Maelström

di emylee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***



Capitolo 1
*** I ***



Maelström

I


Sorrise, rigirandosi tra le mani il piccolo tesoro che il Signore Oscuro gli aveva donato.

Era caldo e carico di potere, sentiva la carica di magia scorrere sulla pelle, drizzando i peli fin alla nuca. Era quella la forza magica che cercava, che sperava di ottenere, quando aveva accettato il Marchio Nero, quando aveva piegato la testa e si era sottomesso agli ordini del più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.

Aprì gli occhi precedentemente chiusi per potersi godere appieno quella scarica di magia, e osservò il meraviglioso ciondolo che giaceva tra le sue dita.

Il Signore Oscuro gli aveva spiegato che si trattava di una Giratempo. Ma non una Giratempo qualunque: quella Giratempo, che il Signore Oscuro aveva rinominato Maelström, vortice, lo avrebbe portato in qualsiasi tempo o momento preciso avesse desiderato solo stringendolo nel palmo di una mano e pensando intensamente al luogo e all'anno voluto. Non aveva alcun limite, ed era pregna di magia oscura. Solo un Mangiamorte potente avrebbe mai potuto usarla.

E Draco Malfoy sorrise ancora, orgoglioso di essere stato scelto.


Aveva chiuso gli occhi e aveva intensamente pensato Privet Drive n°4, 1988. Dieci anni prima di quel giorno, nel pieno di una guerra magica. Il Signore Oscuro non gli aveva detto cosa aspettarsi da quella magia che lo avvolse, ma si sentì avvolgere in modo rude ed essere sbattuto a destra e a sinistra, come in un vortice molto potente. Girò per quelle che parvero ore, sentendosi soffocare, forse annegare, ma quando riaprì gli occhi, c'era il sole ad accecarlo.

Era bagnato fradicio, notò immediatamente. Non capì subito per quale motivo, ma pensò che forse la sensazione di annegare non l'aveva poi immaginata soltanto. In ogni caso, fu distratto in fretta non appena si guardò intorno. Si trovava in un cortile di fronte ad una casa pressocché anonima, dai cespugli potati ma curati come se se ne fosse occupato solo un bambino, e non poté evitare di fare una smorfia disgustata. Era in un territorio così orribilmente babbano che si sentì pizzicare la pelle come quando, da bambino, si rotolava sull'erba di nascosto a suo padre e scopriva di essersi irritato la pelle da qualche pianta urticante.

Si irrigidì, però, quando, non appena si fu rimesso in piedi, vide di fronte ad uno dei cespugli un piccolo bambino vestito peggio di un elfo domestico, con un qualcosa in mano che sembrava, però, pericolosamente tagliente. Poco adatto a quelle minute mani.

«E tu chi sei?»

Harry Potter in miniatura lo guardava con un cipiglio confuso e, sotto sotto, un po' spaventato. Lasciò cadere quella roba tagliente che aveva per le mani e si avvicinò a lui, per poi fermarsi con le mani sui fianchi. Era piccolo, più piccolo di quanto Draco avesse immaginato prima di mettersi in viaggio. Gli occhiali, notò con orrore, erano gli stessi che aveva sempre portato.

«Potter!» gridò. Non si aspettava di trovarlo così facilmente.

«Mi conosci?» chiese il piccolo, e Draco notò la mancanza di un dente e la conseguente difficoltà a pronunciare bene la lettera s.

«No» rispose subito, salvandosi in extremis, «Cioè, io ti conosco, ma tu non conosci me.»

«Davvero? E come fai a conoscermi?»

Draco sapeva che storia doveva raccontare al piccolo Potter. Non che fosse importante se raccontargli la verità o meno, ma si era preparato tutto il copione per bene, ed era pronto a seguirlo.

«Vedi, piccolo Potter, io vengo dal futuro!» fece, smielato. «Sono tornato indietro nel passato perché nel futuro io sono stato tanto cattivo con te, ma volevo invece essere un tuo amico, così adesso posso... rimediare. Posso?»

Gli allungò una mano, il sorriso sdolcinato che si incrinò appena, senza però che il bambino se ne accorgesse minimamente. Non tanto per il gesto, che poco sarebbe importanto se avesse, stavolta, accettato la sua mano o meno, ma era per l'enorme bugia che gli aveva appena rifilato. Non seppe bene perché, ma si sentì sporco.

«Ma tu sei un adulto.» Il piccolo Potter sembrò confuso, guardando con timore la mano tesa, «Gli adulti non sono amici con i più piccoli.»

«E chi ti ha detto questa stupidaggine?»

Il piccolo Potter scrollò le spalle.

«Vabbè, chissene frega? Io voglio essere tuo amico.» Ancora, si sentì sporco.

Potter sembrò pensarci su, gli occhi verdi, molto più grandi di quanto ricordasse, che guardarono il cielo, e poi dietro di lui verso la casa anonima alle sue spalle. Poi si sciolse in un grande e luminoso sorrise, «Ok! Voglio avere un amico anche io, quindi va bene!» e accettò la sua mano.

Stringendo la sua piccola e liscia mano, il sorriso smielato che Draco aveva tenuto sulla faccia come una maschera si incrinò di nuovo. Si sentì un mostro, ma non volle per nulla al mondo rinunciare al suo incarico.


Potter lo tenne per mano tutto il giorno, mentre gli faceva vedere come si estirpavano le erbacce. Era il suo compito, gli confessò. Sua zia Petunia si sarebbe molto arrabbiata se non lo avesse portato al termine prima del suo ritorno.

Doveva portarlo lontano da quella casa babbana, prima di potergli fare qualsiasi cosa. In qualche modo Potter lì era protetto, ma il Signore Oscuro non gli aveva spiegato perché. Gli aveva solo ordinato di allontanarlo da lì.

«Perché lo devi fare tu?» chiese, sperando di non sembrare troppo annoiato. Non voleva rendere vano tutto il suo duro lavoro!

«Perché devo farlo io. Lo dice sempre zia Petunia. Se non lo faccio, zio Vernon mi punisce e mi manda anche a letto senza cena.»

Sbatté le palpebre molto intelligentemente, «Ah.»

Quella sì che era una novità: per un attimo si chiese se davvero quel bambino fosse Potter, ma strizzando un po' gli occhi sotto la luce del sole accecante, notò perfettamente la forma a saetta della cicatrice seminascosta dalla folta zazzera nera. Dunque, dato che aveva la prova che quello fosse sul serio il Bambino Sopravvissuto, come era possibile che fosse trattato davvero, manco a dirlo, come il peggiore degli elfi domestici? Da dei babbani, per di più!

Potter scosse le spalle, strappando l'ennesima erbaccia fino in fondo alla radice. «Devo farlo. Dato che sei un mio amico,» disse, sputacchiando un po', «posso dirtelo: i miei zii mi trattano un po' male perché sono un mostro. Me lo ripetono sempre. E dato che loro si prendono cura di me, devo ripagarli facendo le faccende domestiche. Ma a te va bene che sono strano, vero? Vieni dal futuro, sei strano anche tu.»

Draco fu sempre più confuso ed esterrefatto, e quasi senza accorgersene, si sedette sull'erba accanto al piccolo Potter che, in ginocchio e con le mani sporche di terra, continuava a strappare le erbacce.

«Quanti anni hai, Potter?»

Potter si guardò le mani sudicie e alzò otto dita. Gliele mostrò, sorridendo. «Così! E tu?»

«Diciassette.»

«Oh, non sei molto più grande di me. Credevo avessi l'età di mio zio Vernon.»

Una vena pulsò pericolosamente sulla fronte di Draco, ma cercò di prendere un profondo respiro per calmarsi. Era un bambino, infondo. Lui odiava i bambini, e soprattutto Potter non poteva permettersi di considerarlo così vecchio, ma non doveva perdere la calma.

A breve, comunque, si sarebbe vendicato. Di tutto.

«Però non mi hai detto come ti chiami!» strillò Potter all'improvviso, «Sei mio amico, e gli amici si chiamano per nome, no?»

«Per te sono Malfoy.»

Potter grugnì, «Che brutto nome. Ma è davvero un nome?»

«È il mio nome ed è perfetto.» s'indignò, guardandolo malissimo. Non lo sopportava!

«Se lo dici tu. Ma smettila di chiamarmi Potter, ho un nome, non solo un cognome! Lo sai qual è?»

«Sì, ma per me sei e resterai per sempre solo Potter.»

Potter gonfiò le guance. «Sei antipatico.» disse, alzandosi in piedi sulle gambine secche, coperte da dei vecchissimi pantaloncini, e si pulì le mani sulla maglietta larga e già abbastanza sudicia, «Però sei il mio primo amico, quindi sei davvero perfetto

Draco si alzò, lentamente. Guardò il piccolo Potter sorridergli felice, la fila di denti bianchissimi interrotta qua e là, e si sentì in colpa più che mai. Più sporco della maglietta imbrattata di Potter. Come poteva prendere in giro un bambino così solo?


«Puoi aspettare qui dentro, io devo andare a preparare la cena ai miei zii prima che arriva mio cugino Dudley, sennò mi tocca scappare e nascondermi e non posso più prepararla e mi puniscono.»

Draco piego la testa e anche il busto, per entrare dentro al sottoscala che Potter gli stava indicando. Sgranò gli occhi, rendendosi conto che quello era tutto ciò che Potter aveva. Un materasso, qualche coperta e poco più. Pensò che, in effetti, gli elfi domestici al Manor vivevano decisamente in condizioni leggermente migliori.

«Dormi qui?»

Potter annuì, «Non c'era posto per me. L'altra stanza serve per i giocattoli di Dudley.»

Draco non ebbe il tempo per strillare indignato da quella notizia, anche se, a mente lucida, si sarebbe ripetuto che era qualcosa che non gli importava e che, in fin dei conti, non aveva importanza, che subito Potter, con estrema fretta, lo fece sedere sul piccolo materasso e chiuse la porticina, assicurandosi prima di dirgli che non si sarebbe dovuto muovere da lì per nessuna ragione.

Rimase chiuso in quell'angolo soffocante e claustrofobico per quello che gli parvero ore. Rischiava seriamente di sentirsi male, ma cercò di distrarsi guardandosi intorno e curiosando tra le – davvero poche – cose del piccolo Potter.

La cosa più interessante da vedere fu, comunque, un nido di ragni situato tra uno scalino e l'altro, che fece fuori con un colpo di bacchetta. Non lo fece per Potter, ma più che altro per la sua breve permanenza là dentro. Fosse mai si ritrovasse dei disgustosi ragnetti tra i vestiti!

Vide posato su una mensola un vecchio peluche consunto, un teddy bear marroncino strappato in più punti e con un occhio perso chissà dove. Lo teneva nascosto dietro a dei quaderni di scuola pieni di scritte, coperto come se volesse tenerlo al sicuro dagli occhi di chiunque. Non aveva nient'altro, Potter. Neanche altri vestiti, oltre a quelli che indossava in quel momento.

Pensò che Potter era davvero uno sfigato, e per la prima volta gli dispiacque sul serio. Non aveva amici, non aveva una stanza. Non aveva neanche un vero letto o dei vestiti. Non aveva giocattoli, se non quel peluche rotto e vecchio. Sbuffando, ripetendosi mentalmente quanto fosse inutile, riaggiustò il peluche con un altro colpo di bacchetta. Per diminuire i sensi di colpa, come un placebo, si disse, mormorandolo tra sé e sé.

A distrarlo, furono delle urla e un rumore di vetro frantumato.

Non aveva sentito i parenti di Potter tornare, ma dalle urla che adesso sentiva, ovattate dalla porta chiusa del sottoscala, capì che erano a tutti gli effetti in casa.

Draco restò ad ascoltare per pochi minuti le urla che non accennavano a fermarsi, e riuscì persino a captare un Non avvicinarti, mostro! Era deciso a non intromettersi, ad ignorare il tutto. Non erano affari suoi! Chissene frega se Potter adesso le stava prendendo dai suoi parenti babbani!

Bestemmiando tra sé e sé, socchiuse appena la porta del sottoscala. Anche se solo per uno spiraglio, Draco ebbe più o meno chiaramente davanti la scena: il piccolo Potter era seduto per terra a raccattare i cocci di vetro rotto, suppose dei piatti, incurante di starsi sporcando di cibo riverso sul pavimento. Il viso era rosso e gli occhi gonfi di lacrime che, però, Potter stava trattenendo con tutte le sue forze. Un po' lo ammirò, merlino era solo un bambino! Solo un po', però.

Un bambino brutto e disgustosamente grasso come un maiale stava seduto su una sedia al tavolo apparecchiato accuratamente, una mano paffuta a coprirsi la bocca sorridente. Una donna secca e allampanata indicava, rossa in volto per la rabbia, i vari cocci per terra. Intravedeva anche l'ombra di qualcun altro presente, ma non lo vedeva bene.

Maledicendosi un po', puntò la bacchetta verso il bambino grasso e mormorò un leggero: «Incendio.»

Una fiammella illuminò la testa del bambino-maiale, che cominciò ad urlare. La donna accorse e cercò di spegnere le fiamme. Potter scoppiò a ridere, con le lacrime agli occhi, cercando però di non farsi vedere.

Soddisfatto, Draco richiuse la porta del sottoscala e aspettò.







Spazio Autrice.

Eccomi qui, con una nuova storia. Spero vi piaccia! Neanche questa sarà particolarmente lunga, ma spero che l'idea possa piacervi. 
E' tutto nato mentre rileggevo la mia storia Il Giglio rosso (a quattro mani con la nivs, leggetevela se vi va!) e ho pensato a Draco alle prese con davvero un piccolo Potter!
Però non volevo usare la solita storia della pozione andata male o un incantesimo sbagliato, quindi ecco qui, è nato il viaggio nel tempo XD
Spero vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate, se lasciate una piccola recensione non mi farete altro che piacere!

Emily.

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Capitolo 2
*** II ***



II


«Non puoi immaginare cosa è successo oggi a cena!» mormorò Potter come saluto, mezz'ora dopo, entrando nel sottoscala. «Tieni.» gli porse un panino semplice con il formaggio, «Scusa, non mi hanno dato altro.»

Draco lo guardò con un sopracciglio alzato. «È la tua cena?»

«Sì, ma io sono abituato ad andare a letto digiuno. Puoi prenderlo.»

Si ripeté mentalmente che lo stava facendo soltanto per ottenere la sua fiducia, non per altro, prima di dirgli: «Non ho fame, mangialo tu. Non mi piace neanche il formaggio!»

«Oh, ok... la prossima volta prenderò qualcosa che ti piacerà. Qual è il tuo cibo preferito?» chiese, mangiando il panino.

«Lascia stare.» Non ci sarebbe stata una prossima volta, d'altronde, «Cosa è successo a cena?»

«Ah, giusto!» ridacchiò, portandosi una mano alla bocca per non farsi sentire, «Non so perché, però i capelli di Dudley hanno all'improvviso preso fuoco! Io stavo pulendo perché Dudley ha fatto cadere il piatto con le verdure che non gli piacevano, e ha dato pure la colpa a me, e insomma mentre pulivo una fiamma grandissima è apparsa sulla testa di Dudley!»

«Come per magia?» ghignò Draco, divertito dall'entusiasmo del piccolo, ma quando Potter sgranò gli occhi e gli mise le mani sulla bocca, si spaventò.

«Non dirlo!»

«Cosa?»

«Quella parola! Non si dice. Zio Vernon mi sgrida sempre quando dico quella parola!»

«Quale? Magia?»

«Shh!!» Potter chiuse gli occhi, come ad aspettarsi a momenti una bastonata, «Non dirlo!»

Draco non rispose, sempre più confuso ed inquieto. Certo, non pretendeva di capire tutte le circostante e i segreti della famiglia di Potter, ma era davvero messo così male? Poteva capire se non sapeva le basi di magia purosangue, ma gli avevano tenuto nascosto chi era veramente? Harry Potter non sapeva cosa aveva fatto per il mondo magico? Assurdo.

Tanto assurdo quanto incredibile pensare che per una semplice parola, comunissima, Potter ne avesse quasi... paura. Per le conseguenze, almeno.

«Non lo dico, togli le mani.» gli disse, e stranamente non si tolse le piccole manine di dosso con un gesto secco, ma piuttosto con dolcezza.

«Va bene, sei bravo! Tanto bravo!»

Draco non riuscì a non ridacchiare a quegli elogi. Harry Potter gli stava dicendo che era bravo! Non avrebbe mai creduto fosse così facile entrare nelle sue grazie, vedendo il fallimento nell'ottenere la sua amicizia nel treno di Hogwarts al primo anno.

Con orrore, si rese conto, però, che Potter stava per mettersi comodo tra le sue gambe. Non poteva dargli torto, non c'era alcuno spazio in quel buco, merlino! Però... salazar... si era appena messo comodo con la schiena appoggiata sul suo petto, incurante del suo irrigidimento.

«Malfoy? Ti do fastidio?»

«...No. No, non mi dai fastidio.» Non mentiva, anche se avrebbe voluto.

«Da dove vieni?»

Ecco. Si era aspettato che l'interrogatorio, prima o poi, sarebbe arrivato. «Da Londra?» gli uscì come una domanda piuttosto che un'affermazione.

«Ah, qui vicino allora! ...Londra è qui vicino, giusto? Gli zii non mi hanno mai portato da nessuna parte perché si vergognano di portarmi con loro, però a geografia, a scuola, ho studiato la cartina dell'Inghilterra, ma non me lo ricordo.»

Certo che Potter parlava molto, non lo ricordava così chiacchierone. Anzi, aveva sempre notato che era un ragazzo pressocché tranquillo. Timido, oserebbe dire. Quanto era solo Potter da bambino, per attaccarsi così facilmente alla prima persona spacciatasi per suo amico?

«Sì, è qui vicino. Non sei mai andato da nessuna parte?»

«No no.» disse il piccolo Potter, «Te l'ho detto, gli zii si vergognano di me.»

«Ti piacerebbe andare da qualche parte?»

Il piano stava per prendere forma. Avrebbe solo dovuto portare Potter lontano da quella casa.

Potter si girò, guardandolo con gli occhioni verdi e brillanti dietro gli occhiali un po' piegati, «Con te?» chiese, speranzoso.

«Certo. Io...» deglutì, sentendo ancora la sensazione di essere sporco, «non mi vergogno di te.»

«Sì! Voglio venire! Però, scusami, però zia Petunia dice sempre a Dudley di non andare da nessuna parte con gli sconosciuti. Zia Petunia glielo dice perché gli vuole bene e non vuole che qualcuno gli faccia del male, quindi seguo anche io i suoi consigli.»

«Ma non sono uno sconosciuto io, no? Sono un tuo amico.»

«Sì, ma...» Potter scrollò le spalle, «Ti ho conosciuto oggi e non mi hai detto neanche il tuo nome intero. Sei il mio migliore amico, ma lo sarai più più tra un po', non subito!»

Fece una smorfia, quando fu definito persino il migliore amico di quel bambino così solo. Alla faccia di quello sfigato dello Weasley! Nonostante ciò, si sentì immerso nella melma.

Mentre pensava a quanto si sentisse uno schifo, in quel momento, perché nonostante non sentisse la sua coscienza parlargli non voleva dire che non esisteva e non gli stava urlando le peggio cose in quel momento, Potter urlò, spaventandolo.

«Orso!»

Il piccolo Potter si piegò e prese tra le braccia sottili il peluche rimesso a nuovo da Draco quel pomeriggio, guardandolo con gli occhioni sgranati e brillanti di felicità. Se lo girò tra le mani, come a non credere a ciò che vedeva, toccò con un dito l'occhio riattaccato e gli strappi ormai inesistenti. Poi lo guardò. «È guarito

«Il peluche?»

«Sì sì! Prima era tutto rotto e fatto male, la notte piangeva.» Potter aggrottò le sopracciglia, «Lo so che piangeva, io lo sentivo tutte le notti. Dudley l'ha buttato via perché era tutto rotto, ma l'ho preso io perché non volevo più che piangesse. L'ho nascosto perché se zia Petunia lo vede, lo butta via lei e mi mette anche in punizione per aver preso un giocattolo di Dudley senza permesso.»

«Ma adesso sta bene, no? Non piange più.»

«Sei stato tu ad aggistarlo? Quando ti ho fatto entrare nella mia stanza Orso era ancora rotto! Ne sono sicurissimo!»

Draco gli sorrise e basta. Si godette un Potter in miniatura che giocava con un pupazzo rattoppato da una magia neanche poi troppo forte, come se fosse il bambino più fortunato del mondo ad aver ricevuto un tale regalo.

Potter si addomentò stringendo l'orso di pezza e con la guancia appoggiata al suo petto.


Per tutta la notte avrebbe potuto portarlo via e portare a termine il suo piano una volta per tutte, ma non lo fece. Restò a guardare quel Potter così gracilino stringersi a lui in cerca di calore o forse affetto che, ovviamente, Draco non poteva dargli. E non voleva, anche, era pur sempre Potter! O almeno, cercò di autoconvincersene.

Non dormì molto, Draco. Giusto quello che bastava per non avere la faccia pesta tutto il giorno seguente. Guardò il piccolo Potter dormire tranquillo, la boccuccia umida socchiusa da dove usciva un respiro lieve e le braccia strette intorno al suo orsetto di pezza rimesso a nuovo.

Si stupì quando Potter si svegliò da sé poco prima dell'alba.

«Buongiorno, Malfoy!» sussurrò, grattandosi un occhio e sbadigliando.

«Come mai già sveglio?» gli chiese. La sua voce era un po' roca.

«Devo preparare la colazione ai miei zii e a Dudley,» fece un altro sbadiglio, «si sveglieranno tra qualche ora. Mi fai compagnia? Possiamo mangiare anche qualcosa di nascosto, però devi nasconderti prima che si sveglino.»

Non seppe perché lo fece, ma Draco uscì dal sottoscala tenendo il piccolo Potter che, ancora assonnato, sonnecchiava sulla sua spalla. Devo guadagnare la sua fiducia, si giustificò, per l'ennesima volta.

«Mettimi giù,» mugugnò Potter, «devo preparare la colazione.»

Si maledì un po', ma quasi non se ne rese conto quando disse: «Faccio io.»

Faccio io?! Draco non sapeva neanche come si preparava un panino! Figurarsi una colazione intera! E poi lui, Draco Malfoy, indiscusso – più o meno – Mangiamorte al servizio del Signore Oscuro, doveva preparare la colazione a dei babbani?

Devo guadagnare la fiducia di Potter! Si ripeté.

Facendo in modo che Potter non guardasse, prese la bacchetta nascosta nella manica della giacca e castò qualche incantesimo a caso. Bene o male, riuscì a cuocere delle uova e riempito una brocca d'acqua. Se lo sarebbero fatto bastare. Era già troppo!

Anche se, considerando quanto somigliasse ad un maiale il cugino di Potter, quello non sarebbe bastato affatto. Decise che, infondo, non gli importava granché.

Se tutto andava bene, Potter non sarebbe neanche tornato a casa per beccarsi la punizione, quel giorno.

«Ecco fatto.» afferrò un piatto con delle uova strapazzate e corse fuori nel giardino. Speriamo siano commestibili, ieri non ho neanche cenato!

Si sedette in un angolo del giardino con Potter ancora semicosciente in braccio. Ma quando sentì l'odore delle uova, il piccolo moccioso sembrò risvegliarsi come d'incanto, «Uova! Che buon odore! L'hai fatte tu?»

«Tu dormivi.» sogghignò, mangiando le uova e osservando Potter come si rimpinzava con gusto. Da quanto aveva capito, era abituato a mangiare poco, e probabilmente per costrinzione. Trovò piuttosto normale e non disgustoso guardarlo come si imbrattava e come gli occhioni si socchiudevano gustandosi la colazione. Per salazar, non erano neanche così buone!

Adesso capiva perché si ingozzava come un maiale alle tavolate ad Hogwarts.

«Grazie, Malfoy! Erano buoni buonissimi!» esultò, contento, quando ebbe finito.

«Chiudi gli occhi che ti pulisco.» disse, e Potter, fiducioso, fece come gli era stato chiesto e strinse forte gli occhi per non cedere alla tentazione di sbirciare.

Draco riprese la bacchetta e fece evaporare i residui di unto delle uova dalle mani e dalla bocca di Potter, e fece sparire pure il piatto.

Quando Potter riaprì gli occhi, si guardò le mani meravigliato. «Faceva il solletico. Come hai fatto?»

«Per magia.» disse, e prima che Potter gli urlasse che non si diceva quella parola, lo fermò, «Allora? Oggi vieni con me? Ti porto in un posto che sono sicuro ti piacerà.»

Che schifo, pensò. Suppose che si stesse riferendo a se stesso.

«Ma...» Potter aggrottò le sopracciglia, «non posso. Sei uno sconosciuto...»

«Come faccio a non essere più uno sconosciuto, per te?»

In un angolo molto remoto della sua mente, sperò che Potter gli dicesse che non poteva non essere uno sconosciuto per ancora molto tempo. Ma quello davanti a lui era pur sempre un bambino, un bambino che era stato solo per tutta la vita, e che si era ritrovato per la prima volta con una prima persona che lo trattava bene.

Sarebbe stato terribilmente facile portarlo via da lì...

«Voglio sapere il tuo nome, tutto il tuo nome! E voglio che mi chiami Harry, e non Potter!»

Era anche fin troppo facile.

«Mi chiamo Draco Malfoy... Harry.» La voce gli si spezzò un po', quando pronunciò il suo nome per la prima volta. La primissima, da sempre.

Potter si illuminò, «Draco! Hai un un nome davvero figo!» trillò, abbracciandolo. Draco si irrigidì, «Ora sei il mio migliore migliorissimo amico! Dove vuoi portarmi?»

«In un... bel posto. Promesso. Ti fidi di me

Potter annuì con vigore, prendendogli la mano e stringendola con dolcezza. Lo guardò con i suoi grandi occhioni dietro gli occhiali storti quasi più grandi della sua testa, brillavano fiduciosi e felici, mettendosi in piedi ad aspettarlo.

Rimase a guardarlo per un po', seduto ancora sull'erba fresca, pensando che forse non era stata una grande idea accettare quella missione. Era sembrata così facile e semplice, dalle parole del Signore Oscuro, circuire un piccolo Potter indifeso, portarlo via dalla protezione della sua casa babbana, allontanarlo e...

Ripensandoci, forse lui non era la persona giusta.









Spazio Autrice.

Salve! Eccomi qui con il secondo capitolo. Le cose stanno diventando difficili per Draco...
Eppure, anche se dice di odiare i bambini, proprio non ce la fa a resistere ai piccoli Potter! (ogni riferimento a fatti o storie è puramente casuale) XD
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! E ovviamente ringrazio i tantissimi lettori silenziosi, i tanti che hanno messo la storia tra le seguite/preferite, e a quell'anima buona che ha recensito XD
Ricordo che non mordo se mi lasciate una recensione! ;)

Emily.

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Capitolo 3
*** III ***



III


La vocina acuta di Potter lo chiamò, facendolo sobbalzare. «Draco? Va tutto bene? A cosa pensi?»

Al fatto che a breve dovrò ucciderti. «Alla strada giusta. Scusa, mi sono distratto, comunque. Andiamo?»

Si mise in piedi e camminò con lentezza estenuante per tutta la strada principale, e deserta, di Privet Drive. Si guardò intorno circospetto, il Signore Oscuro lo aveva messo in guardia su possibili spie che stavano tenendo d'occhio Potter, ma era essenzialmente presto, poco dopo l'alba, e non c'era anima viva in giro.

Poteva stare tranquillo.

Allora perché, un angolo della sua mente, sperava che qualcuno lo fermasse?

Si inoltrarono in un parco poco lontano, circondato da alberi fitti. Il Signore Oscuro gli aveva detto che, poco lontano da lì, doveva esserci una radura con un rudere abbandonato. Poteva essere un buon posto per un infanticidio? Pensò, distratto, Draco, la nausea che saliva mano a mano che i passi li allontanavano dalla casa babbana degli zii di Potter.

«Ci sono venuto qualche volta in questo parco, ma non mi sono mai divertito.» confessò Potter dopo minuti di silenzio, «Dudley e i suoi amici mi rincorrevano. Giocavano alla caccia, e la preda la facevo sempre io.»

«Cosa facevano quando ti prendevano?» Sapeva, però, cosa aspettarsi dalla risposta.

Il piccolo Potter scrollò semplicemente le spalle, «Una volpe cosa fa al coniglio che caccia? Cerca di ucciderlo. Per fortuna, nel mio caso non cercano di mangiarmi, ma me ne danno tante.» gli strinse una mano, e gli sorrise, come se fosse lui da tranquillizzare e non viceversa. E forse alla fine aveva pure ragione. «Però non mi faccio mai prendere, Draco, sono davvero veloce sai?»

«Sì. Anche da grande sarai molto veloce.»

«Davvero?» i suoi occhioni brillarono, «Ma anche da grande dovrò scappare?» chiese poi, preoccupato.

Draco non rispose.


«Wow! Non ero mai arrivato qui! Ma siamo sempre a Privet Drive?»

Avevano appena messo piede sulla terra smunta della piccola radura poco dietro il parco babbano. Potter si guardava intorno, un po' confuso, ma estasiato alla vista del piccolo rudere abbandonato.

«Giochiamo lì dentro? A nascondino? Non ho mai giocato a nascondino,» e prima che Draco potesse chiedergli che gioco fosse questo nascondino di cui stava parlando, Potter lo tirò per una mano, «o forse possiamo andare a caccia di fantasmi! Ho visto che in tv alcune persone lo fanno. Non guardo molto la tv, ma quando pulisco camera di Dudley di nascosto l'accendo per un po'.»

Draco continuava a non rispondere, ascoltando con un macigno sul petto le parole del bambino. Mano a mano che si avvicinavano al rudere, composto da pietre lisce e ricoperte di muschi e licheni, il peso che gli rendeva difficile respirare diventava sempre più insistente e insopportabile.

Non era la persona adatta ad un compito del genere. Come aveva mai potuto accettare il compito di uccidere Potter? Potter da bambino, per di più! Cercò dentro di sé di nuovo quell'orgoglio e quella fierezza che lo aveva accompagnato fino al giorno prima, ma non la trovò da nessuna parte.

Sentì solo la melma che gli riempiva la gola.

«Perché mi hai portato proprio qui?»

Draco deglutì, «Non volevi allontanarti troppo, giusto? Ci avremmo messo troppo, poi, per tornare a casa. Mica vuoi essere punito al tuo ritorno, vero?»

«No no!» Potter scosse la testa e gli sorrise con la bocca sdentata, «Hai fatto bene! Quando avremo più tempo andiamo da più più parti! Più più lontano!»

Non appena entrarono nel rudere, Potter cercò subito di lasciare la sua mano per mettersi a correre ed esplorare i dintorni, ma Draco non glielo permise. Lo tenne accanto a sé, cercando di non stringere troppo il piccolo e troppo sottile polso che aveva tra le dita. Si piegò sulle ginocchia, in modo tale da essere alla stessa altezza di Potter.

«Prima di giocare,» deglutì di nuovo, sentiva un saporaccio orribile in bocca, «devo farti vedere una cosa.»

«Che cosa?»

Draco prese la sua bacchetta nascosta dalla lunga manica della giacca, e la puntò sul viso scettico di Potter.

Lui aggrottò le sopracciglia, «Un pezzo di legno?»

«Sì, Pot– Harry.» cercò di sorridere ma non fu convinto di esserci riuscito, «È una bacchetta. Non toccarla.»

«Vuoi prendermi a bacchettate?» chiese, guardandolo un po' impaurito, «Come fa zia Petunia con il mestolo?»

«No... no, Harry. Non ti prenderò a bacchettate.»

Si rincuorò appena pensato che, dopotutto, Potter non avrebbe sofferto. Con l'avada kedavra, un secondo e sarebbe morto: non avrebbe avuto neanche il tempo di sentire il minimo dolore.

«Voglio farti vedere una... cosa bella.»

«Con una bacchetta? Sei un prestigiatore?»

Draco non sapeva bene cosa fosse un prestigiatore, ma annuì semplicemente e si rimise in piedi, accertandosi che Potter non si allontanasse da lui.

Non lo fece, il bambino restò soltanto a fissarlo in attesa. Fiducioso.

Harry Potter, piccolo ed innocente, ancora ignaro di tutto quello che, una volta messo piede ad Hogwarts, avrebbe subito e sopportato, si fidava di lui, Draco Malfoy.

In un altro contesto, in un altro luogo, Draco sarebbe scoppiato a ridere.

In quel momento, invece, gli veniva solo da vomitare.

Puntò la bacchetta sul suo viso, sugli occhiali storti, sugli occhioni verdi come smeraldi, sulla cicatrice che nel giro di tre anni si sarebbe arrossata e avrebbe bruciato.

Gli tremò la mano, mentre apriva la bocca secca. Le parole erano così difficili da pronunciare...

«Avad...» deglutì.

«Avada...» tossì.

«Avada Ked...av...» si morse il labbro, stringendo gli occhi.

Li chiuse e si prese la testa tra le mani. Non ci riusciva, non ci riusciva! Non era in grado di uccidere un bambino! Eppure era sembrata così semplice come missione, uccidere Potter da bambino! Si era così concentrato su Potter, sul fatto di dovere uccidere proprio lui, di potersi vendicare di tutto quello che gli aveva fatto passare per tutti quegli anni, che non aveva affatto pensato al fatto che si sarebbe trovato davanti a sé pur sempre un bambino, poco contava fosse poi Potter.

Era un bambino.

«Draco? Va tutto bene? Non ci riesci?»

Aprì gli occhi, guardando di nuovo il viso confuso ed ora preoccupato del piccolo Potter. Salazar, si sentiva così sporco, aveva voglia di grattarsi e di scrostarsi tutto il sudicio di dosso.

«Mi dispiace...» mormorò, facendo un passo indietro.

«Per cosa? Draco?»

«Mi dispiace tanto, Harry... devo andare... mi dispiace...»

Scappò come il codardo che era, abbandonando Potter da solo in quel rudere che sarebbe dovuto essere la sua tomba.


Corse via, non curandosi di dove fosse diretto o dove stesse andando. Si inoltrò sempre di più tra gli alberi fitti, prendendo con gli occhi gonfi di lacrime frustate il Maelström accuratamente nascosto nelle pieghe della tasca dei suoi pantaloni.

Si fermò solo dopo aver corso per chissà quanto tempo, guardandosi appena indietro e sospirando sollevato quando non riuscì a intravedere neanche l'ombra del rudere.

Strinse il Maelström tra le dita, e pensò che lui non era affatto adatto a questo compito. Sarebbe tornato nel suo tempo, nel 1998, e avrebbe pregato, anche a costo di beccarsi qualche cruciatus dal Signore Oscuro o da suo padre, di poter essere sollevato da quell'incarico. C'erano centinaia di Mangiamorte che erano pronti a maledire a vita Potter, persino più di lui, e che non avevano affatto problemi nell'uccidere un bambino indifeso.

Draco era debole, se ne rendeva conto. Era debole, e lo era diventato ancora di più nel guardare gli occhi fiduciosi di Potter, il suo sorriso sdentato e felice, nel sentire la sua piccola mano stringere la sua.

Oh, ma l'avrebbe sicuramente pagata per il suo passo indietro. Il futuro che lo aspettava sarebbe stato pieno di punizioni e di sguardi delusi per il suo fallimento, ma a Draco davvero non importava. Aveva un marchio sul braccio, prediligeva la magia oscura, ma non voleva essere un assassino. Non un assassino di bambini, non l'assassino di nessuno.

Chiuse gli occhi, stringendo il ciondolo dorato, pensando intensamente Casa mia, 1998.

Il vortice lo inghiottì nuovamente come il giorno prima, sballottolandolo a destra e a manca, infradiciandolo dalla testa ai piedi. Temette di vomitare non appena sarebbe arrivato a destinazione, già che si sentiva pieno di spazzatura nello stomaco.









Spazio Autrice.

Ed ecco io terzo capitolo, possiamo dire addio (per il momento, almeno) al piccolo Potter! 
Almeno non è un addio definitivo XD
Draco ora tornerà nel suo tempo, cosa lo aspetta? Diciamo che nulla di bello, i viaggi temporali non portano mai nulla di bello, hahaha!
Mi dispiace per tutti quelli che avrebbero preferito vedere altre interazioni tra Draco e il piccolo Harry, ma avendo una trama ben precisa in mente, ci sono cose che devono essere sistemate con il grande (?) Potter.
Ringrazio di cuore tutte le tantissime persone che hanno aggiunto tra le preferite/ricordate/seguite questa storia! Sono contenta che l'idea piaccia così tanto, piace molto anche a me! 
Ringrazio anche coloro che hanno lasciato le dolcissime recensioni, adoriamo tutte Draco alle prese con i piccoli marchi Potter!
Attendo i vostri commenti, che mi fanno sempre enormemente piacere :)

Emily.

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Capitolo 4
*** IV ***



VI


Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che notò fu che non era fradicio. Era seduto all'enorme tavolo della sala da pranzo di Malfoy Manor, sua madre, algida come sempre, di fronte a lui e suo padre, che in quel momento indossava un sorriso inquietante, a capo tavola.

Non disse niente, temendo di attirare troppo l'attenzione su di lui. C'era qualcosa che non andava, lo sentiva. Perché il viaggio era andato in modo diverso rispetto all'andata? Perché aveva la sensazione di non essere nel suo tempo?

Eppure aveva fatto come doveva. Aveva pensato intensamente al luogo e all'anno voluto, proprio come il Signore Oscuro gli aveva detto di fare. La prima volta aveva funzionato. Forse perché, adesso, il viaggio non era stato nel passato? Forse perché... il futuro era cambiato? Cosa aveva fatto? Aveva ucciso Potter, lasciandolo lì da solo, indifeso?

«Draco, posso riottenere la tua attenzione o è chiedere troppo?» fece suo padre, lanciandogli un'occhiataccia ma senza perdere il sorriso.

Draco lo guardò, sperduto. Stava parlando? «Cosa, padre?»

Lucius sospirò, poi prese il suo bastone e lo batté per terra, chiamando gli elfi domestici per portare via i piatti vuoti. «Sei spesso tra i tuoi pensieri ultimamente, Draco. Ricorda che i Malfoy prestano sempre attenzione, non si lasciano sfuggire niente.» lo fissò, gelandolo con i suoi occhi gelati. «Dicevo: il Signore Oscuro vuole premiarti per ciò che hai fatto, dunque si aspetta che, al più presto, tu vada al suo cospetto.»

«Per... ciò che ho fatto?»

Cosa aveva fatto? Aveva davvero compiuto la sua missione, nonostante non avesse lanciato l'anatema? Era davvero bastato lasciarlo incustodito in un bosco per ucciderlo? Lo stomaco di Draco andò sottosopra.

Sua madre lo guardò, senza osare aprir bocca. Si chiese perché sembrasse triste, dietro la maschera algida e fredda.

«Certo, Draco, non ti aspettavi per caso una ricompensa? In tutti questi anni, hai fatto un ottimo lavoro. Era il tuo compito, certo, ma l'hai compiuto nel migliore dei modi.» subito dopo aver detto quello, e lasciando comunque Draco sempre più confuso, gli fece segno di alzarsi, «Ora va', su, non far aspettare oltre il Lord.»

Fece come gli era stato detto, anche se non sapeva bene dove andare. Uscì dalla sala da pranzo e si appoggiò al muro del corridoio, cercando di fare mente locale: era lì, a Malfoy Manor, nel 1998. Suo padre era fiero di lui, aveva fatto qualcosa che, e deglutì al pensiero, aveva reso felice il Signore Oscuro. Ma cosa?

Suo padre aveva detto in tutti questi anni. Era un compito che era durato per anni, prima di ottenere il suo compimento. Cosa aveva fatto per tutto quel tempo? Aveva frequentato Hogwarts...

Non si accorse che sua madre lo aveva seguito fino a che non sobbalzò, toccandosi il petto spaventato, quando una sua mano delicata gli toccò un braccio.

«Madre,» la chiamò, guardandole negli occhi che, più di prima, gli sembrarono apprensivi, «mi hai spaventato.»

«Mi dispiace,» rispose lei, e gli strinse il braccio, «va tutto bene, Draco?»

Draco annuì, ma decise di farsi aiutare almeno da sua madre, sperando che lei gli avrebbe dato più delucidazioni senza aizzare dubbi. «Sì, io... sono solo un po' confuso. Dove posso trovare il Signore Oscuro?»

«Oh, Draco. Ti prego, cerca di superare tutto questo, vedrai che... col tempo passa. Tuo padre è così fiero di te che non si rende conto di quanto tutto questo ti faccia male, ma... nessuno può fare altrimenti.»

«Madre, davvero, non capisco di cosa tu stia parlando.» disse, ma Narcissa non notò la sua particolare sincerità.

«Immagino che ignorando la cosa, possa essere un metodo giusto.» gli sorrise, ma gli occhi non persero la luce un po' triste, così nuova sul viso di sua madre. «Va' in salotto, il Lord ti sta aspettando lì. Sono fiera di te, Draco, nonostante io sappia quanto ti sia costato ottenerla, e anche tuo padre lo è. Volevo solo che tu lo sapessi.»

Gli strinse un'ultima volta il braccio, in un gesto che gli sapeva di confortante, prima di dargli le spalle e allontanarsi lungo il corridoio.


Arrivò in salotto che aveva i nervi a fior di pelle, come ogni volta che doveva andare al cospetto del Signore Oscuro. La sua agitazione, però, stavolta non si basava soltanto sulla presenza del mago oscuro, ma anche dall'ignoranza di ciò che era avvenuto mentre lui viaggiava nel tempo.

Sentiva il Maelström pesare incredibilmente nella sua tasca.

Si inginocchiò quasi toccando il pavimento lucido con il naso, quando arrivò di fronte al Signore Oscuro. «Mio signore,» fece, ossequiosamente. La sua voce, per fortuna, non vibrò.

«Oh, Draco! Mio caro Draco! Alzati. Oggi è il tuo gran giorno.»

Alzò il viso, rimettendosi compostamente in linea eretta. Vide il Lord seduto su quello che doveva essere il suo nuovo trono, ai suoi piedi Nagini che strisciava tranquilla e mostrava la lingua biforcuta.

«Mi dispiace per averti fatto restare sulle spine per tre giorni, prima di darti il tuo premio. Ma come puoi immaginare, ho avuto da fare con il tuo piccolo regalino.» gli sorrise, accattivante, gli occhi rossi che gli fecero venire i brividi lo fissavano allegri. «Dimmi ciò che desideri.»

Pensò velocemente a qualcosa, e per fortuna gli venne in mente un'idea per potersi togliere d'impiccio. «Non chiedo molto, mio signore. Solo... credo di essere stato colpito da un confundus, perché mi sento particolarmente... confuso e fuori luogo. Vorrei solo sapere cosa... cosa ho fatto.»

«Non sai cosa hai fatto, Draco? Hai reso possibile la mia vincita.»

«Non... so come però, mio signore. Tutto ciò che chiedo è saperlo.»

«Devi esserne del tutto fiero, credimi. Un lavoro lungo e faticoso è stato, il tuo. Dal tuo primo anno ad Hogwarts. Sei stato impeccabile.»

Draco aggrottò le sopracciglia. Aveva fatto qualcosa ad Hogwarts? Cosa?

«Mi sorprende che tu non te ne ricorda, Draco. Eri così felice, tre giorni fa, quando hai portato a termine la missione. Sembravi particolarmente entusiasta di portarmi ciò che chiedevo, o meglio, ciò che ho chiesto a tutti i Mangiamorte. Nessuno ci è riuscito, tranne te.»

A quel punto, sperò solo di aver capito male. O forse no. Infondo, era davvero ciò che gli era stato chiesto quando aveva iniziato Hogwarts, quando Lucius era entrato nelle sue stanze e gli aveva ordinato di diventare amico di Potter. Ma Potter non è mai diventato amico mio.

«Quando mi hai consegnato Potter,» disse, con un enorme sorriso, «sei stato così felice di vedere il suo viso trasformarsi in una smorfia tradita! Si fidava così tanto di te, quello sciocco.»

Fu come ritornare davanti al piccolo Potter, che lo guardava con gli occhi verdi pieni di speranza e fiducia per niente meritata. Solo che, al posto di un bambino, vide Potter come lo ricordava l'ultima volta che lo aveva visto ad Hogwarts, con lo stesso sorriso e con gli stessi occhiali storti.

Fu come affogare nella sua stessa bile.

«È tutto ciò che chiedi, Draco?»

Fissò il Signore Oscuro, e sembrava quasi che lui sapesse. Cosa in particolare non capì, ma ebbe la brutta sensazione di essere scoperto su tutti i suoi segreti. Gli sembrò una fortuna, in quel momento, aver imparato alla perfezione l'occlumazia.

«Avrei un'altra richiesta, se non è troppo.» al cenno di assenso del Lord, continuò, «Vorrei vedere Potter, se non è morto.»

«Oh, no, non è morto, e non morirà. Ma è sotto la mia stretta sorveglianza. Comunque, Draco, a te è concesso vederlo: se non fosse stato per te, non sarebbe neanche qui. Ma non ucciderlo, sono stato chiaro?»

Draco annuì.

E fu col cuore che gli batteva forte nelle orecchie, che seguì il Signore Oscuro accompagnarlo fin dentro le prigioni del Manor.








Spazio Autrice.

Mi dispiace per il capitolo un pochino più corto, ma per tenere sulle spine voi lettori (?) vi farò vedere Harry nel prossimo capitolo XD
Alcuni di voi hanno predetto bene ciò che Draco ha "subito" nel futuro! Ebbene, Harry e Draco sono diventati amichetti, ma ovviamente Draco l'ha consegnato a Voldemort. Grande Draco, sempre sul pezzo.
Ma non temete! Le cose non andranno che peggio! XD
Vi ringrazio moltissimo per le recensioni, oggi sono di fretta e non posso rispondere, ma più tardi o domani risponderò a tutti! E anche per aver ricordato/seguito/preferito la storia!
Se lascerete qualche recensione, per farmi sapere cosa pensate della storia, mi renderete molto felice <3

Emily.

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Capitolo 5
*** V ***



V


Il Signore Oscuro lo lasciò all'entrata delle segrete dopo aver lanciato un incantesimo che fece gemere sommessamente chiunque si nascondesse nel buio della cella. Gli fece un sorriso inquietante e sparì da dove, insieme, erano arrivati, risalendo verso il salone del Manor.

Sembrava fidarsi molto di lui, se addirittura l'aveva lasciato solo insieme ad un prigioniero.

Ma non ucciderlo, sono stato chiaro? Gli sembrava un paradosso, quella frase. Perché, in quel futuro, il Signore Oscuro non desiderava la morte di Potter? Non capiva. Era partito per quella missione per uccidere Potter da bambino, per togliere di mezzo il principale nemico del Lord che impediva la sua ascesa al potere, come era possibile che, adesso, gli aveva proibito di mettere fine alla sua vita?

Si avvicinò tentennante alle sbarre della cella, lasciata incautamente aperta. Se Potter era lì dentro – e lo era, senza alcun dubbio, ripensando alle parole del Lord – non aveva modo di fuggire, altrimenti l'avrebbe già fatto.

Superò la soglia della cella, «Potter?» mormorò, «Lumos.» disse poi dopo, arrendendosi al fatto che i suoi occhi non si stavano abituando al buio e continuavano a non vedere niente.

Quel che vide lo fece sprofondare nella disperazione più totale. Quello che aveva davanti era Potter? Era un ammasso di lividi e tagli infetti, i capelli lunghi a nascondergli il viso sicuramente tumefatto. Tremava, tremava tantissimo. Erano tremiti che Draco conosceva bene, erano gli stessi tremiti che lasciavano le cruciatus quando l'inferno sembrava passare. Ma perché tremava ancora? Non era stato colpito in quel momento.

Quanto dovevano averlo già torturato per avergli lasciato tali segni?

Era steso su una panca nell'angolo più lontano della cella, in posizione fetale. Non aveva gli occhiali, ma da sotto i folti capelli sporchi di sangue gli sembrava di vedere le sue iridi verdi guardarlo.

Non erano più gli occhi brillanti e fiduciosi del piccolo Potter.

Senza neanche accorgersene, quasi corse per arrivare al suo fianco. Si piegò sulle ginocchia e cercò di togliergli i capelli dal viso, gli carezzò le braccia stando attento a non toccare i tagli.

«Potter? Ma come ti hanno ridotto?»

«Come mi hai ridotto, Draco.» lo corresse, con voce roca e spenta. Sembrava aver urlato per giorni.

Draco guardò i suoi occhi, accusatori, e deglutì. «Cosa...?»

«Non riesci neanche più...» inspirò, e gemette per il dolore, «a chiamarmi per nome?»

Non riuscì a rispondergli. Ricordava quando lo chiamava per nome? Quando era un bambino?

«Vuoi che ti chiami Harry?» gli chiese, con delicatezza.

«Voglio solo che tu te ne vada.»

Fu come avere un pugnale affondato all'altezza dello stomaco. Potter aveva gli occhi rossi e vacui, le labbra gonfie e secche con piaghe dolorose che sanguinavano ai lati.

«Harry, davvero, io non capisco... io non... perché..?»

Harry ebbe un guizzò di vitalità solo quando la rabbia gli bruciò gli occhi. Sembrò volersi muovere, ma non ce la faceva, «Perché? Perché? Dovrei essere io... io a chiederti perché mi hai fatto questo! Io ti amavo mentre tu... tu non vedevi l'ora di portarmi qui.»

No.

Per Salazar, non lo aveva fatto sul serio. Non poteva averlo fatto sul serio.

Potter lo guardava ferito sia nel corpo che, soprattutto, nell'anima. Draco non riuscì neanche ad immaginare come potesse sentirsi – oltre al dolore delle cruciatus e di altri vari incantesimi, c'era anche il dolore del tradimento da parte della persona che amava. Che amava. Era davvero stato in grado di fare una cosa del genere?

Certo, a parole era riuscito a promettere a suo padre che avrebbe ucciso un bambino, ma al momento dell'atto in sé si era tirato indietro, era scappato. A parole molte volte, prima di andare ad Hogwarts, aveva promesso a suo padre di diventare amico di Potter, e anche se ai tempi non aveva capito appieno il significato, sapeva che Lucius voleva avere sotto controllo, e in qualche modo in pugno Harry Potter, e gli aveva giurato che avrebbe fatto il possibile per esaudire il suo desiderio.

Aveva fallito praticamente subito, inimocandoselo da Madama Malkin e poi sul treno.

Ma in quel futuro, era riuscito a stringere la sua mano, era riuscito a diventargli amico. Era davvero arrivato al punto di farlo innamorare, per poi ridurlo in quel modo?

Gli prese le mani, stringendole per cercare di fermare, quanto possibile, i tremori, «Io non... non l'ho fatto sul serio, non avrei mai potuto fare una cosa del genere, credimi!»

«Io mi fidavo di te! Mi sono sempre fidato!» avrebbe urlato, Potter, ma non aveva abbastanza fiato per farlo.

Draco si alzò in piedi, arretrando. Ti fidi di me? Potter si fidava di lui fin da quando aveva otto anni. Si era fidato per tutti quegli anni, e lui, di quella fiducia, ne aveva fatto... spazzatura.

«Io...» disse, senza sapere in effetti cosa dire.

Sentiva la smania di fare qualcosa, qualsiasi cosa, come prenderlo e portarlo di nuovo tra le braccia di chi, invece, la sua fiducia la meritava appieno, come Weasley e Granger. Doveva chiamarli? Doveva mettersi in contatto con loro?

Doveva fare qualcosa.

«Va' via! Va' via!» Potter però gridò, più forte che poté, graffiandosi la gola. «Non voglio mai più vederti...» aggiunse, nascondendosi dietro alle ferite delle sue braccia e dietro ai suoi capelli sporchi, singhiozzando.

E Draco non fece niente.

Scappò e basta. Di nuovo.


Si chiuse nella sua camera, non guardando in viso nessuna persona incrociata nel tragitto. Che fossero mangiamorte, i suoi genitori o persino il Signore Oscuro poco gli importava al momento: aveva mandato tutti al diavolo e si era sbattuto dietro di sé la porta.

Cadde in ginocchio al centro della stanza, prendendosi i capelli tra le mani. Ma alla fine, perché si sentiva così? Aveva solo fatto ciò che doveva fare, né più, né meno. Era il suo compito! Che fosse ucciderlo da bambino o condannarlo da ragazzo, poco importava!

Non doveva stare così male per Potter! Stavolta cosa aveva per giustificarsi? Non era più un bambino... ma Draco non era stupido od ottuso, sapeva bene cosa c'era che non andava: senso di colpa. Quello che aveva fatto a Potter era una cosa orribile, persino per uno come lui. Specialmente per uno come lui, che parla, parla, minaccia e urla, ma non è capace di fare niente.

Per l'amor di Morgana, la cosa peggiore che aveva mai fatto era lanciare qualche incantesimo urticante a dei primini ad Hogwarts!

Gli veniva da vomitare tutto il marcio che sentiva dentro di sé. Ignorò il dolce toc toc della sua porta, e quel bussare così dolcemente non poteva essere altri che sua madre e no, non voleva vederla.

Ripensò alle sue parole, quando lo aveva fermato poco prima di andare dal Signore Oscuro, e adesso avevano completamente senso. Sua madre sapeva che tutto ciò, che ferire Potter, che tradirlo così – dopo che, maledizione, gli era diventato amico, dopo che aveva desiderato esserlo per così tanto tempo! – lo avrebbe distrutto, e non voleva... non voleva affrontarla adesso. Non adesso. Né domani e né il giorno dopo.

Doveva fare qualcosa e smetterla di scappare da tutto.

Doveva cercare di portare via Harry da lì.


«Draco, apri. Te ne prego.»

Sua madre si era arresa, sentendosi ignorata. Draco si era rifugiato dentro il suo letto, sotto alle coperte, nonostante fuori fosse palesemente estate. Ma sentiva così freddo dentro di sé...

Sua madre tornò a bussare alla sua porta dopo cena, ma lui continuava ad ignorare le sue preghiere. Fino a che, Narcissa Malfoy non si comportò da Malfoy.

«Oh, Draco.» sospirò, entrando dentro la stanza dopo aver bruciato e sciolto tutto il pomello e facendo cadere, così, tutte le debolissime protezioni che Draco aveva messo. «Ti prego, non fare così. Ti ho portato la cena, prova a mangiare qualcosa.»

«Non ho fame.» mormorò, senza neanche degnarsi di guardarla.

«Ricordi le mie parole, Draco?» Sentì sua madre sedersi al lato del letto, e una sua mano si appoggiò sul suo fianco, sopra al lenzuolo di seta, «Sono... siamo fieri di te. So che adesso è difficile, ma hai aiutato la causa. Il Signore Oscuro, adesso, perderà interesse nelle punizioni inflitte a tuo padre e abbandonerà il manor. L'hai fatto per noi.»

«No. L'ho fatto per mio padre.» la interruppe. Si mise a sedere e Narcissa poté finalmente vedere il viso tormentato del figlio, «Io non volevo tutto questo, non lo volevo... io ho sempre fatto quello che mi diceva lui. Non l'ho fatto per noi, l'ho fatto per lui.»

Narcissa gli accarezzò il viso, e Draco non riuscì a ricordare l'ultima volta che sua madre aveva mostrato così esplicitamente affetto nei suoi confronti.

«È solo Potter.»

«Era un mio compagno di scuola.» replicò Draco, e si chiese perché si stupiva così tanto dell'insensibilità di sua madre, «Anche se l'ho sempre odiato, io... è come se... è come se fossimo cresciuti insieme. Come posso... come ho potuto restare a guardare? Lui...» deglutì, «Lui mi... e io... io l'ho tradito... lui si fidava di me...»

«Allora perché, Draco? Perché l'hai consegnato al Signore Oscuro?» gli chiese, abbassando la voce ad ogni parola pronunciata, come se avesse paura di essere ascoltata.

Già, perché l'aveva fatto?

Draco era certo che il suo stare così male non dipendeva soltanto dal suo viaggio nel tempo e dall'aver conosciuto un'altro, piccolo, Potter. In quel momento, era convinto che non lo avrebbe mai fatto a prescindere.

O forse no. Non lo sapeva, ed era confuso. Ma di una cosa era certo.

«Non sono stato io, madre. Non ero in me.»

E suonò più sincero di quanto era mai stato in vita sua.








Spazio Autrice.

Ebbene , sono di nuovo qui! Volevo precisare una cosa, che servirà anche ai capitoli a venire: quando Draco viaggia nel tempo, non specifica il giorno e il mese preciso, ma solo l'anno, quindi se quando è partito andava ancora ad Hogwarts mentre adesso è al Manor per le vacanze estive, è perché è "capitato" in quel periodo dell'anno. Ecco, volevo specificarlo XD
Potter è tornato! Non è messo particolarmente bene, eh? Come avete ben detto voi nelle recensioni, Draco migliore amico e fidanzato dell'anno! XD
Siamo già al quinto capitolo: non ne sono previsti molti di più, diciamo altri cinque, ma per ora godetevi tutto l'angst che vi sto offrendo!
Siete tanto carine, vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per aver messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate e anche ai lettori silenziosi!
Mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate, non avete paura di lasciarmi qualche commentino <3

Emily.

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Capitolo 6
*** VI ***



VI


Il mattino dopo, Draco si svegliò dopo una nottata insonne, intervallata da brevi incubi che, però, l'avevano lasciato scosso e sudato tra le lenzuola bollenti. Ma aprì gli occhi con un pensiero fisso.

«Le cantine.» mormorò, con la bocca impastata.

Draco conosceva a menadito le cantine del Manor, e se la fortuna decideva, per una volta, di girare nel verso giusto, in quel futuro ci sarebbe stato proprio ciò che gli serviva e che cercava. Pozioni. Aveva bisogno di tante pozioni, di tutti i tipi. Per quanto aveva visto il giorno prima – nonostante la confusione e l'orrore provato – Potter aveva bisogno di cure, e Draco aveva intenzione di aiutarlo in ogni mezzo. Per quanto, al momento, poteva.

Se era riuscito a portarlo nella tana del lupo, sarebbe riuscito anche portarlo via. Doveva solo trovare il modo.

Si preparò di fretta, così tanto che per poco non uscì dalla stanza con la camicia fuori dai pantaloni, come il peggior studente babbano di Hogwarts. Si lisciò persino i capelli, prima di mettere piedi nella sala da pranzo per la colazione, indossando la sua maschera di indifferenza e incuranza quando si sedette al tavolo insieme ai suoi genitori.

«Buongiorno, Draco, figliolo.» Suo padre lo guardava come il suo miglior tesoro, la fierezza gli brillava gli occhi come mai era successo. Quanto aveva desiderato di vedere quello sguardo posato su di sé? In quel momento, gli faceva solo ribrezzo, ripensando al motivo per il quale suo padre aveva improvvisamente deciso di adorarlo. «Cosa ti ha donato come premio il nostro Signore?» domando.

Draco notò che sia i piatti di sua madre che quelli di suo padre erano vuoti. Il suo no.

«Ha chiesto il Manor libero, vero, Draco?» chiese sua madre, guardandolo con gli occhi freddi. Nella loro freddezza, però, Draco gli lesse anche una muta preghiera, e decise di annuire alla sua piccola bugia.

«Sì, certo. Ma ho chiesto anche di vedere Potter quando ne ho voglia. Mi ha dato il permesso di andare da lui a mio piacimento e farci quel che voglio.»

Lucius aggrottò le sopracciglia, «E perché hai fatto tale richiesta? Come al solito dovevi fare qualcosa di stupido. Potevi chiedergli qualsiasi cosa, e tu gli chiedi di vedere quella feccia!»

«Ho chiesto di Potter perché voglio vederlo e farci quello che desidero. Il Manor comunque sarà libero, ed è questo quello che conta.»

Il resto della colazione trascorse nel silenzio più assoluto.


Non appena fu libero dallo sguardo preoccupato di sua madre, Draco corse verso le cantine del Manor, pronto ad arraffare tutte le pozioni che riuscì a trovare. Le rimpicciolì con un colpo di bacchetta e le nascose sotto il suo mantello, che indossò poco prima di scendere nelle segrete per andare di nuovo da Potter.

Non voglio mai più vederti...

Si morse un labbro, tentennando poco prima di raggiungere la cella chiusa. Ripensò alle parole di Harry il giorno prima, le stesse che lo avevano tormentato per tutta la notte, ma decise che non doveva lasciare che la vergogna e il senso di colpa lo fermasse.

Era lì per curare le sue ferite, che Harry volesse o meno.

Aprì la cella e la rischiuse magicamente allo stesso modo alle sue spalle, essendo così sicuro che nessun altro si facesse vivo durante la sua improvvisata mansione da medimago inetto.

Si avvicinò al corpo di Harry che era ridotto allo stesso modo del giorno precedente, solo addormentato. Notò soltanto in quel momento di una pozza di vomito e sangue che giaceva in un angolo della stanza, ma Draco evitò persino di fare qualsiasi smorfia per la puzza o per lo schifo.

Piuttosto, si preoccupò di prendere subito una fiala tra le pieghe del mantello, quella per le ferite interne di qualsiasi tipo, il che avrebbe spiegato il vomito.

«Potter,» lo chiamò, cercando di svegliarlo con delicatezza. «Harry... Harry, svegliati. Prendi questo, per favore.»

Harry aprì la bocca secca con un lieve gemito dolorante, e subito gli appoggiò l'ampollina sulle labbra, massaggiandogli con tocchi lievi la gola in modo tale che, così, ingoiasse senza troppo dolore.

La pozione fece effetto quasi subito, e lo notò immediatamente dal rilassamento del viso. Non sembrava sofferente come era pochi secondi prima, quindi prese una seconda fiala contenente il Dittamo, pronto a spalmarlo sulle ferite, almeno quelle più profonde e infette.

Harry aprì gli occhi non appena sentì le dita di Draco sulla pelle, leggere e delicate come forse mai erano state prima. Però non disse niente, e lasciò fare a Draco il suo minuzioso lavoro, senza staccare lo sguardo un po' più vivo dal suo viso.

Draco preferì ignorare quegli occhi fissi e taglienti, preferendo dedicarsi appieno nel spalmare tutta la pozione sulle ferite.

Quando ebbe finito, chiese: «Hai qualche altro dolore? Ho una pozione anche per i tremori delle cruciatus, ma non sembra che ti serva ora.»

«No, non mi serve.» La sua voce sembrava molto meno roca di come era il giorno prima. Probabilmente la prima pozione deve avergli curato pure la gola graffiata.

«Ho anche quella per il mal di testa, e per...»

«Draco, ti ho detto che non volevo più vederti.»

Deglutì, prima di trovare il coraggio di alzare lo sguardo sul viso sporco e tradito di Harry. Continuò a torturarsi incosciamente il labbro inferiore, prima di rispondergli. «Harry, non avrei mai potuto farti una cosa del genere.»

«Ma l'hai fatta.»

«Non sono stato io!»

«Mi stai dicendo che non sei stato tu a dirmi "Sono anni che stiamo insieme, e non ti ho mai portato da nessuna parte. Ti fidi di me? Ti porterò in un posto speciale!"» il tono di voce si alzò di poco, imitandolo con una smorfia disgustata sul viso. «Un posto davvero speciale, Draco, davvero. Complimenti, hai sul serio quell'ottimo gusto che hai sempre vantato di avere.»

«Harry...»

«Merlino, ancora non posso crederci. Sai cosa mi ha fatto più male delle cruciatus e delle maledizioni taglienti che mi hanno lanciato negli ultimi quattro giorni?»

«Harry, ti prego, aspetta...»

«Il fatto che prima di portarmi qui, proprio prima di portarmi qui!, mi hai detto che mi amavi. Che mi amavi! Era la prima volta che me lo dicevi!» scoppiò a piangere in silenzio, mentre le sue labbra, nonostante adesso fossero zuppe di lacrime, non perdevano la smorfia schifata. «Non me lo avevi mai detto... e quando me l'hai detto, ero così contento, così felice, ti avrei seguito fino in capo al mondo... e tu mi hai portato qui. Hai sorriso, quando mi hai consegnato a Voldemort.»

«Harry!»

Non sobbalzò neanche al nome del Signore Oscuro pronunciato da Harry, ma sentì perfettamente il nodo in gola stringersi sempre di più ad ogni sua parola. Ma doveva fargli capire che lui non avrebbe mai fatto nulla del genere! Soprattutto se lo amava, soprattutto se aveva avuto il coraggio di dirglielo...

Gli prese il viso tra le mani, in modo tale da avere i suoi occhi dritti nei suoi, così da fargli vedere quanto fosse sincero in quel momento. Forse per la prima volta. «Ascoltami, per favore, ascolta bene quello che ti dico! Non ero io. Capisci? Non io.»

«Non tu.»

«Non io.»

Rimase in silenzio, Harry, per un sacco di tempo. I suoi occhi brillavano solo di rabbia e risentimento in quel momento, e Draco pensò a quanto gli mancassero gli occhi del piccolo Potter, grandi e fiduciosi. Poi si rese conto che gli mancavano anche gli occhi di Harry Potter da grande quando lo guardava con passione e sfida nei corridoi di Hogwarts, o sul campo da Quidditch.

Improvvisamente, le pupille di Harry si dilatarono.

«Hai diciassette anni.» Non era una domanda.

«Beh... non so bene in quale mese siamo, ma fino all'altro ieri avevo diciassette anni, sì.»

Si mise a sedere su quella panca, senza perdere il contatto visivo con l'altro. E Draco pensò – sperò – che Harry avesse finalmente capito.

«Sei il viaggiatore nel tempo.»

Draco provò a sorridere, ma non fu sicuro di esserci riuscito. «Sì.»

«Sei lo stesso che quando ero bambino è stato il mio primo amico? Quello che mi ha aggiustato il pupazzo di pezza? Quello che ha dato fuoco ai capelli di mio cugino...»

«Lo stesso che ti ha lasciato da solo in una radura vicino Privet Drive. Sì.» confermò, e stavolta fu davvero sicuro di non essere riuscito a sorridere, neanche lievemente.

«Non sei lo stesso che ho reincontrato a Diagon Alley da Madama Malkin, vero? Lo stesso che, sul treno per Hogwarts, mi ha offerto la sua amicizia?»

«Non hai mai accettato la mia amicizia.»

Fu solo allora che Harry abbassò lo sguardo, ricominciando a piangere. «Ho accettato la tua mano. Ti sono stato amico per tanti anni. Ti sono stato amante per tanti anni.»

Anche Draco abbassò gli occhi. Rimpiangendo qualcosa, chissà cosa.

O forse no.

«Non lo sei stato per me.»








Spazio Autrice.

 Volevate un po' di vero dialogo tra Harry e Draco? Eccovelo qui!
Non ho molto da dire, se non che dal prossimo, o da quello dopo, non so ancora bene, ci sarà molta più azione (?) più o meno, non sono molto brava con tali descrizioni, ma ci proverò!
Grazie mille a tutti i recensitori! E anche chi ha preferito/seguito/ricordato questa storiella un po', boh, così.
Mi aspetto tante belle recensioni! (o forse no, ma sono contenta anche se apprezzerete in silenzio :) )

Emily.

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Capitolo 7
*** VII ***



VII


Provò a mandare due gufi a Weasley e alla Granger.

Scrisse con cura dello stato di Potter, e della sua locazione. Scrisse persino le sue scuse, e pregò loro di credergli e di venire il prima possibile al Manor per trarre Harry in salvo.

Fu deluso entrambe le volte, quando i suoi gufi tornarono indietro neanche dieci minuti dopo averli scacciati via urgentemente, con ancora le pergamene arrotolate attaccate alle zampine.

Seduto sulla scrivania della sua stanza, guardò quasi con le lacrime agli occhi per la rabbia le due pergamene. Come avrebbe fatto, ora? Se fosse andato lui di persona da Weasley o Granger, lì al Manor avrebbe fatto insospettire troppe persone. Specialmente sua madre, che già gli lanciava sguardi preoccupati, come se si stesse aspettando prima o poi un gesto da parte sua che lo avrebbe portato alla rovina.

Non capiva che quel gesto, Draco l'aveva già fatto quando aveva portato Harry lì. Anche se non era stato effettivamente lui.

Cosa fare, allora? Di sicuro non poteva restare con le mani in mano. Inconsciamente, si toccò nelle tasche dei pantaloni, gli stessi che indossava ormai da giorni, quelli del suo viaggio nel tempo, per toccare il Maelström, come se toccarlo potesse in qualche modo tranquillizzarlo. Come se toccarlo potesse fargli tornare in mente gli occhi del piccolo Potter.

Ma quando toccò le sue tasche, si alzò in piedi, preso dal panico. Non trovò niente. Iniziò a passare le mani su ogni centimetro del suo vestito, andando poi ad afferrare anche il mantello e rivoltandolo completamente, sbattendolo verso il pavimento nella speranza che quel ciondolo dorato rotolasse via dalle pieghe. Ma ciò non avvenne.

«L'ho perso.» gemette. «Non è possibile, come ho fatto a perderlo?»

Cercò di ricordare quando fu l'ultima volta che l'aveva visto e toccato, e con orrore si rese conto che non lo aveva più da quando era arrivato nel 1998. In quel futuro, lui non ce l'aveva. Il Signore Oscuro non glielo aveva mai donato, non gli aveva mai dato il compito di viaggiare nel tempo. Si sentì male.

«Non è possibile. Non è possibile. Non è possibile!»

Quello era la sua salvezza! Poteva tornare nel passato per impedire a se stesso di fare quel tremendo errore. Di rimediare agli sbagli. Poteva tornare dal piccolo Potter, per poterlo portare via da quella radura dove l'aveva lasciato da solo, per riportarlo a casa. Per rimediare ad altri suoi sbagli.

Se non fosse riuscito a salvare Harry quel giorno, o il giorno dopo, o tra un mese, o mai, come avrebbe fatto? Non aveva più la carta del jolly...

Finì con il mettere la sua intera stanza sottosopra, in un gesto disperato. Ancora sperava di averlo semplicemente perso, ma non lo trovò da nessuna parte, non vide neanche un più pallido bagliore dorato che potesse ricordargli il Maelström.

Si lasciò scivolare al centro della stanza, avvolto tra i vestiti e le lenzuola disfatte del letto sul pavimento. Non andava bene per niente.


Durante la cena come al solito trascorsa nel più assoluto silenzio, se non per quelle rare frasi dette da suo padre che ancora gli rinfacciava le sue scelte sbagliate – Anche se erano diverse da quelle che Draco, effettivamente, considerava sbagliate – Draco lasciò cadere la forchetta nel piatto, attirando inevocabilmente l'attenzione affatto desiderata.

«Draco?» lo chiamò sua madre, con tono freddo e distaccato, ma dagli occhi fin troppo espressivi.

«Tutto bene,» li tranquillizzò entrambi, «mi sono solo ricordato una cosa che avevo dimenticato. Nulla di importante.»

Non insistettero oltre, per sua fortuna. Distrattamente, Draco ricominciò a mangiare, mentre gli ingranaggi nel suo cervello iniziarono a lavorare senza destare sospetti.

Il Signore Oscuro sapeva del suo viaggio nel tempo. In qualche modo, Draco aveva avuto la sensazione, durante il loro colloquio, che fosse a conoscenza di tutto. Non aveva fatto domande riguardo la sua confusione, anzi gli aveva risposto con tutta la calma che, Draco sapeva bene, il Signore Oscuro non aveva.

Aveva il Maelström.

Sapeva della sua esistenza, doveva averlo creato anche in quel futuro: ma non aveva avuto modo di usarlo perché Draco aveva deciso di facilitargli ancora di più il compito. Aveva il Maelström. Da qualche parte, lo nascondeva. Era lì a Manor? Era forse nel suo nuovo nascondiglio? L'aveva dato a qualcuno?

Tentar non avrebbe dovuto nuocere, quindi si schiarì la gola e chiese: «Padre, il Signore Oscuro ha lasciato qualcosa qui a Manor prima di andare via?»

Suo padre alzò un sopracciglio, «Perché lo chiedi?»

«Vorrei sapere se ha lasciato... qualcosa di interessante. Mi ha ordinato di non uccidere Potter, ma non mi ha privato di far nient'altro.»

«Non è saggio usare la Sua roba senza permesso, Draco.» Lucius lo guardò male.

Sua madre lo fissò.

«Lo so bene. Chiederò il permesso, ovviamente. Non sono sciocco, non sarei qui altrimenti.»

«Concordo. Bene, ha lasciato solo un baule, nient'altro, nella sua stanza nell'ala ovest. Chiedi il permesso.» ribadì. Poi riprese a mangiare come se nulla fosse.

Mangiò anche Draco, cercando di non far notare la sua fretta, fermandosi persino a masticare un pezzo di carne più di quanto bastava.

Sua madre non staccò mai lo sguardo dal suo viso.


Ovviamente non si mise in contatto col Signore Oscuro.

Avrebbe capito tutto. Poteva essere un pazzo sadico, ma se era arrivato dove era arrivato, era perché era un uomo – o quel che era, insomma – molto astuto e intelligente. Se davvero sapeva che Draco aveva viaggiato nel tempo, e se davvero c'era il Maelström nascosto da qualche parte, di certo non glielo avrebbe ceduto così come nulla fosse.

Dopo cena aspettò che i suoi genitori andassero a dormire, prima di sgattaiolare fuori dalla sua stanza e attraversare i mille corridoi labirintici, prima di arrivare nell'ala ovest del Manor.

Ora, non sapeva assolutamente quale fosse la stanza del Signore Oscuro, non aveva mai avuto modo di scoprirlo prima, ma immaginò che ci sarebbe arrivato, che lo avrebbe capito da sé.

E per fortuna, fu così. Dovette aprire un paio di stanze prima, ma subito riconobbe quale fosse quella giusta: era quella più vissuta, certo, ma era anche quella più regale e mastodontica. Di sicuro, i suoi genitori non gli avrebbero ceduto una stanzetta come, invece, avevano avuto i restanti mangiamorte.

Entrò e non fece caso a nulla che lo circondasse, che non fosse il baule ai piedi del letto. Era buio nella stanza, anche se non era notte fonda, la luna non brillava alcun oggetto presente, ma con un leggero Lumos, non troppo potente, riuscì subito a trovare il baule che cercava.

Inizialmente, al suo interno c'erano solo quelle che in apparenza gli sembrarono soltanto stoffe e stracci. Vestiti, forse...? Li tastò uno per uno, scoprendo che ogni tessuto era arrotolato a qualche oggetto, probabilmente di valore, ma al quale Draco non perse tempo a rimuginarci.

Rimase lì per ore, scartando accuratamente ogni oggetto che si ritrovava per le mani, e piano piano cadeva sempre di più nella disperazione più totale quando, infine, nulla di quello che aveva trovato somigliava anche solo lontanamente al Maelström. Per tutti gli dei, gli sarebbe andato bene anche una sola giratempo, era disposto a passare dieci anni a seguire il piccolo Potter e a proteggerlo dal piccolo se stesso pur di... pur di rimediare!

Inspirò a fondo, ma non potè evitare di restare lì, seduto al centro della stanza, con le mani tra i capelli. Non sapeva assolutamente cosa fare, adesso.

Ma si alzò in piedi lo stesso, senza lasciarsi distrarre dal senso di disperazione – che lo stava lasciando lo stesso abbattuto – e si fece coraggio. Decise di andare da Potter proprio quella sera stessa, e lo avrebbe portato via di lì. Non sapeva ancora come, non sapeva bene che rischi avrebbe corso, ma non gli importava.

L'unica cosa certa era che avrebbe salvato comunque Harry, in un modo o nell'altro.








Spazio Autrice.

Mi scuso terribilmente per il ritardo! Ho avuto un bel po' da fare, da posso dire con quasi sicurezza che sono previsti altri due capitoli + uno (forse due) extra!
Ecco, diciamo che in questo capitolo, anche questo diciamo di passaggio, non dice molto, ma capirete tutto nel prossimo! La perdita del Maelstrom (lo specifico qui) è dato dal fatto che in questo futuro, Draco non l'ha mai ricevuto dal Signore Oscuro, ma allo stesso tempo, il Signore Oscuro l'ha creato lo stesso per precauzione, se tipo Draco non sarebbe riuscito a portarlo al suo cospetto o una cosa del genere. Vedremo come andrà a finire!
Per qualsiasi domanda, sono ben disposta a dare qualunque delucidazione!

Emily.

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Capitolo 8
*** VIII ***



VIII


Era appena mezzanotte quando Draco si decise a fare qualcosa. Aveva deciso di salvare Harry, certo, e non aveva alcun dubbio a riguardo – nulla lo avrebbe convinto a lasciarlo lì, in quelle condizioni, alla mercé di qualsiasi Mangiamorte – ma non sapeva bene da che parte cominciare. Sicuramente non sarebbe stato facile portarlo via da casa sua, non poteva smaterializzarsi fuori dalle barriere magiche che circondavano il Manor e di sicuro suo padre non lo avrebbe lasciato scorrazzare in giro con un Potter moribondo tra le braccia.

Per l'ultima opzione sembrava, senza ombra di dubbio, la strada più facile, o se non facile, almeno fattibile. Da una parte, Draco si sentì particolarmente fortunato ad avere la totale libertà di andare nelle segrete a suo piacimento, senza che nessuno avesse nulla da dire. Dall'altra, rimpianse di non avere avuto abbastanza fegato – o tempo, o modo, in ogni caso – di poter chiedere al Signore Oscuro di poter portare Harry nella sua stanza se avesse preferito, piuttosto che restare nelle umide e buie segrete. Per quello che il Signore Oscuro pensava facesse, c'era un'alta possibilità che avrebbe potuto dargli il permesso.

Mentre scendeva le scale per poter raggiungere le segrete, la strada illuminata solo dalla luce proveniente dalla sua bacchetta, Draco si chiese cosa Harry – o qualsiasi scemo Grifondoro – avrebbe fatto nei suoi panni. Certo, loro non ci sarebbero finiti, nei suoi panni, ma pensare come un coraggioso Grifondoro forse lo avrebbe aiutato ad agire come un coraggioso Grifondoro.

«Harry?» sussurrò, entrando nella cella, «Sei sveglio?»

«Draco.» Vide qualcosa muoversi nel buio, e subito dopo, il viso non più tumefatto di Harry fu illuminato dalla luce chiara della bacchetta, «Che ci fai qui?»

«Ti porto via.»

Harry fece una smorfia, sembrando scettico per un attimo, «E come? È stato più semplice portarmi qui, piuttosto che tirarmici fuori, credimi.»

Draco sospirò, «Lo so, Harry. Ma... non è questo quello che faresti tu? Provare a scappare, in tutti i modi, qualsiasi cosa accada?»

Harry lo fissò, non dicendo nulla. Accettò però la sua mano, che Draco gli aveva allungato per aiutarlo a mettersi più o meno stabilmente sulle sue gambe, e lo seguì fuori dalla cella, seppur con lentezza. Le gambe dovevano ancora fargli male nonostante le pozioni che gli aveva portarto il giorno prima, e l'inattività le aveva indolenzite ancora di più.

«Draco,» lo chiamò dopo pochi minuti, quando furono in prossimità delle scale, «se ci scoprono, ti uccideranno.»

«Uccideranno anche te.» puntualizzò, deglutendo. «Ma non puoi restare qui.»

Harry scosse il capo, «Non mi uccideranno. Non possono. Neanche lui può, altrimenti...»

«Altrimenti cosa?»

Harry strinse le labbra, guardandosi intorno con gli occhi vacui – chissà che fine avevano fatto i suoi occhiali –, «Non... posso dirtelo, ma gli servo per vivere. Non posso davvero dirti altro, ma so per certo che non mi ucciderà. Oh, mi punirà, ma uccidere, no. Uccideranno te. E io... non voglio.»

Alzò una mano, portandola su una sua gota. Harry aveva la pelle secca, e sotto le dita sentiva chiaramente le croste dei tagli che non erano stati curati a sufficienza, nonostante le Draco avesse fatto il possibile. «Lo so, ma... cosa dovrei fare? Non so davvero, Harry, davvero cosa fare. In pochissimi giorni mi è caduto il mondo addosso, ho fatto cose che neanche ricordo, ti ho visto da bambino e non sono riuscito ad ucciderti, e adesso non riesco a pensare ad altro che a portarti via da qui. Questa è l'unica cosa che posso fare. E che devo. Te lo devo.»

Non gli diede il tempo di rispondergli. Gli fece cenno di stare in silenzio, mentre salivano le ultime rampe di scale che li avrebbero portati nel salone. Superato quello, se solo fossero riusciti ad aprire una vetrata, la strada sarebbe stata tutta in discesa, a quel punto. Dovevano solo cercare di fare silenzio e sperare di non incontrare nessuno lungo il percorso.


Forse, però, Draco aveva sottovalutato molto la questione. O meglio, aveva sottovalutato il Signore Oscuro.

Doveva immaginare che Lui si sarebbe aspettato una mossa del genere. Aveva già capito che era a conoscenza dei suoi viaggi nel tempo, ed era a conoscenza del fatto che non era stato in grado di uccidere un moccioso di otto anni e che non era per niente contento di come erano andate le cose in quel futuro. Anche uno sciocco lo avrebbe capito: chi tradiva, poi non desiderava rivedere la persona che aveva tradito.

Merda.

Fu questo quello che pensò, quando non appena lui ed Harry misero piede nel salone, a dar loro il benvenuto fu proprio il Signore Oscuro, che distrattamente Draco pensò che neanche sarebbe dovuto essere in casa sua, ma passò in secondo piano, quando lo vide giocherellare con la sua bacchetta.

Il Signore Oscuro sapeva, e aveva sempre saputo. Lui era stato solo uno sciocco a non pensarci prima... e a sottovalutarlo così.

«Ci hai messo relativamente poco, mio giovane Draco. Credevo ci sarebbe voluto più tempo prima che tu raccogliessi il coraggio necessario per osare tradirmi.»

Draco non rispose. Ma senza neanche accorgersene, si mise di fronte ad Harry, coprendolo con il suo corpo. Voleva proteggere quel bambino al quale non gli era riuscito far del male, e voleva proteggere ancora di più quel ragazzo che in quella vita aveva amato e tradito.

«Devo ammettere che speravo tanto tu non lo facessi. Ma, ahimé, te lo si leggeva in faccia, che questo futuro non era affatto di tuo gradimento. Ma fino alla fine, avevo sperato che tu, ragazzo, fossi leggermente più intelligente di quello sciocco di tuo padre.»

Draco deglutì, cercando una soluzione. Poteva distruggere una delle vetrate e lanciare Harry contro una di queste, lasciandolo così scappare. Avrebbe davvero trovato il coraggio di sacrificarsi così? Al solo pensiero, sudò freddo.

«Non volevo arrivare a tanto, Draco. Ma non mi lasci altra scelta. Ma prima di ucciderti...» Il viso serpentino del Signore Oscuro si tese in quello che sembrava un sorriso, o un ghigno, e puntò dritto la bacchetta su di lui, «Crucio.» disse, come se stesse parlando del tempo.

«No!»

Si sentì spingere e cadde per terra, riuscendo chissà per quale miracolo a non perdere la presa sulla sua bacchetta. Il raggio rosso della Cruciatus colpì Harry, che iniziò a contorcersi sul pavimento senza però emettere alcun suono. Draco lo guardò con occhi sgranati e impauriti, la lingua che si stava attorcigliando per la paura e sembrava che gli stesse bloccando il respiro.

Il Signore Oscuro non fermò l'incantesimo neanche comprendendo di aver mancato bersaglio. Scosse solo tristemente la testa, come se fosse dispiaciuto in modo particolare dalla piega che stavano avendo gli eventi.

Quando liberò Harry dalla Cruciatus, Draco capì che ormai non c'era più nulla che lo avrebbe salvato dal dolore e dalla morte, stavolta. Sapeva che stava per morire, ma non vide scorrere davanti a sé tutta la vita, come spesso si diceva in quelle circostanze. Invece, vide chiaramente qualcosa brillare tra le pieghe nere della veste del Signore Oscuro – un bagliore dorato che sapeva di scappatoia. E seconda possibilità.

«Avada Kedavra!» gridò, la bacchetta puntata verso di lui, sotto il pianto sommesso di Harry, nello stesso momento che lui agitò la sua bacchetta e urlò: «Accio Maelstrom!»

Il ciondolo d'oro finì tra le sue mani, e non riuscì neanche a pensare in modo completo Privet Drive n°4, 1988 che la spirale d'acqua lo infranse in pieno un secondo prima che il raggio verde della Maledizione Senza Perdono lo colpisse, lasciando solo una bruciatura nel punto preciso dove poco prima c'era il suo corpo.


Scusami. Scusami. Scusami.

Ti ho lasciato lì, ti ho abbandonato di nuovo.

Dovevo portarti via, invece sono scappato come il codardo che sono sempre stato.

Scusami, mi dispiace!

Ma sto per rimediare, non preoccuparti, Harry. Abbi solo un altro poco di pazienza.

Non saremo amici, e ti salverò da me.





Spazio Autrice.

Mi scuso terribilmente per il terribile (?) ritardo, ma sono stati mesi infernali per me e non ho avuto proprio tempo per le fanfiction. 
Chiedo perdono anche se per caso troverete qualche errore di battitura o cose così, ho riletto ma non più di tre volte quindi ci sta che mi sia lasciata scappare qualche svista.
Ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito lo scorso capitolo! Appena ho un attimo di respiro dagli impegni, vi risponderò il prima possibile. Siete comunque tanto amorevoli, e lo sarete ancora di più se, dopo tutto questo tempo, ancora seguite questa storiella che sta arrivando agli sgoccioli!

Emily.

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Capitolo 9
*** IX ***



IX


Si ritrovò fradicio nella piccola radura accanto al rudere abbandonato, rendendosi acremente conto che il bagnato che sentiva sul suo viso non era dipeso soltanto dal vortice del Maelström. Era scappato, come il codardo che era sempre stato.

Si rimise in piedi, prendendosi la testa tra le mani: certo, il viaggio nel tempo era il suo asso nella manica, la sua scappatoia, e se lo avesse trovato prima lo avrebbe decisamente usato prima, ma così, in quel modo... lasciando Harry da solo, di fronte al Signore Oscuro su tutte le furie, in balìa della sua ira... era terribile. Si sentiva terribile, un mostro, un coniglio.

Prese un grosso respiro, prima di fare un passo, poi un altro, verso il rudere – dove sperava di poter ritrovare il piccolo Harry, a meno che non fosse scappato impaurito di essere lasciato da solo in un posto abbandonato. Merlino, era pur sempre un bambino! Entrò al suo interno in punta di piedi, ricordandosi appena di asciugarsi con un colpo di bacchetta, senza toccare la fredda pietra che lo circondava coperta di muschio ed edera, e si guardo intorno.

«Harry?» Chiamò il suo nome con un sussurro, quasi avesse paura che se avesse parlato un po' più forte, sarebbe ritornato al Manor per farsi infine colpire dal raggio verde dell'Avada Kedavra.

Sentì dei passi avvicinarsi, sgambettare sempre più vicini, fino a che da dietro un masso non spuntò la testolina spettinata del piccolo Harry, che non appena lo vide, gli donò uno dei suoi enormi sorrisi sdentati. «Draco! Sei tornato! Non ero sicuro stessimo giocando a nascondino o no, ma ti ho aspettato lo stesso perché non ho capito cosa è successo. Dove sei andato?»

«Non è importante,» continuò a sussurrare Draco, stavolta perché il nodo in gola non gli permetteva di fare molto altro senza scoppiare a piangere come un idiota, «vieni qui.»

«Mi riporti a casa?» chiese il bambino, aggrottando le sopracciglia, contrito, ma facendo come gli era stato chiesto, fiducioso. «Ma siamo appena arrivati, e tu sei andato via...»

«Lo so, mi dispiace. Dobbiamo andare, adesso.» Non lo avrebbe lasciato di nuovo da solo, né in quel momento, né mai.

Lo prese in braccio e se lo strinse al petto. Harry lo fece fare, ricambiando l'abbraccio, «Nessuno mi aveva mai abbracciato, mi piace.» lo sentì mugugnare, appoggiando la testa nell'incavo del collo, e a Draco gli si strinse il cuore a quelle parole.

Uscì dal rudere e con passo veloce si allontanò il prima possibile da quella radura, che stava cominciando ad odiare. Avrebbe rimediato a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo, anche se il suo destino era continuare a viaggiare nel tempo per cambiare il futuro per tutta la sua vita, non gli interessava. Voleva che le cose tornassero come prima, quando Harry stava per vincere quella guerra, e non gli interessava di ricevere punizioni o la morte dal Signore Oscuro.

Quando arrivarono in prossimità della casa degli zii babbani di Harry, strinse un ultima volta il bambino a sé e poi gli diede un bacio sulla fronte, prima di rimetterlo in piedi.

Poteva farcela. Doveva farcela.

Prese un profondo respiro e si sedette sui talloni, per arrivare alla stessa altezza di Harry, e lo guardò dritto negli occhi.

Ma non riuscì a dire nulla di cattivo, in quel momento. Credeva che se solo lo avesse trattato male, gli avesse tirato uno schiaffo, o una piccola maledizione pungente, Harry lo avrebbe odiato, e ad undici anni, quando lo avrebbe rivisto sul treno per Hogwarts, non avrebbe accettato la sua mano, ma non ci riuscì.

Guardò quegli occhi così verdi da togliere il fiato, nascosti dagli enormi occhiali, troppo grandi per un viso così piccolo, e pregò Merlino per un miracolo.

«Promettilo,» disse ad un certo punto, nello stesso momento in cui Harry probabilmente si era stancato di restare a guardarlo in silenzio, «prometti che tra tre anni, quando mi rincontrerai, e avrò la tua età, non sarai mio amico.»

Harry aggrottò le sopracciglia, «Perché?»

«Perché altrimenti farò delle cose di cui mi pentirò amaramente, e sarò ancora più cattivo con te. Anche se non voglio esserlo.»

«Ma se non vuoi essere cattivo con me, perché lo sarai? Io voglio essere tuo amico, sei il mio primissimo migliorissimo amico!» si agitò, e lo vide aggrottare le sopracciglia ancora di più, cercando forse di capire, cercando forse una spiegazione. Che Draco non sapeva assolutamente come dargli.

Deglutì, allora, «Promettimelo.» ripeté, e a quel punto chiuse gli occhi, vedendo che quelli di Harry si stavano riempendo di lacrime, «Prometti che non sarai mio amico. Quando sarai grande, grande come lo sono io adesso, ti spiegherò tutto, ma è importante che tu adesso mi prometti che non sarai mio amico.»

«Ma...»

«Promettimelo, Harry.»

Riaprì gli occhi, e vide Harry con il viso rosso dal pianto trattenuto, il mento appoggiato sul petto e le mani strette in pugno. «Te lo prometto.» mormorò, tirando su col naso.

«Davvero, Harry? Giuri che non lo farai? Che non accetterai la mia amicizia?»

Harry annuì soltanto, poi alzò una mano e gli porse il piccolo mignolo. Non capendo, Draco restò semplicemente a fissarlo, non sapendo bene cosa dire, ma a quel punto il bambino ridacchiò e due grossi lacrimoni scivolarono lungo le guance, «L'ho visto fare a Dudley quando fa una promessa. Devi stringere il mio mignolo con il tuo e così non posso infrangere mai mai la promessa.»

«Bene, allora.» Alzò una mano e fece come Harry gli aveva spiegato, vedendolo ridere tra le lacrime mentre stringeva con forza il mignolo, come a non volerlo più lasciare.

«Adesso te ne devi andare?» chiese, con il labbro inferiore che tremava un po', mentre con la manica si asciugava lacrime e moccio.

«Devo andare, sì.» si morse un labbro, «Devi solo avere molta pazienza, un giorno ti racconterò tutto, te lo prometto.»

Harry annuì di nuovo, senza aggiungere altro. Draco si alzò e gli fece cenno di andare. Non si mosse finché non vide il bambino sparire nel giardino della piccola casa babbana, non prima di averlo salutato un'ultima volta con una mano, mogio e triste.


Si assicurò che Harry non uscì da Privet Drive n°4 fino a che non calò la notte, poi si decise a infiltrarsi tra gli alberi per poter usare di nuovo il Maleström, indeciso su come, stavolta, usarlo. Dove andare? Se tutto era andato secondo i piani, se tornava al Manor nessuno gli avrebbe risparmiato il disgusto per il fallimento di suo padre e le cruciatus del Signore Oscuro. Ma ciò che lo premeva di più, al momento, era solo sapere se Harry era al sicuro o no, poco importava, poi, della fine che avrebbe fatto lui.

Certo, non poteva negare di avere fifa, sarebbe stato davvero stupido negarlo persino a se stesso, ma quella esperienza gli aveva mostrato come poteva essere orribile il mondo, soprattutto se aveva tatuato sull'avambraccio sinistro uno stupido serpente e uno stupido teschio.

A quel punto, meglio chiudere chi occhi e non riaprirli più, magari non avrebbe mai più visto cose come Harry Potter torturato fino alla soglia della morte nelle segrete di casa sua.

Prese il ciondolo dorato tra le dita, e lo strinse. Il calore si propagò per tutta la sua mano, arrivandogli quasi fino al braccio, e diversamente da come lo aveva sentito la prima volta, quella scarica di magia oscura non era per nulla eccitante, né tanto meno lo stava facendo sentire orgoglioso di sé. Continuava a sentirsi coperto di melma, nonostante stesse cercando in tutti i modi di poter rimediare a gran parte dei suoi errori.

Chiuse gli occhi, pronto a sentire su di sé il vortice provocato dal Maelström.

Hogwarts, 1998.






Spazio Autrice

Penultimo capitolo! 
Non ho molto da dire, se non che questo viaggio sta per arrivare finalmente al termine, dopo mesi di assenza.
Aggiungo anche che ci saranno forse due capitoli extra! Ma devo avere il tempo di scriverli prima. Un giorno arriveranno XD
Grazie mille a tutti come sempre!

Emily.

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Capitolo 10
*** X ***



IX


Aprì gli occhi, ed era ad Hogwarts.

Come la volta prima, si ritrovò asciutto, lindo e pinto e con indosso l'uniforme Serpeverde. Il corridoio in cui era pullulava di studenti di ogni casa, probabilmente era ancora orario di lezione. Era fermo, immobile al centro della calca, con un piede leggermente in rialzo, come se stesse per incominciare a fare un passo che non aveva avuto intenzione, però, di fare.

Dopo pochi istanti, il viso da carlino di Pansy cercò di entrare nel suo campo visivo, riuscendoci poco data la bassa statura, «Draco, tesoro, che succede?»

Draco deglutì un enorme nodo in gola, e senza neanche guardare lei, né Tiger, o Goyle, né tantomeno Blaise, girò i tacchi, dicendo: «Devo andare.»

Corse, salendo le innumerevoli scale instabili. Corse fino quasi alla cima, arrivando proprio davanti alla Signora Grassa. Davanti al dormitorio Grifondoro.

Doveva vedere, doveva controllare che Harry stesse bene e che fosse al sicuro. Non sapeva se l'avrebbe trovato nella sua sala comune, e se non c'era poco importava perché sarebbe andato a cercarlo fin dentro la Foresta Proibita se necessario. Tutto, finché non avrebbe avuto la conferma che quello che aveva detto al piccolo Harry fosse bastato a tenerlo al sicuro.

Iniziò a bussare veemente contro il quadro, ignorando le strilla acute della Signora Grassa, «Aprite! Subito! Ora!» gridò, persino più forte della donna nel quadro, riuscendo addirittura a farsi sentire sopra le sue urla.

Ebbe la conferma di essere stato effettivamente sentito quando Weasley, rosso in viso quanto in capelli, non gli aprì e lo guardò furente. Come nella norma. Si sentiva quasi a casa, sotto quello sguardo.

«Malfoy, che diamine.»

«Harry, dov'è?» Allo sguardo spalancato di Weasley, Draco alzò gli occhi al cielo, spazientito, «San Potter! Lo Sfregiato! Come ti pare, dimmi solo dov'è!»

Per un terribile secondo, Draco ebbe paura che Weasley gli dicesse non doveva essere con te? ma, e ringraziò tutti gli dèi, non fu così. «Dove vuoi che sia?» Fece un gesto plateale per indicare quello che lo circondava, ovvero la torre Grifondoro, «Ma poi, cosa vuoi da Harry?!» chiese, sembrando più terribilmente confuso che minaccioso.

Non gli rispose, si limitò a dargli una spallata e ad entrare dentro il quadro, scivolando verso la sala comune Grifondoro. Non ci era mai stato prima, ma in quel momento neanche si curò di tormentare i primini come al suo solito, o a lamentarsi sulla poca scelta di stile indicando il rosso e l'oro decisamente troppo accecante che decorava la sala.

Vide solo Harry.

Era seduto su una poltrona, gambe incrociate, una piuma tra le labbra e una pergamena tra le mani. La Granger era seduta di fronte a lei e aveva una posa da maestrina, come al suo solito, tenendo un libro aperto sulle cosce. Entrambi lo guardavano, con due paia di occhi spalancati.

«Harry...» sospirò, e improvvisamente tutto il peso che sentiva sulle spalle sparì.

Harry era lì, stava bene. Non aveva neanche un graffio. Non era morente nei sotterranei del Manor, non lo guardava tradito e ferito, non era stato catturato a causa sua. Stava bene. Gli occhi confusi erano gli stessi che ricordava, quelli del bambino che lo fissava fiducioso dicendogli che era diventato il suo primo migliore amico, non erano quelli vacui e spenti di un ragazzo che desiderava la morte ma che anche quella gli era stata negata.

Era sano e salvo. Stava bene.

Harry continuava a fissarlo, e dopo che Draco aveva sussurrato il suo nome, aveva iniziato a guardarlo incredulo e a boccheggiare senza sapere che dire.

Probabilmente neanche ricordava che l'ultima volta che aveva pronunciato il suo nome era stato quando lui aveva appena otto anni.

«Sei tu?» chiese, alzandosi. La pergamena scivolò per terra, sotto lo sguardo della Granger, «Sei quello... sei lui?»

O forse no. Lo ricordava, a quanto pareva.

«Sì. Stai bene.» Non era una domanda, anche se forse voleva esserlo.

«Sì. Sto bene.» rispose. Poi si guardò i piedi, e si avvicinò sembrando un po' in imbarazzo. Non era cambiato molto, da quando aveva otto anni: forse, adesso, parlava solo di meno. «Sei il mio primo amico?»

Draco sorrise appena, improvvisamente imbarazzato anche lui, soprattutto dopo aver sentito il sibilo soffocato di Weasley dietro di lui, «Il tuo primissimo migliorissimo amico. No?»

Harry gli si lanciò addosso, proprio come faceva quando era un bambino, senza pensare alle conseguenze, e senza pensare che erano al centro della fottuta sala comune Grifondoro e loro due erano pur sempre Potter e Malfoy.

Si scatenò il panico, come volevasi dimostrare, ma fu contento di notare che ad Harry poco importava, non in quel momento almeno. Lo abbracciò, e Draco, sollevato, non riuscì a fare altro che a ricambiarlo e ad affondare il viso nel suo collo. L'ultima volta che lo aveva fatto era stato poche ore prima, ma erano sembrati dieci anni. Anche se... erano passati dieci anni.

Non chiuse gli occhi, osservando la pelle scura di Harry, intravedendo persino sotto il colletto della maglietta la schiena leggermente ricurva. Non lo fece per malizia, per nulla, lo fece solo per imprimersi nella mente il suo corpo integro e perfetto, e dimenticare una volta per tutte quell'Harry Potter sanguinante e tremante.

«Puoi spiegarmi, adesso?» chiese, quasi pregando, Harry quando sciolsero l'abbraccio. «Hai detto che un giorno, quando avresti avuto diciassette anni, mi avresti spiegato perché non ho potuto accettare la tua amicizia.» Weasley, dopo quelle parole, si strozzò con la sua stessa saliva, probabilmente, perché iniziò a tossire in modo piuttosto convulso.

«Infatti lo farò. Ti spiegherò tutto... ma non qui. Inoltre,» aggiunse, e senza riuscire a fermarsi, si prese l'avambraccio sinistro tra le mani, guardando il pavimento, «le cose diventeranno complicate, per me, da oggi in poi.» sussurrò, in modo tale che nel casino generale, solo Harry poté sentire.

Harry seguì fisso il gesto, e aggrottò le sopracciglia. Poi portò di nuovo lo sguardo su di lui, e lo guardò con dolcezza, accennandogli un sorriso, «Sappi che... nonostante quello... non sei condannato. Resta con me, non tornare più ai piedi di Voldemort, e cercherò di fare il possibile per proteggerti.»

«Harry!» Granger urlò sopra alle voci degli altri Grifondoro, avvicinandosi, «Si può sapere che sta succedendo? Malfoy, hai per caso avvelenato Harry?»

Draco alzò gli occhi al cielo. Ci mancava solo questa. «No, Herm.» rispose Harry, ridacchiando in imbarazzo, «Storia lunga, ma sono pienamente cosciente di quello che sto facendo.»

«Hai detto primo amico?» Weasley si mise accanto alla Granger, e guardava Harry quasi disperato.

«Poi vi spiego.» Lo occhieggiò, «O almeno, quel che posso. Ma adesso, devo andare.»

Harry lo prese per mano e lo trascinò via dalla folla di Grifondoro, e si allontanarono velocemente dalla torre. Si fermò soltanto al centro di un corridoio vuoto, girandosi poi verso di lui.

«Adesso mi spieghi. Vero?» Si avvicinò a lui, senza lasciare la presa alla sua mano.

Draco osservò quegli occhi, quei meravigliosi occhi ed annuì.

Gli avrebbe spiegato tutto, e sarebbe rimasto al suo fianco. Poco importava se non aveva più il Maelstr–

Nella tasca destra della sua uniforme, sentì improvvisamente qualcosa pesare che prima non c'era. O che, forse, c'era sempre stata ma lui non aveva avuto proprio il tempo di farci caso. In ogni caso, conosceva quel peso, e quella sensazione.

Sorrise. Harry era totalmente al sicuro, adesso.

Magari avrebbe imparato pure ad amarlo come meritava.






Spazio Autrice

Finita. Finalmente è finita. Un po' mi dispiace, un po' ormai avevo perso un po' di vista questa storia, da una parte sono contenta di essere riuscita, nonostante tutto, a portarla al termine.
Ormai è finita, e non ho moltissimo da dire. Mi piacerebbe un sacco, adesso, sapere cosa voi avete da dire su quello che avete letto.
Ma non temete (?) tornerò prestissimo! Con un probabile capitolo extra (ma se verraà, non verrà tanto presto) e con tante altre belle (???) cosucce.
Grazie a tutti, per tutto il sostegno! <3

Emily.

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