Short Creepy stories

di Lettere sussurrate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I vicini di casa. ***
Capitolo 2: *** Bambina mia. ***
Capitolo 3: *** Presenza nella tenebra ***



Capitolo 1
*** I vicini di casa. ***


Il signore e la signora Hood passano gran parte delle loro giornate standosene chiusi in casa a fare chissà cosa, probabilmente a guardare TV e svolgere le poche attività ricreative che l'età avanzata non gli ha ancora precluso. Una partita di carte, la lettura di un libro del dopoguerra...
insomma, i classici cliché che ci si aspetta da una coppia di pensionati.

Avendoli come vicini di casa ho la possibilità di vederli, affacciato alla finestra della mia camera, mentre vivono la ripetizione del loro quotidiano.
  Sono due adorabili vecchietti dall'aria gentile e il sorriso sempre disponibile, incorniciati da un alone di angelica innocenza senile.
Nonostante la longevità delle loro vite e gli impedimenti che il generale Tempo ha portato con sé, i due simpatici nonnini non sono mai crucciati o sgarbati: al contrario, i loro modi di fare suggeriscono la completa serenità dell'animo.
Se esistono persone dotate di una pazienza ed una bontà fuori dal comune, quelle sono certamente il signore e la signora Hood.
 Dubitare della loro trasparenza sembra quasi assurdo dopo una simile premessa, eppure ho motivo di farlo.
 Non ho intenzione di arrivare a conclusioni affrettate o fare congetture di natura abominevole sul come ed il perché di ciò che ho visto nella semioscurità della scorsa notte, voglio solo limitarmi a descrivere la realtà dei fatti con il freddo punto di vista di un osservatore che ha finito per guardare “quando non doveva.”
Come già detto, i signori Hood passano gran parte della giornata standosene entro i confini delle loro quattro mura, quasi restii a mettere il naso fuori.
 Non si allontanano mai oltre il curato giardino che anticipa l'ingresso della loro abitazione, se non per fare la spesa o svolgere questioni di ordinaria urgenza domestica.
Sembra assurdo che un ragazzo di diciannove anni faccia caso alle abitudini di una coppia di ultrasettantenni (per certi versi anche abbastanza fraintendibile) ma la mia attenzione nei loro riguardi è dovuta all'isolamento del quartiere di periferia in cui vivo: un luogo lontano dalla vita di città, scarsamente abitato, dimora del tedio più penetrante.

Il signor Hood si prende cura delle aiuole e i vivaci fiori di campo dalle quattro alle cinque del pomeriggio, con una frequenza tanto maniacale da avermi permesso di memorizzare la frazione oraria. Sua moglie canticchia Oh Pretty Woman mentre si dondola sulla seggiola sotto l'esiguo portico, un sorriso angelico le incornicia il volto rugoso mentre fissa suo marito con lo sguardo appassionato di una giovane sposa in luna di miele.
Di tanto in tanto, uno dei due coniugi rivolge un occhiata alla finestra della mia casa che affaccia al loro giardino.
« Ciao, Eddie! » mi fanno loro, agitando un braccio.
Ho sempre ricambiato con un sorriso di cortesia, lo feci anche quel pomeriggio.
Non era successo nulla che evadeva dal ciclico ordinario della coppia, tutto regolare come lo era sempre stato.
Scoccarono le cinque ed i due anziani rincasarono, come sempre.
Io mi dedicai all'enorme mole di studio a cui ero soggetto durante l'ultimo semestre di liceo, con la pazienza di un adolescente prossimo alle vacanze estive.
 Scoccarono le sei, il volume del televisore in casa Hood era altissimo come sempre.
Il resto della giornata trascorse con la caparbia serenità di un fiume: cenai e, giunta la mezzanotte, dopo aver terminato di vedere un paio di episodi della mia serie televisiva preferita, mi misi a letto.
 Anche le luci dei vicini erano spente da un pezzo.
Fuori regnava un silenzio assordante, interrotto saltuariamente dal passaggio di qualche automobile. Stanco dalla routine del giorno e cullato dal torpore del silenzio, mi addormentai quasi subito.

L'orrore cominciò due ore dopo, nel cuore della notte.
Inizialmente fui svegliato dal sussurro di una voce femminile che proveniva dall'esterno, risposta da un mormorio confuso, ovattato.
Poi mi resi conto del motivo ultimo che aveva interrotto i miei sogni, un fascio di luce bianca che spazzava via la tenebra e filtrava nella mia camera dal riverbero della finestra chiusa.
 Il bagliore lattiginoso squarciava ogni mio tentativo di ignorare la realtà esterna per tornare nella quiete della dimensione onirica. Era un monito... un richiamo ancestrale che mi pulsava nel cervello. Non potevo ignorarlo, non volevo ignorarlo.
 Mi sentii attirato come un moscerino che ronza alla luce di una lampada.
 Scivolai silenziosamente dal letto e spiai con circospezione alla finestra, per capire quale fosse la causa della mia veglia.
Fu quando allargai la fessura della tapparella, che credetti di trovarmi nella grottesca follia di un incubo ad occhi aperti.
Inginocchiati in un fascio di luce conica che proveniva dall'alto, il signore e la signora Hood sguazzavano in un mare di sangue e viscere. Le loro bocche rugose affondavano nel torace squarciato di un bambino ancora vivo. Gli occhi sbarrati della vittima erano pregni di terrore e dolore, mentre le sue urla soffocate cercavano di dipanarsi oltre il nastro adesivo che gli occultava le labbra.
I due gentili vecchietti emettevano un gorgoglio sommesso e bestiale, immersi nel crudo disgusto del loro pasto. Le mani scavavano e cercavano d soddisfare il cruento appetito con pezzi di carne più grossi dei precedenti, in un sottofondo di suoni viscerali che lasciava poco spazio all'immaginazione.
Potevo vedere solo la schiena dell'anziana, mentre l'altro coniuge... era diverso da ogni essere umano. I suoi occhi erano scuri e insondabili come l'abisso di un fondale, più grandi della norma. Anche la fronte spaziosa era irregolare. Sporgeva in un indescrivibile protuberanza conica, una sorta di corno di carne.
Non riuscii a guardare a lungo.
Assorbito dalla perversione e la pazzia della scena che si propinava dinanzi all'incredulità dei miei occhi, arretrai di pochi passi.
Mi mancava l'aria e sentivo le lacrime che mi pizzicavano agli occhi.
Ero sul punto di urlare in preda alla paura e l'angoscia, quando entrambi gli anziani si voltarono verso la finestra.
Si voltarono verso di me.
Anche il fascio che li illuminava si spostò con la stessa facilità di una torcia che punta a un insetto, spargendo la macabra luce argentata in ogni angolo della stanza.
Poi ricordo pochi dettagli.
Ricordo un suono profondo e indescrivibile che ruggì dal cielo ottenebrato, una sorta di corno ciclopico che echeggiava lungo oceani di tenebra senza padroni.
Fui assorbito da un buio fatto di luce e delirio.
E nulla più.


Come ho precedentemente detto, e ci tengo a ribadirlo una seconda volta, la seguente storia è solo una breve sintesi dell'esperienza notturna.
 Non ho intenzione di portarvi a credere che gli eventi che ho vissuto siano qualcosa di realmente accaduto, poiché non è difficile credere che può essersi trattato dell'incubo di una nottataccia partorito dalla mente suscettibile di un diciannovenne.
Ma da un po' a questa parte ho contratto un mal di testa che non stenta a lasciarmi in pace. Le visioni malate dei miei vicini che sguazzano fra le membra ed il sangue continuano a perseguitarmi, di giorno e di notte, come le sferzate di un eterno castigatore che vuole ridurmi a un ammasso di carne senza coscienza.
La mia mente è come un palloncino che si gonfia. Come se fosse diventato il grembo materno di una schifosa oscenità che cresce dentro di me. Sento grattare sulla superficie interna della mia fronte.
Forse sono io il folle, ma le pulsazioni alla testa e l'orrore dei ricordi non sono l'unica conseguenza a farmi credere che c'è qualcosa che non va.

Quando fisso mia madre...
...una fame insopportabile mi logora da dentro.

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Capitolo 2
*** Bambina mia. ***


Mia figlia si comporta in modo strano.
Le voglio un bene dell'anima e per lei sarei pronto a strapparmi il cuore dal petto senza pensarci due volte, eppure avverto un notevole distacco emotivo da parte sua.
Non sembra la mia bambina.
Nei suoi profondi occhi azzurri vedo incertezza, smarrimento e qualcosa che giace nel confine fra collera e paura. A volte ha lo sguardo perso nel vuoto, altre ancora sembra immobile come una statua scolpita nel granito.
Non so spiegarlo con precisione, ma so per certo che è diversa.
Completamente.

E' come se qualcosa dentro di lei si fosse rotto in maniera irrecuperabile.
Andata.
Infranta.
Un' anima di porcellana che si è schiantata sul pavimento.
La miniatura di cristallo della vivace bambina che colorava nel soggiorno, ora rotta e devastata in mille pezzi.
Non mi restano che dei frammenti effimeri di ciò che era prima, un corpo svuotato dalla gioia e l'allegria che un tempo davano senso ai miei tristi giorni di padre solo e separato.
Al mondo sono stato abbandonato da parenti, amici, persino mia moglie non ha esitato a voltarmi le spalle per strisciare dal suo nuovo compagno che gira in abiti eleganti e stringe la propria ventiquattrore come se fosse l'imprenditore più importante di tutti gli Stati Uniti.
Affrontare la separazione non è stato semplice.
Ho sentito il terreno che si sgretolava sotto i miei piedi e la sensazione di vuoto di chi precipita in un burrone senza fine.
Ho sentito il dolore del tradimento e la frustrazione di chi prova ad afferrare l'allucinazione incorporea di un passato felice.
C'è dell'amara ironia nel constatare che un uomo può perdere il proprio angolo di paradiso in meno di un secondo.

Avevo ogni ragione per trovare ristoro nella canna di un fucile, ma nonostante tutte le difficoltà, nonostante la sofferenza insopportabile, il sorriso angelico della mia bambina è stato come una corda di soccorso mentre stavo per sprofondare nell'abisso del burrone più nero.
Così ho trovato la forza necessaria per rialzarmi.
Era vero, non avevo più nessuno ed il lavoro in fabbrica era diventato ancora più pesante ed insopportabile, ma, grazie ad una sentenza del giudice che ha sancito l'affidamento, sono riuscito ad ottenere il privilegio di vedere la mia bambina ogni fine settimana.
Il mio amore per lei è tutt'ora smisurato, ma quando mi fissa con quello sguardo titubante di chi riceve delle caramelle da un estraneo ... sento il mio cuore che ritorna a farsi pesante.

Ogni mio respiro è solo per lei.
Ogni gesto che faccio, lo faccio per donarle affetto.

Ha cominciato ad essere diversa e fredda come una bambola dalle iridi di vetro dalla scorsa notte di una settimana fa, quando ho deciso di donarle tutto il mio amore sotto le lenzuola della camera da letto, fra il sudore e lo sperma.
Perché io la amo, e in lei vedo gli occhi della madre.
La moglie che ancora sogno accanto a me.

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Capitolo 3
*** Presenza nella tenebra ***


Passi furtivi che echeggiano nella tenebra insondabile.
Riesco a sentirli distintamente.
Si fanno sempre più vicini.
Tap, tap, tap.
Il suono continua, si interrompe per un istante che sembra un eternità, riprende come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Sono scosso dal fremito del terrore. Immobilizzato nel letto che è diventato una pozza di freddo sudore, non riesco ad alzarmi.
Non riesco a muovermi.
Dovrei vincere questa stupida paura da bambini e scendere a controllare in cucina.
Non può trattarsi di un fantasma.
Che assurdità è mai questa, certe banalità sono riservate ai codardi e gli stupidi.
Sono solo stanco e confondo il ticchettio dell'orologio con un suono che non è reale.
Forse qualcuno ha lasciato il rubinetto aperto e le gocce che si infrangono sul lavello mi impressionano a tal punto da farmi credere che...
Tap, tap, tap, tap, tap.
...Sono piedi nudi che percorrono il marmo freddo delle mattonelle.
Si fanno sempre più vicini. Le scale che conducono alla mia camera da letto scricchiolano sinistramente. Qualcuno le sta salendo.
Non è nella mia testa.
Non è nella mia testa.
Non è nella mia testa.
Tap, tap, tap, tap.
Getto uno sguardo a ciò che mi circonda, permetto agli occhi di abituarsi nell'oscurità.
L'interruttore della lampada è a un solo braccio di distanza.
Posso far tornare la luce in ogni secondo.
Sì, è così rassicurante.
Il torpore dei raggi di luce artificiali che spazzano via il buio e la paura...allungo la mano verso il comodino, ma un inquietante dubbio mi paralizza con il dito sul pulsante 'on.'
Saprà che sono sveglio.
Qualsiasi cosa sia, se mi vede dormire potrebbe lasciar perdere.
Forse è solo di passaggio.
I passi continuano.
Lenti e scanditi, sempre più vicini a me.
Il cuore mi esplode dal petto, ho notevoli difficoltà respiratorie. Sono ad un passo dall'infarto, ma devo stare calmo.
Le coperte sono il mio unico alleato, permetto loro di avvolgermi completamente come se fossero una corazza indistruttibile.
Tap, tap, tap. Silenzio.
È avanti la porta chiusa della camera da letto.
Non cammina più, ma sento il suo respiro pesante.
La maniglia della porta cala lentamente. È assurdo che stia succedendo per davvero.
Fingo di dormire, l'occhio sinistro è una fessura che non può fare a meno di spiare.
Vorrei morire per evitare un destino peggiore dello stesso decesso, eppure devo vedere.
Un volto, cereo e scavato.
Si staglia indistintamente nell'oscurità come una fioca candela nell'antro di una caverna.
Ha dei folti capelli neri che le ricadono sugli occhi. Sporge solo il capo inquisitore, sembra che annusi l'aria.
-Vincent, caro? Va tutto bene? Ho sentito dei rumori dalla camera da letto e volevo controllare che fosse tutto a posto. -
La voce debole e sussurrata di mia madre rompe il silenzio.
...mamma?
Che razza di idiota! Era lei per tutto il tempo!
Continuo a fingere di dormire: non voglio darle motivo di ulteriori preoccupazioni.
Mi libero dalla tenaglia del terrore con un profondo sospiro di sollievo.
Non sento nulla, nè la voce di mia madre nè il cigolio della porta che si richiude.
È ancora lì.
Forse si aspetta una risposta.
Continuo a tacere, calo le palpebre e provo a dormire, ignorando la sua presenza con il pensiero che a breve se ne torni a letto. Ripeto a me stesso che è stata tutta colpa dell'immaginazione.
Poi una rivelazione mi assale un istante prima di cadere nel mondo dei sogni, ed è necessaria a rigettarmi nella cruda e inquietante realtà dei fatti con l'impatto devastante di una pugnalata al petto aperto.

Mia madre è morta due giorni fa.

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