A walk to remember

di _Leef
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo + Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***
Capitolo 4: *** Parte IV ***
Capitolo 5: *** Parte V ***
Capitolo 6: *** Parte VI ***
Capitolo 7: *** Parte VII ***
Capitolo 8: *** Parte VIII ***
Capitolo 9: *** Parte IX ***
Capitolo 10: *** Parte X ***
Capitolo 11: *** Parte XI ***
Capitolo 12: *** Parte XII ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo + Parte I ***


Parte I

 

La mia vita cambiò per sempre quando avevo diciassette anni.

Molti quando lo dico si chiedono cosa diavolo possa essermi successo di così fondamentale o terribile da segnarmi inesorabilmente per il resto dei miei giorni.

Mi guardano persino in modo strano, ma non me ne è mai importato moltissimo, né mi sono mai preso la briga di spiegare.

Ho sempre vissuto a Lawrence, in Kansas, e non mi sono mai sentito in dovere di dare spiegazioni a nessuno, anche perché raccontare la mia storia richiederebbe molto più tempo di quanto chiunque sia in grado di concedermi.

Quello che ho passato, che abbiamo passato tutti, non si può riassumere in qualche frase di circostanza. Quelli che mi conoscono meglio, conoscono anche la mia storia perché, essendo cresciuti insieme, abbiamo tutti condiviso quel periodo e Lawrence non è mai stata una metropoli nemmeno quando ero giovane.

Comunque, nonostante siano passati anni, ricordo ancora tutto chiaramente.

In certi momenti vorrei tornare indietro nel tempo per spazzare via tutta la tristezza ma se lo facessi cancellerei anche i ricordi, perdendo anche la gioia.

Perché c'è stata anche quella, nonostante tutto.Tanta gioia, quella gioia che ti penetra dentro da qualsiasi poro della pelle e ti scalda, ti ama, ti fa sentire speciale anche solo per un secondo.

Mi chiamo Dean Winchester, questa è la mia storia e tenterò di non tralasciare nulla.

Prima vi verrà da sorridere, poi forse verserete qualche lacrima; non venitemi a dire che non siete stati avvisati.

 

Lawrence, Kansas, parecchi anni prima, una vita fa.

 

-Dean ti prego non facciamo cazzate come l'ultima volta.-

La voce di Benny mi giunge all'orecchio piuttosto irritata ma nel suo tono percepisco comunque che la birra lo ha fatto andare su di giri e che non si sarebbe tirato indietro.

Solo in quel momento stacco la bocca da quella appiccicaticcia per il lucidalabbra di Lisa e scocco al mio amico un'occhiatina divertita, per poi tracannare il resto della birra che avevo in mano. -Andiamo, è stato divertente.-

Lisa fa ancora qualche moina aggrappandosi alla mia giacca di pelle, ma la ignoro perché in lontananza sento il rumore del motore del furgone di Adam, che si fa sempre più vicino.

Adoravo quelle serate passate in compagnia dei miei amici, a fare casino in qualche posto sperduto della nostra città ancora più sperduta.

E' una delle cose che preferisco fare, per scappare dalla quotidianità soffocante di casa, non pensare a niente per una volta, nonostante mi dispiacesse lasciare Sammy da solo a sopportare la mamma.

-Siete sempre crudeli con i nuovi arrivati- borbotta Lisa, tirandomi ancora una volta per il colletto della camicia spiegazzata di flanella che indosso, con il preciso intento di violentarmi la bocca.

Benny sbuffa e si allontana da Andrea, la sua ragazza fissa da ormai qualche mese che fino a quel momento aveva tenuto stretta a sé, appoggiandosi al cofano della mia Impala, con un sorrisetto smagliante. -Smettila di rompere Lisa.-

-Nessuno li obbliga a farlo- aggiungo subito dopo, stringendomi nelle spalle e abbandonando l'ennesima bottiglia di birra vuota vicino alle ruote della macchina di Benny.

-Potremmo tornare al ballo- propone Andrea e Lisa sembra apprezzare quell'idea, infatti mi lancia un paio di occhiate speranzose con il preciso intento di intenerirmi.

-Lo sai che non ballo- le dico, ficcandomi le mani nelle tasche del giaccone perché sta già iniziando ad irritarmi e forse è davvero il caso che io me ne trovi un'altra il prima possibile.

Benny scoppia a ridere, sfregandosi le mani nel tentativo di scaldarsele. -Sì, gli ho visto fare un paio di mosse, è stato raccapricciante.-

Gli tiro un pugno sulla spalla e -Stronzo- sbotto, scoppiando a ridere subito dopo.

A quel punto però Adam scende dal suo furgone sbattendo la portiera e dietro di lui c'è un ragazzetto che sembra troppo nervoso per star fermo. -Perché non ci torni tu al ballo anziché rompere i coglioni, Lisa?-

Il nuovo arrivato, Garth mi è parso di capire in questi giorni, guarda Adam con un sopracciglio inarcato, mentre ci incamminiamo verso l'impianto di purificazione dell'acqua accanto al parcheggio dove ci siamo dati appuntamento.

-E' sempre così?- mi chiede questo tizio che è tutto orecchie a sventola e sorrisetti di denti storti, e sembra davvero un topo, e per un attimo mi chiedo dove Adam lo abbia rimediato.

Rido divertito e gli appoggio un braccio attorno alle spalle nel modo più amichevole possibile. -Fidati amico, a volte è anche peggio.-

Seguiamo gli sghignazzi del resto del gruppo fino alla torre di controllo delle vasche più alta. Abbiamo sempre avuto la strana mania di far fare strane prove di coraggio a quelli che volevano entrare nel nostro gruppo, ed è sempre divertente perché Adam se ne inventa con notevole maestria una più spericolata dell'altro. Spericolate certo, ma io e Benny ci divertiamo da morire nel vedere quei ragazzetti sfigati pronti a tutto pur di essere accettati da noi, pur di entrare nel branco.

E' bello, ti fa sentire potente, ti dà un'importanza che fondamentalmente non hai.

Adam si ferma, si siede sul muretto di confine, si accende una sigaretta e lancia un'occhiata divertita a Garth. -Okay, ecco il patto. Devi buttarti nell'acqua da lassù e poi sarai dei nostri. Tutto qui. Allora?-

Mi sfilo la giacca di pelle e la appoggio sul muretto accanto ad Adam, poi do un'incoraggiante pacca sulla spalla a Garth che sembra essersi fatto improvvisamente minuscolo tutto appallottolato nel suo giaccone a quadri. -Tranquillo, mi butto anche io con te.-

Lui lancia un'occhiata sospettosa alla vasca alle mie spalle. -Quanto è profondo?-

Mi stringo nelle spalle. -Non lo so, scopriamolo no?-

E a quel punto iniziamo a salire insieme la scaletta, fino alla cima della torretta; una volta su sento gli sghignazzi e i commenti dei miei amici di sotto, e faccio passare davanti a me Garth. Ignoro le battutine stupide del tipo “Allora? Muovetevi!” o “Spero che tu non abbia mangiato pesante!” di quei coglioni e faccio un mezzo sorriso al topo.

Lui fa ondeggiare sospettosamente lo sguardo tra me e l'acqua sotto di noi. -Lo hai già fatto prima, vero?-

Annuisco. -Certo, lo abbiamo fatto tutti.-

Garth sospira e si sfila il maglioncino e le scarpe, sistemandosi sul bordo della torretta, poi guarda di sotto.

-Dai, al tre- lo incoraggio, appoggiando una mano sulla sua spalla. -Uno... Due... Tre.-

Lui si lancia subito ma io dopo una rapida finta rimango fermo sulla torretta, lasciandomi sfuggire una risata divertita.

Sciaff.

E' tutto quello che riesco a sentire, prima che altre risate dei miei amici mi raggiungano. Urlano forte, talmente forte che sento chiaramente tutto quello che dicono. Rido ancora una volta, appoggiandomi le mani sulle ginocchia e guardando la superficie dell'acqua incresparsi sempre meno, aspettando che Garth spunti fuori.

Ma lui non riemerge. Non come dovrebbe.

Il corpo del ragazzo inizia a galleggiare e ad un tratto attorno a me è tutto un Dean, Dean, si è fatto male, Dean, scendi, ve l'avevo detto, tiralo fuori dall'acqua, Dean, cazzo, merda, finiremo in galera.

In un attimo sono giù dalla torretta e mi tuffo in acqua, recuperando il corpo esanime di Garth. Respira ancora ma c'è sangue sulla sua testa e pesa un sacco per essere così magro. A malapena riesco a portarlo a riva senza annegare.

-C'era un tubo laggiù- sbotto, esaminando la ferita sulla sua testa. -Credo ci abbia sbattuto contro.-

Non so come la mia voce faccia ad essere così calma. Sono tutto bagnato, le mani mi tremano per l'ansia e il freddo e ho i capelli appiccicati alla faccia che non mi fanno venere assolutamente niente. Cerco di ignorare i mugolii spaventati dei miei amici che stanno dando di testa, tentando di mantenere comunque il sangue freddo.

-Ehi voi, che fate laggiù!-

E' la voce della guardia che sorveglia l'impianto. La vediamo puntarci la torcia contro a poche vasche di distanza, poi sentiamo che blatera chiaramente qualcosa contro il suo walkie talkie. Adam, come il fottuto bastardo quale è, se la dà a gambe; Benny mi aiuta a tirare lontano dall'acqua il corpo di Garth.

-Dean, vieni via- dice poi, prendendo a correre verso la sua macchina.

Io rimango accanto al corpo esanime del topo, tenendogli la testa ferma. Noto che ha gli occhi leggermente aperti e le labbra contratte in una smorfia di dolore. Non penso stia per morire ma è comunque ridotto male.

-Shh, te la caverai.-

Dannazione. Sento lo sgommare ripetitivo di tutte le macchine dei miei amici e io sono l'unico fesso rimasto accanto a Garth che sembra sul serio sul punto di svenire, ora.

Poi si aggiungono anche le luci rosse e blu e l'inconfondibile suono della sirena della polizia; lancio un'occhiata indecisa al ragazzo steso di fronte a me e prendo un grosso respiro. Non posso rischiare.

-Devo andare, mi dispiace.-

Coro all'Impala, ma non faccio nemmeno in tempo a salire bagnando tutti i sedili e a mettere in moto che mi ritrovo una volante alle calcagna. E davvero, normalmente sarei riuscito facilmente a seminarla, non è la prima volta che scappo dalla polizia, ma bagnato, spaventato ed infreddolito diventa tutto davvero più complicato.

Sterzo bruscamente quando una seconda pattuglia mi taglia la strada e puntualmente finisco contro un paio di bidoni dell'immondizia, sbattendo violentemente la testa contro il volante. Non che avessi avuto il tempo di allacciarmi la cintura, insomma.

Il motore fa un piccolo rombo di protesta, poi si spegne definitivamente con un sussulto e la paura di aver distrutto la vecchia macchina di mio padre si insinua prepotente dentro di me ed è più forte della paura di andare in galera. Un gemito di dolore esce dalle mie labbra e strizzo gli occhi quando un poliziotto che probabilmente ha mangiato troppe ciambelle mi punta la torcia in faccia.

-Dean Winchester- dice solo, con voce annoiata. -Chissà perché non sono sorpreso.-

Mia madre mi ucciderà, lo so.

 

Il giorno dopo è domenica, e non so quanto la scena di cui mi ritrovo protagonista sia meglio della prigione.

Me ne sto seduto sulla mia sedia, con un cerotto in fronte per coprire il brutto taglio che mi sono fatto la sera prima sbattendo contro il volante, sotto lo sguardo severo di mia madre. Persino Sammy che ha tredici anni mi sta fissando come se gli avessi appena distrutto tutta la preziosa collezione di libri. Mocciosetto.

-Forse dovrei chiamare tuo padre- dice mia madre all'improvviso, mettendomi di fronte un piatto di uova e bacon e fissandomi con un cipiglio sconsolato. Non è la prima volta che faccio qualche danno, ma questa volta io e i miei amici con le nostre bravate avevamo quasi ucciso qualcuno. Quella consapevolezza mi fa scorrere un brivido lungo la schiena mentre affondo la forchetta nelle uova.

-No- dico, risoluto. -Io con lui non ci parlo.-

Mamma stringe le braccia al petto dopo aver detto qualcosa a Sammy e mi fissa arrabbiata. Sì, questa scena è decisamente peggio della prigione. -Devi smetterla di avere questo atteggiamento. Anche se noi non stiamo più insieme, tu hai bisogno di un padre.-

Certo, come se io potessi mai perdonarlo per averci abbandonati. Non lo voglio nemmeno un padre. Sto bene così.

-Oggi accompagnerai tuo fratello in chiesa per la messa.-

Mi irrigidisco sulla sedia, lasciando cadere la forchetta nel piatto. -Cosa? Perché io!?-

-Il reverendo Novak si è raccomandato che voi foste tutti lì- aggiunge mia madre severamente, iniziando a sparecchiare e aprendo il rubinetto del lavandino subito dopo. -Non fare storie, Dean, è il minimo che tu possa fare dopo quello che hai combinato.-

Mi faccio piccolo per la vergogna, incassando la testa nelle spalle. Sammy ride e io gli tiro un calcio da sotto al tavolo, lui in risposta mi fa la linguaccia.

Così mi arrendo, perché so benissimo che andare contro a mia madre su una decisione del genere significherebbe morte certa e, ripeto, lei è qualcosa di tipo cento volte peggiore della prigione.

Di conseguenza torno in camera mia strisciando i piedi e mi infilo una camicia bianca sopra ai jeans, l'unica che ho, perché Dean non osare presentarti in chiesa con quelle tue magliette oscene e quindi eccoci qui. Una volta che anche Sammy ha infilato il suo completo della domenica, prendo le chiavi della macchina -che ha il parafango un po' ammaccato ma non sarà un problema per me ripararlo- e guido verso la parrocchia della città.

 

-Signore, grazie per aver evitato una tragedia ieri sera e per aver protetto uno dei tuoi figli. E ti preghiamo affinché gli altri ragazzi coinvolti ritrovino la strada.-

Il reverendo Michael Novak era uno dei motivi per i quali odio andare in chiesa. E' capo della parrocchia della città da quando Dio consegnò a Mosè le tavole dei comandamenti.

Okay, forse esagero, ma è comunque parecchio vecchio e ha la pelle traslucida e trasparente e la sua chioma è candida come il pelo di un coniglio piuttosto brutto, con pochissimi capelli neri sparsi qua e là un po' a casaccio.

Quando ero piccolo mi divertivo a dire cose strane mentre lui passava, nascondendomi poi dietro al primo albero che trovavo e tappandomi la bocca per non essere trovato, elettrizzato come solo un bambino poteva essere. E lui diceva cose come “So che sei tu, Dean Winchester, e lo sa anche il Signore.”

Un ansia vivente. Ma, cosa ancora più strana, è che quel vecchio predicatore rompipalle ha un figlio.

Si chiama Castiel. Un nome assurdo per un tipo che vive nel ventunesimo secolo, ma non ci si può aspettare di meglio da un genitore in fissa con la religione. Come me, frequenta l'ultimo anno delle superiori e ovviamente è tipo quello con i voti migliori della scuola.

Lawrance è talmente piccola da avere solo una scuola elementare e quindi eravamo stati compagni di scuola da sempre, e mentirei se dicessi di non avergli mai parlato. Una volta, in seconda, era stato il mio compagno di banco per tutto l'anno e in quel periodo avevamo scambiato qualche parola, ma questo non significa che passo tutto il tempo a ronzargli attorno, anche allora.

A differenza del padre però, Castiel è proprio un bel ragazzo. Insomma, sono etero e non cieco, so riconoscere un bel culo quando ne vedo uno.

Voglio essere chiaro, è carino, con un fisico piuttosto ben tenuto per uno che si nasconde sempre sotto maglioni larghi e non sa nemmeno cosa siano le t-shirt, e che sembra ogni giorno in procinto di affrontare un colloquio per diventare bibliotecario. Ha gli occhi blu, di un blu impossibile, coperti perennemente da una spessa montatura scura e il viso è incorniciato da una matassa di capelli neri perennemente spettinati che lo fanno sembrare sempre appena sveglio.

Ma Castiel non è esattamente il tipo di persona che io e i miei amici frequentiamo.

Ed è proprio Castiel che, mentre canta nel coro con quella orrenda tunica verde acido, mi lancia un'occhiata comprensiva, senza traccia di rimprovero, piantandomi addosso quei suoi fanali blu come se fossi io l'unico colpevole. Certo, solo io sono stato beccato, ma tantè.

Perché ovviamente Castiel sa. Lui sa sempre tutto, perché la gente lo adora e quando lo vedono è come se una strana maledizione li costringa a dire solo verità e belle parole e improvvisamente si redimono per qualsiasi loro peccato.

Ma non io, anche se sotto quello sguardo intenso mi sento a disagio, motivo per cui mi agito sulla panca beccandomi una gomitata da Sammy che tiene le mani giunte come il migliore dei chirichetti.

Castiel continua a cantare ma non la smette nemmeno di fissarmi, e cazzo -si può pensare cazzo in chiesa?- ma non ha tipo bisogno di leggere le parole? Probabilmente no, visto che canta nel coro da quando ha imparato a parlare.


Okay, se siete arrivati fin qui siete proprio dei santi.
Beh, non c'è moltissimo da dire in realtà, la storia parla da sè, spero solo di essere riuscita ad incuriosirvi. Dovrei riuscire ad aggiornare una volta a settimana, forse anche più velocemente perché l'ho già scritta tutta, si tratta solo di trovare il momento per postare :)
Ovviamente è volutamente ispirata al romanzo " A walk to remember " di Sparks, e anche dall'omonimo film: molte scene sono tratte da queste due opere, altre invece sono modificate ed completamente inventate da me, ovviamente il tutto rivisitato in chiave Destiel.
Se non avete ancora visto il film o letto il libro vi consiglio di farlo, a me è piaciuto moltissimo!
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere!
Baciotti, e al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Parte II ***


A Walk To Remember

















Parte II

 

Il lunedì, nonostante la testa mi faccia un male cane, sono costretto a tornare a scuola.

Da un lato sono contento perché non mi devo più sorbire i rimproveri di mia madre, dall'altra parte avrei preferito rimare a casa a dormire per un bel po', magari fino alla fine del semestre, per esempio.

Dopo aver lasciato Sammy alla scuola media, ho parcheggiato al mio solito posto e ho raggiunto i miei amici seduti in una delle tante panchine disseminate nel giardino di fronte al nostro istituto.

-Beh, come va la testa?- mi chiede Adam dopo i soliti saluti di rito, scrutandomi con un sorrisetto divertito.

Mi stringo nelle spalle e mi accomodo accanto a loro, lanciando a terra lo zaino. -Bene, direi.-

Benny mi dà una pacca sulla spalla. -Che hai raccontato agli sbirri?-

-Ho detto che sono capitato nello stabilimento per caso, ho trovato Garth e l'ho aiutato ad uscire dall'acqua, ma poi mi sono spaventato e sono scappato prima che pensassero che centrassi qualcosa.-

Il mio migliore amico scoppia a ridere, seguito a ruota da tutti gli altri, e poi batte il pugno contro il mio. -Sei il re delle stronzate, bravo Winchester.-

Lisa si scosta una ciocca scura dietro l'orecchio e lancia un'occhiata divertita alla nostra destra. -Sta arrivando Castiel Novak, guardate che stile.-

Alzo la testa di scatto, forse un po' troppo velocemente -no, non sono per niente impaziente-, ed in effetti da lontano vedo la figura dritta di Castiel che cammina verso la scuola. Ha sempre quell'aria di chi ha una scopa su per il culo, stringe tra le braccia uno scatolone da cui fuoriescono mille oggetti indistinguibili e manco a dirlo indossa la sua solita divisa. Pantaloni del dopoguerra, un maglione di un verde improponibile e i suoi spessi occhiali neri. I capelli sono un disastro, sembra che qualche uccello ci abbia fatto il nido.

Per un attimo mi chiedo come deve essere passarci le dita dentro e sistemarli, ma scaccio immediatamente quel pensiero, come si fa con un insetto fastidioso.

-Già, porta quel maglione da una vita- aggiunge Andrea, sghignazzando.

Benny mi appoggia un braccio sulle spalle e lancia un'occhiata maliziosa alle due ragazze. -E' da quelli come lui che vi dovete guardare. Con un po' di manutenzione potrebbe farvi bagnare come dodicenni.-

Scoppio a ridere perché immaginare Castiel con una ragazza non può che essere una barzelletta. Anche se in effetti Benny non ha tutti i torti: senza occhiali e vestito alla maniera giusta, Castiel sarebbe davvero un bel ragazzo, capace di far voltare molte teste.

Forse persino la mia. No, merda, Dean.

-Bel maglione- borbotta Adam in tono canzonatorio, quando il ragazzo è abbastanza vicino da poterlo sentire.

Castiel si ferma un attimo, piega la testa di lato e scruta tutti con la fronte aggrottata. Poi fa un grosso sorriso sincero, gli occhiali gli scivolano un po' sul naso, i suoi occhi blu si illuminano come fari e dice -Grazie- come se gli avessero appena rivolto il complimento migliore della vita.

E no, non può essere vero.

 

Dopo le lezioni, il preside Crowley mi convoca nel suo ufficio. Me lo aspettavo -lo fa sempre dopo una mia bravata-, ma è comunque una grande rogna, perché devo andare a prendere Sammy a scuola e soprattutto ho solo voglia di fiondarmi a casa e rifugiarmi nel garage a riparare la mia piccola, l'unico posto che mi fa stare davvero bene.

-E' permesso?- chiedo, più per cortesia che per altro, spingendo la porta dell'ufficio che in realtà ricorda più una specie di sala del trono, con tanto di poltrona ricoperta di velluto rosso dal gusto alquanto discutibile.

-Winchester, era ora- sbotta il preside, facendomi segno di sedermi nell'unica sedia girevole disponibile di fronte alla sua scrivania. Mi gratto distrattamente l'attaccatura dei capelli sulla fronte, come faccio sempre quando sono nervoso, poi mi accomodo sulla sedia, giocherellando con le chiavi della macchina e tamburellando con la gamba. Voglio essere fuori da lì il prima possibile.

-Possiamo fare in fretta?- chiedo quindi impaziente, guardando distrattamente fuori dalla finestra alla mia sinistra. -Mio fratello mi aspetta.-

-Sì, beh, credo che possa fare a meno della sua presenza ancora per un po'- risponde l'uomo di fronte a me, per poi piegarsi e frugare sotto alla scrivania, alla ricerca di qualcosa. Afferra delle bottiglie di birra vuote e le appoggia sul tavolo, proprio sotto ai miei occhi. Poi intreccia le dita e ci appoggia il mento sopra, guardandomi talmente male che per un attimo temo che il suo sguardo possa incenerirmi. -Ti hanno insegnato che non si beve prima dei ventun'anni, Winchester? Sei fortunato che Garth non parli.-

Osservo i giochi che la luce crea sul vetro scuro delle bottiglie e rimango in silenzio, continuando a giocherellare con le chiavi dell'auto, tormentandole con le dita.

-I proprietari dell'impianto non sporgeranno denuncia, ma ho promesso loro che ti avrei punito duramente.-

Stringo la mascella e mi sporgo verso di lui, scoccandogli un'occhiata a metà tra il divertito e l'annoiato. -E cosa vuole fare, espellermi?-

Crowley aggrotta le sopracciglia ma come fa sempre durante questi nostri incontri, sta al gioco. Sorride al mio stesso modo e si liscia per un attimo la barba. -Non tentarmi, Whinchester.-

Lancio le chiavi sulla scrivania, massaggiandomi le tempie e poi le palpebre chiuse. -E allora cosa dovrei fare?-

-Tanto per iniziare, non salterai le lezioni- dice in maniera divertita, rilassandosi di più sul suo trono sollevando una dopo l'altra le dita per indicare ogni singolo punto. -Poi aiuterai i bidelli dopo la scuola, il sabato mattina farai tutoraggio agli studenti più piccoli e parteciperai al volontariato dell'orfanotrofio.-

Sbuffo contrariato perché tutto quello è ingiusto. Ed eccessivo. Tento di protestare ma la mano alzata di Crowley mi suggerisce di stare zitto. -Ultima possibilità, Winchester. Poi faresti meglio a trovarti un altro liceo. Aspetta, a Lawrence non ce ne sono altri.-

Mi viene voglia di dargli un pugno in faccia, ma finirei con il cacciarmi di più nei guai, quindi trattengo tutti gli insulti che vorrei sputargli addosso e annuisco in maniera poco convinta.

Mi alzo strisciando la sedia ed esco sbattendomi la porta alle spalle.

 

Iniziare il turno delle pulizie mi mette di cattivo umore. Di umore pessimo.

Oggi mi sono svegliato con il piede sbagliato, ho mandato a quel paese Sam che non la smetteva di prendermi in giro e quindi mia madre mi ha cazziato perché Dean, non dire certe cose a tuo fratello, sii maturo.

Fanculo.

Sto pulendo la palestra dove vengono allestiti tutti gli stand dei laboratori pomeridiani, con gli ACDC sparati a palla nelle orecchie ed un mocho enorme in mano, ed è lì che vedo di nuovo Castiel. Cioè, in realtà lo vedo quasi tutti i giorni, ma è lì che ci faccio di nuovo caso.

E' seduto per terra a gambe incrociate, circondato da ragazzi più piccoli di qualche anno. Sulle ginocchia ha aperto un libro di cui non riesco a vedere l'argomento e sta sorridendo.

Ha un bel sorriso, le sue labbra sono carnose e un po' screpolate, ma insomma, per niente male. Gli occhiali sono storti sul suo naso, ma continua a distribuire sorrisi a destra e a manca e non smette di parlare nemmeno un attimo e tutti lo fissano affascinati e okay, tutto nella norma.

Appoggio il mento sul mocho e lo guardo distrattamente, sinceramente incuriosito, ma attento a non farmi beccare da occhiatine indiscrete. Poi lui alza di scatto la testa e i suoi occhi blu sono sgranati ed enormi e okay tipo mi prende un infarto.

Per la sorpresa, esclusivamente per la sorpresa, il mento mi scivola dal bastone del mocho e per un momento rischio di rovesciare il secchio con l'acqua con una gamba

-Cazzo- dico, recuperando il secchio giusto in tempo e rimettendolo in equilibrio per evitare di fare un macello, però la mia dignità risulta impossibile da recuperare, al momento. Sento ancora il peso delle iridi di Castiel addosso, ma deglutisco e cerco di non farci molto caso.

A salvarmi ci pensano come sempre Adam e Benny che attraversano la palestra proprio in quel momento. Mi sfilo le cuffiette e li saluto con un cenno della testa, mentre passano proprio di fronte a Castiel e al suo gruppetto.

-Perché il Dio in cui credi tanto non ti fa avere un maglione nuovo, Novak?- ridacchia Adam, appoggiando un braccio sulla mia spalla, che a mia volta sono appoggiato al mio fidato mocho e seguo la scena con sguardo divertito.

Castiel si alza in piedi e appoggia il libro sul tavolino del suo stand, stringendo rigidamente le braccia al petto. -Perché è troppo impegnato a cercare il tuo cervello.-

E a quel punto scoppio a ridere di gusto, seguito a ruota da Benny perché wow, Novak ha appena zittito Adam che ha un'espressione impagabilmente sconvolta dipinta sulla faccia.

-Oh oh- brontola Benny, dando una gomitata all'altro che lo spintona a sua volta, girandosi per tornare ad ignorare Castiel che ora sembra tutto immerso nel suo stand.

-Dean, il preside se n'è andato, che ne dici di uscire un po'?-

A quel punto distolgo lo sguardo da Novak -manco mi ero accorto di essermi impalato a fissarlo un'altra volta- e torno a concentrarmi sul mio amico mocho. -Meglio di no, devo restare qui.-

Benny sbuffa e mi strappa la scopa dalle mani, appoggiandola al muro. -Dai, se n'è andato. Muoviti.-

E okay, nessuno me ne voglia male se mi strappo le cuffiette dalle orecchie e le seppellisco in tasca per scamparmela, in fondo per oggi ho dato il mio contributo alla società. Castiel da sotto quelle ciglia terribilmente lunghe mi sta fissando, no, mi sta giudicando, e vorrei andare lì e cavargli gli occhi ma poi ci ripenso, perché sono troppo blu e sarebbe uno spreco.

 

La prima volta in cui parlo di nuovo con Castiel, in maniera seria, del tipo più di una battuta detta a caso, da soli, è sabato.

Mia madre mi ha buttato giù dal letto perché dovevo andare alla scuola media per fare tutor ai ragazzini più piccoli. E che sia dannato Crowley, mi ero dimenticato di quella punizione. Sammy russava in camera sua quando sono uscito e mai come in quel momento mi sono ritrovato ad invidiare mio fratello. E peggio ancora, mia madre ha dovuto prendere l'Impala per andare a lavoro, visto che la sua macchina aveva finito la benzina, e sono stato costretto a prendere il pulmino pubblico per raggiungere la scuola media. Un completo schifo, in poche parole.

Comunque, Castiel. Sì.

Siamo sullo scuolabus e stiamo tornando in centro città quando lui si sposta dal suo posto per sedersi accanto a me, senza un'apparente ragione. Ho le cuffie nelle orecchie, un chiaro segnale per il mondo che urla che voglio stare da solo, cosa che dovrebbe scoraggiarlo dal fare qualsiasi tipo di conversazione, ma sì sa, lui è strano, quindi non sembra recepire il messaggio. La mia testa è voltata verso il finestrino e percepisco a stento la sua presenza perché lui è leggero, gentile quando si muove, appare dal nulla, come un fantasma.

-Ciao, Dean.-

E dannazione, sobbalzo quando lui parla perché Cristo, non può davvero comparire così e dire il mio nome in quel fottuto modo, come se in realtà avesse detto mille cose e non quattro lettere del cazzo. Rimango in silenzio, cercando di nascondere la mia espressione dietro ad una mano.

-Vuoi un biglietto della lotteria?- dice lui dal nulla, stringendo le mani sulla Bibbia che si porta sempre appresso e che adesso ha appoggiata sulle cosce.

Inarco un sopracciglio e osservo il profilo del suo volto attraverso il riflesso del finestrino del bus. -Pensavo che giocare d'azzardo fosse peccato.-

Castiel piega la testa di lato in quel suo modo buffo e mi fissa curioso. -Sono per beneficenza, per i bambini dell'orfanotrofio.-

-No- dico seccamente, ficcandomi di nuovo una cuffietta nell'orecchio che con tutto il movimento dell'autobus mi è scivolata su una spalla. Dannati mezzi pubblici. E dannato Castiel, tutta quella bontà d'animo finirà per farmi cariare i denti.

-Andrai a trovare Garth all'ospedale?- chiede Castiel dopo qualche minuto di silenzio.

Mi strappo le cuffie dalle orecchie e mi volto a guardarlo spazientito, ritrovandomi davanti al suo sguardo da bambino smarrito. -Che diavolo stai cercando di fare, conversazione? Beh, la tua capacità di socializzare è alquanto scarsa.-

Lui si irrigidisce e stringe con forza la sua preziosa Bibbia, chiudendo gli occhi per un istante e prendendo un piccolo respiro. -Non mi conosci, quindi non puoi giudicare.-

-Ti conosco- ribatto deciso, lasciandomi scappare una risata divertita. -Ti chiami Castiel Novak, no? Sei il figlio del reverendo, porti sempre lo stesso maglione, senza occhiali inciampi persino nei tuoi piedi e i tuoi unici amici sono i pianeti e forse quel tuo libro lì.-

Castiel si sistema gli occhiali sul naso e i suoi occhi si assottigliano mentre si stringe nelle spalle. Sopra al suo solito maglione indossa un trench che bho, sembra averlo rubato al tenente Colombo. -Dici quello che dicono tutti, e questo non è conoscere qualcuno, non davvero.-

Rimango imbambolato a fissare i suoi occhi troppo blu e lotto con tutto me stesso per impedire al mio sguardo di scivolare sulle sue labbra carnose e screpolate. -Non hai paura di quello che pensano gli altri?-

Lui fa un piccolo sorriso, gli angoli della sua bocca si alzano all'insù e i suoi occhi si accendono di dolcezza. -No.-

 

La parte della mia punizione più dura da affrontare, è di sicuro passare intere giornate all'orfanotrofio cittadino. Non è un vero e proprio orfanotrofio ma insomma, qui ci stanno tutti i bambini che cercano una casa o che non hanno più i genitori o chessò io.

A volte è triste, perché nei loro occhi mi sembra di rivedere Sammy quando aveva la loro età e questa cosa mi colpisce il cuore come farebbe un ago con un palloncino.

Comunque, sono ancora senza macchina, e scendo da quella di Benny con uno sbuffo scocciato, osservando l'austero orfanotrofio con il naso sollevato.

-Buona fortuna amico, sembra proprio una rottura di coglioni- dice il mio amico, tamburellando le dita sul volante.

Mi volto e mi appoggio sul finestrino aperto, lanciandogli un'occhiata tutta seria. -Il mio turno finisce tra un'ora, ricordati di venirmi a prendere.-

Benny fa un cenno con la mano ridendo, e poi sgomma via, lasciandomi impalato di fronte alla scalinata. Conosco per nome il direttore dell'orfanotrofio, un certo Zaccaria, ma non l'ho mai incontrato, visto che l'edificio si trova in una zona di Lawrence dove non sono molto abituato a girovagare.

Mi sta salendo un po' di ansia perché probabilmente non sono vestito in maniera adatta per incontrare Zaccaria -dei vecchi jeans, una maglietta degli ACDC e la mia solita giacca di pelle-, ma in fondo chissene frega.

Comunque, entro nella hall e mi rendo conto di essere in anticipo di qualche minuto perché Zaccaria è in piedi dietro ad una scrivania di mogano con il cellulare attaccato all'orecchio, per niente interessato al mio arrivo. Una donna con i capelli rossi mi viene in contro tutta trafelata, rischiando di inciampare sui tacchi e di perdere qualcuno dei fogli che regge in mano. -Tu devi essere Dean Winchester!-

Mi ficco le mani nelle tasche della giacca, palesemente a disagio ed annuisco. -Ehm, sì.-

-Oh, ma che bello. Zaccaria sarà subito da te, sta facendo una telefonata importante- dice, facendomi l'ennesimo grosso sorriso ed invitandomi a sedermi su una delle panche poco lontane dalla scrivania.

Faccio come mi è stato detto e sbuffo una volta che la segretaria si è allontanata, stravaccandomi sulla panca in maniera indecente. Ci sono tipo un centinaio di posti orribili dove preferirei trovarmi, in questo momento. Sto per tirare fuori il cellulare per giocare a qualche strana app per passare il tempo quando -Ciao, Dean.-

E cazzo, sobbalzo di nuovo perché mi ritrovo davanti Castiel che mi guarda con un grande sorriso stampato sulla faccia e la testa leggermente inclinata di lato. Mi chiedo quando esattamente si sia sentito autorizzato a salutarmi. Deglutisco, cercando di riprendermi dallo spavento, bloccando il cellulare e stringendolo in una mano.

-Castiel- saluto freddamente, accennando ad un movimento seccato della testa. Ma certo, mi sarei dovuto aspettare di trovarlo qui. Dopotutto lui ama aiutare la gente, è tipo la sua aspirazione della vita, quindi ha senso che se ne stia rintanato tutto il tempo in orfanotrofio ad aiutare i bambini.

Lui però non sembra toccato affatto dalla mia mancanza di entusiasmo. In un attimo si siede accanto a me sulla panca, forse fin troppo vicino. Mi sento a disagio, le nostre ginocchia si sfiorano, e vorrei allontanarmi da lui quanto basta per non toccarlo, ma finirei con il culo per terra, quindi lancio un'occhiata disperata a Zaccaria che però sembra ancora tutto preso dalla sua telefonata. Sbuffo sconsolato.

-Che sorpresa trovarti qui.-

Mi stringo nelle spalle e giocherello con il mio telefono. -Crowley mi ha costretto.-

E non mi importa di fare la figura dell'insensibile scorbutico che viene ad aiutare i bambini solo perché c'è qualcuno che glielo impone. Castiel, dal canto suo, non sembra notare il fastidio palese nella mia voce.

-Capisco- dice solo con un sorrisetto, stringendo la sua storica Bibbia come se volesse trarne la forza per parlare. Tutti in città sanno che gli orfani sono il suo punto debole, Castiel ama i bambini e probabilmente un giorno sarebbe stato un bravo padre, se mai avesse trovato un'anima abbastanza coraggioso da sposarlo. -I bambini ti piaceranno moltissimo, sono tutti molto dolci.-

Storco il naso perché non sono davvero entusiasta all'idea di piccole pesti urlanti, ma evito di dirlo, sarebbe troppo persino per lui. -Da quanto tempo vieni qui?-

-Da sempre credo, ero un bambino quando ci sono venuto la prima volta.-

-Ti piace o ti rende triste?- Nemmeno io so spiegare il perché di questo terzo grado, né tantomeno perché sto parlando con lui come se mi interessasse qualcosa della sua vita.

-Entrambe le cose- constata Castiel dopo un secondo di riflessione. -Molti arrivano da situazioni davvero disastrose, ma appena ti vedono sorridono sempre e spazzano via tutta la tristezza. E' bellissimo.-

Mentre parla, è raggiante. Rimango per un secondo imbambolato a fissare i suoi occhi blu coperti dagli occhiali, riesco a scorgere una strana ma piacevole luce dentro le sue iridi. Probabilmente non ha intenzione di farmi sentire in colpa nel dire quello che ha detto, ma è esattamente così che mi sento. Questa è sempre una delle ragioni per cui è tanto difficile stare in sua compagnia. Accanto a Castiel Novak, ti senti un pezzo di merda.

Proprio in questo momento, vedo Zaccaria appoggiare il cellulare sulla scrivania e alzare lo sguardo su di noi. La segretaria riapparsa dal nulla mi trascina davanti alla scrivania e per qualche ragione a me ancora sconosciuta, Castiel ci segue. Si vede che sono vecchi amici, perché Zaccaria appena lo nota lo stringe in un abbraccio soffocante e gli dà numerose pacche sulle spalle.

-Winchester, pensavo che non ti saresti presentato- dice il direttore, scoccandomi un'occhiata divertita e io alzo gli occhi al cielo perché okay, non sono uno stronzo patentato, anche se non ho mai dato motivo di pensare il contrario.

-Dean, vorrei che tu facessi qualcosa di concreto per questi bambini- aggiunge subito dopo, appoggiando una mano sulla scrivania.

-Tipo cosa?- chiedo, inarcando le sopracciglia. Già badare a mio fratello che è solo è piuttosto complicato, figuriamoci occuparsi di una dozzina di mocciosi urlanti. L'idea mi fa rabbrividire.

Zaccaria fa un sorrisetto inquietante ma il suo sguardo si addolcisce quando si posa su Novak. -Magari potresti pensare a qualcosa da organizzare per il Natale. E' sempre un periodo critico per loro e sarebbe bello organizzare qualcosa.-

Mi hanno anche preso per una specie di Babbo Natale, ora? Non è affatto giusto. Adam e Benny dovrebbero essere qui con me in questo momento ed invece probabilmente si sarebbero solamente divertiti a prendermi in giro fino alla fine dei miei giorni.

Inevitabilmente, mi concedo una smorfia e un gemito scoraggiato.

-Beh, è bello che ci sia anche Castiel qui oggi, lui potrebbe portarti dai bambini- propone Zaccaria e io vorrei tipo finire dieci metri sotto terra. Perché è già una tortura dover passare il mio prezioso tempo con dei bambini, ma stare con Castiel più di quanto non sia costretto per motivi superiori proprio no.

Il viso di Castiel si illumina come un albero di Natale, giusto per restare in tema. -Per me sarebbe un vero piacere.-

-Molto bene- borbotta soddisfatto l'uomo, lasciandosi cadere sulla poltrona alle sue spalle. -Adesso sono in sala ricreazione.-

Castiel fa l'ennesimo sorriso e poi mi afferra una manica, trascinandomi lungo il corridoio fino a dove una doppia porte si apre in una grande stanza piuttosto spaziosa. Nell'angolo più alto della parete c'è un televisore, con davanti delle sedie di metallo pieghevoli; i ragazzini sono accalcati lì attorno e si capisce che solo quelli più avanti riescono a vedere bene.

Mi guardo un attimo in giro e un crampo di tristezza mi assale. C'è un vecchio tavolo da ping-pong tutto sgangherato e lungo il muro ci sono degli scaffali con qualche giocattolo sparso qua e là, cose come lego impolverati, qualche costruzione e giochi di società. A giudicare dall'aspetto, non devono essere nuovissimi. Gli occhi blu di Castiel sono fissi sui bambini e ha ricominciato a sorridere. Bellissimo. No, pensato, cancellato, rimosso per sempre.

-Sono quelli tutti i giocattoli che hanno?-

Lui annuisce tristemente. -Sì, non è molto, ma è già qualcosa. Cerco di portare qualsiasi cosa vecchia o usata che riesco a trovare in giro, ma è difficile.-

Lui ci è abituato ma a me questa stanza nuda sembra decisamente deprimente, non riesco ad immaginare come si possa crescere in un luogo del genere. Vedere quei bambini tutti appallottolati sulle sedie per riuscire a guardare la televisione mi fa stringere violentemente il cuore, insomma, non sono un insensibile. -Che cosa si deve fare, di preciso?-

-Solo far loro compagnia, per adesso- dice Castiel, voltandosi a guardarmi con un bellissimo sorriso, talmente bello che il mio cuore ora perde un battito, non va affatto bene. -Li aiuta molto vedere volti nuovi, ogni tanto.-

Trattengo il respiro mentre entriamo definitivamente nella stanza e subito una bambina si gira al suono dei nostri passi. Ha circa otto anni, i capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle e le mancano due denti davanti.

-Caaaas!- grida, felice di vederlo, e subito tutti gli altri bambini si voltano. Ce ne sono di tutte le età, tra i cinque e i dodici anni e ci sono più maschi che femmine. Alcuni hanno un volto terribilmente famigliare che sembra sempre ricordare Sammy.

-Ciao Claire- risponde Castiel dolcemente, stringendo la piccola che gli è letteralmente saltata addosso. -Come stai?-

Dopo aver salutato altri bambini, Cas mi presenta un ragazzino più grande che gli chiede se sono il suo fidanzato. A quella domanda avvampo come un coglione e sono sicuro di sembrare un idiota, ma il sorriso gentile di Casitel mi strappa da quei pensieri.

-E' solo un amico- chiarisce subito il ragazzo, scostandosi una ciocca di capelli scuri dalla fronte e accarezzando quelli del ragazzino -Ma è molto simpatico.-

Non so perché ma quell'apprezzamento fa tamburellare il mio cuore come quello di una dodicenne in preda ad una tempesta ormonale.


E okay, so che vi avevo detto che avrei pubblicato la settimana prossima ma... 
Mi sono detta "Ehi, ho già tutti i capitoli, perché non pubblicare ogni due giorni?" e così eccoci qui.
Insomma, nello scorso capitolo Castiel non ha detto nemmeno una parola quindi mi sembrava carino presentarvelo subito :) Nonostante la sua fede, ha un caratterino niente male ed insomma, tutti sappiamo quanto sia bello, ma se Dean ha dei problemi di vista non ci possiamo fare niente.... Eppure sembra molto interessato, già..
Chissà, chissà! Questo capitolo è decisamente più lungo, perché il precedente voleva un attimo essere un'introduzione e tastare il terreno, mentre ora le cose si evolvono!
La foto all'inizio del capitolo l'ho fatta io e ammetto di avere una grande passione per il Dean della prima stagione -in realtà per il Dean di qualsiasi stagione ma dettagli- e quindi in un attimo di euforia è uscita fuori quella foto, che personalmente m piace molto ma sono di parte credo ehehe.
Bando alle ciance, ringrazio tutte le persone che hanno letto sileziosamente e anche chi ha recinsito, mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensano i lettori e soprattutto vedere che il mio lavoro è apprezzato :)

Allora grazie e al possimo capitolo, dopodomani!

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Capitolo 3
*** Parte III ***


A Walk To Remember





Parte III

 

Is true love only once in a lifetime?

 

Eventualmente, Benny si dimentica di venirmi a prendere.

Sarà sicuramente da qualche parte imboscato a pomiciare con Andrea. Normalmente non mi sarei incazzato tanto, ma odio questo fottuto orfanotrofio, fa un freddo cane e mi trovo dall'altra parte della città. L'idea di dovermene tornare a casa a piedi mi fa rabbrividire e lo stomaco mi si stringe in un crampo di protesta.

Lancio una rapida occhiata all'orologio che porto sul polso e poi ficco le mani in tasca, trattenendo un ringhio arrabbiato. Magari Benny è solo in ritardo. Continuo a fissare con insistenza l'angolo da cui sarebbe dovuta spuntare la sua auto, ma una vocina irritante nella mente continua a darmi del coglione. E la voce assomiglia terribilmente a quella di Sam.

-Ciao, Dean.-

Sobbalzo per l'ennesima volta nel giro di qualche ora e mi ritrovo la faccia di Castiel a due centimetri dalla mia, talmente vicina che il cuore rischia di schizzarmi fuori dalla cassa toracica.

-Cristo, Castiel! Spazio personale, ti dice niente?- sbotto duramente, facendo un passo indietro e tornando a fissare la strada. Ma poi che diavolo saluta a fare!? Ci siamo visti due secondi fa. Dio, questo ragazzo mi fa salire la voglia di bestemmiare, il che è davvero assurdo ed ironico allo stesso tempo.

-Le mie scuse- mormora lui, piegando la testa di lato e fissandomi come se improvvisamente mi siano spuntate due teste dal nulla. Mi sento sempre a disagio sotto il suo sguardo: saranno i suoi occhi troppo blu, troppo puri, ma mi sento inadeguato, sbagliato, e questa cosa mi porta a stringermi di più nel giaccone, come farebbe una tartaruga con il suo guscio.

Cazzo è assurdo, è Castiel quello strano, io non ho niente che non vada, e poi la deve smettere di comportarsi come se fossimo amici.

-Potresti provarci davvero, sai?- dice lui, dopo minuti interminabili di silenzio. In realtà pensavo che se ne fosse andato, visto che ha la capacità di apparire e scomparire come un fottuto fantasma.

Inarco le sopracciglia e gli lancio un'occhiataccia subito dopo. E' avvolto di nuovo nel suo trench orrendo che gli sta troppo largo e sembra un bambino che ha giocato a mettersi i vestiti del padre. -Di che stai parlando?-

-Ad impegnarti- continua subito dopo, sistemandosi gli occhiali neri sul naso. Ho notato che sembra farlo quando è nervoso. -A loro farebbe molto piacere. Ai bambini. E tu potresti trovarlo divertente e producente.-

Dio, sentirlo parlare mi fa venire il voltastomaco. Mi rifiuto di analizzare il motivo di questa mia reazione, almeno per ora. -Sono giovane per morire di noia in un posto simile.-

Quello che ho detto non sembra averlo scalfito, ma Castiel ora ha un'espressione così indecifrabile che è difficile riuscire a leggerlo davvero. Si limita ad alzare il mento in una posizione che lo rende terribilmente fiero. E sexy, ma cancello subito quello che ho appena pensato. -Tu sai bene che senza pubblico non sei nessuno, vero Dean?-

Il fatto che anche lui mi veda come uno sbruffoncello alla ricerca di attenzione, come fanno tutti, mi fa incazzare. E mi ferisce. -Chi è che lancia giudizi senza conoscere, adesso?-

-E' solo un dato di fatto- sbotta Novak, infilandosi le mani nelle tasche del suo trench per poi darmi le spalle e camminare verso la sua macchina. E cazzo sì, sono tipo diviso tra la voglia di prenderlo a pugni e quella di sbatterlo al muro e farmelo fino alla fine dei miei giorni.

Idee malsane entrambe. La seconda in particolar modo. Comunque, Castiel sta salendo sulla sua vecchia Prius argentata e okay, quella che mi frulla in testa non è la migliore delle idee ma Benny non arriva e cazzo, il culo mi si sta congelando, quindi fanculo.

Ingoio il mio orgoglio e mi avvicino al finestrino del guidatore, tamburellandoci contro con le nocche. Castiel mi guarda e i suoi occhi blu mi scrutano disinteressati per un momento.

Prendo un piccolo respiro e poi faccio uno dei miei migliori smaglianti sorrisi da seduttore, sperando che anche con lui possano funzionare. -Faresti un atto di carità?-

 

Castiel guida come mio nonno.

Non che io abbia un nonno, ma se lo avessi, guiderebbe esattamente come guida Castiel. Piano. Inesorabilmente piano. E rispetta tutti i segnali. E i semafori. E le precedenze. E i limiti di velocità. Di questo passo arriverò a casa giusto in tempo per il giorno della laurea di Sammy, è una buona cosa dai.

-La cintura.- Ecco, appunto.

Sono stravaccato sul sedile del passeggero come il peggiore dei camionisti e sbuffo palesemente scocciato. Ma insomma, gli ho chiesto io un passaggio, l'auto è la sua, il minimo che posso fare è rispettare le sue regole. Quindi contro voglia mi infilo la cintura, bloccandola con un inquietante clic. Castiel mi lancia un'occhiata soddisfatta, poi si sporge per accendere la radio.

Immediatamente, una serie di rumori naturali invade l'auto: sento il rumore dell'acqua, forse di un fiume che scorre, e del vento. E' piacevole ma mi fa venire una terribile voglia di pisciare.

-Cos'è questa merda?- borbotto inorridito, sporgendomi a mia volta per cambiare stazione e scopro che in realtà si tratta di un disco che viene sputato fuori dalla radio come se pure lei si rifiutasse di riprodurre certa roba.

-Dean, il linguaggio- e sì, mamma -comunque, io la trovo estremamente rilassante. Mi aiuta a distendere i nervi.-

Mi chiedo quali nervi debba distendere visto che Castiel sembra avere sempre questa dannata scopa su per il culo ma dà l'impressione di essere la persona più rilassata del creato. Roteo gli occhi esasperato e sposto la radio su una stazione di musica rock, lanciandoci poi uno sguardo soddisfatto. Decisamente molto meglio.

-Molto meglio- dichiaro infatti, tornando a guardare fuori dal finestrino. Noto con orrore che stiamo praticamente andando a passo d'uomo e davvero, di questo passo sono pronto a suicidarmi il prima possibile. Non mi stupirei se vedessi qualche vecchietto superarci.

-Quarantadue- mormora Castiel all'improvviso, attorcigliando le dita pallide e lunghe sul volante. Ha delle belle mani. Dean, cazzo, concentrati.

Aggrotto la fronte e mi volto verso di lui. -Stai dando i numeri?-

-Quarantadue, essere amico di chi non mi piace- chiarisce, stringendosi nelle spalle subito dopo. Si volta a guardarmi per un secondo e i suoi occhi blu scintillano anche nel buio dell'abitacolo. -E' la lista delle cose che voglio fare nella mia vita.-

Okay questo è terribilmente strano. E maniacale. Cioè, scrivere tutto ciò che si vuole fare non è qualcosa che ti mette giusto un pochino di ansia da prestazione? E poi mi ha appena detto che non gli piaccio, come fa ad affrontare il tutto con quel sorrisetto di circostanza?

Piccolo stronzetto. E poi noi non siamo amici.

-Tipo quali?- chiedo, appoggiando la testa su una mano, guardandolo con attenzione.

Castiel ci pensa un attimo, ma poi le sue labbra carnose si piegano in un sorrisetto. Sembra che gli piaccia parlare di questa fantomatica lista, ma i suoi occhi non si accendono, sono come velati, c'è qualcosa che li oscura. -Fare un anno di volontariato, una scoperta scientifica. Essere in due posti contemporaneamente, farmi un tatuaggio.-

Sposto lo sguardo dal cruscotto a lui e lo scruto con interesse, stupito dalla curiosità sincera che mi sta nascendo dentro. -Qual è la numero uno?-

Castiel fa un sorriso sghembo. Si ferma ad un semaforo, si volta a guardarmi e ancora una volta mi trovo inchiodato dai suoi occhi troppo intensi e il mio cuore prende a scoppiettare come un fottuto petardo; un anglo della sua bocca si solleva in su, e mi rivolge un'occhiata divertita prima di tornare a guardare la strada. -Te la direi, ma dopo dovrei ucciderti.-

Sono quasi sul punto di scoppiare a ridere ma mi trattengo, anche se sono davvero curioso. Probabilmente non è niente di così fondamentale, sarà una sciocchezza, e io ho ancora una dignità da mantenere che non mi permette di insistere oltre.

Poi la Prius di Castiel attraversa lo stradone principale di Lawrence, quello puntellato da mille locali e pub diversi, sempre pieno di ragazzi della nostra età; e appunto, passiamo anche davanti alla Rodhouse.

E' il locale che io e i miei amici frequentiamo più spesso, perché ci sono sempre delle ragazze carine e le cameriere non sono niente male davvero, e giustamente proprio all'ingresso intravedo Adam e Benny sono appoggiati al furgoncino.

Cas sta ancora guidando a passo d'uomo e probabilmente se voltassero lo sguardo verso di noi, ci vederebbero e non avrebbero nemmeno troppi problemi a riconoscermi.

E merda, come glielo spiegherei il fatto di trovarmi nell'auto di Castiel Novak ad un orario improponibile, se mi vedessero sul serio?

Faccio ruotare velocemente gli ingranaggi della mia testa e alla fine decido di scivolare sul sedile il più possibile -il che risulta piuttosto complicato, visto che la macchina è minuscola e io insomma, sono piuttosto alto ma tantè-, in modo che la mia testa non spunti dal finestrino.

Quando superiamo la Rodhouse, e io posso tornare a sedermi in maniera composta con un sospiro sollevato, sento il peso degli occhi di Castiel su di me: non ho bisogno di guardarli per capire che ancora una volta mi sta giudicando, ma dallo specchietto retrovisore riesco a vedere che sta scuotendo la testa, sconsolato.

E adesso non sorride più.

 

Odio l'orfanotrofio.

E' ufficiale. I bambini mi guardano come se avessi qualche specie di malattia venerea -sempre che alla loro età sappiano cosa sia- e preferiscono di gran lunga trascorrere il loro tempo libero con Castiel, piuttosto che con me. E quelle rare volte in cui Castiel non c'è o ha il turno dopo al mio, giocano con i pochi giocattoli che hanno a disposizione e si limitano a tollerare la mia presenza, ignorandomi deliberatamente.

Quindi fondamentalmente in quel posto non faccio niente di produttivo. Ma Castiel c'è quasi ogni volta, è sempre lì, e dispendia sorrisi e abbracci e caramelle a qualsiasi bambino e se la gente non lo conoscesse bene potrebbe quasi scambiarlo per un pedofilo che cerca di adescare minori ignari.

Vederlo stare tra i bambini mi fa sorridere irrimediabilmente e quando sono da solo posso anche permettermelo. Non ho molto da fare quando lui gironzola nella sala comune coinvolgendo tutti in questo o in quel gioco, comunque, quindi mi appallottolo sul davanzale con un taccuino in mano -devo ancora farmi venire in mente qualcosa da organizzare per Natale, che seccatura- e passo il tempo a guardarlo. In questi giorni in cui sono stato costretto a fare il babysitter, fallendo miseramente, ho avuto modo di osservarlo meglio.

Ho notato le rughette che si formano agli angoli dei suoi occhi quando sorride, oppure quel modo buffo che ha di piegare paurosamente la testa da un lato quando non capisce qualcosa, o ancora il modo gentile che ha di abbracciare o di accarezzare i bambini che stravedono per lui e ho scoperto che gli piace moltissimo il miele.

E mi sono accorto che Castiel è bello, bello in un modo che non è puramente fisico: da qualsiasi gesto che compie, da qualsiasi sua parola, traspare la sua anima, ed è un'anima così pura e magnifica che sembra farlo risplendere in mezzo a tutti, la si vede riflessa nelle sue iridi scure e i comuni mortali come me non possono fare altro che ammirarlo.

Arrossisco un po' a quel fiume di pensieri troppo poetici persino per me e affondo la faccia nel taccuino, desiderando di venirne risucchiato all'istante ma felice che nessuno possa vedermi. Sto decisamente uscendo di testa.

Non faccio in tempo ad alzare lo sguardo che noto Castiel infilarsi il suo inguardabile trench e uscire da una porta laterale, visto che i bambini adesso si sono riuniti attorno alla tv per il loro show preferito: in quella parte dell'edificio non ci sono mai stato se devo essere sincero e non ho nemmeno idea di dove conduca.

-Ma dove va?-

In men che non si dica mi alzo di scatto e riesco a raggiungere la porta prima che si chiuda e manco a dirlo i bambini non si accorgono nemmeno della mia breve scappatella. Castiel sta camminando lungo il corridoio, poi svolta a destra e inforca una rampa di scale. Siamo all'ultimo piano, sopra c'è solo il tetto, quindi mi chiedo che diavolo abbia intenzione di fare. Fa un freddo cane ed è anche piuttosto tardi, non c'è niente da vedere lassù. L'idea che anche lui abbia qualche oscuro segreto mi intriga un po', ma allo stesso tempo sono cosciente del fatto che non dovrei sentirmi così interessato a lui.

-Ehi!- urlo improvvisamente, e rendendomi conto di averlo praticamente pedinato, avvampo. Lui si volta di scatto verso di me, con un piede su un gradino, e i suoi occhi blu si spalancano per lo stupore, ma poi piega la testa di lato come al solito, aspettandosi una mia qualche spiegazione.

Certo, in fondo sono io ad averlo chiamato con un urlo dopo averlo seguito come il peggiore degli stalker, quindi a questo punto forse dovrei dire qualcosa. Mi schiarisco la voce e mi passo una mano dietro la nuca, palesemente imbarazzato.

-Ehm- borbotto, sperando che il caldo che sento non sia dovuto al fatto che sto arrossendo ancora di più come una dodicenne perché no grazie -Dove stai andando?-

-Potrei farti la stessa domanda- sussurra Castiel, scrutandomi come se non capisse nemmeno la mia lingua e stringendo la cinghia della cartella che porta sulla spalla.

Ti pareva. -Che ci vai a fare sul tetto?-

Castiel si volta e riprende a salire le scale, con un sorrisetto che sembra malizioso ma insomma, stiamo parlando di Castiel, il puro Castiel Novak e quindi proprio no. -Vieni con me.-

E normalmente infrangere le regole mi rende attivo, mi eccita, ma seguire Castiel su per una rampa di scale che porta chissà dove mi mette addosso una strana inquietudine.
Come avevo previsto, lui si ferma sul tetto e si avvicina ad una specie di tubo piuttosto lungo, voltandosi poi per guardarmi con attenzione.

Osservo quello strano oggetto con un sopracciglio inarcato e poi pianto gli occhi su Novak, ancora più confuso. -Okay, che diavolo è?-

-Ti presento il mio telescopio- dichiara con un tono troppo soddisfatto, indicando lo strano tubo con una mano, mentre ripone la sua borsa accanto al piedistallo dello strumento. -Avevo dodici anni quando l'ho costruito. Zaccaria me lo fa tenere qui, è piuttosto alto e si vedono bene le stelle.-

Spalanco appena la bocca. Che sia un prodigio è di dominio pubblico, ma adesso ne ho la prova tangibile davanti agli occhi. -Wow, notevole.-

-Dai un'occhiata- sussurra fin troppo entusiasta, spostando il mirino verso di me. Mi piego un secondo e ci appoggio l'occhio sopra, stringendo l'altro per vedere più chiaramente. Ed è bellissimo perché vengo letteralmente investito da un mare di stelle, al cui centro si riesce a distinguere anche la chiara figura di un pianeta circondato da anelli.

-E' Saturno, che figo- sussurro sinceramente colpito, e mi esce fuori un tono più stupito di quanto immaginassi. Normalmente non mi sarei mai interessato ad una cosa simile ma decido che il sorriso brillante e felice che mi rivolge Castiel quando sollevo la testa è una buona ricompensa per il mio sforzo.

Castiel annuisce e riporta il mirino verso di sé, piegandosi per tirare fuori dalla sua borsa qualche strano strumento astronomico e delle cartine del cielo. -Sto pensando di farne uno più grande, per riuscire a vedere anche le comete e altri fenomeni più lontani.-

Rimango in silenzio per un attimo e mi infilo le mani nelle tasche dei jeans, abbassando lo sguardo su miei anfibi. -Ti piacciono davvero queste stupidaggini? I miracoli della natura?-

-Queste stupidaggini?- mormora lui e dal suo tono vagamente triste posso capire che si è offeso. Okay, forse sono stato un po' brusco, un grande stronzo in realtà, ma tutto l'ottimismo di Castiel, la sua purezza e la sua meraviglia di bambino davanti al mondo mi danno sui nervi. -Dean, io ho le mie idee. Ho fede. Tu non ne hai?-

-No- sbotto irritato, alzando il naso verso il cielo. Senza il filtro del telescopio non si vede nemmeno una stella, soltanto un cielo grigio coperto da una spessa patina di fumo e nuvole, ed è uno scenario che mi mette tristezza. -C'è troppa merda in questo mondo.-

-Senza la sofferenza non ci sarebbe compassione.-

-Sì, vai a dirlo ai bambini di sotto o a quelli che soffrono- ribatto, tornando a guardarlo. Incontro subito i suoi occhi scuri, che hanno lo stesso colore della notte sopra di noi e mi trapassano come al solito da parte a parte. Lui scuote la testa e torna a concentrarsi sul suo telescopio e sui suoi strumenti.

-Dov'era Dio quando mio padre ci ha abbandonati?-

E okay, cazzo, no, niente è okay. Perché non capisco proprio il perché abbia detto una stupidaggine simile proprio a lui, che nemmeno mi conosce, che non sa niente di me, di quello che ho passato, di come ho sofferto. Certo, il fatto che mio padre se ne sia andato di casa per seguire la sua segretaria è di dominio pubblico a Lawrence, è stato un pettegolezzo sulla bocca di tutti per un po', ma non mi era mai capitato di parlarne apertamente con qualcuno.

Castiel mi lancia appunto un'occhiata stupita, ma poi stende una coperta sul pavimento lastricato della terrazza e ci si siede sopra, sospirando. -A volte è difficile. Anche io ho dubitato, spesso, ho quasi creduto che fosse tutto inventato quando mia madre è morta. Tutto quello che pensavo era “Perché lei? Ho fatto tutto quello che dici di fare nella Bibbia, quindi perché lei?”-

Il suo tono sembra freddo, e distaccato, ma ormai ho capito che è il suo modo di fare, in realtà basta guardarlo negli occhi per capire quello che prova, attraverso le spesse lenti che gli scivolano sul naso anche in questo momento, rendendolo adorabile.

E ci metto un attimo a capire che Castiel ha qualcosa in comune con me: abbiamo perso un genitore, in maniere diverse ovviamente, ma entrambi siamo accomunati da questo tipo di dolore. Il mio cuore si scalda un po' e deglutisco, sforzandomi di non pensare a quanto sia dannatamente bello in questo momento, con i capelli neri scompigliati e la luce che illumina il suo profilo mettendo in evidenza la sua bocca e il suo naso dritto.

-Non soffrirai per sempre, Dean- dice ancora con un piccolo sorriso che mi manda in fibrillazione, perché Castiel è bravo a riempire i miei silenzi, è fottutamente bravo anche se non mi conosce nemmeno un po', ci mette poco a leggermi. Vorrei dire che è perché sono speciale, in qualche modo, ma in realtà Castiel sembra bravo a leggere le emozioni di chiunque e questa cosa mi scoraggia un po'. Che cazzo sto pensando?

Gli faccio un rapido cenno con la testa e nessuno dei due parla più.

Io non gli chiedo se posso rimanere lì, Castiel non protesta, quindi resto, e lui traffica con le sue cose come se non ci fossi.

E la cosa mi ferisce più di quanto sono disposto ad ammettere.

 

-Senti, Dean, mi dici perché devi perdere tempo con queste stronzate?-

Benny sbuffa per l'ennesima volta nel giro di tipo dieci minuti, lanciando il depliant dell'orfanotrofio in mezzo ai fiori come se fosse spazzatura. Siamo seduti nel giardino di casa mia, Sammy è in camera sua a fare i compiti e mia madre sta cucinando la cena.

Il mio grande problema al momento è trovare un'idea decente per il Natale dei bambini: non mi entusiasma il progetto di doverlo trascorrere in orfanotrofio, ma se proprio devo farlo, spero di farmi venire in mente qualcosa di davvero sensazionale. E okay, io di solito di feste me ne intendo abbastanza, ne ho date un sacco e mi piace andarci, ma non ho la più pallida idea di come organizzare una festa natalizia per dei bambini senza famiglia.

Quindi sì, sono talmente disperato da chiedere aiuto al mio migliore amico, quello che probabilmente ha meno spirito natalizio del Grinch.

-Benny, non ho scelta, o quello stronzo di Crowley mi espellerà sul serio questa volta- piagnucolo in preda allo sconforto, stendendo le gambe davanti a me e affondando la faccia nel mio solito taccuino ancora completamente immacolato.

-Sì, questo lo so, però...- ribatte lui, mettendo su un broncio che è decisamente tipico di lui. Si massaggia la barbetta di cui adora vantarsi e poi sbuffa. -Non lo so Dean, queste cose non fanno proprio per te. I bambini e le buone azioni.-

Roteo gli occhi: sono abituato ad essere considerato un insensibile senza cuore, ho sempre trattato di merda le ragazze -che mi hanno preso a schiaffi più di una volta, ma che non esiterebbero a farmi tornare nelle loro mutande se solo glielo chiedessi- e non sono mai particolarmente gentile con nessuno, ma sentire questo commento da Benny, che dopo mio fratello è la persona che mi conosce meglio, mi lascia con l'amaro in bocca.

Quindi -Tante grazie- borbotto offeso, prendendo a scarabocchiare sul taccuino con la matita un po' spuntata.

Benny scoppia a ridere di gusto, con tanto di bocca spalancata e testa rovesciata indietro, ma poi mi appoggia una mano sulla spalla e mi lancia un'occhiata comprensiva. -Lo sai che scherzo, amico. Mi sforzerò di aiutarti, davvero, sai che puoi contare su di me.-

-Grazie amico- dico subito dopo, facendo un sorrisetto tremolante per poi tornare a scervellarmi. Natale.

Cosa farebbe felice dei bambini a Natale? Sicuramente dei regali. E magari avere anche della gente attorno, Castiel dice che a loro piace vedere gente nuova.

Magari un cenone, perché no. Ma è troppo complicato da organizzare da solo. Benny intanto accanto a me ha iniziato a messaggiare con Andrea, cosa che mi fa capire di averlo perso definitivamente. Purtroppo, per quanto le sue intenzioni siano buone, so benissimo che da lui non riceverò nessun tipo di aiuto.

So benissimo anche a chi devo chiedere realmente una mano, ma solo al pensiero il mio orgoglio mi fa piegare a novanta per darmi un sonoro e sentito calcio in culo.

 

Sgattaiolo nel corridoio della scuola giusto per assicurarmi che non ci sia troppo traffico in giro. Prima delle lezioni di solito non c'è mai troppa gente, arrivano sempre tutti in ritardo, e per fortuna oggi qualcuno lassù mi assiste o sono fortunato perché passa solo qualche ragazza timida che si snocciola in qualche veloce “Ciao Dean”. Mi sono svegliato presto apposta, per evitare occhi indiscreti, e questa cosa mi rende anche stupidamente fiero.

Guardandomi ancora intorno in maniera troppo circospetta, cammino fino all'armadietto di Castiel. Sì, disgraziatamente lui è l'unico che può aiutarmi: conosce i bambini abbastanza bene da sapere che cosa amano, cosa odiano e soprattutto è in grado di organizzare le cose là dentro come se l'orfanotrofio lo guidasse lui, quindi. Non è che l'idea mi entusiasmi particolarmente ma non ho nessun'altra scelta.

Lui, mattiniero come sempre, è in piedi di fronte al suo armadietto e sta sistemando i libri. Oggi, per la prima volta da quando lo conosco, indossa dei jeans blu scuro e non quegli sformati pantaloni del dopoguerra -il maglione è sempre lì però-. E cazzo, Castiel è messo proprio bene in quanto a culo, per non parlare delle sue gambe. E' questo che nascondeva? Dovrebbe mettere il tutto in mostra più spesso. Sono quasi tentato di tirare fuori il cellulare e scattargli una foto, per commemorare questo evento straordinario. Scuoto la testa energicamente dopo un secondo perché no, mettersi a fare dei pensieri impuri su un ragazzo, su Castiel, non è una buona cosa.

Non lo è per niente.

-Cas?- sussurro quindi, sfregandomi nervosamente le mani e avvicinandomi a lui.

Lui si volta verso di me dopo essere sobbalzato e spalanca gli occhi blu come se stesse assistendo ad un miracolo. -Cosa ti serve, Winchester?- chiede poi con un sorrisetto divertito, tornando a sistemare i libri dentro il suo armadietto. -E' da una vita che ti conosco e non mi hai chiamato Cas.-

Avvampo come la peggiore delle dodicenni perché mi ha sgamato subito.

-Ehm. Mi serve aiuto per il volontariato. Ho provato a farmi venire qualche idea in mente, sai, per Natale, ma...- gesticolo con le mani perché non so bene dove metterle, specialmente adesso che lui si è voltato a fissarmi e mi guarda con un cipiglio incuriosito, stringendo come sempre i suoi libri al petto. -Insomma, ho pensato che potessimo lavorarci assieme?-

Per qualche strano motivo il tutto suona come una domanda.

Cas chiude l'armadietto con un sonoro clang e prende a camminare verso la nostra aula e io, nonostante non muoia dalla voglia di farmi vedere a gironzolare in giro assieme a lui, lo seguo. -E tu chiedi a me di essere aiutato?-

-Sì.-

Lui rimane per un attimo in silenzio e mi sembra quasi di essere riuscito a convincerlo, ma poi mi regala un sorrisetto affabile da dietro i suoi occhiali. -Okay, pregherò per te.-

-Cosa?- borbotto, preso alla sprovvista, forse in maniera un tantino isterica. Ma tu guarda questo piccolo insolente.

Castiel aumenta il passo e si allontana velocemente e per un secondo ho la terribile sensazione che stia cercando di evitarmi, di sbarazzarsi di me come se fossi uno scocciatore, ma non ne avrebbe il motivo e Castiel è probabilmente troppo buono per farlo.

Lo seguo esasperato lungo il corridoio e sono tentato di toccarlo per fermarlo, magari prendendogli il polso per voltarlo verso di me, ma poi mi limito ad infilarmi le mani nelle tasche posteriori dei jeans, con la camicia di flanella che porto che mi svolazza attorno ai fianchi. -No, Cas aspetta, non hai capito.-

-Si vede che non hai mai chiesto aiuto a nessuno, prima d'ora- mi fa notare, sorridendomi subito dopo e fermandosi al mio fianco. I suoi occhi blu sono talmente penetranti che il mio cuore perde qualche battito di troppo. -Questa richiesta dovrebbe essere accompagnata da lusinghe. E non dovrebbe essere solo a tuo vantaggio, ma per il bene comune.-

-E' per il bene comune- mi lamento, passandomi per un attimo una mano tra i capelli. So benissimo di non essere mai stato il massimo con lui, ma senza il suo aiuto rischio davvero l'espulsione, è la mia ultima speranza. Non lo dico ad alta voce. -Per i bambini.-

Cas inarca un sopracciglio. Non sembra che quel mio slancio di bontà lo convinca molto.

Così decido di puntare sui miei irresistibili occhi da cucciolo, con tanto di broncio intristito. -Per favore.-

Sembra funzionare, perché Castiel rilassa le spalle che fino a quel momento ha tenuto rigide e dritte e poi si lascia andare in un sospiro arreso. -Okay, ma ad una condizione.-

Mi illumino immediatamente e tento di trattenere l'entusiasmo. -Quale?-

Cas mi guarda intensamente per qualche secondo, i suoi occhi scivolano su tutto il mio viso, e per un attimo temo che mi voglia chiedere un appuntamento e ci manca poco che mi prenda un attacco di panico. Prima di parlare si passa la punta della lingua sulle labbra troppo screpolate. -Promettimi che non ti innamorerai di me.-

Inizialmente rimango a fissarlo come se stesse scherzando ma poi noto nel suo sguardo che è mortalmente serio. E questo è tipo qualcosa da sbellicarsi. Io? Che mi interesso ad un ragazzo? A lui, poi?

Okay che sono sempre stato un tipo dalle vedute sessuali piuttosto aperte ma insomma, non c'è nemmeno la remota possibilità che io possa anche solo interessarmi ad uno come Castiel, né ora, né mai.

Quindi mi scappa effettivamente una risata, perché quella proposta è ridicola, ma mi passo una mano sulla bocca per mascherarla e poi mi schiarisco la voce, prima di parlare. -Non credo che sia un rischio.-

-Perfetto- dice lui con un grande sorriso soddisfatto tutto denti e rughette e occhi blu e, cazzo, è impossibilmente bello. -Allora ci vediamo da me dopo la scuola.-

Eccoci qui con la terza parte :)
Se siete arrivati a leggere fino a qui siete davvero dei santi muniti di molta pazienza, ma vi ringrazio tanto perché mi fa molto piacere! 
Allora, come avete visto il rapporto tra i due si sta evolvendo, decidete voi se nel bene o nel male! xD 
Sono davvero carini insieme ed è ovvio, se non lo fossero non saremmo qui... E a quanto pare hanno molte più cose in comune di quelle che entrambi pensavano.
Dean è un bifolco ma io lo trovo anche molto dolce, mentre cerca di nascondere la palese ossessione che ha per Cas. 
So, preparatevi al fluff estremo del prossimo capitolo, senza spoilerarvi troppo... Vi ho avvisati.
Anche questa volta ho aggiornato piuttosto in fretta, perché io da lettrice odio aspettare troppo e quindi mi immedesimo in chi legge e preferisco mettere i capitoli più spesso -e poi mi diverto troppo a leggere i vostri commenti-.
Come sempre, le mie note di fine capitolo fanno schifo, quindi mi affretto a porre fine a questa tortura: ringrazio chi ha recensito o inserito la storia tra le preferite/seguite, ma un grandissimo grazie va anche a chi legge in silenzio :)

Un abbraccio enorme, e al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 4
*** Parte IV ***


A Walk To Remember




Parte IV
 

Una volta che sono uscito da scuola, sono già pronto per salire in auto e andare da Cas, scoprendomi particolarmente impaziente, ma vengo assalito da Lisa che mi chiede di accompagnarla a casa. E' un po' una scocciatura, perché Castiel che abita esattamente dalla parte opposta rispetto a lei, ma lei insiste così tanto che sono costretto ad acconsentire con un sorrisetto annoiato.

Parcheggio l'Impala nel vialetto di casa sua circa un quarto d'ora dopo, ma lascio il motore acceso, giusto per farle capire che non ho nessuna intenzione di trattenermi oltre. Un po' perché non ho voglia di sorbirmela -dopo settimane sono riuscito a scaricarla, finalmente, lei sognava la storia d'amore perfetta e si è decisamente sbagliata di grosso- e un po' perché ho davvero voglia di vedere Castiel; cosa assurda in realtà, ma è la dura verità, e almeno a me stesso posso permettermi di ammetterlo.

Lisa si volta a guardarmi e si scosta una ciocca scura dietro l'orecchio, con gli occhi troppo scuri decisamente speranzosi. -Senti, i miei genitori sono fuori. Ti va di entrare?-

E tipo sono tentato di prendere a testate il volante perché Lisa è dannatamente una frana a recepire i messaggi non-verbali. Così mi passo una mano sugli occhi con fare esasperato e mi volto per guardarla, stringendo più forte il volante.

-Lisa, ne abbiamo già parlato- borbotto seccato, forse un po' troppo duramente. -E' finita.-

Lei mi lancia un'occhiata omicida che fa decisamente paura, con gli occhi scuri che scintillano e la mano che stringe convulsamente la portiera. -Okay, era solo per dire.-

Lisa mi guarda per un'ultima volta poi sbuffa e scende dall'auto, sbattendo la portiera talmente forte che per un momento temo che si possa essere ammaccata. Ho una voglia tremenda di scendere non certo per rincorrere quella pazza di Lisa, ma per controllare che la mia piccola stia bene.

Lascio scorrere una mano sul cruscotto e poi sospiro. -Non preoccuparti baby, niente si potrà mettere tra di noi.-

Ingrano la marcia con un ultimo sorriso e poi faccio inversione, per raggiungere la casa di Castiel.

Ci metto circa venti minuti per raggiungere la casa dei Novak, e una volta che ci ho parcheggiato davanti sento uno strano nodo all'altezza dello stomaco. Questo perché non sono mai stato dentro casa loro, figuriamoci, e l'idea di trovare immagini sacre un po' ovunque mi terrorizza, ma ormai il danno è fatto quindi non posso fare altro che farmi forza.

Avrei voluto vestirmi in maniera più presentabile, perché sicuramente in casa ci sarà anche il reverendo a cui non voglio dare un'ulteriore ragione per odiarmi, ma siccome ho dovuto accompagnare quella cozza di Lisa non ho avuto tempo di passare da casa per cambiarmi, quindi indosso le stesse cose sportive che avevo quella mattina.

Mi passo per un attimo una mano tra i capelli, nel tentativo di sistemare almeno quelli, e poi rimango impalato nel vialetto, chiedendomi perché diavolo io mi stia mettendo in tiro per passare un pomeriggio con Castiel.

La casa è piuttosto carina, bianca, con una veranda spaziosa e un balcone che circonda l'intera struttura, al secondo piano, dove probabilmente ci sono le stanze da letto.

Dalle finestre si intravede che la luce è spenta in ogni stanza, ma è ancora piuttosto presto, quindi non mi tocca che suonare. Salgo le scale della veranda e suono il campanello dopo aver preso un grosso respiro.

Castiel non ci mette molto ad aprire e quello che vedo mi lascia per un attimo senza fiato. Ovviamente, anche lui ha una tenuta per quando è a casa: indossa una maglietta a mezze maniche bianca -allora anche lui è al corrente dell'esistenza delle t-shirt- che mette in risalto tutte le forme del suo torace e una tuta che gli sta piuttosto larga ma che nel complesso gli dona.

Deglutisco e solo in quel momento alzo gli occhi sulla sua faccia, perché fino a cinque secondi prima ero troppo preso a fargli la radiografia, e i suoi occhiali sono sempre lì, ma i suoi capelli sono ancora più spettinati del solito, in una maniera che urla sesso.

Oh Dio santissimo, aiutami, è stupendo.

-Hai intenzione di rimanere lì impalato tutto il pomeriggio?- sussurra lui dopo qualche secondo, con un accenno di sorrisetto divertito e sbattendo le palpebre, visto che io non ho né spiccicato una singola parola né mosso un muscolo.

Immediatamente avvampo come la peggiore delle dodicenni e mi passo una mano dietro la nuca, grattando i capelli corti, in preda all'imbarazzo. -Ehm, no.. Certo che no.-

-Dai, entra- dice lui con un grosso sorriso, facendosi da parte per farmi passare. Faccio un passo in avanti e mi guardo intorno mentre lui chiude la porta alle mie spalle.

L'ingresso è piccolo, ma alla sinistra si apre subito un enorme salotto, con tanto di camino, tappeti e foto sparse ovunque.

-Vado a preparare il giardino, tu intanto fai come se fossi a casa tua- dice Castiel con un sorriso gentile, mentre sparisce verso la porta sul retro stringendo quella che sembra una teiera.

Già, la vedo dura.

Non mi rimane quindi che rimanere in piedi nel salotto, come un perfetto imbecille, guardandomi un po' in giro. Sopra il camino ci sono delle foto che ritraggono per la maggior parte Castiel da bambino, il reverendo e quella che doveva essere sua moglie. Mi sporgo un po' di più verso la vecchia fotografia, per vedere meglio e noto una donna davvero molto bella, bionda, con gli stessi occhi del figlio. Il reverendo accanto a lei sta sorridendo e posso giurare di non averglielo mai più visto fare da quando sua moglie è morta.

Non ricordo di cosa sia morta esattamente, forse in un incidente, non me ne sono mai interessato, ma adesso sento una strana voglia di conoscere di più, come se la vita di Castiel fosse davvero affar mio.

Mi volto lentamente e mi ritrovo il reverendo Novak apparso magicamente di fronte a me, facendomi sobbalzare. -Gesù!-

-No, sono il padre di Castiel- dice seccamente, guardandomi con quei suoi occhi azzurrini come se fossi il più pericoloso degli insetti esistenti sulla terra. -Salve, signor Winchester, ho saputo che si sta dando da fare con gli orfani, congratulazioni.-

Qualcosa nel suo tono piatto e vagamente irritato mi fa capire che non è per niente entusiasta di avermi in casa sua e che preferirebbe morire piuttosto che continuare a parlare con me. Feel the same, amico.

Quindi mi passo le mani sudate sui jeans e mi schiarisco la voce subito dopo, abbozzando anche ad un sorriso che dovrebbe essere cordiale per sembrare almeno per una volta nella mia vita un ragazzo educato.

-Ehm, ecco.- A volte vorrei avere la dannata parlantina spontanea di Sammy. -Grazie per avermi permesso di venire a lavorare qui con suo figlio.-

-Non l'ho permesso- mi informa Michael subito dopo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, appoggiandosi gli occhiali sul naso e stringendo sotto braccio la sua Bibbia. E' diversa da quella del figlio, più spessa e consumata, deve essere quella che usa per la parrocchia. -Ma Castiel ha insistito.-

-Ah- dico solo, come il peggiore degli idioti, perché non so se sentirmi a disagio per il fatto che questo pastore mi detesti oppure se lasciare che il sollievo mi avvolga perché Castiel è andato contro suo padre pur di aiutarmi. Quest'ultima considerazione mi scalda un po' e scioglie leggermente il nodo di nervosismo che mi blocca insistentemente lo stomaco.

-Mettiamo subito in chiaro una cosa, Signor Winchester- aggiunge ancora il reverendo, facendo un passo verso di me con un cipiglio minaccioso. -Lei forse crede che io la domenica non la veda dalla mia posizione.-

Pianta i suoi pallidi occhi azzurri dritti nei miei. Deglutisco.

-Ed invece la vedo.-

Okay, forse non sono il fedele provetto, e okay ancora, durante la messa mi faccio bellamente gli affari miei, ma non ho mai fatto niente di davvero gravissimo, insomma, okay, qualche marachella ma non credo di meritarmi questo trattamento, come se fossi il peggiore dei peccatori sulla faccia della terra.

Sto per dire qualcosa per protestare ma la mia voce, quella traditrice, sembra essersela data a gambe, perciò rimango a fissare terrorizzato quest'uomo dallo sguardo gelido, con le gambe che posso giurarlo tremano come ramoscelli.

-Papà, lo stai terrorizzando?- la voce di Castiel mi arriva all'orecchio e ha lo stesso effetto di una brezza fresca nella calura estiva e tipo per la prima volta in vita mia sono davvero felice di sentirla. Si avvicina a noi, con una matita sistemata dietro l'orecchio e un po' di fogli bianchi in mano e ci guarda con curiosità.

Gli lancio un'occhiata disperata che vuole essere una muta richiesta d'aiuto, ma il reverendo Novak rivolge immediatamente a suo figlio uno sguardo pieno d'amore e scuote la testa, come se fosse la più innocente delle pecorelle.

-No, figliolo- dice con dolcezza, aprendo la sua Bibbia in un punto segnato da un sottile nastro di raso rosso. Eccome se mi sta terrorizzando! -Se avete bisogno di me, sarò qui accanto nel mio ufficio.-

A me suona come una minaccia e probabilmente anche a Castiel, perché sta osservando la figura di suo padre mentre esce dalla stanza con un sopracciglio inarcato. Poi si volta verso di me, mi fa un timido sorriso e sospira. -Ti prego di scusarlo.-

-Nah, tutto apposto- ribatto, scuotendo una mano con un sorriso nervoso che mi macchia le labbra.

Sì, mi sento molto martire in questo momento: a casa di una persona che non mi piace per niente e che mi odia, ad organizzare feste di Natale per gli orfani con un ragazzo con cui non ho niente da spartire. Sì, probabilmente gli angeli in questo momento mi stanno guardando dal cielo con un cipiglio malinconico con le lacrime agli occhi, commossi dalla mia bontà e dal mio spirito di sacrificio. -Tuo padre si comporta sempre come se fosse in chiesa?-

Castiel ride -e okay, è la prima volta che lo sento ridere, e che lo vedo ridere, con la testa leggermente piegata all'indietro e gli occhi socchiusi, e vi giuro, è stupendo- ma poi scuote la testa. -No, a dire il vero ha molto senso dell'umorismo.-

-Il reverendo?- esclamo, scettico, senza nemmeno pensare di star parlare della stessa persona. Sembra così burbero che mi riesce difficile immaginarlo a fare una battuta.

-Non esserne così sorpreso- dice lui, mentre si siede su una coperta che ha sistemato in giardino, sopra ad una specie altalena da esterni.

Il tempo in effetti è piacevole per stare all'aperto, tira un'aria non troppo fredda e decisamente respirabile in mezzo al verde, e Castiel ha preparato del té per tutti e due e ha portato fuori i fogli e le matite per scrivere e organizzare il progetto per gli orfani. Mi sento quasi lusingato da tutta questa attenzione.

-Allora, sei pronto?- mi chiede, sorseggiando un po' del suo tè.

Abbasso gli occhi su di lui e annuisco distrattamente. -Sì, sono pronto.-

Mi siedo accanto a lui e non so esattamente per quanto tempo ci rimango.

Insieme, decidiamo effettivamente di organizzare una festa di Natale in orfanotrofio: non con molti invitati, soltanto noi due e gli altri volontari assieme alle loro famiglie -Sammy si sarebbe divertito davvero molto, probabilmente- e magari ognuno avrebbe potuto portare qualcosa da mangiare per organizzare un vero e proprio cenone.

-Sei sicuro che ai bambini piacerà?- chiedo parecchio tempo dopo, dondolandomi su questa altalena e scrutando tutte le pagine di appunti che abbiamo scritto, mentre Castiel è ancora seduto vicino a me ma si è avvolto nella coperta perché ha appena detto di sentire freddo.

-Sì, quell'aria famigliare farà loro bene- dice con un grande sorriso, stringendosi di più nella coperta, appoggiando la testa sul bordo del divanetto su cui si è appallottolato. Sembra un cucciolo alla ricerca di calore e sono davvero tentato di usare la tecnica dello sbadiglio per abbracciarlo come l'ultimo dei coglioni patetici, ma questo perché sicuramente nel té c'era qualche tipo di droga o di allucinogeno.

Per un po' di tempo rimaniamo entrambi in silenzio, ad ascoltare il vento o il suono delle auto che passano in strada, poi dopo averlo guardato a lungo, mi decido ad aprire bocca. -Posso chiederti una cosa?-

-Certo.-

-Perché porti sempre la Bibbia con te?-

Non dovrebbe interessarmi in realtà, ma sono curioso.

Sono sempre stato convinto che lo faccia semplicemente perché è il figlio del reverendo, e tutti sappiamo come lui la pensa sulle Sacre Scritture, la fede e tutto il resto. Ma il volume di Castiel è strano, non sembra consumato e tanto utilizzato come quello di suo padre, e poi è sempre lo stesso e io pensavo che fosse il tipo di persona che compra una Bibbia nuova ogni anno, giusto per sostenere questa o quella editoria religiosa.

Sembra stupito da quella domanda, ed in effetti lo sono pure io, e giocherella con la coperta sulle sue spalle prima di rispondere. -Era di mia madre. Averla sempre con me mi fa sentire parte di lei.-

-Oh- dico atono, come un povero scemo. -Cazz-, cavolo, Cas, scusami.-

Che figura di merda, Dean.

Castiel fa un sorrisetto triste. -Non importa, Dean, non potevi saperlo.-

Faccio un sorriso simile al suo ma molto più teso e decido che da quel momento è meglio se mi chiudo la bocca.

-Vuoi rimanere per cena?- chiede lui all'improvviso.

L'idea di stare allo stesso tavolo con il reverendo Novak mi inorridisce quindi, sforzandomi di non sembrare troppo maleducato, mi alzo in piedi e mi stiro i jeans con le mani. -Ti ringrazio ma è meglio che io vada a casa ora.-

Castiel annuisce, rimane in un attimo in silenzio e giuro di notare qualcosa di diverso nel suo sguardo mentre si alza anche lui in piedi. -Beh, allora, ciao Dean.-

E ancora una volta, come sempre, dice il mio nome come nessun altro sa dirlo, come se ci tenesse, come se si concentrasse su ogni singola lettera e la arrotoli sulla lingua, come se cercasse di dirmi mille cose soltanto chiamandomi.

 

Quando torno a casa, mia madre è tutta indaffarata dietro pentole e tegami, mentre Sammy sta guardando la televisione in salotto. Il profumo di arrosto mi investe e il mio stomaco brontola impaziente.

Lascio cadere il mio zaino all'entrata e mi sfilo la giacca, camminando verso la cucina con la faccia più abbattuta che io abbia mai avuto. Nonostante tutto, è stato un pomeriggio pesante, anche se stare con Castiel è stato più piacevole di quanto mi sarei mai aspettato.

-Dove sei stato?- mi chiede mia madre con un sorriso allegro, voltandosi a guardarmi con in mano una cucchiaia di legno sporca di sugo.

-Dai Novak- dico svogliato soffocando uno sbadiglio, dopo aver salutato Sammy che mi ignora bellamente per continuare a guardare una puntata di Dr. Sexy.

Mia madre mi guarda con gli occhi spalancati, come se avessi appena detto la barzelletta del secolo che lei si era disgraziatamente persa. -Eri con Castiel?-

Ovviamente, il fascino di bravo ragazzo di Castiel conquista tutti gli abitanti della città, e di conseguenza anche mia madre.

-Sì- sussurro, prendendo un pezzo di carne dalla pentola con una forchetta, ficcandomelo in bocca e facendo una smorfia subito dopo perché è ancora decisamente cruda. Mi rendo conto che l'idea di me e Castiel nella stessa stanza sia completamente assurda, ma si dà il caso che ultimamente abbiamo condiviso parecchio la stessa aria.

-Dean- la voce di mamma quando vuole ammonirmi su qualcosa mi fa venire letteralmente la pelle d'oca. -E' il figlio del reverendo. Sta' attento a quello che fai, per favore.-

-Mamma- sbotto, irritato. Sono stufo del fatto che tutti pensano che io sia un teppista senza cuore. -Gli ho solo chiesto di aiutarmi con la questione dell'orfanotrofio, perciò smettila di essere così apprensiva.-

Per un attimo, dal suo sguardo omicida deduco che lei voglia mettersi a picchiarmi con qualche tipo di arnese da cucina, ma si limita a sospirare sconsolata e a passarsi una mano sugli occhi. -Mi ha chiamato tuo padre. Ha detto che gli piacerebbe vederti, uno di questi giorni.-

Mi irrigidisco immediatamente, perché sentir parlare di mio padre non è mai una bella cosa, ormai lo evito accuratamente da circa un anno e ho intenzione di continuare su questa strada. -Non ci penso nemmeno.-

-Dean, non dovresti essere così duro con lui- sussurra lei, con la voce decisamente più bassa per non farsi sentire da mio fratello. -E' ancora un buon padre, dopotutto.-

-Mandare l'assegno una volta al mese non fa di lui un buon padre- ribatto sempre più incazzato, spostandomi dal bancone al quale mi ero appena appoggiato e aprendo il frigo per prendermi una generosa sorsata d'acqua.

Mia madre sospira, coprendo l'arrosto con un coperchio. -Ci sono tante ragioni che non conosci.-

-Ci ha abbandonati- ringhio, con il tono di voce più triste e arrabbiato che riesco a fare in questo momento, ignorando la faccia sconvolta di mia mamma. Non dico più niente perché non ho voglia di affrontare quel tipo di conversazione, mi limito a salire le scale e a chiudermi in camera mia.

 

Io e Castiel, eventualmente, decidiamo di passare all'orfanotrofio per comunicare a Zaccaria la nostra idea e per iniziare ad organizzare il salone principale dove si sarebbe tenuta la festa.

Però gli chiedo di anticiparmi e di parlare con il direttore mentre sono via, perché ho delle commissioni da sbrigare. Castiel mi guarda con un cipiglio a metà tra il confuso e lo stupito, con la testa piegata terribilmente di lato, come sempre, ma poi sorride, annuisce e si infila nella sua Prius come se niente fosse.

Dopo la conversazione avuta qualche giorno prima, nel suo giardino, ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare qualcosa per far sorridere Cas. So che è una cosa assurda e sono rimasto sveglio a fissare il soffitto della mia camera per una notte intera al chiedermi il perché di questa mia malsana voglia, ma dopotutto ho scoperto che più di tutto odio non vederlo sorridere, odio vedere i suoi occhi farsi terribilmente blu per i cattivi pensieri.

Ed è una cosa assurda, e sdolcinata, e così non da Dean, ma non mi importa poi molto, perché finché siamo solo io e i miei pensieri malati, posso anche tollerarlo.

Questo è il motivo per cui parcheggio l'Impala di fronte al negozio di giocattoli più fornito di Lawrence: ho deciso di comprare dei regali ai bambini dell'orfanotrofio, così per loro sarebbe stato un Natale davvero perfetto e non mi importa nemmeno se per renderlo tale devo spendere gran parte dei miei risparmi.

Per qualche motivo assurdo, Castiel mi ha detto che è felice che questo Natale in particolare sia speciale per loro, e mentre parlava mi ha lanciato un'occhiata triste, ma non ho indagato oltre perché un bambino di cinque anni si è lanciato addosso a Novak come se fosse il fottuto centro del mondo.

E per la cronaca, no, non sono geloso di un moccioso di cinque anni, e ancora più no, non ho nessun motivo di essere geloso di Castiel Novak.

Nel negozio c'è davvero moltissima scelta e okay fare buone azioni, ma da lì a mettermi a scegliere personalmente uno per uno i regali per i bambini, proprio no. Così do una lista con tutti i nomi degli orfani alla commessa -una ragazza più o meno della mia età, con dei capelli biondi, piuttosto carina, che non riesce a levarmi gli occhi di dosso- e le chiedo di prendere un regalo per ogni bambino.

Una volta che ho finito, ho il portafoglio che grida pietà, il bagagliaio dell'Impala che non si chiude e i sedili posteriori invasi da pacchetti natalizi colorati.

Quando Castiel mi vede entrare nel salone dell'orfanotrofio con le mani piene di buste, molla tutto quello che sta facendo e si avvicina a me, lanciandomi un'occhiata stranita. -Che cos'hai lì?-

-Ecco, beh- non è colpa mia se arrossisco come uno stupido mentre appoggio tutte le buste per terra, stirando le dita che mi si sono intorpidite per il peso. -Ho pensato che non sarebbe una vera festa di Natale, senza i regali da scartare, no?-

Inizialmente ho un po' paura della sua reazione, ma poi i suoi occhi si illuminano come lampadine e la sua bocca si schiude per la sorpresa, mentre si inginocchia per tirare fuori tutti i pacchetti. -Dean, è fantastico, hai avuto una bellissima idea!-

-Dici?- chiedo, tutto imbarazzato.

-Aspetta, lascia che ti restituisca i soldi.- Cas fa per sfilarsi il portafoglio dalla tasca dei pantaloni, ma lo fermo con un gesto secco della mano.

-Ma no, non serve, sul serio.-

Mi vergogno un po' di me stesso, perché in realtà non l'ho fatto per i bambini, ma per vedere Castiel sorridere in questo modo genuino, soltanto a me e a nessun altro. Deglutisco, rosso come una bambinetta, e lancio un'occhiata in giro per guardare quello che stava facendo Cas prima del mio arrivo. Il pavimento è tutto sporco di aghi di pino sintetici e ci sono decorazioni sparse un po' ovunque, scatole impolverate e qualche addobbo rotto messo da parte.

-Stavi facendo l'albero?- chiedo, spostando solo in quel momento gli occhi su Castiel che è raggiante e non la smette di sorridere e mi sento un po' orgoglioso per essere esclusivamente la ragione di tutta quella felicità.

Cas annuisce e mi afferra un polso, preso dall'euforia, trascinandomi accanto a quello che deve essere lo scheletro di un abete finto, che in realtà è messo piuttosto bene. -Sì, voglio metterlo qui al centro e Zaccaria mi ha detto di sistemare i tavoli per la cena tutt'attorno.-

-Vuoi una mano?- chiedo con un sorriso, piegandomi per prendere qualche ramo e studiandone la forma, prima di incastralo al tronco principale.

Sento lo sguardo di Castiel addosso per tutto il tempo ma non mi sento più a disagio, per una volta. E' strano, intenso, ma comunque piacevole, perché quando mi volto a verso di lui e lo trovo sempre con gli occhi fissi su di me, lui si affretta a guardare da un'altra parte in una maniera davvero adorabile. E quando mi passa qualche pallina da appendere ai rami e le nostre dita si sfiorano, posso giurare di vederlo arrossire ancora più chiaramente.

Non mi serviva nessuna conferma per scoprire che Castiel è terribilmente maldestro; più di una volta sono costretto a riafferrarlo prima che inciampi in un serpente di lucine oppure prima che cada dalla scala non molto sicura, sulla quale si è voluto arrampicare per sistemare le decorazioni sulle parti più alte dell'albero.

Lui borbotta sempre qualcosa, mi ringrazia e poi si affretta a tornare a fare quello che stava facendo, con gli occhiali sempre un po' più storti sul naso. Ed è davvero adorabile.

E sorride, ride, dice “Dean” con quel suo tono unico e mostra a chiunque passi di lì tutto fiero i regali ammassati in giro, spiegando quanto io sia stato gentile a pensare una cosa del genere.

Soffoco una risatina nervosa e abbasso gli occhi sulle mie mani, sforzandomi trafficare ancora con le luci e la presa, prestando la giusta attenzione per evitare di rimanere folgorato, ma la verità è che la mia testa è presa da tutt'altro.

Mentre sistemo i cavetti e sciolgo i nodi, mi vengono inevitabilmente in mente tutti i momenti, anche brevi, trascorsi con Castiel. Penso alle nostre conversazioni in orfanotrofio, sul bus, in auto, nel suo giardino, sul tetto. Penso a tutte le volte in cui l'ho guardato, desiderando di saperne di più di lui oppure sperando di riuscire a farlo sorridere, come in questo momento. Penso al suo maglione, al suo trench inguardabile, al suo modo di piegare la testa da un lato, a quanto sia bello quando ride, ai suoi capelli costantemente spettinati, ai suoi occhi dannatamente blu e il mio cuore si gonfia così tanto che per un momento temo mi possa sfondare la cassa toracica.

Mentre tutte queste immagini mi passano davanti agli occhi, rimango senza fiato.

Guardo Castiel, tutto intento a sistemare i pacchetti sotto l'albero perché “La presentazione è importante, Dean”, poi il soffitto, poi in giro per la stanza, facendo del mio meglio per mantenere un contegno, infine torno a guardare Castiel che ha alzato i suoi occhi su di me e che mi sta ancora sorridendo con dolcezza.

E gli sorrido anche io come un coglione, e non posso fare a meno di chiedermi come io sia finito ad innamorarmi senza accorgermene proprio di lui.


Et voilà la quarta parte!
Forse questo capitolo è più corto degli altri (anche se mi sforzo di farli più o meno tutti lunghi uguali, circa sette pagine di word) ma non potevo che farlo finire così! **
Finalmente Dean ce l'ha fatta a capire cosa prova, era anche ora! Io lo trovo adorabile, specialmente mentre compra tutti quei regali per i bimbi solo per far colpo su Cas, ma sono quasi sicura che voi siate della mia stessa opinione xD
Beh, vi avevo promesso del fluff e so che forse non è un granché ma io personalmente ho adorato scrivere questo capitolo, spero di essere riuscita a descrivere al meglio quello che Dean prova per Castiel :) 
E ovviamente, dopo il fluff, preparatevi ad un pizzico di angst nel prossimo... Non mi odiate, devo farlo per forza, ma non voglio spoilerarvi troppe cose.
Beh, tutto si sta facendo interessante, la festa di Natale si avvicina, Dean è cotto a puntino e Castiel sembra sempre preso dalle sue buone azioni per preoccuparsene, quindi... Che accadrà? xD
Lo scopriremo assieme nel prossimo episodio (?)

Basta, mi dileguo. Come sempre un grande grazie a tutte voi che recensite, a chi legge in silenzio e chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate!
Un abbraccio grande!

 

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Capitolo 5
*** Parte V ***


A Walk To Remember



Parte V

 

Essere innamorato di un tipo come Castiel Novak è senza dubbio la cosa più strana che mi sia mai capitata. Non solo non ho mai pensato a lui, ad un ragazzo, prima di quest'anno, né sono mai stato innamorato in vita mia, ma c'è qualcosa di diverso anche nel modo in cui i miei sentimenti si sono sviluppati.

A differenza di qualsiasi altra ragazza, con cui di solito vado dritto al sodo, Castiel non l'ho nemmeno mai abbracciato, o portato alla Rodhouse, o al cinema, o baciato. Non mi sono comportato come faccio abitualmente con le ragazze, eppure mi sono innamorato di lui.

Ho confuso completamente gli step dell'amore facendo le cose in maniera diversa dal normale e non ci capisco più un cazzo, e vorrei solamente riavere la mia vita prima di Castiel, che era decisamente più ombrosa ma anche più chiara, più comprensibile e sicuramente priva di seghe mentali.

E farlo, innamorarmi di Cas, è stato fin troppo facile, più facile di quanto credevo fosse possibile, se devo essere sincero, e non me ne stupisco nemmeno poi tanto. Castiel è una persona meravigliosa.

-Dean, sbaglio o sei un po' con la testa fra le nuvole, ultimamente?- mi chiede Benny di punto in bianco, dandomi una pacca scherzosa su una spalla, strappandomi con forza dai miei pensieri.

Ecco, questo è un grande problema. Non sono pronto ad affrontare tutto quello che provo di fronte ai miei amici, non sono pronto a perdere quello che ho conquistato in tutti questi anni di liceo, la mia popolarità, il mio essere ben visto ed invidiato da tutti, nonostante Castiel si sia appropriato di un grande pezzo di me senza nemmeno esserne consapevole. E' strano, ed egoista, è stupido, ma non ci posso fare niente, è così che ragionano gli adolescenti.

Scuoto la testa energicamente per essere più credibile e mi sistemo le cuffie attorno al collo, abbozzando una risata divertita. -No, è tutto apposto, amico.-

Sono innamorato di un ragazzo, per giunta di uno che fino a qualche mese prima sfottevo fino alla morte, e quindi no, niente è apposto.

Adam appoggia una spalla contro gli armadietti e poi ride, lanciando qualche occhiata interessata ai sederi delle ragazze che passano nel corridoio della scuola.

-Perché Novak sta camminando verso di noi?- sbotta Andrea con tono incredulo, guardando insistentemente un punto alla mia destra.

Ed in effetti, Castiel si sta dirigendo proprio nella nostra direzione, con i libri sul petto e lo zaino che gli pende da una spalla. Questa mattina è particolarmente carino, nonostante sia vestito come al solito, ma probabilmente sono solo i miei occhi innamorati a farmi parlare. Dio, sto diventando una fottuta drama queen, che cazzo.

Come temevo, Castiel si ferma davanti a noi ma guarda esclusivamente me. Deglutisco. -Ciao Dean.-

E nel sentire questa voce, il mio nome detto in quel solito modo troppo intenso, mi sento pietrificare sul posto, mentre il cuore mi sfarfalla contro lo sterno. Deglutisco rumorosamente per l'ennesima volta e alzo gli occhi verso Cas, che mi sta guardando speranzoso e sorridente. -Ci vediamo dopo la scuola?-

Rimango spiazzato perché ovviamente non mi sarei mai aspettato che me lo chiedesse così, davanti a tutti, con quel tono innocente che mi fa venire voglia di rapirlo e portarlo lontano da qui, lontano dal giudizio di tutti, anche dal mio. Adam e Benny si stanno sforzando di trattenere le risate, Lisa mi guarda come se non capisse il perché della mia non risposta e Andrea invece sghignazza spudoratamente.

Sento il peso dello sguardo di tutti su di me e mi sento oppresso da questo carico invisibile.

Stringo il mio cellulare tra le mani e mi sforzo di fare un sorriso divertito, ma le mie labbra sono insolitamente rigide. -Nei tuoi sogni, Novak.-

Gli occhi blu di Castiel si inchiodano ai miei e poi si riempiono immediatamente di una tristezza tale da farli diventare più scuri, e in un attimo paradossalmente mi ritrovo responsabile di quello sguardo che tanto odio vedere su di lui, quello sguardo che con tanta fatica mi sono sforzato di cancellare.

Mi sta guardando deluso, mentre stringe i suoi libri con le dita decisamente troppo lunghe che gli stanno tremando. Si morde le labbra ma poi annuisce appena, per niente convinto, piegando la testa in avanti per poi sparire lungo il corridoio.

E io mi sento un vero schifo perché quegli occhioni blu mi hanno appena trafitto da una parte all'altra e cazzo, in questo momento avrei solo voglia di rincorrerlo e dirgli che era tutto un grandissimo scherzo e che sì, ci potevamo vedere dopo scuola, prima, durante, quando voleva.

-Dove ha lasciato il maglione?- chiede Adam sarcasticamente alzando gli occhi al cielo, una volta che Castiel è sparito tra la folla di studenti, facendo ridere tutto il nostro gruppetto.

Ma io non rido, non questa volta, perché mi sento un pezzo di merda, e ho solo voglia di piangere.

 

Quel pomeriggio decido di passare ugualmente a casa di Cas.

Sono parecchio nervoso, se devo essere sincero, perché non ho idea di come lui possa reagire. Non mi stupirei se decidesse di prendermi a botte, sinceramente, e io glielo lascerei anche fare, nonostante questo non aiuterebbe per niente a placare il mio senso di colpa.

Vederlo andarsene con quello sguardo così triste mi ha spezzato qualcosa dentro, qualcosa che assomiglia disperatamente al mio cuore, e mi ha fatto venire voglia di prendermi a schiaffi da solo. Ma dopotutto è inutile piangere sul latte versato, quindi quello che posso fare è provare a rimediare come posso.

Salgo le scale della veranda di casa Novak e suono insistentemente il campanello: per un attimo ho paura che possa venire ad aprirmi il reverendo e un brivido di orrore mi percuote la spina dorsale, ma qualche secondo dopo Castiel appare dietro al legno.

Sta sorridendo, ma appena mi vede, il sorriso svanisce alla velocità della luce per essere sostituito da un'espressione dura che non gli avevo mai visto. Faccio per parlare, cercando di non scoraggiarmi da quell'occhiata assassina, ma ancora prima di aprire bocca, mi sbatte la porta in faccia.

Rimango un attimo impalato, sbattendo le palpebre preso alla sprovvista, poi però sospiro, perché me lo sono meritato un trattamento simile.

-Andiamo, Cas, apri la porta.- Appoggio la fronte contro il legno duro, sconsolato, bussando ancora una volta. Non ottenendo nessuna risposta, aggiungo: -Per favore!-

Sento il rumore del chiavistello e la porta si apre di nuovo; Castiel esce sulla veranda socchiudendo la porta alle sue spalle ed è talmente vicino ora che sono costretto a fare un passo indietro. Lui è rigido, con le mani nelle tasche dei pantaloni e mi sta fissando come se non vedesse l'ora di vedermi incenerito. I suoi occhi blu sono gelidi e devo dire che fa davvero paura quando è incazzato. Ma è anche terribilmente sexy.

Oddio, uscirò di testa.

-Che cosa vuoi?- chiede irritato quando nota che io non ho ancora spiccicato parola, troppo preso a fare pensieri impuri su di lui. La devo piantare di perdere l'autocontrollo o finirò sempre per fare queste pessime figure di merda davanti a lui.

-Non sei di buon umore- borbotto con un mezzo sorrisetto divertito, puntando sull'ironia che in questo momento sembra essere la mia arma migliore. Mi stringo nelle spalle e lo fisso con un cipiglio dispiaciuto, infilandomi le mani nelle tasche dei jeans.

Lui ride ma non c'è traccia di divertimento nella sua voce, sembra più una risata amara ed esasperata e non si formano quelle rughette attorno agli occhi che mi piacciono tanto. -Ma che bravo, Sherlock, noti proprio tutto.-

Ahia. Questo è sarcasmo. E' davvero incazzato. Non l'ho mai sentito parlare in maniera così dura.

Ma so di meritarmelo, quindi non mi faccio scoraggiare; mi schiarisco la voce, passandomi una mano dietro alla nuca perché sono la persona più imbarazzata della terra, in questo momento. -Beh, volevo andare all'orfanotrofio con te.-

Ma Cas non è scemo, ovviamente, e mi guarda come se lo scemo fossi io. Rimane un attimo in silenzio e poi stringe le braccia al petto, rigido come una statua di marmo. Mi fissa con un sopracciglio inarcato, come se avessi appena sparato la cazzata del secolo. -Certo, ma a condizione che non lo sappia nessuno, giusto?-

-Ecco, ehm.- Suono patetico persino a me stesso. -Sì.-

-Quindi dovremmo essere amici in segreto- deduce.

-Esatto!- ribatto con entusiasmo, passandomi distrattamente una mano tra i capelli perché sto iniziando a diventare nervoso, troppo nervoso. So che questa proposta è una cazzata allucinante, perché tutto quello che vorrei fare è stare con lui e passare più tempo possibile insieme, ma davvero non sono proprio pronto a perdere i miei amici e ad essere additato da tutti, non è qualcosa a cui sono abituato.

Castiel mi guarda come se non credesse a quello che sente e si passa una mano sugli occhi, con un gesto così stanco ed esasperato che il cuore mi si stringe per lui e che mi fa sentire ancora più stronzo. Fa un sorrisetto tirato e per niente sincero e si volta di scatto; per un momento mi è sembrato di vedere il suo labbro inferiore tremare pericolosamente ma forse me lo sono solo immaginato, spero di essermelo solo immaginato. Cas a questo punto fa per entrare di nuovo in casa, ma senza nemmeno accorgermene gli ho afferrato un polso e l'ho tirato verso di me, fin troppo vicino.

Non so bene cosa dirgli in realtà e anche lui sembra stupito da questa mia reazione, ma ho bisogno di sentirlo vicino, almeno per un po'. Le mie dita sono gelide a contatto con la sua pelle leggermente più accaldata e la sua pelle è dannatamente liscia. Lascio scorrere impercettibilmente il pollice sopra le sue vene che spiccano particolarmente.

-Cas, io non posso essere tuo amico- sussurro sinceramente dispiaciuto dopo qualche secondo di silenzio, rimanendo a fissarlo negli occhi blu che mi scrutano senza vedermi davvero.

Non solo, almeno. Vorrei dirgli anche questo ma probabilmente peggiorerebbe la situazione, quindi decido di chiudermi la bocca prima di combinare altre cazzate.

-Dean, ascolta- mi dice gentilmente, slacciando con delicatezza la mia presa dal suo polso. Fa un passo indietro, come a volersi allontanare il più possibile da me, e prende un grosso respiro, nascondendosi dietro alla porta come se potesse proteggerlo dal mostro che sono. -Credevo di aver visto qualcosa di buono in te. Ma mi sbagliavo.-

Crac. Lo sento chiaramente e forse è il rumore di un pezzo del mio cuore che si stacca e finisce chissà dove. Me lo sono meritato. Me lo sono meritato. Ma per quanto io continui a ripeterlo, continua a fare un male fottuto.

Rimaniamo a fissarci per istanti interminabili, forse Cas sta aspettando che io dica qualcosa ma non riesco a fare niente se non annegare nelle sue iridi troppo blu. Poi lui chiude la porta con un sospiro arreso, dopo aver abbozzato un ultimo piccolo sorriso.

Un senso di nausea mi invade immediatamente lo stomaco, mentre la consapevolezza di aver rovinato la cosa più bella che ho si fa strada dentro di me.

Ho deluso l'unica persona che crede, credeva, in me.

Ho deluso l'ultima persona che avrei voluto deludere.

E fa più male di quanto pensassi.

 

To: Cas

9,10 p.m.

 

Ciao Cas, sono Dean, ho trovato il tuo numero sull'opuscolo dei volontari.

Volevo parlare di quello che è successo ieri.

 

To: Cas

9,15 p.m.

 

Cas, per favore, puoi rispondermi?

 

To: Cas

10,00 p.m.

 

Non ti ho visto oggi all'orfanotrofio.

 

To: Cas

10,20 p.m.

 

Cas, lo so che sei incazzato con me e ne hai tutte le ragioni.

Ma vorrei aggiustare le cose.

 

To: Cas

10,30 p.m.

 

Arrabbiato, volevo dire arrabbiato, scusami.

 

To: Cas

11,10 p.m.

 

Perché non rispondi?

 

To: Cas

12,30 p.m.

 

Mi dispiace.

Buonanotte.

 

Il suono della sveglia mi fa aprire gli occhi con violenza e sono tentato di lanciarla contro il muro.

E' domenica, ma io ovviamente la sera prima mi sono dimenticato di spegnerla e come se non bastasse sono stato sveglio fino a tardi, rigirandomi tra le coperte senza riuscire a prendere sonno, oppure torturandomi nell'aspettare una risposta a tutti i messaggi che ho mandato a Castiel.

Non ci parliamo da una settimana, e mi manca. Mi manca da morire. Ma ogni volta che cerco di avvicinarlo, lui mi evita, in orfanotrofio ha cambiato tutti i suoi turni e non risponde né ai miei messaggi, né alle mie chiamate.

Ho sperato per un attimo che quello non fosse il suo numero effettivo, ma un giorno l'ho chiamato mentre eravamo in biblioteca mentre lo tenevo d'occhio come il peggiore degli stalker e l'ho visto chiaramente guardare il telefono per poi seppellirlo nello zaino con una smorfia scocciata.

Non so più che cosa fare. Vorrei che lui mi perdonasse, ma so bene che quello che ho fatto è imperdonabile. Al suo posto probabilmente avrei agito allo stesso identico modo, anzi, è stato fin troppo gentile.

Mi muovo tra le coperte con un gemito, passandomi una mano sulla faccia e soffocando un plateale sbadiglio. Ho ancora sonno, ma ormai non riuscirei mai a riaddormentarmi.

Di conseguenza, passo l'intera mattinata a fare l'unica cosa che riesce a rilassarmi davvero: prendermi cura della mia piccola.

Sono nel garage assieme a Baby e dopo pranzo Benny è venuto a farmi compagnia, nonostante non sia per niente utile visto che di motori non ne capisce un cazzo. E' spaparanzato su una sedia, con una birra tra le mani e sta giocando con il mio stereo portatile, cambiando ogni CD che riesce a trovare e muovendo la testa a ritmo di musica.

E' piacevole averlo intorno, anche perché ho davvero bisogno di una distrazione.

-Che ne dici di uscire a far baldoria, stasera?- chiede all'improvviso, prendendo una generosa sorsata dalla sua birra e alzando teatralmente le sopracciglia.

Alzo gli occhi dal motore di Baby e lo guardo divertito, pulendomi una mano sporca di grasso sulla maglietta che indosso. -Non sono molto in vena, se devo essere sincero. E abbassa la radio, mi scoppia la testa.-

Benny rotea gli occhi, sbuffa, e smanetta con lo stereo, infilando un nuovo disco dopo aver abbassato il volume. -Sei davvero bravo a farmi crollare i coglioni, amico.-

Rido, sinceramente divertito, mentre continuo a smanettare con il motore, frugando subito dopo tra la cassetta degli attrezzi per trovare la chiave inglese della misura che mi serve. Il CD che ha inserito Benny inizia con uno scatto ed immediatamente i suoni della natura si diffondono per tutto il garage e stranamente i miei nervi si rilassano fin troppo. Ricordando però a chi appartiene quel disco, lo stomaco mi si contorce con forza e inevitabilmente mi mordicchio le labbra.

-Ehi, frena, cos'è questa roba?- chiede Ben con una smorfia, avvicinandosi a me e appoggiandosi alla portiera dell'Impala.

Sbuffo sonoramente e mi abbasso per cercare qualcosa che in realtà non mi serve, ma non voglio che lui veda la mia espressione. -Me lo ha prestato Castiel.-

Benny inarca un sopracciglio come per valutare se lo stia prendendo per il culo, poi scoppia a ridere. -Ti fa ascoltare la musica della sua gente?-

-Che intendi?-

-Sì, sai, i fanatici- dice, stringendosi nelle spalle, unendo le mani in posizione di preghiera e sollevando i suoi occhi azzurri verso il soffitto. -Che amano la Bibbia, che dicono il rosario e parlano con Gesù.-

Aggrotto la fronte, vagamente irritato dal sentire parlare di Cas in questo modo. -Lui non è così.-

-Sai cosa?- dice il mio amico dopo un minuto di riflessione, avvicinandosi ancora di più a me. Sento il peso del suo sguardo addosso, perciò cerco di fare di tutto per non guardarlo direttamente negli occhi. -Stai quasi facendo credere a tutti che lui ti interessi davvero. Intendo, in quel senso.-

Rimango in silenzio perché quello che sta dicendo non è nemmeno poi tanto lontano dalla realtà, spero soltanto di non essere arrossito come un coglione, perché la vergogna sarebbe davvero troppa a quel punto. Deglutisco e sposto per un secondo lo sguardo su di lui, per poi tornare con la testa sotto al cofano di Baby.

Benny sospira pesantemente. -Che ti sta succedendo, Dean?-

-Non lo so- sbotto, lanciando la chiave inglese nella cassetta per poi pulirmi le mani con uno straccio appoggiato vicino allo stereo. -Sono stanco di fare sempre le stesse cazzate.-

-Quel ragazzo ti ha cambiato e nemmeno te ne sei accorto- dice lui, lanciandomi un'occhiata penetrante. Un brivido mi percorre tutta la colonna vertebrale, perché so benissimo che questa è la fottuta verità; mi sono scordato del fatto che lui è il mio migliore amico e che probabilmente è bravo a leggermi quasi quanto Sammy. Chiudo il cofano dell'auto con uno scatto e poi mi ci appoggio contro, sollevando lo sguardo verso l'uscita del garage.

Rifletto bene per un attimo, con gli occhi socchiusi e la mancanza di Castiel torna prepotente come un'onda che si infrange sulla riva, lasciandomi completamente scosso.

-Castiel ha fiducia in me- mormoro di punto in bianco, a voce talmente bassa che non so nemmeno se lui mi abbia sentito. Non so perché sto dicendo queste cose, ma forse sono solo stufo di tenermi tutto dentro e in più i giorni passati lontano da Castiel mi hanno stressato più di quanto potessi immaginare. -Lui mi fa venire voglia di essere diverso. Migliore.-

Non mi sono nemmeno accorto di aver iniziato a sorridere come una ragazzina alle prese con la sua prima cotta ma probabilmente Benny se n'è accorto eccome, perché spalanca gli occhi prima di esclamare: -Oh Gesù, tu lo ami.-

Avvampo ancora di più e infilo la testa nell'abitacolo della macchina per sfuggire allo sguardo di Benny e recuperare le chiavi. -Non che siano cazzi tuoi, comunque.-

Ben sospira per l'ennesima volta e si avvicina a me, poggiandomi una mano sulla spalla e guardandomi con fare comprensivo. -Amico, per me non c'è nessun tipo di problema, sul serio.-

Alzo lo sguardo su di lui e rimango a fissarlo per un attimo, ma poi mi stringo nelle spalle con fare sconsolato. -Ti ringrazio, ma non serve a niente comunque, non vuole più vedermi.-

-Amico- dice Benny, guardandomi come si guarda un cucciolo che è appena stato investito da un'auto. -Sei riuscito a far perdere la pazienza persino a Castiel Novak, complimenti.-

Lo guardo male e gli tiro un pugno su una spalla. -Coglione.-

Rido, ma mi rimane un po' di amaro in bocca, perché so che ha ragione.

Già, complimenti, Dean.

 

E' un lunedì quando decido di andare a trovare Garth all'ospedale.

Da fonti certe -quel pettegolo di Benny- ho scoperto che ha avuto una commozione cerebrale e qualche costola incrinata, quindi hanno deciso che per lui era meglio rimanere ricoverato e sotto osservazione.

Non mi sono mai piaciuti molto gli ospedali, se devo essere sincero, e l'idea di trovarmi di fronte a Garth dopo settimane mi mette a disagio, ma essere qui dentro è un mio dovere morale, e se voglio risistemare le cose con Castiel, questa è l'unica cosa che posso iniziare a fare, visto che lui non mi guarda nemmeno in faccia quando ci incrociamo in corridoio a scuola. La cosa mi riempie di amarezza, ma ho distrutto tutto e posso iniziare soltanto a ricostruire da capo, non ho altra scelta.

Mi trattengo dall'emettere un gemito disperato quando spingo le porte a vetri dell'ospedale: mio padre è un medico, e ogni tanto quando ero piccolo e Sammy ancora non sapeva camminare mi portava qui, per guardarlo lavorare. Ricordo che fino a prima che se ne andasse avrei voluto essere un medico anche io, salvare le vite mi ha sempre affascinato, ma poi mio padre ha fatto lo stronzo e allora tutto è andato a puttane.

L'ingresso è piuttosto accogliente, con gente che va e che viene tutta trafelata, e dietro alla scrivania circolare all'accoglienza c'è un'infermiera con dei capelli ricci che mastica insistentemente una gomma.

-Posso aiutarti?- mi chiede svogliatamente, quando mi appoggio al bancone proprio di fronte a lei.

Annuisco distrattamente, e mi passo una mano dietro al collo, in preda all'imbarazzo. -Sono qui per vedere Garth.-

Ovviamente la cosa positiva del vivere in una cittadina piccola come Lawrence è che tutti conoscono tutti; Meg -l'ho letto sulla targhetta che ha appesa al camice- annuisce meccanicamente e sfoglia qualche registro, poi mi dice in maniera asettica: -Stanza 218.-

Per fortuna non mi chiede il cognome di Garth, perché sinceramente non ho la più pallida idea di quale sia. -Ricordati di firmare il registro delle visite.-

Annuisco ancora una volta, poi salgo rapidamente le scale, fino al primo piano: il corridoio è molto triste, costellato di barelle vuote e porte di un colore pastello, senza poster o qualsiasi tipo di decorazione.

Il registro delle visite è di fronte ad ogni stanza, su quelli che devono essere vecchi banchi di scuola, e la penna è legata con un cordoncino per evitare che qualcuno la possa portare via. Firmo velocemente, poi però mi accorgo che un nome è ripetuto più di una volta: Castiel Novak è scritto ripetutamente con una calligrafia ordinata ed elegante, leggermente inclinata verso destra e con qualche ciuffo sulle lettere iniziali. Il suo nome c'è più di una volta e mentre lo sfioro con il pollice non posso evitare di sorridere.

Castiel non ha mai avuto molti amici e probabilmente Garth non lo conosceva di persona, ma è venuto ugualmente a trovarlo spesso nelle ultime settimane. Questa non è che un'ulteriore prova della bontà d'animo di quel ragazzo, non che avessi bisogno di prove per saperlo.

Il cuore mi batte un po' più veloce ma sento ancora quella sensazione di amarezza, perché mi sono rovinato con le mie mani lasciandomi sfuggire una persona tanto meravigliosa.

Comunque, inutile piangere sul latte versato, per cui mi schiarisco la voce ed entro timidamente nella stanza, infilandomi le mani nelle tasche dei jeans.

-Ehi, Garth- dico solo, con la voce che mi trema più di quanto vorrei.

Lui alza gli occhi dalla televisione e mi guarda come se fossi un miraggio, poi torna a guardare la tv come se non gliene importasse un cazzo di avermi lì. -Winchester.-

-Sono venuto per scusarmi- mi affretto a chiarire, avvicinandomi di un passo al letto dove è steso. Non ha per niente una bella cera in effetti, ha bende ovunque e una flebo infilata nella parte superiore della mano: mi sento terribilmente in colpa e vederlo in questo stato non aiuta di certo, ma prima di oggi non avevo ancora fatto i conti con le conseguenze dalla mia brava adolescenziale.

-Beh, l'hai fatto- sbotta lui, senza mai staccare lo sguardo dallo schermo. Quando lo fa, mi scocca un'occhiata piena di risentimento. -Ti senti meglio ora?-

Prendo a guardarmi insistentemente le scarpe e mi stringo nelle spalle, con un sospiro decisamente sconsolato. -No, mi sento uno schifo.-

Garth annuisce, e poi prende il telecomando per abbassare il volume, con una smorfia di dolore.

-Sai una cosa?- chiede improvvisamente, con la fronte aggrottata e gli occhi puntati su di me. -Mi sarebbe piaciuto essere tuo amico. Ma ti giuro che non capisco il perché.-

Deglutisco, perché in effetti non lo posso biasimare: tutti vogliono essere miei amici soltanto per la popolarità, ma probabilmente ho un carattere talmente di merda che non ne vale la pena. Mi sento piccolo quanto un granello di polvere in questo momento, sotto lo sguardo deluso e arrabbiato di Garth, ma probabilmente è così che merito di sentirmi.

-L'ho fatto anche io quel salto- confesso, stringendomi nelle spalle, con un'ombra di sorriso divertito sulle labbra. Non serbo un bel ricordo di quella sera. -Pensavo di essere un duro, ma sono solo stronzate. Ricordo che mi sono buttato di schiena.-

L'espressione di Garth si ammorbidisce, mentre mi scruta. -Ti sei fatto male?-

Ricordo di essermi rotto una gamba, ed era la prima settimana di scuola superiore, mio padre se n'era appena andato, mamma ha iniziato a fare i doppi turni allo studio e Sammy che aveva dieci anni mi cucinava da mangiare. -Abbastanza.-

Garth mi guarda per un secondo ma non dice nulla, poi torna ad interessarsi alla serie tv.

-Che stai guardando?- chiedo incuriosito, notando solo in quel momento l'interesse che sta mostrando per quel programma. Supernatural, mi è sembrato di intravedere.

-Una nuova serie tv- spiega lui, con un sorrisetto divertito. -Due fratelli che vanno in giro per lo stato a caccia di fantasmi.-

-Quello più grande sembra figo- dichiaro, con un sorriso smagliante, mentre Garth ride.

-Fa tanto lo sbruffone- aggiunge subito dopo, mentre mi siedo sulla sedia sistemata accanto al letto. -Ma in realtà è un coglione emotivo.-

Ed in effetti, devo ammetterlo, Castiel aveva ragione, fare del bene è davvero piacevole.


Ed eccoci qui, purtroppo come vi avevo promesso, questo capitolo è impregnato di angst :C
Dean si comporta come un coglione ovviamente, non fa in tempo a realizzare di amare Cas che rovina tutto, che testone. Personalmente i messaggi che gli scrive sono adorabilmente disperati e lui è così puccioso che quasi lo amo. E dopotutto si è aperto con Benny, praticamente spiattellandogli in faccia quello che prova, quindi stiamo facendo dei passi avanit. Cas invece è cazzutissimo mentre si ostina ad ignorarlo, facciamogli una statua, vi prego, amo anche lui.
So, i due piccioncini sono ai ferri corti per adesso, ma cosa succederà? Faranno pace? Come? Ehehhe, lo scopriremo solo vivendo.
AVVISO tutti che giovedì parto per le vacanze Pasquali e di conseguenza, non avendo il pc con me, l'aggiornamento tarderà di qualche giorno.
Se tutto va bene, dovrei tornare lunedì, ma non credo di riuscire a pubblicare per via dell'orario; entro martedì avrete comunque il sesto capitolo! Ve lo dico per non farvi preoccupare -chissene importa, direte voi-, sperando che non iniziate a pensare che io abbia abbandonato la storia! Non preoccupatevi, torno xD

Prima di dileguarmi, voglio ringraziare tutti i lettori e tutti voi che recensite: grazie mille, mi fate quasi commuovere e adoro i vostri commenti, rispondervi è sempre molto divertente! Non mi aspettavo di ricevere tanto affetto e approvazione! Grazie millissime!

Un bacio a tutti, buona Pasqua e alla prossima settimana -probabilmente-!


 

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Capitolo 6
*** Parte VI ***


A Walk To Remember


 

Parte VI

 

Riallacciare qualche tipo di rapporto con Castiel si rivela più difficile del previsto.

Prima di tutto perché lui mi evita come se avessi la peste e di conseguenza mi risulta inavvicinabile. Se andassi a casa sua probabilmente sarebbe la volta buona in cui mi beccherei un gancio destro persino dal reverendo Novak, quindi ho scartato quell'idea a priori.

L'occasione perfetta però si presenta un giovedì pomeriggio, a mensa. Ho cercato Castiel ovunque per tutta la mattina, specialmente in biblioteca, convinto di riuscire a trovarlo lì, ma quando avevo chiesto in giro, nessuno lo aveva visto -e sì, prima di rispondermi mi hanno tutti lanciato degli sguardi straniti, ma fanculo-.

Quindi ora sono in mensa, e mi ritrovo a fissare Castiel che se ne sta seduto al suo solito tavolo, da solo, con un libro tra le mani e gli occhiali scivolati sul naso. Ho paura ad avvicinarmi a lui, perché se mi piantasse in asso o se m ignorasse ancora una volta probabilmente finirei con il crollare definitivamente.

Ma cazzo, sono un Winchester, e i Winchester non scappano -a parte mio padre, si intende-; quindi è con questo ritrovato coraggio che cammino fino al suo tavolo, con tutti gli occhi puntati addosso, e mi siedo accanto a lui.

-Ti possono vedere- è la prima cosa che dice Castiel, ferito e gelido, senza staccare gli occhi dal suo libro. Il fatto che non mi guardi in faccia mi irrita, ma dopotutto è già tanto che non mi abbia tirato il libro dritto sul naso, sono piccole conquiste. Risentire la sua voce dopo settimane ha l'effetto di un balsamo, come se stesse oliando i miei ingranaggi per farmi tornare a funzionare come si deve.

-Temi per la tua reputazione?- chiedo con un sorrisetto affabile, maledicendomi subito dopo quando lui non cambia nemmeno per un attimo espressione, le sue labbra rimangono tirate e rigide. Tamburello con le dita sul tavolo e scruto il suo libro con sincero interesse. -Che cosa leggi?-

Volta la pagina con un gesto stizzito. -Niente che ti interessi.-

E okay, è ancora incazzato, ma così non funziona per niente. Prendo un grosso respiro ed intreccio le mani sul tavolo, sporgendomi di più verso di lui. Siamo abbastanza vicini e riesco a sentire il profumo del suo shampoo da questa distanza, cosa che mi fa morire dalla voglia di passare le dita tra i suoi capelli disordinati. -Cas, ci sto provando, okay?-

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, deglutisco, e poi torno a guardarlo. -Mi mancano i pomeriggi che passavo con te. Tu mi facevi stare bene.-

E' la tremenda verità e per dire tutto questo ci ho messo un grande sforzo, non mi stupirei se ora mi ritrovassi a sputare un polmone, soprattutto considerando il fatto che io non sono mai stato un tipo che esterna facilmente quello che sente.

Lui rimane in silenzio per un attimo, poi chiude il suo libro con un gesto stizzito, ficcandolo nello zaino come se non vedesse l'ora di liberarsi di me. -Sono tutte bugie.-

Aggrotto la fronte, deluso da quella sua deduzione. -Non è affatto vero.-

Solo a quel punto alza gli occhi blu dentro i miei permettendomi di rivederli chiaramente dopo giorni e cazzo, sento ogni mia terminazione nervosa andare a fuoco. Le sue iridi sono intense, dure, glaciali, e quasi non riconosco neanche un briciolo della dolcezza che le ha sempre caratterizzate. Oddio, cosa ho fatto. -Provamelo.-

Mi lancia un'occhiata di sfida e si alza, affrettando il passo verso l'uscita della mensa.

Sono sul punto di prendere a testate qualsiasi superficie verticale, ma poi -Dannazione!- impreco, sbattendo un pugno sul tavolo.

Mi alzo di scatto e lo inseguo fuori dalla mensa, riuscendo a raggiungerlo nel corridoio prima che esca dalla scuola. -Cas, aspetta!-

-Non sai nemmeno come si fa ad essere amici- mi fa notare, sempre più gelido, scendendo rapidamente la scalinata principale. Okay, forse ha ragione, sono stato un amico di merda con lui e probabilmente lo sarò sempre, ma non è questo il punto.

Gli afferro un polso, facendolo voltare verso di me, costringendolo così a guardarmi. I suoi occhi sono incandescenti, e siamo talmente vicini che i nostri respiri si mischiano e il suo profumo è così forte che devo sforzarmi con tutto me stesso per non lanciarmi sulla sua bocca come il peggiore degli arrapati. Non ho intenzione di rovinare niente, voglio fare le cose con calma, perché con Cas è diverso.

-Non voglio solo amicizia- ammetto quindi, a bassa voce ma sicuro, stringendo il suo polso in una presa gentile e senza mai staccare gli occhi dai suoi.

Noto che la sua bocca si è leggermente spalancata per lo stupore, mentre i suoi occhi continuano a scivolare dai miei, alle mie labbra e una piccola ed innamorata parte del mio cervello spera che anche lui abbia la stessa voglia di baciarmi che ho io.

Ma -Tu non sai cosa vuoi- sbotta duramente e tutte le mie convinzioni e speranze vanno beatamente a farsi fottere. Si libera con uno strattone dalla mia presa, non prima di mostrarmi involontariamente le sue guance troppo rosse, e poi prende a marciare verso la sua Prius.

Ovvio che so cosa voglio. Te, vorrei dire, ma la voce per un momento mi rimane incastrata in gola, e non posso fare altro che passarmi una mano sugli occhi.

-Hai solo paura che qualcuno ci voglia stare veramente con te- gli faccio notare senza demordere, seguendolo come farebbe un cagnolino fedele con il suo padrone.

Castiel si volta a guardarmi, con la fronte aggrottata. -Perché mai dovrei averne paura?-

Sostengo il suo sguardo e siamo di nuovo troppo vicini; lui è bloccato contro la sua auto, con una mano sulla portiera, e io sono praticamente a qualche centimetro di distanza da lui. -Perché non potresti più nasconderti dietro alla tua fede.-

Lui trattiene il respiro, arrossisce furiosamente e distoglie lo sguardo. Parla dopo interminabili momenti di silenzio. -Lasciami in pace, Dean.-

-Lo sai perché hai tanta paura?- Fa per aprire la portiera, ma ci appoggio una mano sopra, evitando che lui possa scappare di nuovo da me. Le nostre bocche quasi si sfiorano e davvero, ora come ora lo bacerei, fregandomene del fatto che tutti gli occhi del parcheggio sono puntati su di noi. Sollevo lo sguardo su di lui e lascio scorrere un dito sul suo mento in quella che vuole essere una specie di carezza. -Perché anche tu vuoi stare con me.-

Castiel mi fissa per un attimo con aria sognante, con il respiro bloccato che si fa via via sempre più affannoso, e mi sembra di essere riuscito a convincerlo. Poi però socchiude gli occhi, come se fosse ritornato in sé dopo una trance, e sguscia via dalla mia presa, infilandosi in macchina alla disperata ricerca di spazio.

Sospiro e lo guardo andare via, passandomi le mani tra i capelli in maniera frustrata.

 

Natale si sta avvicinando, così anche la festa, e sono sempre più nervoso.

Mia madre è entusiasta, Sammy un po' meno, ma spero che entrambi si possano divertire, anche passando un Natale un po' diverso dal solito.

Questa mattina la giornata è iniziata malissimo. Sono ancora di cattivo umore per quello che è successo, o non successo, con Castiel ieri ed inoltre me n'è capitata una dopo l'altra. Prima mi sono rovesciato la colazione addosso, poi la macchina non partiva costringendomi ad arrivare praticamente in ritardo. E so benissimo che non è ancora finita qui, ho la sensazione spiacevole e fastidiosa che stia per succedere qualcosa di brutto, l'ho capito fin da quando sono sceso dal letto.

Quando entro nell'atrio della scuola con una faccia simile a quella di un fantasma, dopo aver ricambiato svogliatamente qualche saluto, ne ho la conferma.

Un gruppetto di ragazzi è ammassato attorno ad una parte degli armadietti: si sentono delle risate e qualche solito schiamazzo. Ci metto poco a guardarmi intorno e a capire che in quella parte degli armadietti c'è anche quello di Castiel.

Una tremenda sensazione di ansia si propaga dal mio stomaco ad ogni centimetro del mio corpo, e senza nemmeno accorgermene inizio a sgomitare tra la folla di studenti per riuscire a vedere che cazzo sta succedendo.

Quello che mi si presenta davanti agli occhi mi lascia senza parole e mi fa rivoltare lo stomaco allo stesso tempo. Ci sono Adam e altri nostri amici che ridono a crepapelle davanti all'armadietto di Castiel, sul quale spicca in bella vista la scritta “Frocio”, dipinta di un brillante rosa fosforescente. Sento il sangue ribollirmi nelle vene e una rabbia cieca mi assale, talmente violentemente che sono sul punto di saltare al collo di quel coglione e strangolarlo.

Non faccio nemmeno un passo però, che mi accorgo della figura tremante di Castiel, in piedi accanto all'armadietto, con lo zaino che pende da una spalla, gli occhi blu sgranati e l'aspetto sconvolto di un bimbo che è scappato di casa.

Ha gli occhi palesemente lucidi e quella vista da un lato mi spezza il cuore, ma non fa che farmi incazzare di più. Spintonando ancora qualche coglione, sinceramente in ansia, mi avvicino a lui fino ad essergli di fronte ed improvvisamente il mormorio attorno a noi tace, e sento gli sguardi di tutti perforarmi la schiena. Prendo il viso di Cas tra le mani e appoggio la fronte contro la sua, sussurrando direttamente sulle sue labbra nel vano tentativo di farlo calmare.

-Ehi, Cas, va tutto bene, ci sono io adesso- mormoro, lasciando scivolare una mano sulla sua schiena, muovendola circolarmente. -E' tutto apposto, okay? Lo hanno fatto per sfottere me, tu non c'entri.-

Lui alza gli occhi nei miei e annuisce debolmente, mentre una lacrima ribelle scivola sulla sua guancia. La catturo con un pollice, condendo il tutto con un mezzo sorriso che non convince nemmeno me, e davvero mi sforzo di non mettermi ad urlare perché chiunque osa far piangere Cas, merita la peggiore delle punizioni.

Sposto il suo corpo ancora tremante di lato, lasciandogli un'ultima carezza rassicurante. Dopo essermi assicurato che lui stia meglio e che abbia per lo meno smesso di tremare, abbandono lo zaino accanto a lui e sussurro un impaziente -Aspetta qui- contro il suo orecchio, mentre mi avvicino ad Adam con l'espressione più incazzata che mi sia mai spuntata sulla faccia.

-Ehi Dean!- Adam ha ripreso a ridere e appena mi avvicino, si appoggia alla sua opera d'arte del cazzo, indicando la scritta fluo come se fosse qualcosa di cui andare fiero. -Hai visto come è ben decorato l'armadietto del tuo fidanzatino?-

-Giuro che ti ammazzo, stronzo- ringhio, in preda ad una furia cieca, spintonandolo all'indietro e facendolo andare a sbattere contro gli armadietti. Sento tutti trattenere il respiro e anche qualche cosa come “Dai finitela” oppure “Era uno scherzo”, commenti che non fanno che farmi incazzare ancora di più.

Adam mi fissa sconcertato, e in due passi mi è accanto per ricambiare la spinta come il peggiore dei bambinetti. E subito, senza nemmeno pensarci due volte, gli sferro un pugno dritto sul naso. Il dolore alle nocche mi fa vedere le stelle per un secondo, ma non è niente in confronto a quello che provo dentro, mentre lui cade a terra come il sacco di merda che è.

L'idea che qualcuno abbia anche solo provato a fare del male a Castiel, al ragazzo che amo, anche se non fisicamente, mi manda in pappa il cervello e brucia ogni singola terminazione nervosa del mio corpo. E sono tutto un proteggiproteggiproteggi, manco mi fossi trasformato improvvisamente in un cane da guardia.

Benny mi ha appoggiato una mano sulla spalla, nel tentativo di tirarmi indietro, ma la strattono via, mentre Adam continua a ripetere -Hai chiuso- ad oltranza, reggendosi il naso sanguinante; spero di averglielo rotto, a questo coglione.

-Toccalo di nuovo e ti mando all'ospedale- sibilo gelido, mentre mi volto per tornare da Castiel, che sta guardando la scena con gli occhi blu enormi tutti spalancati e l'espressione di chi sente di non meritare di essere difeso. Non ha senso spendere altre parole per un coglione come Adam..

-Hai fatto una cazzata, Dean- mi urla dietro il suddetto coglione, che è tenuto fermo da qualche altro nostro amico. -Sei un pezzo di merda!-

Ignoro gli sproloqui di quel cazzone e anche l'occhiata dispiaciuta di Benny, perché in questo momento la mia unica priorità mi guarda con gli occhi blu lucidi e sgranati, e anche un po' riconoscenti; mi avvicino a Cas e gli prendo il viso tra le mani per l'ennesima volta, sentendo il suo respiro debole ed affannato contro la mia bocca. -Stai bene?-

Lui solleva le braccia verso le mie e annuisce debolmente, sfiorando la mia giacca di pelle con i polpastrelli, in un tocco gentile che cancella via tutta la rabbia come un cancellino sulla lavagna. Sembra non avere la minima voglia di parlare e dopotutto posso capirlo.

-Sei sicuro?- chiedo, apprensivo come sempre, quando si parla di lui. Al suo ulteriore cenno d'assenso, recupero il mio zaino, avvolgo un braccio attorno alle sue spalle e lo trascino lontano da lì. -Vieni, andiamo via.-

Cas non dice niente nemmeno quando lo porto di nuovo fuori dalla scuola, respirare un po' di aria aperta gli farà bene, anche perché ho una paura assurda che gli possa venire un attacco di panico, visto che non ha smesso di respirare affannatamente per tutto il percorso.

-Cas, mi dispiace tanto- sussurro, fermandomi di fronte a lui una volta fuori e passando una mano tra i capelli che cadono disordinatamente sulla sua fronte fronte per sistemarli, visto che sono ancora più scombussolati del solito, dandogli l'aspetto di un pulcino spennacchiato. Nonostante la situazione piuttosto drammatica, non posso fare a meno di trovarlo bello.

-Dean- pigola lui, appoggiando la fronte contro la mia spalla e sembra così dannatamente indifeso e fragile in questo momento che la voglia di tornare dentro e spaccare quella faccia di cazzo di Adam si fa più forte. Castiel artiglia la mia camicia con entrambe le mani e seppellisce il viso nel mio collo e per un attimo riesco a sentire la sensazione umidiccia delle lacrime sulla pelle. Deglutisco, cercando di ingoiare il mio cuore che ha preso a battere forte come un tamburo e probabilmente lui riesce anche a sentirlo.

-Sono solo degli idioti, okay?- sussurro contro il suo orecchio, stringendo un braccio attorno alla sua vita per tirarmelo più vicino mentre l'altra mano si aggira tra i suoi capelli spettinatissimi. Lui annuisce poco convinto, senza però voler accennare a staccarsi da me e mi va più che bene, chi protesta. Senza nemmeno accorgermene ho appoggiato le labbra contro una sua tempia e ci ho premuto un bacio.

Subito dopo, lascio scorrere le dita sulla sua schiena e appoggio la testa contro la sua, respirando a pieni polmoni il suo profumo che mi è mancato troppo. -Ti porto a casa.-

A malincuore sciolgo l'abbraccio, ma tengo saldamente le nostre mani intrecciate e lancio un'occhiata indagatoria verso Cas, a cui però la cosa non sembra dar fastidio. Così lo porto fino all'Impala e gli apro la portiera per farlo salire.

Lui deve essere davvero sconvolto, perché sale senza dire nemmeno una parola o senza protestare e sono un po' stupidamente emozionato, perché è la prima volta che sale sulla mia auto.

Il tragitto è breve perché Cas abita vicino alla scuola, ma il silenzio all'interno dell'abitacolo è davvero pressante, per fortuna il rumore del motore di Baby ogni tanto lo spezza o sarei uscito di testa. Quando parcheggio di fronte a casa sua, mi volto a guardarlo.

-Sei sicuro di star bene?- chiedo, con una punta di preoccupazione che non tento nemmeno di nascondere. So quanto possa essere brutto ricevere questo tipo di discriminazioni plateali e il fatto che gli sia successo per causa mia non fa che farmi sentire una merda.

Cas annuisce e fa un piccolo sorriso, e un'ondata di sollievo mi colpisce. Per fortuna sembra aver riacquistato l'abilità di parola, visto che fino a questo momento è stato capace di dire soltanto il mio nome. -Sì, ti ringrazio per quello che hai fatto.-

-Non serve, se lo meritava- borbotto con un sorriso, il cervello parzialmente annebbiato da quei suoi occhi che traboccano dolcezza e riconoscenza. -Senti Cas, io...-

-Sì?- lui si sporge verso di me, stringendo le dita sul suo zaino che ha tenuto sulle gambe per tutto il tempo che abbiamo passato in macchina.

Prendo un grosso respiro perché è arrivato il momento delle scuse, non posso pensare che dopo quello che gli ho fatto basti difenderlo da quei coglioni dei miei amici per farmi perdonare. E poi è stato un dovere morale, se avessi potuto avrei frantumato ogni singolo osso del corpo di Adam. -Mi dispiace per quello che ti ho detto, se mi sono comportato da stronzo, o...-

Lui sorride e si stringe nelle spalle, parlando senza nemmeno lasciarmi finire la frase. -Dean, non importa, è tutto okay.-

Sentire di nuovo il mio nome uscire da quelle labbra dannatamente carnose è come tornare a respirare dopo anni interi passati in apnea. E no, io non merito questo ragazzo fantastico, ma sono innamorato di lui e non ci posso fare assolutamente niente. Deglutisco e mi schiarisco la voce subito dopo, passandomi una mano tra i capelli corti. -Ehm, bene, è tutto... Tra noi, è tutto apposto?-

Mi sento un completo cretino.

Castiel si passa una mano sugli occhi che sono ancora un po' umidi e il cuore mi si stringe per la paura che possa piangere di nuovo o che possa dire che tra noi non tornerà mai niente come prima, ma quando abbassa il braccio mi ritrovo davanti ad un sorriso talmente radioso che mi lascia senza fiato. -Certo. Tutto a posto.-

Sorrido come un cretino di rimando e borbotto -Oh. Benissimo.-

Castiel apre la portiera dell'Impala ma prima di scendere si volta a guardarmi e posso notare con sollievo che il suo viso è di nuovo dolce e rilassato come qualche settimana fa, prima che combinassi quel casino stratosferico. Forse anche io gli sono mancato come lui è mancato a me. -Ci vediamo alla festa di Natale.-

 

E come previsto, Natale ovviamente arriva.

Forse troppo presto mi ritrovo davanti allo specchio della mia camera, in preda ad una crisi di panico, manco fossi una donnina. Il problema è che non so nemmeno cosa mettermi e non ho davvero niente di adatto. Insomma, non che mi importi, ma vorrei provare ad impressionare Castiel, una volta tanto.

Lancio un'occhiata al pacchetto che ho appoggiato sul letto e mi mordicchio le labbra. Non so se l'idea di comprargli un regalo sia stata azzeccata in realtà: sicuramente potrebbe fargli piacere, ma beh, non sono mai stato troppo bravo in queste cose e nemmeno mi importa di ricevere qualcosa in cambio. Sono stato parecchio indeciso su cosa prendere, ma alla fine ho scelto di comprargli una felpa, perché mi sarebbe piaciuto vederlo con quel tipo di indumento, magari con il cappuccio alzato e le mani in tasca. L'ho presa blu, un blu che non si avvicina nemmeno un po' alla tonalità dei suoi occhi, ma che sicuramente gli sarebbe stata benissimo.

Comunque, il problema centrale è come vestirmi: alla fine sono costretto a mettermi i jeans e una camicia pescata a caso dal vecchio armadio di mio padre, perché io ne ho una sola ed è quella che uso sempre in chiesa la domenica, non mi sembra il caso di mettere quella. Questa che ho scelto ha una particolare tonalità di rosso, non molto natalizio, ma può andare.

Mi sento stupidamente nervoso mentre prendo il pacchetto, mi infilo la giacca di pelle e scendo le scale. Mia madre e Sammy mi stanno aspettando in macchina e contrariamente a quanto mi fossi immaginato, mio fratello sembra piuttosto elettrizzato adesso.

-Tesoro, come sei carino- dice mia madre quando salgo al posto del guidatore, lanciandomi un'occhiata che è tutta un programma, scrutandomi con attenzione.

Sammy, dall'alto dei suoi undici anni, sghignazza. -Si è fatto bello per il suo fidanzato.-

Gli lancio un'occhiataccia dallo specchietto retrovisore mentre metto in moto, sperando di non essere arrossito come una bambinetta. -Sta' zitto, Samantha.-

-Un fidanzato? Lo conosco?- chiede mia madre con gli occhi che brillano di sincera curiosità, mentre io stringo con forza il volante. A volte mi chiedo che abbia fatto per avere una madre tanto aperta mentalmente: normalmente una madre si sarebbe preoccupata nel sapere che al proprio figlio interessa un altro ragazzo, ma non lei, ovviamente.

-Mamma, ti prego- piagnucolo, incassando la testa nelle spalle. -Non ho intenzione di parlarne.-

Lei sbuffa e volta la testa per guardare fuori dal finestrino, mentre Sammy continua a ridere come uno stupido nei sedili posteriori. -Va bene, va bene, scusa se mi interesso alla vita sentimentale di mio figlio.-

Alzo gli occhi al cielo e continuo a guidare verso l'orfanotrofio, sperando che la tortura del viaggio finisca presto. Parcheggio davanti all'entrata e recupero il regalo di Cas, accompagnando mia madre e mio fratello nel salone principale.

La sala è perfetta, ovunque si respira il clima natalizio, con tanto di luci, ghirlande e decorazioni appese in ogni angolo possibile e l'albero è davvero impressionante. Io e Cas abbiamo fatto proprio un ottimo lavoro, la tavola è persino più lunga e ben sistemata di quanto potessi immaginare.

-Tesoro, ma che atmosfera magica!- mormora mia madre, poggiandosi una mano sulle labbra e guardandosi in torno. Anche Sammy sembra piuttosto stupito, visto che continua a guardarsi intorno con la bocca spalancata.

-Ciao Dean.-

Quando sento quella voce, il mio nome pronunciato al solito modo che mi fa contorcere le budella, istintivamente mi volto di scatto. E rimango senza fiato.

Castiel è bello e raggiante come non lo è mai stato. Per la prima volta non porta gli occhiali e questo rende i suoi enormi occhi blu ancora più visibili, i suoi capelli sono spettinati come sempre ma in una maniera così sexy che posso quasi sentire i jeans farsi più stretti. Indossa un maglione rosso brillante, da cui spunta il colletto di una camicia blu e dei jeans chiari talmente aderenti che fatico ad immaginare come se li sia infilati.

-Oh Dio- mi lascio sfuggire, ancora a corto di fiato, lasciando scorrere gli occhi su tutta la sua figura. Sammy sghignazza e sono sul punto di prenderlo a schiaffi.

Cas piega la testa di lato e mi scruta con attenzione. -Va tutto bene? Sei un po' rosso.-

Deglutisco e mi schiarisco la voce, cercando di ignorare il sorrisetto affabile dipinto sulla faccia di mia madre e di recuperare un briciolo di dignità, con scarsi risultati. -No, no, tutto bene, fa.. fa caldo qui. Ciao anche a te, Cas.-

Mia madre si illumina subito e si avvicina a Castiel, appoggiandogli le mani sulle guance e dandogli un bacio in fronte come se fosse suo figlio. -Sei splendido, tesoro. Avete fatto un lavoro magnifico.-

Castiel fa un dolcissimo sorriso che mi fa accartocciare tutte le budella ancora più di prima. -La ringrazio, Signora Winchester. Dean è stato davvero fantastico.-

Mentre parla i suoi occhi sono puntati su di me e il mio cuore prendere a sbattere furiosamente contro lo sterno. Deglutisco e mi avvicino a mia madre, mordicchiandomi le labbra con fare imbarazzato. -Mamma, perché non vai a sistemare sul tavolo le torte che hai fatto?-

Lei mi lancia un'occhiata che è tutto un programma, poi annuisce, trascinandosi dietro anche Sammy. Prendo un grosso respiro ma non riesco a ritrovare subito la tranquillità che cerco, perché trovarmi Castiel a qualche centimetro di distanza mi causa sempre qualche scompenso fisico ed emotivo.

-Sei molto carino stasera- dico dopo un po', con ritrovata intraprendenza, guardandolo di sottecchi e torturandomi le mani per poi infilarle nelle tasche dei pantaloni. Lui sorride ancora e tutto il suo viso si illumina e Cristo santissimo, è la cosa più bella che abbia mai visto.

-Grazie Dean- mi dice, guardandomi dritto negli occhi. -Anche tu.-

Fantastico, adesso non so come continuare la conversazione. Non mi sono mai sentito così impacciato con qualcuno, nemmeno con le ragazze che mi sono portato a letto, nemmeno durante la mia prima volta, ma perché con Castiel è sempre tutto diverso.

Per fortuna l'ondata di bambini arriva giusto in tempo per togliermi dall'imbarazzo: sono tutti pettinati ordinatamente e vestiti con maglioni a tema, sorridono e cantano canzoni natalizie a squarciagola, salutando tutte le persone che sono venute a festeggiare il Natale assieme a loro. Abbracciano persino me e mi ringraziano per tutto quello che ho fatto.

Non posso nascondere che piegarmi per abbracciare una bambina di cinque anni mi fa commuovere un po', ma non ci sarà mai nessun testimone per raccontarlo.

-Ho messo i nostri posti vicini- mi informa Castiel all'improvviso, afferrandomi la mano e tirandomi verso l'enorme tavolata disposta circolarmente attorno all'albero. A quella piccola accortezza il mio stupidissimo cuore fa le capriole. Le nostre dita sono intrecciate e il calore dei nostri polpastrelli che si sfiorano mi colpisce dritto sullo stomaco come un pugno, ma non c'è niente di più piacevole.

Io e Cas siamo seduti tra Claire, la bambina a cui lui è più affezionato, e un ragazzino più grande che non la smette di ridere nemmeno per un attimo alle battute di Sammy, sistemato di fronte a me. Per fortuna tutti sembrano divertirsi e chiacchierare allegramente, proprio come una grande famiglia allargata.

Ed in effetti non mi sono mai sentito più a casa di adesso.

La serata scorre piacevolmente; io e Cas mangiamo e ridiamo come una vera coppia -fingo di non sentire i ripetuti ed inopportuni “Aww” di Sammy, che mi affretto a zittire con un calcio ben assestato- e negli occhi dei bimbi si può leggere quella gioia vera che solo una famiglia ti può dare. Anche il cibo è buonissimo e Cas sembra apprezzare particolarmente la crostata al miele di mia madre.

-L'ho fatta fare apposta per te- sussurro contro il suo orecchio per fare in modo che senta ugualmente nonostante il vociare attorno a noi. -So che vai matto per il miele.-

Cas arrossisce furiosamente e io non posso fare a meno di notare quanto quel colore si addica particolarmente al suo incarnato di solito molto chiaro. -E' un pensiero molto bello, ti ringrazio Dean.-

Trascorriamo l'ora successiva alla cena a distribuire i pacchetti e a guardare i bambini che li aprono fin troppo felici. Oltre a quelli che ho comprato io, anche il personale dell'orfanotrofio e qualche altro invitato alla festa ha comprato qualcosa, rendendo così l'intero salone un oceano di carta colorata, pieno di grida di eccitazione e di gioia. Tutti hanno ricevuto più di quanto si aspettavano, e continuano a ringraziare me e Cas.

Quando infine gli entusiasmi si sono placati, piano piano torna la quiete: gli adulti si sono spostati nell'altra stanza per giocare a tombola, mentre i bambini più piccoli iniziano ad addormentarsi ai piedi dell'albero. I più grandi sono già tornati in camera con i loro giocattoli e le luci sono state abbassate, creando un'atmosfera davvero suggestiva.

Le lucine colorate dell'albero risaltano nella semi oscurità e il mio cellulare abbandonato accanto alla mia gamba diffonde le note piacevoli e più che appropriate di Jingle Bells Rock -una canzone che ha fatto ridere Cas.-

Io sono seduto per terra accanto a Cas, che stringe tra le braccia Claire che si è addormentata sulle sue ginocchia. Presi dalla confusione non siamo più riusciti a parlare, ma nessuno dei due ci ha fatto molto caso. Nonostante questo, mi chiedo a cosa lui stia pensando; ha un'aria sognante, quindi suppongo -ne sono sicuro- che sia contento della riuscita della serata e in fondo lo sono anche io e non posso evitare di esserne un po' orgoglioso.

E' stata la più bella vigilia di Natale della mia vita.

Scosto gli occhi su Cas, che avvolto dalla luce soffusa è ancora più bello. -Ti ho preso una cosa, un regalo- mormoro in fine, parlando a bassa voce per non svegliare la bambina e sperando di non tradirei il palese nervosismo nella mia voce.

Lui mi fa un sorriso dolcissimo e -Non dovevi- sussurra, e anche se è buio, siamo abbastanza vicini per vedere quanto sia arrossito.

-Volevo farlo- dico deciso, prendendo il pacchetto che ho tenuto da parte per tutta la sera, porgendoglielo delicatamente.

-Potresti aprirlo per conto mio?- Guarda prima la bambina addormentata e poi me, stringendosi per un attimo nelle spalle. -Ho le mani impegnate.-

-Non è un granché in realtà- borbotto, imbarazzato, sentendo il peso dei suoi occhi blu addosso. Non mi sono mai sentito così nervoso, tutto per una stupida felpa. -Puoi aprirlo anche più tardi.-

-Non essere stupido- mi dice lui, scuotendo leggermente la testa, senza mascherare un sorrisetto divertito. -Voglio aprirlo davanti a te.-

-Okay- mugolo, con lo stesso tono di un cane che è appena stato investito. Dio santo, sono nervoso come una sposina il giorno delle nozze, sono così ridicolo. Per schiarirmi la mente fisso il regalo con insistenza e comincio a scartarlo, staccando il nastro in modo da non fare troppo rumore e svegliare Claire e poi tirando fuori la busta dalla carta.

Deglutisco rumorosamente, tirando fuori la felpa e alzandola davanti a lui per fargliela vedere. In confronto alla sua gioia della serata, non mi aspetto un granché come reazione.

Ma Cas ancora una volta mi stupisce, perché ha un sorriso talmente dolce e i suoi occhi brillano così tanto che devo ricredermi. -E' molto bella, Dean. Ti ringrazio.-

Sono appena arrossito come una stupida ragazzina innamorata e cazzo, ringrazio tutti i santi di trovarmi al buio o avrei fatto una figura di merda. Non riesco comunque a trovare la forza di parlare, quindi mi limito ad abbozzare un sorrisetto.

-Anche io ti ho portato qualcosa- mormora Cas dopo qualche minuto di silenzio, facendo un cenno con la testa in direzione dell'albero; il suo dono è ancora lì sotto, seminascosto dal tronco, e io lo prendo subito con le mani che mi tremano per l'emozione. Non mi sarei mai aspettato che lui mi regalasse qualcosa, non dopo tutto quello che gli avevo fatto passare. E' un pacchetto di forma rettangolare, flessibile e pesante.

Cazzo. Non ci metto molto a capire cosa sia e sento il cuore finirmi letteralmente in gola per poi ripiombare al suo posto, dove prende a battere veloce come un tamburo.

Me lo appoggio sulle gambe senza aprirlo.

-Aprilo- mi incoraggia lui, guardandomi in una maniera che mi fa bruciare e posso sentire il sorriso sulla sua bocca, anche se non lo vedo.

-Non puoi darla a me- protesto, completamente a corto di fiato. So già cosa c'è dentro e non riesco a credere al suo gesto, dannazione. Ora sto tremando tutto.

-Ti prego, aprilo- continua lui, con il tono più dolce che abbia mai sentito. -Voglio che la tenga tu.-

Controvoglia, scarto lentamente il pacchetto. Una volta eliminata la carta, tengo il libro tra le mani con delicatezza, quasi con reverenza, come se fosse la cosa più preziosa al mondo, temendo di danneggiarlo. Lo guardo, incantato, sfiorando lentamente il cuoio perfetto della copertina con i polpastrelli, lasciando scorrere il pollice sulle lettere dorate del titolo, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime, letteralmente.

Castiel allunga un braccio e posa una sua mano sulla mia, ancora una volta leggendomi come nessuno sa fare; la sua pelle è calda e tremendamente morbida e io non posso fare a meno di intrecciare le nostre dita insieme. Per un attimo ho paura che Cas si possa ritrarre, ma la sua stretta si fa solo più salda.

Alzo gli occhi nei suoi, senza sapere che dire. Mi sto comportando da completo idiota, ma il cuore mi batte troppo veloce e sento il sangue fischiarmi nelle orecchie, impedendomi qualsiasi tipo di reazione.

Mi ha regalato la Bibbia di sua madre.

-Grazie per tutto quello che hai fatto- bisbiglia Castiel, che questa volta si è fatto ancora più vicino. -E' stato il Natale più bello della mia vita.-

Non chiedetemi come, perché non me lo spiego ancora. Un attimo prima sono davanti a Cas che mi sorride come se fossi l'unica fottuta cosa importante al mondo, e quello dopo invece lo sto baciando.

Lui non indietreggia, ma sgrana lievemente gli occhi e per un attimo mi chiedo se io abbia fatto la mossa sbagliata, se io stia fraintendendo completamente ogni cosa, se non sia il caso di tornare indietro. Ma poi Cas chiude gli occhi e piega leggermente il capo, permettendo alle nostre labbra di sfiorarsi meglio.

Non è un bacio lungo come quelli che sono abituato a dare, come quelli dei film o degli altri adolescenti, non c'è lingua o malizia: solo un timido sfiorarsi di labbra e il dannato sapore di Cas, di miele e qualcosa di un po' salato, solo io e Cas, e nient'altro. A suo modo è tutto fottutamente meraviglioso e nel momento in cui le nostre labbra si separano delicatamente, con la sensazione delle nostre fronti premute insieme e dei nostri respiri un po' affannosi che si mischiano, so che serberò il ricordo di questo momento per sempre.


Salve a tutti e buona Pasquetta!
Sono tornata tipo qualche secondo fa -no okay, non proprio- ma non vedevo l'ora di pubblicare questo capitolo *-* Non so nemmeno da dove iniziare a commentarlo!
Iniziamo con un bel po' di angst misto a puro fluff perché Cas non cede facilmente... Ma poi vogliamo parlare di Dean che difende a spada tratta il suo little boyfriend!? ** Io adoro da morire le scene in cui Dean e Cas si difendono a vicenda, in qualsiasi fanfiction, mi fanno sempre morire per i troppi feels -colpa del mio animo di fangirl.-
E BEH: VOGLIAMO PARLARE DELLA FESTA!? Sono tipo la coppia più dolce di sempre, si comportano già come se fossero fidanzati. E finalmente è arrivato il bacio, sento gli angeli cantare l'Halleluja..... Sono adorabili.
Per adesso le cose sembrano andare bene e finalmente questi due hanno fatto pace, non avrei potuto tenere l'angst a lungo, imparerete a conoscermi e saprete che piango come una stupida mentre scrivo certe scene xD
Comunque, in questi giorni di isolamento in vacanza avevo il mio tablet ed è con grande piacere che vi comunico che ho iniziato a scrivere una nuova Destiel! Sarà sempre una AU, probabilmente di raiting rosso e si intitolerà al 99.9 per cento "Il morso del destino"; non vi anticipo niente ma mi farebbe molto piacere se voi mi seguiste anche lì, perché sono una sentimentale e mi sto affezionando T.T
Beh che dire, spero abbiate passato delle belle vacanze e spero che il capitolo sia di vostro gradimento! Un grazie enorme a tutte le lettrici che recensiscono, ma anche a quelle silenziose!

Un abbraccio grandissimo :*

 

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Capitolo 7
*** Parte VII ***


A Walk To Remember

Parte VII

 

La situazione post-bacio è sempre dannatamente imbarazzante.

Quindi evito di raccontarla.

Più tardi, quando ormai la festa è decisamente finita, decido solo di accompagnare Cas a casa -dopo aver scaricato mia madre e Sammy che per tutto il viaggio in auto non hanno fatto altro che lanciarmi occhiate maliziose o sottoporre Cas ad una specie di interrogatorio-.

Mentre guido con Cas accanto a me, penso al fatto che non so esattamente cosa lui provi per me: certo, ci siamo baciati e mi ha fatto il più bel regalo che abbia mai ricevuto e anche se probabilmente non aprirò o leggero mai quel libro come fa lui, è come se mi abbia dato un pezzo di sé.

Ma Castiel è il genere di persona pronta a donare un rene al primo venuto, se l'altro ne avesse bisogno, per questo non so proprio come comportarmi o come interpretare quel gesto. Una volta mi ha detto che non è uno stupido e ovviamente sono giunto anche io a questa conclusione: forse è un po' diverso dagli altri adolescenti, singolare, ma alla fine deve per forza aver capito quello che provo per lui, anche perché gli ho lanciato più di un messaggio, spiattellando i miei sentimenti sulla pubblica piazza ad ogni occasione disponibile. E sono piuttosto sicuro di non essergli indifferente, però. Però.

Quando accosto di fronte a casa sua, Cas sembra pensieroso. Stringe tra le dita la felpa che gli ho regalato e continua a guardare fuori dal finestrino. Ho una tremenda paura che sia pentito del nostro bacio o di quello che abbiamo condiviso insieme in questa serata e mi sento così fragile in questo momento che un soffio di vento potrebbe farmi a pezzi. Dopo momenti che sembrano interminabili, lui sospira pesantemente e si volta verso di me, ma è come se non mi stesse guardando davvero. -Dean, pensi mai a Dio?-

Deglutisco e aggrotto la fronte, senza capire il senso di quella domanda improvvisa. Mi appoggio meglio al sedile e mi volto di lato per riuscire a guardarlo meglio. -A volte- ammetto, con la voce che mi trema fin troppo.

Cas abbassa gli occhi sulle sue dita e lo sento sospirare, ma non capisco il motivo della piega triste che hanno preso le sue labbra e la sua voce. -So che il Signore ha un disegno per tutti noi. Ma a volte è difficile interpretare il suo volere.-

Mi mordicchio le labbra e cerco di improvvisare, sforzandomi sinceramente di pensare ad una risposta per lo meno sensata. -Ecco, penso che a volte dobbiamo soltanto avere fede.-

Cas mi guarda per un secondo e lo vedo rabbrividire, come se mi avesse veramente visto solo in quel momento; poi si prende qualche momento per riflettere sulla mia risposta e infine annuisce distrattamente. -Sì, forse hai ragione.-

Non mi piace vederlo così pensieroso e vorrei anche capire che cosa gli passa per la mente, Cas non sembra per niente presente in questo momento, si capisce dal colore scuro dei suoi occhi che sta pensando a tutt'altro. Sorrido tra me e me e cerco di cambiare argomento, per riportarlo vicino a me e perché parlare di Dio non è esattamente la cosa che preferisco fare quando sono assieme a lui.

-Vorrei chiederti una cosa- dico quindi, scrutando ogni singolo centimetro del suo viso, sporgendomi un po' di più verso di lui per averlo più vicino.

Lui non sembra turbato dalla nostra vicinanza, ma noto che ho catturato la sua attenzione, perché adesso mi sta scrutando curioso e la tempesta nei suoi occhi blu sembra essersi placata. -Certo, dimmi pure.-

Prendo un grosso respiro, prima di parlare, perché ho bisogno di raccogliere tutto il coraggio di cui so di essere capace. -Ti, uhm, andrebbe di uscire con me, sabato sera?-

Alla mia proposta, Cas spalanca gli occhi blu come due fanali e stringe convulsamente le mani sulle gambe, probabilmente si aspettava di tutto tranne che un invito del genere. E' arrossito, sono abbastanza vicino a lui da poterlo notare e le sue labbra si sono leggermente schiuse per la sorpresa, ma in poco tempo i suoi occhi tornano a rabbuiarsi. -Oh, uhm, io... Non posso.-

E okay, il rifiuto è difficile da incassare, soprattutto per me che non ci sono abituato e soprattutto dopo un bacio da capogiro come quello che ci siamo scambiati, quindi stringo con forza il volante e deglutisco. Più di una volta. Fissando insistentemente fuori dal parabrezza. Sono ridicolo. -Oh, ehm, hai... C'è qualcun altro?-

L'idea di Cas mano nella mano con qualcuno che non sia io mi fa venire l'orticaria, e lo stomaco mi si chiude in una morsa piuttosto dolorosa, quindi mi affretto a rimuovere quell'immagine dalla mia testa prima di cadere preda di un esaurimento.

-No, non è questo- chiarisce lui, scuotendo energicamente la testa e fissando la strada davanti a sé come se fosse la cosa più importante del mondo. E cazzo, sembra così un bambino indifeso in questo momento che muoio dalla voglia di abbracciarlo e passare le dita in quella matassa arruffata che ha in testa.

Un piccolo barlume di speranza mi illumina il cervello e forse mi sporgo verso di lui un po' troppo e il tono che mi esce è un po' troppo speranzoso. -E allora cos'è?-

Castiel sospira, stringe tra le dita la felpa blu come i suoi occhi e poi mi guarda come se stesse per firmare la sua condanna a morte. -Non mi è permesso avere appuntamenti.-

Sbatto le palpebre perché in effetti quello che dice ha senso, considerando che lui è il figlio del reverendo e che probabilmente suo padre non muore dalla voglia di fare uscire il suo unico angioletto con un altro ragazzo che potrebbe in qualche modo deviarlo.

-Oh- dico aggrottando la fronte in maniera confusa ma anche un po' delusa. Non mi aspettavo di certo una cosa del genere: so che suo padre è severo e molto religioso e tutto il resto, ma non pensavo che proibisse a suo figlio di avere degli appuntamenti.

-Dean- mi chiama lui all'improvviso e non mi sono nemmeno accorto di essermi perso tra i miei pensieri come il peggiore degli adolescenti.

-Sì?-

Cas non dice niente, si limita solamente a sporgersi verso di me e a premere le nostre labbra insieme: devo dire che questo gesto mi coglie piuttosto di sorpresa, perché non lo credevo così intraprendente, e il mio cuore sembra non volerne sapere di rallentare. Se è possibile, questo bacio è ancora migliore del precedente, perché dura di più e la posizione mi permette di piegare la testa di lato per avere un accesso migliore alla sua bocca.

Il sapore di Castiel è qualcosa in grado di annebbiarmi il cervello, per non parlare dei leggeri morsi che si concede, che hanno l'effetto di un pugno dritto al mio basso ventre. Oddio, ma dove ha imparato, pensavo che fosse completamente inesperto in questo tipo di cose, ed invece anche in questo è stato in grado di stupirmi.

Quando si stacca, sono sicuro di avere l'espressione più idiota mai apparsa sul volto di altro essere umano: ho la testa ancora sporta verso di lui, le labbra umide e le guance più rosse di un semaforo, per non parlare degli occhi chiusi.

-Buonanotte- sussurra Cas con un sorriso talmente dolce che potrei sciogliermi in questo preciso instante. Apro gli occhi giusto in tempo per vederlo scendere dalla macchina e correre su per il suo vialetto.

Se poi premo la fronte contro il volante armato di un sorriso che va da un orecchio all'altro, non lo deve sapere assolutamente nessuno.

 

Il giorno seguente decido di andare in chiesa, perché so che il reverendo Novak è sempre lì a preparare i sermoni per la domenica. Probabilmente si è portato avanti per le messe dei prossimi cento anni, visto che sta sempre chiuso lì dentro manco fosse un monaco, ma è meglio se questo pensiero lo tengo per me.

Non ne ho parlato con Cas, ma ho deciso di chiedere il permesso a suo padre di portarlo fuori. So che il reverendo non mi accoglie mai a braccia aperte quando vado a casa loro, ma provarci non costa nulla; ogni volta che mi vede sul vialetto dal salotto, manco avesse una sorta di fiuto da mastino riservato solo a me -non so se sentirmi lusingato o terribilmente inquietato-, sbircia dalla tendina e poi ritira in fretta la testa, convinto di essere passato inosservato. Quando busso ci mette un'eternità ad aprirmi e mi fissa per minuti interi sempre sospirando e scuotendo energicamente la testa prima di salutarmi.

La porta della sacrestia è socchiusa, e riesco a vederlo seduto alla scrivania con gli occhiali calati sul naso. Sta esaminando la sua Bibbia, tiene anche una matita in mano e ogni tanto sottolinea qualche passaggio, ripetendolo a voce bassissima -me ne accorgo solamente perché vedo le sue labbra muoversi impercettibilmente-.

Prendo un grande respiro, per farmi forza, e poi busso con energia, rimanendo in piedi di fronte alla porta in modo che potesse vedermi: lui alza subito il capo, ma quando vede che sono io, corruga la fronte e i suoi occhi si riempiono di confusione.

-Salve, reverendo Novak- saluto, con il tono più educato di cui sono capace, torturandomi incessantemente le dita. -Potrei parlarle un attimo?-

Lui si toglie gli occhiali e si strofina gli occhi. Sembra più stanco del solito e forse in questo periodo non si sente molto bene, perché il suo viso sembra quasi più invecchiato. -Signor Winchester- mi saluta, privo di ogni entusiasmo.

Deglutisco, ripetendomi nella mente di non demordere al primo ostacolo, lo sto facendo per Castiel, per noi, quindi devo assolutamente farmi forza. Mi sono anche messo la camicia bianca per l'occasione, deve almeno apprezzare lo sforzo. -Posso entrare?-

Lui annuisce distrattamente, e mi fa cenno di sedermi sull'unica sedia di fronte alla sua scrivania, poi intreccia le mani sotto al mento e mi guarda con un sopracciglio inarcato.

-Ecco- prendo l'ennesimo grosso respiro, sedendomi e stringendo subito i braccioli della sedia. Sono dannatamente nervoso. -Volevo chiederle il permesso di invitare fuori Castiel, sabato sera.-

Alle mie parole, il suo sopracciglio si inarca ancora di più in maniera quasi innaturale. Si toglie gli occhiali e pulisce le lenti con un fazzoletto, per poi tornare a concentrarsi sulla sua Bibbia. -Non è possibile.-

Stringo istintivamente un pugno sulla mia coscia e prendo un grosso respiro. Non arrenderti, Dean. -Con tutto il rispetto, reverendo, la prego di ripensarci.-

Lui alza gli occhi su di me quasi di scatto, vedo le sue iridi azzurrine scintillare di sorpresa, come se non si aspettasse tutta quella intraprendenza da parte mia. -Con tutto il rispetto, Signor Winchester, ho preso la mia decisione.-

Sospiro e abbasso per un attimo lo sguardo in maniera quasi sconfitta, ma sto semplicemente pensando alla prossima mossa. Mi sporgo di più verso di lui e mi sforzo di metter su l'espressione più seria che abbia mai fatto. -Senta, mi dispiace per quello che dicevo quando ero più piccolo, e mi dispiace di non aver sempre trattato Castiel come avrei dovuto. Lui si merita il meglio.-

Mi guarda con gli occhi più penetranti e minacciosi che potrei mai incontrare in un uomo di chiesa. Evidentemente non basta.

-Io lo amo- confesso infine, come se fosse la mia ultima spiaggia, e la sua attenzione torna immediatamente a focalizzarsi su di me. Mi mordicchio le labbra, perché non pensavo che sarei mai stato capace di dire una cosa simile a nessuno, figuriamoci al reverendo Novak.

-Lo so- ammette lui in tono mesto. -Ma non voglio vederlo soffrire.-

Probabilmente è solo la mia immaginazione, ma mi sembra che i suoi occhi si stiano riempiendo di lacrime: questa reazione mi spiazza, ma è difficile dire se stia davvero per piangere, i suoi occhi sono così azzurri da sembrare già liquidi. Mi chiedo anche se il fatto di essere innamorato di Castiel sia così evidente agli occhi degli altri.

-Non succederà, glielo prometto- replico, più speranzoso di quanto volessi essere.

Lui si volta a guardare fuori dalla finestra in maniera pensierosa, dove aveva iniziato a cadere una fredda e fastidiosa pioggerella invernale. E' una giornata piuttosto grigia e pungente in effetti. Il reverendo ha lo stesso sguardo perso e spaesato che aveva suo figlio in macchina, nel suo vialetto, qualche sera prima.

-Riportalo a casa alle undici- si arrende infine, dopo istanti di silenzio che mi sembrano infiniti, con il tono di chi sa di aver fatto la scelta sbagliata.

-La ringrazio, reverendo Novak- dico, sorridendo ed illuminandomi come un albero di Natale, mentre gli stringo la mano. Vorrei dirgli qualcos'altro, ma non voglio disturbarlo oltre, e a giudicare dal suo sguardo combattuto deduco che voglia restare solo e per me è meglio svignarmela prima che cambi idea, buttando così tutti i miei sforzi alle ortiche.

Quando però mi guardo alle spalle prima di uscire, rimango piuttosto confuso nel vederlo con il viso affondato tra le mani in una posizione tipica di chi è disperato.

 

Quando un'ora più tardi lo racconto a Castiel, la cosa sembra sorprenderlo e credo che questo abbia contribuito a migliorare ancora la mia posizione con lui.

Non gli racconto però che mi è sembrato di vedere suo padre piangere quando ero uscito dal suo ufficio; la faccenda mi ha lasciato piuttosto perplesso e turbato, ma non voglio farlo preoccupare inutilmente.

Ma adesso che sono a casa mia, solo con i miei pensieri, seduto sul divano a fissare il televisore senza vederlo davvero, quelle lacrime e quella espressione mi ritornano in mente, squarciando ogni mio tentativo di concentrarmi sui programmi.

-Mamma, secondo te perché il padre di Cas ha reagito così?- le chiedo in maniera pensierosa, dopo averle riassunto brevemente la situazione. Rovescio la testa indietro per guardarla e lei esce dalla cucina pulendosi le mani con uno straccio.

-Tesoro, magari si è solo reso conto che il suo bambino è cresciuto e che sta per perderlo- mi spiega lei, con un tono talmente materno da farmi squagliare qualcosa dentro. Torno a guardare la tv e aggrotto la fronte, riflettendoci su; in effetti è una spiegazione plausibile, ma per qualche strano motivo non mi convince per niente.

-Spero che sia così- sussurro, più a me stesso che a lei, appoggiando la testa su una mano. Non penso che sia per colpa mia, altrimenti mi avrebbe semplicemente impedito di uscire con suo figlio e probabilmente non è nemmeno per l'omosessualità. Sì, Castiel non ha mai avuto nessuna relazione e quindi il reverendo è solo spaventato da questa novità, si preoccupa per il suo unico figlio, non c'è assolutamente niente che non va.

Ma per qualche strana ragione, non riesco a convincermi del tutto.

 

Tra una cosa e l'altra, sabato arriva il più in fetta del previsto e io ho avuto giusto il tempo di pensare a cosa preparare per rendere questa serata speciale e soprattutto indimenticabile, per entrambi.

E' una cosa nuova per me, perché non mi sono mai impegnato tanto per qualcuno che non facesse parte della mia famiglia, non in senso romantico, né tanto meno ho mai organizzato un vero e proprio appuntamento che non avesse lo scopo di portarmi a letto qualcuno. Ora come ora è strano da dire, ma quel Dean sembra lontano anni luce: ora mi sento diverso, migliore, innamorato, ed è una sensazione meravigliosa, persino meglio di quanto abbia mai osato immaginare.

Voglio far entrare Cas nel mio piccolo mondo, motivo per cui l'ho portato alla Rodhouse, anche per fargli capire che ormai non mi vergogno né di lui, né di quello che provo, non è un problema farmi vedere in sua compagnia. Certo, non è il posto più romantico di sempre, ma probabilmente una cena a lume di candela avrebbe annoiato entrambi, e poi Cas sembra decisamente il tipo da hamburger. E comunque la cena è soltanto l'inizio, in realtà punto di più su quello che ho organizzato per il dopo.

Quando parcheggio l'Impala di fronte al ristorante di Ellen, Cas non tenta nemmeno di nascondere la sua espressione terrorizzata.

-Ehi, va tutto bene?- gli chiedo con tono gentile ma anche un po' divertito, perché vederlo così nervoso fa sussultare il mio ego un po' più di quanto dovrebbe.

Cas si volta a guardarmi e io vengo investito dal mare dei suoi occhi: questa sera è bellissimo, ancora più del solito. Si è messo la felpa che gli ho regalato, che come ho immaginato è proprio di quella tonalità di blu che fa risaltare i suoi occhi; non gli ho chiesto espressamente di non mettere gli occhiali, ma Cas sembra avermi comunque letto nel pensiero perché non li porta, e i jeans gli fasciano le gambe in una maniera che dovrebbe essere definita illegale.

-Dean, sei sicuro di volerti far vedere proprio con me?- pigola lui, stringendosi nella felpa e guardandomi come se avesse appena smarrito la strada di casa.

Mi lascio scappare una risata divertita, perché è fottutamente adorabile, mentre scendo dalla macchina e mi precipito ad aprire la sua portiera. Afferro prontamente la sua mano e intreccio saldamente le nostre dita insieme. -Non fare domande stupide.-

Cas mi fa un sorriso tirato ma adesso sembra essersi rilassato e ricambia decisamente la mia stretta, guardandomi ancora una volta come se fossi il fottuto centro dell'universo.

-Dai, vieni, stupido- avvolgo le sue spalle con un braccio e me lo tiro addosso. Vengo investito in pieno dal suo profumo e immediatamente ogni singolo centimetro di me a contatto con lui va a fuoco, completamente non curante degli strati di vestiti che ci separano.

Come sempre, il clima alla Rodhouse è estremamente famigliare: un po' ovunque si sente il chiacchiericcio allegro dei clienti e per adesso fiumi di birra sembrano essere l'unica cosa a scorrere tra le pareti del locale. Cas stringe la mia mano come a farmi capire che è ancora qui con me, ma la sua attenzione è tutta concentrata su un vecchio Jukebox accanto all'ingresso.

Mi stringo nella giacca di pelle con un sorrisetto e frugo nelle tasche dei jeans, per poi appoggiare una moneta sulla mano libera di Cas. -Perché non scegli una canzone?- dico solo, guardandolo di sottecchi. Ammetto di essere curioso di sapere quale musica sceglierà; so che Cas ama cantare, è nel coro della chiesa, ma non pensavo che ascoltasse anche quel genere di musica o che si interessasse a quel tipo di oggetti.

Mi lancia un'occhiatina divertita, poi lascia la mia mano per trafficare abilmente con il jukeboxe, fino a quando le note di Dancing in the moonlight iniziano a risuonare per tutto il locale.

-Non male- gli faccio notare impressionato con un secco movimento della testa, quando lui torna vicino a me con un sorrisetto trionfante, ma senza riuscire a nascondere la piega divertita che hanno preso le sue labbra.

Mi sto sporgendo per baciarlo con il peggiore dei sorrisi innamorati da vera ragazzina quando un -DEAN WINCHESTER- urlato a squarciagola mi fa sobbalzare, costringendomi ad allontanarmi da Cas per mettere a fuoco la figura tutta emozionata di Hellen, la proprietaria del Rodhouse, che mi viene in contro.

-Ehi, Ellen- borbotto imbarazzato, grattandomi la nuca con la mano libera.

-Quindi è lui?- chiede la donna, senza riuscire a staccare gli occhi dal giovane Novak nemmeno per un momento e dopotutto come posso biasimarla, Castiel questa sera è uno schianto, con quegli occhioni blu sgranati ed incuriositi. -Hai scelto proprio bene, devo dire.-

Deglutisco ma alzo gli occhi al cielo, ignorando la risatina divertita di Cas. -Ti prego.-

Evito per miracolo lo scappellotto che questa pazza sta per rifilarmi, senza riuscire a trattenere un sorrisetto affettuoso. Ellen è sempre stata come una seconda madre per me, ci sono moto affezionato ed è bello vedere che nemmeno lei abbia qualcosa in contrario al mio rapporto con un ragazzo.

-Ciao tesoro, sono Ellen, Dean mi ha parlato molto di te- si presenta, senza riuscire a trattenere l'euforia e accarezzando una guancia di Castiel come se lo conoscesse di persona da una vita. Inarco un sopracciglio, un po' irritato, ma poi mi prendo a schiaffi mentalmente perché non posso essere geloso persino dell'aria che respira, quindi inconsciamente cerco di darmi un fottuto contegno.

Castiel mi guarda per un attimo in maniera smarrita e stupita, come se si stesse chiedendo qualcosa come Davvero le hai parlato di me? Nel realizzare quel piccolo dettaglio compromettente, non posso fare altro che arrossire come uno stupido e distogliere lo sguardo.

-E' un piacere, signora- mormora Castiel, con quel tono di voce che saprebbe ammansire e di conseguenza conquistare anche una bestia feroce.

-Non chiamarmi signora, occhi blu, mi fai sentire vecchia!- protesta Ellen, guardando il ragazzo accanto a me come se le avessi appena presentato il Papa in persona.

Roteo gli occhi e passo impercettibilmente il pollice sul dorso della mano di Cas. -Sì, è tutto molto bello, ma noi staremmo morendo di fame.-

Ellen sembra riscuotersi solamente in questo momento dalla specie di trance in cui è caduta e batte le mani allegramente, per poi trascinare entrambi nel primo tavolo disponibile, sospettosamente appartato per essere solamente scelto a caso.

Io e Cas ci sediamo l'uno di fronte all'altro e okay, sono tremendamente sdolcinato e non so nemmeno perché io mi ritrovi a formulare pensieri di questo tipo, ma improvvisamente mi sento troppo lontano da lui -il che è plausibile, se contiamo che in auto e per tutto il tempo fino ad ora siamo stati praticamente appiccicati, quindi non biasimatemi-.

Comunque, come mi ero immaginato, Cas è effettivamente un tipo da hamburger: ne ordina uno semplice -che cozza decisamente con il mio doppio, stracolmo di bacon- e se lo gusta in maniera lenta e controllata, facendo versi di apprezzamento talmente osceni che posso sentire il cavallo dei miei pantaloni farsi più stretto.

Non è giusto che qualcuno risulti terribilmente sexy mangiando un panino.

Mi schiarisco la voce e mi sporgo verso di lui, cercando di indirizzare i miei pensieri verso qualcosa che non implichi Castiel in ginocchio di fronte a me con i pantaloni calati e non certo per pregare. -Allora, adesso me lo dici qual'è la numero uno?-

Castiel arrossisce immediatamente, ma poi sorride in maniera quasi maliziosa e scuote lentamente la testa, senza scollare i suoi occhi dai miei nemmeno per un secondo. E cazzo, sono curioso da morire e sto iniziando a chiedermi quale sia questo grande desiderio che Cas si ostina a tenere nascosto: deve essere qualcosa di davvero sconvolgente se ancora non si sbottona al riguardo.

Vorrei sbottonare anche altro, se devo essere sincero... Merda, Dean, ti vuoi concentrare e smetterla di fare dei pensieri degni di un pervertito?

-D'accordo- brontolo quindi con un broncio infinito, senza nemmeno preoccuparmi di nascondere la delusione, continuando ad affogare una patatina nel ketchup.

-Perché non mi dici qual è la tua, di numero uno?- chiede lui incuriosito, leccandosi un dito sporco di salsa e io devo lottare contro ogni singolo istinto del mio corpo per non trascinarmelo nel primo bagno disponibile e calare i pantaloni di entrambi.

Aggrotto la fronte però, sorpreso da quella domanda e mi sforzo di pensarci su. Nessuno si è mai interessato veramente alla mia aspirazione di vita più grande, nemmeno mia madre, è sempre stato un pensiero che ho tenuto per me, ritenendolo un po' ridicolo ed imbarazzante. -Vorrei.. Ecco beh, ho sempre voluto.. Fare il dottore, ma è una cosa stupida.-

Castiel aggrotta la fronte e sul suo volto si forma quell'espressione adorabilmente confusa che mi manda fuori di testa. -Aiutare le persone non è una cosa stupida.-

-Beh, uhm, Cas- mi schiarisco la voce e mi allento il colletto della camicia, dopo essermi pulito le mani sul tovagliolo. -Ci vogliono voti alti per entrare all'università e beh, Sam è sempre stato quello intelligente tra i due.-

Giusto, prima di conoscere Castiel, non ho mai pensato al college, non seriamente.

Mia madre lavora in uno studio per avvocati, l'assegno che ci passa nostro padre non è proprio altissimo e insomma, ho sempre dato per scontato che Sammy sarebbe stato quello ad andare all'università, tra i due. Avrei dato di tutto per permettere al mio fratellino di costruirsi un futuro solido, io mi sarei accontentato di un lavoro all'officina dello zio Bobby, niente di particolarmente ambizioso; ma è anche vero che da quando conosco Castiel ho iniziato a guardare gli opuscoli delle università con molto più interesse, perché lui mi fa venire voglia di non buttare all'aria la mia vita, mi sprona a farmi valere e se da un lato tutto questo potere che lui ha su di me mi rende felice, dall'altro mi spaventa a morte.

-Tu sei molto intelligente, Dean- ribatte lui, guardandomi quasi offeso come se gli avessi fatto il peggiore affronto di sempre. Ma poi la sua espressione si rilassa e l'angolo destro della sua bocca si solleva in un sorriso sghembo mozzafiato. -Solo che non ti applichi.-

Faccio un mezzo sorriso anche io, senza riuscire a trattenere una risatina nervosa. -Questa di solito non è la scusa che gli insegnanti rifilano ai genitori degli alunni più stupidi?-

Cas piega la testa di lato, come se non avesse idea di quello di cui io stia parlando.

Di fronte a questa sua espressione innaturalmente smarrita, non posso fare altro che scoppiare a ridere. -Lascia perdere, Cas. Ma ti ringrazio.-

Lui mi sorride, un sorriso tanto bello e spontaneo che in questo preciso istante mi ritrovo a pensare che probabilmente sarei disposto a tutto pur di vederlo sorridere così sempre. Mi accorgo troppo tardi di essermi fermato a guardarlo con una faccia da coglione, tanto per cambiare, e quindi mi schiarisco nervosamente la voce.

-Uhm, ti porto in un posto- lo informo, lasciando i soldi per la cena sul tavolo e porgendogli una mano una volta che mi ritrovo in piedi accanto a lui.

Cas mi guarda con un'aria confusa e a giudicare dal suo sguardo probabilmente pensava che il nostro appuntamento finisse con la cena ma ovviamente no, perché mi sono davvero sforzato di rendere questa serata speciale per lui, la cena è stata più un contorno.

-Dove andiamo?- chiede lui mentre afferra la mia mano e sono decisamente sollevato nel notare la curiosità che trasuda da ogni sua parola.

Intreccio le nostre dita insieme e mi piego a parlare contro il suo orecchio, mentre tengo aperta la porta del locale per farlo uscire. -Sorpresa.-

 

Guidare di sera mi è sempre piaciuto particolarmente, è un tipo di attività che trovo rilassante.

Le strade a quest'ora sono libere, raramente c'è del traffico, specialmente sulle superstrade che conducono direttamente fuori città. Ma con Castiel accanto a me il tempo sembra volare ancora più velocemente del solito e il viaggio è ancora più piacevole: sto guidando il più prudentemente possibile, ma è anche vero che non voglio sprecare tutta la nostra serata lungo la strada per il confine dello stato, quindi premo di più sull'acceleratore. No, ovviamente non voglio rapirlo, ma semplicemente portarlo lungo il confine con il Missouri, che non è poi così lontano.

-Dean, mi dici dove stiamo andando?- chiede Cas all'improvviso per quella che sembra la centesima volta, con il tono di voce lamentoso che ricorda molto quello di un bambino.

Sorrido divertito e scuoto la testa facendo scoccare la lingua contro il palato, appoggiando una mano sul cambio e lanciandogli un'occhiata cospiratoria. -Lo vedrai tra poco, ci siamo quasi.-

Quando circa dieci minuti dopo intravedo il cartello del confine che dichiara “Missouri” con scritte gialle catarifrangenti, accosto e spengo il motore, infilandomi immediatamente le chiavi in tasca. Cas mi guarda confuso e poi lancia occhiate curiose intorno a sé, e posso sentire gli ingranaggi nella sua testa lavorare nel tentativo di fargli capire per quale motivo lo avrei portato nel bel mezzo del nulla.

Scendo dall'auto e immediatamente apro la sua portiera, afferrandogli una mano. Non riesco più a trattenere il mio entusiasmo, ormai. -Dai, corri!-

Castiel ride dietro di me ma mi segue in maniera ubbidiente stringendo la mia mano, mentre lo trascino vicino al cartello. I suoi occhi blu sono terribilmente luminosi, carichi di curiosità e aspettativa, e sembra che dentro le sue iridi si riflettano persino le poche stelle che puntellano il cielo ormai notturno.

-Okay, metti un piede qui e l'altro là- gli spiego, indicandogli l'asfalto in maniera che abbia un piede esattamente prima del cartello di confine e l'altro esattamente dopo. -Perfetto- dichiaro, eccitato come un bambino davanti ad un vasetto di caramelle, infilandomi subito dopo le mani in tasca.

-Non ti seguo, cosa stiamo facendo?- chiede lui, ancora leggermente divertito e in mezzo a tutto quell'entusiasmo posso notare che ha ancora il respiro leggermente affannato, nonostante avessimo corso solamente per qualche metro. Non ho comunque tempo di pensarci troppo su, perché non sto più nella pelle.

-Cas, in questo momento tu sei tra due stati- dichiaro in maniera quasi solenne, senza riuscire a trattenere un sorrisetto soddisfatto.

Lui osserva per un secondo il cartello dietro di me con tanta intensità che per un attimo penso si possa fondere, ma poi piega la testa di lato al suo solito modo e mi guarda confuso. -E allora?-

Con l'ennesimo sorriso alla Dean, accenno ad un rapido movimento della testa per indicare i suoi piedi, uno in Missouri e l'altro ancora in Kansas. -Sei in due posti contemporaneamente.-

La sua espressione confusa muta lentamente, mentre fa oscillare lo sguardo da me fino al cartello alle mie spalle. Sulle sue labbra sboccia un sorriso radioso quando si rende conto che ho realizzato un punto della sua lista, talmente radioso che potrebbe illuminare tutta la strada anche da solo, poi Cas ride subito prima di saltarmi al collo, stringendomi in quello che è tipo l'abbraccio più caloroso che abbia mai ricevuto. Il nostro primo vero abbraccio.

Oddio sto diventando una ragazzina, mi metto a contare pure ogni nostra prima volta.

Istintivamente rido anche io, come se la sua gioia mi avesse infettato, e stringo le braccia attorno ai suoi fianchi, sollevandolo leggermente da terra, sfruttando anche la nostra leggera differenza di altezza.

-Tu sei pazzo- lo sento sussurrare contro il mio orecchio e non posso trattenermi dal ridere ancora più forte, nonostante una stupida vocina nella mia testa mi stia spingendo ad urlare Sì, sì, sono pazzo, pazzo di te. Ma ho ancora una dignità da mantenere quindi mi costringo a tenere la bocca chiusa, perché non sono finito in un romanzo rosa di ultima categoria tipo gli Harmony.

Sto invece per uscirmene con una delle mie battute sagaci e sempre apprezzante, quando Cas mi prende il viso tra le mani con determinazione e mi bacia: e okay, è così dannatamente inaspettato che per un attimo tengo gli occhi spalancati come la peggiore delle verginelle. E non è nemmeno male, perché riesco a leggere tutte le emozioni sul volto perfettamente rilassato del ragazzo di fronte a me, ma poi non riesco più a trattenermi e serro le palpebre, abbandonandomi completamente al bacio. Bacio che si fa un po' più spinto per la prima volta, mentre le nostre lingue si sfiorano prima timidamente e poi sempre più consapevoli. E in particolare, la sua si avvolge attorno alla mia in una specie di spirale di perversione e cazzo, è qualcosa che mi fa impazzire ma è anche strano che una cosa quasi perversa provenga da un ragazzo come Castiel.

Quando ci stacchiamo, sono letteralmente senza fiato. -Oddio, dove hai imparato a fare quella cosa con la lingua?-

Castiel mi guarda un attimo e poi scoppia a ridere di nuovo, passando velocemente le dita tra i miei capelli che devono essere decisamente in uno stato pietoso. -E' tutta farina del mio sacco- mi informa, con tono particolarmente orgoglioso e anche un po' malizioso, che mi spinge a dargli un pizzico sul fianco, facendolo ridere ancora di più.

-C'è un'altra cosa per te- lo informo subito dopo, accarezzandogli distrattamente una guancia e pensando che forse è meglio spostarsi dal mezzo della strada.

Lui mi pianta addosso quei suoi fanali blu che brillano di curiosità e aspettativa. -Cosa?-

-L'ho lasciato in auto- spiego, portandolo di nuovo vicino all'Impala lungo il bordo della strada e facendolo salire. Sta iniziando a fare un po' freddo e Cas sembra tremare un po', quindi decido che è meglio alzare il riscaldamento. Accendo anche la radio ed in un attimo le note di canzone di Ramble on iniziano a diffondersi nell'abitacolo a volume basso.

-Ti ho preso questo- sussurro una volta che mi sono seduto al posto di guida, frugando nel portaoggetti della mia bambina per tirarne fuori uno di quei tatuaggi che si fanno con l'acqua. E' un simbolo strano, qualcosa come un sigillo anti-possessione, ma è l'unico che sono riuscito a trovare che non fosse qualche stupido disegnino da bambinette e forse starà anche bene sulla pelle così pallida di Cas.

-Un tatuaggio?- chiede lui con voce intenerita, alzando gli occhi blu nei miei e sorridendo subito dopo, mentre stringe le mani sulle sue gambe. Farne uno finto mi è sembrata l'idea migliore, se Castiel si fosse presentato a casa con un tatuaggio vero dopo essere uscito con me, probabilmente suo padre mi avrebbe crocifisso direttamente, senza preoccuparsi di risultare blasfemo.

-Esattamente. Altro desiderio esaudito.- Faccio un sorriso smagliante e glielo faccio vedere, schiarendomi la voce subito dopo mentre lui scruta il disegno senza smettere di sorridere e ne accarezza i contorni con il pollice. -Dove lo vuoi?-

Cas si guarda un attimo le mani, come se volesse valutare il tutto, poi si tira giù la zip della felpa e se la abbassa sulle spalle, costringendomi a deglutire.

-Qui- dichiara, indicando una porzione di pelle appena più su del pettorale sinistro, lasciata scoperta dalla maglietta a maniche corte che indossa sotto alla felpa.

Prendo un grosso respiro e mormoro un -Okay- per niente convinto, sporgendomi lentamente verso di lui e impugnando una spugnetta che mi sono premurato di bagnare prima di uscire. Appoggio delicatamente il tatuaggio contro la sua pelle e sollevo per un attimo gli occhi in quelli di Cas, che sta letteralmente trattenendo il fiato, forse per l'emozione.

E' la prima volta che lo tocco in maniera così intima, in un posto che di solito non mi è concesso nemmeno vedere, e la cosa mi manda letteralmente su di giri, nemmeno mi avesse appena chiesto di tatuargli un pitone dove non batte il sole.

Mi sforzo di non ridere a questo mio pensiero assurdo, e tampono il sottile strato di carta in modo da renderlo umido, poi attendo qualche istante ed infine con estrema delicatezza la sfilo via. Il simbolo spicca in bella vista sul suo pettorale, è rimasto perfettamente impresso sulla pelle chiara di Cas e sembra un tatuaggio vero, nonostante tutto.

Mi sporgo un po' verso di lui e ci soffio sopra con delicatezza, sfiorandolo accuratamente con le dita per assicurarmi che sia asciutto, sorpreso di veder nascere su Cas la pelle d'oca. Sollevo impercettibilmente la testa e mi ritrovo praticamente a due millimetri dal viso di Cas -il suo profumo mi investe come farebbe un tir in autostrada- che mi guarda con gli occhioni blu pieni di riconoscenza.

-Grazie- dice infatti, abbassando un po' il mento per guardare la nostra nuova opera, con un sorriso tenero ed innocente, la voce che trasuda sincera emozione. -Questo mi rende molto felice.-

Sorrido anche io di riflesso, quasi commosso da quella sua espressione così candida e mi sporgo per lasciargli un bacio su una tempia, ignorando la violenta stretta al cuore che sento mentre lo faccio. -Non c'è di che.-

 

-Ancora non riesco a credere che tu sia riuscito a convincere mio padre- è quello che dice Cas con tono incredulo, sollevando il viso verso il cielo e respirando a pieni polmoni, un piccolo sorriso a piegare le sue labbra che sembrano essersi fatte ancora più screpolate.

Purtroppo la serata sta per finire, ma Cas ha insistito di tornare a casa a piedi perché ha voglia di camminare. Fa freddo in realtà e lui sembra soffrirne molto, ma comunque l'unica cosa che voglio fare è assecondarlo, quindi ho parcheggiato l'Impala nel mio vialetto, per poi incamminarmi mano nella mano assieme a Castiel verso casa sua.

-Non gli piaccio molto, vero?- chiedo io ridacchiando, ma la risata mi esce fuori più roca e nervosa di quanto volessi. So di non essere proprio il modello di persona che il reverendo avrebbe voluto per suo figlio, ma una piccola parte di me non può smettere di sperare di avere qualche tipo di chance con Cas, con l'approvazione di suo padre.

Cas non risponde subito. Lo prendo come un no.

-Lui si preoccupa per me- spiega cautamente, senza guardarmi.

-Non è quello che fanno tutti i genitori?- chiedo aggrottando la fronte, un po' deluso, ma continuando a stringere la sua mano. Dopotutto non è colpa sua.

-Per lui è diverso- spiega, guardandosi i piedi prima di sollevare finalmente gli occhi nei miei, ma continuo a non capire. Adesso sta sorridendo, ma lo conosco abbastanza bene per dire che questo sorriso non raggiunge i suoi occhi come al solito. -Ma sono sicuro che gli piaci, o non mi avrebbe mai lasciato venire con te, stasera.-

-Pensavo mi avrebbe come minimo picchiato, invece non è stato così male come incontro.- Mi stringo nelle spalle, nel vano tentativo di riportare tutto sul ridere e sdrammatizzare, perché una vocina nella mia testa simile a quella di Sammy in maniera inquietante continua a ripetermi che la conversazione stra prendendo una piega terribilmente seria e spinosa.

Cas si ferma di scatto e mi guarda sotto la luce di un lampione; per un attimo spero che stia per baciarmi di nuovo, ma invece si volta subito e riprende a camminare, dopo aver preso un grosso respiro. Dice qualcosa che mi turba, con un tono talmente serio ed addolorato che sento i brividi scorrermi su per la schiena, vertebra dopo vertebra: -Lui si preoccupa anche per te, Dean.-

-Perché?- chiedo confuso.

-Per lo stesso motivo per cui mi preoccupo io- risponde lui, lanciandomi un'occhiata sempre più triste, che non riesco a spiegarmi in nessun modo. In questo preciso istante, qualcosa dentro di me realizza quasi inconsciamente che Cas mi sta nascondendo qualcosa, qualcosa a cui pensa spesso e che lo intristisce palesemente e che in qualche modo assurdo riguarda anche me.

Lui comunque non mi dà altre spiegazioni e io non oso chiedere, perché sento che non è ancora il momento e non voglio rovinare la serata che è già perfetta, così mi limito a stringere di più la sua mano e sento Cas rilassarsi sotto a questo tocco rassicurante.

-Come puoi passare serate come questa, e non credere?- Ha chiuso gli occhi per un attimo e sembra aver recuperato improvvisamente l'allegria che lo ha caratterizzato per tutta la serata, ma i suoi occhi sono ancora un po' adombrati.

Lui lascia andare la mia mano per sfiorare con delicatezza una pianta di agrifoglio accanto alla quale stiamo camminando con un leggero sorriso stampato in faccia e io infilo le mie in tasca. -Sei fortunato ad essere così sicuro.-

-Non sono sicuro- mi corregge lui, voltandosi a guardarmi e stringendosi nella felpa blu che gli dona terribilmente. Chiude di nuovo gli occhi e in quel momento una leggera brezza invernale gli colpisce il viso, scuotendo i suoi capelli scuri e rendendoli ancora un po' più spettinati. -Ma è come il vento. Non lo vedo, ma lo percepisco.-

Aggrotto la fronte. -Cosa percepisci?-

-Dio- dice lui semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, mentre alza il naso verso l'alto a scrutare chissà cosa, magari sperando di trovare proprio Dio tra le stelle e le nuvole. -E la bellezza. E l'amore.-

Rimango imbambolato come un coglione a fissarlo: guardo il profilo del suo naso dritto, i suoi capelli neri e spettinati che sembrano una macchia di inchiostro scurissimo, i suoi occhi pacifici e impossibilmente blu che scrutano il cielo alla ricerca di qualcosa.

Dio, amo questo ragazzo. Lo amo, cazzo.

-Ho voglia di baciarti.- E nemmeno mi accorgo di aver parlato ad alta voce, non è da me dire certe cose, ma è troppo tardi per nascondere tutto dietro ad una schiarita di voce e un sorrisetto imbarazzato, perché Cas si è voltato di nuovo verso di me.

-Dovresti farlo, allora- mi informa con un sorriso, piegando leggermente la testa da un lato.

Sorrido appena e poi mi avvicino a lui in un passo, prendendo delicatamente il suo viso tra le mani mentre Cas appoggia le braccia lungo i miei fianchi, attirandomi di più contro il suo corpo. Lascio per un attimo che i nostri nasi si sfiorino, prima di premere le nostre bocche l'una contro l'altra.

Questa volta è un bacio urgente, diverso da tutti gli altri che ci siamo mai dati, si capisce da ogni singolo schiocco quanto abbiamo bisogno l'uno dell'altro, di sentirci, di dirci “sono qui” senza parlare davvero.

Quando le nostre labbra si separano sono a corto di fiato, ma premo la fronte contro quella di Castiel perché non ho intenzione di staccarmi da lui, ne soffrirei fisicamente.

Ho ancora gli occhi chiusi ma poco dopo sento una strana morsa allo stomaco che mi costringe letteralmente ad aprirli. -Cas?- lo chiamo, a voce bassissima, per riattirare la sua attenzione su di me.

I suoi occhi blu sono incollati ai miei adesso, mentre lascio scorrere il pollice sul suo labbro inferiore incredibilmente morbido ma un po' ruvido al tatto, sempre troppo screpolato. Lo guardo negli occhi, e ci vedo tutto quello di cui ho bisogno per essere davvero felice. Lo guardo e vedo un me stesso migliore grazie a lui, vedo la mia vita. Guardo Cas, e vedo amore. E di conseguenza le parole scivolano fuori senza che io possa fare niente per controllarle, perché quando si tratta di Castiel il mio cervello smette di funzionare e di impartire ordini al mio corpo.

-Ti amo- confesso quindi a voce terribilmente bassa, ma è comunque abbastanza perché lui possa sentirmi. Non sono mai stato così sicuro dei miei sentimenti.

La reazione di Castiel mi spiazza: per un attimo ho terribilmente paura che lui scappi via urlando, ma in realtà si limita a fissarmi quasi terrorizzato, con gli occhi blu sgranati come oblò e anche leggermente lucidi. Sicuramente è l'ultima cosa che si aspettava dicessi, e sicuramente anche io, ma è stato più forte di me, come se fossi sicuro del fatto che non avrei mai trovato un momento migliore per dirglielo. Lui comunque non sembra intenzionato a dire nulla, almeno per ora, e nonostante il nervosismo lo trovo tremendamente adorabile, mentre mi fissa smarrito e sicuramente in preda al panico, per questo devo anche trattenere un sorrisetto intenerito.

Deglutisco con le mani che mi tremano e mi mordicchio le labbra subito dopo, reprimendo a stento una risata nervosa. -A questo punto dovresti dire qualcosa anche tu, Cas.-

Lui rimane in silenzio per un altro po', forse a riflettere, lasciando scivolare gli occhi sulle mie labbra e per un attimo credo che non dirà semplicemente nulla. Ma poi torna a fissarmi dritto negli occhi, con una sicurezza che lo rende terribilmente sexy e sussurra: -Ti avevo detto di non innamorarti di me.-

E io rimango senza parole perché sì, mi aveva avvisato. Sospiro, sollevato dal fatto che lui sia ancora stretto tra le mie braccia, e mi limito a premere le labbra contro la sua fronte.

Innamorarsi di Castiel è stato facile. Inevitabile. Come addormentarti: non sai quando succede esattamente, non te ne accorgi, ma la mattina ti svegli e sai che è successo.

E mi ritrovo a pensare che forse lui lo aveva già previsto. 


Ed eccoci qui alla fine di questa settima parte!
Chiedo scusa se questo capitolo è molto lungo e forse un po' pesante, ma ci tenevo a mettere il primo appuntamento di Cas e Dean in un capitolo solo per non allungare troppo il brodo e rendere più piacevole la lettura, e non sapevo dove altro tagliare! :C Spero non sia stato troppo duro da leggere!
Beh, partiamo con i commenti che qui ci sono parecchi feels dai......... Innanzi tutto, Cas è pensieroso, e probabilmente molti sanno anche perché ma shh, niente spoiler xD
E poi Dean che chiede il permesso a Michael per portare fuori Castiel è tipo la dolcezza, e ammette pure di amarlo, poverello.... L'amore fa miracoli, devo dire.
Ma la parte migliore arriva con l'appuntamento: apparte che sti due limonano come pazzi, qualcuno li fermi perché sul serio, stanno diventando assurdi (si questa è una mia aggiunta, i personaggi di Sparks non limonavano così tanto ma beh, dai, licenza d'autore), però li perdoniamo.
E poi......... BOOM, Dean si dichiara dopo aver fatto tutte quelle cose dolcissime per il suo fidanzatino e aiuto, quel tontolone di Cas che gli risponde "Ti avevo detto di non innamorarmi di me", aiuto, una delle mie parti preferite, devo ammettere. Beh, diciamo che sto giusto un po' uscendo di testa perché le cose stanno iniziando a scaldarsi e allo stesso tempo ci avviamo verso la fine.... Sospirate con me.
Beh, anche questa settimana riesco ad aggiornare in tempo, speriamo per il futuro xD Il mio parere sul capitolo comunque serve a poco, fatemi sapere presto cosa ne pensate voi, adoro leggere le vostre recensioni e mi diverto molto a rispondervi, quindi vi aspetto numerose! :)

La scrittura della nuova AU procede bene, ho già steso un paio di capitoli, devo ordinare le idee perché ne ho tantissime in testa e le scene smut si stanno scrivendo praticamente da sole, ho scoperto un animo perverso che non sapevo di avere........ Va bene, meglio se la smetto di sproloquiare e vi lascio in pace.
Grazie a tutte ed un abbraccio enorme, sia a chi fa sentire la sua voce, sia alle lettrici silenziose!

Alla prossima!

 

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Capitolo 8
*** Parte VIII ***


Walk TRemember


 

Parte VIII

 

-Tua madre è una donna meravigliosa- è quello che mi dice Cas con un grosso sorriso quando entrambi affondiamo nel divano del mio salotto.

L'ho invitato a cena da me, perché mia madre ha continuato ad insistere affinché glielo presentassi ufficialmente e okay, non è nemmeno stato così imbarazzante quanto mi ero immaginato. Mia madre ha salutato Cas con un bacio sulla guancia e mi ci è voluto poco per capire che era riuscito a farsi adorare fin da subito; sicuramente è molto più avvantaggiato di me, con quegli occhioni blu e lo sguardo da cucciolo smarrito.

Mia madre come al solito ha cucinato per un esercito: il clima che si era creato a tavola era piacevole, si chiacchierava allegramente e quando io me ne uscivo con qualcuna delle mie solite battute spiritose, mamma mi guardava quasi male ed invece Sammy e Cas ridevano, il che era un buon segno.

-Hai fatto colpo anche su di lei- sussurro divertito, appoggiando un braccio sullo schienale del divano, ma non riesco ad evitare di risultare un po' piccato. Per Cas è sempre facile piacere alle persone, ma non tutti siamo dotati di questa sua aura speciale e mi ritrovo ad essere un pochino invidioso.

-Anche Sammy mi piace molto- aggiunge, lanciando un'ultima occhiata alla cucina, dove mia madre sta finendo di lavare i piatti, mentre Sammy è andato di sopra a dormire o a studiare, probabilmente, da un bel po'.

Inarco per un attimo un sopracciglio e poi metto su una finta espressione oltraggiata munita di broncio, incrociando le braccia al petto. -Ehi, pensavo che fossi interessato al Winchester più grande.-

Cas mi guarda con la testa piegata di lato per un attimo, scrutandomi come se cercasse di capire cosa mi passa per la testa, ma poi ride e si passa una mano sugli occhi in una maniera così tenera che ricorda un neonato assonnato. -Tu rimani il mio preferito.-

A quelle parole il mio cuore inizia a tamburellare furiosamente contro lo sterno, ma mi costringo ad ignorarlo e faccio solamente un rapido sorriso soddisfatto. Poi indico con un cenno della testa la mensola su cui sono accuratamente sistemati una miriade di DVD, frutto di anni e anni di collezionismo. -Abbiamo ancora tempo per un film, ti va?-

Gli occhi di Cas si illuminano mentre si alza di scatto, il suo entusiasmo improvvisamente ravvivato: si avvicina alle mensole e lascia scorrere l'indice su ogni singolo DVD, piegandosi ogni tanto per studiare qualche titolo che ritiene interessante. I suoi occhi brillano quando finalmente sembra aver trovato quello perfetto e in pochi secondi me lo ritrovo davanti con tanto di sorriso smagliante e cd in mano.

-Vuoi davvero guardare Anastasia?- chiedo ridendo, dopo aver scrutato per qualche secondo il DVD stretto tra le dita di Castiel. E' un cartone che Sammy ha sempre amato e da bambino lo guardava in continuazione, forse perché le canzoni lo attiravano, e non ho mai smesso di prenderlo in giro per questo. Non pensavo nemmeno di averlo ancora.

Castiel sorride come un bambino e si allontana di nuovo a me, piegandosi di fronte alla tv per infilare il disco nel lettore -offrendomi una perfetta visione del suo fondoschiena in grado di far girare la testa-, poi mi raggiunge sul divano. Si sistema comodamente al mio fianco, accoccola la testa sulla mia spalla, premendo la fronte contro il mio collo e per un attimo mi sembra che stia respirando il mio odore. -Adoro questo cartone animato.-

Scoppio a ridere, senza riuscire più a trattenermi, avvolgo un braccio attorno alle sue spalle e passo le dita tra i suoi capelli, girando appena la testa per premergli un bacio sulla fronte. -Non ti facevo tipo da cartoni animati.-

Le sue dita scorrono sul mio petto in carezze gentili e quasi impercettibili e nonostante la stoffa della maglietta, sento la pelle d'oca, assieme ad una scarica di brividi. -E io non ti facevo tipo da serata film con il tuo ragazzo.-

Tuo ragazzo. Nonostante queste parole continuino a risuonare nella mia testa con il preciso intento di farmi venire un infarto mortale, metto su un sorriso divertito. -Touché.-

Mi sporgo leggermente per prendere il plaid abbandonato su un bracciolo del divano, senza mai perdere nessun tipo di contatto con lui, mentre il film comincia. Lo stendo su entrambi, ma mi assicuro che Cas sia bello coperto perché ultimamente sta soffrendo il freddo più di chiunque altro. E' anche leggermente dimagrito in effetti, adesso che lo stringo me ne rendo conto.

Vengo strappato da queste considerazioni prima di poterci riflettere troppo sopra, perché Cas si stringe di più contro di me, sfregando la guancia contro la mia spalla letteralmente miagolando e sembra sul serio un micio in cerca di coccole; quindi per niente infastidito e con un sorrisetto soddisfatto torno ad accarezzargli i capelli scuri.

Più volte durante il film sono sul punto di addormentarmi con la testa appoggiata contro quella di Castiel, che però si premura sempre di risvegliarmi con una battuta o un commento sulla scena che in teoria dovrei guardare. Verso la fine del film, quando attraverso le palpebre socchiuse mi sembra di intravedere i titoli di coda, sento la voce di Cas che canta sopra a quella registrata.

-We were strangers, starting out on a journey, never dreaming, what we'd have to go through. Now here we are, I'm suddenly standing at the beginning with you.-

La sua voce mentre canta è molto meno roca, più dolce, ed è il suono più bello che abbia mai sentito; mi entra dentro, si scava una nicchia nel mio cuore e ci rimane. Ora sono completamente sveglio, il sonno dimenticato in un remoto angolo del mio cervello, con le orecchie rizzate, mentre continuo ad ascoltarlo cantare a corto di fiato.

-No one told me I was going to find you. Unexpected, what you did to my heart. When I lost hope, you were there to remind me this is the start.-

Piccoli brividi iniziano a rotolare giù dalla mia colonna vertebrale, irradiandosi in tutto il mio corpo sotto forma di pelle d'oca. Cas ha ripreso ad accarezzarmi il petto e queste carezze mai come ora mi sembrano ancora più affettuose, piene d'amore, così come le parole della canzone che escono piano da quelle labbra troppo screpolate.

-And life is a road that I wanna keep going. Love is a river, I wanna keep flowing. Life is a road, now and forever, wonderful journey. I'll be there when the world stops turning. I'll be there when the storm is through. In the end I wanna be standing at the beginning with you.-

Il cuore prende a martellarmi talmente forte nel petto che sono sicuro che dalla posizione in cui è sistemato, lui riesca a sentirlo anche troppo chiaramente: questo perché nel canticchiare l'ultima frase, Cas ha alzato la testa per guardarmi meglio.

Mi scruta per un secondo e poi mi sorride, mentre le sue dita sono salite ad accarezzarmi una guancia. I suoi occhi blu sono limpidi, scuri come non mai, ma questa volta non c'è nessuna traccia di tristezza in essi, sono solamente traboccanti d'amore e Cristo santissimo, darei la vita per essere guardato così da lui per sempre.

Come se fossi il fottuto centro dell'universo.

Cas sorride, come se avesse appena intuito il flusso dei miei pensieri, e in questo momento è bello da mozzare il fiato. Si sporge un po' verso di me per appoggiare le nostre fronti l'una contro l'altra. Istintivamente chiudo gli occhi, aspettandomi un bacio, ma Cas rimane semplicemente in silenzio, immobile come una statua di sale, mentre la canzone continua ad intrecciarsi ai titoli di coda che scorrono pigri sullo schermo.

Riprende a cantare solamente l'ultimo verso e riesco a percepire il suo sorriso contro la mia bocca: -In the end I want to be standing at the beginning with you.-

Poi mi bacia, e questa volta l'emozione è così intensa che sono sul serio sul punto di scoppiare a piangere.

 

Una sera, quando non fa più troppo freddo, Cas mi chiede di accompagnarlo sul tetto dell'orfanotrofio per fargli un po' di compagnia mentre guarda le stelle. C'è una cometa di cui non si vuole assolutamente perdere il passaggio e anche qualcos'altro, ma mentre me lo spiegava ero troppo impegnato a guardare il luccichino nei suoi occhi che appare esclusivamente quando parla di astronomia.

Non è la prima volta che stiamo da soli ovviamente, ma per qualche strano motivo questa sera mi sento nervoso. Non è una cosa che sono in grado di spiegare razionalmente, non è nemmeno una sensazione spiacevole, è quel tipo di ansia che senti sempre quando devi vederti con quella persona speciale, quella che solo guardandoti è in grado di scombussolarti. E okay, dovrei smetterla di pensare come se fossi il fottuto protagonista di un qualche tipo di romanzo rosa, ma questo tipo di pensieri si formano nella mia testa senza che io possa fare nulla per fermarne il corso.

Quando salgo sul tetto, Cas è già tutto preso a sistemare il suo telescopio, trafficando con i suoi attrezzi e aggrottando la fronte quando qualcosa non va come previsto: è semplicemente adorabile, come sempre. Appena mi vede però mi viene in contro con un grosso sorriso felice, mormorando un -Ciao, Dean- carico di dolcezza, con quel suo solito modo di pronunciare il mio nome, come se in realtà stesse dicendo altre milioni di cose.

-Ehi- lo saluto con un sorriso a trecento venti denti, stampandogli un velocissimo bacio sulle labbra per poi sistemarmi la sacca verde petrolio su una spalla. -Che cosa hai detto a tuo padre?-

Okay che il reverendo ha accettato di farlo uscire con me e di farlo venire a cena da me senza opporre troppa resistenza, ma non voglio abusare eccessivamente della sua pazienza. Se mi impedisse di vedere Castiel probabilmente farei la fine di un drogato in astinenza, o qualcosa del genere -terribilmente patetico-, quindi ci tengo particolarmente a non tirare troppo la corda. Inoltre io e Cas dovremmo passare la notte qui sopra e non ci tengo per niente a ritrovarmi alle calcagna il reverendo Novak tutto incazzato, mentre mi accusa di aver carpito la virtù di suo figlio.

-La verità- mi spiega Cas con semplicità, afferrando una delle sue borse e portandole più vicine al telescopio. Poi alza gli occhi su di me e mi lancia un'occhiatina che potrebbe sembrare maliziosa. -Ma non gli ho detto che saresti venuto anche tu.-

Sorrido divertito e appoggio la mia borsa accanto a quella di Cas, inginocchiandomi per frugarci dentro. Sono un po' nervoso perché anche questa sera ho preparato qualcosa per lui: per qualche strana ragione, farlo felice sembra diventata la mia unica aspirazione di vita in questo momento, e non è nemmeno qualcosa di cui mi posso lamentare, alla fine. Cas mi ripaga con dei sorrisi da infarto e baci da capogiro, quindi non ho niente di cui lamentarmi.

-Che cosa vorresti vedere?- chiede lui, mentre apre la sua cartina astronomica e la stende accanto al suo telescopio, sollevandosi gli occhiali sul naso.

Mi mordicchio le labbra e alzo lo sguardo su di lui. -Plutone.-

-Sei sicuro? Si può vedere soltanto all'alba- mi fa notare, piegando attentamente la testa di lato e scrutandomi incuriosito, come se avesse già capito quello che ho in mente.

-Esattamente, motivo per cui ho portato il caffè e una coperta- dichiaro soddisfatto, sfilando gli oggetti dalla borsa. Appoggio il termos di lato a stendo la coperta per terra, sedendomici sopra a gambe incrociate.

-Dean- dice lui risoluto, tentando di nascondere il suo tono divertito, mentre rabbrividisco come al solito al suono del mio nome sulle sue labbra. I suoi occhi sono appena sgranati per la sorpresa, ma le sue labbra sono piegate in un sorrisetto. Stringe le braccia al petto e solleva un sopracciglio, nella solita posizione che assume quando mi sgrida per qualcosa. -Stai cercando di sedurmi?-

Mi lecco teatralmente le labbra. -Tu che dici?-

Inaspettatamente lui scoppia a ridere e si avvicina a me, inginocchiandosi sulla coperta per darmi un bacio sulla fronte. -Non attacca con me, Mister Winchester.-

Gonfio le guance e poi scrollo le spalle, passandomi nervosamente una mano tra i capelli. -E io che ci speravo.-

Cas sorride e mi dà un altro bacio, questa volta sulle labbra: è un tocco rapido, talmente leggero che quasi nemmeno me ne accorgo, l'unico sentore che mi assicura che ci siamo davvero baciati è il sapore di Cas che è rimasto impresso a fuoco sulla mia bocca.

Poi Castiel si alza e torna alla sua cartina astronomica: deglutisco lentamente e improvvisamente il foglio che tengo accuratamente ripiegato nella tasca interna della mia giacca di pelle sembra pesare una tonnellata.

-Mentre aspettiamo l'alba- inizio con cautela, quasi guardingo, come a voler tastare il terreno, schiarendomi la voce. Improvvisamente mi sento nervoso come se gli stessi per chiedere di sposarmi. -Non è che potresti trovare questa stella qui?-

Mi avvicino a lui e scruto sulla sua cartina fino a trovare la stella che mi interessa: la indico e ci tamburello sopra con il polpastrello. Cas annuisce distrattamente, afferra la cartina e appoggia un occhio sul telescopio, sollevandosi gli occhiali sulla testa. -Perché devo cercare proprio questa stella?-

Ecco, Dean, perché? Insomma, fatti forza.

Mi schiarisco di nuovo la voce e mi passo ancora una mano tra i capelli, questa volta nervosamente. Deglutisco, perché la gola mi è diventata improvvisamente secca e poi infilo una mano nella tasca, per tirarne fuori il certificato e sventolarlo davanti a me. -Ecco beh, perché le ho fatto dare il tuo nome.-

Cas alza di scatto la testa e sbatte le palpebre più di una volta in maniera incredula, mentre la sua bocca si schiude leggermente in una perfetta espressione stupita. -Come?-

Arrossisco come una tredicenne, ne sono sicuro, perché sento le guance improvvisamente più calde, mentre Cas si sta avvicinando a me. Prende con delicatezza il certificato dalle mie mani e lo legge con attenzione. -Ecco, è stato un po' complicato, lo ammetto, ma insomma... Ora è nel registro internazionale astronomico, hai la tua stella personale e...-

-Dean- mi chiama lui interrompendomi, in maniera così solenne che per un tremendo istante ho quasi paura che mi mandi a quel paese. Mi infilo le mani nelle tasche posteriori dei jeans e deglutisco a fatica il nodo che mi si è formato in gola, ma poi Cas alza la testa e sta sorridendo così tanto che quel sorriso nemmeno ci sta sulla sua faccia e i suoi occhi sono un po' lucidi e così brillanti da riflettere ogni cosa. -Ti amo.-

Il mio cuore fa un balzo per poi agitarsi proprio come una pallina da flipper all'interno della mia cassa toracica: sbatto le palpebre, la salivazione azzerata e il respiro affannato perché nessuno mi aveva mai detto Ti amo prima di adesso e sentirlo dire proprio da lui, avere la conferma che quello che provo è ricambiato, ha un effetto devastante sulla mia sanità mentale.

Non riesco nemmeno a dire niente, nonostante ci siano mille cose che vorrei dire, perché Castiel si è avvicinato ancora di più, ha avvolto le braccia attorno al mio collo e mi ha baciato. Ed è il bacio più intenso e carico di sentimento che io abbia mai dato in tutta la mia vita, è il bacio di due persone che si amano e che hanno scelto di stare insieme consapevolmente, senza nessun tipo di secondo fine, solo per godere l'uno della presenza costante dell'altro. E' una sensazione magnifica.

Mi sporgo leggermente in avanti per approfondire il bacio intrecciando le nostre lingue assieme, in una specie di danza rovente, e la consapevolezza del corpo di Castiel premuto contro il mio mi si schiaffa dritta in faccia, tanto che lascio scorrere le dita fin troppo fredde sotto al suo maglione.

-Ehi, piano, tigre- è quello che sussurra Cas in maniera divertita contro le mie labbra qualche secondo più tardi, sfregando il naso contro il mio mentre il suo respiro affannato si infrange direttamente contro la mia bocca.

-Scusa- mormoro con voce roca, completamente a corto di fiato, senza però riuscire a smettere di sorridere o lasciarlo andare. -Mi sono lasciato trasportare.-

Cas ride e stringe le mie mani nelle sue, per poi tirarmi verso la coperta. Mi siedo e lascio che lui si sistemi tra le mie gambe, appoggiando la schiena contro il mio petto e sistemando la testa proprio contro la mia spalla. Sembra aver sviluppato una specie di ossessione per il mio collo, perché adora seppellirci il naso ad ogni occasione disponibile.

Senza pensarci lascio un bacio volante sulla sua fronte e poi mi piego per appoggiare le labbra contro il suo orecchio. -Allora, adesso me lo dici qual è la numero uno?-

Castiel sospira, ma è un tipo di sospiro che sentiresti fare soltanto ad una persona che si sente terribilmente bene, e in pace. Poi sfrega il viso contro il mio collo, appunto, come farebbe un gattino pronto a fare le fusa e ci preme un bacio contro. Prima di parlare, mi lancia una rapida occhiata. -Sposarmi. Magari nella chiesa di papà, nonostante il rito civile e tutto il resto. E avere una famiglia, una felice.-

Istintivamente sorrido, perché è un sogno così da Cas, ma allo stesso tempo così semplice ed innocente che forse ci avrei dovuto pensare. Immaginarlo vestito da sposo è una visione che mi lascia senza fiato quindi è meglio accantonarla per un po'. Sistemo la seconda coperta che ho portato addosso a lui, che ha preso un po' a tremare e poi intreccio le nostre dita insieme, chiudendo gli occhi per un breve istante.

-Ancora mi risulta difficile credere che tutto questo sia reale- sussurro con aria sognante, dopo un attimo di silenzio che non è stato per niente pensante, anzi: ascoltare i nostri respiri o il battito dei nostri cuori o l'eco lontano di una macchina che passava in strada è stato decisamente piacevole.

Cas aggrotta la fronte e sposta un po' la testa per guardarmi meglio. -Le cose belle accadono, Dean.-

-Non nella mia esperienza- mormoro amaramente, stringendo più forte la sua mano, come a volermi convincere del fatto che lui, noi due, non siamo soltanto un miraggio, siamo reali e forse siamo anche destinati a durare, non come tutte le altre cose belle della mia vita.

Lo sento irrigidirsi per qualche motivo inspiegabile, ma quando premo il naso tra i suoi capelli, il suo corpo sembra rilassarsi esattamente come prima, mentre si abbandona di nuovo contro di me.

-Sei la cosa più bella che mi sia mai successa, Dean- dice lui con una semplicità disarmante, come se stesse parlando del tempo, facendo letteralmente scoppiettare il mio cuore come uno spettacolo pirotecnico. -Probabilmente sarai la più bella per molto tempo.-

Mi sembra di percepire una punta di amarezza in quello che sta dicendo e nel suo tono, ma sono troppo fottuto da il resto della sua dichiarazione per poterci prestare attenzione. Sospiro e lo bacio sulla fronte, chiudendo gli occhi per un istante.

-Dovresti smetterla di dire queste cose solenni- borbotto imbarazzato, senza però riuscire a nascondere il sorrisetto emozionato che si ostina a piegare le mie labbra.

Cas alza gli occhi per guardarmi e ride, perché probabilmente sono arrossito come una ragazzina innamorata e Dio santissimo, mai come questa volta vorrei sotterrarmi.

Per un attimo la speranza mi invade completamente e mi lascio influenzare dall'idea di Cas, perché in effetti quello che sto vivendo è bellissimo e forse le cose belle succedono, quando meno te lo aspetti, ma alla fine succedono.

Ancora non so quanto mi sbaglio, in realtà.

 

Quando torno a casa la mattina, dopo aver riaccompagnato Castiel, mi ritrovo Benny in piedi davanti alla porta del garage. Immediatamente, il mio primo istinto è quello di irrigidirmi perché non lo avevo più visto se non di striscio a scuola, non dopo tutto quello che è successo con Adam e quello scherzo idiota dell'armadietto.

Scendo dalla macchina e chiudo lo sportello un po' più forte di quanto vorrei, senza riuscire a nascondere la mia irritazione, recuperando la mia sacca dal sedile del passeggero. -Che ci fai tu qui?-

-Ehi, Dean.- Benny stringe gli occhi e poi si mordicchia le labbra e io lo conosco abbastanza bene per dire che si sente in imbarazzo. -Eri con Castiel?-

Mi infilo le mani in tasca e faccio per sorpassarlo, con un'espressione più dura di quella che vorrei effettivamente assumere. -Sì, ma non vedo come questo possa essere affar tuo.-

Il mio amico sospira e si passa le mani sui jeans in maniera nervosa, per poi sistemarsi il solito cappellino che porta quasi sempre in testa. -Perché non me ne parli?-

-Di cosa?- chiedo piccato, mentre apro la porta del garage e mi ci infilo dentro, lanciando la mia borsa con le coperte in un angolo impolverato.

-Di te- spiega lui, stringendosi nelle spalle. Sento il suo sguardo vagare sulla mia schiena e non posso vederlo ma sono quasi sicuro che stia sorridendo. -Di Castiel.-

Prendo un grosso respiro, perché non ho dimenticato quello che è successo, quello che hanno fatto i miei amici, come abbiano mortificato Castiel davanti a tutta la scuola. Forse Benny non è il diretto responsabile, ma lui sapeva cosa provavo per Cas e non aveva fatto assolutamente niente per fermare quel coglione di Adam. Stringo con forza le mani sulla prima superficie orizzontale che riesco a trovare, e anche se sono irritato un piccolo sorriso mi nasce sulle labbra, come ogni volta che parlo di Cas. -Che posso dire. E' la persona migliore che esista.-

Ed è la verità, perché non ho mai conosciuto nessuno come Cas, con un animo così gentile e puro, unico nel suo genere. In una vita precedente doveva essere un angelo, per forza.

-Io non lo avevo capito- sussurra Benny con aria colpevole, incassando la testa nelle spalle. Subito fa un passo verso di me e appoggia una mano sulla mia spalla, stringendo quasi delicatamente, come se avesse paura di un mio rifiuto. -Mi dispiace, Dean, sul serio. Per ogni cosa.-

Sospiro e rilasso immediatamente i muscoli della schiena e delle spalle: se c'è una cosa che ho imparato da Cas, una delle tante insomma, è sicuramente il perdono. Lui mi ha perdonato per essermi comportato come uno stronzo, per averlo trattato male e averlo letteralmente preso per il culo, e anzi, è stato in grado di aprirmi il suo cuore.

-Non importa, amico- ammetto, abbozzando un mezzo sorrisetto divertito e appoggiando a mia volta una mano sulla sua spalla. -E' tutto okay.-

-Quindi voi due...- Benny si massaggia il mento costellato di barba e mi indica poi con un rapido gesto del dito, e posso giurare che quello che mi sta lanciando è decisamente uno sguardo malizioso. -Insomma, state insieme?-

Mi irrigidisco e volto di scatto la testa per evitare di fargli notare il rossore che si è diffuso su tutta la mia faccia. -Ehi, ehi, frena un po', quand'è che mi hai sentito dire di poter affrontare questi discorsi da femminuccia?-

Benny ride e mi rifila una gomitata. -Lo avete fatto?-

-MA CHE CAZZO, BENNY!-

 

Quando dico che le cose belle nella mia vita non esistono, o quantomeno non durano mai abbastanza, ho fottutamente ragione.

Cas questa sera è strano: siamo andati a mangiare di nuovo alla Rodhouse perché Ellen ci teneva a rivederlo, ma lui stranamente ha lasciato l'hamburger quasi del tutto intatto. Era piuttosto pallido, sentiva freddo anche all'interno del locale con tutti i riscaldamenti accesi -tanto che gli ho dovuto dare la mia giaca- e soprattutto, cosa che mi ha preoccupato parecchio, evitava di guardarmi negli occhi.

Sistemo la giacca sulle spalle del mio ragazzo, lanciandogli un'occhiata apprensiva prima di uscire dalla Rodhouse. La mano di Cas è terribilmente fredda, quando intreccio le mie dita con le sue e i suoi occhi sono come velati.

-Fantastico- borbotto all'improvviso, quando Lisa e Andrea escono dal locale e ci scorrazzano davanti, tutte prese nelle loro risate da galline. Mi guardano con sufficienza, lanciano anche un'occhiata quasi disgustata a Castiel, ma poi vanno avanti come se niente fosse e riprendono a ridere più forte di prima. Da quel casino con Adam nemmeno loro mi hanno più rivolto la parola; non che la cosa mi interessi ma insomma, il saluto non si nega nemmeno ad un cane.

-Ora fanno anche finta di non conoscermi- borbotto irritato, ficcandomi la mano libera nella tasca dei jeans mentre le guardo andare via ancora sghignazzanti come due oche. Abbiamo ripreso a camminare, e irritato dalla mancanza di una risposta, alzo lo sguardo su Cas, che però si ostina a rimanere in silenzio anche dopo la mia occhiata; è fisicamente presente, ma continua ad essere assorto, palesemente preso da qualcos'altro.

-Cas, stai bene?- chiedo di punto in bianco, stringendo di più la sua mano quando lui si ferma all'improvviso. Ha lo sguardo fisso sul marciapiede e davvero non ho idea di cosa stia pensando, quindi una sensazione di frustrazione inizia ad irradiarsi dal mio stomaco.

-Dean- dice risoluto dopo aver preso un grosso respiro, con il suo solito coraggio, sciogliendo la presa delle nostre mani come se si fosse appena scottato. -Io sto male.-

Lo guardo confusamente per un po', poi mi avvicino a lui e lo scruto, con un'espressione preoccupata. -Cosa ti senti? Vuoi che ti porti a casa?-

-No, Dean- e ripete ancora il mio nome, con quel suo solito tono e un brivido mi percorre la spina dorsale. Lo vedo chiaramente deglutire e per la prima volta da quando lo conosco, mi sembra quasi in panico, non ha il suo solito aspetto tranquillo e controllato. Mi fissa con i suoi grandi occhi blu inondati dalle lacrime e leggermente rossi. -Sono malato.-

Sono sempre più confuso, perché ancora non riesco a capire che cazzo stia cercando di dirmi, ma poi Cas si guarda le mani, ed infine, dopo quelli che sembrano secoli, parla: -Ho la leucemia.-

Boom. Quelle tre parole mi colpiscono dritte in faccia con la potenza di una granata.

Ed è come se la terra sotto ai miei piedi si crepasse e mi risucchiasse, trascinandomi direttamente all'inferno. La granata mi sfracella il cervello completamente, rimbalza da un lato all'altro della mia scatola cranica come una fottuta pallina da ping-pong.

Non so come reagire. Quando si è così giovani è difficile accettare qualcosa di terribile come la malattia, o la morte o anche solo il dolore. E' difficile da adulti, figuriamoci quando si è così giovani, la morte è qualcosa di lontano, di estraneo. Non ho mai perso qualcuno che amo, non ho mai dovuto affrontare la morte così direttamente e questa verità mi si rovescia addosso come un secchio di acqua gelata.

No. Non Cas. Tutti, io, chiunque, ma non Cas.

Probabilmente sto boccheggiando perché non riesco a parlare, il respiro mi manca e i miei polmoni improvvisamente non funzionano più come dovrebbero.

-No- è tutto quello che riesco a dire dopo un momento interminabile, appoggiandomi le mani sulla faccia, con una risatina nervosa. -Non può essere, hai diciotto anni.-

Castiel si irrigidisce e scuote la testa debolmente, stringendosi nel suo trench spiegazzato. Sta tremando, ma non capisco se per il freddo o per altro e io sono troppo sconvolto per analizzare lucidamente la situazione. -L'ho scoperto due anni fa e adesso non rispondo più ai trattamenti.-

Deglutisco rumorosamente e stringo i pugni, passandomi subito dopo le dita sugli occhi, che pizzicano terribilmente. Sono troppo scioccato per piangere, ma vedere Cas davanti a me, avvolto in questo suo trench sbiadito e con gli occhi gonfi di lacrime fa spezzare qualcosa dentro di me, qualcosa che probabilmente non tornerà più a posto.

-Perché non me lo hai detto?- chiedo quasi con rabbia, dopo momenti interminabili di silenzio, senza riuscire a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.

-Il dottore ha detto che avrei dovuto vivere una vita il più possibile normale e non volevo che le persone si comportassero in maniera pietosa con me.-

Cas adesso sta piangendo. Vedo le lacrime scivolare lente lungo le sue guance e i suoi occhi sono così larghi e blu che ci potrei affogare dentro.

Gli lancio un'occhiata oltraggiata, nonostante il cuore continui a martellarmi nelle orecchie. -Ti riferisci anche a me!?-

-Soprattutto a te!- ringhia lui all'improvviso, tornando a guardarmi e trafiggendomi con il suo sguardo impossibilmente blu. Nonostante il dolore, tutto quello che vorrei fare in questo momento è avvicinarmi a lui, asciugargli le lacrime e dirgli che andrà tutto bene, che affronteremo tutto insieme, che io sarò forte per entrambi, ma non ci riesco. Sono come paralizzato e le mie gambe non vogliono sapere di muoversi.

-Dean, ormai mi ero rassegnato, lo avevo accettato, capisci? Ma poi sei arrivato tu!- Castiel si interrompe un attimo per tirare su con il naso, il petto scosso per un attimo da un singhiozzo. E sembra un bambino indifeso, ed è bellissimo anche così, lo è sempre, e io sono sul punto di crollare. -E io... Io non avevo bisogno di un altro motivo per essere arrabbiato con Dio.-

-Cas- sussurro, ma la mia voce risulta terribilmente spezzata.

-Mi dispiace, mi dispiace così tanto, io...- Non finisce di parlare perché si affonda il viso tra le mani, mentre le sue spalle sono scosse da violenti singhiozzi.

Dovrei dire qualcosa, fare qualcosa, abbracciarlo, toccarlo, ma i miei piedi sono inchiodati a terra. Mi sento vuoto. Un guscio abbandonato e dimenticato da qualche parte, senza più nessuna traccia di vita dentro.

-Scusami, scusami- mugola lui a voce così bassa che quasi stento a sentirlo. Sporgo una mano verso di lui, non so bene per cosa, forse per trattenerlo oppure per abbracciarlo, oppure per aggrapparmi a lui ed evitare di crollare definitivamente a pezzi.

Ma Castiel mi lancia un ultimo sguardo disperato, poi corre via.

E io a questo punto cado. Cado in ginocchio, in mezzo alla strada, poco lontano dalla Rodhouse.

Perché cazzo, lo sapevo, ho sbagliato ad illudermi. Le cose belle non durano.

Mai.


Salve.... 
Non ammazzatemi vi prego, ma questo capitolo mi piace definirlo "Ringo": formato da due parti completamente opposte. Da una parte abbiamo il fluff più assurdo tra i nostri piccioncini (Cas che dedica quella canzone a Dean mi ha fatto venire il diabete, non so se mi spiego, ma era una canzone troppo perfetta per loro per non essere inserita), calcolando specialmente un Dean che è cotto come una pera e continua a fare mosse adorabili per il suo boyfriend; dall'altra abbiamo l'angst più puro perché finalmente (anche no) scopriamo cosa turbava Cas e c'è la dolorosa confessione...
Ho voluto citare qualcuno dei dialoghi più "famosi" tra Cas e Dean, tratti dal loro primo incontro, perché fondamentalmente cosa non è se non sesso? Insomma, la Destiel nasce al primo sguardo, c'è poco da dire.... Quella scena mette i brividi per diverse ragioni, se devo essere sincera. 
Tornando alla storia, Cas ha confessato a Dean di essere malato: siccome siete tutte disperate (lo sono anche io T^T), vi posso dire che il finale di questa storia sarà diverso da quello convenzionale. Non vi prometto niente ovviamente, e prima che scleriate, questo non significa necessariamente quello che pensate....
Insomma, non si capisce una mazza, ma prendete per buono quello che vi dico, mi dispiace vedervi depresse xD
Magari poi scherzo e basta eh......... Chissà!
Credo di aver detto tutto! Un grazie gigante a tutte voi, vi adoro!

Un bacio e alla prossima! :*

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Capitolo 9
*** Parte IX ***


A Walk To Remember



Parte IX

 

Quando mio padre se n'è andato di casa, lasciandomi a ricordarlo soltanto l'Impala, ho guidato.

Ho guidato per tutta la notte, infischiandomene completamente dei limiti di velocità, sono uscito dal Kansas e ho girato per le campagne e per qualsiasi paesino che incrociassi lungo la strada. Perché guidare mi aiuta a scaricare la rabbia.

E anche questa volta, dopo che Cas è fuggito via come fumo, mi infilo in macchina e guido. Inizialmente non so bene dove sto andando, mentre il mio cellulare continua a vibrare come impazzito nella tasca della giacca: non guardo nemmeno chi sia, forse mia madre, forse Cas, forse Benny. Non mi importa e non mi importa nemmeno quando, ancora guidando, afferro il cellulare e lo schianto contro il finestrino del passeggero.

L'aggeggio ricade con un triste suono metallico sul sedile, poi rimbalza e sbatte contro il portaoggetti per poi sparire nel buio dell'abitacolo.

La vista mi si appanna e sono costretto a passarmi bruscamente una mano sugli occhi: non mi sono accorto di essere sul punto di piangere, nella testa in questo momento ho una tale confusione che quasi mi fa male. E' il caos più completo.

Dopo un tempo che mi sembra infinito, freno bruscamente: scendo dalla macchina senza nemmeno spegnere il motore o chiudere la portiera.

Osservo la villetta di mattoni di fronte a me e sento una rabbia cieca intrecciarsi a quella che già provo, ma mi costringo a digrignare i denti per non mettermi ad urlare nel bel mezzo della notte.

Sono di fronte alla nuova casa di mio padre: non so perché sia qui, non so che cosa sto sperando, non so che cosa il mio inconscio mi stia facendo fare, ma se c'è una cosa che so per certo è che non sto agendo razionalmente.

Tiro su con il naso e mi mordo le labbra mentre salgo velocemente gli scalini della veranda. Busso con insistenza, suono il campanello più di una volta, tiro un calcio alla porta.

Sono completamente fuori di me. Non so che ore siano, ma è tardi, le flebili luci dei lampioni sulla strada sfarfallano e sono piccoli spiragli di chiarezza nel buio inoltrato della notte.

Sto per voltarmi e andarmene, quando qualcuno finalmente mi apre. Mio padre, appena mi vede, perde subito l'espressione infuriata per assumerne una sconcertata.

-Dean?- chiede stupito, quasi boccheggiando. Non lo vedo da un sacco di tempo, mi sono sempre rifiutato di farlo e quasi stento a riconoscerlo: tra i suoi capelli neri c'è una traccia di bianco adesso, i suoi occhi sono gonfi e sono apparse delle borse che prima non c'erano. E' stanco, si vede, ma non solo fisicamente. -Che ci fai qui a quest'ora?-

Ignoro il principio di speranza che percepisco nella sua voce. -Si tratta del mio ragazzo.-

Lui mi fissa stranito, non faccio nemmeno fatica ad immaginare per quale ragione mi stia fissando con quello sguardo confuso e smarrito, ma lo ignoro.

-Lui..- la voce mi trema e ancora una volta sono costretto a passarmi un braccio sugli occhi. Non voglio che le lacrime scivolino, non voglio piangere perché renderebbe questa fottuta situazione più reale. -Lui ha il cancro, papà.-

Poche volte ho visto John Winchester colto di sorpresa e questa rientra in una di quelle rarissime occasioni. -Oh Dio.-

Deglutisco e faccio un passo indietro, afferrandogli il braccio e trascinandolo verso l'Impala. -Devi venire a visitarlo, lo devi controllare subito.-

Nemmeno mi accorgo che ho iniziato a respirare affannosamente e che la mia voce si è chiaramente spezzata.

-Dean.- Mio padre mi afferra per le braccia e mi riscuote quasi violentemente, costringendomi a guardarlo. La presa che ha su di me, forte e sicura, è forse l'unica cosa che mi tiene ancora insieme, che tiene i miei pezzi incollati impedendomi di sfaldarmi completamente. -Dean, ti devi calmare adesso. Respira.-

La rabbia torna ad accecarmi e senza nemmeno pensarci mi strattono dalla sua presa. -Cazzo, ma non capisci!? Devi.. Devi venire da lui, adesso! Vuoi aiutarmi o no?-

John sospira e si passa una mano sugli occhi. -Figliolo, non posso, sono un medico di base, dovrei parlare con il suo oncologo, non.. non...-

-Ovviamente.- Trattengo a stento un sorrisetto divertito, perché non potevo aspettarmi molto da lui. Stringo istintivamente i pugni e volto la testa di scatto, sforzandomi di ingoiare il groppo che mi si è formato in gola, inutilmente. -Lascia stare. Lo sapevo.-

-Dean, aspetta!-

Faccio per voltarmi e tornare all'Impala, ma mio padre mi afferra per un polso e mi costringe a voltarmi verso di lui. I suoi occhi scuri bruciano di preoccupazione, ma sono troppo arrabbiato per valutare razionalmente la situazione. -Dean, fermati, non puoi guidare in queste condizioni.-

-NON OSARE TOCCARMI!.-

Non so nemmeno con quale forza riesco ad urlare una frase del genere, facendo un paio di passi indietro per allontanarmi da lui il più possibile: qualche luce nelle ville vicine si accende, qualcuno si sporge a vedere cosa sta succedendo e io inizio a respirare sempre più affannosamente. La vista mi si appanna completamente e a questo punto le lacrime iniziano a scendere. E pungono, graffiano come artigli e fanno un male fottuto.

Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo inginocchiato per terra, a piangere come un bambino. Tiro un pugno sull'asfalto, probabilmente mi ferisco perché sento la sensazione umidiccia del sangue sulle nocche, ma non mi importa più di tanto, perché non sento altro dolore se non quello al centro del petto che scava, scava, sempre più a fondo.

Sento la voce di mio padre che mi chiama, ma questa volta non prova nemmeno a sfiorarmi: e di questo gli sono grato, perché probabilmente gli avrei soltanto rifilato un pugno in piena faccia. Sfrego la manica della giacca sugli occhi e mi passo una mano sulla bocca, alzandomi in piedi subito dopo: non so con quale forza riesco a ritornare alla macchina che è rimasta accesa per tutto il tempo e a sgommare via, tra le imprecazioni del vicinato.

Non so esattamente come riesco a tornare a casa tutto intero, senza fare un incidente o senza sbagliare strada. So solo che parcheggio l'Impala in malo modo nel vialetto e che apro la porta di casa con le spalle curve, come se stessi portando tutto il peso del mondo.

La luce accanto al divano si accende e trovo mia madre seduta sulla poltrona, avvolta in una vestaglia turchese, gli occhi ancora gonfi di lacrime. -Dean, dov'eri finito? E' tutta la notte che ti chiamo, non sai quanto ero preoccupata!-

La sua voce mi arriva dritta alle orecchie e un po' ha il potere di farmi sentire in colpa: forse le chiamate erano le sue e sì, avrei dovuto avvisarla, ma ero troppo provato per pensare razionalmente.

Faccio un passo avanti tenendo la testa bassa e mi sfilo la giacca, appoggiandola stancamente sulla poltrona. Mia madre mi si avvicina e la vedo chiaramente mentre sgrana gli occhi nel vedermi. Devo avere un aspetto di merda.

-Dean, tesoro, che è successo?- mormora poggiandosi le mani davanti al viso prima di avvicinarsi e a me e prendermi le guance tra le mani. Sono un po' fredde, ma il suo tocco ha il potere di farmi rasserenare almeno un po'. -Sei sconvolto. Hai litigato con Castiel?-

Rimango immobile per un attimo, poi mi abbandono alle sue carezze, sentendo gli occhi farsi di nuovo umidi. -Cas sta male, mamma. Ha la... la...-

Deglutisco perché quella parola proprio non riesco a dirla. E' più forte di me, come se la mia mente avesse creato uno schermo protettivo che mi tiene lontano da quella malattia che mi fa tanto paura.

Mia madre fa scorrere il pollice sulla mia guancia per asciugarmi una lacrima -non mi sono nemmeno accorto di essermi messo a piangere, di nuovo- e mi guarda con una dolcezza di cui solo una madre sarebbe capace. -Amore, che cosa vuoi dire?-

-Ha il cancro- sussurro con un filo di voce, talmente bassa che non sembra nemmeno la mia, faccio davvero fatica a riconoscerla.

-Oh mio Dio.- Mia madre ha una faccia sconvolta e in un attimo anche i suoi occhi si riempiono di lacrime. -Tesoro mio, vieni qui.-

Mi abbraccia e io non posso fare altro che stringerla il più forte possibile, cercando conforto e calore, affondando la testa contro la sua spalla e piangendo sempre di più, fino a sentire gli occhi bruciare e gonfiarsi per il troppo sale.

In questo istante in cui il tempo mi sembra essersi fermato in un orribile momento, tra le braccia di mia madre, riesco davvero a comprendere tutto quello che è accaduto tra me e Castiel.

Ora so perché il reverendo sembrava sempre così stanco e perché non era contento che andassi a casa loro, perché Cas aveva voluto che quel Natale all'orfanotrofio fosse speciale, perché mi aveva dato la sua Bibbia. Tutto si fa improvvisamente chiarissimo ma allo stesso tempo sembra anche completamente assurdo.

Castiel Novak ha la leucemia.

Castiel, il ragazzo dolcissimo e sorridente, sta morendo.

Il mio Cas...

Se è possibile, piango più forte.

 

Il giorno dopo, Castiel non viene a scuola.

Non posso evitare di essere preoccupato per lui, così come non posso evitare la morsa d'ansia che mi chiude lo stomaco, ma da un lato sono anche sollevato che non ci sia. Non voglio che mi veda nelle condizioni pietose in cui mi sono ridotto: ho delle occhiaie che arrivano fino alle ginocchia, visto che non sono riuscito a dormire nemmeno un'ora scarsa, e gli occhi sono talmente gonfi da poter essere tranquillamente scambiati per un paio di palloni da calcio.

Ficco i libri nel mio armadietto e lo chiudo con un gesto secco e quasi meccanico, sistemandomi subito dopo lo zaino sulle spalle. Per un attimo mi ritrovo a chiudere gli occhi, desiderando che tutto scompaia oppure di risvegliarmi da questo brutto incubo.

Ma quando li riapro vedo ancora il mio riflesso sbiadito nel metallo dell'armadietto. Nel profondo, so che questa sensazione di dolore non mi lascerà mai.

-Dean, stai bene?-

Sobbalzo quando la voce di Benny mi arriva dritta alle orecchie, facendomi prendere uno spavento. Deglutisco e mi passo una mano sulla faccia, stringendomi subito dopo nelle spalle. -Tutto okay, amico, non ho dormito bene stanotte.-

Lui mi lancia un'occhiata stranita, tipica di chi non crede ad una parola di quello che hai appena detto, ma deve aver capito l'antifona perché non chiede più niente, si limita solamente a guardarmi ogni tanto con fare preoccupato per tutto il giorno.

Mi guardavano tutti così quando mio padre se n'è andato e ricordo benissimo di averli odiati tutti, uno per uno, con tutto me stesso. Detesto questo sguardo, come se avessi costantemente bisogno del babysitter, come se fossi io quello ad aver bisogno di aiuto. La verità è che non me ne faccio niente della pietà degli altri.

E quindi posso capire perché Castiel abbia deciso di non dire niente a nessuno.

Stringo istintivamente i pugni e mi sforzo di resistere fino a fine giornata. Durante la lezione di matematica, nascosto dietro al mio libro, fisso il cellulare con insistenza. Una parte di me spera che si illumini da un momento all'altro, ma un'altra parte di me sa benissimo che non succederà mai.

Vorrei parlare con Cas, dirgli che va tutto bene -anche se non è così-, che tra noi non cambierà assolutamente nulla, che lo amo e che voglio essergli accanto anche in questo.

Non saprei nemmeno da dove cominciare, queste sono cose serie a cui un adolescente non dovrebbe nemmeno dover pensare e io sono un disastro a parlare di sentimenti.

Ma poi penso che per Cas ne valga la pena, come sempre: prendo un grosso respiro e sblocco il cellulare, aprendo subito l'applicazione dei messaggi e trovando la conversazione di Cas.

 

To: Cas

11,10 a.m.

 

Io non ti lascerò.

 

Dopo la scuola, mi rifugio nel garage.

Mia madre e Sammy hanno cercato di convincermi a mangiare qualcosa, ma ho lo stomaco completamente chiuso e comunque non ho voglia di sedermi a tavola con loro per beccarmi le loro occhiate impietosite. Magari non lo fanno nemmeno volontariamente, ma è qualcosa che mi fa venire il nervoso e voglio evitare scenate.

Lancio una chiave inglese nella cassetta degli attrezzi e poi guardo il cellulare: Cas non ha risposto al messaggio e spero sinceramente che voglia semplicemente rimanere solo per un po', perché egoisticamente parlando voglio passare tutto il tempo possibile con lui. Sospiro, quasi disperato, e sto chiudendo il cofano dell'Impala per andare a farmi una doccia quando sento qualcuno bussare alla serranda del garage.

-Benny, non è il momento- mi lamento con lo stesso tono che avrebbe un cane bastonato.

-Dean, sono io.-

E a questo punto mi volto di scatto, riconoscendo subito quella voce, nonostante sia flebile come un soffio di vento: Cas è di fronte a me, gli occhi un po' gonfi, la felpa blu che gli ho regalato, i capelli spettinatissimi e le mani in tasca. Nel rivederlo sento il cuore prendere a battere più veloce, e pian piano la gola mi si ostruisce talmente tanto che non riesco a dire nemmeno una parola, così mi limito a fissarlo con gli occhi sgranati e la bocca leggermente schiusa.

-Mi dispiace, Dean- sussurra lui all'improvviso, facendo un passo verso di me e guardandomi con quei suoi occhi blu che non brillano più. -Avrei dovuto dirtelo prima.-

-No- dichiaro subito, scuotendo la testa mentre mi avvicino di più a lui e prendendogli delicatamente una mano, lasciando scorrere il pollice sulla sua pelle. -Scusami tu, ti ho fatto stancare, ti ho fatto..-

-Dean- mi interrompe lui come sempre, con gli occhi chiusi, e anche in questa situazione così drammatica riesco a sentire i brividi che il mio nome pronunciato da lui riesce a provocarmi. -Stare con te mi ha tenuto in salute più a lungo, davvero.-

Non ci credo molto, se devo essere sincero, ma forse per adesso è meglio lasciare da parte il mio istinto di martire e concentrarmi su di lui. Deglutisco e abbasso lo sguardo sulle nostre mani intrecciate, prendendo un grosso respiro. -Hai paura?-

Cas rimane un attimo in silenzio: guarda fuori dal garage, chiude di nuovo gli occhi quando un soffio di vento ci colpisce, poi respira profondamente prima di voltarsi ancora a guardarmi. E sorride, superando qualsiasi mia aspettativa.

-No- dice risoluto e sicuro, bello da togliere il fiato, avvicinandosi impercettibilmente a me. Appoggia la fronte contro la mia e respirare di nuovo il suo profumo, così dolce, che sa di casa, è un po' come tornare a respirare davvero. Sollevo una mano e la appoggio contro il suo fianco, chiudendo per un attimo gli occhi.

-Ho solo paura di perdere te- aggiunge con voce spezzata dopo qualche istante di silenzio e quando torno a guardarlo noto che sta piangendo. Il sorriso è completamente sparito dalle sue labbra, che sono rigorosamente piegate all'ingiù in un'espressione disperata.

A quella visione il cuore mi si contrae in una morsa dolorosa. Gli afferro le guance un po' sporche di barba e le asciugo, scorrendo i pollici sulla sua pelle, per poi premere un bacio contro la sua fronte. -Questo non succederà mai, mai.-

Lui singhiozza e si stringe contro di me, di conseguenza lo avvolgo in un abbraccio rassicurante, cullandolo lentamente. -Cas, non ti lascerò. Io ci sarò sempre. Finché mi vorrai.- Lo sussurro contro il suo orecchio, prima di lasciargli un altro bacio, questa volta sul naso e solo in quel momento lui sembra finalmente rilassarsi.

-Te lo prometto- sospiro contro il suo orecchio, stringendolo sempre più forte. Sento le sue dita aggrapparsi alla mia maglietta sulla schiena e in questo momento non mi importa più di niente, tutto il mio mondo è diventato il ragazzo che stringo tra le braccia.

 

La domenica, il reverendo Novak dà l'annuncio alla comunità: il suo volto è una maschera di dolore e di terrore mentre parla della malattia del suo unico figlio e viene aiutato a scendere dal pulpito prima ancora di aver terminato il sermone. Tutti rimangono a guardarsi attoniti dopo il suo discorso, come se si aspettino che qualcuno sciolga la tensione dicendo che si è trattato solamente di un brutto scherzo.

Ma nessuno lo fa, e subito scoppia il pianto generale.

Dopo la messa, mi offro di accompagnare Cas e il reverendo a casa. Mia madre mi dà un bacio sulla fronte e mi tranquillizza, ripetendomi che poteva tornare a casa a piedi assieme a Sammy. Spettino con un sorriso i capelli del mio fratellino, poi mi infilo in macchina.

-Quanto tempo ti resta?- chiedo, forse un po' troppo duramente, circa venti minuti dopo, steso sul letto di Cas con lui appoggiato addosso.

-Non lo sappiamo con certezza- dice con un tono tranquillo, come se stesse discutendo del meteo per il giorno dopo. Per me è ancora molto doloroso affrontare certi argomenti, ma Cas si è offerto di rispondere pazientemente a tutte le mie domande e da come ne parla si capisce che ormai lo ha accettato da tempo. La situazione deve essere davvero disperata se il reverendo mi ha concesso di entrare in camera del figlio e di stare sdraiato sul letto assieme a lui. -Prendiamo tutto quello che il Signore ci dà.-

E sentire dire questa cosa mi riempie di rabbia, perché se davvero ci fosse un Signore, non farebbe morire un angelo come Castiel, una persona così buona, così devota. Talmente bella che forse questo fantomatico Dio è invidioso di noi uomini e vuole averlo tutto per sé.

Che razza di egoista.

-I medici non possono fare niente?- La mia domanda suona quasi come un lamento, mentre sistemo la coperta sulle spalle di Cas e affondo il naso tra i suoi capelli per respirare il suo profumo.

-Non si riesce a trovare nessun donatore compatibile- spiega lui, e questa volta riesco a percepire la tristezza nella sua voce. -Da nessuna parte. Sono in lista da molto tempo.-

Sospiro e chiudo gli occhi per un attimo, cercando la sua mano: Cas forse capisce il bisogno che ho di sentirlo vicino in questo momento, perché intreccia le nostre dita insieme e prende ad accarezzarmi il dorso della mano con il pollice. -Sono qui- dice solo in un sussurro sottile, contro il mio orecchio, facendomi quasi piangere dalla disperazione. Sono passato dallo shock, al rifiuto, alla tristezza, alla rabbia e poi tutto da capo, in questi ultimi giorni, continuando a sperare e a pregare che si trattasse solo di un incubo.

Deglutisco e cerco di riprendermi. -Ma stavi bene fino a qualche mese fa.-

Alza gli occhi su di me e solleva la mano libera per accarezzarmi i capelli, come se fossi io quello ad aver bisogno di conforto. -E' così che si manifesta. Ti senti bene e poi, quando il tuo corpo non ce la fa più a combattere, inizi a stare male.-

Trattengo a stento un gemito di dolore. -Come mai hai aspettato tanto a dirlo?-

Cas non sembra depresso come ci si aspetta da una persona malata. Dopotutto, convive con questa sua condizione già da due anni, ha avuto un sacco di tempo per metabolizzarlo: ma per tutto questo tempo, Michael e lui erano stati gli unici a saperlo, non si erano fidati di nessuno, neppure di me. La cosa mi addolora e mi spaventa allo stesso tempo.

-Te l'ho detto, volevo vivere una vita normale- ripete con un sospiro, stringendosi nelle spalle. -Hai visto come ha reagito la gente oggi? Mi guardavano come se fossi già morto. Se ti restasse poco da vivere, vorresti essere guardato come un cadavere che cammina per tutto il tempo?-

Rabbrividisco visibilmente perché parlare di certe cose mi mette ancora a disagio, ma mi sembra di cogliere una piccolissima traccia di divertimento, nella sua voce, ma forse mi sto sbagliando. Sarebbe molto macabro.

Ancora una volta, il solito groppo in gola mi impedisce di formulare una risposta sensata.

-Ti devo delle scuse, Dean- sussurra Castiel dopo qualche minuto, puntandosi su un gomito per guardarmi dritto negli occhi.

Aggrotto la fronte, confuso. -Per cosa?-

-Innamorarmi di te è stata una cosa egoista- pigola subito dopo con aria colpevole, fissandomi solo per qualche secondo per poi abbassare gli occhi e guardarsi le dita che stanno nervosamente giocherellando con la mia camicia. -Ma non ho potuto fare altrimenti, nonostante avessi cercato di proteggerti, io...-

-Ehi, Cas, guardami- lo interrompo, sporgendo una mano per accarezzargli il mento e sollevarlo verso di me con tutta la delicatezza di cui sono capace. -Non mi pento assolutamente di niente, né tanto meno di noi. Anche sapendo della tua condizione, tornerei indietro e rifarei tutto da capo. Non chiedermi scusa, non hai nessuna colpa.-

Non so nemmeno dove trovo la forza e il coraggio di dire una cosa del genere, ma Cas sorride lentamente, sporgendosi un po' verso di me per premere le nostre fronti l'una contro l'altra e allora capisco che ne è valsa la pena.

-Ti amo, Dean Winchester- sussurra continuando a sorridere contro la mia bocca, mentre una sua mano scivola ancora ad accarezzarmi i capelli corti sulla nuca.

E nonostante il momento di merda, nonostante io stia soffrendo come un cane, questo suo ti amo mi tira un po' su di morale ed è in grado di riaccendere qualcosa dentro di me, qualcosa che mi riscalda profondamente e scioglie parzialmente il gelo che sento. -Ti amo anche io, Cas.-

Premo le labbra sulle sue e per qualche minuto il resto del mondo può andare a farsi fottere.

 

A scuola parlano tutti di Cas come se fosse già morto, visto che lui preferisce rimanere a casa la mattina con suo padre e passare più tempo possibile anche con lui.

Raccontano storie su Castiel, ricordano tutte le buone azioni che ha fatto come se lo conoscessero benissimo, come se fino a qualche giorno prima non gli avessero riso alle spalle. Tutti ti amano, quando stai per morire, e tutta questa falsità mi fa salire una rabbia allucinante. Vengo assalito da un'ondata di nausea.

-Non so cosa fare- sbotto arrabbiato, ma soprattutto affranto, sbattendo letteralmente la fronte contro il tavolo della mensa. Ormai è quasi la fine di gennaio e mi chiedo come un mese possa diventare il più bello ma anche il più orribile di tutta una vita.

-So che fa schifo, ma non puoi fare niente- ribatte Benny, stringendosi nelle spalle e mangiando tranquillamente i suoi spaghetti. Almeno lui sembra aver capito che non ho bisogno di essere compatito da nessuno.

-Non parlo della malattia- sussurro alzando la testa, poggiando il mento contro il tavolo per riuscire a guardare il mio amico negli occhi. -Intendevo per noi, per Cas e per me.-

So che sembra strano, ma adesso sto cercando di comportarmi come se niente fosse: ignorare qualcosa di così brutto, qualcosa che ti segna così profondamente, è pressoché impossibile ma questa parola non esiste nel vocabolario dei Winchester.

Benny mi guarda comprensivo: è decisamente in ansia per me, lo posso leggere nei suoi occhi, e mi costringo ad ignorare la mia irritazione per questo sguardo da mamma chioccia.

-Non riesco a parlargli liberamente e se lo guardo penso solo a quando non potrò più farlo- piagnucolo, appoggiando la testa su una mano e giocherellando sul cibo avanzato nel mio piatto, visto che ormai ho anche perso l'appetito. -E quando vado a casa sua non so mai cosa dirgli, anche se ci ho pensato tutto il giorno.-

-Non so se c'è qualcosa che potresti fare o dire per farlo sentire meglio, Dean- mi spiega Benny, sporgendosi un po' verso di me e oddio per un attimo ho l'assurda sensazione che mi voglia prendere la mano. -Castiel ti ama, e a lui basta stare con te.-

-Cazzate- borbotto, voltando un po' la testa di lato per evitare di fargli vedere quanto io in realtà sia arrossito. -Vorrei solamente farlo felice.-

Benny ridacchia e inarca un sopracciglio con fare malizioso. -Sei proprio cotto, eh?-

-Fottiti.-

 

Quella sera stessa, quando busso a casa dei Novak, è il reverendo ad aprirmi: da quando Cas mi ha detto la verità, Michael mi guarda in maniera diversa, quasi stupita, come se si aspettasse anche lui che io mollassi Castiel per via della sua malattia. La bassa opinione che hanno avuto di me dovrebbe offendermi, ma in verità io posso anche sforzarmi di capirli.

Comunque, mi fa entrare con un rapido cenno della testa come saluto, e trovo Cas appallotolato sul divano, avvolto in una spessa coperta di pile e gli occhi decisamente stanchi ed arrossati. Tra le mani sta reggendo un libro, ma non riesco a vederne il titolo.

-Ehi, Cas- lo saluto, avvicinandomi a lui e piegandomi per dargli un bacio. Non posso evitare di notare il grosso sorriso che fa non appena mi vede, ed è qualcosa che come sempre ha la capacità di farmi stare meglio.

Mi siedo accanto a lui, che subito si sistema al mio fianco, appoggiando la testa contro la mia spalla e una mano sul mio addome, come se avesse bisogno della mia presenza o di un qualsiasi contatto con me per stare bene. -Ciao, Dean.-

-Ti ho portato un po' di hamburger di Ellen, e delle patatine- gli sussurro contro l'orecchio, appoggiando la busta sul tavolino da caffè di fronte al divano. -Ti saluta anche lei.-

Voglio comportarmi come se niente fosse, anche se è difficile: non voglio dire niente che possa deprimerlo o intristirlo, voglio essere naturale, come facevo prima.

-Grazie, che pensiero gentile- sussurra lui, dopo avermi dato l'ennesimo bacio sulle labbra. Vorrei non dover tenere il conto, ma internamente è quello che sto facendo.

-Come ti senti?- mi lascio sfuggire, perché sono un dannato coglione e ovviamente il mio lato apprensivo mi spinge sempre ad agire in maniera impulsiva. E comunque, Castiel è dimagrito ancora, nel nostro abbraccio posso quasi sentire le ossa delle spalle e poi le sue guance non sono più rosa come un tempo, ma più pallide. Nonostante tutto, è ancora bellissimo, e i suoi occhi sono stranamente luminosi.

-Me la cavo- mi risponde infatti, con un grosso sorriso coraggioso. -I medici mi hanno dato delle pastiglie per i dolori e sembra che funzionino.-

Il sollievo mi colpisce come una brezza fresca. -Hai bisogno di qualcosa?-

Cas mi guarda con un sopracciglio inarcato e chissà come trova la forza di ridacchiare. -Solo di abbuffarmi di hamburger, grazie.-

Mio malgrado, mi ritrovo a ridere; mi sporgo per prendere la busta e gliela sistemo sulle gambe, concedendomi di dargli un bacio sulla fronte. Lui scarta un panino e mangia con gusto, leccandosi le labbra e le dita e io mi sento subito meglio nel vederlo così tranquillo. Dovrei smetterla di essere così ansioso, nemmeno fossi una specie di mamma incinta munita anche di sindrome premestruale.

Lo guardo mangiare per un po', accarezzandogli i capelli. -Ho letto la Bibbia- dico, infine.

-Davvero?- Il suo viso si illumina talmente tanto da sembrare tipo quello di un angelo e per un attimo mi ricorda il Cas dei nostri primi momenti insieme. Non riesco ancora a credere che sia passato così poco tempo.

-Davvero, anche se non sono molto ferrato- ammetto, stringendomi nelle spalle. Sapevo che sarebbe stata una cosa che l'avrebbe reso felice e per me è stato un po' come entrare nel suo mondo.

-Mi fa piacere che tu me l'abbia detto- dichiara lui con un sorrisetto soddisfatto che non posso fare a meno di ricambiare.

-Cas, quando mi hai chiesto di non innamorarmi di te...- inizio, in maniera cauta, passandomi la mano libera dietro alla nuca, lasciando scivolare le dita tra i capelli corti. -Sapevi che sarebbe successo lo stesso, vero?-

I suoi occhi blu adesso stanno brillando di una piccola scintilla maliziosa. -Sì.-

-Come facevi a saperlo?-

Cas rimane in silenzio per un po', mentre ogni tanto mangiucchia un po' di patatine. Poi alza lo sguardo su di me e mi fissa in maniera talmente intensa che per un attimo mi manca il respiro. Le sue labbra si schiudono in un sorriso dolce e immediatamente mi torna una voglia tremenda di baciarlo. -Quando ti ho detto che avrei pregato per te, a cosa pensavi che mi riferissi? Almeno in questo, Dio mi ha ascoltato.-


Salve a tutte e rieccoci qui!
Arrivo da una giornataccia -ho preso un cucciolo e starci dietro mi rende esausta-, quindi chiedo scusa se queste note di fine capitolo faranno un po' schifo.
Allora, parto con il dire che scrivere questo capitolo è stato molto doloroso. Perché veder soffrire Dean, descrivere il suo dolore... è stata davvero dura, soprattutto perché posso capire come si sente. Io lo trovo dolce anche mentre soffre, è talmente disperato da chiedere aiuto al padre che odia.. Ho cercato anche di rendere un po' IC la cosa, dopotutto Dean spesso quando vuole sbollire la rabbia guida -se si escludono le volte in cui distrugge tutto ciò che ha intorno xD-
Beh però i piccioncini rimangono tali in salute ed in malattia, non riescono mai a staccarsi gli occhi di dosso: io li trovo dolcissimi. Cas sta male ma ancora non è così grave, la malattina non è in stadio avanzato.... SO, è giunto il momento di fare un annuncio.
Adesso non ricordo bene tra quanti capitoli esattamente, uno o due circa, ma la storia prenderà una piega diversa da quella di Sparks: ASPETTATE, non fraintendete, non significa necessariamente che ci sarà un lieto fine (eheheh). In effetti sì, l'ho detto solo perché sono crudele.
Comunque, AVVISINO: i prossimi aggiornamenti potrebbero non essere puntualissimi perché sono in periodo esami ma cercherò di fare uno sforzo :)

Un grazie enorme a voi tutti che leggete, un abbraccio a chi recensisce!
Alla prossima! :*

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Capitolo 10
*** Parte X ***


A Walk To Remember





Parte X

 

Ho sperato tanto per un miracolo.

Ma il miracolo non è avvenuto.

Certo, io e Cas abbiamo passato altri momenti bellissimi assieme, nonostante la malattia, mi sono impegnato per farlo stare il meglio possibile. Ma Cas a volte si addormentava in macchina come un sasso, altre volte parlava fino allo sfinimento, quasi senza lasciarmi dire nemmeno una parola. Siamo andati insieme all'orfanotrofio più di un pomeriggio e ogni volta che ci tornavo per me era come sentirmi sempre di più a casa.

Un giorno però siamo stati costretti a tornare presto a casa perché lui aveva la febbre alta, aveva gli occhi lucidi e le guance fin troppo rosse, per non parlare del fatto che tremava come una foglia. Per la prima volta in vita mia, mi sono sentito davvero disperato.

Cas è un adolescente di diciotto anni, sta morendo eppure è ancora molto vivo. Ho paura, più di quanto mi fosse mai capitato, non solo per lui, ma anche per me. Vivo nel terrore di commettere qualche errore, di fare qualcosa che possa ferirlo e farlo andare via da me, perdendolo ancora prima del previsto.

La paura mi ha fatto capire anche un'altra cosa: non lo avevo mai conosciuto davvero quando era sano. Avevo iniziato a frequentarlo da poco, alla fine e lui era malato da due anni. E questi ultimi mesi sono sembrati i migliori e i più lunghi di tutta la mia vita, ma ora quando lo guardo non posso fare a meno di chiedermi quanti me ne sarebbero rimasti e soprattutto se me ne sarebbero rimasti.

Comunque, ho sentito che i miracoli accadono spesso ma, ovviamente, se lo chiede Dean Winchester non se ne parla nemmeno. Hanno appena aumentato a Cas il dosaggio delle pillole, e questo non va affatto bene. Come effetto collaterale, lui ha avuto dei mancamenti e una volta è svenuto mentre andava in bagno, sbattendo la testa contro il lavandino.

Mi sono incazzato così tanto quella volta che persino mio fratello mi ha guardato con gli occhi spalancati, probabilmente non mi aveva mai visto così. Alla fine, i dottori hanno deciso di tornare al dosaggio precedente; in questo modo è riuscito di nuovo a camminare, ma è così debole che a volte non riesce ad alzare nemmeno un braccio.

Sono così preoccupato per lui che spesso la notte non riesco nemmeno a dormire.

Comunque, io e Cas stiamo insieme da circa tre mesi quando lui viene ricoverato: è troppo debole per fare qualsiasi cosa, suo padre lo ha trovato di nuovo svenuto, questa volta nella sua stanza ed è inutile dire che io ho mollato qualsiasi cosa stessi facendo per correre all'ospedale. Mia madre voleva accompagnarmi ma non le ho nemmeno risposto e mi sono fiondato in macchina.

-Devo vederlo!- è quello che urlo una volta in ospedale, strattonando le infermiere che i stanno impedendo di arrivare nel reparto di oncologia.

-Mi dispiace signore, ma solo i parenti possono entrare in questa zona- si giustifica una di loro, appoggiandomi le mani sulle spalle e cercando di spingermi indietro.

Le lancio un'occhiata disperata e mi mordo le labbra, sforzandomi di non far uscire le lacrime. Devo davvero avere un aspetto orribile perché una di loro, la più anziana, mi guarda con uno sguardo carico di pietà ma sono troppo preoccupato per badarci. -La prego, la scongiuro, io... Io ho bisogno di vederlo.-

Mi stupisco della mia voce, che risulta spezzata fino all'inverosimile.

-Lasciatelo passare.-

Alzo la testa di scatto e mi ritrovo di fronte al reverendo Novak: ha un aspetto orribile, gli occhi rossi e gonfi, la camicia sfilata per metà dai pantaloni eleganti e le labbra distorte in una smorfia di dolore.

Sorpasso le infermiere senza riuscire a trattenere un sospiro sollevato e mi avvicino a lui, deglutendo per il nervosismo. -Reverendo, come sta?-

Lui mi guarda con un sopracciglio inarcato, come a dire “Davvero mi stai facendo questa domanda?”, poi però sospira mentre cammina al mio fianco lungo il corridoio anonimo del reparto dell'ospedale. -Per adesso è sedato, aspettiamo che si risvegli per vedere come si sente. I parametri vitali sembrano essere stabili.-

Annuisco e spingo la porta della camera di Cas.

Quello che vedo mi lascia senza fiato e non in senso positivo. Lui è steso su un anonimo lettino, gli occhi chiusi, le labbra rigide e la sua pelle ha assunto un tristissimo colorito grigiastro. Il mio cuore inevitabilmente inizia letteralmente a sanguinare a questa vista, e il respiro mi si fa più affannoso mentre mi avvicino a lui.

Sfioro con delicatezza la sua mano, alla quale sono attaccate flebo e qualche altro macchinario: è terribilmente fredda, non c'è più traccia di quel calore che da sempre lo ha caratterizzato, e soprattutto è quasi scheletrica. E' dimagrito ancora.

-Cas, sono qui- sussurro a voce bassissima, quasi per paura di dargli fastidio, sistemando la sedia accanto al lettino e intrecciando subito le dita alle sue. Premo un bacio sul dorso della sua mano e poi appoggio il mento contro il materasso, rimango a guardarlo completamente in silenzio, come se fosse un'opera d'arte, come compagnia solamente il bip del macchinario che riproduce il suono del suo cuore.

Non so con certezza in che momento mi ritrovo addormentato, so solo che una mano sulla mia spalla ad un certo punto mi fa sobbalzare, strappandomi dal mio sonno senza sogni. Ho ancora le dita intrecciate a quelle di Cas, ma con quelle libere mi sfrego gli occhi e alzo la testa per guardare il reverendo Novak, che mi sta fissando con un piccolo sorriso.

-Dean, dovresti andare a riposarti adesso- sussurra con voce quasi affettuosa e questa è forse la prima volta che mi chiama per nome, ma sono così assonnato e preoccupato per il mio ragazzo che non ci bado nemmeno.

Istintivamente mi avvicino di più a Cas, stringendo la sua mano, scuotendo la testa. -Non sono così stanco- borbotto, stringendo ancora più forte la sua mano e portandomela contro una guancia, facendo attenzione a non staccare nessun filo. Non voglio andarmene.

Il reverendo sospira, si massaggia gli occhi da dietro alle lenti e poi torna a guardarmi. -So che non vuoi lasciarlo, ma vorrei rimanere solo con lui per un po'.-

Mi trattengo dall'emettere uno sbuffo scocciato perché so benissimo che anche lui ha tutto il diritto di rimanere qui con suo figlio, stargli accanto fin quando gli è ancora concesso, ma egoisticamente parlando vorrei avere Cas tutto per me, vorrei che aprisse gli occhi e che tornasse a sorridere, a camminare, a prendermi in giro e a piegare la testa di lato in quel suo modo adorabile. -Se si sveglia mentre non ci sono?-

Il reverendo mi sorride di nuovo e la sua presa sulla mia spalla si rafforza; non so se sta cercando di convincermi oppure se è un tentativo di farmi stare meglio, di consolarmi. In questo caso lo apprezzerei molto. -Ti verrò a chiamare.-

Trattengo un singhiozzo ed annuisco, alzandomi in piedi. Mi sporgo verso il viso di Cas e premo un bacio sulla sua fronte, prolungando quel contatto un po' troppo. -Torno presto, va bene?-

Ovviamente non ottengo nessun tipo di risposta e quando esco dalla stanza, sono sicuro del fatto che lì dentro ci ho lasciato il cuore..

 

(Pov Cas).

 

Quando apro gli occhi, per un momento vedo solo bianco.

Per un attimo penso di essere finito in paradiso, di aver trovato finalmente la mia pace, ma poi un odore acre di disinfettante e un bip continuo alla mia destra mi lascia deluso. Il mio paradiso non può di certo essere una stanza d'ospedale.

Mi sento stordito, ogni singolo centimetro del mio corpo è intorpidito, il che è un bene perché il dolore costante che provo sembra come svanito e per un istante ringrazio mentalmente i medici; ma poi mi rendo conto che questo “non sentire” sarebbe come vivere a metà e un senso di sconforto mi assale, lasciando contorcere ogni mio singolo organo interno.

-Figliolo, come ti senti?-

La voce di mio padre assieme ad un fruscio di lenzuola mi costringe ad alzare gli occhi su di lui: è seduto accanto al mio letto, il viso stanco e sbattuto, lo stesso viso di chi ha combattuto una guerra che sapeva già di perdere, gli occhi un po' liquidi. Vederlo in questo stato per colpa mia mi fa stare ancora più male.

-Sto bene, papà- sussurro e per un attimo stento a riconoscere la mia voce. E' troppo roca, quasi meccanica, graffiata, come se dormire per tutto questo tempo me l'avesse modificata, come se fossi invecchiato su questo letto. -Dov'è Dean?-

Pensare a lui, come sempre, mi lascia un senso di calore nel petto: non so se l'ho sognato o se lui era davvero qui, ma sono sicuro di aver sentito la sua voce in un qualche momento, di aver percepito le sue labbra sulla mia pelle, in quel modo che mi fa sempre sentire unico, speciale, davvero importante per qualcuno, finalmente.

Mio padre si massaggia le tempie e mi fa un debole sorriso. -L'ho mandato a riposarsi un po', era davvero esausto.-

Rimango un attimo in silenzio e sorrido, ripensando a Dean e a tutto quello che ha fatto per me.

-Ti ama molto, sai?- dice mio padre quasi con affetto e per qualche strano motivo sento le guance arrossarsi, se è possibile. Ancora non mi capacito di come uno come Dean Winchester si sia potuto interessare proprio a me.

-Lo so e non smetto di ringraziare Dio ogni giorno per avermelo concesso- ribatto, quasi sicuro di me, sentendo il cuore battere un po' più veloce.

Mi rilasso un po' contro il letto, chiudendo gli occhi per un istante, per poi sporgermi leggermente a prendere la mano di mio padre, che continua a fissarmi con uno sguardo vacuo e torbido allo stesso tempo. E' fredda, ma non riesco a stringerla molto perché sento anche le mani intorpidite. -Papà, sei preoccupato?-

Lui sorride solo per un attimo e si sporge di più verso di me, prendendo la mia mano tra le sue e scuotendo la testa un po' troppo energicamente, cosa che mi fa sorridere. -No, Castiel, davvero.-

Continuo a sorridere perché apprezzo il suo tentativo di non farmi sentire in colpa.

-Ti ricordi quando avevi più o meno cinque anni e ti volevi lanciare dal balcone perché pensavi di essere un angelo?-

Istintivamente, sorrido anche a quel ricordo. Mio padre mi aveva appena spiegato che portavo il nome dell'angelo del giovedì e mi ero messo in testa che quindi se mi chiamavo come un angelo, anche io ero un angelo e che quindi avrei potuto volare tranquillamente. -Mi sono molto arrabbiato quando mi hai costretto a scendere.-

-Se ti ho tenuto troppo sotto la mia ala, Castiel, è perché..- la sua voce trema un po', ma poi stringe di più la mia mano e preme la fronte contro il groviglio delle nostre dita. -Volevo tenerti il più a lungo possibile. Dopo la morte di Amelia...-

Sorrido in maniera genuina e prendo un grosso respiro. -Lo so.-

Lui scuote la testa e mi guarda con occhi pieni d'amore. -Quando tua madre è morta... Avevo paura che avrei finito con l'odiarti, figliolo. Avevo paura che non sarei mai più riuscito ad amare di nuovo.-

-Ti voglio bene, papà- è tutto quello che riesco a dire con un debole sorriso, sporgendomi un po' per accarezzare i suoi capelli, ora che ha appoggiato la fronte contro il letto. Lo sento singhiozzare e mi sto odiando con tutto il cuore per quello che gli ho fatto, per quello che gli sto facendo. Vorrei stare bene, non tanto per me, ma per non vedere soffrire le persone che mi amano e che amo e che mi stanno accanto.

Lui alza gli occhi umidi e mi dà un bacio sulla mano, per poi alzarsi dalla sediolina. -Vado a chiamare Dean, starà fremendo qui fuori. Ti voglio bene, Castiel.-

Annuisco ancora e seguo mio padre uscire dalla stanza con lo sguardo, non riuscendo a parlare per l'emozione: sono felice di vedere Dean, anche se odio il fatto che debba assistere a tutto questo. Ho cercato di tenerlo lontano, ma in maniera egoista sono tornato da lui perché ho capito di amarlo più di ogni altra cosa -non della vita perché comunque la mia vita non vale molto- e senza di lui sarebbe stato tutto ancora più difficile.

Per questo trattengo il fiato quando vedo spuntare una testa bionda e un paio di occhi verdissimi da dietro alla porta della stanza.

-Ehi- sussurra lui, con un sorriso capace di far impallidire le stelle, avvicinandosi subito a me e piegandosi per darmi un bacio. Le sue labbra sono morbide, hanno un buon sapore, e vorrei avere la forza di tirarmelo contro per baciarlo ancora, più a lungo, più profondamente, ma mi sento ancora troppo intorpidito.

-Ciao, Dean- lo saluto con dolcezza, guardandolo mentre si siede accanto a me, direttamente sul letto, infischiandosene completamente delle regole dell'ospedale. Perché Dean è così, selvaggio e un po' ribelle, fa sempre quello che gli passa per la testa, ed è disposto a dare un rene per le persone che ama, anche se farebbe di tutto per non ammetterlo. E rientrare in questa cerchia ristretta mi riempie di orgoglio. E' una persona meravigliosa, l'ho capito lentamente, ma alla fine si è dimostrato per quello che è davvero.

-Come ti senti?- mi chiede e non riesco ad ignorare la piega preoccupata che prende la sua voce.

Mi stringo nelle spalle e una fitta di dolore mi costringe a chiudere subito gli occhi, per qualche istante. -Sto bene, credo.-

-Cas, perché fingi così? Sai che con me puoi parlarne- si lamenta lui dopo qualche istante di silenzio, passando per un secondo le dita tra i miei capelli, con il dolore che trasuda da ogni parola che dice. Istintivamente piego la testa verso le sue mani, bisognoso delle sue attenzioni, bisognoso di lui.

-Non fingo affatto.-

Lo vedo aggrottare la fronte, ma non smette di accarezzarmi. -Non hai paura?-

Mi mordicchio le labbra, valutando con attenzione cosa rispondergli. -Sì.-

-E perché non lo dai mai a vedere?-

Sospiro, voltando appena la testa per riuscire a guardarlo meglio. Dean si sistema sul materasso e lascia scorrere un dito lungo una mia guancia, fino alle labbra, su cui appoggia con delicatezza il pollice, sui cui premo un piccolo bacio. -Perché so che anche tu hai paura.-

Lui mi guarda, rabbrividisce, ma non dice niente. Si limita a stringermi di più contro di lui e questa è una risposta più che eloquente.

 

(Pov Dean).

 

Castiel è in ospedale da una settima ormai. I medici hanno detto che è troppo debole per alzarsi, adesso. Lui ha continuato a ripetere “Voglio morire a casa mia” in maniera risoluta ed irremovibile, cosa che mi ha fatto rabbrividire dall'orrore perché sembra che anche lui abbia smesso di combattere. Lo ha detto piangendo una volta ed è stato orribile perché ho capito e visto, finalmente, quanto Cas abbia paura. Questa reazione certamente lo rende più umano.

Continuo a sfogliare la mia rivista di motori in maniera davvero poco interessata, seduto accanto al letto di Cas: lui sta dormendo, ormai passa un sacco di tempo a dormire perché è troppo debole per fare qualsiasi altra cosa e io cerco di trascorrere tutto il mio tempo libero in ospedale, perché non potrei fare altrimenti, nonostante le proteste di mia madre che Dean, dovresti anche distrarti un po', ogni tanto.

All'improvviso un fruscio di lenzuola mi fa alzare lo sguardo e mi ritrovo addosso gli occhioni blu di Cas, quei due pezzi di oceano che sono brillanti nonostante tutto, e persino le sue labbra sono piegate in un sorrisetto intenerito.

-Ehi, sei sveglio- lo saluto, sedendomi immediatamente sul letto vicino a lui e abbandonando la rivista sul comodino accanto alla sua testa.

-Ciao, Dean- mi risponde sempre sorridente e vederlo così tranquillo mi riempie di sollievo, ed ormai piccole reazioni come questa sono l'unica cosa a cui mi posso davvero aggrappare. -Stai bene?-

Ed il fatto che sia lui a preoccuparsi per me mi fa sorridere, perché cazzo, lo amo da morire e ancora non riesco a capacitarmi del fatto che lui sia qui, in questo ospedale, malato e fragile, quando dovrebbe soltanto essere felice, più di ogni altra persona al mondo. -Sto bene, sì.-

Frugo nella tasca della mia giacca e tiro fuori una lettera accuratamente imbustata. -Ho deciso di mandare una lettera di ammissione alla facoltà di medicina- spiego timidamente, porgendo la busta a Cas che immediatamente mi guarda con gli occhi che brillano più di tutte quelle fottute stelle che lui ama tanto.

-E' magnifico, Dean- sussurra lui pacatamente, aggrottando subito dopo la fronte perché sperava probabilmente che gli uscisse fuori un tono un po' più entusiasta. Poi sospira, scuote la testa e stringe per un attimo una mia mano nelle sue. -Ho sempre saputo che eri intelligente.-

Ridacchio e mi mordicchio un po' le labbra, imbarazzato. -Cas, non sai se mi prenderanno, andiamo, parli come se avessi appena vinto un Nobel.-

Lui sorride divertito, ma poi si sporge per prendere un foglietto che suo padre ha portato qualche ora prima, mentre lui dormiva. Me lo appoggia sulla gamba e poi mi guarda, mentre il sorriso non ne vuole sapere di abbandonare il suo viso, con mio grande sollievo. -E' per te.-

-Che cos'è?- chiedo confuso, mentre apro il biglietto, trovandomi di fronte un paio di righe scritte a meno, in maniera ordinata, forse con una penna stilografica. Non è la calligrafia di Cas, ne sono sicuro perché ormai la conosco a memoria.

-Era la citazione della Bibbia preferita di mia madre- spiega lui con sorriso timido e le guance che si arrossano in maniera adorabile portando una mano sulla mia e stringendola con dolcezza. -Leggila.-

-Va bene, vediamo un po'.- Mi schiarisco la voce, stringo la sua mano per farmi forza e poi inizio a leggere, con la voce che mi trema un po' troppo. -L'amore è sempre paziente e gentile, non è mai geloso. L'amore non è mai presuntuoso o pieno di sé, non è mai scortese o egoista, non si offende e non porta rancore. L'amore non prova soddisfazione per i peccati degli altri ma si delizia della verità. È sempre pronto a scusare, a dare fiducia, a sperare e a resistere a qualsiasi tempesta.-

Trattengo il fiato quando ho finito di leggere e posso notare che Cas ha gli occhi chiusi e un sorriso bellissimo gli sporca le labbra, come se fosse in pace, come se stesse ascoltando la sua canzone preferita. -Da quando ti conosco, sono convinto che sia vero.-

E quindi sorrido anche io, avvicinandomi di più a lui per accarezzargli una guancia. Il cuore mi batte un po' troppo forte contro lo sterno e sento gli occhi pizzicarmi: quando sono diventato così sentimentale, esattamente?

Cas non riesce a staccarmi gli occhi di dosso. -Sai cosa ho capito oggi?-

Scuoto la testa, fissandolo incuriosito. -Cosa?-

Lui mi guarda sorridendo e i suoi occhi blu brillano leggermente, mentre prende un grosso respiro. -Che forse Dio ha un progetto diverso per me. Come se tu mi fossi stato mandato perché sono malato, per starmi accanto durante tutto il viaggio, e proteggermi.-

Alzo un angolo della bocca in un sorriso sghembo, con il cuore che prende a battermi ancora più veloce di prima, e mi sporgo appena verso di lui, lasciando scorrere un pollice prima sulle sue labbra e poi sulla sua guancia. Non riesco a dire niente, soltanto a guardarlo negli occhi, che sono magnetici come sempre, nonostante il suo viso sia impallidito notevolmente.

-Tu sei il mio angelo- aggiunge Cas subito dopo, guardandomi pieno di adorazione.

Mi mordo le labbra per un attimo perché il mio cuore adesso sta letteralmente scoppiando e non credo di essere pronto ad una sensazione tanto intensa. Ma mi sporgo ugualmente verso di lui e premo le mie labbra sulle sue, sforzandomi con tutto me stesso di non piangere, anche se mi risulta davvero difficile.

Cas è bellissimo. E' meraviglioso e non merita di stare così, steso in questo letto in una fottuta stanza di ospedale. Darei qualsiasi cosa per rivederlo sano ed in piedi, sarei anche disposto a prendere il suo posto. Sfrego i nostri nasi l'uno contro l'altro e respiro il suo profumo, cercando di tranquillizzarmi, ma sono così nervoso che nemmeno questo basta.

-Ti amo- sussurro senza fiato, con la fronte appoggiata contro la sua e gli occhi chiusi perché da questa distanza ravvicinata non riuscirei a sostenere l'intensità del suo sguardo.

Cas lascia scorrere le dita magrissime sul mio bicipite scoperto e sorride, non lo vedo, ma riesco a sentire il suo sorriso contro le mie labbra. Ed è ancora bellissimo, nonostante tutto. -Ti amo anche io.-

E per ora mi basta.

Deve bastarmi.

 

E' lunedì quando arrivo di fronte alla stanza d'ospedale di Cas dopo la scuola e lo ritrovo seduto su una sedia a rotelle, con suo padre che gli accarezza amorevolmente i capelli.

Mi avvicino a loro con la fronte aggrottata, infilandomi timidamente le mani in tasca. -Ehi, che sta succedendo qui?-

Castiel appena mi vede si illumina tutto, il suo viso un po' pallido sembra riacquistare colore ed è bello essere fissati così da qualcuno, come se tu fossi l'unico sole in grado di illuminare la vita. -Ringrazia tanto tuo padre da parte mia, Dean.-

Aggrotto la fronte e alzo immediatamente lo sguardo sul reverendo Novak, dopo aver fissato per un secondo le infermiere che stavano sistemando la stanza, forse per il prossimo paziente. -Mio padre?-

Ammetto che per un attimo il mio cuore si è riempito di speranza: so benissimo che una guarigione improvvisa da una malattia debilitante ed invasiva come la leucemia è impossibile, ma di certo questo non mi ha impedito di continuare a sperare, a sperare per un futuro soltanto per noi, per Cas. Anche solo per un misero secondo.

Il reverendo mi appoggia una mano sul braccio e con l'altra stringe una maniglia della sedia a rotelle di Cas. -E' venuto questa mattina, ha detto che pagherà lui l'assistenza a casa.-

A quel punto sento il respiro mozzarsi in gola, come se i polmoni fossero pieni d'aria ma non riuscissero più a funzionare correttamente. La presa del reverendo si fa più salda, mentre prende a spingere la carrozzina di Cas verso la fine del corridoio, fuori da questo triste reparto di oncologia.

Rimango per un attimo impalato come uno stupido a fissare la stanza di Cas adesso di nuovo vuota, a tracciare con gli occhi il contorno di quel letto che lo ha accolto per quasi un mese e qualcosa dentro di me si spezza definitivamente. Mi mordo le labbra per non ricominciare a piangere ed è meglio che io esca di qui il prima possibile, prima che mi metta ad urlare, finendo con il disturbare anche gli altri pazienti.

-Dean.-

La voce di mio padre mi arriva dritta e chiara e questa volta non ho bisogno di pensare nemmeno un attimo per riconoscerla, né mi stupisce più di tanto sentirla. Istintivamente, tiro su con il naso quando lui mi appoggia una mano sulla spalla, in un tocco che vuole essere rassicurante, che ancora una volta mi aiuta a non cadere definitivamente a pezzi. Sicuramente questo è quanto di più grande ed importante lui abbia mai fatto per me negli ultimi anni.

Mi infilo le mani nella tasca della giacca e irrigidisco la mascella, guardandolo con la coda dell'occhio. -Grazie- riesco solo a sussurrare, con la gola bloccata dal solito nodo e gli occhi pieni di lacrime.

Mio padre appoggia anche l'altra mano su di me e mi volta con delicatezza, come se avesse paura che possa scappare di nuovo da lui: mi ritrovo davanti al suo viso che mi fissa con affetto, quasi con dolcezza, anche se non sono mai state due delle sue caratteristiche peculiari. Il camice che indossa lo fanno sembrare un po' più vecchio, ma quando lui mi strattona contro di sé per abbracciarmi, mi sembra di non averlo lasciato mai andare.

-Scusami, scusami- è quello che singhiozzo contro la sua spalla, dentro il suo abbraccio, aggrappandomi al suo camice come se fosse il mio unico appiglio con la realtà. E lui mi stringe più forte, in maniera salda, non mi lascia cadere nonostante le mie ginocchia stiano per cedere, nonostante il dolore per la situazione si stia mischiando a quello per l'abbandono dell'uomo che da piccolo ho sempre ammirato.

-Andrà tutto bene figliolo, te lo prometto- mi sussurra contro l'orecchio, a voce talmente bassa che tra i miei singhiozzi faccio davvero moltissima fatica a sentirlo.

Chiudo gli occhi, perché tanto sono inutilizzabili in questo momento, mi lascio cullare per un attimo dall'abbraccio di mio padre e mi convinco che sì, forse andrà tutto bene.

Anche se ormai nessun briciolo del mio corpo ci crede più.

 

Il reverendo Novak mi ha chiesto di accompagnarlo a parlare con l'oncologo di Castiel, un martedì pomeriggio, mentre il figlio è a casa con l'infermiera privata che gli hanno assegnato; anche se a malincuore ho accettato, ma l'idea di lasciare da solo Cas e di perdermi un po' di tempo con lui non mi piace, nonostante mi abbia salutato con un bacio più intenso del solito e un “Va' e conquistali tutti, tigre” del tutto fuori luogo, facendomi ridere.

Quindi adesso sono seduto su una sedia girevole, di quelle davvero impegnative, davanti ad un dottore piuttosto giovane, sicuramente più giovane del reverendo Novak, che continua a sfogliare il fascicolo di Castiel e scuotere la testa.

Sono costretto a stringere i pugni perché insomma, i medici dovrebbero essere in grado di dare qualche consolazione, e non solamente di sganciare certe bombe di notizie che ti cambieranno la vita per sempre.

-Ancora non siamo riusciti a trovare nessun donatore, signor Novak- dice subito dopo in tono piatto, chiudendo la cartella con tono disinteressato e lasciandola da parte, accatastandola assieme ad altre mille cartelle uguali. Osservo per un attimo un punto indefinito della scrivania, cercando di mantenere la calma, ma poi la mia attenzione viene attratta dal gesto disperato del reverendo: come aveva fatto il giorno che gli ho chiesto di portare Cas fuori, affonda il viso nelle mani e il suo petto viene impercettibilmente sconvolto da una sorta di singhiozzo.

Deglutisco, cercando di non reagire esattamente nello stesso modo. Il dolore che sento all'altezza del petto è qualcosa di destabilizzante, che non può essere cacciato via in nessuna maniera, né con dei farmaci, né con una bella chiacchierata. Mi mordo le labbra e faccio per aprire bocca e non sono mai stato così sincero e sicuro di una decisione presa in vita mia.

-Mi dispiace- ammette il medico ma non c'è nessuna traccia di sentimento nella sua voce, è qualcosa di irritante e il pugno che vorrei schiantare sulla sua faccia, lo faccio sbattere sulla scrivania, scattando in piedi: sento gli occhi dei due uomini puntati su di me, entrambi sconcertati, ma questo è troppo.

-Voglio provare a fare l'operazione- dichiaro deciso, di punto in bianco, passandomi una mano sugli occhi per asciugare le lacrime che non mi ero nemmeno accorto di aver iniziato a versare. -Voglio donare il midollo.-

Cala il silenzio.

Il medico mi guarda allibito, con un sopracciglio inarcato e Michael mi appoggia una mano su un braccio e non capisco se il suo è un modo per farmi sedere di nuovo in maniera composta o se sta cercando di confortarmi. -Ragazzo, ci sono pochissime possibilità che sia compatibile, non devi..-

-Voglio farlo, okay?- sbotto irritato, voltandomi a guardarlo e rendendomi contro troppo presto di aver appena risposto male al reverendo Novak, proprio lui. Deglutisco immediatamente, tiro su con il naso e mi volto verso Michael, perché adesso ci sono cose molto più importanti a cui pensare. -Posso farcela, sul serio. Se questo servirà ad aiutarlo, lo farò.-

Il medico si sfila gli occhiali e li appoggia sulla scrivania di fronte a lui, continuando a fissarmi in maniera scettica, come se avessi appena sparato la cazzata del secolo. E io mi devo trattenere sul serio dal tirargli un calcio nelle palle. -Sei giovane, Dean. E sarà un'operazione dolorosa. Sei sicuro?-

Punto gli occhi in quel del dottore, sicuro, senza nemmeno irrigidirmi. Non so nulla di questa operazione ma è l'ultimo tentativo che posso fare per provare a salvare Castiel, e sarebbe comunque la metà di quanto lui è riuscito a fare per me. -C'è una minima possibilità che questo possa salvarlo?-

Il dottore sospira, sembra pensarci su per un attimo e poi annuisce lentamente. -La possibilità che tu possa essere compatibile è molto remota. Ma non inesistente.-

Il cuore mi si riempie di gioia per qualche secondo. -Allora facciamolo.-


ECCOMI QUI!
Parto con lo scusarmi se non ho aggiornato ieri, -mi sento in colpa, di solito rispetto le scadenze- ma appunto tra il cane e lo studio non sono riuscita a trovare nemmeno un momento (adesso corro subito a rispondere alle vostre recensioni) per pubblicare!
Comunque, passiamo a parlare del capitolo... AWWW *-*
A parte che questi due sono dei dolcetti adorabili in qualsiasi situazione, universo o qualsiasi altra cosa possiamo immaginare ma... QUI. Qualcuno mi salvi vi prego perché sto annegando nei troppi feels, nonostante io abbia letto e riletto questa mia "cosa" più di cento volte ormai... 
E poi come promesso, la svolta: so che voi pensate che io sia una cattivona, ma in realtà la svolta c'è stata davvero! Dean ha deciso di donare il midollo. Come mai questa scelta? Ovviamente ama Cas più di se stesso e questo dimostra che è disposto a fare qualsiasi cosa per lui ma ehi, bisogna vedere se saranno compatibili.
Chissà, chissà (io so, ehehehe xD)
E poi Dean che manda la richiesta per l'università? E che fa pace con suo padre e piange tra le sue braccia? Troppi feels.
Ed inoltre, spero che la sorpresa del Pov Cas vi abbia fatto piacere: non era prevista quando ho iniziato a scrivere la storia ma poi ho pensato che inserire un po' dei suoi pensieri sarebbe stato carino. Forse (eheheh) più avanti ce ne saranno altri, ma non vi prometto niente :P
Continuate a crogiolarvi nel dubbio sul finale, io intanto me la rido (voi mi odiate ma io vi amo :P)
Quindi beh grazie a tutte, ci vediamo al prossimo capitolo (spero di aver detto tutto ahahah)

Un abbraccio!

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Capitolo 11
*** Parte XI ***


A Walk To Remember




Parte XI

 

-Dean, no, non te lo lascerò fare, non se ne parla.-

Castiel mi guarda con gli occhi blu un po' lucidi, ma stanno comunque brillando, nonostante io non riesca a distinguere con chiarezza l'emozioni che sta provando in questo preciso momento. Rabbia, forse felicità, sicuramente preoccupazione. Sono lusingato che lui si preoccupi tanto per me, ma ho preso la mia decisione e niente mi farà tornare sui miei passi, non è stato qualcosa che ho scelto a cuor leggero, sono sicuro di quello che faccio e vorrei che lui lo capisse.

-Cas, è una decisione mia- chiarisco, sistemandomi meglio sulla poltroncina accanto al suo letto e guardandolo di sbieco, mordicchiandomi le labbra, perché stare sotto a quello sguardo blu indagatore in questo momento mi fa sentire a disagio.

Lui sbuffa e per un attimo volta la testa dall'altra parte. -Dean, non funzionerà, e tu lo sai, perché devi darti tutte queste false speranze?-

-Non ci provare- quasi mi ritrovo a ringhiare, stringendo con forza i pugni sulle mie cosce. -Non provare nemmeno a dire addio, Cas. Non mollare adesso.-

Questo suo atteggiamento arreso mi irrita, soprattutto perché so che lui è un soldato, un combattente, ha sempre affrontato tutto a testa alta e non capisco perché adesso sembra aver gettato la spugna.

Cas è molto debole ormai, sta quasi sempre a letto e raramente riesce ad alzarsi: so che è una cosa che lui odia, è sempre stato un ragazzo attivo che amava fare mille cose, ma è necessario, deve raccogliere più forze possibili se vuole resistere ancora. E io ho bisogno che lui resista. Ne ho bisogno, perché sarebbe come spegnere la luce e rimanere al buio, se lo perdessi, e non posso lasciarlo andare senza averle provate tutte, prima.

Lui sospira e si sforza di stringersi nelle spalle, artigliando subito dopo la mia mano. -Dean, non volevo coinvolgerti in tutto questo, non.. Non puoi, l'operazione è dolorosa, e io.. Io...-

Sento il suo respiro farsi affannato mentre le lacrime iniziano a scivolargli sul volto pallido ed un po' smagrito ed immediatamente mi sento in colpa per averlo messo in agitazione. -Ehi, ehi, Cas.- Mi sporgo subito verso di lui e gli accarezzo le guance con i pollici, asciugando tutte le lacrime, per poi premere le nostre fronti l'una contro l'altra. Prendo un grosso respiro, riempiendomi i polmoni del suo profumo che nonostante tutto è rimasto ancora uguale, intatto, e poi lascio un bacio quasi impercettibile sulle sue labbra. -Non agitarti, va bene? Andrà tutto bene, sono forte, mi riprenderò. Lasciami fare questa cosa, ti prego. Non lo faccio solo per te, è una decisione egoista, lo faccio anche per me stesso. Per noi.-

Cas alza gli occhi blu troppo scuri e liquidi dentro i miei e mi guarda per un momento che sembra durare un'eternità. Il suo respiro torna lentamente regolare contro la mia bocca, poi lui annuisce e in un certo modo posso dire di aver vinto.

-Sono solo preoccupato per te- pigola, con gli occhi definitivamente chiusi e le dita che sfiorano le mie ancora appoggiate sul suo viso. Inevitabilmente, un sorriso intenerito macchia le mie labbra perché davvero, non è assolutamente concepire che sia lui a preoccuparsi per me ma ehi, penso che sia questo che fanno le persone innamorate.

-Starò bene, te lo prometto, okay?-

Lo sussurro contro il suo orecchio e anche io mi ritrovo con gli occhi chiusi, senza nemmeno averli voluti chiudere davvero, ma va bene anche così.

-Dean, me la fai una promessa?- mi sussurra lui dopo qualche minuto, con voce talmente flebile che quasi stento a sentirlo. Ha piegato la testa indietro per guardarmi meglio e io sono costretto ad allontanarmi un po' da lui per riuscire a fissarlo. Farei di tutto per lui, anche se l'ultima promessa che gli ho fatto non sono stato molto bravo a mantenerla.

-Tutto quello che vuoi.-

Cas sorride appena, prende un grosso respiro e mi accarezza una guancia. Vedo che fa uno sforzo quasi disumano per alzare la mano, così avvicino il viso al suo palmo per lasciarmi toccare e godermi le sue attenzioni. -Promettimi che se morirò, tu... tu continuerai ad essere come sei. Continuerai con la tua vita, andrai alla facoltà di medicina, ti sposerai, farai una bella famiglia e... Sarai felice.-

Quelle parole mi colpiscono dritto in faccia come se un tir mi avesse appena investito. Sento ogni singola parte del mio corpo bruciare, e per un attimo ho davvero paura di morire per autocombustione ma in realtà il dolore che sto provando è tangibile e purtroppo non sembra avere mai fine, ormai, sta diventando un mio fedele compagno. -Cas...-

Non l'ho mai visto così deciso prima d'ora. -Dean, prometti.-

Deglutisco, passandomi una mano sugli occhi per evitare di piangere. -Te lo prometto.-

Sono costretto a rispondere così, anche se una vita senza di lui mi risulta inconcepibile: e forse dovrei smetterla di sognare ed iniziare ad accettare la realtà.

Però poi capisco che finché ho ancora Cas che mi sorride raggiante, vale la pena di continuare ancora a sperare.

 

Quando ho detto a mia madre che volevo donare il midollo, è scoppiata a piangere.

Dopotutto non posso assolutamente biasimarla: è un'operazione molto dolorosa e difficile, e non posso dire di essere un po' spaventato ma insomma, sono sicuro della mia decisione e se questo non potrà aiutare Cas, magari in un futuro potrà aiutare qualcun altro al suo posto.

Adesso sono seduto di fronte al dottore di Castiel, ho firmato decine e decine di moduli differenti, con mia madre al mio fianco che non la vuole sapere di smettere di singhiozzare. Non so se per l'emozione o la preoccupazione, ma questo suo atteggiamento le fa guadagnare qualche occhiata di biasimo dal medico, che mi sta sempre di più sul cazzo.

-Allora, Dean- mi richiama, appoggiando la testa sulle mani incrociate sopra la sua scrivania. -L'operazione funzionerà così: preleveremo un po' del tuo midollo osseo delle ossa piatte del bacino, in anestesia locale visto che sei un ragazzo giovane e sano.-

Annuisco con decisione, ignorando il brivido che mi scuote la colonna vertebrale.

-Questo processo richiede il tuo ricovero, perché tu possa riprenderti dall'anestesia e dai postumi dell'operazione- continua il medico, inforcando di nuovo gli occhiali e mostrandomi su uno stilizzato disegno del corpo umano il punto esatto in cui avrebbero agito. In realtà queste cose già le so, almeno in parte, perché mi sono informato moltissimo sulla malattia e sulle cure, da quando Cas mi ha detto di avere la leucemia: non ho mai avuto tanto l'idea di arrivare a tanto, ma ad un certo punto ho sentito dentro che era la cosa giusta da fare, che poteva essere l'ultima cosa che avrei potuto fare per Cas.

-Sentirà molto dolore?- interviene mia madre, fissandomi per qualche secondo con uno sguardo apprensivo e stringendo istintivamente una mano sul mio ginocchio. Sospiro, un po' esasperato, e poi appoggio delicatamente la mano sulla sua, in una stretta gentile che vuole cercare di darle conforto.

-Ci sono degli effetti collaterali che però non si presentano quasi mai, signora Winchester- la rassicura il dottore, lanciandole un'occhiata sinceramente intenerita, questa volta. -Potrà presentare spossatezza, dolori nell'area interessata ed un po' di nausea. Ah, sarà necessario effettuare un salasso preventivo, perché il sangue andrà reinserito durante l'operazione.-

Alla parola salasso mi si rizzano i capelli sulla nuca ma ehi, è solo una parola, so che alla fine non si tratta di niente di più di un semplice prelievo massiccio di sangue. Deglutisco e mi sporgo un po' sulla scrivania, tracciando con il dito uno dei ghirigori del legno. -Dottore, quante possibilità ci sono che io possa essere compatibile?-

Il dottore sospira e si accascia sulla sedia. -Sarò sincero, poche, ma parliamo solo di numeri. Spesso è più probabile trovare un donatore al di fuori del cerchio famigliare, ma Castiel è stato molto sfortunato fino ad ora.-

Annuisco distrattamente, mentre una cappa di ansia e tristezza mi annebbia mente e cuore; sto continuando a pregare di poterlo salvare, non desidero altro. A qualsiasi costo.

Quando io e mia madre usciamo dall'ospedale e saliamo sull'Impala, rimango per un attimo fermo a fissare il volante con aria un po' trasognata.

-Dean, amore, va tutto bene?- mi chiede lei con un sorrisetto preoccupato, carezzandomi con delicatezza i capelli.

-Non lo so, mamma- ammetto, stringendomi nelle spalle. Ho come una strana sensazione al centro del petto e so benissimo che non c'entra assolutamente niente con l'operazione, è qualcosa di diverso, qualcosa che mi pizzica. -Mi sento come se mancasse qualcosa, come se volessi fare di più per lui.-

Lei mi lancia un'occhiata di rimprovero, poi però sospira. -Dean, quello che stai facendo è davvero nobile, non potresti fare niente di più bello per Castiel.-

Mi mordicchio le labbra, per niente convinto. -So che sto facendo la cosa giusta ma in un certo senso è come se mancasse qualcosa.-

-Pensi che dovresti fare di più?-

-Avrei voluto che Cas potesse assistere ad un miracolo- sussurro, voltandomi per un attimo a guardare fuori dal finestrino. Una volta mi aveva detto che gli sarebbe molto piaciuto vedere un miracolo e io ho pensato subito che magari vederlo guarire sarebbe stato qualcosa di sufficiente, ma in questo momento sento di aver sbagliato tutto.

-Lo ha visto, tesoro- dice mia madre dopo qualche istante di silenzio, lasciando scivolare la sua mano fino ad accarezzarmi una guancia con delicatezza. -Tu sei stato il suo miracolo.-

La guardo a lungo, in silenzio, e questa volta non mi sforzo di soffocare le lacrime.

 

L'illuminazione mi arriva di notte, come sempre, perché ultimamente sempre più spesso non riesco a prendere sonno. Manca una settimana al giorno deciso per la donazione, poi sarei dovuto rimanere in ospedale per un po', sotto controllo, ed inoltre la salute di Cas peggiora a vista d'occhio, quindi non ho più molto tempo per realizzare quello che ho in mente.

La mattina infatti, non sarei riuscito ad arrivare in chiesa più in fretta nemmeno se mi fossi teletrasportato, non so nemmeno quanti semafori rossi ho evitato e quanti stop ho deliberatamente ignorato. Ho preso tutte le scorciatoie che conosco, guidando in stradine strette -rischiando anche di rigare la mia piccola più di una volta- e passando anche per un cortile privato; tutto quello che negli anni passati a fare cazzate avevo imparato, mi si è rivelato estremamente utile, mi sono sentito inarrestabile, sospinto soltanto da ciò che so benissimo di dover fare.

Non mi preoccupo nemmeno del mio aspetto trasandato quando arrivo nella sacrestia, ne mi occupo del mio respiro affannato dovuto al fatto che ho corso lungo la navata per fare il più in fretta possibile.

La porta è aperta e il reverendo Novak mi fissa quando mi vede, un po' stupito, ma poi sposta immediatamente lo sguardo sulla finestra: questo posto è tutto un casino, ci sono carte sparse ovunque e non ci metto molto che questo è il luogo dove lui viene a piangere, dove viene a pensare a Castiel.

-Voglio rimanere solo- dice, con voce roca, tornando a sedersi nuovamente sulla sedia e affondando il viso nelle mani, nello stesso modo di quando ero venuto a chiedergli se potevo uscire assieme a suo figlio.

-Vorrei parlarle.- Mi avvicino risoluto alla sua scrivania e lui mi lancia solo un'occhiata fugace, con un sopracciglio inarcato, prima di tornare ad appoggiare il viso sulle mani. -Non la disturberei se non fosse così importante.-

Michael sospira e io penso che basti e avanzi come cenno d'assenso, quindi mi metto seduto di fronte a lui, e inizio a parlare.

Mi ascolta in silenzio, mentre gli espongo la mia idea.

Solo quando ho finalmente finito, torna a guardarmi, con gli occhi decisamente spalancati: non so cosa ne possa pensare, ma grazie al cielo non si oppone.

Si asciuga gli occhi con le dita e si volta di nuovo verso la finestra.

Probabilmente persino lui è troppo shockato per dire qualcosa.

 

-Dean, non ti aspettavo- è quello che mi dice Castiel con il suo solito sorriso, quando mi vede. Nonostante tutto, nonostante il fatto che la malattia lo stia indebolendo sempre di più, continua a sorridermi sempre nello stesso modo quando mi vede ed è la cosa più piacevole del mondo. E' pallido, terribilmente pallido, ma questo suo sorriso mi fa capire che sta ancora lottando, che non si è arreso.

-Scusami se vengo qui a quest'ora- gli dico un po' imbarazzato, prendendo la solita poltroncina e sedendomi accanto a lui, vicino al suo letto. Vederlo sdraiato così mi fa venire un groppo in gola e subito sento il desiderio di mettermi al piangere, ma forse non è il momento.

Lui solleva lentamente la mano e io gliela bacio, per poi chinarmi in avanti e baciargli anche una guancia. -Puoi venire qui quando vuoi, lo sai- dice sempre sorridendo, questa volta un po' più stancamente.

Rimango a lungo in silenzio e il mio sorriso intenerito piano piano sfuma, lasciandomi solamente con un'espressione seria e concentrata. Quello che sto per chiedergli probabilmente cambierà la vita ad entrambi, ed una parte di me spera sinceramente che lo faccia per sempre, ma se sarà anche per pochissimo, me lo farò bastare. -Mi ami, Cas?-

La mia voce sta tremando palesemente e lui mi fissa per un secondo come se non capisse il senso di questa mia domanda, con la sua solita espressione confusa e la testa inclinata di lato e la fronte aggrottata. Ma poi prima di parlare il suo tono si addolcisce e il suo viso si rilassa. -Più di ogni altra cosa la mondo.-

Mi mordicchio le labbra trattenendo un sorriso emozionato ed imbarazzato come la peggiore delle ragazzine innamorate perse e mi guardo per un secondo le mani, tentando di trovare il coraggio di parlare. -La faresti una cosa per me?-

Cas si intristisce improvvisamente e per un attimo ho paura di aver scelto le parole sbagliate: distoglie lo sguardo, gli occhi resi ancora più blu dalla tristezza. -Non so se sono più in grado di farlo, Dean.-

Scuoto la testa e gli stringo la mano, come per convincerlo del contrario. -Ma se potessi, la faresti?-

Non riesco a descrivere in maniera giusta l'intensità dei sentimenti che provo in questo momento. Amore, rabbia, tristezza, speranza e paura si mescolano nel mio animo, resi ancora più intensi dal nervosismo. Castiel mi lancia un'occhiata incuriosita, perché sicuramente non ha ancora capito dove questo mio discorso voglia andare a parare, e mentre mi perdo nei suoi occhi troppo intensi il mio respiro si fa affannoso. Non ho mai sperimentato dei sentimenti tanto forti nei confronti di un'altra persona e cavolo, è la fottuta sensazione migliore del mondo. Mentre continuo a guardarlo, questa consapevolezza mi fa di nuovo sperare di poter cambiare le cose, di poterlo far guarire miracolosamente o anche in maniera più realistica che io e lui risultiamo compatibili. Sono pronto a scambiare la mia vita con la sua, anche, se bastasse per salvarlo. Vorrei dirglielo ad alta voce, ma il suono della sua voce mi strappa con forza dalle emozioni che stanno sgomitando dentro di me.

-Certo che lo farei, Dean- dice infine, con la voce debole eppure piena di sicurezza e promesse, una piccola ombra del Castiel che era stato fino a qualche mese prima.

Cerco di ritrovare il controllo di me stesso e lo bacio di nuovo, questa volta sulle labbra, senza riuscire a trattenere un sorriso emozionato, poi gli appoggio delicatamente una mano sul viso, accarezzandogli una guancia con il pollice. I suoi occhi sono gentili e la sua pelle è tremendamente morbida, nonostante tutto, ed è perfetto anche in questo momento.

Però davanti al suo sguardo carico di aspettativa mi si forma un altro nodo proprio in gola ma ormai so con certezza cosa voglio e cosa devo fare per renderlo definitivamente felice.

Devo accettare il fatto che non era completamente in mio potere guarirlo, nonostante mi stia impegnando anche sotto quel punto di vista, quello che voglio fare è dargli qualcosa che lui aveva sempre desiderato, realizzare la sua numero uno.

E' quello che in qualche modo il mio cuore ha sempre cercato di suggerirmi, ultimamente, anche dopo essermi offerto per la donazione del midollo.

Allora capisco che Castiel mi ha già dato la risposta che stavo cercando, che avevo continuato a cercare per tutto quel tempo. Mi aveva dato la risposta sulla cima dell'orfanotrofio di Zaccaria, sotto un mare di stelle, sussurrandola direttamente contro la mia guancia, mentre lo abbracciavo.

Deglutisco e gli sorrido, mentre lui mi stringe la mano, come per infondermi coraggio per quello che sto per fare. I suoi occhi sono carichi di aspettativa e forse una parte di lui ha già capito, perché Cas rimane comunque un ragazzo terribilmente intelligente.

Prendo un grosso respiro, prima di piegarmi su di lui e fissarlo dritto in quei fanali blu che si ritrova al posto degli occhi. Il cuore mi batte talmente forte nella cassa toracica che per un attimo temo possa sfondarla, specialmente quando infine mi decido a parlare: -Vuoi sposarmi, Cas?-

E non sono affatto pronto alla reazione di Cas: i suoi occhi si sgranano moltissimo fino a sembrare due strappi di cielo notturno, è sconcertato, come quando gli ho detto di amarlo per la prima volta, ma poi un sorriso fantastico nasce sulle sue labbra mentre annuisce quasi freneticamente con la testa, per poi mormorare un -Sì- nella maniera più dolce possibile.

Poi lui si mette definitivamente a piangere, mentre lo bacio con un sorriso grato ed emozionato, e forse queste sono le prime lacrime di gioia che versa dopo parecchio tempo.

E io mi sento finalmente completo.

 

Spiegare il tutto ai miei genitori risulta davvero un cazzo di problema.

Entrambi pensano che lo faccia soltanto per Castiel e tutti e due hanno cercato di dissuadermi, soprattutto dopo aver saputo che lui aveva detto di sì. Quello che non capiscono però è che lo sto facendo anche per me, soprattutto per me.

Sono innamorato di lui, al punto che non mi importa affatto se lui sia malato o se non supererà quest'anno o se il mio midollo non risulterà compatibile con il suo. Non mi importa se avremo poco tempo per stare realmente insieme, né mi interessa più di tanto la parte fisica della nostra relazione.

Mi interessa solo fare quello che mi detta il cuore. Dentro di me sento che è tipo davvero la prima volta che faccio la cosa giusta in tutta la mia schifo di inutile vita. Alcuni sicuramente si chiedono se il mio gesto non sia stato ispirato dalla pietà o altri ancora magari si chiedono se l'abbia fatto perché Cas rischia di morire e quindi il nostro legame non mi avrebbe incatenato più di tanto.

Beh, a queste persone non posso fare altro che dire vaffanculo.

Sposerei Castiel Novak anche se il miracolo per cui sto pregando si avverasse. Lo sapevo quando gliel'ho chiesto e lo so ancora adesso. Cazzo, lo sposerei mille volte.

Castiel non è soltanto l'uomo che amo. In quest'anno lui mi ha fatto diventare l'uomo che sono, l'uomo che ho sempre sperato di essere segretamente. Con la sua mano ferma, mi ha mostrato quanto sia importante aiutare gli altri, con la sua pazienza e la sua dolcezza mi ha fatto capire il vero significato della vita. La sua allegria e il suo ottimismo, persino nel momento più drammatico della malattia, sono state la dimostrazione di amore più grande che avessi mai ricevuto in tutta la mia esistenza. Grazie a lui sono riuscito persino a riavvicinarmi a mio padre e a risanare le ferite che esistevano nel nostro rapporto. Castiel mi ha salvato la vita, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata -e no, non prendetevela se cito Titanic in un momento tanto solenne ma ehi, concedetemelo.-

Castiel mi ha cambiato, mi ha reso migliore e ha creduto in me quando nessuno ormai sembrava aver voglia di farlo.

Lui mi ha insegnato tutto. La fiducia, la bellezza, l'amore, la gioia, la lealtà. Il nostro amore è come il vento; non lo vedo, ma lo percepisco. In ogni singolo istante.

Perciò agli scettici dico ancora vaffanculo.

Certo, però, organizzare il matrimonio diventa davvero complicato.

In primis perché siamo due ragazzi e il desiderio di Castiel è quello di sposarsi nella chiesa di suo padre, dove è cresciuta sua madre; di conseguenza bisogna predisporre il rito civile all'interno della chiesa e nonostante tutto, con un po' di pressione da parte di mio padre, riusciamo a convincere tutti ad organizzare il rito in chiesa.

E poi siamo entrambi minorenni quindi passiamo un sacco di tempo a far firmare scartoffie inutili ai nostri genitori, nelle quali sottoscrivono il consenso ad unire nel contratto matrimoniale i loro figli. Il reverendo Novak si mette persino a piangere e mi abbraccia quando tocca a lui firmare.

Ma Castiel. Castiel da quando gli ho chiesto di sposarmi mi guarda come se fossi tutta la sua vita, l'unica cosa davvero importante e soprattutto non la smette di sorridere. Mai.

Il matrimonio è stato fissato qualche giorno prima della mia operazione, perché dopo per me sarebbe stato impossibile andare alla cerimonia visto che dovevano ricoverarmi -questo nonostante le mie proteste, perché più avanti si andava più Castiel si indeboliva-.

Adesso siamo seduti sul balcone della sua camera, Cas ha gli occhi puntati sul cielo e io su di lui, perché è l'unica cosa che riesce ad attirare la mia attenzione. Sistemo istintivamente la felpa che gli ho regalato sulle sue spalle e sistemo il ciuffo nero dei suoi capelli che esce fuori dal cappuccio, premendogli un bacio sulla fronte. -A cosa stai pensando?-

Castiel sospira e appoggia la testa contro la mia spalla e io lo avvolgo con un braccio, tirandomelo più vicino anche per farlo sentire al caldo. -A quanto si può essere felici, anche quando sai che stai per morire.-

Senza riuscire a trattenermi, mi irrigidisco e volto la testa di lato con uno scatto perché non voglio che lui scorga l'espressione rabbiosa che mi è nata sul volto. -Cas, smettila. Non parlare come se fossi già morto.-

Lui solleva la testa e mi guarda con un sopracciglio inarcato. -Non siamo ancora sposati e già litighiamo come una coppia di anziani?-

Mio malgrado mi ritrovo a ridere come un coglione, appoggiando la fronte contro la sua. Chiudo gli occhi e prendo un grosso respiro, tirandogli un po' indietro il cappuccio per poter accarezzare la sua nuca, ascoltando in silenzio il suo gemito compiaciuto. -Scusami, forse è una cosa egoista chiederti di continuare a lottare.-

-Sarebbe egoista smettere di farlo, Dean.- Lui mi preme un bacio delicatissimo sulle labbra, ma il suo sapore e il suo profumo mi investono con l'intensità di uno tsunami. -Sto lottando solo per te, e mi biasimo un po' per questo, ma tu sei l'unica cosa che mi fa venire voglia di continuare a vivere. Forse Dio ci ha abbandonati da un po', ma se ci sei tu non riesco davvero a sentirmi perso.-

Trattengo per un attimo il respiro, emozionato come sempre, ma poi lo stringo di più a me prima di sistemare di nuovo il cappuccio sulla sua testa, trovandolo dannatamente adorabile. -Sempre così sdolcinato- borbotto, palesemente rosso sulle guance, cercando di nascondere in qualche modo il tamburellare furioso del mio cuore.

Questa volta è il turno di Cas di scoppiare a ridere e mentre ci baciamo, per un attimo agli occhi degli altri potremmo sembrare solamente una coppia di adolescenti con gli ormoni impazziti e non due ragazzi che, volenti o no, sono diventati adulti un po' troppo presto.


Allora, un grosso saluto!
Parto con lo scusarmi se non ho aggiornato ieri sera, ma sono uscita e di conseguenza sono tornata troppo tardi, non avevo voglia di accendere il pc xD Perdonatemi!
Chiedo anche scusa se questo capitolo è più corto degli altri (una pagina di word in meno) ma è più una sorta di nodo, di sblocco, specialmente perché il prossimo sarà il penultimo prima del prologo! Ed infatti ci tenevo a mettere il matrimonio e l'operazione di Dean in un unico capitolo :D
Siamo quasi arrivati alla fine di questa storia e mi sembra un miraggio, se devo essere sincera.... Comunque, passiamo a commentare questo capitolo!
Allora, in poche parole direi che Dean che chiede a Cas di sposarlo sia tipo la cosa più dolce che mente umana possa essere in grado di concepire ** Sono adorabili, e Cas nonostante sia malato fa anche quella battuta adorabile e aiuto, mi sento male sul serio.
Comunque, non c'è molto altro da dire, a parte il fatto che Dean adesso sa di aver fatto tutto ciò che è in suo potere per rendere felice Cas, sia che lui riesca a sopravvivere, sia che lo abbandoni.... Il prossimo capitolo sarà decisivo, Dean si farà operare, si sposeranno e finalmente scopriremo se sono compatibili.... forse.. Si lo so, sono una carogna, ma in realtà le cose si chiariranno per bene nell'epilogo xD
Comunque, sono in ritardissimo e devo ancora rispondere alle vostre recensioni del prossimo capitolo...

Vi dico anche che stasera, massimo domani, dovrei pubblicare una ONE SHOT malsana che mi è venuta in mente qualche giorno fa -le idee le ho tutte, devo soltanto mettermi a scrivere- e dopo la stesura di Morso del Destino mi sto mettendo in fissa con lo smut, so preparatevi ad una bella Omegaverse!Au, niente di particolarmente eccezionale ma mi farebbe piacere se la leggeste :*

Dopo questa pubblicità patetica, vi mando un bacio grandissimo!
Alla prossima!

 

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Capitolo 12
*** Parte XII ***


A Walk To Remember




Parte XII

 

Il giorno del matrimonio sono nervoso come una checca isterica; non vorrei doverlo ammettere, ma purtroppo è così, in fondo sto per sposarmi. Improvvisamente mi ritrovo a compatire quelle povere donnette tutte sclerate il giorno delle nozze e mai nella mia vita avrei potuto credere che mi sarei trasformato in una di loro.

Tutto quello a cui riesco a pensare, però, è che sto davvero per sposare l'uomo che amo più di ogni altra cosa al mondo, e di conseguenza non c'è spazio per altro nella mia mente. Se qualche mese fa qualcuno mi avesse detto che avrei finito con lo sposarmi prima di compiere effettivamente diciotto anni, gli avrei riso in faccia e lo avrei fatto rinchiudere in qualche specie di manicomio.

Ma adesso sono qui, all'altare, ad aspettare Castiel con il cuore in gola, le mani sudate e le guance più rosse di quanto probabilmente io le abbia mai avute. La chiesa è piena di gente, ci sono quasi tutti i nostri compagni di scuola con i loro genitori e anche qualche curioso che è accorso per capire cosa stia succedendo -come se la notizia di due adolescenti maschi che si sposano con il rito civile in chiesa non si sia già sparpagliata per tutta la città-.

Avrei voluto Sammy come testimone ma purtroppo è troppo piccolo, quindi ho chiesto a mio padre; lui è stato ben felice di accettare e non ho potuto fare a meno di pensare che tutto questo è merito di Cas, è solo grazie a lui se sono riuscito a recuperare un qualche rapporto con lui, se sono riuscito a perdonarlo completamente.

-Tesoro, sei bellissimo- mi sussurra mia madre per tipo la centesima volta mentre mi sistema il completo elegante blu che indosso. Alzo gli occhi al cielo, senza però evitare di sorridere; vederla davanti a me, con gli occhi lucidi e tutta indaffarata e preoccupata per me, mi scalda veramente il cuore e posso chiaramente capire quanto sia fiera di me.

-Mamma, ti prego, mi metti in imbarazzo- borbotto perché insomma, io sono Dean Winchester e le mie abitudini sono dure a morire, più di tutte le altre, ma non mi sforzo nemmeno questa volta di trattenere l'ennesimo sorriso affettuoso.

Sto per aprire bocca e rispondere ad una battutaccia di Sammy, davvero inopportuna, quando le porte della chiesa finalmente si aprono e cavolo -non penso più cazzo in chiesa-, potrei svenire in questo preciso istante; l'organo prende a suonare e senza nemmeno accorgermene ho già gli occhi umidi.

Castiel ormai è troppo debole per camminare quindi quando lo vedo seduto sulla sedia a rotelle non mi stupisco e non riesco nemmeno ad evitare una smorfia. Però è bellissimo, avvolto in un abito nero, con un sorriso in grado di illuminare la città e gli occhi blu che scintillano come strappi di cielo colmi di stelle.

Però poi, vederlo alzarsi in piedi con tutta la forza che gli rimane, combattivo come sempre, stretto saldamente al braccio del padre, mi strappa il respiro che subito si fa affannato: vuole a tutti i costi percorrere la navata in piedi, nonostante non si sia quasi mai alzato dal letto per due settimane e cazzo, mi sto per mettere a piangere ancor prima di iniziare. Sta camminando verso di me, verso di noi e verso quello che spero si trasformi in un futuro insieme.

Mia madre si sta asciugando gli occhi con un fazzoletto quando finalmente comincia la vera e propria marcia nuziale. Lentamente, Cas e il reverendo si incamminano lungo la navata, mentre tutti in chiesa -compreso il sottoscritto- trattengono il fiato per l'emozione.

A metà della navata, Cas si ferma di scatto, sembrando decisamente affaticato e per un attimo temo il peggio e sono tentato di sporgermi verso di lui per soccorrerlo e sorreggerlo, come sempre sopraffatto dal mio lato apprensivo, ma alla fine non si rivela necessario.

So che passano solo un paio di secondi, ma per me sembrano un'eternità, mentre l'ansia mi stritola il cuore così forte da fare quasi male; Cas fa un lieve cenno con il capo e ricomincia a muoversi, sostenuto da Michael, con il mento alto e gli occhi finalmente fissi nei miei.

Il mio cuore trabocca di orgoglio e soddisfazione.

Il mio uomo.

Il mio bellissimo e coraggioso uomo.

Questa è una di quelle camminate che ti ricorderai per sempre. Che io ricorderò per sempre.

Qualcuno ha spinto la sedia a rotelle fino all'altare, mentre Cas e suo padre mi vengono in contro. Quando alla fine lui mi è accanto, finalmente, si sentono esclamazioni di gioia e poi scoppiano tutti in un applauso sentito. E Cas si siede di nuovo sulla sedia a rotelle, con un'espressione sfinita, ma appagata e felice.

Con un sorriso mi inginocchio per essere alla sua stessa altezza; gli premo un bacio sulla fronte e stringo istintivamente una sua mano nella mia, mimando un -Ti amo- con le labbra. Cas mi guarda, sta sorridendo e i suoi occhi traboccano di felicità, ma risponde al mio ti amo esattamente allo stesso modo, intrecciando le nostre dita insieme e stringendole forte in quella che a tutti sembra una tacita promessa.

Michael stringe per un attimo la spalla del figlio e poi gli si siede accanto, palesemente nervoso mentre i rappresentanti dello Stato danno il via alla cerimonia: devo dire che il reverendo Novak, tutto indaffarato ed in ansia -questa volta piacevole- per suo figlio sembra aver definitivamente abbandonato la maschera di austerità che si è sempre portato dietro. Però lo vedo ancora lottare con se stesso, mentre stringe una mano sul ginocchio di Castiel e posso capire quanto sia preoccupato.

Mi volto per un attimo a guardare l'impiegato che ci è stato mandato per celebrare il rito: deve avere tipo tremila anni, visto che ha i capelli bianchi come la neve e degli occhiali spessi come dei fondi di bottiglia. Una volta sistemato di fronte a noi, rimane a guardarci un po' confuso -forse il fatto di trovarsi due ragazzi così giovani lo ha colto di sorpresa- ma poi si stringe nelle spalle e continua con la cerimonia.

Quando arriva il momento fatidico, quello che sto aspettando da una settimana o inconsciamente da una vita intera, sento le gambe farmisi molli e devo stringere più forte la mano di Castiel per evitare di svenire come una ragazzina.

Vuoi tu, Dean Winchester, prendere Castiel Novak come tuo legittimo sposo?

-Lo voglio- rispondo con sicurezza, gli occhi sempre puntati in quelli di Cas. Ci metto un po' ad accorgermi che la mia voce sta tremando anche troppo e che da un momento all'altro potrei piangere sul serio; non ho mai provato un turbinio così intenso di emozioni diverse e vorrei che questo momento potesse durare per sempre.

Vuoi tu, Castiel Novak, prendere Dean Winchester come tuo legittimo sposo?

Castiel rimane in silenzio per qualche secondo, quanto basta per far trattenere il fiato a tutti gli invitati: ma io non ho dubbi nemmeno per un secondo su quello che avrebbe risposto, mi basta guardarlo negli occhi per capire che si sta semplicemente prendendo il suo tempo per osservarmi come se fossi un'opera d'arte preziosa, dal valore inestimabile e sotto il calore di questo sguardo mi sento quasi sciogliere.

-Lo voglio- dice poi debolmente ma con un tono dolcissimo, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita, come se queste fossero le parole che più avrebbe voluto pronunciare, come se l'aria che respirasse servisse solamente a farlo diventare mio marito.

Stringo la sua mano in una tacita risposta, in una tacita dichiarazione, poi prendo l'anello che Sammy tiene in mano, concedendomi di scompigliargli i capelli prima di sistemare il gioiello sull'anulare di Cas. Gli sta un po' largo, ma l'argento brilla in una maniera fantastica e crea un contrasto piacevole con la sua pelle chiara.

Mio marito -ancora mi fa strano pensarlo- fa lo stesso con me e io non riesco a trattenere un piccolo gemito, non so nemmeno perché, forse è l'unico modo in cui in questo modo riesco ad esternare il casino che ho dentro.

Quando mi piego per baciarlo con dolcezza, sento come se ci fosse uno spettacolo pirotecnico in corso nel mio stomaco: le labbra di Cas sono dolci, morbide come sempre ed in effetti sono un po' salate, ed è solo così che mi accorgo che il mio stupido angelo si è commosso.

Premo la fronte contro la sua senza riuscire a trattenere una risata, mentre mia madre si è messa di nuovo a piangere o mentre mio padre mi dà delle pacche sulle spalle continuando a ripetere “Sono fiero di te, figliolo”.

Sono così felice in questo momento che non riesco nemmeno a descriverlo a parole: ho promesso davanti al mondo il mio amore e la mia devozione completa verso di lui, in salute ed in malattia e non mi sono mai sentito meglio, più in pace con me stesso, realizzato.

E so con certezza che, mentre stringo la mano di Castiel prima di firmare il contratto di matrimonio, questo sarà il momento che ricorderò come il migliore di tutta la mia vita.

Perché Castiel non è solo l'angelo che ha salvato me.

Lui è l'angelo che ha salvato tutti noi.

 

(Pov Cas).

 

Ho sempre odiato gli ospedali.

E paradossalmente, per un bruttissimo scherzo del destino o per un disegno divino un po' sbavato, fin da quando ero piccolo sono stato costretto a passarci molto tempo. Accompagnavo spesso mia madre a fare delle visite mediche proprio qui, nonostante mio padre fosse contrario, e quei ricordi fanno ancora male: me ne stavo fuori a disegnare qualcosa da regalarle, con la speranza che poi attaccasse tutti i miei disegni più belli sul frigo con una calamita colorata, ma poi tutto il mio entusiasmo si spegneva quando mi ritrovavo mia madre stesa su un letto in una di queste stanza prive di vita.

Era una sensazione orrenda.

Ho sempre amato il profumo di mia madre: ora che sono passati tanti anni lo ricordo ancora chiaramente. Sapeva di lavanda, e miele, e torte e gelato e coccole e altre mille cose che ormai non conosco più molto. Ma da quando era ricoverata non aveva più lo stesso odore, sapeva di freddezza, di medicinali e di disinfettante e di lattice e ricordo che non mi piaceva per niente, tanto che i nostri abbracci iniziarono a durare sempre di meno.

-Ehi, maritino, a cosa stai pensando?-

La voce di Dean mi strappa dai miei pensieri e quindi alzo subito lo sguardo su di lui, in maniera quasi istintiva -è sempre così per me, quando lui è nei paraggi mi sento come un satellite che orbita attorno al proprio pianeta-: vederlo steso a letto, a guardarmi con i suoi solito occhi verdi e un po' troppo curiosi, mi causa una stretta dolorosa allo stomaco. Solo adesso riesco a capire come si sia sentito in queste ultime settimane e non posso evitare di sentirmi in colpa.

Tuttavia non riesco a trattenere un sorriso divertito a quel soprannome. Ci metto poco però a tornare serio, perché qui stiamo parlando della sua salute. -Sai che non sei costretto a farlo, vero?-

Dean alza gli occhi al cielo e sbuffa, stringendosi nelle spalle, mentre sulle labbra spunta quel suo solito ghigno un po' sbilenco, quello stesso ghigno che mi ha un po' fatto innamorare. -Ne abbiamo già parlato, sono indistruttibile, quindi smettila di preoccuparti.-

-Se ti succedesse qualcosa, io...-

Non riesco nemmeno a finire di parlare perché Dean si è alzato a sedere di scatto e mi ha zittito con un bacio: non posso evitare di sorridere come uno stupido perché questo è proprio tipico di lui, quindi mi abbandono al bacio con un sospiro e serro subito gli occhi, cercando di godermi il momento. Sento male ovunque ma è tutto sopportabile grazie agli antidolorifici ma in qualche modo so che questo bacio potrebbe farmi stare meglio senza nemmeno tutta la chimica che mi circola in vena in questo momento ed inoltre non voglio dargli troppe preoccupazioni.

-Te l'ha mai detto nessuno che parli troppo?- mi chiede lui con un sopracciglio inarcato, mentre lascia scorrere il dorso della mano sulla mia guancia in una carezza gentile.

-Tu, mille volte- rispondo con un sorriso, sfiorandomi istintivamente le labbra con la punta della lingua, riuscendo a sentire ancora chiaramente il suo sapore.

Lo vedo alzare gli occhi al cielo, prima di sbuffare una risata. -Cas, era una domanda retorica.-

-Oh- borbotto, aggrottando le sopracciglia in maniera confusa. La sua ironia mi sfugge sempre, e la cosa mi mette anche un po' in imbarazzo, quindi non riesco ad evitare di arrossire. -Le mie scuse.-

Dean mi guarda per un secondo poi ride di nuovo e io mi ritrovo ad innamorarmi di lui un'altra volta: quando ride è magnifico, mentre mostra i denti bianchissimi, le rughette attorno agli occhi verdissimi e la fronte leggermente aggrottata. Ho voglia di baciarlo ancora una volta, ma mi limito ad intrecciare le nostre dita insieme e a guardarlo, perché per noi i silenzi valgono più di mille parole o di mille altri gesti.

Il giorno della sua operazione è arrivato troppo in fretta: da un lato sono fiero di lui e di quello che ha deciso di fare, che sicuramente aiuterò molte altre persone, ma un altro lato di me è terrorizzato da quello che gli può succedere, anche se spesso hanno provato ad assicurarmi che non c'è nessun rischio veramente tangibile.

-Cas, calmati, va bene?- mi sussurra lui con un sorrisetto questa volta dolce, mentre torna a stendersi sul letto senza però lasciare la mia mano. Mi accorgo solo in questo momento di avere il respiro affannato. -Andrà tutto bene.-

Annuisco freneticamente perché in questo momento più che mai ho bisogno di un qualche tipo di certezza a cui aggrapparmi. -Ti amo, Dean.-

Lui sorride di nuovo, piegando appena la testa di lato e portandosi la mia mano alle labbra per baciarla. Mi guarda in una maniera assurda, rovente, e tutto di lui sembra urlare Ti amo anche io, ma le sue labbra si piegano di nuovo in quel suo solito ghigno da sbruffone. -Lo so, sono fantastico.-

Ignorando una fitta di dolore ad ogni singolo osso del corpo, alzo gli occhi al cielo perché in fondo Dean non cambierà mai e di questo sono orgogliosamente felice. Vorrei ribattere qualcosa, qualsiasi cosa, ma il rumore secco della porta che si apre mi fa voltare.

Mi giro a guardare il dottore che stringe tra le mani una cartelletta e ha gli occhiali sul naso. -Allora, signor Winchester, è pronto?-

Dean annuisce con sicurezza. -Sono nato pronto, doc.-

E se il momento non fosse così tragico e tensivo, alzerei di nuovo gli occhi al cielo. A questo punto mio marito mi guarda e mi sorride e il mio cuore prende a battere furiosamente perché lui mi fa sempre questo effetto.

-Ci vediamo più tardi, Cas- sussurra con dolcezza, dopo avermi dato un leggerissimo bacio a stampo. Anche se vorrei dirgli mille cose -grazie, ti amo, torna da me, ti aspetto, grazie, ti amo, ti amo, ti amo-, non riesco a rispondere niente, mi limito solamente a guardare il medico mentre porta via il suo lettino con le ruote, verso la sala operatoria.

-Sì, a più tardi- sussurro alla stanza ormai vuota.

 

(Pov Dean).

 

Una volta uscito dalla sala operatoria, l'unica certezza che ho è che non mi sento più le gambe. Sono ancora steso su questo strano lettino -o forse mi ci hanno spostato, ad un certo punto? Non me lo ricordo nemmeno-, e adesso mi stanno di nuovo spingendo nella stanza che mi hanno assegnato da quella mattina.

Sono arrivato presto, verso le dieci, ma mi hanno prelevato il midollo soltanto nel primo pomeriggio -ed è stata durissima per me rimanere a digiuno, apprezzate lo sforzo- e a fine operazione mi hanno di nuovo immesso il sangue che ieri hanno prelevato.

Mi sento intontito, gli occhi mi fanno male per la luce forte della sala operatoria, ma nel complesso sto bene. Pensavo sarebbe stata un'esperienza piuttosto segnante ed invece non ho sentito praticamente nulla, fatta eccezione per il pizzicorio dell'ago dell'anestesia.

Un'infermiera piuttosto anziana che tipo dovrebbe essere in pensione dall'era dei sarcofaghi mi sorride in maniera gentile, dicendomi che presto avrei rivisto tutte le persone a cui tengo.

Aggrotto un po' la fronte ma non dico niente, e quando il mio letto torna nella saletta trattengo il respiro, visto che ci sono proprio tutti. C'è mia madre, seduta su una di quelle sedie di plastica che appena mi vede salta sul posto e cerca di frenare l'istinto di saltarmi addosso; c'è Sammy che ora sta sorridendo e che non si frena proprio, anzi, corre accanto al mio letto urlando qualcosa come “Fratellone, come stai?”; c'è mio padre, che sta palesemente fingendo di trattenersi, ma in realtà il suo mordicchiarsi le labbra tradisce la sua ansia; c'è il signor Novak che, sono pronto a giurarlo sulla bandiera americana, ha gli occhi un po' lucidi; ed infine c'è lui.

Castiel, accoccolato sulla sua sedia a rotelle e pallido come un fantasma, mi guarda con gli occhi blu pieni di preoccupazione, orgoglio e sollievo e mi basta perdermi in quelle iridi dannatamente profonde per sentirmi a casa.

-Ehi, famiglia- borbotto e a stento riesco a riconoscere la mia voce, talmente è impastata.

Tutti scoppiano in un casino fatto di lacrime e risate e subito si avvicinano al letto. Castiel prima di tutti, nonostante sia sulla sedia a rotelle, mi è accanto, stringendo la mia mano e premendomi un bacio sulla fronte.

-Ehi, ehi, calmi, non ho mica affrontato un'operazione a cuore aperto- dichiaro con un sorriso divertito, voltando appena la testa per guardare uno ad uno tutti i presenti. Mia madre mi accarezza i capelli, Sammy mi scruta con attenzione e mio padre mi stringe amorevolmente una spalla, come a farmi coraggio.

-Ero così preoccupato- mormora Cas contro il mio orecchio, visto che nel frattempo ha appoggiato la fronte nell'incavo della mia spalla e respira il mio profumo come se solo in questo momento sia tornato finalmente a respirare.

Mi trattengo dal roteare gli occhi solamente perché so cosa vuol dire temere di perdere la persona che ami, quindi stringo di più la sua mano: e okay, non è colpa mia se arrossisco come un dodicenne. Io e Cas ci amiamo e la cosa è ormai di dominio pubblico, l'ho sposato praticamente davanti a tutta la città ma scambiarci certe smancerie davanti ai miei genitori, a mio fratello e suo padre mi mette ancora profondamente in imbarazzo.

E non lamentatevi troppo, in fondo rimango sempre Dean Winchester.

-Pensavi di liberarti di me tanto facilmente?- sussurro contro le sue labbra una volta che lui ha alzato la testa per guardarmi negli occhi ed in qualche modo riesco a trovare la forza per alzare una mano ed asciugargli una lacrima che è sfuggita al suo controllo.

Castiel ride ed è un suono così bello che vorrei potermelo incidere nel cuore, così da poterlo riascoltare liberamente tutte le volte che voglio.

-Ti ringrazio per quello che hai fatto, Dean.-

E' la voce del reverendo.

Subito alzo lo sguardo su di lui e dopo qualche istante di indecisione gli sorrido: so che questo è il suo modo di dirmi che ormai mi ha accettato, che sono diventato una parte importante della vita di suo figlio e di conseguenza anche della sua ed in fondo non posso che essergli grato perché andiamo, senza la sua approvazione non avrei potuto nemmeno provare a respirare la stessa aria di Castiel, figuriamoci uscire con lui, sposarlo e tutto il resto.

-Non deve ringraziarmi- chiarisco, quando il silenzio nella piccola stanzetta inizia a farsi pesante. Le dita di Castiel salgono fino ad accarezzarmi i capelli più lunghi e quel semplice gesto mi rilassa -so che sta sorridendo, non ho nemmeno bisogno di guardarlo-.

Il pomeriggio tardi passano a trovarmi tutti i miei vecchi amici -sicuramente deve averli trascinati qui Benny- e anche Garth; stiamo aspettando con ansia i risultati per la compatibilità, ma mi fa piacere avere tutti riuniti qui assieme a Castiel, mentre scherziamo come dei veri adolescenti dovrebbero fare.

C'è anche Adam, che si è scusato per entrambi per il comportamento che ha avuto e io sono ancora tentato di tirargli un calcio nelle palle, ma quell'anima buona di Castiel si limita semplicemente a sorridergli raggiante e a stringergli la mano poco dopo, in un chiaro segno di pace e di perdono.

C'è persino Lisa, comunque. E' stata in silenzio per quasi tutto il tempo, lanciandomi occhiatine quando pensava di non essere vista, si è soltanto limitata a darmi un goffo abbraccio e ad sussurrarmi un timido “Sei con chi devi stare, immagino” che ha senso solo per lei.

Se intendeva che io e Cas siamo stati praticamente creati per stare insieme, sì, inizio a pensarlo anche io.

 

Il medico entra nella mia camera quando ormai è sera, i miei amici se ne sono andati da un pezzo e le nostre famiglie hanno lasciato me e Cas un po' da soli, visto che da quando sono uscito dalla sala operatoria non abbiamo ancora avuto un momento solo per noi due.

Inevitabilmente, quando lo vedo entrare sento un brivido percorrermi ogni singolo centimetro; qualcosa dentro di me si incrina perché so che da un momento all'altro riceveremo il verdetto, e riesco a sentire anche il corpo di Cas irrigidirsi, seduto accanto al mio letto.

-Ho i vostri risultati- dice il medico con il solito tono distaccato, tipico di chi si è allenato anni ed anni per riuscire a non far trasudare nemmeno una goccia di emozione dalla propria voce o dalla propria espressione.

Mi volto per un secondo a guardare Cas, che sembra come paralizzato e di sicuro non è in grado di spiccicare parola, in questo momento. Quindi inarco un sopracciglio, porto di nuovo il mio sguardo sul medico e sussurro con voce spezzata: -E?-

Lui si avvicina di un passo, apre la cartella medica, inforca gli occhiali legge attentamente, in silenzio. La sua espressione è ancora impassibile, mi chiedo come faccia, ma so per certo che darei di tutto per riuscire a leggere qualcosa in questa faccia da culo che si ritrova.

-Ho esaminato personalmente i vostri profili- spiega, alzando finalmente gli occhi nei miei. Fissa per un secondo anche Castiel, poi ripiega la cartelletta e se la infila sotto un braccio. Sono ad un passo dall'alzarmi da questo dannato letto e prenderlo a pugni o dargli una fottuta scrollata per costringerlo a parlare, invece di fare tanto il misterioso, ma rimango inchiodato dove sono anche perché le gambe non mi reggerebbero per niente, sono ancora mezze intorpidite.

-I vostri midolli non sono compatibili- annuncia, infine, lapidario, ripiegando gli occhiali ed infilandoli nel taschino del suo camice. -Mi dispiace.-

E se non fossi troppo impegnato a sentire il peso del mondo che mi crolla addosso, mi accorgerei finalmente che l'emozione vera è finalmente comparsa sul volto del medico, che però adesso sta fissando Castiel, che per un attimo ha trattenuto il respiro.

Ha gli occhi blu velati, sono gli occhi di chi ci aveva sperato almeno un pochino, e il sorriso arreso di chi in fondo non ci aveva sperato per niente. Ha scelto di morire, sa di dover morire, lo leggo nel suo sguardo. Mentre dentro di me c'è il nulla.

Il nulla assoluto.

Questo perché il dolore non sarebbe ancora abbastanza, mi sento approdato ad uno stato di apatia totale, come se fossi senz'anima, come se niente potesse più scalfirmi o buttarmi giù ulteriormente. Perché io vorrei dire a quelli che dicono stronzate come “Se tocchi il fondo puoi solo risalire” di andarsi beatamente a far fottere: una volta toccato il fondo, puoi affondare ancora di più, collassare sotto una distesa di sabbie mobili e annegare in un vuoto eterno e senza fine.

Ed è esattamente così che mi sento in questo momento.

Devastato. Ingoiato nelle mie sabbie mobili.

La mano di Cas ancora stretta alla mia è l'unico appiglio che mi è rimasto con la realtà, l'unico braccio che sta tentando ancora di tirarmi fuori, nonostante io affondi sempre di più.

-La ringrazio, dottore- è quello che dice Cas, stupendomi più di ogni altra volta, visto che io sto ancora boccheggiando come un pesce alla ricerca di ossigeno.

Tremo, e non mi sono nemmeno accorto di star singhiozzando.

-Può lasciarci soli?- aggiunge subito dopo ma non so che espressione abbia perché ho la vista appannata dalle lacrime e cazzo, vorrei alzare la mano per asciugarle ma non ci riesco, le sento scorrere sulla pelle, ed è come se mi graffiassero.

Per un attimo mi stacco completamente dal mondo, mi spengo come uno schermo a cui manca di colpo la corrente. Non sento il medico uscire dalla stanza.

Ho fallito. Cas. Cas, mio marito, il mio uomo, il mio tutto.

-Dean, ehi, respira.-

Cas. Il mio Cas. Non siamo compatibili.

-Ehi, Dean. Dean, guardami.-

Morirà, morirà, non vedrò più i suoi occhi.

Improvvisamente Castiel mi prende il viso tra le mani e mi costringe a guardarlo. Passa i pollici sulle mie guance e asciuga le altre lacrime con le labbra, che preme anche sulle mie palpebre chiuse. Lascia scorrere le dita tra i miei capelli e adesso che riesco a vederlo ha il viso sereno, rilassato, il viso di qualcuno che ha accettato di buon grado il suo destino e per qualche strana ragione questa sua espressione rassegnata ha lo stesso effetto di una pugnalata dritta al cuore. -Ti amo, va bene? Sei l'amore della mia vita. Hai fatto tutto quello che potevi, e mi hai reso davvero felice.-

-Cas, no- mugolo con voce spezzata, stringendo convulsamente la sua maglietta tra le dita, infischiandomene completamente delle flebo che scivolano giù dalle mie braccia. -Cas, no, no, no.-

Sta dicendo addio. Mi sta dicendo addio.

-Ho avuto tutto quello che volevo, Dean- sussurra lui, dopo aver premuto le labbra contro la mia fronte. Lo sento tremare contro di me, è devastato, ma non crolla, rimane forte per me, il che è assurdo; dovrei essere io a consolarlo ed invece mi sto aggrappando a lui come se fosse la mia fottuta roccia. -Ho avuto te. E vivrei altre cento vite a metà, se mi portassero tutte da te.-

Singhiozzo ancora e avvicino le labbra alle sue: non lo bacio, ho solo bisogno di respirare il suo profumo, più forte dell'odore dell'ospedale, di respirare la sua stessa aria, di vivere con lui, di lui, almeno per qualche secondo.

Porto una mano tra i suoi capelli, saggiandone la morbidezza con le dita. -Cas.-

-Sono qui, Dean.-

Mi chiedo ancora per quanto.

-Grazie di tutto.-

Lo perderò.

-Sei fantastico.-

Lo perderò, e io non sono pronto.

-Andrò tutto bene.-

Non lo sarò mai.

-Ti amo così tanto.-

Amen.


Ehm... Salve(?)
OKAY SO CHE MI STATE ODIANDO. Ma visto il finale del capitolo, qualcosa di estremamente crudele e pieno di sofferenza, non oso immaginare che pensieri stiate facendo su di me... 
Ma visto che oltre che sadica sono anche immesamente magnanima, vi dico in esclusiva di NON PIANGERE, perché c'è ancora l'epilogo dopotutto e niente ancora è scritto -insomma, è scritto, ma avete capito a cosa mi sto riferendo-. Sì, signori e signori, non smettete di sperare.
Scrivere questo capitolo mi ha devastata perché da un lato abbiamo tutti felici per il matrimonio, dall'altro c'è la depressione più totale per l'operazione e per il fatto che Dean e Cas non sono risultati compatibili. Devo dire che quando ho scritto ci ho pensato molto, ma alla fine ho deciso che farli compatibili sarebbe stato un cliché visto e rivisto, so... eccoci qui.
Davvero non mi odiate, c'è ancora l'epilogo e sono sicura che vi piacerà moltissimo! AHAHAHA. Okay sono crudele a dire queste cose ma sto cercando un modo per tirarvi su di morale. Sono molto felice di essere arrivata fin qui e che questa storia abbia avuto un seguito, non me lo aspettavo quando ho deciso di pubblicarla -anche perché ho sempre fatto la lettrice ed invece ora mi sono immersa nei panni di scrittrice-! Ma i ringraziamenti li farò alla fine dell'epilogo, sempre se dopo questo capitolo non venga qualche sicario mandato da voi per accopparmi....
Ho già delirato abbastanza.
Ringrazio chi ha recensito anche la mia nuova Shot ( Infect me with your poison ) Omegaverse -sì, mi faccio pubblicità da sola, aiuto-, mi ha fatto molto piacere ritrovare lì le mie lettrici solite, come direbbe Cas "Questo mi rende molto felice". Basta, sto impazzendo.

Ora mi dileguo, spero di aver detto tutto.
Un bacio enorme a tutte voi e alla prossima!

PS: Scusate se ho pubblicato in ritardo gli ultimi capitoli ma il mio pc si stava fondendo -ho rischiato di perdere tutto- ed inoltre gli esami mi stanno uccidendo (se non ci penserete voi, lo faranno loro). Perdonatemi!

 

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


A Walk To Remember



Epilogo – Dieci anni dopo

 

-Dottor Winchester, l'appuntamento delle diciannove è annullato.-

Sorrido con gentilezza all'infermiera e appoggio lo stetoscopio sulla mia scrivania. -Ti ringrazio, Amelia, puoi andare allora.-

Il mio sorriso di cortesia svanisce nell'esatto momento in cui la mia infermiera-barra-segretaria si chiude le porte del mio studio alle spalle. Mi concedo di sbattere la fronte contro la scrivania e di imprecare sonoramente per quella che è tipo la centesima volta in una giornata.

E' stata una mattinata infernale, quindi sono davvero sollevato che il mio ultimo paziente abbia annullato l'appuntamento -anche se di solito le persone che disdicono all'ultimo mi fanno girare le palle in una maniera allucinante, ma insomma-.

Per qualche strano scherzo del destino, la mia vita è cambiata moltissimo nel giro di due anni: sono riuscito a laurearmi in medicina e adesso ho uno studio tutto mio nello stesso ospedale dove lavorava mio padre, mi sembra ancora strano essere riuscito a realizzare il mio sogno. Certo, a volte se ho tempo passo comunque ad aiutare Bobby all'officina perché è qualcosa che mi piace fare, ma alla fine il mio lavoro mi rende felice, mi piace aiutare le persone. Cazzo, spesso faccio fatica a credere di essere diventato una di quelle persone rispettabili che per tanto tempo avevo disprezzato e preso in giro, quando ero più giovane, ma sono successe così tante cose da allora che alla fine mi sembra tutto un po' più accettabile.

Ho ancora la fronte premuta contro la scrivania come un perfetto adolescente in crisi quando il cellulare nel taschino del mio camice prende a vibrare come un ossesso, facendomi sobbalzare. Lo afferro con uno sbuffo e me lo avvicino all'orecchio, mugugnando un -Pronto?- con la tipica voce di chi ha appena passato una giornata di merda, senza nemmeno leggere da chi proviene la chiamata.

-Dean, sono io.-

La voce di mio fratello ha sempre uno strano effetto su di me: ancor prima che mi dica il motivo per cui mi chiama mi fa sia venire voglia di alzare gli occhi al cielo lanciando il cellulare contro il muro e frantumarlo, e quella di sorridere perché lui rimarrà sempre il mio fratellino nerd, e non posso evitare di volergli bene.

Per questa volta, vince la voglia di sorridere. -Cosa vuoi, Sammy, sono a lavoro, lo sai?-

Il mio fratellino -che adesso in realtà non è più tanto ino, è diventato più alto e grosso di me, ha dei capelli che farebbero invidia a quelli di Rapunzel e soprattutto è un avvocato con i controcazzi- sbuffa e si schiarisce la voce. -Volevo solamente ricordarti del compleanno della mamma, domani sera. Hai preso il regalo, vero?-

Mi mordo le labbra e aggrotto la fronte. -Ma.. Certo, ovvio, pff, il regalo. La festa.-

-Sapevo che te ne saresti dimenticato- dichiara lui e giuro di poterlo sentire sogghignare attraverso il cellulare. -Così ci ho già pensato io.-

-Mi hai chiamato solo per farmi la paternale, quindi?- Inarco un sopracciglio e incastro il cellulare tra la spalla e la guancia, mentre mi sfilo frettolosamente il camice ed inizio a raccattare tutte le mie cose per andarmene a casa.

-Perspicace.-

-Fesso.-

Il mio sorriso si allarga, trasformandosi in un ghigno. -Puttana.-

-Dean, mi sto per sposare, quando la smetterai di dire certe cose?-

A quelle parole, trattengo un po' il fiato, come sempre quando qualcuno mi ricorda di questo piccolo dettaglio.

Già, perché in questi dieci anni sono successe più cose di quelle che avrei potuto prevedere: Sammy ha frequentato Stanford e lì ha conosciuto una ragazza adorabile, perfetta per lui, Jessica, e dopo un anno di relazione hanno deciso di fare il grande passo. Quando mio fratello me lo ha detto per poco non gli sono saltato addosso dalla felicità -una reazione che avrebbe stupito persino un palo della luce-, ma quella notizia mi ha inevitabilmente fatto pensare al mio, di matrimonio, facendomi salire un magone incontrollabile, come succede ogni volta che ci ripenso.

E poi, i miei genitori sono anche tornati insieme: in fondo si sono sempre amati, mio padre ha fatto di tutto per recuperare il rapporto con i suoi figli e ha smesso di trascurare la mamma per il lavoro e così la loro passione è riscoppiata -letteralmente, visto che sono stato io a fare la scoperta ritrovandoli in posizioni sconvenienti e giuro, rimarrò traumatizzato a vita dopo quella pessima esperienza-.

-Va bene, Samantha, allora ci vediamo domani- butto lì, senza riuscire a trattenere una risata, mentre mi infilo il mio cappotto da uomo rispettabile -nonostante mi sia dispiaciuto da morire dover rinunciare ad andare a lavoro con la mia amatissima giacca di pelle-.

Chiudo la telefonata senza nemmeno aspettare la risposta di mio fratello e mi ficco il telefono nella tasca, uscendo finalmente dal mio studio senza dimenticarmi di arraffare l'ombrello visto che a rendere la giornata ancora più merdosa ci ha pensato una pioggia torrenziale che tipo non si vedeva dai tempi di Mosè.

Chiudo a chiave lo studio e poi percorro il corridoio dell'ospedale il più velocemente possibile, visto che muoio dalla voglia di tornare a casa e mangiare qualcosa e poi sprofondare immediatamente nel letto e dimenticarmi di questo schifo di giornata. Saluto distrattamente qualche mio collega e poi affretto il passo perché , e il prima possibile mi infilo nell'Impala -che è rimasta mia, nonostante mio padre sia tornato a casa-.

Quando finalmente, dopo parecchi semafori rossi e minuti estenuanti di traffico, apro la porta di casa, impreco immediatamente -tanto per cambiare-, scrollando l'ombrello nel pianerottolo per evitare di trascinarmi dentro un mare di pioggia. Sto imprecando coloritamente anche perché delle gocce coraggiose hanno appena osato cadermi sui pantaloni, chiazzandomeli tutti.

-Dean?-

Anche solo sentendo questa voce, sento immediatamente tutta la rabbia e la frustrazione e la stanchezza accumulati durante il giorno scivolare via assieme alla pioggia, come se mi avessero appena purificato. Abbandono l'ombrello all'ingresso e sposto lo sguardo su una matassa di capelli neri che spunta dalla porta della cucina.

Gli occhi blu di Castiel mi scrutano curiosi, poi lui fa qualche passo verso di me e stampa un bacio sulle mie labbra. -Bentornato, doc.-

-Ma ciao.- Sorrido come un idiota perché vedermelo venire in contro così, appena torno dal lavoro, mi fa sempre lo stesso effetto dei primi tempi in cui abbiamo iniziato a vivere insieme. Mi accorgo solo in questo momento del fatto che sta stringendo tra le mani un mestolo e indossa un grembiule di dubbio gusto. -Che stai facendo?-

-Tento di cucinare la cena- borbotta lui, mentre sulle sue labbra nasce un broncio adorabile perché entrambi sappiamo quanto lui sia negato a cucinare, e nonostante questo si sforza sempre di preparare qualcosa di buono per me appena i nostri turni di lavoro glielo permettono e io non posso fare a meno di sentire la famigliare sensazione di calore allo stomaco nascere come sempre, quando si tratta di lui.

Avvolgo le braccia attorno ai suoi fianchi e lo attiro contro di me, premendo subito la fronte contro la sua e respirando su queste labbra dannatamente invitanti che si ritrova, carnose e screpolate, perfette da mordicchiare. -Sei carino quando ti prendi cura di me come una mogliettina premurosa.-

Per tutta risposta, Castiel mi dà una spintarella oltraggiata ma non mi allontana; anzi, sorridendo come solo lui sa fare, in maniera dolce e furba allo stesso tempo, avvolge le braccia attorno al mio collo e mi attira in un bacio vero, con tanto di lingua e denti e mani che scorrono sui capelli corti della mia nuca.

E beh sì, bentornato a me.

Alla fine, il miracolo per cui tanto ho pregato si è avverato. Nessuno ci credeva più ormai, nemmeno Castiel, ma poco tempo dopo le nostre analisi, quando Cas era davvero sul punto di lasciarmi per sempre, è saltato fuori un donatore misterioso.

Ho ringraziato Dio ogni giorno per questo senza nemmeno sapere se lui ci sia davvero, ma quella notizia ha rischiarato la mia vita come il sole fa con il mondo quando spunta dietro alle nuvole dopo mesi di pioggia incessante. Ho voluto vedere il tutto come un premio, per tutte le cose che ero riuscito a fare per Cas, per l'uomo migliore che ero, sono, diventato.

Castiel si è sottoposto al trapianto e ci ha messo un po' a riprendersi, ma finalmente stava di nuovo bene: era mio, era vivo, e stava bene. Eravamo sposati, felici ed entrambi sani, e per me non poteva esserci momento migliore.

Poi io sono stato accettato alla facoltà di medicina, con mio grande stupore se devo essere sincero -mi sono dovuto sorbire i Che ti avevo detto, sei intelligente, Dean di Cas per tipo un mese-, mentre Cas ha deciso di iscriversi alla facoltà di teologia -adesso è un professore e questo non fa che farmi venire strani kink, perché andiamo, sexy com'è quando porta gli occhiali e ha i capelli arruffati, non poteva davvero finire con il fare qualche altro mestiere, magari il pornodivo, ma non gli si addice e io sono un tipo geloso, nonostante tutto- e le nostre strade si sono divise per un po'.

E sì, siamo andati a vivere insieme dopo la laurea ed ancora sì, non abbiamo affatto mantenuto una specie di voto di castità, per quanto questo possa sembrare strano. Inizialmente pensavo che con Cas sarebbe stato difficile rapportarsi sotto quell'aspetto, sotto l'aspetto del sesso; non ci avevo mai dovuto pensare prima di quel momento, non ne sentivo il bisogno, lui non era mai stato con nessuno e nonostante il fatto di essere la sua prima volta mi rendesse felice, la cosa mi metteva un po' sotto pressione. Ma infondo eravamo sposati e dopo aver fatto l'amore per la prima volta, mi era sembrato stupido l'aver aspettato così tanto.

 

Accarezzo i capelli spettinati di Cas con una mano, studiando il profilo del suo naso e cercando di riprendermi ancora dal secondo fantastico orgasmo della serata: non pensavo che farlo con un uomo potesse essere così soddisfacente e nonostante Cas fosse vergine, si è dimostrato un amante provetto. E cosa sa fare con questa bocca, cazzo.

-Com'è stato?- chiede lui subito dopo in maniera insicura e il suo respiro finisce direttamente contro un mio capezzolo, facendomi rabbrividire. Alza la testa, premendo il mento contro il mio petto e mi fissa con i suoi occhi blu carichi di aspettativa. Accoccolato tra le mie braccia come si trova, sembra un bambino e la voglia di saltargli addosso e ricominciare tutto da capo si fa più forte.

Alzo un po' la testa per lasciargli un bacio a fior di labbra e lascio affondare la mano tra i suoi capelli scuri, soffici come piume. -Fantastico, direi.-

-Pensavo non accadesse più- brontola lui, sistemando la testa nell'incavo tra il mio collo e la spalla, in quel punto che sembra apprezzare moltissimo, da sempre.

Aggrotto la fronte e con la mano libera gli accarezzo un braccio, che lui ha mollemente abbandonato sui miei fianchi. -Che intendi?-

Cas rimane un secondo in silenzio e poi ridacchia a labbra chiuse: un suono piacevole, maschile e roco, che viene dal centro del suo petto e mi manda una scarica di brividi su per la colonna vertebrale. -Lo avrei fatto prima.-

-Vuoi dire, anche senza il matrimonio?-

Castiel sorride in una maniera strana, maliziosa e sexy, stendendosi completamente su di me. Passa le dita sulle mie guance e le lascia scorrere lungo i miei bicipiti, muovendo i fianchi in maniera provocante contro i miei, strappandomi un gemito. -Probabilmente sì.-

Sono sicuro che i miei occhi si allargano come palline da ping-pong, mentre avvolgo le braccia attorno al suo bacino e cerco le sue labbra. Ghigno e gliele mordicchio, per poi parlare contro il suo orecchio. -Recuperiamo il tempo perso, allora.-

 

-A cosa pensi?-

La voce di mio marito mi strappa dai miei pensieri e mi costringere a fare un sorriso che non ci mette moltissimo a trasformarsi in un ghigno. -Alla nostra prima volta- ammetto, senza quasi accorgermi del fatto che le nostre labbra si sono separate, talmente ero preso dal mio flusso di pensieri.

Castiel arrossisce furiosamente, un piccolo strascico di quel ragazzino timido che era stato quando andavamo al liceo, ma i suoi occhi tremendamente blu si tingono subito di una furbizia accattivante. -Vorresti replicare?-

Scoppio a ridere, come sa farmi fare solo lui, rovesciando per un attimo la testa indietro. Gli premo un bacio sulla fronte e gli sfilo gentilmente il mestolo di mano. -Magari dopo cena, adesso muoio di fame.-

Dopo tutti questi anni, la quotidianità che siamo riusciti a creare ancora mi stupisce: non ne avrò mai abbastanza della gioia che provo quando mi sveglio accanto a Cas al mattino, sotto al suo sguardo assonnato e curioso mentre ha ancora i segni del cuscino sulla faccia o ancora di trovarlo addormentato sul divano con un libro sulle gambe quando torno tardi da casa, con gli occhiali ancora calati sul naso.

Cas è tutto quello che potrei volere dalla mia vita, tutto quello che mi serve per vivere felice. 

E mentre lo guardo tentare di salvare la cena che ha provato a prepararmi, ringrazio per l'ennesima volta Dio o chiunque per lui per averlo salvato e per averlo messo sulla mia strada. 

Perché le cose belle, evidentemente, accadono davvero.

 

E siamo arrivati alla fineeeee!

Non mi sembra vero, un miraggio, mi sto per commuovere.

Chiedo scusa, ma ovviamente essendo un epilogo è tutto molto corto -vi ho fatto aspettare quattro giorni per poi pubblicare questo, ma ehi, abbiate pietà-. Come vi avevo promesso (più o meno, diciamo poi fatto intendere), c'è stato il lieto fine.

Ammetto che ho scritto la scena iniziale dell'epilogo tentando di fuorviarvi, facendovi credere solamente che Dean sia solo riuscito ad entrare a medicina, non so se ci sono riuscita... Mentre scrivevo la storia sono rimasta indecisa fino al penultimo capitolo se mettere il lieto fine o meno, (avevo anche scritto una lettera che Dean avrebbe dovuto dare a Cas prima che lui morisse) ma poi ho deciso di farli essere felici insieme, so eccoci qui.

Quanto sono carini, due maritini adorabili. Il kink di Cas professore è qualcosa di mio, quindi mea culpa se Dean si è lasciato influenzare. Siete felici?

Beh, queste sono le note finali della storia e dovrei sforzarmi di scrivere qualcosa di intelligente ma la verità è che non ci riesco, perché non mi sembra vero di aver già finito con le pubblicazioni! T.T

Voglio ringraziare tutte le lettrici che hanno recensito questa piccola opera: le vostre recensioni mi hanno incoraggiata a continuare, mi hanno fatta sorridere e mi sono divertita da morire a rispondervi e a prendervi anche un po' in giro perché sono cattiva dentro, quindi GRAZIE per tutto l'appoggio che avete dato.

Grazie alle lettrici silenziose, a chi ha inserito tra le seguite/preferite/ricordate!

Mi sono affezionata a voi e spero di ritrovarvi nella mia prossima long; ovviamente ho scritto un paio di capitoli ma preferisco aspettare di averne pronti di più, prima di iniziare a pubblicarla!

Sicuramente ho dimenticato di dire qualcosa perché ormai non ci sto più con il cervello, ma non importa. Un abbraccio enorme a tutti!

Alla prossima!

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