Like Ships In The Night.

di pickingupwords
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutti. ***
Capitolo 2: *** Mary. ***
Capitolo 3: *** James. ***
Capitolo 4: *** Nina. ***
Capitolo 5: *** Remus. ***
Capitolo 6: *** Amelia (parte I). ***
Capitolo 7: *** Amelia (parte II). ***
Capitolo 8: *** Lily (parte I) ***
Capitolo 9: *** Sirius. ***
Capitolo 10: *** Lily (parte II) ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Tutti. ***


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Tutti.





Erano le undici meno un quarto del primo settembre 1977 e il binario 9 e ¾ era affollato più che mai: ogni ragazzo salutava i propri parenti, gli amici ritrovati dopo tre mesi di forzata lontananza e di lettere scritte ogni settimana; quelli che avrebbero dovuto affrontare il primo anno salutavano i genitori continuando a sentire e risentire le stesse raccomandazioni fino allo sfinimento; i ragazzi più grandi, invece, sorridevano contenti di tornare in quella che loro chiamavano, ormai, ‘casa’: Hogwarts, era, difatti, non solo una scuola, ma una vera e propria casa, un rifugio dove non ci si poteva non sentire al sicuro. I ragazzi dell’ultimo anno, al contrario, erano elettrizzati e malinconici, timorosi degli esami finali, ma speranzosi in quell’ultimo, meraviglioso anno che quella stupenda scuola aveva in serbo per loro.
Piano a piano, tutti salirono sul treno e si riversarono negli scompartimenti, salutando con la mano i genitori ancora una volta, che continuarono ad urlare raccomandazioni all’aria.
Appena partirono, iniziò a farsi spazio un chiacchiericcio generale: aspettative e timori per l’anno che li aspettava, speranze nel trovare finalmente il mago giusto o la strega giusta, le future partite di Quidditch e le risate che ormai iniziavano a farsi spazio in quel giorno ancora soleggiato di settembre.
L’allegria generale era palpabile nell’aria, la felicità di tornare ad Hogwarts e di passare tutto il tempo possibile con i propri amici non lasciandosi perdere nessuna opportunità.
Ecco, appunto, l’allegria era dappertutto tranne che in uno scompartimento: Lily Evans, era, difatti, alle prese con uno dei suoi sproloqui su quanto fosse odioso James Potter, oltre che per le solite cose, anche perché l’aveva abbracciata appena l’aveva scorta fra la folla, facendola imbarazzare e non poco, dato che i suoi genitori erano presenti e stavano salutando la figlia; era diventata più rossa dei suoi capelli e l’aveva guardato in cagnesco, cosicché lui le aveva sorriso appena per poi filarsela a gambe, con il rischio di prendere una frattura da parte di una (leggermente alterata) Lily.
Alice osservava l’amica e resisteva dal darsi la valigia sulla testa ripetutamente, ma rifletteva allo stesso tempo sul fatto che forse sarebbe stato meglio darla in testa a Lily, così almeno non sarebbe più stata costretta a sentire le sue noiose lamentele; Mary non le prestava nemmeno attenzione, ormai abituata alle solite parole che l’amica riservava per James; Emmeline l’ascoltava comprensiva e faceva cenni d’assenso ad ogni sua affermazione. Fortunatamente, il tutto fu interrotto da una Amelia dai capelli più disordinati del solito, che entrò trafelata nello scompartimento delle amiche, facendo sospirare di sollievo Alice e Mary, che non avrebbero resistito più molto a lungo e facendo lasciare a metà l’ennesima maledizione che Lily stava rivolgendo al suo più grande nemico.
“Oh, grazie al cielo!” fu l’esordio di Alice, la quale si beccò un’occhiataccia da Lily, ma non vi fece troppo caso e andò ad abbracciare Amelia, per poi osservarla più attentamente da vicino. “Tesoro” iniziò infatti, le ciglia inarcate. “Ma come ti sei conciata?” chiese osservando i suoi capelli che erano ormai un disastro.
La ragazza scosse la testa sconsolata e salutò le altre amiche con uno dei suoi migliori sorrisi. “Ho corso, Alice cara” rispose poi sedendosi.
“Immaginavo” disse Mary, si scostò i capelli neri ricci e folti. “Non ti ho vista al binario in orario”
Amelia scosse la testa. “Esatto, non ero lì” disse in un sospiro confermando le parole dell’amica.
“Che è successo?” le chiese la dolce voce di Emmeline.
“Oh, James” scosse una mano noncurante l’altra, come se quell’affermazione potesse spiegare tutto e Lily si corrucciò in viso.
“A questo proposito, sai che cos-…” iniziò a dire, ma fu interrotta dalle lamentele delle amiche, che la costrinsero a zittirsi, sfinite da quel precedente quarto d’ora; Lily allora si sedette portandosi le braccia al petto, fingendosi profondamente offesa.
Amelia le guardò interrogativa, ma non osò dir nulla per paura di scatenare una qualche ira sconosciuta. “Comunque” riprese sicura alla fine, anche se piuttosto stupita da tutto quel trambusto. “Io e Sirius dovevamo fargli uno scherzo, niente di che, ci ha pure scoperti, quel ragazzo è davvero intelligente in materia: ha occhi ovunque; è lui il motivo del mio ritardo, mi ha tenuta per tutto il tempo in ostaggio contro il suo –e mio- migliore amico, scagliando finte e ridicole minacce all’aria, tanto che Sirius non era per nulla preoccupato per me, anzi, se la rideva beatamente, quel bastardo” sospirò sconfitta.
Alice ed Emmeline alzarono gli occhi al cielo, ormai le malandrinate di Amelia in compagnia di Sirius erano cosa risaputa; avevano iniziato al secondo anno e nulla era più riuscito a fermarli, erano come fratello e sorella, provavano un grande affetto l’uno per l’altra, ma questo non era mai sfociato in qualcosa di più: non erano mai riusciti a spiegarsi come, ma non si sarebbero mai visti come qualcosa di più di semplici amici –e questo gli altri lo sapevano bene-, nonostante il loro forte legame; un legame che si era consolidato nel tempo e che nulla avrebbe mai potuto scalfire, Sirius teneva moltissimo ad Amelia, era stata l’unica ragazza a cui aveva dato il permesso di libero accesso ai suoi fantasmi, perché sentiva che lei era diversa e che non l’avrebbe mai e poi mai tradito, per lui era un malandrino del sesso opposto, una del suo gruppo. Era naturale, per Sirius, che lei sapesse, che lei lo conoscesse, non sapeva spiegarsi come mai, data la sua infinita diffidenza verso chiunque non si chiamasse Remus o Peter o, in particolare, James, ma qualcosa l’aveva spronato a confidarsi, ad essere se stesso, a liberarsi di tutti i suoi scheletri nell’armadio con lei; lui aveva sentito sin dal primo momento che era una persona di cui fidarsi. E anche se i suoi modi a volte troppo istintivi di reagire lo spiazzavano, non riusciva a non pensare che senza di lei non sarebbe stato al punto in cui si trovava in quel momento, perché le doveva molto, senza di lei e senza James non avrebbe sicuramente superato tutto quello che gli era successo. Le era così tanto legato che l’aveva presentata a tutti gli altri con grande orgoglio e quelli, anche se stupiti, non avevano esitato a conoscerla e a diventarle, inaspettatamente, amici in modo tempestoso.
“Se ci fossimo state noi ti avremmo difeso a dovere” ridacchiò Mary scuotendo la testa.
“Oh, ne sono sicura” rise a sua volta lei.
Amelia aveva conosciuto Lily, Alice, Mary ed Emmeline grazie a James al terzo anno e gliene era assolutamente grata, visto che in loro aveva trovato molto più che delle semplici amiche, ma delle confidenti, delle sorelle, delle persone che ci sarebbero state sempre e comunque, in qualunque caso; nonostante l’affetto che queste provavano a vicenda fosse consolidato da più tempo, non avevano vacillato di fronte all’idea di una nuova amicizia: era successo un giorno di Novembre, James stava facendo i suoi soliti sproloqui ad una parecchio seccata Lily e Amelia, a vederla in quelle condizioni di assoluta impotenza, aveva deciso di aiutarla a toglierlo di mezzo, portandolo con una scusa in Dormitorio e quando Lily la rivide in Sala Comune la ringraziò infinitamente ed iniziarono a parlare spontaneamente, di tutto e di nulla, aveva trovato una migliore amica in Lily, qualcuno che la faceva sentire al sicuro sempre e comunque; era iniziata così la loro amicizia, con un salvataggio. “A questo proposito…” continuò Amelia, che sembrava la più loquace in quella soleggiata mattinata del primo giorno. “Ho detto a James di fare un giro di qui, se vuole”
Lily a quelle parole si catapultò su di lei. “Tu hai fatto cosa?” le puntò un dito contro.
La ragazza restò pietrificata dalla reazione a dir poco esagerata dell’amica e non riuscì a proferir parola.
“Lily, tesoro, calmati” la esortò Alice.
“Io? Calmarmi?” la sua voce era uno strillo. “Devo per caso ricordarti che mi ha appena fatto fare una figura orribile di fronte ai miei genitori?”
“Oh, Evans, mi piaci quando ti arrabbi” la voce sarcastica di James giunse forte e chiara alle sue orecchie, tanto che lei dovette trattenersi dallo scagliargli contro una maledizione senza perdono, si girò verso di lui con una lentezza agonizzante.
“Sono venuto qui, mia Evans” annunciò. “In compagnia dei miei compari” e fece un cenno agli amici. “Per prenderti con me e portarti nello scompartimento dei Prefetti, oh dolce e soave Evans, dato che, a meno che la memoria non m’inganni, dobbiamo filarcela e andare subito altrimenti la McGranitt ci ammazza tutti e due in un colpo solo” concluse, un tono leggermente spaventato all’idea delle malefiche potenzialità della professoressa di Trasfigurazione.
Lily si portò una mano sulla fronte con veemenza. “Come ho fatto a dimenticarmene!” quasi urlò, profondamente delusa da se stessa e corse a mettersi la divisa; tutti scoppiarono a ridere, divertiti dalla sua reazione.
“Mia dolce meraviglia che cerca di uccidermi di prima mattina!” esordì poi James rivolto ad Amelia, solito alle esagerazioni, per poi schioccarle un sonoro bacio sulla guancia, al che, lei rise. Il ragazzo salutò le altre con altrettanta enfasi, mentre Sirius si avvicinava furtivo verso Amelia.
“Sei sempre meno brava con gli scherzi, Williams, stai perdendo colpi, mi sa che è meglio se lasciamo da parte la nostra alleanza per un po’” le sussurrò all’orecchio riferendosi allo scherzo che avevano teso a James quella mattina, senza però portarlo a termine.
Lei roteò gli occhi per poi tornare a fissarlo con le sopracciglia inarcate. “E’ una minaccia, Black? Perché con me non attacca”
Lui rise di cuore e l’abbracciò. “Non potrei mai minacciarti, bambolina, lo sai” disse scompigliandole i capelli.
“Sirius, ti prego, vuoi lasciarla stare?” intervenne a quel punto Remus mentre Lily tornava di tutta fretta, riuscendo però a dare un bacio di saluto sulla guancia a quest’ultimo, suo grande amico da sempre e prendendo James per un braccio trascinandolo con sé, mentre lui esclamava un: “Evans, so che non riesci a resistermi, ma vacci piano!” causando le risate di tutti.
“Cos’è? Sei geloso, Lunastorta?” alzò un sopracciglio Sirius dopo essersi ripreso dalle risate causate da James, rivolto all’amico, stringendo –se possibile- ancora di più la presa su Amelia.
“Veramente sono preoccupato per la sua incolumità” rispose l’altro a tono, inarcando a sua volta un sopracciglio. “Amelia, stai bene?” chiese poi rivoltò alla ragazza, che annuì con un sorriso.
“Alla grande, John” e alzò un pollice rassicurante.
“Ora però lasciala, Sirius, voglio abbracciarla anche io” annunciò Remus portandosi le braccia al petto.
“Non se ne parla” ribatté l’altro protettivo.
Il ragazzo si fece scioccato e spalancò le braccia. “Cosa?” domandò scandalizzato.
“Sirius, mi stai soffocando” riuscì a dire Amelia a mezza voce, facendolo ridere.
“La prendo come un’offesa personale, Amy, sappilo” l’avvertì allontanandosi, mentre Remus la raggiungeva, finalmente, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Ciao, Amelia” la strinse a sé delicatamente e lei sentì il cuore accelerare e il pavimento crollarle sotto i piedi; era l’unico che la chiamasse per intero: Amelia, mentre lei aveva preso l’abitudine di chiamarlo con il suo secondo nome: John.
“Ehi” riuscì a dire, pur essendo senza fiato, sciogliendo l’abbraccio. “Come va?”
Lui fece spallucce, tenendo le mani appoggiate sui suoi fianchi sorridendole e lei non poté che ricambiare. “Sto bene e tu?”
Mai stata meglio, avrebbe voluto rispondergli. “Alla grande” annuì come a confermare la sua risposta e lui le sorrise ancora per poi andare a salutare le altre, lasciandola con il respiro mozzato.
La sua cotta per Remus John Lupin andava avanti da –più a meno- il primo giorno in cui l’aveva incontrato: aveva amato il suo modo di sorridere e la sua gentilezza, il suo modo di scompigliarsi i capelli e di gesticolare; ciononostante, lui non sembrava per nulla dello stesso avviso, l’aveva sempre vista solo ed esclusivamente come un’amica fidata, su cui poter contare, anche se le nascondeva il suo più grande segreto. Era così terrorizzato all’idea di perderla svelandoglielo, che lasciava perdere e si concentrava solo ed esclusivamente su di lei, lasciando che le risate che facevano insieme gli facessero dimenticare ogni pensiero tabù, lasciandosi coinvolgere dall’innata capacità di Amelia di farlo sentire sempre a proprio agio, adeguato a tutto, gli faceva dimenticare quello che davvero era: un mostro.
Qualcuno aveva assistito alla scena avvenuta tra Remus e Amelia, con il viso corrucciato. Mary, difatti, aveva osservato attentamente il modo in cui le mani del ragazzo si posavano leggere e senza pretese sui fianchi di lei, come le sorrideva e come l’abbracciava: con lei non l’aveva mai fatto; era così concentrata sui  suoi pensieri che non si accorse nemmeno che proprio il ragazzo in questione le rivolse un saluto, molto più distaccato di quello rivolto ad Amelia. Le sorrise appena e lei ricambiò, ma lui le sfuggì subito via richiamato dall’entrata in scena di Frank Paciock e della furiosa corsa di Alice verso il suo amato.
“Oddio” disse in una smorfia disgustata Sirius.
“Già” confermò con la stessa espressione Amelia.
“Sono adorabili” commentò invece Emmeline, da sempre la ragazza più dolce del gruppo.
“Sono d’accordo” l’assecondò Remus, che si beccò occhiate di sbieco da parte di Sirius ed Amelia, che inclinarono il capo nello stesso momento per poterlo vedere meglio e trasmettergli tutta loro disapprovazione; Remus rise a causa delle simbiosi che caratterizzava i due amici.
Mary, che gli era vicino, lo osservò ammirata: adorava il modo in cui rideva.
“Siete solo invidiosi!” esclamò Alice rivolta agli altri, lanciandoli sguardi velenosi.
“Mai stata più gelosa di così in vita mia” disse con palese sarcasmo e una smorfia sul viso Amelia, che, pur essendo una ragazza ed amando l’amore come solo ogni ragazza sa fare, era sempre stata particolarmente riservata, forse era per quello che aveva legato molto a Sirius: erano davvero simili da quel punto di vista; e quest’ultimo annuì alla sua affermazione, convinto.
“Nemmeno io, piccola Alice. Frank è tutto tuo” e diede qualche pacca sulle spalle all’amico.
“Ah, vorrei ben vedere” ribatté l’altra imperterrita, lanciandogli di tanto in tanto qualche occhiataccia.
Finalmente si sedettero, Alice in braccio a Frank, al suo fianco Peter e Mary seduta affianco a quest’ultimo, di fronte a lei c’era Remus, non adagiato però sui sedili, dato che aveva ceduto il suo, da buon galantuomo, ad Emmeline, rimasta precedentemente senza posto a sedere, vicino a lei un Sirius palesemente soddisfatto di avere le gambe di Amelia stese sulle sue, la quale era sdraiata e occupava due sedili, in ordine: il suo e, appunto, quello del ragazzo.
Iniziarono a parlare e ridere fra di loro, ma quando la pace a l’equilibro sembravano essere ormai giunti nello scompartimento, la porta si aprì con uno scatto e una ragazza dalla pelle pallidissima con lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo, le labbra grandi rosee e gli occhi azzurro chiaro li lanciò un’occhiata annoiata, che loro ricambiarono con sguardi interrogativi.
“Tutto regolare?” chiese alla fine questa con un’aria da funerale.
“Scusa?” domandò Emmeline, gentilmente.
La ragazza si indicò la spilla da Prefetto con la bacchetta, “Nina Clarks, Prefetto dei Corvonero insieme ad un altro ragazzo di poca importanza” si annunciò sventolando una mano a mezz’aria e, dopo aver accertato che fosse tutto a posto, sotto gli sguardi abbastanza sconvolti degli altri, fece per andarsene e lasciare finalmente quell’incarico noiosissimo, quando una chioma di capelli rossi la bloccò.
“Nina!” esclamò Lily avventandosi su di lei per abbracciarla, sotto gli sguardi sempre più stupiti degli amici.
“Lily, finalmente, dov’eri?” chiese lei con la stessa enfasi l’altra, colta di sorpresa. “Pensavo avessi detto addio alla scuola e ti fossi lasciata andare ad uno spasso sfrenato di letto per procreare parecchie mini copie di te insieme a Potter”  ammise suscitando l’ilarità di Sirius, che non seppe contenersi e scoppiò in una risata a dir poco esagerata, mentre Remus e Amelia, seppur divertiti, seppero darsi un contegno e cercarono di calmare il ragazzo che ormai aveva perso il controllo.
Nina non aveva buttato la sua affermazione a caso, perché, oltre che gran sostenitrice della coppia James e Lily, non li aveva visti nello scompartimento dei Prefetti, erano gli unici a mancare e, facendo due più due, aveva applicato il suo ingegno arrivando, però, alla conclusione sbagliata.
Lily le lanciò un’occhiata mentre James le raggiungeva ignaro e tranquillo. “Nina” salutò con il suo solito grande sorriso. “Come andiamo?”
“Oh, benissimo” rispose lei guardandolo allegra. “E’ Lily che è un po’ scossa, qui” e lanciò un cenno malizioso all’amica.
“Eravamo solo in ritardo, Nina!” protestò quella esasperata.
“Chissà perché...” aggiunse la ragazza sempre con un tono carico di malizia; James si guardava attorno assolutamente sperduto, senza sapere come comportarsi in quella situazione che, a quanto pareva, era parecchio scomoda e sempre più convinto di essersi perso qualche pezzo fondamentale della conversazione.
“Ehi, Nina” qualcuno la chiamò da dietro, qualcuno che lei riconobbe immediatamente con Danny Simons, l’altro Prefetto della sua Casa.
“Danny” fece un sorriso forzato lei, girandosi.
“Ti stavo cercando”
“Io no” disse lei fra i denti, facendosi udire solo da Lily, che trattenne una risata. “Davvero?” chiese poi rivolgendosi al ragazzo fingendosi sorpresa.
“Certo, sto andando nel nostro scompartimento e ho pensato che…”
“Hai pensato male” lo interruppe Lily, cingendo Nina per le spalle. “Lei si ferma qui con noi, nulla di personale, dobbiamo fare qualche chiacchera” e sfoderò uno dei suoi più falsi sorrisi.
“Oh, capisco” disse Danny mostrandosi particolarmente confuso. “Beh, allora… Ci vediamo” sorrise appena e si allontanò, seguito da un: “A presto” di Nina, che appena lo vide ormai distante, tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie, Rossa” le disse portandosi una mano sul cuore. “Non dimenticherò mai questo prezioso gesto che hai fatto per me, mai” si finse commossa e Lily stette al gioco, rincuorandola con un dolce sorriso pieno di pietà. “Per te tutto, amica, quello non si può proprio vedere” e l’abbracciò, per poi scoppiare a ridere seguita a ruota dall’altra.
Nel frattempo, i ragazzi nello scompartimento e James, avevano assistito al tutto come se stessero guardando uno di quei film babbani, non perdendosi nemmeno una battuta, parecchio interessati all’evolversi delle vicende. Tanto che Nina quando entrò nello scompartimento, si era quasi dimenticata della loro presenza e li guardò come se non li avesse mai visti in vita sua.
“Ragazzi, lei è Nina” la presentò Lily agli altri e le disse i nomi di tutti, rendendoli partecipi di come si fossero conosciute per caso, l’anno prima, in biblioteca, perché a tutte e due serviva lo stesso libro, di come avevano iniziato a parlare e di come fossero diventate amiche, di come gliene aveva parlato così poco perché non ce n’era mai stata occasione e di come avevano accolto con grande entusiasmo l’annuncio che lei sarebbe diventata Prefetto, entusiasmo che, purtroppo, si era spento per Nina quando aveva scoperto il suo socio: Danny, appunto. Ragazzo profondamente noioso e che le faceva la corte dal secondo anno, senza mai arrendersi, una specie di James Potter Corvonero, tanto che Lily si sentiva presa in causa quando accadevano episodi di tentato abbordaggio, perché era consapevole di come l’amica si sentisse.
Nina fermò lo sguardo in particolare su Sirius, i suoi occhi grigi l’attiravano come una calamita. “Piacere” disse infine rivolta a tutti, dopo che Lily ebbe finito le presentazioni.
“Un posto per noi lo trovate o cosa?” domandò quest’ultima imbronciata.
Amelia si diresse subito in braccio a Sirius, senza esitazioni. “Qui è libero” annunciò poi indicando il sedile su cui era sdraiata precedentemente.
“Ma è perfetto, Evans!” disse entusiasta James. “Siediti sulle mie gambe, starai comodissima, assicuro” alzò le mani all’altezza della testa.
Lei per tutta risposta fece una smorfia per poi rivolgersi all’amica. “Mi siedo in braccio a te” le disse e lei annuì, convinta, per poi prendere posto seguita da Lily.
“E io?” domandò con un finto tono risentito James.
“Per terra, Ramoso, c’è molto posto vicino al mitico Lupin” gli fece un cenno Sirius che lui ricambiò una smorfia e si sedette di fronte a Remus, notando qualcosa a cui nel corso della mattinata non aveva fatto caso: una cicatrice si estendeva sulla sua guancia, lo guardò di sottecchi e poi rivolse uno sguardo preoccupato a Sirius che ricambiò; erano sempre stati vicini al loro amico, ma il fatto di sapere che in estate avrebbe dovuto cavarsela da solo, li faceva andare in bestia. Volevano bene a Remus, era come un fratello, e vederlo ridotto in quello stato era la cosa peggiore che potessero vedere. Portava ancora qualche segno dell’ultima luna anche nei movimenti: erano estremamente deboli.
Amelia notò quell’inaspettata tensione e si rese conto anche lei della cicatrice del ragazzo, a cui prima non aveva fatto caso, probabilmente perché era spesso abituata a vederlo con qualche graffio sul viso: era maldestro, lo sapeva, gli capitava di cadere o scivolare e procurarsi qualche botta, lo conosceva, sapeva che era per quello; ma lo sguardo che Sirius e James si erano scambiati era carico di preoccupazione e lei lo captò senza comprenderne appieno il significato.
Il ragazzo intercettò gli sguardi indagatori degli amici e li rassicurò con un cenno del capo, farli preoccupare il primo giorno di scuola non era esattamente quello che aveva pensato di fare; Mary, nel frattempo osservava Remus, senza nemmeno essersi accorta del taglio sulla guancia e lanciava occhiate di sbieco ad una Amelia intenta nella sua stessa attività, ma ancora per poco, perché quest’ultima fu scossa da un colpo di tosse di Sirius, che la fece sobbalzare, lasciando a Mary l’esclusiva su Remus, con un sorriso soddisfatto.
Sirius, d’altro canto, non aveva tossito per caso, ma appunto per riscuotere l’amica da quello stato di trance.
“Tutto bene?” le sussurrò all’orecchio.
Lei annuì distrattamente, per poi incastrare gli occhi ai suoi e lanciandogli un sorriso rassicurante.
Sirius sapeva della cotta -che ormai non sembrava più una vera e propria cotta, ma, bensì, qualcosa di più- della sua migliore amica: gliel’aveva confidato, com’era naturale che fosse.
Nello stesso momento Nina era stata parecchio attenta agli atteggiamenti delle persone in quello scompartimento: lo faceva sempre, tenere sotto controllo la situazione. Era un’osservatrice, lo era sempre stata: captava ogni piccolo movimento e ogni sguardo, rendendosi pienamente conto della situazione senza chiedere e capiva i comportamenti delle persone grazie ad una parola, ad un gesto. Quando finì in Corvonero non si stupì per nulla, non aveva mai sperato in un’altra Casa, sapeva che quella sarebbe stata quella giusta. Aveva visto come James aveva passato gli ultimi minuti ad osservare Lily interrottamente senza curarsi del resto del mondo, completamente rapito dalla ragazza; aveva visto come Mary osservava Remus e lo osservava come un obbiettivo da raggiungere, ammaliata dalla sua bellezza; aveva fatto caso a come, invece, lo guardava Amelia: come se fosse la ragione di ogni suo sorriso. Aveva notato come Remus, invece, evitava accuratamente lo sguardo di chiunque e come Sirius teneva Amelia stretta a sé, come se fosse la sua isola in mezzo ad un oceano infinito, come se senza di lei sarebbe stato perso; stette attenta a come Lily parlava senza mai fermarsi per non pensare e come Alice e Frank si estraniassero dal mondo circostante; aveva visto come Peter stesse in disparte per non attirare l’attenzione: troppo timido anche solo per farsi sentire respirare.
E notò che c’erano un sacco di problemi irrisolti e che nessuno si preoccupava di sistemarli, di disfare i nodi che ormai erano lì da troppo tempo; e capì che prima o poi la bomba sarebbe scoppiata: era inevitabile.
E si ritrovò a pensare che non avrebbe voluto trovarsi coinvolta quando sarebbe successo.
 
***
 
“Se avessi mangiato ancora saresti esploso”
“Ah, piantala, Sirius Black non esplode mai”
“…purtroppo”
“Ehi, attento a come parli, Ramoso”
“Per una volta vorrei davvero vederti senza più aver le forze di mangiare”
“Questo non succederà mai, egregio Lupin e sai perché?”
“Perché, di grazia?”
“Perché amo il cibo più di qualunque cosa”
“Più della tua chitarra babbana?”
“No, quella non si supera” disse Sirius mettendo fine alla discussione e stendendosi sul letto del Dormitorio con eleganza. “Ah, finalmente a casa” sospirò in un sorriso.
Restarono in camera ancora per un bel po’ di tempo, facendo di tutto per far arrabbiare Remus e cercando l’approvazione di Frank, il quale dopo poco tempo,  era filato via da Alice, ‘per stare un po’ insieme dopo tutti quei mesi senza essersi visti’.
“Abbiamo un Frank in astinenza, qui” commentò malizioso Sirius e quello gli lanciò un’occhiataccia, mentre Remus gli scaraventò un cuscino contro.
“Guarda che non tutti prendono le relazioni in quel modo, Felpato” lo ammonì, mentre quello si metteva seduto e gli rilanciava il cuscino, che l’altro schivò senza troppi problemi, al che, Sirius fece una smorfia.
“Abbiamo quasi diciotto anni, suvvia, Frank, è inutile che menti sulla tua castità” proseguì James dando man forte all’amico, che annuì convinto.
Remus, a quelle parole, roteò gli occhi in un gesto così esasperato che gli amici pensarono potessero uscirgli dalle orbite; Frank continuò comunque ad ignorarli e dopo essere andato in bagno a darsi una sistemata, uscì con un sorriso allegro sulle labbra, salutò e non si fece più vedere per il resto della serata.
I Malandrini, restati soli, si raccontarono le vicende estive, evitando accuratamente l’argomento ‘lupo mannaro’ e scherzarono fino a mezzanotte, facendo baldoria e ridendo come solo loro insieme sapevano fare.
Erano una famiglia, una vera famiglia; si erano trovati quando rischiavano di perdersi e si erano aiutati a vicenda, avevano dato il maggiore supporto a Remus e tutti i possibili consigli a Sirius; si erano salvati a vicenda senza nemmeno rendersene conto. C’erano sempre stati l’uno per l’altro e nessuno mentiva a nessuno, non c’erano segreti, fra i Malandrini; erano quattro, ma era come se fossero una cosa sola.
Giunta mezza notte i compari si alzarono prendendo la Mappa e uscirono dai Dormitori furtivi, evitando accuratamente di farsi scoprire, ma ognuno era dove doveva essere, dopo essere andati nelle cucine a far scorta di cibo, uscirono in cortile, avvolti ognuno da una coperta e si stesero sul prato, a guardare le stelle.
Era un rituale che andava avanti dal primo giorno del secondo anno, si riunivano la prima notte del primo settembre, anche in silenzio e pensavano, stando insieme. Non sapevano come o perché avevano iniziato questa tradizione, ma li piaceva e si sentivano completi, uno vicino all’altro, anche in silenzio, con per unico suono di sottofondo i loro respiri.
Per un po’ di tempo, nessuno parlò, ma ognuno restò con i propri pensieri.
In particolare, quelli di Sirius, si concentrarono su Nina: l’aveva osservata nello scompartimento, era molto bella e intelligente, non aveva parlato molto, ma i suoi occhi avevano detto abbastanza. Lo incuriosiva il mistero, specialmente in una ragazza, l’aveva sempre fatto.
James si concentrò sul viso di Lily e sorrise spontaneamente, solo immaginarsi i suoi occhi, lo faceva star bene. Aveva iniziato a provare qualcosa di più di una semplice cotta per lei, se n’era accorto l’ultimo giorno di scuola dell’anno passato: vederla andare a casa dopo il viaggio di ritorno in treno, gli aveva stretto lo stomaco in una morsa così dolorosa, che aveva paura che quel dolore potesse mangiarlo vivo; il fatto di non vederla per tre mesi lo tormentava, il non sapere come stesse, l’idea che avesse trovato qualcun altro… Lo rendeva debole, ma incredibilmente forte allo stesso tempo e Sirius lo sapeva, Sirius sapeva sempre tutto, e gli aveva detto: ‘Amico, ti sei fottuto il cervello per quella Rossa, ah, ma io lo sapevo che sarebbe successo’ e James non aveva potuto che dargli ragione. Non si era mai sentito così al salutarla, mai, non aveva mai sentito quel dolore, non aveva mai provato nulla di simile. E il pensarla tutta l’estate non aveva fatto altro che alimentare l’idea che la sua non fosse più una semplice cotta.
Remus, invece, preferiva non pensare troppo, ma si sentiva felice: felice degli amici che aveva, felice di essere lì, con loro, a guardare le stelle e sorridere senza un perché e avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre; avrebbe voluto tanto smettere di aver paura di guardare il cielo a causa della sua maledizione, avrebbe voluto dirlo a Amelia, ma non ne aveva il coraggio: aveva troppa paura di perderla, nonostante la conoscesse, nonostante sapesse che lei non aveva pregiudizi, la sua era pur sempre una maledizione e una di quelle terribili. Si voltò verso Sirius e pensò a come il suo amico si era aperto con lei, facendola catapultare nella sua vita senza esitazioni. E allora, perché, se Sirius, così scettico, così riservato e così diffidente c’era riuscito, perché lui, Remus, socievole, gentile, fiducioso, non ce l’aveva mai fatta? Sospirò, stanco e chiuse gli occhi inalando più aria fresca possibile, respirando a fondo e sentendosi, finalmente, al posto giusto.
Al contempo, i Malandrini non erano gli unici ad essere fuggiti dai Dormitori, perché delle ragazze si aggiravano furtive verso il Lago Nero, cercando di non farsi scoprire e voltandosi preoccupate ad ogni minimo rumore.
“Forse dovremmo tornare indietro…” disse Emmeline con una voce flebile.
“No” rispose secca Lily, tenendo la bacchetta sguainata. “Abbiamo detto che l’avremmo fatto e lo faremo”
“No, senti, io me ne vado” sbuffò Mary facendo dietrofront ma venendo bloccata da Amelia, che la guardò accigliata.
“Ferma dove sei MacDonald” la rimbeccò.
“Qui se ci beccano ci espellono senza nemmeno pensarci!” esclamò a quel punto una stanca Emmeline.
“Abbassa la voce” la rimproverò in un sussurro Amelia stretta nel suo mantello. “Certo che voi e lo spirito malandrino non andate pur nulla d’accordo…” aggiunse poi, decisamente scocciata e annoiata.
“Parla per loro” fece in una smorfia Lily, toccata personalmente da quell’affermazione, visto che stava cercando di fare del suo meglio per arrivare a destinazione senza arrendersi, anche se era un po’ timorosa.
“Solo perché sei amica di quel pallone gonfiato” sbuffò alzando gli occhi al cielo Mary e Amelia non esitò ad aggredirla.
“Non parlare così di Sirius” inveì a bassa voce, puntandole un dito contro; prendeva molto sul serio i pettegolezzi e le battute sarcastiche su di lui, era come suo fratello e lei lo conosceva, sapeva perché era così, perché si comportava in quel modo e le persone che parlavano senza conoscere la facevano arrabbiare e non poco. Loro non sapevano quanto dolore si celasse dietro quegli occhi di ghiaccio, non sapevano quanti litigi, quante urla, quanti pianti si portava dietro; non sapevano che la spavalderia di Sirius fosse solo uno scudo per difendersi dalle delusioni.
“Okay, okay” sospirò Mary alzando le mani a mo’ di difesa, per poi osservarla quando si fu girata. Cosa trovava Remus che non trovava in lei? Cosa aveva di più Amelia Williams di Mary MacDonald? Era più carina, probabilmente. O forse no? Era più interessante? Perché aveva notato come si guardavano, quei due, e si guardavano come se fossero uno l’ancora dell’altra e probabilmente non se ne rendevano nemmeno conto; quello sguardo le faceva male, le lacerava il petto. Perché sapeva, in cuor suo, che Remus non l’avrebbe mai guardata così.
La linea dei suoi pensieri fu interrotta da un gridolino entusiasta di Lily. “Ci siamo, finalmente” disse e le amiche poterono percepire un sorrisetto farsi spazio sul suo viso.
“Non ricordavo che questo maledetto lago fosse così lontano” sbuffò Amelia togliendosi il mantello.
“Ma voi volete farlo davvero?” domandò scettica Emmeline, tenendosi stretta ai vestiti, seguita a ruota da uno sguardo sinceramente curioso che Mary puntò sulle altre due.
Lily e Amelia inarcarono le sopracciglia simultaneamente. “Sì” risposero in coro dopo essersi tolte la gonna e le scarpe.
Emmeline e Mary si lanciarono un’occhiata, non osando togliersi i vestiti, mentre le due erano rimaste ormai in biancheria intima.
“Okay, se non volete, problemi vostri. Io e Lily ci tuffiamo, giusto?” sorrise Amelia all’amica, tendendole una mano che l’altra afferrò saldamente dopo qualche secondo di esitazione.
“Giusto” confermò.
“Ragazze, vi prego…” cominciò Emmeline, ma fu interrotta dal rumore del tuffo delle amiche, si precipitò in riva al lago preoccupata e quando quelle riemersero, non ci pensarono due volte e la trascinarono giù con loro. Quando questa risalì, boccheggiò per qualche secondo, per poi iniziare quasi ad urlare. “I miei vestiti, maledette!” e buttò sott’acqua Amelia, che appena fu riemersa scoppiò a ridere, vedendo l’amica con i capelli attaccati al viso e la faccia infuriata, Lily fece lo stesso, dovendosi aggrappare ad Amelia per non affondare.
“Sei bellissima, Em!” disse fra le risate Amelia, mentre Mary aveva ormai deciso che non ci sarebbe stato nulla da fare se non assecondare quelle due pazze, così iniziò a spogliarsi, evitando il rischio di bagnare tutti i vestiti anche lei e si tuffò, facendo spaventare le altre.
Giocarono e si sentirono piccole anche se erano grandi, risero così tanto che pensarono di non farcela più e anche se qualcuna di loro ogni tanto si preoccupava per le creature acquatiche che stavano disturbando con tutto quel baccano, continuarono a divertirsi e lasciare le preoccupazioni alle spalle.
Era l’ultimo anno.
Era l’ultima volta.
Erano le ultime occasioni.
E avevano voluto festeggiarlo così: con una pazzia.
Dato che, avevano deciso, che di pazzie quell’anno ne avrebbero fatte tante, perché se lo meritavano, perché volevano divertirsi, perché non c’era motivo di fare marcia indietro, perché anche se quegli ultimi mesi le spaventavano a morte, volevano viverli al massimo.
Erano nel pieno delle risa, quando Emmeline le fece zittire. “C’è qualcuno” sussurrò.
“Cosa?” lanciò un gridolino Mary, preoccupata.
“Silenzio” disse secca Amelia e trasalì quando sentì che, sì, affettivamente delle voci stavano giungendo verso di loro. “Oh, mio dio” disse a mezza voce.
“Che facciamo?” chiese in preda al panico Lily e nessuno rispose. “Che facciamo?” chiese ancora, più isterica del solito.
“Sotto” disse poi Amelia, tranquilla.
“Sotto?” domandò Emmeline inarcando un sopracciglio.
“Sott’acqua, appena sono qui ci mettiamo sotto” spiegò.
“E se restano per tanto e poi soffochiamo?” chiese Mary preoccupata.
Amelia fece spallucce, ma non ebbe il tempo di ribattere, perché quelle persone erano a qualche passo da loro e tutte si guardarono ancora per un attimo, per poi immergersi in apnea.
“Vedi che non c’è nessuno?” esclamò Sirius annoiato e stanco dal viaggio a vuoto che l’amico l’aveva costretto a compiere.
“No, io ho sentito delle voci” continuò imperterrito James.
“Ramoso, l’alcool di prima ti ha fat-…” ma non finì la frase, perché notò dei vestiti a terra. “E quelli?” domandò facendo un cenno.
Remus, avvolto nella sua calda coperta, comminò come un pinguino verso gli indumenti. “Grifondoro” esordì poi dopo aver dato un’occhiata alle cravatte da più vicino illuminando la bacchetta.
“Grifondoro?” alzò un sopracciglio Peter.
Quello annuì. “E pure ragazze”
“Ragazze?” chiese Sirius come se si fosse svegliato dopo tanto tempo. “Nude? Qui? Grifondoro?”
James sbuffò. “Santo Godric, ti prego no” e lo zittì quando stava per ribattere.
“Chi potrebbero essere?” domandò Remus grattandosi appena il mento, come se stesse seguendo un caso particolarmente difficile, ma la risposta non tardò ad arrivare, dato che le ragazze in questione, riemersero tossicchiando.
“Vi prego di non espellerci” fu la prima cosa che disse Amelia non appena riacquistò la capacità di respirare ed intravide delle bacchette sguainate contro di lei.
“Amy?” Sirius abbassò subito la sua, lo sguardo curioso.
“Sirius?” chiese quest’ultima per accertarsi che fosse davvero l’amico.
Amy?
“Sirius?”
“James?”
“Eh?”
“Cosa?”
Sirius!” esclamò poi togliendosi i capelli dal viso e sentendo il respiro di sollievo che si sollevò fra le amiche.
“Ma che cosa diavolo state facendo?” chiese il ragazzo affrettandosi a raggiungere Amelia e facendola uscire dall’acqua. “Amy, per Merlino!” esclamò quando vide che non aveva i vestiti e l’avvolse senza indugi nella coperta. “Sei pazza?” chiese stringendola a sé protettivo.
“Sto bene” tossicchiò quella sentendo la risata di James farsi largo fra di loro, mentre Sirius gli lanciava un’occhiata in tralice.
“E voi?” chiese Remus che aveva distolto lo sguardo da Amelia un secondo dopo che questa era uscita dall’acqua, dato che era praticamente svestita, guardando le altre che erano rimaste nel lago.
“Sono tutte mezze nude a parte Em” spiegò Amelia, sempre strette fra le braccia dell’amico.
A James andò di traverso la saliva per l’imbarazzo e iniziò a tossire così forte che Peter dovette soccorrerlo con qualche pacca sulla schiena.
“Oh, ti prego, Potter, non dirmi che non hai mai visto una ragazza in mutande e reggiseno” disse con un velo di sarcasmo misto a disgusto Lily.
“Sì che ne ho viste, cara Evans, ma...” iniziò James con una voce un po’ roca.
“Ma non ci interessa” lo interruppe bruscamente Remus che lasciò la sua coperta per terra, per poi espropriare James e Peter della loro, poggiando anche quelle sul prato. “Voi adesso uscite” iniziò a spiegare. “E vi prendete una coperta, così potete scaldarvi” e quando vide che le ragazze stavano per replicare aggiunse: “Noi ci voltiamo”
“Parla per te” disse in un ghigno malizioso Sirius beccandosi una gomitata fra le costole da Amelia, dalla quale non si era ancora separato e non aveva intenzione di farlo, anche se gli stava bagnando completamente la camicia. La ragazza lo costrinse a voltarsi e fissarla negli occhi. “Guarda me, Sirius” gli impose tenendogli il mento fermo fra il pollice e l’indice.
Remus, vicino a loro, provò un moto di invidia vedendoli, i visi così vicini, le dita di lei che sfioravano la pelle di Sirius e per un momento, un momento solo di cui nemmeno si rese pienamente conto, desiderò con tutto se stesso di essere al posto dell’amico. Si compose immediatamente, fissando lo sguardo di fronte a sé.
“Ti guardo, Amy, ti guardo” sbuffò annoiato Sirius.
“Focalizza” continuò lei.
“Focalizzo” ripeté lui.
“Hai focalizzato?”
“Hai le sfumature verdi negli occhi” osservò cambiando drasticamente argomento e inclinando leggermente la testa.
“Vero? Non sono bellissime?”
“Molto”
“Fatti crescere la barba”
“Nah”
“Ti prego”
“Alle ragazze non piace la barba: punge”
“Invece piace eccome, è una cosa molto sexy”
“Seriamente?” inarcò le sopracciglia.
Amelia annuì. “Puoi dirlo forte, amico”
“Allora ci penso”
“Pensaci”
“Okay, abbiamo finito” esclamò Lily stringendosi nella coperta leggermente a disagio, gli occhi bassi per la vergogna, James la scrutò curioso e anche se c’era buio pesto riuscì ad intravedere le sue guance leggermente arrossate: la conosceva troppo bene.
Le si avvicinò con cautela. “Stai bene?” le sfregò una mano sulla schiena per riscaldarla.
Lei annuì impercettibilmente e si scostò, raccogliendo i suoi vestiti a terra e sorrise divertita a Remus, che dopo aver distolto lo sguardo da Sirius ed Amelia, continuò a sentire comunque quella sgradevole sensazione che gli divorava lo stomaco, ma era così bravo a mentire sui suoi sentimenti, che non si dovette nemmeno sforzare del fingere di ricambiare sinceramente il sorriso e le andò incontro stringendola in un breve abbraccio; Amelia spostò lo sguardo che aveva tenuto posato su di lui poco tempo prima e lo puntò a terra, sotto gli occhi severi di Sirius, che le diede un bacio fra i capelli e poggiò il mento sulla sua testa, in silenzio, senza dire una parola, ma i suoi pensieri erano: “Sai che non provano nulla l’uno per l’altra” ed era sicuro che lei lo sentisse, che lei lo capisse.
Lo sguardo di quest’ultimo si fece più attento quando qualcuno iniziò ad avvicinarsi a loro, strinse istintivamente Amelia più a sé e avvisò gli altri con un cenno. James, Remus e Peter sguainarono le bacchette, in attesa.
La figura avanzava sempre più velocemente e non ci impiegò molto a mostrarsi.
Nina li osserva accigliata. “Vi ho sentiti, ho il sonno leggero. Che diamine state facendo?” chiese sinceramente curiosa.
Lily le si avvicinò ridendo. “Eravamo per i fatti nostri, quando questi quattro ci hanno raggiunte senza un perché” spiegò divertita.
“Il motivo è palese, Evans: facevate così tanto baccano che se non fossimo arrivati noi Gazza vi avrebbe blindate senza pensarci due volte” la rimbeccò Sirius, separandosi, dopo quella che sembrava essere stata un’infinità, da Amelia e lanciando uno sguardo furtivo a Nina. “Bellezza, vuoi unirti anche tu al bagno notturno?” le chiese poi malizioso e Remus si passò una mano sul viso, sconvolto.
Lei fece una smorfia disgustata. “Santa Priscilla, Black, ti prego” disse infatti squadrandolo da capo a piedi, lui per tutta risposta ridacchiò.
“Ammettilo che avresti accettato senza indugi se ci fossimo stati solo noi due” si fece più vicino e lei si allontanò istintivamente, bloccandolo con una mano sul petto, posata leggera, senza imporsi troppo e fece spallucce.
“Bisogna vivere il momento, per poterlo sapere, Black” sussurrò in modo che solo lui potesse sentirla e il ragazzo scoppiò a ridere, sinceramente divertito.
“Ah, questa è pazza” disse poi rivolto a Lily indicando Nina, scuotendo la testa. La ragazza incrociò le braccia al petto.
“Ha parlato” commentò in una smorfia e Sirius stava per ribattere, quando fu interrotto da Amelia.
“Potete flirtare per conto vostro, per favore?” chiese esasperata.
I due risero e si lanciarono un’occhiata che stava a significare solo una cosa: la sfida era aperta.
Dopo altri vari scambi di battute e poco altro, i ragazzi si diressero, alla fine, tutti insieme, all’interno del castello, chi gocciolante, chi esausto.
“Ci vediamo domani” Lily salutò Nina in un abbraccio.
“Sicuro” le sorrise quest’ultima.
“Passa da noi a colazione, mora” le disse dietro Sirius, mentre quella si era ormai voltata e aveva preso a camminare.
“Contaci, Don Giovanni” gli rispose, senza voltarsi e facendo un breve gesto con la mano.
“Don chi?” alzò un sopracciglio quello, rivolto a James, che fece spallucce, del tutto spaesato.
“E’ un personaggio babbano, un uomo circondato da donne” spiegò poi Emmeline, annuendo alle sue stesse parole. “L’ho studiato a Babbanologia e poi credo che Nina sia nata babbana, giusto?” chiese poi a Lily.
“Sì, lo è” rispose l’amica e ricominciarono a camminare, in assoluto silenzio, finché non arrivarono di fronte alla Signora Grassa e pronunciarono la parola d’ordine, entrando in Sala Comune, stanchi, ma felici.
“Oh, l’abbiamo scampata” sospirò sollevata Mary, i capelli che avevano riacquistato i ricci.
“Pensavi di non farcela, McDonald?” le chiese scettico James. “Con noi? No, dico, noi? I mitici, i grandi, gli inimitabili Malandrini? Tu davvero credevi che non avremmo riportato voi giovani donzelle sane e salve alla base?”
Mary rise, sinceramente divertita. “Non mi sarei mai permessa” disse stando al gioco e James rise a sua volta, scuotendo la testa e passandosi una mano nei capelli distrattamente.
“Direi che è ora di andare a dormire, piccola Amy” le disse Sirius con un tono sinceramente troppo tenero che faceva a pugni con la sua personalità e lei annuì.
“Buonanotte, ragazzi” gli diede un bacio sulla guancia e lui gliene lasciò uno sulla fronte; scompigliò i capelli a James, fece un cenno a Peter e quando fu il turno di Remus, non seppe che fare.
Fu lui che ruppe il ghiaccio, sorridendole dolcemente. “A domani, Amelia”
“A domani, John” ricambiò il sorriso, ma non fece quasi in tempo a finire la frase, che Mary si catapultò su di lui dandogli un leggero bacio sulla guancia, al che, Remus rimase spiazzato.
“Buonanotte, Remus” disse poi abbassando lo sguardo, le guance arrossate.
“Buon-…buonanotte, Mary” ricambiò il saluto, stupito dall’azione della ragazza come lo furono tutti in quella stanza, osservarono Mary con insistenza, Amelia con un groppo in gola e mille domande per la mente.
“Meglio andare” disse infine James, leggermente sconvolto e si raddrizzò gli occhiali sul naso. “Ci vediamo, meraviglie. Evans, sei sempre la donna della mia vita” e le fece un occhiolino a cui lei rispose con una smorfia.
Si avviarono in direzioni diverse, in silenzio e pensarono che, forse, quell’anno, sarebbe stato migliore di quanto aveva dato a sembrare.




flowers's hall.
ma buongiorno!
non so perché ho voluto iniziare questa storia. è stato un flash, ma senza
@xhopefeelings non avrei fatto nulla.
allora, parliamo delle cose importanti: la storia è strutturata in stile skins, quindi, per chi non lo sapesse, la cosa consiste in un capitolo a personaggio più un epilogo, solitamente.
i pv sono: james potter/
aaron johnson; lily evans/karen gillan; nina clarks/india eisley; remus lupin/andrew garfield; sirius black/ben barnes; amelia williams/jenna louise coleman; mary macdonald/lucy hale(possibilmente riccia come in questa foto).

ho messo solo quelli dei personaggi fondamentali nella storia.
non so più che dire, visto che è un solo capitolo. ah, sì! probabilmente tutti gli altri capitoli saranno più a meno lunghi quanto questo, dato che sarà una storia abbastanza breve e, oltretutto, dato che avrà sì e no dieci capitoli, mi concentrerò specialmente sulla vita privata dei personaggi e non darò troppo peso alla guerra, se non in alcuni stralci: per trattare bene l'argomento ci vorrebbero più capitoli, ma io, le storie con troppi capitoli, non so gestirle: mi blocco. quindi se cercate cose d'azione ecc. potete anche cambiare storia, nessun problema ahahah
niente, vi lascio. spero vi sia piaciuta. non ho mai scritto sui malandrini, ma solo su james e lily, quindi è la mia prima esperienza.
a presto.
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

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Capitolo 2
*** Mary. ***


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Mary.








Mary MacDonald era sempre stata una ragazza che viveva per raggiungere un obbiettivo, non c’era momento nella sua vita nel quale non dovesse arrivare a qualcosa o a qualcuno.
In quel momento, quella meta da raggiungere aveva un nome: Remus John Lupin.
La sua cotta per il ragazzo non andava avanti da molto, ma lei, tutte le volte che gli stava affianco, percepiva un calore che le penetrava le ossa, che la faceva rilassare e che avrebbe voluto avere solo ed esclusivamente per sé a tutti i costi.
Era perfettamente a conoscenza del fatto che Amelia, una delle sue più care amiche, nutriva lo stesso sentimento per Remus da molto più tempo di lei, ma se non l’aveva notata fino a quel momento, perché avrebbe dovuto farlo in futuro?
Le tornarono in mente le immagini di loro due che si abbracciavano, che si sorridevano, che si guardavano… e come si guardavano. Avrebbe dato tutto per essere guardata da lui nello stesso modo in cui guardava Amelia. Scacciò quei brutti pensieri e si accasciò con la testa stesa sul braccio allungato sul divano della Sala Comune e pensò, pensò a come poteva far sì che lui si accorgesse di lei e che, finalmente, la vedesse e smettesse di trapassarla senza notarla con quei meravigliosi occhi scuri che la facevano sobbalzare ogni volta che li incrociava, cosa che accadeva di rado, purtroppo, perché questi erano troppo concentrati su qualcosa d’altro: i libri, gli amici e Amelia.
Perché Remus guardava Amelia e lo faceva molto spesso forse senza nemmeno rendersene  conto: la osservava in Sala Grande o in Sala Comune quando stava parlando con le amiche, la osservava a lezione, dimenticandosi totalmente degli appunti che stava prendendo per concentrarsi solo ed esclusivamente su Amelia. Eppure non aveva mai fatto un passo verso di lei, non aveva mai fatto intendere che provasse qualcosa di più di una semplice amicizia, non l’aveva mai invitata ad uscire, non le aveva mai chiesto di stare da soli… O forse era così abituata agli abbordaggi teatrali di James Potter verso Lily che nemmeno si rendeva conto di quando qualcuno provava qualcosa per qualcun altro?
Scosse la testa, mettendosi seduta e i ciuffi di capelli prima legati in uno chignon fatto alla meno peggio con la bacchetta le ricaddero sul viso, si concentrò sul fuoco, per non pensare.
La Sala Comune era completamente vuota: era l’una di notte e non riuscendo a dormire per i troppi pensieri, Mary aveva deciso di scendere per calmarsi un po’, ma purtroppo aveva sortito l’effetto contrario, visto che non faceva altro che tormentarsi con dubbi troppo complicati per risolverli da se stessa, sbuffò e sprofondò nel divano, sinceramente frustrata.
Mary non era mai stata una di quelle persone che si arrendeva facilmente, anzi, era particolarmente testarda e determinata e si era promessa che ce l’avrebbe fatta a far diventare il suo ultimo anno il migliore di sempre e, per riuscirci, ormai aveva deciso, doveva conquistare Remus Lupin a costo di litigare con un’amica che considerava quasi una sorella. Perché sì, Remus avrebbe scelto lei, ne era sicura. Lei era meglio di Amelia, lo era sempre stata: a scuola, nella bellezza, nei rapporti sociali… Amelia era timida con la gente che non conosceva, lei era più sfacciata; Amelia era riservata, lei era un libro aperto; Amelia era carina, lei era bella. Mary era bella e lo sapeva. Mary avrebbe vinto contro di lei, perché se lo meritava. Perché, infondo, Amelia le aveva rubato la sua migliore amica e ora era il suo turno a rubarle qualcosa di molto prezioso.
Prima che Amelia e Lily si conoscessero, difatti, lei era una delle amiche più strette di quest’ultima, la considerava come una sorella; ma quando l’altra era arrivata, gliel’aveva portata via senza indugi e Lily aveva iniziato a smettere di confidarsi con lei, ma a farlo con Amelia, la quale l’aveva fatta avvicinare a James così combinando solo un grande guaio, perché Mary sapeva bene che Lily per James non provava nulla se non il ribrezzo.
Odiava Amelia, nonostante le volesse molto bene: l’aveva privata di molte cose e doveva vendicarsi, giungere al suo obbiettivo, vedere Amelia distrutta perché se lo meritava.
 
***

“Mary?” una voce troppo lontana la fece tornare nel mondo reale. “Mary?” insisté.
Quella si mise seduta, stropicciandosi gli occhi. “Mh?” biascicò senza ancora capito chi fosse stato a rovinarle il sonno.
“Come mai sei qui?” le chiese qualcuno che finalmente riconobbe come Lily.
Si sistemò, alzandosi e sbadigliando. “Non riuscivo a dormire ieri e…” altro sbadiglio. “…credo di essermi addormentata” fece spallucce ancora frastornata e l’amica rise.
“Sei la solita” scosse la testa, sistemandosi la borsa sulla spalla. “Dirò io al professore che sei in ritardo, non ti preoccupare”
Mary le sorrise riconoscente e la strinse in un breve abbraccio. “Grazie” le disse.
“Nulla, MacDonald” ricambiò il sorriso Lily scompigliandole appena i capelli, arruffati da quella notte decisamente scomoda. “Fila a vestirti, che poi dobbiamo parlare” dichiarò puntandole un dito contro. Proprio in quel momento, Amelia scese dal Dormitorio di fretta come suo solito, i capelli sempre maledettamente disordinati.
“Eccomi” annunciò prendendo un profondo respiro.
“Ecco la ritardataria” le cinse le spalle Lily, con fare affettuoso e Amelia ridacchiò.
E Mary, in quel momento, si sentì tagliata fuori dal mondo, da quel mondo che aveva sempre considerato suo. “Io vado a cambiarmi” disse secca, iniziando a salire le scale.
“Ci vediamo in classe!” la inseguì la voce di Amelia, prima che si chiudesse la porta alle spalle e ci si accasciasse sopra, stanca.
Andò in bagno e si fece una doccia veloce, per poi pettinarsi i capelli e raccoglierli nuovamente in modo elegante, lasciando due ciuffi a contornarle il viso, si truccò come Alice le aveva insegnato e si mise la divisa, costringendosi a sorridere, ad essere carina, ad essere dolce e gentile con chiunque. Doveva essere quello che piaceva a Remus e avrebbe iniziato da quel due settembre.
Prese la borsa e scese le scale, per poi avviarsi in classe, la testa alta e gli occhi puntati di fronte a sé, un andamento fiero e deciso, che non si addiceva molto alla sua figura minuta e quel viso dolce. Aprì la porta dell’aula di Storia della Magia ed entrò, raggiungendo Lily che le aveva riservato il posto accanto a sé, mentre Amelia era al fianco di Emmeline, intenta a  conversare animatamente con quest’ultima. I Malandrini, invece, erano in fondo alla classe, Remus concentrato a prendere appunti, Peter scribacchiando qualche disegno su un foglio di pergamena, mentre James e Sirius seduti uno al fianco dell’altro, si cimentavano al gioco dell’impiccato, ridendo ogni tanto e scambiandosi qualche occhiata divertita.
“Per Godric, James, che cavolo di parole fai?” sentì sbuffare Sirius.
“Parole che non indovinerai, Felpato: non sono mica cretino” rispose l’altro a tono.
“Sirius Black sa tutte le parole del mondo, Ramoso” disse in tono pomposo Sirius iniziando a dondolarsi pericolosamente sulla sedia, James fece una smorfia seccata e costrinse l’amico a riprendere il gioco.
Lily richiamò Mary con una leggera gomitata, quest’ultima le lanciò un’occhiata interrogativa.
“Come mai non riuscivi a dormire?” le chiese sottovoce, sinceramente curiosa, inclinando la testa.
“Pensieri” disse semplicemente.
“Che pensieri?”
Mary restò in silenzio per qualche secondo, poi si decise a rispondere. “Ai M.A.G.O. sono parecchio in ansia” disse riuscendo a risultare convincente e tranquilla, spostandosi un ciuffo di capelli dietro un orecchio.
Lily annuì più volte, assimilando la risposta. “Sì, ti capisco, anche io sono parecchio nervosa, sai? Ci massacreranno” affermò convinta, appoggiando la testa sulle due braccia incrociate stese sul banco.
Mary le lasciò qualche pacca incoraggiante sulle spalle e mentre l’amica era –letteralmente- immersa fra il banco ed i suoi capelli, girò la testa per guardare Remus, le orecchie tese per assimilare informazioni e qualche ciuffo di capelli che gli ricadeva sul viso.
Mary si ritrovò a chiedersi se esistesse qualcosa di più bello e si rispose di no, che non poteva esistere; Remus si accorse dello sguardo della ragazza puntato su di lui e sollevò il viso, incrociando i suoi occhi e le sorrise appena, un sorriso che lei ricambiò con un moto di felicità improvvisa per poi rivederlo tornare concentrato ai suoi appunti, un po’ delusa. Sperava davvero che lui restasse ad osservarla come osservava Amelia, ma non accadde e questo la irritò parecchio, tanto che passò la lezione a sbuffare, senza nemmeno tentare di parlare con Lily, troppo intenta a prendere appunti dopo essersi ripresa da quel momento post-alzata mattutina. Ora la sua penna sfrecciava veloce sul foglio, senza perdersi una parola e Mary non aveva nulla da fare se non annoiarsi e aspettare che la lezione finisse.
Sentì Amelia ridere e avrebbe voluto strozzarla; non era giusto.
Non era giusto che lei avesse acquistato così tanto mentre a lei era rimasto così poco, non era giusto che lei le rubasse sempre ogni cosa, non era giusto che lei prendesse il suo posto.
Trattenne un urlo isterico e aspettò che l’ora scivolasse via, catapultandosi per prima fuori dall’aula non appena i sessanta minuti terminarono, si appoggiò al muro, per calmarsi e aspettò le amiche.
Alice, Emmeline, Lily e Amelia non tardarono ad arrivare, ridendo sommessamente fra di loro.
“Come mai sei schizzata fuori in quel modo?” le domandò dolcemente Emmeline non appena la intravide.
“Stavo per morire, lì dentro” rispose con tono fiacco.
“Qualcuno che mi capisce” commentò Sirius avvicinatosi per salutare Amelia, schioccandole un bacio sulla guancia.
E fu lì che Mary capì come agire, come colpita da un lampo di genio. Quella scena l’aveva fatta rinvenire, le aveva fatto finalmente capire come poter avere Remus solo per se stessa ed era un fatto così palese che si diede della stupida per non averci pensato prima.
Si staccò in modo repentino dal muro e si avvicinò al gruppetto che si era formato, molto più attiva ed allegra, mettendosi al fianco di Peter e intavolando una conversazione su quanto fosse noioso il professor Rüf sotto gli occhi sconcertati di Lily che l’avevano vista giù di morale fino a qualche secondo prima.
Mary ignorò senza indugi le occhiate curiose e sospettose che le lanciava l’amica, perché, finalmente, aveva trovato il modo per allontanare Remus da Amelia e ci sarebbe riuscita, ce l’avrebbe fatta sicuramente: quel piano era troppo realistico e perfetto per non funzionare.
Così fece scorrere la mattinata crogiolandosi nel suo ottimismo appena fiorito dentro di lei, perché finalmente il mondo le sorrideva e non si sarebbe lasciata sfuggire quell’occasione.
La giornata scolastica passò in fretta e mentre Emmeline, Lily ed Amelia erano corse in Dormitorio per iniziare a fare i compiti assegnateli dalla professoressa McGranitt, lei si era fermata per qualche minuto in più nella Serra ad osservare le piante.
Adorava i fiori e le erbe, amava il loro profumo e il loro significato; sarebbe stata ore a studiare la natura, l’affascinava come poche cose erano in grado di fare.
Stava per tornare in Sala Comune, quando qualcuno la richiamò, si voltò di scatto.
“Ehi” le fece il suo solito sorriso dolce Remus.
“Ehi” sussurrò lei senza sapere da dove le parole riuscirono ad uscire.
“Tieni” le porse la sua piuma, che lei afferrò delicatamente. “Ti è caduta poco fa” spiegò lui, per poi passarsi una mano dietro la nuca.
“Oh, grazie” gli sorrise scoprendo i denti e lui ricambiò.
“Hai… Hai per caso visto Sirius o James?” le domandò poi.
E lei trattenne a stento un sorriso malizioso, troppo contenta di poter attuare quello che la sua mente aveva meccanizzato solo qualche ora prima; senza nemmeno sentirsi pronta per mettere il piano in atto, rispose: “Sì” rimise la piuma nella borsa. “Sì, li ho visti: James stava andando alla Serra con Peter, mentre Sirius era con Amelia” si finse indifferente e osservò la reazione di Remus: la mano che prima stava accarezzando la nuca si era bloccata, il viso si era mutato in una maschera neutrale.
“Ah, okay” disse solo, pareva ancora tranquillo, così lei decise di rincarare la dose.
“Sembravano molto…” Mary finse di trovare la parola giusta picchiettandosi l’indice sul mento. “Intimi. Non che non lo siano sempre, ma era diverso… Si tenevano per mano e lui la stringeva a sé più spesso del solito” sorrise felice che il piano stesse funzionando e mascherò quell’espressione in soddisfazione, fingendo di essere contenta per l’amica. “Era ora, eh?” chiese difatti a Remus.
“Era ora per cosa?” domandò lui inarcando un sopracciglio ed affondando le mani nelle tasche dei pantaloni.
“Sirius e Amelia!” rispose lei come se fosse palese. “Insomma, si vede lontano un miglio che si piacciono, no? Hanno aspettato anche troppo, secondo me” continuò a spiegare.
“Han sempre detto che non avrebbe funzionato fra loro due” osservò lui secco.
“Non dirmi che ci hai creduto” lo guardò lei continuando a recitare la parte e vedendo il volto smarrito di Remus, formò una perfetta ‘o’ con la bocca. “Non puoi averci creduto!”
“Io credo a quello che mi dicono le persone a cui voglio bene” disse fra i denti, spostando lo sguardo a terra e rabbuiandosi in volto. Si sentiva uno stupido e non ne capiva né il perché e né perché quel fatto gli desse tanto fastidio.
“A volte le persone mentono, Remus” inclinò leggermente il capo lei, per guardarlo meglio, lui si ricompose e le sorrise appena tristemente.
A volte le persone mentono’ a lui, lo stava dicendo? Trattenne una risata nervosa. Sì, a volte le persone mentono: dicono bugie a qualcuno fondamentale nella loro vita per paura di perderlo, mentono a se stesse continuando a ripetersi che no, per lei non provano niente e non l’hanno mai provato. Certo che le persone mentono, le persone mentono sempre. Le persone come lui mentivano ad Amelia e si facevano schifo per quello; ecco a cosa stava pensando Remus.
“Che ne dici di accompagnarmi in biblioteca?” gli propose poi, rompendo il silenzio.
Lui annuì e le sorrise. “Sì, certo, non c’è problema. Non ho nulla di meglio da fare” lei lo guardò ammaliata ancora per qualche secondo, poi iniziò a camminare, seguita da lui, in silenzio. Gli lanciava occhiate ad intervalli regolari mentre lui aveva la testa persa da chissà quale altra parte.
Effettivamente, Remus, aveva accettato di accompagnare Mary per evitare di pensare ad Amelia, ma questa non faceva altro che tornargli in mente, riempiendolo di domande e di dubbi.
Avevano sempre detto, sia Sirius che lei, che fra loro due non ci fosse nulla se non una amicizia fraterna; e allora perché gli avevano mentito? Perché ora si frequentavano in quel modo? Perché uno dei due non gliel’aveva detto? Ma, cosa più assurda: perché a lui faceva quell’effetto tanto doloroso?
Quando Mary gli aveva confidato che i suoi amici stavano uscendo insieme aveva provato una stretta allo stomaco e il respiro gli si era mozzato per un secondo e non ne comprendeva il motivo, eppure sentiva un male lacerante nel petto, inspirava ed espirava in modo irregolare, continuava a passarsi una mano fra i capelli nervoso, mentre l’altra era stretta a pugno alla cinghia della borsa di cuoio.
Dopo qualche minuto arrivarono alla meta e Mary entrò senza esitazioni, mentre Remus rimase con i piedi piantati a terra, quando la ragazza si accorse di non averlo più affianco, si voltò.
“Remus?” lo chiamò.
Lui esitò per qualche secondo. “Io… scusa, Mary, ma… mi sono ricordato che ho… la McGranitt… devo… devo andare, scusa” biascicò velocemente, mangiandosi le parole e si voltò di scatto, per ricominciare a camminare lasciandola senza parole.
Lei chiuse gli occhi per trattenere le lacrime: era distrutto.
Distrutto per colpa sua.
Distrutto per colpa di Amelia.
Non pensava che provasse così tanto per lei, non pensava che quel sentimento fosse così forte; ma non poteva starsene con le mani in mano, riaprì gli occhi ed iniziò a correre, cercandolo, si sentiva in colpa, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Corse in Sala Comune, ma lui non c’era, al contrario, James, Peter e Sirius erano intenti in una partita a Scacchi Magici che si prospettava piuttosto violenta, con un netto vantaggio di James rispetto a Peter: Sirius faceva da supervisore.
“Avete visto Remus?” li domandò trafelata.
Loro notarono la sua presenza solo in quel momento e la scrutarono, curiosi. “No” scosse la testa James sistemandosi gli occhiali sul naso. Lei annuì impercettibilmente.
“Sapete dove possa essere?” si sistemò la borsa sulla spalla.
Quelli scossero la testa, sempre più confusi. “Mary? Va tutto bene?” le domandò Peter, inclinando la testa.
Lei annuì nuovamente e uscì di corsa, scontrandosi con qualche studente, uscì in cortile, ma non era nemmeno lì.
Dove diavolo ti sei cacciato?, si chiese mentalmente, furiosa. Rientrò nel castello e fece tutte le scale, fino ad arrivare alla Torre di Astronomia: era il posto più lontano da chiunque e non c’era mai nessuno; era il posto ideale per stare da soli, era il posto ideale per uno come Remus Lupin. Uscì sul balcone e finalmente lo trovò.
Aveva la testa fra le mani e i gomiti appoggiati al parapetto, gli si avvicinò cauta, per poi affiancarlo, il vento le si insinuava fra i capelli, prese un grande respiro per poi voltarsi verso di lui.
“Sapevo di trovarti qui” disse dopo infiniti minuti di silenzio, portandosi i ciuffi di capelli dietro le orecchie.
Lui si voltò, lentamente, si era accorto che era arrivata, ma aveva evitato di parlarle, aveva preferito starsene zitto ed aspettare che iniziasse lei un discorso.
“Perché?” le chiese, le labbra secche e la voce più roca del normale.
“Perché è dove verrei anch’io se avessi il cuore spezzato” gli rispose, semplicemente, voltandosi verso di lui per guardarlo negli occhi.
Remus restò interdetto per qualche momento di fronte a quelle parole, lui non aveva il cuore spezzato, era solo arrabbiato e triste e debole allo stesso tempo. Perché avrebbe dovuto avere il cuore spezzato? Per Sirius ed Amelia? Per loro? O, meglio, per lei? Lei che c’era sempre stata e che l’aveva fatto sempre sorridere? Lei che era diventata sua amica tempestivamente senza nemmeno chiedere il permesso di entrare nella sua vita? Lei a cui nascondeva il suo più grande segreto? Sospirò, stanco e puntò lo sguardo verso il basso.
Non aveva voglia di pensare, di scervellarsi per qualcosa alla quale non sarebbe mai venuto a capo e lo sapeva bene, aveva solo voglia di stare da solo, perché il silenzio gli impediva di dar spazio ad altro: il silenzio s’impossessava della sua persona in un modo tanto profondo da farlo sentire vuoto e pieno allo stesso tempo, prendeva il sopravvento su ogni altra cosa e lo lasciava in pace, senza pensieri, senza problemi. Chiuse gli occhi e si concentrò sul viso di Amelia che sorrideva, su quante volte gli aveva sorriso e su quante volte aveva sorriso a Sirius; su quante volte l’amico l’aveva stretta a sé, fino ad arrivare alla notte precedente: i loro visi così vicini che li separava soltanto un soffio e la rabbia iniziò a ribollirgli dentro: non era nervoso, Remus, era incazzato come non gli era mai successo in vita sua. Si sentiva preso in giro, stupido, un cretino che aveva creduto a parole buttate al vento e questo gli faceva male, gli faceva così male da non riuscire a respirare.
Mary nel frattempo osservava il suo comportamento, senza dire una parola, timorosa di scatenare in lui una reazione negativa, che le avrebbe fatto fare dieci passi indietro in confronto a quelli che aveva compiuto quello stesso pomeriggio, era sicura che al momento giusto lui avrebbe parlato, esternandole o meno quello che provava e lei ci sarebbe stata, per curare le sue ferite, per guarirlo dai suoi dolori. Lei ci sarebbe stata, perché non era come Amelia. E più i minuti passavano, più pensò di aver fatto la cosa giusta mentendo: non si era mai trovata in una situazione così intima con lui e si sentiva felice.
Felice di poter essere la ragazza con cui lui si confidasse, felice di poter essere la ragazza che l’avrebbe fatto star meglio. Per una volta, aveva vinto lei.
“Sto bene” la rassicurò alla fine lui, evitando il suo sguardo, perché era consapevole che se Mary avesse guardato nei suoi occhi, ci avrebbe letto solo delle bugie. In quel momento, Remus, si sentì smascherato: non riusciva a mentire, cosa che era sempre riuscito a fare senza problemi, cosa che era abituato a fare, che era capace a fare dopo anni ed anni di allentamento.
“Okay” gli sorrise appena lei, posandogli una mano sulla spalla e scrutandolo attentamente: aveva la mascella contratta e gli occhi fissi di fronte a sé.
“E’ solo…” iniziò, lei strinse la presa con la mano per invitarlo a continuare. “E’ solo che pensavo… io non pensavo che… loro due potessero andare insieme, capisci? Sono sempre stati Amelia e Sirius, fratello e sorella; non sono mai stati qualcosa di più” spiegò, sospirando.
“Ti fa star male il fatto che ti abbiano mentito, o il fatto che Amelia ti abbia mentito?” gli chiese poi, per vedere gli occhi di lui sgranarsi, stupiti, come se gli avesse rivelato la più grande verità sulla sua vita.
Lui non se n’era accorto, mai, lui non aveva mai capito che era Amelia, che era sempre stata lei, per tutto, per ogni cosa: lei. Solo ed esclusivamente lei. Ma quella domanda posta da Mary gli aveva aperto gli occhi e ora gli era tutto più chiaro.
Sì, era arrabbiato con Amelia perché gli aveva mentito, era arrabbiato con Amelia perché aveva scelto qualcun altro a lui, era arrabbiato con Amelia perché non riusciva ad odiarla, nonostante tutto; perché Amelia lo faceva sorridere solo come pochi sapevano fare, lo faceva andare fuori dai gangheri come nessuno e lo faceva sentire sempre al posto giusto, sempre a sua agio. Perché, ora capiva, a lui Amelia piaceva. Gli piaceva il suo modo di passarsi le mani fra i capelli sempre disordinati, il suo modo di sorridere, il suo modo di gesticolare, il suo profumo, la sua pelle morbida sfiorata dalle sue labbra e il suo modo di parlare. Amava quando rideva e odiava quando piangeva. Adorava stringerla fra le braccia e quando si arrabbiava perché perdeva una partita a Spara Schicco contro di lui e faceva quella finta espressione imbronciata.
E avrebbe voluto solo urlare e far sentire a tutti come si sentiva, avrebbe solo voluto che non ci fosse stato il bisogno di Mary per aprirgli gli occhi, avrebbe voluto averlo capito da solo e aver combattuto quel fantasma per i fatti suoi.
Perché a lui Amelia non poteva piacere, lui non ne aveva il diritto.
Avrebbe rovinato tutto: il loro rapporto, la loro amicizia, tutto quello che avevano costruito in quei cinque anni; ma soprattutto, l’avrebbe oscurata con le sue tenebre, mentre lei emanava luce, Amelia era luce pura, sorrisi sinceri e viso chiaro, limpido. E lui l’avrebbe solo distrutta.
Remus si sistemò, ritornando in posizione perfettamente eretta. “Come l’hai capito?” chiese a Mary, osservandola.
Lei arricciò leggermente le labbra in un sorriso e fece spallucce. “Perché ti conosco” rispose solamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lui annuì semplicemente e l’abbracciò, con delicatezza. “Ti ringrazio, Mary” le sussurrò all’orecchio.
“Figurati” ricambiò l’abbraccio lei, con una stretta molto più salda di quella del ragazzo, poggiando il mento sulla sua spalla e sorridendo, contenta, finalmente, come non era mai stata. E sorrise, Mary, sentendosi finalmente viva.
 
***

Remus non scese in Sala Grande per cena e Amelia non toccò cibo nemmeno sotto le esortazioni di Sirius.
“Dai, mangia qualcosa, Amy” le diceva ogni cinque minuti.
“Non ho fame” rispondeva lei.
“Amelia Williams che non ha fame!” esclamò Lily strabiliata. “Impossibile”
“Non ho fame, Rossa, fai poco la spiritosa” la zittì Amelia, corrucciata.
“Che succede?” le domandò dolcemente l’amica, facendosi seria.
“Io sento… Sento che c’è qualcosa che non va” rispose l’altra scuotendo la testa e catturando l’attenzione di tutti.
“In che senso?” le domandò James, curioso.
“C’è qualcosa che non va” ripeté e il suo tono di voce sembrava distrutto, Sirius la guardò preoccupato.
“Che cosa?” le chiese, con un tono troppo dolce per la sua persona.
“Remus… Lui non salta mai i pasti a meno che non sia in Infermeria” spiegò.
“Stava male” si affrettò a dire Mary, fingendosi indifferente.
“Non salta mai i pasti nemmeno se sta male” continuò imperterrita Amelia.
“Sì, ma stasera stava parecchio male: non l’avete visto, era davvero uno straccio” aggiunse Mary per poi mangiare una patata al forno.
“E perché tu l’hai visto?” le chiese Amelia, lo sguardo più attento.
“L’hai trovato, poi, oggi pomeriggio?” diede man forte all’amica Sirius, passandosi una mano fra i capelli lunghi.
“Lo cercavi oggi pomeriggio?” alzò un sopracciglio Lily guardandola.
“Perché?” Alice intervenne dopo tutto quel silenzio che non era assolutamente da lei.
Mary si sentì soffocata da tutte quelle domande e li guardò sbalordita. “Calmatevi” disse in una smorfia. “Lo stavo cercando perché doveva prestarmi un libro per Erbologia e l’ho trovato in giardino, non stava molto bene” spiegò semplicemente, mentendo per quella che probabilmente era la quarta se non la quinta volta in quella giornata. Gli altri si guardarono a vicenda, lanciandosi un messaggio ben chiaro: ‘Mary sta mentendo’.
Conoscevano troppo bene Remus e sapevano della sua salute cagionevole, ma mai, mai nella storia dell’umanità, aveva saltato dei pasti, anzi, continuava a ripetere che mangiare lo faceva sentir meglio e che dopo un buon pasto sarebbe guarito in men che non si dica.
“Vado a vedere come sta” fece per alzarsi Amelia, fermata però da Sirius e Mary trattenne un respiro di sollievo.
“Ci penso io” le disse, facendola risedere.
“No!” lo bloccò Mary, sotto gli sguardi stupiti di tutti.
“Scusa?” le chiese Sirius pungente: odiava quando gli si davano ordini o gli si diceva cosa fare o non fare.
“Mi ha chiesto di dirvi che preferisce stare da solo, per un po’: deve rilassarsi” e questa era una verità, finalmente, dopo tante bugie. Remus le aveva davvero chiesto di dire agli amici che preferiva stare da solo: non voleva incontrare nessuno, specialmente Sirius.
Per quanto una persona, normalmente, avrebbe potuto dimostrarsi senza speranze dopo la reazione di Remus alla notizia che Amelia stava uscendo con qualcuno, al contrario, Mary era pienamente sicura di sé e trovava che la debolezza del ragazzo fosse un punto di forza per lei: gli sarebbe stata vicina, lo avrebbe consolato e lui si sarebbe finalmente fidato al punto tale da notarla e vederla come qualcosa di più di una semplice amica.
Sapeva che avrebbe funzionato. I suoi piani funzionavano sempre.
“No, senti, io vado” continuò Sirius senza curarsi delle ultime parole di Mary, alzandosi.
James, vedendolo alterato lo rimise a sedere. “Faccio io, okay? State qui”
“Vengo con te” annunciò a quel punto Lily, mettendo il tovagliolo sul tavolo con un movimento repentino.
Lui la guardò scioccato per qualche secondo. “Non credo di aver capito bene” disse poi infatti stralunato.
Lei roteò gli occhi. “Vengo anche io, Potter, hai capito benissimo, gli porto qualcosa da mangiare” iniziò a mettere varie cibarie in un piatto sotto lo sguardo sempre più allibito di James che non poteva credere che Lily Evans avesse davvero accettato di fare anche un solo tratto di strada insieme a lui, anzi, non l’aveva accettato, aveva fatto tutto da sola.
Guardò Sirius in cerca di spiegazioni, ma lui aveva la sua stessa espressione dipinta sul viso e faceva scorrere lo sguardo dall’amico a Lily ad una velocità impressionante, mentre Amelia aveva un sorrisetto che si spense subito dopo essersi ricordata del perché i due amici se ne stavano andando.
“Ci vediamo dopo” salutò poi Lily, dando un bacio sulla guancia alle amiche e si avviò assieme a James verso la Sala Comune.
Mary nel frattempo li guardava preoccupata, terrificata all’idea di venire scoperta per le parole di troppo che sarebbero potute uscire dalla bocca di Remus e si sentiva impotente, perché non poteva fare nulla o avrebbe dato nell’occhio.
L’unica cosa che le rimaneva da fare era sperare che lui non parlasse.
Si torturava le mani, nervosa, ma fortunatamente nessuno sembrò notarlo: a volte essere invisibile aveva i suoi vantaggi.
La linea dei suoi pensieri fu interrotta dall’entrata in scena di Nina, i capelli lunghi lasciati sciolti , liberi e lucenti. “Dov’è Lily?” chiese senza preamboli, non prendendosi nemmeno il disturbo di salutare.
“Chi si vede, Clarks!” esordì Sirius, spalancando le braccia. “Come andiamo?”
“Dov’è Lily?” ripeté lei, ignorandolo completamente.
“Le buone maniere, mora” le rimbeccò Sirius.
“E’ andata in Dormitorio con James” le rispose in un sospiro Amelia, il viso appoggiato al pugno chiuso.
“Con James?” alzò un sopracciglio Nina, guardandola curiosa. Lei annuì senza rispondere. “E quando tornano?” l’altra fece spallucce. “Vuol dire che l’aspetterò con voi” annunciò sedendosi di fronte a Sirius e al fianco di Mary, piuttosto riluttante nei suoi confronti.
Non riusciva a spiegarsi cosa volesse quella ragazza da loro, come si permetteva di insinuarsi nella loro vita come se nulla fosse? La guardò in malo modo per parecchi minuti, finché il silenzio non fu rotto da Sirius.
“Dì un po’, Clarks, non hai nulla di meglio da fare che restare con noi?” le chiese sporgendosi verso di lei.
“Sinceramente?” gli domandò, avvicinandosi al ragazzo a sua volta. “No” rispose lentamente fissandolo negli occhi, i capelli che le circondavano il viso, facendo risaltare la sua pelle pallida.
Lui fece un sorrisetto e Amelia alzò gli occhi al cielo, esausta. Conosceva benissimo quel sorriso, stava a significare: ‘adesso vedi che ti combino’ o qualcosa dei genere.
“Nessuna ragazza mi ha mai risposto così tranne Amelia, ma lei è un caso a parte” ribatté puntando gli occhi fissi in quelli di lei e baccandosi una gomitata fra le costole da quella che era stata appena nominata. “Ehi!” protestò, ma lui la zittì.
“Vorrà dire che io sarò un’altra eccezione alla regola, Black” schioccò la lingua Nina, non cedendo al contatto visivo.
“Amelia è l’unica eccezione, Clarks: è l’unica che non abbia mai perso la testa per me” e si strofinò una mano sulla barba appena accennata: aveva seguito il consiglio dell’amica e stava evitando di tagliarla, nonostante fosse passata solo una sera, i risultati iniziavano a farsi vedere. Nina indugiò un attimo fissando lo sguardo sulla sua mano che si muoveva delicata, poi tornò a fissarlo negli occhi.
“Io non ho perso la testa per te e non succederà mai” constatò sicura poi.
“Questo lo dici tu” le sussurrò malizioso, in modo che solo lei potesse sentirlo e Nina inclinò la testa per osservarlo meglio.
“Come mai Lily è andata in Dormitorio con James?” gli chiese poi cambiando drasticamente argomento.
“Affari di famiglia” sventolò una mano Sirius, lasciandola senza una risposta.
Lei restò a scrutarlo attentamente -atteggiamento che non sfuggì ad Amelia-, lo guardava sinceramente interessata, si chiese perché, perché Sirius Black indossava una maschera? L’aveva capito subito, che non era il vero lui, quello che faceva vedere a tutti, era un atteggiamento, un modo per difendersi. Ma da chi? Da che cosa? Sapeva che c’era molto di più dietro quella sceneggiata dell’uomo vissuto e sciupafemmine, era sicura che qualcun altro di nascondesse dietro il sipario. Se n’era accorta, perché era lo stesso atteggiamento che usava lei: da dura, da spietata, da ragazza forte e che poteva cavarsela sempre, senza problemi, da ragazza che non aveva bisogno di nessuno; quando in realtà era estremamente fragile e si sentiva completamente sola, ma era consapevole che farsi vedere debole avrebbe solo peggiorato la situazione: se si fosse mostrata per quello che era, l’avrebbero sbranata.
“Io vado in biblioteca a studiare” annunciò Amelia rompendo il silenzio, era sicura che se si fosse concentrata su qualcos’altro sicuramente avrebbe smesso di pensare a Remus.
“Vengo anche io” si aggregò Mary, alzandosi di botto e raggiungendola, con quale faccia, si chiese, poteva anche solo guardare ancora l’amica negli occhi, con quale coraggio si permetteva ancora di rivolgerle la parola? Ma poi tutto quello che lei le aveva tolto le tornò in mente e si ricompose, convinta di aver fatto la cosa giusta.
“Ci vediamo dopo” disse Amelia a Sirius con sguardo cupo, lui la strinse in un breve abbraccio.
“A dopo, bambolina” le sorrise teneramente; il vero lato di Sirius si mostrava quando era con lei, perché con lei poteva essere solo se stesso e basta, senza finzioni.
“Ciao Nina” si costrinse a sorridere Amelia, separandosi dall’amico.
“Ciao” ricambiò l’altra, sempre più convinta che le deduzioni che aveva fatto sul treno si stessero manifestando, la tensione fra i ragazzi era palpabile nell’aria. Mary fece un cenno sia a lei che a Sirius e Peter, per poi seguire Amelia fuori dalla Sala Grande.
Quando furono abbastanza lontane, questa iniziò a parlare.
“Cosa ti ha detto?” le chiese, secca, guardando dritto di fronte a sé.
“Chi?” domandò Mary confusa puntando lo sguardo sull’amica, che non ricambiò il gesto.
“John, che ti ha detto?” precisò lei, sempre evitando di incrociare i suoi occhi.
“Nulla. Stava male, Amy” rispose, l’altra scosse la testa.
“Non ci credo” constatò schietta. “Non è cosa da lui, far sapere tutto a te e tagliare fuori noi”
Mary la fulminò con lo sguardo e l’ira che si era placata per un po’ di tempo, iniziò a ribollirle nel sangue. “Come, scusa?” chiese difatti, fra i denti.
“Hai capito benissimo” fece in una smorfia esasperata.
“Ora Remus non si può confidare con me?” le prese un braccio e la costrinse a guardarla negli occhi, vide che erano stanchi, mentre i suoi, quelli di Mary, erano arrabbiati.
“Diciamo che non sei mai stata la sua confidente preferita” osservò Amelia, liberandosi dalla presa dell’amica.
“Quella sei sempre stata te, giusto?” rise nervosa Mary, passandosi una mano fra i capelli. “Ti dirò, tesoro, a volte le cose possono cambiare” dichiarò acida e incastrando gli occhi in quelli di lei, che la guardava incredula.
“Con Remus le cose non cambiano mai”
“E tu come lo sai, Amelia? Come? Perché lo conosci?” domandò sarcastica.
“Sì” rispose sicura, anche se la voce iniziava a tremarle.
“Non conosciamo mai le persone davvero” esordì Mary, allargando le braccia. “E sai perché? Perché il loro lato più oscuro lo tengono sempre nascosto”
“Remus non ha un lato oscuro” disse Amelia, scrutando l’amica.
“Questo lo dici te” ribatté semplicemente l’altra.
Amelia non rispose, ma iniziò a sentirsi persa: perché aveva parlato con Mary e non con lei? Perché l’aveva tagliata fuori? Non aveva mai avuto un’amicizia confidenziale con Mary, non le aveva mai detto nulla, non l’aveva mai fatta entrare nella sua vita privata.
“Tu non hai mai avuto lo stesso rapporto che ho io con lui, mai!” esclamò alla fine, non era mai stata una ragazza con i peli sulla lingua, aveva sempre detto tutto quello che pensava senza farsi troppi problemi, a meno che non si trattasse dei suoi sentimenti: di quelli non riusciva a parlare, perché, spesso non li capiva nemmeno lei.
“Vuol dire che ora ce l’ho!” ribatté l’altra.
“John non è uno che cambia idea da un giorno all’altro e io lo so bene, perché lo conosco, non è una persona del genere” disse, cercando di calmarsi.
“Anche io lo conosco” continuò Mary, sempre più determinata.
“Non lo conosci come lo conosco io”
“Non hai l’esclusiva su tutto, Amelia, adesso basta!” quasi gridò, tanto che alcuni studenti che stavano passando di lì, si voltarono incuriositi e l’amica la guardò con gli occhi sgranati, stupita da quella reazione. “Sei solo gelosa” constatò e l’altra non rispose a tono, stette zitta e aspettò che Mary continuasse. “Sei solo gelosa perché per una volta il signor Lupin ti ha messa da parte e si è confidato con me. Notizia flash: non esisti solo tu nella sua vita. Forse ha deciso di cambiare confidente o forse ha deciso che di te non ci poteva fidare. E probabilmente ha ragione. La tua ossessione per lui sta diventando imbarazzante, patetica ed imbarazzante; quando capirai che non ti vede e non ti vedrà nel modo in cui tu vorresti? Quando ti renderai conto che per lui sei solo un’amica con cui sfogarsi –a volte-  per evitare di pesare sempre sugli altri Malandrini? Amelia, risvegliati dal mondo incantato che ti sei creata: lui non si accorgerà mai di te, sotto quella luce. Tu non sei una principessa e lui non è il principe che verrà a salvarti. Mi sono stancata, Amy, di tutte le tue possessioni: non hai solo tu degli affetti e non sei tu il centro del mondo di chiunque ti giri attorno. Sei una persona, una che viene usata e gettata via, perché, per Merlino, guardati, sei così insicura di te stessa che non riesci a sostenerti nemmeno tu” sussurrò, facendosi ad ogni frase sempre più vicina al suo viso e scegliendo accuratamente le parole da usare, l’aveva colpita nei suoi due punti deboli: Remus e l’insicurezza, lo sapeva, l’aveva fatto apposta. Finalmente le aveva detto tutto quello che pensava di lei, finalmente era stata sincera, liberandosi di un peso che la stava soffocando. E si sentì leggera e sicura di se stessa. Mary MacDonald si era stancata di essere invisibile.
Amelia le diede uno schiaffo, che risuonò in tutto il corridoio, le persone che stavano passando di lì si bloccarono, stupite di vedere due delle amiche storiche di Hogwarts litigare in quel modo. Aveva le guance rigate dalle lacrime e la bocca tremante. Non poteva credere che proprio lei, proprio Mary, quella ragazza che aveva sempre considerato come una sorella, l’avesse condannata in quel modo così cattivo. Cattivo e vero. Perché Amelia era sempre stata profondamente insicura di se stessa, nonostante non lo desse a vedere, non era mai a suo agio in nessun luogo, poi era arrivato Sirius che con quel sorriso l’aveva fatta sentire al sicuro e dopo erano arrivate loro: Lily, Alice, Emmeline e Mary, che, invece,  l’avevano fatta sentire a casa. E ora, sembrava che le fondamenta di quella dimora stessero per crollare, pezzo per pezzo, lasciandola senza un riparo: in balia di se stessa.
Mary incastrò i suoi occhi a quelli dell’amica, che erano distrutti. “Mi sono stancata di asciugare le tue lacrime, Amelia: tu, le mie, non le hai nemmeno mai viste” fu l’ultima cosa che le disse riprendendo a camminare come se non fosse successo nulla, dato che era vero: c’era sempre stata per consolare Amelia, ogni volta che ne aveva avuto bisogno, ma, Amy, lei non l’aveva mai consolata, anzi, non aveva nemmeno mai voluto vederla piangere e quando stava male se ne andava, lasciandola con Lily o Emmeline o Alice.
La verità era che non riusciva a vedere le persone a cui teneva di più al mondo soffrire, ecco qual era la verità, perché faceva star male anche lei e se stava male, sapeva che non sarebbe stata di nessun aiuto. L’unico e solo pianto che era riuscita a tollerare era stato uno di Sirius, evento più unico che raro: aveva iniziato a parlare della sua famiglia, di suo fratello, di come sua madre l’aveva ripudiato come figlio e di come la famiglia Potter l’avesse accolto; ad un certo punto, si era bloccato ed aveva iniziato a singhiozzare, per poi stringersi ad Amelia che l’aveva abbracciato, senza dire una parola.
Sirius Black non aveva mai pianto di fronte a nessuno.
E lei aveva mantenuto il segreto.
Mary aveva un groppo in gola, ma la soddisfazione nel petto; superò la biblioteca, sua precedente destinazione, e salì le scale, fino ad arrivare al settimo piano. Era orgogliosa di se stessa: si era comportata da persona forte e coraggiosa. Arrivò di fronte al quadro della Signora Grassa, disse la parola d’ordine e si lasciò alle spalle tutto: Amelia, i suoi precedenti dolori e rancori.
Trovò in Sala Comune Lily e James, che stavano studiando insieme, seppur a dovuta distanza, o, meglio, Lily stava studiando, James la guardava completamente perso.
Sirius stava leggendo La Gazzetta Del Profeta e quando la vide le lanciò un’occhiata interrogativa. “Dov’è Amy?” le chiese. “Non dovevate andare in biblioteca?” inarcò un sopracciglio.
“Noi… abbiamo litigato” rispose in un sospiro Mary catturando l’attenzione di tutti e tre ed incrociando lo sguardo di Lily.
“Cos’è successo?” le chiese quest’ultima, lei non rispose.
“Dov’è?” ripeté lui, alzandosi dal divano su cui era seduto poco fa.
“Ci siamo separate in corridoio, appena fuori dalla Sala Grande” rispose con voce tetra. Sirius fece un cenno a James che recepì il messaggio immediatamente e si avviarono tutti e due fuori, Lily, invece, si avvicinò a lei.
“Ehi” le disse dolcemente. “Come mai avete litigato?”
“Le ho solo detto quello che pensavo” se il tono di Lily era pacato, quello di Mary era pungente e sottile.
L’amica la scrutò sinceramente curiosa. “E cosa pensi?”
“Non mi va di parlarne, adesso, vai da lei… Ha bisogno di qualcuno” deglutì.
“Anche tu ne hai bisogno” osservò lei ovvia.
“Sì, ma sai com’è fatta: è troppo fragile, devi ricomporre i pezzi rotti, meglio che ti sbrighi” le fece un mezzo sorriso, per rassicurarla.
“Sicura?” si accertò e quando vide che Mary annuì, le sorrise incoraggiante, per poi precipitarsi fuori dalla Sala Comune.
Mary, rimasta sola, cacciò un profondo respiro e si passo una mano fra i capelli, esausta. Si lasciò andare sul divano e pensò che probabilmente avrebbe dovuto chiedere scusa ad Amy quando l’avrebbe rivista; anche se non se lo meritava, per niente. Solo perché le aveva detto quello che pensava di lei, questo non stava a significare che fosse una brutta persona, d’altronde, Amelia non lo faceva sempre? Diceva sempre quello che pensava e che le passava per la testa, senza però immaginare che le parole potessero ferire, quello che le aveva detto poco prima l’aveva turbata a tal punto che l’idea di farla sentire come lei si stava sentendo fu più forte di ogni pensiero logico. Doveva farle capire quanto male potevano fare delle semplici parole. Il fatto era che, Amelia usava le parole per dare libero sfogo a quello che pensava, ma non le aveva mai usate contro qualcuno, mentre Mary sì, l’aveva fatto e aveva fatto del male.
Mentre si massaggiava le tempie per rilassarsi, qualcuno si sedette vicino a lei, si voltò, spalancando gli occhi di scatto. Remus la osservava, le mani congiunte poggiate sotto il mento, i gomiti sulle gambe, la guardava senza dire una parola; lei lo osservava di rimando, in cerca di risposta nei suoi occhi marroni.
“Non ho detto nulla a James e Lily, mi sono limitato a dire che stavo parecchio male” esordì infine lui e Mary cacciò un sospiro di sollievo; nessuno sospettava niente, nessuno sapeva che lei aveva mentito. “Giornata piena? Che è successo?” le domandò vedendo lo stato in cui era ridotta.
“Ho litigato con Amelia” e dirlo la fece sentire uno straccio. “Mi ha dato uno schiaffo” aggiunse indicando la guancia sinistra e Remus portò una mano nel punto che lei gli aveva segnato, accarezzandolo.
“Vedrai che si risolverà tutto: vi volete troppo bene perché non accada” la rassicurò donandole un sorriso triste, senza chiedere spiegazioni. Se c’era una cosa che aveva imparato in quegli anni con i Malandrini era che quelle sarebbero venute da loro, senza bisogno di forzarle.
Il battito cardiaco le accelerò, per un momento pensò che il cuore potesse uscirle dal petto da quanto si scontrava fortemente con la gabbia toracica e, in tutta risposta alle parole del ragazzo, annuì velocemente, per poi abbracciarlo e stringerlo a sé, prendendolo alla sprovvista, ma lui ricambiò senza indugi e le cinse i fianchi con le braccia, inspirando il suo profumo: sapeva di buono; ma senza nessun motivo logico, pensò che Amelia sapeva di dolcezza, di umanità, di verità, di amore. Amelia sapeva d’amore e lui non aveva mai voluto accettarlo fino a quel momento: quando era ormai troppo tardi.
Sospirò, per poi separarsi da Mary e sorriderle appena.
“Perché non hai detto nulla a Sirius? Perché non hai voluto spiegazioni?” gli chiese poi lei.
“Perché saranno loro a dirmi tutto, quando si sentiranno pronti per farlo” fece spallucce Remus, distogliendo lo sguardo.
E in quel momento, Mary, pensò che non ci fosse persona più buona al mondo e che lui fosse un ragazzo talmente bello caratterialmente che avrebbe dato tutto per averlo per sé, pensò che Remus fosse la cosa più bella esistente sulla terra.
Non fecero in tempo a dirsi altro che Sirius, James, Lily ed Amelia entrarono. Lily aveva un braccio attorno alle spalle dell’amica e appena intercettò Mary, le riservò uno sguardo profondamente deluso, mentre James la giudicava malamente con gli occhi e Sirius la squadrava disgustato.
“Chiedile scusa” esordì senza preamboli rivolto a Mary, che distolse lo sguardo. Il cuore di Amelia fece un tuffo quando vide che lei e Remus erano insieme, ma trattenne le lacrime.
“Ho solo detto quello che pensavo” si alzò poi dal divano lei, mentre Remus non si mosse, ma osservò la scena attentamente. Gli occhi feriti di Amelia lo fecero sussultare, tanto che l’unica cosa che lo trattenne dall’andare ad abbracciarla fu il ritorno alla mente di lei e Sirius che si stavano frequentando.
“Chiedile scusa” ripeté Sirius, cercando di restare calmo. Se c’era una cosa che lo faceva andare in bestia era vedere le persone a cui più voleva bene stare male per colpa di qualcun’ altro.
“E perché? Perché sono stata sincera?” iniziò ad alterarsi Mary.
Chiedile scusa” continuò imperterrito, James iniziò a preoccuparsi e si mise all’erta, in caso di improvvise esplosioni dell’amico. Anche Remus notò il nervosismo e si alzò di scatto, mentre altri Grifondoro rientravano dopo una giornata di studio intensivo, tra questi, c’era anche Peter, che si avvicinò a James titubante. “Che sta succedendo?” domandò sottovoce, mentre la scena che si presentava davanti ai suoi occhi iniziava a catturare anche gli altri studenti, fra cui Alice, Emmeline e Frank, che si fecero vicini agli amici.
“Sirius, lascia stare” intervenne Amelia, stanca di farsi difendere e stanca di tutta quella situazione, sfiorandogli un braccio. Se non fosse stato per Lily che l’aveva trovata in bagno a piangere da sola o per Mary che aveva ormai detto tutto, probabilmente avrebbe tenuto gli amici all’oscuro dell’accaduto, specialmente Sirius.
“Non me ne vado di qui finché non ti chiede scusa, Amy” la zittì lui brusco.
“Sai quante volte lei ha detto la verità su quello che pensava a qualcuno e non ha mai chiesto scusa? Lo sai, Sirius Black?” lo sfidò Mary, che iniziava ad essere nervosa.
“Lei non ha mai offeso nessuno, mi pare” ribatté sicuro Sirius.
“Però nel frattempo tira schiaffi alla gente” scosse la testa lei.
“Le hai dato della persona inutile, MacDonald! Le hai detto che è, testuali parole: ‘ una che viene usata e gettata via’! Ora chiedile scusa, adesso!” urlò perdendo la pazienza, James gli afferrò un braccio in modo deciso come per avvertimento; tutti trattennero il fiato increduli, Remus per primo che lanciò un’occhiata a Mary.
Era il suo momento, il suo show. Tutta quella gente era lì per vedere lei e non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione. “Ero arrabbiata, quelle cose non le dicevo sul serio!” alzò la voce a sua volta.
“Allora falle le tue scuse” intervenne Lily, che non aveva fiatato fino a quel momento e Mary la guardò, sentendosi tradita: l’amica aveva scelto da che parte stare.
“Lasciate perdere, okay?” la voce di Amelia storpiata per il pianto giunse alle orecchie di tutti. “Sono stanca, non m’interessano le sue scuse, chiaro? Non me ne frega un accidente di lei o di me o di voi o di chiunque altro! Lasciatemi in pace!” la voce le tremava e sembrava che li stesse supplicando. “E voi andatevene” disse poi rivolta al pubblico poco gradito. “Lo spettacolo è finito” si avviò velocemente in Dormitorio, sotto gli sguardi stupiti di tutti, seguita dalle amiche. Odiava essere al centro dell’attenzione e quando tutti sapevano quello che le stesse succedendo, odiava che la sua privacy venisse violata, odiava essere sotto i riflettori.
Sirius la guardò finché non si chiuse la porta alle spalle poi focalizzò nuovamente la sua attenzione su Mary, iniziando a camminare verso di lei, ma Remus le si parò di fronte. “Non fare stronzate, Felpato”
“Che cazzo fai, Lunastorta? La difendi?” chiese allibito.
“Ti dico solo di fare stronzate” lo avvertì.
“Non picchio una donna, Remus, non sono coglione fino a quel punto” lo ammonì.
“Sirius, andiamo” intervenne James prendendo l’amico per un braccio. “Sei troppo alterato, lascia stare, potresti dire cose di cui in futuro di pentirai” e lanciò un’occhiata a Mary, che lei intercettò ed incassò senza problemi.
“Dì ancora qualcosa ad Amy e giuro che ti lancio una frattura, MacDonald, non osare toccarla, sono stato chiaro?” disse ignorando le parole di James.
“Limpido” scandì bene lei le parole, usando un labiale piuttosto ampio.
Sirius si scrollò di dosso la mano di James, si passò una fra i capelli nervoso, per poi guardare un’ultima volta Remus e Mary, scuotere la testa ed andarsene.
“Vado da lui” annunciò James a Remus, che annuì con un colpo secco della testa. “Mary” fece a mo’ di saluto, lei ricambiò con un cenno.
Quando tutti se ne furono andati, pronti a far circolare l’ultima notizia, Mary sospirò di sollievo e sorrise a Remus. “Grazie per avermi difesa”
“Le hai davvero detto quelle cose?” chiese lui ignorando completamente la precedente affermazione della ragazza.
“Io…” e, per una volta, Mary non seppe davvero che cosa dire. “Sì, l’ho fatto, ma… ero arrabbiata, non lo pensavo sul serio, non… non potrei mai, Amy è… è mia sorella” biascicò e lui non disse nulla.
“Chiedile scusa” le consigliò dopo qualche secondo di silenzio Remus. “Non se lo merita” e si voltò, avviandosi al Dormitorio, lasciandola completamente sola.
Ancora una volta, aveva scelto Amelia a lei, ancora una volta, aveva perso. Chiuse una mano a pugno e se la mise fra i denti per evitare di urlare.
Possibile che vincesse sempre? Possibile che fosse sempre lei dalla parte del torto? Delle lacrime amare cominciarono a rigarle il volto, si accasciò a terra, passandosi una mano fra i capelli ripetutamente e mordendosi le unghie.
Avrebbe dovuto dire tutta la verità? Avrebbe dovuto ammettere di aver detto una bugia? Cacciò un profondo sospiro cercando di calmarsi, ma più i minuti passavano, più l’irritazione si faceva sentire. Si alzò di colpo ed iniziò a camminare in cerchio, ‘mai sfidare Sirius Black o ti ritroverai contro la Casa Grifondoro’. Era questo che le aveva detto una volta James, scherzando, ma ora era vero, ora era reale. Era sola, completamente sola, per colpa di Amelia, sempre e comunque per colpa sua. Si fece forza e entrò in Dormitorio, Lily, Emmeline ed Alice stavano parlando fitto fitto, ma si interruppero non appena la videro.
“Amy?” chiese Mary senza aggiungere altro.
“E’ in doccia” ripose Lily senza sentimento alcuno e quello fu un colpo al cuore per lei, la sua amica non le aveva mai risposto così, mai in vita sua.
Entrò in bagno senza nemmeno bussare, lo scroscio dell’acqua riempiva tutta la stanza. “Mi dispiace” annunciò in un sospiro. “Non volevo, Amy, ero solo arrabbiata, okay? Tu avevi detto quelle cose, tagliandomi fuori dal mondo e io mi sono difesa, tutto qui”
Il rumore dell’acqua finì, Amelia uscì dalla doccia con già l’asciugamano addosso e i capelli gocciolanti. “Mi hai ferita, Mary”
“Lo so”
“Mi hai fatto male”
“Scusa”
“Sul serio”
“Sul serio, mi dispiace”
“Lo credi davvero?”
“Cosa?”
“Quello che hai detto”
“No” .
“Okay”
“Okay”
“Esci di qui”
“Ma…”
“Mary, vattene, ti prego” Amelia indicò la porta con un cenno del capo e quando l’amica stava per varcarla, disse: “Comunque bastava dirlo che sei cotta marcia di John: mi sarei fatta da parte”, Mary la chiuse con un tonfo. 

 

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flowers's hall.
eccomi qui, fiori! allora, vediamo, questo capitolo mi fa schifo, non so con che faccia lo stia pubblicando. comunque: sta cominciando il patatrac di cui nina si era resa conto, inizia a movimentarsi qualcosa, insomma.
come vediamo mary è piena di rancori verso amelia e remus mentirà, nuovamente, aspettando che sirius ed amy prendano l'iniziativa per dichiarare una cosa assolutamente falsa, non è come mary, cerca di vivere comunque in pace e in armonia, nonostante il dolore che prova. e finalmente s'è reso conto sei suoi sentimenti per amelia! alleluja, gente! e notiamo tantissimo il lato protettivo di sirius verso amelia, allora, chiariamo una cosa: non voglio fare la classica ff con quello che è protettivo che non sa se è innamorato o meno della ragazza, no. sirius è semplicemente così perché la considera una sorella e nient'altro.
so che ci sono stati pochissimi momenti jily o sirius/nina, ma devo attenermi a quello che scrivo: se faccio un capitolo su un personaggio, devo sempre seguirlo, senza mai perderlo di vista, altrimenti tanto vale fare capitoli normalmente e non strutturare la cosa come sto facendo io.
ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno messo la storia nelle seguite e nelle preferite e quell'unica recensione allo scorso capitolo che è valsa parecchio, davvero, siete tutti stupendi.
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

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Capitolo 3
*** James. ***


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James.


“Ti prego, Felpato, non cominciare”
“Io comincio quando voglio”
“No, Sirius”
“Zitto, tu, Lunastorta”
“Sei peggio di un bambino”
“Io? Chi è che mi ha rubato l’anello d’argento?”
“Nessuno, dannazione!”
“L’avevo al dito prima e ora non c’è più: volete prendermi per cretino?”
“Come se non lo fossi…”
“Non fare il sarcastico”
“Evita”
“No, evita tu”
“Gli dai corda?”
“Ti sarà caduto”
“L’avevo in biblioteca!”
“E ti sarà caduto in biblioteca!”
“Mi è diventato largo da un giorno all’altro?”
“A chi hai stretto la mano l’ultima volta?”
“A nessuno”
“Allora ti è caduto, se non te l’hanno fregato”
“Non ci provino nemmeno”
“Sta crollando il mondo, per questo?”
“Era il mio anello preferito!”
“Ne hai altri quattro, direi che non ti manca nulla”
“Solo perché tu hai solo uno stupido anello al pollice, Lunastort-…”
“Non chiamare stupido il mio meraviglioso anello, chiaro?”
“Ah! Vedi che mi capisci?”
“La volete finire?”
“Taci, James” dissero all’unisono zittendo l’amico, che alzò le mani in segno di resa.
Era tutta la mattina che Sirius andava avanti facendo congetture su chi potesse avergli rubato il suo anello, come se ne avesse bisogno: ne aveva altri quattro; ma quello era il suo preferito, probabilmente l’aveva perso, come aveva ipotizzato Remus, ma no, impossibile, l’anello era troppo affezionato al padrone!
“Buongiorno!” salutò Amelia schioccando un bacio sulla guancia a Sirius e sedendosi accanto a lui, sorrise a James, salutò Remus con un rotto ‘ciao’, anche se si sforzò di sorridergli ed evitò accuratamente lo sguardo di quest’ultimo. Era da un mese che si rivolgevano a stento la parola, da quando Mary aveva detto una bugia e nessuno dei due lo sapeva, da quando Amelia l’aveva visto in sua compagnia e aveva pensato di essere stata una totale stupida.
In compenso, il rapporto tra Mary e Remus si era fatto sempre più intenso, mentre quello tra lei e lui sembrava essere ormai sparito: tutte le cose che avevano vissuto insieme, tutte le risate, tutti gli abbracci, tutti i sorrisi scambiati per caso… Erano svaniti, non c’erano più, era come se non ci fossero mai stati.
“Ciao” rispose Sirius con tono tombale prendendo dei croissant, James scosse la testa sconsolato.
“Felpato…” iniziò a rimproverarlo.
“No! Zitto James, tu non capisci! Pure quell’idiota di Lunastorta mi comprende” lo rimbeccò con una smorfia.
Amelia fece passare lo sguardo da James a Sirius. “Cosa succede?”
“Il mio anello!” gemette lui, portandosi le mani nei capelli con fare disperato.
“Cos’ha?” chiese sottovoce a James, facendo un cenno rivolto all’amico.
“Ha perso il suo anello preferito” rispose con lo stesso tono quello, sventolando la mano in aria con fare noncurante.
“Dov’è Peter?” alzò un sopracciglio la ragazza, guardandosi intorno, accortasi dell’assenza di un Malandrino.
“Dov’è Lily?” James si sistemò gli occhiali.
“Dov’è Nina?” chiese Sirius come rinvenuto.
“Cosa?” domandarono tutti in coro.
“Nina” ripeté.
“Da quando ti interessa Nina?” si sporse verso di lui Remus, gli occhi assottigliati.
“Me l’ha fregato lei l’anello, me lo sento” disse sommessamente; gli altri sbuffarono annoiati.
“Non dire cavolate” sospirò Amelia.
“Quella mi odia!” esclamò lui come se fosse ovvio.
“Per me sei solo cretino” commentò a bassa voce James, imburrando del pane e beccandosi un’occhiataccia dall’amico.
Posò gli occhi su Remus, per poi ritirarli immediatamente: stava ripassando, evitando lo sguardo di tutti.
C’era qualcosa in lui che non lo convinceva, non che il suo amico lo convincesse spesso, ma era più evidente, più reale; era da un mese, più a meno, che si comportava in modo strano, non palesemente, ma c’era qualche dettaglio fuori posto; ad esempio: il modo con il quale si poneva nei confronti di Sirius era diventato più freddo, quasi distaccato, rideva di rado alle sue battute e passava moltissimo tempo da solo a studiare, isolandosi dagli altri.
Diceva che era per i M.A.G.O.: aveva bisogno di concentrarsi; peccato che nessuno ci credesse. Anche Sirius iniziava ad essere sospettoso, tanto che propose a James di parlargli chiaro, una volta, ma l’amico rifiutò, sapendo che Remus si sarebbe confidato quando ne avrebbe sentito il bisogno. Faceva così, aveva sempre fatto così; si chiese se Mary c’entrasse qualcosa o se fosse davvero solo nervoso.
Non parlava molto con Amelia da un pezzo e questo preoccupava sia Sirius che James, abituati a vederli confabulare qualche volta, a vederli sorridersi: troppo timidi ed introversi per mostrare apertamente quello che provavano davvero; perché ormai avevano capito da un pezzo che quei due si piacevano a vicenda, ma allora cos’era successo?
Odiava non comprendere, non sapere cosa stesse accadendo ai suoi amici. Per James i Malandrini erano una famiglia e si sa che in famiglia non ci devono essere segreti; erano sempre stati uniti, una cosa sola e adesso? Remus era indisposto verso Sirius, anche se in modo poco notevole, lasciando tutti senza una motivazione per i suoi comportamenti.
I pensieri di James furono interrotti dall’entrata in scena delle altre ragazze: Emmeline, Alice e Lily arrivarono, intente in una conversazione. Sorrisero ad Amelia e si accomodarono vicino a lei, Lily salutò calorosamente Remus, che ricambiò con un gran sorriso e le diede un bacio sulla fronte.
James notò che Amelia aveva distolto lo sguardo.
E c’era qualcosa che non quadrava, qualcosa che non quadrava affatto in tutta quella situazione.
“Potter” lo salutò Lily distrattamente sporgendosi verso di lui per prendere del Succo di Zucca, lui le fece un cenno.
“Evans” le sorrise raggiante scacciando i brutti pensieri. “Luce dei miei occhi: come andiamo oggi?” inclinò appena la testa per osservarla meglio e pensò che fosse la ragazza più bella sulla terra.
Lei fece una smorfia. “Bene, tu?” chiese disinteressata.
“Oh, benissimo, grazie per averlo chiesto” bevve un sorso di caffè. “Cos’hai intenzione di fare oggi, mia cara?”
“Pensavo di andare a lezione e tu, mio caro?” stette al gioco lei, facendo spallucce e una smorfia buffa che fece ridere James.
“Io pensavo di seguirti ovunque andrai” le rispose poi, puntando i suoi occhi in quelli di lei e la sua voce uscì più seria di quanto avesse voluto, facendo arrossire Lily che distolse subito lo sguardo, fissandolo sul piatto, diventato, inaspettatamente, particolarmente interessante.
Odiava quando James la metteva in quelle situazioni scomode, dalle quali non sarebbe riuscita a sfuggire mai, odiava quando le diceva la verità e quando le mentiva, odiava doversi scontrare direttamente con i suoi sentimenti senza sapere come rispondergli, odiava guardarlo negli occhi e pensare che fossero bellissimi, odiava quando le sorrideva e quando non la guardava, odiava sapere che senza di lui, probabilmente, non avrebbe saputo a chi dar fastidio, con chi prendersela, con chi litigare, con chi sfogare la rabbia… Odiava essere consapevole del fatto che James fosse entrato nella sua vita e perderlo le avrebbe potuto far male o farla star bene, in ognuno dei due casi, si sarebbe sentita triste: perché, felice o meno, l’avrebbe perso.
Dopo anni di torture, James era cambiato, era diventato se stesso senza fronzoli e questo la spaventava, saperlo più determinato a conquistarla, più sincero… Più James; non portava a nulla di buono.
“Credo che dobbiate smetterla di flirtare in nostra presenza” annunciò in una smorfia disgustata Sirius. “Niente di personale, Ramoso, ma le tue perle d’abbordaggio tienile per te” scosse la testa velocemente. “E comunque” aggiunse. “Io sono più bravo”
“Oh, posso garantire” intervenne Amelia annuendo. “A volte mi ha detto di quelle frasi… Ah, non potete capire. I brividi” commentò sarcastica.
“Sfotti?” rise Sirius dandole una leggera spallata e facendola sbilanciare leggermente, mentre la ragazza rideva di gusto. “C’è un motivo se tutte le ragazze di Hogwarts a parte te mi vogliono nel loro letto” constatò.
“Io passo” annunciò tempestivamente Lily.
“Io anche, sono fidanzata, Black” aggiunse Alice fingendosi sinceramente dispiaciuta.
“Qualche nuova esperienza non ti farebbe male, mia dolce ed adorabile Alice” si sporse verso di lei.
“Giù le mani” gli diede uno scappellotto Frank, arrivato all’improvviso al seguito di Peter, per poi avvicinarsi alla sua fidanzata e lasciarle un bacio leggero a fior di labbra.
“Quanto siete noiosi: io stavo scherzando” si passò una mano sulla nuca Sirius.
“Lo spero per te” lo rimbeccò Amelia, dandogli una gomitata.
“Gelosa?” le chiese ironico.
“Scherzi? Certo che sì!” lo squadrò dall’alto al basso, fingendosi sconvolta.
“Lo sai che il mio cuore appartiene solo a te” le sussurrò all’orecchio, facendola sorridere divertita.
Remus serrò le mascelle e osservò la scena come pietrificato, si trattenne dall’andarsene senza dire una parola. Gli faceva male vederli insieme, gli faceva male vedere quanto lei fosse emotivamente presa da questa storia, vedere quanto lui tenesse a lei, quanta complicità ci fosse fra loro; anche se era meglio così, come si ripeteva ogni giorno, lui era oscuro, mentre lei brillava di luce pura: l’avrebbe solo rovinata.  Distolse immediatamente lo sguardo e cercò di riconcentrarsi sul libro di Antiche Rune che stava leggendo. Amelia restò per un po’ ad osservarlo, il bicchiere di caffè a mezz’aria e gli occhi persi a contemplarlo.
Il tutto fu interrotto dall’arrivo brusco di Mary, che schioccò un sonoro bacio sulla guancia a Remus, sotto lo sguardo geloso di Amelia e quello incredulo di Lily.
“Ciao” lo salutò.
“Ciao” le rispose lui, leggermente spiazzato.
“Mi aiuti a ripassare, per favore? Non capisco una cosa e oggi andremo avanti… insomma, non mi va di restare indietro con le lezioni” alzò e riabbassò le spalle velocemente. Gli altri restarono in attesa di una sua risposta.
“Sì, certo” le sorrise disponibile lui alzandosi e raccogliendo la sua roba. Guardò Amelia. “Ci vediamo” fece un cenno agli amici per poi avviarsi lontano con Mary.
Amelia appoggiò la testa sopra le braccia distese sul tavolo, sfinita. “Li odio” sussurrò con voce tetra.
Lily le accarezzò i capelli. “No, non li odi” osservò con una voce dolce. “Lo sai che non li odi”
“No, li odio, invece” ribatté l’altra sempre con lo stesso tono. “Odio lei e odio lui, ma odio di più lui”
“Ma se ne sei cotta marcia e/o quasi innamorata” constatò Sirius inarcando le sopracciglia.
“Lo odio!” Amelia quasi gridò e si alzò di scatto, facendo spaventare tutti. “Non dirlo mai più!” puntò poi un dito verso Sirius, che restò allibito. “Mai più!” ma la sua voce era rotta, spezzata, incrinata; prese la sua borsa e, lasciando la colazione a metà, si avviò fuori dalla Sala Grande.
“La raggiungo” disse subito Lily, facendo per alzarsi, ma Sirius la bloccò.
“Ci penso io” la rassicurò. “A dopo” disse agli altri, camminando velocemente per raggiungere l’amica.
James lanciò un’occhiata preoccupata a Lily, che ricambiò: Amelia non aveva mai perso le staffe, non in quel modo, per lo meno; era sempre stata una riservata, introversa, anche e sembrava che in pochi giorni si fosse trasformata in qualcun altro.
“Andiamo in classe?” propose poi.
“Vengo io, Potter” rispose Lily riponendo i suoi libri in borsa velocemente e si alzò, seguita dal ragazzo. “A dopo” fece un cenno agli altri e si avviò fuori con lui.
“Te sai che è successo?” gli chiese mentre camminavano per andare alla Serra, lui le lanciò uno sguardo interrogativo. “Tra Amelia e Remus” specificò Lily.
“Oh, quello” annuì sicuro. “No, nulla” rispose infine.
“Quelli ci stanno nascondendo qualcosa, dobbiamo scoprirlo”  scosse la testa.
“Hai usato il soggetto ‘noi’, Evans?” la guardò allibito James.
“Non esiste nessun ‘noi’, Potter, non ti montare la testa” fece una smorfia Lily.
“Ma l’hai appena detto” le fece osservare, circondandole la spalle con un braccio e avvicinandosi a lei, che, a contrario delle sue aspettative, non si allontanò né lo scacciò e lui ne restò piacevolmente sorpreso. “Comunque sia” iniziò poi. “Perché dobbiamo preoccuparci degli altri quando ci siamo io e te, oh, dolce e soave angelo caduto dal cielo? Perché, mia Evans, ti preoccupi tanto? ‘Non ti curar di loro, ma guarda e passa’, meravigliosa donna, guarda e passa” le sussurrò all’orecchio, facendola arrossire.
“E’ inutile che citi grandi autori babbani per conquistarmi, non funziona” gli allontanò il viso dal suo con una mano.
“Allora sei arrossita per caso?” le chiese, sfoderando la voce più sexy del suo repertorio.
“Sono arrossita perché dici cavolate, James” scosse la testa per l’ennesima volta in quei pochi momenti, ma lui la osservò, interdetto: l’aveva chiamato James, non aveva usato il suo cognome, aveva usato il suo nome, James. James. Non era mai successo, mai nella storia di quei sette anni e lui si sentì così felice che avrebbe potuto baciarla seduta stante.
Lo stesso dettaglio non sfuggì a Lily, che se ne pentì immediatamente e pensò che avrebbe fatto meglio a non dir nulla, perché chiamarlo con il suo nome, era un modo per sentirlo più vicino, per ammettere che qualcosa era cambiato per sbaglio o per fortuna.
Si scostò da James e continuò a camminare, lanciandogli occhiate preoccupate ad intervalli regolari, mentre lui, mani in tasca e labbra serrate, non staccava gli occhi da lei. Chiedendosi come mai, perché, cosa ci fosse di diverso, ché per lui era cambiato tutto da molto tempo, ma per lei? Lily si stava facendo la stessa domanda, spaventata: cos’era James per lei? Cos’era successo? Insomma, lei, James, l’aveva sempre odiato; ma quando l’aveva visto, il primo settembre, quando le aveva dato ancora fastidio… Si era sentita sollevata, nonostante tutto: perché le era mancato. In quei mesi aveva pensato spesso a lui, era diventato più bello, più sincero e più vero. Non c’erano più maschere e questa era stata una sua scelta, James aveva infatti deciso che non avrebbe mai conquistato Lily fingendosi qualcun altro o facendo lo spaccone, perché a lei, quei tipi non piacevano, allora aveva pensato di essere semplicemente se stesso, il James di sempre, il James malandrino, il James sincero. James, semplicemente James.
Lily accelerò il passo quasi involontariamente: voleva solo scappare; ma lui non le permise di allontanarsi, anzi, le stette di fianco e, inaspettatamente, lei ne fu felice.
Arrivarono alla Serra in religioso silenzio, si guardarono attorno: Frank, Alice, Emmeline e Peter erano insieme a Remus e Mary, che gli era accanto, persa a guardarlo, mentre lui ripassava -ancora- e si fecero la stessa domanda con gli occhi: dov’erano Sirius ed Amelia?
James le fece un cenno verso l’uscita, lei scosse la testa e si avviò dagli amici seguita a ruota da lui, sorpassò Mary senza degnarla di uno sguardo, mentre lei la osservò, sinceramente ferita.
“Dov’è Sirius?” chiese James in contemporanea a lei che, invece, chiese: “Dov’è Amy?”
Gli amici li guardarono straniti. “Si saranno imboscati” borbottò seccato Remus, Mary gli prese una mano e la strinse nella sua, cercando di consolarlo; aveva guadagnato lui con quel pesante litigio di un mese fa, ma aveva perso moltissimo e, solo a volte, pensava che ci sarebbero stati altri modi per farsi notare da Remus John Lupin.
“Come, scusa?” chiese James a Remus, inarcando un sopracciglio e si sistemò gli occhiali.
“Cosa?” domandò innocentemente l’altro.
“Hai detto qualcosa?” gli domandò ancora.
“No” si finse stranito e scosse la testa.
Lily passava lo sguardo da uno all’altro, interrogativa.
“Mi sembrava di aver…” iniziò James. “No, niente” scosse la testa. Era impossibile che Remus avesse detto davvero quello che aveva pensato d’aver sentito.
Insomma, non poteva davvero credere che si fossero imboscati da soli, Sirius ed Amelia! Non era nemmeno immaginabile una cosa del genere, non poteva nemmeno avergli attraversato l’anticamera del cervello.
“Vado a vedere dove s’è cacciato quel cane” sussurrò a Remus, che annuì impercettibilmente.
“Torna in tempo per l’inizio della lezione” gli consigliò, James non rispose, ma si avviò fuori, camminando velocemente.
Sirius era un cretino di prima categoria e poteva aver deciso di saltare le lezioni tranquillamente, ma Amelia no, non l’avrebbe fatto, teneva troppo alla sua istruzione, ed erano spariti da un pezzo, ormai. E quando quei due sparivano insieme, non era mai un buon segno.
“Potter, aspetta!” si voltò immediatamente, Lily correva trafelata verso di lui e quando lo raggiunse si appoggiò al suo braccio, riprendendo fiato. “Okay, ci sono” constatò poi, sistemandosi la gonna.
“Evans?” la guardò inarcando le sopracciglia. “A cosa devo questa corsa contro il tempo per raggiungermi?”
“Amy è la mia migliore amica: non pensare di esserne il motivo” lo fulminò con lo sguardo, lui sollevò un lato della bocca in un sorrisetto.
“Certo che no” disse sarcastico, riprendendo a camminare affiancato da lei. “Sala Comune?” le chiese, lei annuì. Starle vicino gli faceva uno strano effetto, era come se si sentisse a casa: ovunque c’era Lily, c’era un posto dove stare. “Devo dire, però, che non ti facevo una tipa da bagni notturni in déshabillé” ridacchiò, ricordandosi della prima notte, lei avvampò immediatamente.
“E questo cosa c’entra?” si difese incrociando le braccia.
“Nulla, è solo che non ho mai avuto occasione di dirtelo” fece spallucce James, sempre con un ghigno divertito sul volto.
“Era una cosa… una cosa fra noi, voi non dovevate esserci” bofonchiò.
“Io non mi sarei fatto problemi” la stuzzicò, per vedere il suo viso diventare rosso quanto i suoi capelli e cercare di nasconderlo con questi.
Non rispose, ma sentiva lo sguardo di James su di lei e tirò un sospiro di sollievo quando arrivarono a destinazione.
Algabranchia” disse Lily e il quadro si spostò, lasciandoli passare, entrarono, la Sala era deserta, se non per due figure sul divano.
Amelia era stesa, la testa appoggiata sulle gambe di Sirius, che le accarezzava i capelli in silenzio.
“Sirius?” lo chiamò James, l’amico si voltò.
“Abbassa la voce: sta dormendo” sussurrò, i due si avvicinarono, Amelia aveva il respiro regolare.
“Che è successo?” chiese Lily sedendosi sulla poltrona accanto, sporgendosi verso di loro, James si accasciò a terra.
“E’ solo stanca” spiegò Sirius guardandola negli occhi. “E’ solo stanca” ripeté rivolgendo nuovamente lo sguardo ad Amelia, per poi darle un bacio sulla tempia. “La mia piccola Amy” disse a voce così bassa che fecero fatica a sentirlo.
Lily lo osservò attentamente e, incrociando le proprie mani e portandosele sotto il mento, pensò che quell’amicizia fosse qualcosa di meraviglioso, un’amicizia vera, sincera, un’amicizia che contava più di qualunque altra cosa. Non aveva mai creduto che Sirius potesse amare una ragazza come amava lei, aveva sempre pensato che per lui le ragazze fossero solo un giocattolo, qualcosa da usare e poi buttar via; ma il modo in cui guardava Amy, il modo in cui si prendeva cura di lei senza chiedere nulla in cambio… Quello era il vero Sirius, quello era lui senza maschere e Amelia era davvero, davvero molto fortunata.
“Dobbiamo capire cosa è successo tra lei e Remus” saltò fuori poi, guadagnandosi uno sguardo interrogativo dai due. “Non ce la faccio a vederla così, mi fa troppo male” spiegò poi in un sospiro, sprofondando nella poltrona.
James e Sirius si scambiarono un’occhiata: sapevano com’era il loro amico, sapevano quanto fosse bravo a mentire e quanto nascondesse agli altri; non sarebbe stato per niente facile, ma, alla fine, decisero di accettare in modo unanime.
“Okay” acconsentì Sirius. “Okay, scopriamolo” annuì alle sue stesse parole.
Amelia gli aveva detto che lei e Remus si erano allontanati per colpa di Mary e che lei, lei che aveva sempre aspettato, si era fatta da parte, per lasciarlo vivere felice, anche se questo implicava vederlo assieme ad una ragazza che aveva sempre considerato come una sorella.
“Sentite, io e Evans torniamo a lezione, diciamo che Amy s’è sentita male e che tu la stai assistendo, va bene?” si voltò verso Lily, che gli fece un cenno d’assenso, Sirius annuì.
“E vedo di parlare con Remus” aggiunse.
“Io con Mary” sussurrò a mezza voce lei; non aveva voglia di rivolgerle la parola, non dopo quello che aveva fatto ad Amelia, alla sua migliore amica: le aveva detto delle cose orribili e questo l’aveva allontanata così tanto da lei che l’idea di parlare assieme le faceva torcere lo stomaco: da Mary non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere.
I due si alzarono, Lily diede un bacio  sulla guancia ad Amelia e sorrise dolcemente a Sirius, che ricambiò, tristemente; James le accarezzò i capelli in un sospiro e uscì con Lily.
Iniziarono a camminare in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Lily odiava vedere Amelia ridotta in quello stato, James odiava vedere Remus ridotto in quello stato; la cosa più strana era che, probabilmente, Amelia aveva davvero superato il limite, perché non si era mai mostrata debole in tutta la sua vita.
Lily guardò James di sottecchi, James ricambiò. Erano amici di tutti e due, sia di Remus che di Amelia, erano sempre stati insieme, alla fine, nonostante tutto: i Malandrini e le ragazze Grifondoro, nonostante a Lily non piacesse James, lo tollerava, cercava di avere una convivenza pacifica con lui, mentre quello sembrava renderla sempre più complicata e difficile con tutti i suoi tentati abbordaggi.
Arrivarono alla Serra e si diressero vicinioagli amici. “A cosa devo questi dieci minuti di ritardo?” li chiese la professoressa Sprite, gli occhi di tutti si puntarono su di loro, James stava per prendere la parola, quando la professoressa li interruppe. “Ah, no, Potter, niente bugie qua dentro. Vi siete beccati una punizione, oggi, alle cinque, nel mio ufficio e dieci punti in meno a Grifondoro; non si discute!” aggiunse vedendo che il ragazzo stava per protestare. “Due Caposcuola, ah! Cosa mi tocca vedere” borbottò fra sé e sé la donna. “Fatevi spiegare cosa stiamo facendo, non ho intenzione di ripeterlo. Dove sono Black e Williams?” chiese accorgendosi della loro assenza.
“Amelia sta male, signora, Sirius la sta portando in Infermeria” rispose prontamente Lily.
“Oh, bene, allora” bofonchiò quella. “Dai, avanti, avete intenzione di star qui a far nulla? Al lavoro, al lavoro!” esclamò vedendoli ancora con le mani in mano, i due si precipitarono immediatamente da Remus, che stava facendo coppia con Mary, estraendo un liquido da una pianta ancora non specifica.
“Che dobbiamo fare?” si affrettò a chiedere James mentre si metteva il grembiule.
“Prendere il liquido curativo di questa pianta e metterlo in queste boccette in questo modo” spiegò Remus non distogliendo lo sguardo dal suo lavoro, Lily lo imitò, mettendosi all’opera. “Cos’ha Amelia?” chiese, Mary sgranò gli occhi, stupita, pensava non gli importasse più, ormai.
“Cos’avete voi due, se mai, amico” lo provocò piccato James, Lily gli lanciò un’occhiataccia.
“Non adesso” gli sussurrò dura prendendolo per il colletto della camicia e portandolo più vicino a sé.
“Perché no?” replicò lui, con il cuore che iniziava ad accelerare il battito, avrebbe potuto contare le sue lentiggini se lo avesse voluto.
“Mary” rispose semplicemente e lo lasciò andare. “Ha un po’ di febbre, sta bene” Lily rassicurò poi Remus con un sorriso. “Si rimetterà presto”
Lui annuì senza guardarla e continuò con la sua attività, Mary incontrò gli occhi di Lily che erano freddi, impenetrabili; quest’ultima distolse poi lo sguardo, riposandolo sulla pianta e si legò i capelli, lasciando scoperta la nuca.
“Allora, a che punto siamo?” chiese a James.
“Abbiamo appena iniziato, Lily, non pretendere troppo da questa povera piantina” le disse a bassa voce, osservandola attentamente.
“E’ il suo dovere” ribatté lei ridendo appena, lui scosse la testa sorridendo.
Passarono la lezione a lanciarsi frecciatine e scherzare tra di loro, dimenticandosi della punizione che gli era stata assegnata, dimenticandosi del resto delle persone attorno; Lily dimenticandosi di aver a che fare con James Potter.
Il ragazzo che aveva sempre odiato.
 
***

I Malandrini arrivano in Sala Grande all’ora di pranzo, si sedettero al tavolo dei Grifondoro e parlarono del più e del meno, raggiunti poi dalle ragazze, Mary e Lily erano ancora più distanti del solito: si sedettero il più lontano possibile l’una dall’altra e fra le due non ci fu nemmeno uno sguardo.
“Che è successo?” chiese James a Lily, la quale si era seduta vicino a lui.
“Ha fatto la stronza, ecco che è successo” gli rispose secca, guardandola in cagnesco; lui le lanciò uno sguardo interrogativo. “Le ho domandato, gentilmente, se Remus le avesse detto qualcosa, che ne so, di come si sentiva in quel periodo o se era successo qualcosa in particolare con Amy o cose così, insomma, cose da amica, per sapere, per capire, no?” James annuì. “E sai lei che ha fatto?” scosse la testa. “E’ andata sulla difensiva nemmeno l’avessi accusata del più grande crimine mai compiuto nella storia della magia! Ha detto che non mi deve interessare, che sono fatti di Remus, che non devo considerarli miei problemi… E io le ho detto che non era così, che lui è mio amico e che volevo capirlo visto che è da un po’ che non mi parla e sai cosa mi ha risposto?” James scosse nuovamente la testa. “Ha risposto che se non mi parla da un po’ ci sarà un motivo e probabilmente il motivo è che sono una pettegola!” esclamò, sull’orlo dello sconvolgimento.
James la guardò, quasi più sconvolto di lei. “Si sta facendo terra bruciata intorno, solo a me sembra una cosa un po’ da squilibrata?”
“Mi ha dato della pettegola!” ripeté a bocca spalancata, ignorandolo completamente. “E allora io le ho detto che lei, invece, sta diventando una grandissima stronza egoista che pensa solo a raggiungere il suo obbiettivo dimenticandosi delle persone che le vogliono bene” disse orgogliosa di se stessa.
“Il suo obbiettivo?” domandò senza capire James, portandosi il calice alle labbra.
Lily annuì convinta. “Remus” fece spallucce, James sputò il suo Succo di Zucca che aveva appena sorseggiato.
“Ehi!” protestò Peter, al quale la bevanda era arrivata dritta sulla camicia.
“Scusa, Pet” fece James tossicchiando, Lily gli diede qualche pacca sulla schiena.
“Tutto bene?” gli chiese poi, lui annuì.
“Cosa… cosa c’entra Remus?” chiese poi tornando a respirare normalmente e prendendo un pezzo di pollo.
Lily lo guardò stupita per qualche secondo, poi si portò due ciocche di capelli dietro le orecchie. “A Mary piace Remus, James” gli fece notare palesemente. Se n’era resa conto poco tempo prima, quando era stata attenta a come lei si poneva nei confronti di Remus.
E a lui fu tutto, ad un certo punto, più chiaro: era ovvio, certo! Come aveva fatto a non accorgersene prima? Mary era cotta marcia di uno dei suoi migliori amici, ma continuava a non capire come lei potesse essere collegata all’allontanamento dei due.
“Sì, ma Amy? Cioè, perché Mary…? Chi se ne importa se a lei piace Remus, stiamo parlando di Amy e Remus, non di Remus e Mary” osservò con una smorfia.
“E’ questo il punto, Potter” disse Lily. “Mary c’entra qualcosa in tutto questo, ma non riesco a… a collegare” sospirò, sembrava esausta.
“Come fai ad esserne certa?” le chiese, curioso.
“Perché questa vicinanza tra loro non è normale” puntò lo sguardo sui due, che, dalla parte opposta del tavolo –James e Lily erano all’esterno a sinistra, Remus e Mary erano all’esterno, dall’altro lato del tavolo, a destra-, stavano parlando tranquillamente.
James, effettivamente, non poté che trovarsi d’accordo con le parole della ragazza: Remus e Mary non erano mai stati così legati, a stento si rivolgevano la parola.
Le stava per domandare cosa avesse intenzione di fare concretamente per capirlo, ma un arrivo improvviso lo distrasse.
“Mi chiedevo che fine aveste fatto, miei adorati Caposcuola” Nina si avvicinò a Lily e le diede un bacio sulla guancia, mentre regalò un sorriso smagliate a James che ricambiò il gesto. Si sedette di fronte a loro. “Come state? Non vi vedo da un secolo” si portò il palmo della mano sinistra sotto il mento, mentre con la destra giocherellava con la collana che portava al collo.
“Bene, stiamo bene” rispose Lily per tutti e due, sorridendole.
“E tu, Black, come stai? Non si saluta?” chiese al ragazzo, che non si era accorto della sua presenza fino a quel momento e, al notarla, le sorrise scoprendo i denti.
“Clarks!” si alzò e si sedette vicino a Lily, per averla più vicina, si sporse verso di lei. “Diventiamo ogni giorno più belle?” le chiese malizioso.
“Oh, Sirius Black mi ha fatto un complimento, potrei morire sul posto” si finse affannata. “Non hai risposto alla mia domanda, enigmatico cattivo ragazzo” gli fece notare poi, pungente.
“Mi trovi enigmatico?” le chiese a mo’ di sfida.
“Ti trovo misterioso ed enigmatico” gli rivelò.
“Misterioso è sexy” disse Sirius in un ghigno.
“Tu sei sexy, Black e lo sai benissimo” commentò lei.
“Mi trovi sexy?”
“Chi non ti trova sexy?”
“Io” James alzò appena il braccio, intromettendosi nella conversazione.
“Tu mi trovi sexy, Evans?” chiese l’altro a Lily.
“Beh…” lei arrossì appena, guardò James, come chiedendogli aiuto, ma lui la osservò divertito. “Beh” ripeté, odiando Sirius per averla messa in quella situazione imbarazzante: non era sfacciata come Nina. “Sì, beh, sì, insomma, sei un ragazzo molto… molto bello”
“E fu così che Evans preferì il migliore amico allo spasimante storico: la tragica storia di James Potter, signore e signori” annunciò James, alzando il calice pieno di Succo di Zucca.
Sirius, Nina e Lily risero di cuore, facendo ridere, alla fine, anche lui.
“Ramoso, l’hai sempre saputo che sono molto più figo di te” Sirius alzò appena un calice nella sua direzione.
“Oh, certo” James ricambiò il gesto. “Sempre saputo”
“E’ ovvio, amico” fece spallucce l’altro.
James scosse la testa divertito.
“Allora, avete scoperto qualcosa?” cambiò poi drasticamente argomento Sirius, mentre Nina l’osservava interessata.
“Nulla. Stavo giusto dicendo prima a James che Mary mi ha quasi insultata, mentre Remus…” si rese conto che non l’aveva nemmeno lasciato parlare, presa dal suo racconto. “Remus?” si rivolse a James, curiosa.
“Nulla” ammise quest’ultimo, stanco. “Ho cercato di tirargli fuori qualcosa, una minima cosa, ma il signor Black qui presente è irrotto nella conversazione interrompendomi e lasciandomi a bocca asciutta” gli lanciò un’occhiataccia, Sirius alzò le mani a mo’ di difesa.
“Scusa, non lo sapevo, okay?” si giustificò.
“Perfetto!” esclamò poi stanca Lily. “Perfetto, non abbiamo in mano niente!” fece in tono esasperato.
“Non dire così, Evans” la consolò Sirius.
“E cosa dovrei dire, Felpato?” chiese fra i denti.
“Cos’è successo?” s’intromise Nina, curiosa.
“Stiamo cercando di far riappacificare due nostri amici, Clarks” rispose Sirius. “Solo che tutti i tentativi sembrano vani”
“Perché si sono allontanati?” puntò lo sguardo su di lui, che ricambiò.
“E’ quello che stiamo cercando di capire”
Ci fu un momento di silenzio. “Quindi voi volete far riappacificare due persone e non sapete nemmeno perché hanno litigato?” alzò un sopracciglio lei, dubbiosa.
“Sì” rispose James per Sirius.
“Volete un consiglio?” domandò lei, tutti annuirono. “Lasciate perdere” disse sicura.
“Come?” chiese Lily stupita.
“E’ un fatto fra loro, no? Pensate ai vostri problemi e non intromettetevi in quelli degli altri, so che sono vostri amici, so che non è più come prima, ma non ne vale la pena: se vogliono risolvere la cosa, lo faranno da soli” spiegò, tranquillamente.
“Questa situazione potrebbe andare avanti anche dopo i M.A.G.O., tu non li conosci: uno è timido come una ragazzina del primo anno, mentre l’altra è me al femminile, anche se in questo periodo è molto più distrutta del solito, il che equivale ad una bomba a cui mancano pochi minuti per esplodere” le fece notare Sirius.
Nina non rispose, ma lo studiò per una manciata di secondi. “Le vuoi molto bene, vero?”
“E’ come se fosse mia sorella” rispose in modo naturale.
“Beh, allora, da fratello: lasciale il suo spazio, Black; ha bisogno della tua vicinanza, ma non della risoluzione dei suoi problemi da parte tua” affermò tranquillamente. “E questo vale anche per te” indicò Lily. “Ed anche per te” puntò il dito su James. “Sentite, io questa Amelia non la conosco troppo bene, anche se mi piacerebbe molto, perché, da come ne parlate, sembra una delle persone più preziose sulla terra: però, ragazzi, lasciatele tempo” Lily, James e Sirius l’ascoltavano rapiti. “E visto che è come te, Black, rispondi sinceramente: vorresti che qualcuno risolvesse i tuoi problemi al posto tuo?” puntò lo sguardo su di lui, che scosse la testa lentamente, gli occhi socchiusi. “Appunto” constatò Nina.
I tre si guardarono e pensarono che quell’alleanza era stata totalmente inutile; Lily sospirò e si appoggiò a James, che a quel movimento, sussultò, colto di sorpresa.
“Ho litigato con Mary per niente” fece Lily sull’orlo della disperazione.
“Tanto eri già arrabbiata con lei, no?” le fece notare Sirius.
“Cosa c’entra?” gli diede una leggera sberla sul braccio. “Mi comportavo così per dimostrarle che ero dalla parte di Amy, ma non avevamo litigato, non ci eravamo insultate”
“Sì, però, se non le rivolgevi la parola…” iniziò James, ancora non abituato ad averla così vicina.
“No, senti, è diverso” tagliò corto lei. “Spiega” ordinò a Nina.
“Se una ragazza non litiga direttamente con un’altra, non hanno litigato, anche se ci sono dei trascorsi o anche se si sono allontanate: finché non avviene lo scontro, non hanno il diritto di essere arrabbiate l’una con l’altra apertamente; difatti, se notate, Lily ignorava Mary, ma la ignorava in un modo velato: la salutava a colazione o quando la vedeva, se c’era da fare un lavoro insieme a scuola non si tirava indietro… Insomma, convivenza civile nonostante tutto, ora, però, è fatto il misfatto ed eccoci qui” disse con tono paziente.
James e Sirius a quelle ultime parole si scambiarono uno sguardo divertito: usava un linguaggio Malandrino senza nemmeno rendersene conto.
“Capisco” annunciò infine Sirius.
“Io no, ma okay” fece James, causando la risata di Lily, che si appoggiò ancora di più a lui.
Vederla così disponibile nei suoi confronti, lo fece quasi commuovere dalla gioia, le era successo qualcosa, qualcosa che solo lei sapeva ed era che non le importava più chi fosse James Potter o quale fosse il suo nome, si era promessa di vivere quell’anno appieno e quella promessa comprendeva anche farlo entrare nella sua vita, perché qualcosa era cambiato in lui: il modo di porsi nei suoi confronti, la sua sincerità… Voleva provare ad essere se stessa anche lei, insieme a James, lasciarsi andare come lui aveva già iniziato a fare; aveva deciso di smetterla di pensare troppo alle sue azioni quando era in compagnia del ragazzo, ma di essere semplicemente se stessa e di non pensare alle conseguenze.
“Lily, vieni con me a studiare?” le chiese facendola rinvenire Nina.
“Sì, perché no? Arrivo subito” si separò da James, prese la sua borsa e gli sorrise, lanciò un cenno divertito a Sirius e si avviò fuori dalla Sala Grande con l’amica.
“Ramoso, ma che incantesimo le hai lanciato?” chiese Sirius a James dopo qualche secondo di silenzio.
“Nessuno” rispose lui.
“Vuoi dire che la Lily sostenuta si sta trasformando nella Lily vera senza che tu abbia messo qualcosa nel suo Succo di Zucca?”
James annuì, allibito e Sirius non poté far altro se non ricambiare lo sguardo dell’amico, quasi sconvolto.
 
***

Aprì piano la porta, leggermente impacciato, Lily era già lì, stava leggendo un libro, in attesa.
“Ciao” disse piano, lei si voltò.
“Ciao” gli sorrise leggermente, erano le 16:58; ripose il libro nella borsa.
“Sei puntuale anche per andare ad una punizione?” le chiese sarcastico.
“Io sono sempre puntuale, Potter” lo rimbeccò, alzandosi dalla sedia ed andandogli incontro, non sapendo nemmeno perché, si avvicinò a lui, un soffio di distanza l’uno dall’altra.
“Sei diversa, Lily” sussurrò senza nessun senso logico, inclinando appena la testa per vederla meglio.
“Nel senso che sono diventata più brutta?” chiese lei, lui rise scuotendo la testa.
“Sei sempre bellissima, lo sai e –per me e per quanto possa valere- sarai sempre la più bella ragazza di tutta Hogwarts” Lily rise imbarazzata, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore. “Cosa ti è successo, Rossa?”
Lei fece spallucce. “Tutti cambiamo, James; l’importante è non dimenticarsi chi si era prima” lo guardò negli occhi.
“Ma perché?” domandò lui, senza capire.
“Perché no?” rispose lei con un tenero sorriso.
E lui non seppe che ribattere. Cambiamenti come quello lo spiazzavano senza che lui riuscisse a comprenderne appieno il significato, ma lo rendevano euforico come poche cose nella sua vita.
Erano le 17:00, la porta si aprì un’altra volta, facendoli sussultare –e separare-, la professoressa Sprite varcò la soglia e camminò verso la sua scrivania. “Allora” iniziò, catturando la loro attenzione. “Per punizione, ragazzi, sistemerete dei semi in alcune fialette” Lily e James si scambiarono un’occhiata rincuorata: avevano pensato potesse andare molto peggio; ma lo stato d’animo cambiò, quando la professoressa li mostrò i semi da sistemare: erano –su per giù- una tonnellata ed era piccolissimi. “Dovete finire per le otto” li avvertì. “Ci vediamo a cena” disse per ultima cosa e uscì dall’ufficio.
Lily si accasciò alla scrivania, con la bocca spalancata. “Quella è matta!” esclamò passandosi una mano fra i capelli.
“Insegna Erbologia, che ti aspettavi?” cercò di tirarla su di morale James. “Guarda il lato positivo, Evans”
“C’è un lato positivo?” gli chiese sconvolta.
“Ovvio, c’è sempre un lato positivo”
“Ma davvero? E qual è?” incrociò le braccia al petto, alzando le sopracciglia.
“E’ così chiaro, Lily, così evidente” si avvicinò a lei, cauto.
“Non vedo l’ora di sentirlo” continuò sostenuta.
“Ma, ovviamente” si chinò su di lei, la distanza fra i loro volti quasi annullata, appoggiò le mani dietro la schiena di lei, sulla scrivania; sentì il suo respiro farsi leggermente irregolare; deglutì. “Passerai fruttuose ore con lo scapolo più desiderato di Hogwarts” sussurrò alla fine, fissando lo sguardo sulla sua bocca.
“Non era Sirius?” domandò lei, cercando di mantenere un tono di voce normale.
“Okay, sono il secondo scapolo più desiderato di Hogwarts” ammise. “Allora è vero che lo preferisci a me, Evans, mi tradisci così?” ridacchiò.
“Ho detto che Sirius è sexy, Potter, questo non vuol dire che tu non lo sia” sciolse l’intreccio delle braccia e le portò dietro, appoggiandole, senza volerlo, su quelle di James, che fecero presa salda sulle sue, bloccandola.
“Questa potrebbe essere una dichiarazione d’amore, lo sai?” intrecciò le sue dita con quelle di lei.
“Non esageriamo” puntò gli occhi in quelli di lui, che sorrise divertito.
Lui non disse altro, la guardò e basta, mentre lei, liberò una mano dalla sua presa e la portò sulla sua guancia, accarezzandolo leggermente.
Avrebbe potuto baciarla in quel momento, in quell’istante -avrebbe voluto che la baciasse in quel momento, in quell’istante, perché averlo così vicino la stava facendo impazzire senza che ne sapesse il motivo-,  ma non la baciò –ma non la baciò-, pensò che avrebbe dato qualunque cosa per averla –non capiva perché-, Lily era tutto quello che aveva sempre desiderato –perché le faceva quell’effetto-, era a qualche millimetro da lei –se solo avesse potuto comprendere-, e non fece nulla –come mai il rapporto con James fosse cambiato così radicalmente-, perché non era il momento giusto –era spaventata-, sapeva che se l’avesse fatto avrebbe rovinato ogni cosa, ogni minimo progresso che aveva fatto con lei in così poco tempo –ma guardarlo negli occhi rendeva tutto così facile, così normale, così semplice-, si morse una guancia –il cuore iniziò a batterle più velocemente-, avrebbe voluto che quel momento non finisse mai –e capì che era perché in quel periodo James si era mostrato per quello che era: un pazzo, incosciente, simpatico, allegro, naturale, ruggente, leone-, ma finì.
“Abbiamo del lavoro da fare, Potter” si allontanò dal ragazzo, avviandosi verso i semi ed iniziando a metterli nelle fiale.
E lui, senza dire una parola, la raggiunse; perché era così che faceva lui: la raggiungeva, ovunque fosse, ovunque andasse. E non avrebbe mai smesso di farlo.
 
 ***
 
Era passata una settimana dalla punizione con Lily e ogni giorno si avvicinavano sempre di più, sorrisi scambiati per caso, battute dette senza pensarci, risate sempre più frequenti. Il loro rapporto era radicalmente mutato, cosa che lo rendeva ogni giorno più felice.
Arrivò in Dormitorio, Sirius era steso al contrario –e a pancia in su- sul letto: i piedi sul cuscino, la testa al termine del materasso; Peter si stava esercitando in un qualche incantesimo; di Frank non c’era traccia.
Poggiò la borsa per terra, per poi sprofondare nel letto e prendere un gran respiro.
Si diede un leggero pugno sulla fronte, chiudendo gli occhi. Odiava, odiava, odiava quei momenti, quei silenzi; anche se ormai erano diventati una cosa normale, abitudinaria, gli facevano ancora male, quelle notti, ad aspettare.
Si alzò e si diresse alla finestra, la luna iniziava a mostrarsi. “Fra poco ricominciano gli allenamenti di Quidditch” disse piano, senza nessuna logica.
“Davvero? E che farai, Capitano? Una nuova squadra?” gli chiese Sirius, sempre a testa in giù.
Lui scrollò le spalle. “Probabilmente” rispose senza un particolare tono della voce; non vedeva l’ora di tornare in campo, di giocare a Quidditch, da sempre il suo sport preferito e una delle cose –oltre a Lily- che gli avevano impedito di scappare da quella scuola insieme ai Malandrini.
“Che dite, andiamo?” chiese agli altri, Peter diede un’occhiata all’orologio.
“Sì, andiamo” constatò quest’ultimo, infine. “Possibile che Frank continui a sparire?” borbottò poi, mentre si metteva il cappotto.
“Ha ben altro da fare, il vecchio Paciock” commentò con un ghigno malizioso Sirius, portandosi le mani in tasca.
James ridacchiò, prese la Mappa del Malndrino e uscì, seguito dagli altri: il Dormitorio era deserto.
“E tu, Felpato?” domandò all’amico quando stavano per varcare il quadro della Signora Grassa.
“Io cosa?” inarcò un sopracciglio Sirius.
“No, dico, è da un po’ che non vai a caccia e che non hai ben altro da fare” gli fece notare con indifferenza, sistemandosi la camicia, affiancato da Peter, che ascoltava con attenzione. Si avvolsero nel Mantello dell’Invisibilità ed iniziarono a scendere le scale.
Sirius non rispose, per qualche momento restò in silenzio, quasi non si era accorto di quella sua assenza d’interesse per il mondo femminile fino a quel momento e, probabilmente, se James non gliel’avesse detto, non se ne sarebbe nemmeno reso conto. Era da un pezzo che non adocchiava più una ragazza, o che si imboscasse con qualcuna nei corridoi di Hogwarts; probabilmente la faccenda di Amelia lo aveva coinvolto al punto tale da non riuscire a pensare ad altro, o forse era successo qualcosa d’altro, o forse, semplicemente, si era stancato delle ochette che gli correvano dietro qualunque mossa facesse. Magari aveva solo voglia di qualcosa di più serio, qualcosa che implicasse un attaccamento sentimentale; scacciò per pensiero così stupido: non si sarebbe mai innamorato, lui, se l’era promesso, non voleva nessuna relazione amorosa; semplicemente voleva ragazze più mature e non ne aveva ancora trovate. Le uniche mature che conosceva erano la signorina Evans, che non avrebbe ceduto al suo fascino nemmeno sotto tortura e che, comunque, era territorio del suo migliore amico; Amelia, ma era praticamente sua sorella, quindi non se ne parlava e Nina.
Nina. L’intelligente ragazza Corvonero, Caposcuola, sarcastica, simpatica, furba e bella. Molto bella. Sorrise tra sé e sé, gli piaceva quel suo modo di fare sostenuto, la trovava sexy, come trovava sexy il rifiuto nei suoi confronti, rendeva il tutto molto più divertente, il conquistare una donna: era questo che gli piaceva fare, non che le ragazzine gli cadessero ai piedi con uno schiocco di dita, no, a Sirius piaceva giocare, scottarsi, sbagliare e recuperare tutto; a Sirius piaceva rischiare.
“Sai, amico, credo che mi rimetterò in carreggiata” disse alla fine a James, che rise e gli scompigliò i capelli.
“Ah, è questo il cane che mi piace!” esclamò.
“Abbassate la voce, per cortesia? Volete per caso che ci scoprano?” domandò tra i denti Peter.
Sirius rise, piano e gli diede qualche pacca sulla schiena. “Certo che no, Codaliscia”.
Finalmente arrivarono al portone d’entrata, lo aprirono e lo superarono, si tolsero il Mantello ed iniziarono a correre verso il Palatano Picchiatore. Arrivati a destinazione fecero un cenno a Peter, il quale ricambiò e si trasformò in un piccolo topo, andò verso l’albero e si posò sopra uno dei suoi nervi, immobilizzandolo.
Sirius e James lo raggiunsero e si infilarono nella cavità al di sotto delle radici, per poi calarsi in un tunnel, seguiti dal topolino, arrivarono alla Stamberga Strillante e sentirono un ululato e, successivamente, un mobile che veniva scaraventato a terra.
James rispose gli occhiali in una tasca del giubbotto, per poi posarlo a terra, scambiò un occhiata con Sirius e si trasformarono. Immediatamente, un possente e bellissimo cervo, fu affiancato da uno scuro e spelacchiato cane.
Salirono le scale e raggiunsero Remus, che, quando li vide, si bloccò di colpo e James poté giurare di aver visto un barlume d’umanità negli occhi dell’amico, il quale si calmò e li riconobbe; il cervo si fece più vicino a lui, seguito dal cane che iniziò a scodinzolare, felice. Scesero le scale appena fatte, seguiti dal lupo mannaro e uscirono dalla Stamberga, all’aperto, iniziando a correre come facevano poche volte nella loro vita, correvano come se dovessero raggiungere un obbiettivo, una meta, come se ne andasse della loro stessa vita.
Remus iniziò a seguirli, contento di vedere che i suoi amici non lo avessero abbandonato e sentendosi, in qualche modo, libero. Nonostante la maledizione, nonostante tutto, quando era con loro, con i suoi amici, sentiva che le catene che lo tenevano legato a quello che realmente era, ossia, un mostro, si spezzassero; anche quando era in compagnia di Amelia era così. Iniziò a roteare su se stesso su due zampe, ululando ogni tanto, mentre James e Sirius cominciarono a giocare tra di loro, lottando o facendo gare di velocità.
Sirius amava quei momenti, amava correre potendo non fermarsi mai, il vento che prendeva il controllo su di lui, Remus che sembrava felice, anche se probabilmente non se ne rendeva conto.
A James piaceva sentirsi libero, senza confini, senza responsabilità, ma la consapevolezza che fosse lì per far sentire meno solo un ragazzo condannato che considerava un fratello, gli faceva torcere le budella dal dolore che provava. Remus era una delle persone più importanti nella sua vita e la sua condizione lo faceva star male, quindi quando si trovavano insieme, da animali, cercava di pensarci il meno possibile, riuscendo a lasciarsi andare e divertendosi con i suoi amici, i suoi fratelli, la sua famiglia.
Non era stato semplice all’inizio farsi accettare da Remus, il quale era sul punto di ucciderli, non appena li aveva visti raggiungerlo per la prima volta; ma con calma e con continuità, alla fine, il lupo aveva capito che non si trattava di nemici, ma di amici, dei suoi amici: di quelli che vedeva ogni giorno, di quelli con cui passava la maggior parte della sua vita.
Quando aveva saputo del progetto di James, Sirius e Peter di diventare Animagus per fargli compagnia aveva cercato di dissuaderli in qualunque modo e con qualunque mezzo, ma loro avevano insistito così tanto che non aveva potuto far altro se non rassegnarsi.
James si sdraiò a terra, Sirius lo seguì, poggiando il suo muso sulla schiena del cervo, mentre Peter li raggiungeva e si accoccolava tra il pelo del cane; Remus si accorse che si erano appisolati e si avvicinò a loro, accucciandosi al fianco di James.
Quest’ultimo notò che Remus aveva un taglio sulla guancia sinistra e parecchi sulle braccia, probabilmente segni di quando loro non erano ancora arrivati e lui si era dovuto sfogare da solo.
Avrebbe voluto con tutto se stesso che l’amico guarisse dalla condanna a cui era posto, ma purtroppo, non c’era rimedio. Chiuse gli occhi e pensò a Lily, concentrandosi unicamente sul suo viso, per non pensare al dolore di Remus.
E, piano a piano, i quattro Malandrini si addormentarono, in un prato, l’uno vicino all’altro, al chiaro di una luna con un viso crudele.
 


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flowers's hall.
non chiedetemi con che coraggio pubblico un capitolo così orrendo, perché, davvero, non lo so nemmeno io.
l'ho riscritto così tante volte che mi sono ormai arresa. non ne sono per niente soddisfatta, anzi, potessi mi ammazzerei da sola per lo schifo che vi faccio leggere, vi prego di perdonarmi.
allora: la playlist iniziale, no, non so perché, non ne ho la minima idea, mi era solo venuta voglia di fare una cosa del genere, ma è un esperimento, forse lo farò anche nei prossimi capitoli, forse no, vedremo, fatemi anche sapere che ne pensate.
allora, un trio stroncato sul nascere, eh? c'è stato qualche momento sirius/nina, ma, state tranquilli, nel prossimo sarà pieno; mentre i jily, aw. lily è cambiata moltissimo e potete averlo intuito, credo ahhahah
situazione remus/amy ancora in stallo, fra un po' ci sarà qualche risvolto.
ringrazio tutti infinitamente per aver aggiunto la storia alle seguite/preferite/ricordate e chi ha recinsito, davvero, grazie di cuore.
detto questo, spero non siate morti di ulcera fulminante leggendolo, anche se vi capirei.
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

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Capitolo 4
*** Nina. ***


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Nina.


Un tonfo sordo, si alzò dal letto di scatto, corse dai suoi genitori, il più veloce possibile che le gambe stanche le permettessero, aprì la porta violentemente. “Uscite, adesso!” urlò, urlò così forte che penso le si potessero rompere le corde vocali; loro si svegliarono, spaventati. Lo sapeva e lo sapevano anche i suoi genitori che sarebbe potuto accadere, ma lei aveva sperato fino all’ultimo che non succedesse, che si dimenticassero o che non li trovassero. E invece eccola là, a combattere contro qualcosa più grande di lei, qualcosa che non capiva.
“Fuori, dal retro” ordinò senza indugi, cercando di mostrarsi il più forte possibile, quando dentro stava morendo. I suoi genitori eseguirono gli ordini e si nascosero nel capanno, insieme a lei, che non poteva lasciarli soli; nessuno osava fiatare.
Non era mai stata così tesa in vita sua.
La porta d’ingresso di casa saltò in aria.
Sua madre pianse, suo padre la consolò, lei restò da sola, in attesa: qualche schiamazzo, qualche urlo, qualche incantesimo e qualche risata sadica.
Si tappò la bocca per evitare di fare il minimo rumore, la bacchetta stretta in mano e gli occhi chiusi.
Stavano arrivando: avevano capito dove fossero andati cercando di sfuggirli.
Puntò la bacchetta di fronte a sé, portò i suoi genitori dietro la schiena e la paura iniziò a farsi spazio in quelle quattro e strette mura.
La porta si spalancò di scatto per mostrare una figura vestita interamente di nero con un lungo mantello e una maschera a coprirgli il viso.
Stupeficium!” urlò, il Mangiamorte evitò il colpo e fece entrare nel capanno altri quattro dei suoi, uno dei quali rise istericamente, probabilmente contento di aver trovato qualcuno da uccidere.
Si fece più vicina a suoi genitori proteggendoli: suo padre stringeva sua madre a sé, cercando di mostrarsi forte.
“Non vogliamo loro” le disse uno dei tre. “Vogliamo te” la voce era distorta e lei iniziò a tremare.
“Non toccatela!” si fece avanti suo padre per difenderla, ma lei lo spinse subito via e lanciò una frattura ad un Mangiamorte, colpendolo in pieno.
“Giochi col fuoco, ragazzina” rise uno e la colpì, facendole fare un volo fino alla parete opposta del capanno; lei si rialzò immediatamente, tornando alla sua postazione precedente e cercò di lanciare qualunque incantesimo a chiunque, il primo che le venisse in mente, senza pensare: doveva solo difendere i suoi genitori, doveva solo combattere, doveva solo restare viva.
 Andò avanti così per qualche minuto: scoppi, luci colorate e urla di incantesimi. Avrebbe fatto qualunque cosa per non perdere; quando, ad un certo punto, una luce verde la sorpassò per colpire in pieno petto suo padre. Si voltò di scatto: era sdraiato, a terra, gli occhi e la bocca spalancati.
Iniziarono a fischiarle le orecchie, il cuore si bloccò per un istante; sua madre si portò una mano alla bocca e gridò. Non sentiva niente, non riusciva a sentire niente, era come se tutto si fosse bloccato, immobile, un arresto del tempo.
“Questo per farti capire cosa facciamo a quelli come te, Mezzosangue” sputò fuori uno dei Mangiamorte, per poi sparire insieme agli altri in una nuvola di fumo nero.
Cadde a terra in ginocchio, sfinita, guardò il corpo di suo padre ormai senza vita e non riuscì a respirare, a muoversi, a dire qualunque cosa. Sua madre era china sul petto del suo defunto marito e piangeva, urlava, gridava, mentre lei era lì, senza saper cosa fare.
Si sentiva svuotata, come se le avessero portato via tutto. Si ricordò di quando lui la portava al parco e la spingeva sull’altalena, di quando cucinavano la torta del compleanno per la mamma insieme, di quando l’aveva consolata perché il suo primo amore era finito, di quando l’abbracciava. E si rese conto che non avrebbe più potuto avere tutto quello, si rese conto che lui non c’era più.
Voleva piangere, ma le lacrime non riuscivano a scendere, erano bloccate e, allora, non lo fece. Non pianse quel giorno e nemmeno nei giorni  successivi e nei mesi e negli anni. Non pianse. Non piangeva da due anni.
Nina si svegliò, aveva il respiro irregolare ed era sudata; si alzò dal letto, una notte con la luna piena le si presentava davanti, si passò una mano fra i capelli e prese un antidepressivo babbano, gliel’aveva prescritto lo psichiatra da cui andava; si accarezzò la nuca, mentre le sue amiche dormivano tranquille, lei uscì dalla stanza per dirigersi in Sala Comune, si strinse nel pigiama e prese un gran respiro, cercando di calmarsi. Sospirò profondamente e iniziò a girare per la stanza, perlustrandola e controllandola.
Sua madre le scriveva ogni settimana e lei rispondeva ogni volta, da quando era successo quello che era successo era diventata paranoica nei confronti di Nina, non lasciandola un attimo, non permettendole un momento per sé. Se quando era a casa usciva, lei doveva sapere dove andasse, con chi e quando sarebbe tornata; doveva conoscere di persona i ragazzi con cui si vedeva e fidarsi, altrimenti Nina sarebbe rimasta a casa.
La capiva, sapeva perché si comportava così e non la criticava per quello, ma quel fatto aveva segnato profondamente anche lei, rendendola tremendamente vulnerabile. Lei, che non aveva mai avuto paura, ora si sentiva completamente indifesa: temeva che sarebbero tornati a casa sua per far del male anche a sua madre, temeva che potessero far del male a lei, temeva che potessero far del male a qualunque persona conoscesse.
A volte le capitava di sognarli, a volte come quella notte e non si dava pace, finché non sapeva che era tutto a come al solito, che non ci fosse nulla fuori posto; ecco perché, quando ormai aveva finito il giro d’ispezione, si era seduta sul divano blu al centro della Sala, rannicchiata su se stessa.
Chiuse gli occhi ed inalò tutta la aria che i polmoni le permisero, i nervi iniziavano a distendersi e lei stava cominciando a tranquillizzarsi: il farmaco iniziava a fare effetto, riuscendo a calmarla.
Non le era mai piaciuto essere quella debole in un rapporto, di qualunque tipo: amore o odio non aveva importanza, doveva, per forza, essere la vincente. Ne era ossessionata.
E quella perdita così grande che aveva subito l’aveva distrutta, le aveva lacerato l’anima in milioni di pezzettini troppo difficili da cucire di nuovo insieme; era così sconvolta che qualche volta le capitava di vedere ancora i Mangiamorte, di fronte a lei, pronti a farle del male, oppure rivedeva la morte di suo padre, oppure, cosa peggiore, aveva delle visioni così reali, che si ritrovava come catapultata nel capanno, da sola, mentre un Mangiamorte cercava di ucciderla e si sentiva soffocare.
Poi si trovava a scuola, senza sapere perché o come, o magari si scopriva in mezzo al giardino di Hogwarts, da sola; era successo anche che si ritrovasse in Dormitorio, o nei bagni… Ovunque. E non sapeva come ci fosse arrivata.
Quel ricordo la tormentava a tal punto da renderle la vita impossibile: non l’aveva detto a nessuno e non l’avrebbe mai fatto. Perché ammetterlo avrebbe reso tutto reale.
 


***
 


Scese le scale per arrivare in Sala Grande in tutta fretta, quando vi giunse, era praticamente vuota, tranne per un gruppo di ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro, che parlottavano fra loro. Notò Sirius ed abbassò la testa, dirigendosi alla sua tavolata, senza dire una parola o avvicinarsi a James per salutarlo.
Era molto tardi, ma lei non riusciva ad affrontare la giornata senza mangiare qualcosa, solo che, quando succedeva che non fosse in orario per le lezioni, la Sala solitamente era completamente vuota, ma non quel giorno: i Malandrini ridevano e parlavano fra loro, anche se ne mancava uno, Remus Lupin, infatti, non era presente. Probabilmente già in classe, o, forse, in Infermeria, come suo solito. Non conosceva Remus, ma sapeva che era particolarmente cagionevole di salute, cosa che gli causava più a meno una volta ogni mese il dover assentarsi dalle lezioni per guarire.
Iniziò a mangiare qualcosa di quel poco che era rimasto, si versò una tazza di caffè e li studiò: James aveva qualche graffio, Sirius aveva una fasciatura alla mano, mentre Peter era sano come un pesce; nonostante tutto, scherzavano come al solito.
Sirius si accorse di lei, che, non appena incrociò i suoi occhi, abbassò lo sguardo.
Restò ad osservarla per qualche secondo, come ammaliato, finché James non lo riscosse, lui gli fece cenno di aspettare un momento e si alzò dal tavolo. Aveva deciso che l’avrebbe avuta, in qualunque modo: lei sarebbe stata sua.
Si sedette vicino a lei, facendola sobbalzare. “Clarks” la salutò, addentando una mela.
Lei riprese fiato e strinse la presa sulla tazza di caffè. “Ciao Black” lo salutò con disinteresse, sorseggiandone un po’. “Qual buon vento?”
“Nessun buon vento, solo l’irrefrenabile ed irrinunciabile voglia di vederti” rispose spavaldo, spostandosi i capelli dal viso e sorridendole appena.
“Smettila” lo smontò subito, causando un’espressione sconcertata sul suo viso.
“Di far cosa?” le chiese con le sopracciglia inarcate.
“Di fare il cretino” lo rimbeccò, girando il volto verso di lui. “E di mentire” aggiunse, per poi tornare al suo caffè.
“Mentire?” chiese ancora, curioso.
Lei scosse la testa, ridacchiando e pensò che Sirius non era poi così intelligente come spesso voleva dar a vedere: non aveva ancora capito che lei si era perfettamente resa conto della persona che era in realtà? Erano troppo simili perché non lo facesse.
Erano due corazze, così facili da distruggere, ma così difficili da penetrare.
“Lascia stare” lo rassicurò, sventolando una mano all’aria. “Non state facendo tardi a lezione?” gli domandò voltando il viso verso di lui.
“Non potrei farti la stessa domanda?” ribatté, sfoderando quel suo solito sorrisetto strafottente che Nina –aveva spesso pensato- avrebbe voluto fargli sparire con un bacio.
“Non potresti rispondere e basta?” lo rimbeccò, fissando gli occhi sulla sua bocca.
“Non potresti evitare di fare domande in risposta?” e le labbra di Sirius si incurvarono verso destra, scoprendo i denti e lei chiamò a sé tutto il suo autocontrollo.
“Mi sono svegliata tardi” rispose infine, alzando gli occhi, finalmente, ed agganciandoli a quelli di lui.
“Anche noi” affermò Sirius a mezza voce, non capiva perché, ma quella ragazza gli faceva un effetto diverso da quello che gli causavano tutte. Non era solo bella, era molto di più, era perfetta e forte come un uragano; ma non era solo quello, c’era qualcosa in lei, qualcosa che la rendeva unica, qualcosa che gliela faceva desiderare come se lei fosse l’acqua e lui un uomo disperso nel deserto. Non solo la voleva, ne aveva bisogno. Non riusciva a capirne il motivo e questo lo frustrava, lo rendeva debole.
E a lui non piaceva essere debole.
“Beh, buon proseguimento di mattinata, allora, Black. Spero che le lezioni non siano troppo pesanti per il tuo cervellino sottosviluppato” gli lanciò un sorriso di scherno che lui accettò e ricambiò volentieri.
“Ah, mia Clarks, quando fai la stronza mi piaci ancora di più” confidò sussurrandole all’orecchio in un sospiro; Nina rise e si voltò verso di lui, il viso a qualche centimetro dal suo.
“Tu a me piaci sempre, invece” ammise lei, sempre in un sussurro, lasciandolo di stucco, per poi alzarsi e andarsene diretta all’aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Le piaceva giocare con lui, era una cosa che la elettrizzava parecchio, forse per il modo di fare di Sirius o forse perché, giocando con lui, giocava anche un po’ con se stessa, data la loro somiglianza.
Arrivò in classe in qualche minuto e raggiunse Lily, che era insieme ad Amelia, stavano parlando fra di loro e quando la notarono le sorrisero e le andarono incontro.
“Nina!” la salutò Lily con entusiasmo, abbracciandola. “Come stai?”
“Bene, Rossa” rise l’altra, ricambiando la stretta. “Te?”
“Non c’è male” Lily si separò e fece spallucce, sorridendole appena.
“Amy?” si rivolse poi alla mora, che sollevò lo sguardo ed incontrò il suo, come spaesata. “Ho saputo che sei stata poco bene ieri, ora è tutto a posto?” chiese sinceramente preoccupata.
“Sì, sì, sto bene, benone” la rassicurò l’altra sforzandosi di sorridere.
“Con Remus?” domandò ancora Nina sentitamente.
Amelia non rispose. Continuava a ripetersi, giorno dopo giorno, che l’aveva superata, che non le importava più; ma i suoi occhi mostravano solo dolore quando vedevano la stessa scena che ogni giorno le si presentava davanti: Remus e Mary, sempre e perennemente insieme. Non lo sopportava, non riusciva a capacitarsene. Tante volte sarebbe voluta andare da lui e parlargli, chiarire o chiedere delle spiegazioni, ma poi le parole di quella che un tempo era una sua amica le tornavano in mente e si diceva che aveva ragione: era patetica. Così lasciava perdere e aspettava che lui tornasse, non aveva la forza di combattere, non più almeno.
Nina vide il sorriso di Amelia allargarsi facendosi finalmente vero e Lily abbassare lo sguardo non appena i Malandrini, o, meglio, tre componenti dei Malandrini, fecero il loro ingresso; Amy iniziò a correre verso Sirius e lui la prese al volo, sollevandola da terra e stringendola a sé con fare fraterno.
James scosse la testa divertito e si avviò verso Nina, facendole un baciamano. “Signorina Clarks” la salutò. “Perdonali, fanno sempre così” disse poi facendo un cenno a Sirius e Amelia, che, finalmente, si erano separati e stavano ridendo fra loro. “Mia dolce Evans” si rivolse poi a Lily, James, che gli sorrise appena. “Oggi siamo più radiose del solito” le guance della ragazza si colorarono di rosso, mentre sul volto di James si fece largo un sorriso intenerito e divertito allo stesso tempo.
“Chi si rivede!” fece poi capolino Sirius camminando verso Nina. “La mitica Clarks!” le fece un cenno, un ghigno dipinto alla perfezione sul suo viso.
“E anche il mitico Collins!” esclamò il professore entrando in classe, facendo ridere gli studenti.
“E’ sempre un piacere, prof” Sirius fece un leggero inchino rivolto all’insegnate, che rise, divertito. Adorava quei ragazzi e loro adoravano lui. Era uno dei pochi professori che sapeva mischiare interesse e divertimento all’imparare.
“Anche per me, Black” sorrise all’alunno. “Ma, ora” richiamò l’attenzione di tutti con un battito di mani. “Spostiamo i banchi e mettiamoci al lavoro, ragazzi: oggi esercitazione a coppie” e gli studenti eseguirono gli ordini, appoggiando –senza la magia- tutti banchi ad una parete della classe. “Molto bene” si congratulò Collins. “Allora, per prima cosa, sceglierò io le persone con cui dovrete stare: non bisogna conoscere i punti deboli dell’altro, se vogliamo rendere questa lezione utile. Se potrebbe accadervi di incontrare un Mangiamorte…” Nina abbassò lo sguardo, “…in futuro, non saprete quali siano gli incantesimi con più effetto su di lui, quindi far combattere, ad esempio, Evans e Williams non avrebbe alcun senso: perché sono amiche e si conoscono, sanno cosa fa più male all’altra. Motivo per cui, oggi scelgo io chi dovrete affrontare” spiegò camminando fra gli studenti, toccò la spalla di James. “Tu con Evans, Potter” annunciò e James, riuscì a malapena a trattenere un urlo di felicità, si catapultò da Lily alla velocità della luce.
“Amelia” sorrise alla ragazza, che ricambiò. “Ti voglio con MacDonald” Amelia si voltò verso Mary, che ricambiò lo sguardo, incredula.
“Prof, noi…” iniziò quest’ultima.
“Non si discutono le mie decisioni” tagliò corto Collins, stava per rivolgersi ad un altro studente, quando Amelia lo interruppe.
“Noi siamo amiche, prof” constatò ovvia, anche se il tempo presente che aveva usato nella frase era più che falso.
“Non in questo momento, mi pare, Williams. O forse mi sbaglio?” lanciò un’occhiata alle due, che non risposero. “Dovete rendervi conto che i professori non sono solo entità che vivono solo nelle ore di lezione: vediamo, sentiamo e ci accorgiamo anche noi che c’è qualcosa che non va. Per voi, quindi, va bene così: magari vi sfogate anche un po’” dichiarò schietto, senza ammettere repliche. Amelia puntò lo sguardo a terra e si diresse al fianco di Lily, seguita da Mary, nettamente a disagio.
“Molto bene” disse soddisfatto il professore, fece qualche altra coppia, poi si soffermò su Sirius. “Black… Black, Black, Black, con chi ti metto?” ripeteva fra sé e sé, lasciando una pausa di qualche secondo ogni volta che diceva il suo cognome,  il ragazzo sorrise spavaldo. “Insomma, ti conoscono tutti” sospirò. Passò qualche momento di silenzio e poi: “Ti voglio con Clarks” dichiarò poi come se fosse stato colto da una qualche strana illuminazione.
Nina gli lanciò uno sguardo, che lui ricambiò. Si avvicinò a lui senza dire una parola; Collins finì di annunciare le coppie, i ragazzi si sparpagliarono per la stanza, uno di fronte all’altro, le bacchette sguainate.
“Al mio tre, lancerete una Frattura” disse il professore. “Una Frattura, chiaro? Niente di più” i ragazzi annuirono, facendo notare che avevano capito. “Molto bene. Uno… Due… Tre!” Amelia colpì Mary in pieno petto, facendola volare dall’altra parte della stanza; Lily sfiorò appena James, troppo veloce e abile grazie al Quidditch per non riuscire ad evitare l’incantesimo; Sirius beccò Nina ad un braccio, senza però farle male.
“Stai bene?” le si avvicinò, lei annuì tranquilla.
“Sì, non è niente” lo rassicurò. Tornarono tutti ai loro posti.
Collins gli fece fare ancora qualche prova, poi volle valutarli una coppia alla volta. “Per prime, Amelia e Mary. Prego” le due si avviarono al centro dell’aula, una di fronte all’altra. “Quando volete” li disse, allontanandosi.
Amelia e Mary si studiavano come se fossero state su un campo di battaglia, Lily e Sirius si scambiarono un’occhiata preoccupata, lui le annuì appena, segno che lei intese come un: ‘se le cose si mettono male, io e te interveniamo’, lei ricambiò il gesto.
Fu Mary ad attaccare per prima, cercò di disarmare Amelia, che però schivò il colpo. “Stupeficium!” esclamò, investendo Mary, che cadde a terra, per poi rialzarsi subito, lanciando una Frattura ad Amelia facendola crollare sulle ginocchia.
“Non mi batterai, Mary, non questa volta” disse, fra i denti, ma abbastanza forte perché tutti la sentissero. Si rialzò repentina e la disarmò, per poi scagliarle contro una Frattura a sua volta, facendola schiantare contro la parete della classe.
“Okay, okay!” intervenne Collins, appostandosi di fronte ad Amelia, che, ne era sicuro, se non fosse stato per lui sarebbe andata avanti a colpire Mary. Sirius si precipitò verso Amelia, mentre Lily andò ad aiutare Mary.
“Calmati” le disse, poggiando le sua mani sulle spalle della ragazza.
“Sono calmissima” dichiarò Amy sicura.
“Davvero?” lui inarcò un sopracciglio, sarcastico.
“Williams, vai a fare un giro con Evans” consigliò il professore, Lily andò dall’amica e le circondò le spalle, conducendola fuori dalla stanza, sotto gli sguardi un po’ allibiti di tutti. “MacDonald, stai bene?” si rivolse poi a Mary, la quale annuì e si sedette su un banco appoggiato al muro. “Okay. Black resta qui, ora tocca a te, Clarks raggiungi il tuo degno compare” disse a Nina, che eseguì. “Cerchi di essere meno scontrosa della sua amica” le sussurrò, lei rise appena, divertita.
Lei e Sirius si misero uno di fronte all’altra, pronti a reagire a qualunque attacco da parte dell’altro.
Nina era sul punto di attaccare quando successe qualcosa di strano: la stanza diventò buia tutto d’un colpo, non permettendole di vedere; iniziò a chiamare Sirius, senza ottenere risposta.
Era completamente spaesata, non aveva idea di dove si trovasse.
Allora fece quello che ogni strega o mago avrebbe fatto in una situazione del genere, specialmente se aveva subito quello che aveva subito lei: afferrò la bacchetta più saldamente puntandola di fronte a sé, cercando di restare calma e di non perdere il controllo di se stessa. Iniziò a camminare cautamente. Aveva imparato a pensare lucidamente in momenti come quelli: era l’unica soluzione per restare in vita; non farsi prendere dall’emozione, dalla paura di sbagliare qualcosa e rischiare di perdere qualcuno, doveva solo restare concentrata.
Era da sola e sapeva che nessuno sarebbe venuto a salvarla: se i Mangiamorte avevano deciso di ucciderla, ci sarebbero riusciti e lei ne era consapevole. Doveva solo cercare di resistere il massimo di cui era capace: non sarebbe morta senza combattere.
Probabilmente avevano usato una qualche magia per permetterle di arrivare in quel posto sconosciuto da sola e far dissolvere l’aula di Difesa contro le Arti Oscure; oppure era una sua visione. Anzi, si rese conto che lo era per forza. Non esistevano magie per far sparire una persona da un luogo e portarla immediatamente in un altro.
“Svegliati, Nina, svegliati” disse a se stessa a bassa voce nel mentre cercava di capire come uscire da lì. “E’ solo una delle tue visioni, Nina, non è reale” ripeté in un sussurro, cercando di mantenere i nervi saldi. Poi una luce illuminò un punto del posto in cui si trovava, garantendole una visuale totale di quello che le si presentava davanti: il pavimento era di legno come le pareti, che erano completamente spoglie. Si avvicinò allo spiraglio, piano, cercando di non far rumore: un uomo era steso a terra, probabilmente morto, completamente illuminato da quella luce troppo chiara. Si portò una mano alla bocca, spaventata, dopo di che si accucciò e guardò l’uomo da più vicino. Era suo padre. Suo padre, morto, al centro del nulla. E se non fosse stata una visione? Se fosse morta anche lei?
Del sangue iniziò ad uscire dal corpo di suo padre, dalla bocca, dagli occhi, dal naso… Sangue, solo sangue, rosso, denso, pulito. Iniziò a macchiarla, lei si rimise in posizione eretta, terrificata ed indietreggiò; ma il sangue la raggiungeva sempre, il sangue di suo padre ormai morto; più andava veloce lei, più scorreva veloce quel liquido rosso scuro e la raggiungeva, la sporcava. Iniziò a gridare, terrorizzata, urlò così forte che aveva paura di aver perso la voce. Urlava e gridava, in continuazione, disperata, ma era sola, nessuno la sentiva.
Due mani forti le afferrarono  le braccia, una presa salda e sicura: era un Mangiamorte, chi altri, se no? E con quel poco di ragione che le era rimasta, ma urlando a più non posso, schiacciò la bacchetta contro la pancia di quello, Schiantandolo. Quando il corpo cadde a terra con un tonfo, lei aprì gli occhi chiusi in precedenza e si trovò davanti una scena che non si sarebbe mai aspettata: i suoi compagni di classe erano divisi in due gruppi, chi attorno a qualcuno a terra, chi la guardava stralunato.
Scosse la testa e si diresse verso il mucchio di ragazzi concentrati su qualcuno, facendosi spazio. James stava aiutando Sirius a rialzarsi da terra, Nina spalancò la bocca e lo raggiunse.
“Che diavolo ti salta in mente?” la interruppe bruscamente Collins, andandole incontro. “Non è corretto fare attacchi di questo tipo: avresti potuto fargli davvero male! Fingersi instabile per poi scagliare un incantesimo del genere, Clarks! Non me lo sarei mai aspettato da te! Una settimana di punizione, alle cinque ti voglio nel mio ufficio. A partire da oggi!” la rimproverò, mentre lei non seppe cosa replicare e restò quindi zitta, con lo sguardo fisso su di lui e la bocca semiaperta, come a voler spiegare qualcosa, ma con le parole bloccate in gola. “Potter, porta Black in Infermeria” ordinò al ragazzo, che annuì e accompagnò l’amico fuori; quest’ultimo lanciò un’occhiata preoccupata a Nina: sapeva che non l’aveva fatto apposta, era successo qualcosa, ne era sicuro. Era consapevole del fatto che Nina non avrebbe mai ingannato nessuno, specialmente per vincere uno stupido duello a scuola

 

***
 
 

Nina arrivò in Infermeria appena finiti la punizione e l’ennesimo rimprovero di Collins, spalancò la porta e varcò la soglia, superando una Madama Chips troppo intenta a leggere la Gazzetta del Profeta per accorgersi di lei.
Due ragazzi giocavano a Scacchi Magici su un letto solo, tutti e de a gambe incrociate, uno di fronte all’altro. Nina si avvicinò con cautela e poi tossicchiò per farsi notare.
Sirius alzò lo sguardo verso la ragazza con le sopracciglia inarcate. “Clarks”
“Ciao” ricambiò Nina.
“Ehi” le sorrise dolcemente Remus.
“Ciao, Remus” si sedette vicino a lui, con il sorriso sulle labbra. “Come stai?”
“Bene, grazie. Stasera torno in Dormitorio” rispose facendo muovere l’alfiere, sempre con tono affettuoso.
Lei annuì appagata. “Ti dispiace se parlo un attimo con Black?” gli chiese poi.
Remus lanciò un’occhiata a Sirius che ricambiò il gesto, facendogli un cenno.
“Nessun problema: dovevo anche andare in… ehm… in bagno” concluse alla fine Remus scendendo dal letto. “Ci vediamo, Nina”
“Prenditi cura di te stesso, Remus” lo salutò.
“Farò del mio meglio” disse per ultima cosa, per poi chiudersi la porta del bagno alle spalle.
Nina osservò Sirius per qualche secondo, lui la scrutava intensamente, in cerca di risposte. Lei si tolse la borsa a tracolla per poi sedersi di fronte a Sirius, passandosi una mano fra i capelli. “Mi dispiace” furono le uniche parole che riuscì a dire, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
Ci fu qualche secondo di silenzio, momenti che Nina trovò pesantissimi da reggere. Non sapeva dove avesse trovato il coraggio per andare da lui e chiedergli scusa, sapendo che avrebbe corso il rischio di dovergli confessare tutto quello che accadeva nella sua testa.
Il trauma per la morte di suo padre non l’avrebbe mai abbandonata e ne era consapevole, ma raccontarlo a qualcuno avrebbe reso la situazione definitiva e questo la spaventava; ma non poteva nascondere quella situazione ancora, non a Sirius.
“Ti dispiace per avermi fregato l’anello d’argento o per avermi Schiantato?” le chiese ridacchiando facendo un cenno alla sua collana, per alleviare la tensione.
Nina abbassò lo sguardo di scatto, stupita. “Questo dici?” indicò l’anello che usava come ciondolo, lui annuì appena. “Oh, io l’ho… l’ho trovato in biblioteca, per terra, non pensavo che… io… Se… se lo rivuoi non c’è problema” spiegò titubante, mentre Sirius scuoteva la testa.
“No, non ce n’è bisogno, puoi tenerlo” regalarglielo lo faceva sentire più vicino a lei, in qualche modo, sapere che Nina costudiva qualcosa di prezioso di suo, lo rendeva felice. “Aveva ragione quel deficiente di Lunastorta: l’avevo davvero perso” scosse la testa divertito passandosi una mano fra i capelli e poi puntò lo sguardo sulla ragazza, che lo guardava ammaliata. Dopo altri attimi di silenzio si decise a parlare. “Cos’è successo?” le chiese, difatti, spostando la scacchiera per terra e avvicinandosi a lei.
Nina sospirò profondamente e chiuse gli occhi. “Ho detto che mi dispiace” ripeté: sperava che fosse bastato per chiudere la conversazione, pensando che il discorso si fosse ormai spostato sull’anello di Sirius.
“L’ho capito che ti dispiace” la rimbeccò lui con menefreghismo. “E accetto le scuse; ma voglio sapere cosa è successo, non se ti dispiace o meno” si chinò verso di lei, sollevandole il viso con un dito poggiato sotto il mento ed incontrando i suoi occhi.
Nina restò senza fiato, ammaliata dalla bellezza del ragazzo e per un attimo si dimenticò del motivo per cui fosse andata a parlargli. “Ho visto qualcosa” rispose poi, secca e scostando il volto, riacquistando lucidità.
“Hai visto…?” Sirius iniziò la frase, ma si bloccò, incredulo. “Sei una sensitiva o qualcosa del genere?” inarcò un sopracciglio.
Nina rise. “No, non sono una ‘sensitiva o qualcosa del genere’, non sono nulla” fece spallucce.
“E allora cos’hai visto?” insistette.
“Niente” si sforzò di sorridere e si alzò dal letto, raccogliendo la borsa da terra. “Io vado, sono contenta che tu ti sia rimesso” e iniziò a dirigersi verso l’uscita.
Sirius la guardò disorientato per qualche secondo, poi si alzò e la fermò, prendendola per i fianchi e facendosi molto vicino a lei. “Vuoi dirmi che succede?” le sussurrò a mezza voce all’orecchio. Quella vicinanza turbava tutti e due.
Lei si divincolò dalla sua presa e si voltò verso di lui, respirando affannosamente. “Non farlo più” lo avvertì.
“Non cambiare argomento” puntò i suoi occhi in quelli di lei.
“E tu impara a farti i fatti tuoi”
“Voglio solo capire perché mi hai Schiantato a distanza esageratamente ravvicinata”
“Ti ho detto che ho visto qualcosa”
“Ma cosa, Clarks? Cos’hai visto? Eri terrorizzata, tremavi e gridavi, dannazione!” iniziò ad alzare la voce e lei fece lo stesso.
“Non ho visto niente di importante, okay?”
“So che non mi avresti mai fatto del male, ti conosco abbastanza da saperlo, quindi, ora, mi dici che diavolo ti è preso!” le si avvicinò.
“Ho delle visioni!” esclamò dandogli uno spintone e facendolo allontanare da lei. “Ho delle visioni da quando mio padre è morto per mano di un Mangiamorte a casa mia, i posti dove sono si dissolvono per diventare qualcos’altro e io sono dentro quel qualcos’altro; oppure mi trovo da qualche parte senza sapere come ci sono arrivata” spiegò con il fiato corto, mentre Sirius la guardava con un’espressione indecifrabile sul volto. “E’ due anni che vado avanti con questa storia e prendo degli antidepressivi, i quali sono praticamente delle pastiglie…”
“So cosa sono gli antidepressivi” la interruppe bruscamente lui.
Pausa. Si scoprì incredibilmente leggera dopo aver confessato il suo più grande segreto: era stato difficile, ma quando aveva iniziato non era più riuscita a fermarsi, le parole erano uscite da sole e velocemente, come un fiume in piena e non si pentì di averlo fatto, perché, dopo averlo detto, capì che aveva sempre avuto bisogno di farlo, di parlare di questo suo difetto con qualcuno, di condividere la sua paura con una persona fidata.
“Ora che è tutto risolto me ne posso andare” fece poi come se non fosse successo niente, dato che non sapeva che altro dire, ma voleva solo scappare, avviandosi alla porta.
“Fatti aiutare” disse Sirius in un sospiro.
Si era reso conto di quanto lei fosse debole solo in quel momento, quando, invece, anche l’evento della mattina stessa avrebbe dovuto farlo riflettere, aveva pensato che avesse solo avuto una specie di crisi di nervi data dal troppo stress; ma scoprire che Nina aveva dei problemi mentali evidenti lo destabilizzava, non sapeva come comportarsi, ma sapeva che cercare di aiutarla, probabilmente era l’unico modo per farla uscire da quella situazione.
Lei si voltò –di nuovo- verso di lui e gli andò incontro. “E come vorresti aiutarmi?”
“Standoti vicino” rispose semplicemente lui.
“Non ho bisogno di aiuto” si portò le braccia al petto.
Lui rise nervoso. “Davvero, Clarks? Davvero?” la chiese sarcastico.
“Senti, Sirius Black,” iniziò sviando la domanda. “… com’è che vuoi aiutare tutti tranne te stesso?”
“Aiutare me? E perché mai?” alzò un sopracciglio, spiazzato.
“So che c’è qualcosa che non va, smettila di fare il cretino con me: l’ho capito subito che stai male per un particolare motivo” ribatté Nina sicura.
E Sirius si trovò in difficoltà, senza saper cosa dire o fare. Ancora una volta gli aveva fatto perdere l’equilibrio.  “Non c’è niente che non vada” azzardò.
Nina lo osservò per qualche secondo, per poi sporgersi verso di lui. “Non mi prendi in giro”
Sirius non rispose, era semplicemente paralizzato, spaventato dal fatto che lei lo avesse capito in così poco tempo, preoccupato di quello che avrebbe potuto scoprire: non voleva che sapesse della sua famiglia, di quello che erano tutti loro –suo fratello compreso-, era una cosa che lo faceva soffrire e vergognare e lui non sopportava mostrarsi debole.
“Fatti gli affari tuoi, Clarks” disse infine acido, sulla difensiva.
Fu come se un muro si fosse improvvisamente innalzato tra di loro, facendole fare mille passi indietro dei cinque che aveva fatto avanti, si sentì tagliata fuori e non le sembrava giusto questo comportamento da parte di Sirius.
Perché lei si era aperta, mentre lui aveva completamente rifiutato il suo aiuto? Voleva solo dargli una mano e sapeva quanto fosse difficile parlare dei propri problemi, specialmente per lui, dato che erano molto simili.
Eppure ora sembravano così diversi. Lei aveva accettato il suo aiuto, non l’aveva declinato senza nemmeno dare una spiegazione, gli aveva spiegato la situazione in cui si trovava, perché sperava di uscirne finalmente, con l’appoggio di qualcuno; mentre lui l’aveva ripudiata senza pensarci due volte.
“Agli ordini” disse lei alla fine, voltandogli le spalle e uscendo dall’Infermeria, mentre sentiva Remus uscire dal bagno e dire: “Amico, sei proprio un cretino”.
 

***


Corse il più veloce possibile in Dormitorio, chiudendosi la porta della camera alle spalle e appoggiandocisi con la schiena, facendo respiri profondi.
Continuava a chiedersi, perennemente, come avesse potuto perdere il controllo in quel modo, si rigirò l’anello di Sirius fra le mani e pensò che fosse l’unica cosa che gli restasse di lui. Lo sentiva così lontano, distante… Non l’aveva mai sentito così, come non l’aveva mai sentito particolarmente vicino, ma aveva percepito che qualcosa, tra loro due, si stava costruendo. E vederlo distruggersi così, davanti ai suoi occhi con la consapevolezza di non poter far nulla se non stare a guardare la faceva andare in bestia. Fortunatamente le sue compagne di stanza erano in biblioteca a studiare perché molto probabilmente non avrebbe retto la loro presenza. Chiuse gli occhi e cercò di mantenere la calma, non pensando a quello che era accaduto nelle ore precedenti: non era mai successo che perdesse le staffe, che avesse delle visioni così pesanti in pubblico.
Aveva davvero bisogno d’aiuto.
Eppure non voleva accettarlo.
L’aiuto rendeva deboli, fragili, vulnerabili ed esposti.
Ammettendo di aver bisogno di qualcuno che l’aiutasse, sarebbe stato l’equivalente dell’ammettere di essere una persona estremamente dipendente da qualcun’altro, una persona che si sarebbe fatta male, se non ci fosse stato neanch’uno a sostenerla. E lei non era quel tipo di persona: lei era forte, decisa e non aveva bisogno di nessuno. Nina non aveva mai avuto bisogno di nessuno, in qualunque caso era sempre guarita da sola; andava dallo psichiatra babbano solo perché sua madre, quando era con lei, la obbligava, prendeva gli antidepressivi per evitare visioni troppo frequenti e pensare positivo, ma dopo l’episodio di quella mattina, non credeva che funzionassero molto bene.
Sprofondò nel letto con un tonfo e fissò il soffitto con insistenza, controllando il respiro.
Odiava essere quello che era.
Perché dopo quello che era accaduto due anni fa, non era più la stessa: era diventata più scontrosa, più acida, più cinica e si nascondeva dietro una persona che non rispecchiava quello che lei era realmente; dato che Nina, era, effettivamente, una persona debole, fragile e vulnerabile. Si sarebbe spezzata con una parola detta di troppo, con un gesto impulsivo; ma allo stesso tempo era così forte che avrebbe potuto buttar giù chiunque.
Aveva sofferto e quella sofferenza l’aveva resa delicata, ma le aveva anche insegnato ad essere potente: aveva imparato a pensare lucidamente, a superare una perdita, a non piangere, a non pensar troppo al giudizio delle persone che la vedevano come la ‘ragazza-a-cui-è-morto-il-padre-e-deve-soffrire-molto’. Lei non era così, lei non era la ragazza che si piangeva addosso o che piangeva in generale, lei era Nina Clarks, forte a vedersi, ma debole in verità. Però non importava come lei fosse sul serio, non importava mai a nessuno come qualcuno fosse veramente, chiunque si fermava al suo aspetto esteriore, anche Lily, che aveva capito che ci fosse qualcosa che non andasse in lei, ma non le aveva mai chiesto nulla a riguardo e anche Sirius, il quale all’inizio sembrava diverso dagli, con il quale pensava di avere un particolare legame, perché lei sapeva, sentiva, che erano simili, alla fine si era rivelato come tutti gli altri.
Un grandissimo cretino con troppa paura di esporsi.



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flowers's hall.
scusate il grandissimo ritardo non volevo vi giuro ma la scuola mi ammazza e io non ho tutto il tempo del mondo perché non sono un signore del tempo quindi okay.
capitolo leggermente più corto dei precedenti, ma ho fatto il meglio che ho potuto.
bene: capitolo super nosense! ahahahah
no, volevo approfondire la personalità di nina, dato che mi avete detto che è un personaggio che v'intriga molto, tutto qui e poi farle fare degli sviluppi con il nostro felpato!
belli sviluppi del cavolo, ma who cares. hanno litigato, che cosa bellissima, non trovate?
perché faccio queste cose ahahahah
comunque ecco che compaiono i mangiamorte e tratto l'argomento a grandi linee (mi scuso subito per la mia incapacità di scrivere parti nelle quali si svolgono duelli o combattimenti), come ho detto già al primo capitolo, mi concentro di più sulle vite private dei personaggi, dato che sono pochi capitoli.
sul fronte remus e amelia nessun risvolto, ma aspettate il prossimo capitolo: lì mi divertirò moltissimo.
ho finito di rubarvi tempo. vado a vedere teen wolf, tzé.
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

 

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Capitolo 5
*** Remus. ***


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Remus.


And this is when the feeling sinks in,
E questo è quando i sentimenti ti penetrano dentro
I don't wanna miss you like this,
non voglio che mi manchi in questo modo
(…)
I don't wanna need you this way,

non voglio aver bisogno di te in questo modo
come back… be here.
torna indietro, sii qui.
 
 
Si passò una mano fra i capelli, prese un respiro profondo e portò la testa sott’acqua per non pensare: il silenzio lo assorbiva completamente. Tenne gli occhi chiusi e non pensò a nulla, stava così bene in quella bolla immaginaria che lo circondava, era completamente solo e si sentiva tremendamente bene, perché l’unica persona che avrebbe voluto avere al suo fianco non era con lui e il dolore lacerante per il quale si struggeva diventava ogni giorno più forte, esigeva di essere sentito. Mentre lui avrebbe solo desiderato scappare, anche se ormai aveva imparato che dai problemi non si poteva fuggire, ma dovevano essere affrontati, in qualunque modo, non importava come: se un dolore voleva ridurre l’anima in brandelli l’avrebbe fatto. Ed era così che si sentiva: a pezzi. Gliel’avevano detto così tante volte, i suoi amici, di dirle la verità, che ormai aveva perso il conto; ma quella paura tremenda di perderla s’impossessava di lui e non riusciva a pensare lucidamente, solo l’idea di non averla più nella sua vita lo faceva impazzire.
E ora che non l’aveva davvero più nella sua vita, stava lentamente cadendo sempre più a fondo in un pozzo senza fine.
E forse era esagerato.
E forse, invece, era davvero così.
Ma non avrebbe agito da egoista pensando solo alla sua felicità: era perfettamente consapevole che l’avrebbe rovinata se le avesse detto la verità e l’avrebbe rovinata se lei avesse accettato le sue condizioni, perché non lo meritava.
Qualcuno bussò bruscamente alla porta interrompendo la sua pace. “Lunastorta, voi starci tutto il giorno lì dentro?” protestò Sirius senza mezzi termini. “Esci, dannazione!”
Remus riemerse, boccheggiò qualche secondo. “Ho finito” rispose stancamente, uscendo e togliendo il tappo alla piccola vasca che avevano in bagno. Si asciugò velocemente e si mise i vestiti.
Il suo rapporto con Sirius era cambiato, da quando Mary gli aveva detto che lui ed Amelia uscivano insieme; era diventato più freddo, scontroso. Nonostante ciò, nessuno sembrava essersene accorto: voleva bene al suo amico, era come se fossero fratelli; ma vederlo con lei era una tortura e dirlo a uno dei due sarebbe stato anche peggio, perché avrebbe rovinato il rapporto che aveva con due delle persone a cui voleva più bene al mondo, anche se, ormai, quello con Amelia era definitivamente troncato: lui aveva preso le parti di Mary, non perché pensasse che avesse ragione –anzi-, semplicemente frequentare ancora Amelia dopo quello che aveva saputo sarebbe stato troppo doloroso, non sapeva se avrebbe resistito.
Così fingeva che tutto andasse bene come aveva sempre fatto nella sua vita; la paura di mostrare come si sentiva veramente era qualcosa che non riusciva ad affrontare. La maledizione che aveva subito da piccolo gli aveva insegnato che essere forti era l’unico modo per restare a galla, fortunatamente non era mai stato completamente solo: i Malandrini erano sempre stati al suo fianco, a sostenerlo, erano addirittura arrivati a diventare Animagus per fargli compagnia in quelle orribili notti e lui più andava avanti più pensava di non averli mai ringraziati abbastanza, il bene che voleva a quei ragazzi gli riempiva il cuore di calore, di amore. C’era Lily, che sapeva tutto e non aveva mai detto niente a nessuno: era la sua migliore amica, l’aveva sempre consolato nei suoi momenti di sconforto e non si era allontanata quando le aveva confidato il suo segreto, anzi, se possibile, si era avvicinata ancora di più a lui.
E poi aveva Amelia. Amelia Williams. Così cieco nei confronti dei sentimenti che aveva sempre provato per lei e ora che gli era tutto chiaro era troppo tardi.
Uscì dal bagno con i capelli ancora bagnati, James prese il suo posto velocemente e si chiuse la porta alle spalle seguito dagli insulti ben ricamati di Sirius.
“Ti odio, stupido cervo egoista! Toccava a me!” fu una delle tante proteste del ragazzo, che poi si abbandonò sul letto, sconsolato, con un tonfo ed un sospiro. Remus si sedette sul suo, i gomiti appoggiati sulle gambe e le mani intrecciate sotto il mento. “E che cazzo, Lupin, potevi fermarlo e far entrare me” brontolò.
L’altro ridacchiò. “Forte e agile come sei, Felpato, pensavo potessi cavartela da solo” ribatté sarcastico.
Sirius finse una risata. “Fai poco lo stronzo fighetto, Lunastorta”
Calò un silenzio pesante di qualche secondo che fu poi interrotto da Remus. “Peter e Frank?” chiese.
“Sono già scesi, sono più puntuali di te, mi mettono addosso un’ansia micidiale” rispose con una smorfia di disgusto e con un tono basso e roco della voce. Altro silenzio. “E Amelia?” fu Sirius a spezzarlo in quel momento.
Remus sobbalzò, colto di sorpresa. “Cosa, scusa?” cercò di sviare la domanda.
“Amelia” ripeté Sirius.
“Amelia…?” alzò un sopracciglio, fingendosi spaesato.
L’amico si sedette di scatto e puntò gli occhi in quelli di lui. “Amelia. Ti ricordi ancora chi è, Amelia, Remus? Amelia Williams. Si può sapere che cavolo stai combinando con lei?” fece scontroso.
“Sai, potrei farti la stessa domanda” scosse la testa l’altro.
A me?” domandò calcando il tono e inarcando le sopracciglia.
Remus stava per ribattere, ma si fermò, la bocca semi aperta: mascherò l’espressione con un sorriso sghembo, uno di quelli che, Sirius pensò, avrebbe fatto morire sul colpo il cuore della sua migliore amica. “Lascia stare” concluse alla fine lui. Non voleva costringerlo a parlare, sapeva che Sirius avrebbe detto la verità quando desiderava farlo; odiava costringere le persone a far qualcosa, sapeva come ci si sentiva ad essere in una situazione scomoda, quindi preferì lasciar perdere. Si alzò e prese la borsa, avviandosi alla porta.
“Cosa? No, non lascio stare” lo bloccò di colpo l’amico, alzandosi di botto.
Si divincolò dalla sua presa e senza dire nulla uscì, chiudendosi la porta alle spalle, evitando accuratamente lo sguardo di Sirius, che, Remus sentì chiaramente dire: “Ma qual è il tuo problema?”.
“Ne avessi solo uno…” rispose fra sé e sé, Remus a bassa voce, iniziando a scendere le scale del Dormitorio ed uscendo dalla Sala Comune.
Aveva preso l’abitudine di aspettare Mary prima di scendere a far colazione, ma non quella mattina: aver parlato di Amelia lo aveva destabilizzato al punto che preferì star da solo, sviare la Sala Grande e rifugiarsi sotto una vecchia quercia in giardino.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di non pensare a niente, facendosi trasportare dal rumore del vento tra le foglie; ma lei tornava sempre a galla nella sua mente, cercava di scacciarla, ma senza riuscirci.
Comunque era sempre meglio pensarla che averla vicina, rischiando di ferirla ad ogni mossa che compiva o rovinandola con il suo essere una persona anormale, con quella maledizione che lo perseguitava e che lo condannava ad essere quello che era: un mostro.
Amelia lo guardava da lontano, appoggiata ad una colonna del portico che dava sul giardino senza farsi notare; più lo osservava, più le sembrava che lui avesse il peso del mondo sulle spalle: quegli occhi stanchi e chiusi, il viso leggermente scavato e qualche cicatrice, il corpo fragile e magro, il sorriso tanto amato che non vedeva da un pezzo formarsi sulle sue labbra. Si era sempre chiesta se ne fosse innamorata. E ora che lo vedeva lontano da lei persistendo e resistendo alla sofferenza provocata da quella distanza, non smettendo nemmeno per un secondo -seppur lo desiderasse con tutta se stessa- di volergli quel bene che voleva solo a lui, che era fatto su misura per lui, che aveva la sua forma e sua somiglianza, che le faceva tremare le ginocchia, che le faceva volere solo ed unicamente lui si rispose di sì, ne era innamorata. Dopo più cinque anni vissuti ad aspettarlo seppur sapendo che non sarebbe arrivato, era ancora lì, ad attendere, nonostante tutto. Non avrebbe assolutamente mollato la presa o perso la speranza: Remus era tutto ciò che aveva sempre voluto, Remus era tutto il bello della vita, Remus era l’unico che riuscisse a far diventare le cose brutte in interessanti e piacevoli. E lei non avrebbe mai rinunciato a lui, nemmeno per tutto l’oro del mondo, nemmeno per l’amore dell’uomo perfetto. Perché Remus era perfetto per lei. Peccato che io non sia perfetta per lui; pensò.
Avrebbe voluto andargli incontro e chiedergli che stesse succedendo, se gli andava di parlare o solo di ricevere un abbraccio. Avrebbe voluto. L’avrebbe voluto così tanto che stava per avviarsi verso di lui, quando vide Mary raggiungerlo. Si bloccò a metà strada e si diede della stupida. Come aveva potuto pensare anche solo di avvicinarsi a lui, ora che c’era Mary? L’aveva completamente rimpiazzata. E aveva fatto bene. No, di più: era stata una mossa geniale, perché lei non era mai stata all’altezza dell’amica, né in bellezza, né in simpatia e nemmeno in bravura. Mary era sempre stata migliore di lei. E Remus meritava qualcuno di migliore. E quel qualcuno non era lei. Così si girò ed iniziò a camminare velocemente con un vuoto pesante nel petto, sperando di vedere i visi famigliari di Lily e Sirius il prima possibile, mentre Mary la guardava andar via e non diceva nulla a Remus, che si era messo a ripassare Trasfigurazione ed era troppo concentrato o, almeno, così appariva. Appena aveva notato che si stava avviando verso di lui, l’aveva preceduta: non voleva che tornasse a far parte della sua vita, non dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per stare con lui.
 E Remus avrebbe voluto vedere Amelia, avrebbe preferito che si fosse seduta lei al suo fianco al posto di Mary, avrebbe voluto vedere il suo sorriso e stringerla in un abbraccio. E avrebbe voluto non essere così sbagliato, ma giusto per lei. Perché Amelia era perfetta per lui. Peccato che io non sia perfetto per lei; pensò.
Perché Sirius era sempre stato migliore di lui: con le ragazze, con i rapporti sociali, in amore, in simpatia, in bellezza, in bravura. E Amelia meritava qualcuno di migliore. E quel qualcuno non era lui. Così finse di essere colto da un’improvvisa voglia di studiare per evitare di parlare con Mary: le doveva molto, gli era stata vicino in un momento difficile, l’aveva aiutato e gli aveva dato consigli; ma non si sentiva in vena di parlare, quella mattina, preferiva stare in silenzio e da solo con i suoi pensieri, anche perché la conversazione di poco prima con l’amico l’aveva leggermente scosso. Non capiva perché ci impiegassero tanto a dirgli la verità, insomma, nessuno sapeva di quello che lui provava per Amelia, non l’aveva saputo nemmeno lui fino a qualche settimana prima, cosa ci fosse di così importante da tener segreto, proprio non riusciva a concepirlo. Tanto valeva uscire allo scoperto, cosa li sarebbe costato? Qualche augurio e congratulazione? Volevano davvero tenerlo nascosto? Ma perché? Cosa c’era di così inconfessabile? Avevano sempre avuto un buon rapporto, erano come fratello e sorella, nessuno si sarebbe scandalizzato se fossero diventati qualcosa di più, vista la loro particolare vicinanza. Sbuffò, beccandosi un’occhiata da Mary, la quale finalmente ruppe quel silenzio che era stato prolungato anche troppo.
“Che succede?” gli chiese, difatti, portandosi un ciuffo di capelli dietro un orecchio.
Succede che mi sento solo, Mary, accade che Amelia mi manca anche se non lo vorrei, succede tutto insieme e io non ci sto capendo niente; che succede, mi chiedi? Succede che da quando mi hai detto di Amelia e Sirius faccio fatica a guardare in faccia un ragazzo che considero un fratello, che sto evitando la ragazza per la quale mi sono accorto di provare qualcosa troppo tardi, succede che sono maledetto e che va tutto male e nemmeno tu lo sai, che nemmeno James con le sue battute riesce a tirarmi su di morale, che nemmeno Lily con il suo sorriso riesce a farmi star meglio; succede che sono fermo, bloccato e non so come liberarmi da questa ragnatela e fra poco verrò mangiato dal ragno che l’ha tessuta; avrebbe voluto rispondere. “Nulla” rispose, invece, fingendo un sorriso e si alzò a fatica: non far colazione al mattino lo rendeva ancora più debole di quanto già non fosse e sentiva un brutto sapore in bocca.
“Remus…” iniziò lei, ma il ragazzo la fermò subito.
“No, va tutto bene, davvero” la rassicurò dolcemente e lei sorrise, perché non poteva far altro che credergli, sbagliando, ovviamente. Il suo problema era che pensava di conoscerlo, quando in realtà era tutto il contrario.
“Io vado alla Serra” inventò una scusa per allontanarsi da lei.
“Vengo con te!” esclamò. “Me ne serve qualcuno per finire la ghirlanda che…”
“Preferisco andare da solo” la interruppe.
Mary lo osservò per qualche secondo. “Vedi che non stai bene?” osservò leggermente arrabbiata.
“Sto bene, solo che ho voglia di andare da solo” fece spallucce, fingendosi indifferente.
“Perché mi dici stronzate?” gli domandò senza giri di parole, affrontandolo a testa alta. Remus restò leggermente spiazzato e strabuzzò gli occhi, fingendosi sorpreso.
“Che stronzate? Ti sto dicendo la verità” recitò spudoratamente.
Lei non rispose, passò qualche secondo in silenzio, per poi dire: “Okay. Ci vediamo a lezione” girare i tacchi ed andarsene: ormai sapeva che se Remus non aveva voglia di parlare, non sarebbe riuscita a cavargli fuori nemmeno una sillaba.
Lui la osservò andar via, sentendosi in colpa. Era così arrabbiato con se stesso, trattava male tutte le persone che lo circondavano. Sospirò esausto ed iniziò a camminare a sua volta, calciando un sasso o un pezzo di terra di tanto in tanto; probabilmente James e Sirius lo stavano cercando, ma a lui non importava molto: aveva voglia di stare da solo, quella mattina, e non vedere anima viva. Era arrabbiato con se stesso, era arrabbiato con Amelia ed era arrabbiato con Sirius.
Si passò una mano sul volto, esausto, per poi entrare nella Serra con un respiro profondo e chiudersi la porta alle spalle. Non doveva andare lì per prendere una pianta per una lezione, doveva solamente chiudersi in posto isolato per non pensare, per immergersi nel silenzio. Si sedette a terra, la testa fra le mani e gli occhi stanchi.
Era in quelle condizioni da troppo tempo.
E stava per esplodere.
Senza contare i problemi privati, l’ansia della fine della scuola si faceva sentire sempre di più: era terrorizzato da quello che sarebbe successo al di fuori di quelle mura così sicure. Aveva paura di non trovare mai un lavoro per la sua condizione, di dover combattere contro qualcosa che non sarebbe mai riuscito a sconfiggere, di non trovare anima viva che lo amasse, di rimanere solo. Si vide da vecchio, dimenticato e ormai consumato dall’essere un lupo mannaro. Era terrificato.
Il respiro si fece più veloce, il cuore iniziò a battere più forte e le mani a tremare. Si alzò per cercare di sfuggire a quella condizione, ottenendo l’effetto contrario: la vista cominciò a farsi a scatti, si appoggiò al tavolo al centro della Serra, fece cadere un vaso, una pianta, qualcosa. Cercò di calmarsi, senza riuscirci. Un dolore acuto si faceva largo tra le costole, come una spada trafitta in esse.
Si passò una mano fra i capelli, sudava. Si tolse il mantello ed allentò la cravatta. Ora vedeva. Ora no. Ora respirava. Ora no. Ora c’era. Ora no.
Era tutto confuso e sfocato; aveva paura e non riusciva a far nulla se non provare quella sensazione.
Entrò qualcuno, ma lui non capì chi fosse.
“John?” quella voce, quella voce che tanto gli era mancata; non vedeva. “John” gli andò vicino, gli sfiorò un braccio. Respirava troppo veloce, John. “John!” urlò. “Che succede?” cadde a terra.
“Credo” disse Remus con il fiatone, trovando la voce chissà dove. “Sto… E’ una… Crisi di panico” concluse infine, lei si inginocchiò di fronte a lui, gli prese il volto fra le mani.
“John, guardami” era a pochi centimetri da lui e stava per piangere. Aveva paura. “Remus!” gridò e lui obbedì. La guardò. Guardò Amelia e si sentì a casa. “John, guardami, devi continuare a guardarmi” gli ordinò e lui eseguì. “Respira con me” ma lui non riusciva a vedere, lui non sentiva quasi più nulla. “John, respira con me” ripeté Amelia. Non l’aveva mai visto in quelle condizioni –non sapeva nemmeno che soffrisse di crisi panico, a dir la verità- e non sapeva come comportarsi; aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente e sembrava funzionare. Vederlo in quelle condizioni l’aveva spaventata terribilmente; era lì, tremante e seduto a terra, che sudava e non respirava. E lei era terrificata: vedeva Remus perso e si sentiva persa anche lei. Si chiese che fosse accaduto per ridurlo così, si chiese perché, si chiese se i suoi amici sapessero che lui soffriva di questi attacchi, si chiese cosa avrebbe potuto fare per farlo star meglio; si rispose che avrebbe dovuto stargli accanto.  Inspirò profondamente ed espirò allo stesso modo, una, due, tre volte; chiamò a sé tutte le sue forze per non scoppiare in lacrime di fronte a quella visione. Remus la imitava, chiudendo gli occhi e chiamando a sé tutto il suo coraggio ed autocontrollo e, piano a piano, il respiro si fece regolare e mise in chiaro il volto della ragazza di fronte a lui. L’espressione preoccupata e spaventata sul viso di Amelia si tranquillizzò non appena lo vide star meglio. La osservò per quelli che erano solo secondi ed invece sembrarono ore, annuì appena in segno di gratitudine e, poi, fece la cosa più ovvia che avrebbe mai potuto fare: l’abbracciò, la portò a contatto con il suo corpo, la strinse a sé, perché ne aveva bisogno, perché le mancava, perché era lei. Lei che in quel momento stava affondando il viso nel suo petto, mentre lui affondava il suo nei suoi capelli, lei che aveva avuto paura che un abbraccio fra loro due non ci sarebbe stato più.
Lo strinse come se fosse la sua ancora di salvezza.
La strinse come se fosse l’unica ragione per cui era ancora vivo.
Amelia sollevò la testa ed incontrò i suoi occhi. “Stai bene” e non era una domanda, era un’affermazione, ma lui annuì lo stesso, di nuovo.
“Come mai sapevi in che modo farmi passare un attacco di panico?” le chiese, mentre allentava la presa sul suo piccolo e fragile corpo per lasciarla allontanare, mentre lei non dava nessun segno di volerlo fare.
“Sono andata ad intuito” rispose semplicemente, ancora un po’ stordita.
E nessuno dei due disse più nulla; l’arrabbiatura che aveva nei suoi confronti era passata e sarebbe passata comunque dopo aver visto il suo sorriso in qualunque momento della giornata, anche se –lui non lo notava-, quel sorriso era così vuoto da quando lui non c’era più. Tutto quello che tutti e due riuscivano a sentire in quel momento era solo amore. Amore puro, senza barriere, amore e basta.
Avevano bisogno l’uno dell’altra, avevano bisogno di sentirsi amati, avevano bisogno di essere importanti per qualcuno, avevano bisogno di stare insieme.
Ma Remus si tirò indietro, alzandosi, seguito a ruota da lei, resosi conto della situazione: era a distanza troppo ravvicinata con la ragazza di uno dei suoi migliori amici, anche se gli piaceva, questo non gli permetteva di comportarsi in quel modo: doveva rispettare i suoi spazi; e i suoi spazi e doveri erano stare il più possibile lontano da Amelia.
In contemporanea lei lo guardava confusa  nel mentre lui si sistemava, sentiva che le stava scivolando via e non l’avrebbe permesso. Gli si avvicinò e lo aiutò a sistemarsi la camicia, sfiorandogli qualche volta il petto con delicatezza accidentalmente, gli fece il nodo alla cravatta, passò le mani sulle sue spalle, raddrizzando le pieghe che si erano formate e poi alzò il viso per sorridergli dolcemente e lui non poté far altro che ricambiare.
Era molto più alto di lei.
L’aveva lasciata fare solo perché gli era mancato il tocco delle sue mani delicate sulla pelle, solo perché gli era mancata lei, solo perché era stato debole e aveva ceduto, ancora.
“Io…” cominciò a parlare Remus dopo quel lungo silenzio, Amelia gli lanciò un’occhiata curiosa. “Grazie” concluse infine, mentre lei stringeva le labbra in un sorriso un po’ imbarazzato e faceva spallucce.
“Non ti preoccupare” lo rassicurò. “Non sapevo che tu… Insomma, che tu soffrissi di crisi di panico” confessò puntando lo sguardo verso il basso.
Scosse la testa, Remus, e appoggiò le mani sulle braccia della ragazza, sfiorandola con così tanto amore, che non si sa come Amelia non fosse riuscita a percepirlo. “Nemmeno io”
Lei puntò lo sguardo sul viso del ragazzo, sorpresa; per poi sollevargli il volto fisso verso il basso. “Che è successo?” gli chiese scrutandolo con attenzione, era così vicina a lui che riusciva a vedere ogni piccolo graffio che aveva sul viso. Come se li fosse fatti, probabilmente non l’avrebbe mai scoperto. Lui non rispose ed evitò accuratamente il suo sguardo, non poteva risponderle, non poteva dirle tutto, non poteva spiegare ogni cosa. “John” lo richiamò, cercando un chiarimento dei fatti che non sarebbe mai arrivato; lui si allontanò da Amelia con estrema fatica.
“Devo andare” troncò il discorso Remus, avviandosi verso la porta dopo aver raccolto le sue cose, ma la ragazza gli sbarrò la strada.
“Non farlo di nuovo” sembrava che lo stesse pregando, con la voce tremante e gli occhi che rischiavano di far uscire le lacrime trattenute troppo a lungo.
“Far cosa?” domandò fingendosi indifferente lui.
“Andare” rispose semplicemente Amelia e per il ragazzo fu come un pugno nello stomaco. “Non andartene ancora, John, ti scongiuro, resta con me” lo stava quasi supplicando.
Come faccio a restare con te, Amelia? Come faccio a guardarti negli occhi e nascondere tutto quello che sto provando in questo momento? Me lo dici, come fare, piccola Amelia? Come faccio a vederti e non poterti stringere a me senza che tu pensi a un altro? Come faccio se tu vuoi star con lui mentre io voglio star con te? Come faccio a mentire a te, Amelia? Sei l’unica con cui non sono capace. Devo sempre essere vero con te, maledizione. Devo sempre essere io, con te. E ti odio e ti amo per questo. E non guardarmi così, Amelia. Non guardarmi così che poi ci ripenso e decido di non lasciarti ancora, ma sei tu che lasci me, Amelia. Sei tu che mi lasci. E sono io che rimango vuoto. E sono io che sono stato stupido. E sono io che sono stato un idiota. E sono io che sento la tua mancanza. E sono io che forse ti amo, non tu; si disse.
Così scosse la testa, John. “Non posso” fece spallucce, quando avrebbe dovuto rispondere: “Non ci riesco”.
“Cosa vuol dire che non puoi? Certo che puoi!” protestò Amelia con il tono di voce che si avvicinava alla disperazione.
“No, non posso, Amelia” ripeté non guardandola per paura di vedere qualcosa che avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Nel frattempo lei si sentiva completamente persa, sola, isolata. Cos’era stato quello che era successo prima? Quel piccolo riavvicinamento? Era stato qualcosa, lei aveva sentito qualcosa. E allora perché lui faceva finta di niente? Perché la lasciava ancora da sola?
Non ce l’avrebbe fatta, non una seconda volta, non senza di lui.
Non lasciarmi, Remus, pensava. Ti prego resta con me.
E lo stava supplicando. E lui sembrava immune.
La superò uscendo e le ultime parole che disse prima di andarsene furono sussurrate e Amelia fece fatica a coglierle, ma suonavano tanto come un: “Mi dispiace”.
 
 
 
 
This is falling in love
Questo è innamorarsi
in the cruelest way,
nel modo più doloroso
this is falling for you
questo innamorarsi di te
when you’re a worlds away.
quando tu sei in mondi lontani
(…)
And I break down

e io cado
‘cause it’s not fair that you’re not around.
perché non è giusto che tu non sia con me.


 
 
 
Aveva sempre visto Sirius come un fratello e ora lo vedeva come una persona da evitare il più possibile.
Non era colpa di nessuno dei due, era semplicemente un dato di fatto: Sirius si vedeva con Amelia, a Remus piaceva Amelia, vedere Sirius lo innervosiva, lo schivava il più possibile. Era semplice causa- effetto.
E questo gli implicava di passare più tempo con Mary o con Lily, ma dato che quest’ultima era molto legata ad Amelia e stava molto con lei, gli restava la prima; visto che James e Peter stavano con Sirius, non aveva alternative.
Così, quel pomeriggio, come tanti addietro, era seduto in biblioteca con Mary a studiare; mentre lui era concentrato sui libri, lei era concentrata su di lui.
“Stamattina ho visto un fiore bellissimo in giardino e l’ho dipinto, l’ho aggiunto al mio libro” disse lei dal nulla; Remus fece solo un cenno con la testa, come se avesse sentito solo metà del discorso.
“E’ venuto bene?” domandò per cortesia, anche se totalmente disinteressato.
“Tu sei più bravo di me” commentò per tutta risposta lei scrollando le spalle sulle quali ricadevano gli scuri capelli raccolti di lato alla meno peggio con un laccio. Il ragazzo aveva ogni tanto disegnato qualche fiore per lei, per farle un favore: gli piaceva far favori alla gente e vederla essere grata.
“Non è vero, sei bravissima anche tu” le sorrise dolcemente e distolse lo sguardo dal libro di Cura delle Creature Magiche per posarlo su di lei.
“Remus?” chiese cercando di catturare la sua più totale attenzione.
“Sì?” rispose inarcando le sopracciglia.
“Fra poco facciamo la prima uscita ad Hogsmeade e… volevo chiederti se… ti va di… insomma, andarci insieme a me” buttò lì come se fosse la cosa più naturale del mondo, giocando con i capelli.
Remus la guardò allibito per qualche secondo, la bocca semi aperta e gli occhi spalancati. “Uscire con te in che senso?” domandò poi trovando le parole chissà dove.
“Un appuntamento, solo io e te” rispose facendo spallucce con nonchalance.
Lui si accasciò alla sedia, quasi sconvolto: non aveva mai capito che Mary provasse quei sentimenti per lui, si passò una mano fra i capelli, spettinandoli ulteriormente e sospirò, sentendosi il cuore pesante. Avrebbe rifiutato, sicuramente, non voleva illuderla in nessun modo e il pensiero di averlo fatto in precedenza lo faceva sentire in colpa.
“Mary, io non…” iniziò con la bocca secca.
“Ho afferrato il concetto” lo interruppe di colpo con un sorriso malinconico. “Non importa” lo rassicurò.
“No, no, importa” si sporse verso di lei. “Importa, invece” affermò precipitosamente. “Io… A me dispiace, sul serio… è solo che… Io ti voglio bene, Mary, ma non in quel modo”
Lei scosse la testa stringendo le labbra. “E’ Amy, vero?” puntò gli occhi nei suoi, sicura, destabilizzandolo. “E’ per lei” ripeté e notando di non ricevere risposta dall’altra parte, accolse il silenzio come una conferma. “Ti sta distruggendo, Remus: lei non ti merita” lo rimproverò, per poi raccogliere le sue cose ed alzarsi dal tavolo senza aggiungere una parola.
Remus si accasciò alla sedia, esausto.
Non ne valeva davvero la pena? Doveva davvero voltare pagina?
Mille domande iniziarono a farsi spazio nella sua mente, facendo troppo rumore, si prese la testa fra le mani e chiuse gli occhi: domande, rumore di libri presi dagli scaffali, domande, domande, qualcuno che scriveva su una pergamena, domande, domande e così via.
Raccolse i suoi effetti e si precipitò fuori dalla biblioteca, aveva il fiatone, si scontrò con qualcuno. “Scusa”
“Non importa”
No, importa.
Cosa aveva fatto? Come si era permesso di far credere a Mary qualcosa di falso? Come aveva osato illuderla? Lei, che l’aveva aiutato, lei, che quando si era sentito solo c’era sempre stata. Aveva perso anche lei, l’aveva fatto, sapeva che Mary era una persona troppo bella per restare con lui.
“Ehi, Lunastorta, ti stavamo venendo a…” Sirius si fermò, vedendo la faccia sconvolta dell’amico.
“Remus?” gli si fece vicino James, con quel suo modo di fare premuroso. “Tutto bene?”
“Certo” rispose subito lui, però non riuscendo a risultare sincero.
“Che succede?” gli domandò Sirius spostandosi un ciuffo di capelli del viso e avvicinandosi a Remus, che lo guardò con disprezzo.
“Niente, non è successo niente, ragazzi, davvero: sono solo stanco” cercò di sviare la preoccupazione degli amici e gli amici stessi, iniziando a camminare e superandoli.
“Dove credi di andare?” lo riprese Sirius, iniziando a seguirlo.
“Fatti gli affari tuoi, Felpato” lo zittì senza voltarsi, ma l’amico lo raggiunse, lo superò e gli si parò di fronte.
“Si può sapere che ti prende?” chiese corrucciando la fronte, James li raggiunse.
E Remus guardò negli occhi Sirius dopo chissà quanto tempo e in quelle iridi vide l’amore che Amelia meritava, vide quello che non sarebbe mai stato suo, vide il ragazzo che aveva smesso di frequentare tre mila e miglia di studentesse solo per stare con una; mente Sirius vide degli occhi scavati dal dolore, dalla paura, dall’amore e avrebbe voluto abbracciarlo, perché era suo amico, perché era di più: era suo fratello.
Chi era lui, Remus, per rovinarsi la vita già andata a male, quando quel qualcuno che amava poteva avere di meglio? Così decise.
“Nulla. Esco con Mary ad Hogsmeade la prossima settimana” fece spallucce e sorrise appena.
James e Sirius si lanciarono un’occhiata, per poi rivolgersi ancora verso il terzo.
“Scusa?” gli chiese James.
“Esco con Mary” ripeté. “Ad Hogsmeade, sapete, un appuntamento?” sorrise mentre Sirius lo guardava allarmato.
“Non sei serio” buttò sul ridere.
Remus inarcò un sopracciglio. “Perché non dovrei?”
A Sirius crollò il mondo addosso: l’idea di vedere Amelia distrutta lo distruggeva.
“Perché Mary?” gli chiese.
“Perché mi piace” scrollò le spalle. “E’ carina, no?”
“No” rispose lui in contemporanea a James, che, invece, disse: “Sì”
Remus rise e scosse la testa. “Vado a ripassare” li superò, mentre quelli lo seguirono con lo sguardo fino a quando non sparì dalla loro vista.
 
 
***
 

Stava aspettando Mary da più a meno un quarto d’ora e stava anche iniziando a scocciarsi: possibile che esser puntuale fosse una cosa così impossibile? Guardò l’orologio e sbuffò.
Lily scese per raggiungere Nina insieme ai restanti Malandrini e Amelia, quest’ultima evitò accuratamente di guardarlo, anzi, si posizionò in modo da dargli le spalle e lanciò un sorriso rassicurante ad un Sirius preoccupato.
Lily stava per avvicinarsi a lui, quando Mary arrivò: un sorriso smagliante, i capelli perfettamente in ordine, un vestito che lasciava le gambe nude nonostante facesse freddo –Remus rabbrividì a quella visione-, delle scarpe eleganti e un cappotto corto.
Pensò che sarebbe morta ibernata, ma fece finta di niente e le andò incontro, salutandola con un bacio sulla guancia. “Stai molto bene” mentì.
“Grazie” arrossì lei e abbassò lo sguardo.
Amelia, poco più distante, aveva osservato la scena con un certo disgusto, mentre Sirius non la perdeva d’occhio nemmeno un momento; Nina osservava Sirius sinceramente curiosa, nonostante avesse litigato e non si rivolgessero quasi la parola da quel giorno, gli voleva bene e lo desiderava al suo fianco, nonostante lui non lo sapesse.
Dopo qualche minuto, fu l’ora di andare.
Remus e Mary andarono in carrozza con Frank e Alice.
Il primo era pieno d’imbarazzo, ma continuava a ripetersi d’aver fatto la scelta giusta, d’altronde, avrebbe dovuto continuare ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato? Era grato a Mary per avergli rivelato la verità su Sirius ed Amelia, grazie a lei aveva smesso di sprecare tempo. Perché era quello che era stata Amelia: uno spreco di tempo.
Si pentì subito di aver pensato una cosa del genere e chiese scusa mentalmente alla ragazza, senza che lei potesse sentirlo. Gli mancava, ma tutti e due avevano preso la loro strada, la quale li separava, certo, ma non cancellava tutti i momenti passati insieme o l’affetto che provassero l’uno per l’altra.
Mary cercò di prendergli la mano, lui scostò la sua; iniziarono una superflua conversazione con l’altra coppia che sedeva di fronte a loro: Quidditch, Frank era entusiasta per la prossima  e prima partita del campionato e Alice non faceva altro che dire che sarebbe stato perfetto come al solito, un portiere modello, insomma. Remus accennava qualche sorriso ad intervalli regolari e annuiva quando gli si chiedeva una qualche conferma, Mary, invece, non faceva altro che parlare. La sua voce gli dava fastidio, era più acuta e frivola del solito, fece una smorfia cercando di ignorarla.
Finalmente arrivarono ad Hogsmeade e non era più costretto a sopportare il tono di Mary in uno spazio piccolo come quello della carrozza. Salutò i suoi amici e poi si allontanò con lei, sentendo lo sguardo di Amelia addosso.
Chiuse gli occhi e si concentrò sulla ragazza con cui aveva accettato di uscire, fatto che, oltretutto, non gli era mai successo in tutta la vita: non era mai uscito con nessuno e non aveva idea di come comportarsi.
“Allora, dove… Dove vuoi andare?” le chiese con un sorriso dolce.
“Madama Piediburro” rispose lei con tremendo orrore del ragazzo.
“Non… non ti va di andare… ehm… che ne so: ai Tre Manici di Scopa?” propose cercando di sviare la destinazione prestabilita da lei.
Mary si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo. “Se preferisci, certo” si finse solidale.
Avrebbe voluto un po’ d’intimità, un po’ di romanticismo, forse Remus non era quel tipo di ragazzo, ma aveva accettato il suo invito e quella era l’unica cosa che contasse.
Le sorrise e si avviò con lei verso la loro destinazione, le mani in tasca e la testa bassa: Mary stava parlando di qualcosa che le era successo poco tempo fa, una litigata con una ragazza Tassorosso che aveva sempre creduto una sua grandissima amica, e lui fingeva di ascoltarla, mentre la mente vagava lontano.
Chissà cosa stavano facendo Sirius ed Amelia, insieme, da soli? Forse erano andati da Madama Piediburro, anche se, poi, riflettendoci su, si rese conto che quel posto non era esattamente il locale per Sirius.
Magari erano andati a Mielandia, Amelia amava quel posto.
O, più probabilmente, si erano allontanati dagli altri, seduti sul prato non ancora innevato e si stavano baciando, come ogni coppia che si rispetti dovrebbe fare. Quell’immagine lo turbò a tal punto che dovette scuotere la testa per evitare di pensarci, eppure era lì, nitida nella sua mente: erano uno troppo vicino all’altra, che ridevano, che sorridevano tra i baci, erano lì e lui li poteva vedere; il sangue iniziò a ribollirgli nelle vene e non sentiva più nemmeno il ronzio fastidioso della voce di Mary, ma solo le labbra di Sirius ed Amelia che s’incontravano, le loro risate e le loro parole. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Gliel’aveva insegnato lei, Amelia, l’anno prima: “Se sei nervoso respira, stringi i pugni e concentrati sulle cose belle”, lo stava facendo e provava a farlo anche ad ogni luna piena, quando doveva trasformarsi, sperando che funzionasse, mentre, invece, la mattina si risvegliava con nuovi graffi e nuove cicatrici, ma non era mai solo, Sirius, James e Peter erano al suo fianco, ogni volta, non lo lasciavano mai e lui sentiva che poteva condividere quel peso enorme con qualcuno, anche se, alla fine, era sempre lui quello che ne usciva maggiormente distrutto, aveva delle persone che avrebbero sopportato quel dolore insieme a lui; mentre ora si sentiva solo, in una via senza uscita, un vicolo cieco. Avrebbe voluto andare da Amelia e dirle che non funzionava, il suo metodo, che l’unico modo per restare calmo era stare con lei, ma lei era con qualcun altro. Cercò di pensare a qualche ricordo sereno: la risata di Sirius, la sua e quella di James che si univano in una sola, la prima volta che gli amici erano andati con lui in una notte di luna piena, il sorriso di Amelia rivolto a lui, Lily che lo stringeva a sé dopo che le aveva confessato il mostro che era, che gli diceva il meraviglioso ragazzo che fosse e che non sarebbe cambiato nulla tra loro, Sirius che lo abbracciava, fingendosi forte anche se si trovava sul punto di crollare, James che gli scompigliava i capelli e lo accoglieva fra le sue braccia, gli scherzi fatti insieme ai Malandrini…
“Remus!” lo richiamò Mary, preoccupata.
Lui si riscosse e se la trovò di fronte. “Ehi” riuscì a dire solamente.
Restò qualche secondo immobile a guardarlo, spaventata: vedeva che non stava bene, ma tanto non avrebbe potuto far niente, dato che, ormai l’aveva capito, con lei continuava a mentire.  “Siamo arrivati” disse allora, facendo un cenno ai Tre Manici di Scopa.
Il ragazzo se ne rese conto solo in quel momento e finse nonchalance. “Oh, certo” si sforzò di sorriderle, cosa che sembrò funzionare, visto che lei ricambiò entusiasta.
Entrarono e presero un tavolo poco distante dall’entrata, si tolsero i cappotti, ordinarono due Burrobirre e Mary riprese a parlare, pensando che lui l’ascoltasse.
Qualcuno si rese conto del totale disinteresse di Remus per le argomentazioni della ragazza non appena entrò: James, Sirius, Amelia e Lily, difatti, si scambiarono un’occhiata appena varcata la soglia in compagnia di Peter, Frank, Alice, Emmeline e Nina.
Amelia guardò Remus da lontano, anche mentre si stava sedendo al tavolo insieme agli amici -Lily e James si sedettero uno di fianco all’altra-, Sirius la fece posizionare in modo da dar le spalle al ragazzo, sperando di evitare di vederla giù di morale anche alla prima uscita ad Hogsmeade.
“E’ carino come ti preoccupi per lei” disse Nina a Sirius a bassa voce.
Lui si voltò verso la ragazza e restò ad osservarla per qualche secondo. “Sì, beh, è mia sorella” rispose semplicemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Nina sorrise e andò al suo posto, non staccando gli occhi da lui; aveva ancora la sua collana, lui lo notò e sorrise fra sé e sé, nonostante i loro rapporti si fossero raggelati dall’ultima volta, sicuramente i sentimenti non erano cambiati.
Remus, d’altro canto, era troppo concentrato a non dar retta a Mary che nemmeno si accorse del loro ingresso, aveva una mano poggiata sotto il mento e qualche ciuffo di capelli spettinati che gli ricadeva sul viso e che copriva una piccola cicatrice sulla fronte.
“Mi stai ascoltando?” gli chiese Mary dopo qualche minuto.
“Come?” le rivolse la sua attenzione, voltandosi verso di lei.
Lei scosse la testa, stanca, chiudendo gli occhi. Aveva parlato a vuoto per chissà quanto tempo e se ne rese conto solo in quel momento, se solo fosse stata Amelia, sicuramente non l’avrebbe ignorata, ma lei non era Amy, lei era Mary. E non era abbastanza, non era quella giusta, chissà perché aveva accettato quell’uscita. Quando dopo che aveva rifiutato, era andato da lei, con un sorriso, raggiungendola alla Serra e le aveva detto che aveva cambiato idea, si era sentita la persona più felice del mondo, mentre ora stava crollando tre metri sotto terra: cosa aveva creduto? Aveva davvero pensato di potergli piacere?
“Lascia stare” gli disse alzandosi dal tavolo, prendendo il cappotto e uscendo; gli altri –di cui Remus non si era nemmeno accorto- assisterono alla scena ammutoliti.
“Mary?” la chiamò. “Mary, aspetta!”
Amelia si era voltata e vedeva Remus andare a pagare, per poi correre dietro ad una ragazza che lo meritava più di lei, la raggiunse: tutti seguirono ogni movimento di Remus e Mary, come se fosse stato un film.
“Si può sapere che hai?” lo aggredì lei quando l’ebbe fatta voltare.
“Non ho nulla!” si difese.
“Non mi hai ascoltato nemmeno per cinque secondi, oggi, e pensare che dovevamo uscire insieme, per un appuntamento. Mi dispiace, Remus”
Il ragazzo si sentì tremendamente in colpa e pensò di aver sbagliato, di nuovo, possibile che non ne facesse una giusta? Cosa avrebbe dovuto fare, in quel momento?
“Ti dispiace per cosa?” prese tempo, nella speranza di trovare la mossa giusta da compiere.
“Di non essere lei” rispose spiazzandolo. “Mi dispiace di non essere Amy” gli occhi le diventarono lucidi e abbassò lo sguardo, cercando di non farlo notare.
Quella frase lo colpì in pieno petto, le si avvicinò. E’ vero, non era lei, ma era Mary ed era buona, dolce, gentile, era una lei diversa, ma questo non implicava il fatto che non fosse una lei adatta a lui.
Si rese conto di aver sprecato così tanto tempo per Amelia, per qualcuno che non ricambiava il suo sentimento e si sentì così stupido.
“No, difatti, non sei lei: sei tu” le alzò il volto verso il suo, affrontandola.
“Forse dovremmo solo…” non finì la frase.
“Solo cosa?”
“Non so, separarci, sai, andare uno da una parte e una dall’altra… Ho sbagliato a chiederti di uscire, Remus, mi dispiace. Hai accettato solo per dimenticarti per qualche ora di lei, eppure ci hai pensato tutto il tempo, non è così?” incastrò gli occhi in quelli di lui.
“Sì, è così” ammise, facendola compiere una smorfia addolorata. “E ho capito che non ne vale la pena” lei lo guardò, stupita, mentre lui mentiva e lei gli credeva. Sì che ne valeva la pena, sì che aveva pensato a lei, sì che la amava, sì che stava facendo tutto questo per scordarsi di lei per qualche istante, sì che soffriva, sì che importava.
Avvicinò il viso al suo, lentamente e poggiò le sue labbra su quelle della ragazza, che avevano troppo rossetto e non sapevano di buono. E la baciò.
E, nel frattempo, dall’altra parte del vetro, all’interno dei Tre Manici di Scopa, Amelia non riuscì più a respirare e il petto le fece così male, che pensò di poter morire in quel momento a causa del troppo dolore. 




 
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flowers's hall.
eeeee......... se shippate remus e amelia, mi dispiace, davvero. li shippo anche io. ops. 
quindi, ecco! remus ci va con mary! grande uomo, grande pirla. 
comunque come avete potuto capire, remus è uno che si sente in colpa per ogni cosa, anche se di colpa non ne ha e cerca sempre di sistemare tutto, in qualunque modo ed è perso per amelia e anche lei lo è per lui, ma se lo sapesse sarebbe tutto più facile, o no?
vi avevo avvisati che ci sarebbe stato molto remus e amy in questo capitolo. 
ah! gli attacchi di panico, sì.
è una cosa mia, che avevo voglia di fare data la situazione, un semplice caso isolato, non voglio assolutamente storpiare i personaggi di zia row.
bene, quindi, io me ne vado e vi lascio tirarmi i pomodori in faccia per l'orrore o l'arrabbiatura o non so. 
un abbraccio ed un bacio sul naso, ily.
rose.

p.s. ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite o alle preferite o alle ricordate e che hanno recensito. grazie davvero di cuore. siete bellissimi.
p.p.s. la canzone è 'come back, be here' di taylor swift.
p.p.p.s. buona pasqua!

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Capitolo 6
*** Amelia (parte I). ***


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Amelia (parte I).

Quando si svegliò gli occhi erano troppo pesanti e gonfi, si mise a sedere sul letto e si portò una mano alla testa che le girava, sperando di farla smettere con quel gesto, sospirò e la luce mattutina la turbò, tornò a sdraiarsi e sollevò le coperte fino alla fronte, immergendosi nel buio più totale.
Aveva pianto.
Più o meno tutta la notte, Lily l’aveva consolata per tutte quelle ore, finché non era crollata a causa del sonno, mentre lei era crollata a causa del dolore.
Il petto le faceva male come se una spada si fosse conficcata in esso, sentiva la testa spaccata in due ed il corpo debole. Non si ricordava molto del giorno precedente, solo immagini e stralci vari: Lily che le stava accanto, Sirius che l’abbracciava e che la portava a dormire, James che parlava con qualcuno, forse Lily e lei che rispondeva, Mary che la guardava a mo’ di sfida, Lily che urlava qualche parola contro una persona in Dormitorio, una porta che sbatteva, Mary che non c’era, Sirius che la andava a trovare e poi solo lacrime. Nient’altro.
Si sentiva patetica, anzi, no: lo era. Era tremendamente patetica.
Eppure le faceva così male.
Quasi diciassette anni, cinque dei quali sprecati per qualcuno che alla fine si era messo con un’altra, dopo tutto quello che avevano passato insieme, dopo tutto l’affetto che provavano l’uno per l’altra, dopo tutti gli abbracci, le confidenze, le risate, le attese, lui se n’era andato.
Le attese.
Perché Amelia aveva aspettato. Amelia aveva aspettato troppo e invano.
Aveva aspettato inutilmente.
Amelia Williams: la ragazza che aveva aspettato.
Una volta lei e Remus erano sulla Torre d’Astronomia, c’era poco vento e stava per cominciare a piovere. “Qual è la cosa che ti spaventa di più al mondo?” gli aveva chiesto di punto in bianco, ad un certo punto.
Lui aveva voltato la testa verso di lei e l’aveva guardata per qualche secondo, la prima cosa che gli era venuta in mente fu ‘perderti’, la seconda fu ‘perdere i miei amici’, la terza fu ‘che tu venga a scoprire cosa sono’, la quarta fu ‘rimanere solo’.
“Rimanere solo” rispose, riassumendo, alla fine, tutte le altre: perché quelle ne sarebbero state la causa.
“Non ti fa paura quello che sta succedendo ora, lì fuori, John? Non ti spaventa a morte quello che sta accadendo al di là di queste mura, di questa scuola? Perché a me è questo, quello che fa paura. La guerra. Le persone che muoiono, il dolore, i pianti, i Mangiamorte, no, anzi, i Mangiamorte non mi fanno paura. Nemmeno Voldemort mi fa paura. Mi fa paura tutto quello che sta accadendo e la consapevolezza di non saperlo controllare, mi fa paura vedere le persone morire e sapere che potrei morire anche io. Non ti spaventa la morte?”
Scosse la testa. “No, non mi spaventa. A te sì?”
Non rispose per qualche attimo. “No, nemmeno a me” constatò poi, perché era vero: non le faceva paura morire. “John?”
“Sì?” fece dolcemente.
“Tu te ne vai?” abbassò lo sguardo.
“In che senso?” inarcò un sopracciglio.
“Nel senso: te ne vai via da me?” il suo tono di voce scese di qualche ottava.
“No, perché dovrei?” le domandò sinceramente curioso.
Amelia fece spallucce. “Le cose cambiano, sai, nel tempo…”
“Non me ne vado, puoi star tranquilla” volse lo sguardo al cielo e le prese una mano, stringendola nella sua; lei guardò le loro mani unite e sorrise.
“John?” lo chiamò di nuovo.
“Sì?” rispose allo stesso modo e lei sorrise.
“Se non te ne vai, io resto” lui s’era voltato verso di lei e aveva incurvato le labbra in un sorriso.
E ora? Amelia si alzò, andò in bagno e si guardò allo specchio.
Adesso lei era rimasta anche quando lui se n’era andato, adesso lei era sola che lo aspettava mentre lui non sarebbe tornato, adesso lei era bloccata e lui stava andando avanti.
Odiò il riflesso che vedeva allo specchio, non perché fosse poco carina, non perché non fosse abbastanza, non perché non si piacesse. Si odiò perché aveva creduto qualcosa che non si sarebbe mai avverato, si odiò perché aveva aspettato quando non c’era nulla da aspettare, si odiò perché aveva sperato, si odiò perché per colpa sua lei era rimasta immobile, si odiò perché aveva fatto preoccupare Sirius e Lily per niente, che ora erano giù a far colazione continuando ad essere in ansia per lei, si odiò perché era stata ingenua, si odiò perché lo odiava, ma, soprattutto, si odiò perché non riusciva a non amarlo, nonostante il male che le stava procurando.
Diede una pacca al suo viso riflesso nello specchio, una, due, tre, quattro, cinque.
“Stupida, stupida, stupida” si ripeteva a bassa voce. Continuò così per qualche minuto, finché non si fermò perché stava per piangere.
Le lacrime stavano per rigarle il viso, quando decise di trattenerle.
Le ricacciò dentro.
Non avrebbe più pianto. Né per Remus, né per nessun altro.
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Sarebbe stata forte, d’ora in poi. Sarebbe stata diversa. Sarebbe stata migliore.
Era arrivato il momento di una nuova Amelia Williams. E tutti l’avrebbero visto.
Qualcuno entrò senza bussare. “Amy?” era la voce di Sirius.
Si fece coraggio, uscì dal bagno e gli andò incontro. “Ehi” lo salutò.
“Ehi” ricambiò lui con una certa dolcezza. “Ehi” ripeté poi abbracciandola a stringendola a sé. “Ehi” disse ancora. “Bambolina” le sussurrò all’orecchio facendola sorridere sinceramente. “Mi ha fatto entrare Lily” aggiunse. “Bambolina mia, come stai?” le chiese mentre lei aveva ancora il viso appoggiato sul suo petto, le braccia intorno alla vita e lui la stringeva forte a sé.
“Sto” gli rispose aprendo gli occhi e alzando il volto verso quello del ragazzo, che le diede un bacio sul naso e poi uno sulla fronte, sulla quale si soffermò un po’ di più, come se volesse farla guarire con le sue labbra.
La prese in braccio e la fece sdraiare accanto a sé su un letto, quello di Lily.
Tutti e due sul fianco, uno di fronte all’altra, la guardava in silenzio, gli sorrideva con gli occhi in silenzio.
“Ti voglio bene” le disse, di punto in bianco. Perché era vero, perché avrebbe dato la vita per lei, perché Amelia era importante quanto lo erano i Malandrini, quanto lo era James, perché si sentiva in dovere di proteggerla, perché, anche se avevano la stessa età, lei era la sua piccola sorellina, perché vederla in quelle condizioni gli lacerava il cuore, perché avrebbe spaccato la faccia a Remus non appena l’avesse visto, perché era fragile e si sarebbe distrutta con quasi nulla.
“Anche io ti voglio bene”  sussurrò Amelia con un dolce sorriso: gli era grata per tutto quello che stava facendo per lei, non l’abbandonava mai e sapeva che non l’avrebbe mai fatto; Sirius era suo fratello e i fratelli restano tali, anche se si litiga, anche se.
Sirius era il suo migliore amico. Era il ragazzo che non l’avrebbe mai delusa o tradita, che ci sarebbe sempre stato, che non avrebbe rinunciato. Sirius era forte, era potente, era un uragano ed era l’unica cosa di cui lei avesse bisogno in quel momento.
“Sei bella, Amy” le disse. “Sei bella e non ti merita. Sei bella e vali la pena. Sei bella e sei bella e sei bella” le accarezzò una guancia ancora umida e il suo tono era così serio, che lei, per un momento, ci credette.
Chissà cosa stava facendo Remus con Mary, chissà se erano insieme, chissà se si stavano baciando, chissà se stavano ridendo, chissà se lui la stava abbracciando come un tempo abbracciava lei; magari la stava stringendo a sé e le stava dicendo che l’amava.
Come aveva potuto avere ancora speranza? Era palese che lei non fosse la ragazza giusta per Remus.
Chiuse gli occhi e trattenne le lacrime, perché si era promessa che non avrebbe più pianto e raccolse il dolore dentro se stessa, chiudendolo tra le costole, dove faceva più male; si sentiva bloccata e ferma, quando tutti erano andati avanti, sentiva il peso del mondo sulle spalle e avrebbe voluto urlare e scappare via. Dimenticarsi di tutti, tranne che di Lily e Sirius, avrebbe voluto correre con loro, avrebbe voluto andarsene e dimenticarsi di Hogwarts, di Mary, di Remus.
Di loro.
Di tutti loro.
Che l’avevano solo fatta soffrire e le avevano spezzato il cuore.
Sirius la guardava e avrebbe solo voluto riaggiustarla, mettere insieme i pezzi e vederla sorridere ancora.
Perché non era abbastanza per riuscirci?
E poi la risposta, lampante, ovvia, gli venne in mente: lui non era Remus.
 
 ***
 
Quando si parlava di Amelia Williams, da un mese a quella parte, sembrava si parlasse di qualcun altro: giravano voci, ad Hogwarts, di cui tutti discutevano, ma che nessuno poteva confermare, se non, forse, vedendola. Alcuni dicevano che andasse ogni sera dai Corvonero, più precisamente da Danny Simons, il ragazzo troppo innamorato di Nina Clarks, che aveva deciso di darsi a qualcun altro per dimenticarla; altri parlavano di un ragazzo Serpeverde, Sebastian, troppo bello per essere vero; altri di un Tassorosso, anzi, due, Tassorosso, rispettivamente Sam e John Flinch, due gemelli; e chi vociferava di un Grifondoro, Sirius Black -convincendo sempre più Remus della loro relazione-.
Erano sempre insieme, quasi più del solito e spesso discutevano, nessuno ne capiva mai il perché; nessuno, ovviamente, se non Lily Evans e James Potter, unici spettatori ammessi alle loro litigate e poi riappacificazioni immediate.
Una di queste, stava avvenendo proprio in quel momento.
“Dannazione, Amy, quando vuoi smetterla?” la rimproverò il ragazzo, dopo che erano entrati in Dormitorio.
Amelia roteò gli occhi. “Fatti i fatti tuoi, Sirius”
“Non ci provare” le puntò un dito contro. “Non ci provare, Amy, non con me”
Amelia stava per perdere la pazienza: voleva un bene dell’anima a Sirius, ma quando lui si portava a letto più ragazze possibili, non le sembrava di avergliela fatta tanto lunga. “E’ la mia vita, okay? Mi porto in camera chi voglio!” appoggiò una mano sul petto, lasciato scoperto da una scollatura troppo ampia, che Sirius notò non appena lei compì il movimento e provvide subito a coprire.
“Sistemati qui” le chiuse i bottoni. “E mettiti le calze lunghe” indicò le gambe di Amelia. “Per quanto belle siano, devono stare al sicuro”
“Hai finito di farmi la predica?” chiese lei esasperata buttandosi sul letto.
“No!” alzò la voce il ragazzo, che iniziava ad innervosirsi. “E non smetterò finché non capirai quanto stai sbagliando!”
“Da che pulpito” scandì ogni parola con una pausa di un secondo tra l’una e l’altra. “Davvero, sono commossa” applaudì ironicamente.
“Io mi sono portato a letto un sacco di ragazze, ma…” iniziò.
“Ma?” lo interruppe. “Ma siccome sei un uomo per te va bene? Fa figo? Rende macho? ‘Ma’ che cosa, Sirius? Solo perché io sono una ragazza sembro una sgualdrina? E’ questo che vuoi dire? Che mi sto rovinando la reputazione?” nel mezzo delle sue domande retoriche, fece il suo ingresso Lily, accompagnata da James, dopo un pomeriggio di studio intensivo. Questa roteò gli occhi, si spostò i capelli dal viso e disse sommessamente: “Non un’altra volta”.
James le accarezzò un braccio in segno di conforto e chiuse la porta.
I due erano così abituati alle loro litigate, che quasi non ci facevano più caso; anche loro stessi litigavano fra di loro, o, meglio, battibeccavano, spesso, anzi, troppo spesso, ma per motivi sensati. Lily non era pienamente d’accordo sulla nuova scelta di vita di Amelia, ma non la intralciava, l’amica stava vivendo un periodo orribile e voleva sfogarsi in quel modo, sapeva che prima o poi le sarebbe passata e, oltretutto, lei non era nessuno per dettare legge sulla vita degli altri; aveva cercato di farla ragionare, di esporle le sue ragioni, ma quando aveva scoperto che Amelia conservava ancora la sua purezza e castità e che l’avrebbe fatto fino a che non avrebbe trovato il ragazzo giusto, si era tranquillizzata e per nulla preoccupata per qualche bacio o poco più. In quanto a James, era della stessa identica opinione di Lily: “Vivi e lascia vivere”, come dicevano i Babbani. Amelia era sempre Amelia, la piccola e dolce Amy, che stava attraversando un periodo difficile e voleva divertirsi un po’: lei non era cambiata, per niente, aveva solo cambiato modo di vivere e gli stava bene.
Sirius, purtroppo, non era dello stesso avviso: sempre troppo protettivo nei confronti di quella che considerava una sorella, non tollerava che qualcuno si approfittasse di lei ogni qual volta gli piacesse, non tollerava il suo comportamento e non tollerava il suo nuovo modo di fare. Non perché fosse diversa, semplicemente perché lei valeva di più, lei era più importante di quello, lei valeva la pena, lei era abbastanza, lei non era da buttar via e lei non era così. Lei valeva. Sul serio.
“Non fare paragoni da femminista, Amelia” la voce del ragazzo si fece improvvisamente dura, cosa che destabilizzò lei e lo guardò interdetta. “Piantala di comportarti da bambina” il tono si fece freddo.
Amelia era immobile. “Tu non sei nessuno per dirmi cosa fare” disse seria. James, che era entrato in camera delle ragazze solo per riprendersi l’amico e riportarlo dalla loro ala, si fece allerta, così come Lily: la situazione stava prendendo una brutta piega, non sembrava più una delle solite litigate.
Sono tuo fratello!” alzò la voce, prepotentemente. “Sono tuo fratello e non ti permetto di ridurti in questo stato per Remus!”
Amelia indietreggiò stupita e guardò Sirius, scuotendo la testa. “Io non mi sto riducendo in nessun modo”; possibile che dovesse sempre ricondurre tutto a quel ragazzo?
“Sì, che lo stai facendo, Amy. E lo stai facendo per lui, come ogni cosa che hai sempre fatto nella tua vita: tutto per lui, unicamente per lui, continuamente a causa sua, c’è solo e ci sarà sempre lui, Amy, e lo sai meglio di me” si passò una mano fra i capelli, dicendo una verità che Amelia non voleva accettare.
“Smettila di dire stronzate” lo accusò.
“Io?” ridacchiò sarcastico. “Sono io che dico stronzate, Amelia? Davvero? Quando ti renderai conto di tutte le falsità che dici a te stessa? Quando sarà troppo tardi e qualcuno che era in grado di darti lo stesso amore che avrebbe potuto darti Remus se ne sarà andato perché avrà aspettato troppo senza risultati?”
“Remus non c’entra nulla!” ribadì, mentendo; Lily lanciò un’occhiata a James, che ricambiò.
“Basta dir cazzate!” alzò la voce Sirius. “Tu ora non porti più nessuno qui dentro, sono stato chiaro?”
“Sirius!” lo richiamò Lily. “Non dettare legge su come una persona debba vivere”
Lui si voltò verso di lei, lentamente, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. “Perché tu credi che questo sia il modo di vivere adatto a lei?”
“Io credo che Amelia sia grande abbastanza da decidere per sé” ribatté la rossa sicura, convinta delle sue parole. Ovvio che non pensava che quella fosse la strada per Amelia, ma era un periodo, sapeva che sarebbe passato; ora era distrutta per Remus, ma era consapevole che si sarebbe sicuramente ripresa e si sarebbe resa conto di tutti gli errori che stava facendo.
Il ragazzo scosse la testa e si passò una mano sul viso, nel frattempo Amelia si accorse del mondo in cui lui la guardava: ne era quasi schifato, era come se la ripudiasse, come se gli facesse pena. Sirius non le voleva più bene, Sirius non l’amava più come aveva sempre fatto, Sirius non era più suo fratello: non la stava accettando, continuava a puntarle il dito contro e criticarla, non la supportava più, non accettava più le sue decisioni e non cercava di capirla. E quel pensiero stava per farla scoppiare in lacrime, perché quel ragazzo era quasi tutto quello che lei avesse, era un punto fondamentale nella sua vita, il centro e il fulcro di tutto. Sirius era suo fratello, lo era stato fino a poco tempo prima, ma si era rotto qualcosa in quel legame troppo forte, che, si sa, i legami troppo potenti poi finiscono per rovinarsi.
E così era successo con loro: si erano sbiaditi.
“Se non ti vado più bene” iniziò Amelia con la voce rotta. “Puoi anche andartene” disse incrociando gli occhi del ragazzo, che, dopo quella sentenza, trovò quasi spezzati.
Non seppe da dove quelle parole le uscirono, come aveva anche solo potute pensarle: ma si stava trasformando in una persona nuova e non avrebbe fatto compromessi per nessuno, nemmeno per Sirius, nemmeno per il suo migliore amico, anzi, per suo fratello.
Pronunciarle fu un’impresa per lei, sapeva che lui si sentiva tradito ed era proprio così: non avrebbe mai pensato che qualcosa tra lui ed Amelia, la sua piccola sorellina, avrebbe potuto spezzarsi, non avrebbe mai e poi mai pensato che l’avrebbe cacciato via. Loro erano più forti di tutto, insieme, erano una squadra, erano inseparabili, era lo stesso rapporto che aveva con James e si sentì perso, senza Amelia gli mancava un pezzo, uno fondamentale, ed era come se fosse a metà, come se parte della sua anima non gli appartenesse più; ma era troppo orgoglioso e testardo per chiederle scusa: era quello che pensava e non avrebbe ritirato una parola. Chiuse gli occhi e respirò profondamente per poi avviarsi alla porta.
“Tu vali più di tutto questo” le disse per ultima cosa, prima di uscire.
 
 ***

Le davano della sgualdrina così spesso che ormai aveva smesso di farci caso.
“Ciao” disse in tono suadente, sporgendosi sul tavolo dei Corvonero, rivolta a Danny Simons, che le lanciò un sorriso smagliante e le si avvicinò.
“Bellezza” la salutò alzandosi e circondandole le anche.
Amelia sorrise e si avvicinò al viso del ragazzo. “Come stai?” gli chiese inclinando poco la testa.
“Ora che ti vedo benissimo” sollevò appena il lato sinistro della bocca.
Nina osservava la scena in silenzio, finendo il suo Succo di Zucca e lanciava occhiate ripetitive a Sirius, il quale aveva gli occhi puntati sull’amica, che era ormai anni luce lontano da lui.
“Ti va di andare da qualche parte? Non ho voglia di stare qui” iniziò a giocare con i capelli e abbassò lo sguardo, desiderosa di una sua risposta, che non tardò ad arrivare.
“So io il posto migliore per noi” le sussurrò all’orecchio, lei rise allegra, anche se non trovava nulla di divertente in quella situazione, prima di andarsene fece un cenno a Nina, che ricambiò con un sorriso.
Qualcuno aveva osservato quella scena senza staccare gli occhi da Amelia e la rabbia gli ribolliva nelle vene com’era successo poche volte, si chiese perché si stesse comportando in quel modo e perché avesse rotto con Sirius; aveva cercato di chiederlo all’amico, qualche volta, ma non aveva mai trovato l’occasione giusta, nemmeno in quel momento, dove lo vedeva intendo a guardare la ragazza senza nemmeno sbattere le palpebre e si chiese perché non aveva trovato il coraggio di andare a parlare con lei, per provare a salvarla.
Si era lasciato andare in questa nuova storia con Mary, facendo ogni cosa per dimenticare Amelia, senza mai, mai, mai riuscirci. Lei era sempre lì, sempre nella sua testa, sempre nei suoi occhi, sempre nel suo cuore e non se ne sarebbe andata, ormai lo sapeva; ma che poteva fare? Lasciare Mary per una ragazza che non riconosceva nemmeno più?
Avrebbe tanto voluto andar da lei e parlare, chiederle cosa stesse succedendo, se era grave, se poteva aiutarla, se era per la guerra, se erano i Mangiamorte, se era turbata, se era stressata, se era stanca. Ma era stanca, era terribilmente stanca e lui lo vedeva dai suoi occhi: non sorridevano più da un po’ di tempo. Aveva troncato i rapporti con Amelia per Sirius, ma ora che non usciva più con il suo amico, forse, poteva riacquistarli; poi puntò lo sguardo su Mary e pensò che no, non poteva farle un torto del genere. Cosa ti sta succedendo, Amelia?, si chiese, guardandola andar via con Danny Simons. Perché non parli più con me? Perché te ne vai? Perché sei diventata così? Perché non sei più quella che amo?, perché lui non amava quell’Amelia, lui era innamorato della vera Amelia, di quella dolce, gentile e sorridente, di quella che aveva pianto così poche volte di fronte a lui, ma che quando l’aveva fatto si era sentito il mondo crollare addosso e avrebbe tanto voluto portare lui il peso del suo dolore: perché lui era più forte, lui sarebbe riuscito a reggerlo, aveva sopportato così tanto, che ormai non ci faceva quasi più caso e sarebbe stato contento di avere il peso del dolore di Amelia sulle spalle, perché avrebbe potuto vederla felice ancora. Cosa ti sta distruggendo in questo modo, Amelia?, guardò Sirius, che stava scuotendo la testa, guardò James che stava fissando l’amico con uno sguardo di conforto, guardò Lily, che aveva gli occhi puntati su James e guardò Nina arrivare e circondare con un braccio le spalle di Sirius, che si appoggiò al suo petto, senza dire una parola e lei lo consolava e gli accarezzava i capelli, mentre quest’ultimo pensava a quanto gli mancasse Amelia e a quanto Nina, seppur avessero litigato, seppur lei si fosse arrabbiata con lui, fosse lì ad aiutarlo.
Nel frattempo Amelia era uscita dalla Sala Grande, stretta a Danny, mentre fingeva di divertirsi e che le piacesse stare in sua compagnia: in realtà lo trovava una persona particolarmente falsa ed egoista, ma per non pensare a Remus avrebbe fatto qualunque cosa, per levarsi quel pensiero dalla testa, quel chiodo fisso, anche solo per qualche secondo e provare un attimo di sollievo, avere l’idea che le fosse passata, che lui non le annebbiasse più la mente, che il pensiero di lui e Mary non la facesse mandare in bestia.
Da quando i due si erano messi insieme il clima nel Dormitorio era nettamente peggiorato: Alice non sapeva mai come comportarsi, troppo amica di tutte e troppo addolorata nel vedere questa spaccatura tra il gruppo di ragazze che erano sempre state unite, Lily, ovviamente, stava dalla sua parte seppure cercasse di mantenere un legame –anche se freddo e distaccato- con Mary, Emmeline continuava a provare a sistemare le cose, mentre Mary evitava Amelia come la peste, mentre quest’ultima avrebbe solo voluto prenderla a schiaffi. Come aveva potuto farle una cosa simile? Odiava Mary per il fatto di non riuscire ad odiarla sul serio, perché, alla fine, le voleva ancora bene: Mary era sempre stata come una sorella per lei e cercare di ripudiarla le faceva solo male; ma vederla in Sala Grande o in Sala Comune, stretta tra le braccia di Remus, baciarlo, abbracciarlo, stringerlo a sé… Mentre lei non lo sfiorava da quelli che sembravano secoli. Cos’era successo? Era davvero per delle parole di una ragazza che si era allontanata da Remus? Era davvero perché lui aveva una cotta per Mary che si era allontanato da lei? Più ci pensava, più lo trovava impossibile e si convinceva che ci fosse qualcosa sotto: loro si erano sempre voluto bene, erano amici, lei e Remus. E gli amici non si comportano in quel modo: gli amici litigano, come avevano fatto lei e Mary, come avevano fatto lei e Sirius.
Si riprese dai suoi pensieri, quando si accorse che Danny l’aveva appoggiata contro il muro ed aveva incominciato a baciarle il collo: erano accanto alle cucine, in una specie di sottoscala, abbastanza al buio e nascosti per far qualunque cosa.
“Ehi” lo richiamò e lui le sorrise. Lo odiava. “Possiamo andarci anche piano”
“Pensavo ti piacesse” osservò alzando un sopracciglio. La odiava.
“Sì, sì” confermò allontanandosi da lui quel poco che il piccolo spazio permettesse. “Certo, è solo che…”
“Non ti senti bene?” la interruppe.
Colse la scusa al volo. “Difatti: sono un po’ scombussolata, sai, è quel periodo del mese” fece un timido sorriso.
“Oh” si allontanò anche lui. “Oh, certo, no, capisco” disse imbarazzato.
“Capisci?” inarcò le sopracciglia, cercando di allentare la tensione.
“Capisco nel senso che…” si interruppe e rise, seguito da lei. “Immagino la situazione, okay?”
Annuì.
Non lo odiava, alla fine.
La guardò passarsi una mano nei capelli.
Non la odiava veramente.
Erano solo l’uno la cura dell’altra, uniti solamente per evitare di pensare a qualcuno che li aveva spezzato il cuore.
“Meglio che vada” gli disse con un mezzo sorriso, che lui ricambiò, per poi fermarla.
“Aspetta” le prese una mano. “Stasera è il compleanno di un mio compagno di stanza e facciamo una festa in Sala Comune, ovviamente cercheremo di non farci beccare, se ti va di venire dimmelo, ti aspetto fuori per farti entrare: sarebbe alle dieci”
“Okay” confermò. “Vengo, se sto meglio: ti faccio sapere”
La guardò ancora un attimo, per poi vederla sparire.
Si strinse nella divisa e camminò lentamente, come se volesse cogliere il motivo di ogni passo, come se si fosse dimenticata la strada per tornare in Sala Comune: le veniva da piangere, ma trattenne le lacrime, aveva promesso che non l’avrebbe fatto più. Chiuse un attimo gli occhi e passò una mano su di essi, stropicciandoli, il trucco si sbavò; aveva iniziato a truccarsi parecchio da Remus e Mary a quella parte, aveva sempre gli occhi circondati da una pesante matita nera e il mascara, qualche volta anche il rossetto. Le mancava Sirius. La sentiva come una di quelle mancanze che tolgono il fiato. Si chiedeva se avesse fatto bene a trattarlo in quel modo, a cacciarlo via, a dirgli di andarsene. No, certo che no. Lui voleva solo aiutare e lei l’aveva distrutto. Distruggeva tutto, non meritava una persona come Sirius, non meritava una persona come Remus e non meritava una persona come Lily. Era contenta che Remus e Mary si fossero messi insieme: lei lo meritava di più, Mary meritava davvero una persona che la facesse sorridere, perché lei era a sua volta una bella persona e non doveva soffrire. Lei, invece, distruggeva ogni cosa che toccasse. Era una specie di calamità, di rovina naturale che non faceva altro che far del male a qualunque cosa la sfiorasse. Aveva fatto del male a Sirius. Aveva fatto del male a Mary. E Remus non c’era. E l’unica spiegazione era che non la sopportava più. Come lei non sopportava più se stessa. Aveva freddo. Stava combattendo una guerra che l’avrebbe solo devastata. Si passò una mano nei capelli e avrebbe solo voluto scappare. Andarsene lontano, anche da Sirius, da sola, ricominciare. Si ricordò di quando avrebbe voluto fuggire con lui e una sensazione che somigliava tanto ad un pugno allo stomaco le mozzò il fiato. Avrebbe voluto un abbraccio sincero. Non uno di un ragazzo troppo preso da lei per separarsi dal suo corpo. Le piaceva piacere. Le piaceva davvero essere la ragazza che gli altri volevano. Le piaceva essere desiderata, voluta. L’immagine di Remus le tornò alla mente senza un motivo preciso. Scosse la testa e cercò di distogliere l’attenzione da quel viso maledetto. Fece le scale. Il più veloce possibile. Cosa sono?, si chiese. Sono davvero una stronza? Sono davvero una puttana come dicono tutti? Sono davvero una di quelle adolescenti così stupide per capire cosa è davvero importante?, disse la parola d’ordine e corse in camera senza nemmeno guardarsi attorno. Non aveva studiato nulla per il giorno dopo. Era qualche settimana che si comportava in quel modo. Trascurava lo studio, Lily e se stessa. Entrò, pronta per fronteggiare chiunque, ma non c’era nessuno, ne fu quasi felice. Andò allo specchio e si sistemò il trucco, rendendolo più pesante, andò verso il suo armadio e guardò quello che avrebbe potuto indossare quella sera: nulla. Non era mai stata una ragazza di quel tipo, quindi non aveva mai comprato vestiti adatti ad una festa piena di ragazzi, una festa dove avrebbe dovuto piacere. Andò verso l’armadio di Lily e poi cambiò subito idea: quella ragazza era troppo seria per avere qualunque cosa di troppo corto, si avvicinò a quello di Emmeline, ancora nulla, poi l’armadio di Alice la richiamò come una calamita e ne fu più che felice; c’erano così tanti vestiti carini, che aveva l’imbarazzo della scelta. Si mise quello più corto, era nero, stretto e senza maniche, le circondava il corpo in modo perfetto, stava benissimo. Tornò alla sua riserva d’abbigliamento e si mise delle scarpe con il tacco, quasi troppo alte e pericolanti, si diede una veloce sistemata ai capelli e si guardò allo specchio e, per un momento, pensò che quello riflettesse quanto ci fosse di rotto in lei, ma, alla fine, vide solo l’immagine di una ragazza qualunque. “Non sei come le altre, sei migliore, sei più brava con i ragazzi, vali di più” si disse, a bassa voce, senza però crederci sul serio.
 
***

“Dov’eri?” fu la prima cosa che Lily le disse non appena la vide, la faccia furibonda, iniziò a togliersi la sciarpa.
Amelia si voltò verso di lei. “Con Danny” rispose semplicemente; Mary e le altre entrarono una alla volta e la squadrarono quasi disgustate, Lily fu l’unica a non farlo.
“Ehi, quello è il mio vestito!” realizzò poi Alice puntandole un dito contro, Amelia fece spallucce.
“Me lo presti?” le chiese solamente.
“Tanto l’hai già indosso” sbuffò quella togliendosi il cappotto.
Mary continuava a fissarla con disprezzo.
“Ti sei persa la partita di Quidditch” la rimproverò severa. “James ci teneva ad averti lì”
Amelia spalancò gli occhi. Era davvero oggi?, pensò. Ho davvero perso la partita?, si passò una mano fra i capelli e chiuse gli occhi.
“Non… Mi sono… mi sono dimenticata” sospirò.
“Ho notato” commentò Lily sempre con un tono acido. “James adora quando fai il tifo per lui! Adora solo il fatto che tu ci sia! Lo sai quanto ti vuole bene, Amy!”
“Lo so” disse a mezza voce, non volendo altro se non sparire, si vergognava così tanto, non poteva pensare davvero di aver perso la partita di uno dei suoi migliori amici.
“Cosa ti sta succedendo?” le chiese e questa volta il tono di voce cambiò drasticamente: era spezzato, fatto che allarmò Amelia.
“Niente” la rassicurò.
“Pensavo che fosse una fase passeggiera, questa, Amelia” scosse la testa. “Invece ti dimentichi le partite di Quidditch e ora sei vestita come una…” s’interruppe e sospirò.
“Come una cosa?” si difese subito la ragazza.
“Come una poco di buono!” alzò la voce. “Pensavo che ti sarebbe passata, che avresti smesso di comportarti da cretina e a quanto pare mi sbagliavo! Avrei dovuto dar man forte a Sirius quando ti diceva queste cose! Ma no! Io mi sono fidata, come faccio sempre, ogni volta, io mi fido di te, Amy. E tu cosa fai? Ti dimentichi di James e ti vesti come una sgualdrina! Mi sono stufata di darti man forte, ora è meglio che la smetti” quelle parole ferirono Amelia come poche avevano fatto nel corso della sua vita: Lily, la sua migliore amica, sua sorella, non Mary, non Emmeline, non Alice, Lily, le stava davvero dicendo quelle cose, così dure e dolorose, le stava davvero dicendo che era diventata inaffidabile, sbagliata. La guardò ancora per qualche secondo, mentre sembrava che le altre avessero smesso di respirare e che il tempo si fosse congelato. Aveva perso anche lei; ma, tanto, aveva sempre saputo che era solo una questione di tempo e poi anche Lily sarebbe esplosa e se ne sarebbe andata. Prese il suo giubbino di pelle, lo indossò e, senza dire una parola, uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Fece le scale con calma e andò in giardino, aspettando che l’ora della festa arrivasse, nascosta dietro a un albero abbastanza distante da non essere vista, chiuse gli occhi e appoggiò la testa alla corteccia. Ora, era davvero rimasta sola. James era arrabbiato, Lily era furiosa e Sirius se n’era andato: poteva dire di essere isolata dal mondo e dall’amicizia, non le era rimasto niente. Il trucco troppo pesante la faceva apparire una ragazza troppo stanca per ogni cosa -non avrebbe fatto compromessi-, si sentiva così sola -nemmeno per Lily, lei era quello che era e non sarebbe cambiata per nessuno-, quanto avrebbe voluto che le cose andassero diversamente -ormai c’era dentro e tanto valeva combattere- , il tempo passava così lento -lei valeva più di tutto loro-, Remus  -lei era migliore-, il suo sorriso -lei si stava scoprendo, si stava capendo-, i suoi occhi -lei stava diventando quello che non aveva mai avuto il coraggio di essere-, lei stava vivendo -i suoi capelli sempre spettinati, le sue mani-, lei era coraggiosa -la sua risata-, lei era forte, poteva superare tutto questo -i suoi abbracci-, anche da sola, ce l’avrebbe fatta. 




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flowers's hall.
ciao cuori!
perché questo capitolo diviso in due parti? faccio preferenze o...?
ebbene: nessuna preferenza (anche se devo ammettere che le somiglio molto, per alcuni versi), semplicemente il capitolo era troppo lungo e su consiglio di
alessia, ho deciso di dividerlo in due.
perché è troppo lungo? 
perché amelia si trova in una situazione di merda e ci vuole un po' per spiegare tutti i suoi sentimenti.
il prossimo sarà un casino. ve lo assicuro. 
la creme de la creme (?)
e quindi nulla, eccoci qui: amy disperata per remus anche se lui la ama. 
cosa succederà a questa festa? accadrà qualcosa di irreparabile? 
non ve lo dico. muahahha
vi assicuro che il seguito arriverà il prima possibile: l'ho finito, quindi, non lo pubblico subito solo per suspanse. 
allora, semplicemente, spero non ci siano errori di grammatica che mi sono sfuggiti e spero che vi abbia incuriosito abbastanza da non annoiarvi a leggervi la seconda parte.
ah, sirius e lily che discutono con amelia dovevo metterceli: la voglio far disperare, poverina ahahah
a presto, fiori! 
un abbraccio ed un bacio sul naso.
rose.

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Capitolo 7
*** Amelia (parte II). ***


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Amelia (parte II).

Il mondo le stava crollando addosso, eppure, quando era giunta l’ora e la luna piena si era ormai innalzata, si rialzò da terra senza nemmeno fiatare, cercando di raccogliere i cocci di se stessa persi chissà dove; non aveva cenato e la testa le girava appena. Mise le mani nelle tasche del giubbotto e, cercando di non farsi vedere da nessuno, camminando il più veloce che i tacchi le permettessero, arrivò di fronte alla Sala Comune dei Corvonero; Danny era appoggiato al muro ad aspettarla, quando la vide, il suo viso si illuminò, le sorrise sornione.
“Sei stupenda” le sussurrò, portandola a contatto con il suo corpo.
Lei sorrise.
“Anche se potresti esserlo di più senza quel poco che hai addosso” aggiunse, per poi morderle il lobo dell’orecchio sinistro.
Quasi sobbalzò, ma riuscì a trattenersi. Spalancò gli occhi: era davvero questo che lui voleva? Far l’amore con lei? O far sesso, in quel caso, perché d’amore tra loro due non ce n’era. Iniziò ad allarmarsi, ma poi le parole di Lily le tornarono alla mente. Si sarebbe comportata davvero da cretina, l’avrebbe fatto sul serio. Si sarebbe comportata da perfetta deficiente. L’avrebbe fatto. Perché no? Aveva qualcosa da perdere? Perché avrebbe dovuto rifiutare una proposta del genere? Danny era carino, era simpatico. E a quanto pareva anche lei lo era, altrimenti non le avrebbe fatto quella proposta allusiva. Così alzò lo sguardo e fissò gli occhi in quelli del ragazzo. “Ti conviene non farmi bere, altrimenti potrei non essere abbastanza lucida da andarmene senza averti fatto gradire per intero della mia presenza” lui sorrise, un sorriso senza felicità e la baciò con violenza, lei ricambiò allo stesso modo, le sfiorò il fondoschiena con una mano. Entrarono dopo qualche secondo, che farsi vedere magari avrebbe mandato tutto all’aria. La musica era alta, ma l’incantesimo muffilato impediva agli esterni di sentire cosa stesse accadendo. Un sacco di Corvonero erano già immersi nella festa, ballando e bevendo, si guardò attorno: la Sala Comune era poco illuminata, notò una studentessa dei Tassorosso, l’aria era pesante e le persone parlavano e ridevano troppo forte. “Lui è il festeggiato” esclamò poi Danny, urlando al suo orecchio, facendo voltare un ragazzo, che non appena vide Amelia, sorrise facendole un cenno. Aveva i capelli in ordine e chiari, gli occhi scuri.
“Jack” le disse, porgendole la mano.
“Amy” rispose, stringendola.
“Ti prendo qualcosa?” intervenne Danny, mentre Jack non staccava gli occhi di dosso dalla ragazza, che annuì in risposta; l’altro si allontanò, lasciandoli soli.
“Allora” cominciò Jack avvicinandosi a lei, per farsi sentire. “Come hai conosciuto Danny?”
Lei fece spallucce. “E’ amico di una mia amica”
Lui le fece un cenno, come per dire d’aver capito e continuò a fissarla. Amelia non vedeva l’ora che Danny tornasse, quel ragazzo la metteva a disagio, aveva paura che potesse farle del male, c’era qualcosa, nei suoi occhi, che non raccomandava nulla di buono. Finalmente, qualcuno le cinse i fianchi con un braccio e la portò verso di sé, ma quando si voltò, non era Danny a tenerla, ma Sebastian, il ragazzo Serpeverde, col quale era andata in camera qualche volta. “Buonasera” le sussurrò all’orecchio, eppure lei lo sentì.
“Ciao” gli sorrise. “Lui è…” fece finta di non ricordarsi il nome del ragazzo.
“Jack” completò quello, difatti, stizzito.
“Jack” confermò lei rivolta a Sebastian. “Jack”  ripeté.
“Sebastian Smithy” gli porse la mano, l’altro ricambiò, diceva sempre il suo nome completo, anche quando aveva conosciuto Amelia aveva fatto così. “Sei tu il festeggiato?” l’altro annuì. “Beh, auguri! E’ una bella festa, sul serio, ho già visto una o due tipe davvero carine” parlava a tono basso, eppure si capiva benissimo quello che stava dicendo: Sebastian aveva sempre avuto quel potere, farsi ascoltare anche quando c’era troppa confusione per riuscirci. “Quindi ora sei maggiorenne?”
“A quanto pare” ridacchiò Jack.
“E com’è?” domandò Sebastian. “Sapere di poter fare anche quando non si potrebbe?” buttò giù un sorso di Whisky Incendiario.
Sospirò. “Ti senti molto più sicuro: avere la consapevolezza di poterti difendere sempre è davvero un bonus, soprattutto visto tutto quello che sta succedendo ora”
Sebastian annuì, attento alle sue parole. “Hai perfettamente ragione” acconsentì, anche se non era sicura che dicesse sul serio, aveva sempre trovato del cattivo, in Sebastian, quando erano stati insieme, aveva sempre voluto far lui le prime mosse, aveva sempre voluto possederla, averla completamente per sé e lo stava facendo anche in quel momento: la stava stringendo a sé, voleva che fosse chiaro che, in quegli istanti, Amelia fosse sua. Unicamente sua.
Danny li raggiunse e inarcò le sopracciglia, non appena vide Amelia stretta a qualcun altro. “Tieni” le porse del Whisky e poi si rivolse a Sebastian. “Tu sei…?”
“Sebastian” rispose Jack per lui.
“Smithy. Sebastian Smithy” lo corresse, sorridendogli alzando appena un lato della bocca.
Amelia bevve un sorso prolungato e si separò da Sebastian, iniziava a sentire la tensione farsi palpabile fra i tre ragazzi, specialmente fra due. “Io vado a ballare” annunciò con un falso sorriso, che tutti presero come vero e si avviò verso il centro della stanza, seguita sia da Sebastian che da Danny. Iniziò a ballare, contesa dai due, che volevano il suo corpo, tutti e due che aspettavano una sua decisione. Chiuse gli occhi e non pensò a nulla, bevve qualcos’altro, sentì dei brividi lungo la schiena, baciò Sebastian e poi andò a ballare con Danny, era stretta tra due corpi che si muovevano con lei e stava iniziando a soffocare nel modo più dolce: desiderata. C’era troppa gente e troppa poca aria, chiuse gli occhi e non ci pensò, lasciandosi completamente andare, senza immaginare che sarebbe accaduto dopo. Le diedero dell’altro Whisky, sia Sebastian che Danny risero, ribaciò Sebastian. Ballarono per più o meno un’ora e mezza senza fermarsi, continuando a darle da bere e contendersela. La testa iniziò a girarle, rise, stava per cadere, Danny la prese in tempo, preoccupato, mentre lei continuava a ridere, ormai troppo ubriaca per rendersi conto di quello che stava accadendo. Poi si allontanò, senza dire una parola, andando a sedersi su una poltrona di velluto blu. Nina la guardò da lontano, lei ricambiò per qualche attimo, finché Sebastian non la raggiunse, la fece alzare per poi farla risedere sulle sue gambe. Sorrise appena. Lei lo baciò, di nuovo. Sebastian era più eccitante di Danny, aveva il viso da stronzo e il sorriso cattivo, ma quando la baciava aveva un non so che di dolce, mentre Danny era solo Danny. Era bello. Ma non aveva nulla, dentro di sé. Sebastian iniziò a sfiorarle le gambe nude, lei gli morse un lobo dell’orecchio, lui rise. Sarebbe stato lui, ormai aveva deciso come sarebbe andata a finire: sarebbe stato lui, il primo. Non valeva più la pena aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Per un momento, quando guardò Sebastian vide Remus, si riscosse e ricominciò a baciarlo, cercando di dimenticarlo. Aveva bevuto troppo, l’alcool le pizzicava ancora in gola, dandole un certo fastidio.
“Ti va di venire con me?” le chiese poi lui, sfiorandole le labbra con le sue.
Amelia annuì, sorridendo. “Sì, certo” rispose, facendo sorridere anche lui. Le prese il giubbino di pelle, le strinse la mano e si fece spazio tra tutti i Corvonero, uscendo finalmente dalla Sala Comune. Mano nella mano, camminarono in silenzio nel corridoio, scesero le scale; qualche volta si lanciarono qualche sorriso di circostanza, lui, poi, le circondò le spalle con un braccio e la strinse a sé. Lei gli circondò la vita, senza dire una parola, stringeva la maglietta del ragazzo con le dita, nervosa. Era davvero sul punto di diventare una donna? Era davvero giusto? Lì, in quella notte, in quei pochi minuti che ancora la separavano da quel momento? E se avesse sbagliato qualcosa e lui, ormai esperto, la piantasse lì come una cretina? E se non sapesse come fare? Ovvio che non sapeva come fare, non l’aveva mai fatto. E se avesse rovinato tutto? Le frullavano per la testa mille domande, non si sentiva per niente sicura di volerlo, ma ormai aveva deciso: non avrebbe aspettato oltre, non avrebbe aspettato nessuno; che fosse giusto o sbagliato poco importava, si sentiva pronta, non sicura, ma pronta ad affrontarlo. Sarebbe diventata donna in quella notte, con un ragazzo bello e simpatico, che però non amava. Quanta gente aveva perso il fiore senza che amasse l’altra persona! Perché lei avrebbe dovuto fare questa sottile differenza? Cosa sarebbe cambiato? Iniziava a camminare leggermente male e storta, Sebastian se ne accorse. “Hai bevuto troppo” le disse ridendo. Amelia lo guardò. “E quel troppo è abbastanza per stare con te stanotte senza volere nessun impegno” ribatté, convinta, lui le sorrise, quasi felice e fiero. Ed era vero: era abbastanza ubriaca da farlo senza sentire nulla, senza rimpiangerlo. Lo era, lo era davvero. E l’avrebbe fatto, era sul punto di farlo, erano entrati nella Sala Comune dei Sepeverde, erano andati in camera sua, l’aveva stesa sul letto ed aveva iniziato a baciarla, quando lei l’aveva scostato e aveva preso un respiro profondo.
“Che c’è?” le chiese alzando un sopracciglio.
“Mi viene da vomitare” si alzò e corse in bagno, rigettando tutto l’alcool che aveva bevuto poco prima. Si sentì così stupida, così ingenua, così bambina. Non riusciva nemmeno a reggere qualche bicchiere. Era patetica. Tutto d’un tratto, si vergognò di se stessa. Aveva fatto la completa figura della stupida. Prese un respiro profondo e raccolse tutte le sue forze, si risciacquò la bocca per un uscire nel modo più dignitoso che una ragazza che aveva appena dato di stomaco potesse permettersi.
“Forse non è serata” le disse semplicemente lui lanciandole il giubbino, che lei prese al volo.
“Forse non è serata” ripeté confermando la teoria di Sebastian.
“E’ meglio che ti risposi, Amy. Ci vediamo, okay?” la buttò alla porta, così. Senza mezzi termini.
“Okay” annuì lei ed uscì, passandosi una mano fra i capelli.
Si sentiva umiliata. Corse fuori il più veloce possibile. I corridoi di Hogwarts erano leggermente illuminati dalla luce che stava iniziando a farsi mattutina. Aveva passato un’intera notte a ballare, bere e baciare ragazzi. Rabbrividì al pensiero. Si faceva schifo. Che razza di ragazza era diventata? Era sul serio una sgualdrina, una poco di buono. Lily aveva ragione. Mary aveva ragione. Tutti avevano ragione. E lei iniziava ad odiare se stessa. Era diventata quello che aveva sempre odiato. Quello che aveva sempre disprezzato. Una di quelle ragazze che aveva sempre catalogato come ‘oche giulive’, come ‘sciupa uomini’, come ‘di facili costumi’. Stava per perdere la sua verginità con un ragazzo che conosceva a malapena: come aveva anche solo potuto pensare di farlo? Come le era anche solo passato per l’anticamera del cervello? Lei non sopportava le ragazze così. Cosa diavolo le stava succedendo? Davvero si stava riducendo in quel modo per Remus? Per un ragazzo che non la ricambiava e che ormai aveva un’altra storia? Sul serio si stava comportando in quel modo per lui? In tal caso e anche non, avrebbe dovuto smetterla. Non poteva continuare così: non era responsabile e matura, stava trascurando gli amici e la scuola. Le venne voglia di correre da James e chiedergli scusa per aver perso la partita, andare da Lily e chiedere perdono per essersi comportata da stronza, andare da Sirius e pregarlo di tornare, dirgli quanto era stata stupida, che non pensava sul serio quello che gli aveva detto, che lei lo rivoleva nella sua vita, che avrebbe fatto qualunque cosa per riaverlo al suo fianco, che le mancava come l’aria. Stava quasi giusto per accelerare il passo e andare il più veloce, aspettando che gli altri si svegliassero e parlarne con loro, quando, passando di fronte all’Infermeria, sentì la voce di quello che era stato suo fratello e che lo sarebbe sempre stato.
“Cavolo, Lunastorta, pesi parecchio stasera” disse, qualcuno fece una risatina soffocata. Amelia si strinse nel vestito, stava per raggiungerli, quando sentì James dire: “Oh, no” con voce quasi disperata.
“Cosa? Cosa?” chiese allarmato Peter. “C’è Gazza?”
“Peggio” rispose quello, Amelia inarcò un sopracciglio e si mostrò ai ragazzi, andandogli incontro.
“Che state facendo…?” si fermò. Remus era tenuto in piedi da Sirius e Peter, sembrava in fin di vita, mentre James aveva una strana pergamena in mano. Sirius spalancò la bocca, Peter quasi non cadde a terra, James era pietrificato e Remus la guardò, allarmato, cercando aiuto negli amici, che, però, erano troppo impegnati a guardare lei.
“Che stiamo facendo noi?” iniziò Sirius, guardandola sconvolto. “Che stai facendo tu, a quest’ora, fuori, conciata in questo modo!” la rimproverò.
“La smetti?” ribatté, acida e poi si rese conto delle condizioni dei ragazzi: i vestiti erano quasi distrutti, Sirius aveva un leggero graffio sul viso, James aveva le scapole con qualche botta lasciate scoperte da una maglietta, Peter era l’unico illeso, ma Remus era lo spettacolo più orribile: aveva il volto coperto di graffi, la maglietta sporca di sangue, le venne un colpo al cuore, era debole, stanco e praticamente distrutto e avrebbe solo voluto sparire sotto terra. Ormai l’aveva scoperto e, se non fosse stato ancora così, lo sarebbe stato a breve. Non si sarebbe più potuto nascondere. Provò così tanta vergogna e paura, avrebbe solo voluto sparire.  “John!” esclamò lei, lui voltò la testa dalla parte opposta, evitando il suo sguardo. “Oddio, ma che ti è successo?” la voce le si fece spaventata, troppo, forse e questo peggiorò la situazione interna del ragazzo. “Che gli è successo?” chiese quasi sull’orlo della disperazione agli amici, vedendo che lui non rispondeva. “Che gli è successo?” ripeté, andando verso di lui e prendendogli il volto fra le mani. “Volete spiegarmi che succede?!” urlò. “John!” lui non replicò. “Sirius!” si rivolse all’altro, che fece per parlare, ma poi si trattenne. “James!” niente. “John, John, stai bene?” stava per andare in panico. Stava davvero per sentirsi male. Perché nessuno diceva nulla? “Peter” la voce iniziò a tremarle sul serio e gli occhi le si fecero lucidi, Remus spalancò i suoi, stupito da quella reazione. “Peter, che succede?”
“Ecco…” fece per rispondere.
“No” ringhiò Remus, bloccandolo.
“Allora sai parlare!” lo rimproverò.
“Dentro, dentro!” interruppe il tutto James prendendo Amelia per un braccio, costringendola ad entrare velocemente trascinandola.
Lei si guardò attorno. “Stava per arrivare Gazza” spiegò James, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
“E tu come lo sai?” gli chiese, mentre Sirius e Peter facevano stendere Remus su un lettino e Madama Chips li raggiungeva. Le stava per rispondere, quando lei lo bloccò. “No, se è complicato come questo, non lo voglio sapere ora” e si avvicinò a lui, gli strinse la mano. “John…” iniziò, con voce rotta.
“Scusi, signorina, qui dobbiamo lavorare” la cacciò Madama Chips, per poi far bere al ragazzo qualche suo intruglio e curargli qualche ferita, mentre lei guardava sconvolta tutto l’avvenire degli eventi, senza capire nulla di tutto ciò. Come mai erano tutti feriti? Come mai Remus stava così male? Come mai Madama Chips sapeva già tutto? Come mai nessuno era sconvolto quanto lei? Si era per caso persa qualcosa?
“Voi avete bisogno di aiuto?” chiese l’infermiera agli altri, che scossero tutti la testa.
“Qualcuno mi spiega che sta succedendo?” scoppiò Amelia, quasi gridando, in lacrime e Madama Chips la guardò inarcando le sopracciglia.
“No, scusate, lei cosa ci fa qui se non sa nulla?” sbottò continuando a curare Remus.
“Cosa? Cosa devo sapere?” ormai stava piangendo senza trattenersi. “Cosa c’è?” andò verso Sirius, in cerca di risposte. “Cosa c’è?”
Lui la strinse e le diede un bacio tra i capelli, consolandola, senza dire una parola; continuava a non capire che stesse accadendo in quella stanza, perché Remus stava così male? Perché non aveva nemmeno le forze per tenersi in piedi da solo? Si sfogò su Sirius, su suo fratello, che era ancora lì, a proteggerla, come aveva sempre fatto. Pianse, pianse forte, pianse le lacrime che non piangeva da mesi, pianse il dolore di Remus con Mary, pianse il dolore della separazione da Lily e da Sirius, pianse il dolore di quella sera, dove stava per perdere una cosa troppo importante, pianse il dolore di vedere Remus in quelle condizioni. Sirius la trascinò fuori, mentre Madama Chips aiutava il ragazzo, steso sul lettino, che, in quelle condizioni sembrava un altro: era troppo pallido, una smorfia di dolore dipinta sul viso, gli occhi chiusi, il respiro lento, del sangue che lo ricopriva.
“No!” urlò Amelia, cercando di andare verso Remus. “Lasciami, Sirius!” lui, con l’aiuto di James, non le permise di avvicinarsi. “No!” gridò. “Non puoi farlo!” tirò calci e pugni ovunque capitasse. “Remus!” era disperata. “Remus!”
Peter chiuse le porte dell’Infermeria, tagliandola fuori.
“Amelia, devi riposare” cercò di mantenere un tono dolce James.
“Non mi toccate, voglio andare da lui, sta male!” la voce le si ruppe.
Sirius, visto che la ragazza opponeva troppa resistenza, se la coricò sulle spalle e la portò in Dormitorio, mentre quella scalciava e urlava e gridava e voleva che l’ascoltassero e voleva capire, ma nessuno la degnava di uno sguardo, possibile che non si accorgessero di quanto Remus stesse male? Perché se n’erano andati?
Sirius l’aveva portata in Dormitorio e senza dire una parola le aveva tolto i vestiti di dosso, lei era inerme, troppo sconvolta e stanca per combattere ancora, l’aveva fatta sedere nella vasca di bagno e l’aveva lavata.
Le accarezzò i capelli, le tolse tutto quel trucco di troppo dal volto, le sfiorò la pelle con delicatezza; nel frattempo lei non osava fiatare, o piangere, o far qualunque cosa. L’immagine di Remus era ferma nella sua mente e ne era terribilmente spaventata, ne era rimasta segnata. Restò in quelle condizioni, finché suo fratello non la sollevò e le mise l’accappatoio addosso, le tamponò i capelli con un asciugamano e la fece uscire, infine le mise il pigiama per poi farla sdraiare sul letto.
Ci fu un silenzio che durò qualche minuto.
“Cos’ha?” chiese, alla fine, lei.
“Non sono io a dovertelo spiegare” le rispose semplicemente, passando una mano tra i suoi capelli.
“Starà bene?”
Fece spallucce, senza dire una parola.
“Ho paura”
“Anche io ne avevo”
“E se non guarisce?”
Un sospiro. “Amy”
“Sì?”
“Dormi un po’” le accarezzò una guancia.
“Mi dispiace” chiuse gli occhi. “Mi dispiace per averti cacciato, non volevo, io ti voglio bene, sono stata tanto male”
“Lo so” le diede un bacio sulla fronte. “Lo so, bambolina”
 

***
 

Era andata in Infermeria senza cambiarsi: indossava ancora il pigiama e i capelli erano spettinati. Erano le cinque del mattino. Era lì da un’ora. Lo guardava dormire. Sembrava che fosse tutto così calmo, dentro di lui, sembrava che fosse tutto così normale, pacifico. Il respiro era regolare, una mano tremava appena, la strinse nella sua, si calmò. Gli accarezzò il viso e sorrise. Era una persona così vera, reale, sincera. Madama Chips tossicchiò e lui si svegliò di soprassalto. E la vide. Vide Amelia, la vera Amelia, senza tutto quel trucco che aveva iniziato a mettere, vide Amelia con i capelli disordinati e le occhiaie, vide la sua mano nella sua, vide i suoi occhi nocciola e sentì la paura farsi spazio in lui. E non seppe cosa dire. Si stava vergognando infinitamente di se stesso: l’aveva visto per com’era davvero, un ragazzo rovinato e maledetto, ormai avrebbe scoperto la verità. Perché in quel modo? Perché proprio così? Si odiava, in quel momento; possibile che li avesse trovati proprio quella sera? Avrebbe voluto sotterrarsi e sparire, non vederla mai più. Se ne sarebbe andata comunque e lui avrebbe preferito darsela a gambe per primo, evitando il dolore di una perdita. Era egoista, lo sapeva. Ma non avrebbe retto emotivamente vederla andar via. Perché l’avrebbe fatto, lo sapeva, era giusto che se ne andasse.
“Puoi uscire? Ho bisogno di stare da solo” spezzò il silenzio tutto d’un colpo, Amelia lo fissò e scosse la testa.
“No” rispose, semplicemente.
“Amelia, ti prego” la stava implorando.
Lo fissò, lui chiuse gli occhi e evitò in tutti i modi un contatto con questi.
“Cosa ti è successo?” trovò il coraggio di chiedere, dopo qualche secondo, con voce spezzata.
Lui fece spallucce. “Niente” cercò di mentire il meglio possibile.
“John” lo rimproverò. “Cos’è successo?” ora la voce le si era fatta seria, dura. Esigeva delle risposte.
“Se te lo dico te ne andrai” girò la testa e fissò gli occhi nei suoi, finalmente trovando il coraggio di dire almeno una parte di verità.
Lei lo guardò confusa: come avrebbe potuto andarsene? E perché?
“Non me ne andrò” lo rassicurò, sempre non capendo.
“Lo farai e non tanto perché lo vorrai tu, ma perché ti obbligherò io” le disse.
“Come, scusa?” alzò un sopracciglio. “Tu non mi obblighi proprio a far nulla” strinse più forte la mano a quella di Remus, lui ricambiò.
“Amelia, per favore…”
“No, per favore tu. Ora mi dici che sta succedendo” iniziava ad irritarsi, non le piaceva tutta quella suspense, anzi, l’aveva sempre odiata: quando voleva sapere una cosa ed era giusto che la sapesse, non voleva perdere tempo, soprattutto se si trattava di Remus. Nel frattempo lui la guardava e si trovava in trappola. L’avrebbe persa dicendoglielo e l’avrebbe persa non facendolo. Perché sapeva come avrebbe reagito lei: si sarebbe arrabbiata e se ne sarebbe andata, comunque, in qualunque caso. Scostò la mano, lui e lei si alzò. Fece avanti e indietro per il tratto del letto per qualche secondo.
“John” iniziò.
“Non voglio che tu te ne vada!” scattò Remus. “Te ne andrai. E io non voglio che tu te ne vada” ripeté.
Avrebbe voluto rinfacciargli che era stato lui, ad andarsene, giusto poco tempo fa, l’aveva lasciata e era andato con un’altra; ma non lo fece, perché in quel momento, in quell’istante, la priorità era Remus, era capire quel fosse il problema che lo affliggesse e quale fosse la soluzione. La priorità, adesso, non era lei, non erano i suoi sentimenti, ma quelli di qualcun altro.
“E io ti ho detto che non lo farò!” alzò la voce lei. “Non me ne andrò da nessuna parte”
“E come fai a dirlo? Come fai a saperlo?” la provocò, era quasi senza forze.
Perché ti amo” rispose arrabbiata.
Per un momento, tutto si fermò: il cuore, il respiro, la vista, l’udito. Tutto. Tutto, per un attimo smise di andare, per un attimo che sembrò infinito.
La guardò, quasi sconvolto. Cosa intendeva dire? Com’era possibile che lo amasse? Lei era uscita con Sirius e la sera precedente era stata con chissà chi. Forse aveva sentito male, forse non aveva capito. Non aveva senso. Non aveva senso che lei lo amasse, perché non era vero. Lei era innamorata di Sirius, a lei piaceva Sirius, a lei non era mai interessato lui. E il cuore di Remus sussultò un attimo, per poi battere più velocemente e sentire un peso sollevarsi ed andarsene. Non riusciva a credere alle parole che aveva appena confessato. Si sentì sconvolto, felice, preoccupato, spaventato, innervosito, tutto allo stesso momento. L’aveva davvero detto? Aveva davvero detto quelle parole? Per un momento, avrebbe voluto rispondere: ‘anch’io ti amo’, ma gli sembrava tutto così confuso.
L’aveva detto. Si era davvero confessata. Aveva davvero detto quello che provava. Non era più restata nell’ombra, si era fatta sentire, aveva detto la sua, si era fatta capire, si era fatta comprendere chiaramente, anzi, quasi fin troppo. Lo fissava, senza credere a quello che aveva appena fatto. Non poteva averlo ammesso sul serio. Non ora che lui usciva con Mary, non ora che lui era legato a qualcun’altra. Aveva aspettato anni, per questo, e l’aveva detto nel momento peggiore. Avrebbe dovuto star zitta, non dir nulla e farsi i fatti suoi. Aveva rovinato tutto. Anni di amicizia, che lei aveva sempre voluto come qualcosa di più, anni di confidenze, di abbracci, di silenzi. Aveva il fiatone, come se avesse corso per chilometri, mentre, in realtà, aveva detto solo tre parole.
“Che cosa?” le chiese Remus, quasi allibito, trovando la voce chissà dove.
Non rispose, non disse una parola.
“Tu… Che cosa?”
Ecco. Ecco, stava già cominciando: si stavano già allontanando anni luce, lui non l’avrebbe più voluta come amica, non più, se ne sarebbe andato lui, come aveva già fatto e questa volta l’avrebbe perso sul serio. Non l’avrebbe più riavuto indietro, non una minima occasione.
“Amelia, che cosa?” richiese, di nuovo.
“Hai… hai capito bene” rispose, sedendosi e portandosi le mani fra i capelli.
“Ma…” iniziò Remus, scuotendo la testa. “Ma… ma tu uscivi con Sirius, tu uscivi con lui e stavate insieme e non capivo mai perché non lo diceste a nessuno e…” iniziò a dire i suoi pensieri ad alta voce, facendone fluirne il corso; aveva paura che lei avesse preso in giro il suo amico. Amelia inarcò le sopracciglia.
“Che cosa?” sbottò, interrompendolo, come dimenticandosi di quello che aveva appena fatto. Lui la guardò senza capire.
“Stavo dicendo che tu uscivi con Sirius e allora perché hai detto così? Non ha senso” la guardò ovvio.
Amelia rimase sbigottita e non capì come avesse potuto immaginare anche solo un fatto simile. “Non sono mai uscita con Sirius” disse. Remus la fissò interdetto, non riusciva a capire.
“Ma… Mary ha detto…” iniziò confuso, Amelia strabuzzò gli occhi. “Tu non sei…?” sospirò, passandosi una mano fra i capelli, esausto. “Non ci credo” concluse infine, facendo scorrere la mano sul viso e scuotendo la testa, per poi ridere da solo, sollevato completamente da quel peso che lo stava inghiottendo da settimane troppo lunghe.
Amelia lo guardava senza capire, gli si avvicinò. “Mary che cosa ha fatto?” domandò nervosa.
“Mi ha detto che uscivi con Sirius” rispose, semplicemente, alzando le spalle divertito; lo guardò sconvolta, per poi alzarsi di scatto.
“Non l’ha fatto davvero” commentò fra sé e sé. “Non l’ha fatto davvero!” urlò, questa volta. “Io lo sapevo! Sapevo che c’era qualcosa sotto! Quella stronza, vipera, ipocrita, bastarda, sorella un cazzo!” si sfogò, girando per la stanza, mentre Remus la guardava confuso e contento insieme. “Ovvio! Doveva averti per sé, sapevo che le piacevi, ma mai, mai, avrei pensato che arrivasse a tanto! Ti ha allontanato da me, quando eri l’unico che volevo e che avevo sempre voluto. La odio! La odio!” Remus la guardò, interdetto, quasi sconvolto.
“Che intendi per ‘che avevo sempre voluto’?” le chiese alzando le sopracciglia.
“Mi piaci da sempre” fece svolazzare una mano in aria come a dire che non importava.
“Cosa?!” esclamò sconvolto.
Lei sviò la domanda, lui restò immobile per qualche secondo, allibito, contemporaneamente lei sputava veleno e maledizioni sulla ragazza.
“Quindi, aspetta, tu non sei uscita con Sirius? Cioè: non è mai successo?” si riprese, cercando di ignorare il turbamento.
“Ovvio che no!” rispose nervosa.
Com’era possibile? Come aveva potuto Mary fare un orrore del genere a tutti e due? Mentire per ottenere quello che voleva, in modo subdolo: facendo soffrire sia Amelia, che Remus; lui che si era messo con lei solo per dimenticare un’altra e lei che cercava di dimenticarlo cercandolo in tanti altri.
“Non ci credo” commentò Remus, allibito. “L’ha davvero fatto?”
“Quella stronza!”
Amelia esternava tutto il suo sdegno, mentre Remus era troppo provato sentimentalmente per captare alcuna emozione, anche se, nel profondo, si sentiva a dir poco tradito. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata a tanto per stare con lui.
“Ora me ne vado, quella mi sente” si avviò verso la porta, infuriata, ma lui  si alzò di scatto e la prese per un polso, fermandola e facendola girare verso di sé. Erano l’uno a qualche centimetro di distanza dell’altra; lo guardò stupita per qualche secondo, le gambe di Remus quasi cedettero dallo sforzo di stare in piedi, ma resistette. “Mi dici che ti è successo?” gli chiese, il tono di voce tornato preoccupato.
Deglutì, spaventato. Era il suo momento, avrebbe dovuto essere sincero, per una volta, non avrebbe dovuto mentire, non più. Distolse lo sguardo, non ce l’avrebbe fatta, non ce l’avrebbe fatta mai. Non sarebbe mai riuscito a dirle quello che era veramente. Fece per allontanarsi, ma questa volta fu lei a fermare lui.
“No” lo bloccò. “Remus” lo richiamò.
E il suo nome prodotto dalle sue labbra lo fece quasi rabbrividire, avrebbe voluto baciarla senza nemmeno chiedere il permesso. Restò voltato. Prese un respiro profondo. Era o non era un Grifondoro? E il coraggio dov’era finito? Aveva così paura di perderla che ne rimaneva paralizzato. Le parole erano sulla punta della lingua, ma non riuscivano a venir fuori. Era il momento della verità. Era il momento di smettere di prenderla in giro.
“Sono un lupo mannaro, Amelia” confessò finalmente con un filo di voce, senza osare guardarla. Gli occhi della ragazza si spalancarono, scostò la mano dal suo polso e se la portò sulla bocca, le mancò il respiro. Ora era tutto chiaro: i tagli, le cicatrici, il suo essere così debole… No, non poteva essere vero. Non lui, non Remus, non lo meritava.
Quelle parole costarono al ragazzo quasi tutta la forza che aveva in corpo, tanto che dovette tornare a sedersi sul letto, per evitare di cadere per terra. Sapeva che se la sarebbe data a gambe, ora, sapeva che l’avrebbe lasciato da solo e non la biasimava, anzi, sperava quasi lo facesse, almeno non l’avrebbe rovinata. Era così pura, nel profondo. Era così sporco, nel profondo.
E, invece, gli si avvicinò, piano, per poi sedersi al suo fianco, leggermente tremante.
“Da quanto?” chiese solo.
E lui iniziò a raccontare come fosse successo, quando e chi fosse stato, di come un bambino fosse diventato un mostro, raccontò la sua storia, nei minimi particolari e anche se avesse voluto, non sarebbe riuscito a fermarsi. Raccontò di come i ragazzi lo aiutassero, senza scendere in dettagli, di come, con loro, aveva smesso di sentirsi solo. Parlò di quando gli ci volle per accettare quella condizione e di quanto si odiasse per quel motivo, parlò del dolore, della paura, dello schifo che provava nei suoi confronti. Si odiava, odiava quello che era diventato e odiava essere quello che era. E raccontò di quanto avrebbe voluto tenerla all’oscuro di tutto, per non ferirla. Era un fiume in piena, parlava, senza fermarsi e senza guardarla negli occhi, per terrore di vederci riflesso il rifiuto nei suoi confronti.
Quando finì, Amelia si voltò verso di lui e lo obbligò a far lo stesso, lo osservò con attenzione e vide solo bellezza, nonostante tutto, le scese una lacrima, gli accarezzò il viso, con molta delicatezza e passò un dito sulle cicatrici che riportava.
“Pensavi davvero me ne sarei andata per questo?” domandò, lui alzò lo sguardo verso il suo, finalmente, incrociando gli occhi con quelli della ragazza e l’unico riflesso che vide fu amore.
“Dovresti” disse semplicemente.
“Non mi hai sentito prima, cretino?” gli chiese retorica. “Io ti amo. E sei tu quello che dovrebbe andarsene, adesso; Mary probabilmente ti aspetta”
Lui scosse la testa, ridendo e prese coraggio; il cuore gli galoppava nel petto, felice di amare una persona come Amelia, felice che non se ne sarebbe andata. “Come posso andarmene se ti amo anche io?” chiese, questa volta guardandola negli occhi, mostrandole quanto quello che aveva appena detto fosse vero.
Amelia restò pietrificata, il respirò le si mozzò, la bocca era appena spalancata, la mente era confusa e lo fu ancora di più, quando Remus poggiò le labbra sulle sue, senza aspettare un momento. Dopo un attimo di esitazione, ricambiò il bacio, passando le mani nei capelli del ragazzo, mentre lui le accarezzava il viso, la pelle, le spalle. Le era mancato così tanto. Gli era mancata così tanto. E nessuno dei due credeva che sarebbe mai finita così. Tutte le volte che le loro labbra si separavano per un momento, sentivano il bisogno di ricongiungersi, come se ne dipendesse la loro vita. Lo amava davvero. La amava davvero.
“Resti, questa volta?” gli chiese con il fiato corto.
“E tu?” ribatté, allo stesso modo.
“Se non te ne vai, io resto” gli rispose, come aveva fatto qualche anno fa.
Lui sorrise, al ricordo. “Allora puoi star tranquilla: perché ora che ti ho trovata non ti lascio più”.


 


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flowers's hall. 
sono in ritardo di non so quanto, ma facciamo finta di niente.
spero che stiate passando un'estate stupenda, piccoli adorabili esserini!

ed eccoci qui! una coppia bella che accasata, finally! 
lo volevate tutti, ammettetelo: remus ed amelia sono perfetti insieme, dai. poi ora lei è tornata in sé, quindi direi che si può festeggiare! 
i ragazzi (sebastian, danny e jack) sono semplicemente apparizioni, non hanno a che fare per nulla con tutto il resto.
il prossimo capitolo sarà su lily, quindi state attenti, perché ci sarà così tanto jily da vomitarlo.
vi lascio con questa.
un abbraccio ed un bacio sul naso,
rose.

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Capitolo 8
*** Lily (parte I) ***


 
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Lily.


Un rumore improvviso svegliò Lily di soprassalto.
Ebbe bisogno di un momento per rendersi conto di tutto quello che stava accadendo in quel preciso istante: la testa le girava appena, gli occhi erano semichiusi e le palpebre pesanti.
Lumos” disse a bassa voce puntando la bacchetta davanti a sé e scostando le tende del letto: intravide appena la figura di Sirius portare a spalle Amelia in bagno e chiudere la porta. Con i capelli ancora spettinati e la voglia di capire che stesse succedendo alla sua amica camminò in punta di piedi verso l’uscita, senza far rumore, grata che le altre  fossero ancor nel regno dei sogni.
Scese le scale che portavano al suo Dormitorio in religioso silenzio fino ad arrivare in Sala Comune, dove le luci erano accese e scorse due figure molto famigliari: James e Peter stavano discutendo di qualcosa che sembrava di severa importanza. Rimase immobile a fissarli per qualche secondo, finché James non si accorse della sua presenza e si schiarì la voce, facendo voltare Peter nella sua direzione.
Quest’ultimo si grattò la testa, abbozzò un sorriso e bofonchiò qualcosa che somigliava ad un: “Sì è fatto tardi meglio andare a dormire” per poi dileguarsi, mentre l’altro la guardò, tra il sorpreso ed il divertito per le condizioni nelle quali la ragazza si trovava: la camicia da notte bianca a lunghissima la faceva parere un fantasma, i capelli spettinati con ciuffi che andavano da tutte le parti, eppure un’espressione di determinazione e sicurezza sul volto che stonava con tutto il resto. Incurvò le labbra e le si avvicinò. “Puoi abbassare la guardia, Evans” fece cenno alla bacchetta che la ragazza teneva ancora puntata davanti a sé.
“Che sta succedendo?” chiese, con un tono che voleva far apparire autoritario, ma che risultò gutturale e strascicato, al che, James ridacchiò, con disapprovazione di lei, che storse il naso.
“Dimmelo tu: c’è stata una battaglia nelle tue stanze?” domandò sarcastico riferendosi al suo aspetto, beccandosi un pugno violento sulla spalla e un’occhiataccia; per un attimo si vergognò di trovarsi di fronte a lui in quelle condizioni, ma la preoccupazione svanì subito per dar posto al nervosismo che si era affievolito per qualche attimo.
“Perché sei ancora in piedi?” decise di ignorare le sue frecciatine e concentrarsi su quello che voleva scoprire.
“Potrei farti la stessa domanda” inarcò un sopracciglio con fare ammiccante.
“Sirius mi ha svegliata: è entrato in camera con Amelia addosso nemmeno fosse un sacco di patate” la sua voce sfiorava l’isterismo: odiava che si interrompesse il suo sonno. “Mi vuoi spiegare che succede?”
James si passò una mano fra i capelli e, facendolo, scoprì leggermente il petto, al che, Lily notò qualche taglio su di esso. “E’ complicato”
“Cosa ti sei fatto?” gli si avvicinò istintivamente, senza pensarci, e gli abbassò il collo della maglietta per vedere la sua pelle rovinata. “Sanguini ancora!” esclamò, preoccupata. “James!” lo rimproverò puntando gli occhi nei suoi.
Lui la guardò per qualche secondo senza dire una parola. L’aveva chiamato per nome. “Lily” sussurrò poi, dando al suo tono una sfumatura del tutto dolce e per niente arrabbiata, come quello della ragazza. Sembrava che la vedesse per la prima volta dopo anni, che la vedesse davvero, che vedesse la sua interezza, i suoi dettagli.
Lily si morse un labbro, dandosi della stupida per quello che aveva fatto: era come se il muro fra loro due fosse caduto per dar spazio ad una confidenza del tutto inappropriata e che lei non voleva, così tornò alla carica e lo aggredì di nuovo, spezzando quell’attimo di tenerezza e confidenza, che restò sospeso nell’aria tra loro due, senza andarsene davvero. “Vuoi dirmi che ti è successo?” aveva ancora una mano che teneva stretta la sua maglietta, le dita fredde che sfioravano delicatamente la pelle calda, gli occhi chiari di lei che si fondevano in quelli scuri di lui.
Avrebbe voluto baciarla, ma restò sul posto senza oscillare nemmeno.
“E’ complicato” ripeté ottenendo in cambio un nervosismo più crescente da parte di lei. “Prometto che domani ti spiego tutto”
“E’ già domani, Potter: son quasi le cinque del mattino” osservò.
Esitò. “Appunto: domani, dopo questa mezzanotte” si decise a dire poi.
Stava per replicare, quando il loro battibecco fu interrotto dall’entrata in scena di Sirius, che scese le scale di colpo e che nemmeno si accorse dei due, finché non se li trovò davanti.
Lily arretrò bruscamente allontanandosi da James di colpo, che restò con gli occhi fissi su di lei finché l’amico non parlò. “Ti ho svegliata io?” le chiese, sinceramente dispiaciuto.
“Già” fece lei indagatoria. “Cosa sta succedendo?”
“Tra voi due o con Amelia, intendi?” passò lo sguardo sulle figure che aveva di fronte a sé con le sopracciglia inarcate.
“La seconda” rispose secca Lily, mentre James non riuscì a reprimere un ghigno soddisfatto.
“E’ complicato” sospirò.
Trattenne un urlo isterico e puntò lo sguardo su James. “Ti conviene parlare dopo questa mezzanotte, maledetto Malandrino, o giuro su Merlino che non vedrai mai più nemmeno la mia ombra: sono stata chiara?” constatò tra i denti per poi tornare in Dormitorio a grandi passi, senza però non aver lanciato un’occhiata di avvertimento a tutti e due i ragazzi.
 
 
 ***
 
 
 
Lily uscì dalla Sala Comune dei Grifondoro verso le sette e a passi svelti, i capelli lisci ricadevano lucenti sulle spalle e sul petto, il libro di Erbologia in mano e uno sguardo determinato sul volto. Non aveva lezioni alla prima ora, così si era promessa di andare a visitare Remus.
Quando aveva saputo della maledizione del ragazzo, tempo addietro, era rimasta sconvolta: l’aveva intuito, o meglio, lo sospettava, ma avere la conferma che fosse vero, l’aveva destabilizzata. Si era precedentemente informata in Biblioteca, cercando sintomi e manifestazioni del dolore che l’avevano condotta –purtroppo- ad un’unica strada.
Remus era una delle persone più dolci e buone che Lily conoscesse e non meritava tutta la sofferenza che gli veniva inflitta, non meritava nulla che potesse fargli del male.
L’aveva guardata e le aveva detto: “Scapperai da me, adesso che lo sai?” sembrava che tutto quello che avessero passato e vissuto insieme fosse sparito da quando le aveva detto quelle quattro parole: “Sono un lupo mannaro”
Le si era raggelato il sangue nelle vene, ma aveva finto che quella dichiarazione non le avesse lacerato il cuore. “Scapperai da me, adesso che lo sai?
“Lo sapevo già” gli aveva lanciato un sorriso triste e addolorato, per poi avvicinarsi a lui, stupito e senza parole e abbracciarlo. L’aveva stretto a sé come non aveva mai fatto, né prima, né dopo. Aveva provato a dargli tutto l’amore che sentiva nei suoi confronti, a trasmetterglielo, a fargli capire che nulla, nemmeno una maledizione terribile sarebbe riuscita a separarli. Lily voleva troppo bene a Remus per permettere che qualcosa si mettesse fra loro due; nemmeno quando Mary se n’era praticamente appropriata l’aveva perso di vista e sapeva che lui aveva fatto lo stesso con lei. Non parlavano da un po’: voleva cogliere l’occasione.
Seppur si fossero allontanati fisicamente da lì a qualche settimana, il loro legame era forte e sicuro come lo era sempre stato e nulla avrebbe potuto cambiare quella situazione.
Stava per aprire la porta dell’Infermeria, quando qualcuno ne uscì improvvisamente.
Lily ed Amelia si guardarono per qualche secondo in silenzio, poi l’ultima sorrise. “Ciao” la salutò, raggiante.
Si meravigliò del suo aspetto: era in camicia da notte, spettinata e struccata. Non era l’Amelia che aveva conosciuto nell’ultimo mese, incurvò le labbra piacevolmente stupita, per poi rendersi conto dell’accaduto e cambiare completamente espressione: spalancò gli occhi e strinse le labbra. “Cosa… Cosa ci fai qua?” poteva aver scoperto di Remus.
Amelia rise contenta. “So tutto, non ti devi preoccupare”
Inarcò un sopracciglio, fingendo spudoratamente. “Tutto cosa?”
“So che il signorino è… Beh, sì, insomma, quello
La guardò interdetta. “Come?”
“Me l’ha detto e mi ha detto anche qualcos’altro” abbassò lo sguardo, improvvisamente timida e si morse un labbro con un sorriso.
Lily la fissò incuriosita. “Amy…?”
“Noi ci siamo…” rise e si passò una mano fra i capelli. “Ci siamo messi insieme, Lily” la guardò negli occhi: erano lucidi, erano lacrime di gioia quelle che stava reprimendo Amelia.
Dopo tutto, quel tempo d’attesa non era stato invano.
Lily si portò una mano alla bocca, sorpresa. “Davvero?” esclamò contenta e l’amica annuì. Lasciò cadere il libro di Erbologia che aveva fra le mani con un tonfo per abbracciarla e sentire le risate dell’altra fondersi alle sue. “Sono così felice, Amy!”
“A chi lo dici” replicò l’amica con un sospiro per poi separarsi da lei.
“Ma come è successo?” domandò con un sorriso sulle labbra.
Improvvisamente la discussione avuta la sera prima non aveva più nessun valore: erano tornate le migliori amiche di sempre, quelle che si supportavano a vicenda, che condividevano lacrime e sorrisi. E non c’era bisogno di spiegazioni: era avvenuto e basta, naturalmente, come ogni cosa fra loro due, protagoniste di un rapporto puro e pieno d’amore, senza barriere, senza dubbi.
“E’ lunga da raccontare” rise fra sé e sé. “Magari a pranzo, ho bisogno di prendermi qualche secondo per me ed elaborare tutto quello che è accaduto. Sappi solo che mi dispiace, Lily. Mi dispiace di averti allontanata, di averti spinta via: ti voglio bene, sei mia sorella e niente cambierà quello che provo per te” le poggiò una mano sul braccio, per poi stringerlo appena, sorriderle e superarla per avviarsi in Sala Comune.
Lily si voltò a guardarla per qualche secondo. “Scusa” disse poi, non ci fu bisogno di urlarlo, anche se erano distanti, le parole rimbombarono nel silenzio. Amelia si voltò. “Avrei dovuto capirti” e una morsa nel petto le bloccò il respiro per un attimo.
“Lo hai fatto: sarei stata io che avrei dovuto capire te” tornò sui suoi passi dopo averla rassicurata, al che, Lily raccolse il suo libro da terra e con un sorriso raggiante sentendosi improvvisamente leggera aprì la porta dell’Infermeria per poi chiudersela alle spalle. Remus voltò la testa verso di lei ed incurvò le labbra con dolcezza.
“Chi si vede: la rossa più ambita di Hogwarts”
“Non ti posso lasciare da solo una notte che intraprendi una relazione!” esclamò dirigendosi verso di lui fingendosi seccata, anche se il grande sorriso fra le sue labbra faceva capire tutto il contrario.
Remus rise. “Ah, sì, quella relazione” le fece spazio e lei si sedette al suo fianco sul letto.
“Già, quella” gli scompigliò i capelli. “Allora? Vuoi spiegarmi che cosa è successo fra voi due o devo far finta di sapere tutto?”
Rise di nuovo e si passò una mano sul viso, era un gesto che faceva spesso, che Lily gli aveva sempre visto fare, fin da quando si erano conosciuti. “Pensavo che uscisse con Sirius,  per questo avevo intrapreso una specie di fidanzamento con Mary: per scordarmi di lei; mi sono accorto dei sentimenti che provavo nei suoi confronti solo quando pensavo di averla persa, stamattina è venuto fuori tutto, che erano bugie e che lei prova quello che provo io, ancora più di prima”
Mancò poco che Lily non si commosse di fronte a quelle parole. “E’ bellissimo” esordì poi con le labbra strette in un sorriso.
“Ora dovrò solo affrontare Mary” sussurrò, la beatitudine di prima sparita dal suo volto, per dar spazio al risentimento.
Lily si morse un labbro e si passò una mano nei capelli. “Non c’è niente da affrontare e poi, sinceramente, credo che l’abbia fatto Amelia da quando è uscita e lo farà finché qualcuno non la fermerà con la forza”
Rise. “Dici che le farà del male?” le chiese poi, con il tono che sfiorava la preoccupazione.
Lei trovò tutta quella situazione ironica e scosse la testa con una risata. “Spero di no!” esclamò. “Anche se potrebbe farlo”
Pausa.
“Ti ama così tanto” sussurrò poi incontrando i suoi occhi, con un sorriso, che lui ricambiò accennandolo appena.
“Avrei voluto essermi reso conto prima dei sentimenti che provo per lei: avremmo vissuto molto di più, insieme”
“Avete tutta la vita davanti”
“Già” annuì.
Silenzio.
E poi, eccola, l’ultima frase che Lily avrebbe voluto sentirsi dire. “Come te e James”
Lo guardò con gli occhi spalancati per un secondo, stupita e aprì appena la bocca, inarcando le sopracciglia in un’espressione che fece ridere Remus. “Che cosa hai detto?” gli diede un colpo sul braccio.
Quello tossicchiò appena. “Vedo come lo guardi, Lily: qualcosa è cambiato” disse poi serio.
E lei non poté far altro che acconsentire a quell’affermazione, dentro di sé, in silenzio; sapeva che Remus aveva ragione, qualcosa nel suo modo di porsi verso il ragazzo che aveva sempre odiato era cambiato, qualcosa che la faceva sentire insicura, debole, piccola di fronte a lui. Non le era mai successo con nessuno, ma soprattutto non le era mai successo con James Potter. Era accaduto qualcosa, dentro di lei, che le aveva fatto mettere in discussione tutta la relazione -buona o meno- intrapresa con lui  in tutti quegli anni. Il modo di porsi nei suoi confronti, di parlare, di gesticolare aveva subìto un mutamento: se prima faceva tutto senza pensare, di lì a qualche parte aveva iniziato a pesare le parole, a muoversi con più delicatezza, ad avere anche qualche contatto fisico con lui, addirittura a scherzare.
Scosse la testa. “Tra me e James Potter non accadrà mai niente, Lupin. Mai” assentì poi, incrociando le braccia al petto, decisa.
“Oh, queste parole mi feriscono, Evans” una voce diversa, improvvisamente entrò nella stanza, insinuandosi nella loro conversazione; Lily sobbalzò e si voltò, anche se sapeva benissimo di chi si trattasse: James si stava avvicinando a Remus e, di conseguenza, anche a lei, a passo lento, seguito da Sirius, il quale aveva un ghigno dipinto sul volto, ma oltre a quello la sua espressione era indecifrabile come al solito.
“La verità a volte fa male, Potter” gli disse non guardandolo in faccia, ma concentrandosi sulla sua corporatura: si chiese come mai era quasi privo di muscoli quando si ammazzava di allenamenti quasi tutti i giorni.
“Se è questa verità, fa sempre male” le diede un bacio sulla guancia, prendendola alla sprovvista e lei si scostò immediatamente, trattenendosi dal dargli uno schiaffo in pieno viso. “Vedrai che non penserai ancora a lungo quello che hai detto qualche attimo fa” le fece l’occhiolino e lei avrebbe voluto lanciargli una Maledizione senza Perdono. Mise un’espressione imbronciata e lo fissò in cagnesco, facendo ridere Sirius, che le poggiò una mano sulla spalla.
“Eh dai, Lily, non prendertela così per un bacino”
Lo fulminò con lo sguardo, al che, lui scosse la testa divertito e strinse di più la presa su di lei, come per rassicurarla.
Lily posò lo sguardo su di lui e poi su Remus, sorrise appena, Sirius ricambiò. “Remus deve dirti una cosa” gli annunciò con il labiale.
Lui inarcò le sopracciglia, scettico. “Cosa?” fece allo stesso modo.
Sul volto della ragazza si dipinse un sorriso furbo e portò le mani a mezz’aria a mo’ di domanda.
“Che vi state comunicando segretamente? Divento geloso” li interruppe James lanciando una finta occhiata minacciosa a Sirius.
“Evans, qua” esordì Sirius fissando Remus con sguardo intimidatorio. “Mi stava giusto annunciando che tu” gli fece un cenno. “Dovresti dirmi qualcosa, Lunastorta: quindi sputa il rospo”
Il ragazzo guardò Lily, che gli sorrise incoraggiante. “Io…” si passò una mano fra i capelli spettinati. “Mi sono messo con Amelia, proprio poco fa”
Cadde il silenzio per qualche secondo.
Remus e Sirius si fissarono senza dire una parola, Lily e James posavano lo sguardo su loro due ad intervalli regolari, finché il secondo non scoppiò a ridere felice. “Ce l’avete fatta, amico!” esclamò, separandosi da Lily ed andando verso Remus, per dargli un leggero pugno sul petto fancendolo sussultare di dolore.
Passarono qualche minuto a ridere e scherzare tra di loro, contenti dell’accaduto, finché Lily non parlò. “A proposito di questo” iniziò e tutti puntarono lo sguardo su di lei. “Meglio che io vada a controllare se in Dormitorio è tutto okay” sorrise appena, si avvicinò per dare un bacio sulla guancia a Remus. “Ci vediamo a pranzo, ragazzi”
“A me nessun bacio, Evans?” domandò James, quasi disperato.
Lei rise e scosse la testa, uscendo dall’Infermeria.
 
***
 


“Lily” Nina la bloccò per i corridoi con un radioso sorriso.
“Chi si vede!” esclamò ricambiando. “Ti va di venire con me in una missione di salvataggio?” le fece un cenno e l’altra annuì con vigore.
“Per chi?” iniziarono a camminare una a fianco dell’altra.
“Mary, credo che Amelia sia sul punto di ammazzarla, quindi direi di accelerare il passo” ora il suo tono si era fatto preoccupato e non a caso: era consapevole di quanto Amelia fosse arrabbiata con Mary ed era a conoscenza anche del fatto che Amelia non era per niente una ragazza riflessiva, ma, anzi, era parecchio impulsiva e reagiva a quello che le accadeva senza pensare al come. Non credeva l’avrebbe uccisa, ovviamente no, sarebbe stato ridicolo uccidere per così poco, ma dei conati di vomito incontenibili per due o tre giorni non glieli avrebbe risparmiati se non fosse arrivata in tempo, seppure sapesse che fosse il minimo che Mary si meritava.
“Che è successo? Si collega a quanto stesse male Sirius? A proposito: l’hai visto? Come sta? E’ un po’ che l’ho perso di vista, non che lui mi cerchi, per carità, è troppo spaventato che io abbia capito com’è davvero e sarebbe una disgrazia per lui sentirsi esposto” roteò gli occhi seccata, senza rendersi conto di aver parlato a vanvera.
Lily la fissò dubbiosa, formando una leggera rughetta tra le due sopracciglia e accennando appena un furbo sorriso. “Ti piace Sirius?” chiese divertita.
“Sirius piace a molte” le fece notare mentre salivano una rampa di scale.
“Tu sei una di quelle molte, Nina? Che mi nascondi?”
A parte le pillole che prendo per non cadere in depressione niente, avrebbe voluto dirle; ma era così difficile parlarne. Era così difficile esporsi. “Io? Niente!” cercò di tranquillizzarla, senza però riuscirci. “Quindi? Che è successo?”
“Mary ha mentito a Remus per stare con lui, portandolo lontano da Amelia” spiegò in fretta.
“Oh” fu l’unica cosa che Nina riuscì a dire; non conosceva particolarmente bene Amelia, ma aveva capito fin da subito che non era il tipo che si facesse mettere i piedi in testa.
Infatti, dopo un altro minuto di camminata, le ragazze arrivarono in stanza, dove trovarono uno scenario a dir poco tragico: Mary era scomparsa da qualche parte, i letti erano completamente sfatti, i cuscini erano sparsi per tutto il perimetro della stanza, Amelia aveva la bacchetta puntata verso la porta e la sollevò non appena le due entrarono, per poi riabbassarla subito non appena si rese conto di chi si trattasse, di Alice ed Emmeline nemmeno l’ombra.
“Wow” commentò a bassa voce con occhi spalancati Nina, guardando la ragazza di fronte a sé. “Tutto bene, Amy?” le chiese.
“Ora che mi sono sfogata sì: pensavo si trattasse di Mary, le ho detto di non farsi vedere mai più da me, o la incenerisco viva, senza se e senza ma” parlò come se quello che aveva appena detto fosse stata la cosa più naturale del mondo.
“A proposito di Mary…” iniziò Lily con delicatezza. “Dov’è?”
Amelia fece spallucce. “E’ uscita, l’ho obbligata ad andarsene. Alice ed Emmeline sono con lei” iniziò a sistemare il disastro presente in stanza. “Questi glieli ho lanciati addosso” annunciò facendo un cenno ai vari cuscini con un sorrisetto soddisfatto. “Invece i letti li ha usati per difendersi”
“Le hai fatto male?” chiese Nina iniziando ad aiutarla.
“Nah” sventolò una mano a mezz’aria. “Le ho solo fatto prendere un po’ di paura e le ho fatto capire quanto debba stare lontana da John, d’ora in poi”
“E da te, immagino” aggiunse l’altra ridendo appena.
“Assolutamente sì” confermò annuendo.
“Quindi abbiamo un posto libero? Chi lo occuperà?” intervenne Lily mettendosi anche lei all’opera.
Amy si portò un dito sul mento, con fare pensieroso. “Chissene, basta che non sia Mary: credo che lo occuperà la persona di cui lei prenderà il posto nella nuova stanza”
Per Lily tutto quello era estremamente strano: non avere più Mary in stanza, per lei, era una novità. Erano sempre state insieme, compagne, amiche e ora tutto si era completamente sgretolato e, seppur fosse arrabbiata con Mary per quello che aveva fatto ad Amelia, da una parte era dispiaciuta per lei e per se stessa: non averla più intorno le avrebbe comunque tolto una parte della sua quotidianità, alla fine, voleva bene a Mary, gliene avrebbe sempre voluto, avevano avuto troppo insieme per evitarlo. Mary era una parte di Lily, nonostante tutto, e la distanza da lei le avrebbe sicuramente fatto male. Sapeva che Amelia non le avrebbe vietato di vederla, non era il tipo, ma di sicuro non le avrebbe fatto piacere e, forse, nemmeno a lei avrebbe poi fatto così piacere frequentare ancora una persona del genere: non aveva più idea se fidarsi o meno di lei, se poterle confidare ancora i suoi segreti, se poter vivere ancora esperienze con una ragazza così manipolatrice, egoista.
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto da Nina, che avvertì le altre dell’imminente inizio della lezione di Erbologia, per la quale Lily avrebbe dovuto ripassare quella mattina. Amelia decise di non andare e di prendersi ‘un giorno libero’, tornando in Infermeria da Remus, le altre due ragazze invece, si avviarono velocemente nella Serra.
“Quindi? Non mi hai più detto di Sirius” buttò lì Nina, cercando di mostrare nonchalance.
“Sta bene: l’ho visto stamattina, è sano come un pesce” rispose tranquilla, fingendo di non essere interessata al legame fra i due.
“E James?”
Il cuore di Lily si fermò per un secondo, per poi riprendere a battere regolarmente, fece spallucce. “Bene anche lui”
“Intendo fra voi due, scema” le diede una leggera gomitata scherzosa e Lily in cambio le diede una spintarella scuotendo la testa.
“Fra noi due cosa, Nina? Lo sai che è impossibile che succeda qualcosa”
“Ma perché?” insistette l’amica confusa. La coda di cavallo che si muoveva ad ogni passo che compiva.
“Semplice: lo odio” rispose tranquilla Lily.
Nina scoppiò a ridere. “Lo odi? Tu? Ma smettila!”
La guardò confusa per qualche secondo. “Beh, non lo sopporto. Così va meglio?” roteò gli occhi.
“Lily: si vede da come lo guardi che qualcosa è cambiato”
Possibile che quel maledetto giorno ogni persona volesse ricordarle quanto era cambiato il suo rapporto con James da lì a poco? Era frustrante a livelli insostenibili: non potevano farsi tutti gli affari loro? Cos’avevano con lei? Con i suoi sentimenti? Non potevano starsene nel loro e non rompere le scatole a lei? Per evitare un’altra conversazione di quel tipo, Lily non rispose, ma accelerò il passo e in meno di un minuto raggiunse la Serra, si sedette verso la fine del tavolo, mentre Nina andò un attimo da Sirius.
Lily riuscì a sentire poco della loro conversazione: furono domande di cortesia, anche se nascondevano molto altro; era sicura di non aver mai visto Sirius guardare una ragazza nel modo in cui guardava Nina, c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi, non era l’amore che riservava ad Amelia, quello, era un altro tipo d’amore, non più profondo e nemmeno più importante, era solo un altro genere di affetto.
Non fece in tempo ad elaborare altre teorie, perché il lavoro della sua mente fu brutalmente interrotto dall’arrivo di James Potter. “Evans, luce dei miei occhi!” le si sedette accanto, mentre lei sbuffò rumorosamente.
“Potter” salutò con una smorfia seccata.
Dopo tutti quei “il vostro rapporto è cambiato” Lily faceva fatica a vederlo, spaventata dai suoi nuovi sentimenti, così reagiva tagliandolo fuori.
“Dolcezza, come mai quello sguardo appeso? Che è successo? Dillo al tuo futuro marito e padre dei tuoi figli” la esortò scherzoso, lei seppur provò a trattenersi fino all’ultimo, scoppiò a ridere senza ritegno.
“Tu? Padre dei miei figli?” James dovette sorreggerla perché non cadesse dallo sgabello.
“Stai dicendo che la proposta di matrimonio è valida? La consideri?” la guardò sorridente e pieno di speranze.
Lei rise ancora per qualche momento, poi, con molta fatica, si ricompose. “Certo, la considero, Potter, la considero” gli scompigliò i capelli.
Lui, del tutto soddisfatto ed incredulo, restò a guardarla ancora per qualche attimo, osservando come le sfumature dei suoi capelli si facevano più chiare al sole e come le sue lentiggini fossero  più esposte, studiando il suo modo di passarsi le mani fra i capelli e portarsi le ciocche dietro l’orecchio, i movimenti che faceva mentre parlava e i suoi occhi verdi, di un verde che James non aveva mai visto.
“Perché stai fissando Sirius e Nina?” chiese dopo essersi ripreso dal trance ed aver notato la direzione dello sguardo della ragazza.
“Perché quei due non ce la raccontano giusta, c’è qualcosa che non sappiamo” inclinò leggermente la testa e James fece lo stesso, come pensando di poter vedere il mondo come lei se agiva nel suo stesso modo.
“Una cosa come… Stanno insieme in segreto? O qualcosa del genere?” buttò lì Lily.
“Nah, Felpato non è il tipo da relazioni segrete, fidati, anzi, quando porta le ragazze in Dormitorio rende tutto tutt’altro che segreto. C’è stata una volta in cui…”
“Sì, okay, Potter, non voglio i dettagli” lo interruppe bruscamente e lui si vergognò appena. “Per me si piacciono” constatò infine.
“Se vuoi posso chiedere a Sirius che ne pensa di Nina, discretamente, ovvio” le propose volgendo il viso verso di lei.
“Non è necessario: è quasi palese, ma se vuoi approfondire la nostra ricerca fai pure, avere più certezze non è un male” scrollò appena le spalle e si alzò immediatamente per salutare l’insegnante appena entrata.
Non appena si risedettero, James si avvicinò con le labbra al suo orecchio e sussurrò: “Non credi che in questo periodo stiamo facendo troppe cose insieme, Evans? Che stiamo rendendo molti fatti nostri? Potrei abituarmici, lo sai”
Lily sussultò e volse lo sguardo lontano da quello del ragazzo.
 
 
*** 
 
 
In una Sala Comune parecchio vuota, Lily stava studiando Trasfigurazione per il giorno dopo, aspettando le dieci di sera, una mano a sorreggerle la testa, gli occhi concentrati e i capelli che ricadevano sul foglio.
Qualcuno entrò.
Alzò lo sguardo.
Mary restò immobile per qualche secondo. “Ciao” salutò con un filo di voce.
“Ciao” si mise in posizione retta. “Che ci fai qui?” domandò, stupidamente.
“Sto per andare a prendere le mie cose in camera” strinse le labbra ed indicò le scale che portavano al Dormitorio femminile.
“Oh” la bocca di Lily si aprì appena. “Quindi farai cambio con qualcuna…?”
“No” Mary scosse la testa. “No, assolutamente, non mi va di mandarvi in stanza qualcuno di nuovo a praticamente metà anno: ci stringeremo un po’, le altre hanno acconsentito”
Calò il silenzio.
“Mi dispiace, Lily” sussurrò.
“A me non hai fatto assolutamente niente, Mary” le fece notare e si alzò, andandole incontro. “Dovresti dirlo ad Amelia”
Annuì impercettibilmente. “Non mi perdonerà mai”
“Dalle tempo”
“Immagino che per un po’ non ci vedremo, o sbaglio?” sorrise amaramente, guardando l’amica.
Lily si passò una mano fra i capelli. “E’ meglio così, Mary” disse soltanto.
“Lo so” confermò avvicinandosi a lei ed abbracciandola, ci volle un momento perché Lily ricambiò la stretta. Quando si separarono, si sorrisero appena.
“Ci vediamo, Rossa” la salutò avviandosi per le scale.
“Sì, ci vediamo” disse guardandola salire e quando sparì oltre la porta, tornò al tavolo, cercando di concentrarsi sulle lunghe pergamene che richiamavano la sua attenzione, mentre la sua testa si continuava a chiedere come una persona come Mary avesse potuto mentire così subdolamente e, a questo punto, che tipo di persona fosse realmente Mary, perché la ragazza che conosceva lei non si sarebbe mai comportata in quel modo con una delle sue migliori amiche, mai, non sarebbe mai riuscita a farlo. Forse Mary non era per niente la ragazza che Lily pensava di conoscere realmente, forse, non l’aveva mai conosciuta sul serio. Si chiese se la sua lontananza le avrebbe fatto male e si rispose di sì, probabilmente non esageratamente, non dopo ciò che aveva fatto; le sarebbero mancate le serate a parlare e scambiarsi segreti, a ridere insieme ed a consolarsi a vicenda. Si ricordò di quando il suo primo fidanzato la lasciò e di come Mary fosse stata pronta a sorreggerla dopo un dolore così forte per lei.
No, non avrebbe più rivisto quella persona in Mary, ne era sicura, quella ragazza era morta in qualche parte di lei e non sarebbe più tornata a galla.
Le dieci arrivarono, mentre Lily, esausta, stava iniziando a scivolare nel sonno più profondo, ma fu prontamente svegliata da qualcuno.
“Evans”
Lily aprì gli occhi: la figura di James Potter si fece vivida di fronte a lei.
“Pensi di addormentarti proprio quando dobbiamo iniziare la ronda?” le sorrise e prese a sistemare le pergamene per lei.
La ragazza si sollevò dalla superficie del tavolo con tutte le forze possibili, che nemmeno pensava di possedere. “Non lo farei mai, Potter” contestò cominciando a sistemare a sua volta.
“Oh, per fortuna” si finse estremamente sollevato. “In realtà avrei potuto lasciarti dormire, così avresti preso la ramanzina dalla McGranitt, sai quanto sarebbe stato divertente, Evans? Te lo immagini?” rise da solo al pensiero, mentre Lily gli diede una pacca sul braccio con il libro –non poco pesante- di Trasfigurazione.
“Non ti passi nemmeno per l’anticamera del cervello, Ramoso” fece una smorfia. “Che poi” pensò ad alta voce. “Perché diamine vi chiamate con questi soprannomi assurdi, vorrei capirlo: che senso hanno? Ramoso? Felpato? Lunastorta? Codaliscia?” scosse la testa, esasperata. “Chiamarvi per nome è troppo complicato, Potter?” gli porse la mano per farsi dare le pergamene, lui eseguì sorridendo divertito da ciò che Lily aveva appena detto.
“Te lo spiegherò, Evans” le assicurò, alzandosi e porgendole la mano, che lei accettò senza accorgersene.
Si trovarono a qualche centimetro di distanza, le mani ancora intrecciate. Lily esplorò il viso del ragazzo, gli occhi nocciola coperti dagli occhiali tondi, la bocca perfettamente definita e gli zigomi ben accentuati. Deglutì. Mentre il respiro dei due iniziava a farsi più pesante e allo stesso ritmo.
Era vero, qualcosa si era evoluto nel loro rapporto, un po’ grazie a Lily, che aveva deciso di vivere il suo ultimo anno appieno, un po’ grazie a James, che aveva deciso di essere semplicemente lui, senza maschere, buttando giù ogni difesa, mostrandosi per quello che era davvero.
Quel momento fu interrotto dalla voce bassa di Lily. “Devo…” puntò lo sguardo sulle labbra di James. “…porto… questi… i libri… in-in stanza e arrivo” gli lasciò la mano e riuscì a svincolare dalla figura del ragazzo, che tenne lo sguardo fisso su di lei.
Lily entrò piano in camera e trovò le altre ancora sveglie, li fece un cenno, appoggiò i libri sul letto e corse in bagno con un tonfo sordo della porta, sotto lo sguardo confuso delle altre.
Si guardò allo specchio. I capelli erano leggermente disordinati, iniziò a pettinarli, controllò l’alito –perché poi, non ne aveva idea- e per sicurezza si lavò i denti alla svelta, guardò l’ora e corse fuori, senza dire una parola, prese la bacchetta e andò verso il quadro d’uscita. “Andiamo?” chiese fingendosi stizzita, al che, il ragazzo sorrise divertito e si avviò dietro di lei.
Camminarono fianco a fianco per tutto il settimo piano, poi scesero le scale, senza dire una parola. Nemmeno James aveva idea di cosa dire, quello che era successo fra loro, poco prima, l’aveva decisamente destabilizzato. Era accaduto un fatto simile durante la punizione di Erbologia, ma quello era accaduto a causa sua, perché lui aveva preso l’iniziativa per fare lo scemo, per provocarla; mentre quello che aveva avuto inizio nella Sala Comune era tutta un’altra storia: Lily aveva preso la sua mano, aveva accettato il suo aiuto e l’aveva guardato come non aveva mai fatto durante quei sette anni, ne era sicuro e ne era sicura anche lei. Non aveva solo esplorato il suo corpo, aveva osservato oltre. L’aveva smascherato, rendendolo del tutto vulnerabile sotto il suo sguardo. Così come lui aveva fatto con lei, l’aveva resa fragile, incapace di ragionare razionalmente.
“Beh” esordì alla fine lui, per rompere quel silenzio che si stava facendo troppo rumoroso per i suoi gusti. “Devi ammetterlo, Evans: tra noi c’è una bella chimica” le diede una spallata leggera, lei scosse la testa ridendo.
“Ne sei convinto?” chiese divertita.
“Assolutamente, insomma: siamo dei fantastici partners in crime e poi, ammettilo, piano piano ti stai innamorando di me, Evans, il mio piano per farti cadere ai miei piedi di durata sette anni ancora in atto sta decisamente funzionando”*  annuì soddisfatto di se stesso.
Lily scoppiò a ridere rendendosi fin troppo udibile, tanto che alcuni quadri le intimarono di stare zitta, James la guardò contento di sortirle quell’effetto. “Non posso credere che tu l’abbia detto sul serio”
“E perché mai? E’ la verità!” allargò le braccia, per poi farle ricadere con un tonfo sulle cosce.
“Controlla là, Potter” gli fece un cenno verso destra, lui eseguì.
“Libero” annunciò poi. “E comunque ho davvero un piano di durata sette anni ancora in atto, Evans” puntualizzò tornando al discorso precedente.
Che forse sta anche funzionando” ammise Lily con un filo di voce.
“Come?” chiese James, cortese, non avendo captato le sue parole.
“Cosa?” si finse stupita lei. “Non ho detto niente” scosse la testa e riprese a camminare.
Passarono l’altra ora ridendo, mentre lui le circondava le spalle e lei si allontanava, divertita, James fece il pagliaccio ogni cinque minuti, facendola ridere, rischiando di far svegliare ogni persona in quella scuola finché non arrivò la mezzanotte.
Lily camminò ancora al fianco del ragazzo per un po’, poi lo superò velocemente e gli si piazzò davanti.
“Sai, Evans, se vuoi baciarmi non mi tiro indietro, solo che mi aspettavo qualcosa di più romantico da parte tua” scherzò beccandosi un’occhiataccia e un pugno sul braccio.
“E’ mezzanotte” gli indicò l’orologio da polso che portava.
“Wow, quindi? Hai sonno? Ti devo portare in braccio? Devo…?”
“Devi dirmi cosa è successo ieri” lo interruppe.
Il respiro di James si fermò per qualche attimo. “Ah”
“Bi” lo prese in giro lei. “Allora?” incrociò le braccia al petto, in attesa.
James si sfregò la nuca nuda con una mano, sospirando. “Dobbiamo proprio farlo?” la sua bocca si piegò in una smorfia dubbiosa. Lily gli si avvicinò, gli allentò la cravatta e sbottonò appena la camicia, facendolo sussultare e deglutire. Lily roteò gli occhi e allargò la camicia del ragazzo, per vedere che le botte sulle sue clavicole erano ancora ben presenti. “Sì, dobbiamo” constatò poi indicandogliele.
“Senti, Evans…”
“No, senti tu, Potter: voglio sapere se rischi la vita” il suo tono si era fatto nervoso, leggermente arrabbiato, esigeva delle risposte.
“E perché mai?”
“Qua sono io che faccio domande” evitò di rispondere, visto che il perché non lo sapeva nemmeno lei, le importava e basta.
“Come siamo prepotenti, Evans, chi sei? Un ispettore babbano?” ridacchiò.
“James” lo richiamò, lui di fece subito serio in volto e puntò gli occhi nei suoi. “Dimmi che succede”
“Okay” acconsentì alla fine. “Andiamo fuori” la prese per mano e la condusse nel giardino della scuola, sotto lo sguardo confuso di lei, per poi inoltrarsi nella Foresta.
“Ma sei matto?” si separò da lui con uno scatto repentino, spaventata.
“Fidati di me, Evans. Aspetta qua, arrivo subito” si inoltrò tra gli alberi, mentre lei lo guardava preoccupata.
“Potter! Cosa stai facendo? Se è uno stupido scherzo non è…” si interruppe, quando un possente cervo andò verso di lei, facendola sussultare. Compì qualche passo indietro e lui in avanti, andandole incontro. “James…?” domandò dubbiosa, l’animale le si avvicinò e sfregò la sua testa contro il braccio di lei. “Come…? Cosa…?” Lily era senza parole, guardava l’animale senza sapere bene come comportarsi, era destabilizzata. “Oddio” fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare iniziando ad accarezzarlo, comunque non capendo in quale modo tutto ciò che le stava mostrando fosse correlato alla sera precedente. Scosse la testa, sorridente. “Ma dove hai imparato?” chiese, seppur sapendo che nessuno potesse risponderle.
James era un Animagus? Ma dove aveva imparato? Non era un lavoro così facile: ci voleva costanza e tanta voglia. Lo accarezzava, senza rendersi conto che fosse davvero James, non riusciva a capacitarsene. Si allontanò e lo guardò con una certa distanza, lo studiò: era possente, forte, grande. Gli occhi nocciola che risaltavano nel buio. Illuminato dalla luna era ancora più bello. Gli girò attorno, non sapeva bene perché, ma voleva scoprire come fosse James in una forma diversa; si fermò al suo fianco e posò una mano sul suo dorso, l’animale girò la testa per guardarla e Lily fu sicura di poterlo vedere sorridere. Le fece cenno di salire su di lui.
“Ma sei matto?” fece lei con faccia sconvolta. “Non se ne parla, Ramoso” ora capiva il perché di quel soprannome: le corna di James sembravano rami di un albero.
Il cervo insistette e lei non poté rifiutare, controvoglia si sedette sulla sua schiena, nemmeno il tempo di aggrapparsi al suo collo, che lui partì a tutta velocità, facendola spaventare –e facendole perdere appena l’equilibrio-; Lily tenne gli occhi chiusi per una durata di tempo che le sembrò infinta, finché non si decise ad aprirli e ad emergere con la testa dal pelo raso dell’animale, nel quale si era quasi immersa, terrorizzata e quando sollevò il volto vide tutto sfrecciare veloce davanti a lei, al suo fianco, le stelle si confondevano fra di loro e la luna ormai sottile li guardava dall’alto, facendo luce sul loro cammino; i capelli si scompigliavano andando anche sul viso e il respiro del cervo era diventato più pesante. Lily rise. E poi urlò contenta, urlò all’aria, urlò al nulla; sollevò le braccia in alto e lasciò che il vento la colpisse in pieno petto, facendola sentire un po’ più viva, non necessitava più di star attaccata a James, si fidava di lui, sapeva che non le avrebbe mai e poi mai fatto del male, sapeva che sarebbe stato attento.
Corse per ancora qualche minuto e poi si fermò, facendola scendere e allontanandosi: quasi non si era accorta che il ragazzo era tornato al punto dal quale erano partiti.
A Lily girava appena la testa, mise una mano sulla fronte e si appoggiò ad un tronco di quercia, con il sorriso sulle labbra.
Dei passi si fecero più vicini, spalancò gli occhi: la figura di James, rivestita, la guardava con un sorriso dolce sulle labbra e si avvicinava con le mani in tasca. Lei sorrise scoprendo i denti e gli corse incontro, per poi abbracciarlo. Il ragazzo non esitò e la strinse a sé, immergendosi nei suoi capelli, sentendo il suo delicato profumo; mentre lei sentiva il cuore batterle più veloce e il profumo di James, che si faceva sempre più forte. Si separarono dopo qualche minuto, mentre lui non avrebbe mai voluto che accadesse.
Lily lo guardò. “Non…” deglutì. La sua vicinanza la faceva sentire così fragile, così piccola. “…non ho ancora capito cosa questo c’entri con Remus”
James inarcò un sopracciglio. “Pensavo che il fantastico abbraccio che mi hai appena dato fosse proprio perché avessi capito”
Lo guardò confusa e scosse la testa. “No, non è per quello” constatò dopo qualche attimo.
Il ragazzo restò spiazzato per qualche attimo. “E allora perché…?” indicò prima se stesso e poi lei, senza capire.
“Perché…” Perché? Lily non lo sapeva. Aveva semplicemente sentito il bisogno di abbracciarlo, aveva voluto sentire il suo corpo a contatto con quello di lui, desiderava solo credere, per un momento, che loro due fossero una cosa sola, che fossero compatibili, rendersi conto che, probabilmente, non aveva nemmeno mai abbracciato James. E in quel momento sapeva, sapeva che se non l’avesse fatto si sarebbe sentita male. Ne aveva avuto bisogno anche fisico. Inspiegabilmente, ma ne aveva avuto bisogno. “Perché il tuo essere cervo dovrebbe avere a che fare con Remus?” sviò la domanda e ne fece un’altra.
Lui scosse la testa, piano e si passò una mano sulla nuca. “Evans io… Io e gli altri, quando c’è la luna piena ci trasformiamo in animali e andiamo a fare compagnia a Remus” disse, alla fine, tutto d’un fiato.
Lei fece un passo indietro. “Cosa?” sperò di non aver capito bene.
“Noi non vogliamo lasciarlo da solo, Evans: sta male, così si contiene di più, così sta meglio” allargò le braccia e lei scosse la testa con velocità. “Lily…” le si avvicinò e lei si fece lontana.
“No!” quasi urlò e lui si spaventò per quella reazione, non riusciva a capire.
“Cosa c’è? Cosa facciamo di male?” chiese disorientato.
“Metti a rischio la tua vita, ecco cosa fai di male!” gli puntò un dito contro. “Non voglio che tu ti faccia male!”
“Aiuto un mio amico!” alzò la voce anche lui. “Perché non dovrei farlo?”
“Oh, fammici pensare!” esordì lei, fingendosi in cerca di opzioni. “Forse perché lui è imprevedibile durante quelle notti? Forse perché infrangi la legge –perché la infrangi, giusto? Non sei registrato, immagino-? Forse perché se ti beccano ti spediscono chissà dove?” aveva parlato con una foga tale che James arretrò scuotendo la testa.
“Lo faccio per far star meglio Remus: lui non mi farebbe mai del male, ci conosce, sa chi siamo, lui si rende conto, una piccola parte del lupo mannaro che diventa in quelle orribili notti sa che noi siamo i suoi amici”
“Smettila!” gridò. “Queste sono frottole che ti racconti solo per non aver paura! Lo sai che lui potrebbe farti del male, lo sai che potresti finire in qualche casino! Eppure continui, come hai sempre fatto, vai avanti a perseverare nella ribellione, perché tu sei così, no?” una risata amara. “Tu se non infrangi le regole non sei contento, giusto? E’ sempre così con te! Hai avuto un passato da bulletto, ti sei preso gioco di quello che era un mio amico, hai fatto un sacco di Malandrinate con i tuoi amici e ora questo” James la guardava, quasi sconvolto. “Questo che è molto più grave, infrangi la legge! Metti a rischio la tua vita!”
“A te che importa?” la sua voce sovrastò quella della ragazza. “Non te ne è mai fregato niente di me!”
“Non dire scemenze, James!” camminò verso di lui, annullando la distanza tra di loro. “E’ perché l’idea di perderti mi fa andare fuori di testa che non voglio tu faccia quello che fai credendoti tanto un eroe!” l’aveva urlato a due centimetri dal suo volto e James restò paralizzato, così come Lily, che non credeva di aver davvero potuto dire quelle parole ad alta voce. Fece qualche passo indietro, la bocca semiaperta, gli occhi spalancati.
Silenzio.
Se prima l’atmosfera tra loro era calda, dopo quelle ultime parole era calato il gelo più totale.
Lily si voltò con uno scatto ed iniziò a correre, le lacrime che le rigavano le guance.
James avrebbe voluto fermarla, ma non ebbe la forza di fare nemmeno un passo. 


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flowers's hall.
sinceramente? non so se ci sarà ancora qualcuno a leggere la mia storia, visto il ritardo con cui la pubblico, ma se ci sei, lettore di vecchia data: mi dispiace. non sai quanto mi dispiace. non ci sono scuse: semplicemente ho avuto dei mesi intensi e la voglia di scrivere non c'era quasi mai, era come se questa storia mi avesse abbandonata. poi sono tronata a rileggere alcuni capitoli e l'amore è tornarto. e spero possa tornare anche te, piccolo lettore. 
mi nascondo e me ne vado, vergognandomi del ritardo vergognoso con cui pubblico questo capitolo.
un abbraccio ed un bacio sul naso,
rose.


* ho fatto un piccolo accenno a teen wolf ed alla stydia.

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Capitolo 9
*** Sirius. ***


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Love is weakness.










Non erano molte le cose che Sirius Black amava: i suoi amici, il cibo, la sua chitarra, il suo anello, esplorare il corpo di una ragazza mentre facevano l'amore e dormire. Per questi motivi, restò abbastanza seccato non appena un tonfo lo svegliò in piena notte.
Lumus” sussurrò ancora scombussolato dal sonno. Mosse la bacchetta per la stanza, finché non vide James Potter che tentava di rialzarsi da terra. Sbadigliò. “Ramoso, che cazzo fai?” disse a bassa voce con tono leggermente alterato cercando di non svegliare gli altri. “Saranno le cinque del mattino” esclamò acido; James si rialzò a fatica e non appena incrociò il suo sguardo sospirò e scosse la testa.
“Ho fatto un casino” ammise, passandosi una mano fra i capelli.
Sirius al sentire quelle parole si mise seduto, sull'attenti. “Per Merlino” soffiò fuori e si passò una mano sul viso, come se questo potesse aiutarlo a riprendersi dal sonno. “Che hai combinato?”
James si sedette accanto a lui sul letto e questa volta portò tutte e due le mani tra i capelli, appoggiando i gomiti alle ginocchia. “Se te lo dico non devi farmi del male”
Sirius iniziò a preoccuparsi. “Okay”
“Sono serio, Felpato: niente fratture, niente schianti, niente pugni, niente di niente” la sua voce era roca e bassa.
“Va bene” si schiarì un attimo la gola.
“Giuralo”
“Sì, va bene, lo giuro”
“Sirius... promettilo”
“James, che cazzo hai fatto?” tagliò corto studiando l'amico nella penombra, aveva una faccia sconvolta e teneva gli occhi chiusi.
L'altro biascicò qualcosa, che Sirius non riuscì a cogliere. “Come?” chiese, incitandolo a ripetere.
James prese un respiro profondo. “Ho detto a Lily che siamo degli Animagus” confessò in fretta.
Ci fu un attimo di silenzio, Sirius trattenne il respiro. “Come?” ripeté, ma questa volta il tono si era fatto duro e secco.
“Scusa, Sirius, è successo tutto senza che io me ne rendessi conto e in un attimo mi sono trovato trasformato in un fottuto cervo davanti a lei”
Lui non parlò per un minuto buono, prendendo respiri profondi e cercando di calmarsi, fallendo miseramente: fu così che urlò. “Che cazzo hai in testa?!” l'effetto che ottenne fu quello di svegliare tutti i ragazzi nella stanza.
“Che succede?” mugolò Peter insieme a Frank, raggomitolandosi nelle coperte. “Perché urlate a quest'ora?” chiese il primo.
“Perché James è un coglione!” esclamò ancora ad alta voce.
“Non è una novità, non credo ci sia bisogno di gridarlo a tutti” disse in uno sbadiglio Remus Lupin, finalmente rilassato dopo settimane di stress.
“L'ha combinata grossa questa volta” Sirius guardò James con arroganza e l'altro sostenne lo sguardo, i suoi occhi chiedevano scusa.
“Sirius mi dispiace, io...”
“Non ti rendi conto del casino che hai fatto? Delle conseguenze che questa cosa può avere?”
“Possiamo parlarne a colazione?” domandò Remus, provando a calmare le acque. “Credo sia la cosa migliore” lanciò occhiate sia a Sirius che a James, che continuavano a guardarsi tra loro, non prestandogli attenzione.
“Sì, forse è meglio” si decise Sirius, pronunciando le parole tra i denti.
James non disse nulla e uscì dalla stanza, avviandosi probabilmente in Sala Comune.
“Si può sapere che ha fatto?” chiese Remus a Sirius, vedendolo turbato.
Sirius scosse la testa. “Pensa a riposare ancora quel che puoi, è meglio discuterne anche con Peter quando saremo tutti in grado di ragionare lucidamente”
Remus lo guardò per qualche secondo, accertandosi che fosse sicuro di quel che stava dicendo e, alla fine, scuotendo la testa, si sdraiò nuovamente. “Io mi arrendo” concluse, alla fine, con tono drastico.
Sirius fissò il soffitto per diverso tempo, pensando.
E, per quanto avrebbe voluto essere arrabbiato con James, non ci riuscì. L'unica cosa su cui continuava a soffermarsi era solo una: era questo l'effetto che faceva essere innamorati di qualcuno?
Era questo che significava amare, ma amare davvero, amare come James amava Lily? Amare come Remus amava Amelia?
Era stato circondato da persone che perdevano la testa per qualcuno da diversi mesi ormai, ma mai si sarebbe aspettato che quelli sarebbero stati gli effetti: Amelia era stata malissimo per troppo tempo e James aveva tradito i suoi amici per Lily. Se essere innamorati significava questo, Sirius decise che non si sarebbe mai innamorato; ma non appena lo pensò gli venne in mente l'immagine di un sorriso perfetto, due occhi azzurri profondi e capelli neri come la pece. No, non poteva essere innamorato di Nina Clarks, provava una forte attrazione per lei e ne era consapevole; ma qualcosa di più era impossibile, lo vietava a se stesso. Con un sospiro uscì dalle coperte e si passò una mano fra i capelli lunghi: no, non avrebbe mai perso la testa per nessuno. Sirius Black era un uomo tutto d'un pezzo e aveva già sofferto abbastanza nella sua vita senza bisogno di star male di nuovo per una ragazza, perché l'amore portava anche a quello, l'aveva sperimentato con Amelia prima che si mettesse con Remus e lo vedeva ogni giorno con James.
Bastava non provare niente per Nina e sarebbe andato tutto bene. Ne era sicuro.

 


***



Quando i Malandrini si trovarono seduti al tavolo in Sala Grande, tutti gli occhi erano puntati su James, che, al contrario degli altri, teneva i suoi bassi, fissi sul suo Succo di Zucca.
“Quindi?” cercò di incoraggiarlo Remus. “Puoi dirci che è successo?”
James non rispose subito e aspettò qualche secondo.
“Dai, Ramoso, diglielo” lo spronò Sirius con tono di sfida.
“Non essere aggressivo, Sirius” lo rimbeccò subito Peter con l'appoggio di Remus. “Su, James, dicci che è successo, non ci arrabbieremo”.
James, come aveva fatto con il suo migliore amico, prese un grande respiro e poi, non guardandoli in faccia, ammise la sua colpa. “Ho detto a Lily che siamo Animagus”
Ci fu un secondo di silenzio. “Cosa?!” urlarono all'unisono Remus e Peter, Sirius ridacchiò ed addentò un pezzo di torta.
I due stavano per fare altre domande, ma furono interrotti dall'arrivo delle ragazze. Amelia si sedette vicino a Remus e gli schioccò un bacio sulle labbra, mentre Lily si sedette lontana dai ragazzi, abbastanza scombussolata.
“Che aria da funerale” affermò con un sorriso cercando di smorzare la situazione Amelia, nello sporgersi per dare un bacio sulla guancia a Sirius. “Successo qualcosa?”
“Sì” rispose a mezza voce James.
“No” lo corresse subito Remus lanciandogli un'occhiataccia. “No, non è successo niente” e le sorrise dolcemente. “Giusto, Sirius?” odiava mentire ad Amelia, ma quel caso era molto grave, i ragazzi sarebbero potuti finire sotto processo se troppa gente fosse venuta a saperlo. Nemmeno Sirius aveva mai detto nulla ad Amelia, l'aveva sempre protetta da quel segreto e aveva intenzione di continuare a farlo, non voleva esporla a nessun tipo di pericolo. “Certo, non è successo nulla, bambolina” la rassicurò sorridente, mentre Lily guardava la scena pietrificata. Avevano saputo che lei era venuta a conoscenza di quello che erano, delle illegalità che commettevano, altrimenti non ci sarebbe stato un clima simile. Avrebbe voluto parlare con James, ma si trattenne. Confortarlo e dirgli che sicuramente non avrebbe detto niente a nessuno, sapeva di aver reagito con grande enfasi la sera prima, ma era solo preoccupata; eppure, non se la sentiva di parlarne con lui, non in quel momento. Per questo motivo, non appena tutti finirono la colazione e si avviarono a lezione, mentre Amelia e Remus si tenevano per mano parlando e ridendo fra loro e Peter tentava di consolare James, Lily prese Sirius da parte.
Il ragazzo sussultò appena. “Evans, che succede?” fece sospettoso.
“Volevo dirti che non ho intenzione di dire niente a nessuno” si spostò una ciocca di capelli dal viso. “Non voglio dir niente a nessuno di quello che James mi ha confessato, nemmeno ad Amy” affermò.
“Grazie” rispose soltanto lui, dopo qualche attimo di silenzio. “Evans, non doveva dirtelo, lo sai anche tu, vero?” chiese poi.
“Sì, è una cosa grossa” annuì lei. “E voi siete dei senza cervello” lo guardò dura. “Come pensate che sia la scelta giusta?” sibilò avvicinandosi a lui. “Come vi passa anche lontanamente nell'anticamera del cervello che possa essere una cosa buona da fare? Siete scemi?” il suo tono sembrava sincero e puro, voleva davvero delle risposte.
“Lo facciamo per Remus” disse soltanto.
“Ma lui non si controlla!” ribatté ovvia. “Non sa chi siete, non sa niente durante quelle notti, come osate mettere a rischio la vostra vita, come?”
“Ormai ha imparato che ogni luna piena siamo con lui, sa che non deve farci male” le spiegò pacato.
“No, è pericoloso” Lily non faceva altro che chiedersi, dalla sera prima, come quei ragazzi potessero pensare che fosse una bella idea: Remus era un lupo mannaro, non un cucciolo di coniglio; era rischioso e imprevedibile, non era se stesso quando diventava quel mostro. Lily non pensava assolutamente che lui si meritasse quello che gli era accaduto da piccolo, Remus era la persona più dolce che Lily conoscesse e vederlo soffrire ogni volta le faceva male al cuore, ma le faceva male anche sapere che i suoi amici -che James- rischiava la sua vita ogni luna piena. Doveva ammettere che ci fosse un lato nobile molto rilevante nel gesto eclatante che compivano, ma c'era anche un pericolo molto alto. Un pericolo che Lily non sopportava, ora che lo conosceva; un pericolo che metteva James in una posizione scomoda. Senza contare che se fosse successo qualcosa ai ragazzi per colpa di Remus, quest'ultimo non se lo sarebbe mai perdonato; per non parlare del fatto che se le autorità fossero venute a scoprirlo, loro si sarebbe trovati in guai grossi e questa era l'ultima cosa che Lily desiderava per quei ragazzi.
“Sì, lo sappiamo bene, ma non possiamo lasciarlo da solo, Evans”
“Mettete a rischio la vostra vita, lo sai benissimo”
“Non è più come anni fa, lui ora ci conosce”
“Anni fa?!” domandò incredula, smorzando la voce. “Mi stai dicendo che questa cosa va avanti da anni?” era quasi sconvolta.
Sirius si passò una mano sula nuca. “Ehm... Sì?”
Lily trattenne un urlo di esasperazione. “Ho bisogno di una pausa” concluse alla fine. “Di una pausa bella lunga” continuò. “Ma io e te non abbiamo finito, Sirius” ci tenne a precisare minacciosa.
Lui alzò le mani a mo' di resa. “Agli ordini, capitano”
Lily fece una smorfia tra il divertito e la disperazione e si avviò a lezione, lasciandolo indietro.
Sirius, ormai rimasto solo, tirò un sospiro di sollievo e seguì la compagnia da lontano: vide Amelia finalmente felice con Remus e il cuore gli si strinse di gioia e quell'immagine gli strappò un sorriso, vide James sconsolato e un moto di nervosismo gli salì nel petto, ma insieme ad esso, si fece spazio anche la comprensione; forse non avrebbe dovuto trattarlo come aveva fatto qualche ora prima, forse avrebbe dovuto provare a capirlo; poi guardò Lily, camminava a testa bassa, immersa nei suoi pensieri, con due libri pensati fra le braccia e la bacchetta nei capelli. Capiva perché James ne fosse innamorato: insomma, era una ragazza stupefacente, era intelligente, sveglia, ironica, simpatica ed anche -Sirius doveva ammetterlo- molto bella; avrebbe voluto lei provasse lo stesso che provava il suo migliore amico, si sarebbero risolti un sacco di problemi.
Era ormai quasi arrivato a lezione quando vide qualcuno nascosto dietro una colonna, non sapeva se avvicinarsi o meno, ma alla fine, decise di farlo. Camminò piano verso la figura, fino a rendersi conto di chi fosse: era Nina, con il fiato corto e gli occhi chiusi; Sirius la guardò con sincera preoccupazione e si avviò verso di lei senza esitare.
“Nina?” la chiamò, lei non rispose, continuava a respirare affannosamente non aprendo gli occhi. “Nina!” le prese le spalle e la scosse appena, lei si riprese e puntò il suo sguardo su Sirius improvvisamente, facendolo quasi sussultare. “Stai bene?” le chiese, lei scosse appena la testa.
“Sirius” sussurrò. “Ti prego portami fuori da qui” gli chiese a mezza voce, sembrava lo stesse pregando. Lui non si fece ripetere due volte la richiesta e la accompagnò in giardino, a passi lenti. Dopo averla fatta sedere per terra appoggiata a un albero tirò fuori lo specchietto che portava sempre con sé e chiamò James; ci volle almeno un minuto, ma alla fine giunse risposta dall'altra parte.
“Felpato!” sussurrò James, era evidente che cercava di non farsi vedere dalla McGrannitt. “Dove sei?” domandò a bassa voce.
“Sono fuori, Nina non...” parlava anche lui con un tono basso. “Non sta tanto bene, sono con lei” spiegò.
“Cos'ha? Portala in infermeria, per Merlino!” e poi Sirius sentì una voce lontana. “Potter? Sta parlando con qualcuno per caso?”, la professoressa. “No, non ho detto una parola” la pronta rassicurazione di James e attraverso lo specchio vide un sorrisetto spavaldo. Non appena la McGrannitt si allontanò, James riprese. “Si stanno chiedendo tutti dove sei: cosa dico?”
“Che non avevo voglia di far lezione” buttò lì, lui. “Ora devo andare”
“Aspetta” lo fermò James, parlava così a bassa voce che per Sirius era quasi difficile sentirlo. “Senti mi... Mi dispiace, per il casino che ho combinato”
“Ne parliamo dopo, Ramoso” Sirius gli sorrise appena e questo bastò per far tranquillizzare James. “Ora devo proprio scappare, Nina ha qualcosa di grave, non dir niente agli altri. Ci aggiorniamo più tardi” e mise via lo specchietto senza aspettare risposta.
Quando si voltò, Nina stava tentando di alzarsi, lui corse da lei e la fermò subito. “Clarks, stai buona e respira con me” disse soltanto facendola risedere e cercò di calmarla, facendola respirare regolarmente sotto la sua guida. Quando Nina gli sembrò un po' più stabile, gli occhi gli si riempirono di sollievo e si sedette accanto a lei, si passò una mano sulla barba in ansia e le chiese cosa ci fosse che non andava.
“Non lo so” rispose lei sincera. “Non ne ho idea, io...” si interruppe per un attimo. “Ho fatto un brutto sogno, questa notte e poi mi sono trovata in corridoio senza rendermi conto di esserci arrivata e credo di essere andata in panico” la sua voce era rotta e fragile, gli occhi lucidi.
“Vuoi andare in Infermeria?” lei scosse la testa. “Va bene. Va tutto bene” le accarezzò i capelli e lei appoggiò la testa alla sua spalla, cercando di rilassarsi.
Restarono così per qualche minuto, in silenzio, ad ascoltare ognuno il respiro dell'altra, a non dirsi una parola.
Bastava quello.
Bastava stare insieme a lei, senza dire una parola, per sentire comunque tutto: ogni sensazione, ogni odore, ogni suono.
Quando era con Nina tutto era amplificato.
Non gli era mai successo con nessuna ragazza, nemmeno con Amelia.
“Mio fratello” iniziò Sirius. “Mio fratello, si chiama Regulus Black, forse l'hai conosciuto. Viene ad Hogwarts anche lui” Nina non rispose. “Beh, io lo evito, ma in qualunque caso mi risulta difficile vederlo perché siamo in Case diverse e lui è più piccolo di me, quindi non abbiamo lezioni insieme” cominciò a disegnare dei cerchi immaginari tra i capelli della ragazza. “Abbiamo avuto molti scontri, in particolare a causa della mia famiglia: sai, loro credono nella superiorità dei Purosangue” a sentire quelle parole, Nina si rizzò e lo guardò dritto negli occhi, lui non si fermò. “Ho discusso molto con i miei genitori per queste stronzate, per cose come: 'i Purosangue sono migliori di tutti gli altri'. Regulus ci crede, invece. E quando pensavo di avere il suo appoggio, lui mi ha lasciato da solo e si è schierato dalla parte dei miei genitori bigotti. Così sono andato via di casa. Sto con i Potter, adesso. Sono stati molto gentili ad accogliermi, James è un fratello per me, abbiamo un rapporto speciale, diverso da quello che ho con gli altri, non migliore, solo... diverso” ripeté con un sorriso triste. “Vivo da lui da un anno, ormai. I miei genitori mi hanno rifiutato, perché non avevo le loro stesse idee del cazzo” scosse la testa. “Credo che mia madre mi abbia addirittura bruciato dall'arazzo con l'albero genealogico che abbiamo in casa, deve averlo fatto quando ho finito le valigie e mi sono chiuso la porta alle spalle” il suo tono era amaro e risentito. “Preferisco non vederli più, che avere a che fare con loro” tirò un sasso colto da terra.
“Quindi...” Nina parlò dopo quello che sembrò un secolo. “I tuoi genitori sono seguaci di Tu-Sai-Chi?”
Sirius annuì con vergogna. “Proprio così”
“E anche tuo fratello lo è?” Nina era spaventata. Non pensava che la famiglia di Sirius potesse essere così problematica e che la vita del ragazzo potesse essere stata così complicata. Era andato via di casa a sedici anni, era stato rifiutato dai suoi genitori per degli ideali diversi e si era rifugiato dal suo migliore amico. Nina provò un moto di tenerezza per il ragazzo accanto a lui e avrebbe voluto abbracciarlo così forte da fargli mancare il fiato, avrebbe voluto sentire il suo profumo ed asciugargli le lacrime.
“Ho paura stia andando su una cattiva strada” ammise. “Sai, ricordo perfettamente quel periodo della mia vita” riprese, Nina lo ascoltava assorta. “E' stato il più brutto, se non avessi avuto i ragazzi sarei già finito” fece un leggero sorriso. “Bevevo moltissimo, trattavo male chiunque, non chiudevo occhio la notte ed ero caduto un circolo vizioso: mi alzavo, bevevo, mi incazzavo, urlavo contro qualcuno, bevevo e andavo a dormire. Non studiavo più una pagina, non mi interessava più nulla; mi sentivo completamente perso. Isolato. La mia famiglia mi aveva rifiutato ed io ero rimasto da solo. Poi James mi ha proposto di stare da lui e qualcosa è iniziato ad andare meglio, pian piano ho iniziato a parlarne anche con Amelia, che era tanto in apprensione, seppur gli altri le avessero accennato qualcosa. Mi sono ripreso solo grazie a loro, se non fosse stato per quelle teste vuote dei miei amici sarei al punto di partenza. Cercando mio fratello per i corridoi, con una forte voglia di fargli male e di fargli capire che sta sbagliando, sta sbagliando a dar ragione ai miei genitori, sta sbagliando ad affidarsi al lato oscuro. Non è la via giusta. Sta arrivando una guerra e io voglio essere schierato dalla parte corretta, vorrei che lui fosse con me” si trattenne dal piangere e concluse così il suo racconto. “Ora sai cosa ho che non va, Clarks” si voltò verso di lei, che aveva le lacrime agli occhi e sulle guance; Sirius, nel vederla così, rimase stupito. “Clarks” ripeté e le asciugò il volto con il palmo della mano.
“Che succede?” domandò curioso, non aspettandosi una reazione del genere da parte della ragazza.
“Ti ricordi quando ti ho parlato dell'uomo che vedo quando non sto bene?” chiese tra i singhiozzi e Sirius annuì. “E' mio padre” confessò, lui la guardò interrogativo. “Mio padre è stato ucciso da dei Mangiamorte, da gente come la tua famiglia, Sirius” ci fu una pausa. “Ed io ero lì”
Sirius non disse una parola, l'unica mossa che fece fu abbracciarla.
Nina continuava a piangere.


***



“Grazie” fece la ragazza arrivata davanti all'ingresso della Sala Comune, era quasi ora di pranzo, ma aveva preferito farsi accompagnare in un posto tranquillo, dopo quello che era successo la mattina e la confessione di Sirius aveva bisogno di riposo.
“Di cosa?” domandò Sirius. “Sai che per me non c'è problema, Clarks”
Lei sorrise, riconoscente. “Meglio se entro, ho bisogno di riposare”
“Sì, forse ti farebbe bene” sostenne la sua teoria Sirius.
Ma la ragazza non entrò, i due si guardarono per interminabili secondi, Nina faceva passare il suo sguardo dagli occhi alla bocca del ragazzo e Sirius teneva i suoi fissi sulle labbra di Nina, così piene e grandi; ad un certo punto non si trattenne più e la baciò con veemenza, con desiderio. Lei ricambiò, aveva atteso quel momento per tanto tempo e mentre lui passava le mani sul suo corpo, lei le passava nei suoi capelli, sul suo viso, sul suo petto.
Tra un bacio e l'altro disse la parola d'ordine ed entrò in Sala Comune con lui per poi correre accompagnata da lui in Dormitorio, iniziando a togliergli la camicia e continuando a baciarlo.
Per Sirius ogni tocco della ragazza sulla sua pelle nuda era pura elettricità, non si era mai sentito così vivo, non aveva mai baciato labbra così morbide e con così tanto desiderio, non aveva mai baciato nessuna come stava baciando Nina. Nessuna ragazza aveva mai profumato come lei ed aveva la pelle liscia come la sua mentre le toglieva la camicia e faceva passare le sue mani sul suo corpo, non lasciando nessun centimetro di pelle senza il suo tocco.
Ogni cosa che Sirius faceva, ogni movimento, ogni tocco era tutto quello che Nina aveva sempre desiderato e l'aveva scoperto solo in quel momento; sapeva di essersi innamorata di Sirius Black non appena aveva incrociato il suo sguardo e da sempre aveva negato quel sentimento, per paura di perdere quel ragazzo, per paura di come le cose sarebbero andate se fosse successo qualcosa tra di loro, ma nulla aveva più importanza ora che era lì con lui e stavano per fare l'amore. Niente era più importante in quel momento.
Nina sentì l'urgenza nei movimenti di Sirius e così lo condusse sul letto.


***



Quando Sirius si risvegliò e la prima cosa vide fu il volto di Nina, stava ancora dormendo, era sdraiata su un fianco, le coperte le accarezzavano il corpo, lasciando scoperti un braccio ed una gamba. Sirius provò una sensazione inspiegabile nel petto -che somigliava tanto all'amore- ed iniziò a sfiorare il profilo del suo corpo, con delicatezza. La luce del primo pomeriggio la illuminava, mostrando dei riflessi quasi blu sui capelli; Nina si svegliò poco dopo, trovando Sirius che le sorrideva dolcemente.
“Non pensavo fossi uno che restasse nei letti delle ragazze, Black” fece ironica e Sirius rise.
“No, in effetti non succede mai” confermò continuando a carezzarla.
“Allora devo ritenermi una ragazza speciale?” inarcò le sopracciglia.
“Molto speciale” Sirius la baciò e lei sorrise.
La avvicinò a sé e la strinse fra le sue braccia, inspirando il suo profumo.
Significava quello, essere innamorati? Voleva dire sentire un moto di felicità non appena il proprio corpo andava a contatto con quello della persona desiderata? Significava voler stare così, come erano loro, tutto il giorno? Oppure aver provato quello che aveva provato quando era stato con lei? Sirius era sicuro che sensazioni del genere non le avesse mai sentite, o se le ricorderebbe: sarebbero state difficili da scordare. L'elettricità che l'aveva attraversato ogni volta che lei gli aveva sfiorato il corpo, l'emozione che aveva sentito nello scoprirla piano piano, con calma, nel baciare il suo corpo, nel sentirla godere sotto il suo tocco.
No, non aveva mai provato nulla di simile.
E gli faceva paura.
Per quel motivo, non appena realizzò tutto, Sirius si allontanò improvvisamente da lei e disse: “Scusa, Nina. Devo andare”
Lei lo guardò confusa, mentre lui si rivestiva.
Cosa gli era saltato in mente? Non poteva stare con Nina, non poteva stare con nessuna ragazza. Si era lasciato trasportare come un idiota. Sirius si vietava di provare quelle sensazioni. L'amore era debolezza, era fragilità.
E lui non aveva nessuna intenzione di soffrire ancora o di sentirsi vulnerabile.
“Dove vai?” gli chiese Nina ancora sotto le coperte. “Che è successo?”
“Ho...” Sirius si interruppe, cercando una scusa. “Ho una sessione di studio, con Remus e sarò già in ritardo, per cui meglio se...” si mise la cintura e poi la cravatta. “Meglio se vado” concluse, prendendo la bacchetta e avviandosi verso l'uscita.
“Ehi” lo richiamò Nina, lui si voltò. “Non sparire”
Gli avevano detto quella stessa frase altre diverse ragazze e sapeva come comportarsi, così sfoderò il sorriso più rassicurante che riuscì a tirar fuori e, mentendo, disse: “Non ti preoccupare” e uscì, lasciandosi un'altra ragazza alle spalle.


***



Erano passati due giorni da quando era stato con Nina e aveva fatto di tutto per evitarla.
In realtà evitava quasi chiunque, aveva bisogno di star da solo e non pensare a niente, specialmente a quella ragazza.
Così, quando quella sera, sia James che Amelia gli andarono incontro con sguardo apprensivo, si sentì intrappolato.
“Sirius” iniziò Amy, sedendosi di fronte a lui, su una poltrona in Sala Comune. “Che succede?” il suo tono di voce era serio e in ansia.
“Niente” fece spallucce lui e tornò a leggere la Gazzetta del Profeta.
“E' per quello che ho fatto io?” chiese con tono insicuro James, sistemandosi gli occhiali.
Sirius gli lanciò un'occhiata fulminante, visto che era presente anche l'amica ignara di tutto. “Ramoso, no, non è per te”
James tirò un sospiro di sollievo. “Grazie, amico. Avevo davvero paura ti fossi incazzato in modo definitivo”
Sirius abbassò il giornale. “Potter, mi stai dando una casa. Puoi fare qualunque stronzata, ti perdonerò per tutta la vita. Sei mio fratello, testina di cazzo che non sei altro” rise e gli scompigliò i capelli, sotto gli occhi felici di James, che lo abbracciò con forza.
“Ti voglio bene, Felpato”
Amelia sorrise, felice di vedere finalmente i due amici riuniti del tutto, seppur non avessero mai litigato per davvero.
Quando Sirius realizzò che anche l'amica era presente e ovviamente non sapeva nulla si ritirò subito e disse in un borbottio: “Comunque non era successo niente”
Amelia rise. “So che è successo” disse e i due la guardarono sgranando gli occhi.
“Cosa?” chiese James, deglutendo.
“So tutto, Ramoso” calcò il soprannome del ragazzo, ridacchiando. “Dai, pensavate non me ne sarei mai accorta?”
“Accorta? Accorta di cosa?” Sirius si passò una mano fra i capelli, nervoso e finse una risata.
“La Mappa, i nomi, le notti in cui scomparite... Ora che so che Remus è un... Beh, avete capito” tagliò corto. “Non ci è voluto molto per arrivare anche al resto, siete molto coraggiosi, ragazzi; io vi ammiro” sorrise dolcemente, James si chiese perché anche Lily non avesse reagito in quel modo. “Ho chiesto solo conferma a Remus e lui mi ha detto la verità, ma non mi avrebbe mai rivelato tutto di sana pianta” aggiunse subito, per paura che il suo migliore amico potesse arrabbiarsi anche con lui. “E non sono arrabbiata con te” puntò il suo sguardo su Sirius. “Per non avermi detto niente, capisco sia un segreto importante quindi il tuo comportamento è comprensibile”
James e Sirius facevano passare lo sguardo tra loro e Amelia, increduli e, non appena elaborarono il tutto, scoppiarono a ridere all'unisono, troppo stanchi e divertiti per la situazione che si era andata a creare. Il primo pregò in cuor suo che Amelia parlasse con Lily e che riuscisse a farle cambiare idea.
Quando il fragore finì, Sirius baciò Amelia sulla fronte e James l'abbracciò, lei rise contenta di aver chiarito con loro e poi si concentrò nuovamente su suo fratello. “Tornando alle cose importanti: Sirius, puoi dirci che è successo?” si ricompose con un sorriso.
Il volto di Sirius si rabbuiò, abbassò lo sguardo e tornato alla realtà evitò di parlare. Si vergognava. Si vergognava di aver fatto soffrire Nina, si vergognava dello stronzo che era diventato, si vergognava di non voler provare nessun sentimento d'amore, di rifiutarlo, di aver trattato male una delle ragazze più preziose che avesse mai conosciuto. Avrebbe dovuto tenere la sua vergogna per sé? Non parlarne nemmeno con i suoi due migliori amici?
Guardò prima James e poi Amelia, la seconda aveva uno sguardo implorante e chiedeva spiegazioni e, Sirius, come al solito, trovò difficile resistere agli occhi della ragazza che avrebbe sempre protetto, che avrebbe sempre amato e quasi cedette; ma alla fine riuscì a trattenersi. “Va tutto bene” sfoderò un sorriso rassicurante. “C'è solo troppa roba da studiare e troppa poca voglia da parte mia” si alzò e si diresse verso l'uscita, mentre i suoi amici lo guardavano poco convinti. Conoscevano Sirius così bene da riuscire a capire quando mentiva e quella era una delle volte in cui non stava dicendo la verità.
“Sicuro?” gli domandò Amelia, dandogli una seconda possibilità.
“Sì, bambolina” rispose con nonchalanche il ragazzo. “Ora vado a fare un po' di allenamento a Quidditch, o la prossima la perdiamo, Capitano” fece un cenno a James ed uscì.
Appena lontano dai loro sguardi, mandò giù il groppo che gli si era formato in gola e si mise a correre per i corridoi, sempre più forte, finché non uscì dai portoni e giunse al campo di Quidditch.
Era una serata uggiosa e con una leggera nebbia, quindi nessuno si stava allenando.
Si diresse verso gli spogliatoi e dopo essersi cambiato, aver preso la sua scopa ed essersi librato in aria, iniziò a fare dei giri del campo, sempre più velocemente. Aveva bisogno di sfogarsi, ma nemmeno il vento gelido e tagliente sulla faccia sembrava servire a qualcosa.
Allora provò a lanciare Pluffe negli anelli, ma non riuscì a centrarne nemmeno uno e l'unica cosa che lanciò fu un grido di frustrazione.
La sola cosa a cui riusciva a pensare era il viso di Nina illuminato dalla luce proveniente dalla finestra, al suo profilo, al su odore, alle sue mani che accarezzavano il suo corpo e alla dolcezza del suo sapore. Non aveva altra immagine in mente, non riusciva a concentrarsi su altro.
Cosa aveva fatto?
Si maledì più e più volte imprecando ad alta voce, forte, di modo che potesse sentire se stesso dire le parole peggiori sul suo conto. Si odiava in quel momento. Odiava quello che aveva fatto a Nina.
Eppure era così difficile per lui lasciarsi andare all'amore, ma allo stesso tempo sapeva benissimo che sarebbe stato impossibile evitare quello che era successo con lei. Perché la verità era che Nina lo attirava come una calamita, tra loro c'era una tale attrazione fisica che Sirius non era capace di resistervi e allo stesso tempo avrebbe voluto proteggerla, avrebbe voluto starle accanto e non lasciarla mai; Nina aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei e ora che lui sapeva quello che stava passando non voleva tirarsi indietro. Eppure, l'aveva fatto. L'aveva delusa.
Si ricordò di quando l'aveva aggredito alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure e di come l'aveva provocato in Infermeria; di quando aveva visto il suo anello appeso ad una catenella pendere dal suo collo e di come subito dopo le aveva detto di tenerlo.
Era attratto da lei, ma allo stesso tempo spaventato.
Spaventato perché aveva paura di quello che provava e di non riuscire a proteggerla come avrebbe voluto fare.
I suoi pensieri furono interrotti da una voce che lo chiamava insistentemente da sotto di lui, Sirius non riuscì a identificare chi fosse subito, ma dopo qualche minuto la riconobbe.
Aspettò qualche secondo e alla fine si decise. Scese piano verso il suolo, a testa bassa e non appena poggiò i piedi per terra, uno schiaffo lo investì in pieno volto.
Quando aprì gli occhi vide il volto di Nina rigato di lacrime. “Dove cazzo sei stato?” esordì con voce dura, lui non rispose. “Sirius!” lo richiamò.
“Io...” cercò di trovare una scusa.
“Hai detto che non mi avresti mai lasciata sola quando eravamo seduti sopra questa erba di merda e poi mi hai portata a letto con te e, santo cielo, è stato bellissimo. Ti sei aperto con me, mi hai confidato cosa è successo nella tua vita e ora ti permetti di scomparire, dopo avermi detto che con te sarei sempre stata al sicuro? Si può sapere qual è il tuo cazzo di problema?!” stava urlando, si stava sfogando. E Sirius incassò con una stretta allo stomaco.
“Come sapevi che ero qui?” cambiò argomento.
Nina lo guardò non credendo alle sue orecchie. “Chissene frega?!” urlò. “Ti ho visto dalla fottuta finestra, ecco come ho saputo che eri qui!” gli diede uno spintone. “Visto che tu” un altro spintone. “Tu non ti sei fatto sentire e mi hai usata, cazzo!” piangeva così tanto che Sirius a volte faceva fatica a capire cosa stesse dicendo. “E mi hai gettata via! Dopo quello che è successo tra noi due” Sirius gettò la scopa e le prese i polsi, bloccandola.
“Lasciami andare!” non esitò a dire lei. “Lasciami andare, Sirius, lasciami!” e lui, invece, iniziò a stringerla a sé, mentre lei cercava di tirargli dei pugni al petto, per liberarsi.
Sirius la strinse così forte che quasi le mancò il fiato. Smise di protestare e continuò a piangere.
“Scusa, Nina” sussurrò. “Scusami” inspirò il profumo della ragazza, la quale era ancora rigida e continuava a tentare di divincolarsi.
“Vaffanculo” replicò lei tra le lacrime e la divisa di Sirius, a cui scappò un sorriso. Era ostinata, testarda.
E lui ne era innamorato.
E in quel momento, mentre era tra le sue braccia, si rese conto che, forse, valeva la pena rischiare per quello che provava. Ci sarebbe stata gente che avrebbe fatto carte false per essere al suo posto, con la ragazza che amava. Gente come James.
E solo ora che l'aveva stretta a sé realizzò quanto le fosse mancata, seppur fossero passati solo due giorni.
Lasciò andare appena la presa su di lei e le asciugò le lacrime. “Sono stato un coglione, Nina. Scusa. Avevo paura” mormorò e lei cercò di capire. “Avevo paura di fare del male a me, di far del male a te; sono stato egoista” continuò e lei capì. Capì perché erano così simili che sembravano l'uno lo specchio dell'altra. Capì che la sua condizione l'aveva spaventato, che la sofferenza procurata dalle persone più vicine a lui l'avevano segnato a tal punto da non riuscire a fidarsi più ciecamente di qualcuno. “Ma ho deciso che può andare tutto a farsi fottere: io voglio stare con te, voglio provarci; vedo James che fa di tutto per stare con la ragazza che ama e io farei un torto al mio migliore amico a non cogliere questa occasione” Nina non disse niente, così Sirius la baciò.
E in quel bacio c'era tutto quello che avrebbero voluto dirsi.
“Sei una testa di cazzo, Black” sussurrò lei non appena si separarono e lui rise. “E' proprio per questo che ti piaccio, Clarks”




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flowers' hall.

come tornare dopo anni facendo finta di niente? proprio così, come ho fatto ora.
mi spiace per essere scomparsa e aver lasciato questa storia incompleta
ma la mia vita aveva preso delle pieghe insapettate, purtroppo
spero ci sia ancora qualcuno a leggermi
baci sul naso

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Capitolo 10
*** Lily (parte II) ***


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L'acqua scorreva veloce sopra il suo corpo e la riscaldava, mentre lei teneva gli occhi chiusi e tentava di rilassarsi, nonostante i muscoli tesi.
Erano state settimane pesanti, piene di dubbi e timori: aveva evitato James ogni giorno, aveva parlato con Remus ed Amelia, cercando di capire quello che non riusciva, Nina si era confidata con lei della sua storia con Sirius e della sua fine improvvisa, facendole sobbalzare il cuore.
“Abbiamo tentato a stare insieme, ma è troppo complicato, siamo uguali” le aveva detto così, Nina. “Non riusciamo ad avere un rapporto stabile: io sto male, lo respingo e lui cerca di fare del suo meglio, ma è turbato, in continuazione; Sirius ha qualcosa di rotto nell'anima e io non riesco ad aggiustarlo” quando gliel'aveva confidato, aveva pianto così forte da non avere più fiato.
“Cosa significa che stai male?” Lily aveva desiderato di chiarire subito e non appena l'amica le aveva confessato tutti i suoi problemi, fu il suo turno a piangere: lacrime amare e silenziose le si riversarono sul volto, mentre guardava Nina senza capire perché non le avesse mai parlato dei suoi forti problemi psicologici.
Si erano abbracciate e non si erano dette nulla, cercando l'una di consolare l'altra, in silenzio. Lily non piangeva così tanto da fin troppo tempo.
E così si ritrovò a riflettere sotto il getto dell'acqua calda, mentre le lacrime si confondevano con le gocce provenienti dall'alto e il rumore dei singhiozzi era sovrastato dall'insistente scroscio.

 

***


L'unica cosa ancora stabile nella vita di Lily era la relazione (di cui nemmeno faceva parte) tra Remus ed Amelia: loro due erano un punto fermo e certo, in quel momento. Vedere la sua migliore amica così felice le riscaldava il cuore e vedere Remus finalmente libero dal peso che dava alla sua esistenza era confortante. Per il resto, tutto era un punto di domanda: non capiva come ristabilire un contatto con James e nemmeno comprendeva se lo volesse davvero, non sapeva come consolare Nina al meglio e non aveva idea se avrebbe dovuto intervenire nella sua relazione con Sirius.
Lily aveva capito da mesi che erano innamorati l'uno dell'altra, era così palese per lei: conosceva Sirius abbastanza da riconoscere lo sguardo che porgeva a Nina e dall'altra parte conosceva così bene Nina da capire quando i suoi sentimenti erano in subbuglio.
Com'era potuto finire tutto tra loro due? Erano così innamorati e complici: Lily li aveva visti insieme, li aveva visti scambiarsi quegli sguardi, quei baci e quei gesti d'affetto che solo chi si ama sa darsi; ma li aveva visti anche turbati, contrariati e alla fine esplodere. La loro relazione era come una bomba ad orologeria e nulla avrebbe potuto fermare lo scoppio che sarebbe avvenuto prima o poi.
Erano tutti e due maschere sicure che nascondevano la loro insicurezza e volevano perennemente prevalere l'uno sull'altra. E non importava che ci fosse passione, che ci fosse chimica, amore: la necessità di essere più dell'altro li aveva distrutti.
Nina e Sirius si erano distrutti a vicenda.
E stavano continuando a farlo pur stando lontano: erano settimane che lui portava ogni volta una ragazza diversa in Dormitorio e che lei non aveva il suo supporto, cercando di appoggiarsi a Lily il più possibile e chiedendole aiuto nei momenti di difficoltà, ma chiudendosi a riccio con chiunque altro non fosse lei.
“Ti ho portato qualcosa da mangiare” disse a Nina entrando in classe di Pozioni. L'altra le lanciò un'occhiata senza rispondere, aveva il mento appoggiato sul pugno della mano destra e lo sguardo fisso di fronte a sé.
“Grazie” rispose, in fine, solo dopo che Lily si fu seduta; prese il panino con la marmellata che l'amica le aveva lasciato affianco.
“Ho pensato avessi fame: non ti ho vista a colazione” spiegò, mentre altri studenti (tra cui James Potter) varcavano la soglia.
“Sì, sei stata molto carina, Lily” Nina sorrise appena. “Mi son svegliata molto tardi” quando ebbe finito la frase entrò Sirius.
Lui guardò Nina e James notò che i suoi occhi erano un mare grigio e vuoto da quando lei non faceva più parte della sua vita; aveva cercato di parlargli, ma la sua unica reazione era il fingere che andasse tutto bene e lo sfogarsi con altre ragazze, creando un notevole trambusto nella loro camerata. Aveva capito che Sirius era innamorato di Nina tempo fa, ma non aveva mai voluto parlarne esplicitamente perché conosceva bene il suo amico: se desiderava confidarsi, l'avrebbe fatto di sua spontanea volontà, altrimenti tentare di parlare non sarebbe servito a nulla. Più volte Amelia aveva cercato di instaurare un dialogo con lui in quelle settimane e aveva tentato di farlo ragionare, ma aveva sortito lo stesso effetto di James: “Sto bene”, “Non preoccuparti”, “Non ne sono mica innamorato”; cosa che la lasciava abbastanza delusa e leggermente triste. Vedere Sirius in quello stato la faceva soffrire molto e la rendeva meno solare del solito.
Ogni volta che Sirius posava lo sguardo su Nina sentiva una stretta al cuore; gli tornava in mente quando l'aveva baciata al campo di Quidditch, quando avevano fatto l'amore per la prima volta, quando le sorrideva e lei ricambiava, illuminando il suo mondo. Era terribilmente innamorato di Nina, lo sapeva, ma non era più un sentimento in profondità, era in superficie: lo sentiva ovunque, lo sentiva sulla sua pelle, nella sua testa, lo sentiva nelle sue mani, quando toccavano il corpo di un'altra, lo sentiva nella sua voce, lo sentiva ogni volta che una ragazza parlava e sperava che alle sue orecchie arrivasse la sua voce. Amarla in quelle settimane l'aveva fatto rinascere, l'aveva fatto diventare la sua parte migliore e solo lei era capace di renderlo così. E ora si ritrovava a cercare di soffocare tutto quello che stava provando, beveva molto di più, si infatuava e conquistava di frequente, lasciando poi le ragazze da sole e non chiedendo niente a nessuna se non del buono e sano sesso.
Gli sembrava di essere regredito all'età di sedici anni.
Si ricordò di quando le aveva confidato tutti i suoi fantasmi.
Un groppo gli salì in gola e fu molto difficile mandarlo giù. Sentì una mano sulla sua spalla. “Amico, che ne dici di parlarle?” James gli sussurrò all'orecchio con tono grave, mentre si sistemava gli occhiali.
Sirius scosse la testa. “Non devo parlare con nessuno” abbassò lo sguardo e andò a sedersi al primo banco disponibile, vicino a Peter: aveva volutamente evitato di sedersi al fianco di James per evitare domande scomode durante tutta la lezione. Quest'ultimo lanciò un'occhiata preoccupata ad Amelia, seduta tra Remus e Lily, lei gli fece un cenno sconsolato e guardò preoccupata Sirius, cercando un contatto visivo, che non arrivò. Solo lei sapeva quanto avrebbe dato per farlo star meglio. Remus con un cenno della mano invitò James a sedersi al suo fianco e lui non indugiò.
“Non sta bene, eh?” gli domandò l'amico e James scosse la testa.
“Lunastorta, sai benissimo che questo è il peggio di Sirius” rispose sussurrando per non farsi sentire da Nina. Notò che Lily aveva leggermente iniziato a prestare attenzione alla conversazione. “Non so più cosa fare, nemmeno Amy riesce a farlo star meglio” James si dimostrava seriamente scioccato. “Sembra...” puntò lo sguardo sulla sua amica e si bloccò di colpo, lei serrò le labbra in risposta.
“Sembra?” domandò Remus facendo passare lo sguardo tra la sua ragazza e il suo amico.
Amelia prese un respiro. “Sembra che se si stia comportando come facevo io quando tu stavi con Mary” concluse, puntando lo sguardo su Remus, che non rispose e abbassò il suo a terra.
“Capisco” disse solamente, stringendo la mano ad Amelia e facendola sorridere con dolcezza nella sua direzione.
“Forse proprio per questo puoi riuscire ad abbattere il muro che ha creato” la voce di Lily entrò in modo limpido nella conversazione, seppur stesse usando un tono molto basso. “Sai come si sente, forse puoi aiutarlo”
“Ci ho provato, Lily... L'unica persona che può farlo star meglio non sono io” guardò Nina, che si stava ripassando mangiando. “È la stessa situazione che stavo vivendo io, per quanto io e Sirius ci vogliamo bene, non riusciamo a colmare un vuoto così grande. Posso essergli da sostegno, ma non posso sostituire la ragazza che ama, come lui non poteva sostituire John” il suo tono era arrendevole e Remus le cinse le spalle, cercando di consolarla.
“Tu non riesci a parlarci?” domandò Lily, ma nessuno comprese a chi si stesse rivolgendo, perché tenne lo sguardo basso; nessuno, tranne James, che la guardò e rispose: “Ci ho provato, credo che l'unica soluzione sia quella di tirargli un pugno in faccia”
Lily fece spallucce. “Se può aiutare” e volse lo sguardo verso Nina, tornando a dedicarle attenzione. James continuò a guardarla e si divise in due: la parte che si pentiva di averle rivelato tutto perché l'aveva persa e la parte che non rimpiangeva niente, perché lui era quel che era e se voleva che Lily fosse innamorata di lui, allora lei avrebbe dovuto accettare ogni sfumatura del suo carattere. Era così difficile cercare di consolare un amico, quando anche lui aveva bisogno d'aiuto per uscire da quella situazione. Sospirò appena e fece passare la lezione tra domande senza risposta e pensieri troppo prepotenti per essere ignorati. Gli mancava Lily e continuava a chiedersi se anche lui mancasse a lei.
Non guardarmi, James, ti prego, continuava a supplicarlo mentalmente Lily, non guardarmi, che se poi mi guardi cadono tutti gli scudi che ho creato per tenerti lontano, ti scongiuro, lasciami andare.
La sua vita senza James era diventata più monotona, rideva di meno e, seppur fosse impegnata con Nina e con lo studio, le sembrava tutto più noioso; ma non se la sentiva ancora di cercare di ristabilire un contatto. Non approvava il suo atteggiamento e il rischio a cui si esponeva ogni volta.
Non lo approvava perché l'idea di perderlo la faceva andare fuori di testa.
Era così con James: quando l'aveva intorno non lo voleva, ma quando non c'era ne sentiva così tanto la mancanza da star male. E in quest'ultimo anno aveva iniziato a volergli bene anche quando la importunava, anche quando le faceva i dispetti, anche quando la faceva piangere, come quella sera.
Aveva imparato ad amarlo.
Ma non l'avrebbe mai ammesso a se stessa.

 

***


Mentre Amelia si tirava su i capelli, che essendo corti lasciavano diversi ciuffi caderle sul viso, e ripeteva la lezione di Antiche Rune, Lily cercava di praticare incantesimi di Trasfigurazione sul suo cuscino fallendo miseramente.
Al decimo tentativo senza risultato, concentrò il suo sguardo sul giglio bianco galleggiante sull'acqua in un piccolo bicchiere tondo sul suo comodino.
“Che hai, Rossa?” le domandò Amelia spezzando il silenzio.
“Niente” l'altra evitò accuratamente di guardarla.
Ci fu una pausa di qualche secondo. “Ti manca Mary?” le domandò senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Amelia sapeva quanto le due erano unite e una parte di lei non era mai riuscita a non sentirsi in colpa per il distacco avvenuto tra di loro.
“Non è quello” rispose Lily con un soffio; Mary le mancava, questo era vero, ma le mancava la vecchia Mary, quella che aveva visto negli ultimi mesi non era altro che un'arpia travestita da lei; la Mary che conosceva, la sua amica, non si sarebbe mai comportata in modo così egoista e crudele.
Amelia, dopo quella risposta, cacciò involontariamente un respiro di sollievo. “Allora che succede?” si alzò dal suo letto per sdraiarsi accanto alla sua amica. “Cosa ti tormenta tanto?” erano una accanto all'altra, Lily fissava il soffitto, Amelia fissava Lily.
“Mi manca qualcuno, ma non è Mary” ammise con voce flebile e mordendosi un labbro, come per punizione anche solo per averlo detto.
“Okay, chi?”
Lily non rispose.
“Lils?” insistette l'altra, dandole un leggero strattone.
“Non riesco a dirlo, Amy” si portò le braccia sopra la testa. “Ogni volta che provo a dirlo a me stessa mi mordo la lingua. Non ne sono capace, non so come si faccia a dire queste cose”
Amelia la guardò confusa. “Ti manca James?” inarcò le sopracciglia, Lily si paralizzò.
“Come?” domandò facendo finta di niente.
“Oh, per Merlino!” esclamò Amelia mettendosi in posizione eretta. “Santo cielo, Lily!” si portò le mani alla bocca.
Lei non replicò e continuò a rimanere immobile, stupendosi di come Amelia potesse capirla con un solo sguardo e volendole, stranamente, più bene di quanto gliene avesse mai voluto. Perché bastava che si guardassero, per capirsi.
“Davvero ti manca, Lils? Perché non glielo dici?”
Lily non rispose e si portò tutte e due le braccia sul viso, coprendolo per la vergogna, le sue guance si erano fatte rosse e Amelia sorrideva come aveva fatto poche volte nella sua vita. “Sapevo che sareste finiti insieme, l'ho sempre saputo!”
“Smettila!” Lily le lanciò un cuscino addosso sempre nascondendosi e poi le voltò le spalle, mettendosi su un fianco.
Amelia non parlò per qualche secondo, poi si accovacciò su di lei, vedendo i suoi occhi persi e spaventati: conosceva quella sensazione, sapeva cosa significasse sentire la mancanza di qualcuno e non avere il coraggio di dirlo.
“Senti, sorellina mia” cominciò accarezzandole i capelli. “So cosa stai provando, sono passata attraverso questa fase anche io, con John” sussurrava e Lily l'ascoltava senza dire una parola. “So quello che senti dentro quando ti manca qualcuno, ma non vuoi dirlo, non vuoi ammetterlo. A me Remus era mancato più di ogni altra cosa al mondo e ho fatto di tutto per dimenticarlo: ho sprecato mesi, anzi, no” iniziò a ridere malinconicamente di se stessa. “Ho sprecato anni, Lils. Ho sprecato anni aspettando qualcosa che sarebbe arrivato prima se solo avessi parlato con lui” fece una pausa. “Ti prego, non fare il mio stesso errore. Tu e James siete fatti per stare insieme, lo sai anche tu e lo sa anche lui. Lily, lui ti ama. Perché non vuoi capirlo? Perché ti ostini a voler combattere contro questo sentimento?”
Lily sospirò forte e si alzò, Amelia la seguì nei movimenti ed incontrò il suo sguardo. “Lily...” sussurrò. “Vuoi parlarmi?”
Lily era tremendamente combattuta e dentro di lei era in atto una battaglia: aveva sempre odiato James Potter, cos'era cambiato, in quegli anni?
Era forse il fatto che lui si comportasse in modo molto più gentile? Era forse il fatto che avesse chiesto scusa per come aveva trattato Severus gli anni precedenti? Era forse il suo modo di fare quando le era attorno, o era il modo in cui la guardava, o il modo in cui le sorrideva? Era il fatto che lei avesse iniziato a volergli bene davvero?
Si ricordò di come aveva reagito quando le aveva confessato di essere un Animagus, della preoccupazione che aveva provato, della paura di perderlo. E le emozioni vissute quella notte le aveva provate in modo amplificato, era tutto più grande di lei e non era in grado di gestirlo, fatto che la faceva andare in subbuglio perché era sempre riuscita ad avere tutto sotto controllo nella sua vita, eppure, l'unica cosa che non riusciva a controllare era proprio una persona: James Potter. Non riusciva a controllare lui, come non riusciva a controllare i moti d'animo nei suoi confronti. Certe volte avrebbe voluto dargli uno schiaffo in faccia, altre volte avrebbe voluto... No, non riusciva nemmeno a pensare cosa avrebbe voluto altre volte.
Eppure, non riusciva a perdonarlo: non era capace di accettare che lui ogni mese si trovasse in un simile pericolo.
“Non riesco a perdonarlo, Amy” si passò una mano fra i capelli. “Non ci riesco, è più forte di me”
“Perché?” domandò semplicemente l'altra, con dolcezza.
“Perché...” Lily sospirò. “Perché non riesco a pensare di perderlo” il suo tono era flebile e fragile mentre pronunciava quelle parole ed Amelia, mossa da un forte affetto, l'abbracciò.
“Stai parlando con una ragazza che ha per fidanzato un lupo mannaro, sai?”
Lily in risposta rise e la strinse a sé ancora più forte. “Lily, so che non è facile, ma cosa senti sia necessario fare adesso, tu? Cosa senti sia meglio per te?”
E all'altra venne solo un pensiero in mente.
Solo uno e basta.

 

***


“Penso che dovremmo cercare di aiutare davvero Nina e Sirius, questa volta” sentenziò Lily Evans sedendosi sull'erba accanto a James Potter in giardino, verso le cinque del pomeriggio.
Il ragazzo la guardò sgomento e si sistemò gli occhiali, per paura di non aver visto bene, ma si sbagliava, aveva visto benissimo. Si schiarì la voce, sorpreso e chiuse il taccuino sul quale stava disegnando. “Okay, cos'hai in mente?” non la guardò, nemmeno lei lo guardava, concentrata nello strappare dei fili d'erba.
“Hai parlato con Sirius?” lui annuì e lei lo vide con la coda dell'occhio. “Okay, che ti ha detto?”
“Mentre era sbronzo sono riuscito a estrapolargli diversi concetti” Lily lo incitò a continuare tacendo. “Ha detto cose da poeta maledetto” iniziò James in un sospiro. “Del tipo che sono troppo uguali per stare insieme, e che lui non sa amarla come lei meriterebbe, e che in realtà lui è una persona malvagia e cattiva perché ha vissuto cose malvagie e cattive, e che sarebbe solo una brutta influenza per lei, eccetera, eccetera, eccetera...” roteò gli occhi così in alto che a Lily scappò un sorriso, James lo notò, ma fece finta di niente. “Nina?”
“Nina ha detto che ne è molto innamorata, ma le è impossibile stargli insieme perché allo stesso tempo lo odia” per un momento, Lily, non capì se stesse parlando della sua amica, o di se stessa.
“In che senso?” chiese James abbastanza confuso.
“Lo odia perché lo ama troppo” finalmente Lily lo guardò e puntò i suoi occhi verdi in quelli castani di lui. James restò ammutolito per qualche secondo.
Gli erano mancati così tanto i suoi occhi da rimanere senza parole: Lily era la cosa più bella che avesse mai visto sulla terra.
“Che dici” iniziò cercando di non pensare alle sue lentiggini e a come sarebbe stato baciarle una a una. “Li chiudiamo in uno stanzino con forza e vediamo che succede?”
Lily ridacchiò e scosse la testa. “Pensavo volessi riconciliarli, non farli ammazzare a vicenda”
Gli era mancata la sua risata. “Hai ragione, scusa” rise a sua volta passandosi una mano fra i capelli ricci. “Come mai hai deciso di essere di nuovo la mia partner in crime? Pensavo avessi preso la carriera da solitaria” cambiò drasticamente argomento, Lily non ne rimase più stupita: si era abituata alla sua schiettezza in quei mesi e aveva iniziato ad apprezzarla.
Fece spallucce. “Ho notato che forse lavoro meglio con te” arrossì appena e non ebbe il coraggio di guardarlo.
“Beh, è già qualcosa” commentò James con un sorriso.






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flowers' corner
ve lo aspettavate un seconod capitolo su lily?
volevate la jily, eh? volevate che sirius e nina stessero insieme, eh? volevate una gioia, eh?
ebbene, no
vi mando lo stesso bacetti sul naso
p.s. scusatemi i miei continui ritardi, ma la quinta liceo non è facile da gestire

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Capitolo 11
*** Epilogo. ***


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Epilogo
















James Potter saltò sul tavolo Grifondoro della Sala Grande, sotto lo sguardo sgomento di tutti, mentre Remus Lupin tentò di bloccarlo prendendolo per la camicia, Sirius Black scoppiava a ridere e Peter Minus lo chiamava per nome, intimandolo a fermarsi.
Ma nulla lo avrebbe fermato.
Fu così che si avviò a falcate verso Lily Evans, posizionandosi di fronte a lei e, con le mani sui fianchi, dopo essersi schiarito la voce, disse: “Lily Evans. Io ti amo”
Gli occhi di ogni persona al tavolo si puntarono su di lui.
A Lily scivolò la forchetta di mano e restò con la bocca spalancata, senza il coraggio di dire una parola.
“Ti amo così tanto, Lily, che sono disposto a dirlo qui, davanti a tutti, urlarlo al mondo” si preparò per gridarlo realmente e la professoressa McGranitt stava per intervenire quando Lily l'anticipò bloccandolo con un gesto della mano.
“James” iniziò con tono duro e che non ammetteva repliche. “Scendi subito da lì”
Amelia fissò prima James con un sorriso stupito, in seguito la sua migliore amica per accertarsi che stesse bene, poi Sirius e Remus con sguardo interrogativo: il primo rideva di gusto, il secondo si passò una mano sul viso, sconvolto.
James Potter non accettò un comportamento simile da parte della sua bella e così: “Lily Evans, io non scenderò finché non mi darai una risposta”
“Una risposta a cosa, per Merlino?!” urlò la ragazza in preda all'imbarazzo. “Scendi!”
Lui scosse la testa. “Mi ami o no, Lily?



Qualche giorno prima.


 

 

Remus stava passeggiando con Amelia per il giardino, circondandole le spalle con il braccio.
“Come stai trovando Sirius?” le chiese, convinto che lei avesse la risposta giusta.
Amelia scosse appena la testa. “Lo vedi anche tu: è triste” disse con tono sconsolato ed i suoi occhi grandi e nocciola si rabbuiarono appena. “Mi manca il Sirius di prima” sospirò.
“Sì, anche a me” rispose lui. “Non c'è più un momento in cui io lo veda davvero allegro, Nina era diventata la sua energia vitale”
Lei rispose annuendo. “Sai, non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato”
“Che giorno?”
“Il giorno in cui Sirius Black si sarebbe innamorato” lo disse con tale tono drammatico ed apocalittico che quello-che-ora-era-il-suo-fidanzato scoppiò a ridere.
Amelia lo guardò e ringraziò di aver imparato la pazienza in quegli anni, altrimenti in quel momento, forse, non sarebbe stata lì a sentire la voce e la risata del ragazzo che amava e lui non la starebbe stringendo a sé.
“Non pensavo che arrivasse nemmeno il mio, di giorno” confessò lui e lei alzò le sopracciglia in cenno interrogativo. “Beh, io non ho mai pensato di meritare l'amore” disse lui.
“Oh, smettila, John!” gli diede una spinta leggera e si distaccò da lui. “Meriti l'amore più di chiunque altro” concluse, tornando ad avvicinarsi a lui e prendendogli il volto fra le mani, percorrendo le sue cicatrici con le dita e lo baciò. “Smettila di dire scemenze e pensiamo a come aiutare Sirius” decise, non dandogli il tempo di replicare, ma prendendolo per mano ed iniziando a camminare con lui, mentre Remus, sorridendo, iniziava pian piano a convincersi che forse sì, per tutto quello che aveva sofferto, meritava di essere felice, meritava di avere Amelia al suo fianco. Meritava di amare.
Meritava di essere amato.



***



James tentava di parlare con Sirius, cercando di spostargli la bottiglia di mano: ovviamente non ottenne alcun successo.
“Lasciami stare” Sirius si scostò, sdraiandosi sul divano della Sala Comune con in mano la bottiglia di Whiskey Incendiario e bevendone un altro sorso. “Sto benissimo”
James fece roteare gli occhi in maniera esasperata, tirò fuori la becchetta e disse: “Accio bottiglia”; quando l'alcool si allontanò dall'amico verso di lui, James si spostò, facendolo rompere contro il muro.
“Hey!” urlò Sirius, alzandosi di scatto. “Che cazzo hai fatto?!” gli diede uno spintone. “L'ho pagato quello schifo”
James rispose a tono e gli diede un altro spintone. “Quello schifo, hai detto bene!” un altro ancora. “Devi smetterla, Felpato. Ti stai distruggendo!”
Era arrabbiato e Sirius lo percepiva, era come se sentisse, in cuor suo, di averlo deluso.
“Non mi sto distruggendo: sto dimenticando”
“Ma dimenticando che cosa? L'unica cosa bella che tu abbia mai avuto?!” era un rimprovero, quello.
Ci fu una pausa. “Non sto dimenticando te e gli altri” rispose con voce rotta. “Sto dimenticando una stupida ragazza”
James si fece forza: aveva parlato con Lily, le aveva promesso che sarebbero riusciti a sistemare la questione.
“Apprezzo il complimento” disse in un sospiro. “Ma sai che, invece, lei non era una stupida ragazza. Perché non vuoi ammettere di essertene innamorato, Sirius?” fece cadere le braccia sulle cosce in modo rumoroso e l'amico scattò: gli andò contro e gli sferrò un pugno sulla mascella destra.
“Cosa hai detto?!” sbraitò. “Io non amo nessuno! Non sono patetico come te!” urlò così forte, che James non riuscì a non ribattere e gli tirò un pugno nello stomaco.
“Vaffanculo!” gliene tirò un altro. “Non sono debole solo per amare una ragazza” replicò con durezza.
“Ti ha reso un rammollito, Ramoso. Non voglio diventare come te” sentenziò Sirius in una smorfia di disgusto e James trattenne le lacrime, ma non le mani: si lanciò su di lui ed iniziò a prenderlo a pugni, mentre Sirius rispondeva con forza uguale e contraria.
Quest'ultimo ribaltò la situazione, mettendosi sopra a James ed iniziando a picchiarlo ancora più forte, mentre l'amico cercava di ripararsi, smettendo di attaccare. “Fermati!” cercò di immobilizzarlo, ma Sirius era più forte, era più arrabbiato. “Per Merlino, fermati, cazzo!” gridò, riuscendo a parare il colpo ed approfittò del momento per prendere ancora lui il comando della situazione e levarselo di dosso, facendolo cadere al suo fianco.
Avevano tutti e due il fiatone e il viso sporco di sangue.
James si passò una mano sulla bocca per alleviare il dolore e la mano si sporcò di un rosso scuro intenso, riprese la bacchetta dalla tasca, si tolse gli occhiali e sussurrò l'incantesimo Oculus Reparo.
Sirius voltò la testa verso di lui e lo guardò, mentre un moto di sensi di colpa si apriva sempre più prepotentemente un varco tra le sue costole. “Scusa” sussurrò, alla fine.
La verità era che tante volte avrebbe voluto essere come James, come il suo migliore amico; ma non ci era mai riuscito.
James lo guardò a sua volta ed annuì. “Cose che capitano” distolse lo sguardo subito dopo per puntarlo verso l'alto.
“No, non per questo” replicò con una smorfia di dolore dovuta al movimento della bocca. “Per averti dato del coglione perché ami Lily, mi dispiace: è stato un colpo basso. Non intendevo dirlo davvero e non intendevo dire che non voglio diventare come te, è stata una stronzata, scusami” Sirius si sentiva davvero in colpa: la rabbia era montata tutta d'un tratto e lui era sempre stato una persona istintiva, non ragionava quasi mai prima di agire, non pensava quasi mai alle conseguenze: voleva battersi e, sopratutto, vincere. Ma quando aveva lottato contro i suoi sentimenti più oscuri, quando aveva lottato contro l'amore che provava per Nina, dopo averlo accettato con difficoltà ed esserne rimasto solo amareggiato e deluso: aveva perso. Non era riuscito a vincere contro la parte più intima del suo essere e quella battaglia lo aveva distrutto: Sirius si sentiva un debole.
Era stato l'amore a renderlo vulnerabile, perché sapeva che da quel momento in poi, non avrebbe sofferto solo se avessero fatto del male a lui, ma avrebbe sofferto anche se avessero fatto del male ad un'altra persona e l'avrebbe fatto come se loro due fossero una cosa sola; peccato che lui avesse già patito fin troppo in vita sua.
Stare vicino a Nina non era per niente semplice: era una ragazza mentalmente disturbata, aveva un supporto sia medico che morale a livello psicologico, ma questo non toglieva che soffrisse (anche se nell'ultimo periodo sporadicamente) di visoni, che nei momenti più intensi della sua vita diventasse vigile fino allo sfiorare il paranoico.
E lui si era ripromesso di aiutarla, ma come avrebbe dovuto fare? Non ne era in grado.
La sua persona era piena di demoni, di delusioni, di paure: non riusciva a gestire sia se stesso, sia un caso clinico come lei.
James scosse la testa. “Vorrei solo che tu capissi che l'amore non è debolezza” iniziò. “L'amore è forza, Sirius. L'amore ti dà l'energia che nient'altro è in grado di darti, l'amore ti fa sentire vivo, l'amore ti fa fare e dire cose che nemmeno tu avresti mai pensato di essere in grado di dire o fare, l'amore ti fa andare fuori di testa, l'amore ti dà la consapevolezza che non sarai mai solo, se la persona giusta è al tuo fianco. Cazzo, Sirius: io sono innamorato e mi sono sentito così forte poche volte in vita mia. Io amo Lily, amo quella ragazza con tutto il mio cuore e lotterò per averla, lotterò anche se ci vorranno cento anni, anche se sarò vecchio e decrepito; perché io so che non smetterò mai di amarla. L'amore muove il mondo, vecchio mio. Perché non vuoi contribuire al suo movimento anche tu?” puntò i suoi occhi in quelli di Sirius, che non rispose.
“Sai” iniziò dopo qualche secondo di silenzio. “Penso proprio che Lily prima o poi accetterà di essere innamorata di te” James non rispose, percependo che l'amico non avesse finito. “E io sarò il patrigno dei vostri figli e li porterò sulla cattiva strada” scoppiarono a ridere tutti e due insieme, sentendosi due animi tanto affini da poter essere uno solo.
“Promettimi che parlerai con Nina” disse James quando il divertimento scemò.
Sirius non rispose, ma l'amico fu sicuro di averlo visto annuire con la coda dell'occhio. “E tu promettimi che d'ora in poi penserai più a te che a me” il tono si fece roco e spezzato. “Mi hai già dato una casa, Ramoso; mi hai dato la tua amicizia, il tuo supporto: ora voglio vedere te felice, è il tuo turno”
A James si scaldò il cuore e sorrise appena, anche se nel farlo sentì un dolore abbastanza forte sulle labbra. “Affare fatto”



***

 

My love where are you? 
Whenever you're ready 
Can we surrender?
I surrender


Dopo due giorni Sirius stava aspettando che Nina comparisse dalle scale per arrivare alla Sala Grande, quando Amelia e Lily lo notarono e si avviarono verso di lui.
La prima stava per salutarlo con grande entusiasmo, che si smorzò non appena notò i lividi sul viso. “Sirius!” quasi urlò e il ragazzo, in risposta, sobbalzò.
“Che c'è?!” la bocca gli si contorse appena per il male.
“Che c'è lo chiedo io!” gli prese il viso in una mano, schiacciandogli appena le guance e rendendolo molto meno virile di quanto Sirius volesse apparire in quel momento.
Lily, dopo averlo osservato bene, si fece preoccupata: “Cosa ti sei fatto? Stai bene?” un lampo le attraversò gli occhi, guardò Amelia e l'amica ricambiò lo sguardo. “Remus sta bene?”
Sirius alzò gli occhi al cielo e si allontanò da Amelia. “Sì, stanno tutti bene” rassicurò la sua migliore amica e poi puntò lo sguardo su Lily. “Ho fatto a botte con James”
“Cosa?!” la voce di tutte e due le ragazze uscì all'unisono.
“Cosa è successo? Avete litigato? Non posso lasciarvi un secondo, per Merlino!” sbraitò Amelia. “Avete risolto? Sta bene lui? Che cavolo ti è saltato in mente, santo cielo! È James, si può sapere co...”
Sirius la interruppe. “Stai calma” le posò le mani sulle spalle e la guardò negli occhi. “Va tutto bene, abbiamo risolto. È stato un semplice scambio di opinioni” alzò le sopracciglia, per assumere un'espressione ancora più autorevole ed Amelia sembrò tranquillizzarsi, mentre Lily manteneva un'espressione corrucciata, così lui si rivolse a lei e le circondò le spalle (notò solo in quel momento quanto fosse, effettivamente, bassa, perché probabilmente la sua grandezza d'animo l'aveva sempre elevata).
“Va tutto bene, Evans. Ramoso non si è fatto troppo male” strizzò l'occhio e le diede un bacio fra i capelli e Lily, a suo malgrado, sorrise, circondandogli i fianchi e facendosi più stretta a lui.
Capiva perché lui ed Amelia fossero tanto legati: erano molto simili, tutti e due affettuosi, fisici e leali. Sirius era un buon amico e le dispiaceva averlo scoperto solo al suo settimo anno; era sincero, schietto e si faceva in quattro per aiutare le persone a cui voleva bene. Era anche impulsivo, poco razionale e amante del pericolo e Lily non aveva mai apprezzato particolarmente quel lato dei Malandrini -eccetto per Remus-, però qualcosa in loro era cambiato: non erano più soltanto degli stupidi ragazzini, erano persone che avevano acquisito consapevolezza e per rendersene conto bastava ascoltare i discorsi che facevano sul mondo fuori da quelle mura tanto sicure; un mondo oscuro e pieno di pericoli che loro erano disposti ad affrontare in nome di ciò che era giusto e lei era sicura che si sarebbero incontrati di nuovo, chissà in quali circostanze, a combattere per la stessa battaglia.
E a vincere.
Sentì la mano di Sirius stringersi di più alla sua spalla e non appena alzò lo sguardo si rese conto del motivo: Nina stava arrivando, con leggerezza, la coda si muoveva ad ogni passo che compiva.
“Le ho parlato” gli sussurrò e lui volse lo sguardo su di lei. “Penso che ora sia il tuo turno”
“Che ti ha detto?” si avvicinò di più a lei, per usare un tono più basso, vista la lontananza dalla ragazza che stava quasi per annullarsi.
“Credo debba dirtelo lei” Lily si divincolò dalla sua presa e gli lanciò un caldo sorriso, Amelia gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò con l'amica.
Nina stava quasi per sorpassarlo quando lui la prese il polso e la fermò.
Lei si voltò verso di lui, con occhi interrogativi. “Black” disse soltanto.
“Ciao” rispose lui e quando Nina si rese conto della faccia rovinata gli posò una mano sul viso.
“Che cosa hai fatto?” domandò con tono dolce.
Lui si aggrappò alla sensazione che il contatto con lei sapeva dargli e chiuse gli occhi, per un secondo. Pensava che lei fosse arrabbiata con lui, perché non lo era? Perché non lo rimproverava? Perché si comportava in modo così affettuoso? Sirius voleva che fosse arrabbiata con lui, voleva che gli tirasse uno schiaffo, voleva che qualcuno reagisse nell'unico modo che lui conosceva: come aveva sempre reagito la sua famiglia alle sue ribellioni, alle sue idee rivoluzionarie, al suo comportamento. Invece, più andava avanti, più incontrava gente che lo trattava con gentilezza e lui non era capace di rispondere alle carezze, gli avevano insegnato a rispondere solo agli schiaffi.
“Io e James ci siamo picchiati” spiegò prendendole la mano nella sua e intrecciandone le dita.
Nina lo guardò con sguardo interrogativo, sia per il gesto che stava compiendo, sia per la spiegazione che le aveva appena recato.
“Ho bisogno di parlarti” sentenziò Sirius e lei, se possibile, inarcò ancora di più le sopracciglia.
“Cosa vuoi?” si era fatta più distaccata, ora, temeva le conseguenze del discorso che lui voleva farle.
Sirius non rispose e la prese per mano, portandola il più lontano possibile da tutti: andò al settimo piano e fece comparire la Stanza Delle Necessità, aspettandosi di vedere Nina stupita, cosa che non accadde.
“Conoscevi questa stanza?” le chiese leggermente deluso mentre entravano.
“Dove pensi che sia andata per sette anni quando stavo male e avevo bisogno di star da sola?”
Quello che si trovarono davanti fu un luogo accogliente: era ricco di tappeti su cui sdraiarsi e divani su cui sedersi, ogni tono era sull'azzurro, colore che si abbinava perfettamente con il cielo che si vedeva dalla finestra.
“Di cosa volevi parlarmi?” tornò sulla difensiva ed incrociò le braccia.
“Nina, io ho bisogno di sapere se ancora una piccola parte di te vuole riprovarci” confessò. “La nostra storia è stata tanto veloce quanto intensa e io so perfettamente che ci siamo distrutti a vicenda” le si avvicinò e lei arretrò. “Ci siamo fatti male e lo so, ma...” Sirius si bloccò. “Io non so dire queste cose, porca puttana” si passò una mano sui capelli e pregò che la parte più simile a James che aveva dentro di lui affiorasse e prendesse il sopravvento. “Okay, vuoi la verità?” chiese come domanda retorica, lei non rispose. “Io non so come si fa a fare niente: io non so amare, Nina, non so cosa voglia dire dare tutto se stesso ad un'altra persona e mi fa una paura fottuta anche solo l'idea” lei stava per ribattere, quando lui la fermò. “No, devi lasciarmi finire” la intimò. “So solo una cosa: senza di te non sto più bene; è come se mi mancasse l'aria ed ogni volta che tento di prendere un respiro profondo non faccio altro che soffocare ancora di più”
Non disse più niente e si voltò, intimorito dall'effetto che le sue parole potevano aver prodotto.
Nina si ricordò di ogni attimo passato al suo fianco, si ricordò di come le sue paure l'avessero mangiato dall'interno e di come lei si fosse sentita male e non seppe che scelta prendere: avrebbe dovuto riprovarci? Avrebbe dovuto rischiare di nuovo?
Lei era una persona instabile e fragile: un altro fallimento l'avrebbe devastata.
La vera domanda che avrebbe dovuto porsi era: ne sarebbe valsa la pena?
“Promettimi una cosa” iniziò Nina e lui sollevò appena la testa, facendosi vigile. “Promettimi di non spezzarmi il cuore, questa volta”
Sirius si voltò e puntò gli occhi nei suoi.
Te lo prometto

 

***



“Mi ami o no, Lily?”
Al sentire quelle parole, la ragazza ammutolì ed iniziò a tremare leggermente; fu l'intervento repentino della McGranitt a salvarla da quella situazione terribilmente imbarazzante.
“Signor Potter, non penso sia il modo di corteggiare una signorina: la prego di scendere e di recarsi nel mio ufficio, ci saranno provvedimenti” James non rispose e continuò a puntare lo sguardo su Lily.
Sì, avrebbe pensato a se stesso e nessun altro, in quel momento.
“Scendi” mimò Lily con il labbro e lui dopo un momento di esitazione eseguì.
Amelia aveva una mano sulla bocca, stupita, Alice continuava a dare gomitate sia a Frank che a Lily, Remus nascondeva il viso sollevandosi la tunica e Sirius soffocava le risate, anche grazie a Nina che gli tappava la bocca con una mano. “Non è il momento, cretino” disse a bassa voce minacciosa.
Calò un silenzio totale nella Sala Grande e gli unici rumori che si sentirono furono i passi di James Potter e della professoressa, che si facevano sempre più lontani.
Gli occhi di tutti i presenti nella Sala erano puntati su Lily Evans, che sentì il cuore ricominciare a battere solo in quel momento.
Sospirò profondamente e, di punto in bianco, scoppiò a ridere.
Amelia la guardò allarmata e le posò una mano sulle spalle. “Lily, tutto bene?” L'amica non riusciva a smettere di ridere e fece fatica a contenersi. “È pazzo” disse soltanto tra uno spasmo e l'altro. “Mio Dio, è pazzo” ripeté. Remus si alzò e le andò vicino, seguito da Sirius.
“Rossa?” chiese quest'ultimo, leggermente preoccupato dalla reazione. “Stai bene?”
Lily annuì tra le risate, che stavano per influenzare anche Sirius, ma Remus gli diede una gomitata per fermarle. “Sto benissimo” rispose. “ È pazzo, James Potter è pazzo” ripeté scuotendo la testa. “E io sono più pazza di lui, per essermene innamorata” disse fra sé e sé.
Le persone che riuscirono a sentirla trattennero il respiro, Amelia e Sirius per primi, mentre Remus sorrise appena.
“Devo andare” annunciò Lily e si alzò dalla panca per poi iniziare a correre, senza sentire i fischi e gli applausi delle persone che avevano assistito alla scena, senza sentire il richiamo di Amelia, senza sentire nulla.
Raggiunse l'ufficio della McGranitt e bussò con forza, impaziente. “Sì?” domandò la professoressa aprendo la porta e lanciandole uno sguardo stupito “Dov'è James?” chiese di getto.
“È al campo di Quidditch, sta sistemando gli...” non fece in tempo a finire che Lily si allontanò urlando: “Grazie mille!”
Non aveva mai corso così veloce in vita sua e arrivò al campo in pochissimo tempo. “James!” gridò, ma non ottenne risposta.
“James!” continuò a cercarlo, finché lui non sbucò dallo spogliatoio. “James!” urlò di nuovo andandogli incontro.
“Sono in punizione, non posso ricevere visite” disse scuotendo la testa lui e lei scoppiò a ridere per poi raggiungerlo, posare le braccia attorno al suo collo e baciarlo.
James non seppe mai cosa accadde per certo nel suo corpo in quel momento, ma si sentì così felice, da avere il cuore che rischiava di uscirgli dal petto. “Era un sì?” domandò non appena si separarono e Lily Evans, dopo essersi finalmente lasciata andare ai suoi sentimenti, annuì con un sorriso.



Qualche mese dopo.


Lily camminava fuori dal portone della scuola, per andare in giardino, teneva un libro sotto braccio ed aveva il volto stanco, fu colta di sorpresa quando Amelia le saltò sulla schiena con un grido.
“Sei impazzita?” rise lei togliendosela di dosso.
“No, sono felice!” rispose l'altra entusiasta. “Sono felice, felice, felice!” urlò così forte da farsi sentire in tutta la scuola. “Abbiamo finito!” puntò le braccia al cielo, che furono prontamente prese e portate a al loro posto da Remus Lupin, che la circondò in un abbraccio. “Non fare troppo baccano, signorina, sono ancora in tempo a non promuoverti per disturbo della quiete pubblica”
Amelia sbuffò e si divincolò, sotto lo sguardo di Lily che si stava pian piano rilassando, anche alla vista di James Potter, il quale si faceva sempre più vicino dopo essere uscito dall'aula dell'esame in compagnia di Peter, Sirius e Nina; Frank ed Alice erano poco dietro di loro.
“Allora, quanto hai preso, Rossa? Il massimo più uno?” la prese in giro Sirius, beccandosi un'occhiata esasperata da Nina. Finalmente i due avevano provato a stare insieme e tutti, da fuori, potevano dire che le cose stavano andando bene; così come potevano dirlo i due in questione. Sirius aveva iniziato ad aprirsi di più e Nina a lasciarsi aiutare se ne aveva bisogno.
Erano due caratteri turbolenti, ma questo non escludeva il fatto che riuscissero a dominarsi a vicenda.
“Veramente sono po' nervosa, la terza domanda mi ha messa in crisi e...” sentì un bacio posarsi leggero sulla sua fronte.
“Sarai andata benissimo, Lils” le disse James con un sorriso dolce e lei non poté far altro che credergli.
“Che ne dite? Andiamo a festeggiare quest'ultimo esame con una Burrobirra?” propose Peter con entusiasmo e tutti accettarono sentendosi sempre più leggeri.
Stavano per avviarsi quando Lily fu fermata da una mano che le prese il braccio, si voltò di scatto.
“Mary” sgranò gli occhi, quasi incredula e tutti puntarono lo sguardo sulla scena.
“Ciao, Lily” schiarì la voce. “Volevo solo salutarti, non so se ci rivedremo, quindi mi sembrava il caso di... Ecco, insomma...”
Lily sorrise appena e la strinse in un abbraccio. “Mi ha fatto piacere vederti” sussurrò.
“Anche a me” sorrise Mary tra i capelli rossi di Lily.
“Mi raccomando, prenditi cura di te”
L'altra sorrise e dopo essersi separata da Lily, volse lo sguardo su Amelia, che si avvicinò piano. “Spero che gli esami siano andati bene” disse, sentendosi in imbarazzo e Mary annuì. “Beh, allora buona estate”
“Anche a te, Amy”
Mary avrebbe voluto abbracciarla, ma si trattenne consapevole del fatto che non sarebbe mai riuscita a rimarginare per intero ciò che aveva distrutto.
“Ci vediamo” disse, alla fine, a tutti gli altri. Andò a salutare Alice, con un bacio sulla guancia e si allontanò in direzione opposta alla loro.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Remus chiese: “Beh, questa Burrobirra?” e tutti sembrarono svegliarsi da un sonno profondo ed iniziarono a camminare.
Il mondo era ben diverso dalle mura sicure di Hogwarts e loro lo sapevano; ma erano anche pronti ad affrontarlo.
Insieme. 


 

 

Lily Evans si era innamorata di James Potter.
Remus Lupin aveva, finalmente, detto la verità.
Sirius Black si era innamorato.
Mary McDonald si era mostrata.
Amelia Williams era venuta alla luce.
Nina Clarks aveva affrontato la sua paura.










flowers' corner

che dire, quasi non riesco a credere di aver finalmente terminato questa storia, rischio quasi di commuovermi.
sono fiera di quello che ho fatto e so di averci impiegato molto, ma tra i problemi personali e non, purtroppo questa è stata la tempistica.
spero vi sia piaciuto leggerla, quanto a me è piaciuto scriverla.
grazie a chiunque ne abbia letto anche solo una riga.
tantissimi baci sul baso.

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