Feel the light di Lady Samhain (/viewuser.php?uid=149985)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Londra, 26 settembre 1929 ***
Capitolo 2: *** Week end ***
Capitolo 3: *** Mano sinistra ***
Capitolo 4: *** Cicatrici ***
Capitolo 5: *** Gunpowder plot ***
Capitolo 6: *** Sidro e Firewiskey ***
Capitolo 7: *** Il frutto più dolce ***
Capitolo 1 *** Londra, 26 settembre 1929 ***
Di
solito non metto note all'inizio delle storie, ma qui sono
necessarie.
Nota
numero uno: questa storia tratta di omosessualità
maschile, argomento di cui io in prima persona non so un benemerito
accidente di nulla.
Scrivo
di questo tema per puro esercizio di stie e per egoistico
autocompiacimento.
Probabilmente
scriverò cavolate, perciò se ci fossero all'ascolto
lettori omosessuali non fatevi scrupolo a farmi notare se qualcosa
supera i limiti del buonsenso e della verosimiglianza (ma fatelo
anche se non siete omosessuali, per carità).
Mi
scuso in anticipo per qualsiasi castroneria dovessi seminare nel
corso di questi sette capitoli; scusatemi se potete, altrimenti
cercate di farvi una risata.
Nota
numero due: credo che sia meglio fare un breve riassunto delle
parti precedenti della serie. Chi le avesse già lette o non
fosse interessato può passare direttamente al capitolo.
"Se
vuoi": Credence, sotto forma di obscurus, è
sopravvissuto all'attacco degli Auror nelle metropolitana di New
York. Newt Scamander lo mette al sicuro nella sua valigia e lo porta
in Gran Bretagna, dove grazie all'aiuto di Albus Silente il ragazzo
può tornare in forma umana.
"Strangers
like me": Tina e Newt adottano Credence e gli insegnano
a controllare la magia che c'è dentro di lui. Formano una
famiglia unita, un ambiente protetto dove Credence si sente al sicuro
e amato. Newt e Tina si sposano (come tutti ci aspettiamo che succeda
fin dalla prima scena di "Animali Fantastici" con loro due)
"Iniquity":
Original!Graves is back! Anche se è stato salvato dalla
prigionia di Grindelwald, la vita di Percival Graves è
rovinata. Nessuno si fiderebbe più di lui all'interno del
MACUSA e la Presidente Picquery deve destituirlo da ogni incarico.
Tuttavia, dietro insistenza dell'ex Direttore, la Presidente accetta
di affidargli un ultimo incarico ufficiale: riportare Credence
Barebone negli Stati Uniti.
La
missione però prende una piega inaspettata e Graves si trova a
fare i conti con la propria coscienza.
Alla
fine non richiede l'estradizione di Credence.
Si
ritira dalla politica e comincia a dedicare tempo a sé stesso,
mantenendosi in contatto con Credence per i due anni e mezzo che
seguono, il che ci porta a...
Feel
the light
Capitolo
1
Londra,
26 settembre 1929
Here
I go here I go Feel better now feel better now Here I go here I
go It's better now feel better now
(Feel
the light - Jennifer Lopez)
***
Credence stava facendo del
suo meglio per non fare ciò che l'istinto gli suggeriva di
fare, e cioè usare un Incendio sul manoscritto che stava
correggendo.
Il suo lavoro da correttore
di bozze per la casa editrice Fergus & Maxienne gli piaceva di
solito, ma poi capitavano giornate come quella, quando un esordiente
presuntuoso o paranoico aveva incantato il manoscritto in modo che
non si potessero fare modifiche.
Non riusciva a venirne a
capo.
Ogni volta che tentava di
aggirare l'incantesimo le pagine si contorcevano per scappargli da
sotto le mani, oppure il blocco si chiudeva di scatto e cominciavava
a scappare in giro per il suo minuscolo ufficio buttando giù
le pile di libri e carte varie che riempivano ogni angolo.
-E va bene. Non ti tocco,
contento?-
Borbottò astioso.
Avrebbe informato più
tardi Mr. Fergus dell'inconveniente.
Probabilmente avrebbero
dovuto pubblicare un manoscritto pieno di errori di grammatica se
l'autore non si fosse deciso a togliere quella protezione, ma quello
non era il suo problema al momento.
Erano le cinque meno un
quarto e lui aveva una consegna da fare.
***
Londra era diversa da come
Graves la ricordava.
In effetti non era colpa
della città se lui conservava un ricordo negativo della sua
prima visita; era colpa delle circostanze ed, in parte, sua.
Forse per quello si era
lasciato convincere all'ultimo momento da un traghetto che salpava
dalla costa della Normandia.
L'atmosfera che lo accolse
era fuliginosa, ancora legata al clima vittoriano, e lui, che era
Americano, non poteva evitare di osservare certe cose con una certa
condiscendenza da turista.
In due anni aveva visto
altre città europee dal fascino antiquato.
Roma, Praga, Parigi,
Budapest, Oslo e Copenaghen nel nord Europa; da quelle si era
lasciato conquistare, ma tra uno Statunitense e Londra la questione
era molto più personale.
Non negava che la città
fosse bella, ma evitava di darle da subito troppa confidenza.
La locanda che gli avevano
consigliato, il Paiolo Magico, era il punto di accesso più
vicino alla parte magica della città.
Il proprietario, Thomas,
aveva una pancia prominente, una risata troppo forte e la ferma
intenzione di matenere Thomas come nome per la sua discendenza
diretta.
Graves ringraziava il cielo
che la sua famiglia non avesse mai avuto quella tradizione, perché
se tra tanti guai che gli erano capitati avesse dovuto anche
sopportare di chiamarsi Gundolphus, non era sicuro che ce l'avrebbe
fatta.
Una volta che si fu
sistemato in camera si concesse due ore di riposo, ma già alle
cinque del pomeriggio era di nuovo in piedi.
Aveva un indirizzo preciso
di Diagon Alley, e distava poco più di un chilometro da dove
era lui in quel momento.
Avrebbe potuto mandare un
messaggio, ma perché perdere tempo a scrivere una lettera e
cercare un gufo quando poteva arrivarci in una passeggiata?
Si cambiò, copiò
l'indirizzo su una pergamena da tenere in tasca, e fece tutti gli
incantesimi da ex Auror che conosceva per mettere sotto protezione le
sue cose.
Quando uscì in strada
c'era un'aria umida che prometteva pioggia per la nottata.
Settembre era quasi alla
fine e lui sapeva che non avrebbe dovuto pretendere troppo dal clima
inglese.
Avrebbe potuto aspettare la
bella stagione per tornare a Londra, ma nel suo lavoro aveva visto
cose ben peggiori di un clima uggioso.
Se gli inglesi volevano
spaventarlo avrebbero dovuto fare qualcosa di meglio.
***
-E cinquanta. Questa è
l'ultima partita, signor Averny-
-Benissimo, Credence. Ti
ringrazio per avermi aiutato a sistemare tutte le copie. "Incatesimi
di protezione"... questi piccoli manuali sono molto utili. Ci
trovi dentro come difenderti da tutto. Malocchio, fatture, anche gli
incantsimi di protezione per la casa e durante i duelli. Certo che
l'autore deve proprio sapere il fatto suo-
Credence fissò la
pila ordinata di copie.
Sì, chi aveva scritto
quei libri doveva avere una vasta esperienza.
Ed aveva un modo di scrivere
che sembrava impartire ordini più che dare consigli.
Aveva qualcosa di militare,
come una persona che lui aveva conosciuto tempo prima.
-Sono d'accordo, signor
Averny. Adesso devo andare. Ho ancora qualche bozza da correggere-
-Certo, ragazzo, certo.
Torna pure quando vuoi-
Credence uscì dalla
libreria per tornare alla casa editrice. O semplicemente, a casa.
Infatti da quando lavorava
per Fergus aveva deciso insieme alla sua famiglia che era meglio che
durante la settimana abitasse a Londra, e fortunatamente l'editore
era stato disposto ad affittargli un minuscolo locale nel palazzo
accanto all'ufficio.
Credence prevedeva di
passare un attimo a prendere alcune bozze e portarle a casa per
lavorarci con più comodo, però i suoi programmi
cambiarono immediatamente quando arrivò a pochi metri
dall'ingresso.
Tra la folla, la prima cosa
che riconobbe fu il taglio di capelli; era più striato di
grigio rispetto a come lo ricordava, ma era identico a come lui lo
aveva sempre visto.
Poi il cappotto. Nero, con
la fodera interna di seta bianca che si intravedeva dalle maniche.
Infine l'espressione
corrucciata, indagatrice, non lasciava dubbi che davanti al suo posto
di lavoro ci fosse proprio Percival Graves.
Rivederlo gli faceva una
strana impressione.
Si erano lasciati quando
avevano ancora tante cose in sospeso, poi durante quei due anni e
mezzo si erano tenuti in contatto attreverso le lettere almeno una
volta ogni paio di mesi, ma Credence non avrebbe mai immaginato che
Graves avrebbe speso parte del suo tempo per rivederlo di persona.
In effetti forse voleva
qualcosa di specifico dala casa editrice e non era affatto tornato a
Londra per lui.
-Sta cercando qualcuno,
signor Graves?-
Nonostante lo avesse
sorpreso alle spalle l'ex Auror non aveva avuto nessuna reazione
esagerata.
Se lo avessero fatto a
Credence avrebbe fatto un salto di tre metri.
Si girò verso di lui
e Credence scoprì che aveva dimenticato com'era guardarlo
negli occhi.
-Cercavo te. Lavori qui, non
è vero?-
-Sì, esatto. Come
posso aiutarla?-
-Nulla di particolare. Ho
pensato di passare a controllare cosa facevi. Se vuoi, quando hai
finito il tuo orario di lavoro, possiamo andare a bere qualcosa
insieme. Credo che abbiamo molto di cui parlare-
Allora era davvero tornato
per lui! L'idea lo fece sorridere.
Sentì una bolla calda
di emozione gonfiarsi nel suo petto e come ogni volta che gli
succedeva cercò un contatto umano.
Senza pensarci troppo si
avvicinò a Graves e lo strinse in un abbraccio.
Sentì distintamente
il piccolo sussulto di sorpresa dell'uomo e solo allora si rese conto
che probabilmente aveva esagerato.
Si allontanò in
fretta ed imbarazzato, ma Graves non sembrava poi così tanto
dispiaciuto.
Continuava a tenergli una
mano sulla spalla e Credence si chiese se lo avesse respinto perché
erano sulla pubblica piazza oppure per rifiuto del contatto fisico in
sé.
-Ah, Barebone... sempre
eccessivamente emotivo-
Però non sembrava
esattamente un rimprovero.
-E lei non ha ancora segiuto
il mio consiglio di lasciarsi andare di più-
-Hai sviluppato una vena
polemica che non mi aspettavo. Sì, sono più convinto
che mai che sarà un bene fare una chiacchierata. Quando ci
vediamo?-
-Anche subito. Tempo di
prendere del materiale in ufficio e poi possiamo andare al Caudron-
Credence gli propose di
accompagnarlo dentro ma Graves preferì aspettare in strada.
Non era sorprendente. In
fondo Graves era un uomo estremamente riservato e non riusciva a
concepire tutta quella confidenza.
Credence si trovò a
sorridere.
Lui aveva capito dalle
lettere che Graves era molto di più di ciò che
mostrava.
Nello scritto era preciso,
ordinato, impeccabile nella forma e nella calligrafia, ma negli anni
le sue lettere erano diventate meno formali.
Solo una volta Graves aveva
preso l'iniziativa di scrivergli, per il resto era sempre stato lui,
ma a Credence andava bene così.
Era esattamente come l'altro
Percival, il cucciolo di viverna.
Gli ci sarebbe
voluto molto tempo per conquistare la sua fiducia, ma adesso che
potevano vedersi di persona forse le cose sarebbero state più
semplici.
***
Due ore dopo erano ancora
seduti ai tavoli del pub e la chiacchierata era diventata più
lunga di quanto Graves avesse previsto.
Credence non era più
nemmeno il ricordo del ragazzino spaventato che compariva nelle
memorie estratte da Porpentina Goldstein a proposito di New York.
Adesso era una persona
aperta, che sembrava aspettare solo una scusa per sorridere.
Era un'intelligenza vivace e
piena di interessi.
Interessi che erano molto
diversi da quelli di Graves, ma di cui parlava con tanto entusiasmo
che l'ex Auror si era appassionato.
Gli piaceva confrontare la
storia magica con quella babbana, in particolare il periodo medievale
in cui la magia aveva avuto il suo maggior sviluppo.
E poi aveva una passione per
le teorie di un neurologo austriaco che riteneva che certe
disposizioni della mente potessero dare origine a malattie fisiche.
Questa teoria sembrava a
Graves ancora più improbabile di un mago che teneva un
allevamento di animali in una valigia, eppure Credence ne parlava con
tanto entusiasmo che non ebbe il coraggio di dirglielo.
Era giovane e poteva sognare
tutto quello che voleva.
Credence raccontò di
Newton Scamander e del suo progetto di aprire un posto in cui si
curassero le creature magiche.
Una versione ordinata e
legale della sua valigia insomma, magari in un negozio in cui i
clienti avrebbero potuto entrare attraverso una porta normale e dove
non avrebbero rischiato di essere concupiti da femmine di erumpent.
-Non mi permetterai mai di
dimenticarlo, non è vero?-
-Mai- confermò
Credence con l'ennesimo sorriso.
Contrariamente alla maggior
parte del mondo magico, Credence non era riuscito ad interessarsi al
quidditch.
Graves non capiva come fosse
possibile. Lui era sempre stato un appassionato di gioco, soprattutto
della parte tattica, e benché il quidditch negli Stati Uniti
fosse leggermente diverso da quello britannico, Graves non capiva
come Credence potesse trovarlo "privo di senso".
Graves gli raccontò
episodi dei due anni in cui lui era stato nella squadra di quidditch
di Ilvermorny, ma non ottenne nulla oltre a fare ridere Credence a
proposito degli spogliatoi della squadra avversaria sabotati da
nuvole di glitter rosa.
Parlando di scuola
arrivarono a parlare del giorno del diploma.
Graves aveva nel portafogli
la foto che Credence gli aveva mandato.
C'erano anche altre foto, ma
quelle stavano insieme alle lettere, mentre la foto del diploma, con
Credence che stringeva la sua pergamena, sorrideva ed aveva due
scorpioni gemelli appuntati sul colletto bianco, era sempre con lui.
-Perché la conserva
così?-
Graves dovette pensarci su.
Non si era mai soffermato a cercare una spiegazione, semplicemente
gli sembrava giusto così.
-Suppongo che sia per
vanità. Questa foto mi rende orgoglioso- tentò di
nascondersi.
Credence doveva averlo
capito, lo capiva da come gli sorrideva, però non fece altri
commenti.
Quel ragazzo riusciva
inspiegabilmente a trovare cose che lo mettevano a disagio e a
sistemarle subito dopo.
Era una persona singolare.
-E lei invece? Le va di
raccontarmi cosa ha fatto nel frattempo?-
Erano ancora le sette.
Graves avrebbe potuto trovare la scusa del ritardo o di qualunque
altra cosa, e invece finì per invitarlo a restare a cenare
insieme a lui.
Lui odiava dividere il
momento dei pasti, e difatti quando lavorava al MACUSA svicolava ogni
volta che poteva da cene ufficiali ed inviti simili, ma quella volta
era diverso.
Non avrebbe potuto
immaginare niente di più lontano da una minaccia di Credence
Barebone, e per la prima volta nella sua vita aveva voglia di
raccontare qualcosa di sé.
Ordinarono la cena nello
stesso pub e passarono altre ore a parlare.
Graves non ricordava più
quanto tempo era passato da quando aveva parlato in quel modo con
qualcuno, e Credence lo incoraggiava a continuare con il suo
interesse.
Se fino a poco prima il
ragazzo era stato un fiume in piena quando raccontava di sé,
adesso era ugualmente disposto a dargli tutta la sua attenzione.
Graves gli raccontò
di viaggi, di cosa aveva studiato, di incantesimi di protezione che
aveva riscoperto.
Messo a suo agio dal
silenzio attento di Credence, ammise persino che forse gli
Stati Uniti avrebbero dovuto guardare più spesso alle loro
radici europee.
In fondo c'erano immigrati
da tutto il mondo: Italia, Spagna, Irlanda, est Europa... perché
non riscoprire l'identità di ogni singola etnia?
-Quindi i libri li ha
scritti davvero lei?-
Graves fu colto di sorpresa.
Va bene che Credence lavorava presso una casa editrice, ma come lo
aveva capito?
-Quali libri?- chiese per
prendere tempo.
Per darsi un'aria noncurante
rigirò un paio di volte il fondo del bicchiere di liquore che
aveva ordinato a fine pasto, ma in realtà era teso per la
risposta che avrebbe potuto avere.
-I volumi di "Incantasimi
di protezione". Li ho letti, ed in questo momento quasi tutti li
hanno. Sono davvero utili. Lei non avrebbe mai scritto qualcosa se
non fosse stato certo della sua utilità, giusto? Non avrebbe
mai preso in giro delle persone che cercano protezione-
Graves si mosse a disagio
sulla sedia.
-Non importa. Non deve
rispondermi per forza-
Era sempre stato quello
l'accordo tra di loro. Credence non aveva mai preteso nulla e gli
aveva dato prova più di una volta di essere degno di fiducia.
E poi lui sapeva che il
ragazzo non avrebbe mai evitato una sua domanda, e questo lo fece
sentire in colpa.
-Mi fido della tua
discrezione, Credence. Sì: li ho scritti io, ma ti prego di
non dirlo in giro. Neanche ai tuoi genitori, se puoi evitarlo. Posso
contare su di te?-
-Certo, signor Graves. Non
capisco la sua decisione ma la rispetto-
Graves annuì
brevemente, grato di sentire quella risposta.
-Come lo hai capito?-
-In realtà l'ho
capito poco fa quando l'ho vista davanti alla casa editrice. Ho messo
insieme i pezzi, come si dice. Insomma... gli incantesimi sono stati
raccolti in tutta Europa, e lei in questi anni ha viaggiato in
Europa. E poi soprattutto lo stile di scrittura. Si capisce subito
che sono scritti da qualcuno che ha esperienza diretta. Ed il tono,
se posso permettermi, è... bè... diciamo che se ne
aprissi uno adesso, lo leggerei immaginando la sua voce-
Graves non sapeva se doveva
iniziare a preoccuparsi o meno.
Possibile che altre persone
avessero notato quelle cose?
Ancora una volta ringraziò
di essersi allontanato dall'America, perché se anche qualcuno
dei suoi ex colleghi l'avesse riconosciuto dietro lo pseudonimo, un
oceano di mezzo lo avrebbe aiutato a mantenere la sua tranquillità.
-Capisco... tu sei sempre
convinto di non voler entrare nella squadra investigativa degli
Auror?-
-Assoltamente convinto,
signor Graves-
-Riusciresti bene, te l'ho
già detto una volta. O forse no-
-No, non me l'ha detto-
-Però l'ho pensato.
Piuttosto, non hai fatto nessuna prova per verificare la mia
identità. Sei stato imprudente-
Credence scosse la testa.
-Invece ho verificato-
-Come?-
-Il fatto stesso che lei sia
arrivato a Londra e mi abbia cercato nel posto giusto. Vede, io lo so
che Grindelwald è ancora in circolazione e che se sapesse che
io sono vivo potrebbe provare a convincermi a passare dalla sua
parte. Una lettera smarrita o intercettata dalla persona sbagliata
può essere molto pericolosa. Forse lei non ha mai controllato,
ma le mie lettere erano incantate in modo da non mostrare il mittente
a nessuno se non a lei, e da non poter essere aperte da nessuno se
non lei-
Credence tacque un po' a
disagio.
Lo spettro di Grindelwald,
con i sui occhi pallidi, non era un ricordo piacevole per nessuno dei
due.
-Hai usato una sorta di
Traccia. Come hai fatto?-
-Ho usato le spille a forma
di scorpione. Le ha indossate anche Grindelwald ma lui non ha capito
cosa erano. Non gli appartenevano come appartengono a lei-
Sapeva perfettamente cosa
intendesse Credence. Non bastava rubare una cosa per ottenerne il
possesso.
Sembrava una cosa scontata
ma non lo era affatto, e Graves era colpito dal fatto che un ragazzo
così giovane l'avesse capita e saputa sfruttare.
Graves gli posò una
mano sul polso.
-Credence. Hai fatto un
ottimo lavoro. Sono orgoglioso di te-
Sebbene Credence avesse gli
occhi bassi, il suo sorriso avrebbe potuto illuminare tutto il
locale.
Improvvisamente a Graves
venne un'idea. Forse una delle migliori idee che avesse mai avuto.
-Credence. Tu sai duellare,
non è vero?-
-Duellare? Bé,
conosco gli incantesimi di difesa-
-Ma non hai mai fatto
pratica. Non ti sei mai battuto con nessuno, nemmeno per esercizio?-
-No. Non ne ho mai avuto
motivo-
-Quindi non hai nessuna
esperienza. Ti insegnerò io-
In tempi come quelli
Credence non poteva non sapersi battere, e se lui poteva evitare al
ragazzo di correre qualsiasi tipo di rischio lo avrebbe fatto.
-Oh, no, signor Graves, non
posso...-
-Credi di non averne
bisogno?-
-No, ne avrei bisogno,
ma...-
-Allora è deciso. Io
mi fermo a Londra, tu trova almeno un'ora al giorno per fare pratica-
Credence esitò ancora
un po' prima di rispondere -E va bene-
Graves immaginò che
si fosse arreso perché sapeva quanto lui potesse essere
testardo, e provò un vago senso di colpa per essere stato così
brusco.
Probabilmente lui era
l'unica persona al mondo che riusciva ad essere autoritaria anche
quando faceva un favore.
__________________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Bentornati!
Se siete arrivati a leggere
fino a qui immagino che siate anche voi più o meno fissati con
la coppia Gradence (O Gravebone... o come altro volete chiamarla).
Come avete già letto
nell'introduzione, questa storia è il seguito di "Iniquity",
nonché la quarta parte della serie "La strada di
casa".
La storia precedente mi è
servita per ricostruire da zero il rapporto tra Credence e Graves
(non dimentichiamo che di fatto nel film loro non si sono mai
conosciuti), questa invece è una storia dove il loro rapporto
si evolve come rapporto di coppia.
Sinceramente quando ho
iniziato la serie non avevo minimamente immaginato di inserire una
storia Gradence, ma ormai mi è riuscito così bene e
quindi... sorpresa!
Un ultima nota e poi la
smetto di rompere i boccini: notate la colonna sonora della serie,
dalle canzoni Disney al power metal a Jennifer Lopez. C'est la vie.
Lady Shamain
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Capitolo 2 *** Week end ***
Capitolo
2
Week
end
Do
you remember when we fell under Did
you expect me to reason with thunder I
still remember when time was frozen What
seemed forever was just a moment
***
In quei due anni Graves
aveva dimenticato come fosse avere a che fare di persona con Credence
Barebone.
Se ne ricordò appieno
solo la sera della loro prima lezione, cioè esattamente il
giono dopo il loro primo incontro.
Per esercitarsi avevano
scelto un posto isolato in mezzo alla campagna, dove non avrebbero
dato fastidio a nessuno e dove non potevano essere visti
accidentalmente dai babbani.
Nonostante il posto fosse
parecchio fuori mano, Graves aveva impiegato tutte le barriere che
conosceva.
Probabilmente Credence
pensava che fosse paranoico, ma lui sapeva cosa faceva.
Quello che aveva in mente
era una versione accelerata del corso di difesa che lui aveva
frequentato all'Accademia e che poi aveva supervisionato come
insegnante.
Credence imparava in fretta
gli incantesimi, ma Graves sapeva che ciò che faceva davvero
la differenza in un duello era il tempo di reazione.
Credence aveva borbottato
qualcosa a proposito di "logica del Far West" e "chi
estrae per primo vince" e Graves l'aveva spedito a gambe
all'aria prima che avesse finito di formulare la frase.
Come se non fosse
statunitense anche lui!
-Vedi che la logica del Far
West serve?-
Come era prevedibile,
Credence si era rialzato subito.
In una sera Graves aveva
ritrovato tutte le qualità che lo avevano colpito in Credence
la prima volta che lo aveva conosciuto: l'essere tenace, incassare
senza lamentarsi ma imparando tutto quello che poteva da un errore,
applicarsi senza sosta finché qualcosa non gli riusciva.
E poi lo sguardo del ragazzo
ogni volta che si rialzava.
Nei suoi occhi castani
leggeva ogni volta la determinazione a fare di meglio.
Graves voleva che Credence
arrivasse a innalzare uno scudo immediatamente, per puro istinto e
senza nemmeno pensare.
Prima ancora di disarmare
l'avversario era importante proteggere sé stessi, per questo
Graves continuò a schiantarlo per un'ora.
Non era difficile cogliere
Credence di sorpresa.
Il ragazzo si lasciava
distrarre, non era perfettamente concentrato e, errore ancora più
grande, si fidava di lui.
Solo dopo essere rotolato a
terra un bel paio di volte riuscì a capire come funzionavano
le cose.
Finalmente dopo un'ora
Credence aveva capito che doveva tenere d'occhio ogni suo movimento,
e lui doveva essere sempre più sottile nello scegliere il
momento in cui colpirlo.
Erano da poco passate le
nove quando Graves decise che poteva bastare.
Se Credence fosse stato un
allievo dell'Accademia non avrebbe esitato a continuare finché
non l'avesse fatto crollare a terra esausto, ma Credence non era un
aspirante Auror; era un correttore di bozze, ed il giorno dopo
avrebbe dovuto presentarsi al lavoro senza essere pesto e dolorante.
Credence si era rialzato
l'ennesima volta e a Graves venne voglia di provare quanto a lungo
avrebbe resistito prima di chiedere una tregua.
Probabilmente finché
non fosse svenuto per la stanchezza, pensò con uno strano
misto di orgoglio, divertimento e rassegnazione.
-Va bene, Credence, basta
così per adesso-
Il ragazzo tuttavia rimase
teso come se si aspettasse un altro attacco.
Forse ricordava troppo bene
tutte le volte in cui lui gli aveva fatto abbassare la guardia per
poi colpirlo a tradimento, e questo pensiero mise Graves molto a
disagio.
Certo, lui voleva che
Credence imparasse a diffidare, ma che non avesse fiducia in lui era
una cosa che lo feriva.
Ripose la bacchetta nella
tasca interna e gli si avvicinò mantenendo le mani bene in
vista.
-Ho detto che basta così.
Adesso andiamo. Ti riporto a casa- gli disse tendendogli una mano per
la Smaterializzazione congiunta.
Non voleva rischiare che il
ragazzo si Spaccasse perché era troppo provato per controllare
"Destinazione, Determinazione e Decisione".
Lui si rilassò con un
sospiro ed accettò l'aiuto.
Quando gli prese la mano e
lo guardò senza più sospetto, Graves provò un
moto di sollievo.
***
Graves aveva scelto come
posto per riapparire lo spazio antistante la casa editrice.
Credence abitava lì
vicino, ma lui aveva preferito non piombare tanto vicino a casa sua
perché gli sembrava un'intrusione troppo personale.
Ed in ogni caso voleva un
paio di minuti per parlare con il ragazzo.
-Sei stato bravo- gli disse.
Lo vide sorridere ed
abbassare gli occhi subito dopo.
-Credence, guardami- lo fece
fermare in mezzo alla strada perché sapeva che era meglio
chiarire subito -Io sono un insegnante molto severo. Credo di essere
stato il terrore di qualche decina di allievi. So insegnare a
duellare ma non so essere gentile. Forse a volte ti sembrerò
disumano, forse peggio di quando ero impegnato a fare la tua
valutazione, ma ricordati sempre che tutto quello che farò,
sarà per il tuo bene-
Credence annuì, ma
lui ancora non aveva finito.
C'era un'alra cosa che gli
restava incastrata in gola come una spina.
-E ricordati soprattutto che
io non ti farei mai del male. Questo vorrei che fosse chiaro. Durante
gli allenamenti non mi farò nessuno scrupolo a colpirti, se
servirà a farti imparare qualcosa, ma al di fuori puoi stare
certo che non ti torcerei un capello-
Finalmente Credence gli
regalò uno dei suoi sorrisi.
-Questo lo immaginavo,
signor Graves. Ma la ringrazio per avermelo detto-
Graves annuì. Aveva
fatto bene a parlare allora.
Non avrebbe mai voluto che
Credence finisse come certi suoi ex allievi, che affrontavano maghi
oscuri a testa alta ma ancora dopo anni evitavano lui nei corridoi.
-Bene, ragazzo. Buona notte-
Fece appena in tempo a
sentire "Arrivederci, signor Graves" che si era già
Smaterializzato.
***
Credence scoprì che
era vero: Percival Graves poteva essere un insegnante davvero molto,
molto severo.
Era capace di guardarlo con
occhi come l'acciaio e schiantarlo senza pietà mentre lui si
stava ancora rialzando stordito dal colpo precedente.
Ma tutto quello serviva.
Credence stava sviluppando
dei riflessi che non immaginava neppure di possedere.
Scoprì che gli
bastava pochissimo per mettersi in allarme.
Bastava che Graves muovesse
leggermente il polso e lui subito faceva scattare l'Incanto Protego.
A volte era abbastanza
veloce e gli incantesimi di Graves si infrangevano sulla superficie
invisibile del suo scudo, altre volte invece non era abbastanza
rapido o l'incantesimo non era abbastanza potente e allora lui finiva
a rotolare nell'amena campagna inglese.
Se gli andava
particolarmente male ed aveva appena piovuto, si trovava bagnato
fradicio ed inzaccherato di fango ed erba.
Una volta ebbe il coraggio
di chiedere a Graves se tutti gli insegnanti di difesa contro le arti
oscure fossero come lui.
Graves gli rispose che no,
assolutamente lui era il più cattivo e bisbetico che gli
potesse capitare; quando lui rise lo schiantò ancora una
volta, però pianissimo, ed ebbe l'accortezza di attutirgli la
caduta.
Poteva permetterselo:
dopotutto avevano finito l'ora di allenamento.
Graves era ancora un uomo
severo ed enigmatico per molti versi.
Era sempre chiusissimo in sé
stesso, ma le rare volte che Credence vedeva una vera emozione sul
suo viso, gli sembrava di vedere un mondo diverso.
Alla fine di ogni
allenamento lo aiutava a rialzarsi, gli medicava le contusioni
peggiori, e se i suoi vestiti erano ridotti troppo male lo aiutava a
rimediare ai danni più grossi.
Graves era un uomo duro, ma
era anche in grado di prendersi cura di un'altra persona con grande
generosità.
Si guardava benissimo da
fargli qualunque complimento, tuttavia quando accadeva che lui
riuscisse ad innalzare una barriera perfetta nell'arco di una
frazione di secondo, attraverso i lampi che incrinavano l'aria vedeva
Graves che annuiva soddisfatto; allora gli sembrava che il suo cuore
stesse per scoppiare per qualcosa che non aveva niente a che fare con
la fatica.
Dopo una settimana di
allenamenti Credence aveva tanti lividi in più, ma erano meno
di metà gli incantesimi di Graves che lo spedivano a terra.
E poi rivederlo e passare
del tempo insieme a lui era proprio quello che Credence aveva
desiderato.
Entrambi conoscevano segreti
uno dell'altro, cose che nessun altro sapeva, e questo creava un
rapporto speciale tra di loro.
Era fiducia e cameratismo.
Erano uniti anche dal fatto
che Grindelwald aveva ferito entrambi molto a fondo, sebbene in modi
diversi, ma nessuno dei due aveva ancora avuto il coraggio di
sollevare l'argomento.
***
Credence ricordava che
Percival Graves aveva un rispetto sacrosanto per il riposo del fine
settimana.
Si domandava se ciò
fosse cambiato negli anni, per questo aveva fatto silenziosamente una
scommessa con sè stesso.
Lui propendeva per il
"nessun cambiamento", e giovedì aveva deciso che, se
fosse stato vero, si sarebbe concesso una porzione extra di pallotti
cioccocremosi.
Quando si salutarono venerdì
sera, puntuale come Credence si era aspettato, Graves gli disse
-Immagino che tornerai a casa per il fine settimana. Ci vediamo
lunedì-
Dovette impedire che il suo
sorriso andasse da un orecchio all'altro e cercò di
nascondersi abbassando la testa e confidando nel buio.
-Va bene. Arrivederci,
signor Graves-
Il mago gli lanciò
uno sguardo perplesso ma si smaterializzò senza ulteriori
commenti; Credence invece rimase lì a sorridere nel vano del
portone.
Lui adorava i cioccocremosi,
ma la soddisfazione più grande era essere riuscito a capire
qualcosa di quell'uomo.
***
Nonostante non avesse più
un lavoro d'ufficio, Graves cercava di mantenere una routine
settimanale.
Erano davvero poche le cose
a cui aggrapparsi da quando Grindelwald aveva fatto deragliare la sua
vita, ed il riposo nei week end era una di quelle.
Anche quando era in piena
attività, Graves cercava sempre di staccare durante quelle
quarantotto ore perché conosceva benissimo i rischi del
sovraffaticamento fisico e mentale.
In caso di emergenzee
straordinarie lui era il primo a correre al Woolworth Building a
qualsiasi ora, ma se tutto era tranquillo i sabati e le domeniche
erano delle bolle di tempo strettamente private in cui lui si
prendeva cura di sé stesso.
In viaggio era ancora più
facile.
Passò il suo primo
week end a Londra alla scoperta della città, concedendole un
pò di confidenza in più, ed anche se sotto il cielo
plumbeo di inizio ottobre il paesaggio non dava il meglio di sé,
Graves cominciava a pensare che Londra gli piacesse.
Visitò posti magici e
non; la società nomag lo incuriosiva ed infatti aveva adottato
alcune cose che gli sembravano funzionali.
Gli abiti per esempio,
oppure la stilografica a cui teneva almeno quanto alla sua bacchetta.
Stimava anche la musica
classica dei nomag, e non di rado faceva piccoli strappi alla regola
e catturava le melodie che più gli piacevano in piccole bolle
lucenti.
Il meccanismo era lo stesso
delle bolle con le profezie all'interno e tecnicamente
quell'incantesimo avrebbe dovuto essere usato da persone
specializzate a quell'unico scopo, ma Graves sapeva quando poteva
concedersi di essere indulgente.
Spinto da pura curiosità,
prima di mezzogiorno entrò in una libreria babbana.
Non cercava nulla in
particolare e declinò con gentilezza l'offerta di aiuto del
proprietario, aggirandosi da solo tra gli scaffali.
Benché lui avesse più
familiarità con il mondo nomag di tanti altri maghi, i titoli
molte volte evocavano cose di cui non sapeva nulla.
Avrebbe potuto essere utile
avere Credence che gli facesse da guida.
"Paradise lost"
Graves si trovò a
fissare quel titolo al tempo stesso con una profonda consapevolezza e
senza vederlo affatto.
Stava per pensare qualcosa
di importante ma gli era sfuggito di mente in un guizzo.
Scosse la testa irritato.
Non sapeva nemmeno se fosse
stato davvero il libro a distrarlo, comunque si trovò a
prenderlo dallo scaffale.
La copertina era di pelle
scura con il titolo stampato in lettere rosse leggermente scrostate
nei bordi, come sulla costola, ma all'interno l'illustrazione in
prima pagina catturò la sua attenzione.
Era un angelo ma con ali da
pipistrello; i suoi vestiti erano stracciati e scoprivano un petto
liscio ma muscoloso; dal fianco gli pendeva il fodero vuoto di una
spada.
I capelli erano scompigliati
come se fosse reduce da una lotta; il viso, teso verso l'alto e
colpito con violenza da un raggio di luce, aveva un'espressione che
era allo stesso tempo sfida ed accusa.
C'erano altri elementi su
cui al momento non riusciva a focalizzare l'attenzione, ma ciò
che aveva visto era bastato per comunicargli un senso di coraggio
disperato e di rifiuto ad arrendersi; Graves non sapeva se fosse
normale provare stima per una stampa, ma ormai aveva stretto un
legame con il soggetto del disegno e per quello, solo per quello, si
decise a comprare il libro.
Sul suo contenuto avrebbe
indagato dopo, magari insieme a Credence.
***
L'atmosfera di casa lo
accolse già dal vialetto d'ingresso come un abbraccio.
Credence aveva vissuto lì
solo tre anni, ma era come se ci fosse stato una vita intera per
quanto era stato felice, ed il pensiero di essere vicino a casa e di
poterci tornare quando voleva lo faceva sentire sempre bene.
Si era materializzato
nell'angolo che Newt aveva recintato apposta per poter apparire senza
rischi.
Con una bambina di tre anni
che scappava in giardino ogni volta che poteva e lasciava giocattoli
un po' ovunque sull'erba, il rischio di tornare a casa, inciampare in
qualcosa e dover andare immediatamente in ospedale era molto alto.
Appena uscito dal
cancelletto fu accolto da uno strillo acuto e qualcosa di piccolo,
biondo e incredibilmente vivace si fiondò contro le sue
ginocchia.
-Credencecredencecredence!-
Avrebbe potuto essere un
nuovo cucciolo e invece era la sua sorellina Elinor.
Credence la sollevò
in aria e la fece roteare un paio di volte. Era inebriato della sua
risata deliziata e resa leggermente stridula dal volo.
Quando fosse cresciuta forse
sarebbe diventata un animagus, e allora sarebbe stato un uccello.
Se non avesse mai scelto di
trasformarsi avrebbe comunque avuto un patronus, e allora sarebbe
stato quello a volare.
Sarebbe stato un gabbiano o
una rondine, e lei lo avrebbe creato magari pensando al suo
fratellone.
Credence si fermò
prima di far venire le vertigini ad entrambi e la tenne ancora in
braccio.
Evitò di darle un
bacio perché sapeva che Elinor si sarebbe messa strillare: era
nella fase del rifiuto delle coccole, tranne quando era lei a
decidere che le fossero dovute.
-Ciao, piccola peste!-
-Non sono una peste, oggi
sono una banshee! Senti-
E si produsse in uno strillo
che gli perforò un timpano.
-Non potresti essere una
banshee silenziosa?-
-Certo che no! Le banshee
sono creature che urlano, ed il loro urlo paralizza le persone-
Ritenne opprtuno dare un'altra dimostrazione.
Credence decise di ricorrere
alla tattica collaudata: uno scambio di favori.
-Facciamo così. Se tu
riesci a fare la banshee silenziosa, io ti racconto una bella storia.
E poi abbiamo il nostro segreto-
-Abbiamo un segreto?-
La parola "cioccocremosi"
ebbe l'effetto miracoloso.
In tre secondi il suono
delle urla fu sostituito da quello molto più pacifico del
masticare, mentre una pallina spariva a morsi nella bocca della
bimba.
Credence aveva il sospetto
che i bambini piccoli fossero come i serpenti, cioè avessero
una mascella priva di articolazione per spalancare la bocca il più
possibile per ingurgitare qualcosa che andava loro a genio.
Mentre lei masticava
soddisfatta, Credence potè finalmente dedicare un po' di
attenzione a Newt.
Il magizoologo era rimasto
in disparte ad osservarli ed era ancora seduto per terra.
Dalle macchie sulle
ginocchia e sui palmi delle mani era evidente che fino a quel momento
avesse giocato rigorosamente per terra con sua figlia.
Credence gli sorrise e
allora lui si alzò per andargli incontro.
-Non so se mi manchi di più
quando ti rivedo dopo una settimana o quando stai per andartene di
nuovo-
Lo abbracciò svelto,
mentre Elinor era ancora distratta dalla pallina di cioccolato con
cui si stava impiastricciando la faccia.
Credence non voleva dirlo
per non farlo preoccupare, ma anche a lui mancavano Newt e Tina.
Ritrovarsi nei fine
settimana era una festa er tutti loro.
-Adesso vai a casa. Tina ti
aspetta e ti avverto che ha il distintivo-
Credence rise.
Quello era un codice per
avvertirsi tra loro quando Tina Goldstein aveva intenzione di
scoprire qualcosa su uno dei due.
-Non preoccuparti, papà.
So di cosa vuole parlarmi. Va tutto bene-
Lo lasciò con un
ultimo sorriso rassicurante ed entrò in casa.
Dalla cucina proveniva un
lieve acciottolio e Credence bussò piano prima di entrare.
In realtà non ne ebbe
bisogno, perché non appena Tina lo vide sulla porta corse ad
abbraciarlo come se fosse appena sfuggito ad un incendio.
-Mamma, sto bene- protestò
piano Credence.
Non aveva niente contro gli
abbracci, anzi lui era il primo a desiderare contatti affettivi, ma
non voleva che Tina si preoccupasse inutilmente.
Lei lo lasciò andare
e poi, esaurita la preoccupazione materna, passò al suo lavoro
di Auror.
Gli prese il viso tra le
mani e lo esaminò alla ricerca di ferite o qualsiasi altro
segno anomalo.
-Sto bene, davvero- le
ripetè cercando di sembrare convincente.
Lei lo guardò negli
occhi e Credence sapeva che quello era l'esame più importante.
-Credence, perché
continui a frequentare Graves?-
-Mamma, lui mi insegna...-
-Cosa?-
-A battermi-
-Perché mai dovresti
batterti?-
-Grindelwald è ancora
in circolazione. Può succedere di tutto ed io voglio essere
pronto-
Tina distolse lo sguardo.
Sapeva che il ragionamento era giusto, ma ancora non era convinta.
-Ma ti fa male. Credimi, io
so come insegna Graves-
-Allora sai anche che
insegna bene. È il migliore, e non vuole farmi del male. Lo fa
davvero per il mio bene-
Lei si morse le labbra.
-Sì. Lo so che è
il migliore. Ma ti prego, stai attento-
Stavolta fu lui ad
abbracciarla. Tina era una donna straordinaria, e Credence le sarebbe
stato grato fino all'ultimo respiro.
-Non preoccuparti, mamma.
Andrà bene-
-Lo spero. Per lui, lo
spero. Adesso per favore, vai a prendere un po' Elinor, così
tuo padre potrà fare una doccia come si deve prima di pranzo-
-Agli ordini, capo-
Credence scappò via
prima che Tina potesse coinciare ad emettere fumo dalle orecchie
perché lui l'aveva presa in giro.
Elinor era già in
cerca di lui e della storia che le aveva promesso, così
Credence la prese dalle braccia di un Newt più arruffato e
stravolto che mai e la portò con sé nell'angolo delle
storie.
Era l'angolo del tappeto tra
il camino, la poltrona e Credence.
Elinor pretendeva il suo
cuscino su cui sedersi, pretendeva il camino acceso e pretendeva che
nessuno interrompesse la storia.
Erano molte cose per una
bambina di tre anni, ma Credence e Newt nella maggior parte dei casi
non avevano il coraggio di dirle di no.
-Racconta- ordinò una
volta che si fu accomodata sul cuscino di velluto.
Credence non aveva in mente
una storia in particolare quando aveva fatto la sua promessa, ma nel
momento in cui si sedette la sua mente cominciò a lavorare e
la favola si formò praticamente da sola.
Elinor non interrompeva
praticamente mai, si limitava a fissarlo con i suoi occhioni sgranati
e completamente incantata dalle sue parole.
-C'era una volta un giovane
mago che viaggiava per scoprire nuovi incantesimi. Un giorno dovette
attraversare una catena montuosa, ma mentre era ancora a metà
della strada, calò la notte e lui si mise alla ricerca di un
rifugio dove aspettare l'alba. Mentre camminava si imbattè in
una caverna, e sembrava che ci fosse anche un fuoco già acceso
all'interno. Il giovane mago entrò, ma presto si pentì
della sua scelta perché la caverna era la tana di un drago, ed
il fuoco era il respiro della creatura. Il drago era stato incatenato
lì da un mago oscuro per fare la guardia al suo tesoro. Il
ragazzo voleva scappare ma l'enorme lucertola lo catturò con
un unico colpo di coda. Lo aveva afferrato tra le zampe e stava per
divorarlo, ma il ragazzò riuscì a prendere la sua
bacchetta e a fare un incantesimo che bloccasse i movimenti del
drago.
La bestia crollò a
terra, ed il giovane voleva solo scappare via, ma scoprì che
la caverna era sigillata da un incantesimo.
Allora il drago gli parlò.
"Non puoi più
uscire. Queste sono le regole. Il mio sigillo mi impone di proteggere
il tesoro e di uccidere chiunque entri qui dentro o di essere ucciso.
Tu mi hai sconfitto, ma finché io sarò in vita non
potrai uscire"
"Come posso fare?
Aiutami, creatura antica, dimmi come posso andare via"
"La mia morte
distruggerà anche il tesoro ed il mago non vedrà mai la
sua ricchezza nelle mani di qualcun altro. Se io morirò tu
sarai libero. Senza rancore, ragazzo, fai quello che devi"
Ma il giovane mago non
voleva uccidere quella creatura. Il drago era stato costretto da un
sortilegio e non aveva colpa. Non sapeva nemmeno come fosse fatto il
tesoro che doveva difendere a costo della vita.
"Io non voglio
ucciderti. Tu sei una creatura nobile condannata da un destino
ingiusto. Non voglio che tu soffra anche a causa mia"
Allora il ragazzo pianse per
il drago, e le sue lacrime caddero sulle squame.
Dove una lacrima cadeva, la
pelle da rettile si spaccava e faceva vedere al di sotto la pelle di
un uomo.
Il ragazzo tese le mani
verso il drago e lo accarezzò, e man mano la pelle squamosa si
staccava. Rimase come un guscio vuoto ma dentro c'era qualcosa.
Era un principe che era
stato trasformato in drago dal mago oscuro.
"Tu hai spezzato la mia
maledizione. Te ne sono grato"
"Ma io non ho fatto
nulla"
"Sì invece. Hai
pianto per me. Hai provato pietà per un mostro. Questo è
un potere più grande di qualsiasi maledizione"
Si presero per mano e
scapparono via da quel posto maledetto, lasciando per sempre alle
spalle l'avidità del mago oscuro ed il dolore che aveva
causato. Fine della favola-
Elinor però non aveva
finito.
-Ed il tesoro? Hanno portato
via anche quello?-
-No, lo hanno lasciato
dov'era-
-Perché?-
-Perché non gli
interessava. Avevano trovato qualcosa di molto più prezioso-
-Cosa hanno trovato?-
-L'amore-
-Si sono innamorati?-
-Sì-
Elinor ci pensò su.
-Quando sarò grande,
anche io voglio incontrare un principe trasformato in drago e
salvarlo dalla sua maledizione-
Sentenziò alla fine.
-Lo troverai sicuramente,
principessa. Adesso la storia è finita, che ne dici, andiamo a
vedere se è pronto il pranzo?-
Solo quando lui decretava
ufficialmente che la storia era conclusa (e se lei non aveva altre
domande) Elinor accettava di lasciare il loro angolo speciale.
Credence alzò gli
occhi e vide che Tina era sulla porta.
Distolse lo sguardo ed
arrossì, perché si vergognava delle storie che creava;
gli sembrava che agli occhi di una persona adulta dovessero sembrare
ridicole.
E Tina era lì da
chissà quanto tempo... chissà quanto aveva sentito?
-Elinor, tesoro, vai con
papà a lavarti le mani adesso-
Credence sapeva che Tina
voleva che lui restasse. Aveva l'impressione che volesse dirgli
qualcosa.
Lei gli si avvicinò
con un sorriso.
-Era una storia molto bella-
-Era per una bambina- si
schermì lui -Non credo che fosse particolarmente interessante-
-Lo era invece. Fidati. A me
è piaciuta molto, e vorrei sentirne delle altre un giorno-
Credence si mosse in
imbarazzo. Davvero non sapeva che rispondere.
Tina fece un cenno verso il
divano e lui si sedette. Lo sapeva che sua madre non voleva parlare
solo di storie.
-Sai, Credence, quando
eravamo a New York io ho lavorato per un periodo all'ufficio per i
permessi per le bacchette magiche. C'erano schedate tutte le
bacchette in circolo negli Stati Uniti ed io non ho resistito alla
tentazione di dare una sbirciata ai file dei miei colleghi-
-Hai cercato la bacchetta di
Percival Graves?-
-Ottima deduzione. È
stato il primo fascicolo che ho cercato per vendicarmi del fatto che
mi aveva degradata. O almeno ero convinta che fosse stato lui-
-E...?-
-E, non so se tu lo sai, ma
la sua bacchetta è legno di ebano e corda di cuore di drago-
Credence trasalì.
Certo. Corda di cuore di
drago. Non ci aveva mai pensato, ma adesso che lo sentiva gli
sembrava assolutamente ovvio. Come se in realtà lo avesse
sempre saputo.
-Davvero è corda di
cuore di drago? Non gliel'ho mai chiesto-
-Ma la cosa non ti
sorprende-
Credence ci pensò.
No, non era sorpreso.
Era contento per aver
indovinato qualcos'altro di Percival Graves, stavolta una cosa
personale.
-No, non mi stupisce. È
adatta a lui-
-Ahi ahi... come pensavo...-
-Mamma?- non potè
impedire ad una nota di panico di incrinargli la voce.
-No, no, tranquillo...
voglio solo dirti che capire così bene una persona è
segno di un legame molto forte-
Credence arrossì fino
all'attaccatura dei capelli.
Lui e Graves? No, certo che
no! Si era infatuato di Grindelwald ai tempi, ma erano altre
circostanze.
Grindelwald era un'altra
persona e... bè, anche lui lo era.
-Ecco, appunto, era questo
che intendevo. Credence, dimmi, lui ti piace?-
-Non lo so. Cioè...
per adesso lo conosco troppo poco-
-Capisco. Bene, questo
semplifica le cose, in un certo senso-
-Perché?-
-Perché sarai in
grado di giudicare se è la persona adatta a te oppure no-
-Ma mamma! Io non penso a
Graves in quel senso!-
-Forse no. Ma se dovesse
succedere, per favore, stai attento e chiedi a te stesso se ti piace
veramente lui o se stai cercando di riparare al dolore che ti ha
fatto provare Grindelwald quando ti ha abbandonato-
Credence scosse la testa.
No, almeno di una cosa era
assolutamente certo.
-Lui non assomiglia affatto
a Grindelwald-
-Davvero?-
-Nel modo più
assoluto. In effetti somiglia molto di più ad uno knarl-
-Dovresti dirglielo. Sarebbe
molto romantico-
Credence scoppiò a
ridere.
Certo, sarebbe stato
assolutamente romantico dire a Graves che lo riteneva simile ad un
porcospino che si offendeva a morte se gli veniva offerto qualsiasi
aiuto!
***
Graves aveva finito di
pranzare da poco. Aveva scelto di tornare al Paiolo Magico e di
mangiare in camera sua perché lui era sempre quello che
detestava dividere il momento dei pasti.
L'unica eccezione era
Credence ma al momento il ragazzo non c'era, per cui lui poteva
tornare a fare l'asociale.
In camera, comodamente
seduto in poltrona, aveva iniziato a sfogliare il libro, ma aveva
scoperto presto che era di una noia mortale: era scritto in poesia.
Lui non aveva più
niente a che fare con le poesie da quando aveva sentito per l'ultima
volta la canzone del cappello parlante di Ilvermorny!
L'illustrazione di copertina
lo incuriosiva, ma lui non aveva certo la pazienza necessaria a
leggere chilometri di versi per sapere di cosa parlasse.
Se prima aveva pensato di
chiedere a Credence, adesso non gli sembrava più una buona
idea: dopotutto il ragazzo era cresciuto tra i nomag ma di sicuro con
Mary Lou non aveva potuto avere un'educazione alla letteratura, e
poi, quando era passato al mondo magico, non c'erano motivi per cui
dovesse più interessarsi alla letteratura babbana.
Graves sbuffò forte.
Aveva dato per scontate
delle cose. Era stato superficiale. Senza contare che già il
titolo religioso avrebbe potuto risvegliare brutti ricordi.
Scosse la testa.
Era stato veramente uno
stupido a farsi convincere da un'illustrazione di copertina, che per
di più nemmeno si muoveva.
Prima di ricadere nella
brutta abitudine di rimuginare sulle cose decise di uscire.
Non era tardi, aveva ancora
un paio di ore di luce da sfruttare, ma appena fu al piano di sotto
si accorse che c'era un'atmosfera strana.
Non capiva perché mai
il bancone e la sala fossero addobbati con strisce di stoffa bianca e
rossa intrecciate, e quando chiese a Thomas lui gli rispose che era
per la partita di quidditch.
Certo! Sabato era il giorno
delle partite!
-E mi dica, dove è
possibile guardare la partita?-
-Qui al piano terra. Il
posto migliore per vedere lo schermo è quell'angolo a sinistra
del camino, ma io non le consiglio di occuparlo-
-Perché?-
-Perché è il
mio posto-
Graves dovette incassare
senza un fiato.
Non era più uno dei
ministri del MACUSA, ed essere surclassato dal proprietario di una
locanda era uno degli svantaggi; per quanto Graves avesse il sospetto
che Thomas lo avrebbe fatto sloggiare di forza dal suo posto anche se
lui fosse stato il Ministro della Magia in persona.
-A che ora inizia la
partita?-
-Alle otto, ma se non vuole
guardarla in piedi le consiglio di essere qui minimo alle sette-
Le sette. Bè, perché
no? Aveva due ore per andare in giro e poi tornare in tempo.
Ringraziò il
proprietario e uscì.
***
Credence era sgattaiolato di
nascosto in cucina a caccia di una porzione extra di sfoglie alla
crema, sebbene fosse quasi ora di cena e lui fosse ancora sazio dal
pranzo.
I dolci di suo zio Jacob
erano qualcosa di meraviglioso, e Credence si stupiva ogni volta che
ricordava che per farli non usava la magia.
-Ne resterà almeno
uno per me?- chiese Newt alle sue spalle.
-Forse, se sarai abbastanza
veloce-
Il magizoologo prese le sue
parole alla lettera e si impossessò della penultima sfoglia.
-Adesso forse possiamo
parlare delle tue lezioni di duello con il signor Graves, ti va?-
-Non c'è molto da
dire, comunque chiedi pure-
-Per prima cosa vorrei
sapere se ti sta strapazzando troppo-
Credence riuscì a
sorridere nonostante avesse la bocca piena.
-Ci puoi scommettere. Ma poi
mi cura. È questo il punto, credo-
-Sì, lo credo anche
io. Credence? Mi ricordo di cosa mi hai detto quando lui è
venuto qui la prima volta. Tu vuoi ancora aiutarlo, non è
vero?-
-Vorrei. È
terribilmente chiuso, e questo dà l'esatta misura di quanto
sta soffrendo. Vorrei che mi permettesse di aiutarlo-
Newt gli sorrise.
-Sei un bravo ragazzo,
Credence. Spero che Graves capisca cosa fai per lui e che lo
apprezzi-
Forse gli avrebbe detto
qualcos'altro, ma furono interrotti da Tina.
Mani sui fianchi, cipiglio
di disapprovazione...
-Spero per il vostro bene
che me ne abbiate lasciata almeno una-
Entrambi si fecero da parte
per lasciarle spazio, e anche l'ultima sfoglia alla crema della
pasticceria Kowalsky sparì magicamente.
***
Se aveva deciso di non
attirare l'attenzione su di sé, Percival Graves aveva
miseramente fallito.
Non era stata sua intenzione
urlare in quel modo, ma andiamo, era una cosa troppo evidente!
La partita era finita in
parità perché entrambi i cercatori avevano toccato il
boccino nello stesso momento, e allora si era andati ai rigori.
Nel momento in cui il
cacciatore aveva tirato indietro il braccio lui aveva capito subito
che quel tiro sarebbe stato una finta, e allora, trascinato
dall'entusiasmo della partita, lo aveva urlato in mezzo alla sala che
stava in silenzio con il fiato sospeso.
Qualcuno gli indirizzò
uno "shh" irritato e allora lui si era sentito in imbarazzo
come non mai.
Qualcun altro mormorava
contro "questi americani presuntuosi" e allora lui aveva
cominciato seriamente a pensare di scappare via e di evitare i
contatti sociali per il resto del suo soggiorno.
Poi il Cacciatore aveva
tirato, il portiere si era gettato (dalla parte sbagliata) ed erano
stati dieci punti che avevano salvato la partita.
I tifosi della squadra
vincitrice avevano esultato ed anche Graves, ma non per la vittoria;
no, lui esultava perché sapeva di essere un fottuto americano
presuntuoso che aveva fottutamente ragione.
Il giorno dopo quando scese
a prendere il suo giornale vide che tre maghi si davano di gomito e
lo indicavano.
Fece finta di niente ma in
realtà si era irrigidito.
Che volevano? E se uno lo
avesse riconosciuto? Cazzo, ma che gli era saltato in testa di fare
quella scenata!
Falso allarme. I tre gli
sorridevano e lo avevano invitato a fare colazione al loro tavolo.
Graves esitava. Ma sì...
in fondo la colazione non era uno dei pasti principali e poteva fare
un'eccezione.
***
Sabato sera era sempre un
brutto momento. Ogni volta Credence doveva iniziare a salutare Elinor
almeno un'ora prima per convincere la bambina che sì, lui
doveva proprio andare.
Era sulla porta quando Tina
lo raggiunse con un sacchetto di carta.
-Sono biscotti. Lo sai che
voglio che tu faccia una buona colazione-
Erano queste le piccole cose
che facevano scoppiare Credence di felicità.
Era un calore per cui
avrebbe potuto scigliersi e decidere di non tornare a Londra.
Abbracciò stretta
Tina anche a rischio di rompere qualche biscotto, poi scappò
nell'angolo delle materializzazioni prima che Elinor si accorgesse
della sua assenza e cominciasse a reclamare il suo fratellone.
_________________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Salve a tutti! Soprattutto
complimenti a chi è sopravvissuto a questo carico pesante di
fluff...
Alla fine ho deciso che il
bambino di Newt e Tina (andate a rileggere "Iniquity" se
volete sapere più in dettaglio di cosa sto parlando) sarebbe
stata una bambina.
Una piccola peste bionda,
per la precisione. So che Tina è bruna, ma sua sorella Queenie
non lo è, e siccome anche Newt è chiaro mi è
sembrato possibile.
Le favole di Credence
ricordatele, perché sono importanti.
Oltre questo, ho scoperto
che esiste la sezione "Animali fantastici e dove trovarli"
nella categoria film.
Vorrei spostare tutta la
serie nella sua legittima sezione, ma lì l'elenco dei
personaggi non è ancora completo, per cui fate un'opera buona:
andate ed aggiungete il vostro voto per Credence.
Grazie...
Lady Shamain
|
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Capitolo 3 *** Mano sinistra ***
Capitolo
3
Mano
sinistra
Hurry
up, hurry up There's
no more waiting We're
still worth saving
***
Non si erano dati un
appuntamento preciso per il lunedì, ed una cosa che Credence
non aveva previsto era che avrebbe ricevuto un biglietto di Percival
Graves insieme alla posta della mattina.
Gli diceva che avrebbero
potuto vedersi alle otto e mezza, dopo cena.
C'era scritto anche che
c'era bisogno che si riconoscessero tra di loro, quindi di pensare ad
una domanda di cui solo lui avrebbe potuto conoscere la risposta, e
che lui avrebbe fatto altrettanto.
Credence scosse la testa.
Quell'uomo era tanto preciso che a volte sembrava essere fatto di
ingranaggi.
Accanto alla lettera di
Graves c'erano due lettere di Mr Fergus, una con una copia della
lettera dell'autore del libro che non si faceva correggere, ed un
altra con una lista di compiti per la giornata.
Infine c'era un pacchetto da
casa.
Credence aprì prima
il biglietto che lo accompagnava e subito riconobbe la grafia di
Newt.
"Caro Credence,
mi dispiace di non averti
potuto salutare ieri sera quando sei andato via, ma come puoi
immaginare ero impegnato a distrarre il cucciolo di banshee.
La giornata è passata
troppo in fretta come ogni volta che torni a casa, ed io ho
dimenticato di darti questo.
Ad Elinor è piaciuta
molto la storia che hai inventato ieri per lei.
Veramente le piacciono tutte
le tue storie.
Ti ho mandato questa cosa
perché sarebbe davvero un peccato che favole così belle
vengano dimenticate.
Sono sicuro che capirai non
appena lo avrai aperto.
Un abbraccio
Newt
Ps: non farti maltrattare
troppo da Tu-sai-Chi"
Credence arrossì
anche se era solo in casa.
Adesso tutti sapevano che
lui inventava storie per bambini... ed aveva quasi paura ad aprire il
pacco!
Alla fine si decise,
incoraggiandosi mentalmente con l'ultima frase della lettera.
-Oh, Newt!- gli scappò
detto.
Tra le sue mani c'era un bel
libro.
La rilegatura era marrone
con intarsi blu pavone e all'interno le pagine erano color avorio.
Ed erano tutte vuote, in
attesa che fosse lui a riempirle con le storie che creava.
L'imbarazzo cedette il posto
a qualcosa di tiepido e confortante, come ogni volta che Credence
assaporava la sensazione di avere una famiglia a sostenerlo.
***
-Buona sera, signor Graves.
Ha passato un buon week end?-
Non si aspettava una domanda
così personale, e soprattutto non si aspettava di esserne
appena appena infastidito invece che mortalmente offeso.
Si strinse nel cappotto
fingendo di ripararsi dal freddo della prima settimana di ottobre
invece che da un tentativo di contatto personale.
-Sì, è andato
tutto bene-
Non si sentiva ancora pronto
a mettersi a raccontare cosa aveva fatto.
-E tu invece?- gli chiese
per sviare il discorso.
-A casa, come sempre. Elinor
ci tiene tanto a stare insieme a me, ed io voglio stare con Newt e
Tina quando posso-
-Capisco. Bene, è ora
di andare-
Gli tese la mano ed erano di
nuovo al solito posto.
Stava per piovere, così
Graves decise di usare uno scudo antipioggia oltre alle solite
protezioni.
Iniziarono subito.
Un difetto di Credence era
che tendeva a dimenticare.
Solo quarantotto ore senza
esercitarsi ed i suoi riflessi erano la metà di quelli che
aveva dimostrato venerdì.
Graves lo guardò
malissimo.
-Le vacanze non ti fanno per
niente bene, ragazzo-
E lo schiantò tanto
forte da farlo scivolare molto più avanti, addirittura fuori
dalla barriera.
Credence rientrò
barcollando. Nonostante avesse fatto un volo di parecchi metri ed i
suoi pantaloni fossero stati rovinati ancora una volta dal fango,
adesso gli sembrava più pronto.
Stavolta lo schiantesimo si
infranse su un sortilegio scudo perfetto.
Graves sorrise. Adesso che
Credence aveva recuperato lo spirito giusto potevano ragionare!
Ed ogni volta che il ragazzo
si rialzava un po' più determinato, lui si sentiva un po' più
orgoglioso.
Allo scadere dell'ora erano
entrambi stanchi, ed anche per Graves fu un sollievo mettere fine
all'allenamento.
Ripose la bacchetta e come
ogni volta tese la mano al ragazzo, peccato che nella
Smaterializzazione non avesse tenuto conto di una cosa: come pioveva
sulla campagna pioveva anche a Londra, e quando riappervero a Diagon
Alley lo fecero nel mezzo di un acquazzone.
Credence urlò per la
sorpresa (sgradita) della pioggia gelida che lo inzuppava, Graves
invece imprecò con tutti i peggiori termini dello slang
americano che gli venivano in mente.
Aveva creato un Incanto
Impermeo che creava una cupola sopra di loro, ma ormai anche lui era
bagnato fradicio.
-Cosa ha detto prima?- gli
chiese Credence incuriosito.
-Niente che tu debba
ripetere-
Credence rise e Graves si
irrigidì. Non gli piaceva quando ridevano di lui, e ancora non
aveva dato al ragazzo tutta quella confidenza.
-Vuole salire un attimo a
casa mia? Almeno potrà asciugarsi-
Graves ci pensò su.
Non avrebbe avuto nessun
bisogno di andare a casa di Credence per asciugarsi perché
avrebbe potuto farlo benissimo nella sua stanza al Paiolo Magico,
però c'era una cosa di cui voleva parlagli e preferiva
approfittare di quel momento.
-Va bene. Andiamo-
Credence non era ancora
sicuro di come fare una materializzazione congiunta, ed in ogni caso
l'edificio era incantato in modo che non ci si potesse materializzare
direttamente negli appartamenti, così dovettero fare di corsa
a piedi i pochi metri che li separavano dal suo piccolo rifugio.
Qundo entrarono tremavano
entrambi e la prima cosa che fece Credence fu accendere il fuoco nel
camino.
Graves si sorprese di quanto
potesse essere ordinato il piccolo ambiente, pur essendo abitato da
un ragazzo che viveva da solo.
Forse Credence aveva il raro
ma naturale senso dell'ordine che Graves apprezzava tanto, e lui si
sorprese a pensare che se avesse dovuto vivere con lui gli avrebbe
dato molto meno fastidio di altre persone con cui condivideva solo
poche ore della giornata.
C'era un'unica stanza che
faceva da salotto e cucina, e poi un corrido che probabilmente
portava alla stanza da letto del ragazzo.
Sul tavolo vicino al camino
erano impilati con ordine libri, pergamene, inchiostri e lettere.
Di fronte al camino invece
c'era un divano con una coperta a fantasia scozzese piegata da un
lato.
Graves si chiese se durante
le serate di pioggia come quelle Credence fosse solito rifugiarsi
sotto la coperta e davanti al fuoco acceso, magari con un libro da
leggere.
Il pensiero gli andò
al "paradise lost" che aveva comprato a Londra, ma non era
di quello che voleva parlare.
Si asciugo con un solo cenno
di bacchetta e senza nemmeno pronunciare "abstergeo".
Credence invece sembrava più
in difficoltà; era riuscito ad asciugarsi i capelli e non
sembrava più un pulcino bagnato, ma i vestiti erano un'altra
cosa ed ancora al terzo tentativo erano umidi.
Graves lo asciugò in
un colpo solo e non potè trattenere un sogghigno alla sua
esclamazione di sorpresa.
-Come ha fatto?!-
-Il tuo stesso incantesimo,
ma con venti anni di esperienza in più. Se non fossi più
grande di te non sarei tanto presuntuoso da farti da insegnante-
Era stato brusco, forse
troppo, e Credence lo guardava indeciso su come reagire.
Graves aveva dimenticato
come il ragazzo potesse essere sensibile su certe cose, e vedere in
lui lo stesso sguardo smarrito di quando si erano scontrati la prima
volta lo metteva molto a disagio.
-Non prendertela. Volevo
dire che migliorerai con la pratica-
Allora sul suo viso spuntò
un accenno di sorriso e Graves ringraziò di essere riuscito ad
evitare in corner un altro trauma motivo.
-Adesso però c'è
una cosa che devo chiederti. Non è un argomento piacevole ma
ho bisogno di chiarire questa cosa-
-Chiarire cosa, signor
Graves?-
-Io ti ho praticamente
imposto di insegnarti a duellare. Non ti ho nemmeno chiesto cosa ne
pensavi-
-Se non fossi stato
d'accordo glielo avrei detto-
-Questo lo so. Ma voglio
sapere perché eri d'accordo. Credence, devo saperlo. Perché
hai accettato? Perché in me rivedi ancora Grindelwald e vuoi
vendicarti? O perché ce l'hai ancora con me per come ti ho
trattato tre anni fa? Lo so che poi ci siamo chiariti, ma se mi
portassi ancora del rancore potrei capirlo. Se fosse uno di questi
due motivi, io credo che faremo meglio ad interrompere le lezioni-
Credence lo guardò
attentamente. Come era prevedibile si era irrigidito a sentire
parlare di Grindelwald e del "periodo di valutazione", ma
ancora Graves non vedeva segni di ostilità.
Credence cominciò a
parlare guardando ancora il pavimento.
-Quando eravamo a New York,
Grindelwald mi ha detto che ero un magonò, che non servivo a
niente e che non voleva più avere niente a che fare con me.
Dopo che io gli avevo dato tutta la mia fiducia, lui mi ha lasciato
in un angolo quando avevo più bisogno di aiuto. Mi ha trattato
come se fossi un rifiuto-
Graves sapeva che era stata
una brutta idea chiedere. Che avrebbe fatto se Credence si fosse
messo a piangere? E da come tremavano i suoi pugni stretti non era
affatto improbabile...
Invece quando Credence
rialzò la testa e lo guardò negli occhi non trovò
lacrime.
-Io non permetterò
mai più a nessuno di trattarmi in quel modo. Ho scelto di
imparare a duellare per dimostrare a me stesso che non sono lo scarto
che vedeva lui-
Ancora una volta Graves era
sorpreso. Aveva incontrato tante persone ferite nella sua vita, ma
molto raramente qualcuno che fosse riuscito a trasformare il dolore
in forza in un modo altrettanto efficace.
-Lei mi aiuterà, non
è vero, signor Graves?-
Credence aveva ammesso più
di una volta di essersi affidato completamente a Grindelwald.
Essere tradito da lui doveva
essere stato un dolore inimmaginabile, e lui invece di lasciarsi
consumare dalla disperazione aveva ritrovato la sua dignità.
Graves lo guardò a
lungo e Credence non distolse lo sguardo nemmeno un momento.
-Molto bene, Credence. Ora
sono convinto che insegnarti sia la cosa giusta da fare. Hai tutto il
mio appoggio-
Il ragazzo annuì, e
sul suo viso era tornata l'espressione che lo illuminava di solito.
-Grazie-
-Non devi ringraziarmi. È
la cosa giusta da fare. Adesso devo andare, si è fatto tardi.
Ci vediamo domani sera alla stessa ora-
Era già sulla porta
per smaterializzarsi fuori sul pianerottolo, quando si voltò
perché c'era un'altra cosa che valeva la pena di dirgli.
Gli posò una mano
sulla spalla.
-Credence. Voglio che tu
sappia che come duellante fai veramente pena. Ma anche così
sei molto più di quanto quel bastardo potrà mai sperare
di essere-
***
Con il passare dei giorni
Credence cambiava letteramente sotto i suoi occhi.
Nei movimenti del ragazzo
c'era una sicurezza diversa.
Stava imparando a dominare
lo spazio che lo circondava, a valutare esattamente dove si trovava e
a spostarsi solo quando e se lo voleva lui.
I suoi sortilegi scudo erano
molto migliorati.
Graves se ne era accorto da
tempo ovviamente, ma prima di concedergli una parola di apprezzamento
aveva aspettato un mese e che Credence resistesse a tutti i suoi
attacchi senza cedere nemmeno una volta per tre giorni di fila.
Solo allora gli aveva
concesso una pacca sulla spalla ed un "ben fatto, ragazzo".
Il sorriso che Credence gli
aveva regalato gli aveva fermato il cuore per un attimo perché
non avrebbe mai creduto di poterlo rendere così felice, così
come non avrebbe mai creduto di reagire con qualcosa di diverso
dall'immediato disagio quando Credence lo abbracciava.
Il guaio era che non
riusciva a prevederlo: quando notava il movimento era troppo tardi e
trovava il ragazzo con il petto contro il suo, il mento sulla spalla
ed i capelli che gli solleticavano il viso.
Lui insegnava a duellare a
Credence, ed il ragazzo gli insegnava qualcosa a cui lui non sapeva
dare un nome.
Fu quando passarono agli
incantesimi di attacco che Graves notò qalcosa di stonato
nella postura del suo allievo.
Credence aveva assunto
naturalmente il portamento giusto per uno scontro: spalle dritte,
ginocchia leggermente piegate per scattare subito in qualsiasi
direzione, eppure le braccia rovinavano l'armonia dell'insieme.
Il destro era sempre troppo
alto o troppo basso, il sinistro invece era troppo rigido lungo il
fianco come se lui non sapesse cosa farci; la mano sinistra spesso si
serrava involontariamente, ed una volta addirittura l'aveva messa in
tasca; pessima idea: una mano in tasca pregiudica l'equilibrio
dell'intero corpo.
Graves doveva scoprire come
mai Credence si comportava come se volesse nascondere a tutti i costi
la mano sinistra, e da quello che vedeva aveva già un'ipotesi.
-Credence, dimmi, tu eri
mancino?-
Lui fu tanto spaventato
dalla domanda che il suo perfetto scudo si schiantò
all'improvviso e l'incantesimo di Graves lo colpì più
forte di quanto fosse sua intenzione.
-Pausa, basta così!-
urlò lui prima di rinfoderare la bacchetta e di correre al suo
fianco.
Il ragazzo aveva battuto
malamente e si reggeva il polso con l'altra mano.
Quando lui gli si
inginocchiò accanto era ancora spaventato.
-Credence, va tutto bene? Ho
chiesto una pausa, non temere, non ti colpirò. Ora fammi
vedere se sei ferito-
Riluttante, lui gli porse il
braccio e Graves vide che aveva un brutto graffio poco sotto il
pollice.
Si sentì in colpa
perché evidentemente era stata la sua domanda a fargli perdere
la concentrazione, ma si guardò bene dal mostrarsi indulgente.
Disinfettò il taglio
e lo richiuse in modo che non sanguinasse più, poi tese la
mano al ragazzo per farlo rialzare.
-Te la senti di continuare?-
-Certo, signor Graves-
Ma il resto dell'allenamento
fu un disastro: Credence aveva completamente perso la concentrazione
e Graves riusciva a colpirlo esattamente come i primi giorni.
C'era qualcosa che non
andava, ma Gaves decise di non interrompere.
Nel quarto d'ora che gli
restava continuò a colpirlo e a infrangere le sue barriere per
insegnargli che durante un duello non ci sono sconti e che il suo
avversario non lo avrebbe risparmiato se lo avesse visto in
difficoltà.
Solo quando ebbero finito,
Graves lo raggiunse e gli ripetè la domanda "sei
mancino?".
Le labbra di Credence
tremavano mentre rispondeva.
-Sì, lo ero. Da
piccolo usavo la sinistra. Mary Lou diceva che era la mano del
diavolo, che ero condannato, che doveva correggere quell'abominio...
e...-
-Basta così. Ho
capito-
Credence annuì.
-Coraggio, dammi la mano...
l'altra mano-
Quando ebbe la mano sinistra
del ragazzo, invece di smaterializzarsi la racchiuse tra le sue e la
tenne ferma dal tremito che la scuoteva.
-Credence. Voglio che da ora
in poi tu usi la sinistra, hai capito? È una tua
caratteristica come tante altre. Non hai motivo di nasconderla-
Il ragazzo lo guardò,
le luci azzurrine che si riflettevano nei suoi occhi e li rendevano
più profondi del solito.
Per un attimo Graves vide
qualcosa che non sapeva spiegare ma che gli fece provare un senso di
pace.
Lui non era mai stato bravo
con i sentimenti, ma sentiva ad istinto che tra lui e Credence si era
formato un legame più profondo in quel preciso momento.
-Vuoi andare a casa?-
-Sì, per favore-
Quella sera, quando lo ebbe
riaccompagnato sotto il portone, per la prima volta si rese conto di
un senso di vuoto che provava quando si separavano.
Si chiese se forse sarebbe
stato diverso se lo avesse accompagnato fino dentro casa.
Si sentì in colpa per
non saper dire semplicemente "Voglio restare con te, perché
se avessi bisogno di aiuto io ci sarei".
Lavorò febbrilmente
per costringere il suo cervello ad elaborare una scusa che gli
permettesse di non lasciare solo il ragazzo ma niente. Tabula rasa.
Riuscì a trovare il
coraggio di raggiungerlo all'ultimo momento per dirgli di chiamarlo
se avesse avuto bisogno. Qualsiasi cosa, a qualsiasi ora.
Sperò che Credence
riuscisse a sentire tutto quello che lui non sapeva dire.
***
Il giorno dopo Graves
risentì il morso della corda di cuore di drago dopo tanto
tempo.
Già si sentiva in
colpa per non essere riuscito ad andare oltre e ad essere un po' più
empatico, ma quando vide che occhiaie aveva Credence quella sera si
sentì definitivamente degno di essere affatturato.
Il ragazzo gli rivolse un
sorriso stanco.
-Scusi, ho fatto un po'
tardi. Ora possiamo andare-
Graves non si mosse.
Prese la sua mano, ma lo
riportò verso casa sua.
-Signor Graves, dove...?-
-Niente allenamenti stasera.
Ti riporto a casa. E resto con te-
Ecco, nonostante le buone
intenzioni non era riuscito ad essere gentile.
Per sua fortuna Credence non
protestò.
Si lasciò
accompagnare su per le scale, dentro casa e solo allora chiese
"perché?"
-Perchè ieri sera ho
sbagliato a lasciarti solo. Forse sarebbero bastati pochi minuti di
compagnia e tu adesso non avresti l'aspetto di un Infero-
-Sono così
terribile?-
-Sì-
Credence fece un pallido
sorriso.
-Stasera non farò lo
stesso errore- disse Graves -Io voglio aiutarti. Solo... solo non so
come fare. Dimmi cosa posso fare per te-
Ammettere di non sapere fare
qualcosa era stato difficile più o meno quanto inghiottire una
mandragola viva, ma tra sacrificare l'orgoglio e sacrificare
Credence, Graves non aveva dubbi su cosa scegliere.
-Di solito quando mi torna
in mente qualcosa che mi ha fatto soffrire, e sto male... io... Newt
o Tina restano con me-
-Vuoi che chiami loro?-
-Oh, no, non ce n'è
bisogno. Di lei mi fido-
Fece un gesto vago verso il
divano e allora Graves capì: Credence si fidava di lui tanto
quanto delle persone che lo avevano salvato.
-Va bene. Resterò con
te-
Si sedettero sul divano e
Graves era ancora diviso tra il non sapere cosa fare, la volontà
di aiutare quel ragazzo e l'essere impacciato perché non
sapeva gestire bene i sentimenti.
Credence era seduto accanto
a lui così vicino che le loro ginocchia si toccavano ma non lo
guardava.
Si era raccolto le braccia
attorno al corpo ed ogni tanto un sospiro gli faceva alzare le
spalle.
C'era qualcosa che non
andava. Qualcosa di profondamente stonato.
Credence di solito era molto
comunicativo anche se non parlava, invece in quel momento...
Graves realizzò
all'improvviso.
Credence stava chiedendo, ma
lui era troppo estraneo al suo linguaggio per capire.
Il fatto che si stesse
stringendo le braccia attorno al torace era un modo per chiedere di
essere abbracciato; forse non lo faceva nemmeno coscientemente, ma
Graves aveva passato troppo tempo nelle stanze degli interrogatori a
decifrare il non detto per pensare di essersi sbagliato.
Si girò di lato
urtando le gambe del giovane e gli passò un braccio sulle
spalle.
Lo sentì teso ed
avvertì distintamente il suo sussulto di sorpresa.
Credence sollevò la
testa verso di lui e lo fissò con uno sguardo interrogativo;
Graves avrebbe preferito che non lo avesse fatto per non fargli
vedere la sua incertezza.
Dovette deglutire per
ricacciare indietro la paura ma non avrebbe interrotto il contatto
per niente al mondo.
Che Credence vedesse paura
in lui, piuttosto che indifferenza.
Rimasero in quel dialogo di
sguardi per molto tempo, e lentamente la sorpresa negli occhi di
Credence venne sostituita da un insieme di cose impossibili da
leggere.
Il ragazzo chiuse gli occhi
e si appoggiò sulla sua spalla.
Santo cielo, era alto quanto
lui e sotto il suo braccio le spalle di Credence erano larghe e
solide, eppure in quel momento gli sembrava che fosse fragile.
Si chiese se in quel momento
sentisse il battito del suo cuore come lui lo sentiva rimbombare
nelle tempie.
Incoraggiato dalla fiducia
che Credence gli stava dimostrando, decise di avvolgerlo anche con
l'altro braccio.
Il suo corpo sotto la
camicia era caldo e la fronte del ragazzo posava direttamente sulla
pelle nuda del suo collo; il suo respiro si sentiva appena sopra la
stoffa.
Non era spiacevole. Non lo
era per niente.
-Mi racconti qualcosa di
lei- chiese Credence a voce bassissima.
-Cosa?-
-Qualsiasi cosa-
Graves sospirò. In
quel momento gli venivano in mente solo cose per niente adatte ad un
ragazzo spaventato.
-Mi piace la musica- disse
infine.
Credence annuì ed il
movimento fece strofinare i capelli contro la sua mascella.
Era una carezza soffice che
sciolse qualcosa dentro di lui.
-La musica classica, in
particolare. Non amo le parole delle canzoni, preferisco solo la
melodia. Potrei farti sentire qualcosa un giorno, se vorrai-
Credence si mosse ancora
verso di lui e gli passò un braccio attorno al fianco.
Era una novità. Era
uno spostamento piccolo ma cambiava tutto; Graves non ricordava di
aver avuto un contatto emotivo così profondo da molto tempo.
Aveva deciso di restare per
fare stare bene Credence, ed aveva scoperto che anche lui stava bene.
-Un giorno vorrei conoscere
questa musica. Se piace a lei deve essere molto bella-
Graves non rispose perché
non ce n'era bisogno. C'era il crepitio del fuoco nel camino, e c'era
l'odore della carta nuova.
C'era una pace che non
ricordava di avere mai provato.
Non si era accorto che
sorrideva e che stava accarezzando la schiena di Credence.
***
Percival Graves si sarebbe
ricordato per tutta la vita l'esatto momento in cui aveva pensato per
la prima volta quella cosa assurda e meravigliosa.
Si stavano allenando in una
sequenza che prevedeva che Credence evocasse uno scudo e poi
contrattaccasse immediatamente.
Lo scudo era perfetto. Non
si infrangeva nemmeno quando Graves provava con tutte le sue forze.
Poi Credence si era
preparato al contrattacco e allora Graves si era trovato davanti
qualcosa di straordinario.
La postura perfetta, lo
sguardo fiero, un controllo totale sulla situazione.
Credence non era più
un ragazzino acerbo, era diventato un uomo degno di tutto il suo
rispetto.
Ed era bellissimo.
Quella fu anche la prima
volta in cui Percival Graves non riuscì a sostenere uno scudo
e dovette rotolare vergognosamente a terra per schivare uno
schiantesimo.
______________________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Avviso importante!
Sto spostando le altre
storie della serie nella sezione "Animali fantastici e dove
trovarli" nella categoria "film".
Comunque credo che finirò
di pubblicare qui questa storia.
Per quanto riguardaquesti
capitoli sto cercando di muovermi non troppo sullo sdolcinato, perché
non credo proprio che Graves sarebbe il tipo.
Grazie a chi ha messo la
storia tra preferite e seguite.
Lady Shamain
|
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Capitolo 4 *** Cicatrici ***
Capitolo
4
Cicatrici
Feel
the light Shining
in the dark of night Remember
what we forgot I
know it's a long shot But
we're bringing it all back we're bringing it all back Feel
the light Shining
like the stars tonight Remember
what we forgot I
know it's a long shot But
we're bringing it all back we're bringing it all back
***
Credence sapeva che tra lui
e Percival Graves era cambiato qualcosa.
Non sapeva esattamente cosa,
ma non riusciva a togliersi la sensazione di dosso.
Dopo quella sera in cui
Graves aveva lottato contro la sua scarsa familiarità con i
problemi emotivi e gli era rimasto accanto, Credence era più
convinto che mai che sotto la facciata di distacco ci fosse qualcosa
di meraviglioso.
E lui voleva scoprire cosa
fosse.
Gli era piaciuto stare in
quel modo con lui, soprattutto dopo che anche l'ex Auror si era messo
a suo agio.
E poi era stato Graves a
fare la prima mossa.
Credence ricordava ogni
dettaglio, dalla sensazione della stoffa della camicia di Graves
sotto la sua guancia all'odore dell'uomo.
La sua pelle conservava
ancora il profumo del dopobarba, qualcosa di simile al bergamotto, ma
dopo una giornata si sentiva anche chiaramente l'odore proprio della
sua pelle.
E gli era piaciuto.
Aveva conservato la camicia
che indossava quella sera senza lavarla, perché voleva
conservare un po' di quel profumo che ormai gli era familiare.
Dopo quella sera in cui
Graves lo aveva stupito quando gli aveva detto che sarebbe rimasto
con lui, il fatto che salisse a casa sua per un po' di tempo prima di
salutarsi era diventato un'abitudine.
Davanti al fuoco del camino
il suo burbero insegnante gli medicava graffi e lividi, e si curava
anche di rammendare e ripulire i vestiti che regolarmente finivano
rovinati.
Durante gli allenamenti era
inflessibile ed arrivava a farlo piegare dal dolore senza battere
ciglio, ma poi ci metteva tutta la premura possibile nel curarlo.
A dirla tutta a Credence non
dispiaceva che Graves lo maltrattasse, perché anche se faceva
male fisicamente voleva dire che l'ex Auror lo considerava capace di
sopportare.
Era un implicito
riconoscimento del suo valore.
Non era più un
bambinetto fragile, era un uomo che imparava a battersi.
Credence non si sarebbe mai
sognato di lamentarsi perché sapeva che più volte
cadeva, più diventava forte; ed ogni volta che si rialzava,
barcollante ma determinato, scorgeva una luce negli occhi di Graves
che gli avrebbe dato la forza di rialzarsi altre cento volte.
Lui si fidava nella maniera
più assoluta di quel burbero mago americano che non sorrideva
mai, ed avrebbe voluto che Graves si fidasse di lui allo stesso modo.
***
Una sera Graves lo sorprese
con una domanda che poteva essere molto scomoda.
Si era seduto sul divano ed
era rimasto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani strette
una all'altra, una ruga sulla fronte che segnava chissà quale
pensiero.
Credence non aveva voluto
disturbarlo.
Si era seduto sul divano
accanto a lui in silenzio, aspettando che fosse Graves a parlare se
ne avesse avuto voglia.
Dovette aspettare molto
prima di sentire un sospiro.
-Credence, devo chiederti
una cosa-
-Sembra una cosa seria.
Spero di essere all'altezza-
Graves esitò. Non era
da lui. La domanda doveva essere molto difficile.
-Voglio sapere quanto rivedi
in me di Grindelwald-
Ah! Certo che era difficile,
e Credence adesso capiva perfettamente perché avesse atteso
tanto.
Per fortuna la risposta non
era quella che Graves temeva.
-Non ci vedo assolutamente
niente. Siete troppo diversi-
-Per favore, sii sincero.
Non dirmi quello che pensi che vorrei sentire-
-Ma è la verità,
signor Graves. Lei non ha niente a che fare con Grindelwald, a parte
per il fatto che aveva preso il suo aspetto. Ma nemmeno quello. Avete
degli occhi molto diversi-
Graves lo guardò
interrogativo ma già meno teso, e allora Credence decise di
continuare.
-E poi avete un modo di fare
completamente diverso. Lei è tanto sincero da essere brutale.
Lei non avrebbe mai giocato con i sentimenti di una persona. Oh, sì,
lo so che durante il periodo di valitazione ha provato a manipolarmi,
ma dopo si è anche sentito in colpa. A Grindelwald non sarebbe
importato-
-Allora sono simile a lui-
disse Graves -Anche io avevo il mio "bene superiore" per
cui avrei fatto di tutto-
-Tutti noi lo abbiamo. Avere
qualcosa a cui teniamo, che sia un oggetto materiale, una persona o
un ideale, è parte dell'essere umani. Quello che ci rende dei
mostri è fare del male agli altri per raggiungerlo-
Graves non rispose.
Credence temeva che si
stesse ancora accusando e allora richiamò di nuovo la sua
attenzione posandogli la mano sulla spalla.
-Signor Graves, lei nasconde
molte cose ma non finge. La differenza è sottile, credo, ma io
la vedo. Non so se riesco a spiegarmi. Lei non riuscirebbe a fingere
un interessamento che non prova realmente per una persona. Non cerca
di accattivarsi la simpatia di nessuno, non è vero? Non da
affetto e non ne chiede-
-Sì, questo è
vero. È un difetto?-
Per la prima volta Credence
sentì una nota di incertezza nella sua voce, per questo fu
cauto con la risposta.
-Dipende. Se la porta a
stare male allora sì-
-Anche tu sei tanto sincero
da essere brutale, lo sai?-
-Ho imparato da lei-
-Anche troppo- borbottò
lui.
-Non se la prenda. Lo
consideri un complimento-
Finalmente Graves lo guardò
con un accenno di sorriso, anche se solo negli occhi.
-Suppongo ci siamo altre
cose. Ormai che siamo in argomento tanto vale che tu mi faccia
l'elenco completo-
-Sono piccole cose, dettagli
che completano un mosaico. Il modo di muoversi è diverso, il
modo di parlare, persino il modo di respirare a volte, lo sa? E poi
lei ha un odore diverso. Mi piace di più-
Fu solo quando Graves lo
guardò ad occhi sgranati che Credence realizzò cosa
aveva appena detto.
Avvampò all'istante,
il viso bollente per una vampata di vergogna che non aveva mai
provato in vita sua.
Distolse in fretta lo
sguardo e ritirò la mano che gli aveva tenuto sulla spalla
perché non voleva vedere la sorpresa trasformarsi in offesa.
-Mi scusi. Ho... esagerato-
mormorò in un patetico tentativo di scuse.
Da come esitava, Graves
sembrava ancora più confuso di lui.
-No... no, è che
nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere-
Certo che no! Credence si
sentì all'improvviso stupido ed inadeguato.
Probabilmente aveva appena
bruciato l'amicizia a cui teneva di più.
-Credence-
Lui non sollevò lo
sguardo, almeno finché Graves non gli afferrò il
braccio.
Riluttante, alzò gli
occhi.
Temeva di trovare una frase
severa che lo informava della completa chiusura del loro rapporto, e
invece Graves cercava in quel momento più che mai un modo di
comunicare con lui.
-Ti ringrazio per quello che
mi hai detto. Per me è stato molto importante sapere di
essere... bè... di essere me-
Rimase qualche altro momento
a lottare per trovare le parole, e alla fine gli strinse più
forte il polso e gli disse -Chiamami Percival. E dammi del tu-
In quel momento il suo cuore
perse un battito per poi accelerare bruscamente.
-Io... io... grazie! Grazie,
Percival-
Rimase fermo e ben attento a
non cedere alla tentazione di buttargli le braccia al collo.
Il suo nome per il momento
era abbastanza.
***
C'erano tante cose che
Credence non avrebbe mai ritenuto possibili.
Prima di tutte arrivare a
chiamare Percival Graves con il primo nome, secondo di aver detto
quelle cose estremamente personali alla persona più riservata
che conoscesse e terzo di cominciare a pensare a Graves come aveva
previsto sua madre.
Non avrebbe mai ritenuto
possibile nemmeno che Graves lo punisse, e invece dopo sei settimane
che si frequantavano, a metà novembre, successe anche quello.
Lui era stanco ma insisteva
ad allenarsi.
Era arrivato a padroneggiare
perfettamente gli scudi e a produrre schiantesimi che mettevano in
difficoltà Percival, non si sarebbe fatto fermare da un po' di
stanchezza!
Percival invece non aveva
voluto sentire ragioni ed aveva cominciato a rimuovere le barriere
senza nemmeno ascoltare le sue proteste.
Non era giusto!
Per la prima volta dopo
tanto tempo Credence stava tremando di rabbia.
Non sopportava che Percival
non lo considerasse! E allora fece la prima cosa che gli venne in
mente: uno schiantesimo.
Era debole e male
indirizzato, ma servì comunque allo scopo: Graves dovette
girarsi ad affrontarlo.
E Credence non lo aveva mai
visto così... pericoloso.
In un istante tutta la
sicurezza che aveva costruito si sgretolò come creta; era di
nuovo paralizzato dalla paura e non riuscì a muovere un
muscolo nemmeno quando vide Graves puntargli contro la bacchetta.
Credeva di finire schiantato
e invece l'incantesimo era diverso.
Come se mani invisibili lo
stessero strattonando, fu tirato indietro e costretto con le braccia
dietro la schiena; i suoi tentativi di liberarsi non servivano a
niente, e non potendo parare la caduta finì a sbattere a terra
sul fianco.
Non ebbe il tempo di
chiedersi dove fosse Graves che già il mago era accanto a lui
e lo aveva agguantato dal bavero per sollevarlo da terra.
-Adesso ascoltami bene,
ragazzo-
Come se Credence in quel
momento avesse osato anche solo respirare più del necessario.
-Primo. Se vuoi essere
davvero migliore della persona con cui stai duellando, mai, mai
attaccare alle spalle. Secondo. Tu non sei un Auror. Se puoi uscire
da uno scontro perché il tuo avversario si è stancato
di te o si è distratto, allora fallo. Mi hai capito?-
Credence non riusciva a
parlare. Non aveva mai visto Graves tanto arrabbiato, e sapere che ce
l'aveva con lui era terribile.
-Ti ho chiesto se hai
capito-
-Sì... sì,
signore- mormorò alla fine.
Graves sciolse l'incantesimo
che gli legava le braccia e lui potè alzarsi, ma non osava
guardarlo in faccia.
Sapeva di averlo fatto
arrabbiare troppo, e non fu sorpreso quando, per la
smaterializzazione, Graves lo afferrò rudemente dal gomito
invece di prenderlo per mano come al solito.
***
Quando furono di nuovo a
Londra, Graves lo lasciò davanti al portone e si girò
subito per andarsene.
Credence sentì il
cuore che si accartocciava come la pergamena di una bozza da gettare
via.
No! No, non poteva lasciarlo
senza nemmeno una parola!
-Percival, aspetta!-
Lui non si girò
neanche a guardarlo, e allora le lacrime cominciarono a pizzicargli
gli occhi.
Era più di quanto
potesse sopportare.
Raccogliendo tutto il suo
coraggio corse verso di lui e si aggrappò al suo braccio per
fermarlo prima che si smaterializzasse, e dovette lottare per non
lasciare la presa quando Graves si girò a guardarlo furente.
-Ti prego! Dimmi almeno cosa
ho sbagliato- lo implorò.
Graves distolse lo sguardo.
Sembrava ancora arrabbiato,
ma anche stanco.
-Andiamo a casa. Non è
il caso di parlarne in mezzo alla strada-
Credence aveva un'irrazonale
paura di perderlo, per questo non lo lasciò mentre andavano
verso casa; Graves, sebbene fosse sempre teso, non fece niente per
sottrarsi al contatto.
Solo quando furono dentro
casa Credence lo lasciò andare.
-Non fare mai più una
cosa del genere-
Gli disse per prima cosa
Graves quando ebbe chiuso la porta.
-Non attaccherò mai
più alle spalle. Ho capito-
-Non solo quello. Non devi
duellare se non sei nelle condizioni per farlo-
-Ma io...-
-Eri stanco?-
-Sì, ma non ci siamo
mai fermati perché...-
-Se io dico che basta,
allora basta. Non eri più in grado di reggerti in piedi. In un
vero duello la tua arroganza ti sarebbe costata la vita-
Credence si fece minuscolo
sotto il tono perentorio di Graves.
Non lo vedeva così
arrabbiato dai tempi del periodo di valutazione, ma adesso l'averlo
deluso lo feriva molto di più.
Non riusciva nemmeno a dire
"mi dispiace" per quanto si vergognava del suo
comportamento.
-Spero che sia tutto chiaro,
ragazzo, perché se farai ancora una cazzata simile giuro che
non ti insegnerò più nulla e che provvederò
personalmente a cancellare dalla tua memoria quel poco che ero
riuscito a ficcarti in testa-
-No!- esclamò lui
spaventato.
-Allora impara bene la
lezione di oggi- gli rispose lui gelido.
Stava per andarsene di
nuovo.
-Percival, per favore! Ho
detto che ho capito, perché sei ancora arrabbiato?-
Il viso di Graves si
contorse in una smorfia che era insieme ira e dolore; si avvicinò
a lui mantenendo gli occhi piantati nei suoi, e Credence era
letteralmente paralizzato dalla paura.
Graves lo afferrò
tanto forte sulle spalle da fargli male anche attraverso i vestiti.
-Ancora non capisci?! Mi hai
fatto incazzare perché io ho visto i miei uomini morire per la
stessa cazzata che hai fatto tu. Credence! Ci sono momenti in cui
rischiare la vita è un gesto nobile, e momenti in cui è
pura idiozia. Se non riesci a distinguere le due cose, allora togliti
dalla testa i duelli-
Credence non riuscì a
trattenere un singhiozzo.
Non capiva chiaramente il
discorso che gli aveva fatto Percival, ma comprendeva benissimo il
peso schiacciante che gli aveva scaricato sul petto.
Tremava nella stretta di
Graves e le lacrime cominciarono a rigargli le guance.
Non osava nemmeno alzare gli
occhi per guardarlo.
-Oh, andiamo, adesso non è
il caso di farne una tragedia-
Tentò Graves per
calmarlo, ma lui ormai sighiozzava come un bambino.
Un sospiro pesante da parte
di Graves gli fece capire che lo stava solo ulteriormente esasperando
e questo lo fece vergognare ancora di più. Ormai avrebbe
desiderato solo sparire sotto terra.
Non si aspettava di essere
stretto in un abbraccio tanto forte da fargli mancare il fiato, né
che Graves gli avrebbe parlato all'orecchio in quel modo.
-Ascoltami bene, Credence.
Non lo faccio per cattiveria, lo faccio perché preferisco
essere io a spezzarti le gambe piuttosto che mandarti in giro a farti
ammazzare inutilmente perché non ho saputo insegnarti le cose
giuste- ringhiò a pochi centimetri dal suo orecchio.
Forse era ancora arrabbiato,
ma solo perché voleva proteggerlo.
Credence si aggrappò
a lui e gli nascose il viso nella spalla, dove rimase a singhiozzare.
Aveva una paura maledetta
che Graves lo allontanasse, paura suggerita da un fantasma del
passato che non avrebbemai voluto rivedere, ma Graves non lo lasciò
andare finché lui non ebbe esaurito le lacrime.
Fu lui a staccarsi per
primo, perché non voleva fare la figura del ragazzino
piagnucoloso.
-Stai bene adesso?-
-Io... sì-
-Non mentirmi-
Stava per scoppiare di nuovo
a piangere.
-E va bene! Sto da schifo,
contento?- sbottò nonostante il groppo in gola -Mi sono
comportato come un cretino e tu hai ragione, ed io... io... non
voglio mai più vederti tanto arrabbiato con me. Ci tengo
troppo a te, maledizione!-
Graves, che fino a poco
prima aveva ancora il viso duro e severo del Consigliere del MACUSA
che era stato, si trovò confuso e forse in imbarazzo; Credence
non avrebbe pouto giurarci perchè lui stesso era troppo
alterato per giudicare.
Graves continuò a
stringergli una spalla e già il fatto che non avesse
interrotto il contatto era uno spiraglio positivo.
-Credence. Anche io ci tengo
a te. È per questo che non sopporterei che tu usassi male
qualcosa che ti insegno io. Sarebbe come regalarti una fiala di
veleno, capisci? Forse sono stato troppo brusco, ma voglio essere
sicuro che tu non ti farai mai male per colpa mia-
-Va bene. Ho imparato la
lezione-
-Lo spero. Vedi, tanti anni
fa un ragazzo ha fatto il tuo errore. Era da poco diventato Auror e
credeva di avere chissà quali poteri. La prima volta che lo
mandarono in missione, invece di aspettare il resto della squadra, si
lanciò avanti da solo. Non puoi immaginare quanto sangue c'era
per terra. Puoi credermi se ti dico che dalla ferita si vedevano le
interiora, e ci sono voluti tre medimaghi per fermare l'emorragia del
Sectumsempra che gli avevano scagliato. Non è morto per
miracolo. Quel cretino presuntuoso ha compromesso l'intera
operazione. È stato sospeso per un mese dopo appena venti
giorni di servizio e c'è mancato poco che mandasse a puttane
l'intera carriera. Se lo è meritato-
Credence era inorridito a
sentire parlare di sangue e interiora.
-Ma è sopravvissuto,
non è vero?- chiese ansioso - Insomma...? Adesso è...?-
Graves fece un sorriso
strano.
-Oh, sì. Stai
tranquillo, sta bene-
Graves si tolse il cappotto
e lo posò sul divano, poi il gilet, ed infine tolse la camicia
da dentro i pantaloni e scoprì l'addome.
Credence rimase ad occhi
sgranati: poco sotto le costole c'erano una serie di cicatrici.
Sembravano fatte dagli
artigli di una bestia; erano linee diagonali, alcune piu sottili,
altre più spesse, ed in particolare c'era una linea bianca
larga un dito che arrivava fin sotto la cintura.
Credence spostò un
paio di volte lo sguardo dalle cicatrici a Graves, senza riuscire a
trovare le parole adatte o anche solo a mettere un po' d'ordine nella
confusione che aveva in testa.
Percival Graves era stato un
ragazzo scapestrato.
Aveva rischiato di morire
ancora prima che lui nascesse.
Aveva appena parlato di sé
come di un cretino presuntuoso.
Percival Graves era mezzo
spogliato in casa sua.
-Adesso capisci?- gli chiese
mentre si risistemava i vestiti con un leggero movimento della
bacchetta -Non vorrei mai che una cosa del genere accadesse a te,
soprattutto non per colpa mia-
Credence riuscì solo
ad annuire, ancora frastornato.
-Bene. Allora ci vediamo
domani, Credence-
Graves si smaterializzò
ma Credence riuscì a sentire la sua presenza nella stanza
ancora per molto tempo.
Quella notte rimase a lungo
sveglio a pensare.
Ripensava a ciò che
Graves tentava di fargli capire con i suoi metodi troppo spicci e a
come avesse fatto tutto per il suo bene, esattamente al contrario di
come si era comportato Grindelwald.
E ripensò più
e più volte al momento in cui la stoffa bianca della camicia
veniva strattonata via da sotto la cintura.
_____________________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Ci mancavano i capitoli con
un po' di angst, giusto? Però qui si risolve tutto senza
troppi traumi emotivi.
Grazie a tutti per essere
arrivati in fondo a questo nuovo capitolo!
Lady Shamain
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Capitolo 5 *** Gunpowder plot ***
Capitolo
5
Gunpowder
plot
Here
I go here I go Feel better now feel better now Here I go here I
go It's better now feel better now
I
still remember when things were broken But put together the cracks
will closin'
Hurry
up hurry up There's no more waiting We're still worth saving
***
Quella domenica c'era aria
di festa.
Era Halloween e tutta casa
Scamander era addobbata con zucche e festoni arancioni e neri.
C'erano candele ovunque:
sulle mensole, sui davanzali, persino a mezz'aria, oltre che
ovviamente sui lampadari.
Credence ed Elinor giocavano
sul tappeto del salotto, mentre Newt, Jacob e Tina ridevano attorno
al tavolo dopo cena a causa della Gigglewater.
Queenie era seduta in
poltrona a guardare i suoi nipoti; Credence creava figure luminose
con la bacchetta per raccontare l'ennesima storia alla sorellina.
Stavolta era a proposito di
un drago che aveva perso il suo cuore e soffriva terribilmente.
Poi un giorno si era
imbattuto in un ragazzo, il quale si era offerto di aiutarlo a
trovare il cuore, e allora si erano messi in viaggio insieme.
Durante i mesi erano
diventati amici, e più il drago si affezionava al ragazzo più
si accorgeva di qualcosa di strano dentro di lui.
C'era qualcosa che si
contorceva e saltava ogni volta che il ragazzo faceva qualcosa di
bello per lui.
La maggior parte del tempo
si limitava a pulsare con un ritmo costante.
Il drago non capiva proprio
cosa fosse, e allora un giorno chiese al ragazzo di aiutarlo a
scoprire cos'era quella cosa che palpitava dentro di lui.
Lui posò le mani sul
petto dell'enorme creatura e allora capì che il drago non
aveva perso il suo cuore, semplicemente aveva dimenticato di averne
uno perché era rimasto solo troppo a lungo.
Queenie sorrise.
Suo nipote aveva la
straordinaria capacità di raccontare le cose rendendole più
magiche di quanto già non fossero.
Alle undici Elinor stava
crollando dal sonno e poco dopo si era addormentata sul suo cuscino
con un braccino stretto attorno al suo snaso di peluche.
Credence evocò una
coperta e gliela mise addosso rimboccandola per bene attorno al collo
e sotto le gambe, poi rimase a fissare il fuoco, perso in pensieri
che per Queenie era difficile ignorare.
Si alzò dalla
poltrona e si sedette sul tappeto accanto a Credence.
-Allora... c'è
qualcosa di cui vuoi parlare, caro?-
Credence sorrise.
-Zia? Non mi stai leggendo
la mente, non è vero?-
-Devo ammettere che è
molto difficile trattenermi. Pensi così forte a volte-
Non voleva metterlo in
imbarazzo, però il ragazzo arrossì ugualmente.
-Ehi, ehi, tesoro, stai
tranquillo... ho detto che mi sto trattenendo. Sono diventata molto
più discreta, sai? Sono qui solo nel caso tu volessi parlare
di qualcosa, non per spiarti o fare la spia ai tuoi genitori-
Lui la guardò con
quegli occhi che le sembravano ancora tanto infantili ma avevano già
qualcosa di diverso, di più adulto.
-Per esempio se io volessi
parlare di un drago...?-
-Ma certo, caro. Hai
problemi con un drago?-
-Oh, bè... più
che altro... è complicato....-
-Cominciamo da qualcosa di
semplice. Questo drago ha un nome?-
Credence arrossì di
nuovo. Era appena percettibile alla luce del camino ma si vedeva.
-Si chiama Percival-
-Ed è un drago che ha
smarrito il suo cuore? E che tu vorresti aiutare?-
-Esatto-
-Ed immagino che come tutti
i draghi sia orgoglioso, scontroso e suscettibile-
-Oh, non puoi immaginare
quanto! Ma ho anche un altro problema-
Credence si fermò a
guardare le fiamme del camino.
-Io tengo tantissimo a lui.
Potrei affezionarmi più di quanto dovrei. E dovrei dirglielo.
Vorrei essere onesto come lui lo è con me. Ma ho paura di
perderlo-
Queenie lo abbracciò,
empatica come sempre, mormorando "Oh, tesoro caro...".
-Io so che devo dirglielo.
L'altro giorno... bè... guarda-
Queenie, ricevuta
l'autorizzazione, lasciò libera la legilimanzia e vide... -Oh!
Davvero niente male. Begli addominali. E bravo il mio nipotino-
Credence arrossì di
una tonalità scarlatta stavolta.
-Oh, ma guarda!- continuò
Queenie -Questo drago ha davvero un brutto carattere. Ma ci tiene a
te. Tanto. Hum... mi domando se sia tu a dover dire qualcosa a lui
oppure il contrario-
-Zia! Insomma, io già
non so come fare!-
-Ah, allora è per
questo che ti serve un consiglio? Certo caro, si può
risolvere... dunque... cerca di far cadere il discorso per caso. Deve
essere una cosa naturale, capisci? Diglielo come qualunque cosa che
si direbbe tra amici. I draghi, anche i più scontrosi,
apprezzano la sincerità-
***
Graves aveva trovato un modo
di impegnare i week end.
Dopo la colazione che aveva
condiviso con i tre maghi appassionati di quidditch, si era ritrovato
più spesso con loro.
Basil, Howard e Titus gli
stavano facendo provare di nuovo la sensazione di come fosse fare
parte di un gruppo di amici.
Certo, lui all'inizio aveva
risposto in maniera molto evasiva alle loro domande, ma poi parlando
con loro aveva scoperto che erano brava gente.
Basil e Titus avevano
famiglia, invece Howard era uno scapolo impenitente; come lui, ma
Graves era certo che non fosse per gli stessi motivi.
Insieme parlavano di tutto.
Graves scoprì che
erano preoccupati per la guerra. Per Grindelwald.
Una volta incontrò
Basil con la figlia di dieci anni, e mentre la bambina era distratta
da una caramella il mago gli aveva confessato di voler essere in
grado di proteggerla.
Aveva comprato dei libri per
proteggere la sua casa e la sua famiglia. Quali libri fossero, era
ovvio.
Quando era tornato a casa,
Graves era insieme turbato ed orgoglioso.
Lui era arrivato ai vertici
del potere, ed ad un certo punto era arrivato tanto in alto da
perdere di vista i suoi obbiettivi originali.
Gli Auror esistevano prima
di tutto per proteggere persone come Basil e sua figlia.
E così prese la sua
decisione.
Raccontò loro
un'altra parte della verità. Che lui era stato un Auror e che
viaggiava per scoprire nuovi incantesimi di protezione.
Nessuno dei tre fu svelto
come Credence a fare il collegamento tra lui ed i libri, ma non era
quello il punto.
Graves glielo avrebbe detto
prima o poi, che l'autore era lui.
Il punto era che aveva
proposto loro di insegnargli come difendersi; come rafforzare
protezioni e come battersi se fosse stato necessario.
Poteva essere quello il suo
scopo nella vita.
In effetti gli era piaciuto
fare l'insegnante anche quando lavorava per il MACUSA, ma con nessuno
degli allievi si era creato il legame che c'era con quelle tre
persone.
Meno che mai il legame che
c'era con Credence.
Era uno scambio equo: lui
insegnava loro come difendersi e loro riempivano le sue giornate.
Una domenica fu invitato a
pranzo da Titus.
Non rifiutò.
Forse un'altra eccezione
alla sua regola del "Non condividere il momento dei pasti"
si poteva fare se chi lo invitava aveva passato la settimana a farsi
riempire di lividi da lui.
***
Graves aveva scoperto
un'altra cosa che gli piaceva dell'Europa: la musica, come aveva
detto a Credence.
Sì, le orchestre
esistevano anche negli States, ma trovare la musica alle sue origini
era qualcosa di completamente diverso.
Quando era stato a Parigi
l'anno precedente non aveva potuto resistere in nessun modo
all'entrare all'Operà.
Aveva pagato regolarmente il
suo biglietto in denaro nomag e per due meravigliose ore tutto il
mondo si era chetato per lasciare spazio a Chopin.
Un sabato, mentre era in
giro per Londra di sera tardi, fu incuriosito proprio dalle note di
un waltzer che provenivano dalle finestre aperte di una villa.
Era una casa privata e
sicuramente era una festa privata.
Entrare di soppiatto sarebbe
stata un'azione di pessimo gusto, nonché un abuso dei poteri
magici ed una potenziale violazione dello statuto di segretezza.
Ma quella musica era bella.
Graves raggiunse un
compromesso: fece un incantesimo di disillusione e si fermò
fuori dalla finestra del pianterreno ad ascoltare senza essere visto.
Dentro la sala c'erano
uomini eleganti in completi neri, camice bianche e garofani bianchi o
rossi all'occhiello; molti portavano guanti bianchi.
Le dame indossavano vestiti
di tutti i colori, tessuti e modelli possibili, ed avevano
acconciature elaborate ornate di perle e fermagli scintillanti.
Sembravano fate mentre
danzavano, ma esattamente come le fate a Graves sembrava che la loro
bellezza fosse abbagliante quanto vacua.
Non era quella la bellezza
che lui desiderava.
Chiuse gli occhi per tentare
di scacciare la sensazione che in lui ci fosse qualosa di
profondamente sbagliato.
Alcuni maghi e streghe
avevano relazioni con altri maghi o streghe, tuttavia l'omosessualità
non era ben vista nel mondo magico; non per gli stessi motivi dei
nomag, ma era comunque disapprovata.
In generale le relazioni tra
persone dello stesso sesso erano scoraggiate perché non
portavano figli.
Un calo della popolazione
sarebbe stato un problema, specie in un paese come l'America in cui
la comunità magica era già poco numerosa e dipendente
dall'immigrazine non meno che quella non magica.
Alcuni maghi o streghe
ignoravano il biasimo sociale e portavano avanti le loro vite di
coppia, ma nessuno di loro portava un cognome pesante come quello dei
Graves.
Nessuno di loro discendeva
da uno dei dodici Auror fondatori.
Nessuno di loro avrebbe mai
causato uno scandalo come quello che sarebbe venuto fuori se l'ultimo
discendente della famiglia Graves avesse interrotto la stirpe per
stringere una relazione sterile con un altro uomo.
Il waltzer continuava e
Graves doveva lottare per trattenere lacrime di frustrazione.
Forse era stato un codardo.
Forse avrebbe dovuto
affrontare la paura anni prima e dire a tutti cosa era davvero.
Forse, se lui avesse avuto
un compagno, Grindelwald non si sarebbe impossessato tanto facilmente
della sua vita.
O forse lo avrebbe fatto lo
stesso, ma uccidendo lo scomodo testimone.
Ironia della sorte: forse
Graves aveva salvato la vita ad un uomo che nemmeno aveva mai
conosciuto.
Aveva dato tutto sé
stesso al lavoro perché sapeva che non avrebbe mai potuto
avere la vita privata che desiderava davvero.
Almeno era stato onesto ed
aveva anche salvato una donna sconosciuta da un infelice matrimonio
di facciata.
E non aveva mai amato
davvero.
Il biasimo sociale sarebbe
stato così pesante che lui non sarebbe mai potuto diventare
Auror, l'altra cosa che desiderava con tutto sé stesso.
Cosa sarebbe rimasto della
sua vita se non avesse nemmeno potuto fare il lavoro che desiderava?
E allora aveva potuto fare
solo una cosa: sigillare il suo cuore. Per sempre.
Risoluto, si passò le
mani sugli occhi per cancellare quel momento di debolezza.
Doveva andarsene.
Quelle coppie che danzavano
avevano trascinato lui in una danse macabre con i suoi ricordi e
rimorsi.
Guardò dentro
un'ultima volta e allora lo vide: girato di spalle (e attraverso un
velo di lacrime) per un attimo gli era sembrato proprio lui.
Credence Barebone.
Per un attimo Graves rimase
sconvolto, ma poi il ragazzo si voltò e no, non era Credence.
Graves provò
un'irrazionale fitta di sollievo a vedere che non
era Credence che danzava con una ragazza bionda in abito
azzurro chiaro.
Non era lui.
Ma chissà come
sarebbe stato Credence con addosso un abito elegante, con quella posa
sicura che aveva quando si batteva con lui?
Come sarebbe stato con i
guanti bianchi, un garofano rosso come le sue labbra e con una mano
tesa verso di lui per invitarlo?
Graves scosse la testa.
No, non poteva permettersi
di pensare a Credence in quel modo.
Credence si fidava
ciecamente, e se lui avesse approfittato dell'ascendente che aveva
sul ragazzo per sedurlo sarebbe stato infinitamente peggiore di
Grindelwald.
Avrebbe potuto corteggiarlo
e Credence sarebbe caduto tra le sue braccia prima o poi, ma lui,
Percival, dopo aver conquistato il frutto più dolce avrebbe
sentito solo l'amaro della colpa ad ogni morso.
C'erano troppi anni di
differenza e troppi difetti nel suo carattere per pensare di legarsi
ad un ragazzo di ventiquattro anni.
Si allontanò dalla
villa e dalla musica in modo che i nomag non sentissero lo schiocco
della smaterializzazione e tutto sparì.
La festa, i vestiti, i
gioielli, le luci...
Solo l'immagine di Credence
rimase fissa nella sua mente.
***
"Stasera. Lo farò
stasera"
Pensò Credence
risoluto.
Erano trascorsi un paio di
giorni da Halloween e lui si era incontrato con Graves un paio di
volte.
Gli era sembrato preoccupato
per qualcosa.
Credence non sapeva cosa
fosse e non avrebbe voluto aggiungergli una preoccupazione, ma
sentiva che erano arrivati a un punto in cui doveva per forza essere
sincero.
La sera del cinque novembre,
quando raggiunse Percival dopo cena, invece di prendergli la mano per
permettergli di smaterializzarsi, tenne le mani in tasca e formulò
un invito.
-Stasera ci sono i fuochi
d'artificio per la Congiura delle Polveri. È una tradizione
britannica-
Graves lo guardò
evidentemente senza capire dove sarebbe andato a finire il discorso.
-Sono belli. Io li ho visti
il secondo anno che ho passato qui in Inghilterra, e mi chiedevo se
stasera... solo per stasera... se tu volessi fare qualosa di diverso
e venire a vederli con me-
Rimase in attesa di una
risposta, e con suo enorme sollievo vide l'espressione di Percival
sfumare dalla confusione, all'incredulità, ad uno dei pochi
sorrisi che concedeva.
-Dopo sei settimane direi
che ci siamo meritati entrambi un giorno di pausa extra- gli tese la
mano -Guidami tu stasera-
Credence lo afferrò
in fretta, prima che qualcosa arrivasse a rovinare quel momento.
Lo condusse nella Londra
babbana.
Sapeva che Percival ci
andava e ci si sapeva muovere, ma il modo in cui gli aveva detto
"guidami tu stasera" gli sembrava sottintendere qualcosa di
speciale.
Credence si chiese se
Percival Graves non gli stesse chiedendo aiuto.
Se lasciargli la possibilità
di condurre la serata non fosse in realtà la richiesta di
aiuto da parte di un uomo che forse era stanco di sentirsi il peso
del mondo sulle spalle.
Lo condusse sul Westminster
Bridge, proprio in mezzo al ponte, con il fiume che scorreva sotto di
loro ed il fiume di persone che scorreva attorno a loro in attesa dei
fuochi d'artificio che sarebbero scoppiati dallo spiazzo davanti al
Parlamento.
C'era qualcosa di
confortante nel nascondersi nel buoi e tra la folla, e Credence stava
molto vicino a Graves per non perdersi.
O almeno quella era una
scusa abbastanza plausibile.
Riuscirono a raggiungere una
panchina, una delle poche miracolosamente libere, e una volta seduti
Credence decise che era il momento.
Ovviamente dopo aver
lanciato un Muffliato tutto intorno.
Stava raccogliendo il
coraggio necessario quando un gruppetto di ragazzini corse davanti a
loro con i loro pupazzi di carta da bruciare.
Credence fu riportato
indietro nel tempo a quando un'altra bambina canticchiava di roghi.
Modesty.
Aveva avuto sue notizie dopo
mesi: la ragazzina era stata obliviata ed affidata ad un orfanotrofio
babbano, e se lo avesse incontrato non lo avrebbe nemmeno
riconosciuto perché semplicemente non ricordava niente di lui,
né di Mary Lou, né dei Secondi Salemiani.
Meglio così, in
fondo.
Per distrarsi dai ricordi di
New York, Credence guardò verso Percival.
Lui sorrideva mentre seguiva
con lo sguardo i ragazzini che correvano e schiamazzavano.
Improvvisamente Credence
sentì il bisogno di sapere qualcosa di lui.
-Percival? Posso chiederti
perché non sei sposato?-
Lui lo guardò
completamente spiazzato, e allora Credence aggiunse in fretta -Vale
sempre l'accordo secondo cui non devi rispondere per forza-
Graves guardò
lontano, alle luci della città e al loro riflesso nel fiume.
-Non potevo sposarmi.
Credence, ti prego di non pensare male di me. Io ho fatto una scelta
nella mia vita. Ho scelto il mio lavoro. Io... tu non sai come
lavorano gli Auror. Non Tina Goldstein. Ci sono squadre speciali per
i casi più difficili- si interruppe con un suono che non era
uno sbuffo né una risata amara -Io mi sono sempre complicato
la vita, devo ammetterlo. Ero nelle squadre di investigazione
speciale e lì ti assicuro che non c'è posto per
nient'altro-
Si voltò verso di lui
per scrutarlo, ed a Credence sembrò che in Percival ci fosse
meno sicurezza del solito.
Annuì per fargli
capire che andava bene, che non lo stava giudicando, tantomeno in
senso negativo; allora Percival continuò.
-A me quel lavoro piaceva,
ma non avrei potuto conciliarlo con una vita familiare. Ci sono state
volte in cui non ho dormito per trentasei ore consecutive, e momenti
in cui non uscivamo dagli uffici per giorni interi. Per Morgana, se
ci ripenso! Ne uscivamo che sembravamo cadaveri. E poi... noi
indagavamo sull'uso della magia oscura. Ed ho visto cose davvero...-
si interruppe con un brivido -... davvero orribili. Questo non te lo
racconterei. Una volta ho urlato per due giorni tanto ero sconvolto
dall'orrore. E poi il dolore. Ne ho provato ma ne ho anche inflitto-
Percival lo guardò
ancora in cerca di una reazione negativa da parte sua, e lui lo
incoraggiò guardandolo dritto negli occhi.
-Vedi, non potevo formare
una famiglia in quelle condizioni. Non potevo tornare a casa un
giorno ogni quattro e solo per buttarmi in un letto a dormire
diciotto ore di fila. Che padre sarei stato? E dopo aver torturato
una persona per avere informazioni, come avrei potuto tornare a casa
e dare un bacio a mia moglie?-
Stavolta Percival distolse
lo sguardo, forse per vergogna o forse per paura di avere rivelato
troppo di sé stesso.
Credence gli posò una
mano sul braccio e rimase a strofinarlo piano, fino ad arrivare alla
pelle nuda del polso alla fine della manica del cappotto.
Sapeva che in quel momento
Percival era fragile.
-Percival. Grazie per avermi
detto queste cose. Se vuoi la mia opinione, tu sei un uomo onesto e
coraggioso. E per me è un onore essere tuo amico-
Lo sentì rabbrividire
sotto le sue dita e dovette fare uno sforzo per non ritrarre la mano.
Si sarebbe sottratto perché
sapeva che il suo conforto potesse non essere del tutto
disinteressato, ma non voleva che Percival pensasse che stare con lui
fosse un problema.
Che, ironia della sorte, era
proprio ciò che temeva lui a proposito di Percival,
considerato cosa voleva dirgli.
Era davvero il momento,
prima di creare qualche situazione molto imbarazzante.
-E adesso tocca a me.
Percival, è giusto che tu sappia una cosa-
Stavolta sì che
ritirò la mano. Non voleva toccarlo. Non voleva sentire
eventuali brividi di disgusto che gli increspavano la pelle.
Graves tentò di
alleggerire la tensione.
-Sembra che tu debba
confessare chissà cosa. Credence, stai tranquillo, non ho più
un rapporto da stilare-
Lui sorrise. Oh, magari
fosse stato quello! Sarebbe stato molto più semplice!
Si sforzò di
guardarlo negli occhi e diede uno strappo secco.
-A me piacciono gli uomini-
Ecco, lo aveva fatto. Si era
appena bruciato il tutto per tutto.
Ovviamente aveva parlato
della questione delle sue preferenze con i suoi genitori, e sapeva
che nel mondo magico chi preferiva relazioni omosessuali rischiava di
essere trattato come un egoista che non dava il giusto contributo
all'incremento della popolazione.
Credence sperava con tutto
il cuore che Graves non fosse una di quelle persone che
disapprovavano, altrimenti quella sarebbe stata l'ultima volta che lo
vedeva.
Lui lo guardò
sbattendo le palpebre un paio di volte, come se in realtà non
lo vedesse.
Come se non riuscisse a far
collimare l'immagine che aveva di Credence con quella... cosa.
Forse aveva bisogno di tempo
per metabolizzare, ma i minuti passavano e Graves non dava segni di
volergli parlare o di regagire in qualche modo.
Alla fine Credence non ce la
fece più.
Decise di andare via prima
di scoppiare a piangere o fare qualcosa di ugualmente patetico, ma
prima poteva almeno congedarsi con dignità.
-Mi dispiace. Avrei dovuto
dirtelo prima. Addio-
Non appena ebbe detto
"addio" Percival si riscosse.
-Aspetta! No, no andartene-
-Va bene così. Sapevo
che avrebbe potuto darti fastidio-
-No! No, fammi spiegare!-
-Non c'è niente da
spiegare!- si alzò in piedi di scatto -Per favore, risparmiami
l'ipocrisia. Non ti si addice, Percival-
-No, non hai capito!-
Per la prima volta fu
Percival a corrergli dietro e ad afferrarlo per un polso prima che si
smaterializzasse o sparisse tra la folla.
-Credence, voglio che mi
ascolti. Non mi dà fastidio. Tu sei troppo speciale per dare
fastidio per qualunque cosa-
Allora Credence si fermò.
Forse valeva la pena di ascoltare.
In fondo Percival era
davvero tutto tranne che un ipocrita.
E forse avrebbe potuto
essere vero che non gli importava.
-Ascoltami. Sono sorpreso,
non infastidito. Questa è una cosa molto personale. E tu sei
stato onesto. Me lo hai detto anche se sapevi che io avrei potuto
reagire male. Credence, non capisci? Adesso per me sei ancora più
prezioso-
Cosa? Che cosa aveva appena
sentito?
-Credence. Guardami-
Anche se non avesse voluto,
non gli sarebbe stato possibile evitarlo perché Percival gli
aveva preso il viso tra le mani.
Non lo stava forzando, ma un
contatto tanto stretto da parte di Percival Graves di sicuro meritava
di essere approfondito.
E la sensazione delle sue
mani sulla pelle in contrasto con l'aria fredda di novembre era
incredibilmente piacevole.
Credence si sentì il
viso in fiamme. Sicuramente era arrossito.
Fortuna che erano ancora
nella zona degli incantesimi di protezione, perché qualcosa
gli diceva che quello era un momento intimo e che non avrebbe voluto
sbandierarlo in mezzo alla strada anche se erano al buio e nessuno
faceva caso a loro.
-Credence- lo chiamò
ancora lui -Tu sei cresciuto a New York. Sei stato un obscuriale. Sai
lavorare con gli animali. Quando hai iniziato a duellare facevi
veramente pena ma adesso sei migliorato tantissimo. Sei molto
emotivo. E ti piacciono gli uomini. È un'altra cosa che so di
te. Non è un problema. Sapere che potrei essere corteggiato da
un erumpent mi preoccupa molto di più-
Percival aveva ragione: era
molto emotivo.
Infatti sentiva le lacrime
pizzicargli gli occhi e non riusciva a smettere di sorridere, e
ricordare l'avventura con Betsy gli fece scappare una risata che si
spezzò in un singhiozzo.
Continuava a guardare
Percival negli occhi alla ricerca di qualche indizio, ma tra tante
emozioni che trovava nessuna somigliava nemmeno lontanamente al
disgusto che lui aveva temuto.
Avrebbe voluto abbracciarlo
ma temeva di approfittare troppo.
Fu Percival a sorprenderlo.
Gli tolse le mani dal viso
per stringerlo in un abbraccio che... accidenti...se lui era troppo
emotivo, Percival era troppo spiccio persino nelle manifestazioni
d'affetto.
Lo fece praticamente
sbattere contro di sè ma andava bene in quel modo.
-Lo sai, una volta un
ragazzino petulante mi ha detto che certe creature hanno bisogno di
contatto fisico- mormorò tanto vicino al suo orecchio da
fargli sentire lo sbuffo del suo respiro.
E Credence allora non potè
più trattenersi.
Si aggrappò a lui ed
anche se sapeva che stava facendo la figura del bambino si concesse
un paio di singhiozzi liberatori.
-Troppo emotivo, Barebone,
sempre troppo emotivo- mormorò ancora Pecival, ma poi, in un
tono molto pù basso ed intimo aggiunse -E sai cosa? Non
cambiare-
***
Graves sorrideva.
Era su un ponte in una città
straniera, circondato da una folla di sconosciuti e con un ragazzo
che si sforzava di fare il duro e non piangere tra le sue braccia, e
per la prima volta in mesi sorrideva veramente perché era
troppo felice.
"A me piacciono gli
uomini"
Gli girava la testa.
Improvvisamente l'immagine
di Credence in abito elegante che lo invitava a danzare gli sembrava
assolutamente reale.
_________________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Oook... chi avesse bisogno
di un controllo dal dentista dopo tutta questa zuccherosità
può metterlo sul mio conto spese.
Due parole prima di
lasciarvi:
1 – a proposito della
tolleranza verso l'omosessualità all'interno della comunità
magica. Dunque, io sono convinta esattamente di quello che ho
scritto: i maghi sono in minoranza rispetto ai babbani (tanto da
vivere in clandestinità e voler evitare a tutti i costi una
guerra) e per questo le relazioni omosessuali sarebbero molto
osteggiate. Per una questione di sopravvivenza della specie, non per
motivi religiosi.
2 – Il cinque
novembre. È una delle feste britanniche più amate, e
chi è fan di "V for Vendetta" ne sa qualcosa. Non
sono riuscita a trovare notizie molto dettagliate, per questo non mi
sono addentrata in particolari che non conoscevo, comunque la
tradizione dei bambini che bruciano pupazzetti di carta e dei fuochi
d'artificio è vera.
Bene, ho finito.
Grazie per aver letto questo
capitolo.
Lady Shamain
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Capitolo 6 *** Sidro e Firewiskey ***
Capitolo
6
Sidro
e Firewiskey
Feel
the light Shining
in the dark of night Remember
what we forgot I
know it's a long shot But
we're bringing it all back
we're
bringing it all back
***
I giorni che seguirono
furono strani.
Credence ormai sapeva che
sì, prima o poi avrebbe iniziato a pensare a Percival Graves
proprio in quel senso, e la cosa lo confondeva.
Ne aveva parlato con i suoi
genitori ed entrambi gli avevano fatto notare che Graves aveva quasi
il doppio dei suoi anni.
Era ovvio.
A Credence non importava
della differenza di età perché lui era passato
attraverso cose che a volte gli facevano sentire addosso molto più
che i suoi ventiquattro anni.
I consigli che gli avevano
dato erano molto diversi.
Tina aveva cercato di
disilluderlo da subito.
Lei aveva conosciuto bene
Graves e lo riteneva "biologicamente incapace di innamorarsi".
In ufficio non si era mai
sentito nessun pettegolezzo su di lui; nessuna segretaria
particolare, nessuna allieva che ricevesse attenzioni o sguardi in
più, nemmeno qualche collega più audace che ci aveva
spudoratamente provato con lui aveva ottenuto risultati.
Graves restava sempre
quello: carismatico, affascinante, un bell'uomo, ma assolutamente
irragiungibile, fuori portata, inaccessibile per chiunque.
E no, non si erano mai
sentiti nemmeno pettegolezzi di amicizie maschili troppo intime, per
cui la conclusione era che a Graves mancasse qualcosa.
Probabilmente in novanta per
cento della sensibilità media degli esseri umani, sempre
secondo Tina, che sosteneva che nonostante Graves si fosse ritirato
avesse ancora un distintivo da Auror al posto del cuore.
Newt era stato molto più
cauto nel dare giudizi.
Gli aveva consigliato di
osservarlo.
Il magizoologo comprendeva
perfettamente cosa intendeva Credence quando diceva che Percival era
un drago, ed in effetti gli stava consigliando di trattarlo come
tale.
Osservarlo senza
interferire.
Lasciarlo libero di agire
per capirlo al meglio.
Contrariamente a Tina, Newt
credeva che se Graves non era scappato dopo la sua "confessione"
a proposito della preferenza per gli uomini, allora ci fosse la
remota possibilità che potesse sviluppare un sentimento per
Credence.
Aveva guadagnato uno
scappellotto da Tina che non voleva incoraggiare Credence per non
farlo soffrire inutilmente, ma Newt era rimasto irremovibile; lui era
convinto che l'essere umano fosse troppo complesso nei rapporti
sociali ed affettivi per non essere bisessuale.
Comunque la domanda restava:
Credence voleva sapere cosa fare se... nel caso... nella
possibilità... che la sua amicizia per Percival diventasse
qualcos'altro.
Almeno su questo Newt e Tina
erano stati d'accordo.
-Diglielo-
Certo, razionalmente
Credence sapeva che era così.
C'erano molte possibilità
che Graves non ricambiasse i suoi sentimenti, e sarebbe stata in un
certo senso una mancanza di rispetto nascondergli una cosa del
genere.
Senza contare che era molto
difficile nascondere qualcosa all'ex Direttore della Sicurezza
Magica.
Sì, sarebbe stato
meglio dirglielo e soffrire una volta sola per un rifiuto, piuttosto
che tormentarsi nell'incertezza; o ancora peggio che Graves lo
venisse a sapere in qualche modo imbarazzante che Credence non voleva
nemmeno immaginare.
***
Niente da fare: stava
cambiando.
Lui, che era soddisfatto
solo quando riusciva bene in un compito difficile, aveva cominciato
ad apprezzare cose che prima nemmeno notava.
Una gelata a metà
novembre aveva portato la prima neve, e Percival Graves era rimasto a
guardare i fiocchi che cadevano con un senso di meraviglia che non
provava più dall'infanzia.
Stava aspettando Credence, e
quando il ragazzo si schiarì la voce per attirare la sua
attenzione, si accorse che aveva tenuto tutto il tempo le mani tese
ad afferrare i piccoli fiocchi bianchi, e che Credence lo guardava
con un sorriso.
In imbarazzo, ficcò
in fretta le mani in tasca e tentò di darsi un contegno, ma
Credence non lo stava prendendo in giro.
Sembrava... sembrava
contento, e Graves osò sperare che quel sorriso fosse per lui.
Credence continuò a
sorridere anche quando, dopo essere apparsi nel loro posto isolato,
trattenne le dita tra le sue più del necessario e gli chiese
-Percival? Se io ti tirassi una palla di neve la prenderesti molto
male, giusto?-
Meglio continuare a recitare
la pare del drago irritabile, piuttosto che lasciar capire al ragazzo
che non avrebbe più voluto lasciare la sua mano.
-Fidati, tu non vuoi davvero
scoprire quanto potrei prenderla male-
E nello stesso momento seppe
di essersi firmato una condanna.
Lui sapeva che Credence
sapeva che lui sapeva che prima o poi la palla di neve sarebbe
arrivata, e che lui non sarebbe stato capace di arrabbiarsi a dovere.
Il freddo li convinse a
tornare a casa prima del previsto perché Graves non voleva
certo che Credence si ammalasse per colpa sua.
Tornarono a casa che erano
appena le nove meno un quarto, ed entrambi sapevano che avevano più
tempo del solito per parlare.
Si tolsero i cappotti
bagnati per la neve che vi si era sciolta sopra, poi Credence accese
il fuoco nel camino e tutti e due si affretarono a rifugiarsi sul
divano vicino alla fonte di calore.
Credence sorrideva ma
tremava anche di freddo, e allora a Graves venne un'idea.
-Hai mai bevuto wiskey
incendiario?-
-Hem... veramente... no, in
casa non ne teniamo. L'ho assaggiato qualche volta quando l'ha
portato mio zio Theseus ma è troppo forte per me-
-Capisco. E sidro di mele?-
-Oh, quello sì. Mi
piace molto, soprattutto caldo e con le spezie-
Graves non faceva fatica ad
immaginarlo.
Il sidro e le spezie si
adattavano perfettamente a Credence: dolce ma con un carattere forte,
e con quel tanto di alcol che bastava per scaldare e fare girare la
testa.
Si trattenne a stento dal
sospirare o dal deglutire a vuoto.
Improvvisamente anche lui
aveva voglia di sidro.
Distolse lo sguardo da
Credence e si concentrò nell'incantesimo che gli serviva: non
era difficile evocare un boccale e dell'acqua, e per quanto
riguardava le spezie era sicuro che Credence ne tenesse in casa.
Gli chiese se poteva
prenderle ed ovviamente Credence gli rispose di sì.
La stecca di cannella ed una
manciata di chiodi di garofano rimasero sospesi a mezz'aria poco
sopra il boccale mentre lui si concentrava.
Chiuse gli occhi per fare
l'incantesimo al meglio perché voleva che il sidro fosse
perfetto.
Ne evocò il colore:
ambrato, con pagliuzze dorate che vorticavano nel bicchiere; non
torbido ma nemmeno trasparente.
Ed il gusto doveva essere
leggermente aspro ma anche zuccherino, e con una consistenza
vellutata sul palato.
E la temperatura. Appena al
di sopra di quella del corpo umano, per essere tiepido, avvolgente,
una carezza che leniva il freddo senza bruciare.
Quando fu soddisfatto del
risultato riaprì gli occhi e lasciò che le spezie
calassero lentamente nel sidro, da cui si levava un leggero vapore
che appannava i bordi del boccale; erano volute pigre che portavano
fino a lui un profumo che apprezzava con una nuova consapevolezza.
Percival annuì
soddisfatto, perso nei suoi pensieri.
Aveva fatto del suo meglio
per Credence. Ci aveva messo il cuore, letteralmente.
Ad un certo punto il suo
sesto senso lo avvisò che qualcosa non andava.
C'era troppo silenzio.
Si riscosse e vide Credence
che fissava il bicchiere affascinato, ed alzò la testa appena
in tempo per incrociare il suo sguardo.
-Lo hai fatto per me.
Grazie-
-Aspetta a ringraziarmi dopo
averlo assaggiato. È da tanto tempo che non faccio un
incantesimo del genere, e ti consiglio di assaggiarlo a piccoli
sorsi. Non vorrei che avesse effetti collaterali e tu ti trasformassi
in un rospo-
Credence rise ma nei suoi
occhi brillava molto di più che il divertimento momentaneo per
una battuta.
-Perdonami, ma per me ci
vuole qualcosa di più forte. Se permetti...-
Ed evocò la bottiglia
di firewiskey ed il suo bicchiere rocks con la base quadrata.
Non si versò subito
da bere, ma aspettò che le spezie nel bicchiere di Credence si
impregnassero di liquido e scendessero a fondo.
Credence prese il boccale e
vi avvolse le dita ancora intirizzite dal freddo con un sospiro.
Fece un movimento come per
prenderne un sorso ma all'ultimo momento si bloccò per
guardare lui.
-Percival? Se dovessi
diventare un rospo tu mi faresti tornare normale, non è vero?-
-Assolutamente no- gli
rispose Graves con un ghigno pericoloso -Ho sempre desiderato un
rospo da compagnia, ora che ci penso-
Credence borbottò
"stupido" a mezza voce e poi bevve.
Graves non poteva fare a
meno di spiarlo di sottecchi per scrutare la sua reazione.
Lui aveva fatto del suo
meglio, ma uno dei suoi difetti era sempre stato imporre agli altri
le sue scelte; l'idea che a Credence potesse non piacere ciò
che piaceva a lui lo allarmava più di quanto sarebbe stato
ragionevole.
Per questo quasi si strozzò
con il suo whiskey quando il ragazzo spalancò gli occhi ed
emise un mugolio al primo sorso.
-Cosa c'è? Ti sei
bruciato?-
La cosa più logica da
pensare era che avesse bevuto troppo presto e si fosse scottato la
lingua, perché davvero... con tutto l'impegno che lui ci aveva
messo in quel sidro, non poteva fare così schifo da farlo
saltare sul divano e gemere in quel modo!
-Percival, è... è
straordinario! Come hai fatto?-
-Davvero? Oh, bé,
io... io... sono contento che ti piaccia-
Borbottò lui in
imbarazzo.
Si rendeva conto solo in
quel momento che lui aveva messo nel sidro molto più che le
spezie: ci aveva messo anche tutta la sua ammirazione per il ragazzo,
il desiderio appena nato che provava per lui, la volontà di
fare qualcosa che lo facesse stare bene ed il bisogno di fare
qualcosa che gli piacesse.
Non era solo una bevanda,
erano duecento millilitri di dichiarazione d'amore, e dalla sfumatura
rosa sugli zigomi e da come Credence cercava di trattenere i mugolii,
sembrava che avesse fatto molto più effetto di quanto fosse
nelle sue intenzioni.
Graves si nascose dietro un
altro bicchiere di whiskey e nel guardare le fiamme del camino perché
gli sembrava di spiare un momento privato.
Un momento delizioso, caldo
e proibito che lui doveva tenere fuori dalla sua mente.
Quando Credence ebbe finito
posò il boccale sul tavolo e rimase per un po' come stordito,
appoggiato allo schienale con gli occhi socchiusi e le palpebre che
tremolavano; le sue labbra erano rosse, in accordo con il velo di
rosa che gli era comparso sulle guance e con gli occhi lucidi.
Per la seconda volta Graves
fu colpito da quanto Credence fosse bello.
Non era rimasto niente del
ragazzino con le spalle ingobbite che si aggirava come un fantasma
per le strade di New York, adesso era davvero uno splendido, giovane
uomo.
Forse anche un po' per
merito suo.
Evitò di fissarlo con
insistenza ma avrebbe voluto fargli una foto in quel momento, per
conservare per sempre l'immagine di abbandono totale, il sorriso
rilassato, il respiro lento e regolare.
Passarono lunghi minuti
rotti solo dal crepito del fuoco nel camino, poi Credence si riscosse
come se si fosse appena svegliato.
-Percival?-
-Hm?-
-Grazie per tutto quello che
stai facendo per me-
Graves avrebbe voluto
rispondere che fargli da insegnante non era un compito pesante o che
il sidro era un incantesimo semplice, ma il buonsenso gli impose di
starsene zitto.
Sapeva perfettamente che
Credence non si riferiva solo alle lezioni, ed un ringraziamento
offerto con tanta gratitudine andava accolto con umiltà e
basta.
-Te lo meriti- gli rispose.
Alzò il bicchiare
verso di lui, accennando un brindisi che fece tornare il rossore
sulle guance del ragazzo.
-Percival? Devo chiederti
una cosa, e voglio che tu mi risponda sinceramente-
Altro che rispondere
sinceramente! Graves si trovò a maledirsi per come aveva
spinto le cose troppo oltre.
Quella richiesta di una
risposta sincera lo preoccupava, subito dopo che aveva spinto
Credence in uno stato simile alla tensione erotica.
-Sono migliorato? Insomma,
quante possibilità ho di uscire vivo da un vero duello?-
Oh. Oh. Per fortuna!
Graves avrebbe potuto sciogliersi per il sollievo.
-Non so darti una risposta.
Vedi, Credence, tu sei migliorato tantissimo, ed io sono fiero di te.
Ma devi migliorare ancora. E comunque...- distolse lo sguardo. Non
era sicuro di volerlo dire.
-Comunque cosa?-
Accidenti! Il ragazzo aveva
passato troppo tempo con lui.
Chi altro, se non il
Direttore della Sicurezza Magica in persona, avrebbe potuto
insegnargli a stanare la debolezza nell'esitazione e ad insistere
proprio su quella?
-Comunque, la verità
è che non si è mai, mai, abbastanza bravi-
concluse.
Finì il secondo
bicchiere di firewhiskey per tentare di distrarsi.
Credence lo guardò in
silenzio.
Gli stava chiedendo
qualcosa, e quel qualcosa che già sentiva nell'aria lo
preoccupava forse più che un flirt.
-Ti riferisci a Grindelwald,
non è vero?-
Graves non potè
trattenere una smorfia di dolore.
-Tu staresti benissimo nella
squadra investigativa degli Auror. Sì, mi riferisco proprio a
lui-
La conversazione stava
prendendo una piega scomoda. Molto scomoda.
Graves aveva confinato le
memorie ed i sentimenti a proposito di Grindelwald nell'angolo più
remoto della sua mente, e sperava di tenerle lì fino al suo
ultimo giorno di vita.
E invece era bastato un
accenno perché tutto quello tornasse a farsi sentire più
prepotente che mai.
-Percival? Hai mai pianto
per quello che ti ha fatto?-
La domanda lo colse alla
sprovvista.
Conosceva bene la risposta,
ma il fatto che Credence avesse chiesto lo aveva spinto in bilico su
un abisso.
-Io... Una volta. Quando...
quando...-
Distolse lo sguardo. Voleva
dirlo e allo stesso tempo non voleva.
Credence si spostò
più vicino a lui e gli toccò piano il braccio.
-Va tutto bene, Percival.
Sei al sicuro adesso-
Graves prese un lungo
sospiro tremante. Gli ci voleva troppo coraggio per riaprire quella
ferita.
Ma Credence aveva ragione:
era al sicuro.
-E va bene. Io ho cambiato
casa dopo che mi hanno dimesso dall'ospedale. Non sopportavo di
vivere in una casa che non era più veramente mia. Ero tornato
per prendere qualche vestito, qualcosa che potesse servirmi... e
quando sono stato dentro non ho portato via nulla. Non sopportavo che
quel bastardo avesse toccato tutte le mie cose. Come le spille a
forma di scorpione. Non avevo più niente. Allora ho pianto-
Strinse il bicchiere tanto
forte da farsi sbiancare le nocche.
Non si aspettava che facesse
ancora così male dopo tre anni.
-Anche io ho pianto- disse
Credence accanto a lui -Mi aveva tradito. Mi aveva usato e poi
gettato via come uno straccio. Ed io, dopo che ho avuto di nuovo un
corpo, ancora piangevo per lui-
Credence non lo guardava,
invece teneva lo sguardo fisso sulle sue mani strette insieme.
-Credevo di meritarmelo.
Credevo che il dolore per il tradimento fosse la giusta punizione per
il mio peccato di sodomia. Poi Newt e Tina mi hanno fatto capire che
non c'era nessun peccato e che Grindelwald era semplicemente, come
dici tu, un gran bastardo-
"Peccato di sodomia?"
Graves dovette scavare nella memoria per ricordare cosa significava
quel termine per i nomag, e quando se ne ricordò si rese conto
di essere impallidito.
-Tu ti eri... innamorato di
lui?-
Credence fece spallucce,
come a dire "Ormai è andata così".
-Era la prima persona che
mostrava di tenere a me. E con il tuo aspetto era un gran bell'uomo.
Io ero assolutamente conquistato, ma non era amore. Adesso lo so-
Qualcosa che si era annodato
stretto dentro Grave si sciolse quando Credence ammise che non era
realmente innamorato di Grindelwald.
Era stata un'infatuazione
che aveva superato.
Graves si rese conto di
essere stato geloso e che avrebbe odiato Grindelwald il doppio se,
oltre alla sua vita, gli avesse rubato anche Credence.
-Sai che è davvero
strano, Percival? Io ho superato quello che mi ha fatto, ma
certamente non l'ho perdonato. Non lo perdonerò mai. Se
potessi incontrarlo, la prima cosa che farei sarebbe restituirgli
quel pugno con gli interessi. Però è strano avere un
conto in sospeso con una persona e non sapere nemmeno che faccia
abbia-
Graves tremò per
un'improvvisa vampata d'ira.
Posò in fretta il
bicchiere sul tavolo per evitare di spaccarlo tra le dita.
-Io spero di non incontrarlo
mai più, perché se mai mi dovesse capitare a portata di
bacchetta potrei dimenticarmi che ho fatto il giuramento di non
infierire inutilmente sul nemico. Non voglio diventare un mostro a
causa sua. Si è preso già abbastanza della mia vita-
Credence lo guardò un
po' allarmato e Graves si rese conto che doveva essergli sembrato
davvero qualcosa di simile ad un drago infuriato.
Sospirò pesantemente.
Lui non era mai stato bravo ad indorare la pillola.
Se avesse incontrato
Grindelwald probabilmente avrebbe fatto ricorso a tutti gli
incantesimi oscuri che conosceva, e ancora non sarebbe stato
abbastanza per punirlo per come gli aveva rovinato l'esistenza.
Si accorse che aveva i pugni
serrati e che tremava di rabbia.
-Tu sei migliore di lui. Lo
sei davvero, Percival. Non scendere i suoi livelli, perché non
ne vale la pena-
Credence prese le mani tra
le sue e tentò di scioglierli i muscoli.
Quella carezza a contatto
con tutta la rabbia che aveva in corpo gli fece uno strano effetto,
come crepe che si allargano sul ghiaccio quando viene investito da
un'ondata di acqua calda; lo fece tremare e rabbrividire.
Credence se ne accorse, e
allora si mise in ginocchio sul divano e gli passò un braccio
attorno alle spalle.
Con una mano gli accarezzò
la nuca e gli fece appoggiare la testa contro il suo petto.
Era strano. In quel modo
sembrava che Credence fosse molto più alto di lui.
Vedersi improvvisamente più
piccolo, aver rievocato un dolore che credeva sepolto, trovare un
conforto che non avrebbe mai ammesso di desiderare... erano troppe
emozioni tutte insieme.
Già avrebbe avuto
difficoltà a gestirle singolarmente, ma tutte in una volta
erano un pericolo.
Il suo autocontrollo
rischiava di schiantarsi da un momento all'altro.
Il suo primo istinto era di
sottrarsi, di tornare dietro la sua corazza, ma ormai era andato
troppo oltre; era sull'orlo del baratro e se non ci fosse stato
Credence a trattenerlo sarebbe precipitato nel vuoto.
-E quindi... tu hai pianto,
Credence?-
Patetico. Era come se stesse
chiedendo il permesso.
Come a dire "Tu lo hai
fatto, posso farlo anche io?"
-Sì. Ho pianto. Non
solo per Grindelwald, ma per... per tutto. Per Mary Lou, per gli anni
ad Ilvermorny che avevo perso, per aver ucciso delle persone, per
aver traumatizzato Modesty. Ho pianto ed avuto attacchi di panico.
Per i primi tre mesi in cui ho vissuto con loro, Newt e Tina mi hanno
fatto dormire nella loro stanza perché avevo terrori notturni
quasi ogni notte. E loro mi svegliavano delicatamente e restavano con
me per ore. Mi coccolavano come un bambino piccolo perché era
in quel modo che mi sentivo. Piccolo e disperato-
"Piccolo e disperato"
Graves si ritrasse
istintivamente.
Era esattamente come si era
sentito lui per mesi e mesi.
Poi aveva ripreso il
controllo di sé stesso, ma la ferita era rimasta.
E adesso si era riaperta.
Non poteva più
sfuggire.
Rimase a tremare ancora
appoggiato a Credence, lacerato tra il bisogno di sfogarsi e la paura
dell'ignoto.
-Mi dispiace, Credence. Mi
dispiace tanto-
Ed era vero: gli dispiaceva
terribilmente per quello che era successo al ragazzo, e non gli
sembrava giusto scaricargli addosso il suo dolore oltre a quello che
aveva già sopportato.
Cercò di prendere
respiri profondi per rimettere sotto controllo quella cosa che gli
stava torcendo le viscere.
Credence intanto continuava
ad accarezzarlo sul viso e sul collo, mentre con l'altro braccio gli
cingeva le spalle e lo teneva stretto con il torace contro il suo.
-Shh... ormai è
passato, non preoccuparti per me. Ora sto bene perché ho
trovato persone che mi hanno compreso. Percival... lo so che tu sei
un uomo forte, ma essere forti non vuol dire non avere mai bisogno di
aiuto-
Stavolta il dolore lo fece
piegare in due.
Era attorcigliato alla bocca
dello stomaco, una bestia maligna che aveva scardinato la gabbia ed
era pronta a distruggerlo.
Tentò di parlare ma
appena aprì bocca ne uscì solo un gemito sofferente.
-Oh, Percival... non puoi
tenerti dentro tutto questo. Lascialo andare una volta per tutte. Non
permettergli di farti soffrire ancora-
La bestia scavava dentro di
lui, fuori controllo, gli occhi iniettati di sangue.
Ed erano i suoi occhi.
E l'unica cosa che lo teneva
al sicuro era il rifugio formato da Credence.
No, no, assolutamente no!
Non avrebbe pianto tra le braccia di un ragazzo che poteva essere suo
figlio! Sarebbe stato vergognoso.
-Va bene, signor Graves-
sospirò lui -Facciamo un patto: qualunque cosa tu dovessi
fare, ti giuro solennemente che non lo dirò a nessuno. Anzi,
facciamo così: ti dò il permesso di obliviarmi, così
il tuo segreto sarà al sicuro-
Graves avrebbe voluto ridere
per l'assurdità del tentativo che Credence faceva per
rassicurarlo, ma scoprì con orrore che dalla gola invece di
una risata gli era uscito un suono aspro e raschiante.
Un singhiozzo. E un altro. E
un altro ancora.
Esattamente come aveva
temuto, una volta cominciato era impossibile fermarsi.
-Ne hai bisogno. Coraggio.
Ci sono io con te-
Sembrava che la voce bassa e
calma di Credence gli facesse allo stesso tempo male e bene.
Da un lato nutriva il suo
bisogno di conforto, dall'altro... oh, come si sentiva penoso!
Piangere sulla spalla di un
ragazzo di ventiquattro anni che aveva passato cose peggiori di lui!
Eppure non riusciva a
fermarsi.
Lui aveva sempre trasformato
il dolore in rabbia, ma sfogare la rabbia non era la stessa cosa.
Non curava le ferite.
Ed il dolore restava, per
sopraffarlo quando lui meno se lo aspettava; a tenerlo sveglio la
notte, bloccargli il respiro, a schiacciargli il petto con una massa
giorno dopo giorno più densa e pesante, ad urlare ancora e
ancora dentro di lui nella speranza e nel terrore che qualuno potesse
sentirlo ed aiutarlo.
Non riusciva a fermare i
lamenti che gli sfuggivano tra i denti ogni volta che un'ondata di
sofferenza lo trapassava.
Credence lo teneva ancora
stretto e Graves poteva sentire il suo cuore che batteva.
-Ci sono io- mormorò
piano con le labbra contro la sua fronte -Non avere paura. Sono solo
lacrime, Percival. Lasciale andare-
Lui cercava ancora di
combattere quel sentimento, ma era come scivolare lungo una parete di
vetro.
-Non... posso...-
-Sì che puoi. Ti
aiuto io-
-No. Non è... giusto-
-Perché no? Ne hai
bisogno ed io voglio aiutarti. Tu faresti lo stesso per me, anzi lo
hai già fatto-
Cedette con un ultimo guaito
di dolore.
Sì, ne aveva bisogno!
Come aveva potuto pensare di
vivere con quel cancro che gli divorava l'anima?
I ricordi si accavallavano
senza concedergli il tempo di respirare, ed ognuno era una coltellata
rovente.
Grindelwald, le torture, la
prigionia, la sua vita rubata, distrutta e buttata via come un
giocattolo rotto nelle mani di un bambino crudele.
In poco tempo Percival
Graves era ridotto ad una cosa disperata e scossa dai singhiozzi,
spogliata di ogni difesa, più debole di quanto fosse mai stato
in vita sua.
Era terrorizzato, ma quello
era l'unico modo per guarire.
Per una sola volta nella
vita, confessarsi debole, ferito, bisognoso del conforto che solo un
affetto sincero sapeva dare; rimettersi inerme nelle mani di una
persona abbastanza nobile da accettarlo anche in quelle condizioni.
E Credence lo era.
Quel ragazzo era una
meraviglia e forse nemmeno se ne rendeva conto.
Gli permetteva di
aggrapparsi a lui, di gridare e piangere; gli permetteva di essere
sincero prima di tutto con sé stesso.
E lo teneva al sicuro.
Graves si trovava ad
affondargli il viso nel petto e rischiava di sbilanciarlo
all'indietro ma poteva contare su di lui.
Credence poteva sostenerlo.
Si era offerto di farlo.
La gratitudine era così
intensa e sconosciuta per lui che rischiava di fargli male quanto i
ricordi di Grindelwald.
A volte il cuore gli si
stringeva così tanto che credeva che sarebbe scoppiato, e
allora si aggrappava a Credence con tutte le sue forze, soffocando un
grido nel suo corpo.
Se doveva morire, pensava,
sarebbe stato meno brutto se fosse successo tra le braccia di una
persona che gli voleva bene.
Anche Credence lo stringeva
forte.
Gli stava dicendo qualcosa
che però Graves non capiva, stordito com'era dai suoi stessi
singhiozzi.
Non capiva le parole, ma il
tono basso e calmo che usava vibrava attraverso la sua gola e passava
dentro di lui trasmettendogli un senso di sicurezza.
Allora pensava che no, non
voleva morire, perché valeva la pena di vivere solo per farsi
ripetere qualunque cosa meravigliosa Credence gli stesse dicendo.
Pian piano il peso sul petto
si stava allentando.
Non aveva più
l'impressione di piangere sangue o che non avrebbe mai più
ripreso a respirare.
Lentamente, molto
lentamente, lasciò andare la stretta spasmodica con cui si era
allacciato a Credence, ma il ragazzo non lo lasciò.
Continuò a tenerlo lì
e a confortarlo con quelle carezze che desiderava solo da lui.
Anche Graves osò
accarezzarlo sulla schiena perché desiderava ricambiare un po'
della tenerezza che Credence gli stava regalando.
Si sentiva completamente
esausto, troppo stanco persino per aprire gli occhi.
Santo cielo, aveva pianto
così forte che gli dolevano i fianchi!
-Grazie- riuscì ad
articolare con la voce incrinata.
Credence non gli rispose,
invece continuò ad accarezzarlo.
Quando finalmente Graves si
staccò da lui ed ebbe il coraggio di riaprire gli occhi si
accorse di due cose: la prima una larga macchia bagnata sul maglione
blu del ragazzo, e la seconda che anche gli occhi di Credence erano
arrossati.
-Hai pianto per me?-
-No, Percival. Ho pianto con
te. Gli amici servono a questo-
Graves fu scosso da un
brivido.
"Amici"
Lui non aveva mai permesso a
nessuno di vederlo in quelle condizioni.
Non aveva amici così
stretti da tanto tempo, e comunque non era sicuro di accontentarsi
che Credence fosse suo "amico".
Ma di quello avrebbero
parlato in un altro momento, magari.
-Hai sopportato una scenata
patetica e probabilmente impressionante, ed ancora non ti sei stacato
di me. Sei una persona straordinaria, Credence-
Lo sentì ridere
piano.
Quel povero ragazzo era
costretto in una posizione scomoda da chissà quanto tempo per
colpa sua.
-Dai, siediti-
-Dovrei lasciarti. Peccato.
Mi piace tenerti così-
Graves sperò che il
rossore che si sentiva sulle guance potesse essere scambiato per la
congestione del pianto, e per fortuna, nonostante quello che aveva
detto, Credence sciolse l'abbraccio in cui lo aveva cullato per tutto
quel tempo.
-Credo che sia ora che io
tolga il disturbo. Si è fatto tardi- borbottò Graves.
-No, aspetta. Non andartene.
Non voglio che tu resti da solo stanotte-
-Credence, tu hai già
fatto più che abbastanza per me. Tranquillo. Starò
bene-
-E se non fosse così?
Voglio esserne sicuro. Resta a dormire qui. Scommetto che hai dormito
in posti peggiori del mio divano, e che una coperta con un Incanto
Tepeo ti basterà-
Graves avrebbe voluto
obbiettare qualcosa ma scoprì che non ce la faceva.
Non solo era troppo stanco,
era anche attirato dall'idea di non essere solo.
-Va bene. Resto-
Il sorriso di Credence era
impossibile da sostenere.
Sembrava sprizzare una gioia
incontenibile e contagiosa, qualcosa che Graves non avrebbe mai
sperato di poter provare.
Istintivamente alzò
una mano per accarezzare Credence e lui chiuse gli occhi sotto il suo
tocco.
Per un attimo fu sicuro che
entrambi avessero pensato la stessa cosa. Non dissero nulla.
Credence si allontanò
con un ombra di malinconia nello sguardo.
-Ti prendo la coperta- gli
disse solo, ma quando gliela consegnò Graves decise che era il
momento di smettere di fare il codardo.
-Credence. Non riuscirò
mai a ringraziarti abbastanza né riuscirò mai a dirti
quanto sei straordinario. Sono senza speranze con questo genere di
cose, e tu sei molto di più di quanto io meriti-
Lui sorrise, stavolta di
nuovo con un velo di rossore sulle guance.
Non sapeva se il suo poteva
essere considerato un tentativo di seduzione, ma in ogni caso il
ragazzo non si era ritratto.
Forse non capiva cosa stava
succedendo. Era troppo giovane per capire.
Ma aveva detto la pura
verità: Credence era la persona più importante per lui.
-La vita è veramente
strana, Percival, perché è esattamente quello che penso
io a proposito di te- gli rispose lui.
Se Credence avesse fatto
anche solo un altro passo verso di lui, Graves lo avrebbe baciato.
Ne era certo.
"Ti prego, ancora un
po'"
Invece Credence distolse lo
sguardo.
-Adesso è veramente
tardi. È meglio dormire o domani non ci reggeremo in piedi-
-Hai ragione. Scusa se ti ho
tenuto sveglio. Buonanotte-
-Buonanotte, Percival-
Graves sperò fino
all'ultimo che Credence gli avrebbe detto qualcos'altro o che lui
avrebbe trovato il coraggio di parlare, ma non accadde.
Con un ultimo sorriso, più
timido del solito, Credence sparì in corridoio e Graves sentì
la porta della sua stanza che si chiudeva.
Rimase davanti al camino a
pensare ancora un po', poi l'orologio battè dei piccoli
rintocchi che lo avvisarono che erano passate le undici.
Allora scosse la testa.
Si tolse le scarpe, la
cintura ed il gilet per dormire un po' più comodo e poi si
rannicchiò sul divano sotto la coperta scozzese rossa e verde.
Per un attimo ebbe la
tentazione di sbirciare qualcosa nella vita privata di Credence.
Magari un minuscolo incanto
Perlucidum su un centimetro quadrato della porta della sua stanza da
letto?
Ne era fortemente tentato,
ma poi scosse la testa, sorpreso e scandalizzato da sé stesso.
No, non l'avrebbe fatto; tra
lui e Credence era sempre stato un gioco leale, e lui ci teneva a
compotarsi da gentiluomo.
In casa c'era silenzio.
Chissà se Credence già dormiva? No, impossibile. Era
passato troppo poco tempo.
Chissà se era sveglio
e se stava pensando a lui?
Il pensiero gli fece provare
un piacevole tepore.
Non lo aveva creduto
possibile, ma stava davvero meglio dopo aver pianto: ora che tutta la
tensione si era allentata, gli restava solo la bella sensazione di
essere stato amato.
L'Incanto Tepeo che Credence
aveva fatto sulla coperta lo stava scaldando più che
fisicamente.
Era come essere ancora
avvolto dal suo abbraccio.
Scivolò nel sonno
cullato dal ricordo del corpo di Credence perfettamente allacciato al
suo.
_____________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Mi scuso per la lunghezza
del capitolo. Di solito sono molto meno masochista e cerco di non
superae le sei/sette pagine per il bene dei miei e dei vostri occhi,
ma stavolta non potevo proprio togliere nulla.
Questo per me è IL
capitolo. Mi è piaciuto scrivere tutto, dalla parte simil lime
a proposito del sidro alla parte hurt/comfort con Percival che apre i
rubinetti.
Spero di non aver esagerato
e di non dover pagare altre visite dentistiche oltre quelle del
capitolo precedente.
Un enorme grazie tutti i
lettori che sono arrivati in fondo a questo nuovo capitolo.
Lady Shamain
|
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Capitolo 7 *** Il frutto più dolce ***
Capitolo
7
Il frutto
più dolce
You
and I can have it all tonight So
let's bring it back it to light Now
we have another chance to fly Another
chance to make it right
***
La mattina dopo Credence ci
mise un bel po' di tempo ad uscire dal torpore del sonno.
Si sentiva riposato ma allo
stesso tempo aveva voglia di indugiare nel tepore delle coperte, e
fortunatamente poteva permeterselo, dal momento che era sabato.
Guardò l'orologio sul
comodino e vide che mancavano ancora venti minuti alle otto.
Credence sorrise.
Gli piaceva svegliarsi con
un po' di anticipo e rimanere qualche tempo nello stato tra il sonno
e la veglia, a godersi la calma della prima mattina.
Anche se, a dirla tutta,
quella specifica mattina c'era calma ma anche un senso di attesa.
Credence sapeva che la sera
prima lui e Graves si erano avvicinati ancora; avevano varcato la
soglia dello "strettamente personale" quando lui aveva
raccolto il dolore di Percival tra le sue braccia e lui glielo aveva
permesso.
Credence sapeva bene quanto
fosse orgoglioso Percival, ed il fatto che si fosse mostrato così
debole era la più grande prova di fiducia che potesse dargli;
però appunto perché sapeva quanto fosse orgoglioso, non
si sarebbe sorpreso di trovarlo chiuso e scostante quella mattina, in
un ennesimo tentativo di difendersi.
Ricordava benissimo come la
sera prima avesse resistito con tutte le sue forze, preferendo
torturarsi piuttosto che ammettere di aver bisogno di aiuto, e quindi
non si sarebbe sorpreso se il loro rapporto avesse fatto passi
indietro invece che in avanti.
Non se ne sarebbe sorpreso
ma ci avrebbe sofferto.
Lui ci teneva tantissimo a
quell'americano scontroso che si portava addosso chissà quante
cicatrici, e poi sì: ormai pensava ufficialmente a Percival in
quel senso.
Come compagno, come amante,
come la persona con cui avrebbe voluto costruire una vita insieme.
Sospirò mentra si
rigirava sotto le coperte, ormai completamente sveglio.
Gli sembrò quasi
strano che l'altra metà del letto fosse vuota.
Che non ci fosse Percival.
Gli sarebbe piaciuto vederlo
com'era quando dormiva.
Chissà se stava
sempre vigile o se almeno nel sonno riusciva ad abbassare
completamente le difese?
Un leggero acciottolio di
stoviglie proveniente dalla cucina gli fece capire che anche il suo
ospite doveva essere già sveglio, poi sentì un odore
che all'inizio nemmeno riuscì ad identificare per quanto gli
sembrava impossibile: era un inconfondibile profumo di uova e bacon.
Sulle labbra gli spuntò
un sorriso.
L'ex Direttore della
Sicurezza Magica che cucinava? Se era vero, valeva proprio la pena di
vederlo!
Non per prenderlo in giro,
ma per aggiungerla alla lista delle cose che scopriva dell'uomo
Percival sotto la superficie granitica del Direttore Graves.
Si alzò dal letto e
senza nemmeno guardarsi allo specchio uscì dalla stanza
facendo meno rumore possibile.
Appena si affaciò
sulla cucina vide qualcosa che mai si sarebbe aspettato: Percival
Graves era davvero ai fornelli.
Gli dava le spalle ed era
chino, bacchetta alla mano, su delle fette di pane che stavano
rosolando sotto il suo sguardo attento.
Era senza gilet, con la
camicia fuori dal pantalone e con i polsini sbottonati ed arrotolati
sugli avambracci.
Il cappotto, il gilet e la
cintura erano sulla spalliera del divano.
I suoi capelli sembravano
umidi e Credence immaginò che li avesse sistemati alla meno
peggio usando l'acqua del rubinetto invece della solita brillantina.
Anche in quelle condizioni
però non perdeva il suo fascino. Forse era più bello
perché era più umano, o forse perché lui ne era
innamorato.
Credence cercò di
scuotersi, ricordando il discorso che aveva fatto mentalmente con se
stesso a proposito di Graves che forse si sarebbe allontanato.
Si schiarì la gola e
lo salutò con il buongiorno più naturale che gli
riusciva.
All'inizio Percival
sussultò, ma poi gli bastò girarsi e guardarlo per
rilassarsi.
-Buon giorno a te. Come hai
dormito?-
-Bene. E tu?-
-Avevi ragione: ho dormito
in posti molto peggiori. Sono stato bene-
Lo disse in un modo che fece
supporre a Credence che non si riferisse solo alla sistemazione.
Bene. Forse non doveva
temere che Percival si allontanasse dopotutto.
-Hai preparato la colazione-
-Sì. Mi sono
svegliato presto ma non volevo andarmene senza salutarti. E lo sai
che non mi piace l'inattività, per cui...- ed indicò il
tavolo con un gesto ampio.
Credence sorrise. Era tipico
di Percival: pensare, trovare la soluzione più logica ed
applicarla; e che la soluzione più logica gli fosse sembrata
preparare la colazione per entrambi, gli riempiva il petto di
qualcosa di bellissimo.
-Non sapevo cosa ti piacesse
per cui ho preparato sia dolce che salato-
-Grazie-
-Grazie a te-
Non c'era bisogno di
specificare per cosa.
Poteva essere per averlo
fatto piangere, per averlo consolato o per averlo fatto restare.
Non era realmente importante
il cosa, se la voce di Graves era così morbida.
-Sembra tutto squisito. Ci
sediamo?-
Graves annuì.
Sulla tovaglia c'era un
bricco di caffè ed una teiera con un filo di fumo che usciva
dal beccuccio; c'erano un barattolo di marmellata di fragole ed un
piccolo tegame con uova strapazzate e pancetta, ed a lato il pane che
Percival aveva appena finito di tostare.
Di solito la colazione di
Credence era dolce, ma le uova avevano un profumo così
invitante che decise di fare uno strappo all'abitudine e di prendere
quelle.
Le accompagnò con thé
poco zuccherato e con il pane.
Non voleva fissare Graves
mentre mangiava, ma gli veniva spontaneo cercare di scoprire altri
particolari di quell'uomo.
Anche lui si era servito una
porzione di uova.
Rimasero a mangiare in
silenzio, dopo che Percival gli ebbe chiesto di prestargli la sua
copia della Gazzeta del Profeta per tenersi aggiornato sulle novità
del mondo magico.
Credence aveva preso
l'abitudine di Newt di cercare in una tazza di thé le risposte
alle sue domande.
Mentre mangiava aveva la
stessa sensazione della sera prima, quando aveva bevuto il sidro.
Non era solo questione che
Percival fosse o meno bravo a cucinare, era qualcosa di più.
Credence sapeva che tutto
gli sembrava tanto buono perché era fatto apposta per lui.
Si domandò persino se
un'altra persona avrebbe colto la nota fondente nel sidro, o se
avrebbe apprezzato allo stesso modo la morbidezza delle uova
strapazzate o la croccantezza con cui il pane si rompeva quando gli
dava un morso, per poi sciogliersi letteralmente nella sua bocca.
No. Probabilmente poteva
sentirlo solo lui.
Era stato preparato tutto
con una cura tale da fargli pensare che fosse stato fatto con amore.
Credence si lasciò
coccolare dal pensiero e vi indugiò più di quanto
sarebbe stato sano.
Gli sarebbe piaciuto che
fosse sempre così.
Svegliarsi nella stessa
casa, preparare la colazione uno per l'altro, poi vivere ognuno la
sua giornata e ritrovarsi alla sera per raccontarsela.
Gli sembrava così
bello, così reale, che dovette fare un grosso sforzo per
ricordarsi che prima avrebbe dovuto chiedere il parere della
potenziale altra metà della coppia.
Percival lo richiamò
alla realtà quando gli chiese che programmi avesse per la
giornata.
-Quello che faccio tutti i
sabati: torno a casa. Tu invece? Oggi non sei invitato da nessuno?-
-No, oggi no. Domani sarò
da Titus-
-Vorresti venire da noi?-
Graves lo guardò
tanto sconvolto che Credence ebbe paura di averlo traumatizzato a
vita.
Aprì la bocca un paio
di volte ma senza dire nulla.
Che Graves rimanesse senza
parole era un fatto più unico che raro, ma in fondo Credence
si sentiva a sua volta a disagio quando lo vedeva in imbarazzo.
-Non credo che sarebbe
opportuno- disse infine Percival, dopo essersi schiarito la gola un
paio di volte.
-Perché no? Ti ho
invitato io-
-Sì, ma non mi sento
pronto ad affrontare i tuoi genitori. Non credo che abbiano
esattamente un buon ricordo di me. Soprattutto Tina. Non potrei
piombare all'improvviso in casa sua, tantomeno per una giornata
intera. Mi dispiace, Credence-
Altra caratteristica di
Percival: essere irremovibile quando prendeva una decisione.
Credence sapeva che
insistere sarebbe stato solo peggio, ma lo stesso quel rifiuto gli
aveva lasciato l'amaro in bocca, dietro il gusto delle uova e dei
toast.
-Tuttavia credo che sia
opportuno che prima o poi io le faccia visita- aggiunse Graves -Sono
quasi due mesi che ti maltratto e posso solo immaginare cosa lei
pensi di me. Nulla di buono, detto per inciso. Sì, sarebbe
opportuno che chiarissimo qualcosa di persona-
Credence sorrise di nuovo.
Era un tentativo sincero e
per lui era come se Percival gli stesse regalando una stella.
Senza pensarci troppo gli
prese la mano sopra il tavolo.
-Andrà tutto bene,
stai tranquillo-
Si rese conto di cosa aveva
fatto solo quando Percival, per la seconda volta, lo guardò
sotto shock.
Gli aveva preso la mano.
Gli stava sorridendo come un
ragazzino innamorato.
Stava arrossendo per il
pensiero di cui sopra.
E parlava di invitarlo a
casa dei suoi genitori.
Tutto era troppo... intimo.
Pensò di ritirare la
mano ma prima che potesse farlo Percival aveva rigirato la sua e
l'aveva stretto più forte.
Il cuore di Credence prese a
battere pesantemente contro le costole.
Sì, stava pensando a
Percival proprio in quel senso ed in quel momento.
Sì, Percival lo
sapeva.
Sì, Percival era
ancora lì con lui.
-Stai cercando di
rassicurarmi sul fatto che non verrò affatturato appena messo
piede in casa?-
Credence si sforzò di
sorridere anche se in realtà aveva il cuore in gola.
Percival gli stava
accarezzando le nocche con il pollice.
Non lo avrebbe fatto se non
fosse piaciuto anche a lui, giusto?
Ma forse non era vero che
Graves aveva capito...
-Sì. Qualcosa del
genere- Rispose in fretta.
Non osava muoversi per paura
di rompere il contatto.
-Ti chiedo scusa, Credence.
È colpa mia. Non ti dico abbastanza che persona straordinaria
sei-
Percival si alzò ma
senza lasciarlo, si avvicinò a lui e gli fece appoggiare la
testa sul torace.
Non era un invito. Non era
una prepotenza.
Era una semplice
constatazione.
Era esattamente in quel modo
che lui lo aveva abbracciato la sera prima.
Credence desiderò che
il tempo si fermasse in quel momento perché avrebbe voluto
restare per sempre in quella bolla calda e sicura, con il cuore in
tumulto, la gola stretta dall'emozione e Percival che gli accarezzava
i capelli.
Sotto la sua guancia, sotto
la camicia di sartoria spiegazzata dalla notte sul divano, c'era un
cuore che batteva forte; rosso come il granato e più prezioso
di qualsiasi gemma; un cuore che in quel momento cercava il suo.
A quel punto non potevano
esserci dubbi: Credence aveva la certezza che se avesse chiesto, se
solo avesse osato chiedere, la risposta sarebbe stata "sì".
Gli afferrò il
braccio perché non voleva restare inerte.
Percival lo aveva chiamato e
lui desiderava rispondere.
-Percival...-
-Shh...-
-Percival, io...-
-Va tutto bene. Lo so-
Certo che lo sapeva.
Un ragazzo appena diplomato
ed eccessivamente emotivo contro l'ex Direttore della Sicurezza
Magica... non c'era nemmeno partita.
E non gli dispiaceva
affatto.
-Da quanto lo sai?- gli
chiese piano.
Percival non smise di
accarezzarlo.
-Lo spero da quando ci siamo
rivisti. Ho avuto il coraggio di ammetterlo solo adesso-
Credence sollevò il
viso verso di lui, in cerca dei suoi occhi scuri.
-E allora... allora tu...?-
Percival si chinò
sulle sue guance arrossate e le sfiorò con le labbra.
"Sì"
Gli lasciò sul viso
baci leggerissimi, come se temesse di fargli del male.
Forse Percival aveva paura
quanto lui, o forse temeva di spaventarlo, ma Credence non aveva
nessuna paura; era troppo felice per avere paura.
Stavolta non poteva dare la
colpa alla sua fantasia: Percival gli baciava il viso in un modo che
era impossibile fraintendere ed era meravigliosamente reale.
Non resistette più:
gli bastò un leggero movimento della testa per trovare la sua
bocca e prendersi un bacio molto più profondo.
Percival gemette dentro la
sua gola e Credence "Sì, continua, ti prego".
Lo pensò talmente
forte che Graves avrebbe potuto sentirlo.
Era ancora seduto e Percival
doveva stare chino per baciarlo, mentre Credence doveva piegare la
testa all'indietro il più possibile; non era una posizione
comoda, ma ugualmente gli sembrava perfetto.
Era il suo primo bacio.
Lui non sapeva baciare e
Graves sembrava lottare contro l'urgenza di divorarlo.
Era bellissimo.
***
A volta capita che la parte
razionale del cervello sia completamente scollegata dal resto del
corpo.
A Percival era successo
poche volte nella vita e mai era stata un'esperienza piacevole, ma a
tutto c'è un'eccezione.
Il fatto era che baciare
Credence gli sembrava una cosa perfettamente naturale. Era giusto.
Perché non avrebbe
dovuto? Tutti i motivi che la ragione gli proponeva erano solo un
ronzio confuso, e lui non riusciva a pensare ad altro che alla bocca
di Credence che cedeva, morbida e calda, sotto la sua.
Il cuore gli batteva così
forte da rimbombare contro lo sterno mentre tutto dentro di lui
urlava selvaggiamente "Sì!".
Era come avere trovato il
suo posto nel mondo, come se la vita che credeva rovinata avesse
trovato di nuovo un senso.
Se Credence avesse dato un
cenno di disagio lui lo avrebbe lasciato andare immediatamente, ma
trovare il suo desiderio corrisposto era qualcosa a cui non poteva
resistere.
Solo quando ebbe bisogno di
ossigeno staccò le labbra da quelle di Credence e riprese il
contatto con la realtà circostante.
E allora la voce della
ragione tornò a rimproverarlo più aspra che mai.
Era un ragazzo con la metà
dei suoi anni.
Era un suo allievo.
Aveva ammesso di essere
stato attratto dall'uomo che aveva usurpato il suo aspetto.
Era la persona più
emotiva che conoscesse, quindi era ovvio che si sarebbe concesso al
minimo segnale di interesse da parte sua.
Graves sapeva di avere un
forte ascendente su di lui e ne aveva approfittato...
Si sentì meschino, il
più sporco, vigliacco bastardo sulla faccia della terra.
-Percival... cosa c'è?-
Il suo respiro era
accelerato per il panico che gli saliva dentro.
Non sapeva cosa dirgli. Non
c'erano scuse o spiegazioni per quello che gli aveva fatto.
Strinse il viso di Credence
tra le mani in un gesto che era insieme una carezza ed un modo di
allontanarlo.
Le sue labbra.
Dio, come erano belle le sue
labbra!
Prima di ricaderci e di
tornare ad avventarsi su di esse fece l'unica cosa sensata: richiamò
in mano la bacchetta e le sue cose, si allontanò da Credence
lasciandolo ancora stordito e corse verso la porta.
Il ragazzo era svelto, e
appena lo vide scappare via si alzò di scatto per trattenerlo.
-Percival aspetta!-
Troppo tardi.
Graves raggiunse il
pianerottolo in pochi secondi e subito si smaterializzò.
Chiuse gli occhi e fu un
bene, perché se si fosse soffermato sull'espressione disperata
di Credence e sulla sua mano che si chiudeva a vuoto a pochi
centimetri da lui, non avrebbe avuto la forza di andarsene, e
probabilmente si sarebbe Spaccato.
In realtà lo aveva
fatto. Aveva appena lasciato il suo cuore sulle labbra di Credence.
***
Se n'era andato. Se n'era
andato! E adesso?!
Credence rimase sulla porta
a fissare il punto in cui Percival si era smaterializzato.
Era paralizzato dalle troppe
emozioni contrastanti che aveva vissuto nell'arco di appena un quarto
d'ora, e gli ci volle uno sforzo enorme per concentrarsi.
Maledizione! Ma perché
Percival se ne era andato?!
Credence dovette lottare
contro il retaggio che lo portava a pensare "Ecco, è
stata tutta colpa mia! Sicuramente ho fatto qualcosa che lo ha
disgustato"
No, non poteva essere.
Percival aveva voluto baciarlo ma poi era scappato via spaventato.
E Credence non capiva
perché.
Il problema era che non
sapeva che fare.
Rimase sulla porta con la
testa tra le mani.
Lui non sapeva che fare... e
allora cosa avrebbe fatto qualcun altro?
Che avrebbe fatto suo padre?
Newt gli diceva che Perciva
era un drago.
Se Newt avesse visto un
drago scappare via con quell'aria spaventata di sicuro lo avrebbe
seguito per impedire che facesse male a sé stesso o a qualcun
altro, e poi avrebbe cercato di calmarlo.
E sua madre?
Tina trattava Graves come un
sospettato, e si sa che gli Auror non lasciano che un sospettato
scappi via da una situazione poco chiara senza dare tutte le
risposte.
Ed infine Graves... che
avrebbe fatto Percival se fosse stato lui a baciarlo e poi scappare
via?
Anche lui era un Auror ed in
più era orgoglioso, quindi sicuramente lo avrebbe seguito per
pretendere una risposta.
E poi c'era lui.
Che avrebbe fatto Credence
Barebone?
Lui una spiegazione la
voleva.
Era un suo diritto sapere
perché Perival era scappato dopo che era stato lui a
cominciare e considerato che il bacio era piaciuto ad entrambi.
Allora sapeva cosa fare.
Tutte le possibilità lo portavano in una sola direzione.
Si vestì in fretta,
nel frattempo incantò una piuma perché scrivesse un
breve messaggio a casa per avvisarli di un ritardo ma senza scendere
nel dettaglio, e pochi minuti dopo era di nuovo sul pianerottolo per
smaterializzarsi anche lui.
Sapeva che Graves alloggiava
al Paiolo Magico, e poteva solo sperare che non se ne fosse già
andato nei pochi minuti che lui aveva impiegato a prendere la sua
decisione.
***
Fare i bagagli gli sembrava
una cosa terribilmente complicata in quel momento in cui tutto dentro
di lui urlava "No! Non voglio andare via!"
Non c'era verso che gli
riuscisse di piegare i vestiti come voleva, e alla fine aveva deciso
di accatastare tutto alla meno peggio dentro la valigia.
Non aveva tempo: doveva
andarsene perché, dannazione! l'aveva fatto di nuovo!
Era la seconda volta che se
la dava a gambe davanti a Credence Barebone.
E dire che lui aveva fatto
un lungo dialogo interiore con sé stesso, pieno di buoni
propositi, alla fine del quale aveva decretato tre punti fermi:
primo, il fatto che Credence fosse interessato agli uomini non voleva
dire che fosse necessariamente interessato a lui; secondo, di non
prendere alcuna iniziativa che potesse fare capire al ragazzo che lui
invece era molto interessato; terzo, che anche nella remota
possibilità che ci fosse un'attrazione reciproca, la
differenza di età tra loro era troppo grande, e che quindi
lui, Percival Graves, avrebbe rinunciato a Credence.
Nel caso in cui Credence
avesse comincato a mostrare segnali di interesse o si fosse
dichiarato, aveva deciso che avrebbe finto di non ricambiare e che
avrebbe lasciato il paese, tagliando per sempre i contatti con lui.
Tutti ottimi propositi,
peccato che poi, alla prova dei fatti, lui avesse fatto esattamente
il contrario.
Aveva giurato a sé
stesso di sapersi controllare e invece aveva fallito quando Credence
lo aveva colto alla sprovvista.
Credence lo amava.
Non era una sbandata
passeggera, Credence era davvero innamorato e si era offerto a lui
con piena consapevolezza.
E lui, oh, lui in quel
momento aveva scoperto esattamente quanto desiderasse essere amato.
Tutta la comprensione priva
di pietà che aveva trovato la sera prima avrebbe potuto averla
tante altre volte.
Avrebbe anche potuto
offrirla, senza doversi più nascondere dietro la facciata
dell'insegnante severo.
Il loro avrebbe potuto
essere un rapporto alla pari; non che già non lo fosse, ma in
via ufficiale.
E Graves era caduto in quel
sogno come una mosca incauta in una goccia di miele.
Che Credence lo desiderasse
era un sospetto che aveva già da qualche tempo, ma ancora non
riusciva a convincersene perché gli sembrava troppo bello per
essere vero.
Una meraviglia di
ventiquattro anni che cadeva tra le sue braccia? Si sentiva a stupido
pensarlo e ridicolo a sperarci.
Eppure era successo.
E lui non era stato forte
abbastanza da impedire quella follia.
Per quanto fosse dotato di
un rigido autocontrollo, non poteva resistere a Credence che lo
guardava come se lui fosse la cosa più preziosa sulla faccia
della terra.
Lo aveva fatto sentire
desiderato, voluto, accettato, compreso.
Come avrebbe potuto
resistere? Si era visto offrire il frutto più dolce e non
aveva potuto fare a meno di assaggiarne almeno un morso.
Forse avrebbe ancora potuto
fermarsi se gli avesse baciato solo le guance, ma poi Credence aveva
schiuso le labbra per offrirgli il calore dolce della sua gola e
allora non c'era stato più buonsenso che tenesse.
Quando era tornato in sé
era già troppo tardi e lui aveva solo potuto scappare via
prima di fare ulteriori danni.
Adesso l'unica soluzione che
gli restava era lasciare quell'angolo di Inghilterra che aveva
imparato a chiamare casa, ritirarsi lontano e poi, quando fosse stato
di nuovo padrone di sé stesso, scrivere a Credence per
spiegargli le ragioni del suo gesto.
Sì, avrebbe potuto
farlo. Forse passando del tempo lontano dal ragazzo avrebbe
riacquistato la lucidità necessaria a convincersi che stava
facendo la cosa giusta.
Sì, la lontananza
sarebbe stata la cura migliore.
Per questo sbiancò in
volto quando un colpo fece tremare la porta e da dietro il legno gli
arrivò la voce di Credence che lo supplicava di parlare con
lui.
***
Credence si era
materializzato davanti all'ingresso del Paiolo Magico.
Era entrato di corsa e per
fortuna aveva trovato Thomas dietro il bancone.
Gli aveva subito chiesto
quele fosse la stanza di Mr. Graves, e Thomas, che li avevagià
visti insieme, non esitò ad indicargli la camera numero
quattordici.
Una volta saputo il numero
Credence era corso su per le scale, inciampando quasi nell'elfo
domestico che puliva il corrimano al secondo piano.
"Quattordici... numero
quattordici... dove sei?!"
Doveva arrivarci! E sperava
di arrivarci prima che Graves se ne andasse, altrimenti non avrebbe
più saputo come rintraciarlo.
Figurarsi se Percival Graves
si sarebbe fatto trovare da lui!
Quella era l'unica occasione
che aveva e non l'avrebbe bruciata per niente al mondo.
Il numero quattordici era la
quarta porta sulla destra.
Credence più che
bussare si gettò contro la porta come se avesse voluto
sfondarla.
Stranamente sentì il
dolore del contraccolpo ma non sentì alcun suono.
Era l'Incanto
Insonorizzante.
Bene, allora Graves era lì!
No, forse no... forse tutte
le stanze erano incantate in quel modo.
Fece la prova bussando alla
porta accanto ma quella fece un normale rumore di legno.
"Ah! Allora è
lui che ha fatto l'incanto! Vuol dire che c'è!"
Non sapeva se scoppiare di
felicità oppure se essere terrorizzato perché non
sapeva come affrontarlo.
Accanto a lui la porta a cui
aveva bussato si aprì e ne fece capolino una strega in
vestaglia rosa e con un asciugamano arrotolato attorno alla testa.
-Desidera?- Gli chiese
confusa.
-Ah... no, niente... mi
scusi, ho sbagliato stanza-
Lei tornò dentro
borbottando frasi astiose circa la scarsa educazione dei giovani
maghi.
Solo quando la strega se ne
fu andata Credence prese coraggio e cominciò a bussare.
O meglio a picchiare i palmi
delle mani sulla porta.
-Percival! Avanti, fammi
entrare!-
Nessuna risposta.
Credence ripensò a
quella volta in cui Percival lo aveva fulminato un occhiataccia solo
perché aveva dimenticato di dire "Per favore" e
allora decise di smorzare i toni.
-Percival, per favore... non
credi che dobbiamo parlare? Non puoi mollarmi così... -
Non avrebbe voluto mettersi
a piangere ma già sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi.
Finalmente la voce di
Percival gli arrivò ovattata dall'interno, ma non era quello
che avrebbe voluto sentire.
-Torna a casa, Credence. Non
abbiamo niente da dirci-
-Secondo te non abbiamo
niente da dirci? Dopo che tu mi hai baciato e poi sei scappato via?
Mi hai baciato, Cristo santo! Mi devi dire perché l'hai
fatto!-
-Ho fatto un errore.
Dimenticalo-
Perché? Che aveva
fatto di sbagliato? Perché dopo che erano stati così
vicini Percival gli chiudeva la porta in faccia?
-Ti prego...- gemette con la
guancia appoggiata alla porta -Ti prego, non comportarti come lui-
***
-Percival, avanti, fammi
entrare!-
Quel folle stava picchiando
le mani contro la porta.
Percival era oltragiato da
quel comportamento.
Oltragiato e terrorizzato,
perché come lo avrebbe spiegato a Thomas che c'era qualcuno
che gli stava demolendo la locanda per raggiungere lui?
Le chiacchiere si sarebbero
sprecate.
-Torna a casa tua, Credence!
Non abbiamo niente da dirci-
La sua voce gli arrivò
ovattata dal legno e da tutti gli incantesimi che aveva fatto per
proteggere la stanza.
-Secondo te non abbiamo
niente da dirci? Dopo che tu mi hai baciato e poi sei scappato via?
Mi hai baciato, Cristo santo! Mi devi dire perché l'hai
fatto!-
Dannazione! Se quell'idiota
non si fosse deciso ad andarsene e non avesse smesso di sbraitare a
proposito di baci, presto tutti gli avventori del Paiolo Magico
avrebbero avuto un bel pettegolezzo da far circolare in giro per
Londra.
Il ragazzo infatuato del suo
insegnante ed il professore tanto insensibile da lasciarlo fuori
dalla porta per delle ore.
Bella storia sarebbe stata!
-Ho fatto un errore.
Dimenticalo-
Credence si era appoggiato
con tutto il suo peso alla porta, chissà perché.
Però in fondo aveva
ragione. Era stato lui a cominciare ed era stato lui a scappare.
Una spiegazione sarebbe
stata doverosa.
La voce del ragazzo gli
arrivò di nuovo, ma stavolta era fievole, come ogni volta che
stava per mettersi a piangere.
-Ti prego, Percival... non
comportarti come lui-
Quella suppica lo colpì
come un pugno allo stomaco.
Aveva capito perfettamente.
Credence gli stava chiedendo
di non usarlo e poi abbandonaro come aveva fatto Grindelwald.
Era davvero quello che stava
facendo?
Credence non era il tipo che
avrebbe fatto leva sul senso di colpa per manipolare una persona,
quindi se aveva tirato in ballo Grindelwald era perché davvero
lo stava facendo soffrire come aveva fatto lui.
Non poteva sopportarlo.
Graves decise che, basta, ne
aveva abbastanza. Doveva smettere di scappare e risolvere quella
cosa.
Aprì la porta con un
gesto della mano e Credence incespicò e cadde nella stanza.
-Alzati. E chiudi-
Doveva fare un ultimo
sforzo.
Doveva tornare ad essere il
solito freddo, distaccato, insopportabile Percival Graves almeno il
tempo necessario a convincere Credence a lasciarlo.
Dopo essere stati
ufficialmente insieme solo per la durata di un bacio, oltretutto.
Il pensiero lo pugnalò
a tradimento ma lui era deciso a resistere.
Per darsi un'apparenza di
indifferenza non lo guardava direttamente, invece aveva ricominciato
a sistemare le sue cose con la magia e a riporle nella valigia aperta
sullo sgabello sotto la finestra.
Sperava che il messaggio
fosse abbastanza chiaro per il ragazzo.
"Questo è un
addio"
-Stai facendo la valigia?-
-Sì-
-Vuoi andartene?-
-Sì-
Credence lo guardò
con un espressione così ferita che Graves dovette fare
appello a tutta la sua forza di volontà per continuare a
piegare le sue camicie invece che correre da lui e stringerlo tra le
braccia.
-Perché te ne vai?-
-Perché è la
cosa più ragionevole da fare-
-Ragionevole? Mi spieghi
come può essere ragionevole baciarmi e poi scappare via?-
Graves aprì la bocca
per rispondere ma tutte le motivazioni a cui aveva pensato sembravano
essere evaporate dalla sua mente.
Poco male.
-È meglio così-
tagliò corto.
-Non è vero che è
meglio! E non ti permetto di andartene!-
-Io non ti permetto di
trattenermi-
-Non è una decisione
che puoi prendere da solo, Percival! Non pensi a me? Mi hai almeno
chiesto cosa voglio io invece di pensare solo a cosa vuoi tu?-
Il suo autocontrollo crollò
a quelle parole.
Graves non poteva sopportare
che Credence lo ritenesse un egoista.
Sapeva che sarebbe stato
meglio fargli credere che non gli importava niente di lui, che lo
avrebbe ferito senza curarsene come aveva fatto Grindelwald quattro
anni prima, ma... santo cielo, non poteva!
-Perché, secondo te
io voglio questo?! Secondo te voglio lasciarti?-
Ecco, lo aveva fatto. Stava
scivolando lungo la china e non c'era nulla a cui aggrapparsi.
-Allora resta con me,
Percival-
"Resta con me"
Una coltellata gli avrebbe
fatto meno male della supplica di quel ragazzo.
Avrebbe voluto essere l'uomo
forte che era di solito, ma scoprì che non ce la faceva.
Non più. Non davanti
a Credence.
Si sentiva solo immensamente
stanco.
-Non posso stare con te,
Credence-
-Perché?-
La verità poteva
essere una cosa bruttissima, ma come sempre era la migliore.
In fondo Credence aveva il
diritto di sapere perché gli stava spezzando il cuore.
-Perché? Perché
tu hai ventiquattro anni ed io ne ho quarantatré. Adesso
sarebbe bello: tu avresti un uomo maturo che ti fa sentire al sicuro
ed io avrei un ragazzo che mi adora e rafforza perennemente la mia
autostima. Ma tra qualche anno sarà diverso. Sarà un
incubo. Io diventerò sempre più vecchio e scontroso, e
tu invece vorrai sbocciare, diventare un uomo a tua volta, vorrai
avere una vita che io non ti potrò più dare, ma tu non
mi lascerai perchè so che mi ami. E allora sarò io a
maledirmi e ad odiarmi per entrambi, per averti permesso di legarti a
me. Per averti fatto sprecare gli anni migliori della tua vita in una
relazione sbagliata. Non posso farti questo, lo capisci, Credence?
Non posso. E non lo farò, a costo di doverti fare male adesso-
Aveva gli occhi lucidi.
Un ragazzo con la metà
dei suoi anni lo faceva piangere perché lo amava troppo.
Lo amava tanto da
stracciarsi il cuore pur di sapere che Credence sarebbe stato felice.
Sospirò per
ricacciare indietro le lacrime e trovare la forza di strapparsi un
altro brandello di anima.
-Non te lo permetterò-
ripetè, la voce ferma stavolta, come se lui fosse ancora
l'uomo sicuro di sé che era sempre stato -La discussione è
chiusa-
Fino a quel momento Credence
lo aveva ascoltato in silenzio.
Graves avrebbe dovuto
prevederlo. Dopotutto gli aveva insegnato lui a duellare.
Credence sfoderò la
bacchetta e fece volare la sua fuori dalla sua portata, afferrandola
al volo e tenendola ben stretta nel caso avesse voluto riprendersela
usando la magia che poteva fare mani nude.
Le camicie che stava
piegando caddero a terra a metà strada tra l'armadio e la
valigia.
-Scusami. Devo essere sicuro
che non ti smaterializzi per scappare un'altra volta-
Per un folle attimo Graves
credette che il ragazzo lo avrebbe ucciso per l'antica logica del
"Mio o di nessun altro", e invece Credence cominciò
ad avvicinarsi a lui.
-Mi avevi quasi convinto, lo
sai, Percival? Ma ti sfugge un particolare-
Era vicino, troppo vicino.
Meravigliosamente vicino.
-Percival- il suo nome sulle
labbra di Credence era una carezza di seta -Tu mi ami tanto da
sacrificare forse per sempre la tua felicità. Credi che potrei
mai desiderare un uomo migliore al mio fianco?-
-Credence, te ne pentirai-
tentò di ammonirlo un'ultima volta.
Il ragazzo non cedette.
Passo dopo passo accorciava
la distanza tra loro e Graves sapeva di avere già perso.
-Forse hai ragione. Tu sei
più grande e di queste cose ne sai più di me, quindi
sì, probabilmente me ne pentirò. Ma me ne pentirò
di più se ti lascio andare adesso-
Graves non riusciva più
a sostenere il suo sguardo.
Lui che era stato
Consigliere del MACUSA non riusciva ad avere la meglio su un ragazzo
che aveva appena finito la scuola!
-Percival-
Dovette fare uno sforzo
enorme per resistere al suo richiamo.
-Percival, guardami-
Non era degno dell'ultimo
discendente della famiglia Graves tirarsi indietro, e allora sollevò
lo sguardo.
Non lo avesse mai fatto!
Credence, fermo a pochi
passi da lui, gli sembrava tutto ciò che aveva sempre
desiderato.
-Andiamo, smetti di farti
del male- gli disse con un sorriso incoraggiante che tuttavia
luccicava di lacrime -Sono io che te lo chiedo. Sono grande ormai e
so prendermi le mie responsabilità. Se un giorno ci
accorgeremo che le cose non andranno bene, magari litigheremo e ci
lasceremo, ma per adesso perché dobbiamo negarci di essere
felici?-
Era giusto. Dannazione,
Credence aveva ragione.
Era meglio farsi male per
aver provato piuttosto che torturarsi nell'ennesimo rimpianto.
Improvvisamente si rese
conto di quanto il suo comportamento fosse stato insensato e se ne
vergognò.
-Io... io...- non riusciva a
spiccicare una parola. E non era nemmeno la prima volta che Credence
gli faceva quell'effetto.
-Mi dispiace- sospirò
infine.
In gola aveva un groppo
pericoloso, che sperava di riuscire a trattenere.
-Resterai con me? Ho la tua
parola?-
-Resto. Te lo giuro. Resto
con te-
Allora Credence gli tese
entrambe le mani.
Percival le afferrò
perché era l'ultima possibilità di salvarsi che aveva.
-Mi dispiace tanto,
Credence-
Chiuse gli occhi serrando
forte le palpebre per impedirsi di piangere di nuovo, ma ormai la sua
voce era incrinata per l'emozione; e soprattutto con Credence non
doveva avere paura.
Il resto gli uscì tra
singhiozzi e frasi spezzate.
Che era stato stupido e
presuntuoso, ed egoista; ed un vigliacco. E che lo amava.
-Perdonami. Non dovrei
innamorarmi di te. Tu dovresti trovare qualcuno della tua età-
Credence sciolse
delicatamente una mano dalla sua stretta e la posò poco sotto
le costole di Graves, dove entrambi sapevano esserci la cicatrice del
Sectumsempra.
-No, Percival. Preferisco un
cretino presuntuoso diciannove anni più grande di me-
_______________________________________________________________________________________________________________
Nel Cerchio della
Strega
Ebbene sì: IL
capitolo parte 2.
La dichiarazione è
stata un momento che ho temuto tantissimo perchè era come
l'ultima carta del castello di carte: o è il tocco finale che
completa il capolavoro oppure viene giù tutto ed è un
disastro.
Ma sono soddisfatta di come
è andata, e spero che sia piaciuto anche a voi.
Per chi sperava nell'happy
ending, come vedete alla fine ha vinto l'ammmoreee... e ci mancava
pure!
Nessuno me lo avrebbe mai
perdonato se dopo tanta dolcezza non fosse finita così,
giusto? Nemmeno Credence e Percival.
Per ora la storia si
conclude qui con la vittoria dei sentimenti e del romanticismo, però
per chi avesse ancora intenzione di leggere di questi due bei
figlioli ho quasi pronti due capitoli a rating rosso da pubblicare
prossimamente.
Sarà un esperimento,
quindi potete iniziare a raccogliere ortaggi e uova per esprimere
eventuali commenti negativi.
Alla fine della storia mi
sembra giusto ringraziare tutti. Chi l'ha messa tra le preferite,
seguite o ricordate e chi sta seguendo la serie dalla prima storia ed
ancora non se ne è stancato.
Grazie ed un uovo di Pasqua
a tutti.
Lady Shamain
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