JoJo no kimyou na bouken, Vento Aureo: After-Reset

di Haruno_Shiobana98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


-Hey Giorno, cosa ci fai lì incantato?-
Sentendo la sua voce, il ragazzo parve riscuotersi da un sonno profondo.
-Oh... scusami Helen, non so che mi è preso.-
La ragazza lo guardò coi suoi splendidi occhi color nocciola, e gli sorrise.
-Non credevo ti interessassero così tanto le frecce.- gli disse ridendo.
Giorno si voltò un secondo a guardare nuovamente quel reperto antico, che per qualche motivo aveva su di lui un fascino quasi magnetico, per poi raggiungerla.
-Sì... hai ragione. Non lo so, forse era la decorazione sulla punta della freccia... ma aveva qualcosa di attraente, quasi.- borbottò quasi scusandosi.
-Non sarai mica un feticista di queste cose, vero?- gli domandò lei a bruciapelo con un tono serio, ma trattenendo a fatica una risata.
-C... cosa? Ma che razza di domande sono!- Giorno diventò rosso in un attimo, distogliendo lo sguardo imbarazzato. Helen era la sua migliore amica fin dall'infanzia e sapeva che a volte le prendevano quei momenti di pazzia. Erano anni che era innamorato di lei, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirle cosa provava: era certo che lei lo vedesse come un fratello, e una simile dichiarazione avrebbe rovinato per sempre il loro rapporto. Il massimo che poteva permettersi era ammirare i suoi capelli o i suoi occhi, di sfuggita, e bearsi del suo sorriso. Niente di più.
I due continuarono la visita al museo archeologico di Morioh, una ridente cittadina del Giappone, vicino a Tokyo, entrando nell'area dedicata all'Antico Egitto.
-Woooow, io adoro le mummie!- Helen era su di giri, pareva una ragazzina in un negozio di dolciumi: saltellava da una teca all'altra, scrutandone il contenuto con attenzione e serietà, scattando qualche foto di tanto in tanto. Giorno la seguiva ridendo.
-Ma pensa te... davvero ti esalti così tanto per dei corpi rinsecchiti e fasciati?-
Helen si voltò e tirò il libro che aveva sotto braccio sulla fronte di Giorno.
-Non ti permettere! Tutankhamon era mio marito, quando ero più piccola, sai?- lo guardò con un broncio.
-Poi ero io il feticista, eh?- le disse ridendo Giorno. Lei arrossì e gli tirò uno scappellotto, continuando a vedere le teche, così lui la seguì sorridendole. Mentre camminava, venne urtato da un uomo, che si scusò brevemente, continuando a camminare; Giorno lo guardò per un secondo: aveva un'aria strana, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
"Beh, magari è solo una mia impressione" pensò lui, voltandosi e tornando a seguire Helen, che intanto era arrivata alla fine della stanza e si era messa alla porta, aspettandolo.
-Eri tornato a vedere la tua amante?- gli domandò lei ridacchiando.
-Cosa?-
-Ma sì, la freccia!- Helen scoppiò in una fragorosa risata. Giorno si passò la mano tra i capelli biondi, imbarazzato, e le lanciò un'occhiataccia. Mentre uscivano dalla sala, un frastuono proveniente dalle loro spalle scosse l'aria, e istintivamente entrambi si buttarono a terra, come gran parte degli altri visitatori.
-State giù! E nessuno si farà male!- proruppe una voce maschile da dietro di loro. Giorno si voltò di soppiatto, e vide tre uomini, di cui uno armato con una pistola. I due disarmati si separarono per il museo, mentre il terzo rimase nella sala, per controllare gli ostaggi.
-G... Giorno... ho paura...- Helen gli strinse la mano inconsciamente, e nonostante la situazione, lui arrossì un poco.
-Tranquilla... seguimi, ce ne andremo da qua. Andrà tutto bene, fidati di me.-
Senza fare rumore, Giorno la guidò fuori dalla sala lontano dalla vista dell'uomo armato e camminando piegati dietro le teche arrivarono nel salone dell'entrata, dove un altro dei criminali stava pattugliando.
-Dobbiamo fare attenzione. Ti faccio vedere io. Appena quell'uomo si volta, camminiamo il più velocemente e silenziosamente possibile per arrivare dietro a quell'espositore, da lì siamo vicinissimi all'entrata e potremo fuggire senza che sia in grado di fermarci. Vado prima io, e ti faccio vedere.-
-N... non lasciarmi da sola... ho paura...- la voce di Helen tremava ed era incrinata.
-Ehi, non ti abbandono qui, passo dietro all'espositore per farti vedere come devi fare, e ti aspetto. Usciremo da qua assieme. Te lo prometto. Ok?- le disse lui con voce ferma, cercando di darle coraggio. In riposta, lei annuì.
-Ok. Ce ne andremo assieme. Sani e salvi. Promettimelo.-
Giorno le sorrise ed annuì; appena l'uomo si voltò per invertire il giro di pattuglia, scivolò silenziosamente dietro all'altra teca e si voltò verso Helen, sorridendole e facendole cenno di venire. Lei si alzò leggermente e iniziò ad incamminarsi verso di lui, ma urtò una vetrinetta che cadde a terra, finendo in frantumi e diffondendo il frastuono per tutto il museo. A Giorno si gelò il sangue nelle vene. Subito, il criminale scattò verso Helen.
-Cosa stavi cercando di fare, puttana?- la prese per un polso e la fece alzare di forza, dandole uno schiaffo tale da lasciarle un segno rosso sul volto. Delle lacrime di terrore e rassegnazione iniziarono a cadere dagli occhi di lei, mentre faceva dei brevi cenni a Giorno per dirgli di andarsene senza di lei, visto che ancora lui non era stato scoperto.
-Col cazzo. Andremo via da qua assieme.- mormorò lui. Giorno si guardò attorno, indeciso su cosa fare; il suo sguardo si posò, per qualche motivo, alla sua destra. Quando si rese conto di cosa stesse guardando, gli si gelò per un secondo il sudore sulla schiena.
"Quella freccia... ancora? Beh, a questo punto, fanculo."
Con uno scatto, Giorno corse verso la vetrina che la conteneva e ruppe il vetro con pugno. I cristalli infranti si conficcarono in profondità nella sua mano, ma lui non sentì nemmeno dolore. Afferrò l'asta della freccia e si gettò sull'uomo che aveva colpito Helen; quello, sentito il rumore dei vetri rotti, si era voltato di scatto verso Giorno, ma lui era già arrivato a portata. Con un movimento unico del braccio, Giorno spinse la freccia verso l'addome dell'uomo; avvertì la sensazione della carne che cedeva, facendo passare la punta dell'arma in profondità. Il sangue iniziò a scorrere lungo la sua mano, gocciolando a terra
"Ce l'ho... fatta...?"
Dopo qualche secondo, sentì un dolore lancinante allo stomaco, che lo fece cadere in ginocchio. Tolse la mano, e vide la freccia conficcata nel suo corpo, col sangue che iniziava ad uscire zampillando.
-M... ma come...- Giorno cadde di lato, sputando sangue.
-Hey Ghiaccio, abbiamo finito qua. Sembra che ci abbiano appena portato quello che cercavamo- urlò il criminale ad un suo collega nell'altra sala, strappando la freccia dal corpo inerme di Giorno, che si contorse dal dolore.
Gli altri due arrivarono sentendo la sua voce.
-Cosa dovremmo fare di questo ragazzino?- domandò uno di loro, indicando Giorno, a terra.
-Morirà dissanguato in poco tempo, non preoccuparti Ghiaccio. Il boss sarà contento di noi, questa è l'ultima che mancava.-
-Mh, bene. Filiamocela adesso, non ci tengo ad essere qua quando arriverà la polizia.-
Gli altri assentirono e si diressero tutti assieme all'uscita, aprendo la porta con fare disinvolto. Appena furono fuori, Helen si gettò su Giorno.
-No! Ti prego no! Me l'avevi promesso! Ce ne saremmo andati assieme, sani e salvi! Ricordi?- la ragazza iniziò a piangere per la disperazione, facendo pressione sulla ferita all'addome di Giorno, che voltò la testa di lato, tossendo sangue.
-N... non importa... s... sei viva. È questo che conta per me...- mormorò lui con voce flebile, chiudendo stancamente gli occhi. I suoni attorno a lui iniziarono a farsi ovattati, sempre più indefiniti, mentre anche la sensazione di dolore poco a poco iniziava ad affievolirsi.
-Giorno! Non morire! Non... puoi... Resisti... Non lasciarmi... Io ti...-
Il mondo collassò attorno al ragazzo, annichilendosi in un infinito e silenzioso vuoto nero. Dopo quello, il nulla.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Freddo. Fa freddo. Non resisto.
Giorno aprì di scatto gli occhi ansimando. Stava gelando, e attorno a lui non vedeva altro che oscurità. Alzò le mani esplorando a tentoni l'ambiente circostante. Era stretto, metallico. Si tastò addosso e si accorse di non avere più i vestiti. Provò a sbattere i pugni contro le pareti.
-C'è qualcuno?! Tiratemi fuori di qui! Cazzo!-
Iniziò a sbattere freneticamente le mani contro quello che sembrava il soffitto, senza risultato. Ansimando e iniziando a respirare irregolarmente, cercò di tirare calci contro le pareti, come poteva; un colpo, due colpi, nessun risultato. Preso dalla disperazione, concentrò tutta la sua energia in un ultimo sforzo.
"Devo farcela... non posso morire così... Non voglio!"
Con un frastuono assordante, lo sportello metallico del cubicolo in cui si trovava si staccò dai cardini e venne proiettato contro la parete opposta, crepandone il muro. Giorno scivolò fuori tremando, e si guardò attorno.
File e file di cellette metalliche come la sua, una sopra l'altra, riempivano la parete; la temperatura era gelida, e una misera luce al neon, tremolante, proiettava la sua fredda luce per tutta la stanza.
"C... cos'è questa stanza... sembra quasi un... obitorio"
Con un sussulto, a Giorno tornarono in mente gli avvenimenti delle ore precedenti.
"Ma io ero... morto. Come è possibile che sia qui, ora?" si voltò verso lo sportello che aveva quasi distrutto con un calcio.
"E come diavolo ho fatto a ridurre una lastra d'acciaio in quel modo?"
Sebbene quelle domani insistessero in modo pressante nella sua mente, l'istinto di sopravvivenza ebbe il sopravvento e spinse Giorno ad uscire dalla sala, andando alla ricerca di qualcosa da mettersi; dopo aver percorso un breve corridoio, vide sulla destra una stanza con la targa "Oggetti personali" appesa alla porta. Senza esitare, ne aprì la porta e al suo interno trovò pile e pile di vestiti e altri accessori; in cima, vide i suoi abiti.
"Non deve essere passato molto tempo dalla mia... morte." pensare una cosa simile lo fece sentire leggermente a disagio, ma ignorò la sensazione e tremando afferrò i vestiti, indossandoli. Una volta finito, iniziò ad avviarsi verso l'uscita, ma si fermò davanti ad uno specchio, osservandosi l'addome con un misto di stupore e paura: i vestiti erano stracciati e macchiati di sangue nel punto in cui la freccia si era conficcata, ma la sua carne presentava soltanto una leggera cicatrice, che a malapena si vedeva. Giorno vi poggiò sopra una mano, sfiorandola.
"Cosa mi sta succedendo...?"
Il contatto della pelle con le sue dita lo fece rabbrividire leggermente; dopo qualche secondo, aprì la porta ed uscì dalla stanza. Cercando di orientarsi con le targhette delle stanze e dei piani, dopo una decina di minuti raggiunse l'uscita ed arrivò in strada. L'aria della sera era gelida e il vento che soffiava contro il suo volto lo fece rabbrividire; infilandosi una mano in tasca, si ricordò di non avere più con sé né il telefono né il portafogli. Il suo stomaco che brontolava non lo aiutava a pensare sul da farsi, quindi decise di avviarsi verso casa, quando in un negozio di elettrodomestici vide una TV accesa, sintonizzata sul notiziario cittadino. Si fermò a guardare. Il titolo recitava "Furto al Museo Morioh, morto un ragazzo. I ladri sono ancora ricercati dalla Polizia"; le immagini che venivano passate ritraevano il suo cadavere, disteso al suolo e quasi completamente dissanguato. A Giorno venne un conato di vomito, che trattenne a stento. Ancora non era riuscito a spiegarsi quella situazione, non era riuscito a capire come fosse possibile tutto ciò. Ricordava distintamente di avere perso i sensi, di stare morendo dissanguato nel mezzo di quella fredda sala. E ora? Se ne stava in piedi quasi noncurante di tutto, dopo essersi risvegliato in un obitorio. Non capiva, non capiva affatto. E soprattutto, non aveva la minima idea di come avesse fatto ad essere stato colpito lui, dalla freccia. Era certo di averla sentita affondare nel corpo del criminale che aveva attaccato Helen.
Helen... Una lacrima gli scese sulla guancia mentre ripensava a lei. Si domandava se stesse bene, se non avesse sofferto troppo per la sua morte. Non era riuscito a confessarle ciò che provava per lei... e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito. Si voltò e si avviò nella direzione opposta a casa sua. Di una cosa era certo: non poteva presentarsi a casa come non se fosse successo niente e sicuramente non sarebbe nemmeno potuto tornare a scuola il giorno seguente. Le persone avrebbero fatto domande, probabilmente gli stessi criminali che pensavano di averlo ucciso, sarebbero potuti tornare per assicurarsi di metterlo a tacere una volta per tutte: aveva visto il volto di uno di loro, dopotutto. La pavimentazione irregolare del marciapiede scricchiolava mentre Giorno procedeva, riflettendo. No, farsi vedere era escluso. Avrebbe spaventato molte persone e i lati negativi avrebbero superato di gran lunga quelli positivi. Ma allora... come avrebbe fatto? Sarebbe stato costretto a cambiare città? Si sarebbe dovuto procurare dei documenti falsi? Cristo, era solo un diciottenne. Non ce l'avrebbe mai fatta. Demoralizzato da quei pensieri, Giorno decise di abbandonarli per il momento. Sarebbe vissuto alla giornata: prima o poi una soluzione l'avrebbe trovata, ne era certo. Si alzò il cappuccio della felpa sulla testa: il vento era sempre più forte, e la fame non accennava a diminuire. Inconsciamente, si diresse verso un fast food in cui era solito andare, dopo scuola. L'odore di carne e di spezie lo scosse dai suoi pensieri e si accorse di dove fosse; un sorriso triste gli si allargò sul volto, per poi sparire un secondo dopo. Ci era andato così tante volte, assieme ad Helen. Gli mancava così tanto la sua risata, i suoi occhi, i suoi sorrisi... aveva l'impressione di vederla ovunque, in tutte le ragazze che incontrava per strada. Giorno sospirò e fece per continuare, quando un movimento attirò la sua attenzione: una giovane stava uscendo effettivamente dal fast food. Quando lei alzò lo sguardo verso di lui, Giorno sussultò e si voltò di scatto. Quei capelli, quegli occhi... era lei! Ne era certo. Ma... non poteva farsi vedere. Non dopo quello che era successo. Fortunatamente, lei non parve accorgersi di lui ed iniziò a camminare, tenendo lo sguardo basso, forse persa nei suoi pensieri. Giorno la seguiva con lo sguardo, trattenendosi dal piangere. Perché tutto quello era successo proprio a lui? Perché aveva dovuto perdere tutto?
In preda all'ira, sferra un pugno contro un muro che aveva vicino. I mattoni si frantumarono come fossero di cartone e si trovò col braccio sprofondato fino al gomito dentro alla parete.
-Ma cosa...- Giorno sfila la mano e si guarda attorno. Fortunatamente non aveva attirato l'attenzione di nessuno, anche perché non c'era nessun passante per quella strada. Scrollandosi i frammenti di mattone dalla mano, si voltò per vedere dove fosse Helen. Lei intanto era arrivata alla fine della strada, e stava per svoltare a destra, in una via minore. "Sta andando a casa..." pensò Giorno seguendola con gli occhi. Mentre stava per andarsene, Giorno notò che poco dopo di lei, anche un uomo era entrato nella via, camminando a passo veloce, come a volerla seguire. Preoccupato, Giorno iniziò a correre per raggiungerli, fermandosi all'angolo per sbirciare nella via, senza farsi notare. Quando vide quello che stava succedendo, si trattenne a stento dal saltare fuori: l'uomo stava tenendo Helen contro il muro, con una mano sulla bocca per impedirle di urlare, mentre le puntava un coltello al collo. Voleva i suoi soldi, molto probabilmente. Helen cercava di divincolarsi, senza riuscirci, dalla presa dell'uomo. Il volto di lei esprimeva terrore, ma Giorno vide anche un'ombra di noncuranza, come se, in fondo, non le importasse davvero di sopravvivere.
"Cosa faccio? Non posso farmi vedere... ma nemmeno lasciarla così... merda!" Giorno prese un respiro profondo e si calò ancora di più il cappuccio sul volto. Uscì da dietro l'angolo ed afferrò una pietra sul marciapiede. Doveva attirare l'attenzione dell'uomo senza parlare, o Helen avrebbe potuto riconoscerlo. Prese la mira, e scagliò il sasso, colpendolo al fianco. Quello, dopo un momento di stupore, si voltò verso Giorno, squadrandolo.
-Cosa vuoi tu? Gira al largo.-
Giorno non accennò a muoversi, guardando l'uomo negli occhi, da sotto il cappuccio.
-Vuoi fare l'eroe, ragazzo? Vuoi tornare dai tuoi genitori gonfio di pugni? Ti accontento. A questa ci penso dopo.- l'uomo lasciò andare Helen, che cadde in ginocchio ansimando. -Tu stai buona lì, o giuro che ti apro lo stomaco.-
Giorno iniziò ad avvicinarsi a loro, mentre quello lo osservava.
-Sei un po' gracilino, non credi? Meglio così, farò meno fatica a conficcare questo bel coltello nel tuo corpo.-
Giorno si fermò a qualche metro dall'uomo, che continuava a guardarlo. Il buio della sera rendeva impossibile ad Helen e al suo aggressore distinguere il suo volto sotto al cappuccio, ma se fosse arrivato troppo vicino lei lo avrebbe sicuramente scoperto.
-Ma come, ti fermi già? Hai cambiato idea? Ci penso io allora!-
L'uomo scattò verso Giorno, tracciando un fendente col coltello; il ragazzo riuscì a bloccargli il braccio prima che il coltello calasse sul suo volto, ma il contraccolpo lo fece indietreggiare.
"Cazzo, è davvero forte" pensò cercando di riprendere l'equilibrio. L'uomo invece iniziò ad incalzarlo notando il suo cedimento, e Giorno si trovò a dover schivare una pioggia di affondi e fendenti, venendo tagliato più volte. Alla fine, il coltello si conficcò nel suo braccio destro, strappandogli un gemito di dolore e facendolo inciampare. Con un ghigno sadico, il criminale si avvicinò a Giorno, troneggiando su di lui, disteso per terra e col coltello affondato fino a metà nel braccio.
-Hai finito di fare lo sbruffone, eh? Ti ammazzo velocemente e poi passo alla ragazza.- Si voltò per un secondo verso Helen, che stava tremando nell'angolo e li guardava con gli occhi sbarrati.
-No! Lascialo stare! Uccidi me al suo posto... non ho niente da perdere...- disse la ragazza con un tono di voce a metà tra il sottomesso e il rassegnato, che per un secondo sorprese l'aggressore.
-Se proprio ci tieni, ucciderò entrambi piccola.-
-Questo... non posso permetterlo.- mormorò Giorno, stringendo i denti per il dolore e rimettendosi in piedi barcollando.
-Cosa vuoi? Qualcosa da dire?-
-Questo... non posso... permettertelo.- Giorno alzò lo sguardo verso l'uomo, guardandolo negli occhi. Il ragazzo aveva un'espressione diversa, un fuoco sembrava ardere nelle sue pupille, danzando insieme ai riflessi della scarsa luce artificiale che illuminava il vicolo. Per un attimo, l'aggressore esitò e distolse lo sguardo, ma subito dopo riprese la sua aria di superiorità.
-Rischi di morire dissanguato, non credo tu sia in grado di dettare le condizioni di questo... "incontro"- disse al ragazzo, ridacchiando.
Giorno respirò profondamente. Non aveva altra scelta che sperare. Per due volte, aveva manifestato una forza disumana, quando aveva rotto lo sportello del suo cubicolo all'obitorio e quando aveva distrutto il muro in preda alla rabbia. Non sapeva se l'istinto di sopravvivenza o la furia l'avrebbero riportata a galla, ma di una cosa era certo: in quel momento stava provando entrambe le emozioni.
-La tua serata... finisce qui.- La voce di Giorno era perentoria, e non lasciava spazio a repliche. Il suo pugno, già stretto spasmodicamente, per un istante brillò di una luce giallastra, e il ragazzo si sentì invadere dall'adrenalina e da un'altra sensazione, che non riuscì sul momento ad identificare. Doveva provarci, non c'era altra uscita da questa situazione. Con una rapidità che a malapena si potrebbe definire umana, Giorno caricò un gancio col braccio sinistro, per poi scaricarlo in faccia all'uomo di fronte a lui. Mentre il pugno fendeva l'aria, gli parve come se dal suo braccio se ne separasse un altro, di una consistenza eterea, giallastro come la luce che prima aveva illuminato la sua mano. Sebbene il suo bersaglio provò a difendersi, l'impatto fu devastante: l'uomo venne sbalzato contro il muro in fondo al vicolo, distruggendone vari strati di mattoni. Giorno si sentiva carico di energie, e perfino la ferita all'altro braccio aveva smesso di fare male. Ma soprattutto, si sentiva potente.
-Rialzati, non ho finito con te.- si avviò verso l'uomo, ancora disteso a terra, che si contorceva dal dolore, sputando sangue. Quello, vedendolo avvicinarsi, provò a rialzarsi, ma i suoi movimenti si fecero all'improvviso lentissimi, fino a rimanere quasi immobile. Dei gemiti di terrore e sorpresa uscivano dalla sua bocca, mentre era bloccato in una posizione a metà tra il supino e la quadrupedia. Giorno si fermò ad un metro da lui, squadrandolo. Non accennava a muoversi. Qualcosa dentro di lui gli diceva che non sarebbe più stato un problema, quindi provò a calmarsi respirando profondamente, e con l'ira anche la sensazione di onnipotenza sparì. Si accucciò e strappò un lembo di tessuto dalla sua maglietta, per fasciarsi il braccio. Appena iniziò ad avvolgerlo attorno alla ferita, che ancora gocciolava sangue, accadde qualcosa che lo lasciò stupito per un momento. La stoffa iniziò spontaneamente a fondersi con la sua pelle, diventandone lentamente una parte, fino a ricostruire completamente i tessuti danneggiati e a richiudere la ferita.
"Ma come è possibile..." I suoi pensieri vennero interrotti da una voce femminile.
-Stai... bene?-
Helen si era intanto alzata e, barcollando, si era avvicinata alle sue spalle.
"Merda... troppo vicina."
-Sì.- rispose Giorno brevemente e a bassa voce.
-Volevo solo... grazie per avermi salvato... credo che... beh, grazie...-
Giorno si alzò in piedi senza risponderle e le passò accanto voltandosi di scatto, avviandosi all'uscita del vicolo. Helen lo guardava interdetta, poi ebbe un sussulto.
-Quei vestiti... assomigliano molto a quelli...- la voce di lei venne interrotta da un singhiozzo. In quel momento, una folata di vento soffiò nel vicolo, togliendo il cappuccio dalla testa del ragazzo e mettendo in mostra i suoi capelli biondi, illuminati dalla luce dell'unico lampione. Helen li guardò esterrefatta.
-G...Giorno...?- mormorò portandosi una mano alla bocca.
Il ragazzo fu preso alla sprovvista. Senza voltarsi, le rispose seccamente:
-Il Giorno di cui parli è morto in quel museo. Stai sbagliando persona. Mi dispiace.-
Trattenendo a stento i singhiozzi, accelerò il passo per uscire dal vicolo lasciando Helen, che era caduta in ginocchio, devastata.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Il vento che continuava a soffiare asciugava le lacrime che scendevano sul volto di Giorno, mentre il ragazzo cercava di allontanarsi il più velocemente possibile da lei. Avrebbe voluto tornare indietro, abbracciarla e tranquillizzarla, ma non poteva. Giorno era morto, come le aveva detto poco fa. E non sarebbe tornato per nessuno.
Mentre stava camminando, un ragazzo lo affiancò, proseguendo accanto a lui per qualche minuto, per poi fermarlo poggiandogli una mano sulla spalla. Giorno si voltò verso di lui e lo guardò con aria interrogativa. Il ragazzo, magro e di altezza media, gli sorrise.
-Scusami, sono nuovo qua e stavo cercando un buon posto in cui mangiare sai mica dove potrei trovarlo?-
Sebbene la sua espressione fosse amichevole, gli occhi di lui, azzurri e gelidi come il ghiaccio, mettevano a disagio Giorno, che cercò di liquidarlo con poche parole.
-Beh, credo che in fondo alla strada ci sia un ottimo fast food. Non è lontano. Ora scusami, devo andare.-
L'altro non accennava a lasciargli la spalla.
-Oh, perfetto, mi accompagni? Il mio nome è Bruno. Bruno Bucciarati. Piacere di conoscerti...?-
Nella sua frase era implicito che volesse sapere anche il suo nome, quindi Giorno rimase un attimo interdetto. Per risolvere lo stallo, decise di inventarsi un nome falso.
-Mi chiamo Koichi. Hirose Koichi.- gli disse, stringendogli la mano freddamente.
-Oh, Koichi? Che strano...- borbottò l'altro con fare assorto.
-Strano? Non credo che il mio nome sia così... inusuale.- gli disse Giorno cercando di rimanere calmo.
-Beh, invece lo è. Almeno per te, lo è.-
-Come scusa?-
-Ma sì, una persona come te, alta, bionda... avrei pensato ad un nome molto più solare... Aspetta, ne ho uno.-
-Quale?- domandò Giorno perplesso ed inquietato.
-Mhhh... sì, credo che questo ti calzi alla perfezione. Haruno Shiobana, ma se vogliamo essere raffinati, Giorno Giovanna. Ti piace?- lo sguardo di Bruno si fece quasi penetrante, e Giorno si sentì a disagio, oltre che ovviamente confuso.
-Cosa...? Cosa vuoi da me? Non ho mai sentito questo nome in vita mia. Devo andare.- cercò di staccarsi dalla presa dell'altro, scrollando le spalle ed iniziando ad allontanarsi.
-Dai Giorno, accompagnami al fast food e facciamoci un panino assieme. Offro io.- Bruno non accennava ad arrendersi, così Giorno continuò a camminare senza rispondergli.
-Ultima possibilità, voltati e andiamo assieme a cenare.-
Giorno continuava ad ignorarlo.
-Bene- disse sospirando Bruno -Non volevo arrivare a questo, ma non posso nemmeno lasciarti sparire nel nulla.-
Giorno si affrettò a voltare l'angolo della strada, ma si trovò subito davanti Bucciarati che lo aspettava, appoggiato al muro. Giorno rimase perplesso.
-Quando sei arrivato qui? E come hai fatto? Anzi, non mi importa. Spostati.- gli disse Giorno in tono perentorio.
-Temo di non poterlo fare.- gli rispose l'altro staccandosi dal muro e mettendosi in piedi davanti a lui. -Verrai con me, volente o nolente.-
La figura di Bruno fu avvolta da una luce eterea, bluastra, del tutto simile a quella che aveva visto Giorno su di sé, diversi minuti prima.
-Saluta il nostro nuovo "amico", Sticky Fingers!- Bruno per un momento sembrò dividersi in due, ma dopo qualche istante la sagoma sfocata dietro di lui prese consistenza: era un essere umanoide, alto un po' più di Bruno, col volto completamente coperto da un casco blu che sembrava fuso con la sua testa, mentre il resto del corpo era bianco e blu, con numerose cerniere attaccate sul dorso delle mani e sul petto.
-Cosa sarebbe quello?- domandò Giorno al suo avversario, squadrandolo.
-Questo, si chiama Stand. È la manifestazione della forza vitale del suo portatore, cioè io. Il fatto che tu lo veda, significa che anche tu possiedi uno stand, come immaginava il mio capo. Forza, Giorno, liberalo. Ci divertiremo un po'.- gli rispose Bucciarati guardandolo e aspettando la sua mossa.
-Stand? Io non ho niente del genere. Ti stai sbagliando.-
-Vuoi dire che in quel vicolo hai fatto fare un volo di una decina di metri ad un uomo che pesava il doppio di te, con la sola forza di un pugno? Cavolo, sei davvero forte. Smettila di prendermi in giro, è una cosa che mi fa andare il sangue alla testa. Tira fuori le palle.-
-Io non ho niente da dimostrarti. Sì, a volte ho più forza del normale, ma non è niente di che. Sarà l'adrenalina. È una reazione fisiologica comune a tutti gli esseri umani, no?- gli disse Giorno, cercando di essere convincente. Sebbene non sapesse davvero cosa fosse uno Stand, in ogni caso la forza che aveva dimostrato in numerose situazioni non era niente di umano.
A quella risposta, Bucciarati stette in silenzio, ed iniziò ad avvicinarsi a Giorno, camminando lentamente, seguito dal suo Stand. Una volta arrivato davanti a lui, avvicinò il suo volto a quello dell'altro.
-Sai che io sono in grado di riconoscere chi mi mente?- mormorò Bruno a Giorno, poi portò la bocca vicino alla guancia del ragazzo e la leccò.
-E questo, questo è il sapore di un bugiardo, Giorno Giovanna!-
Prima di finire la frase, Bucciarati aveva già caricato un pugno del suo Stand, e Giorno fece appena in tempo a proteggersi, facendosi scudo con le braccia. L'impatto lo fece comunque finire disteso qualche metro più indietro. Mentre cercava di rialzarsi, Giorno si accorse di aver perso sensibilità al braccio che era stato colpito dal pugno dello Stand di Bruno. Abbassò gli occhi, e gli si gelò il sangue alla vista: la sua mano pendeva dal polso, attaccata ad esso solo da una sottile cerniera, senza che però fuoriuscisse nemmeno una goccia di sangue.
-Esatto, Giorno.- esordì Bruno, rispondendo ai suoi pensieri. -Ogni Stand ha un potere, e il mio è quello di poter aprire o separare qualsiasi cosa, tramite delle zip. In questo momento, la tua mano è inutilizzabile, solo io potrò rimetterla a posto. Che ne dici, vuoi arrenderti e seguirmi ora?-
Senza rispondere, Giorno si alzò in piedi, staccando del tutto la mano dal suo polso tramite la cerniera e poggiandola a terra. Attorno a loro, un pubblico di curiosi aveva iniziato ad osservarli dalla distanza.
-Affatto, chiuderò questo scontro e poi me ne camminerò via tranquillamente, Bruno Bucciarati.- la voce di Giorno era distorta dalla rabbia, e il fuoco di poco prima tornò a bruciare nei suoi occhi.
-Perfetto, non mi aspettavo niente di meno da te. Non ci andrò leggero, sappilo.- gli rispose Bruno sorridendogli leggermente, per poi scattare verso di lui.
Giorno non sapeva se avesse davvero uno Stand, però era certo di stare rischiando la vita. Se Bruno gli avesse colpito il petto, probabilmente avrebbe separato il suo cuore dal resto del corpo, e in quel caso avrebbe potuto fare molto poco. Sarebbe morto, e questa volta sul serio. Di conseguenza, doveva concentrarsi.
"Andiamo, devo farcela." Giorno sentì una nuova energia iniziare a scorrergli nelle vene, mentre Bruno e il suo stand si facevano sempre più vicini.
-Avanti, reagisci Giorno!- Bruno iniziò a scagliare pugni col suo Sticky Fingers, sempre più velocemente e con più forza. Giorno stava cercando di deviare i colpi del suo avversario, accorgendosi che sebbene i pugni dello Stand nemico stessero colpendo i suoi avambracci, non stavano avendo lo stesso effetto di prima: osservando meglio, vide che le sue braccia erano avvolte dalla stessa luce gialla di prima, e sembravano deflettere gli attacchi un millimetro prima che impattassero sulla sua pelle. Bucciarati interruppe per un attimo la sua raffica.
-Molto bene, sembra che tu stia riuscendo a difenderti usando l'energia dello Stand per non venire fatto a pezzi dal mio. Ma quanto potrai andare avanti così? Aumentiamo il ritmo e lo scopriremo.- senza la minima pietà, Bucciarati riprese i suoi attacchi, questa volta duplicando la velocità. Ogni pugno che arrivava a Giorno lo spingeva sempre più indietro, facendolo barcollare. Più passavano i secondi e più aveva l'impressione che la luce attorno alle sue braccia iniziasse a condensarsi e ad assumere una forma più definita, ma ogni volta che cercava di concentrarcisi sembrava che regredisse allo stato etereo ed inconsistente sotto cui si era manifestata la prima volta.
-Avanti! Avanti! So che puoi fare di più Giorno! Devo solo motivarti.-
Sfruttando le aperture nella sua guardia, Bucciarati caricò un montante fulmineo e colpì Giorno in pieno petto, facendolo volare qualche metro più indietro. L'impatto col marciapiede fu traumatizzante per Giorno, che si trovò ad arrancare a terra, cercando di riprendere fiato e di rialzarsi contemporaneamente.
-Che pena.- gli disse Bruno scuotendo la testa. -Credevo tu valessi qualcosa, credevo tu fossi all'altezza. Ma non sei nemmeno in grado di proteggere te stesso. In che modo avresti mai potuto difendere quella ragazza di prima, nel vicolo? È stato un bene che tu sia stato dato per morto quel giorno, al museo. Lei non avrebbe mai potuto stare con un buono a nulla come te, l'avresti solo fatta soffrire. Non saresti mai stato in grado di darle sicurezza. Sono sicuro che ora, senza di te, troverà un vero uomo. Patetico.-
"Se nemmeno questo funziona, mi sa davvero di aver sprecato il mio tempo." si disse Bucciarati, osservando con attenzione ogni mossa di Giorno.
Lui rimase ad ascoltare ogni parola, fino in fondo. Si rimise in piedi senza fiatare, scrollandosi la polvere di dosso. Del sangue colava dalle sue labbra, spaccate in più punti a causa della caduta. Dopo qualche secondo, Giorno decise di parlare:
-Non azzardarti a nominarla. Quel giorno, al museo, io ero pronto a dare la vita per lei, e in un certo senso l'ho fatto. Questo, a mio parere, vuol dire essere un vero uomo. Lascia che te lo dimostri. Romperò quel bel faccino che ti ritrovi, e lo farò con molto piacere.- la figura di Giorno sembrava avvampare della luce che fino a quel momento era stato solo un tenue bagliore. Gradualmente, iniziò ad assumere una forma definita, separandosi del tutto dal suo corpo e posizionandosi alle sue spalle.
-Grande, ce l'hai fatta alla fine Giorno! Hai richiamato il tuo Stand. Come ti senti?- Giorno non rispose nemmeno alla sua domanda.
-Giorno...?- continuò Bucciarati. "Credo di averlo fatto leggermente incazzare" pensò.
Con uno scatto fulmineo, Giorno iniziò a correre contro Bruno. Lo Stand, dietro di lui, si muoveva altrettanto rapidamente, preparandosi a sferrare un unico colpo, mettendoci tutta la furia del suo portatore.
"Questo farà male." riuscì a pensare Bucciarati, prima di venire colpito in pieno volto dal pugno di Giorno e dello Stand, contemporaneamente. Fu sbalzato contro la vetrina di un negozio accanto a loro, distruggendola completamente e finendo sul pavimento, rotolando più volte; appena provò a muoversi, si sentì leggero e veloce, come se avesse appena iniziato il combattimento. Vide Giorno fuori dal negozio, e scattò verso di lui per colpirlo, ma appena lo raggiunse, gli passò attraverso, senza che Giorno si accorgesse nemmeno di lui.
-Ma cosa mi succede?- Bucciarati era perplesso e sorpreso, non riusciva a capire come fosse possibile tutto ciò. Provò a voltarsi per tentare di colpire ancora Giorno, ma quello che vide lo paralizzò dalla paura: il suo corpo era ancora immobile dentro al negozio, non si era nemmeno alzato e i suoi movimenti erano impercettibili.
-Deve essere lo Stand di Giorno... Ha un potere spaventoso.- mormorò tra sé e sé, non potendo fare altro che osservare la scena.
Giorno guardava Bucciarati da fuori, vedendolo muoversi per poi bloccarsi, come era successo con l'uomo nel vicolo.
"Deve essere il potere del mio... Stand. Buon per me, lo finirò in un colpo." pensò, afferrando la sua mano appoggiata precedentemente sul marciapiede e scavalcando i frammenti di vetrina rimasti, entrando nel negozio, per poi camminare verso Bucciarati. Quello, riuscì solo ad alzare leggermente gli occhi del suo corpo verso l'altro, guardandolo con aria di sfida, uno sguardo di chi non aveva nessun timore di morire con onore. Giorno fu colpito dai suoi occhi, ma in preda all'ira si preparò a colpirlo. Prima di scaricargli addosso una raffica di pugni, venne però raggiunto da un pensiero: per quale motivo prima, quando Sticky Fingers lo aveva colpito al petto, Bruno non ne aveva approfittato per ucciderlo? Avrebbe potuto separare i polmoni o il cuore dal suo corpo, e per Giorno sarebbe stata la fine. E dopo, quando lui lo aveva caricato per poi colpirlo, Bucciarati non aveva neanche provato a difendersi. Per quale motivo? Sicuramente, se Bruno lo avesse voluto morto, in quel momento lo sarebbe stato.
-Credo di aver capito.- gli disse Giorno, sospirando e facendo scomparire lo Stand, appoggiandogli poi una mano sul braccio. Non sapeva come interrompere quella specie di stasi in cui si trovava Bucciarati, quindi cercò di andare per tentativi; fortunatamente, appena lo toccò, Bruno ebbe uno scatto e riprese a muoversi, ansimando.
-Cazzo, potevi anche andarci più piano, Giorno.- borbottò subito, massaggiandosi la mascella.
-Beh, non credo che...- Giorno fu interrotto dal suono delle sirene.
-Merda, qualcuno ha chiamato la polizia. Seguimi.- disse Bruno imprecando. Si alzò barcollando, dirigendosi alla parete in fondo al negozio.
-Cosa credi di fare? Ci hanno circondato da fuori.- lo riprese Giorno.
-Dimentichi il potere del mio Stand. Sticky Fingers!- richiamato, lo Stand di Bruno apparve e colpì la parete con una raffica di pugni, aprendo su di essa una cerniera enorme, sufficiente a farli passare attraverso.
-Notevole... ora capisco come hai fatto prima a passarmi avanti.- mormorò Giorno osservando la scena.
-Le chiacchiere riservale per dopo, andiamocene. Oh, e adesso ci andremo veramente a fare un panino. Ho una fame assurda. Farei pagare a te visto come mi hai ridotto, ma immagino tu non abbia soldi, giusto Giorno?-
-E tu come...-
-La vita di strada ti insegna molte cose. Ora andiamo.- gli rispose Bucciarati oltrepassando il muro tramite la zip, e avviandosi verso l'uscita dell'altro edificio.
-Brutto bastardo, avevi cercato di derubarmi, prima!- gli urlò Giorno, correndogli dietro.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Passata una decina di minuti, i due entrarono in un ristorante lì vicino, dopo aver fatto il giro dell'isolato. Poco prima di entrare, Bucciarati aveva attaccato di nuovo la mano al braccio di Giorno, il quale aveva tirato un sospiro di sollievo.
-Sai- iniziò Bruno mentre si sedevano ad un tavolo -questa è la prima volta da tanto tempo, che riesco a consumare un pasto fuori.-
-E per quale motivo? Non credo che nessuno te lo impedisca.- ribatté Giorno, perplesso. Bucciarati stette qualche secondo in silenzio, poi decise di continuare.
-La mia situazione non è... delle migliori. Non ho più una famiglia da molto tempo, né un luogo che posso chiamare casa. Io e il mio gruppo viviamo alla giornata.-
-Il tuo... gruppo?-
-Sì, non sono l'unico.- a Bruno sfuggì un sospiro. -Tutti noi abbiamo uno Stand e, in un modo o nell'altro, siamo tutti stati vittime della stessa organizzazione che ha quasi ucciso anche te. Le persone normali nemmeno sono al corrente della sua esistenza e persino nei bassifondi, se ne pronunci il nome, rischi di trovare guai. Si dice che a capo vi sia un uomo talmente spietato da aver ucciso a mani nude molti dei suoi stessi sottoposti. Io sono stato mandato a cercarti dalla stessa persona che ha creato il mio gruppo di... sbandati. Appena ha visto le foto del tuo cadavere, si è subito interessato a te, con la sicurezza che tu fossi sopravvissuto, ma non ha voluto spiegarmi il motivo. Ha anche detto di sapere che cosa ci stessero facendo quei criminali dentro al museo, ma si è rifiutato categoricamente di parlarcene, a meno che anche tu non fossi presente.-
Bruno si interruppe mentre un cameriere arrivava a prendere le ordinazioni, porgendo loro dei menu.
-Buonasera, il mio nome è Josuke Higashikata, cosa posso servirvi?-
chiese il ragazzo, poco più grande di loro, con un sorriso.
Bruno lanciò un'occhiata veloce ai suoi capelli, acconciati a formare un pompadour ben curato, poi iniziò:
-Io credo che prenderò... sì, un piatto di spaghetti alla puttanesca. Tu cosa vuoi, Giorno?-
-Mh... credo che andrò per delle costolette d'agnello, grazie- rispose lui, restituendo la lista dei piatti al cameriere.
-Molto bene, vado a comunicare le vostre richieste al cuoco. Non vi dispiacerebbe se... ecco, è imbarazzante da spiegare, ma lo chef Tonio è molto eccentrico, spesso è lui a scegliere il piatto da servire ai suoi clienti.-
A Bruno sfuggì una risata sommessa.
-E bravo il nostro Tonio, mi piace. Per me va bene, digli pure che mi aspetto di essere sorpreso dal piatto che mi preparerà. Va bene anche a te, Giorno?-
-Non vedo perché no-
-Molto bene- rispose Josuke sollevato. -Vado a portare le vostre ordinazioni-
Mentre il cameriere camminava verso le cucine, Bucciarati toccò la spalla di Giorno per attirarne l'attenzione, sghignazzando.
-Hai visto che capelli ridicoli che aveva quello?- gli sussurrò cercando di trattenere le risate. Appena ebbe finito la frase, Josuke si voltò e gli lanciò un'occhiataccia di fuoco.
-Credo che ti abbia sentito, idiota.- disse Giorno ridendo al compagno.
Il cameriere tornò al tavolo dei due.
-Cosa hai detto dei miei capelli?- chiese a Bruno con uno sguardo truce -Devo forse spaccarti la faccia?-
-Ehi! Come ti permetti!- esclamò Bucciarati alzandosi in piedi e confrontandolo. Giorno cercò di risolvere la situazione:
-Calmatevi, entrambi. Non c'è bisogno di...-
-Tu stanne fuori!- gli intimarono entrambi all'unisono. La tensione iniziava a farsi sempre più pesante tra i due, quando una voce richiamò il cameriere.
-Josuke! Cosa stai facendo con i clienti! Sto aspettando le ordinazioni!-
Un uomo dai tratti europei si affacciò dalla porta della cucina, con aria interrogativa. Dopo aver visto l'espressione di Josuke, sospirò.
-Ahh, ancora con questi capelli eh? Dai, vieni a pulire la cucina e intanto ti dai una calmata.-
-Ma... signor Tonio!- proruppe Josuke.
-Non mi interessa, trattare i miei clienti in questo modo è fuori discussione! Tra l'altro, qualsiasi commento abbia fatto, sono sicuro che stesse solamente scherzando. Giusto, ragazzo?- continuò Tonio, ora rivolgendosi a Bucciarati e guardandolo negli occhi.
-S... sì. Scusami, Josuke. Non avrei dovuto fare un commento del genere.- disse Bruno non riuscendo a sostenere lo sguardo dello chef. A quel punto, sul volto di Tonio si accese un gran sorriso.
-Perfetto! Mamma mia, l'ultima cosa che voglio è una rissa nel mio locale. Voi vi siete scusati, quindi ora tocca a me farmi perdonare. Il pasto di oggi sarà gratis, non preoccupatevi. Ordinate pure quello che volete. Farò di tutto per lasciarvi soddisfatti con la mia cucina italiana.-
Giorno prese la parola:
-La ringraziamo molto, signor Tonio, ma come abbiamo detto a Josuke, saremmo ancora più felici se fosse lei a scegliere il piatto adatto a noi. Ci è stato detto che in questo è molto bravo, giusto?-
A quelle parole, il volto di Tonio si illuminò.
-Ma... certamente! Mi rendete davvero felice così.- disse avvicinandosi al tavolo ed iniziando ad osservare i due clienti attentamente.
-Ahah, sì...- borbottò Tonio afferrando il volto di Bucciarati e voltandolo, squadrandolo bene. -Hai sicuramente fatto a pugni di recente... inoltre soffri di insonnia nell'ultimo periodo. Giusto?-
-Ma cosa... è vero! Non posso crederci.- rispose Bruno stupito.
Lo chef passò poi a Giorno. Appena lo toccò, Tonio ebbe un sussulto; per un secondo lo guardò negli occhi con uno sguardo di pena mista a compassione, poi
riprese la sua solita espressione pacata e allegra.
-Temo... che per te la questione sia più complicata. Comunque, farò del mio meglio per preparare dei piatti adatti alle vostre esigenze. Vado a prepararvi la cena.- finì lui, avviandosi poi in cucina. Josuke, indeciso sul da farsi, seguì Tonio.
-Un gran bel ristorante, non credi?- domandò Bucciarati a Giorno, mettendosi comodo sulla sedia.
-Sì... mi domando solo cosa abbia visto lo chef Tonio in me per rimanere così turbato.- rispose lui con lo sguardo perso nel vuoto.
-Hey, non preoccuparti, faceva sicuramente parte della scena. No?-
-Già... sicuramente è così.-
Una decina di minuti dopo, Tonio in persona arrivò al loro tavolo, con due piatti fumanti; dopo averli posati e prima di andarsene, si avvicinò a Giorno e gli
sussurrò all'orecchio:
-Purtroppo non ho molto per risolvere i problemi di cuore... ma d'altronde, è giusto che sia tu stesso a sbrigarli, no? Sono sicuro che ce la farai, col tempo. Buon appetito.-
Dopo aver mangiato con gusto ed aver salutato sia Tonio che Josuke, i due uscirono dal ristorante soddisfatti.
-Ah cristo, adesso sì che sono sazio. Quel Tonio è un genio della cucina, non credi?- esclamò Bucciarati avviandosi verso la periferia di Morioh, facendo
cenno a Giorno di seguirlo.
-Sì, lo penso anche io. Per l'esattezza, dove stiamo andando?- gli chiese Giorno, curioso.
-Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti... Scherzo dai, ti sto portando dal mio gruppo. Non hai un posto in cui tornare no? Beh, starai con noi.
A quelle parole, Giorno si arrestò in mezzo al marciapiede. Quando Bucciarati se ne accorse, si voltò:
-Hey Giorno, cosa succede?-
-Niente... è solo, che è la prima volta in vita mia che qualcuno fa qualcosa di così importante per me.-
-Dai, romanticone, sbrigati che sta iniziando a fare freddo.- gli rispose Bruno ridacchiando, riprendendo a camminare.
Passarono circa venti minuti, e arrivarono davanti ad un edificio dai mattoni anneriti dallo smog; le finestre erano anch'esse parzialmente oscurate dal fumo, sicuramente abbondante in quel quartiere industriale.
-Casa dolce casa... Prego, dopo di te.- disse Bucciarati sorridendo a Giorno e aprendo il portone principale. Dopo aver fatto qualche rampa di scale, iniziarono
a sentire delle voci discutere animatamente.
-...no, ho detto di no! Lascialo subito!-
-Ma come ti permetti! Questo è mio, tu ne hai già presi anche troppi, marmocchio!-
Giorno era perplesso per il baccano, così Bucciarati decise di entrare per primo, facendosi seguire.
-Dojyaaan, sono a casa, e ho un nuovo inquilino con me.-
I due, che stavano discutendo con un pacchetto di snack in mano, si zittirono e si voltarono all'unisono. Uno di loro era un ragazzo di qualche anno più
giovane di Giorno, sulla quindicina, mentre l'altro sembrava essere di qualche anno più grande. Il primo indossava una specie di fascia arancione sui capelli e una maglietta nera aderente, mentre il secondo aveva una sorta di cappuccio blu a scacchi.
-E tu... chi saresti?- domandò il più giovane, leggermente sorpreso.
-Il mio nome, è Giorno Giovanna. Piacere di conoscervi.-
Lo stesso che gli aveva rivolto la parola gli sorrise:
-Il mio nome è Narancia Ghirga, piacere mio. Questo ladro accanto a me, invece, si chiama Guido Mista.-
-Ladro?! Ma come ti permetti! Io ti smonto, brutto nanerottolo!-
Come una furia, Mista prese a rincorrere Narancia per la stanza, che intanto ridacchiava. Dopo poco, una voce profonda li interruppe.
-Ancora con questo baccano! Smettetela, entrambi!-
Da una porta, entrò un altro uomo, sicuramente più grande di Giorno e Bruno, ma non di molti anni. Il suo volto era freddo, esasperato, e i lunghi capelli grigi che gli ricadevano sulle spalle lo facevano sembrare ancora più cupo. Dopo aver ripreso Mista e Narancia, si voltò verso il nuovo arrivato.
-Tu. Immagino tu sia il tanto nominato Giorno Giovanna.-
-Sì, sono io. Piacere di...-
-Il piacere non è di nessuno, sicuramente non mio, e in poco tempo ti accorgerai che non è nemmeno tuo. Non so cosa abbia visto in te il nostro capo, ma poiché non ho voce in capitolo qua, sono costretto a starmene zitto. Non pensare comunque che abbia qualche interesse nel conoscerti o nel diventare tuo amico, perché altrimenti ti stai solo illudendo. Io me ne vado a letto. Bucciarati, trovagli tu un posto in cui dormire. Io me ne lavo le mani.-
Velocemente come era arrivato, l'uomo tornò nella sua stanza.
Bucciarati, in imbarazzo, cercò di sbloccare la situazione.
-Scusalo Giorno, è solo che lui...-
-Non osare dire niente su di me, Bruno, o giuro che ti stacco la lingua, con o senza stand. Chiaro?-
-Chiarissimo, ma non c'è bisogno che tu ti comporti così Leone, è solo...-
Senza nemmeno lasciarlo finire, Leone chiuse la porta di camera sua sbattendola. Narancia lo guardò brevemente e poi si rivolse a Giorno sorridendogli.
-Ma guarda te, oggi deve aver avuto una giornata storta. Lascialo perdere Giorno, vedrai che domani gli sarà passata. In camera mia dovrebbe esserci un letto libero, puoi dormire là se vuoi.-
-Ti... ringrazio molto.- gli rispose sorridendo Giorno -Credo davvero che oggi siano successe un po' troppe cose, è meglio se ci dormo su. Io vado Bruno, a domattina.- disse poi, avviandosi nella stanza insieme a Narancia.
-Ma certo, lo capisco. Domattina parleremo sul da farsi. Cerca di dormire.-
Anche Bucciarati e Mista si avviarono alle loro camere, chiudendo le loro porte. Giorno si coricò senza nemmeno togliersi i vestiti; poco dopo, Narancia si era già addormentato e il suo respiro si era fatto pesante e regolare, mentre lui ancora non riusciva a chiudere occhio. Troppe emozioni si affollavano nel suo petto, rendendo ogni respiro ed ogni pensiero un'agonia. Mentre ripensava ad Helen, delle lacrime iniziarono a solcargli il volto senza che se ne rendesse conto e continuarono a cadere, finché non cadde in un sonno senza sogni, sfinito.

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