Diary of a blind man

di Yssis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** January 26th 2108 ***
Capitolo 2: *** January 27th, 2108 ***
Capitolo 3: *** January 28th, 2108 ***
Capitolo 4: *** January 29th 2108 ***
Capitolo 5: *** January 30th 2108 ***
Capitolo 6: *** January 31th 2108 ***
Capitolo 7: *** February 1st 2108 ***
Capitolo 8: *** February 2nd 2108 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** January 26th 2108 ***


January 26th, 2108

 

Salvator Dalì dipingeva orologi e parlava di persistenza della memoria.
Strano, vero? Io l’ho sempre trovato strano. Un orologio non mi trasmetterà mai l’idea del ricordo. L’orologio simboleggia il tempo che non puoi fermare, il tempo che passa mentre tu sei lì a contarlo.
Eppure Salvator Dalì dipingeva orologi e parlava di persistenza della memoria.

Orologi molli, flaccidi, che si addossano su paesaggi incoerenti, irrealistici: la memoria… Io ricordo molte cose: la mia casa sempre illuminata, i capelli lunghi di mia madre, la voce di mio padre, l’odore della polvere, l’odore del sangue, il colore bianco… Ricordo anche i quadri di Salvator Dalì. Non ricordo dove li ho visti, ma da qualche parte li ho visti di certo, perché sono nella mia memoria…
La memoria di noi esseri umani è strana. Si dice questo perché non siamo ancora riusciti a codificarla. Tutto quello che non è stato codificato, capito dagli esseri umani, si definisce “strano”.
Eppure noi stessi sotto molti aspetti non ci siamo ancora capiti. Allora forse i più strani di tutti siamo noi. Come gli orologi molli di Dalì. Strani.

Un altro difetto di noi uomini è la capacità di continuare a vivere senza dei pezzi. Se ad una macchina manca un pezzo, non si accende. Se ad un programma manca un pezzo, non si avvia. Se ad un uomo mancano gli occhi, vive lo stesso. Questo sono io: un orologio afflosciato su una piana arida, circondato da un mondo che non vedo. Parlo di persistenza della memoria.
Da quando sono stato privato della vista, ho fatto diverse esperienze: ho smesso di guardare l’orologio, ma il tempo è passato comunque. Ho smesso di vedere il mare, ma le onde si sono formate comunque. Ho smesso di vedere il pane, ma me ne sono cibato comunque. Ho smesso di guardare gli ologrammi, ma mi hanno ingannato comunque.

E proprio quando pensavo che avrei smesso di vedere il mondo, il mondo ha continuato a farsi vedere attraverso i suoi occhi…
“Il mio nome è Shogo Makishima…”
Attraverso la sua voce…
“Che cosa vuoi?”
Attraverso le sue mani…
“La stessa cosa che vuoi tu.”
Fra una settimana, per mezzo di un’operazione, tornerò a vedere. So che Makishima renderà il conto alla rovescia qualcosa di indimenticabile, perciò ho intenzione di tenere aggiornato questo diario; perché un essere umano può vivere senza memoria, ma io non posso vivere senza la memoria di quello che sono con lui.
Che il tempo si occupi del conto alla rovescia, il computer penserà alla memoria. Quando tutto questo sarà finito, non ci sarà più tempo per rinvangare il passato, probabilmente a nessuno nemmeno interesserà. Meglio così, non sono mai stato bravo con le parole. A quanto sono, 2652 battute? Conviene che io la chiuda qua o farò passare anche a me stesso la voglia di proseguire, domani.

 

 

 

 

[473 parole]

:: Angolo Autrice ::
Buongiorno a tutti!
Inizio a pubblicare in un nuovo fandom e sono un po’ emozionata, cercherò di carburare con i saluti strada facendo ^^
Innanzitutto ringrazio tatsuei che mi ha permesso di partecipare a questo contest in cui ho trovato l’occasione di parlare di questi due personaggi, a mio avviso, terribilmente adorabili <3
L’idea è quindi di parlare di loro in un momento antecedente l’anime, in cui parlo di come si è consolidato il loro rapporto, sulla base di quali propositi e sensazioni… A proposito di sensazioni, ecco il bello! Ho scelto un momento particolare della vita di Gu-Sung, in cui è privo della vista: in questo modo cercherò di trattare, in questa raccolta, anche un altro tema a me molto caro, che è quello delle menomazioni e degli handicap, che molto spesso condizionano la nostra vita a livello psicologico più del legittimo.

Essendo una raccolta di flash sono stata limitata nelle parole, si è trattato di una sfida su molti piani in effetti, spero ugualmente di suscitare qualche momento di riflessione, oltre che di svago e divertimento ovviamente!
Non vi trattengo oltre, grazie per aver letto e se mi lascerete un commento!
Tutta la raccolta è dedicata alla collega e grandissima amica Lady_Dragon99, che oltre a betare tutte le flash in tempo reale mi ha sostenuta e stimolata continuamente: senza di lei non avrei neanche scelto i protagonisti probabilmente xD

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Capitolo 2
*** January 27th, 2108 ***


January 27th, 2108

Io e Makishima conviviamo da alcuni mesi. Sembra che con il passare del tempo si senta più a suo agio... Prima non era così. Ne sono sicuro.
“Padrone, non dovete avere paura. L’isola è piena di questi sussurri, di dolci suoni, rumori, armonie, che non fanno alcun male, anzi dilettano.”
Deve apparire molto carismatico. Almeno, lui dice così, io non l’ho mai visto in volto. Ma, sinceramente, basta ascoltarlo per farsi un’idea di che tipo sia.
“Vana corsa, quando la vigliaccheria ci insegue e la prodezza fugge!”

In pomeriggi simili, quando nessuno esce e lui comincia ad esercitarsi nella lettura di grandi poeti, io non riesco a non ascoltarlo.
“A proposito di dolci sussurri, mi prepareresti una cioccolata, Choe?”
La sua voce, non modulata da alcun timbro particolare, mi destabilizza. Batto alla tastiera, non lo inganno.
“Una cioccolata? Perché dovrei?”

“Mi andrebbe.” Immagino che stia sorridendo. Immagino il suo sorriso, penso alle statue dell’arte classica: bianche, imperscrutabili.
“Non so se abbiamo da prepararla…” Provo ad opporre resistenza.
“Oh sì che ce l’abbiamo, sono andato io a fare la spesa l’ultima volta e l’ho presa.” Spiega candidamente.
“Non sono sicuro di saper fare la cioccolata.” E non intendo di alzarmi dal divano, ma questo non lo dico.

“Sei un ingeniere informatico, non c’è nulla che tu non possa fare.” Quando dice così, sono tentato di credergli davvero. Poi penso che sono solo un handicappato che ha imparato a memoria i tasti del pc - l’unico motivo per cui non ho abbandonato il lavoro… Ah, e ho in casa un aspirante drammaturgo, attore, letterato, filosofo capriccioso. Allora non gli credo più.
“Se viene male te la bevi tutta da solo, chiaro?”
“Cristallino” Risponde, riprendendo a leggere.

Arrivato in cucina cerco con il dorso della mano il punto per aprire lo sportello: sono abbastanza alto da non dover mettermi in punta di piedi, con le dita pigio tutte le confezioni, cercando quella di cartone della cioccolata. La trovo chiusa, penso che sia questa: da solo Shogo non se l’è aperta di sicuro.
Con le dita saggio il punto dove aprire la busta, sento della polvere cadere e mi porto un dito alle labbra: almeno ho la sicurezza che sia cacao. Apro il frigo cercando il latte, mi taglio con una lattina rimasta aperta: chiudo il frigo con un colpo secco, sono già nervoso. Non trovo la manopola per accendere i fornelli, la trovo quando passo un dito sulla fiamma. Sospiro, con l’altra mano mi allungo per raggiungere il rubinetto: un colpo e il latte comincia a scivolare verso il pavimento.
Sento dei passi alle mie spalle, un altro sospiro.  E’ Makishima che raccoglie il cartone e versa il latte restante nel pentolino sul fuoco. Non sono sicuro che stia guardando me.
“Io credo che gli esseri umani acquisiscano valore solo quando agiscono secondo il proprio libero arbitrio. La prossima volta che ti chiedo una cosa che non vuoi fare, Choe, mandami al diavolo. Ti verrà molto meglio.”

 

[497 parole]

:: Angolo Autrice ::
Eccomi qui!
Questo è il secondo capitolo – l’intento è di pubblicarne uno a settimana, ma nel caso il contest lo richiedesse velocizzerò i tempi. Ad ogni modo, cominciamo ad entrare nella storia: i personaggi interagiscono finalmente e non sentiamo solo Choe che si riferisce a Makishima. Le citazioni di quest’ultimo sono tutte di Shakespeare, l’anime mi è andato incontro e io l’ho assecondato volentieri <3 Non so quanto risultino evidenti le mie difficoltà nel gestire i movimenti di Choe: ci sono un sacco di cose che si danno per scontate, quando si può vederle. Questo non accade a Gu-Sung, per cui ho cercato di descrivere le difficoltà appunto incontrate nel compiere movimenti molto semplici, quotidiani direi. Ad ogni modo non è stato semplice, spero che mi possiate dire come vi è sembrato!
La cioccolata calda era un tema troppo tenero per non cercare di provare a metterlo in questa raccolta… E sinceramente non resistivo all’idea di rendere Makishima da subito capriccioso e “poeticoo”, nel suo “soccorrere” il conquilino!
Bene, mi sembra di aver detto tutto, ringrazio nuovamente Lady_Dragon e mia sorella per avermi sopportato supportato e a tutti gli eventuali lettori e recensori <3

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Capitolo 3
*** January 28th, 2108 ***


January 28th, 2108









Non esco di casa, se non per commissioni indispensabili. Nella mia situazione sono in difficoltà qui, figuriamoci in città, dove le varianti d’imprevedibilità sono esponenzialmente maggiori rispetto al perimetro limitato della mia abitazione. Shogo lo sa benissimo, tuttavia oggi ha insistito per uscire ed è riuscito a convincermi. Innanzitutto cerco nell’armadio qualcosa per non patire il freddo: toccare l’interno delle giacche provoca una sensazione bellissima sotto le dita, l’odore è persino meglio. Ma la cosa che assolutamente preferisco è passare i palmi fra sciarpe e cappelli: mentre sono per metà inserito all’interno dell’armadio, sento il rumore della porta aprirsi, così mi sistemo rapidamente una sciarpa al collo ed esco. Prima di muovermi verso il cancello di casa, aspetto di sentire i suoni indispensabili: la porta che si chiude, la chiave che gira nella toppa, i passi di Shogo che mi raggiungono e il suo guanto di pelle, che prende delicatamente la mia mano. Ora possiamo andare.

Ci avventuriamo fuori città, questo lo capisco subito: il rumore delle gomme sull’asfalto si fa meno intenso, l’acustica più limpida, ma Shogo non parla. Giro il capo da una parte e dall’altra, raccogliendo più informazioni possibili: l’aria è fresca, profuma di brina, i nostri passi generano un suono armonico e morbido sul terreno… Mi concentro per andare allo stesso ritmo di Shogo, ma lui ha qualcosa che lo rende inimitabile, la differenza di passi si coglie senza difficoltà. Sospiro, le labbra si increspano per il freddo. Ad un tratto Shogo si arresta, quando me ne accorgo non faccio in tempo a fermarmi, così scivolo per un paio di metri in avanti; allungando le mani e masticando insulti, rotolo rovinosamente. La risata di Makishima giunge fino a me con una carezza di vento.
“Questo che cosa significa, esattamente?!” Esclamo appoggiando le mani al ghiaccio, su cui continuano a scivolare, e cercando di alzarmi.
“Allunga la mano a destra.” E’ l’unica risposta che mi arriva. In preda alla confusione trovo effettivamente qualcosa. E’ un oggetto di medie dimensioni… No, sono due… Sono duri, molto resistenti, ci sono alcuni graffi sui lati e sotto… Sono delle lame!?
“Makishima!”
“Choe.” Candido. Mi ha fregato ancora. “… Sai pattinare?”
“Questa me la paghi carissima…”

“Spero che tu sia soddisfatto!” Brontolo, mentre comincio ad avanzare con i pattini ai piedi “Perché non ti darò un’altra volta un simile appagamento…”
“Ti assicuro che la vista merita.”
“Ti odio.”

“A destra, Choe, mantieni la destra… Ecco, un po’ a sinistra adesso… No, più a sinistra, così…”
“Ti sembra mantenere la destra questo?!

“Perché non mi hai detto che stavamo andando ad un lago ghiacciato?”
“Non sapevo ci fosse un lago ghiacciato.”
“Però casualmente hai lasciato qua dei pattini!”
“Non sono miei.”
“Però casualmente sono la mia misura.”
“La vita è un mistero.”

Per raggiungere di nuovo la terra ferma ho smesso di dar retta alle sue indicazioni. Penso di aver detto tutto. Ah giusto, un’ultima cosa: si è divertito davvero troppo, questa volta. Ma la cioccolata l’ha preparata lui.

[500 parole]

:: Angolo Autrice ::
Ohayo <3
Lo ammetto, mi sono divertita assai a scrivere questo capitolo: l’intento era di mostrare la quotidianità della coppia, senza però far venire meno o far scadere nel banale tratti distintivi della personalità di uno e dell’altro… Soprattutto il velato sadismo che a volte prende il possesso di Shogo è meraviglioso e non penso proprio che risparmi Choe!
Tuttavia scegliere questo prompt mi ha permesso di descrivere quello che, anticipo, è l’unico momento in cui Choe esce dalla propria abitazione.
Trovo questa sfida incredibilmente stimolante: mi rendo conto che clima sia ormai più primaverile e pensare a questi due su un lago ghiacciato sia un attimo complesso, tuttavia spero di aver comunque catturato la vostra attenzione e essere riuscita a farvi sorridere <3
Suggerimenti e commenti sono molto graditi, ovviamente! Un ringraziamento d’obbligo a chi ha seguito praticamente in diretta la stesura del testo: alla prossima!

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Capitolo 4
*** January 29th 2108 ***


January 29th 2108

Frrrsshhh… Plic. Plic. Ruuhhhss… Slam!
Acqua che scorre. Dita sulla tastiera. Vento contro le tende. Porta che sbatte.
Tutto ciò che mi circonda infrange il silenzio di questa casa. Lo vuole zittire, abbattere, eliminare. Eppure c’è, lo sento chiaramente.
Oggi lui manca. Sovente esce di casa, senza di me. Shogo è un ragazzo con molti interessi, affascinato e incuriosito dalle realtà di questo mondo. Non mi sorprende che sia occupato altrove e rietri a volte parecchio tardi la sera. Però senza Makishima in questa casa regna un silenzio algido, che mi pesa addosso come una cappa, senza riscaldarmi.
C’è silenzio oggi, lo sento chiaramente. Ma non solo qui, tutta città è avvolta da un silenzio anomalo.
Un passo, un altro, un altro ancora, una lieve rotazione del busto, mi lascio cadere; la stoffa morbida del divano mi accarezza, sono seduto. Allungando una mano a sinistra trovo un mobiletto: dentro il primo cassetto ci sono le pastiglie da prendere per il periodo che precede l’operazione agli occhi. Il dottore dice che serve per equilibrare il mio psycho pass.
Psycho pass.
Scanner della psiche.
Intuizione telematica della mente umana.
Oracolo tecnologico della vita di ogni singolo uomo, dalla nascita lungo tutta la sua vita.
…Certo, come nome si poteva fare di meglio, ma non tutti sono poeti. Neanche io.
Sono uno straniero di questo Paese, i miei natali sono stati in un stato diverso, dove nonostante imperversino la guerra, le disuguaglianze sociali, i soprusi e le frodi, le persone vivono rispondendo di se stesse e dei propri valori morali, impartiti dalla famiglia e dalla scuola. Dove sono nato io, c’è rumore. Qui non riesco a sentirlo, il silenzio di questa società attutisce qualsiasi sensazione, anziché acuirla.
In gioventù mi è stato insegnato a non farmi spaventare da quello che vedevo, poi mi hanno direttamente impedito di vedere. A modo loro, sono stati premurosi.
Ho sempre trovato soddisfazioni nell’informatica, fin da ragazzo, fino a farne la mia professione. Le macchine possono sembrare insidiose, ma quando si ha il telecomando fra le mani diventa tutto facilissimo. Io ho sempre avuto il telecomando fra le mani: per il lavoro che esercitavo avevo a disposizione formule di accesso e di elaborazione di dati non alla portata di chiunque. Questa consapevolezza mi eccitava, mi spronava a lavorare continuamente, a profanare quel mondo di dati telematici alle mie dirette dipendenze.
Da quando sono arrivato in questo Paese ho percepito questa eccitazione mancare: il telecomando non è più in mano mia. Qualcun altro lo impugna: qualcun altro possiede la password d’accesso al sistema governativo.
Il Sibyl System.
Il silenziatore sociale di questa immensa città fortificata nella propria assenza di percezioni autentiche.
Esiste davvero un’equazione della mente umana? E’ possibile codificare la propria identità? Può un colore, un numero, riassumere una situazione emotiva e psichica?
Io voglio la formula per ottenere quel numero, non mi importa se dicono che dovrei accontentarmi di poter vivere in questo Paese.
Vivo nel buio, non posso vivere anche nel silenzio.

[499 parole]

::Angolo Autrice::

Ecco un nuovo capitolo: a dispetto dei precedenti, qui mi sono concentrata sull’individualità dei pensieri di Choe, mi premeva renderlo IC, nonostante questo sia un prequel della serie originale e quindi abbia tempo di maturare la sua posizione nei confronti della società in cui vive e soprattutto nei confronti di Makishima. Qui in effetti Makishima è raccontato superficialmente come un ragazzo molto curioso che vive spesso al di fuori della casa: Choe non sa che si tratta di una persona che sfugge il sistema, non che stia fuori casa perché può regolare il proprio psycho pass a piacere: queste confessioni saranno più avanti, per il momento Choe è convinto dell’innocenza di Makishima (che dolce, aw <3)
Nonostante questo piccolo inciso, non è di Makishima che parla il capitolo, ma prevalentemente di Choe, che è comunque la voce narrante e protagonista e ci tenevo a dargli un po’ più di spazio: so che con lo psycho pass anche certi pensieri, certe riflessioni possono essere deleterie – vedi Paparino *sigh* - quindi ammetto che ho trovato difficoltà nella selezione ed elaborazione delle opinioni di Gu-Sung. Penso di averne parlato con chiunque, persino con il gatto del mio vicino, per convincermi che poteva andare ^^
Fatemi sapere cosa ne pensate, io ringrazio e saluto: alla prossima!

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Capitolo 5
*** January 30th 2108 ***


January 30th 2108

San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla...”
Sentendo Makishima recitare con tanta veemenza ispirata parole così tristi, mi affaccio dalla porta della cucina, avendo finito di sparecchiare “Quale avvenimento suscita parole così amareggiate?”
“In una notte passata un uomo è morto, ucciso, forse tradito, venduto; immobile, pieno di sgomento ha guardato il cielo. Era un cielo estivo e l’ha visto morire, senza poter avvisare i figli che in casa lo aspettavano premurosamente.” Sento dei movimenti contro il divano, non riesco a capire se Makishima si sia alzato o seduto. “Con questo tormentoso avvenimento a segnargli l’infanzia, Giovanni Pascoli individua negli
astri, che osserviamo cadere nelle notti estive, un pianto disperato, un segno tangibile della tristezza del Cielo per la malvagità degli esseri umani. Commovente, nevvero?”
Mi asciugo le mani sui pantaloni, avanzando lungo la stanza: “Sei crudele, per un attimo ti avevo preso sul serio.”
“Solo la letteratura che si fa a scuola non è da prendere sul serio, Gu-Sung.”
“In ogni caso, sii più chiaro o forse ti diverti a farmi spaventare?”
Un momento di silenzio, di esitazione. Penso che stia sorridendo. Makishima si diverte a parlare di letteratura con me: sa benissimo che ne so un decimo di quanto ne sa lui e nonostante questo trova stimolante la conversazione che si sviluppa.
“Tu cosa pensi che siano, le stelle cadenti?”
Mentre cerco di recuperare le informazioni di composizione fisica e chimica dei corpi celesti che ho avuto modo di studiare anni addietro, ha già ricominciato a parlare, sviluppando un monologo in cui lui, unico protagonista, sa convincersi e dissuadersi della propria opinione. Ragionevole, ovviamente. Mi auguro che non siano tutti come lui, i ragazzi della nuova generazione, altrimenti il mondo diventerà un entusiasmante e satirico teatro.
“C’è un'altra definizione di stella cadente che non abbiamo contemplato” C’è da dire che mi fa sorridere, a modo suo è coinvolgente. “Se si definisce stella una persona di successo, perché non si potrebbe definire stella cadente una persona che ha perso la propria celebrità?”
“Ma le stelle cadenti cadono senza far rumore, invece solitamente le star di cui tu parli fanno scandalo e gran parlare di sé, prima di scomparire.”
“Eppure proprio in questo si mettono in mostra, si fanno vedere, come le stelle che spingono ad alzare gli occhi al cielo.”
“Non potrebbe esserci un modo per essere conosciuti ed ammirati e comunque rimanere irraggiungibili?”
“Forse ci sono semplicemente delle realtà a cui gli uomini non possono paragonarsi.”
Si fa silenzio nella stanza, improvvisamente. Penso al silenzio in cui sono immerse le stelle nelle galassie che circondano il nostro pianeta. Sono lieto di non riuscire ad immaginarlo.
Non riesco a capire dove si trovi Makishima adesso, penso che si sia spostato. Sento aprire la finestra, l’aria della notte è gelida, ma ugualmente mi volto verso di lui.
“Nella tua vita ti auguro almeno un black out in una notte limpida, Choe.”

[500 parole]

:: Angolo Autrice ::

Buonasera!
Ho avuto alcuni impegni durante la settimana, sono un po’ in ritardo con gli aggiornamenti, ma vedrò di organizzarmi per rimanere nella tabella di marcia: organizzazione strutturale a parte, che ne dite di questo capitolo? Personalmente lo trovo il più romantico  e poetico della raccolta: scegliere la citazione “d’avvio” di Maki è stato complesso, avevo tanti dubbi in proposito… Ma la soluzione trovata mi piace assai, sono affascinata dal modo in cui interagiscono questi due parlando di letteratura e arte: nonostante Choe non sia esattamente un esperto, ha una vocazione per l’ascolto e se si tratta di arte oratoria, Shogo è decisamente un’eccellenza. Il prompt poi è stata una rivelazione, ha reso tutto ancora più poetico e scenico, in un certo senso. Bene, io direi che ho concluso, se ci fossero domande, curiosità, commenti io vi ascolterei molto volentieri! Un abbraccio a tutti, alla prossima!

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Capitolo 6
*** January 31th 2108 ***


January 31th 2108

Sono in bagno, mi sto tamponando i capelli bagnati; quando bussano alla porta ci faccio appena caso. So che Shogo è in casa, può occuparsene lui. Quello che non so ancora è che Shogo non deve occuparsene.
Comincio ad avere una strana sensazione quando capisco che la porta non è ancora stata chiusa. Cerco di rassicurarmi dicendomi che potrebbero essere amici di Shogo venuti a salutarlo. Oppure sta firmando sul palmare di un drone per ritirare un pacco: è terribilmente lento per queste cose, mi ricorda quei vecchi del passato, che preferivano la carta al computer.
Ma ci sta mettendo davvero troppo anche per questo. Finisco di massaggiarmi il capo con l’asciugamano, passo le dita fra il ciuffo sottile e sospiro con calma.
Qualsiasi cosa sia, è chiaro che me ne debba occupare io: in questi mesi di convivenza devo aver sopravvalutato Shogo.
Esco dal bagno, lasciando la porta socchiusa e avanzo verso la porta d’ingresso. Sento l’aria fredda raffreddarmi le mani, la curiosità cresce esponenzialmente al mio passo.
“Makishima?” Chiamo, per capire dove sia.
Un verso mi risponde: è troppo acuto perché l’abbia prodotto Makishima.
Mi sorge un dubbio atroce.
“Makishima?”
“Choe!” Sento la sua voce rispondermi, fuggevole sollievo.
“Ho sentito un suono strano…” Sto sul vago, per vedere cosa ha il coraggio di rispondermi.
“Oh, quello?” Un altro verso acuto, differente dal primo “Niente di preoccupante, mi è venuto il singhiozzo.” Allungo le mani sul suo viso, sono sicuro di essergli vicino: trovo la fronte, con i polpastrelli scendo sugli zigomi sollevati dalla posizione di riposo, gli angoli degli occhi sono più stretti e il contorno labbra increspato in un sorriso. Penso che deve essere bellissimo, ma dico tutt’altro. “Non è vero. Cosa c’è?” Adesso sorrido io e può vederlo chiaramente, comunque mi tocca gli zigomi e le labbra, imitandomi E’ la cosa più emozionante che mi sia successa da quando sono arrivato in questo Paese.
Un altro verso interrompe i miei pensieri, è piuttosto distante. Le mani di Makishima si allontanano subito e io lo inseguo. Siamo nel cortile di casa, ancora dentro il cancello, ma mi spaventa l’idea di rimanere impalato davanti alla porta. Fuori casa è più difficile concentrarsi sui suoni del corpo per capire gli spostamenti. Mentre cammino celermente cercando di individuare Makishima, sento dei passetti venirmi incontro. Mi sono familiari, eppure non riesco a capire… Sono troppi per essere un uomo. “Shogo…?” Chiamo piano, cercando di mantenere la calma.
La risposta mi arriva troppo tardi: un corpo nudo, peloso e caldo mi butta per terra, sento delle zampe far pressione sul petto e una lingua umida su tutto il volto e il collo. E’ un cane, malezione, un cane!
Evito di dimenarmi, per non farmi mordere. Makishima mi raggiunge, riesce a togliermi il cane di dosso e mi aiuta a tornare in piedi.
Non mi chiede se sto bene, se mi sono spaventato, se sono anche solo lontanamente d’accordo con lui... Dice solo: “E’ un cucciolo, si chiama Gulliver.”

[499 parole]

:: Angolo Autrice ::

“Possiamo tenerlo?”
Okay, pardon, questa era d’obbligo <3
Buonasera a tutti, ecco proposto un altro momento fluff e particolarmente comico della convivenza dei due aspiranti fuorilegge – ma questa è un’altra storia!
Il prompt “cucciolo” è stata una vera tentazione, ne ho discusso assai con chi mi ha sostenuto e consigliato nella stesura di questa raccolta … e alla fine sono riuscita ad avere la meglio e a scrivere una flash a riguardo. Conoscendomi –e sapendo quanto li shippo ** - pensavo avrei reso il tutto molto più demente, invece mi sono stupita di me stessa – e questa sì che è una cosa demente da dire (?)
Ad ogni modo, sono riuscita ad inserire anche una scena che mi premeva molto, vale a dire il riconoscimento tattile molto utilizzato dalle persone che si ritrovano a dover sopperire alla mancanza della vista, come Choe. Spero aver descritto focalizzando l’attenzione che deve esserci data e tutto sommato anche di essere riuscita a farvi sorridere: suvvia, come non chiamare “Gulliver” il cane di Makishima? <3

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Capitolo 7
*** February 1st 2108 ***


February 1st 2108

“Come riesci a mangiare, non vedendo cosa c’è nel piatto?” Chiede Makishima mentre siamo a cena, uno di fronte all’altro. Conoscendolo, so che per rispondere devo oltrepassare la semplicità della domanda. “Le domande più banalmente formulate sono le più complesse” dice sempre, io sono d’accordo con lui.
“Non temo l’avvelenamento, se è questo che chiedi. Ogni alimento ha una sua consistenza che posso percepire facilmente con le bacchette. Ad occhi chiusi toccandoli tu non riconosceresti la takuan dal sashimi? E se la consistenza talvolta può essere fuorviante, l’odore è unico nel suo genere e mi tutela.”
“La tua fiducia mi sorprende, Choe.” Mi porto un pezzo di tempura alle labbra, la pastella è calda e il pesce fritto all’interno croccante.
“In che senso?”
“Nella condizione in cui ti trovi non tutti sarebbero stati disposti ad avere per coinquilino un estraneo. Non solo ho libertà di disporre di questa casa, ma ti cucino addirittura dei pasti.”
“Ora non esagerare, per una volta che ti metti ai fornelli vuoi passare per masterchef. L’amministratore della casa sono rimasto io, in tantissime cose.” Appoggio le bacchette al piatto ancora pieno, il rumore è appena percepibile. “Avere in casa un’altra persona era rischioso, ma comportava anche tanti vantaggi… Vuoi sapere il calcolo fatto per decidere se farti vivere con me?”
“Cominci a leggermi nel pensiero.”
“Tu hai sempre saputo farlo.”
Sta sorridendo, riesco a capirlo da come respira. Se avessi la tavola grafica a portata di mano, proverei a disegnarlo. Mentre sono immerso a raffigurare questa immagine forse Makishima dice qualcosa, ma non lo sento neanche. Da sotto il tavolo uno strofinamento improvviso di qualcosa di caldo e peloso contro la mia gamba mi fa sobbalzare, la mia espressione si trasforma in una smorfia spaventata.
“Choe, hai sentito cosa ho detto? Va tutto bene?”
“Sì sì…” cerco di sviare il discorso, ma sento un alone di bava formarsi sui miei pantaloni, al che commento senza riuscire a contenere la stizza. “Il tuo cane sta solo sbavando su di me.”
Lui ride, prendendo qualcosa dal tavolo che attira l’attenzione del cucciolo di rottweiler che è entrato ufficialmente a far parte della nostra casa. “Questo odore di cibo gli avrà fatto venire fame!”
“Mica scemo, Gulliver.” Ascolto il cane masticare e fare le feste a Shogo, è chiaro che gli piaccia molto.
Riprendo lentamente a mangiare, fino a quando non trovo qualcosa di strano nel piatto.
“Che cosa c’è nel mio piatto?” Domando stranito.
“Non hai detto di riuscire a capirlo dalla consistenza?” Mi stuzzica, ha appoggiato i gomiti sul tavolo.
Saggio minuziosamente il piccolo alimento commestibile, abbandonando le bacchette e provando a mani nude. Lo lecco, è solido e biscottato: per sbaglio premo troppo forte e lo spacco, trovo dentro un fogliettino di carta rettangolare.
“E’ un biscotto della fortuna?” Sono veramente stupito.
“Sì, ma sei stato più infantile del previsto a scoprirlo.”
“Stupido. Cosa c’è scritto?” Porgo il biglietto nella sua direzione, ma lui rifiuta.
“Lo scoprirai da solo fra qualche giorno.”

:: Angolo Autrice ::

*Takuan: sorta di rapa sott’aceto
Sashimi: fette di pesce crudo*
‘Sera a tutti!
Qua sopra lascio la descrizione spicciola dei cibi citati nel capitolo, nel caso qualcuno non fosse esperto e fosse troppo pigro per andare ad informarsi in autonomia – io sono la prima ma sssh <3
Nel momento della pubblicazione ho riletto questo capitolo e ammetto di essere divertita assai, ma io sono definitamente compromessa in fatto di cibo, per cui la mia opinione non conta (?) owo
Ringrazio con un caloroso abbraccio chi continua a leggere anonimamente questa raccolta che tende già alla sua conclusione, chi ha recensito e chi in precedenza mi ha sostenuta e consigliata nella stesura: voglio bene a tutti <3
Ora vado a rompere quintali di biscotti della fortuna, finchè non trovo la frase adatta a Choe eheheh
Alla prossima, bye bye!

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Capitolo 8
*** February 2nd 2108 ***


February 2nd 2108

E così, siamo arrivati alla resa dei conti. L’operazione sarà domani: mi chiedo che mondo vedrò, quando aprirò di nuovo gli occhi. Nonostante il tempo passato al buio, la tentazione di creare un’immagine mentale di quello che ho avuto intorno per questi mesi è stata più forte di me. Adesso è arrivato il momento di guardarla in faccia, questa realtà.
-L’attesa del piacere è essa stessa un piacere. Quello che dobbiamo capire è se davvero ti piacerà, quello che vedrai da domani in poi.-
-Se fai così peggiori solo le cose, è tutto il giorno che mi agiti.-
-Ma se non ho ancora aperto bocca…-
-Tsk, è peggio del previsto, non ti accorgi nemmeno che parli da solo!-
 Viene verso di me, il suo respiro fresco mi carezza il volto. Le sue mani sfiorano le mie, mi inducono a sedermi sul divano con lui. Con un sospiro mi lascio guidare, sento dei capelli scivolarmi in avanti, sul petto: devono essere cresciuti ancora.
-Questo mondo è diverso da qualsiasi altro. Quando tornerai a vedere, ti sentirai più cieco di prima.-
Istintivamente ripenso al silenzio percepito da quando vivo in questa città. Ripenso alla sensazione di impotenza che mi perseguita da quando non ho più accesso al telecomando.
-Il sovrano di un regno qualsiasi è un’utopia, un desiderio delle bestie che temono di esercitare il libero arbitrio, che le trasforma in uomini. Pensando con la propria testa e volendo il meglio per sé, è impossibile accettare di delegare l’amministrazione della propria vita a qualcun altro. Eppure è proprio questo che è successo. Ma tu, Choe, cosa dici a riguardo? Com’è il mondo, fuori da qui?
-Non posso credere che sia molto diverso.
-Eppure così convinto non sei.
-Come fai a dirlo?
Non mi risponde la sua voce, ma un suono di piccoli corpi che si urtano in un contenitore. Le pillole per lo psycho pass.
-Quelle sono…
-Ancora chiuse, Gu-Sung.
Mi mordo il labbro inferiore, non avrei mai immaginato di dovermi giustificare con lui, prima che con il dottore. Mentre sto cercando di formulare un’obiezione le sue dita mi sollevano il mento, non riuscire a vederlo ma sapere di essergli così vicino mi emoziona più del legittimo.
-Sei una persona ammirevole, molto scaltra. Non voglio sapere perché hai deciso di non prenderle. Mi basta sapere che hai preso una decisione e non ti sei affidato a quanto ti era stato detto.
-Esercitare il libero arbitrio non vuol dire per forza disubbidire.
Mi prende un dito, me lo solleva portandolo sulle sue labbra: non so come sia riuscito ad immaginarlo, ma sono lieto che l’abbia fatto. Ha delle labbra bellissime quando sorride, le posso sentire adesso.
-In linea teorica avresti ragione, ma siamo nella condizione in cui delegare le proprie decisioni, anche le più importanti, è obbligatorio per legge. Io non posso farlo, anche volendo non sono essere dato alla irragionevolezza…-
-Anch’io.-
Sono due parole. La mia vita d’ora in avanti, in due parole.
Anch’io, con te, Shogo Makishima, disubbedirò.

[500 parole]

:: Angolo Autrice ::

Sigh, quanta poesia.
Ew (?)
Perdonatemi, sono molto sensibile: la verità è che sto già piangendo in vista del dopo… Perché voi pensate mica che questa storia avrà un lieto fine? Muahah illusi.
owo
*scappa a piangere*
Sono immensamente triste e immensamente felice: poter muovere Choe in contesti quotidiani, eppure molto diversi fra loro, mi ha aiutato tanto a sentire più “mio” questo personaggio, spero che anche per voi la lettura sia stata coinvolgente da questo punto di vista. La settimana è finita, Choe domani si sottoporrà all’operazione che gli darà la vista e il diario può dirsi concluso. Il prossimo aggiornamento sarà l’epilogo, ma l’impostazione sarà diversa dal solito.
Un’ultima cosa sulla caratterizzazione e poi filo via: per tutta la stesura della storia ho avuto difficoltà a gestire il personaggio di Makishima, nel selezionare cosa far trapelare di lui e cosa no a lungo mi hanno consigliato e a lungo ho stressato chiunque mi rivolgesse la parola – per cui anche l’autista della corriera va annoverato fra le mie vittime xD Scherzi a parte, Shogo non poteva sbilanciarsi troppo, perché non sapeva ancora se Choe sarebbe stato disposto ad aiutarlo nella lotta contro il sistema, in quanto condivideva lo stesso malcontento: per questo motivo anche in questo capitolo, dove la confessione degli intenti dei due era il nucleo, ho preferito mantenerlo su un profilo discreto-basso. Penso che sia in linea con il suo modo di agire, se ci fossero tuttavia accorgimenti o obiezioni sarei lieta di sentirle, ovviamente!
Penso di aver detto, saluto tutti e ringrazio<3 A presto!

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Makishima Shogo, dopo la lotta con la Direttrice Kasei, riuscì a sopravvivere alla caduta dell’aereo su cui viaggiavano. Le ferite medicate bruciavano ancora, acute fitte gli provocavano giramenti di testa allarmanti, nonostante questo continuò a scappare. La città era nel caos, nel fumo scomparve come uno spettro.
Trovò rifugio in casa: avrebbero dovuto ritrovarsi lì. Mentre attraversava il salone ed andava in cucina per controllare se erano rimasti i suoi biscotti, pensò che era stato uno degli loro appuntamenti più stupidi.
“Io vado di sopra, tu vai di sotto: mi fido di te... Ci vediamo a casa”
Aprì il frigo, trovò solo una birra sgasata: con un sorriso la sollevò e leccò il collo della bottiglia. Sentì solo del freddo, così la ripose dov’era. Spezzò un biscotto in due e masticando si diresse in camera da letto. L’immagine del sangue e delle viscere di Choe sparsi per il pavimento vista nel video continuava a tornargli alla mente, così lasciò cadere a terra il resto del dolce.
Con la coda dell’occhio notò una lucina intermittente provenire da uno di quei tablet che utilizzava Gu-Sung quotidianamente. Si guardò attorno, non poteva chiedergli di sbloccarlo per lui: così, per quanto intimidito, imitò il gesto che gli aveva visto fare tantissime volte. Come per miracolo, lo schermo fu subito disponibile, tutti i file furono accessibili al suo tocco.
“Sei sempre stato un sentimentale altruista” Sorrise, Choe era sempre riuscito a farlo sorridere e questa cosa l’aveva sempre fatto impazzire: non gliel’aveva mai detto però.
Non capiva nulla di quei documenti, neanche il nome: un titolo attirò la sua attenzione.
“Diary of a blind man”

Leggendo di orologi, il tempo si fermò.
Leggendo di cioccolata, il suo sorriso si addolcì.
Leggendo di pattinaggio, si sentì scaldare.
Leggendo di silenzio, gli parve di averlo accanto.
Leggendo di stelle, pensò ai suoi occhi.
Leggendo di Gulliver, si commosse.
Leggendo di fortuna, alzò gli occhi al soffito.
Leggendo di disobbedienza, gli venne voglia di abbracciarlo.

Non sapeva che Choe avesse tenuto un diario di quei giorni, ma capiva perché non gliel’aveva mai detto: era troppo carino quando parlava di loro due e troppo poco professionale. A Choe era sempre piaciuto dare un’idea di sé molto seria e competente, ma quando poteva divertirsi era una meraviglia per gli occhi.
Si asciugò le ciglia umide, chiudendo il file si accorse che si era scaricato un romanzo di Dick: era già al 27%.

Nonostante tutto, quando uscì per l’ultima volta dalla loro casa, Shogo sorrideva.
“Oggi abbiamo scoperto la vera natura del Sibyl System. Avevamo ragione a credere che non meritasse di essere protetto a costo della vita. Avrei voluto parlarne con te, avrei voluto vederlo attraverso le tue parole. E non nascondo che avrei voluto parlarti anche dello scontro con Kogami. Mi sarebbe piaciuto farti ingelosire un po’.”

Il loro piano aveva bisogno di una revisione, ma questa volta avrebbe agito da solo. Sperava soltanto che, quando sarebbe stato il suo turno, avrebbe avuto lo stesso coraggio di Choe.



[499 parole]








:: Angolo Autrice ::
*sente il proprio cuore singhiozzare e arrossisce* Pardon, è sempre stato così sensibile… <3
A parte gli scherzi, a distanza di tempo dalla stesura di questo epilogo continuo a piangere. Come penso abbiate capito, il salto temporale è notevole: siamo dopo la morte di Choe, in quel momento dell’anime dove Shogo non si capisce bene dove sia finito (?)
Ho parlato di loro in tutta la raccolta, per chiudere mi sembrava appropriato dedicare loro un momento per dirsi addio. Ho ripreso alcuni concetti di cui ho parlato in tutti i capitoli – ad esempio il sorriso di Shogo – inseriti in un contesto più vicino all’anime possibile. Ora smetto di pensarci altrimenti riprendo a piangere c W c
Ringrazio di cuore Lady Dragon a cui è dedicata l’intera raccolta, per la premura e l’attenzione che ha sempre dedicato a questa coppia. Ho imparato da lei più cose di quanto sarebbe disposta a credere, ma le voglio bene anche per questo. Ringrazio ancora tutte le persone che più o meno volontariamente si sono prestate a sostenermi durante la stesura della storia, tutti i lettori che mi hanno accompagnata silenziosamente e chi si è sentito di lasciare un commento. Grazie a tutti!
Dulcis in fundo, ringrazio chi giudicherà questa raccolta: ora penso di dover salutare, spero di scrivere ancora qualcosa in questo fandom. Sono commossa, vi lascio e vado a mangiare qualcosa di dolce <3

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