The Promise di Robigna88 (/viewuser.php?uid=62768)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1- ***
Capitolo 2: *** -2- ***
Capitolo 3: *** -3- ***
Capitolo 4: *** -4- ***
Capitolo 5: *** -5- ***
Capitolo 6: *** -6- ***
Capitolo 7: *** -7- ***
Capitolo 8: *** -8- ***
Capitolo 9: *** -9- ***
Capitolo 10: *** -10- ***
Capitolo 1 *** -1- ***
SPOILER
stagione 4 - Lasciatemi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate
e se vale la pena che continui :)
-1-
Puoi
portarla a casa, suo padre e il resto della famiglia non vedono l’ora di
conoscerla.
Era
con queste parole che il viaggio di Allison ed Hope era iniziato. Erano partite
al mattino, più o meno verso le otto e trenta, avevano acceso la radio e
inserito un cd. Poi avevano cantato a squarciagola mentre il mondo fuori dal
finestrino scorreva al solito lento ritmo.
Di
tanto in tanto, tra una canzone e l’altra Allison lanciava un’occhiata verso la
piccola e la guardava pensierosa, gli occhi chiari come quelli suo padre persi
al di là del vetro, sulle sterpaglie ai lati della statale che man mano la
avvicinavano a quella parte della famiglia di cui non ricordava assolutamente
nulla.
Di
cui sapeva solo quello che Hayley ed Allison si erano premurate di raccontarle.
Con
un grosso respiro la cacciatrice strinse più forte il volante provando ad
immaginare quali pensieri stessero passando nella mente di quella dolce
creatura. Aveva solo sette anni e aveva già vissuto così tante esperienze in
quella parvenza di normalità che sua madre si era sforzata di mantenere per
lei.
Quando
qualche settimana prima le aveva telefonato chiedendole di andarla a prendere,
Allison sapeva che era vicina alla cura che avrebbe riportato indietro i
Mikaelson. Nel corso degli anni la donna e Hope avevano legato molto, si
vedevano ogni volta che era possibile, giocavano insieme, leggevano insieme
mentre sua madre la osservava orgogliosa e completamente innamorata. D’altronde
era impossibile non amarla: aveva preso il meglio di ognuno degli Originali; il
senso di lealtà, il senso dell’umorismo, il coraggio, la devozione verso la
famiglia. Anche se di loro non conosceva altro che qualche foto e qualche
racconto.
Promettimi
che quando tornerai ci sarà anche mio padre aveva chiesto ad
Hayley quando l’aveva accompagnata a Los Angeles. L’Ibrida ed Allison si erano
guardate per un istante poi lei aveva promesso.
Ad
Allison invece aveva chiesto di farle un’altra promessa; era successo un
pomeriggio mentre se ne stavano tranquille in piscina, il sole le scaldava. Di
improvviso aveva allungato la mano e aveva stretto la sua. Promettimi che mi
vorrai sempre bene e non mi lascerai mai. Come me lo ha promesso la mamma.
La
donna le aveva baciato la fronte e l’aveva stretta in un abbraccio. Glielo
aveva promesso.
“Hey
Hope” le disse attirando la sua attenzione. “Ti va di darmi un consiglio?”
Lei
le sorrise. “Sì certo.”
“Pensavo
di ritinteggiare casa, sono stanca di quei colori e così ho fatto una piccola
ricerca. Pare che il rosa vada molto di moda ultimamente, tu che ne dici?”
“Non
mi piace” sentenziò l’altra con un profondo respiro. “Perché non la facciamo
gialla?”
“Gialla?”
“Gialla
come il sole che splende sempre su Los Angeles. È un bel colore.”
“Lo
è” confermò Allison. “Sì, giallo sia!”
La
bimba sorrise. “Abbiamo delle caramelle?”
“Non
posso credere che tu me lo abbia chiesto. Per chi mi hai presa? Certo che
abbiamo delle caramelle. Abbiamo delle liquirizie, delle gommose alla frutta e
le mie preferite.”
“Quelle
al latte e caramello” concluse Hope per lei aprendo il vano porta oggetti e
prendendo una liquirizia per sé e una delle sue preferite per Allison. “Ci
vuole ancora molto?”
“Sei
stanca?”
“Un
po’.”
“Manca
più o meno un’ora ma se vuoi fermarti possiamo farlo.”
Hope
annuì, Allison si fermò alla prima stazione di servizio.
****
Le
due arrivarono a destinazione con mezz’ora di ritardo rispetto alla tabella di
marcia che Allison aveva comunicato ad Hayley. Fuori sul portico di quella
grande casa le aspettavano tutti. Allison fermò l’auto e si accorse che Hope
era girata verso di lei, quasi come se guardare avanti le facesse paura. La
capiva, anche lei a ruoli invertiti si sarebbe sentita allo stesso modo.
Decise
di darle i suoi tempi e con un discreto gesto della mano fermò Hayley che stava
avanzando piano. L’Ibrida si fermò, poi tornò indietro capendo. Allison invece
sorrise ad Hope piegando il capo per incontrare il suo sguardo.
“Hai
paura?” le domandò prendendole una mano. “A me puoi dirlo sai? Non c’è niente
di sbagliato in quello che senti in questo momento. Qualunque cosa sia.”
“Possiamo
rimanere in auto ancora un po’?”
“Certo
che possiamo. Possiamo rimanerci tutto il tempo che vuoi. Ho altre caramelle
sul sedile posteriore, nel caso ci venisse fame.”
Hope
respirò a fondo. “Ci stanno guardando?”
Allison
diede un rapido sguardo ai Mikaelson, infine tornò a guardare la bambina. “Sì,
ma voglio dire, puoi biasimarli? Siamo due splendide creature io e te,
toglierci gli occhi di dosso è veramente difficile.”
La
piccola rise e con la coda dell’occhio Allison vide che anche sul portico ridevano.
“Zia Allison” le disse. “E che succede se non gli piaccio?”
“Questo
è matematicamente impossibile. Tu sei Hope Mikaelson, piaci praticamente a
tutti. Ti adoreranno.”
“Credi?”
“Ne
sono sicura e sai perché?” Allison si slacciò la cintura e la aiutò a fare lo
stesso. Furono così libere di girarsi completamente per guardarsi meglio. “Sono
la tua famiglia e credimi mia bellissima Hope, nessuno mai ti amerà più di
quanto ti amano loro.”
“Mi
dici qualcosa su di loro? Come quando andiamo a cena fuori e facciamo il gioco
degli aggettivi dandone uno a tutte le persone che incontriamo.”
“Ottima
idea. Da chi vuoi iniziare?”
“Lo
zio Kol.”
Allison
si ritrovò in difficoltà per un attimo; non aveva mai avuto un vero e proprio
rapporto con Kol quindi le era difficile descriverlo, ma ci provò.
“Divertente.”
“Zia
Freya?”
“Coraggiosa.”
“Zio
Elijah?”
La
cacciatrice rimase per un attimo in silenzio, sentiva quegli occhi scuri
addosso. Anche se non si voltò a guardarlo sapeva che erano fermi su di lei.
“Zio Elijah è… leale.”
“Zia
Rebekah?”
“Questa
è facile, zia Rebekah è fuori di testa. Ma in senso buono.”
“Hey,
ti ho sentita.” Urlò la bionda Originale e sia Hope che Allison scoppiarono a
ridere.
“Rimane
tuo padre. Non ho un aggettivo per lui ma posso dirti che è il padre migliore
che potesse capitarti. Ti proteggerà a qualunque costo e ti amerà più di ogni
altra cosa. Tutti loro lo faranno; sempre e per sempre.”
Calò
il silenzio per un lungo istante, poi Hope si schiarì la voce. “Sono pronta a
scendere, ma voglio che tu mi faccia una promessa.”
“Qualunque
cosa.”
“Puoi
rimanere per un po’? C’è la mamma ma vorrei che rimanessi anche tu.”
Allison
le baciò una mano. “Certo che rimarrò. Me ne andrò solo quando tu ti sentirai
completamente a tuo agio e tranquilla. Non un minuto prima” si sorrisero e
intrecciarono i mignoli. “Giurin giurello.”
“Ti
voglio bene zia Allison.”
La
donna si piegò e le baciò la punta del naso, poi tutto il viso in cerchio
facendola ridere. “Anche io ti voglio bene. Vai ora.” Si mise dritta sul sedile
mentre Hope scendeva dall’auto. Tutti le sorrisero grati. Hayley le fece un
cenno col capo che lei ricambiò.
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Capitolo 2 *** -2- ***
-2-
Kol
non aveva ancora capito cosa ci fosse che non andava in quella cacciatrice che
i suoi fratelli chiamavano famiglia. Doveva ammettere che di fare parte
di quella famiglia in fondo però se lo era meritato; non si era mai tirata
indietro quando era stato necessario combattere, neppure se per aiutarli
rischiava la vita. Si era presa cura di Hope e aveva aiutato Hayley. Aveva
anche provato ad aiutare loro quando cinque anni prima erano stati costretti a
rifugiarsi in quel sonno magico per sopravvivere.
Non
avevano mai legato per davvero loro due ma d’altronde non ci avevano mai
davvero provato, più lui di lei ad essere del tutto onesti.
Quella
sera, quando l’aveva vista girata di spalle proprio di fronte al frigo si era
fermato ad osservarla; la postura di una persona diceva molto e in quel momento
lei gli era apparsa insicura. Era in quel preciso istante che aveva capito che
c’era qualcosa che non andava. Stava parlando al telefono ma la telefonata era
durata troppo poco perché potesse capire di cosa stesse parlando e con chi.
Non
volevo origliare aveva mentito quando lei lo aveva visto. Volevo
da bere ma tu te ne stavi lì in piedi di fronte al frigorifero e visto che
stavi parlando al telefono non ho voluto disturbarti.
La
donna si era scusata, poi aveva assunto un’espressione seria ed era corsa in
bagno. Kol l’aveva ascoltata vomitare per almeno venti minuti, poi l’aveva
raggiunta con una birra in mano e si era poggiato allo stipite della porta.
“Stai bene dolcezza?”
Lei
fece un grosso respiro e con difficoltà si alzò da terra e si sciacquò la bocca
con un sorso di collutorio. “Sto bene” annuì. “Grazie della premura.”
“Ti
serve un po’ di sangue?” le domandò ancora lui bevendo dalla bottiglia che
aveva in mano.
Allison
scosse il capo. “No. Mi serve solo che tu non lo dica ad Elijah. Si
preoccuperebbe inutilmente.”
Kol
si strinse nelle spalle. “Come vuoi” le disse sparendo lungo il corridoio. La
cacciatrice si prese un attimo e respirò a fondo, poi raggiunse la cucina dove
trovò Hope ad aspettare seduta sull’isola.
“Come
siamo carine” le disse sorridendole. “Stai per uscire?”
La
bambina ricambiò. “Io e papà andiamo a fare una passeggiata. Anche gli altri
verranno con noi. Anche tu” le disse. “Perché non sei ancora pronta?”
La
donna le sistemò una ciocca di capelli sfuggita all’elastico. “Io non verrò con
voi. Non mi sento molto bene e rovinerei la passeggiata a tutti.”
“Stai
male?” Hope allungò una mano e gliela poggiò sul viso.
“Solo
un po’ di mal di stomaco, credo di aver mangiato troppe caramelle” Allison fece
una smorfia. “Allora, che mi dici? Stai bene?”
La
sua interlocutrice rifletté per un attimo. “Sì, sono tutti molto simpatici e
voglio loro già un sacco di bene.”
“Sono
molto felice” Allison le baciò la fronte. “Posso tornare a casa tranquilla
allora.”
Hope
sembrò incupirsi, la abbracciò sporgendosi in avanti. “Non voglio che tu te ne
vada.”
La
cacciatrice le disegnò dei cerchi sulla schiena con la mano. “Rimarrò per
questa sera e se vorrai domani passeremo tutto il giorno insieme così verso
sera ti sarai stancata di me e ti mancherò di meno” cercò di tranquillizzarla.
Fu allora che incrociò lo sguardo di Klaus che le osservava da fuori la stanza.
Ben presto anche il resto della famiglia lo raggiunse; tutti emozionati e
pronti a passare del tempo insieme. “Vai a divertirti ora” le disse aiutandola
a scendere e rimettersi in piedi.
Hope
corse ad abbracciare suo padre, poi su sua indicazione lasciò casa con Hayley e
il resto della famiglia, tranne lui che raggiunse Allison e le sorrise.
“Grazie
Allison” le disse. “Non avevo ancora avuto l’occasione di dirtelo.”
“Per
cosa mi stai ringraziando esattamente?”
“Hayley
dice che tu sei stata parte integrante della vita di Hope in questi cinque
anni. Dice che l’hai protetta e amata e che le hai dato tutto quello che una
bambina può desiderare.”
“Ho
fatto quello che ogni zia fantastica avrebbe fatto” Allison si strinse nelle
spalle. “L’ho viziata fino a quando non sono diventata la sua preferita.”
Klaus
rise. “Beh, ci sei riuscita direi” le prese le mani. “Mia figlia è felice e
sana. È sveglia ed è bellissima e lo è solo grazie alle due donne straordinarie
che l’hanno cresciuta. Ho già ringraziato Hayley, ora ringrazio te.”
La
donna sorrise. “Non c’è di che. Godetevi la passeggiata, ve la meritate.”
L’Ibrido
la abbracciò, poi uscì di casa.
****
Elijah
fu incredibilmente sorpreso dall’interesse che Hope dimostrò per i libri non
appena misero messo piede in quello spazio al chiuso in cui era stata allestita
una grandissima fiera.
C’erano
giochi, c’erano carretti pieni di gelato e popcorn e caramelle eppure sua
nipote era andata dritta nello stand dei libri, trascinandosi dietro suo padre,
aveva preso un piccolo cestino e si era messa a cercare. L’Originale elegante
sorrise guardandola mentre prendeva una versione illustrata di Alice nel
Paese delle Meraviglie e la sistemava con cura vicino a Il mago di Oz. Per
quanto Hayley fosse una buona madre era del tutto certo che la sana abitudine
della lettura l’aveva presa da zia Allison.
“Ti
piace leggere a quanto pare” le disse dando una rapida occhiata ad Hayley che
con le sue sorelle mangiava un gelato seduta poco distante. Di Kol invece si
erano perse le tracce quando aveva incrociato una giovane mora dagli occhi
verdi che gli aveva sorriso. “Dai a me il cestino, si sta facendo pesante.”
Hope
gli sorrise porgendoglielo e con le mani libere afferrò una copia di Mody Dick.
“Moltissimo. Leggere è molto importante; dei bei visi si possono trovare
ovunque ma una bella mente è molto rara.”
Klaus
scambiò un’occhiata con Elijah poi ridacchiò. “Da chi l’hai imparato?”
“Dalla
zia Allison. Quando siamo insieme leggiamo molto. Ci mettiamo sul divano e
leggiamo fino a sentirci stanche.”
Elijah
sorrise. “La zia Allison ti ha insegnato molte cose vero?”
Hope
annuì. “Sì, anche la mamma. Mi hanno insegnato entrambe tante cose importanti”
sospirò e Klaus si piegò sulle ginocchia per guardarla.
“Non
ti stai divertendo?” le chiese.
“Sì,
moltissimo. Ma mi dispiace che zia Allison non sia qui. Ha detto di avere mal
di stomaco ma io pensavo che sarebbe catino se le portassimo un gelato. Il suo
gusto preferito è…”
“Menta
e cioccolato” finì Elijah per lei e le sorrise quando lo guardò. “Conosco molto
bene la zia Allison.”
“Lo
so” la piccola scelse un altro libro.
****
Allison
era seduta su una poltrona a lato del camino quando gli altri rientrarono dalla
passeggiata. Hope corse da lei non appena misero piede in casa. Le porse la
coppa di gelato che le avevano comprato e le sorrise. “Ti senti meglio?”
La
donna sorrise. “Ho una coppa gigante di gelato menta e cioccolato in mano.
Certo che mi sento meglio” le disse. “Ti sei divertita?” le domandò mentre gli
altri prendevano posto sui divani.
“Moltissimo.
Ho comprato tantissimi libri, così potremo leggere domani.”
“Ah
ottima idea!” esclamò Allison dandole il cinque. “Possiamo iniziare anche
stasera se vuoi.”
“Dopo
che ti sarai preparata per la notte” intervenne Hayley.
Hope
la guardò quasi implorante. “Non posso farlo tra un po’?”
“No,
sono già le dieci quasi. Dovresti essere a letto da un pezzo.”
La
bambina si strinse nelle spalle e lasciò la stanza. Allison invece si mise più
dritta sulla poltrona e si schiarì la voce. Le faceva male praticamente tutto,
quel senso di nausea la stava uccidendo.
“Stai
bene?” le domandò Hayley guardandola. “Sei pallida.”
Kol
corrugò la fronte. “Sembra che tu stia per vomitare di nuovo.”
Elijah
lo guardò per un istante prima di guardare Allison. “Di nuovo?”
“Oops,
non avrei dovuto dirtelo” rispose Kol.
La
cacciatrice scosse il capo. “Sai Kol, mi sono appena ricordata perché non mi
sei mai piaciuto. Sei un idiota.”
Rebekah
annuì. “Sai che novità.”
“Allison”
le chiese Freya. “Che succede?”
L’altra
si mise in piedi, poggiò il gelato sul tavolino e sorrise ripiegando la coperta
con cui si era avvolta. “Sto bene, sono solo stanca e probabilmente ho
l’influenza. Niente che una buona dormita non possa sistemare” spiegò. “Vado a
dire ad Hope che la lettura è rimandata a domani. Buonanotte.”
Sparì
fuori dal soggiorno ma lo sguardo di Elijah rimase fermo sulla porta dalla
quale era uscita per alcuni istanti ancora.
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Capitolo 3 *** -3- ***
-3-
“Ci
servono del cioccolato fondente, della farina, delle nocciole, dello zucchero,
delle uova, del burro e della vaniglia.”
Allison
sistemò tutti gli ingredienti sul tavolo e annuì cercando una ciotola. “Abbiamo
tutto, ora ci serve solo una ciotola. E delle fruste.”
“Pensile
in alto a destra per la ciotola, secondo cassetto sotto il lavabo per le
fruste” Hope si mise a sedere sull’isola, dove le piaceva stare spesso, durante
la preparazione di pranzo e cena o anche semplicemente durante i momenti di
relax. “Quindi oggi ti senti meglio?”
La
donna le sorrise. “Sì, sto bene. Non devi preoccuparti per me, lo sai vero?”
“Ma
tu sei la mia famiglia, come la mamma, come papà e gli zii. E per la propria
famiglia ci si preoccupa, giusto?”
La
cacciatrice versò un altro po’ di farina e sospirò pensando che quelle parole
le erano familiari. “Hai sentito zio Elijah dirlo non è vero?”
“Sì,
è preoccupato per te. L’ho sentito parlare con la mamma prima” la bimba si
guardò intorno, poi tornò a guardare Allison. “Posso farti una domanda?”
“Se
vuoi chiedermi se possiamo mangiare un po’ di questa buonissima cioccolata la
risposta è sì” le disse porgendogliene un quadretto.
Hope
la prese ridacchiando. “Grazie, ma volevo chiederti un’altra cosa. A te piace
lo zio Elijah? Intendo come… come più di un amico.”
“Intendi come a Leonard piace Penny in The Big Bang
Theory?”
“Esatto.”
“Ti
dirò la verità perchè è quello che ci siamo promesse; dirci sempre la verità. Io
e lo zio Elijah ci siamo piaciuti come Penny e Leonard per un lungo tempo”
Allison mescolò energicamente, poi le chiese di passarle la teglia. “Ma non più
adesso.”
“Perché
no?”
“Beh
perché a volte l’amore si trasforma” provò a spiegarle l’altra. “Io e lo zio
Elijah ci vogliamo ancora molto bene, solo in modo diverso.”
“E
lui e la mamma?”
Allison
si strinse nelle spalle. “Dovresti chiederlo a tua madre ma una cosa posso
dirtela per certo; tuo zio Elijah è l’uomo più buono e amorevole che potrai mai
incontrare. Quindi qualunque sia il modo in cui lui e tua madre si vogliono
bene, lei è molto fortunata.”
Hope
sorrise, poi le porse il cellulare che squillava. Allison le diede un bacio
sulla guancia scusandosi mentre si allontanava per rispondere. Non si accorse
di Elijah fuori dalla cucina.
****
“Hey”
Allison fece capolino con la testa nella camera e sorrise ad Hayley. “Posso
parlarti un attimo?”
“Entra
pure.”
L’altra
si accorse solo in quel momento che la sua amica indossava la camicia di
Elijah; i polsini sbottonati, l’aria rilassata, i capelli lucenti che le
ricadevano sulle spalle. Con un mezzo sorriso ricordò quando era lei ad
indossare le camicie dell’Originale dopo che si erano stretti ed amati. In
particolare le tornò in mente un momento. Un momento di grande amore e grande
dolore.
“Stai
bene?”
Elijah
si mise a sedere su una sedia accanto a lei dopo averle baciato il capo e le
spostò dal viso una ciocca di capelli sorridendo guardandola. “Le mie camicie
stanno più bene a te che a me.”
Lei
sorrise ma era chiaro che qualcosa non andasse. Infatti quando si voltò a
guardarlo, l’Originale si accorse che i suoi begli occhi nocciola erano colmi
di lacrime.
“Cosa
c’è che non va?” le chiese accarezzandole una guancia.
“Devo
dirti una cosa” sussurrò lei, le mani tremanti si sollevarono per
poggiarsi sulla sua. “E avrei dovuto farlo già da parecchio tempo, ma con tutto
quello che è successo io… non sono riuscita a farlo.”
“Ti
ascolto amore mio” le disse lui cercando i suoi occhi per rassicurarla, per
calmare quell’ansia che sentiva nella sua voce.
Lei
deglutì a vuoto, poi fece un grosso respiro e si mise in piedi passandosi una
mano tra i capelli. “Quando stavo male, quando io e Jonas siamo rimasti da soli
mentre tu ti occupavi di Tristan… lui mi ha detto qualcosa. Qualcosa in merito
alla profezia su di te, Klaus e Rebekah.”
Elijah
corrugò la fronte, e dopo qualche secondo si alzò e la raggiunse afferrandola
delicatamente per le spalle da dietro, avvolgendola con dolcezza. Quasi fosse
un invito a continuare.
“Disse
che qualche tempo prima la Strige lo aveva contattato e lo aveva assunto per
occuparsi di una faccenda. In cambio gli offrirono protezione e visto che
aveva parecchi nemici lui accettò. Ma quando scoprì che la faccenda di cui
avrebbe dovuto occuparsi in qualche modo coinvolgeva me, si era tirato indietro
e per questo Tristan aveva iniziato a dargli la caccia” raccontò Allison. “Mi
ha detto di sapere chi sarà il responsabile della vostra fine Elijah, mi ha
detto che…”
“Lo
so” la interruppe lui stringendola poco più forte. “So ogni cosa.”
Lei
si girò rimanendo però nelle sue braccia e lo fissò confusa. “Lo sai? Cosa
sai?”
“Che
sei tu… la grande minaccia per la mia famiglia.” Elijah le accarezzò dolcemente
la schiena. Poi continuò. “Lucien me lo ha detto e mi ha detto anche altro.”
“Cosa?”
“Non
ha importanza, perché a me non importa assolutamente nulla di quella dannata
profezia.”
“Come
può non importarti?” chiese lei allontanandosi poco, dandogli di nuovo le
spalle anche se solo per un secondo.
“Non
mi importa perché so che tu non faresti mai del male a nessuno di noi.”
“E
questo basta a farti stare tranquillo?” chiese lei guardandolo. “Perché io non
sono affatto tranquilla.”
“Allison,
io ti amo e tu ami me. Sei praticamente l’unica persona al mondo che chiama mio
fratello Klaus amico, che gli vuol bene nonostante tutte le cose terribili che
ha fatto. E adori Rebekah… non ci faresti mai del male e lo sai.”
“No,
certo che non vi farei mai del male, non volontariamente. Ma che succede se
trovano il modo di manipolarmi? Di farmi fare anche quello che non voglio
fare?”
“Io
mi fido di te!” esclamò lui avvicinandosi per prenderle il viso tra le mani.
“E
che succederà quando lo diremo a Klaus? Credi che anche lui si fiderà di me
Elijah?”
“Non
deve saperlo per forza… Sai com’è fatto Niklaus, se glielo diciamo diventerà
paranoico, smetterà di fidarsi di te e…”
“Mi
ucciderà?” finì Allison per lui. “Se non glielo diremo noi lo farà Lucien
presto o tardi, come ha fatto con te. E allora si sentirà davvero tradito e sì,
mi ucciderà.”
Seguì
un minuto di lungo silenzio, poi Allison parlò di nuovo.
“Credo
che la cosa migliore da fare sia che io me ne vada,” disse facendo un grosso
respiro, vedendo gli occhi del suo bel fidanzato colorarsi di smarrimento. “Per
un po’ almeno. Questo maledetto anno sta per finire, e quando sarà finito
tornerò e finalmente ci sposeremo e saremo felici.”
“No”
Elijah scosse il capo. “È assurdo, non voglio che tu te ne vada.”
“E
credi che io voglia? Mi sento… morire al solo pensiero di starti lontana ma è
la cosa migliore da fare. Devi fidarti di me Elijah… me ne andrò e tu
racconterai tutto a Klaus in modo che non si senta tradito o ingannato
venendolo a sapere da altri. E quando questi mesi saranno trascorsi ci
prenderemo la felicità che ci spetta, tu ed io.”
“Allison…”
Lei
lo zittì con un bacio.
“Allison”
la richiamò al presente Hayley. “Stai bene?”
Lei
annuì. “Sì, non mi tratterrò molto, non voglio…” le parole le morirono in bocca
quando Elijah venne fuori dal bagno a petto nudo e con i capelli ancora umidi e
le riservò un sorriso un po’ imbarazzato. “Ho solo bisogno di una tua firma su
questi documenti” cercò di riprendere il filo del discorso guardando la sua
amica.
L’altra
si schiarì la voce notando qualcosa che avrebbe preferito non notare. “Cosa
sono?”
“Dei
documenti che devo restituire al mio avvocato e che riguardano qualcosa che
voglio fare per Hope. Un piccolo investimento per il suo futuro.”
“Allison”
Hayley scosse il capo. “Hai già fatto troppo per il futuro di Hope.”
“La
vita costa Hayley, fra dieci anni, quando sarà pronta ad andare al college, per
esempio, i prezzi saranno alle stelle ed io voglio essere certa che possa
permettersi un bell’appartamento e tutto quello che le servirà per studiare.”
“Credo
che con i duecentomila dollari che lei hai già donato potrà fare tutto questo e
molto di più” l’Ibrida piegò poco il capo. “Ma so che non cederai fin quando
non firmerò quindi dammi questi fogli, ma promettimi che è l’ultima volta.”
Allison
sorrise porgendole una penna. “Ecco la penna.”
“Ah”
intervenne Elijah che nel frattempo aveva indossato una camicia e si era
sistemato i capelli. “Non dovresti firmare senza sapere cosa stai firmando.”
La
cacciatrice si voltò a guardarlo e gli si avvicinò. Con le mani afferrò la sua
cravatta ed iniziò ad annodarla. “Credi che le farei firmare qualcosa che possa
danneggiare Hope?” domandò stringendo ben bene.
Lui scosse il capo guardando il nodo della
cravatta; un Windsor, il suo preferito… Sorrise appena. “No, questo mai. Ma
sappiamo tutti che la tua generosità a volte è davvero… spropositata.
Oltretutto sembra che tu stia nascondendo qualcosa e, chiamami paranoico se
vuoi, ma ti conosco abbastanza bene da sapere che le due cose potrebbero essere
collegate” le disse. “Sto solo suggerendo ad Hayley di leggere prima di
firmare. Tu meglio di me dovresti sapere che è così che si fa.”
Hayley
si alzò in piedi e le si mise davanti, di fianco ad Elijah. “Perché a pagina
tre di questi fogli c’è scritto testamento?”
Allison
sentì la nausea stringerle lo stomaco come una morsa. Le stava capitando sempre
più spesso e con una violenza che le rendeva impossibile ignorarla.
“Il
tuo naso sta sanguinando” le disse Elijah prendendo il fazzoletto nel suo
taschino. “Che cos’hai che non va?”
Lei
non rispose, corse in bagno e vomitò esattamente come aveva fatto la mattina
precedente. Hayley si piegò sulle ginocchia per tenerle indietro i capelli.
“Scotta”
disse ad Elijah che la guardava preoccupato. “Allison, che ti sta succedendo?”
L’altra
provò a respirare a fondo. “Chiamate anche gli altri, perché lo dirò una volta
soltanto.” Dieci minuti dopo erano tutti seduti in soggiorno. Tutti tranne Hope
che, per fortuna, dormiva.
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Capitolo 4 *** -4- ***
-4-
Hayley
aiutò Allison a sedersi su una sedia e le si mise poco di lato mentre lei si
passava una mano tra i capelli alla ricerca delle parole giuste. Non aveva
previsto di dover dire loro cosa stesse succedendo, il suo piano era di
andarsene prima che fosse necessario farlo ma visto che stava peggiorando così
rapidamente purtroppo non aveva altra scelta.
Mentire
non era un’opzione, debole com’era ad uno qualsiasi di loro sarebbe bastato
toccarla per avere accesso a tutti i pensieri che le passavano per la testa in
quel momento; tutti i segreti, tutte le verità. E poi, lei ed Hayley avevano
fatto un patto cinque anni prima, quando si erano ritrovate sole contro tutti,
sole con il compito di salvare la famiglia Originale. L’avevano fatto, tra alti
e bassi, tra litigi e sorrisi ma mai si erano mentite. Iniziare ora non le
sembrava il caso.
“Grazie”
disse ad Elijah quando lui le porse un bicchiere d’acqua con un sorriso. Non
bevve neppure un sorso però, perché aveva la sensazione che qualunque cosa
avesse ingerito avrebbe finito per vomitarla.
“Che
succede?” domandò Freya confusa guardando Elijah, poi Allison. Lo sguardo di
suo fratello così pieno di preoccupazione che pensò si sarebbe messo a
piangere. C’era qualcosa di incompiuto tra lui e la cacciatrice, era evidente ed
era chiaro che doveva essere affrontato. La strega sperava che un confronto
avrebbe portato ad una rappacificazione. Voleva bene ad Hayley, come ad una
sorella, ma Allison… era la donna giusta per Elijah se lo avessero chiesto a
lei. Inoltre, se le avessero chiesto cosa ne pensava, avrebbe detto che secondo
lei si amavano ancora terribilmente.
“Ho
mentito” parlò Allison mettendosi quanto più dritta poteva sulla sedia,
lasciando cadere il capo all’indietro perché era l’unica posizione in cui, in
quel momento non sentiva dolore. Elijah le si mise dietro, la testa sudata
della cacciatrice si poggiò sul suo stomaco rimanendo dritta a sufficienza. Lei
abbozzò un sorriso, poi fece un grosso respiro. Si sentiva andare a fuoco e
quella sensazione era nuova. “Quando ho detto che avevo solo l’influenza, ho
mentito.”
“Questo
mi pare piuttosto ovvio” le disse Rebekah. “Hai un aspetto terribile.”
“Grazie”
provò a scherzare Allison, ma chiuse gli occhi tremando di dolore.
“Che
cos’hai davvero?” le chiese Hayley prendendole una mano. “E dimmi la verità,
l’abbiamo promesso, ricordi?”
L’altra
annuì. “Ho il cancro” disse e calò il silenzio assoluto mentre la presa
dell’Ibrida intorno alla sua mano si faceva dapprima più stretta poi poco più
lenta. Più di ogni cosa però Allison sentì il corpo di Elijah, sul quale la sua
testa era poggiata, irrigidirsi. “Per essere precisi, una rara e aggressiva
forma di leucemia. Mi rimane molto poco; qualche giorno prima che venissi qui
con Hope, il dottore ha detto due mesi al massimo, ma considerando che sto
peggiorando ogni giorno di più io direi che è stato fin troppo generoso.”
“Oh
mio Dio” mormorò Freya alzandosi e dandole le spalle per un attimo. Per non
farle vedere che stava piangendo.
“Non
devi nascondere le tue lacrime Freya” Allison si alzò piano, senza lasciare la
mano di Hayley. “Nessuno di voi deve nascondere nulla. Se volete piangere va
bene, se volete rimanere in silenzio va bene” disse indicando Klaus. “Se volete
urlare di rabbia anche” stavolta indicò Rebekah. Infine guardò Kol. “E se non
ve ne importa assolutamente nulla va bene comunque.”
Kol
scosse il capo. “Mi dispiace, che tu ci creda o no. Se ti dessimo un po’ del
nostro sangue forse potremmo aiutarti.”
“No,
peggioreremmo solo la situazione. Mi farebbe stare meglio sì, ma solo
temporaneamente. Con il vostro sangue in circolo le cellule cancerogene si
moltiplicherebbero più velocemente e finirei per stare peggio, dopo poco.”
Rebekah
respirò a fondo. “E cosa possiamo fare allora?”
“Niente.
Avrò dei giorni buoni e dei giorni terribili come in questo momento. Non c’è
niente che possiate fare e niente che io voglio che voi proviate a fare.” La
donna deglutì a vuoto, con un sorriso allungò la mano e asciugò il viso di
Hayley, poi le lasciò la mano e si voltò verso Elijah. Lui fissava il
pavimento, il corpo scosso da un tremito leggero e costante. Sapeva esattamente
la tempesta che era esplosa nella sua testa nel momento in cui aveva detto loro
la verità. Lo sapeva perché un tempo era compito suo placare quei tormenti, ora
non più.
“Qualunque
cosa proviate, non tenetevela dentro o vi logorerà” disse ancora, piano.
“Elijah” sussurrò. Ma lui non la guardò nemmeno. Senza alzare lo sguardo si
allontanò e uscì di casa.
“Ci
penso io, tra un attimo.” disse Hayley.
“Non
parlerà con nessuno” la cacciatrice scosse il capo. “Non in questo momento.
Lasciagli un po’ di tempo.”
“Allison”
le disse lei prendendola piano per le spalle. “Deve esserci qualcosa che i
medici possono fare. Una qualche terapia magari.”
“Solo
cure palliative. Hayley” si sforzò di parlare ancora facendo cenno a Klaus di
avvicinarsi e lui lo fece. “Vorrei passare il tempo che mi rimane con Hope, se
per voi va bene.”
L’Ibrido
originale le prese una mano. “Non devi neppure chiederlo.”
“Le
spiegherò io cosa sta succedendo, per prepararla nel caso dovesse assistere ad
uno di questi episodi” Allison fece un grosso respiro. “Ora vorrei riposare se
nessuno di voi ha altre domande.”
Rimasero
tutti in silenzio, infine Kol si alzò. “Ti accompagno” le disse sorprendendo
tutti. Con un gesto delicato la prese in braccio e per quanto volesse fare
qualcosa, Allison non riuscì a far nulla se non chiudere gli occhi.
****
La
festa si era rivelata essere un vero successo, molte persone avevano deciso di
partecipare; alcuni invitati, altri semplicemente turisti curiosi. Tra le varie
fazioni si respirava un certo nervosismo con i vampiri che sostenevano di non
volersi piegare a nessuno, i lupi che pretendevano la stessa cosa, gli umani
che cercavano, sgomitando, di guadagnarsi un posto in alto in quella crudele
gerarchia di esseri. Elijah era rimasto per ore all’entrata della villa ad
accogliere gli ospiti, si era spostato per accompagnare Hayley dentro e poi era
ritornato fuori coltivando ancora un briciolo di speranza… speranza che Allison
avesse cambiato idea, speranza che sarebbe arrivata davvero bellissima in un
vestito elegante, speranza che avrebbe potuto stringerla per una danza come era
successo la prima volta che si erano incontrati.
Ma
il tempo correva e di lei neppure l’ombra. Pensò che era da sciocchi stare
ancora lì fuori a fissare la strada, con molta probabilità non sarebbe
arrivata. Meglio entrare e farla finita; Allison era lì di passaggio anche se
ogni volta lui sperava che fosse per qualcosa in più, anche se non glielo aveva
mai detto. “È stato bello rivederti” mormorò al vento.
E
fu allora che Allison arrivò con passo sicuro sui tacchi, fasciata da un
vestito che le stava d’incanto.
“Sono
in ritardo?” gli chiese con un sorriso quando gli fu vicina.
Lui
scosse il capo. “Non di molto. Ma in fondo, ha importanza?”
“No,
non ne ha” la donna fece un respiro profondo. “Sono ancora come mi ricordavi
chiusa in un vestito elegante?”
“Sei
molto di più di quanto ricordassi” ammise Elijah porgendole la mano. “Francesca
Guerrera sarà molto infastidita.”
La
sua interlocutrice lo guardò per un istante, poi scoppiò a ridere, infine lo
baciò stringendosi a lui. Elijah ricambiò con trasporto.
Elijah
lasciò cadere qualche lacrima, incapace di trattenerle ancora. Non sapeva
nemmeno quanto tempo fosse passato da quando era uscito di casa, tutto quello
che sapeva era che ne era uscito perché pensava che fuori sarebbe stato capace
di respirare meglio e invece aveva ancora addosso quella sensazione di star
soffocando. Si passò una mano sul viso, poi la fece salire tra i capelli,
infine si allentò la cravatta, quel perfetto nodo Windsor che proprio Allison
gli aveva fatto come faceva spesso quando non potevano fare a meno l’uno
dell’altra.
“Ti
dispiace se mi siedo un po’ qui a farti compagnia?”
Il
maggiore dei Mikaelson fece un grosso respiro. “Non ho voglia di parlare
Niklaus” disse a suo fratello. “Quindi se ti sta bene startene seduto qui in
silenzio allora siediti pure, altrimenti…”
“Mi
dispiace fratello” gli disse Klaus dandogli una pacca sulla spalla. “È tutto
quello che ho da dire.”
Rimase
fermo in piedi, la mano ferma sulla sua spalla ed Elijah pensò che non lo
accettava. Non era giusto. Scoppiò in lacrime e la stretta di Niklaus si fece
più forte.
****
Allison
fu sorpresa di vedere Elijah seduto accanto a lei sul letto quando il dolore
l’aveva svegliata. Sorpresa ma felice. Il bell’Originale aveva l’aria stanca,
gli occhi rossi e gonfi indicavano che aveva pianto, per lei. Se ne stava lì a
guardarla in silenzio ma il suo sguardo sapeva parlare più di mille parole. Tra
loro due in fondo era sempre stato così.
Piano
allungò la mano e gli accarezzò il viso. “Non si può mai stare un attimo in
pace con me intorno, vero?” abbozzò un sorriso.
Anche
il vampiro ne accennò uno e con delicatezza le prese la mano e ne baciò il
palmo. “Come ti senti?”
“Meglio
adesso che sei qui.”
Elijah
si piegò e con dolcezza le baciò le labbra.
La
donna si svegliò di colpo, i dolori erano finalmente diminuiti ma si sentiva
ancora febbricitante e stordita. Una rapida occhiata alla stanza le fece notare
che non era sola; Hayley, Freya e Rebekah dormivano scomodamente rannicchiate
su tre poltroncine. Le venne da piangere ma portarsi la mano la bocca fu
inutile. Si era tenuta così tanta paura dentro per così tanto tempo che i
singhiozzi nacquero violenti e finirono con lo svegliare le sue amiche. Hayley
fu la prima a raggiungerla sul letto, Freya e Rebekah arrivarono subito dopo
per stringerla tutte e tre in un abbraccio.
|
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Capitolo 5 *** -5- ***
-5-
“Cos’è
quello?” Hope si alzò e si mise di lato ad Allison guardando con aria perplessa
il disegno che la donna aveva abbozzato a matita su un foglio bianco.
“È
un cane!” esclamò l’altra. “Non è forse ovvio?”
“Un
cane?” La bambina scoppiò a ridere, con quella risata argentina che aveva preso
da Hayley, non di certo da Klaus. Prese il foglio e lo mostrò a suo padre che
disegnava stando seduto dall’altra parte del tavolo. “Papà diglielo anche tu
che questo non è un cane.”
L’Ibrido
osservò lo schizzo per un attimo, poi si piegò poco avanti come per guardare
meglio. “Se lo è devo dire che è il più brutto che io abbia mai visto.”
Allison
bevve un sorso dalla sua tazza. “Grazie Klaus, sei gentilissimo come sempre.”
Sia
lui che Hope risero ed Allison finì per seguirli fin quando non calò di nuovo
il silenzio e lei si perse nella vista dei visi concentrati dei due Mikaelson.
Non potè fare a meno di notare quanto si somigliassero, gli occhi chiari
lanciavano sguardi fugaci ad uno quando l’altra non guardava, le mani correvano
veloci e sicure sul foglio e tutte le fantasie prendevano vita. Allison era
felice che Hope avesse preso quel talento da Klaus, avere tanta passione per
qualcosa le sarebbe stato utile crescendo, soprattutto nei momenti in cui
avrebbe imparato quanto il mondo può essere crudele.
Allison
sperava non sarebbe mai successo ma sapeva che invece era una specie di
passaggio obbligatorio per ognuno, inclusa la piccola a cui voleva un gran bene.
“Come
vi siete conosciuti tu e papà?” chiese di improvviso proprio lei.
La
cacciatrice fece un grosso respiro e scambiò una rapida occhiata con Klaus. “Ho
aiutato tuo padre durante un momento difficile. Diciamo pure che se non fosse
stato per me si sarebbe ritrovato in un mare di guai.”
“Ah!”
l’Ibrido ridacchiò. “Non è così che ricordo la storia.”
“Cerca
di ricordare meglio” gli sorrise sardonica Allison. “Trovavo tuo padre molto
antipatico all’inizio e credo che il sentimento fosse reciproco.”
La
bambina guardò suo padre. “Anche tu la trovavi antipatica?”
“Ancora
adesso a dire il vero” disse lui in tono scherzoso.
Hope
sorrise e bevve un sorso di succo d’arancia, infine tornò a disegnare ma non
smise di fare domande. “E come hai conosciuto tutti gli altri?” chiese ad Allison
guardandola con gli occhi pieni di attesa.
“C’era
una festa e ci sono andata. C’erano tutti, o quasi… tuo padre, lo zio Kol, la
zia Rebekah, lo zio Elijah. È così che ho conosciuto loro, la mamma e la zia
Freya invece le ho conosciute qualche anno dopo. Sono andata a trovare lo zio
Elijah e le ho incontrate.”
Di
nuovo silenzio, ma solo per un attimo. Hope parlò di nuovo. “Chi è Marcus
Capp?”
Allison
corrugò la fronte. “È il mio avvocato… Perché mi chiedi di lui?”
La
bambina le passò il telefono. “Ti sta telefonando.”
La
cacciatrice rise prima di rispondere. “Marcus, cosa posso fare per te?” gli
disse portandosi il telefono all’orecchio e scusandosi con Klaus ed Hope mentre
si allontanava. Passando di fronte alla veranda vide Hayley ed Elijah, sorrise
loro ma l’Originale fece quello che faceva da quando aveva confessato la sua
malattia; distolse lo sguardo.
“Quei
documenti che mi hai chiesto sono pronti ma visto che devo partire per l’Europa
ho bisogno che tu me li firmi entro oggi.”
“Va
bene, mandameli via email e te li rimanderò indietro appena frmati.”
“No,
ho bisogno che siano firme originali Ally.”
“Io
non posso venire a Los Angeles in questo momento Marcus. Che ne dici se dopo
averli firmati te li rispedisco con una raccomandata?”
“Così
le poste li perderanno? No grazie” l’uomo si schiarì la voce. “Vengo
io da te, anzi sono già in Kentucky. Mandami via sms l’indirizzo esatto e
tieniti pronta per le otto; ti porterò a cena e firmeremo tutto quello che c’è
da firmare davanti ad un buon bicchiere di vino.”
“Scommetto
che questa cena verrà caricata sulla parcella che mi farai avere una volta
tornato a Los Angeles.”
“Ovviamente” Marcus
rise. “Sono arrivato ora in hotel comunque, attendo il tuo sms e nel
frattempo credo che mi farò un pisolino. A stasera.”
“A
stasera.” Allison riattaccò e mandò subito il messaggio prima di scordarsene.
****
Stasera
vorrei portarti a cena le aveva detto. Ed Allison aveva accettato con
piacere. Le aveva fatto capire che gli sarebbe piaciuto vederla chiusa in un
bel vestito elegante e lei lo aveva accontentato.
Era
uscita e si era comprata quel vestito beige che la faceva sentire una signora
per bene e allo stesso tempo una femme fatale e si era accorta che mai per
nessun uomo aveva fatto quello che stava facendo per Elijah Mikaelson, non con
quell’entusiasmo da ragazzina.
L’Originale
le aveva dato appuntamento alle otto in punto in un bellissimo ristorante che
stava al centro della città, al secondo piano di un palazzo meraviglioso e di
nuova costruzione. Allison aveva pensato che fosse strano che non si fosse
offerto di andarla a prendere, ma aveva preso la sua auto e si era diretta al
posto stabilito.
Era
salita su un ascensore tanto nuovo quanto lussuoso e una volta raggiunto il
piano le porte si erano aperte direttamente sulla sala.
Era
vuota, eccetto per Elijah che la aspettava in piedi vicino ad un tavolo a
ridosso della vetrata con vista su un bellissimo parco. Quando la vide la
raggiunse sorridendole dolcemente col suo completo blu addosso.
“Sei
puntualissima” le sussurrò porgendole la mano. “E bella da togliere il fiato.”
Lei
sorrise spostandosi una ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio, quelle
fossette sulle guance comparvero quasi prepotenti ed Elijah notò che quella
destra era più profonda dell’altra.
“Anche
tu non sei niente male” gli disse lei afferrando la sua mano. “Ho solo una
domanda.”
“Cosa?”
“Perché
la sala è vuota?”
“Perché
ho voluto che fosse solo per noi” le spiegò il vampiro accompagnandola al
tavolo e facendola sedere, prendendo poi posto all’altro capo dello stesso.
Allison
annuì, poggiò la borsa per terra e poi si alzò. Spostò la sedia sul lato del
tavolo e gli si avvicinò. Con le mani prese a slegargli la cravatta e una volta
snodata la tirò via e la ripiegò ben bene per poi poggiarla sul tavolo.
“Così
va meglio” gli sussurrò. “E dopo cena avrò una cosa in meno da toglierti quando
mi riporterai a casa per il dessert.” Gli fece l’occhiolino
ridacchiando ed Elijah la seguì a ruota. Pensò che lasciare Los Angeles,
lasciare lei sarebbe stato complicato.
“Oh
là là” mormorò Freya ed Elijah venne trascinato fuori dai suoi pensieri, lì
sulla poltrona accanto al camino. “Stai benissimo, molto sofisticata.”
“Zia
Allison” le disse Hope prendendole una mano e facendole fare una mezza
giravolta. “Sei molto bella con questo vestito. Il blu ti dona.”
Allison
sorrise facendo un grosso respiro. “Grazie tesoro” volse lo sguardo a Freya.
“Grazie anche te.” Dietro la maggiore dei Mikaelson se ne stava Elijah, la guardava
con gli occhi pieni di tutto e stavolta fu lei a distogliere lo sguardo
poggiandolo di nuovo sulla bambina. “Nel caso non dovessi tornare prima che tu
vada a dormire, ricordi a che pagina del nostro libro siamo arrivati?”
“Centosessanta”
confermò Hope con un gesto del capo. “Spero che arriverai in tempo però.”
“Lo
spero anche io ma sai come sono gli avvocati no? Gente logorroica; parlano
parlano parlano…”
“Sì,
lo so” disse lei facendo un gesto con la mano per poi scoppiare a ridere. “Mi
porterai una fetta di torta?”
“Ovviamente”
Allison tese il mignolo abbassandosi poco per guardarla meglio negli occhi. “Ma
devi giurarmi che la mangeremo insieme, tu ed io.”
“Giurin
giurello.”
Suonarono
il campanello ed Allison recupererò la sua borsa sorridendo ad Hayley mentre
Rebekah andava ad aprire. “Allison!” le urlò. “È il tuo incredibilmente sexy
avvocato.”
Hayley
e Freya scoppiarono a ridere, la cacciatrice invece chiuse gli occhi e scosse
poco il capo. “Sarà meglio che vada, prima che lo faccia morire di imbarazzo.”
“Divertiti!”
esclamò l’Ibrida dandole un bacio sulla guancia. “E se il tuo… avvocato vuole
restare dopo la cena, può tranquillamente farlo” le disse maliziosa.
Allison
rise. “Non credo accadrà ma nel caso dovesse succedere, ti ringrazio” diede un bacio
sulla fronte ad Hope sporcandola di rossetto. “Buona cena mia piccola peintre,
e buonanotte se ti addormenterai prima del mio ritorno.” La piccola le mandò un
bacio con la mano, abbracciò sua madre mentre zia Allison usciva.
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Capitolo 6 *** -6- ***
-6-
“Quindi
lei flirta con me per tutta la sera, alla fine decido: le offro un drink”
Marcus bevve un sorso di vino prima di continuare. “Ma uno tira l’altro e dopo
tre Margarita e due birre finiamo a casa mia. Ti risparmierò i dettagli perché
credo che tu possa immaginarli.”
Allison
ridacchiò. “Decisamente.”
“Il
mattino dopo avevo i postumi di una sbornia, ma quando ho aperto gli occhi lei
se ne era già andata. Avevo questo incontro importantissimo quel giorno; si
trattava di un divorzio, non era neppure un mio caso, era di Jeff ma lui aveva
appena subito un intervento e mi aveva chiesto di sostituirlo. Tutto quello che
sapevo di questa coppia era che lui era un riccone, lei una cacciatrice di dote
molto più giovane del marito. Non sapevo neppure che facce avessero così arrivo
in ufficio e incontro il mio temporaneo cliente, facciamo quattro chiacchere e
mi racconta un po’ della sua frustrazione. Lo ascolto ma prego che la moglie
arrivi presto e che tutto si risolva ancora prima perché ho altre cose da fare.”
“E
hai i postumi di una sbornia e di una notte di sesso selvaggio” puntualizzò la
donna.
Marcus
rise. “Sì anche quello, è vero. Ad ogni modo la moglie arriva insieme al suo
avvocato, alzo gli occhi e la vedo. Era la donna della notte prima.”
“No!”
esclamò Allison sgranando gli occhi. “Stai scherzando vero?”
“Vorrei,
ma purtroppo sono serio.”
La
donna si trattenne per un secondo, poi scoppiò a ridere e si accorse che non lo
faceva da tanto, troppo tempo. Rise di gusto e realizzò che l’ultima volta che lo
aveva fatto era stato quando ancora lei ed Elijah erano una coppia. Quando
ancora, come avrebbe detto Hope, si piacevano come Leonard e Penny.
“Oh
mio Dio” disse a Marcus quando riprese fiato. “Grazie Marcus, per avermi fatto
ridere di gusto. Non lo facevo da troppo tempo.”
“Peccato”
mormorò lui versandole altro vino. “Perché sei bella da mozzare il fiato quando
ridi.” Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche secondo poi Marcus si
schiarì la voce. “E tu, hai qualche storia imbarazzante?”
“Moltissime”
lei mangiò un boccone di carne. “Vuoi che te ne racconti qualcuna?”
“Tu
che ne dici? Storie imbarazzanti della mia perfettissima cliente.”
Allison
sembrò pensarci per un istante, poi fece un grosso respiro. “Qualche anno fa mi
trovavo a Mystic Falls per lavoro. Il mio amico Damon ha insistito affinchè
incontrassi tutte le perone più influenti in città, credeva che avrebbe giovato
ai miei affari in qualche modo, così decise di farmi imbucare ad un ricevimento
funebre. Era morto il sindaco e quale migliore occasione per conoscere tutti? Non
sapevo nulla di quel tizio” raccontò. “Dentro la casa c’era una montagna di
cibo, una miriade di diversi tipi di bevande, decisi di bere del succo di mela
e quando finii mi misi a cercare un cestino dell’immondizia. Fu allora che un
uomo mi si avvicinò. Iniziammo a chiacchierare e mi chiese se ero un’amica di
Carol.”
“Chi
è Carol?”
“Era
la moglie del sindaco” spiegò lei. “Titubai e lui capì che non avevo la più
pallida idea di chi fosse Carol o di chi fosse il deceduto, per dirla tutta.
Gli spiegai che ero lì per colpa del mio amico e gli dissi che tutto quello che
sapevo sul tizio morto era il suo cognome, il fatto che fosse il sindaco e il
fatto che fosse un idiota. Poi mi presentai. Ad ogni modo io sono Allison
gli dissi. Mason Lockwood rispose Il sindaco idiota era mio fratello.”
Stavolta
fu il turno di Marcus di ridere e lo fece a crepapelle tanto che quelli ai
tavoli vicini si voltarono a guardarlo. Rise per diversi minuti, Allison invece
si perse in un ricordo.
Allison
prese una tartina al salmone da un piatto di porcellana che, era sicura,
costava quanto la sua auto. Si guardò intorno cercando di farsi un’idea delle
persone che abitavano quella città e sospirò chiedendosi perché diavolo si era
lasciata trascinare in quella assurda situazione da quell’idiota di Damon
Salvatore.
Non
era nemmeno sicura che Elena Gilbert le piacesse… e credeva che il sentimento
fosse reciproco.
Prese
un po' di quello che credeva essere succo di mele e lo bevve tutto d’un sorso
prima di voltarsi alla ricerca di un cestino dell’immondizia in cui buttare via
il bicchiere.
“Credo
che tu possa lasciarlo lì” le disse un uomo guardandola curioso. “Sono certo
che una volta finito il ricevimento ci sarà un esercito di camerieri pronti a
pulire tutto. Il vantaggio di essere ricchi.”
L’uomo
si versò un bicchiere di limonata e ne bevve un sorso prima di puntare di nuovo
lo sguardo su di lei.
“Sei
un’amica di Carol?” le chiese.
Allison
respirò a fondo, pensando velocemente a come rispondere. Non aveva idea di chi
fosse Carol, tutto quello che sapeva era che il sindaco era morto.
“Tu
non sai neppure chi sia Carol vero?” l’uomo rise poggiando il bicchiere vuoto
sul tavolo. “Ti piace imbucarti ai ricevimenti funebri?”
“Non
proprio,” Allison si rilassò un po’. Gli occhi azzurri dell’uomo erano capaci
di infonderle una tranquillità e un pizzico di allegria anche. “Sono venuta qui
a Mystic Falls per lavoro, per così dire… ma ho incontrato un vecchio amico e
ha insistito perché mi fermassi qualche giorno. Ha anche insistito affinché
facessi la conoscenza dei più influenti abitanti della città e ha detto che non
c’era occasione o luogo migliore per farlo di oggi, qui a questo ricevimento.”
L’uomo
annuì. “Capisco. Sai almeno chi è la persona morta? Il suo nome per esempio.”
“Tutto
quello che so è che era il sindaco della città e che era un vero idiota. Almeno
questo è quello che mi hanno detto. Credo si chiamasse Lockwood” rispose lei.
“Ad ogni modo, io sono Allison.”
Lui
le strinse piano la mano. “Mason Lockwood. Il sindaco idiota era mio fratello.”
Allison
chiuse gli occhi per un attimo. “Ovvio che lo era,” mormorò schiarendosi la
voce prima di guardarlo. “Mi dispiace per la tua perdita. E anche per quello
che ho detto.”
“Ti
ringrazio e, non esserlo. Mio fratello era davvero un idiota” rispose Mason.
“Ora sarà meglio che vada ad accogliere gli ospiti; ho parecchia gente da
salutare, manco da un bel po’. Ma magari ci vedremo in giro, Allison.”
La
donna annuì guardandolo allontanarsi e gli sorrise quando lui si voltò a
guardarla un’ultima volta prima di sparire dentro una stanza.
****
Hope
lanciò un urlo che svegliò tutta la casa. La prima ad arrivare da lei fu
Hayley, poi arrivò Klaus ed infine Freya ed Elijah. L’orologio segnava le
quattro del mattino.
“Che
succede?” chiese proprio quest’ultimo?”
Hayley
scosse il capo accarezzando il capo della figlia. “Hope, tesoro che succede?”
“Ho
fatto un brutto sogno.”
Klaus
si mise a sedere sul letto e le prese una mano. “Che cosa hai sognato?”
“Eravamo
in un posto buio, io e zia Allison. Mi teneva per mano e non avevo paura ma poi
spariva e mi lasciava sola ed io piangevo e lei non tornava.”
“Oh
amore” le disse Hayley guardando gli altri. “Era solo un brutto sogno. La zia
Allison non ti lascerebbe mai da sola nel buio. Lo sai vero?”
La
piccola annuì. “È già tornata? Posso andare a parlarle?”
“Non
è ancora tornata” le fece sapere Freya “Ma sono certa che sarà qui quando ti
sveglierai domattina. E sono sicura che avrà con sé la torta che le hai
chiesto.”
“Dobbiamo
mangiarla insieme” ricordò Hope. “Secondo voi non è ancora tornata perché si
sta divertendo?” ridacchiò poi guardò sua madre. “Puoi rimanere con me fin
quando non mi riaddormento? Anche tu” chiese a suo padre.
Le
sorrisero entrambi mentre Freya ed Elijah si allontanavano. Loro due rimasero
finché la piccola non si addormentò. Sapevano tutti, tutti e quattro che quel
sogno forse non era solo un sogno.
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Capitolo 7 *** -7- ***
-7-
Allison
salutò Marcus con un gesto della mano e si mordicchiò l’interno della guancia
mentre la sua auto faceva retromarcia e spariva dopo averla lasciata a casa.
Doveva ammettere che la cena aveva preso una piega inaspettata che però le era piaciuta;
il suo avvocato le aveva dato quel calore che le mancava da un po’ e che,
onestamente, aveva sperato di poter provare almeno un’altra volta prima di… beh
prima della fine.
Con
un grosso respiro guardò il sacchetto con la torta che aveva promesso ad Hope,
poi l’altra mano con la quale stava tenendo le scarpe alte. Il vestito era
ripiegato sul braccio, sporco di vino. Indosso aveva la camicia di Marcus e un
paio di pantaloni della tuta a cui aveva dovuto stringere tutto l’elastico per
non farli cadere. Avevano un buon odore quegli indumenti, sapevano di vita e
spensieratezza, entrambe cose che negli ultimi tempi le erano mancate. Marcus
oltretutto sembrava capirla, sembrava rispettare le sue scelte e la sua
apparente mancanza di interesse aveva una motivazione valida che era ciò che li
aveva portati nella sua camera in hotel dopo la cena.
“Posso
farti una domanda?”
Marcus
annuì fermandosi di fronte a lei. “Certo che puoi.”
“Tu
conosci la mia condizione eppure non sembri per nulla sconvolto. Mentre tutti
gli altri continuano a ripetermi che devo provare a fare qualcosa, tu sembri…
accettarla e basta. Perchè?”
“Preferiresti
che ti dicessi anche io ciò che ti dicono gli altri?” domandò lui.
“Preferirei
che rispondessi alla mia domanda con una risposta piuttosto che con un’altra
domanda. Pensi si possa fare?”
L’uomo
sorrise e annuì, si schiarì la voce e respirò a fondo. “Quando avevo diciotto
anni mio padre si ammalò di cancro. Lottò per un anno finchè un giorno i medici
entrarono nella sua stanza e dissero che non c’era molto da fare oramai. C’era
solo una cura sperimentale ma non credevano avrebbe portato alcun beneficio. Ci
consigliarono di portarlo a casa… di goderci ogni momento, vivere alla
giornata. Carpe diem!” si fermò per un istante e si guardò intorno, mise le
mani nelle tasche dei pantaloni classici e poi riprese. “Mio padre disse che
era tutto okay, andiamo a casa mormorò con le poche forze
rimaste sono sicuro che lì starò meglio. Ma mia madre proprio non
riusciva ad accettare che si stesse arrendendo. Più di vent’anni insieme hanno
trascorso… per lei l’idea di perderlo era inaccettabile. Passava ogni minuto a
piangere e così, per lei, mio padre accettò di entrare a far parte della cura
sperimentale. Iniziò la terapia un lunedì di gennaio e il venerdì successivo
era l’ombra di se stesso. O meglio, l’ombra dell’ombra di se stesso. Il
medicinale era troppo forte e il suo corpo lo rigettò, le sue aspettative di
vita calarono da qualche settimana a qualche giorno.”
“Marcus”
Allison scosse il capo. “È terribile, mi dispiace di avertelo chiesto.”
Lui
le riservò un sorriso e le prese il viso tra le mani. “Mio padre non riuscì a
morire con la dignità di una scelta, con la dignità che meritava. Amo mia madre
ma credo che una parte di me non l’abbia mai perdonata per avergli tolto quella
possibilità di scelta. Sono sconvolto per il fatto che morirai? Sì, lo sono più
di quanto tu creda. Ma sono fermamente convinto che se tu hai deciso di non
provare più nulla allora la tua scelta va rispettata. Tu vivi con grazia e
dignità Allison Marie Morgan, nessuno dovrebbe toglierti queste due cose alla
fine.”
La
donna chiuse per un attimo gli occhi, scaldata da quel tocco delicato sul suo
viso. Afferrando un lembo della sua giacca si sollevò in punta dei piedi e lo
baciò. “Non voglio tornare a casa, non ancora.”
“Per
me va bene” replicò Marcus baciandola di nuovo.
Allison
sorrise e guardò il suo orologio; segnava le otto e trenta e il cielo era
limpido. Lei si sentiva bene e questo era tutto ciò che contava. Entrò in casa
e poggiò le scarpe in un angolo, il vestito su uno dei bracci
dell’appendiabiti. “Zia Allison è tornata!” urlò sapendo che Hope era
sicuramente sveglia a quell’ora. “Chi vuole un po’ di torta?”
“Dove
sei stata?” fu Elijah a risponderle, comparendo dalla cucina.
“Ah
quindi mi parli di nuovo?”
Lui
la scrutò da capo a piedi chiedendosi cosa stesse indossando, capendolo da
solo. “Dove sei stata?” le domandò di nuovo.
“A
cena con il mio avvocato, l’hai dimenticato?”
“Una
cena durata dodici ore?”
“No”
lei lo precedette all’interno della cucina. “La cena è durata soltanto due ore
Elijah, le altre dieci… beh credo che tu possa immaginarlo.”
Il
vampiro chiuse per un istante gli occhi, alla disperata ricerca del controllo
che sentiva di aver perso. “Perché ti comporti così?”
“Così
come esattamente? Come fai a sapere come mi comporto se non mi guardi neppure
Elijah? Ogni volta che incrocio il tuo sguardo tu lo distogli, mi volti le
spalle, fingi che non esista.”
“È
perché sembra che tu abbia deciso di morire, sembra che non te ne importi più
nulla Allison e non mi sta bene.”
“Non
è un mio problema! È la mia malattia e ho deciso di affrontarla così. E se non
ti sta bene non mi importa.”
“A
me importa, infatti ho fatto delle ricerche” tirò fuori alcuni fogli e li
posizionò sull’isola della cucina mentre Hayley e Freya entravano nella stanza.
“C’è una cura sperimentale che sta dando ottimi risultati. Ti ho fatto inserire
nella lista, partiamo stasera quindi metti le tue cose in valigia.”
“Devi
essere impazzito!” esclamò la donna scuotendo il capo. “E dove dovremmo andare
esattamente?”
“Toronto,
l’ospedale si chiama Hope Zion.”
Allison
rise, si strofinò gli occhi chiedendosi quando quella mattina aveva preso
quella terribile piega e perché. “No!” disse infine. “E anche se per assurdo
volessi provare questa terapia, e non voglio farlo, tu non verresti con me. Il
capo dell’ospedale è il tuo Doppelgänger ed è mio amico. Sarebbe
piuttosto strano se mi presentassi con il suo doppione che è anche il mio ex
fidanzato.”
“Non
me ne importa niente, okay? Ci andiamo e questo è quanto.”
“Okay”
la donna alzò le mani e indietreggiò di qualche passo. “Sai cosa? Questa
mattina era iniziata benissimo e non ti permetterò di rovinarla. Quindi faremo
finta che tutto questo” fece un gesto con una mano. “Non sia mai successo e non
affronteremo mai più l’argomento.”
Si
allontanò ma Elijah la afferrò per un braccio costringendola a guardarlo. “Non
me ne starò con le mani in mano” le disse alzando la voce. “Non me ne starò qui
a guardarti morire.”
“Zia
Allison, che sta succedendo?” La voce di Hope arrivò bassa e tremante,
attirando l’attenzione di tutti. Elijah lasciò il braccio di Allison e si
irrigidì. “Perché zio Elijah ha detto che stai morendo? È vero?”
Scappò
via liberandosi dalla presa di Klaus sulle sue spalle ed Allison capì che i
suoi occhi avevano parlato per lei e non avevano mentito. La cacciatrice guardò
Hayley correre dietro a sua figlia, alzò la mano diede uno schiaffo ad Elijah.
Il rumore riecheggiò nella cucina semivuota.
“Spero
che tu sia contento adesso” gli disse. “Fin quando non avrai risolto qualunque
sia il tuo problema, non guardarmi, non parlarmi, non pensarmi nemmeno. Torna a
fare quello che hai fatto fino ad oggi; ignorami sprecando il tempo che ci
rimane. Quello ti riesce benissimo.”
Lui
rimase immobile, gli occhi fermi sul pavimento mentre Allison usciva dalla
stanza. Freya e Klaus rimasero, in silenzio.
****
Allison
si avvicinò al divano solo quando Hayley le fece un cenno di assenso. Hope,
stretta tra le braccia di sua madre la guardò ma non si mosse mentre lei
prendeva posto sul tavolino di fronte, in mano un contenitore trasparente con
dentro una fetta di torta al cioccolato. Gliela porse ma la bambina scosse il
capo.
“Non
ho fame. Mangiala tu.” Le disse.
La
donna scosse il capo. “Aspetterò che tu abbia fame, abbiamo promesso che
l’avremmo mangiata insieme. Ricordi?” nessuna risposta. Continuò. “Abbiamo anche
promesso di dirci sempre la verità quindi adesso ti dirò tutto quello che
vorrai sapere sulle parole dette dallo zio Elijah.”
“Tutto
tutto?” domandò lei giocando con l’anello al dito di sua madre.
“Tutto.”
Confermò Allison.
Hope
si mise dritta e si fece poco avanti per guardarla da più vicino. “Stai
morendo?”
La
donna scambiò un’occhiata con Hayley, poi guardò Hope. “Sì.”
“Ma…
ma se muori allora te ne andrai per sempre e non ci rivedremo mai più.”
“Ci
rivedremo un giorno” Allison le prese le mani. “Quando tu sarai grande e tutti
i tuoi capelli saranno diventati bianchi, allora ci rivedremo.”
“E
per tutto il tempo prima che io diventi grande?”
“Sarai
circondata da gente che ti ama e quando ti mancherò tutto quello che dovrai
fare sarà pensarmi e in quel momento anche io penserò a te.”
Hope
iniziò a piangere. “Ma non sarai qui con me.”
La
donna la fece alzare e le prese il piccolo viso tra le mani. “Io sarò sempre
con te mia piccola peintre. Qui dentro” le disse poggiandole una mano
all’altezza del cuore. “In tutti i libri che leggerai e in tutte le torte al
cioccolato che mangerai.”
La
piccola pianse più forte e la abbracciò stretta. Allison ricambiò piangendo a
sua volta. Hayley fece lo stesso.
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Capitolo 8 *** -8- ***
-8-
Allison
riattaccò e fece un grosso respiro preparandosi alla battaglia tra cuore e
ragione più feroce che avrebbe mai combattuto. Per quanto la ragione le dicesse
di rimanere lucida infatti, il suo cuore sembrava urlarle lasciati andare. Sperò
di trovare il giusto compromesso tra le due cose.
“Ciao”
le sussurrò Elijah, le mani dentro le tasche, l’attesa nello sguardo. “Rebekah
ha detto che saresti venuta, io non ne ero certo.”
“Rebekah
si è presa la collana di mia madre, ecco perché era certa che sarei venuta,
perché sa che la rivoglio, sa quanto è importante per me.”
Lui
sembrò sorpreso ma scosse poco il capo e le si avvicinò di qualche passo. “Non
ne sapevo nulla, ma Rebekah non è qui al momento. Mentre la aspettiamo
potremmo… parlare, che ne dici?”
“Parlare…”
Allison sorrise nervosamente. “Sai, io avevo molte cose da dirti, tante cose da
raccontarti. Ci pensavo e ripensavo mentre ti stavo seduta accanto su quel
letto, mentre ti guardavo dormire in attesa che aprissi gli occhi” gli disse.
“Poi però, quando li hai aperti, la prima cosa che hai fatto è stata andartene
via senza neppure salutarmi. Con Hayley…”
Elijah
aprì bocca per parlare ma lei lo bloccò con una mano.
“So
cosa vuoi dirmi, vuoi dirmi che lo hai fatto per me, perché non avevi il pieno
controllo di te stesso e non volevi rischiare di farmi de male” continuò.
“Risparmiati la favoletta, Klaus me l’ha già rifilata. Anche Rebekah se è per
questo. Peccato che io non creda alle favole.”
L’Originale
rimase in silenzio, la guardò andare avanti e indietro per l’atrio, inquieta,
arrabbiata. Come non gli capitava di vederla spesso. La ascoltò descrivergli la
sua frustrazione nello scoprire che non aveva saputo rispettarla, la sua
amarezza nel rendersi conto di contare così poco per lui.
Peccato
però che fosse tutto il contrario; era proprio perché ci teneva che era sparito
per un po’ anche se capiva che poteva non sembrare così.
“Ho
finito!” esclamò infine guardandolo. “Non ho più nulla da dire. E quando
Rebekah tornerà e avrò recuperato la mia collana, me ne andrò e non tornerò più
qui Elijah. Quindi se hai qualcosa da dire dilla ora. La ascolterò e poi ci
saluteremo per sempre.”
“Ti
amo” le disse lui. “E mi dispiace.”
Allison
fu colta alla sprovvista. Piegò poco il capo e chiuse gli occhi per un istante.
“È tutto quello che hai da dire?” gli domandò.
Lui
annuì. “Ti amo” ripeté. “Non voglio stare senza di te.”
Lei si
strofinò gli occhi con le dita e fece un grosso respiro. Si disse che era
incredibile quanto magiche potessero sembrare due semplici parole se
pronunciate dalla voce giusta. Per quanto provasse a negarlo per lei non c’era
voce più perfetta di quella di Elijah Mikaelson.
“Se
fai di nuovo una cosa del genere non te lo perdonerò Elijah” gli disse. “Se
molli di nuovo la presa, giuro che me ne andrò e non mi rivedrai mai più.”
“Hai
la mia parola che mai e poi mai mollerò la presa, a meno che non sia tu a
volere che lo faccia.”
Allison
rifletté per un attimo e lasciò che a parlare per lei fossero le farfalle nel
suo stomaco. Con delicatezza gli passò le braccia intorno al collo e sentì ogni
rabbia svanire quando la bocca di Elijah incontrò la sua.
“Zia
Allison... svegliati.”
La
donna aprì piano gli occhi e deglutì ingoiando anche il sogno che aveva fatto.
Non era del tutto certa che sogno fosse la parola esatta per descriverlo; era
più un ricordo che era andato a farle visita. In fondo non era così che tutti
descrivevano le cose in momenti particolari come quello che lei stava vivendo? È
stato come rivedere tutta la mia vita in una specie di film professavano
tutti quelli che, per un motivo o per un altro, avevano sperimentato una
qualche esperienza di pre-morte. Molti di loro erano poi sopravvissuti per
raccontarlo, per lei sarebbe andata diversamente, ma andava bene comunque.
“Zia
Allison” le mormorò ancora Hope, e allungando la mano gliela poggiò sulla
guancia. “Come ti senti?”
“Bene”
si sforzò di rispondere lei con un sorriso. “Che ore sono?”
“È
quasi ora di pranzo” le disse Hope.
Allison
fece un grosso respiro e si alzò per essere seduta. Si accorse che era sul
divano e si ricordò cosa era successo; aveva fatto colazione, o almeno ci aveva
provato visto che la nausea le aveva permesso di bere solo un sorso di caffè,
poi si era sentita stanca e aveva detto ad Hope che si sarebbe sdraiata per un
po’. Considerato che era quasi ora di pranzo però, quel po’, era durato
parecchio. “Non è tornato nessuno?”
La
bambina scosse il capo sgranocchiando una carota, poi torno ad inginocchiarsi
sul tappeto per dipingere poggiata al tavolino, come faceva spesso. “Ho
telefonato alla mamma, ha detto che ci vogliono ancora quaranta minuti.”
“Okay”
la donna si mise in piedi. “Allora dovremmo decisamente iniziare a preparare
qualcosa per il pranzo, non credi?”
“Sì,
credo di sì. Cosa prepariamo?”
Allison
iniziò a rifletterci e per farlo decise poggiarsi all’isola della cucina, visto
che le girava la testa. “Prepareremo un risotto” sentenziò. “Ti va bene?”
Hope
annuì raggiungendola. “Mi piace molto il risotto” le prese la mano e la donna
ebbe la sensazione di sentirsi meglio. “Posso aiutarti?”
La
cacciatrice le sorrise. “Certo che puoi. E scusa se mi sono addormentata.” Le
disse con amarezza, pensando che non era così che aveva previsto di trascorrere
la giornata con lei. Quando Hayley le aveva detto che lei, Klaus, Freya ed
Elijah dovevano andare ad occuparsi di alcune cose particolari – era
questo il termine che usavano davanti ad Hope per descrivere questioni non
proprio ordinarie – Allison aveva programmato una mattinata di relax. Una
passeggiata tra i boschi dietro casa, un po’ di lettura. E invece si era
addormentata per almeno quattro ore.
“Non
fa niente” la bambina la abbracciò avvolgendole la vita con le braccia. “Avevi
bisogno di riposare. Prima zia Rebekah mi ha inviato una mail, una foto di lei
e zio Kol. Pare che si stiano divertendo molto in vacanza.”
Che
forse è un vero e proprio trasferimento più che una vacanza pensò
Allison, ma non lo disse. “Zia Rebekah e zio Kol sono devi veri esperti del
divertimento.” Scherzò mentre suonavano alla porta. “Perché non vai a prendere
il computer così puoi mostrarmela? Io vado a vedere chi è alla porta.”
Hope
corse di sopra.
****
“Salve”
disse Allison allo sconosciuto uscendo fuori e chiudendosi la porta alle
spalle. “Posso aiutarla?”
Lui la
guardò da capo a piedi, poi sorrise. Il sorriso più finto che la donna avesse
mai visto, e ne aveva visti parecchi. “Il mio telefono è morto, così mi
chiedevo se potessi usare il vostro.”
Allison
ricambiò il falso sorriso. “Mi lasci indovinare... la sua auto si è rotta.”
“Esatto.
Succede spesso che qualcuno bussi alla sua porta per questo motivo?”
“Moltissime
volte” mentì lei tirando fuori dalla tasca il suo cellulare. “Ecco, tenga. Può
usare il mio cellulare. Ma spostiamoci più in là, sotto il portico la ricezione
è pessima.”
L’uomo
si schiarì la voce ma la seguì guardando indietro di tanto in tanto. Non era
così che aveva immaginato la cosa forse. “È imbarazzate” ridacchiò. “Ma...
potrei usare il bagno?”
“No.
Puoi usare quel cespuglio laggiù se vuoi” gli indicò un punto con un dito. “E
poi potresti magari andartene via, prima che la situazione degeneri.”
“Zia
Allison!” la chiamò Hope dalla porta. “Chi è quell’uomo?”
“Solo
un gentile signore che si è perso. Stava andando via” le sorrise. “Torna in
casa e... hey, chiama la mamma, dille che abbiamo finito il vino rosso e mi
serve per preparare il risotto.”
“Va
bene.” La bambina tornò in casa. Allison e l’uomo rimasero soli.
Proprio
lui scoppiò a ridere mostrando gli occhi venati. “Oh mio Dio, è vero quello che
si dice; stai morendo. Posso fiutare la malattia scorrerti nel sangue,
avvelenarlo lentamente. Povera Allison Morgan; anni a combattere il male
nell’oscurità e ora...”
La
cacciatrice fece un grosso respiro. Temporeggia si disse, anche se
sarebbe bellissimo fargliela vedere, sei troppo debole per fare qualunque cosa.
“Chi ti manda?”
“Nessuno,
mi piace lavorare da solo” allargò le braccia. “Dovresti ringraziarmi comunque.
Ti ucciderò velocemente, più velocemente di quanto la malattia stia facendo.”
Allungò la mano per colpirla, ma Allison si difese e si sentì stanca subito
dopo averlo fatto.
Guida
in fretta, Hayley pensò mentre si preparava a tener testa a quel
vampiro. Per niente al mondo lo avrebbe lasciato avvicinare ad Hope. Neppure se
tenerlo lontano da quella casa le fosse costata la vita.
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Capitolo 9 *** -9- ***
-9-
“Allison”
la chiamò bussando con le nocche di due dita. “Posso entrare?”
“Non
sono ancora vestita” replicò lei.
Elijah
scosse poco il capo e si mise in attesa.
Passarono
sì e no dieci secondi e la porta si aprì; Allison indossava solo dei jeans e un
reggiseno. E la sua collana ovviamente.
“Cosa
fai?” gli chiese.
Lui
corrugò la fronte. “Aspetto che tu sia pronta.”
La
donna gli prese una mano e lo trascinò dentro la stanza, richiuse la porta e si
voltò a guardarlo facendo ondulare la coda di cavallo.
“Ti
ho detto di entrare.”
“No,
mi hai detto che non eri ancora vestita” disse lui indicandola con un dito.
“Cosa che è vera. A metà quantomeno.”
“Elijah”
lei fece un grosso respiro e alzò le mani sulla sua cravatta, iniziando a
snodarla. “Se chiedi ad una donna di poter entrare nella sua stanza e lei ti
risponde che non è ancora vestita, in realtà ti sta invitando ad entrare.”
L’Originale
sorrise guardandole le mani. “Non avevo colto il messaggio tra le righe” le
disse. “Me lo ricorderò per la prossima volta.”
“Uh”
sussurrò Allison. “La prossima volta… è una proposta per caso?”
Elijah
la prese in braccio avvolgendole la vita con un braccio. “Consideralo un
invito” scherzò prima di baciarla.
Allison
aprì piano gli occhi e la prima sensazione che provò fu quella del prato freddo
sotto il suo corpo, ne sentiva i fili tra i capelli, sotto le mani. Con un
sforzo si sollevò piano per guardarsi intorno, prima in direzione della casa,
poi dall’altra parte dove il vampiro con cui si era scontrata stava fermo, piegato
sulle ginocchia, in attesa di chissà cosa.
La
donna si chiese quanto tempo era rimasta incosciente e considerando che Hayley
e gli altri non erano ancora tornati, realizzò che doveva essere poco. “Hope”
mormorò. “Hope!” provò ad urlare ma la voce le venne fuori strozzata mentre un
dolore fortissimo si irradiava dal suo fianco fino al petto.
“Oh
non preoccuparti” le disse il vampiro. “La piccola sta bene. Per ora. Ma tra
pochi secondi sarai morta dissanguata e allora brucerò l’intera casa con lei
dentro.”
“Stai
lontano da lei!” sibilò Allison ma si accorse che non faceva paura a nessuno.
“Ah
sarà meraviglioso” lui si rimise in piedi. “Tu morirai, la figlia di Klaus
morirà e io diventerò una leggenda. Il vampiro che ha ucciso Allison Morgan e
la figlia di Niklaus Mikaelson. Immagina...”
Allison
pianse, non perché la morte le facesse paura, ma perché se ne stava lì
impotente mentre Hope era in pericolo. Sperò che Hayley e gli altri arrivassero
presto; per salvare la piccola non lei. Un grosso respiro e piano si mise in
piedi; aveva la nausea e si reggeva a malapena in piedi ma avrebbe lottato fino
all’ultimo.
“Proprio
non vuoi saperne di morire con le ferite che già hai vero?” domandò il vampiro
tirando fuori dalla tasca una specie di coltello. “E va bene allora. Ecco il
colpo di grazia.”
Il
coltello, o qualunque cosa fosse, affondò nella sua carne, all’altezza dello
stomaco; Allison sentì il freddo della lama, poi il dolore lancinante.
“Elijah”
sussurrò prima di cadere in ginocchio, prima che il buio la avvolgesse.
****
Allison
fu sorpresa di vedere Elijah seduto accanto a lei sul letto quando il dolore
l’aveva svegliata. Sorpresa ma felice. Il bell’Originale aveva l’aria stanca,
gli occhi rossi e gonfi indicavano che aveva pianto, per lei. Se ne stava lì a
guardarla in silenzio ma il suo sguardo sapeva parlare più di mille parole. Tra
loro due in fondo era sempre stato così.
Piano
allungò la mano e gli accarezzò il viso. “Non si può mai stare un attimo in
pace con me intorno, vero?” abbozzò un sorriso.
Anche
il vampiro ne accennò uno e con delicatezza le prese la mano e ne baciò il
palmo. “Come ti senti?”
“Meglio
adesso che sei qui...”
“Allison”
Elijah le accarezzò la fronte con una mano. “Hey, sei sveglia...”
Lei
lo guardò con gli occhi arrossati, il viso imperlato di sudore. “Elijah?”
“Sì,
sono io. Come ti senti?”
“Come
se un camion mi avesse travolta ripetutamente” Allison chiuse di nuovo gli
occhi per un attimo. “Come mai sono ancora viva? Ho sentito... il coltello
qualunque cosa fosse, trafiggermi. Hope… Hope sta bene?”
“Sta
bene.” L’Originale la aiutò a mettersi un po’ più dritta. “Siamo arrivati
giusto in tempo. Freya ha fatto un incantesimo di guarigione per la ferita più
estesa ma il tuo... corpo è troppo debole per quel tipo di magia e così abbiamo
dovuto occuparci delle ferite meno gravi alla vecchia maniera.”
“Intendi
punti di sutura improvvisati e strumenti disinfettati con del whisky?”
“Più
o meno” Elijah ridacchiò senza però lasciarle la mano. “Ho pensato che saresti
morta.”
“L’ho
pensato anche io ad essere onesti” Allison sospirò. “Mi dispiace di averti dato
uno schiaffo qualche giorno fa.”
“Mi
dispiace di averti detto come devi affrontare tutto questo. Non ho il diritto
di farlo. È solo che...”
“Ho
fatto un sogno” lo interruppe la donna. “La sera che vi ho detto della mia
malattia, ho fatto un sogno. Ho sognato che venivo svegliata dal dolore e tu
eri qui, esattamente dove sei seduto adesso. I tuoi occhi erano rossi e gonfi,
credo che avessi pianto.” Si fermò un attimo e deglutì a vuoto. “Rimanevi in
silenzio, come ora ma i tuoi occhi parlavano tanto, proprio come in questo
momento.”
Lui
sorrise un po’ e si spostò per esserle più vicino.
“Io
ti dicevo che con me non si può mai star tranquilli” continuò Allison.
“Allungavo la mano e te la poggiavo sul viso. E tu...”
“Io
cosa?”
“Tu...”
lui sembrò capire da solo, si piegò e la baciò con dolcezza.
Quando
le loro labbra si separarono, Allison gli prese il viso con entrambe le mani. “È
stato allora che ho capito che ho paura. Non di morire, ma di morire senza di
te che mi tieni la mano. Non voglio andarmene sapendo che mi odi perché ho
scelto di arrendermi.”
Iniziò
a piangere e l’Originale lasciò cadere qualche lacrima mentre la baciava di
nuovo. “Questo non potrà mai accadere Allison perché io ti amo. Quello che odio
è l’idea di perderti.”
La
donna chiuse gli occhi e lo strinse forte. “Ti amo anche io.”
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Capitolo 10 *** -10- ***
-10-
Allison
chiuse gli occhi per un attimo, lasciò che la mente vagasse lontana, in un
ricordo e poi in un altro. La sua intera esistenza riassunta come in un
flashback e ogni parte migliore era una parte che aveva vissuto con Elijah.
Il
braccio dell’affascinante Originale elegante la avvolgeva completamente, il
respiro calmo le scaldava il collo mentre condividevano quella stretta carica
di ogni cosa. Era un momento magico, importante e lei sentiva dentro il cuore
che era anche l’ultimo.
“Ti
ricordi quando abbiamo litigato e poi, dopo qualche ora mi hai salvato la
vita?” gli chiese girandosi piano, lasciando però che il braccio la stringesse
comunque. “Credo che fosse sette anni fa circa.”
Lui
sorrise, le dita di Allison accarezzavano il suo braccio su e giù ad un ritmo
lento e costante. Lo faceva rabbrividire quel tocco, succedeva da sempre.
Quanto stupido tempo avevano perso, illusi di essere andati avanti, di amare
qualcun altro mentre erano sempre e solo loro due, in fondo.
“Me
lo ricordo. Eri così arrabbiata che non mi ringraziasti neppure… anzi, eri
infastidita dal fatto che ti avessi salvato la vita.”
Allison
cercò il suo sguardo. “Ricordo esattamente cosa ti ho detto. Tu lo ricordi?”
“Sto
bene. Non che avessi bisogno del tuo aiuto, tanto per essere chiari. Avevo
tutto sotto controllo " la imitò lui.
La
donna rise. “Avresti dovuto vedere la tua faccia. Volevi ridere ma non potevi
far cadere la facciata da arrabbiato.”
“In
realtà” Elijah avvicinò la bocca alla sua e la baciò. “Avrei voluto baciarti.
Sei molto sexy quando sei arrabbiata.”
Il
vampiro si accorse che la pelle di Allison era fredda, le labbra secche, gli
occhi non erano pieni di quella luce che avevano di solito. Era troppo
presto... non doveva succedere.
“Sai,
poco fa ho ripensato alla mia vita” parlò lei scuotendolo via dai suoi
pensieri. “Mi sono resa conto che ogni ricordo piacevole comprendeva te, quindi
grazie per gli sprazzi di felicità, Elijah Mikaelson.”
Lui
sentì gli occhi riempirsi di lacrime. “Vado a prenderti un’altra coperta, sei
gelata.”
Lei
lo fermò afferrandogli un braccio. La stretta era debole ma presente. “Nessuna
coperta potrà scaldarmi e credo che in fondo tu lo sappia. So che adesso hai
paura e anche io ne ho, ma... ho bisogno che tu faccia una cosa per me.”
“Qualunque
cosa.” Elijah lasciò cadere qualche lacrima.
“Chiama
gli altri. È tempo di dire addio.”
****
La
prima ad entrare nella stanza fu Hayley e per Allison il ricordo fu quasi
immediato.
Allison
sorrise sistemando tutto nella sua camera e poi raggiunse l’atrio dove Hayley
stava dando una mano a mettere in ordine.
“Hey,”
disse all’Ibrida “cercavo proprio te.”
“Mi
hai trovata. A proposito, ho visto che il sorprendente Diego è riuscito a sorprenderti.”
“Sì, sto
uscendo per andare da lui a dire il vero. Gli ho promesso un pezzo di torta.”
“Solo
la torta?”
Allison
rise e annuì tirando fuori dalla tasca della giacca un bracciale di diamanti
che brillava in modo incredibile sotto la luce del grande lampadario.
“Solo
la torta,” rispose. “Ma prima di andare ho un regalo per te.”
Le
mostrò il bracciale ed Hayely corrugò la fronte perplessa.
“Per
me? Non è il mio compleanno.”
“Ma ti
sei sposata. E non ti avevo ancora fatto un regalo di nozze.”
“Allison”
mormorò Hayley. “Non devi farmi un regalo.”
“Sì
che devo e voglio farlo. Mi piace Jackson e spero che a lui piacerà questo
bracciale che indosserai quando andrete a cena fuori ed io rimarrò qui a badare
ad Hope.”
Hayley
scosse il capo prendendo il regalo che Allison le porgeva e sospirò
guardandola. “È bellissimo.”
“Era
di mia madre,” confessò Allison recuperando una fetta di torta dal tavolo che
ancora non era stato portato via. “Era di sua madre e viene tramandato di
generazione in generazione.”
“No!”
esclamò Hayley. “Riprendilo, non posso tenerla.”
“Hayley,
questo bracciale è fatto per una sposa, e dubito che io mi sposerò mai. Sì, il
tuo matrimonio è… un po’ insolito. Ma questo non significa che non possa
diventare qualcosa di importante. Avrei voluto dartelo il giorno delle nozze,
così da permetterti di indossarlo insieme all’abito da sposa ma ero in coma,
quindi…”
“Allison,
io non…”
“Devo
andare ora,” la interruppe Allison sorridendole. “Ci vediamo domani.”
Hayley
la guardò uscire senza aggiungere altro, stringendo in mano quel bracciale che
però era molto di più di quel che sembrava.
Dopo
della sua amica ibrida fu il turno di Freya e di lei Allison ricordò il calore
di un abbraccio in uno dei momenti più difficili della sua vita.
“Cos’è?”
Allison prese il bicchiere che Freya le porgeva. “Se è caffè ne faccio
volentieri a meno, il mio cuore batte già all’impazzata.”
La
strega si mise a sedere accanto a lei e sospirò spostandosi una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. “È una tisana” le spiegò. “Passiflora, lavanda e un
po’ di verbena. Ti aiuterà a rilassarti.”
“Grazie”
l’altra bevve un sorso, poi si abbandonò contro lo schienale della sedia sulla
quale era seduta, a pochi metri dalla porta della stanza di Victor. “Elijah è
passato a lasciare dei fiori prima. Li ha dati a Gladys, l’infermiera di
Victor, affinché me li consegnasse.”
Freya
si prese un attimo prima di parlare. “Mio fratello non è molto bravo ad
esprimere i suoi sentimenti; credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro.”
Allison
abbozzò un sorriso. “Direi di sì. Sta bene?”
“Perché
me lo chiedi?”
“Conosco
Elijah meglio di chiunque altro al mondo, l’hai detto tu stessa. So che in
questo momento non c’è nessun altro posto in cui vorrebbe stare che non sia
questo ospedale, con me. Ma so anche che si sente terribilmente inutile e
terribilmente in imbarazzo perché non sa cosa dire per farmi star meglio;
quindi posso solo immaginare quanto sia combattuto.”
L’altra
sorrise annuendo. “Lo è, molto combattuto. Lui ti ama Allison, vederti così
sconvolta, vederti star male, lo fa soffrire.”
Allison
bevve ancora un po’ della tisana, sospirò ed infine si voltò a guardare la
porta della stanza di Victor. “Sarà meglio che torni dentro” disse alla sua
amica alzandosi. “Ringrazia Elijah per i fiori, Klaus per la tequila che mi ha
lasciato ieri mentre dormivo e grazie a te per la visita e per la tisana.”
Freya
la imitò e una volta in piedi la strinse in un abbraccio che, nonostante tutto,
la fece sorridere. “Non c’è di che. Posso fare qualcosa?”
La
cacciatrice sembrò rifletterci. “Potresti scoprire dove diavolo è mio fratello?
Non lo vedo da due giorni e il suo silenzio mi preoccupa.”
“Ci
proverò.”
“Grazie”
Allison sparì dentro la stanza di Victor, Freya invece lungo il corridoio.
Poi fu
la volta di Klaus. Ah Klaus... pensò Allison guardandolo sedersi sul bordo del
letto. Con quel suo sorriso furbo e gli occhi pieni di malinconia. Il suo caro
amico Klaus...
“Devi
essere impazzito!” esclamò la donna dopo aver ascoltato la folle richiesta che
Klaus le aveva fatto in cambio del sangue che avrebbe guarito Elijah. “Non ti
aiuterò ad uccidere Tyler Lockwood.”
“Allora
non avrai ciò che chiedi.”
“Klaus
tutto questo è assurdo. E credo che tu te ne renda perfettamente conto.”
Allison allargò le braccia. “Cosa ti ha fatto Elijah di così terribile da farti
arrabbiare così tanto?”
“Non è
solo quello che ha fatto!” urlò l’altro. “È anche quello che ha detto! Ha
creduto alle parole di quell’insulso Lockwood, alle parole di Hayley ma non
alle mie.”
“Quali
parole?”
“Quelle
secondo le quali una volta che mia figlia sarà nata la userò come un
distributore di sangue per creare nuovi Ibridi.” Il suo amico fece un grosso
respiro. “Credono che questa sia l’unica cosa che mi importi, mi giudicano come
padre prima ancora che lo diventi. Io non sono mio padre, amerò mia figlia più
di ogni altra cosa al mondo.”
Gli
occhi di Allison si riempirono di lacrime mentre le fragilità del grande Klaus
Mikaelson venivano fuori attraverso le sue parole, attraverso la rabbia nel suo
sguardo. Era indignato e se quello che le aveva appena detto corrispondeva a
quello che era davvero accaduto, allora non aveva tutti i torti ad esserlo.
Senza chiedere altro gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio. “So che lo
farai, e anche loro lo sanno. Ma a volte si dicono e si fanno cose stupide. Hai
morso tuo fratello, dovresti saperlo.”
Lui
rimase un attimo immobile poi con un sorriso ricambiò l’abbraccio sentendosi
più leggero.
L’ultima
ad andare da lei fu Hope. Allison dormiva quando arrivò, gli occhi stanchi e la
testa pesante. Il fresco della mano della bambina sul suo viso la svegliò.
“Ciao piccola peintre” le disse con un sorriso. “Ti va di sdraiarti qui
con me per un po’?”
Hope
annuì, si tolse le scarpe e si infilò sotto le coperte, il viso nascosto nell’incavo
del collo di Allison, mentre la donna che le aveva fatto da zia, amica, seconda
mamma, le baciava il capo. “Zio Elijah ha detto che dobbiamo salutarci.”
“È
vero. Scusami se ti ho fatto venire in questa stanza che puzza di chiuso. Avrei
voluto che ci salutassimo fuori sul prato ma non riesco ad arrivarci, sono
troppo stanca.”
La
bambina si allontanò poco e la guardò. “Non fa niente” le disse. “Ma non voglio
salutarti.” Le poggiò la mano sulla guancia e solo allora Allison si accorse
che il suo braccialetto era sparito. Stava per chiederle che fine avesse fatto
ma un’ondata di energia la scosse. Poi il buio.
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