You'd choose me (In every world)

di Fauna96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Abissi ***
Capitolo 2: *** Sirena ***
Capitolo 3: *** Lealtà ***
Capitolo 4: *** Tradimento ***
Capitolo 5: *** Gentiluomo ***
Capitolo 6: *** Ancora ***
Capitolo 7: *** Morte ***
Capitolo 8: *** Tesoro ***
Capitolo 9: *** Addio ***
Capitolo 10: *** Caffè ***
Capitolo 11: *** Pazzia ***
Capitolo 12: *** Cicatrici ***



Capitolo 1
*** Abissi ***


You'd choose me 
(In every world)

 

Abissi                                                                       Image and video hosting by TinyPic

¡HighSchool AU!
Attenzione: questa storia tratta, anche se in modo molto leggero, una relazione tra un maggiorenne e una minorenne (consenziente).


Non aveva idea di quanto sarebbe andato in fondo. Non ne aveva intenzione; ma il pericolo aveva sempre attirato Jack Rackham e innamorarsi di una sua studentessa era senza dubbio pericoloso.
Il fatto era che non aveva riflettuto, se non quando era troppo tardi, e nonostante tutto, non riusciva a essere pentito. Se fosse stato una persona perbene, sarebbe stato tormentato dal disgusto per se stesso. Se fosse stato una persona perbene, avrebbe troncato da tempo quella storia. Se fosse stato una persona perbene, non l’avrebbe nemmeno iniziata. Ma Jack Rackham, appunto, non era una persona perbene, non quanto lo sembrasse, comunque.
Eppure era cominciato tutto in modo molto innocente. Ricevere a ventisei anni una cattedra di lettere, seppur da supplente, era stato un gran colpo di culo. Ci teneva a farsi benvolere dai suoi alunni e siccome era sempre stato un tipo piuttosto carismatico, non aveva fatto fatica a diventare il prof prediletto.
Però, c’era lei: Anne Bonny. Non parlava né disturbava in classe, anzi;  sedeva all’ultimo banco col cappuccio in testa e ignorava tutto e tutti. Visto che non era passato molto tempo da quando Jack stesso era un liceale, aveva subito capito che tipo era e l’aveva lasciata stare nel suo brodo; almeno fino al primo compito in classe, in cui Anne, pur ignorando completamente le tracce, l’aveva stupito scrivendo uno splendido racconto. Da lì, aveva iniziato a interessarsi a lei, a cercare di vedere sotto il cappuccio e i lunghi capelli rossi. Le aveva prestato libri, si fermava a parlare con lei; e a un certo punto, si erano ritrovati a uscire insieme, anche se Jack non si era mai azzardato a dare un nome a quel.... qualcosa. Non si era fatto troppe domande, si era limitato a godersi la compagnia di Anne, beandosi dei sorrisi che riusciva a strapparle e bevendo ogni sua parola, gesto, espressione. Si era sentito onorato tutte le volte che lei aveva aperto per lui anche solo di uno spiraglio il cuore, e l’aveva amata e l’amava terribilmente.
Anne si mosse accanto a lui e si strinse al suo fianco.
- Fa freddo – mormorò.
Jack la avvolse con le braccia, grato del buio che gli nascondeva il sorriso sicuramente da idiota, nato nell’accarezzare i capelli e la pelle della ragazza, di solito tanto a disagio col contatto fisico.
- Jack.
- Mmm? –
Anne alzò il capo, gli occhi chiari splendenti nell’oscurità. Erano indomiti e profondi come il mare.
- Sei arrabbiato? –
- Arrabbiato? Darling, non sono io la minorenne sedotta -.
- Ma sei tu che finisci col culo in prigione – rimbeccò lei.
Jack arricciò una ciocca rossa tra le dita. – Vero. Ma dato che in questa stanza ci siamo solo io e te, credo che il mio crimine sia ancora al sicuro – cercò nuovamente i suoi occhi. -  Anne. Anche se succedesse qualcosa, non m’importerebbe granché. Io ti amo. –
Lei non rispose ma appoggiò la fronte contro il suo petto.
Forse era stata Anne a gettarlo negli abissi, ma era lui che si era rifiutato di riemergere.
 

Ebbene sì, un altro fandom e un altro OTP. Come se non avessi già due storie da finire. Ma questi due mi ispirano troppo amore, voglio solo che vivano per sempre felici contenti sulla loro nave U.u Anyway, questa sarà una raccolta molto varia e molto incostante temo; questo AU probabilmente è nato dal fatto che vorrei avere anch’io un prof di lettere come Toby Schmitz... Nulla, Anne ha 17 anni e non è affatto una ragazzina innocente, Jack è stracotto di lei e anche se è suo insegnante, pace. Niente di nuovo sotto il sole, alla fin fine.
 
PS: il fatto che Anne non risponda al “ti amo” di Jack è un headcanon abbastanza diffuso su Tumblr e ho deciso di adottarlo, visto che mi sembra abbastanza in linea col carattere di entrambi ovvero Jack è un patatino e Anne non ha bisogno di gridare il suo amore ai quattro venti, non è mica un’hippie.

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Capitolo 2
*** Sirena ***


Sirena

Ogni tanto, Anne canta. Canta solo quando la notte non è illuminata nemmeno da una candela, quando l’unico rumore che si sente è il mare e il cigolio delle sartie della Ranger. Canta vecchie ballate irlandesi, le uniche che sa; sono tutte tristi e parlano di amori perduti, di fughe e viaggi per mare.
Quando Anne canta, Jack resta immobile ad ascoltare col capo sul suo grembo e respira pianissimo, come se temesse che anche il più piccolo turbamento basti a interrompere la melodia.
Anne canta solo quando è davvero tranquilla e senza preoccupazioni; e purtroppo la cosa avviene meno spesso di quanto gli piacerebbe. Solo in quei momenti anche lui si concede di riposare, di mettere a tacere i pensieri e le idee e gli imbrogli che gli ronzano nella mente. Si abbandona sul suo corpo caldo e alla voce bassa, assaporando le leggere carezze fatte con la punta delle dita. Alla fine, si addormenta sempre come un bambino, le note morbide di Anne che lo cullano fino ai sogni.
 


Solo un mio piccolo headcanon, senza ambientazione precisa, per augurarvi buon Natale (se c’è qualcuno che legge ^^) 

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Capitolo 3
*** Lealtà ***


Lealtà

¡HungerGamesAU!

 
- Penso che dovremmo diventare alleati – dice Jack in tono leggero.
Lo degno appena di uno sguardo continuando a imburrare il pane. – Perché? Perché siamo dello stesso Distretto? – mormoro.
- Be’, non solo. Ti conosco e mi fido. Più degli altri di sicuro -.
- No – rispondo secca.
- Perché? -  Jack ha un tono ferito, quasi mi avesse chiesto di uscire insieme e io gli avessi risposto picche. Mi guarda con due occhioni delusi, come uno di quei cani randagi che bazzicano dalle nostre parti. Patetico idiota.
- Perché è solo una presa per il culo. Fare amicizia con chi poi dovrai ammazzare – è la verità. E’ solo un altro fottuto giochetto di Capitol City.
- Anne, non puoi farcela da sola – gli lancio uno sguardo gelido.
- D’accordo, potresti farcela. Ma in due sarebbe più facile -.
Mi alzo e lo lascio lì. Non voglio alleati. Non ne ho bisogno. E soprattutto, non lui.
 
Premo una mano contro il taglio sanguinante lungo la clavicola. Cazzo. In quella posizione non riesco a vederlo bene e in più non ho praticamente niente con cui fasciarlo: ho perso la bisaccia nel fiume e quindi la maggior parte del cibo e delle suppellettili.
Un fruscio al limitare della radura mi fa afferrare la daga, pur restando a terra.
- Anne, sono io! – riconosco la voce e poi la testa arruffata, ma non abbasso l’arma: non sono così ingenua.
Jack emerge dalla boscaglia con le mani abbandonate lungo i fianchi e una sorta di lancia assicurata sulla schiena; ha una guancia scorticata, ma nessun altra ferita evidente. Si ferma a qualche metro di distanza e ci fissiamo.
Mi sorride conciliante. – Vengo in pace -.
Non mi muovo e lui sospira. – Anne, se avessi voluto ucciderti, sarei salito su un albero e ti avrei lanciato un coltello o qualcosa del genere. Ho una buona mira, lo sai -.
- Vero – gli concedo alla fine abbassando lentamente la daga.
Jack si fa avanti esitante, poi si inginocchia accanto a me e accenna alla ferita. – Posso? –
Scrollo le spalle; ha ragione, avrebbe potuto tranquillamente uccidermi già prima. Perché rimandare? Ero distratta e pressoché indifesa. Così espongo completamente la carne al suo tocco. Si morde le labbra, poi fruga nello zaino e ne estrae qualche pezza e bende.
- Forse dovrei cucirlo, ma non ho nulla – ha le dita scorticate, callose per gli ami e le funi, ma leggere e premurose, attente a non peggiorare le cose. – Chi è stato? –
- La stronza del 2 – sbuffo, mentre lui tampona i bordi del taglio.
- Ah, la biondina. Sì, adorabile, non c’è che dire – sospira. – Penso che si infetterà, se non ci mandano qualcosa -.
Mi stringo nelle spalle. – Sei tu quello simpatico e quello intelligente, mi pare –
Alza un sopracciglio. – E’ forse un risposta positiva alla mia proposta? –
Non vedo alternative al momento, a parte crepare, e preferirei arrivare a quell’opzione il più tardi possibile.
- Sai che, quando arriverà il momento, dovrò ucciderti? –
Jack preme una pezza contro la ferita e inizia a fasciarla meglio che può.
- Potrebbe anche succedere il contrario – butta lì e io gli lancio un’occhiata scettico perché sappiamo entrambi che sono molto più abile di lui a combattere, anche con questa ferita. Scoppia a ridere e mi aggiusta la maglia sulla spalla.
Conveniamo che sia meglio passare la notte sugli alberi; notte che arriva quasi senza preavviso, nera e densa. Mangiamo carne secca appollaiati uno di fronte all’altra.
Mi manca il mare: il suo rumore, il suo profumo; odio tutti questi fottuti alberi che sembrano soffocarti togliendoti la vista del cielo. Il mare è molto più sincero, anche quando appare minaccioso. Mi stringo le ginocchia al petto e incrocio gli occhi scuri di Jack, morbidi e seri.
- Manca anche a me – sussurra semplicemente. – Sai – continua – pensavo a quella volta in cui abbiamo pescato insieme quella specie di mostro marino -.
Me lo ricordo anch’io: alla fine, avevamo dovuto stordirlo di bastonate per trascinarlo a riva e aveva ancora abbastanza energia per lottare. Era stato divertente pescare con lui e da quella volta siamo usciti spesso in mare insieme. Sembra una cosa idiota, ma se vuoi conoscere davvero qualcuno, devi andarci a pesca.
- Per questo dico che mi fido di te – dice Jack, come se mi leggesse la mente.
- Anch’io mi fido – rispondo – E’ per questo che non ti volevo come alleato -.
Jack tace; ha il viso in ombra, pensoso, e per un attimo sembra voglia dire qualcosa. Poi risuona un tintinnio ed entrambi alziamo lo sguardo: un paracadute argenteo occhieggia tra le foglie.
Jack mi fa l’occhiolino e si alza per vedere cosa ci hanno mandato. Passando accanto a me, mi toglie i capelli dalla faccia con una carezza.


Chiaramente Jack e Anne sono del Distretto 4, dato che è quello dei pescatori del mare e tutto quanto U.u La biondina del 2 potrebbe o non potrebbe essere Eleanor.

 

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Capitolo 4
*** Tradimento ***


Tradimento
 
¡HogwartsAU!
 
- Esci con una Grifondoro?! –
Jack alzò gli occhi al cielo. – Urlalo di nuovo, forse qualcuno nei sotterranei non ti ha sentito –
Charles lo fissò quasi disgustato e Jack sospirò: a volte sapeva essere così melodrammatico.
- Senti – disse – direi che sono passati secoli dalla faida Grifondoro – Serpeverde. Non c’è niente di male a uscire insieme, anche se siamo di Case diverse –
La faccia di Charles diceva tutto il contrario. Merlino, lo sapeva che sarebbe stato difficile: quella testa dura era piena di pregiudizi da Purosangue Serpeverde e Jack sapeva per esperienza che sarebbe stato più facile spaccargliela che fargli cambiare idea.
A onor del vero, anche Jack era cresciuto in una famiglia Purosangue, Serpeverde da generazioni, ma lui, forse più per dispetto che per altro, andava sistematicamente contro ad ogni idea di suo padre. Doveva ammettere però che uscire con Anne non era stato programmato, anzi: era stato completamente inaspettato persino per lui, ma non perché era una Grifondoro, perché era Anne.
- Mi vuoi dire come diavolo si chiama, almeno? – grugnì Charles.
Jack si schiarì la voce. – E’ Anne Bonny –
Il silenzio calò pesante sulla sala. Il volto di Charles diventò di pietra e Jack tentò un sorriso conciliante che non servì a nulla. Il fatto era che a Charles non era ancora andata giù quella Fattura Gambemolli che Anne gli aveva lanciato un paio di anni prima in corridoio, davanti a tutti, e Jack lo sapeva benissimo. Molto semplicemente si detestavano, anche se Jack aveva notato che in alcune cose erano molto simili. Paradossalmente, Anne aveva più punti in comune con Charles che con lui.
- Lei? – sibilò Charles e Jack dovette ammettere di sentirsi vagamente in colpa, ma ehi! Stavano parlando di uno stupido duello tra ragazzini di anni fa e per quanto Charles fosse il suo migliore amico... Ma in realtà, non si era aspettato una reazione diversa. Chiamò a raccolta tutte le sue doti diplomatiche. – Senti, lo so che non siete partiti col piede giusto, ma sono sicuro che riuscireste a... – no, non a diventare amici – a stare nella stessa stanza senza maledirvi a vicenda – ecco, sì.
Visto che lo conosceva da sei anni ormai, sapeva benissimo che Charles si sentiva ferito, probabilmente persino tradito e a Jack, dato che sotto sotto aveva un cuore di burro, veniva quasi voglia di chiedergli scusa, ma l’amico si alzò e lo lasciò lì con un palmo di naso.
Jack sbuffò e affondò nella poltrona; adesso gli avrebbe tenuto il muso per un mese, poco ma sicuro.
- Chi è Anne Bonny? – John Silver sbucò dallo schienale del divano con un sorrisino.
Jack grugnì. – Piaciuto lo spettacolo, Silver? –
- Uhm, sì – Silver scrollò le spalle. – Sai che ti perdonerà, tanto, vero? –
- Sì, ovvio – Jack agitò la mano. – Comunque, Anne è la Grifondoro del quinto anno che un paio d’anni fa ha spedito Charles col culo a terra davanti a tutti. Per questo la odia -.
- Lei? Quella ragazzina minuscola coi capelli rossi? – John alzò un sopracciglio, palesemente divertito. – Come hai fatto a parlarle e a metterti con lei? Pensavo fosse tipo un Basilico... sai, ti uccide con lo sguardo -.
Jack sospirò, ma non poteva dargli torto effettivamente: Anne sapeva essere davvero spaventosa, pur essendo uno scricciolo di ragazza, e lui era uno dei pochi a non essere intimidito (o meglio, terrorizzato) dal suo sguardo di ghiaccio e dalla sua reputazione in generale.
- Ha deciso lei di uscire con me – ammise. – Nel senso, evidentemente le interesso abbastanza, se no non sarei qui a parlarti tranquillamente – ma affogato nel Lago Nero.
Silver lo fissò quasi pensieroso, poi inaspettatamente scoppiò a ridere. Jack alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
- Amico mio, posso dirti una cosa? – non si premurò di aspettare una risposta. – Sei stracotto!
 

Lo ammetto: ho scritto questa storia prima della seconda stagione (e anche le prossime due) perciò non sapevo ancora che anche Vane shippasse la Jack/Anne (avete visto la 2x03, no?) Per cui, scusa Chaz, ti ho fatto passare per il cattivo, mentre ti stai comportando molto bene in questa stagione u.u Però, ci sta che sia sospettoso riguardo a una Grifondoro e ad Anne in particolare, credo; a proposito di Case, diciamo che la maggior parte dei pirati va in Grifondoro o Serpeverde e Anne, impulsiva com’è, la vedo più nella prima. Silver penso sia il vero Serpeverde e l’ho inserito perché... non so, mi piace pensare che lui e Jack in parte si assomiglino e dunque si rispettino; non sono proprio amici, ma ogni tanto chiacchierano, ecco (sì, sto ignorando la faccenda delle perle, ma se non sbaglio, Jack non sapeva che fosse lui, quindi tutto a posto). Un gigantesco grazie a Angel_Wolf93 che ha recensito *stappa bottiglie di rum* e alla prossima!

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Capitolo 5
*** Gentiluomo ***


Gentiluomo

Pre - Black Sails
You sit there in your heartache
Waiting on some beautiful boy to
To save you from your old ways
You play forgiveness
Watch it now, here he comes
 
He doesn’t look a thing like Jesus
But he talks like a gentleman
Like you imagined when you were young
 
The Killers, When you were young
 

- Perdonatemi, voi siete miss Bonny? –
Anne alza lo sguardo stupefatta. Non perché quell’uomo conosce il suo nome, ma perché le si è rivolto in quel modo, le ha dato del voi e l’ha chiamata miss. L’ultima volta che è successa una cosa del genere, indossava abiti di tulle e se ne stava immobile in saloni soffocanti, ad ascoltare insulse conversazioni forzatamente educate. Ma la tesa del cappello nasconde bene il suo stupore e lei si limita a fare un cenno col capo.
- Posso sedermi? E offrirvi qualcosa da bere? –
Anne si stringe nelle spalle e borbotta qualcosa sul fatto che non c’è nulla che glielo vieti. E intanto lo osserva con attenzione, perché c’è qualcosa in lui che le sfugge. Forse è qualcosa nelle sue parole, nel suo tono, di incredibilmente signorile, che stona con la bettola, il rum e con tutto ciò che Anne ha imparato in quei mesi.
E’ così diverso dai porci bastardi da cui è circondata, persino nel vestire; non che si stia lamentando: se avesse voluto essere circondata da persone eleganti e cortesi, avrebbe tenuto il culo in casa. Ma a volte è difficile venire costantemente trattata o come un animale o come una puttana, e il rispetto che quell’uomo le ha mostrato in una manciata di parole è una boccata d’aria fresca.
Accetta il boccale e lui le sorride. – Mi chiamo Jack Rackham, quartiermastro della Ranger -.
Il nome Rackham le è sconosciuto, ma quello della Ranger... be’, no. Dubita che ci sia qualcuno che non ne abbia mai sentito parlare. Interessante: quell’uomo dunque è il secondo di Charles Vane.
- Come sapete il mio nome? – chiede, più per dire qualcosa che per reale interesse. Jack Rackham le fa un altro sorriso terribilmente affascinante e Anne improvvisamente ricorda di essere una ragazzina sola nascosta dietro abiti da uomo troppo larghi e un cipiglio che si sforza di tenere.
- Siete famosa, ormai, miss Bonny – beve un sorso di vino e fa una smorfia – Cristo, è aceto. Comunque... avete mai sentito parlare dell’abbordaggio della Fortune?
Anne scuote il capo e lui si lancia in un racconto vivace, ricco di colpi di scena e probabilmente inventato per metà, ma non le importa, perché se c’è una cosa di cui Anne è avida sono le storie.
Quand’era bambina, leggeva libri su libri che parlavano di avventure e viaggi e i cui protagonisti erano immancabilmente furbi avventurieri, cavallereschi e coraggiosi, che si definivano gentiluomini di ventura; e gentiluomini lo erano davvero. Poi la bambina è cresciuta e si è resa conto che i gentiluomini esistono solo tra le pagine di un libro, che il mondo è spietato e ostile e nessuno si inchinerà mai di fronte a lei e la porterà via con sé su un vascello traboccante oro.
Ne era convinta fino a un minuto fa, prima che Jack Rackham, quartiermastro della Ranger, comparisse dal nulla. E’ straordinario quanto le sue fantasie di bambina convergano in lui, nelle vesti eleganti, la voce morbida, il tono cortese ma mai affettato... tutto.
Anne è affascinata, stregata da lui e quando, dopo molti altri bicchieri, la bacia, non si ritrae, non allunga la mano verso il coltello per farglielo tenere nei pantaloni come ha già fatto troppe volte.
Per un attimo si chiede se stia facendo la cosa migliore per se stessa. Non dovrebbe fidarsi di nessuno, specialmente di un uomo appena conosciuto in una bettola; ma lui è un gentiluomo, come quelli su cui ha fantasticato...
E’ ancora una bambina ingenua, ammette, lasciando che Jack le sfili la camicia con mani delicate, cadendo sul materasso sfondato che passa per un letto.
Quando riapre gli occhi, Jack la sta osservando con la fronte corrugata; allunga una mano, ma poi si blocca. – Posso? –
Basta quella domanda a rassicurarla, irrazionalmente, certo, ma annuisce comunque e Jack fa scorrere le dita tra le sue ciocche rosse.
- Darling – mormora e sebbene Anne detesti con tutto il cuore i soprannomi, non riesce proprio a dirgli di andare a fottersi e di chiamare così sua madre. – Darling – sul suo viso si apre un sorriso sottile, intrigante e dannatamente bello. – Hai mai pensato di entrare nella ciurma della Ranger?
 



Se i telefilm ti distruggono gli OTP, tu scrivi fan fiction. Bene, ho tenuto il tutto molto vago perché non so se il telefilm ha intenzione di seguire i fatti storici: potrebbero essere a Nassau come da qualsiasi altra parte e non ho nemmeno menzionato il marito di Anne... Insomma, ditemi voi che ne pensate u.u Ovviamente, nella prossima puntata ho letto ci saranno rivelazioni sul loro passato, quindi questa storia non avrà più senso ^^ Grazie mille a Shyel e AngelWolf93 e a voi tutti bucanieri :) Siamo anche riusciti a crearci la nostra sezione xD
 
PS: per chi non conosca la canzone dei Killers è qui. Ascoltatela e ditemi se non vi vengono Rackhanne feelings.

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Capitolo 6
*** Ancora ***


Ancora


Missing Moment pre – Black Sails
 


La prima sensazione quando si sveglia è il calore di Jack contro di lei e il suo respiro calmo. E’ così da molto tempo e lo detesta. O meglio, detesta il fatto che le piaccia sentire il braccio di lui intorno al corpo e sapere che lui è lì, accanto a lei, ancora vivo. Ed è ancora peggio quando scopre che durante la notte si è rannicchiata contro la sua schiena, la fronte premuta sulla sua pelle. Lo odia e odia se stessa per essersi concessa quella debolezza e per non aver mantenuto la promessa che si era fatta: mai permettere a qualcuno di incatenarla di nuovo. Oh, può dirsi quanto vuole che può andarsene quando le pare, che resta con lui perché, certo, le piace, ma soprattutto perché le conviene; dentro di sé, sa che anche se finisse dentro all’inferno, lei lo seguirebbe, in barba a tutta la libertà agognata quand’era una bambina.
Il problema è che lei è sempre stata volubile e incostante, un po’ per temperamento, un po’ per sorte, finché non è arrivato Jack; lui è l’unico che sia riuscito a capirla davvero (forse) e che le abbia fornito qualcosa a cui aggrapparsi nel buio, nel fuoco, nel mare in tempesta.
Si volta piano, per non svegliarlo, cercando nell’oscurità i suoi lineamenti, rilassati e morbidi nel sonno; passa delicatamente le dita tra i capelli arruffati, seguendo le rughe sulla fronte (è vero che pensa troppo) poi appoggia il mento sul dorso delle mani. Ogni tanto ha pensato di andarsene, cercare nuove avventure, tornare a essere libera... eppure non lo fa mai, il che è un paradosso pensando che l’ha già fatto tante volte e la prima era solo una ragazzina ingenua con tanti sogni di libertà.
Improvvisamente si accorge che gli occhi scuri di Jack la fissano, pensosi e offuscati. – Non dormi, darling? –
Ha quella ruga preoccupata tra le sopracciglia di cui Anne sa di essere quasi sempre la causa, così allunga un dito e gliela liscia, senza rispondere. Jack sospira piano e le prende la mano, senza stringere, così che lei possa liberarsi, volendo.
Ma Anne non sa se vuole farlo, perché lei, tutto sommato, è libera, ma ha scelto di restare. Jack intreccia le dita con le sue e sussurra: - Tra poco saremo a Nassau -.
Anne aggrotta le sopracciglia: odia quel posto, odia le persone che ci sono lì; per di più, stare troppo sulla terraferma la rende irrequieta e nervosa e già sa di non avere un carattere facile.
Jack sembra aver letto ogni suo singolo pensiero, perché ride e le posa un bacio sulle nocche. – Tranquilla, darling, non penso che ci fermeremo a lungo. Non dopo che miss Guthrie ha mandato così elegantemente in bianco il nostro capitano -.
Anne non può reprimere un sorriso nel ricordare il litigio con conseguente cacciata a calci in culo di Vane; nonostante la Guthrie non sia esattamente la sua persona preferita, non a potuto che esserle grata per lo spettacolino offerto. Non che si sia mai interessata granché alla tresca tra i due, mentre Jack si era divertito parecchio a rinfacciare al capitano di non essere l’unico a correre dietro a una gonnella.
Senza preavviso si appoggia a lui, il viso contro il suo petto, e Jack resta un attimo sorpreso dal moto di affetto, prima di stringerla, posando le labbra sul suo orecchio. – Annie? –
- Zitto – bofonchia lei e lo sente ridere piano accarezzandole i capelli, mentre si aggrappa  a lui, alla sua pelle percorsa da qualche cicatrice, al suo respiro. E così resta viva.


Era mia intenzione pubblicare subito dopo il finale di stagione, ma tante cose (leggi: studio) hanno deciso diversamente. Ammetto di essere abbastanza soddisfatta di questo momento tra i due, che immagino essere appena prima dell'inizio della prima stagione (oh giorni felici). Però... insomma, a me è piaciuto il finale, sia in generale (livello epicità millemila) sia per questi due idioti. E ora ci restano solo le fanfiction....
Grazie molte a Lyls, Shyel e Red Wind con cui ho passato parecchio a fangirlare :) Alla prossima!

 

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Capitolo 7
*** Morte ***


Morte
 
¡Punk AU!
 
2 Febbraio 1979
 
Un rumore acuto trapanò le tempie di Jack, che gemette, affondando ancora di più il viso nel cuscino. Dannato telefono. Anne si rigirò tra le sue braccia, gli occhi serrati.
Il telefono continuava a squillare, imperterrito, nonostante la mancanza di attenzioni; Jack si arrese, si districò dalle lenzuola e si trascinò fino all’infernale aggeggio.
- Chi cazzo è? – sbottò. – Glen, cosa cazzo... – ammutolì.
Anne si tirò su a metà dal materasso e si stropicciò gli occhi; indossava solo la sua maglia degli Heartbreakers, che le lasciava scoperte le gambe.
- Ok, grazie... per avercelo detto. Io... non credo che riusciremo ad andare a New York, coi soldi e tutto... ci sentiamo ancora, no? Sì, te la saluto. Ciao -.
Jack riagganciò e si passò una mano sul viso in un gesto stanco.
– Sid è morto – mormorò.
Anne aprì la bocca, incredula, e sedette dritta. – Quando? –
- Stanotte. Cristo, era appena uscito... – sedette anche lui sul materasso e Anne gli posò una mano sulla spalla.
- Era fatto, vero? –
- Sì. Io penso... che volesse farla finita. Nancy e la sua morte... l’avevano già ucciso – intrecciò le dita con quelle della ragazza e si girò per guardarla negli occhi – Si sono distrutti a vicenda, alla fine -.
- Io non penso che l’abbia ammazzata lui, sai – sussurrò Anne.
- No – Jack inclinò il capo per guardarla meglio. – Tesoro? Che c’è? –
Anne teneva gli occhi bassi, puntati sulle loro mani allacciate. Non rispose subito, sembrava cercare le parole giuste. Non era mai stata brava a esprimere quel che pensava a voce, così Jack aspettò pazientemente, resistendo all’impulso di sollevarle il mento con un dito.
- Pensano che finiremo anche noi così, sai? –
- Cosa? –
Anne alzò lo sguardo. – Non ci credo che tu non te ne sei accorto. Tutti si aspettano che prima o poi io ti ammazzi, o qualcosa del genere. Come hanno fatto loro due –
Certo che se n’era accorto. Non ci aveva dato molta importanza, ecco tutto. Solo il fatto di restare insieme per così tanto tempo bastava a etichettarli come una coppia anormale in quel mondo: erano sopravvissuti a groupies, musicisti, droga. Sembravano inseparabili, ma anche Sid e Nancy lo erano sembrati, ed ora erano sottoterra insieme. Tutti avevano ricevuto la conferma che l’amore era pericoloso, che l’amore uccideva, come dicevano le loro canzoni.
- Tu credi che finirà così? –
Anne si morse il labbro e allungò una mano per sfiorargli una guancia. – Non riesco a immaginare di farti del male, Jack –
Lui si lasciò sfuggire un sorrisetto. – Lo so che mi vedi come una specie di cucciolo da proteggere, piccola -.
Lo sguardo che lei gli rivolse glielo confermò a pieno titolo. Dio, era patetico che la sua donna lo vedesse in quel modo, ma, come per quasi tutto quello che riguardava Anne, non gli dava poi così fastidio.
Ma che andassero tutti a farsi fottere. Non avevano mai capito né loro né quel che c’era tra loro, così come non avevano capito Sid e Nancy. Non che Jack avesse la presunzione di pretendere di averli compresi, tuttavia aveva potuto quantomeno intuire qualcosa della loro relazione. Ed era spaventosamente simile alla loro.
Il fatto era che senza Anne, lui avrebbe potuto vivere più tranquillamente, ma non voleva farlo. Da quando l’aveva conosciuta, aveva tentato di sedare un centinaio di risse ed era finito al fresco parecchie volte a causa sua e, indovina un po’? non se ne pentiva. Anne lo aiutava a mettere ordine nei suoi pensieri, era la spalla su cui appoggiarsi quando troppe dosi gli annebbiavano la vista.
No, non capivano che una spalla non valeva l’altra. Dubitava l’avrebbero mai fatto. E se anche fosse finito ammazzato da lei, be’, c’erano modi peggiori di morire che per mano della donna che amava.
 



Dopotutto, i pirati erano un po' i punk del loro tempo, quindi mi sembrava appropriato. Se non conoscete la storia di Sid e Nancy o addirittura non sapete chi siano, qui c'è la paginetta di wikipedia. Allora, la mia opinione non vale un fico, ma personalmente non penso che sia davvero stato Sid a ucciderla, soprattutto dopo aver visto un documentario girato dal biografo ufficiale di Sid. Ma ovviamente, questa è solo la mia opinione.
Un grazie speciale a Red Wind, che si è letta la storia in anteprima districandosi tra la mia orribile grafia, e ovviamente ai recensori Hika_chan e Fanny Jumping Sparrow, e tutti voi, cari lettori.
Buon rientro a scuola (per chi deve. Io no, sono una diplomata, posso oziare fino a ottobre. Già) e alla prossima!

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Capitolo 8
*** Tesoro ***


Tesoro
 

[Missing Moment 2x10]
 

- Stai fermo, Cristo! –
- Fa male – borbotta Jack, sforzandosi di non dimenarsi sotto le mani di Anne.
- Lo so che fa male. Ti sei buttato a testa bassa contro un bue grosso tre volte te –
Jack sospira, stringendo i denti mentre Anne gli fascia il petto. Ha una costola rotta, come minimo, e, effettivamente, gli è anche andata di lusso. Soprassediamo sulla faccia, ormai si è abituato a venir pestato, quindi un labbro spaccato non è cosa che lo turbi. Più o meno.
Quanto ad Anne, lei pure è abituata a rattopparlo ed ormai è diventata abbastanza abile a pulire e fasciare ferite e sapeva già cucire (reminescenze di una vecchia vita risultate utili).
Come al solito, lei è pressoché illesa: è troppo veloce perché persino i proiettili possano coglierla; la sua è una danza letale, il cremisi dei capelli che si confonde con il sangue, il luccichio delle spade corte che si riflette negli occhi. Letale e bellissima, e Jack deve ammettere che ogni tanto si imbambola a guardarla, a metà tra l’ammirazione e la preoccupazione. In verità, metà delle ferite nel corso degli anni se le è procurate perché troppo intento a proteggere Anne e non se stesso. Una cazzata, considerato di chi stiamo parlando. All’inizio, Anne si infuriava con lui; ora, si limita a lanciare occhiatacce da sopra le bende.
E’ rassicurante che almeno una fottuta cosa nel loro rapporto non sia cambiata: dopo la battaglia, loro due soli, intenti a ricucire ferite e ripulire lame. Anne ha buttato per terra il cappello e si è persino spostata i capelli dietro l’orecchio per vedere meglio. Osservando i suoi gesti già visti migliaia di volte, Jack sente una sensazione dolceamara stringergli il petto; è la stessa emozione che ha provato svegliandosi quella mattina e scoprendo che, a dispetto di tutto, Anne aveva scelto lui. Gliel’ha appena detto, no? Insieme fino alla morte.
Jack non sa dire se lo ami o no, non l’ha mai saputo dire, in realtà; ma sa che non lo abbandonerà mai e questo è terribilmente bello e doloroso insieme. Ecco quel che succede ad affezionarsi, ad amare, a mettere il bene di una persona sopra il proprio. La maggior parte dei suoi conoscenti gli darebbe dell’idiota, e con ragione; forse solo Charles non lo biasimerebbe.
Anne finisce di tamponargli le ferite e lo fissa con aria critica. – Non hai per niente l’aria di chi ha appena guadagnato un fottuto tesoro, Jack –
Lui le fa un ghigno. – Nemmeno tu, darling -.
Anne fa un gesto noncurante. – Fanculo i soldi, Jack. Sai che non me ne frega nulla. Almeno potremo pagare questi cazzoni, permetterci una nave migliore persino... – il suo sguardo si perde e Jack vede quello che sta immaginando: mare, libertà, potere.
E’ quello che desiderano da quando erano due ragazzini sbandati e squattrinati, tenuti insieme da disperazione, gratitudine e mancanza di scelta. Con gli anni, Jack ha imparato a mascherare lo sguardo affamato dietro astuzie e paroloni (relitti di quando era un signorino) mentre Anne si nasconde dietro occhiate truci e violenza. Be’, a tutti tranne lui, o almeno spera di essere ancora in grado di leggere in quel ghiaccio. Al momento, nonostante l’oro che appesantisce la nave (le navi) si sente terribilmente malfermo, su legno scricchiolante. Forse quell’oro non fa che aumentare la sua insicurezza, anche perché, sinceramente parlando, non sa che farsene, a parte quel che ha già detto Anne. Sì, certo, potrà viziarsi, concedersi un paio di giacche nuove, comprare qualcosa ad Anne, sostituire qualche arredo di dubbio gusto nel bordello. E poi? E’ esattamente come da ragazzo, quando aveva così tanti soldi che finiva per regalarne metà agli accattoni.
- Jack – incrocia lo sguardo di Anne, inconsuetamente dolce e rassicurante. – Si aspettano che tu dica qualcosa -.
Jack annuisce, le sorride e le fa una carezza. Poi recupera il tricorno un po’ schiacciato e cerca di apparire più capitano possibile. Anne alza un angolo delle labbra nel suo sorriso storto.





Ehi, mancano solo venti giorni alla terza stagione! Finalmente! Per la cronaca, avevo iniziato questa storiella in agosto/settembre e l'ho pubblicata ora. I casi della vita. Come avrete capito, è ambientata dopo che Jack e Anne recuperano il tesoro, ma prima che siano tornati a Nassau; il povero Jack mi sembrava un po' sbattuto (come al solito) perciò ecco qua. Un saluto speciale e grato a Fanny Jumping Sparrow, Hika_chan che recensiscono sempre e a Red Wind con cui passo decisamente troppo tempo a fangirlare.
Buon 2016 e buona terza stagione, bucanieri!

 

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Capitolo 9
*** Addio ***


Addio
 

 
[Missing Moment 3x07]
 

Hai chiesto a Max di non farti mai scegliere tra lei e Jack perché pensavi non avresti mai potuto farlo; ma in questo momento, lo trovi fin troppo facile: Max è davanti a te, viva e vegeta, Jack...
Sai quanto Max tenga a te, sai che sta cercando di negoziare per te e per lui; ma Max non capisce l’angoscia che ti morde il petto al solo pensiero di Jack torturato, al pensiero di Jack morto... Non è un combattente, non può incassare per sempre...
Mentre ti allontani da lei, vorresti seriamente piangere, di rabbia, di frustrazione, perché non sai cosa fare; perché ci sono solo due alternative ed entrambe implicano tradire Jack, in un modo o nell’altro.
Il panico ti chiude la gola. Scivoli giù da cavallo, chiudi gli occhi e inizi a respirare lentamente. Quando passa, socchiudi le palpebre, ma non c’è nessun ragazzino allampanato che ti porge la mano insanguinata; no, se non troverai una soluzione alla svelta, tutto il suo corpo sarà coperto di sangue, il suo sangue stavolta, e magari appeso da qualche parte in bella vista.
- Fottiti – borbotti tra i denti, senza sapere bene a chi lo dici: a Max, di nuovo; a Jack, per essere tornato indietro; a te stessa, per essere dannatamente impotente, per non averlo afferrato per il braccio e fermato, cazzo, perché quel lieve bacio che ti ha posato sul cappello aveva l’orribile sapore di un addio.

***

Non le hai detto addio come si deve. Ma lo sapevi, lo sapevi che sarebbe finita male: era una sensazione che ti pungolava mentre la salutavi, mentre percorrevi la strada polverosa. E ora... non la vedrai mai più. Perché qualsiasi cosa Anne decida di fare, non può finire bene.
Davanti agli occhi ti lampeggia il suo viso deluso, spezzato, che di recente hai dovuto vedere troppe volte e che ti sbriciola il cuore, perché l’unica cosa che desideri davvero è la sua felicità.
Una parte di te vorrebbe quasi che Anne fosse rimasta con Max; ma dall’altra non riesci a credere che sarebbe soddisfatta nell’accettare docilmente il perdono e la vita della locandiera: Anne è nata per essere pirata, per avere il vento tra i capelli e il sale sulle labbra; dovrebbe prendere il tesoro e correre via senza voltarsi indietro, ma non lo farà.
Hai usato con Rogers la parola ‘moglie’ perché è quella che una persona come lui avrebbe capito meglio; ma ora sei tu a capire che il matrimonio non arriva a coprire nemmeno metà di quel che c’è tra te e Anne, nel bene e nel male. E lei, dopotutto, aveva ragione a non voler essere tua moglie.
Oh Anne... hai sempre creduto, sperato di morire tra le sue braccia, in maniera molto avventurosa e romantica, come gli eroi dei feuilletons che leggevate entrambi da ragazzini; dovresti aver capito, ormai, che ai cattivi veri non è concesso il romanticismo.





 

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Capitolo 10
*** Caffè ***


Caffè



¡ModernAU! Ispirata alla 3x08
 




Le sembra di essere in ospedale da una vita, quando in realtà sono solo un paio di giorni; due cazzo di giorni e Jack non si degna di svegliarsi.
Charles è passato molte volte, anche se non si ricorda quante; anche Max è passata e tutt’e due le hanno detto di andare a casa, dormire decentemente qualche ora. Anne li ha mandati tutt’e due a fare in culo.
Il dottore,  di cui ovviamente non ricorda il nome, ha cercato di rassicurarla dicendole che il trauma cranico non è grave, che Jack si sveglierà presto; non ha funzionato granché, Anne ha fiducia non nelle chiacchiere ma nei fatti, e neanche molta in quelli.
In quel momento si sta sgranchendo le gambe nei corridoio troppo caldi e troppo bianchi, deserti perché non è orario di visita; davanti alla macchinetta del caffè, però, trova un’altra persona, decisamente né medico né infermiere.
E’ un uomo alto, il mento e le labbra incorniciati da una barbetta rossiccia e gli occhi più duri e più tristi che Anne abbia mai visto; le fa un cenno col capo e dice: - Posso offrirle una tazza della brodaglia che chiamano caffè?
Anne alza un sopracciglio: seriamente? Rimorchiare in ospedale ragazze che non sono infermiere? Ma l’uomo sembra leggerle nel pensiero, perché aggiunge con un sorrisetto: - Non si preoccupi, non ci sto provando. L’ho semplicemente vista spesso qui... al letto del suo ragazzo, immagino. Provarci sarebbe davvero di pessimo gusto.
Anne, invece, non l’ha mai visto, ma considerato che Jack occupa tanto i suoi pensieri quanto i suoi occhi, non è sorpresa; è quasi un sollievo parlare con uno sconosciuto presumibilmente nella stessa situazione, così accetta il bicchierino di plastica e si siede accanto a lui.
- E’ il mio ragazzo – conferma Anne, senza sapere bene perché. – Ha fatto un incidente e non si sveglia.
L’uomo si stringe nelle spalle. – Sì. Ma il medico che si occupa di lui è un mio amico. Howell – inclina il capo verso di lei – E’ un ottimo medico, mi creda. Il suo ragazzo se la caverà.
Anne stringe la mano libera a pugno sul ginocchio. -  Dite tutti così – ringhia tra i denti. – Ma in realtà, non lo sapete. Potrebbe non svegliarsi mai più. O morire. O svegliarsi menomato. E non so cosa sia peggio. Posso solo restare lì a guardarlo...
- Lo so – la interrompe gentilmente lui. Anne sta per rimbeccare aspramente che non è vero, che nessuno di loro lo sa, quindi è inutile che chiacchierino tanto, ma incrocia il suo sguardo. E tace.
- Ho perso le due persone che amavo di più al mondo – sospira l’uomo. – E so bene che la parte peggiore non è perdere qualcuno, ma l’attesa. L’attesa, la paura e soprattutto la speranza. La speranza è la peggiore.
Anne annuisce, improvvisamente incapace di parlare. Osserva per un po’ il caffè nerastro, poi sospira. – Lo conosco da quando avevo tredici anni. Siamo inseparabili da allora. Non... ci siamo messi insieme subito, per nulla, ma... lui c’è sempre stato. E... io potrei vivere senza di lui, ma sarebbe solo una vita vuota. Senza molto senso.
L’uomo annuisce, sempre con quell’espressione gentile che poco si adatta ai lineamenti duri; ad Anne dà l’impressione che in passato, quand’era più giovane, sorridesse molto più spesso... e che ora abbia come perso l’abitudine.
Come se quello sconosciuto avesse sbloccato qualcosa, Anne prende a parlare, senza una ragione; ma chi se ne frega: è uno sconosciuto appunto, non si vedranno mai più in vita loro, non sa nemmeno il suo nome; e proprio per quello è libera di raccontargli quel che vuole.
- Jack è un idiota. Troppo intelligente per il suo bene. Ansioso di... darmi un futuro. Vuole che ci sposiamo – si rigira nervosamente l’anello sull’indice. – Io non credo nel matrimonio e altre stronzate. Avevamo litigato e quando litighiamo, di solito ognuno se ne va per la propria strada a sbollire. E l’hanno messo sotto. Per colpa mia.
- No – dice l’uomo – Non serve colpevolizzarsi, mi creda. Le cose sono andate come sono andate, ma non per colpa sua – si stiracchia, le fa un accenno di sorriso. – Se accetta il consiglio di uno che ne sa poco o nulla... ci sono matrimoni e matrimoni. Non tutti sono male.
Anne annuisce, senza troppa convinzione. Si strofina il palmo della mano sugli occhi: vorrebbe dormire, vorrebbe raggomitolarsi accanto a Jack e sentire la sua voce calma e rassicurante raccontarle storie.
Si alza in piedi e fa un cenno con la testa all’uomo. – Grazie per il caffè.
 








Questa storia è pronta da circa un paio di mesi... lo so, lo so, ma c’è stato lo shock del finale di stagione (e della puntata prima, soprattutto ç____ç) da cui riprendersi. In più, questa è palesemente una scusa per scrivere del rapporto tra Anne e Flint, che mi dà moltissima ispirazione; non so perché, mi piacciono insieme.
Ringrazio come sempre la cara Fanny Jumping Sparrow che recensisce (e sta scrivendo anche lui una bellissima raccolta su questi due) e tutti voi :3 Alla prossima (che forse sarà molto presto)

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Capitolo 11
*** Pazzia ***


Pazzia
 




¡AliceInWonderlandAU!
 


Il Cappellaio è seduto a quel tavolo da un’eternità, non sa se reale o solo nella sua testa: ogni giornata identica all’altra, a sorbire quel dannato tè. Da quando la Regina ha fatto giustiziare Charles, sono rimasti solo lui e il Ghiro, che però passa più tempo alla corte della Duchessa che lì. Ogni tanto compare il Gatto del Silvershire a recapitare un messaggio del Bruco, ma è inutile illudersi: stanno perdendo. E lui sta iniziando a impazzire sul serio.
Sta elucubrando se avvelenarsi il tè lo renderebbe più gustoso (e se servirebbe a qualcosa) quando lei spunta dal sentiero che esce dalla foresta.
La prima cosa che nota sono i suoi capelli: fiamma liquida, che brilla sotto il sole malato di Wonderland. Si fissano per un lungo istante, poi lei marcia decisa per tutta la lunghezza del tavolo ingombro e si ferma proprio di fianco a lui, appollaiato sulla poltrona.
Il Cappellaio sbatte gli occhi, spaesato. Non l’ha mai vista prima, e si ricorderebbe di una ragazza così, eccome.
- Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania? – azzarda lei all’improvviso, mezza esitante e mezza irritata. Il Cappellaio si siede più dritto sul vecchio cuscino e lascia perdere la teiera. – Ti ha mandato il Bruco? –
-... No. Un gatto che sorrideva – risponde lei arricciando il naso. E’ adorabile, si ritrova a pensare il Cappellaio. Anche se, a ben vedere, stringe in mano una daga sporca di sangue.
- Siediti – la invita, cercando freneticamente una tazza pulita. Più facile a dirsi che a farsi: la Duchessa ha ragione, quel posto è un porcile. – Ecco. Tè? –
- Odio il tè – lo informa. – Tu sei il Cappellaio Matto? –
Il Cappellaio annuisce; siccome non sa bene che fare, le versa lo stesso un po’ di tè: chissà che non cambi idea. – E tu sei...? –
- Anne – si è seduta con la schiena dritta, senza lasciare la spada.
- Chi ti attaccata? I Semi? –
- Tipi strani... sì, avevano i semi delle carte sui loro vestiti – il tono di voce esprime tutta la sue incredulità. – Tu... puoi aiutarmi? Quel gatto ha detto che se avevo bisogno di aiuto, tu potevi darmelo... che risolvi i problemi -.
Dannato Gatto. – Aiutarti a fare cosa, tesoro? – le porge un piatto crepato in cui sono sopravvissuti dei biscotti glassati.
- A tornare a casa – risponde Anne, stringendosi nelle spalle. – A Cork -.
Al Cappellaio piace pensare di essere una delle persone più intelligenti e colte di Wonderland, ma non ha mai sentito parlare o letto di questa Cork.
- Ehm – tossicchia – perdonami, non so proprio... – si interrompe, colto da un’idea esaltante e spaventosa. – Non verrai mica... dal Mondo di Sopra? –
Anne esita, aggrotta la fronte. – Non lo so. Non so nemmeno dove sono in questo momento. Sono caduta in un buco e mi sono trovata... qui -.
Il Cappellaio si tormenta i polsini della giacca; cerca le parole giuste. – Anne... nessuno che arrivi da Sopra può lasciare Wonderland senza il permesso della Regina -. Anne alza un sopracciglio, non sa se per il nome “Wonderland” o perché non è impressionata dalla Regina. – La Regina non te lo darà mai questo permesso -.
- E perché? – chiede lei, con una voce quasi di bambina indispettita.
Perché. Perché alla Regina piace mettere i bastoni tra le ruote a tutti, specie se hanno avuto contatti col Cappellaio. Perché sono in guerra e la Regina non vuole mostrarsi debole.
- Perché è pazza e crudele – dice alla fine, optando per la versione breve.
Cade il silenzio. Anne sospira, si lascia scivolare di mano la daga. – Quel... gatto ha detto che qui sono tutti matti. Mi sembra... giusto per una come me stare qui per sempre – sussurra, come parlasse a se stessa.
- Sì, ma non tutti siamo crudeli – inizia il Cappellaio, poi ripensa a quello che ha detto piano lei – Cosa vuol dire “una come te”? –
Anne abbassa il capo e i lunghi capelli le coprono il viso – Non... ero una... insomma, volevano rinchiudermi in manicomio -.
Il Cappellaio non ha idea di cosa sia un manicomio, per quanto intuisca sia una cosa poco gradevole, perciò resta zitto; allunga cauto una mano per sfiorare la sua ed Anne sussulta e lo guarda con due occhioni spaesati, come se nessuno le avesse mai mostrato un gesto di compassione, di affetto. E in quel momento, il Cappellaio manda al diavolo tutto, il Bruco e la Regina e Wonderland intero: la vuole aiutare.
- Ti aiuterò a tornare a casa – le promette; poi ci ripensa: - Sempre che tu voglia farlo davvero -.
Anne lo fissa e si tormenta le mani e non risponde. Poi, all’improvviso, si apre in un sorriso così piccolo ma così dolce che il Cappellaio si ritrova anche lui a sorridere come un ebete.
- Cappellaio. E’ il tuo vero nome?
- Un titolo, più che altro – concede lui stringendosi nelle spalle.
- Non mi piace chiamarti così. Il tuo nome? – insiste con la testardaggine di una bambina.
Il Cappellaio esita: sono anni che nessuno, compreso lui stesso, lo pronuncia.
- Jack. Mi chiamo Jack.
 
 
 
Ed eccomi! Visto che in questi giorni è uscito Alice Through the Looking Glass, col nostro Johnny... Anche se per scrivere questa storiella mi sono ispirata molto alla versione di Syfy, che vi consiglio, dato che sono solo due episodi :)
Mi sono parecchio divertita a scriverla, perciò potrebbe esserci un seguito, se anche a voi è piaciuta. Giusto per completezza: Charles = Lepre Marzolina;
Flint = Bruco;
Eleanor = Regina di Cuori
Duchessa = Max
Ghiro = Fethearstone
E ovviamente, Silver, col suo sorriso, non poteva ch essere il Gatto :) Fatemi sapere se vi è piaciuta e se dovrei continuare! Bacioni (specialmente alla cara Fanny Jumping Sparrow)

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Capitolo 12
*** Cicatrici ***


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[Missing Moment tra la 4x04 e 4x05]
 

Jack si fida di Anne, e questo fatto è incontrovertibile. Si è fidato, nonostante ogni colpo che lei incassasse fosse un colpo a lui; checché ne dicano le poesie, non lo sentiva al cuore, quanto piuttosto nelle viscere, dove in verità fa più male. Era come essere tornato indietro di dieci anni, con la differenza che non poteva alzarsi e tagliare la gola di quel bastardo, ma solo guardare e incassare.
Ha sempre trovato che Anne sia bellissima mentre combatte, anche se coperta di sangue; continua a pensarlo, ma ora gli sembra anche terribilmente fragile nel senso più letterale del termine, tutta ricucita e bendata su un’amaca. Gli occhi sono due fessure color ghiaccio, ma Jack non riesce a stabilire se sia per via del gonfiore o per via di un’occhiataccia. Con tutta probabilità, entrambe le cose.
- Dovresti essere sul ponte a governare la nave – butta fuori lei attraverso le labbra tumefatte.
- Anche il capitano ha diritto a qualche ora di sonno –
- Ma tu non stai dormendo –
- Evidentemente – le stringe la mano, attento alle fasciature sul palmo. Sempre nuove cicatrici.
Anne resta in silenzio per un po’ e Jack pensa che non ci sarebbe nulla di male se effettivamente chiudesse gli occhi qualche minuto, poi lei bisbiglia: - Sono messa così male, Jack? –
- Non facciamola più grave del previsto, tesoro: ci sono ferite mortali che quasi non si vedono, a volte. Queste sono le botte di un bruto che... –
- No, io intendevo – abbassa lo sguardo – mi resteranno cicatrici? In faccia? La sento così.... –
Jack la fissa attonito. Gli sta davvero chiedendo quello? Anne? Se sì, è un terreno maledettamente insidioso, quello su cui si deve muovere.
- Non saprei – risponde, sincero – Ne dubito, non ci sono tagli... ma se anche fosse... – si stringe nelle spalle.
Anne non replica e lui intreccia le dita alle sue. – Anne. Mi conosci così poco da pensare che mi interessi solo il tuo faccino? –
- Non sei tu – sibila – Il problema sono queste... cicatrici – solo che Jack non è più tanto sicuro che si riferisca alle possibili cicatrici guadagnate in quest’ultimo combattimento. Che quel pestaggio così violento le abbia ricordato certe cose, quelle cose da cui lui l’ha portata via?
Jack non sa bene come consolarla: vorrebbe stringerla ma non può, e le parole gli sfuggono dolorosamente. Così le dice stupidaggine che Anne senza dubbio sa già: - Tu mi hai salvato la vita e la faccia, hai salvato la ciurma e hai onorato la memoria di Barbanera. Queste cicatrici... dovrebbero essere trofei, Anne – la guarda e spera che lei capisca che si riferisce anche alle altre. – E... so che non è importante, ma tu rimani la cosa più bella che abbia mai visto. Sempre –
Anne ricambia la sua stretta come può, con il suo palmo tagliato, e lui ricorda un sussurro di più di dieci anni fa di una ragazzina spaventata: “Nessuno mi aveva mai detto che ero bella”.





Forse un poco OOC? Forse. Ma credo sia giusto ricordarci di quanto Anne sia giovane e di quanto abbia sofferto; e poi, avevo già scritto di Anne che cura Jack, quindi questa era d'obbligo, visto che mi hanno persino confermato questo headcanon nella 4x07. (Accidenti, era un secolo che non aggiornavo, eh?)

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