Storie di una volpe e di una coniglietta

di MizukiShima28
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno ***
Capitolo 2: *** Duro allenamento ***
Capitolo 3: *** In trappola (parte uno) ***
Capitolo 4: *** In trappola (parte due) ***
Capitolo 5: *** Malattia ***
Capitolo 6: *** Gelosia? (parte uno) ***
Capitolo 7: *** Gelosia? (parte due) ***
Capitolo 8: *** John Wilde ***



Capitolo 1
*** Primo giorno ***


1- Primo giorno


Quando ero piccola, pensavo che Zootropolis fosse un posto perfetto, dove tutti vanno d’accordo e ognuno può essere ciò che vuole. Poi ho scoperto che la vita reale è un po’ più complessa di una frase ad effetto. La vita reale è complicata. Tutti abbiamo dei limiti e tutti commettiamo errori, il che significa “Ehi, il bicchiere è mezzo pieno, tutti abbiamo qualcosa in comune, e più cerchiamo di capirci l’un l’altro, più speciale sarà ognuno di noi. Ma dobbiamo tentare, perciò non importa a quale specie apparteniate: dal più grande degli elefanti, alla prima delle nostre volpi. Io vi prego, provate, provate a rendere il mondo un posto migliore. Guardatevi dentro per capire che il cambiamento parte da voi, parte… Da me. Parte da… Tutti noi.


Questo era il discorso che fece l’agente Judy Hopps, prima di proclamare Nicholas Wilde primo agente volpe della polizia di Zootropolis. Già… Primo agente volpe, proprio come lei era il primo coniglio. Una semplice coincidenza. Una volta terminata la cerimonia, il Capitano Bogo condusse il nuovo agente in quello che sarebbe stato il suo nuovo ufficio.
«Ecco la tua stanza» gli indicò, porgendogli le chiavi «L’appello è alle otto e mezza; Clawhauser ti indicherà dove dovrai andare.» detto questo lo lasciò in quel piccolo spazio che doveva essere il posto in cui avrebbe lavorato.
In verità non mi aspettavo esattamente questo…’ pensò guardandosi intorno ‘Credevo che avrei lavorato con la mia Carot-’ a interrompere i suoi pensieri era proprio la sua coniglietta. Aspetta, da quando era sua?
«Nick?» fece capolino dalla porta.
«Non si osa più bussare, Carotina?» le sorrise.
«E’ questo il tuo ufficio?» chiese, ignorando completamente la sua domanda, con una nota tra lo stupore e il disgusto.
«Avanti, non è così ma-»
«Vado a parlargli» si voltò e allungò una zampina verso il pomello della porta.
«Uho uho uho, dove credi di andare?» la fermò bloccandola per le spalle.
«Da Bogo, che domande! Non puoi stare qui.» rispose, quasi sputacchiando l’ultima parola.
«E sentiamo, dov’è che dovrei stare?» Nick piegò le ginocchia in modo da poter vedere la coniglietta alla sua stessa altezza.
Judy esitò «Beh, da me…» fece abbassando gli occhi. A quell’immagine, lui non poté far altro che sorridere maliziosamente.
Nick le alzò leggermente il mento per incrociare il suo sguardo «Qualcuno qui sente già la mia mancanza»L’espressione che fece Judy in quel momento era qualcosa di impagabile «D’accordo, andiamo, visto che ci tieni così tanto.» continuò.
Judy gli lanciò un’occhiataccia, «Guarda che l’ho detto solo perché mi facevi pena in questa topaia! Ora non montarti troppo la testa, volpe ottusa che non sei altro»


«Credo di non aver capito bene» disse il loro capo togliendosi gli occhiali. Sulla scrivania giacevano una montagna di dossier impolverati, e sicuramente la maggior parte di loro erano casi di poca importanza. Forse li stava rileggendo per scegliere se erano da chiudere e buttare via oppure se valeva la pena perderci altro tempo per risolverli. «Cos’è che mi stareste chiedendo?» il suo tono di voce si era leggermente inacidito.
«Ecco, signore, quello che le volevamo dire è.. Insomma.. Si rende conto della sudicia stanza che-»
Nick non credette che lo stesse dicendo davvero, e per poco non cadde dalla sedia. «Quello che la mia collega voleva dire» le diede una leggera gomitata sul braccio «è che noi siamo una coppia molto affiatata in questo lavoro, e sarebbe più comodo se fossimo nello stesso ufficio, non crede?»
Ma se non ci credi nemmeno tu?
Il bufalo pensò un attimo. Non aveva tutti i torti. «E sia» I due si guardarono, sorridendo «Ma ad una condizione: Hopps…» la coniglietta tornò subito seria «tienilo d’occhio » le fece l’occhiolino e sorrise «con questo ho finito, potete andare.»
«Ehi, cosa intende per-» Nick iniziò a ribattere, scocciato.
«Quello che volevi dire è grazie, non è vero?» l’interruppe Judy, facendogli quello sguardo che lui le aveva fatto poco prima.
Indugiò per un istante «Certo» roteò gli occhi e uscirono dalla stanza.


«Ora puoi anche ringraziarmi» disse Judy, chiudendo gli occhi e alzando le orecchie.
A cosa pensi, sporcaccione?
Chi? Io? A niente. Solo a quanto sia bello il suo nasino rosa, a quanto siano invitanti le sue piccole labbra… E’ un particolare a cui non mi ci ero mai soffermato; ma non perché non mi è mai interessato, ma perché non ne ho mai avuto il tempo. E quello che sto vedendo ora è qualcosa di… molto bello. Il suo sorriso, la sua voglia di vivere, i suoi grandi occhi viola… che non fa altro che aumentare la mia irrefrenabile voglia di bac-
«Sto aspettando» canticchia, riportandolo alla realtà.
«Io.. Ehm.. Grazie» riuscì a dire.
Judy riaprì gli occhi. «Pensavo a qualcosa di più sincero, ma mi accontenterò» gli sorrise «Forza, andiamo. Tra pochi minuti dobbiamo essere nell’arena, dove il capitan Bogo assegnerà gli incarichi del giorno.» detto ciò si incamminarono.


«D’accordo, d’accordo; ora basta» fece il Capitano entrando «silenzio! Abbiamo delle nuove reclute con noi oggi, inclusa la nostra prima volpe.» disse indicando Nick, il quale aveva accennato un piccolo sorriso «A chi importa?» guardò il foglio che aveva tra le zampe.
«Ah, devo proporle di scrivere un libro di massime, Signore» gli rispose in tono sarcastico.
«Chiudi la bocca, Wilde!» controbatté aggressivo Bogo. Molti risero in silenzio «Incarichi: Agente Grizzoli, Fangmeyer e Delgato, la suit di Tundratown. Trunkaby, Higgins, Wolfard: sotto copertura. Hopps, Wilde» momento di suspense «ausiliari del traffico. E’ tutto.»
Cosa? N-non dirà sul serio, non è pos-
«Scherzavo!» Ah, ecco «Pare si aggiri un pirata della strada nella zona di Savana Centrale. Trovatelo e sbattetelo dentro.»


«Allora, i conigli sono pessimi guidatori o sei un caso isolato?» disse Nick gustandosi una delle sue zampe-ghiacciolo. Per tutta risposta, Judy non esitò a frenare di colpo. VRAM! La macchina inchiodò, e Nick venne mezzo-scaraventato in avanti. Questa scena di lui non fece altro che far sorridere Judy .
«Scusa» fece col tono più ironico che conosceva; intanto la volpe si staccò il ghiacciolo dall’occhio «Hehe, coniglietta acuta.»
«Volpe ottusa.»
«Andiamo lo sai che mi adori» la guardò sorridendo.
«Se lo so? Sì, sì lo so» finge di pensò roteando gli occhi al cielo. ‘Certo che lo so stupida volpe, e tu lo sai più di me’ si ritrovò a pensare Judy.






L’autrice dice:
Un enorme Ciao a tutti quelli che hanno deciso di leggere una delle mie storie (al momento è la prima, ma poco a poco le pubblicherò delle altre). Non pensate che non mi importi, anzi, per me è importante che qualcuno ha deciso di spendere cinque minuti del suo tempo a leggere questa ‘storia’, diciamo, poiché buona parte di essa è tratta dal film originale; io ho solo aggiunto l’inizio, che sarebbe dopo la scena di Judy che fa il suo discorso e fissa un bel distintivo dorato sull’uniforme del nuovo agente (Nick Wilde, ovvio), e ho aggiunto un po’ di pensieri e riflessioni dei due. Spero vi piaccia e non esitate a lasciare una recensione (accetto sia critiche costruttive che complimenti). Alla prossima :D

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Capitolo 2
*** Duro allenamento ***


2- Duro allenamento
· Nick ·
 
Era una giornata di maggio, e nella centrale di Polizia del primo distretto Downtown, si stava svolgendo un’intervista riguardo al caso dei quattordici mammiferi scomparsi.

«Mammifere e mammiferi» iniziò il Capitan Bogo mentre molti giornalisti riempivano la stanza «quattordici mammiferi erano scomparsi e tutti sono stati ritrovati dalla nuova recluta che a breve prenderà la parola.»
«Mh… Sono così agitata...» sospirò con le orecchie basse.
«Allora, l’ABC delle conferenze stampa» le si avvicinò Nick «vuoi sembrare intelligente? Rispondi alle domande ponendo altre domande e poi rispondi a quelle domande; tipo: ‘Mi scusi agente Hopps, che cosa può dirci del caso?’ ‘Mi chiede se è stato un caso difficile? Sì, molto difficile’. Hai capito?»
«Sali lassù con me, è merito di tutt’e due» disse, quasi come una supplica.
«Beh, sono un poliziotto? No, non lo sono» sorrise rilassando le palpebre.
Judy ridacchiò «Curioso che tu lo dica, perché beh… Ci ho pensato, e sarebbe bello se avessi.. un collega» gli mostrò un foglio già compilato che doveva essere una domanda d’assunzione.
Nick guardò sorpreso prima il foglio, poi lei e di nuovo il foglio prendendolo tra le zampe. Alzò le orecchie quasi confuso. Fino a qualche ora prima la prendeva in giro e ora gli stava proponendo di diventare un poliziotto come lei? «Tieni, in caso ti servisse per scrivere.» gli porse la penna a forma di carota.



Prima di allora, Nicholas P. Wilde non aveva mai pensato a fare qualcosa di diverso dal solito venditore ambulante di zampe-ghiacciolo. Perché avrebbe dovuto? Ci guadagnava, e molto. Quella semplice frase, “…sarebbe bello se avessi un collega”, cambiò il suo modo di guardare il mondo, il modo di guardare lei.

‘Se non lo avesse detto, penso sarei tornato a fare quello che ho sempre fatto: il criminale. Ma credo avrei continuato sapendo che mi mancava qualcosa, che… Mi mancava lei. Ho vissuto con quella coniglietta ottusa momenti e sensazioni che non avrei mai pensato di poter vivere. Sono stato proprio fortunato a incontrarla.’ pensava certe volte tra sé e sé.





Alcune settimane dopo…


Il cielo era grigio e cupo, e aveva appena iniziato a piovere. Fantastico!
«Ascoltate bene perché non ho intenzione di ripeterlo una seconda volta» iniziò a strillare l’allenatrice dell’Accademia di Polizia di Zootropolis.
Che motivo c’è di strillare se tanto siamo tutti qui?’ si chiese Nick, abbassando le orecchie per non diventare sordo. Tutti indossavano una maglietta blu a maniche corte e un paio di shorts, e con quel tempo Nick cominciava a sentire freddo.
«Zootropolis ha dodici ecosistemi differenti all’interno dei suoi confini, per esempio: Tundratown, Piazza Sahara o Distretto Foresta Pluviale. Dovrete conoscerli tutti come le vostre tasche, altrimenti sapete che succede? Siete morti

Prima prova: Piazza Sahara
Nick e le altre reclute erano in piedi, tutti erano sopra ad una immensa distesa di sabbia. La volpe si voltò e vide Judy seduta su una delle gradinate che gli sorrideva e alzava i pollici per incitarlo a fare del suo meglio. Come risposta, anche lui le alzò i pollici. Lei gli mimò qualcosa con le labbra indicandogli di voltarsi. Mh?
«Torrida tempesta di sabbia!» urlò l’istruttrice azionando non uno, ma ben tre ventilatori enormi. Non ci volle nemmeno un secondo che la volpe fu subito ricoperta dalla testa alle zampe. «Sei morto Wilde!»

Seconda prova: Distretto Foresta Pluviale
«Un volo di trecento metri!»
Ce la puoi fare Nick, concentrarti’
«Dai è facile, ci siamo già dondolati sulle liane, ricordi?» la volpe guardò in basso e vide la coniglietta dai grandi occhioni color ametista che lo fissava con in mano un ombrello.
«Sì, e non è stato per niente divertenteeeee!» urlò finendo col muso nel fango.
«Sei morto volpe!»

Terza prova: Tundratown
«Gelido muro di ghiaccio!»
Nick prese la rincorsa ‘Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la-’ peccato non si accorse di avere una zampa sopra la sua coda, che lo fece inciampare e finire dentro l’acqua fredda. «Sei morto Wilde!»

Quarta prova: Combattimento
«Criminale mastodontico!»
La volpe si ritrovò davanti un rinoceronte grande almeno venti volte lui.
«Vai Nick, puoi farcela!» gli urlò Judy
Lui si voltò ‘Io non credo prop-’ pensò prima di essere colpito dall’animale.
«Sei morto!» urlò la coach, proprio come quando fallì nella prova di arrampicata, nella prova ad ostacoli e nella prova di forza.

«Non si è mai visto una volpe poliziotto»
«Mai!»
«Dovremmo credergli?»
«Torna da dove sei venuto, volpe!»
Nessuno gli dava fiducia e nessuno credeva che avrebbe potuto diventare un poliziotto. Tutti tranne Judy. Lei lo spronava sempre, gli dava quel coraggio che ne nessuno gli dava. E nonostante tutte le critiche su di lui o sul fatto che non se non si era mai visto una volpe poliziotto c’era un motivo, Nicholas Wilde non si era mai arreso, anche se certe volte voleva davvero mollare e tornarsene a casa.





«Io, Nicholas Wilde, giuro di essere fedele, coraggioso e affidabile verso ogni singolo cittadino, sia esso una preda o un predatore.» pronunciò il giuramento a memoria.
«E non ti importa che sei una… Volpe?» ghignò maleficamente Judy.
«Cosa?» chiese confuso, prima che qualcuno spense la luce e lo buttò per terra. Nick tentò di liberarsi, ma non si poteva muovere: era stato bloccato da due animali molto più forti di lui.
«Judy! Che significa tutto questo?» chiese spaventato.
«Davvero credevi che ci saremmo fidati di te? Sei proprio un ingenuo, oltre che un miserabile criminale.» rise la coniglietta mentre un altro gli agganciò una museruola.
«Judy! Judy aspetta!» la chiamò, ma ormai era troppo distante per poterlo sentire. Delle lacrime gli rigarono il volto. «Judyyy!»



«Judy… No…Ti prego…» implorò la volpe.
«Nick? Nick? Svegliati, stai sognando!» disse Judy in tono preoccupato mentre lo scuoteva. Quando lui aprì gli occhi, la coniglietta li vide pieni di terrore.
«Judy!» gridò ancora una volta, prima di realizzare che era tutto un sogno. Poco dopo si rese conto di avere il fiatone e di star sudando freddo.
«Nick! Tutto bene? Sei pallido e sembri sul punto di… Piangere?» si mise una zampa davanti la bocca e si sedette accanto a lui sul letto. La camera fu invasa da uno strano silenzio. Nick si passò le mani sul muso, voleva assicurarsi di non avere più quell’affare addosso.
Tirò un sospiro dicendo: «Sto bene Carotina. Ho fatto solo un brutto sogno.» ‘In cui ho rivissuto quel maledetto giorno e tu non ti fidavi più di me.
Judy spostò gli occhi dal pavimento e li posò su di lui: si era coperto il viso con le zampe. «E… Ti va di raccontarmelo?» gli poggiò la sua zampina sulla spalla.
Nick rabbrividì a quel contatto «Non credo ti piacerebbe…»
«Non mi importa, voglio - vorrei - sapere cos’è che ti ha ridotto così.»
Lui esitò «Vedi… c’ero io, altri della polizia… Avevo appena pronunciato il giuramento e… c’eri anche tu che mi guardavi con un ghigno da mettere i brividi...»
Judy si rabbuiò, immedesimandosi in quei terribili ricordi.
«Sembrava molto quello che mi successe da piccolo, in quel dannato giorno dell’iniziazione… Solo che c’eri tu, e non mi difendevi…» la voce gli si era così incrinata, che tratteneva a stento le lacrime.
«E’ colpa dei pregiudizi che hanno le persone, Nick.» gli accarezzò la zampa che gli copriva viso «Tu non devi fare altro che ignorarli. Guarda me, nonostante tutti dicessero che non era possibile che un coniglio diventasse poliziotto, io ci sono riuscita, e lo stesso varrà per te, ne sono sicura.» Finalmente Nick sorrise, e ciò rincuorò la coniglietta.
«Grazie Carotina, per esserci sempre.» l’abbracciò delicatamente, temendo di farle male. Judy ricambiò la stretta, sprofondando la testa nella sua maglietta indaco col logo dell'accademia.
«Aspetta, perché eri venuta?» si staccò quanto bastava per guardarla negli occhi.
«Ah sì, tra poco inizia la seconda parte degli allenamenti. Te la senti?» cercò di usare un tono più comprensivo con l’ultima frase.
«Sì, credo di sì.» sorrise alzandosi in piedi.



I giorni passarono, e Nick si impegnava sempre di più, soprattutto nell’ignorare le voci che lo scoraggiavano e lo criticavano. Che importa se qualcuno pensa che una volpe non possa diventare un poliziotto? L’importante era che lo voleva lui.
Ed è merito della sua determinazione se adesso la polizia di Zootropolis ha la loro prima volpe.









L’autrice dice:
E bentornati nella mia seconda storia. Qui pariamo di come Nick è stato ammesso alla Polizia di Zootropolis superando un duro allenamento, proprio come abbiamo visto nel film con Judy. Ah, vi state chiedendo che significa "· Nick ·" sotto il titolo? Beh, così capite di chi è il punto di vista in quella storia (nel senso delle riflessioni, perchè narrerò i fatti sempre in terza persona)
Spero vi piaccia (chiedo scusa se non l’ho pubblicato prima) e lasciate una bella (o brutta, s’intende) recensione per farmi sapere cosa vi è piaciuto di più, cosa di meno e cosa dovrei migliorare. Alla prossima <3

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Capitolo 3
*** In trappola (parte uno) ***


3- In trappola (parte uno)
· Judy ·

«Ehi Nick!» si avvicinò Judy, mentre l’amico sostava davanti alla macchinetta del caffè.
«Buongiorno Carotina» tese la zampa verso la bevanda fumante appena preparata. «Caffè?»
«Ehm, no, grazie» ‘Già sono frizzante di mio, se poi bevo il caffè dovrai legarmi per farmi stare ferma’. Al pensiero di Judy che correva per l’intera centrale rincorsa da Nick, la fece ridere.
«Ho… detto qualcosa di divertente?» la guardò in modo strano.
Judy ridacchiò «Hai una macchia sulla cravatta» gli indicò il punto preciso.
La volpe abbassò la testa «Dove?»
«Grazie per l’inchino»
Nick serrò gli occhi, ma appena capì dello scherzo sorrise. «Ti stai forse prendendo gioco di me?»
«Chi? Io? Non oserei mai» fece col tono più tenero possibile.
«Hopps! Wilde!» i due alzarono la testa: era il Capitan Bogo che puntava il dito verso il suo ufficio.
Niente di buono, me lo sento...

«Signore, ci dispiace tanto, giuriamo che non acc-» iniziò la volpe, senza sapere il motivo di cui si stava giustificando.
«Tranquillo Wilde, non dovete scusarvi di nulla. Per ora.» si sedette mettendosi gli occhiali. I due si scambiarono un’occhiata confusa «Pare sia evaso un temutissimo criminale dalla prigione di Tundratown, ricercato in più di trenta paesi per omicidio e per traffico di droga. Il Capitano Furcoat mi ha incaricato di assegnare in questa spedizione almeno due dei miei agenti migliori. Pensate di essere all’altezza di questo incarico?»
Judy deglutì.
Avevano affrontato di tutto e di più durante la loro carriera, e catturare un criminale evaso di prigione non sembrava un’impresa così impossibile.
Guardò il partner, il quale alzò le spalle. «D’accordo… Ci stiamo!» esclamò lentamente la coniglietta serrando i pugni.
«Molto bene, dovrete partire per Tundratown domani stesso. Clawhauser vi darà il fascicolo del caso. Detto questo non posso che augurarvi buona fortuna.»


«Ecco qua» disse il ghepardo, tornando a bere da una tazza rosa con scritto “I ♥ Gazelle”.
«Mi sto già pentendo di aver accettato…» fece Nick appena vide la foto del criminale. Era un orso polare bianco con una cicatrice sulla palpebra sinistra. Il suo nome era “Dennis Hawkins”.
«Non abbiamo ancora iniziato, e già ti stai tirando indietro? Vedrai che riusciremo a catturarlo. Infondo non saremo soli, ma ci saranno anche altri poliziotti.» sorrise ottimista la coniglietta.
«Se lo dici tu» rispose sarcastico Nick, ma Judy non ci badò.
«Lo prendiamo un attimo in prestito. Grazie!» salutò la coniglietta prendendo il fascicolo.

Erano le diciotto, e il sole era già tramontato. I due poliziotti avevano appena finito il loro turno di ronda, quando Judy si fermò per far scendere l’amico.
«Grazie per il passaggio» disse chiudendo lo sportello.
«Vuoi che domani ripasso per accompagnarti alla centrale?» sorrise sapendo già la risposta.
«Molto gentile» finse di togliersi il cappello. Le sfuggì una risata.
«A domani» scrollò la zampa, ripartendo.


La sveglia suonò: erano le cinque e mezza, ma a Judy non importava perché si era già preparata mezz’ora prima. Prese le chiavi e partì.
Passato a prendere il collega, si diressero verso la stazione.
«Nick, guarda! Quello dovrebbe essere il Capitano Furcoat. Andiamo da lui!» disse avvicinandosi.
«Voi due sareste?» chiese il rinoceronte, vedendoli indossare la divisa di polizia.
«Judy Hopps e Nicholas Wilde, siamo del primo distretto di Downtown. Ci ha mandato il Capitano Bogo.» spiegò la coniglietta. Furcoat controllò il registro che teneva tra le zampe.
«D’accordo. Allora, spiego anche a voi il programma: una volta arrivati ci incammineremo verso la Centrale, dove assegnerò i luoghi da setacciare. Passate un paio d’ore, invierò a tutti un segnale con i Walkie-Talkie per dire di tornare alla Centrale. Sono stato chiaro?»
«Signorsì» esclamarono in coro. Il treno fischiò, e ciò voleva dire che era arrivato il momento di salire.

Nick si voltò verso la coniglietta, e vide che aveva un’espressione preoccupata. Stava rileggendo il fascicolo del criminale a cui avrebbero dato la caccia.
«Sembri pensierosa, Carotina, non hai spiccicato parola da quando siamo partiti.»
Judy tolse lo sguardo dal finestrino e si concentrò su quello della volpe che gli stava seduto accanto.
«Volpe acuta» sorrise «beh, sì… E’ che sono un po’ nervosa. Dopo aver letto i suoi precedenti penali, penso lo saresti anche tu.» disse tornando seria.
Nick esitò prima di rispondere. «Vedrai, sarà solo un criminale come gli altri. Non sarà così difficile, infondo l’hai detto tu: non saremo soli, ma ci saranno anche altri poliziotti.» rispose tranquillo.
«Nick, credo tu stia sottovalutando la situazione. Io non penso che sia un semplice criminale come gli altri. Se lo era, perché mai avrebbero dovuto chiamare gli agenti migliori di ogni distretto di Zootropolis?» ribatté Judy.
«A questo non avevo proprio pensato… » abbassò la testa «Ma… Non farti intimorire più del dovuto, ok?» l’incoraggio. La coniglietta si sforzò di sorridere. «Ok…»
«Posso farti un indovinello?» le chiese la volpe.
«Spara» alzò lo sguardo verso di lui.
Nick iniziò a ridere «Come si chiama un cammello a tre gobbe?»
«Dai Nick!» rise dandogli una pacca sul braccio. «Sei proprio-»
«…Sono proprio?» alzò le sopracciglia avvicinandosi, e ciò rese il suo sguardo molto più provocatorio di quanto lo era prima.
Se non avessi avuto un minimo di autocontrollo, probabilmente l’avrei già picchiato. Picchiato e abbracciato. Abbracciato e…
Scosse la testa ritornando alla realtà «…Uno scemo.»
Il treno fischiò, arrivato alla stazione centrale di Tundratown. Appena si aprirono le porte, un'ondata di aria fredda si espanse in tutti i vagoni.
Judy, Nick e gli altri poliziotti si diressero verso la Centrale.
Cavolo, avrei dovuto prendere un giubbino più pesante…’ pensò mentre incrociava le braccia dal freddo.

Nel giro di cinque minuti si trovarono tutti in una stanza, un po’ come se fossero nell’Arena della Centrale di Downtown. Ognuno era seduto sulla propria sedia, tutti tranne Judy e Nick che ne condividevano una sola.
«Incarichi» il capitano prese tra le zampe un foglio «Harrison e Twimberlay, setacciate la zona sud-ovest. » continuò così fino agli ultimi due rimasti. «Hopps, Wilde, area nord-est. Sono le otto in punto, verso le tre e mezza manderò un segnale a ogni Walkie-Talkie per dire che dovrete ritornare qui. Tutto chiaro?» concluse infine.


«Accendi il riscaldamento, che si gela!» fece Judy premendo il pedale dell’acceleratore.
«Pensi che non ci abbia provato? Questo coso deve essere rotto!» Nick sbatté un pugno, ma ciò non contribuì a farlo funzionare.
Maledizione!’ pensò ‘Siamo venti gradi sotto zero e non ci danno nemmeno un’auto con il riscaldamento, assurdo!
Fecero appena qualche chilometro, quando la neve stava iniziando a scendere sempre più forte.
«Il tempo sta peggiorando… Non puoi guidare in queste condizioni» fece Nick mentre guardava la neve cadere come se fosse pioggia.
«Dobbiamo trovare un riparo… Vedi niente?»
«Mh… C’è una casa laggiù!» le indicò la volpe. «E sembra anche abbandonata.»
Parcheggiato il SUV, si diressero verso il campanello. La coniglietta suonò, alzando un'orecchio pronta a sentire qualche rumore provenire dall'interno.
Nessuna risposta.
«L’avevo detto: è abbandonata. Proviamo a entrare». Le porte emisero un cigolio alquanto infernale.
«E’ permesso? C’è ness-» non riuscì a finire la frase, che qualcosa di grosso e pesante era appena atterrato sulla sua testa, facendole perdere del tutto conoscenza.

«Carotina… Judy…» una voce familiare si insinuò nelle sue orecchie.
«Cosa… Sono morta?» provò ad alzarsi, ma un dolore fitto all’altezza della testa la fece gemere dal dolore. Aprì lentamente gli occhi, ma non riuscì a credere a quello che stava vedendo: erano stati chiusi in una gabbia! «Ma… dove siamo?» chiese iniziando ad agitarsi.
«E io che ne so» fece il partner con lo stesso tono di voce. Un rumore improvviso sembrò arrivare dalla stanza accanto. La porta si aprì, e una testa fece capolino.
«Si sono svegliati!» gridò tornando indietro.
‘Cosa? Chi era quello? E perché ha detto che ci siamo svegliati?’ una raffica di domande iniziarono ad invadere il cervello della coniglietta, ma tacquero tutte quando vide la porta riaprirsi ed entrò un orso bianco. Aspetta, aveva già visto quell’orso polare… Un sospiro di sorpresa le sfuggì dalla bocca.
«Tu sei Dennis Hawkins!»

…continua…


 
L’autrice dice:

E rieccoci in una nuova storia, stavolta con i pensieri e le riflessioni della coniglietta Judy. Vi starete chiedendo ‘Ma è finita qui oppure continua?’, vero? Ebbene sì, c’è il continuo! E dopo ancora dovrebbe esserci una storia che ha leggermente a che fare con la seconda. Allora, starete dicendo, perché non pubblico la seconda parte insieme a questa? Semplicemente perché sono una stronza dopo verrebbe troppo lungo. Arrisentirci caprette (posso chiamarvi così, vero? ♥).

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Capitolo 4
*** In trappola (parte due) ***


4. In trappola (parte due)
· Judy ·

Una risata maliziosa vibrò nell’aria. «A quanto pare sono diventato famoso! Dovrò fare a meno delle presentazioni d’ora in poi…»
«Non c’è niente da ridere!» provò a dimenare le mani, ma si accorse le erano state legate, proprio come i piedi. «Che cosa vuoi fare? Ucciderci?»
Le sembrò di rivivere un déjà-vu, di quando lei e Nick erano stati intrappolati in quella fossa all’interno del Museo di Storia Naturale. Ripensando a Nick, si voltò verso di lui, e vide che stava fissando con aria perplessa l’animale al difuori della gabbia: forse anche lui stava pensando la stessa cosa.
«Oh, no, certo che no...» ghignò.
Lo farà lui!
«…Non per il momento.» aveva iniziato a camminare avanti e indietro, e si era creata una tale tensione che sarebbe bastato accendere un fiammifero per far esplodere l’intera stanza.
«Che cosa vuoi da noi, allora?» Nick serrò i denti.
«Chiedere un riscatto, che domande!» sbuffò l’orso come se stesse parlando ad un bambino duro di comprendonio. «Poi, una volta preso il bottino, mi sbarazzerò di voi… Uccidendovi! Non è un piano perfetto?» ora stava quasi ridendo.
No… non può finire così… Non adesso!
«Ci.. ci verranno a cercare e.. e tu andrai in prigione!» provò a ribattere, ma stava valutando le possibilità che avevano di trovarli ancora vivi. Per il freddo, per la fame, per la sete, o per colpa sua, sarebbero morti. Di questo ne era certa. Nick tirò un sospiro.
«Dennis, è ora!» urlò uno dall’altra stanza. ‘Ora per cosa? ’ si chiese vedendolo uscire dalla stanza.
«Devo andare, ma ritorno tra poco» fece col tono più minaccioso che poté.
Judy aspettò che chiudesse completamente la porta: «Mordi la corda!» disse girandosi di spalle e alzò le braccia legate.
«Cosa?» chiese sbigottito, ma in realtà aveva capito cosa volesse dire.
«Mordi, rosicchia, quello che ti pare! Così la corda si consumerà e saremo liberi!» fece attenzione a non alzare troppo il tono di voce. La volpe si avvicinò alle zampette con la massima attenzione, fino a sfiorarle con il muso…
«Anzi, fallo tu!» «Che ti prende, Nick? Non è così difficile!» aveva l’aria scocciata.
«E’ che… Ho paura di farti male.» ammise inquieto. Judy sbuffò.
«Va bene. Girati!» Lui obbedì. Gli si avvicinò e addentò la fune, iniziandola a masticare.
Nick ridacchiò: gli stava facendo il solletico.
«Manca... poco... e… FINITO!» la presa della corda si allentò di colpo, liberando le zampe della volpe.
«Ora tocca a te!» si voltò alzando le braccia all’indietro. Nick esitò un istante, prima addentare la corda intrecciata.

Improvvisamente si sentì il rumore di passi pesanti provenire dall’esterno.
«Fermo! Sta arrivando!» bisbigliò nervosa.
«Ahia, sta’ ferma! Il dente…!» era ancora attaccato il muso sullo spago robusto. Appena il malintenzionato spalancò la porta, Nick riuscì ad allontanarsi di scatto, mettendosi le zampe dietro la schiena.
Fiu, per un pelo!
L’orso polare lanciò loro uno sguardo, uno di quelli che non si dimenticano. Vedendo che lo stavano fissando senza dire una parola, interruppe il silenzio: «Allora? Non avete nulla da dire?»
«Io sì: per quanto tempo hai intenzione di tenerci qui?» sbottò l’amico. Judy si accorse che tutte le volte che Hawkins si avvicinava, la lunga coda di Nick iniziava a fremere. Beh, si sa: gli orsi sono i nemici naturali delle volpi, ma non per questo devono per forza averne paura.
Dennis rise, per la centesima volta da quando erano stati rapiti. «Ve l’ho già detto: uscirete presto. Ma da morti!» per l’ultima frase usò un tono molto ostile.
Più lo ripeteva, e più Judy iniziava a credergli.
«Allora non faresti prima ad accelerare i tempi?» grugnì l’altro.
Ma sei impazzito?.
Judy gli diede una gomitata. «Ahi! Che c’è? E’ la verità. Che senso ha tenerci chiusi qui dentro senza fare niente?»
Ma dove vuole andare a parare?
Hawkins alzò un sopracciglio: non si aspettava una domanda del genere. «Nah… Ve l’ho detto che in questa parte del piano mi servite vivi, poi vedrò cosa fare con voi.»
«I-in che senso?» chiese lei anche se non era sicura di voler sapere la risposta.
L’orso sogghignò, «Non dipende da me, dolcezza. Niente soldi, niente ostaggi; è così che funziona. E ora vi prego di scusarmi, anche se non lo fate non mi interessa, ma devo uscire; quel fallito di Craig mi deve ancora dei soldi.» borbottò chiudendo la porta a chiave.
Judy guardò il partner. Era appoggiato con la testa sulle sbarre, e stava fissando lo stesso punto da almeno due minuti. A cosa stava pensando?
«… Nick?» gli poggiò una zampina sulla spalla, facendolo sussultare.
«Eh? Sì?»
«Ho un piano!»
«Sentiamo» sorrise incrociando le zampe.
«Prima dobbiamo liberarci i piedi. Poi mi prendi, mi fai salire fino alla serratura, e provo a scassinarla!»
Mh… Strano. Nella mia testa suonava meglio…
«E sentiamo, come che pensi di poterla aprire?» chiese tirando via la corda dalle caviglie.
«Prova a vedere cos’hai attaccato alla cravatta.» L’espressione di sorpresa che stava facendo quel momento in cui vide la forcina, era qualcosa di veramente divertente.
«Lo sai che sei una coniglietta acuta?» la staccò porgendogliela.
«Sì, sì lo so. E ora aiutami a salire!» lui congiunse le zampe, dove Judy ci salì. Fece entrare la forcina, e dopo un paio di smanettamenti la serratura fece uno scatto.
Centro!
Cercò di fare attenzione ad aprire la porticina senza fare rumore, e piano piano uscirono entrambi.
«Perfetto. Ora dove si va?» Nick si guardò attorno, massaggiandosi la testa. In effetti, faceva ancora male anche a lei…
Alzando lo sguardo, si accorse che c’era una seconda porta: ci si avvicinò, e con estrema cautela la aprì. Era una toilette.
«Guarda! Una finestra!» esclamò sottovoce la coniglietta. Era abbastanza in basso da poterci uscire senza problemi. Però una voce inaspettata irruppe nell’altra stanza.
«Sono fuggiti!» sentì gridare. Oh, cavolo.
«Corri!» aprirono in fretta e furia le ante della finestra.
Proprio quando si buttarono, l’orso spalancò la porta.
«Sono di fuori!» sbraitò, con voce più forte. Intanto i due tirapiedi erano corsi verso il SUV, e una forte dose di adrenalina iniziava a scorrere nelle vene della coniglietta. Aveva freddo, e la paura non aiutava certo a farle mantenere il controllo.
«Dove sono? Ero sicura fossero qui!» aprì ogni sportello, nella disperata ricerca di una qualunque arma.
«Eccole!» presero le pistole narcotizzanti e si nascosero dietro la vettura, in attesa che le loro prede uscissero allo scoperto.
«Dove sono andati?» sentì imprecare da uno dei due complici di Hawkins. Fece capolino dall’auto: era quello più grosso, ed era armato. Non sapevano molto di lui, solo che il suo nome era Alan Spite e che, come Dennis Hawkins e l’altro, fu arrestato per sequestro di mammiferi e tentato omicidio.
«Venite fuori, lo so che siete qui!» la voce si era leggermente avvicinata: non gli rimaneva più molto tempo.
«Allora, al mio tre spariamo. Uno… Due… Tre!»
Il colpo non fu rumoroso, e l’immagine degli orsi mentre cadevano a terra addormentati tranquillizzò Judy, ma in parte.
Sequestrarono loro le armi e misero le manette; se non fossero stati così grossi, li avrebbero fatti salire nell’auto.

Nick riagganciò con aria seria: aveva chiamato il Capitano Furcoat.
«Che cosa ha detto?» domandò la coniglietta, stringendosi a sé per il freddo. Si era dimenticata il giubbino nell’edificio, e di tornare a prenderlo non se ne parlava.
«Che arriveranno, più o meno, domani pomeriggio o domani sera.» Cosa? Ma, ma- «Scherzavo! Ha appena mandato dei rinforzi, saranno qui in dieci minuti.» Judy roteò gli occhi, infastidita. «Dovresti smetterla con l’ironia, sai?»
«Non dirmi che te la sei presa per una battutina del genere, Carotina.»
Sospirò, non sapendo che ribattere.
No, non me la sono presa per questo. Un giorno o l’altro farai del male a qualcuno con questa tua mania di prendere alla leggera ogni singola cosa. E soprattutto devo ancora capire perché continui a chiamarmi Car-
Sentì qualcosa posarsi su di lei che la fece sobbalzare. «Ma che…» si voltò.
Era Nick che le aveva poggiato il suo giacchino sulle spalle. Lo vide accennare un sorriso, che le parve stranamente… Timido?
«Starai morendo di freddo, vero? Sali in macchina, io aspetto gli altri.» ma lei non fece un passo: stava ancora fissando le sue iridi verdi diventare sempre più dilatate.
L’improvvisa accelerazione del battito cardiaco le ricordò che stava trattenendo il respiro. Scosse la testa cercando di riacquistare lucidità, ma niente. Non riusciva a emettere un suono.
«Judy? Stai bene?»
«E-eh? Io… sì, sto bene, perché non dovrei stare bene, eheh, sto alla gran-» Nick posò delicatamente la zampa sulla sua guancia, zittendola con un leggero movimento del pollice. Sorrise, senza dire nulla: probabilmente neanche lui non sapeva che dirle. Beh, forse lo sapeva…
Ma che le prendeva? Perché lui le faceva quell’effetto, così…
La sirena delle macchine si fece sempre più forte, poi cessò. Appena sentì il rumore, Judy sobbalzò almeno un metro più indietro.
«Allora? Dove sono i criminali?» fece il Capitano guardandosi intorno.
«Lì Capitano!» Judy indicò gli orsi polari che stavano ancora dormendo sulla neve. «Ecco… in verità siamo riusciti a catturare solo i complici, ma sappiamo dove potrebbe essere ora!»
«Ci racconta tutto allora, agente Hopps.» il rinoceronte incrociò le zampe; all’inizio sembro non crederle, ma dopo che finirono di raccontargli del rapimento, di come si sono liberati e di come sono riusciti a scappare, dichiamo che rimase abbastanza sorpreso: non si aspettava nulla del genere.
«Sono impressionato, ma resta comunque il fatto che il criminale a cui stavamo dando la caccia è ancora a piede libero!» ora sembrava essere addirittura irritato.
«Ma, signore, noi-» provò a spiegare la coniglietta, ma venne subito interrotta.
«Almeno ora sappiamo dove potrebbe essere. Con un po’ di ricerche riusciremo ad acciuffarlo. Vediamo, sono le dodici e mezza. Possiamo continuare le ricerche almeno fino alle diciannove, e se non è stato ancora trovato continueremo domani. Intesi?» si rivolse a tutti, che annuirono. «Bene, ora continuiamo a ispezionare la zona: voi quattro setacciate la zona artica. Hopps, Wilde, voi l’area orientale. I rimanenti quella occidentale e meridionale. Io porterò l’orso in Centrale.»

Era già passata mezz’ora da quando erano ripartiti, e nessuno dei due aveva più aperto bocca. Stavano annegando in un mare di disagio e imbarazzo, anche se non c’era proprio un motivo.
«Hai avuto paura?» gli chiese Judy, stanca di quel silenzio che la stava facendo impazzire.
«Un po’. Ma non mi faceva paura lui in sé.» rispose senza voltarsi dal finestrino.
«…E cosa, allora?»
«Più che altro quello che avrebbe potuto fare a te. Io sono un predatore, ho gli artigli e tutto il resto, potrei cavarmela. Ma tu, invece… Insomma, vuoi mettere a confronto un orso con una coniglietta?» aveva il tono di voce più basso del solito.
«Mi stai forse dando della debole?»
«Cosa? No! Io-»
«Quindi dato che sono una preda, dovrei occuparmi solo di altre prede? Sei serio?» frenò bruscamente.
«Non ho detto questo! Io mi preoccupo per te e tu… tu…» non riusciva a trovare le parole, nonostante sapesse bene cosa voleva dirle. «Ah… Lascia stare.» ritornò verso il finestrino, dandole le spalle. Judy sospirò, tornando a guidare. «Scusa, ma è che… non mi sono ancora ripresa. Non immagini la paura che ho avuto, e per un momento ho davvero creduto che lui...» quel dannatissimo groppo alla gola le impedì di continuare, ma era sicura che non avrebbe continuato comunque.
«Ma non è successo. E, dimmi, se tu sei coniglio, chi è questo iglio?» scherzò, ma si pentì subito ricordandosi che appena una mezz’ora prima gli chiese di smettere con l’ironia. Fortunatamente, le strappò una debole risata «Divertente, ma per favore, smettila con le battute sui conigli.»
Il tempo passò tranquillamente, fino a quando si udì un tuono. Poi due, e così via, e poco dopo si unì pure la neve che scendeva sempre più impetuosa.
«Accidenti, dobbiamo fermarci… Di nuovo» Nick sgranò gli occhi in cerca di qualche posto in cui rifugiarsi. Con un po’ di attenzione, intravide una piccola abitazione a pochi metri da loro. «Lì! Sembrerebbe una baita. Oppure preferisci restare in macchina?» sicuramente, si stava riferendo al rapimento di qualche ora prima.
«Mh… Meglio andare armati, non si sa mai.» una volta prese le pistole narcotizzanti, si diressero verso il portone. Bussarono varie volte, ma anche qui nessuno rispose. La coniglietta aveva una paura matta, ma si rassicurò ben presto.
Nel frattempo entrarono e andarono alla disperata ricerca di qualcosa da mangiare. Niente. Pensili, frigo, congelatore, tutto vuoto. Ogni tanto, Judy sentiva lo stomaco dell’amico brontolare.
«Scusa, ma è da ieri sera che non mangio.» si giustificava ogni tanto.
Era passata almeno un’ora e mezza, più o meno. Non lo potevano sapere, dato che non c’era nemmeno un orologio in quella baracca. L’unica cosa che sapeva era che Nick aveva iniziato a mormorare qualcosa, come un lamento, che nemmeno il suo acutissimo udito riusciva a capire; fino a quando…
«Non so tu, ma ho uno strano appetito…» aveva un tono di voce decisamente inquietante, e quando si voltò verso di lui, per poco non svenne: aveva le pupille molto più ristrette, le orecchie basse e il muso corrucciato. Si stava mordendo un dito, mentre l’altra zampa si stava stringendo sempre più forte in un pugno.
Qualcosa dentro di lui stava cambiando, contro la sua volontà.
«N-Nick?» Judy allungò la mano, ma quando lo sfiorò, la volpe ruggì.
Corri Judy, scappa!
Scese di corsa dal divano, fuggì verso la prima porta che vide, e con gesto fulmineo la chiuse mettendocisi davanti. Seguirono subito vari colpi: era lui che cercava di entrare.
«Andiamo Judy, lo so che sei lì dentro!» fece con una voce piuttosto inquietante.

Le botte stavano diventando sempre più potenti, ed era inutile resistere: prima o poi sarebbe riuscito a entrare.
Non aveva altra scelta…
Non appena lasciò la porta per lanciarsi dall’altro lato della stanza, la volpe entrò: era a quattro zampe e le si stava avvicinando ringhiante.
Ora o mai più.
Contro la sua volontà, gli spruzzò davanti al muso il repellente per volpi, ma la sua reazione la lasciò di stucco; infatti si era accovacciato per terra e, mettendosi una zampa sul naso, si lamentò dicendo: «Stavo solo scherzando, Judy!»
La coniglietta era a bocca aperta, senza parole. Aveva quasi rischiato un collasso per colpa sua, e poi scopre che era solo uno scherzo. Uno SCHERZO!
Si alzò in piedi, percorse i due o tre metri che li separava, e con gesti fulminei e decisi gli tirò un ceffone che echeggiò in tutta la stanza.
«Ahi! Ma che…»
«E questo è il minimo! Ti rendi conto che mi hai fatto prendere un infarto?»
Nick si massaggiò la guancia dolorante, diventatagli più rossa del pelo che aveva. «Non esagerare, è stato divertente… E perché avevi ancora con te il repellente per volpi?» socchiuse gli occhi con fare sospettoso, venendo poi ricambiato dal broncio della coniglietta.
«No-non si sa mai…»
Ora erano tutti e due a tenere il muso, e rimasero in quello stato finché il walkie-talkie di Nick iniziò a vibrare: era ora di tornare in centrale.


Erano le diciotto e venti, e la maggior parte del tragitto era passato in completo silenzio finché...
«Mi dispiace» dissero all’unisono, per poi scoppiare in una risata.
«Prima tu» fece lei.
«Dovevo immaginare che non ti sarebbe piaciuto lo scherzo, ma quando gli istinti chiamano è difficile resistere… Capisci?»
«Lo sai che sono una preda, e che non ho certi impulsi...»
Nick sbuffò col naso. «Hai ragione. E tu, per cosa ti volevi scusare?»
«All’inizio dello schiaffo, ma ora ci ho ripensato. Trovo che ho fatto bene e non mi pento di niente.» sorrise soddisfatta.
«Ma…» ribatté lui, a bocca aperta.
«Scherzo» gli fece l’occhiolino. «La prossima volta, sperando che non ci sarà, farò più piano.»

E’ inutile raccontare nei dettagli cosa successe in seguito, ma lo racconterò in un breve riassunto. Tornati in Centrale, il Capitano si è congratulato con quelli che hanno catturato il criminale, Dennis Hawkins e Alan Spite sono stati arrestati, e… Io e Nick siamo tornati a Downtown.

«Allora… Grazie per il passaggio» lui si slacciò la cintura.
«Di niente.» accennò un sorriso.
«Potrei riavere…?»
«Oh, sì, certo. Grazie ancora.» gli porse il giubbino in pelle sintetica.
«… Allora a domani» sembrò quasi una domanda.
«A domani» avevano entrambi un tono di voce decisamente basso.
Partì, come se fosse stata in ritardo, ma mantenendo i limiti di velocità.

Corri Judy. Corri che ti passa.


 
…continua…

L’autrice dice:
E dopo una settimana di inattività (non credetevi, ho passato ogni singolo giorno a scrivere queste 2.856 parole) rieccomi con il continuo di In trappola. Il prossimo capitolo dovrebbe avere a che fare con questo, ma lo scoprirete presto (o tra un’altra settimana, dipende ._.). Se vi è piaciuta, se non vi è piaciuta, se volete lasciare un commento personale non esitate a lasciare una piccola recensione, fa sempre piacere ♥ Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Malattia ***


5. Malattia
· Judy ·

Era mattina presto, le sette in punto diceva il telefono della coniglietta, che si stava recando sul luogo di lavoro con aria disinvolta. Arrivò con alcuni minuti di anticipo, giusto il tempo di fare una chiacchierata con Clawhauser.
Appena aprì la porta, lo vide con una tazza piena di cereali mentre canticchiava qualche vecchia canzone di Gazelle.
«Buongiorno Clawhauser!» si avvicinò al bancone.
«Oh, buongiorno a te, Hopps! Ciambella?»
Judy arretrò. «Ehm… No grazie»
«Dovresti assaggiarle, sono la fine del mondo» sorrise addentandone una.
«Magari più tardi... Sai, ho una montagna di lavoro arretrato» e indovina un po’ di chi è la colpa «e…»
«Oh, oh certo! Vai pure. A dopo!» la salutò il ghepardo riprendendo la sua – chissà? – terza colazione.
La prima cosa che doveva fare era continuare a compilare una serie di documenti, su cui anche Nick avrebbe dovuto lavorare. Ma… oggi non c’era. Insolito…
l’inatteso squillo del cellulare la distolse dai pensieri.
Nick.
«Nick?»
«Ehi, Carotina» la sua voce rauca e chiusa la colse di sorpresa. «Che combini?»
«Sono in ufficio, che domande! Tu, piuttosto?»
«E’ proprio di questo che volevo parlarti» sentì tossire «Oggi non posso venire, mi dispiace.»
Proprio come aveva immaginato. Probabilmente era ancora in imbarazzo per l’aggressione del giorno precedente, e nonostante i mille mi dispiace e i continui non preoccuparti, non si sentiva ancora apposto.
«Nick, è tutto ok! Se è per quello che è successo ieri, non-» ma venne subito interrotta.
«No no no! E’ che… non mi sento tanto bene, capisci?»
«Non stai bene?» si era leggermente rabbuiata, ma cercò di non farglielo notare.
«Solo un normalissimo mal di testa, tranquilla. Domani tornerò sano come un pesce, te lo assicu- etciù!»
Non mi convince per niente, invece…
«Salute!»
Sentì tirare su con il naso, accompagnato da un grazie colmo di muco.
«Rimettiti presto, allora!» si salutarono e riagganciò. Lei avrebbe tanto voluto stargli vicino, ma aveva tanto lavoro da sbrigare…


 
· Nick ·
 
Erano passati cinque minuti, quando si tolse il termometro: 40,2°*. Quella mattina si era svegliato con la gola secca e una tosse incontrollabile, per non parlare di quando provò ad alzarsi: per poco non finì col muso per terra.
Aveva appena chiamato Judy, dicendole di avere solo un mal di testa, ma in realtà si era beccato una bella influenza.
Chissà se ci aveva creduto?
Non aveva nemmeno il coraggio di guardarsi allo specchio, e nemmeno gli importava; tanto, chi mai sarebbe venuto a cercarlo? Tranne lei, s’intende. Ma Nick era convinto che non sarebbe venuta.
“Non immagini quanti fogli devo compilare, i casi ancora da risolvere e i turni di ronde…” gli disse con aria indaffarata.
No, appunto.
Solo dopo la decima – o forse era di più? – volta che tossì, si decise ad andare nella cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Ce l’avrebbe fatta questa volta?
Ma non appena poggiò le zampe sul pavimento, tutto sembrò iniziare a muoversi per la propria via, fino a cessare completamente.


 
· Judy ·

Per tutti i cracker al formaggio, ma proprio ora doveva esserci tutto questo traffico?
Era almeno mezz’ora che stava al volante, facendo circa un metro al minuto. Controllò il telefono: undici e sette.

Finalmente, tra suoni di clacson e vigili urbani che facevano multe, Judy Hopps riuscì a riprendere la sua strada senza interruzioni. Arrivò a destinazione un paio di minuti dopo, precipitandosi verso l’ascensore.
Ed eccola lì, davanti alla suo ingresso. Era indecisa se bussare o entrare e fargli una sorpresa, ma tra decisioni e ripensamenti optò per la prima.
Nessuna risposta.
Aprì la porta, trovandosi di fronte un soggiorno invaso dal caos, ma comunque vuoto.
«… Nick?» essendo la prima volta che entrava nel suo appartamento, si trovò completamente spaesata: cd per terra, vestiti sparsi per la stanza, un lavello pieno di piatti sporchi…
«Nick?» ripeté con voce più forte, ma anche qui nessuno rispose.
Cavolo, ma quante porte ci sono?
Si addentrò nel lungo corridoio, quando scorse una porta semiaperta. «Nick!» sussultò sgranando gli occhi: era sdraiato per terra a pancia in giù, con la testa poggiata di lato sopra un braccio. Notò che aveva ancora il pigiama.
«Mnmn, Carotina…» la stava sognando?
«Nick, svegliati!» lo scosse, inginocchiandosi davanti a lui. La volpe sollevò appena le palpebre, con uno strano sorriso stampato in volto.
«Mh… Ehi, l’agente Tutu»
Da quando non la chiamava più così?
Al ricordo di lui che andava in giro con Finnick nel passeggino, la fece ridere.
«Che stai facendo qui per terra?» gli chiese con tono gentile e rilassato.
Si sollevò con i gomiti, facendo sprofondare le guance nei palmi delle zampe. «Potrei chiederti la stessa cosa.»
Aveva già visto quella faccia: Io conosco tutti, e so che da qualche parte c’è un negozio di giocattoli che aspetta che tu ritorni nella tua confezione.
«Andiamo, alzati!» gli afferrò un braccio aiutandolo a tirarsi su, e con gesti pigri e pesanti riuscì a infilarsi sotto le coperte stropicciate. Nick batté più volte la zampa sul materasso, come fosse stato un invito a sdraiarsi, ma lei preferì sedersi a zampe incrociate.
«Che ci fai qui? Non avevi da fare?» domandò stiracchiandosi.
«Diciamo che ho finito prima di quanto pensassi.» Se solo sapesse che non ho fatto nemmeno la metà di quello che avevo in programma… «E tu, invece? Come stai? Hai la febbre?»
Si coprì il muso con un gomito, pensando a quale domanda rispondere «Abbastanza bene, grazie.»
La coniglietta notò qualcosa in vetro sopra a un comodino: un termometro.
«Ti sei misurato la temperatura? Quanto hai?» chiese, afferrandolo con una zampa.
Lui ridacchiò debolmente «Mi sembra di stare in ospeda-»
Venne interrotto da una zampina che gli stava letteralmente sventolando in faccia l’arnese. «Misura!»
Nick sospirò.

Judy alzò lo sguardo verso l’orologio appeso nella stanza: 11 e 45.
Nick si tolse il termometro da sotto il braccio, e appena vide il risultato sgranò leggermente gli occhi.
«Allora?»
«41,5°**» le porse l’oggetto di vetro.
«... Ed è alta?» gli chiese la coniglietta. Aveva imparato che la temperatura corporea cambiava da specie in specie, ma non sapeva quale era quella delle volpi.
Nick le sorrise alzando un sopracciglio, probabilmente anche lui ne era al corrente. «Diciamo di no.»
Come mai non gli credo?
«Bugiardo!» questa sua affermazione lo fece ridacchiare di gusto.
«Mi conosci troppo bene, ormai.» si mise le zampe dietro la testa, e iniziò a fissare il soffitto senza smettere di ghignare.
«Allora, hai intenzione di dirmelo o no?» incrociò le braccia, accennando un broncio.
Lui scosse la testa, con ancora quel dannato sorriso di chi vuole portarti da qualche parte senza dirti dove. La partner tirò un sospiro rassegnato.
Si avvicinò a lui, e quando poggiò le sue labbra sulla sua fronte, vide Nick trasalire.
Cavolo se è calda! Ma è appena uscito da un forno?’ pensò, mentre di stava godendo quel breve momento di intimità.


 
· Nick ·
 
Era incredibile come quel semplice gesto gli stava causando un attacco cardiaco.
«Ehm… Carotina, che stai facendo?» Però quando lei si staccò, una parte di lui si maledisse a vita.
«Stavo solo sentendo se scottavi, e in effetti sembri andare a fuoco! E comunque, vuoi dirmi quant’è alta o devo usare le maniere forti?»
Diciamolo, i ricatti non le riescono bene.
«Siamo davvero arrivati alle minacce?» si soffiò il naso su uno degli innumerevoli fazzoletti che giacevano sul comodino. Il catarro non gli stava dando un attimo di pace.
La coniglietta sfoggiò il suo sguardo più triste e malinconico, riuscendo anche a farsi venire gli occhi umidi.
Nick non poté far altro che sbuffare sconfitto. «Sì, ho la febbre ed è alta! Contenta ora?» ruotò appena la testa per non incrociare il suo sguardo.
Sentì la coniglietta sghignazzare. «Sì, molto. E ora sai dirmi quali medicinali prendi per l’influenza
Cosa? Ma come ha scoperto che-
«E sì: ho capito subito che non si trattava solo di un normalissimo mal di testa, se te lo stai chiedendo.»
Lui serrò gli occhi «E da cosa l’hai capito?»
«Oh, non saprei! Forse dalla tosse, o dai starnuti, o dal fatto che la tua fronte è bollente, oppure
«Va bene, va bene! Hai reso l’idea.»

Dopo un momento di silenzio, si decise a rispondere: «Comunque prendo Fluifolt, è per la tosse e catarro. Dovrebbe essere su uno scaffale nel mobiletto del bagno.»
«Torno subito, non muoverti!»
Chissà dove potrei andare…’ rifletté vedendola scomparire dietro la porta.


 
· Judy ·
 
Aveva cercato dovunque: nei cassetti, nei sportelli, sulle mensole, ma niente.
«Non c’è, credo sia…» Quando la coniglietta tornò nella camera da letto, trovò un Nick addormentato senza la maglietta, raggomitolato fra le lenzuola. «…finito.»
Ma quant’è adorabile in quella posizione?
‘Allora è vero che la pigrizia è contagiosa’ pensò stiracchiandosi, seguita subito da uno sbadiglio.


Non lo sapeva nemmeno lei se stava dormendo o era sveglia. Diciamo che si trovava in uno stato di trance, o almeno lo era finché il movimento di una zampa bruna la risvegliò completamente: era Nick che la stava tirando a sé come fosse stata un peluche, trovandosi presto incollata al suo caldo petto bianco. Appena Judy realizzò la situazione, venne assalita da un panico senza precedenti.
Okay’ pensò intenta a fare un respiro ‘sono tra le braccia di Nick. Pro: sta ancora dormendo. Contro: come me ne esco viva e senza svegliarlo?
Giusto per complicarle la vita, la volpe – nonostante stesse dormendo – decise di stringerla ancora più forte, per poi posare la propria guancia su un lato della testa di Judy.
In parole povere: se avesse fatto un passo falso, addio sanità mentale.
Erano così vicini, che lei poteva addirittura sentire il suo respiro invadere le sue piccole narici rosa.
«Nick!» bisbigliò timorosa. Per tutta risposta, lui posò la sua lunga e folta coda intorno a quello che secondo lui era un cuscino. «Nick!»
Ormai era impossibile uscirne, ed erano già un paio di minuti che le stava alitando sul muso: ad ogni suo respiro, un suo neurone andava in vacanza. Ora o mai più.
Con estrema scostò il braccio da dosso, si voltò dandogli le spalle, e iniziò a divincolarsi. Ma poco prima di allontanare la testa dalla sua, e con un tempismo al dir poco impeccabile, la volpe spalancò le palpebre: anche lui non realizzò subito in che posizione fossero, ma non gli ci volle molto per capire.
«J-Judy?»
Beccata.
La coniglietta si voltò, notando che si era distanziato da lei di qualche centimetro. «Ehi…»
Dopo essersi alzato a sedere, lo vide passarsi una mano sul pelo nudo, mentre ispezionava con lo sguardo ogni parte della stanza. «Dov’è la mia camicia?»
«Non lo so, quando sono venuta te l’eri già tolta…» rispose con un leggero imbarazzo, coprendosi la visuale con una zampa.
Sentì la volpe ridacchiare «Sono davvero così inguardabile?»
«Cos- No!» si voltò fulminea, e quando vide che si stava rivestendo, una piccola – ma non così piccola – parte di lei era dispiaciuta. Avrebbe voluto continuare a guardarlo, a stringerlo, a-
Una serie di suoni irruppe nella stanza: la suoneria di Judy.
«Chi è?» Nick si avvicinò allo schermo, leggendo appena in tempo il nome.
«Clawhauser?» lei non amava rispondere con il classico “pronto”, perciò ripeteva il nome di chi la chiamava.
«Quel ghepardo sovrappeso? Che vuole-» venne zittito da un’occhiata poco amichevole, seguita da un sorriso che però non era rivolto a lui.
«Sì, lo so che posso chiamarti semplicemente “Ben”, ma è più forte di me rivolgermi ai colleghi per cognome. Va bene, Nick è un’eccezione!» Il sorriso della volpe si estese in tutto il viso. «Comunque, mi hai chiamato per dirmi…?»
«Oh, oh, sì certo!» sentì urlare dall’altro capo del telefono.
Particolare che caratterizza Benjamin: chiama qualcuno e poi finisce per dimenticarsi il motivo.
Nick fece segno di farsi avvicinare il telefono. «L’agente Hopps non è al momento raggiungibile, la preghiamo di non richiamare per le prossime ventiquattro ore, grazie!» e riagganciò senza darle tempo di ribattere.
«Ma sei IMPAZZITO? Poteva essere IMPORTANTE!» gli strepitò contro, mentre cercava di ricomporre il numero che però, dopo un paio di squilli, riattaccava automaticamente. Molto probabile si stavano chiamando a vicenda nello stesso momento.
«Se era importante richiamerà.» rispose noncurante, ma continuò subito cambiando completamente tono di voce «E comunque, perché hai il numero di telefono di quel patito di ciambelle?» fece attenzione a scandire parola per parola, serrando gli occhi.
Mammiferi e mammifere, ecco a voi il Nick geloso!
Judy finse di sospirare sorpresa «Oh, Nick, ma non dirmi che sei geloso
A quella parola inorridì, mostrando segni abbastanza rivelatori: orecchie basse, occhi spalancati con pupille ristrette, sopracciglia piegate all’insù…
Ma non poteva farsi scoprire in quel modo, quindi cercò di smascherarsi con una risata, sfortunatamente nervosa. «Io, geloso? Ah ah ah, divertente..»
Appena Judy sentì il trillo della suoneria ripartire, scattò in piedi lontano da lui, così che lui non potesse farle qualche altro inaspettato scherzetto.
«Sì? Scusa per prima, è Nick che ha voglia di…» morire «scherzare – non farci caso
Il diretto interessato le rivolse uno sguardo di disapprovazione, fingendosi offeso, però lei lo ignorò. «Cosa? Ah… capisco. Arrivo subito!» riagganciò sospirando. «Mi dispiace, devo andare.»
«Mh. C’è qualcosa di più importante di passare un pel pomeriggio con me?» disse con voce nasale, soffiandosi il naso.
Judy sorrise inarcando un sopracciglio. «Uno: credi che una rivolta in piena regola non sia un motivo più che sufficiente? E due: Sì, non vorrei correre il rischio di toccare uno di quei schifosissimi fazzoletti smoccolati, non è vero Mr. Moccio?»
«Non chiamarmi più “Mr. Moccio”! Non mi piace granché.» incrociò le zampe, fingendosi offeso.
«Io trovo che ti stia bene, invece.»
Quell’istante in cui Nick batté le palpebre, si ritrovò una coniglietta che lo stava abbracciando. «Rimettiti presto!» gli sorrise e corse via, lasciandolo con una zampa sospesa nell’aria e una serie di parole rimaste nella gola.




*Corrisponde ai nostri 38,5°.
**Corrisponde ai nostri 39,8°




L’autrice dice:
Salve a tutti! Ho contato e pare siano ben 16 giorni che non pubblico il continuo… Un giorno in più del mio tempo massimo – Sorry!­ (Magari mi sto facendo tutti questi problemi e poi sono solo due gatti che leggono xD) Comunque il nuovo capitolo è qui, e ho molte altre idee da realizzare, quindi aspettatevi di tutto dalla sottoscritta [evil laugh]

Ringrazio Plando (primo a recensire la mia prima storia – grazie ♥), Redferne (vedi di non farmi aspettare troppo per il tuo prossimo capitolo ç-ç), Freez Shad (omg, ho appena notato che l’hai già pubblicato il continuo!), Iron Captain (che non manca di farmi notare gli errori dei capitoli, grazie per l’aiuto! <3) e tutti coloro che leggono e non recensiscono, anche se siete lettori silenziosi so che ci siete, e mi fate felicia! ♥
Grazie della lettura, alla prossima!

Lo sapevi che...?
La temperatura corporea media di una volpe rossa è di 38,7°, mentre quella di un coniglio (nano) è di 39-40°.

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Capitolo 6
*** Gelosia? (parte uno) ***


6. Gelosia? (parte uno)
· Nick ·

Va bene che volevo fare una sorpresa a Judy, ma di questo passo arrivo in ritardo ’ pensò, accorgendosi di essere circondato da un infinito numero di automobili che non andavano a più di una ventina di kilometri l’ora.
Normale per una metropoli come Zootropolis.

Arrivò alla centrale appena dieci minuti dopo, e fortunatamente era ancora in anticipo. Si guardò intorno, perlustrando ogni minima presenza di quella stanza: un via vai di agenti dalla taglia enorme, qualcuno che viene arrestato, Clawhauser che fa piazza pulita di ciambelle… Ed eccola lì, la sua piccola preda. Era davanti ai distributori, e stava ridendo con qualcuno alto più o meno il doppio di lei.
Momento perfetto per un agguato.
Peccato che quando si stava avvicinando con passo felpato, il mammifero che le stava accanto le bisbigliò qualcosa, facendola voltare di scatto.
«NICK!» strillacchiò, correndogli incontro.
Agguato fallito, grazie mille amico.
Quando la coniglietta gli si avventò contro, la volpe per poco non perse l’equilibrio. Si stupiva ancora come quei semplici gesti potessero farlo sentire così… bene.
«Wow, cos’è tutto questo entusiasmo?» posò una zampa sulla sua piccola testa grigia.
«Mi sei mancato, tu che dici?» nel momento in cui lei gli cinse la vita con le braccia, lui notò che un inquietante silenzio era calato intorno a loro, e che la maggior parte dei poliziotti – compreso il ghepardo che sedeva alla reception – li stavano fissando.
«Ehm, Carotina… Stai dando spettacolo» al suo sussurro, la coniglietta rizzò le orecchie staccandosi dall’abbraccio, facendo poi svanire la sua espressione di imbarazzo solo quando si assicurò di non essere più al centro dell’attenzione.
«Vieni, devo presentarti una persona.» lo condusse verso l’animale con cui stava parlando prima, e che da allora non aveva mai smesso di fissarli con un sorriso alquanto fastidioso. «Nick, ti presento Michael Forrest, un nuovo agente del dipartimento. Mike, lui è il mio partner di lavoro
‘Perché questa precisazione? E’ ovvio che intenteva’ mentre rifletteva, vide una zampa castana avvicinarsi.
«Mike Forrest!» fece l’altro.
Forrest… Mi ricorda qualcuno…
Da quando la coniglietta l’aveva condotto da lui non lo aveva nemmeno degnato di uno sguardo, per questo nel momento in cui alzò lo sguardo sul mammifero rimase di stucco: pelo ben curato, aspetto gentile, e come se non bastasse aveva anche gli occhi azzurri.
Proprio un bel tipetto, non c’è che dire.
Fece un respiro profondo, allungando a fatica un braccio. «Nicholas Wilde.»
Forse era solo una sua impressione, ma il sorrisetto che aveva stampato in volto gli parve piuttosto provocatorio. «Comunque le faccio i miei complimenti, non sapevo che le volpi potessero diventare agenti di polizia. Credevo che per la loro scarsa – se non pessima – reputazione, fosse impossibile poter fare il poliziotto.»
Ma guarda tu che faccia tosta abbiamo qui!
Prima di rispondere con qualche insulto, si guardò bene dal farlo. Che ci avrebbe guadagnato, oltre a una grandissima soddisfazione? Il dissenso di Judy.
«Se è per questo, io non sapevo che i cani erano ammessi nei luoghi pubblici senza la museruola.» replicò imitando il ghigno che aveva assunto l’altro, poco prima di trasformarsi e diventare un campo di benzina invaso dal fuoco.
Boom, come dice Judy.
«Ah ah, simpatico. Peccato che in realtà non sono un cane, ma un coyote, e non vedo il motivo di dover indossare un simile arnese.» ora era lui a tenere le zampe incrociate.

Dopo un momento di estremo silenzio e uno scambio di sguardi poco carini, la volpe decise di alzare i tacchi e uscire di scena.
«Nick, dove stai andando?» la coniglia fece per seguirlo, ma venne presto interrotta.
«Vieni, o faremo tardi.» rispose lui senza voltarsi né fermarsi.
Non è questo il punto, Nick!
Sentì un passo leggero farsi strada dietro di sé. «Aspetta! Posso parlarti un attimo?»
Si voltò verso di lei «Carotina, lo so che avevi buone intenzioni, ma non è stata una buona idea, te lo assicuro.» Detto ciò riprese a camminare, prima di accorgersi di essere stato afferrato per un braccio.
«Perché gli hai detto quelle cose? Anche io sarei stata stupita se qualche mese fa avessi visto una volpe polizotto!» si corresse subito vendendo l’espressione seria del partner. «Cioè, non perché una volpe sia strano e un coniglio no-»
«Judy»
«Insomma, anche io ci sarei rimasta dopo aver visto un agente coniglio-»
«Judy»
«diciamo, più che “rimasta” sarei stata felice, ma-»
«JUDY!» la coniglietta si zittì in un istante, abbassando d’istinto le orecchie. Lui sospirò, nel vago tentativo di addolcire sia lo sguardo che il tono di voce. «Non ho idea di dove tu voglia andare a parare, e nemmeno del perché mi hai voluto far conoscere quel tipo. L’unica cosa che so è che abbiamo, o almeno ho, un mucchio di lavoro da recuperare, quindi se permetti direi di andare.»
Judy esitò un momento. «Ecco… Tu intanto vai, io arrivo tra poco.»
Inutile chiedere cosa volesse fare, dato che senza nemmeno aspettare la sua risposta si era già diretta verso il mammifero di prima.


 
· Judy ·
 
«Mike! Scusami, non credevo che-»
«Tranquilla Judy, non devi scusarti di nulla.» l’interruppe il coyote. «Scusa la domanda, ma come fai a lavorare con quella volpe
Tra tutte le cose che poteva odiare, chiamare Nick “la volpe” era nella top ten.
«Primo: per favore, non chiamarlo più così. Secondo: credo che ti abbia risposto in quel modo per quello che gli hai detto…»
«Cosa? Che non avevo mai visto una volpe poliziotto? Suscettibile, il tuo amichetto.» si mise le mani nelle tasche dei pantaloni, gesto che faceva quasi sempre anche Nick.
La coniglietta fece un respiro profondo. Da quando era entrata nel dipartimento di polizia, non aveva amici: Nick e basta. Forse Clawhauser, ma non lo contava nemmeno. Di sicuro non voleva perderne uno con cui aveva scoperto di andare d’accordo.
«E’ solo che non gli piacciono i pregiudizi, tutto qui. E se vuoi scusarmi, dovrei andare…» Accennò un sorriso.
«D’accordo, ma una cosa: ti va bene se ci vediamo anche nella pausa pranzo?»
«Certo, aspettami al solito posto.» lo salutò, mentre si allontanava.

A passi lunghi, si diresse verso il proprio ufficio, ritrovandosi un Nick con testa bassa mentre lavorava al computer. L’unico suono in quella stanza era il continuo ticchettio dei tasti con il brusio delle lancette dell’orologio, e nel giro di cinque minuti si era creata un’aria così tesa che la stava facendo impazzire.
Judy guardò l’orologio appeso sul muro: dieci e un quarto. Il tempo sembrava non passare mai, in quella stanza. Non erano mai stati in silenzio così a lungo, e un pensiero iniziò a farsi strada nella sua testolina.
«Nick?» non era sicura di averlo detto ad alta voce, forse l’aveva solo pensato, ma ricevette presto la conferma.
«Sì?»
«Sei… Arrabbiato con me?» chiese con tono decisamente basso, ma sufficiente per l’udito finissimo della volpe.
Si voltò, non sicuro di aver sentito bene. «No. A meno che non ci sia un motivo per esserlo, ma non c’è. Non c’è, vero?» il modo in cui glielo chiese, le strappò un sorriso. Era una delle cose che gli riusciva meglio: farla ridere. Al secondo posto c’era sorprenderla, per esempio quando scoprì che voleva comprare un ghiacciolo jumbo non per darlo al “figlio”, ma per rivenderlo in altri piccoli ghiaccioli; però la top one era e restava prendersi gioco di lei, su questo non ci pioveva.
«No, non c’è.» almeno credo.

Tin tin! Tin tin! L’orologio segnò mezzogiorno e mezzo: ora della pausa pranzo.
«Dove stai andando?» chiese la volpe, senza nemmeno voltarsi dalla propria scrivania.
Judy inspirò «Vado da Mike, vuoi venire anche tu?» Risposta scontata, Judy.
«E perché dovrei?» chiese, come se non sapesse realmente il motivo di quella domanda, facendo ruotare la sedia girevole su cui era seduto.
«Per chiarirti con lui, ovviamente.»
Il collega, per tutta risposta, si voltò tornando a darle le spalle, borbottando qualcosa del tipo «Non ho niente da dirgli, fine della storia.»
La piccola leporide sospirò sconfitta, dirigendosi nel punto in cui lei e il coyote passavano – dal primo giorno di assenza del collega – ogni pausa pranzo.


 
· Nick ·
 
Era la terza volta che rileggeva un fascicolo, e per la terza volta non riusciva ancora a capire cosa c’era scritto. Non era ben sintonizzato, o almeno non lo era più da quando la partner l’aveva lasciato da solo per andarsene col tipo di qualche ora prima.
Ma perché tiene così tanto a quel coyote? E perché ho la strana impressione di averlo già conosciuto?
Senza rendersene conto, aveva iniziato a camminare per la stanza, e la sua coda non voleva saperne di restare ferma.
Che faccio? Se vado da loro, potrebbe andare peggio di com’è andata stamattina. Oppure potrebbe andare tutto per il meglio, e concludersi con una stretta di mano. Ma il modo in cui ha detto quelle cose… “Credevo che per la loro scarsa – se non pessima – reputazione…”
No, non doveva dargli questa soddisfazione nemmeno sotto tortura, nemmeno se Judy lo avrebbe implorato con le lacrime agli occhi. Beh, questo magari sì, però il punto è questo.

Senza preavviso, una piccola parte del suo subconscio prese la parola: la ragione.
Vuoi davvero mettere l’orgoglio davanti alla persona a te più cara? Vai da loro e scusati, anche se sai di avere ragione, e vedrai: non solo non ti abbasserai al livello di quel mammifero, ma dimostrerai anche di avere un minimo di maturità. Non sei più un cucciolo che può permettersi di tenere il broncio, Nick!

Ora era tutto più chiaro. Sapeva cosa doveva fare.
Senza esitare corse nella hall della centrale, ma nessuna traccia di quei due. Cavolo.
«Ehi, Wilde! Stai cercando Hopps e Forrest, non è vero?» come poté non riconoscere la voce del ghepardo chiamato Benjamin Clawhauser. Non fu necessario che rispondesse, capendo immediatamente dal suo sguardo perso la risposta. «Da quel che ho capito dovrebbero essere di sotto negli archivi, ma-»
Proprio quello che volevo sapere. «Grazie!» si limitò a dire.
Stava scendendo rapidamente le scale, e non aveva smesso di ripetersi il discorso che da qualche minuto gli aveva invaso la testa.
Entri, ti scusi del tuo comportamento infantile, e se riprova a provocarti gli rispondi, ma senza esagera-
L’immagine che si ritrovò di fronte era tanto assurda e impensabile da togliergli il fiato. In un primo momento credeva fosse solo uno scherzo, ma poco dopo realizzò che stava accadendo davvero.
In tutta la sua vita, mai aveva provato la sensazione di un burrone aprirsi sotto i piedi, di un mondo sgretolarsi davanti ai suoi occhi, di un cuore andare in frantumi, come lo stava provando quel momento in cui vide Judy e Michael seduti uno di fianco all’altra, mentre i loro musi si stavano avvicinando sempre di più fino a

 
…continua…

L’autrice dice:
Non credevo sarei riuscita a finirlo, ma ce l’ho fatta! Spero di averli mantenuti IC e di non aver fatto errori, ma se vi capita di trovarne qualcuno fatemelo sapere ^^
Ho notato che il capitolo precedente ha avuto successo, e sono contenta vi sia piaciuto come sia piaciuto a me scriverlo, sul serio <3.
Do il benvenuto a Sakura182blast e a Lunastorta1999, e inoltre ringrazio i lettori che decidono di lasciarmi sempre una recensione, fa molto piacere sapere cosa ne pensate! ♥
Alla prossima!

-Mizuki-


P.s: Spero vi piaccia il disegno che ho fatto, spero renda l'idea di Mike Forrest (scusate se non è un granché, ma non ho una tavoletta grafica e mi devo accontentare del mouse ç-ç)

 

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Capitolo 7
*** Gelosia? (parte due) ***


7. Gelosia? (parte due)
· Judy ·

Qualche minuto prima, mentre scendevano le scale per andare negli archivi…

«Quindi è grazie a te se quella volpe è un agente di polizia?» chiese l’amico strabuzzando gli occhi per lo stupore alla coniglietta che le camminava accanto.
«Oh, no! Io gliel’avevo solamente consigliato, e a quanto pare mi ha dato retta. Non sembrerà, ma è un ottimo poliziotto, sai?» mentre raccontava non poteva non sorridere al ricordo di lui che le spiegava il trucchetto per evitare le telecamere stradali. In effetti, anche in altre molte situazioni si era rivelato utile.
Il coyote roteò gli occhi, aprendo con una zampa la porta degli archivi. «Se lo dici tu… Ma perché ora non mi parli un po’ di te?»
A quella domanda, Judy parve essere leggermente a disagio. «Oh, ehm… Che vuoi che ti dica?»
«Non so, hai degli hobby, cosa ami e che non sopporti, se ti piace qualcuno…?» nonostante lui avesse tossito l’ultima frase, questa arrivò alla coniglietta forte e chiara come una doccia fredda.
E chi se l’aspettava una domanda del genere?
Ma ora che ci pensava, si rese conto di non essersi mai soffermata su quel genere di cose. Anche la madre, prima della sua partenza, le parlava del fatto che prima o poi anche lei avrebbe trovato una “dolce metà” con cui “sistemarsi”.
Poco prima di pensare a una qualsiasi risposta valida, realizzò che si erano seduti per terra a pochi centimetri di distanza.
Il coyote, vedendola esitare, decise di aiutarla. «Non ci avevi mai pensato, vero? Eppure non è facile non innamorarsi di questi grandi occhioni ametista.»
La leporide spostò lo sguardo dal pavimento al collega, ma temendo di avere le pupille dilatate e sentendo il sangue fluirle sulle guance, si voltò di poco e alzò una zampa per coprirsi.
«Ehm… Grazie Mike, nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere» non sapendo nemmeno lei il perché, sentì un lampo di improvvisa tristezza percorrere ogni centimetro del suo corpo.
Doveva cambiare discorso il prima possibile; per quanto ne sapeva non le era mai piaciuto essere così al centro dell’attenzione di un uomo, a eccezione di suo padre e fratelli.
«A-a proposito dell’ametista, lo sapevi che…»

Oh Judy, se prima di iniziare a parlare ti fossi accorta che Forrest si stava avvicinando con l’intenzione di baciarti, ora non lo starebbe facendo. Per tua fortuna non è il classico bacio sulle labbra con lingua, ma è un bacetto amichevole (almeno credevi lo fosse, amichevole) sul bordo della bocca, quasi sulla guancia. Probabilmente mirava a quella, ma ha sbagliato “mira”. E mentre tu lo lasci fare – poiché in quel momento eri incapace persino di parlare – ecco un tipo sull’uscio della porta che vi fissa a bocca aperta. Nick.

Aspetta, è NICK?

La coniglietta si staccò tremando da quello che credeva essere un semplice amico, per mettere meglio a fuoco la figura della volpe che aveva gli occhi spalancati e la bocca aperta, come se stesse per dire qualcosa.
«Ah ehm… N-non volevo interrompere. T-tolgo il disturbo» borbottò con una nota nervosa, facendo dietro front.
Oh no.
Riacquistando come per magia tutta la lucidità, Judy balzò in piedi e corse verso di lui, prima di accorgersi però di essere trattenuta dalla zampa castana del coyote.
«Lascialo andare» la sua voce era calata di uno o due toni, ed era sempre più seria a ogni parola che gli usciva dalla bocca.
Lei si voltò, guardandolo per la prima volta dopo l’entrata di Nick. «Che cosa? Perché?»
«Pensa: cosa vorresti che facesse lui se fosse stato al tuo posto?»
Che fosse corso da me e mi avrebbe spiegato, anche se non avrebbe avuto motivo di giustificarsi.
Tutto chiaro.
Sotto lo stretto stupore del coyote, la piccola Judy sgusciò via dalla sua presa e si precipitò nella hall del dipartimento; per la sua improvvisa irruzione, si era guadagnata uno sguardo di disapprovazione da ogni singolo mammifero che si trovasse nella zona, ma lei decise di non preoccuparsene troppo. In un batter d’occhio riuscì a ispezionare la stanza, ma nessuna traccia di Nick. Col cuore in gola si diresse nel proprio ufficio, trovando con sua leggera sorpresa che la volpe era tornata davanti al computer a scrivere chissà che cosa, come se nulla fosse successo.
«NICK! Ti giuro che non era come sembra, qualunque cosa tu stia pensando!»
Senza esitare, il partner iniziò a parlare con un tono alquanto dolce, come se stesse parlando a un bambino «Ma come Carotina, non gli stavi controllando se aveva una carie?» qui parve assumere un’aria seria e voce disinteressata. «Andiamo, cosa c’è da spiegare? La realtà non poteva essere più chiara.»
Che cosa?
«Ma di che stai parlando?»
«Andiamo, come se non l’avessi capito che…» da treno spedito dovette bloccarsi a metà frase non appena pensò il continuo, non facendo altro che aumentare la curiosità della coniglietta. «Niente, lascia stare.»
«Oh no, io non lascio stare un bel niente! Capito che cosa?»
Silenzio assoluto.
Altra cosa che nella sua carriera di poliziotta non sopportava: interrogare i criminali arrestati e non sentire le risposte. Perché, quando invece le rispondevano in modo completamente incoerente alla domanda?
Con la sua rispettabile cocciutaggine, si avvicinò alla scrivania del collega, decisa a insistere fino a farlo parlare. «Nick, vuoi rispondermi o devo scrivertelo in carta da bollo? Mi hai sentito almeno? Che avresti capit…?! »
Il povero Nick, esaurito da quella sfilza di richieste, rispose forse troppo in fretta. «CHE TI SEI INNAMORATA DI QUEL TIZIO!»


Due parole: baratro totale.
Quella serie di parole iniziarono a rimbombare incessantemente nella sua piccola testa, chiedendosi se fosse stato vero. Le piaceva Michael Forrest?
Eppure lei non riusciva a convincersene, e dopo svariati secondi che a lei parvero un’eternità, Nick continuò con molta meno forza di prima.
«Scusa. La tua vita privata non è affar mio, ma ti avverto: quel coyote non mi piace per niente, e so riconoscere quando un predatore ha buone o cattive intenzioni.» mentre parlava, prese la direzione della porta «Spetta a te decidere se fidarti o meno.» una volta finito, le diede le spalle e si allontanò da lei, senza più voltarsi e ignorando completamente ogni suo richiamo.



Qualche ora più tardi, nell’appartamento di Judy…

La coniglietta alzò pigramente la testa dal cuscino. Nella fioca luce emessa dalla lampada, riuscì a scorgere la radiosveglia poggiata davanti alla finestra. Erano le sette e mezza.
Quelle serate di solitudine le facevano mancavano terribilmente i suoi piccoli fratelli e sorelle, compresa la loro instancabile voglia di giocare. Ogni tanto si soffermava a pensare anche della sua infanzia: nonostante molti la prendessero in giro sul fatto che voleva diventare un agente di polizia, aveva molti amici che le volevano bene. Dopo le elementari arrivò la scuola media, poi il liceo, e qui visse degli anni belli quanto difficili: l’adolescenza.

Mentre si stava perdendo nei ricordi, sentì qualcuno bussare alla porta. Quando pensò a chi poteva essere, un brivido le percorse tutto il corpo fino a farle rizzare i peli della coda; dopo aver aperto la porta, questi si rilassarono lievemente, ma non del tutto.
Era Michael, e aveva in mano due bicchieri da asporto, con sopra scritto “Jumbeaux’s Cafe”.


 
· Nick ·
 
‘Che giornata pazzesca’ pensò, osservando il contrasto tra il buio della notte e le luci della città.
Sono assente appena una settimana, ed ecco che si mette col primo che passa nella centrale.
Dopo un breve momento di perplessità scosse ripetutamente la testa, nel tentativo di ricacciare un pensiero molesto che continuava a riaffiorare nella sua mente.
Si chiedeva ancora del perché gli desse così tanto fastidio una possibile relazione tra la sua partner – nonché migliore amica – e il tipo con cui aveva dichiarato guerra con un semplice sguardo.
Michael Forrest’ continuava a ripetersi, sperando di ricordare dove aveva già sentito quel nome.
A rompere il silenzio era la vibrazione del suo telefono. Quando lesse ‘Carotina’, esitò prima di aprire il messaggio, ma dopo un respiro profondo prese e lo toccò con un dito. Era una foto, però il contenuto lo nauseò, irritò e gli diede un senso di malessere fin nel profondo dell’anima.
Vedere quel coyote sopra a Judy, mentre le bacia il collo, era davvero troppo. In un momento credette di cadere, poiché sentiva che stava tremando.
N-non può essere, è solo uno scherzo, un orribile scherzo… ’ questo fu il suo primo pensiero, però più la guardava e più… Aspetta, ma perché Judy sembrava sul punto di piangere quando l’ha scattata? Ora che la osservava meglio, stava effettivamente piangendo
Compose in fretta il suo numero, e dopo un paio di squilli rispose.
«Pronto?» Nick riconobbe la fastidiosa voce del coyote.
«Che hai fatto a JUDY, e perché hai il suo TELEFONO?!»
Sentì ridacchiare «Non sono affari tuoi.»
Con quelle parole si ricordò tutto: lo diceva sempre alle medie, e lui lo sapeva perché erano compagni di classe. E se la memoria non lo tradiva, forse sapeva anche il motivo del perché lo aveva sempre odiato.
«NON SONO AFFARI MIEI?! E allora perché mi hai mandato quella…» s’interruppe nell’istante in cui sentì la piccola e debole voce della coniglietta mormorare qualcosa che però non riuscì a capire, aumentando al limite l’ansia che lo stava facendo impazzire.
Poco prima di rispondergli, Nick sentì il coyote dirle qualcosa che la fece lamentare ancora di più.
«Lasciaci in pace.» fu la sua ultima parola prima di riagganciargli in faccia, senza dargli tempo di replicare.
Replicare cosa, poi? Che cosa gli voleva dire con quella foto? E perché Judy – per quel poco che era riuscito a sentire – stava singhiozzando?
In gesti fulminei ricontrollò, con tutto il disgusto che provava nel riguardarla, l’immagine del messaggio. La prima cosa che adocchiò furono le lenzuola azzurre del letto, e allora si ricordò di una foto che gli aveva mostrato Judy del suo appartamento: dovevano trovarsi lì, senza dubbio.


 
· Judy ·
 
Nonostante continuava a sbattere le palpebre nella disperata speranza di mettere a fuoco, le lacrime glielo impediva. Aveva un irrefrenabile voglia di alzarsi e di prenderlo a schiaffi, desiderio alquanto strano per una coniglietta come lei, ma dovette rinunciarci poiché non riusciva a muovere un muscolo da quando aveva bevuto quella strana bevanda. Sentì risvegliarsi in lei una sensazione nuova quanto primitiva: la paura.
«Mike… Smettila, ti prego» provò a gridare, ma ne uscì solo un sussurro. Lui, che intanto continuava a guardarla da sopra di lei con uno strano sorriso soddisfatto, le accarezzò le lunghe orecchie che le ricadevano dietro la schiena, per poi bisbigliarle:
«Lo sapevi che sei ancora più bella quando sei spaventata?»
Non le piaceva per niente quella situazione, e di lì a poco era sicura che sarebbe morta di arresto cardiaco.
Tra tutti gli agenti che ci sono nella centrale, come le era potuto capitare di stringere amicizia con il più psicopatico?
Nonostante le girava la testa a ogni suo piccolo movimento, riusciva a vedere – e sentire – perfettamente quello che le stava facendo, ovvero le stava infilando con una certa gentilezza una zampa sotto la sua maglietta, mentre chinava il capo per darle un altro bacio sul collo.
«Fermati, dico sul serio, ti prego…» gemette al contatto tra la sua bocca umida e la sua pelle calda. Il coyote, che non sembrava intenzionato a fermarsi, le si avvicinò mirando alle labbra, ma un improvviso suono del campanello lo bloccò di scatto.
Una scintilla di speranza le balenò negli occhi; forse quella sera sarebbe “sopravvissuta”.


 
· Nick ·
 
Dopo alcuni secondi riprovò, ma anche quel tentativo risultò vano, fino a che sentì provenire dall’interno una specie di lamento. Provò a smanettare più volte il pomello, ma non c’era niente da fare: era chiusa.
‘Dovrò fare alla vecchia maniera ’ disse tra sé facendo qualche passo indietro, per poi scagliarsi di fianco contro la porta, la quale si aprì di colpo come fosse stata aperta un secondo prima. Appena varcò la soglia dell’appartamento, sentì un forte dolore alla schiena, ma la volpe non fece nemmeno in tempo a voltarsi per capire che stava succedendo che fu nuovamente colpito, questa volta in piena faccia.
Venne scaraventato contro la scrivania, e lì poté riprendere fiato e capire che a colpirlo era stato proprio il coyote, il quale senza un attimo di esitazione gli si fiondò contro come una furia. A meno di un metro di distanza, Nick gli tirò un calcio con entrambe le zampe posteriori, facendolo volare dall’altra parte della stanza. Questo però non gli bastò a metterlo fuori gioco, infatti – mezzo barcollante – gli si tuffò addosso facendolo cadere a terra, e iniziò a tirargli una serie di pugni dritti al muso. Il dolore più acuto che sentiva in quel momento non era più di tanto quello delle botte che stava ricevendo, ma erano le urla di Judy, della sua Carotina, che lo stava guardando mentre le prendeva come fosse stato un ragazzino, incapace di difendersi.


 
· Judy ·
 
“Vivere un inferno” non era la parola corretta per descrivere quello che provava nel vedere Nick, il suo collega e migliore amico che l’aveva messa in guardia nei confronti di Michael, steso per terra e sanguinante. Il coyote si alzò in piedi e, come se non fosse successo niente, avanzò con aria trionfante verso il letto.
«Dov’eravamo rimasti?» fece con un tono disgustosamente suadente.
No, ti prego, no, no…
«A QUESTO» esclamò una voce alle sue spalle, ma non fece nemmeno in tempo a voltarsi che venne colpito alla mandibola, finendo per essere messo KO.
La volpe passò un polso sul muso cercando di pulirsi dal sangue, e quando si voltò verso il letto vide che Judy, la quale aveva assistito all’intero scontro tra urli e grida, scoppiò in un mare di lacrime, singhiozzando il suo nome.
«Oh Nick…» gemette avvicinandosi debolmente a lui. «Per un attimo ho creduto che tu… tu…»
«Shh, va tutto bene. E comunque, ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco.»
Di come riusciva a farla ridere anche in situazioni del genere, restava ancora un segreto per lei.
Quando si staccò da lei, riprese l’aria seria e preoccupata di poco prima. «Ora dimmi tutta la verità, ti ha messo le mani addosso?»
Era ancora stordita e non si sentiva completamente lucida, ma appena ripensò a quei dettagli che preferiva tenere per sé, le tornarono le lacrime agli occhi.
«Avevi ragione tu… Avrei dovuto darti retta, ma non l’ho fatto; perché lui…» le si incrinò la voce tanto che dovette riprendere fiato per non rimettersi a piangere. «Si è approfittato del fatto che non riuscivo muovermi e…»
Nick deglutì a vuoto, poiché era senza fiato. «N-non ti avrà mica…»
«NO!» urlò, intuendo ciò che voleva dire. «Cielo, no…»
Il predatore sospirò: era tutta la sera che aspettava di dirle la verità su Michael Forrest, ma ora che ne aveva l’opportunità si sentì mancare. «Judy, credo di sapere del perché ci abbia provato con te…»
La coniglietta si fece curiosa, e vedendola spalancare gli occhi continuò. «Io e Michael frequentavamo la stessa scuola, e c’era una ragazza di cui si era innamorato. Lui me la fece conoscere, ma le cose non andarono molto bene.»
«Continua…» lo esortò lei, impaziente di sapere il continuo.
«Poi venni a sapere che lei si era presa una cotta per il sottoscritto, ma ovviamente a me non interessava. Così lui si arrabbiò con me e giurò di farmela pagare; all’inizio non credevo dicesse sul serio, ma a quanto pare lo era…»
Ora iniziava a capire tutto, ma c’era ancora una cosa che non le tornava…
«E perché vendicarsi con me? Che c’entro io?»
Lui sbuffò col naso in segno di risata. «Proprio non ci arrivi?»
Ci risiamo.
«Credo di no…»
«Coniglietta ottusa.»
«Volpe acuta.»





L’autrice dice:
E dopo un mese di assenza, ecco finalmente il continuo. Non riesco a capacitarmi di averci messo un mese intero, forse è colpa delle vacanze Natalizie e dei panettoni…
Lo so, non è una giustificazione.p
Spero vi sia piaciuto come è piaciuto a me, e che non sia troppo melodrammatico…

Attenzione: Ho modificato (anzi, sconvolto) la parte finale del quarto capitolo "Corri!", quindi vi invito a rivederla e a dirmi se la preferite così o com’era prima (Nick, innervosito dalla fame, diventa “selvaggio” e aggredisce Judy).

Ringrazio come sempre Freez Shad, Redferne, Iron_Captain, Plando, la mia amata (e pazzerella ♥) Stregattina e tutti i lettori che mi hanno seguita fin qui, I love you all!
Alla prossima (speriamo presto)!

-Mizuki-

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Capitolo 8
*** John Wilde ***


8. John Wilde
· Nick ·
 
Era mezzogiorno, il sole splendeva alto nel cielo della grande metropoli, e i due agenti stavano tornando alla loro volante in seguito a un’accesa discussione tra due tigri.
«Guarda che avrei potuto farcela anche da sola!» disse scocciata al partner che gli camminava accanto.
«Io invece sono sicuro che ti avrebbero sbranata lì su due piedi.» ribatté la volpe con pura semplicità, anche se tremava alla sola idea.
«Ah ah, divertente.»
«No, sul serio. Dovresti sapere cosa sarebbero in grado di fare certi mammiferi quando si arrabbiano.»
«Perché non sai cosa farei se mi arrabbiassi io
Nick sorrise in un modo che lei avrebbe senz’altro definito da sberle. «Che cosa? Ti metteresti a piangere?»
Judy alzò gli occhi al cielo, sbuffando. «Se ti riferisci a quella volta, per tua informazione mi era solo andato qualcosa nell’occhio.»
«Tranquilla Carotina, il tuo segreto è al sicuro con me.» fece segno di cucirsi la bocca, guadagnandosi di conseguenza una pacca sul gomito piuttosto forte.
 
Se non fosse stato per i continui punzecchi che si davano ogni l’un l’altro ogni due minuti, probabilmente non avrebbero impiegato il doppio del tempo per tornare alla loro Volante.
E quando ormai Nick pensava di aver finito per quella giornata, ecco un tipo sbucare silenziosamente alle loro spalle. In realtà era da qualche ora che sembrava pedinarlo, sembrava appunto perché si era auto-convinto che fosse solo la sua immaginazione, a cui gli stava giocando un brutto tiro.
«Nicky?» si sentì chiamare alle spalle da una voce profonda, leggermente roca e sorpresa, e appena i due si voltarono, Nick impallidì. Per tutto il giorno se n’era rimasto in silenzio a seguirli di nascosto – riuscendoci quasi bene –, e ora che si era messo allo scoperto, in un angolo remoto dei suoi ricordi si era appena acceso un campanello d’allarme.
A guardarlo meglio, si rese conto che lo sconosciuto era anche lui una volpe, ed era alto appena qualche centimetro più di Nick, con i suoi stessi occhi verdi e manto rosso fuoco, solo che aveva un aspetto più elegante e curato di quanto si ricordasse quest’ultimo.
Il poliziotto provò ad aprire la bocca, ma le parole non volevano saperne di uscire fuori.
Nel giro di soli cinque secondi, venne travolto da un’ondata di emozioni: sorpresa, gioia, paura, dubbio, rabbia… Di tutto.
«P-papà?» riuscì finalmente a balbettare, anche se stentava ancora a crederci.
A occhi più che spalancati, il tizio abbozzò un sorriso. «Sei proprio tu? Da quanto tempo, ormai non ci speravo più…»
Al suo avvicinarsi, Nick indietreggiò visibilmente turbato.
«Che ti prende, non mi riconosci?»
«Credevo fossi in prigione.» la coniglietta notò che il collega aveva un’espressione corrucciata. Non le aveva parlato tanto di suo padre, e ogni volta che l’argomento finiva nelle loro conversazioni, la volpe trovava sempre un modo per cambiare del tutto argomento.
«Lo ero, fino a due o tre anni fa. Non sei contento di rivedermi dopo tutto questo tempo?» assunse un tono dolce, paterno, su cui Nick cercò di sorpassare.
«Scusa, ti ho visto tante di quelle volte attraverso delle sbarre di ferro, che ora non mi ci ritrovo senza.» borbottò, e terminata la frase fece dietro front, nonostante sapesse con infinita certezza che avrebbe voluto restare lì con lui, parlargli, abbracciarlo, piangere… Ma non poteva, l’aveva promesso. “Non mostrare mai il tuo lato debole”, e farlo equivaleva perdere, e lui non lo voleva assolutamente.
«Su aspetta! Te ne vai senza avermi presentato la tua amichetta
Nick inchiodò sul marciapiede, e quando si voltò vide suo padre stringersi la zampa con la sua collega, la quale si costrinse a ricambiare visibilmente a disagio.
«Piacere cara, John Wilde.»
«Agente Judy Hopps, piacere mio.»
Il sorriso che fece in quel momento la volpe che le stava accanto le ricordò molto quello del figlio «Sono felice di sapere che il mio Nicky si sia finalmente trovato una compagna, anche se – ovviamente senza offesa – non mi aspettavo fosse di certo una coniglietta.»
«CHE COSA?» domandarono all’unisono, scambiandosi sguardi lievemente imbarazzati da quell’affermazione.
«Ma sì, non siete fidanzati?» chiese il padre visibilmente confuso. Quella piccola e semplice parola gli fece lo stesso effetto dell’essere colpito da un secchio d’acqua ghiacciata, per poi venire fulminato da un palo della corrente.
«NO!» echeggiarono insieme.
«Che cosa buffa, eppure poco fa ti ho sentito chiamarla “Carotina”…» ci fu un momento in cui Nick credette di strozzarsi con la sua stessa saliva. «Allora credo proprio che vi devo delle scuse. Ah, quasi me ne dimenticavo: te lo ha detto tua madre?»
Ora quello confuso era lui. «Detto che cosa?»
«A quanto pare non lo ha fatto. Mi dispiace tanto Nicky, non volevo che lo venissi a sapere in questo modo…»
«Che è successo?» chiese dopo un momento, anche se non era completamente sicuro di voler sapere la risposta.
L’altra volpe esitò nel tentativo di trovare le parole giuste, e quella benché minima attesa lo stava consumando poco a poco. Cosa poteva essere di così importante – perché dal modo in cui aveva iniziato la domanda, lo faceva intuire che lo era – che la madre non gli aveva detto?
Problemi economici? Già lo sapeva.
Giudiziari? Impossibile.
Qualche parente all’ospedale? E se era lei all’ospedale? No, era certo che gliel’avrebbero detto senz’altro.
Che la volpe di nome John Wilde, presunto padre di suo figlio – poiché li aveva abbandonati pochi mesi dopo la nascita di Nick, finendo in uno squallido carcere – era uscito dopo ben trent’anni? Probabile.
Stava già formulando un’altra ipotesi, quando la volpe riprese a parlare.
«Io e Marian ci siamo separati.»
 
 
 
 


«Sei contento?» gli chiese la madre, sistemandogli il berretto color verde asparago sulla testa.
«Sì, tantissimo!»
«Ti farai un sacco di nuovi amici, vedrai!» esclamò lei, tirando verso l’alto il laccetto che univa gli angoli del mantellino rosso. Il piccolo Nick gonfiò il petto con fare orgoglioso, scoppiando in una risata al solletico della madre, peccato durò poco.
«Se solo tuo padre fosse qui con noi…» sospirò lei «Sarebbe fiero di te, lo sai?»
«Ma dov’è papà?» chiese rabbuiandosi.
«Vedi tesoro, papà ha fatto un piccolo errore che non doveva fare, e per questo la legge afferma che deve trascorrere un po’ di tempo in un posto chiamato “carcere”.»
Aveva già sentito quella parola, e se non ricordava male era stata nell’ora di ricreazione, quando lui e alcuni suoi amici discutevano sul fatto che il padre di Finnick ci era quasi finito per aver minacciato un agente di polizia.
«Quant’è “un po’ di tempo”?» la sua vocina triste, gli occhi di un verde così intenso da ipnotizzarti e lo sguardo di chi vuole sapere la verità, la dissuasero dal spezzargli quel suo piccolo cuoricino dicendogli che non sarebbe tornato per un’altra ventina di anni perché lei non poteva permettersi di pagare la cauzione.
«Non importa, perché puoi andare a trovarlo ogni volta che vuoi, lo sapevi?»
Improvvisamente una piccola e debole luce di speranza gli balenò negli occhi.
«Davvero?»
La madre gli baciò la fronte, e con una carezza confermò quanto detto. «Certo, e ora è meglio che andiamo, se non vuoi fare tardi al tuo primo giorno da Giovane Scout Ranger!»
 

Forse era quello uno dei tanti motivi che spinsero Nick a fare l’evasore fiscale.
Forse perché – anche se poteva sembrare una cosa del tutto stupida – provava del “rancore” verso la legge.
Sicuramente anche l’esperienza che visse da piccolo col suo pseudo-gruppo di Scout c’entrava, e lì gli fecero capire come il mondo guardava le volpi, cioè con estrema diffidenza.
 
 
 
 
 
 
«Nick?» la vocina di Judy lo riportò alla realtà, e abbassando lo sguardo su di lei, notò che aveva le orecchie basse e un tono di voce insolitamente basso.
«Dobbiamo andare.» rispose secco, e mentre si voltò per andarsene – qualunque posto sarebbe stato migliore di quello – sentì il senso di colpa che lo pregava di restare.
«Aspetta! Nicky mi dispiace tanto, ma ti prego non-»
«COSA?» fermandosi di scatto senza alcun preavviso, ci volle poco che il padre gli andò addosso. «Per cosa ti dispiace? Per aver abbandonato la tua famiglia?»
«Nicky…»
«Di aver spezzato il cuore a una povera donna che non c’entrava niente?»
«Nicky…» ripeté con insistenza, senza però essere sentito.
«Ti dispiace per COSA? Sei solo un-»
Poco prima di terminare la frase, Nick venne sbattuto con le spalle al muro più vicino e afferrandogli con forza il colletto della cravatta, venne ammutolito dallo sguardo minaccioso dell’altra volpe.
«Ho provato a farmi perdonare, non solo con te ma anche con Marian, però lei non vuole più aver a che fare con me; ci ho provato, sono stato gentile, ma a quanto pare non è servito. So che non deve essere stato facile per voi, ma anche solo per un secondo hai provato a metterti nei miei panni?» sibilò lentamente, e sorpassò sui lievi gemiti del figlio causati dalla forte stretta al polso che gli stava stringendo con una robustezza al dir poco spaventosa.
«Lasciami…» cercò di dimenarsi, ma fu invano: lo teneva stretto e fermo contro il muro, proprio come quella volta.
«RISPONDI!»
Fece un respiro, e con fermezza pronunciò un secco ma sicuro “No”.
Beh, in verità sì, ci aveva provato. Ma a dieci anni non poteva certamente rendersi conto di ciò che significava essere rinchiusi in un posto meschino come la prigione per ben trent’anni.
Il signor Wilde fece un respiro profondo. Non si mosse d’un passo, e mantenendo lo stesso tono di poco prima – solo leggermente più basso – continuò.
«Come immaginavo.»
 
 
 
 
· Judy ·
 
Negli ultimi minuti non aveva fatto altro che guardarli in silenzio, e poco a poco si era creata un’atmosfera piuttosto tesa. Tremava all’idea, ma stava iniziando ad avere un po’ paura su come sarebbe andata a finire quella discussione.
Quando vide il padre di Nick sbatterlo contro il muro, venne assalita da un terrore ben poco piacevole, e nel momento in cui vide la zampa della volpe più grande stringersi in un pugno, per tutti i cracker al formaggio, stava iniziando a temere che…
«Noo!» si lanciò d’impulso contro il gomito del collega, senza nemmeno il tempo di valutare l’idea.
«C-Carotina?» con quel gesto aveva sorpreso un po’ tutti, soprattutto se stessa.
Non poteva semplicemente intimargli di tenere le zampe a posto? Sì, eccome se poteva. Ma non l’aveva fatto.
«Ehm… Mi dispiace interromperla, signor Wilde, ma credo ci siamo trattenuti fin troppo, sa, abbiamo così tanto lavoro che…»
«Sì… Certamente.» la volpe arretrò, permettendogli così di lasciarli andare.
Le due volpi si scambiarono un’occhiata che lasciava intendere tutto ciò che avrebbero voluto dirsi ma che non avevano avuto l’opportunità né il tempo di farlo. Il genitore sospirò, e facendo un altro passo indietro, disse: «Allora arrivederci Nicky. Hopps.» fece segnò con due dita e prese la sua strada, lasciandoli soli nel rumore del traffico.
 
 
 
Undici e mezza. Gli ultimi dieci minuti li avevano passati in completo silenzio, e solo Judy sapeva quante erano le domande e i dubbi che le vagavano per la testa. Per non essere troppo invadente nei suoi confronti, preferiva tacere e aspettare che fosse lui a iniziare la conversazione, anche se non era proprio sicura che si sarebbe confessato con lei anche questa volta.
Ogni tanto volgeva uno sguardo verso di lui, e tutte le volte le dava le spalle appoggiato al finestrino.
Infine, solo dopo un’altra decina di minuti, tornò a guardarla.
«Ti starai chiedendo come mai mio padre sia finito in prigione e del perché ora ti dico che alla prossima devi svoltare a destra per poi proseguire fino a Greenwood Park, non è vero?»
«Punto uno, sì lo ammetto. Punto due, perché devo andare fin là se la centrale è dalla parte opposta?» come faceva sempre lei e gli altri conigli quando sono curiosi, felici, tristi o quando provano qualsiasi altra emozione, il suo nasino prese a tremare.
«Tu fidati e fa’ come ti dico. Riguardo a lui, beh, è stata tutta colpa dell’alcol. Mio padre e un suo gruppetto di “amici” si erano riuniti nel loro solito – se non unico – bar aperto anche dopo le una di mattina, in cui andavano a bere e a fare scommesse. In quella notte però, scoppiò una rissa tra alcune persone del locale e non finì nel migliore dei modi…»
 

«Dieci a uno che i Trigers fanno mangiare la polvere ai Rhinos!» urlò uno, sputacchiando da tutte le parti.
«Ci sto, ma evita di farmi la doccia con la tua sudicia birra, mi stai inzuppando la camicia!» acconsentì la volpe, rabbioso alla sola messa in dubbio della sua squadra preferita.
Quasi tutti seguirono in silenzio la partita trasmessa dal televisore mezzo scassato del locale, e arrivati all’ultimo calcio di rigore i soldi messi in palio iniziarono a salire alle stelle. Quei secondi di massima tensione furono subito seguiti da vari ruggiti e mammiferi che esultavano. Suo padre, John Wilde, ci aveva visto giusto anche quella volta, così tornò a ritirare i suoi bei cinquanta dollari appena guadagnati.
«Ehi Rattew, indovina a chi devi dei soldi!»
Il fossa digrignò i denti non appena lo vide. «E’ Andrew, zuccone, e ora vattene, razza di imbroglione che non sei altro!»
«Ma come siamo gentili, stasera?! Ora scherzi a parte, dammi i miei soldi.» rispose la volpe iniziando a innervosirsi. Il lupo, che fino a quel momento era seduto allo stesso tavolo del piccolo predatore, scattò in piedi ringhiando: «Non lo hai sentito? Vattene e SUBITO!»

 
«Invece fece l’esatto opposto. Lui insistette, ma loro, vedendo che non cedeva, arrivarono addirittura ad alzare le zampe. Almeno finché ci fu un silenzio assoluto in tutto il bar. Da lì a poco si scoprì che quel Andrew Miller, quello che doveva dei soldi a mio padre, era morto
Judy frenò appena sentì l’ultima parola, rischiando un tamponamento dalla vettura che li precedeva, infatti quando furono superati l’autista le lanciò uno o due imprecazioni – nonostante il veicolo con su scritto “Polizia”.
«Stai forse cercando di uccidermi?» fece Nick, che era letteralmente volato in avanti.
«Come morto? Tu padre lo ha ucciso?!» domandò lei, così impaziente che da un momento all’altro sarebbe saltata fuori dall’auto.
«Ma certo che NO!»
«E perché è stato arrestato?»
Lui sospirò, spostando lo sguardo verso il basso. «Aveva dei precedenti, ed era il primo a essere sospettato. Così la polizia ha fatto uno più uno e…»
Per un momento, lei si sentì mancare. «Nick, mi dispiace così tanto…» mormorò poco dopo posando una zampina grigia sul suo braccio rossastro, e proprio come quella volta sulla funivia, la volpe si scostò di lì a poco cambiando completamente discorso.
«Ma guarda, siamo arrivati!»
La coniglietta si diede un’occhiata intorno, notando di non essere mai stata in un quartiere nel genere. Scesi dalla macchina, si lasciò guidare in una casa a schiera dal giardinetto pieno di fiori e piante. In un primo momento non capì del perché si trovassero lì, poi lesse “Marian Wily e John Wilde” sotto il campanello.
«Nick, lo sai che se non torniamo in centrale ci daranno per dispersi, vero? Non possiamo andare dove ci pare, abbiamo degli ordini ben precisi: “Controllare le vie della città in prevenzione dai pirati della strada”» ribatté contrariata, sapendo perfettamente che il vero motivo era un altro.
«In verità, capitan Bufalo Muschiato ha detto semplicemente “Non mi interessa dove andiate, basta che facciate il vostro dovere” e bla bla bla, poi è quello che stiamo facendo: controlliamo se in questa casa è tutto apposto.»
Come riusciva sempre ad avere l’ultima parola, restava ancora un enigma complesso a cui nessuno sarebbe riuscito a dare una risposta.
Quando la porta si aprì, una femmina di volpe sulla mezz’età con in dosso una maglia di pile e una lunga gonna viola ne fece capolino.
«Nicholas! Che sorpresa!» esclamò, andandogli incontro con un caloroso abbraccio materno.
«Disturbiamo?» replicò lui, dando luce all’esile figura che le stava di fianco. Quando la signora Wilde si accorse della coniglietta, sbatté gli occhi più volte per poi realizzare che non si trattava di una leporide qualunque, ma la stessa che aveva popolato le sue numerose chiamate con il figlio, nonché il coniglio più conosciuto di Zootropolis.
«Oh cielo, sei tu la famosa Judy Hopps, quella del caso degli Ululatori Notturni, non è vero?»
«Sì… Sono io.» rispose con estrema modestia, mentre un leggero sorriso si fece strada sul suo musetto bianco.
«Ho sempre sperato di incontrarti, sai, ogni volta che chiamavo Nick lui non faceva altro che parlarmi di te. Ah, e puoi chiamarmi Marian, o Mary. Come preferisci.»
Gli angoli della bocca le si piegarono lentamente all’insù. Allora Nick Wilde parlava di lei. E anche se ora ne aveva la conferma, la curiosità di sapere nel dettaglio che cosa le raccontava non era ancora pronta ad andarsene.
E pensare che lei aveva menzionato così poche volte ai suoi genitori di quella dannata volpe, che l’aveva salvata e che lei aveva salvato ben più di una volta…
 
A distoglierla dai pensieri fu il profumo di fiori freschi che le invasero subito le narici, e guardandosi intorno notò molti quadri e cornici con foto di famiglia. Una in particolare attirò la sua attenzione, e osservandola meglio intravide due volpi una stretta all’altra, sull’intento di baciarsi.
Occhi verdi, camicia, cravatta…
 
Nick.
Nick, con una femmina di volpe.
Nick mentre si baciava con quella femmina di volpe.

 
La volpe in questione, trovandosi la collega impietrita di fronte a quel quadro, perse uno o due battiti.
«E’ spazzatura, non dovrebbe nemmeno essere lì.» borbottò lui, facendola sobbalzare a causa della poca distanza che li separava.
«Come mai? Sembravi felice in quella foto…»
Il partner stava guardando l’immagine con così tanta insistenza che sarebbe bastato un solo secondo in più per incenerirla.
«Lo ero, infatti. Ma è una lunga storia su cui non ho intenzione di tornarci; quindi fai finta di non averla mai vista, per favore.»
La sua risposta fu un debole «Okay», malgrado sapesse che quella foto non le avrebbe dato tregua per un bel po’ di tempo.
 
 
 
 
Intanto che Nick si era congedato per una decina di minuti, la signora Wilde aveva preparato per sé e per la coniglietta una tazza di tè caldo.
 
«Allora, tu – posso darti del tu, vero? – e Nick siete partner di lavoro nonché migliori amici, non è così?»
«Sì, certo.» la coniglietta ignorò il tono con cui aveva pronunciato le parole “migliori amici”, abbassando lo sguardo sulla sua tazza fumante.
«Quindi mi stai dicendo che tra voi due… Sì, insomma, non c’è niente?»
Per poco le andò l’infuso di traverso. «Certamente! Perché?»
La volpe si lisciò il pelo della coda con non-curanza, e dopo un lungo sorso continuò con la medesima intonazione.
«Sai, è da un po’ che Nick mi parla di te, di come ti ha conosciuto e della grande quantità di tempo che trascorrete insieme oltre il lavoro. Così mi è sorto un dubbio, ma è solo una mia ipotesi, cara, non farci caso.»
 
“Aveva dei precedenti, ed era il primo a essere sospettato. Così la polizia ha fatto uno più uno e…”
 
«Posso farle una domanda?» fece la coniglietta, non tanto per rompere il silenzio che si era creato nel giro di soli cinque minuti, ma perché era un argomento che le stava davvero a cuore.
«Certo, cara, chiedi pure.»
«Questa mattina, io e Nick abbiamo incontrato per strada John Wilde, e più avanti Nick mi ha spiegato che lo avevano arrestato con l’accusa di aver… ucciso un mammifero. Ma c’è qualcosa che non mi torna: se era innocente come dice lui e non erano emerse prove che confermavano la sua colpa, perché lo hanno arrestato?»
«Oh…» aggrottò leggermente la fronte, perché non si aspettava di certo una domanda del genere. Intanto il fatto che Nick non gliene aveva parlato – anche per la mancanza di tempo –, poi che le aveva confessato la storia del padre. Insomma, era sorpresa.
«Vedi, a quell’epoca John aveva dei precedenti, e molte volte aveva rischiato di essere arrestato mentre vagabondava di notte con un tasso alcolico alle stelle. Da come la polizia ha ricostruito la scena, anche secondo i punti di vista dei vari testimoni, è risultato che quella donnola – o fossa non mi ricordo – sia stato ucciso proprio da John… Ma io e Nick siamo sicuri che sia stato incastrato da qualcuno.»
«E sapete chi avrebbe fatto una cosa del genere?»
«Crediamo di sì, ma non potevamo accusarli senza averne le prove. E così è stato arrestato insieme ad altri due mammiferi.» terminò così con un sospiro Marian Wilde, poggiando le tazzine vuote nelle lavastoviglie.
 
 
~
 
 
«Grazie di essere di essere passati, mi ha fatto molto piacere!» fece la volpe mentre abbracciava il figlio, quasi fosse stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.
In quel momento, la coniglietta si sentì una stretta alla gola che quasi le impedì di respirare. Erano ormai sei mesi che non rivedeva i suoi genitori, e le mancavano da morire, tutti i 275 fratelli e sorelle compresi.
Chissà se ne erano nati altri, pensò lasciandosi sfuggire un sorriso.
 
 
 
· Nick ·
 
Nel frattempo erano tornati in Centrale, e da lì entrambi andarono per la propria strada. Il Dipartimento distava circa mezz’ora dalla stanza d’appartamento in cui Nick abitava, ma conosceva una scorciatoia con cui impiegava solo la metà del tempo. Quella sera, stranamente Nick si sentì di fare tutti e trenta minuti a piedi, così imboccò la quattordicesima di Paway Street e proseguì dritto fino a Amazon Park.
Anche se erano ancora le nove e mezza, il cielo era già di un nero cupo, e di stelle non ce n’era nemmeno l’ombra. Solo la luna, splendente nell’oscurità della notte.
Fino a quel momento era il silenzio a regnare su tutto il vasto giardino, tranne che per il delicato fruscio delle foglie dovuto dalla brezza autunnale.
L’aria era molto più fresca di notte, per questo inspirò a fondo fino a essere costretto a rigettarla fuori; continuò per un altro paio volte, quando alla quarta captò qualcosa di strano. Il muso prese a pizzicargli, e poco dopo capì di non essere solo.
Nick si voltò di scatto, e grazie all’eccellente visione notturna di cui era dotato, intravide un individuo su una panchina. Ci volle ben poco prima di realizzare che quello era suo padre, e che stava fissando un punto a lui sconosciuto con aria persa, immerso nei propri pensieri.
Non tutti sono abili nel pensare lucidamente in poco tempo, senza poi pentirsi più avanti delle scelte fatte. La volpe, il cui istinto fu subito quello di andarsene, decise invece di andargli in contro e di prendere in mano la situazione. La mattina non si erano lasciati molto bene, e doveva assolutamente chiarire la questione una volta per tutte.
Nick fece per parlare, ma l’altra volpe lo precedette di un paio secondi.
«Che ci fai qui?»
«Volevo parlarti, hai da fare?» Che domanda scontata.
«Sono sempre disponibile per un figlio, lo sai Nicky.» a prima botta poteva sembrare banale come risposta, ma la dolcezza con cui lo disse la rese dieci volte più… sincera.
«Ecco… Mi dispiace per stamattina. Il fatto è che non me l’aspettavo di rivederti – per di più dopo quasi trent’anni – e mi hai colto… Impreparato.»
«Sono cambiate tante cose da quando ti ho lasciato con Marian, vero?»
«Già…»
«E, se non hai niente da fare… Ti va di raccontarmene qualcuna?»
Nicholas lo guardò per la prima volta, col cuore, s’intende. In realtà, aveva così tanto da dirgli, ma non gli sarebbe bastato un giorno intero per farlo.
«Del tipo?»­­­
«Tipo quella coniglietta di stamattina. In tutti i mei sessant’anni non avevo mai visto una coniglietta sbirro, non è incredibile
«Nemmeno una volpe sbirro, se per questo.» All’udire della parola “volpe”, John smise immediatamente di sghignazzare per concentrarsi sullo sguardo contradditorio del figlio. Quest’ultimo, dopo svariati secondi di silenzio, gli domandò cos’era che non andava e lui, per tutta risposta, riprese a ghignare.
«Sii onesto ora: dimmi come ti è venuto in mente di fare il poliziotto.»
 
Ah.
 
«E’ una lunga storia.»
«Ne ho passate di tutti i colori, e non mi stupirei se mi dicessi che è merito di quella coniglietta. Si è fatto tardi ormai, sarà meglio tornare a casa.»
Le due volpi si alzarono in piedi, e dopo un lungo abbraccio e scambi di “Ti voglio bene”, presero la propria via di casa con un sorriso stampato sul volto.
«Ah, Nicky!?»
«Sì?»
«Sei sicuro che non sia la tua fidanzata? Perché è molto carina e…»
«Non cambierai mai.» sorrise in modo beffardo, mentre il pensiero che potesse dire sul serio non gli passò nemmeno per la testa.

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