Mad Hatter.

di OnlyAGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sesto. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


1 giorno prima.
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"Harleen alzati è tardi!" Urlò la voce del suo tutore.
"Ancora 5 minuti." Rispose la ragazza. Ma lui non gli diede scelta aprendo di botto le tende.
La bionda sbuffò e si alzo.
Dopo essersi preparata per la scuola, prese il suo telefono e scrisse il buongiorno al suo ragazzo. Che gli rispose quasi subito dicendole di sbrigarsi.
Scendendo al piano inferiore sentì l'odore del caffè che le fece comprendere quanto effettivamente fosse tardi.
"Ci vediamo dopo Jim. Passo al Dipartimento?"
"Si Har. Buona giornata." Disse l'uomo dandole un bacio sulla testa. Che lei provò a evitare come ogni giorno senza successo.
Odiava che lei lo chiamasse così da anni. Ma non poteva dirglielo. Dopotutto lui non era suo padre e non lo sarebbe mai stato ma ormai erano 8 anni che lei viveva con lui. E si aspettava che potesse chiamarlo almeno zio.
Il detective ricordava perfettamente quel giorno. Lui aveva solo 20 anni quando gli portarono a casa quella bimba di appena 8. Spaventata e avvolta in una coperta. Che piangeva a dirotto cercando i suoi genitori.
Quello fu il discorso più duro della sua vita. Doverle spiegare che i suoi genitori non che i suoi migliori amici non ce l'avevano fatta e che non sarebbero più tornati. Da quel giorno lui divenne il suo tutore legale come voluto dà i suoi genitori.
La sua carriera militare lo portò lontano da casa per molto tempo, e la bimba crebbe con la madre di lui. Ma quando decise di trasferirsi a Gotham la portò con sé. Non che la bionda fosse così entusiasta all'idea. Ma si abituò quasi subito. Grazie ad un piccolo aiuto.
La ragazzina scese le scale di fretta, trovando davanti al portone il suo rosso.
"Hai fatto tardi anche oggi Harley." La prese in giro mostrando un largo sorriso.
"Lo so Jerome, non cè bisogno che me lo dici." Disse la biondina arrossendo, per poi avvicinarsi al ragazzo e dargli un tenero bacio.
E insieme si avviarono verso la scuola.
La bionda si sentiva esplodere d'amore ogni volta che lo vedeva e sentiva come se stessero insieme da poco ma ormai erano 6 mesi.
Ma non avrebbe mai potuto immaginare che anche in lui qualcosa stesse per esplodere. E che avrebbe portato tutto tranne che gioia.
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Autrice.
Sò che è molto corto e mi scuso per questo ma diciamo che è un test per capire se la storia può risultarvi interessante in questo modo. Ho cercato di spiegarvi i punti principali da cui si svilupperà tutto. Inoltre vorrei avvertirvi da subito che sono una studente universitaria e che quindi non potrò certo aggiornare giornalmente ma che farò del mio meglio. A presto fatemi sapere cosa ne pensate con qualche commento.
xxx


 

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo. ***


I due ragazzi raggiunsero la scuola. Velocemente si diressero verso l'entrata non avendo tempo da perdere per via del loro ritardo.
La campanella suonò e il rosso accompagnò la ragazza davanti la sua classe. Per dirgli velocemente che si sarebbero visti a pranzo dandole un veloce bacio.
La bionda si diresse al suo banco dove la sua amica Kelly l'aspettava impaziente.
"Hai fatto tardi anche oggi. E io che come una stupida ti aspettavo all'entrata invano. Potevi almeno avvertire." L'attacco subito.
"Buongiorno anche a te. Si io sto bene, tu?" rispose stizzita.
"Non hai il diritto di innervosirti così. Ti avevo chiesto specificatamente di arrivare prima almeno oggi. Dovevo raccontarti di ieri." Frignò come una bambina.
""Ok hai ragione scusa, ma sai il mio vizio di spegnere la sveglia. Jim è dovuto venire a svegliarmi come al solito."
"Dovresti smetterla di chiamarlo così è triste."
"Come dovrei chiamarlo allora sentiamo." Rispose aspettando il prossimo commento della sua amica sul suo tutore.
"Bè che ne dici di culetto sexy ?. Ma andrebbe bene anche sexy zio." Disse con occhi sognanti.
"Hai un po' di bava. Comunque devi smetterla è imbarazzante. Lui ha 30 anni e inoltre è il mio tutore."
Le ragazze continuarono a battibecchiare, tanto da non accorgersi del professore di letteratura che dovette rimproverarle.
Chiudendo così la loro discussione.
Le ore passavano in fretta. Harleen rimase a pensare tutto il tempo non seguendo per niente le lezioni.
Questa giornata le sembrava strana nonostante per la prima volta, la città fosse completamente illuminata e riscaldata dal sole. Lei nonostante tutto aveva freddo. Si stringeva alla sua giacca. Inconscia di tutto.
Il ragazzo da parte sua era inquieto ugualmente. Ma la sua inquietudine era dovuta ad altro.
La sua mente aveva cominciato a parlare autonomamente da quella mattina.
Non aveva mai avuto nessuno che lo venisse a svegliare, non che ce ne fosse bisogno, ma la cosa che lo innervosiva era alzarsi e doversi trovare sempre davanti scene rivoltanti.
Quella mattina dopo essersi preparato come al solito dirigendosi verso l'uscita della roulette aveva trovato la madre addormentata sul pavimento con una bottiglia di whisy vuota e le sue mutandine in mano. L'aveva alzata e osservata, ma in quel momento le sue mani avevano iniziato a prudere, aveva sentito un senso di ribrezzo e rabbia superiore al normale. Tanto da averla lasciata cadere violentemente sul letto per correre via da quel luogo che era obbligato a chiamare casa.
Durante il tragitto pensò a cosa era successo. Ma non trovò risposte. Non lui direttamente.
Una voce gutturale e fredda gli aveva canticchiato quanto in quel momento avrebbe voluto stringerle le mani al collo e guardare i suoi occhi mentre si spegnevano. Al solo pensiero la sua vocina cominciò a ridere.
Il rosso la cacciò via con molta fatica. Gli ci volle tutto il percorso dal circo a casa della sua ragazza. Ma alla fine si calmò, per il momento.
Ma da quando era entrato in classe e si era trovato a ripensare, la voce aveva ricominciato a esprimere i suoi commenti volgari e cattivi.
Allora di pranzo si era diretto velocemente a mensa per trovare una testolina bionda ad aspettarlo.
La ragazza era seduta a un tavolo vicino alla finestra con la sua amica. Non appena le vide sbuffò mentalmente per la presenza della petulante e insopportabile Kelly.
In effetti i due non erano mai andati molto d'accordo, ognuno per i propri motivi.
La ragazza era molto vivace e forse un po' superficiale, non aveva molta considerazione per le persone che non sopportava, inoltre reputava Jerome non all'altezza di Harley. Che fosse un bel ragazzo ne era consapevole ma lo considerava irrilevante per via del suo ceto sociale.
Mentre lui la considerava lei come una ragazzina senza cervello e piena di sé. Odiava inoltre il fatto che accendesse sempre una sorta di competizione per l'attenzione della bionda, e facesse di tutto per mettersi in mezzo.
Si diresse riluttante e innervosito verso le ragazze.
"Hey." Disse la biondina felice di vederlo come non mai.
"Hey." Gli rispose sorridendo.
"Ciao Jerome." Disse perfidamente la mora.
Lui fece finta di non averla sentita e iniziò a mangiare. Mentre le ragazze parlavano di qualcosa a lui sconosciuto.
"Sei più silenzioso del solito." Disse Harleen accarezzandogli la spalla.
"O più sgorbutico del solito." Fece il verso Kelly.
"Kelly smettila!" la riprese la bionda arrabbiata.
Jerome dal canto suo ridacchiò. E si alzò.
La bionda lo guardò con aria interrogativa. Ma lui se ne andò senza dire niente.
Harleen si alzò dalla sedia di scattò e guardò l'amica rabbiosamente. Per poi andare dietro il ragazzo.
Sentendo in lontananza la mora che le diceva che ora solo per scherzare.
Seguì il ragazzo che non rispondeva ai suoi richiami nel corridoi e cercò di afferrarlo per la giacca.
Lui si girò velocemente e le prese il polso stringendolo talmente forte da farla gemere.
"J-jerome mi fai male." Disse la ragazza sconvolta.
Lui ritirò la mano e abbassò la testa scuotendola. Cercando di mandare via le voci.
"Scusa Har. Credo di non stare molto bene. Vado a casa." Disse senza guardarla e continuando a camminare.
Harleen si ritrovava a camminare da sola verso il Dipartimento di Polizia. Quanto successo con Jerome l'aveva lasciata senza parole. E inoltre l'aveva ignorata anche per messaggi.
Raggiunse l'entrata e si diresse verso la scrivania di Jim.
"Ciao."
"Harl. Come è andata oggi?" disse senza distogliere lo sguardo dalle sue scartoffie.
"Bene. Io vado a casa sono stanca." Disse la ragazza sconsolata.
"Ok. Ci vediamo più tardi."
"Ciao."
Non appena uscita dalla centrale il suo telefono trillò.
Jerome le aveva chiesto di vedersi al circo tra poco per parlare. La ragazza era indecisa. Ma alla fine assentì e si diresse da lui.
Bussò alla roulette e lui gli aprì.
"Allora vuoi spiegarmi cosa ti è preso?" inveii la ragazzina.
"Niente ero solo stanco." Disse avvicinandosi per baciarla.
Fu un bacio violento e freddo dal quale la ragazza si staccò violentemente.
"Cosa ti prende?" disse furiosa.
"Rilassati per un momento Harley." Disse provando a riavvicinarsi e baciandola ancora e iniziando ad accarezzarla.
La bionda lo spinse via ancora.
"Quindi mi hai fatto venire qui per fare sesso non per chiarire quello che è successo." Disse duramente.
"E allora? possiamo parlare dopo no?" disse ghignando.
"No. Devi dirmi cosa ti prende. Sei strano da qualche giorno e stamattina non eri tu. Ti prego parlami." Implorò la bionda.
Il rosso scoppiò a ridere.
"Non è successo niente tesoro. Te lo assicuro. Ora vieni qui." Fece segno con la mano.
Ma la ragazza rifiutò e si avviò verso la porta.
"So che hai una vita complicata Jerome. Ma non puoi fare così. Chiarisciti le idee perché questo non sei tu." E se ne andò.
"Eccome se sono io." Disse il ragazzo con un sorriso malsano sulle labbra.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo. ***


La bionda iniziò a piangere. E si diresse velocemente verso casa.
Il suo telefono iniziò a squillare.
"Pronto."
"Harl. Stai bene?"
"Si, certo Jim. Dimmi." tremò.
"Io sto andando al circo con Lee. Vuoi venire?"
"No." disse di botto la ragazza.
Il solo pensiero di rivedere Jerome la rendeva triste.
Non si era mai comportato così, era sempre stato un ragazzo premuroso e dolce.
La bionda conosceva i suoi problemi con la madre e con i suoi diversi compagni che si divertivano a tormentarlo. E lei gli era sempre stata vicino in quei mesi. Soprattutto quando lo vedeva con un occhio pesto e il naso rotto.

"Ok. Sei sicura di stare bene? se vuoi posso rimandare l'uscita. Sai non amo molto gli spettacoli circensi." La rassicurò.
"No davvero sto bene. Inoltre credo che Lee ci rimarrebbe male. Lei mi piace, passaci un po' di tempo."
"Ok Harl. a dopo"
"A dopo." chiuse la chiamata.

Entrò in casa e si fiondò sotto la doccia. Ricominciando a piangere come una bambina.
Nel frattempo Jim e Lee erano appena arrivati, e si stavano godendo il primo spettacolo.
Ma molto presto le cose degenerarono, a causa di una faida tra le due famiglie componenti, che iniziarono una rissa interrompendo lo spettacolo.
Gordon dovette intervenire, chiamò i rinforzi e mandò Lee a controllare i feriti.
La dottoressa cercò di porre qualche domanda al ragazzo.

"Allora litigate spesso durante gli spettacoli?" chiese dolcemente.
"Non guardarmi così Greyson." disse la ragazza davanti a loro.
"Quindi si tratta di una faida?" chiese.
"No scommetto che è tutta colpa di tuo zio."
"No sai bene che è come sempre colpa di Layla."
"Mary!" la rimproverò il ragazzo.
Gordon non riuscì ad avere niente di utile. Al contrario di Lee.
"Allora qui non mi hanno detto niente."
"A me si." sorrise orgogliosa.
"A quanto pare tutto è iniziato per una donna di nome Layla. E indovina fa la danza con il serpente." disse entusiasta.
"La danza con il serpente eh?"
Gordon allora si diresse verso il direttore e gli chiese della donna. I tre si avviarono verso la roulette e bussarono.
"GCPD." urlò.
Un ragazzo rosso aprì la porta.

"Salve. Stiamo cercando Layla. La conosce?"
"Si sono il figlio Jerome. C'è qualcosa che non va?"
"Tua madre è in casa?" chiese il detective.
"No doveva essere qui da un po'."
"Sta tranquillo ragazzo, sarà uscita a fare baldoria come al solito."
"Senza cappello o soprabito?" chiese il ragazzo.
"Signore Layla non è una grande esempio di virtù. Sarà di ritorno tra un pò con le mutandine nella borsetta."
"Guardate Shiba è agitata." disse il rosso.
"Falla uscire."
"Prego?"
"Falla uscire."
Iniziarono a seguire il serpente, che li condusse vicino a un carretto. Dove sotto un telo la donna era priva di vita.
Jerome scoppiò a piangere e si inginocchiò a terra. La dottoressa cercò di confortarlo.
"Voi lo sapevate." disse verso il direttore.
"Si."
"Arrestatelo."

La nottata passò così tra gli interrogatori dei diversi clown e componenti. Finché non toccò a Jerome alle prime ore dell'alba.
"Allora Jerome cosa puoi dirmi di tua madre."
"Niente era mia madre. E le volevo bene. Non era molto brava in cucina"
"Amanti o persone che le volessero fare del male." chiese.
"No."
"Niente amanti?" chiese sicuro del contrario.
"Rapporti occasionali con diversi uomini. Niente di problematico. Dopotutto il sesso è salutare."
"Si certo. Hai altri familiari ?"
"No il circo è la mia famiglia."
"Bene."

Nel frattempo la ragazzina si trovava a scuola. Con la testa tra le nuvole.
Non sentiva Jerome da ieri. Era preoccupata e delusa per il suo comportamento.
Ignorò perfino la sua amica Kelly che non aveva fatto altro che chiederli scusa per il giorno precedente. La bionda non gli rispondeva nemmeno.
Dopo la scuola si avviò come sempre verso il dipartimento.

"Harl." la salutò il partner di Jim.
"Ciao. Sai dov'è Jim?"
"Si, sta facendo un interrogatorio. C'è stato un problema al circo."
"Cosa? Cosa è successo?" chiese velocemente.
"Una donna è stata uccisa. A quanto pare è stato il figlio."
"Come si chiamava questa donna?"
"Layla Valeska."
"C-cosa? è impossibile." disse sbiancando
Velocemente andò verso la stanza degli interrogatori. Bussò e si spostò dietro il vetro.
Un signore anziano era seduto dall'altra parte del tavolo.
"Harl. Cosa c'è? Sono impegnato."
"Tu credi davvero che sia stato lui?" disse con le lacrime agl'occhi.
"Lui chi?"
"Jerome, non è possibile. Vi state sbagliando." disse di fretta.
"Camati. Tu lo conosci?"
"Certo è il mio ragazzo." quasi urlò.
Il detective rimase colpito, non sapeva che la ragazza avesse un fidanzato. E soprattutto che fosse proprio il suo indiziato. Gli dispiaceva ma avrebbe fatto il suo lavoro.
"Mi dispiace ma stiamo per iniziare." disse mettendosi le mani tra i capelli biondi e guardando la stanza dove il ragazzo era stato fatto accomodare.
"Harvey puoi restare qui con lei?" chiese al suo compagno.
"Certo." rispose l'uomo.
La bionda rimase basita dalla sua freddezza e compostezza. Jim si girò ed entrò nella stanza.

"Salve Jerome. Conosci già il signor Cicero."
"Salve detective certo. Salve signor Cicero" si salutarono.
​"Buona sera Jerome." Rispose l'uomo al suo fianco.
"Allora Jerome sai perché sei qui?" chiese freddamente il biondo.
"Ha scoperto chi ha ucciso mia madre." disse lentamente.
"Hai ucciso tu tua madre."
La bionda dall'altra parte del vetro sussultò per la schiettezza.
"Come?"
"L'hai uccisa in quel campo e ti sei pulito nella roulette del signor Cicero." lo accusò.
"Signore questo è assurdo e offensivo." rispose il rosso.
"Ma è la verità. Ma non so perché quest'uomo si sia adoperato per aiutarti. Forse perché è tuo padre?"

Intanto la ragazzina rimaneva ferma ad ascoltare. Trattenendo anche il respiro a volte. Sentiva crescere dentro di se un forte risentimento per il suo tutore. Per lei non aveva alcun diritto a porre certe accuse in questo modo.

"Non so di che sta parlando. Mio padre era ufficiale di marina. Ed è morto in mare."
"Quale era il nome della nave?"
"Ha lavorato su diversi mercantili."
"Quella su cui è deceduto."
"Questo non lo so."
"Un esame del sangue proverà che ho ragione. Ci vorranno 30 minuti non è vero dottoressa Thompkins?"
"Certo." acconsentii lei impiedi nell'angolo della stanza.
"Risparmiatevi l'ago."

Tutto questo continuava a risultare assurdo per la bionda. Che fece per entrare nella stanza. Ma fu subito bloccata da Bullock.
"Harl. Non puoi lo sai."
La bionda allora tornò al vetro e continuò a seguire l'interrogatorio.

"Io odio gli aghi. Mi dispiace Jerome." disse il signor Cicero ormai alle strette.
"Di che cosa stai parlando?" chiese il rosso.
"Ha ragione io sono tuo padre."
"No non è vero, perché dici così ?"
"Devi aver sospettato la verità."
"No tu non sei mio padre. Mia madre non avrebbe mai." disse negando ma fu interrotto dal sensitivo.
"Tua madre era una donna abbietta ed era spesso cattiva con me. Ma una volta si, una volta mi ha amato, a modo suo e ha amato te sopra ogni cosa. Inventando la figura di un padre migliore."

Jerome iniziò a piangere. E la ragazza ormai furiosa si scagliò contro l'altro detective.

"Non aveva il diritto di sbattergli in faccia tutto questo. Ora basta." ma l'uomo la fermò e la fece girare ancora verso il vetro.

Il pianto del ragazzo si trasformò presto in una risata inquetante. Alzò la testa mostrando un sorriso tetro e uno sguardo malsano.
Girandosi verso l'uomo anziano iniziò a parlare.
"Mia madre era una puttana senza cuore, non ha mai amato nessuno, e di certo non avrebbe amato un patetico vecchio raccapricciante come te." sillabò con uno strano tono.

Il respiro della bionda si fermò. E tutto iniziò a girare per lei. Le lacrime uscivano compiosamente dai suoi occhi.
"Tutti questi anni, credevi fossi gentile con te perché sono un brav'uomo? Se non fossi tuo padre ti avrei aiutato dopo quello che hai fatto."
Quello fu l'inizio e la fine di tutto.

L'uomo aveva appena ammesso la colpevolezza del figlio. E perfino il rosso capì che ormai era finita.
La ragazza sentiva di stare per svenire. Sentiva ancora in sottofondo quella risata.

"Mio padre, che mi venga un colpo." disse voltandosi.
"Oh è divertente." disse ricominciando a ridere per poi imitare teatralmente il suono dei tamburi.
"A quanto pare la puttana ha voluto lasciarmi con un ultimo scherzo." sillabò.
"Perché hai ucciso tua madre Jerome?" chiese direttamente Gordon.
"Sa come sono le madri, e che tirava troppo la corda. Mi va bene mamma fai la puttana, la puttana alcolizzata se vuoi. Ma non mi dire che devo fare i piatti mentre ti fai sbattere da un clown nella stanza accanto." urlò ormai fuori di sé sbattendo un pugno sul tavolo.

Tutti i presenti sobbalzarono. Prima che il ragazzo ricominciasse a ridere attivamente.
Gordon dichiarò l'interrogatorio chiuso. E lo fece arrestare senza processo, ma con una diretta per Arkham.
La ragazza continuò a guardare tutta la scena interdetta e bloccata. Fino a quando non uscirono tutti.
Il suo tutore la guardò compassionevole.

"Harleen mi dispiace."
Al suono di quel nome Jerome voltò la testa. E la guardò. Solo per qualche secondo con quel sorriso stampato in faccia. Ma girò l'angolo velocemente e la bionda in quel momento crollò a terra.


​Autrice: Salve a tutti. Volevo ricordare che questa storia è presente anche su Wattpad, sempre sul mio account e io sono l'unica e sola autrice. Inoltre vorrei chiedervi di lasciare qualche commento e recensione per sapere cosa ne pensate. Se riceverò solo visite, non potrò compredere il vostro livello di gradimento. Grazie mille a presto. <3


 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo. ***


La bionda era crollata sulle ginocchia, guardando il vuoto, piangeva silenziosamente.
Jim la prese in braccio provando a parlarle. Ma a lei arrivavano solo suoni ovattati.
Si chiedeva molte cose.
Troppe domande che gli giravano in testa. Troppi punti interrogativi.
Come per esempio perché si fosse spinto a tanto e come fosse successo.
Ma soprattutto come avesse fatto a non accorgersi di nulla. Lui era riuscito a prenderla in giro alla perfezione a parere suo. Gli avevo fatto credere di amarla. Di essere diverso dalla feccia che vive in questa città.
Ma dopotutto le azioni più sconsiderate ti fanno capire chi sei davvero. Ti fanno capire fino a che punto puoi spingerti. E lui era andato oltre il punto di non ritorno. Ma quello era solo il principio.
Dal canto suo Jerome vedendola così a pezzi aveva sentito una forte fitta. Probabilmente l'unica parte sana di se stesso era ancorata a lei. Al sui occhi e al suo sorriso così semplice e dolce.
Non sentiva rimorso. No. Quel sentimento non sarebbe mai arrivato fino a lui. Era felice delle sue scelte, soddisfatto e si sentiva giustificato. Le persone più pericolose dopotutto sono proprio coloro che credono di aver ragione.
Il detective portò la bionda a casa. Non aveva ancora parlato. Fissava il vuoto e piangeva. Si sentiva abbandonata come 8 anni fa.
I giorni passarono e lei cercò di riprendersi anche se molto lentamente. Lo shock era stato troppo forte.
Gordon cercò di stargli più vicino possibile, ma la criminalità di Gotham non dà giorni liberi.
Dopo qualche altro giorno tornò a scuola.
Appena arrivata tutti la fissavano. Lei li sentiva. Sparlavano su di lei e facevano ipotesi senza fondamento accusandola di essere una stupida per non essersene accorta e di essere fortunata ad essere ancora viva. Ma soprattutto i più cattivi la consideravano pazza come lui.
La sua amica Kelly cercava di tirarle su il morale. Aveva evitato di dirle che aveva ragione anche se ci aveva pensato.
Era passata esattamente una settimana. Quando la ragazza decise di dirigersi ad Arkham per provare a chiedere spiegazioni. Quel luogo era così tetro e terrificante. Non sapeva come funzionassero i manicomi, ma aveva sentito molte storie in cui si diceva che all'interno della struttura si facessero esperimenti sulle persone.
" Salve sono Harleen Quinzeel, vorrei vedere Jerome Valeska." disse all'ingresso.
"Mi dispiace ma non può ricevere visite." risposte telegraficamente.
"Mi scusi forse dovrei presentarmi con il mio nome legale, sono Harleen Gordon."
"Mi scusi signorina ma non cambia nulla. Non può ricevere visite."
"Come è possibile. Perché?"
"Perché no. Mi spiace. Arrivederci."
La bionda si girò rassegnata senza neanche salutare se ne andò.
Tornò a casa e andò in cucina. Trovandoci Jim.
"Dove sei stata?" gli chiese duramente.
"In giro."
"Sei andata ad Arkham non è così ?" la rimproverò.
"Quindi è per questo che non mi hanno fatto entrare? Sei stato tu." lo accusò alzando la voce.
"Si sono stato io. E non lo vedrai mai più chiaro ?" Urlò a sua volta l'uomo.
"Certo come no. Tu sarai anche il mio tutore ma non sei mio padre, ne tanto meni ti considero la mia famiglia. Non appena sono arrivata da voi tu sei partito per l'esercito per tornare solo un paio di mesi l'anno mi ha cresciuta la nonna nonostante la lettera dei miei genitori che volevano specificatamente che tu mi stessi vicino. Ok è normale che tu avevi già i tuoi piani e li hai portati avanti però allora non puoi pretendere questi diritti sulla mia vita. Io torno dalla nonna a New York. L'unica persona che mi teneva qui tu non mi permetti di vederla neanche da dietro un vetro. La puoi chiamare e dirle che parto oggi stesso. Vado a fare le valigie." disse andando verso la sua stanza.
Gordon non aveva saputo come risponderle. Dopotutto lei aveva ragione. Non era tagliato per fare il padre. Prese il telefono e compose il numero.
"Jim. Come stai ?" trillò la donna dall'altro lato.
"Bene mamma, sono successe un po' di cose Harl. vuole tornare da te."
"Ok. Ma sta bene ?"
"Si mamma tutto ok in un certo senso. Vuole partire oggi stesso."
"Ok l'aspetto. Tu stai bene tesoro?"
"Si mamma ma ora devo andare ciao."
"Ok ciao tesoro."
La ragazza invece aveva quasi finito di fare i bagagli. Prendendo cose a caso. Aveva comprato online il biglietto ed era pronta a partire. Voleva solo dimenticare tutto ancora.
Scese le scale e si trovò Jim davanti.
"Sei sicura di voler andare?" gli chiese sconsolato.
"Si ci sentiamo quando arrivo." disse freddamente la bionda.
"Ti posso portare almeno all'Aeroporto ?"
"No voglio stare un po' da sola. Prendo un taxi."
"Ok allora ciao." disse lui abbassando il capo.
"Ciao." Disse uscendo dalla porta.
Una volta arrivata in aeroporto fece il check-in e salì sull'aereo.
Pensando che l'avrebbe portata lontana finalmente e che quel dolore tra le braccia dell'unica donna a cui tiene sarebbe finito per sempre.
Scrisse a Jim di essere salita e di stare per decollare. Spense il telefono.
Ma non appena l'aereo si trovava già ad alta quota venne diffuso un potente sonnifero l'ultima cosa che vide furono degli uomini con delle maschere antigas andare verso di lei.
Si Harleen voleva dimenticare ma non avrebbe mai pensato in questo modo.
-
​-
3 ore dopo.
"Siamo qui in diretta dal luogo del disastro. Dove un aereo diretto a New York partito da Gotham City ha preso fuoco ad alta quota per un malfunzionamento dei motori ed è precipitato non lasciando superstiti. A bordo c'erano un centinaio di persone. Tra cui la figlia adottiva Harleen Quinzeel del noto detective James Gordon del GCPD. Le cause dell'incidente sono ancora da verificare. Tutta la città è vicina alle vittime e hai loro familiari."
-
-
-
 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto. ***


Il detective organizzò il funerale della sua figliastra. Si rimproverava di averla lasciata salire su quell'aereo. Di non aver potuto gestire meglio la situazione.
La sua mente era piena di incognite. E tutte cominciavano con un "Se avessi." Ma ormai era tardi.
Come se anche il tempo capisse, quel giorno era grigio e dei lampi si affacciavano sulla città in attesa di sfogarsi.
Molti poliziotti si erano presentati per dare conforto all'uomo. Tra cui il suo partner Bullock e Lee.
Ma ci fu anche un'altra visita inaspettata per Jim.
Una bionda si avviava a passo spedito verso di lui, pensando di poter usare questa circostanza come punto di riavvicinamento. Ma l'uomo guardò Barbara senza dire una parola e la ignorò. Si strinse a Lee e se ne andò.
Dall'altra parte della città, all'interno dell'Arkham, la notizia era arrivata alle orecchie del rosso.
Che chiuso nella sua cella aveva iniziato a ridere vivacemente, ma dai suoi occhi sgorgavano lacrime che valevano molto più di tutto il resto.
-
Arrivò davanti alla paziente 1254. La sua assistente lo affiancò.
"Questa ragazza è forte, ha un sistema immunitario sopra la media e il suo sistema nervoso è eccellente."
"Troppo eccellente, potrebbe rigettare la formula. Voglio una terapia di elettroconvulsivante di minimo due volte al giorno, vediamo se si abbassa anche il sistema immunitario. Oppure gli organi potrebbero marcire prima ancora di essere prelevati."
"Ok dottore." disse la donna prima di condurre il lettino con la ragazza ancora priva di sensi per iniziare all'istante.
Ma non appena la signora finì di attaccare gli elettrodi la bionda aprì gli occhi.
"Dove sono?" disse spaesata e intimorita. La donna la guardò ma non rispose.
"Cosa mi state facendo?" disse provando a muoversi ma scoprendo ben presto di essere legata al lettino.
"Stringi questo." le disse la donna infilandole un pezzo di cinghia in bocca. Ma prima ancora di poter realizzare cosa sarebbe accaduto la corrente iniziò a scorrerle in testa.
Passavano i mesi. E le cose andavano avanti. Gordon andava avanti con non poca difficoltà.
E i trattamenti della bionda continuavano.
La stavano spingendo al limite. Giorno dopo giorno aveva visto scivolarle davanti i suoi ricordi e i suoi sentimenti.
Era diventata un foglio bianco. Bianco ma rovinato, stropicciato e accartocciato in un angolo di una cella buia. Dove l'unica cosa che le faceva compagnia era la sua risata e un'altra, piccola e vivace che echeggiava nella sua testa.
Aveva iniziato a provare una profonda noia nelle sue giornate tanto da attendere impazientemente l'ora del trattamento. Era diventata come una droga, l'avevano spinta a sentirne il bisogno smisurato. Ma non per il trattamento in se per se. Ma per quello che sentiva dopo. Si perché dopo ogni seduta rivedeva in testa i suoi ricordi rubati. Come flashback che le ricordavano chi era davvero. Ma poi come erano arrivati andavano via.
Ma la pazzia ormai si era impossessata di lei e non l'avrebbe lasciata andare.
Una guardia si fermò davanti alla sua cella. Aprii la porta e senza nessuna protezione si avvicinò alla bionda.
"Andiamo tu sei quasi pronta ti vogliono con gl'altri." Disse svogliatamente prendendola per un braccio.
"Sei nuovo? Non ti ho mai visto qui in giro."
"Smettila di parlare psicopatica e cammina. Comunque si ma non credere che per questo i tuoi giochetti funzioneranno"
E quella fù proprio la conferma del contrario. La conferma di ciò che aveva aspettato da molto e che nonostante i suoi piani non era mai accaduto.
Erano usciti dalla struttura e si stavano dirigendo verso dei teli di plastica che facevano da capannone.
"Sai sei fottutamente carino." disse la ragazzina avvicinandosi a lui.
Il ragazzo rimase impietrito. Quel commento era uscito dalla gola della ragazza in modo così soave e leggero nonostante il suo linguaggio scorrile, che gli fece chiedere se non fosse stato uno scherzo della sua mente.
Fece per girarsi ma la ragazza lo spinse all'indietro afferrando un coltello dalla sua cintura per poi oltrepassare la pelle della gola del ragazzo che morì in pochi minuti. Non provò rimpianto, no, in quei mesi ne aveva uccisi tanti. E ogni volta le piaceva sempre di più. Una volta durante un esame aveva addirittura staccato un orecchio a morsi ad un dottore.
"Ma eri troppo pieno di te." Disse ridacchiando.
Prese una pistola dalla fondina del moribondo e iniziò a correre.
Mentre correva rideva spensierata pensando che quella prigionia fosse finita finalmente. Non sapeva chi era e cosa avrebbe fatto una volta andata via, ma il suo istinto le diceva di andarsene.
Ben presto scoprì di trovarsi su un isola ma per sua fortuna vide un peschereccio non molto distante da li. Senza pensarci due volte si buttò in mare accorgendosi di toccare per via della marea bassa.
Salì senza fare rumore e uccise il povero pescatore buttandolo in acqua successivamente.
E lentamente arrivò alla riva opposta.
Ma quando fece per salire dalle scale del porticciolo. Trovò davanti hai suoi occhi delle scarpe firmate.
"Guarda un po' cosa abbiamo qui. Cosa ci fa un ragazza a quest'ora della notte in acqua."
La bionda si alzò e lo guardi con un sorrisino, estrasse la pistola e la puntò all'uomo.
"Non mi riporterete indietro a costo di uccidervi tutti."
Ma in pochi secondi si ritrovò con la faccia a terra.
"O bambolina ma non vogliamo riportarti da nessuna parte." ghignò la ragazza che l'aveva stesa a terra.
Questo la fece infuriare tanto che di scatto afferrò la gamba della ragazza e la morse. Facendola urlare di dolore. Per poi rialzarsi e puntarle la pistola.
"Hey ragazze calme, Tab. Hai iniziato tu. Allora tesoro posso sapere il tuo nome?" disse l'uomo.
"Non me lo ricordo, forse Ha... no forse era Har. No giusto è Harley." disse pensandoci per poi riuscire solo a ricollegare il suo nomignolo con una risatina.
"Ti serve un posto dove stare non è così?"
"Forse, e tu cosa ci guadagni ?" chiese la bionda.
"O io ci guadagnerò forse non ora, ma in futuro potrei avere bisogno di te."
"Ok e tu come ti chiami signor aiuto la prima che mi capita ?"
"O. Davvero esilarante io sono Theo, Theo Galavan e lei è mia sorella Tabhita." disse gentilmente per poi porgere la sua mano alla ragazza.
"Si si ok. Vogliamo andare."
"Certo."
E i tre si diressero una costosa macchina nera per poi sfrecciare nelle vie di Gotham.


 

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto. ***


La biondina arrivò all'appartamento dell'uomo e lo ammirò. Non che avesse visto molto oltre la sua lurida cella, o almeno non lo ricordava.
"Benvenuta Harley." Disse Theo per poi prendere una bottiglia di whisky e versarlo per fare un brindisi.
"Grazie, ma vorrei capire come potrò esserti di aiuto." rispose mandando giù il liquido.
"Bè è molto semplice Harley molto presto formerò una squadra e avrò bisogno del tuo aiuto. Ho visto di cosa sei capace e sei riuscita a far tentennare Tabhita cosa molto difficile."
"Mi ha dato un morso!" urlò la mora dall' altro lato della stanza. Riservando uno sguardo di fuoco alla ragazza.
"Si c'è molto da perfezionare ma mia sorella ti aiuterà con un piccolo addestramento."
"E per cosa ti serviamo?" chiese versandosi altro da bere.
"Bè vedi voglio riprendermi la mia città, voglio che torni nelle nostre mani come sarebbe dovuto essere dall'inizio. Prima che quei parassiti dei Wayne la inquinassero."
"Una vendetta quindi ?" chiese sorridente la bionda.
"Si in un certo senso. Tab. ti mostrerà la tua stanza. Domani inizierete l'addestramento. Buonanotte."
"Buonanotte." rispose la ragazza seguendo la mora.
Che non appena voltò l'angolo la prese per la gola e l'attacco al muro.
"Dammi un altro morso e ti stacco i denti la prossima volta. Quella è la tua camera non ti farò di certo fare un tour." Disse indicandole la seconda stanza a destra.
"Davvero gentile." gli sorrise la biondina spostandosi dalla presa della ragazza per poi avviarsi verso la sua camera.
La osservò da cima a fondo per poi buttarsi a peso morto sul letto. Addormentandosi poco dopo per la stanchezza e con la sua vocina che canticchiava.
La mattina arrivò veloce e la ragazza si svegliò di soprassalto. Uscì dalla stanza in punta di piedi e scoprendo che la casa era vuota iniziò a ficcanasare un po' in giro.
"Sei sveglia allora." Tuonò la voce della mora alle sue spalle mentre chiudeva un armadietto.
"Si, e tu sei simpatica anche di prima mattina." Ammiccò la bionda.
"Tieni metti questi. E sbrigati iniziamo subito." disse tirandole dei vestiti.
"Ti straccerò." disse la bionda dirigendosi nella sua stanza.
"Nei tuoi sogni forse." sentì alle sue spalle per poi ridacchiare.
Le due ragazze lottarono tutta la mattina, Harley si dimostrò molto abile nei movimenti.
"Probabilmente hai fatto ginnastica artistica." affermò la mora mentre si dirigevano in cucina per una pausa.
"Forse ma non ricordo niente."
"Si chiama memoria muscolare." Affermò Theo.
"Ovvero ?" Risposero le due ragazze in coro.
"Ovvero tu puoi anche non ricordare di aver fatto qualcosa, ma nel momento in cui lo rifai i tuoi muscoli reagiscono autonomamente. Vedo che andate d'accordo finalmente."
"Oh fico." disse in un urletto Harley per poi andare nella sua stanza.
"Non è così male." Rispose la mora osservandola con attenzione.
"Oh conosco quello sguardo lei ti piace." disse l'uomo facendo un sorrisino alla sorella che ammiccò di risposta.
"Davvero anche tu mi piaci." disse la bionda tornando in salone. Sorridendo all'altra ragazza.
"Perché non andate a fare un giro, credo che ad Harley servano dei vestiti."
"Si perché no e forse dovremmo anche fare un salto dal parrucchiere." disse indicando i capelli della bionda, lunghi e malconci.
"Ci sto." Urlò Harley per poi afferrare Tabhita e condurla all'ascensore.
Le ragazze fecero shopping per tutto il pomeriggio, e andarono dal parrucchiere, dove Harley si fece tingere le punte dei capelli di rosa da un lato e di blu dall'altro.
I giorni scorrevano veloci e le ragazze passavano la maggior parte del loro tempo insieme, facendo nascere una specie di attrazione tra loro. Erano passate dall'odio reciproco a darsi baci selvaggi durante gli allenamenti. Per la biondina quelle furono le prime emozioni che provò il che la spinse a volerne di più, sempre di più dando vita una vera e propria relazione con la mora.
Finchè non arrivò il giorno prestabilito.
"Siamo pronti ? Avete capito tutto?" disse Theo.
"Si io vado a prendere i pazzi." disse la mora.
"E io rapisco il sindaco. Ci sarà da divertirsi." disse la bionda eccitata facendo l'occhiolino all'altra ragazza.
"Ok allora andate. Io sarò al mio primo discorso ufficiale." Disse orgoglioso l'uomo.
-
-
La mora portò subito a termine il suo compito portando i sei detenuti ovvero Barbara Kean, Aaron Helzinger, Jerome Valeska, Arnold Dobkins, Richard Sionis e Robert Greenwood nel salone del loro appartamento. Theo li salutò, si presentò e li istruì suoi intenti di formare una squadra. I ragazzi parvero molto indecisi sul da farsi finché Richard Sionis non cercò di sottrarsi a questo impegno e Theo potè mostrare cosa sarebbe successo a coloro che avessero deciso di non rispettare l'accordo. Ovvero il trattamento speciale di Tabhita.
Per la bionda ci volle di più, dovette attirare il sindaco fuori dal locale dove andava per i suoi incontri informali la sera. Dopo avergli promesso una serata selvaggia. Si ritrovarono nel vicolo dove lei gli fece perdere velocemente i sensi per portarlo nell'appartamento subito dopo.
Quando rientrò tutto era spento. Prova dell'orario tardo che aveva fatto. Si diresse nella stanza di Tabhita e si spogliò.
"Credevo di dover tornare ad Arkham per te. Ci hai messo una vita." disse assonnata la mora.
"Il sindaco è un vero porco ha tentato di farmi ubriacare. Ma con un pò di lavoro ci sono riuscita." Rispose la bionda.
"Dove l'hai messo ?"
"Nello stanzino. Era talmente ubriaco che si sveglierà domani senza nemmeno sapere come ci è finito lì." sorrise.
Prima di sdraiarsi accanto alla mora. Gli diede un dolce bacio e chiuse gli occhi in attesa del divertimento del giorno successivo.
La mattina successiva la bionda sussultò ed euforica svegliò la mora. Dicendole che se non si fosse alzata subito avrebbe iniziato senza di lei.
Senza neanche vestirsi completamente afferrò la sua mazza da baseball e corse verso lo stanzino.
Dove trovò il primo cittadino con una scatola in testa. Probabilmente Theo si era già presentato pensò e ora era il suo turno. La mora l'affiancò sorridendo e le diede una pacca sul sedere, prima di afferrare l'uomo e toglierli i pantaloni.
"Questo e per aver provato a sfiorarla." Disse frustandolo sul posteriore. E continuò tanto che l'uomo per scappare provò a camminare a quattro zampe.
"Dove scappi Bobby." disse la bionda deridendolo e iniziando a malmenarlo.
Nella sala principale Theo aveva chiesto una specie di prova ai ragazzi su chi fosse il migliore a fare una presentazione. Mentre tutti e cinque riuniti al tavolo si stavano godendo la propria colazione. Le prove andarono molto male, Barbara e Arnold non provarono neanche, finché non fu il turno di Jerome.
"Signori e Signore, Buona sera." disse alzandosi in piedi teatralmente sulla sedia per poi allargare le braccia e sorridere inquetantemente.
"Davvero ottimo Jerome, fantastico." Commento l'uomo.
Finché lentamente le urla del sindaco non iniziarono ad avvicinarsi. L'uomo spuntò da dietro l'angolo urlando di dolore, mentre Tabhita continuava ad accanirsi seguita da Harley.
Jerome guardò la scena divertito per poi alzare lo sguardo verso le due carnefici. Riconobbe subito la mora, ma non la bionda a causa dei lunghi capelli biondo cenere. Notando addirittura i vivaci colori che spuntavano alle punte. Ma non il viso.
Fino a quando Tabitha non spinse il primo cittadino contro il muro dove sbatté la testa violentemente e cadde all'indietro in un gran tonfo.
"Ditemi che è vivo." Disse Theo innervosito.
La biondina si piegò e diede un colpo allo stomaco dell'uomo con la sua mazza. Per ricevere un accennò di tosse e un'imprecazione.
"Si è vivo." disse la bionda alzando il viso e ridacchiando malatamente.
Il fiato dell'altra ragazza bionda presente nella stanza e del rosso si bloccò per qualche secondo, realizzando chi avessero davanti.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sesto. ***


La biondina continuò a ridere per poi girarsi verso la mora e dargli un bacio.
Barbara rimase senza parole, come il rosso che la guardò con approvazione.
"Ma non mi dire." disse l'altra bionda guardando Jerome.
"Sicure di non averlo ucciso." ripetè Theo innervosito.
"Si è ancora tra noi." rispose la mora.
"Potete spiegarmi cosa ci fa lei qui?" disse Barbara indicando la biondina.
"Perché mi conosci?" disse lei guardandola di sbiego.
"Certo, sono stata al tuo funerale. Lei è la figliastra di Jim."
"Davvero? Esilerante. E tu sei ?"
"Barbara, l'ex fidanzata del tuo paparino."
"Davvero, io sono Harley piacere di conoscerti." disse con un gran sorriso allungando la mano verso la donna.
"Adoro il tuo profumo, come si chiama? Tanfo di morte?" disse iniziando a ridere vivacemente insieme a Tabhita.
"Io ti uccido." disse Barbara alzandosi.
"Wow ragazzi voi siete una squadra."
"E tu Jerome non dici niente." disse Barbara voltandosi.
"Cosa dovrei dire è veramente grandiosa." disse sorridente verso Harley, che gli sorrise di rimando.
Quando dentro di lei qualcosa iniziò a smuoversi. Sentiva come un fremito, che partiva dal petto fino al basso ventre.
Qualcosa che non aveva ancora mai sentito. Si fissarono per un periodo infinito sorridendosi.
"E ora di iniziare, andatevi a presentare al pubblico." disse Theo.
"E io che faccio? Solo i ragazzi devono divertirsi." Rispose Barbara.
"No, puoi divertirti con noi e con il sindaco un altro po'. Così potremmo ricominciare da capo." disse sorridente Harley passandole la sua mazza.
Barbara la prese riluttante per poi iniziare a martoriare l'uomo.
"Quando arriverà il mio momento?" disse la bionda verso Theo.
"Presto, ma ora perché non mi racconti di James Gordon." rispose l'uomo.
-
-
I ragazzi fecero il loro ingresso a Gotham lanciando dei poveri uomini rapiti in un cantiere navale dal tetto del Gotham Gazzette.
Ogn'uno con una lettera dipinta sul petto tanto da formare il nome del loro gruppo. I MANIAX. Mentre Tabhita e Harley li osservavano da un tetto circostante.
La bionda si trovava così incuriosita dal ragazzo rosso, tanto da non perderlo d'occhio nemmeno per un secondo, sapeva di conoscerlo. Lo sentiva.
Da parte sua il ragazzo era rimasto sconvolto nel vederla ma un sospiro di sollievo gli era uscito autonomamente, e vederla così cambiata, così pazza lo aveva reso euforico.
Pensava che finalmente tutto sarebbe stato perfetto. Ma in quel periodo, quando credeva che fosse morta, la sua mente si era spinta troppo in là,
i sui sentimenti erano stati spinti troppo in fondo, compresi quelli per il suo angelo biondo. Niente sarebbe stato semplice. Ma dopotutto cosa lo è ?
-
"Siete stati grandi, davvero grandi. Ora possiamo dare inizio allo spettacolo." disse Theo complimentandosi con i ragazzi al loro ritorno.
"E quello cos'era allora ?" chiese Jerome stranito.
"Quella era l'ouverture. Ora ho delle faccende pubbliche da sbrigare Harley vi terrà d'occhio Tab. andiamo." disse sorridente l'uomo.
"Certo e tu vuoi lasciare lei a badare a loro. Una neonata che bada a dei bambini." disse non convinta della sua scelta.
"Farà la brava, non è vero Harley?"
"Certo sarò bravissima." disse sorridente facendo l'occhiolino alla mora.
"Allora a dopo." rispose la mora dandole uno schiaffo sulle natiche.
La biondina le rispose facendole il verso di ruggito, sbattendo i denti leggermente.
Jerome digrignò leggermente e invisibilmente i denti per il piccolo fastidio che era nato nel suo petto.
I due se ne andarono mentre la bionda si diresse alla macchina del caffè. Osservata strettamente dal rosso.
"Allora vuoi smetterla con questa commedia." disse Barbara andando verso di lei.
"Quale commedia ?" rispose la biondina.
"Credevo fossi morta sul serio, dove sei finita?" disse Jerome alle sue spalle.
"Bè sono stata in un posticino davvero carino, dove hanno iniziato a friggermi il cervello e a darmi tante pillole colorate." disse mettendosi gl'indici sulle tempie
e iniziando a canticchiare.
"Mi hanno rubato la memoria giorno dopo giorno e volevano rubare anche i miei organi. Non sanno proprio come trattare una ragazza." disse incrociando le braccia
facendo la finta offesa.
"Ma sono riuscita a scappare." disse con un largo sorriso sulla bocca.
"Io non ti credo. Puttana."
La biondina allora iniziò a ridere fortemente prendendo un coltello.
"Puttana?" disse ridendo prima di farsi seria e alzarlo in una mano lanciandolo verso la bionda che fù sfiorata dalla lama prima che essa si conficcasse nel muro dietro di lei.
Ricominciò a ridere malatamente prima di girarsi.
"Invece di pensare a me, pensa a come mettere nel sacco il tuo fidanzatino." disse passandole affianco.
L'altra bionda sorrise felice della risposta ricevuta. Mentre la ragazzina si avvicinò a tavola per bere il proprio caffè canticchiando felicemente.
Di tanto in tanto puntava gli occhi sul ragazzo davanti a lei che fissava il suo piatto con interesse.
"Facciamo un giochino." propose la bionda.
Tutti alzarono il viso incuriositi. Mentre la bionda prendeva la pistola e la svuotava per inserirci un unico colpo facendo ruotare il caricatore.
"Conoscete il gioco giusto?"
"Lo adoro." rispose il rosso sorridente.
"Siamo una banda giusto? Allora chi vuole essere il capo?" disse ridendo mettendo la pistola in mezzo al tavolo.
Jerome e Greenwood sembravano indecisi, finche non sorrisero.
"Prima le signore." disse ridacchiando il rosso afferrando la pistola per porla a quest'ultimo.
Che lentamente se la puntò alla testa, per premere il grilletto, dal quale non uscì niente. Sorrise e la porse all'altro.
Jerome allora l'afferrò e la guardò per qualche secondo.
"Sai Greenwood qual è il segreto di una bella commedia?" disse puntandosi il ferro alla testa.
"I tempi." disse quando dalla canna non uscì niente sorridendo.
"E cos'è il coraggio?" disse puntandola alla sua guancia.
"Eleganza sotto pressione." disse quando la pistola andò ancora a vuoto.
"E... chi è il capo." disse puntandola alla sua gola.
"Il capo sono io." disse ridendo malignamente quando dalla pistola non uscì ancora niente.
"Direi di si." disse sogghignando la bionda e riprendendosi la sua pistola.
Ma nel mentre la riprendeva dalle mani del rosso, le loro dite si sfiorarono e Harley sentii una scossa.
Una vibrazione piacevole, come quando veniva sottoposta all'elettro-shock.
Una scossa fine e veloce che le fece luccicare gli occhi inondandola di adrenalina.
Mentre Jerome felice come un bambino saltellava nella stanza urlando : Io sono il capo.
La ragazza lo indicò e sorridente disse più a se stessa che agli altri: Io amo questo ragazzo.

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