Maelström di emylee (/viewuser.php?uid=72317)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 1 *** I ***
Maelström
I
Sorrise,
rigirandosi tra le mani il piccolo tesoro che il Signore Oscuro gli
aveva donato.
Era
caldo e carico di potere, sentiva la carica di magia scorrere sulla
pelle, drizzando i peli fin alla nuca. Era quella la forza magica che
cercava, che sperava di ottenere, quando aveva accettato il Marchio
Nero, quando aveva piegato la testa e si era sottomesso agli ordini
del più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.
Aprì
gli occhi precedentemente chiusi per potersi godere appieno quella
scarica di magia, e osservò il meraviglioso ciondolo che
giaceva tra
le sue dita.
Il
Signore Oscuro gli aveva spiegato che si trattava di una Giratempo.
Ma non una Giratempo qualunque: quella Giratempo, che il Signore
Oscuro aveva rinominato Maelström,
vortice, lo avrebbe portato in qualsiasi tempo o momento preciso
avesse desiderato solo stringendolo nel palmo di una mano e pensando
intensamente al luogo e all'anno voluto. Non aveva alcun limite, ed
era pregna di magia oscura. Solo un Mangiamorte potente avrebbe mai
potuto usarla.
E
Draco Malfoy sorrise ancora, orgoglioso di essere stato scelto.
Aveva
chiuso gli occhi e aveva intensamente pensato Privet
Drive
n°4, 1988. Dieci
anni prima di
quel giorno, nel pieno di una guerra magica. Il Signore Oscuro non
gli aveva detto cosa aspettarsi da quella magia che lo avvolse, ma si
sentì avvolgere in modo rude ed essere sbattuto a destra e a
sinistra, come in un vortice molto potente. Girò per quelle
che
parvero ore, sentendosi soffocare, forse annegare, ma quando
riaprì
gli occhi, c'era il sole ad accecarlo.
Era
bagnato fradicio, notò immediatamente. Non capì
subito per quale
motivo, ma pensò che forse la sensazione di annegare non
l'aveva poi
immaginata soltanto. In ogni caso, fu distratto in fretta non appena
si guardò intorno. Si trovava in un cortile di fronte ad una
casa
pressocché anonima, dai cespugli potati ma curati come se se
ne
fosse occupato solo un bambino, e non poté evitare di fare
una
smorfia disgustata. Era in un territorio così orribilmente babbano
che si sentì pizzicare la pelle come quando, da bambino, si
rotolava
sull'erba di nascosto a suo padre e scopriva di essersi irritato la
pelle da qualche pianta urticante.
Si
irrigidì, però, quando, non appena si fu rimesso
in piedi, vide di
fronte ad uno dei cespugli un piccolo bambino vestito peggio di un
elfo domestico, con un qualcosa
in mano che sembrava, però, pericolosamente tagliente. Poco
adatto a
quelle minute mani.
«E
tu chi sei?»
Harry
Potter in miniatura lo guardava con un cipiglio confuso e, sotto
sotto, un po' spaventato. Lasciò cadere quella roba
tagliente che
aveva per le mani e si avvicinò a lui, per poi fermarsi con
le mani
sui fianchi. Era piccolo, più piccolo di quanto Draco avesse
immaginato prima di mettersi in viaggio. Gli occhiali, notò
con
orrore, erano gli
stessi che
aveva sempre portato.
«Potter!»
gridò. Non si aspettava di trovarlo così
facilmente.
«Mi
conosci?» chiese il piccolo, e Draco notò la
mancanza di un dente e
la conseguente difficoltà a pronunciare bene la lettera s.
«No»
rispose subito, salvandosi in extremis, «Cioè, io
ti conosco, ma tu
non conosci me.»
«Davvero?
E come fai a conoscermi?»
Draco
sapeva che storia doveva raccontare al piccolo Potter. Non che fosse
importante se raccontargli la verità o meno, ma si era
preparato
tutto il copione per bene, ed era pronto a seguirlo.
«Vedi,
piccolo Potter, io vengo dal futuro!» fece, smielato.
«Sono tornato
indietro nel passato perché nel futuro io sono stato tanto
cattivo
con te, ma volevo invece essere un tuo amico, così adesso
posso...
rimediare.
Posso?»
Gli
allungò una mano, il sorriso sdolcinato che si
incrinò appena,
senza però che il bambino se ne accorgesse minimamente. Non
tanto
per il gesto, che poco sarebbe importanto se avesse, stavolta,
accettato la sua mano o meno, ma era per l'enorme bugia che gli aveva
appena rifilato. Non seppe bene perché, ma si
sentì sporco.
«Ma
tu sei un adulto.»
Il piccolo Potter sembrò confuso, guardando con timore la
mano tesa,
«Gli adulti non sono amici con i più
piccoli.»
«E
chi ti ha detto questa stupidaggine?»
Il
piccolo Potter scrollò le spalle.
«Vabbè,
chissene frega? Io voglio essere tuo amico.» Ancora, si
sentì
sporco.
Potter
sembrò pensarci su, gli occhi verdi, molto più
grandi di quanto
ricordasse, che guardarono il cielo, e poi dietro di lui verso la
casa anonima alle sue spalle. Poi si sciolse in un grande e luminoso
sorrise, «Ok! Voglio avere un amico anche io, quindi va
bene!» e
accettò la sua mano.
Stringendo
la sua piccola e liscia mano, il sorriso smielato che Draco aveva
tenuto sulla faccia come una maschera si incrinò di nuovo.
Si sentì
un mostro, ma non volle per nulla al mondo rinunciare al suo
incarico.
Potter
lo tenne per mano tutto il giorno, mentre gli faceva vedere come si
estirpavano le erbacce. Era il suo compito, gli confessò.
Sua zia
Petunia si sarebbe molto arrabbiata se non lo avesse portato al
termine prima del suo ritorno.
Doveva
portarlo lontano da quella casa babbana, prima di potergli fare
qualsiasi cosa. In qualche modo Potter lì era protetto, ma
il
Signore Oscuro non gli aveva spiegato perché. Gli aveva solo
ordinato di allontanarlo da lì.
«Perché
lo devi fare tu?» chiese, sperando di non sembrare troppo
annoiato.
Non voleva rendere vano tutto il suo duro lavoro!
«Perché
devo
farlo io. Lo dice sempre zia Petunia. Se non lo faccio, zio Vernon mi
punisce e mi manda anche a letto senza cena.»
Sbatté
le palpebre molto intelligentemente, «Ah.»
Quella
sì che era una novità: per un attimo si chiese se
davvero quel
bambino fosse Potter, ma strizzando un po' gli occhi sotto la luce
del sole accecante, notò perfettamente la forma a saetta
della
cicatrice seminascosta dalla folta zazzera nera. Dunque, dato che
aveva la prova che quello fosse sul serio il Bambino Sopravvissuto,
come era possibile che fosse trattato davvero, manco a dirlo, come il
peggiore degli elfi domestici? Da dei babbani,
per
di più!
Potter
scosse le spalle, strappando l'ennesima erbaccia fino in fondo alla
radice. «Devo farlo. Dato che sei un mio amico,»
disse,
sputacchiando un po', «posso dirtelo: i miei zii mi trattano
un po'
male perché sono un mostro.
Me
lo ripetono sempre. E dato che loro si prendono cura di me, devo
ripagarli facendo le faccende domestiche. Ma a te va bene che sono strano, vero? Vieni dal futuro, sei strano anche tu.»
Draco
fu sempre più confuso ed esterrefatto, e quasi senza
accorgersene,
si sedette sull'erba accanto al piccolo Potter che, in ginocchio e
con le mani sporche di terra, continuava a strappare le erbacce.
«Quanti
anni hai, Potter?»
Potter
si guardò le mani sudicie e alzò otto dita.
Gliele mostrò,
sorridendo. «Così! E tu?»
«Diciassette.»
«Oh,
non sei molto più grande di me. Credevo avessi
l'età di mio zio
Vernon.»
Una
vena pulsò pericolosamente sulla fronte di Draco, ma
cercò di
prendere un profondo respiro per calmarsi. Era un bambino, infondo.
Lui odiava i bambini, e soprattutto Potter non poteva permettersi di
considerarlo così
vecchio,
ma non doveva perdere la calma.
A
breve, comunque, si sarebbe vendicato. Di tutto.
«Però
non mi hai detto come ti chiami!» strillò Potter
all'improvviso,
«Sei mio amico, e gli amici si chiamano per nome,
no?»
«Per
te sono Malfoy.»
Potter
grugnì, «Che brutto nome. Ma è davvero
un nome?»
«È
il mio
nome
ed è perfetto.»
s'indignò, guardandolo malissimo. Non lo sopportava!
«Se
lo dici tu. Ma smettila di chiamarmi Potter, ho un nome, non solo un
cognome! Lo sai qual è?»
«Sì,
ma per me sei e resterai per sempre solo Potter.»
Potter
gonfiò le guance. «Sei antipatico.»
disse, alzandosi in piedi
sulle gambine secche, coperte da dei vecchissimi pantaloncini, e si
pulì le mani sulla maglietta larga e già
abbastanza sudicia, «Però
sei il mio primo amico, quindi sei davvero perfetto!»
Draco
si alzò, lentamente. Guardò il piccolo Potter
sorridergli felice,
la fila di denti bianchissimi interrotta qua e là, e si
sentì in
colpa più che mai. Più sporco della maglietta
imbrattata di Potter.
Come poteva prendere in giro un bambino così solo?
«Puoi
aspettare qui dentro, io devo andare a preparare la cena ai miei zii
prima che arriva mio cugino Dudley, sennò mi tocca scappare
e
nascondermi e non posso più prepararla e mi
puniscono.»
Draco
piego la testa e anche il busto, per entrare dentro al sottoscala che
Potter gli stava indicando. Sgranò gli occhi, rendendosi
conto che
quello era tutto ciò che Potter aveva. Un materasso, qualche
coperta
e poco più. Pensò che, in effetti, gli elfi
domestici al Manor
vivevano decisamente in condizioni leggermente migliori.
«Dormi
qui?»
Potter
annuì, «Non c'era posto per me. L'altra stanza
serve per i
giocattoli di Dudley.»
Draco
non ebbe il tempo per strillare indignato da quella notizia, anche
se, a mente lucida, si sarebbe ripetuto che era qualcosa che non gli
importava e che, in fin dei conti, non aveva importanza, che subito
Potter, con estrema fretta, lo fece sedere sul piccolo materasso e
chiuse la porticina, assicurandosi prima di dirgli che non si sarebbe
dovuto muovere da lì per nessuna ragione.
Rimase
chiuso in quell'angolo soffocante e claustrofobico per quello che gli
parvero ore. Rischiava seriamente di sentirsi male, ma cercò
di
distrarsi guardandosi intorno e curiosando tra le – davvero
poche –
cose del piccolo Potter.
La
cosa più interessante da vedere fu, comunque, un nido di
ragni
situato tra uno scalino e l'altro, che fece fuori con un colpo di
bacchetta. Non lo fece per Potter, ma più che altro per la
sua breve
permanenza là dentro. Fosse mai si ritrovasse dei disgustosi
ragnetti tra i vestiti!
Vide
posato su una mensola un vecchio peluche consunto, un teddy
bear marroncino
strappato in più punti e con un occhio perso
chissà dove. Lo teneva
nascosto dietro a dei quaderni di scuola pieni di scritte, coperto
come se volesse tenerlo al sicuro dagli occhi di chiunque. Non aveva
nient'altro, Potter. Neanche altri vestiti, oltre a quelli che
indossava in quel momento.
Pensò
che Potter era davvero uno sfigato, e per la prima volta gli
dispiacque sul serio. Non aveva amici, non aveva una stanza. Non
aveva neanche un vero letto o dei vestiti. Non aveva giocattoli, se
non quel peluche rotto e vecchio. Sbuffando, ripetendosi mentalmente
quanto fosse inutile, riaggiustò il peluche con un altro
colpo di
bacchetta. Per
diminuire i sensi di colpa, come un placebo, si
disse, mormorandolo tra sé e sé.
A
distrarlo, furono delle urla e un rumore di vetro frantumato.
Non
aveva sentito i parenti di Potter tornare, ma dalle urla che adesso
sentiva, ovattate dalla porta chiusa del sottoscala, capì
che erano
a tutti gli effetti in casa.
Draco
restò ad ascoltare per pochi minuti le urla che non
accennavano a
fermarsi, e riuscì persino a captare un Non
avvicinarti, mostro! Era
deciso a non intromettersi, ad ignorare il tutto. Non erano affari
suoi! Chissene frega se Potter adesso le stava prendendo dai suoi
parenti babbani!
Bestemmiando
tra sé e sé, socchiuse appena la porta del
sottoscala. Anche se
solo per uno spiraglio, Draco ebbe più o meno chiaramente
davanti la
scena: il piccolo Potter era seduto per terra a raccattare i cocci di
vetro rotto, suppose dei piatti, incurante di starsi sporcando di
cibo riverso sul pavimento. Il viso era rosso e gli occhi gonfi di
lacrime che, però, Potter stava trattenendo con tutte le sue
forze.
Un po' lo ammirò, merlino era solo un bambino! Solo un po',
però.
Un
bambino brutto e disgustosamente grasso come un maiale stava seduto
su una sedia al tavolo apparecchiato accuratamente, una mano paffuta
a coprirsi la bocca sorridente. Una donna secca e allampanata
indicava, rossa in volto per la rabbia, i vari cocci per terra.
Intravedeva anche l'ombra di qualcun altro presente, ma non lo vedeva
bene.
Maledicendosi
un po', puntò la bacchetta verso il bambino grasso e
mormorò un
leggero: «Incendio.»
Una
fiammella illuminò la testa del bambino-maiale, che
cominciò ad
urlare. La donna accorse e cercò di spegnere le fiamme.
Potter
scoppiò a ridere, con le lacrime agli occhi, cercando
però di non
farsi vedere.
Soddisfatto,
Draco richiuse la porta del sottoscala e aspettò.
Spazio Autrice.
Eccomi qui, con una
nuova storia. Spero vi piaccia! Neanche questa sarà
particolarmente lunga, ma spero che l'idea possa piacervi.
E' tutto nato mentre rileggevo la mia storia Il Giglio rosso (a quattro
mani con la nivs, leggetevela se vi va!) e ho pensato a Draco alle
prese con davvero un piccolo Potter!
Però non volevo usare la solita storia della pozione andata
male o un incantesimo sbagliato, quindi ecco qui, è nato il
viaggio nel tempo XD
Spero vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate, se lasciate una
piccola recensione non mi farete altro che piacere!
Emily.
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Capitolo 2 *** II ***
II
«Non
puoi immaginare cosa è successo oggi a cena!»
mormorò Potter come
saluto, mezz'ora dopo, entrando nel sottoscala.
«Tieni.» gli porse
un panino semplice con il formaggio, «Scusa, non mi hanno
dato
altro.»
Draco
lo guardò con un sopracciglio alzato.
«È la tua cena?»
«Sì,
ma io sono abituato ad andare a letto digiuno. Puoi
prenderlo.»
Si
ripeté mentalmente che lo stava facendo soltanto per
ottenere la sua
fiducia, non per altro, prima di dirgli: «Non ho fame,
mangialo tu.
Non mi piace neanche il formaggio!»
«Oh,
ok... la prossima volta prenderò qualcosa che ti
piacerà. Qual è
il tuo cibo preferito?» chiese, mangiando il panino.
«Lascia
stare.» Non ci sarebbe stata una prossima volta, d'altronde,
«Cosa
è successo a cena?»
«Ah,
giusto!» ridacchiò, portandosi una mano alla bocca
per non farsi
sentire, «Non so perché, però i capelli
di Dudley hanno
all'improvviso preso fuoco! Io stavo pulendo perché Dudley
ha fatto
cadere il piatto con le verdure che non gli piacevano, e ha dato pure
la colpa a me, e insomma mentre pulivo una fiamma grandissima
è
apparsa sulla testa di Dudley!»
«Come
per magia?» ghignò Draco, divertito
dall'entusiasmo del piccolo, ma
quando Potter sgranò gli occhi e gli mise le mani sulla
bocca, si
spaventò.
«Non
dirlo!»
«Cosa?»
«Quella
parola! Non si dice. Zio Vernon mi sgrida sempre quando dico quella
parola!»
«Quale?
Magia?»
«Shh!!»
Potter chiuse gli occhi, come ad aspettarsi a momenti una bastonata,
«Non dirlo!»
Draco
non rispose, sempre più confuso ed inquieto. Certo, non
pretendeva
di capire tutte le circostante e i segreti della famiglia di Potter,
ma era davvero messo così male? Poteva capire se non sapeva
le basi
di magia purosangue, ma gli avevano tenuto nascosto chi era
veramente? Harry Potter non sapeva cosa aveva fatto per il mondo
magico? Assurdo.
Tanto
assurdo quanto incredibile pensare che per una semplice parola,
comunissima, Potter ne avesse quasi... paura.
Per
le conseguenze, almeno.
«Non
lo dico, togli le mani.» gli disse, e stranamente non si
tolse le
piccole manine di dosso con un gesto secco, ma piuttosto con
dolcezza.
«Va
bene, sei bravo! Tanto bravo!»
Draco
non riuscì a non ridacchiare a quegli elogi. Harry Potter
gli stava
dicendo che era bravo! Non avrebbe mai creduto fosse così
facile
entrare nelle sue grazie, vedendo il fallimento nell'ottenere la sua
amicizia nel treno di Hogwarts al primo anno.
Con
orrore, si rese conto, però, che Potter stava per mettersi
comodo
tra le sue gambe. Non poteva dargli torto, non c'era alcuno spazio in
quel buco, merlino! Però... salazar... si era appena messo
comodo
con la schiena appoggiata sul suo petto, incurante del suo
irrigidimento.
«Malfoy?
Ti do fastidio?»
«...No.
No, non mi dai fastidio.» Non mentiva, anche se avrebbe
voluto.
«Da
dove vieni?»
Ecco.
Si era aspettato che l'interrogatorio, prima o poi, sarebbe arrivato.
«Da Londra?» gli uscì come una domanda
piuttosto che
un'affermazione.
«Ah,
qui vicino allora! ...Londra è qui vicino, giusto? Gli zii
non mi
hanno mai portato da nessuna parte perché si vergognano di
portarmi
con loro, però a geografia, a scuola, ho studiato la cartina
dell'Inghilterra, ma non me lo ricordo.»
Certo
che Potter parlava molto, non lo ricordava così
chiacchierone. Anzi,
aveva sempre notato che era un ragazzo pressocché
tranquillo.
Timido, oserebbe dire. Quanto era solo Potter da bambino, per
attaccarsi così facilmente alla prima persona spacciatasi
per suo
amico?
«Sì,
è qui vicino. Non sei mai andato da nessuna parte?»
«No
no.» disse il piccolo Potter, «Te l'ho detto, gli
zii si vergognano
di me.»
«Ti
piacerebbe andare da qualche parte?»
Il
piano stava per prendere forma. Avrebbe solo dovuto portare Potter
lontano da quella casa.
Potter
si girò, guardandolo con gli occhioni verdi e brillanti
dietro gli
occhiali un po' piegati, «Con te?» chiese,
speranzoso.
«Certo.
Io...» deglutì, sentendo ancora la sensazione di
essere sporco,
«non mi vergogno di te.»
«Sì!
Voglio venire! Però, scusami, però zia Petunia
dice sempre a Dudley
di non andare da nessuna parte con gli sconosciuti. Zia Petunia
glielo dice perché gli vuole bene e non vuole che qualcuno
gli
faccia del male, quindi seguo anche io i suoi consigli.»
«Ma
non sono uno sconosciuto io, no? Sono un tuo amico.»
«Sì,
ma...» Potter scrollò le spalle, «Ti ho
conosciuto oggi e non mi
hai detto neanche il tuo nome intero. Sei il mio migliore
amico,
ma lo sarai più più tra un po', non
subito!»
Fece
una smorfia, quando fu definito persino il migliore
amico di
quel bambino così solo. Alla faccia di quello sfigato dello
Weasley!
Nonostante ciò, si sentì immerso nella melma.
Mentre
pensava a quanto si sentisse uno schifo, in quel momento,
perché
nonostante non sentisse la sua coscienza parlargli non voleva dire
che non esisteva e non gli stava urlando le peggio cose in quel
momento, Potter urlò, spaventandolo.
«Orso!»
Il
piccolo Potter si piegò e prese tra le braccia sottili il
peluche
rimesso a nuovo da Draco quel pomeriggio, guardandolo con gli
occhioni sgranati e brillanti di felicità. Se lo
girò tra le mani,
come a non credere a ciò che vedeva, toccò con un
dito l'occhio
riattaccato e gli strappi ormai inesistenti. Poi lo guardò.
«È
guarito!»
«Il
peluche?»
«Sì
sì! Prima era tutto rotto e fatto male, la notte
piangeva.» Potter
aggrottò le sopracciglia, «Lo so che piangeva, io
lo sentivo tutte
le notti. Dudley l'ha buttato via perché era tutto rotto, ma
l'ho
preso io perché non volevo più che piangesse.
L'ho nascosto perché
se zia Petunia lo vede, lo butta via lei e mi mette anche in
punizione per aver preso un giocattolo di Dudley senza
permesso.»
«Ma
adesso sta bene, no? Non piange più.»
«Sei
stato tu ad aggistarlo? Quando ti ho fatto entrare nella mia stanza
Orso
era ancora rotto! Ne sono sicurissimo!»
Draco
gli sorrise e basta. Si godette un Potter in miniatura che giocava
con un pupazzo rattoppato da una magia neanche poi troppo forte, come
se fosse il bambino più fortunato del mondo ad aver ricevuto
un tale
regalo.
Potter
si addomentò stringendo l'orso di pezza e con la guancia
appoggiata
al suo petto.
Per
tutta la notte avrebbe potuto portarlo via e portare a termine il suo
piano una volta per tutte, ma non lo fece. Restò a guardare
quel
Potter così gracilino stringersi a lui in cerca di calore o
forse
affetto che, ovviamente, Draco non poteva dargli. E non voleva,
anche, era pur sempre Potter! O almeno, cercò di
autoconvincersene.
Non
dormì molto, Draco. Giusto quello che bastava per non avere
la
faccia pesta tutto il giorno seguente. Guardò il piccolo
Potter
dormire tranquillo, la boccuccia umida socchiusa da dove usciva un
respiro lieve e le braccia strette intorno al suo orsetto di pezza
rimesso a nuovo.
Si
stupì quando Potter si svegliò da sé
poco prima dell'alba.
«Buongiorno,
Malfoy!» sussurrò, grattandosi un occhio e
sbadigliando.
«Come
mai già sveglio?» gli chiese. La sua voce era un
po' roca.
«Devo
preparare la colazione ai miei zii e a Dudley,» fece un altro
sbadiglio, «si sveglieranno tra qualche ora. Mi fai
compagnia?
Possiamo mangiare anche qualcosa di nascosto, però devi
nasconderti
prima che si sveglino.»
Non
seppe perché lo fece, ma Draco uscì dal
sottoscala tenendo il
piccolo Potter che, ancora assonnato, sonnecchiava sulla sua spalla.
Devo
guadagnare la
sua fiducia, si
giustificò, per l'ennesima volta.
«Mettimi
giù,» mugugnò Potter, «devo
preparare la colazione.»
Si
maledì un po', ma quasi non se ne rese conto quando disse:
«Faccio
io.»
Faccio
io?! Draco
non sapeva neanche come si preparava un panino! Figurarsi una
colazione intera! E poi lui, Draco Malfoy, indiscusso –
più o meno
– Mangiamorte al servizio del Signore Oscuro, doveva
preparare la
colazione a dei babbani?
Devo
guadagnare la fiducia di Potter! Si
ripeté.
Facendo
in modo che Potter non guardasse, prese la bacchetta nascosta nella
manica della giacca e castò qualche incantesimo a caso. Bene
o male,
riuscì a cuocere delle uova e riempito una brocca d'acqua.
Se lo
sarebbero fatto bastare. Era già troppo!
Anche
se, considerando quanto somigliasse ad un maiale il cugino di Potter,
quello non sarebbe bastato affatto. Decise che, infondo, non gli
importava granché.
Se
tutto andava bene, Potter non sarebbe neanche tornato a casa per
beccarsi la punizione, quel giorno.
«Ecco
fatto.» afferrò un piatto con delle uova
strapazzate e corse fuori
nel giardino. Speriamo
siano commestibili, ieri non ho neanche cenato!
Si
sedette in un angolo del giardino con Potter ancora semicosciente in
braccio. Ma quando sentì l'odore delle uova, il piccolo
moccioso
sembrò risvegliarsi come d'incanto, «Uova! Che
buon odore! L'hai
fatte tu?»
«Tu
dormivi.» sogghignò, mangiando le uova e
osservando Potter come si
rimpinzava con gusto. Da quanto aveva capito, era abituato a mangiare
poco, e probabilmente per costrinzione. Trovò piuttosto
normale e
non disgustoso guardarlo come si imbrattava e come gli occhioni si
socchiudevano gustandosi la colazione. Per salazar, non erano neanche
così buone!
Adesso
capiva perché si ingozzava come un maiale alle tavolate ad
Hogwarts.
«Grazie,
Malfoy! Erano buoni buonissimi!» esultò, contento,
quando ebbe
finito.
«Chiudi
gli occhi che ti pulisco.» disse, e Potter, fiducioso, fece
come gli
era stato chiesto e strinse forte gli occhi per non cedere alla
tentazione di sbirciare.
Draco
riprese la bacchetta e fece evaporare i residui di unto delle uova
dalle mani e dalla bocca di Potter, e fece sparire pure il piatto.
Quando
Potter riaprì gli occhi, si guardò le mani
meravigliato. «Faceva
il solletico. Come hai fatto?»
«Per
magia.» disse, e prima che Potter gli urlasse che non si
diceva
quella parola, lo fermò, «Allora? Oggi vieni con
me? Ti porto in un
posto che sono sicuro ti piacerà.»
Che
schifo, pensò.
Suppose che si stesse riferendo a se stesso.
«Ma...»
Potter aggrottò le sopracciglia, «non posso. Sei
uno
sconosciuto...»
«Come
faccio a non essere più uno sconosciuto, per te?»
In
un angolo molto remoto della sua mente, sperò che Potter gli
dicesse
che non poteva non essere uno sconosciuto per ancora molto tempo. Ma
quello davanti a lui era pur sempre un bambino, un bambino che era
stato solo per tutta la vita, e che si era ritrovato per la prima
volta con una prima persona che lo trattava bene.
Sarebbe
stato terribilmente facile portarlo via da lì...
«Voglio
sapere il tuo nome, tutto il tuo nome! E voglio che mi chiami Harry,
e non Potter!»
Era
anche fin troppo facile.
«Mi
chiamo Draco Malfoy... Harry.»
La voce gli si spezzò un po', quando pronunciò il
suo nome per la
prima volta. La primissima, da sempre.
Potter
si illuminò, «Draco!
Hai
un un nome davvero figo!»
trillò, abbracciandolo. Draco si irrigidì,
«Ora sei il mio
migliore migliorissimo
amico!
Dove vuoi portarmi?»
«In
un... bel posto. Promesso. Ti
fidi di me?»
Potter
annuì con vigore, prendendogli la mano e stringendola con
dolcezza.
Lo guardò con i suoi grandi occhioni dietro gli occhiali
storti
quasi più grandi della sua testa, brillavano fiduciosi e
felici,
mettendosi in piedi ad aspettarlo.
Rimase
a guardarlo per un po', seduto ancora sull'erba fresca, pensando che
forse non era stata una grande idea accettare quella missione. Era
sembrata così facile e semplice, dalle parole del Signore
Oscuro,
circuire un piccolo Potter indifeso, portarlo via dalla protezione
della sua casa babbana, allontanarlo e...
Ripensandoci,
forse lui non era la persona giusta.
Spazio Autrice.
Salve! Eccomi qui con
il secondo capitolo. Le cose stanno diventando difficili per Draco...
Eppure, anche se dice di odiare i bambini, proprio non ce la fa a
resistere ai piccoli Potter! (ogni riferimento a fatti o storie è
puramente casuale) XD
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! E ovviamente ringrazio
i tantissimi lettori silenziosi, i tanti che hanno messo la storia tra
le seguite/preferite, e a quell'anima buona che ha recensito XD
Ricordo che non mordo se mi lasciate una recensione! ;)
Emily.
|
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Capitolo 3 *** III ***
III
La
vocina acuta di Potter
lo chiamò, facendolo sobbalzare. «Draco? Va tutto
bene? A cosa
pensi?»
Al
fatto che a breve dovrò ucciderti. «Alla
strada giusta. Scusa, mi sono distratto, comunque. Andiamo?»
Si
mise in piedi e
camminò con lentezza estenuante per tutta la strada
principale, e
deserta, di Privet Drive. Si guardò intorno circospetto, il
Signore
Oscuro lo aveva messo in guardia su possibili spie che stavano
tenendo d'occhio Potter, ma era essenzialmente presto, poco dopo
l'alba, e non c'era anima viva in giro.
Poteva
stare tranquillo.
Allora
perché, un angolo
della sua mente, sperava che qualcuno lo fermasse?
Si
inoltrarono in un parco poco lontano, circondato da alberi fitti. Il
Signore Oscuro gli aveva detto che, poco lontano da lì,
doveva
esserci una radura con un rudere abbandonato. Poteva
essere un buon posto per un infanticidio? Pensò,
distratto, Draco, la nausea che saliva mano a mano che i passi li
allontanavano dalla casa babbana degli zii di Potter.
«Ci
sono venuto qualche volta in questo parco, ma non mi sono mai
divertito.» confessò Potter dopo minuti di
silenzio, «Dudley e i
suoi amici mi rincorrevano. Giocavano alla caccia,
e la preda la facevo sempre io.»
«Cosa
facevano quando ti
prendevano?» Sapeva, però, cosa aspettarsi dalla
risposta.
Il
piccolo Potter scrollò
semplicemente le spalle, «Una volpe cosa fa al coniglio che
caccia?
Cerca di ucciderlo. Per fortuna, nel mio caso non cercano di
mangiarmi, ma me ne danno tante.» gli strinse una mano, e gli
sorrise, come se fosse lui da tranquillizzare e non viceversa. E
forse alla fine aveva pure ragione. «Però non mi
faccio mai
prendere, Draco, sono davvero veloce sai?»
«Sì.
Anche da grande
sarai molto veloce.»
«Davvero?»
i suoi
occhioni brillarono, «Ma anche da grande dovrò
scappare?» chiese
poi, preoccupato.
Draco
non rispose.
«Wow!
Non ero mai
arrivato qui! Ma siamo sempre a Privet Drive?»
Avevano
appena messo
piede sulla terra smunta della piccola radura poco dietro il parco
babbano. Potter si guardava intorno, un po' confuso, ma estasiato
alla vista del piccolo rudere abbandonato.
«Giochiamo
lì dentro? A nascondino? Non ho mai giocato a
nascondino,» e prima
che Draco potesse chiedergli che gioco fosse questo nascondino
di cui stava parlando, Potter lo tirò per una mano,
«o forse
possiamo andare a caccia di fantasmi! Ho visto che in tv alcune
persone lo fanno. Non guardo molto la tv, ma quando pulisco camera di
Dudley di nascosto l'accendo per un po'.»
Draco
continuava a non
rispondere, ascoltando con un macigno sul petto le parole del
bambino. Mano a mano che si avvicinavano al rudere, composto da
pietre lisce e ricoperte di muschi e licheni, il peso che gli rendeva
difficile respirare diventava sempre più insistente e
insopportabile.
Non
era la persona adatta
ad un compito del genere. Come aveva mai potuto accettare il compito
di uccidere Potter? Potter da bambino, per di più!
Cercò dentro di
sé di nuovo quell'orgoglio e quella fierezza che lo aveva
accompagnato fino al giorno prima, ma non la trovò da
nessuna parte.
Sentì
solo la melma che
gli riempiva la gola.
«Perché
mi hai portato
proprio qui?»
Draco
deglutì, «Non volevi allontanarti troppo, giusto?
Ci avremmo messo
troppo, poi, per tornare a casa. Mica vuoi essere punito al tuo
ritorno, vero?»
«No
no!» Potter scosse
la testa e gli sorrise con la bocca sdentata, «Hai fatto
bene!
Quando avremo più tempo andiamo da più
più parti! Più più
lontano!»
Non
appena entrarono nel
rudere, Potter cercò subito di lasciare la sua mano per
mettersi a
correre ed esplorare i dintorni, ma Draco non glielo permise. Lo
tenne accanto a sé, cercando di non stringere troppo il
piccolo e
troppo sottile polso che aveva tra le dita. Si piegò sulle
ginocchia, in modo tale da essere alla stessa altezza di Potter.
«Prima
di giocare,»
deglutì di nuovo, sentiva un saporaccio orribile in bocca,
«devo
farti vedere una cosa.»
«Che
cosa?»
Draco
prese la sua
bacchetta nascosta dalla lunga manica della giacca, e la
puntò sul
viso scettico di Potter.
Lui
aggrottò le
sopracciglia, «Un pezzo di legno?»
«Sì,
Pot– Harry.»
cercò di sorridere ma non fu convinto di esserci riuscito,
«È una
bacchetta. Non toccarla.»
«Vuoi
prendermi a
bacchettate?» chiese, guardandolo un po' impaurito,
«Come fa zia
Petunia con il mestolo?»
«No...
no, Harry. Non ti
prenderò a bacchettate.»
Si
rincuorò appena
pensato che, dopotutto, Potter non avrebbe sofferto. Con l'avada
kedavra, un secondo e sarebbe morto: non avrebbe avuto neanche il
tempo di sentire il minimo dolore.
«Voglio
farti vedere una... cosa
bella.»
«Con
una bacchetta? Sei
un prestigiatore?»
Draco
non sapeva bene cosa fosse un prestigiatore,
ma
annuì semplicemente e si rimise in piedi, accertandosi che
Potter
non si allontanasse da lui.
Non
lo fece, il bambino
restò soltanto a fissarlo in attesa. Fiducioso.
Harry
Potter, piccolo ed
innocente, ancora ignaro di tutto quello che, una volta messo piede
ad Hogwarts, avrebbe subito e sopportato, si fidava di lui, Draco
Malfoy.
In
un altro contesto, in
un altro luogo, Draco sarebbe scoppiato a ridere.
In
quel momento, invece,
gli veniva solo da vomitare.
Puntò
la bacchetta sul
suo viso, sugli occhiali storti, sugli occhioni verdi come smeraldi,
sulla cicatrice che nel giro di tre anni si sarebbe arrossata e
avrebbe bruciato.
Gli
tremò la mano,
mentre apriva la bocca secca. Le parole erano così difficili
da
pronunciare...
«Avad...»
deglutì.
«Avada...»
tossì.
«Avada
Ked...av...» si
morse il labbro, stringendo gli occhi.
Li
chiuse e si prese la testa tra le mani. Non ci riusciva, non ci
riusciva! Non era in grado di uccidere un bambino! Eppure era
sembrata così semplice come missione, uccidere Potter da
bambino! Si
era così concentrato su Potter,
sul
fatto di dovere uccidere proprio lui, di potersi vendicare di tutto
quello che gli aveva fatto passare per tutti quegli anni, che non
aveva affatto pensato al fatto che si sarebbe trovato davanti a
sé
pur sempre un bambino, poco contava fosse poi Potter.
Era
un bambino.
«Draco?
Va tutto bene?
Non ci riesci?»
Aprì
gli occhi,
guardando di nuovo il viso confuso ed ora preoccupato del piccolo
Potter. Salazar, si sentiva così sporco, aveva voglia di
grattarsi e
di scrostarsi tutto il sudicio di dosso.
«Mi
dispiace...»
mormorò, facendo un passo indietro.
«Per
cosa? Draco?»
«Mi
dispiace tanto,
Harry... devo andare... mi dispiace...»
Scappò
come il codardo che era, abbandonando Potter da solo in quel rudere
che sarebbe dovuto essere la sua tomba.
Corse
via, non curandosi
di dove fosse diretto o dove stesse andando. Si inoltrò
sempre di
più tra gli alberi fitti, prendendo con gli occhi gonfi di
lacrime
frustate il Maelström accuratamente nascosto nelle pieghe
della
tasca dei suoi pantaloni.
Si
fermò solo dopo aver
corso per chissà quanto tempo, guardandosi appena indietro e
sospirando sollevato quando non riuscì a intravedere neanche
l'ombra
del rudere.
Strinse
il Maelström tra
le dita, e pensò che lui non era affatto adatto a questo
compito.
Sarebbe tornato nel suo tempo, nel 1998, e avrebbe pregato, anche a
costo di beccarsi qualche cruciatus dal Signore Oscuro o da suo
padre, di poter essere sollevato da quell'incarico. C'erano centinaia
di Mangiamorte che erano pronti a maledire a vita Potter, persino
più
di lui, e che non avevano affatto problemi nell'uccidere un bambino
indifeso.
Draco
era debole, se ne
rendeva conto. Era debole, e lo era diventato ancora di più
nel
guardare gli occhi fiduciosi di Potter, il suo sorriso sdentato e
felice, nel sentire la sua piccola mano stringere la sua.
Oh,
ma l'avrebbe
sicuramente pagata per il suo passo indietro. Il futuro che lo
aspettava sarebbe stato pieno di punizioni e di sguardi delusi per il
suo fallimento, ma a Draco davvero non importava. Aveva un marchio
sul braccio, prediligeva la magia oscura, ma non voleva essere un
assassino. Non un assassino di bambini, non l'assassino di nessuno.
Chiuse
gli occhi, stringendo il ciondolo dorato, pensando intensamente Casa
mia, 1998.
Il
vortice lo inghiottì
nuovamente come il giorno prima, sballottolandolo a destra e a manca,
infradiciandolo dalla testa ai piedi. Temette di vomitare non appena
sarebbe arrivato a destinazione, già che si sentiva pieno di
spazzatura nello stomaco.
Spazio Autrice.
Ed ecco io terzo
capitolo, possiamo dire addio (per il momento, almeno) al piccolo
Potter!
Almeno non è un addio definitivo XD
Draco ora tornerà nel suo tempo, cosa lo aspetta? Diciamo
che nulla di bello, i viaggi temporali non portano mai nulla di bello,
hahaha!
Mi dispiace per tutti quelli che avrebbero preferito vedere altre
interazioni tra Draco e il piccolo Harry, ma avendo una trama ben
precisa in mente, ci sono cose che devono essere sistemate con il
grande (?) Potter.
Ringrazio di cuore tutte le tantissime persone che hanno aggiunto tra
le preferite/ricordate/seguite questa storia! Sono contenta che l'idea
piaccia così tanto, piace molto anche a me!
Ringrazio anche coloro che hanno lasciato le dolcissime recensioni,
adoriamo tutte Draco alle prese con i piccoli marchi Potter!
Attendo i vostri commenti, che mi fanno sempre enormemente piacere :)
Emily.
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Capitolo 4 *** IV ***
VI
Quando
riaprì gli occhi,
la prima cosa che notò fu che non era fradicio. Era seduto
all'enorme tavolo della sala da pranzo di Malfoy Manor, sua madre,
algida come sempre, di fronte a lui e suo padre, che in quel momento
indossava un sorriso inquietante, a capo tavola.
Non
disse niente, temendo
di attirare troppo l'attenzione su di lui. C'era qualcosa che non
andava, lo sentiva. Perché il viaggio era andato in modo
diverso
rispetto all'andata? Perché aveva la sensazione di non
essere nel
suo tempo?
Eppure
aveva fatto come
doveva. Aveva pensato intensamente al luogo e all'anno voluto,
proprio come il Signore Oscuro gli aveva detto di fare. La prima
volta aveva funzionato. Forse perché, adesso, il viaggio non
era
stato nel passato? Forse perché... il futuro era cambiato?
Cosa
aveva fatto? Aveva ucciso Potter, lasciandolo lì da solo,
indifeso?
«Draco,
posso riottenere
la tua attenzione o è chiedere troppo?» fece suo
padre,
lanciandogli un'occhiataccia ma senza perdere il sorriso.
Draco
lo guardò,
sperduto. Stava parlando? «Cosa, padre?»
Lucius
sospirò, poi
prese il suo bastone e lo batté per terra, chiamando gli
elfi
domestici per portare via i piatti vuoti. «Sei spesso tra i
tuoi
pensieri ultimamente, Draco. Ricorda che i Malfoy prestano sempre
attenzione, non si lasciano sfuggire niente.» lo
fissò, gelandolo
con i suoi occhi gelati. «Dicevo: il Signore Oscuro vuole
premiarti
per ciò che hai fatto, dunque si aspetta che, al
più presto, tu
vada al suo cospetto.»
«Per...
ciò che ho
fatto?»
Cosa
aveva fatto? Aveva
davvero compiuto la sua missione, nonostante non avesse lanciato
l'anatema? Era davvero bastato lasciarlo incustodito in un bosco per
ucciderlo? Lo stomaco di Draco andò sottosopra.
Sua
madre lo guardò,
senza osare aprir bocca. Si chiese perché sembrasse triste,
dietro
la maschera algida e fredda.
«Certo,
Draco, non ti
aspettavi per caso una ricompensa? In tutti questi anni, hai fatto un
ottimo lavoro. Era il tuo compito, certo, ma l'hai compiuto nel
migliore dei modi.» subito dopo aver detto quello, e
lasciando
comunque Draco sempre più confuso, gli fece segno di
alzarsi, «Ora
va', su, non far aspettare oltre il Lord.»
Fece
come gli era stato
detto, anche se non sapeva bene dove andare. Uscì dalla sala
da
pranzo e si appoggiò al muro del corridoio, cercando di fare
mente
locale: era lì, a Malfoy Manor, nel 1998. Suo padre era
fiero di
lui, aveva fatto qualcosa che, e deglutì al pensiero, aveva
reso
felice il Signore Oscuro. Ma cosa?
Suo
padre aveva detto in
tutti questi anni. Era
un compito che era durato per anni, prima di ottenere il suo
compimento. Cosa aveva fatto per tutto quel tempo? Aveva frequentato
Hogwarts...
Non
si accorse che sua
madre lo aveva seguito fino a che non sobbalzò, toccandosi
il petto
spaventato, quando una sua mano delicata gli toccò un
braccio.
«Madre,»
la chiamò,
guardandole negli occhi che, più di prima, gli sembrarono
apprensivi, «mi hai spaventato.»
«Mi
dispiace,» rispose
lei, e gli strinse il braccio, «va tutto bene,
Draco?»
Draco
annuì, ma decise
di farsi aiutare almeno da sua madre, sperando che lei gli avrebbe
dato più delucidazioni senza aizzare dubbi.
«Sì, io... sono solo
un po' confuso. Dove posso trovare il Signore Oscuro?»
«Oh,
Draco. Ti prego,
cerca di superare tutto questo, vedrai che... col tempo passa. Tuo
padre è così fiero di te che non si rende conto
di quanto tutto
questo ti faccia male, ma... nessuno può fare
altrimenti.»
«Madre,
davvero, non
capisco di cosa tu stia parlando.» disse, ma Narcissa non
notò la
sua particolare sincerità.
«Immagino
che ignorando
la cosa, possa essere un metodo giusto.» gli sorrise, ma gli
occhi
non persero la luce un po' triste, così nuova sul viso di
sua madre.
«Va' in salotto, il Lord ti sta aspettando lì.
Sono fiera di te,
Draco, nonostante io sappia quanto ti sia costato ottenerla, e anche
tuo padre lo è. Volevo solo che tu lo sapessi.»
Gli
strinse un'ultima
volta il braccio, in un gesto che gli sapeva di confortante, prima di
dargli le spalle e allontanarsi lungo il corridoio.
Arrivò
in salotto che
aveva i nervi a fior di pelle, come ogni volta che doveva andare al
cospetto del Signore Oscuro. La sua agitazione, però,
stavolta non
si basava soltanto sulla presenza del mago oscuro, ma anche
dall'ignoranza di ciò che era avvenuto mentre lui viaggiava
nel
tempo.
Sentiva
il Maelström
pesare incredibilmente nella sua tasca.
Si
inginocchiò quasi
toccando il pavimento lucido con il naso, quando arrivò di
fronte al
Signore Oscuro. «Mio signore,» fece,
ossequiosamente. La sua voce,
per fortuna, non vibrò.
«Oh,
Draco! Mio caro
Draco! Alzati. Oggi è il tuo gran giorno.»
Alzò
il viso,
rimettendosi compostamente in linea eretta. Vide il Lord seduto su
quello che doveva essere il suo nuovo trono, ai suoi piedi Nagini che
strisciava tranquilla e mostrava la lingua biforcuta.
«Mi
dispiace per averti fatto restare sulle spine per tre giorni, prima
di darti il tuo premio. Ma come puoi immaginare, ho avuto da fare con
il tuo piccolo regalino.»
gli sorrise, accattivante, gli occhi rossi che gli fecero venire i
brividi lo fissavano allegri. «Dimmi ciò che
desideri.»
Pensò
velocemente a qualcosa, e per fortuna gli venne in mente un'idea per
potersi togliere d'impiccio. «Non chiedo molto, mio signore.
Solo...
credo di essere stato colpito da un confundus, perché mi
sento
particolarmente... confuso e fuori luogo. Vorrei solo sapere cosa...
cosa
ho fatto.»
«Non
sai cosa hai fatto,
Draco? Hai reso possibile la mia vincita.»
«Non...
so come però,
mio signore. Tutto ciò che chiedo è
saperlo.»
«Devi
esserne del tutto
fiero, credimi. Un lavoro lungo e faticoso è stato, il tuo.
Dal tuo
primo anno ad Hogwarts. Sei stato impeccabile.»
Draco
aggrottò le
sopracciglia. Aveva fatto qualcosa ad Hogwarts? Cosa?
«Mi
sorprende che tu non
te ne ricorda, Draco. Eri così felice, tre giorni fa, quando
hai
portato a termine la missione. Sembravi particolarmente entusiasta di
portarmi ciò che chiedevo, o meglio, ciò che ho
chiesto a tutti i
Mangiamorte. Nessuno ci è riuscito, tranne te.»
A
quel punto, sperò solo di aver capito male. O forse no.
Infondo, era
davvero ciò che gli era stato chiesto quando aveva iniziato
Hogwarts, quando Lucius era entrato nelle sue stanze e gli aveva
ordinato di diventare amico di Potter. Ma
Potter non è mai diventato amico mio.
«Quando
mi hai consegnato Potter,» disse, con un enorme sorriso,
«sei stato
così
felice di
vedere il suo viso trasformarsi in una smorfia tradita! Si fidava
così tanto di te, quello sciocco.»
Fu
come ritornare davanti
al piccolo Potter, che lo guardava con gli occhi verdi pieni di
speranza e fiducia per niente meritata. Solo che, al posto di un
bambino, vide Potter come lo ricordava l'ultima volta che lo aveva
visto ad Hogwarts, con lo stesso sorriso e con gli stessi occhiali
storti.
Fu
come affogare nella
sua stessa bile.
«È
tutto ciò che
chiedi, Draco?»
Fissò
il Signore Oscuro, e sembrava quasi che lui sapesse.
Cosa
in particolare non capì, ma ebbe la brutta sensazione di
essere
scoperto su tutti i suoi segreti. Gli sembrò una fortuna, in
quel
momento, aver imparato alla perfezione l'occlumazia.
«Avrei
un'altra
richiesta, se non è troppo.» al cenno di assenso
del Lord,
continuò, «Vorrei vedere Potter, se non
è morto.»
«Oh,
no, non è morto, e
non morirà. Ma è sotto la mia stretta
sorveglianza. Comunque,
Draco, a te è concesso vederlo: se non fosse stato per te,
non
sarebbe neanche qui. Ma non ucciderlo, sono stato chiaro?»
Draco
annuì.
E
fu col cuore che gli
batteva forte nelle orecchie, che seguì il Signore Oscuro
accompagnarlo fin dentro le prigioni del Manor.
Spazio Autrice.
Mi dispiace per il
capitolo un pochino più corto, ma per tenere sulle spine voi
lettori (?) vi farò vedere Harry nel prossimo capitolo XD
Alcuni di voi hanno predetto bene ciò che Draco ha "subito"
nel futuro! Ebbene, Harry e Draco sono diventati amichetti, ma
ovviamente Draco l'ha consegnato a Voldemort. Grande Draco, sempre sul
pezzo.
Ma non temete! Le cose non andranno che peggio! XD
Vi ringrazio moltissimo per le recensioni, oggi sono di fretta e non
posso rispondere, ma più tardi o domani
risponderò a tutti! E anche per aver
ricordato/seguito/preferito la storia!
Se lascerete qualche recensione, per farmi sapere cosa pensate della
storia, mi renderete molto felice <3
Emily.
|
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Capitolo 5 *** V ***
V
Il
Signore Oscuro lo
lasciò all'entrata delle segrete dopo aver lanciato un
incantesimo
che fece gemere sommessamente chiunque si nascondesse nel buio della
cella. Gli fece un sorriso inquietante e sparì da dove,
insieme,
erano arrivati, risalendo verso il salone del Manor.
Sembrava
fidarsi molto di
lui, se addirittura l'aveva lasciato solo insieme ad un prigioniero.
Ma
non ucciderlo, sono stato chiaro? Gli
sembrava un paradosso, quella frase. Perché, in quel futuro,
il
Signore Oscuro non desiderava la morte di Potter? Non capiva. Era
partito per quella missione per uccidere Potter da bambino, per
togliere di mezzo il principale nemico del Lord che impediva la sua
ascesa al potere, come era possibile che, adesso, gli aveva proibito
di mettere fine alla sua vita?
Si
avvicinò tentennante
alle sbarre della cella, lasciata incautamente aperta. Se Potter era
lì dentro – e lo era, senza alcun dubbio,
ripensando alle parole
del Lord – non aveva modo di fuggire, altrimenti l'avrebbe
già
fatto.
Superò
la soglia della
cella, «Potter?» mormorò,
«Lumos.» disse poi dopo, arrendendosi
al fatto che i suoi occhi non si stavano abituando al buio e
continuavano a non vedere niente.
Quel
che vide lo fece
sprofondare nella disperazione più totale. Quello che aveva
davanti
era Potter? Era un ammasso di lividi e tagli infetti, i capelli
lunghi a nascondergli il viso sicuramente tumefatto. Tremava, tremava
tantissimo. Erano tremiti che Draco conosceva bene, erano gli stessi
tremiti che lasciavano le cruciatus quando l'inferno sembrava
passare. Ma perché tremava ancora? Non era stato colpito in
quel
momento.
Quanto
dovevano averlo
già torturato per avergli lasciato tali segni?
Era
steso su una panca
nell'angolo più lontano della cella, in posizione fetale.
Non aveva
gli occhiali, ma da sotto i folti capelli sporchi di sangue gli
sembrava di vedere le sue iridi verdi guardarlo.
Non
erano più gli occhi
brillanti e fiduciosi del piccolo Potter.
Senza
neanche
accorgersene, quasi corse per arrivare al suo fianco. Si
piegò sulle
ginocchia e cercò di togliergli i capelli dal viso, gli
carezzò le
braccia stando attento a non toccare i tagli.
«Potter?
Ma come ti
hanno ridotto?»
«Come
mi hai
ridotto,
Draco.» lo corresse, con voce roca e spenta. Sembrava aver
urlato
per giorni.
Draco
guardò i suoi
occhi, accusatori, e deglutì. «Cosa...?»
«Non
riesci neanche
più...» inspirò, e gemette per il
dolore, «a chiamarmi per nome?»
Non
riuscì a
rispondergli. Ricordava quando lo chiamava per nome? Quando era un
bambino?
«Vuoi
che ti chiami
Harry?» gli chiese, con delicatezza.
«Voglio
solo che tu te
ne vada.»
Fu
come avere un pugnale
affondato all'altezza dello stomaco. Potter aveva gli occhi rossi e
vacui, le labbra gonfie e secche con piaghe dolorose che sanguinavano
ai lati.
«Harry,
davvero, io non
capisco... io non... perché..?»
Harry
ebbe un guizzò di vitalità solo quando la rabbia
gli bruciò gli
occhi. Sembrò volersi muovere, ma non ce la faceva,
«Perché?
Perché?
Dovrei essere io...
io a
chiederti perché mi hai fatto questo! Io ti amavo
mentre
tu... tu non vedevi l'ora di portarmi qui.»
No.
Per
Salazar, non lo aveva
fatto sul serio. Non poteva averlo fatto sul serio.
Potter
lo guardava ferito
sia nel corpo che, soprattutto, nell'anima. Draco non riuscì
neanche
ad immaginare come potesse sentirsi – oltre al dolore delle
cruciatus e di altri vari incantesimi, c'era anche il dolore del
tradimento da parte della persona che amava. Che amava. Era
davvero stato in grado di fare una cosa del genere?
Certo,
a parole era
riuscito a promettere a suo padre che avrebbe ucciso un bambino, ma
al momento dell'atto in sé si era tirato indietro, era scappato.
A parole molte volte, prima di andare ad Hogwarts, aveva
promesso
a suo padre di diventare amico di Potter, e anche se ai tempi non
aveva capito appieno il significato, sapeva che Lucius voleva avere
sotto controllo, e in qualche modo in
pugno Harry
Potter, e gli aveva giurato che avrebbe fatto il possibile per
esaudire il suo desiderio.
Aveva
fallito
praticamente subito, inimocandoselo da Madama Malkin e poi sul treno.
Ma
in quel futuro, era
riuscito a stringere la sua mano, era riuscito a diventargli amico.
Era davvero arrivato al punto di farlo innamorare, per poi ridurlo in
quel modo?
Gli
prese le mani,
stringendole per cercare di fermare, quanto possibile, i tremori,
«Io
non... non l'ho fatto sul serio, non avrei mai potuto
fare una
cosa del genere, credimi!»
«Io
mi fidavo di
te! Mi sono sempre fidato!» avrebbe
urlato, Potter, ma non
aveva abbastanza fiato per farlo.
Draco
si alzò in piedi,
arretrando. Ti fidi di me? Potter si fidava di lui
fin da
quando aveva otto anni. Si era fidato per tutti quegli anni, e lui,
di quella fiducia, ne aveva fatto... spazzatura.
«Io...»
disse, senza
sapere in effetti cosa dire.
Sentiva
la smania di fare
qualcosa, qualsiasi cosa, come prenderlo e portarlo di nuovo tra le
braccia di chi, invece, la sua fiducia la meritava appieno, come
Weasley e Granger. Doveva chiamarli? Doveva mettersi in contatto con
loro?
Doveva
fare qualcosa.
«Va'
via! Va' via!»
Potter però gridò, più forte che
poté, graffiandosi la gola. «Non
voglio mai più vederti...» aggiunse, nascondendosi
dietro alle
ferite delle sue braccia e dietro ai suoi capelli sporchi,
singhiozzando.
E
Draco non fece niente.
Scappò
e basta. Di
nuovo.
Si
chiuse nella sua
camera, non guardando in viso nessuna persona incrociata nel
tragitto. Che fossero mangiamorte, i suoi genitori o persino il
Signore Oscuro poco gli importava al momento: aveva mandato tutti al
diavolo e si era sbattuto dietro di sé la porta.
Cadde
in ginocchio al
centro della stanza, prendendosi i capelli tra le mani. Ma alla fine,
perché si sentiva così? Aveva solo fatto
ciò che doveva fare, né
più, né meno. Era il suo compito! Che fosse
ucciderlo da bambino o
condannarlo da ragazzo, poco importava!
Non
doveva stare così
male per Potter! Stavolta cosa aveva per
giustificarsi? Non
era più un bambino... ma Draco non era stupido od ottuso,
sapeva
bene cosa c'era che non andava: senso di colpa. Quello che aveva
fatto a Potter era una cosa orribile, persino per uno come lui.
Specialmente per uno come lui, che parla, parla,
minaccia e
urla, ma non è capace di fare niente.
Per
l'amor di Morgana, la
cosa peggiore che aveva mai fatto era lanciare qualche incantesimo
urticante a dei primini ad Hogwarts!
Gli
veniva da vomitare
tutto il marcio che sentiva dentro di sé. Ignorò
il dolce toc
toc della sua porta, e quel bussare così
dolcemente non poteva
essere altri che sua madre e no, non voleva vederla.
Ripensò
alle sue parole,
quando lo aveva fermato poco prima di andare dal Signore Oscuro, e
adesso avevano completamente senso. Sua madre sapeva che tutto
ciò,
che ferire Potter, che tradirlo così – dopo che,
maledizione, gli
era diventato amico, dopo che aveva desiderato esserlo per
così
tanto tempo! – lo avrebbe distrutto, e non voleva... non
voleva
affrontarla adesso. Non adesso. Né domani e né il
giorno dopo.
Doveva
fare qualcosa e
smetterla di scappare da tutto.
Doveva
cercare di portare
via Harry da lì.
«Draco,
apri. Te ne
prego.»
Sua
madre si era arresa,
sentendosi ignorata. Draco si era rifugiato dentro il suo letto,
sotto alle coperte, nonostante fuori fosse palesemente estate. Ma
sentiva così freddo dentro di sé...
Sua
madre tornò a
bussare alla sua porta dopo cena, ma lui continuava ad ignorare le
sue preghiere. Fino a che, Narcissa Malfoy non si comportò
da
Malfoy.
«Oh,
Draco.» sospirò,
entrando dentro la stanza dopo aver bruciato e sciolto tutto il
pomello e facendo cadere, così, tutte le debolissime
protezioni che
Draco aveva messo. «Ti prego, non fare così. Ti ho
portato la cena,
prova a mangiare qualcosa.»
«Non
ho fame.» mormorò,
senza neanche degnarsi di guardarla.
«Ricordi
le mie parole,
Draco?» Sentì sua madre sedersi al lato del letto,
e una sua mano
si appoggiò sul suo fianco, sopra al lenzuolo di seta,
«Sono...
siamo fieri di te. So che adesso è
difficile, ma hai aiutato
la causa. Il Signore Oscuro, adesso, perderà interesse nelle
punizioni inflitte a tuo padre e abbandonerà il manor. L'hai
fatto
per noi.»
«No.
L'ho fatto per mio
padre.» la interruppe. Si mise a sedere e Narcissa
poté finalmente
vedere il viso tormentato del figlio, «Io non volevo tutto
questo,
non lo volevo... io ho sempre fatto quello che mi diceva lui. Non
l'ho fatto per noi, l'ho fatto per lui.»
Narcissa
gli accarezzò
il viso, e Draco non riuscì a ricordare l'ultima volta che
sua madre
aveva mostrato così esplicitamente affetto nei suoi
confronti.
«È
solo Potter.»
«Era
un mio compagno di
scuola.» replicò Draco, e si chiese
perché si stupiva così tanto
dell'insensibilità di sua madre, «Anche se l'ho
sempre odiato,
io... è come se... è come se fossimo cresciuti
insieme. Come
posso... come ho potuto restare a guardare? Lui...»
deglutì, «Lui
mi... e io... io l'ho tradito... lui si fidava di
me...»
«Allora
perché, Draco?
Perché l'hai consegnato al Signore Oscuro?» gli
chiese, abbassando
la voce ad ogni parola pronunciata, come se avesse paura di essere
ascoltata.
Già,
perché l'aveva
fatto?
Draco
era certo che
il suo stare così male non dipendeva soltanto dal suo
viaggio nel
tempo e dall'aver conosciuto un'altro, piccolo, Potter. In quel
momento, era convinto che non lo avrebbe mai fatto a prescindere.
O
forse no. Non lo
sapeva, ed era confuso. Ma di una cosa era certo.
«Non
sono stato io,
madre. Non ero in me.»
E
suonò più sincero di
quanto era mai stato in vita sua.
Spazio Autrice.
Ebbene , sono di
nuovo qui! Volevo precisare una cosa, che servirà anche ai
capitoli a venire: quando Draco viaggia nel tempo, non specifica il
giorno e il mese preciso, ma solo l'anno, quindi se quando è
partito andava ancora ad Hogwarts mentre adesso è al Manor
per le vacanze estive, è perché è
"capitato" in quel periodo dell'anno. Ecco, volevo specificarlo XD
Potter è tornato! Non è messo particolarmente
bene, eh? Come avete ben detto voi nelle recensioni, Draco migliore
amico e fidanzato dell'anno! XD
Siamo già al quinto capitolo: non ne sono previsti molti di
più, diciamo altri cinque, ma per ora godetevi tutto l'angst
che vi sto offrendo!
Siete tanto carine, vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per aver
messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate e anche ai lettori
silenziosi!
Mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate, non avete paura di
lasciarmi qualche commentino <3
Emily.
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Capitolo 6 *** VI ***
VI
Il
mattino dopo, Draco si svegliò dopo una nottata insonne,
intervallata da brevi incubi che, però, l'avevano lasciato
scosso e
sudato tra le lenzuola bollenti. Ma aprì gli occhi con un
pensiero
fisso.
«Le
cantine.» mormorò, con la bocca impastata.
Draco
conosceva a menadito le cantine del Manor, e se la fortuna decideva,
per una volta, di girare nel verso giusto, in quel futuro ci sarebbe
stato proprio ciò che gli serviva e che cercava. Pozioni.
Aveva
bisogno di tante pozioni, di tutti i tipi. Per quanto aveva visto il
giorno prima – nonostante la confusione e l'orrore provato
–
Potter aveva bisogno di cure, e Draco aveva intenzione di aiutarlo in
ogni mezzo. Per quanto, al momento, poteva.
Se
era riuscito a portarlo nella tana del lupo, sarebbe riuscito anche
portarlo via. Doveva solo trovare il modo.
Si
preparò di fretta, così tanto che per poco non
uscì dalla stanza
con la camicia fuori dai pantaloni, come il peggior studente babbano
di Hogwarts. Si lisciò persino i capelli, prima di mettere
piedi
nella sala da pranzo per la colazione, indossando la sua maschera di
indifferenza e incuranza quando si sedette al tavolo insieme ai suoi
genitori.
«Buongiorno,
Draco, figliolo.» Suo padre lo guardava come il suo miglior
tesoro,
la fierezza gli brillava gli occhi come mai era successo. Quanto
aveva desiderato di vedere quello sguardo posato su di sé?
In quel
momento, gli faceva solo ribrezzo, ripensando al motivo per il quale
suo padre aveva improvvisamente deciso di adorarlo. «Cosa ti
ha
donato come premio il nostro Signore?» domando.
Draco
notò che sia i piatti di sua madre che quelli di suo padre
erano
vuoti. Il suo no.
«Ha
chiesto il Manor libero, vero, Draco?» chiese sua madre,
guardandolo
con gli occhi freddi. Nella loro freddezza, però, Draco gli
lesse
anche una muta preghiera, e decise di annuire alla sua piccola bugia.
«Sì,
certo. Ma ho chiesto anche di vedere Potter quando ne ho voglia. Mi
ha dato il permesso di andare da lui a mio piacimento e farci quel
che voglio.»
Lucius
aggrottò le sopracciglia, «E perché hai
fatto tale richiesta? Come
al solito dovevi fare qualcosa di stupido. Potevi chiedergli
qualsiasi cosa, e tu gli chiedi di vedere quella feccia!»
«Ho
chiesto di Potter perché voglio
vederlo
e farci quello che desidero. Il Manor comunque sarà libero,
ed è
questo quello che conta.»
Il
resto della colazione trascorse nel silenzio più assoluto.
Non
appena fu libero dallo sguardo preoccupato di sua madre, Draco corse
verso le cantine del Manor, pronto ad arraffare tutte le pozioni che
riuscì a trovare. Le rimpicciolì con un colpo di
bacchetta e le
nascose sotto il suo mantello, che indossò poco prima di
scendere
nelle segrete per andare di nuovo da Potter.
Non
voglio mai più vederti...
Si
morse un labbro, tentennando poco prima di raggiungere la cella
chiusa. Ripensò alle parole di Harry il giorno prima, le
stesse che
lo avevano tormentato per tutta la notte, ma decise che non doveva
lasciare che la vergogna e il senso di colpa lo fermasse.
Era
lì per curare le sue ferite, che Harry volesse o meno.
Aprì
la cella e la rischiuse magicamente allo stesso modo alle sue spalle,
essendo così sicuro che nessun altro si facesse vivo durante
la sua
improvvisata mansione da medimago inetto.
Si
avvicinò al corpo di Harry che era ridotto allo stesso modo
del
giorno precedente, solo addormentato. Notò soltanto in quel
momento
di una pozza di vomito e sangue che giaceva in un angolo della
stanza, ma Draco evitò persino di fare qualsiasi smorfia per
la
puzza o per lo schifo.
Piuttosto,
si preoccupò di prendere subito una fiala tra le pieghe del
mantello, quella per le ferite interne di qualsiasi tipo, il che
avrebbe spiegato il vomito.
«Potter,»
lo chiamò, cercando di svegliarlo con delicatezza. «Harry...
Harry, svegliati. Prendi questo, per favore.»
Harry aprì la bocca secca con un
lieve gemito dolorante, e subito gli appoggiò l'ampollina
sulle
labbra, massaggiandogli con tocchi lievi la gola in modo tale che,
così, ingoiasse senza troppo dolore.
La pozione fece effetto quasi subito,
e lo notò immediatamente dal rilassamento del viso. Non
sembrava
sofferente come era pochi secondi prima, quindi prese una seconda
fiala contenente il Dittamo, pronto a spalmarlo sulle ferite, almeno
quelle più profonde e infette.
Harry aprì gli occhi non appena sentì
le dita di Draco sulla pelle, leggere e delicate come forse mai erano
state prima. Però non disse niente, e lasciò fare
a Draco il suo
minuzioso lavoro, senza staccare lo sguardo un po' più vivo
dal suo
viso.
Draco preferì ignorare quegli occhi
fissi e taglienti, preferendo dedicarsi appieno nel spalmare tutta la
pozione sulle ferite.
Quando ebbe finito, chiese: «Hai
qualche altro dolore? Ho una pozione anche per i tremori delle
cruciatus, ma non sembra che ti serva ora.»
«No, non mi serve.» La sua voce
sembrava molto meno roca di come era il giorno prima. Probabilmente
la prima pozione deve avergli curato pure la gola graffiata.
«Ho anche quella per il mal di testa,
e per...»
«Draco, ti ho detto che non volevo
più vederti.»
Deglutì, prima di trovare il coraggio
di alzare lo sguardo sul viso sporco e tradito di Harry.
Continuò a
torturarsi incosciamente il labbro inferiore, prima di rispondergli.
«Harry, non avrei mai potuto farti una cosa del
genere.»
«Ma l'hai fatta.»
«Non sono stato io!»
«Mi
stai dicendo che non sei stato tu a dirmi "Sono anni che stiamo
insieme, e non ti ho mai portato da nessuna parte. Ti
fidi di me? Ti
porterò in un posto speciale!"» il tono di voce si
alzò di
poco, imitandolo con una smorfia disgustata sul viso. «Un
posto
davvero speciale, Draco, davvero. Complimenti, hai sul serio
quell'ottimo gusto che hai sempre vantato di avere.»
«Harry...»
«Merlino, ancora non posso crederci.
Sai cosa mi ha fatto più male delle cruciatus e delle
maledizioni
taglienti che mi hanno lanciato negli ultimi quattro giorni?»
«Harry, ti prego, aspetta...»
«Il
fatto che prima di portarmi qui, proprio
prima di portarmi qui!, mi
hai detto che mi amavi. Che mi amavi! Era la prima volta che me lo
dicevi!» scoppiò a piangere in silenzio, mentre le
sue labbra,
nonostante adesso fossero zuppe di lacrime, non perdevano la smorfia
schifata. «Non me lo avevi mai detto... e quando me l'hai
detto, ero
così contento, così felice, ti avrei seguito fino
in capo al
mondo... e
tu mi hai portato qui. Hai
sorriso,
quando
mi hai consegnato a Voldemort.»
«Harry!»
Non sobbalzò neanche al nome del
Signore Oscuro pronunciato da Harry, ma sentì perfettamente
il nodo
in gola stringersi sempre di più ad ogni sua parola. Ma
doveva
fargli capire che lui non avrebbe mai fatto nulla del genere!
Soprattutto se lo amava, soprattutto se aveva avuto il coraggio di
dirglielo...
Gli
prese il viso tra le mani, in modo tale da avere i suoi occhi dritti
nei suoi, così da fargli vedere quanto fosse sincero in quel
momento. Forse per la prima volta. «Ascoltami, per favore,
ascolta
bene
quello
che ti dico! Non ero io.
Capisci?
Non io.»
«Non
tu.»
«Non
io.»
Rimase
in silenzio, Harry, per un sacco di tempo. I suoi occhi brillavano
solo di rabbia e risentimento in quel momento, e Draco pensò
a
quanto gli mancassero gli occhi del piccolo Potter, grandi e
fiduciosi. Poi si rese conto che gli mancavano anche gli occhi di
Harry Potter da grande quando lo guardava con passione e sfida nei
corridoi di Hogwarts, o sul campo da Quidditch.
Improvvisamente, le pupille di Harry
si dilatarono.
«Hai diciassette anni.» Non era una
domanda.
«Beh... non so bene in quale mese
siamo, ma fino all'altro ieri avevo diciassette anni,
sì.»
Si mise a sedere su quella panca,
senza perdere il contatto visivo con l'altro. E Draco pensò
–
sperò – che Harry avesse finalmente capito.
«Sei il viaggiatore nel tempo.»
Draco provò a sorridere, ma non fu
sicuro di esserci riuscito. «Sì.»
«Sei lo stesso che quando ero bambino
è stato il mio primo amico? Quello che mi ha aggiustato il
pupazzo
di pezza? Quello che ha dato fuoco ai capelli di mio
cugino...»
«Lo stesso che ti ha lasciato da solo
in una radura vicino Privet Drive. Sì.»
confermò, e stavolta fu
davvero sicuro di non essere riuscito a sorridere, neanche
lievemente.
«Non sei lo stesso che ho
reincontrato a Diagon Alley da Madama Malkin, vero? Lo stesso che,
sul treno per Hogwarts, mi ha offerto la sua amicizia?»
«Non hai mai accettato la mia
amicizia.»
Fu solo allora che Harry abbassò lo
sguardo, ricominciando a piangere. «Ho accettato la tua mano.
Ti
sono stato amico per tanti anni. Ti sono stato amante per tanti
anni.»
Anche Draco abbassò gli occhi.
Rimpiangendo qualcosa, chissà cosa.
O forse no.
«Non lo sei stato per me.»
Spazio Autrice.
Volevate un
po' di vero dialogo tra Harry e Draco? Eccovelo qui!
Non ho molto da dire, se non che dal prossimo, o da quello dopo, non so
ancora bene, ci sarà molta più azione (?)
più o meno, non sono molto brava con tali descrizioni, ma ci
proverò!
Grazie mille a tutti i recensitori! E anche chi ha
preferito/seguito/ricordato questa storiella un po', boh,
così.
Mi aspetto tante belle recensioni! (o forse no, ma sono contenta anche
se apprezzerete in silenzio :) )
Emily.
|
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Capitolo 7 *** VII ***
VII
Provò
a mandare due gufi a Weasley e alla Granger.
Scrisse
con cura dello stato di Potter, e della sua locazione. Scrisse
persino le sue scuse, e pregò loro di credergli e di venire
il prima
possibile al Manor per trarre Harry in salvo.
Fu
deluso entrambe le volte, quando i suoi gufi tornarono indietro
neanche dieci minuti dopo averli scacciati via urgentemente, con
ancora le pergamene arrotolate attaccate alle zampine.
Seduto
sulla scrivania della sua stanza, guardò quasi con le
lacrime agli
occhi per la rabbia le due pergamene. Come avrebbe fatto, ora? Se
fosse andato lui di persona da Weasley o Granger, lì al
Manor
avrebbe fatto insospettire troppe persone. Specialmente sua madre,
che già gli lanciava sguardi preoccupati, come se si stesse
aspettando prima o poi un gesto da parte sua che lo avrebbe portato
alla rovina.
Non
capiva che quel gesto, Draco l'aveva già fatto quando aveva
portato
Harry lì. Anche se non era stato effettivamente lui.
Cosa
fare, allora? Di sicuro non poteva restare con le mani in mano.
Inconsciamente, si toccò nelle tasche dei pantaloni, gli
stessi che
indossava ormai da giorni, quelli del suo viaggio nel tempo, per
toccare il Maelström, come se toccarlo potesse in qualche modo
tranquillizzarlo. Come se toccarlo potesse fargli tornare in mente
gli occhi del piccolo Potter.
Ma
quando toccò le sue tasche, si alzò in piedi,
preso dal panico. Non
trovò niente. Iniziò a passare le mani su ogni
centimetro del suo
vestito, andando poi ad afferrare anche il mantello e rivoltandolo
completamente, sbattendolo verso il pavimento nella speranza che quel
ciondolo dorato rotolasse via dalle pieghe. Ma ciò non
avvenne.
«L'ho
perso.» gemette. «Non è possibile, come
ho fatto a perderlo?»
Cercò
di ricordare quando fu l'ultima volta che l'aveva visto e toccato, e
con orrore si rese conto che non lo aveva più da quando era
arrivato
nel 1998. In quel futuro, lui non ce l'aveva. Il Signore Oscuro non
glielo aveva mai donato, non gli aveva mai dato il compito di
viaggiare nel tempo. Si sentì male.
«Non
è possibile. Non è possibile. Non è
possibile!»
Quello
era la sua salvezza! Poteva tornare nel passato per impedire a se
stesso di fare quel tremendo errore. Di rimediare agli sbagli. Poteva
tornare dal piccolo Potter, per poterlo portare via da quella radura
dove l'aveva lasciato da solo, per riportarlo a casa. Per rimediare
ad altri suoi sbagli.
Se
non fosse riuscito a salvare Harry quel giorno, o il giorno dopo, o
tra un mese, o mai, come avrebbe fatto? Non aveva più la
carta del
jolly...
Finì
con il mettere la sua intera stanza sottosopra, in un gesto
disperato. Ancora sperava di averlo semplicemente perso, ma non lo
trovò da nessuna parte, non vide neanche un più
pallido bagliore
dorato che potesse ricordargli il Maelström.
Si
lasciò scivolare al centro della stanza, avvolto tra i
vestiti e le
lenzuola disfatte del letto sul pavimento. Non andava bene per
niente.
Durante
la cena come al solito trascorsa nel più assoluto silenzio,
se non
per quelle rare frasi dette da suo padre che ancora gli rinfacciava
le sue scelte sbagliate – Anche se erano diverse da quelle
che
Draco, effettivamente, considerava sbagliate – Draco
lasciò cadere
la forchetta nel piatto, attirando inevocabilmente l'attenzione
affatto desiderata.
«Draco?»
lo chiamò sua madre, con tono freddo e distaccato, ma dagli
occhi
fin troppo espressivi.
«Tutto
bene,» li tranquillizzò entrambi, «mi
sono solo ricordato una cosa
che avevo dimenticato. Nulla di importante.»
Non
insistettero oltre, per sua fortuna. Distrattamente, Draco
ricominciò
a mangiare, mentre gli ingranaggi nel suo cervello iniziarono a
lavorare senza destare sospetti.
Il
Signore Oscuro sapeva del suo
viaggio nel tempo. In qualche modo, Draco aveva avuto la sensazione,
durante il loro colloquio, che fosse a conoscenza di tutto. Non aveva
fatto domande riguardo la sua confusione, anzi gli aveva risposto con
tutta la calma che, Draco sapeva bene, il Signore Oscuro non aveva.
Aveva
il Maelström.
Sapeva
della sua esistenza, doveva averlo creato anche in quel futuro: ma
non aveva avuto modo di usarlo perché Draco aveva deciso di
facilitargli ancora di più il compito. Aveva il
Maelström. Da
qualche parte, lo nascondeva. Era lì a Manor? Era forse nel
suo
nuovo nascondiglio? L'aveva dato a qualcuno?
Tentar
non avrebbe dovuto nuocere, quindi si schiarì la gola e
chiese:
«Padre, il Signore Oscuro ha lasciato qualcosa qui a Manor
prima di
andare via?»
Suo
padre alzò un sopracciglio, «Perché lo
chiedi?»
«Vorrei
sapere se ha lasciato... qualcosa di interessante. Mi ha ordinato di
non uccidere Potter, ma non mi ha privato di far nient'altro.»
«Non
è saggio usare la Sua roba senza permesso, Draco.»
Lucius lo guardò
male.
Sua
madre lo fissò.
«Lo
so bene. Chiederò il permesso, ovviamente. Non sono sciocco,
non
sarei qui altrimenti.»
«Concordo.
Bene, ha lasciato solo un baule, nient'altro, nella sua stanza
nell'ala ovest. Chiedi il permesso.» ribadì. Poi
riprese a mangiare
come se nulla fosse.
Mangiò
anche Draco, cercando di non far notare la sua fretta, fermandosi
persino a masticare un pezzo di carne più di quanto bastava.
Sua
madre non staccò mai lo sguardo dal suo viso.
Ovviamente
non si mise in contatto col Signore Oscuro.
Avrebbe
capito tutto. Poteva essere un pazzo sadico, ma se era arrivato dove
era arrivato, era perché era un uomo – o quel che
era, insomma –
molto astuto e intelligente. Se davvero sapeva che Draco aveva
viaggiato nel tempo, e se davvero c'era il Maelström nascosto
da
qualche parte, di certo non glielo avrebbe ceduto così come
nulla
fosse.
Dopo
cena aspettò che i suoi genitori andassero a dormire, prima
di
sgattaiolare fuori dalla sua stanza e attraversare i mille corridoi
labirintici, prima di arrivare nell'ala ovest del Manor.
Ora,
non sapeva assolutamente quale fosse la stanza del Signore Oscuro,
non aveva mai avuto modo di scoprirlo prima, ma immaginò che
ci
sarebbe arrivato, che lo avrebbe capito da sé.
E
per fortuna, fu così. Dovette aprire un paio di stanze
prima, ma
subito riconobbe quale fosse quella giusta: era quella più
vissuta,
certo, ma era anche quella più regale e mastodontica. Di
sicuro, i
suoi genitori non gli avrebbero ceduto una stanzetta come, invece,
avevano avuto i restanti mangiamorte.
Entrò
e non fece caso a nulla che lo circondasse, che non fosse il baule ai
piedi del letto. Era buio nella stanza, anche se non era notte fonda,
la luna non brillava alcun oggetto presente, ma con un leggero Lumos,
non troppo potente, riuscì subito a trovare il baule che
cercava.
Inizialmente,
al suo interno c'erano solo quelle che in apparenza gli sembrarono
soltanto stoffe e stracci. Vestiti, forse...? Li tastò uno
per uno,
scoprendo che ogni tessuto era arrotolato a qualche oggetto,
probabilmente di valore, ma al quale Draco non perse tempo a
rimuginarci.
Rimase
lì per ore, scartando accuratamente ogni oggetto che si
ritrovava
per le mani, e piano piano cadeva sempre di più nella
disperazione
più totale quando, infine, nulla di quello che aveva trovato
somigliava anche solo lontanamente al Maelström. Per tutti gli
dei,
gli sarebbe andato bene anche una sola giratempo, era disposto a
passare dieci anni a seguire il piccolo Potter e a proteggerlo dal
piccolo se stesso pur di... pur di rimediare!
Inspirò
a fondo, ma non potè evitare di restare lì,
seduto al centro della
stanza, con le mani tra i capelli. Non sapeva assolutamente cosa
fare, adesso.
Ma
si alzò in piedi lo stesso, senza lasciarsi distrarre dal
senso di
disperazione – che lo stava lasciando lo stesso abbattuto
– e si
fece coraggio. Decise di andare da Potter proprio quella sera stessa,
e lo avrebbe portato via di lì. Non sapeva ancora come, non
sapeva
bene che rischi avrebbe corso, ma non gli importava.
L'unica
cosa certa era che avrebbe salvato comunque Harry, in un modo o
nell'altro.
Spazio Autrice.
Mi scuso
terribilmente per il ritardo! Ho avuto un bel po' da fare, da posso
dire con quasi sicurezza che sono previsti altri due capitoli + uno
(forse due) extra!
Ecco, diciamo che in questo capitolo, anche questo diciamo di
passaggio, non dice molto, ma capirete tutto nel prossimo! La perdita
del Maelstrom (lo specifico qui) è dato dal fatto che in
questo futuro, Draco non l'ha mai ricevuto dal Signore Oscuro, ma allo
stesso tempo, il Signore Oscuro l'ha creato lo stesso per precauzione,
se tipo Draco non sarebbe riuscito a portarlo al suo cospetto o una
cosa del genere. Vedremo come andrà a finire!
Per qualsiasi domanda, sono ben disposta a dare qualunque delucidazione!
Emily.
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Capitolo 8 *** VIII ***
VIII
Era
appena mezzanotte quando Draco si decise a fare qualcosa. Aveva
deciso di salvare Harry, certo, e non aveva alcun dubbio a riguardo
–
nulla lo avrebbe convinto a lasciarlo lì, in quelle
condizioni, alla
mercé di qualsiasi Mangiamorte – ma non sapeva
bene da che parte
cominciare. Sicuramente non sarebbe stato facile portarlo via da casa
sua, non poteva smaterializzarsi fuori dalle barriere magiche che
circondavano il Manor e di sicuro suo padre non lo avrebbe lasciato
scorrazzare in giro con un Potter moribondo tra le braccia.
Per
l'ultima opzione sembrava, senza ombra di dubbio, la strada
più
facile, o se non facile, almeno fattibile. Da
una parte, Draco si sentì particolarmente fortunato ad avere
la
totale libertà di andare nelle segrete a suo piacimento,
senza che
nessuno avesse nulla da dire. Dall'altra, rimpianse di non avere
avuto abbastanza fegato – o tempo, o modo, in ogni caso
– di
poter chiedere al Signore Oscuro di poter portare Harry nella sua
stanza se avesse preferito, piuttosto che restare nelle umide e buie
segrete. Per quello che il Signore Oscuro pensava facesse, c'era
un'alta possibilità che avrebbe potuto dargli il permesso.
Mentre
scendeva le scale per poter raggiungere le segrete, la strada
illuminata solo dalla luce proveniente dalla sua bacchetta, Draco si
chiese cosa Harry – o qualsiasi scemo Grifondoro –
avrebbe fatto
nei suoi panni. Certo, loro non ci sarebbero
finiti, nei
suoi panni, ma pensare come un coraggioso Grifondoro forse lo avrebbe
aiutato ad agire come
un coraggioso Grifondoro.
«Harry?»
sussurrò, entrando nella cella, «Sei
sveglio?»
«Draco.»
Vide qualcosa muoversi nel buio, e subito dopo, il viso non
più
tumefatto di Harry fu illuminato dalla luce chiara della bacchetta,
«Che ci fai qui?»
«Ti
porto via.»
Harry
fece una smorfia, sembrando scettico per un attimo, «E come?
È
stato più semplice portarmi qui, piuttosto che tirarmici
fuori,
credimi.»
Draco
sospirò, «Lo so, Harry. Ma... non è
questo quello che faresti tu?
Provare a scappare, in tutti i modi, qualsiasi cosa accada?»
Harry
lo fissò, non dicendo nulla. Accettò
però la sua mano, che Draco
gli aveva allungato per aiutarlo a mettersi più o meno
stabilmente
sulle sue gambe, e lo seguì fuori dalla cella, seppur con
lentezza.
Le gambe dovevano ancora fargli male nonostante le pozioni che gli
aveva portarto il giorno prima, e l'inattività le aveva
indolenzite
ancora di più.
«Draco,»
lo chiamò dopo pochi minuti, quando furono in
prossimità delle
scale, «se ci scoprono, ti uccideranno.»
«Uccideranno
anche te.» puntualizzò, deglutendo. «Ma
non puoi restare qui.»
Harry
scosse il capo, «Non mi uccideranno. Non possono. Neanche lui
può,
altrimenti...»
«Altrimenti
cosa?»
Harry
strinse le labbra, guardandosi intorno con gli occhi vacui –
chissà
che fine avevano fatto i suoi occhiali –, «Non...
posso dirtelo,
ma gli servo per vivere. Non posso davvero dirti altro, ma so per
certo che non mi ucciderà. Oh, mi punirà, ma
uccidere, no.
Uccideranno te. E io... non voglio.»
Alzò
una mano, portandola su una sua gota. Harry aveva la pelle secca, e
sotto le dita sentiva chiaramente le croste dei tagli che non erano
stati curati a sufficienza, nonostante le Draco avesse fatto il
possibile. «Lo so, ma... cosa dovrei fare? Non so davvero,
Harry,
davvero cosa fare. In pochissimi giorni mi è caduto il mondo
addosso, ho fatto cose che neanche ricordo, ti ho visto da bambino
e
non sono riuscito ad ucciderti, e adesso non riesco a pensare ad
altro che a portarti via da qui. Questa è l'unica cosa che posso
fare.
E che devo. Te lo devo.»
Non
gli diede il tempo di rispondergli. Gli fece cenno di stare in
silenzio, mentre salivano le ultime rampe di scale che li avrebbero
portati nel salone. Superato quello, se solo fossero riusciti ad
aprire una vetrata, la strada sarebbe stata tutta in discesa, a quel
punto. Dovevano solo cercare di fare silenzio e sperare di non
incontrare nessuno lungo il percorso.
Forse,
però, Draco aveva sottovalutato molto la questione. O
meglio, aveva
sottovalutato il Signore
Oscuro.
Doveva
immaginare che Lui si sarebbe aspettato una mossa del genere. Aveva
già capito che era a conoscenza dei suoi viaggi nel tempo,
ed era a
conoscenza del fatto che non era stato in grado di uccidere un
moccioso di otto anni e che non era per niente contento di come erano
andate le cose in quel futuro. Anche uno sciocco lo avrebbe capito:
chi tradiva, poi non desiderava rivedere la persona che aveva
tradito.
Merda.
Fu
questo quello che pensò, quando non appena lui ed Harry
misero piede
nel salone, a dar loro il benvenuto fu proprio il Signore Oscuro, che
distrattamente Draco pensò che neanche
sarebbe dovuto essere in casa sua, ma
passò in secondo piano, quando lo vide giocherellare con la
sua
bacchetta.
Il
Signore Oscuro sapeva, e aveva sempre saputo. Lui era stato solo uno
sciocco a non pensarci prima... e a sottovalutarlo così.
«Ci
hai messo relativamente poco, mio giovane Draco. Credevo ci sarebbe
voluto più tempo prima che tu raccogliessi il coraggio
necessario
per osare
tradirmi.»
Draco
non rispose. Ma senza neanche accorgersene, si mise di fronte ad
Harry, coprendolo con il suo corpo. Voleva proteggere quel bambino al
quale non gli era riuscito far del male, e voleva proteggere ancora
di più quel ragazzo che in quella vita aveva amato e
tradito.
«Devo
ammettere che speravo
tanto
tu non lo facessi. Ma, ahimé, te lo si leggeva in faccia,
che questo
futuro non era affatto di tuo gradimento. Ma fino alla fine, avevo
sperato che tu, ragazzo, fossi leggermente più intelligente
di
quello sciocco di tuo padre.»
Draco
deglutì, cercando una soluzione. Poteva distruggere una
delle
vetrate e lanciare Harry contro una di queste, lasciandolo
così
scappare. Avrebbe davvero trovato il coraggio di sacrificarsi
così?
Al solo pensiero,
sudò freddo.
«Non
volevo arrivare a tanto, Draco. Ma non mi lasci altra scelta. Ma
prima di ucciderti...» Il viso serpentino del Signore Oscuro
si tese
in quello che sembrava un sorriso, o un ghigno, e puntò
dritto la
bacchetta su di lui, «Crucio.» disse, come se
stesse parlando del
tempo.
«No!»
Si
sentì spingere e cadde per terra, riuscendo
chissà per quale
miracolo a non perdere la presa sulla sua bacchetta. Il raggio rosso
della Cruciatus colpì Harry, che iniziò a
contorcersi sul pavimento
senza però emettere alcun suono. Draco lo guardò
con occhi sgranati
e impauriti, la lingua che si stava attorcigliando per la paura e
sembrava che gli stesse bloccando il respiro.
Il
Signore Oscuro non fermò l'incantesimo neanche comprendendo
di aver
mancato bersaglio. Scosse solo tristemente la testa, come se fosse
dispiaciuto in modo particolare dalla piega che stavano avendo gli
eventi.
Quando
liberò Harry dalla Cruciatus, Draco capì che
ormai non c'era più
nulla che lo avrebbe salvato dal dolore e dalla morte, stavolta.
Sapeva che stava per morire, ma non vide scorrere davanti a
sé tutta
la vita, come spesso si diceva in quelle circostanze. Invece, vide
chiaramente qualcosa brillare tra le pieghe nere della veste del
Signore Oscuro – un bagliore dorato che sapeva di scappatoia.
E
seconda possibilità.
«Avada
Kedavra!» gridò, la bacchetta puntata verso di
lui, sotto il pianto
sommesso di Harry, nello stesso momento che lui agitò la sua
bacchetta e urlò: «Accio Maelstrom!»
Il
ciondolo d'oro finì tra le sue mani, e non riuscì
neanche a pensare
in modo completo Privet
Drive n°4, 1988 che la
spirale d'acqua lo infranse in pieno un secondo prima che il raggio
verde della Maledizione Senza Perdono lo colpisse, lasciando solo una
bruciatura nel punto preciso dove poco prima c'era il suo corpo.
Scusami.
Scusami. Scusami.
Ti
ho lasciato lì, ti ho abbandonato di nuovo.
Dovevo
portarti via, invece sono scappato come il codardo che sono sempre
stato.
Scusami,
mi dispiace!
Ma
sto per rimediare, non preoccuparti, Harry. Abbi solo un altro poco
di pazienza.
Non
saremo amici, e ti salverò da me.
Spazio Autrice.
Mi scuso terribilmente per il
terribile (?) ritardo, ma sono stati mesi infernali per me e non ho
avuto proprio tempo per le fanfiction.
Chiedo perdono anche se per caso troverete qualche errore di battitura
o cose così, ho riletto ma non più di tre volte
quindi ci sta che mi sia lasciata scappare qualche svista.
Ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito lo scorso capitolo!
Appena ho un attimo di respiro dagli impegni, vi risponderò
il prima possibile. Siete comunque tanto amorevoli, e lo sarete ancora
di più se, dopo tutto questo tempo, ancora seguite questa
storiella che sta arrivando agli sgoccioli!
Emily.
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Capitolo 9 *** IX ***
IX
Si
ritrovò fradicio nella piccola radura accanto al rudere
abbandonato,
rendendosi acremente conto che il bagnato che sentiva sul suo viso
non era dipeso soltanto dal vortice del Maelström. Era
scappato,
come il codardo che era sempre stato.
Si
rimise in piedi, prendendosi la testa tra le mani: certo, il viaggio
nel tempo era il suo asso nella manica, la sua scappatoia, e se lo
avesse trovato prima lo avrebbe decisamente usato prima, ma
così, in
quel modo... lasciando Harry da solo, di fronte al Signore Oscuro su
tutte le furie, in balìa della sua ira... era terribile. Si
sentiva
terribile, un mostro, un coniglio.
Prese
un grosso respiro, prima di fare un passo, poi un altro, verso il
rudere – dove sperava di poter ritrovare il piccolo Harry, a
meno
che non fosse scappato impaurito di essere lasciato da solo in un
posto abbandonato. Merlino, era pur sempre un bambino! Entrò
al suo
interno in punta di piedi, ricordandosi appena di asciugarsi con un
colpo di bacchetta, senza toccare la fredda pietra che lo circondava
coperta di muschio ed edera, e si guardo intorno.
«Harry?»
Chiamò il suo nome con un sussurro, quasi avesse paura che
se avesse
parlato un po' più forte, sarebbe ritornato al Manor per
farsi
infine colpire dal raggio verde dell'Avada Kedavra.
Sentì
dei passi avvicinarsi, sgambettare sempre più vicini, fino a
che da
dietro un masso non spuntò la testolina spettinata del
piccolo
Harry, che non appena lo vide, gli donò uno dei suoi enormi
sorrisi
sdentati. «Draco! Sei tornato! Non ero sicuro stessimo
giocando a
nascondino o no, ma ti ho aspettato lo stesso perché non ho
capito
cosa è successo. Dove sei andato?»
«Non
è importante,» continuò a sussurrare
Draco, stavolta perché il
nodo in gola non gli permetteva di fare molto altro senza scoppiare a
piangere come un idiota, «vieni qui.»
«Mi
riporti a casa?» chiese il bambino, aggrottando le
sopracciglia,
contrito, ma facendo come gli era stato chiesto, fiducioso.
«Ma
siamo appena arrivati, e tu sei andato via...»
«Lo
so, mi dispiace. Dobbiamo andare, adesso.» Non lo avrebbe
lasciato
di nuovo da solo, né in quel momento, né mai.
Lo
prese in braccio e se lo strinse al petto. Harry lo fece fare,
ricambiando l'abbraccio, «Nessuno mi aveva mai abbracciato,
mi
piace.» lo sentì mugugnare, appoggiando la testa
nell'incavo del
collo, e a Draco gli si strinse il cuore a quelle parole.
Uscì
dal rudere e con passo veloce si allontanò il prima
possibile da
quella radura, che stava cominciando ad odiare. Avrebbe rimediato a
qualsiasi cosa, a qualsiasi costo, anche se il suo destino era
continuare a viaggiare nel tempo per cambiare il futuro per tutta la
sua vita, non gli interessava. Voleva che le cose tornassero come
prima, quando Harry stava per vincere quella guerra, e non gli
interessava di ricevere punizioni o la morte dal Signore Oscuro.
Quando
arrivarono in prossimità della casa degli zii babbani di
Harry,
strinse un ultima volta il bambino a sé e poi gli diede un
bacio
sulla fronte, prima di rimetterlo in piedi.
Poteva
farcela. Doveva farcela.
Prese
un profondo respiro e si sedette sui talloni, per arrivare alla
stessa altezza di Harry, e lo guardò dritto negli occhi.
Ma
non riuscì a dire nulla di cattivo, in quel momento. Credeva
che se
solo lo avesse trattato male, gli avesse tirato uno schiaffo, o una
piccola maledizione pungente, Harry lo avrebbe odiato, e ad undici
anni, quando lo avrebbe rivisto sul treno per Hogwarts, non avrebbe
accettato la sua mano, ma non ci riuscì.
Guardò
quegli occhi così verdi da togliere il fiato, nascosti dagli
enormi
occhiali, troppo grandi per un viso così piccolo, e
pregò Merlino
per un miracolo.
«Promettilo,»
disse ad un certo punto, nello stesso momento in cui Harry
probabilmente si era stancato di restare a guardarlo in silenzio,
«prometti che tra tre anni, quando mi rincontrerai, e
avrò la tua
età, non sarai mio amico.»
Harry
aggrottò le sopracciglia,
«Perché?»
«Perché
altrimenti farò delle cose di cui mi pentirò
amaramente, e sarò
ancora più cattivo con te. Anche se non voglio
esserlo.»
«Ma
se non vuoi essere cattivo con me, perché lo sarai? Io
voglio essere
tuo amico, sei il mio primissimo migliorissimo amico!»
si agitò, e lo vide aggrottare le sopracciglia ancora di
più,
cercando forse di capire, cercando forse una spiegazione. Che Draco
non sapeva assolutamente come dargli.
Deglutì,
allora, «Promettimelo.» ripeté, e a quel
punto chiuse gli occhi,
vedendo che quelli di Harry si stavano riempendo di lacrime,
«Prometti che non sarai mio amico. Quando sarai grande,
grande come
lo sono io adesso, ti spiegherò tutto, ma è
importante che tu
adesso mi prometti che non sarai mio amico.»
«Ma...»
«Promettimelo,
Harry.»
Riaprì
gli occhi, e vide Harry con il viso rosso dal pianto trattenuto, il
mento appoggiato sul petto e le mani strette in pugno. «Te lo
prometto.» mormorò, tirando su col naso.
«Davvero,
Harry? Giuri che non lo farai? Che non accetterai la mia
amicizia?»
Harry
annuì soltanto, poi alzò una mano e gli porse il
piccolo mignolo.
Non capendo, Draco restò semplicemente a fissarlo, non
sapendo bene
cosa dire, ma a quel punto il bambino ridacchiò e due grossi
lacrimoni scivolarono lungo le guance, «L'ho visto fare a
Dudley
quando fa una promessa. Devi stringere il mio mignolo con il tuo e
così non posso infrangere mai mai la promessa.»
«Bene,
allora.» Alzò una mano e
fece come Harry gli aveva spiegato, vedendolo ridere tra le lacrime
mentre stringeva con forza il mignolo, come a non volerlo
più
lasciare.
«Adesso te ne
devi andare?» chiese,
con il labbro inferiore che tremava un po', mentre con la manica si
asciugava lacrime e moccio.
«Devo andare,
sì.» si morse un
labbro, «Devi solo avere molta pazienza, un giorno ti
racconterò
tutto, te lo prometto.»
Harry annuì di
nuovo, senza
aggiungere altro. Draco si alzò e gli fece cenno di andare.
Non si
mosse finché non vide il bambino sparire nel giardino della
piccola
casa babbana, non prima di averlo salutato un'ultima volta con una
mano, mogio e triste.
Si assicurò che
Harry non uscì da
Privet Drive n°4 fino a che non calò la notte, poi
si decise a
infiltrarsi tra gli alberi per poter usare di nuovo il
Maleström,
indeciso su come, stavolta, usarlo. Dove andare? Se tutto era andato
secondo i piani, se tornava al Manor nessuno gli avrebbe risparmiato
il disgusto per il fallimento di suo padre e le cruciatus del Signore
Oscuro. Ma ciò che lo premeva di più, al momento,
era solo sapere
se Harry era al sicuro o no, poco importava, poi, della fine che
avrebbe fatto lui.
Certo, non poteva negare di
avere
fifa, sarebbe stato davvero stupido negarlo persino a se stesso, ma
quella esperienza gli aveva mostrato come poteva essere orribile il
mondo, soprattutto se aveva tatuato sull'avambraccio sinistro uno
stupido serpente e uno stupido teschio.
A quel punto, meglio
chiudere chi
occhi e non riaprirli più, magari non avrebbe mai
più visto cose
come Harry Potter torturato fino alla soglia della morte nelle
segrete di casa sua.
Prese il ciondolo dorato
tra le dita,
e lo strinse. Il calore si propagò per tutta la sua mano,
arrivandogli quasi fino al braccio, e diversamente da come lo aveva
sentito la prima volta, quella scarica di magia oscura non era per
nulla eccitante, né tanto meno lo stava facendo sentire
orgoglioso
di sé. Continuava a sentirsi coperto di melma, nonostante
stesse
cercando in tutti i modi di poter rimediare a gran parte dei suoi
errori.
Chiuse gli occhi, pronto a
sentire su
di sé il vortice provocato dal Maelström.
Hogwarts,
1998.
Spazio
Autrice
Penultimo
capitolo!
Non ho molto da dire, se non che questo viaggio sta per arrivare
finalmente al termine, dopo mesi di assenza.
Aggiungo anche che ci saranno forse due capitoli extra! Ma devo avere
il tempo di scriverli prima. Un giorno arriveranno XD
Grazie mille a tutti come sempre!
Emily.
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Capitolo 10 *** X ***
IX
Aprì gli occhi,
ed era ad Hogwarts.
Come la volta prima, si
ritrovò
asciutto, lindo e pinto e con indosso l'uniforme Serpeverde. Il
corridoio in cui era pullulava di studenti di ogni casa,
probabilmente era ancora orario di lezione. Era fermo, immobile al
centro della calca, con un piede leggermente in rialzo, come se
stesse per incominciare a fare un passo che non aveva avuto
intenzione, però, di fare.
Dopo pochi istanti, il viso
da carlino
di Pansy cercò di entrare nel suo campo visivo, riuscendoci
poco
data la bassa statura, «Draco, tesoro, che succede?»
Draco deglutì un
enorme nodo in gola,
e senza neanche guardare lei, né Tiger, o Goyle,
né tantomeno
Blaise, girò i tacchi, dicendo: «Devo
andare.»
Corse, salendo le
innumerevoli scale
instabili. Corse fino quasi alla cima, arrivando proprio davanti alla
Signora Grassa. Davanti al dormitorio Grifondoro.
Doveva vedere, doveva
controllare che
Harry stesse bene e che fosse al sicuro. Non sapeva se l'avrebbe
trovato nella sua sala comune, e se non c'era poco importava
perché
sarebbe andato a cercarlo fin dentro la Foresta Proibita se
necessario. Tutto, finché non avrebbe avuto la conferma che
quello
che aveva detto al piccolo Harry fosse bastato a tenerlo al sicuro.
Iniziò a bussare
veemente contro il
quadro, ignorando le strilla acute della Signora Grassa,
«Aprite!
Subito! Ora!» gridò, persino più forte
della donna nel quadro,
riuscendo addirittura a farsi sentire sopra le sue urla.
Ebbe la conferma di essere
stato
effettivamente sentito quando Weasley, rosso in viso quanto in
capelli, non gli aprì e lo guardò furente. Come
nella norma. Si
sentiva quasi a casa, sotto quello sguardo.
«Malfoy, che
diamine.»
«Harry,
dov'è?» Allo sguardo
spalancato di Weasley, Draco alzò gli occhi al cielo,
spazientito,
«San Potter! Lo Sfregiato! Come ti pare, dimmi solo
dov'è!»
Per un terribile secondo,
Draco ebbe
paura che Weasley gli dicesse non doveva essere con te? ma,
e
ringraziò tutti gli dèi, non fu così.
«Dove vuoi che sia?» Fece
un gesto plateale per indicare quello che lo circondava, ovvero la
torre Grifondoro, «Ma poi, cosa vuoi da Harry?!»
chiese, sembrando
più terribilmente confuso che minaccioso.
Non gli rispose, si
limitò a dargli
una spallata e ad entrare dentro il quadro, scivolando verso la sala
comune Grifondoro. Non ci era mai stato prima, ma in quel momento
neanche si curò di tormentare i primini come al suo solito,
o a
lamentarsi sulla poca scelta di stile indicando il rosso e l'oro
decisamente troppo accecante che decorava la sala.
Vide solo Harry.
Era seduto su una poltrona,
gambe
incrociate, una piuma tra le labbra e una pergamena tra le mani. La
Granger era seduta di fronte a lei e aveva una posa da maestrina,
come al suo solito, tenendo un libro aperto sulle cosce. Entrambi lo
guardavano, con due paia di occhi spalancati.
«Harry...»
sospirò, e improvvisamente tutto il peso che sentiva sulle
spalle
sparì.
Harry
era lì, stava bene. Non aveva neanche un graffio. Non era
morente
nei sotterranei del Manor, non lo guardava tradito e ferito, non era
stato catturato a
causa sua.
Stava
bene. Gli occhi
confusi erano gli stessi che ricordava, quelli del bambino che lo
fissava fiducioso dicendogli che era diventato il suo primo migliore
amico, non erano quelli vacui e spenti di un ragazzo che desiderava
la morte ma che anche quella gli era stata negata.
Era
sano e salvo. Stava
bene.
Harry
continuava a fissarlo, e dopo che Draco aveva sussurrato il suo nome,
aveva iniziato a guardarlo incredulo e a boccheggiare senza sapere
che dire.
Probabilmente
neanche ricordava che l'ultima volta che aveva pronunciato il suo
nome era stato quando lui aveva appena otto anni.
«Sei
tu?» chiese, alzandosi. La pergamena scivolò per
terra, sotto lo
sguardo della Granger, «Sei quello... sei lui?»
O forse
no. Lo ricordava, a quanto pareva.
«Sì.
Stai bene.» Non era una domanda, anche se forse voleva
esserlo.
«Sì.
Sto bene.» rispose. Poi si guardò i piedi, e si
avvicinò sembrando
un po' in imbarazzo. Non era cambiato molto, da quando aveva otto
anni: forse, adesso, parlava solo di meno. «Sei il mio primo
amico?»
Draco
sorrise appena, improvvisamente imbarazzato anche lui, soprattutto
dopo aver sentito il sibilo soffocato di Weasley dietro di lui,
«Il
tuo primissimo
migliorissimo
amico.
No?»
Harry
gli si lanciò addosso, proprio come faceva quando era un
bambino,
senza pensare alle conseguenze, e senza pensare che erano al centro
della fottuta
sala comune
Grifondoro e loro due erano pur sempre Potter e Malfoy.
Si
scatenò il panico, come volevasi dimostrare, ma fu contento
di
notare che ad Harry poco importava, non in quel momento almeno. Lo
abbracciò, e Draco, sollevato, non riuscì a fare
altro che a
ricambiarlo e ad affondare il viso nel suo collo. L'ultima volta che
lo aveva fatto era stato poche ore prima, ma erano sembrati dieci
anni. Anche se... erano
passati
dieci anni.
Non
chiuse gli occhi, osservando la pelle scura di Harry, intravedendo
persino sotto il colletto della maglietta la schiena leggermente
ricurva. Non lo fece per malizia, per nulla, lo fece solo per
imprimersi nella mente il suo corpo integro e perfetto, e dimenticare
una volta per tutte quell'Harry Potter sanguinante e tremante.
«Puoi
spiegarmi, adesso?» chiese, quasi pregando, Harry quando
sciolsero
l'abbraccio. «Hai detto che un giorno, quando avresti avuto
diciassette anni, mi avresti spiegato perché non ho potuto
accettare
la tua amicizia.» Weasley, dopo quelle parole, si
strozzò con la
sua stessa saliva, probabilmente, perché iniziò a
tossire in modo
piuttosto convulso.
«Infatti
lo farò. Ti spiegherò tutto... ma non qui.
Inoltre,» aggiunse, e
senza riuscire a fermarsi, si prese l'avambraccio sinistro tra le
mani, guardando il pavimento, «le cose diventeranno
complicate, per
me, da oggi in poi.» sussurrò, in modo tale che
nel casino
generale, solo Harry poté sentire.
Harry
seguì fisso il gesto, e aggrottò le sopracciglia.
Poi portò di
nuovo lo sguardo su di lui, e lo guardò con dolcezza,
accennandogli
un sorriso, «Sappi che... nonostante quello...
non
sei condannato. Resta
con me, non tornare più ai piedi di Voldemort, e
cercherò di fare
il possibile per proteggerti.»
«Harry!»
Granger urlò sopra alle voci degli altri Grifondoro,
avvicinandosi,
«Si può sapere che sta succedendo? Malfoy, hai per
caso avvelenato
Harry?»
Draco
alzò gli occhi al cielo. Ci mancava solo questa.
«No, Herm.»
rispose Harry, ridacchiando in imbarazzo, «Storia lunga, ma
sono
pienamente cosciente di quello che sto facendo.»
«Hai
detto primo
amico?»
Weasley si mise accanto alla Granger, e guardava Harry quasi
disperato.
«Poi
vi spiego.» Lo occhieggiò, «O almeno,
quel che posso. Ma adesso,
devo andare.»
Harry
lo prese per mano e lo trascinò via dalla folla di
Grifondoro, e si
allontanarono velocemente dalla torre. Si fermò soltanto al
centro
di un corridoio vuoto, girandosi poi verso di lui.
«Adesso
mi spieghi. Vero?» Si avvicinò a lui, senza
lasciare la presa alla
sua mano.
Draco
osservò quegli occhi, quei meravigliosi
occhi
ed annuì.
Gli
avrebbe spiegato tutto, e sarebbe rimasto al suo fianco. Poco
importava se non aveva più il Maelstr–
Nella
tasca destra della sua uniforme, sentì improvvisamente
qualcosa
pesare che prima non c'era. O che, forse, c'era sempre stata ma lui
non aveva avuto proprio il tempo di farci caso. In ogni caso,
conosceva quel peso, e quella sensazione.
Sorrise.
Harry era totalmente
al
sicuro, adesso.
Magari
avrebbe imparato pure ad amarlo come meritava.
Spazio
Autrice
Finita. Finalmente è
finita. Un po' mi dispiace, un po' ormai avevo perso un po' di vista
questa storia, da una parte sono contenta di essere riuscita,
nonostante tutto, a portarla al termine.
Ormai è finita, e non ho moltissimo da dire. Mi piacerebbe
un sacco, adesso, sapere cosa voi
avete da dire su quello che avete letto.
Ma non temete (?) tornerò prestissimo! Con un probabile
capitolo extra (ma se verraà, non verrà tanto
presto) e con tante altre belle (???) cosucce.
Grazie a tutti, per tutto il sostegno! <3
Emily.
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