Redenzione

di Liry_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Legámi ***
Capitolo 3: *** La proposta ***
Capitolo 4: *** Esche per i pesci ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Inferno tropicale ***
Capitolo 7: *** Controllo ***
Capitolo 8: *** L'accordo ***
Capitolo 9: *** Questione di coscienza ***
Capitolo 10: *** Decidi da che parte stare ***
Capitolo 11: *** Canto di speranza, canto di disperazione ***
Capitolo 12: *** Connessione ***
Capitolo 13: *** Colpa e sodalizio ***
Capitolo 14: *** Finalmente al comando ***
Capitolo 15: *** Yin e Yang ***
Capitolo 16: *** Interferenze ***
Capitolo 17: *** Il duello ***
Capitolo 18: *** Siamo una famiglia ***
Capitolo 19: *** L'ultima resistenza ***
Capitolo 20: *** Ritorno alle origini ***
Capitolo 21: *** L'ora del thè ***
Capitolo 22: *** Redenzione -parte 1- ***
Capitolo 23: *** Redenzione -parte 2- ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


Capitolo 1
Risveglio

Un’ombra. Questo era sembrato a Sanzo di percepire. Tese le orecchie. Niente rumori, eppure aveva un fine udito.
Il dolore, che esplose improvviso allo stomaco, gli mozzò il fiato e lo precipitò a terra.
Un secondo fendente lo colpì alla nuca. Quello che seguì fu una pioggia di colpi. Non ne capiva la provenienza e quando riusciva a pararne qualcuno, subito veniva attaccato da un’altra parte.
Solo quando stava quasi per perdere i sensi, la vista appannata e il sapore metallico del sangue in bocca, l’invisibile aggressore si fermò.
«Prega bonzo. Prega per la tua vita o muori»

Tre mesi prima
«Cosa stai guardando?». La dottoressa si agitava sempre quando Ni Jianyi aveva quell’espressione assorta davanti allo schermo del pc.
«Sapevi che, secondo una leggenda, il Seiten Taisei sembra non sia l’unico Ashura ad essersi incarnato? Qui dice che in tempi antichissimi la terra generò un'altra entità, figlia del fuoco, così potente che gli dei furono costretti a sigillarla in una prigione di ghiaccio celeste. Pensa che figata sarebbe riuscire a trovarla…»
«Sei impazzito per caso? Che vorresti farci con un simile mostro? …credi che scongelarlo lo farà sentire in debito con te concedendoti il suo favore?» disse acida la dottoressa.
Ni rispose con un candido sorriso «Qualcosa del genere».
***
Tutt’intorno, un paesaggio lunare faceva da scenografia a quella desolazione sconfinata. Il monaco nero osservava la voragine gelata che si apriva ai suoi piedi. Pensò che il tempo impiegato per cercare quel posto fosse stato ben speso, anche se ora si presentava il problema di come riuscire a calarsi in quell’abisso. Se solo avesse potuto immaginare cosa lo aspettava sul fondo, avrebbe favorito del potere del sutra… invece gli toccava una discesa tra spuntoni di ghiaccio affilati come rasoi. Si alzò il vento e pesanti fiocchi di neve cominciarono a cadere. Ukoku si strinse nel mantello di lana e cominciò la calata.
Trascorsero diversi giorni di sfiancante e arduo cammino, prima che finalmente riuscisse a scorgere la sua meta. Lo spettacolo che si presentava agli occhi del monaco era impressionante. Un lago di cristallo luminescente si stendeva, per tutta la superficie, sul fondo del cratere. Pergamene con sacre scritture ne coprivano quasi ogni centimetro. Appoggiò una mano sulla lastra trasparente: era tiepida.
Ukoku diede inizio il rituale per risvegliare la creatura. Pronunciava lentamente le parole dell’antica formula, che aveva rinvenuto qualche settimana prima in un tempio altrettanto antico e remoto quanto lo era il luogo dove si trovava ora. Scovare il “fuoco eterno”, stilla di vita dell'ashura sepolto nel ghiaccio, era stato più arduo, ma non impossibile per il custode del Muten Kyomon.
Versò il liquido ardente, contenuto nell'ampolla, sul piano ai suoi piedi e da lì un'unica vampata di fiamme bluastre estinse i sigilli e la spessa placca che imprigionavano l’entità.
L’aura che sprigionò era immensa, terribile e bellissima. Un secondo dopo il monaco annaspava, in cerca d’aria, tra le spire mostruose di un enorme rettile. Ebbe la forza di evocare il potere del sutra e grazie ad esso riuscì a smaterializzarsi, libero dalla presa mortale.
«Nessuno respira ancora se io decido che deve morire. Per questo, e per avermi liberato, ti concedo di pronunciare le tue ultime parole, uomo degli dei. Quindi scegli con cura quello che dirai…»
Ukoku era al cospetto di un demone ancestrale. Dalla vita in giù strisciava sinuosamente su una coda di drago. La parte superiore era umana. Una donna, intuitiva, dai seni torniti, strizzati in un corsetto di pelle argentea finemente lavorata. Il volto era nascosto da una maschera di ossidiana dalle fattezze grottesche e una scomposta criniera, anch’essa color argento, scendeva lungo le spalle nude. Sulla mano destra portava un guanto d’acciaio nero lucente con unghie affilate in lame letali. La sua pelle, fino alla punta della coda, era di un candido bianco avorio. In nessuna parte del corpo però mostrava tatuaggi demoniaci.
Il monaco era eccitato e terrorizzato al tempo stesso, consapevole che le parole giuste avrebbero potuto salvargli la vita. Ma non seppe resistere. «Se mi dai dell’uomo degli dei mi offendi, dolcezza». Prima che l’altra potesse ribattere continuò «Si, si è vero... ho l’aspetto di un monaco ma ti assicuro che con le divinità non ho niente a che spartire… anzi, a dirla tutta proprio non le sopporto, con tutte le loro imposizioni, regole, restrizioni… sai che noia! Io, dolcezza, preferisco definirmi un fan del caos.» 
La coda della creatura frustava l’aria nervosamente.
Vita. O morte. Ukoku attese.
«Dimmi, allora, servo del caos… cosa cerchi da me? Non senza un motivo sei venuto a liberarmi dal ghiaccio eterno»
«Ehm… beccato! Come fan del caos già mi basterebbe veder precipitare il mondo in un’era di distruzione e tormento…»
«Distruzione e tormento?» ripeté la donna-drago. Il tono sembrava divertito e incredulo. «A voi omuncoli, trovandovi di fronte un essere mostruoso, l’unica cosa logica che viene da pensare è che sia unicamente di indole e natura mostruose. Siete penosamente banali. D’altro canto è riduttivo riferirmi solo agli esseri umani, visto che sono state delle cosiddette divinità a imprigionarmi per il medesimo motivo. Ciò non di meno… hai sprecato la tua occasione. Adesso devi morire»
La calma e la dolcezza con cui pronunciò queste parole gelarono Ukoku più dell’idea della morte stessa. «Aspetta un attimo» cercò di prendere tempo. «Ho dell’altro da dirti che potrebbe interessarti…»
«Non credo proprio»
«Neanche se riguardasse il fratellino di una certa rettilona?»
Fregata. Ukoku era certo di aver risvegliato della curiosità in lei.
«Ti ascolto» disse la creatura.

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Capitolo 2
*** Legámi ***


CAPITOLO 2
Legámi

Sanzo e compagni si erano fermati in una cittadina sulla costa. La vita sembrava scorrere tranquilla e sonnacchiosa, lontana dai disordini coi demoni che si stavano verificando nel resto del paese. Le case di calce bianca riverberavano alla luce del sole, l’aria fragrante di salsedine. Il mercato sul lungomare brulicava di gente: commercianti che pubblicizzavano a gran voce le mercanzie esposte su bancarelle dai mille colori e profumi; avventori formicolavano da uno stand all’altro presi dalle loro commissioni o semplicemente incuriositi dalle novità in vendita; bambini in comitiva giocavano e si rincorrevano tra la folla. In mezzo a quella calca era difficile muoversi restando uniti e Goku, avidamente attratto da un banchetto con spiedini di calamaro caldi e fumanti, rimase indietro. Si accorse di aver perso gli altri solo nel momento in cui, addentando una di quelle succulente leccornie, cercò lo sguardo di Sanzo piatendo che gliela pagasse. Ma Sanzo era lontano. A quel punto l'ambulante passò, da amichevoli, a toni decisamente più impazienti; tuttavia Goku rimaneva senza un soldo in tasca e nell’imbarazzo di non poter saldare il debito. Proprio quando la situazione stava per degenerare una ragazza si offrì di corrispondere la cifra dovuta, al posto del giovane.
«Ehm… grazie! Mi hai tolto da una bella grana» disse un po’ impacciato. Lei aveva lo sguardo fisso in quello di Goku. Lo scrutava, come se stesse cercando qualcosa nei suoi occhi dorati. Lui, sentendosi a disagio, cercò di spostare l’attenzione sui monili che adornavano la sconosciuta. Aveva braccia, collo e orecchie letteralmente piene di gioielli, cesellati con elaborati motivi. Complessivamente dovevano pesare parecchio, rifletté Goku, ma lei li portava con naturale eleganza.
«Non darti pena per poco fa, è stato un piacere poterti aiutare. Il mio nome è Haydè, lieta di fare la tua conoscenza»
«Piacere mio, io sono Goku» guardandola attentamente pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Sorrise. Haydè rispose al suo sorriso ma, anziché esserne felice, un brivido corse lungo la schiena del giovane, che deglutì a fatica. In quel momento sentì la voce del monaco che inveiva contro di lui e la sua inutile ingordigia. Si volse in direzione degli amici che si facevano largo tra la gente.
«Possibile che tu abbia il cervello nello stomaco!» Sanzo era parecchio seccato mentre randellava l’harisen sulla testa di quella stupida scimmia.
«Ahi, ahi…. Smettila, non ho fatto niente di male! Avevo solo fame… quegli spiedini avevano un’aria talmente deliziosa»
«Se fosse per te mangeresti ventiquattr'ore al giorno» rincarò Gojyo. «E poi come pensavi di pagare, squattrinato come sei?»
Per rispondere a questa domanda Goku indicò, col pollice, qualcuno alle sue spalle. «È stata lei, mi ha gentilmente offerto la colazione»
I tre allungarono il collo per guardare meglio ciò che stava additando: una bambinetta grassottella, non più di cinque anni, col moccio al naso e un lecca-lecca sgranocchiato, colante bava zuccherosa sulla manina paffutella.
«Vuoi dire che questa deliziosa fanciullina aveva i soldi per pagare quello che hai mangiato e tu no?» disse Hakkay, carezzandole gentilmente la testolina trecciuta. “Fottiti, vecchio porco!” fu la reazione della bimba, che assestò il delicato piedino nello stinco del giovane.
«No, certo che no…» rispose Goku, ancora disorientato. «C’era una ragazza qui con me, poco fa. Dev’essere andata via mentre stavate arrivando» Lungo il tragitto verso la locanda, cercò Haydè tra la folla sperando di incrociare di nuovo i suoi occhi grigi. Nessuna traccia di lei.
Durante il pomeriggio, Goku scese nel patio, per sfuggire alla calura delle loro camere, riparandosi all’ombra di un albero di limoni. Osservava incuriosito due ragazzini che facevano un gran chiasso nel contendersi una palla colorata: era una competizione agguerrita, eppure senza malevolenza. In uno scarto, la sfera sfuggì rotolando ai piedi di Goku.
«Signore puoi tirarci la palla?»
«Si dice per favore, scemo!» rimproverò quello che sembrava il più grandicello, menando un leggero scappellotto sulla testa dell’altro.
«Ahia!... e va bene: per favore, ci tiri la nostra palla?»
Il giovane sorrise. «Certo… ma a chi di voi devo darla?»
“A me!” risposero in coro, spintonandosi l’un l’altro. Goku gettò il pallone in aria, senza un destinatario preciso, e nel salto per afferrarla uno dei due ruzzolò a terra. Il piccolo aveva preso il lancio al volo e stava già per correre via col trofeo, quando si fermò di colpo. Si avvicinò al compagno, ancora a terra, e con gesto amorevole gli tese la palla. Sul viso del bimbo si aprì un gioioso sorriso e, anziché accettare il dono, strinse la mano dell’amico per alzarsi. Se ne andarono con le braccia intorno alle spalle l’uno dell’altro.
Goku li guardava trottare via, quando una voce lo sorprese a tergo. «Devi scusarli se ti hanno disturbato; i miei figli sono troppo esuberanti, a volte»
«Non deve preoccuparsi signora. Non mi hanno dato fastidio… anzi, mi hanno messo di buon umore! E bello vedere due fratellini che vanno così d’accordo, anche se fino a poco prima si bisticciavano un pallone»
La donna sorrise, teneramente fiera. «È vero, sono molto legati».
Rimasto solo, Goku rimuginava sulla scena: l'immagine dei bambini abbracciati lo aveva colpito molto. Si chiese come sarebbe stata la sua vita se non fosse stato quello che era… avrebbe avuto anche lui una madre? Dei fratelli? Una vera famiglia? Scosse il capo e allontanò quel pensiero. Sanzo era la sua vera famiglia. E Hakkay, e Gojyo e anche il piccolo Hakuryuu. Tuttavia...
Silenzioso come un ombra, Sanzo scivolò accanto a lui, sedette e si accese una Marlboro. «Che ti prende scimmia? È già da un paio d’ore che non sento le tue lagne da morto di fame»
«Tu ci pensi mai alla tua famiglia?» esordì Goku.
Il monaco espirò una nuvola di fumo. «La mia famiglia è morta, per salvare quest’insignificante vita»
Goku ricordò che il maestro di Sanzo era stato come un padre, per lui. «Intendo i tuoi veri genitori… si, insomma… la donna che ti ha dato alla luce, per esempio»
«Che significa vero? Una famiglia è reale solo perché c’è una parentela di sangue? Stronzate… Ci sono fratelli che si ammazzano a vicenda, e persone che danno la vita per salvare chi, biologicamente, con loro non ha in comune nemmeno una cellula. Dimmi, quale legame ti sembra più vero?»
«Hai ragione, ma ogni tanto mi domando quale sarebbe il mio presente se non fossi…»
Sanzo non gli lasciò terminare la frase. «Non hai deciso tu in quale forma nascere. Puoi solo cercare di vivere al meglio delle tue possibilità ed essere meritevole dell’esistenza che ti è stata concessa»
«Quando parli così sembri un bonzo degno di questo nome!» lo schernì affettuosamente Goku.

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Capitolo 3
*** La proposta ***


CAPITOLO 3
La proposta

Il magazzino era immerso nella penombra; tremolanti lampade al neon pendevano da un soffitto esageratamente alto, somiglianti a ragni che discendono dalle proprie ragnatele. Gli scaffali, a ridosso delle pareti, erano stipati di oggetti appartenenti alle più disparate categorie: vecchi computer disassemblati, strumenti e macchinari medici, ampolle di tutte le forme, alambicchi di vetro incrostati dall’umidità e dal tempo, inquietanti manichini senza testa, ombrelli sghembi e un’infinità di casse, di legno e cartone, sconfitte dai tarli e dalla muffa; c’erano addirittura un servizio da thè in porcellana, sbreccato, e una bicicletta a cui mancava la ruota posteriore. Ni Jianyi trafficava con uno scatolone, gettando sul pavimento una serie di vecchie parti meccaniche, semi arrugginite. Ne emerse vittorioso, con in mano una rondella dentellata da 14 pollici.
«Allora?»
«Allora, cosa?» rispose la voce, cavernosamente distorta, dietro la maschera di ossidiana.
«Lo hai visto?»
«Gli ho parlato» il tono era piatto, come se non le importasse nulla. Scivolò, simile a vento sull’acqua, senza emettere alcun suono finché le scaglie della sua coda adamantina incontrarono la ferraglia sparsa a terra: allora il silenzio divenne stridore, talmente acuto da far battere i denti. Ni detestava quel rumore. Lei lo faceva apposta, a volte artigliando i muri con il suo guanto di acciaio nero, compiaciuta di quanto lo infastidisse.
«Che te ne è parso?» il dottore stava facendo appello a tutto il suo autocontrollo, per non soccombere a quel suono detestabile.
«Li ho osservati tutto il giorno e pare che il tuo collega, quello biondo, abbia molta influenza su di lui. Probabilmente lo tiene soggiogato con un qualche incantesimo delle sacre scritture. Inoltre, ho notato che contengono il suo potere con un dispositivo di controllo. Un cane ammaestrato, ecco che ne hanno fatto.»
«Mmh… Il dispositivo serve ad evitare che, liberando la sua energia, distrugga tutto quanto. Il tuo fratellino non è civile e adorabile quanto te, nella sua reale forma» Ni Jianyi amava stuzzicarla a quel modo. «Riguardo al monaco… beh, Goku ha una vera adorazione per quell’insulso golden boy»
«È forse una nota di gelosia, quella che percepisco nella tua voce?»
«Non è tuo fratello il motivo… si tratta di storia vecchia, e comunque non mi va di parlarne. Perciò d’ora in avanti non chiedere più»
Era chiaro che il discorso intaccava l'aura di annoiato distacco con cui il dottore sembrava gestire il resto mondo. Anche se era solo un essere umano, Ni Jianyi sapeva diventare davvero sgradevole quando era contrariato. Haydè preferì chiudere lì quella parentesi e strisciò verso la porta del magazzino. Sull’uscio, prima di andarsene, rivolse uno sguardo a Ni, che si era rituffato nello scatolone alla ricerca di qualche altro ingranaggio, ancora utilizzabile, per i suoi esperimenti.
«Sai che potrei farlo. Anche domani se vuoi. Devi solo chiedere»
Lui sollevò appena il capo. «Ci penserò»
«Risparmieresti un sacco di tempo e un sacco di grane a tanti… ma ho l’impressione che questo giochino del gatto e del topo, con l’altro Sanzo, ti diverta troppo»
Il sorriso perfido che comparve sul volto dell’uomo era la risposta che lei si aspettava. Lo lasciò al suo da fare.

Risalendo i corridoi dei sotterranei, dove erano situati i laboratori del dottore, la donna-drago incrociò il principe Kougaiji. Egli non si accorse della sua presenza fino a quando non emerse dalle tenebre proprio di fronte a lui.
«Ti ho forse impaurito giovane principe? Non era mia intenzione»
«Non mi hai spaventato. Solo colto di sorpresa. Il che, te ne rendo merito, non è cosa facile». In verità, avere quell’essere libero di girare per il castello lo rendeva alquanto nervoso. L’unico motivo per cui tollerava la sua viscida presenza dipendeva dal contributo che il potere dell’ashura poteva portare alla sua causa.
«Non è un luogo un po’ tetro per una passeggiata pomeridiana?»
«Lady Gyokumen Koushu desidera che porti un messaggio al dottor Ni. E tu? Dopo secoli sepolta nel ghiaccio, non preferiresti godere la luce del sole?»
«Hai detto bene, dopo secoli… mi sento come a casa, qui sotto. D’altronde, è il posto che  più si addice a un infido rettile come me; non è questo che stai pensando?» Con fulminea movenza fu accanto a Kougaiji, gli artigli della mano guantata che affondavano nella carne della spalla. «Ammiro la tua audacia» gli sussurò all’orecchio. «Sei coraggioso, principe, e so che non mi temi»
«Dovrei?» Il giovane cercava di rimanere impassibile.
«Non per il momento. Non sono quel mostro che tutti credete». Si allontanò, quel tanto che permise a Kougaiji di vedere il proprio riflesso nel lucido nero dell’ossidiana. «Il mio potere è  in grado di risvegliare tua madre. Senza bisogno di sutra o strani marchingegni… L'ho proposto al dottor Ni, ma non sembra propenso a considerare l’opportunità che gli offro. Confido che tu abbia maggiore buonsenso»
«Non mi fido di te. Tanto meno, mi fido lui. Ma si può dire che sa certamente cogliere qualsiasi occasione possa favorire i suoi piani; se ha rifiutato, forse, ha capito che la tua generosità non è gratuita. E il costo che chiedi è troppo alto»
Haydè arretrò. Pur avendo le proporzioni di una qualsiasi donna, ergendosi dritta sulle spire, superava di un buon  metro e mezzo la statura di Kougaiji.
«Per ogni cosa c’è un prezzo da pagare. Tutto dipende dal valore che le si dà. Non chiedo nulla più di ciò che sei disposto a sacrificare»
«A te che ne viene?»
«Niente»
«Perché lo fai, allora? Come posso avere fiducia?»
Lei non disse nulla.  In risposta, si tolse la maschera e piantò i suoi occhi grigi in quelli del ragazzo. «Anch’io ho conosciuto il dolore. Gli dei a volte possono essere più crudeli di noi mostri. Tua madre sta pagando ingiustamente, e tu patisci della sua pena»
Kougaiji rimase senza fiato. Quella che aveva ritenuto una creatura abominevole, aveva il volto di un angelo. «Mio padre però era un essere malvagio» parlava senza riuscire a distogliere lo sguardo, quasi ipnotizzato. «Liberarlo non gioverebbe nessuno, a parte Ni il cui scopo e divertimento è diffondere sofferenza e distruzione. Per quale motivo hai fatto anche a lui la medesima proposta?»
«Il cielo sembra non essersi accorto del mio risveglio. O forse, lassù, si sono rammolliti al punto che non vogliono scomodarsi finchè non sarà strettamente necessario. Ridestando il demone tuo padre, darò loro il motivo di cui hanno bisogno»
«Quindi ciò che ti spinge è la sete di vendetta»
«Ti sbagli. Non è vendetta. Si tratta di giustizia. La mia giustizia!» Silenziosa come era apparsa, scivolò di nuovo nelle tenebre, lasciando Kougaiji solo in quei corridoi umidi.

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Capitolo 4
*** Esche per i pesci ***


 
CAPITOLO 4
Esche per i pesci

Nella piccola baia, svariate imbarcazioni facevano rientro dalla pesca notturna, più o meno cariche a seconda della fortuna che il mare aveva concesso loro. Da poco era levata l’alba, e già la giornata si preannunciava torrida. Un viavai di persone gremiva il porticciolo. Erano per lo più pescatori, ma anche commercianti ittici o mattinieri passanti. Hakkay era uno di questi ultimi, alzatosi di buona lena per accaparrarsi il pescato migliore e, nel frattempo, godersi la brezza mattutina prima che il caldo diventasse intollerabile. Su uno dei pontili una piccola folla faceva cerchia ad un venerando marinaio, la pelle del viso rugosa e cotta dal sole. Avvolto in una coperta di lana e tremante di paura aveva gli occhi sgranati, grandi come due uova sode. «Vi dico che l’ho visto!» continuava a ripetere. «Il mostro, l’ho visto! Voleva rubarmi l’anima quel demonio!»
«Seee, come no vecchio!»
Gli astanti si beffavano di lui. «E magari voleva anche mangiarti la faccia… ah ah ah!»
«Piantatela, brutti idioti! Se il vecchio Qarhan dice di averlo visto, io gli credo. E fareste meglio a credergli anche voi, se ci tenete alla pellaccia! Uscire in mare non è più sicuro»
La giunonica donna di mezza età che prendeva le difese dell’uomo, si faceva largo, spintonando la gente, per offrire alcolico conforto al poveretto.
«Giusto quello gli ci vuole!» un giovane mozzo continuò a schernirlo. «Un altro po’ di Rhum, e racconterà di aver visto anche la balena bianca e l'Olandese Volante, con la sua ciurma di dannati!»
Con occhiatacce severe la matrona fulminava chiunque, secondo lei, parlasse a sproposito. Comunque, l'interesse e il divertimento per quella situazione scemarono rapidamente com’erano nati. Solo Hakkay prolungò la sosta, per approfondire la storia del mostro. I demoni marini erano rari e finora non ne avevano incontrato nessuno, ma valeva la pena verificare se la disavventura del vecchio Qarhan celasse una preoccupante verità.
«Scusate la mia indiscrezione signore, il vostro racconto mi ha molto incuriosito. Lasciate che mi presenti: il mio nome è Cho Hakkay. Non sono di queste parti, ma vorrei saperne di più sull’essere che avete scorto»
Dopo aver trangugiato il quinto bicchierino, il marinaio sembrava essersi calmato un poco, tuttavia i modi educati di Hakkay parvero sconvolgerlo quanto la vista del mostro.
«Hai sentito questo damerino, Tilara? Nessuno mi ha mai chiamato signore» disse alla donnona, che gli era rimasta accanto e continuava a servirgli da bere.
«Qar abbi pazienza, il ragazzo viene da fuori…» rispose lei.
«Puoi chiamarmi Qarhan o vecchio Qar, se preferisci…» continuò l’uomo, «e chiedimi tutto quello che vuoi, ogni parola che uscirà dalla mia bocca è la pura verità. Sia dannato chi mi dà del bugiardo!»
«Sarebbe in grado di descrivere esattamente le fattezze del mostro?»
«È la cosa più abominevole che abbia mai visto in vita mia, e ne ho viste tante. Sarà stato lungo almeno sei metri, un serpentone bianco che nuotava a pelo d’acqua. Poi, all’improvviso, è emerso agitando le onde: la mia barca si è ribaltata, e io sono finito fuori bordo. Allora l'ho visto bene... aveva la faccia nera, come la pece con cui si incatramano gli scafi, e talmente orrida da fermare il cuore di un uomo al primo sguardo. Ah, ma non quello del vecchio Qar! Io sono duro come le scogliere di granito! Mi sono nascosto dietro la chiglia rovesciata e ho aspettato che se ne andasse, trattenendo il fiato tutto il tempo per non farmi sentire. Se no mi rubava l’anima col respiro, eh!» Qarhan incrociò le braccia al petto, segno che il racconto era concluso. Hakkay rimase alquanto perplesso.
«Non ha cercato di aggredirla? È balzato fuori dall’acqua solo per rituffarvisi un istante dopo?»
«È andata proprio così. Non mi ha attaccato perché io sono stato più furbo, mi sono nascosto bene, io! Al vecchio Qar non la si fa.»
«Sia come vuoi, ma non credo che uscirai tanto presto in mare» intervenne Tilara.
«Questo è certo, donna! Sono vecchio, mica scemo!»
Hakkay ringraziò garbatamente, congedandosi dall’insolito duetto.
Si diresse a passo spedito verso la locanda, il pesce sballonzolante nella sporta. A metà strada incrociò Gojyo. «Già in piedi a quest’ora?» gli chiese.
«In camera non si respira e ho finito le sigarette» sbuffò. «Vieni dal porto? Sei riuscito a comprare del merluzzo decente?» chiese ammiccando alla borsa ciondolante sul braccio di Hakkay.
«Si, e insieme a quello, mi sa che abbiamo all’amo un pesce ben più grosso con cui dovremo fare i conti.»
Il suo tono inquieto mise Gojyo sull’attenti, che lasciò perdere le sigarette e tornò all’albergo insieme all’amico.
***
Sanzo osservava la distesa blu estendersi a perdita d’occhio, ipnotica nei suoi ritmici flutti. Era pensieroso, non preoccupato. Infastidito, più che altro. Sperava che il demone facesse la sua comparsa il prima possibile: il suo mal di mare cominciava a peggiorare e l’afa rendeva ogni respiro un'umida fatica. Si chiedeva come mai il vecchio marinaio non fosse stato attaccato. Né lui né nessun’altro pescatore a bordo delle altre imbarcazioni. Forse il vero obiettivo era tutt’altro, e quanto successo quella mattina era solo un espediente per attirarli a largo.
"Beh, eccomi qui dannato mostro! Che aspetti a farti vivo?”
La sua pazienza era al limite, attendere oltre su quel rollante pezzo di legno lo avrebbe fatto uscire di senno. “I pesci non abboccano se l’esca non è in acqua!” concluse, così fece l’unica cosa che gli sembrò sensata in quel momento. Gli spruzzi che sollevò, gettandosi nel cupo blu del mare, inondarono i suoi compagni, rimasti attoniti ad osservarlo. Goku fece per seguirlo ma Hakkay lo trattenne. «Guarda!»
Una lieve increspatura mirava verso il punto in cui si era tuffato il bonzo.
«Se non facciamo niente potrebbe attaccare Sanzo!» protestò Goku.
«Non lo ha fatto, con quel pescatore…» rispose calmo Gojyo.
«Il pescatore non aveva il sutra che, se non sbaglio, è il motivo per cui tutti i demoni mandati da Kougaiji ce l’hanno con noi!»
«Beh forse questo non è al servizio di Kougaiji, ci hai mai pensato stupida scimmia?»
Intanto che i due discutevano, Sanzo era riemerso e nuotava presso la barca. «Mi è sembrato di vedere qualcosa mentre ero sotto… solo un’ombra indistinta. Quest’acqua è dannatamente salata, non riuscivo a tenere gli occhi aperti»
«Laggiù» gli amici indicavano la scia spumeggiante, che ora si approssimava a gran velocità.
«Sanzo esci!» urlò Goku tendendogli la mano. «Non senti che aura spaventosa? Esci ti prego…»
Fece appena in tempo ad afferrarlo per un braccio ed issarlo a bordo. L’acqua si calmò improvvisamente e l’ombra scomparve in profondità.
«Forse non voleva aggredirlo» suppose Hakkay. Il tono della sua voce, però, tradiva la poca convinzione con cui aveva pronunciato quelle parole. Seguì una minacciosa quiete.
«Ma… voi, non avete percepito quell’aura?» insistette Goku. I tre amici si guardano l’un l’altro e poi, insieme, verso di lui. Fu Gojyo a rompere il silenzio. «Si, credo che l’abbiamo sentita tutti, anche se si è trattato di una frazione di secondo. Sanzo che ne pensi?»
«C’è solo un altro con un’aura simile ma... non può essere…»
Il monaco era turbato, anche se cercava di non darlo a vedere, e non staccava gli occhi da Goku. Questi restituì un'espressione preoccupata e interrogativa. Hakkay gli fornì la risposta che cercava.
«Sanzo vuole dire che è molto simile a quella del… Seiten Taisei»
«Mille volte più potente» precisò Gojyo.
Goku era confuso. «Io non capis…» le parole rimasero sospese a mezz’aria, il rumore del legno che andava in frantumi copriva qualsiasi altro suono. In un attimo si ritrovarono tutti in acqua, lottando per rimanere a galla tra ostili marosi e schegge acuminate.
Sputando acqua salmastra, Goku si trovò faccia a faccia con un grottesco incubo scolpito nell'inchiostro. «Sei mio» sibilò una voce cupa dietro la maschera.
Impotenti, i tre naufraghi osservarono l’amico venire trascinato negli abissi.

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Capitolo 5
*** Rivelazioni ***


CAPITOLO 5
Rivelazioni

Il bagliore del sole gli faceva dolere gli occhi, anche se li aveva ancora serrati. Forse era morto e quello era il paradiso.
“Chissà se anche l'anima di un demone può ascendere al regno celeste.”
C’era  solo un modo per scoprirlo, ma non ne aveva il coraggio. Si coprì il volto con le mani. Rimase in quello stato di sospensione per qualche minuto, poi sentì il frangere delle onde in lontananza. Il mare. Quel suono lo rassicurò. Cautamente, aprì un occhio; mentre si abituava alla luce, capì di trovarsi in una specie di spiazzo erboso, tra alberi dal fusto esile ma alto. Mise a fuoco: palme, senza dubbio. Tirandosi a sedere, sentiva i polmoni andargli a fuoco. Provò a inspirare profondamente, ma servì solo ad infiammare ancora di più il torace. Tossì e il rantolo si tramutò in vomito, viscido e salato.
«Così debole…?»
Istintivamente assunse una posizione difensiva, pronto a respingere l’attacco del nemico alle sue spalle; la voce che lo compativa pareva provenire da chissà quale cavernosa profondità, anche se aveva qualcosa di familiare.
Quando si voltò, quello che vide lo lasciò senza parole.
«Chi… cosa sei?»
«È strano che proprio tu mi faccia questa domanda»
Goku sembrò non comprendere la risposta del mostro serpentino che, srotolandosi dal tronco al quale era avvinghiato, si avvicinava con danza sinuosa. Era una donna, constatò. Per lo meno, la sua metà superiore.
«Cosa vuoi da me? Perché non mi hai ucciso? Sei qui per rubare il sutra di Sanzo?»
«Quante domande…» ridacchiò lei. «Non ho alcun interesse per il sutra di cui parli» riprese seria. «Riguardo il resto, non voglio ucciderti o farti del male, anzi… sono qui per renderti libero, fratellino»
Goku restò di sale. Fratellino. Quella parola, alle sue orecchie suonava dolce come fiele.
«Il fatto che anch’io sia un demone non fa di me tuo fratello!»
«Oh, sì invece. Vedi, in giro non ci sono molti Seiten Taisei… mi risulta che tu sia unico nel tuo genere» si fermò nel mezzo della radura, a pochi metri dal ragazzo. «A parte me, ovviamente. Solo che sono stata… diciamo pure partorita molto prima; a rigor di logica, quindi, sono tua sorella maggiore»
«Io… Io non capisco…»
Lei si tolse la maschera di ossidiana, scoprendo il viso.
A Goku quasi venne un colpo. «Eri tu al mercato». Lei annuì. «Allora, tutti quei monili servivano a mantenere l’aspetto umano. Così tanti…» La testa cominciò a vorticargli, un milione di domande gli si affollavano nella mente. «Se davvero sei mia sorella, perché non hai gli occhi dorati?»
Haydè assunse un’espressione di compiaciuta saccenza. «Scommetto che ti hanno detto che l’oro dei tuoi occhi è il marchio della colpa che porti». Non attese risposta. «E quale aberrante peccato giustifica l’incarcerazione di un bambino, anche se demone, te lo sei mai chiesto?»
Goku non seppe cosa rispondere. Aveva sempre dato per scontato di essere un abominio. Preso da quelle riflessioni abbandonò la posizione difensiva, ma rimase in ginocchio strappando ciuffetti d’erba per poi lasciarli disperdere alla brezza marina.
«Paura. E invidia» riprese Haydè. «La colpa, per cui siamo stati rinchiusi come bestie, è quella di avere più potere delle divinità stesse. In noi coesistono sia l’energia demoniaca che celeste: non potendo sottrarci o imbrigliare quella forza, l’unica alternativa era sigillarla per l’eternità»
«Ti sbagli!» urlò il giovane. «Sanzo ha udito il mio richiamo di aiuto ed è venuto a liberarmi, e i Sanboutsushin mi hanno affidato alla sua custodia»
«Oh certo…» la voce di Haydè divenne sibilo astioso, «e guarda come sei ridotto: una scimmia ammaestrata, che usa il suo potere per rivoltarsi contro la propria specie»
«La specie di cui parli uccide innocenti, donne e bambini!»
«Anche gli umani uccidono innocenti, donne e bambini… youkay»
«Lo fanno per difendersi…» lo disse con poca convinzione. «E poi non sono tutti uguali»
«Ti riferisci ai tuoi amichetti? Lo fanno per difendersi, loro?»
«Sono i demoni ad attaccare per primi, cercano impossessarsi del sutra di Sanzo»
«Sei un ingenuo, fratello. Youkai o umani non fa differenza: quando si tratta di sopravvivere è l’istinto a primeggiare» dicendolo, frantumò una noce di cocco tra gli artigli lucenti del suo guanto d’acciaio. Il latte scaturito da quell'esplosione, le ruscellava fino al gomito e da lì a terra, formando una pozzetta melmosa.
«Perché adesso? Perché non ti sei fatta viva prima?»
«Gli dei mi avevano imprigionata. Solo da poco, sono stata ridestata dal mio sonno. E ora, sono qui per sciogliere anche te dal vincolo che inibisce la tua vera essenza»
«No!» la voce di Goku ebbe un tremito. «Non controllo il mio potere. Per questo ero rinchiuso; per questo indosso la tiara. Bisogna contenere la mia forza distruttiva…»
Nel pronunciare queste parole, realizzò che lei riusciva a mantenere la piena coscienza anche nella sua forma originale, senza alcun dispositivo di controllo. La curiosità ebbe il sopravvento. «Come ci riesci?»
Haydè si accomodò sulle spire, arrotolate sotto di lei come un giaciglio. Guardava il fratello con quei suoi occhi fumosi. «Ho avuto tutto il tempo di fare pratica seppellita nel ghiaccio. Senza potermi muovere, come addormentata, eppure cosciente. I primi tempi ero convinta che la furia che provavo verso i miei carcerieri mi avrebbe consumata, come una candela che brucia troppo in fretta. A poco a poco, però,  rabbia e odio lasciarono il posto alla disperazione. Quello fu il periodo peggiore perché pensavo di impazzire a ogni respiro. Ma la follia mi ignorò; lentamente la disperazione divenne rassegnazione e la rassegnazione, oblio. A quel punto tutto è scivolato nella quiete»
«A dire il vero, a me sembri ancora piuttosto incavolata»
La donna-drago sorrise maliziosamente, levandosi a sovrastare Goku, ancora carponi. «Forse ti ho giudicato troppo precipitosamente. Non sei così ingenuo come credevo.» Serpeggiando rapida e leggera, in un paio di mosse si spostò dietro di lui, poggiandogli le mani sulle spalle. «Quando ho saputo di avere un fratello, la gioia di questo pensiero è  stata soffocata dal risentimento verso gli dei, che ti avevano riservato la mia stessa sorte»
«Non ti ho chiesto di vendicarmi»
«Non provi rancore verso l’arroganza delle divinità? Non vuoi che sia fatta giustizia?» 
«Che razza di giustizia è, se inquinata dall’odio? Io non sono arrabbiato anzi, sono grato. La mia reclusione mi ha permesso di conoscere Sanzo e Hakkay e Gojyo. Mi ha permesso di trovare una famiglia»
Haydè provò un profondo rammarico nell’udire quell’ultima frase. «Sono io la tua famiglia! Non nel modo in cui vengono generati gli umani o gli altri demoni, ma nelle nostre vene scorre comunque lo stesso sangue»
«Può darsi» disse Goku, con calma, «però io non so niente di te, né tu di me. Mi dispiace, ma la mia vita e il mio affetto sono legati all’uomo che mi ha cresciuto»
Si allontanò da lui con disapprovazione, quasi indignata, l'argentea criniera che si agitava al vento salmastro. Haydè si voltò verso il folto degli alberi e socchiuse gli occhi. Prima che il giovane potesse accorgersene, la mano guantata artigliò l’aria e la tiara dorata di Goku si sbriciolò come fosse stata un biscotto. «Bene. Se ci tieni tanto a lui, vai a dimostrargli il tuo amore. È qui».

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Capitolo 6
*** Inferno tropicale ***


CAPITOLO 6
Inferno tropicale 

Quando Sanzo sbucò nella radura, il sole stava ormai calando. Hakkay e Gojyo erano in perlustrazione in altre zone del piccolo atollo.
Dopo che il mostro aveva distrutto la loro imbarcazione e inabissato Goku, erano giunti a nuoto fino allo sputo di terra che affiorava a poche miglia dalla costa: una battigia sottile, di sabbia bianchissima, abbracciava un groviglio di vegetazione esotica, dalla quale si innalzavano fin troppe palme da cocco.
Le orme lasciate sulla spiaggia da un grosso rettile strisciante e da qualcosa che veniva trascinato, diedero loro la speranza di trovare l’amico ancora vivo. Inoltre un combattimento a terra era una prospettiva più abbordabile, rispetto alla gravosa disfatta subita in mare aperto.
I tre compagni decisero di dividersi, per battere più terreno possibile prima che calasse il buio, con l’intesa, in caso di avvistamento, di non affrontare il demone da soli. Tuttavia, il demone che gli si parò dinnanzi, in quel patio naturale tra i fitti palmizi, non era quello che Sanzo si aspettava.
Il Seiten Taisei, inginocchiato, immobile, fissava i palmi delle proprie mani, come se vi cercasse la risposta a qualche recondita domanda. All’inizio nemmeno si accorse della presenza del bonzo. Poi, alle sue orecchie arrivò come un bisbiglìo ovattato. Alzò lo sguardo e quello che vide non gli piacque affatto. Un bagliore metallico, minaccioso, era puntato dritto alla sua testa. A reggere l’arma era una figura, troppo luminosa da mettere a fuoco, che continuava a ripetere “Goku”. Quel sussurro crebbe, come una campana che aumenta la risonanza ad ogni rintocco. Con le mani, cercò di proteggersi i timpani ma ormai il suono si era insinuato nella sua testa. Lo scatto fu impercettibilmente fulmineo, e in un secondo aveva atterrato l’uomo con la pistola, disarmandolo. Gli artigli sguainati pronti a uccidere, si arrestò di colpo, il braccio sospeso a mezz’aria. Ebbe come un’impressione di familiarità, e un senso di pace sembrò pervaderlo quando una mano calda gli si posò sulla fronte. Un nome, “Sanzo”, si faceva largo nei suoi pensieri; stava quasi per abbandonarsi a quel dolce oblio quando una violentissima botta al fianco sinistro lo sbalzò a molti metri di distanza; lo schianto contro una palma, che riversò a terra una miriade di noci di cocco prima di spezzarsi e precipitare anch’essa, arrestò il suo volo. Il Seiten Taisei perse conoscenza.
Sanzo nel frattempo si era rialzato. Recuperata la sua Smith & Wesson, cautamente, si dirigeva verso l’amico a terra, tenendo sotto tiro, nel frattempo, qualsiasi movimento sospetto.
Nell’ombra, Haydè osservava la scena. Era sorpresa e fuori di sé dalla rabbia: nonostante suo fratello fosse libero dal giogo del dispositivo di controllo, che ne imbrigliava la vera natura, aveva risparmiato il bonzo. “Come può contare più del suo stesso sangue, la vita di questo misero umano? …di questo secondino, travestito da sant’uomo?”
La foga, con cui si avventò su di lui, non lasciava dubbi sull’esito dello scontro. Solo quando il monaco stava quasi per perdere i sensi, la vista appannata e il sapore metallico del sangue in bocca, lei si fermò.
«Prega bonzo. Prega per la tua vita o muori»
Voleva che la guardasse bene, che il suo viso pieno di disprezzo fosse l’ultima immagine ad imprimersi nella mente del giovane.
Sanzo, stremato e ansimante, fissò gli splendidi occhi della sua aguzzina. Con la poca energia rimasta, assaporò un grumo di sangue e lo sputò sulla coda squamosa che lo inchiodava al suolo. Scoppiò in una risata.
«Ti diverte l’idea di morire, omuncolo?»
«Pensavo a quei due idioti… Non ci sono mai, quando hai bisogno di loro! Probabilmente si sono persi in questo cacatoio per scimmie…»
«Gentile come al solito, Sanzo.» La voce di Hakkay gli giunse alle spalle del mostro.
Gojyo le puntava lo Shakujyo affilato alla schiena. «Devi scusare il nostro amico, bellezza, ma gli sfugge il significato di “non attaccare il serpentone da solo”.»
Haydè sorrideva, lo sguardo fisso in quello di Sanzo. Era un sorriso sardonico, crudele, in contrasto con la sua irreale bellezza. Il monaco capì quanto li compatisse; presagendo ciò che stava per accadere, cercò di avvertire gli amici ma la pressione che lo teneva a terra aumentò. Sentiva i polmoni comprimersi, la gabbia toracica sul punto di esplodere, l’aria abbandonare il suo corpo. Poi repentinamente, con un sollievo violento, tornò a respirare. Il demone era scattato all’attacco di Gojyo e Hakkay, lasciandolo boccheggiante come un pesce fuori dalla boccia.
Il primo a subire la frustata della coda adamantina fu Gojyo. Non la vide neanche arrivare. Comprese cosa era accaduto solo mentre ruzzolava sull’erba. La sua arma vorticava nell’aria e gli stava precipitando addosso. Tentò di sollevare il braccio, per parare il colpo e recuperare la lancia a doppia lama, ma un dolore acuto lo percorse. Si girò verso la spalla destra: stava osservando il suo omero scheggiato sporgere da uno squarcio sanguinolento. Urlando, rotolò sul fianco, appena un istante prima che la punta a mezzaluna si conficcasse nel terriccio, a pochi centimetri dalla sua testa. Prima di svenire, ebbe una fugace visione di Hakkay, che liberatosi dai dispositivi di controllo, stava assumendo la forma di demone.

«Interessante» constatò Haydè. «Un umano diventato demone per odio, a causa dell’amore.»
Il giovane non rispose. La fissava senza battere ciglio; sapeva benissimo di non essere neanche lontanamente all’altezza della smisurata potenza del nemico, ma doveva assolutamente trovare il modo di guadagnare qualche minuto. Studiava mentalmente, e velocemente, la strategia migliore per distrarla il tempo necessario di trarre in salvo gli amici e scappare il più lontano possibile, quanto quel fazzoletto di terra avrebbe consentito. Gettò una rapida occhiata intorno. Gli altri erano in punti troppo distanti tra loro, doveva recuperarli necessariamente con l’auto. Jeep era nascosto poco distante, nel fitto della vegetazione, pronto per la fuga qualora non fossero riusciti a sconfiggere lo youkay. 
Emise un lungo fischio e istantaneamente Hakuryuu volò fuori dal suo nascondiglio, trasformandosi in fuoristrada, motore acceso e rombante. Hakkay intanto aveva fatto appello al suo potere diramando, dalla mano piantata al suolo, un intrico di sottili ramificazioni argentee. Queste si andavano avviluppando al corpo di rettile e di donna, stringendo la morsa ad ogni più piccolo movimento. Era completamente intrappolata, eppure sembrava divertita dalla situazione. Il fatto che nemmeno provasse a districarsi, dava ad Hakkay l’impressione che sapesse perfettamente come sarebbe andata a finire. Tuttavia, il giovane non poteva perdersi in futili dubbi; montò a bordo e diede gas, sgommando in direzione di Gojyo, sperando che avesse ripreso i sensi, per aiutarlo con Sanzo e Goku. Al ripristino della tiara avrebbero pensato dopo, pregando che nel frattempo non si svegliasse. 
Gli giunse alle orecchie una specie di sibilo sommessamente modulato. Sentiva il metallo del mezzo vibrare e contorcersi, finché si trovò a scivolare rasoterra a gran velocità. Piantando le unghie in profondità nel tappeto erboso, riuscì a frenare la sua corsa prima di investire il compagno.
Hakuryuu tornato nella forma di piccolo drago, dopo aver alitato fiamme incandescenti per distruggere il reticolo che la ingabbiava, andò a posarsi docilmente sulla spalla lattea di Haydè. «Un tentativo apprezzabile, ma insufficiente.» disse carezzando amorevolmente il sottile collo della bestiolina, assolutamente appagata e a suo agio come fosse appollaiata nel nido. «Resta a terra, col tuo amichetto, e non infierirò oltre su di voi. Mi interessa prendere solo la vita di quell'ingannevole bonzo.»
Hakkay con inerme disperazione, guardava i funesti artigli brandire Sanzo alla gola, mentre veniva sollevato a un metro da terra.
«La…scia…lo…»
«Torna a nanna, fratellino, non ti impicciare. Poi mi sarai grato di quello che sto per fare.»
Il Seiten Taisei si avventò sulla donna, il brutale impatto le fece mollare la presa sul monaco. Ebbe inizio uno scontro titanico. I due ashura erano così rapidi che l’occhio non riusciva a coglierne i movimenti. Tutto ciò che arrivava della lotta erano boati e spostamenti d’aria.
Hakkay non perse tempo: usò il Chi per curare prima Gojyo e subito dopo Sanzo. Il primo di nuovo vigile, si fasciò alla bellemeglio il braccio fratturato; il secondo era ancora incosciente. Hakuryuu, tornato in sé, riprese forma meccanica consentendo una ritirata in extremis.
Erano appena fuori portata del campo di battaglia, quando Sanzo riacquistò i sensi e intimò di tornare indietro.
«È te che vuole! Non farà del male a Goku…» obiettò Hakkay. «Comunque non possiamo essergli di alcun aiuto. Se torniamo là ci ucciderà tutti.»
«Devo recuperare la Shourejyu. Non mi importa niente di quella stupida scimmia.»
«Che testaccia dura!» sentenziò Gojyo, mentre l’auto faceva inversione.
Sanzo raccolse la pistola, con calma ripulì l’erba incrostata al sangue rappreso. La puntò in direzione dello spazio da cui proveniva il rimbombo del combattimento. Non percepiva altro, ma sapeva che erano lì. «Il calibro è leggermente ammaccato…» disse tra sé, braccio teso e un occhio chiuso, a prendere la mira.
Iniziò a recitare le formule, e il sutra si levò dalle sue spalle, gonfiandosi tutt’attorno in volute fruscianti. Davanti ai tre amici, Gojyo e Hakkay in retroguardia al monaco, apparve a rallentatore la scena dello scontro, finché le due figure in lotta si immobilizzarono in un quadro plastico. Goku stava soccombendo, anche se era riuscito a ferire Haydè, non mortalmente, in diversi punti.
«Ehi strega, vedi di crepare!»
Con grande sforzo, per via del potere del sutra che limitava la sua mobilità, gli occhi di lei riuscirono a posarsi sul proiettile un istante prima che gli attraversasse la gola, vedendo la morte venirle incontro come in sogno. Dal foro che squarciò la carne, un fiotto di sangue argenteo si riversò sul prato, creando una pozza lucente. Il demone si accasciò contorcendosi, le mani alla ferita sanguinante; con la coda fendeva l’aria in onde inconsulte. Un orribile verso le uscì dalla bocca, simile allo stridio di mille unghie su una lavagna.
Goku atterò ai piedi di Sanzo. Posatagli la mano sulla fronte, ripristinò il dispositivo di controllo.
«Filiamocela!» esortò Gojyo. Stava indicando l’intreccio di spire agonizzanti, che lentamente cominciava ad accendersi in fiamme azzurrine. Il cielo divenne una spirale di nubi livide, e fulmini si abbattevano ad incendiare l’isola.
«Sta richiamando il potere del fuoco per sopravvivere…» Hakkay era visibilmente sgomento. «tra poco qui salterà tutto in aria!»
Montarono al volo su Jeep, a velocità folle si lanciarono verso l’oceano; intorno a loro un fuggi fuggi di animali e uccelli terrorizzati. Il boato che li inseguiva sembrava avesse squarciato le fondamenta stesse della terra. Mentre sprofondavano nell’acqua, sulla superficie del mare divampò l’inferno, in tutte le sfumature del blu, dell’azzurro e del celeste.

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Capitolo 7
*** Controllo ***


CAPITOLO 7
Controllo

«Sta venendo per te. È meglio che ti prepari.» la dottoressa avvisò Ni dalla soglia del laboratorio. L'attenzione ai calcoli che stava eseguendo gli fece ignorare l’avvertimento, mentre la sigaretta che aveva in bocca nevicava cenere sulle carte macchiate di caffè, sparpagliate per tutta la scrivania. Con la coda dell’occhio percepì il dileguarsi della dottoressa, segno che lei era vicina.
“Cheppalle! …proprio adesso che ci sono quasi.” mugugnò tra sé. “Sarà incazzata di brutto, ma è proprio questa la parte divertente. Speriamo solo che non butti tutto all’aria…”
La sagoma scura di Haydè si stagliava in controluce nell’ingresso, e nero era anche il suo umore.
Ni era preparato a una scenata, pronto a veder schizzar via il tavolo al quale stava seduto, e ogni cosa sopra di esso. Invece fu sorpreso di come il demone scivolò fino a lui e si accomodò, in posa sensuale, sul piano di laminato grigio, sbiadito. Poggiava il peso del corpo sul braccio sinistro, la testa elegantemente inclinata a toccare la spalla. La coda pendeva morbida come un lungo abito da sera, in  seta color avorio. Le sue labbra sorridevano, non altrettanto gli occhi.
«Per caso hai dimenticato di menzionare qualche piccolo dettaglio? …che so, tipo un sutra che controlla i poteri demoniaci, per esempio…» disse giocherellando con una provetta.
«Sei troppo bella per tenere il broncio. E poi quella piccola cicatrice ti rende ancora più affascinante.» indicò il segno sul collo della donna.
Un espressione omicida balenò sul suo viso scultoreo; fu un istante, subito dopo tornò a sorridere. «Se morissi, chi ti aiuterebbe a risvegliare Gyumao? O devo desumere che i tuoi veri piani siano altri?»
Ni Jianyi si stava muovendo sul ghiaccio sottile. L’inspiegabile attaccamento di quel rettile per un fratello pressoché sconosciuto, gli permetteva di manipolarla come una marionetta solo finché riusciva a fomentare gelosia e risentimento verso Sanzo. Aveva instaurato con lei un rapporto d'interdipendenza ma l’unica moneta di scambio in suo possesso erano le informazioni. L’omissione riguardo i poteri del sutra del cielo demoniaco aveva minato quell’etereo equilibrio, solo per la soddisfazione di dare una ridimensionata a quell’aria di onnipotenza che la donna andava sbandierando a destra e a manca.
«Ops! Solo una piccola svista, giuro.» alzò le mani in segno di scuse. «È ovvio che non voglio che tu muoia. E comunque con i tuoi immensi poteri sarà stato un gioco da ragazzi annullare l’effetto del sutra.» Con quella creatura, ogni parola che gli usciva di bocca si traduceva in un’estrazione di vita o di morte alla lotteria, ma quanto amava provocarla.
Haydè moriva dalla voglia di stritolare quella testa corvina, con una girata delle sue spire. «Oh, fosse per il sutra in sé… sarebbe un gioco da ragazzi. Chi mi ha sorpreso è il bonzo. C’è una scintilla divina nella sua anima: questo, combinato al sutra, gli conferisce un grande potere, di cui probabilmente non è nemmeno consapevole.» Il crescente e malcelato disappunto del dottore le diede un senso di infantile trionfo. «Non te lo ha mai detto nessuno che “non sono gli strumenti a fare l’artista”?»
Ni strinse la matita talmente forte da spezzarla in due. Teneva lo sguardo fisso sugli appunti davanti a lui, il riflesso della lampada sulle lenti gli nascondeva gli occhi. Alla sua destra era afflosciato uno sdrucito coniglietto di pezza. «A quanto pare “non è nemmeno il sangue a fare una famiglia”…» sibilò.
Haydè non aveva certo paura di quell’uomo però a volte riusciva a metterla a disagio, come se fosse in presenza di qualcosa di disgustoso e marcescente, da cui stare alla larga. «Hai considerato la mia proposta?» cambiò discorso.
«Certamente.»
«Quindi? Cosa hai deciso?»
«No grazie. Visto il casino che hai combinato su quella povera isoletta, non voglio rischiare di far saltare in aria il castello come un petardo.»
«È stato un incidente. Se tu mi avessi informato a proposito del sutra, non sarebbe successo.»
«Avvisata o meno, nonostante la spavalderia che vai mostrando, non credo che tu sia in grado di controllare a pieno la tua energia. Proprio come il caro fratellino.»
Adesso, il tavolo stava rotolando dall’altra parte della stanza; fogli, penne, e quant’altro vi era appoggiato svolazzavano ovunque come foglie autunnali spazzate dal vento. Ni era soddisfatto, aveva colpito nel segno.
«Ero gravemente ferita!» ruggì Haydè. «Altrimenti sono perfettamente in grado di controllare il mio potere, e stai certo che quando verrà il momento ti accorgerai di quanto questo possa essere concentrato su un unico obiettivo.»
Mentre il demone serpeggiava via dal laboratorio, Ni Jianyi andò a raccogliere il coniglietto di pezza. Gli diede una spolverata e se lo cacciò nella tasca del camice. Buttò un’occhiata al cadavere della scrivania. «Proprio vero! Perfettamente in grado di controllarsi…» si fece una cupa risata.

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Capitolo 8
*** L'accordo ***


CAPITOLO 8
L'accordo

Dalla torre di guardia, Kougaiji osservava il sole tuffarsi nelle scure acque marine. Yaone alle sue spalle, era silenziosa. Non riusciva a vedere il volto del giovane, ma capiva che qualcosa lo tormentava.
«Mio principe, cos’è che ti preoccupa?» chiese con la sua usuale dolcezza.
«Se potessi porre fine a questa guerra con una sola, semplice, disperata decisione… lo faresti?» I suoi occhi continuavano scrutare l’orizzonte anche se ormai il crepuscolo aveva appiattito ogni cosa in una silhouette violacea.
«A quale decisione ti riferisci?»
«Haydè, la donna-drago, mi ha fatto una proposta. È in grado di risvegliare mia madre, ma il prezzo che chiede è il sacrificio. Una vita per una vita.»
«Un… sacrificio?» la voce di Yaone era piena di apprensione.
«Proprio così. Ci deve essere un legame abbastanza forte da consentire di donare la propria energia vitale senza alcun ripensamento.»
Sapeva che Kougaiji non avrebbe esitato a dare la propria, in cambio della vita di sua madre. Quello che sicuramente lo angustiava era ciò che poteva accadere a coloro che amava, quando non sarebbe stato lì a proteggerli. Per quanto la riguardava, un mondo senza di lui equivaleva al giorno in cui non sarebbe più sorto il sole. Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime ma, mordendosi le labbra, non permise che nessuna scivolasse oltre le ciglia. «Ti prego, consentimi di offrire la mia vita. È il dono e la gioia più grande che tu possa concedermi.» affermò senza esitazione.
Kougaiji le si avvicinò, guardandola dritta in viso accennò una lieve carezza sulla sua pelle levigata. «Non posso permettertelo.» disse semplicemente.
Yaone rimase sola nell’oscurità della torre. Un vento gelido si stava alzando da nord. O forse era solo l’assenza del suo dolce principe che le rubava calore dal corpo. Non aveva idea di come impedirgli di compiere quel grave gesto; forse Dokugakuji avrebbe potuto aiutarla. Senza perdere un minuto, si precipitò nell’armeria. Trovò l’amico intento ad affilare la sua sciabola su una mola. “È un guerriero fino al midollo” pensò, vedendo quale attenzione metteva nella cura della sua arma.
«Sei riuscita a parlargli?» chiese senza distrarsi da ciò che stava facendo. «Non mi piace quando è così taciturno. Ho un brutto presentimento…»
Yaone spiegò la situazione  meglio che poteva. «Non so più di quello che ti ho raccontato.» Kougaiji non era sceso in dettagli. «Ma dobbiamo assolutamente fermarlo!»
«Agitarsi non serve a niente.» cercò di calmarla.
«Forse potremmo parlare con Haydè… convincerla a lasciare perdere.»
«Ci ritiene poco più che insetti, non ci prenderebbe neanche in considerazione. Secondo me quello di cui dovremmo preoccuparci veramente è quell’infame di Ni Jianyi. Chissà cosa trama… in fondo è stato lui a portare qui quel mostro.»
Quasi materializzandosi dalle parole di Dokugakuji, il dottore emerse da un angolo in ombra, facendo trasalire i due giovani. «Non è carino parlare male degli assenti, la tua mamma non ti ha insegnato le buone maniere?» godeva nel sapere esattamente quali tasti toccare per far soffrire gli altri.
Doku serrò la stretta sull’elsa della spada, tanto che le nocche divennero bianche. «Ma tu non sei assente.» rispose a denti stretti. «E non è altrettanto carino origliare: tua madre sono certo che non ti abbia insegnato le buone maniere.»
Ni ignorò l’insulto, avanzando qualche altro passo nell’alone di luce in cui si trovavano i ragazzi. Si spostava da una rastrelliera all’altra, ora gingillandosi con una lancia alla cui sommità pendeva una nappa colorata, ora saggiando il filo di qualche ascia con l’impugnatura di bronzo cesellato.
Stava tastando la loro pazienza. Dokugakuji intuiva che la visita dello scienziato aveva uno scopo, e anche se detestava farlo dovette cedere all’umiliazione di chiedere. «Su parla! …perché sei qui.»
«Credo che abbiamo un problemino comune.» si prese tutto il tempo per pronunciare queste parole, compiaciuto di poter proseguire in veste di solutore.
«Il problemino, come lo chiami, ce lo hai messo tu tra i piedi.»
«Ehi, io che colpa ne ho se il vostro adorato principino ha il cuore tanto nobile da sacrificarsi per la mammina?»
Yaone non poté trattenere la rabbia «Non osare parlare in questo modo del principe Kougaiji! Tu non vali neanche la metà di lui.»
Ni Jianyi la compativa miseramente. “Che terribile morbo l’amore.” «Per vostra fortuna ho uccellini che odono anche i più lievi sussurri nel castello: altrimenti sarei qui a organizzare un bel funerale piuttosto che proporvi un accordo. Anzi, più precisamente uno scambio…» lasciò la frase a metà stuzzicando la curiosità dei due.
«Di che scambio stai parlando?» Dokugakuji diffidava persino dell’ombra del dottore ma se c’era una remota speranza di salvare Kougaiji, non avevano altra scelta che ascoltarlo.
Un sorriso trionfante affiorò sulle labbra di Ni. «Sto mettendo a punto un macchinario, in grado di contenere la straordinaria potenza di Haydè. Se riuscissi a imbrigliare quell’energia potrei sfruttarla a mio piacimento e il principino non avrebbe più motivo di suicidarsi. Vi offro una via d’uscita.»
Doku è Yaone atterrirono alla sola idea di una simile forza nelle mani di quel pazzo. Tuttavia era in gioco la vita del loro signore e amico.
«Cosa vuoi in cambio?» fu Yaone a parlare per prima.
«Mi serve il sutra…»
Dokugakuji rimase un po’ deluso da quella richiesta banale. «Sai che novità! È una vita che cerchiamo di prendere quello stramaledetto sutra…»
«Stavolta è diverso.»
«E perché mai?»
«Stavolta… mi serve anche Sanzo. E mi serve vivo.»

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Capitolo 9
*** Questione di coscienza ***


CAPITOLO 9
Questione di coscienza 

Andava e veniva dalla farmacia: bende, cerotti, unguenti, medicine, disinfettante e tamponi erano diventati consuetudini sulla lista della spesa. Dopo la devastante esplosione all'isola Latte di Luna, nome dovuto al riverbero dell’astro sulla sabbia bianca nelle notti di plenilunio, Tilara aveva nutrito ben poche speranze di rivedere i ragazzi e il loro animaletto ancora vivi. Il vecchio Qar, invece, si era incaponito nell’organizzare una spedizione di recupero: era il minimo che potesse fare per chi aveva creduto alla sua storia del mostro, senza dargli del pazzo.
Nel luogo dove ripescarono i quattro, sembrava esserci stata una mattanza di tonni. Detriti carbonizzati e animali morti galleggiavano nell’acqua, tinta dal sangue dei loro corpi martoriati. Quando aveva visto in quale stato pietoso si trovavano, la donna non ebbe difficoltà a immaginare la scena raccapricciante descritta da Qarhan. Si strinse nelle spalle; scrollandosi di dosso quell’immagine riprese la via di casa, un piccolo rifugio di calce e mattoni, con le persiane rosse.
Il grande camino in pietra, annerito dal fuoco di molti inverni, occupava tre quarti della parete a nord; sul lato opposto si apriva una finestra, il davanzale rigoglioso di gerani e gelsomini profumati, dalla quale si poteva ammirare la scogliera tuffarsi nell’oceano.
Ad accoglierla trovò i tre convalescenti.
«Non si è ancora ripreso il piccolo?» era l’appellativo con cui Tilara chiamava affettuosamente Goku. Le ricordava suo figlio, preso dal mare molti anni prima.
Gojyo scosse la testa, il braccio rotto immobilizzato in una fasciatura al collo, sotto i suoi lunghi capelli rossi come una melagrana.
«Però sembra che le ferite siano in fase di guarigione.» Hakkay, il damerino come lo aveva soprannominato Qar, le venne incontro aiutandola con le borse della spesa e le medicine. Tra tutti era quello ad aver riportato danni minori, qualche livido e una grande spossatezza.
Goku, incosciente da diversi giorni, pareva avere una straordinaria capacità di ripresa anche se le sue ferite erano piuttosto serie.
Chi più preoccupava Tilara, era Sanzo. A giudicare dall’estensione e dal livore degli ematomi, il violento schiacciamento della gabbia toracica doveva avergli provocato una grave emorragia; ciò nonostante continuava a fumare. Lei disapprovava questo insalubre vizio, e nel tentativo di farlo smettere era stata apostrofata in maniera poco carina. Poi c’era da considerare la sua gamba sinistra: fratturata in diversi punti, avevano dovuto steccarla dall’inguine alla caviglia; il medico raccomandò che il ragazzo stesse immobile il più a lungo possibile ma lui era saltato giù dal letto dopo un solo giorno, brontolando su quanto si annoiasse. Appoggiandosi a una stampella, si era trascinato al capezzale di Goku e lì era rimasto. Diceva che voleva essere presente quando “quella stupida scimmia” riapriva gli occhi, così poteva dargli il resto per aver dovuto “salvargli il culo”.
Si stupì nel vederlo a cavalcioni della sedia, il mento appoggiato sulle braccia incrociate sopra lo schienale della sedia e lo sguardo perso nel blu del mare. «Sei qui!» constatava l’ovvio.
«E allora?» rimbeccò il giovane biondo, senza voltarsi a guardarla.
«E allora… non sei di là… se non si è ancora svegliato, mi spieghi perché diamine sei qui?» l'assalì il dubbio che le nascondessero qualche brutta notizia. L’imbronciata uscita di scena del monaco aumentò la sua ansia. Cercò conforto nel volto di Hakkay, ma fu Gojyo a dissipare la preoccupazione.
«È incavolato, anche se non lo ammetterà mai. Goku lo ha cacciato via.»
«Ma se poco fa hai detto che non si è ancora ripreso?»
«Infatti. Lo ha cacciato mentre era incosciente. Ha sentito anche Hakkay.»
Il giovane cercò di rispondere all’espressione interrogativa di Tilara. «Ha sbiascicato qualcosa tipo: “Sanzo, stammi lontano ti prego”…»
La donna si concentrò un attimo, poi arrossì. «A… aspetta, c’è forse qualcosa tra quei due? Cioè beninteso, non che sto qui a giudicare veh, però è meglio chiarirle certe cose…»
Gojyo e Hakkay si scambiarono un occhiata divertita e non trattennero una risata. La prima, liberatoria, dopo lo scontro con il demone.
«Tranquilla Tilara.» la rassicurò Gojyo. «È più come tra padre e figlio, o meglio, tra fratello maggiore e minore.»
Questa, sgonfiandosi come un palloncino, accasciò la corpulenta mole sulla sedia dove fino a poco prima si trovava il bonzo. Sventolando una manona per farsi aria, riprese il suo normale colorito.
Sanzo era tornato in camera di Goku. Si riaccomodò ostinatamente ai piedi del letto. Sollevando a due mani la gamba fasciata, la lasciò cadere pesantemente sul materasso, a un palmo dall’amico.
«Stupida scimmia che non sei altro. Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, pensi di liberarti di me così facilmente?» parlava ad alta voce, come se potesse sentirlo. «Non ho bisogno della tua protezione. Come vedi, intendo rimanere da queste parti ancora a lungo… solo che per non morire di noia devo picchiarti con l’harisen, ogni tanto. Perciò cerca di svegliarti in fretta!»
Più tardi, quando Hakkay entrò nella stanza trovò il bonzo profondamente addormentato, in una posizione piuttosto scomoda. Cercò di sistemargli un cuscino dietro la testa, attento a non svegliarlo.
Sentì di essere osservato.
Goku aveva gli occhi aperti e lo fissava nella penombra.
«Ehi, bentornato tra i vivi! Come ti senti?» bisbigliò.
«Ahia.» fu l’esaustiva risposta.
«Hai preso delle belle botte. Cerca di riposare ancora un po’. Più  tardi, se avrai fame, ti porterò qualcosa da mangiare.»
Goku scosse la testa. «No, niente cibo.» disse. «Mi ricordo.»
Hakkay, sorpreso da quel rifiuto, si fece serio. «Che intendi?»
«Quando ritorno in me, non ho memoria di ciò che faccio mentre sono il Seiten Taisei.» cercò con gli occhi un punto qualsiasi sul soffitto e si concentrò su quello. «Stavolta è diverso. Credo che sia per via di Haydè: deve avere un qualche influsso sulla mia consapevolezza. Riuscivo a vedere e sentire tutto quello che accadeva intorno; ero come dietro un vetro, ma cosciente.» Un pensiero lo fece sussultare. «Poi lei ha afferrato Sanzo. In quel momento il vetro sì è rotto: ero cosciente, e avevo anche il controllo. Non potevo lasciare che lo uccidesse.» rifletté un istante, si incupì. «È tutta colpa mia.»
«Tu gli hai salvato la vita, invece. Dovresti ricordare questo
«Non è al sicuro. Finché sarò al suo fianco, cercherà di fargli del male.»
Hakkay era turbato dalle parole dell’amico. «Non c’è più pericolo. Ormai è morta. Nessuno poteva sopravvivere a un esplosione del genere, nemmeno una come lei.» provò a tranquillizzarlo.
Goku si sollevò a sedere, gemendo per il doloroso sforzo. «No, tu non capisci. È viva. Posso percepire la sua presenza, anche a molte miglia di distanza, come lei percepisce la mia.»
«Non è possibile una cosa del genere. Probabilmente stai delirando a causa della febbre.» Tentò di toccargli la fronte ma venne allontanato con fermezza.
«Sto bene.» Gli occhi dorati di Goku non esprimevano dubbi. «La sento perché siamo legati l’uno all’altra. Haydè è mia sorella.»

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Capitolo 10
*** Decidi da che parte stare ***


CAPITOLO 10
Decidi da che parte stare

«Scemo!»
«Credevo dormissi.» Goku guardava l’amico mettersi un po’ più comodo, spostando il cuscino da dietro la testa a sotto la gamba rotta.
«Hakkay ha la mano pesante…»
«…e tu il sonno leggero.» completò al posto del monaco.
«E così quella specie di vipera sarebbe la tua sorellina?» Le parole erano sarcastiche, ma il suo tono assolutamente serio.
«Veramente, sorella maggiore.» precisò Goku. Gli tornò alla mente la curiosità di qualche tempo prima in merito ad avere una vera famiglia. “Eccomi accontentato” pensò. “La sorella biologica che tenta di ammazzare il fratello acquisto. E viceversa. Che bel quadretto parentale.”
In quei giorni, Sanzo non aveva fatto altro che ripercorrere tra sé i fatti dell’isola. Appariva chiaro che al demone non interessava impossessarsi del sutra: poteva prenderlo in più di un’occasione, eppure lo aveva sempre snobbato. E Hakkay aveva ragione riguardo le intenzioni verso il Seiten Taisei: voleva metterlo fuori gioco, non ucciderlo. La lotta anche se violenta, era incentrata sulla difesa, da parte di Haydè. Le ferite di Goku erano gravi ma non letali. “Il suo obbiettivo ero io” concluse. “Ce l’ha con me perché pensa che la stia privando della sola famiglia che ha.” Tuttavia, non gli sembrava una motivazione sufficiente a giustificare tutto quell’astio.
«Penso che tua sorella sia stata aizzata contro di me.» condivise le sue riflessioni con l’amico, che non avendo il coraggio di guardarlo preferiva scrutare il cielo pomeridiano.
«Ma… chi avrebbe interesse a fare una cosa del genere? E perché?» chiese, immaginando già la risposta.
«Mi viene in mente un solo individuo: il corvo, Ukoku.» la sola idea di quel monaco nero senza dei, gli fece rivoltare lo stomaco. «Ignoro le sue motivazioni, ma non ci vuole troppa fantasia per immaginare quali possano essere. Se riuscisse a sfruttare l’energia di quel mostro, magari combinata a quella del Seiten Taisei, è chiaro che il potere dei sutra sarebbe superfluo. E dato che mi vuole morto da sempre, avrà pensato bene di prendere due piccioni con una fava.»
Il ragionamento non faceva un piega, però a Goku non andò giù l’appellativo di mostro, affibbiato con noncurante leggerezza a sua sorella. Si sentiva combattuto riguardo ciò che provava per lei. Sull’isola era stata violenta, è vero, e per poco non faceva fuori Sanzo. Ma incontrandola al mercato ebbe una sensazione di tenerezza. Ricordò il brivido provato quando gli sorrise. Allora aveva pensato che fosse un insensato timore verso quella bellissima sconosciuta. Ora comprendeva che fu l’inconscia consapevolezza di come lei potesse liberarlo.
«Mostro…» ripeté con un filo di voce. «È quello che pensi anche di me, quindi?»
«Non fare l’idiota!» al bonzo scocciava parecchio il fraintendimento dell’amico. «È chiaro che non penso affatto che tu sia un mostro. Lei è completamente diversa da te.»
«Che ne sai! In fondo siamo fratelli, io e Haydè…» questa volta urlò. «E poi non è chiaro per niente quello che pensi! Mi tratti sempre male, e non sei capace di esprimere le tue emozioni e i tuoi sentimenti se non in maniera aggressiva! Se qui c’è un mostro, quello sei tu!» calde lacrime gli rigavano le guance.
Sanzo era sgomento, per la prima volta in vita sua non sapeva come ribattere. Aprì la bocca ma non uscì alcun suono.
«Vattene! Lasciami solo…» questo, il sofferto congedo che gli diede Goku.
Reggendosi sulla stampella, andò via sbattendo la porta.
Dovette sfilare davanti ad Hakkay, Gojyo, Hakuryuu e quella petulante matrona per poter uscire di casa. Anche se i compagni si erano comportati come nulla fosse, avevano certamente udito le grida di Goku attraverso le mura sottili come carta. Percepiva i loro sguardi indagatori puntati alla nuca, ma non era dell’umore adatto per dare spiegazioni. O semplicemente si sentiva troppo umiliato, ammise a fatica.
Si trovò un angolino all’ombra del mandorlo, che cominciava a maturare i suoi frutti, vicino allo strapiombo. Sedette sull’erba umida, la gamba steccata lo tormentava come attraversata da mille lame. Realizzò che fino a quel momento non aveva dato peso al dolore. “È solo un caso” decise.
Smaniava per una sigaretta ma le aveva dimenticate sul comodino, e per niente al mondo avrebbe ripetuto quell’avvilente passerella.
Un gatto randagio si avvicinò cauto. Sanzo stava per scacciarlo, ma alla fine tese la mano lasciando che il felino la annusasse. Probabilmente il suo odore gli piacque perché strusciò la testolina pelosa contro la punta delle dita, e poi si acciambellò ronfante in grembo al giovane. «In fin dei conti non sono così male, vero sacco di pulci?» la sua voce era velata di amarezza. Il micio confermò con un “puurrrrrmao”.
Le dure parole di Goku gli rimbombavano nella testa.
«Non ho mai pensato che lui fosse un mostro.» continuava a parlare al gatto. Era sempre meglio che parlare al vento o rimuginare tra sé. «Però… capisco perché abbia detto una cosa del genere.» diede una grattatina tra le orecchie puntute dell’animale. «Che carattere di merda, mi ritrovo.»
«Sono perfettamente d’accordo.»
Riconobbe la voce di Dokugakuji, lo sgherro di Kougaiji. Stava davvero perdendo colpi, rimproverò a sé stesso, se non si era accorto della sua presenza. Il gatto schizzò via quando si voltò di scatto per fronteggiare il nemico. Ricordò di non avere con sé nemmeno la pistola.
Doku non era solo. Con lui c’era anche l’alchimista, la graziosa Yaone. Questa si fece avanti, con le mani alzate. “Non sembrano ostili” constatò, ma la prudenza non era mai troppa.
«Per favore, venerabile Sanzo, niente mosse avventate. Vogliamo solo parlare.» la ragazza confermava i pensieri del monaco.
Sanzo valutò le sue possibilità. La casa era lontana e in una posizione che non dava visibilità del punto in cui si trovava, perciò un intervento di Gojyo e Hakkay era da escludere. Chiamare aiuto: fuori questione. Sarebbe stato neutralizzato prima che avesse il tempo di fiatare. Inoltre… troppo umiliante. “Maledetto orgoglio” pensò comunque. Combattere. Forse. Poteva immobilizzarli usando il sutra e farli fuori in tutta calma. “Che mossa meschina” giudicò. E poi la gamba gli faceva un male cane. “In fondo vogliono solo parlare.”
«Buon per voi, non ho niente di meglio da fare. Sputa il rospo donna.»
Yaone si avvicinò di qualche passo, i palmi sempre bene in vista. «Abbiamo bisogno del vostro aiuto. È in gioco la vita del principe Kougaiji.»
«Perché mai dovrebbe importarmi di lui. Se si è messo nei guai che se la sbrighi senza di me, finora non ha fatto altro che cercare di uccidermi.»
«Vi prego.» insistette la giovane youkay. «Il principe non ha mai desiderato la vostra morte. Stava solo cercando di salvare la vita di qualcuno a lui molto caro. Voi non fareste lo stesso per le persone che amate?»
Sanzo pensò a Goku. «Sapete bene che non ho alcuna intenzione di cedervi il sutra.» notò lo scambio di sguardi che corse tra i due.
«Te lo dicevo che era un tentativo inutile.» si spazientì Dokugakuji. «È senza cuore, nonostante si professi sant’uomo.» Sanzo non aveva mai lontanamente pensato di essere un santo. «Facciamola finita, è ferito e disarmato: una botta in testa e ce lo portiamo via comunque. Ci aiuterà, volente o nolente!»
«Vi sto supplicando,  venerabile Sanzo.» Yaone cadde in ginocchio, le mani giunte.
Distolse lo sguardo. La devozione della ragazza verso Kougaiji lo metteva a disagio. «Mi dispiace il sutra resta con me.»
«Forse non ci siamo spiegati come si deve. È necessaria anche la tua presenza. Userai il sutra per salvare Ko e poi sarai libero di andartene dove ti pare.» precisò Doku.
La storia puzzava di trappola lontano un miglio. Il bonzo stava quasi per recitare le sacre scritture, ma qualcosa lo fece desistere. La ragazza aveva una cotta lampante per il nobile demone e certamente sdilinquiva in mille preoccupazioni al più piccolo starnuto del suo amato. Tutt’altra storia valeva per Dokugakuji. Lui era un combattente, duro come il granito; la sincera angoscia per le sorti dell’amico, che cercava di mascherare maldestramente, convinse Sanzo ad aiutarli, nonostante i loro trascorsi bellicosi.
«Non credo che a quello che sta per uscirmi di bocca…» disse infine. «e so che me ne pentirò per resto della vita, ma… Quando si parte?»

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Capitolo 11
*** Canto di speranza, canto di disperazione ***


CAPITOLO 11
Canto di speranza, canto di disperazione

Trascorse l’intera giornata nella grande sala, fredda e cupa come un sepolcro. L’unica fonte di luce era costituita da alcuni candelieri in ottone, ognuno portante sette ceri. Persa nell’oscurità del soffitto, la volta sferica decorata come il cielo stellato era divisa in dodici sezioni. Architravi a sesto acuto scendevano dal culmine fino al pavimento, ingrossandosi in poderose colonne. Nelle nicchie alle pareti erano conservati cimeli antichissimi, armature dorate raffiguranti i segni zodiacali. La madre di Kougaiji scontava la colpa di Gyumao sigillata in uno dei pilastri, emergendo dalla pietra come scultura vivente.
Il tramonto era passato da un pezzo e il principe aspettava impaziente l’arrivo di Haydè per cominciare il sacrificio. Quella parola suonava strana, riferita alla sua vita.
Nessun lascito, nessun addio. Stava affidando al caso ciò che poteva accadere in seguito; forse era meglio così. Se Liryn avesse saputo le sue intenzioni senza dubbio avrebbe fatto il diavolo a quattro per impedirgli di compiere quel  gesto, ma la sua sorellina era troppo giovane per capirne l’importanza. A Dokugakuji e Yaone fece promettere di non dirle niente fino a cose fatte, e di non intromettersi una volta iniziato il rituale; sperava che mantenessero la parola data pur sapendo quanto gli erano affezionati perché, in caso contrario, tentare di fermare l’ashura significava morte certa.
Prese un profondo respiro. “Andrà bene. Tra poco sarà tutto finito.” Lo ripeteva a sé stesso nella speranza di convincersene.
Quando la vide comparire rimase sorpreso: a parte le gambe ricoperte di sottili e lucenti squame, aveva l'aspetto umano, mantenuto grazie a svariati dispositivi di controllo. Oltre l’abituale corpetto di pelle argentata, indossava solamente un leggero pareo di seta purpurea con ampi spacchi sui fianchi. Notò che non era poi così alta come sembrava quando si ergeva sulle spire.
«Nuova veste?» indagò curioso.
«Diciamo di sì... in questa forma riesco meglio a regolare i flussi di energia e ho maggiore controllo dei miei poteri… non vogliamo che salti tutto in aria, vero?» era molto calma e padrona della situazione.
«No certo.» confermò il giovane. «Come procediamo?»
La ragazza avanzò fino al centro della stanza. Aveva le stesse movenze sinuose di quando strisciava sulla coda serpentina. «Avvicinati.» chiamò. «Devi solo congiungere le mani alle mie.»
Kougaiji la raggiunse e appoggiò i palmi a quelli di Haydè.
«Sei pienamente convinto di ciò che stai per fare?» percepiva il suo nervosismo. «Una volta cominciato, il procedimento non può essere interrotto. Qualora dovessimo perdere il contatto non potrò contenere la mia forza.»
«Hai detto che non c’erano rischi per gli abitanti del castello.» si preoccupò il principe.
«Rimaniamo uniti e non ci sarà alcun problema. Per questo ti ho domandato se non avessi ripensamenti. Vedi, richiamerò molta energia concentrandola in te.» provò a spiegarsi. «Fungerai da catalizzatore indirizzando questa energia, insieme alla tua scintilla vitale, verso tua madre: un piccolo dubbio, un’incertezza e tutto si tramuterà in distruzione. Torno a chiederti: sei sicuro?»
«Facciamolo.» la voce di Kougaiji era determinata.
Haydè annuì. «Bene, procediamo:
Sacro fuoco, vieni a me,
fiamma di vita e di morte,
è una figlia devota che chiede il tuo favore.
Stanotte è La notte,
tutte le lotte avranno fine,
ogni amore, ogni fortuna, ogni rinascita
verrà dal dolore
e domani lasceremo cadere le nostre lacrime
e le vedremo evaporare
alla luce di un nuovo giorno.
»
Il canto di preghiera si levava limpido, la voce melodiosa e cristallina rendeva la ragazza ancora più splendida. Kougaiji pensò che quell’ultima visione non era affatto male per lasciare questo mondo. Lentamente vennero avvolti da tiepide lingue di fuoco azzurrine e quando il bagliore aumentò, chiuse le palpebre. Aveva come la sensazione di essere attraversato da un fiume, freddo e caldo contemporaneamente. “Una vita che va e una che viene…” comprese, provando un grande senso di pace.
Proveniente da un punto della sala alle spalle di Haydè, qualcosa richiamò d'improvviso la sua attenzione. Un'altra voce, un altro canto; terrificante certezza, spalancò gli occhi e trasalì. “No!” avrebbe voluto urlare. “No, maledetto, fermati! Non sai quello che stai facendo! Moriremo tutti!”
Poco distante da Sanzo, vide il sostegno chiesto agli amici andato in fumo: Yaone e Dokugakuji lo fissavano con aria preoccupata e colpevole. Tuttavia ciò che più lo sconvolse fu la presenza di Ni Jianyi all’ombra di una colonna, un sorriso meschino e vittorioso stampato in faccia. Il pensiero che si fossero rivolti a quel rifiuto umano gli strinse il petto, togliendogli il respiro.
Spinse con più risolutezza le mani contro quelle della donna, ignara di quanto stava accadendo perché completamente assorbita dal controllo dei flussi energetici.
Mentre la potenza dell’ashura era quasi giunta al culmine vide il sutra del suo nemico aleggiare nell’aria, percependone l’effetto coercitivo. Seguirono un lampo, un boato assordante e una violentissima onda d’urto.
In seguito avrebbe ricordato solo frammenti di ciò che accadde poco dopo; l'impatto contro la fredda pietra, gli fece perdere i sensi.

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Capitolo 12
*** Connessione ***


CAPITOLO 12
Connessione


Lo spostamento d’aria aveva ribaltato tutti i candelabri, estinguendo ogni fiamma. Eppure la sala era ancora illuminata. 
Ancorati a terra, attorno alla ragazza, quattro piccoli marchingegni simili a faretti, servivano a proiettare una specie di campo di forza. Probabilmente erano stati nascosti in precedenza sotto le assi di quercia del pavimento poiché nessuno li aveva notati prima. Haydè levitava a mezz’aria all’interno di una ruggente bolla di fuoco bluastro. Aveva gli occhi aperti ma lo sguardo completamente assente.
Yaone e Dokugakuji si erano precipitati in soccorso di Kougaiji, inerme sotto le macerie dello schianto contro la parete. Sopra di loro, imprigionata nella colonna granitica a un’altezza di circa sei metri, la donna che doveva essere la madre del principe, pareva intatta. In realtà, a meglio guardare, un piccolo frammento di pietra si era distaccato dal volto, scoprendo un lembo di pelle candida.
Intorno a sé vedeva ancora fluttuare il sutra. Tentò di muoversi ma la fitta bruciante alla nuca era l’unica cosa che riusciva a percepire del suo corpo, il resto gli sembrava freddo e distante.
«Ma guardati, tutto vincolato come una marionetta ai fili del burattinaio. Uno splendido bambolotto, senza dubbio.» il dottor Ni gli si parò davanti con aria fin troppo soddisfatta.
In fin dei conti Sanzo non fu poi così sorpreso. Solamente più disgustato, se possibile. «Immaginavo che al castello di Houtou chi dirigeva veramente l’orchestra non fosse quella vecchia mitomane di Gyokumen Koushu. Comunque questa veste da scienziato pazzo ti si addice, Ukoku. Certamente è più appropriata di quella di monaco Sanzo, che hai rubato.»
«Sempre il solito presuntuoso. Invece di porre domande utili, sprechi tempo ad insultarmi.»
«È la risposta ad essere utile, mai la domanda.»
«Mmmh… parole da vero saggio!» si prendeva gioco di lui. «Bene, se è una risposta che vuoi ti accontento subito… hai il corpo collegato a un dispositivo che si innesta direttamente nella tua corteccia cerebrale, creando una connessione perpetua con il sutra del cielo demoniaco. In sostanza sei la pila che alimenta la bolla di contenimento per l'energia di quel rettile. Devo solo mettere a punto il sistema per sfruttarla in tutta sicurezza, e potrò usare i suoi poteri a mio piacimento.»
I prpositi di quel maniaco fecero inorridire Sanzo. «E dove starebbe l’utilità di questa risposta? Se mi avessi rivelato come liberarmi, forse... ma il tuo non è altro che autocompiacimento. Stai pur certo che qualcuno…»
«…qualcuno, cosa? Mi fermerà? Si opporrà? Chi oserebbe? Il nobile principino e la sua cricca?» puntò il pollice alle sue spalle, dove Kougaiji era ancora riverso a terra. «O, chissà, i tuoi amichetti?»
«Dimentichi che Goku ha la stessa forza di Haydè.»
«Suvvia non sopravvalutare il fratellino.» lo contraddisse mellifluo. «Non è neanche lontanamente all’altezza di sua sorella.»
Sanzo sapeva che Ukoku diceva la verità, ma non poteva accettare il trionfo di un essere tanto bieco.
«Mettiti pure comodo, starai qui un bel po’.»
Con gli occhi seguì impotente il ghigno di Ukoku abbandonare la grande sala, lasciando un retaggio di vuoto e frustrazione. Guardò la donna-drago. “Goku aveva ragione. Non sono loro i mostri” pensò, sentendo scemare poco a poco la speranza.
Yaone e Dokugakuji stavano portando via di peso Kougaiji. Sulla soglia il guerriero si voltò; era troppo lontano per udirlo ma Sanzo lesse sulle sue labbra le parole mi dispiace.
Rimase solo con la sua rabbia disperata. E con Haydè, guscio vuoto avviluppato nella sfera di fuoco. Pensò che con quel pareo rosso svolazzante sembrava grottescamente simile a un pesce morto che galleggiava in un'assurda boccia gigante. Scoppiò in una risata isterica.
«E pensare che volevamo farci fuori a vicenda.» disse a voce alta, proprio come con Goku incosciente, e col gatto sotto il mandorlo. Gli sembrava di non fare altro: parlare a muti interlocutori. Quei momenti, ora, gli parvero infinitamente lontani.
«Invece siamo stati disfatta l’uno per l’altra.» continuò. «Proprio una bella coppia di ingenui.» Non potendo fare altro, osservò la ragazza con più attenzione. Era effettivamente di una bellezza straordinaria; non che lui fosse sensibile a certe cose. Tuttavia si sorprese ad arrossire, le guance che avvampavano. 
«Per favore!» Se avesse potuto avrebbe scosso il capo, beffandosi di sé stesso. «Mai nella vita… e proprio adesso, proprio con quell’improponibile serpe, devo fare certi pensieri. Il dispositivo di Ukoku deve avermi scombinato il cervello.»
«Non posso parlare ma riesco a sentirti benissimo, improponibile imbecille
Era la voce di Haydè a risuonargli nella testa.

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Capitolo 13
*** Colpa e sodalizio ***


CAPITOLO 13
Colpa e sodalizio

Accanto al letto Yaone preparava pozioni e misture curative per il suo principe. Dokugakuji sorvegliava la porta.
Stremato sul materasso di piume, Kougaiji aveva a malapena la forza di parlare.
«Perché proprio lui?» sussurrò con un filo di voce.
I due amici incrociarono gli sguardi, mortificati. Doku tornò a fare la guardia senza aprir bocca. La ragazza raccolse un po’ di coraggio e rispose a quella spinosa domanda.
«Non ci avete lasciato scelta.» lo disse con tono più duro di quello che avrebbe voluto. Sospirò, quindi continuò con maggiore dolcezza. «Il vostro era certamente un nobile gesto, e forse avrebbe potuto davvero mettere fine a questa lotta ma… non saremmo rimasti a guardarvi sacrificare la vita in cambio di un risultato incerto. Ni Jianyi… è venuto lui da noi; conosceva le vostre intenzioni e ci ha proposto un accordo.»
«Perciò avete accettato senza battere ciglio?» il rammarico del principe era palese.
«Quel verme mi fa venire il voltastomaco solo a sentirne il nome, e scenderci a patti è stata la cosa più aberrante che abbia fatto in vita mia.» Dokugakuji era esploso. «Cazzo Ko, cosa pretendevi che facessimo? Hai sentito Yaone, non ci hai lasciato scelta.»
In quel momento i battenti venivano spalancati da un calcione furioso. Lirin irrompeva nella stanza come un toro alla carica. «Tu!» puntò il dito verso il giovane convalescente. «Sei il peggior fratello… il p-peggior… f-fratello…» si lasciò andare a un pianto dirotto, buttandosi tra le braccia di Kougaiji. Questi, nonostante la debolezza, la strinse a sé carezzandole teneramente la testolina pel di carota.
«Si può sapere cosa cavolo ti è preso?» tra un singhiozzo e l’altro, la ragazzina continuava a rimproverarlo. «Dovevi dirmelo. Avremmo potuto trovare un’altra soluzione, insieme.»
«Hai ragione tigrotta… la prossima volta verrò subito da te.» non se la sentì di perorare le proprie motivazioni, preferendo consolare la sorella.
«Ma che prossima volta! Se ti verrà in mente un'altra scemenza simile ti picchierò talmente forte da ridurti io in questo stato!» frenò le lacrime con una lunga tirata di naso.
L’abbraccio con Lirin alleggerì la tensione, e riflettendo sul comportamento degli amici Kougaiji capì che avevano agito spinti dal profondo affetto nei suoi confronti. “Amore e disperazione sono un miscuglio che porta a compiere pazzie, a volte” concluse, pensando soprattutto al proprie azioni.
«Come siete riusciti a convincere Sanzo?»
«In effetti è bastato chiedergli aiuto…» la giovane alchimista cercò conferma in Dokugakuji.
«Già. All’inizio non ne voleva sapere, poi improvvisamente ha cambiato idea.» realizzava solo in quell’istante che l’impresa apparentemente più ardua alla fine si era rivelata sin troppo semplice. «Vai a sapere cosa passa per la testa di quel bonzo.»
«Volete dire che il pelatone si trova qui a Houtou? Dov’è adesso?» chiese Lirin, stropicciandosi gli occhi ancora un po’ umidi.
Yaone annuì, l'espressione afflitta. «È… prigioniero, insieme ad Haydè.»
«Ni.» intervenne Doku. Spiegò come meglio poteva il piano dello scienziato per imbrigliare il potere dell’ashura.
La confusione e lo stupore di Kougaiji crescevano ad ogni parola pronunciata. «Ovviamente avete dimenticato di menzionare qualche dettaglio quando vi siete rivolti a Sanzo.» concluse con amarezza. Era suo nemico è vero, ma non per questo indegno di un certo rispetto. In ogni caso nessuno, amico o nemico, meritava di finire tra le grinfie del dottore. «Che fine faranno?»
«Finché gli saranno utili li terrà in quello stato, ma non so per quanto potrà reggere il venerabile Sanzo. Quello spregevole di Ni Jianyi sta perfezionando un apparecchio per sfruttare l’energia di Haydè. Nella migliore delle ipotesi la userà per risvegliare Gyumao, altrimenti… che il cielo ci aiuti.» Yaone provava disonore per aver ingannato il monaco, ma l’avrebbe fatto mille volte ancora se serviva a salvare il suo amato.
«Non possiamo permetterlo.» sentenziò Ko.
«Che speranze abbiamo?» Dokugakuji era la voce della ragione. «Se anche impedissimo a Ni di finire quell’affare, scollegare il bonzo dalla sfera contenitiva significherebbe polverizzare ogni cosa nel raggio di chilometri.»
Il principe si accigliò. «Goku, è la nostra unica possibilità.» decise infine.
 
***
 
«Che significa sparito?» la voce del piccolo arrivava fino in cucina. Tilara, rimestando compulsivamente la minestra nel calderone cercava, senza successo, di non ascoltare, angustiandosi per l’apprensione di Goku.
«Deve avere lasciato un messaggio, un biglietto, qualsiasi cosa!» cercò di alzarsi dal letto, ma Gojyo ce lo inchiodò a forza.
«Se ti muovi le ferite si riapriranno, stupida scimmia. In questo stato non saresti di alcun aiuto a Sanzo… ammesso che abbia bisogno di aiuto!»
«Sì che ha bisogno di aiuto, lo sento! È in grave pericolo.» Goku tornò a divincolarsi sfuggendo alla presa del kappa.
Fu Hakkay, con mano più ferma e amorevole, che lo trattenne a riposo. «Non è da lui sparire così, senza dire una parola. Può darsi che abbia solo bisogno di stare un po’ per i fatti suoi.» l’occhiata eloquente che gli lanciò fece vergognare il ragazzo.
«È di nuovo colpa mia.» si avvilì. «Non faccio altro che causare problemi.»
«Vedrai che domattina sarà di nuovo qui, col solito broncio» provò a tranquillizzarlo. «Ora cerca di riposare.»
Lo lasciarono al lume di candela e tornarono a sedersi davanti al focolare.
Hakkay incrociò le braccia al petto, pensoso. Aveva rassicurato Goku con una bugia: non era affatto convinto che Sanzo stesse facendo una passeggiata consolatoria, tanto meno ridotto in quello stato e zoppicante. Le eventuali alternative apparivano una peggiore dell’altra e prima di esternarle voleva essere certo di aver vagliato ogni opzione possibile.
Gojyo lo scrutava attentamente. «Tira aria di guai.» disse, intuendo le elucubrazioni dell’occhialuto. «Mi sa che la scimmia ha ragione, il bonzo è nei guai.»
«Lo penso anch’io» ammise. «La Shourejyu è rimasta qui, perciò se è stato attaccato da qualche demone l’unica arma a sua disposizione per difendersi era il potere del sutra. Inoltre con la gamba fratturata non poteva andare troppo lontano e in quel caso avremmo sentito i rumori della lotta.»
«Forse è stato preso alle spalle e tramortito.» suggerì il rosso. «E poi lo hanno portato via svenuto.»
Hakkay era perplesso. «Può darsi, ma non è facile cogliere Sanzo di sorpresa. Sente l’aura ostile di un nemico a miglia di distanza.»
«Beh, magari non erano ostili.»
«Che vuoi dire?»
Gojyo ipotizzò che Sanzo fosse andato via di propria volontà, acconsentendo a una richiesta di aiuto da parte di qualche abitante del villaggio.
Folgorato da quella teoria, Hakkay schizzò dalla sedia fiondandosi in giardino, l’amico che lo tallonava confuso.
«Ma certo, come ho fatto a non badare a una cosa tanto evidente!»
«Che ti prende? A quale cosa ti riferisci?»
Arrestarono la corsa in una piccola radura a un paio di centinaia di metri dalla casa. Hakkay, ansante, indicò un cumulo di foglie sparse sul tappeto erboso.
Il kappa sembrava interdetto. «Foglie…» aveva il fiato corto e il braccio dolente. «e allora?» Non capiva dove volesse andare a parare il compagno.
«Foglie, esatto! Siamo a luglio, non dovrebbero esserci a terra tutte quelle foglie verdi… a meno che qualcosa, decollando, le abbia strappate dai rami.» diede l’imbeccata sperando che l’altro capisse.
«…»
«I draghi volanti con cui si spostano il principe Kougaiji e i suoi!» enunciò esasperato.
L’espressione di Gojyo variò di mille sfumature fino alla comprensione inebetita. «Che ci è andato a fare quel bonzo corrotto con Kougaiji? Ha deciso di passare al nemico per un bisticcio col fratellino?»
«Non ne ho idea.» rispose Hakkay. «Comunque sia non possiamo starcene con le mani in mano, dobbiamo fare qualcosa.»
«Come facciamo con Goku?»
«Per ora è meglio non dirgli niente.»
«Invece è proprio il caso di dirglielo!» la voce tonante di Dokugakuji scendeva dal cielo a cavallo di un maestoso drago ambrato. «Ed è anche il caso che si riprenda in fretta. Ci attende un’ardua impresa.»

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Capitolo 14
*** Finalmente al comando ***


CAPITOLO 14
Finalmente al comando

La confusione era tale da fargli dolere la testa. La storia raccontata da Dokugakuji sembrava il resoconto di un brutto sogno.
Goku non sapeva se Sanzo avesse deciso di andare in aiuto di Kougaiji per via della loro discussione, in ogni caso si sentiva responsabile per quanto accaduto.
«Piangersi addosso non servirà a nessuno. Cerca di tirare fuori un po’ di grinta.» incalzò Doku. «Possibilmente, anche il Seiten Taisei non sarebbe male. Anzi a dirla tutta sono venuto per lui, non per un ragazzino lagnoso.»
La sferzante schiettezza del guerriero non faceva altro che aumentare il senso di inutilità che provava. «Te l’ho già detto, non sono in grado di controllare i miei poteri senza la presenza di Haydè. Inoltre, mi ha già sconfitto una volta!»
«Tutte scuse! Lei sarà lì e comunque il nemico da fronteggiare è quello schifoso del dottor Ni Jianyi.»
«Non sono scuse!» mentre lo diceva gli sembrò di essere un bimbo capriccioso, provando un’infinita vergogna. «Haydè è incosciente e questo Ni Jianyi userà la sua energia… mi dici dove sta la differenza? Lei almeno è mia sorella e non vuole farmi del male.»
Dokugakuji lo squadrò dalla testa ai piedi. «Vedendo come ti ha ridotto non si direbbe.»
“In effetti…” ammise tra sé Goku. «È… complicato.» sussurrò.
La mano di Hakkay si posò affettuosa sulla sua spalla.
«So che è difficile, che ti senti in colpa e nonostante tutto sei ancora un po’ arrabbiato con Sanzo.» le parole e il tono gentile dell’amico lo rincuorarono. «Ma devi provarci lo stesso o il rimorso ti tormenterà per il resto della vita.»
Non era Goku ad essere in collera; ripensando a come aveva trattato il monaco probabilmente era proprio il contrario,  anche se il carattere orgoglioso di Sanzo non gli avrebbe mai fatto ammettere quanto le accuse ricevute erano suonate amare.
Si scrollò di dosso quell'autocompatimento; Hakkay diceva il vero: doveva impegnarsi con tutto sé stesso per salvare suo fratello e sua sorella, così da meritare il perdono del bonzo e forse, dopo, provare ad essere tutti e tre come una vera, strana, famiglia.
«Tranquilla scimmia!» Gojyo interruppe i suoi pensieri. «Ci penserò io a ricacciati la tiara su quella testa di banane, in caso andasse storto qualcosa.»
«Ok, farò del mio meglio e anche di più! Ma non qui. Non voglio che qualcun altro paghi le conseguenze se dovessi perdere il controllo.»
«Ho in mente il posto adatto!» affermò Hakkay con un sorrisetto enigmatico.

***
 
Del rigoglioso atollo, una volta chiamato Latte di Luna, non rimaneva altro che una desolata distesa di terra carbonizzata. Il calore era stato così intenso che alcune rocce si erano cristallizzate in cupi frammenti vetrosi.
Adesso gli avevano dato il nome di Bruma della Notte, poiché quando sferzava il vento del sud la polvere si levava dall’isola come una nebbia nera, oscurando l’orizzonte.
Lì Goku era sicuro di non nuocere ad anima viva. A parte i suoi amici e Dokugakuji, certo… ma quei tre erano in grado di cavarsela.
Si tolse la tiara con cautela; l’energia del Seiten Taisei lo pervase come una marea irrefrenabile, sanando all’istante le sue ferite. Sentiva di stare scivolando lentamente nell’oblio; lottò con tutte le sue forze per rimanere cosciente ma dopo solo pochi istanti fu il buio.
Gojyo e Doku erano già in posizione di combattimento pronti al contrattacco; Hakkay nel frattempo recuperava il dispositivo di controllo.
«Goku… riesci a sentirmi? Ti prego, devi restare presente. Goku…»
Il Seiten Taisei era confuso e disorientato. Cercando di capire che ci faceva con le ginocchia nella cenere, si guardò intorno. Quegli sconosciuti ostili lo allarmarono. L’istinto gli diceva di mettersi sulla difensiva, e la miglior difesa era sempre l’attacco. Si lanciò verso quello che in base a potenza doveva essere il più pericoloso, anche se era come frenata. Il tizio occhialuto scansò il colpo per un soffio, e quando si liberò dei dispositivi di controllo rivelò la sua vera forza. Il Seiten Taisei aveva intuito giusto.
Parò l’offensiva, ma nello stesso istante venne aggredito dagli altri due. Per lui fu abbastanza semplice atterrarli, ai suoi occhi si muovevano con incredibile lentezza e prevedibilità. Ciò nonostante continuava a non capire perché lo stessero attaccando. Voleva solo essere lasciato in pace e andarsene da quello squallore polveroso.
Pochi altri fendenti ben assestati e avrebbe messo fine allo scontro, quando un duetto di voci, un uomo e una donna, gli risuonò in testa. Pronunciavano all’unisono un nome che in qualche modo gli risultò familiare.
“Goku”, ripetevano. “Goku, puoi fare più di così, riprendi il controllo!”
A queste si aggiunse una terza voce, più vicina e intensa, come se provenisse dal suo profondo.
“Perdonatemi” diceva. “Non sono abbastanza forte… non faccio altro che deludervi.”
Il Seiten Taisei si portò le mani alle orecchie sperando che le voci cessassero, ma fu inutile.
“Ascoltami stupida scimmia!” era l'uomo che stava parlando. “Sei tu che devi perdonarmi" continuò con tono più affabile. "Mi sono comportato come un improponibile imbecille, direbbe qualcuno.”
“Sanzo…” la voce dentro di lui sembrava affranta.
“Lasciami finire, per favore…” riprese questo Sanzo. “Potrebbe essere l’ultima occasione che ho di esprimere… sì insomma, quello che provo. Hai ragione, sono incapace di dimostrare i miei sentimenti in maniera normale, però non significa che io… che non… oh accidenti perché deve essere così difficile dirti che ti voglio bene! Stupida scimmietta…”
“…”
Mi si spezza il cuore!” si intromise la voce melliflua della donna. “Se non vi dispiace, io starei facendo da antenna radio, per cui… vorreste darvi una mossa con sta roba mielosa e venire al dunque?” aggiunse in tono sferzante.
“Questa vipera ha ragione… il punto è: muovi il culo e vieni a tirarci fuori da questo casino.”
“Hai sentito Seiten?” la voce vicina si rivolgeva direttamente a lui, ora. “Devo andare a salvare la mia famiglia, perciò da adesso sarò io al timone!”
Ciò che avvenne nella sua mente fu una specie di fusione di coscienze: sapeva di essere il Seiten Taisei e sapeva di essere anche il ragazzo di nome Goku; una sensazione già provata qualche tempo prima, quando aveva affrontato sua sorella per impedirle di uccidere Sanzo. Ma questa volta un senso di unità lo pervase, come se avesse riappacificato ogni parte di sé.
«Scusate se ci ho messo un po’.» disse ai ragazzi presenti, che nel frattempo si stavano riorganizzando cercando di capire come il mai il Seiten Taisei si fosse bloccato. «Sono pronto. Quella non è più necessaria Hakkay.» indicò la tiara ai piedi del giovane.
Fece scrocchiare il collo. «Andiamo a spaccare un po’ di ossa.»

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Capitolo 15
*** Yin e Yang ***


CAPITOLO 15
Yin e Yang

“Non ti facevo così sdolcinato” il timbro suadente di Haydè gli risuonò nelle orecchie.
Tutto sommato a Sanzo faceva piacere non trovarsi solo in una situazione tanto spinosa, pur trattandosi della compagnia dell'ashura. Ma, anche se non c’era alternativa, avrebbe preferito che non gli parlasse direttamente nel cervello. Provava una sensazione sgradevole, come di intimità violata.
«Gelosa?»
“Puah! Se non fossi ridotta come un'ameba, adesso mi vedresti vomitare.”
Il bonzo sospirò. «Senti non ricominciamo a litigare. In questo momento non serve che ci scanniamo tra noi, anche solo a parole.»
“Non sto litigando, la mia era una considerazione.”
«In caso non l’avessi  capito, Goku sta venendo per entrambi. Ti vuole bene. Quella stupida scimmia ha il cuore tenero ed è certamente una persona migliore di come siamo, se riesce ad amare due come noi…»
“…”
Sanzo aspettò paziente che quel pensiero facesse breccia nell’animo di Haydè.
“Sono stata sola per tutta la vita…” la voce aveva preso una nota malinconica. “Io… volevo sapere cosa si prova ad avere qualcuno a cui importa di te. Non sopportavo che la mia unica speranza fosse legata a una persona tanto vicina alle stesse crudeli divinità che ci hanno riservato un’eternità di reclusione.” Il monaco ascoltava in silenzio. “È per questo che ho deciso di aiutare il principe Kougaiji: un’altra vittima privata dei suoi affetti.” fece una pausa. “E mi chiamano mostro…” concluse con amarezza.
«Così mi fai piangere. E poi chi sarebbe lo sdolcinato?»
“Già, scusa…” rise.
Sanzo sentì una specie di calore al centro del petto; una cosa inspiegabile, dato che non riusciva a percepire nemmeno il suo stesso respiro.
In quel momento irruppe nella sala la giovane principessa Lirin. Si avvicinò alla sfera di fuoco, sfiorando la superficie tiepida con le dita.
«Tranquillo abbiamo un piano.» saltellò verso il biondo che lei chiamava pelatone, in scherno al fatto che non portasse la testa rasata come imponeva il suo ordine. «Doku è andato a prendere Goku e gli altri due, e quando arriveranno faremo il culo a strisce a quello scienziato sociopatico.» posò una mano nell’incavo del braccio, nell’inequivocabile gesto dell’ombrello.
«Lo sappiamo.» confermò piatto il bonzo, spegnendo l’entusiasmo della piccola rossa.
Provò a spiegarle come la sua mente e quella di Haydè fossero in contatto, e come insieme erano riusciti a comunicare con il Seiten Taisei.
La ragazzina lo guardava a bocca aperta, con espressione da triglia.
«Che ci fai qui?» le chiese. «Non dovresti essere con tuo fratello? Mi sembrava conciato piuttosto male…»
Lirin si riscosse. «Ah già! Yaone mi ha mandato a portarti questo…» dalla tasca estrasse una piccola fiala. «È un tonico, ti ridarà un po’ di forze.» Senza indugio stappò la boccetta e cacciò il contenuto in gola a Sanzo. Lesta com’era arrivata, se ne andò zompettando.
Al monaco rimase in bocca un cattivo sapore, mentre si chiedeva che differenza potesse mai fare quell’intruglio visto che non sentiva una sola fibra del suo corpo.
“Ti servirà, quando verrai scollegato dalla macchina” gli chiarì Haydè.
«Potresti evitare di leggermi il pensiero?» la pregò, colto alla sprovvista come fosse stato nudo. «E poi non hai detto che se perdessimo il contatto la tua energia esploderebbe senza controllo?»
“Sì, l’ho detto. Ma forse... c’è un’altra possibilità.”
«Ti ascolto.»
“Se riuscissi arrivare fino a me, grazie al contatto fisico, potremmo gestirla insieme.”
«Mmmh, piano geniale non c’è che dire… aspetta, mi stacco un momento da quest’affare e sono subito da te…» rimbeccò beffardo.
“Fammi finire, imbecille. La tua mente è collegata al dispositivo, la mia è senza vincoli. Dovresti fare un attimo di vuoto, consentendomi di usarti come guscio per trascinare qui la tua carcassa.”
Sanzo alzò un sopracciglio sbigottito. «Prego
Vennero nuovamente interrotti, ma questa volta dalla grande porta borchiata in ferro avanzava la sgradevole presenza di Ni Jianyi, alias Ukoku.
«Parli da solo? Non pensavo che avresti perso la brocca tanto in fretta.»
«Che vuoi farci… devo pur passare il tempo, in qualche modo.»
«Ta-daaaan!» Il dottore alzò la mano destra mostrando orgoglioso il guanto di acciaio nero, appartenente ad Haydè. Aveva apportato delle modifiche e ora la corazza saliva lungo tutto l’avambraccio, un intreccio di microchip e cavi che si innestavano direttamente nel muscolo bicipite. «La cara signorina, qui, ci ha tenuto nascosto che questo» agitò le dita «è in realtà un dispositivo di controllo: vedi, quella del serpentone viscido non è nemmeno la sua forma originale!» sghignazzò, fino a scivolare in una perfida risata. «Chissà che razza di mostro tiene a bada. Comunque sia non ha più importanza. Adesso, grazie al mio nuovo gingillo, sarò io a giocare in prima base.»
Sanzo comprese con orrore che Ukoku, tramite il guanto, era in grado di canalizzare tutta l’energia che voleva.
Suo malgrado, finché connesso al marchingegno che gli bruciava sulla nuca, avrebbe contribuito a quella follia. “Ti prego Haydè, dimmi che non è vero…”
“…”
Il costernato silenzio della ragazza lo precipitò nell'angoscia più profonda.
Guardò impotente lo scienziato immergere la mano nelle fiamme azzurognole, pronunciando l'ineluttabile verdetto: «adesso è attivo e funzionante!». Altrettanto impotente lo osservò allontanarsi nell’oscurità oltre la soglia.
Il suo grido di frustrazione raggiunse ogni anfratto della sala, disperdendosi in mille echi.
Visto che la ragazza continuava a rimanere zitta, la interpellò spazientito. «Ma si può sapere tu chi sei veramente?»
“La mia forma primordiale è…” si interruppe. “Diciamo solo che non ti piacerebbe averci a che fare. Non piace neanche a me in verità, faccio davvero fatica a dominarne gli istinti ferali.”
«Istinti ferali?» ripeté a pappagallo. «Cosa saresti? Una specie di bestia mostruosa, peggiore di quella strisciante che sei già?» la rabbia lo fece diventare ingiurioso. 
“Mi dispiace. Non credevo che riuscisse a capire la funzione del guanto, né come sfruttarlo… non così in fretta, almeno.”
«N-non… non credevi? Possibile che sei veramente così ingenua?» le sbraitò addosso. «Nemmeno Goku potrebbe avere una speranza adesso! Rischierà la vita inutilmente! Moriremo tutti per colpa della tua inettitudine!»
“Ehi, io me ne stavo tranquilla sotto un lastrone ghiacciato! La responsabilità è anche tua: se fossi rimasto dov’eri a leccarti le ferite, ora non ci troveremmo in questo macello!” dopo lo sfogo riacquistò un po’ di lucidità e proseguì. “Non serve darci addosso l’un l’altra. Ti prego, Sanzo. Dammi una possibilità” implorò. “Dobbiamo provare a fare come ti ho detto. Forse è l’unica soluzione che ci rimane.”
Il monaco fece una serie di profondi respiri per calmarsi. «Ultimamente non faccio altro che prendere decisioni di cui poi mi pento, ma ormai visto l’andazzo… Se è campo libero che vuoi, cercherò di farti spazio. Ma sappi che non ho intenzione di schiodarmi dal mio corpo.»
“Grazie”
Haydè scivolò nella mente al posto di Sanzo, le membra docilmente responsive. Zoppicando a causa della gamba rotta, un passo alla volta diresse il monaco verso sé stessa, all’interno della bolla. Attorno a loro la morbida striscia di seta del sutra volteggiava nell’aria. Un volta penetrate le fiamme, il corpo del bonzo cominciò a levitare e quando strinse le braccia alla vita sottile di lei, ognuno riprese la propria coscienza.
Haydè ancora inerme, costretta dal potere del Seiten Kyomon, che nel frattempo si era chiuso a bozzolo intorno alla sfera infuocata.
Sanzo di nuovo immobilizzato, con gli aghi del dispositivo piantati nel midollo.
«Bene» disse. «Fin qui ci siamo arrivati. E adesso?»
“Adesso dobbiamo sincronizzarci, e agire come fossimo un solo individuo.”

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Capitolo 16
*** Interferenze ***


CAPITOLO 16
Interferenze 

Kougaiji e le due ragazze si stavano preparando per la battaglia.
Il principe era ancora debole ma il suo animo determinato ardeva di spirito combattivo. Non sarebbe rimasto in disparte, guardando gli altri rischiare al vita per porre rimedio all’infausta situazione che aveva contribuito a mettere in atto.
Provò un affondo di spada; non era ancora in grado di evocare il demone del fuoco, ciò nonostante il corpo rispondeva bene allo sforzo e tanto bastava, per ora.
Era in pensiero per la sua sorellina e avrebbe preferito tenerla al sicuro, tuttavia sapeva quanto fosse forte e quanto il suo contributo poteva influire sull’esito dello scontro. In quel frangente avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Notò lo sguardo preoccupato di Yaone. «Non essere in ansia.» le disse gentilmente. «Grazie alle tue cure e alle tue pozioni miracolose mi sento in perfetta forma.» mentì.
«Mio principe, siete molte cose ma non un bugiardo credibile…» lo aveva smascherato con estrema facilità. «Non posso impedirvi di prendere parte alla lotta; ritengo di aver già creato abbastanza problemi andando contro le vostre disposizioni…» aggiunse con umile pentimento. «Permettetemi comunque di combattere al vostro fianco e guardarvi le spalle.»
Kougaiji rimase in silenzio per un attimo. Rispose alla devota richiesta della giovane donna sfiorandole le labbra con un delicato bacio.
«Era ora!» commentò Lirin, facendo arrossire Yaone come una fragola matura.
A sanare quell’imbarazzante situazione, giunsero in volo Dokugakuji e il resto del gruppo di Sanzo.
Smontando dall’alata cavalcatura, il guerriero atterò stabilmente sui piedi sollevando una nuvola di polvere. «Eccoli qua.»
«Il nemico del mio nemico è mio amico.» dichiarò Gojyo guardandosi attorno.
«Viceversa.» aggiunse la principessa.
Rimase piacevolmente sorpresa nel vedere Goku nella forma del Seiten Taisei mantenere il pieno controllo. «Così sei molto più affascinante, scimmietta!» appoggiava languida la testa sulla spalla del demone.
«Non provocarmi!» con una scrollata lui la cacciò via, nascondendo un certo apprezzamento per il complimento della ragazza.
Hakkay, pragmatico, richiamò l’attenzione di tutti per concertare un piano d’attacco.
Vennero a conoscenza del fatto che il dottor Ni aveva ultimato il dispositivo per canalizzare l’energia di Haydè, e che in quel preciso momento la stava usando per risvegliare Gyumao. Questo lo avrebbe impegnato per un bel po’ dando loro il tempo di sferrare l’offensiva, nel tentativo di disarmarlo.
Kougaiji aveva fatto evacuare il castello per evitare perdite di vite innocenti.
«Beh, almeno non è in giro a sparare il raggio cosmico dove capita, distruggendo tutto quello che gli si para davanti con risata da scienziato pazzo!» Gojyo cercava di sdrammatizzare.
«Non sei divertente kappa!» lo redarguì Doku; anche se di madre diversa e per quanto avessero intrapreso vite completamente differenti, si comportava ancora come il fratello maggiore che era.
Yaone andò in appoggio del rosso. «Non rimproverarlo, in fondo ha ragione. Finché Ni Jianyi è concentrato su Gyumao noi abbiamo una possibilità.»
«Come facciamo con Sanzo e Haydè?» Goku si preoccupava per la sua famiglia.
Kougaiji fu perentorio. «Penseremo a un modo per liberarli dopo che avremo annientato il dottore.» In realtà, nella probabile eventualità che non riuscissero a separare Sanzo dal congegno in piena sicurezza, il principe non vedeva altra via d’uscita che scappare il più lontano possibile sacrificando i due al loro destino. Ma questo evitò di dirlo ad alta voce.
 
***

Ukoku, braccio teso puntato verso l’immensa statua, riversava un fiume di liquide fiamme violette sul petto granitico di Gyumao.
Gyokumen Koushu, alle spalle dello scienziato, gongolava di giubilo. «Finalmente grazie al mio cane fidato, il devoto Ni Jianyi, ti ridesterai dal tuo sonno e insieme governeremo il mondo, mio amato.» parlava rivolgendosi direttamente al demone imprigionato nella pietra.
Se solo avesse visto l’espressione di Ni grondare disprezzo... “Tra poco smetterai per sempre di starnazzare, vecchia gallina che non sei altro.”
Il risveglio di Gyumao era il test finale: se dopo questo fosse riuscito ad eliminarlo, niente al mondo si sarebbe più frapposto tra lui e il potere assoluto. Quando, senza neppure voltarsi, udì la reggente gracchiare un acuto “Come osate!” mentre se la filava da un uscita secondaria, rimase sorpreso solo del poco tempo impiegato da quei patetici oppositori ad organizzare l’inutile sortita.

Partirono all’assalto tutti e sette contemporaneamente, lo scienziato unico obiettivo, Goku leggermente in retroguardia.
Lo scopo era quello di fare da bersagli mobili, distraendo l’avversario il tempo necessario perché il Seiten Taisei sferrasse a sorpresa il colpo che avrebbe dovuto troncare il braccio del nemico, separandolo così dal mortale congegno.
Yaone, sempre a un palmo dal principe, lanciò una miriade di fiale esplosive per creare una cortina fumogena. Dalla foschia, Kougaiji, Lirin, Gojyo e Dokugakuji piombarono a cerchio sul nemico, armi in pugno. Hakkay poco distante era pronto ad intervenire, schermando con il suo Chi i compagni soggetti ad attacco da parte di Ni.

Questi non si era mosso di un millimetro. Sembrava attendere divertito la carica di quei poveri stolti.
Lame affilate stavano quasi per farlo a pezzi ma riuscirono ad affettare solo aria, andando poi a schiantarsi al suolo in un nugolo di scintille, scaturite dall'impatto tra pietra e acciaio.
Usando il potere del suo sutra, il Muten Kyomon, Ukoku era scampato ai colpi smaterializzandosi
Il contrattacco fu fulmineo e brutale. Bombe energetiche spazzarono il piccolo drappello in ogni angolo della sala, il ghigno di onnipotenza echeggiava sopra frastuono delle deflagrazioni.

Goku e Hakkay furono gli unici a non soccombere alla pioggia di fuoco, protetti da uno scudo di energia. Approfittando della confusione creatasi, il Seiten Taisei scattò a velocità impercettibile riuscendo ad assestare un violento colpo nelle reni dell'avversario, facendolo stramazzare a terra spuntando sangue.
«Fatti sotto mostro! Siamo io e te adesso.» lo incalzò Goku.
Il dottore si stava rialzando, asciugando la bocca sanguinolenta con il dorso della mano. «Come vuoi, moccioso. Non credere di riuscire a battermi, il mio potere ti ha già sconfitto una volta!»
«Non è tuo; appartiene ad Haydè! E tu non sei mia sorella. Solo una pessima imitazione!»
Lo scontro fu un cruento balletto a suon di boati, generati dall’impatto delle rispettive potenze dei due ashura.
Hakkay intanto passava da un compagno all’altro cercando di restituire a ognuno un po’ di vigore, tenendo sempre gli occhi puntati sulla battaglia.

La delusione di Ukoku si tramutava in ferocia, vedendo che il Seiten Taisei riusciva a tenergli testa. Qualcosa non andava… o il ragazzo era diventato più forte in pochi giorni o lui non controllava appieno l’energia della vipera, come si era aspettato.
A meno che… no, impossibile. L’idea che quell’insulso monaco fosse in grado di frenare l’intensità del flusso era inaccettabile. Eppure… riusciva quasi immaginare il sorrisetto compiaciuto su quella faccia esageratamente fascinosa.
Si scagliò contro Goku in un impeto di furia, molto urtato dal fatto di essere ricorso al sutra per immobilizzare i suoi arti in una sorta di quattro piccoli buchi neri. Adesso che inibiva la capacità offensiva del Seiten Taisei, poteva sferrare il colpo letale.
Poi sarebbe andato a fare una visitina al biondo.

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Capitolo 17
*** Il duello ***


CAPITOLO 17
Il duello

Goku lottava con tutto sé stesso per sciogliersi dalla morsa inquietante di gelido vuoto, e malgrado gli sforzi non faceva altro che sprofondare sempre più nell’abisso.
Puntato minacciosamente verso di lui, il guanto d’acciaio modificato dal dottore raccoglieva potenza acquistando una luminescente sfumatura azzurrina.
Gli restava poco tempo e se voleva sopravvivere doveva agire tempestivamente; richiamando maggiore energia temeva di perdersi nuovamente ma decise comunque di correre il rischio.
In alto, oltre le svettanti torri del castello, nel cielo plumbeo venti burrascosi ammassavano nubi cariche di elettricità. Seguito da un boato assordante, un fascio di saette si concentrò nello stesso punto; scivolando lungo i tramezzi della facciata, squarciando tetti di ardesia e pavimenti di solida pietra, bruciando mobilio in legno e tendaggi di stoffa, penetrò le viscere del maniero fino a raggiungere Goku.

Da un lato Ukoku, dall’altro il Seiten Taisei finalmente libero: i due stavano per affrontarsi in uno scontro epico, le braccia tese pronte a fare fuoco come pistole cariche.
Dalle rispettive mani partirono fasci energetici che impattarono l’uno contro l’altro esattamente a metà strada tra i duellanti, liberando una pioggia di scintille. Nell’ambiente circostante venne proiettato un caleidoscopio di luci bluette e dorate, le mura cominciarono a tremare e il suolo si scosse. 
«Hakkay porta tutti fuori da qui.» urlò Goku all’amico sperando che la propria voce riuscisse a sovrastare il frastuono. «Falli uscire!» incalzò. «Subito!»
Il giovane radunò il gruppo più in fretta che poté e lo condusse verso il grande portale all’estremità del salone, lontano da ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Varcata la soglia fu Kougaiji a mettersi alla testa dei malconci fuggiaschi.
«Da questa parte, presto!» la sua preoccupazione era rivolta soprattutto verso Lirin. Doveva metterla in salvo ad ogni costo. «I sotterranei sono il luogo più sicuro…»
«No.» Yaone si piantò di traverso bloccando la strada. «In caso di crollo diventeranno la nostra tomba!»
«Ha ragione lei Ko.» confermò Dokugakuji.
«Può darsi, ma non abbiamo tempo di uscire dal castello, verremo travolti da qualsiasi cosa stia per scatenarsi là dentro.» obiettò il principe. «Non c’è alternativa, dobbiamo scendere giù.»
«Va bene qualsiasi posto ci dia un minimo di protezione.» intervenne Gojyo. «Purché decidiamo in fretta!»
Un rapido scambio di sguardi e si precipitarono come un sol uomo in direzione delle cripte.

Intanto i campi magnetici generati dalle due forze in collisione formavano crepe e fratture lungo le pareti della sala.
“Fratello…” la voce di Haydè gli parlava limpida sopra qualsiasi altro rumore. “preparati! Tra poco Sanzo allenterà la presa del sutra, facendo fluire attraverso il guanto maggiore potenza. So che sembra un controsenso ma se vuoi sconfiggere il  nemico devi fidarti di noi e fare come ti dico.”
“Sono pronto” ribatté prontamente Goku.
“Quando sarà il momento non opporti, lascia che Ukoku arrivi quasi a colpirti… penserà di stare vincendo e abbasserà la guardia. Solo allora, raccogli quanta più energia possibile e concentrala in uno scudo. Mi raccomando, non devi assolutamente spingere per attaccare.”
“Tranquilla sorellina...” chiamarla così gli fece sentire che tra loro c’era davvero un legame. “mi fido!”
La ragazza sorrise tra sé. Le braccia di Sanzo strette ai fianchi e Goku che le parlava in quel modo… forse aveva trovato la famiglia che non credeva di aver tanto desiderato. “Ora!” diede il via libera.

Lo scienziato sentì un formicolio percorrergli la spina dorsale e risalire lungo il braccio.
Finalmente il monaco aveva ceduto; finalmente avrebbe governato appieno l’immensa forza dell’ashura; finalmente stava per polverizzare quel moccioso; finalmente… Con un ghigno trionfante stampato in faccia, dovette fare molta resistenza per non subire il contraccolpo dell’improvviso aumento d'intensità del raggio. 

Di contro, il Seiten Taisei agì seguendo le indicazioni di Haydè.
Si parò dietro uno schermo compatto e impenetrabile, senza alcuna volontà offensiva. Ciò che accade lo stupì tanto quanto sconvolse l’avversario.
Per un istante fu come se le particelle di luce si fondessero le une alle altre tingendo ogni cosa di una sfumatura verde smeraldo. Un secondo dopo lo scudo respingeva l’attacco con un repentino effetto rimbalzo. 

Ukoku si ritrovò inchiodato alla la parete da un impeto travolgente, il fascio energetico che defluiva vorticosamente all’inverso. 
«Noooooooooooo….» ruggì un ultimo furibondo diniego, prima che di lui non rimanesse altro che un'ombra fumante sul muro, nero epitaffio di una vita votata alla malvagità.

Era finita. Goku aveva vinto, anche se non riusciva a spiegarsi bene cosa fosse successo. Rimase un attimo disorientato, poi capì.
«Sanzo! Haydè!» si fiondò nella direzione da cui gli sembrava provenisse l’aura di sua sorella, mentre lasciava alle spalle la grande sala che collassava in una tempesta di polvere e calcinacci.
Rovinando a terra l'imponente statua/prigione di Gyumao si frantumò in mille pezzi.

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Capitolo 18
*** Siamo una famiglia ***


CAPITOLO 18
Siamo una famiglia 

Sanzo venne catapultato fuori dalla sfera, il dispositivo sulla nuca era andato in cortocircuito; con una mano strappò dalla carne i resti bruciati mentre con l’altra faceva leva per rialzarsi da terra. Aveva riacquistato la percezione del suo corpo ma non fu una bella sensazione, come aveva sperato; ogni singola cellula urlava di dolore e la gamba fratturata lo rendeva instabile.
Cercava di mantenere la concentrazione per continuare a contenere l’energia di Haydè. Senza il marchingegno che amplificava il potere del sutra, era dannatamente difficile controllare quella forza immensa, inoltre aveva perso il contatto mentale con lei. Si scoprì preoccupato per le condizioni della ragazza.
Una sbrigativa occhiata intorno gli fece notare un corpo inerme, tra le macerie ai piedi di una colonna. Era sicuramente la madre di Kougaiji, inspiegabilmente libera dalla sua reclusione. Probabilmente la dispersione energetica doveva aver completato il rituale iniziato con il principe.
Tuttavia in quel momento la priorità del bonzo era evitare che saltasse tutto in aria. Non potendosi muovere cercò di valutare da lontano le condizioni della donna; il respiro sembrava regolare e non vide tracce di sangue. “Buon segno” pensò.
Improvvisamente sentì qualcosa di umido scivolargli lungo la piega delle labbra.
Un rivolo di sangue gli colava dal naso. Lo asciugò con la manica della tunica, ma servì a poco perché riprese immediatamente. Non sapeva per quanto ancora poteva resistere; sperava che prima dello scontro avessero avuto il buonsenso di evacuare il castello.
Il suo pensiero andò a Goku e ai suoi amici. Chissà se erano riusciti a mettersi in salvo.
Amici. Lo ripeté mentalmente. Non li aveva mai definiti in quel modo. Servitori, palle al piede, compagni di viaggio al massimo… Gli parve buffo quanto essere così consapevolmente vicino alla morte costringesse a chiamare le cose con il loro nome, rendendo chiara la semplice realtà della vita.
Una morsa allo stomaco lo fece stare male; dovette raccogliere tutte le sue forze per trattenere un conato.
«Sanzo!»
La voce di Goku lo avvolgeva come un caldo abbraccio. Chiuse gli occhi per un istante e sorrise.
«Va via!» urlò senza voltarsi. «Non lo terrò ancora per molto… devi andartene e portare con te la madre di Kougaiji.»
La stretta per poco non gli fece perdere l’equilibrio. Il ragazzo affondava la faccia nella sua schiena e gli cingeva il torace con le braccia. «Io non ti lascio.» disse determinato. «Né te, né lei.» Prese un profondo respiro e aggiunse «Se proprio dobbiamo morire, lo faremo insieme. Siamo una famiglia
Sanzo fissava la sfera con occhi sgranati e lucidi, ma non avrebbe ceduto una sola lacrima. Non davanti a tanto coraggio; non davanti a tanta devozione. Tirò Goku fino a portarlo al suo fianco, girandogli un braccio attorno al collo. «Questa maledetta gamba mi da il tormento… non è che mi aiuteresti a reggermi in piedi?»
«Sarò la migliore stampella del mondo!» sorrise il Seiten Taisei.
Sanzo lo guardò per un attimo, sorrise di rimando, e tornò con lo sguardo alla palla di fuoco ancora avvolta dal Seiten Kyomon. Rimaneva pochissimo.
«Sei pronto fratellino
«Quando vuoi fratellone
Appena il monaco lasciò andare la presa di controllo, un istante prima dell’attesa esplosione, flash di pensieri gli attraversarono la mente, baluardo di un’ultima impossibile speranza.

Provò grande pena per la madre di Kougaiji, risorta dal limbo per sprofondare nell’abbraccio della morte.

Pensò alla disperazione del principe quando si sarebbe reso conto di quella nuova definitiva perdita.

Pensò ai suoi nemici, poi divenuti alleati, augurandosi comprendessero che aveva cercato di aiutarli con le migliori intenzioni nonostante i tragici risultati.

Pensò ad Hakkay e Gojyo e al piccolo Hakuryuu, a come avrebbe voluto dire loro parole affettuose di commiato, desiderando ardentemente che sopravvivessero.

Pensò ad Haydè, a quanto fossero simili sebbene incredibilmente diversi, a quanto gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio.

Pensò a Goku, al grande sacrifico che stava compiendo, e si rammaricò per tutte le cose cui avrebbe rinunciato quella giovane vita.

…e in ultimo, paradossalmente, pensò a Ukoku. Lo perdonava. Per tutto.
Non riusciva a crederci, lo perdonava. Nessun rancore, nessun astio, solo pace.

“Se solo ci fosse un modo per portarli tutti in salvo…” fu come una preghiera.

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Capitolo 19
*** L'ultima resistenza ***


CAPITOLO 19
L’ultima resistenza 

Quando riaprì gli occhi si trovava in ginocchio sulla terra battuta davanti al gigantesco portone di bronzo del castello, Goku ancora a fargli da sostegno disorientato quanto lui. Attorno a loro c’era il gruppo al completo. Illesi. Confusi.
«Che diavolo è successo?» chiedeva Gojyo. «Un secondo fa correvamo verso i sotterranei… come cavolo abbiamo fatto a finire quassù?»
Nessuna risposta, solo scambi di sguardi attoniti.
Kougaiji si mosse per primo, precipitandosi a sostenere la donna priva di sensi ma incolume. «Madre!» pianse stringendola a sé. «Come hai…?» rivolto a Sanzo non attese risposta. «Grazie! Grazie!» continuò, mentre intorno a lui facevano capannello i suoi amici e la piccola Lirin.
Il bonzo era sempre più sorpreso. Continuava a non capire cosa fosse accaduto.
“Siamo morti.” Era l’unica spiegazione logica che gli veniva in mente.
Hakkay si alzò in piedi, il dito puntato a est. «Là. Guardate. Tra poco sarà l’alba. Se il sole sorge vuol dire che siamo ancora vivi.»
Scartata anche la spiegazione logica, Sanzo non riusciva a ipotizzare nient’altro. Hakuryuu gli svolazzò in grembo prendendo tra le fauci il sutra che pendeva dalle sue spalle, e tirandolo delicatamente emise quel suo verso gentile. Kyuuuuu.
Il monaco passò un dito sul sottile collo squamoso. «Si strapperà, piccolo. Lascia la pre…» la frase gli si strozzò in gola.
«Che c'è?» domandò Goku, ansioso.
«Questo… non è il Seiten. Non è il mio sutra.» era sbalordito e l'ovvia alternativa a quell’affermazione lo lasciava senza parole.
«Allora di chi è?» interrogò Dokugakuji.
«Vuoi dire…» il Seiten Taisei mise a parole i pensieri di Sanzo. «Ukoku? Quello sarebbe il suo sutra?»
«Ukoku?» Doku era sempre più perplesso. «Chi diamine è?»
«Voi lo conoscevate come Ni Jianyi.» Hakkay spiegò la storia della doppia identità del monaco sconsacrato, che aveva rubato titolo e sutra al suo predecessore, e dello scienziato senza etica che aveva manipolato Gyokumen Koushu per i suoi loschi scopi.
«Ma il raggio lo ha letteralmente polverizzato.» disse Goku «Credevo fosse andato perduto anche il sacro rotolo.» quelle parole gli fecero ricordare sua sorella, procurandogli una stretta al cuore.
Sanzo provò a formulare una teoria. «I sutra dell’origine celeste sono impregnati di grandissimo potere; probabilmente l’energia di Haydè non ha avuto effetti distruttivi su questo,» sollevò un lembo di seta «così come non ha bruciato il Seiten Kyomon.»
«Però non si spiega come il sutra sia finito in tuo possesso.» precisò Gojyo.
«Spesso sono essi stessi a scegliere il loro custode.» continuò il bonzo. «Quando credevo di stare per morire… che tutti stessimo per morire, ho formulato una specie di inconscia richiesta di aiuto e immagino che il sutra abbia risposto alla chiamata.»
«È molto probabile.» confermò Hakkay. «In passato siamo stati testimoni di come Ukoku ne sfruttasse le proprietà per muoversi attraverso lo spazio-tempo.»
«Wow!» esclamò Lirin. «Teletrasporto! Devo riconoscerlo pelatone è stata una mossa geniale.» pollice alzato in favore di Sanzo.
Questi accettò il complimento senza alcun merito. «Grazie, ma mi sa che è stata più che altro una botta di culo…»
In quell’istante realizzò con amarezza che Haydè non era con loro.
Già. Un momento...
Erano ancora vivi. E intorno non c’era l’apocalisse. Forse il Seiten Kyomon aveva continuato a imbrigliarne la forza… no, ricordava chiaramente di aver lasciato quel comando. E allora, cosa accidenti…

Le luci dell’aurora rischiararono il paesaggio, interrompendo le congetture del monaco.
Agli occhi esterrefatti dei giovani andava apparendo uno scenario inspiegabile e niente affatto rassicurante.
La voce di quello che sembrava il comandante si levò baritona dall’avanguardia dell’esercito celeste, schierato dinanzi a loro.
«Sono il generale Xiang Wu. In nome delle divinità che vegliano su tutti i regni, vi dichiaro colpevoli di averne minacciato gli equilibri di pace. Pertanto siete condannati a una eterna detenzione. Non tentate di opporre resistenza: pena la morte.»
«Che significa? Abbiamo appena salvato il mondo da una catastrofe!» urlò Sanzo di rimando.
«Venerabile Sanzo fatevi da parte.» continuò severo il milite. «Rendendovi complice di questi criminali vi siete macchiato di colpe molto gravi. In virtù dei passati servigi verrete graziato, ma sarete privato del titolo sacerdotale, della custodia delle sacre scritture e bandito da qualsiasi luogo religioso.»
«Aveva ragione Haydè!» ruggì Goku. «Siete solo capaci di giudicare ingiustamente! Dove siete stati finora, mentre la vostra preziosa pace andava a farsi fottere? Cosa avete fatto quando centinaia di innocenti, umani e youkay, venivano massacrati per soddisfare i piani di individui malvagi? Non avete mosso un dito, ecco cosa! E adesso date la colpa a noi. Dovreste ringraziarci invece!»
«Devo desumere che non intendete arrendervi?» chiese indifferente il generale.
Kougaiji si alzò, la madre incosciente in braccio, e insieme agli amici andò a formare una linea compatta accanto agli altri quattro. Cinque, contando anche il piccolo Hakuryuu. Li guardò negli occhi uno per uno: la solida coesione che vi scorse gli fece rispondere «Scordatelo!»
Sanzo, aiutato da Goku, gli fu accanto e poggiando una mano sulla sua spalla, sempre rivolto al soldato aggiunse «Sei cieco per caso? Non vedi che siamo una famiglia? Non si tradisce il proprio sangue!»
Serrarono i ranghi in attesa dell’attacco.
«Basta così.» sentenziò Xiang Wu. «Uccideteli tutti.»
All’ordine del comandante la fanteria stava per dare alla carica, quando un ruggito mostruoso scaturì dalle viscere del castello, facendo tremare la terra e i cuori di ogni persona presente.

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Capitolo 20
*** Ritorno alle origini ***


CAPITOLO 20
Ritorno alle origini
 
Si sgretolava come un castello di sabbia preso a calci da un bambino dispettoso.
Eppure ogni pietra schiantata al suolo aveva le dimensioni di un cavallo da soma. Sanzo e compagni dovettero cercare salvezza da quello sfacelo fuggendo in direzione del nuovo nemico.
«Così però ci gettiamo in pasto ai leoni!» rilevò Gojyo.
«Preferisci forse rimanere spiaccicato, stupido scarafaggio che non sei altro?» lo apostrofò Sanzo.
«…eeee tanti saluti al bonzo versione “peace & love ”»
Yaone prese a rimproverarli entrambi. «Non è il momento di litigare come bambini! La situazione è molto seria.»
«Altroché se lo è,» Lirin si era fermata e indicava un punto tra le macerie «guardate là!»
Dalle profondità stava risalendo qualcosa di spaventoso.

La prima zampata polverizzò ciò che rimaneva del tetto di una torre.
Issandosi dal rudere, il corpo squamoso, candido come neve, si agitò per scrollarsi di dosso i detriti e, dispiegando le nere ali, ne catapultò alcuni intorno. I massi, atterrando tra le fila della compagine, schiacciarono interi gruppi di soldati. Quando finalmente emerse la testa, incoronata da una cresta argentea e lucente, la bestia emise un altro assordante ruggito.
Il drago avanzava ventre a terra, guardingo, straordinariamente agile per la sua mole. Occhi grigi, profondi, feroci erano puntati sull’esercito celeste.
«Haydè» gridò Goku, riconoscendo sua sorella in quegli occhi.
«Stai scherzando spero?» Dokugakuji espresse un certo, preoccupato, stupore.
«Che significa?» chiese Hakkay rivolgendosi a Sanzo.

“Diciamo solo che non ti piacerebbe averci a che fare.” Il monaco ricordò le parole della ragazza, comprendendo cosa intendesse dire.
«Il guanto.» disse cupo. «Ukoku mi ha rivelato che era un dispositivo di controllo e Haydè ha a confermato che serviva a celare la sua forma primordiale, ma non credevo…» senza distogliere lo sguardo dal gigantesco rettile interpellò Goku.
«Riusciresti a entrare in contatto telepatico con lei?»
«Posso provare…»
In quell’istante, alle spalle, il clangore degli uomini armati lanciati all’assalto ricordò loro che avevano un altro avversario da considerare, anche se quell’inattesa visita aveva sicuramente assunto la priorità per entrambi i fronti.
«Devi riuscirci o siamo cibo per vermi» esortò Kougaiji.
Il Seiten Taisei chiuse gli occhi per concentrarsi. “Sorellina… mi senti? Dimmi che ci sei ancora, ti prego…”
“Goku” la voce arrivò come un sussurro, “io sente te. Io qui. Io sempre qui, per fratello!”
La bestia inclinò la testa leggermente in avanti. “Non paura, io protegge voi. Uomini del cielo malvagi… io uccide!”
Goku non fece in tempo a risponderle di fermarsi, con un balzo Haydè si frappose tra loro e la legione.
Da qualche angolo remoto, in mezzo alla calca, giunse il comando: Arcieri, pronti! Incoccare… lanciare!
Fulmineamente, il drago dispose le ali ad ombrello riparando il gruppo dalla pioggia di frecce, che rimbalzò sulla pelle coriacea senza neanche scalfirla.
Vista l’inefficacia dell’offensiva, Xiang Wu ritirò l’avanguardia; al suo posto fece schierare balestre giganti e ordinò di scagliare i dardi lunghi, robusti pali di legno di almeno tre metri con arpioni acuminati a un’estremità. Erano già a metà strada, sibilando nel vento stavano per abbattersi su Haydè e i suoi protetti.
Lei aspirò una gran quantità d’aria, fece un verso gutturale ed eruttò un gettò di fiamme blu intenso; muovendo il muso a destra e a sinistra creava in cielo una muraglia di fuoco che inceneriva qualsiasi cosa vi entrasse in contatto. Senza dare al generale il tempo di organizzare un altro attacco si librò in volo: appena fu in posizione, scese in picchiata tra le fila nemiche soffiando l’inferno su uomini, cavalli e armamenti, artigliando soldati per poi scaraventarli gli uni contro gli altri, in grovigli di carne sanguinolenta e armature contorte.
 Finalmente stava compiendo la sua vendetta.

“Sorella, fermati. Hai detto che volevi giustizia, ma questa non lo è… così non sei migliore di chi ti ha imprigionata, e giustifichi la loro paura comportandoti come il mostro che vedono.” Goku le si rivolse con dolcezza. “Ti prego… possiamo dimostrare, insieme, che in noi c’è molto più di ciò che appare.”
A quelle parole Haydè si immobilizzò sul posto, contemplando inorridita la morte di cui era stata dispensatrice. Incrociò prima lo sguardo di suo fratello, provando grande vergogna; poi incontrò gli occhi di Sanzo e, con sorpresa, vi lesse comprensione. Il bonzo sapeva, lei gli aveva detto che non riusciva a dominare gli istinti ferali. Nonostante questo non trovava giustificazione alla propria feroce mancanza di autocontrollo.
Il Seiten Taisei mosse qualche passo verso il drago che si era accucciato contrito, il collo allungato nella sua direzione.
«No!» non ebbe il tempo di dire o fare altro. Un'immensa, pesante rete a maglie di ferro era piombata addosso ad Haydè bloccandola a terra.
«Sorella!»
“Goku, voi scappa. Presto. Loro impegnati con me… non pensa voi.”
No, non chiedermi una cosa simile.”
“Salva te. Salva Sanzo. Salva amici…”
“Non posso abbandonarti ora che ci siamo finalmente riuniti.”
“Va bene così. Me felice. Davvero… ora va!”
L'intero esercito era in subbuglio, alle prese con il mostro. Una guarnigione l’aveva accerchiata; lunghe lance, spinte in affondo da coppie di soldati, si infilavano tra le maglie di ferro, altri cercavano di picchettare i tiranti della rete mentre lei si dimenava per sciogliere la presa. Nuovi dardi venivano scagliati, nel tentativo di penetrare la sua corazza. «Non mollate!» sbraitava il generale. «Prima o poi quella pellaccia dura dovrà cedere!»
«Haydè…» Goku guardava la scena impotente e pieno di rabbia; sapeva bene che quella poteva essere l’unica occasione per fuggire senza dare nell’occhio ma sacrificare sua sorella, in cambio di una vita da braccati fuorilegge celesti, era inaccettabile.
Il tocco di una mano sulla spalla lo distolse dai suoi angosciati pensieri. Seguendo la linea del braccio, trovò il volto di Sanzo.
«Ho capito le sue intenzioni» disse il monaco.
«Io… non voglio…»
«Lo so. Ma per ora non puoi fare niente per aiutarla. Dovete andare.»
Contrariato, Goku sgranò gli occhi, piantandoli in quelli di lui. «Che vuol dire dovete? Non vi ho lasciato quando eravamo certi di morire… se pensi che lo farò ora, senza nemmeno provare a combattere, sei proprio uno stupido
L’affettuosa irriverenza del ragazzo, stranamente, gratificava Sanzo. Gli faceva percepire la profondità del legame che li univa.
Sostenne il suo sguardo dorato e fece un sorriso maliziosamente enigmatico.
«Può darsi che, involontariamente, Ukoku ci abbia fatto il più grande regalo d’addio che potessimo desiderare» fece scorrere il sutra tra due dita.
Il Seiten Taisei annuì complice, comprendendo al volo il piano del bonzo. Insieme fecero cenno ad Hakkay di avvicinarsi.
«La situazione sta prendendo una brutta piega» disse il moro. «Ma dalla vostra espressione deduco che avete in mente qualcosa…»
Spiegarono come Sanzo intendeva usare il Muten Kyomon per teletrasportare sé stesso, Goku e Haydè lontano da lì.
«Sei sicuro di essere in grado di utilizzarlo?» chiese l’amico, dubbioso.
«L’ho già fatto prima… dovrei riuscire a replicare, penso. Anzi, ne sono certo! La scimmia mi coprirà le spalle mentre mi concentro» rispose con convinzione il monaco.
Hakkay adocchiò la mole del drago. «Non è esattamente un animaletto da compagnia.»
Il biondo sbuffò, facendo sollevare un ciuffo di frangia dalla fronte. «Per questo ho bisogno che voi ve la svignate diversamente… non ce la faccio a portare via tutti insieme.  Prendete i draghi volanti di Ko: a quanto pare dopo lo sfacelo del castello sono tornati dal loro padrone, bravi cuccioli fedeli…» alzò un braccio in direzione delle rovine, sopra le quali i rettili alati volavano in cerchio.
«Mi raccomando, voglio rivedervi tutti interi.» Hakkay si congedò dando una pacca di buon augurio ai compagni.
Sanzo e il Seiten Taisei osservarono il gruppo allontanarsi in fretta; appena li videro levarsi in cielo, cominciarono a darsi da fare.

La fuga di Kougaiji e degli altri aveva attirato l’attenzione di un capitano che, non potendo inseguirli, guidò un drappello alla cattura dei due criminali rimasti.
Goku si preparò a respingere l’attacco, intanto alle sue spalle sentiva il bonzo recitare le formule sacre.
Sanzo era già molto provato dall’impegno che aveva sostenuto per domare l’energia di Haydè; sapeva che quest’ulteriore sforzo poteva costargli caro, tuttavia si ripromise di tenere duro finché non li avesse tratti in salvo.
Davanti a lui, il giovane sbaragliava gli uomini armati con facilità, ma altri stavano già muovendo verso di loro per dare man forte ai commilitoni.
Finalmente sentì il Muten sprigionare il suo potere. “Portaci al sicuro, lontano da qui” pensò. “Riportaci a casa; riportaci alle nostre origini…”

Il teletrasporto non fu istantaneo e indolore come la prima volta
Si ritrovò accasciato a terra, la testa che vorticava e le viscere che si contorcevano, finché non trattenne più un conato di vomito. Poco distante, il Seiten Taisei dava anche lui di stomaco. Non vedeva Haydè però, il che era preoccupante considerata la sua stazza. Eppure era certo di essere riuscito a portare via anche il drago dal campo di battaglia.
Ripulendosi la bocca sulla manica della tunica notò una lunga ciocca di capelli, splendenti come il sole, che si impastava con ciò che aveva appena rimesso. Si accorse che si trattava dei suoi capelli.
«Hai chiesto di tornare alle origini e sei stato accontentato. È questa la tua forma originale…» dei piedi ben curati, con unghie smaltate in rosso ciliegia, gli parlavano a qualche passo dalla faccia. «Goku e Haydè avevano già il loro aspetto originario, e così sono rimasti» fece una piccola pausa. «O meglio… la bestiaccia ho dovuto riportarla a una forma decente con un infinità di dispositivi di controllo, non potendo ripristinare il guanto di acciaio nero.»
Sanzo riconobbe la voce di Kanzeon Bosatsu. «Come diavolo hai fatto a intercettarci, vecchiaccia?» Non era ancora riuscito a rialzarsi.
«Io non c’entro bamboccio. Volevi tornare a casa… beh, questa è casa» la dea si accucciò e lo guardò con un sorrisetto beffardo. «La casa delle tue origini.»

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Capitolo 21
*** L'ora del thè ***


CAPITOLO 21
L’ora del thè 

Sedevano a un tavolo basso di bambù, inginocchiati su morbidi cuscini di piume.
Più precisamente, solo il Seiten Taisei si trovava in ginocchio; lui stava alquanto scomodo con la gamba sana piegata sotto quella rotta, allungata rigida sotto il piano.
Dopo che si furono rinfrescati e cambiati, un attendente di Bosatsu li aveva accompagnati in quell'ampia sala, arredata con sobria classe. Fuori dalla finestra, bellissimi alberi di ciliegio stagliavano le chiome fiorite contro un cielo incredibilmente azzurro e limpido.
Il sutra gli era stato confiscato; “per evitare altri guai” aveva detto la vecchiaccia.
Un valletto con la puzza sotto il naso li squadrava dall’alto in basso, mentre serviva loro del thè verde, aromatizzato al gelsomino, in raffinate tazze di porcellana. 
Distesa su un futon, a pochi metri di distanza, Haydè riposava tranquilla, bellissima come sempre.
Sanzo era convinto che, a vederlo dall’esterno, quel siparietto dovesse apparire alquanto surreale. Pensò, in effetti, che tutta la situazione lo era.

«Sei strano con quei capelli così lunghi.» Goku lo riportò alla realtà. «Però hai un’aria insolitamente… familiare. Sì, mi piaci! Sembri un sole… un sole imbronciato!» Tirò una ciocca del crine aureo, e nonostante l’avesse fatto con delicatezza gliene rimase in mano un piccolo ciuffo. «Ops… scusa.»
Il bonzo per poco non rovesciò la tazza e tutto il suo contenuto. Si voltò verso l’amico con occhi sbarrati.
«P-perché mi guardi male?» il giovane mostrò una certa apprensione. «Ho detto qualcosa che ti ha offeso?»
Il monaco cercava di mettere a parole il frullato di pensieri, emozioni e… ricordi?, ma tutto ciò che gli uscì di bocca fu un suono inarticolato.
Subito dopo si accorse, con disappunto, che la dea, appoggiata immobile allo stipite della porta, assisteva divertita alla scena.
«Niente panico cucciolo, non ti sta guardando male…» disse avvicinandosi, «piuttosto, credo che il nostro biondo» fece pat-pat sulla sua testa, «si sia un tantino emozionato!»
Nonostante gli ultimi progressi emotivi dell’amico, Goku lo guardò come se la donna avesse detto che gli era spuntato un terzo braccio in mezzo alla fronte.
Di rimando, Sanzo continuava a fissarlo come sul punto di dire qualcosa, ma le sue labbra rimanevano serrate.
«Ti dispiacerebbe lasciarci soli un momento?» Bosatsu invitò educatamente il giovane moro verso l’uscita. «Vorrei parlare a quattrocchi con il venerabile qui presente.»
Il ragazzo era titubante: quella divinità atipica gli suscitava sensazioni contrastanti, ma vedendo il suo sole annuire si decise a fare una passeggiata in giardino; senza allontanarsi troppo, però.

Una volta che fu andato, Kanzeon si sistemò dove un attimo prima era seduto Goku. In maniera molto poco femminile, constatò il monaco.
«Allora» esordì la dea, «tornata la memoria?»
Vedendo l’occhiata che Sanzo diresse all’angolo in cui giaceva Haydè, continuò «Tranquillo, dorme così profondamente che non sentirebbe nemmeno le cannonate.»
Con riluttanza, il giovane intraprese una conversazione che avrebbe preferito evitare.
«Non so esprimerlo a parole, però… per rispondere alla tua domanda, direi di sì. Ma… che significa? Credevo che il Muten Kyomon permettesse di spostarsi nello spazio-tempo, non che impastasse tra loro passato, presente e futuro.»
«Il Muten è un sutra incredibilmente potente. E misterioso anche. Possiede aspetti oscuri e imperscrutabili.»
«Ukoku era un uomo dalla personalità deviata, questo è certo, ma sicuramente non mancava d’acume e intelletto. Possibile che in tutti questi anni non sia riuscito a svelarne i segreti?»
«Può anche darsi che ce l’abbia fatta. Ciò non significa che avesse le caratteristiche necessarie a sfruttare certe potenzialità.»
«A quali caratteristiche ti riferisci?» Pose la domanda pur intuendo già la risposta.
Voleva comunque sentirlo confermare dalla dea stessa.
«Davvero non lo immagini? Non ti facevo così tonto!» Kanzeon piegò la testa leggermente di lato e alzò un sopracciglio; con eleganza mosse la mano dall’alto in basso, indicando la figura del monaco.
Sanzo fece una smorfia; era ciò che si aspettava, tuttavia non riusciva ancora ad accettare pienamente quella realtà. La sua natura divina apparteneva al passato; il fatto che si fosse manifestata proprio ora e in circostanze così particolari non era una coincidenza. Di certo, lo irritava non avere chiaro il quadro della situazione.
Prese coraggio e pose la spinosa domanda. «Perché siamo qui?»
Bosatsu sorrise. «Bravo bambino. Se fai le domande giuste, avrai le giuste risposte…» non c’era scherno nel suo tono.
«Comprendo che abbiate i migliori intenti, e ho visto due potenziali distruttori mutare il loro animo guidati dall’amore. Nonostante questo, agli ashura non sarà mai più consentito camminare insieme nel regno terreno. La decisione che verrà presa dal concilio celeste è una, e una soltanto.»
«Eterna reclusione» concluse il bonzo al posto della donna, che annuì greve. «Ma questo già lo sapevo; non hai ancora risposto: perché siamo qui?» la esortò.
«Allora non sei poi così tonto.» Fece una lunga pausa; fissandolo dritto negli occhi riprese. «C’è la possibilità che Goku e Haydè vivano una vita normale, da comuni mortali.»
Diede al giovane il tempo di assimilare bene il concetto.
Sanzo colse al volo l’opportunità che gli veniva offerta. «Dimmi che cosa devo fare.»
«Semplice, sacrificarti al posto loro.» L'alzata di spalle che accompagnò la frase sembrava denotare disinteresse da parte di Kanzeon, ma l’intensità del suo sguardo tradiva grande coinvolgimento. «Hai già dato prova di un notevole controllo con l’energia di Haydè; usando la combinazione di Muten, Seiten e Maten Kyomon sarebbe possibile trasferire in te il potere demoniaco di entrambi; sul tuo corpo verrebbero poi apposti i sigilli sacri, trasformandoti in reliquiario vivente.»
«…»
«È una decisione difficile, lo so, ma non rimane molto tempo…»
«Non ho bisogno di tempo per decidere. Ho bisogno di tempo… per dire addio. Questo almeno me lo devi concedere.»
La dea gli poggiò una mano sulla spalla, comprensiva. «E sia. Hai fino a domani, all’alba.»
Detto questo lasciò la stanza, in silenzio. 

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Capitolo 22
*** Redenzione -parte 1- ***


CAPITOLO 22
Redenzione -parte 1-

Quando vide Sanzo di nuovo solo, rientrò di corsa nella sala.
Sua sorella dormiva ancora profondamente.
Il monaco lo chiamò a sé e gli chiese aiuto per alzarsi; insieme si avviarono in giardino e sedettero all’ombra di un ciliegio. Ogni folata di vento riversava sulle loro teste, e tutt’intorno, una pioggia di petali rosa. L’erba era piacevolmente fresca al tatto e di un verde brillante. Tutti i colori sembravano più vividi nel regno celeste.
«Posso chiedere di cosa avete parlato?»
«Abbiamo preso accordi per il nostro rilascio.»
«Che tipo di accordi? Non mi fido di quella tipa… anzi, considerato come ci hanno trattato, non mi fido più di nessuna divinità.» Goku mostrava apertamente tutta la sua diffidenza.
«Tempo fa ti chiedevi che genere di vita avresti vissuto se non fossi stato il Seiten Taisei, ricordi?» 
«Certo. E ricordo anche ciò che dicesti in proposito. In ogni caso il problema non si pone, dato che riesco a mantenere vigile la coscienza. Ma questo cosa c’entra adesso?»
Sanzo sospirò. Cercava il modo di comunicare il suo intento all’amico. Come poco prima non era riuscito a raccontare le memorie di un passato ormai remoto, eppure così attuale, anche adesso il coraggio veniva meno e le parole evaporavano inconsistenti dalla sua bocca, come gocce d’acqua nel deserto torrido.
«C’è il modo di sigillare il vostro potere demoniaco, rendendovi completamente umani.»
Fu tutto ciò che riuscì a dire.
«E la fregatura dove sta?» chiese il moro, sempre più dubbioso.
«Nessuna fregatura» la risposta secca del bonzo.
Goku ormai lo conosceva troppo bene: il tono ruvido, il distogliere lo sguardo, quell’aria impercettibilmente colpevole, che solo un occhio intimamente attento poteva cogliere… segnali rivelatori di una verità inespressa; una verità che gli stava lacerando l’animo.
“Se non vuoi dirmelo, rispetterò la tua decisione” accettava con rassegnata pazienza, sperando nel profondo che a tempo debito Sanzo sarebbe riuscito ad aprirsi con lui.

Il resto del pomeriggio trascorse piacevolmente; i due passarono ore intere chiacchierando come mai avevano fatto prima. Parlavano di qualunque cosa: delle avventure passate; dei momenti leggeri e di quelli difficili; di cose importanti e di cose futili.
Il monaco sembrava a proprio agio, rilassato e quasi… felice, si concesse di pensare Goku. Non aveva mai visto l’amico in quella veste spensierata, e questo lo riempiva di gioia; eppure continuava a percepire un'inquietudine di fondo.
D'un tratto ebbe una fugace intuizione, come di incombenza; come se non avessero più tempo. E capì.
«Quando mi hai detto che il tuo maestro si è sacrificato per salvarti la vita,» buttò li il discorso come la cosa più naturale del mondo «stavi soffrendo. Ed eri anche arrabbiato, secondo me.»
Sanzo si irrigidì. Immaginava dove volesse andare a parare il ragazzo, che riprese senza dare spazio alla replica.
«Penso sia tutta la vita che convivi con queste emozioni. È chiaro che eri molto legato a lui, e la sua perdita è stato un shock dal quale non ti sei mai ripreso pienamente…»
«Si può sapere perché tiri fuori quest’argomento, adesso?»
Goku gli lanciò un’occhiata eloquente. «Perché non voglio trovarmi a provare anch’io le stesse cose.»
«…»
«Continui a sottovalutare il mio intuito.»
«Affatto. La verità è che credo di essere troppo vigliacco per confrontarmici.»
«Non mi interessa cosa ti abbia proposto quella donna… qualunque cosa sia, non ti permetto di accettare!»
Il bonzo sorrise amaramente. «Credimi, questa volta non c’è scelta.»
«C’è sempre una scelta…»
«Certo che c’è…» rispose brusco, «la scelta è che vi sacrifichiate tu e Haydè. Di nuovo, reclusi per l’eternità. Sono io che non posso permetterlo!»
Il giovane rimase impietrito. Preferiva la morte piuttosto che una prigionia senza fine. Ma la faccenda non riguardava lui soltanto, c’erano in ballo anche le vite delle persone che più amava.
Sanzo gli poggiò una mano sulla spalla. «Perdonami. Volevo dirtelo, solo non sapevo come… Ho cercato di prendere tempo perché, in cuor mio, speravo ci fosse un’altra soluzione.» Sospirò lungamente. «Lo spero tutt’ora, ma nonostante continui a scervellarmi, speranza e realtà dei fatti non coincidono.»
Goku non trovò parole di conforto da dire, né gli vennero in mente alternative valide da prospettare.
Solo la notte precedente, non avevano avuto timore pur trovandosi prossimi alla morte. Ora invece, all’ipotesi di una vita normale grazie al sacrificio di uno, tanta spavalderia squagliava come neve al sole.
Sacrificio”, realizzò. Poter godere di qualcosa, qualsiasi cosa, a scapito della rinuncia di qualcun altro, era l’idea che il Seiten non riusciva ad accettare.
Quasi percependo i suoi pensieri Sanzo riprese. «Consideralo un dono, non un sacrificio. Lo faccio con gioia, sapendo che potrete avere un futuro senza vincoli o catene. Però, devi promettere che vi impegnerete ad essere felici, stupida, piccola scimmietta…»
Goku non seppe più trattenere le lacrime; abbracciandolo stretto, soffocò i singhiozzi nel petto del monaco; questi prese a scompigliare la chioma castana dell’amico con affettuose carezze consolatorie.
«No!» gridò il giovane. «Giurami che non lo farai!»
«…»
«Giuralo!»
«Lo giuro…»

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Capitolo 23
*** Redenzione -parte 2- ***


CAPITOLO 23
Redenzione -parte 2-

Quando si alzò, il sole era tramontato da poco. All’orizzonte, le ultime luci del giorno tingevano il cielo con le bellissime sfumature del crepuscolo.
Riconobbe la figura di un uomo nella penombra. Avvicinandosi con passo felpato, lo fece sussultare come la vittima di un’imboscata.
«Sei silenziosa anche quando non strisci. Mi hai quasi fatto venire un colpo» disse lui, riprendendosi dallo spavento.
«Scusa, non era mia intenzione. Goku?»
«Crollato… è il suo turno di godersi il meritato riposo.» 
La ragazza gli sedette accanto. «Ti donano questi capelli.»
«Allora, non li taglierò più.»
«Perché non vorrai o perché non potrai
«Non sentirebbe neanche le cannonate, eh?»
«Che vuoi farci… anni di allenamento a rimanere immobile, sembrando incosciente. Avevo bisogno di recuperare le forze, ma non mi sono persa una parola.»
«In questo caso, non servono spiegazioni.»
Era calato il buio e in cielo cominciavano ad apparire le prime stelle. I profumi della sera si diffondevano dolci, nell’aria silenziosa. Tra poco gli uccelli notturni avrebbero intonato il loro canto.
«Lo farai?»
«Ho giurato di no a tuo fratello. Abbiamo tempo fino a domattina per escogitare un piano di riserva.»
«Non ti dispiace, spero.» Gli scostò dalla spalla la fluente chioma dorata e vi appoggiò la testa. 
Sanzo era un po’ imbarazzato; non aveva idea di cosa dire o come comportarsi, così rimase inerte. D’altro canto, Haydè sembrava sapesse il fatto suo.
In un unico pomeriggio, il bonzo stava sperimentando una gamma di esperienze emotive come forse non gli sarebbe capitato nell’arco di una vita. “Quanto tempo ho sprecato” si rammaricò.
«Se te lo chiedo, mi concederesti un favore?» disse la giovane.
«Chiedimelo, e vedrò se posso accontentarti.»
Dietro i ciliegi in fiore stava sorgendo la luna piena; il monaco si accorse che, in quel momento, era Haydè a sembrare sulle spine. Alla luce dell’astro le sue guance apparivano rosse come mele, in contrasto con la pelle lattea.
«Resteresti con me, stanotte?»
«V-vuoi dire…»
«…see, see voglio dire quello!» per un attimo, la stizza prese il posto dell’imbarazzo. «Sì, insomma, è solo per provare, ecco… sai, nuove esperienze…» era tornata ad arrossire.
«Perché io? Credevo non mi sopportassi.»
«Che domanda cretina! Goku è mio fratello, quindi… o tu o una di quelle stupide divinità, e non mi va affatto di dare loro tutta questa confidenza! E poi, non sei così male…» quest’ultime parole le pronunciò sottovoce.
«Che hai detto?»
«Che mi piaci, idiota!» gli urlò. Subito dopo si voltò dalla parte opposta.
Sanzo si riconobbe in quella vulnerabilità celata da cinismo. Provò una grande tenerezza, stranamente senza sentirsi a disagio.
«Ok, non arrabbiarti, ma perché ora? Hai tutta la vita davanti… e poi dimentichi che sono una di quelle stupide divinità» ridacchiò il biondo.
«Oh, insomma! Perché, perché… se non ti va, basta dirlo!» Haydè mise il broncio. «E poi, non dovessimo trovare un’alternativa, non lo so mica se ho tutta la vita davanti…» ora, dalla sua voce traspariva una nota triste.
In un tintinnio di monili dorati, stava per alzarsi, sbuffando, ma il monaco la trattenne.
Sorpreso e spaventato, probabilmente quanto lei, prese il suo delicato, splendido viso tra le mani e la baciò dolcemente, con passione, il cuore che gli martellava in petto.

***
 
Aprì gli occhi quando l’aurora incombeva all’orizzonte.
Quella notte era trascorsa in fretta, si disse… maledettamente, in fretta.
Passò, amorevolmente, la mano sui capelli argentei e scompigliati di Haydè. Girandosi un poco, lei emise un lieve sospiro ma senza svegliarsi.
Sanzo si alzò cercando di fare più piano possibile, quanto gli permetteva la gamba steccata. Sarebbe stata una seccatura ancora per poco, pensò.
Indossò un kimono leggero, di seta blu scuro, e prese la porta ritrovandosi nel corridoio, ancora immerso nell’oscurità.
Neanche qualche metro più avanti, Kanzeon Bosatsu lo aspettava a braccia conserte. «Meno di un giorno per recuperare ciò che ti sei fatto sfuggire in una vita intera.»
«Meglio tardi…» le sorrise malinconico.
«Sei pronto? …andiamo.»
«Ancora un momento.»
«…»
«Per favore, devo salutarlo.»
La dea annuì e il bonzo entrò in una stanza lì accanto.
Si accostò al letto, Goku che ronfava profondamente.
Nonostante le fattezze demoniache da Seiten Taisei, così addormentato sembrava ancora un ragazzino. Rivide il piccolo fagottino che, non molti anni prima, aveva liberato dalla cupa prigione sulla montagna. O forse, era il modo in cui voleva ricordarlo. Presto, in realtà, sarebbe stato un uomo fatto: davanti a lui una nuova vita, con infinite possibilità.

«Ti ho mentito. Questo è il mio unico rammarico» disse sottovoce. «Spero che un giorno tu riesca a perdonarmi; ti auguro davvero con tutto il cuore di essere felice, fratellino...»
Gli poggiò le labbra sulla fronte in affettuoso commiato e si avviò verso il destino che lo attendeva.
Si voltò di nuovo verso l’amico, indugiando un ultimo istante sulla soglia.
Con il volto rigato dalle lacrime, sussurrò «Addio.»

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


Epilogo

I due bambini si rincorrevano, spintonavano, scartavano, strattonavano inseguendo la palla di cuoio scuro.
Il maggiore, di circa sette anni, non era molto alto per la sua età ma aveva un fisico asciutto e lucenti capelli di un biondo chiarissimo, con qualche riflesso solare, che mettevano in risalto gli occhi scarlatti.
Il minore era un paffutello, energico cucciolo, sempre affamato, con i colori che sembravano il negativo dell’altro bimbo: splendenti iridi dorate, capelli rossi come il sangue. Aveva cinque anni.
Nella foga del gioco, il pallone sfuggì ai contendenti, rotolando giù per una lunga scalinata.
Dopo un fugace scambio di sguardi, con unica intesa, i due si precipitarono a recuperare il balocco.
Quando arrivarono nell'immensa sala raccolsero subito la sfera, ma anziché tornare di sopra, presero a gironzolare tra le colonne. Erano alte, di marmo nero venato di verde, e ognuna istoriata con i racconti di un leggendario viaggio verso ovest.
«Se ci trovano qui, passeremo un guaio…» disse il piccolo.
«Ma dai! Ci vengo sempre…»
Si diressero insieme verso un grande blocco di giada e diamante grezzo, posto a un’estremità della navata.
Il ragazzino biondo si avvicinò e poggiò la mano sulla pietra.
«È caldo.» Sorrise. «La mamma dice che è tiepido, di solito; però, quando ci sono io si scalda. Secondo me sente che sono qui con lui.»
«Quando si sveglia il tuo papà?»
«Boh, e io che ne so! Magari domani, o magari mai…» disse un po’ malinconico. «La mamma dice che è come un angelo e veglia su di noi in ogni momento.»
Il piccolo prese in mano una ciocca dei lunghissimi capelli dorati, che si diramavano tutt’intorno come liane in una foresta pluviale. «Perché continuano a crescere?» chiese.
«Sono l’unica cosa ancora viva. Se non ho capito male una specie di regalo della zietta Kannon, per la mamma. Le piacevano. Il papà le aveva promesso che non se li sarebbe più tagliati, prima di…» si interruppe. «Beh, prima di finire così.»
Vedendolo rattristarsi, il piccolino si avvicinò e cominciò a tirare, con tutte le forze, la mano che sporgeva dalla giada. «Lo libero io il tuo papà, guarda che sono fortissimo! Nnnnggghhhh…» La presa gli sfuggì e finì ruzzoloni a terra. Nonostante la bruciante sconfitta, non si diede per vinto e tornò alla carica.
L’altro lo guardava con tanto d’occhi.
Finché non seppe più trattenersi e scoppiò in una risata a crepapelle.
«Piantala, non ce la faccio!» Le lacrime gli rigavano il volto per il troppo ridere.
Però, vedendo quel faccino imbronciato, assunse un espressione seria e autorevole e con le mani sui fianchi annunciò «Certo che sei forte! Sei fortissimo, come il tuo papà e la tua mamma… anzi di più! Solo che sei ancora un po’ piccolo: devi compiere almeno dieci anni» pose entrambe le mani, dita bene aperte, davanti al compagno, «per poter tirare fuori il mio di papà!»
L’espressione radiosa, che comparve sul viso paffuto del piccolo, era piena di gioiosa speranza. «Sei il miglior cugino del mondo! Ti voglio bene!» gli saltò al collo in un abbraccio soffocante.
«Komyo, Genjo!» il richiamo li fece sussultare. «Che ci fate qui?»
«Zio! Noi, ecco… ci è scappato il pallone!» disse il biondo, con aria colpevole.
«Papà per favore, non lo dire alla zia Haydè e alla mamma Lirin!» supplicò il piccolo Genjo.
Goku si fece una fragorosa risata.
«Tranquilli, sarà il nostro piccolo segreto!» strizzò un occhio alle due pesti.
«Non immagini quante arrabbiature ho fatto prendere io al tuo papà, quando ero più giovane» disse rivolto a Komyo, «e quante sgridate mi sono beccato!»

Si avvicinò al simulacro di Sanzo.
«Coraggio, dai un bacio a papà.» Sollevò il nipotino e lo accostò al viso del bonzo, sigillato nella pietra. «Dobbiamo andare adesso, di sopra ci aspettano. Sono venuti tutti gli zii, per festeggiare il vostro compleanno…»
«Siiiii!» esultarono in coro i bimbi, e scapparono su per le scale, lasciando il pallone a terra.
Goku scosse amorevolmente la testa. «Aaahh, beata gioventù!» e fece per raggiungerli.
Si voltò di nuovo verso l’amico, indugiando un ultimo istante sulla soglia.
Con il volto sorridente, sussurrò «A presto, fratello
 
Fine

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