzioni e non sarai né vista,
né sentita."
Insieme,
le due ragazze
sparirono nell'oscurità del corridoio.
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Anicus
aveva
un'espressione aspra sulla faccia mentre esaminava il gruppo che
Tankawun aveva
portato. Prese da parte la ragazza, tirandola per il gomito.
"Tankawun,"
sibilò, "che cosa hai fatto? Dov'è Gohkos?
Molsem?"
La
ragazza Lenape
sembrava offesa. "Non sono riuscita a trovarli. Così ho
portato Wagion,
Mategwas e Alemos," sussurrò Tankawun.
Anicus
guardò Mategwas,
la ragazza grossa con cui Wagion stava condividendo il letto. Anicus
aggrottò
la fronte più profondamente. Era odiosa e aveva un pessimo
carattere.
Probabilmente, lo picchiava anche in privato.
"Che
c'è che non va
con Mategwas e Alemos?" Tankawun ribatté.
"Sono..."
Anicus sembrava perplesso, non sapendo da dove cominciare. Mategwas
mi
fa venire gli incubi. Alemos urla per ogni cosa. Ci metterà
in pericolo
strillando, quando vedrà un uomo bianco. "Sono
ragazze."
Tankawun
si impennò per
la collera. "Sono ragazze, ma hanno un cuore! Solo perché
siamo donne non
vuol dire che dobbiamo essere bandite all'angolo di un wigwam, a
intrecciare
cesti e rammendare perizomi! Mategwas è impavida e
Alemos...beh, ecco..."
Tankawun lottò con le sue parole prima di fare spallucce
filosoficamente.
"Non sono riuscita a trovare nessun altro. Lei ha chiesto di venire e
ha
portato un bastone di fuoco che suo fratello si è procurato
da un soldato
Yengeese." Lei alzò lo sguardo, "Faglielo vedere, Alemos!
Combatteremo gli Yengeese con le loro stesse armi."
Alemos,
la ragazza più
piccola dell'accampamento, avanzò timidamente verso Anicus.
Malgrado l'età,
Tankawun raggiungeva solo la spalla dell'altra ragazza.
Presentò la lunga
carabina ad Anicus, che ammirava il lucente calcio in legno d'acero e
la lunga
canna. Si guardò intorno, confuso.
"Dov'è
quell'altra
cosa?"
"Cosa?"
chiese
Wagion con perplessità.
"Quella
cosa. La
cosa che gli Yengeese versano qui dentro," Anicus lasciò le
ditate sulla
canna, "che fa uscire fuori il fuoco e quella cosa rotonda."
Gli
altri lo fissarono
in modo inespressivo; i Delaware erano tra i pochi Indiani che non
avevano
facile accesso alle armi dell'uomo bianco e usavano sempre frecce e
accette.
Anicus si girò per guardare Tankawun, che sembrava
imbarazzata. "Sì, ora mi
ricordo," disse, rossa in volto, "gli Yengeese la chiamano pol-vere"
"Beh,
dov'è?"
Alemos
sussurrò che non
ce l'avevano. Anicus lottò per controllare la sua collera. "Wulelimil,
Alemos." Disse in tono sarcastico, "E' inutile!" Lui
rispinse la carabina nelle braccia di lei. Wagion diede ad Anicus un
colpo con
la mano sulle spalle e gli fece vedere l'insieme di mazze da guerra,
accette,
archi e frecce che si erano portati dietro.
"Le
ragazze non
sanno usare queste, glielo dobbiamo insegnare prima di raggiungere il
forte. E'
meglio andare ora, non so se ci hanno visti." Wagion guardò
preoccupato in
direzione dell'accampamento. "Quest'idea è una pazzia,
Anicus."
Wagion sogghignò felicemente. "Andiamo."
Camminarono
per un po'
di tempo. I ragazzi erano silenziosi mentre procedevano attraverso la
foresta e
le ragazze, certamente, non così tanto. Anicus fece una
smorfia, mentre
Mategwas camminava dietro di loro con passo pesante, respirando
rumorosamente.
Proprio allora tutti loro sobbalzarono quando sentirono un forte
rimbombo. Uno
per uno, tutti gli occhi si spostarono su Mategwas.
"Alemi
nkatupwi!"
lei si difese, mentre la sua pancia emetteva un altro brontolio di
protesta.
Persino la sua voce sembrava simile a quella di un uomo.
"Ha
fame,"
mormorò Wagion delicatamente.
"L'ho
sentita," Anicus ribatté, osservando con disgusto lo sguardo
affettuoso
condiviso tra Wagion e Mategwas. Alemos prelevò un po' di
pane di mais dalla
propria borsa di pelle di daino e lo offrì a Mategwas.
"Wanishi"
la grossa ragazza borbottò in modo indisponente e
mangiò il pane di mais in due
grandi morsi.
"Almeno
Mategwas si
è assicurata che nessuno di noi avesse fame, in primo
luogo." Anicus
brontolò, strascicando i suoi mocassini sull'erba e sul
suolo. Wagion roteò gli
occhi.
"Dai,
presto
arriverà il crepuscolo."
"Alemos,
lasciami
portare quella," Anicus sollevò la carabina, "è
troppo pesante."
Lui tralasciò la vampata di rossore che
attraversò la faccia della ragazza
quando le dita del ragazzo sfiorarono le scapole di Alemos.
Quando
il crepuscolo
s'insinuò lentamente attraverso il cielo, i due ragazzi e le
tre ragazze erano
stesi a pancia in giù nell'erba alta, osservando il forte e
aspettando che
l'oscurità li coprisse completamente. Anicus stava
sussurrando.
"Da
qui saremo
visti. Ma una volta che è buio, ci sposteremo intorno al
perimetro, attraverso
gli alberi, e troveremo un'entrata incustodita. Sono certo di averne
vista una
quando me ne stavo andando. Una piccola porta che conduce al luogo in
cui viene
preparato il cibo. I prigionieri sono tenuti nel piano inferiore."
"Dimmi,
Anicus," replicò Wagion dopo una pausa, "cosa
succederà quando
saranno avvertiti che gli uomini rossi hanno assaltato la loro
fortezza? Perché
questo è destinato ad accadere. A chi spareranno prima, ci
pensi?"
"E
dove sono
esattamente il fratello e la moglie di Uncas?" Alemos chiese
delicatamente. Anicus chinò la testa sulla minuscola
ragazza. Tutto sommato,
era colpito dalla sua calma.
"Non
ho un
piano," ammise Anicus. Alemos ridacchiò, e Anicus
guardò le sue fossette e
i suoi denti nettamente bianchi. Deglutì, sentendosi la gola
diventare
improvvisamente secca. Anicus guardò lontano.
Un
ramo si spezzò nelle
vicinanze. "State giù!" Wagion fece cenno alle ragazze
rapidamente,
mentre lui e Anicus balzarono in piedi, con le accette sollevate e gli
occhi
guardinghi.
"Chi
c'è là?"
Anicus chiese nel suo tono di voce più imperioso, cercando
di imitare suo
padre. Ci fu un altro fruscio.
"Anicus?"
giunse una voce dall'oscurità vicina. Anicus la riconobbe
subito.
"Tankawun! E' lei!"
Alice
discese da dietro
gli alberi e sorrise felicemente. C'era un'altra ragazza leggermente
dietro di
lei, una ragazza dai capelli scuri.
"Anicus...Tankawun...
è così bello vedervi!" Anicus osservò
con sollievo mentre Tankawun si
lanciò su Alice e le due si abbracciarono.
"Perché
siete
qui?" chiese Alice. Tankawun evidentemente comprese la domanda
perché
rispose qualcosa di breve alla ragazza di Luna.
"Adesso
libereremo Longue Carabine,"
spiegò Anicus. Le ragazze
Yengeese lo fissarono, confuse. Quella dai capelli scuri sembrava
particolarmente terrorizzata. Anicus si sforzava di ricordare il nome
Yengeese
del fratello di Uncas.
"Longue
Carabine... Nat-han-ie-l..." poi fece un cenno a loro, alle
armi, e al
forte.
"Oh,
cari."
Alice sospirò e sorrise tristemente ai giovani Delaware.
Cominciò un'accesa
discussione con l'altra ragazza, indicando il forte e la foresta dietro
di sé.
Alla fine la ragazza mora annuì.
"Venite,
lei
conosce la strada." Alice raccolse cautamente un'accetta e se la
infilò
nella gonna. "Tuttavia, penseremo a un piano." Andarono a tutta
velocità verso il lato opposto del forte, attenti a non
essere visti.
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Chingachgook
e gli altri
uomini emersero dal bosco, e individuarono immediatamente le tracce di
un
grande gruppo di persone, che giravano intorno al bosco del forte, in
completa
confusione. La luce era estremamente scarsa, ma gli uomini anziani la
catturavano nonostante ciò.
"Bianchi
e Indiani,
insieme?" chiese Uncas in confusione, valutando le impronte dei piedi.
"Chi
sono gli
Indiani?" chiese James stancamente. Uncas fece dei segni e
indicò qui e
là. "Due uomini indiani, posso dirlo dai loro mocassini, ma
sono anche
attenti a dove mettono i piedi e a non disturbare la terra. Alcune
ragazze
indiane, anche loro con i mocassini ai piedi, ma non abili a nascondere
le loro
tracce. E Bianchi; a giudicare dal collo del piede, tallone e peso,
donne."
Seguirono
le loro tracce
per un po' di tempo, James che camminava a fatica con noncuranza,
mentre
pensava alle tracce che Uncas aveva captato. Non
vedevo un cavolo di
niente nel suolo tranne la terra, si lamentava James, un po'
geloso
dell'abilità che questi uomini rossi avevano nella foresta.
Non era
un'esagerazione dire che era un qualcosa di quasi mistico.
Finora
era stato
elaborato un piano per andare a Filadelfia e cercare l'aiuto del
governatore
per richiedere il rilascio di Alice. Nel caso di Nathaniel, beh, la
cosa era
più problematica, ma James aveva in programma di corrompere
la gente giusta,
specialmente le guardie. Erano in guerra e niente attirava l'interesse
come l'oro.
Che cosa importava alle guardie di un prigioniero? Avevano bisogno di
radunare
abbastanza oro e argento e scellini, ma senza dire nulla a Cora. Niente
crisi
isteriche femminili nell'immediato futuro, pensò James
facendo un cenno col
capo.
"Spero
che Anicus
sia tornato a casa sano e salvo," rimarcò James, ricordando
la collera
ardente sulla faccia di Hopocan, quando compresero che Anicus si era
nascosto.
Si guardò intorno verso gli altri, mentre se ne erano andati
calmi calmi.
Chingachgook
sollevò una
vecchia mano marrone e James si tranquillizzò. Si
appoggiò a Uncas e gli diede
una gomitata come gesto di domanda.
"Anicus
non è
arrivato a casa," disse Uncas mentre si precipitava verso il gruppo di
persone stese a pancia in giù sull'erba; molto, molto vicine
al forte.
"Alice!"
James
sentì la sua mandibola cadere quando riconobbe il vestito
che tutte e tre le
donne condividevano. Osservò con shock, poi con gioia,
mentre Alice si
avvinghiava a Uncas e i due non sembravano voler mollare la presa.
Uncas
sussurrò delle parole ad Alice, mentre lei con la faccia
nascosta nel collo di
lui, si limitava soltanto ad annuire o a scuotere la testa.
"Uncas,"
sospirò, stringendolo più forte. Ignoravano il
resto delle persone accalcate
intorno a loro.
"Tornate
indietro,
tutti voi." Chingachgook disse ciò concisamente e poi
rapidamente in
Delaware. Il gruppo corse velocemente nel bosco, subito. Uncas si
guardò
intorno con stupore, osservando le persone che aveva trovato ad
esaminare a
fondo il forte. Alice, Anicus, Wagion, Tankawun, quella ragazza
tarchiata su
cui Nathaniel e Anicus facevano sempre dei commenti malevoli, e quella
gracile
ragazzetta che non parlava mai, di cui Uncas non sapeva il nome. Anche
la
ragazza che lavorava dentro al forte.
"Avete
perso la
testa? Che è successo qui?" chiese Hopocan stizzosamente,
lanciandosi la
coperta di pelle sulla spalla con un improvviso movimento obliquo.
"Anicus, Wagion e Tankawun. Certamente. I trasgressori del nostro
accampamento hanno ampliato i loro orizzonti per includere gli
Yengeese!"
"Spiegatevi.
Ora." Il tono di Chingachgook rese evidente il fatto che non si
aspettava
nessuna disputa.
Uncas
ascoltò
intensamente, ma riluttante ad allentare la presa su Alice. Non erano
mai stati
così eccessivamente espansivi, ma si sentì quasi
incapace di smettere di
toccarla. La teneva stretta e le accarezzava la pelle e i capelli
mentre
ascoltava. Quando Alice entrò nel racconto della vicenda,
gli occhi di lui si
strinsero mentre fissava freddamente Anicus e Wagion.
Gli
occhi di Wagion si
spalancarono nell'oscurità. "Uncas, amico, lei insisteva per
venire con
noi. Lei e l'altra ragazza. Non potevamo rifiutarla e affermava di
conoscere
un'entrata di facile accesso!"
"Avreste
dovuto
cercarci. Avreste dovuto aspettare. Come potevate coinvolgere delle
donne in
questo piano pericoloso? Sarebbe fallito per innumerevoli ragioni.
Entrambi
avete messo in pericolo delle donne che, in quanto uomini, avete
giurato di
proteggere."
James
guardò Uncas
pensierosamente. Anche se non capiva una sola frase della lingua
Delaware,
poteva percepire l'indignazione del ragazzo nella sua postura, nei suoi
occhi e
nel suo lungo flusso di parole. Uncas non parlava quasi mai tanto.
"Ragazza,"
intervenne James, "come hai fatto... ecco, a scappare, per mancanza di
una
parola migliore?”
Alice
sorrise a James in
modo confortante, facendo un cenno col capo all'altra ragazza. "Lei
è
Amelia Warren. Mi ha aiutata a scappare."
Amelia
non perse tempo
con parole inutili. "Non se ne accorgeranno che è sparita,
probabilmente
fino a domani mattina. Questo vi farà guadagnare tempo. Per
quanto riguarda il
signor Nathaniel Poe, posso solo darvi la chiave della sua cella e
indicarvi
dove trovarlo. Tuttavia vi avverto, dato che la sua colpa è
sedizione e
tradimento, sarà sorvegliato molto. Ancora di
più, dopo che scopriranno la mia
scomparsa e la sparizione di Alice. Potrebbero persino trasferirlo in
un luogo
più sicuro."
"Sì,
più che
probabilmente su sollecitazione di quel bastardo pieno di
sé, Bauman."
James si accarezzò il mento, pensieroso.
Millie
gli fece una
strana occhiata. "Isaac non è ciò che dite,
signore. E' rigido e
altezzoso, sì, ma anche molto giusto e onorevole."
James
fece spallucce con
noncuranza, non nell'umore di discutere. "Rassegniamoci a non essere
d'accordo, ragazza."
"Dove
possiamo
andare? Alice non può stare qui e nemmeno nelle case nella
Valley, poiché
potrebbero essere perquisite." Uncas rivolse questa domanda a James, ma
fu
Amelia a rispondere.
"So
cosa si può fare.
Vai a casa mia, a poche miglia da qui. E' soltanto una piccola casa che
normalmente condivido con mia madre, ma al momento mamma è a
Harrisburg a farsi
curare per la sua tubercolosi avanzata." Amelia fece una pausa e disse
con
evidente difficoltà, "Non ritornerà a casa.
Andrò da lei dopo stasera, e
starò con lei fino alla fine della sua vita. Non
andrà per le lunghe ora."
Amelia
era... la storia
più triste che avesse mai sentito, pensò James
con compassione. Sembrava come
se avesse condotto una vita miserabile, e persino ora stava lottando
con le
avversità.
"Allora
è
deciso." Chingachgook parlò in Delaware, "Uncas, porterai
tua moglie
e la ragazza in questa casa. Stai là finché
verrò per tutti voi. Potrebbe
trattarsi di un paio di giorni. Tankawun, Alemos, Mategwas. Avete
dimostrato
forza e coraggio e vi siete guadagnate il diritto di decidere da sole
cosa
fare. Ma comprendete che sarebbe meglio per voi se tornaste a casa."
Mategwas
borbottò.
"Ma c'è un piano per salvare vostro figlio?"
Chingachgook
scosse
brevemente la testa.
"Amici,"
disse
Tankawun delicatamente, "Dov'è Stephen? Sta bene?"
Hopocan
annuì, ma con
compassione invece che con collera. "Sì, cara. E' andato a
casa." Al
raggiante sorriso di sollievo di Tankawun, Hopocan ebbe un'idea: farle
ripercorrere la strada dalla quale era venuta, e le altre ragazze
sicuramente
l'avrebbero seguita. "Perché non vai da lui? So che gli
manchi."
Tankawun annuì tra sé e sé.
"Alemos,
Mategwas,
ritorniamo all'accampamento. Gli uomini staranno bene. Mannitto sorride
a tutti
voi, amici, e prego per la vittoria e per vostro figlio, Chingachgook."
"Ecco,"
disse
improvvisamente Alemos, porgendo una lunga carabina in buono stato,
"puoi
usare questa. Ma non ha la...la cosa..."
"Pol-vere,"
intervenne utilmente Tankawun.
"Ne
abbiamo in
abbondanza, Alemos, wanishi." Uncas era
felice dato che ora
avrebbero avuto un'arma in più.
Non
molto più tardi,
tutti loro si dileguarono in direzioni diverse.
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Alice
tirò fuori la voce
con un sussulto, la testa le martellava e le labbra erano screpolate e
sanguinanti. Si mise a sedere, intontita. Dove sono?
Pensò con un
leggero panico mentre guardava l'ambiente circostante a lei non
familiare. Una
casa di piccole dimensioni con due letti, un focolare, un tavolo...
quasi come
la casa degli Stewart.
Poi
si ricordò. Aveva
camminato per molto tempo con Uncas e Millie, per ore, rallentati dalla
loro
stanchezza, finché ebbero raggiunto la casa. Una volta
dentro, Uncas insistette
affinché le ragazze andassero subito a letto, mentre lui si
diede da fare per
accendere il fuoco nella casa e per controllare le provviste di cibo.
Millie e
Alice avanzarono insieme lentamente verso un letto che apparteneva a
Millie
sulla parete di fondo, ma Uncas rifiutò di prendere l'altro,
commentando che
non riusciva a dormire sui letti degli Yengeese.
"Su
cosa?"
Millie aveva chiesto con uno sbadiglio di pura stanchezza.
"Bianchi.
Loro dormono
su letti che sono troppo scomodi."
Alice
aveva ridacchiato
mentre gli occhi le si chiudevano per il sonno. "Chiama i materassi di
piume scomodi, Millie. Come mi piacerebbe averne
uno..."
Ora
sveglia e man mano
più attenta, Alice scivolò fuori dal letto.
Trovò Millie rannicchiata accanto
al focolare che stava girando uno stufato dall'odore dolce.
"Buongiorno,
Alice." Millie guardò Alice con un rapido sorriso, poi si
concentrò sullo
stufato. "Uncas si è alzato presto per andare a caccia di
piccola
selvaggina, ha trovato anche alcune patate e rape per il nostro pasto
della
giornata. E' andato a lavarsi al fiume. Alice, me ne andrò
dopo
colazione."
Alice
sentì una fitta
nel cuore. Sapeva che Millie doveva andare da sua madre a Harrisburg,
ma
sarebbe stato difficile veder partire la ragazza. Avevano vissuto
così tante
cose insieme in un così breve arco di tempo.
"Mi
mancherai,
Millie." Disse Alice, con voce tremolante. Millie alzò lo
sguardo e i suoi
occhi erano brillanti, in modo sospetto. Si alzò e
unì le sue mani con quelle
di Alice.
"Anche
tu mi
mancherai. Ma devo andare. Ho un conoscente che mi porterà
fino a Harrisburg,
un amico di famiglia che vive proprio intorno alla curva da qui. Devo
riflettere molto."
Alice
strinse le mani
dell' altra ragazza. Amelia le aveva parlato delle azioni spregevoli di
Edward.
"Hai bisogno di tempo per guarire, Amelia, lo so."
"Devo
stare con
mamma fino...fino alla fine. Ma poi, chi lo sa? Potrei persino venire
alla tua
Valley. Non sono mai stata là e sembra bellissima, da quello
che mi hai
detto."
Alice
ansimò per la
felicità, "Millie, è una notizia gioiosa,
davvero! Sei una donna brava. Se
tu dovessi scegliere di vivere nella Delaware Valley, avresti pieno
sostegno e
aiuto da me, Uncas e le nostre famiglie." Millie sorrise, ma come al
solito permanevano tracce di tristezza. Pochi istanti dopo si
illuminò.
"Puoi
usare i miei
vestiti e cose varie, sono accumulati nel baule accanto al mio letto.
Uncas ha
detto che andrà a caccia per il cibo. C'è un
fiume nei dintorni se desideri
fare un bagno; è un posto isolato e non ho vicini nei
paraggi, solo il signor
Matthews e mi sta portando a vedere mia madre. Sarete solo tu e Uncas."
Millie sorrise per il rossore sulla faccia di Alice.
Uncas
entrò a grandi
passi proprio allora, con i suoi capelli e il petto umidi. Sorrise
calorosamente ad Alice e Amelia. Millie arrossì per la sua
pelle nuda ma Alice
ci era abituata.
"Uncas,
quello
stufato che hai fatto ha un odore delizioso. Che cos'è?
Millie ha detto che hai
catturato la selvaggina."
Uncas
rifletté sulla
domanda. "Machq" disse alla fine.
Alice
ansimò per
l'orrore. "Orso?" farfugliò in preda
all'orrore, "hai
catturato un orso? Da solo?"
"Oh
sì!" annuì
Millie, "uno grande, nero e tremendo. Poi la moglie della povera
creatura
è venuta a cercarlo qui, quindi ti suggerisco di non
gironzolare fuori,
Alice."
"Ma
Uncas, perché
hai-" Alice si fermò mentre Amelia cedette a grandi scoppi
di risate.
Alice guardò prima Millie, poi Uncas che stava scuotendo la
testa con un
piccolo sorriso ed era diventato tutto rosso in volto. "Bene, mi hai
fatto
fare la figura della sciocca. Che cosa hai catturato veramente?"
"Un
paio di
conigli, Alice."
Amelia
rise ancora più
forte.
Dopo
che la colazione
era finita, Amelia si alzò e si diresse verso il suo zaino
che era già stato
preparato. Disse che doveva andare a casa del signor Matthews; non era
lontano
e sarebbe stato meglio se fosse andata da sola. Dopo aver detto addio
alla
coppia, con un bacio sulla guancia per Alice e una stretta di mano per
Uncas,
loro rimasero finalmente soli.
Alice
guardò Uncas
imbarazzata attraverso i suoi lunghi capelli mentre raccoglieva le
posate e
sparecchiava la tavola. "La casa è bella, anche se
è priva del calore e
della familiarità degli Stewart," lei mormorò.
Uncas accennò di sì col
capo e continuò a guardarla con attenzione.
Alice
si schiarì la gola
e si raddrizzò. "Mi è stato detto che
c'è un fiume nei dintorni. Vorrei
fare il bagno e forse più tardi lavarmi il vestito."
Uncas
annuì con
condiscendenza, osservando mentre raccoglieva un altro vestito pulito
dal baule
intagliato di Amelia. Scelse un grazioso abito bianco con un motivo
floreale
come anche una sottoveste. Si sentiva divampare la faccia mentre si
voltò per
uscire fuori dalla casa, afferrando gli indumenti. Uncas le teneva la
mano
mentre la guidava verso il fiume, aggiungendo che Millie aveva ragione;
era un
luogo abbastanza isolato.
Alice
si sentiva così perplessa
e le sue guance continuavano a divampare, più di tutto
perché era completamente
sola con Uncas, e lui intendeva seguirla fino al fiume, così
lei poteva fare il
bagno. Sapeva che era solo per la sua protezione, ma si meravigliava
della vita
matrimoniale. Come vivevano donne e uomini insieme con tale
disinvoltura? Come
si spogliavano le donne di fronte ai loro mariti? Quanto tempo ci
voleva, prima
che la forte timidezza potesse svanire?
Avevano
raggiunto il
fiume che era adombrato da lunghe file di alberi di betulle gialle e
fiori
selvatici. Alice pensava che il posto fosse magnifico. La luce del sole
illuminava la faccia delicata di Uncas attraverso le foglie sopra di
loro, il
vento faceva oscillare i rami e sussurrava intorno a loro. Entro l'
autunno
questi alberi sarebbero stati di un magnifico colore giallo.
"Prosegui,
Alice," disse Uncas, lasciandole la mano, l'espressione della faccia
illeggibile. "Hai bisogno d'aiuto?"
Alice
scosse la testa un
po' freneticamente. Con i suoi occhi acuti, Uncas doveva aver notato il
suo
imbarazzo. L'abito che indossava era di lino, in stile polonaise,
indossato
anche da Annabel e Cora, di un colore chiaro e allacciato sul davanti,
invece
che nella parte posteriore. Aveva dei bottoni al posto dei lacci.
Quando
Alice raggiunse
la parte anteriore del suo abito, i suoi occhi cercarono inconsciamente
Uncas e
lui sembrava interpretarlo come un segno di disagio. Annuì e
affermò che
sarebbe rimasto proprio dietro agli alberi, affinché lei
potesse chiamarlo in
caso di necessità. Alice sentì una fitta di
improvvisa delusione quando lui se
ne andò. Lei e Uncas erano praticamente marito e moglie ora
e, anche se non
avrebbero mai potuto sposarsi legalmente, nella sua mente erano legati
e...
perché lei avrebbe dovuto nascondersi?
A
dire la verità, era
imbarazzata. Non si era mai considerata come una grande bellezza ed era
priva
delle forme eleganti di Annabel e Cora. Alice, ecco, il suo corpo era
troppo
magro per quello. Era alta e sottile come un giunco.
Così,
fu con un vago
senso di delusione che Alice si tolse velocemente l'abito, la
sottoveste e le
calze e scivolò nell'acqua fresca, lavando via il dolore e
desiderando che
Uncas fosse lì con lei. Sentiva l'acqua tiepida scorrerle
dai capelli lungo la
pelle riscaldata. Più tardi,
sussurrò tra sé e sé, più
tardi ci sarà tempo per le preoccupazioni. Ora sono qui con
lui. Questo è tutto
ciò che importa.
------------------------------------------------------------------------------------------------
Più
tardi nel pomeriggio
la coppia si sedette fianco a fianco a tavola, Alice che rosicchiava il
pezzo
di patata rimasto nel suo piatto. Quello era tutto ciò che
avevano da mangiare
a questo punto. Gli avanzi dello stufato dal pranzo e piccole patate
che avevano
trovato intorno ai margini rocciosi della casa. Il sole stava scendendo
all'orizzonte e Alice si sentiva ancora tonificata ed energica. Aveva
pulito la
casa e familiarizzato con ogni cosa presente in essa.
Proprio
allora Uncas
rovesciò il resto della sua cena nel piatto di lei,
mormorando che lei aveva
bisogno di mangiare di più. Alice protestò senza
successo, poi scivolò in un
sogno ad occhi aperti riguardo alla danza della bambola che, secondo
quanto le
aveva detto Uncas, il suo popolo eseguiva.
"Uncas..."
cominciò lentamente, "quando vivremo nella nostra casa e io
sarò tua...tua
moglie, mi racconterai altre storie? Sulle credenze del tuo popolo?"
Uncas
si sentì sollevare
il cuore, sentendo queste parole; lei parlava solo del futuro, quasi
mai del passato.
La
tirò gentilmente
verso di lui e lei gli avvolse volentieri le braccia intorno,
fissandolo dal
suo petto.
"Ti
racconterò le
storie scozzesi, della mia terra. Anche leggende e miti greci."
"Quali?"
chiese lui gentilmente, intrecciando cautamente una ciocca di capelli
biondi
tra le punte delle dita. I capelli di Alice brillavano
nella tremolante luce del fuoco che danzava.
"A
Cora è sempre
piaciuta Athena, la dea della guerra, della civiltà, della
saggezza, delle
abilità, della giustizia..."
Uncas
sembrava
divertito. "Tutto questo?"
Alice
annuì, "Sì,
davvero," con gli occhi che diventarono brillanti, "Lei ebbe origine
dalla testa di suo padre già adulta, che indossava un elmo
da guerra e brandiva
una spada sguainata. Gli dèi la guardavano con soggezione."
"Qual
era la tua
preferita, nella tua infanzia?"
"Ecco..."
Alice sembrava incerta, "di solito leggo la storia di Demetra e di sua
figlia Persefone. Demetra amava così tanto sua figlia,
andò incontro a ostacoli
quasi impossibili per trovarla, una volta che era stata portata via. Il
suo
amore non conosceva limiti." Alice cambiò argomento quando
si ricordò di
un'altra cara, prediletta storia dell'infanzia, "Mi piaceva anche
leggere
il mito di Dioniso. Era il più giovane degli dèi
dell' Olimpo, ma anche il più
buono."
Alice
stava seduta
dritta e fece un respiro prima di sporgersi in avanti per un bacio. Per
diversi
minuti rimasero talmente assorti, Alice gli avvolse le braccia intorno
al collo
e sembrava spronarlo, più di prima.
Uncas
si ritirò dalle
sue braccia, respirando profondamente. "Alice..." disse attentamente.
Notò
che i grandi occhi
blu di lei erano imperturbabili quando lo guardava attentamente. La sua
espressione si trasformò e gli fece un cenno col capo,
cercando di trasportare
tutto ciò che sentiva nei suoi occhi; che lei voleva questo,
sapeva che lui lo
voleva, che era giusto.
Chinandosi,
Uncas
catturò di nuovo le labbra di lei nelle sue, e
percepì le soffici ciocche di
capelli sul suo collo. Si sentì accarezzato dalla luce del
sole e tutto ciò che
provavano l'uno per l'altra sembrava pulsare tra loro in un palpitante,
dolce
abbraccio che li avvolgeva completamente. La mano di lui allentava i
bottoni
sulla parte anteriore dell' abito di lei, mentre lei gli
strappò la camicia.
Molto
tempo dopo, nella
sicurezza del loro letto, Alice sentì il suo cuore travolto
da mille emozioni.
Ciò
che era successo tra
lei e Uncas non era stato esattamente come lei aveva immaginato che
andasse tra
un uomo e una donna - e non c'era niente di
sbagliato nella sua immaginazione
- ma Alice non voleva che questo finisse.
Si
rannicchiò di fianco
e poggiò la faccia contro il fianco di Uncas, strizzando gli
occhi chiusi.
Alice ripensò al tocco delle labbra di lui che le sfioravano
la pelle, al palmo
della sua mano che le accarezzava il polso e la gamba quando si chinava
per
baciarla avidamente. Il cuore di Alice era sembrato battere in sintonia
con le
azioni di lui, finché aveva sentito che l'aria aveva
cominciato a mancarle e
che una vampata di calore le aveva riempito gli arti.
Alice
era stanca
ma...felice. Una volta che avessero vissuto nella loro casa e avessero
potuto
concedersi la loro privacy, sapeva che gli eventi del pomeriggio
sarebbero
stati analizzati con molta più comodità e
tranquillità.
Alice
si addormentò
pensando all' eventualità e sognò di essere
distesa sotto l'ombra solida
dell'albero di betulla, alzando lo sguardo verso infiniti occhi neri.
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Era il quiescente crepuscolo estivo
che Tankawun si era sempre goduta
tranquillamente.
Se ne stava seduta composta presso
il fiume bucolico e girava i suoi
occhi scuri per contemplare l'ambiente circostante. Gli alberi verdi a
punta
ondeggiavano nella quiete di una leggera brezza... perché
non posso vivere come gli alberi di nostra madre, la terra?
Così
calmi e indisturbati... Il fiume scorreva dolcemente sulle
rocce; il suono
dell' acqua corrente che una volta l'aveva calmata, ora sembrava
burlarsi di
lei.
Un tempo, prima che suo padre fosse
ammesso al fuoco del Gran
Consiglio, Tankawun lo accompagnò in occasione di uno
scambio commerciale con les
Français canadesi, nella terra dei
Fiumi Gemelli. Ricordava di aver visto una grande folla di beffardi
Yengeese;
sentiva i suoni di borbottii rabbiosi e di forti mandibole che
parlavano in
modo brusco. I suoi piedi l'avevano portata verso il cerchio e guardava
il mare
di corpi intorno a sé. Due lupi erano incatenati a dei
robusti pali di legno,
uno di fronte all'altro e stavano combattendo fino alla morte.
Affamati,
malconci, i loro occhi erano annebbiati dalla pazzia. Tankawun
indietreggiò e
chiuse gli occhi mentre uno dei lupi aveva affondato i denti possenti
nel collo
dell'altro, che emise solo un lamento penetrante prima di accasciarsi a
terra
con la spina dorsale rotta. I lupi erano sacri ai Lenape e Tankawun non
ne
aveva mai visto uno maltrattato prima.
Fratello
lupo, ora so come deve essere stato per
te,
pensò amaramente.
Tankawun si sentì subito
schiacciata e oppressa, mentre batteva gli
occhi rapidamente per contenere la fitta di dolore, le lacrime che
minacciavano
di scapparle da dietro le palpebre. Si sentiva così vuota
dentro.
La notte precedente Tankawun aveva
fatto il viaggio di ritorno
all'accampamento Lenape a piedi, fiancheggiata da Alemos e Mategwas.
Tankawun
aveva sentito il suo cuore battere dolorosamente nella gabbia toracica,
ma per
lo più con speranza anticipata; presto avrebbe rivisto il
suo caro amico
Stephen, e le cose sarebbero andate di nuovo bene nel mondo. Com'erano
infantili questi pensieri ottimisti!
Al momento di entrare
nell'accampamento, le tre ragazze non erano
preparate alla scena che stava venendo loro incontro. Quasi l'intero
accampamento le stava aspettando in un silenzio funesto,
poiché le vedette
avevano avvisato la gente dell' imminente arrivo delle tre. Mategwas
aveva
guardato tutti gelidamente, sfidandoli con lo sguardo mentre stava in
piedi di
fronte alla folla, con le altre due ragazze. Persino Alemos, anche se
tremava
come una foglia d'autunno, rimase lì dov'era.
Wapashuwi, la nonna di Tankawun, si
fece avanti nella luce del fuoco
tremolante e raccontò freneticamente dell’
affannosa ricerca delle adolescenti
scomparse, per tutto il pomeriggio. Le braccia scarne dell' anziana
donna si
agitavano mentre gesticolava, e la sua voce stridula era angosciata.
Tankawun era rimasta a
metà della frase - calmando sua nonna - quando
improvvisamente il suo collo scattò indietro dolorosamente,
poiché la sua
treccia e il cuoio capelluto erano stretti in una morsa di ferro. Era
Chemames.
"Madre!"
urlò Tankawun in modo
penetrante mentre cadeva sulle ginocchia in seguito a una potente botta
sulla
testa. Mategwas e Alemos corsero ad aiutarla ma Chemames
rimproverò le ragazze
che, spaventate, indietreggiarono nella folla. Non c'era niente che
potessero
fare.
Chemames
trascinò la sua figlia maggiore nel wigwam
e Tankawun si lamentava per il dolore, poiché la testa le
cominciò a pulsare
per la forza del bastone che l'aveva colpita.
Fu
spinta dentro e guardò sua madre a bocca
aperta, terrorizzata. La donna sollevò il bastone nodoso e
Tankawun schivò il
movimento. Wapashuwi strappò il bastone dalla presa di sua
figlia con una forza
inaspettata.
"Io
metterò in riga mia figlia, non voi,
madre! La mia pazienza è esaurita a causa dei suoi modi
selvatici. Basta."
Gli occhi di Chemames si fissarono su quelli pietrificati di sua
figlia,
"Basta! Ho deciso."
Tankawun
si strinse mentre faceva alcuni passi indietro,
tremando come una foglia malgrado il calore dell'interno. "Posso
spiegare,
madre..."
"Spiegare
cosa? Che sei diventata la squaw
di uno Yengeese?"
"No!
Non l'ho visto per giorni interi-"
"Che
disobbedisci costantemente ai miei
ordini, ostenti la tua caparbietà, ignori i ragazzi che ti
dimostrano il loro
interesse, indegna come sei?"
Le
parole scottavano ma un'obiezione le stava
salendo veloce nella gola. "Non è vero,"
sussurrò, "voi..."
la voce di Tankawun ebbe un intoppo, "non mi lasciate mai essere
felice."
Chemames
guardò sua figlia rimanendo a bocca
aperta, spalancando gli occhi per lo stupore. "Io cosa? Non ti lascio
mai
fare quello che ti pare e piace, forse! Ora capisco che sei stata
troppo
viziata. Guardati intorno in questo intero accampamento!" la voce della
donna tuonò nel wigwam, "vedi qualche altra ragazza con la
testa vuota che
gironzola tutto il giorno per la foresta, che occhieggia i ragazzi
Yengeese,
che disobbedisce agli adulti?"
Tankawun
cercò di divincolarsi, mentre le dita di
sua madre le afferrarono con forza il mento. "Ma ne ho avuto abbastanza
del tuo comportamento imbarazzante, figlia. Ho preso la mia decisione."
"Cosa?"
chiese Tankawun con una voce
minuscola, inefficace.
"Tuo
zio. Il popolo di tuo padre, gli Unami
che abitano sulle coste orientali - andrai a vivere con loro. Ti ci
manderò
alle prime luci dell'alba."
"Non ci
andrò!" urlò Tankawun,
togliendosi la mano di Chemames dalla faccia. Sua madre e sua nonna
sembravano
scioccate, perché Tankawun non aveva mai alzato la voce a un
adulto prima.
"Questa
è la mia casa, appartengo a questa
terra," Tankawun continuò sonoramente, "se devo lasciare il
vostro
wigwam, madre, così sia. Ma non sarò fiondata
nella terra dei miei
antenati."
Chemames
aveva recuperato la sua voce - e la sua
collera. "Che farai," sogghignò, "fuggirai con quella
mostruosità dai capelli rosso fuoco? La sua famiglia ti
farà diventare una
schiava e poi rimpiangerai il giorno in cui te ne sei andata."
A
Tankawun venne in mente subito un coltello da
caccia, che faceva a pezzi e tagliava via la morbida pelle di un cervo.
La
lingua di sua madre era abbastanza tagliente per ferire, per tagliare.
La voce
di Wapashuwi era delicata mentre invitava
Tankawun ad andare nel wigwam di Alemos e della sua famiglia.
"Nessuna
delle mie nipoti lascerà questo
villaggio," fu l'ultima parola dell' anziana donna.
Tankawun scosse la testa
malinconicamente al ricordo. Era corsa nel
wigwam di Alemos. La famiglia l'aveva accolta con compassione, anche se
il
padre di Alemos era molto arrabbiato con le ragazze per il fatto che
erano
scappate via di corsa e che si stavano mettendo in pericolo.
Non c'era speranza per lei?
pensò Tankawun, attorcigliandosi le dita
sul grembo per l'agitazione. Non avrebbe lasciato questa terra, non
sarebbe
stata bandita per vivere con degli estranei, anche se erano legati a
lei dal sangue.
Anche se rimaneva il problema: sua madre non la avrebbe accolta, a meno
che Tankawun
non smettesse di allontanarsi dal territorio Lenape e di comunicare con
Stephen
e gli altri Bianchi.
Tankawun non poteva. Non le era mai
passato per la mente il pensiero
di essere ribelle o capricciosa; faceva semplicemente ciò
che il suo cuore
desiderava. E il suo cuore desiderava continuare a vedere il suo tesoro
dai
capelli rossi e amico fedele. Non c'era una storia d'amore che
coinvolgeva lei
e Stephen, pensò roteando gli occhi - lei
contrastò volutamente l’idea che ci
fosse anche solo un accenno della
cosa - perché maschi e femmine potevano anche stare insieme
in modo puro.
Tankawun si sedette dritta,
pensando che non se ne sarebbe stata
lì pigramente
a guardare il mondo andare
alla deriva. Voleva vedere il suo amico e nessuno, né
Indiani né Bianchi,
l'avrebbe fermata.
------------------------------------------------------------------------------------------------
"Che stai facendo?"
Alice si voltò per
vedere l'interlocutore, con una traccia di sorriso
che danzava sulle sue labbra nella vicina oscurità.
"Stavo cercando di prepararti i
biscotti al siero di latte,"
mormorò mentre Uncas si avvicinava. Sollevò un
nero sopracciglio, ripetendo ad
Alice le parole con la sua strana intonazione coloniale, associata al
modo
esitante in cui gli Indiani parlavano l’inglese. Il suo
inglese era profondo e
forte, non accentato come quello di suo padre, ma ancora conservava una
leggera
inflessione; Alice se ne accorse.
Uncas
sorrideva, con la luce
del fuoco riflessa nei suoi occhi scuri, mentre osservava Alice che
riforniva
l'armadietto di farina e ciotole di peltro. "Perché non puoi
farli?"
Alice sospirò,
strofinandosi le mani sull'abito azzurro cielo di
Millie, mentre faceva cenno di sedersi al tavolo sgangherato.
"Non ho tutti gli ingredienti
necessari," mormorò Alice
distrattamente, toccando col pollice una macchia di terra sulle nocche
di
Uncas; era stato fuori a lavorare sodo per gran parte della giornata.
Alice continuò,
"Oltre alla farina, ho bisogno di un po' di sale e zucchero, ma non
sono
riuscita a ricordarmi..." la sua faccia arrossì.
Uncas mantenne l'espressione della
faccia regolare. "Il latte e
il burro?"
La ragazza annuì.
"Sì. Da qui deriva il nome." Si alzò con
un sospiro. "Vorrei lavarmi la faccia e le mani al fiume. Oggi dovremo
semplicemente arrangiarci con il brodo che ho preparato prima." Uncas
annuì piacevolmente. Non era troppo esigente quando si
trattava di cibo,
specialmente di qualcosa preparato da Alice. Elogiava sempre ogni
piatto o
pasto preparato da lei, consapevole del fatto che cucinava solo da un anno.
Circa un'ora dopo, dopo aver pulito
e consumato un brodo leggero -
Uncas aveva aggiunto delle piccole carote pallide che aveva trovato - Alice si sedette accanto
al fuoco e osservava
pigramente mentre Uncas alimentava il fuoco. Era sera presto e
l'oscurità della
notte stava sconfinando veloce.
Uncas si distese sul pavimento
davanti alla luce del fuoco con un
sospiro, con il braccio robusto dietro la testa che gli faceva da
cuscino. Le
fece cenno di venire da lui e Alice esitò per un momento;
l'abitudine che gli
uomini rossi avevano di stendersi o rannicchiarsi sulla nuda terra non
aveva
mai entusiasmato molto la ragazza. Alice ricordava che ogni giorno
puliva e
aerava la casa, in parte per il divertimento di Uncas, in parte come
penitenza
e gratitudine verso Amelia. Che danno
può
esserci? Alice sorrise e si rannicchiò arditamente
accanto al corpo di
Uncas, sospirando quando lui stabilizzò un braccio dalla
pelle color rame
intorno a lei, saldamente.
Uncas fece scorrere una ciocca di
capelli biondi tra le sue ruvide
punte delle dita, quasi affascinato dal modo in cui il fuoco si
rifletteva
sulle sue trecce. Alice avanzò gradatamente verso il corpo
di lui e mormorò la
sua contentezza. Erano stati insieme -
e
completamente soli - in
casa per 3,
circa 4 giorni e 4 notti. Nessuna notizia dagli altri... e il pensiero
di non
essere in grado di aiutare la sua famiglia al momento del bisogno
sembrava
tormentare Uncas. Alice si era svegliata due volte nel silenzio della
notte e
trovò Uncas seduto da solo, pensieroso, sugli scalini fuori
casa, con lo sguardo
fisso in lontananza. Alice sapeva che Uncas doveva stare lì
per lei;
Chingachgook gli aveva ordinato di rimanere con lei e di tenerla al
sicuro.
Tuttavia, vedere Uncas struggersi in silenzio era più di
quanto lei potesse
sopportare.
"Non vedo l'ora di trasferirmi
nella nostra casa," Alice
disse, poggiandosi sull'ampio petto di Uncas, "ormai abbiamo
tralasciato
l'agricoltura per la primavera, dato che l'autunno arriverà
qui in pochi mesi e
sarà tempo di raccolto."
"Lo so, Alice. Mi
occuperò di tutto."
Gli occhi di Alice erano sia
concentrati che lontani, "Oh, se
solo avessimo completato la casa all'inizio della primavera!
Ripulirò la terra
e pianterò appena ci saremo sistemati... e se dovessimo
acquistare il bestiame,
dovremmo assicurarci di piantare trifoglio rosso da far mangiare agli
animali,
così non prendono l'abitudine di mangiare tutto il nostro
grano o mais.
Sì..." annuì tra sé e sé,
"mi assicurerò di questo."
Uncas piegò la testa di
lato ed esaminò questa ragazza mingherlina che
gli stava dinanzi, con i capelli biondi che ricadevano sul braccio di
lui. Non
era colpa sua, ma durante l'anno Alice aveva trascorso quasi tutto il
suo tempo
libero con James; molto probabilmente tracce di questa esperienza
sarebbero
rimaste nel suo comportamento e nelle sue parole per molto, molto
tempo. I suoi
modi erano ancora raffinati, ma era diventata molto più
esplicita e
imperterrita; un altro paio di maniche rispetto al piccolo passero
catatonico
che Alice era stata mesi prima.
Alice si era adeguata al perspicace
flusso di pensieri di Annabel e
imitava il comportamento di James -"I
suoi modi stanno diventando troppo liberi per una donna, Uncas. Dovrai
correggere questo." Chingachgook aveva brontolato un
pomeriggio,
mentre guardò Alice spaccare la legna per il fuoco - un
compito da uomo - e
buttarsi i capelli indietro in una fragorosa risata, specialmente nei
momenti
in cui Annabel rimproverava James per i suoi stravizi con il whisky.
Il problema in questione era che
Alice aveva coltivato un senso di
libertà mentre viveva con gli Stewart. Oltre a cucinare e
pulire la casa – le
competenze di una donna, secondo Chingachgook - lavorava anche come un
uomo!
Per il vecchio Mohicano era inaccettabile. Nathaniel poteva alzare gli
occhi al
cielo e fare spallucce, tutto ciò che voleva, ma non era sua moglie
quella che stava
agitando un'ascia o riparando le staccionate e cose simili. Uncas non
sapeva
nemmeno come cominciare a valutare la cosa, quindi per il momento,
lasciava
fare ad Alice quello che voleva. Era molto meglio avere una moglie che
sapeva
come cavarsela in una fattoria, pensava Uncas filosoficamente. Sarebbe
stato un
altro punto nella lunga lista di timori che Chingachgook avrebbe
esposto
dettagliatamente a Uncas.
"Io ripulirò la terra,
Alice." Uncas disse questo con
fermezza, ma pazientemente. "Io costruirò la staccionata e
farò qualsiasi
riparazione. Non lavorerai come hai fatto dagli Stewart. Cucinerai e
rammenderai soltanto."
Gli occhi di Alice si strinsero un
po' mentre valutava quelle parole.
"Non sarò inutile," sussurrò.
Uncas fece scorrere un dito lungo
la curva del collo di Alice, finché
raggiunse il suo punto della pulsazione – sentì a
sbalzi il respiro di lei.
Scelse attentamente le parole. "Lavori più duramente della
maggior parte
delle persone che conosco. Ora non sarà così.
Insieme possiamo coltivare e fare
il raccolto, ma sarò io a spaccare la legna, Alice."
Alice mugugnò piano.
"Non capisco perché la cosa ti dia così
fastidio. Non mi farò male, non sono una stupida."
"Lo so. Ma non è sicuro,
specialmente quando potrebbero arrivare
dei bambini."
Alice diventò
improvvisamente molto interessata alla luce del fuoco.
Anche se la sua faccia era voltata, Uncas riuscì a vedere il
color rosa selvatica
sulle guance della ragazza. "Quando potrebbero arrivare." Uncas
sapeva che Alice stava pensando alla seconda notte trascorsa nella
casa; ora
che avevano stabilito questa congiunzione fisica, le altre sere erano
trascorse
in modo simile.
Almeno non stava più
arrossendo in modo profondo ogni mattina e non
cercava più di evitare il contatto visivo durante tutta la
giornata.
"Andiamo a letto?" chiese Alice con
leggerezza, con lo
sguardo che si spostava su quello di lui e con un altro dolce, timido
sorriso
sulla sua faccia.
"Sì," annuì
Uncas, con la faccia stoica ma con gli occhi
ardenti.
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Gregory Newsom aggrottò
il sopracciglio e si chinò verso terra,
controllando attentamente il suo lavoro. Aveva trascorso gran parte
della
giornata a piantare mais indiano e patate per la signora Mason. Aveva
arato
sapientemente la terra, rimosso le erbacce e seminato in previsione del
raccolto. Nei giorni seguenti, avrebbe coltivato la terra,
assicurandosi
innanzitutto che il terreno avesse assorbito abbastanza acqua.
Gregory si alzò in piedi
con un lamento smorzato, consapevole del
fatto che le sue ginocchia semplicemente non erano più
quelle di una volta,
come ai tempi della gioventù. Tirò fuori dalla
tasca cautamente un fazzoletto
di pizzo e si tamponò la fronte gocciolante.
Che prova hai messo di fronte a me, Signore. La sostengo con piacere.
Almeno Stephen era tornato a casa sano e salvo da sua madre in lacrime;
il
ragazzo lo avrebbe aiutato a lavorare nei campi. Il suolo in questa
zona della
colonia della Pennsylvania era notoriamente misero, così
pesante. Se qualunque
intrepido mietitore fosse andato nella colonia di New York oppure
altrove,
lungo il fiume Hudson, avrebbe trovato una terraferma
straordinariamente fertile.
Da non credere! Non c'è da
meravigliarsi
che la colonia della Pennsylvania non produca altro che mercanti e
costruttori
navali, pensò Gregory con un elegante, rapido
inchino della sua testa, la nostra bella
colonia non sarà mai famosa
per le proprie capacità agricole.
La mente di Gregory si stava
agitando con tutte queste eventualità,
quando un'ombra attraversò il suo campo visivo, nel tramonto
che si
affievoliva. Alzando velocemente lo sguardo, si trovò a
sbirciare nei marroni,
delicati occhi da cerbiatta di una graziosa ragazza indiana.
Gregory era sbalordito mentre la
fissava in shock totale. Come al
solito, i suoi modi alla fine trionfarono.
"Mia cara ragazza," disse con
grande amabilità, facendole
cortesemente un inchino, "vi prego di perdonare il mio turbamento. Non
è
conveniente per una ragazza stare così, da sola. Hai bisogno
di aiuto?"
La ragazza lo fissò
senza comprendere, fissando la sua faccia. Gregory
persistette. "Per favore vai di corsa a casa, mia cara. Noi non
possiamo -
noi -" Per favore non tentare di
andare in cerca di Stephen. Sua madre si è spaventata a
morte. Per favore vai a
casa, cara ragazza.
"Steeben?
Kexaptun nkata
keku luwe." (Stephen? Devo parlargli) disse lei docilmente in
Lenape,
sbirciando intorno a Gregory. "Awen
hesh ki? (Chi sei?)"
Prima che Gregory potesse esprimere
la sua perplessità, Lucy spuntò
fuori dalla porta con un urlo assordante che fece sussultare l'uomo.
"Tankawun! Signor Newsom, questa
è l' amica mia e di
Stephen!" la piccola abbracciò in modo esultante la
splendente ragazza Lenape.
"Oh, mi è mancata così tanto! Io voglio molto
bene a lei, e anche lei ne
vuole a me. Vieni dentro, Tankawun!" Lucinda tirò la mano di
Tankawun,
strattonandola verso l'entrata della casa.
"Lucy, piccolina!" Gregory disse in
tono piuttosto allarmato
- non voleva che Elizabeth vedesse la ragazza indiana o che Tankawun
vedesse
Stephen. Almeno non ancora, non finché la tempesta fosse
passata. Alice era
ancora lontana, come lo erano gli altri uomini. C'erano abbastanza
difficoltà.
"Lucinda, sono piuttosto sicuro che
la tua cara amica stia
andando via -" Ancora una volta, Gregory era combattuto. Non era un
comportamento da gentiluomo suggerire che una ragazza avrebbe dovuto
andarsene.
Rassegnandosi, entrò in
casa camminando dietro alle ragazze. Entrò
appena in tempo per vedere la faccia stravolta di Elizabeth, in
un'espressione
di orrore. Senza parole, guardò suo figlio che
immediatamente balzò in piedi,
mettendo da parte la canna di una carabina che stava pulendo.
Stephen sembrava rapito
positivamente, con i suoi occhi blu spalancati
e la sua risata spumeggiante, mentre correva incontro alla ragazza.
"Stephen Mason!" disse Elizabeth ad
alta voce, con le mani
sui fianchi, "Stephen, abbiamo già parlato di questa
faccenda. Non puoi avere
più contatti con gli uomini rossi. Io...io ho parlato e la
mia parola è
definitiva. Loro-"
"Mamma, questa è la mia
più cara amica del mondo, Tankawun dei
Lenape." Stephen volse i suoi ingenui occhi azzurri verso sua madre.
"Deve restare per cena, ha fatto tutta la strada a piedi
dall'accampamento
per vedere me!" Stephen proiettò il suo sorriso
fanciullesco, allegro,
verso la sua mamma.
"E anche me! E' venuta per vedere
me!" Lucy cinguettò,
strofinando la testolina dai capelli chiari contro la cintola della
ragazza.
Elizabeth Mason guardò i
tre giovani sorridenti, poi osservò la faccia
combattuta, apprensiva di Gregory. Elizabeth sapeva che non avrebbe mai
potuto
arrivare a negare il cibo a qualcuno; per lei era un crimine contro la
decenza.
Il nutrimento era sacro.
"Sediamoci." Elizabeth
sospirò, scostandosi con un soffio
una ciocca di capelli biondo miele dalla faccia. Gregory
annuì ferventemente.
"Stephen, ragazzo, tira fuori le
sedie per le ragazze."
Alcuni minuti dopo Gregory
osservò furtivamente i due adolescenti che
sghignazzavano tra loro e si sorridevano a vicenda. Stephen e Lucy
ridevano con
gioia nel vedere Tankawun che si sforzava di usare il cucchiaio, o che
sorseggiava il forte sidro con un’ espressione desolata. Povera cara, pensò Gregory con
comprensione. Avrei dovuto prenderle
dell'acqua fresca dal fiume. Almeno
Elizabeth si è calmata. Gregory ammise tra sé e
sé che ora riusciva a capire
perché Stephen fosse così affascinato dalla
ragazza Lenape. Sì, era graziosa
come l'aurora, ma aveva anche un carattere socievole e contagioso, che
incantava facilmente. Il suo sorriso era caldo e sincero, i suoi
profondi occhi
marroni erano semplici e ingenui.
"Stephen, sei stato distratto."
Elizabeth disse
all'improvviso in modo tagliente, frustrata per il sorriso smorfioso e
inebetito di suo figlio. "Devo insistere affinché tu scopra
più
informazioni su Alice, Uncas e il resto dei nostri vicini. La pianterai
di dire
sciocchezze alla nostra ospite e le farai delle domande pertinenti,
vero?"
Stephen arrossì
selvaggiamente. "Certamente, mamma... ma già ho
chiesto, non capisco le sue parole, non sono sicuro..."
"Non ne sono certo," corresse
Gregory in modo stanco,
pulendosi la bocca con il fazzoletto di pizzo.
Stephen annuì
obbediente, "Giusto. Lei non è - Voglio dire, non
credo che possa dirci molto. Non ne sono certo."
"Sarebbe troppo insolente da parte
mia presumere che la
permanenza della tua amica qui stasera sia una semplice visita di
cortesia?" chiese leggermente Gregory Newsom. Stephen guardò
l'uomo
sbattendo le palpebre stupidamente, incapace di comprendere
quell'affermazione.
"Perdonami, ragazzo mio. Quello che
volevo dire con la domanda
è... lei è qui per farti visita, o per riferire
qualcosa di grande
importanza?"
"Suppongo solo per farmi visita,
signor Newsom. Dopo cena la
accompagnerò a casa-"
"Non farai niente del genere,
ragazzo." Elizabeth sussurrò,
fissando suo figlio. "Gregory-?"
Lui annuì il suo
assenso. "La scorterò fino a casa, la porterò
fin dove posso senza sconfinare, in vista dell'accampamento Lenape."
Stephen giocherellò con
il cibo per diversi secondi, riflettendo profondamente.
"Va bene," disse dopo un po', "ma prima, voglio parlare fuori
con Tankawun. Da solo. Devo dirle qualcosa."
Stephen si alzò
energicamente e fece cenno a Tankawun che sarebbero
andati via. Lei si alzò in piedi e si poggiò una
mano sul cuore. "Wanishi."
Quando Elizabeth vide suo figlio
afferrare la mano di Tankawun mentre
uscivano, chiuse gli occhi; una fitta di agonia le colpì il
cuore. Entrambi
questi giovani erano più che stupidi, se veramente pensavano
che il loro
innocente flirt avrebbe avuto come risultato la felicità. Il
mondo non li
avrebbe mai guardati con comprensione.
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La mattina seguente Uncas si
svegliò nella sua solita maniera:
velocemente, scrollandosi di dosso il sonno facilmente e analizzando
l'ambiente
circostante con la precisione di un falco. Scivolò fuori dal
letto silenziosamente,
consapevole della presenza di Alice, ancora profondamente addormentata
accanto
a lui. Uncas indossò rapidamente la sua camicia verde scura,
che era stata gettata
con noncuranza su una sedia; poi avanzò verso il focolare
per attizzare la
brace smorzata. Si fece scappare una piccola smorfia. Odiava il letto
dell'uomo
bianco. Non offriva alcun sostegno alla schiena e Uncas dormiva male
ogni
notte, desiderando solo di potersi stendere a terra su alcune pelli. Ma
questo
significava dormire lontano da Alice.
Uncas si voltò e
guardò Alice per diversi lunghi secondi, con lo sguardo
ammirato. Com'era bella! La sua pelle chiara quasi splendeva nella
vicina
oscurità delle ore che precedevano l'alba. Con i suoi
capelli biondi, che
somigliavano a un campo di grano maturato dal sole, Alice somigliava a
un
angelo dell'uomo bianco con un' aureola dorata. Uncas aveva letto il
libro nero
degli Yengeese a scuola dal Reverendo Wheelock, e aveva ascoltato le
storie
sacre che i Bianchi predicavano sempre.
Uncas stava gustando immensamente
la passione ritrovata che Alice gli
mostrava durante quei momenti molto privati. Uncas ripensò
con una fitta di
nostalgia a quanto sembrasse fragile e delicata Alice quando era persa
tra le
sue braccia ogni notte, le mani leggere e incerte, la sua voce leggera,
sussurrata mentre pronunciava il suo nome e gli avvolgeva le braccia
intorno al
collo.
Questi erano precisamente i
pensieri che attraversarono la sua mente
quando, piuttosto improvvisamente, la mente di Uncas si
concentrò su un
inconfondibile rumore di passi proveniente dall’esterno.
Uncas afferrò la sua
accetta e andò immediatamente verso la porta,
guardando velocemente il corpo tranquillo di Alice. Aprendo la porta di
colpo,
Uncas mantenne la sua postura di allerta e sbirciò fuori,
con l'accetta pronta.
Prima che lui avesse
l'opportunità di reagire, la porta fu spinta con
forza da forti mani, facendolo indietreggiare di alcuni passi.
"Padre?" chiese Uncas stupito in
mohicano mentre l'anziano
uomo entrava dentro arrampicandosi, strattonandosi una pelle di cervo
intorno
alla spalla in modo scontroso. L'accetta fu abbassata frettolosamente.
"Dove sono gli altri, padre?
Cos'è successo? Sono-" Uncas si
fermò incerto, notando che gli occhi di suo padre erano
diventati delle fessure
strette per la collera e la disapprovazione. Si voltò e si
sentì umiliato
interiormente.
Alice. Come poteva lui aver
dimenticato il sonno tranquillo di Alice
nel letto che avevano condiviso per giorni? Chingachgook sicuramente
notò che
Alice indossava soltanto una leggera sottoveste, con una spallina
bianca che le
pendeva, avvolta nella sottile, consumata coperta del letto... c'era
un'incavatura accanto a lei, dove ovviamente aveva dormito Uncas.
Disse Chingachgook calmo, ma con
gli occhi simili a due carboni
ardenti. "Abbiamo avuto una conversazione in cui ti ho ordinato di non
toccarla, di aspettare che lei fosse nella tua casa, sotto la tua cura.
Siete
stati entrambi soli qui per una questione di giorni."
Uncas deglutì
nervosamente, oscillando tra la vergogna e il bisogno di
difendersi. Era praticamente sua moglie ora. Lei era d'accordo. Lui
aveva visto
23 estati nella sua vita, non era un ragazzo acerbo. "Padre, io-"
"Per di più," l'anziano
uomo lo interruppe in modo
tagliente, con le sopracciglia congiunte nettamente a forma di V,
"questa
non è la tua casa. Appartiene a quella ragazza Yengeese.
Manchi di rispetto a
lei e disonori me."
"Padre, Alice è mia
moglie." Uncas disse con grande
solennità, sforzandosi di mantenere la sua voce il
più neutrale possibile.
Chingachgook guardò il
suo figlio minore in modo sprezzante.
"Sarà la tua donna appena ti comporterai come dovrebbe fare
un marito, cioè
provvedere a lei con le tue mani. Non corteggiarla nel letto di una
casa che
non ti appartiene."
Alice farfugliò nel
sonno e Uncas diventò teso. Sapeva che lei si sarebbe
mortificata tantissimo se si fosse svegliata e avesse visto
Chingachgook
guardarla in malo modo. Alice si girò soltanto e si nascose
più in profondità
nella coperta.
Chingachgook guardò la
giovane donna pensierosamente, ma senza rabbia
evidente. Era ovvio che lui desse la colpa soltanto a suo figlio.
"Uncas. Partiremo. Sveglia la
ragazza; la
porteremo da sua sorella e dagli
Stewart."
"Va tutto bene, padre?" chiese
Uncas cautamente, piegando la
testa di lato mentre esaminava preoccupato il volto rugoso di suo
padre.
Chingachgook non rispose.
"Dov'è mio fratello? Sta
bene?"
Per la prima volta, Uncas vide che
suo padre era in preda allo
sgomento. La paura sembrava essere come le fiamme che gli lambivano i
talloni.
"No."
Uncas ripensò a qualcosa
che un anziano proveniente da una lontana
tribù gli aveva detto quando era un ragazzo... Cos'è la vita? E' il bagliore della
lucciola durante la notte. E' il
respiro di un bufalo durante l'inverno. E' la piccola ombra che
percorre l'erba
e si perde nel tramonto.
Fu solo in quel momento,
nell'età della virilità, che Uncas
riuscì a
dare un senso alle parole che in gioventù aveva dato per
scontate. Che la vita
era fugace. Delicata come una goccia di rugiada su una foglia di acero.
Il
Signore della Vita aveva instillato la vita in tutte le creature, ma la
vita poteva
essere strappata via in qualsiasi momento.
Suo fratello ora era sospeso in
questo precario equilibrio. C'era
qualcosa di terribilmente sbagliato.
Uncas non chiese spiegazioni,
incrociò soltanto lo sguardo di suo
padre in modo risoluto. "La sveglierò. Ora andiamo."
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Gli occhi di Alice si aprirono di
scatto.
Un certo istinto remoto la mise in
guardia; c'era
qualcosa che non andava.
Mettendosi a sedere lentamente,
Alice si avvolse la coperta consumata
intorno al corpo, e alzò gli occhi.
Le due forme oscurate si
concentrarono di scatto allo stesso tempo,
quando interruppero il loro dialogo sussurrato. Alice
strizzò gli occhi e...
Arrossì fino alle radici
delle sue trecce bionde.
Che
spettacolo con cui svegliarsi.
Alice si mise seduta dritta,
annuendo solennemente a suo suocero. Era
imbarazzata per essere stata colta in
flagrante, per così dire, ma si sforzò
di non farsi piccola piccola per il
timore.
Uncas la guardò con
ansia, con la bocca impostata in un'espressione
seria. Sembrava essere senza parole a questa svolta degli eventi.
"Buongiorno, Chingachgook," disse
Alice, con la voce
gutturale per il sonno. "Qualcosa non va?"
Gli occhi scuri di Chingachgook
intersecarono il suo figlio
silenzioso. Ci fu una pausa aspra. Aggrottò la fronte quasi
impercettibilmente,
mentre guardava Uncas. Alice guardava con apprensione padre e figlio,
le sue
dita sottili afferravano la coperta inflessibilmente.
"Andrai dagli Stewart ora, Alice,"
Uncas disse questo con
calma, con lo sguardo sconvolto. "Ti lascerò lì e
poi andrò con mio
padre."
Alice si scoraggiò.
"Dov'è Nathaniel?" insistette, con i
precedenti timori che crescevano dentro di lei.
Chingachgook non era dell'umore
adatto per gingillarsi e indugiare.
"Vieni. Dobbiamo andare."
Si voltò per andare, per
darle il tempo di vestirsi, quando fece una
pausa. Senza guardare nessuno dei due, Chingachgook disse a voce bassa.
"Gli Yengeese a Letort hanno
condannato a morte il mio figlio
bianco nel giro di 5 giorni."
Alice guardò velocemente
Uncas, poco sicura di aver capito bene.
Rimase a guardare, scioccata, in preda all'orrore. Il forte guerriero,
che Alice
era arrivata ad amare e di cui si fidava, guardava in basso verso il
pavimento della
casa in legno, e strizzò gli occhi chiusi.
"E' impossibile!"
sussurrò Alice, alzandosi in piedi
frettolosamente. La coperta scivolò giù in basso
sul suo corpo, scoprendole le
spalle bianche. Alice ignorò questo. Cercò la
sagoma di Chingachgook.
"Condannato per cosa?"
"Sedizione. Tradimento,"
Chingachgook replicò, con la voce
piena di collera.
Alice stava barcollando per
quest'informazione. Per questa terribile
notizia che le diede l' impressione di essere in extremis.
Non
può essere. Non ora. Non così. Non Nathaniel.
Il dolore e il panico scossero
Alice fin dentro l'anima. Non lo avrebbe
accettato. Non avrebbe potuto. Era Nathaniel dei Mohicani. Era La Longue Carabine. Non poteva morire e
lasciare sua sorella vedova, lasciare la famiglia distrutta, a pezzi.
"Cosa faremo, Padre?" chiese Uncas
con una voce uniforme.
"Sì, cosa possiamo
fare?" chiese Alice frettolosamente.
Le sopracciglia di Chingachgook si
incresparono di scatto,
bruscamente, e Alice tremava lievemente. L'anziano uomo aveva
quell'espressione
sulla faccia quando la sua collera veniva provocata.
"Non ci saresti di nessun aiuto. Ci
ostacoleresti," disse
Chingachgook brevemente.
Alice si sentì calda in
volto per la svalutazione. Tuttavia sentiva
che non poteva rinunciare completamente, non quando una così
cara vita era in
gioco.
"Sono cresciuta in mezzo agli
ufficiali," replicò Alice
delicatamente. "Conosco le leggi militari inglesi."
"No," Uncas intervenne rapidamente,
con la faccia più
posata. "Ti porterò dagli Stewart."
Alice fissò Uncas.
Quest'uomo, il suo giovane marito. Alice sapeva
cosa stesse pensando. Non si era concessa a lui soltanto con il corpo.
Il
legame tra loro andava oltre il lato fisico. La ragazza riusciva a
leggere i
suoi pensieri; stavano succedendo troppe cose - mia
moglie. Mio padre. Il mio unico fratello.
"Ma io..." gli occhi di Alice si
muovevano tra padre e
figlio. Il risentimento le crebbe nella gola, anche se cercava di
contenerlo.
Ora era una moglie, lo sapeva. Ma non sarebbe ritornata a essere una
vittima
indifesa o una spettatrice. Non poteva.
La voce di Uncas era decisa.
"Vestiti, Alice. Veloce."
Gli occhi di Chingachgook
sembravano cavernosi nel suo volto rugoso.
All'inizio Alice lo guardò in modo esitante, ma la sua
cautela era massima, più
di ogni altra cosa. Come era stato nei mesi precedenti, Alice
sentì crescere la
propria determinazione, a poco a poco, finché
incrociò fermamente gli occhi di
Chingachgook.
Non
sono inutile.
Chingachgook incrociò lo
sguardo di Alice, inflessibile.
Gli uomini uscirono fuori in
silenzio per darle il tempo di vestirsi.
Alice si accasciò sul letto, togliendosi la coperta dai
piedi, incurante di
avere addosso la sottoveste semi-trasparente. Non gliene importava
nulla,
perché il mondo che aveva conosciuto l'anno scorso, la vita
che era riuscita a
costruirsi dalle macerie e dal sangue, tutto stava crollando ai suoi
piedi.
Alice sentiva che il suo cuore
cominciava a spezzarsi.
...................................................................................................................
La mano di Uncas era fredda mentre
loro si precipitavano attraverso il
bosco, con Alice che stava facendo del suo meglio per non mostrare la
sua
stanchezza. Sebbene il suo corpo si fosse abituato abbastanza al duro
rigore
della vita di frontiera, era difficile per Alice tenere il passo con un
abile
corridore come Uncas. Era determinata a non farlo rallentare.
Allungando il collo in su, Alice
guardò il sole strizzando gli occhi e
pensò che dovesse essere metà mattinata. Avevano
mantenuto un passo svelto per
diverse ore, fermandosi una volta su insistenza di Uncas,
così che Alice potesse
bere un po’ di acqua dal suo otre. Era una fresca, bellissima
giornata.
Alice aveva guardato nella sua
direzione diverse volte. Nella sua
posizione eretta e nella sua bocca a linea retta - così come
quelle di suo
padre - Alice percepì il desiderio di Uncas di rimanere in
silenzio.
Le dava la colpa?
Alice sentì un senso di
nausea crescerle nella pancia. Il suo gusto
acre le fece emettere un respiro tremante. Che
succederà a Nathaniel? E a mia sorella? Che ne
sarà della mia nuova famiglia?
Mi incolpano? Uncas mi odierà? E Chingachgook? Lui -
Uncas si fermò
così improvvisamente che Alice ebbe appena il tempo di
reagire. Con un sussulto, Alice comprese che si trovavano di fronte a
un fiume ondeggiante.
Lei era a pochi passi davanti a Uncas, con il braccio allungato
all’ indietro,
mentre Uncas le stringeva la mano saldamente.
"Sediamoci," fu la sua richiesta
calma.
"Riposati."
Alice scosse la testa, arzilla.
"Non sono stanca."
Uncas inarcò un
sopracciglio nero. "Siediti per un po', Alice.
Quando ti sentirai più riposata, potremo continuare a
camminare."
Per qualche ragione misteriosa,
Alice sentì un tremito di nervosismo a
quelle parole. Le facevano venire in mente qualcosa... qualcuno... un
altro
posto... Non prometteva nulla di buono.
Era troppo. Alice, già
nella morsa del senso di colpa e della paura,
impostò la mascella.
"Uncas," replicò a voce
bassa, "Sono abbastanza in
forma. Vorrei continuare a camminare. Non sono una bambola. Non mi
romperò."
Uncas la trascinò
gentilmente finché si misero a sedere sulla riva del
fiume; poi le tirò le braccia finché si
calmò.
Alice si sedette dritta come uno
scovolino, con i suoi lineamenti
irrigiditi.
Uncas guardò in silenzio
la sua nuova moglie, inespressivo. Alice non
poteva più sopportare ciò.
"E' colpa mia,"
sussurrò, abbassando la testa.
"No," replicò Uncas
immediatamente, prendendole la mano
fiacca. Alice sentì la bruciante nausea crescerle di nuovo
nella pancia.
"Invece sì!" pianse,
alzandosi in piedi all'improvviso.
"A causa mia, del mio arresto, Nathaniel potrebbe - potrebbe - "
"Non succederà, Alice."
Uncas avvolse le braccia strette
intorno ad Alice, stringendola vicino
al tepore del suo corpo. Comunque, lei percepiva un leggero tremito che
si
insinuava furtivamente attraverso il corpo magro di Uncas.
Era tutto così
maledettamente ingiusto, pensò Alice, abbattuta.
Nascose la testa nel tiepido posto in cui il collo e la spalla di Uncas
si
incontravano, inalando profondamente. La pelle di Uncas aveva il
profumo di
aghi di pino, anche del sapone aromatico di Millie, che probabilmente
si era
trasferito da Alice a lui.
Il giovane guerriero la tenne per
diversi minuti mentre ascoltavano il
fiume che ondeggiava.
"Non lascerò tuo
fratello morire," sussurrò Alice alla fine,
con la voce che si spezzò all'ultima parola.
------------------------------------------------------------------------------------------------
Alice fece un sospiro d'impazienza
mentre raddrizzava il chiodo sulla
staccionata che stava cercando di riparare. Con un uno sguardo torvo,
fece
oscillare il martello a granchio in modo secco nelle colonne coperte di
assi
che costituivano la staccionata circostante.
Il colpo del martello fece
sì che il chiodo scheggiasse il legno, e
prima che Alice lo sapesse, la tavola stessa si spaccò a
metà. Senza pensare,
tentò di raddrizzare velocemente la tavola con la mano
sinistra, e si lamentò
per un improvviso dolore bruciante.
Una scheggia.
Una dannata scheggia, lunga circa
quanto la metà del suo pollice, si
era piantata nella soffice, delicata pelle compresa tra il suo pollice
e
l'indice. Lasciando cadere il martello sull'erba con un tonfo, Alice
esaminò la
propria mano con un sussulto. Tentò di estrarre il
frammento, ma riuscì
soltanto a spingerlo dentro ulteriormente. Lo scavare più a
fondo fece sì che
un piccolo schizzo di sangue fuoriuscisse e le scorresse lungo il palmo
della
mano.
Alice si voltò per
andare lentamente nella casa degli Stewart. Si
avvolse la mano che pulsava, sanguinante nelle pieghe della sua gonna
color
crema. Il sole era splendente e l'aria era fresca e propizia, ma Alice
non era
dell'umore adatto per divertirsi.
Uncas l'aveva lasciata
là, nella fattoria degli Stewart il giorno
precedente. Non si era nemmeno fermato a parlare con le altre donne,
anche se
Alice sapeva che era pressato per il tempo. Le donne erano pazze di
gioia,
soprattutto Cora. Aveva abbracciato Alice e aveva continuato a
chiederle cosa
fosse successo, dove fossero gli uomini, e se ci fosse qualche
problema.
Persino dopo che Alice aveva fornito la propria versione abbreviata dei
fatti.
Tuttavia, Alice si sentì
addolorata. Era stata lasciata da sola con
Cora e Annabel, sola a dover essere l'unica a spiegare loro cosa fosse
successo
con Nathaniel.
E Alice era stata incapace di
farlo. Era codardia, si chiedeva mentre
si avvicinava alla porta della casa, o era compassione? Aveva cercato
rifugio
nella certezza di Uncas, secondo il quale avrebbero trovato un modo per
tirare
fuori Nathaniel da tutto questo. Quindi, con questa logica, aveva solo
detto
alle donne della casa che gli uomini erano stati al forte per un'altra
questione. Comunque, quella notte Alice non era riuscita a dormire.
Nelle ore
buie, calme della sera, Alice aveva pianto di fronte alla parete. Aveva
sentito
una pesantezza nel petto. Non c'era niente da fare -
Alice era stata lasciata indietro e
Nathaniel era in grave pericolo.
Aprì la porta e
gironzolò, diretta verso l'armadietto che conteneva
pomate e medicine.
"Va tutto bene, Alice?" chiese
Annabel dal suo posto accanto
al focolare, dove stava girando la cena di quella sera. Stufato di
coniglio o
qualcosa di simile, dal profumo allettante. Annabelle stava guardando
Alice
frequentemente da quando era arrivata, con i suoi perspicaci occhi
color
nocciola. Sentiva che qualcosa non andava, ma si stava trattenendo dal
farle
domande.
"Sì," replicò
brevemente Alice, aprendo l'armadietto e
rovistando con la sua mano libera.
"Cos'è successo alla tua
mano, sorella?" giunse la voce
preoccupata di Cora. Lasciò cadere una delle camicie di
calicò di Nathaniel che
stava rammendando, e avanzò lentamente verso la sua sorella
minore.
"Niente, Cora. Solo - una scheggia."
Cora cercò di esaminare
cautamente la mano di sua sorella, ma Alice si
divincolò. Presto trovò ciò che stava
cercando - una fiala di linfa presa da un
albero di pino, e un piccolo pacchetto contenente grasso di animale.
Uncas
gliel'aveva dato un po' di tempo prima, quando si era lamentata delle
zanzare.
Non che lo avrebbe usato tutti i giorni; tuttavia, il grasso era molto
utile.
Cora corrugò il naso
delicatamente. Non le era mai piaciuto l'odore
del grasso che gli Indiani usavano così regolarmente.
"Posso aiutarti?" disse Cora
provvisoriamente, mentre Alice
si mise a sedere a tavola in silenzio spargendo gli oggetti intorno a
sé.
"Ho solo bisogno di un ago..."
"Questo è più
veloce."
Ci fu un momento di silenzio. Con
un cenno del capo, Cora ritornò al
suo rammendo, lanciando un'occhiata speculativa ad Alice.
Passarono diversi minuti e Alice si
morse il labbro, concentrandosi
per cercare di estrarre la scheggia soltanto con l'unghia del suo
pollice.
"Prenderò un po'
d'acqua," Cora stava seduta dritta con un
sospiro, andando a prendere il secchio accanto alla porta.
Annabelle annuì
piacevolmente.
Una volta da sola con Annabelle,
Alice si chinò. Poteva percepire
l'altra donna che la osservava
costantemente; Alice riusciva quasi a sentire gli ingranaggi che
giravano nella
sua mente acuta; poteva sentirla formulare la sua inchiesta verbale.
Cora era sempre stata intelligente
e con i riflessi rapidi, ma
Annabelle era più unica che rara.
In pochi istanti, Annabelle si
sedette accanto a lei, tenendo il suo
pancione sporgente a debita distanza dal tavolo. Prese abilmente la
mano ferita
di Alice prima che lei potesse protestare, e le diede un rapido esame.
Manovrando e ruotando il palmo di Alice, Annabel premette la propria
unghia
nella pelle della ragazza. Non passò molto tempo prima che
la scheggia
cominciasse a uscire da sola.
Alice sorrise ad Annabelle,
gratificata.
Annabel si concentrò sul
suo lavoro. Poi -
"Cos'è successo?"
Quello fu tutto ciò che
chiese e Alice, sopraffatta da tutto ciò che
era successo negli ultimi giorni, si rifiutò di rispondere.
Annabelle alla fine tirò
fuori la dolorosa scheggia, e cominciò a
massaggiare la linfa sulla pelle di Alice.
"Avresti dovuto immergere la mano
nell'aceto prima," Annabel
la rimproverò tranquillamente.
Alice espresse il suo assenso,
esaminando la donna.
"Alice, nessuno di noi dubita della
tua forza."
Alice sbatté le palpebre
per lo stupore. Cosa?-
Annabel continuò, "Il
mondo non è un fardello che devi trasportare.
E se qualche disgrazia è giunta durante il nostro cammino,
dobbiamo affrontarla
tutti uniti."
Alice sentì un blocco
nella gola. "Io... Annabelle, se tu potessi
aiutare qualcuno a te caro, anche se fosse impossibile, lo faresti?"
"Sì," rispose Annabelle
immediatamente. Non c'era alcuna
esitazione nei suoi occhi. Rimasero in silenzio.
"E' James?" chiese Annabelle alla
fine.
Alice scosse la testa e,
inaspettatamente, gli occhi di Annabel si
bagnarono di lacrime.
Era troppo. Coraggiosa, forte,
sensibile Annabelle. Se solo mia sorella e io
fossimo rimaste ad
Albany. Se solo non avessimo incontrato gli uomini. Non abbiamo portato
nient'altro che disgrazie a tutti in questo continente. Se solo non
fossimo mai
venute in questa Valley.
Alice comprese, tardivamente, che
doveva aver espresso alcuni di quei
pensieri a voce alta. Perché prima che lo sapesse, Annabelle
sopraggiunse e
abbracciò la ragazza dai capelli chiari.
"Dimmi," insistette Annabelle,
accarezzando i capelli lisci
dalla faccia di Alice.
"Nathaniel," disse Alice, colpita,
"Il Generale di Fort
Letort ha ordinato che venisse impiccato. Hanno scoperto della...della
faccenda
di William Henry."
Gli occhi di Annabelle si
spalancarono. Tuttavia, prima che potesse
replicare, Cora entrò in casa, con gli occhi e la faccia
illuminati dal sole.
"Le spigole stanno nuotando nel
fiume!" disse lei
disinvolta, sorridendo calorosamente alle altre donne. Non si accorse
del loro
attento, nervoso silenzio. Mise giù il secchio. "E pensavo
che James
avesse detto che normalmente nuotano in questo modo a giugno."
"Annabelle, dovremmo completare lo
stufato con le patate, e forse
anche con le carote?"
Annabelle annuì senza
parole.
Cora uscì velocemente
come quando era entrata, già preoccupata per la
loro cena.
"Devi dire a Cora che
cos'è successo!" disse Annabelle
subito, afferrandole la mano.
"Annabelle-"
"Alice, se fossi tu al suo posto, e
Uncas fosse così in pericolo,
non vorresti sapere ogni cosa?"
"Certamente! Ma Cora... lei...
Annabelle, lascia che sia io a dirglielo.
Ti prego."
Annabelle guardò Alice
circospetta.
"Va bene, Alice. Di' la
verità a tua sorella. Ma bada a non
indugiare."
Alice annuì, sentendosi
sollevata e biasimata. Sapeva che quello che
stava facendo era da egoisti. Disgusto di sé e panico
guerreggiavano dentro di
lei.
Voltando lo sguardo verso il
piccolo mucchio di indumenti che Cora
stava rammendando, scorse un perizoma, e accanto a esso un wampum di
perline
bianche che formavano una cintura. Nathaniel l'aveva dimenticata? Non
era mai
negligente quando si trattava di quell'oggetto, poiché era
una fonte d'orgoglio
per lui. Uncas ne aveva uno identico; erano cinture che appartenevano
ai
Mohicani. Chingachgook ne aveva una maestosa, fatta di conchiglie
bianche e
nere. Gli Indiani la usavano per tramandare le loro storie.
Alice continuò a fissare
il wampum per tutto il pomeriggio. Mentre
svolgeva le faccende in casa, e quando non era in casa, ripensava alla
cintura.
Gli Indiani trattavano questi cimeli di famiglia con tale cura.
Prossima al tramonto,
ripensò a quel giorno, quel maledetto giorno
dello scorso agosto in cui lei e sua sorella avevano quasi incrociato
destini
orribili. Uncas era quasi morto, e avevano perso il loro caro amico
Duncan.
Quel giorno in cui Nathaniel era
entrato coraggiosamente in un
accampamento nemico per amore di lei e di sua sorella, tenendo
sollevata la
cintura di Chingachgook come testimonianza delle sue parole.
I pensieri di Alice divennero
ipotetici.
Mentre gli altri erano occupati a
fare le pulizie dopo la cena, Alice
nascose la cintura in uno zaino che James aveva lasciato accanto alla
porta.
Dopo alcune considerazioni, si infilò in tasca un coltello
rinfoderato.
Avrebbe potuto averne bisogno.
Al posto del coltello, Alice
lasciò la sua spilla.
In questo scenario, il tempo era
della massima essenza. Si disegnò a
mente una mappa di tutti i punti di riferimento circostanti. Doveva
camminare
più che poteva; per fortuna sapeva che stasera ci sarebbe
stata la luna piena.
L'aria del crepuscolo era fresca
quando Alice sgattaiolò fuori dalla
casa, silenziosa e col passo sicuro. Aveva davanti a sé un
lungo percorso, e a
guidarla c'era soltanto il chiaro di luna.
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Capitolo 23 *** Avviso per tutti i lettori! ***
Salve amici miei. Volevo ringraziarvi per il vostro sostegno!
La storia per il momento si conclude qui, al 22esimo capitolo. Non appena l'autrice pubblicherà altri capitoli nuovi della storia, ricomincerò a tradurre per voi... Nel frattempo vi invito a leggere una nuova storia che sto traducendo. Si chiama Tender Surrender e l'autrice si chiama Sullieyan.. Spero che vi regalerà delle grandi emozioni.. Un abbraccio da Eliana!!! |
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