Fratelli

di Le notti con Salem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vecchie ferite ***
Capitolo 2: *** Nuovi legami ***



Capitolo 1
*** Vecchie ferite ***



Vecchie ferite

Non riusciva proprio a dormire quella notte. Dagran provò a cambiare posizione nel suo giaciglio, ma era inutile.
Cecil aveva permesso a lui, Zael e Lowell di dormire nel suo fienile, scusandosi per non avergli offerto una sistemazione migliore e dandogli delle coperte per mettersi più comodi.
«Finché non ricostruiremo il villaggio, saremo a corto di spazio. Mi dispiace di non potervi offrire di meglio, dopo tutto quello che avete fatto per noi.»
Avevano accettato di buon grado, rassicurandolo che andava più che bene: con il loro mestiere, si erano adattati a dormire in condizioni di gran lunga peggiori; inoltre Dagran era cresciuto in una fattoria come quella prima di diventare orfano, e dormire in un fienile gli riportava alla memoria momenti più felici.
Se solo le circostanze che li avevano condotti fin lì fossero state altrettanto allegre...

Erano passati da quelle parti per puro caso, in cerca di una nuova missione, e si erano imbattuti in quel villaggio, proprio durante l'attacco di una banda di saccheggiatori. I banditi non erano molti, ma avevano incendiato le case e ben pochi fra gli abitanti erano in grado di brandire un'arma, perciò l'intervento dei tre mercenari era stato provvidenziale. Non che li avessero ringraziati: loro tre erano mercenari, perciò, secondo gli abitanti del villaggio, li avevano aiutati solo nella speranza di ricevere una ricompensa, per quanto Dagran e gli altri avessero assicurato il contrario. Per fortuna Cecil, uno dei fattori che era riuscito ad affiancarli nella lotta, aveva un parere diverso al riguardo.
«Se non fosse stato per il vostro intervento, a quest'ora la maggior parte di noi sarebbe morta o peggio: offrirvi la mia ospitalità è il minimo che posso fare.»
E così il fattore aveva accolto sia i mercenari che molti dei compaesani che avevano perso la propria casa nella sua fattoria, scampata per miracolo agli incendi, permettendo loro di passare una tranquilla notte di riposo... o nel caso di Dagran, di provarci.

Si rigirò per l'ennesima volta. No, era troppo agitato. Sbuffò irritato.
E che cazzo! Proprio stasera?
Rassegnato a passare una notte insonne, Dagran incrociò le braccia dietro la testa e si mise a fissare il soffitto. Dopo quel che avevano passato quel pomeriggio, il riposo era fondamentale, ma a quanto pareva l'ansia accumulata durante la battaglia non voleva dargli tregua.
A un tratto sentì un gemito soffocato, così si voltò per controllare la situazione. La luce della luna filtrava attraverso la finestra del fienile, illuminando l'ambiente e permettendogli di vedere bene le sagome dei suoi due compagni. Lowell era il più lontano e stava dormendo tranquillo, mezzo nascosto dalla paglia. Zael invece non sembrava altrettanto sereno, infatti si stava agitando sotto la sua coperta. Dagran lo fissò preoccupato. Aveva già intuito cosa stesse accadendo all'amico; dopo la giornata appena trascorsa era inevitabile.
Proprio come si aspettava, non ci volle molto prima che Zael si alzasse di scatto dal suo giaciglio, trattenendo a stento un grido. Era sudato e aveva un'espressione terrorizzata sul volto. L'osservò ansimare per qualche secondo prima che Zael si accorgesse di lui.
«Ah, Dagran! Scusa se ti ho svegliato» disse a voce bassa mentre cercava di calmarsi.
«Non c'è problema, tanto non riuscivo a dormire» lo rassicurò, poi lanciarono entrambi un'occhiata verso Lowell. Il Mago continuava a dormire, come se non si fosse accorto di nulla. Zael distolse lo sguardo con un sospiro di sollievo, ma  l'ansia sul suo viso non sfuggì all'occhio allenato di Dagran.
«Incubi, eh?» gli domandò. Zael non rispose, non ce n'era bisogno.
Erano anni che non gli capitava.
Una cosa era certa: Dagran non sarebbe stato il solo a trascorrere una notte insonne. Vedendo l'amico indeciso fra rimettersi a dormire e rimanere sveglio, gli tornò in mente un ricordo della loro infanzia. Un ricordo legato proprio ai loro incubi, e questo gli diede un'idea. Magari era una cosa sciocca, ma provare non costava nulla.
Sotto lo sguardo incuriosito di Zael, Dagran si alzò dal suo giaciglio, raccolse più paglia che poteva e la usò per imbottire la sua mantella. Quando fu soddisfatto del proprio lavoro, appoggiò il cuscino improvvisato contro il muro e si mise a sedere, dopodiché si rivolse all'amico.
«Vieni qui» disse, facendogli cenno di sedersi di fronte a lui. Zael lo guardò perplesso per un attimo, poi finalmente ci fu un lampo di comprensione nei suoi occhi. Aveva ricordato anche lui, alla fine.
«Parli sul serio?» chiese scettico. Dagran ridacchiò.
«Non fare storie e vieni qui!»
Rimase un attimo fermo, poi con uno sbuffo esasperato si alzò e lo raggiunse, sedendosi come gli aveva indicato.
«Fantastico...» borbottò Zael dandogli le spalle.
Dagran sorrise. Gli mise addosso la coperta, poi circondandolo con le braccia lo tirò a sé e si appoggiò alla mantella imbottita.
E pensare che all'inizio era lui a chiedermelo!
Quando erano ancora dei bambini e avevano appena iniziato a viaggiare insieme, Zael aveva gli incubi quasi ogni notte e allora Dagran, preoccupato per l'amico – ma anche stufo di non riuscire a dormire a causa sua – aveva provato a fare la stessa cosa che facevano con lui i suoi genitori quando erano ancora vivi. Così, quando l'amico si era svegliato per l'ennesima volta nel mezzo della notte, si era infilato sotto le coperte con lui e l'aveva tenuto stretto a sé finché i singhiozzi non erano cessati. Da quel momento, per un lungo periodo i due avevano passato le notti così, abbracciati l'uno all'altro per scacciare i propri demoni notturni, finché Zael non aveva dichiarato di essere troppo grande per una cosa del genere.
«Voglio diventare forte come te, Dagran» gli aveva detto all'epoca «così non sarò più un peso!»
Dagran scacciò quei ricordi dalla sua mente per concentrarsi sul presente. Zael se ne stava rigido fra le sue braccia e tamburellava nervoso con le dita sul suo ginocchio, senza dubbio imbarazzato per la situazione.
«Ora rilassati» gli disse appoggiando il mento sulla sua spalla come faceva ai vecchi tempi.
«Facile a dirsi! E se qualcuno entrasse e si facesse un'idea sbagliata?»
A quel punto fu Dagran a sbuffare esasperato. «Zael, siamo in un fienile in piena notte: chi vuoi che venga qui adesso? E poi scusa, hai forse visto qualche ragazza da queste parti su cui volevi far colpo?» gli domandò a tradimento.
Zael sussultò. Era sempre così quando si parlava di donne in quel senso: diventava subito rosso e muto come un pesce. Dagran si chiese divertito quale sarebbe stata la sua reazione se avesse cercato di tirarselo dietro durante le sue visite ai bordelli.
Probabilmente sverrebbe non appena capita la destinazione!
Come si aspettava, Zael rimase a lungo in silenzio.
«No» ammise dopo un po', con appena una punta di fastidio.
«Neppure io, perciò la nostra reputazione non corre rischi per ora.»
L'amico sbuffò poco convinto, ma non replicò. Rimasero zitti per un po', prima che Zael decidesse di rompere il silenzio.
«Credi davvero che serva a qualcosa?» questa non c'era fastidio nella sua voce, ma pura e semplice curiosità. Dagran ci rifletté un secondo.
«Beh, perché no? In passato ha sempre funzionato, dopotutto.»
«Sì, ma era diverso. Eravamo bambini... e tu non eri così peloso!» aggiunge Zael con un ghigno mentre scostava il viso. A quanto pareva la sua barba gli faceva il solletico quando parlava. 
«Alle donne vado bene così. Nessuna se n'è mai lamentata» gli rispose grattandosi con noncuranza il mento.
Quel rapido scambio gli era bastato per capire che la sua trovata stava davvero avendo effetto: Zael era molto più rilassato adesso, e a essere sinceri pure lui si sentiva meglio avendolo vicino. Tuttavia, il ritorno degli incubi lo preoccupava.
«È sempre lo stesso, vero?» gli chiese serio. Non c'era bisogno di specificare oltre, infatti Zael annuì poco dopo.
«Lo immaginavo.» commentò Dagran con un sospiro.
Lo conosceva fin troppo bene quel sogno, infatti era lo stesso che aveva tormentato pure lui, anche se con piccole differenze. Gente che urlava, case in fiamme, assassini in cerca della prossima vittima...
Quelli non erano semplici incubi, ma ricordi. Dei giorni in cui erano diventati orfani. Quelle immagini li avevano tormentati per molto tempo, segnando in maniera indelebile le loro vite. E quel pomeriggio, era come se avessero rivissuto tutto daccapo. Per un secondo, durante quella battaglia, Dagran e Zael avevano cessato di essere due mercenari adulti ed erano tornati ad essere dei bambini spaventati, che assistevano impotenti alla distruzione di tutto ciò che avevano di più caro.
«Mi sono bloccato, oggi.»
«Uhm?» Dagran si riscosse a quelle parole e guardò l'amico con la coda dell'occhio.
Zael sospirò, prima di spiegare. «Quando ci siamo trovati là, in mezzo a tutto quel fuoco... ero paralizzato» sembrava farsi sempre più piccolo mentre parlava. «Era proprio come allora. Mi sembrava addirittura di vedere le stesse facce! Se non ci foste stati tu e Lowell a smuovermi, non so se...»
Lasciò in sospeso la frase. Dagran lo capiva molto bene. Anche a lui era successa la stessa cosa, solo che la sua rabbia, per una volta, era riuscita ad avere un effetto positivo e a farlo tornare subito quasi lucido anziché accecarlo completamente e farlo agire da sconsiderato, permettendogli di caricare i nemici con tutta la forza che aveva in corpo. Che il suo stile di combattimento fosse piuttosto impetuoso ormai i suoi amici lo sapevano da tempo, ma quel giorno si era avventato sui banditi con una furia che non aveva mai mostrato prima: nella sua mente, le facce dei Cavalieri che avevano sterminato il suo villaggio e la sua famiglia si erano sovrapposte alle loro, e questo aveva risvegliato in lui un'irrefrenabile sete di sangue.
Zael invece era rimasto immobile, quasi fosse in trance. Lowell e Dagran avevano dovuto quasi buttarlo a terra per riscuoterlo. Pur cercando di non darlo a vedere, il Mago era rimasto sconcertato dall'atteggiamento dei suoi compagni, così diverso dal solito, e questo a Dagran non era sfuggito. Forse il mattino dopo gli avrebbe spiegato la faccenda, nel caso avesse tirato fuori la questione.
Nel frattempo, aveva altro a cui pensare.
«Ehi, capita a tutti di perdere la concentrazione e fare una cazzata di tanto in tanto» disse a Zael «Non è niente di cui preoccuparsi.»
In realtà non era affatto così: con il loro mestiere, un attimo di distrazione come quello poteva portare a una morte rapida e inutile, e in altre circostanze gli avrebbe fatto una sfuriata tale da fargli tremare la terra sotto i piedi. Tuttavia, quella notte, non se la sentiva di rigirare il dito nella piaga, senza contare che lui stesso in passato aveva rischiato più volte di rimanerci secco per il motivo opposto.
Questo ci dovrà servire da lezione.
«Guarda che lo so benissimo che stai mentendo, Dagran. Sono stato un idiota! Non posso permettermi di farmi sopraffare così dalle mie emozioni nel bel mezzo di una battaglia. Cosa accadrebbe se mi bloccassi di nuovo e non ci foste tu o Lowell al mio fianco? O se per colpa mia vi succedesse qualcosa? Non me lo perdonerei mai!»
Dagran rifletté sulle parole dell'amico. Era fin troppo sensibile per essere un mercenario, tuttavia non voleva che cambiasse. Se non fosse stato per la sua bontà, forse a quest'ora il suo desiderio di vendetta l'avrebbe trasformato da tempo in un mostro sanguinario. La presenza di Zael, pur non riuscendo a cancellare del tutto la sua rabbia, era in grado di dargli speranza, di fargli credere che un giorno perfino uno come lui avrebbe potuto condurre una vita normale e serena.
Tu sei una persona buona, Zael. Non come me...
Lo strinse ancora più forte a sé.
 «Non devi preoccuparti di questo, va bene?» gli disse «Siamo tutti e tre in grado di badare a noi stessi. E comunque siamo una famiglia: ci saremo sempre gli uni per gli altri.»
Una famiglia che continuava a perdere i pezzi, ma quello era meglio non ricordarlo. Il tradimento di Zoran, quando qualche mese prima era scappato, portandosi dietro la maggior parte dei loro averi e facendoli quasi sbattere in prigione, era una ferita ancora fresca. La morte di Celes poi... Dagran sapeva che quella non sarebbe mai guarita; non nel suo spirito e purtroppo neppure nel suo corpo.
Zael gli strinse un braccio, e anche se non poteva vederlo in faccia, sentiva che stava sorridendo. Almeno loro c'erano ancora, dopo tutto questo tempo e nonostante le avversità.
«Ti senti meglio adesso?» gli chiese. Una volta ricevuto un cenno affermativo, Dagran si ritenne soddisfatto.
«Va bene, allora. Direi che è il caso di tornarcene a dormire.»
Fece per tirarsi su, ma si accorse che Zael gli stringeva ancora il braccio.
«Dagran?» lo chiamò poco dopo voltandosi verso di lui. Riusciva a percepire dell'incertezza nella sua voce. «Ti... ti spiace se per stasera..?»
All'inizio non capì cosa intendesse. Quando poi comprese, gli lanciò una finta occhiata di rimprovero.
«Ma come? Un uomo adulto come te che ricorre a mezzi per bambini per dormire?» lo canzonò, ricevendo come risposta un sorrisetto ironico e un'eloquente scrollata di spalle. Avevano iniziato, tanto valeva finire.
«D'accordo,» gli concesse «basta che non mi sbavi addosso!»
«Beh, allora tu vedi di non russare, almeno per stasera. Perché credi che io e Lowell ci fossimo messi così lontani?»
Finito lo scambio di frecciate, i due sistemarono di nuovo il giaciglio e quando tutto fu pronto, ci si sdraiarono entrambi, uno accanto all'altro, ma questa volta  Zael gli si strinse addosso di suo, poggiandogli la testa sul petto. Per un attimo Dagran aveva pensato che l'amico avesse dimenticato quel dettaglio, ma era evidente che si era sbagliato.
La prima volta che erano ricorsi a quel trucco, gli aveva confidato che la cosa che lo rilassava di più, quando i suoi genitori lo stringevano così, era poter sentire il battito del loro cuore. Gli dava un grande senso di sicurezza. Incuriosito, Zael aveva provato a fare lo stesso, e dopo diversi tentativi era riuscito a percepirlo.
«Ecco, ora lo sento.»
Ancora perso nei ricordi, Dagran rimase interdetto sentendo quel sussurro. Erano le stesse parole che da bambino Zael diceva ogni volta, poco prima di dormire. Lo sentì tirare un sospiro di sollievo. Nel giro di un paio di minuti, il suo respiro si fece più profondo, e Dagran capì che si era addormentato.
L'osservò in silenzio, riuscendo a trovare anche lui un po' di pace. Quella giornata era stata senza dubbio un continuo tuffo nel passato. Erano tornati bambini, scaraventati nel momento peggiore della loro vita, ma adesso stavano rivivendo alcuni dei loro ricordi più belli insieme.
Cercando di muoversi il meno possibile, afferrò la coperta e la sistemò meglio sulle spalle di Zael. Ripensò alle parole che gli aveva detto poco prima; che erano una famiglia e che ci sarebbero sempre stati gli uni per gli altri. Sì, avrebbe fatto qualunque cosa per la propria famiglia, per lui, anche sprofondare all'inferno, se necessario. Gli passò una mano fra i capelli, e in un sussurro che solo loro potevano udire, ribadì il suo impegno.
«Ci sarò sempre per te.»
Chiuse gli occhi, e poco dopo anche lui riuscì finalmente ad addormentarsi.

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Capitolo 2
*** Nuovi legami ***



Nuovi legami

Quando si svegliò il mattino seguente, Dagran si accorse che Zael stava ancora dormendo come un sasso accanto a lui. A giudicare dalla luce che entrava dalla finestra, l'alba doveva esser passata già da un pezzo. Facendo attenzione a non svegliare l'amico, si liberò dalla sua stretta e si tirò su con un lungo sbadiglio. Guardandosi bene, si accorse che Zael, proprio come aveva immaginato, gli aveva sbavato addosso durante la notte. Si asciugò come meglio poteva con la coperta, poi si passò una mano sul viso, per scacciare il sonno rimasto. Era il momento di riflettere sul da farsi con la gente del villaggio.
Di sicuro vorranno vederci andar via al più presto, però vorrei prima aiutarli a cominciare la ricostruzione, e fanculo se non ci guadagniamo un soldo!
Zael di certo avrebbe appoggiato quella linea d'azione, e con tutta probabilità Cecil avrebbe accettato l'offerta e cercato di convincere gli altri a fare altrettanto. Era da pazzi non accettare tre paia di braccia in più ad aiutare gratis nella ricostruzione, anche se erano dei mercenari! Il vero problema poteva essere Lowell: avrebbe accettato di rimanere lì per qualche settimana a lavorare senza essere pagato? Per quel poco che lo conosceva, non sapeva dirlo con certezza, però l'istinto gli diceva che se glielo avesse chiesto, il Mago avrebbe accettato senza fare storie. In caso contrario, aveva già elaborato qualche argomentazione per convincerlo.
Un tonfo, seguito da un gemito soffocato, attirò la sua attenzione, interrompendo i sui ragionamenti. Voltandosi, si accorse che Lowell si era già alzato e che ora se ne stava in mezzo al fienile vestito di tutto punto, chino di fronte a un vecchio secchio a borbottare qualcosa sui contadini disordinati. Quando si accorse che lo stava guardando, il Mago fece per rimettersi in piedi, ma si mosse troppo in fretta e perse l'equilibrio cadendo sul secchio. A quel punto Dagran lo raggiunse per aiutarlo.
«Accidenti! Quando uno vuole fare le cose in silenzio...» ridacchiò Lowell mentre afferrava la mano che gli offriva. Il suo comportamento gli sembrava un po' strano.
«Che bisogno c'era di sgattaiolare fuori così?» gli chiese «Hai forse un appuntamento segreto con una del villaggio?»
«Magari! È un vero peccato che le ragazze più interessanti da queste parti siano già tutte impegnate...» replicò Lowell a bassa voce «Comunque mi sono solo svegliato presto, tutto qui. E visto che tu e Zael stavate ancora dormendo, ho pensato di farvi riposare tranquilli ancora per un po'.»
Il Mago lanciò un'occhiata preoccupata al loro amico ancora sotto le coperte.
«Dopo quel che abbiamo affrontato ieri, ho pensato che ne aveste bisogno.»
Dagran sospirò. Forse era meglio chiarire subito la faccenda. Gli fece cenno di seguirlo, e poco dopo i due si sedettero nell'angolo più lontano del fienile, per disturbare il meno possibile il loro compagno addormentato. Dopo essersi fatto coraggio, Dagran cominciò:
«Senti, per come ci siamo comportati ieri durante lo scontro, credo sia...»
Lowell lo interruppe subito con un cenno.
«Non c'è bisogno di spiegarmi niente, capo. A giudicare da quel che ho visto ieri, penso di aver già capito almeno in parte la situazione.»
Subito dopo, il Mago lo guardò con aria comprensiva.
«Dev'essere stata dura per voi due, non è così?»
Dagran distolse per un momento lo sguardo.
«È... qualcosa di cui preferisco non parlare. Non fraintendermi, è solo che...» si massaggiò gli occhi in cerca di una spiegazione adeguata, che potesse soddisfare Lowell senza rivangare troppo il passato. L'unica cosa che gli venne in mente fu:
«Non sono il tipo che condivide i propri problemi con gli altri.»
Si pentì all'istante di quella scelta. Lowell gli stava offrendo solidarietà e lui se ne usciva così!
Di tutte le cose che potevo dire in un momento del genere, proprio la più stronza vado a scegliere?! Complimenti, Dagran!
Il Mago però non sembrò altrettanto turbato.
«Va bene così, capo. Avevo capito fin dall'inizio che eri una persona riservata e che non ti piace aprirti. Non volevo obbligarti a farlo; è solo che mi sono preoccupato per voi due. Abbiamo già lottato insieme diverse volte e non avete mai reagito così, neppure in situazioni ben più critiche, perciò ho pensato che questa volta doveva esserci qualcosa di diverso sotto, e dopo quello che vi siete detti ieri sera era chiaro che in passato...»
«Ieri sera?» lo interruppe Dagran con un'occhiata indagatrice. Il Mago sembrò colto alla sprovvista e rimase muto per qualche secondo prima di riprendere a parlare.
«...Ah, beh, inutile negarlo: ero sveglio anch'io stanotte e perciò vi ho sentiti parlare. Sembrava una cosa fra voi due e basta, così ho finto di dormire per non disturbarvi. Ho cercato di origliare il meno possibile, ma...»
Lo ascoltò pensieroso mentre Lowell spiegava. Lo infastidiva il pensiero che un suo compagno lo spiasse in quella maniera, ma in fondo non poteva fargliene una colpa: che diamine, erano vicini e nella stessa stanza dopotutto! Riflettendoci un secondo poi, doveva ammettere che il fatto che Lowell adesso fosse a conoscenza di qualcosa in più riguardo il loro passato magari poteva avere qualche effetto positivo. Dubitava che un eventuale intromissione del Mago li avrebbe potuti aiutare la notte prima – troppi ricordi da spiegare, inoltre, proprio come aveva appena detto, quella era una cosa fra loro –, ma in fondo poteva anche sbagliarsi. Il problema era che all'epoca si era fidato anche di Zoran, e la cosa non era finita bene, però sentiva che la situazione era diversa adesso. Non sapeva se era perché erano più vicini d'età, perché Lowell era quasi morto per difenderli durante la loro prima missione insieme, o solo perché sperava fosse così e basta, ma era sicuro che con lui le cose non sarebbero andate male.
«Non c'è problema, erano solo chiacchiere» lo rassicurò «Anzi, ti chiedo scusa se ti abbiamo tenuto sveglio. Dopo una giornata così stancante non era proprio il caso.»
«Ma figurati!» Il Mago a quel punto si concesse un sorrisetto. «Comunque se posso dirlo, devo ammettere che la paura di Zael era fondata dopotutto. Per qualche secondo ho davvero frainteso la situazione, ma poi... diciamo che l'esperienza personale mi ha fatto riconoscere qualcosa che ho perso da parecchio.»
La sua voce si era fatta via via più triste, e questa era una novità. Fino a quel momento Dagran aveva pensato che Lowell fosse una specie di pagliaccio, ottimo combattente e dotato di grande potere, ma incapace di rimanere serio a lungo, neppure in battaglia. Adesso invece stava mostrando un lato di sé che non aveva mai visto.
«Sai, vi invidio molto» riprese Lowell «Il vostro legame, intendo. Cribbio, quando vi guardo mi torna in mente la mia infanzia con mio fratello Richard.» 
Un fratello? Quella era un'altra novità.
«Non sapevo che tu avessi un fratello.»
«In effetti non l'ho mai detto; prima non mi sembrava importante farvelo sapere. E poi avere dei segreti aumenta il fascino di una persona! Comunque sì, Richard era mio fratello minore, più piccolo di cinque anni.»
Dagran ascoltò con attenzione. Aveva notato che ne parlava al passato, abbandonando del tutto il suo tono allegro, perciò sospettò che fosse successo qualcosa di poco piacevole.
«Senti, non è necessario,» si affrettò a dire quando capì che Lowell stava per approfondire l'argomento «neanch'io voglio obbligarti a condividere i tuoi ricordi. È ovvio che anche a te è capitato qualcosa di brutto, ma non per questo devi sentirti forzato a raccontarmi la tua storia.»
«Oh, ma io voglio farlo! Anche se involontariamente, con le tue azioni mi hai rivelato una parte importante del tuo passato. Del vostro passato. Ora posso capirvi meglio, e mi sembra giusto che anche voi due possiate fare altrettanto. E poi ho letto da qualche parte che una cosa del genere non solo aiuta a superare i traumi, ma rafforza anche il cameratismo o roba del genere.»
In pratica quello era quasi lo stesso pensiero che Dagran aveva avuto poco prima. Visto che entrambi avevano pensato più o meno la stessa cosa, lo lasciò proseguire. Grato per avergli permesso di condividere con lui il suo fardello, Lowell gli raccontò un episodio della sua infanzia con suo fratello.
«Quando ero ancora un ragazzino, Richard venne rapito da dei mercanti di schiavi mentre eravamo al mercato. Ho cercato d'impedirglielo, ma mi hanno picchiato fino a farmi svenire e poi sono scappati. A quanto pare io ero troppo vecchio per i loro gusti...» dalla sua voce si percepiva una forte nota di disgusto e disprezzo che Dagran condivideva appieno «Le guardie riuscirono a catturarli prima che riuscissero a fuggire e riportarono il mio fratellino a casa sano e salvo. O almeno così credevamo. I mercanti non gli avevano fatto ancora niente, ma quella disavventura aveva comunque traumatizzato Richard: non voleva più uscire di casa, urlava se qualcuno si avvicinava... Era sempre stato fragile e quei bastardi l'avevano distrutto. Da quella volta non c'è stata una notte in cui lui non si svegliasse piangendo per colpa degli incubi. Riusciva a dormire solo se stavo nel letto con lui. Non lo lasciavo mai e gli ripetevo che non avrei permesso a nessuno di portarlo via di nuovo.»
Il Mago s'interruppe. Dagran intuiva come fosse andata a finire la storia, tuttavia non poté fare a meno di incitarlo a concludere.
«Ora dov'è Richard?»
Lowell distolse lo sguardo. Aspettò un po' prima di rispondere.
«È andato avanti così per un anno, poi una mattina non si è più svegliato. Avevamo chiamato un dottore, ma era inutile: era morto nel sonno. Non gli ha retto più il cuore, o qualcosa del genere» concluse con un sospiro.
Dagran l'osservò a lungo. L'uomo che si trovava davanti sembrava una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto. Si vergognò al pensiero  dell'immagine che si era fatto di lui all'inizio.
L'ho davvero giudicato male.
«Mi dispiace, non volevo farti tornare alla mente ricordi del genere» gli disse alla fine. Lowell scosse la testa, recuperando in parte la sua solita aria bonaria.
«Non preoccuparti. Questa è solo una piccola parte della mia storia. Però se vuoi sapere il resto, dovrai aspettare finché non saremo ancora più in confidenza. E comunque, lasciamo da parte questi discorsi tristi, altrimenti ci roviniamo la giornata! È meglio se adesso vado a vedere se Cecil ha preparato un po' di colazione anche per noi.»
Alla parola “colazione”, lo stomaco di Dagran emise un gorgoglio soffocato. Solo in quel momento si ricordò che il giorno prima erano talmente esausti che se n'erano andati a dormire senza cenare, e durante la notte altri problemi avevano tenuto lontano dalla mente il pasto saltato.
«Eh eh, a quanto pare non sono l'unico ad avere fame!» ridacchiò il Mago «Dai, cercherò di tornare con qualcosa di commestibile il più presto possibile.»
Lowell si alzò e  fece per andarsene, ma Dagran lo prese per un braccio e lo trattenne. Aveva provato quegli stessi sentimenti troppo a lungo per non riuscire a riconoscerli nell'amico, per quanto quello cercasse di nasconderli dietro risate e battute.
«Lowell, so bene come ci si sente quando succedono cose del genere. Hai fatto tutto quello che hai potuto per tuo fratello: smettila di fartene una colpa.»
Il Mago lo guardò sorpreso. Le parole gli erano uscite naturali – del resto credeva davvero in quel che aveva detto –, ma ripensandoci, per un attimo temette di essersi spinto più in là del dovuto. L'amico però gli rivolse di nuovo un sorriso.
«Spero di riuscirci un giorno...» disse. Dagran sospettò che ci fosse dell'altro sotto, ma al momento questo gli bastava, perciò lo lasciò andare. Lowell fece per uscire, poi però si fermò, come se stesse riflettendo su qualcosa, e poco dopo lo guardò dritto negli occhi.
«Grazie, Dagran» disse.
Dagran lo fissò in silenzio, prima di annuire. Era curioso: da quando si era unito a loro, Lowell lo aveva chiamato per nome solo quando si erano presentati, altrimenti gli si rivolgeva con “capo” o “boss”, anche se era più vecchio di lui. Forse era un dettaglio insignificante, ma dopo quello scambio Dagran era certo che ci fosse qualcosa di più profondo dietro quella scelta di parole. Mentre il Mago si avviava verso la porta del fienile, gli tornò in mente un'altra cosa, così lo chiamò.
«Aspetta, ci sarebbe ancora una questione di cui vorrei discutere un secondo.»
Lowell tornò indietro con aria interrogativa. Dato che ne aveva la possibilità, tanto valeva che glielo chiedesse subito.
«Stavo pensando di rimanere per un po' ad aiutare la gente del villaggio con la ricostruzione. Ti avverto che visto come hanno reagito ieri, è probabile che se anche accettassero dovremmo lavorare gratis, però non me la sento di andarmene via così.»
Non aggiunse altro. Non tentò di spacciarla come una cosa degna da Cavalieri, e non tirò fuori nessuna delle motivazioni che voleva usare con Cecil e i suoi compaesani. In fondo, dopo quello che si erano detti, era piuttosto sicuro che l'amico avrebbe capito perché voleva farlo.
«Okay, a me sta bene. Se devo essere sincero, neanche a me andava di lasciarli qui in mezzo alle rovine fumanti» annuì Lowell «Libero di non crederci, ma ci stavo pensando già da ieri sera e volevo proportelo io dopo colazione.»
Proprio come aveva immaginato.
«Ottimo, allora non ci resta che fare affidamento su Cecil affinché convinca gli altri ad accettare il nostro aiuto. Nel frattempo spiegherò la questione a Zael. Sono più che sicuro che sarà d'accordo anche lui.»
«Senza dubbio» commentò il Mago «Ah, posso farti giusto una domanda?»
Quando gli fece cenno di continuare, Dagran si aspettava che gli chiedesse per quanto tempo volesse rimanere ad aiutare, ma poi sul viso di Lowell cominciò a formarsi il ghigno che sfoggiava ogni volta che diceva una delle sue scemenze, e non seppe più cosa pensare.
«Abbraccerai così anche me, prima o poi?» disse con voce sdolcinata lanciando un'occhiata verso Zael «Sai, anch'io ho bisogno di conforto a volte, specie quando vengo scaricato da una fanciulla!»
Dagran cercò di soffocare una risata. Alla fine doveva aspettarsela un'uscita del genere.
«Vedremo,» gli concesse «ma solo se te lo meriti. Ora fila a vedere se vogliono darci qualcosa da mangiare, prima che ti faccia uscire io a calci in culo!»
«Di corsa, capo!»
Detto questo il Mago si diresse verso la porta e uscì dal fienile, lasciandosi alle spalle Dagran che sorrideva soddisfatto. Quella chiacchierata con Lowell gli aveva rivelato molto su di lui. Mentre tornava accanto a Zael, rifletté su quanto gli aveva raccontato su suo fratello.
Non aveva idea che potesse aver vissuto un'esperienza simile... o forse sì?
In fondo era stato lui a chiedere a Lowell di seguirlo, proprio come aveva fatto con Celes, e ancora prima con Zael. Che fosse portato inconsciamente a scegliere le persone più simili a lui? Negli anni aveva conosciuto diversi guerrieri, stringendo amicizia con loro... eppure sentiva come una specie di muro che lo separava dagli altri, una barriera che lui stesso aveva innalzato quasi senza rendersene conto. Solo tre persone erano riuscite ad abbattere quella barriera e a creare un vero legame con lui, anche se in situazioni e maniere molto diverse fra loro, e adesso Dagran sospettava che stesse per accadere una quarta volta.
Radunò le sue cose e quelle di Zael, s'infilò gli stivali e il gilè, poi frugò nella bisaccia e tirò fuori la penna ornamentale dalla tasca che aveva cucito apposta per ritirarla la notte. Se la rigirò pensieroso fra le mani prima di legarsela alla solita ciocca sulla nuca. La storia di Lowell gli avevano fatto ricordare una promessa che aveva fatto quando era ancora un bambino, molti anni prima. Una promessa legata proprio a quella penna. Quando suo padre gliel'aveva data in punto di morte, gli aveva fatto promettere di proteggere sempre e a qualunque costo le persone che amava. Nemmeno dieci minuti dopo aveva visto sua madre bruciare viva, nella stalla in cui due Cavalieri li avevano intrappolati. Per anni si era sentito in colpa per non essere riuscito a proteggerla, e solo dopo che Zoran aveva iniziato a insegnargli l'arte della spada aveva finalmente capito che un bambino come lui non avrebbe potuto fare niente per impedire la sua morte.
Adesso non è più così. Adesso posso proteggere la mia famiglia.
Non era più un ragazzino timido e gracile che si nascondeva quando vedeva degli estranei; ora era un uomo imponente che sapeva tanto ispirare fiducia quanto incutere timore. Certo, magari non era il miglior guerriero in circolazione, e di sicuro non era colto come uno studioso, ma era forte, molto più forte di un uomo comune, e anche più intelligente di quanto la gente non credesse. La vita di strada lo aveva fatto maturare in fretta, costringendolo a elaborare vari stratagemmi per riuscire a sopravvivere, e la presenza di altre persone a cui badare l'aveva spinto a diventare ancora più creativo. Tutto per difendere i propri compagni.
Riflettendoci bene, in fondo il loro non era un semplice gruppo di mercenari; era una famiglia a tutti gli effetti, la sua. Quello con Zael era il legame più forte che aveva e dubitava che qualcun altro potesse eguagliarlo, tuttavia sentiva che Lowell stava dimostrando di meritare tutto il suo rispetto, conquistandosi un posto all'interno di quella famiglia di disastrati. Dagran l'aveva capito ormai, pertanto quella vecchia promessa ora si estendeva anche a lui, e adesso sapeva di poterla mantenere.
Non importa cosa accadrà in futuro: continuerò sempre a proteggervi, anche a costo della mia vita.
Accantonò quei pensieri e diede un'occhiata a Zael, sdraiato ai suoi piedi e avvolto nella coperta. Stava ancora dormendo, i capelli tutti arruffati che gli incorniciavano la faccia. S'inginocchiò accanto a lui e con fare paterno gli scostò una ciocca dal viso. Sembrava così sereno...
Gli dispiaceva doverlo svegliare, ma si stava facendo davvero troppo tardi, perciò cominciò a scuotergli con delicatezza la spalla. Dopo aver passato quasi un minuto intero a scuoterlo ottenendo solo dei mugugni, finalmente Zael aprì un occhio.
«Buongiorno, pigrone» lo salutò Dagran mentre l'altro si tirava su.
«Che ore sono?» biascicò Zael stiracchiandosi.
«Non ne ho idea, ma è sicuramente tardi. Ora in piedi: abbiamo parecchie cose da sistemare oggi.»
Gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi, dopodiché, mentre Zael finiva di vestirsi, lo mise al corrente di ciò che progettava di fare. Proprio come aveva previsto, l'amico fu subito d'accordo.
«Non possiamo lasciarli in queste condizioni. E se i banditi che abbiamo affrontato ieri fossero solo l'avanguardia di un gruppo più grande?»
Era improbabile, ma in fondo anche Dagran ci aveva pensato. Dopo uno scambio di opinioni, giunsero alla conclusione che oltre ad aiutarli con la ricostruzione, avrebbero insegnato agli abitanti del villaggio qualcuno dei trucchi difensivi che avevano imparato durante i loro viaggi, così avrebbero potuto affrontare attacchi futuri senza problemi.
 «Magari potremmo insegnargli anche qualche rudimento con le armi, giusto per essere sicuri» suggerì Zael mentre uscivano dal fienile.
«In effetti sarebbe l'ideale» concordò Dagran «La maggior parte dei banditi non è abituata ad affrontare gente in grado di tenergli testa: anche solo un minimo di addestramento potrebbe fare una differenza notevole. L'unico problema è la carenza di spade...»
«Ehi, ragazzi!»
Lowell li stava chiamando dalla soglia della fattoria. Quando lo raggiunsero, il Mago comunicò ai due che Cecil aveva preparato da mangiare anche per loro.
«Tra l'altro sembra che la gente che ha ospitato ieri sera abbia discusso a lungo  su di noi e su quello che abbiamo fatto per loro,» aggiunse «e alla fine hanno deciso di offrirci una ricompensa per averli aiutati. Quando hanno sollevato l'argomento con me però, gli ho detto che la rifiutavamo...»
A quelle parole Dagran e Zael sgranarono gli occhi dallo stupore.
«Ehi, non guardatemi così!» fece Lowell a disagio per gli sguardi dei compagni «Sapevo cosa ne pensavate e ho risposto d'istinto. A questa gente non rimane molto, specie dopo gli incendi di ieri: li abbiamo appena salvati dai banditi, non mi sembrava il caso di portargli via quel poco che hanno! Loro però hanno insistito, così ho detto che era ancora presto per essere pagati e... mi son lasciato sfuggire che avevamo ancora qualcosa da fare. Adesso sono dentro che ci aspettano per sentire tutti i dettagli» concluse con un cenno alla porta alle sue spalle. Dagran e Zael si scambiarono un'occhiata complice. Si erano preparati a dover battagliare per convincerli ad accettare il loro aiuto e invece tutto si era risolto da solo!
Faticheremo come degli schiavi, ma almeno sarà un lavoro più appagante del solito, pensò Dagran, senza contare che forse quella fatica in particolare, li avrebbe aiutati a lenire, anche solo in parte, il dolore per il loro passato.
Alla fine fu Zael a rompere il silenzio.
«Sembra proprio che il nostro soggiorno da queste parti durerà più a lungo del previsto» disse raggiante.
«Già» annuì Dagran «In tal caso, non facciamoli aspettare troppo ed entriamo. E poi Cecil ha preparato da mangiare anche per noi, no? Non so voi, ma io sto morendo di fame!»

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