REVOLUTION di Bruiburiburi (/viewuser.php?uid=693625)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 ***
SwanQueen
REVOLUTION.
#NOTONLYSWANQUEEN
#NOTONLYAFANFIC
#NONSOLOSWANQUEEN
#NONSOLOUNAFANFIC
Flashback:
La notte
era buia, densa, priva di stelle. Come se il tempo stesso presagisse
che qualcosa di brutto, di oscuro, stava per succedere. L'asfalto
bagnato della strada rifletteva la luce bianca dei lampioni, unica
fonte di luce, che si gettava anche sui muri delle case, stagliandole
con la forza di un dipinto a pennellate pesanti. Erano tutti li,
fermi in quell'incrocio desolato e deserto. Emma, Regina, Killian,
Robin, Mary Margareth e David. Si guardarono attorno, con aria
allarmata. Alla ricerca di qualcosa, di quell'entità che
faceva
sembrare quel buio, solo una confortante penombra:
l'oscurità.
Quella che aveva reso Tremotino, il terribile signore oscuro che era
stato.
< Cosa?! > esclamò Regina, alla parca ma
efficace
spiegazione che Killian aveva appena dato. < E allora
dov'è? >
aggiunse, voltandosi a sua volta, per perlustrare la zona col suo
sguardo scuro. Emma non rispose subito. Tutto sembrava essere
stranamente minaccioso, sinistro, sembrava che quell'entità
potesse
sbucare da un momento all'altro, da qualunque punto li attorno. I
cavi dell'alta tensione, gli alberi fruscianti, i muri silenziosi.
< No, non è sparita > esalò
finalmente la salvatrice, lo
sguardo ancora spalancato dall'allarme. < L'oscurità,
è intorno a
noi > sentenziò infine. Taquero. Tutti quanti.
Confusi, senza
riuscire a fermare i loro occhi. Furono quelli scuri e profondi di
Regina, i primi e soli ad individuare qualcosa. Mentre tutti ancora
cercavano intorno, persi, il suo sguardo si issò verso
l'alto, e si
fece man mano sempre più aperto. Le sue labbra si schiusero,
come se
una muta frase d'avviso volesse uscirle di gola. Ma non ne ebbe il
tempo. Robin, accanto a lei, si voltò il secondo prima che
l'oscurità calasse le sue spire sul corpo della donna. Preso
in
contropiede, non fece nulla e subito dopo l'oscurità
avviluppò
completamente Regina, strattonandola violentemente in avanti.
L'attenzione di tutti fu catturata.
< Regina! > esclamò
Robin. E tutti fecero un singolo passo avanti, negli occhi la stessa
apprensione vibrante. Regina si dibatté in quella morsa,
senza
risultati. Emma allargò le braccia, come in cerca di una
soluzione a
portata di mano, un'illuminazione, qualunque cosa.
< Io... >
cominciò, senza ancora sapere come continuare, l'animo in
tumulto.
Doveva agire, doveva farlo in fretta. Lanciò uno sguardo a
Robin,
come in cerca di un aiuto, dato il rapporto del fuorilegge con
Regina. Ma Robin pareva immobile, lo sguardo spaventato e
preoccupato, in tensione come se fosse sul punto di agire, come se
volesse fare qualcosa che però non riuscirà in
seguito a fare. Che
non farà. Non lui. Si voltò verso Emma, ancora
confuso
< Che
sta facendo?! > chiese, con la voce allarmata più che
mai.
< Quello che fa' l'oscurità...offusca la luce
> rispose la
salvatrice, gli occhi chiari di nuovo verso Regina, una scintilla
singola di consapevolezza, nel suo animo. Impulsivo, a quella
risposta Robin non riuscì a tollerare oltre.
< La fermerò! >
strillò, scattando in avanti. Emma fece un nuovo passo
avanti. Ma
quando Robin giunse a contatto con quelle scure spire vorticanti,
venne brutalmente sbalzato via, all'indietro, rotolando in caduta
libera sull'asfalto duro e umido.
< Così non funzionerà
mai! > replicò al suo indirizzo Emma, sottolineando
l'ovvio. Era
di un'entità oscura che stavano parlando, e purtroppo non
sarebbe
mai potuto bastare farsi avanti e menare le mani. No, serviva altro.
Sarebbe servito un sacrificio. < L'apprendista ha detto che
dobbiamo fare come ha fatto lo stregone, collegarla a una persona!
>
Eccolo, il sacrificio. Killian la osservò, sollevando una
mano, ma
il secondo dopo Emma si fece comunque avanti.
< EMMA! >
strillò Mary Margareth, spaventata come David al suo fianco,
che la
strinse ancora più forte, quasi volesse fermarla dal farsi
avanti a
sua volta per fermare la figlia. Anche Regina, dal centro di quelle
spire soffocanti si oppose.
< NO! > esclamò, guardando Emma
attraverso l'oscurità. La salvatrice, che era corsa in
avanti, si
fermò a un singolo passo dall'altra. Killian e Robin di
nuovo
parvero in bilico, con le mani sospese, la voglia di fare qualcosa
negli sguardi allarmati. < Ci dev'essere un altro modo! >
aggiunse Regina, la voce quasi implorante, gli occhi su colei che
già
aveva deciso il suo sacrificio.
< Non c'è > cominciò
Emma, mentre il suo sguardo andava inumidendosi < Hai faticato
troppo per vedere la tua felicità DISTRUTTA >
aggiunse ancora, una
stilla di consapevolezza dolorosa nell'animo a quel pensiero, un
dispiacere che fu quasi senso di colpa, un'empatìa leggibile
dalla
sua frase. Non poteva fare altrimenti, caricò il braccio
all'indietro, il pugnale del signore oscuro che luccicava, stretto
nella sua mano.
< No! > esclamò David. Emma si
voltò verso
di lui.
< Già una volta mi avete liberata
dall'oscurità, lo
farete di nuovo. Da eroi > rispose al padre, gli occhi ormai
strabordanti di lacrime che sembravano non voler scendere,
luccicanti. Killian si riscosse, e corse avanti, in un ultimo
tentativo disperato. La prese per un braccio
< Emma, ti prego,
no! Non farlo >la pregò. Implorandola con ogni
sillaba, con lo
sguardo altrettanto lucido. Ma come risolvere altrimenti? Killian non
propose un'alternativa, Emma non aveva comunque scelta. Avrebbe
sacrificato se stessa. Ma prima non avrebbe lasciato nulla in
sospeso.
< Io ti amo > disse, occhi negli occhi col pirata.
Lo avvicinò, le loro fronti si toccarono, poi
però lo spinse via,
allontanandolo bruscamente e sfruttando quel brevissimo istante per
girarsi e accoltellare senza esitazione quell'oscurità. Le
spire
liberarono Regina, si attorcigliarono sul pugnale, discendendo poi
lungo la figura di Emma. Regina, libera, per un attimo la
osservò,
sgranando gli occhi. Poi però l'oscurità crebbe
in un turbine
impetuoso. Regina si dovette allontanare, trovando subito le braccia
di Robin ad accoglierla e proteggerla, e a trattenerla in parte,
mentre i suoi occhi scuri non riuscivano a lasciare la figura di
Emma, sempre più invisibile dietro quelle spire.
L'oscurità
s'ingrandì ancora, issandosi in un turbinare violento e poi
sparì,
trascinando Emma con se. Un unico oggetto si lasciò alle
spalle, che
cadde a terra, con un sordo tonfo metallico. Il pugnale del signore
oscuro. Sulla lama, a lettere nere, un nome luccicò flebile,
illuminato dai lampioni. Il nome del sacrificio. Il nome
dell'empatia.
Emma Swan.
GRANNY'S
Henry
si riscosse, mentre una volutta di vapore caldo, esalava dalla tazza
di fronte a lui, dritto sul suo viso. Una cioccolata che profumava in
maniera fortissima di cannella, permaneva stretta fra le sue dita, e
il suo sguardo era vitreo, perso davanti a lui. Non era la prima
volta, che quei ricordi gli ritornavano alla mente, e lui non avrebbe
saputo dire, se fosse per via del forte shock che tutte le volte
aveva dovuto provare o se ci fosse dell'altro. Tutto ciò che
sapeva,
era che, ogni volta di più, il suo pensiero a quel ricordo
in
particolare reagiva focalizzandosi su Robin, o su Killian. La sua
bocca si storse, in un impercettibile smorfia, avvertendo come la
sensazione di sentir scivolare un cubetto di ghiaccio nel suo
stomaco. Entrambe le sue madri, avevano rischiato grosso, quel
giorno. E Emma si era dovuta sacrificare, per salvare Regina. E lui
aveva rischiato, in una notte sola, di perderle entrambe.
Perché?
Aveva sempre saputo che Emma, la sua mamma biologica, era la
salvatrice. Ma
più ci
pensava più il pensiero di Robin che si limitava a cercare
di menare
le mani gli era fastidioso. Più ci pensava più le
parole di Killian
gli sembravano vuote, quasi egoistiche. Perché, se davvero
Robin
voleva salvare Regina, non si era sacrificato lui? Perché
Killian
non aveva preso il posto di Emma invece di pregarla a vuoto di non
farlo? Non farlo a che scopo, poi? Non farlo e lasciar divorare sua
madre adottiva da quell'oscurità?
La
bevanda si sfreddò,
creando una patina opaca e più resistente sul pelo della
superficie.
Le sue mani si strinsero con più energia attorno alla
ceramica
candida, ormai libere di toccarla senza scottarsi più.
La
voce di Mary Margareth trillò dal bancone, e lui si decise,
a
sollevare gli occhi e tornare nel mondo reale. Era un brutto vizio
che non si era mai tolto davvero, quello di estraniarsi. Ma non ci
poteva fare nulla, quando i pensieri cominciavano a galoppare, quando
la sua curiosità, cominciava a pungerlo e pungolarlo, lui
non
riusciva a fare a meno di perdersi fra pensieri e ricordi. Un
piccolo sorriso attraversò il suo volto, mentre guardava
David
arrivare subito dopo, e posare una mano sul fianco di sua moglie,
posandole un bacio dolce sulla tempia e sorridendo divertito da
qualcosa detto da lei. Loro due erano senza dubbio l'esempio di vero
amore più forte che avesse mai conosciuto. Ne avevano
passate
un'infinità, assieme, avevano combattuto fianco a fianco, si
erano
sempre protetti, sempre salvati
a vicenda. E
Henry era
sicuro che, se al posto di Regina, ci fosse stata Mary Margareth,
David non avrebbe esitato un solo secondo dallo stracciare di mano il
pugnale a chiunque lo avesse, e accoltellare lui stesso
l'oscurità.
Sacrificandosi. Ma col cuore sereno perché, come loro erano
soliti
dirsi, lei lo avrebbe "trovato".
Loro si sarebbero sempre trovati.
Come il vero amore che li univa imponeva.
Fu
ancora sua nonna a
trascinarlo fuori dalla sua stessa mente. Si sedette davanti a lui,
premurandosi di lasciargli prima una carezza dolce sul capo.
<
Henry, caro, va tutto
bene? Non mangi la tua cioccolata? Si sfredderà > gli
disse, il
tono raddolcito e carezzevole. Henry le sorrise di rimando, luminoso
< No
nonna, va tutto bene > rispose. Si, certo, per quanto la
situazione
potesse permetterlo, s'intendeva. La Regina Cattiva era ancora una
minaccia, che pesava sulle loro spalle, come delle nubi scure
all'orizzonte. E, loro non potevano saperlo, non era nemmeno la
minaccia peggiore che pendeva sulle loro teste ignare. David nel
frattempo, si sedette accanto a Mary Margareth, e Emma
affiancò il
figlio subito dopo. Il ragazzo sorrise ad entrambi, togliendo poi
finalmente il cucchiaino dalla cioccolata addensata, e portandosi la
tazza alle labbra. Un sorso breve e tiepido scese lungo la sua gola,
riscaldandolo. Ma non potevano stare li a fare l'allegra famiglia per
sempre, ignorando i problemi.
< Cosa vogliamo fare dunque?
Questa tregua immotivata non durerà > proruppe
finalmente Mary
Margareth, rompendo il silenzio e, in parte, spegnendo i sorrisi
residui. Tutti sapevano quanto quello fosse un discorso necessario.
Emma sospirò pesantemente, allungando un braccio, e
stendendolo
sulle spalle del figlio
< Non lo so, la Regina Cattiva va
fermata, ma sembra...sparita nel nulla > replicò la
bionda, l'aria
stanca, un paio di occhiaie scure a contornarle gli occhi azzurro
cielo. Sbuffò flebilmente, stropicciandosi la faccia
< Anche se
questa sparizione ovviamente, non ha alcun senso >
continuò. Mary
Margareth incrociò le braccia sul tavolo, posandocisi.
< Ci
dev'essere qualcosa sotto > replicò a sua volta,
vagamente
preoccupata e concentrata.
Henry prese di nuovo la tazza, e
buttò giù in un unico sorso quasi tutta la
bevanda. Quando
la posò di nuovo sul tavolo, Emma gliela rubò e
la svuotò,
sorridendogli subito dopo e facendogli una linguaccia giocosa, alla
quale il ragazzo replicò con una piccola risata divertita.
< Se
è sparita tanto meglio, sfruttiamo questo tempo per
organizzare un
contrattacco > Killian fece il suo ingresso con questa frase e
scambiò un bacio a fior di labbra con Emma. Eppure Henry si
trovò a
sentirsi in colpa, quando si accorse, che la sua risata si era
spenta, all'arrivo del pirata. Affibbiò la colpa ai ricordi
di poco
prima, si riscosse, e sorrise di rimando all'uomo, che gli fece un
breve occhiolino.
< Killian ha ragione, dovremmo
organizzarci, tutti assieme > concordò David. Ma Mary
Margareth,
che lo stava osservando, si accigliò appena, voltandosi
< Già,
a proposito, dov'è Regina? > domandò,
posando i suoi occhi su
Emma. Henry rizzò a sua volta il capo, interessato. Nemmeno
lui
sapeva nulla, quella notte aveva dormito a casa di Emma. Dopo la
morte di Robin, ogni tanto, Regina si isolava, e sembrava aver
bisogno di una tregua dal mondo intero. Un brutto presentimento,
strisciò infimo nello stomaco del ragazzino. Lo respinse
violentemente. Emma, nel frattempo, estrasse il cellulare
< Non
lo so, sarebbe già dovuta essere qui... >
replicò, sbloccando il
telefono e osservando lo schermo privo di notifiche. Quasi tutti si
accigliarono appena, lanciando poi uno sguardo simultaneo
all'orologio appeso
al muro. Non è che Regina fosse proprio il sinonimo vivente
di
"ritardo". Emma alzò lo sguardo, innalzando appena le
sopracciglia chiare < Provo a chiamarla >
replicò infine. Con un
gesto lesto del pollice fece partire la chiamata, accostando poi il
cellulare all'orecchio.
Involontariamente, tutti restarono in attesa. L'espressione di Emma
si fece sempre più accigliata, mentre i secondi scorrevano,
e gli
squilli trillavano, fastidiosi, uno dietro l'altro. Con una mano, la
donna prese a tamburellare sul legno duro del tavolo. Infine,
lentamente, allontanò l'apparecchio dal capo, guardandolo
stranita,
come se fosse un congegno alieno. < Non mi risponde >
spiegò,
incapacce di scollare gli occhi dallo schermo luminoso. Mary
Margareth inarcò entrambe le sopracciglia, a metà
fra il confuso e
l'incredulo.
< Questo non
è da lei > commentò < Insomma,
capisco che voglia starsene in pace ogni tanto, da quando Robin...
>
s'interruppe, intristendosi appena, e lasciando la frase a
metà. Un
piccolo spiffero gelido soffiò sugli animi di tutti loro,
che
caddero in un breve silenzio. Fu Henry il primo a riscuotersi. Il
ragazzo s'infilò una mano in tasca
< Aspettate,
provo io > replicò.
Quella brutta sensazione si era amplificata, a ondate regolari e
sempre più impetuose, e più provava a
respingerla, più lo
avvolgeva. L'unica soluzione era fare qualcosa, agire. Nel frattempo,
aveva già composto il numero. La chiamata partì.
1 squillo. Lo
sguardo di Henry si perse nel vuoto, vitreo. 2 squilli. Gli occhi di
tutti gli altri erano su di lui, come su Emma poco prima. 3 squilli.
Il ragazzo deglutì sonoramente, una sola volta, e
sentì la mano
della madre scivolare sulla sua schiena, in una carezza, che voleva
essere tranquillizzante. In realtà, lo sguardo della
Salvatrice si
stava facendo più apprensivo, e
ogni secondo che passava sembrava infinito.
4 squilli. "Mamma. Mamma, dove sei?" I pensieri si
rincorrevano, sempre più angosciati, nella mente di Henry. 5
squilli. "Mamma RISPONDI!".
Partì la segreteria telefonica.
Henry,
terreo, non scostò il
telefono dall'orecchio. Mulinò un paio di volte la lingua
nella sua
bocca asciutta, e si accorse di avere la salivazione azzerata. Da
quando in qua, sua madre mancava una sua chiamata? Non esisteva al
mondo che Regina Mills mancasse di rispondere a suo figlio. Mai. La
mano di Emma si posò con dolcezza su quella tremante di
Henry,
ancora stretta sul telefono. Glielo portò giù,
stringendo
sensibilmente la presa.
<
Basta così, andiamo a
cercarla > disse solo la donna. Henry la guardò,
senza riuscire a
nascondere quel tumulto che si leggeva, dentro i suoi occhi chiari.
Non riusciva a parlare, così si limitò ad
annuire. Tutti quanti
avevano lo stesso sguardo, attonito, quasi spaventato. Emma si
alzò.
Fu Killian, che già sembrava più confuso che
spaventato, il primo a
riprendersi. Afferrò un lembo della manica di Emma,
attirando la sua
attenzione, e prendendole la mano.
<
Emma, aspettate dai, non
allarmiamoci subito. Regina sta soffrendo molto ultimamente, potrebbe
anche solo aver posato il telefono lontano; e se provassimo a darle
semplicemente spazio e respiro? > la frase del pirata, in tutta
sincerità, non aveva nulla di male, ne di crudele. Ma alle
orecchie
di Henry, già visibilmente scosso, non suonò
così. Si voltò di
scatto, un lato della mascella appena contratto, e, prima di riuscire
a impedirselo, scattò appena.
< Mia madre non ha mai mancato
una mia chiamata in vita sua > disse, lapidario, e il suo tono
fuoriuscì gelido come un iceberg, e duro in una maniera che
era
difficile udire da lui. Conscio di essere nervoso si alzò,
avviandosi verso l'uscita, mentre Killian lo guardava dispiaciuto.
Emma si soffermò un momento di più, posando una
mano sulla spalla
dell'amato.
< Perdonalo, è agitato, quello che dice è
vero,
Regina non mancherebbe mai una chiamata di Henry, non importa quanto
male possa stare, lui viene prima di tutto. Lui è sempre
stato prima
di tutto, per lei come per me > guardò raddolcita
Killian, per poi
lasciargli un piccolo bacio sulla guancia < Andiamo a
controllare
che sia tutto a posto, torneremo presto > concluse. Killian
annuì,
abbozzando un sorriso, e Emma fece per andarsere. Ma Mary Margaret la
richiamò
< Emma > disse solo. E quando la donna si
voltò,
trovò lo sguardo della madre specchio del suo, anch'esso
preoccupato, dubbioso. < Fateci sapere > aggiunse solo.
Emma
annuì, poi si voltò nuovamente, e uscì
dal locale, raggiungendo
Henry. Lo trovò posato alla parete esterna, le mani in
tasca, e una
piccola smorfia sul viso.
< Scusami > disse subito il
ragazzo, non appena sentita la porta. Si voltò a guardare la
madre,
ancora con quella strana smorfietta dispiaciuta. < Non volevo
reagire così > aggiunse. Emma gli sorrise appena,
sfiorandogli il
volto
< Va tutto bene > rispose < Adesso andiamo da
Regina
e togliamoci questa brutta angoscia di dosso, ok? >
domandò
dolcemente. Il ragazzo riuscì ad abbozzare un sorriso,
mentre
annuiva
< Certo> replicò solo. E, senza ulteriori
indugi,
i due partirono alla volta di casa Mills.
Lontano da quel
locale, da
quella pace e coesione, e da tutti loro, nelle profondità
infime
della foresta dimenticata, un paio di occhi azzurri come il ghiaccio
più puro si specchiarono sulla luccicante lama di un pugnale
dalla
lama ondulata. Una scritta nera come la pece era incisa su di essa.
Un nome. Un pugnale ben noto a tutti loro. Quegli occhi si
socchiusero, sotto la forza di un sorriso malevolo.
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writing) o seguitemi su instagram con gli hastag #Jointhewar
#OnceREVOLUTION per tante anteprime fra un capitolo e l'altro. Let's
scream LOUDER!
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 ***
CAPITOLO
2
Casa
Mills
Il vialetto della
vasta casa
Mills, si aprì ai loro occhi, e Henry lo
attraversò quasi di corsa.
Il selciato scrocchiava secco sotto i suoi passi affrettati, non
aiutando per nulla il suo umore già sinistro. Emma seguiva a
ruota
il figlio, lasciando dardeggiare i suoi occhi chiari qua e la, come
sperando di veder sbucare Regina da dietro una siepe. In poche
falcate il ragazzo fu davanti all'uscio bianco. Bussò una
sola
volta, sonoramente, a pugno chiuso, poi girò il pomello ed
entrò.
< Mamma! Sono io! >
strillò, sicuro che la madre potesse senza problemi
riconoscere la
sua voce. Un silenzio orribile fu l'unica risposta che ottenne. Si
bloccò, mentre un nuovo brivido freddo gli saliva su per la
schiena.
La madre lo raggiunse poco dopo
<
Regina? > chiamò a sua
volta. Di nuovo quel silenzio. Henry si guardò attorno. Il
vasto
ingresso sembrava deserto. Emma si riscosse
<
Va' di sopra, io
controllo qua giù > disse secca la salvatrice,
decisa, immersa nel
suo istinto. Già, il problema era che l'istinto non le stava
suggerendo nulla di buono. Tentò di ignorarlo. Henry
deglutì di
nuovo, annuendo e salì di sopra. Fece le scale, piano,
scannerizzando ogni dettaglio.
<
Mamma? > chiamò ancora,
una volta arrivato al piano superiore. Entrò in camera sua,
in
quella della madre, quella degli ospiti e in tutti i bagni. Nulla.
Solo silenzio, e l'agghiacciante eco della sua voce e quella di Emma
che ispezionava il piano inferiore. Henry si ritrovò a
indietreggiare, di nuovo vicino alle scale, gli occhi azzurri
sgranati, il fiato sempre più corto. Non c'era. Sua madre
non era
lì, era sparita.
<
Ragazzino > la voce di Emma si slanciò
su per le scale, raggiungendo il figlio. Henry si voltò,
affacciandosi dal parapetto e inquadrando la figura della madre
nell'ingresso di sotto. < Scendi, non è qui. Regina
non è a casa >
disse Emma, la voce sempre più incolore. Il ragazzino prese
a
scendere le scale, sentendo le gambe vagamente meno stabili di quando
era salito.
<
Ma...allora dov'è? È sparita! E se la regina
cattiva... > il suo tono saliva di ottava in ottava, preda della
paura, ma sua madre lo bloccò con un cenno della mano. Con
l'altra
indicò l'appendiabiti all'ingresso
<
Potrebbe essere uscita.
La sua giacca non c'è, hai visto se era di sopra? >
domandò
ancora Emma. Il ragazzo si fermò sull'ultimo scalino,
voltandosi a
guardare da dove era sceso, facendo mente locale. Riprese a girarsi,
lentamente
<
No. No, non l'ho vista da nessuna parte >
replicò. Emma annuì
<
Andiamo allora, cerchiamo fuori. La
troveremo > concluse la salvatrice, andando verso la porta. La
decisione della sua voce, dei suoi gesti, la sua fermezza. Emma ci si
stava aggrappando con tutte le sue forze. Per non crollare, per non
arrendersi a quella sensazione. Per Henry. Per se stessa. Il ragazzo
la seguì verso l'uscio, ma la sua convinzione scemava passo
dopo
passo.
< Ma
se non è in casa, perché ha lasciato la porta
aperta? > insistette, uscendo dalla porta bianca subito dietro
sua
madre. Emma sospirò appena
<
Non lo so Henry, scopriamolo >
replicò solo la donna, camminando a falcate lunghe. La
salvatrice
aveva intenzione di perlustrare tutte le strade, avesse dovuto
guidare per tutta Storybrooke, ma avrebbe ritrovato Regina. Ad ogni
costo. Strinse sensibilmente i pugni, nervosa. Ma purtroppo non
ebbero bisogno nemmeno di salire a bordo del maggiolino giallo di
Emma. Mentre la donna posava la mano sulla maniglia, Henry
guardò la
strada davanti a loro. Poco lontano, all'incrocio delle strade,
sull'asfalto duro e sporco sostava qualcosa, abbandonato a terra.
Henry afferrò subito il braccio della madre
<
Mamma, aspetta.
Guarda lì, per terra > esalò il ragazzo.
Emma seguì lo sguardo
del figlio fino a quel fagotto a terra. In simultanea, madre e figlio
si scambiarono un'occhiata, prima di precipitarsi verso l'incrocio.
Fu Emma la prima ad arrivare. Era già da qualche passo che
aveva
ormai messo a fuoco quel fagotto di tessuto abbandonato, ma non ci
voleva credere, non ci poteva credere, non finché non lo
avesse
avuto sottomano. Si abbassò e affondò la mano in
quello che era un
giaccone nero, pesante, sperando quasi che il suo arto ci passasse
attraverso, come fosse solo un'ologramma, un'allucinazione. Ma
così
non fu. Sollevò di qualche centimetro la giacca, proprio
mentre
Henry giungeva alle spalle della madre. I suoi occhi si dilatarono,
un battito del cuore saltò, salvo poi iniziare a martellare
forte
< E'
la sua giacca...è la giacca della mamma > fu
l'unica cosa che riuscì a dire, prima che un vago senso di
nausea lo
pervadesse. Taquero. Emma si sollevò, la giacca ancora
stretta fra
le mani, un groppo in gola. E la cosa non migliorò, quando
avvertì
la mano sinistra inumidirsi. La donna raggelò. Senza
spostare il
tessuto pesante, strisciò le dita l'una sull'altra, per
saggiare la
consistenza di quello che aveva sulla mano. Era vischioso e denso.
Era sangue. Ringraziò la sua prontezza, nel non aver esposto
la mano
alla luce, così che Henry non potesse vedere. Lei stessa,
forse, non
voleva vedere. Poté quasi avvertire il suo battito
rallentare, fino
quasi a fermarsi. Cercò di controllarsi, di non lasciar
trasparire
nulla dai suoi occhi. Doveva essere forte per Henry. Ma dentro
tremava così forte da tenersi unita a stento, mentre la sua
mente
urlava sempre la stessa cosa, la stessa parola, sempre lo stesso
nome. "Regina, Regina! REGINA". Si riscosse, mentre Henry,
a fianco, sembrava caduto in stasi. La salvatrice afferrò il
telefono con la mano pulita, fece partire velocemente una chiamata,
che non tardò ad ottenere risposta.
<
Mamma. Venite subito
qui. C'è qualcosa che non va > dall'altro capo del
telefono, Mary
Margaret raggelò a sua volta.
L'incrocio
del destino
Il tempo
sembrava bloccato.
Come se quel grande orologio, che sovrastava la città, si
fosse di
nuovo fermato. Emma ed Henry non erano più riusciti a
parlare, in
attesa degli altri, e sostavano uno davanti all'altro, gli occhi
spalancati, fissi su quel fagotto di vestiti inanimati.
<
Emma! > la voce di Mary
Margaret ruppe il silenzio. La salvatrice si voltò,
inquadrando la
figura della madre, che quasi correva verso di lei. Al suo fianco
David, e subito dietro Killian. Mary Margaret arrivò per
prima,
afferrando la figlia per le braccia < Che succede, che cosa sta
succedendo? > domandò la donna, la voce apprensiva.
Ma quando
trovò gli occhi della figlia, ci trovò dentro
quel tumulto, ci
lesse lo shock statico, e quell'azzurro-verde che sembrava quasi
tremare. Le pupille di Mary Margaret si dilatarono. <
Dov'è
Regina? > di nuovo la stessa domanda, nel giro di
così poco tempo.
Emma fece uno sforzo immane per non crollare, ora che aveva trovato
il rifugio sicuro dello sguardo materno. Sollevò appena la
giacca,
mostrandola alla madre, rifiutandosi di parlare, per paura di sentire
la sua voce tremare. Non voleva sentirla, non voleva sentirsi.
La madre fece dardeggiare gli occhi su quell'oggetto, fece per
toccarlo, ma in quel momento, Emma fece scivolare fuori appena quella
mano, lorda di sangue, lasciandola vedere all'altra donna e a lei
soltanto. Mary Margaret trasalì, bruscamente, bloccandosi.
Rialzò
lo sguardo, ma prima che riuscisse a parlare, David, che era andato
da Henry, tornò da loro, col ragazzino accanto. Emma nascose
di
nuovo la mano, voltandosi. Anche Killian fu da loro, affiancando Emma
e stringendola appena, preoccupato per quegli occhi così
vitrei.
< Che cosa succede? > domandò il pirata
preoccupato. Emma
lo guardò, trovò coraggio, dunque si rivolse a
tutti
< Regina
lei...non è qui. Questa è la sua giacca
noi...l'abbiamo trovata
qua...a terra > ogni sillaba le costava sforzo. Il controllo
della
voce le vacillava, ma riuscì a mantenerla salda. Killian si
accigliò, mentre tutti gli altri impallidirono. A Henry
sembrava di
guardarli tutti da una bolla, sentiva quasi le voci ovattate. Non gli
importava delle loro parole. Una sola domanda gli continuava a
rimbombare fra le pareti del cranio, facendogli quasi male, una
domanda alla quale diede voce.
< Dov'è la mia mamma? >
disse infine. Tutti lo guardarono. Fu in quel momento che qualcosa
accadde. Un rumore secco, come di qualcosa che viene strappato
violentemente. Tutti si voltarono, al centro dell'incrocio una
piccola nuvola di denso fumo verde smeraldo. Il fumo prese a
diradarsi, svelando un abito nero, magnificamente modellato, un
sorriso bianco, abbagliante e malevolo e un paio di penetranti occhi
color ghiaccio. Zelena era davanti a loro.
Tutti quanti
scattarono, in
allerta, i muscoli serrati, le gambe piegate come molle cariche.
Zelena lasciò fuoriuscire una risata breve, secca, crudele.
<
Oh...salve. Credo di avere io, quello che state cercando >
disse, la voce freddamente divertita. Gesticolò
elegantemente con la
mano. Un bagliore si spostò da dietro le sue spalle. Una
figura,
priva di vita, che fluttuava a pochi centimetri da terra, avvolta da
un incantesimo che la manteneva dritta e in piedi.
Quell'istante.
Quel momento.
Fu uno di quelli che sembra durare un'eternità, come se il
tessuto
stesso di tempo e spazio si lacerasse, interrompendone il normale
flusso. Gli occhi di Henry scivolarono lenti, in quell'istante senza
fine, trovando prima quelle scarpe, dal tacco non troppo alto,
staccate dal suolo, le gambe, nude fino al ginocchio, e poi racchiuse
e fasciate in una gonna a tubino. Il resto, il ragazzo lo
inquadrò
tutto in una volta. La camicetta grigia, zuppa di sangue fresco, che
lasciava cadere qualche goccia fino a terra, e il volto di sua madre.
Smorto, esangue, colorato solo dal pallore della morte.
MUTE.
Un fischio
sordo gli inondò
le orecchie, fisso, fortissimo, inesorabile. E Henry smise. Smise di
respirare, di sentire, di vedere. Smise quasi di esistere in quel
posto, in quel momento. Estraniandosi. Fu talmente risucchiato fuori,
che non poté sentire il suo stesso urlo, che
fuoriuscì straziato,
potente, come se non provenisse dai suoi polmoni, ma dalla sua anima
pugnalata, ferendogli la gola, tanto era forte, strappandogli le
corde vocali. Ma lui non si sentì. Così come non
avvertì le
braccia della nonna, mentre le sue ginocchia cedevano di schianto,
rischiando di farlo rovinare al suolo, che si chiudevano attorno a
lui, cingendolo all'altezza dello stomaco, e comprendendo anche le
sue braccia, mentre lui si piegava in due, in avanti, sotto l'impeto
di quell'urlo, come se lui stesso fosse stato accoltellato. Non si
rese conto, mentre il suo viso era ormai rivolto verso l'asfalto, che
l'unica cosa che lo stava tenendo in piedi erano quelle braccia,
attorno al suo corpo tremante. Le sue ginocchia erano molli, le sue
orecchie ancora piene di quel fischio sordo, perfino la vista si era
offuscata e quasi spenta. Fu una seconda voce a ridestarlo. A
riuscire a riprenderlo e tirarlo fuori da quel buio oblio in cui era
caduto anima e corpo. La voce della madre, di Emma.
END
MUTE
<
PERCHÉ?!!
>
e anche lei aveva lasciato che quella singola parola uscisse
straziata, in un'alternanza di rabbia e disperazione. Henry
riuscì a
mettere a fuoco l'asfalto davanti a lui. Si sentiva il volto
bollente, era paonazzo,e le sue guance erano inondate di lacrime
calde, che erano scese fino al suo mento, bagnandogli i vestiti.
Qualche goccia era perfino giunta a terra, e ora i suoi occhi chiari
erano fissi su quelle lacrime sull'asfalto, che continuavano a
moltiplicarsi. Alzò il capo, a fatica, ancora chiuso
dall'abbraccio
della nonna. Inquadrò la figura di Emma. Come lui, la donna
aveva il
volto arrossato, le lacrime che calavano, inesorabili, come scuri. Ma
diversamente dal ragazzo, la salvatrice era un groviglio di nervi,
tesi allo spasmo, che si potevano veder guizzare chiaramente,
attraverso la sua pelle chiara. Era trattenuta per un braccio da
Killian, e per l'altro da David, il busto in avanti, rivolta verso
Zelena, che, indifferente, continuava a guardarli, beffarda. <
PERCHÉ
LO HAI FATTO?! > Un nuovo urlo, una nuova cascata di dolore puro
e
rabbia cieca, che fecero vibrare visibilmente la figura della
salvatrice da capo a piedi. Onde di male, che continuavano a scuotere
Emma, e lei seppe che solamente la furia la stava tenendo in piedi.
Zelena inarcò un sopracciglio chiaro, lasciando scivolare il
suo
sguardo ghiacciato su tutti loro, per nulla preoccupata per le loro
reazioni. Sfarfallò elegantemente con la mano di nuovo,
sorridendo
appena.
< Il motivo
è molto semplice > cominciò,
rilassata. Il suo sguardo s'indurì poi, repentino <
Mi riprendo
ciò che è mio >. Emma si
dibatté nella stretta di Killian e
David, emettendo un verso che parve quasi un ruggito basso,
proveniente dal suo petto. Ma prima che potesse replicare, Zelena
l'anticipò. < Sta' calma, Salvatrice. Che io
l'apprezzi o meno,
Regina fa parte della mia famiglia. E io riavrò la mia
famiglia
unita > i suoi occhi ghiacciati luccicarono, accompagnati da
quello
stesso sorriso malevolo. < Ad ogni costo > concluse. Emma
scattò
di nuovo, e Killian e David dovettero stringerla tanto da rendersi le
mani esangui.
< TU NON SEI LA SUA
FAMIGLIA! > di nuovo, la
voce le uscì così forte da graffiarle le pareti
della laringe. < NOI
LO SIAMO! > fece una pausa, cercando a vuoto un minimo
controllo,
mentre nuove lacrime bollenti le tagliavano le guance come rasoi.
< HENRY LO È.
E non importa cosa tu farai, non importa quante magie userai, Zelena.
Questa cosa non cambierà. MAI > Quell'ultima sillaba,
un manrovescio in pieno stile, indirizzato verso il viso, ora
immobile, della rossa.
< Non importa. Non sono
in cerca
dell'amore di mia sorella > Un angolo del suo labbro superiore
si
issò, in un riflesso di disprezzo. < Tutto quello che
voglio è
riunire la mia famiglia > replicò, gelida come un
iceberg.
< Vuoi
riunire la tua famiglia ma uccidi
tua sorella?! > fu la volta di Mary Margaret di farsi sentire,
mentre ancora tratteneva un Henry straziato fra le braccia. <
Non
ha alcun senso! > anche lei aveva i chiari occhi lucidi, colmi
di
lacrime che non voleva far scendere, per fare forza ad Henry e Emma.
Zelena la guardò, lasciando indugiare i suoi occhi anche sul
ragazzo, un sorrisetto increspò il suo viso
< La risposta
è
molto semplice. Confido voi sappiate bene, dove mia madre è
confinata > L'Ade. Gli sguardi di tutti si dilatarono di
comprensione.
< Bene! >
proruppe Killian, alterato < Dunque
dovrai raggiungerla in un degno modo! Perché non lasci a
noi
l'onore di
accompagnartici >
Esclamò velenoso, in una stoccata che intendeva la
necessaria morte
di Zelena. Tuttavia, la donna a quelle parole, rise. Fu una risata
lunga, echeggiante in quel silenzio tombale, crudele e fredda.
< Oh
pirata, non sei tanto sveglio quanto bello > replicò,
mettendo a
tacere brutalmente l'altro. < Ho usato un'arma molto speciale,
per
porre fine alla vita di mia sorella > La sua mano affusolata
s'infilò in una piega del suo magnifico vestito nero, e fu
di nuovo
allarme generale. Con lentezza studiata, Zelena estrasse un pugnale
< Immagino conosciate bene quest'oggetto > Una lama
ondulata ,
affilata e mortale, delle incisioni nere ed eleganti ad adornarla. Il
pugnale dell'oscuro. Con calma la donna voltò la lama.
Mostrando
solo la scritta incisa sopra. "Zelena".
La donna
sorrise più
apertamente < La signora oscura non ha bisogno della vostra
miserabile morte, per raggiungere gli inferi > soggiunse,
soddisfatta. < Ora, col vostro permesso >
cominciò. Ma Emma si
dibatté di nuovo, violentemente.
< Dove credi di andare! >
esclamò. Zelena si voltò lentamente. Prese fiato,
poi fece una
breve pausa, alzando una mano.
< Facciamo così. Io ora
scendo nell'Ade, riunisco la mia famiglia, e, in cambio, se non mi
seguirete e non mi metterete più i bastoni fra le ruote, io
vi
concederò il vostro lieto fine > il suo sguardo color
ghiaccio
puro s'intensificò, sfiorando ognuno di loro < Il
signore oscuro,
o meglio la signora oscura, non sarà mai
più un vostro
problema, e voi potrete vivere il resto delle vostre insignificanti
vite, in pace > detto ciò non attese molto,
schioccò le dita.
< Addio > soffiò, e con l'ennesima risata
diabolica si dissolse
in una nube verde smeraldo, scomparendo, assieme al corpo di Regina.
Henry non aveva parlato, per tutto il tempo, sull'orlo di uno
svenimento continuo. Ma in quel momento, mentre il corpo di sua madre
svaniva, trovò l'ultimo briciolo di forza residua. Si
dibatté
nell'abbraccio della nonna, liberandosi, ma le forze non gli
bastavano per distribuirle su tutto il corpo. Le gambe, ancora molli,
risposero a malapena, mentre lui cercava di camminare in avanti.
Incespicò, posando la mano al suolo, per aiutarsi a non
cadere,
mentre nuove lacrime lo sfregiavano e le sue spalle cominciavano a
tremare sempre più violentemente. In qualche modo
riuscì ad
arrivare, fino al punto in cui il corpo della sua mamma adottiva si
era dissolto. Si lasciò cadere in ginocchio, sporcandosi i
jeans. E
poi. E poi lo shock lasciò il posto al dolore. Un dolore
lancinante,
straziante, insopportabile. Henry si piegò, scosso da capo a
piedi
dai singhiozzi sempre più forti e violenti. Posò
le mani
sull'asfalto macchiato di rosso, toccando quel sangue. Rimase
così,
accucciato, fino quasi a posare la fronte a terra, dondolando
flebilmente e ripetendo sempre la stessa parola, in un sussurro, come
un mantra singhiozzante
< Mamma...mamma....mamma >.
Emma,
mentre la rabbia scemava, sentì ogni singola parte del suo
cuore
andare in frantumi. Libera dalla vista di Zelena, la rabbia non aveva
più un bersaglio fisso su cui concentrarsi, e aveva
così lasciato
il posto a quel'angoscia mista a disperazione, che lei sentiva
già
cadergli a cascata sulle membra. Diede un ennesimo strattone,
più
deciso che mai, liberandosi finalmente dai due uomini che la
trattenevano, e corse avanti, verso la figura di suo figlio a terra.
Lo raggiunse, lasciandosi cadere a sua volta sulle ginocchia. Strinse
Henry più forte che poteva, abbassandosi con lui, cercando
di
placare fisicamente i suoi singhiozzi, nonostante lei stessa stesse
piangendo. Incapace di smettere, si limitò a posare la sua
mano, a
palmo aperto, sopra quella del figlio, che era a sua volta posata sul
sangue ormai secco di Regina al suolo. E poi basta. Si concessero
quel momento di puro e semplice dolore, senza nient'altro in testa.
Vicini, tremanti, in lacrime. Mentre gli altri li guardavano,
dispiaciuti e addolorati. Nemmeno Mary Margaret osò
intromettersi,
limitandosi a trovare le braccia di David e lasciandosi stringere,
mentre qualche lacrima silenziosa sfiorava anche il suo volto
tondeggiante, e i suoi occhi si posavano su sua figlia e il suo amato
nipotino distrutto. Rimasero così i due. Per qualche istante
forse.
O qualche minuto. O per l'eternità.
-------
angolo off: Raga so che è un capitolo molto forte. Ma
abbiate fede. Non avrei fatto accadere una cosa simile al secondo
capitolo se avessi voluto lasciare le cose così. So trust me
;) ricordatevi che a volte, bisogna bruciare forte, per poter rinascere
più forti dalle proprie ceneri. Enjoi it!
PS: vi ricordo di nuovo il mio account Twitter (@Love of Writing -
@Amordiscrittura) o instagram con gli hastag #jointhewar
#OnceREVOLUTION <3
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 ***
CAPITOLO
3
Da
Mary Margaret
Henry non
avrebbe saputo dire
come, ne quando, avevano abbandonato quell'incrocio, quell'angolo di
pura sofferenza. Tutto quello capitato subito dopo il saluto di
Zelena era stata una macchia confusa di voci, colori, mani che lo
sfioravano, occhi addolorati che lo fissavano. E lui non si sarebbe
mai ricordato, in futuro, come fosse giunto li, nel bagno della casa
di Mary Margaret.
Prese un altro paio di respiri fondi,
immergendo le mani sotto il getto di acqua gelida. Le mise a coppa,
riempiendole di liquido ghiacciato, e poi se la schiaffò in
viso
senza troppi complimenti. Si guardò allo specchio. Stava
facendo un
vano tentativo di decongestionare il suo volto violentemente
arrossato. Ma qualche capillare doveva essere saltato, e sotto il
pallore, diversi puntini rossi gli costellavano il viso, e i suoi
occhi chiari erano gonfi come se lo avessero appena preso a pugni.
Dalla cucina sentiva le voci sommesse di tutti gli altri.
Probabilmente avrebbero organizzato un piano, e se lui stava provando
a riprendersi era solo e soltanto per potervi partecipare
attivamente. Non avrebbe lasciato le cose come stavano, non avrebbe
accettato la morte di sua madre. Non così. Non a mani basse.
Non a
caso, l'unica cosa che ricordava distintamente, di quello straziante
momento a terra con la mano sporca del sangue di sua madre, era
l'abbraccio di Emma, l'altra sua mamma, e la sua voce rotta che gli
sussurrava
< La riprenderemo...noi la riprenderemo...non
è
finita così...io non lo permetterò. Te lo
prometto Henry...te lo
prometto >.
Un ultimo sospiro, il ragazzo si passò una
mano fra i capelli, per cercare di dargli un senso, in
realtà non
fece altro che arruffarli ancora di più. Fece una smorfia,
salvo poi
avvertire una fitta allo stomaco. I suoi capelli erano sempre andati
a posto sotto il tocco di Regina, che riusciva a domarli in un sol
gesto. Si voltò di scatto, deciso più che mai e
andò verso gli
altri, in cucina. Aprì la porta, apparendo sulla soglia, e
subito le
voci si spensero e gli sguardi si posarono su di lui. Emma era in
piedi, posata al muro, accanto alla porta, Killian era nella stessa
posizione, poco più in la, entrambi con le braccia
incrociate. David
era posato al tavolo e Mary Margaret era l'unica seduta.
< Henry,
tesoro > lo apostrofò la nonna, ma non ebbe il
coraggio di andare
avanti, e chiedergli come stesse. Henry si sforzò e le
rivolse un
flebile sorriso. Tuttavia, erano un altro paio di occhi, quelli che
il ragazzo andò cercando. Quelli verdi, di sua madre. I loro
sguardi
volarono attraverso la stanza, incontrandosi e legandosi a doppio
filo, in un legame muto e indissolubile.
< Come la
riprendiamo? > domandò solo il ragazzo. Emma non
rispose subito,
si prese il tempo per studiare il viso del figlio. Il dolore muto,
che lei stessa sentiva dentro ma che nascondeva, al contrario del
ragazzo, e quella determinazione bruciante, inarrestabile. Quella
ardeva in egual misura nei loro occhi simili. Tutti gli altri, per il
momento, non si intromisero.
< Innanzi tutto, dobbiamo partire
da quello che ha detto Zelena > cominciò Emma, senza
distogliere
lo sguardo da Henry, il capo leggermente inclinato. < E abbiamo
sentito tutti, dove vuole portare Regina > continuò
la
Salvatrice.
< E se avesse mentito? > proruppe David. Emma lo
guardò, sospirò e poi si staccò dal
muro, con un colpetto delle
spalle, senza sciogliere l'incrocio delle braccia.
< E
a che pro, mentirci? >
domandò. David fece spallucce
< Attirarci in una trappola
nell'Ade? > propose ancora l'uomo. Emma lasciò vagare
lo sguardo
chiaro, riflettendo.
<
No...non credo sia così >
mormorò < Abbiamo visto cosa ha fatto, il corpo di
Regina... >
una fitta dolorosa a quel ricordo e i suoi occhi si socchiusero in
maniera impercettibile. < Non era un illusione. E se non voleva
portarla nell'Ade perché ucciderla? Inoltre ci ha dato una
spiegazione più che plausibile, non è la prima
volta che Zelena si
batte, per il suo concetto di "Famiglia" > un moto di
ribrezzo e fastidio l'attraversò < Non ci avrebbe
dato tanti
dettagli, e non avrebbe ucciso sua sorella, solo per attirare noi in
una trappola. Avrebbe cercato un altro modo. Avrebbe trovato
un altro modo > fece una pausa, sollevando gli occhi sul padre,
che
nel frattempo annuiva piano < Tantopiù ora, che
è diventata la
signora oscura > concluse. David sospirò piano,
concordando
silenziosamente con sua figlia. Fu Henry poi, a intervenire
< Quindi?
Scenderemo nell'Ade? > domandò, vagamente impaziente.
Emma posò
di nuovo i suoi occhi su di lui, raddolcendosi. A passi lenti si
avvicinò al figlio, sciogliendo l'incrocio delle braccia
solo una
volta chiuse le distanze col ragazzo. Allungò le mani,
chiudendole
attorno alle spalle di Henry che restituì il suo sguardo
intenso.
< Non chiedermi di restare indietro >
l'anticipò il ragazzo. Ma
Emma scosse piano il capo
<
Non è quello che ho
intenzione di fare, ragazzino > cominciò la donna.
Piantò i suoi
occhi in quelli del figlio, con più insistenza. < Ma
quello che
vogliamo fare, non è da poco. Abbiamo già
conosciuto quel posto e i
suoi pericoli. Ho bisogno di sapere che non ti stai solo buttando a
testa bassa in un'impresa folle. Ho bisogno di sapere che non sei
spinto solo dalla disperazione e che quindi starai davvero il
più
attento possibile > fece una breve pausa, senza lasciare la
presa
salda sulle spalle del figlio < Voglio che pensi a questa cosa
il
più lucidamente possibile. E solo dopo tu risponda a questa
domanda.
Sei pronto? > domandò la Salvatrice. Henry si prese
qualche
secondo. Faceva male, guardarsi dentro. Era incredibilmente
difficile, sollevare il velo di determinazione furiosa, e scoprire
il dolore. Ma fu efficace, perché sua madre, immersa nei
suoi occhi,
poté osservare l'intera operazione. Un piccolo squarcio di
luce,
dentro di lui e Henry trovò la consapevolezza. Quella di
stare per
affrontare un'impresa al limite della follia, la paura e, accanto, la
sicurezza che nonostante tutto, fosse giusto
così. Quando
rialzò gli occhi su Emma, il suo sguardo era diverso. Rimase
serio,
sicuro, senza lasciarsi fagocitare da rabbia e disperazione
< Si
mamma, sono pronto >
disse solo, la voce ferma, irremovibile. Emma, lentamente, gli
sorrise, mentre il suo sguardo si raddolciva e coi pollici lasciava
quelche carezza sulle spalle del figlio.
Poi un rumore ruppe
quel
momento, un sospiro, profondo, proveniente da Killian. L'uomo
posò
il capo al muro, chiudendo gli occhi solo per un secondo, prima di
rialzare il capo. Riaprendo il suo penetrante sguardo azzurro poi,
trovò gli occhi di tutti puntati su di lui, interrogativi.
Inclinò
appena il capo
< Io...stavo solo riflettendo > replciò
l'uomo a quegli sguardi. Mary Margaret gli sorrise appena.
<
Cosa stavi pensando,
dicci > lo invogliò la donna, immancabilmente gentile
con tutti.
Killian la guardò, per poi spostare gli occhi, lasciandoli
vagare
< Non abbiamo preso in considerazione quello che
potrebbe essere il punto di vista di Regina >
cominciò. Quasi
tutti si accigliarono, Henry, dietro Emma, prese ad irrigidirsi.
<
Cosa intendi, Killian, che
punto di vista? > fu Emma stavolta a parlare, dubbiosa,
vagamente
cauta. Killian la guardò, esitò, neanche fosse
indeciso se parlare
o meno, poi si decise. Scrollò appena le spalle,
raddrizzandole e
puntando gli occhi nel vuoto, dritti davanti a se, fermi e sicuri
<
Hai ragione Emma, dobbiamo
partire da quello che ha detto Zelena... > fece una breve pausa
< Ma
Zelena non ha solo detto dove avrebbe portato Regina e
perché > un
sospiro breve, mentre l'uomo sfiorava la figura di tutti i presenti
con gli occhi. Quasi sperava che capissero da loro, cosa voleva dire,
come avrebbe continuato, ma così non fu. Tutti seguitavano a
guardarlo ammutoliti. < Ci ha anche dato qualcosa in cambio, per
non seguirla > concluse. La voce di Zelena parve echeggiare nei
muri, mentre un'unica frase rimbombava nei ricordi dei presenti
"
Io ora scendo
nell'Ade, riunisco la mia famiglia e, in cambio, se non mi seguirete,
e non mi metterete più i bastoni fra le ruote, io vi
concederò il
vostro lieto fine ".
< Ci
ha dato un motivo che non possiamo ignorare del tutto, come se non
avesse parlato affatto > concluse Killian, per il momento. Non
era
un discorso stupido, e nemmeno folle o crudele. Era giusto
considerare e soppesare ogni singola parola che Zelena aveva detto.
Era giusto soffermarsi su ogni singolo e minimo punto di vista, senza
lasciare nulla in sospeso, nulla di non detto. La pace, per sempre,
non era cosa da poco, non era possibile snobbarla così. Per
quanto
Killian non volesse, in alcun modo, remare contro il destino di
Regina, sapeva
che avrebbe
fatto bene anche alla consapevolezza di tutti, ricordarsi non solo
cosa volevano recuperare, ma anche quello che avrebbero perso,
andando fino in fondo. Tuttavia, per quanto il pirata non volesse
intendere nulla di crudele, le orecchie e a seguito l'animo di Henry
non la presero così. Il ragazzo, sempre più
rigido, oltrepassò la
figura di Emma, che, come gli altri, per il momento, continuava a
fissare Killian muta. Gli occhi chiari di Henry si fissarono sul
pirata, i muscoli del collo tesi, i pugni serrati lungo i fianchi.
< Stai
forse suggerendo di lasciare mia madre a marcire
nell'Ade? > domandò, la voce più bassa del
solito, il tono
altalenante sotto una rabbia che il giovane stava trattenendo a
stento. Killian lo guardò, vagamente dispiaciuto.
<
Non è quello che ho
detto, Henry > replicò il pirata, il tono gentile.
Henry fece un
passo avanti, senza rilassare un singolo muscolo
< E
allora cos'è, che stavi
dicendo? > incalzò ancora, facendo un nuovo passo
avanti. Killian
sospirò forte.
< Nemmeno
io voglio lasciare Regina li, ma avete pensato a cosa potrebbe dirci,
se fosse qui? > lo sguardo di Killian prese a vagare, su tutti,
come a cercare sostegno da qualcuno di loro. < Pensate veramente
che non ci direbbe perlomeno di valutare le parole di Zelena? >
si
voltò verso Henry, indicandolo poi appena con la mano
< Pensi
davvero che non ti chiederebbe di non rischiare la vita per lei, che
non si sacrificherebbe per la tua felicità eterna? >
queste parole
furono tutte rivolte al ragazzo che Killian ora guardava,
sinceramente Accorato. Ma
ebbero l'effetto opposto a quello desiderato. Gli occhi di Henry
erano ancora pieni della straziante vista di sua madre morta, ogni
volta che il ragazzo chiudeva gli occhi sulla parte interna delle
palpebre continuava a rivedere il viso pallido di Regina. Per Henry,
in quel momento, la frase "felicità eterna" non solo non
aveva senso: era
un insulto. E a quell'ennesima rigirata di coltello, nella sua ferita
fresca, il ragazzo perse il controllo. La sua anima, distrutta, in
pezzi, non era abbastanza forte. In fondo era sempre e comunque un
ragazzo che aveva appena perso sua madre. Scattò in avanti,
veloce,
afferrò Killian per il bavero della giacca, che si
posò con più
forza al muro per via di quel contatto, e lo costrinse,
trattenendolo, a guardarlo in faccia, a osservare i suoi occhi.
< TI
SEMBRO "FELICE"
KILLIAN?! > chiese, strillando nonostante fosse a pochi
centimetri
dal viso dell'altro. Dietro
la furia, nei suoi occhi chiari, Killian vide. Vide il vuoto,
quell'enorme cratere, lasciato dentro Henry dalla morte di Regina. E
capì, capì che forse aveva sbagliato momento.
<
Henry... > cominciò,
provando a spiegarsi. Ma il ragazzo era ormai sprofondato in
quell'oblio di rabbia.
<
TACI! > proruppe,
stringendo la presa tanto che le nocche sbiancarono di botto <
Cosa
suggerisci, in alternativa? Qual'è il tuo brillante piano
alternativo, per tenerci al sicuro?! > La domanda, quella
domanda
che già gli ronzava in mente, al ricordo di
quell'oscurità, del
sacrificio che, una volta di più, aveva dovuto compiere
Emma, mentre
lui e Robin stavano a guardare, come due inermi e inutili bambocci.
" Emma,
ti prego, no! Non farlo "
Quel
ricordo tornò alla sua mente, alimentando la sua furia.
< La
verità è che non ti importa > si
spezzò la sua voce, nonostante
il suo tono rimanesse alto, alterato < Non ti importa nulla di
mia
madre, non ti importa di nessuno che non sia te stesso > le sue
mani, strette, presero a tremare, tanta la forza < Non vuoi
scendere nell'Ade per salvare la mia mamma, quando per te, per te
siamo scesi!
Per te LEI
è scesa, si è messa in pericolo > I suoi
occhi si fecero lucidi.
< Sei solo un'egoista > un'ultima sentenza. Un ultimo
sguardo,
poi Henry lasciò bruscamente la presa. Si scostò
da Killian,
dirigendosi alla porta li accanto. Ma quando mise una mano sulla
maniglia, Killian prese il suo braccio, cercando di fermarlo.
< Henry,
aspetta. Mi dispiace, non intendevo dire questo >
cominciò il pirata. Henry, in tutta risposta, fece per
divincolarsi,
Ma Killian rinforzò la presa, attirando ulteriormente
l'attenzione
del ragazzo. < Ascoltami! Quando io ero nell'Ade, è
questo che
avrei voluto dirvi, vi avrei detto di non scendere, di stare al
sicuro. Quando io ero laggiù non vi avrei voluto mettere in
pericolo. Io che ci sono stato volevo che qualcuno potesse dar voce
anche a quello che potrebbe dirvi Regina > cercò di
spiegarsi, di
far capire. Ma Henry, di nuovo, strattonò forte, liberandosi
dalla
presa di Killian. Lo guardò, gelido come un iceberg.
< Vuoi
sapere cosa ha suggerito lei, quando era al tuo posto? Ha detto solo
"Andiamo a riprenderlo" > e, dopo quella fredda replica
secca, fece di nuovo per andarsene. Killian provò a fermarlo
un'altra
volta, ma Henry si scostò e lo guardò ancora col
gelo negli occhi.
< Sta lontano da me. Pirata >
e, sferzando forte quell'ultima parola, si voltò,
aprì e uscì,
sbattendo la porta dietro di se tanto forte da far tremare i muri e
il lampadario. Tanto forte da far tremare quasi tutti loro.
Killian
chiuse gli occhi, un
sospiro forte fuoriuscì dalle sue labbra e si
lasciò cadere di
nuovo, poggiato contro il muro, dove battè piano il capo,
all'indietro, imprecando sottovoce. Si sarebbe aspettato che qualcuno
dicesse qualcosa, di avvertire magari il tocco gentile di Emma, sulla
spalla o sul viso. In un gesto di comprensione, di vicinanza. Ma
così
non fu. Così aprì gli occhi. Tutto lo stavano
fissando, gli sguardi
indecifrabili, quasi interdetti. Fece per parlare, ma Emma lo
anticipò. Un passo in avanti e lo sguardo che andava
indurendosi, la
Salvatrice era ben lontana dalla comprensione
< Ma
sei impazzito per
caso? > domandò, secca. Killian si accigliò
<
Cosa? Credevo tu avessi
capito. Andiamo Emma, lo sai che non stavo suggerendo di lasciare
Regina laggiù! > replicò il pirata, quasi
pestando i piedi per la
frustrazione. Ma Emma non si intenerì. Indicò la
porta, dalla quale
era appena uscito Henry, con veemenza
<
Hai visto in che
condizioni è Henry?! Come ti salta in mente di fare un
ragionamento
simile, davanti a lui?! > esclamò, contrariata.
Killian espirò
pesantemente, la sua mascella squadrata pulsò una sola
volta,
nervosa.
<
Non mi ha voluto
ascoltare! Ha capito solo quello che voleva lui! >
replicò il
pirata a tono. Emma esplose
< È
FERITO! > strillò < Come diavolo ti aspettavi
reagisse?! > una
pausa, mentre la Salvatrice tentava di abbassare i suoi battiti
accelerati < E tu non hai fatto che girare il coltello nella
piaga >
aggiunse, fredda e lapidaria. Killian la guardò per un
pò, a bocca
aperta, poi scosse il capo alzando le braccia e lasciandole ricadere,
in un gesto frustrato
< Non
è possibile > espirò. Emma
s'innervosì ulteriormente, a quella
risposta. Serrò i pugni, andando verso la porta
< Se
l'idea ti pesa tanto, Killian, forse non dovresti venire con noi
>
replicò fredda. Lo sguardo del pirata si ammansì,
facendosi
dispiaciuto.
< Non
ho mai nemmeno pensato una cosa simile > rispose, sincero. Emma
posò una mano sulla maniglia, voltandosi prima di uscire
verso tutti
quanti.
< Io
vado a prepararmi. Chiunque non sia d'accordo è libero di
stare
comodo > e, detto questo, uscì, senza dare il tempo a
nessuno di
replicare. In cuor suo per nulla pentita. Killian, anche se
innavertitamente, aveva ferito suo figlio, in un momento in cui, meno
che mai, aveva bisogno di ulteriori sofferenze. Notò che
Henry non
era nemmeno più in casa, probabilmente uscito a sbollire la
rabbia.
Decise che sarebbe andata a cercarlo, ma prima si sarebbe preparata,
a dimostrazione del fatto che non importava cosa Killian o chiunque
altro potesse dire. Loro sarebbero scesi nell'Ade, a salvare Regina.
Perché una promessa è una promessa.
Perché era giusto così.
-------
Raga ecchice,
scusatemi è stata Pasqua anche per me. Ringrazio tutti
quelli che stanno seguendo mettendo fra i preferiti etc. Un
ringraziamento particolare a DistressAndComa, eepfanfictionfan e
anonima31 che hanno lasciato tre bellissime recensioni <3 non
siate timidi e lasciatene una anche voi! Vi ricordo come al solito la
pagina twitter @Amordiscrittura @Love of Writing. oppure, come sempre,
seguite su instagram (e anche su twitter) gli hastag #Jointhewar
#OnceREVOLUTION! <3 bye!
|
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 ***
Allora, di solito non scrivo
angoli off prima del capitolo ma stavolta è d'obbligo. Prima
di subire un linciaggio per il ritardo a postare e per
l'entità del capitolo mi giustifico in due modi. 1) non sono
stata a casa per un lungo periodo, da ciò la mia lunga
assenza. 2) e più importante questo è un capitolo
di transizione con una montagna di flashback, mi rendo conto sia
pesante e forse più noioso rispetto agli altri ma sono tutti
tasselli necessari per poterli ricollegare poi dopo, con l'andare della
storia, inoltre questo capitolo è scritto da tempo e non
capisco perché non me lo segnava caricato, quindi
è arrivato in ritardo nonostante fosse gia pronto, il lato
positivo è che la parte due è già
in stesura da tempo e per questo quasi pronta. Quindi se possibile
sopportate questo capitolo e vi prometto che già dal
prossimo ci saranno risvolti più interessanti. Enjoi it! :)
CAPITOLO
4
Walking
Rage (pt.1)
Il
rumore sordo, di un sasso che rotolava, riempì l'aria. Unica
presenza in una strada altrimenti vuota di Storybrooke. Henry
camminava a falcate lunghissime, le mani ficcate in tasca con
veemenza, chiuse a pugno, tanto da tirargli la giacca sulle spalle.
La solita sciarpa svolazzava sferzante alle sue spalle, sospinta
dalla camminata impetuosa del ragazzo. Un ringhio rabbioso
fuoriuscì
dalle sue labbra, facendogli vibrare il petto, mentre raggiungeva di
nuovo quel povero sasso. Caricò il piede all'indietro, e
sferrò
quello che ormai doveva essere il milionesimo calcio a quella pietra
che si schiantò dura contro la gomma morbida delle sue
scarpe da
ginnastica.
< Stupido
Pirata! > esalò, la voce traboccante di collera.
Odiava
profondamente quel momento, odiava quella situazione. Le parole di
Killian ancora gli rimbombavano nelle orecchie, avvelenandogli di
rabbia il sangue, che continuava a pulsare ferocemente. Mentalmente,
Henry si maledisse. Si disse che avrebbe dovuto saperlo, avrebbe
dovuto aspettarselo. Cosa si aspettava, alla fin
fine, di
tanto diverso, da Killian Jones? Che si spendesse per salvare Regina?
Era inutile girarci intorno, Killian era sempre stato un egoista. Non
aveva mai salvato praticamente nessuno, a malapena Emma, e per un
motivo ben noto a tutti. Nessuno, invece, aveva mai voluto salvare
Regina. A nessuno importava così tanto di sua madre. A parte
lui, e,
alla fine dei conti, Emma. Solo lei aveva voluto aiutarla, capirla.
Fin dai tempi più bui, fin da quando le due donne si
odiavano, e
nonostante Regina avesse reso la vita di Emma un inferno. Come con
Biancaneve prima di lei. Tuttavia, Emma non aveva mai ritratto la sua
mano, quando Regina aveva avuto bisogno di afferrarla. Come la volta
dell'incendio inscenato da Gold.
Flashback:
Un
boato riempì l'aria, un'onda d'urto si rovesciò
sui corpi di Emma e
Regina, sbalzandole via come fossero scatole di cartone vuote.
L'odore acre del fumo si sprigionò subito, e lo scrocchiare
secco e
crepitante delle fiamme riempì loro le orecchie. Entrambe si
issarono sui gomiti, osservando, sgomente e spaventate, le fiamme che
lambivano il posto a quasi un metro da loro. Emma si
affrettò a
rimettersi in piedi, gli occhi chiari illuminati da quell'incendio.
Regina, colta dal fumo, cominciò a tossire, senza alzarsi.
Una
pesante sbarra in ferro era caduta sul suo ginocchio, con una
violenza tale da ferirla. Emma, in piedi, prese quella sbarra e la
scostò, buttandola via e liberando la gamba del Sindaco.
Dunque si
sbrigò a spostarsi, andando alle spalle di Regina, che
ancora gemeva
di dolore, a terra
<
Presto,
Andiamo! Dobbiamo uscire da qui! > esclamò la
Salvatrice,
allarmata. Ma Regina continuava a non riuscire a issarsi.
<
Non
riesco a muovermi! > replicò, vagamente in panico.
Emma la guardò,
la mano ancora allungata verso di lei. Si issò appena e
guardò
lungo le scale nell'unica via ancora illesa dalle fiamme.
<
Deve
farmi uscire! > continuò Regina, agitandosi <
Mi aiuti >
domandò ancora, allungando ora lei la mano verso Emma. La
Salvatrice
la guardò, per un secondo. Quasi stesse soppesando l'idea di
lasciarla li, ricambiando quello sguardo scuro. Guardò poi
ancora
quel muro spaventoso di fiamme.
La
sua mano era ancora giunta a quella di Regina, ma dopo poco, Emma
prese a riscendere gli scalini dai quali Regina non riusciva ad
alzarsi. Passò accanto alla donna, voltandole le spalle, e
il
Sindaco, nel panico, le afferrò un braccio con forza,
portandola a
voltarsi, cercando di impedirle di lasciarla li da sola.
<
Vuole
lasciarmi qui, non è vero? > domandò
infatti, esplicando quel
pensiero. In tutta risposta, con uno strattone, Emma liberò
il
braccio, e le voltò di nuovo le spalle, saltando un secondo
dopo,
fra le fiamme e il fumo, e sparendo dalla vista di Regina. Il sindaco
la guardò sotto shock. Nel panico, più evidente.
Si voltò e cercò
di sollevarsi, facendo leva solo con le braccia, cercando di risalire
quegli scalini. Ma non sarebbe bastato. Non fosse che la Salvatrice,
non aveva affatto deciso di lasciarla bruciare viva. Una nuvola di
aria e schiuma, di fumo diverso, agenti chimici tipici di un comune
estintore, andarono a mangiarsi parte delle fiamme. Irrompendo nel
luogo in cui ancora stava Regina,
e abbassando
notevolmente quel muro di fuoco, dalla parte in cui Emma era appena
uscita. Regina si voltò stupita,
tossendo appena nuovamente e
cercando di dissipare tutto quel fumo. Tutto fu grigio per un
istante. Grigio denso e totale, Regina non vide più nulla.
La prima
cosa che riuscì a mettere di nuovo a fuoco fu la figura di
Emma,
controluce, che ritornava indietro con un estintore in mano. La
salvatrice andò spedita verso di lei, afferrandole la mano,
e
aiutandola a tirarsi su. Regina fece passare il braccio sulle spalle
della bionda e Emma a sua volta le cinse la vita, per assicurarsi che
non cadesse di nuovo, fungendo quasi da stampella umana. Senza
nemmeno soffermarsi a guardarla, Emma partì spedita verso
l'uscita.
Regina invece, per un solo istante la guardò stranita.
Zoppicando, e
con la Salvatrice
a sostenerla riuscì a
uscire da quella porta maledetta e a fuggire da quell'incendio. Con
un calcio Emma sfondò la porta gia rovinata dalle fiamme, E
arrivarono sulla strada, sporche di fuliggine, coi polmoni brucianti
per il fumo eccessivo, e la tosse che scuoteva entrambe. In una mano
Emma reggeva ancora l'estintore, che poi lasciò cadere,
quando
pochi passi dopo, un nuovo eccesso di tosse la piegò in due.
Regina
le scivolò appena a sua volta, e posò la gamba
lesa a terra.
<
La
caviglia! > si lamentò il sindaco < Poteva
mettermi giù
delicatamente! > continuò inveendo contro Emma
accanto a lei, e
reggendosi in malo equilibrio sul piede sano.
<
Si
sta lamentando del modo in cui le ho salvato la vita?!
>replicò
stizzita la bionda.
< I
vigili del fuoco sono qui, non eravamo davvero in pericolo >
sferzò ancora la mora, incapace di ringraziare la donna che
tanto
odiava. Emma cercò di riprendersi dalla tosse, e si fece
appena
avanti
< D'accordo
>
replicò all'indirizzo di Regina < In
tal caso, se
ricapitasse, sa che le dico? La salverei
mille volte.
Perché è quello che fanno le persone civili. Le
persone buone >
e, detto questo, se ne andò, voltando le spalle a quella
donna
crudele, e di nuovo scossa dai fremiti della tosse.
-End
Flashback
Probabilmente
sarebbe stato più semplice, per Emma, liberarsi della rivale
in quel
momento, probabilmente, anzi sicuramente, quello
avrebbe fatto
Killian, se fosse stato al suo posto. Ma sua madre, Emma, la
Salvatrice, non lo aveva fatto. " La salverei mille volte ".
Henry
continuò la sua camminata feroce, mentre la sua mente
galoppava, e i
ricordi, che quella mattina aveva spinto via per non risultare
scontroso o antipatico, lo invasero. Ogni singola briciola, ogni buon
motivo che potesse fargli detestare il pirata ancora di più
era ben
accetto. E si dava il caso che le occasioni in cui le sue madri si
erano salvate a vicenda non fossero poche. Ogni singolo episodio era
una goccia di fuoco nelle sue vene. Perché quel buono a
nulla non
poteva essere un pò più come loro?
Perché una Emma che veniva
vessata e maltrattata, alla fine quasi uccisa, da Regina, non aveva
comunque mai esitato a salvarla, e invece quel maledetto Pirata non
voleva muovere un dito?! E ancora altri mille esempi si stamparono a
fuoco nella sua mente, alimentandolo. Quando le cose erano crollate
davanti agli occhi di Regina, e tutti si sarebbero, di li a poco,
dedicati al linciaggio. Anche li, nonostante quasi un anno di
maltrattamenti, Emma non era rimasta ferma, non aveva lasciato che la
cittadinanza arrabbiata andasse a vendicarsi fisicamente di Regina.
Il ricordo affiorò prepotente. La sua vocina, ancora esile
per via
dell'età, impegnata in una preghiera, gli inondò
le orecchie.
Flashback:
<
Ha
ragione, Vi prego! È pur sempre la mia mamma > Henry
si
rivolse ad Emma, che a sua volta si soffermò a guardarlo. Un
piccolo
sospiro interiore, mentre la Salvatrice sollevava gli occhi su i suoi
genitori davanti a lei, e agli altri amici.
<
Noi
dobbiamo fermarli > sentenziò, decisa e diretta. Mary
Margareth scambiò un occhiata profonda con la figlia, mentre
David
si voltò prendendo a parlare con gli altri del gruppo.
<
Se
la magia è arrivata fin qui, Regina potrebbe aver riavuto i
suoi
poteri... > ragionò, posando poi di nuovo i suoi
occhi su
Emma. Lo sguardo del principe scivolò ancora indietro, sulla
folla
che correva inferocita e imbestialita. < E per loro sarebbe la
fine > concluse. In un lampo di consapevolezza, Mary Margareth
e David si guardarono, un filo di allarme sospeso tra di loro.
Avevano conosciuto bene Regina e i suoi incredibili poteri. Un ultimo
cenno d'intesa, e tutti assieme si misero a correre, a rotta di
collo, verso la casa assediata del Sindaco.
Nel
frattempo, davanti all'uscio bianco e immacolato della dimora di
Regina, la folla si era ammassata. Il dottor Whale diede tre forti
botte sul legno chiaro, bussando con violenza.
<
APRI! >
Whale si spostò verso l'oblò a vetri accanto alla
porta. < Apri,
o veniamo a prenderti! > altri tre forti colpi scossero la
porta, che subito dopo si aprì. Regina apparve, un
sorrisetto sulle
labbra
<
Come
posso aiutarvi? > domandò, vagamente sarcastica.
Whale
s'innervosì ulteriormente
<
Quel
sorrisetto, ti abbandonerà presto Regina. Ci hai portato via
tutto,
e adesso.. > cominciò, ma Regina lo interruppe.
<
Cosa? >
domandò, senza mostrare il minimo tentennamento, davanti
alla furia
dell'uomo. < Siete venuti ad uccidermi? >
continuò senza
timore.
<
Alla
fine...ma prima devi soffrire > replicò con veemenza
e odio
Whale. Regina non indietreggiò, al contrario si fece avanti.
Spintonò con una mano il dottore
<
Ascoltare
te è stata una sofferenza sufficente per tutti >
rispose la
donna, spintonandolo ancora una volta abbastanza da farlo
indietreggiare per un bel pezzo. Dunque il Sindaco si rivolse al
resto della folla < D'accordo popolo. Volevate vedere la vostra
Regina? Bene miei cari.. > Regina prese a scendere i pochi
scalini, in maniera minacciosa verso le persone li presenti.
<
Lei...
è... QUI! > con sicurezza, Regina provo a richiamare
il suo
potere, tentando di slanciare un attacco dalle sue mani. Ma nulla
scaturì da esse. La folla fece per ripararsi, ma non accadde
nulla.
Lentamente presero a risollevarsi, Regina parve interdetta. Felici i
cittadini presero a rumoreggiare < Non ha funzionato! >
< Non ha poteri! >
Regina
si osservò le mani < Cosa?... >
mormorò fra se. Prese a
indietreggiare, mentre la folla si faceva avanti sotto il grido
generale di < Prendiamola!! >. Whale si fece avanti,
riprendendo il capo del gruppo, e afferrandola con forza. La
mandò a
impattare contro una colonna.
<
Dove
eravamo rimasti? > domandò sornione. Fece per
portarle le mani
al collo.
In
quel momento Emma e gli altri arrivarono. La salvatrice si fece largo
fra la folla a spintoni.
<
FERMATI! >
strillò, avanzando a falcate verso Whale.
<
Lasciala!
LASCIALA! > con prepotenza, Emma scostò le ultime due
persone
dalla sua via, e afferrò il braccio del dottore, cercando di
strattonarlo via. Whale mollò la presa
< E
perché dovrei?! > le domandò, visibilmente
in collera. Emma
non si fece intimorire e lo fissò negli occhi, con forza.
<
Perché
sono ancora lo sceriffo > replicò secca. David
accorse a darle
manforte. < E perché è lei che vi ha
salvato >
aggiunse. La folla non smise di rumoreggiare, e allora anche Mary
Margareth rincarò, tra le braccia un Henry che guardava la
scena
dispiaciuto.
< E
perché a prescindere da cosa ha fatto Regina, niente
giustifica un
linciaggio! > esclamò. Henry guardò Emma,
la muta speranza
negli occhi che la sua mamma salvasse Regina. La salvatrice si
rivolse ancora a Whale
<
Qui
non si uccide la gente > aggiunse. Ma Whale non pareva voler
mollare
<
Ma
noi non siamo di questo mondo > replicò ancora.
<
Ora
però ci vivete > rispose a tono la Salvatrice. David
si fece
avanti, la pazienza al limite
<
Ok
Whale, smettila > Gli scostò con un colpo il braccio,
mettendosi fra lui e Regina.
<
Giù
le mani! > si lamentò il dottore. < Non sei il
mio
principe > aggiunse, faccia a faccia con David. Regina
lanciò
uno sguardo in quella direzione, mentre David si accigliava. <
Ma
tu chi sei? > chiese.
Whale
non si rispose, ma la folla era ormai protesa verso Emma, Mary
Margareth e David, e convinsero tutti a lasciargli portare Regina in
prigione, senza ferirla.
-End
Flashback.
Non
aveva esitato, nemmeno quella volta. Nemmeno davanti alla tentazione
di veder linciare la sua più grande nemica Emma aveva
ceduto. E così
Davi, così Mary Margareth. Nessuno di loro aveva permesso di
farle
del male. Avevano dimostrato coraggio, bontà d'animo.
Avevano
dimostrato di essere persone migliori di quanto Killian Jones avrebbe
mai potuto essere. Un piccolo raggio di speranza si accese nel suo
petto a pensare che, probabilmente, anche i suoi adorati nonni erano
dalla sua parte per il piano di andare a salvare Regina negli inferi.
E anche quella volta, che Emma lo avesse fatto per lui o meno, non
importava. Lo aveva fatto perché era la cosa giusta,
perché non era
una vigliacca, ne' un'egoista. Altri calci, altro rumore di quel
sasso che rotolava inerme, unico sfogo per la sua rabbia galoppante.
Lui, rapito, nemmeno sapeva dove fosse diretto. Le immagini
continuarono a scorrere dietro i suoi occhi. E nuove ondate di rabbia
calda lo invasero quando fu il turno di ricordarsi delle cose buone
che aveva fatto Regina. Perfino la sua mamma adottiva, rimasta
crudele e spietata per anni, aveva lentamente cambiato il suo mondo
interiore. E Henry ricordava, ricordava tutto, come fosse successo
solo il giorno prima. Ricordava il volto di sua madre, trabboccante
di lacrime, mente gli diceva che lo avrebbe lasciato andare, lo
avrebbe lasciato di libero di stare con David, se era quello che
voleva. Una pugnalata in pieno stomaco per lui, in quel momento. Il
ragazzo rallentò il passo, piegandosi leggermente sotto una
fitta di
sofferenza quasi fisica. Riprese ad accellerare subito dopo, la
mascella contratta e nuovo fuoco nelle vene. A pensarci bene, perfino
le loro magie si erano sempre alimentate a vicenda. Anche quando
ancora Emma non era consapevole dei suoi poteri...un cappello a
cilindro nero, si posò sul fondo dei suoi occhi chiari e
vitrei,
mentre un nuovo ricordo lo inghiottiva.
-Flashback:
La
situazione era critica, nel peggiore dei modi possibili. Una figura
nera, oscura, la stessa che pareva aver marchiato l'anima di Filippo
nell'altro mondo incombeva su di loro. Mary Margaret, David, Emma e
Regina erano intrappolati in quella stanza cercando di combattere
quell'entità. Con foga David brandì davanti a se
una scopa
infuocata, usata a mo' di torcia. La creatura parve spaventata da
quel fuoco, ma il principe non riusciva comunque a farla demordere.
Nel frattempo, Mary Margaret aveva organizzato una difesa, lasciando
colare del liquido infiammabile.
<
David! >
urlò Mary Margaret. Il principe si voltò, e non
ebbe bisogno di
ulteriori spiegazioni dalla moglie. Si avvicinò velocemente
e diede
fuoco a quel liquido, creando un muro di fuoco fra le tre e la
creatura, ma lasciando se stesso a fronteggiarla. Regina, a terra nel
tentativo di far funzionare il cilindro si voltò a
guardarlo.
<
Veloce! >
gli strillò David di rimando. Regina si volse di nuovo. Fra
le sue
dita, sostavano i lembi di un cappello nero, a cilindro. Il buco di
esso pareva guardarla con aria ammonitrice. La sua magia era poca, e
rarefatta e quel cilindro, che in realtà poteva diventare un
vero e
proprio portale, non funzionava, lei non stava riuscendo ad
attivarlo. Eppure era vitale che lo facesse, o il loro piano di
spedire quella creatura nell'altro mondo non sarebbe mai andato a
buon fine. E sarebbe stata lei a pagarne le conseguenze.
<
Non
funziona! > replicò, allarmata. David continuava a
combattere,
con tutte le sue forze, sferzando la scopa infuocata con energia,
mentre quella continuava ad attaccare con sempre più
ferocia. Emma
lanciò uno sguardo verso suo padre, preoccupata, per poi
riabbassarlo su quel cappello inerme. La situazione andava
aggravandosi e loro parevano non riuscire a trovare una soluzione.
<
Non
sta funzionando! > continuò Regina, una nota di
disperazione
nella voce, mentre con la coda dell'occhio lanciava uno sguardo alle
sue spalle, dove stava Emma. Mary Margaret intanto, guardva impotente
suo marito sfidare quel mostro. Emma si abbassò appena nella
direzione di Regina.
<
Qual'è
il problema? > le domandò, la voce alta a cercare di
sovrastare il trambusto.
<
La
magia...è diversa qui > replicò Regina,
continuando a
osservare quell'ostinato vuoto immobile che si vedeva dentro il
cilindro. Emma si voltò di nuovo verso il padre,
preoccupata. David
non demordeva intanto
<
Sarebbe
il momento giusto! > strillò ancora il principe. Ma
quel
cappello restava immobile, e Regina non sembrava poterci fare nulla.
Intanto il ruggito di quella creatura si levava ancora più
alto e
minaccioso.
Emma
strinse i denti, nervosa. Si abbassò vicina a Regina,
Allungò una
mano e la strinse attorno al braccio del Sindaco. Forse per
sotenerla, forse solo per incitarla.
Fatto
fu che quel cappello, prima inerme e patetico, si risvegliò
immediatamente. Un vortice viola fuoriscì da quel buco prima
nero e
fondo. Il cilindro prese a girare e vorticare velocemente, aprendo
finalmente quel portale.
Emma
e Regina si guardarono, per un istante...
Ma
David nel frattempo ebbe infine la peggio. La creatura lo
sbalzò via
e infine si diresse veloce verso Regina, di spalle ancora in piedi
davanti al portale. Ma lo sguardo di Emma fu più veloce, e
fece in
tempo a vederlo.
Non
ci fu tempo per pensare, non ci fu tempo per nulla che non fosse puro
istinto.
<
REGINA! >
urlò la salvatrice. Saltò in avanti e spinse via
la donna dalla
traiettoria di quel mostro, salvandola, una nuova volta, in un impeto
di istinto. Riuscì a scostarla e a far cadere la creatura
nel
portale. Ma quella non ne volle sapere di lasciarli senza ulteriori
problemi. Così, con un ultimo attacco, trascinò
Emma con se.
-End
Flashback-
Il
battito cardiaco di Henry, smise per un istante di trottare furioso,
mentre si accigliava appena. Tralasciando per una volta l'ennesimo
salvataggio di Emma, a favore di Regina, ignorando il fatto che abbia
di nuovo sacrificato se stessa per proteggere la vita di sua madre
adottiva, e stavolta senza necessità di nessuna preghiera da
parte
sua, suo figlio, e senza il bisogno di dimostrarle come le persone
buone si comportino. Mettendo da parte questi dettagli, una cosa
comunque non tornava: Quel tocco. Quel singolo gesto, la mano di Emma
sul braccio di Regina, e la magia che finalmente esplodeva, forte e
prepotente, In un momento in cui, per altro, la sua mamma biologica
nemmeno sapeva di possedere dei poteri magici dentro di se.
Buffo.
Come
potevano le loro magie alimentarsi a tal punto? In maniera
così
forte. E poi quel gesto, e quel salvataggio...Così
spontanei. Henry
sentiva come se ci fosse un collegamento tra quei due elementi, c'era
qualcosa, di opaco, sullo sfondo di quei ricordi, qualcosa che non
riusciva a mettere ancora a fuoco. Era solo una sensazione per il
momento. Ma cosa era?
C'era
solo un modo per scoprirlo: I suoi ricordi.
La
sua mente si fece più analitica, mentre una nuova ondata di
memorie
lo attraversavano.
Regina,
in cambio, per una volta non era rimasta indietro. Con
curiosità
Henry si soffermò con la mente al momento in cui, per lui,
aveva
salvato non solo Emma ma addirittura Mary Margaret, di ritorno dalla
Foresta Incantata. Di nuovo una sua preghiera gli risuonò
nelle
orecchie, disperata, la vocina esile...
-Flashback:
Il
pozzo, minaccioso, vorticava furioso, con il vedre denso di un
incantesimo a scuoterlo. Tremotino e Regina sostavano davanti ad
esso, gli sguardi malevoli puntati su di esso. Non sarebbero tornate.
Ne Emma ne Biancaneve. Mai più. E nel tentativo di
attraversare la
breccia avrebbero perso la vita. Ma proprio in quel momento, Henry
arrivò, correndo come poteva sulle sue gambe ancora di
ragazzino.
<
Mamma! >
la chiamò. Regina si voltò immediatamente verso
di lui. Uno sguardo
allarmato e preoccupato si dipinse sul volto del sindaco,
inizialmente. Henry, piano piano, capì. Come sempre aveva
fatto,
ricollegando i pezzi.
<
Ma...tu
non vuoi aiutare Emma e Mary Margaret > commentò,
osservando
ora quel pozzo minaccioso. Regina si abbassò appena verso di
lui.
<
Io
voglio aiutare te, Henry > replicò con sicurezza la
donna.
<
Ma
di che stai parlando?! > chiese ancora il bambino, l'allarme
crescente nel suo animo. Ruby, intanto, arrivata con Henry concluse
l'intuizione del piccolo.
<
Vuoi
ucciderli vero? > domando, gli occhi spalancati. Ma Tremotino
non era evidentemente intenzionato a farsi fermare da niente e
nessuno
<
Scusami
cara > disse solo, e con un solo gesto della mano fece volare
via Ruby, che svenì. Henry osservò il tutto
atterrito per poi
rivolgersi di nuovo a Regina.
<
Mamma,
ma che stai facendo? > le chiese sempre più
allarmato. Regina
non si scoraggiò e si fece più vicina al figlio.
<
Devo
impedire che Corah, attraversi il portale...tu non hai la minima
idea, di quello che ci farebbe > replicò, il tono
accorato,
preoccupato. Ma Henry non avrebbe accettato quella scusante, e non si
lasciò piegare.
<
Emma
e Mary Margaret riusciranno a sconfiggerla! Attraverseranno loro il
portale > disse, la vocina esile da bambino, ma sicura come non
mai. Tremotino decise di intromettersi.
<
Tua
madre ha ragione, arriverà Corah! > rispose al
piccolo.
<
No
voi...vi sbagliate...il bene sconfigge sempre il male.. > e,
mentre parlava si volse lentamente di nuovo verso sua madre.
< dovresti saperlo meglio di chiunque altro > concluse,
lapidario. Regina lo guardò, per un istante, prima di
abbassarsi
all'altezza dei suoi occhi chiari.
<
Quello
che so, è che mia madre distruggerà tutto quello
che amo di più >
replicò, decisa. < Quindi anche te > aggiunse
all'indirizzo di suo figlio.
< E
io non posso permetterlo > concluse.
Ma
dall'altra parte andava esattamente come detto dal piccolo Henry.
Emma e Mary Margaret avevano sconfitto Corah, e si apprestavano a
tornare a casa, tramite il portale.
Dall'altra
parte, Henry, disperato, si tuffò in avanti, verso quel
pozzo
maledetto in cui gorgogliava ancora quell'incantesimo sinistro. Ma
Regina lo abbrancò circondandolo con le braccia, e lo
fermò.
<
Non
puoi!! > esclamò il bambino, divincolandosi. <
Fermati! >
continuò. Ma Regina non accennò ad allentare la
presa, ne a
cambiare i suoi piani. < Non puoi.. > Henry fisso il
pozzo, li davanti a lui.
<
La
ucciderai! > continuò imperterrito. < Ti
prego! >
il bambino cominciava ad affannare ma non smetteva di lottare, contro
quella stretta e contro quella situazione. Il pozzo riluceva di un
verde sempre più potente e abbagliante, l'enorme vortice al
suo
interno pareva ogni minuto più minaccioso. Henry
continuò la sua
battaglia
<
Riusciranno
ad attraversarlo.. > esclamò dibattendosi <
DEVI
FERMARTI! > urlò, dando sfogo a tutta la frustrazione
accumulata.
<
Così
le ucciderai! > continuava a ripeterlo, come un mantra. Ma
ciò
diede i suoi frutti. Con un ultimo strattone, più violento
degli
altri, il ragazzino riuscì a liberarsi dalla stretta di
Regina, e
corse avanti, verso quel pozzo maledetto. La donna gli corse dietro.
Nel momento il cui lui toccò la pietra di quel pozzo Regina
lo
ragiunse e lo tirò indietro.
<
HENRY! >
strillò, preoccupata, allontanandolo a distanza di
sicurezza. Lo
strinse per le braccia e frappose di nuovo se stessa fra il bambino e
il pozzo. Fuori di se dall'angoscia Regina lo fisso, bassa alla sua
altezza. < Che cosa stai facendo? > gli
domandò il
sindaco. < Emma e Mary Margaret attraverseranno il portale! Io
lo so...avevi detto che volevi cambiare...essere migliore >
rispose il piccolo, occhi negli occhi con sua madre adottiva. Regina
lo fissò mentre diceva quelle parole, gli occhi bruni
preoccupati,
quasi dispiaciuti. Il suo sguardo si accigliò appena, le
parole di
Henry avevano fatto centro, come un dardo dritte al cuore della
donna. < Ora puoi farlo... > continuò Henry
accorato
<
Tu
vuoi che abbia fede in te? Allora abbi fede, in me > concluse.
Una
lacrima solcò il viso di Regina, silenziosa, nonostante la
donna non
avesse cambiato sguardo. Henry abbozzò un sorriso. Regina
agì
lentamente. Prese ad issarsi, lasciando scivolare via le sue mani
dalle spalle del figlio, ma senza smettere di guardarlo. Si
voltò
verso il pozzo, e camminò incontro ad esso.
<
Regina! >
provò a fermarla Gold. Ma lei non si fermò.
Arrivò sino a quella
pietra e a quel vortice verde, ci guardo dentro, dunque stese le mani
sopra quel buco abitato dall'incantesimo, e prese a richiamarlo.
L'incantesimo prese a confluire verso le sue mani aperte, in maniera
forte e violenta, scuotendola da capo a piedi, come
elettricità.
Infine, le sue braccia si spalancarono, mentre l'incantesimo
confluiva in lei da ogni parte della sua figura. Gold si
accigliò,
Henry fece un passo indietro, spaventato. Un ultimo lampo, uno
scossone talmente violento, che Regina venne sbalzata via, finendo a
doversi aggrappare a l'albero vicino. Henry la guardò
preoccupato,
poi volse i suoi occhi al pozzo, che però gli
restituì uno sguardo
silenzioso. < NO! > corse incontro a quel maledetto
ammasso di pietre. Regina, da terra, si voltò a guardarlo,
ancora
affannata < Mi dispiace, Henry, mi dispiace. > gli disse,
addolorata. Il bambino non staccava lo sguardo dalla struttura,
mentre le lacrime spingevano brucianti contro i suoi occhi. Regina
era a sua volta in lacrime. Ma poi...Una mano. Una mano si chiuse sul
bordo di quel buco nero. Poi due. E infine Emma si issò da
quel
pozzo e ne uscì illesa. Henry la guardò quasi
icnredulo < Mamma? >
esalò il piccolo. Mary Margaret uscì subito dopo,
raggiungendo la
figlia a terra. Emma inquadrò il bambino < Henry!!
>
esclamò < MAMMA! > strillò di
rimando il bambino
correndole incontro e tuffandosi fra le sue braccia spalancate. I due
si strinsero forte in un abbraccio.
<
Mi
sei mancato! > disse Emma al figlio, con un sospiro di sollievo
<
Mi
sei mancata anche tu > replicò Henry, prontamente.
Mary
Margaret si unì a quell'abbraccio, comprendendo sia il
nipotino sia
la figlia in quel gesto. Regina non poté che restare a
osservarli.
Gold lanciò uno sguardo significativo a Regina e poi volse
le spalle
e se ne andò via, senza una parola.
<
che
succede? > domandò Mary Margaret alzando il capo.
< Che
è successo? > continuò inquadrando la
figura di Gold che se
ne andava, quella di Regina vicina all'albero e di Ruby ancora a
terra. Henry si voltò una mano di Emma ancora ad
avvolgergli le spalle
<
Lei
ti ha salvato, ha salvato entrambe > spiegò subito il
piccolo,
ora rivolto verso la madre adottiva. Emma parve stupefatta. Henry si
tuffò di nuovo ad abbracciare la bionda. Ma la salvatrice
stavolta
non spostò lo sguardo, vagamente stupito, ancora puntato
dritto su
Regina.
<
Grazie.. >
esalò, sincera.
<
Non
c'è di che > replicò Regina, issandosi
finalmente, e senza
l'ombra del solito sarcasmo velenoso nella voce. Ruby accorse a sua
volta.
<
state
bene?! > domandò allarmata. Abbracciò
forte Mary Margaret,
che ricambio di buon grado la stetta. < dov'è mio
marito? Devo
trovarlo > domandò però subito Mary
Margaret. Così dopo un
sorriso a Emma, Ruby prese per mano Mary Margaret e corsero via,
dirette da David. Emma rimase sola con Henry e Regina. I due scesero
nella direzione del Sindaco. Emma prese la parola, vagamente
titubante
<
Ehm..tua
madre è....diciamo...un tipo impegnativo, lo sai? >
domandò
la salvatrice, un sopracciglio appena inarcato e l'aria ancora un po'
stravolta. Regina spostò un istante lo sguardo, e
annuì.
<
Certo
che lo so > commentò, poi sposto i suoi occhi bruni
di nuovo
sui due. Infine li issò dritti in quelli di Emma, un sorriso
raddolcito si aprì sul suo volto, un sorriso che raramente
si era
visto, fino a quel momento, da parte sua.
<
Bentornata >
concluse.
<
Grazie.. >
replicò la salvatrice, sorridendole a sua volta.
-End
Flashback.
Un
brivido scosse Henry da capo a piedi.
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Angolo
off: Ok le cose importanti le ho gia scritte su, scusate davvero per il
ritardo, e tempo record dovrebbe uscire il seguito. Grazie infinite a
tutti i recensori siete davvero troppo buoni e spero di non deludervi
conn questo capitolo, so che dopo l'immensa attesa ci si aspettava
qualcosa di meglio. Ma recupererò prestissimo. Detto
ciò ho due piccole note a pie di pagina alle quali tengo
immensamente:
Se
vi
piace il modo in cui scrivo e vi interessa leggere di più di
ciò
che scrivo ho un libro, da poco edito, disponibile in tutte le
librerie on-line e non. Qua vi lascio il link in cui potete trovarlo:
https://www.ibs.it/al-di-dello-specchio-libro-claudia-mascia/e/9788899663537?inventoryId=110237701
mi
potete trovare anche sui social.
Su
Facebook col nome "Al di là dello specchio"
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https://www.facebook.com/Aldiladellospecchiolupieditore/?ref=bookmarks
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instagram col nome "AldilàdelloSpecchio ClaMascia"
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