Secrets

di adorvlou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"A giustificare il suo modo di vivere, c'era in primo luogo, naturalmente, la mancanza di significato della vita."
(Belli e dannati, F. Scott Fitzgerald)

Ogni mattina era sempre la stessa routine. Mi svegliavo, mi alzavo, andavo in bagno a farmi la doccia, uscivo e mi preparavo. Quando decidevo che ero ormai pronta per affrontare una nuova giornata, mi mettevo a confronto con me stessa rimanendo a fissare il mio riflesso nello specchio della mia stanza per circa dieci minuti. Era un gesto quasi istintivo che facevo, come se avessi bisogno di qualche conferma in più, come se non accettassi il fatto che la mia vita fosse totalmente sprecata.

Fra pochi giorni avrei finalmente compiuto ventun anni e tutto quello che avevo sempre programmato nel corso della mia vita sarebbe diventato una concreta realtà.

Quando si è piccoli non si comprende appieno ciò che ci accade intorno, ma arrivati ad una certa età ci si comincia a fare delle domande, alcune delle quali non avranno mai delle risposte. Per me era esattamente così.

Quando avevo poco meno di due anni persi i miei genitori in quello che dicono essere stato un terribile incidente e fui così benvoluta dalla mia famiglia che mi abbandonarono in uno squallido orfanotrofio nel quale rimasi fino all'età di otto anni, quando, per mia fortuna, i miei attuali genitori adottivi decisero di portarmi via di lì.

Nessuno, a quanto pareva, sembrava saper niente su di me o sulla mia famiglia, nessuno conosceva la mia storia, compresa me stessa. Non avevo mai avuto la possibilità di indagare sul mio passato. Ma fra cinque giorni esatti, raggiunta la maggiore età, avrei finalmente potuto colmare il vuoto che rendeva la mia vita un totale ed inutile spreco di tempo. Avrei compiuto un viaggio durante il quale molte verità sarebbero venute a galla e niente poteva fermarmi, non mi sarei mai tirata indietro e nessuno sarebbe riuscito a trattenermi dal conoscere la vera storia della mia vita. Soltanto conoscendo il mio passato avrei potuto vivere il futuro che tutti desideravano per me.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

"E tutto seppe, e non se stessa, amare."
(Umberto Saba)

Nel corso dei miei vent'anni, più volte mi ero chiesta chi fossi veramente, chi fossero i miei antenati, se lì fuori ci fosse ancora qualcuno che non aveva perso le speranze e continuava a cercarmi. Ma con il passare del tempo mi rendevo conto che queste erano solo delle mere fantasie. Mi piaceva pensare che, come me, la mia "famiglia" mi stesse cercando. Ma come potevano fare una cosa del genere le stesse persone che mi avevano abbandonata? Come poteva importargli di me?

La mia vita, a parte questo intoppo, non era stata poi così brutta. I miei genitori adottivi mi amavano, dal primo momento mi avevano accolta a braccia aperte e avevano fatto di tutto affinché mi sentissi a mio agio, affinché il dolore passasse, e fino ad un certo punto ci avevo creduto anche io. Poi arrivava la notte e distruggeva tutte le mie certezze, le gioie, i ricordi felici.

Avrei pagato qualsiasi cifra pur di vedere una sola foto della mia mamma e del mio papà, ricordare per un attimo i loro volti, i loro sorrisi, i loro occhi....

Tutte queste possibilità mi erano state strappate via, proprio come le loro vite. Non sapevo niente su di loro e questa era la parte più difficile della mia vita.

Oggi, come ogni altro giorno, stavo aspettando Paul, il mio migliore amico. 
Washington era una città abbastanza confusionaria la mattina e per raggiungere l'università io e il mio amico ci mettevamo tanto tempo.

Questa mattina i miei erano usciti presto perché avevano una riunione molto importante, perciò, mia madre mi aveva lasciato un sacchetto con dentro del cibo. 
Mentre aspettavo Paul, lo aprii, avevo un certo languorino ma non appena ne vidi il contenuto lo richiusi senza provare a mangiare nulla di ciò che c'era dentro. Mia madre era una di quelle donne fissate con cibi sani e roba varia, era difficile che in casa mangiassi qualcosa di diverso dalla verdura o dalla pasta integrale.

Per mia fortuna, qualche secondo dopo, Paul arrivò strombazzando con la sua auto. 
Salii in macchina di corsa, accorgendomi solo in quel momento di essere rimasta a congelare mentre lo aspettavo.

-Spiegami per quale assurdo motivo mi stavi aspettando fuori casa quando oggi ci sono al massimo sei gradi..- mi guardò sconvolto. -Oh e comunque buongiorno.
-Ero talmente assorta nei miei pensieri da non accorgermene completamente.- risposi guardandolo a mia volta. -Oh e buongiorno anche a te.- conclusi copiandolo. 
-Fra cinque giorni finalmente maggiorenne eh..- commentò premendo il piede sull'acceleratore. 
-Già... almeno non dovrei più farmi da babysitter.- borbottai guardando fuori dal finestrino.
-Babysitter? Ne sei davvero convinta?! Se dovessi ubriacarti fino a svenire io mi aggregherei a te, sai benissimo che non sono quel tipo di amico- scoppiò a ridere. -Non ti ho mai fatto da babysitter e mai lo farò, non ne hai di bisogno.
Non risposi, rimasi in silenzio a fissare il mondo all'esterno. 
-Ehi, scusa..non volevo.- il suono tono si fece triste. Tra me e lui c'era sempre stata grande intesa, era l'unica costante nella mia vita, avevo solo lui e nessuno altro, Paul era il mio unico amico. All'inizio non mi ero fidata di lui, mi sembrava così strano che potesse darmi delle attenzioni, ma con il passare del tempo, fu così facile credere che era sincero, che era vero.
-Tranquillo, è tutto ok- risposi. -È solo che stamattina mi sento un po' triste, tutto qui.- cercai di non farlo sentire in colpa, ero difficile da saper prendere ma lui non aveva mai mollato. 
-Che ne dici se oggi non andiamo all'università? Guarda che coda, arriveremmo in ritardo e dovremmo aspettare la lezione successiva, in più a me non va proprio di sedermi in aula e ascoltare quel bisbetico del professore blaterare per ore.- la proposta era allettante. -Che ne dici?- chiese aspettando una risposta.
-Dico che è la cosa più intelligente che tu abbia mai detto!- esclamai scoppiando a ridere. -Ma non voglio che tu salti ore preziose di lezione solo per farmi felice.
-Dico davvero, non mi va di andare a lezione oggi, e poi, sai benissimo che la tua felicità è la mia priorità.

A primo impatto potevamo sembrare una di quelle coppiette smielate, che vivono in simbiosi, ma bastava osservarci qualche secondo in più per capire che eravamo grandi amici. Entrambe le nostre famiglie ci avevano sempre chiesto se fra noi ci fosse qualcosa ed ogni volta scoppiavamo a ridere. Nessuno di noi due provava sentimenti diversi dall'amicizia nei confronti dell'altro e se così non fosse stato, ce ne saremmo accorti subito.

-Cosa hai deciso di fare per il tuo compleanno?- chiese Paul con la bocca piena di cibo.
-Dal momento che tu sei il mio unico amico avevo pensato che una festa era fuori discussione.- alle volte poteva sembrare triste pensare di avere solo un amico ma per me era normale, mi piaceva avere solo lui. 
-Allora festeggeremo solo noi due.- disse dando un altro morso alla ciambella. -Insomma, sono uno, ma faccio per cento.- si vantò scherzosamente.
-Ovviamente! Credimi, sono d'accordo con te.- risposi ridacchiando. Era da un paio di giorni che volevo parlargli del viaggio che volevo fare ma ogni volta che ci provavo mi si formava un groppo in gola.
-Va tutto bene?- Paul poggiò la sua mano sulla mia. Era un gesto che faceva spesso quando mi vedeva assorta nei miei pensieri. 
-Non lo so...devo dirti una cosa importante ma ho paura che tu possa essere in disaccordo.
Il mio amico mi fissò e poi, pulendosi gli angoli della bocca, scosse la testa.-Su, parla.
-Okay...sai benissimo quanto io sia testardamente decisa a scoprire chi sia la mia vera famiglia e dal momento che nessuno mi ha mai voluto assecondare ho pensato che, dopo aver compiuto ventun anni, avrei potuto fare un viaggio.- terminai la frase senza fiato nei polmoni. Quando ero agitata tendevo a parlare velocemente.
-Un viaggio?! Da sola?! Assolutamente no!- rispose con una punta di rabbia nella sua voce. 
-Paul, noi siamo amici da anni e ti voglio bene e tu ne vuoi a me, ma non puoi impedirmi di conoscere la mia vera famiglia. Anche se a loro non importa di me, questo non mi fermerà dal cercarli.- risposi decisa.
-So quanto sia importante per te e so quanto ti faccia star male sentirti all'oscuro di tutto ma se vuoi partire io verrò con te. Non accetterò un no come risposta e nemmeno una delle tue scuse. Verrò con te, che tu lo voglia o meno, non posso lasciarti sola ad affrontare qualsiasi cosa ci sia lì fuori ad aspettarti.
-Sei davvero così sicuro di voler perdere tutto questo tempo?- chiesi perplessa.
-Il tempo che passo con te non è mai perso, Emma. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"C'è per tutti noi la possibilità di un grande cambiamento nella vita che equivale più o meno a una seconda possibilità di nascere."
(Anonimo)

-Se i miei dovessero scoprire che ho saltato l'università un'altra volta, mi uccideranno. La scorsa settimana, quando mi hanno trovata a dormire a casa, mi hanno fatto uno dei loro soliti discorsi noiosi ed infiniti.- dissi prendendo un sorso di cappuccino.
-Ovvero? Chissà per quale strano motivo i miei ci hanno rinunciato con me.- rispose il mio amico. In effetti lo invidiavo leggermente, i suoi genitori non erano così pesanti come i miei e lasciavano che prendesse le sue decisioni. 
-Mi hanno specificatamente detto che se la prossima volta mi beccheranno a saltare le lezioni, mi porteranno loro fin dentro l'aula ogni giorno.- risposi con l'aria di chi non ne poteva davvero più.
-In poche parole non ti affideranno più a me. Non hanno tutti i torti, sono un cattivo ragazzo e non do il buon esempio.- dopo le sue parole ci fu qualche secondo di silenzio e poi ci guardammo in faccia scoppiando a ridere. -Okay, okay, ho detto una stupidaggine, lo riconosco.-

Adoravo Paul perché era diverso dagli altri. Non era un secchione né uno di quei nerd insopportabili, era semplicemente sé stesso. Un ragazzo intelligente ma a volte ribelle, serio ma divertente quando voleva e soprattutto dolce, o almeno con me, ed ovviamente non si faceva mancare quei momenti da stronzo assurdo che ogni ragazzo tendeva ad avere. Era un ragazzo dalle mille sorprese e più il tempo passava, più riuscivo a conoscerlo meglio. 
-Sai, mi è giunta voce che un ragazzo del nostro corso parla spesso di te, dice che ti trova interessante.- disse cambiando discorso.
-A me? Ne sei certo?- nel mio tono c'era una punta di ironia, era davvero difficile che qualcuno mi notasse, tendevo a restare nel mio e non dare confidenza a chi non conoscevo. 
-Perché ti sembra così strano? Sei bella e anche simpatica ed intelligente e fai dei brownies che sono la fine del mondo. Per quale motivo ti viene così difficile credere che qualcuno possa notarti?- spesso le nostre conversazioni giungevano a questo punto. Lui che mi faceva complimenti, io che non ci credevo e lui che si arrabbiava perché facevo la testarda. 
-E' solo che non sono una che si mette in mostra, lo sai, tendo ad essere molto riservata e a rimanere nel mio, non capisco come qualcuno possa notarmi, tutto qui. Però concordo sul fatto dei brownies, non vorrei sembrare modesta ma non sei il primo a farmi i complimenti.- ridacchiai sperando di allentare la tensione che sapevo stava già aleggiando nell'aria. Guardando gli occhi di Paul potevo notare del dissenso e sapevo che stava pensando ad una delle sue frasi d'effetto che, puntualmente, aiutavano la discussione ad agitarsi e diventare litigio.
-Okay, quindi tu vorresti dirmi che non ti interessa nemmeno sapere chi è?- chiese con tono stranamente calmo. 
-E se anche dovessi saperlo cosa cambierebbe?- ecco, a questo punto la guerra era inevitabile .
-Che magari potresti affezionarti ad altre persone, che potresti avere altra gente con cui stare oltre me. Hai quasi ventun anni, non puoi pensare che la tua vita sarà così per sempre. Hai così tante possibilità, perché devi gettare tutto all'aria?- le sue parole non mi toccarono minimamente perché bene o male me le ripeteva ogni santo giorno.
-Perché finiamo per parlare sempre della stessa cosa?- chiesi stufa di questo discorso del cavolo.
-Perché tu mi dai sempre la stessa risposta da anni, Emma.
-Cosa vuoi che ti dica, che ho altri amici? Vuoi sapere se c'è qualcuno che mi interessa? Bene, allora sarai accontentato!- esclamai furiosa. -A parte te, sono sola ma c'è un ragazzo che mi piace ma se sono troppo timida per avvicinarmi e parlarci, figuriamoci se potrei mai chiedergli di uscire insieme.- per evitare di parlare e mettere altra carne al fuoco, presi la tazza che si trovava di fronte a me e cominciai a bere il cappuccino.
-Ecco, è già un passo avanti. Posso sapere chi è questo ragazzo che è riuscito a fare breccia nel cuore di Emma Collins?- sentivo i suoi occhi addosso mentre continuavo a fissare tutto meno che lui. -Emma, mi hai sentito? Posso saperlo oppure è una delle tue solite balle per evitare questi discorsi?
-Ascolta Paul, non mi sento tanto bene, puoi riportarmi a casa?- chiesi stanca di questa conversazione.
-Come pensavo. Vado a pagare, aspettami in macchina.- posò le chiavi sul tavolo e si allontanò.

Durante tutto il tragitto, non avevamo aperto bocca. Lui era arrabbiato ed io non volevo riaprire il discorso fatto alla caffetteria.
Stavo immobile, con la testa rivolta verso il finestrino a guardare i passanti correre da un lato all'altro della strada con borse immense.

-Siamo arrivati.- annunciò con tono secco. 
-Grazie del passaggio, qui ci sono i soldi della colazione.- dissi posandoli in un vano della macchina. 
-Emma, non li voglio questi soldi.- teneva le banconote in mano. -Cosa ti fa pensare che io li voglia? Siamo amici, e ti ho offerto una colazione come faccio sempre, solo perché abbiamo litigato non vuol dire che io voglia i tuoi soldi.- così dicendo li infilò nella tasca del mio cappotto. -Perché fai così?- chiese senza guardarmi.
-Così come?- non sapevo a quale parte della discussione si riferisse.
-Come se nessuno fosse davvero importante nella tua vita a parte qualche persona. Allontani sempre tutti, come se non volessi essere felice di proposito. Come se volessi rimanere da sola per il resto della tua vita. So che per te le cose non sono facili, ma cacciando chi vorrebbe far parte della tua vita per renderla meno difficile, non la renderà più semplice. Sono il tuo migliore amico, ma davvero ti basta questo, davvero ti basto solo io?- forse le parole su cui rimuginava non erano quelle dette alla caffetteria, ma queste. Se le sue intenzioni erano di colpire dritto nel segno, ci era riuscito. 
-Se per te è un problema avermi sempre fra i piedi, basta dirlo e scomparirò del tutto dalla tua vita.- io e Paul non eravamo mai arrivati a fare un discorso del genere, non avevo mai pensato che potessi dire una cosa come questa.
-Stai dicendo sul serio?- i suoi occhi mi fissavano e non riuscivo a reggerli. -Hai veramente detto queste parole oppure sono io ad aver sentito male?- il cuore mi batteva a mille e non sapevo cosa rispondere. Perché avevo detto quelle cose? Io non volevo perderlo, era l'unica persona che veramente teneva a me, a parte la mia famiglia, e pensare di non averlo più nella mia vita mi faceva stare male, molto male. -Emma, parlo con te!- esclamò alzando il tono di voce e facendomi sussultare. 
-No Paul, non ero seria, stavo dicendo una cazzata perché non sopporto queste continue discussioni. Si, mi basti solo tu. Non riesco a fidarmi di nessun altro e non posso farci niente. Adesso devo proprio andare, ci sentiamo.- uscii dalla macchina sbattendo lo sportello e corsi dentro casa per evitare il vento gelido.

Quando arrivai in camera scostai la tenda dalla finestra per controllare se Paul era ancora lì fuori ma era già andato via. Era arrabbiato con me, mi ero comportata come una bambina e non lo biasimavo. Non avrei mai potuto dirgli chi era il ragazzo che mi piaceva, perché conoscendolo, avrebbe fatto in modo di farci incontrare ed io mi sarei sentita fortemente a disagio.

Ero sdraiata sul letto quando mi arrivò un messaggio. Presi il telefono e lo lessi: "Scusa se oggi sono stato così insistente. Sai bene quanto io tenga a te ed è per questo che vorrei aiutarti a cambiare questo tuo aspetto, vorrei che la smettessi di avere paura di conoscere nuova gente. Vorrei che questa nostra amicizia durasse per sempre, ma arriverà un momento in cui le nostre vite prenderanno strade diverse e vorrei lasciarti sapendoti felice e circondata da gente che ti ama. Quando ti calmi fatti sentire, ti voglio bene, non dimenticarlo mai."

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Terzo capitolo. Magari può sembrarvi un po' noioso dato che siamo all'inizio ma spero ugualmente che la storia vi stia intrigando, in tal caso mi farebbe piacere ricevere dei commenti e qualche like. Nel caso ci siano errori, li correggerò il prima possibile. Al prossimo capitolo, lots of love ❤️

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"Forse, ne sono sempre stata al corrente, ma ogni volta ho voluto evitare il confronto con la nuda e cruda realtà." Quando i miei tornarono per pranzo, cercai di essere il più convincente possibile, di non destare alcun sospetto. Mi avevano chiesto com'era andata la giornata, se mi erano piaciute le lezioni, insomma, la solita routine. Sin da quando mi avevano adottata, avevano cercato di darmi qualsiasi cosa e di istruirmi nel migliore dei modi. Non che mi dispiacesse, ma a volte mi sentivo quasi oppressa. Non mi piaceva essere la figlia perfetta, quella che portava mille soddisfazioni a casa, che non faceva mai arrabbiare i genitori, che calava sempre la testa. Di questo me ne accorsi intorno ai quindici anni, quando tutte le mie compagne di classe cominciavano a non rispettare le regole, a comportarsi da "ribelli" a fare tutto ciò che io non avrei mai fatto. Questo aspetto delle loro vite mi aveva affascinato sin da subito ma mi riusciva così difficile essere come loro, finché, non capii che essere come me, un vero e proprio angioletto, non era poi così divertente. Così, cominciai anche io a trasgredire qualche regola, in compagnia di Paul era ancora più divertente, avere un complice mi faceva sentire meno in colpa verso i miei. D'altronde, non potevano credere che potessi essere per sempre la figlia che tutti desideravano. Ogni giorno della mia vita, auspicavo a quell'attimo di libertà che mi portasse al di fuori del mondo perfetto che tutti i miei familiari mi avevano creato intorno. La parte più eccitante di tutta questa libertà, era il tornare a casa e raccontare balle su balle ai miei, non perché non gli volessi bene, ma perché mi avevano sempre tenuta sotto una campana di vetro, facendomi sentire una bambina sciocca ed insicura. Credevano che tenermi al sicuro da ciò che realmente era il mondo, potesse giovarmi, ed invece, non faceva altro che danneggiarmi. Tutti mi emarginavano, mi prendevano in giro, mi ridevano alle spalle, ed era una sensazione così brutta, perciò, qualche piccola bugia, non poteva nuocere così tanto ai miei genitori. Credere a queste cose mi faceva pensare che non era poi così sbagliato, che tutti i ragazzi della mia età facevano così. -Tesoro, stasera saremo a cena dagli Anderson.- annunciò mia madre. Non riuscivo a capire per quale motivo lo chiamasse Anderson, okay, era il loro cognome, ma si conoscevano da tempo, perché non chiamarli per nome. -D'accordo.- risposi prendendo un sorso d'acqua. Mia madre era una donna strana, era sempre troppo precisa, perfetta, troppo...adulta. Mio padre la definiva "quadrata" e ogni volta mi strappava un sorriso. Anche se aveva contributo a rendermi una ragazza paranoica e timida, la maggior parte delle volte, sapeva come alleggerire il comportamento di mia madre. -Emma, è tutto ok? Ti vedo strana..- chiese mio padre. -Si, è tutto apposto, sono solo un po' stanca.- in realtà non era vero, pensavo ancora a Paul, e a quel ragazzo di cui mi aveva parlato. Non avevo nessuno con cui potessi confidarmi e questo mi rendeva triste. -Sai che per qualsiasi cosa ci siamo noi, vero?- disse poi mia madre. -Certo, lo so.- finsi un sorriso. -Posso andare sopra? Ho molto da studiare e vorrei finire prima di stasera. -Si, va pure.- acconsentì mia madre. Per lei lo studio era sacro, altra cosa he detestavo del suo carattere. Mi alzai da tavola e salii le scale per poi chiudere la porta della camera alle mie spalle. Erano le cinque e mezza, i miei erano già usciti per andare a lavoro ed io ero distesa sul letto. Non avevo toccato i libri, non mi andava, ero piena di pensieri e nessuno di questi era facilmente risolvibile. Come ogni giorno, feci un giro sui diversi social, anche se non avevo molte notizie da poter leggere. Su facebook avevo pochi amici, nessuno di quelli a cui avevo mandato la richiesta l'aveva accettata, su Instagram non mi seguiva quasi nessuno. Tutte le persone che conoscevo, mi evitavano anche qui, era così triste. Annoiata nel non trovare niente di interessante da leggere o da commentare, chiusi il telefono e lo posai sul comodino accanto al letto. Mi alzai ed andai vicino alla finestra, sedendomi sul davanzale. Non era una cosa che facevo spesso, ma quando guardavo il mondo al di fuori di quel vetro, non riuscivo a non pensare a quanto fossi diversa. Sin da bambina sapevo che la mi vita era costruita intorno ad un mucchio di bugie, segreti, mezze verità e più il tempo passava, più sentivo il bisogno di cambiare. Volevo una vita vera, anche se piena di dure e difficili verità, una vita piena di gioie, emozioni, di ricordi che avrei potuto raccontare ai miei figli, un giorno. Ma se adesso pensavo a quello che avevo, mi sentivo vuota. Cosa avrei potuto raccontare un giorno ai miei figli? Come li avrei potuti aiutare ad avere una vita diversa dalla mia? Non riuscendo più a sopportare tutti questi pensieri, mi allontanai dalla finestra e decisi di passare il tempo diversamente. Scesi al piano di sotto e presi la chiave della soffitta, spesso trovavo conforto nello stare lì sopra, c'era una certa calma, un silenzio rilassante e mi piaceva. Non avevo paura di salire lì sopra, era un posto davvero accogliente, i miei lo avevano sistemato affinché non sembrasse una di quelle soffitte da casa degli orrori. Era colorata e piena di mobili e poltrone. Quando aprii la porta, notai degli scatoloni. Prima d'ora non c'erano mai stati, probabilmente li aveva portati papà dalla vecchia casa. Ogni tanto ci tornava e portava cose che non voleva buttare. Incuriosita mi avvicinai. Erano pieni di vestitini di quando ero bambina, cornici vuote, giocattoli e dei diari.. Ne presi uno e lo aprii. 21 novembre 2005 "Domani è il compleanno di Emma, compirà dieci anni. Mi sono accorta che diventa ogni giorno più sveglia e continua a fare domande sul suo passato, sulla sua famiglia ed io non so mai cosa risponderle. Credo non sia abbastanza grande, che non sia pronta. Kevin sostiene che sia io, invece, a non essere pronta. Forse, la verità è che non so proprio cosa dirle. Non so niente sulla sua famiglia, non saprei cosa raccontarle, non ho idea di chi siano i suoi parenti, sembra che non si vogliano proprio far trovare. Non riesco a capire come abbiamo potuto abbandonarla. È una bambina cosi speciale e non voglio che stia ancora male, non lo merita. Le darò tutto ciò di cui ha bisogno, la farò vivere come una principessa e la terrò lontana da ogni tipo di sofferenza. Ora più che mai ha bisogno di qualcuno che la aiuti a capire come vivere in questo mondo, che la guidi, che sia presente in ogni attimo della sua vita." 25 novembre 2005 "Emma è stata felicissima di festeggiare il suo compleanno con i suoi amici. Sembra molto meno timida ma ancora non si è sbloccata del tutto. Ho provato a parlare con la mia amica, la psicologa, crede che il trauma che ha subito, seppur in tenera età, l'ha segnata a vita e non sarà facile superare il tutto. Ovviamente, continua a fare domande sul suo passato e credo di non sapere più quali scuse inventare, ho paura che possa cominciare ad odiarmi per questo mio silenzio. È ancora una bambina, devo continuare a proteggerla." 13 settembre 2011 "Il sedicesimo compleanno di Emma si sta avvicinando, i mesi passano velocemente e ho paura che possa cominciare ad allontanarsi da noi. Ieri mi ha chiesto quando potrà prendere la patente e guidare la macchina come alcune sue compagne di scuola. Ho evitato nuovamente l'argomento dicendole che ne avremmo parlato un'altra volta, e anche se lei non ha replicato, ho notato una certa punta di tristezza nei suoi occhi. Ho talmente tanta paura che possa succederle qualcosa. Mi fido ciecamente di lei, ma non di chi c'è per strada, in molti guidano ubriachi o distratti e non voglio che sia lei a pagarne le conseguenze. Potrà anche odiarmi ma lo faccio per il suo bene." 7 maggio 2012 "Oggi ci trasferiamo nella nuova casa. Emma sembra essere indifferente. Negli ultimi anni si è nuovamente chiusa in sé stessa, non ha amici né amiche, per fortuna c'è Paul al suo fianco. Lei non lo sa, ma con i genitori del suo amico ci conosciamo da una vita, motivo per cui gli abbiamo chiesto di avvicinarsi a lei e farle compagnia, saperla del tutto sola non mi faceva dormire la notte. Non gliel'abbiamo mai detto, ma ci siamo trasferiti qui per farla stare più vicina a lui. Nel quartiere dove stavamo prima, per raggiungere la casa degli Anderson ci voleva mezz'ora, a meno che non ci fosse traffico. Così, almeno, le bastano dieci minuti a piedi. Spero solo che lei non scopra tutto ciò. Ha smesso di farmi domande sulla sua famiglia da circa sei mesi e non so se esserne felice o meno. Forse si è rassegnata e non mi sembra da lei, non è una ragazza che si arrende facilmente. Più cresce, più si avvicina alla maggiore età e le mie paure si fanno sempre più grandi. So che un giorno vorrà partire e cercarli e a quel punto non saprò come reagire.." Chiusi il terzo diario con le lacrime agli occhi. Ciò che più mi aveva ferita era stato capire che Paul era stato quasi obbligato ad essermi amico. Non sapevo come sentirmi. Non credevo che mia madre avesse dei segreti, nè che li scrivesse qui, ed in più, sapere che neanche lei aveva idea di chi fosse la mia famiglia mi distruggeva. Voleva dire dover partire da zero, senza indizi, senza aiuti, partire alla cieca. Sarebbe stato difficile, ma non impossibile. Decisi che prima di tutto avevo bisogno di parlare con Paul, volevo sapere la verità su di lui, e su di noi, così lo chiamai. -Pronto?- rispose dopo tre squilli. -Paul, puoi venire qui da me?- chiesi senza fare giri di parole. -Si, ma è tutto ok?- chiese lui. -Si. Ho bisogno di parlare con te. Fai veloce.- staccai la chiamata senza aspettare una sua risposta.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"Agivo in questo modo, cercando di attirare il suo affetto senza pensare di ricambiarlo."
(Jane Austen)

Quando sentii suonare il campanello di casa mi alzai di scatto. Avevo le mani sudate e il cuore che batteva forte. La verità mi faceva paura. Continuavo a chiedermi se Paul avesse potuto scegliere se essermi amico o gliel'avessero imposto, se gli piacesse davvero stare con me o se non vedeva l'ora di tornare a casa per stare in pace, se gli desse fastidio avermi sempre fra i piedi o meno. Tutte quelle parole dolci, quei segreti, quelle discussioni fatte a fin di bene, erano vere o stava solo fingendo? 
Quando aprii la porta, trovai davanti a me un Paul tremante e così mi spostai per farlo entrare. 

-Mi spieghi cosa sta succedendo?- ci eravamo seduti in salotto e mentre io stavo in silenzio a rimuginare su tutto quello che avevamo passato e a tutte le cazzate fatte insieme, lui odiava questo mio silenzio e continuava a fare domande senza ricevere risposte. -Emma!- esclamò. -Cosa diavolo sta succedendo? Sono seduto qui da cinque minuti, in cerca di spiegazioni e tutto quello che mi sai dare è il silenzio? Appena mi hai chiamato sono corso da te, non ho esitato nemmeno un secondo. Mi era sembrato fossi preoccupata ed agitata e ora non hai niente da dire? Ho dato buca a Megan Parker per venire qui, perciò, parla.- tuonò successivamente.
-Megan? Quella Megan? La mora che segue il nostro stesso corso?- chiesi incuriosita.
-Scherzi vero? Ti ho chiesto di spiegarmi per quale motivo mi hai fatto correre qui, e l'unica cosa che riesci a dire è questa? Non posso crederci.- si alzò dal divano e andò verso la porta. -Ascolta, ci è voluto molto per convincerla ad uscire, è una ragazza che vuole farsi desiderare, quindi, se mi hai fatto venire qui per stare in silenzio, preferisco andare via.- le sue parole mi colpirono. Era difficile che si comportasse così, e quando lo faceva mi sentivo una merda. 
-Beh, allora va pure, evidentemente lei è più importante di qualsiasi altra cosa!- urlai arrabbiata. Non sopportavo mi rispondesse in quel modo, mi sentivo ridicola e umiliata. 
-Sei impossibile, Emma.- urlò lui a sua volta e andò via sbattendo la porta.

Rimasi seduta sul divano per altri venti minuti e pensai. Pensai ad ogni suo gesto, ogni sua frecciatina, persino il modo in cui si comportava quando c'erano di mezzo ragazze per le quali provava un minimo di interesse, e poi capii; avermi attorno quando c'erano altre ragazze, era come essere uno di quei venditori di panini che c'erano per le strade, che avevano carrelli pieni di cibo succulento ma attorno ai quali c'erano tante mosche. Veniva voglia di mangiarli ma non lo si faceva perché le mosche facevano schifo. In questo caso, lui era il panino, le ragazze i compratori ed io la mosca. 
Per lui, avermi attorno, significava non poter parlare con altre ragazze o non poterle invitare a cena fuori. 

Tornai in soffitta e presi un altro diario, volevo continuare a leggere per capirne di più.

2 giugno 2013 

"Emma e Paul hanno stabilito davvero un buon rapporto, credo che lei provi qualcosa per lui, anche se continua negarlo. Non riesco a capire se sia paura di affezionarsi davvero a qualcuno oppure diffidenza. Ma questo non conta, l'importante è che abbia un amico e che lui la renda felice, che la faccia sentire bene accetta, era quello a cui auspicavo da sempre. Ricordo ancora il giorno in cui me la presentarono, quei suoi occhi piccoli e indifesi mi fecero commuovere, mi sentivo impotente davanti ad un mondo che non ha nulla di umano, un mondo che le aveva tolto la felicità e la speranza di una vita felice. Non che io e Kevin non potessimo dargliela, ma le sarebbe rimasto ugualmente un vuoto dentro ed ero più che consapevole di non poterlo riempire in alcun modo. 
In questi ultimi tempi, ho notato in lei un cambiamento; era sempre stata una ragazza decisa e combattiva, adesso, tutto le scivola addosso e non le importa, ogni volta che le proibisco di fare una cosa non cerca di convincermi, accetta semplicemente la mia decisione. Devo ammettere che un po' mi dispiace, mi piaceva il modo in cui si imponeva, e anche se non riusciva a convincermi, non smetteva di provare. Non riesco a capire perché si comporti così; non mi parla, non si confida e non ha amiche con cui poterlo fare, continua ad avere solo e soltanto Paul. Chissà se un giorno il nostro rapporto cambierà."

19 giugno 2015 

"Il rapporto con Emma non è cambiato. Continua ad evitare ogni discorso che cerco di intraprendere, è sempre vaga, triste, mangia poco e non esce quasi mai di casa, comincio a credere che stia entrando in depressione o lo sia già. Non vuole vedere nessuna psicologa, anzi, mi urla sempre contro quando glielo propongo. Non credo sia pazza o strana, vorrei solo che si aprisse con qualcuno, che esternasse i suoi dolori ed i suoi sentimenti. Paul non vuole dirmi nulla, continua a ripetere che Emma è sua amica e ciò che gli confida rimane e rimarrà sempre fra loro, che si sentirebbe un verme a riferirmi tutto. La loro amicizia si è solidificata ancora di più. Prima, quando si conoscevano da poco, mi riferiva qualcosa su come si sentisse mia figlia o su cosa gli dicesse, adesso è come parlare ad un muro. Non posso non ammettere di essere felice per lei, ha trovato un amico sincero, che rispetta lei e la sua privacy e non racconta ciò che lei non vorrebbe dire ad altre persone, me compresa. Ma d'altro canto non riesco a comprendere come sia riuscito Paul a far sì che Emma si fidasse di lui a tal punto da confidargli i suoi segreti e le sue paure. Continuo a domandarmi cos'ho di diverso da quel ragazzo. 
Kevin continua ripetermi che è normale, che a questa età tutti i ragazzi si comportano così con i genitori, che fanno i capricciosi, i ribelli, i misteriosi, eppure, non riesco a darmi pace, vorrei avere un rapporto diverso con mia figlia ma so già che non sarà facile." 

Sfogliai le pagine successive e non c'era più scritto niente. Mia madre aveva smesso di sfogarsi sui diari e questo mi rendeva ancora più arrabbiata. Poter leggere quelle pagine era come fare un salto nel tempo ma nel corpo di qualcun altro, per poter conoscere e sapere cose a me sconosciute o celate volontariamente. Sapere che il mio amico aveva mantenuto i miei segreti mi faceva sentire meglio, almeno sapevo di potermi fidare, e anche se qualche anno prima non aveva agito allo stesso modo, non ero arrabbiata, perché a quel tempo non avevo così tante cose da tenere nascoste. 
Forse Paul non era così stronzo come avevo creduto poche ore prima, mi voleva bene e anche se la nostra amicizia non era nata per caso, non significava fosse finta. 
Presi nuovamente il telefono per comporre il suo numero ma ricordai le sue parole ed il suo appuntamento con Megan, perciò, lasciai perdere, lo avrei visto la sera a cena. 

Erano le otto meno venti ed i miei sarebbero tornati fra qualche minuto, così, salii in soffitta a sistemare tutto quello che avevo messo in disordine, non volevo che mia madre si accorgesse che avevo letto i suoi diari. 
Li rimisi tutti nello scatolone, chiusi la soffitta e tornai in salotto a leggere il mio libro preferito "Emma" di Jane Austen. Ebbene sì, mi piacevano quei libri di vecchio stampo e amavo tutti quelli scritti dalla Austen. In particolare, di questo libro, mi aveva colpita la trama ed il suo significato, ovvero, il fraintendimento in amore, non che io ne avessi mai avuti di amori fraintesi, ma mi piaceva pensare che un giorno avrei potuto vivere una situazione del genere e che avrei saputo reagire nel migliore dei modi. Lo avevo letto e riletto ed ogni volta lo amavo sempre di più.

Ero arrivata quasi alla fine del libro quando sentii delle voci provenire da fuori e poi il familiare rumore delle chiavi bella serratura. 
-Bentornati.- raggiunsi i miei genitori all'entrata e li salutai con uno dei miei soliti finti sorrisi. 
-Emma, che ci fai ancora così? Dobbiamo andare a cena dagli Anderson, te ne eri dimenticata?- non che mi aspettassi feste e salti di gioia, ma un ciao sarebbe stato ben accetto. 
-Sono ancora le otto...- risposi in mia difesa.
-Lo so, ma non voglio arrivare in ritardo, perciò, sali di sopra a lavarti e preparati.- odiavo quando si poneva in quarta maniera così scontrosa, ma non avevo voglia di litigarci.
-È stanca, non farci caso.- sussurro mio padre dandomi un bacio in fronte. 
-Come sempre..- borbottai dirigendomi verso il bagno.

Alle nove in punto eravamo a casa degli Anderson. Per nostra fortuna anche loro non cenavano presto, non sopportavo di dover mangiare quando non avevo fame.
-Emma, tesoro, Paul non è ancora tornato ma puoi aspettarlo in camera sua se ti va.- propose la madre del mio amico. 
-Come mai è ancora in giro?- chiesi facendo finta di non sapere nulla.
-È uscito con una ragazza e sono rimasti bloccati nel traffico.- rispose la donna. 
-Oh, capisco..- ero davvero curiosa di sapere com'era andata. -Allora, se non vi dispiace, lo aspetto in camera sua, anche perché mi servono i suoi appunti.- inventai una scusa per allontanarmi dalla mia famiglia e da quella di Paul. 
-Tranquilla, va pure.- Regina mi sorrise ed io uscii dalla cucina.

Conoscevo casa di Paul a memoria, così come la sua stanza. Sapevo dove nascondeva le sigarette che fumava solo prima di un esame o quando era estremamente nervoso, dove teneva i suoi vecchi giochi che la madre voleva regalare ai bambini poveri ma ai quali lui teneva molto, e dove aveva i giochi per la playstation. Spesso, quando andavo a casa sua, giocavamo ai giochi di guerra ed io perdevo sempre, ero davvero scarsa ma ci divertivamo ugualmente. 

Non appena entrai, mi sdraiai sul suo letto e poi decisi di accendere la console e giocare a qualcosa. Presi un gioco di macchine, uno di quello dove si facevano le gare, mi piaceva guidare. 
Misi il CD nella playstation, selezionai la modalità di gioco e avviai il tutto.

Stavo giocando da un paio di minuti, quando sentii la porta di casa chiudersi e la voce di Paul risuonare al piano di sotto, era felice.
Decisi di continuare a giocare e aspettarlo qui. 

Poco dopo i suoi passi echeggiarono nel corridoio del piano di sopra e la porta della sua stanza si aprii. -Immaginavo.- rise entrando in camera e chiudendosi la porta alle spalle.
-Cosa?- chiesi mettendo il gioco in pausa.
-Che avresti scelto questo.- indicò lo schermo. 
-Negli altri giochi sei davvero scarsa.- continuò a ridacchiare ed io lo colpii con un cuscino. 
-Ti lascio vincere, è solo una tattica.- risposi riavviando il gioco. 
-Si, certo.- scosse la testa e si tolse il cappotto poggiandolo sulla spalliera della sedia. 
-Sei abbastanza felice, ne deduco che l'appuntamento è andato bene.- continuavo a genere gli occhi sul televisore.
-Abbastanza. Megan è molto simpatica ed intelligente, non me l'aspettavo così.- c'era da ammettere che questa sua affermazione mi aveva dato un po' fastidio. Nonostante avesse frequentato molte ragazze, non mi aveva mai parlato così di nessuna. Ero sempre stata abituata ad essere l'unica ragazza a cui tenesse davvero e per la quale avesse sempre ottime parole da spendere. 
-Sono felice per te.- risposi anche se non era del tutto vero.
-Si, ed io credo che tu sia un ottima giocatrice.- era palese che non avrebbe mai creduto alle mie parole, mi conosceva troppo bene. -Ascolta Emma, so che oggi sono stato duro e un po' cattivo, ma questa ragazza mi piace davvero e mi aveva dato fastidio il tuo comportamento. Le avevo dato buca per correre da te, e sei rimasta in silenzio, non hai aperto bocca per tutto il tempo. Non credere che io non ti abbia pensato mentre ero con Megan. Non era mia intenzione dirti quelle cose e poi andare via sbattendo la porta, ma comprendimi, ero arrabbiato.- sapevo che questo momento sarebbe arrivato, solo che avevo paura di dirgli la verità. -Posso sapere perché mi avevi chiamato o continuerai a rimanere in silenzio?
Misi nuovamente il gioco in pausa e mi girai per guardarlo. 
-Ero salita in soffitta per trovare qualcosa di interessante da fare e ho trovato degli scatoloni con dentro alcuni diari di mia madre. Ero curiosa e annoiata e così ho cominciato a leggerli. Ho scoperto tante cose, credimi, ma ciò che mi ha spinto a chiamarti è stato il desiderio di conoscere la verità su noi due.- cominciai a parlare senza pensarci troppo e senza farmi troppi problemi. 
-Cosa intendi con "Conoscere la verità su noi due"?- chiese confuso facendo le virgolette con le dita. 
-Ho...ho letto che ti sei avvicinato a me solo perché sia i tuoi genitori che i miei te lo hanno chiesto. Ero sola e senza amici e allora hanno chiesto a te di prenderti questo peso sulle spalle e a quel punto mi è stato impossibile chiedermi se la nostra amicizia fosse vera o meno.- risposi. -Paul, tu sei mio amico o avermi tra i piedi è solo un problema per te?- alla mia domanda rimase immobile ed in silenzio. -Allora? Adesso sei tu che non rispondi. È facile.. Sei mio amico o in tutto questo tempo hai solo fatto finta?

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Tantantan lascerò nel dubbio anche voi ahah.. Buonasera people, se questo capitolo vi è piaciuto stellinatelo più che potete, mi farebbe molto piacere sapere che la storia vi sta intrigando. Chissà cosa ci nasconde Paul e cosa succederà nei prossimi capitoli. Per saperlo, continuate a seguire la storia. Per eventuali errori correggerò il prima possibile. Un bacione e buona serata xx

 

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