Il meno inetto fra gli inetti e il più bugiardo fra i tanti di GioTanner (/viewuser.php?uid=69071)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu Menti col Sorriso ***
Capitolo 2: *** Di quando Scotland Yard non sa ***
Capitolo 3: *** Sguardi Appannati ***
Capitolo 4: *** Il Mare È Pieno Di Pesci ***
Capitolo 1 *** Tu Menti col Sorriso ***
Tu
menti col sorriso
«Lei
sta mentendo.- Affermò, abbassando il capo e scuotendolo
immediatamente dopo. -E mente con una superbia ed un'audacia che-...
che supera quella di suo fratello.-
L'uomo
dinanzi a lui sorrise ancora, perciò l'ispettore
continuò
sospirando: -Lei mente col sorriso ed è
insopportabile.»
«Le
sono già insopportabile?» Chiese con voce
melliflua
l'altro, facendo un passo avanti. Le poltrone dinanzi a loro rimasero
vuote perché nessuno dei due accennò a sedersi.
«...»
«Su,
lei faccia quel che le ho chiesto e non si domandi altro, non
c'è
molto che potrebbe capire d'altronde.»
«Senta-...
Lei dice che è per il bene di Sherlock e a me non serve
altro.
Ma non si illuda che sia così
remissivo,
così
sciocco
solo
perché non sono all'altezza dei fratelli
Holmes.
L'intuito, l'impegno e la tenacia mi hanno portato dove sono.- Doveva
ribadirlo, anche se poteva sembrare banale, anche se poteva sembrare
patetico; doveva prendere posizione perché gli sembrava
giusto. Alzò i tacchi, mise le mani nelle tasche e con un
movimento del capo fece segno all'assistente personale di quell'uomo
di non voler essere riaccompagnato in auto. -E ora vi lascio ai
vostri affari Mr. Holmes. Arrivederci.»
«Cosa
ha compreso Ispettore?- Chiese Mycroft Holmes alzando leggermente il
tono di voce e appena appena ridacchiando, -Cosa?» Ma non
ottenne risposta perché Gregory Lestrade era ormai fuori
dalla
stanza del Diogenes Club e il silenzio ne aveva inghiottito i passi.
Passarono
esattamente due settimane prima che l'Ispettore Lestrade ricevesse
proprio sotto casa un invito formale a ritornare in quel luogo
silenzioso e particolarmente di lusso: una macchina nera con un solo
finestrino oscurato abbassato gli si affiancò poco prima che
prendesse le chiavi dall'impermeabile; gli si affacciò il
volto di una donna dallo sguardo serafico, la stessa donna che aveva
visto in compagnia di Mycroft Holmes l'ultima volta e Greg si
ritrovò
a guardarsi attorno, per poi entrare a disagio nell'auto.
«Sono
anni che Sherlock aiuta Scotland Yard nei casi di
maggior
rilievo. -Cominciò precisando Greg, mentre la macchina
sfrecciava fra il traffico londinese. -Ma il massimo c'abbia ricevuto
da suo fratello sono state telefonate criptiche in cui mi chiedeva
informazioni su Sherlock, informazioni dettagliate come-... come
avesse avuto già sulla sua scrivania fascicoli e rapporti
dei
casi che seguivo. Erano domande a cui potevo rispondere
perché
non compromettevano il caso, puntavano su ciò che faceva
Sherlock.- Prese un respiro. La donna al suo fianco, nel bell'abito
nero, non schiodava gli occhi dal cellulare. -Mi insospettì,
ma non ebbi nulla da recriminare. Mi disse di non parlarne con
Sherlock e io non ebbi nulla da obbiettare; eppure due settimane fa
Mycroft Holmes chiama il mio Capo e riesce a farmi avere un permesso
oltre la già agognata vacanza solo per-... solo per farmi
controllare suo fratello...- A quel punto Lestrade vide un sorriso
spuntare sul viso della donna e perciò continuò:
-Ah,
mi sta ascoltando, fantastico. Beh, ecco, mi dico-... mi dico che
avrei dovuto saperlo che un Holmes non può essere una
persona
normale. Ma- ma che fosse invischiato nel Governo Britannico davvero
mi mancava all'immaginazione.» La donna di riflesso a
quell'affermazione puntò lo sguardo verso il finestrino e
lì
rimase in attesa, così l'ispettore fu certo di aver fatto
centro.
Arrivarono
all'entrata del club che era sera inoltrata, la macchina
accostò
lentamente e poi spense il motore. Greg si sentiva particolarmente
ispirato a non fare silenzio quel giorno, così non appena
giunse dinanzi alla scrivania dell'uomo e le porte si chiusero dietro
di lui, non tergiversò con un saluto arrendevole a
quell'atmosfera sfarsesca che sembrava opprimerlo l'ultima e unica
volta in cui v'era entrato: «Sa una cosa?- Si rivolse senza
indugio alcuno all'uomo sedutogli dinanzi, incrociando le braccia.
-È
stata proprio una brutta mossa andare a Baskerville. Avrei chiamato
John per sapere cosa stesse facendo Sherlock, ma no. Il governo
inglese voleva che andassi lì per tenere sotto controllo il
suo fratellino. Bene, ho detto, lo faccio. Sicuro del fatto che
Sherlock avrebbe scoperto immediatamente cosa stessi facendo
lì
e per chi. -Strizzò gli occhi un momento. Mycroft Holmes
piegò
appena il capo all'indietro sulla comoda sedia, mentre nella mano
destra tintinnava nel bicchiere qualche cubetto di ghiaccio. -Io
avrei controllato lo stesso Sherlock Holmes così come era
mia
intenzione fare, ma non mi sarei preso nessuna
responsabilità
sul perché stessi lì, anzi. Avrebbe scoperto il
controllo di suo fratello che tanto mi chiedeva di tener nascosto
nelle telefonate, ah!
-Sherlock
doveva aver fatto qualche sgarro alla sicurezza nazionale, suo
fratello doveva proprio essere occupato o... disperato
per
mandarmi. Ma io non prendo ordini da suo fratello,
se non è
quello che voglio anch'io.»
«Lei
non ha pensato tutto questo. Ma- Pronunciò sicuro e
flemmatico
Mycroft curvando la schiena in avanti e flettendo le mani per poi
unirle sotto il mento. -...Ma gli ha fatto comodo, un tornaconto
personale. Sherlock non smette di scrivermi che non vuole
più
che io la costringa a stargli fra i piedi. Bella
mossa...
accettare.»
E a quel punto fu il turno dell'Ispettore di sorridere di fronte a
quell'uomo. Un sorriso genuino prima di ascoltare ciò che il
maggiore dei fratelli Holmes aveva da dirgli.
♠
Gli
anni erano passati come pagine di un libro di storia e Greg Lestrade
ne sentiva su di sé l'effetto ad opera di chi la storia
l'aveva fatta davvero: Sherlock Holmes, quel consulente investigativo
dalla mente geniale e dal tatto di uno spillo. Un po' come se chi gli
fosse accanto si ritrovasse malgrado tutto a subire l'esito delle sue
mirabolanti azioni; si era ritrovato sull'orlo del suo precipizio
personale anche Lestrade del resto. Ma cosa era poi mai il rischio di
perdere il lavoro della tua vita e perdere la donna della tua vita
con la vita stessa? Non c'erano paragoni, solo un divario di
intenzioni e misteri, come sempre.
E
come sempre l'ispettore ci sarebbe stato per Sherlock Holmes,
alle volte lamentandosi, alle volte applaudendo, alle altre
abbassando lo sguardo e a premere i denti sulle labbra screpolate,
altre volte ancora con una malinconia negli occhi, una nostalgia
deleteria delle precedenti volte.
Fu
proprio mentre Sherlock gli chiese di occuparsi di suo fratello che
provò quella malinconia. Un'amarezza nostalgica nello
sperare
che fosse come tutte le altre volte, quando il suo nome era solo un
guazzabuglio di lettere fra Graham, Gavin, Geoff e Giles.
«Ho
dovuto forzare con il mio distintivo per arrivare fino a qui senza
invito. Spero mi permetterai di rimanere!» Salutò
con
ironia l'ispettore mentre un lacchè si congedava chiudendo
la
porta dell'unica stanza del Dioges Club dove si potesse parlare
liberamente.
Mycroft
Holmes, poltrona rivolta dalla parte opposta alla porta e bicchiere
da Brandy nella mano ancora intatto non fece una piega, anzi
aspettò
che Lestrade arrivasse dinanzi a lui per poi parlagli.
Non
dovette aspettare troppo, al silenzio dell'uomo Greg rispose con
l'incedere dei passi nella sua direzione e guardandosi in giro,
pensando che non era cambiato nulla dall'ultima volta che era venuto
qui a dialogare con il maggiore degli Holmes: era stato piacevole.
Non particolarmente divertente, ma stimolante. Non erano amici, ma
non erano neppure conoscenti; di certo non erano colleghi,
ciò
nonostante si ritrovano più di una volta al mese a
conversare
in quella stanza. Di cosa precisamente? Di Sherlock i primi incontri,
di casi promettenti e di indicazioni per arrivare alle giuste
conclusioni per risolvere casi poi, di buone deduzioni e decisamente
ottimi spunti per conoscersi in fine. Finché qualcuno dei
due
non si sarebbe semplicemente disinteressato all'altro -e Greg era
quasi sicuro che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato e non
avrebbe più trovato nessuna macchina nera governativa ad
aspettarlo dopo il lavoro, vicino la cancellata, con i fari spenti
per non dare nell'occhio, ma quel giorno non arrivava mai.-
«Posso
offrirti un bicchiere di Brandy? So che preferisci servirti da solo
perciò ho lasciato una bottiglia basquaise
di Armagnac,
lì sul tavolino. Prendi pure.»
Greg
si ritrovò a puntare gli occhi prima su Mycroft Holmes,
elegantemente abbigliato come sempre, per poi far saettare lo sguardo
sulla bottiglia pregiata e nera e quell'unico bicchiere poggiato sul
tavolo in legno alla sua destra. Sapeva che sarebbe arrivato? O
semplicemente se lo aspettava? Cercò di cacciare via quelle
domande, non era lì per sorprendersi dopotutto, non questa
volta per lo meno.
«Credo
di dover rifiutare, sono in servizio teoricamente.» Si
ritrovò
a dissentire col capo.
«Che
peccato.» Rispose senza particolare intonazione nella voce
Mycroft.
«Mycroft.
- Lo chiamò dopo un marginale lasso di tempo e sperando che
l'uomo alzasse la testa per guardarlo almeno un momento, certo
così
di avere la sua attenzione. -Ho una domanda.»
«Hai
sempre delle domande per me, Gregory.- Mycroft alzò lo
sguardo
e lo invitò con un gesto della mano a sedersi sulla poltrona
di fronte a lui. -Deformazione professionale, immagino.»
Neanche adesso l'intonazione era cambiata.
«Come
posso aiutarti?» Greg si sedette mentre pronunciava quelle
parole, senza alcun disagio e poggiò le mani sui braccioli
morbidi della poltrona.
L'altro
rimase un attimo più del dovuto in silenzio, interdetto, per
poi reclinare il capo sulla morbida poltrona: «Sherlock
è
fastidioso.» Pronunciò facendo scoccare appena la
lingua
sul palato.
«Sherlock
è fastidioso. - Acconsentì tenendo il contatto
visivo,
così come era abituato nel farlo per lavoro. -Ma
è
anche preoccupato. Sai quella storia del “mi preoccupo
costantemente per mio fratello” che mi hai ribadito
più
volte? Credo si sia invertita. Credo beh-... perché mi ha
dato
il tuo indirizzo di casa via sms.»
Mycroft
non ne fu colpito o comunque non lo diede a vedere; si alzò
compostamente e avvicinandosi al tavolino si versò nel
bicchiere vuoto che aveva in mano due dita di Armagnac. Prima di bere
si assicurò di sottolineare che no, lui non era in servizio,
con un un pizzico di sarcasmo.
«Ora
ti vedrò sotto casa mia a chiedermi se sto bene?»
Fece
una smorfia Mycroft tornando accanto alla poltrona, ma non sedendosi
bensì guardando dall'alto in basso l'ispettore.
«No.»
«No?»
«No.-
Confermò di nuovo Lestrade. -Ti ho chiesto come posso
aiutarti
perché so
che
non stai bene; perché ti ho recuperato io lì a
Sherrinford. Ma non verrò sotto casa tua a disturbare la tua
privacy e il tuo dolore.- Decise di spiegargli. -Non ne sapete poi
molto di sentimenti e rispetto voi Holmes, eh.» Un velo di
ilarità gli invispì gli occhi stanchi.
«È
passato.- Cercò di ragionare Mycroft. -Non posso permettermi
il lusso di rimuginarci troppo, ho davvero poco tempo da dedicargli.
Perciò sto bene. Professionalmente sono al
massimo.»
Aggiunse poi, decidendo di risiedersi con placida calma e un sorriso
irrisorio ad incorniciargli il volto.
Fu
il turno di Greg di alzarsi, al contrario del politico in un modo
piuttosto irruento: «Oddio. -Puntò il dito contro
Mycroft e curvò la schiena in un moto di risa -Tu menti. E
menti piuttosto male quando fai così. Che diamine! Per
fortuna
che di politica non ne capisco niente, giuro, o con tutti quei
sorrisi ci ricamerei un calendario di menzogne.»
L'altro
sembrò non dedicarci più di tanto attenzione fino
a
quando Greg non sentì una mano sulla sua spalla e si
intimò
di smettere di ridacchiare.
Mycroft
aveva smesso di guardarlo appena aveva sentito quelle parole, ma poi
si era alzato perché gli era tornato in mente qualcosa, una
frase precisa: «“Lei
mente col sorriso ed è insopportabile”.»
Recitò. Le labbra non più represse in un sorriso,
ma
appena aperte in un sussurro.
«Come?»
Non capì subito Lestrade che di scatto aveva assunto un'aria
sorpresa.
«È
quello che mi dicesti la prima volta che ci siamo parlati di
persona.»
«Oh.-
Recepì allora mentre l'uomo gli toglieva la mano dalla
giacca
un momento prima che potesse lui stesso distaccarsi. -È
stato
tanto tempo fa.» Confessò.
«E
io faccio sempre lo stesso errore con te.»
«Quando
si sottovaluta una persona succede questo, sai.»
Concordò
l'ispettore che di risiedersi proprio non aveva più voglia.
Quelle giornate erano passate pesanti anche sulla sua testa e
recepire ciò che era accaduto in poche settimane non era
stato
poi così facile da mandar giù; se da una parte
c'era il
caso mediatico di Culverton Smith che l'aveva tenuto sveglio per ore
interminabili di interrogatorio, dall'altra parte c'era un abisso di
misteri che aveva condotto John Watson dentro un pozzo, Molly
sull'orlo delle lacrime e Mycroft rinchiuso in una cella di una
fortezza che manco sapeva esistesse prima d'allora. Non era stato
narcotizzato, ma la febbrile paura, sempre elegantemente mascherata
sotto un'autorità prorompente, era decisamente alla
mercé
di tutti. Per farlo uscire dalla stanza gli aveva dovuto stringere
una mano, lì dove teneva l'anello, ed era un contatto
piuttosto informale.
«Succede
anche quando voglio che accada Gregory.- Interruppe il filo di
pensieri di Greg. -È un errore che voglio
concedermi.»
Lestrade
non volle replicare, aveva ben inteso. E quello che aveva inteso gli
era piaciuto forse più del dovuto. Mycroft voleva che lui
comprendesse da solo se era la verità o solo parole. Voleva
vedere se si sarebbe arreso, in pace con la sua coscienza, con un
blando assenso al suo fermare ogni proposito d'aiuto con parole
rassicuranti o se invece sarebbe rimasto, accorgendosi ancora una
volta del suo comportamento, una sottigliezza che nel primo incontro
gli era piaciuta che Greg avesse notato.
L'ispettore
gli mise entrambe le mani sulle spalle, a mo' di incoraggiamento e
poi si voltò, dandogli la schiena, pronto ad andarsene:
«Mi
sarebbe piaciuto prendere un Armagnac.»
«È
importato direttamente dalla Guascogna.» Rispose, come non
fosse accaduto nulla.
«Accidenti.-
Sospirò con una delusione divertita. Mise mano alla
maniglia,
ma non aprì la porta: -Ero venuto qui per farti una domanda,
ma non mi hai risposto.» Abbassò il capo e
aggrottò
le sopracciglia in uno sbuffo.
«Non
mi piace, no, non mi piace proprio per nulla ingrigire le giornate di
una sofferenza latente e cialtrona che mi perseguita.-
Dichiarò
Mycroft, controllando il polsino destro dove svettava uno dei gemelli
color nero pece. -Ma al contrario mi piace che tu ne sia preoccupato,
non solo sotto consiglio del mio caro fratello.»
Controllò
l'orologio da taschino e prese nota dell'orario in cui era in pausa
l'ispettore.
«Soddisfa
un po' il tuo ego.» Non c'era accusa in quell'intervento.
Lestrade aspettò un attimo per ascoltare cosa gli avrebbe
risposto.
Mycroft
si costrinse a non ridacchiare, si avvicinò all'ispettore e
poi concluse: «Puoi aiutarmi
tornando al Diogenes Club quando potrai accompagnarmi nel bere un
Cognac o un Armagnac. Prometto
di mentirti solo col sorriso.»
Greg
fece scattare la maniglia, Mycroft lo lasciò andare sicuro
che
sarebbe tornato. Sicuro come era sicuro lui che non si sarebbe
disinteressato alla sua compagnia.
-
- - - - - - - - -
Buon lunedì (?) Buona sera -o
qualsivoglia!-
Sono
un po' arrugginita nello scrivere, magari anche un po' troppo
prolissa. Pff. Ma spero vi sia piaciuto il legame che volevo si
sciorinasse nel racconto. Per me Mycroft e Greg è
probabilissimo che si siano incontrati, all'inizio al telefono e poi
di persona. Ancor più probabile è che siano
più
che conoscenti, ma non amici. Un bilico di 'forma'. Così
come
non si può classificare il legame che unisce Sherlock e
John,
perché 'amicizia' sarebbe quasi offendere tutto l'ardore e
la
sofferenza che hanno patito. (E non per forza shippando la johnlock
eh!)
Mi
sto dilungando. Aiuto. Si può considerare un inizio. Un
continuo (?) di una brotp o di una otp questa one shot. Volevo
collegarmi al finale della 4x03 e rapportarmi di conseguenza. Io
spero solo che vi piaccia, che
si capisca
e che, se avete pazienza, vi vada di recensirmi. ♥ (O se
volete di lasciarmi un
KUDOS su AO3, l'ho pubblicata anche lì: http://archiveofourown.org/works/9587192
)
*Gregory
credo sia un headcanon, ma mi piaceva l'idea che Mycroft odi
l'abbreviato di un nome, perciò non lo chiami Greg. (Gregson
era fuori discussione! Molti lo chiamano tale, ma io ho in mente solo
l'altro personaggio e non G. Lestrade così, dai!)
|
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Capitolo 2 *** Di quando Scotland Yard non sa ***
Summary: Sebbene non
sia la sua divisione, l'ispettore Lestrade si ritrova a dare la caccia
ai ladri del diadema di berilli. Ma anche un pedinamento può
divenire letale quando c'è di mezzo un ricatto e i Servizi
Segreti. Quando c'è di mezzo Mycroft Holmes poi, una
situazione semplice si rivela fastidiosamente fuori scala per Scotland
Yard. E Greg, seduto in un letto d'ospedale, lo sa bene.
Di quando Scotland Yard non sa
«“[...]segreteria
telefonica dell'ufficio di Mycroft Holmes, al momento non posso
rispondervi per tanto vi chiedo di lasciare un messaggio dopo il
segnale acustico e uno dei miei assistenti vi ricontatterà
quanto prima. Buona giornata.”»
“beep”
«Uhm,
sì ciao, salve sono l'Ispettore Lestrade-... Greg; beh spero
di non disturbare sulla linea ufficiale, ma ho solo il tuo numero di
lavoro Mycroft e ho chiamato per scusarmi- mh... se oggi non
potrò
raggiungerti al Diogenes Club, ma sono-... impossibilitato. Mi hanno
trattenuto all'ospedale più del dovuto dopo la sparatoria di
Finsbury Park e appena potrò andarmene dovrò fare
rapporto; come minimo non avrò tempo neanche per prendermi
qualche ora di sonno e... oh-
«Ispettore
si giri su un fianco.»
-Okay,
io è meglio che chiuda qui. Non-... ahi, mi giro d'accordo,
sta più attento, maledizio-...»
«“Il
messaggio è stato registrato ed inoltrato con
successo”.»
L'assistente
personale di Mycroft Holmes dopo aver ascoltato il messaggio prese
immediatamente la cartellina che aveva sistemato poco prima dentro il
secondo scompartimento della scrivania in legno di mogano, si
alzò
dalla comoda sedia girevole e tolse l'auricolare che aveva
nell'orecchio destro per chiamare al cellulare privato il suo capo,
percorrendo nel frattempo il lungo viale che portava agli ascensori.
La
linea era libera e dopo tre squilli l'uomo seduto comodamente su una
delle poltrone del Diogenes Club, in compagnia di Lady Smallwood e di
un bicchiere di Cognac, accettò la chiamata.
«Mr.
Holmes le sto inviando la registrazione dell'ultimo messaggio sulla
sua segreteria telefonica. È dell'Ispettore Gregory
Lestrade,
credo lei voglia ascoltarlo.» Le porte dell'ascensore si
chiusero non appena la donna pigiò il pulsante per arrivare
al
piano terra dell'edificio dalle grandi vetrate a specchio e che
fungeva da ufficio in trasferta quando Mycroft doveva ospitare o
semplicemente parlare con qualche ministro estero o ambasciatore.
Pochi
minuti dopo una chiamata accese il display del cellulare
dell'assistente che istantaneamente rispose mentre entrava in una
delle auto nere messe a disposizione del governo inglese ed indicava
all'autista l'indirizzo in cui avrebbe dovuto portarla.
«Mi
raggiunga qui al Diogenes Club con i file che le ho chiesto questa
mattina sulla sparatoria. Li ha non è vero?»
Questa
volta Mycroft non si era limitato ad annuire col capo senza
rispondere, come per la chiamata precedente, segno che si era
allontanato da una delle innumerevoli stanze in cui vigeva la regola
del silenzio assoluto ed era entrato nell'unica stanza in cui potesse
parlare liberamente.
«Certamente,
sono già in viaggio. -Di riflesso strinse i documenti che
aveva ancora in mano per poi poggiarli sulle gambe. -Vuole altro
signore?»
«In
che ospedale si trova?» Il soggetto della discussione era
chiaro.
«Al
Wellington hospital, stanza 14c. Vi è stato un incidente
sulla
A503/Isledon Rd le consiglio di optare per un'altra strada se si
recherà in ospedale.» La telefonata
terminò e
l'uomo che pigramente si era adagiato solo poche ore prima sulla sua
poltrona in pelle ora con un gesto repentino guardò l'orario
sul suo orologio da taschino e, prendendo l'ombrello nella mano
destra, aspettò in piedi l'arrivo della sua assistente
premendo la fronte contro il vetro della finestra della stanza,
tradendo con quel gesto il suo stato di celata impazienza.
L'aria
pomeridiana fuori era fresca, appena appena poco umida per la pioggia
che in mattinata aveva raffreddato i già fiochi bagliori del
sole che s'erano permessi di accarezzare la capitale i giorni
precedenti.
Quella
stessa mattina che, placida e uggiosa col solito indisponente
guazzabuglio di strade trafficate e chiacchiericci molesti, aveva
seguitato ad andare avanti anche dopo la sparatoria delle 11.37 ad
opera di un uomo e di una donna noti alla polizia di Londra
giacché,
nelle settimane precedenti, si erano trovati invischiati nel furto
del prezioso diadema di berilli¹, furto tenutosi nascosto alla
stampa e ai civili poiché appartenente ad un esponente di
spicco del governo inglese, noto non solo nel Regno Unito, ma anche
all'estero. Vi era andato di mezzo un innocente, tale Arthur Holder
che era il figlio del banchiere a cui, in maniera segreta e piuttosto
sbrigativa il distinto uomo aveva prestato come garanzia il prezioso
gioiello per avere immantinente la somma di 50.000 sterline. La
discrezione era stata di vitale importanza per non far trapelare che
l'altolocato signore avesse dovuto chiedere un prestito di una cifra
così irrisoria e garantire con quel
diadema dal valore
inestimabile; grazie all'aiuto di Sherlock Holmes poi, Scotland Yard
aveva potuto far luce sull'intera faccenda. Certamente una volta
giunto alla dinamica del misfatto e recuperata la refurtiva Sherlock
aveva ritenuto il caso chiuso e non più di suo interesse,
non
per questo però il lavoro della polizia poteva definirsi
concluso: doveva acciuffare i due ladri latitanti.
George
Burnwell era un giovane di mondo, un dongiovanni senza scrupoli e un
affabile manipolatore, Mary era la nipote del banchiere e ne era
rimasta affascinata, tuffandosi a capofitto in una relazione assai
pericolosa. Insieme avevano progettato il furto del diadema dai
trentanove berilli, cui somma era incalcolabile e sempre insieme
avevano tagliato la corda dopo che Sherlock Holmes aveva iniziato a
fare le domande giuste e la situazione s'era fatta irrimediabilmente
più drastica.
La
polizia aveva ottenuto tutte le prove per incastrarli e non solo di
quest'ultimo furto, così segreto e tacito, ma anche di altri
piccoli crimini avvenuti prima. Una escalation di azioni disoneste
che s'era arrestata solo quella mattina quando gli uomini di Scotland
Yard avevano trovato la donna, segnalata da una pattuglia in
ricognizione che l'aveva riconosciuta, intenta a girovagare verso la
Finsbury Park Station. L'ispettore Lestrade si era così
avvicinato alla sospettata, cercando di non metterla in allerta per
non far correre rischi ai cittadini che erano in attesa alla banchina
della metropolitana, affiancato alla lontana da un suo collega in
borghese.
Il
piano era di seguirla e vedere se, una volta uscita dalla stazione,
li avrebbe portati dritti dritti da Burnwell, altrimenti di
arrestarla ciononostante, sperando che parlasse in centrale. In
entrambi i casi l'attesa e la calma erano fondamentali
poiché
una sola mossa avventata in uno spazio chiuso avrebbe potuto causare
incidenti; George Burnwell era conosciuto nel giro del malaffare per
la sua indole rissosa e pessima compagnia di Arthur Holder, la
giovane invece aveva avuto la fedina penale pulita, ma era divenuta
in tutto e per tutto sua complice. Perciò sempre a distanza
i
poliziotti controllarono Mary scrivere qualcosa al cellulare e
posarlo nella piccola borsa a tracolla, camminare a passo misurato e
controllarsi attorno in modo guardingo, sistemandosi ogni tanto i
capelli neri dietro le orecchie.
Giunse
indisturbata nell'angolo sud-est del parco e scrisse un nuovo
messaggio: lì l'area diveniva leggermente più
isolata e
decisamente più spaziosa se ci fossero state complicazioni
di
ogni sorta e il raggio d'azione e le eventuali problematiche non
avrebbero coinvolto civili troppo vicini; sebbene ci fosse
l'attenzione al dettaglio, l'azione in sé poteva ritenersi
semplice e più volte Greg aveva alzato gli occhi al cielo in
quei giorni poiché era stato assegnato a capo di quel caso
solo perché i due ladri avevano tentato di trafugare un
gioiello 'che scottava'. Non era la sua divisione, che cavolo.
Una
volante della polizia era parcheggiata lungo la strada che portava
alla fontana di Tom Smith con altri due agenti di pattuglia
all'interno. Prendendo in considerazione questo, Lestrade che era il
più vicino alla donna, si premurò di afferrarle
un
braccio e fu in quel momento che accadde l'inaspettato: da una
macchina grigio metallizzato parcheggiata poco più avanti
spuntò dal finestrino del conducente una pistola che fece
fuoco sull'ispettore e sull'agente poco distante, i due poliziotti si
abbassarono di riflesso al rumore dei colpi e Mary ne
approfittò
per sgusciare via dalla stretta di Lestrade; mentre anche gli agenti
dentro la volante avevano acceso i motori comprendendo la
gravità
della situazione, altri spari provennero dalla pistola custodita
nella borsa a tracolla della donna, la quale lasciò dietro
di
sé un morto ed un ferito prima di dileguarsi entrando alla
svelta nella macchina dove alla guida risiedeva George. Non avevano
fatto che pochi metri quando vennero bloccati definitivamente, da una
parte la volante della polizia e dall'altra Lestrade che aveva
sparato più di quattro colpi alle ruote posteriori.
Ci
fu un ulteriore sparo che provenne dall'ispettore, questa volta
facendo partire il colpo verso l'alto come avvertimento e fu in quel
momento che dalla macchina, che aveva perso il controllo e s'era
fermata per non schiantarsi, uscirono fuori la donna e l'uomo con una
ferita sulla fronte data dalla brusca frenata che sbraitava nei suoi
confronti, accerchiati dai due poliziotti in ricognizione.
In
quel momento che, persa l'adrenalina, Lestrade accusò il
dolore per il colpo inflittogli al braccio e si accasciò
seduto sul marciapiede, sempre in quello stesso momento che vide
l'agente in borghese lungo disteso sul brecciolino, una mano ancora
sulla fondina e l'espressione sul viso innaturale.
I
curiosi, i cittadini allarmati, altre auto di Scotland Yard e
l'ambulanza arrivarono poco tempo dopo, fra uno scroscio di rumori e
chiacchiere che faceva annegare Greg in un terribile mal di testa.
Non
ci furono abbastanza parole di conforto e di rassicurazione in quegli
attimi da parte dei soccorritori che poterono rinfrancare la mente
dell'ispettore: una variabile non considerata aveva ucciso un suo
collega e ferito lui stesso. Perché quella coppia aveva
sparato? Qual era l'urgenza che aveva fatto di loro degli omicida
piuttosto che dei ladri?
Solo
quando gli avevano tolto il proiettile e stava aspettando di avere
una fasciatura adeguata Donovan si era permessa di disturbarlo di
persona, appoggiandosi con la schiena sul muro accanto al letto
d'ospedale in cui Greg sedeva: «Hanno trovato tre valigette
piene di denaro sotto i sedili dell'auto. -Aveva iniziato, con un
accenno del capo come saluto.- E se ci sono di mezzo così
tante banconote signore, il ragionamento ci conduce in due direzioni:
la vendita illegale o il ricatto.»
«Il
ricatto.»
«Come
capo?»
«La
vendita illegale George Burnwell l'aveva già fatta con i tre
berilli del diadema, recuperati poi da Sherlock.- Sospirò a
denti stretti, le fitte al braccio facevano dannatamente male. -No
Donovan, qui lo schema è cambiato e non c'è
bisogno di
Sherlock Holmes per capire che se spari agli agenti di Scotland Yard,
quando sei sempre e solo stato un truffatore, stai nascondendo
più
di un crimine che hai già commesso più
volte.»
Donovan
aveva annuito e sotto ordine di Lestrade si era congedata per saperne
di più e supervisionare le indagini fino a che lui non
sarebbe
stato dimesso e avrebbe fatto ritorno in centrale.
Respirò
sgraziato stringendo appena il pollice e l'indice sulla radice del
naso e, nel mentre un infermiere iniziava a togliergli la benda per
fare una nuova e durevole medicazione, s'arrischiò a
chiamare
Mycroft ricordandosi che era martedì pomeriggio e che non
avrebbe potuto sostare al Diogenes Club come era ormai di sua
consuetudine. Poco male, si disse, il suo umore era sotto un treno e
di certo non sarebbe stata una buona compagnia nel cercare di
distrarre il governo inglese dalla sua amarezza
composta dopo
le vicissitudini accadute neppure un mese prima a Sherrinford.
Fu
così che lo trovò Mycroft Holmes un'ora dopo,
ancora
con lo sguardo accigliato e qualche sospiro di troppo, seduto a gambe
incrociate sul letto della stanza 14c del Wellington Hospital. Una
stanza bianca opaco, con la finestra aperta e separata con un
paravento da un altro paziente. L'assistente di Mycroft aveva
aspettato fuori, mentre l'infermiera di reparto aveva dovuto
acconsentire, non senza qualche sonoro sbuffo, a far entrare l'uomo
nella stanza anche se l'orario di visite si era concluso una
mezz'oretta prima.
«Non
dirmi che c'entra il governo, Mycroft.»
«Stai
meglio?» Chiese invece serafico il maggiore dei
fratelli Holmes. Era in piedi, l'ombrello stretto fra le sue mani
come fosse stato un bastone da passeggio e lo sguardo leggermente
torvo, crucciato.
Greg
prese un lungo respiro e buttò fuori aria prima di
ricominciare a parlare: «Sebbene il telegiornale non abbia
ancora dato la notizia,- e qui Greg puntò gli occhi verso la
piccola televisione presente nella stanza.- Sui social immagino che
lo scontro a fuoco e le relative informazioni stiano rimbalzando
più
o meno da quando sono stato portato in ambulanza. Credo, quindi, tu
sappia già tutto da questa mattina, no?-
«Non
ho bisogno di leggere su Twitter per sapere che è caduto un
tuo uomo.» Inclinò appena il capo.
-È
morto. -Ribadì il concetto l'ispettore. -No, non
ne hai
bisogno. Ma appunto non era che mezzogiorno quando fui portato via
dai soccorritori e... se sei venuto solo ora che è
pomeriggio
inoltrato, posso permettermi di pensare che non sei giunto qui solo
per... sapere se sto meglio?»
«Avrei
potuto avere qualche incombenza da sistemare o essere stato
trattenuto.» Si avvicinò di un passo, portando la
gamba
destra avanti.
«Avresti
potuto. -Acconsentì l'ispettore. -Ma non è
così,
vero?» Digrignò un poco i denti perché
sentiva
ancora il dolore vibrargli dal braccio.
«Non
è neanche quel che stai pensando tu, Gregory. O almeno non
è
stato quello il motivo che mi ha portato qui un'ora dopo che mi hai
chiamato.»
«Io
ti ho chiamato perché non sarei potuto venire al Diogenes
Club.» Commentò con una chiara rappresentazione
dell'ovvio. Ma già era abbastanza sconquassato di suo, se
poi
ci si metteva pure Mycroft Holmes con le sue mezze frasi, non ne
sarebbe uscito più.
«E
io sono qua, allo stesso orario in cui saresti dovuto
arrivare.»
Gli fece notare, con un movimento leggero della testa in direzione
dell'orologio, appeso al muro, che ticchettava accanto alla
televisione spenta. Poggiò l'ombrello vicino alla parete
bianca e si sedette in fine sulla scomoda sedia in ferro,
accavallando le gambe; con una mano sbottonò la giacca
lasciando intravedere la camicia bianca e il panciotto nero con
sottili strisce grigie, oltre la sempre impeccabile cravatta, questa
volta di color giallo con piccoli pois più scuri.
In
un primo momento Lestrade lo guardò stranito, poi si
massaggiò
il braccio ferito e anche lo sguardo di Mycroft si puntò
sulla
fasciatura.
«Oh.-
Esalò alla fine. -Ma non sarò di buona compagnia.
Non
credo proprio di-
«Lo
so. -Lo interruppe l'altro. -Non sono arrivato prima perché
qualcuno un giorno mi disse “Non
ne sapete poi
molto di sentimenti e rispetto voi Holmes, eh.²”
Così ho rispettato i tempi, non sono un tuo
familiare
né un tuo collega e mi sarei preso un diritto che non mi
apparteneva venendo subito dopo che eri stato ricoverato. Non ho
voluto informarmi, ho piacevolmente trascorso la giornata con una
mia collega e ho aspettato fino a che non saresti stato tu a
chiamarmi.»
«Non
ti ho invitato.- Biascicò sorpreso Lestrade, un leggero
divertimento dolceamaro nella voce. -Sempre se si possa mai 'invitare
qualcuno in ospedale'.» Rincarò, continuando a
massaggiare il braccio.
«No.
Ma avevamo un incontro e io volevo vederti.» Rispose schietto
Mycroft, il tono che non ammetteva repliche.
Il
silenzio che ne seguì fu un silenzio confortevole e
appropriato. Greg si sistemò meglio poggiando il cuscino
sulla
testata del letto e si trascinò fino a far aderirne la
schiena, mentre le gambe rimanevano incrociate. Aveva la camicia
sbottonata e irrimediabilmente rovinata, poiché avevano
dovuto
tagliarla di netto per poter offrirgli le prime cure in ambulanza e i
pantaloni grigi insozzati di brecciolino e polvere. Mycroft
posò
le mani sulle gambe, abituato com'era a schiarirsi le idee nel
silenzioso Club di cui era fondatore; appoggiato sulla stessa sedia
nella quale risiedeva stava il trench di Lestrade.
«Per
un attimo ho pensato: ecco, ora mi portano al St Caedwalla's
hospital.» Una risata di scherno verso se stesso proruppe
dalle
labbra dell'ispettore.
«Paura
del tutto ingiustificata Gregory. Culverton Smith è dietro
le
sbarre e quell'ospedale ora è semplicemente un mediocre
ospedale.» Si premurò di rispondergli pacatamente,
con
il tono che solitamente usava quando voleva scandire per bene un
errore.
«Questo
non mi ha tranquillizzato affatto. Non con un proiettile nel braccio
che bruciava come l'inferno e la mia coscienza che gridava quanto
è
pazzo e furioso questo mondo!» Al contrario del tono iniziale
con cui era iniziata quella discussione, le parole uscirono con un
lamento ironico e piuttosto smussato.
«Hai
ragione. - Concesse incrociando le mani e chiudendole appena. -Quando
mio fratello e il suo Dottore mi hanno fatto un prank, per scoprire
se esisteva davvero una sorella Holmes, la paura ha preso le redini
della mia coscienza.» Oh, e la paura
l'aveva decisamente
reso stupido quando aveva provato a farsi sparare, facendo scoprire
le sue intenzioni sentimentali dopo poche crudeli parole.
«Quello
è stato un maledetto scherzo davvero, Myc.» Al
diminutivo Mycroft alzò un sopracciglio, ma non glielo fece
notare, preferendo annuire.
Nelle
stesse settimane in cui la coppia era latitante il martedì
pomeriggio, quando il cielo iniziava a tinteggiarsi di viola, Mycroft
Holmes e l'ispettore Lestrade si incontravano al Diogenes Club; dopo
quello che era accaduto con Eurus Holmes, Greg aveva voluto ascoltare
il consiglio di Sherlock ed aiutare come poteva Mycroft,
perché
lui stesso ne era preoccupato. Già si vedevano abbastanza
spesso, ma ora si erano dati una sorta di 'giorno promemoria'. Una
serata all'insegna di poche formalità, il solito Armagnac in
bicchieri costosi e la reciproca compagnia che a quanto pare era
l'unica cosa che sembrava reclamare il più grande dei
fratelli
Holmes. La solitudine era diventata una presenza tetra...
dopo
la cella a Sherrinford, dopo le macchinazioni di sua sorella, dopo lo
sconforto con i suoi genitori, dopo la rabbia per aver fatto quel
tanto che non era mai abbastanza in casa Holmes.
«Credo
sia giunta l'ora di andarmene da questo ospedale.- Continuò
franco l'ispettore, puntellandosi con una mano e allungando le gambe
per alzarsi dal letto. -Non so te, ma io ho bisogno di caffeina.
Tanta caffeina. Quindi andrò alla macchinetta del
caffè
prima di firmare le maledette carte e andarmene.»
«Non-
Non dovresti rimanere qui per la notte?» Chiese Mycroft, non
tradendo un certa preoccupazione insita.
Lestrade
gli scoccò uno sguardo poi aggirò il letto, la
sedia su
cui era seduto l'uomo e prese con il braccio buono il suo trench
scuro: «Per una pallottola che non ha colpito nient'altro che
carne?- Rispose alla fine sistemandosi sulle spalle l'indumento,
senza l'intenzione di indossarlo. -No, no. Questi ospedali scoppiano
di pazienti che stanno aspettando un letto e io ho avuto tutte le
cure che dovevo; mi hanno prescritto qualcosa per il dolore dopo
avermi fatto una lastra, sai. L'unica motivazione per cui mi hai
trovato ancora qui a quest'ora è che il medico mi ha
concesso
qualche ora per riassestarmi, niente di più.»
E
doveva essere chiaro il moto di sorpresa che accentuava le
sopracciglia di Mycroft all'insù mentre lo guardava dal
basso
della sedia in cui era ancora seduto, tanto che Greg si
sentì
quasi costretto a sogghignare: «Non smanio all'idea di
andarmene da un ospedale come fa tuo fratello,- poi divenne serio,
prendendo il cellulare e il portafogli sul comodino.- Ma neppure mi
crogiolo nell'idea quando c'è del lavoro da fare e un morto
da
seppellire con tutti gli onori.»
«Ti
accompagno.» Furono le uniche parole che Mycroft Holmes fece
uscire dalla sua bocca, prima di dirigersi a riprendere l'ombrello e
seguire l'ispettore fra i corridoi bianchi, vuoti per l'orario e
lucenti per quelle fastidiosissime luci a neon.
Dentro
di sé invece Mycroft ingaggiava una chiara ramanzina nei
suoi
stessi confronti, rivangando nella memoria a tutte quelle volte che
Sherlock gli aveva rinfacciato quanto fosse pigro, sonnolento, quanto
gli piacesse crogiolarsi nel mondo di un'aristocrazia ormai persa fra
le pieghe del tempo e solo vezzo di ricchi politici annoiati.
Le
cose erano cambiate, certamente, eppure il suo atteggiamento riferiva
superficialmente proprio quel comportamento sonnacchioso e arrogante.
Dopo
aver sorseggiato avidamente un po' di quel caldo liquido scuro
l'ispettore puntò gli occhi sul suo accompagnatore e decise
di
riformulare la prima domanda che gli aveva porto, togliendoci quel
tono stanco e indispettito con cui aveva accompagnato quelle parole
appena l'aveva visto entrare nella stanza 14c: «C'entra il
governo con quello che è capitato oggi?»
Mycroft
Holmes fece oscillare brevemente il proprio ombrello prima di
annuire: era arrivato il momento della domande. C'era sempre il
momento della domande con l'ispettore Gregory Lestrade, deformazione
professionale che occupava tutta la sua vita.
«Sapevate
che erano armati? Che avevano cambiato il loro modus operandi?»
E con “sapevate” Lestrade intendeva i servizi
segreti o
chi diamine c'entrasse in quella storia di cui il maggiore degli
Holmes era a conoscenza.
«Sì.
E no. Perché non ve n'era stata occasione prima di
oggi.»
“Occasione”. l'aveva chiamata proprio
così e
l'ispettore lo guardò in tralice, si morse la lingua, ma
continuò: «Dimmi quello che sai.»
Il
sorriso mellifluo e a tratti irrisorio spuntò sul viso di
Mycroft e Greg non poté fare a meno di pensare che, ecco,
era
da punto a capo; perché quando sorrideva a quel modo con
lui,
voleva dire soltanto che stava per raccontargli frottole. Ma Mycroft
fece di più, glielo disse apertamente: «Posso
dirti
poche cose Gregory, ma guardami ora,
perché se vuoi
davvero delle risposte a tutte le tue domande, allora non saprai mai
quando ti dirò il vero e quando ti darò una
versione di
fantasia. Vedi l'avvertimento che ti ho dato?»
Lestrade
contrasse le labbra un momento e buttò il bicchiere di
plastica vuoto nel cestino vicino la macchinetta, prima di azzardare
a rispondergli. L'avvertimento era chiaro: se avesse voluto tutte le
risposte che voleva lui gliele avrebbe date; ma non avrebbe fatto
nessun sorriso, nessun gesto inconsulto e non avrebbe saputo cos'era
vero e cosa non lo era. Sherlock l'avrebbe saputo, ma non era
lì,
accidenti a lui.
Proprio
in quel momento la suoneria di un cellulare vibrò nel
corridoio vuoto, Mycroft lo tolse dalla tasca interna e
portò
il suo apparecchio telefonico all'orecchio; tempo un paio di secondi
e qualche assenso e chiuse la chiamata.
«Facciamo
così, perché il mio intento è solo
sapere per
quale motivo ho un agente all'obitorio e una fascia a reggermi il
braccio, -e s'indicò il braccio bendato. -Dimmi quello che
puoi, per il resto tralascia. Non chiederò di
più, non
oggi almeno. Ora voglio risposte sensate.» C'erano volte,
proprio come quella, in cui gli sembrava davvero di parlare con un
politico corrotto. Mycroft si aggiustava la cravatta e sembrava che
dietro quell'abito a tre pezzi nascondesse segreti inenarrabili; a
quel punto si sentiva proprio un poliziotto scemo e incazzato, come
quando stava a contatto con Sherlock.
Ma
poi, una questione di istanti, Mycroft Holmes si divideva dalla
figura del fratello minore e tutto, o almeno la gran parte,
ridiveniva equilibrato: «D'accordo. Farò proprio
così.-
Ricambiò lo sguardo. -Hai ragione a pensare che sia un
ricatto. Effettivamente è proprio un ricatto perpetrato ai
danni di un uomo.» L'ombrello
dondolò appena
stretto fra le mani sicure dell'uomo.
Greg
trasalì, aveva dato ordini a Sally di indagarci solo poche
ore
prima su sua supposizione. Quindi Mycroft sapeva anche cosa stava
accadendo in quel momento in centrale, d'accordo; non gli importava
come avesse avuto l'informazione, si disse, quello che gli premeva
era altro: «C'è un'indagine interna... quindi
l'MI5,
oltre che la nostra a Scotland Yard, è
così?»
«Esattamente.-
Rispose con un tono di voce mite. -Ma non crucciarti più del
dovuto; noi abbiamo seguito gli spostamenti della coppia senza
interferire, fino a quando la polizia non ha riconosciuto la donna. A
quel punto vi abbiamo lasciati da soli.» Greg
abbassò lo
sguardo e si sentì parecchio frustrato per un attimo. La
polizia c'aveva messo settimane per rintracciarli! E, senza le
informazioni del'MI5, ecco com'era finita.
«E
perché mai?» La domanda sorse spontanea.
«Gregory,
-e qui ci tenne a sottolineare con maggior enfasi il nome. -Ne valeva
la segretezza del nostro caro uomo.»
Alzò gli
occhi verso l'alto.
«Se
voi l'aveste presi-... se voi l'aveste presi avrebbero spifferato il
motivo del ricatto e addio segretezza.» Si ritrovò
a
constatare. Ma era anche quella una supposizione senza uno straccio
di prova.
«Non
hai indovinato, ma non sei distante dalla verità.
-Tralasciò,
senza mentire, come gli aveva chiesto l'ispettore. -Noi seguivamo voi
e voi seguivate loro per il furto del diadema di berilli. Il nostro
caro uomo, di cui non mi è permesso dire il nome,
è
proprio il possessore del diadema.- Puntò il suo sguardo
sull'anello che portava, considerando che Lestrade aveva deciso di
interrompere il contatto visivo. -Comunque, l'importante era che voi
avevate un mandato per arrestarli senza farli
“cantare”
sul ricatto. Voi non lo sapevate e loro si sarebbero presi meno anni
di prigione, quindi sarebbero stati in silenzio. Ma
è
quello che faranno anche ora che hanno l'aggravante dell'omicidio: staranno in silenzio.»
L'ultima frase sembrò più una minaccia che
un'alta
probabilità.
Greg
si ritrovò a pensare che molto probabilmente il giorno dopo
le
tre valigie sarebbero sparite dal banco delle prove. Poi gli venne in
mente che qualcosa non tornava: «Credo che la situazione sia
più complessa di così. -Lestrade portò
la mano
del braccio sano fra i capelli, uno sguardo di confusione era ben
visibile sul viso tirato. -Mary e George non sapevano il nome
dell'uomo quando hanno tentato il colpo. Il
banchiere l'ha
assicurato al dedective che ha preso le deposizioni; non l'ha detto a
nessuno e neppure a noi di Scotland Yard chi era il possessore del
diadema dai trentanove berilli.»
Mycroft
ridacchiò sommessamente, poi rimase con gli angoli della
bocca
alzati per un po' e Greg cercò di non farci caso. A quanto
pare la coppia un po' inesperta aveva scoperto l'identità
dell'uomo per vie traverse, fantastico...
più
efficienti di Scotland Yard.
«Il
massimo che posso presumere è che il ricatto c'entri con le
50.000 sterline chieste in prestito. Sono un segreto che neppure il
giornalista più promettente è riuscito a
scovare... mh,
merito del Security Service, immagino. 50.000 sterline, una vergogna
aver bisogno di una somma così ridicola, per un uomo
così
importante. Oppure 50.000 sterline e quello che c'ha fatto sono una
vergogna da non far chiacchierare.»
«Onestamente
Sherlock pensa troppe volte male di te. Sei competente.»
«Sono
nella polizia da un po', Mycroft. In più avere a che fare
negli anni con Sherlock Holmes ha solo messo a dura prova la mia
pazienza, non il mio impegno.- Un sorriso gli increspò le
labbra, forse il primo così duraturo in quella brutta
giornata. -E beh, grazie.»
«Hai
assegnato importanza al dato sbagliato, ma sei competente
sì.»
Lestrade
fece schioccare la lingua sul palato e si rassegnò, negando
con
evidenza il capo. S'incamminò in fine con un'alzata di
spalle
verso l'atrio in cui avrebbe firmato l'uscita, sicuro che da
lì
a poco Mycroft l'avrebbe seguito e raggiunto.
I
giorni a venire sarebbero stati pesanti, terribilmente pregni di
lavoro e di preghiere e cordoglio, il braccio gli avrebbe ricordato
quanto poco poteva fare Scotland Yard se c'erano di mezzo segreti che
dovevano rimanere celati, ma un altro martedì sarebbe
arrivato
presto.
«Era
il diadema?- Greg aveva rimuginato e riflettuto finché non
erano usciti entrambi dall'ospedale. Una leggera pioggerellina sopra
le loro teste e l'auto governativa ad aspettare il maggiore degli
Holmes. -Ha sempre avuto tutto a che fare con quello
stramaledettissimo diadema.³ Un buon agente morto, un buco nel
braccio e insabbiamenti dell'MI5 per un gioiello... dimmi che mi
sbaglio Myc.» Guardò il cielo plumbeo e si
fermò
davanti all'auto governativa dove l'altro uomo stava salendo.
Mycroft
non rispose, ma si mosse sul sedile e gli offrì volentieri
un
passaggio fino in centrale per terminare quell'orribile giornata in
buona compagnia.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
¹:
Ho voluto omaggiare (?) Una delle storie più famose di 'Le
avventure di Sherlock Holmes' ovvero 'L'avventura del Diadema
di
Berilli'. È come se fosse un proseguimento di
ciò
che accade nel finale; Mary è, nelle ultime righe della
storia, latitante con Sir George Burnwell e qui si scopre che fine
fanno. In più il tutto è avvenuto davvero a
Febbraio,
almeno secondo il racconto del Dr. Watson, perciò visto che
quando l'ho postata su AO3 era questo mese... mi sembrava azzeccato!
²:
Questa frase proviene direttamente dalla mia prima one shot (cui
è
collegata, almeno per il fatto che i fatti si susseguono dopo quella
storia).
³:
La trama si sviscererà in una terza one shot che
posterò.
Di certo ho voluto collegare questa alla mia prima storia su Lestrade
e Mycroft e mi serviva un tramite per un continuo! Però
seppur collegate da leggeri riferimenti, possono essere lette
singolarmente.
Buon venerdì e buona
sera! Sono prolissa, ma spero vi siano
piaciute
le interazioni fra questi personaggi che apprezzo tantissimo! Se vi
fa piacere scrivetemi cosa ne pensate, se non sono
stati
chiari dei passaggi o se volete leggerne ancora(!) Anche solo un KUDOS
su AO3
sarebbe tanto per me (la serie, link: http://archiveofourown.org/works/9811709).
♥
ps:
Gregory è sempre un headcanon che oramai
prendo
per valido.
|
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Capitolo 3 *** Sguardi Appannati ***
hk
Summary:
È passato un mese dalla sparatoria di Finsbury Park quando
Mycroft scombina i piani dell'ispettore Lestrade per accompagnarlo alla
prigione di Pentonville. La pioggia cade inarrestabile sul suolo
londinese e due uomini si ritrovano ad avere conversazioni sempre
più futili, ma sempre più amichevoli.
Sguardi
appannati
Il
trench era irrimediabilmente zuppo d'acqua, a tal punto che quando
l'ispettore alzò il braccio, per bussare contro il vetro del
finestrino, una sottile linea d'acqua attraversò il polso e
s'infiltrò sotto la camicia provocandogli un brivido sulla
pelle bagnata; bussò una, due volte prima di vedere dei
movimenti all'interno dell'auto e decidere così di aprire lo
sportello per accomodarsi in fretta sul sedile, del tutto
intenzionato a non prendersi fino all'ultima goccia di quel diluvio
che imperversava sulla città di Londra.
Una volta dentro
l'abitacolo Greg strizzò leggermente gli occhi e
sfregò
le mani l'una contro l'altra sentendo ancora l'umido penetrargli
nelle ossa: la pioggia non aveva risparmiato nessun centimetro della
sua pelle scoperta e neppure avendo alzato il bavero del suo trench
si sarebbe salvato dall'avere una brutta cervicale il giorno
dopo.
«Buona sera Gregory.»
L'ispettore salutò
l'uomo con un cenno del capo, battendo appena i denti: «Spero
di non rovinarti la tappezzeria.» Aggiunse prendendo un lungo
respiro, mentre appoggiava le mani su uno degli aeratori di aria
calda presenti nella macchina.
Mycroft arricciò un poco le
labbra, rafforzando la presa che aveva sul manico del nero ombrello:
«Non guardi mai il meteo? Eppure il clima di Londra
è
spaventosamente abitudinario.»
«Fai poco lo spiritoso,
non credevo di dover essere di nuovo io ad interrogare Mary e George
Burnwell.- Rispose con un sospiro malcelato nel tempo in cui Mycroft
si sporse appena verso l'autista intimandogli di partire. -Hai questa
brutta abitudine di non avvertire mai e che uno debba sempre essere
disponibile.»
«Non ti eri mai lamentato.»
Greg
negò col capo: «Non mi stavo lamentando. Sono
abituato
alle improvvisate di Sherlock e alle tue chiamate sui casi che
seguivamo io e lui prima ancora che ci conoscessimo di persona.-
Cercò invano di non far cadere le goccioline d'acqua che gli
rigavano le tempie dentro gli occhi, tamponando la fronte bagnata con
una mano. -Ma è un dato di fatto Mycroft. E io non organizzo
le mie giornate pensando a quando farai la tua comparsa scombinandomi
i piani, ecco.»
«Avevi da completare qualche rapporto
sulla tua scrivania.- E non era una domanda; abbassò appena
il
capo e prese dal taschino della giacca il fazzoletto con le iniziali
M.H. ricamate sopra, porgendolo all'ispettore. -E non è
martedì sera, perciò avevi in mente di dormire in
centrale.» Solo il martedì sera si incontravano al
Diogenes Club. Uno rinunciava alla Champions League, l'altro a
qualche ora di silenzio e solitudine: quello era preventivato, quello
regolava i loro rapporti in modo equo, sì; non il Governo
Inglese che lo chiamava quando gli faceva più comodo, non un
poliziotto di NSY che doveva scattare alla chiamata.
«Già.»
Assentì questi e sorrise un attimo, il tempo di capire che
nel
gesto dell'altro c'era una ragionevole ammissione di colpa;
perciò
prese senza reticenza il fazzoletto bianco offertogli e si
asciugò
la fronte e la nuca mentre l'auto sfrecciava veloce nel traffico
della piovosa metropoli, verso le prigioni dov'erano incarcerati la
coppia del furto del diadema di berilli e della sparatoria di
Finsbury Park: un furto segreto e taciuto alla stampa e una
sparatoria che gli era costata un morto, un proiettile conficcatogli
nel braccio e un indigesto umore nero per settimane.¹
«Quindi
ficcanaserò nei servizi segreti col tuo consenso? Devo- devo
sentirmi onorato o cosa?»
«Non ficcanaserai, non più
del necessario almeno; e come sai l'interrogatorio è
videoregistrato, ma- e qui fece schioccare la lingua sul palato
Mycroft, l'ombrello al suo fianco ticchettava puntellando a terra
mentre i due uomini camminavano a passo svelto nei corridoi vuoti e
claustrofobici delle prigioni, scortati da alcune guardie carcerate.
-Eri-... sei a capo del caso e ci serve la tua presenza, almeno una
tua firma, per mostrare che l'MI5 è collaborativa quando dei
poliziotti vengono uccisi. Tendenzialmente, almeno per mantenere i
rapporti civili, cerchiamo di non calpestare più del dovuto
Scotland Yard.» Il sorriso affabile che s'affacciò
sul
volto dell'uomo con l'ombrello era di pura cortesia. Non
perché
ce l'avesse con Lestrade, lo capì bene quest'ultimo, ma
perché
era lavoro e sul lavoro erano distanti mille miglia e su binari
opposti. Perché per il Governo Inglese il lavoro erano
affari
e strategia, non lavoro sul campo e aspirine che ti aspettavano la
sera sul comodino.
Il disappunto era comunque piuttosto
evidenziato nei lineamenti contriti dell'ispettore: «Certo.
Questo quando per colpa di informazioni segretate e non condivise...
Scotland Yard brancola nel buio e puff! proprio senza quelle
informazioni i suoi agenti si ritrovano un buco in fronte.- Sebbene
la frase fosse pregna di un'iraconda ironia, non era colma di
risentimento verso Mycroft, l'esponente lampante di quell'ingranaggio
di sotterfugi e decisioni pragmatiche che potevano affondare un uomo,
un partito o una nazione. -Ma le insinuazioni sono cose che non mi
competono. Ti serve l'ispettore che ha sbattuto in cella quei due, ti
darò l'ispettore che cerchi e non un piantagrane.»
Anche
perché, appunto, il lavoro per Lestrade era proprio lo
sporcarsi le mani e friggere nei problemi che gli si presentavano
davanti.
«Bene.»
«Bene.- Silenzio. Anche il
rumore delle scarpe sul pavimento lucido risultò ovattato.
-Saprò anche che fine hanno fatto le valigette piene di
soldi?»
«Gregory. -Un rimprovero con una punta di
sarcasmo nel tono in cui aveva pronunciato il suo nome. -Non ti
arrendi mai?»
«Al limite della legge, no. Mai.»
E
le leggi chi le faceva?
Davvero non poteva vincere contro Mycroft, non in uno scontro diretto
versato sul potere che avevano. Ma almeno aveva la decenza di non
accartocciarsi su se stesso non appena la situazione in cui gravava
si rivelava più grande di lui. Beh, del resto era anche per
questo che tanti anni addietro si era ritrovato a consultare un
ragazzo dal comportamento impossibile e dalle maniere sgraziate e
allucinanti, un ragazzo che era col tempo divenuto un uomo buono
oltre che un grande uomo e che gli aveva permesso di risolvere
crimini impensabili invece che archiviarli come l'ennesimo cold case.
La decenza Lestrade se la portava dietro come un sassolino nella
tasca, la decenza di non stringersi nelle spalle e scrivere il
rapporto di un caso senza risoluzione, ma credere in un ragazzo e
nelle sue abilità, credere nella seconda
opportunità se
con la prima non si arrivava da nessuna parte.
«Se avessi
interpellato mio fratello ti avrebbe già spiegato ogni cosa.
Del resto ha avuto a che fare con questi due criminali e sa
abbastanza sul loro conto.» Greg non si meravigliò
quando Mycroft pronunciò quelle parole. Anche non avesse
visto
le labbra appena morse in un gesto di stizza o le sopracciglia
aggrottate dell'ispettore, quella affermazione portava con
sé
una logica quasi infantile: se credeva nella seconda
opportunità
e quella opportunità era proprio il fratello del Governo
Inglese che l'aveva fagocitato in un caso che era diventato un affare
dei servizi interni da chissà quando, sapendo solo che i
ladri
del diadema erano divenuti ricattatori, ricattatori poi di cosa non
si sapeva, e in fine loro mal grado degli ottusi assassini pur di non
farsi scoprire per quel dannato ricatto che aveva fruttato loro tre
valigette di soldi fatte sparire dal banco delle prove, allora
perché
non l'aveva chiamato? Perché non aveva chiamato Sherlock
Holmes?
Lestrade continuò ad incedere con passo sicuro
verso la sala interrogatori, un piede dopo l'altro, girandosi con la
testa solo un paio di secondi in direzione di Mycroft che gli era
affianco e guardava dritto davanti a sé; alzò le
spalle
e provò a spiegarsi: «Non voglio. - Certamente
c'erano
più motivazioni nel voler contattare Sherlock che nel non
farlo. Ma semplicemente avere a che fare con due Holmes nel medesimo
caso non era una mossa saggia, no davvero; e poi... -Non è
un
caso attivo, faremo questo interrogatorio solo per prassi prima del
processo a porte chiuse e Sherlock ha bisogno di riprendersi da
Sherrinford.»
«Io no?»
«Non intendevo-
oddio, non intendevo questo. Sherlock lo coinvolgo su casi attivi, su
qualcosa che gli interessi e non chiedo una consulenza per delle mie
curiosità perché non... poi...-
Incespicò.
-Mycroft tu-... tu mi hai chiamato qui.»
Mycroft abbassò
cautamente il capo prima che un cenno di risata potesse scomporgli
quella compostezza innata, quell'espressione algida che indossava
come una maschera di ceramica. Oh,
gli piaceva prenderlo in giro facendolo cadere in imbarazzo su un
argomento delicato, molto maturo per un Holmes. E dire che Lestrade
gli aveva anche offerto una mano per uscire fuori da quell'orribile
esperienza e i martedì sera al Diogenes Club erano il
risultato di quella volontà accettata.
«Potrai sapere
altri particolari; saprai delle valigette, ma firmerai un accordo di
riservatezza, Gregory.» E lì finì la
discussione
perché il rumore del cancello automatico che s'apriva
infranse
ogni altro pensiero potesse aleggiare.
Riprendere
la pistola d'ordinanza, infilarci i proiettili in un gesto
abitudinario, automatico, far tintinnare le chiavi con il metallo
della sua Glock 17, prendere le chiavi, il cellulare, il fazzoletto e
in fine il portafoglio: una manciata di secondi di troppo
nell'afferrare l'ultimo oggetto e Greg Lestrade poteva definirsi
pronto per abbandonare il carcere.
«Sembri turbato. -Osservò
Mycroft con noncuranza, come stesse parlando ancora del tempo e di
quanto fosse stato sbadato l'ispettore a non chiedere a Sally Donovan
il suo ombrello, sicuramente blu o marrone se era ancora nostalgica
di Anderson, vicino alla scrivania e sul lato destro. -Ti stai anche
toccando la ferita al braccio.»
«Ricattato e con lui
ricattata l'integrità professionale di un intero paese
perché
aveva lasciato quattro giorni- Dio, solo quattro giorni un diadema
dal valore inestimabile nelle mani di un banchiere! Scotland Yard non
è riuscita a scoprire il nome del politico, ma Mary con
l'inganno l'ha estrapolato allo zio banchiere. - Un fischio provenne
dalle labbra di Lestrade. -Se le sorti dell'Inghilterra stanno in
mano a politici così imbecilli e ladruncoli così
perspicaci, mi sento... turbato sì, Mycroft.» E
continuò
a massaggiarsi il braccio dove aveva ancora una cicatrice rotonda e
una benda leggera. Una volta all'aria aperta, dinanzi a loro si
manifestò il paesaggio che avevano lasciato poche ore prima:
la pioggia che non accennava a diminuire e anzi, con l'arrivo della
sera, aveva portato con sé un freddo umido ed intenso; a
destra dell'ala A della prigione di Pentonville dove erano rinchiusi
i nuovi prigionieri e vi erano le uscite Greg potette notare le basse
palazzine in cemento scolorite dal buio e dalla pioggia scrosciante,
gli alberelli e i cespugli, le macchine parcheggiate in fila e alcune
in doppia fila, pali della luce e alcune telecamere di
videosorveglianza.
Aveva un freddo tale da bloccargli le
articolazioni e non appena prese un respiro non si ritenne sorpreso
nel vedere un piccolo sbuffo di aria condensata uscirgli dalla bocca,
i vestiti gli si erano asciugati addosso e adesso che era di nuovo
alla temperatura esterna si permise di rabbrividire.
Si ritrovò
a guardare con un misto di stizza e di incredulità come
Mycroft Holmes fosse ancora perfettamente presentabile, con le guance
appena arrossate dal freddo e i capelli dai riflessi rossastri ben
ordinati, la giacca come sempre leggermente più larga della
sua corporatura e non perché non fosse fatta su misura, ma
per
un suo vezzo personale, la cravatta ben visibile sulla camicia beige
chiaro e le scarpe marroni in pelle con punta rotonda. I due uomini
non potevano essere più diversi in quel momento, mentre
sostavano ancora oltre le porte dell'uscita e sotto la tettoia che li
riparava dal temporale in atto.
La mano bianca e pallida di
Mycroft scattò verso l'impugnatura dell'ombrello per poterlo
aprire, ma si arrestò quando s'accorse di essere osservato
con
assai interesse.
Di riflesso quindi si girò verso il volto
dell'ispettore che non si preoccupò di cambiare espressione
o
di abbassare lo sguardo, tanto era assorto e oggettivamente sfiancato
dalla giornata per permettersi di alzare gli occhi al cielo con
rassegnazione per essersi fatto scoprire.
Al che Mycroft accettò
quell'accurata osservazione e aprì l'ombrello portandosi
sotto
la pioggia e invitando l'altro a raggiungerlo, seppur non sotto lo
stesso riparo; del resto non era particolarmente avvezzo ai gesti di
cortesia che potessero rasentare il contatto umano e l'auto
governativa li aspettava pochi metri più in là.
«“Politici
così imbecilli”?-
Domandò Mycroft ricordando le ultime parole pronunciate da
Greg prima di quell'insolito gioco di sguardi.
Dovette socchiudere
gli occhi e poggiarci una mano sopra, mentre gli si increspava un
sorriso che avrebbe definito lui stesso poco intelligente. -Non
starai mica commettendo vilipendio² Gregory?»
Lestrade
sgranò un attimo gli occhi, ma poi quello che non si permise
di fare Mycroft, lo terminò lui, non prima però
di aver
risposto con un'altra domanda: «Dici che dovrei arrestarmi
secondo te?» Allo sguardo accigliato del maggiore dei
fratelli
Holmes allora Greg incominciò a ridere con sentimento,
lasciandosi trasportare dal genuino divertimento. Seguì a
pochi centimetri di distanza Mycroft e poi salì per primo
nella macchina, quasi scapicollandosi, poco importandogli della
carica sociale o di qualsiasi altra regola sulle buone maniere
dinanzi ad una carica governativa... era lui che rasentava il
ridicolo, fradicio dalla testa ai piedi, l'altro avrebbe capito.
«Non
portarmi a Scotland Yard,- enunciò Greg che da quando era
entrato nell'automobile aveva iniziato ad assopirsi, forse anche
complice la poca caffeina in corpo e quel caffè che non ne
voleva sapere di uscire dalla macchinetta del penitenziario di
Pentonville, oltre alla già citata umidità
dell'acqua
che gli premeva sulle membra accaldate. -Sarebbe inutile a quest'ora.
I piani sono saltati, ricordi?» Ma non glielo stava
rinfacciando, anzi Mycroft s'accorse come fosse solo una frecciatina
scherzosa quella, senza cattiveria.
«D'accordo, a casa tua
allora.» Un semplice assenso all'autista davanti.
Un paio di
secondi e Lestrade sussultò decisamente sul sedile, per poi
girarsi accigliato e a metà fra il confuso e il sorpreso
verso
Mycroft, non proferendo parola però.
Rimuginò bensì
fra sé e sé che quello di fianco a lui era il
Governo e
sapere dove abitasse lo poteva scoprire facilmente per fino un
tabaccaio leggendo sull'elenco telefonico.
Allo sguardo di
Lestrade stavolta così facile da leggere il politico
accennò
uno dei suoi soliti sorrisi supponenti, non ricambiando lo sguardo,
puntandolo invece verso il panorama piovoso che si intravedeva veloce
al di fuori del finestrino della vettura: «Del resto Sherlock
ti ha dato per messaggio il mio indirizzo di casa, direi che siamo
pari.» Quel messaggio che l'ispettore non aveva cancellato
dal
suo cellulare e che gli aveva mandato Sherlock dopo gli orrori
accaduti a Sherrinford, ma che non s'era azzardato a leggere
più
d'un paio volte, perché gli era sin da subito sembrato
scorretto presentarsi nell'abitazione dell'uomo; glielo aveva anche
detto e aveva notato una certa forma di sollievo nel comportamento di
Mycroft, così Greg aveva brontolato che il rispetto per il
dolore doveva essere cosa nuova ai fratelli Holmes. Poi, molto
più
naturalmente e docilmente aveva acconsentito all'appuntamento fisso
al Diogenes Club, meno intimo, ma comunque privato.
Lestrade annuì
distrattamente, anche se l'altro non lo stava guardando e
aspettò
che l'auto nera giungesse dinanzi al piccolo condominio in cui
risiedeva da quando aveva lasciato la moglie. Sebbene fosse lei in
torto al momento della separazione, la casa era stata comprata da
entrambi i coniugi e, non avendo figli, dovettero venderla per
ottenere il denaro da dividere; la paga da ispettore di Scotland Yard
gli era più che sufficiente e in più dormiva o
sostava
raramente in casa, troppo assorbito dal suo lavoro.
Quando l'auto
parcheggiò dinanzi al cancelletto in ferro dell'abitazione,
la
pioggia serale era divenuta sentitamente più leggera e
poteva
quasi intravedersi qualche stella lì fra le nuvole scure e
lo
smog della City. Vi era traffico due strade più in
là,
ma esattamente nella via dove risiedeva l'ispettore solo qualche
macchina passava di tanto in tanto.
Greg aprì lo sportello
e si piegò poi da fuori sul finestrino che Mycroft aveva
abbassato: «Beh, buona dormita Mycroft. A meno che non
lavorerai durante la notte su come evitare la seconda guerra
fredda!»
Mycroft arcuò le sopracciglia: «Era
una battuta?»
«Non lo so, è una battuta?-
Gliela rigirò lui, sorridendo. Si girò un solo
momento
per starnutire e stramaledirsi. -Oh dannazione! Non ho neanche un
giorno di malattia da poter sprecare, stramaledizione.- Pausa. -Senti
vuoi salire per un caffè?»
«Come?» Il
politico istintivamente indietreggiò col volto.
Greg
starnutì nuovamente, poi si fece avanti col capo poggiando
la
mano sul finestrino dove si intravedeva la mezza figura dell'uomo:
«Ti ho chiesto se vuoi un caffè. Io decisamente!
Mi
offri sempre Cognac e Armagnac e non ho privacy che tenga con i
fratelli Holmes, perciò- e starnutì girandosi
un'altra
volta per poi tornare a guardare Mycroft. -Se vuoi..?»
«Ti
prenderai un malanno qua fuori, Gregory.» La voce
risultò
più fredda di quello che avrebbe voluto.
«Oh. Uhm-
scusa, non ti ho mai neanche visto prendere caffè in vita
mia,
hai ragione. Pessima idea, ci vediamo!» E batté
due
volte il palmo bagnato sul vetro del finestrino.
La macchina sostò
ancora qualche altro minuto nel tempo in cui Lestrade
s'affrettò
a cercare le chiavi e, mentre il poliziotto finalmente apriva la
serratura del cancello, sparì dal quartiere confondendosi
fra
la luce tenue ed opaca dei lampioni e il buio penetrante della fosca
notte.
Mycroft fece qualche chiamata nel frattempo che l'auto
governativa si dirigeva verso la sua residenza e, dopo un breve
dialogo anche con la sua assistente fidata per riconfermare gli
appuntamenti che l'indomani l'avrebbero tenuto impegnato, si permise
di sospirare: era stato sciocco per un dialogo così poco
inusuale per
lui.
Già con Lady Smallwood, che era quanto di più
vicino ad
una buona presenza femminile prima di Sherrinford avesse, quando gli
aveva chiesto di andare a bere qualcosa era rimasto inebetito,
perché
di fingere fra sorrisi e favori era splendidamente acculturato,
ma di comunicazione verbale e comportamenti consoni fra amici poco
aveva esperienza; col risultato di sembrare impacciato, troppo preso
al pensiero che chiunque gli avesse rivolto la parola gentilmente, se
non a scopo lavorativo, avesse sbagliato soggetto e di certo non
volesse trascorrere tempo con lui.
Non aveva neppure salutato
Gregory, aveva semplicemente rialzato il vetro del finestrino e
guardato la schiena dell'uomo che s'affaccendava ad entrare a casa
sotto la pioggerellina. Che
maleducato!
Pensò rimproverandosi. Si ripromise così di far
portare
del caffè di ottima qualità e di berlo insieme a
lui al
Diogenes Club il prossimo martedì sera, dove l'avrebbe
senz'altro rivisto.
D'altra
parte,
e qui fu il pensiero di Greg a prevaricare intanto che saliva le
scale del secondo piano, aveva
ancora il suo fazzoletto.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
¹:
La seconda storia che ho pubblicato si basa proprio su questo; questa
one shot ne è la diretta successione, ovviamente
però
si può leggere anche senza aver letto le precedenti one
shot,
essendo una raccolta.
²:
Reato sul disprezzare verbalmente istituzioni, defunti etc. O anche
detta 'Lesa Maestà', che nel Regno Unito esiste ancora da
quanto mi sono documentata.
Buon
mercoledì sera! Spero vi piaccia questo continuo e scusate
se faccio passare così tanto tempo, ma mi piace elaborare
per
bene i dettagli. Ho una domanda per voi: è troppo
confusionario lo sfondo della vicenda? O meglio, il crimine dei due
ladri, seppur in background, è troppo soffuso? Volete
saperne
di più in una prossima one shot con Mycroft e Greg o va bene
così?
Tralasciando ciò SE volete lasciatemi un
commento qui e/o un KUDOS su questa
storia (se vi sono piaciute le
dinamiche, se sono IC i personaggi), mi farebbe troppo piacere
♥
RINGRAZIO di cuore tutti coloro che hanno speso belle parole nelle
recensioni e hanno messo fra i Preferiti/Seguite questa mia raccolta!
Alla
prossima,
Giò.
|
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Capitolo 4 *** Il Mare È Pieno Di Pesci ***
Summary:
È il compleanno dell'Ispettore Lestrade e una macchina nera
governativa l'aspetta all'uscita da lavoro: Mycroft ha un regalo per
lui, ma è quest'ultimo che gli regala un legame di cui il
maggiore degli Holmes ne ha sempre fatto a meno.
Il
Mare È Pieno Di Pesci
Le
lancette dell'orologio posto sul muro bianco riverniciato da poco
segnavano le ventuno e qualche minuto: fermarsi in centrale
più
del richiesto era ormai da prassi per l'ispettore Lestrade, ma non
tutte le serate passate in quell'ufficio dalla fastidiosa luce a neon
nelle ore più buie erano state tranquillamente piacevoli
come
quella per l'uomo. Non c'era stato alcun omicidio degno di nota,
qualche rapporto da compilare e alcuni sopralluoghi di prassi certo,
ma niente di più. La divisione H¹ aveva chiamato al
centralino e Greg aveva fatto rispondere Sally all'ennesimo
schiamazzo dei dedective di White Chapel; lui non ne avrebbe voluto
sapere nulla almeno fino all'indomani.
Era
un giovedì monotono, quanto di più lontano dalla
normale amministrazione potesse esserci nella centrale di NSY, pur
comunque accompagnato dal ricorrente chiacchiericcio dei colleghi,
gli ormai noti passi frettolosi e strusciati dell'agente nuovo e i
sempre fissi e chiassosi ordinari telefoni che non la smettevano di
squillare neanche per la pausa pranzo; Lestrade stava contando i
soldi rimastigli nel portafoglio, chiuso e seduto nel suo ufficio con
la schiena leggermente chinata in avanti e una macchia di
caffè
sulla camicia, ricordo di uno dei bicchieri di Starbucks che s'era
ingurgitato solo poche ore prima e di cui rimanevano in un angolo
della scrivania tre bicchieri di carta vuoti e qualche bustina di
zucchero strappata.
I
colleghi gli avevano fatto gli auguri appena era giunto in centrale
quel giorno, regalandogli un biglietto in posizione ottima per il
Derby di calcio che si sarebbe giocato la settimana prossima e una
camicia celeste scuro dal taglio improponibile che non avrebbe messo
mai, ma contava il pensiero; la giornata era trascorsa senza nessun
intoppo, piatta a tal punto che verso le sette del pomeriggio molti
poliziotti avevano lasciato la sede finite le ore di servizio senza
aver fatto alcunché. Greg si era fermato più del
necessario in centrale nell'aspettare un orario consono per andare ad
un pub a brindare al suo anno in più sulle spalle, per nulla
infastidito nel rimanere ancora qualche ora rinchiuso nel suo ufficio
personale, con meno rapporti da firmare del solito e un inguaribile
senso di beatitudine sul volto stanco. Si ritrovò a pensare
a
quanto fosse stato graziato per quel giorno e a ridacchiare pensando
a Sherlock Holmes e a come lo avrebbe rimproverato di star battendo
la fiacca.
Si
alzò pigramente dalla sedia, prese la scatola contenente la
camicia sotto braccio, il biglietto del Derby se lo infilò
in
tasca, s'infilò la giacca nera e salutò gli
agenti che
stavano prendendo servizio in quel momento prima di lasciarsi alle
spalle Scotland Yard. Fuori di lì la quiete ovattata che
sembrava circondare la sua sezione si piegò su se stessa
dinanzi alla moltitudine di taxi che sfrecciavano sull'asfalto e auto
in doppia fila, clacson e turisti concitati che camminavano e
discutevano animatamente prendendo il bus notturno, colori sgargianti
delle insegne ad intermittenza e semafori impazziti che facevano
correre a perdifiato l'agglomerato di persone poste sul marciapiede
in attesa di attraversare. Greg pensò quanto Londra fosse
uno
spasso, così adrenalinica e sfuggente e piena di vita a
qualsiasi ora del giorno. Ricordava ancora quando aveva dovuto
lasciarla per fare servizio obbligatorio fuori dalla sua residenza e
quanto gli era mancata, così come ricordava, e tutt'ora
glielo
ricordavano le sue occhiaie e l'esaurimento nervoso, come fosse
rimasto impressionato dall'alto tasso di crimini brutali accertati
nella capitale, una volta divenuto a capo della sezione di crimini
violenti di NSY; col tempo non si era comunque mai stancato di
apprezzare il suo lavoro né quella città che alle
volte
lo aveva semplicemente schiacciato sotto il peso degli eventi.
Tirò
giù un sospiro e non appena il semaforo divenne verde
guardò
prima a sinistra e poi a destra prima di attraversare e raggiungere
il marciapiede dall'altro lato della strada, andando nella direzione
opposta agli autobus e ai pullman del concitato gruppetto di turisti.
Neanche il tempo di fare cinquanta metri che riconobbe una macchina
decisamente a lui familiare che a quanto pareva lo stava aspettando,
poiché l'autista proprio in quel momento si decise ad aprire
lo sportello posteriore per far uscire l'elegante figura di Mycroft
Holmes fortemente illuminata dall'insegna blu di un fish & cips
e
dal lampione dalla luce alogena.
L'ispettore
Lestrade si fermò lì sul marciapiede e un sorriso
spontaneo piuttosto curioso gli spuntò sul volto:
«Che
fai ora mi aspetti dopo il lavoro?- Fece un cenno col capo in segno
di saluto, il sorriso ad ammorbidirgli i tratti del viso.- A quando
il primo appuntamento?» E qui lo oltrepassò mentre
un
accenno di risata gli gorgogliò nella gola.
Mycroft
si girò a guardarlo senza fiatare, solo dopo un paio di
secondi in silenzio fece un cenno con la mano all'autista che gli
consegnò prontamente una busta color argento opaco prima di
sparire nuovamente nel sedile riservato all'autista: «Il
caffè
è una cosa importante per te.» Affermò
il
maggiore degli Holmes con una tonalità perentoria.
Greg
si grattò la testa con la mano che non stringeva la scatola
sottobraccio, un po' spaesato da quella affermazione e un po'
perplesso dal tono di voce serioso con cui Mycroft s'era presentato:
«Il caffè? Non più di tanto...
cioè... è
una bevanda di cui abuso, perché mi tiene sveglio, mi piace
e... beh...-
«Sei
disposto ad averlo freddo, pur di averne uno di qualità
migliore a quello della macchinetta nella sede di Scotland Yard,
quando è chiaro che preferisci il caffè caldo con
mezza
bustina di zucchero, come lo hai preso al Diogenes Club questo
martedì. Hai smesso di fumare per poi avere una ricaduta
durata tre anni, ad ora sei pulito dalla nicotina, ma il vizio del
caffè ti sembra accettabile e ti aiuta nel lavoro invece che
rallentarti. Così ne bevi in quantità maggiore a
quanto
dovresti perché ti è rimasta la consuetudine di
berne
uno prima delle tue sei-... no, sette sigarette durante l'arco della
giornata. Quindi la mattina hai preso l'abitudine di andare dallo
Starbucks e di farti dare due bicchieri “tall”,
più
un altro nella pausa pranzo che consumi durante le successive ore
lavorative. -Il politico ciondolò appena, senza il solito
supporto dell'ombrello; poi lo indicò brevemente. -La prova
del nove è quella chiazza che hai sulla camicia che
s'intravede sotto la giacca: è recente, fredda,
poiché
se fosse stata bollente non te ne saresti accorto dopo un paio d'ore,
avresti invece provato a smacchiarla subito e avresti avuto un alone;
ma anche senza il tuo goffo tentativo di bere caffè mentre
tenti di chiamare il sergente Donovan per non rispondere alla polizia
della sezione H avrei comunque costatato un dato di fatto. Tutto
questo infatti è...-
«D'accordo,
perché mi stai deducendo a voce alta? -Greg tornò
indietro di qualche passo, incrociò le braccia per quanto
gli
era possibile con la scatola e puntò gli occhi nocciola
verso
il maggiore degli Holmes, incespicando appena nel continuare. -Tu non
sei Sherlock e il suo ostentare le sue deduzioni. Tu sei quello che
ha già risolto tutto nella sua testa e sorridi irriverente a
chi t'è davanti per quanto sia sciocco a non stare al tuo
passo. Insomma, lo hai- lo hai fatto innumerevoli volte con me!
Quindi mi chiedo, cosa è cambiato? Cosa ti innervosisce dal
voler svelare le tue doti blaterando come tuo fratello?» Greg
mise le mani avanti, quasi in segno di scuse per poi far scorrere una
mano sulla radice del naso strizzando gli occhi, come quasi ogni
volta che si trovava a discutere con Sherlock Holmes sulla scena di
un crimine di cui aveva compreso un quarto di quello che era
accaduto.
A
Mycroft non piaceva essere interrotto: solitamente era lui che
interrompeva gli altri per esporre i suoi ordini senza ulteriori
seccature da parte di qualche pesce più piccolo. L'ispettore
Lestrade allo stesso tempo però non lo faceva con
cattiveria,
bensì con quell'urgenza tipica di un poliziotto che vuole la
confessione del sospettato in meno tempo possibile e non per la poca
pazienza, ma per la soddisfazione di comprendere il perché
del
misfatto.
Il
politico quindi storse appena la bocca in una smorfia, poi
depositò
di getto nelle mani di Gregory la busta che teneva saldamente fino ad
un momento prima. Stette nuovamente in silenzio, in attesa che l'uomo
davanti a lui aprisse l'argentata carta e scoprisse il contenuto; al
contrario di suo fratello, con cui sin da bambini facevano a gara a
chi prima deduceva cosa si erano donati senza neppure degnare di uno
sguardo il corrispettivo pacchetto regalo -oh perché era
tutto
lì il divertimento e non lo stupido dono-, con l'ispettore
Mycroft doveva portare pazienza per costatare la sua reazione,
positiva o negativa che fosse.
Greg
non comprese immediatamente in verità, tutto quel passare di
mano in mano di quella busta anonima l'aveva confuso; poteva
contenere, per quanto lo riguardava, pure un pacco bomba, tanto
sembrava misterioso e senza uno straccio di spiegazione verbale tutta
quella pantomima.
Ma
del resto di tante cose poteva nutrire dei dubbi, non di certo
però
dimenticarsi di chi avesse davanti e quanto ogni azione di quell'uomo
avesse sempre un chiaro disegno e un meticoloso senso.
Perciò
si disse che, se quella busta adesso era riposta nelle sue mani e non
stava forse pensando troppo scioccamente, poteva significare che era
per lui.
«Cos'è?»
Azzardò a chiedere il poliziotto.
«Aprilo.»
Concesse l'altro guardandolo negli occhi mentre Lestrade puntava lo
sguardo sull'argento opaco della busta.
«Non
contiene rapporti, né fascicoli.- Scartò l'ovvio,
giusto per essere certo di non essersi fatto un'idea sbagliata. La
sua voce aveva assunto un tono altamente interrogativo:-E fa
rumore?!» Con una mano scosse la carta argentata,
più
pesante di una qualsiasi dispensa di carta a4.
«È
un regalo Gregory, non farmi pentire di avertene fatto uno proprio
adesso.» Incrociò le dita in grembo con un certo
nervosismo celato dal solito sorriso irritante e mellifluo. Il
sorriso da “uomo con un piccolo incarico
governativo” che
tanto urtava l'ispettore.
«Lo
sospettavo.- Soppesò le parole Greg, stringendo d'istinto il
braccio al corpo per non far scivolare la scatola della camicia
celeste. Gli occhi concentrati a scartare il pacchetto mentre la luce
del lampione aveva iniziato ad illuminare la via ad intervalli sempre
meno regolari, segno che si stesse fulminando. -Ma un regalo per
me... fatto da te...- Sbuffò
stranito.- Permettimi
di essere restio a credere che te ne freghi qualcosa.»
«Al
contrario di mio fratello so cosa siano le buone maniere e le
consuetudini. Poi che io le ritenga prive di qualsivoglia significato
è un altro-
«Sono
capsule per il caffè! Capsule originali, di marca... e sono
più di settanta, Buon Dio Mycroft!- Interruppe Greg, con la
faccia più straordinariamente sbalordita che potesse fare.
-Ma
quanto diamine hai speso! Hanno... che razza di nomi sono questi?!
Fortissio lungo, Vivalto lungo, Envivo
lungo
e Linizio lungo.» Elencò con
tono stupito e
gradevolmente colpito, leggendo ciò che era scritto in
sovrimpressione sulle quattro scatole, concedendosi di rimanere
sgomento ancora per un po'. Era un povero poliziotto ignorante su
qualità e marchi di fabbrica, l'unica accortezza che si
premeva di fare era quella d'andare allo Starbucks per non morire
avvelenato dalle cialde sottomarca stagnanti della macchinetta del
caffè di NSY.
Mycroft
si decise a fare un passo indietro dinanzi all'entusiasmo stravagante
dell'ispettore che, e se l'era annotato, l'aveva interrotto una
seconda volta nel giro di pochi minuti: «Ovviamente non hanno
niente a che spartire con un ottimo caffè di specie Arabica
o
Canephora, allo stesso tempo però queste capsule potranno
essere un discreto rimpiazzo, usandole nella macchinetta del
caffè
che hai nella tua sezione. Unirai così l'utile col
dilettevole: avrai il tuo vizio, ma potrai risparmiare tempo,
restando in sede senza andartene in giro, rimanendo alla scrivania a
lavorare.» E un'occhiata eloquente fu tutto quello
che
ottenne Lestrade prima che lo sguardo guardingo del politico non si
posasse su altri lidi.
«Non
ti troverò sgradevole per la tua ultima insinuazione
Mycroft.
Non ti darò questa soddisfazione. -Dichiarò Greg
per
niente irato, anzi con una vibrante risata a scaldargli il cuore ed
ad imporporargli le guance. -Non dopo che mi hai fatto questo regalo!
Grazie, davvero.- Poi alzò il braccio destro per stringergli
la mano che non ricevette immediatamente e che si premurò di
allacciare con forza una volta ottenuta. -Non credevo che un Holmes
potesse ricordarsi il mio compleanno. E perdonami se faccio paragoni,
penso sia ingiusto da parte mia, però Sherlock da poco
ricorda
il mio nome... e tu mi fai questo bel gesto... umano.
C'è
qualcosa di inquietante- ma ehi, va benissimo così,
eh!»
Scherzò l'ispettore piegando appena la testa in avanti
stringendo fortemente fra le mani il dono ricevuto.
Mycroft
Holmes dovette far capo a tutte le sue buone intenzioni per non
scoppiargli a ridere in faccia per quanto quell'ispettore gli
sembrasse ridicolo e patetico dinanzi ad una stupida convenzione
sociale che a quanto pareva tanto gli premeva: un uomo grande e
grosso, ferito dalla sua vita familiare, sfibrato dal lavoro che
aveva scelto in gioventù che riusciva ancora a sorprendersi
per un gesto così abitudinario, così dozzinale.
Però
fu anche per quella banale gratitudine genuina e profonda, quella
sorpresa sincera che gli lesse in volto senza alcuna
difficoltà,
fu proprio per quella grama emozionalità che gli
ricambiò
la stretta di mano, lui così intollerante ai contatti
fisici,
e si sentì sereno con se stesso per aver deciso di fargli un
regalo e di aver trovato un po' di tempo libero per consegnarglielo
di persona. Non era più solo uno sdebitarsi per la piacevole
compagnia farneticante e senza scopi lavorativi che Gregory gli
offriva, non più solo uno scambio di favori, un prezzo da
pagare, un risarcimento per quel volenteroso poliziotto di Scotland
Yard che aveva cercato di tenergli testa negli anni passati
dichiarandogli quanto non apprezzasse la sua facciata da politico
cortese e manovratore di folle, ma che dopo il tracollo di
Sherrinford gli aveva alleggerito la mente porgendogli un aiuto, no.
Era... era perché lo riteneva corretto. Non stava pagando
l'idiozia comunicativa di un uomo con un dono, bensì aveva
comprato un dono perché trovava sempre più
indispensabile quella comunicazione.
Ovviamente
erano solo fugaci pensieri di un uomo che forse dopo Eurus, dopo
Sherrinford aveva rigurgitato una dose di autocommiserazione non
indifferente che gli giocava brutti scherzi sull'empatia e
l'emotività; pensieri decisamente puerili seppur sempre
più
insistenti. Mycroft decise dunque di congedarsi poiché il
motivo per cui era giunto sulla strada ad est di Scotland Yard dove
Gregory aveva parcheggiato l'auto l'aveva adempiuto e si era
trattenuto anche oltre quello che aveva stabilito nel dover compiere
quell'azione.
«Allora
auguri e arrivederci Gregory. E fai attenzione con la Tequila, domani
non hai il giorno libero.» Si congedò con,
più
che una raccomandazione, una vera e propria ammonizione, infilando le
mani nelle tasche dei pantaloni color grigio ardensia.
«Aspetta.-
Indugiò Greg, il lampione smise di far luce ed entrambi gli
uomini si ritrovano ad una penombra ancor più fitta,
colorata
solo dai riflessi di luci più lontane. -Aspetta.- Ripetette
e
fece un passo avanti sul marciapiede. -Vieni, ti offro una birra. Una
birra- una birra o qualsiasi altra bevanda vendano a The Old
Star².»
E il tono di voce non ammetteva un rifiuto, seppur contornato da una
bonaria inflessione, così comune quando parlava con
Sherlock,
ma decisamente poco avvezza a venir fuori quando c'era di mezzo il
maggiore.
Greg
aspettò però che l'altro annuisse, invece Mycroft
Holmes lo sorpassò in due falcate con un'espressione
abbastanza esplicativa e procedette in direzione del locale.
L'ispettore rimase perplesso per una manciata di secondi di troppo,
poi accelerando il passo lo raggiunse.
«Non
puoi dire sì solo nella tua testa e
sperare che gli
altri lo capiscano!»
«Il
mondo è pieno di pesci rossi, Gregory...»
«
“Il mare è pieno di pesci, Greg.”
Diceva
mio padre. “Il mare è pieno di pesci, fai
le tue
esperienze e cresci.” Ho bisogno di una pinta. E di
salatini!» Il senso della frase poteva definirsi quasi
l'opposto rispetto a quello che aveva affermato Mycroft, ma
semplicemente non aveva voglia di sentirsi dire ancor più
chiaramente quanto fosse un uomo nella media o giù di
lì.
Aveva preferito per questo deviare il dialogo e poi accantonarlo non
appena giunti di fronte al pub al 66 di Broadway.
Mycroft
ammutolì e arricciò appena il naso, entrando dopo
Greg
nel locale, abbastanza affollato e angusto. Di certo non si aspettava
quelle parole dall'ispettore: deviare la discussione certamente,
sentendosi attaccato, ma non quelle parole. Traviare una frase
negativa con un corrispettivo molto più piacevole eppur
adeguato al contesto... scacco alla sua logica veritiera e altezzosa.
«Beh,
buon compleanno a me.- Sussurrò Lestrade accostando il
boccale
di birra vicino al lato destro del labbro senza berne il contenuto.
-Non avrei scommesso una sterlina che saresti mai andato a bere
qualcosa con me, sai.»
«Perché?»
Si allarmò l'altro uomo, alzando il capo che, fino ad un
momento prima, era impegnato nell'osservare il movimento della sua
mano che roteava il liquido dello Jägermeister
nel bicchiere di seconda mano.
«Le
persone, il popolo...- calcò mentre sventolava appena una
mano
in un gesto teatrale. -Il rumore!»
Mycroft
annuì e bevve un sorso del suo amaro:
«È vero.
Allo stesso tempo però avrei potuto accettare non per
l'ambiente, ma per la differente compagnia.»
«Disse
colui che è cliente abituale del Diogenes Club!»
Dovette
rispondere d'impeto Greg perché le gote gli si erano
leggermente imporporate di rosso per il velato complimento, o almeno
lui lo aveva interpretato come tale; ma con Mycroft Holmes non si
sapeva mai e forse quello era stato solo un furbo escamotage per
togliersi dall'impasse di una scelta su cui si era già
pentito.
«Co-fondatore.»
Corresse l'altro.
«Come?»
E finì la seconda pinta che aveva ordinato.
«Sono
co-fondatore del Diogenes Club, non un cliente.» Tenne a
precisare alzando le sopracciglia e stirando le labbra in un sorriso
eloquente.
«...»
Greg smise di rispondere affogando i suoi pensieri nella prima
Tequila della serata. Una grande dote che avevano entrambi i fratelli
Holmes era quello di lasciarlo troppe volte senza parole e...
intimidito. Lui, un ispettore di Scotland Yard con la rassegnazione
nel cuore solo nella sua vita familiare...
«Ero
quasi certo che non avresti più preso la Tequila dopo le due
birre chiare, visto che mi avevi invitato e volevi fare buona
impressione perché ti mette ancora in soggezione la mia
carica
governativa.» Mycroft aveva notato immediatamente come il
dialogo si
era spento ancor prima che si sfiorasse la sciatteria delle
chiacchiere da bar. Avrebbe dovuto esserne contento, ma non lo era
mai con Gregory.
Accadeva
sempre più raramente ormai, certo, e negli anni inizialmente
si era divertito a osservare le sue reazioni così colorite
dopo essere stato messo a tacere con troppa facilità.
Ma
Mycroft non era Sherlock, non parlava quasi mai a sproposito turbando
involontariamente, ne valeva il suo mestiere. E che quindi qualcosa
sfuggisse al suo controllo e che non ne avesse il pieno potere non lo
arrabbiava... gli dispiaceva. Non voleva il silenzio di Gregory e non
aveva il minimo senso che lui avesse troncato così il
discorso
buttando giù un bicchiere di Tequila in pochi secondi.
Lestrade
si morse appena la parete interna della guancia sospirando su quanto
ci vedesse lungo il politico, ma si disse che non era il caso di
essere troppo assoggettati e inquieti solo perché Mycroft
Holmes l'aveva lasciato senza argomentazioni il giorno del suo
compleanno, perciò rispose sincero con una scrollata di
spalle: «Non mi impressiona più da anni la tua
figura,
Mycroft. Al massimo mi incupisce... La Tequila è stata
un'emergenza dove pararmi prima che rimanessi a fissarti a bocca
aperta come uno dei tuoi dannati pesci rossi. -E qui sorrise, ma non
era un sorriso d'accusa, bensì un sorriso genuino. -Puoi
biasimarmi?» Fece tintinnare il bicchiere con quello di
Mycroft
con poca convinzione.
Mycroft
si mosse leggermente a disagio sulla sedia e incrociò solo
dopo un po' lo sguardo dell'ispettore: «Dammi le chiavi della
macchina, le darò al mio autista che parcheggerà
la tua
auto davanti a casa tua pronta per domani mattina. Se vuoi
andarte-»
«Ehi,
ehi non correre! Senti, come prima uscita fra amici in un luogo che
ti mette a disagio... direi che va bene.- Greg marcò ancor
di
più il concetto di rimanere togliendosi finalmente la giacca
e
poggiandola sullo sgabello accanto.- E accetto ben volentieri il mio
stato d'animo perché son fatto così: guardo
partite,
urlo ai miei uomini e mi dà fastidio quando rimango a corto
di
parole. Ma tu non lo fai per offendermi, non negli ultimi tempi
almeno, lo fai perché sei fatto così: autoritario
e
disastroso nei rapporti con i comuni mortali. E se tu accetti il mio
essere... uhm... che dire, un po' scontato... allora io brindo alla
salute del mio pescatore!»
«Sì.»
Questa volta Mycroft si premurò di rispondere prima di
ordinare anch'egli una Tequila. Questa volta Mycroft sentì
per
la prima volta il termine 'amici' riferito alla sua persona senza che
gli procurasse noia.
Sherlock
avrebbe avuto qualcos'altro su cui sogghignare, ma in cuor suo lui ne
era immensamente soddisfatto.
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1:
La divisione H in realtà non so se in data odierna esista
ancora. Era la famosa divisione piena di guai e rocamboleschi crimini
di White Chapel, dove Jack lo squartatore operava. Adorando Ripper
Street non potevo non citarla.
2:
È un pub che si trova a neanche 10 minuti da Scotland Yard.
È
carinissimo, ma angusto e i prezzi sono più che decenti.
Certo
non è uno squallido pub londinese, ma se ce lo vedo Greg da
solo a bere alcolici in una bettola, questo non posso dire di
Mycroft(!)
Buona
sera!
Ve
n'eravate accorti? Ebbene sì, non ho mai scritto il termine
'amico/amici/amicizia'
nei capitoli scorsi, perché volevo
dare
finalmente la terza tappa: stranieri, colleghi/conoscenti, amici. In
realtà forse lo sono da un bel po', ma semplicemente ora
Mycroft tende ad accettarlo.
Sapete
qual è l'ultima tappa? Yo. Bene, benissimo ♥
Spero di
rendere il tutto più naturale possibile. Come vi
è
sembrato questo capitolo? Vi ringrazio per i consigli e le belle
parole delle scorse recensioni e spero ne riceva altre SE vi piace
questa one shot.
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