Reflecting Mirrors

di Sinkarii Luna Nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1








“Quando arriva il giorno della tua morte…”


Si era svegliata con quella frase in testa, senza essere in grado di dire a cosa fosse dovuta, né di completarla.

“Irritante” pensò.

Le lasciava un po' l’amaro in bocca, benché ormai da molto tempo un pensiero del genere fosse per lei privo di qualunque senso. Mai la vecchiaia avrebbe corrotto le sue carni, mai morte naturale avrebbe potuto coglierla; se n’era fatta una ragione da tempo.

“Quando arriva il giorno della tua morte…”

Si infilò sotto la doccia, dopo essersi intimata di darci un taglio. L’acqua era ancora troppo fredda, ma non ebbe altra reazione se non un brivido che corse lungo tutto il corpo, dalle orecchie con le punte nere e affusolate fino alla tripla cima della sua coda, nera e affusolata anch’essa; tratti tipici dei Lusan, quale lei era.
Non che i Lusan esistessero più, ormai, non nel settimo Universo;
c’erano ancora nel sesto, sì, e nonostante alcune differenze avrebbe potuto convivere tranquillamente con loro, per diverso tempo lo aveva persino fatto… ma alla lunga restare ferma nello stesso posto era logorante.
Forse sarebbe stato diverso se la sua eterna giovinezza avesse avuto un qualsiasi senso, o se la sua vita avesse avuto uno scopo definito.


Anise però aveva nulla di tutto questo: non era nata per essere eternamente giovane e, sebbene anche la sua concezione del tempo fosse cambiata rendendole sopportabile lo scorrere di un millennio dopo l’altro, non riusciva a dimenticarlo.
Non aveva dei doveri da assolvere, cosa che all’apparenza poteva sembrare fantastica, ma in realtà toglieva soltanto significato a un’esistenza che ne aveva già ben poco.
Oltre a tutto ciò, non aveva nessuno al proprio fianco, perché nel tempo si era resa conto che non valeva la pena. Lo aveva capito dopo aver seppellito l’ennesimo compagno e non aver provato sofferenza alcuna: la morte di chi entrava nella sua vita aveva perso importanza, diventando simile a un film già visto troppe volte. La stragrande maggioranza delle creature viventi non erano che comparse nella sua lunga esistenza, persino quelle con un’aspettativa di vita sui tre secoli, o più.

Gli stolti che desideravano la vita eterna -ce n’erano, incredibile ma vero- lo facevano soltanto perché non avevano idea di quello a cui sarebbero andati incontro.
Non che la morte fosse un’alternativa migliore. A volte aveva accarezzato l’idea, ma l’aveva sempre accantonata con rapidità, rendendosi conto che neppure una scelta tanto drastica l’avrebbe portata a smettere di esistere: non c’era pace nemmeno nell’aldilà. Era passato molto tempo da quando l’aveva saputo, ma non l’aveva dimenticato.

“Quando arriva il giorno della tua morte…”

«“Quando arriva il giorno della tua morte inizi a vivere in un posto ancor più ristretto di quanto sia questo, perché l’aldilà è un buco piccolo”» completò Anise con voce chiara, rivolta al nulla, mentre usciva dalla doccia.

Persino la creatura aveva mutato la sua condizione, il cui nome tradotto dalla lingua Lusan suonava simile a “Rubedo”, ormai da molto non la degnava più della sua compagnia, o meglio, dei suoi borbottii.
Non che fosse sorprendente: non erano forse bastati quindicimila anni chiusa in una corona per rendere un’entità senza alcun raziocinio ciò che un tempo era stato tutt’altro? Ecco. Come si poteva dunque pretendere che la coscienza già devastata di Rubedo sopravvivesse all’interno di un corpo vivente… per un tempo oltre diecimila volte più lungo?
Non che provasse pena per lui. Le aveva portato via troppo, e non era stata lei a chiedergli di saltarle dentro e cambiare la sua natura di mortale in modo così radicale.
Mai in vita sua Anise aveva desiderato una cosa del genere, quando le era stata fatta un’offerta analoga l’aveva persino rifiutata, eppure eccola lì… ancora in vita.


«E in realtà anche l’al di qua è un buco piccolo» aggiunse, avvolgendo un asciugamano attorno al corpo ricoperto di un sottilissimo e soffice strato di pelo bianco. «Ma cosa ne parlo a fare…»

Si accostò allo specchio e fece un cenno di saluto al suo riflesso, ottenendo di rimando un’alzata di occhi al soffitto e uno sbuffo.
L’incapacità di invecchiare non era la sola cosa che Rubedo avesse dato ad Anise.

«Sì, grazie, so benissimo di essermi svegliata male, non c’è bisogno di rimarcarlo» disse seccamente la Lusan «Ora collabora, per cortesia».

Dopo che il riflesso le ebbe rivolto uno sguardo seccato coi suoi stessi occhi azzurro cupo tutto tornò alla normalità, e la Anise dello specchio iniziò a legare i lunghi capelli grigi in una treccia morbida, esattamente come stava facendo quella vera.

Ora non le restava altro da fare che vestirsi e decidere come passare la giornata. Probabilmente sarebbe andata al parco di Satan City, verde e rigoglioso, che il giorno prima le era piaciuto.
Era arrivata da poco su quel pianeta chiamato Terra, e non ci aveva messo molto a decidere che per un paio di secoli avrebbe potuto vivere lì. Le era sembrato un posto carino, con una certa varietà di abitanti e del buon cibo: serviva altro?

Aveva appena indossato una maglia rosa cipria lunga, quando il campanello trillò.

La Lusan si stupì leggermente. Da quando era arrivata sul pianeta e aveva comprato quella casa non aveva fatto particolari conoscenze, quindi non aveva proprio idea di chi potesse essere venuto a cercarla alle undici del mattino.
Non aveva troppa voglia di ricevere visite, e per un attimo ponderò l’idea di fingere di non essere in casa, ma infine la punta di curiosità che l’aveva presa ebbe la meglio, e si diresse verso la porta principale, aprendola. «Buongiorno. Desidera?»


Bulma Brief tirò fuori il suo sorriso migliore.
Di solito era impegnata col suo lavoro alla Capsule Corporation, nonché con quello di moglie del principe dei Sayian, che certo non era meno impegnativo, e con quello di madre di due bambini, Trunks e Bra, quest’ultima nata da pochissimo; tutti motivi per cui aveva saputo della nuova vicina più tardi di quanto avrebbe voluto.
Non erano molte le persone che potevano permettersi una casa in quel quartiere, soprattutto se si trattava di case grandi più o meno quanto la sua, e dalle informazioni che aveva raccolto sembrava che si trattasse di una donna che viveva da sola. Veniva da sé che dunque era piuttosto normale la sua curiosità di sapere chi fosse, da dove venisse, e soprattutto se fare conoscenza con lei avrebbe potuto portare qualche vantaggio a livello aziendale o altro.
Ragioni per cui quel giorno aveva bussato alla porta della sua vicina, portando con sé una torta al limone, tanta grinta e sufficiente esperienza in stranezze varie da non sorprendersi per le fattezze feline -vagamente simili a quelle di una lince- della donna. «Buongiorno! Sono Bulma Brief, la sua vicina di casa! Sono venuta a darle il benvenuto nel quartiere» disse, tenendo in bella vista la torta al limone che aveva portato.

Inizialmente da parte dell’alta donna-lince non ci furono reazioni o espressioni degne di nota, tant’era che se Bulma non l’avesse sentita esprimersi nella lingua comune solo un attimo prima avrebbe pensato che non fosse in grado di capirla…

«La ringrazio. È stato un pensiero gentile» disse la forestiera un istante dopo, aggiungendo perfino un sorriso mentre prendeva la torta dalle mani di Bulma. «Il mio nome è Anise» aggiunse, tendendole una mano.

«Piacere di conoscerla» sorrise Bulma di rimando, stringendola «Comunque, potremmo anche darci del tu» si azzardò ad aggiungere «In fin dei conti io non sono una che si formalizza, e tu sei una ragazza molto giovane…»

Ironico che proprio in quel mattino nel quale aveva pensato più del solito alla propria età qualcuno la definisse “ragazza molto giovane”, davvero. «Più che altro porto bene gli anni che ho» rispose.

«Oh».

Seguì un attimo di silenzio che per Bulma risultò piuttosto imbarazzante, ma pur volendo romperlo non fece in tempo.

«La ringrazio per la visita» disse la Lusan, lasciandole intendere che l’offerta di darsi reciprocamente del “tu” era caduta nel vuoto «E la inviterei a entrare, ma temo di non avere tempo da dedicarle. Oggi la mia giornata è piena di impegni: fare colazione» sì, alle undici del mattino, e magari proprio con la torta al limone «Andare avanti con la lettura di uno dei sette libri che ho iniziato, mangiare qualcosa, forse andare al parco, meditare sul significato della vita, il Multiverso e tutto quanto, girellare, nulleggiare, leggere ancora e, ultimo ma non per importanza, andare a dormire» finì di elencare «Non riesco proprio a trovare un buco in cui inserirla, per cui buona giornata, mia gentile vicina» concluse con un altro sorriso e un cenno di saluto, per poi rientrare in casa e chiudere la porta.

Bulma osservò inebetita la porta per qualche momento, prima di reagire. «Però la torta al limone te la sei presa!!!» gridò.

«Sprecarla sarebbe stato un peccato» fu la risposta che giunse dall’interno della casa.

“Incredibile ma vero, nell’Universo c’è qualcuno con un caratteraccio addirittura peggiore di quello di Vegeta!” pensò Bulma. «Non è affatto carino!»

Stavolta non ci fu altra risposta se non il silenzio.

Inizialmente la donna ebbe la tentazione di dare retta alla voglia che le era venuta di sfondare la porta a suon di pugni, ma dopo aver sollevato una mano decise di lasciar perdere: se ci teneva tanto a passare la giornata da sola a “nulleggiare” e meditare sulla vita, il Multiverso e tutto quanto, che facesse pure!
Un momento.
Aveva davvero detto “Multiverso”?




Anise aveva appena iniziato a tagliare la torta, quando sentì una gragnuola di pugni tempestare la porta.

«EHI!»

Sollevò un sopracciglio. Cosa accidenti voleva ancora? Le aveva dato il benvenuto nel quartiere, si erano salutate, lei si era presa la torta, non era sufficiente?
No, d’accordo: riconosceva di non essere stata il massimo della simpatia con una donna che in fin dei conti non aveva fatto altro che essere gentile con lei, e sapeva che se si era svegliata con la luna storta non era certo colpa della signora Bulma Brief! Forse avrebbe “recuperato” in un’altra occasione, magari portando a sua volta una torta, ma quel giorno aveva ancora meno voglia di socializzare di quanta ne avesse di solito -e non era mai eccessiva; quindi decise di ignorarla e continuare a tagliare.

«Tu cosa, e come, sai del Multiverso?!» gridò ancora Bulma.

Anise drizzò le orecchie, ora attenta.
Prima aveva buttato lì quella frase senza pensarci troppo, ma l’esistenza del Multiverso non era affatto una cosa risaputa, quindi si fece la stessa domanda che le aveva appena fatto Bulma: cosa e come la signora Brief sapeva del Multiverso?
Dopo altri momenti di esitazione, nei quali ponderò l’idea di ignorarla e anche altre ancor meno carine, decise che forse valeva la pena stare a sentire cosa aveva da dire. In fin dei conti doveva pur passare in qualche modo anche quella giornata.

«Alla buon ora, ce ne hai messo di tempo!» esclamò Bulma, quando Anise aprì la porta.

«…ci ho ripensato, non ne vale la pena» commentò la Lusan, facendo per chiudere di nuovo.

«Ma dai, non essere così scontrosa!» Bulma bloccò la porta, non volendo farsi sfuggire l’occasione «Ti ho soltanto fatto una domanda».

«Quella che avrei dovuto farle io. Il popolo di questo pianeta non mi sembra abbastanza progredito a livello tecnologico da mettersi a fare chissà quali viaggi spaziali e scoprire che, seppure sia sempre un buco piccolo, esiste un Multiverso» ribatté Anise.

«Siamo talmente poco progrediti da aver costruito delle macchine del tempo funzionanti, pensa un po’» disse la donna, con un occhiolino «Andiaaamo! Fammi entrare, così facciamo due chiacchiere» senza aspettare un invito, Bulma oltrepassò Anise ed entrò in casa «L’arredamento che hai scelto è carino».

«Non l’ho scelto, già c’era» replicò Anise «Una domanda: c’è qualcuno che sa che è qui?»

«Certo! Mio marito lo sa, e anche alcuni dei miei amici sapevano che avrei fatto visita alla nuova vicina» disse prontamente Bulma.

Quindi tanti saluti all’idea di rinchiuderla nella Dimensione degli Specchi per togliersela di torno. Fantastico, pensò Anise, muovendo nervosamente la coda. «Capisco. Allora… una macchina del tempo? È leggermente illegale» osservò, spostandosi di nuovo in cucina. Aveva una torta al limone da mangiare, accompagnata a del latte fresco, e sembrava essere la sola cosa buona di quella mattinata.

«Io sono una scienziata e, per le scienziate come me, se qualcosa può essere realizzato allora deve essere realizzato!» dichiarò Bulma, con aria determinata, seguendola.

«Se lo dice lei» commentò Anise, versandosi del latte.

Bulma la guardò, non sapendo cosa pensare della sua mancanza di reazioni alla notizia dell’esistenza di una macchina del tempo. «Non sembri molto-»

«Sto facendo mentalmente una lista di motivi per cui potrebbe sapere del Multiverso. Mi faccia pensare alla gente che c’è in giro e che è munita di mezzi adeguati… qui c’è la Pattuglia Galattica, sbaglio? Conosce qualcuno di loro?» le chiese, crollando su una sedia in maniera un po’scomposta.

«Effettivamente conosco un soldato del corpo d’élit-»

«A posto allora» Anise la interruppe di nuovo, e bevve un lungo sorso di latte.

«Hai l’abitudine di interrompere le persone?» sbottò Bulma, giustamente.

«Di solito sono meno maleducata, ma lei è entrata in casa mia senza permesso» ribatté Anise.

«Non sei stata educata nemmeno prima» le fece notare la donna.

«Già».

Se non altro quella specie di lince antropomorfa riconosceva la verità. «Per fortuna sono abituata ad avere a che fare con le persone scorbutiche. Ascolta» esordì poi «Non siamo partite con il piede giusto, quindi che ne dici di ricominciare da zero?» le propose. La sua curiosità non era ancora stata minimamente soddisfatta, e non volendo demordere aveva pensato che magari il “fuoco incrociato” suo e di Chichi sarebbe riuscito a cavarle di bocca qualcosa. «Tra una mezz’ora faccio un brunch a casa mia, con degli amici e amiche tutti più o meno della mia età…un brunch è un pasto che si fa dopo la colazione e prima del pranzo, detta in breve…»

«E lei si mangia gli amici? Questo sì che è poco carino... Scherzavo, tranquilla!» esclamò Anise «Anche se effettivamente in certi pianeti l’ho visto succedere».

«Ah… immagino» disse Bulma, senza sapere bene cos’altro aggiungere.

«No, non immagini affatto invece. Comunque spiegami, perché dovrei infilarmi in un pranzo pieno di gente che non conosco per… “ricominciare”?»

«AH!» esclamò Bulma, indicandola «Perché mi hai dato del tu! Lo hai fatto! Proprio adesso! Andiamo, non ti costa nulla, sarà pur meglio un pranzo in compagnia che una giornata a “nulleggiare”…»

«Ma perché ti interessa tanto fare amicizia con la sottoscritta, si può sapere?»

Ormai non era più solo curiosità: nella mente di Bulma si erano aggiunte svariate altre motivazioni per volerla nella sua cerchia E a quel pranzo, dopo che il suo cervello era partito per la tangente facendo disgraziate associazioni tra felini con un brutto carattere.
Se fino a quel momento era riuscita ad ammansire col cibo il più pericoloso di codesti felini, ottenendo in cambio dei favori e delle occasioni in cui aveva più o meno chiuso un occhio -ma anche tutti e due- su azioni sconsiderate come tentare di costruire un’altra macchina del tempo, cos’avrebbe potuto ottenere… facendo da Cupido?
«Trovi davvero così strano il mio invito, Anise?»

«Chiunque non sia idiota lo troverebbe strano. Poi per carità, magari sei semplicemente un’impicciona di professione, ma permetti che mi faccia delle domande?»

Impicciona?! Certo che i giovani d’oggi sono veramente sfacc… no, un momento, ho davvero pensato ‘i giovani d’oggi’, come se io non fossi più una di loro?!” realizzò, spaventandosene persino.

Anise osservò il riflesso di Bulma sul vetro del forno. Era davvero divertente il modo in cui tendeva la pelle del viso e si disperava gridando silenziosamente dei “sono veeeeeecchia! Veeeecchiaaaa!”, tanto divertente da migliorare il suo umore, addirittura. La Lusan aveva vari ed eventuali difetti, ma quantomeno si divertiva con poco, e considerando da quanto tempo era in vita era meglio così. Fece un sorriso un po’sornione. «Oh, andiamo, nemmeno tu porti male gli anni che hai».

«C-come hai detto, scusa?...» farfugliò Bulma, guardandola stranita.

Il sorriso di Anise si allargò. «Un brunch a casa tua, allora?»

“Forse l’ho solo immaginato” pensò Bulma. Doveva essere così, perché la sola alternativa possibile era che quella specie di lince potesse leggere nel pensiero e, che lei sapesse, era qualcosa di cui neppure le divinità erano capaci. «Sì… sì, è quel che ho detto. Lo faccio in terrazza, se ti affacci alla finestra puoi perfino vedere di quale parlo».

«Quella con dietro le vetrate, per caso?»

Bulma annuì. «Esattamente».

L’opinione generale di Anise sulla vita, il Multiverso e tutto quanto non sarebbe cambiata grazie a quel pranzo ma, mentre accontentava Bulma facendo spallucce e dicendo un “allora vengo”, concluse che vedere i riflessi di donne e uomini che si disperavano per l’età o si scambiavano occhiate invidiose per chissà quali motivi l’avrebbe aiutata a smettere di pensarci su troppo… almeno per quel giorno.




***




«Pietre sopra prato, pietra trita pietra, pietre dietro siepe, treno dietro treno, stretto tratto dritto, prete prega prete, tronco contro tronco, otre tra tre otri, spreco scopre spreco, topo dopo topo, odio diete idiote, date tedio a Diego, dipingo finto dipinto, tingo dipinto finto!»

Bulma si massaggiò le tempie, chiedendosi di nuovo “cos’ho fatto?!”.

«…eh? Non ho capito una parola, e se ci provo inizia a dolermi la testa!» si lagnò Goku.

«Lascia perdere Kaaroth, è meglio. Molto meglio» disse Vegeta, guardando la moglie con aria leggermente seccata. La loro combriccola era già abbastanza sgangherata, per come la pensava, senza aggiungere altri componenti… e invece cos’aveva fatto Bulma?

«Ho in tasca l’esca ed esco per la pesca, ma il pesce non s’adesca, c’è l’acqua troppo fresca! Convien che la finisca, non prenderò una lisca! Mi metto in tasca l’esca, e torno dalla pesca!»

Aveva portato lì una lince antropomorfa che ormai andava avanti con gli scioglilingua da oltre cinque minuti, e non sembrava aver voglia di fermarsi.

Inizialmente Anise, si chiamava così, gli era sembrata addirittura una persona seria: si era presentata, aveva salutato tutti, e quando il brunch era iniziato si era seduta tranquilla e composta a mangiare, senza seccare nessuno.
Al fuoco incrociato di domande che era seguito aveva sempre trovato il modo di dare risposte brevi e concise, o di non rispondere proprio, o di farlo con appena appena una punta d’ironia. Risultato: tutto ciò che sapevano era che si chiamava Anise, era una Lusan, sapeva dell’esistenza del Multiverso e aveva viaggiato molto.
La cosa più strana, insomma, erano le occhiate che lanciava alle vetrate ogni volta che saltava fuori qualche battuta su età, mariti più o meno assenti e corpi più o meno cadenti, accompagnate da sorrisetti dei quali Vegeta non capiva i motivi. Nulla di insopportabile, insomma.

Poi avevano tirato fuori il vino.

Al primo bicchiere la Lusan era diventata visibilmente più allegra, e si era messa a chiacchierare di quanto le piacessero i fiori, tutti i tipi di fiori -“eccetto quelli che mangiano le persone, quelli noH!”.
Al secondo bicchiere si era messa a sedere sul tavolo e aveva cominciato a provarci con Yamcha, mettendosi a fargli perfino i grattini sotto al mento.
Poi aveva bevuto il terzo bicchiere di vino e, dopo aver dato una di quelle sue strane occhiate alle vetrate, aveva apostrofato Kaaroth dicendogli “non vedi che tua moglie vuole attenzioni come Yamcha?! E falle due grattini, una volta tanto!” -e la cosa divertente era che quel tonto aveva persino provato a seguire il consiglio, beccandosi un pugno in testa.

Poi Bulma aveva fatto l’errore più grande di tutti, ossia dire ad Anise “noto che il vino ti ha sciolto la lingua”.

Sciolto la lungua.
Scioglilingua.
Ecco.

«Sa chi sa se sa chi sa che se sa non sa se sa, sol chi sa che nulla sa ne sa più di chi sa!» affermò Anise, alzandosi in piedi sul tavolo «ma più che altro: quanti rami di rovere roderebbe un roditore se un roditore potesse rodere rami di rovere? Eh?»

«Ma che brillante idea, Bulma» borbottò Vegeta all’indirizzo della moglie.

«Come potevo immaginare una cosa del genere? E dopo soltanto tre bicchieri di vino?!» sibilò Bulma «Tre bicchieri, Vegeta! Ero dispiaciuta che il mio piano per farle incontrare Lord Beerus non potesse essere messo in pratica oggi» perché il dio al momento dormiva, così aveva detto Whis mezz’ora prima «Ma vedendo questo… è meglio così!»

«Il tuo piano per fare cosa?!» allibì Vegeta «Bulma, evita di impicciarti di certe cose! Abbiamo già abbastanza problemi senza aggiungerne potenziali altri anche con Lord Beerus! Cosa ti è saltato in testa?! Solo perché sono entrambi delle sottospecie di felini hai pensato che potesse essere una buona idea?!»

«Ma no che non era per quello!» ribatté Bulma, arrossendo leggermente per la mezza bugia «Ad ogni modo, a questo punto non è più importante cosa io abbia o meno pensato… il problema non si pone».

Chichi, con aria da moralizzatrice, si avvicinò a Bulma. «La prossima volta che la inviterai, niente vino».

Bulma stava per rispondere “stanne certa”, quando all’improvviso un fascio di luce piombò a poca distanza da loro.

“Oh no!” pensò Bulma, mettendosi le mani tra i capelli “ma Whis non aveva detto che stava dormendo?!”

Bulma aveva ragione, Whis aveva detto proprio così, e non aveva mentito, perché Beerus stava effettivamente dormendo; peccato che l’Hakaishin si fosse svegliato da solo circa dieci minuti dopo la chiamata, e proprio con l’idea di andare sulla Terra a mangiare qualcosa. Se le cose nel Torneo del Potere fossero andate male quelli sarebbero stati gli ultimi pasti, quindi voleva approfittare di ogni occasione possibile!

«Salve a tutti!» esordì Whis, composto ed elegante come di consueto «Speriamo di essere ancora in tempo per…»

La frase morì sulle sue labbra violacee appena notò e identificò la persona che se ne stava in piedi sul tavolo.

Dal giorno in cui avevano messo piede sulla Terra per la prima volta, la vita di Whis e Lord Beerus aveva subito dei piccoli -ma nemmeno tanto- cambiamenti, e si erano trovati a vivere situazioni che mai in tutta la loro esistenza avevano vissuto, o che mai avrebbero potuto pensare di affrontare.
Era curioso il modo in cui quel piccolo pianeta azzurro fosse, anche per un angelo e una divinità, fonte di stranezze più o meno gradevoli e coincidenze che, in quel caso, di gradevole non avevano proprio nulla.


C’erano dodici universi.

C’erano moltissimi pianeti abitati.
C’erano moltissime città.
C’erano ventiquattro ore in una giornata -almeno su quel pianeta.
Quante erano la probabilità, in tutto questo, che avvenisse un incontro tra due persone il cui cammino mai, mai, avrebbe dovuto incrociarsi nuovamente?

Lo sguardo sconvolto della Lusan, pietrificata sul posto, era identico a quello di Lord Beerus, la cui reazione era stata identica. Anzi, forse per lui lo stupore era perfino più grande perché, per quanto ne sapeva, Anise era morta centinaia di milioni di anni prima.

Bulma, come tutti gli altri, osservò le loro espressioni… ma fu la sola nella cui mente si affacciò questo pensiero: “potrei aver commesso un danno”.

«Anise?...» fu la prima parola che il dio riuscì ad articolare.

“Quando arriva il giorno della tua morte…”

Forse il pensiero che l’aveva perseguitata al suo risveglio aveva trovato un significato.










Salve!
Vi ringrazio per aver letto fin qui.
Questo non è altro che la prima parte di un "teaser" che sarà composto, in tutto, di due o tre capitoli. A questo dovrebbe seguire una long-fic ambientata circa... centinaia di milioni di anni fa :) a seconda dell'interesse che potrebbe o meno riscuotere questo teaser - nonché il personaggio della simpaticissima (?) Anise.
Fatemi conoscere la vostra opinione, se ne avete voglia: siete anche liberi di dire "Fa proprio tanto tanto schifo, Sinkarii, torna nella grotta dalla quale sei uscita", se lo ritenete opportuno! Io vi ringrazierò comunque per il tempo che avete impiegato per sciverlo :*D

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2
2










Quella era la giornata peggiore che avesse avuto da quando era stata costretta a lasciare il proprio pianeta, addirittura peggiore della volta in cui era andata a finire su un satellite nell’Universo 4 che solo in seguito aveva scoperto essere abitato da grosse piante carnivore in grado di correre.


«Anise?...»

Delle piante carnivore aveva potuto smettere di preoccuparsi una volta risalita sulla sua astronave monoposto, ma avere a che fare con un dio era tutt’altro paio di maniche. Se si era finta morta c’erano dei motivi, e sperare che in tutto quel tempo avesse scordato il suo nome e il suo volto era stato vano, forse anche stupido, se lei per prima non si era dimenticata di lui.

“ADDIO”.

Dopo quell’unico pensiero di senso compiuto Anise saltò dal tavolo in direzione delle vetrate, mentre la sua bocca proferiva in maniera autonoma quanto veloce ogni sorta di pesanti bestemmie e profanazioni nella lingua dei Lusan.
La sola cosa che desiderava al momento era fuggire il più lontano possibile.

«Le mie vetrate!!!» gridò Bulma «le mie-»

Ammutolì quando vide che il vetro, invece di infrangersi, aveva inghiottito Anise come se quest’ultima si fosse tuffata in acqua, scomparendovi dentro.

«Ma che accid-»

Vegeta non fece in tempo a finire la frase, perché Lord Beerus volò a sua volta contro le vetrate e scomparve anch’egli al loro interno, il tutto tanto velocemente da mandare all’aria sia il tavolo e tutto quel che c’era sopra, sia le seggiole e coloro che vi erano seduti.
Tuttavia, tanto gli oggetti quanto le persone si trovarono avvolti da un bagliore azzurro/verdastro che riportò tutto al proprio posto prima che toccassero terra.

«Parbleu… a volte certe coincidenze sono proprio incredibili quanto spiacevoli» commentò Whis, una volta finito «Ma sono riuscito a salvare il cibo!»

«Sì ma cosa succede?» Goku si alzò dalla sedia, e andò a toccare il vetro «Bulma, è un’altra delle tue invenzioni? Con me non funziona!»

«Nel dubbio tu allontanati da lì, Goku!» gli intimò Chichi «Non vorrai finire inghiottito anche tu?!»

«Lady Bulma non è responsabile di quello che è successo, signor Goku» disse Whis, prendendo in mano una polpetta di riso «Non conoscete l’esistenza della Dimensione degli Specchi, giusto?»

«La che?» Yamcha sbatté le palpebre «Cos’è?»

«La Dimensione degli Specchi? No, non l’ho mai sentita nominare» disse Bulma «Ma da molto tempo qui sulla Terra ci sono leggende e storie sull’esistenza di mondi paralleli dei quali gli specchi sarebbero i punti di accesso…»

«Oh, la fantasia di voi umani è qualcosa di assolutamente delizioso!» commentò Whis con un sorrisetto «No, non si tratta di questo. La Dimensione degli Specchi è semplicemente un luogo accessibile da ogni superficie riflettente esistente sul pianeta, e che le mette tutte quante in comunicazione... nulla di più» fece spallucce «Altro da aggiungere? Ah, sì! Ogni pianeta possiede la propria Dimensione degli Specchi, ma non variano mai molto l’una dall’altra se non per la grandezza: sono tutte labirintiche e assai confuse. Credo che quella della Terra sia molto grande, su questo pianeta sono presenti più superfici riflettenti che persone, a voler esagerare!»

«Beh… non sembra nulla di che» commentò Goku con aria perplessa, grattandosi la nuca «Secondo me in un combattimento questa Dimensione degli Specchi non è affatto utile!»

«Ma se in un'occasione diversa ti ci gettasse dentro e non riuscissi più a uscirne non penso che ti piacerebbe, Kaaroth» obiettò Vegeta.

Whis sorrise. «Giusta osservazione, signor Vegeta. In verità esistono delle uscite, anche per coloro che sono semplici mortali, privi di potere o meno: basta trovare quelle che conducono a uno specchio d’acqua. Tuttavia, come dicevo, sono luoghi labirintici e confusi… per un mortale potrebbero passare decenni, prima di trovare un’uscita. Se mai riuscisse nell’impresa».

Non utile in combattimento e poco raccomandabile, il tutto si poteva riassumere così, ma a Bulma erano venute in mente altre domande su tutta la questione. «Il fatto che la Dimensione degli Specchi metta in comunicazione tutte le superfici riflettenti del pianeta implica che si potrebbe entrare da qui e uscire dall’altro lato del pianeta in breve tempo, se si conoscesse la strada?»

«Esatto!» esclamò Whis, addentando la terza polpetta di riso.

«Potrebbe essere utile per spostarsi rapidamente, o per fuggire come ha fatto quella ragazza» disse Chichi «Goku non è riuscito a entrare, prima».

Whis diede un’occhiata alle vetrate. «Dipende dall’inseguitore, Lady Chichi. Il tentativo di Lady Anise non porterà assolutamente a nulla, non in questo caso. Lord Beerus è una divinità, in quanto tale può entrare nella Dimensione degli Specchi quando vuole e utilizzare qualunque uscita. Anche andare dall’altra parte del mondo non le servirebbe. Per come la penso, il massimo può fare è restare della Dimensione degli Specchi e cercare di nascondersi, lì dentro potrebbe persino riuscire a rallentarlo, ma non farà altro che rimandare l’inevitabile» bevve un lungo sorso d’acqua.

Bulma si mordicchiò il labbro inferiore, rendendosi conto che probabilmente aveva mandato a morire una persona, e tutto per delle velleità da Cupido miste a interesse personale. Anise non era la persona più simpatica del mondo, ma non per questo avrebbe voluto farle fare una brutta fine. «Non ha possibilità?...»

«Ora che Lord Beerus sa che è viva non c’è molto che si possa fare. Certo, il momento non è quello più adatto» disse, Whis, riferendosi al Torneo del Potere imminente «Ma forse, che piaccia o meno, era semplicemente destino. Le probabilità di incontrare proprio qui una persona che vaga raminga nel Multiverso da centinaia di milioni di anni erano così esigue!... oh, Lady Anise non ve lo aveva detto?» domandò l’angelo, vedendoli stupiti.

«CosHì vecchia?» biascicò Goku, che si era rimesso a mangiare come se nulla fosse «Per caso è una dea anche lei?»

«Oh no, assolutissimamente no… Lady Bulma! Come si chiamano questi?» Whis cambiò improvvisamente argomento, indicando con aria deliziata degli spiedini «Hanno un aspetto proprio invitante!»

«Yakitori. Sono spiedini di pollo» rispose Bulma, un po’stupita dal modo in cui Whis era saltato di palo in frasca. Alla fine però fece spallucce, ricordandosi che Whis tendeva a distrarsi facilmente -all’apparenza- soprattutto in presenza di cibo.

Non poteva sapere che Whis sperava più o meno quanto Anise che quella faccenda fosse ormai morta e sepolta, esattamente come sarebbe dovuta essere la stessa Lusan, per quanto ne sapeva Lord Beerus.
Glielo aveva detto lui stesso, del resto… mentendo.







Correva come poche volte in vita propria aveva fatto, in cerca di una speranza di fuga che non c’era, e pur essendone conscia non intendeva fermarsi.

Aveva fatto il possibile per evitarlo, sentiva di avere ben poco da rimproverarsi; forse sarebbe stato più saggio evitare semplicemente di rimettere piede nell’Universo 7, ma come avrebbe potuto immaginare una cosa simile? Sarebbe bastato non aprire la porta quella mattina, o svegliarsi un’ora prima così da essere fuori casa già alle undici, o un’ora più tardi, così da non sentir suonare il campanello.


Correva dritto davanti a sé, incurante di come l’ambiente caleidoscopico attorno a lei mutasse istante dopo istante. Era come trovarsi nella casa degli specchi di un luna park, una versione più grande e in costante movimento: infiniti specchi in un mondo, per il resto, totalmente nero.
I riflessi di centinaia -migliaia- di Anise più o meno deformate correvano assieme a lei negli specchi di cui era costituito quel luogo, incuranti di trovarsi improvvisamente a farlo a testa in giù, in una struttura neonata dalla forma di una spirale discendente che sembrava non avere fine.
La gravità, le leggi della fisica e un qualsivoglia senso compiuto non erano appannaggio della Dimensione degli Specchi, neanche per chi poteva esercitare del controllo su di essa.

«Maze ā ddrychau» sibilò, facendo un rapido movimento intricato con le mani.

A quelle parole gli specchi che man mano superava durante la corsa si mossero ancor più velocemente di quanto già facessero, iniziando a fondersi tra loro e a creare strade e forme ancor più folli e confuse. Seguendo l’ordine che Anise aveva dato, “maze ā ddrychau” -“labirinto di specchi”, tradotto dalla lingua Lusan- l’intero ambiente si stava trasformando in un dedalo ancor più da incubo di quanto già fosse.

Anise non aveva le idee ben chiare sul piano d’azione da seguire, per il momento la sola cosa che le fosse venuta in mente era cercare di rallentare il suo inseguitore il quale, pur essendo un dio, era meno pratico della Dimensione degli Specchi di quanto fosse lei.
Almeno in teoria.
Pensò di uscire di lì e raggiungere l’astronave monoposto che teneva nel parcheggio sotterraneo di casa, fedele compagna di avventure da centinaia di milioni di anni, ma non era sicura che fosse una buona idea. Al momento non vedeva Beerus dietro di sé, ma riusciva a sentire benissimo il rumore degli specchi che si infrangevano inesorabilmente, segno che non era troppo lontano; se anche fosse riuscita a uscire, ad arrivare all’astronave e a partire, quanto ci avrebbe messo lui a raggiungerla? Ben poco, e fuori dalla Dimensione degli Specchi era inerme.

Non aveva lasciato molto spazio a che ciò che rimaneva della coscienza di Rubedo -in passato aveva visto fin troppo bene cosa sarebbe potuto succedere, se lo avesse fatto- tanto da “ucciderlo”, ma per quanto non si fosse pentita riconosceva di aver perso l’occasione di avere una potenza di fuoco degna di tale definizione al di fuori della Dimensione.
Non che contro un Hakaishin sarebbe servita a qualcosa, nemmeno a dirlo: ad appena diciotto anni, l’età che avevano quando si erano conosciuti, Beerus era già incommensurabilmente potente, quindi non riusciva nemmeno a immaginare cosa fosse adesso.


Che fare, che fare?! Più cercava di trovare un’idea, meno gliene arrivavano. Non vedeva alcuna via d’uscita da quella situazione, e per quanto velocemente stesse correndo il rumore di specchi rotti si avvicinava sempre di più.
Avrebbe dovuto immaginare che un labirinto, per intricato che potesse essere, non avrebbe potuto ostacolare Beerus abbastanza da darle anche solo il tempo di pensare a un'idea decente.

Serviva qualcosa di più.


Spiccò un balzo in avanti, la parete di specchi davanti a lei si divise per lasciarla passare, e Anise iniziò a precipitare in un vuoto che solo per un attimo si mostrò totalmente nero; l’istante successivo attorno a lei iniziarono già a costruirsi pareti di specchi, sulle quali avrebbe potuto correre appena lei avesse voluto.

Si voltò verso la struttura dalla quale era uscita, un agglomerato lucido e ribollente che sembrava una creatura oscena fuoriuscita disgraziatamente da chissà quale infame parte del Multiverso, e fece compiere alle mani un gesto a spirale.

«Anteak marbhtach» disse, con voce ferma.

“Trappola mortale”. Non per un Hakaishin, come ben sapeva, ma sperava che potesse fare un lavoro migliore del labirinto.

Le pareti di specchi si incurvarono in modo che la Lusan potesse correre su di esse e, allo stesso tempo, osservare la sua precedente creazione collassare su se stessa. La “creatura oscena” era diventata oscena e morente, era come guardare un animale in agonia, e dall’interno lo spettacolo non doveva certo essere più gradevole.


“Non ci metterà molto a darle il colpo di grazia con un hakai” pensò Anise “L’idea di fuggire con l’astronave è impraticabile, anche perché non c’è nessuno che possa o voglia aiutarmi a riuscirci, e comunque a cosa servirebbe? Ora che sa che sono viva non importa quanto io possa andare lontano, non dovrebbe far altro che dire a Whis di trovarmi, e lui eseguirebbe. Vero, il suo arrivo non sarebbe istantaneo e forse riuscirei a scappare ancora, ma una vita più o meno nomade è diversa da una passata costantemente in fuga! … un momento. Whis! Ma certo!

In tutta quella fuga non aveva pensato alla cosa più ovvia, ossia di cercare la complicità di quell’angelo dai capelli improbabili.
Si maledisse, mentre smetteva di correre e iniziava a scivolare giù lungo la parete: se invece di tuffarsi dritta nella vetrata appena Beerus aveva detto il suo nome si fosse fermata a riflettere un attimo di più, avrebbe potuto pregare Whis di riavvolgere il tempo e approfittarne per defilarsi. Non sapeva se Whis lo avrebbe fatto davvero, perché probabilmente così avrebbe creato un Time Ring, ma avrebbe potuto quantomeno tentare di chiederglielo.


“Opportunità bruciata, i tre minuti ormai sono passati” pensò cupamente “ma ci deve pur essere un altro modo in cui uscirne. Non accetto che tutto crolli per colpa di un brunch!”

Un bagliore violaceo avvolse la “trappola mortale”, che iniziò a disintegrarsi.
No, tutto sommato non era durata più del labirinto.

“Perlomeno stavolta ho concluso qualcosa” pensò la Lusan. Doveva raggiungere l’uscita, quella delle vetrate da cui era entrata, e doveva farlo al più presto.

«Phlauvkat luath» mormorò, tracciando una riga dritta immaginaria nell’aria.

La discesa dalla quale stava scivolando divenne molto più ripida, liscissima e stretta, proprio la “scorciatoia rapida” che aveva chiesto, e la velocità tale che Anise appiattì le orecchie e socchiuse gli occhi. C’era solo da sperare che fosse sufficiente a farle raggiungere in tempo la meta.

«Andiamo… andiamo! Devo farcela!»

La discesa finì in maniera piuttosto brusca, ma la Lusan atterrò in piedi, e riprese la sua corsa disperata.
L’uscita era lì, un portale opaco e tremolante proprio davanti a lei, e la sola cosa che doveva fare era raggiungerla, nient’altro, nulla di più, solo raggiungerla…
In quel momento esatto però, purtroppo per lei, Lord Beerus piombò dall’alto proprio lungo la sua traiettoria, ponendosi tra lei e la tanto agognata via di fuga.

«…»

A quel punto Anise terminò la propria corsa, fermandosi a qualche metro di distanza da lui, mentre si domandava come avesse potuto addirittura iniziare a sperare.
Pensò di tentare di nuovo con una trappola mortale, ma aveva visto benissimo che non serviva affatto, come non era servito tutto il resto.

Lo guardò. Non era cambiato poi così tanto in tutti quei milioni di anni, era solo diventato ancor più magro di quanto ricordasse -il che era ridicolo, se mangiava ancora come faceva in passato; per il resto era lui, era sempre lui, con quell’espressione impenetrabile che poteva anticipare tanto un hakai quanto una risata.
Aveva perfino gli stessi abiti di un tempo, buon cielo.

Pur restando a testa alta e ostinandosi a tenere il proprio sguardo fisso in quello di Lord Beerus, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi in un gesto di pura rassegnazione, quando vide il dio avvicinarsi a lei passo dopo passo.

Da quel giorno in avanti forse avrebbe iniziato a vivere in un buco ancor più piccolo del Multiverso.

Beerus si fermò a circa un metro di distanza da lei, sempre silenzioso e serissimo in viso, senza dire e fare nulla, imitato da Anise.
Rimasero immobili per un minuto buono, prima che qualcuno si decidesse a spezzare il silenzio.

«Potrebbe almeno dire qualcosa» mormorò Anise.

Beerus sul momento non fece nulla, ma l’istante dopo sogghignò, pronto ad accontentarla. «Qualcosa!» esclamò.

Il facepalm monumentale quanto giustificato di Anise risuonò in tutta la Dimensione degli Specchi. «No. Non puoi averlo detto seriamente!» gemette, senza rendersi conto del passaggio spontaneo al “tu” «Non è concepibile che dopo centinaia di milioni di anni tu abbia ancora queste uscite squallide, già era grave che le avessi a diciotto anni, ma adesso-»

Sì zittì nel momento in cui si sentì afferrare il polso della mano con cui aveva fatto facepalm, e quando sollevò lo sguardo vide che l’Hakaishin si era avvicinato ancor più di prima. Non sogghignava più, non era nemmeno serio come in precedenza, ma Anise non era in grado di decifrare il significato della sua espressione.

«Sembri tu» disse Lord Beerus «Sembri essere proprio tu, ma tutto questo, la Dimensione degli Specchi… e il fatto che io ti ricordi in una tomba… potrebbe essere tutto un inganno!» le strinse di più il polso «Se sei Anise, se sei proprio l’Anise che ho conosciuto da ragazzo, allora dimmi qualcosa di cui siamo a conoscenza solo noi due. Immediatamente» le intimò «O ti distruggerò, per un simile oltraggio».

L’esitazione di Anise nel rispondergli fu più breve di quanto lei stessa, nonostante la minaccia, avrebbe voluto. «Lago di Vynumeer» disse, e non aggiunse altro.

Dopo pochi secondi Beerus allentò la stretta al polso. «E… e cos’era che Whis ci ripeteva talmente spesso da essere quasi seccante? Dimmelo!»

Per quanto tempo potesse essere passato, Anise non aveva dimenticato neppure quello. «“Suvvia, un po' di contegno!”»

A quel punto il dio le prese entrambe le mani e poggiò la propria fronte contro la sua, gesti incredibilmente del tutto spontanei, che fatti da un tipo come lui significavano ancor più di quanto facessero già. «Sei tu! Sei veramente tu!» chiuse perfino gli occhi «Non so come sia possibile, ma… sei tu!»

«E dopo tutte le volte che mi sono sentita dire che io sono io, gli eventuali dubbi che potevo avere sulla mia identità si sono dissipati» commentò Anise, piuttosto atona.

«Definisci squallide le mie uscite, ma nemmeno le tue sono migliorate granché» ribatté Beerus, per nulla piccato «Dopo questo, se Goku non vincerà il Torneo del Potere giuro che lo ucciderò personalmente prima che l’Universo 7 venga cancellato!» esclamò.

Anise drizzò le orecchie. «Cancellato? Di cosa si tratta precis-»

«Whis mi aveva convinto a lasciare che i morti restassero morti, mi aveva convinto che era la cosa giusta» la interruppe lui, cambiando nuovamente discorso «E io ho agito di conseguenza tanto allora quanto negli anni successivi, ma che tu sia di nuovo in vita, e l’esserci ritrovati… Ci sono diverse cose che al momento non riesco a spiegarmi, e potremmo avere solo quaranta ore per dare un senso a tutto questo, ma quel che conta di più è che siamo qui, di nuovo insieme» concluse, sorridendo perfino.

La Lusan però non sembrava altrettanto allegra: tolse le mani dalla sua presa, e scivolò di lato, tornando a camminare verso l’uscita. «Ha una buona memoria solo per quel che le fa comodo, Lord Beerus».

«Cosa intendi?!» Beerus la seguì, e la costrinse a voltarsi verso di lui «Falla finita con questa follia di darmi del lei, proprio tu che sei la sola che non dovrebbe farlo, e non cercare di sfuggire alla conversazione, perché non ti lascerò andare da alcuna parte!»

«Invece è esattamente quello che dovrebbe fare» ribatté Anise «Ricorda me, ricorda quel che ci diceva Whis e ricorda il lago di Vynumeer, ma non la nostra ultima conversazione, a quanto pare».

L’Hakaishin la lasciò andare, staccandosi in maniera brusca come se si fosse scottato. «Non puoi parlare seriamente».

«Non credo di avere l’aria di chi sta scherzando».

«Non fare l’idiota, Anise» Lord Beerus tornò mortalmente serio «È passata un’eternità, eppure per me non è cambiato nulla! Sai quanto vale una cosa del genere, detta da me?! Da un dio?! Dovresti esserne soltanto felice! Sono stato perfino disposto a entrare in questo incubo di specchi privo di senso, per seguire TE!»

«Certo, ero talmente felice da fuggire bestemmiando appena l’ho vista. Magari significava che io non avevo tutta questa voglia di una rimpatriata» gli fece notare Anise, indietreggiando lentamente.

«Non avevo neppure fatto caso a quello che hai detto, ero troppo impegnato a guardare una morta che non è più morta» disse seccamente lui «Comunque queste sono solo sciocchezze!»

«Già, dimenticavo: qualunque cosa sia diversa da quello che vuole lei è solo una sciocchezza di poco conto» la Lusan alzò gli occhi al soffitto «Ha ragione, non è cambiato proprio nulla da allora, l’egocentrismo è sempre quello».

«Anise… io sono un dio. Sono- un- dio» sillabò, indicandosi con entrambe le mani «D-i-o! Lo sai cosa significa? Che divinità sarei, se non fossi egocentrico?! E comunque non è una novità…»

In tutto ciò, Anise si era avvicinata man mano all’uscita. Ormai le sarebbe bastato un piccolo balzo, per abbandonare la Dimensione degli Specchi. «Appunto, lei è libero di essere egocentrico quanto vuole, e io sono libera di non dover convivere con una cosa del genere. Il passato dovrebbe restare nel passato. Se avesse dimostrato di avere una diversa considerazione di me e delle mie idee sarebbe stato diverso, ma a queste condizioni…»

«Non dico di riprendere da dove ci eravamo lasciati, ma di iniziare qualcosa di nuovo. Sperando di non essere cancellati nel mentre» aggiunse Lord Beerus, quasi tra sé e sé «Gettare tutto al vento e sprecare questa seconda chance è inaccettabile» dichiarò «E io non intendo consentirlo».

“Allora avevo ragione, fingermi morta era il solo modo perché questo testardo di un dio mi lasciasse in pace” pensò la Lusan. «Saamnl itealaich!» gridò, aprendo di scatto entrambe le mani.

Una tempesta di milioni di saamnl itealaich, ossia di “frammenti volanti” di specchi, iniziò a infuriare tra loro due. Neppure quel diversivo sarebbe durato molto, ma sarebbe stato abbastanza.

Anise saltò dentro l’uscita.








Eccomi con il secondo capitolo, che spero sia di vostro gradimento!
Qui sotto vi lascio un tentativo che ho fatto di disegnare Anise.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3









Anise strinse gli occhi quando uscendo dalla Dimensione il sole l’accecò, ma nonostante il fastidio e la fretta non dimenticò la cosa più fondamentale.

«Bet hermetic» mormorò, sigillando la Dimensione degli Specchi.

Beerus da buona divinità non avrebbe impiegato molto a venirne fuori, lo sapeva benissimo, ma forse la presunta “chiusura ermetica” le avrebbe dato tempo di fare quel che voleva fare.

«Ha acquisito una certa abilità nel controllare la Dimensione degli Specchi, se lei è qui e Lord Beerus è ancora dentro. Complimenti» disse Whis.

La Lusan si voltò in direzione dell’angelo, e gli si avvicinò rapidamente. «Mille grazie, ma adesso fai qualcosa… ti prego!» esclamò «Non rimarrà lì dentro per molto, lo sai».

«Se pensi di chiedermi di riavvolgere il tempo ti dico subito che la risposta è no. Tre minuti sono passati» le disse subito.

«Lo so, infatti-»

«E ultimamente abbiamo avuto a che fare con viaggi nel tempo e paradossi temporali ben più del dovuto…» aggiunse Whis, pensando a tutta la vicenda di Zamasu.

«Il mio problema al momento è un altro» Anise indicò le vetrate «E sei il solo che possa darmi una mano, come hai fatto in passato».

«Come ha giustamente osservato, in passato è andata com’è andata» disse Whis, pacatamente «Ma la chance che ha avuto è sfumata, Lady Anise. Non vedo come potrei aiutarla e, se devo essere totalmente onesto, davanti a una simile coincidenza mi chiedo se sarebbe la cosa giusta».

«Sì che lo è!» la Lusan lanciò un’occhiata preoccupata ai vetri, temendo di veder sbucare fuori Beerus da un momento all’altro «E comunque va bene, non puoi riavvolgere il tempo, ma puoi dargli una botta in testa, riportarlo a casa, convincerlo che si è sognato tutto e far dire lo stesso anche a loro» indicò Goku e il resto della compagnia «Se mai Lord Beerus tirasse fuori il discorso! Whis, te lo chiedo per favore…»

«Credo che tu però debba raccontarci qualcosa, se vuoi il nostro aiuto» si intromise Bulma che, come il resto dei presenti, si sentiva piuttosto confusa riguardo tutta la questione. «Se dobbiamo mentire a un dio, mi sembra giusto sapere perché».

Anise si rese conto che Bulma non aveva tutti i torti, e sospirò nervosamente. «Siamo vecchie conoscenze, non abbiamo trascorsi eccellenti e per questo avrei preferito non incontrarlo più. Non credo di poter dire altro, aggiungere dettagli su una questione privata che riguarda anche una divinità sarebbe poco rispettoso» come lo era stato fuggire bestemmiando, ma del resto gli umani non sapevano cos’avesse detto. «Whis, allora?»

Whis scosse la testa. «No Lady Anise, non lo farò. Se io seguissi il suo suggerimento, Lord Beerus si risveglierebbe convinto di aver avuto uno dei suoi sogni profetici, e inizierebbe a cercare un qualsiasi segno che ne dimostri la correttezza…»

Probabilmente sarebbe persino stato capace di farsi portare alla tomba di Anise, e chiedergli di vedere dei resti che per ovvi motivi non c’erano. Non era proprio il caso, perché non avrebbe potuto giustificarne la scomparsa né con la naturale consunzione dovuta al tempo, né con un eventuale furto a opera di chissà chi: da indicazioni, Whis avrebbe dovuto far sì che la salma si conservasse e fosse protetta eternamente. Senza i resti, Beerus lo avrebbe costretto a cercarla in ogni dove, alla faccia del Torneo del Potere che incombeva.
Poteva sembrare sorprendente, ma tutto sommato non lo era più dei pisolini e le ingozzate di ramen che continuava imperterrito a fare mentre Goku cercava guerrieri vari.

«Convincilo a non farlo, allora!» Anise gli si avvicinò ancora di più «Lì dentro abbiamo parlato, e ho avuto la conferma che quella adottata tempo fa era l’unico maniera per tentare di metterci una pietra sopra… al di là del colpo di sfortuna tutta questa faccenda è ancora risolvibile, Whis!»

«Ehi, guarda che Lord Beerus non è poi così male» disse Goku a un certo punto «Hai detto che avete parlato, credo che se avesse voluto ucciderti lo avrebbe fatto subito dopo, o nel mentre, no? Non so cosa sia successo con lui, ma penso che si possa risolvere anche senza morti e botte in testa».

«Ho capito che non rischio di essere uccisa, non per il momento» disse la Lusan «I miei problemi sono di un altro genere, e non ho idea di come uscirne, se Whis non mi aiuta».

«Non ha idea di come uscirne perché… non può uscirne» Whis fece spallucce «Se ci pensa se ne renderà conto da sol-»

«Se non mi aiuti io glielo dico» lo interruppe Anise «Non penso che tu voglia questo. Giusto?»

Anise aveva parlato con freddezza, e Whis non aveva apprezzato quella minaccia, al punto da far scomparire il leggero sorriso che aveva di consueto.
Ecco: se non aveva impiegato troppo tempo a farsi convincere da lei ad aiutarla a fingersi morta e sparire -questo era l'oggetto del "glielo dico"- era anche perché c’erano sempre stati alcuni aspetti del suo atteggiamento che non gradiva particolarmente.
Quando però diede un’ occhiata al riflesso della Lusan e lo vide in ginocchio a terra, con le mani a coprire il viso, capì che non si era trattato di nient’altro se non dell’ennesima mossa inutile e disperata. «Lady Anise» esordì dunque, con la massima calma «Questo non gioverebbe a nessuno dei due, anzi a nessuno dei tre, e lo sa fin troppo bene. Ad ogni modo, si faccia animo» aggiunse «Tra quaranta ore magari il problema non si porrà più!»

«In che senso? È la seconda volta che sento accennare a questa faccenda delle quaranta ore…»

Whis non sapeva se Anise fosse ancora in grado di capire la lingua delle divinità -se fosse stato per lui, la Lusan non avrebbe proprio dovuto conoscerla- ma volle tentare lo stesso. «Et rep olineit. Onnas ol non irtla igl e Bulma ydal am…itallecnac onnarrev onodrep ehc isrevinu ilg. Isrevinu ilg ittut ad ireirreug atnatto art elayor elttab anu. Eretop led oenrot».

La Lusan lo guardò, perplessa e più seria di quanto già fosse, cercando di fare mente locale su quel che le aveva detto e/o su come rispondere. Quella lingua le era stata insegnata -e solo parzialmente- moltissimo tempo prima, quindi per ovvi motivi era alquanto arrugginita, ma riteneva di aver capito abbastanza: “Torneo del Potere, battle royale, universi perdenti cancellati, Bulma non sa nulla”…
Un momento.
Universi perdenti cancellati. Cancellati!
Niente prosieguo della vita in buchi piccoli come l’aldilà, niente più ricerca di una pace che dai vent’anni in poi non aveva più trovato davvero, niente più domande sui perché e i percome della vita, l’Universo e tutto quanto: solo il nulla. «Elam ìsoc eresse non» asserì dopo un po’, sbagliando perfino quella breve frase sebbene restasse comprensibile.

“Mi era sembrato che la presenza di Rubedo nel suo corpo non l’avesse portata alla follia come accadde a sua sorella Calida, ma forse sono caduto in errore” pensò Whis. Un conto era che fosse lui a preoccuparsi solo fino a un certo punto della possibile cancellazione dell’Universo 7, dal momento che si sarebbe salvato a prescindere, ma che a farlo fosse qualcuno che invece sarebbe stato coinvolto eccome era bizzarro. Ma c’era anche un’altra possibilità, per eccessiva che gli sembrasse. «Otnematneinna l’erireferp ad elat è iul id osrev oitsa ous li?»

La Lusan scosse la testa. «Erid ehc… òic noc erartne’c non iul» riuscì a formulare dopo un po’, sempre una frase stentata e con vari errori, ma intelligibile «Non so se ci siamo capiti».

«Ho compreso» annuì Whis.

«Noi no!» esclamò Bulma «Non è carino parlare lingue ignote, e sono quasi certa di aver sentito il mio nom-»

«Non è stato carino nemmeno evitare di dirmi qualcosa come, che so, “al brunch c’è un ospite importante, è il Dio della Distruzione!”» la interruppe Anise «A quest’ora sarei stata già a vari ed eventuali anni luce da qui!

«Anche tu potevi dirmi che lo conoscevi e aggiungere altri dettagli oltre al tuo nome e al fatto che hai viaggiato» ribatté Bulma.

«E invece no! Invece noooo…» la Lusan continuò a blaterare, ignorandola «Ormai è tutto inutile, tutto vano… tanto vale bere vino! E non mi curo del fegato» “ché anche quello potrebbe cessare di esistere tra quaranta ore” aggiunse mentalmente, agguantando la bottiglia che era ancora sopra il tavolo.

Chichi arricciò il naso, un po’disgustata. A un bicchiere di vino durante i pasti non diceva di no, ma era ben diverso dal voler dar fondo alla bottiglia -azione che non avrebbe risolto i problemi di quella lince antropomorfa, qualunque essi fossero- dunque prese l’iniziativa e si alzò, strappandole letteralmente la bottiglia di mano. «Di scioglilingua ne ho sentiti abbastanza» disse.

«Tu sei fortunata che ho pazienza e, soprattutto, che ho sigillato la Dimensione degli Specchi» borbottò Anise «Ma questa me la riprendo, e non riprovare a togliermela!» esclamò, riappropriandosi della bottiglia con uno scatto felino per poi crollare a sedere accanto a Whis.

A quel punto le vetrate iniziarono a tremolare, segno che la chiusura ermetica stava per cedere. Tutto sommato era durata più del previsto, ma senza l’aiuto di Whis era stato solamente un altro modo di rimandare l’inevitabile.

«Oh, a proposito: se Lord Beerus chiede, Lady Anise non è in giro da centinaia di milioni di anni, ma è resuscitata da… un lasso di tempo da definire. Vi prego di attenervi a questa versione» disse Whis, avvedendosi di quel che stava per accadere «Non ho idea di cosa potrebbe succedere, in caso contrario».

Le vetrate tremolarono ancor più violentemente, ormai Beerus era prossimo a uscire.

«Whis».

L’angelo si voltò. «Sì, Lady Anise?»

«Ti odio».

Whis fece spallucce. «Me ne farò una ragione».

Proprio in quel momento i vetri si incresparono, e Beerus uscì da essi apparentemente con immensa facilità. Nonostante la presenza di Anise, e quel che era successo tanto lì fuori quanto all’interno della Dimensione, nessuno riuscì a trovare nella sua espressione qualcosa di diverso dal solito. La sorpresa iniziale pareva del tutto passata, e al momento sembrava piuttosto tranquillo.

«Mi auguro che il cibo non si sia raffreddato troppo, o rovinato per qualche motivo» fu -incredibile ma vero- la prima cosa che disse, subito dopo aver dato un’occhiata ai presenti.

«È in perfetto stato, Lord Beerus, assaggi lei stesso!» lo invitò Whis.

Le circostanze divennero ancor più surreali quando il dio andò a sedersi con la massima calma vicino ad Anise, la cui unica reazione nel trovarsi tra Whis e la persona dalla quale era fuggita fino a poco prima fu riempire un bicchiere con dell’abbondante quantità di vino e scolarlo tutto in due sorsi.

«Hm…sì! Direi che sia a posto» commentò Beerus, dopo aver assaggiato la prima pietanza che gli era capitata a tiro «Com’è giusto che sia, io pretendo che i miei pasti siano assolutamente perfetti. Goku! Fai in modo di vincere» gli intimò, dopo un attimo di silenzio «È più che mai vitale».

«Aaaah… certo» rispose il Sayian, un po’perplesso per quella situazione.

«Provi questi, Lord Beerus! Si chiamano yakitori. Spiedini di pollo» specificò Whis «Sono una delizia!»

«Hai ragione, sembrano proprio gustosi, li assaggio subito!»

«Ci state prendendo in giro o cosa?!» sbottò infine Bulma, allibita per quegli atteggiamenti. Era assurdo che dopo quel che era successo ed era stato detto pretendessero tutti e tre di far finta di nulla. Da Whis poteva anche aspettarselo ma dagli altri due, Anise in particolare, proprio no. «Lei è fuggita come se l’avesse inseguita il diavolo, e ora…»

«“E ora” bevo, perché non c’è altro da fare» borbottò la Lusan, riempiendo di nuovo il bicchiere.

«…e cinque» commentò Vegeta.

«Il quinto?! No eh!» Lord Beerus distrusse immediatamente il bicchiere con tutto il suo contenuto «Ecco, problema risolto».

Non solo non intendeva lasciarla in pace, ma non intendeva neppure lasciarla bere. Perfetto, davvero. «Potrebbe lasciarmi almeno il diritto di bere quanto mi pare e piace, è il minimo» protestò Anise.

«Non se al quinto bicchiere una persona inizia a cantare cose a caso con la grazia di un campanaccio rotto!» ribatté il dio con estrema “gentilezza” «Dopo milioni e milioni di anni non so ancora dire chi sia peggio tra te e Whis, e Whis canta come lo farebbe una gallina mentre viene strangolata, per cui-»

«Lei è proprio un dio maleducato a volte, lo sa?!» si fece sentire l’angelo, un po’piccato.

“Maleducato ma realista” pensò Vegeta. Durante i periodi di permanenza sul pianeta di Lord Beerus purtroppo c’erano state occasioni in cui aveva avuto modo di udire in lontananza Whis canticchiare… e riteneva parte dell’allenamento anche averlo sopportato senza tapparsi le orecchie.

«Non cambiamo discorso!» Bulma tornò alla carica «C’è qualcuno che vuol degnarsi di spiegare?...»

«Che diamine, c’è poco da spiegare! Non vuole avere a che fare con lui, e se non vuole avere a che fare con lui nessuno la può costringere, non è assolutamente giusto!» esclamò Yamcha, scegliendo forse le frasi meno opportune per rientrare di botto nella conversazione una volta ripresosi dall’effetto di grattini, fughe improvvise e rivelazioni varie.

Calò un silenzio di tomba, perché sembrava di essere tornati in una situazione estremamente simile alla volta in cui Lord Beerus, travestitosi da Monaka per varie ragioni, si era arrabbiato -sempre per colpa di Yamcha; sebbene non ci fossero persone in grado di percepire il Ki delle divinità, era palese che la situazione stesse diventando pericolosa.
Al punto che nessuno fece caso al fatto che Anise fosse passata a tracannare a grandi sorsi il vino direttamente dalla bottiglia.

«Non è giusto, dici? Davvero ti stai arrogando il diritto di dire a me cosa è giusto e cosa non lo è?»

Il tono usato dall’Hakaishin non fece che confermarlo, mentre Yamcha si rendeva conto solo troppo tardi che, per quanto non fosse lui quello in torto, forse il gioco non valeva la candela, non per due grattini. «Ah, ehm, eheh, io-»

«Dacci giù di hakai tanto per cambiare, che novità!» Anise, alla quale il vino tracannato era già andato alla testa, fece un applauso «“Hakai: la cura di ogni male da centinaia di milioni di anni! Telefonate al numero in sovraimpressione, e il nostro professionista verrà da voi a illustrarvi tutte le molteplici opzioni offerte dalla ditta: distruzione di continente, distruzione di razza intera, distruzione di pianeta, o distruzione di sorella!”» si interruppe, assumendo un’aria pensierosa «Ah no aspetta, questa vale solo se siete me».

«Whis».

Non ci fu bisogno di aggiungere altro perché l’angelo colpisse un punto particolare alla base del collo di Anise, facendole perdere i sensi. Fatto questo, invece di lasciarla crollare indecorosamente sul tavolo, la fece fluttuare e poi posare sopra una sedia a sdraio lì vicina. «I Lusan non reggevano molto bene sostanze come il vino, eppure si ostinavano a berlo ugualmente… e le cose a quanto pare non sono cambiate. Sono soltanto state contagiate dalle televendite!» commentò «Uno spettacolo davvero disdicevole. Beh, direi che ora possiamo tornare a mangiare» concluse, con un sorriso del tutto fuori luogo.

«In verità, ora che ci penso bene, non mi attira nulla di quello che vedo qui» disse Lord Beerus, alzandosi e allontanandosi di qualche passo «Quindi credo che ripiegherò sul gelato che vendono al chiosco del parco. Tu resta pure dove sei» disse a Whis «…e tu, la prossima volta cerca di mettere in tavola qualcosa di più stuzzicante» aggiunse, rivolto a Bulma.

Volò via senza attendere risposta, sperando che gli umani presenti fossero sufficientemente naïve da ritenere credibile la scusa che aveva trovato per allontanarsi. Non aveva potuto dire e fare quel che avrebbe desiderato, non davanti a Goku, Vegeta e tutta la compagnia, e nemmeno di fronte a Whis, per cui aveva deciso di schiarirsi un attimo le idee da solo: nella Dimensione degli Specchi il solo pensiero sensato che avesse avuto era stato "devo uscire".
In realtà comunque quella era stata una “scusa” fino a un certo punto: buona parte della fame gli era passata, quello purtroppo era vero, ma uno spazietto per il gelato alla fragola del parco restava sempre.


“Almeno ho la sicurezza che il gelataio non fuggirà via bestemmiando” pensò.

Aveva creduto per lungo tempo che ormai quel che era successo e aveva provato allora, quando era ancora un giovane Hakaishin diciottenne che non sapeva un accidenti della vita, fosse ben sepolto sotto tutto ciò che era successo in quelle centinaia di milioni di anni che erano passate, ma quando l’aveva rivista e aveva avuto la conferma che era lei aveva avuto la sensazione di essere tornato indietro nel tempo, e di essere ridiventato il diciottenne che era stato.

“È passata un’eternità, eppure per me non è cambiato nulla!”

Così le aveva detto, parlando senza riflettere minimamente, ed era la pura verità.
Sì, aveva smesso da tempo immemorabile di recarsi alla tomba di Anise, e complice il saperla morta aveva smesso di pensare a lei quasi da altrettanto -incoraggiato e sostenuto anche da Whis-, ma averla messa da parte non significava averla cancellata.



“Giuro che non avrò mai altre che te, finché avrò vita”.
“Abbiamo solo vent'anni, e tu sei immortale”.
“Non vedo il problema, lo sarai anche tu!”
“…hm”.



Il momento che lui allora aveva ritenuto il culmine di un qualcosa di pressoché perfetto era stato, invece, quello della prima incrinatura.

Riteneva ancora valido il giuramento che le aveva fatto ai tempi, perché tale era il valore delle promesse di una divinità, ma se non intendeva lasciarsi sfuggire la seconda occasione che gli era stata data non era per quello: avrebbe reagito allo stesso modo e desiderato le stesse cose anche se non ci fosse mai stato.


Peccato che lei invece di pensare a quel che c’era stato di buono si fosse focalizzata su tutt’altro, e nemmeno la morte la resurrezione l’avevano influenzata in bene come avrebbero dovuto.

“Se avesse dimostrato di avere una diversa considerazione di me e delle mie idee sarebbe stato diverso, ma a queste condizioni…”

Come avrebbe potuto il rapporto essere diverso, se le “idee” in questione comprendevano proprio il non avere più alcun tipo di rapporto? Anise non si rendeva conto di quanto fosse insensato e folle tutto questo?! E lui, come avrebbe potuto darle spago e considerare quella follia in modo diverso?
Non intendeva gettare tutto al vento,
non l'avrebbe lasciata andare di nuovo checché potesse dirne chiunque, Anise inclusa... e il tempo stringeva. Quaranta ore -in realtà meno- erano ridicolmente poche.
Forse troppo poche per cercare di metterle in testa una volta per tutte che non aveva ucciso sua sorella Calida per il gusto di farlo -sebbene, invero, non avesse provato dispiacere- ma perché in quel momento non aveva visto alternative valide.

«E comunque Calida era una bastarda» borbottò tra sé e sé atterrando nel parco, a poca distanza dal chiosco dei gelati «Una bastarda diventata pazza».

Anzi no, non lo era “diventata”, si era rivelata per quel che secondo lui era sempre stata; vedere Anise savia E col controllo sulla Dimensione degli Specchi sembrava confermare la sua teoria sul fatto che Rubedo non avesse fatto altro che far divampare il fuoco sotto la cenere, nel caso di Calida.
Già, quello era un bel mistero: lui in teoria aveva distrutto anche Rubedo, insieme a Calida, quindi come poteva Anise avere controllo sulla Dimensione degli Specchi? La sola spiegazione era che Rubedo fosse sopravvissuto, ma non capiva come ci fosse riuscito, né come potesse essere finito dentro Anise. Per non parlare del fatto che… chi era stato a resuscitare quest’ultima, e perché?!

“Ma poi ha veramente senso che io, con la prospettiva della cancellazione di questo universo, debba arrovellarmi su certe cose? No, certo che non ce l’ha!” pensò “Risolverò la questione chiedendo a Whis, e parlando con lei quando si risveglierà. Promemoria per me: non deve esserci del vino attorno. Sono praticamente certo che al terzo bicchiere vada ancora in modalità scioglilingua, visto quel che è successo”. «Salve. Due… anzi, sette coni di gelato alla fragola, per favore!»

«Subito, signore!»

Poco dopo Lord Beerus ebbe i suoi gelati, e si allontanò tenendone due in ogni mano e tre con la coda.
Mentre si chiedeva se quelle sarebbero state tra le migliori o tra le peggiori quaranta ore della propria lunghissima vita, trattenne un sospiro.







Le frasi di Anise e Whis:

- "Torneo del Potere. Una battle royale tra ottanta guerrieri da tutti gli universi. Gli universi che perdono verranno cancellati, ma lady Bulma e gli altri non lo sanno. Tienilo per te".
- "Non essere così male". (Non è così male)
- "Il suo astio verso di lui è tale da preferire l'annientamento?"
- "Lui non c'entra con ciò...che dire". (Lui non c'entra con ciò che ho detto)



Rieccomi!
Tengo molto a ringraziare coloro che, ancora una volta, sono arrivati a leggere fin qui.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


4
 



 
 
 
 
«Ma non vuole proprio darci nemmeno un accenno?...»
 
«Non posso».
 
«Andiamo, giusto qualche dettaglio in più!»
 
«Lady Bulma, se “non potevo” un secondo fa non posso neppure ora».
 
Goku era ripartito poco prima in cerca di guerrieri da reclutare, e Yamcha si era defilato subito dopo che Lord Beerus, ormai da oltre mezz’ora, era andato a caccia di gelati, cosicché al brunch erano rimasti soltanto Bulma, Vegeta, Chichi, Whis e Anise, la quale però era ancora addormentata. In tutto ciò -nonostante Vegeta l’avesse esortata più volte a lasciar stare- Bulma aveva cercato di ricavare qualche notizia in più da Whis, senza particolare successo.
 
«Ma se ormai è venuta fuori la questione della morte della sorella di Anise, potete dirci anche il resto… non andremmo certo a raccontarlo in giro!» insistette ancora la donna «Suvvia!»
 
Chichi non sapeva se disapprovare l’invadenza -forse eccessiva- dell’amica, o piuttosto darle manforte nel cercare di soddisfare curiosità che erano anche sue.
Una cosa però l’aveva capita, ossia che delle motivazioni fondate dietro la fuga di Anise e la sua volontà di non avere a che fare con Lord Beerus c’erano eccome. Lei non aveva sorelle, ma riusciva a immaginare quanto dovesse essere stato doloroso per Anise perdere la sua, e si chiedeva come potesse Lord Beerus pretendere di starle attorno dopo una cosa del genere.
Poi però si rese conto di una cosa: trattavasi di un Hakaishin. Quando era venuto sulla Terra per la prima volta l’aveva quasi distrutta, e tutto per un budino. Aveva un altro modo di vedere certe cose, quindi forse non avrebbe dovuto sorprendersi.
 
«Può domandare a Lady Anise quando si sveglierà, o a Lord Beerus quando tornerà. A proposito, sto iniziando a chiedermi se sia il caso di andare a vedere cosa combina, è passata più di mezz’ora… non vorrei che avesse deciso di mangiare tutto il gelato del chiosco, sarebbe imperdonabile da parte sua!» esclamò Whis, alzandosi dal tavolo «Verificare, a questo punto, è imprescindibile!»
 
«Non è che lo sta facendo soltanto per evitare domande?!» sbottò Bulma «È soltanto un gelato!»
 
«No, Lady Bulma: trattandosi di quel chiosco specifico, quello al gusto vaniglia è IL gelato» replicò l’angelo «Saremo di ritorno a breve».
 
Detto ciò se ne andò anch’egli, senza dare a nessuno il tempo di replicare.
In verità Bulma non aveva torto, se si era allontanato era stato anche per evitare di dover continuare a rispondere “no, non posso. No. NO”, quando in verità a impedirgli di raccontare la storia era soltanto la mancanza di volontà.
A proposito di storie, a quel punto era imperativo anche cercare di inventarne una plausibile da raccontare a Lord Beerus, il quale gli avrebbe senz’altro chiesto di dare un’occhiata al passato e/o dirgli cos’accidenti era successo.
 
“Ricapitolando: devo trovare una spiegazione decente al fatto che Anise sia legata alla Dimensione degli Specchi e dunque a Rubedo, e anche una plausibile alla sua resurrezione. Accidenti a me! Se potessi tornare indietro nel tempo, tirerei un calcio nel sedere al me stesso di allora per aver deciso di darle una mano… anzi, tornerei ancora più indietro e non abbandonerei Lord Beerus in quel bosco” si corresse “Se non l’avessi fatto, non l’avrebbe nemmeno conosciuta!”
 
Non era la prima volta che rimpiangeva quel gesto fatto per ripicca -all'epoca Whis era un po’meno vecchio e un po’meno saggio- dopo l’ennesima discussione con un allievo diciottenne che ai tempi era ancora terribilmente capriccioso, e spesso restio a prestargli ascolto. L’incontro tra Lord Beerus e Anise, anzi, tutto quel che ne era derivato nei quattro anni successivi, aveva avuto anche dei momenti tutt’altro che piacevoli,  almeno dal suo punto di vista. Quello della finta morte non era il solo segreto che lui e Anise condividevano e, benché fosse terribile, forse non era neppure il più grave.
A volte si chiedeva ancora come avesse potuto lasciarsi coinvolgere in certe questioni, lui che del distacco e dell’ “arte dello gnorri” era un maestro!
 
“Ed eccolo lì…” sospirò, vedendo Beerus rimuginare chissà cosa seduto sotto un albero “Tanti auguri a me”.
 
«Non ti avevo detto di restare dov’eri?» fu la prima cosa che gli disse Lord Beerus vedendolo atterrare.
 
«Era assente da una buona mezz’ora, dovevo verificare che andasse tutto bene» replicò Whis.
 
«Non che in realtà ti importi qualcosa. Hai riso alla prospettiva che questo Universo fosse cancellato, sapendo che tu non saresti stato coinvolto» gli ricordò l’Hakaishin.
 
«Fino ad allora però il mio compito resterà invariato» affermò l’angelo, sedendosi accanto a lui «E io continuerò a eseguirlo».
 
«Tsk».
 
Nel paio di minuti di silenzio che seguì, Whis iniziò perfino a illudersi che forse non avrebbe ricevuto domande scomode…
 
«Come, Whis? Come? È veramente lei, e per me il fatto che sia viva è…» Lord Beerus non finì la frase «Ma mi chiedo come sia possibile».
 
«Ho riflettuto attentamente sulla questione, e dopo una breve indagine sono giunto alla conclusione che c’entrino le Super Sfere, il desiderio di immortalità di Zamasu, e soprattutto tutte le manipolazioni temporali avvenute. Ho idea che i viaggi nel tempo compiuti da Zamasu -e non solo lui- abbiano prodotto qualche interferenza col desiderio che ha espresso» disse, sapendo che era una balla cosmica bella e buona senza capo né coda «E che il suo desiderio di immortalità abbia avuto ripercussioni anche sull’area circostante, entro un certo raggio rispetto al luogo dove è stato evocato il drago…  ma con effetti imprevisti, quali riportare in vita Lady Anise, la cui tomba non era troppo distante, e anche ciò che restava di Rubedo. Era ridotto a un’entità folle, ma aveva ancora discernimento a sufficienza da saltare via dal corpo di Calida appena in tempo, stando a quanto ho visto poco fa».
 
«Cosa?! Sei sicuro che sia andata proprio in questo modo?! Se Rubedo è saltato via in tempo, io ho distrutto Calida, con tutto quel che ha comportato in seguito… per niente?»
 
Almeno quella era una cosa completamente vera, e Whis annuì. «Temo di sì».
 
L’Hakaishin si coprì il volto con una mano. «Maledizione» sibilò.
 
«E quando sono tornati entrambi in vita, Rubedo si è attaccato all’unica creatura evoluta che fosse presente su quel pianeta/tomba» continuò Whis «Questo spiega il controllo che Lady Anise ha mostrato di avere sulla Dimensione degli Specchi, e il modo in cui è riuscita ad abbandonare il pianeta. In seguito c’è da presumere che  sia riuscita a “schiacciare” quel che rimaneva della coscienza di Rubedo, con la conseguente diminuzione di potere, e sia arrivata sulla Terra facendosi offrire un passaggio o trovando in qualche modo un mezzo per conto proprio. Lo dico perché non ha dimostrato di avere chissà quali capacità legate alla presenza di Rubedo nel suo corpo, e sembra anche essere in sé» specificò «Con questo ritengo di aver detto tutto, Lord Beerus».
 
Il suddetto mosse nervosamente la coda, soppesando le parole del suo attendente. «La prima parte di questa spiegazione mi sembra alquanto bizzarra, ma per quanto ci rifletta non trovo una spiegazione più plausibile della tua, quindi immagino che dovrò prenderla per buona… forse è vero che non tutto il male viene per nuocere» mormorò «Le azioni sconsiderate di Zamasu sono servite a qualcosa, dopotutto».
 
«Soprattutto a riaprire storie che sarebbero dovute restare chiuse» commentò l’angelo.
 
«Taci!» gli intimò il dio, che iniziava ad arrabbiarsi «Era destino che le cose dovessero andare diversamente da come sembrava, e non osare dire il contrario! Contro ogni previsione ci siamo incontrati ancora, quel che è successo è alla stregua di un miracolo, e non permetterò a nessuno di mettersi in mezzo!... almeno in queste ore che rimangono» aggiunse, ricordando il Torneo.
 
«Lord Beerus, lei sa che io solitamente non mi impiccio di simili questioni» esordì Whis «Ma stavolta tengo molto a dirle che dovrebbe cercare di tenere presente che da allora sono passati centinaia di milioni di anni. Posso capire lo stupore iniziale nel vederla davanti a lei, ma non può continuare a reagire come il ventenne che non è più. Si era infine convinto che lasciar morte le persone morte fosse la cosa migliore, col tempo si era lasciato alle spalle quanto accaduto e, anche se Anise è tornata in vita, lei dovrebbe continuare su questa linea. Il passato dovrebbe restare dov’è».
 
«Hai detto che solitamente non ti impicci di simili questioni, no?»
 
«Corretto».
 
«Allora, citando te stesso, “dovresti continuare su questa linea”» concluse Beerus «Perché non è qualcosa che tu possa capire».
 
Whis alzò gli occhi al cielo. «Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo».
 
«Lo credo bene, non capivi neppure allora» ribatté l’altro.
 
«Tuttavia le sfugge un particolare, ossia lo scarso entusiasmo di Lady Anise all’idea di avere nuovamente a che fare con lei» gli ricordò l’angelo.
 
«Quando eravamo della Dimensione degli Specchi mi ha detto, testuali parole, “Se avesse dimostrato di avere una diversa considerazione di me e delle mie idee, sarebbe stato diverso”. È diverso da un “no” secco» affermò Beerus, ostinato.
 
«Si sta arrampicando sugli specchi, tanto per restare in tema» sospirò Whis «Ma penso sia inutile che io continui a farglielo notare, tanto non intende ascoltarmi».
 
«Esatto».
 
Per come Beerus l’aveva conosciuta, se Anise avesse voluto dirgli un “no” categorico lo avrebbe fatto senza mezzi termini; quello però non lo era stato , dunque lui voleva interpretarlo come una possibilità, e non c’era niente e nessuno nell’Universo che sarebbe riuscito a dissuaderlo.
 
Nel frattempo, Bulma stava utilizzando un metodo collaudato -parole sue- per risvegliare Anise e farle passare un po’di sbronza, che consisteva nel farle bere la salamoia dei sottaceti e, al contempo, spruzzarle un po’di deodorante nelle narici.
Il rimedio probabilmente era peggio della malattia, o comunque quello fu il pensiero di Anise quando si risvegliò starnutendo e tossendo, ma quantomeno aveva funzionato.
 
«C-cerchi di avvelenarmi o cosa?!» tossì «Cos’è questa porcheria?»
 
«Un rimedio antisbronza a base di salamoia e deodorante» le spiegò Bulma «“Grazie per avermi dato una mano a svegliarmi e avermela fatta passare un po’, Bulma!”, “Non c’è di che, figurati”».
 
«Rimane una porcheria» tossì ancora Anise «Ma ti ringrazio lo stesso. Promemoria per me: procurarmi salamoia e deodorante».
 
«Mi hai ringraziata davvero? Incredibile» commentò Bulma.
 
«A volte sono maleducata, in particolare con le persone un po’rompiscatole come te, ma non sono così demente da non capire quando mi si fa del bene» si passò una mano sul volto «Quanto ho bevuto?»
 
«Abbastanza da dirci che Lord Beerus ha fatto fuori tua sorella» intervenne Vegeta, delicato come un elefante in una cristalleria.
 
«Vegeta!» lo rimproverò Bulma «Ti sembra il modo?!»
 
«Tuo marito la tocca piano» fu il commento della Lusan «Devo essermi scolata minimo mezza bottiglia».
 
«Effettivamente hai bevuto non poco. Non so se lo ricordi, ma ho provato a togliertela e me l’hai strappata dalle mani» disse Chichi, un po’ stupita nel vedere che la “delicatezza” di Vegeta sembrava non averla toccata granché «Ehm… perché ti guardi attorno?»
 
«Lo faccio nella speranza che Lord Beerus e Whis non fossero davvero qui, come non ci sono in questo momento, e che quel che ricordo sia solo un delirio da vino. È un delirio da vino?»
 
«No» la disilluse Bulma.
 
Anise si stiracchiò e si accasciò di nuovo sul lettino, con le mani intrecciate dietro la nuca. «Peccato».
 
«Tutto qui quel che hai da dire?» tornò alla carica Bulma «Davvero?»
 
«È tutto quel che ho da dire. Non c’è molto altro, del resto» fece spallucce «Sa che sono viva, quindi sono fregata a prescindere: ho a che fare con una divinità, come lui ama tuttora ricordare migliaia di volte a chiunque lo incroci».
 
«Non capisco come possa pretendere di starti attorno dopo quel che ha fatto, sinceramente» disse Chichi, dando voce ai pensieri avuti in precedenza.
 
«Erano circostanze particolari. Dal suo punto di vista mi ha soltanto protetta, dal momento che probabilmente mia sorella stava per uccidermi» disse Anise «Ma non era necessario distruggerla. Avevo proposto delle alternative e lui sembrava d’accordo, ma arrivato al dunque ha dimostrato chiaramente quanta considerazione dava alle mie parole: zero. A distanza di centinaia di milioni di anni posso arrivare a capire cosa gli sia passato per la testa, e anche che tutto sommato quella buonanima di mia sorella non era così tanto “buonanima”, ma a quanto pare quel che dico e penso io conta esattamente quanto allora, ossia niente… mh. Basta così» borbottò «Eppure io lo so, che non reggo il vino…»
 
«Davvero ti stupisci che abbia distrutto qualcuno di pericoloso, anche se aveva un legame di sangue con te? Avevi a che fare con un Hakaishin!» sbottò Vegeta «Che diavolo pretendevi?!»
 
«Rispetto. Ecco cosa pretendevo» ribatté Anise, rizzandosi a sedere per guardarlo negli occhi «Non dovrebbe essere troppo difficile capire cosa significa rispettare una persona, le sue idee e i suoi desideri».
 
«Fingerti morta è stato sicuramente molto rispettoso» replicò il Sayian, sarcastico. Quella donna- lince iniziava a essergli proprio antipatica! «Se vuoi toglierti di torno Lord Beerus, perché non gli parli di questo piccolo dettaglio?»
 
«Perché finirebbe col farsi uccidere» suggerì Chichi «Per non parlare del fatto che dire a Lord Beerus com’è andata davvero coinvolgerebbe anche Whis, che le ha dato una mano, e penso che non voglia metterlo in mezzo. Non serve essere un genio per arrivarci».
 
Anise non aveva fatto una grande impressione nemmeno a Chichi, perché non era granché gentile e aveva abbondato troppo col bere, tuttavia la signora Son sapeva fin troppo bene cosa significasse avere a che fare con una persona -nello specifico, Goku- alla quale le sue idee e i suoi desideri non importavano granché; che si fosse sentita chiamare in causa, e dunque si trovasse ad appoggiare la Lusan, non era troppo strano.
 
«Prima però ha minacciato Whis di fare proprio quello, come la metti?» le ricordò Bulma, un po’piccata: non le piaceva che qualcuno si rivolgesse a Vegeta in malo modo… a meno che fosse lei stessa a farlo!
 
«La metti che purtroppo era una minaccia a vuoto, come Whis sapeva, e come sapevo io stessa. L’ho fatto solo per disperazione, e un po’anche per il vino» ammise Anise «A Lord Beerus non direi nulla di tutto quel che potrei dirgli, ora come allora. Dovrei parlare adesso, se non mi è passato per la testa di farlo neppure durante gli anni nei quali lo ho odiato?»
 
«Quindi tu ora non lo odi?» le domandò Chichi, un po’confusa.
 
«No. Non lo odio» rispose Anise dopo un breve istante «Anche centinaia di milioni di anni fa non sono mai riuscita a odiarlo completamente, nonostante tutto. Volevo solo lasciarmi alle spalle quella faccenda con tutti i suoi annessi e connessi, ed è quel che vorrei ancora, ma non intendo recare ulteriore danno a nessuno, in particolare non a lui».
 
Voler andare avanti con la propria vita non significava voler fare del male a qualcuno, e Anise sapeva fin troppo bene che Beerus in quel senso aveva già avuto la sua parte; per quanto si fosse allontanata da tutto e tutti appena aveva potuto, Whis aveva fatto in modo di farle sapere com’era andata. Non lo aveva fatto sperando che tornasse o simili, ma semplicemente a scopo informativo e… istruttivo,  ritenendo giusto farle capire quali erano state le conseguenze della sua scelta.
 
«In tutto questo però non mi è ancora del tutto chiaro in che rapporti siete» tornò a farsi sentire Bulma «Fuggi via appena lo vedi, ma dici di non odiarlo, e da come ne parli tutto sommato sembri tenere a lui, quindi… vuoi dirci com’è questa faccenda o cosa?!»
 
«Cosa».
 
Bulma ammutolì, che era precisamente quel che Anise voleva. La Lusan non aveva assolutamente intenzione di approfondire ulteriormente quanto aveva già detto: per i propri gusti aveva già parlato troppo.
Non intendeva dire a Bulma che considerava tuttora quello dai diciotto ai venti anni il periodo migliore della sua intera esistenza, né di come in seguito le cose purtroppo erano iniziate a cambiare, né di Rubedo, né nient’altro. Quel che c’era stato tra lei e Beerus riguardava loro due, soltanto loro due, nessun altro, e se il vino non si fosse nuovamente messo in mezzo avrebbe fatto in modo di tenere fede al proprio pensiero.
Su una cosa però Bulma non aveva torto, ossia sull’approccio alquanto confuso che lei stava avendo con quella questione.
Aveva cercato di non pensare al passato, e per centinaia di milioni di anni ci era riuscita benissimo, ma quando se lo era trovato davanti, quando lui le aveva preso le mani e aveva detto “quel che conta di più è che siamo qui, di nuovo insieme”, le era sembrato di tornare indietro nel tempo. Le era sembrato di essere tornata la giovane Anise di allora, senza l’odio che aveva provato per lui dopo la morte di Calida, e con qualche cosa da nascondere in più.
Era davvero possibile che due esseri immortali le cui vite erano andate avanti separatamente per moltissimo tempo potessero ritrovarsi di nuovo insieme, in qualcosa che somigliava molto al punto di partenza?
Pareva di sì e, anche se lei non lo sapeva, sembrava anche che lei e Lord Beerus avessero avuto pensieri molto simili sulla questione.
 
“Forse era veramente destino” pensò “Forse era un cerchio che, mio malgrado, doveva chiudersi in queste poche ore che mancano alla probabile fine di tutto… in un modo o nell’altro”.
 
Non riusciva a immaginare come sarebbe stato il prossimo futuro, proprio perché molte cose non erano cambiate, nel bene e nel male. Lui aveva parlato di “qualcosa di nuovo”, però il modo in cui si era comportato non prometteva nulla di eccezionale, né nulla di nuovo.
 
“No, aspetta: sto veramente valutando la possibilità di?... d’accordo, non posso fare alcunché per oppormi, ma un conto è rassegnarsi e un altro è iniziare a pensare seriamente che ritrovare un ‘qualcosa’ sia possibile. Per non parlare del fatto che pensare al futuro va totalmente contro l’aver accettato di buon grado una probabile cancellazione” rifletté “Credo sia tempo di tornare con i piedi per terra. Uno di noi due lo deve pur fare”.
 
«Non è divertente, sai?!» protestò Bulma.
 
«Beh, non doveva divertirti» replicò Anise, alzandosi dal lettino «Con permesso, o anche senza, me ne torno a casa mia. Questa di solito è l’ora in cui leggo».
 
«Ma-»
 
«Ho un programma di nulleggiamento molto rigido, comprendimi» la ignorò la lince, avvicinandosi alle vetrate «E se consideriamo che un brunch imprevisto ha fatto diversi danni, ritengo di poter dire di aver sgarrato abbastanza».
 
«Anise, aspetta» la fermò Chichi «Non è detto che debba rassegnarti. Forse posso aiutarti!»
 
«So che le tue intenzioni sono sincere» disse l’interpellata, dopo un’occhiata al riflesso di Chichi «E so anche che non meriterei tanto, non avendoti trattata nel modo più amichevole dell’Universo, quindi ti ringrazio doppiamente. Ormai però è fatta, e io gestirò la cosa come posso».
 
«Posso ospitarti a casa mia! Dovrebbe passare sul mio corpo, per poterti incontrare prima che tu lo voglia» esclamò Chichi «E non penso che arriverebbe a farmi del male: mio marito è il suo guerriero migliore, e se Lord Beerus mi facesse qualcosa non la prenderebbe affatto bene. Potrebbe anche decidere di mollare quel loro Torneo di arti marziali che sta per cominciare» in verità non era sicura di quell’ultimo punto, ma l’aveva detto ugualmente «E senza Goku non combinerebbero proprio nulla!»
 
«Senti un po’, donn-» avviò a protestare Vegeta, ma Bulma lo interruppe.
 
«EHI! Ti ricordo che tra i guerrieri c’è anche mio marito, che rispetto al tuo è un combattente decisamente più sveglio! E anche più forte!» esclamò la signora Brief, parandosi davanti a Chichi con le mani sui fianchi «Quindi stai molto attenta a quello che dici!»
 
«Lord Beerus in riferimento al Torneo ha parlato di Goku, in effetti, quando eravamo nella Dimensione degli Specchi» disse Anise «Mi sa che, se il più forte è Vegeta, qualcuno di voi dovrebbe farglielo presente».
 
“Ma se la uccidessi ora, Lord Beerus se la prenderebbe tanto?!” pensò il Sayian, iniziando senza volerlo a irradiare un’aura azzurrina.
 
«Visto? Avevo ragione io» Chichi fece spallucce, con in viso un’espressione palesemente soddisfatta.
 
«Credo di dover comunque rifiutare la tua offerta. Non credo che tu voglia metterti contro un Hakaishin, marito forte o meno, per non parlare del fatto che, per quanto ne sai, potrei anche essere la peggior criminale dell’Universo… per la cronaca, no, non lo sono» specificò la Lusan «Vuoi davvero lasciarti coinvolgere in una faccenda confusa della quale sai poco, per aiutare qualcuno che conosci ancora meno?»
 
«Io…» Chichi esitò, ma solo per un attimo «Sì. Ne so poco, ma quel che so è abbastanza, per me. Di sicuro non hai bisogno di qualcuno che ti stia addosso, se sei confusa».
 
Anche in quel caso, Anise era fortemente indecisa: non era da lei accettare di trasferirsi a casa di qualcuno che non conosceva molto, a dirla tutta non era sicura di voler andare ad abitare insieme a qualcuno in generale -fosse anche per sole quaranta ore- essendo abituata a vivere da sola, e sapeva che quel trasferimento non avrebbe tenuto lontano Beerus per molto tempo. Probabilmente lo avrebbe soltanto fatto arrabbiare, e a farne le spese sarebbe stata una persona che non c’entrava nulla…
 
«Va bene, forse l’idea di trasferirti non ti piace, ma possiamo andare a casa mia anche solo per non farti trovare qui quando Lord Beerus tornerà. Potresti guadagnare qualche ora di pace, almeno fino a stasera, per cercare di schiarirti un po’le idee. Ti preparerei anche una tisana, sono brava con le tisane» insistette Chichi.
 
«Sinceramente a me tutto questo sembra una stupidaggine colossale» disse Vegeta «Abbiamo ben altro a cui pensare e, in effetti, cosa ci importa di quel che combinano lei e Lord Beerus? Ma del resto se sei la moglie di Kaaroth c’è un motivo…»
 
«Accetto l’offerta di venire da te fino a stasera» Anise tese la mano a Chichi «In casa tua ci sono delle superfici riflettenti, vero?»
 
«Sì! Ehm… vuoi davvero arrivare a casa mia passando lì dentro?» le chiese stringendole la mano, segno che in ogni caso aveva già preso la decisione di seguirla all’interno della Dimensione degli Specchi.
 
«L’intenzione è quella» confermò Anise «Andiamo».
 
«Aspetta!» la bloccò Bulma «Che diciamo a Lord Beerus, se torna e non ti trova qui?! Non intendo ritrovarmi con la casa distrutta, o peggio!»
 
«Ditegli che sono ospite della signora Son, che è mio preciso desiderio essere lasciata in pace fino a stasera, e che se non lo rispetterà saprò quanto prendere sul serio il “qualcosa di nuovo” che mi ha detto prima. Arrivederci» concluse, trascinando con sé Chichi nella Dimensione degli Specchi senza troppo preavviso.
 
Chichi non poté evitare di lanciare un grido quando entrarono, stringendosi ad Anise per l’istintivo timore dovuto sia al cambio di dimensione, sia per l’aspetto del luogo in sé. Era la cosa più caotica e dispersiva che avesse mai visto in vita propria e, per quanto fosse una donna coraggiosa, dovette ammettere a se stessa che se fosse stata sola lì dentro avrebbe avuto una paura tremenda.
 
«Non c’è nulla da temere, finché mi stai vicina» cercò di tranquillizzarla Anise «Piuttosto, mi faciliteresti le cose se mi dicessi più o meno in che direzione e a quale distanza si trova casa tua».
 
Prima di dirglielo Chichi dovette rifletterci solo un breve istante, e quando lo ebbe fatto tutto quel che disse Anise fu “Bene”.
 
«E ora? Come arriveremo a casa mia?»
 
«Con una scorciatoia. Aggrappati bene» la esortò la Lusan, e l’altra obbedì senza esitare. «Phlauvkat luath».
 
Quelle parole, e il conseguente ritrovarsi a scivolare a incredibile velocità su una superficie liscia e ripidissima appena creata, furono la causa del secondo strillo di Chichi. «Ma è normale questa cosa?!» gridò, tenendo gli occhi chiusi.
 
«Certo. Se apri gli occhi non succede nulla, sai?»
 
Il tono calmo di Anise convinse la signora Son ad aprire le palpebre. Quel che vide non era molto rassicurante, un tunnel di infiniti specchi che le circondava e dava l’impressione di inghiottirle man mano che scendevano, ma doveva ammettere che quello spettacolo aveva una specie di “fascino” tutto suo. «Whis ha detto che non sei una divinità, ma allora da dove vengono l’immortalità e tutto questo?» riuscì a chiederle.
 
«Da qualcosa con cui le divinità non hanno a che fare. Sei libera di non credermi, ma mi sono ritrovata così di botto, mio malgrado».
 
«Io credo che a molti piacerebbe» disse Chichi, in un ingenuo tentativo di rincuorarla.
 
«Io credo che questi molti non ragionino».
 
La discesa si interruppe, ed entrambe le donne saltarono, ritrovandosi in piedi su un sentiero di piccoli specchi rotondi che si componeva a ogni loro passo.
 
«Sai muoverti bene, in questa confusione» osservò Chichi.
 
«Dopo tutto questo tempo è inevitabile, ma grazie lo stesso. Ora guardati attorno mentre camminiamo, e dimmi se ti sembra di scorgere qualche ambiente familiare in uno di questi specchi».
 
Camminando in avanti, sempre stretta ad Anise, a un certo punto a Chichi parve di riconoscere la cucina della propria casa su uno specchio vicino a loro. «Credo che quello conduca a casa mia» lo indicò «Possiamo avvicinarci?»
 
La parte del sentiero sopra alla quale si trovavano si staccò dal resto, e fluttuò rapidamente in direzione dello specchio indicato. «Ci siamo?» domandò Anise a Chichi.
 
«Sì sì, è proprio la mia cucina!» annuì lei «Ora che facciamo, saltiamo fuori?»
 
«Se non vuoi fare un altro giretto nella Dimensione degli Specchi, direi che sia il caso. Vuoi fare un altro giro?»
 
«No, grazie» rispose Chichi di getto.
 
L’attimo successivo si ritrovarono entrambe in cucina, davanti al forno; evidentemente erano uscite dallo sportello di vetro.
 
«È una cucina graziosa» commentò Anise.
 
«Sì, soprattutto perché non si muove e non cambia di continuo! È tutto immobile! Immobile!» esultò la donna «Ehm. Chiedo perdono, non volevo insultare la Dimensione degli Specchi. Intanto accomodati, io preparo la tisana che dicevo prima» disse, indicandole il tavolo e le sedie di legno lì accanto.
 
«Sarebbe stato più strano se ti fosse piaciuta, credimi» ribatté la Lusan, sedendosi.
 
«Se lo dici tu, mi fido. Ad ogni modo, mi auguro che Lord Beerus decida di lasciarti tranquilla fino a stasera» disse Chichi, mentre metteva a bollire l’acqua.
 
«Ce lo auguriamo in due».
 
 
 
 
***
 
 
 
 
«Eccoci di ritorno, Lady Bul-»
 
«Lei dov’è?!»
 
Quando non la vide più sopra il lettino, Beerus si pentì immediatamente di essersi allontanato. Non avrebbe mai dovuto farlo: se Anise avesse di nuovo avuto un incidente mortale, e lui o chiunque altro di quel gruppo -che reputava abbastanza “di fiducia”- non fosse stato presente e pronto a intervenire, non se lo sarebbe mai perdonato. Ci era riuscito solo a stento già la prima volta, riviverlo una seconda volta era impensabile.
Sì, la balla che gli aveva raccontato Whis sulla morte di Anise e com’era avvenuta produceva ancora strascichi deleteri.
 
«È con la moglie di Kaaroth, a casa di quest’ultimo» lo informò Vegeta.
 
Whis sollevò un sopracciglio, leggermente stupito. «Non sembrava che si trovassero reciprocamente simpatiche».
 
«Immagino che Chichi abbia cambiato idea dopo che quella si è messa a blaterare» ribatté il Sayian.
 
«Il suo nome è Anise, per te Lady Anise. Parla di lei con rispetto» gli intimò l’Hakaishin, con tanta durezza da farlo sobbalzare.
 
«Sissignore» borbottò Vegeta.
 
«Direi che sia il caso di raggiungerla» continuò il dio «Whis, andiamo!»
 
«Aspetti! Ho un messaggio da parte sua» lo fermò Bulma, sperando fosse vero il detto “ambasciator non porta pena” «Ha detto che è suo preciso desiderio essere lasciata in pace fino a stasera…»
 
«Sciocchezze!» disse seccamente Beerus.
 
«E che, testuali parole, se non lo rispetterà saprà quanto prendere sul serio il “qualcosa di nuovo” che le ha detto prima» terminò Bulma «Non so bene cosa significhi».
 
Lei non lo sapeva, ma Lord Beerus aveva capito perfettamente.
Non lasciò trasparire nulla, ma l’idea di averla viva, vicina, e non poterla vedere fino a sera era un tormento. Perché mai avrebbe dovuto sopportare una cosa simile?! Lui era un dio, non era tenuto ad aspettare i comodi di nessuno, al di là del fatto che odiasse le attese in genere. Era stato senza di lei già per troppo tempo, si disse, quindi non intendeva aspettare neppure un minuto di più.
Poi nella sua mente si affacciò, prepotente, un film mentale molto accurato nel quale immaginava Anise dire le parole che Bulma gli aveva appena riferito. Prima forse non gli aveva detto un “no” categorico, ma se l’avesse raggiunta a casa di Goku lo sarebbe di certo diventato.
Avrebbe potuto disinteressarsi della sua opinione e obbligarla a fare quel che lui desiderava, vero, ma… ne valeva la pena?
 
Si sedette sul lettino in precedenza occupato dalla Lusan. «Tu hai del ramen da servirmi, vero?» chiese a Bulma.
 
«Devo quindi dedurre che non andremo a casa del signor Goku?» fu la domanda retorica di Whis. Quella era una giornata piena di sorprese! Dal suo punto di vista, il fatto che Lord Beerus avesse deciso di attendere era incredibile quanto aver trovato Anise lì, sulla Terra.
 
«Esatto» confermò Beerus «Al momento mi va di mangiare, al resto penserò stasera. Solo una cosa, Bulma: come hai fatto a far sì che si riprendesse dalla sbronza? Sul serio, se c’è un rimedio che funziona così bene vale la pena ricordarlo».
 
«Salamoia e deodorante nelle narici. Il ramen comunque è in arrivo!»
 
«Bene».
 
Avrebbe ingannato il tempo divorando quanto più ramen possibile, ma una cosa era certa: se qualcuno lo avesse cercato sul terrazzo di Bulma al calar del sole, non lo avrebbe trovato.










Non ci credo, sono riuscita ad aggiornare! :*D Spero che quel che ho tirato fuori non vi abbia annoiati eccessivamente. Lascio a voi tutti i commenti!
Ps.: Avrete notato che questa breve storia si sta facendo meno breve del previsto, ma potete star tranquilli del fatto che non supererà i dieci capitoli in nessunissimo caso.



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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


5

 

 

 

 

 
 
«Ed ecco tutto, Anise».
 
Tra tisane e chiacchiere era trascorsa già qualche ora e, anche se Chichi era partita con l’idea di far parlare la sua ospite, alla fine era stata Anise a far cantare lei come un canarino.
Chichi aveva finito per raccontarle tutto quel che era successo dalla prima volta in cui Lord Beerus era venuto sulla Terra, e questo dopo averle detto vita, morte e miracoli dei componenti di tutto il gruppo, addirittura corredando le chiacchiere con delle fotografie, quando erano passate dalla cucina al salotto.
Di quella parte della conversazione -somigliante più a un monologo, a dir la verità- Anise avrebbe fatto a meno, ma si era detta “Finché chiacchiera delle sue cose non mi fa domande, e la tattica del ‘sorridi e annuisci’ esiste proprio per fingere di ascoltare mentre si pensa ai fatti propri”.
 
«Come pensavo: non è migliorato granché da quando era giovane, se mai il contrario. Voleva distruggere il vostro pianeta per uno stupido budino, ci rendiamo conto? Che poi i budini fanno anche abbastanza schifo, se la devo dire tutta, avete fior di dolci ma quello non mi piace proprio».
 
Non che la sua mente in realtà fosse riuscita a produrre qualcosa di diverso dal puro rumore bianco, almeno fino a quando Chichi non era arrivata al primo incontro con Beerus; quello le interessava davvero, mentre del matrimonio tra un nanetto pelato e una non -più -malvagia androide femmina non le importava granché, né le era utile a mettere in ordine le idee.
 
«Questo però non sminuisce ciò che ha fatto di buono per noi: non intendo mettermi a fare chissà quali lodi a Lord Beerus, ma di fatto ha salvato il nostro pianeta quando Freezer, l’ultima volta che si è fatto vedere qui, lo ha distrutto. Inoltre, quando c’è stata la questione di Zamasu non è rimasto fermo a guardare».
 
«Lo credo bene, Chichi! Questo Zamasu si è dato al deicidio totale in una linea temporale alternativa, giusto? Sarebbe stato folle da parte di Lord Beerus mostrare totale disinteresse, se le azioni di uno Shinjin diventato folle potevano incidere anche su questa linea temporale» replicò Anise «Quel che mi stupisce di più è che Rumsshi, l’Hakaishin del decimo Universo, in tutto ciò non abbia fatto nulla. L’Universo Dieci è di sua competenza, possibile che non si sia accorto di quel che stava capitando sotto il suo naso?»
 
«Quindi tu conosci anche l’Hakaishin del decimo Universo?» indagò Chichi.
 
La Lusan si stiracchiò. «L’ho incontrato una volta soltanto, dire che lo conosco sarebbe eccessivo. Dov’eravamo? Ah, sì: i guerrieri per il Torneo imminente…»
 
«Non è il tuo miglior tentativo di sviare la conversazione» disse la signora Son.
 
«Vero, non è il mio miglior tentativo» concordò l’altra «Del resto, dopo qualche ora di successi dovevo pur fallire una volta. A te invece non capita spesso di doverlo fare, giusto?»
 
«Fare cosa?»
 
«Sviare conversazioni! Ma forse anche conversare in generale» aggiunse Anise, raggomitolandosi sul divano. «Se si esclude tua nuora, e al massimo Bulma, qui non ti rimangono molte persone con le quali discorrere di argomenti diversi da allenamenti, combattimenti e similia. Sbaglio? La componente femminile del gruppo è in minoranza».
 
«Sì, effettivamente è così. Tutti appassionati di combattimenti, monotematici e spesso fuori casa, i nostri uomini!» ammise Chichi, con un sospiro «Si salva soltanto mio figlio Gohan, che come ho detto prima è un brillante professore universitario. È anche in grado di combattere, ma non è fissato come suo padre. Ho investito molto nella sua istruzione, e devo dire che ne ho ricavato molte soddisfazioni» sorrise, fiera «Sono certa che lui e Videl saranno in grado di garantire alla piccola Pan una vita sana, felice ed equilibrata».
 
“Sì, se non verremo cancellati tutti” pensò Anise. «Da due genitori di retto senso non ci si può aspettare altro, immagino».
 
«Esatto» annuì Chichi «Proprio cos- aspetta! Tu hai nuovamente sviato la conversazione!»
 
Per la prima volta in quella giornata, la lince rise. «Dici?»
 
«Sì, dico!»
 
«Allora riprendiamo il discorso. Già, di cosa stavamo parlando?» chiese Anise, con aria innocente.
 
«Parlavamo di… eh… ecco, parlavamo di… oh, mi hai fatto perdere il filo!» sbottò la donna.
 
«Evidentemente non era importante».
 
«Sì, in effetti è più importante sapere come intendi comportarti stasera» ribatté Chichi, incrociando le braccia davanti al petto.
 
«Come dite su questo pianeta… “touché”!» Anise guardò fuori dalla finestra «Sono ancora sorpresa che non si sia fatto vivo».
 
«Sorpresa in bene?»
 
Anise annuì. «Di certo però verrà da me appena sarà calato il sole, e per allora farò meglio a non trovarmi qui. Mi hai dato tempo per staccare un po’il cervello e farmi una ragione di quel che è successo, ma non ti coinvolgerò oltre».
 
Chichi si alzò dal divano, con l’intenzione di andare a prendere dei biscottini. «Non ritiro nulla di quel che ho detto in precedenza, perché quel che hai detto su lui e tua sorella non è leggero, ma tu per prima quando ne hai parlato a casa di Bulma lo hai parzialmente giustificato…»
 
«Non lo ho “giustificato”, ho soltanto detto le cose come stanno» replicò Anise, un po’sulla difensiva.
 
«Hai anche detto che non lo odi più, che non vuoi assolutamente danneggiarlo» continuò Chichi «e che però non dà sufficiente considerazione ai tuoi desideri…»
 
«E per l’appunto è vero anche tutto questo, ma-»
 
«Lui tuttavia non è qui, adesso. Da quel che dici deve aver voglia di vederti, e persino io che lo conosco poco so che se c’è una cosa che odia è attendere» proseguì dalla cucina «Eppure non c’è. Perché tu non vuoi».
 
«È difficile capire da quale parte stai» commentò Anise.
 
«È difficile capire da quale parte stai tu, piuttosto! Sei scappata come se ti avesse inseguita un cane feroce, hai supplicato Whis di darti una mano, hai bevuto come una spugna quando ti ha detto di no e hai detto quella cosa su tua sorella, ma poi… quel che hai detto tu, l’ho ripetuto io poco fa!» esclamò la signora Son, tornando in salotto con un vassoio colmo di biscotti «Vero, è una divinità distruttrice e ragiona in maniera diversa da un mortale, ma mentirei se dicessi che è il male puro».
 
«Ammetto di aver temuto che avesse preso quella strada, non sapendo cos’ha combinato in tutto questo tempo» ammise Anise, agguantando tre biscotti «Ma tutto sommato pare non averlo fatto, e dopo centinaia di milioni di anni presumo che il suo modo di essere si sia stabilizzato così. Poteva andare peggio».
 
«Peggio, tipo?»
 
«Poteva piovere».
 
Seguì un lungo, lunghissimo momento di totale silenzio.
 
«Io rischio di diventare scema, se continuo a darti retta!» sbottò Chichi, togliendole perfino i dolci dalle mani «Scema!»
 
«Ma i miei biscotti!… sono alla cannella!» protestò debolmente Anise.
 
«Te li restituisco se mi dici com’era Lord Beerus quando lo hai conosciuto!»
 
Tanto valeva cercare di patteggiare, perché non sembrava esserci altra maniera di tirarle fuori le cose di bocca. Chichi non era assolutamente abituata ad avere a che fare con persone di quel genere, sornione, sfuggenti al punto da essere in grado di parlare di sé solo con del vino nel corpo e sempre pronte a trincerarsi dietro una bizzarra ironia. Il solo tipo di atteggiamento con cui riuscisse a trovare una vaga somiglianza era quello di Whis, il quale però era ben più educato.
 
«Era un felino viola, con iridi viola, orecchie grandi e una fame altrettanto grande. Ora rendimi il maltolto!»
 
«Non era quel che intendevo, e tu lo sai benissim- ehi!» esclamò la donna, quando si ritrovò coinvolta in una “lotta” per i biscotti.
 
Niente da fare, pensò Anise, quella donna era proprio testarda, e aveva anche una forza fisica assai superiore rispetto a quel che dava a vedere, nonché alla sua; non sarebbe mai riuscita a riavere i biscotti, non in quella maniera. Normalmente avrebbe lasciato perdere senza problemi, ma quelli erano biscotti alla cannella: un dettaglio che cambiava tutto.
Lei avrebbe negato se gliel’avessero fatto notare, ma a volte, quando c’erano in ballo sia questioni molto serie che mangerecce, Anise nel pensare più a queste ultime somigliava un po’a Beerus!
 
“Certo che è deboluccia” pensò Chichi, respingendo con immane facilità ogni inutile tentativo della lince. «Non te li restituisco, scordatelo, prima parla! Su, non ti chiedo tanto!» insistette.
 
A quel punto Anise parve rinunciare, con uno strano sorriso sul volto. «Se vuoi darmi il biscottino che hai tra le gambe, a me va bene lo stesso».
 
«COOOME?!» strillò Chichi, allibita, arrossita, e… senza più biscotti in mano.
 
«Tranquilla, sei una bella donna ma a me piacciono i maschi» disse Anise una volta tornata a sedere composta, infilandosi in bocca i biscotti recuperati «E i soli biscotti che mi interessino sono questi».
 
«Tu sei… tu sei… fai innervosire le persone peggio di quanto faccia Goku, e se c’è una cosa che Goku sa fare bene è proprio quella!» sbottò la donna «Eppure ti ho fatto una domanda abbastanza innocua, e a fronte di tutto quel che ti ho raccontato io non è nulla!»
 
«Non che io ti abbia mai chiesto di raccontarmi di come Majin Bu sia andato a finire in casa del tuo consuocero. D’accordo» concesse infine «rifai la domanda… se non hai perso di nuovo il filo del discorso».
 
«Com’era Lord Beerus quando lo hai conosciuto?» ripeté Chichi.  "Per aver notato che ha le iridi viola, deve averle guardate molto bene e molto da vicino" aggiunse mentalmente.
 
«Lord Beerus a quei tempi era…» fece una breve pausa, forse per scegliere con attenzione le parole «Divertente. Un po’scombinato, a volte perfino un po’buffo, ma non in senso negativo. Aveva anche un “qualcosa”, non so come definirlo, che riusciva a darmi… pace. Io non sono una che sorride spesso, non lo sono mai stata, avevo sempre un po’ di questo “male di vivere”, come lo chiamavano. Il Beerus di allora riusciva a farlo scomparire, e io sorridevo, ed era bello. Ecco com’era quando l’ho conosciuto, almeno per i primi due anni» concluse Anise «Spero che tu sia soddisfatta».
 
Chichi iniziò a chiedersi se, sotto sotto, Anise avesse più voglia di parlarne di quanto voleva far apparire. Prima evitava le domande, poi all’improvviso iniziava a parlare di sé: quella donna -lince era un controsenso continuo. «Ma se le cose stavano così, se tuttora ne parli in questo modo, cos’è successo negli anni seguenti?... tua sorella-»
 
«Ai tempi era viva e vegeta».
 
«Allora c’entra forse… lui ti aveva detto di essere il Dio della Distruzione, vero?» le chiese Chichi, sperando che continuasse a rispondere alle sue domande «Non è che per due anni te lo ha taciuto, e poi...»
 
«No. È stato molto onesto, e io rispettavo e comprendevo il suo ruolo. Nell’Universo serve equilibrio» continuò Anise «Troppa morte e distruzione lo trasformerebbero in una landa desolata, troppa vita finirebbe col consumarlo in termini di spazio e di risorse, entrambi limitati, e dunque a distruggerlo. Quello dell’ Hakaishin non è un compito facile, ma è necessario che qualcuno lo svolga, ed è toccato a lui. Solo che prima lo faceva con discernimento e con serietà, cose che già dai vent’anni in poi sono venute in buona parte a mancare, e ora niente, a quanto pare non ha problemi a distruggere un pianeta anche solo per un budino mancato».
 
Era brutto essere odiato, temuto e maledetto per il proprio lavoro, specialmente quando si era giovani com’era Beerus ai tempi; assumere il giusto distacco era doveroso per continuare a svolgere un simile compito senza sprofondare nella disperazione, ma ciò sarebbe stato diverso da “hai mangiato i miei budini quindi distruggo il pianeta”.
O almeno, così pensava Anise.
 
«E tu eri con lui mentre distruggeva pianeti…»
 
«Fosse anche così, sei tu che l’hai detto: non io!»
 
«ma-»
 
Un fascio di luce proveniente da fuori illuminò il salotto, ed entrambe le donne si alzarono di scatto per guardare fuori.
 
«È Whis… ed è da solo» osservò Chichi «Questo è strano».
 
«Meno di quanto tu creda» ribatté Anise, alzandosi dal divano per recarsi rapidamente fuori, dal nuovo arrivato. «Mi sembrerebbe strano se ti avesse mandato Lord Beerus, piuttosto sarebbe venuto qui di persona. Devo presumere che tu sia qui di tua volontà, e che lui al momento sia impegnato in altro?»
 
«Presume bene» confermò Whis «Per la precisione, si è addormentato dopo un’abbuffata colossale».
 
«Ehi! Si era detto che Anise doveva essere lasciata in pace fino a stasera» li raggiunse Chichi, parandosi davanti a Whis con le mani sui fianchi «Non ha alcun bisogno di ulteriori pressioni, chiaro?!»
 
«Ti ringrazio per la difesa, Chichi, ma credo che Whis sia venuto qui principalmente per dirmi quando e come sono “resuscitata”» disse la Lusan, mimando le virgolette «O almeno, questa sarebbe la cosa più sensata. Allora?»
 
Giusto, c’era anche quella questione, che Chichi aveva dimenticato tra chiacchiere varie, finte proposte oscene e descrizioni di tempi e rapporti lontani che suggerivano, forse, un po’di nostalgia. Capiva il perché di quella bugia, ma le faceva comunque un po’specie vedere la nonchalance con la quale Anise si preparava a mentire, e le faceva ancor più specie vedere Whis lì a concertare menzogne assieme a lei. Quella forse era la parte più strana di tutte: non che fosse coinvolto al momento, ma che si fosse lasciato coinvolgere milioni di anni prima!
 
«Non so se tu hai idea di chi sia Zamasu…» esordì Whis.
 
«Sì, la qui presente signora Son me ne ha parlato. Tra desideri e linee temporali ha fatto un bel disastro, ma cosa c’entra con me?»
 
«Un anno fa, Lady Anise, lei è resuscitata. È accaduto quando Zamasu ha espresso il suo desiderio di immortalità con le Super Sfere. Quello e le manipolazioni temporali hanno creato una strana interferenza che tra i suoi effetti ha avuto quello di riportare in vita lei e Rubedo, che le è immediatamente saltato dentro…»
 
«”Ru” chi?» domandò Chichi, alquanto perplessa, non sapendo nulla di quella faccenda.
 
«Grazie a questo è riuscita a lasciare il pianeta» continuò Whis, ignorandola «Poi si è impadronita di un qualche mezzo di trasporto, mentre “schiacciava” quel che restava di Rubedo. Infine è arrivata sulla Terra. Ecco tutto».
 
«Hai già dato questa versione a Lord Beerus?» gli chiese Anise.
 
«Sì!»
 
«E ha veramente creduto questa storiella che sta a malapena in piedi?»
 
«Sì!» confermò Whis.
 
«Sarà pure un Hakaishin ormai vecchio quasi come questo mondo, ma sotto sotto è rimasto il solito beag miamit» sospirò Anise, definendolo “piccolo ingenuo” nella propria lingua madre.
 
«Fortunatamente per noi, è così» annuì l’angelo «Del resto non ha avuto molte esperienze che potessero contribuire a “svegliarlo” un po’; ha passato tutto questo tempo a mangiare, distruggere, guardare anime su GodTube e dormire, soprattutto questo» si avvicinò a un orecchio della lince «Da dopo la sua “morte”, Lady Anise, ha iniziato a dormire più che poteva… e infine è diventata un’abitudine» le sussurrò.
 
«Una vita invidiabile» ribatté lei con aria impassibile, a voce altrettanto bassa. Qualunque fosse il motivo per cui lui le aveva dato quell’informazione, non intendeva dargli soddisfazione.
 
«Io rientro in casa» si fece sentire Chichi «Goten cena presto, e la preparazione del piatto che intendo cucinare per lui è piuttosto lunga e complessa».
 
E soprattutto era inutile restare lì fuori con quei due: avrebbe voluto stare ad ascoltare, ma a che pro tentare di farlo, se sussurravano? O sapendo che, se proprio non avessero voluto farsi capire, avrebbero potuto iniziare a parlare chissà quale lingua diversa da quella comune? Rinunciare non era da lei, ma in quel caso non c’erano molte alternative, e così fece, lasciando
soli in giardino i due .
 
«Eh, bien» Whis fece spallucce «La moglie del signor Goku è più discreta di quanto sembrasse».
 
«Ha solo rinunciato in partenza. Vuoi dirmi dell’altro, Whis? Magari hai una qualche idea geniale dell’ultimo minuto per evitare di finire a vivere tutti insieme appassionatamente nel caso…» “Questo Universo sopravvivesse” «Lo sai».
 
«Mi spiace, non ho alcuna idea. Più che altro, lei è proprio sicura di voler tornare a dividere il suo cammino e quello di Lord Beerus? Ho avuto modo di ascoltare cose che mi hanno instillato qualche dubbio. Lord Beerus non si è propriamente addormentato ora, sa?»
 
«Quell’arnese» Anise indicò il bastone che Whis teneva in mano «Dovresti infilartelo in un punto molto preciso».
 
«Oh, suvvia, non sia volgare! Non è colpa mia se ho sfiorato un nervo scoperto» disse l’angelo, facendo nuovamente spallucce.
 
«Quando mai ho detto che è un nervo scoperto? Non amo essere spiata o che quel che dico venga ascoltato in un secondo momento, tutto qui. Che razza di impiccione, è proprio vero che certe cose non cambiano mai» alzò gli occhi al cielo, innervosita «Sei il solito rompip-»
 
«A-hem» tossicchiò Whis.
 
«Rompisfere!» si corresse Anise «Va bene così? Sei un rompisfere!»
 
«In realtà no, non andrebbe bene ugual-»
 
«Sfere…» lo interruppe Anise, fissando il vuoto davanti a sé «Vero, ci sono le Sfere dei desideri!» esclamò, e si accovacciò sul prato, premendo sulle tempie con le dita di entrambe le mani.
 
Il classico sorriso di Whis era scomparso già da un pezzo, ma vedere Anise comportarsi in quel modo lo portò a inarcare leggermente un sopracciglio.
 
«Sfere -Sfere -Sfere…»
 
Quella posa della lince non gli era nuova, gli sembrava quasi di sentire gli “ingranaggi” del suo cervello lavorare alla massima velocità, e ciò non prometteva nulla che a lui potesse piacere.
 
«Whis» disse improvvisamente Anise, dopo circa un minuto «Quanti desideri permettono di esprimere le Sfere di questo pianeta?»
 
«Tempo fa uno, ora tre» rispose l’interpellato «Ma non vedo-»
 
«Ce l’ho!» esclamò la Lusan con sguardo febbrile negli occhi azzurro scuro, rizzandosi in piedi «Ho trovato una scappatoia!»
 
 
 
Ce l’ho! Ho trovato una scappatoia che viene incontro a tutti e due!
“A lei e Lord Beerus?”
“No, a me e a te”.
 
 
Era strano pensare che fosse davvero passato tutto quel tempo da allora, pensò Whis, perché era tutto così simile! Talmente simile che quasi si aspettava di sentirla proporre di nuovo una finta morte, ma era impossibile, giusto?
 
«Morirò di nuovo!» esclamò Anise.
 
Sbagliato.
L’aveva proposta davvero.
 
«Lady Anise, non intendo dire a Lord Beerus che ha avuto un altro incidente letale mentre lui non c’era, sarebbe stupido e inutile» disapprovò l’angelo «Per non parlare del fatto che nulla lo tratterrebbe dal cercare di riportarla in vita, e come pensa che potrei giustificare la cosa, quando il drago gli dirà che lei è già in vita?»
 
«Per ora limitati a starmi a sentire, poi commenterai» ribatté Anise «È un’idea un po’macchinosa, ma io credo veramente che possa funzionare, e tu in tutto questo dovresti limitarti a fare soltanto due piccole cose… nulla di complicato, te l’assicuro» minimizzò, con un cenno della mano.
 
«E se io mi rifiutassi?»
 
«Senti, mi rendo conto di non avere le idee troppo chiare su come comportarmi con Lord Beerus» ammise la lince «Ma nel caso arrivassi a capire che non è proprio il caso di tornare a camminare con lui lungo la stessa strada, saresti davvero così ansioso di avermi attorno contro la mia volontà? Col rischio che dopo qualche bicchiere di troppo mi scappi detto quel che non dovrebbe, cosa che farebbe finire nei guai entrambi?»
 
«Allora aveva ragione lui, a dire che non era un “no” completo» commentò Whis.
 
«La mia domanda è: nel caso diventi un “no” completo, e al Torneo vada tutto liscio per questo Universo, hai voglia o no di evitarti una seccatura?» gli domandò lei, ignorandolo.
 
La risposta sincera di Whis sarebbe stata sì, certo che ne aveva voglia, ma prima era meglio farsi dire con esattezza in cosa consistesse il piano. Nulla escludeva che il rimedio fosse peggiore della malattia, se comprendeva un’altra finta morte. «Dipende da come suddetta seccatura verrebbe evitata».
 
«Cercherò di essere chiara e concisa. Scenario: il settimo Universo ha vinto il Torneo. Torniamo tutti qui, sulla Terra, perché presumo che i guerrieri vadano riportati a casa e che Lord Beerus voglia festeggiare spazzolandosi un intero buffet da solo. Ci sei?»
 
«Ci sono» annuì l’angelo.
 
«Qui entri in scena tu» continuò Anise «Con la prima delle due piccole cose che dicevo: lo devi addormentare per un’oretta in qualche maniera, magica o non magica, è a tua discrezione. In questo lasso di tempo io raccoglierò le Sfere. Sono di vetro, hanno una superficie riflettente, grazie alla Dimensione degli Specchi posso trovarle abbastanza in fretta
» proseguì «Una volta raccolte le porterò all’altro capo del pianeta ed evocherò il drago, grazie ai racconti di Chichi so come si fa. I miei tre desideri saranno: che crei un corpo uguale identico al mio, al quale manchi solo un’anima per vivere» sollevò il pollice «Che la mia anima, la mia coscienza e i poteri che derivano da quel che rimane di Rubedo vengano trasferiti nel nuovo corpo» sollevò l’indice «E infine, che a un’ora e mezzo a partire da quel momento avvenga esattamente l’inverso, ossia che coscienza, anima e poteri tornino nel mio corpo originale. Ritieni che le Sfere di questo pianeta possano esaudire questi tre desideri?»
 
«Sì. Però non riesco ancora a capire bene dove tu voglia andare a parare… forse perché non sono neppure sicuro di volerlo capire davvero» aggiunse, piano.
 
«Espressi i tre desideri metterò il mio corpo originale momentaneamente privo di vita nell’astronave -
per inciso, quella che mi fornisti tu milioni di anni fa- che mi sarò portata dietro in una capsula» proseguì Anise «Poi tornerò qui, grazie alla Dimensione degli Specchi, e uno di noi due sveglierà Lord Beerus. Un’ora e mezza dopo, il mio “essere” tornerà nel corpo originale, e quello nuovo cadrà a terra morto, o meglio, svuotato. Io mi risveglierò nell’astronave, e partirò immediatamente alla volta dell’Universo Cinque, che mi era piaciuto. E no, Lord Beerus non se ne accorgerà… perché sarà troppo impegnato a tenere tra le braccia quella che crederà essere la mia salma».
 
Esattamente come aveva temuto: quando la lince assumeva quella posa mentre rimuginava, non c’era da aspettarsi alcunché di buono. «Macchinoso e inutile: stesso problema di prima, lui tenterebbe di riportarla in vita. Mi aspettavo qualcosa di meglio».
 
«Non può riportare in vita un corpo che, di suo, non ha mai avuto anima… e qui entri di nuovo in scena tu. Dirai “Non riesco a trovare l’anima appartenente a questo corpo, non esiste più”» gli suggerì Anise «E aggiungerai “Temo sia dovuto al modo in cui è tornata in vita. È accaduto in seguito a un errore, a un’interferenza tra eventi temporali e potere magico che va al di là della nostra comprensione. La magia stessa ha infine rimediato all’errore, cancellando completamente la sua anima nel processo. Neppure le Super Sfere possono annullare qualcosa in cui sono coinvolte loro stesse”. Non potranno contraddirti, perché non era mai successo che qualcuno resuscitasse per le motivazioni che tu hai dato nella balla cosmica che hai detto a Lord Beerus; nessuno sa cosa sia normale e cosa no. Ecco» concluse la Lusan «Così ti sembra meglio, Whis?»
 
Il volto estremamente serio dell’angelo la diceva già molto lunga su cosa pensasse di tutta quella faccenda. «La sua idea potrebbe funzionare, sì» concesse «Lei se ne andrebbe liberamente nell’Universo Cinque e io non avrei seccature di alcun genere. Però voglio essere totalmente onesto: se lei da giovane non mi piaceva troppo, e non mi piace tuttora, è soprattutto per cose come questa. La mia posizione è diversa dalla sua, la mia specie è diversa, il mio “sentire” è inibito, ma per lei non vale lo stesso discorso, e per Lord Beerus neppure. Mi stupisce il contrasto tra quel che ha detto prima a Lady Chichi -e confermato a me- e la sua capacità di concepire simili idee, sapendo benissimo cosa comporterebbero per lui. Se questo è “non voler danneggiare nessuno”, non oso immaginare cosa sia per lei volerlo fare».
 
«Ho capito quel che vuoi dire, e proprio per questo non devi credere che un smile piano mi piaccia. È una possibile scappatoia, ma non è detto che finisca a usarla davvero, indipendentemente dal Torneo: non so come andrà stasera, non so cosa dirà o farà Lord Beerus, né cosa dirò o farò io» ribatté lei «Ma la consapevolezza di avere un modo per uscirne mi concede una scelta, ossia qualcosa che fino a poco fa non avevo. Quel che potrebbe svilupparsi se le cose finissero come lui desidera poggerebbe su una grande bugia vecchia milioni di anni, ma non sulla rassegnazione, e sono in grado di sostenere una bugia, per grande che sia».
 
«Di questo sono consapevole. Lo era in gioventù, invecchiando poteva solo migliorare» replicò Whis, asciutto.
 
«Detta così sembro una brutta persona, cosa che non sono, almeno non del tutto. Voglio solamente vivere meglio che posso e trovare quanto di più simile ci sia alla “pace”, in un modo o nell’altro».
 
«Se poi il prezzo di questa “pace” lo pagano altri, è anche meglio» aggiunse Whis.
 
«Non ho mai detto che sarebbe semplice, per nessuno. Credo sia il caso che tu ora vada» disse Anise «Come hai detto, Lord Beerus non si è addormentato poc’anzi».
 
Dopo ciò non disse altro, e Whis neppure; rimasero a fissarsi soltanto qualche istante, prima che l’angelo battesse il bastone a terra e scomparisse nel fascio di luce bianca con cui era apparso.
 
Anise fece un lungo sospiro, visibilmente sollevata che quella conversazione fosse finita.  Da un lato era contenta di aver trovato una soluzione che potesse funzionare, ma dall’altro non aveva mentito dicendo che metterla in pratica non sarebbe stato semplice -non a livello emotivo, almeno.
Fingersi morta la prima volta pur sapendo cosa avrebbe comportato era stato già meno arduo, perché si erano messi in mezzo l’odio e la rabbia, ma farlo adesso sarebbe stato diverso: quei due sentimenti erano svaniti da tempo, e i restanti erano molto confusi.
 
«Di positivo su Beerus c’è da dire che lui, invece, sa sempre benissimo quello che vuole» mormorò, rivolta al nulla.
 
«Whis è andato?» domandò Chichi, uscendo di casa «Ho visto un lampo bianco».
 
«Hai visto bene. Mi ha detto quel che doveva dirmi, e fino a stasera sono a posto» disse la lince, ostentando la più totale tranquillità.
 
«Beh, buono a sapersi» commentò la donna, non sapendo cos’altro aggiungere.
 
Era effettivamente stata discreta, limitandosi a dare un’occhiata ogni tanto da lontano, senza poter sentire quel che la lince e Whis si erano detti. Il momento più bizzarro era stato quando Anise si era accovacciata a terra, nemmeno fosse stata preda di un qualche mal di testa, ma di certo non poteva chiederle spiegazioni!
 
«La cosa buona è che ora ho una scelta, Chichi».
 
«Davvero?» si stupì quest’ultima «Whis ha trovato una soluzione?»
 
«Non lui, io stessa. Poterlo insultare a volte è d’ispirazione!» esclamò Anise, riuscendo perfino a fare qualcosa che somigliava a un breve sorriso.
 
Restava da superare soltanto l’ultimo scoglio ormai, ossia lo stesso Lord Beerus… e avrebbe mentito, dicendo di avere idea di come sperava che andasse.
 










Niente, a quanto pare Anise e L Lawliet hanno una posa più o meno in comune.
A parte gli scherzi, mi rendo conto che è un capitolo più di chiacchiere che di altro, ma volevo mostrare un lato o due di Anise che ancora non erano venuti a galla per bene.
Detto questo lascio a voi eventuali giudizi e anche un disegno malfatto dei miei.




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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


6

 

 

 

 

 


♦♦  Varie centinaia di milioni di anni or sono… ♦♦
 
 
 
 
«Giuro che non avrò mai altre che te, finché avrò vita».
 
«Abbiamo solo vent’anni, e tu sei immortale».
 
«Non vedo il problema, lo sarai anche tu!»
 
«…hm».
 
Il giovane Hakaishin la guarda, mascherando con un sorriso la vaga inquietudine che inizia a serpeggiare nel suo petto. «Anise, devo preoccuparmi? Pensavo che volessimo farlo, insomma, tu… non hai cambiato idea, vero?»
 
Un brevissimo momento di silenzio e la lince solleva lo sguardo, mentre la presa sulle mani di Beerus si fa più decisa. «No, è solo… tu sei proprio sicuro? Whis aveva detto di aspettare».
 
«Sì, ma ho io l’ultima parola! Non importa se siamo giovani, io non cambierò mai idea. So che la mia Neiē puoi essere solo tu. Whis deve farsi gli affari suoi, è una cosa che riguarda noi e quel che vogliamo, non lui».
 
Lo dice con tale incrollabile sicurezza da indurla quasi a pensare che un lieto fine come sua Neiē -compagna per l’eternità- sia possibile, nonostante la giovanissima età in cui lei e un dio si stanno scambiando un simile voto. «Io-»
 
Si sente un rumore sordo e Beerus crolla in avanti tramortito, finendo tra le braccia di Anise.
 
«Più gli dico di aspettare a fare qualcosa, più ha fretta di farla! C’è ben poco peggio di un Hakaishin a malapena ventenne. Per fortuna ha preso tempo, Lady Anise» sospira Whis, e solleva il suo allievo con la magia «Lei è la sua Iarim Neiē» “futura” Neiē «È già molto ufficiale così, e per adesso è sufficiente. Concorda?»
 
I sentimenti sono forti, ma quella che avrebbe finito per commettere se Whis non fosse intervenuto resta una grossa imprudenza in cui non è da lei cascare. Anise lo guarda negli occhi e, sentendosi un po’sollevata e proprio per questo altrettanto in colpa, annuisce. «Concordo. Beerus però ha già giurato, conta?»
 
«Lui magari si sentirà vincolato, ma tecnicamente non lo è. Non è stato reciproco».
 
Un ben poco romantico “Capisco” di Anise conclude il tutto.
 
 
 
 
♦♦  Il presente ♦♦
 
 
 
 
«Bastardo che sei» bofonchiò Lord Beerus all’indirizzo di Whis, per poi fare uno sbadiglio.
 
«Prego?»
 
Whis si stupì non poco per quell’epiteto ingiustificato che il suo Hakaishin gli aveva rivolto appena sveglio, e anche se non si notava iniziò a sentirsi leggermente agitato. Che Beerus avesse avuto un altro dei suoi sogni profetici sul futuro, e avesse visto la messa in atto del machiavellico piano di Anise?
No, si disse subito dopo, non poteva essere per quello, fosse stato così non sarebbe stato tanto calmo.
 
«Ho fatto un sogno ambientato nel passato…»
 
«Non c’è da stupirsi, visto quant’è accaduto oggi» si affrettò a dire Whis.
Non gli risultava che Lord Beerus fosse in grado di fare anche sogni diversi da quelli premonitori -o da quelli veri e propri- ma non era detto che fosse davvero così: quelle riguardanti i sogni non erano abilità comuni tra gli Hakaishin, erano un’esclusiva che Beerus non condivideva neppure con Champa, e che nessuno si era curato di sviluppare o conoscere a fondo.
 
«Ricordi la volta in cui lei stava per giurare a sua volta, e tu mi tramortisti?»
 
Bulma e compagnia erano impegnati a farsi i fatti propri, per fortuna, e non stavano ascoltando. Ormai erano talmente abituati ad averli lì sul terrazzo che in certi momenti facevano sì e no caso alla loro presenza, e a Lord Beerus in quel momento stava più che bene.
 
«Ricordo».
 
«Ho sognato che ti lamentavi della mia fretta, e dicevi era già tutto abbastanza “ufficiale”. Lei ha concordato, e sembrava perfino sollevata, ancor più quando le hai detto che il mio giuramento non era valido -il che è opinabile. Che sogno stupido» sbuffò «Ma al di là di quest’assurdità, tu mi hai tramortito sul serio. Da qui, “bastardo”».
 
“Doveva iniziare a sognare il passato proprio ora?!” pensò Whis “Fortunatamente non crede nemmeno lui in quello che ha visto, il che mi consente di stroncare la cosa sul nascere”. «Ha fatto proprio un sogno bizzarro, Lord Beerus, non è certo andata così».
 
«Ovvio, questo lo so» ribatté il dio «Quanto manca? Quel maledetto sole è ancora troppo alto, per i miei gusti!»
 
“Quasi quasi…”
 
«Non starà pensando di distruggere il sole per far sì che diventi tutto buio, spero!» lo rimproverò Whis «Sono le nove, siamo alla fase clou del tramonto, ormai».
 
«Se anche fosse come hai detto, avrei tutto il diritto di farlo sparire. Sono o non sono il Dio della Distruzione?»
 
«Oh, non dica sciocchezze! I terrestri non potrebbero sopravvivere senza sole, il che significherebbe dover rinunciare alla pizza, al sushi, al ramen, al daifuku, al gelato…» elencò l’angelo «Considerando quel che potrebbe accadere, mi sembra assurdo farlo prima del tempo».
 
«Menagramo!» sibilò Beerus.
 
«Realista» replicò Whis.
 
Il dio si passò una mano sul volto. «Sento di star sprecando tempo, cosa che mi fa innervosire, e al pensiero di essere innervosito mi innervosisco ancora di più!»
 
Tra l’idea del Torneo e il dover attendere, anche se ormai mancava poco, gli sembrava di star diventando matto. Non lo dava a vedere, guardandolo non lo si sarebbe notato, ma aveva una gran voglia di prendersi a pugni il cranio -o di prendere a pugni il cranio di qualcun altro- pur di sfogarsi in qualche modo.
 
«Nessun impedimento fisico o inerente a questioni di importanza universale glielo impedisce, né glielo impediva prima. Vuole andare? Vada!» disse Whis, facendo spallucce.
 
Beerus strinse i pugni. «A volte ho l’impressione che tu tragga soddisfazione dal mettermi in certe situazioni!»
 
«Io non ho fatto nulla, ci si è messo da solo. Non che sia una novità» aggiunse l’attendente, con voce leggermente più bassa come a “non volersi far sentire”.
 
«Non intendo darti spago, in questo momento ho altro per la testa, e in generale non ne vale la pena» si massaggiò le tempie «Io qui, e lei in casa di Goku…»
 
«In verità, è tornata a casa propria» lo informò Whis «Dieci minuti fa».
 
Lord Beerus si voltò di scatto verso Whis, pensando che saperla ancor più vicina di quanto fosse prima non lo stava affatto aiutando a resistere al “Vai!” urlato da ogni fibra del suo corpo. «E tu me lo dici adesso?!»
 
«Non volevo metterla in agitazione, Lord Beerus».
 
«Ma quanta premura! Basta. Io vado» disse il dio, alzandosi bruscamente dal lettino «Non intendo aspettare oltre, l’ho fatto già a sufficienza».
 
«Lord Beerus, se ne sta andando?» gli domandò Bulma, accorgendosi delle sue mosse.
 
«Sto decidendo se distruggere o meno il vostro sole, e mi serve un luogo tranquillo, privo di chiacchiere e schiamazzi di bambini» rispose «Quindi sì, me ne vado».
 
«Decida per il meglio, mi raccomando. La casa di Anise comunque è quella laggiù!» esclamò, indicandone una a poca distanza.
 
«Bulma! Non impicciarti!» sbottò Vegeta.
 
Per un attimo Beerus fu fortemente tentato di disintegrare quella donna che più volte si era dimostrata tanto insolente, ma infine lasciò stare, e si alzò in volo senza proferire verbo, puntando dritto verso casa di Anise. La sfrontatezza di Bulma era un’altra cosa per la quale in quel momento non valeva la pena perdere tempo.
 
«Ma se lo seguissimo?... io sono un po’curiosa di vedere come andrà a finire, dopo tutto il trambusto di oggi» ammise la scienziata.
 
«Può finire in una sola maniera, ossia quella che desidera Lord Beerus. Lei non può uscirne» commentò Vegeta.
 
«Non lo dia per scontato, signor Vegeta! Se c’è qualcosa in cui Lady Anise è abile è proprio “uscirne”» lo contraddisse Whis, dando l’assalto a un cosciotto di carne arrosto.
 
«Significa che quando era da Chichi ha trovato un modo?!» si stupì Bulma «E come… aspetta: prima allora, quando Lord Beerus dormiva, non sei andato di nuovo al parco per prendere un altro gelato! Sei andato da lei a esporle la tua idea!»
 
«La “mia” idea?» Whis sollevò un sopracciglio «Non le ho esposto idee, ne ha già abbastanza per conto suo. Sia come sia, ora ha una scelta, e immagino che l’esito dipenda da come andrà stasera. Se andrà come desidera Lord Beerus, lui avrà quello che vuole… in caso contrario, è probabile che domani notte debba dargli un colpo in testa prima che distrugga la Terra senza neppure volerlo».
 
«COME SAREBBE?!» gridò Bulma «Se è così, allora quella benedetta lince deve fare quello che vuole Lord Beerus! Vedesse di comportarsi bene, non esiste che la Terra venga distrutta per colpa delle loro beghe, non se ne parla proprio, non può permetterlo!»
 
«Per quel che le importa, può permettere questo e altro» replicò Whis, con semplicità.
 
«Come mai potrebbero esserci problemi simili “domani notte”, se si incontrano adesso?» indagò Vegeta, che ancora ignorava la posta in gioco al Torneo.
 
«Perché prima di allora non varrebbe la pena fare alcuna mossa. Questa sera dovrebbe andare tutto piuttosto bene, ma la verità salterà fuori soltanto domani notte» rispose l’angelo «Ma credo sia inutile continuare a parlarne ora. Piuttosto dovremmo pensare ai guerrieri che mancano per il Torneo! Potete ricordarmi a quanti ammontano quelli trovati finora?»
 
«Sicuri siamo io, Kaaroth, Gohan e Junior, C18 e suo marito… e a quest’ora Kaaroth dovrebbe aver convinto Majin Bu. Sette» disse Vegeta «Domani dovrebbe riuscire a portare qui anche gli ultimi tre».
 
«Ottimo».
 
 
 



 
 
Il giardino attorno alla casa che Anise aveva scelto come residenza sulla Terra era grande quanto quello di Bulma, ma decisamente più incolto. C’erano zolle di terra verde inframezzate da altre su cui non cresceva un filo d’erba, grossi sassi sparsi ovunque lungo sentieri naturali creatisi tra cespugli di bacche e di rovi, e grossi alberi dalle ampie chiome, alcuni in parte soffocati da piante rampicanti, in grado di tenere tutto e tutti al riparo dal giorno.
 
“E lei è qui fuori, la percepisco”.
 
Quello fu l’ennesimo salto indietro nel tempo per Beerus, al quale tutto ciò ricordava la foresta dov’era vissuta Anise una vita fa. La domanda più logica da farsi sarebbe stata dove avesse trovato il denaro per comprare la proprietà, lui invece si chiese soltanto se il paesaggio avesse influito o meno sulla scelta.
 
Volle addentrarsi tra gli alberi, sempre volando: avrebbe potuto agire diversamente, ma si disse che se ormai si era tuffato nel passato, tanto valeva annegarvi completamente dentro. Non rischiava certo di perdersi in un posto simile, e comunque l’aura di Anise lo stava guidando.
Fu tanto agile e veloce che nessuna sterpaglia riuscì a sfiorarlo mentre volava attraverso gli alberi, diretto verso un chiarore rosso-aranciato sempre più intenso, e infine rispuntò in quella che sarebbe stata una radura, se non avesse avuto al centro un grosso albero privo di foglie -morto, forse?- che proiettava un’ombra somigliante a una mano scheletrica protesa verso di lui.
 
Quello e la luce rossastra creavano un’atmosfera degna di un brutto sogno, ma ciò che rese tutto ancor più irreale fu vedere Anise dondolarsi in piedi su un’altalena legata proprio a un ramo di quell’albero morto.
 
“…”
 
Per qualche istante non riuscì a fare altro che restare immobile a fissarla, preda di pensieri assurdi tipo “Ecco, ora la terra si aprirà e inghiottirà lei e l’albero, e lei morirà di nuovo, e di nuovo io non riuscirò a fare nulla per salvarla”; per fortuna si riscosse abbastanza in fretta, dandosi anche dell’imbecille per essersi lasciato suggestionare a tal punto. «Mi ero giusto domandato come mai avessi scelto di vivere proprio in questo posto» esordì «Credo di aver avuto la risposta che cercavo».
 
«Sono un’Anise semplice: vedo un’altalena, ci salgo» replicò lei, senza smettere di dondolare «Non ricordo se quel che ho appena detto è o no farina del mio sacco».
 
«È un’uscita delle mie. Di una vita fa» riuscì a dire il dio «Anche se al momento mi sembra più l’altro ieri».
 
«Lei non è il solo a pensarla così, devo ammett-»
 
«Anise, non darmi del “lei”. Te l’ho detto prima, te lo ripeto adesso» disse, e volò più vicino «Non lo fare. È un’assurdità».
 
Lei non rispose.
 
«Vederti dondolare così mi riporta alla mente molte cose» riprese l’Hakaishin.
 
«Incontrarci qui non è stata una cosa voluta, ti aspettavo dopo il tramonto» ribatté la Lusan, senza biasimo nella voce «Bada bene, non è un rimprovero. A dirla tutta hai resistito più di quanto credessi: immaginavo che mi avresti raggiunta subito, ma non l’hai fatto, e questo mi ha sorpresa. In bene».
 
«Avevi detto di voler essere lasciata in pace fino a stasera. Non si dica che non presto attenzione ai tuoi desideri» disse Beerus, con un filo di sarcasmo più del dovuto, imputabile al nervosismo accumulato durante l’attesa. «Anche se, in verità, avevo già aspettato abbastanza. Centinaia di milioni di anni, più o meno».
 
In tutto questo fu solo il dondolio dell’altalena a cambiare, rallentando, mentre l’espressione di Anise non subì mutamenti di alcun genere. «Centinaia di milioni di anni» ripeté lei, lentamente «E vari tipi di Sfere dei desideri in circolazione. Hai avuto molto tempo a disposizione per riportarmi in vita, ma non l’hai mai fatto, quindi non lo volevi poi così tanto… e ora ti lamenti?»
 
Si riteneva una carogna nel fargli un rimprovero simile, sapendo di non essere mai morta, ma al momento Anise riteneva risultare credibile più importante di come si sentiva lei, dunque la reazione doveva essere adeguata.
 
Sul volto del dio, per un singolo attimo, era comparsa un’espressione degna di qualcuno accoltellato al petto; l’abitudine a nascondere certi tipi di emozione però riuscì a restituirgli compostezza subito dopo, e scese a terra. «Ho saputo delle Super Sfere molto tardi, perché Whis prima non me ne ha parlato affatto, e il resto delle Sfere dei desideri è stato creato in tempi più recenti. Inoltre, ti ho già detto che Whis era già riuscito a convincermi ad andare avanti, per il mio bene. Col tempo ero riuscito più o meno a farmene una ragione, ed era un mio diritto farlo: non puoi rimproverarmelo».
 
«Io infatti ti ho rimproverato le tue lamentele che, se eri riuscito a fartene una ragione come dici, non hanno ragione di esistere».
 
L’altalena ormai era ferma, e Anise era in piedi lì sopra a guardarlo, impassibile, oscurandolo con la sua ombra. Non era un bel momento per Beerus, che non aveva idea di cosa le passasse per la testa. Se provava rabbia, lui avrebbe preferito che gli urlasse contro, e se provava odio, lui avrebbe preferito che lo insultasse; qualunque altra cosa sarebbe stata migliore di quella chiusura… ma “qualunque altra cosa” non sarebbe stata da Anise, che in momenti come quello aveva sempre fatto così. «Non avrei voluto che il nostro incontro iniziasse in questo modo… ma poteva andare peggio».
 
La lince si mise a sedere. «Tu vuoi che dica “poteva piovere”, vero?»
 
Lord Beerus si strinse nelle spalle. «Che devo dirti, ci ho provato!»
 
«“Poteva piovere”».
 
Era il segnale di una distensione, seppur piccola, e il dio l’accolse con un lieve accenno di sorriso. «Avevamo entrambi ragione nel dire che non siamo migliorati, riguardo le uscite infelici».
 
«Eravamo messi in un modo tale che potevamo soltanto peggiorare. Comunque» fece una breve pausa «Mi scuso per aver “dato spettacolo”, qualche ora fa. Fuggire bestemmiando, ubriacarmi, mettere in piazza la faccenda di mia sorella e tutto il resto è stato molto increscioso da parte mia».
 
«Sì, abbastanza, ma non pensarci più sopra. Piuttosto, riguardo la nostra breve conversazione nella Dimensione degli Specchi…hai presente, no?»
 
«Quella in cui ti ho detto di lasciar perdere e tu hai detto che non se ne parla? Sì, ho presente».
 
Certe volte Anise, quando voleva farlo, rendeva veramente difficile parlare con lei, “chiusura” o meno; già per Beerus era arduo, visto l’argomento, ma se lei si comportava in quel modo diventava quasi impossibile. «Non me lo rendi facile, Anise, per nulla!»
 
«Sicuro, perché invece per me è una passeggiata al parco».
 
«Falla finita! Tu dovresti-»
 
«Stai per dire che “dovrei sentirmi onorata del fatto che una divinità dedichi del tempo a me”? Perché se è così, puoi anche andartene via subito».
 
Effettivamente le parole che Beerus stava per dire erano proprio quelle, per colpa del nervosismo, dell’orgoglio da divinità e quello puramente personale, dell’abitudine, e anche del profondo desiderio di poter parlare veramente con lei, semplice quanto insoddisfatto. «Stavo per dire che devi smetterla di nasconderti dietro queste dannate risposte sarcastiche. Non so se te l’hanno mai detto, ma se vuoi che qualcuno ti ascolti devi prima parlargli chiaramente, perché se non lo fai poi non puoi lamentarti di nulla!»
 
Anise scese dall’altalena e si alzò in piedi. «Le volte in cui ti rimproveravo qualcosa non ero abbastanza chiara, allora? Le volte in cui ti ho detto, per esempio, “Ero la Iarim Neiē di Beerus, ma ora mi sento la proprietà del Dio della Distruzione” ho espresso un concetto troppo astruso?» fece un altro passo «Oppure, quando ti facevo notare che avevi distrutto un pianeta per futili motivi -cosa che inizialmente non facevi- non ero abbastanza diretta, signor “Sono un Hakaishin e ne avevo il diritto, quindi non ti riguarda”?» avanzò di nuovo, avvicinandosi ancor di più al dio «Io parlavo chiaramente, ma tu recepivi solo quel che volevi, e non sono sicura che questo sia cambiato».
 
«Se non sei sicura allora dammi modo di confermarlo o di smentirlo, magari senza essere prevenuta come sei stata finora» ribatté lui.
 
«Quando qualche ora fa nella Dimensione degli Specchi ho espresso il mio scarso entusiasmo e poca convinzione, tu hai risposto che le mie erano sciocchezze. Non è “essere prevenuta”, mi baso su quello che ho visto e sentito».
 
«Non ti è venuto in mente che magari l’ho detto semplicemente perché rivoglio al mio fianco la mia Neiē?» sbottò il dio facendo uno sforzo sovrumano nell’esporsi così tanto, in un clima simile «È davvero una cosa tanto difficile da capire?!»
 
«Non sono mai-»
 
«No, non venirmi a dire cose del tipo “Non sono mai stata la tua Neiē”, perché sai benissimo quanta importanza do a quel giuramento. Ti considero la mia Neiē adesso, ti consideravo tale anche allora, e ho continuato a farlo sempre. Sempre!» esclamò afferrandole le braccia, distese lungo i fianchi «In tutto questo tempo non ho frequentato altre, non ho avuto altre Iarim Neiē, non le ho neppure cercate, anche quando era passato tanto tempo da riuscire a mettere da parte quanto accaduto…»
 
Ormai aveva iniziato, e non riusciva a fermarsi, forse perché quelle parole erano lì già da troppo tempo per restare ancora non dette… e comunque non lo stava guardando o sentendo nessuno se non l’interessata, quindi il suo onore e il suo orgoglio erano salvi.
 
«Non sarebbe mai stato lo stesso» proseguì «A che pro cercare altrove? Ho rivolto il mio interesse al cibo, alle dormite, ai video di GodTube e alla distruzione, ma non volevo un’altra compagna, io avevo già una Neiē, ed eri tu! Anche se non c’eri più, anche se eri morta senza che io facessi nulla… perché dormivo!» fece una risata che aveva poco di savio e nulla di allegro «Io dormivo e tu morivi, sono un dio ma non sono neppure riuscito a fare una cosa semplice quale essere lì per salvarti, e non ho potuto neppure parlarti un’ultima volta per cercare di sistemare le cose, e-»
 
«Beerus» Anise gli prese il volto tra le mani «Sono viva, sto bene e sono qui con te. Quel periodo è passato molto tempo fa, non pensarci più sopra, d’accordo?»
 
Tanto bastò a Lord Beerus per ritrovare il contegno perso, e con esso una punta di vergogna. «Credo… ho dato io spettacolo, questa volta».
 
«Non hai dato spettacolo, qui ci siamo solo noi due, e io non andrò a raccontarlo in giro. Credo sia una di quelle cose che non racconterei nemmeno dopo due bottiglie di vino, ma nel dubbio eviterò di bere almeno fino a dopo il Torneo. Sempre ci sarà un “dopo”» aggiunse la Lusan, facendo scorrere le mani dal viso al petto.
 
L’incontro non era iniziato bene, ma Beerus aveva cominciato a pensare che Anise non lo odiasse poi così tanto: se così fosse stato si sarebbe comportata diversamente, dopo averlo visto perdere compostezza come aveva fatto. «Come ho già detto oggi, deve esserci per forza. Deve».
 
La lince mosse leggermente le orecchie, pensierosa. «La prospettiva di essere cancellato ti spaventa davvero così tanto?»
 
«Ma che domanda è?» allibì il dio «Sarebbe anormale non provare paura all’idea, se mai! Non sarebbe come quando si finisce nell’aldilà, smetteremmo completamente di esistere. Dopo tutto questo tempo che sono in vita, non riesco neppure a immaginare come sarebbe la non esistenza».
 
«Non c’è bisogno di immaginarla, perché non “sarebbe”, semplicemente» disse Anise «Non avremmo neppure modo di dispiacerci per come sono andate le cose».
 
Nel sentirle dire simili parole, Lord Beerus si inquietò non poco. «Non dirlo nemmeno per scherzo, e tantomeno col tono di chi quasi ci spera. Ci sono tante cose per cui vale la pena restare in vita… come tutti i cibi che non abbiamo ancora provato, per esempio!»
 
«Beerus! Io credevo che stessi parlando seriamente!»
 
«La pizza è una cosa seria» ribatté lui.
 
«Beerus» Anise fece facepalm «Ti preg-»
 
«Ah! Quello era un sorriso, lo ho visto!»
 
«Hai visto malissimo» negò lei, voltandosi dalla parte opposta per nascondere… un sorriso.
 
«Allora perché ti sei girata dall’altra parte?» insistette, poggiando la testa su una spalla della lince «Eh?»
 
Non stava facendo lo scemo tanto per gradire, ma perché si era reso conto che insieme ad Anise era resuscitata anche quella specie di malinconia che i Lusan chiamavano “male di vivere”, che lui aveva notato anche allora, e che lei non gli aveva mai nascosto.
Dai venti ai ventidue anni aveva finito col dare alla cosa meno peso -era abbastanza onesto da ammetterlo- dicendosi che quei momenti semplicemente andavano e venivano da soli, e lasciando che li gestisse per conto proprio, ma forse si era sbagliato; nel dubbio, avrebbe cercato di non commettere lo stesso errore un’altra volta.
 
«Magari mi sono voltata perché volevo guardare l’albero» replicò Anise.
 
«Non capirei perché, un albero morto non è molto interessante».
 
«Guarda che non è affatto morto» lo contraddisse lei «In questa stagione non ha foglie, contrariamente al resto delle piante che vedi,  ma tornano tutte… al momento giusto. È un albero vivo e vegeto».
 
«Vivo e Vegeta!»
 
Quello, per la Lusan, fu il terzo facepalm della giornata. «Sempre peggio! Dov’è Whis, quando serve che ti dia una botta in testa?»
 
«Lascia perdere Whis, prima mi ha fatto innervosire non poco già solo per avermi detto in ritardo che eri qui. Anise, ascoltami» esordì, tornando molto serio «Pur non avendo una gran memoria, posso ricordare senza alcuno sforzo che c’è stato un tempo in cui eravamo felici, molto felici. So che poi le cose sono finite male, so che sono passati centinaia di milioni di anni sia per me qui che per te dall’altra parte, e nonostante l’impressione di essere tornato indietro nel tempo so che non siamo più dei diciottenni, ma io credo veramente che si potrebbe ricostruire qualcosa, se lo volessimo tutti e due».
 
Anise non disse nulla.
 
«Tu vuoi?» insistette Beerus.
 
«Dopo le volte in cui sono stata a lamentarmi per la poca considerazione data a quel che voglio io, mi prenderei a schiaffi da sola per quanto sto per dire… ma in tutta onestà, non lo so» ammise «Avrei bisogno di tempo per capire se è veramente il caso, tempo da passare anche con te, oltre che da sola. Tempo che non abbiamo».
 
Il dio non tolse la testa dalla sua spalla, e lei non lo allontanò, restando semplicemente in attesa.
 
«Avrei preferito un’altra risposta, ma se non altro non sei di nuovo scappata via bestemmiando. È già un miglioramento» sospirò Beerus «E considerando che hai detto di voler passare del tempo col sottoscritto, potrei perfino arrivare a pensare che sia un successo».
 
«L’hai presa meno peggio di quanto pensassi. E se invece ti avessi detto che non volevo saperne affatto?»
 
«Beh, non l’hai detto. Perché parlarne e scatenare un potenziale processo alle intenzioni basato su “se” e “ma”?»
 
L’attimo di silenzio della lince gli fece pensare di aver commesso un errore…
 
«Non c’è nulla di più stupido che un processo alle intenzioni, hai ragione».
 
Fortunatamente però sembrava essersi sbagliato, e tanto meglio così. «Lieto di trovarti d’accordo».
 
«Stavo pensando, perché tanto che ci siamo non andiamo in casa? Bulma mi ha portato una torta al limone in tarda mattinata, è buona, possiamo finir-»
 
Per qualche istante Anise non sentì più la terra sotto i piedi, e il mondo attorno a lei divenne confuso. Quando tutto tornò a posto, si ritrovò davanti alla porta principale di casa propria.
Beerus era veramente una saetta, quando c’era di mezzo del cibo.
 
«Non ho mai mangiato una torta al limone!» sentì esclamare Beerus «Hai detto che è buona, ma poi? È molto dolce? Poco dolce? Dolceamara? E la consistenza? È molto compatta? Spumosa?»
 
Anise fece un lungo sospiro, non infastidita, ma rassegnata al fatto che certe cose non cambiavano veramente mai. «Noto che l’abitudine di bombardare la povera gente di domande culinarie non ti è passata neppure dopo tutto questo tempo».
 
«Che sapore ha una torta al limone?!» insistette il dio, mentre entravano in casa insieme «Dimmelo!»
 
«Se continui giuro che la finisco tutta io da sola, anche se è più di tre quarti».
 
«Non osare nemmeno pensarci» la ammonì Lord Beerus «Ora va’ in cucina, e porta il tributo al tuo dio!»
 
Anise si fermò, e si mise davanti a lui. «Sai dov’è che te lo metto, il tributo?» picchettò il naso di Beerus «Proprio qui, tutto spiaccicato».
 
«Riuscirei ad assaggiarla in ogni caso» replicò Beerus, facendo spallucce «Anise, c’è un’ ultima cosa che dovrei dirti. Ho accettato il tuo “non lo so”, e mi comporterò come abbiamo stabilito, tuttavia voglio che tu sia vicino a me durante il Torneo del Potere. Se per disgrazia le cose dovessero andare diversamente da come auspico, voglio che tu sia lì».
 
Stava andando bene, non voleva rovinare tutto dicendole quell’ultima cosa, ma non aveva proprio potuto evitarlo: se quelli del Torneo dovevano essere i suoi ultimi momenti, voleva passarli con lei accanto.
 
«A essere sincera, un po’ me lo aspettavo» disse la Lusan «Mi sta bene. Presumo che questo significhi tornare a vestire i panni della tua Iarim Neiē almeno fino a domani notte».
 
«Sì, precisamente» annuì il dio, sollevato di non aver trovato resistenza.
 
«Bene. Accomodati nel salotto» accese la luce della stanza attigua «Io e la torta arriviamo».
 
Lord Beerus non se lo fece ripetere due volte, e Anise si diresse in cucina senza di lui.
 
“Come potrei mettere in pratica il piano che ho congegnato, dopo quanto mi ha detto?” pensò, mentre tirava fuori la torta dal frigorifero “Come potrei? Dopo centinaia di milioni di anni è ancora messo così, riguardo la mia presunta morte… come reagirebbe, se dovessi attuare i miei progetti e la finta me stessa dovesse ‘morire’ davanti a lui?”
 
Di certo non avrebbe festeggiato, tanto per usare un eufemismo, non serviva essere un genio per capirlo, e nonostante fosse iniziato tutto piuttosto male poi le cose si erano distese.
Beerus aveva perfino accettato una risposta diversa da “Sì, lo voglio”, per l’amor del cielo! Se quello non era mettersi d’impegno, come altro si poteva definire?
 
“Se lo facessi, lui si sentirebbe in colpa, e io sarei una carogna priva di giustificazioni decenti” si disse, prendendo un coltello da un cassetto per poi tagliare la torta a fette. “Come potrei?”
 
Guardò il suo riflesso alla finestra, e lo vide fare spallucce.
 
“Potrei decidere che non mi importa nulla né di lui, né di diventare una vera e propria infame”.
 
Il riflesso la guardò severamente.
 
“Non sarebbe la verità, lo so”.
 
Diede le spalle al riflesso, si gettò dietro spalle la lunga treccia argentea, e tornò in salotto con la torta in mano. «Eccom-»
 
«Ancora?! Sul serio?»
 
Beerus stava tenendo sollevato un lavoro a maglia lasciato a metà, che una volta ultimato sarebbe diventato un poncho di lana grossa color tiffany, inframezzato da varie perline di vetro.

Anise alzò le sopracciglia. «Sì, faccio ancora lavori a maglia. Con ciò?»

 
«Non ho mai capito che gusto ci provassi a-»
 
Il gomitolo color tiffany attaccato al futuro poncho cadde a terra, rotolando rapidamente via.
Entrambi i felini lo seguirono con lo sguardo, come ipnotizzati…
 
«No eh! Siamo persone adulte e abbiamo una torta da mangiare!» esclamò Beerus, che si riscosse per primo «E poi ci sono attività migliori da fare durante la sera e la notte, rispetto all’inseguire un gomitolo».
 
Anise gli porse una fetta di torta. «Dunque intendi fermarti qui, stanotte?»
 
«L’idea sarebbe quella» confermò lui, senza aggiungere altro.
 
«Ma come, non vuoi passare la notte a casa dell’adorabile Bulma?» finse di stupirsi la lince, con un sorrisetto ironico.
 
«E rischiare di vederla appena alzata al mattino, con i bigodini e strane pappe verdi sulla faccia? Non credo di farcela!»
 
Il sorrisetto di Anise si allargò. «Domattina appena sveglio mi vedrai esattamente in quel modo, allora».






...eeee niente, il capitolo finisce qui! :'D con questi due che potrebbero passare la notte a dormire, o svegli a mangiare, o svegli a inseguire gomitoli, o chissà.
Mi limito a ringraziare di cuore chi ha letto e sta continuando a farlo, e a lasciare a voi eventuali commenti.


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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


7

 

 

 

 

 

 

Due grandi mani violacee e artigliate spuntarono dai vetri delle finestre della cucina della Capsule Corporation, appena svuotatasi.
 
“È il momento!”
 
L’intero corpo di Lord Beerus balzò fuori dalla Dimensione degli Specchi, diretto verso il carrello sopra il quale aveva visto gli umani adagiare dei vassoi coperti, dentro ai quali si trovava la colazione per ognuno degli abitanti -o degli ospiti!- in casa Brief.
 
“Quale sarà quello di Whis?... ah, eccolo, hanno messo la targhetta con il nome. Bravi”.
 
L’occasione dopotutto non faceva ladro soltanto l’uomo, ma anche la divinità; non era un’azione molto carina, ma era in cerca di cibo della migliore qualità possibile, e non voleva assolutamente rischiare di trovare qualcosa meno buono di ciò che veniva servito da Bulma. Meglio andare sul sicuro, quando c’erano in ballo questioni di capitale importanza.
 
Agguantò il primo contenitore abbastanza grande che riuscì a trovare lì in cucina -una pentola- scoprì il vassoio di Whis e prese tutto quel che vi trovò sopra, per poi rimettere giù il coperchio come se nulla fosse. Missione Uno: compiuta!
 
“Ah, no, dimenticavo…”
 
Tirò fuori un biglietto (“Grazie tante per la colazione, Whis!”), tornò indietro, e lo mise sul vassoio di Whis. «Ecco, ora posso andare!» disse soddisfatto, sorridendo al proprio riflesso incurvato dalla superficie metallica del coperchio per poi tuffarvisi letteralmente dentro.
 
“Se avesse dimostrato anche solo un po’meno di dimestichezza con questo posto, le proibirei di metterci piede” pensò Beerus, zigzagando tra grossi icosaedri di specchi che sembravano aver voglia di piombargli addosso come meteore. “Nulla mi toglie dalla testa che sia pericoloso anche per chi ne ha il controllo”.
 
A tal proposito, doveva riconoscere che Anise era stata veramente brava a padroneggiare le leggi -o la loro assenza?- della Dimensione degli Specchi: ne aveva il controllo da un anno soltanto, ma si era mossa proprio bene al suo interno.
Forse fin troppo.
 
“Bah, alla fine non c’è poi tanto di cui stupirsi! Se l’ho scelta come Neiē è perché è sempre stata in gamba” pensò, chiudendo la riflessione con una scrollata di spalle.
 
Per Anise era davvero una fortuna che Beerus non sembrasse voler fare altro se non godersi il “miracolo” senza stare a pensare troppo ai perché e ai per come. Forse, se si era accontentato della spiegazione di Whis, era perché a livello inconscio aveva deciso di non voler cercare altre possibili spiegazioni che avrebbero potuto potenzialmente rovinare tutto. 
 
“Ora, Missione Due: trovare la cucina della casa di Goku” si disse il dio “Se Bulma e famiglia non si erano ancora alzati dal letto, anche la moglie di Goku non l’avrà fatto, no?”
 
La Missione Due era, forse, più importante della Missione Uno: avrebbe potuto essere la mossa decisiva per trascorrere una mattinata un po’più che buona, e lui teneva molto a far sì che così fosse.
 
“La direzione era questa, ne sono sicuro” pensò dopo un po’ di tempo “quindi ormai dovrei esserci. Se vedo una cucina con due grossi vasi viola sul tavolo… Eccola!”
 
Sfregò le mani e sogghignò: anche la Missione Due era praticamente cosa fatta.
Saltò fuori dalla Dimensione degli Specchi -precisamente dallo sportello del forno- prese da una mensola un grosso straccio bianco che profumava di pulito, lo stese sul tavolo e con divina rapidità vi svuotò sopra il contenuto dei due grossi vasi viola… ossia i biscotti alla cannella che Chichi aveva fatto il giorno prima!
 
«Prima però serve il controllo qualità» dichiarò, lanciandosi in bocca una manciata di biscotti. «sono ottimiiiiiii! Proprio come mi ha detto lei!» esclamò, entusiasta.
 
«Uh?»
 
Sentendo quel suono, Lord Beerus sgranò gli occhi. Qualcuno era entrato in cucina, e lui era lì, intento a rubare biscotti… in mutande.
Da quando si era svegliato -totalmente a caso, per di più- aveva dato un’occhiata all’ora e aveva concepito le “missioni”, aveva fatto letteralmente tutto di corsa, tanto che le mutande erano la sola cosa che avesse recuperato di tutto il proprio vestiario.
 
«Ma è proprio lei, Lord Beerus?»
 
Era il figlio minore di Goku, appena svegliatosi ed evidentemente molto assonnato, tanto da stropicciarsi ancora gli occhi.
 
«No, macché. Tu stai sognando» disse il dio in tono convinto, facendo un fagotto con lo straccio bianco «E ora devi tornare immediatamente a letto, così poi potrai svegliarti davvero. È un ordine del tuo Hakaishin! Muoviti!»
 
Fortunatamente per lui, Goten era ancora intontito al punto di obbedirgli senza discutere, limitandosi ad andarsene sbadigliando.
Beerus fece un sospiro di sollievo, pensando di averla scampata, e tornò rapidamente nella Dimensione degli Specchi, ora con ambo le braccia impegnate.
 
“Missione Due compiuta. Ripiegare!”
 
L’obiettivo di passare una bella mattinata poteva dirsi raggiunto, anche se a pensarci bene forse era un po’troppo presto per farla iniziare. Mancava poco alle sette del mattino e, se gli umani e altre creature tendevano a svegliarsi presto, ciò non poteva certo valere per una divinità. Quindi, avendo rubato tutti piatti freddi, da buon pigro intendeva tornare a dormire per almeno altre tre ore.
 
Rispuntò fuori da un ripiano metallico della cucina di Anise, e poggiò il bottino sul tavolo. Sarebbe stata una bella sorpresa per lei, si disse: il giorno precedente li aveva apprezzati al punto da avergliene parlato, e ora erano tutti suoi! Insieme alla colazione… di Whis.
Dettagli.
Si stiracchiò, soddisfatto dell’impresa portata a termine, e si diresse in camera da letto. La porta era ancora semichiusa come lui l’aveva lasciata, i vestiti erano ancora ammucchiati sul pavimento, il letto era ancora disfatto, e i raggi del sole che filtravano dalla finestra non erano ancora abbastanza fastidiosi da riuscire a svegliare la lince, profondamente addormentata.
 
L’Hakaishin si addormentò appena si mise a letto e posò la testa sul cuscino, affondando il volto tra i capelli Anise e stringendosi a lei, curandosi di fare piano per non rischiare di svegliarla.
 
Qualcuno avrebbe potuto criticare il suo voler “gettare via” altre tre ore in cui lui e Anise avrebbero potuto fare altro, ma finché erano insieme neppure un secondo di tempo poteva definirsi sprecato, quale che fosse l’attività.
 
 

 
 
“È notte, sono tutti radunati da Bulma, in terrazza, e stanno mangiando.
 
Goku e il resto dei combattenti sembrano un po’ stanchi, combattuti tra la gioia e il senso di colpa dei sopravvissuti. L’Universo Sette è salvo ma quanti, quanti innocenti sono scomparsi dall’esistenza solo perché dei Re di Tutto col discernimento di bambini di cinque anni hanno deciso che c’erano troppi Universi in giro?
Troppi, si risponde Beerus, ma sa che non c’è proprio nulla che si possa fare a riguardo.
 
Anise, seduta accanto a lui e bella più del solito nei suoi abiti da Iarim Neiē, sembra pensierosa. Nulla di strano, a chi quanto accaduto non darebbe di che pensare?
Perfino Whis pare non aver molta voglia di chiacchiere, incredibilmente.
 
Decide che è il momento di cercare di distrarre la sua compagna, e decide di farlo offrendole una polpetta di riso.
 
Anise ringrazia, la prende in mano. Gli sorride perfino, anche se è un sorriso un po’strano, ma lui imputa anche questo al Torneo da poco concluso.
 
Poi la polpetta le cade di mano, e gli occhi di Anise si svuotano di ogni barlume di vita.
 
No…
 
Riesce a prenderla tra le braccia prima che finisca a terra, la chiama, la scuote, tutti lo guardano, ma non gli importa.
 
No, no, per favore no, per favore, no…
 
Continua a gridare il suo nome, a stringerla anche quando finisce in ginocchio. Il battito del cuore, assente, non mente: Anise è morta. All’improvviso, senza una ragione, e di nuovo senza che lui riuscisse a fare alcunché per evitare che gli venisse strappata via ancora una volta.
 
No, no, per favore…
 
Guarda Whis, è la sua unica speranza, e gli chiede di ‘riportargliela’. No, anzi: glielo ordina, gli intima di trovare immediatamente un modo, arriva persino a minacciarlo.
 
Per favore no, NO, perché?!
 
Da quel momento in poi tutto diventa confuso, ma sente distintamente Whis dire che né lui né chiunque altro -o qualsiasi altra cosa- possono fare niente, perché l’anima di Anise è stata cancellata dall’esistenza.
Non tornerà mai più, l’ha persa, stavolta per sempre.
 
PERCHÉ?! Non lo accetto, non può essere, non lo accetto, no, no-
 
 
 
«NO!!!»
 
Sveglissimo e con gli occhi sbarrati, l’Hakaishin strinse istintivamente Anise tra le braccia -con forza quasi eccessiva, ma non vi badò- continuando a ripetere quel “No” come se fosse stato
una preghiera, come se fosse potuto servire a evitare che quanto aveva visto si realizzasse.
 
«Non deve succedere, non deve succedere, non deve-»
 
«Era un incubo! Torna in te» disse la Lusan, con fermezza «E magari non stritolarmi».
 
Funzionò, e anche se la presa di Beerus rimase forte non lo era più abbastanza da poterle fare male.
Anise lo strinse a sua volta in una sorta di abbraccio, accarezzandogli la schiena: era così che faceva per calmarlo quando, in gioventù, si svegliava all’improvviso dopo degli incubi -profetici o meno- particolarmente brutti.
Non era accaduto spesso, e lei l’aveva fatto più che altro per affetto, perché Beerus non ne aveva avuto veramente bisogno… se non in un’occasione, ossia quando si era svegliato dopo aver sognato che Calida la uccideva; e adesso, Beerus era fuori di sé esattamente come allora.
 
“Magari ha sognato la cancellazione, non deve riguardare me per forza” si disse Anise. «Non è successo niente. Qualunque cosa tu abbia sognato non è successa, né è detto che succeda. Cerca di tranquillizzarti. Da quel che ho capito, quelli di questo Universo sono guerrieri validi» disse, e continuò ad accarezzargli la schiena. Ancora una volta, pensò che era diventato veramente troppo magro. «Una possibilità di vincere esiste».
 
«Infatti abbiamo vinto».
 
L’aveva detto con un filo di voce, se Anise lo aveva sentito era stato solo per la vicinanza. «Allora a cos’è dovuto tutto questo? Cos’hai visto?»
 
Domanda sciocca: se aveva avuto un sogno che riguardava il futuro, e non era così sconvolto per aver assistito alla cancellazione dell’Universo, c’era soltanto una cosa che poteva aver visto.
Pareva che i sogni profetici di Beerus fossero più pettegoli di Whis.
 
«Ho visto…» iniziò a dire il dio, per poi scuotere la testa. Non riusciva neppure a dirlo ad alta voce.
 
«È qualcosa che io dovrei sapere?»
 
Se avesse visto la causa specifica della sua morte avrebbe potuto fare di tutto per evitare che accadesse -come aveva fatto quando aveva distrutto Calida- ed evitare di parlargliene, ma non poteva proteggerla da una morte che sarebbe sopraggiunta per cause che non era stato in grado di determinare. Che fosse per un avvelenamento? No, né Bulma né gli altri avrebbero mai osato fare qualcosa di simile, e restava l’enigma dell’anima cancellata. Ma allora cosa poteva essere?!
Improvvisamente gli sorse un dubbio terribile. «Tu non… non vuoi toglierti la vita, vero?» riuscì a chiederle, a fatica «Quei brutti discorsi sulla cancellazione e tutto, non è che pensi che lo strano modo in cui sei resuscitata possa avere conseguenze altrettanto strane se muori, e hai deciso... dimmi che non hai in mente qualcosa del genere! Dimmelo!»
 
Sogno scomodo, ma con conseguenze non del tutto negative: poteva aver spianato la strada alla bugia che avrebbe dovuto dire Whis, dal momento che Beerus sembrava essere andato a pensare da solo proprio alle “conseguenze strane da resurrezione strana”.
La cosa bizzarra era soltanto che lei, in realtà, non aveva ancora deciso se seguire il piano oppure non farlo, ma del resto sapeva che i sogni profetici di Beerus non erano del tutto affidabili. «Quella che hai pensato è un’idiozia. Qui ci sono delle Sfere dei desideri per qualunque cosa: non voglio uccidermi, ma se anche lo io facessi tu utilizzeresti le Sfere per farmi tornare in vita, no? Suicidarmi non avrebbe senso. Per non parlare del fatto che non capisco proprio a che tipo di conseguenze strane tu possa riferirti».
 
Non poteva raccontarle quel che aveva sentito dire a Whis nel sogno, sarebbe stato controproducente, se una delle ragioni per cui non intendeva suicidarsi era la consapevolezza che lui l’avrebbe riportata in vita.  «Giuralo, allora! Giura che non proverai a fare una cosa stupida come quella, giuralo su tutto ciò che hai di più caro!»
 
Anise non aveva qualcosa che le fosse veramente caro su cui poter giurare, ciò che si avvicinava di più a una cosa del genere erano la sua vita e, forse, Lord Beerus stesso -il che era tutto dire- ma in ogni caso era ovvio che fosse meglio accontentarlo. «Giuro. Beerus, il tuo sarà sicuramente stato un normale incubo, non una premonizione, o al massimo sarà stata una premonizione “a metà”, la cui fine non è corretta. Non sarebbe la prima volta, succedeva anche quando eravamo giovani. Se vuoi proprio preoccuparti di qualcosa, preoccupati del Torneo, non di me».
 
«Come puoi non prendere sul serio la preoccupazione del Dio della Distruzione in persona, agire come se non ti importasse?!»
 
«Non pensare che non mi importi di come ti senti, se è questo quel che intendevi al di là del solito “pwah pwah chi è il dio qua”» disse Anise, poggiando la fronte contro quella di Beerus «Certo che mi importa, mi rendo conto che avere incubi del genere non è piacevole. Cerco soltanto di restare calma e pensare con lucidità, visto che tu adesso comprensibilmente non puoi riuscirci, e di  riportarti con i piedi per terra».
 
Le dispiaceva vederlo in quel modo, quindi nulla di quanto aveva appena detto era una bugia. Il fatto che avrebbe aiutato a sviare eventuali sospetti di un complotto era secondario.
 
«Capisco» fu la risposta dietro alla quale Lord Beerus scelse di trincerarsi, non avendo voglia di parlare ulteriormente di quel che aveva sognato e, di nuovo, vergognandosi un po’ per essersi esposto tanto, anche se lo aveva fatto con lei.
Sentire le sue carezze sulla schiena però era gradevole, come lo era averla così vicina.
 
«Ti prego di cercare di convincerti che quel che di brutto hai visto non è da prendere sul serio. Non farò quella cosa stupida, davvero. Ti fidi?»
 
«Sì. No. D’accordo, la risposta sincera è che voglio farlo, ma non riesco a scrollarmi di dosso questa brutta sensazione che ho da quando mi sono svegliato» ammise «Non ancora, almeno».
 
«Guarda, finché ci sarà qualcuno in grado di fare biscotti alla cannella come quelli di Chichi non mi ucciderò senz’altro» disse Anise, cercando di alleggerire l’atmosfera.
 
Si stupì quando Beerus, di botto, la lasciò andare e si catapultò giù dal letto. «Ferma lì, non muoverti, torno subito!» esclamò, schizzando via dalla stanza.
 
Anise, alquanto perplessa, rimase a guardare la porta, e i soli movimenti che compì furono quelli per legarsi i capelli. Chissà cos’era saltato in mente a quello là.
 
«Hccmi…!»
 
Strana faccenda: Beerus aveva due bicchieri in una mano, una bottiglia di latte nell’altra, sorreggeva una grossa pentola con la coda, e aveva in bocca le estremità annodate di un fagotto bianco. Le si avvicinò e scherzosamente le fece un inchino, invitandola a prendere il misterioso fardello.
 
La lince prese il fagotto e lo slegò. «Ma che… nooooo, non ci credo!» esclamò, e fece una mezza risata mentre tirava fuori tre biscotti alla cannella «Ma sono proprio quelli? Sei seriamente andato a rubarli?»
 
«Due ore fa mi sono svegliato, non so bene perché, e allora sai com’è...» il dio fece spallucce «Mi avevi detto che sono buoni. Ho anche dell’altro, per colazione!» aggiunse, posando sul letto la grossa pentola.
 
«E questo a chi l’hai rubato? Non venirmi a dire che l’hai cucinato tu: semicitando te stesso a diciotto anni, “tu non cucini, tu mangi”!» lo imitò, ma senza cattiveria o biasimo «Quello che aveva imparato a fare le torte era Champino».
 
«Sì, quando "Champino" non si mangiava mezzo impasto crudo per poi dare la colpa a presunti spiriti della foresta!» ricordò Beerus, alzando gli occhi al soffitto «Ripensando a cose simili sì che mi rendo davvero conto che quelli erano altri tempi. Io e lui non andavamo d’accordo neppure allora, però era diverso… e ora non solo siamo messi uno contro l’altro per la sopravvivenza dei nostri Universi, ma sono anche certo che tenterà di tutto per eliminare i miei guerrieri, e me, il prima possibile».
 
«Ecco, questo non avrei voluto sentirlo» disse Anise, in totale sincerità «Le cose tra voi due non sarebbero mai dovute degenerare fino a questo punto».
 
«E invece è successo, perché lui è un grasso balordo rompiscatole, e adesso mangiamo» tagliò corto l’Hakaishin «Non ho rubato la colazione di Whis per nulla!»
 
«A Whis…» esclamò Anise, facendo facepalm «Si sarà innervosito non poco, per questa cosa!»
 
«Questo è sicuro, ma non mi importa: gli ruberei anche pranzo, merenda e cena, se pensassi che tu possa apprezzarlo» dichiarò Beerus.
 
Anise divenne pensierosa. «È per cose come questa se prima della morte di Calida non sono mai riuscita a dire “È ora di mettere un punto”, quando tutto era iniziato ad andare meno bene. C’erano dei momenti simili a questo in cui eri semplicemente fantastico, Beerus».
 
Quel che lei aveva appena detto lo aveva colto di sorpresa, perché in quel momento non si sarebbe aspettato un discorso del genere, né che lei si “scoprisse” come aveva fatto, quindi non era sicuro su cosa rispondere; sentirsi definire “fantastico” però gli era piaciuto. «Io sono una divinità, sono sempre fantastico!»
 
«E anche molto modesto. Mangia, che è meglio» sospirò lei, infilandogli in bocca cinque biscotti.
 
«Che vuoi farci, io son- realist- ehi! Cos- mmmmf!» protestò Beerus, a cui Anise aveva continuato a riempire la bocca di biscotti man mano che parlava.
 
«Sono stati necessari ventitré biscotti, per farti smettere di parlare… incredibile» commentò la Lusan, lasciandosi ricadere di schiena contro i cuscini.
 
Non si impressionò quando lui, dopo essere riuscito eroicamente a inghiottire tutta la massa di biscotti, le si stese sopra.
 
«C’erano anche altri metodi...» replicò Beerus, avvicinando il volto a quello della lince.
 
Proprio in quel momento però si sentirono chiaramente quattro colpi contro la porta della stanza.
 
«Ma chi diamine è?!» sbottò Lord Beerus, irritato, scendendo dal letto.
 
«Te lo chiedi anche? Entra pure, Whis, qualcosa addosso lo abbiamo» disse Anise, a voce alta.
 
L’angelo attraversò direttamente la parete. «Buongiorno. Spero che vi siate goduti la mia colazione» fu la prima cosa che disse, fissando Beerus con l'aria di chi aveva subìto un mortale oltraggio.
 
«Bulma te ne avrà fatta fare un’altra grande il doppio, no?» sbuffò il dio «Piantala di fare l’offeso!»
 
Whis non rispose, limitandosi a continuare a fissarlo.
E a fissarlo.
E a fissarlo ancora.
 
«… è proprio il caso che io vada a farmi una doccia» disse Beerus «Non ti dispiace, Anise, vero?»
 
«No, figurati».
 
A quelle parole l’Hakaishin se ne andò velocemente nella stanza di fronte -per l’appunto il bagno- chiudendosi alle spalle entrambe le porte.
Whis e Anise rimasero così da soli, e probabilmente era quel che entrambi volevano.
 
«Lord Beerus dev’essere contento. Pare che la serata e la nottata siano andate molto bene» commentò l’attendente, guardando i vestiti di Beerus ammucchiati accanto al letto.
 
Anise si mise a sedere, composta. «Era meglio cercare di cogliere i lati positivi di tutto questo, non trovi? Parlando di cose serie, pare che questa mattina abbia avuto uno dei suoi sogni profetici, o qualcosa che ci somigliava».
 
«Riguardo a?»
 
«Il nostro Universo aveva vinto, ma lui si era messo a parlare nel sonno, per poi svegliarsi urlando. Penso che tu capisca cosa riguardava».
 
Whis si avvicinò al letto. «Deduco che la decisione sia presa».
 
«In verità no, non l’ho presa» lo contraddisse Anise «Comunque, so per certo che non aveva capito a cos’era dovuta la mia morte, perché temeva che volessi suicidarmi, ma ha parlato di “conseguenze strane ad una mia eventuale morte dovuta alla mia altrettanto strana resurrezione”. Anche questa strada è spianata. Grazie mille, sogni più o meno profetici».
 
«A quanto pare è così, ma non abbia troppa fretta di ringraziare queste particolari abilità di Lord Beerus» la avvisò Whis «Perché ieri sera ha sognato la conversazione che io e lei abbiamo avuto dopo che l’ho tramortito, la volta in cui l’ha quasi convinta a diventare la sua Neiē. Sembra essere più accurato col passato che col futuro».
 
«Mi auguro che tu abbia disinnescato subito la "bomba" dicendogli il contrario».
 
«Ovvio. Tuttavia, se per disgrazia dovesse averne altri partiremmo comunque avvantaggiati: Lord Beerus, lieto com’è di averla ritrovata, la tiene immeritatamente su un piedistallo» disse Whis «Si rifiuterebbe di credere a quel che potrebbe vedere».
 
«È meglio anche per te che sia così. Non prenderebbe bene vederti risolvere certi miei “problemi da donne”» replicò Anise, sapendo che Whis avrebbe afferrato il sottinteso «Nessuno di noi due merita il piedistallo, o almeno non da parte sua. Però voglio essere onesta, ci sono delle cose per cui posso solo ringraziarti, tra queste l’avergli dato quel famoso colpo in testa».
 
«Resto disposto ad agire come concordato, se vorrà farlo davvero, quindi non ha necessità di “lisciarmi”, per così dire. Pensavo avessimo superato da tempo quella fase, e per quanto concerne il piedistallo non ha torto… per cui» Whis alzò le mani, come in segno di resa.
 
«Bene» concluse la lince «Detto ciò, tu hai ancora i miei abiti da Iarim Neiē? Beerus mi vuole al suo fianco durante il Torneo, e quando ieri me lo ha detto non ho rifiutato».
 
«Non che rifiutare le convenisse, o le fosse possibile» commentò Whis, facendo comparire suddetti abiti grazie al bastone «Eccoli qui, stirati e piegati. Dovrebbero andarle ancora bene, non mi pare abbia preso o perso peso».
 
«Grazie. Vero, non ho avuto grandi cambiamenti, contrariamente a Beerus. Gli si vedono tutte le costole» osservò Anise, togliendosi tranquillamente la corta sottoveste indaco che indossava. Non aveva mai avuto problemi con la nudità, e anche a Whis non faceva né caldo né freddo - almeno non quella femminile, o comunque non la sua.
 
«Da quando centinaia di milioni di anni fa ha perso peso, non è più stato in grado di rimetterlo su» replicò Whis, nell’indifferenza totale.
 
«Io ero già “morta”, tu gli dicevi di mangiare, non è colpa nostra» disse Anise, infilandosi i pantaloni che le aveva dato Whis, bianchi e larghi, con spacchi su entrambi i lati.
 
«Non ho detto che è colpa nostra, ma solo in quale momento è dimagrito. Se mette in pratica il piano, stavolta diventerà uno scheletro ambulante».
 
Anise alzò gli occhi al soffitto, mentre si infilava il vestito blu con sottili bordi dorati della sua “divisa”. «Vuoi rimproverarmelo?»
 
«La rendo consapevole delle conseguenze».
 
«E se io avessi avuto un’altra idea ancora?» rilanciò Anise, allacciandosi attorno ai fianchi una cintura bianca e oro di forma identica a quella di Beerus, e identica anche nelle decorazioni romboidali.
 
«Cielo, un’altra? Non oso immaginare cosa sarà stavolta» commentò l’angelo, mortalmente serio.
 
«In questa però mi servirebbe un aiuto grosso quanto le Super Sfere. Letteralmente, visto che dovremmo raccoglierle senza che Beerus se ne accorga e poi chiedere al drago di cancellare dalla sua mente ogni ricordo della sottoscritta» disse Anise, mentre provava le ballerine color oro. Erano ancora comode. «Richiederebbe più tempo ma potrebbe essere fattibile… o no? Mi hai detto che Beerus dorme molto».
 
«Con lei accanto temo che le dormite diminuiranno. In teoria era una buona idea, in pratica non lo è. Ma poi, dopo ieri sera e la notte passata, trova proprio necessario vagliare opzioni in questo senso?» le chiese, sollevando e piegando ordinatamente gli abiti di Beerus grazie alla magia.
 
«Mi preparo per ogni evenienza. Ecco fatto, ora manca solo l’orecchino» disse la Lusan, guardandosi allo specchio.
 
«E Lord Beerus è appena uscito dal bagno» Whis tossicchiò «Non è stato affatto carino, è maleducazione rubare la colazione altrui!» disse ad alta voce.
 
«È da quando Beerus è andato in bagno che sei ancora qui a blaterare di questa storia!» sbuffò Anise, decidendo di stare al gioco «Con me, poi, che dormivo… e tu dovresti essere più vecchio di Beerus e me? Ma per cortesia, stai agendo come un bambino».
 
«Ripasso più tardi!» gridò Lord Beerus da fuori.
 
«Oh no, non ci pensi neppure» Whis fece passare un braccio attraverso la parete e trascinò il dio nella stanza, tenendolo per un orecchio «In fin dei conti è lei il ladro. Si vergogni! Non l’ho certo cresciuta così!»
 
«Per dare la colazione a lei l’ho fatto e lo rifarei, se proprio vuoi saperlo!» ribatté Beerus, liberandosi dalla presa con una manata «E poi, se voglio prendere del cibo ne ho il diritto. Chi è il dio, qui?!»
 
«Tu, come non smetti di ricordarci ogni due per tre» intervenne Anise.
 
«Esatt… oh!» nel vederla con quegli abiti, Beerus sorrise, diviso tra la gioia di chi mai avrebbe pensato di rivedere una simile scena e l’inquietudine dovuta all’incubo. «Ti stanno ancora bene».
 
«E lei è l’unico qui che sia in mutande» gli fece notare Whis.
 
«Sì, e ci siete solo voi due, quindi la mia decenza è salva! A volte sei talmente precisino che mi dai sui nervi» borbottò Beerus, iniziando a vestirsi.
 
«Mai quanto danno sui nervi i ladri di colazioni» replicò l’attendente.
 
«E di bifcotti alla cannella» aggiunse Anise, che ne aveva messi in bocca quattro.
 
«Ha detto “biscotti”?» si interessò Whis «Quei biscotti? Quelli lì sullo straccio bianco? Oooh, hanno proprio un’aria deliziosa!»
 
«Sì, ma tu non vorrai certo approfittare del bottino di un ladro, no Whis? Sarebbe disdicevole da parte tua» disse Beerus con aria condiscendente, finendo di rivestirsi «Non posso consentire che insozzi in questo modo la tua povera e tenera anima candida, quindi giù le mani dai SUOI biscotti!»
 
«Può prenderne un paio» concesse Anise «Ma solo un paio! Già che ci sono vado a prendere un altro bicchiere, e… vuoi del succo di frutta, Whis? Hai mai provato la spremuta d’arancia? Posso preparartene una. Anche per te, Beerus, se la desideri».
 
“Vuoi una scusa per lasciare me e Lord Beerus soli, così che lui possa dirmi del sogno profetico che ha avuto e io possa confermare le possibili ‘conseguenze strane’. Ci capiamo fin troppo bene, Anise”. «La ringrazio per la sua gentilezza, accetto con molto piacere!»
 
«Anche io!» esclamò Beerus «Non ho mai provato la spremuta d’arancia, di cosa sa un’arancia? È dolce? Amara?»
 
«No, eh! Tra poco l’assaggerai e trarrai le tue conclusioni, ma basta sfilze di domande culinarie, ti supplic-»
 
«Aspetta, ho notato una cosa… ecco» Beerus prese l’orecchino dorato da sopra il letto, e lo applicò delicatamente all’orecchio destro della Lusan. «Adesso sei a posto».
 
Anise gli rivolse un breve sorriso, poi se ne andò.
 
Beerus accostò la porta, lasciandola socchiusa. «Ho avuto un sogno che credo sia profetico: questo universo sopravviveva, ma lei moriva improvvisamente tra le mie braccia, e tu mi dicevi che non c’era traccia della sua anima» sintetizzò il dio, con aria serissima, rivolto a Whis «È plausibile una cosa del genere? Che la sua anima venga cancellata in caso di morte, quale che sia la causa di essa?»
 
«Il caso di Lady Anise non ha precedenti, quindi temo di doverle rispondere che non è da escludere. Neppure io posso sapere che fine farebbe la sua anima» disse Whis, come previsto «Ma non è detto che sia un sogno profetico: non conteneva forse il suo più grande desiderio, ossia la sopravvivenza di questo Universo, e una delle sue paure peggiori? È tutto qui, Lord Beerus, nella sua testa».
 
«Forse hai ragione. Quel che hai detto sul destino della sua anima mi preoccupa, ma io farò in modo che non le accada nulla, e non le darò ragioni per tentare di farsi qualcosa. È uno dei motivi per cui non le ho parlato della possibile cancellazione dell’anima, quindi non farlo neppure tu» gli intimò.
 
«È stata una mossa intelligente da parte sua, Lord Beerus. Tacerò senz’altro!» “Anche perché lei lo sa già” aggiunse mentalmente Whis.
 
«Eccomi qui!» esordì Anise, tornando in camera con un bicchiere e una caraffa piena di spremuta «A te il bicchiere, Whis».
 
La lince versò il succo in tutti e tre i bicchieri, e si preparò a bere, quando…
 
«Un attimo. So che non è l’occasione più adeguata, e nemmeno la bevanda lo è, ma potrebbe essere l’ultima occasione che ho per farlo, per cui… un brindisi» Beerus sollevò il bicchiere «Al presente, che è molto migliore di quanto avessi potuto sperare fino a ieri sera».
 
«Allora voglio brindare anche io, ma al passato» disse Whis «Precisamente al passato che torna, inaspettato e in ogni senso possibile».
 
«Io allora immagino di dover brindare al futuro. Ci può stare» Anise sollevò il bicchiere «Perché, qualunque esso sia, so che mi andrà benissimo».

 

 

 

 

 

 

Eccovi il nuovo capitolo, pure questo di chiacchiere :*D ma quantomeno chi voleva vedere interazioni varie tra Anise e Beerus dovrebbe essere più o meno soddisfatto, e in un certo punto della conversazione tra lei e Whis viene vagamente lasciato intendere qualcosa di quel che può essere successo in passato. Occhio, dunque (:

Nel prossimo capitolo si rivedranno un po’Bulma e compagnia. Credo che riuscirò davvero ad arrivare all’inizio del Torneo in altri tre capitoli (: …se dovesse essercene uno in più avreste da ridire?

Anise nelle sue vesti di Iarim Neiē.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


8

 

 

 

 

 

 

“Non è giusto che qui nessuno voglia dire un accidenti, non è giusto davvero!” pensò Bulma, sbuffando.
 
Nessuno sembrava intenzionato a parlare di cos’era successo la sera precedente: il solo indizio a disposizione di Bulma era una colazione rubata a Whis, cosa che però poteva significare tutto e niente, così come il fatto che apparentemente Beerus si fosse trattenuto a casa di Anise durante la notte. Del resto Whis lo aveva anticipato, “Non varrebbe la pena fare alcuna mossa, questa sera dovrebbe andare tutto piuttosto bene”, e così era stato, dal momento che la Terra non era saltata in aria.
 
«Anise, prova questi dolci! Sono molto buoni».
 
Lord Beerus al momento era piuttosto tranquillo, e di tutto sembrava aver voglia tranne che di distruggere il pianeta. Piuttosto pareva voler far provare ad Anise tutti i piatti che lei non aveva ancora assaggiato, ed era curioso vederlo prendere del cibo per qualcuno che non fosse lui stesso.
 
«Magari dopo, al momento non credo di riuscire a mandar giù neppure un boccone, ma ti ringrazio».
 
Anche Anise era piuttosto tranquilla, e all'apparenza che le cose tra lei e Lord Beerus si erano distese almeno un pochino.
All'apparenza, appunto: restava l’incognita se la sua calma fosse dovuta all’aver davvero trovato un minimo punto d’incontro o al fatto che, da quel che aveva capito, era riuscita a escogitare un modo per non dover rimanere al fianco di Beerus. Quell' opzione non sarebbe stata buona per la Terra, dal momento che Whis aveva parlato di “distruzioni involontarie” in conseguenza di essa.
 
Bulma aveva persino pensato di mettere a Lord Beerus la pulce nell’orecchio, con la speranza che ciò mandasse a monte tutti i progetti della lince, tuttavia anche Whis era coinvolto, sembrava stare dalla parte di Anise, e metterselo contro non sarebbe stato saggio. Risultato: non poteva far altro che stare in silenzio e sperare che la Terra non venisse distrutta a causa di un problema tra felini.
La signora Brief era preoccupata, cosa per cui non le si poteva dar torto, ed era una fortuna che fosse ancora ignara del fatto che forse il settimo Universo sarebbe stato cancellato. «
Gli abiti che indossi sono davvero belli, Anise! È da prima che avrei voluto dirlo».
 
Era una scusa come un’altra per iniziare la conversazione, ma effettivamente anche l’abbigliamento indossato della lince era un degno di nota, in quanto simile a quello di Lord Beerus, in particolar modo cintura e orecchino. Non essendo una donna stupida, Bulma aveva capito che i due un tempo dovevano aver avuto una storia, ma quei vestiti suggerivano qualcosa di più “ufficiale” di quanto avesse pensato.
 
«Devi chiamarla “Lady” Anise, sciocca!» sibilò Vegeta alla moglie, dando un’occhiata a Beerus, il quale sollevò il pollice in segno di approvazione.
 
«In verità non sarebbe necessario, mi avete conosciuta senza titoli vari, non so quanto sarebbe sensato aggiungerne uno adesso. Vi si potrebbe dare una deroga» disse Anise, e guardò Beerus «No?»
 
L’Hakaishin parve pensarci per un breve istante. «Una generosa concessione come questa è nei tuoi diritti» concluse.
 
«Bene. Via libera ad Anise senza “Lady”, allora! Comunque ti ringrazio, Bulma, li trovo belli anch’io».
 
«Lo sono alquanto» aggiunse Lord Beerus, senza riflettere «… aah, quindi niente dolce? Peccato. Vorrà dire che lo mangerò io, sì, è il caso» disse velocemente, per poi infilarsi tutto il cibo in bocca. Si era reso conto da solo che faceva meglio a tenere la bocca impegnata con quello, piuttosto che con parole poco consone alla discrezione che intendeva mantenere.
 
“Sarà una divinità, ma si sta comportando da ingenuo: se una persona fugge via come il vento il giorno prima, il seguente non può essere davvero così tranquilla” pensò Vegeta “O magari invece sbaglio, questa gente ragiona in modo diverso da come lo facciamo noi. In ogni caso, non posso fare altro che starmene zitto… c’è già Bulma che chiacchiera troppo!”
 
«E cosa stai leggendo di bello?» le chiese Bulma, visto che esordendo con i vestiti non aveva ottenuto nulla. «È da prima che me lo sto domandando».
 
«Per quel poco che ho visto, non mi sembri una che aspetta per dire o chiedere le cose. Al contrario, se mai» commentò Anise «Comunque, direi di star leggendo un libro».
 
Precisamente quello contenente le regole del Torneo. Se lo era fatto dare da Whis perché, anche se le importava poco l’esito, non le dispiaceva conoscere il più possibile della situazione che
tutti si sarebbero  trovati ad affrontare… e anche perché leggere in generale le era sempre piaciuto.
Quindi si era messa a farlo tranquillamente su un lettino, e fino a quel momento nessuno l’aveva disturbata granché.
 
“Che nervi, quanto è indisponente questa donna!” pensò Bulma. «Eeh… questo lo vedo. Mi domandavo di cosa parlasse!»
 
«Vuoi che te ne legga un estratto?» le chiese Anise con, stranamente, un sorriso.
 
«Lo ascolterò volentieri!» esclamò la scienziata.
 
«“Etiref oniruc ehc itteggo e ilanosrep àitliba el onitnemua ehc itteggo, imra errudortni otibiorp è anera ‘lled onretni ‘lla”» recitò la Lusan, sempre sorridendo «Molto chiaro, no?»
 
«Lady Anise, non si sta comportando in modo molto carino con Lady Bulma» ci tenne a rimproverarla Whis.
 
«Non è colpa mia se non capisce la lingua suprema» replicò la lince.
 
Quanta pazienza ci voleva! Forse più di quanta Bulma ne avesse a disposizione, resasi conto che anche con il libro era andata buca. «Oh, quindi si tratta proprio della lingua suprema… ma non era appannaggio delle divinità?»
 
«È il momento di smettere di fare domande» intervenne Beerus «Chi parla quale lingua e perché non è affar tuo».
 
«Oh, come se ormai non l’avessero capito anche i muri che vuoi due-»
 
«Ha ragione, non è affar tuo. Basta!» le intimò Vegeta. Era vero che Lord Beerus era diventato un habitué, e che ormai tendeva spesso a chiudere un occhio o anche entrambi sulla sfacciataggine di Bulma, ma Vegeta riteneva poco intelligente andare a toccare argomenti delicati come le relazioni personali.
 
«In un certo senso in realtà lo è, dal momento che-»
 
Proprio in quel momento irruppero sulla scena Trunks e Goten, incaricati temporaneamente di occuparsi della piccola Bra. Era carino vedere come dopo un brevissimo attimo di smarrimento Trunks si fosse ben adattato alla presenza della nuova arrivata, e Bra, dal canto suo, sembrava altrettanto contenta di trovarsi tra le mani inesperte di suo fratello maggiore.
 
«Ti piace volare con noi, vero Bra?» sorrise Trunks.
 
Goten invece era impegnato a guardare Lord Beerus, perché quando si era alzato dal letto per la seconda volta aveva raccontato a sua madre dello strano sogno che aveva fatto -“C’era Lord Beerus in mutande che rubava i biscotti, è stato assurdo!”- e… forse non era stato un sogno! I biscotti non c’erano più, e da qualche parte dovevano pur essere finiti. Chichi tuttavia si era raccomandata di non fare commenti, e Goten intendeva darle retta, essendo un bambino giudizioso.
 
«Già! Anise, ieri tra una cosa e l’altra non ho avuto modo di presentarti la nuova arrivata, te ne ho solo parlato» disse Bulma, che ancora non si arrendeva, facendosi consegnare Bra da Trunks. «Ecco, ti va di tenerla in braccio?»
 
«È da ieri che stai facendo passare questa bambina da una persona all’altra come fosse un pacco postale, è ora di smetterla!» affermò l’Hakaishin, con una durezza che sorprese non poco sia Bulma che la maggior parte dei presenti, dal momento che il giorno precedente non aveva mai mostrato irritazione per cose come quella. «A dirla tutta non vedo proprio perché dovrebbe volerla tenere in braccio, non è niente per lei, è solo una…»
 
Non concluse la frase, perché aveva sentito Anise porre una mano sul suo braccio e stringere con delicatezza; tanto era bastato.
 
«Non c’è motivo di prendersela. Vedi, Bulma, il fatto è che sono sterile» disse la Lusan con estrema tranquillità «Ma la mia voglia di maternità è sempre stata sotto lo zero, quindi posso prendere in braccio tua figlia senza problemi. Non mi infastidiva vedere o avere a che fare con i bambini, e non mi infastidisce ora».
 
Bulma le porse Bra senza dire una parola, capendo i motivi della strana reazione di Beerus, il quale guardava Anise in silenzio.
La scienziata dubitava che uno come Lord Beerus potesse avere o aver mai avuto velleità paterne in vita sua -e aveva ragione, perché il dio non ne aveva MAI avute- ma non serviva essere un genio per capire che aveva tentato inutilmente e in modo maldestro di evitare ad Anise possibili disagi.
Bulma lo avrebbe trovato anche carino, se agendo in quel modo non le avesse fatto una paura del diavolo.
 
«È una bimba carina» disse educatamente Anise «Sembra anche piuttosto sveglia».
 
«Ha preso da mamma!» si vantò Bulma.
 
«Sì? Credevo fosse merito dei nonni».
 
«Cosa vorresti dir… ehm. Senti, quando puoi ti vorrei parlare di quella cosa della quale avevamo iniziato a discutere ieri» si risolse a dire la donna.
 
«Quale cosa? Puoi parlarle anche in mia presenza, non vedo il problema» disse Beerus, incrociando le braccia davanti al petto.
 
«Credo che si tratti di argomenti strettamente da donne, Lord Beerus» si intromise Whis.
 
«Aaah, ho capito a cosa ti riferisci. Effettivamente non è il caso di discutere qui di certi ehm, cedimenti fisici» sorrise Anise nell’alzarsi in piedi, alludendo alle volte in cui il giorno prima, per colpa di Goku, era venuto fuori il discorso del seno cadente «Dove vuoi che andiamo?»
 
«In casa» disse Bulma con un’occhiataccia, riprendendosi Bra solo per un attimo per poi darla a Vegeta «Muoviamoci».
 
Le due entrarono in casa fianco a fianco, e Beerus guardandole fece spallucce. «Le donne sono proprio strane. Non mi sembra siano in chissà quali rapporti, eppure eccole, prontissime a chiacchierare della loro “roba da femmine”!…»
 
Se Whis si era intromesso dicendo quella frase, era perché sapeva benissimo che grazie a essa Beerus non avrebbe insistito oltre. Centinaia di milioni di anni prima, Anise gli aveva detto nei dettagli in cosa consistesse il ciclo mestruale: l’allora giovane Hakaishin era venuto a conoscenza di molte più cose di quanto volesse, e da lì in poi dire “roba da femmine” era diventato un modo per far sì Beerus chiudesse occhi e orecchie, decisissimo a restare nell’ignoranza.
 
«Ha ragione, le donne a volte sono proprio esseri misteriosi» concordò Whis.
 
Intanto Bulma aveva trascinato Anise nel primo bagno che aveva trovato -“Perché proprio in un bagno? Bah!” si era chiesta quest’ultima- e la stava guardando come se avesse avuto voglia di tirarle un pugno.
Probabilmente la voglia c’era davvero.
 
«Io non intendo lasciare che la Terra venga distrutta per una faccenda che riguarda solo voi due» esordì Bulma «E hai capito benissimo a chi mi riferisco. Non so cosa tu abbia in mente, ma rinuncia, e fai quello che vuole Lord Beerus! In fin dei conti è scattato come un cobra appena ha avuto il vago sentore che tu potessi essere infastidita da qualcosa, non ti tratterà poi così male!»
 
«Se le cose dovessero mettersi male, Whis gli darà una botta in testa prima che distrugga tutto. Il vostro cibo gli piace troppo» replicò Anise «Chiarito ciò, direi che le mie decisioni siano solo affari miei. Se vorrò restare con lui lo farò, se invece non vorrò non lo farò. Non c’è molto altro da aggiungere».
 
«E se io dicessi a Lord Beerus quello che sono venuta a sapere? Che non sei mai morta, e che hai in mente qualcosa per andartene via di nuovo?»
 
Bulma non era nuova a simili ricatti, tutt’altro, avendoli utilizzati sia con lo stesso Beerus -nominava Re Zeno ogni due per tre- sia col povero Jaco. Non le piaceva molto sentirsi dire di no, o che la sua opinione non fosse tenuta in considerazione, essendo abituata a tutt’altro; di conseguenza tentò di giocare anche quella carta, pur sapendo benissimo di non poter mettere in pratica le sue minacce.
 
«Se tu avessi voluto dirgli qualunque cosa di quel che secondo te ho in mente di fare, lo avresti fatto da quando Whis Lingualunga ti ha messo addosso l’ansia da distruzione della Terra» ribatté la Lusan, per nulla preoccupata «Quanto al resto, non credo sarebbe consigliabile dare seccature a suddetto angelo: è stato il maestro di Beerus, dovresti anche essere in grado di fare due conti. Non fare minacce che non puoi mettere in pratica, perché un giorno potresti incontrare persone che non le prenderebbero altrettanto bene».
 
«Ora sei tu che mi stai minacciando, per caso?» ribatté Bulma, battagliera.
 
«Se ti avessi minacciata davvero, non staresti qui a domandarmi se l’ho fatto. Senti, io non ho niente contro di te, credo anche che tu nonostante tutto sia una brava persona, e riesco a capire la tua preoccupazione per questo pianeta, ma davvero, penso che tu possa stare tranquilla. Il resto non ti riguarda, come ti ho già detto».
 
«Ma-»
 
«E comunque, a parte gli scherzi, non è vero che hai il seno cadente come dicono» cambiò discorso Anise «I maschi di qui non li capisco proprio».
 
«Ma che… oh, insomma!» sbottò Bulma, irritata «Spero per te che tu abbia ragione, perché non voglio problemi! Chiaro?!»
 
«Cristallino».
 
Bulma le aveva detto quel che doveva dirle, e ora non poteva proprio fare nient’altro. Sospirò. «Torniamo fuori. Non vorrei che Lord Beerus iniziasse a pensare che ti ho portata qui per attentare alla tua vita!»
 
«Tu scherzi, ma potrebbe pensarlo davvero» Anise alzò gli occhi al soffitto «Che vogliamo farci, è così».
 
«È strano vederlo preoccuparsi per qualcuno che non sia lui stesso» commentò Bulma, mentre uscivano dal bagno «Ma del resto è piuttosto normale farlo per la propria fidanzata! O compagna? O moglie?»
 
“Io prima o poi nella Dimensione degli Specchi ce la butto. Inizio a sperare che l’Universo Sette sopravviva anche solo per poterlo fare, rendiamoci conto!” pensò Anise.
 
«Hai perfino i vestiti simili ai suoi, ormai puoi ammetterlo, no?» insistette Bulma.
 
«Perché non lo chiedi a lui, invece di assillare una povera lince indifesa?... eccoci!» esclamò Anise, una volta tornate in terrazza.
 
«Eccovi, giusto in tempo! Anise, ho detto a Whis di rendere più morbido e imbottito il tuo lettino» disse Beerus, indicando l’oggetto «Devi poter leggere comodamente».
 
«Ringrazio entrambi» disse l’interpellata, sedendosi «Sì, adesso è proprio comodissimo».
 
Appunto” pensò Bulma “È vero che una rondine non fa primavera, ma al momento guarda un po’come la tratta!...”
 
Sbuffò, e tanto per fare qualcosa decise di telefonare a sua sorella. Seppur lontana, come compagnia femminile era sempre migliore di quella che aveva a disposizione.
 
«Vedo che è già arrivata a oltre tre quarti del libro» notò Whis, rivolto ad Anise.
 
«Le pagine non sono molte, sono scritte a caratteri grandi e con termini semplici» minimizzò lei «Può far presto anche chi è un po’arrugginito con la lingua degli dèi».
 
«In futuro imparerai di nuovo quel che già sapevi» disse Lord Beerus «E anche quel che non sapevi».
 
Anise non fece commenti, preferendo immergersi nella lettura al punto che quando Bra iniziò a piangere perché necessitava di essere cambiata non ci fece neppure caso.
 
«Sì, esatto. È una femmina!...» esclamò Bulma al telefono, vedendo che c’erano già Trunks e Goten a cercare di occuparsi della neonata «Il suo nome è Bra… sì, esatto! Non è carino?»
 
Goten e Trunks però non erano in grado di cambiare il pannolino, Bra continuava a piangere, e Beerus aveva iniziato a muovere la coda, un po’infastidito. Non che fosse solo per quello, in verità: fino a quel momento non aveva detto nulla a Bulma della possibile cancellazione dell’Universo, ma vedendo tutti quanti così tranquilli e beati nella loro ignoranza stava iniziando a chiedersi se tacere fosse la cosa giusta.
Vero, c’era quel sogno che forse era per metà profetico , ma era proprio nel “forse” che risiedeva la possibile fregatura.
 
«Hai visto le foto?» continuò Bulma «È così carina!...»
 
«Papà!» si arrese Trunks, non riuscendo a ottenere risultati.
 
Vegeta intervenne immediatamente. «Il pannolino, eh?»
 
Pochi attimi dopo Bra non piangeva più, tutta felice col suo pannolino pulito. Vegeta, che nessuno avrebbe mai pensato di poter vedere in tali vesti di super padre, sorrise, soddisfatto del proprio lavoro, e ricevette i complimenti dei due giovanissimi Sayan.
 
«Diventerà una bella ragazza, proprio come me!...» esclamò Bulma, molto convinta del fatto suo.
 
Beerus si poggiò contro la ringhiera della terrazza. «Che diamine» borbottò «L’Universo potrebbe scomparire, e guardali…»
 
«L’ignoranza a volte è senza dubbio una cosa spaventosa» concordò Whis.
 
«Forse dovrei dir loro la verità» disse il dio, guardando i bambini giocare e ridere tranquilli.
 
«Non sono sicuro che sarebbe molto saggio. Non prenderebbero la notizia della probabile cancellazione bene quanto Lady Anise» gli fece notare l’angelo, a voce piuttosto bassa.
 
«Non me lo ricordare, ieri sera sembrava quasi desiderarla. Spero di essere riuscito a toglierle dalla mente certi pensieri insani. Quel che era in mio potere fare, l’ho fatto» disse l’Hakaishin, con serietà.
 
“Le avrà pure parlato, e stamattina i vestiti erano a terra, ma non sono sicuro che sia stato abbastanza” pensò Whis. «Tornando a noi, se ora dicesse la verità a Bulma…»
 
Mentre Whis illustrava a Lord Beerus a cosa sarebbe andato incontro se avesse parlato, Anise procedeva con la lettura. Non aveva scherzato, dicendo a Whis che avrebbe finito presto: non c’erano molte regole, quelle presenti non erano scritte in maniera troppo accurata, e molti possibili scenari non erano neppure contemplati. Un esempio su tutti era la scelta di guerrieri provenienti da universi diversi, possibilità riguardo alla quale non era stata scritta neppure mezza riga.
 
“Che sia stato fatto di proposito, in maniera tale che Re Zeno o il Gran Sacerdote possano avere più libertà di manovra? No, lo escludo, hanno già tutta quella possibile e immaginabile. Forse vanno esaminati gradini più in basso nella gerarchia” si disse “E se è così, magari certe possibilità non vengono contemplate perché chi ha scritto le regole non lo trovava necessario. Da quel che mi ricordo di aver visto, o sentito dire, la maggioranza degli Hakaishin e dei Kaioshin non sono esattamente grandi pensatori. L’unico che potrebbe cercare di sfruttare in qualche modo le lacune nel regolamento potrebbe essere Lord Quitela: ricordo che Champa mi disse che questi, barando, aveva vinto una partita a braccio di ferro contro Beerus. È passata un’eternità da allora, ma chi nasce tondo non muore quadrato, come dicono su questo pianeta”.
 
Era una fortuna che la sua concezione del tempo e la modalità di conservazione dei ricordi fossero cambiate insieme alla sua natura, altrimenti la quantità di memorie l’avrebbe fatta diventare pazza; il suo cervello invece -come quello degli altri esseri immortali- comprimeva e archiviava esperienze e ricordi come fossero stati files in un computer, e non era difficile richiamarli alla mente… a meno che si fosse la pigrizia fatta persona anche in quell’ambito.
 
«… stupido! Testa quadra! Un dio inutile! Incompetenteeeeeeeee!»
 
La vocetta di Whis si insinuò nei pensieri di Anise, e quando sollevò lo sguardo lo vide esclamare, divertito, quelle “gentilezze” all’orecchio di Lord Beerus.
 
«Falla finita!» sbottò quest’ultimo scansandosi, irritato.
 
«Quindi?» domandò Whis, calmissimo «Devo parlarne a Lady Bulma?»
 
«No, non ce n’è bisogno!» brontolò Beerus dopo aver dato un’occhiata alla scienziata, ancora al telefono «Evita di farmi fare simili figure, piuttosto».
 
«Ci riesce benissimo da solo!» replicò Whis, facendo spallucce.
 
«Parafrasandoti, “Whis, non ti stai comportando in modo molto carino con Lord Beerus”!» lo imitò la lince, posando il libro sulle ginocchia.
 
L’angelo sollevò le sopracciglia. «Parbleu… proprio lei viene a dirmi una cosa del genere?»
 
«Quel che è successo ieri non conta, lasciala stare» la difese Beerus, pensando ingenuamente che Whis si riferisse al brunch del giorno prima. «Vado a prendere da bere. Anise, vuoi qualcosa anche tu?»
 
«Sono a posto, ti ringrazio. Comunque sono d’accordo, dirle ciò che volevi dirle non era una grande idea» la Lusan indicò Bulma con un cenno del capo «Non la riguarda. Non deve combattere, e che sappia o meno non ci avvicinerebbe né allontanerebbe dalla vittoria».
 
«Credevo ti fossi persa nella lettura, e che non ascoltassi» disse il dio, un po’sorpreso.
 
«Ammetto di aver ascoltato solo da quando Whis si è “complimentato” con te».
 
«Capisco. Ehi Whis! Metti qui» indicò un punto accanto ad Anise «Quel lettino laggiù».
 
L’angelo obbedì, e proprio quando Lord Beerus -dopo aver preso da bere- si mise a sedere ci fu un brevissimo lampo di luce. Altri visitatori, evidentemente, e per essersi precisi si trattava degli Dèi della Creazione del settimo Universo.
 
«Come pensavamo, nel resto dei pianeti abitati non c’era nessuna potenziale riserva per la squadra» esordì Kaioshin il Superiore, contrito «Speriamo che Goku riesca davvero a trovare qui sulla Terra le dieci persone che servono».
 
«Credo che Kaaroth sia a buon punto. Se ci sono di mezzo combattimenti vari, non delude mai» disse Vegeta «Entro stasera i partecipanti saranno tutti qui».
 
«Voglio crederlo» sospirò Kaioshin il Sommo, facendo scorrere pigramente lo sguardo sui presenti. C’erano Vegeta, la famiglia di Vegeta -ovvio, essendo casa loro- il figlio minore di Goku, Lord Beerus e Whis…
 
“Oooh, ma tu guarda che bella ragazza!” pensò la divinità, con un’espressione terribilmente somigliante a quella del Genio delle Tartarughe “Proprio carina, belle gambe lunghe!”. «Ma buon pomeriggio, signori… na…»
 
Lord Beerus lo stava fissando, e aveva la stessa espressione che gli aveva visto in volto appena prima che decidesse di rinchiuderlo all’interno della Spada Z -“Per la mia sicurezza, vista la tua tendenza a combinare guai con le streghe!” gli aveva detto.
 
Fu solo in quel momento che fece caso agli abiti indossati dalla ragazza e, pur essendo alquanto sbalordito, le fece un rapido inchino. «Le porgo i miei rispetti. Io sono il Sommo Kaioshin, mentre quel ragazzino villano che non si è ancora degnato di venire qui a salutarla degnamente è Shin, il Kaioshin di questo Universo. Saluta la Iarim Neiē di Lord Beerus, maleducato!» sibilò il Sommo, rivolto al più giovane.
 
«La cosa?» chiese ingenuamente Shin, ancora inesperto riguardo certe cose.
 
«Saluta e basta!»
 
Anise trattenne un sospiro. Avrebbe dovuto riabituarsi a simili scene, dopo centinaia di milioni di anni passati in tutt’altra maniera. «Apprezzo la vostra premura ma non c’è bisogno, davvero» disse gentilmente.
 
«Sì che c’è, invece!» esclamò Lord Beerus.
 
«Oh, finalmente qualcuno si è degnato di dirci cosa significano quei vestiti!» si intromise Bulma «Ci voleva così tanto ad ammettere che siete qualcosa tipo… marito e moglie?»
 
“No, ora sono seria, questo Universo deve sopravvivere. Io devo assolutamente gettarla nella Dimensione degli Specchi e farla morire male lì dentro!” pensò Anise.
 
«BULMA! Che cosa ti avevo detto?!» gridò Vegeta, pur sapendo che ormai il danno era fatto.
 
«A dir la verità, Lady Bulma, credo che il vostro concetto di moglie sia più simile a quello della Neiē, una compagna per l’eternità legata da un reciproco giuramento vincolante» rivelò Whis, non nuovo a tali indiscrezioni, “disinnescando” il tutto e ignorando le occhiate di Beerus e Anise. «Un giuramento che la Iarim Neiē, di solito soggetta a invecchiare, non ha ancora fatto. La differenza sostanziale è questa, e che un Hakaishin arrivi ad avere una Neiē è un caso più unico che raro» commentò «Se uno dei due infrangesse il giuramento, andrebbero entrambi incontro a una morte irreversibile, senza ritrovarsi assieme nell’aldilà. È un grande rischio».
 
Quanto appena detto dall’angelo non era da prendere alla leggera: come se il life link con i Kaioshin -del quale nessun umano o Saiyan tra i presenti sapeva nulla- non fosse stato abbastanza, un simile giuramento significava legare la propria vita a dei sentimenti, e c’era ben poco nel Multiverso di altrettanto mutevole e capriccioso.
Di solito.
 
«Era proprio necessario spiattellare tutto in questo modo, Whis?!» sbottò Lord Beerus, alquanto seccato: non gli piaceva che i terrestri sapessero così tanto di certe cose, non perché si vergognava di Anise o del legame che aveva con lei, ma semplicemente perché teneva alla propria privacy.
 
«No che non lo era, ma il nostro Whis ama parlare a vanvera» disse la Lusan, con una smorfia.
 
“Soprattutto perché sa benissimo che se ho addosso questi abiti è soltanto per poter assistere al Torneo, tra l’altro senza che io tenga particolarmente a farlo” aggiunse mentalmente.
 
«… chi dovrebbe essere questo “Vanvera”?» indagò Beerus, sospettoso.
 
Se fossero stati soli Anise gli avrebbe risposto, scherzando, “Un amante molto focoso”, ma si contenne. «Beerus, è un modo di dire terrestre. Significa che a Whis piace dire cose inutili».
 
«Ah!» comprese il dio «Sì, è azzeccato. Whis, tu parli a vanvera!» lo accusò, puntandogli un dito contro.
 
«Io non sapevo nulla di tutto questo» ammise Kaioshin a Kaioshin il Sommo.
 
«Quante volte ti ho detto che devi studiare di più?!» lo rimproverò questi.
 
«Certo che un divorzio sarebbe stato più semplice» disse Bulma, un po’colpita da quel che aveva appena saputo «Per capirci, con il divorzio il matrimonio finisce, i giuramenti non valgono più, e ognuno va per la sua strada».
 
«Voi trattate con superficialità legami e giuramenti. Per noi divinità è diverso» dichiarò Beerus «Forse è anche dovuto al fatto che viviamo molto più a lungo, e possiamo capire qual è il loro reale valore. Non c’è da aspettarsi che voi mortali comprendiate, non credo possiate farlo».
 
“Sebbene debba riconoscere che con nessuno degli altri partner che ho avuto mi sono sentita come con Beerus i primi due anni, se utilizzo un minimo di buonsenso mi rendo conto che legare a un giuramento la mia vita e quella di un’altra persona è piuttosto folle. Anch’io sono vecchia, ma… altro che comprendere!” pensò Anise.
 
«Io credo di capire, invece» affermò Vegeta con sicurezza, senza riflettere, per poi fare una faccia assurdamente imbarazzata nel rendersi conto di quello che aveva appena detto.
 
«Oooh! Questa era una dichiarazione fatta alla tua bella mogliettina, Vegeta?» lo punzecchiò Bulma, piacevolmente sorpresa e lusingata «Saresti disposto a fare di me la tua Neiē?»
 
«Ah, ma sta’zitta, donna!» brontolò il Saiyan.
 
“Ecco una delle ragioni per cui non ho fatto che sconsigliare a Lord Beerus di andare oltre, e direi che ho fatto bene. Se quel giorno non lo avessi tramortito, sarebbero entrambi morti da un pezzo” si disse Whis “Certi giuramenti non andrebbero proprio fatti, ma forse è troppo sperare di riuscire a dissuaderlo da tentare di farlo ancora… sempre nel caso che questo Universo sopravviva e Anise resti”.
 
Se, se, se… che grandissimo ammasso di “se”. Era vagamente fastidioso persino per lui.
 
«Torniamo a noi» disse Beerus, guardando Anise «Ti va-»
 
«A te andrebbe di sederti qui vicino a me, e farmi compagnia mentre finisco di leggere?» lo interruppe, sperando che così facendo avrebbe smesso di chiederle ogni due per tre se voleva qualcosa. Era carino da parte sua, lo riconosceva, ma lei era già a posto. «Al momento non ho bisogno di altro».
 
L’Hakaishin annuì, soddisfatto nel sapere che lei desiderava la sua vicinanza senza che lui fosse costretto a imporgliela, e si sdraiò nel lettino accanto a quello della lince. «Eccomi».
 
«Puoi chinarti verso di me per un attimo? Devo dirti una cosa».
 
Di nuovo, Lord Beerus obbedì.
 
«A proposito di saluti e similia, se questa sera Champa dovesse avvicinarsi a me ti prego di lasciarlo fare senza saltargli alla gola» gli sussurrò Anise «Le cose tra voi due sono degenerate in modo incredibile, ma personalmente non ho nulla contro di lui, né lui dovrebbe avere nulla contro di me. L’ultima volta che ci siamo visti mi considerava ancora sua amica».
 
Beerus, ora assai infastidito, emise un verso seccato. «Mi chiedi molto. Troppo!» bisbigliò.
 
«Se ti chiedessi di tentare di non farlo?»
 
Il dio fece una breve pausa, per poi sospirare nervosamente. «Non garantisco nulla».
 
Lei sorrise. «Ti ringrazio lo stesso».

 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo ci sarà un po’più di azione, giuro. Davvero! :*D
Ringrazio di cuore le persone che hanno letto e/o recensito (:

 

 Qui sotto, vi mostro come sarebbe l’abito da Neiē di Anise (anche se non frega nulla a nessuno :*D). I colori non sono scelti a caso, sono quelli utilizzati in Giappone in occasioni tipo i matrimoni (: (la coda non è scomparsa, è sotto la gonna xD)



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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


9
 
 
 
 

 
 
 
 
«Ho sognato che Goku moriva!»
 
Quei sogni iniziavano proprio a seccare Lord Beerus, oltre che a spaventarlo, e iniziava a non poterne davvero più. Tutta quella tensione gli stava logorando i nervi, e pensando che il probabile peggio doveva ancora venire gli incubi erano decisamente l’ultima cosa che ci voleva.
 
«Accidenti!» esclamò Whis, meno allarmato del dovuto, portandosi una mano davanti alla bocca.
 
Bra, la quale si era addormentata in precedenza, si risvegliò piangendo a causa dell’urlo di Beerus. Bulma la prese in braccio cercando di calmarla, ma non sembrava avere molto successo, e Vegeta, seccato, incrociò le braccia davanti al petto.
 
“Se voleva farsi un sonnellino, perché non se n’è andato in un hotel?! Queste divinità a volte sono veramente fastidiose” pensò il Saiyan.
 
«Non hai tutti i torti, a volte lo sono davvero».
 
Vegeta sobbalzò, rendendosi conto che Anise era di fianco a lui. Non l’aveva notata perché era troppo impegnato a essere irritato nei confronti di certe divinità urlatrici, ma anche perché a dirla tutta quella non era una donna che si faceva notare, quando era sobria. Il modo in cui tendeva a stare sulle sue, e anche i suoi colori -slavati, secondo Vegeta- rendevano facile dimenticarsi della sua presenza. «Sei in grado di leggere nel pensiero, o cosa?!»
 
«“O cosa”» disse, e gli si avvicinò a un orecchio «Se hai attorno superfici riflettenti abbastanza estese, fai attenzione. Anche Whis può vedere quel che vedo io» lo avvertì, piano «Beerus invece no. Comunque non vedo i tuoi pensieri con precisione, quella è una cosa un po’diversa».
 
«Non vedrai con precisione, ma per i miei gusti è già troppo» borbottò Vegeta.
 
Anise fece spallucce. «Immaginavo che lo avresti detto. Sembri un tipo abbastanza schivo».
 
«È un brutto presagio! Bruttissimo!» urlò ancora Beerus, con delle espressioni facciali che molti avrebbero potuto trovare perfino comiche. «BRUTTO, ORRENDO PRESAGIO!!!»
 
«Sarebbe il caso che lo aiuti a calmarsi» disse il Saiyan ad Anise, alzandosi per rientrare in casa. «Non ho capito cos’ha, ma se continua a urlare finirà per distruggere i timpani di tutti».
 
la Lusan non gli rispose, ma capendo che aveva ragione decise di riavvicinarsi a Beerus. «Un nuovo incubo? Cominciano a essere un po’troppo fitti» commentò, sedendosi sul bordo del lettino occupato dal dio.
 
«Troppa tensione. Credo che Lord Beerus sia esausto» disse Whis.
 
«Cos’hai sognato?» domandò Anise all’Hakaishin, con gentilezza.
 
«Goku era nello spazio, in un’astronave, e un tizio la faceva esplodere con se stesso e Goku all’interno!» si disperò Beerus «Goku non deve azzardarsi a morire, è il guerriero di punta della squadra!»
 
La lince rifletté un istante, muovendo leggermente le orecchie. «Non credo ci sia da allarmarsi» disse.
 
«Cosa dici, sciocca?! Hai sentito o no quello che ho detto?!» sbottò il dio.
 
«Potrei darti più di una ragione logica sul perché non c’è da preoccuparsi, facendoti notare che Goku può resistere a ben altri colpi e non ha poi tanti problemi nello spazio aperto, da quel che mi è stato detto» disse lei, piuttosto freddamente «Ma mi limito a una sola: Son Goku conosce la tecnica del teletrasporto, quindi scapperebbe altrove prima di rimanere coinvolto nell’esplosione».
 
Sul momento Beerus non rispose, apparentemente molto impegnato a guardarsi gli artigli. «Non è un buon momento, puoi capirlo da sola».
 
«Sì, io posso senz’altro capire le cose da sola» replicò Anise, alzandosi in piedi senza degnarlo di un’occhiata.
 
Beerus le afferrò un polso, in silenzio, impedendole di allontanarsi.
 
La lince non disse nulla, né provò a liberarsi dalla presa, e dopo pochi attimi si sedette sul lettino accanto a quello di Beerus. «Il lato positivo è che ormai il sole è tramontato. La tensione che provi finirà tra poco».
 
«Non so se vorrei essere tranquillo anche solo la metà di te, o che tu reagissi più come me e meno come Whis» borbottò Beerus.
 
«Suvvia, lei ha per lo più mangiato tutto il giorno facendo qualche pisolino ogni tanto, e quando prima gliel’ho fatto notare mi ha perfino risposto che “Tanto non può fare nient’altro di utile”!» gli fece notare l’angelo.
 
«Che poi a dir la verità qualcosa che potevi fare c’era: se fossi andato in giro con Goku, non ci sarebbe voluto molto per convincere la gente a partecipare» obiettò Anise.
 
«Andarsene in giro come un venditore porta a porta non è compito che si addica a una divinità!» dichiarò Beerus «E in ogni caso avevo a disposizione compagnie migliori, Anise» aggiunse, con un sorriso.
 
«Migliori, mh? Tipo quella di una sciocca?... sì, qui fuori siamo rimasti solo noi tre» sospirò vedendo che Beerus si guardava attorno per verificarlo, prima di ribattere.
 
«Sai benissimo che non ti trovo sciocca» disse il dio «Però continuare a farmi pesare quel che ti ho detto non è intelligente, devi riconoscerlo».
 
«Se fossimo stati in presenza di altri avrei capito la tua reticenza a scusarti, ma dal momento che ci siamo solo n-»
 
«Io dovrei fare cosa?!» allibì il dio, facendo perfino una risata ironica. «Anise, ti ho detto che è un brutto momento e che non ti trovo sciocca, è più che sufficiente. Io, scusarmi!... questa poi».
 
«Lord Beerus, guardi che si sta scavando la fossa da solo» gli fece notare Whis.
 
«Colpa mia. Guai a dimenticare con chi si ha a che fare» commentò Anise, e fece spallucce. «Chiudiamo qui, come non detto e come non sentito».
 
Detto ciò si alzò dal lettino e si mise a guardare le stelle, poggiandosi contro la ringhiera; quali pensieri stesse avendo in quel momento, lo sapeva soltanto lei.
 
“Maledizione, stava andando tutto piuttosto bene, possibile che una parola minacci di rovinare tutto il lavoro svolto fino a questo momento?!” pensò Beerus, alquanto dispiaciuto.
 
«Credo che io raggiungerò Lady Bulma e i Kaioshin in casa» disse Whis «Con permesso».
 
Lasciarli cuocere nel loro brodo era la cosa migliore, specie perché non aveva voglia di assistere a una loro ulteriore diatriba, e di sicuro in casa di Bulma c’era ancora del cibo.
Quindi si defilò rapidamente, e i due felini rimasero soli.
 
Dopo circa un minuto, Lord Beerus raggiunse Anise e poggiò la testa sulla sua spalla, esattamente come aveva fatto la sera prima. «Non ho intenzione di litigare con te».
 
«Io non litigo. Io guardo le stelle».
 
«Certo, e io mi chiamo Bulma!» il dio alzò gli occhi al cielo «Così facendo non risolviamo nulla. Te lo ripeto: non penso che tu sia sciocca, sono soltanto teso. Benché l’incubo non fosse brutto come quello di stamattina, vedere morire il guerriero più forte che ho non mi ha fatto un bell’effetto. Forse avrei dovuto fare più attenzione a quel che dicevo, e hai la mia parola che d’ora in poi lo farò, ma dobbiamo venirci incontro entrambi».
 
«Onestamente mi stupisco un po’di essermela presa così» confessò lei «L’opinione che hai di me mi interessa ancora più di quanto pensassi».
 
«Non sono sicuro se dovrei prendere bene il fatto che la mia opinione ti interessi, o offendermi perché in teoria era ovvio che dovesse interessarti! Nel dubbio…»
 
Una sensazione molto piacevole si irraggiò dalla testa di Anise a tutto il resto del corpo, e le piacque al punto da perdere per qualche momento ogni capacità di ragionare. Quando si riprese leggermente, si rese conto di star addirittura facendo le fusa!
 
«Quanto adori i grattini dietro le orecchie, in una scala da uno a dieci?» sogghignò l’Hakaishin, sfacciato.
 
«Questa è una mossa sleale» protestò debolmente la Lusan, voltandosi a guardarlo in faccia «Ma unita a quanto hai detto poco fa è abbastanza efficace. Ora direi di entrare in casa a nostra volta, prima che ai più curiosi venga voglia di dare un’occhiata a cosa stiamo facendo… e con “i più curiosi” intendo Bulma» specificò «Mi sono ripromessa di lasciarla morire nella Dimensione, sai?»
 
Beerus rise, pensando che stesse scherzando. «Io la risparmierei, per questa volta: è una rompiscatole, ma è molto ospitale. Per non parlare del fatto che ci siamo ritrovati grazie a lei».
 
«Quello prima era un altro valido motivo per cui avevo voglia di gettarla lì dentro, se devo dirla tutta, ma adesso è valido solo in certi momenti. È un miglioramento».
 
A quel punto entrarono in casa, dopo un breve commento di Beerus sulla sua “adorabile” onestà. Un miglioramento, alla fin fine, era sempre meglio di niente.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
«Dovremmo concentrare lì l’azione» disse Gohan, indicando il centro del disegno dell’arena che era stato fatto su una lavagna magnetica.
 
Era arrivato da poco tempo in casa di Bulma insieme a Goku -il quale era andato ad allenarsi assieme a Whis nella gravity room- e si era subito messo a discutere le possibili strategie da adottare durante il Torneo: ormai mancava ben poco, e nell’attesa che arrivassero tutti i partecipanti era la cosa più utile da fare.
Suo padre gli aveva affidato il comando della squadra, e teneva molto a dare il meglio di sé, non solo perché c’era in ballo il destino dell’Universo, ma anche per dimostrarsi degno della fiducia che era stata riposta in lui.
 
«Anche gli altri team però potrebbero avere l’idea di concentrare le battaglie su questo punto» fece notare Kaioshin il Superiore.
 
«Giusto» mormorò il ragazzo, pensieroso.
 
«Più che altro c’è da sperare che seguano le vostre strategie. Da quel che so, e quel poco che ho visto, alcuni componenti della squadra mi sembrano un po’delle teste calde».
 
La sola cosa che inizialmente lo avesse distratto era stato vedere una faccia nuova, una lince antropomorfa -tale Lady Anise- che gli era stata presentata come “compagna” del Dio della Distruzione. La cosa lo aveva sorpreso, ma aveva accantonato rapidamente quella sensazione: c’era il destino dell’Universo in ballo, che Lord Beerus avesse o meno una donna non aveva granché rilevanza… a meno che suddetta donna partecipasse alla loro discussione, come aveva appena fatto.
 
«Non ha torto, ma tutti quanti faranno la loro parte» la rassicurò Gohan, ostentando una fiducia che in realtà non aveva.
 
«Sarà meglio che sia così, altrimenti li distruggerò sul posto!» dichiarò Beerus, visibilmente nervoso.
Fedeli al detto “si parla del diavolo e spunta la coda”, Goku e Whis scelsero proprio quel momento per rientrare nella stanza.
 
 «Grazie per l’allenamento, maestro Whis!» esclamò il Saiyan, entusiasta «Mi ci voleva proprio. Ora mi sento pronto all’azione!»
 
«Si figuri» rispose l’angelo, con un sorriso.
 
“Ho mezza voglia di chiedere a Goku che sapore abbia un angelo” pensò Anise, notando un morso sulla mano di Whis, che questi non si era certo procurato da solo.
 
«Ecco, Goku, stavamo proprio parlando di te! Vedi di non fare idiozie e seguire la strategia che ti indicherà il ragazzino» Beerus indicò Gohan «Altrimenti…»
 
«Ma sì, stia tranquillo! Intendo dare il massimo come sempre» disse il Saiyan, con fare determinato.
 
«Speriamo che gli altri siano dello stesso avviso, sapendo quale è la posta in gioco» disse Kaioshin il Superiore.
 
Per un attimo il volto di Goku divenne vagamente imbarazzato, perché in realtà solo i presenti in quella stanza sapevano la verità, ma quell’espressione scomparve in fretta. «Lo faranno, certo!» esclamò.
 
La porta si aprì di nuovo.
 
«Ehi, mi ha appena telefonato Mr. Satan» esordì Bulma, con aria vagamente allarmata.
 
«È successo qualcosa, Bulma?» domandò subito Gohan.
 
«Ha detto che Majin Bu non può più partecipare al Torneo» riferì la donna.
 
«Perché?» si stupì Goku.
 
Fino a poco tempo prima Bu stava benissimo, cos’accidenti era capitato?
 
«Si è addormentato e non vuole svegliarsi» continuò Bulma.
 
«COOOSA?!» esclamò il Saiyan, incredulo.
 
«Stando a quel che dice Satan, non si sveglierà prima di due mesi in nessun caso!» concluse la scienziata.
 
«Papà, questo non va affatto bene» disse Gohan, cupo. Non potevano permettersi di perdere alcun membro della squadra: ormai mancava poco all’inizio del Torneo, e non c’era neppure qualcuno che potesse sostituire il demone rosa.
Lo sguardo del ragazzo cadde sulla lince…
 
«Non so combattere, mi spiace» lo disilluse Anise, avendo intercettato l’occhiata.
 
Goku si alzò in piedi. «Vado subito da Bu».
 
«Aspetta, Goku» lo fermò Lord Beerus «Vengo con te, così lo sveglio a suon di botte! Whis» si voltò verso l’angelo «Non è il tizio che al Torneo contro l’Universo Sei si è addormentato durante il test scritto, finendo col farsi squalificare?»
 
«Sì, è successo qualcosa del genere».
 
«E vorrebbe crearmi problemi anche stavolta facendo la stessa cosa?! Non lo permetterò» dichiarò Beerus, con energia «Quello mi è antipatico sin da quando ha mangiato i miei budini!»
 
Whis sollevò le sopracciglia. «Serba ancora rancore per quella faccenda?»
 
Il dio non rispose nemmeno, e tornò a rivolgersi al Saiyan. «Andiamo, Goku!... ma che…»
 
O meglio, tornò a rivolgersi al vuoto lasciato da suddetto Saiyan, partito senza di lui.
 
«Ehm… è già andato» disse Bulma.
 
«A questo punto non resta che attendere» commentò Kaioshin il Sommo «Quest’imprevisto non ci voleva proprio».
 
«Faccio portare altro cibo» concluse Bulma, notando il nervosismo crescente di Lord Beerus.
 
“Sembrano tutti prendere la cosa fin troppo a cuore, pur trattandosi di un Torneo come tanti ce ne sono stati” pensò la scienziata “Ma non dovrebbe sorprendermi, visto come sono fatti i maschi che frequentano questa casa”.
 
Se Bulma formulava pensieri compiuti, Anise invece era entrata in pieno stadio “rumore bianco” dal momento in cui Beerus si era messo a sbottare e inveire contro Majin Bu. Ormai non valeva più la pena prestare attenzione a quel che le accadeva attorno: aveva già ascoltato abbastanza dei possibili tipi di strategia da adottare, aveva già provato abbastanza divertimento nel vedere il morso sulla mano di Whis, e grazie al riflesso sul vetro della finestra aveva già capito che Goku non aveva detto a nessuno della possibile cancellazione. Probabilmente li aveva convinti promettendo loro premi in denaro o desideri, dal momento che il premio che sarebbe andato al guerriero migliore era in effetti un desiderio delle Super Sfere.
 
“Non ci sono bugie più efficaci di quelle mescolate a un pizzico di verità”.
 
Il tempo scorreva in maniera bizzarra, quando si “disconnetteva” dalla realtà circostante: era come se fosse immobile, inglobata in una bolla nella quale la velocità restava normale, mentre le persone attorno a lei si muovevano freneticamente, in silenzio, come fossero stati i protagonisti di un video in time lapse. Se non lo avesse vissuto già troppe volte, avrebbe potuto perfino trovarlo un fenomeno affascinante… anche se in quei momenti le sorgevano dubbi sulla propria sanità mentale. In certi casi, mentre era in quello stato, aveva visto giorni e notti alternarsi.
 
Sollevò lo sguardo. Beerus, attraverso il bastone di Whis, stava urlando qualcosa a Goku. Il tutto durò circa un secondo, perché poi si mise a sbranare un cosciotto di carne arrosto. Essendo veloce di suo, vederlo mangiare in time lapse era qualcosa di assurdo.
 
Si voltò verso la finestra, tornando a fissare le stelle. Per quanto tempo aveva vagato tra di esse, e tra quelle degli altri universi?
Domanda stupida, conosceva già la risposta: “Tanto, al punto che avevano perso il loro fascino”.
Seriamente: c’era qualcosa o qualcuno che avesse ancora un minimo di importanza?
 
«Anise».
 
Un’eco lontana era riuscita a penetrare la bolla.
 
«Anise…»
 
Sentire il tocco di qualcuno sulla sua spalla la riportò bruscamente alla realtà. Tornarono i suoni, tornò tutto a muoversi normalmente. «Dimmi, Beerus».
 
«Stanno andando tutti in terrazza» le comunicò il dio «Ed era da qualche secondo che ti stavo chiamando».
 
«Perdonami, ero sovrappensiero».
 
Lord Beerus parve sul punto di voler dire qualcosa a riguardo, ma infine desistette, e le tese una mano. «Vieni».
 
La donna inizialmente si limitò a obbedire, a stringere la sua mano e alzarsi; tuttavia, una volta notato che ormai erano rimasti soltanto loro due e Whis, il suo corpo si mosse da solo, e strinse l’Hakaishin in un abbraccio il cui significato era oscuro anche per lei.
 
«Immaginavo che presto o tardi avresti cominciato a sentire anche tu la tensione» commentò Beerus, passato l’attimo di sorpresa, accogliendola caldamente tra le braccia. «Ma voglio credere che ce la faremo. Goku sveglierà Majin Bu, o troverà qualcun altro, e ce la faremo».
 
“Non conosco i motivi dietro questa mossa, ma di certo non è per quel che crede lui” pensò Whis.
 
Anise si staccò dall’abbraccio. «Ora usciamo».
 
Beerus annuì, con un minimo di felicità a mitigare la paura per il futuro, e uscirono fuori tutti e tre insieme, raggiungendo i Kaioshin al tavolo attorno cui erano seduti.
In terrazza si era radunato un bel gruppetto di persone, e Anise notò alcune facce nuove, come il namecciano -doveva essere Junior, se non ricordava male- e il tipo con tre occhi, del quale Chichi le aveva detto il nome, ma le sfuggiva.
 
«Crilin, C18! Che bello vedervi» stava dicendo Gohan ai due, appena arrivati «Ciao anche a te, Marron» sorrise, all’indirizzo della bambina.
 
«Dov’è la neonata? Voglio vedere la neonata!» esclamò Marron.
 
«Vieni, vieni, ti portiamo subito da lei!» la accontentarono Trunks e Goten, correndo in casa assieme a lei.
 
«Guardandoli, direi che Goku non abbia rivelato loro della possibile cancellazione» commentò Whis.
 
“Come immaginavo” pensò Anise.
 
«Che ne dite di allenarci per riscaldarci un po’?» propose Crilin al resto del gruppo «Tanto ora che la squadra è completa non rimane che aspettare C17, il Genio e Vegeta, no?»
 
«In verità è sorto un problema, Crilin» disse Gohan «Majin Bu si è addormentato, e per ora sembra che nemmeno papà riesca a svegliarlo!»
 
«Davvero? Speriamo che Goku riesca a risolvere la questione. Ma se così non fosse, non è proprio indispensabile che partecipi anche Bu, no?»
 
«Se Goku non riesce a svegliarlo, dovremo partecipare con nove membri» disse Junior.
 
Sentendo ciò, Shin si alzò e si avvicinò al gruppo. «Questo potrebbe essere un problema: Re Zeno ha detto “dieci componenti per squadra”, quindi dieci componenti devono essere, indiscutibilmente. Pena la squalifica».
 
«Appunto! Tu, ragazzino» così Beerus, con in mano l’ennesimo cosciotto di carne, apostrofò Gohan «Sei il leader della squadra, quindi fatti venire in mente qualcosa!»
 
«Papà troverà il modo di svegliare Majin Bu, e se non dovesse riuscirci si prenderà la responsabilità di trovare qualcuno per sostituirlo» affermò il ragazzo, con decisione «Non verremo squalificati».
 
«Beh, sarebbe un peccato finire col perdere dieci milioni di zeni!» esclamò Crilin, con un sorriso.
 
«Soldi. Lo avevo immaginato» commentò Anise, mentre mangiava del gelato.
 
«Dieci milioni?» mormorò Gohan «Oh, papà…»
 
«Quel Son!...» borbottò Junior.
 
Crilin, Tien e C18 li guardarono, un po’confusi.
 
«Non siamo tutti qui per i dieci milioni di zeni?» domandò Crilin «Aspettate… non ditemi che era una bugia!»
 
«Ehm… ecco… in effetti temo che papà potrebbe non aver detto precisamente le cose come stanno» farfugliò Gohan, alquanto imbarazzato.
 
In quel momento arrivò anche Vegeta, reduce da un allenamento nella Stanza dello Spirito e del Tempo -che aveva finito col distruggere di nuovo, nonostante gli avvertimenti. «Eccomi. Dov’è Kaaroth?! Ormai è quasi ora di andare!»
 
«È andato a svegliare Majin Bu, che si è addormentato» lo informò Bulma «Ma al momento non è quello che conta. Se il premio in palio non sono i soldi, allora di cosa si tratta? Cos’è esattamente questo “Torneo del Potere”?» domandò con aria severa, rivolta alle divinità presenti «Non è solo una battaglia tra i migliori guerrieri di tutti gli Universi, vero?!»
 
«A dire il vero si tratta proprio di questo» la smentì Anise «Solo che gli Universi delle squadre sconfitte fanno puff».
 
«Quel che Lady Anise cercava di dire, è che gli Universi dei team perdenti verranno cancellati da Re Zeno» tradusse Whis «Solo uno tra gli otto Universi più deboli, ossia quelli in gara, si salverà. Il vero scopo del Torneo del Potere è operare una scrematura tra di essi».
 
Tutti coloro che fino a quel momento erano rimasti all’oscuro urlarono un “COOOSA?!” udibile da chiunque nel giro di svariati metri.
 
«Credo che papà temesse che se vi avesse detto la verità vi sareste spaventati, e non avreste partecipato. Io ho taciuto per la stessa ragione» confessò Gohan «Me ne scuso».
 
Cadde il silenzio.
Era una prospettiva terribile, molti non sapevano cosa dire o cosa pensare: la sola cosa certa, però, era che diversi di loro si sentivano alquanto irritati con Goku per la sua bugia.
 
«C-can… cancellati?» balbettò Crilin, terrorizzato «Cioè… se perdiamo, noi… perché diavolo Goku non ce lo ha detto?!»
 
«Non so se dovremmo partecipare a una cosa del genere, Crilin, soprattutto se non c’è alcun premio in denaro» aggiunse C18.
 
“Le priorità, quelle serissime!” pensò Anise, senza esprimersi ad alta voce.
 
«Ehi, ragazzi!» si sentì esclamare dal cielo, e subito dopo un Goku beatamente ignaro degli sviluppi atterrò sul terrazzo. «Non sono riuscito a svegliare Bu in alcun modo, mi spiace. Dovrò inventarmi qualcosa per trovare un sostitut-»
 
«Lo abbiamo saputo, Goku!» lo interruppe Bulma.
 
Crilin si fece avanti, con aria minacciosa. «Goooookuuu!»
 
«Uh? Cos’hai, Crilin?»
 
«Ci hai mentito!» lo accusò l’amico «Riguardo i dieci milioni di zeni!»
 
Ah. Ecco cos’aveva.
Goku capì di essersi infilato in un bel guaio, l’ennesimo imprevisto che, in un contesto simile, non serviva affatto.
 
«Crilin e C18 ora non sono convinti di voler partecipare!» disse Bulma a Goku, con fare bellicoso.
 
«Dai, vi darò io gli zeni!» cercò di minimizzare il Saiyan, rendendosi conto che le cose si stavano mettendo male «Satan mi ha dato del denaro, tempo fa».
 
«E dovremmo credere che Chichi non ci abbia già messo le mani sopra?» obiettò Vegeta, cogliendolo in castagna.
 
«Ehm… lo chiederò a Bulma!»
 
«Non contare su di me» lo disilluse la scienziata.
 
«Oh, andiamo, dieci milioni di zeni a testa per te non sono niente di che!» cercò di convincerla Goku.
 
«Basta! Tentare di corromperci con il denaro è stata una bassezza, Goku!» sbottò Crilin.
 
«Mi dispiace» mormorò lui, visibilmente dispiaciuto per l’accaduto.
 
«Ma quel che mi fa arrabbiare di più è che tu abbia nascosto il fatto che, se perdiamo, l’Universo finirà» continuò Crilin «Capisco perché Gohan non si sia sentito di dircelo, ma noi siamo tuoi amici, e abbiamo sempre combattuto al tuo fianco!» si avvicinò a Goku «Perché non ci hai detto una cosa così importante?! Pensavi che ci saremmo spaventati e non avremmo partecipato?!»
 
«Non hai paura, dunque?» si stupì Goku.
 
«Certo che ne ho!... e infatti non voglio partecipare».
 
Beerus si coprì il volto con una mano. Un’altra defezione non ci voleva proprio, l’Universo Sette era ancor più a rischio di quanto fosse mai stato!
 
«Peccato, era un discorso quasi commovente» commentò Kaioshin il Sommo.
 
«Più o meno. Lo hanno rimproverato per averli “corrotti con i soldi”, ma di fatto erano stati proprio quelli a far loro gola» Anise fece spallucce «Avrebbe fatto più bella figura stando zitto».
 
«Ti prego!» lo implorò Goku «Non possiamo vincere solo con l’uso della forza, serve anche la strategia! Ti prego, Crilin!»
 
«Allora avresti dovuto dirlo fin dall’inizio» ribatté questi, senza avvedersi del fatto che Lord Beerus si era alzato e stava andando proprio verso di lui.
 
«Bene. Se vogliamo metterla così…» borbottò il dio «Ehi! Trillin!»
 
«Ehm, io mi chiamo Cril-»
 
«PARTECIPA!» gridò l’Hakaishin, infuriato, puntandogli un dito contro «E guai a te se ti fai buttare fuori dall’arena prima che il tempo scada! Questo è un ordine. Se ora rifiuti di obbedire, ti distruggo sul posto!» lo minacciò, creando una sfera di energia distruttiva violacea.
 
«Va bene, ho capito, parteciperò!» cedette Crilin, spaventato. «Lo avrei fatto in ogni caso, volevo solo farmi implorare un po’…»
 
«Grazie, Crilin!» esultò Goku.
 
«Però non credo che C18 parteciperà gratis…»
 
«Oh, su» sbuffò Bulma «Darò io i dieci milioni di zeni a chiunque li voglia. Piuttosto, promettetemi di vincere e tornare a casa sani e salvi!»
 
«Sei grande, Bulma!» esclamò Goku, felice nel notare che C18 e Tien sembravano soddisfatti «E ti prometto che vinceremo».
 
«Questa questione è sistemata, ma di fatto manca ancora una persona» ricordò a tutto Kaioshin il Superiore.
 
«Trovate qualcuno!» intimò loro Beerus «Ormai non c’è più tempo. Possibile che, grande com’è l’Universo, si trovino guerrieri validi solo in questo buco di pianeta?! Ecco, se solo non aveste spazzato via l’armata di Freezer-»
 
«AH!» esclamò Goku, colto da un’illuminazione «Ma certo, Lord Beerus ha ragione! Come ho potuto non pensarci? Freezer! Scegliamo lui, come decimo guerriero!»
 
«FREEZER?!» urlarono tutti, stupiti per l’apparente assurdità dell’idea.
 
“Le possibilità di vittoria che pensa di avere sono minori di quelle che lascia intuire, se va perfino a tirare fuori dall’oltretomba l’Imperatore del Male” pensò La Lusan. Non lo aveva mai incontrato, non l’aveva mai visto neppure di sfuggita né le era mai venuta voglia di farlo, ma la malvagità di quel Changelong di nome Freezer era tale da essere conosciuta anche in alcuni degli altri Universi.
 
«Me lo ha detto Dende quando mi ha aiutato a trovare C17: Freezer è finito all’inferno, ma non si è ancora pentito» spiegò loro Goku «Quindi non può passare oltre, e Re Yemma è molto frustrato per questo».
 
«Non vorrai usare le Sfere del Drago per riportare in vita quella carogna?!» lo aggredì Vegeta.
 
«Qualcosa del genere. Non userò le Sfere del Drago» chiarì il Saiyan «Ma chiederò alla Strega Baba di resuscitarlo per ventiquattro ore, come ha già fatto con noi due, Vegeta».
 
«È un’idea assurda!» disse Shin, con una certa veemenza «Pensi davvero che Freezer voglia fare squadra con te e gli altri?!»
 
«Per lui sarebbe sempre meglio che restare all’inferno. Combattere con noi gli conviene» replicò Goku.
 
Lord Beerus, che ascoltava l’idea con un drink in mano, non fece commenti. Quella di Goku era a parer suo un’idea pericolosa, dagli esiti meno scontati di quanto pensasse, ma d’altra parte non vedeva altre possibili strade da percorrere: Freezer era senza dubbio uno degli esseri più potenti disponibili, e se avesse fatto quel che doveva fare avrebbe aumentato le possibilità che il loro Universo si salvasse.
 
“Se per salvarci serve Freezer, che lo vada a prendere” pensò il dio, dando una breve occhiata ad Anise.
 
«Andrà a finire male» profetizzò Crilin, il quale per ovvi motivi non era per nulla contento.
 
«Meglio avere Freezer vivo per un giorno che finire tutti cancellati» ribatté Goku.
 
«Questo non è da te» si fece avanti Vegeta «Non sei sicuro di te stesso come al solito. Possiamo vincere anche senza coinvolgere quel bastardo!» esclamò, guardandolo dritto negli occhi «… giusto?»
 
Goku non rispose.
 
“Questo lo definirei un no. Aspetta: cosa c’è laggiù?” si domandò Anise, alla quale sembrava di aver notato uno strano movimento in lontananza, dietro una palma del giardino di Bulma. Aguzzò la vista, scrutando attentamente in quella direzione. “Quando si dice occhio di lince. Avevo visto giusto… a quanto pare, abbiamo una piccola spia”.
 
Avrebbe potuto lasciar perdere e mangiare dell’altro gelato, o avrebbe potuto far notare l’intruso a qualcun altro, ma un pensiero casuale appena venuto a galla nel suo cervello le suggerì che forse doveva a Beerus qualcosina, per quel che gli aveva già fatto e per quello che -forse- gli avrebbe fatto in futuro.
 
«Bulma, potrei usare il bagno?» chiese con gentilezza alla padrona di casa, subito dopo aver intascato il cucchiaio col quale aveva mangiato il gelato.
 
“Perché portare un cucchiaio in bagno?” si chiese Whis, avvedutosi della mossa.
 
«Certo! Sai già dov’è».
 
La lince ringraziò e corse rapidamente in casa, per poi scomparire nella prima superficie riflettente che trovò.
 
“Chi può aver inviato qui una spia?” si chiese una volta nella Dimensione degli Specchi, mentre si lanciava in caduta libera verso l’uscita che desiderava. “L’Universo con il mortal level più basso è il nono, ma l’Hakaishin Sidra non ha fama di possedere chissà quale furbizia. Una mossa così subdola me la aspetterei più dall’Universo Quattro: non è forse conosciuto come l’Universo dei complotti? Del resto avevo già ipotizzato che qualcuno potesse approfittare delle lacune nel regolamento”.
 
Saltò fuori dalla Dimensione, atterrando silenziosamente sull’erba.
 
“Se non erro, quello è un Nibrit del quarto Universo. La razza che quando effettua un power up si trasforma in una sorta di volatile” pensò Anise, dando un’occhiata alla spia “Potrebbe essere piuttosto forte, ma del resto non ho mai pensato di affrontarlo in uno scontro diretto”.
 
Tirò fuori il cucchiaio e lo lanciò contro la spia, il guerriero del quarto Universo di nome Ganos, il quale non si avvide di nulla…
 
«MA CHE ACCIDENTI?!-»
 
O per meglio dire, non si avvide di nulla fino a quando si sentì colpire leggermente da qualcosa e si ritrovò subito dopo a precipitare nel vuoto all’interno di un mondo fatto della stessa materia di cui sono fatti i peggiori incubi, quintessenza del caos, composto interamente di specchi.
 
«Dove sono finit- argh!» gridò, quando due grossi dodecaedri di specchi provarono a schiacciarlo tra loro «BASTA!» urlò, scagliando loro contro due potenti raggi energetici.
 
I dodecaedri si ruppero in milioni di schegge, ma Ganos non ebbe tempo di sentirsi soddisfatto: quel nugolo di frammenti si radunò in uno sciame, e la prima cosa che fece fu attaccarlo senza pietà.
Ganos gridò ancora, tentando inutilmente di centrare quelle schegge che tuttavia si allontanavano le une dalle altre a ogni suo colpo, evitandolo, mentre a lui non veniva risparmiata alcuna ferita.
Un colpo al mento assestatogli da una serie di prismi proveniente da sotto di lui riuscì infine a metterlo al tappeto, facendolo cadere rovinosamente su una larga e liscia superficie circolare.
 
«Si può considerare la Dimensione degli Specchi una creatura viva, dotata di un proprio sistema immunitario. Per lei, tu sei il batterio da eliminare».
 
Nel sentire quella voce femminile priva di qualunque emozione, Ganos riaprì gli occhi, e barcollando un po’ riuscì a rialzarsi in piedi. «Mi hai gettato qui, mi hai attaccato di sorpresa, abbi almeno il coraggio di mostrarti!» urlò, tenendo d’occhio gli infiniti specchi che avevano iniziato a vorticare attorno a lui.
 
«“Abbi il coraggio di mostrarti”, disse il guerriero dell’Universo Quattro mandato da Lord Quitela a spiarci. Devi essere arrivato qui solo da poco, o ti avremmo notato prima: il tuo Hakaishin deve averlo messo in conto, e averti mandato qui all’ultimo minuto proprio per questo motivo… quindi non puoi aver sentito nient’altro se non della resurrezione di Freezer, e del motivo dietro questa scelta».
 
Ganos non riusciva a capire da dove provenisse la voce, tutti quegli specchi lo confondevano e gli impedivano di vedere il gigantesco pendolo a forma di falce affilata che ondeggiava con forza svariati metri sopra di lui, su un’estremità del quale la lince, sicura di non poter cadere in alcun modo, stava tranquillamente in piedi.
 
«Ora, spia dell’Universo Quattro, cosa dovrei fare di te?» mormorò Anise, indifferente al fatto che Ganos avesse ricominciato a combattere una battaglia contro la Dimensione intera.
 
A giudicare dal modo in cui aveva risposto agli attacchi della Dimensione degli Specchi, il Nibrit era piuttosto forte, quindi poteva anche essere uno dei dieci guerrieri scelti da Quitela per il Torneo. Fosse stato così sarebbe stata una mossa imprudente mandarlo in giro a spiare le persone, ma del resto essere colto sul fatto non era nei progetti.
 
“Se fosse come penso, e morisse qui, il gioco di Quitela si ritorcerebbe contro lui stesso”.
 
Tuttavia, per quanto fosse forte non era al livello di persone come Son Goku, o come il marito di Bulma Brief, ai quali attacchi come quelli subiti dal Nibrit non avrebbero fatto proprio nulla; tra questo e la leggerezza con la quale era stato mandato lì, era da presumere che fosse un componente sostituibile. Ucciderlo avrebbe arrecato all’Universo Quattro un danno di poco conto.
 
“E se la spia non torna da lui, Quitela capirà comunque che questo è un Universo da non sottovalutare, e potrebbe decidere lo stesso di prendere contromisure. Magari non direttamente, perché fare qualcosa di più ‘grosso’ potrebbe rientrare in quel poco che le regole non ammettono, quindi forse farebbe in modo che se ne occupino altri… ma sto divagando, e quali che possano essere queste ‘contromisure’ non sarebbero nulla di chissà quanto problematico, specie pensando che, a detta di Beerus, Goku può far venire qui Zeno premendo un bottone” si disse “Tornando al discorso principale, credo che in considerazione di tutto questo-”
 
«TI HO DETTO DI MOSTRARTI, MALEDIZIONE!» urlò Ganos da sotto, mentre veniva attaccato dall’ennesimo sciame di schegge.
 
«Immagino che chiederti di urlare in silenzio sarebbe poco carino, oltre che poco sensato»  la Lusan fece spallucce «E comunque ho appena deciso cosa fare di te. Avevo pensato di ucciderti» gli rivelò «Che tu muoia ora o venga cancellato in seguito non fa differenza. Ma sarebbe stato abbastanza inutile, per cui mi limiterò a farti una semplice domanda, per poi lasciarti andare via praticamente illeso: c’entri qualcosa col fatto che un guerriero della nostra squadra si è addormentato?»
 
Se così fosse stato avrebbero avuto una vaga possibilità di poter mettere in difficoltà l’Universo Quattro, e non sarebbe stato un male; quello non era tra i suoi Universi preferiti, e Beerus e Quitela non andavano molto d’accordo, tanto per usare un eufemismo. Così facendo non avrebbe più pensato di “dovere” qualcosa al suo ex compagno.
 
«Dopo tutto questo ti aspetti veramente che te lo dica?!» rise Ganos «Sei una povera idiota!»
 
Gli specchi sopra di lui si diradarono, e quando alzò lo sguardo vide finalmente l’enorme lama lucente del pendolo, nonché la figura snella di Anise sopra di esso.
 
«Varder sreap» disse la Lusan, artigliando l’aria con una mano.
 
«Che stai dicend -AAARGH!»
 
La superficie lucida sotto i piedi del guerriero era diventata vischiosa come catrame, e da essa si era creato un numero indefinito di grossi filamenti che in un batter d’occhio l’avevano assaltato, scattando contro di lui come serpenti infuriati, stringendolo, soffocandolo e, da quando su di essi nacquero delle lunghe spine ricurve, anche ferendolo; da questi filamenti poi se n’erano originati altri, su cui avevano fatto la loro comparsa degli eleganti boccioli di rose, che si aprirono appena vennero bagnati dal sangue caldo del Nibrit.
 
«Ne spezzi uno, se ne formano altri tre» disse Anise vedendo Ganos lottare, mentre un ramo di “varder sreap” -rose rampicanti- le si formava tra le mani,. «E tu hai commesso lo sbaglio di non trasformarti in tempo utile. Ti ripeto la domanda, per poi lasciarti andare via un po’meno illeso di prima: c’entri qualcosa col fatto che un guerriero della nostra squadra si è addormentato?»
 
«CREPA!» urlò Ganos, mentre dei rami neonati di rose laceravano il suo volto.
 
«Ami complicarti l’esistenza, allora. Lav a ddrychau».
 
Il guerriero non capì bene quale gesto avesse fatto con le mani, ma vide benissimo che gli specchi si stavano rapidamente disponendo lungo il bordo del “pavimento” circolare vischioso sul quale si trovava, saldandosi strato dopo strato uno sopra l’altro, esattamente come se si fosse trattato di mattoni; alla fine, tutt’intorno a lui si era creata una struttura  che somigliava tremendamente a un pozzo piuttosto profondo.  
 
«Questa è l’ultima chance che avrai» lo avvisò Anise «Ti consiglierei di sfruttarla».
 
«C-credi che mi faccia paura l’idea di rimanere in fondo a questo pozzo?!» sbottò Ganos, sempre stretto dalle “rose”. «Non mi lasceranno qui, qualcuno verrà a prendermi!»
 
«Se credi che il tuo Hakaishin verrà a liberarti, o manderà chicchessia, ti sbagli. Sei rimpiazzabile. Non conti niente per lui, o non ti avrebbe spedito qui. La sola possibilità che hai di sopravvivere è rispondere alla mia domanda».
 
Ganos si divincolò ancora, senza distogliere lo sguardo dalla lince che stava mormorando qualcosa, e facendo strani gesti nel mentre; a guardar bene, stava dando forma a un condotto che partiva da un punto abbastanza lontano e terminava con un’imboccatura chiusa proprio sopra il pozzo.
 
«Ci hai visto giusto: quello in cui ti trovi è un pozzo» disse Anise, che ora camminava perpendicolarmente lungo la lama del pendolo. «Tuttavia manca ancora una cosa... bats’ um».
 
L’imboccatura si aprì, e da essa uscì un immenso getto d’acqua salata che cadde dentro il pozzo, iniziando a riempirlo con rapidità. Evidentemente Anise aveva creato un collegamento con una delle uscite legate a uno specchio d’acqua.
 
«Cosa… NO!» gridò Ganos, moltiplicando i suoi sforzi di liberarsi quando sentì che l’acqua era già arrivata alle ginocchia.
 
«Ti ripeto la mia domanda per l’ultima volta: c’entri qualcosa col fatto che un guerriero della nostra squadra si è addormentato? Rispondi, o annegherai come un topo… per fedeltà a un altro topo» aggiunse la Lusan «A pensarci bene, fa quasi ridere».
 
L’acqua ormai era arrivata all’altezza del petto del Nibrit, il quale iniziava a spaventarsi davvero avendo compreso che quella donna non scherzava affatto, ed era davvero pronta ad annegarlo. «Io… io non c’entro! Non c’entro col maledetto tizio che si è addormentato!» gridò, con gli occhi fuori dalle orbite, cercando di tenere sollevata la testa «Non c’entro! NON-»
 
L’acqua gli entrò in bocca, e dopo pochi attimi lo ricoprì completamente.
Guardando in alto riusciva ancora a vedere l’immagine lontana e distorta della lince, e iniziò a chiedersi se fosse davvero il suo destino morire in quel modo indegno, prima di potersi rendere veramente utile per il proprio Universo, prima di poter fare la sua parte nel Torneo del Potere.
 
Poi successe: le rose lo lasciarono andare, e lui si sentì risucchiare verso l’alto. Quando venne aspirato dal condotto ebbe a malapena il tempo di rendersene conto, e inizialmente non capì neppure di essere, ormai, fuori dalla Dimensione degli Specchi.
Tutto quel che sentiva attorno a lui era acqua, tutto quel che vedeva era nero puro, ma per disperazione provò a nuotare, a salire, e infine, con sua sorpresa e immenso sollievo, trovò l’aria.
 
Tossì e si guardò attorno, incredulo: si trovava vicino alla riva di una spiaggia poco lontana dalla città in cui era stato inviato da Lord Quitela. Era salvo! Ferito, spaventato, ma salvo.
 
Raggiunse la spiaggia sabbiosa e crollò steso a terra, tastando una delle tasche in cerca del comunicatore che il suo Hakaishin gli aveva dato prima di partire. Trovandolo al suo posto, si sentì quasi miracolato.
Lo tirò fuori con lentezza, perché l’effetto dell’adrenalina stava svanendo e gli restavano ben poche forze, ma non si preoccupò troppo: era consapevole che Lord Quitela avrebbe potuto farlo curare in tempo record.
 
Portò il comunicatore davanti alle labbra, premette un pulsante. «Lord Quitela…» mormorò «Sono pronto per il ritorno».
 
Nel frattempo, alla Capsule Corporation, Anise era uscita dalla Dimensione degli Specchi, e una volta recuperato il cucchiaio era tornata in casa; doveva pur sempre dare l’impressione di essere davvero andata in bagno.
 
«Lord Beerus iniziava a preoccuparsi. È stata assente per vari minuti».
 
Whis. Doveva aspettarsi di essere “intercettata” da lui, che di certo si era accorto del furto del cucchiaio, e probabilmente aveva anche trovato una scusa per allontanarsi e osservare dal bastone quel che aveva fatto. «Ho avuto da fare, Whis, ma è tutto a posto».
 
«Lo so. Ho visto».
 
Appunto.
La Lusan prese con delicatezza una mano dell’angelo, e poggiò il cucchiaio sul palmo. «Torniamo dagli altri».
 
Whis strinse il cucchiaio. «Direi sia il caso».
 
 
 

 
 
 
 
 
Capitolo lungo.
Molto lungo.
Mea culpa, mi sono dilungata senza rendermene conto, e sappiate che ho anche tagliato un pezzo! :*D
Per il resto, vi avevo promesso un minimo d’azione in più, e… niente, ci ho provato :*D quanto al disegno qui sotto, mi sa che non richiede spiegazioni.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


10
 
 
 
 
 
 
 
 
♦♦  Varie centinaia di milioni di anni or sono… ♦♦
 
 
 
 
 
«Non sono molto convinto».
 
«Andiamo, so benissimo quanto è grande la tua voglia di avermi attorno: pari o inferiore a zero, più o meno» dice la lince, e allarga le braccia «Hai finalmente tra le mani un Hakaishin forte quanto quello dell’Universo Undici, se non di più, non vuoi una Iarim Neiē o una Neiē a mettersi in mezzo nel vostro rapporto tra maestro e allievo, e io non intendo avere a che fare con questo Beerus, che distrugge mia sorella e tutto quel che ha da dirmi è “Vado a dormire per un anno, vedi di fartela passare”! Davachanut’yun e!»
 
Letteralmente, "Che si fotta". Whis alza gli occhi al cielo. «Non sia così volgare».
 
«Saresti volgare anche tu se il tuo ormai ex compagno uccidesse tua sorella e poi dicesse quel che lui ha detto a me!... o forse no, voi angeli siete tutti strani. Ad ogni modo, Whis, te lo chiedo ancora una volta: aiutami ad andare via. Sei il solo che possa farlo».
 
L’angelo mordicchia un biscotto. Ecco, l’abilità in cucina è una delle poche cose di Anise che apprezzi; peccato che lei non voglia condividere le sue ricette. «Lei è consapevole di quale sarebbe la reazione di Lord Beerus se io accettassi di aiutarla a “morire”?»
 
«Se la prenderà a male per un po’di tempo, poi troverà un’altra Iarim Neiē da portarsi appresso, o forse no perché glielo impedirai, ma comunque gli passerà».
 
Lo dice senza alcun tremore nella voce, senza una lacrima, senza occhi lucidi, come parlasse di un problema matematico. Prima di innamorarsi di Beerus è sempre stata piuttosto “controllata” nel manifestare le sue emozioni, e quanto accaduto sei mesi prima non ha fatto che riportare a galla questo aspetto.
 
Whis solleva un sopracciglio. «Lo pensa sul serio? Devo ricordarle cos’era disposto a fare per lei circa due anni e mezzo fa, sentendola dire che non era convinta di voler diventare immortale?»
 
«Me lo ricordo benissimo, e ricordo anche chi mi ha spinta a dissuaderlo, Whis. Scambio di favori: tra me e te funziona così, no? E infatti Beerus non ha lasciato tutto, ed è ancora un Hakaishin. Altro infuso?» domanda la giovane, sollevando la teiera.
 
«Sì, grazie» annuisce Whis, mentre la sua tazzina viene riempita.
 
«Comunque, due anni e mezzo fa è due anni e mezzo fa, adesso è adesso, e di me non gli importa più granché. Lo ha dimostrato molto bene. Whis, aiutami» ripete ancora, con una nota di preghiera nella voce «Fallo, e non mi vedrai mai più».
 
«Se Lord Beerus la prendesse meno bene di quanto lei creda? Se poi lei si pentisse essere andata via e volesse tornare, presa dalla nostalgia o per non rimanere sola, immortale tra mortali?»
 
«Se Beerus dovesse “prenderla meno bene di quanto credo” avrai un’occasione d’oro per far sì che ti si attacchi ancor più di quanto abbia già fatto» gli fa notare la Lusan «E potrai manovrarlo e influenzarlo più di quanto tu faccia adesso. Quanto al resto, la solitudine non mi ha mai fatto paura, e posso avere nostalgia del Beerus di quattro anni fa, ma quel Beerus non esiste più. Al suo posto c’è uno sconosciuto che gli somiglia, e che io odio».
 
«Oh, non sia melodrammatica. Posso capire che la perdita di sua sorella le provochi dolore, ma le ricordo che intendeva ucciderla. Di suo!» aggiunge l’angelo, spietato «Perché sebbene Rubedo ora si sia trasferito nel suo corpo, Lady Anise, lei non ha istinti omicidi. Sbaglio?»
 
«Momentaneamente a dir la verità ne ho qualcuno, Whis. Ma non cambiamo discorso: se resto qui, ci sono almeno delle minuscole possibilità che al suo risveglio Beerus mi lasci in pace?»
 
Whis scuote il capo. «Al contrario, vuole prenderla e portarla in casa nostra!» sospira.
 
«Se mi aiuti ti do tutte le mie ricette. Tutte. Biscotti, torte, infusi, quello che vuoi».
 
L’angelo è visibilmente tentato: liberarsi di una persona poco gradita e guadagnarsi quelle ricette è molto allettante. Ciò nonostante ha ancora una domanda, perché vuole che Anise scopra tutte le sue carte. «Se non la aiutassi, invece, cosa farebbe al risveglio di Lord Beerus?»
 
La lince esita, lo guarda negli occhi. «Tu vuoi davvero che lo dica?»
 
«Sì».
 
«Gli direi di ogni singolo scambio di favori, e anche di quel che abbiamo fatto due anni fa. Non so quali sarebbero le conseguenze per me, ma credo che tu potresti dire addio al tanto caro rapporto maestro/allievo».
 
Whis sorseggia l’infuso. Sa che la ragazza fa sul serio, sa che non ha tutti i torti, e lui in effetti non ha proprio voglia di affrontare seccature del genere, non quando potrebbe darle una mano a fuggire facendo relativamente poco, per di più ottenendo tutto ciò che desidera, ricette incluse.
Sì, conclude, tutto sommato si può fare. «Creerò un’astronave che funzioni in modo simile al nostro cubo, che lei già conosce: con quella potrà muoversi tra gli universi. Vada nell’Universo Otto e raggiunga il pianeta verde 333-B, ritengo che quel posto vada bene per ricominciare. Per tutti coloro che mi chiederanno di lei, sarà morta. Per tutti coloro che forse chiederanno di lei a Vados, sarà morta. Non farò nulla più di questo. Lei, dal canto suo, non ci renda due bugiardi».
 
Anise ha ottenuto quello che voleva, ma il suo viso non esprime gioia, né soddisfazione. «Fai già molto. Grazie».
 
La consegna delle ricette avviene rapidamente.
C’è chi per tradire chiede trenta denari, e chi invece si accontenta di molto meno.
 
 
 
 
 
  Il presente - Universo 4
 
 
 
 
 
«Ti sei fatto cogliere sul fatto! Possibile?!» sbottò L’Hakaishin Quitela dall’alto di quello che era in tutto e per tutto il suo “trono”, rialzato da terra non di poco, e ai lati del quale aveva posto due grandi statue raffiguranti egli stesso. «Ti affido una semplice missione di spionaggio e proprio tu, tanto esperto da essere stato selezionato come membro della squadra di questo Universo, ti fai scoprire come l’ultimo degli imbranati! Hai persino osato tornare qui ferito! Ritieniti fortunato che il Torneo sia alle porte, e dunque abbia ordinato a Cognac» indicò l’angelo «Di curarti».
 
«Fino a quel momento era andato tutto come previsto, non mi aveva visto nessuno e stavo per tornare tranquillamente qui» disse Ganos, inginocchiato, cercando di imbastire una debole -se non nulla- difesa «Poi però mi sono ritrovato in quel posto non so come e-»
 
«“E” per poco non ti fai annegare, ho già ascoltato questa storia» lo interruppe Quitela «C’è di buono solo che l’Universo Sette dev’essere disperato il giusto, per finire col resuscitare un morto!»
 
«Io non lo sottovaluterei, Lord Quitela» si permise di dire il Nibrit «Trattasi del Changelong di nome Freezer, il tiranno».
 
Quitela divenne pensieroso. «Tirano fuori dall’inferno l’Imperatore del Male, eh? Khe-khe-khe!» rise «Non sarà comunque un problema, ho già in mente come occuparmi di lui. Scusa tanto, Beerus… ma devi sparire!» esclamò, con un sogghigno «Se l’è sempre tirata tantissimo senza averne veramente motivo. Champa si è preso anche la simpatia che spettava a lui, oltre alla ciccia. Non ho mai sopportato Beerus, sapete?»
 
«Credo lo sappiano anche i muri» mormorò Cognac, alzando gli occhi al soffitto.
 
«Hai detto qualcosa, Cognac?» lo apostrofò il dio.
 
«No».
 
«Lo immaginavo. Ganos! Prima di congedarti, dimmi un po’com’era fatta questa tizia che ti ha aggredito».
 
Nulla di più facile: intrappolato da quei fiori, aveva avuto modo di osservarla più che bene. «Non so a quale razza appartenesse, ma ripensando a orecchie e coda direi che forse era una specie di felino. Era bianca, aveva i capelli argentati, e indossava vestiti bianchi e blu. Aveva anche qualche ornamento dorato».
 
Quella descrizione aveva mosso qualcosa nella mente di Quitela, ma era qualcosa di talmente lontano che non riusciva ancora a identificare cosa fosse, motivo per cui rimase in silenzio. Felina con abiti bianchi e blu. Bianchi e blu…
 
«Se devo dirla proprio tutta, i suoi abiti avevano una vaga somiglianza con i suoi, Lord Quitela. Per la cintura» aggiunse Ganos.
 
Con quel particolare giunse l’illuminazione.
Assurdo. Possibile?...
 
«Cognac, trova immediatamente una fotografia del diciottesimo compleanno di Champa in cui si vedano tutti coloro che erano presenti!» gli intimò «Non provare a protestare, non me ne importa nulla se è vecchia centinaia di milioni di anni, chiaro?!»
 
L’angelo non lo degnò di uno sguardo né di un sospiro, limitandosi a materializzare la foto richiesta grazie al bastone. «Eccola, Lord Quitela».
 
Il dio la agguantò, fece cenno a Ganos di avvicinarsi, e infine indicò una persona ritratta nella foto. «Per caso la donna era questa qui?»
 
«Esatto!» esclamò Ganos.
 
A quel punto Quitela iniziò a ridere, ridere, e ridere ancora, fino alle lacrime. Che cosa patetica e ridicola da parte di Beerus! Era davvero andato a tirare fuori dalla tomba anche la ragazzina che si era sbattuto centinaia di milioni di anni prima? Sul serio? Quanto era penoso. Quanto era sciocco.
 
 
“Come dici? Non ti sento, da quassù”.
 
 
... quanto sarebbe stato meglio, se quella "simpaticona" più alta di lui fosse rimasta nella tomba. «Puoi andartene, Ganos» concluse Quitela, con un cenno della mano. Quando il Nibrit se ne fu andato, diede un’occhiata a Cognac. «Torniamo alle cose serie, e mettimi in contatto con l’Hakaishin Sidra dell’Universo Nove: abbiamo un Changelong redivivo da rispedire immediatamente nell’aldilà».
 
 
 
 
 
♦♦  Circa mezz’ora dopo- Universo 7 ♦♦
 
 
 
 
 
“Certe cose non cambiano. Altre, invece, sì”.
 
Goku era andato a prendere Freezer, a breve redivivo; quel problema era stato risolto, quindi Whis poteva permettersi di divagare mentalmente più di quanto facesse di solito, e i suoi pensieri al momento riguardavano la donna che gli sedeva accanto.
Grazie al bastone aveva potuto dare un’occhiata veloce a quel che aveva combinato, e se centinaia di milioni di anni fa quella lince non avrebbe torturato qualcuno neppure se avesse avuto modo di farlo, adesso non si poneva problemi a riguardo, tanto da aver infierito su quella spia del Quarto Universo con grande nonchalance. Whis non aveva visto sadica soddisfazione sul suo volto, né altro che non oscillasse tra impassibilità e noia, ma non era convinto che fosse una buona cosa.
 
“Il solo aspetto positivo di tutto questo è che abbia agito per l’Universo Sette, anche se non riesco a capire perché, considerando quanto gliene importa. Forse non vale neppure la pena pensarci sopra” concluse.
 
Non le aveva neppure chiesto ulteriori spiegazioni, non le aveva chiesto quali elucubrazioni avesse ricavato da quanto visto e accaduto, perché non le voleva neppure conoscere.
La sola cosa certa era che quella spia del quarto Universo non c’entrava nulla col fatto che il Majin si fosse addormentato: aveva visto la verità negli specchi quando il Nibrit lo aveva dichiarato, proprio come l’aveva sicuramente vista Anise. Chissà se quest’ultima avrebbe lasciato andare la spia come promesso, se le cose fossero state diverse!… ormai non era più sicuro della risposta.
Guardò Lord Beerus, che stava inutilmente cercando di convincere Anise a mangiare un budino -“No, ho detto! I budini non mi piacciono affatto, sono viscidi!”, “Eretica!”- e fece un sospiro. Beerus non era riuscito a conoscerla in tutti i suoi aspetti nemmeno in gioventù e, dopo un’eternità passata a girare in lungo e in largo facendo e vivendo non sapeva cosa, chissà quanti erano diventati, questi “aspetti”.
 
In quel momento, un velivolo della Capsule Corporation atterrò in giardino: erano Crilin e C18, i quali erano andati a prendere C17 nell’isola della quale era il guardiano.
 
«Ragazzi» esordì Gohan «Mi rivolgo a tutti voi: so che in passato sono successe molte cose, ma dobbiamo dimenticarcene, se vogliamo vincere. Facciamo del nostro meglio come squadra!»
 
«Non avremo bisogno del lavoro di squadra, se li sconfiggerò tutti quanti da solo!» esclamò Vegeta, con convinzione.
 
«Ma dai…» sospirò Bulma.
 
Dal velivolo scese C17, e Junior volò immediatamente davanti a lui. Per qualche attimo si guardarono, studiandosi, di certo ricordando i tempi passati…
 
«Sei diventato più forte di quanto fossi in passato» disse il namecciano.
 
«Vero» rispose l’androide «E tu?»
 
Nessuno dei due disse più alcunché per un po’, finché Junior tese la mano destra. «Il tuo aiuto è prezioso per noi. Grazie».
 
C17, dopo un breve istante di sorpresa, sorrise. «Per me è un piacere» disse, e strinse la mano.
 
Vedendo che le cose si erano messe bene, Gohan sorrise. “Grazie, Junior” pensò, felice che il suo maestro avesse deciso di seguire le sue parole e accantonare i vecchi rancori.
 
Anche il Genio delle Tartarughe fece il suo curioso arrivo su un guscio di tartaruga roteante, atterrando sul prato. «Eccomi qua».
 
Gohan corse a salutarlo. «Maestro Muten! Ti aspettavamo».
 
«Mi scuso per il ritardo» disse il vecchio, per poi dare un’occhiata a Gohan «Ti trovo in forma».
 
Il giovane Saiyan sorrise, felice di sapere che il suo periodo di allenamento assieme a Junior aveva dato risultati visibili.
 
«Ora mancano solo Kaaroth e la carogna» borbottò Vegeta.
 
«Questo Freezer dev’essere proprio terribile» commentò Anise «Quel che mi ha detto Chichi non era positivo, Vegeta non fa che definirlo “carogna”…»
 
«Lo è» confermò Beerus «Al punto che non mi stupirebbe se la sua pessima reputazione fosse conosciuta anche in altri Universi, o in ogni parte dell’oltretomba stessa, considerando quante persone sono finite lì a causa sua. Se fosse stato possibile adottare altre soluzioni, avrei preferito lasciarlo nel suo campo fiorito».
 
«Per curiosità, quando lo hai conosciuto?» gli domandò la Lusan.
 
«Parecchi anni fa. Già prima di lui, quello del clan Cold era un impero in espansione che ai tempi comprendeva quasi l’intera galassia» le spiegò il dio «Poi entrò in scena Freezer, e l’espansione divenne ancora più rapida. Volli conoscere quel cosiddetto “ragazzo prodigio”. Voglio essere onesto con te» abbassò molto la voce «Per un po’siamo andati d’accordo. Lo usai perfino come “agente di distruzione”, mandandolo a svolgere il lavoro al posto mio. Poi però si mise in testa di potermi battere, e dovetti rimetterlo al suo posto. Lo risparmiai solo perché il frozen yogurt che mi aveva offerto a ogni visita è tuttora il più buono che abbia mai mangiato».
 
Ci stava, era in linea con i suoi attuali schemi comportamentali. «Capisco».
 
«La cosa non sembra sorprenderti più di tanto» osservò Beerus.
 
«È così. Apprezzo davvero la tua onestà nel raccontarmelo» disse Anise, ed era la verità.
 
«Ripartire nascondendo cose significherebbe ripartire male» replicò lui, nella più totale ingenuità.
 
«Sagge parole, Lord Beerus» annuì Whis «Veramente molto sagge».
 
Se Beerus avesse potuto vedere la verità nei riflessi, avrebbe visto quello di Anise fare facepalm e quello di Whis stringersi nelle spalle. Era piuttosto tragicomico.
 
«Parlando d’altro: quella storia del mortale che non può essere battuto neppure da un Hakaishin, quella di cui parlavate prima, è vera?» indagò Anise.
 
«Sinceramente non lo sappiamo» ammise Whis.
 
«Ma tieni sempre presente che se anche esistesse e non potesse essere battuto, potrebbe sempre essere distrutto» le ricordò Beerus «Non devi temere per la tua incolumità, non per queste ragioni».
 
«Non temo per la mia incolumità. So di essere al sicuro».
 
Lord Beerus fu molto felice di sentirle dire una cosa simile. Non era stato pronto a salvarla quando era morta, ma sapere che lo riteneva in grado di evitare il ripetersi di una cosa del genere -Zeno permettendo- era un gran sollievo. Sorrise. «Bene».
 
«Sul serio, dove diavolo è Kaaroth?! Può utilizzare il teletrasporto, e Freezer ormai dovrebbe essere tornato in vita!» iniziò a spazientirsi Vegeta.
 
«Magari c’è stato qualche problema durante il processo di resurrezione» ipotizzò Bulma.
 
«Oppure c’è stato qualche “problema di Goku”, che si sarà messo a perdere tempo come suo solito!» sbottò Beerus, contagiato dal nervosismo del Saiyan «Se non torna con Freezer entro cinque minuti, andrò da loro personalmente e li porterò qui entrambi a suon di calci nel didietro, avete la mia parola».
 
«Basta solo che il problema non sia Freezer. Nel senso, non vorrei che fosse riuscito a fare qualcosa a papà» disse Gohan, vagamente allarmato «So che è stato proprio lui a spedirlo nell’inferno l’ultima volta, ma Freezer è una canaglia, e papà ha il viziaccio di abbassare la guardia».
 
«Questo purtroppo è vero» concordò Junior «E Freezer è l’ultima persona con la quale è consigliabile farlo».
 
«Quando è pronto per andare me lo faccia sapere, Lord Beerus» disse Whis.
 
«Quindi tu pensi sia il caso?»
 
Whis fece spallucce. «Magari».
 
L’Hakaishin si alzò dalla sedia con uno sbuffo. «Chiarissimo e diretto come sempre, Whis. Andiamo» disse «Anise, tu…»
 
Era conveniente portarla con sé, sapendo che c’era di mezzo Freezer? E se…
Si riscosse immediatamente, dello stupido dandosi a più riprese, perché era ovvio che stando accanto a lui e a Whis non le sarebbe potuto succedere nulla, neppure con cento Freezer. Non poteva permettere che una paura di origini antiche lo rendesse insicuro, se mai il contrario: doveva essere ancor più forte, più sicuro e più divino (?), anche per lei.
 
«Vieni con noi» completò «Prendi a braccetto Whis».
 
«Mi mancavano questi momenti in cui sembravamo una coppia di comari, Whis» disse la Lusan, obbedendo a Beerus senza fare storie.
 
“A me per niente” pensò l’attendente, senza dare voce ai propri pensieri.
 
Lord Beerus mise una mano sulla spalla dell’angelo, e grazie all’incredibile velocità di questi arrivarono a destinazione pochi attimi dopo.
 
“Allora il figlio di Goku aveva ragione” fu la primissima cosa che pensò Beerus, vedendo Goku inglobato da quella che sembrava in tutto e per tutto una sfera fatta di energia di distruzione; Volgendo poi lo sguardo verso Freezer fece appena in tempo a vederlo disintegrare in una mano quello che sembrava essere in tutto e per tutto un comunicatore, forse di fattura angelica, ma di quel dettaglio non era certo.
 
Si avvicinarono tutti e tre al Saiyan, che sembrava essere davvero in difficoltà.
 
Beerus si fece ulteriormente avanti. «Che cosa diavolo stai combinando?»
 
Detto ciò, un suo soffio poderoso fu sufficiente a liberare Goku dalla sua trappola -facendola esplodere in alto nel cielo- e anche a dare dimostrazione di chi era, e sarebbe sempre stato, il più potente. Se Lord Beerus voleva mettersi in mostra, ci era decisamente riuscito...
 
“Quell’energia di distruzione deve provenire da qualche parte, e il Changelong stava parlando con qualcuno che si trovava lontano da qui. In più, anche se di cadaveri non se ne vedono, si sente l’odore del sangue. Opzione uno: l’Universo Quattro ha tentato di prendere contromisure nonostante io abbia sorpreso la spia, forse credendo che proprio per questo motivo noi avremmo pensato che non ci avrebbero provato” ragionò Anise “Opzione due: avevo ipotizzato che potesse farlo fare a qualcun altro, senza compromettere se stesso o il proprio Universo. L’energia di distruzione suggerisce comunque il coinvolgimento di un Hakaishin. L’Universo Nove ha il mortal level più basso, e il quarto e il nono sono Universi gemelli, per cui, forse…”
 
Anche se la sua non- proprio- Iarim Neiē non aveva dato la minima importanza all’accaduto, essendo impegnata nelle proprie riflessioni.
 
«Che sollievo!...» ansimò Goku, visibilmente affaticato.
 
«Stavi impiegando troppo tempo, quindi siamo venuti a controllare» disse Beerus «Spiegati» intimò poi a Freezer «Quella era energia di distruzione».
 
Freezer fece un sorrisetto arrogante. «Anch’io sono stato colpito da essa, ma non è stato un gran problema».
 
«Non è questo il punto» ribatté Beerus, serio e quanto mai minaccioso, spostandosi in un attimo alle spalle del Changelong. «Spero per te che tu non stia cercando di patteggiare con un altro Universo».
 
La sola reazione visibile di Freezer all’atteggiamento dell’Hakaishin fu la scomparsa del sorriso.
 
«No, Lord Beerus, aspetti!» intervenne Goku «Ë colpa mia, non avrei dovuto abbassare la guardia!»
 
«Forse il signor Freezer stava cercando di ottenere informazioni sugli altri Universi» aggiunse Whis.
 
«Forse. Chi lo sa!» rispose l’ex tiranno.
 
Beerus a quel punto tornò a rivolgersi al suo guerriero di punta. «Dannazione, Goku! Sei completamente idiota?!» lo rimproverò aspramente.
 
«Sì, io… è colpa mia, ho perso un attimo di vista il fatto che Freezer è la peggiore delle carogne, ecco» ammise il Saiyan, piuttosto mortificato.
 
«Non sono per nulla soddisfatto!» esclamò il dio.
 
Nel dare le spalle a Freezer, non si accorse dell’occhiata che gli stava rivolgendo quest’ultimo. Non serviva un genio per capire che stava meditando vendetta nei suoi confronti, stufo di dover abbassare la testa di fronte a qualcun altro, e sperando di avere la propria occasione durante il Torneo o in seguito, quando Goku -se avesse mantenuto la promessa che gli aveva fatto per convincerlo- lo avrebbe resuscitato definitivamente.
 
«Sembra che la carne da macello inviata dal nono Universo fosse a tutti gli effetti tale».
 
Solo in quel momento Freezer fece caso alla donna appesa al braccio di Whis. Fosse rimasta in silenzio avrebbe a malapena registrato il suo volto, ma quel che aveva appena detto lo aveva spinto a darle attenzione, perché in teoria nessuno eccetto lui sarebbe dovuto essere a conoscenza di chi aveva mandato quella povera carne da macello -sì, la definizione era azzeccata- a compiere una missione per la quale sarebbe servito tutt’altro.  «Nono Universo?» ripeté, attento a non mostrare sorpresa «Io e Son Goku siamo stati attaccati da un buon numero di sicari, lo ammetto, ma se fossero o meno del nono Universo non saprei dirlo. Stavo provando a informarmi a riguardo, ma ho dovuto interrompere, o Lord Beerus sarebbe stato ancor più diffidente nei miei confronti… e credo che lei lo conosca abbastanza da saperlo già. Sbaglio?»
 
Negli abiti di quella felide femmina c’erano troppe somiglianze con quelli di Beerus -il quale la stava ancora guardando con aria piuttosto perplessa, non capendo da dove avesse tirato fuori l’idea dell’Universo Nove-, e a Freezer non era servito molto per fare due più due.
 
La lince si strinse nelle spalle, rendendosi conto rapidamente che quel tizio possedeva ottime capacità di osservazione e di mascheramento delle emozioni, tanto da aver fatto fallire il suo tentativo di coglierlo di sorpresa. «Citando qualcuno: "Forse. Chi lo sa?"».
 
«Avremmo potuto riuscire a sapere qualcosa di più sull’Universo da cui venivano, se tu non li avessi uccisi tutti quanti senza che ce ne fosse bisogno!» esclamò Goku, con aria di rimprovero, rivolto a Freezer.
 
«Se anche l’aveste fatto, il vero mandante avrebbe di sicuro trovato una scusa per tirarsene fuori» disse Anise, e accomodò la presa sul braccio di Whis «Quanto al resto, noi puntiamo a vincere: morire adesso o al momento della cancellazione del loro Universo non avrebbe fatto differenza».
 
Beerus era ancora perplesso da prima e costretto a concordare, Whis non si aspettava un ragionamento diverso, ma per Goku fu una brutta sorpresa: quelle erano più o meno le stesse parole che Freezer aveva usato a riguardo, e non era piacevole sentirle in bocca a un’altra persona che fino a quel momento, per il poco che l’aveva vista, non gli era neppure sembrata malissimo.
 
«Vedi? Pura logica» sogghignò Freezer all’indirizzo del Saiyan, mentre si chiedeva una volta di più se fosse un caso e fosse semplicemente dovuto a un punto di vista in comune, o se quella donna stava cercando di fargli capire che “sapeva”. Però, se sì, perché non dire tutto a Beerus?
Forse era il caso di approfondire la questione, a tempo debito -e quel tempo non era ancora giunto.
 
«Tu e io dobbiamo chiudere questa storia una volta per tutte, Freezer» disse Goku «E ho un’idea su come farlo».
 
Meno di due minuti dopo, Goku e Freezer erano in aria, schiena contro schiena, in attesa di dare inizio al combattimento che, in teoria, avrebbe dovuto dare inizio a una breve tregua tra di loro.
 
«Inizierete al mio via!» esclamò Whis da terra, sorridendo «Chi metterà a segno il primo colpo, sarà dichiarato vincitore. Tutto chiaro?»
 
«E dopo questo, fatela finita!» aggiunse Beerus «A volte è proprio snervante avere a che fare con questa gente» borbottò.
 
«Se scomparissimo tutti, questo non sarebbe più un problema».
 
«Non mettertici anche tu, Nissie, loro mi bastano e avanzano» sospirò Beerus «E dopo dovrai spiegarmi per bene cos’era quella faccenda dell’Universo Nove».

«Dovrò farlo dopo il Torneo, perché è una faccenda lunga».
 
«Freezer, se vincerò io voglio che dimentichi i rancori» disse Goku «E che tu sia nostro alleato nel Torneo del Potere».
 
«Bene. Se invece vincerò io, tu mi lascerai fare quel che desidero».
 
Il sorriso malvagio che gli comparve sul volto non prometteva nulla di buono, ma Goku non poteva vederlo, e quando Whis diede il via alla battaglia tentarono subito di scagliarsi uno contro l’altro.
 
«Questo renderà davvero Freezer degno di fiducia?» fu la domanda retorica che Beerus fece a Whis.
 
L’angelo ridacchiò. «Probabilmente no».
 
Poco più di un minuto dopo i due combattenti si atterrarono a vicenda con un pugno in pieno volto, e caddero entrambi nell’acqua, trovandosi a galleggiare vicini, consapevoli che in realtà quella brevissima scaramuccia non aveva risolto assolutamente niente -come c’era da aspettarsi.
 
«Quindi ora Freezer nella sua forma Golden è praticamente pari a Goku» osservò Beerus.
 
«Se la cava bene, non trova?» annuì Whis.
 
Anise osservò i due combattenti  nell’acqua, senza particolare emozione. «Se fossi meno potente, Beerus, ti direi di guardarti le spalle. Il Changelong non ha buone intenzioni nei tuoi confronti».
 
Il dio non seppe se essere felice dell’interesse che lei aveva mostrato per la sua salute, o dispiaciuto di saperla in preda, anche di poco, a un sentimento negativo quale la preoccupazione. «Lo so. Però ricordati sempre che io sono il Dio della Distruzione!»
 
«Chissà perché mi aspettavo una risposta del genere».
 
«A questo punto direi di prenderli» Whis indicò Goku e Freezer «E tornare da Lady Bulma. Il tempo del Torneo del Potere è giunto, signore e signori!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Ecco il nuovo capitolo, un po’in ritardo rispetto al solito. Il prossimo sarà l’ultimo :)
 
Kussuss,
 
Sinkarii
 
Ps.1: pare che “Changelong” sia il nome della razza di Freezer. Quando l’ho saputo ci sono rimasta un po’male, essendo abituata a icejin/arcosiani :*D

Ps.2: stando alle fonti ufficiali, che un tempo Freezer e Beerus andassero d'accordo è la verità, come lo è che poi Freezer abbia alzato troppo la cresta, e sia stato fortunato a essere risparmiato. Altro su questa faccenda però non si sa, purtroppo.
Da ultimo, vi lascio un disegno di Anise fatto da una mia amica (:

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


anise11

11

 
 
 
 
 
 


 
 
“Parlando di argomenti seri: cosa sei in grado di fare? Puoi vedere il futuro? Il presente? Similia?”
 
“Il fatto che tu pensi che io sia in grado di farlo mi fa capire che quelle che hai ucciso erano davvero persone del nono Universo. In caso contrario la tua domanda non avrebbe senso”.
 
“Se quel che ho detto ti è stato utile, perché non rendere questo un quid pro quo? Merito una risposta anche solo per aver trovato un modo di comunicare senza che questa balbettante bambocciona banda di babbuini se ne avveda, ti pare?”
 
“Sì, come io merito di scegliere se darti o meno quella risposta anche solo per essermi accorta che il modo in cui battevi le dita sul tuo braccio non era casuale”.
 
Era iniziato tutto poco dopo che il Changelong era stato tirato fuori dall’acqua. Freezer aveva incrociato le braccia, e mentre Goku si prodigava a dirgli di comportarsi bene aveva iniziato a battervi sopra le dita delle mani, ora dell’una, ora dell’altra. Il suono prodotto non era dei più flebili, e tutti quanti quindi potevano sentirlo, ma a fare la differenza era stata l’attitudine di Anise allo straniamento, che le aveva permesso di disinteressarsi ai fatti e alle conversazioni principali e captare il tentativo di comunicazione in una specie di codice Morse.
Trovando l’idea piuttosto degna di nota -specie perché nemmeno Whis sembrava essersene avveduto- aveva deciso di rispondergli con le dovute cautele, e da lì avevano continuato a comunicare in maniera quasi costante, senza smettere neppure ora che erano tornati dal resto del gruppo; tamburellare le dita poteva essere tranquillamente interpretato come un tic dovuto a un’agitazione derivante da un qualsiasi motivo.
 
“Avrei preferito una conversazione normale, ma non mi è stata concessa. Come ha detto il tuo compagno? ‘Non hai il permesso di avvicinarti a lei, di parlarle di nuovo, di guardarla e di respirare la sua aria!’... è davvero molto possessivo con le sue cose”.
                   
Quella era una provocazione bella e buona, ma Anise lo aveva capito e rifiutò di cascarci, anche se in effetti sentendo Beerus parlare in quel modo si era trattenuta eroicamente dall’alzare gli occhi al cielo. “Forse anche lui, come pure tutti i presenti a giudicare dal modo in cui ti stanno fissando, ti ritiene un pessimo soggetto. Chissà come mai, ‘Imperatore del Male’ è un nomignolo così tenero”.
 
Freezer fece un sorrisetto maligno mentre avanzava verso il gruppo di amici di Goku. «Bene, bene… noto molte facce familiari, qui».
 
Gli sguardi della maggior parte dei presenti divennero ancor più ostili, e alcuni assunsero perfino pose di “guardia”. A nessuno di loro piaceva trovarsi davanti Freezer, così come nessuno avrebbe mai pensato di vederlo proprio lì, sul terrazzo di Bulma, luogo di abbuffate e festeggiamenti -non ultimo quello per celebrare l’ultima vittoria di Goku su Freezer stesso.
 
Beerus affiancò immediatamente l’ex tiranno. «Pensavo di aver chiarito che se fai qualcosa di stupido dovrai risponderne a me».
 
Freezer allargò le braccia, con espressione incolpevole. «Lo so bene, Lord Beerus» disse, per poi tornare a incrociare le braccia. “Gli piace ripetersi al punto da essere noioso” commentò molto rapidamente, sempre in codice “A essere sincero mi aspettavo un ‘a me, il Dio della Distruzione’ come conclusione della frase. Forse non te ne sei accorta, ma ama molto ricordare a tutti di esserlo. È egocentrico”.
 
Sembrava star tentando di metterla contro Beerus, forse perché riteneva che ciò potesse fargli comodo in qualche maniera, ma non aveva detto nulla di cui lei non fosse già consapevole, né Anise era tipo da volersi far coinvolgere nelle losche trame di un simile soggetto: le sole trame a cui potesse dar retta erano le proprie. “Sei gentile a farmelo notare”.
 
“So quel che dico, lo conosco da svariati decenni.”
 
Vegeta,  ignaro
come tutti della conversazione segreta che stava avvenendo, indicò l’aureola sospesa sulla testa dell’ex tiranno. «Quell’aureola da angioletto ti sta bene, Freezer!»
 
Il sorriso arrogante del Changelong si incrinò leggermente: essere preso in giro da quella scimmia inutile di Vegeta, il quale un tempo era stato uno dei tanti schiavetti ai suoi ordini, era qualcosa di altamente irritante. Cercò di mantenere il controllo e riuscì decentemente nell’impresa, pur non potendo evitare il gonfiarsi di una vena su una tempia. Strinse maggiormente le braccia, e riuscì a fare una risata. «Starebbe molto meglio a te… posso sempre regalartene una».
 
Il Saiyan si mise in posizione da battaglia. «Sì, eh?!»
 
«Non provocarlo, Vegeta!» gli intimò Junior.
 
«Ho parlato al vento o cosa?!» sbottò Beerus, rendendosi conto che i suoi avvisi di non fare niente di stupido erano rimasti inascoltati.
 
«Dai, Freezer, falla finita…» sbuffò Goku, avvicinandosi a questi.
 
«Ti ho già spiegato che non intendo accettare ordini da te» replicò Freezer. “Io detesto queste luride e schifosissime scimmie Saiyan. Un tempo anche Beerus era della stessa idea. Quando mi ha detto di distruggerne il pianeta, avrei dovuto anche premurarmi di farli fuori tutti” aggiunse, a beneficio della lince.
 
Quell’informazione era del tutto nuova. Beerus le aveva detto di aver usato Freezer come agente di distruzione, ma non aveva specificato di avergli ordinato di distruggere proprio il pianeta dei Saiyan.
Il pianeta d’origine del principe Vegeta, alla cui tavola Beerus aveva mangiato un numero indefinito di volte da quando si erano rincontrati sulla Terra.
Il pianeta d’origine dei suoi guerrieri più potenti, contro uno dei quali, l’ultima volta in cui si erano scontrati, aveva utilizzato il settanta per cento della sua forza… e Son Goku negli anni che erano seguiti era diventato ancora più forte.
Se Anise non avesse visto Goku intrappolato in quella sfera di distruzione che Beerus aveva soffiato via, avrebbe iniziato a pensare che quel Changelong avesse in mano una bomba da far scoppiare al momento giusto: forse Goku, essendo cresciuto sulla Terra -così le aveva detto Chichi- non era molto affezionato al proprio pianeta d’origine, ma quella spazzata via restava sempre la sua gente, e dubitava che avrebbe apprezzato sapere che Freezer era stato solo l’esecutore materiale di un ordine di Lord Beerus. “Ora come ora, non avere le ‘scimmie’ a combattere sarebbe stato un problema” rispose “Per coloro che tengono a questo Universo”.
 
Di nuovo a Freezer sovvenne il dubbio: non capiva se quella donna parlava perché sapeva quel che si erano detti lui e le divinità dell’Universo Nove -ai quali aveva rivelato che non gli importava nulla del proprio Universo- o parlava per sé. “Non sembri troppo dispiaciuta all’idea che questo posto e il tuo compagno vengano cancellati” tentò “Hai un piano per salvarti?”
 
“Ho tanto menefreghismo”.
 
Freezer si trattenne dal sollevare un sopracciglio, concludendo che lei dovesse avere per forza un piano per sottrarsi alla cancellazione: a lui non importava nulla del proprio Universo, ma era per il miraggio di poter emigrare altrove. Quella donna doveva aver patteggiato con un altro Hakaishin, che forse aveva conosciuto in precedenza tramite Beerus, e averlo convinto a prenderla con sé. Forse non era stato neppure difficile, perché le sue fattezze erano di un tipo che di solito risultava attraente -non per lui- e in quanto compagna di un dio sapeva già come comportarsi per compiacerne un altro.
 
«Goku, sei sicuro di volere Freezer come decimo componente della squadra?» gli chiese Tien, sempre meno convinto che quella scelta potesse portare a qualcosa di buono.
 
«È tutto ok, lo terrò d’occhio io» cercò di tranquillizzarlo il Saiyan «E comunque non c’è nessuno con cui rimpiazzare Bu, quindi non c’è molto altro da fare».
 
«Su, su! Manteniamo la calma» intervenne Kaioshin il Superiore, avvicinandosi al gruppo «Ora che siamo tutti qui, vi illustrerò la strategia da seguire per vincere…»
 
«Non ne abbiamo bisogno!» esclamò Vegeta «È sufficiente buttare fuori quelli che sembrano più forti!»
 
«Vegeta!» avviò a dire Gohan in tono di rimprovero, ma la risata di Freezer lo interruppe.
 
«C’era da aspettarselo, da Vegeta» commentò il Changelong «Io comunque condivido l’opinione».
 
«Vegeta, non capisci che se questo Universo viene cancellato spariranno anche Trunks e Bra?!» gli ricordò Junior.
 
«In passato abbiamo avuto i nostri problemi, ma per vincere serve il lavoro di squadra» insistette Gohan per l’ennesima volta.
 
«Gohan ha ragione» aggiunse Goku «Non sappiamo quanto saranno forti i combattenti che dovremo affrontare».
 
«Tsk» sbuffò Vegeta, incrociando le braccia «E va bene. Starò a sentire quel che hai da dire» disse a Shin.
 
«Bene» sospirò lo Shinjin, sollevato. «Allora, ascoltatemi tutti: il Torneo del Potere è una battle royale tra otto squadre di otto Universi. All’inizio restate vicini, risparmiate energia, e quando un nemico si avvicina cercate di combattere contro di esso in più persone: contro un nemico, combattete in due. Contro due nemici, combattete in tre. Evitate di battervi da soli».
 
«Eh? Ma così non è un po’scorretto?» protestò Goku, per nulla entusiasta dell’idea.
 
«Noi Saiyan siamo una fiera razza di guerrieri. Per vincere non ci affidiamo ai numeri!» dichiarò Vegeta.
 
“Le scimmie di questo pianeta sono assai più sveglie, se devo proprio dirla tutta” pensò Anise, con un sospiro.
 
«Scorretto o meno, l’unica cosa che conta è vincere!» gridò Beerus ai due Saiyan. A volte la voglia di prenderli a botte era veramente tantissima: possibile che ritenessero il loro maledetto orgoglio più importante del destino dell’intero Universo? Quanto accidenti erano stupidi?! Se non fossero stati necessari, in quel momento avrebbe desiderato fortemente che Freezer avesse portato a termine lo sterminio della loro razza con più accuratezza.
 
«Goku e Vegeta sono Saiyan fino al midollo» disse Junior a Gohan «Aspettavano con ansia questa battaglia».
 
«Lo so. Bisogna prendere il comando e incoraggiare il lavoro di squadra» rispose il ragazzo.
 
«Bene! È giunto il momento di andare!» richiamò tutti Whis con un sorriso molto fuori luogo, agitando una bandierina rossa decorata con un “7” bianco.
 
«E voi, niente comportamenti egoisti! Chiaro?!» ripeté Beerus, con aria estremamente intimidatoria.
Fatto ciò, diede un’occhiata ad Anise: non aveva detto praticamente nulla da quando Whis aveva tirato fuori dall’acqua Goku e Freezer, segno che la tensione in lei doveva essere molto più grande di quanto desse a vedere. Sebbene lui per primo non fosse per nulla tranquillo, si ripromise di fare del proprio meglio per confortarla anche durante il Torneo.
 
«E ora prendiamoci tutti per mano e formiamo un cerchio!» diede istruzioni Whis.
 
“E io dovrei finire in una sottospecie di cerchio dell’amicizia in cui c’è anche Freezer?!” pensò Vegeta, schifato dall’idea per buoni motivi.
 
Gli altri non ebbero altrettanti problemi, e obbedirono all’angelo senza fare tante storie; perfino Freezer, dopo aver rifiutato la mano di Goku in favore del polso, non sollevò proteste.
 
Whis guardò Vegeta, il quale esitava ancora. «Dobbiamo essere tutti uniti in cerchio per poter partire, quindi si sbrighi» lo esortò.
 
«Ma di tutti, proprio con Freezer!...» protestò Vegeta, che in virtù del fatto che gli altri avevano preso posizione si sarebbe trovato a dover stringere proprio la mano del Changelong.
 
«Immagino che tu abbia buoni motivi per non avere voglia di farlo» disse Anise, che per tagliare la testa al toro si fece avanti al posto di Vegeta, tendendo la mano a Freezer.
 
Quest’ultimo fece una risata, e tese la mano a sua volta. «Credo che il povero Vegeta sia spaventato dal sottoscritt-»
 
Un colpo alla mano dolorosissimo seguito da una ferrea stretta al polso lo costrinsero a tacere. Beerus si era messo tra lui e la lince, e il suo sguardo era un palese “Non ti distruggo subito solo e soltanto perché al momento mi servi”. «Hai la memoria un po’corta» disse il dio, con un tono di voce basso quanto ostile.
 
«È stata lei a offrirsi al posto di Vegeta, non le ho detto io di farlo» replicò Freezer con una certa freddezza, cercando di ignorare il fatto che la presa di Beerus sul suo polso si fosse fatta ancor più stretta.
 
«Questo è irrilevante» ribatté l’Hakaishin, stringendo saldamente la mano della sua (non proprio) Iarim Neiē «Vegeta, prendi per mano Anise e piantala di fare storie!»
 
Il motivo per cui Beerus gli permetteva di farlo era molto semplice, ed era perché lo conosceva, lo riteneva sufficientemente degno di fiducia, e sapeva che era già legato sentimentalmente a Bulma -per quanto rompiscatole fosse. Di Freezer invece non si fidava altrettanto. Aveva capito il motivo per cui Anise gli aveva teso la mano, ma avrebbe preferito se non l’avesse fatto: aveva detto a Freezer di non avvicinarsi a lei, il “viceversa” non era forse implicito?
 
«Gran Sacerdote!» esclamò Whis, apparentemente rivolto al cielo «Tutti i guerrieri sono stati radunati!»
 
«Molto bene» furono le parole del Gran Sacerdote, che aveva udito le parole del figlio pur non essendo presente fisicamente.
 
Una luce bianca avvolse l’intero gruppo, e tutti quanti vennero sollevati in aria.
 
«Buona fortuna a tutti!» gridò Bulma dal terrazzo, sbracciandosi per salutarli.
 
Vegeta rivolse un ultimo sguardo alla moglie. Si ripromise di non permettere che l’Universo Sette perdesse, non finché avesse avuto anche solo una stilla di energia nel corpo; questo non solo per il proprio orgoglio, ma anche per lei e la famiglia che avevano costruito insieme.
 
La luce divenne più intensa, per qualche istante nessuno vide più nulla… e quando tornarono a poterlo fare, si accorsero di essere giunti per primi in uno dei luoghi più strani che fosse capitato loro di vedere.
 
«Quindi è questo… il Mondo del Vuoto?» mormorò Gohan, guardandosi attorno.
 
Eccettuata l’arena di battaglia sulla quale si trovavano -la cui forma richiamava vagamente quella di una meridiana- e il punto dal quale i due Zeno avrebbero osservato lo scontro, il Mondo del Vuoto teneva fede al proprio nome: tutt’attorno non si vedeva altro che un “nulla” scuro e nebuloso, un po’rischiarato unicamente da una fonte di luce di origine incerta.
 
Sentendo dei rumori sopra le loro teste, molti nel gruppo sollevarono lo sguardo verso l’alto, e videro muoversi dei grossi blocchi color marroncino.
 
«Cos’è?» domandò il Genio.
 
«Sembra che stiano terminando la costruzione dell’arena» rispose Whis, indicando gli spalti riservati ad angeli e divinità.
 
«E perché sono degli Hakaishin a farlo?» si chiese Beerus, assai perplesso, guardando lavorare i colleghi Iwen, Liquir e Arak. Non poteva sapere che i tre in precedenza avevano testato l’arena combattendo tra loro distruggendone svariati punti, e che il Gran Sacerdote aveva dato loro il compito di ripararla. L’Hakaishin Gene del dodicesimo Universo era stato il solo abbastanza lungimirante da non partecipare al piccolo scontro, capendo come sarebbe andata a finire.
 
«Magari hanno deciso di diventare Dèi della Costruzione, santi patroni dei muratori» commentò Anise.
 
Altre luci bianche iniziarono a comparire a una certa distanza da loro, segno che il resto dei team degli altri Universi era in arrivo.
 
La prima cosa che saltò all’occhio di Beerus appena il chiarore diminuì, fu che nessuno degli altri team sera arrivato tenendosi allegramente per mano. «Di’ la verità, Whis: potevamo venire qui senza tutta quella scenetta del tenersi per mano, giusto?»
 
«Era per lo spirito di squadra!» ribatté l’angelo, sorridendo come suo solito, senza alcun imbarazzo per essere stato scoperto.
 
«SÌ, ED È QUASI SCOPPIATA UNA RISSA!» gli urlò contro Beerus.
 
Impegnato com’era a rimproverare Whis, in un primo momento non si avvide del fatto che Freezer si era avvicinato ad Anise, impegnata a osservare il vuoto.
 
«Cos’hai fatto a quel ragazzo dell’altro Universo?» le domandò, quasi divertito «Ti sta fissando».
 
«Quale ragazzo?» rispose lei, posando lo sguardo sull’ex tiranno.
 
Freezer indicò la squadra dell’Universo Quattro con un cenno del capo. «Se guardi laggiù, capirai subito».
 
La Lusan lo accontentò, portando avanti la propria commedia pur avendo capito benissimo che poteva trattarsi solo del Nibrit, il quale in effetti la stava fissando con l’aria di chi avrebbe avuto voglia di pugnalarla. «Quel guerriero del quarto Universo? Non so, sarà perché ho un bell’aspetto».
 
«Allora sei veramente duro di comprendonio!» intervenne Beerus, accorgendosi della conversazione.
 
«Le ho solo domandato come potesse conoscere uno dei guerrieri dell’Universo Quattro, Lord Beerus» replicò Freezer, con la calma di chi è conscio di essere al sicuro in quanto utile.
 
«Ed è una domanda idiota, perché non può conoscere un guerriero dell’Universo Quattro. Ti ho intimato di non importunarla, e non sono dell’umore adatto per tollerare un’ulteriore insubordinazione. Agisci di conseguenza».
 
Al Changelong, convinto di tutt’altro, venne quasi da ridere. Di certo serviva una femmina di una certa abilità, per rendere una divinità antichissima così cieca di fronte a quella che -secondo lui- era la realtà. «Penso che abbia fatto proprio un bel lavoro, milady».
 
«Forse dovresti pensare a come combattere al meglio, piuttosto» ribatté la lince, con la massima calma «Se ti interessa che il nostro Universo viva».
 
Freezer non rispose, limitandosi ad allontanarsi con un sorrisetto.
 
«Non ascoltare nulla di quello che dice, Anise, come non lo ascolto io» le disse Beerus.
 
«Venite a vedere!» esclamò C18, vicina al bordo dell’arena.
 
Gli altri la raggiunsero immediatamente.
 
«Non vedo nulla» disse Goku, guardando in basso.
 
«Nel Torneo del Potere, i guerrieri che finiscono fuori dall’arena finiscono anche fuori dalla contesa» disse Whis.
 
«Possiamo volare però, vero?» si informò Vegeta.
 
«Probabilmente no» lo disilluse l’angelo, e la prova che Goku fece subito dopo confermò le sue parole. «Appunto. Questo posto non vi permette di usare abilità come quella del volo, ma è normale che sia così, dovendo gettare gli avversari fuori dai confini».
 
«Quelli laggiù però volano» obiettò C17, indicando alcuni membri della squadra dell’Universo 10.
 
«Sono esseri alati di natura» disse Whis «Inoltre, per correttezza, la gravità percepita da ogni guerriero è quella del suo pianeta di origine. Lord Beerus, Lady Anise, ora dovremmo andare a sederci sugli sp-»
 
«Anise?...»
 
La lince si voltò. «Champa. Noto che ti ricordi ancora di me».
 
L’Hakaishin non poteva saperlo, ma aveva l’identica espressione mostrata dal suo gemello quando l’aveva vista in piedi sul tavolo a casa di Bulma. «Sì, certo…»
 
Inizialmente Champa non aveva notato la sua presenza, troppo impegnato a osservare l’arena e istruire i suoi guerrieri, come del resto avevano fatto tutti gli altri; poi aveva dato un’occhiata al team di suo fratello e, dopo aver studiato tutti i guerrieri, il suo sguardo era caduto su... un fantasma: il fantasma della gioventù perduta, di una cara amica per la quale aveva provato sincero affetto.
Da molto tempo aveva smesso di rivolgerle pensieri, come aveva fatto anche Beerus -ed era normale che fosse andata così- ma trovarsela davanti senza preavviso era stato scioccante anche per lui.
 
«Io… io sono…» Non riusciva neppure a mettere in fila più di due parole, cosa che lo fece vergognare di se stesso. Quella era l’ultima inaspettata occasione che avessero per parlare, sprecarla così era da sciocchi e imbranati. Poi però guardò il fratello, e dal suo cervello scaturì senza preavviso una serie di pensieri che distrusse la vergogna e la sostituì brutalmente con la rabbia. «Beerus, sappi che sono disgustato» disse «Di tutto quello che potevi fare per cercare inutilmente aumentare le tue possibilità di vittoria, questa è la cosa più squallida. Perché riportarla indietro proprio adesso?! Credevi che vedendola di nuovo in vita avrei avuto pietà del tuo Universo?!»
 
«COSA?!» allibì Beerus, ora arrabbiato quanto Champa «Tu credi davvero che io abbia bisogno della tua pietà, al punto di aver fatto quello di cui mi accusi?! Ritira subito quello che hai detto, stupida palla di lardo che non sei al-»
 
«Ci siamo rincontrati per caso sulla Terra, ma non è lui che mi ha riportata indietro » lo interruppe Anise, mettendosi tra lui e il gemello «E credimi, non sono qui per fare pietà a chicchessia».
 
“Rincontrati per caso”.
Erano in pubblico, perciò Champa avrebbe voluto evitare di farlo, ma desiderava ardentemente togliersi un dubbio che centinaia di milioni di anni prima lo aveva perseguitato per diverso tempo, e non trovando un altro modo di agire la strinse a sé in un abbraccio, nascondendo il volto tra i suoi capelli. «Batti le palpebre due volte se non sei mai morta» le disse all’orecchio con un filo di voce, per poi staccarsi.
 
Le palpebre di Anise restarono immobili. «È dura per tutti. Se era destino che ci fosse una rimpatriata, avrei preferito un’altra occasione».
 
“Tu non batti le palpebre, ma se non è stato lui a riportarti in vita, allora non sei mai morta” pensò Champa “O forse sì, e forse mi sto sbagliando. Se fosse stata viva e le avessero fatto sapere come stava Beerus allora, sarebbe tornata. Per forza!” pensò. «Anch’io».
 
«Sì, e dura, ora però andiamo sugli spalti, qui non abbiamo più niente da fare» disse Beerus, secco, passando un braccio attorno alla vita di Anise. Lei gli aveva chiesto di lasciare che Champa la salutasse ed era stata largamente accontentata, ma era il momento di finirla «Come arriviamo lassù, Whis?... aspetta, ma tu stai volando!»
 
«Sono solo i contendenti a non poter volare» chiarì l’attendente.
 
«Potevi dirlo prima!» lo rimproverò Beerus, alzandosi in volo con Anise.
 
«Buona fortuna a tutti quanti» disse Kaioshin il Superiore al gruppo, alzandosi in volo a sua volta. Era un sorpreso dall’atteggiamento di Lord Champa nei confronti della compagna di Lord Beerus, ma l’inizio del Torneo aveva la priorità nei suoi pensieri.
 
«Tranquillo, lascia che ci pensiamo noi!» rispose Goku, sorridendo fiducioso.
 
«Basta che non faccia qualcuna delle sue solite idiozie» borbottò Beerus, una volta raggiunti gli spalti «Conoscendolo, non si sa mai».
 
«Se non prende ora le cose sul serio, non lo farà più» commentò Anise «Ad ogni modo ho apprezzato la tua pazienza. Sai, con Champa».
 
«Tu me lo hai chiesto e io ti ho assecondata, anche perché in ogni caso sarà l’ultima volta che lo vedremo» osservò l’Hakaishin, con un’espressione impenetrabile «È mio fratello, ma se un Universo deve sparire è meglio che sia il suo, e lui pensa lo stesso, ovviamente viceversa».
 
La Lusan stava pensando a un modo per ribattere, quando…
 
«Ti ho guardata più da vicino, e ora mi ricordo di te. Dicevano che eri morta, ma anche chi muore si rivede» esordì Liquir, rivolto ad Anise, mentre continuava a riparare l’arena «Sei ancora attraente, quindi perché non abbandoni la tua nave e salti su una che non sta affondando, tipo la mia?»
 
«Perché preferisco un dio a un muratore» replicò lei stringendo un polso di Beerus, che stava già per alzarsi e andare a litigare il collega «Con tutto il rispetto per i veri muratori. Comunque, buonasera anche a te».
 
«Sappi che hai sprecato la sola occasione che avevi di salvarti. Peccato» sogghignò Liquir.
 
«Sì, e guarda come mi sto disperando: sob. Sigh. Buh-uh» replicò lei, atona, senza nemmeno degnarsi di guardarlo.
  
L’Hakaishin dell’Universo Otto le lanciò un’occhiata perplessa e seccata, scosse la testa, e decise di non prestarle più attenzione; Lord Beerus invece riscoprì un altro dei motivi per cui era fiero della sua donna -che non avrebbe mai smesso di considerare tale indipendentemente dall’opinione di chiunque, inclusa lei stessa.
 
«Credo che l’Hakaishin Liquir parlasse sul serio, Lady Anise» disse Whis «Ha perso un’opportunità».
 
«Ehi!» sbottò Beerus, fulminandolo metaforicamente con un’occhiataccia. Sembrava che il suo attendente le stesse rimproverando la lealtà dimostrata, la stessa che a lui aveva scaldato il cuore; al momento non erano ancora tornati insieme per davvero, ma cos’era il voler restare con lui fino alla fine, se non una dichiarazione d’amore?
 
«Avevo vari motivi pratici per non farlo, Whis, ma non sto a spiegarli» rispose la lince.
 
«Questa è una situazione davvero insolita» bisbigliò Shin.
 
«E noi continuiamo a non intrometterci» disse Kaioshin il Sommo «Regola d’oro: chi si fa i fatti propri, campa migliaia e migliaia di anni, e questo vale soprattutto se ha a che fare con gli Hakaishin».
 
A quel punto, tuttavia, fu dell’altro a catalizzare l’attenzione di tutti quanti: la squadra dell’Universo Undici era appena arrivata sul posto, e tra i suoi componenti c’era qualcuno il cui Ki era talmente grande da poter essere vagamente avvertito perfino da coloro che non possedevano le capacità per riuscire a farlo intenzionalmente.
 
“Pare che l’undicesimo Universo abbia buone possibilità di vincere” pensò Anise, osservando Goku andare a salutare i nuovi arrivati “Chi sarà tra loro quello che…”
 
«Ehi!» esclamò Goku, avvicinandosi al guerriero con la pelle grigia e grandi occhi neri «Tu-»
 
L’istante dopo, suddetto guerriero era alle spalle di Goku.
 
«Smamma».
 
“D’accordo, ho capito, è quello” comprese la Lusan.
 
Se doveva essere onesta, l’undicesimo Universo era quello che reputava più meritevole di vincere dopo il settimo e il sesto. Era tra quelli che le erano sempre piaciuti di più, nonché quello in cui si era veramente arricchita: c’era stato un tempo in cui, identità fasulla e parrucca in testa, aveva vinto talmente tanto in certi giochi di carte che a “Nissie Lablanche” era stato vietato l’accesso in vari casinò.
 
A confermare ulteriormente la teoria che l’energia percepita appartenesse veramente al Grigio pensò l’Hakaishin Liquir, il quale per divertirsi lanciò blocchi da costruzione contro i guerrieri. Goku riuscì a evitarli per un soffio, mentre l’altro non si mosse neppure.
 
«Quel tipo non è uno qualunque» mormorò Shin, più o meno contemporaneamente a Goku, che aveva tratto la stessa conclusione.
 
«Nulla che Goku non possa affrontare» ribatté Beerus, desideroso di credere che fosse davvero così.
 
In seguito a quello, il Gran Sacerdote fece una rapida presentazione dei team di tutti gli Universi. «… e ora, i Re Zeno desiderano dedicarvi qualche graziosa parola» concluse «Vi prego di fare silenzio».
 
«Grazie a tutti voi per essere venuti!» esclamarono gli Zeno, fluttuando in aria con movimenti simili a uno strano balletto «Abbiamo grandi aspettative per questo Torneo: fateci divertire!»
 
“Se si volevano divertire, potevano farsi portare in un parco giochi o in un bordello” pensò Anise.
 
«Grazie per queste meravigliose parole» disse il Gran Sacerdote «Che il Torneo abbia inizio!»
 
«Speriamo in bene» sussurrò Beerus, mentre senza neppure rendersene conto faceva scivolare una mano su quella di Anise.
 
«Fino alla fine» aggiunse lei, senza ritrarsi.
 
“Qualunque essa possa essere”.
 
 


 
 


 
E niente, finisce così.
Ringrazio moltissimo tutte le buonanime che hanno letto e/o recensito, facendomi capire che tutto sommato scrivere davvero il prequel di cui avevo parlato nei primi capitoli può essere una buona idea :*D
 
Arrivederci a tutti!

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