Lone Warrior

di RYear
(/viewuser.php?uid=750292)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Conoscenti, ma è solo l'inizio ***
Capitolo 2: *** Resta ***
Capitolo 3: *** Ferita ***
Capitolo 4: *** Svolta ***
Capitolo 5: *** Giustizia ingiusta ***
Capitolo 6: *** Piccola speranza ***
Capitolo 7: *** Ricominciamo ***
Capitolo 8: *** Che giorno è? Che ora è? ***
Capitolo 9: *** Promessa ***
Capitolo 10: *** Ritrovo ***
Capitolo 11: *** Attacco ***
Capitolo 12: *** Kiss me ***
Capitolo 13: *** This war is won... ***
Capitolo 14: *** Run ***
Capitolo 15: *** ...but this is war. ***
Capitolo 16: *** Dispersi ***
Capitolo 17: *** Trappola ***
Capitolo 18: *** Marito e Moglie ***
Capitolo 19: *** Vendetta e libertà ***



Capitolo 1
*** Conoscenti, ma è solo l'inizio ***


SPAZIO AUTRICE D'APERTURA!

Ciao a tutti! Mi presento, sono Lisztomane_R, non da molto su EFP e questa è la mia prima fan fiction che scrivo ed ho deciso di farla proprio sull'amata serie tv The Walking Dead!
In questa storia ho voluto descrivere e narrare di un Daryl guerriero - oltre che cacciatore - proprio perché, a mio parere, in quanto "guerriero" lotta, insieme al suo gruppo, per la sopravvivenza in un mondo in cui si è scatenata un'apocalisse zombie.
La conoscenza di una ragazza lo renderà vulnerabile? Leggete per scoprirlo!
Buon'avventura!



LONE WARRIOR
 
Now I’m a warrior
Now I’ve got thicker skin
Now I’m a warrior
I’m stronger than I’ve ever been
And my armor, is made of steel, you can’t get it
I’m a warrior
And you can never hurt me again
 
 
(Warrior – Demi Lovato)

Conoscenti, ma è solo l'inizio.

 

Non sono il tipo che rimpiange il passato, vivendo di rimorsi o rimpianti. Eppure, adesso, il passato mi manca. Di questi tempi che l’anormalità è diventata normalità: il mondo invaso da Erranti, infetti, creature soprannaturali, non-morti, morti viventi o morti che camminano. O almeno così venivano chiamati nei libri di fantascienza, ciò che ora è reale. Io li chiamo zombie. Sono ovunque, hanno invaso la nostra terra, rubato le nostre vite, quelle dei nostri cari che mai più rivedremo. E la cosa più brutta è ucciderli, una volta trasformati, dritto alla testa. Con proiettili, coltelli, spade, frecce, legnetti: qualsiasi cosa, perché ciò che li “anima” è lì, nel cervello. Ed è questo che mi ha resa un marmo, un blocco di ghiaccio, fredda come l’iceberg, indifferente a tutto, oramai.
Ho sempre amato l’azione, ma che fosse dietro ad uno schermo. Non mi sarei mai aspettata potesse diventare reale.
Eppure adesso sono qui a combattere per sopravvivere, probabilmente mi sono anche persa. Era mattina quando sono arrivata ad un’autostrada (il tutto a piedi) con passaggio bloccato dalle macchine. Dopo circa mezz’ora di ricognizione, alle mie spalle arrivò un’orda di zombie. Mi nascosi sotto ad una macchina per quella che a me sembrò un’ora. Non potevo restare lì tutto il giorno, così uscii allo scoperto correndo per la fitta foresta uccidendo qualche zombie, per impedire che mi attaccassero, con la mia fedele katana. Non è l’unica arma che ho con me: ovviamente anche una pistola, con poche munizioni rimaste, un fidato coltello svizzero, e, per quello che può essere utilizzato date le poche frecce, un arco. Forse fin troppo armata, credo di dover far a meno dell’arco, nonostante è utile per colpire a distanza senza farsi notare.
Ora ho trovato un rifugio abbastanza sicuro in una casa lontana dall’autostrada e dalla foresta,e ci resterò almeno per questa notte, dato che ormai è buio e non posso andare alla ricerca d’altro. “Domani è un altro giorno, si vedrà”.
 
Mi svegliai all’alba, con i raggi che filtravano dalla finestra illuminandomi il viso. Era mattino presto, il sole era sorto da poco non riscaldando ancora del tutto l’ambiente. Ripresi le poche cose che avevo sparso per la camera, le sistemai nello zaino e ripartii in direzione del bosco, cercando di raggiungere la strada e qualche supermercato da saccheggiare. Ormai era diventato naturale farlo, ma anche raro trovare roba da mangiare. A volte andava bene anche cibo scaduto, non è quello a spaventarci ormai! e per disperazione, si accetta di tutto.
Mi ero ormai inoltrata nella foresta quando senti dei passi trascinati seguiti da mugolii, ma non venivano nella mia direzione.
Mi affacciai dalla mia postazione e vidi un’orda di zombie che accerchiava qualcosa o meglio, qualcuno. Di certo non erano ammassati li per parlare o  “elaborare un piano”. Sapevano solo mordere e rubare vite, quei bastardi. L’unico motivo per cui erano li era chiaro: umani. Ciò significa che non ero sola: c’erano altri come me, ancora vivi, sopravvissuti, e avrei fatto di tutto per far si che restassero ciò.
Sporgendomi di più notai che erano due uomini: un tipo con una balestra ed un altro con una divisa da sceriffo ed una pistola, entrambi puntati verso gli Zombie per ucciderli e difendersi, ma vennero attaccati da dietro riuscendo, però, a tenerli lontano con le braccia per bloccarli. Lì intervenni io: sprecai l’ultima freccia mirandola dritto al cranio dello zombie che attaccava il tipo con la pistola.

- Grazie – disse rivolgendosi all’amico.
- Non sono stato io! – lo guardò confuso facendogli notare che era impegnato a lottare contro l’errante.Non avendo notato la mia presenza, silenziosamente mi avvicinai verso quest’ultimo ficcandoli il coltello in testa, facendolo cadere a terra e scoprendomi la visuale verso il balestriere , che subito mi puntò l’arma contro.
- Non c’è tempo per questo – dissi aiutandoli ad uccidere quanti più zombie possibili.Ma erano visibilmente cento volte noi così decisi di scappare portandoci in salvo.
- Di qua! – dissi indicando la mia destra e cominciando a correre verso quella direzione.I due si guardarono preoccupati riguardo al fidarsi o meno, ma non ebbero scelta e poco dopo mi seguirono. Raggiunsi la casa che per quella notte era diventata il mio rifugio e che avevo reso sicuro ma, nel frattempo, venne infestato da 3 zombie che uccidemmo senza alcuno sforzo.
- Grazie per averci aiutati, ma non sappiamo ancora se poterci fidare o meno. Sei stata morsa? Sei sola?– disse lo sceriffo guardandosi intorno e tenendo la mano pronta sulla pistola.
Rimasi scossa dalla voce, non perché fosse bella, ma perché erano passati mesi dalla mia ultima conversazione con un’altra persona: ormai parlavo da sola per non dimenticare come si facesse; credevo stessi diventando pazza, o probabilmente lo ero già.
- Potete fidarvi. Non sono stata morsa e si, sono sola. – dissi sospirando e guardandolo con un’espressione sconfitta.
- Bene. Io sono Rick – disse porgendomi cordialmente la mano che strinsi poco convinta. – e lui è Daryl –proseguì facendo la presentazione anche per l’amico che non diede segni di vita se non un accenno con la testa.
- Gwen
- Piacere nostro, davvero. Se non fosse stato per te probabilmente a quest’ora saremmo in pasto agli zombie per poi diventare noi così!    Come sapevi di questa casa?
- Mi ci sono accampata sta notte.
- Da dove vieni?
- Da molto lontano. – notando che molto probabilmente non avevo voglia di parlare, deviò il discorso cambiando argomento.
- Sei sempre stata sola? – scossi la testa.
- Ero con mio fratello, qualche mese fa. Siamo stati attaccati da orda di zombie e costretti a dividerci. Non so se sia riuscito a sopravvivere o meno, ma devo trovarlo. – ci fu un breve lasso di silenzio.
- E voi? siete soli?
- Abbiamo un gruppo… è una storia complicata. Tu… non hai un rifugio?
- Oltre questo, per quanto possa essere ancora stabile e sicuro, no.
- Beh per questa notte potresti accamparti da noi, per ricambiare il favore – guardò l’amico in segno d’approvazione, che non arrivò.
- Non preoccuparti, non c’è n’è bisogno. Non voglio essere di disturbo, andrò per la mia strada.
- Insisto. Seguici.Accettai limitandomi ad annuire. Da una parte ero entusiasta: rifugio sicuro, acqua, cibo e compagnia. Ma era quella che mi preoccupava: Rick sembrava a posto, ma gli altri? Ad esempio quel Daryl, già è un elemento che non mi convince.
- Ma gli hanno strappato la lingua? – dissi a Rick che camminava al mio fianco, e indicando il balestriere dietro di noi.
- Ti ho sentito – risposte acido.
- Ah quindi sai parlare? – Rick rise.
- Cosa ci facevate nel bosco?
- Caccia, non molto riuscita. Riproveremo più tardi, abbiamo ancora un intero pomeriggio di sole. –mi sorrise lo sceriffo. Poi prese a raccontarmi la sua storia, del suo risveglio dal coma, del come avesse ritrovato la sua famiglia e il suo gruppo grazie alle indicazioni di un suo amico, del CDC e di come ora si trovavano qui, in questa fattoria.
- Mi dispiace per tuo figlio – dissi amareggiata
- Già. L’importante è che si sia ripreso. Ora siamo tutti molto impegnati nel cercare Sophia, la figlia di Carol. Una donna eccezionale che conoscerai. – annuii.Arrivati al luogo, vidi delle tende da campeggio sparse qua e la vicino agli alberi, una moto, un camper e delle macchine; un via vai di gente dalla casa, a quella che sembrava una stalla, alle tende.
Tutti corsero verso di noi, Rick mi presentò ricevendo occhiate torve dagli uomini e sorrisi accoglienti dalle donne. Subito mi invitarono in casa per cambiarmi e rinfrescarmi.  Sbirciai in direzione di Rick intento a parlare al resto del gruppo, probabilmente raccontando del nostro incontro ed altro riguardo me, per togliere dubbi/curiosità.
Nel frattempo andai in bagno facendomi, dopo molto tempo, una bella doccia calda togliendomi di dosso tutto il sangue, fango e sudore accumulato nel tempo. Una volta fuori, misi degli abiti puliti che mi erano stati gentilmente dati da Beth e che mi calzavano a pennello. Raccolsi i miei capelli castani mossi in una coda lasciandoli ancora un po’ bagnati.
- Ehi Beth! – la chiamai una volta fuori, scorgendola in cucina. – ti ringrazio per i vestiti - sorrise. – Tu… ecco, hai una qualche arma? – mi guardò spaventata.
- Tranquilla, non voglio uccidere nessuno! – risi - Intendevo, per difenderti.
- No, nulla di particolare. Perché? – adesso mi guardava curiosa.
- Seguimi. – dissi andando nella camera dove avevo lasciato la mia roba. – ecco tieni – le porsi l’arco – per ora ho terminato le frecce ma te ne procurerò delle altre. Sai usarlo? – scosse la testa continuando adosservarlo affascinata.
- Più  tardi potrei insegnartelo, ok? – annuì e per di più mi abbracciò, all’improvviso. Un gesto che non mi sarei mai aspettata e soprattutto che non ricevevo da molto tempo. Ricambiai con fare piuttosto materno. Mi sembrava la ragazza più dolce e sensibile in quel gruppo. Mi stette subito simpatica, forse perché ricordava la vecchia me.Uscii in giardino dirigendomi verso gli altri.
- Posso essere d’aiuto?
- Potresti aiutare Carl a raccogliere altra legna per il fuoco. Noi continueremo a cercare Sophia e a cacciare – annuii cominciando ad avviarmi verso la foresta in compagnia del piccolo ometto.Il primo a rompere il ghiaccio fu lui chiedendomi del mio passato.
- Cosa facevi prima?
- Lavoravo, suonavo in una band. Da ragazzina feci anche gli scout e partecipai ad un corso di primo soccorso. Cose che adesso possono tornar utili! – scherzai.
- E di tuo fratello? – non risposi. – scusa.
- Non preoccuparti. Solo… non voglio pensare a cosa possa essergli successo, per quanto possa essere in gamba adesso potrebbe non essere più vivo o peggio, un non-morto. Non me lo perdonerei mai. – seguì un momento di silenzio.
- È più grande?
- Si
- Se la caverà, ne sono certo. – sorrise e ricambiai speranzosa. Lui e Beth erano i più giovani del gruppo, escludendo la piccola Sophia dispersa, ed erano gli unici ad avere speranza ed infondere quel pizzico di felicità quando serve. 
- Gwen! – sentii urlare il mio nome dalla casa mentre una ragazzina bionda correva verso di me. – prima che fa buio, puoi insegnarmi? – annuii.
- Certo! – sorrisi – seguimi.Raggiungemmo il retro della villetta, presi delle assi di legno poggiandole verticalmente alla staccionata, sopra posai un cartone abbastanza sottile ma resistente per incassare la freccia.
Nel frattempo insegnai Beth a mettersi nella giusta posizione, tenere l’arco con la mano sinistra e la freccia con quella destra, stendere in modo teso e deciso il braccio e tirare a se la freccia, mirare il bersaglio e lasciare la presa.
Dopo vari tentativi, i primi andati male, Beth divenne un’arciera a tutti gli effetti.
- Bravissima! – le sorrisi abbracciandola d’impulso.
- Grazie mille! – ricambiò l’abbraccio stringendomi forte. Le sorrisi e mi congedai. 
Nel frattempo Rick, Daryl e Shane erano tornati dalla caccia.
- Sono tornato giusto in tempo per vederti insegnare a Beth. Sei stata molto brava e ti sei resa utile oggi, grazie. – sorrisi imbarazzata.
- Grazie a voi per avermi ospitato. – annuì e raggiunse gli altri.Attratta dalla moto mi avvicinai ad essa accorgendomi, dopo solo qualche minuto, che accanto, seduto sotto ad un albero, c’era Daryl.
- Un Harley Davidson! Figa!
- Cos’è, ti intendi anche di moto adesso? E magari eri anche una camionista o facevi parte di qualche gang bang , vero? – feci per avvicinarmi al veicolo a due ruote..
- Non avvicinarti. Non guardarla e non toccarla, neanche sfiorarla – mi fulminò con lo sguardo scandendo ogni parola.
- Senti, forse abbiamo cominciato con il piede sbagliato ok? Mi spiace, possiamo rimediare!
-Non me ne fotte un cazzo di te. Sei solo di passaggio e non voglio rimediare a niente, non mi interessa.
Colpita da quelle parole mi voltai e andai a sedermi ad un ceppo posizionato vicino al fuoco. Presi dei pezzetti di legno e cominciai ad affilarli per farne delle frecce per Beth.
La sera mangiammo: Hershel e la sua famiglia nella sua casa, il gruppo di Rick attorno al fuoco ed io con loro. Non degnai neanche di uno sguardo Daryl e non m’importava. Era l’unico a non andarmi completamente giù, nonostante sembrasse molto simile a me, mentre gli altri parevano essere a posto, simpatici e disponibili, brave persone. Ma come diceva lui, sono solo di passaggio e siamo poco meno che conoscenti, tutto questo domani finirà.

SPAZIO AUTRICE
Hi guys! Premetto dicendovi che, credo, questo sia il primo ed unico capitolo narrato in prima persona secondo il punto di vista di Gwen, e ammetto che come mia prima storia non è un vero e proprio capolavoro. E il ritornello della canzone “Warrior – Demi Lovato” come introduzione probabilmente non è molto adatta a questo contesto, ad eccezione del titolo. Perciò vi chiedo scusa, anche per eventuali errori grammaticali.
Come potete aver letto, ci ritroviamo davanti al tenebroso, ormai conosciuto e tanto amato, Daryl Dixon che si ritrova ad aver a che fare con un tipo come Gwen, non molto diversa da lui.
Scoppierà l’amore fra i due? Nah, sarebbe troppo ovvio, vero? Magari la storia, evolvendosi, cambierà le aspettative. Perché non scoprirlo? Continuate a seguire e, se potete, recensite, grazie!
Alla prossima, xo
_R

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Resta ***


Resta

 

Venne svegliata dal canto degli uccelli, uscì dalla tenda di T-Dog e Glenn che le era stata gentilmente ceduta e, dopo essersi data una rinfrescata, si diresse sul tettuccio del camper.
-  Buongiorno
- Buongiorno Gwen – rispose il coreano seguito da un sorriso del compagno.
- Grazie per avermi fatto riposare nella tenda. Se volete ora potete andare, finisco io il vostro turno di guardia.
- Sicura?
- Certo, nessun problema
In quegli attimi in cui il sole doveva ancora sorgere, si poteva godere dell’allusiva pace che di questi tempi sembrava un miraggio.
Godette di quel momento ammirando l’alba ripensando alla vita passata, fin quando non si svegliarono tutti ricevendo il cambio da Carol.
Raccattò tutta la roba nello zaino mettendolo sulle spalle insieme alla katana.
- Ehi Gwen! – urlò Rick correndo verso di lei – buongiorno. Vai già via?
- Si. Erano questi gli accordi, no? Vi ringrazio per avermi ospitata, siete stati tutti molto gentili con me.. – venne interrotta.
- Potresti seguirmi un attimo? – annuì e lo seguì verso il resto del gruppo.
- Ecco noi… abbiamo parlato e dopo averci pensato un po’, siamo giunti alla conclusione che… si insomma, ci farebbe piacere se tu restassi con noi. I sopravvissuti sono sempre meno mentre gli zombie sono 1000 volte noi. Sarebbe meglio restare tutti insieme, vicini e combattere. Più ne siamo meglio è, no?
- Si Gwen, ci farebbe molto piacere! – continuò Beth entusiasta. Nel frattempo Daryl, che finora se n’era stato per conto suo sotto il suo albero, li raggiunse a passo svelto.
- Ma hai perso la ragione Rick?! Che diavolo ti passa per quella testa!? Lei con noi!? Sai che significa? Significa una bocca in più da sfamare! Non vedo come possa aiutarci!
- Ieri ci ha salvati. Ha insegnato Beth a tirare con l’arco ed ha aiutato con altre faccende. Non mi sembra una minaccia.
- Tu sei fuori di testa! – si girò verso Gwen – io andrò a caccia ma non per sfamare anche te, chiaro!? Devi stare lontana!
- Daryl seguimi – disse lo sceriffo all’amico portandolo via con se per parlare e chiarire della questione.
- Tranquilla, fa così con tutti all’inizio – disse Lori avvicinandosi – sei una di noi ormai! - sorrise e Gwen ricambiò.
- Vieni Gwen, puoi poggiare la tua roba in camera mia – disse Beth.
 
 
Dopo essersi sistemata e fatta una doccia, indossò i suoi amati pantaloni mimetici, i suoi scarponcini neri con le borchie ed una canotta bianca che le metteva in risalto il seno. Legò i capelli in una coda ed uscì all’aperto pronta a ricevere un nuovo ordine.
-  Dov'è Rick?
- Alla stalla – rispose Carl
- Daryl?
- A cercare Sophia – annuì pronta ad andare da Rick, ma una figura in lontananza avanzava verso la fattoria con passo trascinante. Nessuno riusciva a vederlo bene in volto, ma Andrea, di guardia sul tettuccio, era pronta a sparare col fucile verso l’individuo ignorando Rick, che nel frattempo era corso verso il camper continuando ad ordinare di non attaccare.
- Andrea no! I patti con Hershel sono chiari: nessuno sparo nella sua fattoria se non in casi estremi, attirerebbe troppi erranti. Mi avvicinerò io, un solo vagante non è una minaccia. – lo ignorò prendendo la mira con il dito pronto sul grilletto.
- Cazzo, no! – Rick, seguito da Shane, T-Dog e Glenn, corse verso quello che tutti pensavamo fosse uno zombie. All’improvviso cadde a terra colpito dal proiettile.
- Strike!
Intanto lo sceriffo e gli altri tornarono indietro portando con sé il corpo di quell’essere.
- Ma è Daryl! – esclamò Gwen scossa.
- Oh mio Dio – commentò Andrea visibilmente sconvolta e sentendosi in colpa per avergli sparato.
- Fortunatamente gli hai sfiorato la testa ma ciò è bastato per farlo svenire – continuò Rick
-  Io.. mi spiace, non sapevo fosse lui, credevo fosse uno zombie!
- Ehi un momento, ma quella non è la bambola di Sophia? – notò T-Dog prendendola in mano. Carol corse verso di lui e la osservò con gli occhi lucidi. Annuì stringendola al petto.
Nel frattempo portarono Daryl dentro casa facendolo stendere sul letto. Hershel fece uscire tutti dalla camera cominciando a medicare le ferite. Gwen si sedette al lato opposto.
- Posso essere d’aiuto?
- Potresti darmi il cambio e mettergli i punti mentre vado un attimo di là.
-  Oppure andare all’inferno – biascicò Daryl.
- Sai farlo? – chiese Hershel. Gwen annuì prendendo il suo posto e cominciando a mettere i punti sulla ferita al fianco.
Ora erano soli in camera.
- Farà un po’ male.
- Credi che questo mi spaventi? - ancora quell’aria da duro. Scosse la testa divertita vedendolo stringere i denti. Dopo poco si sedette sul letto girandolo da un lato e continuando a medicare la ferita alla testa.
- Ci vorranno dei punti anche qui. Pochi, ma ci vorranno.
- Fai anche la crocerossina adesso? – non rispose.
- Ti sei morsa la lingua?
- Mi hanno insegnato che l’indifferenza è la miglior arma contro gli idioti come te.
- Fottiti. – rise guardandolo negli occhi. Pochi centimetri li dividevano e lei, vedendoli per la prima volta da così vicino, si immerse in quell’azzurro così limpido che, però, non lasciava trapassare alcuna emozione. Eppure dentro di loro Gwen colse un qualcosa, un luccichio nel profondo; che sia dolore, amore o rassegnazione di un qualcosa che l’ha distrutto nel tempo, lei l’avrebbe scoperto.
Subito distolse lo sguardo e, una volta finito, fece per uscire ma si fermò sullo stipite, senza però girarsi.
- Potremo toglierli tra qualche giorno – uscì e raggiunse gli altri sulla veranda.
 
La giornata era quasi giunta al termine ed il sole stava per tramontare. Per oggi tutti avrebbero mangiato in casa di Hershel; idea di Lori: cucinare loro donne ospiti come per voler ringraziare il pastore e la sua famiglia per la loro ospitalità.
 
- Qualcuno sa suonare la chitarra? Dale ne ha trovata una fighissima. Dev’esserci qualcuno che sa suonare.
- Otis sapeva farlo – commentò Hershel amareggiato fiancheggiato da Patricia.
- Si, ed era anche molto bravo.
Gwen prese in mano la chitarra e cominciò a suonare ed intonare sulle note di Demons. Poco dopo venne accompagnata da Beth e tutti si riunirono attorno a loro per ascoltarle.
 

Your eyes, they shine so bright
I want to save their light
I can’t escape this now
Unless you show me how


Cantò quella strofa pensando a Daryl e a quel loro momento in camera. I suoi occhi, la sua anima… era misterioso, e avrebbe scoperto cosa celava dentro se da nascondere dietro quella dura corazza. Non si sarebbe mai arresa così facilmente.
 
Sembrava una giornata tranquilla come tutte le altre precedenti a quest’apocalisse. Una serata divertente tra amici, ed era ciò di cui tutti avevano bisogno da troppo tempo ormai.

 
 

SPAZIO AUTRICE

Ed eccomi qui pronta con la continua di questa storia! Ok, nulla di speciale ma è solo l’inizio!
Quasi dimenticavo! ..cercherò di seguire la serie tv nei suoi particolari quanto più possibile ma ovviamente, avendo anche un personaggio inventato, la rivisiterò a modo mio modificandone, in futuro, qualche avvenimento.
Beh, cosa ne pensate di questo capitolo? Recensite, dite la vostra, che sia una critica positiva o negativa accetto tutto! J
Ringrazio chi segue questa mia storia, in particolare Ale78 (la mia prima “followers” :’) ciao!), continuate a farlo!
 
Ps. Il link della canzone (conosciuta e preferita di molti) è questo:  https://www.youtube.com/watch?v=BZOSwfZy3Rg . Sì, una cover de Boyce Avenue! Era più adatta a quel momento.
Probabilmente nei tempi di The Walking Dead questa canzone non ancora esisteva, ma vabbè.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ferita ***


Ferita

 

Era da poco sorto il sole e la maggior parte del gruppo dormiva ancora, ad eccezione di Lori, Gwen, Glenn, Maggie e Rick.
- Stanno finendo gli antidolorifici – annunciò Gwen di ritorno dalla casa.
- C’è una farmacia in città. Non dista molto da qui.
- D’accordo. Glenn ci stai ad andare?
- Si.
- Bene. Maggie, puoi accompagnarlo e fargli strada? – dopo aver squadrato il coreano, annuì allo sceriffo.
- Ok. Vado a sellarvi i cavalli.
- Glenn? Puoi venire un attimo? – lo chiamò in disparte Lori.
- Potresti, per favore, prendermi questi? – gli disse, guardandosi attorno, consegnandogli un piccolo foglietto. – non dirlo a nessuno e non fare domande. Prendi e basta, ok? Grazie – gli sorrise e si allontanò.
Dopo che i due partirono in spedizione, Gwen si avvicinò a Rick.
- Potrebbe esserci bisogno della cena sta sera. Vado a caccia.
- Vuoi che mandi qualcuno con te?
- No grazie, me la caverò da sola.
- Ne sono certo, ma sii prudente. E se non dovessi tornare al tramonto verrò a cercarti, ok? – annuì e si congedò, avvicinandosi alla tenda di Carol.
- Carol? – sussurrò. In sua risposta ricevette un mugolio.
- Mi spiace averti svegliata. Ecco.. sapresti descrivermi Sophia? – ricevette un’occhiata interrogativa dalla donna che poco dopo riprese a parlare.
- C… certo. E’ una bambina alta .. più o meno così – imitò l’altezza – capelli castano chiaro, corti e mossi ed occhi chiari. – Gwen annuì uscendo dalla tenda per poi dirigersi alla casa.
- Beth?
- Gwen! Buongiorno!
- Buongiorno anche a te. Potresti prestarmi l’arco?
- Si ecco, tieni – glielo porse senza far domande.
- Scusa, è solo per oggi.
- Nessun problema – le sorrise.
 
Si era inoltrata nel bosco da un po’ e quello che finora le fruttò la caccia non erano nient’altro che un piccolo cerbiatto e due conigli. Probabilmente non molto, ma per quella sera si sarebbero accontentati. Ecco, un’altra parola da aggiungere al dizionario dell’apocalisse: accontentarsi. Accontentarsi di un pasto freddo, di cibo scaduto, di una casa mal ridotta, di abiti sporchi, ed anche di compagnie!
Adesso girava tra gli alberi, dedita solo alla ricerca di Sophia; si muoveva come un ninja, attenta e silenziosa. Cercò di seguire le tracce di Daryl del giorno prima, ma non trovò nulla.
 
Ora era seduta ai piedi di un albero per riposarsi un attimo da quella lunga escursione; sarebbe potuta tornare indietro ma si concesse solo pochi minuti per rilassarsi.
All’improvviso udì un lontano fruscio di piante: un tempo avrebbe potuto far finta di nulla pensando alla cosa come un comune movimento di foglie dovuto al leggero vento che soffiava, ma si alzò di scatto dopo aver udito anche dei passi silenziosi accompagnati da lamenti sapendo bene di cosa si trattasse. Zombie.
Aspettò che si avvicinasse per poi tagliargli la testa con la katana, ma non era solo. Altri cinque avanzavano verso di lei che, indietreggiando – poiché erano molto vicini – andò a sbattere contro l’albero.
Infilzò la lama nel cranio dei primi due che si erano ammassati davanti a lei. Scansò gli altri tre spostandosi alla sua sinistra per poi colpirne due.
L’ultimo le era ad un palmo dal viso costringendola ad indietreggiare, ma cadde a terra ed un rametto le entrò nell’avambraccio sinistro. Cercò di ignorare il dolore, si allontanò cautamente dallo zombie mentre – con la mano destra - si estraeva lentamente la scheggia dal braccio per poi conficcarla nella testa del vagante. Respirò affannosamente appoggiandosi al tronco dell’albero più vicino e scivolando a terra. Chiuse gli occhi premendo sulla ferita.
 
Mentre Glenn e Maggie erano di ritorno con tutto ciò che serviva, il tramonto era vicino e Gwen sapeva di dover tornare al rifugio, ma proprio in quel momento tutte le sue forze parevano abbandonarla. Eppure non si arrese. Slegò la bandana che portava sempre con sé al polso e la legò stretta sull’avambraccio. Si alzò e lentamente torno a quella che era la sua attuale casa.
L’accolsero Rick e Carol.
- Finalmente sei arrivata! Cominciavo a preoccuparmi e per poco non venivo a cercarti – il sole era tramontato da una mezz’ora abbondante ormai, lasciando il suo posto alla luna piena.
- Gwen… - le sussurrò speranzosa Carol ma anche affranta poiché conosceva la risposta. Gwen scosse la testa.
- Mi spiace.. – sussurrò.
- Cos’è quella ferita al braccio? – chiese vigile Rick.
- Oh nulla. Non sono stata morsa, tranquillo. Solo… un ramoscello d’albero – sorrise debolmente.
- Bisogna medicarlo prima che prenda infezione. – annuì mentre lo sceriffo l’accompagnava da Hershel.
- Ehi, che fine ha fatto la tua divisa? – notando il nuovo semplice abbigliamento dell’uomo.
- Ah, quella? Non è più il mio lavoro ormai. O meglio, non mi sento più di esserlo. Non mi appartiene più quel mestiere, avevo bisogno di ritrovare me stesso.
Era come se mi ponesse al di sopra di tutti voi, lasciando a me tutte le decisioni ma non è così. Non decido solo io, le mie scelte sono le vostre.
- Le vostre… - provò a correggerlo.
- Le nostre. Sei una di noi ormai. Fai parte del gruppo, sei di famiglia. – sorrise incoraggiante.
 
- Non devi sforzarlo almeno per un paio di giorni, intesi? – Gwen annuì.
- C’è una cosa di cui vorrei parlarti Gwen… - lo guardò interrogativa.
- Riguardo quella lezione a Beth.
- Le ho solo insegnato a tirare con l’arco!
- Le hai insegnato a combattere.
- Vedila come lezione di difesa o meglio! come hobby.
Seguì un attimo di silenzio.
- Se è come la vedi tu, allora ti ringrazio ma…
- No scusa, hai ragione tu Hershel. Non avrei dovuto prendere l’iniziativa senza il consenso del padre. Per di più lo stesso giorno che mi avete ospitato in casa vostra. Mi spiace, ti chiedo scusa. – le sorrise.
- Non preoccuparti, l’importante è essersi chiariti su questo e sulle proprie idee.
- Si, certo.
- Posso farti una domanda?
- Tutto quello che vuoi.
- Quei punti a Daryl… sono stati messi alla perfezione, come hai fatto? – le raccontò del suo passato da corsista.
- A proposito, lui come sta?
- Sta migliorando. Anzi, puoi andare a controllarlo e portargli da mangiare? Sta mattina ha saltato la colazione ma non può permetterselo, ha bisogno di energie.
- Certo, ci penso io. – prese il piatto con la cena fatto da Patricia ed entrò in camera di Daryl.
- Non si usa più bussare? – Gwen roteò gli occhi divertita. Uscì dalla stanza, busso e rientrò.
- Idiota – rise – non avevo risposto.
- Non fa niente. Sbaglio o hai riso?
- Allucinazioni.
- Mh. Tieni questo, te l’ha preparato Patricia. Devi mangiare, ne hai bisogno. – annuì.
- Mangerò quando sarai andata via.
- D’accordo. Come ti senti?
- Saranno cazzi miei, no?
Gwen lo guardò con un sopracciglio alzato.
- Meglio.
- Posso controllare? – annuì.
Dopo aver fatto la sua piccola visita tornò a sedersi sulla poltrona accanto al letto.
- Ti ho sentita suonare e cantare ieri sera… sei brava.
- Udite e udite, un complimento da Daryl Dixon! Per poco non mi commuovo.
- Cazzona. – Gwen sospirò ormai abituata al suo comportamento.
- Continuerai ad essere così ancora per molto? Sai che dovremo convivere, si?
- Sono fatto così, abituati.
- D’accordo…
Ci fu un momento di silenzio tanto che Gwen per poco non decise di togliere il disturbo e andar via, ma Daryl continuò a parlare.
- No davvero, sei stata brava. Hai esperienze? - lo guardò interrogativa, poi capì che si riferiva al piccolo “spettacolo” di ieri sera.
- Suonavo in una band.
- Che genere?
- Rock.
- Roba forte!
Gwen rise e per un attimo lui sembrò come affascinato da quella risata quasi melodica e pura. Strizzò leggermente gli occhi e si riprese.
- Ma ogni tanto mi dedicavo a qualche canzone più delicata. Così, per conto mio. – sorrise.
- Cosa ti sei fatta al braccio? – notò dopo poco.
- Caccia oggi pomeriggio. Ho provato anche a cercare Sophia, ma ho fallito. Quel compito spetta solo a te – guardò prima verso il basso, poi alzò lo sguardo verso di lui sorridendogli compiaciuta.
- Quella bambola di Sophia… quella che hai portato con te ieri. E’ come se avessi portato un briciolo di speranza nel cuore di quella donna, ed anche per tutti gli altri. Ammiro quello che fai per Carol e la sua piccola. Sei una specie di angelo salvatore, vali molto per tutti quanti loro. – sorrise ed uscì dalla camera pensando a quella conversazione come la più lunga avuta con Daryl finora, un inizio per andar d’accordo.

 

 
SPAZIO AUTRICE

Tadaaaa! Eccomi qui con un capitolo un po’ più movimentato in cui vediamo i protagonisti, Gwen e Daryl, avvicinarsi o almeno cominciare ad avere un rapporto un po’ più d’amicizia.
Vi chiedo scusa per eventuali errori grammaticali. Ringrazio tutte coloro che hanno tra le preferite questa storia, la seguono e la recensiscono. Senza di voi non avrebbe motivo continuare quindi grazie, grazie, grazie! :D
Beh, che altro dire! spero vi sia piaciuto, fatemi sapere e quindi recensite!
Al prossimo capitolo, xo

_ R

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Svolta ***


SVOLTA

Giorni caotici successero dall’arrivo di Gwen.
Daryl si era ripreso, Lori era incinta - e, dopo aver ingoiato e poi vomitato le pillole per l’aborto, confessò a Rick della sua gravidanza chiarendo i suoi dubbi affermando che il figlio era suo – Glenn aveva parlato al resto del gruppo degli zombie nascosti nel fienile, posto cui era vietato visitare. L’aveva scoperto perché, il giorno prima, aveva proposto a Maggie di far l’amore lì, cosa che ovviamente non avvenne. Aveva giurato di non dirlo a nessuno, ma gli altri dovevano saperlo. La loro vita lì fuori probabilmente era in pericolo, ma Hershel non voleva saperne nulla. Per quanto gli riguardava, li aveva accolti nei migliori dei modi e per lui ora potevano anche andar via.
Ma Rick non si arrese e con i suoi modi persuasivi riuscì a convincere il pastore a farli restare ancora lì stabilendo dei patti.
Nel frattempo Shane era fuori di sé, continuando ad imporre di lasciar perdere le ricerche di Sophia e di sbarazzarsi dei vaganti nel fienile. Su questo non riuscirono a fermarlo.
Mentre Rick era di ritorno dalla caccia di morti viventi insieme ad Hershel, Shane aveva spalancato la porta del fienile e, affiancato dagli altri, cominciò a sparare contro gli Erranti.
Beth e Maggie piangevano abbracciate, il pastore e Patricia, sconvolti da quella visuale, si accasciarono a terra disperati. Gwen aiutò gli altri a far fuori gli zombie.
Per un attimo sembrò tutto finito: corpi di cadaveri giacevano a terra, mentre dall’interno si udiva un ultimo lamento ed una bimba – con una maglia blu trasandata e pantaloni strappati – uscì allo scoperto mordendo il vuoto, in cerca di carne viva, avanzando verso loro.
Carol cercò di correrle incontro ma venne fermata da Daryl che l’abbracciò facendola inginocchiare cautamente; probabilmente le gambe non riuscivano più a reggerla in piedi.
D’istinto tutti si portano le mani sulla bocca, sorpresi, sconvolti, rassegnati.
Gwen capì che quella bambina era Sophia e si sentì mancare anche lei.
Shane aveva ragione. Le tante ricerche di Daryl – che per poco non ci lasciava la pelle - risultarono inutili, ed ora tutte le speranze erano bruciate. Non c’era più nulla di positivo in quella vita e avrebbero dovuto saperlo da tempo ormai.
Rick avanzò verso lo zombie-bambina, puntandole una pistola contro e sparando dritto alla testa,  con una lacrima che gli rigava il volto.
 
 
- Carol… Sono pronti. Coraggio. – invitò Lori.
- Perché?
- Perché è la tua bambina. – si aggiunse Daryl.
- Quella non è la mia bambina. E' qualche altra... cosa.
Carol era ormai distrutta. E’ come se un pezzo del suo cuore si fosse strappato, riducendosi in polvere. Tutte le sue emozioni erano svanite: speranza, coraggio, amore. Sarebbe diventata come di pietra, nulla l’avrebbe più scalfita. Nessun sentimento apparteneva più a questo mondo, tutto era morto sin dal principio dell’apocalisse.
 
Intanto gli altri si occupavano di scavare fosse per seppellire i corpi dei loro cari, mentre bruciavano tutti gli altri; Beth era caduta in depressione per via della morte di sua madre e del fratello-zombie. Passava le ore stesa sul letto a fissare il vuoto, nulla riusciva a farla riprendere e c’era bisogno di qualcuno esperto… provando con qualche medicina, magari! ma anche Hershel era scappato dopo l’accaduto al fienile.
- Dove può essere andato? – domandò Rick a Patricia.
- In città… un tempo, quando le cose non andavano bene, si rinchiudeva a bere in un bar. Probabilmente lo troverai lì.
- Ok, allora ci andrò.
- Vengo con te! – lo raggiunse Glenn.
- Glenn, no.. – tentò di fermarlo Maggie.
- Tranquilla, tornerò. Sono con Rick, andrà tutto bene. Voglio andarci. – la ragazza annuì mentre il coreano andò a prendere le armi.
- Sta tranquilla, te lo porterò sano e salvo – sorrise Rick incoraggiandola e posandole una mano sulla spalla.
Poco dopo si dileguarono con la macchina.
 
Nel frattempo Maggie, insieme a Lori, cercava di far riprendere Beth tenendole compagnia.
Ci provò anche Gwen stendendosi accanto a lei, abbracciandola e cantandole qualcosa di dolce, ma era irremovibile.
Così, dopo vari tentativi, ci riprovò per l’ultima volta Lori che, ferma e decisa, le portò da mangiare facendola ragionare e sembrò riuscirci.
Quando tornò a riprendersi il piatto notò che mancava il coltello. Corse dalla ragazzina facendoselo restituire. Ma pochi minuti dopo Beth era rinchiusa in bagno intenta a tagliarsi le vene. Ci riuscì ma se ne penti subito correndo fuori tra le braccia di Maggie e Lori che l’aiutarono.
 
Cominciava a farsi buio, ma Rick, Glenn e Hershel non erano ancora di ritorno.
- Daryl… Rick e gli altri ancora non tornano. Sono preoccupata, potresti andare a cercarli? – chiese Lori supplichevole.
- No, basta! – cominciò ad urlare – ne ho le palle piene di trovare le persone. Non è più compito mio, me ne sbatto.
- Sei proprio uno stronzo.
Così la donna prese una pistola, una cartina ed una macchina e si avviò verso la città.
 
Ormai era notte e non era tornato ancora nessuno. Così Shane se ne andò e tornò dopo un paio d’ore insieme a Lori che, stando a ciò che diceva, aveva fatto un incidente. Gwen pensò a curare le sue ferite e a preparare la cena insieme a Patricia.
 
Dopo essere uscita a consolare Carol, – senza riuscirci molto – Gwen cercò Daryl e lo trovò sotto al suo solito albero. Si sedette accanto a lui silenziosa e dopo qualche minuto prese a parlare.
- Mi spiace per Sophia. Ci tenevi molto a quella bambina e…
- Sono state ricerche inutili. Tutto è inutile ormai. Che andassero tutti a puttane.
- Come puoi dire questo dopo tanto lavoro fatto…
- E tu come puoi venire qui ed giudicarmi!? – alzò la voce adirato – sei qui da poco e ti credi già indispensabile, vero? La dea che tutti aspettavano! Ma la verità è che non sai un cazzo di tutti noi e non te ne frega una minchia. – cercò di riprendersi e ricominciare a parlare tranquillamente.
- Stavo per morire ma non m’importava, il mio unico obiettivo era trovarla. Ma come sempre, ogni cosa che faccio, ogni tentativo diventa vano. Ti rassegni e pensi che nulla andrà mai nel lato positivo. Ti sembra fortuna, quella che sta dalla nostra parte? Solo perché siamo ancora vivi? Io credo sia più vendetta nei nostri confronti. Saremo i pochi sopravvissuti in tutto il mondo, e perché? Perché spetta a noi vedere la morte dei nostri cari? Non credo sia una coincidenza o altro. Forse il karma, non so. E non so neanche perché continuiamo. Tutto questo distrugge, il mondo va a puttane e noi proviamo ancora a restare in vita. A quale scopo? Non possiamo fuggire per sempre da tutto questo, e lo sappiamo. Ma non l’ammettiamo. Non ci sarà una fine, siamo tutti spacciati. – entrambi guardarono davanti a loro sospirando. Gwen era sorpresa da quell’assurda dichiarazione di Daryl. Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere da un tipo come lui.
- Tutto ciò mi fa ricredere su di te – la guardò interrogativa – voglio dire… pensi così tanto!? Mi stupisci sempre più Daryl Dixon! – rise accompagnata da lui.
- Fanculo, sei la solita guastafeste – scosse la testa divertito.
- Ti sbagli su quello che hai detto. Un motivo c’è: hai lottato finora, perché arrenderti proprio adesso? Una fine ci sarà, bisogna solo aspettare che accada. Io penso che il destino è già stato scritto, noi ci mettiamo solo del nostro. Quel che deve succedere, succede. Aspettiamo e basta. E riteniamoci fortunati. Voglio dire, preferirei essere viva piuttosto che ridurmi in quella merda di stato! – disse divertita riferendosi agli zombie -  non voglio abbattermi così facilmente. C’è sempre un motivo per andare avanti e lo troverò. Adesso ne ho uno in più.
- Cioè?
- Voi – sorrise – se fossi stata sola allora sì che avrei messo fine alle mie sofferenze. Ma in compagnia è tutta un’altra cosa. Si lotta per se stessi e per colui che ti è accanto. E voglio crederci. Voglio credere che in fondo a tutta questa merda ci sarà il lieto fine. Qualcosa mi spinge a farlo e la terrò viva finché posso. – ora era lui a guardarla stupita.
“Da dove caccia tutta questa positività?” – si chiese per poi capire che nulla avrebbe abbattuto quella ragazza, così forte e coraggiosa. Nel suo cuore c’era qualcosa di tenero, qualcosa le portava a pensare ciò e che mai l’avrebbe portata a sconfiggersi. Era dolce ma dura allo stesso tempo, proprio come lui.
 
 
Il giorno dopo finalmente Rick, Glenn e Hershel tornano, in compagnia di un altro ragazzo.
- Due tipi ci hanno attaccati e li abbiamo fatti fuori. Erano suoi amici. Era un nostro nemico ed ha provato a spararci contro nascosto sul tetto di un negozio. Ma stava arrivando un’orda di zombie ed il suo compagno l’aveva lasciato lì dopo averlo visto bloccato con una gamba trafitta da un’inferriata. Non c’ho pensato due volte a sfilargliela all’ultimo minuto. Probabilmente ho sbagliato o forse no, ma è un ragazzino e non potevo lasciarlo morire lì. – spiegò Rick al resto del gruppo.
- Sei fuori di testa amico! Lui è un nemico – continuò Shane.
- Come si chiama? – chiese Andrea.
- Randall.
 

 
SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti! Allora, ci tengo a dire che questo era solo un capitolo di passaggio - fatto piuttosto male e con scene anticipate riguardo la serie - ma che, nella sua inutilità, fa notare un avvicinamento a Gwen da parte di Daryl che comincia ad aprirsi e a cacciare il suo lato…. “buono”.
Per il resto ammetto che il capitolo non è un granché e vi chiedo scusa, anche per eventuali errori grammaticali.
Fatemi sapere i vostri pareri, le vostre idee.. recensite! ^^
Alla prossima, xo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Giustizia ingiusta ***


GIUSTIZIA INGIUSTA
 

In quei giorni alla fattoria regnava la confusione. Non che di quei tempi si potesse avere un po’ di pace!
Era giorno da un po’ e Rick e Shane erano andati in spedizione con Randall per poterlo lasciare lontano dalla fattoria dopo averlo curato e sfamato, in modo da potergli permettere di raggiungere il suo gruppo. Il tutto bendato e con cuffiette nelle orecchie, ovviamente.
Erano arrivati ad un parcheggio abbandonato, l’avevano lasciato – ancora con le mani legate – a terra. Poi successe il putiferio: Shane e Rick cominciarono a discutere su cose mai chiarite prima, fino ad arrivare al prendersi a botte, attirando così sempre più zombie.
Nel frattempo Randall si dimenava per raggiungere un coltello e liberarsi, combattendo anche contro un vagante.
Shane corse dentro un pullmino mentre Rick, dopo averne abbattuti tre, corre dall’assalto degli Erranti aiutando il ragazzo. Poco dopo tornò indietro per salvare Shane.
 
 
- Quanti… di quante persone era il tuo gruppo? – chiese Gwen al “prigioniero”.
- Un tempo ero io a fare le domande alle belle ragazze.
- Ti ha fatto una domanda! – sbraitò Daryl dandogli un pugno, probabilmente nervoso dalla risposta del ragazzo.
- Calmo Daryl, non c’è bisogno di questo – cercò di calmarlo Gwen, ma la ignorò.
- Circa 30, comprese donne e bambini. Una volta abbiamo incontrato un padre con le sue due figlie adolescenti e i miei compagni hanno violentato le giovani lasciando che il genitore assistesse. – disse senza ragionarci troppo – ma io non sono come loro. Ve lo giuro! – si affrettò a precisare cercando di riparare quanto detto prima, senza però riuscirci.
A quel punto Daryl, Gwen e Shane uscirono dal fienile e riferirono il tutto a Rick.
La conclusione si sarebbe trovata tutti insieme, al tramonto.
 
 
- Quindi la risposta è ucciderlo per prevenire un crimine che potrebbe non tentare nemmeno? Questo è equivale a dire che non c’è più speranza. Che la legge è morta e che non esiste più una civiltà. – sbraitò Dale. Poi tentò di calmarsi e continuò – si tratta della vita di un uomo e vale molto di più di una discussione di cinque minuti.  E a questo che siamo arrivati? Uccidiamo qualcuno perché non sappiamo più che farne di lui? Tu l’hai salvato – si rivolse a Rick – e ora guardaci. E’ stato torturato! E verrà giustiziato! Come possiamo essere migliori di quelli di cui abbiamo tanta paura? – ci fu un attimo di silenzio – una volta tu mi hai detto che noi non uccidiamo i vivi!
- E’ stato prima che i vivi cercassero di uccidere noi.
- Allora perché l’hai salvato, Rick? – s’intromesse Gwen, ma nessuno le diede ascolto.
- Ma non capisci! Se lo facciamo le persone che eravamo un tempo, il mondo che conoscevamo, è solo un ricordo! – continuò Dale - E questo nuovo mondo è orrendo! .. è crudele, è.. è la sopravvivenza del più forte! Ed è un mondo in cui non voglio vivere. E credo che nemmeno voi lo vogliate. Io non posso! … Vi prego, facciamo la cosa giusta. - silenzio.
- Possibile che non c’è nessuno che vuole stare dalla mia parte?
- Ha ragione lui – disse Andrea – dovremmo cercare un altro modo.
- Io l’appoggio – aggiunse Gwen.
- Qualcun altro? – chiese Rick. Silenzio.
- Che farete, starete anche a guardare?  - continuò Dale - No. Vi nasconderete, proverete a dimenticare che avete massacrato un uomo. – scosse la testa – io non ne sarò partecipe. – Fece per andarsene ma si fermò davanti a Daryl mettendogli una mano sulla spalla – questo gruppo non c’è più – e si allontanò verso il bosco lasciandoli lì impietriti.
 
Intanto Rick, Daryl e Shane riportarono Randall nel fienile, gli bendarono gli occhi e lo fecero inginocchiare. Rick era di fronte a lui che gli puntava la pistola contro ma no, non era pronto. Non aveva il coraggio di premere il grilletto davanti a quel ragazzo che continuava a piangere,  a supplicare ed implorare di non farlo. Ripensava alle parole di Dale, e alla domanda di Gwen. “Allora perché l’hai salvato, Rick?” si ripeteva dentro se, continuando a cercare una risposta a tutto ciò. Già, perché l’ha fatto ed ora era lì, sul punto di ucciderlo?
- Portalo via – ordinò poco dopo all’amico.
 
 
- Lo teniamo in custodia, per ora – annunciò Rick al resto del gruppo, riunitosi attorno al fuoco.
- Vado a cercare Dale – disse Andrea sorridendo.
 
Camminava, ignorando i pericoli che incombevano da mesi ormai: gli zombie.
Camminava spensierato, o quasi. Si rifiutava di accettare una simile sorte per quel ragazzo così giovane e inutilmente pericoloso.
Camminava solo, e l’ambiente che lo circondava era tranquillo. Nessun’anima viva, ma un non-morto si. Lo attaccò alle spalle e non ebbe il tempo per difendersi. Continuava a premergli le sue luride mani sullo stomaco, in cerca di carne fresca.
Solo Andrea lo notò da lontano e – dopo aver chiamato gli altri – corse in suo aiuto. Sparò contro lo zombie ma era troppo tardi.
Tutti erano attorno a lui, davanti ad un Dale agonizzante, ad una scena orribile che nessuno di loro avrebbe mai voluto vedere.
Rick esitò a sparargli dritto in testa, così intervenne Daryl.
- Scusa fratello – fu l’ultima frase che disse al suo amico per poi porre fine alle sue sofferenze.
 
Gwen corse al rifugio inginocchiandosi a terra e cominciando a piangere silenziosamente. Mai si sarebbe aspettata la morte di quell’uomo che tanto le era diventato caro. Le rappresentava una figura paterna, di conforto, un nonno. La sua saggezza, i suoi consigli sapevano sempre aiutare tutti in casi difficili.
Poi vide la chitarra vicino a lei: l’aveva trovata Dale il giorno dopo il suo arrivo. D’ora in poi l’avrebbe suonata pensando a lui, era l’unica cosa che li legava. Poi decise di battezzarla con il suo nome, in sua memoria.
 
 
Il giorno successivo, dopo i funerali di Dale, ancora si discuteva della sorte di Randall.
- Shane assegnerà i turni di guardia, più tardi io e Daryl porteremo lontano Randall e lo libereremo.  Era il piano giusto sin dall’inizio, mal eseguito.
 
Ma non andò proprio tutto come secondo gli accordi.
Diverse ore dopo, mentre tutti erano lontani dal fienile, Shane andò lì pronto ad uccidere Randall, ma non lo fece. Al contrario, lo slegò e lo portò con se nel bosco. Cercò di calmarlo facendogli credere che l’avrebbe aiutato, che sarebbe scappato con lui poiché non voleva più restare lì con gli altri.
- Calma amico, non c’è bisogno di essere violenti, siamo dalla stessa parte ora. Vedrai, ti troverai bene con noi! – disse Randall che lo precedeva.
- Parla di meno e cammina di più – sputò Shane guardandosi attorno. Sicuro che nessuno lo seguisse, attaccò il ragazzo da dietro spezzandogli il collo. Poi si schiantò con la testa contro un albero, rompendosi il naso e facendo uscire un po’ di sangue.
Nascose la sua pistola tra le foglie, poi raggiunse gli altri.
- Rick! E’ scappato! Ha la mia pistola. Quel piccolo bastardo mi ha aggredito alle spalle e mi ha colpito in faccia.
- D’accordo. Hershel, T-Dog, portate tutti in casa. Glenn e Daryl venite con noi – ordinò Rick – io andrò con Shane. Glenn tu con Daryl.
 
Era ormai buio e le ricerche non erano ancora finite.
Daryl, da buon segugio che era, riuscì a seguire delle tracce che portarono al cadavere di Randall, ormai divenuto zombie. Dopo averlo abbattuto, notò che sul suo corpo non c’erano morsi o graffi, così intuì subito che era stato Shane ad ucciderlo.
Nel frattempo Rick tentò di ricostruire la scena del crimine dubitando del suo compagno.
Avevano appena abbandonato il bosco quando, dopo un’accesa discussione, lo sceriffo fu costretto a sparare all’amico che ormai, secondo lui, rappresentava una minaccia per il gruppo.
Alle sue spalle il piccolo Carl aveva assistito alla scena e – dopo un breve momento di silenzio e sguardi preoccupati – mirò alla testa di Shane rianimatosi come zombie, e lo finì.
Stavano per rientrare in casa quando un’orda di vaganti – attirata dagli spari – avanzò verso loro. Glenn e Daryl li avevano raggiunti, intendi a scappare. Gwen – che aveva visto il tutto nascosta, non molto lontana da lì – corse in loro aiuto.
- Correte, mettetevi in salvo! – urlò cominciando a tagliare e infilzare la katana nelle teste degli Erranti.
Dopo qualche minuto tutti erano scesi in campo per combattere. Rick, con l’aiuto del figlio, attirò quanti più vaganti nel fienile per poi dargli fuoco.
Jimmy, che era corso con il camper in loro soccorso, venne assalito e divorato dagli zombie.
Hershel tentò in qualsiasi modo di difendere la sua fattoria ma non ci riuscì.
Le donne cercarono di scappare ma Patricia venne morsa e, quindi, lasciata lì.
Presto si misero tutti in salvo e raggiunsero le macchine per poi fuggire.
Gwen si scontrò con Daryl che era in sella alla sua modo.
- Ho visto Carol in pericolo di lì. Corri da lei – annuì e partì.
Si diresse verso Andrea per aiutarla ma, dopo vari tentativi, l’orda le costrinse a dividersi.
Scapparono verso il bosco, ma in direzioni diverse.
 
Dopo qualche ora – all’alba – si rincontrarono tutti sull’interstatale.
- Dov’è Andrea?
- L’ultima volta che l’ho vista è venuta in mio soccorso. Poi è stata assalita dagli zombie e… non credo ce l’abbia fatta.
- E Gwen? – chiese ansioso Daryl. – L’ho vista prima di venire a prendere te, Carol. Lei mi aveva riferito che eri in pericolo. Dov’è? – la sua amica scosse la testa.
- L’avevo vista raggiungere Andrea.
- Dovremmo tornare a riprenderle – propose spazientito il balestriere.
- No. Non sarebbe la scelta giusta, non è la strada giusta e ne sei consapevole. Per quanto ci riguarda, potrebbe non essere viva, sarebbe inutile – sentenziò Rick.
 
Si rimisero in viaggio ma, dopo qualche chilometro, una macchina rimane senza benzina costringendo il gruppo ad accamparsi nei dintorni.
- Io non resterò qui ad aspettare un’altra mandria di zombie, dobbiamo muoverci subito!
- Nessuno va da nessuna parte – sbraitò Rick.
- Fa qualcosa! – supplicò Carol.
- Sto facendo qualcosa! Sto tenendo questo gruppo unito. E in vita! Lo sto facendo io fin dall’inizio ad ogni costo. Non l’ho voluto questo, io! Ho ucciso il mio migliore amico per voi, per l’amor di Dio! Era il mio migliore amico, ma mi ha attaccato! E in qualche modo si è comportato male anche con voi. Non mi ha lasciato altra scelta! Le mie mani sono pulite! – silenzio – magari stareste molto meglio senza di me. Perché non ve ne andate per i fatti vostri adesso? Mandatemi una cartolina! Andate! Potete fare di meglio? Vediamo quanto andate lontano! Nessuno? Bene. Ma mettiamo le cose in chiaro: se restate, questa non sarà più una democrazia.
Detto questo, qualcuno arrivò alle loro spalle ma non se ne accorsero.
- Mi sono persa qualcosa?

 
 
SPAZIO AUTRICE
Perdonatemi se ho postato questo capitolo dopo tanto, ma ero già nella fase “crisi da scrittore” e così sono stata costretta ad attenermi – fin troppo – al telefilm.
Come avete notato non ci sono molte scene riferenti a Gwen e Daryl, ho preferito dedicare un intero capitolo alla strepitosa finale della seconda stagione, incentrandomi soprattutto sul discorso conclusivo di Rick e su quello di Dale riguardo Randall. Mi piacque molto ciò che disse anche perché non aveva tutti i torti, così ho deciso di riportarlo qui (modificandone qualcosa), anche per ricordare il fantastico personaggio. Mi commossi molto alla scena della sua morte, mi era simpatico! T_T
Tornando a noi, scusate per gli eventuali errori di grammatica o per ripetizioni di frasi.
Ammetto che non è stato un gran capitolo ma mi piacerebbe sapere comunque la vostra opinione. Alla prossima! (Non ci vorrà molto!)
Xo
Lisztomane_R

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Piccola speranza ***


PICCOLA SPERANZA


- Gwen oddio, sei viva! – esclamò Beth con occhi lucidi correndo ad abbracciare la sua amica.
- Sono felice di rivederti… sana e salva! – sorrise Rick ancora visibilmente teso.
- C’è un’altra cosa di cui vorrei parlarvi. Al CDC il dottor Jenner mi riferì che… siamo tutti infetti. Ed è per questo che Shane si è trasformato dopo che l’ho ucciso. – la notizia sconvolse tutti per un attimo, ma poco dopo sembrò abbastanza normale. O meglio, erano abituati a tutto ormai, anche a rivelazioni sconcertanti.
 
 
Passarono diversi mesi dopo l’accaduto alla fattoria ma il gruppo era ancora senza un tetto sicuro sulla testa.
Solo durante una perlustrazione Rick e Daryl videro una prigione recintata ed invasa da vaganti. Per Rick sembrò l’unica salvezza così sgombrarono la zona ed, una volta dentro, ripulirono un blocco in modo da renderlo sicuro ed ospitale.
Nel giro di poche ore si erano stabiliti in quell’ala della prigione, il giorno dopo avrebbero controllato meglio il posto e reso del tutto sicuro.
In tanto Gwen scelse la sua cella al piano superiore – condiviso con il balestriere – e poggiò al muro la chitarra da cui non si era mai staccata.
 
Era ora di cena ed erano tutti riuniti per festeggiare questo ritrovo. Tutti tranne Daryl. Finì di mangiare, prese un piatto e lo riempì con del cibo avanzato, poi uscì a cercarlo.
Lo trovò ad un’area all’aperto ma più interna, seduto a fissare il vuoto. Si avvicinò lentamente e si sedette accanto a lui.
- Perché te ne stai sempre da solo? Sono tutti dentro, insieme, per.. ‘brindare’. – non rispose.
Gli porse il piatto che prese senza guardarla e mangiò silenziosamente.
- Credevo fossi morta.
- Come?
- Quel giorno… all’attacco alla fattoria. Volevo tornare a cercare Andrea – esitò – e te. Ma ero bloccato. Sarebbe stato troppo rischioso, dicevano. Ma credo che sia stato più rischioso per te affrontarli da sola e riuscire a scappare nonostante tutto.
- Non è stato molto difficile. All’inizio anch’io temevo il peggio ma se c’è una cosa che so, è che non bisogna abbattersi nei momenti difficili o pensare alle cose peggiori in quegli istanti. Non ho mollato, continuavo a ripetermi ‘devo tornare da loro. Li troverò’ e l’ho fatto. Quindi non preoccuparti – provò a confortarlo. Cacciò dalla sua tasca il suo vecchio mp3 che teneva nascosto in qualche parte nello zaino.
- Guarda cosa ho ritrovato! – disse allegra – sono le sue ultime tre tacchette. Ti va di ascoltare qualcosa? – annuì. Lasciò a lui il compito di scegliere la canzone e, con sua sorpresa, scelse ‘Zombie – The Cranberries’.
- Anche a te piace la roba forte! – scherzò.
- Era tra le mie preferite.
- Direi che è molto adatta adesso.
- L’hai mai provata con la tua band? – Gwen annuì.
- Cantala.
- Come?
- Cantala. Anche solo una sola strofa – sorrise. Era la prima volta che glielo vide fare, ma non durò molto. Cominciò a canticchiare in contemporanea al pezzo che risuonava negli auricolari.
Era seduto accanto a lei. Erano molto vicini, i loro corpi si toccavano e le loro mani si sfiorarono. Gwen tossì imbarazzata e si alzò di scatto.
- Vado a dormire. Buonanotte Daryl.
 
 
Il mattino successivo, desiderosi di trovare cibo e munizioni, Rick riunì un gruppetto composto da lui, Daryl, T-Dog, Hershel, Gwen, Glenn e Maggie per avventurarsi nella prigione.
Nel tragitto, si imbatterono in orde di non-morti un tempo detenuti e guardie del carcere.
Non ebbero via d’uscita e furono costretti a fuggire per poi barricarsi nella dispensa.
Rick – dopo essersi accordo del morso sulla caviglia di Hershel – gli tagliò la gamba per evitare che l’infezione si diffondesse. Non ne era sicuro, ma ci provò. Il tagliò causò una grave emorragia che fece perdere i sensi al vecchio.
Intanto, oltre le sbarre, cinque detenuti li osservavano. Si presentarono raccontando della loro situazione e convincendo Rick del fatto che non fossero pericolosi anche perché erano praticamente disarmati, eccetto una pistola.
- Ok, potremmo fare così. Potremmo dividere la prigione, ma non dovete avvicinarvi a noi per nessun motivo. Domani vi aiuteremo a ripulire un blocco, in cambio ci darete metà delle scorte di cibo.
- Non c’è n’è rimasto molto.
- O questo o la vita lì fuori. I patti sono chiari.
- Accettiamo – rispose Tomas, il tipo con i capelli lunghi, muscoloso e con un tatuaggio sul braccio, che non tolse gli occhi di dosso a Gwen neanche per un istante. Daryl lo fulminava con lo sguardo, non gli era stato simpatico sin dall’inizio e non lo convinceva tuttora.
 
Il giorno dopo i suoi sospetti furono veritieri.
Tomas uccise, senza esitare, il suo amico Big Tiny che – mentre ripulivano un’ala della prigione come promesso - venne graffiato sulla schiena da uno zombie. Lo fece violentemente e questo suo gesto mise in allerta Rick e Daryl.
Poco dopo Rick si ritrovò costretto ad infilzargli un machete in testa poiché – oltre che a ritenerlo pericoloso - tentò di ucciderlo prima cercando di decapitarlo insieme ad un vagante, in modo da farlo sembrare un incidente, poi lanciandogli deliberatamente uno zombie addosso.
Un altro, Andrew, scappò rincorso dallo sceriffo che lo lasciò nel bel mezzo di un cortile esterno gremito di zombie chiudendogli il cancello alle spalle e condannandolo in quel modo.
Dei cinque detenuti fu risparmiata la vita soltanto a due, Axel e Oscar. Rick decise di lasciarli soli in un blocco disinfestato.
 
Nel frattempo nel resto del gruppo tutto sembrò stabilizzarsi: Hershel si riprese grazie all’intervento di Lori e l’aiuto di Carol con le medicazioni. Rick e Glenn erano in una spedizione per prendere tutto ciò che poteva servire: altro cibo, coperte, munizioni, ulteriori medicine ed altro.
Daryl sembrò evitare Gwen per tutta la giornata e lei lo notò. Era al piano di sopra del loro blocco e lo raggiunse.
- Cos’hai? – non rispose. Lo prese per un braccio e, con fatica e rabbia, lo girò verso di se.
- Ti ho chiesto cos’hai.
- Hai rotto il cazzo, ok?
- Cos’ho fatto adesso?! – lo guardò con occhi increduli e aperti.
- Sei sempre al centro dell’attenzione e mi dai sui nervi! – le si avvicinò prepotentemente, così tanto che i loro nasi si sfiorarono – hai finito di civettare con chiunque ti capiti davanti?
- Ma se me ne sto per conto mio! – quasi mormorò – non so di cosa tu stia parlando. – il suo sguardo si alternava dai suoi occhi alla sua bocca sottile.
- E smettila di guardarmi come se volessi baciarmi – scherzò lui.
- Potrei dire lo stesso di te. Ma non lo fai! Probabilmente non hai il coraggio. Cos’è Daryl Dixon, hai lasciato le palle appese all’albero di Natale? – lo provocò con sorriso malizioso.
No. Non la baciò, non l’avrebbe mai fatto. O meglio, se avesse voluto farlo, non in quel momento. Non così.
- Fottiti.
Furono interrotti dall’arrivo di Rick e Glenn al piano di sotto.
- Chi sono loro? – Gwen udì la voce lontana di Beth guardando interrogativa il balestriere.
- Fantastico, altra gente con cui civettare! – lo disse in modo scherzoso e a bassa voce, ma Gwen lo sentì. Scese le scale e non sembrò credere ai suoi occhi.
- Jason… - disse con voce flebile ed, incredula, si portò una mano alla bocca.

 
SPAZIO AUTRICE
Sì, è molto corto ma solo perchè è un 'capitolo di passaggio', tranquille. Ho voluto concludere in questo modo con l'intento di farvi stare sulle spine. Spero di esserci riuscita! ;D
Scusate gli errori di grammatica, ma andavo molto di fretta. Alla prossima (sarà a breve, tranquille!)
Xo,
_R

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ricominciamo ***


RICOMINCIAMO


- Lo conosci? – chiese Rick.
- E’.. è mio fratello – rispose Gwen ancora incredula.
- Come lo hai trovato?
- Vagava per i boschi e stava per essere attaccato da uno zombie. L’ho aiutato e mi sembrava aver bisogno di aiuto. Però, come vedi, non è solo.
- Già. Chi sei tu?
- Lui è Mick – rispose Jason al suo posto – è un mio amico… di avventure. Vi potete fidare, è un tipo apposto. - Rick guardò la sorella in cerca di conferma che arrivò.
- Se lo dice lui!..
- Ok. Però non vi ho ancora fatto… 3 domande.
- Mh?
- Quanti vaganti avete ucciso?
- Abbiamo perso il conto. Un centinaio sicuro.
- Quante persone avete ucciso? – la risposta arrivò dopo un attimo di silenzio.
- Una – rispose Jason. A quella parola Gwen sussultò.
- Perché? – anche questa volta esitò a parlare.
- Per evitare che si trasformasse. Per evitare che soffrisse.
A Gwen si riempirono gli occhi lacrime ma no, non avrebbe pianto. Non davanti a tutti. Non dopo essersi dimostrata di essere forte. Non sarebbe scoppiata al primo ricordo doloroso. Avrebbe affrontato anche quello, come tutto.
- Ok. Al piano di sopra c’è una cella libera… è vostra. – sorrise lo sceriffo e i due ragazzi ricambiarono.
Gwen gli aiutò a sistemarsi e, nel frattempo, osservava il nuovo arrivato.
Mick dimostrava di avere poco più della sua età – circa 23 anni – era alto, magro ma muscoloso, capelli neri, occhi verdi come i suoi ma più scuri, profondi, misteriosi, quasi celassero qualcosa di… oscuro. Dalla sua camicia a V si intravedeva una piccola cicatrice poco sopra la scapola. Non era molto profonda, ma ben visibile.
Gwen avrebbe fatto la sua conoscenza a poco a poco e attentamente. Jason si era fidato, ma non per forza doveva farlo anche lei. Certo, il fatto che il fratello l’avesse accettato con lui la tranquillizza, ma stare all’erta non fa mai male.
Scese per prendere un po’ di cibo ai ‘nuovi arrivati’, per poi risalire, lasciare il mangiare accanto al letto ed uscire. Ma non ritornò nella sua stanza, si sedette lì fuori e restò un po’ ad origliare ciò che dicevano. Certo, non era buona educazione e le era stato insegnato di non farlo, ma era pura curiosità.
- Non mi avevi detto di avere una sorella così carina – e ne parlavano ancora adesso? Quella frase, però, fece nascere, inconsciamente, un sorriso sul volto di Gwen.
- Non sapevo neanche fosse viva.
- Sono contenta che tu l’abbia ritrovata.
- Già, anch’io.
Una fitta al cuore le fece ricordare di quanto abbia sofferto senza suo fratello accanto e, dentro di se, sapeva di aver abbandonato le ricerche per un po’ e questo la fece sentire dannatamente in colpa. Il fatto che ora si fossero rincontrati lo considerava un miracolo e ne era contenta, tanto.
Fece per alzarsi e tornare al suo letto, ma una figura davanti a lei glielo impedì.
- Non ti avevo visto arrivare. – e neanche sentito i suoi passi, era troppo assorta nei suoi pensieri. Nel suo sguardo capì che anche lui aveva ascoltato qualcosa di quella conversazione. Ma, ovviamente, non importava.
- Sono felice per te.
- Come?
- Tuo fratello..
- Ah si, grazie. - era quasi entrata nella sua camera, ma la sua voce la fermò di nuovo.
- Vedo che hai nuovi pretendenti, proprio come ti avevo detto.
- Non ce ne sono mai stati altri e non ce ne sono tuttora. Poi non credo ti riguardi. – annuì poco convinto e quasi imbarazzato.
- Buonanotte.
- ‘Notte Daryl.
 
 
Era mattino presto, il sole era sorto da poco e Gwen fu la prima a svegliarsi. Fece colazione e, dopo essersi rinfrescata, uscì all’aria aperta.
Qualcosa, però, la blocco insospettendola. La prigione era stata resa sicura due giorni prima, allora perché degli zombie vagavano nel cortile? Poi guardò verso la recinzione e notò che una piccola parte era stata aperta.
- Cazzo – sussurrò. Corse dentro per prendere le sue armi e risvegliare tutti.
- Rick! – urlò – tutti in piedi, forza!
- Gwen calmati. Cos’è successo?
- Qualcuno deve aver aperto il recinto – prese fiato – gli zombie stanno invadendo di nuovo la prigione.
 
Il gruppo che all’inizio, compatto, attaccò i vaganti, ora si era diviso. Nel tutto, un allarme riecheggiava nell’aria attirandone sempre di più. Da lì, il panico.
Hershel, insieme a Beth, riuscì a mettersi in salvo non potendo combattere molto per via della gamba.
Maggie, Lori e Carl fuggono precipitosi all’interno della prigione.
T-Dog, dopo essere stato morso ad una spalla, si sacrifica per salvare l’amica Carol fungendo da carne viva per gli azzannatori.
A Lori, invece, le si ruppero le acque costringendo il trio a nascondersi in uno sgabuzzino reso sicuro, al momento, dal piccolo Carl.
Tentò di partorire in modo spontaneo, senza riuscirci. Sicura, sin dall’inizio, di ciò che sarebbe successo, ordinò a Maggie di procedere con il taglio cesareo.
- Carl – sussurrò piangendo e il piccolo le si avvicinò – voglio che tu sappia…
- No, mamma no. Non dirlo.
- Ascoltami. La mamma ti ama tanto. So che tu ce la farai, sei grande ormai. Sei il mio piccolo ometto – sorrise – sono orgogliosa di te.
- Mamma – mormorò Carl, mentre sulle sue guance le lacrime scendevano copiosamente. Maggie continuava a scuotere la testa.
- No. Non lo farò. Non posso farlo! Non ne sono capace!
- Maggie, calma. Respira e ascoltami. Ce la farai, ok? Metti in salvo il bambino. – annuì e prese in mano il coltello.
- Scusa.
Tagliò il suo ventre in modo deciso, fin troppo.
- Carl, voglio che tu sia forte. Non farti corrompere da questo mondo caduto, ormai, in rovina. Prenditi cura di tuo padre. – furono le ultime parole di Lori prima di morire dissanguata.
Maggie prese tra le braccia il nascituro dandogli dei colpetti dietro la schiena per farlo piangere. Poi l’avvolse in uno straccio ed entrambi lo guardarono continuando a piangere.
- E’ una femmina. – notò la donna ma Carl, ancora completamente scosso, non rispose.
- Dobbiamo andare. – annuì guardando sua mamma che giaceva a terra.
- Tu comincia ad andare, ti raggiungo tra poco. – prese la pistola e, affranto ma determinato, le sparò dritto alla testa.
Intanto Daryl, Rick e Glenn, aiutati da Axel e Oscar, raggiungono la sala che forniva energia elettrica e scoprono che a far scattare gli allarmi e far arrivare gli erranti era stato Andrew.
Rick lo guardò sconcertato, sicuro di averlo lasciato a morire giorni prima.  Ora era lì davanti a loro, tornato per vendicarsi.
Durante uno scontro tra i due, la pistola dello sceriffo capita tra le mani di Oscar che spara al vecchio amico riuscendosi a guadagnare definitivamente la fiducia di tutti.
 
Di ritorno alla prigione, il quintetto trova il cadavere di T-Dog e, non molto distante da lui, il foulard di Carol. Dopo aver raggiunto finalmente il resto del gruppo – o ciò che ne restava – Rick guardò verso Carl e Maggie che stringeva tra le braccia una bambina. Non notando accanto a loro sua moglie, scoppiò a piangere disperato, crollando a terra per il dolore.
 
 
Lo sceriffo era ormai fuori di sé, nessuno riusciva a ragionare con lui, mentre Daryl prese in mano la situazione sostituendolo nel suo ruolo di leader.
Intanto, nel loro blocco, avevano accolto anche i due detenuti sopravvissuti che si erano dimostrati fedeli e innocui.
- La piccola ha bisogno del latte artificiale – annunciò Hershel.
- D’accordo. Io e Maggie andremo a cercarlo – rispose Daryl.
 
Rick, nel frattempo, sembra essere totalmente assente dalla realtà. La rabbia che ha dentro lo divora e così, armato di un’accetta, decise di recarsi nei meandri della prigione e abbattere tutti i vaganti che gli intralciavano la strada, sfogandosi.
Sovrappensiero, riesce a raggiungere lo sgabuzzino dove, il giorno prima, aveva partorito sua moglie.
Il corpo di Lori non c'è più, e Rick, in preda al dolore, massacra uno zombie presente nella stanza, notando che dalla sua bocca spuntavano diverse ciocche di lunghi capelli castani.
 
Diverse ore dopo, Daryl e Maggie tornano con il latte ed anche uno opossum per la cena.
Il balestriere prende in braccio il piccolo fagottino e comincia ad allattarla con il biberon che era stato riempito subito dopo il suo arrivo.
Davanti a quella scena, a Gwen le si riempì il cuore. Vedere un Daryl, tipico uomo brusco e tenebroso, essere così vulnerabile davanti ad una bambina e tenerla tra le braccia le fece vedere, per un attimo, la persona che, capì, celava nel profondo. Quasi si commosse.
- Ha già un nome?
- Non ancora ma… stavo pensando di chiamarla Sophia. Poi c’è anche Carol. E… - sospirò Carl – Andrea, Amy, Jacqui, Patricia. O… Lori. Non lo so.
- Si… ti piace? Eh? Piccola spaccaculi. – tutti risero – giusto? E’ un bel nome, piccola spaccaculi. Ti piace, vero? Ti piace tesoro? – chiese con fare paterno alla bambina.
Quel suo modo di fare con la piccola fece colpo nel cuore di Gwen che si addolcì e capì molte cose di lui.
Proprio in quell’istante alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo. Si fissarono per un paio di secondi, mentre il suo cuore cominciò a battere all’impazzata.


SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte!
Eccomi qui con un nuovo capitolo! Giuro che quando lo scrivo su Word esce lungo tipo 3 pagine, qui svanisce tutta la magia :o
Parlando seriamente, siamo giunti ad un'altra morte ed un'apparente Carol scomparsa. L'arrivo di Jason e un certo interessamento di Gwen nei confronti di Daryl, e viceversa. Ci stiamo avvicinando sempre più alla storia vera e propria. Mi scuso se questi capitoli un pò corti son noiosi da leggere e poco interessanti, mi scuso se vi faccio aspettare tanto per ricevere un qualcosa in più dalla storia. Scusate anche per gli errori grammaticali o ripetizioni, non sono proprio il massimo come autrice, vero? ç_ç
Ringrazio tutte coloro che, nonostante tutto, seguono e recensiscono costantemente la storia.
Alla prossima, xo
_R

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Che giorno è? Che ora è? ***


CHE GIORNO E'? CHE ORA E'?

 

Erano passati tre giorni dalla morte di Lori. Rick, nonostante le allucinazioni, riprese ciò che restava della sua vita tra le mani, si fece forza e coraggio e tornò dal suo gruppo, certo che avessero bisogno del suo aiuto.
- Ci sei mancato – aveva solo detto Gwen allo sceriffo, che rispose con un sorriso.
Gli altri, preoccupati, chiesero come si sentisse senza ricevere risposta.
 
 
- Ok, mi spiace interrompere questo momento di ritrovo e felicità, ma qui le scorte stanno terminando e non sono più sufficienti per tutti noi. Ed anche le munizioni. Bisogna organizzare una spedizione – annunciò Glenn. Daryl era già pronto a proporsi, ma Gwen lo precedette.
- Andrò io.
- Da sola? – chiese il cacciatore guardandola incerto.
- Vado con lei – aggiunse Mick.
- Uh, l’allegra coppietta! – scherzò Daryl irritato, mentre la ragazza abbassò la testa imbarazzata.
Tornò nella sua cella per recuperare la sua katana ed una grande sacca. Lo stesso fece il suo compagno d’avventura.
 
 
Erano giunti in città con non poche difficoltà, ma ce l’avevano fatta.
Mick avanzava spedito verso l’entrata di un market di quella zona, ma Gwen lo fermò.
- Hai intenzione di entrare tutto sparato e farti mordere?
- Scusa.
Si avvicinò alla porta e bussò.
- Devi aspettare tre secondi. In questo modo attiri l’attenzione degli erranti che sono lì dentro. Se ci sono. – non fece in tempo a concludere la frase che circa cinque azzannatori si schiantarono contro il vetro.
- Non sono molti, potremmo farcela. Apriamo? – chiese Mick ricevendo un assenso dall’amica.
Gwen ne fece fuori due in un solo colpo con la sua katana. Mick riuscì a colpirne uno ripetutamente sul cranio – poiché di farla finita non ne volle sapere – venne poi attaccato alle spalle da un altro zombie. Girò su se stesso per prendere il controllo su di esso ed abbatterlo. L’ultimo rimasto gli si attaccò al collo: era vicinissimo, mancava poco e l’avrebbe morso, ma Gwen evitò ciò. Lo tirò indietro verso lei per poi trafiggerli la testa con la sua spada.
- Tutto ok? – chiese scrutando il suo corpo.
- Sì, grazie.
Entrarono nel locale dandosi un’occhiata attorno: non era avanzato molto, ma quello che c’era sarebbe bastato per almeno due giorni. Mick prese quanto più cibo possibile e lo raccattò nella sua sacca, mentre Gwen girava tra gli scaffali del reparto ‘intimo’ prendendo dentifricio, assorbenti, shampoo, bagnoschiuma, rasoi, profumi. Prese anche delle candele, un giornalino di fumetti pensando a Carl, – si era molto affezionata al ragazzino in quel periodo – un ciuccio ed una paperella giocattolo per la piccola Judith. Trovò anche un reparto abbigliamento e prese vestiti, maschili e femminili, di tutte le taglie disponibili. Sarebbero serviti per qualsiasi caso.
- Sei pronta?
- Si, tu?
- Si. Possiamo tornare.
- E’ stato piuttosto facile, non credi?
- Già…
Si girarono verso la porta e fu in quel momento che notarono un orologio digitale appeso alla parete.
- E quello? – lo indicò Mick.
- Sembra funzionante ed anche… nuovo. Strano.
Indicava persino il giorno – mercoledì 14 ottobre – e l’ora ’15.57’ lampeggiava sullo schermo.
Mick sorrise amareggiato.
- Cosa c’è? – chiese la ragazza notando il suo cambiamento d’umore.
- Domani… è il mio compleanno. Coincidenza divertente, non è vero? – rise.
Gwen si avvicinò alla cassa e prese lo sgabello che era dietro al bancone – affianco ad un cadavere putrefatto – lo posizionò davanti l’ingresso, ci salì sopra e prese l’orologio appoggiato ad un chiodo.
- Questo potrebbe servirci! Ma sarà meglio anche trovare delle batterie, nel caso dovesse scaricarsi. Ci penso io – fece l’occhiolino e, con quella scusa, tornò tra gli scaffali prendendo delle pile ed un muffin al ‘reparto dolci’, un piccolo pensiero per il compleanno di Mick.
All’improvviso udì un rumore provenire dall’entrata, dove aveva lasciato l’amico.
- Mick? Sei tu? – estrasse la pistola dalla sua cinta ed avanzò verso l’ingresso del market.
Davanti a se vide un tizio, un po’ grassottello, che teneva stretto a sé il povero Mick, premendogli una mano sulla bocca.
Come aveva fatto ad entrare senza attirare l’attenzione dei vaganti? O senza farsi sentire o permettere a Mick di difendersi?
Gwen gli puntava la pistola contro, con le braccia tese ma tremanti.
- Chi sei tu? Lascialo subito andare – ordinò.
- Calma moretta. Gli intrusi qui siete voi, non io. E’ mio questo posto.
- Non più. Niente appartiene a nessuno di questi tempi, dovresti saperlo.
- Oh, a me non importa. Mi piace restare ancorato al vecchio mondo. Poi, non so se si noti, ma non mi piace aiutare la gente. – Gwen sospirò. Ok, non c’era da fidarsi di quel tipo. Possibile che esistessero sopravvissuti ancora di quel parere? – Amico, perché non dici alla tua ragazza di abbassare l’arma? Così magari potrei lasciarti andare, altrimenti prenderei lei. – mollò la mano dalla sua bocca.
- Gwen, butta via la pistola – disse poco sicuro ed impaurito. Poi, si scambiò un’occhiata complice con la compagna.
Annuì e, lentamente, portò a terra la sua Colt mod. Toccò quasi il suolo ma, con uno scatto veloce, la riprese e sparò alla spalla dell’indesiderato.
- Mick, la porta! Aprila! – urlò e l’amicò eseguì l’ordine. Dopo pochi secondi un gruppo di vaganti, attirati dallo sparo, era intento a fare irruzione nel locale. Poi, dopo aver preso le sacche, corsero verso il retro. L’uomo, nonostante steso a terra ferito e circondato da due zombie, riuscì a sparare verso loro prendendo solo di striscio la gamba di Gwen. Trattenne a stento un urlo mentre continuava a correre con la ferita che le bruciava.
Arrivarono alla porta che spalancarono senza pensarci troppo, trovandosi davanti una decina di zombie. Non ebbero scelta. Scesero le scale mentre i vaganti avanzavano verso i due. Gwen estrasse la katana dal suo fodero e cominciò a tagliare teste, anche se con uno sforzo che le costò una fatica per via del dolore.
Mick la salvò da uno zombie affamato che le si era attaccato alla gamba. Le parve un déjà-vu.
Dopo che ebbero finito lo ‘sterminio’, si allontanarono a passo svelto in cerca di un posto sicuro dove fermarsi per qualche minuto.
A pochi isolati da lì trovarono una casetta un po’ malconcia, ma non era importante. Mick la ripulì subito dalla presenza di un errante, poi aiutò Gwen ad entrare sorreggendola per un braccio. La fece stendere su un divano per poi inginocchiarsi davanti a lei cominciando a fasciarle la ferita con la bandana che lei portava al suo polso.
- Vedi che ogni cosa ha la sua utilità? – scherzò mordendosi il labbro.
- Sei stata molto coraggiosa.
- Non è la prima volta che mi capita.
- Grazie per avermi salvato… due volte! – sorrise. Un sorriso sincero e puro, che inondò di calma l’animo di Gwen.
- E tu per avermi tolto quel cadavere dalle calcagna – ricambiò.
- Dovresti riposarti un po’ per il viaggio di ritorno. Dobbiamo tornare assolutamente prima che faccia buio, o gli altri si preoccuperanno. E tu hai bisogno di cure.
Annuì.
- D… dobbiamo ancora prendere le munizioni.
- Ci penseremo un altro giorno, non importa. Per oggi può bastare, apprezzeranno. – Gwen annuì mentre, lentamente, si addormentò sotto lo sguardo vigile di Mick.
 
Alla prigione
 
- Non avremmo dovuto lasciarlo andare con lei. Non lo conosciamo del tutto, non sappiamo ancora se possiamo fidarci! – sussurrò Daryl ai suoi compagni, per non farsi sentire da Jason.
- Non devi preoccuparti. Se avesse voluto ucciderci, l’avrebbe già fatto, non credi? E poi, è visibilmente attratto da quella ragazza, non le farebbe mai del male. Piuttosto direi che le salverebbe la vita! – fece notare Hershel, mentre Daryl storse il muso contrariato.
- Vado a farmi un giro per i blocchi – annunciò.
- Ti accompagno – si propose Oscar insieme al giovane Carl.
Rick, intanto, prese in disparte il vecchio, fidato amico e dottore/veterinario, per confessare le sue preoccupazioni.
- Ricordi quando l’altro giorno mi hai raggiunto allo sgabuzzino e ti ho parlato di quel telefono che squillava? – Hershel annuì interrogativo – q…quelle persone, dall’altro capo della linea, erano Amy, Jim, Jacqui – sospirò – e Lori. – il vecchio sorrise sorpreso – lei.. lei diceva di amarmi, mi spronava ad andare avanti ora che ho una figlia a cui badare. – scosse la testa nervoso mentre le lacrime gli pungevano gli occhi – le ho chiesto scusa. Scusa per non essere riuscito a proteggerla, per non esserci stato al momento del parto, al momento della sua morte. Scusa per il risentimento che avevo e che, nonostante tutto, l’amavo e continuo ad amarla. Sono pazzo, lo so. Tutto ciò magari è stato frutto della mia mente, ma sfogarmi e sentir dire quelle cose, mi ha liberato da un peso che mi divorava dentro. Io continuo a vederla ovunque tra queste mura o all’esterno. Non so se riuscirò ad andare avanti senza di lei, ma so di doverci provare. Glielo devo. – Hershel, in tutta risposta, gli posò, incoraggiante, una mano sulla spalla.
- Hai sopportato molto finora. Ce la farai, come sempre. Lei è fiera di te. – lo disse convinto, ma era molto preoccupato per Rick riguardo le sue allucinazioni che avrebbero potuto gravare, col tempo, sulla sua salute .. mentale.
 
 
Mick abbandonò, per qualche minuto, la veglia su Gwen per fare un giro di ricognizione della casa. Non trovò molto: della carne in scatola, dei cereali a breve scadenza, un pettine nel bagno e, come unico grande bottino, una beretta M9 nascosta sotto ad un letto di una camera insieme ad una misera scatola di proiettili: ne conteneva la metà del dovuto, ma potevano andare; era pur sempre qualcosa!
Le pareti di quella stanza erano bianche, tappezzate di poster, disegni, e fotografie rappresentanti la famiglia di quella dimora: una signora sulla cinquantina, con capelli biondi raccolti in uno chignon, sedeva sul divano dove ora Gwen dormiva beata, fiancheggiata da suo marito, un uomo alto e pelato con baffi neri, e quella che sembrava essere loro figlia, una ragazzina con lunghi capelli castani ed un sorriso smagliante.
Sulla scrivania vide un carillon con un cassettino interno: lo aprì e trovò una collana con un’ancora argentata come pendente. Gli parve essere un oggetto prezioso e fragile e, con molta delicatezza, lo prese tra le mani, lo pose in un piccolo sacchetto di stoffa – trovato tra tante cianfrusaglie in un cassetto del mobile – e lo mise in tasca.
Tornò all’ingresso e vide che la sua amica si era svegliata.
- Ben svegliata. Guarda cos’ho trovato! – gli mostrò la pistola e le munizioni – la fortuna ci ha assistito! Non è molto, ma possiamo accontentarci – sorrise – come ti senti?
- Meglio. E poi voglio andarmene di qui, torniamo alla prigione. – Mick annuì aiutandola ad alzarsi. Prese le sacche porgendogliene una; con un braccio le avvolse il bacino, mentre lei attorno al suo collo e, zoppicando, si avviarono verso la loro casa.
 
A pochi metri dall’arrivo, Gwen dovette fermarsi per riposare la gamba e riprendere fiato.
- Non puoi continuare e camminare in quelle condizioni – disse Mick indicando la ferita. Le si avvicinò posando un braccio sotto le sue gambe, ed uno dietro la schiena. La sollevò e la portò in braccio verso la prigione.
Gwen, nel frattempo, osservava ogni dettaglio del suo volto: i suoi lineamenti ben definiti, il suo mento pronunciato ed i suoi grandi occhi che teneva sempre stretti a due fessure come per scrutare ogni cosa. Quel particolare le fece venire in mente Daryl. Per tutta la giornata era riuscita a non pensarlo, o quasi.
 
Erano giunti a destinazione mentre i loro compagni, vedendoli arrivare, gli corsero incontro preoccupati, aiutandoli con le sacche e sorreggendo Gwen. Erano tutti presenti, tranne Daryl. Il suo cuore perse un battito, poi vide che mancavano all’appello anche Oscar e Carl e si calmò pensando fossero da qualche parte nella prigione a svolgere qualche piccolo compito, come prendere della legna.
- Cosa ti sei fatta? – chiese Beth.
- Ti spiegherò tutto dopo – la biondina annuì portando la sua compagna dal papà che subito la medicò.
- Non c’è bisogno di alcun punto. Fortunatamente il proiettile non ti ha colpita ma solo sfiorata, quindi è bastato solo disinfettare e coprire la zona con un po’ di garza. Comunque, cerca di non affaticarti. – Gwen annuì.
In quell’istante, dalla porta che dava l’accesso a quel blocco, entrò Daryl che teneva tra le braccia una Carol distrutta e disidratata, seguito da Carl e Oscar.
La situazione fu un po’ come quella all’arrivo di lei e Mick: Hershel si accertò dell’assenza di morsi o graffi sul suo corpo, mentre Beth le preparava un pasto caldo.
Gwen cercò lo sguardo del balestriere che la vide fulminandola. Sussultò impaurita, abbassando lo sguardo.
Cosa le prendeva? Non si faceva intimorire così facilmente neanche dai suoi genitori, figuriamoci da un conoscente! Anche se, probabilmente, Daryl per lei era tutt’altro che conoscente. Sentiva che stavano diventando… amici. Dopotutto all’inizio, nonostante i soliti battibecchi e provocazioni, erano riusciti ad avere discorsi seri o che duravano almeno un paio di minuti.
Essere conoscenti significava limitarsi ad un ‘buongiorno’ ‘grazie’ ‘prego’ ‘come va?’, quindi di certo non lo erano. Erano, per sua fortuna, qualcosa di più. E le faceva piacere.
 
Era notte ormai, Gwen aveva trascorso le ore stesa a letto a ‘riposare’ come aveva detto Hershel, ma non era riuscita a chiudere occhio. Si alzò ed uscì dalla stanza.
Passò tra le celle: molti erano ancora svegli. In quella del fratello, accanto alla sua, mancava Mick. Sul piano non c’era neanche Daryl.
Scese le scale inoltrandosi nella cucina e, osservando l’orologio -che era stato appeso alla parete poco prima – che segnava le 00.32, prese il muffin che aveva preso di nascosto, ci mise sopra una candela e l’accese.
Uscì di lì andando verso il cortile e lo vide seduto con le spalle al muro. Si sedette accanto e gli porse la tortina.
- Buon compleanno! Non è molto come regalo, scusa – abbassò la testa imbarazzata. Lui sorrise.
- Esprimi un desiderio! – lo incoraggiò. Mick soffiò sulla candelina.
- Fatto?
- Sì, ma le tue labbra non sono ancora sulle mie.
Quella frase spiazzò letteralmente Gwen, che lo guardò stupita. Il viso di lui le si avvicinava piano e sicuro nei suoi movimenti. Poi, con un’ultima mossa, spazzò via la distanza tra loro e la baciò dolcemente. Non durò molto, ma quel poco bastò per far nascere dentro lei sentimenti contrastanti a quelli che credeva di iniziare a provare per Daryl.
- Averti accanto a me è già un gran regalo.
 
 
Saliva le scale silenziosamente ripensando a quel dolce bacio. Un Daryl ed una Carol, un po’ troppo vicini per i suoi gusti, interruppero i suoi pensieri. Lei era su di lui, non molto distante dalle sulle labbra, mentre il cacciatore scorse Gwen con uno sguardo provocatorio, quasi di vendetta.
Ma vendetta di cosa? E poi, quella Carol si era presa in fretta a quanto pare!
Ignorò la scena e ripassò tra le celle soffermandosi a quella di Carl che era ancora sveglio. Quindi andò velocemente nella sua per prendere il giornalino e tornò indietro. Nel frattempo notò che Carol era già andata via. ‘Chissà con quali modi scorbutici si era liberato di lei’ pensò.
- Toc toc – imitò – disturbo? Posso entrare?
- Gwen, ciao! Si certo, entra – gli mostrò la rivista che teneva nascosta dietro la schiena.
- Oggi ho preso questo per te. Spero ti piaccia.
- Wow, è fantastico! Grazie mille! – l’abbracciò entusiasta.
- Come va? – chiese sedendosi accanto a lui sul letto.
- C’è di meglio, ma mi accontento – sorrise amareggiato mentre Gwen ripensò a tutto quello che aveva passato il piccolo Carl. D’istinto gli diede un bacio sulla fronte in modo materno.
- Sai che per qualsiasi cosa puoi contare su di me, vero? – annuì.
- Ora dovresti andare a dormire – sorrise. Aspettò che si stese sul letto per poi rimboccargli le coperte. Carl rise.
- Gwen?
- Si?
- Puoi cantarmi una canzone? – annuì sorridendo e si sdraiò accanto a lui cominciando a cantare ‘The Scientist’ dei Coldplay.
Nel frattempo, fuori da quelle mura, anche Daryl si era addormentato cullato da quella melodia.

Come up to meet you, tell you I'm sorry,
You don't know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
Tell you I set you apart.

Tell me your secrets and ask me your questions,
Oh, lets go back to the start.


And tell me you love me
come back and haunt me
 



SPAZIO AUTRICE
Dopo tanto (colpa della scuola e altri impegni,scusate) rieccomi qui! Come al solito, scrivo questo capitolo su Word: 5 pagine. Qui a stento ne occupa una, bah.
Mi scuso per gli errori ma non ho avuto modo di ricontrollarlo, andavo di fretta, sorry D:
Nonostante tutto sono molto soddisfatta di questo capitolo. Spero piaccia anche a voi. Recensite!
Alla prossima,

_R

Ps. La canzone è questa: https://www.youtube.com/watch?v=9GZc8r-JNBA sempre dei Boyce Avenue. Versione troppo bella, wdhefudgrw *^*

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Promessa ***


PROMESSA


Aveva passato tutta la notte fuori in cortile, dopo essersi accertata che Carl si fosse addormentato. Non riusciva a prendere sonno, i pensieri – soprattutto riguardo a quel bacio – erano più forti di lei.
Il sole era sorto da circa un’ora ed era sicura di essere sola, ma poco dopo udì dei passi.
Si girò e lo vide: Daryl.
- Buongiorno.
- Buongiorno. Dormito bene?
- Grazie a te, si – lo guardo interrogativa – la canzone.
- Ah – abbassò la testa imbarazzata.
- Però devo ammettere che ieri sera ho avuto mal di pancia.
- Come mai?
- Credo di avere il diabete – sogghignò – il tuo ragazzo è disgustoso – quindi gli aveva sentiti? Probabilmente ora si spiegava l’atteggiamento con Carol. O forse non del tutto, non aveva motivo.
- Non è il mio ragazzo.
- Di certo non siete solo amici.
- Non credo ti riguardi – lo fulminò ma il suo ‘fare la dura’ fu rovinato da un banale starnuto.
- Non ti ho sentito tornare nella cella ieri sera.
- Perché non sono tornata – aveva gli occhi lucidi.
- Perché piangi? – lo guardò strano.
- Non sto piangendo!
Poi la osservò meglio: indossava un paio di jeans ed una semplice maglia a mezza manica. Le si avvicinò e le toccò la fronte. Quel contatto la fece sussultare per un attimo.
- Ma tu hai la febbre – quasi sussurrò. Gwen scosse la testa.
- Devi assolutamente tornare dentro e metterti a riposo. Andiamo – non se lo fece ripetere due volte, anche perché, dopotutto, era molto stanca. L’aiutò ad alzarsi ma, appena la vide barcollare, la prese in braccio come aveva fatto Mick la sera precedente. A quel gesto il cuore cominciò a batterle forte, mentre teneva la testa poggiata sul suo petto.
Arrivarono alla sua cella e la mise delicatamente sul letto.
- Con quella ferita alla gamba poi, dovevi stare incatenata al letto come ti è stato detto da Hershel. Santo cielo perché non ascolti mai!? – la coprì con un lenzuolo – vedo se in cucina c’è qualcosa di caldo. E, per questa volta, non muoverti per favore. – annuì.
Nel frattempo tutti gli altri erano ancora a dormire. Perfino Mick e Jason, nella cella accanto, sembravano non essersi accorti di nulla.
Dopo pochi minuti Daryl tornò con una ciotola di zuppa calda.
- Ho fatto del mio meglio per riscaldarla. Non c’era molto. – le bagnò la fronte con un fazzoletto caldo. – deve essere molto alta… Aspetteremo che Hershel si svegli e lo andrò a chiamare, ok? – annuì.
- Grazie – disse debolmente – fino ad ieri avrei giurato che mi stessi ignorando. Tutte queste gentilezze devono farmi ricredere, signor Daryl Dixon? – perfino in queste condizioni aveva la forza di scherzare. Se solo avesse saputo che era in pensiero per lei mentre era a caccia con quel tipo il giorno prima.
- Faccio solo quello che va fatto o che tutti farebbero. Tu non perdi l’occasione per attaccarmi, ah? – sorrise. Dio quel sorriso quanto le piaceva!
Gwen tossì abbandonando la zuppa.
- Basta. Vado a cercare il vecchio.
Uscì di li e poco dopo tornò in compagnia del veterinario.
Le misurò la temperatura continuando a bagnarle la fronte con quel fazzoletto imbevuto d’acqua calda per farla abbassare.
- Aveva ragione Daryl, è molto alta. Non devi per nessun motivo al mondo uscire da questa cella o contagerai anche gli altri e non possiamo proprio permettercelo! Poi, in questo modo, non ti riprenderesti mai. Neanche con quella ferita alla gambe. Intesi? – Gwen annuì. Era condannata in quella cella del carcere per un paio di giorni. La cosa sembrava ridicolosamente imbarazzante. Quale crimine aveva commesso?? Nessuno! Ma di quei tempi, in cui un’apocalisse zombie aveva invaso la terra, la prigione era l’unico posto sicuro. E, probabilmente, neanche del tutto. Quelle persone lì dentro lottavano ogni giorno per andare avanti e mantenere quel luogo il più protetto possibile.
 
 
- Io e Maggie andremo in spedizione – annunciò Glenn.
- Un’altra? E per quale motivo?
- Il latte artificiale per la piccola sta finendo, di nuovo – rispose Beth.
- E non molto distante da qui dovrebbe esserci un magazzino fornito di ciò di cui abbiamo bisogno. Non dovremmo metterci molto. Prendiamo una macchina, e andiamo.
Pochi minuti erano già pronti per partire.
 
 
- Hey – Mick fece capolino sullo stipite della cella di Gwen, a braccia conserte e col busto poggiato al muro. Le si avvicinò lentamente e la baciò all’angolo della bocca.
- Non dovresti starmi così vicino, potrei influenzarti.
- Non m’importa. Di questi tempi ho superato di peggio.
- Non so ancora nulla di te.
- Non c’è molto da sapere. Mi chiamo Mick Davies, ho 24 anni. Sono cresciuto, in un certo senso, da solo. Da piccolo venivo sbattuto da un orfanotrofio all’altro; sono stato abbandonato dai miei genitori quando avevo circa 3 anni. Non ricordo molto e credo sia meglio così.
- Non ricordi o non vuoi ricordare?
- Non è importante. Uno schifo vale l’altro. Adesso, probabilmente, più di prima. L’unica cosa bella qui… - esitò e la guardò profondamente negli occhi – sei tu – sorrise dolcemente.
- Dovrei essere io quella a sclerare con la febbre alta, non tu! – scherzò e Mick rise. Una risata fredda e cristallina, che a Gwen fece venire i brividi. E di certo non era per l’influenza.
- So perfettamente quello che dico, e non mi sbaglio.
In quell’istante un Carl paonazzo in viso e con l’affanno, entrò allarmato nella stanza.
- Mick, abbiamo bisogno di te. Gli zombie si sono raggruppati in massa davanti al recinto e lo stanno abbattendo curvandolo sempre più. Dobbiamo farli fuori e abbiamo bisogno di te.
- Arrivo – diede un bacio sulla fronte a Gwen e scomparve di lì.
La ragazza, sola in tutta la prigione – ad eccezione di Beth che faceva da babysitter alla piccola Judith - sospirò. Non riusciva a starsene ferma, lì impalata nel letto a non far nulla. Nessuno gliel’avrebbe impedito: né un dottore e né tanto meno un po’ di febbre. Prese la sua katana ed uscì, silenziosamente, dalla cella. Scese barcollante in cucina e controllò l’ora: 17.45. Il sole stava quasi per tramontare ma di Maggie e Glenn nessuna traccia.
Scese in cortile e vide che la situazione stava degenerando: Rick, insieme agli altri, infilzava il coltello nelle teste degli erranti. A dividerli era quel che ne restava del recinto. Vide tutti, ma non Daryl.
Scrutò meglio e lo vide fuori dalla prigione, a fare da esca per gli zombie mentre un’orda lo stava circondando.
Il cuore prese a batterle all’impazzata. Sapeva che ce l’avrebbe fatta. Se avesse potuto, avrebbe sterminato l’intero pianeta, quell’uomo. Ma era comunque preoccupata.
Gli altri, ancora intenti ad ammazzare i vaganti, le davano le spalle e non sembrarono essersi accorti di lei che, zoppicando, raggiunse l’uscita della prigione e si avvicinò al gruppo che circondava il balestriere.
Estrasse la sua katana e cominciò a tagliare teste a destra e manca con tutte le poche forze che le erano rimaste.  
L’ultimo era ad un palmo dal suo viso e l’avrebbe morsa se una freccia non fosse scoccata in quell’istante trafiggendogli il cranio.
Gli occhi dei due si incontrarono, poi Gwen svenne.
 
Venne portata, per l’ennesima volta, di peso in camera sua. Dalla stessa persona nello stesso giorno.
Non passò molto prima che riprendesse i sensi e ritrovarsi un Daryl adirato davanti a lei.
- Ma che diamine ti passa per la testa, si può sapere!? – le urlò contro.
La ragazza si alzò dal letto premendosi un braccio sulla fronte.
- Non urlare.
- Sei un’idiota! Ti era stato imposto di non uscire di qui! Ti hanno mai insegnato ad ascoltare le persone?!
- Volevo solo essere d’aiuto. Ti ho visto in difficoltà e sono corsa da te. L’avresti fatto anche tu – si guardarono per pochi secondi, ma sembrarono un’eternità. Poi lei l’abbracciò inalando il suo profumo di menta, tabacco e… sudore. Era – stranamente – piacevole. Per un attimo crollò tra le sue braccia. La riprese e la posò delicatamente sul letto.
- Riposa, non hai dormito per nulla.
- Sei una brava persona, Daryl – la guardò interrogativo. Probabilmente stava delirando. – ti ho osservato tenere con amore in braccio Judith, giorni fa. Ed ora sei così gentile  disponibile con me nonostante tutto. Per quanto tu non voglia ammetterlo, sei una brava persona.
- Non mi conosci.
- O tu non conosci te stesso? – non rispose – Carol sembra un tipo apposto.
- Come?
- Eddai Daryl, non fare il finto tonto. Mi hai anche vista passare ieri in quel vostro… momento intimo – arrossì imbarazzata.
- O no, hai frainteso tutto. Lei non mi interessa.
- Sì certo – sorrise sarcastica.
Si fissarono di nuovo.
- Quel giorno… che è arrivato tuo fratello ed ha raccontato la sua storia, avevi gli occhi lucidi. Perché?
- Ero contenta di averlo ritrovato.
- No, non è per quello.
Sospirò.
- Quell’umano che dice di aver ucciso… è mia madre. – esitò per un istante valutando se raccontare o meno la storia della sua vita. Poi non trovò motivi per non farlo, e continuò – mio padre era morto 2 anni prima che cominciasse l’apocalisse. Era un militare, era morto in missione. Da quel giorno era mia madre ad occuparsi pienamente di me e Jason. Voleva proteggerci a tutti i costi e quel giorno lo fece, sacrificando la sua vita per me. Venne morsa da uno zombie e mio fratello dovette ucciderla per evitare che si trasformasse. Cerco di convivere con quel dolore, ma ancora non mi perdono per tutto questo – una lacrima le rigò il volto – è stata colpa mia. Dovevo morire io, non lei! Mi odio, ma ancor di più odio quei bastardi – singhiozzò – non sono riuscita a ringraziarla. Ogni giorno che vivo ormai lo dedico a lei.
Daryl si avvicinò per abbracciarla.
- No, non venire. – la guardò interrogativo.
- Non voglio che anche tu abbia la febbre – sorrise.
- Non credi che, per quanto ti sia già stato vicino, dovrei già averla adesso?
- Hai ragione. Non ti fa fuori una pallottola alla testa, figuriamoci un po’ di febbre! – rise.
Quindi, l’abbracciò.
- Non è stata colpa tua. Il suo compito era proteggerti, no? – la guardò – c’è riuscita. Lei ti voleva molto bene ed ti ha salvata. Dovresti esserne fiera e sentirti fortunata.
Ci fu un breve momento di silenzio.
- E di te cosa mi dici? Non so molto. Anzi, quasi niente.
- Ti basta sapere che sto cercando mio fratello, quel figlio di puttana Merle, e nessuno me lo impedirà.
Gwen annuì contro il suo petto respirando il suo profumo. Poi si addormentò.
 
 
Due giorni dopo
Gwen era finalmente guarita. Per due lunghi e noiosi giorni non era uscita di lì e non sapeva nulla di ciò che stesse succedendo in quella prigione.
Era pronta ad abbandonare quella maledetta cella per almeno un’intera giornata, ma Mick – che era davanti alla porta – la fermò. Le si parò davanti.
- Gwen, dobbiamo andare in spedizione.
- C.. che? Cosa? Perché!? – quasi urlò. Poi si ricompose – ok, prendo la katana e arrivo.
- No. Non tu. Non verrai con noi.
- Nessuno me lo impedisce. – lo sorpassò e scese in cucina dov’erano riuniti tutti. Fu lì che vide una nuova arrivata: era di carnagione scusa, con i dread e, anche lei, con una katana come arma. Già l’amavo.
 
Flashback
Glenn e Maggie, partiti alla ricerca di cibo e latte artificiale, non fecero ritorno quel giorno. Al posto loro si presentò una donna di colore con un cestello contenente il latte per la piccola.
Era circondata da zombie che non parvero essersi accorta della sua presenza, probabilmente per via dell’odore. Rick la vide: era ferita. Solo dopo averla vista uccidere un paio di erranti che le erano accanto mentre lottava contro il dolore, si convinse ad farla entrare.
Hershel si occupò di guarirla, mentre lei raccontava di Woodbury, il Governatore e di Andrea, l’amica bionda che si era data per dispersa dopo l’accaduto alla fattoria.
- E’ perfido. Ha intrappolato circa 70 persone in quella cittadina facendogli credere di ‘averli salvati. Aiutati a  sopravvivere. Pronto a ridargli la vita perduta’. Ma non è così. Quando entri lì, non puoi più uscire. Mi hanno fatto credere di aver libera uscita, ero andata via. Ma aveva mandato un gruppetto di suoi ‘sergenti’ per attaccarmi e farmi fuori.
Non dice il suo nome, si fa chiamare ‘Governatore’. Ha catturato i vostri amici al posto mio, è me che vuole. Non c’è da fidarsi. Devo tornare lì, e vendicarmi.
- Se è vero che Glenn e Maggie sono lì – la scrutò Rick – allora verremo anche noi.
Fine flashback
 
- Cos’è questa storia? Perché non posso venire? – sbraitò.
- Gwen, preferirei che tu stessi qui con Beth, Hershel, Carol, Axel e Carl. - rispose Rick - Ho bisogno di te qui per tenerli al sicuro. Mi fido di te, ok? – annuì poco convinta.
Mick le si avvicinò e le lasciò un bacio fugace sulle labbra, davanti a tutti.
- Aspettami. Massimo fino a domattina. Tornerò – Gwen annuì a testa bassa, mentre Daryl, infastidito dalla ‘disgustosa’ – come definiva lui – scena, fece per girarsi e andarsene ma la ragazza lo fermò.
- Daryl – lo chiamò quasi sussurrando. Lui, che fino a quel momento le aveva dato le spalle, si girò a guardarla.
- Mi fido di te: fai tornare Jason e Mick sani e salvi, ti prego – il balestriere annuì – vale anche per te. Promettimi che tornerete vivi. Tutti – marcò l’ultima parola. Si guardarono profondamente, poi finalmente rispose.
- Te lo prometto.

 
SPAZIO AUTRICE
Ehm no. Non ho molto da dire ahah
Gwen si apre sempre più a Daryl che comincia a fare vedere il suo lato buono preoccupandosi per lei. E Mick sempre più vicino e sicuro di se. In più, anche l'arrivo della fantastica Michonne. Siamo già a buon punto della storia? Chi può saperlo! Di certo devono succedere ancora molte cose prima che avvenga la fine! ;)
Ringrazio tutte coloro che mi seguono c:
Recensite. Alla prossima,
_R.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ritrovo ***


RITROVO

 

Una notte senza quel gruppo alla prigione era già passata, e Gwen sentiva terribilmente la mancanza di… Mick? O Daryl?
Non ne era sicura. Sapeva di essersi affezionata molto a Mick in quel periodo, ma nel profondo del cuore sentiva che i suoi sentimenti nei confronti del cacciatore erano più profondi… insomma, doveva pur esserci un motivo se, ogni volta che gli era accanto, il cuore le batteva all’impazzata! Probabilmente lo sapeva, ma non voleva ammetterlo.
Quella notte non dormì, pensando e ripensando a loro e sperando in un ritorno veloce.
Poi, dando il cambio a Beth, prese in braccio la piccola e le diede da mangiare, fiancheggiata da Carl.
- Piccola spaccaculi – sorrise – come avete scelto il nome?
- Judith? E’ stata una mia idea.
 
Flashback
- Prenditi cura di tua sorella – raccomandò Rick a suo figlio prima di partire per la spedizione.
- Daryl la chiama spaccaculi.
- Spaccaculi? – rise – sul serio?
- Pensavo a che nome darle davvero.
- Come vorresti chiamarla?
- Ti ricordi la mia maestra della terza elementare? La signora Muller?
- Certamente.
- Il suo nome era Judith. Credi che sia un bel nome?
- A me.. si sembra un bel nome. La chiameremo Judith.
Fine flashback
 
 
A Woodbury
 
Avevano avuto molte difficoltà per arrivare in quella cittadina così ospitale (all’apparenza).
Per via di un attacco di un’orda di zombie, si erano dovuti rifugiare in una baracca trovata al momento. Ma, poco dopo, scoprirono che era abitata da un uomo ignaro dell’esistenza degli erranti. Risultatosi un intralcio, Michonne, costretta, gli infilzò la spada alla testa.
Così, sempre sotto la guida della ragazza, erano riusciti ad entrare a Woodbury attraverso un ‘passaggio segreto’.
Rick, Daryl e Oscar, carichi d’armi, attaccarono per prima correndo a riprendersi i loro amici, mentre Michonne si recò dal Governatore per vendicarsi.
Entrò nella sua camera, ma lui non c’era: acquari con all’interno teste di zombie ed una bambina incappucciata nascosta in una piccola cella erano inclusi nella sua ‘escursione da infiltrata’. Fece uscire la bambina incatenata, Penny,  e le tolse la sacca dalla testa. Solo dopo essersi accorta che era zombie la uccise trafiggendole il cranio.
In quel momento entrò Philip (il Governatore) e, dopo aver fallito con le buone, attaccò Michonne prendendola a calci e pugni. Quest’ultima si difese conficcandoli un pezzo di vetro nell’occhio. Pronta a finirlo, venne fermata dall’arrivo della sua amica Andrea, risparmiandolo.
Raggiunse gli amici aggregandosi all’improvvisa guerra. Oscar era stato fatto fuori con un colpo di fucile alla spalla, mentre Rick, Glenn, Jason, Mick, Maggie e Michonne, grazie alla copertura di Daryl rimasto indietro per ritrovare suo fratello, riescono a scavalcare le mura di Woodbury.
Nel frattempo i fratelli Dixon sono riuniti, ma non come avrebbero voluto. Il Governatore era intenzionato a giustiziarli in pubblico.
 
Alla prigione
Axel ci stava spudoratamente provando con Beth – nonostante l’età – ma venne ripreso da Carol.
- Beh sai, dopo anni passati qui… Maggie ha Glenn, tu sei lesbica!
- Io non sono lesbica!
- Hai i capelli corti!
Rise.
- Non sono lesbica.
- Bene, buono a sapersi! – sorrise.
- Ragazzi, dov’è Carl? Ho provato a cercarlo ma qui non c’è! – chiese Gwen allarmata.
- Hai visto in giardino? – propose Carol.
- Si. Oddio impazzisco. Faccio un giro negli altri blocchi, a dopo.
Non finì la frase che in quel momento entrò Carlo seguito da un altro gruppetto.
- Carl, chi sono? – chiese Gwen sulle difensive.
- Erano feriti. Soli e affamati. Sento che possiamo fidarci.
- Aspetteremo che torni tuo padre e ne riparleremo. Per ora – si rivolse agli altri – potete restare in questa parte del blocco. – gli osservò meglio – qualcuno di voi è stato morso?
- Sì. Lei – indicarono la compagna – ma dovremmo abbatterla adesso.
- No. Ti prego no! – urlò in lacrime quello che sembra essere il suo fidanzato.
- Allen DOBBIAMO. Non abbiamo altra scelta, non sopravvivrà.
- Da quanto tempo è così? – chiese Gwen.
- Sarà almeno un’ora.
- Mi spiace, non si può davvero far nulla.
Il tipo dalla carnagione scura e con un cappellino in testa annuì.
- Allen, non per forza devi farlo tu. Ci penso io.
Coprirono la faccia dell’infetta e, con la sua ascia, le mozzò la testa.
Ci fu un breve momento di sconforto, silenzio e pianti. Poi, colui che aveva appena trafitto l’amica, prese in mano la situazione e si presentò.
- Io sono Tyreese. Loro sono Sasha, Ben e Allen – porse la mano alla ragazza che ricambiò stringendola.
- Io sono Gwen. Carl, Beth, Axel, Carol ed Hershel – indicò il suo gruppo presentandoli.
- Grazie per averci aiutati.
- Ringrazia il piccoletto! – sorrise scompigliando i capelli del ragazzino.
- Siete feriti? – chiese Beth.
- No.
- Ma sarete affamati! Venite, vi daremo un po’ da mangiare – si offrì gentilmente Carol.
 
 
Woodbury
Prima di questa catastrofe, aveva scommesso – con i suoi vecchi ‘amici’ – di morire per vecchiaia, in una sparatoria, in un incidente.. o per fame. Ma mai si sarebbe aspettato di poter morire in uno scontro con suo fratello. No, non voleva farlo.
Dopo aver lottato tanto – uccidendo zombie - per sopravvivere finora, non si sarebbe arreso così facilmente. Avrebbe perso Rick, Hershel, Carl, la piccola spaccaculi, Carol, Beth…. Gwen.
Anche il solo pensiero gli fece venire i brividi.
- Ascolta fratello – cominciò Merle – non dovremo picchiarci davvero. Io li distraggo, tu scappi. Ti raggiungerò presto.
- Potremmo distrarli entrambi, no? Non voglio perderti subito dopo averti ritrovato.
Degli spari interruppero lo spettacolo.
Poi una nuvola di fumo - dovuta ai lacrimogeni - ed il nulla.
Ancora spari.
Mick venne colpito da un proiettile che gli trapassò il braccio, nulla che non si potesse curare.
Daryl scorse tra la folla e vide il suo gruppo: erano lì per lui, non l’avevano abbandonato.
Sorrise mentre un groppo gli si formò in gola.
 
 
Erano fuori, sani e salvi. Tranne per Oscar, come l’avrebbero spiegato al suo – ormai – ex compagno di cella?
- E lui? Che fine farà? – chiese Rick facendo un cenno di testa verso il fratello Dixon senza una mano.
- E’ un piacere anche per me rivederti, sceriffo.
- Non può venire con noi?
Rick guardò verso il loro gruppo che, con soli sguardi, fecero capire di essere contrari alla cosa.
- Non credo sarebbe una buona idea. Con Michonne tra noi…
- Possiamo far entrare un’estranea nel gruppo, ma non mio fratello!? – sussurrò adirato Daryl avvicinandosi all’amico.
- Non sappiamo di cosa è capace dopo tutto quello che è successo. Voglio dire, l’ho ammanettato su quel terrazzo, non dovrei dormire la notte per timore di essere uccido dal capitano uncino? – lo indicò – di certo non farà cenerentola ignorando Michonne che è la causa di questa guerra tra noi e quel pazzo psicopatico di quella cittadina.
- Va bene. Allora, se non ti spiace, io proseguirò con lui. Non tornerò alla prigione.
- Se è questo che vuoi, va bene – gli mise una mano sulla spalla – se vorrai tornare, saprai dove trovarci.
Annuì. Si diedero un ultimo saluto per poi abbandonarsi e continuare per strade diverse.
 
 
Poche ore dopo arrivarono alla prigione accolti da Gwen e Carol che gli aprirono i cancelli.
La ragazza corse incontro al fratello ed il suo amico e li abbracciò. Ma lui no, non lo vide.
- Rick, dov’è Daryl?
Non rispose.
- Oh mio Dio – esclamò portandosi le mani al viso mentre le lacrime le pungevano gli occhi.
- No Gwen tranquilla, non è come credi. Solo… ha ritrovato suo fratello ed è andato con lui. Ma tornerà, io lo so – le sorrise. Lei non ricambiò. Si sentì delusa, presa in giro, mentre la rabbia le bruciava dentro.
Corse nella sua cella e prese la sua katana. Aveva bisogno di sfogarsi e, di quei tempi, uccidere gli zombie era un ottimo antistress in casi come questi.
Si avvicinò al recinto e cominciò a trafiggere i crani di quanti più erranti poté. Scrollò un po’ di tensione, ma non bastò del tutto.
Avrebbe voluto urlare o strozzarlo con le sue stesse mani.
 
Tornò dentro quando Rick, fuori di sé, urlava contro ai nuovi arrivati di andar via di li. Il gruppo di Tyreese raccolse le sue cose e scappò spaventato.
Ops, momento sbagliato.
Salì nella sua cella e, buttandosi letteralmente sul letto, scoppiò in un pianto nervoso.
Udì dei passi entrare nella stanza. Si asciugò gli occhi e guardò verso l’entrata: Mick.
- Ehi.
- Sono felice che tu sia tornato sano e salvo – almeno quella parte della promessa l’aveva mantenuta.
- Ed io di rivedere te.
- Sei ferito? – chiese notando la fasciatura al tuo braccio.
- Un proiettile, nulla di grave.
- In altri tempi sarebbe stata la preoccupazione più grande – rise nervosa – l’ha oltrepassato?
- Si.
- Vieni qui, te lo disinfetto.
Si avvicinò a lei lasciandosi curare. Era molto concentrata nel suo lavoro, mentre lui la fissava.
- Sei molto bella, lo sai?
Arrossì.
- E tu stai delirando – alzò lo sguardo – ho finito.
- Sei anche brava. Non ho sentito nulla! – sorrise ad un palmo dalle sue labbra. Poi la baciò.
Dapprima dolcemente. Poi Gwen, con la sua rabbia, intensificò il tutto baciandolo con foga.
Senza accorgersene, si erano alzati dal letto ed ora il corpo di Gwen premeva contro quello di Mick di schiena al muro. Gemette per il dolore della ferita.
- Scusa – sussurrò con affanno.
- Tranquilla, è un dolore piacevole – sorrise.
Continuarono.
‘Al signor Dixon darebbe fastidio questa scena, vero?’ pensò maliziosa.
Le sue mani erano avvinghiate al collo di Mick, mentre lui scese lentamente ai suoi fianchi, poi sotto la maglia.
No. Non sarebbe successa adesso, così, la sua prima volta. Non come se fosse ubriaca di rabbia e follia.
Aveva fatto il tutto pensando a Daryl – ‘magari desiderando anche che ci fosse lui al suo posto, vero?’ – pensò. Scosse la testa – ‘che stronza’.
- Qualcosa non va?
- No. In realtà si. Scusami, ho esagerato. Ma… non voglio. Non sono… pronta.
- Come scusa? – chiese retorico – davvero parli così ADESSO? Con un’apocalisse zombie in atto? Quando dovresti vivere ogni secondo perché non sai se sopravvivrai anche domani? – l’allontanò bruscamente ed uscì di li.
Aveva ragione, e lei si meritava tutto ciò. O forse no? Infondo ognuno è libero di pensarla come vuole, no?
 
 
 
Il giorno dopo tutto sembrò apparentemente tranquillo.
Rick era ancora fuori al suo turno di guardia, mentre Glenn cercava di pianificare una strategia di difesa, senza alcun appoggio da parte dei suoi compagni.
- Ok, va bene. Allora andrò io stesso ad uccidere quel bastardo.
- Gwen no, aspetta. Non sei ancora nelle condizioni di poter combattere. Da solo, per di più! – lo fermò Maggie contraria all’idea.
- Non posso starmene con le mani in mano dopo aver subito tutto questo. Abbiamo scatenato una guerra, e di certo non si fermeranno subito. Potremmo essere attaccati da un momento all’altro. Io vado.
Uscì di lì e si diresse ad una macchina. Armato, entrò nel veicolo e partì.
Le parole dette da lui poco prima non tardarono ad avverarsi.
Un proiettile oltrepassò la testa di Axel – che girava in cortile in compagnia di Carol - uccidendolo. La donna, per proteggersi dagli spari, usò il corpo morto del suo amico come scudo.
Il Governatore, con un manipolo dei suoi uomini, attaccò la prigione: abbattendo un cancello con un furgone, s’infiltrarono all’interno svuotando il veicolo dagli erranti, per poi andare via.
La prigione è nuovamente infestata.
Hershel venne salvato dal ritorno di Glenn e dall’intervento di Michonne.
Gwen, insieme a Mick e Jason, scese in campo armata di katana uccidendo gli azzannatori.
Cercò con lo sguardo Rick e lo vide all’esterno della cancellata nascosto tra i cespugli.
Corse in suo soccorso ma la bloccò.
- Gwen no! Vattene! – urlò. Un proiettile la mancò. Si guardò attorno cercando di capire da dove provenisse lo sparo, poi, tra gli alberi, vide Martinez, uno degli uomini del Governatore. Prese la pistola e sparò verso lui. Non lo colpì, ma bastò per farlo scappar via.
Si inginocchiò al fianco dello sceriffo.
- Rick! Stai bene?
- Si si, grazie.
Annuì e riprese a combattere.
Altri zombie avanzavano verso loro, probabilmente attratti dagli spari.
Più volte Gwen venne salvata da Rick, e viceversa. Ma non sempre questo loro ‘difendersi a vicenda’ riuscì.
Rick venne bloccato da tre zombie ammassati su di lui, mentre Gwen, stesa a terra, lottava contro un errante steso su di lei. Dimenarsi cercando di estrarre il coltello dal fodero era ormai inutile: l’azzannatore aveva spalancato le sue fauci pronta a morderla, ma una lama sottile gli spaccò il cranio.
Un uomo con pochi capelli e senza una mano le si presentò davanti porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Lo guardò interrogativa, poi guardò alla sua sinistra verso Rick e lì lo vide:
Daryl. Si allontanò disgustata, biascicando un ‘grazie’ al suo salvatore nonché fratello della persona che più odiava al mondo in quel momento.
Tornarono al blocco barricandosi lì dentro.
- Merle, tu resterai rinchiuso in una cella al piano di sopra. Sai, per precauzione. – ordinò Rick.
- Mi sembra giusto.
Daryl continuava a fissare Gwen che, furiosa, salì in ‘camera’ sua. Gettò la katana a terra e si sedette sul materasso. Poco dopo, la figura che l’aveva seguita, le si materializzò davanti.
- Qual è il tuo problema?
- Sei tu il mio problema, Daryl. Mi avevi fatto una promessa, cosa ti costava mantenerla!?
- Ho fatto quello che mi hai chiesto! Ti ho riportato Jason e Mick qui, sani e salvi.
- Si ma tu no. Non sei tornato. Perché!?
- Guarda il lato positivo, hai potuto far meglio la puttanella con quel Mick in mia assenza! – sputò irritato. Gwen non mancò di risposta e gli diede uno schiaffo dritto sulla guancia destra.
- Sei solo uno stronzo egoista. Mi fidavo di te, ora non ho motivo per farlo. Per me sei un uomo morto ormai, Daryl.
Detto questo tornò a stendersi sul letto aspettando che se ne andasse, mentre una lacrima le rigò il volto.
Quelle parole, così crude e vere, avevano fatto male. Ad entrambi. E non avrebbero vissuto per molto l’uno senza dell’altra.

 

SPAZIO AUTRICE
Capitolo pubblicato in tutta fretta senza aver avuto modo di ricontrollarlo, quindi scusate per gli errori o verbi coniugati male.
Ok, non mi soddisfa molto. Sinceramente avrei voluto di più da me stessa per questo capitolo ma avevo voglia di pubblicare qualcosa e credo sia solo una conseguenza... di 'passaggio' per il prossimo.
Farò del mio meglio per renderli più lunghi, descrittivi ed intriganti.
Per ora, ditemi la vostra! Recensite :)
Alla prossima (presto, spero!)
_R.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Attacco ***


ATTACCO

 

Era in quella fase della sua vita in cui odiava tutto e tutti. Non stava bene con nessun altro, neanche con se stessa, ma solo con la sua chitarra.
Quel giorno non aspettò gli ordini di nessuno, non fece neanche colazione. Prese la sua chitarra ed uscì in cortile.
Poggiata ad un muro, suonava e cantava Raging Fire (Phillip Phillips) e Down (Jason Walker), mentre il calore del sole riscaldava la sua pelle gelida.
Non molto distante da lei, il resto del gruppo bruciava i cadaveri degli erranti, seppellendo il loro amico Axel.
Gwen gli ignorava: si sarebbe concessa un giorno di riposo pur di evitarli tutti. Oppure avrebbe finto di essere pazza correndo per i corridoi degli altri blocchi ed uccidendo azzannatori a destra e manca, alla ‘Rick maniera’!
Tornò indietro, nella sua cella, abbandonando la sua Dale in un angolo della stanza e cominciando a fare stretching: anche in un’apocalisse come quella bisognava mantenersi in forma!
Con la gamba destra tesa e l’altra flessa, fletté il busto in avanti; fece lo stesso, dopo 30 secondi, con l’altra gamba.
Stesa a terra, portò le ginocchia al petto avvicinandole con l’aiuto delle braccia.
Infine, poggiò le mani al muro – distanti tra loro quanto le spalle – posizionandole poco più in alto del bacino e spinse il busto verso il basso per circa 20 secondi.
- Sportiva anche di questi tempi? – chiese malizioso Merle, fermo sullo stipite della porta, a braccia conserte.
- Sei stato scagionato? – ribatté ignorando la domanda precedente, scherzosa e annoiata allo stesso tempo.
- In un certo senso…
- Non ti avevo sentito arrivare.
- Neanche sai che abito qui con voi, un altro po’!
- Probabile.
- Ti ricordo che sono il tuo salvatore!
- Ho estinto il debito col tuo amato fratellino, parandogli il culo due volte.
- Oh-ho! – rise – hai un bel caratterino ragazzina, mi piaci! Ehi fratellino! – lo chiamò. Gwen non si era accorta della sua presenza sul piano. Arrivò poco dopo affacciandosi alla camera, guardandola insistentemente.
- Cosa c’è?
- Non mi avevi mai parlato di questo zuccherino qui dentro! – l’arciere fece una smorfia di disgusto.
- Probabilmente perché nel suo mondo esiste solo lui! Figurati se si ricorda che esistono altri sopravvissuti in questa merda di mondo. Sarà la vecchiaia che incombe! – provocò – ora, sareste così gentili da uscire di qui, o devo andarmene io? – li guardò con aria di sfida, ma non si mossero di li.
- Ok, ho capito – raccolse la sua katana ed una sacca ed abbandonò la cella.
Daryl la fermò per il braccio, rivolgendole un’occhiata solo dopo pochi secondi.
- Che vuoi?
- Dovremmo parlare…
In sua risposta, Gwen gli si avvicinò all’orecchio sussurrandogli un secco ‘fottiti’ e si allontanò a passo svelto.

Aprì il cancello della prigione avventurandosi nel bosco. Uccise una decina di zombie - fortunatamente non ammassati fra loro – prima di potersi dedicare ad una caccia tranquilla.
Calcolava ogni piccolo suo movimento cercando di far il meno rumore possibile, anche solo per spostarsi una ciocca di capelli che le ricadeva costantemente sulla fronte.
Il sole era alto in cielo, nonostante l’autunno, provocandole gocce di sudore che colavano sulla sua pelle.
Solo con un po’ d’ombra degli alberi poté fermarsi godendo della leggera brezza che soffiava rinfrescandola. Guardò verso l’alto: il sole filtrava tra i rami della fitta foresta illuminandone l’area circostante.
Riprese la caccia: vide una coppia di conigli, intenti nelle loro ‘effusioni amorose’, e si avvicinò lentamente da dietro. Impugnò la katana e con un gesto veloce tagliò nettamente le loro teste.
‘Poveri esseri’ pensò ‘speravano ancora in un puro amore. Gli ho uccisi prima che s’illudessero, perché ormai funziona così. E poi si sono resi utili, ci sfameranno!’
Lì raccolse, li ripose nella sacca e prese il cammino per il ritorno.
 
Al suo arrivo la prigione ospitava una nuova arrivata: una ragazza con i suoi capelli biondi legati in una coda. Si avvicinò per osservare meglio, poi le corse incontro abbracciandola. Era Andrea, quell’amica che aveva affiancato alla fattoria per sopravvivere insieme, senza riuscirci.
Ricambiò l’abbraccio stringendola forte.
- Gwen! – sussurrò tra i suoi capelli odorandone il profumo.
- Andrea! Sono contenta che tu sia viva e con noi! – disse sincera staccandosi dall’abbraccio, mentre la compagna guardava indecisa il resto del gruppo.
- Veramente sono di passaggio. Volevo proporre una tregua, tra voi e il Governatore. Basterà parlare e trovare un accordo. Sono stanca di tutte queste guerre inutili tra persone a cui voglio bene, nessuno deve più farsi del male o morire.
- Andrea, il Governatore non è colui che credi che sia – cercò di spiegare Rick – ha tentato di uccidere Glenn e Maggie!
- Era stata una decisione di Merle quella di giustiziarli.
- Ehi biondina succhia palle, fai finire lo sceriffo.
- Ci ha attaccati qui, alla prigione, uccidendo un nostro compagno, Axel. Ciò che vuole è Michonne, per vendetta.
- Quando me ne sono andata da Woodbury – continuò Michonne – il tuo Philip aveva mandato Merle ad uccidermi. Se tu mi avessi seguita, quel giorno, ci avrebbe uccise entrambe senza alcun ripensamento.
- Eseguo solo gli ordini! – intervenne Merle alzando, difensivo, le mani al cielo.
- E’ impossibile avere un accordo con quell’uomo. Però potremmo consegnargli Merle in segno di tregua – propose Glenn.
- Ehi cinese, hai sentito cos’hanno detto? E’ la samurai che vogliono, non me!
- No, mio fratello resta qui. Altrimenti me ne andrò con lui.
- Potremo provare con l’accordo – riprese parola Rick – valuteremo l’opzione. Ora… ti fermi con noi?
- No.
- D’accordo – l’abbracciò – buona fortuna.
- A voi.
Carol le si avvicinò porgendole un coltello.
- Portalo al letto, poi uccidilo – detto questo, si congedò. Andrea si ripassava tra le mani quel coltello pensando a cosa fare.
 
 
- Gwen! – la chiamò all’appello Rick in cortile, correndole dietro.
- Domani organizzeremo una spedizione per cercare quante più arme possibili. Qui non ne abbiamo abbastanza e le munizioni stanno finendo.
- Certo, va bene..
- Vorrei che tu restassi qui. Abbiamo organizzato dei turni di guardia alle torrette. Domani tu e Mick, poi Glenn e Maggie.
- Posso restare di guardia tutto il giorno, anche da sola. Non c’è problema.
- D’accordo, come preferisci. - esitò – grazie per la cena!
- Come?
- I conigli che hai preso.
- Ah. Non sono molti, ma meglio di niente!
- Certo. Gwen..
- Si?
- Grazie per tutto quello che fai.
- Non devi ringraziarmi. Sei tu la salvezza di questo gruppo, ed è grazie a te se siamo tutti vivi.
- Si beh… contribuiamo un po’ tutti – disse sorridendo.
- E’ ciò che fa una famiglia!
- Già..
Sorrise ed andò via.
 
 
Michonne, Rick e Carl erano fuori da un paio d’ore mentre Gwen continuava con il suo turno di guardia. Canticchiava, scriveva su un vecchio quaderno, leggeva.
Poi udì dei passi salire lì in cima ed un Mick, con i suoi pantaloni militari ed una maglia nera aderente che gli metteva in risalto i muscoli, si sedette accanto a lei.
- Rick non ti ha avvisato?
- Di cosa?
- Non è il tuo turno. Questo giorno è tutto mio.
- Oh si, lo so. Volevo solo farti compagnia.
- Non mi serve.
- E chiederti scusa – si girò a guardarlo cercando di capire quali fossero le sue intenzioni su di loro, le sue emozioni, i suoi sentimenti.
- Non dovevo insistere – continuò – probabilmente sei ancora attaccata alle tradizioni del vecchio mondo e da una parte posso capirti. Speri in un futuro roseo, tornando alla vecchia vita felice. Come biasimarti, tutti lo vorrebbero! Solo… credevo che i tuoi pensieri fossero diversi di questi tempi. Ma mi sbagliavo e ti chiedo scusa. Ognuno è libero di pensare e volere ciò che desidera. Io desideravo quello, ma certe scelte si fanno in due, ed io non dovevo insistere.
- Mi fa piacere che tu l’abbia capito – esitò – i miei pensieri non contano, ma i miei sentimenti si. Mick io non ero pronta a donare me stessa ad una persona conosciuta da poco, così facilmente.
- Ma sai molto di me.
- Non tutto – lo scrutò.
- Capisco – sospirò – però voglio che tu sappia una cosa, Gwen – le si avvicinò al suo viso – per me non è lo stesso. Per quanto poco tempo sia passato, io mi sono affezionato a te. E non permetterò mai a nessuno di avvicinarsi e approfittarne di te. Nessuno devo toccarti. E se anch’io stesso dovessi fare qualcosa contro la tua volontà, ti prego di fermarmi.
- Mick…
- Lo so, i tuoi sentimenti sono diversi. Ma sappi che non mi arrenderò. – le si avvicinò all’orecchio sussurrandogli – ‘Sei una mia perla preziosa, non voglio perderti’.
Dei brividi le percossero lungo la schiena mentre quelle parole risuonavano melodiche nella sua testa.
Le lasciò un bacio a fior di labbra, poi andò via.
Gwen avrebbe dovuto fermarlo, impedirgli di abbandonarla e di non scendere di lì in quel momento perché la guerra era tornata lì davanti a loro, e Mick era disarmato.
Il Governatore era lì in quel cortile con un nuovo furgone carico di erranti.
Scese dall’auto e, rivolto verso la prigione, urlò:
- Rick! In quanto uomo d’onore, sono venuto a portare il messaggio di persona. Tra due giorni ci incontreremo in un capanno fuori la mia cittadina. Una semplice chiacchierata, non ci saranno armi. – detto questo sorrise beffardo e salì sul veicolo allontanandosi lentamente.
In questo suo discorso, tutti erano rimasti al riparo senza dare alcuna risposta.
- Mick risali su, presto! – urlò Gwen dalla torretta.
Ma era troppo tardi, e lui troppo lontano.
Combattere così tanti vaganti senza armi era impossibile, sparargli contro altrettanto. Così, tra l’altro, ne avrebbero attirati altri il ché era peggio e vollero evitare questa cosa a tutti i costi.
Il ragazzo, intanto, era corso fuori dalla prigione passando per i cancelli abbattuti poco prima dal Governatore.
Gwen scese in campo e, con la sua katana, metà orda, giusto il necessario per riuscire a scappare e raggiungere il suo amico.
Si inoltrò per la foresta continuando a correre senza sosta, mentre le lacrime minacciavano di caderle lungo il viso e il respiro le venne sempre meno.

 

 
- Dov’è Gwen? – chiese allarmato l’arciere al resto del gruppo che era alla prigione.
- Ho visto Mick fuggire di qui, seguito da Gwen poco dopo – rispose Maggie agitata.
- L’avete fatta andare via con quel pazzo ancora in giro da queste parti!?
- Non avevamo altra scelta Daryl! Poteva ragionare e aspettare.
- Dovreste sapere com’è fatta! Dannazione – recuperò la sua balestra ed uscì di lì.

 

 
Si era fermata pochi secondi, giusto il tempo di prendere fiato, poi aveva ripreso la sua insostenibile corsa.
Poi udì uno sparo, e da lì il panico.
Daryl, che finora aveva seguito le sue tracce, l’aveva appena raggiunta decidendo comunque di restarle dietro senza farsi vedere.
A quel punto Gwen si abbandonò ad un urlo disperato, continuando a correre mentre le lacrime continuavano a scivolarle sulle guance bagnando, di tanto in tanto, con qualche goccia, i suoi abiti.
Era giunta su un’autostrada e, da lì, vide allontanarsi lo stesso furgone che poco prima aveva fatto irruzione al loro rifugio.
A pochi passi da lei, il corpo di un giovane dai capelli scuri, molto simile a Mick, giaceva sull’asfalto morso in più parti del corpo mentre del sangue fresco, che colava da una ferita di proiettile alla tempia destra, bagnava la terra.
Gwen si accasciò al suo fianco incredula, continuando a piangere ed urlare.
Dei passi dietro di lei la riportarono alla realtà facendola girare spaventata.
Daryl la tirò su e la strinse a se, mentre lei si abbandonò tra le sue braccia.
- Lui… è morto – la strinse ancor di più per poi lasciarla dolcemente avvicinandosi al cadavere. Tastò sugli indumenti non trovando alcun arma ma, bensì, un sacchettino nella tasca destra del pantalone.
- Qui c’è un bigliettino – mormorò – c’è scritto ‘per Gwen’. – glielo porse delicatamente.
Lo aprì incerta ed ancora scossa. Poco dopo le sue mani tremanti stringevano una collanina con un’ancora come ciondolo. Nel retro del biglietto c’era scritto ‘Ti amo’.



SPAZIO AUTRICE

Tadaaaaa!
Nuovo capitolo con degli effetti 'sorpresa'!
Anche questa volta non ho avuto modo e tempo di correggere gli errori, pardon.
Non ho molto da dire, lascio a voi i commenti.
Spero vi sia piaciuto, recensite!
Alla prossima,

_R.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Kiss me ***


SPAZIO ME! (?)
Hi Guys! Scusate, piccola premessa: oggi, con questo capitolo, provo un nuovo 'esperimento'. Inserirò una canzone da ascoltare mentre si legge il testo. Ovviamente non è obbligatorio, non sarò lì a puntarvi una pistola alla tempia! Ahah. Semplicemente, un consiglio per rendere il tutto più... 'maaaagico'.
Se dovesse andare a buon fine, lo proverò in altri capitoli. Però magari riguardandolo meglio. 

Buona lettura! c:



KISS ME

Per due giorni, consecutivi all’accaduto, Gwen si era rifiutata di parlare e mangiare.
Aveva deciso, semplicemente, di fare orari continuati come guardia sulla torretta, la stessa dove aveva passato gli ultimi attimi con Mick, prima che morisse.
Era ancora scossa, incredula e nulla l’avrebbe riportata alla realtà, neanche quei mostri che avevano invaso il pianeta facendoli vivere con la paura costante di non potercela fare. Credeva di aver dimenticato anche come gli si potesse uccidere.
Aveva abbandonato perfino la sua chitarra e il suo mp4, lasciati lì sul letto della sua cella.
Ed ora osservava fisso, come ogni giorno e da ore ormai, quel punto in cortile dove l’aveva visto scappare.
Non era riuscita a dire le sue emozioni, era ‘ancorata’ al vecchio mondo e solo adesso si era resa conto di quanto stupida potesse essere! Illusa.
Continuava a sfiorare la collana che pendeva dal suo collo e che ora le faceva pensare, per un attimo, oltre a Mick, anche Daryl.
 
Flashback
A quelle due parole scritte su quel pezzo di carta le lacrime le uscirono come un’unica ed ultima colata d’acqua per poi fermarsi all’improvviso trasformando il suo cuore in pietra.
Daryl fece per avvicinarsi ma lei indietreggiò bruscamente, come se spaventata.
- Ehi Gwen, sono io. Non devi aver paura.
Annuì rimanendo con i piedi piantati a terra sul suo posto. Lui le si avvicinò sfiorandole appena il collo con le sue dita ruvide, per metterle quella collanina.
- Non la voglio.
- Non lo pensi veramente. – la girò dolcemente verso lui. Sussultò come se volesse dirle qualcosa, per poi rimangiarsela. - …l’ancora – quasi mormorò a se stesso – non abbatterti, resta forte. Ok?
- Credi volesse intendere questo?
- Probabile… - sospirò – torniamo indietro. Si staranno preoccupando.
- L..lui… lui verrà con noi. Non lo lascio qui.
- Si certo, ci penso io. Tranquilla, avrà il suo ‘funerale’.
Fine Flashback
 
Quell’improvviso contatto della sua mano trascurata sulla sua pelle delicata l’aveva turbata provocandole un turbine d’emozioni positive ma contrastanti a quelle negative per la perdita dell’amico.
Non voleva ammettere i suoi probabili sentimenti per il cacciatore, e non le sembrava opportuno approfittarne dopo un evento simile. Sarebbe stato da meschini ed egoisti.
Qualcuno ora le sedeva accanto ma non parve accorgersene.
- Mi spiace per Mick – prese a parlare dopo una breve pausa di silenzio.
- E’ ciò che capita adesso. Dovremmo esserne abituati, eppure non è così. Non per me almeno; non ancora.
- Subire la perdita di un tuo caro non è mai stato facile.
- Deve essere stato piuttosto difficile soprattutto per te, Jason.
- Era un mio caro amico d’avventure. Mi è sempre stato vicino quando ne avevo bisogno in questo mondo di merda. E, per qualche istante, in sua compagnia mi sono anche divertito! Però… tra voi si è instaurato subito un rapporto d’amicizia. O qualcosa di più… sbaglio?
- Ti prego Jason, non infierire – sorrise amareggiata – non sono mai stata chiara con lui, rimandavo un qualcosa di piacevole quando potevo viverla al momento, ma non l’ho fatto. Potevo essere felice anch’io, ma mi sembrava tutto così surreale.
Jason si limitò ad annuire restando in silenzio, come se a colmare quel vuoto che portava dentro non fossero bastate semplici parole d’incoraggiamento. Ora, lo sapeva, le si era frantumato un altro piccolo pezzo del suo cuore, già rotto dalla perdita dei suoi genitori.
- Com’è andato l’incontro con quel bastardo?
- Ah quello… si è tenuto sta mattina. Beh, prepariamoci ad un’altra probabile guerra.
Lo guardò interrogativa.
 
Flashback
- Il patto è semplice, amico. Consegnami Michonne e voi sarete liberi da ogni guerra, potrete continuare a vivere tranquilli in quella prigione come se nulla fosse successo.
- Cosa mi fa credere che manterresti la parola?
- Sono un uomo d’onore, Rick. Di questi tempi la fiducia scarseggia, lo so, ma non possiamo aggrapparci ad altro.
- Come posso fidarmi dell’uomo che ha ucciso uno dei miei?
- Ho solo fatto un favore a quel ragazzo; l’ho salvato. E poi, dovrei ricordarti che tu hai ucciso 6 dei miei soldati?
- Si sa a cosa si va incontro in una guerra.
- Hai due giorni di tempo per consegnarmi la ragazza, Rick. Dopo di ché ucciderò lei e tutto il tuo gruppo.
Detto questo si alzò ed uscì dal magazzino.
In quei due giorni Rick era stato vacillante sulla proposta. Per un attimo aveva ceduto alla tentazione di dar via una dei suoi, ma Hershel non mancò a riportarlo alla realtà e al buon senso.
Ma ciò avrebbe comportato ad una nuova lotta, e dovevano prepararsi.
Fine Flashback
 
Gwen, dopo tanto, spronata da suo fratello, era finalmente scesa da quella torretta per tornare alla prigione.
La testa le girava poiché non mangiava da giorni e dovette aggrapparsi a qualcosa per continuare a camminare.
Appena arrivata non fece caso alla presenza degli altri e corse a prendere un po’ di pane per mettere qualcosa sotto i denti.
Dopo essersi ripresa, si accorse dell’aria tesa che c’era lì dentro mentre caos e gente allarmata la circondava.
- Dove diamine sono finiti Merle e Michonne!? – chiese Daryl nervoso.
- Oh merda – sussurrò Rick – sarà andando al luogo dell’appuntamento per effettuare lo scambio.
- Cazzo, cazzo, cazzo! – prese la balestra e si avviò all’esterno.
- Dove credi di andare?
- A riprendere mio fratello!
- Vengo con te.
- No Rick, andrò da solo. – detto questo uscì di lì.
Gwen, nonostante quelle parole, cosciente di non essere accettata, corse al piano di sopra nella sua cella per recuperare la katana per poi scendere e raggiungere l’arciere.
- E tu dove vai, Gwen?
- Lui c’è stato per me, Rick. Non lo lascerò solo.
- Non puoi… non ti sei ancora del tutto ripresa, non sei in forma… - disse incerto.
- Prova a fermarmi.
Sospirò annuendo.
- D’accordo, ma sta attenta.
- Come sempre.
 
Oltrepassò i cancelli della prigione seguendo le tracce del cacciatore cercando di non farsi sentire.
Nel cammino s’imbatterono in una Michonne sola e sporca di sangue.
Gwen si nascose dietro un albero ed origliò la conversazione.
- Dov’è Merle!?
- Mi ha lasciata andare. Voleva affrontare da solo il Governatore per aiutarvi. E’ ancora vivo, credo.
Daryl non le lasciò neanche finire la frase che era già corso via.
 
Erano giunti al luogo del ritrovo, ma ormai era troppo tardi.
Diversi corpi degli uomini di Philip giacevano a terra mentre uno zombie si sfamava di loro.
Daryl si avvicinò lentamente notando, con dispiacere, che quell’errante era Merle.
A quel punto Gwen uscì allo scoperto avanzando alle sue spalle pronta a sorreggerlo, mentre il ragazzo diede il colpo di grazia al fratello.
L’abbracciò da dietro per poi essere allontanata bruscamente con un gesto del braccio.
- Credevi che non ti avessi sentito? Credevi che non mi fossi accorto di te?
- Però hai continuato a far finta di nulla. Credo che ora sia meglio.
- Lasciami in pace.
Negò con la testa.
- Non se ne parla, Daryl – riprovò ad abbracciarlo, avendo successo.
Si lasciò cullare tra le sue braccia mentre continuava a piangere come un bimbo disperato.
-  Era la mia unica famiglia, adesso non ho più nessuno.
- Hai noi, e potrai sempre contarci.
Annuì. Poi si alzò deciso.
Gwen capì le sue intenzioni e, restando sempre al suo fianco, tornarono indietro.
 
 
 
Era buio inoltrato e nel cielo brillavano centinaia di stelle. Gwen continuava a fissarle dalla torretta di guardia, dando ad ognuna il nome dei suoi cari defunti, in loro memoria.
In fondo al suo sguardo, freddo e distaccato, calde emozioni ribollivano dentro lei, ma le ignorò lasciandole in disparte in un angolino. Poi, per un attimo, quasi s’illuminò speranzosa.
Intanto udì dei passi salire le scale ed una figura materializzarsi al suo fianco.
- Mi spiace per Merle – cominciò capendo con chi avere a che fare.
- Non credevo toccasse proprio a quel figlio di puttana una morte così improvvisa.
- Il suo è stato un gesto valoroso. L’ha fatto per proteggerci ed aiutarci, ne devi essere fiero.
- Per una cosa buona che ha fatto su cento negative?
Gwen sorrise amareggiata scuotendo la testa.
- E’ proprio vero – sospirò – fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce!
Daryl la guardò interrogativo, per poi ignorarla.
- «Quando non ci sarà più posto all'inferno, i morti cammineranno sulla terra.» - continuò sussurrando - Non credevo accadesse tutto alla lettera. O almeno speravo in qualcosa di meglio! Adesso li odio. Mi hanno portato via, di nuovo, una delle persone a cui tenevo molto. Ed è successo anche a te, e a tutti voi.
- Hai ancora Jason, Gwen. Goditelo finché puoi.
- Mi stai augurando di morire? - scherzò.
- Non lo vorrei mai.
- Da quel giorno, e oggi ancor di più, ho capito una cosa, fin troppo evidente ormai. In questo mondo dove si rischia di morire ogni secondo, ci sono due opzioni: non c’è spazio per la speranza, per le emozioni. O semplicemente bisogna lasciarsi andare e vivere ogni momento finché si può.
- Opterei per la seconda.
- Probabilmente sì.
Sorrise.
- Ho portato questo – dalla tasca posteriore del suo jeans, il ragazzo cacciò l’mp4.
- L’avevo abbandonato per un po’… mi è mancato! – rise.
- Ti va di ascoltare qualcosa?
Annuì. Lasciarono scegliere al riproduttore musicale, mentre,  con sottofondo la dolce melodia di ‘Kiss me’, guardarono le stelle.
(https://www.youtube.com/watch?v=KRKzcxJVjEc Consiglio! Riprendete a leggere quando comincia la canzone)
- Grazie – provò a dire tra le parole della canzone – per avermi salvata quel giorno, per essermi stata accanto.
- L’hai fatto anche tu con me – provò ad assumere un’aria scontrosa, da duro, come era suo fare. Quel momento lo metteva in imbarazzo, non era nel suo genere. Eppure, senza saper come, con quella ragazza si sentiva quasi… libero. Di esprimersi, di essere.
- E lo rifarei ancora. Ci sei stato per me, ed io ho voluto esserci per te. E ci sarò sempre Daryl.
Una stella cadente comparve sul cielo, ma erano troppo impegnati ad immergersi l’uno negli occhi dell’altra per vederla.
Avevano abbandonato quelle cuffiette e si erano chiusi in un mondo tutto loro, mentre il titolo di quella canzone – scelta per pura casualità, quasi fatto apposta – sembrò adatto in quel momento suggerendo loro cosa fare.
Gwen avanzò lentamente al suo corpo, avvicinando piano il viso al suo lasciando a Daryl il passo successivo. Che non tardò ad arrivare, poiché, dopo pochi secondi, le sue labbra premevano contro quelle dell’arciere in un bacio dolce e voglioso, poi con sempre più foga finché non si trovò al muro tra le sue braccia che le cingevano i fianchi.
Intrecciò le mani tra i suoi capelli cercando di prender fiato tra un bacio e l’altro.
Si erano appartati all’interno della torretta, stesi a terra vivendo quel momento magico, fatto di attimi unici e che mai potrebbero ritornare.
Guardavano verso l’alto abbracciati e, di tanto in tanto, Daryl le lasciava piccoli baci sul collo – scoperto essere il suo punto debole – per poi arrivare, fugacemente, alle labbra.
Avevano scelto di vivere ogni giorno al meglio, come se fosse l’ultimo. O almeno questa era la scelta di Gwen.
- No, basta. È sbagliato – il cacciatore si alzò di scatto portandosi una mano tra i capelli – mi ero sbagliato. No, non c’è spazio per le emozioni. Sono solo debolezze. – sospirò – dovresti tornare nella tua cella, magari mangiare e riposare meglio. Farò io da guardia sta notte.
Gwen non fiatò. Era incredula alle sue parole ma, d’altronde, come biasimarlo. Lui era ‘Daryl Dixon’! Come pretendere di abbattere quel muro di freddezza e acidità e arrivare in cima così facilmente? Non importa quanto avrebbe dovuto aspettare, sarebbe riuscita nel suo intento.
Ormai aveva abbandonato lei stessa quella muraglia che si era costruita come autodifesa, aveva dato spazio alle emozioni, ai sentimenti, perché non distruggono, ma fanno sentir viva. E forse aveva anche capito quello che provava per Daryl. E avrebbe fatto lo stesso per lui; perché lo sapeva: quello non era il vero se stesso. Dopotutto, non erano poi così diversi.

 

SPAZIO AUTRICE
E dopo tanto... Voilà, siamo arrivati al punto! Finalmente? Boh, chi lo sa!
Devo ammettere che, per quanto sia stato scritto da me e non è nel mio stile, è un pò patetico e sdolcinato, vero? :/ Vabbè, per questa volta è andata così!
Duuunque.... Riuscirà Gwen a sciogliere il cuore del nostro amato Daryl? Mmmhh..
E riguardo l'esperimento? Com'è andata, vi è piaciuto? Spero di si! Scusate se la canzone non è terminata insieme al capitolo ma non ho trovato una versione breve e non sapevo più come prolungare ç_ç
Aspetto vostri pareri e consigli a riguardo.

Ps. Scusate eventuali errori ma il tempo a me scappa a gambe elevate, e quindi non sono riuscita a correggere D: sorry!
Alla prossima,

_R

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** This war is won... ***


THIS WAR IS WON...

Erano pronti.
Erano pronti per quella battaglia. Avevano il loro piano e tutto sarebbe andato alla perfezione.
Erano pronti, ma non a perdersi.
Le ferite delle perdite dei loro cari erano ancora troppo fresche nei loro cuori.
Erano stufi di dover dire addio, anche alla loro – ormai – casa.
Avrebbero preso in mano la situazione e difeso quel posto con i denti e con le armi.
Se è la guerra ciò che voleva il Governatore, loro non mancavano a soddisfarlo.
 
Gwen, Carl, Hershel e Beth – insieme alla piccola Judith – erano nascosti nel bosco, mentre tutti gli altri aspettavano, ognuno alla sua postazione, l’arrivo del nemico.
Se, al contrario delle loro aspettative, qualcosa fosse andato storto, avrebbero dovuto raccogliere tutte le loro scorte ed i loro indumenti e fuggire via.
 
Così la guerra ebbe inizio. Il Governatore – ‘Philip’ – irruppe nella prigione dando fuoco ad una delle torri di guardia. Poi, notando che l’area oltre i cancelli del carcere era ‘misteriosamente’ deserta, insieme ai suoi ‘sergenti’ – gli unici più fedeli rimasti – ed un gruppo di abitanti di Woodbury riunito ed addestrato alle armi,  decide di perlustrarne l’interno inoltrandosi in un blocco. Vittime di un’imboscata da parte del gruppo di Rick i quali avevano attirato una piccola mandria di vaganti per allontanare il nemico, decidono di battere in ritirata dopo essere stati sorpresi da un attacco sferrato da Glenn e Maggie.
Ce l’avevano fatta: avevano vinto.
 
Fuori da quei cancelli, tra i boschi, un giovane dell’esercito di Philip tenta di fuggire imbattendosi, però, in Gwen e gli altri.
- abbassa il fucile – ordinò minaccioso Carl, interpretando il ruolo del padre.
- Woh! Certo amico, calmo. Non voglio farvi del male, sono buono. Ecco, tieni – il ragazzo aveva posato l’arma, ma Carl lo ignorò e la sua mira non mancò il bersaglio, uccidendolo in pieno.
- Carl! – urlò la spadaccina – ma che diavolo!? Era innocuo, perché l’hai ucciso!?
- Ci aveva attaccati.
- No che non l’ha fatto! – scosse la testa per poi sussurrare un ‘dannazione’ guardando Hershel che annuì amareggiato.
Questo non doveva succedergli. Un ragazzino della sua età, ancora vivo in tutto questo – come la sua piccola sorellina- era il briciolo di speranza che dava loro per continuare ad andare avanti. Quella speranza non doveva perdere l’umanità.
Poco dopo decidono di tornare alla prigione dove trovano il resto del gruppo intento a ‘festeggiare’ per la vittoria.
Gwen aveva voglia di correre tra le braccia di Daryl e stringerlo forte. Lo voleva, ma dal giorno del loro bacio non si erano volti la parola. O meglio, l’arciere pareva evitarla.  Così si limito a sorridere agli altri soddisfatta di come fossero andate le cose.
- Dovremmo coglierli di sorpresa e attaccarli a Woodbury.
- Rick, non dimenticare che ci sono anche donne e bambini in quella cittadina.
- Che ci hanno attaccati.
- Rick.. – lo canzonò Gwen.
- D’accordo, allora uccideremo solamente il Governatore.
Sospirò. Prese la sua katana ed insieme allo sceriffo, Daryl e Michonne, si incamminarono verso Woodbury.
 
Nel tragitto, però, trovano i corpi dei componenti dell’esercito nemico mentre una donna, nascosta nel veicolo con cui avevano oltrepassato la prigione, bussò ripetutamente sul finestrino per farsi notare.
Daryl aprì la portiera facendola scendere, mentre gli altri le puntavano le loro armi contro.
- Chi sei tu? E cos’è successo qui?
- Mi chiamo Karen e questa è tutta opera del Governatore. Ci ha ingannati, ci ha usati per i suoi scopi ed uccisi tutti. Sono riuscita a salvarmi nascondendomi sotto ad un corpo ormai morto. Non sono contro di voi ora, dovete credermi.
Rick annuì. Accolsero la donna nel loro gruppo che li guidò fino alla cittadina. Riuscirono ad entrarci solo grazie al suo aiuto, convincendo le guardie di turno – i volti conosciuti di Sasha e Tyreese – ad aprire le porte. Del Governatore neanche l’ombra.
Spiegò ai suoi compagni l’accaduto poi, scortati da Tyreese che si era offerto come ‘guida’, vennero accompagnati nella stanza dove il Governatore teneva prigioniera Andrea.
Michonne era in lacrime alla vista di Milton trasformato in zombie e poi ucciso, ed ai morsi presenti sul collo dell’amica.
- Che storia è questa!? – singhiozzò – dovevi seguirmi, perché non l’hai fatto?! Avremmo potuto farcela insieme, di nuovo.
- A..avevi ragione – tentò di rispondere la bionda, mentre il respiro le veniva sempre meno. Rick continuava a passarsi le mani tra i capelli, Gwen era incredula e scossa alla scena mentre l’arciere, impassibile se non lo si conoscesse, nel profondo era anche lui addolorato per la sua vecchia compagna d’avventura. Purtroppo, però, le cose andavano così oramai.
Dopo aver dato un ultimo saluto, Andrea chiede loro di uscire di lì per permetterle di darsi il ‘colpo di grazia'.
- Io non ti lascio sola. Resto qui con te – sussurrò Michonne. Di risposta, le sorrise per poi premere il grilletto della pistola puntata alla tempia.
 
- Non potete lasciarci qui, lui tornerà. Vi prego, portateci con voi – supplicò Karen correndo dietro al resto del gruppo cercando di fermarli e convincerli
Rick sospirò ed accettò la proposta.
Su un pullmino furono fatti salire i restanti abitanti di quel posto e portati in salvo alla prigione dove vennero accolti ed aiutati da Hershel e Beth.
 
 
 
Il sole brillava in cielo annunciando giornate calde e apparentemente tranquille.
Vista dall’interno, sembrava quasi una visione paradisiaca di un posto sereno popolato da gente tranquilla e pacifica. Da quando alla prigione si erano integrate nuove persone, il cerchio si era allargato così come anche gli zombie si accalcavano sempre più sui cancelli, attirati dall’odore di carne umana. Sembrava tutto così surreale, eppure quelle creature – incubo di quegli anni – erano ancora lì a ricordare le loro paure, ricordare il motivo per cui scappavano quando venivano accerchiati da mandrie di zombie, e ricordare anche che erano sopravvissuti. Probabilmente non per molto, ancora.
Nonostante tutto, quelle persone riuscivano a trascorrere felici le loro giornate, regalandosi sorrisi incoraggianti. Erano grate al gruppo di Rick, ritenendoli ‘salvatori’.
Perfino la prigione ora era un posto più ospitale: banchi, librerie, sedie, coperte, vestiti, cibo e molto altro, erano stati trasportati da Woodbury all’attuale rifugio e sistemati in maniera da far sembrare il luogo una vera e propria casa. Il merito era di tutti coloro che erano lì: gente vecchia e nuova.
Carl non era più solo: altri ragazzi e ragazze della sua età facevano parte di lì.
Rick, oltre che a rivestire i panni dello sceriffo, si era dedicato anche a fare il contadino coltivano nel terreno fertile del cortile grazie all’aiuto di Hershel.
Michonne aveva preso la sua strada, in parte: spesso e volentieri andava in spedizione, da sola, alla ricerca del Governatore, per vendicare la sua amica Andrea. A volte mancava per intere settimane, ma era sempre di ritorno: come quel giorno.
- Sembra un giorno perfetto per passarlo tutti insieme, no? – sorrise oltrepassando il cancello, reso sicuro anche esternamente oltre che dall’interno.
- Michonne! – urlò Carl correndole incontro per poi abbracciarla.
- Ragazzino, ho qualcosa per te – gli porse un fumetto.
- Non ho trovato di meglio.
- Va benissimo così, grazie – sorrise con gratitudine.
- E questo per te – si rivolse a Rick, porgendogli un rasoio elettrico – tutta quella barba non ti dona poi così tanto.
- Ci penserò! Grazie. – sorrise – ti fermi per molto?
- No. Ho intenzione di ripartire presto, ma almeno per sta sera mi fermo.
- D’accordo. Allora saremo felici di averti tra noi!
Intanto, tra i vari blocchi, Beth dava da mangiare alla piccola, Carol impartiva lezioni di storia ai ragazzini, Gwen teneva una sessione di allenamento con quelli più grandi, addestrandoli alle armi per chi non ne fosse ancora capace.
 
E mentre il sole era tramontato, il gruppo si riunì all’interno per la cena.
Dopo mangiato decisero di intrattenersi nel blocco D così Gwen, approfittando della presenza di tutti, prese la sua chitarra e cominciò a strimpellarla suonando un qualcosa di allegro che potessero conoscere tutti, accompagnata da un tamburo suonato da suo fratello Jason.
Passò poi ad un qualcosa di lento e dolce, una specie di ninna nanna che le dedicava sua mamma prima di andare a dormire.
L’ala del blocco era illuminata da una serie di candele, poste a terra tra una cella e l’altra.
L’atmosfera era rilassante e allo stesso tempo romantica: seduti a terra, Karen e Tyreese, così come Beth e Zack, il suo attuale ragazzo, si scambiavano dolci coccole ignorando il mondo attorno a loro. Per un attimo a quella scena le venne in mente Mick e, subito dopo, Daryl e al bacio di quella notte: un miscuglio di emozioni le si erano create dentro. Sensi di colpa, nausea e distacco per via dell’ex – e ormai defunto – ‘più che amico’, ma voglia e passione per l’arciere, che in quel momento se ne stava sdraiato al piano di sopra sul suo materasso, evitando qualsiasi contatto con lei.
Non le piaceva questa situazione ma l’accettò: probabilmente sarebbe dovuta andare così. E’ meglio per entrambi. Cosa si aspettava? Di trovare l’ “amore vero” in tutta questa merda?
‘Illusa’! Se lo ripeteva sempre, eppure, infondo, ci sperava.
 
 
Il mattino dopo la routine ricominciava.
Carol insegnava ai più piccoli; Beth badava a Judith; le donne cucinavano al capanno costruito nel cortile; Rick era di guardia nel bosco per controllare le trappole mentre Daryl, alla prigione, raggruppa un piccolo gruppo – composto da lui, Gwen, Bob, Sasha, Glenn, Tyreese, Michonne e Zack - per una breve spedizione in un supermercato non molto distante da lì.
- Wow, c’è proprio di tutto qui! – esclamò entusiasta il coreano.
- Già… - sussurrò Bob che si rigirava tra le mani una bottiglia di vino lottando contro il suo passato da alcolista. Scuotendo la testa, la rimise sul ripiano fin troppo violentemente, poiché lo scaffale cadde su di lui incastrandolo.
Nello stesso istante gli zombie al piano superiore, attirati dal rumore, cominciano a piombare dal soffitto marcito a causa del carburante fuoriuscito da un elicottero precipitato sul tetto.
- Cazzo no! – urlò l’ex medico dimenandosi – non lasciatemi qui!
- Non lo faremo mai – rispose affannosa Gwen correndo in suo soccorso cercando, allo stesso tempo, di salvarsi dalle grinfie dei vaganti.
Aiutata da Zack per sollevare lo scaffale, venne attaccata alle spalle da un azzannatore, pronto a morderla se una freccia non gli avesse oltrepassato il cranio.
Si girò nella direzione del colpo ricevendo un cenno del capo da parte dell’arciere.
Le parve un déjà-vu, ma in luogo diverso: in entrambi i casi, le aveva salvato la vita, di nuovo.
Intanto erano riusciti a liberare Bob, sorretto poi da Michonne.
- Dobbiamo andarcene di qui! – urlò Daryl divenuto, ormai, braccio destro di Rick, nonché ‘vicecapo’.
Erano tutti fuori, o quasi.
Zack venne attaccato e morso da uno zombie mentre, al contempo, l’elicottero cadde schiacciandolo in pieno. Bob trattenne un conato mentre gli altri osservarono quelle macerie sconsolati.
 
Era buio quando tornarono alla prigione. A dare la brutta notizia a Beth era stato Daryl: in tutta risposta, lei si alzò azzerando il contatori di ‘giorni senza incidenti’.
Gwen, invece, si concesse un attimo di relax facendosi una doccia calda provando a scacciare tutte le ansie ed i pensieri che l’attanagliavano. Non dava a vederlo, non piaceva essere al centro dell’attenzione, eppure era preoccupata, stressata, e sentiva che qualcosa di lì a poco sarebbe andato storto.
Piccole gocce d’acqua continuavano a percorrerle e disegnarle i lineamenti – leggermente rotondetti – del suo corpo. I lunghi capelli mossi le ricadevano bagnati lungo la schiena ed alcuni ciuffi sul volto, impedendole una visuale completa.
Il rumore dall’esterno la riportò alla realtà, ricordandosi di non dover consumare tutta l’acqua disponibile.
Si avvolse in una grande asciugamano annodandola al petto, poi salì le scale ed entrò nella sua cella, richiudendosela alle spalle ed abbassando la tenda.
Abbandonò il telo indossando abiti puliti ed i suoi amati e comodi scarponcini. Ripassò le mani tra i capelli per poi legarli in una coda lasciandoli asciugare da soli.
Uscì di lì e raggiunse gli altri, riuniti per la cena. All’appello mancava solo Patrick, nuova conoscenza di Carl.
Non parvero farci caso al momento, ma lasciarono comunque una porzione di cibo per lui. Eppure, durante la notte, di lui neanche una traccia.

Il giorno dopo, attirati dalle urla, Rick e Daryl corrono al blocco D trovando diverse persone trasformate in erranti.
- Non hanno morsi sul corpo – informò l’arciere.
- Come si sono trasformati allora?
- Non lo so, ma dobbiamo ucciderli e portare al sicuro queste persone.
Annuirono eseguendo l’ordine.
Fuori di lì Michonne oltrepassò il cancello, tornando subito indietro dopo aver sentito le urla senza, però, prima ferirsi alla caviglia, aiutata e soccorsa da Carl e Maggie.
Rick riuscì a ripristinare l’equilibrio ricevendo una spiegazione all’accaduto da parte di Hershel.
- Si tratta un'epidemia di polmonite da pneumococco. Questa malattia può essere letale, ma non sappiamo con quale velocità si diffonda. – annunciò il vecchio in una ‘riunione del Consiglio’.
- Patrick stava bene ieri, è morto durante la notte. Occorre dunque separare chiunque sia stato infetto - propose Carol.
- Quindi tutti in quel braccio. Compresi noi, forse anche di più – osservò Daryl.
- Avete visto qualcun altro che mostra dei sintomi?
- Non possiamo aspettare. Ci sono dei bambini:  non è solo la malattia, chi muore diventa una minaccia. Il padre di Lizzie e Mika – disse Carol con voce tremante, scuotendo la testa – è stato morso e contagiato. Oggi quelle creature hanno perso l’ultima persona restante della loro famiglia. Sono sole e dovrò badare a loro, ma non so come poterlo fare. O meglio, non so se posso farcela! Come faccio se siamo vincolate? Bisogna trovare una soluzione.
- Organizzare una spedizione alla ricerca di medicinali e nel frattempo mettere in quarantena gli infetti – disse l’arciere.
- Io vi assegnerei l’occorrente da prendere.
Fuori da quell’aula udirono dei colpi di tosse. Correndo fuori allarmati notarono che Karen e Sasha erano malate e soggette a quell’epidemia.
- Dobbiamo procedere al più presto.
- Mentre ve ne occupate, copritevi le mani e la bocca – consigliò Hershel.
 
Le vittime aumentavano sempre più così come il numero di morti. Anche Glenn, Lizzie, il dottor Caleb e Sasha, contagiati, vennero isolati in quarantena mentre Rick si occupava del misterioso ritrovamento dei corpi carbonizzati di Karen e David.  
 
 
Daryl era di guardia quella notte: i turni erano ricominciati da quando gli zombie si accalcavano sui cancelli riuscendo ad abbatterli ed irrompervi nella prigione.
Da lontano scorse una figura zoppicante: non riuscì a mettere a fuoco per via dell’assenza di luce, ma capì che si trattava di un vagante.
‘Forse hanno di nuovo abbattuto il recinto’ pensò, ma nonostante questo scese dalla torretta per avvicinarvi ed ucciderlo con una coltellata alla testa: usare un colpo di pistola per un unico errante era stupido e pericoloso, poiché il rumore ne avrebbe attratti altri.
Avanzando riconobbe il viso sofferente di Gwen. Le corse incontro afferrandola prima che crollasse a terra.
- Daryl.. – sussurrò per poi sputare sangue. La sua fronte era impregnata di sudore e riusciva a malapena a tener gli occhi aperti.
Scosse la testa disperato.
- No, no, no! Cazzo, Gwen!

 
 

SPAZIO AUTRICE
Peeeeessimo (e poco descrittivo) capitolo di passaggio. Anche un po’ noioso e ripetitivo. Tra l’altro senza correzioni… non ho avuto tempo, di nuovo, scusate! T_T
Perdonatemi l’attesa ma la scuola mi sta letteralmente divorando. A stento ho tempo per respirare! Inoltre non avevo molte idee per questo capitolo e infatti, come avete ben notato, è uscita na meraviglia caduta dal cielo….. na cagata de piccione!
Prometto – o almeno ci provo – di rifarmi con il prossimo!
Nel frattempo non mancate a recensire. Alla prossima,

_R

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Run ***


RUN

 

La prese tra le sue braccia, caricandola di peso, rischiando di essere infetto maggiormente – anche se quella malattia non sembrava colpirlo particolarmente – e la portò in quarantena.
Non poté oltrepassare la porta che divideva l’aria infetta da quella non-infetta, così ci pensò Glenn, già in pessime condizioni, ad accogliere una malata tra loro.
Gwen, ancora stordita e debole, si guardò attorno: alla sua destra vide la cella del dottor Caleb, che tentava di restar sveglio e attivo per non permettere alla malattia di prendere il sopravvento, così come Glenn e Sasha che giravano per il blocco aiutando i più bisognosi.
Oltre le scale, al piano di sopra, c’erano donne e bambini, del tutto inermi sui propri letti.
Annusò l’aria, che le fece venire il voltastomaco e dovette premere una mano sulla bocca per trattenere il conato di vomito. Si trascinò fin alla sua cella al piano terra, buttandosi sul letto e accorgendosi che oltre lei, in quella stanza, c’era soltanto un vecchio libro autobiografico di un artista sconosciuto al suo bagaglio culturale – non molto arricchito – così, spinta dalla noia, dalla curiosità e dalla voglia di restar sveglia ed in vita, cominciò a leggerlo aspettando un qualche segnale di salvezza, mentre il mondo continuava ad andare a rotoli.
 
Da lì, a quelle che sembravano ore, il sole non tardò a sorgere svegliando il resto del gruppo alla prigione. Quel giorno ognuno aveva il suo dovere: Rick aveva ormai risolto il caso dell’omicidio dichiarando – a se stesso ancor per poco – il colpevole.  Daryl organizzava una spedizione per trovare i medicinali, mentre Hershel si procurò bacche di sambuca come cura momentanea.
- Cos’hai intenzione di fare con quelle, papà?
- Quelle persone lì dentro, Maggie, hanno bisogno di me.
- Ma… papà, no! – urlò disperata – verrai infetto, ti ammalerai e…
- Non è detto che succederà per forza. Guardami – la incitò dolcemente – sono sopravvissuto a tutto questo e per di più anche senza una gamba! Non sarà un virus ad uccidermi. – la ragazza annuì affranta – ricorda, Maggie: ognuno ha il suo compito. Oggi, questo è il mio. – detto questo avvisò il suo vecchio amico Rick, e Daryl, che non mancò ad un discorsetto.
- Hershel…
- Sì, Daryl?
- Buona fortuna..
- E..?
L’arciere non capì a cosa volesse riverirsi quella domanda in sospeso, come ad incitarlo a continuare una frase incompleta, o volutamente non detta.
O forse sì, capì, ma non volle ammetterlo. Ciò l’avrebbe fatto sembrare ancor più debole agli occhi degli altri, ed ancorato a quella ragazza estranea ed indifferente – a suo parere – a se stesso.
Eppure, nel profondo, sentiva il dovere di farlo, come se dirlo fosse bastato a migliorare la situazione, o a sentirsi meno in colpa e sollevato.
- Prenditi cura di lei – gli uscì di botto, sospirando poco dopo come se un grande masso gli fosse scivolato dal petto, facendogli riprendere a respirare.
- Lo farò, conta su di me – sorrise incoraggiante, ed entrò in isolamento.
Daryl tremava.
Temeva i pensieri del vecchio, perché, ormai era chiaro, sapeva forse anche più di lui ciò che lui stesso provava ed ignorava. Ciò che, in presenza di quella ragazza, lo rendeva vulnerabile, fragile, dimostrando quel suo lato tenero ormai seppellito da secoli, di cui aveva persino dimenticato l’esistenza, semmai una ne avesse avuta.
Temeva tutto questo, temeva di poter apparire per quello che non era ed odiava essere: un debole.
Sì allontanò dando un ultimo sguardo oltre quel vetro che li divideva: Gwen le dava le spalle, aiutando Hershel a distribuire la cura tra le celle, camminando con fatica.
Odiava se stesso per quello che aveva permesso di accadere quel giorno: quel bacio era un dannato errore perché, anche se non aveva fatto storie, sapeva quanto lei potesse sentirsi più legato a lui attraverso quel piccolo ma significativo gesto.
L’aveva illusa per questo, forse, ed odiava non aver potuto chiarire prima che succedesse un ulteriore problema qual era, appunto, il virus.
Sospirò.
‘E’ forte’ pensò ‘riuscirà a sopravvivere finché non tornerò con i medicinali e sarà guarita’ cercò di convincere più se stesso che qualsiasi altra persona.
Uscì di lì in compagnia di Tyreese, che aveva dato il suo saluto alla sorella, proponendoli di accompagnarli nella spedizione.
- Come sapremo riconoscere queste medicine?
- Non dovete, ci sono io. Le conosco e credo di potervi essere molto utile per questo. Portatemi con voi – si offrì Bob.
- D’accordo, sei dei nostri. Michonne?
- Come ai vecchi tempi, Daryl! – rispose entusiasta. L’arciere annuì caricando la macchina, pronti a partire.
 
L’aria era tesa tra gli sportelli di quella vettura, mentre i presenti si lanciano occhiatacce alquanto ansiose.
Daryl accese la radio, intercettando una segnale vocale sotto ad un costante fruscio. Poi di nuovo silenzio.
Quel gesto lo fece distrarre, anche se solo per un secondo, portandolo a schiantarsi contro un’orda infinita di vaganti, che accerchiò subito l’auto.
No, non li avrebbero fermati ancora una volta.
Daryl aprì il tettuccio dell’auto facendo uscire i suoi compagni uno alla volta. Seguendoli, uccise una decina di vaganti accoltellandoli o tirando frecce qua e là, ovviamente raccolte subito dopo per permettersi di usarle altre volte.
Tyreese tornò indietro in suo soccorso.
- Vattene amico. Scappa, qui ci penso io.
Daryl lo guardò preoccupato in volto, poi annuì, sicuro che l’amico ce l’avrebbe fatta.
L’orda lo stava accerchiando e lui, da cavia come distrazione, aveva aiutato gli amici a mettersi in salvo.
‘Ce la farà’ continuava a ripetersi speranzoso. Era stufo di perdere persone ed avere altre morti sulla coscienza. Dopo tutto, forse, quello sarebbe stato un bel modo per sfogare la rabbia che teneva chiusa in sé.
Corsero nel bosco, senza allontanarsi troppo per permettere al compagno di tornare da loro nel caso fosse uscito vivo da quella situazione.
Intanto ne approfittarono per riprendere il respiro mentre, col fiato sospeso, guardarono alla loro destra, da dove avevano udito un fruscio di foglie. Ne uscì Tyreese, imbrattato di sangue e fango.
- Tutto ok? Sei stato morso? Graffiato?
- Sono apposto. Proseguiamo – disse fermo e deciso precedendo il suo gruppo.
Daryl annuì lasciandosi sfuggire un breve sorriso.
Camminarono per pochi metri poi, raggiunto nuovamente l’autostrada, trovarono un altro veicolo. L’arciere si occupò della sua funzionalità mentre Michonne ripulì il suo interno ed il retro, nel bagagliaio.
Non trovarono molto se non una valigia aperta e mal ridotta che lasciava fuoriuscire abiti e stracci qua e là.
- Questi potrebbero tornarci utile alla prigione – commentò la spadaccina ricevendo un cenno del capo da parte di suoi compagni.
L’auto era funzionante e, con il poco carburante che rimaneva, raggiunsero la facoltà di veterinaria del West Peachtree Tech.
Il posto era colmo di vaganti ma ben nascosti, così si limitarono solo ad evitarli o uccidere quelli che intralciavano il cammino.
- Non siamo al sicuro qui. Probabilmente ce ne sono molto di più di quelli che riusciamo a vedere oltre quella porta, e potrebbero liberarsi subito. Io posso rallentarli, ma voi correte a prendere le medicine. Appena finito scappiamo di qui, ok? – ordinò Daryl.
- Sbrigati Bob, non abbiamo molto tempo – continuò incastrando, in maniera obliqua, un armadietto tra un muro e l’altro per non permettere agli azzannatori di passare.
- Qui è sicuro, ora. Trovato ciò che cerchiamo?
- E’ qui, in questa stanza, ma non riesco ad aprire.
- Fammi vedere – quasi sussurrò affacciandosi oltre la vetrata della porta. Non c’erano zombie al suo interno, ma l’ingresso era bloccato da un paio di sedie accatastate l’una sull’altra. Fece forza sulla maniglia insieme a delle piccole spallate riuscendo, dopo vari tentativi, a varcare la soglia. Consegnò una sacca a Bob che, in breve tempo, riempì con tutto il necessario per la cura.
Diede un’occhiata attorno, sempre vigile e pronto per un eventuale attacco-zombie, ma godendosi un po’ di ‘normalità’ che restava ancora chiusa in quel posto. Poteva immaginarselo, quel posto, gremito di gente intenta a svolgere il proprio lavoro. Gente che lì fuori si dimenava per mangiarli. Quelle che un tempo erano normali persone, erano ora diventati loro unico nemico, fonte di patimenti, affanni, stress e tristezza.
Faceva tutto così schifo. E per cosa combattevano? La sopravvivenza di un mondo ormai perduto? Con quale forza e coraggio andavano avanti?
Scosse la testa per cancellare quella negatività.
Controllò gli scaffali sui quali erano riposti, in maniera disordinata, vecchi libri, romanzi d’amore e di cultura, fantasy e di storia, fumetti e molto altro. Ne prese un paio per portarne a Carl, Beth e… Gwen. Dei brividi gli percorsero il braccio e la spina dorsale. Lanciò un’occhiata alla finestra ma no, era chiusa e quindi non era stato alcun vento a provocarli quella scossa.
La ignorò, e non fece altro. Per quanto l’angoscia e la consapevolezza di non riuscire a salvarla potesse attanagliarlo, non mollò. Ignorò piuttosto questo pensiero d’interesse: non era la sua unica vita quella che stava salvando, ora. Eppure quel suo metter fretta di raccogliere l’occorrente e correre via non era dovuto solo alla paura di esser morsi da un vagante: nel suo profondo, nel suo lontano e oscuro lato umano, lo sapeva. E non si sarebbe tolto quel grosso mattone lì sullo stomaco fin quando non sarebbe arrivo alla prigione e aver visto i loro corpi riprendersi davanti ai suoi occhi. Il SUO corpo.
- Fatto?
- Sì, ho finito. Possiamo andare.
Annuì e si affrettò a raggiungere l’uscita.
- Merda.
- Cosa succede? – chiese ansioso il ‘medico’.
- Quella trappola non riuscirà a fermarli ancora per molto. E non possiamo raggiungere la porta da dove siamo venuti. Dovremo uscire dalla finestra e in qualche modo saltare giù.
- E’ da suicidi.
- Preferisci, con non molte probabilità ed un po’ d’astuzia, slogarti una caviglia, o trasformarti in uno di loro?
- Vada per la finestra.
Corsero verso quella loro possibilità d’uscita, Bob per ultimo.
Fu un secondo: riuscì a salvare la sacca dei medicinali, ma non la sua. Un piccolo zaino che si era portato per sé, e che teneva saldo tra le mani non lasciandolo in nessun modo alle grinfie dei vaganti. Sembrava, piuttosto, voler farsi uccidere, ma non azzardava a mollar la presa.
Strattonò più e più volte riuscendo finalmente a riprenderselo.
Michonne, con la sua katana, fece fuori gli zombie della prima fila che minacciavano di scivolare dalla finestra e finir su di loro.
Daryl, furioso, si fece consegnare la sacca di Bob controllandone l’interno.
- Mi stai dicendo che stavamo rischiando la vita per una stupida bottiglia di vodka!? Vaffanculo Bob!
- Tu non sai cosa significa per me! E’ difficile passare dall’essere un tossico dipendente ad una brava persona astemia nel giro di pochi giorni. Tu non capisci!
- E tu non capisci che hai messo a rischio la tua e la nostra vita per una fottuta bottiglia d’alcool! – urlò avvicinando la fronte alla sua con fare superiore e minaccioso – non la passerai liscia.
Bob gli tenne testa aspettando che l’amico si staccasse. Gli riconsegnò, poi, il suo ‘premio’ tanto difeso sussurrandogli un ‘fottiti’ carico di rabbia.
(Esperimento pt.2: ascoltate questa https://www.youtube.com/watch?v=TfXbn1t9QIo aspettate a leggere finché non comincia la canzone c: )
Saltarono giù dal tetto, distante pochi metri da terra, raggiungendo poi, velocemente, l’auto.
Il viaggio di ritorno fu teso e silenzioso. Daryl emetteva piccoli ma affannosi respiri, mentre l’ansia gli mangiava lo stomaco, saliva su per la gola soffocandolo.
‘Ce la farò’ si ripeteva ‘devo farcela. Devo arrivare in tempo. E lei, lei deve resistere. E’ forte, è una grande bastarda, ce la farà’ s’incoraggiava.
Era una continua lotta contro il tempo.
Alla prigione, nel blocco A, altre persone si erano trasformate in vaganti mentre Gwen si sorreggeva su una qualsiasi cosa solida e resistente trovava davanti, soccorrendo ed aiutando i viventi.
Una persona dall’esterno sfondò la porta della quarantena entrandone ed uccidendo gli zombie presenti. Gwen si girò di scatto pregando fosse qualcuno corso in loro aiuto con la cura ma, solo dopo aver messo a fuoco la figura, si accorse essere Maggie. Sospirò sconsolata e distrutta. Non aveva più forze, non sarebbe sopravvissuta un altro minuto.
- Gwen! Oddio…
- V..vai da Glenn. E’… e’ al piano di sopra, non sta bene – si sforzò a dire col poco respiro che le era rimasto.
- Gwen… mi spiace. Scusa.. – rispose la ragazza correndo dal coreano.
Gwen strizzò più volte gli occhi inquadrando la situazione lì dentro: gente malata lottava per la vita mentre la morte minacciava di prendere il possesso del loro corpo.
Hershel aveva fatto del suo meglio, gli aveva aiutati come meglio poteva riuscendo a controllare la situazione, ma non li aveva salvati tutti.
Gwen arrancò verso la camera di Sasha trovandola stesa a terra mentre il sangue le colava dalla bocca.
- No… - sussurrò correndole incontro. Le sollevò il capo poggiandole un cuscino sotto. Fece una breve e veloce respirazione bocca a bocca provando a guadagnare tempo. Controllò le pulsazioni: il suo cuore, anche se flebile, batteva ancora.
Si alzò ed uscì dalla camera in cerca di Hershel. La testa le girava vertiginosamente, la vista le veniva sempre meno, mentre le uniche cose che sentiva erano mugolii dei vaganti ed urla di gente che chiedeva aiuto, richiamando il suo nome.
L’ultima cosa che fece fu voltarsi a sinistra, in direzione della porta, e vedere una figura possente entrare in quarantena. Poi perse i sensi e cadde a terra.
Il sangue cominciò a fuoriuscirle dal naso e dalla bocca, i battiti lenti e irregolari, era praticamente morta.
Daryl era corso lì dentro, in suo soccorso, perché, alla vista di quella scena, non poteva aspettare senza far nulla. Non avrebbe permesso di far morire altre persone, non lei. Non ora, non così presto.
Era ansioso, ma doveva essere fermo e mantenere la calma.
La prese tra le sue braccia mentre richiamò Bob.
- Bob dannazione, aiutami!
- Daryl… temo sia troppo tardi.
- No, cazzo, no! Non è tardi, il suo cuore batte ancora, lo sento. Passami quelle fottute medicine!
Bob scosse la testa occupandosi lui stesso di curare Gwen.
- Sono cure spese inutilmente..
- Vedrai che poi ne varrà la pena. Ti avevo detto che te l’avrei fatta pagare cara, ricompensarmi con questo mi pare il minimo, no? Non ti ho chiesto chissà quale favore, ti ho chiesto di salvare una vita. La vita di una NOSTRA amica.
Bob lo guardò persistente e deciso, che andava oltre un semplice sguardo, quasi a scrutarne l’anima. Non c’era motivo di scaldarsi tanto, ma non arrivò a secondi fini. Probabile che tenga alla ragazza molto più di quanto lui stesso pensi – o magari no – ma si sarebbe comportato in questo modo anche con qualsiasi altro membro del gruppo. Nessuno doveva morire, non più.
- Dobbiamo portarla su un letto, non posso procedere qui sul pavimento.
Daryl annuì mettendo un braccio sotto la schiena di Gwen, l’altro sotto le gambe, e la sollevò.
La portò nella cella più vicina, in cui il corpo di un non-morto giaceva a terra con le fauci spalancate ed un legnetto mal appuntito conficcato nel cranio. Sorrise pensando fosse opera della spadaccina.
Gwen riprese coscienza, o quasi. Aprì gli occhi – o quello che sembrava il gesto d’aprirgli – e respirò.
L’arciere osservò il procedimento, poi uscì di lì prendendo alcune delle medicine curanti con sé.
- Dove vai?
- Vedo se qualcun altro ha bisogno d’aiuto.
- Sicuro di riuscirci?
- Devo farlo. Con lei siamo arrivati giusto in tempo, magari non saremo così fortunati di nuovo.
Ed uscì di lì sospirando.
Un sospiro di sollievo, un peso in meno sullo stomaco e sulla coscienza.
Lei era morta. Le era sembrata morta. L’aveva vista svenire davanti ai suoi occhi. Il sangue usciva dalle sue labbra e no, il suo cuore non batteva. Probabilmente sì, sarebbero state cure sprecate. E invece, per chissà quale miracolo, lei era viva.
 
‘Non credo in Dio. Ma chiunque sorvegli da lì su, grazie’

 

SPAZIO AUTRICE

NO, non sono morta. Probabilmente molte di voi mi avranno data per scomparsa o saranno andate a ‘chi l’ha visto?’. O forse non vi siete neanche accorte della mia assenza! D’oh :c e vabbè, me lo merito :c
Chiedo scusa, perdonatemi D: quasi due mesi di assenza non sono accettabili, ma ho i miei motivi! *cori* ‘non ce ne facciamo nulla delle tue scusee!!’ ndehehe é.è
Ok, tra colloqui, problemi in famiglia, scuola ed il mio fidanzamento (da un mese e poco più ormai, yee) non ho avuto modo di pubblicare. O almeno ci provavo, ma nulla.
Dunque… capitolo insolito? Inaspettato? Ansioso? Noioso? ''C'è di nuovo il tuo stupido esperimento con la canzone, yee!'' Commentate! (Scusate gli errori, non ho potuto correggere per la fretta)
Io ho solo una cosa da dire riguardo Walking Dead: COSA DIAVOLO E’ PASSATO PER LA TESTA DI ROBERT O FRANK O CHICCHESSIA!?
Beth. E’. Morta.
Cuore infranto.
No sul serio, io non ci credo… spero si siano sbagliati ed era una puntata fantasiosa. Ma Beth non può essere morta. Non doveva morire!
Sono a lutto da una settimana, aiutatemi.
Lei… e lui… oddio T_T
Ok la smetto, qui lo spazio d’autrice è più lungo del capitolo! Ahah
Alla prossima! (Mi auguro avvenga presto)
 

_R

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** ...but this is war. ***




...BUT THIS IS WAR.


Ce l’avevano fatta. I malati erano sopravvissuti grazie alle medicine portate dal gruppo di Daryl e, quest’ultimo, era riuscito di nuovo ad essere l’eroe della situazione.
Gwen riprese subito le sue forze e, come suo solito, diede il suo aiuto come meglio poteva.
In quei giorni di apparente tranquillità, c’era sempre tanto da fare: le scorte finivano e bisognava fare rifornimento, lo stesso per il latte artificiale alla piccola, o anche solo per raccogliere dei rami secchi per accendere un falò e tenersi al caldo.
Gwen, solitamente, faceva un giro di ricognizione nei quartieri della città per trovare e riportare alla prigione qualcosa di nuovo ed utile.
Aveva trovato giocattoli per Judith, poche munizioni per le armi, qualche snack, coperte e libri come passatempo per i giovani.
Erano passate due settimane dal loro ultimo incontro con il Governatore e solo una settimana dall’accaduto di quella peste passeggera. Nonostante ciò, non tutti i corpi erano ancora stati fatti bruciare o seppellire. C’era ancora molto lavoro da fare.
Rick si prese una ‘pausa’ dedicandosi di più alla piccola, mentre il resto del gruppo si divideva i suoi compiti: quel giorno toccò ad Hershel e Michonne portare fuori i corpi delle vittime per bruciarli.
- Vi serve una mano? – chiese Gwen.
- Te ne saremmo grati, grazie – rispose cordialmente Hershel.
Il vecchio cominciò a radunare in un punto preciso rami d’albero raccolti qua e là, mentre le due spadaccine trascinarono i corpi lì vicino.
All’improvviso, alle loro spalle, udirono un rumore provenire dal bosco. Passi.
Istintivamente Gwen si portò una mano alla sua katana ma venne fermata da una voce e dal freddo metallo della volata di una pistola contro la sua testa.
- Non urlate e soprattutto non fiatate. Non muovetevi di un passo. Voi ora verrete con me.
Riconobbero all’istante quella voce e per un attimo sperarono non fosse lui: com’era sopravvissuto? Era così ostinato da voler a tutti i costi una guerra, combatterla fino alla fine e vincerla? Non era un uomo arrendevole, l’avevano capito, eppure speravano fosse sparito davvero.
Il gruppo alla prigione era pronto a tutto, ma non di certo ad una soffiata di nascosto. Non erano pronti a vedersi portar via tre dei loro membri.
Il trio annuì e cominciò a seguire il Governatore, senza prima avergli consegnato le armi.
Li condusse al suo accampamento dove ad ‘accogliergli’ c’era il suo gruppo.
- Chi è questa gente, Philip?
- Oh tranquilli, nessuno di pericoloso. Vecchi amici, non è vero Michonne? – la guardò quasi assatanato di vendetta. La ragazza sussultò cominciando a respirare pesantemente.
- Come vi ho detto, l’unico posto in cui possiamo essere al sicuro è la prigione. E loro ce la garantiranno, non è così, Hershel?
In risposta il vecchio lo fulminò esasperato.
- Perché non ti arrendi? Abbiamo già combattuto una volta ed abbiamo vinto. Non ha più senso combattere. Ci sono donne e bambini lì, vuoi davvero tornare e continuare la guerra come se non fosse mai finita? Per favore. Non so cosa ti sia capitato in questi mesi, come sei sopravvissuto o altro. Ma non è uccidendoci che otterrai la vittoria.
- Chi ha parlato di uccidervi? Oh no. Sono cambiato – sorrise malizioso – è grazie a loro – disse indicando due donne ed una bambina – se sono sopravvissuto ed ora sono qui, così… diverso. Non vi ucciderò, per ora. Il mio sarà un semplice accordo tra me e lo sceriffo: io gli riconsegno i suoi amici, lui mi cede la prigione. Un patto equo, non ti pare?
- Potremmo trovare un modo e convivere insieme. Sono sicura che troveremo un accordo migliore e accetteremo le condizioni, nessuno dovrà più morire. – propose Gwen.
- Mi piacerebbe tanto, signorina. Ma ecco… – si abbassò alla sua altezza premendole la punta del coltello sul mento - non credo sia possibile – le sorrise. Sorriso falso e maligno.
- Attaccheremo presto. Preparate le vostre cose, ci andiamo conquistare casa – annunciò al resto del suo gruppo con un orgoglioso sorriso stampato su una faccia diabolica.
I tre ‘prigionieri’ si guardarono negli occhi, pieni di paura e sconforto. Non ne sarebbero usciti vivi.


Un attimo dopo erano davanti ai cancelli della prigione e Maggie, che era in cortile, vedendo movimenti da lontano andò a richiamare Rick ed il resto del gruppo.
Loro erano pronti, ma non avevano previsto che il Governatore potesse prendere tre dei suoi in ostaggio.
Ognuno si teneva a debita distanza dall’altro. L’aria era tesa, il vento fresco pungeva sulla loro pelle, provocando brividi aggiuntivi a quelli di ansia, paura, terrore, adrenalina.
Rick avanzò di poco mentre Philip prese a parlare.
- Allora Rick, hai preparato i bagagli? O preferisci avere la morte dei tuoi amici sulla coscienza?
- Lasciali andare, loro non centrano nulla. È me che vuoi, prendi me.
- Oh no, qui ti sbagli. Michonne è perfetta per i miei piani: probabilmente è l’unica che vorrei vedere davvero morire. – Tara e la sorella, alle sue spalle, tremarono. Che ne era dell’uomo bravo e gentile che avevano conosciuto? – Hershel… beh, mi spiace per lui ma era insieme alla nera, prendi 3 paghi 2, no? E Gwen… non saprei dirti. Un po’ per lo stesso motivo, un po’ perché mi è sempre piaciuta questa spadaccina sgualdrina. Magari potrei non ucciderla. – disse poggiando la punta della sua spada sul mento della ragazza, percorrendo, poi, il collo sensualmente - Magari potrebbe diventare il mio giocattolo, ti pare? – sorrise pervertito.
Faceva vomitare.
Daryl premette la mano sulla balestra. Un altro passo falso contro Gwen e l’avrebbe ucciso con le sue stesse mani, a qualsiasi costo.
- Phil, potremmo parlare da persone… civili?
Rise. Quasi provocatorio e derisorio.
- Civili? Tu, Rick Grimes, vieni qui e mi parli di civiltà. In queste condizioni? E cos’hai di meglio da offrire? Ti ascolto.
- La prigione è abbastanza grande per poter ospitare due gruppi. C’è un altro blocco ripulito, ma possiamo liberarne un altro e renderlo accessibile. Vivremo separati, come se non ci conoscessimo. Nessuno farà del male all’altro, nessuno intralcerà l’altro. Possiamo trovare un accordo, Philips.
- E vivere insieme a voi!? Non credo si possa fare.
- Si troverà un modo!
- No. La mia proposta era chiara: o mi lasci la prigione, o loro moriranno. Davanti ai tuoi occhi.
Rick esitò. Li avrebbe uccisi ugualmente? O li avrebbe lasciati davvero liberi? Mettere a rischio la vita di un gruppo sostanzioso o sacrificarne solo tre? Era confuso, non sapeva cosa fare. Troppe decisioni prese all’improvviso, mentre nella sua testa regnava il caos ormai da giorni. Prima la morte di Lori, poi le sue apparizioni all’interno della prigione. Judith, un gruppo da portare avanti, morti su morti ed il responsabile di tutto era solo lui.
Ma non ebbe scelta. Il tempo per pensare era finito, e la sua risposta era arrivata troppo tardi quando, dopo uno sguardo sconfitto di Hershel ed un sorriso dipinto sul volto come a dire ‘non preoccuparti’, questo morì davanti ai suoi occhi tranciato alla gola dalla spada del Governatore.
(Esperimento pt3: https://www.youtube.com/watch?v=hMAVLXk9QWA CONSIGLIO! Questa volta ricominciate a leggere dopo pochi secondi dall’inizio della canzone J) (Ps. Meglio quando sentite finire le urla ahah)
Beth e Maggie urlarono.
Urla strazianti, disperate. E bastava guardarle negli occhi solo un secondo per poter leggere tutto il dolore e la disperazione che infuocava il loro cuore, ora.
Partirono spari, frecce, il carro armato ruppe nuovamente il recinto oltrepassandolo ed entrando in cortile.
Gwen riuscì a slegarsi dalle corde ai polsi giusto in tempo mentre Michonne rotolava via, sempre seguendo l’amica, per scappare agli spari. Gwen l’aiutò a slegarla, presero le loro spade e raggiunsero i suoi amici. Ebbe, per un secondo, uno scambio di sguardo da Daryl e poté leggere che si era tolto un peso sullo stomaco: era viva, ed era quello il suo pensiero.
Perché sì, lei lo sapeva, era solo un peso per lui. Probabilmente lo erano tutti, ma non sempre in senso negativo: erano un peso da portare al sicuro, da proteggere. E lui l’avrebbe fatto, a qualsiasi costo.
A lei e Michonne vennero date due pistole che rifiutarono: non erano in grado di usarle ed erano sempre del parere che avrebbero attirato altro pericolo, altri zombie. Così decisero di buttarsi nella mischia, rischiando il tutto e per tutto. Senza, però, essere bloccata, almeno per Gwen, al braccio da una mano forte ma tremante. Si girò ed incrociò lo sguardo preoccupato del fratello.
- Non fare l’eroina. Non fare l’idiota, per favore, Gwen. Moriresti, sicuro!
- Non posso stare qui da lontano a guardare senza far nulla. Le pistole non servono a molto con me, non ho una buona mira. Devo tenere al sicuro, per quel che si può fare, questo posto fino alla fine. Devo riuscire, almeno, a tener lontano da qui i vaganti così che voi possiate combattere la vostra battaglia senza altri intralci.
Jason esitò un attimo poi annuì.
- D’accordo ma tieni gli occhi ben aperti. Cercherò di guardarti le spalle il più che posso.
- Grazie fratello – gli diede un bacio sulla fronte e scappò via.
Raggiunse la parte del recinto che era stata sfondata e cominciò a tagliar teste a destra e manca. Vide da lontano un’orda avvicinarsi sempre più alla prigione. Andare incontro era da pazzi, eppure Gwen azzardò. Raggiunse i primi a torreggiare sul gruppo, i più vicini, e gli infilzò ripetutamente per assicurarsi che fossero morti per davvero.
Indietreggiò quando si accorse di non potercela più fare. Improvvisò un piccolo recinto (un piccolo tronco d’albero) davanti al cancello, magari sarebbero inciampati e, una volta caduti a terra, il loro cervello si sarebbe spappolato da solo.
Nell’indietreggiare due esili braccia l’afferrarono. Pensò fosse uno zombie ma quando sentì una voce uscire da quella gola capì che non era del tutto finita. O quasi.
Con il braccio sinistro le avvolse il bacino mentre l’altro braccio premeva sul collo intento a strozzarla.
- Lascia cadere la tua spada a terra.
La sua mano si aprì inconsciamente permettendo alla sua katana di cadere al suolo. Era allora stremo delle forze e le mancava l’aria, ma avrebbe combattuto fino alla fine come un guerriero.
Per un attimo la presa sul suo collo si allentò, giusto il tempo per estrarre il coltello dalla tasca e ripuntarglielo sulla gola, premendo sempre più.
Gwen abbassò lo sguardo sulla lama tagliente e vide delle piccole gocce di sangue percorre il grigio metallo, mentre l’orda di vaganti si avvicinava sempre più a loro.
Non sarebbe morta così, in pasto a ciò che finora era sempre riuscita ad uccidere guadagnandosi la vita.
Con estrema forza e coraggio, che per un attimo aveva dimenticato di possedere, diede una gomitata allo stomaco dell’uomo che si inginocchiò lasciando un ultimo piccolo taglio alla gola della ragazza con il coltello che, poi, gli sfuggì dalla mano e cadde lontano.
Gwen si affrettò a recuperare la sua spada e, senza esitare, gliela puntò sotto il mento.
- Ti prego. Per favore, no! – urlò disperato. Ma tu guarda come si rovescia la medaglia! Ma la spadaccina non ebbe pietà. Anzi, ancor peggio, si girò giusto in tempo per evitare che uno zombie la mordesse alle spalle. Questo cadde a terra, non molto lontano dall’uomo, e, strusciando, gli si avvicinò mordendogli e strappandogli via la pelle, mentre questo continuava ad urlare dal dolore.
Rischiavano. Rischiavano la loro vita, la loro pelle, a volte per davvero delle stronzate. Ma rischiavano.
Gwen si allontanò velocemente avvicinandosi al gruppo.
- Sono tornata – annunciò con affanno mettendosi al fianco del fratello.
- Novità? Non possiamo restare qui a lungo.
- Lo vedi quel bus lì infondo?
- Beh?
- Devi raggiungerlo. Rick l’ha ripreso per poterci portare quante più persone in salvo.
- Non resisterà molto se resta qui a lungo. Potrebbe venir preso di mira e mandato a fuoco. Devono andare via subito, prima che la strada sia bloccata dai vaganti. E’ pieno?
- Non ancora. Ci sono gli ultimi posti, per questo devi andarci.
- No. Non vi lascio soli. Sono qui con voi per combattere, fino alla fine – lo guardò negli occhi sicura di se.
- D’accordo – rispose Jason continuando a sparare lontano.
Daryl si avvicinò ad un carrarmato piazzandoci una bomba all’interno.
Gwen si guardò intorno cercando di capire dove poter andare, finché non vide Carl accerchiato da vaganti.
Cercò di raggiungerlo in fretta ma uno sparo vicino a lei la fece girare di scatto, mentre un proiettile le oltrepassava il polpaccio. Si inginocchiò per un attimo premendo sulla ferita e ansimando per il dolore. Alzò poi la testa fulminando con lo sguardo il suo avversario. Non avrebbe potuto sconfiggerlo in quelle condizioni, eppure la fortuna, o meglio dire, Daryl-salvezza in persona, l’aiutò ancora una volta quando una freccia oltrepassò la testa dell’uomo.
Gwen cercò il cacciatore con lo sguardo ma non lo trovò. Senza perdere ulteriore tempo, non si scoraggiò e, stringendo i denti, si alzò con tutta la forza che aveva e tornò sui suoi passi correndo incontro al piccolo Carl, cominciando ad uccidere quanti più zombie poteva.
Sentì Rick, in lontananza, urlare il nome del proprio figlio.
- Vieni – disse al piccolo ometto.
Evitando gli ostacoli, umani e non, percepì con l’udito la voce dello sceriffo e spinse suo figlio verso di lui.
- Và! E digli di andar via da qui. Non c’è più tempo! Non ne sono rimasti molti di loro, ci penserò io.
Carl annuì e raggiunse il padre.
Gwen, invece, senza pensarci troppo corse dai suoi avversari e li colpì alle spalle, infilzando la sua spada nel loro cranio.
Non molto lontano dal punto in cui si trovava, notò il corpo del Governatore steso a terra, morente, con il volto ricoperto di sangue.
Indietreggiò e guardandosi attorno un’ultima volta capì di essere rimasta sola.
Nessuno era rimasto lì ad aspettarla, ma non si meravigliò: probabilmente non avevano avuto altra scelta. Erano tutti in serio pericolo e l’unica strada da intraprendere era quella di scappare, il più lontano da qui, per restare vivi.
Si allontanò da lì ma, nel farlo, udì il pianto di una bambina.
Seguendo il rumore, si avvicinò alla fonte delle grida e trovò Judith nella sua piccola culla avvolta in una coperta di sangue.
Rick non era riuscita a recuperarla e metterla in salvo. Possibile che fosse stato messo con le spalle al muro e non fosse tornato indietro a riprendersi la sua bambina? O aveva pensato che fosse già morta? Probabilmente, tra le due, la prima era la più plausibile conoscendo Rick.
E, probabilmente, sarebbe ritornato tra non molto a cercarla ma a quell’ora sarà troppo tardi per il piccolo fagottino.
Si tolse la camicia, meno logora di sangue della sua vecchia coperta, l’avvolse attorno alla piccola e la prese in braccio.
Zoppicando, sfinita, si allontanò da lì mentre alle sue spalle l’immagine di ciò che finora era stata la loro casa, andava in fiamme.
La prigione non apparteneva più a loro, più a quel posto, più a nessuno. Neanche al Governatore che tanto la bramava. Ma la sua era solo una scusa. Ciò che davvero voleva era vendetta, e l’aveva ottenuta uccidendo decine di persone e dividendo il suo gruppo, che mai più si sarebbe ritrovato e riunito.


SPAZIO AUTRICE
HI GUYS! I'M SURVIIIIIVE!
OMG, scusate! E' il ritardo più ritardo mai fatto in vita mia (?)
Sarà difficile perdonarmi, vero? é.è
Probabilmente non sarà valsa neanche la pena di aspettare così tanto per un capitolo così... ehbfwrdsrw scadente, ndehehe.
Scusate. Scusate scusate scusate T_T
Dunque, arriviamo a un bel punto della storia, ah? :D ciò che verrà dopo sarà straordinario! Anche se questa ff non mi convince più di tanto :/ perciò ho impiegato un pò di tempo per scrivere questo capitolo, ero immersa nei miei dubbi se cancellarla o meno, help ç_ç
Ne ho in mente un'altra fantastica e che cercherò di aggiornare ogni settimana, se un giorno dovessi decidere di pubblicarla! Che ne dite?
BTW, tornando al capitolo... qui troviamo la nostra spadaccina combattere una guerra che non le appartiene che, per un momento la rende partecipe portandola ad una probabile morte, poi, tutta sola, affronta il pericolo. E qui ci ritroviamo nel titolo 'Lone warrior'. Eh? Eh? Aaah?! Si? Ok sclero,si.
Ah! Ho aggiunto anche la giffetta (?) ed ho riproposto l' "esperimento", ndehehe. Ah! (pt.2) Scusate anche per eventuali errori, non ho avuto modo di correggere. Okay non mi prolungo, sorry. Spero possiate perdonarmi per davvero T_T e spero anche che il capitolo vi sia piaciuto un pò! Aspetto i vostri pareri a riguardo con una bella recensionetta (?)
Ciao belli, un bacio.

_R.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Dispersi ***


DISPERSI

La ferita le bruciava mentre il sangue continuava a scorrere.
La bambina non smetteva di piangere, era un pericolo umano per entrambe: avrebbe attirato altri vaganti e, nelle sue condizioni, non sarebbe stata capace di fuggire e metterle in salvo.
Doveva trovare un momentaneo rifugio abbastanza sicuro da poterle ospitare almeno una notte, il tempo di fermare l’emorragia, riprendersi e continuare le ricerche.
Avrebbe dovuto rifornirsi di scorte, trovare il latte per Judith. Non era mai stata brava con i bambini, a dire il vero era proprio una frana.
Le venne in mente la scena alla prigione in cui Daryl, con in braccio il fagottino, la chiamava teneramente ‘piccola spaccaculi’. Quello stupido zoticone le mancava, chissà che fine aveva fatto.
Chissà dov’erano tutti. Suo fratello.
Sarebbero andati a cercarla? a soccorrerla quando ne aveva bisogno?
Probabilmente tutti cercavano tutti, ma era come trovare un ago in un pagliaio: potevano essere ovunque. Non si erano messi d’accordo, non si erano organizzati su un eventuale punto di ritrovo.
Erano dispersi, e non si sarebbero mai più ritrovati.
Non avrebbe più rivisto suo fratello, … e Daryl.
E, ora, non avrebbe neanche più visto se non la smetteva di farsi prendere dal panico e permettere alle lacrime di annebbiarle la vista.
Era debole, febbricitante e sola con in braccio una bambina piangente da accudire, in mezzo alla foresta. Si girò più volte su se stessa guardandosi attorno per decidere quale strada prendere.
Scelse quella più esposta, che le avrebbe permesso una visuale completa e magari anche di visualizzare qualche casa.
Percorrendo l’asfalto trovò delle insegne stradali, che un tempo indicavano luoghi o città, ma ora erano cancellate con un pennarello rosso e con su scritto “TERMINUS, COMUNITA’ PER TUTTI”.
Certo, sicuro. In un mondo in cui gli esseri umani erano più pericolosi dei vaganti, chi mai si sarebbe fidato di una “comunità per tutti”? Non di certo Rick, si spera.
Proprio alle spalle di questo cartello vide una vecchia casa bianca. Osservò un attimo il cielo: nuvole.
- Mh, mi sa che per oggi dobbiamo accontentarci, Judith. Forse è anche fin troppo. Un ultimo sforzo, piccola spaccaculi, e potremo star tranquille per una notte.
Zoppicò fino alla dimora, poi bussò due volte sulla porta ed un rumore di passi trascinati e mugolii si udì. Uno solo, pensò.
- Ok, posso farcela… - posò per un attimo la piccola a terra, aprì la porta e con un colpo secco alla nuca uccise il non morto.
Riprese la bambina tra le braccia ed entrò in casa. Si guardò in giro: polvere e mobili soqquadro erano sparsi per tutto il salone. C’erano altre tre camere che avrebbe dovuto controllare, ma proprio non aveva forze. E poi… quel divano così comodo la chiamava costantemente.
Sospirò. Non è così che devi agire.
Per primo andò in cucina, assicurandosi che fosse tutto a posto e controllando nelle dispense: magari avrebbe trovato qualcosa, perché no! Stava morendo di fame! E…. bingo! Carne in scatola che sarebbe scaduta di li a poco, ma meglio di niente. Aprì il frigo: nulla, ovviamente, ma ci sperava davvero tanto. Soltanto bottigliette vuote e… succo alla pesca? Blah.
Bisogna accontentarsi. Certo, carne e succo non è il massimo ma meglio di nulla!
Controllò nelle altre camere: soltanto comodi letti, coperte, fotografie, giochi…
L’ultima camera era il bagno. Aprì la porta sempre in guardia, sbirciò dentro e poi entrò. C’era puzza di… cadavere. Era nauseante. Scostò la tenda della vasca e vi trovò un vagante mezzo squartato ma ancora vivo. Un conato le salì alla gola, poi prese il coltello ed uccise lo zombie.
Il bagno, come il resto della casa, aveva soltanto mobili, asciugamani, carta igienica… aprì il rubinetto e ciò che ne uscì furono soltanto gocce di acqua, nulla di più.
- Certo, che mi aspettavo. – scassò la cassetta del pronto soccorso – ti prego, mandamela buona! – nulla. Soltanto cerotti e… acqua ossigenata. – Ottimo, meglio di niente!
Prese un paio di asciugamani e tutto ciò che aveva trovato dentro al kit. Cominciò a premere sulla ferita, poi disinfettò – trattenendo un urlo per il dolore – coprì col cerotto e fasciò ancora una volta con uno straccio di lenzuola trovate nella camera da letto.
Mangiò in fretta e furia il suo piccolo bottino per poi tuffarsi sul letto tenendo abbracciata il piccolo fagottino. Le cantò una ninna nanna e, mentre la piccola aveva già preso sonno, lei fissò un punto nel vuoto pensando…
Doveva mettersi alla ricerca al più presto, doveva trovare gli altri.. e se fossero in pericolo?! Avrebbe dovuto salvarli.
 
2 giorni dopo…
La ferita si stava pian piano rimarginando, ma lei aveva già le forze per camminare e proseguire nel suo viaggio. Era una guerriera, non si arrendeva così facilmente!
Certo, dover girare con un neonato che poteva piangere da un momento all’altro era davvero pericoloso per lei, ma ce l’avrebbe fatta, avrebbe raggiunto gli altri e protetto Judith ad ogni costo. Lo doveva alla piccola e a Rick.
Ma quale strada prendere? Dirigersi a Terminus? Sicuramente no, sarà una trappola. Ma se così non fosse?
Guardò per un attimo il bebè: erano giorni che non faceva un pasto come si deve, era il caso di trovare cibo e latte per la bambina.
Raggiunse la mappa più vicina, dato che sui binari erano praticamente ovunque: a non molti chilometri da lì vi era un asilo nido.
- Che Dio ce la mandi buona – sussurrò. Riprese il seggiolone e si avviò verso la sua meta, con la mano sempre pronta sulla katana.
 
Si ritrovò, ad un certo punto, con una strada bloccata da una modesta orda di zombie: non poteva sconfiggerli tutti da sola, doveva passare per la foresta.
- Speriamo di non perderci… Judith ti prego, non piangere!
Con non poche difficoltà riuscì a seminare i non viventi ed arrivare a destinazione dopo un paio d’ore.
La struttura dava l’idea di essere abbandonata, come il resto degli edifici di qualsiasi città. Al suo interno sembrava dava l’aspetto di essere già stata saccheggiata a dovere, tranne per un paio di omogenizzati ed un cartone di latte.
- Bingo! Tranquilla piccola spaccaculi, c’è della pappa anche per te.
Si guardò un po’ in giro per essere sicura di esser sola e… no! Nessun pericolo, via libera.
Cercò nella cucina un pentolino, le sarebbe servito per quando accenderà un fuoco fuori, per riscaldare il latte. Lo trovò insieme ad un coltello ed una pezza. Prese tutto, non si sa mai.
Cos’altro trovò? Un giocattolo e… delle fotografie di bambini felici.
- Spero sia andato tutto bene, piccole creature.
Per un attimo si commosse. Decise che avrebbe passato lì la notte, ma prima doveva preparare la cenetta a Judith!
 
 
 
Aveva deciso: una via bisognava prenderla, e scelse quella per Terminus. Vedendo il bicchiere mezzo pieno, magari lì c’era davvero qualcuno pronto ad accoglierti ed aiutarti. Che Rick e gli altri abbiano pensato lo stesso? Lo sperava.
Sembra quasi incredibile eppure sì, aveva preso quella decisione nonostante non fosse una considerazione fatta da lei. Forse il tempo passato con quel giovane coreano la stava cambiando, quel fattorino ottimista!
Lei, che era una guerriera solitaria, viaggiava ora con un bebè sulle spalle, che aumentava il peso delle sue responsabilità ma anche la voglia di ritrovare il gruppo e di sopravvivere, a qualunque costo.
Continuò sempre per la foresta, fitta e verde, riuscendo ad evitare qualche zombie solitario. Fin quando poi, questo, non si duplicò, triplicò, fino a diventare 5…10… decine e decine di vaganti attirati dal rumore dei suoi passi e dall’odore della sua carne.
- Judith non tradirmi… manteniamo la calma. Sssh.

Doveva fuggire da quella situazione per non ritrovarsi in un’altra peggiore, magari con le spalle al muro incapace di scappare.
Lentamente cercò di cambiare direzione e dirigersi ai binari, poi ricordò: l’orda.
Era in trappola.
Ma poi uno sparo, e la maggior parte dei non morti fu attirato da quel rumore. Ad eccezione di pochi, che trascinavano i loro passi ancora verso di lei. A quel punto posò Judith nel seggiolone a terra, estrasse la katana e li uccise uno ad uno. Poi, però, udì altri passi: calibrati e non trascinati, nessun verso o puzza di morto. Era un vivo, e quelli erano molto più pericolosi dei morti, o meglio, non morti.
Si posizionò davanti a Judith in modo da nasconderla e proteggerla allo stesso tempo, il corpo in allerta e gli occhi fissi sul punto da cui venivano i passi.
Poi scorse un cappello ed un uomo dalla carnagione scura.
- Tyreese! – gli corse incontro e l’abbracciò, felice di rivedere qualcun altro vivo del suo gruppo.
- Ommioddio stai bene? – continuò. Era turbato e scosso.
- Sì…
- Tyreese cos’è quella faccia? Cos’è successo?
- Mika e Lizzie…
- Oh…
- Già… - susseguì un lungo momento di silenzio.
- Beh sarà meglio sbrigarci se non vogliamo restare qui come pasto ai vaganti – spezzò l’atmosfera Tyreese.
- Giusta osservazione. Ma, cos’era quello sparo? L’hai sentito anche tu? Non proveniva da molto lontano.
- Ah quello? Giusto. Era Carol, ti avevamo vista da lontana seguita da questa orda assurda così abbiamo deciso di aiutarti e distrarli un po’. E’ soltanto un’esca e non servirà a molto, dobbiamo continuare per la nostra strada ovvero Terminus, Carol ci raggiungerà a momenti.
- No!! Sei sicuro che possa farcela?! Io voglio andare a controllare e assicurarmi che sia tutto ok. E poi come puoi pensare di raggiungere quel posto?!
- Carol ce la farà, e siamo quasi sicuri che il resto del gruppo sia diretto lì. Su un paio di insegne lungo i binari ci sono delle scritte rosso sangue lasciate certamente da Glenn: incitavano Maggie a dirigersi lì. Quindi supponiamo almeno buona parte del gruppo sia lì. Gwen non dobbiamo perdere altro tempo, non ne abbiamo molto andiamo!
- No. Io vado ad assicurarmi che Carol non sia nei guai. Tu prendi Judith e raggiungi Terminus, noi ti raggiungeremo il prima possibile, ce la farò.
- Ma..
- Tyreese, fallo. E se non dovessimo ritornare, tu non aspettare ma prosegui. Chiaro?
Annuì scoraggiato per poi prendere la direzione opposta a quella di Gwen.
Ora era sola, come meglio preferiva: una guerriera solitaria.
Ce l’avrebbe fatta, come sempre, ed avrebbe anche aiutato Carol. L’avrebbe salvata, come tutti gli altri.

 

SPAZIO AUTRICE

E dopo anni, ce l'ho fatta! Non ho scusanti per giustificare la mia lunga assenza, soltanto un susseguirsi di eventi senza fine. Spero possiate comunque perdonarmi. Il capitolo è abbastanza lungo ma è solo di passaggio, prossimamente ci saranno dei colpi di scena fin quando la ff non finirà, ovvero molto presto. Perchè? Perchè ne ho in mente una molto più accattivante e di cui sono sicura, o meglio ci spero, pubblicherò costantemente.
Non so dirvi di preciso quando uscirà il prossimo capitolo, vedrò di darmi da fare e pubblicare al più presto. Purtroppo quest'anno ho anche gli esami di maturità e molto altro a cui pensare, chiedo ancora scusa ç_ç
Spero vi sia piaciuto e... nulla! Non abbandonatemi, nonostante tutto :( recensite e ditemi la vostra!
Alla prossima, R.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Trappola ***


TRAPPOLA

Correva per la strada uccidendo ad una straordinaria velocità decine di vaganti.
Era arrivata: era di fronte a Carol al momento giusto, quando era stesa a terra con un vagante su di lei intento a morderla.  A quel punto Gwen si avvicinò, estrasse il coltello e lo conficcò nel cranio dello zombie.
- Potevo farcela
- Grazie anche a te
- Dobbiamo andare, in fretta. Temo che qualcuno ci stia seguendo. Non ti sembra strana quest’orda di vaganti così, giusto qui? Per quale motivo?
- Non saprei, magari vengono da lontano…
- No. Muoviamoci, hai anche lasciato Judith a Tyreese quanto credi che possa saperne lui di bambini? La piccola è una mina vagante e da solo non ce la farà mai se dovesse mettersi a piangere.
- Beh l’ho fatto io, perché lui non dovrebbe?
La guardò strana.
- Ho un brutto presentimento, qualcosa andrà storto…
- Se dovesse accadere, allora scapperemo.
- E se non riuscissimo a farlo?
- Combatteremo. Ed uccideremo, come sempre. È diventata la quotidianità, no?
- Gwen… se un’altra orda di zombie dovessero attaccarci, o qualcos’altro.
- Resterò accanto a te e combatterò.
- No. Scappa, trova gli altri e torna a prendermi.
- Non ti lascio sola. – Carol sospirò per un attimo, poi tornò a guardarla allarmata.
- Gwen attenta!
Venne colpita alla testa, stava per svenire ma ebbe la forza per urlare: - Carol va, scappa!
 
 
Aveva perso i sensi da… quanto? 1 un’ora? 1 giorno? Era tutto così confuso, sottosopra e la testa le scoppiava. Cercò di muoversi ma non ci riuscì.
Aprì gli occhi ma le bruciavano, era un continuo dolore.
Era seduta, ed aveva mani e piedi legati.
- Guarda guarda, la nostra principessa si è svegliata… buongiorno! – conosceva quella voce, lui…
- Cos’è, non siamo più così coraggiose e combattive? “Oh, resterò accanto a te, non ti abbandono” “combatteremo ed uccideremo” bla bla bla. Belle parole, eh Gwen? Ma dov’è la tua amica ora? Ops, non c’è! Dannazione!
- C…cosa le avete fatto!? – cominciò ad agitarsi.
- Mick, rispondimi!
- Ah mi hai riconosciuto? Ma brava. Carol sta bene, purtroppo. Quella puttana è riuscita a scappare. Bell’amica che hai, eh?
Gwen sorrise soddisfatta. Almeno una era riuscita a salvarla.
Ora però era giunta la sua ora, e lo sapeva. Che morte stupida.
Non voleva arrendersi, non poteva, ma non aveva altra scelta, aveva letteralmente le mani legate.
Jason, Rick, Judith, Carl, Michonne…. Daryl.
Le lacrime le offuscarono la vista: non li avrebbe più rivisti.
No, non voleva, non poteva!
- Cosa vuoi da me? – non le importava più nulla di lui. Né che l’avesse mentito, né che fosse ancora vivo. Perché l’aveva colpita perciò le sue intenzioni sono tutt’altro che buone.
- Gwen… - si abbassò alla sua altezza per guardarla negli occhi – non sei felice neanche un po’ di rivedermi? Sono vivo! E tu che credevi che fossi morto. Ci speravi, eh puttanella? – le diede un forte schiaffo.
Era disgustata. Si girò e lo sputò nell’occhio.
- Ciò che provo per te è soltanto pena.
- Oh no Gwen, non sei nelle condizioni per fare la forte.
- Va al diavolo.
Sospirò guardandosi alle spalle, dove altri due omaccioni stavano lì a fare da guardia.
- Ti ho chiesto, cosa vuoi da me?
- Prima di tutto vorrei spiegarti la situazione, è giusto che tu ne sia a conoscenza - continuava ad ignorare la sua domanda – quando sono scappato Philip mi ha trovato ma ha avuto il buon cuore di risparmiarmi. Mi prese con se e portò a Woodbury, fantastica cittadina! Ma più continuavo a guardarlo e più bramavo il potere. Non ce la facevo più ad essere un semplice cittadino, un burattino nelle mani degli altri. Volevo COMANDARE. E ne ho approfittato quando, quell’idiota, aveva deciso di attaccarvi ed era morto. Come vedi, ho preso io in mano le redini in questa nuova splendida struttura. Oh è vero, non hai visto nulla. Tranquilla avrai modo di vedere tutto prima di…. Morire.
- Ti prego fallo in fretta, preferisco non vederti più.
- Oh no cara, credo piuttosto che farò le cose con molta calma, con te.
- Perché? Perché io? Cosa ti ho fatto?
- Credi che non abbia notato come ti sei data da fare dopo la mia morte con quel pidocchioso di Daryl? Che poi, cazzo, uno migliore potevi sceglierlo!
- Al tuo confronto chiunque è migliore di te.
- Non – sputò con un ghigno fastidioso sul volto – devi dire queste cose, cara dolce Gwen – un altro schiaffo.
- IO sono il MIGLIORE. Ehi, e questa? – le si avvicinò pericolosamente strappandole di dosso la collana – che doolce, davvero la portavi ancora al collo?
- Puoi riprendertela, mi fa schifo.
Sorrise beffardo.
- Nah, me la tengo per la prossima donna.
- Vorrai dire la prossima vittima da prendere per il culo – questo le faceva rabbia, molta.
- Forse.
- Non te lo permetterò.
Rise di gusto.
- Forse non ti è chiaro ma ci tengo a precisartelo: non ne uscirai viva.
- Saremo in due allora.
Si fulminarono con lo sguardo.
- Cosa hai intenzione di fare?
- Riprendermi ciò che mi appartiene e che non mi hai mai dato, troietta. Ti consumerò fin quando non rimarrà più nulla di te.
Questo le spaventava. Sapeva a cosa si riferiva ma sperava con tutto il cuore di sbagliarsi.
Così se ne andò, insieme alle sue guardie, lasciandola sola in un pianto di disperazione.
 
 
Così andò avanti per giorni che le sembrarono settimane: ogni sera la liberava, la portava con se nella sua camera per passare notti da incubo a torturarla e consumare la sua anima. Il suo corpo era merce per lui, a cui non importava nulla però, voleva soltanto la sua vendetta.
Era come vivere dal vivo “50 sfumature di grigio” solo più macrabo ed osceno, e senza amore.
Ora lui dormiva al suo fianco, schifoso com’era. Si guardò in giro alla ricerca di un’arma per ucciderlo, anche solo un coltello. A quel punto vide i suoi pantaloni buttati sulla sedia: doveva per forza avere qualcosa.
- Fatti coraggio – sussurrò.
Fece per alzarsi ma una mano le bloccò il polso.
- Non così in fretta, troietta.
Torreggiò su di lei dandole uno schiaffo e poi ricominciando quella routine di sesso ed disgusto.
 
Era finita.
Era la fine per lei, non ce l’avrebbe mai fatta, poteva sperare soltanto in un miracolo.
A quel punto pregò quel Dio a cui non si rivolgeva più dall’inizio dell’apocalisse e gli chiese un ultimo desiderio: morire.
Col pensiero, ed in lacrime, salutò i suoi amici: - Perdonatemi, vi voglio bene.
E si addormentò, attendendo la fine di quell’incubo.


 

SPAZIO AUTRICE
Tadaaaa!
Sono tornata (ed anche presto, no) con un inaspettato colpo di scena. Ve lo aspettavate?? ;)
Recensite e ditemi la vostra!
Tra una settimana pubblico l'altro capitolo, siamo ormai agli sgoccioli.
Alla prossima, R.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Marito e Moglie ***


MARITO E MOGLIE


- Cosa c’è, non ti ribelli più cara piccola Gwen?
Cominciava ad odiare quella voce, ma odiava ancora di più se stessa proprio per questo: che fine aveva fatto la Gwen forte e coraggiosa? Aveva davvero rinunciato alla vita, dopo tutto ciò che aveva passato?
Odiare Mick è dir poco, se ripensa a quello che avevano passato insieme, alla sua amicizia con Jason… tutte prese per il culo!
- Non hai più voglia di sbattermi al muro, Gwen? – continuava a chiamarla ma non voleva più sentir pronunciare il suo nome da lui.
Erano nella sua camera, la ragazza al muro e lui che continuava a prendersi gioco di lei, provocandola, baciandola, toccandola.
“Avanti Gwen, ribellati. Cosa ci fai qui impalata?”
Ma non riusciva a muovere nemmeno un muscolo, voleva soltanto che tutto finisse ed anche all’istante.
- Tranquilla non voglio farti del male, voglio soltanto scoparti. Per ora, almeno. Tempo al tempo, eh piccola?
Detto questo, la lasciò da sola e tornò a governare quella sua patetica cittadina fatta di spregevoli persone.
Come sempre, da due giorni a quella parte, quando usciva richiudeva la porta a chiave per impedire che scappasse: si era trasferita nella sua camera e non vi erano vie di fuga, persino le finestre erano sigillate.
Si sentì mancare l’aria e decise che, forse, sarebbe stato il miglior modo di uccidersi: impiccarsi.
Come corda avrebbe usato una serie di lenzuola, sì ma dove appenderle? Non vi era nemmeno una mensola alta abbastanza forte da reggere il suo peso.
Era senza speranze, sarebbe diventata pazza.
Poi la porta si aprì ed entrò una ragazzina più o meno della sua età, alta con capelli biondi, minuta e delicata.
- Sono venuta per portarle la colazione, signorina. E.. questi – le porse dei vestiti – il Signor Mick vuole che sia lei ad indossarli sta sera per la festa.
Festa? Quale festa? Voleva farle questa domanda ma, come al solito, non aprì bocca. Ormai aveva perso la parola.
- E’ molto fortunata, sa? Poche sono le donne che sono riuscite ad entrare qui dentro ed avere una relazione con lui, non sa quante lo vorrebbero!
Gwen la osservava schifata: povere idiote.
“Signor Mick” … “Lei è fortunata”, che ribrezzo.
L’unica fortuna che potrebbe ricevere in quel momento è il miracolo di morire, all’istante.
La signorina chiuse la porta ed andò via.
Doveva assolutamente escogitare un piano per fuggire di li, non poteva dargliela vinta.
Lei era Gwen, la guerriera.
Era un vestito a tubino di un rosso così acceso che faceva distogliere lo sguardo da quel suo livido verde sull’occhio ed i diversi graffi lungo le braccia.
Si guardò allo specchio: “Vedrai quanto sarai fortunato tu, sta sera, Signor Mick” pensò tra se e se sorridendo beffarda e aspettando la sera.
 
 
Per far sì che tutto andasse secondo i suoi piani, decise di indossare un paio di stivaletti e nascondere all’interno un coltello che, sempre secondo i suoi piani, con un po’ di fortuna avrebbe trovato in cucina.
Perché no nelle mutande? Perché quel viscido verme schifoso metteva le mani anche lì, semplice.
Era stanca, stanca di tutto questo e non vedeva l’ora di porre fine a questa tortura.
- Pronta, tesoro? – sorrise e per un attimo sembrò anche affascinante, se non fosse terribilmente schifoso con lei.
Fece un sorriso tirato, gli prese la mano ed uscirono dalla camera.
- Oh, sei così bella sta sera. Solo per me? Troppo gentile – fece scorrere le sue dita sulla sua pelle fino ad arrivare al sedere che strinse forte.
“Porco” pensò, ed in altre circostanze gli avrebbe dato una bella cinquina. Ma doveva mantenere la calma per non dare nell’occhio.
Lui si avvicinò alle sue labbra e la baciò, poi udì degli applausi.
- Alla coppia più bella di Dillenburg!
Cosa? Cos’era tutta questa messa in scena? E tutta questa gente?
Dillenburg? Così si chiamava quella orribile cittadina?
- Grazie ragazzi, troppo gentili. Non è davvero stupenda la mia donna, questa sera?
Le ragazze la guardavano invidiose e vogliose di essere al suo posto.
“Ve lo cederei volentieri”.
Quel verme non si era nemmeno degnato di anticiparle qualcosa riguardo questa “cena”.
Si trovavano in un enorme salone decorato stile anni ’80, con grossi lampadari di cristallo ed un lungo tavolo di legno con poltrone reali.
Lui sedette al capotavola, lei alla sua sinistra “Perché è il lato del cuore, ed il mio ti appartiene” aveva detto davanti a tutti, il che portò il seguito di lunghi “aaaaw, che carini” davvero vomitevoli.
Mangiò ogni portata con riluttanza, mentre gli occhi di lui la fissavano ad ogni sua mossa come a volerla divorarla. Quasi sembrava non vedesse l’ora di tornare in camera e sbattersela fino al mattino.
Schifoso.
Nel frattempo, con il suo fascino e charm ben accetti da tutti, intratteneva lunghe conversazioni che per poco lo rendevano anche affascinante, davvero.
Per un attimo si ricordò del Mick che aveva avuto a che fare alla prigione: dolce, disponibile, il principe azzurro che tutte vorrebbero. Ma questo che si ritrovava davanti era la brutta copia, la peggiore che potesse esserci.
- Non sto scherzando e non ho cattive intenzioni, non oggi – le sussurrò all’orecchio avvicinandosi a lei, cosa che le provocò non pochi brividi (paura o emozione?) – sei davvero bella e ti faccio i miei complimenti per essere riuscita a nascondere quella… cosa sull’occhio. Mi dispiace di esserne stato l’artefice, non volevo.
Le parve sincero, per un momento, ma poi si allontanò e lo guardò negli occhi: non riusciva più a vedere nulla di buono in lui.
Si alzò in piedi proponendo un brindisi: - A me ed alla mia amata Gwen che, purtroppo, in pochi avete avuto l’onore ed il piacere di conoscerla. Ma sapete come sono… geloso, delle mie cose.
Come osava rivolgersi a lei in quel modo? Lei non era un oggetto, non apparteneva a nessuno.
- Gwen… - scostò la sedia e si inginocchiò davanti a lei.
Oddio, non farlo ti prego, potrei vomitarti addosso.
- Mi faresti l’onore di essere la sposa di questo essere in ginocchio davanti a te?
Si guardò attorno: erano tutti commossi e la incitavano a dire di sì.
Annuì.
Perché? Sei diventata davvero pazza Gwen?! Hai decisamente segnato la tua condanna a morte.
Si rialzò e la baciò appassionatamente, cingendole la vita.
Poi le si avvicinò all’orecchio e sussurrò: - Oh cara, non te ne pentirai, vedrai.
Invece era proprio ciò che fece: pentirsi di quella scelta.
Perché era arrivata lì, a quel punto? Cosa voleva da lei?
- Scusate – si finse commossa ed emozionata – vado un attimo in bagno.
- Certo tesoro – bleah – ma, mi faresti un’ultima cortesia? C’è un pacco sul letto, indossa quelle. – sorrise quasi ironico.
Ricambiò con un sorriso tirato.
Doveva evadere di lì, era la sua occasione: ma non poteva sparire dal nulla davanti a tutta quella gente, e poi aveva gli occhi fissi di lui addosso.
Andò in cucina: vuota, fortunatamente. Prese la prima cosa appuntita che trovò davanti e se la infilò negli stivali.
Tuttavia, non poteva mica ucciderlo a tavola davanti ai presenti.
“Dannazione!”
Corse in camera per vedere cosa c’era all’interno di quel pacco: tacchi alti tacco 12 dello stesso colore acceso del vestito.
- Una schifosa bomboniera color sangue solo per te, Signor Mick!” – cos’è, aveva anche cominciato a parlare da sola, adesso?
Ma, il coltello? Cosa ne faceva adesso?
Si guardò attorno, doveva trovare una soluzione il più in fretta possibile.
Trovato! Sotto le coperte, non avrebbe mai curiosato lì sotto essendo roba di cui se ne occupavano le domestiche, perciò doveva ucciderlo sta notte e non oltre.
Tornò in sala, fede per sedersi ma la bloccò:
- No tesoro, io e te andremo a fare due passi. – le sorrise malizioso.
Terrore, è ciò che provò in quel momento. Aveva una tremenda paura: che avesse capito le sue intenzioni?
 
Si ritrovarono, mano a mano, nel maestoso giardino: quella era la prima volta che aveva avuto l’occasione di visitare la cittadina.
- Allora, cosa te ne pare?
Non rispose.
- In quanto mia futura moglie, sarai libera di girare per la città quanto ti pare e piace. Sempre sotto sorveglianza, ovviamente. Non vorrei mai che ti accadesse qualcosa, angelo.
Ora si erano appartati, la luce dei lampioni era soltanto un lontano spiraglio fioche.
Per l’ennesima volta si ritrovò con le spalle al muro, non ne poteva più di questa situazione.
Fece per scostarsi ma lui le bloccò il passaggio.
- Sai… - cominciò a toccarla, partendo dalla mano e salendo più su, sfiorandola con le dita – hai riconquistato la mia fiducia, Gwen, e con essa anche il mio cuore. Ma non ne sono poi così certo. – il suo respiro era pesante – ero sincero a tavola, o quasi. E’ vero, non ti farei mai più del male, ma la voglia di sbatterti è tanta e non riesco a reprimerla. – le morse il lobo dell’orecchio sinistro. Lei chiuse gli occhi per il brivido che quel gesto le provocò. Poi scese a baciare il collo – Era questo il tuo punto debole, vero? - la baciò. Puzzava di alcol, era ubriaco marcio ma riusciva a restare lucido. O almeno è ciò che sembrava. Erano parole dettate dal suo inconscio, forse? Quindi, davvero si era innamorato di nuovo di lei?
- Lo vedi questo? – indicò l’anello che le aveva dato poco prima – significa che ora sei MIA, mi appartieni e non sei di nessun altro – la baciò, ancora.
- L’ultima volta che hai tentato di uccidermi è stata una settimana fa, da lì non hai più mosso un dito. Che tu abbia capito finalmente chi comanda, oppure ti sei arresa ancora al mio fascino?
Le lacrime le pungevano gli occhi ma non voleva piangere, non davanti a lui.
- Oh andiamo Gwen, stiamo solo parlando! Non voglio farti del male, cazzo! – si allontanò frustato – non voglio che tu abbia più paura di me, porca puttana! Come posso rimediare? dimmelo!
- Morendo, ad esempio?
- Ah Ah Ah, non sei simpatica – si avvicinò paurosamente a lei, stringendole il collo con una mano – sappi che ti sto dando un’ultima opportunità. Non deludermi altrimenti puoi considerarti una donna morta.
La Gwen di un tempo avrebbe sopportato tutto questo e dato un’ultima chance a Mick, sperando di poterlo salvare e cambiare in qualche modo. Ma ora, ora che al posto del suo cuore c’era soltanto pietra, non poteva provare nessuna pietà.
- Ed ora – tornò a sussurrarle all’orecchio – torniamo in camera. Ho una bella sorpresa per te, sta sera.
 
 
Al di fuori di tutto ciò, il gruppo di Rick aveva assistito a quella scena fuori al giardino ed aspettava il momento giusto per attaccare.
Nel frattempo Gwen era in camera con Mick a passare una delle tanti notte in cui l’uomo si appropriava di lei e del suo corpo, della sua essenza, ma oggi era… diverso. Quasi, più dolce. Non le fece male né le diede pugni, schiaffi o altro.
Il tutto però puzzava di marcio, e Gwen aveva un cattivo presentimento.
Doveva reagire, adesso o mai più.

 


SPAZIO AUTRICE
Hola! Come promesso sono qui dopo una settimana. Allora? Un altro colpo di scena? Cosa ne pensate di Mick?
So che siete poche a seguire questa FF ormai andata a male ed è inutile chiedere di recensire perchè non avverrà mai ahahah spero vi sia piaciuto, alla prossima :)

R.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Vendetta e libertà ***


VENDETTA E LIBERTA'

Come promesso, Carol era riuscita a liberare Rick e gli altri e con loro era tornata a salvare Gwen.
- Lurido figlio di puttana – sputò Daryl digrignando i denti. – lo faccio nero a quel bastardo!
Placare la sua rabbia era impossibile, era come gettare un bicchiere d’acqua su un incendio che brucia un’intera foresta.
- Non posso permettergli di toccarla anche solo con un dito! – la sua voglia di uscire allo scoperto e mandare tutto il piano all’aria era forte, ma al suo fianco come al solito c’era Rick, a gestire tutto impeccabilmente.
- Mi spiace darti la brutta notizia ma, credo lo stia già facendo – disse Carol indicando l’unica camera con la luce accesa in cui si intravedevano due figure intente ad amoreggiare.
Daryl strinse i pugni fino a far uscire le nocche bianche.
- Ehi amico, fatti da parte e mettiti in fila, c’è già chi vuole ucciderlo di botte quello lì - sentenziò Jason, che aveva mille ed una ragione per farlo fuori.
- Io credo che più di entrambi a volerlo uccidere sia proprio Gwen, non credete? – li guardò minacciosamente Michonne, come a voler metterli in riga.
- Allora cos’è tutto questo baccano, vogliamo stare ancora qui ad osservare e parlare o vogliamo entrare all’attacco?!
- E’ quello che tutti stiamo aspettando Rick, un tuo cenno.
- D’accordo, andiamo.
E quell’incredibile squadra, che a poco a poco si era trasformata in una meravigliosa famiglia, era di nuovo riunita per salvare il culo ad uno di loro, in quel caso a Gwen.
Agivano come ninja cercando di nascondersi come meglio potevano: meno persone li notavano, meno persone uccidevano, meno vittime innocenti sulla loro coscienza.
Era una continua lotta contro il tempo e la fortuna.
Nel salone la gente cominciava a ritirarsi ognuna nelle proprie camere, lasciando lo sporco lavoro alle domestiche.
Nel frattempo Mick continuava a godersi la sua donna, mentre Gwen cominciava ad estrarre il coltello da sotto le lenzuola.
Era il momento perfetto, quello in cui Mick gemeva per il piacere ad occhi chiusi e lei, con un gesto veloce, attaccò su di lui. Ma non fu sufficiente.
Mick aprì gli occhi di scatto e riuscì a divincolarsi, l’unica ferita che era riuscita a procurargli fu un taglio profondo alla spalla.
Urlò e si estrasse il coltello di dosso. Premette un po’ sulla ferita per evitare che il sangue colasse ma, quando Gwen tentò di scappare, prese a rincorrerla. La prese per i capelli e la trascinò a terra mettendosi a cavalcioni su di lei: urlò come non faceva da tempo ormai. Credeva di aver imparato a sopportare tutto ciò, a controllare  e mettere a tacere il dolore, a subire e stare zitta ma non ce la faceva più, stava per scoppiare. E doveva farlo, doveva liberarsi di tutto ciò che aveva dentro prima di morire perché sì, quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita.
- Puttana! Ti avevo dato fiducia e tu cosa fai?! Mi pugnali, letteralmente?! – le assestò un pugno, poi uno schiaffo ed un altro ancora.
- Basta! – urlò piangendo, in preda al terrore – ti supplico, basta! – ma sembrava non sentirla.
- Fallo ancora, supplicami.
In certe circostanze non si sarebbe mai calata, perché farlo proprio ora? Tanto sarebbe morta ugualmente, di lì a poco.
Poi però due forti braccia sollevarono Mick dal suo corpo.
Non riusciva a vedere molto con gli occhi gonfi e colmi di lacrime, ma quello davanti a lei le pareva proprio Daryl. E adesso, al suo fianco, c’era suo fratello: era così felici di rivederli, i suoi bellissimi angeli.
- Sta tranquilla Gwen, ci siamo noi ora con te – la consolò Jason trattenendo un groppo alla gola – mio Dio come ti ha combinato, cosa ti ha fatto…
Cercò di rivestirla come meglio poteva e l’aiutò ad alzarsi.
Come avevano fatto da entrare lì? Non li aveva nemmeno sentiti arrivare. Era tutto così confuso ed ovattato…
Nel frattempo Daryl continuava a picchiare violentemente quel che rimane di Mick perché, era evidente, era del tutto morto.
- Basta Daryl! – urlò Gwen disperata, stanca di tutto – ti prego basta, è morto.
Per la prima volta, con gli occhi colmi di rabbia, si voltò a guardarla e lì lo vide: vide, come poche volte era capitato, la paura nei suoi occhi. Le si avvicinò  e provò ad abbracciarla, ma lei si scostò.
Non altre mani di uomini addosso al suo corpo, non più. Solo e soltanto di suo fratello si fidava, ora.
Per un attimo l’arciere fu deluso dal gesto, ma lo ignorò e si alzò più forte di prima.
- Dobbiamo andare – disse con tono freddo e distaccato. – faccio strada, seguitemi.
Ad ogni passo c’era una guardia pronta ad attaccare ma Daryl era più veloce di loro e li fece fuori con estrema facilità.
Si sentì mancare e le sue gambe cedettero.
- Ok tranquilla, ti prendo io – Jason la sollevò mentre lei si lasciò andare ad un lungo e profondo sonno.
Era al sicuro ora, e a confermarlo era un sorriso sereno dipinto sul suo volto.



SPAZIO AUTRICE
Finalmente Gwen libera! Ormai siete in pochi a seguire questa fan fiction e spero sempre che un giorno possiate far uscire la voce e dire la vostra.
Vi ringrazio comunque nonostante tutto, nonostante le mie lunghe assenze e, quindi, la mia poca costanza nel pubblicare. La storia sta per giungere al termine, cercherò di fare capitoli più lunghi ma conclusivi.
Un altro piccolo sforzo, per me e per voi! Poi ho intenzione di pubblicare un'altra ff moooolto più WOW e vi prometto che lì sarò molto costante, spero solo possiate continuare a sostenermi.
Alla prossima,

R.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2812641