Crazy in love ||johnlock||

di xx_cla_xx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Era un giorno piovoso a Londra. Era l'inverno del 2010, e il ragazzo stava seduto alla sua poltrona guardando fuori dalla finestra con aria malinconica. Negli ultimi tempi Sherlock Holmes rimaneva molte ore da solo, a pensare, alla finestra. Solitamente pensava a risolvere vari casi. Pensava alle prove disponibili. Ma quel giorno era diverso. Da quando i suoi genitori l'avevano chiamato avvertendolo che sarebbero andati a trovarlo e con loro avrebbero portato un suo vecchio amico, un amico d'infanzia, lui era in agitazione. Era cresciuto in una piccola cittadina fuori Londra, Holmes Chapel (non credo sia vero lo aggiungo io), e lì era rimasto fino all'inizio dell'Università, quando era scappato dalla casa dove viveva il fratello maggiore, che continuava a deriderlo. Era tutto il giorno che si scervellata cercando di capire chi potesse essere quell'amico d'infanzia. Patetico. Amico d'infanzia? Dubitava perfino di avere mai avuto degli amici. Non aveva mai avuto degli amici, si disse. Aveva sempre preferito rimanere in casa a cercare soluzioni contro pericolosi veleni. Non aveva mai avuto il tempo né la pazienza di giocare con altri bambini. Lui ricordava di essere sempre stato distante dai sentimenti e dalle emozioni. Ma non era così. Si era convinto di questo, quando la verità era solo che era successo molto molto tempo fa, quando aveva all'incirca 7 anni. Stava facendo il giro del paese in bicicletta, quando giunse davanti ad un grande parco, con tante pietre con delle scritte sopra, e vide un corteo di persone dirigersi verso l'interno, le teste basse, in silenzio. Decise di aggregarsi al gruppo per chiedere cosa facessero, e così fece. Molti lo azzittirono, altri non lo ascoltarono. Ad un certo punto si fermarono, e lui si fece spazio tra la folla, passando in mezzo alla gente per vedere cosa succedesse. E, arrivato davanti a tutti, si ritrovò davanti una buca, con una cassa di legno accanto e una signora, in lacrime e con il trucco sbavato, davanti. Quella iniziò a parlare. -É sempre stato un buon uomo mio marito, non meritava una fine così triste. Accoltellato. Povero il mio tesoro. Riposa in pace- e singhiozzava -non aveva mai fatto male ad una mosca, non aveva- continuava la poveretta. Quando Sherlock notò la polizia si rese conto che il signore era stato assassinato. Ebbe subito la curiosità di sapere tutto. Ma quel giorno non avrebbe saputo nient'altro, sarebbe solo tornato a casa, con tanti interrogativi in testa. Quel caso non sapeva che sarebbe stato lui a risolverlo, anni dopo, facendo un favore alla polizia. Ma una cosa la sapeva: da quel giorno, si promise, non sarebbe più stato dalla parte dei sentimenti, ma dalla parte della logica. I sentimenti ti fanno sentire male-pensava lui- la logica no, dà spiegazioni. E questo per la sua mente bastava. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ spazio autrice ciao! come va? allora, siamo arrivati a 150 visualizzazioni, e per me è bellissimo. se vi va, vorreste lasciarmi scritto un commento? mi farebbe piacere sapere se vi piace o se avete delle cose/errori da segnalare. sarebbe stupendo. grazie per l'attenzione, Claudia p.s. questo primo capitolo fa abbastanza schifo, please non lasciatemi qui :)

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Sherlock era esausto, aveva passato tutta la notte a pensare e cercare di ricordare quel misteriosi amico d'infanzia, così quando bussarono alla porta aprì senza curarsi di chi vi fosse dall'altra parte. I suoi genitori. -Ciao tesoro!! Da quanto tempo!-Disse la mamma-guarda cosa ci tocca fare per vedere il nostro amato figliolo. Ci tocca andare noi a trovarlo. Dobbiamo sempre autoinvitarci- disse la madre alzando gli occhi al cielo. Si tolse la giacca e la poggiò sul divano, sul quale si sedette qualche secondo dopo. -Allora, che ci racconti??-Chiese il padre, che intanto aveva preso posto vicino alla moglie- come vanno i casi? Sei riuscito a capire chi aveva assassinato quel tizio, quello trovato nella metro?- chiese il padre, cercando di far parlare il figlio, inutilmente. Questo stava infatti fissando il vuoto, la sigaretta spenta penzolante dalle labbra. Stava pensando a dove fosse l'amico tanto atteso. Che gli avessero fatto uno scherzo? -Allora, questo "amico d'infanzia"?- chiese alla madre mimando le virgolette con le mani. -Ah già!-Disse la madre, battendosi una mano sulla fronte.-dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Non entravano su un taxi solo, e così..-Lasciò la frase in sospeso. -Parlatemi di lui- disse Sherlock, più per poter pensare che per vera curiosità. Era infatti giunto alla conclusione che doveva trattarsi di uno dei suoi tanti nemici che si era procurato un tanti anni di casi. Si ricordò della madre che parlava giusto per il rumore del campanello. -Eccolo! -saltò in piedi la madre, entusiasta. -dai Sher, vai ad aprire all'ospite.- lo sgridò la madre, quando vide che il figlio non si muoveva. Il figlio prese la sigaretta dalle labbra, la appoggiò sul tavolo accanto alla poltrona e si alzò, controvoglia. Si trascinò giù per le scale della casa dove abitava e, arrivato alla porta, la aprì. La scena che gli si presentò davanti gli sarebbe potuta risultare divertente, se avesse saputo divertirsi. Ma non sapeva farlo. Gli risultò così solo stramba, più stramba di quando aveva bussato alla sua porta una ragazza con gli stivali in piena estate. Cercò così di cogliere più dettagli che poteva dall'uomo che aveva davanti. E si fece una mappa mentale. Aveva i capelli corti, penso Sherlock. Doveva essere stato un soldato, un tempo. Doveva essere stato in Afghanistan. E doveva anche essere un tipo a cui non piaceva aspettare sulla porta, dato che, quando vide che Sherlock non era intenzionato a scostarsi dalla porta si schiarí la voce, come a volergli indicare di levarsi. Si scostò così dalla porta e lo guidò su per le scale, che portavano nel salotto dove i genitori li aspettavano impazienti. Appena arrivarono Sherlock si sedette sulla sua poltrona, portò la sigaretta alla bocca e si perse nello studiare lo sconosciuto. Aveva capelli corti, castano scuro e tagliati come un militare. Aveva le guance incavate, come non magiasse da tanto, e ben rasate. Aveva il naso piccolo, ma non troppo, che finiva tondeggiante. Gli occhi erano grigi "come il temporale" pensò Sherlock. Aveva le sopracciglia non molto folte, e strette. Le labbra erano sottili, e di una tonalità più scura rispetto al resto della faccia, già si per sé di un rosa non proprio chiaro. Era basso, di corporatura magra e di una trentina d'anni. Non sembrava il tipo di persona da divertimento scatenato. Sherlock non si ricordava di averlo mai incontrato prima di quel momento, ma era sicuro che, con un po' di sforzo, sarebbero potuti andare d'accordo. -Questo è John- disse la madre entusiasta, con un sorriso a 32 denti. -John, lui è Sherlock. Sherlock, lui è John- li presentò la madre, sempre più felice. -Sherlock, c'è una cosa che non ti avevo detto: John è arrivato a Londra da poco, di ritorno da..- ...da una missione militare in Afghanistan- la interruppe Sherlock, calmo. Il ragazzo lo fissò a bocca aperta, stupito. Al che Sherlock rispose con un'alzata di spalle, come a voler spiegare che era una cosa elementare. La madre rise- vedi John, mio figlio Sherlock è molto perspicace, riesce a capire tutto al volo. Sherlock continuò- e presumo voglia affittare questa casa insieme a me- concluse. -presunsione esatta- gli disse la madre.-senti la signora Huggson-disse la madre, gesticolando. -Hutson- disse lui. -Come?-Chiede la madre, confusa, tornando sul divano, accanto al marito-La signora Hutson, non Huggson-la corresse Sherlock. Intanto John si era accomodato sulla seconda poltrona, situata davanti a quella del detective, con di fianco il caminetto da cui proveniva lo screpitio del fuoco. A quell'affermazione seguì un silenzio carico di imbarazzo. -Va bene- disse Sherlock infine. -Cosa?-Chiede la madre, confusa. -va bene, John può rimanere qui.- spiegò Sherlock- ma non ti aspettare trattamenti speciali- disse poi, rivolto al ragazzo. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ spazio autrice ciao! come va? allora, siamo arrivati a 100 visualizzazioni, e per me è bellissimo. se vi va, vorreste lasciarmi scritto un commento? mi farebbe iacere sapere se vi piace o se avete delle cose/errori da segnalare. sarebbe stupendo. grazie per l'attenzione, Claudia

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


la madre sorrise compiaciuta al figlio e gli spettinò i capelli ricci e ribelli in un gesto amorevole. Sherlock se li ripettinò subito. si alzò poi dalla poltrona e si avvicinò alla finestra, a guardare fuori, pensieroso. -suono il violino-disse senza riferirsi ad una persona in particolare. -come?- chiese John, guardando la madre come per chiedere una risposta. -quando sono triste o ho bisogno di pensare. Allora, suono il violino- chiarì Sherlock. –E lei? Ha qualche difetto?- si girò verso John, guardandolo negli occhi. -io?- fece sorpreso l’altro – bhe, ho un blog su tutto ciò che mi capita, anche se è da tanto che non lo aggiorno e può essere che io scriva spesso- -oh. E cosa scrive in questo blog?- chiese Sherlock, con voce altezzosa. -voglio dire, scrive testi scientifici, pedagogici o cosa?- domandò al ragazzo con una voce che suggeriva che non sarebbe stata gradita una risposta che non fosse stata nella domanda precedentemente formulata. -scrivo della mia vita, di ciò che mi capita, dei miei pensieri e delle persone che incontro- spiegò lui. -capisco, quindi è come un diario segreto?- lo derise il riccio. - no, è molto diverso. In un diario si scrivono i sentimenti, io qui scrivo i miei pensieri- spiegò chiaramente irritato il ragazzo. Sherlock cercò di immaginare come il ragazzo avrebbe parlato di lui. Si guardò nello specchio sopra il caminetto. Al suo sguardo rispose quello di un giovane uomo dagli occhi azzurro ghiaccio, capelli ricci e corvini, spettinati e unti. -bhe- si disse- non è proprio ottima come impressione…- Si girò verso le due poltrone e osservò con cura il ragazzo ancora seduto: aveva gli occhi grandi e grigi, capelli corti e marroni e ordinatamente pettinati. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo attraeva. Non si era mai sentito così, ma non diede importanza a quella sensazione. Dopotutto lui non era abituato a nessun tipo di sentimento. Sherlock si sedette di nuovo sulla poltrona e rimase a fissare il vuoto. Nella stanza c’era un silenzio imbarazzato, che la madre cercò di spezzare. Così disse: -ehi Sher, perché non fai sentire al tuo amico come suoni il violino?- lui la squadrò, senza capire il motivo di quella sua uscita. Poi, quando capì, si alzò lentamente dalla poltrona e si diresse verso la camera da letto, dalla quale prese la custodia con dentro il violino. Tornato in salotto, fissò imbarazzato il vuoto aspettando che qualcuno dicesse qualcosa. Quando gli fu chiaro che nessuno avrebbe fiatato, aprì con estrema lentezza la custodia, prese il violino e l’archetto e se lo posò sulla spalla. Iniziò a muovere quest’ultimo sulle corde, mentre le sue dita lunghe e agili pigiavano code producendo suoni striduli e acuti. Pensò a qualcosa, a quella giornata in cui era piccolo e in cui aveva deciso di accantonare i sentimenti per la più sicura arte della deduzione. E decise che nessuno ci sarebbe rimasto male se lui avesse fatto uno strappo alla regola. Si lasciò così trasportare dalle emozioni, la prima volta dopo anni. E fu rosso, fu verde, fu blu. Fu rosso, come l’amore che non provava da anni. Verde, come la calma che provava solo suonando il violino. Blu, come la fredda conoscenza. E tutto gli passò addosso, e dal violino uscivano suoni armoniosi, una volta striduli una volta dolci, una nota dopo l’altra. Nella stanza tutte le note si mescolarono, formando una musica paradisiaca. Tutti erano in silenzio, ascoltando meravigliati quella strana melodia. Strana come il ragazzo che la suonava. Sherlock era come in estasi, in una dimensione parallela, dove non arrivavano i suoni dell’esterno, stava in una dimensione dove esistevano solo lui, i suoi pensieri e il suo violino. Poi, improvvisamente, si fermò. Semplicemente smise di suonare. Tutti lo guardarono chiedendo una risposta, ma lui non se ne curò. Semplicemente ripose il violino nella sua custodia e in tutta fretta prese il giacchetto, se lo mise, e uscì, sbattendosi dietro la porta. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ spazio autrice ciao! come va? allora, siamo arrivati a 100 visualizzazioni, e per me è bellissimo. se vi va, vorreste lasciarmi scritto un commento? mi farebbe iacere sapere se vi piace o se avete delle cose/errori da segnalare. sarebbe stupendo. grazie per l'attenzione, Claudia

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Il ragazzo corse per quello che gli sembrarono ore. Corse e sorpassò negozi, macchine, persone, e non si voltò indietro nemmeno una volta. Poi, quando gli iniziarono a dolere i muscoli si fermò. Si prese un attimo per riprendersi e poi si guardò intorno e, stupito, si accorse di essere arrivato, senza rendersene conto, nell’unico posto che riuscisse a calmarlo. Era in piedi in mezzo alla strada, dietro di lui un parco, davanti il Tamigi. Quello era il posto dove andava sempre quando era stressato e doveva calmarsi. Si trascinò così fino ad una panchina e si sedette, immerso nei suoi pensieri. -stupido di uno Sherlock!- si disse, arrabbiato - lo sai che non devi cedere. Ti ricordi com’è finita l’ultima volta, no?- si perse nel ricordo della donna –sì, ma Irene non era come le altre. Lei era speciale. Ed è forse l’unica persona che mi abbia mai capito- Si accorse appena del sole che tramontava. Si risvegliò dai suoi pensieri che era già buio. Doveva essere sera, vista la luminosità dei lampioni. Aveva i capelli bagnati dalla corsa, ed iniziava ad avere freddo. Si alzò dalla panchina e, lentamente, si avviò in strada per chiamare un taxi. Quando questo si fermò, si trovò davanti al 221b di Baker Street. -sono 15 sterline- dichiarò il tassista –eccoveli- disse Sherlock, si strinse nel cappotto e uscì, coprendosi il capo dalla pioggia che era iniziata a cadere. Salì le scale ed entrò in cucina dove trovò un biglietto, probabilmente scritto da sua madre, visto posizione e grafia, che lo aspettava adagiato sul tavolino accanto alla sua poltrona. Lo lesse ad alta voce brontolando: “Sherl, il tuo amico si è stabilito qui, poi mi spieghi perché te ne sei andato in quel modo; come se non ti avessi mai insegnato l’educazione! Tua madre” Sherlock fissò il biglietto e, con calma, si diresse verso la poltrona, dove si sedette un attimo dopo. Sentì un rumore alla sua sinistra e, istintivamente, alzò la testa. Il ragazzo di quella mattina era sulla porta e lo guardava con una faccia assonnata. Sentì un rumore provenire dalla sua sinistra e, istintivamente, alzò la testa. Il ragazzo di quella mattina era sulla porta. -Ciao- disse il biondo -ciao- rispose svogliatamente il riccio -che ci fai in piedi? È tardi.- il biondo sorrise -oh, ho il sonno leggero, e ho sentito un rumore. Ero venuto a controllare che fosse tutto a posto- -Si, è tutto a posto. Ora torna a dormire- disse scortesemente il riccio. -Oh ok, allora vado- disse il biondo dispiaciuto -buonanotte, allora. -Notte- disse Sherlock distrattamente. Si alzò e si incamminò verso la camera da letto. Arrivò davanti alla porta ed entrò nella stanza. Si spogliò e si mise a letto e, con il nome "Barbarossa" che gli rimbombava in mente, cadde tra le braccia di Morfeo. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ SPAZIO AUTRICE finalmente sono riuscita ad aggiornare. ho visto che abbiamo raggiunto i 60 lettori e, per me, sono veramente tanti. grazie scusate se non aggiorno spesso, ma quest'anno ho gli esami e devo studiare. fatemi sapere se la storia vi sta piacendo :) claudia

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