Shit, i got stucked in a goddamn reincarnation novel!

di kyonnyuchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kiriko Kirishima and her merry friends(?) ***
Capitolo 2: *** Imma child? No freakin' way! ***
Capitolo 3: *** Magical Girl Kiriko-chan! (Maybe...) ***
Capitolo 4: *** History lesson ***
Capitolo 5: *** Instruction Manual ***
Capitolo 6: *** I never signed for an osananajimi situation! ***
Capitolo 7: *** The heroes don't have to work their asses off, ain't it? ***
Capitolo 8: *** My new job is (more or less) just like the old one ***
Capitolo 9: *** 'Cuz every healthy teenager has a few porn mags under the bed ***
Capitolo 10: *** You sure bein' a princess is cool, baby? ***



Capitolo 1
*** Kiriko Kirishima and her merry friends(?) ***


Kiriko Kirishima and her merry friends(?)

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La diciassettenne Kiriko Kirishima, di Tokyo, abbassò lo schermo del proprio laptop canticchiando. Si era già fatta un'ora che le avrebbe matematicamente imposto, il giorno successivo, di dormire sul banco, a scuola.

 

Beh, poco male. Tanto lei, sia per i suoi compagni, sia per i suoi insegnanti era la bishojo yankee1. Nessuno l'avrebbe toccata né importunata. E poi, nei compiti in classe era sempre nella top 20 della scuola, per qualche assurdo motivo che ancora faticava a concepire.

 

Che fosse un genio nascosto? Se avesse studiato con maggiore impegno quali fantasmagorici traguardi accademici avrebbe conseguito?

Risposta: Ecchissenefrega. Anche perché non aveva voglia di subire anche i lampi d'odio dei secchioni della sua scuola superiore: non era una cosa carina sbattere in faccia a qualcuno l'inutilità dei propri sforzi sovrumani.

 

No, non era davvero il caso. Del resto, già era odiata a sufficienza dalle kogal2 della sua classe... Essenzialmente perché non fumava, non beveva, non vestiva l'uniforme in modo apertamente provocante, non andava in giro con borse firmate e costose (guadagnate grazie a qualche povero salary-man3 frustrato di ritorno dal lavoro, cui avevano fatto qualche servizietto, per poi riprenderlo con lo smartphone e minacciando di diffondere le foto su internet o direttamente alla sua compagnia), non era groupie di nessuna band idiota j-rock...Eppure coi ragazzi della scuola pareva che fosse più popolare di loro.

 

Kiriko, francamente, non si capacitava del motivo per cui farsi sbavare dietro da un branco di cerebrolesi fosse meritevole di cotanta invidia. Davvero le sue compagne avevano tutta questa ansia di diventare l'oggetto delle fantasie sessuali dei fustacchioni mononeuronali del club di nuoto? Ma che facessero pure, dannazione...

 

Come se non bastasse, era disprezzata anche dagli otaku4. La ritenevano troppo riajuu5 per loro. Naturalmente, per essere una gamer che si strafogava di anime e mangiava cibo spazzatura mentre lanciava improperi davanti allo schermo di un pc, doveva essere bruttina, brufolosa e con gli occhiali, stando ai loro canoni...

 

Ma, sfortunatamente, lei non era di quelle persone che si rifugiavano nella realtà immaginaria perché la loro vita reale gli risultava insopportabilmente odiosa. Lei leggeva manga e giocava ai videogiochi (era un'autentica divinità in quelli strategici e gestionali) perché le piacevano e basta.

I loro sguardi pieni di livore, però, le procuravano soltanto una certa ilarità. Poveretti, non potevano sapere di avere in classe uno dei loro idoli. Già, perché con il nome d'arte di Kiri-nee, era l'astro nascente tra i disegnatori di doujinishi6 di un magazine molto popolare.

Doujinshi hentai, ad essere precisi.

 

In pratica, almeno una buona metà di loro si ammazzava di pippe su qualcosa creato da lei.

Ma Kiri-nee era solo uno dei suoi alter ego. Come Ki-chan, infatti, si divertiva a scrivere novel e fanfiction. Oppure smontare quelle altrui con delle recensioni taglienti. Era una vera e propria paladina nella crociata contro le Mary Sue. Ogni tanto pensava che questo suo odio viscerale fosse dovuto al fatto che lei, effettivamente, era considerata tale, nella sua vita reale. Ma non l'aveva chiesto lei di essere bella e intelligente!

La verità, per quanto non l'avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stessa, è che avrebbe volentieri barattato parte della sua bellezza e parte della sua intelligenza se ciò le avesse consentito di avere qualche amico vero in più.

 

***

 

Bip! Biip! Biiiiiiip!

 

Cazzo, la sveglia! Se salto ancora la prima ora, è la volta buona che mi cacciano...

 

A tempo di record, Kiriko, si infilò camicia, gonna, giacca e scarpe, per fiondarsi in strada con i capelli ancora tutti spettinati dal sonno. All'idea di dover competere ancora una volta con i record di Usain Bolt per poter arrivare a scuola prima del suono della campana le venne da piangere. Ma più rumoroso del sospiro di sconforto fu il suo stomaco, che con un sordo brontolio le fece capire che non aveva gradito l'idea di saltare la colazione.

 

'Fanculo...Sicuro come due più due fa quattro, farò una figura di merda in classe. Oh, beh.

 

Stringendo i denti scattò alla velocità della luce evitando gli indaffarati passanti per infilarsi in metro, mentre meditava, almeno per la settantesima volta dall'inizio dell'anno scolastico, di comprarsi finalmente una bicicletta. Non prima di aver fulminato con lo sguardo uno che aveva accennato vagamente a palpargli il fondoschiena nel congestionato vagone, si catapultò fuori dalle porte del convoglio appena queste si aprirono, per l'ultimo sforzo verso la meta.

 

Ma quando era finalmente giunta davanti ai cancelli della Tomoya High, gli si parò davanti l'ostacolo più grande di tutti.

 

“Ma guarda un po' chi si vede... La cara Kirishima-chan, come al solito in perfetto orario...”

 

Kiriko frenò di colpo, per accennare ad una virtuosa piroetta per evitare lo scontro frontale con una ragazza alta, bionda, abbronzata e dal seno abbondante (e abbondantemente rifatto, secondo lei) che la fissava sprezzante.

 

Ma non sempre il destino è benevolo nei nostri confronti. La ragazza tese il braccio, bloccando così la manovra di aggiramento di Kiriko. Che, suo malgrado, fu costretta a fermarsi e interloquire con lei.

“Buongiorno a te troi...ahem, Imamiya-chan... Ora se non ti dispiace, dovrei passare...”

 

Perfetto, anche la zoccola tettona stronza, mi dovevo beccare, stamattina... Dio, se esisti, hai veramente un pessimo senso dell'umorismo, sappilo.

 

Hinata Imamiya. Tutte le volte che Kiriko incrociava la sua strada, le conseguenze non erano mai piacevoli. La cosa che stupiva più di lei era la sua straordinaria somiglianza, sia nel nome, sia nell'aspetto fisico, all'omonimo personaggio del manga “Naruto”, occhi perlacei a parte. L'unico piccolo, insignificante e trascurabile dettaglio era che a livello caratteriale era davvero agli antipodi. La Hinata che conosceva lei, infatti, era un'arrogante viziata. Inoltre, alcuni sospettavano che si scopasse i professori per avere voti alti.

 

Di solito Kiriko non dava retta a dicerie del genere, anche perché a volte dicevano la stessa cosa di lei, ma... Ma in quel caso sapeva che le voci erano più che fondate. Non per altro, ma perché l'aveva vista. Fosse stata un'altra persona, sarebbe uscita allo scoperto, invece di rimanere per una decina di minuti nascosta dietro la siepe che contornava gli spogliatoi est e li avrebbe ricattati. Ma quello non era uno degli hentai che disegnava, e l'idea di impelagarsi in una faccenda del genere le metteva stanchezza al solo pensiero. Ligia al principio del chi si fa gli affari propri campa cent'anni, aveva impazientemente atteso che quel patetico eiaculatore precoce finisse quel che doveva con quella povera oca, per poi andarsene senza essere notata dai piccioncini.

 

Naturalmente, la Imamiya non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare. Sapeva bene che un'altra assenza alla prima ora avrebbe messo definitivamente nei guai Kirishima, per cui non poteva non approfittarne per giocare un po'.

 

“Ma che peccato... E sì che volevo trattenerti ancora un pochino a parlare dei vecchi tempi.”

 

Vecchi tempi un cazzo, zoccola. Otawa sensei sarà un altro che ti sei fottuto, vero? Basterà che tu gli dica “Oh, cielo...l'atteggiamento di Kirishima è inqualificabile! Non è corretto allentare il guinzaglio solo per i suoi voti, merita una punizione esemplare per evitare che fornisca un cattivo esempio!”

 

Kiriko evitò di dirglielo. Sia per amor di pace, sia per il fatto che Hinata era in grado di slogargli il polso senza apparente sforzo. Non era la migliore delle aspirazioni, per una disegnatrice.

Per la Imamiya, essere figlia di un leggendario maestro di arti marziali, aveva i suoi innegabili vantaggi, dovette constatare sconsolata. Anche lei aveva provato a frequentare un dojo, ma gli era bastata una settimana per capire di essere totalmente negata per quel genere di cose.

 

Prima che potesse inventarsi qualcosa di decente per svicolare, ecco che apparve dal nulla un principe azzurro sul cavallo bianco a salvarla. Salvo trattarsi di un tappetto spettinato e per nulla principesco, Eichiro Kimura.

 

“Kimura-kun, anche tu in ritardo, eh?” Disse Kiriko al nuovo venuto.

 

Quello accennò un mezzo sorriso e cercando disperatamente di riavviarsi i capelli le replicò, inarcando amaramente gli angoli della bocca:

“Ahem, sai com'è... Ho fracassato un'altra sveglia, Kirishima-chan...”

 

Kiriko rise di cuore. Quell'otaku alto un metro e uno sputo era uno dei pochi esseri di sesso maschile della sua classe che non ci aveva mai provato con lei. Ed era anche l'unico a starle decisamente simpatico, tanto da rientrare nella non meglio definita categoria di “amico”. Salvo avere un unico, fatale difetto.

 

“Buongiorno anche a te, cara Imamiya-chan!” Interloquì il ragazzo, con un enorme sorriso, rivolto a Hinata.

 

“Oh, come sei carino, Kimura-kun!”, fece lei di rimando, ridacchiando civettuola.

 

Ettipareva. Ei-kun, ma come diavolo fa a piacerti quella grandissima, galattica, anzi no, cosmica, vacca di Imamiya?

 

Immersa per un istante di troppo nei suoi pensieri, Kiriko venne riscossa da un suono per lei estremamente funesto.

 

Ding Dong Dang Dong!

 

“Imamiya, dannazione a te! Facci passare!!!”

 

Hinata non aveva alcuna intenzione di smettere di giocare con il proprio topolino. E per quanto riguardava quell'insignificante scarafaggio di Kimura, non le importava proprio. Ma una voce la fece definitivamente desistere.

 

“Per favore, Imacchi! Non vorrai far arrivare in ritardo anche me, spero?”

 

Ed ecco che spunta anche il re della scuola. No, davvero, Dio, che ho fatto nella mia vita precedente per meritarmi tutto questo pessimo karma concentrato?

 

Alto, bello, muscoloso e, almeno apparentemente, gentile ed educato. L'idolo maschile di tutta la scuola, Tomoya Kiritani. Naturalmente anche lui ci aveva provato con Kiriko. E, altrettanto naturalmente, era stato respinto in 0.1 secondi netti. Non avrebbe mai potuto mettersi con un ragazzo così stupido e così egocentricamente inebriato dal proprio carisma. Non che il prode cavaliere, davanti ad un così netto rifiuto si fosse fermato. Almeno fino ad una ginocchiata ad altezza gemelli che gli aveva imposto una voce da soprano almeno per un'intera settimana. Motivo? Il tentativo di inchiodarla contro un muro e toccarla. E sì che, a regola, avrebbe dovuto essere lei ad avere meno capacità di distinguere la realtà da un hentai...

 

Prima che la Imamiya potesse rispondergli con una frase di senso compiuto (ma anche con una senza senso come “Prendimi, sono tua e sto venendo al solo suono della tua voce”, come Kiriko riteneva probabile), venne interrotta dal rumore di un intenso rombo, come di un temporale in avvicinamento. Quindi, udirono una voce profonda nella loro testa:

 

I quattro soggetti prescelti sono stati selezionati. Inizio trasferimento a Vaeltanya.

 

Subito dopo, un'intensa luce accecante li circondò. Quando si spense, di loro non vi era più traccia. Qualcosa li aveva portati in un mondo molto, molto lontano dal Giappone contemporaneo.

 

Angolino dell'autore

 

Ehilà! Alla fantasia non si comanda! Dovevo fare altro, lo so, come concentrarmi sui miliardi di progetti che ho in ballo per finirli una buona volta... Ma non ho resistito e ho cominciato una nuova storia. Prende spunto dalle miliardi di novel che stanno spuntando come funghi in questo periodo, che hanno come tema la reincarnazione in un mondo fantasy (vedasi Tate no Yuusha, Konjiki no Wordmaster, Himekishi ga Classmate, Gunota, Isekai Maou, Kuro desu ga nani ka, etc. etc...). Vero, il tema è ritrito e temo che, siccome non sarà una FF sarà destinato all'impopolarità, ma volevo tanto reinterpretarlo, nella speranza di creare qualcosa che sia più originale possibile (anche se certi cliché del genere emergeranno inevitabilmente). Che ne dite? Può valere la pena provarci? Fatemi sapere che ne pensate!

1Bishojo significa letteralmente “bella ragazza”. E' il termine con cui si definisce di solito la ragazza carina della classe per antonomasia; yankee, viceversa, per i giapponesi non significa “americano”, come nel resto del mondo, ma ha il significato più generico (e negativo) di persona rozza, violenta, delinquente o, quantomeno, non rispettosa delle regole della comunità.

2Letteralmente “piccola ragazza”. Sono tipicamente fanatiche della moda, frequentano i centri commerciali di Shibuya o Ginza e parlano in slang (a volte per imitare gli occidentali). Spesso hanno delle improponibili abbronzature e capelli artificialmente biondi. Per quanto riguarda le uniformi scolastiche, i loro “marchi di fabbrica” sono i calzettoni alti sopra le scarpe, i cardigan di diverse taglie più grandi e le gonne più corte dello standard.

3Il Salary-man è il classico impiegato di una grossa compagnia. Di quelli che vanno al lavoro molto presto e tornano a casa molto tardi. Anche perché è considerato strano o quantomeno poco propizio alla carriera non fermarsi dopo l'orario di lavoro standard con i propri colleghi a bere qualcosa.

4Per quanto non credo che questo termine abbia bisogno qui di spiegazioni, sono i fanatici di anime, manga e videogames.

5“Ragazzi della vita reale”. Termine vagamente dispregiativo con cui gli otaku definiscono i “vincenti” nella vita, ovvero quelli dotati di talenti relazionali e vita sociale più che accettabile(rispetto alla loro, perlomeno)

6I Doujinishi (abbreviati spesso in Dj) sono manga con, come protagonisti, personaggi tratti da altre opere celebri. (potrebbe voler dire che la nostra Kiri-nee disegna manga hentai con come protagonisti Naruto o Zoro, per fare un esempio). Cominciare dai Dj è attualmente il modo principale per un mangaka giovane per farsi notare.

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Capitolo 2
*** Imma child? No freakin' way! ***


Imma child? No freakin' way!

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Un minuto prima stai parlando con degli idioti fuori da una scuola ed il minuto dopo ti risvegli da tutt'altra parte. Parte? Diciamo pure in tutt'altro mondo.

I casi della vita.

 

Benvenuta a Vaeltanya, prescelta! Vivi la tua avventura e diventa un'eroina, salendo di livello, acquisendo nuove classi e imparando nuove abilità!

 

Ecco le tue statistiche di partenza:

 

NoName (Kiriko Kirishima)

 

Età: 0

Razza: Daemita (sangue faerico: 89%)

Classe attuale: Orfana (+1% astuzia per livello; -1%moralità per livello)

Status sociale: infimo

Punti esperienza:0

Statistiche base: (locked)

Abilità:(locked)

 

La speranza che le parole che aveva appena udito nel suo cervello, oltre che l'intera e assurda situazione, fossero null'altro che un incubo della sua mente assuefatta alla lettura di troppe novel fantasy, durò pochi, miseri e fugaci istanti. La realtà che poteva osservare intorno a lei dopo aver aperto gli occhi aveva contorni troppo netti e definiti per essere un parto della sua immaginazione malata.

 

Un attimo. Calmiamoci. Questo DEVE essere un incubo, no? Insomma, non mi sembra di aver fatto qualcosa di tragicamente sbagliato nella mia vita da studente delle superiori, per cui non posso avere un karma COSI' negativo da essere finita dentro ad una delle storie che leggo di solito... Ora mi do' un pizzicotto alla guancia e mi sveglio, già.

 

Se non che, l'atto di alzare il braccio verso il proprio volto fu un'impresa. Era come se...Non avesse alcuna forza!

Finalmente, dopo un paio di tentativi, nel campo visivo entrò la sua mano. La mano di un neonato.

 

No, aspetta. Sarei una neonata? Cioè, non solo sono finita in un altro cazzo di universo, ma da poppante, per giunta? Eccheccazzo però!

Vorrei tanto conoscere lo stronzo che ha avuto la merdosissima trovata di catapultarmi qui. Non sarò atletica, ma la forza di riempirlo di cartelle in faccia per un giorno intero giuro che la trovo. Allora vocina nel cervello, ci facciamo sentire di nuovo per chiedere umilmente scusa?

 

Il silenzio carico di aspettativa, però, rimase tale, per grande delusione di Kiriko, che vagamente sperava che un ipotetico “creatore del sistema” si facesse vivo per spiegargli un paio di cosette in più.

Di solito nei giochi funzionava così, no? Ma, a quanto pare, il creatore di quel particolare gioco doveva avere un lato sadico particolarmente spiccato.

A quel punto, cercò di ragionare su dove diavolo fosse e sulle parole che aveva sentito prima di aprire gli occhi. La prima cosa che realizzò, fu quella di essere adagiata su di un enorme letto in compagnia di molti altri esserini piagnucolanti, altrimenti detti bambini. Specie animale verso cui Kiriko aveva sempre provato una sorta di repulsione naturale.

 

Ah, già... La 'voce' l'aveva detto che ero un'orfana. E quindi in questo mondo esistono gli orfanotrofi, eh... Beh, meglio che niente, perlomeno.

 

Dopo aver benedetto internamente il fatto che avesse il senso della vista già perfettamente sviluppato, si soffermò per un attimo su un particolare in comune tra tutti i suoi compagni di sventura.

 

Orecchie... A punta? Vi prego, non ditemi che sono un fottutissimo elfo!

 

Cercò di ricordarsi delle parole dette dalla voce. Quando aveva parlato di razza, se lo ricordava ancora perfettamente, l'aveva definita come “Daemita”, qualsiasi cosa ciò stesse a significare. In più aveva aggiunto “Sangue faerico: 89%). Non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire, ma, a memoria, “faerico” era un aggettivo che di solito aveva delle relazioni con esseri come fate, elfi, folletti o gnomi; dall'inglese “Fairy”, ossia, appunto, fata.

 

Non che la scoperta, per Kiriko, fosse particolarmente attraente, comunque.

Fanculo. Fatti di carta velina e buoni solo a colpire dalla distanza. Non sono mai riuscita a giocare da ranger, negli RPG1...

 

Mentre era assorta nei suoi pensieri, si accorse di un senso di intimo calore nelle parti basse. A cui si aggiunse ben presto una sensazione di bagnato. La ragazza non ci mise molto per realizzare di essersi appena fatta pipì addosso. E nonostante fosse qualcosa di assolutamente nella norma per un neonato, la subitanea realizzazione di aver fatto qualcosa di estremamente imbarazzante per una normale diciassettenne di Tokyo, unita al complessivo shock di quanto stava succedendo, non poté fare a meno di gettarla in una cupa depressione, facendola esplodere.

 

Ma della rabbia, delle bestemmie, degli insulti che avrebbe voluto gridare, ciò che emerse alla luce del giorno fu solo e soltanto un pianto dirotto. Non differente da qualsiasi altro pianto dirotto di qualsiasi altro neonato con il pannolino bagnato sulla faccia della terra.

 

All'udire quel suono le si avvicinò, con un'interessante combinazione di fretta, preoccupazione e fastidio, una ragazza di carnagione ambrata, dai capelli nerissimi (ma senza alcuna traccia di orecchie a punta), sui vent'anni e con un lungo vestito sul grigio. Senza esitare la prese in braccio e la portò in una stanza attigua, dove, canticchiando una filastrocca, sostituì rapidamente la fascia di lino con un'altra probabilmente lavata di fresco.

Stupita dalla solerzia con cui era avevano provveduto alla sua “incresciosa situazione”, Kiriko progressivamente si calmò. Si sarebbe aspettato un luogo cencioso in cui i bambini abbandonati venivano accuditi nello sporco e in maniera approssimativa fino alla loro prevedibilmente prematura morte per qualche malattia, e invece...

 

Certo che per un luogo in cui l'idea generale di igiene è più o meno quella medievale, questo è un servizio di prima scelta... Ah, e grazie del cambio, nee-san2...

 

Ma non era ancora finita: stupendo ulteriormente la scettica Kiriko, la giovane, invece di riportarla subito indietro, decise di coccolarla un po'. Suoni incomprensibili uscivano dalla sua bocca, mentre rivolgeva lo sguardo a quella che per lei era solo una bambina che aveva appena finito di strillare.

 

Mi spiace, nee-san... Non capisco una parola di quello che mi stai dicendo. E non credo che tu abbia un dizionario di giapponese a portata di mano...

Umm... E' una mia impressione, o tutte le volte che mi guardi negli occhi ripeti la stessa parola? Non è che magari mi stai chiamando per nome?

 

Effettivamente, quando la strana voce le aveva parlato, era stata chiamata “NoName”, quindi nessuno le aveva ancora dato un nome o anche solo semplicemente un appellativo con cui riferirsi a lei. In un primo istante, travolta da mille altri pensieri, non vi aveva dato alcun peso, ma improvvisamente la questione le pareva della massima importanza. Vero che era un'orfana, con tutti gli annessi e connessi della cosa, ma non avere niente che fosse diverso da un “Ehi tu!” per chiamarla aveva un che di... Deprimente.

Sarebbe stato carino se quella nee-san avesse inventato di sua spontanea volontà qualcosa di meglio.

 

Bing!

 

Un suono nella sua testa la riscosse da questi pensieri. Senza neanche il tempo per riprendersi, la voce risuonò di nuovo, informandola che qualcosa di importante era accaduto.

 

Hai subito un cambiamento del tuo status!

Nome: Remin (Kiriko Kirishima)

 

Quindi hai deciso di chiamarmi “Remin”? Chissà cosa diavolo vorrà dire nella tua lingua... Però ammetto che ha un bel suono. Certo, se mi avessi chiamato “Zelda”, sarebbe stato il top, ma anche così non è affatto male... Di nuovo grazie, nee-san. Ti prometto che imparerò presto la tua lingua, imparerò come ti chiami e lo farò direttamente. Abbi solo un po' di pazienza. E tu, stronzissima voce dell'amministratore, non prendermi di nuovo di sorpresa in questo modo, mi hai fatto quasi venire un infarto con quel tuo 'bing!'. Sono solo una delicata neonata, per tutti i kami!

 

Aveva imparato troppo presto a cavarsela da sola in ogni situazione ed i suoi rapporti con i genitori erano da anni più freddi di un vento invernale. Perciò, suo malgrado, la scoperta di avere un nome e, soprattutto, quella di avere qualcuno che si prendeva cura di lei con un certo qual trasporto affettivo, la mise di buon umore. Essere in un mondo completamente nuovo e sconosciuto, e per di più come una lattante in fasce non le sembrava più così tanto spaventoso.

 

Probabilmente, se avesse saputo in cosa si erano incarnati i suoi compagni di sventura, in particolare una di loro, il malumore le sarebbe tornato immediatamente, al punto da farle vomitare sangue dalla rabbia.

 

Mirìs Varigan Gryalme (Hinata Imamiya)

 

Età: 0

Razza: Afaliana (sangue faerico: 4%)

Classe attuale: Principessa ereditaria di Afalia (+3.5% carisma per livello, +7% entro i confini di Afalia e Plargis; decoro+3; raffinatezza+3; resistenza al veleno +1)

Status sociale: altissimo

Punti esperienza:0

Statistiche base: (locked)

Abilità:(locked)

 

Bollard Ramia (Eichiro Kimura)

 

Età: 0

Razza: Averiana (sangue faerico: 9%)

Classe attuale: mercante di armi (+0.5% astuzia per livello; identificare classe armi+1; uso armi+1; metallurgia +1; moralità-0.5%)

Punti esperienza:0

Statistiche base: (locked)

Abilità:(locked)

 

Rachmal Frimaunis (Tomoya Kiritani)

 

Età: 0

Razza: Gaulanita (sangue faerico: 3%)

Classe attuale: nobile (decoro +1; raffinatezza+1; temperamento -0.5)

Status sociale: alto

Punti esperienza:0

Statistiche base: (locked)

Abilità:(locked)

 

Kyonnyuchan' space

 

Ed ecco che la nostra eroina si è incarnata in un allegro e avventuroso mondo fantasy. Salvo il piccolo e insignificante dettaglio che il mondo in questione non è per niente allegro, tanto più che parte da neonata e con uno 'status sociale infimo'. Cosa le riserverà il futuro? Lo scoprirete.

1Role Play Game: giochi di ruolo, come Dungeons and Dragons, Baldur's Gate e altri, in cui vi è la classica compagnia di avventurieri che massacrano mostri e completano missioni in un mondo che di solito è ad ambientazione fantasy.

2Nee-san in giapponese sta per “Sorellona”, o “Sorella Maggiore”. Naturalmente non è riferito solo ed esclusivamente ai rapporti parentali, ma è un modo amichevole per definire una persona che si prende cura di noi, appunto, come fosse una sorella maggiore.

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Capitolo 3
*** Magical Girl Kiriko-chan! (Maybe...) ***


Magical Girl Kiriko-chan! (Maybe...)

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“Piccola Remin! Non è posto per te, questo! Torna con gli altri di sotto!”

 

“Ma sore-”

 

“REMIN!”

 

“Va bene, sorella Diwyn, come vuole...”

 

Uff. Capisco che mi voglia bene, ma comincia sul serio a darmi sui nervi, questa situazione...

 

Remin, alias Kiriko, tornò, strascicando i piedi, al piano inferiore del caseggiato che serviva da orfanotrofio, emettendo un leggero sospiro di rassegnazione. Effettivamente, da un punto di vista esterno, sorella Diwyn, ossia la ragazza che per prima l'aveva accudita e le aveva dato un nome, poteva vedere in Remin solamente una vivace e molto intelligente bimba di tre anni.

 

Però Kiriko, pur con tutto il rispetto che poteva nutrire per lei, non aveva la benché minima intenzione di stare a marcire troppo a lungo in quel posto. Non senza almeno prima “prepararsi a dovere” per affrontare il mondo esterno. In fondo, non ci voleva un genio per capire che dal luogo in cui era una ragazzina usciva essenzialmente in due modi: come monaca, o come prostituta. Non c'era una grande varietà di toni di grigio, tra il bianco e il nero.

Aveva scoperto di trovarsi in uno dei quartieri poveri di una grande città, Veltemyn... Ma per una struttura mantenuta da un istituto religioso e sorretta principalmente da donazioni pie, anche volendo, era impossibile prendersi cura di tutti gli orfanelli del quartiere.

Ciò significava che all'età di nove, massimo dieci anni, a coloro che si erano dimostrati particolarmente abili in qualche campo, veniva data l'opportunità di rimanere e ricevere seriamente un'educazione, per quanto ciò volesse dire anche prendere i voti e diventare sacerdoti o monache. Niente di disdicevole in questo, ma, nonostante fosse ancora vergine, giurare eterna castità a delle non meglio precisate divinità non rientrava esattamente nei suoi piani.

Ai meno dotati, invece... Qualche soldo, un pezzo di pane, una discreta dose di buoni consigli e via, nel mondo. Tradotto: in nove casi su dieci, da quelle parti si finiva ad esercitare mestieri molto poco rispettabili. La stessa sorella Diwyn era un'orfanella che aveva “fatto carriera” e più di una volta l'aveva scorta, mentre piangeva di nascosto, al ritorno dalle commissioni, dopo aver riconosciuto questa o quella compagna di sventura della sua infanzia. Tuttavia, cosa le restava, se non versare lacrime per chi non era stata fortunata quanto lei?

No, Kiriko doveva darle onore al merito: qualcosa cercava di fare, ovvero insegnare rudimenti di lettura, scrittura e matematica ai pargoli. “Così non vi farete fregare facilmente”, era la sua motivazione.

La cosa, a rifletterci bene, aveva un suo perché. Nel Giappone contemporaneo l'educazione primaria era qualcosa di talmente diffuso da apparire scontato, ma in un mondo simil medievale, il sapere, per quanto poco, era potere. Era proprio da una di queste lezioni che Remin/Kiriko era stata scacciata, dopo aver tentato insistentemente di intrufolarvisi.

 

C'era però una cosa che le interessava verificare, più ancora che imparare per bene a leggere e scrivere in lingua Daemita (o in qualsiasi altra lingua).

Daewyn, dopo cena, amava “raccontarle delle storie”. In realtà si trattava di narrazioni a contenuto palesemente religioso. Probabilmente stava cercando, in un modo indiretto, di impartirle i primi rudimenti di “catechismo”. Quella in cui credevano da quelle parti era, in buona sostanza, una religione tendente al monoteismo: una Dea creatrice, detta in lingua daemita Kirim, aveva generato con il suo canto il mondo e sempre attraverso questo canto, la terra si era popolata di spiriti. Alcuni di essi, però, sentendo la sproporzione tra la loro debolezza e la potenza della dea, divennero prima tristi e in seguito malvagi.

 

A quel “malvagi” a Kiriko era scappato, dopo aver udito la storia per la prima volta, un sorrisetto, rapidamente represso e mutato, secondo copione, in uno sguardo rapito e coinvolto da tipica bambina di tre anni dinnanzi ad una storia fantastica.

 

Logico, c'è sempre qualche “caduta”, di mezzo, sennò non c'è gusto... Dopotutto un modo per spiegare perché l'uomo è fondamentalmente uno stronzo bastardo lo si deve inventare, no?

 

Nel frattempo, la dea decise di creare dei figli e farli dimorare nel mondo. Gli spiriti si divisero tra chi voleva tormentare queste nuove creature, chi non voleva averci nulla a che fare, chi desiderava aiutarle da lontano e chi addirittura dimorare con loro. Vi furono persino unioni tra gli spiriti e questa prima generazione di creature.

I figli di queste unioni divennero potenti, tanto da diventare signori. Ma con il potere venne anche la tentazione di usarlo per scopi malvagi, per cui nella loro arroganza attirarono su di sé una calamità, che li fece perire (i malvagi) o prendere la via dell'esilio tra le stelle (i buoni), per grazia della Dea. Ad ogni modo, quest'ultima, dopo aver bandito definitivamente gli spiriti perché non potessero interagire più in maniera diretta con essi, creò una nuova generazione di figli. Questi però fecero in tempo ad incontrare alcuni della “prima generazione” prima che partissero per il cielo e, in rari casi, a unirsi a loro.

Il frutto di tali accoppiamenti lasciò dei tratti somatici inconfondibili che, senza spiegazioni logiche apparenti, anche a distanza di innumerevoli generazioni, in taluni casi sarebbero ancora presenti: le orecchie a punta e i capelli argentei. I possessori di queste caratteristiche, avrebbero avuto dentro di loro i poteri latenti dei primogeniti, sigillati però dalla dea.

 

“E tu sei una di queste creature benedette, piccola Remin! Se qualcuno in futuro dovesse mai parlare male di te per il fatto che hai questi splendidi capelli e queste bellissime orecchie, vieni a dirmelo, che ci pensa la tua sorellona Diwyn!”

 

Ogni volta che ripeteva quelle parole (cui seguiva, puntualmente, un amorevole quanto soffocante abbraccio), a Kiriko sorgeva istintivamente un sorriso sulle labbra. Forse, se avesse avuto una sorella così anche nella sua vita reale, si sarebbe comportata meglio, con il prossimo. Certamente meno da gatto isterico cui avevano appena pestato la coda.

 

Ma quel che era più interessante di quella storia, perlomeno per la giapponese trapiantata a Vaeltanya, era l'epilogo.

Leggende narravano infatti, secondo sorella Diwyn, che alcuni eroi del passato fossero stati in grado di far emergere tali poteri nell'ora del bisogno. La dea, infatti, rispondendo alle loro preghiere ed intercessioni, avrebbe inviato loro una pietra sacra in grado di rompere il sigillo e far libero uso di tali facoltà.

 

Kiriko cercò da subito di razionalizzare il racconto, partendo dal presupposto che sotto tutto quel fumo, ci doveva essere dell'arrosto.

 

Un momento... Ciò significa che nel mio patrimonio genetico rientra la capacità di fare magie? E la pietra di cui si parla nella leggenda deve essere per forza un catalizzatore che permette di attivarli... Certo, se il mito dicesse anche dove trovarla...

Figata, sarei una specie di mahou shojo1, allora... Ehi, stupido creatore di questo mondo, dovessi in futuro riuscire ad attivare i miei poteri, niente vestitini frou-frou e gonnelline girofiga piene di fiocchetti... Assomigliare ad Usagi2 o Madoka3 è l'ultimo dei miei desideri, chiaro?

 

L'occasione per verificare in maniera più approfondita la questione avvenne in modo del tutto imprevisto, durante una torrida sera d'estate.

Quando ancora abitava in un anonimo appartamento a Tokyo, durante l'estate Kiriko aveva il pessimo vizio di bere acqua come un cammello, nel vano tentativo di cercare refrigerio dalla canicola. Ciò di solito portava con sé il fastidioso effetto collaterale di essere risvegliata nel cuore della notte da impellenti necessità fisiologiche.

In quell'angolo di mondo, però, se proprio la doveva fare, non l'aspettava una comoda tazza di porcellana collegata ad una fognatura, ma un viaggetto verso l'angolo della stanza, patria di un ben più modesto e squallido vaso da notte. Ma al solo avvicinarsi a quell'oggetto malefico, la prendeva un tale senso di nausea da farle venire gli incubi. Per cui, tanto per variare, decise di sgattaiolare fuori, nel comodo e silenzioso giardinetto dietro all'edificio, che di fatto separava l'orfanotrofio dal convento. Raro lusso dei monaci, quello di avere un luogo così verde e pulito, nel bel mezzo di una città in decadenza.

 

Ormai era diventata un asso, nel camminare furtivamente fuori senza produrre il minimo rumore. Ma quella particolare notte, una volta all'esterno, notò un particolare fuori posto: nel capanno dei giardinieri si poteva intravedere un fioco lume di candela, segno evidente di attività sospetta.

Suo malgrado, per quanto la sua testa le dicesse sento puzza di guai anche da qui, Kiriko si avvicinò incuriosita. All'interno vi era una persona che mai si sarebbe aspettata.

 

Sorella Diwyn? Ma che diavolo... Un passaggio segreto sotterraneo? Oh, no, non ditemi che dietro il visino angelico, nasconde l'affiliazione a qualche setta perversa... Nah, forse ho letto troppi manga di un certo tipo...

 

L'esitazione della adolescente nel corpo di una bambina durò sì e no tre secondi. Quindi, socchiuse la porta cigolante del capanno e si infilò abilmente nella stessa botola in cui era scomparsa Diwyn.

 

 

 

 

 

 

 

1“Ragazza magica”: è un modo di definire tutto un filone di manga e anime che hanno per protagoniste ragazze dai poteri magici, che spesso si trovano a salvare il mondo contro l'attacco di demoni malvagi

2Usagi è il nome della protagonista di uno dei primi anime che ha lanciato il filone delle mahou shojo, ovvero “Sailor Moon”. In Italia è chiamata bunny (Usagi in giapponese significa effettivamente coniglio)

3Madoka, da “Puella Magi Madoka Magika”, il manga più popolare sulle ragazze magiche degli ultimi anni. E' noto per una rapida deriva da un tono allegro e adolescenziale, tipico del genere, a toni cupi e persino inquietanti (La scena in cui a Mami, una delle protagoniste, viene ingoiata e staccata la testa da parte di un demone è diventato un noto meme di internet)

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Capitolo 4
*** History lesson ***


History lesson

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Avere tre anni.

Apprezzabile per le dimensioni, se devi nasconderti, ma pessimo per la coordinazione motoria. Kiriko la apprese a proprie spese, mentre cercava di affrontare con eroica abnegazione l'impervia scala che conduceva allo scantinato di quella casupola. Non fosse per la malsana curiosità che l'aveva presa improvvisamente, avrebbe senza dubbio abbandonato il tentativo dopo quattro scalini. Ciò nonostante, dopo aver evitato all'ultimo un pericoloso volo a faccia in giù, riuscì a giungere alla tanto agognata destinazione.

 

E ora vediamo di capire quale razza di vita notturna fa la nostra cara sorella Diwyn...

 

Ci aveva tentato, a bloccare sul nascere film mentali sul genere “orge e sette sataniche”, con annesse variazioni sul tema per ogni gusto (compresi Yuri e Bondage, proprio per non farsi mancare nulla). Ci aveva tentato, davvero. Ma quello, al contrario dell'avventura sulla scala, era stato uno sforzo coronato da un mesto fallimento.

 

Sono un'orrenda maniaca pervertita... Oh, kami, perdonate la sottoscritta per essere una creatura così degenere... Certo che però non è tutta mia, la colpa... Se nella mia scuola quelle dannate troiette parlavano di sesso un momento sì e l'altro pure...

 

Purtroppo, Kiriko non disponeva veramente di personalità multiple, quindi, al patetico tentativo dell'immaginazione di scusarsi dinnanzi alla morale mancava un valido contraddittorio. Altrimenti, senza ombra di dubbio, una voce nel cervello le avrebbe detto che la colpa era sua eccome. Sua e di tutti gli eroge a cui aveva giocato in vita sua.

 

Ad ogni buon conto, immaginazione assunse un'espressione molto delusa (sempre all'interno del suo cervello, naturalmente), quando, dopo tanta aspettativa, non vide ciò che si aspettava.

 

Ciò che si trovava davanti era null'altro che un locale spoglio, Al centro, un tavolo ornato da un paio di candele, oltre che pile e pile di libri e un paio di ampolle, colme di liquidi dai colori stranamente vividi. Ah, certo, last but not least, la supposta monaca vittima di riti settari stava semplicemente leggendo un voluminoso tomo, stropicciando gli occhi e stiracchiandosi come un gatto sonnolento di tanto in tanto, probabilmente per mancanza di sonno.

 

Meh... Veramente anticlimatico... Ehm, no, volevo dire... Menomale che non c'è nulla di grave...

 

Tuttavia, nonostante si aspettasse tutt'altro, Kiriko rimase comunque (anzi, a maggior ragione) perplessa a quella vista. Che motivo c'era di leggere un libro di notte, in segreto? Cosa diavolo nascondevano quei testi di così importante o proibito? Più rifletteva sulla cosa, meno questa quadrava. L'unico modo per placare i suoi dubbi era cercare di capire cosa, di preciso, sorella Diwyn stesse leggendo. Facile a dirsi, un po' meno a farsi. Non era infatti sicura al cento per cento di essere in grado di leggere qualcosa di meno elementare del suo nome, nel sistema di scrittura daemita. E se fosse stato un altro alfabeto e un'altra lingua sarebbe stata, per dirla in modo fine, ampiamente fregata. Doveva avvicinarsi solo un altro pochino per appurare la cosa...

 

Ma cercare di avvicinarsi al proprio obbiettivo senza fare il minimo rumore, al buio, in un posto poco familiare non rappresenta il massimo della facilità, specialmente se si è dei bambini di tre anni.

A ciò basta aggiungere il fatto che Kiriko fosse leggermente distratta dalle proprie elucubrazioni mentali, per avere tutte le precondizioni per una bella dimostrazione pratica della prima legge di Murphy: “Se una cosa può andare male, allora andrà male”.

 

Spatapeeem!

 

“Ma checcazz...Ah.”

 

Kiriko era inciampata su un piolo traditore, per cadere malamente di faccia. Nulla di devastante, all'ultimo era riuscita a mettere avanti le mani per evitare di conoscere per osmosi il pavimento con i suoi denti, ferendosi solo alle gambe. Se non che, aveva prodotto un rumore difficilmente trascurabile, persino per una persona del tutto assorta e concentrata come sorella Diwyn.

 

La quale, puntualmente, si era girò di scatto.

 

“Re-Remin?!? Per la dea, come sei arrivata sin qua?”

 

L'espressione di sorpresa e spavento della ragazza si tramutò, una volta appurata l'identità dell'intruso, in quella tipica di una madre che stava per iniziare una lunga ramanzina.

 

Tuttavia, Kiriko aveva esaurito la voglia di interpretare la “piccola e tenera Remin”, per quella giornata. Era stanca, sporca e per giunta il dolore all'altezza del ginocchio sbucciato si faceva discretamente sentire. No, non era decisamente il mood giusto per giocare a fare la bambina.

L'avevano piazzata in quel dannatissimo mondo? Ora, per cortesia, si dava il caso che fosse giunta l'ora di racimolare qualche risposta sensata!

 

“No. Un attimo... Cosa diavolo ci fa lei qua a quest'ora? I libri che sta leggendo sono per caso della roba proibita dalla religione della dea? O forse c'è sotto ancora dell'altro?”

 

Il fiume di parole che stava per inondare le orecchie della “piccola Remin” si bloccarono di colpo, ancor prima di essere tradotte in suono. Per cinque secondi buoni Diwyn rimase a bocca spalancata dallo shock. I suoi occhi ci vedevano ancora bene... Quella che aveva davanti era una bambina di tre anni, giusto?

 

Eppure la discrepanza tra ciò le dicevano i suoi sensi era troppo larga per essere spiegata razionalmente!

 

“Sorella Diwyn... Risposte per favore.”

 

Il tono di Remin non ammetteva repliche. A quel punto il cervello della giovane alzò bandiera bianca, rinunciando a cercare spiegazioni razionali a ciò che si trovava dinnanzi e limitandosi a rispondere alla domanda che le era stata posta.

 

“Non sono proibiti! Non sono affatto un'eretica del nord, se è questo quello che pensi, ba-bambina mia! E' solo che...Sono testi in Sarpidico, in alfabeto Beredik. Se me li trovassero in mano penserebbero che sono una spia degli infedeli...”

 

“...Perché, non lo sei?” La incalzò Kiriko. Fare la parte del poliziotto cattivo non le piaceva (o forse sì, ma non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a lei stessa), ma se non l'avesse fatto, non avrebbe capito nulla della spiegazione di Diwyn. Non aveva la minima conoscenza di lingue, tradizioni e culture di quel continente, e quello era un modo pratico per ottenerle senza dover stare a questionare troppo.

 

“No! Sto leggendo testi degli infedeli solo per capire se al loro interno c'è qualche menzione su dove trovare le sacre pietre e come attivarle!”

 

“Le...Sacre pietre? Ahhh, giusto, quelle che indurrebbero in chi possiede il nostro sangue straordinari poteri magici...”

 

“Non poteri magici, piccola Remin... E' una questione di fede!”

 

“Ahem...” Kiriko non era mai stata particolarmente brava a credere a qualcosa che non potesse vedere o toccare con mano. Ogni tanto si era persino vergognata del suo venale materialismo, nella vita precedente. Solo che non aveva cuore di far notare a Diwyn che per lei non si trattava altro che di un cumulo di baggianate.

 

Ma perché arrivare persino a consultare testi di un'altra cultura e di un'altra religione? Questo faticava seriamente a comprenderlo. Fortunatamente, come se la sua interlocutrice le avesse letto nel pensiero, le disse:

 

“Non ti ho mai fatto lezioni di storia, piccola Remin... Pensavo di cominciare quando saresti stata un po' più grandicella... Eppure, ora credo non sia più necessario. E' evidente che sei una creatura benedetta dalla Dea!”

 

Com'è che adesso sono una specie di santa solo perché mi ero rotta di comportarmi da bambina? Mi sa tanto che ho fatto una cazzata...

 

“Devi sapere che un tempo la nostra città era il centro di un grande e vasto impero. L'imperatore decise di costruire una nuova capitale che fosse degna di lui. Ora però, del grande impero di un tempo resta solo questa città. Orde di nemici si sono abbattute per secoli contro gli imperatori, erodendo mano a mano i loro domini. E ora è rimasta solo Veltemyn... Tutt'intorno a noi si estende ormai il territorio di quel dannato popolo di barbari infedeli... Dannati Teumig...

 

“Teumig?” Che erano, delle specie di orchi? No, non doveva confondere le sue esperienze nei giochi di ruolo con quel mondo... Per quanto lei avesse in tutto e per tutto delle orecchie da elfo.

 

“Sì. Sono un popolo di infedeli, che ormai da cento anni a questa parte ha divorato quanto restava dell'impero. Sono dei barbari crudeli e malvagi che non credono nella dea! Ancora poco tempo e metteranno d'assedio la città e la distruggeranno, cancellando da queste terre la vera fede...”

 

Forse comincio a capire... La nostra cara ragazza qui presente crede con quelle pietruzze magiche qualche supereroe possa sconfiggere i cattivi... E' talmente ingenua che mi fa tenerezza...

 

“Ma sorella Diwyn... Non ci sono altri popoli che credono nella dea che possono aiutare Veltemyn alla battaglia?” Se avesse saputo quale vaso di Pandora stava aprendo, Kiriko non le avrebbe rivolto quella domanda.

 

“Eretici bastardi del nord! Mentre noi combattevamo contro le invasioni dal sud loro ingrassavano e prosperavano. E ora, quelle nazioni di mercanti ci voltano le spalle, troppo impegnate a combattere tra di loro per delle manciate di denaro, piuttosto che affrontare sul serio i nemici della fede. E' anche grazie a loro, quei succhiasoldi infidi che hanno messo in ginocchio l'economia dell'impero, che Veltemyn è divenuta così debole!”

 

Okkei... Allora: sud uguale cattivoni, barbari infedeli e blah blah blah. Nord uguale gente che ha pensato alla propria sopravvivenza ingrandendosi e creando potenti stati mercantili all'ombra dell'impero che si stava indebolendo. Bastardi approfittatori utilitaristici, eh? Chissà come mai mi stanno già simpatici...

 

“OK, ok, calma sorella Diwyn, non c'è bisogno di scaldarsi tanto... Ad ogni modo, trovato qualcosa in quei testi che sta consultando?” Era un patetico tentativo di sviare il discorso su binari più controllabili, doveva ammetterlo. Però a mali estremi, estremi rimedi.

 

Ad ogni modo, l'espressione sconsolata che la ragazza fece diede già a Kiriko la prevedibile risposta:

 

“No, purtroppo. Forse è un limite mio, che non so leggere bene l'alfabeto Beredik... Ma anche le pietre che si trovano nel territorio degli infedeli sono spente, come le nostre...”

 

“Beh, sì certo... Aspe... Cosa? 'Come le nostre'? Cosa intendi di preciso?”

 

Diwyn si sorprese di fronte all'ovvietà della domanda. Non si capacitava che Remin non avesse la più pallida idea di quel che aveva appena detto.

 

“Le nostre sacre pietre. Le reliquie degli antichi eroi che si trovano nei nostri templi! Possibile che non te ne abbia mai parlato?”

 

“A dire il vero no, sorella Diwyn...” O forse sì, ma fino ad adesso non me ne è mai fregato nulla...

 

“Beh, sono le pietre usate dai grandi santi che hanno combattuto per la fede nei secoli antichi. La dea ha concesso loro quelle pietre e con esse, inimmaginabili poteri! Oh, come ci vorrebbe qualcuno puro di cuore in grado di utilizzarle contro le forze del male...”

 

Kiriko ebbe la fastidiosa sensazione che Diwyn, mentre pronunciava quell'invocazione la stesse guardando con fare piuttosto eloquente.

 

No...NO. Io non sono l'eletta di nessuna stramaledetta religione, chiaro? Non diciamo stronzate... Non voglio fare la prescelta di stocazzo. Ehi, tizio che mi hai portato qui, mi hai sentito bene?

Niente scherzi di pessimo gusto del tipo che sono “l'eletta che porterà le forze del bene a trionfare” e cagate simili. Non voglio fare la Mary Sue di un romanzo fantasy di serie C, ci siamo capiti?

 

“Prima o poi dovrai portarmi a vederle – Tagliò corto in modo molto poco convinto la giapponese reincarnata - Però sorella Diwyn... Io non sono saggia e più matura della mia età perché mi ha parlato la Dea... E' perché...”

 

Avanti, dille che sei Kiriko Kirishima, che sei una diciassettenne reincarnata nel corpo di una bambina. Così le fai credere per bene che vieni da un altro mondo e comincia ad adorarti per davvero come una specie di divinità inviata dal cielo per difendere il pianeta terra dalle forze di Zion1.

 

“E' perché sono solo molto più matura della mia età!” Kiriko scosse la testa. Aveva esagerato nel comportarsi da adulta prima e adesso ne avrebbe pagato il prezzo.

 

“Ahahah! Può darsi, piccola Remin! Ma che ti piaccia o no, tu per me sei e resterai un dono del cielo!” Detto questo, con un caldo sorriso Diwyn la abbracciò così forte da rischiare di strozzarla.

 

No, davvero l'ha bevuta? Oh, kami-sama, come fa a essere così ingenua?

Uff, dannazione a te Diwyn, sei talmente innocente che mi stai facendo DAVVERO affezionare a te come una sorella, sai?

 

1Citazione di Mobile Suit Gundam, popolare Mecha degli anni '80 che ha rivoluzionato il genere dei “robottoni” I nemici dell'eroe sono appunto i generali del principato di Zion.

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Capitolo 5
*** Instruction Manual ***


Instruction Manual

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Di solito, dopo eventi del genere, in un manga o in una novel che si rispetti, la vita dell'eroe cambia completamente. Appena uno si rende conto di essere il prescelto che deve salvare il mondo o roba del genere, ecco che subito si crea la spirale: arrivo nemici – allenamento – abbattimento dei nemici (che immancabilmente sono più forti, ma altrettanto immancabilmente si fanno battere sul più bello da qualche potere nascosto del campione che si attiva al momento giusto).

 

E Kiriko, per quanto fosse l'ultimo dei suoi desideri, si sentiva inevitabilmente addosso questo presentimento: insomma, dopotutto aveva le stimmate dell'eroina, a seguito dell'incontro con Diwyn nel suo studio segreto.

 

Ma quel che accadde andò al di là di ogni sua più fervida aspettativa. Di tutto ciò che temeva le sarebbe potuto capitare, mai si sarebbe aspettata... Il niente.

I giorni diventarono settimane, le settimane mesi e i mesi anni. Inutile nascondere che, per quanto dichiarasse a sé stessa di non voler avere nulla a che fare con storie sul destino del mondo in pericolo, non poté fare a meno di provare un minimo di disappunto per l'assoluta e regolare tranquillità con cui scorreva placida la sua vita nel nuovo universo.

 

Ma anche quel tran tran sonnolento, anzi, soprattutto per quello, non riuscì a sopire il suo istinto primordiale da gamer. E questo suo istinto le sussurrava all'orecchio, con una voce lasciva che solo lei poteva percepire:

 

In fondo è un gioco, no? Se non ci sono quest in vista vuol dire solo una cosa: è il momento di far salire di livello il Pg1...

 

Grindare. In gergo tecnico, macinare ore e ore di gioco al solo scopo di creare un personaggio più Op2 possibile prima di affrontare le varie avventure. Qualsiasi essere umano più o meno adulto e dotato di intelligenza normale la definirebbe in termini un po' meno tecnici, ma sicuramente altrettanto efficaci, come “Buttare nel cesso il proprio tempo libero”.

Fortunatamente per lei, Kiriko non si trovava ancora nello stadio terminale di quella orrenda malattia, riassumibile nella frase (più o meno traducibile in tutte le lingue in cui possono essere stati tradotti dei MMORPG3): “Devo procurarmi qualche cosa in poter pisciare, mi mancano solo 437 Xp per far ottenere l'abilità del peto infuocato al mio bardo da combattimento!”

In più, i vari ping! Che sentiva nel cervello ogni qual volta acquisiva (per puro caso) un aumento delle sue statistiche, le davano una tale emicrania che la sola idea di cercare volontariamente di acquisire delle skills le dava un forte senso di nausea.

 

Ciò nonostante, alla fine di una strenua lotta interiore, la tentazione di provare a capire meglio il funzionamento di quello che si ostinava a chiamare il sistema di gioco di Vaeltanya, ebbe la meglio.

 

Bene, per prima cosa, sarebbe una buona idea cercare di capire quali sono le mie statistiche base e le mia abilità... Se non fosse che non sono davanti ad uno schermo e non vedo come diavolo si possa formare davanti ai miei occhi una 'schermata di status' così, all'improvviso...”

 

Pur senza molta convinzione, quella mattina provò a chiudere gli occhi e concentrarsi sull'immagine di un elenco di statistiche. Naturalmente, non accadde nulla, nemmeno un lieve rumore o un avviso di “operazione impossibile”.

 

Certo, perché se uno mi catapulta in mondo medievale con tanto di magia, mica serve un manuale di istruzioni, neh? NOOOO, figuriamoci, pensò con un fremito di irritazione mal represso.

Il fatto che in tutta la sua giovane vita, per pura ostinazione, non avesse MAI consultato un manuale per cercare di capire non esclusivamente come funzionava un gioco, ma anche solo per montare un robot da cucina, fu un pensiero che la sua mente si affrettò ad autocensurare.

 

Alla parola “Manuale”, però, rispose l'ormai familiare suono perforatempie, cui presto seguì una voce:

 

Prego, formulare la richiesta di spiegazioni. Il sistema reindirizzerà alla pagina desiderata!”

 

Kiriko rimase talmente sorpresa da emettere un gemito di sorpresa, a malapena strozzato. Un bambino di fianco a lei in camerata la osservò stranito, per poi riprendere a vestirsi, mormorando tra sé: “Remin è una strana...”

 

Perfetto, ora sono presa per una spostata anche da dei bambini di sette anni...

 

La divagazione del suo pensiero in quella direzione ebbe però un effetto collaterale. La voce del “manuale”, la interpretò come una domanda e rispose:

 

Bambini: termine che indica individui ancora non sessualmente maturi delle razze umanoidi. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Certo che voglio porre un'altra domanda, dannazione! Dunque, vediamo... Manuale, come visualizzare il menu di stato?

 

Le statistiche del giocatore sono in questo momento bloccate. Per sbloccare la pagina di visualizzazione occorre acquistare l'abilità Visualizza Statistiche. L'abilità Visualizza statistiche è acquistabile al prezzo di 4500 xp. Attualmente il giocatore ha 23 xp. Impossibile acquistare. Attualmente il giocatore appartiene alla classe “orfano”. Abilità impossibile da acquistare per la classe “orfano. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Ah, ecco... MA STIAMO SCHERZANDO??? Com'è che ha un prezzo così ridicolmente alto???

 

Visualizza statistiche è un'abilità di livello B. Il prezzo delle abilità di livello B è tra i 4000 e gli 8000 xp. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Ok, ok, abbiamo capito, il mio livello è una cacca... Ma come faccio a guadagnare xp?”

 

per guadagnare punti esperienza il giocatore può: svolgere missioni e mansioni assegnate da png. Il numero di xp assegnati sarà in base al modo in cui verrà eseguita o rifiutata la mansione; sconfiggere nemici. Il numero di xp assegnati sarà in base alle statistiche del nemico; lavorare. Il numero di xp assegnati sarà in base al tipo di impiego e al modo con cui verrà portato a termine il lavoro. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Kiriko si morse la le labbra. I parametri per guadagnare punti erano seriamente molto più stretti di quanto non avesse pensato. Aveva letto palate di novel e di manga (in particolare un manhwa4 molto famoso) di gente che finiva in un modo o nell'altro a vivere in un mondo con setting da videogioco... Ma in quei casi, al protagonista ci volevano più o meno cinque minuti per capire i trucchi del sistema e diventare estremamente potente (o, quantomeno, acquisire poteri particolari che nessuno aveva) in tempo zero. Ogni azione o gesto, anche i più insignificanti, finivano per dare punti esperienza e per generare delle abilità.

 

Cavolo, non potevo trovarmi in una di quelle storie, in cui anche un mezzo peto mi dava delle skill? Ma và, io dovevo finire nel mondo di uno sviluppatore tirchio e infame...

 

Cercando di riprendere rapidamente il filo dei propri pensieri (prima che il manuale la prendesse come una domanda), si concentrò di nuovo e chiese mentalmente:

 

Manuale, ahem... E' possibile acquisire skill senza acquistarle?

 

Il giocatore può sbloccare in base a certi eventi randomici delle abilità, una volta conseguiti i punti statistiche necessari. Pur tuttavia le abilità sbloccabili sono esclusivamente quelle contenute nella classe di appartenenza. La razza di appartenenza e lo status sociale possono aumentare o diminuire il range di abilità sbloccabili, oltre che aumentare o diminuire le probabilità di sblocco. L'acquisizione di una skill permette di sbloccare ulteriori abilità di livello superiore ad essa correlate. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Manuale, puoi elencare le abilità attualmente sbloccabili o acquistabili della classe 'orfano'?

 

Kiriko aveva un pessimo presentimento...

 

Per effettuare questa azione, sono richiesti 20 xp. Una medesima richiesta successiva costerà progressivamente il doppio. Eseguire comunque?

 

Com'è che dicevo prima? Ah, sì. Tirchio e infame. All'ennesima potenza. Uff... Esegui comunque, manuale.

 

Eseguo...

 

Abilità di classe F:

 

Senso dell'orientamento 40xp

 

Anaffettività 40xp

 

Nascondersi (giorno) 55xp

 

Nascondersi (notte) 55xp (-10% se il sangue faerico è superiore al 75%)

 

Abilità di classe E:

 

Furtività (livello 1) 100xp

 

Dissimulare 100 xp

 

Resistenza al sonno (livello 1) 100xp (-10% se il sangue faerico è superiore al 75%)

 

Resistenza allo stress (livello 1) 100xp

 

Resistenza alla fame (livello 1) 120xp

 

Resistenza termica (livello 1) 120xp

 

Creatività 150xp

 

Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Ma questo è un mondo fantasy o un romanzo di Charles Dickens? Pensò in un primo momento Kiriko con un sospiro di rassegnazione. A cui fece seguito un secondo sospiro quando notò quanto poche fossero le abilità acquisibili dalla sua classe. E un terzo quando realizzò un problema ancor più grave:

 

Manuale, non è che potresti SPIEGARE gli effetti di queste abilità?

 

Ripensando a quel momento in seguito, la ragazza avrebbe giurato che la voce monotona nella sua testa avesse assunto un'intonazione sadica, nel risponderle:

 

Per effettuare questa azione, sono richiesti 20 xp. Impossibile eseguire. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Un lampo d'odio brillò per un istante nei suoi occhi. Se il bambino di prima fosse stato ancora presente e l'avesse per sbaglio fissata in quel momento si sarebbe senza dubbio fatto la pipì addosso e scappato via urlando, tale era l'istinto omicida che si poteva leggere sul suo sguardo.

 

Giuro che ti scoverò, programmatore di questo stupido gioco. E soffrirai... Oh, sì, se soffrirai...

 

Lentamente e faticosamente, tornò in sé, dopo l'impeto di rabbia. Era troppo importante chiedere più cose possibili, ora che poteva, dato che non era sicura di essere veramente in grado di evocare il manuale una seconda volta. Prese un bel respiro e chiese nuovamente:

 

Manuale, come è possibile cambiare classe?

 

A seguito dell'innalzamento delle statistiche base o dell'applicazione continuativa a una serie di quest o mansioni, vi saranno eventi che permetteranno il cambio di classe. Il sistema provvederà a segnalare l'evento. In taluni casi, specialmente all'inizio del gioco, il cambio di classe sarà automatico, senza possibilità di scelta da parte del giocatore. In quel caso, il sistema provvederà comunque ad avvisare del cambio avvenuto. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Okkei, almeno questo sembra relativamente facile... Un'ultima domanda, manuale, giusto per essere sicuri: Come si innalzano e quali sono le statistiche base?

 

Le statistiche base si innalzano ripetendo continuativamente un'azione che impiega principalmente quella determinata caratteristica. Le statistiche aggiuntive possono invece aumentare o diminuire a seconda degli eventi randomici e delle condizioni ambientali. Le statistiche base sono: Forza, Destrezza, Stamina, Intelligenza, Temperamento, Morale, Carisma, Sensibilità, Astuzia. Le statistiche aggiuntive di status sono: Fame, Lussuria, Ira, Avarizia, Invidia, Orgoglio, Pigrizia. Le statistiche vitali sono: Punti vita, Punti azione, Punti mana. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Oh Kami, a vedere 'sta roba mi pare di essere in una via di mezzo tra D&D e Princess Maker5... E chiedere qual è il mio punteggio per ciascuna implica il possesso dell'abilità da 4500 punti, vero manuale?

 

Esatto. Giocatore, desidera porre un'altra domanda o uscire dal manuale?”

 

Per ora basta così manuale. Desidero uscire.

 

Grazie per aver utilizzato il sistema di gestione di Vaeltanya!”

 

Si, certo, come no...

 

Ad ogni modo, Kiriko, dopo aver ponderato un po', si sgranchì il collo e si scrocchiò le mani. C'era parecchio da fare, se voleva livellare il suo “personaggio”.

 

Kyonnyuchan space

 

Ed ecco che la nostra piccola grande Kiriko/Remin inizia a prendere il proprio destino nelle sue mani. E' stata una partenza lenta, lo so, ma adesso le cose inizieranno a velocizzarsi un pochino, a livello di trama (anche perché da ora in poi inizierà progressivamente a interagire con vari personaggi e visitare luoghi diversi). So che è un racconto destinato a non prendere recensioni, ma spero che qualche eroe coraggioso si faccia avanti prima o poi a dirmi che ne pensa... Ad ogni buon conto, per ora, a prescindere dalla presenza o meno di feedback, mi sta divertendo scriverla, per cui proseguo ugualmente. Intanto, ringrazio i primi due coraggiosi che hanno inserito questa storia tra le seguite.

 

C'ya guys!

1E' l'abbreviazione, in gergo da gamer, di “personaggio giocante”

2 Op sta per “overpowered”, ovvero un personaggio molto più forte rispetto all'area del gioco in cui si trova

3Abbreviazione di “Massively multiplayer online role playing game”, ovvero un gioco di ruolo online con migliaia di giocatori nei server. I più famosi e con il più grande numero di giocatori in questo momento sono World of Warcraft, League of Legends e Guild Wars.

4Manwha è l'equivalente coreano di Manga. A differenza dei manga, si leggono da sinistra a destra. Il manhwa a cui fa riferimento in questo caso Kiriko è “The Gamer”, in cui un ragazzo inizia a vedere la realtà che lo circonda come attraverso un videogioco di ruolo.

5D&D sta per Dungeons and Dragons, celebre gioco di ruolofantasy cartaceo creato da Gary Gigax. Ancora adesso è il modello per gran parte degli RPG ad ambientazione fantastica. Princess Maker, invece, è un videogioco creato originariamente dalla Gainax, in cui il compito del giocatore è allevare una bambina fino al compimento dei 18 anni. In base a come è stata allevata, il giocatore potrà assistere a diversi finali (in alcune versioni, persino quello della prostituta).

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Capitolo 6
*** I never signed for an osananajimi situation! ***


I never signed for an Osananajimi situation!

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Caro Diario, Mi chiamo Teghen e sono una bambina di sette anni. Sorella Diwyn è stata tanto buona con me e, siccome sono brava a leggere e scrivere, mi ha dato un pezzo di pergamena per scriverci sopra i miei pensieri. Mi ha detto che, se scrivevo piccolo piccolo, potevo riuscire a tenere un diario. Un diario è quando giorno dopo giorno scrivi quello che pensi. Io penso che sorella Diwyn è tanto buona.”

 

Caro diario, l'orfanotrofio è un posto tanto brutto e tutti noi siamo sempre tanto affamati. Però sorella Diwyn e sorella Tydfil sono gentili e ci danno da mangiare. Ci insegnano a cucire, a fare i conti e tante altre cose utili. Ogni tanto, qualcuno dei bambini più grandi va via, o viene preso a bottega da qualche artigiano della città. Spero che poi non li trattano male.”

 

Caro diario, sorella Tydfil è sempre tanto contenta dei miei progressi. Dice che se vado avanti così, posso diventare anche un'amanuense nel convento. Anche se io non sono la più brava. La più brava è una bambina di nome Remin. Remin è tanto bella, ha i capelli argentati, gli occhi azzurri e le orecchie tanto tanto a punta. Però mi sta antipatica. Mi pare che mi tratta come se non esisto. E poi non si ricorda il mio nome. Mi chiama sempre 'bambina uno'. Di recente sorella Diwyn le ha chiesto di diventare sua aiutante per insegnare. Io sarei stata contentissima se lo offriva a me. Lei invece ha sbuffato.”

 

Caro diario, ultimamente è arrivato all'orfanotrofio un bambino della nostra età. Si chiama Bledig. Ha dei modi da nobile. Ho sentito dire sorella Diwyn che è il figlio bastardo di una casata di ardalidd1 della città. L'ardalidd l'aveva tenuto fino a che non gli è nato un figlio legittimo dalla moglie. E non sapeva che farsene. Bledig è più bravo di me a leggere e scrivere. Ma mi sa che non è bravo quanto Remin.”

 

Caro diario, Bledig si è arrabbiato tantissimo oggi. E' andato da Remin e gli ha detto il suo nome. Mi sa che pensava che Remin gli diceva: “Buongiorno messere, lieta di conoscervi” o cose così. E invece Remin ha inclinato la testa, lo ha guardato per un po', poi gli ha detto: “Va bene, bambino 9, ora levati che ho da fare.” Bledig allora le ha dato uno spintone e l'ha fatta cadere per terra. Lei allora ha sibilato una parola che non ho capito, 'susurinaki2', o una roba del genere. Si vedeva che era arrabbiata tantissimo anche lei. Io capisco quando Remin è arrabbiata. Di solito ha una faccia annoiata, ma quando si arrabbia davvero sorride. E' strano ma è così. A vedere quel sorriso mi salgono i brividi di freddo lungo la schiena; fa paura persino agli adulti. Bledig però non lo sapeva e pensava che Remin si sarebbe scusata con lui. Dopotutto è un nobile. Tutti sanno che i nobili hanno la testa piena di segatura. Remin nel rialzarsi ha preso una manciata di polvere con il pugno e gliel'ha soffiata negli occhi. Lui è rimasto accecato e lei gli ha dato una ginocchiata in mezzo alle gambe. Mi sa che gli ha fatto molto, molto male. Sempre con il sorriso gli ha detto: e ora vai a fare il soprano da un'altra parte, kusottare3.” Cosa vogliono dire Soprano e Kusottare non lo so. Ma mi sa che sono insulti. Anche se Remin mi sta antipatica, mi è piaciuto tanto come ha sistemato quel Bledig.”

 

Caro diario, sorella Diwyn oggi ha preso per un orecchio Remin e l'ha costretta a scusarsi con Bledig. Remin l'ha fatto, ma secondo me era molto poco convinta. Poi ho visto che prima di andarsene ha sorriso apposta a Bledig e quello ha fatto un salto indietro dalla fifa. Mi ha fatto tanto ridere.”

 

Caro diario, Bledig da quando ha preso quella ginocchiata in mezzo alle gambe sembra diventato un'altra persona. E' più gentile e cortese con tutti gli altri. Mi ha dato anche una mano a capire alcune cose di una lezione di sorella Diwyn che mi parevano difficili. L'unica persona con cui continua a comportarsi male è Remin, anche se non capisco perché. Sembra quasi che si diverta a provocarla. Non riesce mai ad averla vinta però. L'altra mattina, per esempio, è finito appeso a testa in giù, legato per la caviglia. E' finito in una trappola di quelle che Remin ha messo vicino al suo pagliericcio. Poi Remin gli è apparsa all'improvviso alle spalle, sbucando dall'ombra e con uno di quei suoi sorrisi paurosi gli ha sussurrato qualcosa all'orecchio. Ho visto la faccia di Bledig sbiancare. Ho il sospetto che spaventarlo a morte stia diventando uno dei suoi passatempi preferiti. A vedere la scena, sorella Diwyn ha ridacchiato e poi ha detto un proverbio: “Wrth gicio a brathu mae cariad yn magu4”. Non l'ho capito bene cosa vuol dire perché è in daemita antico, mi sa.”

 

“Teghen!”

 

La bambina, impegnata graffiare con la penna il logoro pezzo di pergamena, non si accorse del richiamo, perlomeno sino a quando una mano non la toccò sulla spalla. A quel punto si riscosse e piegò la testa. I suoi grandi occhi bruni incrociarono quelli azzurri di una bambina poco più alta di lei, con capelli argentati e orecchie a punta.

 

“Re-Re-Remin...”

 

“Già. Sorella Diwyn mi ha detto che devo farti qualche lezione supplementare...”

 

“O-Ok...” Rispose la bambina, arrossendo lievemente e nascondendo il rotolo del suo diario in una tasca della sua giubba.

 

A quella reazione Kiriko si limitò ad esalare un lieve sospiro.

 

Che gli farò io mai ai marmocchi... Va bene che forse in questi ultimi mesi con lo stronzetto ho calcato un po' troppo la mano, ma non mi sembra di essere un demone incarnato pronto a succhiargli l'anima, per tutti i kami! Cioè, credo. Forse. Probabilmente. MWAHAHAHAHAH!

 

Per una volta, però, per quanto fosse vero che la sua vena sadica nei confronti di Bledig era divenuta in breve tempo famosa o, meglio, famigerata, la ragazza sbagliò nell'interpretazione dei pensieri altrui.

 

A Teghen era balenato per la mente un pensiero molto più puro, candido e positivo. Dopotutto era una bambina di sette anni abbandonata in fasce dai genitori e con seri problemi di timidezza e autostima.

 

Mi ha chiamato Teghen... E' la prima volta che Remin mi chiama per nome! Allora sono sua amica, vero?

 

L'ora che seguì, la bambina venne tartassata ripetutamente da quella che in teoria doveva essere una sua coetanea, a suon di “i tempi verbali corretti non sono un hoptional” e “possibile che sia così difficile?” Stranamente, però, per quanto fosse una maestra dura, che sembrava ci stesse mettendo tutto l'impegno possibile per farsi odiare a morte, effettivamente, Teghen con Remin le cose le capiva davvero molto meglio. Che bello sarebbe stato per lei se fosse riuscita ad esprimere la gioia e la gratitudine che provava...

 

“Ehi...Perché mi stati fissando in quel modo? Hai deciso che ti arrendi, per caso?”

 

Kiriko sperava che la risposta alla sua domanda fosse un qualche pianto disperato della bambina che aveva di fronte. Diwyn l'aveva costretta slealmente a insegnare ai marmocchi? Bene, le avrebbe fatto vedere che non era cosa per lei. Tutti i bambini sarebbero scappati via piagnucolando e lei sarebbe tornata libera come l'aria.

 

Scusa Diwyn, ma i pargoli mi stanno proprio sull'imene. Sono ontologicamente incapace di sopportarli... Anche se devo dare atto allo stronzetto che con i suoi patetici tentativi di farmela pagare mi ha permesso di sbloccare le skill di furtività e creatività a livello 2...

 

Se non che, la replica fu completamente differente:

 

“Remin... Sei tanto brava anche come maestra... Senti... Sei mia amica, vero?”

 

“Ahem... Sì... Suppongo?”

 

Oh, cazzo. La pupattola mi adora. Questa non me l'aspettavo.

 

“Grazie! Era da tanto che volevo essere tua amica... Solo che avevo sempre paura di rivolgerti la parola...”

 

Beh, la speranza era che continuassi a farlo. Tu e tutta la marmaglia.

 

“So che non sei cattiva come dicono gli altri bambini... Sei solo... Un po' strana! E poi sei fortissima! L'ha capito anche Bledig, che si diverte tanto a provocarti... Mi sa che gli piaci.”

 

All'improvviso, Kiriko fu come colpita da una folgorazione traumatica.

 

No, un momento... il rompiballe si starebbe divertendo a provocare le mie reazioni? Ma che è, un masochista? O forse... “Mi sa che gli piaci”, eh?... Non dirmi che... STO DIVENTANDO LA SUA OSANANAJIMI5?!?

Merda.

 

“Re-Remin? Tutto bene?” Chiese preoccupata Teghen, di fronte alla faccia pallida e di colpo imperlata da sudore della bambina di fronte a lei.

 

“Ahem... S-Sì, tranquilla... Ho solo avuto un incubo a occhi aperti...” Rispose Kiriko, emettendo un flebile sospiro di disperazione.

 

1Signore, marchese (dal gallese)

2“Figlio di ***” in giapponese. Dopo tutto Kiriko ha solo sette anni e per ora è stata tirata su da suore. Ci sarà tempo prima di imparare l'espressione anche in Daemita, no?

3“Stronzo” in giapponese.

4“Tra calci e morsi, cresce l'amore”. Si tratta di un antico proverbio gallese (sì, se ve lo state chiedendo, il mio daemita è preso dal gallese). Fortuna che Kiriko non l'ha sentito.

5Significa “Amico d'infanzia”. Ma nella tradizione giapponese, tanto da essere diventato un cliché dei manga a contenuto romantico, l'osananajimi è spesso la persona “destinata” a finire legata sentimentalmente al(la) protagonista, dato che è quella con cui abbiamo condiviso i momenti più felici (e con cui ci si fa il bagno insieme, per qualche oscuro motivo noto solo ai nipponici). Di solito gli osananajimi si incontrano all'asilo o alle elementari o nel parco giochi del vicinato e si parte da una condizione di forte (per quanto infantile e giocosa) inimicizia iniziale, da cui poi però deriva una sorta di attrazione(come quella di Bledig in questo caso) all'inseparabilità e, infine... All'amore. Ora capite il momento di ansia esistenziale di Kiriko.

 

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Capitolo 7
*** The heroes don't have to work their asses off, ain't it? ***


The heroes don't have to work their asses off, ain't it?

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“Remin! Aspetta! Sorella Diwyn mi ha mandato a chiamarti...”

 

“Com'è che manda te fare il lavoro sporco? Mmm... La cosa mi puzza di coda di paglia... Teghen, non è che tu ne sai qualcosa, veeero?”

 

“Ahem... N-no, Re-Re-Remin, n-non ne so n-niente...”

 

Ok, se anche la marmocchia trema, vuol dire di sicuro che c'è qualcosa sotto. Oh, beh. Vediamo cosa diavolo ha in mente Diwyn nee-san.

 

Fosse stata ancora in Giappone, Kiriko avrebbe fatto la somma gentilezza di alzare il proprio aggraziato e affusolato dito medio a chiunque le avesse proposto un qualsiasi tipo di lavoro part-time. Si considerava la perfetta antitesi dell'impegno sociale, oltre che la per perfetta antitesi dell'impegno in generale. Le uniche cose per cui era disposta a faticare erano la sua attività di mangaka e il livellare i suoi personaggi nei mmorpg. Punto. Fine. Stop. Anche nelle relazioni interpersonali di solito si arrendeva facilmente, in ottemperanza ai primi due sacri comandamenti della sua bibbia personale: “chi si fa gli affari suoi campa cento anni.” e “che palle.”

 

Pur tuttavia, sebbene lei stessa faticasse ad ammetterlo, la permanenza nell'orfanotrofio l'aveva fortemente cambiata sotto questo aspetto. Non che fosse diventata l'apostolo dell'altruismo, ma cazzeggiare mentre intorno a lei vedeva le sorelle lottare giorno dopo giorno per garantire un pasto ed una istruzione decenti vagli orfani non aveva un grande appeal.

 

La prima volta le sorse questo pensiero, due anni prima (quando era stata costretta ad insegnare i rudimenti del leggere, dello scrivere e del far di conto ad alcuni pargoli), si stupì tanto da pensare tra sé: merda. Non sapevo di avere una coscienza.

 

Ad ogni buon conto, da quel momento, sebbene non esattamente con entusiasmo, si era piegata all'obbedienza. Anche perché c'era il piccolissimo e del tutto trascurabile ammonimento datole a suo tempo dalla madre superiora, sorella Tidfyl:

“Ormai, per voi più grandicelli vige la regola del chi non lavora non mangia! Mi sono spiegata?”

 

Oltre a ciò, c'era anche da dire che in mancanza di videogiochi o altri stimoli audiovisivi particolarmente significativi, fare lavoretti in giro era un buon modo per tenere mente e corpo impegnati. Impegnati a non pensare, per esempio, che quello in cui era stata catapultata non era il suo mondo... E sapeva che si trattava di un mondo crudele, sebbene non ne avesse ancora potuto osservare i tratti più cupi. Per giunta, apparteneva al gradino più infimo della scala sociale, cosa che di solito non conduce verso futuri particolarmente esaltanti. Non ultimo, c'era da considerare il fatto che, a quanto diceva il manager del sistema, i lavoretti imposti dalle sorelle dell'orfanotrofio erano equiparabili a missioni in cui si guadagnavano xp.

 

“Remin... Allora, vuoi venire o no?”

 

A riscuoterla da simili pensieri fu Teghen, la ragazzina che ormai poteva definire come “amica d'infanzia”. Oppure, come più spesso faceva, con il termine più tecnico di “fastidio”.

 

Per carità, non è che fosse quel genere di fastidio che vedeva, giusto per fare un esempio, nelle troiette della sua scuola superiore. Era più sul tipo “fastidiosamente entusiasta della vita” o “fastidiosamente pura e ingenua”, ecco. E sì che in teoria gli orfani avrebbero dovuto crescere furbi, scaltri e con pochi scrupoli morali sin dalla tenera età... O forse Teghen era semplicemente l'eccezione che confermava la regola.

 

“Okkei, okkei, mi avvio...”

 

Entrambe le ragazzine si avviarono verso il retro dell'edificio, dove sorella Diwyn stava stendendo i panni lavati canticchiando sommessamente. Erano passati nove anni da quando quella che in Giappone sarebbe stata una sua coetanea l'aveva tenuta in braccio per la prima volta e le aveva dato un nome. Anche se si era un po' appesantita con il passare degli anni la sua espressione era rimasta vispa e allegra, così come la sua personalità. Ecco forse in riguardo a quest'ultima avrebbe dovuto migliorare un tantino la sua sbadataggine, ma... Nessuno è perfetto a questo mondo, in fondo.

 

Quando la suora vide le due bambine arrivare, smise ad un tratto di canticchiare, e abbandonò quello che stava facendo per correre loro incontro e abbracciarle.

 

“So-sorella Diwyn... Così ci soffoca, lo sa vero?”

Nonostante il tentativo di Remin di sventare l'attacco, non ci fu nulla da fare: le due finirono in una temibile quanto affettuosa morsa.

 

Quando la finirà di cercare di ammazzarci con le sue dannatissime tette? Non erano così nove anni fa, dannazione! Certo, se fossi maschio questo sarebbe il paradiso, ma... Ma sono una fottutissima ragazza, Diwyn-neesan! E per giunta la cosa mi fa venire nostalgia delle mie, quando ero Kiriko!

 

Il suo pensiero interiore preferì comunque sorvolare sul fatto che anche come diciassettenne non aveva mai avuto quel genere di davanzali spropositati, al contrario della sua compagna delle superiori, “miss vacca da monta”, alias Hinata Imamiya.

 

Ben presto, però, intuì che c'era qualcosa che non quadrava alla perfezione nel comportamento di sorella Diwyn. Presentimento che fu presto confermato: una sostanza umida e calda entrò a contatto con la pelle di Remin. Una sostanza salata che proveniva dagli occhi della sua sorellona. Una sostanza che di solito veniva chiamata “lacrime”.

 

“Sorella Diwyn, perché stai piangendo?”

Senza accorgersene, Remin era passata a darle del tu, cosa che fino ad allora aveva sempre evitato di fare in presenza di altri bambini. Questa volta però era troppo sorpresa per badare ad un simile particolare.

 

“La sapete la regola, no? N-non potete – sniff – stare qui – sniff – per sempre... Ecco, io ho cercato di dire che – sniff- siete speciali... Che, anche senza diventare suore – sniff – valeva la pena tenervi con noi... Che Io volevo tenervi con noi, ma... ma... bweeeeeeh!

 

Prima che Remin potesse replicare qualcosa, fu Teghen a dire: “Sorella Diwyn, non sia triste per noi... Le vogliamo e le vorremo sempre tanto bene... Non deve essere in pena per noi. Sono diventata brava a badare a me stessa, sa? Ho imparato tante cose, grazie a lei... Diventerò una bella persona, glielo prometto!”

 

“Gra-Grazie, piccola Teghen... E-E tu Remin... Mi – sniff – Non sono riuscita ad insegnarti nulla di speciale... E' capitata una creatura benedetta tra le mie mani e – sniff – non ho potuto fare niente per... per... M-mi dispiace...”

 

“Aaah, sorella Diwyn... Credi troppo nelle leggende... Chi se ne importa se non ho appreso strani poteri magici... Di che ti devi dispiacere, eh? Mi hai dato un nome, mi hai dato da mangiare, mi hai insegnato a leggere e scrivere, a fare i mestieri, a lavorare i campi... Se credi davvero che io sia una creatura benedetta, sai bene che anche io saprò cavarmela, no? Dai, sono una tipa furba, anche se ho nove anni, so come gira il mondo... Stai pur tranquilla che non finirò a fare la donnaccia in qualche angolo di questo quartiere... Non l'avrei mai creduto che sarei arrivata a dirlo davvero, ma... Aaaah! E va bene: ti voglio bene anche io, sorellona...”

 

Cazzo. Sto diventando davvero sentimentale...

 

Bing!

Hai subito un cambiamento di status!

Hai acquisito l'abilità speciale extra-classe “Empatia”.

 

E questa cosa diavolo mi significa? Eddai, sistema di gioco, non mi rovinare il momento “sentimental confusion”, per una volta che viene anche a me...

 

Dopo quella inaspettata tirata di Remin, sorella Diwyn si aprì in un caldo sorriso. Finalmente si staccò dalle due bambine e con un'espressione tra il riso ed il pianto disse:

“Sorella Tidfyl mi ha detto che ha preso contatto con un mercante che ha bisogno di un paio di domestiche...”

 

“Ahem... Capisco la buona volontà di sorella Tidfyl, ma non è che quel mercante, con domestiche intendeva – prima di continuare volse lo sguardo su Teghen, che la fissava con uno sguardo interrogativo – Sì, insomma... Un'altra cosa, ecco?”

 

Per un istante, sorella Diwyn tenne lo stesso sguardo di Teghen, palese manifestazione del fatto che non aveva capito l'allusione di Remin. Poi, mugolò un improvviso “Ah...”, non senza essere arrossita un pochino e aver messo il palmo della mano destra davanti alla bocca per la sorpresa.

 

Beh... Dopotutto è pur sempre una suora...

 

“Oh, no! Il vecchio Brynmor è una nostra vecchia conoscenza! Non farebbe del male ad una mosca... Semplicemente, comincia ad avere una certa età e ci ha chiesto se avevamo un paio di persone abbastanza spigliate da poter avere a che fare con i clienti e in grado di aiutarlo a tenere i conti. Sapete... Comincia a non vederci più molto bene...”

 

Remin cominciò lentamente ad elaborare i dati in suoi possesso sul soggetto. Stava per chiedere alla suora qualcosa, quando, per la seconda volta in quella mattinata, Teghen la anticipò, chiedendo: “Sorella Diwyn, e Bledig? Verrà con noi, vero?”

 

Ah, già. Dimenticavo lo stronzetto che ci si è attaccato con un flacone di mastice...

 

Sorella Diwyn, indugiando per un attimo con lo sguardo sull'espressione delle due bambine che aveva di fronte, abbozzò un sorrisetto malizioso, come per dire che aveva capito tutto (per quanto, perlomeno per quanto riguardava Remin, non poteva essere più lontana dalla verità), poi soggiunse: “No, mi spiace, piccola Teghen... Sapete bene quanto Bledig sia diventato bravo a sistemare le cose... Sorella Tidfyl ha parlato di lui ad un carpentiere della zona. Probabilmente diventerà il suo garzone di bottega. Oh, ma ciò non significa che non possiate andarlo a trovare ogni qual volta vi sia possibile! Anzi, penso che il laboratorio dove lavorerà sia molto vicino al negozio del vecchio Brynmor, quindi potrete passare ancora molto tempo insieme, voi tre!”

 

Sorella Diwyn... Fammi. Il. Favore. Di. Non. Ammiccare. Nella. Mia. Direzione.

 

E così, tra pianti, sorrisi e ulteriori abbracci, coronati da un commosso “Venitemi a trovare ogni volta che potete. Non lasciate la vostra sorellona Diwyn troppo da sola, ok?” quello che con tutta evidenza sarebbe stato il loro ultimo giorno di orfanotrofio scorse (quasi) placidamente.

 

Quella notte, Remin non riuscì a chiudere occhio. Era da molto tempo che non le capitava di essere così tesa per qualcosa che non fosse l'approssimarsi inesorabile della deadline per un suo manga.

 

Certo che è strano... Di solito gli eroi reincarnati in un mondo fantasy, mica devono imparare un lavoro... O sgobbare per qualcosa. Arrivano, si beccano un cheat fighissimo che li fa diventare superpotenti, salvano il mondo... Se maschi si creano pure un harem tra l'ammazzamento di un mostro e l'altro... Oppure usano le conoscenze del nostro tempo per inventarsi qualcosa che non esiste e diventano ricchi con quello. Come quel tipo fanatico delle armi che si mette a produrre a caso fucili mitragliatori alimentati a mana... O quell'altro che commercializza l'idea dei giochi da tavolo... Bah, scommetto che se provo a farlo io, nove su dieci, faccio una qualche figura di merda. Oppure ci pensa il sistema a impedirmelo. Tanto lo so che sei capacissimo di fare lo stronzo, amministratore del sistema...

 

Ad ogni modo, non ho la benché minima intenzione di fare la mistress di un vecchio mercante (no, dai, non facciamo le pessimiste, non è mica detto che sia un vecchiaccio pedofilo...) fin tanto che campo in questo mondo. Non me ne fregherà un due di picche di fare l'eroina, ma se il creatore di questo universo pensa che me ne stia qui buona buona a sgobbare si sbaglia di grosso.

 

Mwahahahahah! Hai sottovalutato il potere della pigrizia congenita, bello!

 

Kyonnyuchan space

 

E di ritorno da una galassia lontana lontana dopo molto, molto, mooooolto tempo, ecco qua di nuovo la vostra mood destroyer (aspettate le mie prossime oneshot e vedrete), alias me!

No, semplicemente sono arrivate anche per me le vacanze, e molto malsanamente non ho trovato niente di meglio da fare che piazzarmi che piazzarmi con un gelato in bocca (no, niente facce porno, sorry) e le dita a battere sconclusionatamente sulla tastiera.

Dai Kiriko, anche se non ti fila nessuno, continuerò a scrivere le tue storie...

 

C'ya guys!

 

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Capitolo 8
*** My new job is (more or less) just like the old one ***


My new job is (more or less) just like the old one

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“Buongiorno, signorine! Il mio nome è Brynmor. Il vostro?”

 

“Mi chiamo Teghen, messer Brynmor!”

 

“...Remin...”

 

Il mercante notò la palese mancanza di entusiasmo della bambina dai capelli argentati e istintivamente corrugò la fronte. Sebbene non fosse particolarmente crudele ed egoista, non aveva nemmeno voglia di fare beneficenza pura e semplice mantenendo gente pigra e svogliata. Se volevano guadagnare dovevano lavorare per lui seriamente.

 

Sebbene dovesse dei favori a sorella Tidfyl aveva fatto richiesta di personale all'orfanotrofio essenzialmente perché non si sarebbe potuto permettere una regolare commessa. Le due piccole bestiole si sarebbero accontentate di vitto e alloggio, per cui i suoi guadagni non si sarebbero ridotti più di quel tanto. In più, con il visino carino che quelle due si ritrovavano, i clienti sarebbero senza dubbio aumentati almeno un poco, per cui avrebbe compensato senza troppi sforzi le maggiori spese.

 

A patto che però mantenessero un atteggiamento adeguato... Non gli importava molto in verità quanto fossero realmente abili nelle faccende domestiche, ma per invogliare i clienti a tornare dovevano sorridere, dannazione!

Per questo motivo, Brynmor, ligio al detto: “il buongiorno si vede dal mattino”, cercò subito di correggere il tiro e mettere bene in chiaro le cose:

“Teghen, Remin... Sappiate che qui per voi sarà molto diverso che in orfanotrofio. Sono il vostro padrone, e non una sorella del convento. Non faccio beneficenza e non accudisco bambini per amore della Dea. Se mi servirete bene e farete coscienziosamente il lavoro che vi chiedo, non ci saranno problemi. Se invece pensate di ottenere pasti caldi e un letto senza fare nulla, mi spiace ma questo non è il posto giusto per voi. Chiaro?”

 

“Signorsì, messer Brynmor!” Rispose entusiasta Teghen.

 

Signorsì”? Teghen, guarda che non è il sergente maggiore Hartman1...

 

“Chiaro...” Rispose Remin. Di fronte al viso non proprio soddisfatto del vecchio di fronte alla sua laconica risposta, tuttavia, la bambina emise un lieve sospiro e si corresse:

 

“Certo, messer Brynmor, è stato limpidissimo...”

 

Giusto per amore della pace, meglio evitare di farlo incazzare sin dal primo giorno...

 

“Bene bambine. Ora, mettiamo in chiaro i vostri compiti. Quello che vi è richiesto sono due cose: la prima è molto semplice: si tratta di pulire e rassettare sia la bottega, sia l'alloggio e il laboratorio nel retro. Naturalmente dovrete anche lavare panni e vestiti. I miei figli sono degli ambulanti e non tornano praticamente mai, per cui non si tratta di un compito particolarmente gravoso...”

 

“...E la seconda cosa?” Chiese Remin, per quanto avesse già un'idea.

 

“Dovrete memorizzare i prezzi delle merci in vendita e intrattenere i clienti, piccolina.”

 

Sì, certo, così puoi andare a sbronzarti in taverna mentre noi sfacchiniamo per te.

Come se, per qualche strana ragione, Brynmor avesse letto il pensiero di Remin attraverso la sua espressione, si schiarì la gola e con un tono quasi di scusa, aggiunse:

“Sapete, prima di tutto quello che vendo devo procuramelo, montarlo o costruirlo, per cui la maggior parte del tempo la passo nel laboratorio sul retro... Se arrivassero dei ladri rischierei perfino di non accorgermene, quando sono preso dal lavoro, ahahahah!”

 

Dopo quella risata poco convinta, il mercante sbirciò ansiosamente il viso della bambina scettica, per capire se la sua spiegazione fosse stata persuasiva. Niente. Lo sguardo di quel tipino dallo orecchie a punta era più gelido dei ghiacci perenni che dicevano esistere ai confini del mondo, tanto da farlo sudare copiosamente. Non si spiegava bene come, né perché, ma la ragazzina le ricordava la sua defunta figlia. Che lo sgridava un giorno sì e l'altro pure di essere un buono a nulla, per cui non si trattava esattamente di ricordi piacevoli... Per rimettere la sua mente in pace, volse lo sguardo verso l'ampio, solare e ingenuo sorriso dell'altra bimba coi grandi occhi color nocciola. Fuu... Molto meglio.

 

“Non vengono molti clienti nel suo negozio, messer Brynmor, dica la verità...” Più che fare una domanda, Remin stava semplicemente esprimendo ad alta voce una costatazione.

 

“Ahem... No, insomma...”

 

“VERO???”

 

“Già. E' così, piccolina.” Di fronte a quello sguardo tagliente e quell'espressione da accusatrice spietata, a Brynmor non riusciva proprio di mentire. No, un momento, cosa gli stava succedendo? Che capovolgimento di ruoli era mai questo? Doveva riprendere in mano le redini del discorso, e al più presto. Era o non era il padrone di tutto quanto, diamine?

 

Bing!

Hai subito un cambiamento di status!

Hai acquisito la classe “serva”!

Hai sbloccato le seguenti abilità della classe “serva”:

igiene lv1;

mestieri casalinghi lv1;

Hai acquisito la classe “mercantessa”!

Hai sbloccato le seguenti abilità della classe “mercantessa”:

Contabilità (base);

Hai guadagnato una nuova abilità della classe “mercantessa”!

Intimidazione lv1

 

Intimidazione? Sistema, va bene tutto, ma non dipingermi per il demonio che non sono... Gli ho fatto giusto qualche osservazione in più, mica gli ho puntato un coltello alla gola...

 

“Messer Brynmor! M-mi scusi...”

 

Lo sguardo dolce e gentile di Teghen riscaldò nuovamente l'animo del vecchio mercante, che si aprì nuovamente in un caldo sorriso. A quella vista, Remin non riuscì a evitare di sentirsi un poco frustrata.

 

Ecco. Io sono la bastarda che intimidisce, mentre a questa qua basta sbattere le palpebre e fare la vocina timida che tutti si sciolgono... Che mondo ingiusto...

 

“Dimmi, cara Teghen.”

 

E il vecchio la chiama pure per nome! Cioè non che me ne importi qualcosa, ma com'è che... Ahhhh, chissenefrega.

 

“Ecco, io mi chiedevo... Cos'è che vendiamo di preciso, messer Brynmor?”

 

“Guardati intorno, Teghen: C'è un po' di tutto. Mi procuro dai signori cose che loro credono rotte e che vogliono buttare via e poi le riparo. Se le rivogliono, ottengo il prezzo della riparazione, altrimenti, se se ne vogliono liberare, le rivendo.”

 

“Naturalmente a prezzi molto inferiori rispetto a quanto probabilmente sono state comprate la prima volta, immagino...” Mugugnò pensosa Remin. Poi preseguì:

 

“Messer Brynmor, perdoni la mia somma impudenza. Se potesse avere la bontà di ascoltarmi...”

 

A quel lungo e superfluo giro di parole di Remin all'uomo brillarono improvvisamente gli occhi di gioia e stupore ad un tempo. Sembrava volesse dire: Sia ringraziata la dea, allora mi rispetta!

 

Non si accorse del ghigno obliquo che emerse per un centesimo di secondo sul volto di Remin. Teghen, al contrario, forse perché ormai la frequentava da anni, fu in grado di scorgerlo e inclinò la testa incuriosita. Per sua esperienza, succedeva sempre qualcosa di divertente, quando la sua amica si lasciava andare in una espressione simile.

 

Mwahahah. Il pesce ha abboccato. Esca, lenza e piombino2...

 

“Mi domandavo se non fosse meglio per la nostra (e Remin rimarcò con il tono della sua voce quel “nostra”) attività se non si concentrasse su un prodotto specifico con un target ben preciso. Facendo una cosa sola, ma di qualità superiore, potrebbe alzare i prezzi... Anzi, potrebbe persino creare un marchio. A quel punto potrebbe creare una rete di marketing e...”

 

“Target? Marchio? Marketing? Non capisco cosa intendi, piccola.”

 

Come non detto. Scema io a provare sul serio a parlare come un CEO del XXI secolo... Ok, Kiriko, coraggio. Prendi un bel respiro e ricomincia da capo.

 

“Quello che volevo dire, messer Brynmor è che se facesse una cosa particolare, un oggetto utile, ma raro, che non ha nessuno... Potrebbe farlo pagare un sacco di soldi. In più potrebbe farsi un nome e tutti verrebbero a comprare da lei.”

 

“Ummm... E cosa dovrei fare secondo te?” Chiese confuso il mercante.

 

“Beh, non ci sarebbe una cosa che sa fabbricare particolarmente bene?”

 

“So fare molti lavori di intaglio, ma la gilda degli intagliatori vorrebbe la mia testa, se mettessi in commercio un qualsiasi oggetto che già producono loro, come le scacchiere per i giochi da tavolo.”

 

A quella frase, lo spirito di Remin ebbe un tonfo.

E io che speravo di commercializzare gli scacchi, la dama o il go e fare soldi facili... Merda, ho letto un milione di novel, e non ce n'era una in cui esistessero gli stessi tipi di giochi del nostro mondo...

A quel punto, Remin chiese informazioni sui giochi di carte. Ma, anche in quel caso, il solco era già stato tracciato.

 

Per poco alla bambina non venne una mezza crisi isterica, naturalmente celata nei recessi del suo io profondo.

 

Dì la verità, brutto pezzo di escremento profumato di un programmatore nerd: ci avevi già pensato prima, eh? E' per questo che hai messo tutti questi gadget! odiosa merdaccia, so che l'hai fatto apposta per anticiparmi!

 

Dopo diversi minuti di discussione, Brynmor tirò fuori un particolare materiale che era di scarso uso, ma che per suo diletto continuava a produrre. Erano leggeri pannelli di materiale grigio e leggermente friabile, ma che a contatto con l'acqua la assorbivano in minima parte. Aveva provato a spacciarli a qualche domestica come tovaglioli economici che si potevano buttare dopo l'uso, ma con scarsa fortuna.

 

Remin guardò bene quello strano panetto da cui l'uomo tagliava quei sottili quadrati grigiastri.

 

“Que-Que-Questa... Questa è CARTA DI RISO!”

 

“Che?”

 

“Ahem, no, ho sentito dalle sorelle che questo materiale esisteva anticamente, ma che non se ne conosce molto l'uso... .”

 

In quel momento, Remin maledisse il fatto di non essere mai stata appassionata di Bricolage. Quella era una di quelle tipiche situazioni in cui l'eroe venuto dal Giappone moderno tirava fuori la tecnica di produzione e rivoluzionava l'economia del paese. Peccato che non avesse mai avuto il benché minimo interesse a capire come si faceva la carta moderna. Le sembrava di essere tornata a quella volta in cui era arrivata all'ultimo livello di un dungeon di Zelda3, per accorgersi solo in quel momento di non avere la chiave per entrare nella stanza del boss finale.

 

In due parole: fallimento epico.

 

Mortificata da quella traumatica esperienza, chinò la testa, e, sospirando, disse semplicemente. “Mi spiace messer Brynmor, pensavo di darle una mano... Faccia come se non le avessi detto niente...”

 

Quello, non capendo bene il motivo per cui quello scricciolo dai capelli argentati fosse tanto giù di corda, le mise una mano in testa e le accarezzò timidamente i capelli, come per cercare di risollevarla con delle carezze.

Remin alzò subito lo sguardo sospettosa, poi però anche Teghen si mise a spettinarla con la manina e stampato in faccia uno dei suoi soliti sorrisoni amorevoli, per cui, finalmente, realizzò che si trattava in un gesto compiuto con le migliori intenzioni.

 

Cosa cazzo pensa di fare questo qu... Oh. Certo, che stupida, sono una bambina di neanche dieci anni, mi sta solo compatendo. Beh, vecchio, umanamente sei meglio di quanto non pensassi... Anche se rimani un fallimento imprenditoriale cosmico.

 

Passò una settimana, in cui Remin poté annoverare come fattore positivo unicamente il guadagno della skill negoziazione lv1, per merito di un nobile palesemente decaduto e altrettanto palesemente squattrinato, che sperava di fregare una povera bambina idiota sul prezzo, mentre alla fine la suddetta povera bambina idiota aveva finito per fregare lui. Ciò nondimeno, l'intuizione di Brynmor si rivelò, almeno un minimo, esatta, dato che la presenza di Teghen e Remin aumentò effettivamente il numero dei clienti, anche se di poco.

 

“Che cazzo di sfigata che sono. Arrivo in un mondo fantasy e mi ritrovo a fare la commessa di un negozio in rovina...” In un impeto di disperazione, Remin si lasciò sfuggire questa frase, sbuffando, davanti a Teghen.

 

“No, cioè volevo dire...” Remin cercò di correggersi in extremis, ma la sua compagna di sventura non se ne diede per inteso e per tutta risposta la abbracciò e le disse:

 

“Remin, io sono tanto contenta di essere qui con te! Però divento triste quando vedo che sei triste... E divento ancora più triste quando mi accorgo che non capisco perché sei triste... Forse è perché non sono tanto intelligente, ecco... Per cui l'unica cosa che riesco a fare è darti un abbraccione forte forte, così magari la tua tristezza un po' va via.”

 

Waaaaah! Ecco perché sono una frana coi bambini! Come fai a mandare al diavolo un cucciolotto che ti dice queste cose?

 

“Ah, Teghen... Non sei affatto stupida, credimi... E giuro che non capisco come fai a voler bene ad una come me. Però fidati se ti dico che sei la mia prima vera amica... Anche se non hai nemmeno dieci anni.”

 

E questo è già il secondo momento di sentimental confusion che mi capita in questo mondo. Mio Dio, sto davvero diventando un mostro zuccheroso... O forse è colpa del programmatore... Vorrà far morire l'eroina di attacco diabetico...

 

Mentre si abbandonava a quel momento di tenerezza, Remin scorse con la coda dell'occhio un oggetto abbandonato in un angolo. Era un piccolo parallelepipedo, lungo una ventina di centimetri. Era un po' impolverato, ma si poteva notare il colore nero.

Stranamente, anche se non capiva cosa fosse, le dava una strana sensazione di Dejà Vu.

 

Staccatasi dalla stretta dell'amica, si avvicinò guardinga all'oggetto, per analizzarlo. Lo toccò con un dito. L'umidità sulla sua mano, dovuta alla calura, fece il resto, lasciando una flebile traccia di colore.

 

Come colta da una subitanea illuminazione mormorò: “Gakusha no shihō4...”, poi urlò ad alta voce:

 

“Messer Brynmoooor!”

 

Quello, rintanato nello studio, accorse trafelato, chiedendo: “Che c'è, che è successo?”

 

Remin, senza preoccuparsi di fugare i timori del padrone (che pensava che fossero entrati dei ladri), chiese a bruciapelo: “Cos'è questo?”

 

“Quella? È una barra di inchiostro meridionale. Me la portarono alcuni carovanieri provenienti dalle terre del sud molto tempo fa, ma non sono mai riuscito a venderla...”

 

“Perdoni la mia ignoranza, messer Brynmor, ma sa, sono un'orfana... Come si fa di solito l'inchiostro allora?”

 

“Con galle di quercia e vetriolo verde, a quanto ne so. Poi, per scrivere si intinge la penna d'oca nella soluzione e si gratta la pergamena con quella.”

“Oh. Ahem... non è che avrebbe dei pennelli? I più sottili possibile, per favore... Ah, e... e un vassoio concavo. E-eh mi porti anche il panetto grigiastro e una brocca d'acqua.”

 

il vecchio Brynmor non ci stava capendo più nulla, ma a vedere la faccia ispirata e risoluta della bambina, esitò a fare domande e si affrettò ad eseguire, dimenticandosi per l'ennesima volta di essere lui il padrone.

 

Una volta circondata da tutti gli strumenti che aveva chiesto, Remin si accovacciò sul bancone. Tagliò con cura la fetta più sottile possibile del panetto di carta di riso.

Non era un risultato che la soddisfacesse per nulla, ma meglio di così non si poteva davvero fare.

A quel punto, prese a diluire lentamente la barretta di nerofumo con l'acqua e versare il contenuto oleoso nel vassoio. Quindi, vi intinse il pennello di martora che Brynmor gli aveva portato, dopo aver tratto un respiro a pieni polmoni. Era uno strumento troppo spesso per ottenere il risultato che Remin voleva, ma... Ma non era più Kiri-nee e non c'erano bande di editor alle sue calcagna che le facevano storie per l'uso dei retini, quindi poteva permettersi anche di accontentarsi, per una volta.

 

Prese a disegnare silenziosamente su quella carta spessa, irregolare e farinosa; una volta terminato il suo esperimento, sbuffò, con un'espressione indecifrabile.

Sia Brynmor, sia Teghen, che avevano assistito rapiti allo spettacolo di una Remin concentrata a disegnare, assunsero un'espressione di meraviglia.

 

“E'...”

 

“E'...”

 

“E' sorella Diwyn nuda???” Teghen era visibilmente arrossita. Brynmor invece era incapace di proferire un suono di senso compiuto che fosse uno.

 

Anche perché, oltre ad essere nuda, aveva una faccia decisamente ahegao5.

 

“Ah. Ops. Scusate, deformazione professionale.” si scusò Remin, mentre istintivamente giocava a far roteare il pennello tra le dita, allo stesso modo con cui usava fare in Giappone con la penna. Poi aggiunse, con un sorrisetto obliquo:

 

“Messer Brynmor, secondo lei una cosa così può vendere?”

 

“Piccola mia, non credo che la dea approverebbe quel tipo di disegni...” Fece il vecchio con voce grave e con un tono che sapeva di rimprovero. Tuttavia, dopo essersi grattato la barba pensoso, aggiunse:

 

“Però conosco un bel po' di gente che pagherebbe un bel po' per disegni così belli... E... Sì insomma... Anche per soggetti come quelli...”

 

E fu così che apparve il primo manga porno della storia del medioevo. MWAHAHAHAHAHAHAH!

 

E in questo modo il nome di Kiri-nee, creatrice di doujinshi hentai, risuonò ancora una volta. Stavolta, però, non per le strade di Tokyo, ma per le vie della medievale città di Veltemyn.

1Il sergente istruttore del film di Stanley Kubrick “Full Metal Jacket” del 1987. Noto soprattutto per la fila di insulti che lanciava alle sue reclute ogni volta che apriva bocca.

2In italiano non rende, ma è la traduzione del modo di dire inglese “hook, line and sinker”, per dire che uno è cascato in pieno nel tranello...

3E' il videogioco di ruolo fantasy (made in Nintendo) probabilmente più famoso della storia, in cui di solito si impersona Link, eroe con fattezze più o meno elfiche che deve liberare la principessa Zelda dalle forze oscure con l'aiuto della magica Triforza.

4Più noto con il nome cinese di Wenfangsinbao, ossia, tradotto: “i quattro tesori del calligrafo”. Sono la barretta di inchiostro (quella che ha visto Remin, detta in cinese Mo), la carta di riso, la pietra concava per contenere il liquido, e il pennello da calligrafia. Nell'antica Cina chiunque praticasse l'arte della calligrafia doveva avere rispetto e cura per questi quattro sacri tesori, che facevano del letterato un vero artista.

5Facce di ragazze in estasi orgasmica con la lingua di fuori e il cervello in poltiglia dal godimento, tipiche degli hentai. Vedi sopra...

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Capitolo 9
*** 'Cuz every healthy teenager has a few porn mags under the bed ***


'Cuz every healthy teenager has a few porn mags under the bed

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Kiriko era sempre stata una ragazza piuttosto perspicace e di ottima memoria. Altrimenti, non si sarebbe spiegato come riusciva puntualmente a ottenere punteggi alti nei test pur studiando il minimo indispensabile.

Eppure, fosse stato per lo shock di ritrovarsi in una realtà alternativa, fosse stato per il risvegliarsi neonata, di una cosa si era letteralmente scordata, dal suo arrivo a Valetanya: per la precisione, la frase introduttiva del sistema di gioco, nel momento in cui era stata “catturata”.

 

I quattro soggetti prescelti sono stati selezionati. Inizio trasferimento a Vaeltanya.

 

In altre parole, non aveva realizzato che in quel mondo c'erano altri tre suoi compagni di scuola nella sua medesima situazione.

 

A dire il vero, anche Hinata, Eichiro e Tomoya si erano completamente dimenticati di questo, mentre tentavano più o meno faticosamente di sopravvivere. Ma uno di loro, per una serie di fortuite coincidenze, trovò un oggetto che lo condusse a rammentare la frase udita dodici anni prima, davanti al cancello del suo liceo, e realizzare, con una grassa risata, che una, almeno una di loro, era ancora viva e vegeta.

 

* * *

 

 

“Bollard! Addara! Venite qua, presto!”

Quell'urlo perentorio proveniva dalle labbra di un robusto e abbronzato omaccione, i cui capelli, un tempo neri, si erano inesorabilmente rassegnati alla canizie, tingendosi di un color grigio cenere. Eppure, nessuno di quelli che lo conosceva avrebbe anche solo pensato di definirlo vecchio. Oltre ad avere un fisico ancora possente e muscoloso, emanava un'aura intimidatoria che pochi avrebbero osato sfidare apertamente; oltretutto, chi lo riteneva un uomo tutto muscoli e niente cervello aveva provato a proprie spese quanto ciò fosse lontano dalla verità. Era infatti uno dei più lungimiranti e astuti mercanti di una città che pure ne pullulava e che aveva nel commercio estero la sua principale fonte di reddito.

Il suo nome era Texian Ramia, signore indiscusso di una delle più grandi compagnie commerciali della libera repubblica di Averia (detta anche la “signoria del Toro”, visto che la sua bandiera era un toro rampante rosso in campo dorato). Nonostante il suo business principale fosse il traffico di armi, si poteva benissimo dire che non esistesse merce che non era mai stata imballata nelle galee di sua proprietà, che facevano la spola tra i principali porti del sud del continente.

Eppure, nonostante avesse potuto tranquillamente curare gli affari standosene a casa e dando ordini ai propri subordinati, era una di quelle persone che era incapace di cambiare il proprio stile di vita, per cui continuava a partecipare direttamente ai viaggi della “Leonessa”, la nave ammiraglia della sua flotta personale e caricare e scaricare casse come l'ultimo dei marinai.

Ovviamente latrando senza sosta secchi ordini e altrettanto ovviamente intercalandoli con una cospicua dose di bestemmie.

Questa volta, tuttavia, avrebbe dovuto tenere a freno la propria lingua, dato che era in missione diplomatica: si trattava di far salire a bordo niente di meno che l'imperatore di Veltemyn, assieme ad una piccola parte della propria corte, e scortarlo ad Averia.

 

Per chi era digiuno di politica sarebbe parso molto strano che una figura di così alto lignaggio, per recarsi in visita nella signoria del Toro, dovesse chiedere un passaggio ad una nave mercantile; Texian però sapeva benissimo che le casse dell'impero erano disperatamente vuote e che, nel corso degli ultimi quindici anni, Veltemyn aveva dovuto vendere pezzo dopo pezzo quanto rimaneva della propria pietosa flotta al puro scopo di fare cassa. Pur senza fare conti precisi, era molto probabile che lo stesso Texian, da privato, disponesse di entrate molto superiori all'impero.

Ciò nonostante, si trattava comunque di un imperatore e il suo datore di lavoro, ossia il podestà di Averia, ci aveva tenuto a premurarsi che venisse trattato con tutti gli onori possibili, in qualità di ospite di rango della repubblica.

 

Per quanto riguarda il fine di quella missione diplomatica, per quanto non gli fossero stati dati particolari dettagliati, non era difficile immaginare di cosa potesse trattarsi. Era una disperata richiesta di aiuti, probabilmente militari, per timore di un prossimo assalto dei Teumig.

 

Nell'immaginario collettivo pareva impossibile pensare che Veltemyn, la città più antica del mondo conosciuto (e per lungo tempo anche la più popolosa, anche se tristemente ciò non era più vero da almeno un secolo), protetta da quattro cerchie di altissime mura concentriche, capitale di un regno che, pur contraendosi fino a ridursi a poco più di una città stato, durava da più di mille anni, potesse crollare.

Eppure, alla realtà importava decisamente poco cosa ne pensasse la gente, mentre se ne andava per la sua strada. E non gliene fregava proprio nulla del fatto che le persone pensassero che, se una cosa era rimasta per più di mille anni, allora dovesse restare per sempre. E gli imperatori questo lo sapevano.

Purtroppo, gli imperatori sapevano anche che si trattava di una missione praticamente impossibile. Perché se era vero che gli averiani avevano il quasi totale controllo dell'economia di Veltemyn e la consideravano ormai una “seconda Averia”, era anche vero che la guerra, specialmente una contro un avversario forte e contro cui non si era sicuri di vincere, come potevano essere i Teumig, faceva male agli affari...

 

E giusto per non farsi mancare niente, c'era anche da ricordare il dettaglio non del tutto trascurabile che per i regni del nord i daemiti erano pur sempre degli eretici.

Certo, gli averiani non erano noti per la loro grande fede (piuttosto erano famosi per il detto: “Prima averiani, poi seguaci della dea.”), ma la prospettiva che il gran sacerdote della Dea lanciasse contro di loro una guerra santa (cui si sarebbero associati certo tutti gli stati invidiosi della ricchezza di Averia per spartirsela.) per aver aiutato dei “traditori della vera religione” non era gran che rassicurante.

 

Ma tutto questo, in fondo, a Texian importava ben poco. Si era tenuto per tutta la vita accuratamente lontano dalla politica, se non per l'inevitabile stretto indispensabile per evitare troppe noie burocratiche. Al solito, l'unica cosa su cui doveva e voleva concentrarsi era prendere il pacco, portarlo a destinazione, sentirsi dire che aveva fatto un buon lavoro ed essere pagato per questo. Quello che sarebbe avvenuto dopo, semplicemente non era un problema suo.

Se sua maestà Cadwalader VIII avesse saputo che nella mente del capitano della nave su cui stava per salire era qualificato come “pacco”, molto probabilmente sarebbe salito di corsa su un'altra galea, ma, fortunatamente, non lo scoprì mai.

 

“Bollaaard! Allora, ti vuoi muovere? Gli ospiti stanno per salire!”

Al nuovo urlo di Texian, finalmente da sottocoperta fece la sua comparsa il proprietario di quel nome, suo figlio dodicenne. Sebbene fosse “in ghingheri come il più bastardo dei marchesi” (stando alla definizione del genitore), Bollard non dava una grande immagine di sé. A partire dalla bassa statura, proseguendo per l'aspetto gracile da spaventapasseri, sino ad arrivare ai capelli biondo paglia sempre in disordine, nessuno avrebbe detto di lui che era sangue del grande Texian Ramia, tanto che a suo tempo si erano persino sparse voci sulla presunta infedeltà di lady Garia Ramia. Altri pettegolezzi, però, sottolineavano come la nascita dello scricciolo avesse corrisposto ad un periodo particolarmente fortunato per gli affari dei Ramia, le cui rendite, negli ultimi dodici anni, erano cresciute in maniera esponenziale. Per tale motivo Bollard era stato soprannominato “portafortuna”. Era per questo – si diceva – che il ragazzino non avesse mai subito le ire del suo vecchio. Perlomeno non troppo...

Texian, però, sapeva bene quanto la fortuna non c'entrasse proprio nulla. Per quanto lo concerneva, Garia poteva essersi anche scopata un toro, ma se il risultato era stato quello, che la dea benedicesse pure il suo adulterio!

Il piccolo Bollard, infatti, aveva mostrato un mostruoso e precoce talento per la gestione contabile e logistica degli affari di famiglia ed era grazie alle sue rivoluzionarie idee, che la compagnia aveva continuamente accumulato capitale, anche nelle congiunture negative. Sotto il visino fine e delicato, si nascondeva la mente di un genio.

Persino la sorella minore Addara, che invece aveva ereditato dal padre agilità e forza fisica, non lo considerava affatto un debole, anzi, aveva sviluppato una sorta di attaccamento morboso e iperprotettivo nei suoi confronti.

 

Nessuno dei due sapeva che Bollard in realtà non era affatto un genio. Era solo la reincarnazione di un ragazzo giapponese mezzo otaku, costantemente pressato da genitori esigenti che volevano addestrarlo alla futura gestione della ditta import-export di famiglia, e che rispondeva al nome di Eichiro Kimura.

 

“Mi raccomando, ragazzo, non deludermi. Dimostrami che non ho buttato soldi nel canale maggiore di Averia, ingaggiando quel precettore profumato come una puttana perché ti insegnasse tutte quelle stronzate da nobile!”

 

“Sì, padre, certamente.” Replicò lui all'ammonimento di Texian, accennando un inchino, senza ormai dar più alcun peso al suo linguaggio tipicamente fine e delicato.

 

Dopo neanche una decina di minuti, l'agitazione nei pressi del porto indicò a Bollard che gli ospiti erano finalmente giunti. Una ventina di balestrieri si disposero con fare impettito su entrambi i lati del pontile presso cui era ormeggiata la “Leonessa”. Un istante più tardi, un araldo, che recava sotto braccio anche il vessillo imperiale (la mezzaluna d'argento), proclamò a gran voce: “Sua Maestà Imperiale Caladwer VIII Ceredig e il suo cesare, sua altezza serenissima Cadogan Ceredig!”

A quel punto, finalmente, ecco arrivare un uomo relativamente giovane, di neanche trent'anni, ammantato della pesante livrea imperiale e, nella mano destra, lo scettro della mezzaluna. In realtà non si trattava dello scettro vero. Quella non era altro che una più modesta copia, fatta fare quando l'antico bastone del comando di Caladwer primo era stato vendu... ahem... misteriosamente scomparso dal tesoro reale. Il suo viso per un istante era parso a Bollard quello di una persona che, se avesse potuto, avrebbe fatto volentieri a meno di tutto quel cerimoniale. Anzi, che avrebbe volentieri dismesso del tutto i panni di sovrano di una città morente. Ciò nonostante, con un visibile sforzo di concentrazione, Caladwer tornò nella parte, cercando di mostrare un aspetto il più solenne e dignitoso possibile. Suo fratello minore, Cadogan, era invece la sua antitesi. Un ragazzo quindicenne che avanzava fiero e pomposo, come se volesse ricordare a tutti che lui da quelle parti era il padrone. Allo stesso tempo, però, nel profondo dei suoi occhi si poteva ancora notare un che di profondamente mite ed ingenuo, come se conoscesse ancora molto poco del mondo.

 

Mantenendo una certa distanza dai due, ecco che iniziarono ad arrivare lentamente anche dignitari, nobili, esponenti del clero e, infine, anche guardie e maggiordomi. In tutto una cinquantina di persone. Pur essendo la Leonessa una nave di una notevole stazza, era pur sempre un mercantile: era evidente che alcune di loro si sarebbero dovute sacrificare e dormire nella stiva, alla faccia del sangue blu.

 

Appena Caladwer e suo fratello presero piede sul ponte, Bollard avanzò di due passi e eseguì con perfetto stile la prostrazione, riverenza riservata ai soli imperatori (mentre con i re ci si inginocchiava solamente). Attese che sua altezza gli ordinasse di rialzarsi, quindi mantenendo la testa china, recitò con calma la frase di rito:

“La corporazione dei Ramia è onorata di avere come ospite Sua Altezza Imperiale. Che il Vostro soggiorno sulla nostra umile nave possa esserVi più gradito possibile.”

 

“Mpf... Speriamo...” Si lasciò scappare in tono scettico e irritato il principe Cadogan. Suo fratello maggiore lo incenerì con lo sguardo, quindi, aggiunse, con fare affabile e cortese, verso il suo anfitrione:

“So bene quanto sia difficile far posto a tanto inutile quanto poco redditizio bagaglio, su un naviglio mercantile – E a quelle parole di autocommiserazione l'imperatore si lasciò sfuggire un sorriso amaro - ... E so anche quanto possa essere difficile guidare una tale galea attraverso le acque agitate del Mare Interno in questa stagione. Spero non vi saremo di troppo incomodo.”

Cadogan rimase piuttosto confuso dalle parole sin troppo umili del fratello maggiore, ma non osò proferire parola, temendo seriamente che potesse decidere di gettarlo in acqua.

Fingendo di non notare i giochi di sguardi tra i due, Bollard disse: “Se Sua Altezza permette, è mia premura mostrarVi i gli alloggi che abbiamo preparato per il Vostro soggiorno sulla Leonessa.”

 

“Fateci strada, messer Ramia”, disse, in modo molto franco e semplice Caladwer.

 

Bollard li condusse quindi in quelli che fino al giorno precedente erano stati gli alloggi di suo padre Texian. Dopotutto, non c'era sistemazione più confortevole della cabina riservata al capitano. Subito dietro, silenziosi come statue, due maggiordomi e due guardie, che portavano il bagaglio delle maestà imperiali.

 

Appena aperta la porta, Cadogan si fiondò dentro, guardandosi intorno con un fare a metà tra l'eccitato e lo spaesato. Il suo servitore personale, recando tra le braccia una serie di voluminosi tomi (Bollard immaginò che i libri dovevano essere doni per i signori cui dovevano impetrare favori. Le biblioteche di Veltemyn erano leggendarie al nord e molti anelavano a possedere testi originali degli antichi filosofi daemiti) entrò a sua volta. Purtroppo per lui, non aveva fatto bene i conti delle dimensioni della stanza: il suo piede andò a sbattere contro un basso tavolino, facendogli perdere l'equilibrio, mentre i suoi preziosi scrigni di sapienza si spargevano malamente sul pavimento.

 

Bollard si affrettò a dare una mano a raccogliere. Stranamente, anche il principe Cadogan si mobilitò per aiutarli, pallido e tremante. Quella, si disse il ragazzo reincarnato, era una faccia che conosceva... Era la faccia di chi aveva qualcosa da nascondere. Sì, lo stesso volto che aveva lui quando si affrettava a chiudere le pagine internet nel momento in cui mamma faceva irruzione in camera sua. Inutile specificare il contenuto, di quelle pagine...

 

Lì per lì non riuscì a capire il motivo di tanta agitazione, poi notò un foglietto svolazzante, una sorta di segnalibro, scappato via da quello che doveva essere un voluminoso e indigeribile trattato matematico. Senza porsi troppi problemi lo raccolse con calma. A quel punto il principe quasi glielo strappò via di mano, per nasconderlo rapidamente in una tasca del suo mantello.

 

Cosa diavolo ci sarà mai di così importante su quel cazzo di foglietto...

 

“Ah.” si limitò a mormorare a bassa voce. Per un attimo, prima che la mano di sua altezza glielo togliesse con fare ansioso, Bollard fu in grado di vedere distintamente cosa c'era sul recto del foglio.

 

Era un disegno.

 

Te-te-tentacle rape1? No, figuriamoci, sto avendo delle visioni dettate dalla nostalgia, giusto? Siccome quella pazza asociale mi manca troppo, adesso ho anche le allucinazioni delle porcate che disegnava...”

 

Eppure, la reazione del principino quadrava col fatto che fosse un hentai. Gli aveva ricordato troppo la sua espressione quella volta in cui Kirishima le aveva piantato pubblicamente in mano una delle delle sue ultime creazioni, dicendogli all'orecchio:

Eddai, tieni e non fare tutto l'imbarazzato, Kimura-kun, tanto lo so che ti ammazzi di pippe pure tu su 'ste cose... E' una copia promozionale del mio ultimo lavoro... Ah giusto, solo perché tu lo sappia... Per la protagonista... Ho preso come modello Himamiya. Divertiti, mi raccomando.” Ovviamente quella sadica dal ghigno perversamente obliquo lo aveva fatto apposta... Aveva parlato a bassa voce e siccome nessuno aveva sentito cosa aveva detto, tutti, TUTTI avevano pensato che Kirishima gli avesse fatto il favore, da amica troppo buona e comprensiva verso uno stupido otaku pervertito, di nascondergli temporaneamente i SUOI porno perché i genitori non li trovassero. Senza capire che quei doujinshi in realtà erano tutta roba di Kirishima, accidenti!

 

No, non poteva essere un'allucinazione. Era lei. Era certo al mille per mille che fosse lei. Quello era uno stramaledettissimo disegno di Kiri-chan. Solo lei poteva anche solo pensare di guadagnare soldi in un mondo fantasy facendo comunque la mangaka hentai...

 

Era da qualche parte in quel mondo come lui. Ed era rimasta la solita, dannatissima, divertentissima matta.

 

1Il tentacle rape è un genere di hentai in cui una ragazza finisce denudata e violata da esseri tentacolari in tutti gli orifizi di cui dispone. Giuro che non ho mai capito cosa ci trovano i maschi giapponesi di arrapante nella cosa...

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Capitolo 10
*** You sure bein' a princess is cool, baby? ***


You sure bein' a princess is cool, baby?

 

 

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Plargis era inizialmente composta da una serie di piccoli marchesati, baronie e contee, col tempo i borghi più grandi si erano resi autonomi dal dominio dei propri signori feudali, creando una rete di ricchissime città-stato commerciali di medie dimensioni, poi riunitesi in una blanda (e internamente litigiosa) lega di mutua difesa. Per uno strano scherzo del destino, quella regione era l'incrocio della maggior parte delle vie marittime e terrestri del commercio internazionale.

 

Ma si sa, quanto più un territorio è ricco, tanto più è desiderato. Moltissimi grandi regni si erano distrutti in guerre lunghissime per ottenerne il possesso. Ma più i vicini si massacravano, più i banchieri di Plargis (prestando soldi ad usura ai re di questa o quella nazione, affannati a spenderli per creare possenti eserciti) prosperavano. Per le grandi potenze che la bramavano, era una sorta di frutto irraggiungibile e maledetto.

 

Mentre epiche battaglie si svolgevano, però, gli apparentemente insignificanti e deboli duchi di Afalia, saltando con ottimo tempismo sul carro del vincitore all'ultimo in questo o quel conflitto, si ingrandivano senza sprecare troppi soldi e troppi soldati, sino a confinare con la terra di Plargis. Ovviamente anch'essi vennero contagiati dal desiderio di possederla, ma sapevano che se avessero ingaggiato battaglia per quei territori non avrebbero avuto scampo, attirando su di sé uno stuolo di nemici in grado di ingoiare il ducato per intero.

 

Per questo motivo affrontarono la sfida nell'unico modo per loro possibile: sfornando principi e principesse di sangue blu e offrendoli sull'altare sacrific-ahem, matrimoniale a tutti i signori, grandi possidenti, ricchi mercanti della regione di Plargis. Dopo un centinaio di anni di questa politica, annettere al proprio dominio quella sorta di gallina dalle uova d'oro era stata pura formalità.

 

A quel punto, ai grandi regni limitrofi cadde di colpo il velo dagli occhi. Dopo essersele date di santa ragione per generazioni, erano rimasti con un pugno di mosche in mano. Fecero per allearsi contro i duchi di Afalia, ma ormai questi, con i soldi dei tributi riscossi, potevano pagarsi un esercito mercenario di prima qualità, tanto da rendersi intoccabili. Del resto, potevano anche permettersi di mettere sul proprio libro paga persino gli stessi re che volevano attaccarli, ponendoli gli uni contro gli altri. L'unica cosa che ai signori di Afalia ancora mancava (e che desideravano ardentemente) era il titolo regio.

Per ottenerlo c'erano due modi:

 

Il primo era cercare di farsi amico e alleato l'imperatore di Gaulonia, l'unico con l'autorità per elevare un ducato a regno. E di solito, 'farsi amico' l'imperatore significava riempirlo d'oro e dargli qualche principessa da far sposare ai suoi orrendi figli.

Il secondo era infinitamente più rapido e sbrigativo: conquistarsi la corona sconfiggendo qualcuno che re lo era già. Cosa che sino a quel momento i duchi di Afalia avevano sempre evitato accuratamente di fare.

Due detti molto diffusi nel vicino regno di Bavis descrivevano con un buon grado di esattezza lo spirito afaliano:

Se Afalia ti fa guerra, allora vuol dire che stavi già da prima con un piede nella fossa.”

Afalia non finisce mai una guerra dalla stessa parte con cui l'ha cominciata.”

 

Il duca ereditario Stjepan era stato educato in un'università bavense, per cui provava un intimo senso di vergogna per la fama di codardia di cui godeva il suo stato. Per lui era giunto il momento in cui Afalia dovesse dimostrare sul campo di battaglia di essere una grande potenza.

Il vecchio Tvrtko, suo padre, al contrario, era convinto che fosse perfettamente inutile rischiare la pelle cercando delle eroiche conquiste nello stile dei poemi cavallereschi. Oltre a giudicare la cosa del tutto estranea allo spirito afaliano, riteneva anche che fosse del tutto irrazionale e controproducente. Per tale motivo non smetteva di rimproverare il figlio, ripetendogli continuamente: Meglio un codardo ricco che un eroe morto di fame. Anzi, meglio ancora un codardo vivo che un eroe morto.

 

Stjepan era stato benedetto dalla nascita di una bambina, che, secondo le migliori tradizioni della famiglia, una volta giunta in età da marito sarebbe stata una delle più ricche e appetibili ereditiere del continente. Il nome di questa adorabile fanciulla era Mirìs Jelena Kosaca Kotromanica Varigan, del casato dei Gryalme. Per nascita duchessa ereditaria di Afalia, marchesa di Grialmia e margravia di Plargis.

Ciò che il suo amorevole genitore non sapeva, era che nel corpo di sua figlia stava lo spirito di una persona che rispondeva ad un altro nome: Hinata Himamiya.

 

Quando aveva realizzato di essere stata catapultata in un mondo molto simile a quello che si poteva vedere in quegli anime fantasy che piacevano tanto a quegli sfigati come Kimura e compari, inizialmente aveva passato un buon mese a recitare mentalmente tutte le bestemmie che poteva formulare a tutte le divinità che conosceva. Non era mai stata particolarmente credente, per cui non è che fossero molte, ma la cosa non rappresentava un particolare problema per la sua rabbia repressa.

 

Poi, però, qualcosa era cambiato. Lentamente aveva cominciato a comprendere una cosa molto importante. Aveva una stanza quasi più grande del suo intero appartamento in Giappone, e non si poteva dire esattamente che provenisse da una famiglia povera. Se si affacciava alla finestra poteva vedere un'intera città dall'alto di una torre. C'era uno stuolo di domestiche a sua disposizione. Senza parlare di cuochi personali, precettori privati...

 

Per tutti i kami, ho fatto jackpot! Sono una principessa!

 

Per una ragazza cui piacevano i soldi e la bella vita in misura tale da dedicarsi con costanza, impegno e dedizione alla nobile arte dell' Enjo Kousai, o, come preferiva denominarlo Kiriko, 'troieggiare come se non ci fosse un domani', era come finire nel paese dei balocchi. Certo, l'idea di doversi lavare poco era piuttosto avvilente, per una giapponese come lei, così come la quasi completa mancanza dal menu di piatti a base di riso o suoi succedanei... Ma nel complesso erano dettagli su cui poteva soprassedere.

Fosse perché il suo corpo aveva solo quattordici anni o perché, in fondo, anche nella sua vita originale l'aveva visto come mero mezzo per giungere ad un fine, nemmeno la mancanza temporanea di vita sessuale la deprimeva più di quel tanto.

 

***

 

“Miris!”

 

“Sì, padre, cosa desiderate?”

 

“Figlia mia, come già ti ho detto, domani terremo un banchetto ufficiale in onore degli ospiti giunti da Averia. Mi raccomando, reca onore alla nostra casa, come si conviene ad una principessa del tuo rango!”

 

“Ma certo padre, non temete!”

 

Disse lei, accennando un leggero inchino e sfoggiando un luminoso sorriso.

 

Stjepan a quella vista non riuscì a trattenersi e abbracciò intensamente la sua 'bambina', senza rendersi conto di come, da ormai diverso tempo non poteva più considerarsi tale (Se mai lo fosse stata davvero).

 

Resisti, resisti... Pensa che questo vecchio di merda è la tua gallina dalle uova d'oro...

 

Completamente ignaro dei cinici pensieri della sua adorata figliola, fece per uscire dalla sua stanza. All'improvviso, tuttavia si bloccò e aggiunse:

 

“Ah, so che ti piacciono i romanzi cavallereschi... Domani sera ti mostrerò qualcosa che ti piacerà moltissimo, bimba mia!”

 

“Attenderò con ansia il momento, padre mio!” Replicò prontamente lei, senza smettere di sfoggiare l'espressione più solare e ingenua di cui era capace.

 

Hinata era ormai talmente abituata a recitare una parte che il comportarsi a quel modo le veniva fin troppo semplice. Indossava una maschera da talmente tanto tempo da non ricordarsi nemmeno quale fosse, il suo vero volto. Ultimamente però, qualcosa dentro di lei non quadrava. Sentiva uno strano senso di oppressione al petto, una perenne insoddisfazione...Cosa diavolo le stava capitando.

 

Forse – e ripeto, forse – Così è tutto troppo facile... Avere tutto senza nemmeno piegarsi a novanta una volta? Fa talmente strano... No, aspetta un attimo, Hinata, cosa stai pensando? Che non desideri fare vita da principessa? No, no, ehi, non scherziamo...

Nah, calmiamoci... Ho questi pensieri solo per il fatto che senza sesso, alcolici e sigarette la vita qua dentro inizia a diventare una palla atomica.

 

La sera seguente, come era ampiamente pronosticabile, al banchetto era presente tutta la corte al gran completo. Al centro della grande tavolata, su un trono di legno scolpito che probabilmente era stato commissionato per l'occasione, stava il duca Tvrtko, con un'espressione solenne e grave scolpita sul volto.

 

Non me la dai a bere nonnino... E' tutta una scusa per guardare nella scollatura di lady Jelena Ostoja e di lady Katarina Dabisa...

 

Cercando di non far scivolare i suoi pensieri sulla nefasta possibilità che nel suo attuale corredo genetico non vi fosse particolare propensione per l'abbondanza di proporzioni, la sua mente si concentrò sulla decifrazione delle espressioni di suo nonno. Quel vecchietto in fondo le piaceva. Era pratico, freddamente cinico e razionale, ma allo stesso tempo fedelmente coerente con le sue voglie carnali. Un po' come lei... La lei originale...

Al contrario di quel fallito di suo padre (seduto alla destra su un trono igneo di poco più basso) che le dava tutta l'aria di essere un idealista senza speranza.

 

“Ricorda Stjepan, di solito quello che da' sprone al cavallo e parte lancia in resta per difendere i propri ideali, è il primo che crepa. Ho già una mezza idea di quello che hai intenzione di dire dopo lo spettacolo... E ho tre quarti di idea che sia una cazzata”.

 

Quando udì quelle parole, dette a suo padre da suo nonno Hinata avrebbe voluto, pur non comprendendo le circostanze, applaudire e aggiungere un sonoro 'parole sante!', ma le toccò fare la faccina tutta contrita per salvare le apparenze. In quella occasione, tuttavia, ebbe l'impressione che il vecchio Tvrtko l'avesse guardata più intensamente del solito, quasi come se avesse capito la sua vera indole.

 

Del resto, quella non era la prima di tante situazioni in cui, mentre rampognava il figlio, guardava la nipote, come per cercare una muta intesa con lei.

 

Intenta a dubitare se ridere o piangere di ciò, il suono di tromba dell'araldo la prese di sorpresa e le indusse un lieve sobbalzo. Stjepan le sorrise teneramente, poi si alzò in piedi e gridò con voce stentorea:

 

“Entrate, oh miei messaggeri!”

 

Quelli dei club di teatro della nostra scuola dovrebbero prendere un paio di lezioni...

 

Alle parole dell'anfitrione, le porte del salone dei ricevimenti si spalancarono e entrò un elefante, accompagnato da due palafrenieri e con in groppa una bionda dama con indosso una candida veste e un diadema con simboli lunari sul capo.

 

Miris per poco non sputò l'acqua che stava bevendo.

 

Eh? Ma che cazzo...

 

Il padre le sorrise di nuovo, felice dell'effetto sorpresa che aveva causato nella figlia, quindi, di nuovo, con voce possente, fece, rivolto alla strana comitiva:

 

“Che notizie portate, dunque, dal lontano sud?”

 

A quel punto, la dama iniziò con voce teatralmente sospirosa a esporre, in forma di poesia, i suoi tormenti.

 

Per farla breve e eliminata tutta l'enfasi dal discorso, la bianca dama rappresentava una città. Miris/Hinata non aveva capito molto bene, ma doveva essere estremamente famosa, antica e grande. Veltemyn l'avevano chiamata?

Ebbene, questa sottospecie di pantomima era per dire che la città che era stata culla della civiltà del continente e sede del primo grande impero, ora era in pericolo di essere conquistata da barbari senza Dio pronti a stuprarla e renderla schiava.

 

Alle parole 'stuprare' e 'rendere schiavo', Hinata vide gli occhi di suo padre illuminarsi di eroico sdegno per la triste storia della pulzella, mentre quelli di suo nonno si erano illuminati di... Pensieri impuri? Sì, aveva visto diversi uomini con quel tipico sguardo:

il 'vorrei ma non posso, sono una persona rispettabile. Forse.'

A difesa del suo caro nonnino si doveva dire che effettivamente quel vestito di lino bianco aveva una lieve, ancorché lasciva trasparenza...

 

Terminato il discorso della avvenente damigella in pericolo, Stjepan giunse al tanto sospirato pezzo forte:

 

“Ebbene, io qui dinnanzi a voi e di fronte al mio nobile padre e signore, giuro, alzando al cielo, verso la nostra amata Dea lassù, questa piuma d'aquila (Da dove l'ha tirata fuori? Fu il pensiero improvviso di Hinata), che non avrò riposo sino a che quella nobile landa sarà liberata dalla minaccia delle orde infedeli che la affliggono! Dichiaro che partirò alla volta di Veltemyn, assieme a chi lo desidererà, per una guerra santa contro i Teumig!”

 

A quelle parole, molti giovani cavalieri si alzarono in piedi e alzarono anche loro le proprie piume per prestare anche loro giuramento.

 

Ah, questa era la cazzata che diceva il nonnino, allora! In effetti...

 

Per concludere, un giovane cavaliere si staccò dal seguito dell'elefante e mostrò a tutti un pezzo di carta, urlando:

 

“Guardate! Guardate cosa gli infedeli vogliono fare delle giovani fanciulle di Veltemyn, invocando ignobili demoni tentacolari dagli abissi della terra!”

 

Anche Hinata, senza troppo entusiasmo, gettò un occhio su quella specie di rappresentazione artistica dell'inferno.

Ne rimase molto, molto, molto più stupita di quanto non avesse potuto supporre.

 

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